Diventare genitori...

di Shinalia
(/viewuser.php?uid=68696)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Salve!

Ed eccomi qui con l'ennesima storia XD sono una persecuzione! O,o Comunque mi appresto ad una veloce presentazione.... questa sarà una mini-ff composta da 2 o 3 capitoli... che farà parte di una SERIE: "Essere genitori." Dove mi divertirò a scribacchiare delle coppie + famose della saga (e magari anche qualche altra meno famosa) alle prese con i loro pargoli. Detto questo vi lascio al primo chappy della 1 mini ff.

kiss kiss

Per info: link mio gruppo su FB

« Emmett togli immediatamente quel guantone alla bambina! »

Le urla di Rosalie invasero il piccolo spiazzo, mentre lei, indignata, avanzava a passo di carica verso suo marito. Erano giunti in quella radura da meno di mezz’ora, con l’intento di conciliare una piccola battuta di caccia ed un pic-nic per Nessie e Jacob. Purtroppo Emmett era stato di tutt’altra idea e, non appena ne aveva avuto l’occasione, si era premurato di procurare alla sua nipototina un’adeguata attrezzatura da baseball.

Perché?

Naturalmente per compensare quella che aveva definito l’inettitudine di Edward ed il suo poco impegno nel fornire le nozioni di base, in campo di sport, alla sua pargoletta.

« Ma amore, Renesmèe è una giocatrice eccellente. – si lagnò con quel tono petulante che lei aveva definito più volte esasperante, prima di voltarsi verso la piccola. - Dì anche tu a zia Rosalie che ti stai divertendo. »

La piccola annuì, vigorosamente, scostando un ciuffo ribelle dal visino paffuto, con le manine sporche di terreno. « Si, lo zio mi sta insegnando ad usare il guantone e mi ha promesso che poi passeremo alla mazza che dovrò usare per… »

« Ah, lasciamo perdere la mazza. » la interruppe, riuscendo per un soffio ad evitare una catastrofe.

Rosalie non potè evitare ad una smorfia di increspare le sue labbra perfette, mentre fissava suo marito con uno sguardo tutt’altro che benevolo. « A cosa dovrebbe servire la mazza da baseball, caro? » domandò, assottigliando lo sguardo, certa che la risposta non sarebbe stata assolutamente ragionevole.

E quando Emmett si era dimostrato tale? Da quando lo aveva salvato, donandogli l’eternità, si era costantemente comportato con un bambino dalla stazza di un orso, tutti muscoli e ben poco cervello.

« Sarà meglio parlarne in seguito. - tentò invano, indietreggiando appena. – La bambina avrà fame, potremmo portarla a caccia. »

« No. – sbottò, ostentando un tenero broncio corrucciato. – Mi accompagnerà Jake. » pigolò, lisciandosi il vestitino, terminando l’opera di devastazione iniziata dal loro arrivo ed aumentando a dismisura l’irritazione di sua zia.

« Emmet, ti rendi conto di come si è ridotto il suo vestitino nuovo. – sibilò, incrociando le braccia al petto. – La colorazione rosa perla è… è… guarda! » esclamò stizzita, avvicinandosi alla bambina per esaminare da vicino il disastro, ormai irreparabile.

« Ma…  »

« Zitto, razza di troglodita decerebrato. – soffiò alterata, non comprendendo come suo marito potesse essere una costante fonte di stress. Scosse la testa rassegnata per poi voltarsi verso Nessie, addolcendo il tono. – Tesoro, credo che Jake non sarà felice di trovarti tutta sporca, forse sarebbe il caso che cambiassimo questo vestitino, che ne dici? »

La piccola abbassò lo sguardo sul suo completino ormai lurido, increspando le piccole labbra rosse in una smorfia deliziosa e tendendo immediatamente la manina alla sua adorata zia, sempre pronta a rimediare.

Bhe, il suo Jacob non poteva di certo vederla in quello stato.

Intanto, dall’altro capo del campo, Alice e Bella osservavano la scena divertite, notando lo sbigottimento di Nessie nel constatare lo stato disastroso del suo abitino preferito. Fortunatamente, secondo un parere comune, la piccola possedeva un gusto per l’estetica indiscutibile, nonostante la giovane età, che l’aveva inevitabilmente resa la beniamina delle zie.

Era raro che qualcuno non la vezzeggiasse o non le fosse accanto, viziandola e facendo disperare i suoi genitori. Ormai trascorrevano gran parte del tempo a villa Cullen, benché Edward si fosse premurato di acquistare una piccola abitazione vicina, per poter permettere a moglie e figlia di sfuggire alle grinfie delle sue sorelle.

Purtroppo per lui Alice era sempre stata in grado di aggirare i suoi propositi, piegando le situazioni al suo volere.

Non era una novità e oramai tutti si erano rassegnati all’insolente invadenza della vampira dotata del dono della preveggenza… soprattutto perché le alternative non erano poi molte.

Avevano tentato di liberarsi di lei spedendo, per puro errore, gli scatoloni con i suoi vestiti sull’isola di Esme, ma lei aveva placidamente accettato l’evento, per poi gioire dell’ennesima occasione per dedicarsi a giorni e giorni di shopping sfrenato.

Naturalmente costringendo i malfattori ad unirsi a lei, entusiasta dell’ironica punizione escogitata.

Bella emise un sospiro rassegnato, mentre il suo sguardo saettava tra i presenti, beandosi delle risatine disinibite della sua bambina. « Se ne avessero avuto l’opportunità sarebbero stati due genitori stupendi. » mormorò accorata, rammentando il dolore di Rosalie quando le aveva narrato la sua storia, anni e anni prima. Le pareva assurdo che quel rapporto ostile si fosse poi tramutato in un affetto tanto profondo e radicato, ma non poteva non gioirne. Aveva trovato in lei una meravigliosa sorella ed una perfetta zia, per la sua Nessie.

Purtroppo nella vita non tutto va come dovrebbe…

Notando l’inconsueto silenzio di Alice, Bella si voltò verso di lei increspando la fronte, incuriosita. « Che hai da sogghignare in quel modo? » chiese titubante, ammirando il sorriso beffardo, della sua amica, tramutarsi in un’espressione di pura esultanza, che non pareva premettere nulla di buono.

« Non starai progettando l’ennesima sessione di shopping, spero. Nessie ha abbastanza vestiti per i prossimi tre anni e, considerando la sua crescita accelerata, mi rifiuto di sprecare altro denaro in semplici futilità. »

Alice alzò gli occhi al cielo, trattenendo uno sbuffò. Proprio non comprendeva come si potesse ritenere l’arte degli acquisiti una futilità, ma in quell’istante aveva ben altre cose per mente, che non tentare invano di redimere Isabella dalla sua ostilità per lo shopping.  

Certo, prima o poi sarebbe riuscita nel suo intento, ma per quella volta si vide costretta a posticipare, rivedendo le sue priorità.

« Ben presto avremo visite. » annunciò, sfoggiando il suo solito sorriso scaltro, di chi è a conoscenza di succulenti novità che non rivelerà altrettanto facilmente.

_____________________________

 

Carlisle Cullen era un famoso medico trasferitosi in Alaska, qualche anno prima, con la sua numerosa famiglia; o almeno questo era quello che si sapeva di lui.

Non che una piccola parte di quella storia ben più interessante che era la sua vita.

Successivamente alla nascita di Renesmée avevano trascorso qualche altro anno a Forks, per permettere a Charlie di conoscere la sua nipotina ed a Jacob Blake di occuparsi del suo branco, senza separarsi dall’oggetto del suo imprinting. Purtroppo però, la perpetua giovinezza del bel dottore e della sua amata consorte, erano divenuti un pettegolezzo sin troppo succulento per poter essere ignorato e, la famiglia Cullen, era stata costretta ad un trasferimento che, seppur sofferto, era ormai necessario.

« Dottor Cullen. – l’infermiera di pediatria lo raggiunse trafelata, correndo per l’ampio corridoio e sventolando una cartella, per attirare la sua attenzione. - Mi dispiace disturbarla, ma un signore chiede un suo consulto. » spiegò, portandosi una mano al petto, tentando di riprendere fiato.

« Non avevo visite in programma. » mormorò sorpreso. Il suo turno era finito da quasi un’ora e lui era impegnato negli ultimi controlli, ai suoi pazienti. Possibile che non gli avessero comunicato qualche visita?

La donna annuì, mentre le guance si coloravano di un tenue rossore. « Infatti, ma il signore è stato insistente e poi sembrava preoccupato per il bambino, quindi ho pensato di informarla. – ribatté tutto d’un fiato. – Ma se vuole fisso un appuntamento per domani. »

Carlisle sorrise rassicurante. « Non si preoccupi, gli dica di raggiungermi nel mio studio.» asserì, congedandosi con un cenno di saluto.

In fin dei conti quell’ospedale gli piaceva. I medici erano estremamente competenti e collaborativi ed il personale ausiliario sempre cortese ed efficiente. Era difficile dover abbandonare un ospedale dopo anni di servizio, ma si sorprendeva spesso nel constatare quanto facile fosse affezionarsi ai suoi nuovi pazienti e a quei nuovi luoghi che diventavano parte della sua quotidianità. Essere medico era per lui una vocazione, ciò che gli permetteva di redimersi per quella sua natura dannata.

Inizialmente era stato solo un tramite per espiare le sue colpe, ma con il tempo era divenuta una passione, un bisogno…. Una necessità data dalla consapevolezza di poter essere utile, grazie proprio a quella natura che lui aveva tanto aborrito.

Sorridendo e salutando garbatamente chi incrociava il suo passaggio, giunse al suo studio, accomodandosi sulla morbida poltrona in pelle, visionando alcune cartelle, in attesa della sua ultima visita. Dopo sarebbe tornato a casa dalla sua adorata famiglia. Era meraviglioso potersi beare della serenità che permeava quelle mura, qualcosa che, dalla trasformazione di Bella e dalla nascita di Nessie, era divenuta ormai parte integrante della loro vita.

Un lieve bussare lo distolse dai suoi lieti pensieri. « Avanti.»

La porta si aprì lentamente, portando con sé un odore inconfondibile, che costrinse Carslisle a drizzare il capo verso la figura che faceva il suo ingresso.

« Lei è il dottor Carlisle Cullen? »

« Si sono io, si accomodi. » assentì distrattamente.

Era un uomo piuttosto basso e dalla corporatura esile, ma ciò che attirò maggiormente la sua attenzione furono i grandi occhi color cremisi che, in quell’istante, si posavano ovunque fuorché sul viso del suo interlocutore.

Il vampiro era visibilmente agitato, probabilmente perché, quella struttura pullulante di malati e sangue, poteva essere una discreta tentazione.

Ma…

« Ma è… » il suo sguardo saettò sul bambino, che dormiva beatamente, incurante dell’inconsueta conversazione che i due vampiri attorno a lui stavano intrattenendo.

« Un mezzo vampiro. – continuò, iniziando istintivamente a cullarlo, con un dondolio appena percepibile. – Come sua nipote, se non erro. »

Carlisle annuì, afflosciandosi sulla sedia ed indicando all’uomo una poltrona dinanzi alla sua scrivania. «Si accomodi. – ripetè cortesemente, scrutando però con attenzione ogni suo movimento. - Cosa posso fare per lei, signor…? » lasciò la frase volutamente in sospeso, attendendo di ricevere le dovute delucidazioni.

Era certo di non averlo mai incontrato, e per un istante si domandò se non fosse stato inviato da Aro e dai suoi fratelli per ottenere qualcosa. Non si sarebbe sorpreso di ricevere una loro visita, anzi…

« Allen. – esitò, qualche istante, espirando profondamente. – Allen Sanz, sono venuto qui per chiederle un favore. Sono a conoscenza di quello che è accaduto tempo fa tra la vostra famiglia ed i Volturi, a causa di una piccola mezzo sangue. »

« La questione è divenuta di dominio pubblico, suppongo. » commentò il dottore, rammentando amaramente gli attimi di terrore a cui tutti loro erano stati costretti.

Il suo sguardo si fece più attento.

L’uomo annuì, vigorosamente. « Proprio per questo mi rivolgo a lei. »

« Teme la reazione di Aro e dei suoi fratelli. – chiese, indicando placidamente il piccolo ed incrociando le mani sulla scrivania, dinanzi a sé. – Essendoci altri casi riconosciuti, credo proprio che non dovrebbero poter obiettare. È stato ormai assodato che queste piccole creature non sono di nessun pericolo per la nostra specie e che, al contrario, hanno maggiori possibilità di integrarsi. »

« Io non posso occuparmene. » sentenziò, senza preamboli.

Carslie aggrottò la fronte sorpreso, iniziando ad intuire  il motivo di quella visita. « Cosa intende? » mormorò, portando nuovamente il suo sguardo sul neonato, addormentato tra le braccia dell’uomo. Era quasi certamente un maschietto, dai lineamenti dolci ed il viso pieno. Gli occhi chiusi non gli permettevano di appurarne il colore, ma le folte ciglia bionde ed i riccioli leggermente più scuri gli conferivano le sembianze di un piccolo putto.

« Non posso tenerlo con me.  – ripetè, scandendo cautamente ogni parola. – Sono costretto ad affidarlo a qualcuno ed avevo pensato alla sua famiglia, considerando i trascorsi. Sono certo sapreste occuparvene adeguatamente. »

Un bambino? Carlisle sbattè le palpebre soppesando le sue parole, mentre una serie di immagini attraversavano fulminee la sua mente. Se realmente quell’uomo era intenzionato a disfarsi del piccolo, lui era pronto a scommettere che avrebbe trovato dei degni genitori pronti ad occuparsene. Eppure, non voleva rischiare di illudere Rosalie, rammentando quanto il desiderio di maternità fosse radicato in lei. Si sarebbe premurato di valutare il caso attentamente prima di pensare di accettare, benché la proposta fosse estremamente allettante.

Forse troppo…

« La madre? » domandò, titubante.

L’uomo sospirò sommessamente, mentre le sue labbra si piegavano in una smorfia. « Purtroppo non tutte le donne sopravvivono ad un simile parto, nonostante le cure e, Marian non ha avuto fortuna. »

Carlisle chinò il capo in senso di comprensione. La gravidanza di Isabella, pochi anni prima, era stato un periodo tremendo per tutta la sua famiglia, costretta ad osservare il disfacimento di quel giovane corpo e  delle sue possibilità di vita, senza poter intervenire. Se solo il parto non fosse stato affrontato tempestivamente Edward sarebbe stato certamente sopraffatto dal dolore…

Comprensibile…

Osservò nuovamente l’uomo, seduto dinanzi a sé, scrutandone i tratti del volto rigidi e gli occhi vigili. « Lei non è il padre, vero? » Intuì, non notando in lui particolare accoramento per l’avvenimento.

Allen scosse il capo. « No. - Confermò mesto. -  Lui era un nomade come me, abbiamo viaggiato per lungo tempo insieme, fino a quando non ha manifestato interesse per quella donna. »

« Non immaginava certo che le conseguenze sarebbero state queste. » mormorò più a se stesso che al suo interlocutore.

Carlisle  provò pietà per quell’uomo, eppure uno strano pensiero attraversò fulmineo nella sua mente.

« Ed è disposto a rinunciare al bambino? »  un cipiglio incredulo si disegnò sul suo volto. Quella creaturina era tutto ciò che restava a quell’uomo della sua famiglia, come poteva anche solo pensare di disfarsene?

Allen scrollò le spalle. « Nella sue condizioni non è stato in grado di occuparsene, ha tentato… – lo giustificò, amareggiato. – ma le ricordava lei e, alla fine, ha preferito raggiungerla. »

« A me non interessa tenerlo e poi sono un nomade, non potrei mai assicurargli quello di cui ha bisogno. » continuò, non attendendo risposta.

Doveva essere ben lieto di disfarsi di quel fardello e questo, purtroppo non poteva che acuire i dubbi del dottore, timoroso di attirare, con un gesto affrettato, dolore sulla sua famiglia.

Assunse un’espressione meditabonda, deciso ad ottenere il maggior numero di informazioni possibili. « Quindi ha pensato che, avendo con noi Renesmèe, avremmo potuto prenderci cura di lui. » ipotizzò, puntando i suoi occhi color oro in quelli del suo interlocutore, per sincerarsi delle sue intenzioni.

« Mi sono documentato sulla sua famiglia… - ammise riluttante. – ci sono molte coppie oltre a lei e la sua compagna e, magari, i genitori della piccola mezzosangue potrebbero desiderare un altro piccolo di cui occuparsi. »

Carlisle sospirò, l’idea era oltremodo allettante, non solo perché non avrebbe mai potuto rifiutare, a quel bambino sfortunato, l’amore di una famiglia, ma anche perché in quel modo forse avrebbe potuto sanare la ferita di Rosalie ed il suo immenso senso di colpa. Le aveva donato una vita immortale, incapace di abbandonare quella giovane ragazza ad un morte tanto brutale, non considerando di cosa la stava privando.

Un fardello che gravava su di lui ormai da tempo.

« Le dispiace se ne parlo con la mia famiglia? - chiese rimuginando. – Lei quando lascerà Forks? Entro domani dovrei essere in grado di fornirle una risposta. »

« Naturalmente. -  Allen si concesse il suo primo vero sorriso, da quando era entrato in quello studio, rassicurato dall’interesse mostrato dal dottore. – Potremo rincontrarci in ospedale? »

Lo squillo del telefono irruppe nella stanza e Carlisle, affrettandosi a rispondere, si trovò a sorridere immaginando il mittente.

Alice.

Il suo tempismo era innegabile. « Papà. – il trillo la voce entusiasta della giovane vampira.- Io e Bella siamo fuori l’ospedale. » esclamò prima di riagganciare.

« Avremo le nostre risposte prima di quanto credessi. »

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


Eccomi di ritorno con il secondo capitolo di questa mini storia *___* finalmente ho avuto il tempo di scriverlo. Ho stranamente una giornata libera, quindi sto scrivendo più che posso.... è il secondo capitolo che posto, oggi! lol Cmq bando alle ciance, vi ringrazio immensamente per i vostri bellissimi commenti *____________* sono commossa. Come vedete questo capitolo è scritto dal punto di vista di Rosalie e lo sarà anche il prossimo, probabilmente l'ultimo! :) adesso scappo, che vado ad abbozzare il prossimo capitolo di tradimenti e bugie... per stasera vorrei almeno avere il materiale per uno spoiler... .lol lol lol

Bacionii!!!

2.

 

Pov Rosalie

 

Jacob era stato richiamato dal branco e, con sua somma frustrazione, era stato costretto a rinviare il pic-nic con la piccola Nessie. Non appena Edward fosse venuto a conoscenza del fatto che la sua bambina aveva pianto a causa di quel lupo troglodita, per lui sarebbero stati dolori.

Anche se, del resto, ancora non comprendevo come avesse potuto permettere a quel botolo puzzolente di avere l’imprinting con la sua piccola.

Non sarei mai riuscita a sopportarlo, anche se ero quasi certa che la rassegnazione di mio fratello fosse dovuta alle decisioni di sua moglie ed al bene smisurato che il cane provava per la sua bambina. Almeno avrebbe fatto sempre tutto per proteggerla e renderla felice.

Sospirai sconsolata.

Osservai Nessie che, imbronciata, lanciava sassolini nel laghetto, tentando di trattenere le lacrime. In fin dei conti era ancora una bambina, nonostante la sua crescita accelerata e la sua intelligenza fuori dal comune, non era che una piccola creatura di poco meno di un anno.

Mi avvicinai accarezzandole dolcemente i capelli. « Tesoro, cosa ne dici di una passeggiata? – mormorai amorevolmente. - Potremmo andare a comprare quel gattino che tanto desideravi! »

Il giorno precedente Alice ci aveva costrette ad un giro forzato di shopping, al centro commerciale della zona. In uno dei pochi minuti di libertà che ci era stato concesso, la piccola Nessie si era catapultata in un negozio di animali.

Lì, purtroppo, aveva palesato il suo amore per i gatti. Come quasi ogni bambina era sorto in lei il capriccio di un piccolo e peloso animale domestico, con cui giocare. Personalmente non ero mai stata granché interessata a quelle palline di pelo, decisamente meglio un bel vestito, ma la mia nipotina era di tutt’altro avviso.

Notai i suoi occhi spalancarsi ed illuminarsi, per lo stupore, e finalmente un delizioso sorriso si dipinse su quel bel faccino tondo. « Uno di quelli che abbiamo visto nel negozio l’altro giorno? – domandò entusiasta. – Ma la mamma aveva detto di no. »

Già, Bella aveva letteralmente bandito la proposta.

Ma…

« Potremmo tenerlo a casa con me e tu potrai venire a giocarci quando vorrai. » proposi, sperando che quel piccolo compromesso potesse soddisfarla. Sarei stata ben disposta ad occuparmi io stessa di uno di quei cuccioli pur di rendere felice la mia nipotina e poter godere ancora della sua compagnia.

Renesmée era sempre stata una creatura adorabile. Con i suoi boccoli ramati, gli occhioni color cioccolato e quella tenera boccuccia costantemente in movimento. In questo somigliava straordinariamente alla zia Alice, sempre a ciarlare. Da quando era nata era riuscita ad allietare le nostre giornate, con la sua sola presenza. Non trascorreva giorno che non ringraziassi Dio per il suo arrivo.

Era stato un miracolo… un piccolo e meraviglioso miracolo.

Nonostante tutto, pur rappresentando ciò che la mia natura non avrebbe mai potuto donarmi e al contempo, ciò di cui avevo privato Emmett, lei era una fonte di incommensurabile gioia.

« Davvero? Si, si, si. » esultò iniziando a saltellare prima di gettarsi tra le mie braccia. « Zia Rose, sei la migliore zia di tutto il mondo. »

Zia!

Non sarei mai stata più di questo. Osservare Nessie e darle conforto e amore era qualcosa in cui non avrei mai potuto sperare, sino a qualche mese prima. Non avrei mai udito nessuno chiamarmi mamma, ma l’affetto di Nessie e la possibilità di starle vicina erano uno dei più grandi regali che la vita immortale mi aveva concesso. Eppure una parte di me era assolutamente invidiosa di Bells.

Non che provassi ancora rancore nei suoi confronti, al contrario. Avevo imparato a stimarla come donna e come madre, dopo aver ammirato la forza d’animo e il coraggio di cui aveva dato prova per mettere al mondo Nessie, al costo della sua stessa vita. Era stata eccezionale e, la mia riluttanza era scemata ancora notando quanto fosse ben disposta nei miei confronti. Sin da subito mi aveva permesso di stare vicina alla sua bambina, aiutandola ad occuparmi di lei.

Lei era a conoscenza del mio dolore e nonostante il mio comportamento riprovevole era stata in grado di perdonarmi, permettendomi di stare accanto alla piccola.

Non avrei mai potuto ringraziarla abbastanza.

Avevo osservato il suo pancione crescere, di giorno in giorno, e la luce nei suoi occhi ad ogni calcetto che la sua brontolona le dava. Malgrado il dolore e le sofferenze di quella gravidanza, non si era mai lamentata. L’aveva amata, profondamente e completamente.

Qualcosa che comprendevo, non per averlo sperimentato, ma per il desiderio represso che continuava a dilaniarmi da anni.

« Andiamo? » domandò, ridestandomi dalle mie elucubrazioni, porgendomi la sua manina paffutella.

Sorrisi. « Naturalmente. – mormorai, chinandomi per prenderla in braccio. – Andiamo ad avvertire papà, non credo sia il caso di farlo spaventare. »

Edward era mortalmente apprensivo. La folle ansia che provava per Isabella si era rivelata nulla rispetto a quella che covava per la sua bambina. Roba da matti… non c’è mai limite al peggio.

« Posso pensare al gattino? » chiese, preoccupata, increspando le labbra in un broncio adorabile. « Credi si arrabbierà? »

La fronte corrugata in un’attenta meditazione e le piccole fossette tra le sopracciglia, tanto simili a quelle di Bella.

Piccola adorabile Nessie.

Strizzai l’occhio, con fare cospiratorio, trattenendo un ghigno. « Non è colpa tua se io desidero tanto un gattino. »

Il tintinnare della sua risata riempì lo spiazzo, infondendomi un’immediata serenità.

Le scoccai un bacio sulla testolina ramata, ringraziando quel piccolo angelo che in qualche modo aveva sgelato una piccola porzione del mio cuore, che oramai le apparteneva indiscutibilmente.

La strinsi tra le braccia, correndo in direzione di casa, dove Edward era impegnato in una nuova composizione per il compleanno della sua mogliettina. Visto l’odio di lei per i regali costosi, Ed si era impelagato nell’arduo compito di comporre qualcosa che potesse mostrarle il suo immenso amore.

Attento però a dedicarsi al piano solo in assenza di Bells.

L’aria di amore e felicità che si respirava in casa, nell’ultimo periodo, era avvolgente e rasserenante. Jasper ormai gravitava attorno a noi con un sorriso costantemente stampato in volto, beandosi delle emozioni giulive che aleggiavano.

Aprii la porta, riponendo Nessie al suolo. « Vai. » mormorai sottovoce, dandole una piccola pacca sulla schiena,  per incitarla a raggiungere suo padre.

Lui notò immediatamente la nostra presenza, bloccando la sua esecuzione, e rivolgendo alla sua bambina un radioso sorriso.

Era un uomo fortunato.

Ed era stato tremendamente fortunato ad aver incontrato Bella, se lei non avesse lottato per entrambi lui avrebbe perso ogni cosa.

«  Lo so. » sussurrò, lanciandomi un’occhiata fugace, prima di rivolgersi alla piccina. « Amore, tutto bene? Vuoi chiedermi qualcosa? » la incitò, ghignando beffardo.

Maledetto lui ed il suo potere molesto.

« Papino, io e zia Rose usciamo. »

Edward si voltò verso di me, arcuando un sopracciglio. « Ti sembra il caso? »

Doveva aver colto le nostre intenzioni dai pensieri di sua figlia. « In questa casa non darà fastidio e Nessie potrà venire a trovarlo quando vorrà. » ribattei pacata, scrollando le spalle. «Non ci sarebbe nulla di male. »

Lo vidi scuotere il capo, mentre un sorriso divertito piegava le sue labbra. « Bel modo per aggirarla, complimenti. – asserì ammirato, rammentandosi l’ordine perentorio di sua moglie. “Niente animali domestici, ci basta Jake.” Non che avesse torto, ma per la piccola avrei fatto questo ed altro. – Io però non voglio essere coinvolto, sarà una tua responsabilità. » continuò, alzando le mani.

Annuii. In fin dei conti Edward era tanto succube di Nessie e del suo volere da non essere mai in grado di dirle di no. In realtà nessuno in quella casa riusciva a tener testa alla piccola peste, se non Bella, che continuava a rimproverarci perché non facevamo altro che viziare la sua bambina.

« Amore, dai un bacio al papà, prima di andare? »

« Si! » esclamò trionfante, gongolando per averla avuta vinta per l’ennesima volta.

Mi lasciai sfuggire una risatina. Forse Bella aveva ragione, la piccola Nessie era fin troppo consapevole di averci totalmente e pienamente in pugno.

Tutti nelle mani di una piccola ed innocente mezza- vampira… il mondo è proprio strano!

_____________________

Come previsto ci recammo al negozietto di animali in centro, pronte ad effettuare il nostro acquisto. Fu meraviglioso osservare Nessie correre da una gabbietta all’altra, alla ricerca del suo nuovo gattino. Il suo sorriso avrebbe avuto il potere di illuminare una città e, chiunque le era vicino, non poteva fare a meno di osservarla incantato.

Era una bambina splendida, e non solo per gli attributi ereditati dalla razza vampira, ma per il suo carattere solare e allegro, per quella sua capacità di attrarre chiunque, deliziandolo con la sua spensieratezza ed ingenuità.

Cosa c’è di più bello del sorriso di un bambino, della sua voce squillante che ti chiama, desideroso di attenzioni e cure. Qualcuno che sai dipendere completamente e totalmente da te e che ti può amare in quel modo tanto deliberato da commuoverti.

Avvertii le lacrime, che non avrei mai versato, pungermi gli occhi.

« Tesoro, fai presto a scegliere, sarà il caso passare oggi stesso dal veterinario. » le sussurrai, sorridendole. Lei assentì con il capo, prima di rituffarsi a capofitto nella sua ricerca, con maggiore concentrazione, pronta a portare a termine il suo arduo compito.

Forse dovrei aiutarla…

« Sua figlia è adorabile. » una voce alle mia spalle mi riscosse.

Mi voltai notando la donna dietro il bancone che seguiva con uno sguardo divertito i movimenti della piccolina, che lasciava svolazzare il suo vestitino rosa di tulle.

« Grazie. » risposi semplicemente, senza negare o precisare quanto la sua affermazione fosse lontana dalla realtà.

Perché?

Perché in fin dei conti qualche volta lasciavo che la mia mente galoppasse a briglia sciolta, che immaginasse me, in un ipotetico mondo parallelo, con una bambina come lei. Madre…

Qualche volta mi sembrava quasi di essere una seconda mamma per lei, o almeno quello era il mio desiderio. Nessie era la creatura più vicina ad una figlia, in cui potessi mai sperare. Una consapevolezza che talvolta faceva male, ma che riusciva comunque ad infondermi gioia. Quando mi rivolgeva un sorriso, quando correva da me in cerca di aiuto per la scelta del suo abitino, quando si lasciava spazzolare i morbidi boccoli…

La sua presenza era per me una fonte contraddittoria di emozioni e sensazioni.

Sospirai, raggiungendola. Era ormai qualche minuto che, immobile, mormorava paroline dolci a quello che dai miagolii potevo supporre fosse un micetto estremamente piccolo. «  Allora? »

Alzò lo sguardo su di me, sorridendo estasiata, con quel sorriso completamente ed indiscutibilmente felice, che solo un bambino sa esibire. « Ho scelto, ho scelto… quello nero. » esclamò su di giri, indicando la gabbietta dinanzi a sè. « Vieni a vederlo! » continuò, trascinandomi infondo al negozio, verso un piccolo cucciolo di gatto, spelacchiato e minuto.

Lasciai scorrere lo sguardo sul numero di animali che popolavano quel posto, notando persiani, soriani ed altre razze a dir poco stupende, nel loro manto folto e dalle code vaporose. « Piccola, ne sei sicura? » domandai, palesemente scettica.

Lei annuì con maggior vigore. « Si, la chiamerò Ophelia. » asserì, colma di entusiasmo facendomi capitolare. Se era ciò che voleva io non l’avrei di certo contraddetta, sebbene la sua scelta mi apparisse inconsueta.

____________________

« Siamo a casa. » annunciai, facendo cenno a Renesmèe di tacere e nascondere il piccolo cucciolo, ancora avvolto in una copertina. Le indicai un posto ai piedi della poltrona; avrei anticipato io la notizia a Bella, informandola dell’acquisto. Naturalmente avrebbe immediatamente compreso il reale motivo, ma non avrei rinunciato alla mia scusa. Il gattino avrebbe soggiornato a casa Cullen, quindi lei non avrebbe dovuto assumersi alcuna responsabilità.

Sperai vivamente non si infuriasse per la mia decisione arbitraria e per aver nuovamente ceduto alle richieste di sua figlia. In fin dei conti quel genere di decisioni spettavano a lei, non a me. Ma era tremendamente difficile rifiutarle qualcosa e, dopo aver visto il suo broncio e la sua delusione a causa di Jacob, non avrei potuto agire altrimenti.

Era così felice…

E se Bella avesse deciso di non affidarmi più Nessie?

Ingoiai un fiotto di veleno, incrociando le dita, scacciando quei pensieri assurdi. « Ci siete? »

Mi ero anche premurata di portare il gatto dal veterinario, per accertarmi della sua salute. Fortunatamente l’animaletto era in perfetta forma e probabilmente, tenendo conto che il nome Ophelia non fosse adatto ad un maschio, gli unici suoi problemi sarebbero stati di identità.

Sorpresa dal sommesso borbottio che i miei sensi colsero, cautamente mi diressi verso la cucina. « Ehi!? »

È impossibile non mi abbiamo sentita?

La testolina bruna di Alice sbucò dalla porta, ostacolandomi la vista, ostentando un sorriso a trentadue denti, leggermente inquietante. « Finalmente sei tornata, credevo che avessi intenzione di sottoporre quel povero gatto all’ennesima visita. »

Sobbalzai, facendole cenno di tacere. Quello non era il modo più delicato per comunicare la notizia ai presenti.

« Bella lo sa e permetterà a Nessie di tenerlo. » annunciò, scuotendo le mani, quasi annoiata per l’informazione che a quanto pareva, riteneva irrilevante.

Diventa ogni giorno più strana. Inizio a detestare questo suo essere sempre un passo avanti a tutti, a causa di quel maledetto dono. Delle volte riesce ad essere più molesta di Edward.

« Sei insopportabile. – sentenziai, non lasciando trasparire il mio sollievo per quella notizia. – ma come mai ha cambiato idea? »

« Vedrai. – ghignò sibillina. – Ci sono alcune novità di cui sarai messa a corrente. »

In quell’istante Bella ed Edward uscirono dalla cucina, anche loro ostentando la stessa espressione assurdamente felice ed io non potei non insospettirmi ulteriormente.

« Mi spiegate cosa vi prende? » sibilai, nervosamente.

Si sono strafatti di zucchero in mia assenza?

« Nessie è in salone. » mormorò Edward, ignorandomi palesemente. – Vado io ad occuparmi di lei. » sentenziò, voltandosi verso sua moglie e scoccandole un veloce bacio, prima di allontanarsi.

« Iniziate a stufarmi. – sbottai, irritata. – Almeno potreste dirmi dov’è Emmett? »

« In cucina! » esclamarono in sincrono.

Ok, c’è qualcosa che non quadra.

 

 

*La scelta del gatto nero è in onore della mia piccola briciola. Quando la trovai era piccola e spelacchiata e ricordo che mia zia commentava acidamente quanto fosse bruttina, rispetto ai cuccioli della sua gatta. Bhe, a parer mio la mia micetta era la più bella di tutte! *___*

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. ***


Salve! eccomi con l'ultimo capitolo di questa mini-ff. Un pò mi dispiace sia terminata, mi piaceva scriverla. In compenso, facendo parte di una serie, presto inzierò a postare quelle suelle altre coppie ^^  Bhe Vi ringrazio immesamente per i vostri commenti ed il vostro sostegno! Siete sempre dolcissime e io non posso fare a meno di ringraziarvi. A fine pagina troverete le risposte alle recensioni. Un bacione a tutte voi! ^^ 

Manu

Guardinga, senza perdere d’occhio le mie due sorelle, entrai nella cucina, lasciando scorrere lo sguardo sui presenti. La prima cosa che mi colpì fu un profumo.

Un odore di per sé ben noto, ma al contempo diverso.

Un mezzo vampiro.

Strabuzzai gli occhi, palesemente confusa, in attesa di una qualche spiegazione e alla ricerca dell’origine di quella fragranza.

Non è possibile…

I miei occhi si puntarono immediatamente in quelli di mio marito che, radiosi come non mai, mi fissavano, spronandomi ad osservare ciò che giaceva tra le sue braccia. Una piccola creatura, dall’aria fragile ed eterea.

Non è possibile.

« Un bambino. - soffiai, mentre avvertivo l’aria attorno a me caricarsi di tensione. – Da dove arriva? » fui costretta a schiarirmi la gola più volte, per riuscire a pronunciare quelle semplici parole, eppure non ebbi il coraggio di avvicinarmi.

Indugiai lì, paralizzata.

Qualcosa imponeva alla mia mente di non procedere, porre la debita distanza da quel fagotto, da quella piccola tentazione dai capelli biondi e l’aria beata di chi è immerso in qualche dolce sogno.

Così tenero… così irreale.

Un’illusione atta a tormentarmi.

Carlisle si avvicinò a me, cauto, mal celando la sorpresa per quella mia reazione, agli occhi di tutti inspiegabile. « Oggi un vampiro è venuto da me, chiedendomi un favore. - esordì, voltandosi immediatamente verso il piccolo. – Lui… »

« Amore, vogliamo adottarlo? » Emmett lo interruppe, generando un coro di sibili colmi di irritazione e proteste.

Come al solito, la sua capacità di contenersi rasentava lo zero, ancor di più visto lo stato di esaltazione che lo permeava. Un sorriso colmo di amore e soddisfazione risplendeva sul suo viso, illuminandolo.

Il mio dolce orso. Quante notti avevo trovato conforto in lui, da quelle lacrime mai versate, lamentando la mia angoscia per quella condizione che non avevo mai realmente accettato. Spesso osservavo intorno a me quelle persone mutare, evolversi, crescere… sperando quasi di svegliarmi da quell’incubo che affliggeva, che mi costringeva in quella forma perfetta che avevo imparato a detestare.

Ironico. Io, che della mia bellezza in gioventù avevo fatto un vanto ed un’occasione di ascesa sociale, mi ritrovavo a disprezzarla.

Ed ora?

Come agire?

Pregustare un pezzetto di Paradiso per poi lasciarsi scaraventare nuovamente in quell’Inferno, di un’esistenza priva di quella forma di amore più pura ed incondizionata?

No… non avrei sopportato una simile prospettiva. L’angoscia di per sé era immensa pur non potendo comprendere realmente ciò che mi era stato strapparlo. Se l’immaginazione era un’atroce compagna di vita, la consapevolezza e i ricordi sarebbero stati una definitiva condanna.

No!

« Adottarlo… ma come? Io… » non furono che pochi balbettii sconnessi a fuoriuscirono dalle mie labbra.

Non voglio illudermi.

Non voglio sperare in qualcosa che non avrà mai futuro. Non voglio crogiolarmi in una fantasia che potrà essermi strappata al mio primo cenno di cedimento.

Non sopporterei l’ennesima delusione… Non nuovamente. Non dopo aver sperato in quei tempi lontani di aver finalmente raggiunto il paradiso, con un perfetto matrimonio e l’attesa di una maternità tanto desiderata.

Anche allora la felicità mi era stata nemica, fuggendo dalle miei mani all’ultimo istante, rivelando l’incubo celato dietro a quella realtà apparentemente splendente.

Alzai il capo, lasciando scorrere lo sguardo sui presenti, sorpresi ed angosciati.

Loro non capiscono, non possono capire.

Sul volto di Emmett il sorriso si spense, lasciando posto ad un’espressione carica di stupore.  Sapevo cosa pensava, cosa attendeva. Non era quella la reazione che aveva previsto, conscio del mio desiderio di maternità.

Recalcitrante osservo, muta, spaventata dai miei stessi pensieri e dalle paure che mi attanagliano, mi sovrastano e mi sommergono. Le percepisco ed annego sotto di esse.

Volsi lo sguardo verso la finestra, fissando i miei occhi sulla figura di Nessie, impegnata a giocare con il suo nuovo cucciolo.

Io non avrei mai ottenuto… non avrei mai potuto…

« Rose. – la voce di Edward infranse i miei pensieri e, sebbene titubante, mi voltai verso di lui. Sorrideva indulgente.– Non devi preoccuparti. Quello che Carlisle cercava di dirti è che nessuno verrà a reclamarlo, i suoi genitori purtroppo sono morti. Lui, il piccolo… »

« Nathan. – lo interruppi mesta, mossa da uno strano istinto che in quell’istante non seppi definire. Solo quando realizzai l’impulsività del mio gesto, imbarazzata, chinai il capo. – Intendevo, se non  ha un nome, Nathan potrebbe essere carino. » proposi, esitante.

Il sorriso sfolgorante di Alice accompagnato da quello dolce di Bella, mi rassicurarono e non potei fare a meno di sorridere a mia volta.

« Vada per Nathan! – esclamò il mio orso, osservando il piccolo tra le sue braccia. – Però forse sarebbe il caso di chiederlo a lui. »

Jasper alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo, mentre  Edward lo fissò truce, trattenendo a malapena uno sbuffo contrariato.« Emmett, diamine, non si svegliano i bambini quando dormono. » lo ammonì, leggendo le sue intenzioni.

Quello sarebbe stato il padre del mio presunto bambino?

Iniziamo male…

Un ringhio soffocato si levò dal petto di mio fratello, attirando l’attenzione di tutti. « Aspetta, davvero svegliavi la mia piccolina? Ma sei un idiota. – ribattè ad un pensiero del mio orso, rivolgendosi immediatamente a sua moglie. – Io quel troglodita vicino alla mia bambina non ce lo voglio più, sia chiaro. »

Sospirai sommessamente, rivolgendo ad Emmett uno sguardo carico di ammonimenti, a cui lui rispose con una semplice scrollata di spalle ed un sorriso beffardo. Tipico di lui comportarsi da bambino impertinente, prima o poi Edward gli torcerà il collo. Come se non fossero bastati i suoi insegnamenti su come usare la mazza da baseball contro i maschietti.

« Dai, Ed, non esagerare. – lo rimbeccò Bella, affiancandolo ed ostentando un’espressione astuta che non premetteva nulla di buono, almeno per suo marito. – Ti ricordi a Natale quando sei stato in fibrillazione tutta la notte, con quella scatola tra le mani, a gironzolare per la stanza di Nessie, sino a quando non hai ceduto e l’hai svegliata? »

La sua bocca si spalancò dallo stupore, forse incredulo per la rivelazione che la sua mogliettina aveva condiviso con la famiglia. Effettivamente appariva piuttosto inconsueto immaginare il nostro petulante fratello, sempre controllato e schivo, emozionarsi per un semplice regalo. « Ehi – sbottò lui, incrociando le braccia la petto. -  Era un pianoforte giocattolo e lei lo desiderava tantissimo. » si giustificò imbronciandosi, pronto a dar inizio ad una delle sue filippiche.

« Si, certo. » lo liquidò lei, sventolando la mano quasi sdegnata.

« Ma…»

Fu allora che scoppiai a ridere, senza ritegno e senza freni.

Una di quelle risate che raramente mi ero concessa in vita mia, colma di gioia, di vitalità, di felicità.

Non so se fu a causa di quella strana scenetta o perché, forse, avevo finalmente assorbito le parole di Edward, riguardo il piccolo Nathan. Con maggiore probabilità fu osservare quella pace familiare a permettermi di comprendere ciò che finalmente mi attendeva.

Una famiglia completa, quella che avevo sempre sognato, quella che anelavo sin dalla mia vita umana. Quel desiderio che ero certa avrei covato per l’eternità e che mai avrebbe avuto una sua realizzazione. Solo un vortice di illusioni e sogni ad occhi aperti a cui appoggiarsi, per non crollare, per mitigare l’angoscia.

Essere genitori.

Alla mia risata si unirono tutti, lasciando scemare la tensioni man mano accumulata.

Fu una liberazione.

« Ok, lo ammetto. – esordì Edward, tra le risa. – Delle volte mi comporto da bambino, anche io. Ma, a mia discolpa, devo sottolineare che dovendo mitigare di continuo, le apprensioni di Bella, anche io ho bisogno di rilassarmi di tanto in tanto. »

Isabella, increspò le labbra, assestandogli uno scappellotto sulla nuca. « Io non sono apprensiva. » sentenziò, sotto lo sguardo scettico del suo compagno e le smorfie di Alice, che scuoteva il capo.

« Tesoro, il mese scorso tua figlia ha starnutito e tu hai quasi avuto un attacco di panico… - le rammentò, il folletto. – Non che Edward sia stato da meno. Siete due genitori insopportabili! Quella bambina è rinchiusa sotto una campana di vetro. »

« Ma se le permetto anche di frequentare un licantropo. » mormorò Edward imbarazzato.

« Lascia stare Jake… »

Un vagito.

Sobbalzai, non prestando più attenzione alla discussione in atto e rivolgendo immediatamente al piccolo, amorevolmente avvolto nella copertina azzurra. Potei finalmente intravedere i suoi occhi, due limpidi zaffiri, contornati dalle bionde ciglia.

Sembra un angelo.

Lo fissai, profondamente incantata. « È bellissimo. » sussurrai, beata, mentre il desiderio di stringerlo tra le mie braccia diveniva spasmodico.

Desideravo un contatto.

Qualcosa che mi permettesse di accertarmi fosse reale, concreto… mio.

« Credo che abbiamo svegliato il piccolo Nathan. » mormorò Emmett con un tono gentile e dolce che, sebbene stonasse data la sua stazza e la sua mole, riuscii a sciogliermi il cuore.

Perché non ero l’unica a soffrire di quella mancanza… nonostante fossi la sola a lamentarla.

« Posso vederlo? - domandai, rimproverandomi per la mia precedente reazione. – Mi piacerebbe tenerlo in braccio. »

Il mio orso si avvicinò, sempre sorridente, accarezzandomi con lo sguardo, prima di volgersi al piccolo.  

« Ben sveglio Nathan, credo sia ora di presentarti la tua mamma. » Sussurrò.

Mamma.

____________________________

 

« Nate, lascia stare la bambola di Nessie. » lo rimproverai, ponendomi dinanzi a lui con le mani ancorate ai fianchi, nella solita posa da “mamma arrabbiata”.

« Ma mamy. – piagnucolò. – volevo solo fare uno scherzo. »

Sospirai, scuotendo il capo avvilita, somigliava ogni giorno di più a suo padre. « Devo ricordarti cosa è successo l’ultima volta? »

È arrivato il momento di fare un discorsetto ad Emmett, di questo passo sarò costretta a mettere in punizione entrambi.

Lui alzò gli occhi al cielo, palesemente scocciato dal sentirsi ribadire quello che era accaduto. « Non è colpa mia se lei è una violenta. »

« Se tu non la istigassi lei non cercherebbe di picchiarti con la mazza da baseball che le ha regalato papà. » gli rammentai.

Non fosse stato per lo spavento probabilmente avrei trovato esilarante la scena che, qualche giorno prima, si era palesata dinanzi agli occhi stupidi miei e di Bella. La famiglia si era recata a caccia e noi due avevamo optato per restare con i piccoli, non potendo fare altrimenti. Mentre preparavamo loro il pranzo le urla nella stanza attigua avevano attirato la nostra attenzione e…

Bhe…

Nessie furibonda correva per la casa, impugnando a due mani, un’enorme mazza da baseball che Emmett le aveva regalato, rincorrendo Nate con intenzioni palesemente ostili. Quest’ultimo scappava terrorizzato, stringendo a sé la testa della bambola di porcellana preferita della mia piccola nipotina.

Mio figlio adorava dare il tormento alla sua cuginetta, rendendola vittima degli scherzi più assurdi.

« Se tu non l’avessi fermata io avrei risolto tutto. – sentenziò, imbronciandosi. – Sono un uomo e mi sarei difeso. »

Ridacchiai divertita, osservando il mio ometto ferito nell’orgoglio. Se Nessie avesse davvero voluto, quella mazza sarebbe di certo andata a segno, sulla testa del mio cucciolo. Fortunatamente io e Bella eravamo intervenute per placare i bollenti spiriti e Nate era stato costretto a chiedere scusa e a rinunciare alla battuta di caccia con suo padre, quel fine settimana.

« Adesso che ne dici di restituirmi la bambola e permettermi di riconsegnarla a Nessie? » mormorai, accovacciandomi dinanzi a lui.

Mi fissò non propriamente convinto, quasi tentato a ribattere nuovamente, pur sapendo che non l’avrebbe mai spuntata.

Non sono mica Emmett, io.

Quel padre snaturato era completamente incapace di rifiutare qualcosa al suo bambino, e non perdeva occasione di viziarlo ed accontentarlo in ogni suo capriccio. Era lui la rovina del mio piccolo. Le mie proteste cadevano costantemente nel vuoto, dinanzi ai suoi assurdi tentativi ed incoraggiamenti.

« Nate. » ripetei, in tono che non ammetteva repliche, vedendolo finalmente capitolare.

Sbuffò contrariato, avvicinandosi a me e porgendomi il corpo del reato. « Ma non dirle che le ho restituito io la bambola, se te lo chiede tu l’hai solo trovata nella mia stanza. » bisbigliò, al mio orecchio, con fare cospiratorio.

Ridacchiai sommessamente, annuendo. « Adesso vai fuori a giocare e cerca di non fare guai. »

Mi sorrise soddisfatto, mostrando i dentini candidi ed i canini affilati, rammentandomi la sua natura. Era così semplice scambiarlo per un bambino normale, con la sua aria innocente e le guanciotte rosse. « Mi raccomando! »

« A dopo mamma! » salutò, scoccandomi un bacio veloce, prima di correre via.

Restai lì a fissare il punto nel quale si era allontanato, sorridendo internamente.

Da quando Nate era entrato nella mia vita la gioia che mi aveva colta era impossibile da esprimere a parole. Il calore incommensurabile, la pace e la serenità… la felicità pura nel sentir pronunciare dalle sue labbra la parola mamma. Un’emozione che non avrei mai dimenticato e che ancora mi coglieva, spesso, commuovendomi. Lui era stato il più grande dono che la vita immortale mi aveva concesso, insieme ad Emmett. Quel piccoletto era divenuto parte di me, sebbene non vi fossero legami di sangue, non riuscivo a considerarlo in nessun altro modo che: il mio bambino.

Con lui avevo sperimentato le gioie della maternità, la felicità di sentirsi speciale, fondamentale agli occhi di quella creatura bisognosa di amore e cure.

Con lui avevo finalmente trovato quella parte del mio cuore che, un tempo, credevo perduta per sempre.

____________________________________________

 ila74cullen [Contatta] Segnala violazione
 26/06/10, ore 20:00 - Capitolo 2: 2.
Grazieee! spero tanto ti sia piaciuto anche quest'ultimo capitolo! La figura di Rose mi ha sempre affascinata ^^
 grepattz [Contatta] Segnala violazione
 25/06/10, ore 18:50 - Capitolo 2: 2.
ahaha come avrai potuto notare nella seconda parte del capitolo Emmett è un padre tremendo ahahah vizia il suo cucciolo senza remore ahahahha
ed a Rose resta il ruolo della mamma cattiva ahahahahah XD
 SweetCherry [Contatta] Segnala violazione
 25/06/10, ore 16:14 - Capitolo 2: 2.
Wow, quanti complimenti! Grazie mille.. temo di non meritarne neanche la metà! ma ti ringrazio sinceramente per la tua gentilezza. Questo ormai è già l'ultimo chappy di questa storia... spero di trovare presto l'ispirazione per le altre coppie. adoro scrivere della famiglia cullen alle prese con i loro pargoli XD
 simo87 [Contatta] Segnala violazione
 25/06/10, ore 15:56 - Capitolo 2: 2.
ahahahh ci avevo pensato ahahah ma diciamo che ho sempre detestato il nome briciola ahahah mi sembra così anonimo ahaha
io avrei voluto darle un nome + strano ahahah
e mentre scrivevo mi è venuto in mente uno dei gatti dell'università che si chiama Otello (un gattone nero bellissimo ♥) ahahahh
quinid, restano in tema sheksperiano ho pensato ad Ophelia XD
 Bella_kristen [Contatta] Segnala violazione
 25/06/10, ore 08:13 - Capitolo 2: 2.
Ciauuuu! XD ecco l'ultimo, questa volta ho postato presto. L'ispirazione è arrivata improvvisamente.
è strano scrivere storielle così corte ahahah mi ha un effetto bizzarro ahahaha cmq spero sinceramente ti sia piaciuto anche quest'ultimo capitolo... grazie per il tuo costante sostegno *___*
 Frafra9 [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 22:54 - Capitolo 2: 2.
Si si il nuovo bimbo è arrivato XD ed ha conquistato il cuore della sua mamma.
Forse può essere parsa strana la sua prima reazione, ma credo sia normale avere paura in simili situazioni.. :)  Dopo le delusioni si reagisce sempre in modo cauto.
 vanderbit [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 21:36 - Capitolo 2: 2.
Ciaoo! spero ti sia piaciuto il nuovo e ultimo chappy! ^^ finalmente Rose vede realizzato il suo bisogno di maternità *___* e poi Nate è un monello come suo padre, un vero dispettoso ahahah! Io adoro i bambini
 Rosella [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 21:28 - Capitolo 2: 2.
Ciaoooo! Grazieeee! Rose è un personaggio che mi ha spesso affascinata e che generalmente viene dipinta in modo negativo. Invece mi piace poterla un pò rivalutare, soffermandomi su quella parte del suo personaggio che mi ha sempre attirata maggiormente: il suo desiderio di maternità.
 KatyCullen [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 20:39 - Capitolo 2: 2.
Ciauu! Grazieee *______* spero ti sia piaciuto il nuovo e ultimo chappy! ^^ so che può apparire un pò strana la sua prima reazione, ma credo che in determinate circostanza la paura prenda il sopravvento e sia l'irrazionalità a portare ad agire. Dopo tante delusioni quindi lei aveva solo paura.
 ELLAPIC [Contatta] Segnala violazione
 24/06/10, ore 20:10 - Capitolo 2: 2.
Grazieee! come sempre sei gentilissima, nei tuoi commenti e io non posso fare a meno di rinnovare i miei ringraziamenti. sono felice che l'immagine di questa Rose ti sia piaciuta. Diciamo che è un personaggio molto sottovalutato e a cui la Meyer ha dato ben poco spazio ^^ e credo sia un peccato.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=511217