Diventare genitori... di Shinalia (/viewuser.php?uid=68696)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 1 *** Introduzione ***
Salve!
Ed
eccomi qui con l'ennesima storia XD sono una persecuzione! O,o Comunque
mi appresto ad una veloce presentazione.... questa sarà una
mini-ff composta da 2 o 3 capitoli... che farà parte di una
SERIE: "Essere
genitori." Dove mi divertirò a
scribacchiare delle coppie + famose della saga (e magari anche qualche
altra meno famosa) alle prese con i loro pargoli. Detto questo vi
lascio al primo chappy della 1 mini ff.
kiss
kiss
Per
info: link
mio gruppo su FB
«
Emmett togli immediatamente quel guantone alla bambina! »
Le
urla di Rosalie invasero il piccolo spiazzo, mentre lei,
indignata, avanzava a passo di carica verso suo marito. Erano giunti in
quella
radura da meno di mezz’ora, con l’intento di
conciliare una piccola battuta di
caccia ed un pic-nic per Nessie e Jacob. Purtroppo Emmett era stato di
tutt’altra idea e, non appena ne aveva avuto
l’occasione, si era premurato di procurare
alla sua nipototina un’adeguata attrezzatura da baseball.
Perché?
Naturalmente
per compensare quella che aveva definito
l’inettitudine di Edward ed il suo poco impegno nel fornire
le nozioni di base,
in campo di sport, alla sua pargoletta.
«
Ma amore, Renesmèe è una giocatrice eccellente.
– si lagnò
con quel tono petulante che lei aveva definito più volte
esasperante, prima di voltarsi
verso la piccola. - Dì anche tu a zia Rosalie che ti stai
divertendo. »
La
piccola annuì, vigorosamente, scostando un ciuffo ribelle
dal visino paffuto, con le manine sporche di terreno. « Si,
lo zio mi sta
insegnando ad usare il guantone e mi ha promesso che poi passeremo alla
mazza
che dovrò usare per… »
«
Ah, lasciamo perdere la mazza. » la interruppe, riuscendo
per un soffio ad evitare una catastrofe.
Rosalie
non potè evitare ad una smorfia di increspare le sue
labbra perfette, mentre fissava suo marito con uno sguardo
tutt’altro che benevolo.
« A cosa dovrebbe servire la mazza da baseball, caro?
» domandò, assottigliando
lo sguardo, certa che la risposta non sarebbe stata assolutamente
ragionevole.
E
quando Emmett si era dimostrato tale?
Da quando lo aveva salvato,
donandogli l’eternità, si era costantemente
comportato con un bambino dalla
stazza di un orso, tutti muscoli e ben poco cervello.
«
Sarà meglio parlarne in seguito. - tentò invano,
indietreggiando appena. – La bambina avrà fame,
potremmo portarla a caccia. »
«
No. – sbottò, ostentando un tenero broncio
corrucciato. –
Mi accompagnerà Jake. » pigolò,
lisciandosi il vestitino, terminando l’opera di
devastazione iniziata dal loro arrivo ed aumentando a dismisura
l’irritazione
di sua zia.
«
Emmet, ti rendi conto di come si è ridotto il suo
vestitino nuovo. – sibilò, incrociando le braccia
al petto. – La colorazione
rosa perla è… è… guarda!
» esclamò stizzita, avvicinandosi alla bambina per
esaminare da vicino il disastro, ormai irreparabile.
«
Ma… »
«
Zitto, razza di troglodita decerebrato. – soffiò
alterata,
non comprendendo come suo marito potesse essere una costante fonte di
stress. Scosse
la testa rassegnata per poi voltarsi verso Nessie, addolcendo il tono.
–
Tesoro, credo che Jake non sarà felice di trovarti tutta
sporca, forse sarebbe
il caso che cambiassimo questo vestitino, che ne dici? »
La
piccola abbassò lo sguardo sul suo completino ormai
lurido, increspando le piccole labbra rosse in una smorfia deliziosa e
tendendo
immediatamente la manina alla sua adorata zia, sempre pronta a
rimediare.
Bhe,
il
suo Jacob non poteva di certo vederla in quello stato.
Intanto,
dall’altro capo del campo, Alice e Bella
osservavano la scena divertite, notando lo sbigottimento di Nessie nel
constatare
lo stato disastroso del suo abitino preferito. Fortunatamente, secondo
un
parere comune, la piccola possedeva un gusto per l’estetica
indiscutibile, nonostante
la giovane età, che l’aveva inevitabilmente resa
la beniamina delle zie.
Era
raro che qualcuno non la vezzeggiasse o non le fosse
accanto, viziandola e facendo disperare i suoi genitori. Ormai
trascorrevano
gran parte del tempo a villa Cullen, benché Edward si fosse
premurato di
acquistare una piccola abitazione vicina, per poter permettere a moglie
e
figlia di sfuggire alle grinfie delle sue sorelle.
Purtroppo
per lui Alice era sempre stata in grado di
aggirare i suoi propositi, piegando le situazioni al suo volere.
Non
era una novità e oramai tutti si erano rassegnati
all’insolente
invadenza della vampira dotata del dono della preveggenza…
soprattutto perché le
alternative non erano poi molte.
Avevano
tentato di liberarsi di lei spedendo, per puro
errore, gli scatoloni con i suoi vestiti sull’isola di Esme,
ma lei aveva
placidamente accettato l’evento, per poi gioire
dell’ennesima occasione per
dedicarsi a giorni e giorni di shopping sfrenato.
Naturalmente
costringendo i malfattori ad unirsi a lei,
entusiasta dell’ironica punizione escogitata.
Bella
emise un sospiro rassegnato, mentre il suo sguardo saettava
tra i presenti, beandosi delle risatine disinibite della sua bambina.
« Se ne
avessero avuto l’opportunità sarebbero stati due
genitori stupendi. » mormorò
accorata, rammentando il dolore di Rosalie quando le aveva narrato la
sua
storia, anni e anni prima. Le pareva assurdo che quel rapporto ostile
si fosse
poi tramutato in un affetto tanto profondo e radicato, ma non poteva
non
gioirne. Aveva trovato in lei una meravigliosa sorella ed una perfetta
zia, per
la sua Nessie.
Purtroppo
nella vita non tutto va come dovrebbe…
Notando
l’inconsueto silenzio di Alice, Bella si voltò
verso
di lei increspando la fronte, incuriosita. « Che hai da
sogghignare in quel
modo? » chiese titubante, ammirando il sorriso beffardo,
della sua amica,
tramutarsi in un’espressione di pura esultanza, che non
pareva premettere nulla
di buono.
«
Non starai progettando l’ennesima sessione di shopping,
spero. Nessie ha abbastanza vestiti per i prossimi tre anni e,
considerando la
sua crescita accelerata, mi rifiuto di sprecare altro denaro in
semplici
futilità. »
Alice
alzò gli occhi al cielo, trattenendo uno sbuffò.
Proprio non comprendeva come si potesse ritenere l’arte degli
acquisiti una futilità,
ma in quell’istante aveva ben
altre cose per mente, che non tentare invano di redimere Isabella dalla
sua
ostilità per lo shopping.
Certo,
prima o poi sarebbe riuscita nel suo intento, ma per
quella volta si vide costretta a posticipare, rivedendo le sue
priorità.
«
Ben presto avremo visite. » annunciò, sfoggiando
il suo
solito sorriso scaltro, di chi è a conoscenza di succulenti
novità che non
rivelerà altrettanto facilmente.
_____________________________
Carlisle
Cullen era un famoso medico trasferitosi in Alaska,
qualche anno prima, con la sua numerosa famiglia; o almeno questo era
quello
che si sapeva di lui.
Non
che una piccola parte di quella storia ben più
interessante che era la sua vita.
Successivamente
alla nascita di Renesmée avevano trascorso
qualche altro anno a Forks, per permettere a Charlie di conoscere la
sua
nipotina ed a Jacob Blake di occuparsi del suo branco, senza separarsi
dall’oggetto del suo imprinting. Purtroppo però,
la perpetua giovinezza del bel
dottore e della sua amata consorte, erano divenuti un pettegolezzo sin
troppo
succulento per poter essere ignorato e, la famiglia Cullen, era stata
costretta
ad un trasferimento che, seppur sofferto, era ormai necessario.
«
Dottor Cullen. – l’infermiera di pediatria lo
raggiunse
trafelata, correndo per l’ampio corridoio e sventolando una
cartella, per
attirare la sua attenzione. - Mi dispiace disturbarla, ma un signore
chiede un
suo consulto. » spiegò, portandosi una mano al
petto, tentando di riprendere
fiato.
«
Non avevo visite in programma. » mormorò sorpreso.
Il suo
turno era finito da quasi un’ora e lui era impegnato negli
ultimi controlli, ai
suoi pazienti. Possibile che non gli avessero comunicato qualche visita?
La
donna annuì, mentre le guance si coloravano di un tenue
rossore. « Infatti, ma il signore è stato
insistente e poi sembrava preoccupato
per il bambino, quindi ho pensato di informarla. –
ribatté tutto d’un fiato. –
Ma se vuole fisso un appuntamento per domani. »
Carlisle
sorrise rassicurante. « Non si preoccupi, gli dica di
raggiungermi nel mio studio.» asserì, congedandosi
con un cenno di saluto.
In
fin dei conti quell’ospedale gli piaceva. I medici erano
estremamente competenti e collaborativi ed il personale ausiliario
sempre
cortese ed efficiente. Era difficile dover abbandonare un ospedale dopo
anni di
servizio, ma si sorprendeva spesso nel constatare quanto facile fosse
affezionarsi ai suoi nuovi pazienti e a quei nuovi luoghi che
diventavano parte
della sua quotidianità. Essere medico era per lui una
vocazione, ciò che gli
permetteva di redimersi per quella sua natura dannata.
Inizialmente
era stato solo un tramite per espiare le sue
colpe, ma con il tempo era divenuta una passione, un
bisogno…. Una necessità
data dalla consapevolezza di poter essere utile, grazie proprio a
quella natura
che lui aveva tanto aborrito.
Sorridendo
e salutando garbatamente chi incrociava il suo
passaggio, giunse al suo studio, accomodandosi sulla morbida poltrona
in pelle,
visionando alcune cartelle, in attesa della sua ultima visita. Dopo
sarebbe
tornato a casa dalla sua adorata famiglia. Era meraviglioso potersi
beare della
serenità che permeava quelle mura, qualcosa che, dalla
trasformazione di Bella
e dalla nascita di Nessie, era divenuta ormai parte integrante della
loro vita.
Un
lieve bussare lo distolse dai suoi lieti pensieri. «
Avanti.»
La
porta si aprì lentamente, portando con sé un
odore
inconfondibile, che costrinse Carslisle a drizzare il capo verso la
figura che
faceva il suo ingresso.
«
Lei è il dottor Carlisle Cullen? »
«
Si sono io, si accomodi. » assentì distrattamente.
Era
un uomo piuttosto basso e dalla corporatura esile, ma
ciò che attirò maggiormente la sua attenzione
furono i grandi occhi color
cremisi che, in quell’istante, si posavano ovunque
fuorché sul viso del suo
interlocutore.
Il
vampiro era visibilmente agitato, probabilmente perché,
quella struttura pullulante di malati e sangue, poteva essere una
discreta tentazione.
Ma…
«
Ma è… » il suo sguardo
saettò sul bambino, che dormiva
beatamente, incurante dell’inconsueta conversazione che i due
vampiri attorno a
lui stavano intrattenendo.
«
Un mezzo vampiro. – continuò, iniziando
istintivamente a
cullarlo, con un dondolio appena percepibile. – Come sua
nipote, se non erro. »
Carlisle
annuì, afflosciandosi sulla sedia ed indicando
all’uomo una poltrona dinanzi alla sua scrivania.
«Si accomodi. – ripetè cortesemente,
scrutando però con attenzione ogni suo movimento. - Cosa
posso fare per lei,
signor…? » lasciò la frase volutamente
in sospeso, attendendo di ricevere le
dovute delucidazioni.
Era
certo di non averlo mai incontrato, e per un istante si
domandò se non fosse stato inviato da Aro e dai suoi
fratelli per ottenere
qualcosa. Non si sarebbe sorpreso di ricevere una loro visita,
anzi…
«
Allen. – esitò, qualche istante, espirando
profondamente.
– Allen Sanz, sono venuto qui per chiederle un favore. Sono a
conoscenza di
quello che è accaduto tempo fa tra la vostra famiglia ed i
Volturi, a causa di
una piccola mezzo sangue. »
«
La questione è divenuta di dominio pubblico, suppongo.
»
commentò il dottore, rammentando amaramente gli attimi di
terrore a cui tutti
loro erano stati costretti.
Il
suo sguardo si fece più attento.
L’uomo
annuì, vigorosamente. « Proprio per questo mi
rivolgo
a lei. »
«
Teme la reazione di Aro e dei suoi fratelli. – chiese,
indicando
placidamente il piccolo ed incrociando le mani sulla scrivania, dinanzi
a sé. –
Essendoci altri casi riconosciuti, credo proprio che non dovrebbero
poter
obiettare. È stato ormai assodato che queste piccole
creature non sono di
nessun pericolo per la nostra specie e che, al contrario, hanno
maggiori
possibilità di integrarsi. »
«
Io non posso occuparmene. » sentenziò, senza
preamboli.
Carslie
aggrottò la fronte sorpreso, iniziando ad
intuire il motivo
di quella visita. «
Cosa intende? » mormorò, portando nuovamente il
suo sguardo sul neonato,
addormentato tra le braccia dell’uomo. Era quasi certamente
un maschietto, dai
lineamenti dolci ed il viso pieno. Gli occhi chiusi non gli
permettevano di
appurarne il colore, ma le folte ciglia bionde ed i riccioli
leggermente più
scuri gli conferivano le sembianze di un piccolo putto.
«
Non posso tenerlo con me.
– ripetè, scandendo cautamente ogni
parola. – Sono costretto ad
affidarlo a qualcuno ed avevo pensato alla sua famiglia, considerando i
trascorsi.
Sono certo sapreste occuparvene adeguatamente. »
Un
bambino?
Carlisle sbattè le palpebre soppesando le sue parole,
mentre una serie di immagini attraversavano fulminee la sua mente. Se
realmente
quell’uomo era intenzionato a disfarsi del piccolo, lui era
pronto a
scommettere che avrebbe trovato dei degni genitori pronti ad
occuparsene.
Eppure, non voleva rischiare di illudere Rosalie, rammentando quanto il
desiderio di maternità fosse radicato in lei. Si sarebbe
premurato di valutare
il caso attentamente prima di pensare di accettare, benché
la proposta fosse
estremamente allettante.
Forse
troppo…
«
La madre? » domandò, titubante.
L’uomo
sospirò sommessamente, mentre le sue labbra si
piegavano in una smorfia. « Purtroppo non tutte le donne
sopravvivono ad un
simile parto, nonostante le cure e, Marian non ha avuto fortuna.
»
Carlisle
chinò il capo in senso di comprensione. La
gravidanza di Isabella, pochi anni prima, era stato un periodo tremendo
per
tutta la sua famiglia, costretta ad osservare il disfacimento di quel
giovane
corpo e delle sue
possibilità di vita,
senza poter intervenire. Se solo il parto non fosse stato affrontato
tempestivamente Edward sarebbe stato certamente sopraffatto dal
dolore…
Comprensibile…
Osservò
nuovamente l’uomo, seduto dinanzi a sé,
scrutandone
i tratti del volto rigidi e gli occhi vigili. « Lei non
è il padre, vero? » Intuì,
non notando in lui particolare accoramento per l’avvenimento.
Allen
scosse il capo. « No. - Confermò mesto. - Lui era un nomade come me,
abbiamo viaggiato
per lungo tempo insieme, fino a quando non ha manifestato interesse per
quella
donna. »
«
Non immaginava certo che le conseguenze sarebbero state
queste. » mormorò più a se stesso che
al suo interlocutore.
Carlisle provò
pietà
per quell’uomo, eppure uno strano pensiero
attraversò fulmineo nella sua mente.
«
Ed è disposto a rinunciare al bambino? » un cipiglio incredulo si
disegnò sul suo
volto. Quella creaturina era tutto ciò che restava a
quell’uomo della sua
famiglia, come poteva anche solo pensare di disfarsene?
Allen
scrollò le spalle. « Nella sue condizioni non
è stato
in grado di occuparsene, ha tentato… – lo
giustificò, amareggiato. – ma le
ricordava lei e, alla fine, ha preferito raggiungerla. »
«
A me non interessa tenerlo e poi sono un nomade, non
potrei mai assicurargli quello di cui ha bisogno. »
continuò, non attendendo
risposta.
Doveva
essere ben lieto di disfarsi di quel fardello e
questo, purtroppo non poteva che acuire i dubbi del dottore, timoroso
di
attirare, con un gesto affrettato, dolore sulla sua famiglia.
Assunse
un’espressione meditabonda, deciso ad ottenere il
maggior numero di informazioni possibili. « Quindi ha pensato
che, avendo con
noi Renesmèe, avremmo potuto prenderci cura di lui.
» ipotizzò, puntando i suoi
occhi color oro in quelli del suo interlocutore, per sincerarsi delle
sue
intenzioni.
«
Mi sono documentato sulla sua famiglia… - ammise
riluttante. – ci sono molte coppie oltre a lei e la sua
compagna e, magari, i
genitori della piccola mezzosangue potrebbero desiderare un altro
piccolo di
cui occuparsi. »
Carlisle
sospirò, l’idea era oltremodo allettante, non solo
perché non avrebbe mai potuto rifiutare, a quel bambino
sfortunato, l’amore di
una famiglia, ma anche perché in quel modo forse avrebbe
potuto sanare la
ferita di Rosalie ed il suo immenso senso di colpa. Le aveva donato una
vita
immortale, incapace di abbandonare quella giovane ragazza ad un morte
tanto
brutale, non considerando di cosa la stava privando.
Un
fardello che gravava su di lui ormai da tempo.
«
Le dispiace se ne parlo con la mia famiglia? - chiese
rimuginando. – Lei quando lascerà Forks? Entro
domani dovrei essere in grado di
fornirle una risposta. »
«
Naturalmente. - Allen
si concesse il suo primo vero sorriso,
da quando era entrato in quello studio, rassicurato
dall’interesse mostrato dal
dottore. – Potremo rincontrarci in ospedale? »
Lo
squillo del telefono irruppe nella stanza e Carlisle,
affrettandosi a rispondere, si trovò a sorridere immaginando
il mittente.
Alice.
Il
suo tempismo era innegabile. « Papà. –
il trillo la voce
entusiasta della giovane vampira.- Io e Bella siamo fuori
l’ospedale. » esclamò
prima di riagganciare.
«
Avremo le nostre risposte prima di quanto credessi. »
|
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Capitolo 2 *** 2. ***
Eccomi
di ritorno con il secondo capitolo di questa mini storia *___*
finalmente ho avuto il tempo di scriverlo. Ho stranamente una giornata
libera, quindi sto scrivendo più che posso.... è
il secondo capitolo che posto, oggi! lol Cmq bando alle ciance, vi
ringrazio immensamente per i vostri bellissimi commenti *____________*
sono commossa. Come vedete questo capitolo è scritto dal
punto di vista di Rosalie e lo sarà anche il prossimo,
probabilmente l'ultimo! :) adesso scappo, che vado ad abbozzare il
prossimo capitolo di tradimenti e bugie... per stasera vorrei almeno
avere il materiale per uno spoiler... .lol lol lol
Bacionii!!!
2.
Pov
Rosalie
Jacob
era stato richiamato dal branco e, con sua somma
frustrazione, era stato costretto a rinviare il pic-nic con la piccola
Nessie. Non
appena Edward fosse venuto a conoscenza del fatto che la sua bambina
aveva
pianto a causa di quel lupo troglodita, per lui sarebbero stati dolori.
Anche
se, del resto, ancora non comprendevo come avesse
potuto permettere a quel botolo puzzolente di avere
l’imprinting con la sua
piccola.
Non
sarei mai riuscita a sopportarlo, anche se ero quasi
certa che la rassegnazione di mio fratello fosse dovuta alle decisioni
di sua
moglie ed al bene smisurato che il cane provava per la sua bambina.
Almeno avrebbe
fatto sempre tutto per proteggerla e renderla felice.
Sospirai
sconsolata.
Osservai
Nessie che, imbronciata, lanciava sassolini nel
laghetto, tentando di trattenere le lacrime. In fin dei conti era
ancora una
bambina, nonostante la sua crescita accelerata e la sua intelligenza
fuori dal
comune, non era che una piccola creatura di poco meno di un anno.
Mi
avvicinai accarezzandole dolcemente i capelli. « Tesoro,
cosa ne dici di una passeggiata? – mormorai amorevolmente. -
Potremmo andare a
comprare quel gattino che tanto desideravi! »
Il
giorno precedente Alice ci aveva costrette ad un giro
forzato di shopping, al centro commerciale della zona. In uno dei pochi
minuti
di libertà che ci era stato concesso, la piccola Nessie si
era catapultata in
un negozio di animali.
Lì,
purtroppo, aveva palesato il suo amore per i gatti. Come
quasi ogni bambina era sorto in lei il capriccio di un piccolo e peloso
animale
domestico, con cui giocare. Personalmente non ero mai stata
granché interessata
a quelle palline di pelo, decisamente
meglio un bel vestito, ma la mia nipotina era di
tutt’altro avviso.
Notai
i suoi occhi spalancarsi ed illuminarsi, per lo stupore,
e finalmente un delizioso sorriso si dipinse su quel bel faccino tondo.
« Uno
di quelli che abbiamo visto nel negozio l’altro giorno?
– domandò entusiasta. –
Ma la mamma aveva detto di no. »
Già,
Bella
aveva letteralmente bandito la proposta.
Ma…
«
Potremmo tenerlo a casa con me e tu potrai venire a giocarci
quando vorrai. » proposi, sperando che quel piccolo
compromesso potesse
soddisfarla. Sarei stata ben disposta ad occuparmi io stessa di uno di
quei
cuccioli pur di rendere felice la mia nipotina e poter godere ancora
della sua
compagnia.
Renesmée
era sempre stata una creatura adorabile. Con i suoi
boccoli ramati, gli occhioni color cioccolato e quella tenera boccuccia
costantemente in movimento. In questo somigliava straordinariamente
alla zia
Alice, sempre a ciarlare. Da quando era nata era riuscita ad allietare
le
nostre giornate, con la sua sola presenza. Non trascorreva giorno che
non
ringraziassi Dio per il suo arrivo.
Era
stato un miracolo… un
piccolo e meraviglioso miracolo.
Nonostante
tutto, pur rappresentando ciò che la mia natura
non avrebbe mai potuto donarmi e al contempo, ciò di cui
avevo privato Emmett,
lei era una fonte di incommensurabile gioia.
«
Davvero? Si, si, si. » esultò iniziando a
saltellare prima
di gettarsi tra le mie braccia. « Zia Rose, sei la migliore
zia di tutto il
mondo. »
Zia!
Non
sarei mai stata più di questo. Osservare Nessie e darle
conforto e amore era qualcosa in cui non avrei mai potuto sperare, sino
a
qualche mese prima. Non avrei mai udito nessuno chiamarmi mamma, ma
l’affetto
di Nessie e la possibilità di starle vicina erano uno dei
più grandi regali che
la vita immortale mi aveva concesso. Eppure una parte di me era
assolutamente
invidiosa di Bells.
Non
che provassi ancora rancore nei suoi confronti, al
contrario. Avevo imparato a stimarla come donna e come madre, dopo aver
ammirato la forza d’animo e il coraggio di cui aveva dato
prova per mettere al
mondo Nessie, al costo della sua stessa vita. Era stata eccezionale e,
la mia
riluttanza era scemata ancora notando quanto fosse ben disposta nei
miei
confronti. Sin da subito mi aveva permesso di stare vicina alla sua
bambina,
aiutandola ad occuparmi di lei.
Lei
era a conoscenza del mio dolore e nonostante il mio
comportamento riprovevole era stata in grado di perdonarmi,
permettendomi di
stare accanto alla piccola.
Non
avrei mai potuto ringraziarla abbastanza.
Avevo
osservato il suo pancione crescere, di giorno in
giorno, e la luce nei suoi occhi ad ogni calcetto che la sua brontolona
le
dava. Malgrado il dolore e le sofferenze di quella gravidanza, non si
era mai
lamentata. L’aveva amata, profondamente e completamente.
Qualcosa
che comprendevo, non per averlo sperimentato, ma
per il desiderio represso che continuava a dilaniarmi da anni.
«
Andiamo? » domandò, ridestandomi dalle mie
elucubrazioni, porgendomi
la sua manina paffutella.
Sorrisi.
« Naturalmente. – mormorai, chinandomi per
prenderla in braccio. – Andiamo ad avvertire papà,
non credo sia il caso di
farlo spaventare. »
Edward
era mortalmente apprensivo. La folle ansia che
provava per Isabella si era rivelata nulla rispetto a quella che covava
per la
sua bambina. Roba da matti… non
c’è mai
limite al peggio.
«
Posso pensare al gattino? » chiese, preoccupata,
increspando le labbra in un broncio adorabile. « Credi si
arrabbierà? »
La
fronte corrugata in un’attenta meditazione e le piccole
fossette tra le sopracciglia, tanto simili a quelle di Bella.
Piccola
adorabile Nessie.
Strizzai
l’occhio, con fare cospiratorio, trattenendo un
ghigno. « Non è colpa tua se io desidero tanto un
gattino. »
Il
tintinnare della sua risata riempì lo spiazzo, infondendomi
un’immediata serenità.
Le
scoccai un bacio sulla testolina ramata, ringraziando
quel piccolo angelo che in qualche modo aveva sgelato una piccola
porzione del
mio cuore, che oramai le apparteneva indiscutibilmente.
La
strinsi tra le braccia, correndo in direzione di casa,
dove Edward era impegnato in una nuova composizione per il compleanno
della sua
mogliettina. Visto l’odio di lei per i regali costosi, Ed si
era impelagato
nell’arduo compito di comporre qualcosa che potesse mostrarle
il suo immenso
amore.
Attento
però a dedicarsi al piano solo in assenza di Bells.
L’aria
di amore e felicità che si respirava in casa,
nell’ultimo
periodo, era avvolgente e rasserenante. Jasper ormai gravitava attorno
a noi
con un sorriso costantemente stampato in volto, beandosi delle emozioni
giulive
che aleggiavano.
Aprii
la porta, riponendo Nessie al suolo. « Vai. »
mormorai
sottovoce, dandole una piccola pacca sulla schiena,
per incitarla a raggiungere suo padre.
Lui
notò immediatamente la nostra presenza, bloccando la sua
esecuzione, e rivolgendo alla sua bambina un radioso sorriso.
Era
un uomo fortunato.
Ed
era stato tremendamente fortunato ad aver incontrato
Bella, se lei non avesse lottato per entrambi lui avrebbe perso ogni
cosa.
« Lo so. »
sussurrò,
lanciandomi un’occhiata fugace, prima di rivolgersi alla
piccina. « Amore,
tutto bene? Vuoi chiedermi qualcosa? » la incitò,
ghignando beffardo.
Maledetto
lui ed il suo potere molesto.
«
Papino, io e zia Rose usciamo. »
Edward
si voltò verso di me, arcuando un sopracciglio. «
Ti
sembra il caso? »
Doveva
aver colto le nostre intenzioni dai pensieri di sua
figlia. « In questa casa non darà fastidio e
Nessie potrà venire a trovarlo
quando vorrà. » ribattei pacata, scrollando le
spalle. «Non ci sarebbe nulla di
male. »
Lo
vidi scuotere il capo, mentre un sorriso divertito
piegava le sue labbra. « Bel modo per aggirarla, complimenti.
– asserì ammirato,
rammentandosi l’ordine perentorio di sua moglie. “Niente animali domestici, ci basta Jake.”
Non che avesse torto, ma
per la piccola avrei fatto questo ed altro. – Io
però non voglio essere
coinvolto, sarà una tua responsabilità.
» continuò, alzando le mani.
Annuii.
In fin dei conti Edward era tanto succube di Nessie
e del suo volere da non essere mai in grado di dirle di no. In
realtà nessuno
in quella casa riusciva a tener testa alla piccola peste, se non Bella,
che
continuava a rimproverarci perché non facevamo altro che
viziare la sua bambina.
«
Amore, dai un bacio al papà, prima di andare? »
«
Si! » esclamò trionfante, gongolando per averla
avuta
vinta per l’ennesima volta.
Mi
lasciai sfuggire una risatina. Forse Bella aveva ragione,
la piccola Nessie era fin troppo consapevole di averci totalmente e
pienamente
in pugno.
Tutti
nelle mani di una piccola ed innocente mezza- vampira…
il mondo è proprio strano!
_____________________
Come
previsto ci recammo al negozietto di animali in centro,
pronte ad effettuare il nostro acquisto. Fu meraviglioso osservare
Nessie
correre da una gabbietta all’altra, alla ricerca del suo
nuovo gattino. Il suo
sorriso avrebbe avuto il potere di illuminare una città e,
chiunque le era
vicino, non poteva fare a meno di osservarla incantato.
Era
una bambina splendida, e non solo per gli attributi
ereditati dalla razza vampira, ma per il suo carattere solare e
allegro, per
quella sua capacità di attrarre chiunque, deliziandolo con
la sua
spensieratezza ed ingenuità.
Cosa
c’è
di più bello del sorriso di un bambino, della sua voce
squillante che ti
chiama, desideroso di attenzioni e cure. Qualcuno che sai dipendere
completamente e totalmente da te e che ti può amare in quel
modo tanto
deliberato da commuoverti.
Avvertii
le lacrime, che non avrei mai versato, pungermi gli
occhi.
«
Tesoro, fai presto a scegliere, sarà il caso passare oggi
stesso dal veterinario. » le sussurrai, sorridendole. Lei
assentì con il capo,
prima di rituffarsi a capofitto nella sua ricerca, con maggiore
concentrazione,
pronta a portare a termine il suo arduo compito.
Forse
dovrei
aiutarla…
«
Sua figlia è adorabile. » una voce alle mia spalle
mi
riscosse.
Mi
voltai notando la donna dietro il bancone che seguiva con
uno sguardo divertito i movimenti della piccolina, che lasciava
svolazzare il
suo vestitino rosa di tulle.
«
Grazie. » risposi semplicemente, senza negare o precisare
quanto la sua affermazione fosse lontana dalla realtà.
Perché?
Perché
in fin dei conti qualche volta lasciavo che la mia
mente galoppasse a briglia sciolta, che immaginasse me, in un ipotetico
mondo
parallelo, con una bambina come lei. Madre…
Qualche
volta mi sembrava quasi di essere una seconda mamma
per lei, o almeno quello era il mio desiderio. Nessie era la creatura
più
vicina ad una figlia, in cui potessi mai sperare. Una consapevolezza
che
talvolta faceva male, ma che riusciva comunque ad infondermi gioia.
Quando mi
rivolgeva un sorriso, quando correva da me in cerca di aiuto per la
scelta del
suo abitino, quando si lasciava spazzolare i morbidi boccoli…
La
sua presenza era per me una fonte contraddittoria
di emozioni e sensazioni.
Sospirai,
raggiungendola. Era ormai qualche minuto che, immobile,
mormorava paroline dolci a quello che dai miagolii potevo supporre
fosse un micetto
estremamente piccolo. «
Allora? »
Alzò
lo sguardo su di me, sorridendo estasiata, con quel
sorriso completamente ed indiscutibilmente felice, che solo un bambino
sa esibire.
« Ho scelto, ho scelto… quello nero. »
esclamò su di giri, indicando la
gabbietta dinanzi a sè. « Vieni a vederlo!
» continuò, trascinandomi infondo al
negozio, verso un piccolo cucciolo di gatto, spelacchiato e minuto.
Lasciai
scorrere lo sguardo sul numero di animali che
popolavano quel posto, notando persiani, soriani ed altre razze a dir
poco
stupende, nel loro manto folto e dalle code vaporose. «
Piccola, ne sei sicura?
» domandai, palesemente scettica.
Lei
annuì con maggior vigore. « Si, la
chiamerò Ophelia. »
asserì, colma di entusiasmo facendomi capitolare. Se era
ciò che voleva io non
l’avrei di certo contraddetta, sebbene la sua scelta mi
apparisse inconsueta.
____________________
«
Siamo a casa. » annunciai, facendo cenno a
Renesmèe di
tacere e nascondere il piccolo cucciolo, ancora avvolto in una
copertina. Le indicai
un posto ai piedi della poltrona; avrei anticipato io la notizia a
Bella,
informandola dell’acquisto. Naturalmente avrebbe
immediatamente compreso il
reale motivo, ma non avrei rinunciato alla mia scusa. Il gattino
avrebbe
soggiornato a casa Cullen, quindi lei non avrebbe dovuto assumersi
alcuna
responsabilità.
Sperai
vivamente non si infuriasse per la mia decisione
arbitraria e per aver nuovamente ceduto alle richieste di sua figlia.
In fin
dei conti quel genere di decisioni spettavano a lei, non a me. Ma era
tremendamente difficile rifiutarle qualcosa e, dopo aver visto il suo
broncio e
la sua delusione a causa di Jacob, non avrei potuto agire altrimenti.
Era
così felice…
E
se Bella avesse deciso di non affidarmi più Nessie?
Ingoiai
un fiotto di veleno, incrociando le dita, scacciando
quei pensieri assurdi. « Ci siete? »
Mi
ero anche premurata di portare il gatto dal veterinario,
per accertarmi della sua salute. Fortunatamente l’animaletto
era in perfetta forma
e probabilmente, tenendo conto che il nome Ophelia non fosse adatto ad
un
maschio, gli unici suoi problemi sarebbero stati di identità.
Sorpresa
dal sommesso borbottio che i miei sensi colsero,
cautamente mi diressi verso la cucina. « Ehi!? »
È
impossibile
non mi abbiamo sentita?
La
testolina bruna di Alice sbucò dalla porta, ostacolandomi
la vista, ostentando un sorriso a trentadue denti, leggermente
inquietante. «
Finalmente sei tornata, credevo che avessi intenzione di sottoporre
quel povero
gatto all’ennesima visita. »
Sobbalzai,
facendole cenno di tacere. Quello non era il modo
più delicato per comunicare la notizia ai presenti.
«
Bella lo sa e permetterà a Nessie di tenerlo. »
annunciò,
scuotendo le mani, quasi annoiata per l’informazione che a
quanto pareva,
riteneva irrilevante.
Diventa
ogni giorno più strana. Inizio a detestare questo suo essere
sempre un passo
avanti a tutti, a causa di quel maledetto dono. Delle volte riesce ad
essere
più molesta di Edward.
«
Sei insopportabile. – sentenziai, non lasciando trasparire
il mio sollievo per quella notizia. – ma come mai ha cambiato
idea? »
«
Vedrai. – ghignò sibillina. – Ci sono
alcune novità di cui
sarai messa a corrente. »
In
quell’istante Bella ed Edward uscirono dalla cucina,
anche loro ostentando la stessa espressione assurdamente felice ed io
non potei
non insospettirmi ulteriormente.
«
Mi spiegate cosa vi prende? » sibilai, nervosamente.
Si
sono
strafatti di zucchero in mia assenza?
«
Nessie è in salone. » mormorò Edward,
ignorandomi
palesemente. – Vado io ad occuparmi di lei. »
sentenziò, voltandosi verso sua
moglie e scoccandole un veloce bacio, prima di allontanarsi.
«
Iniziate a stufarmi. – sbottai, irritata. – Almeno
potreste dirmi dov’è Emmett? »
«
In cucina! » esclamarono in sincrono.
Ok,
c’è
qualcosa che non quadra.
*La
scelta del gatto nero è in onore della mia
piccola briciola. Quando la trovai era piccola e spelacchiata e ricordo
che mia
zia commentava acidamente quanto fosse bruttina, rispetto ai cuccioli
della sua
gatta. Bhe, a parer mio la mia micetta era la più bella di
tutte! *___*
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Capitolo 3 *** 3. ***
Salve! eccomi con l'ultimo capitolo di
questa mini-ff. Un pò mi dispiace sia terminata, mi piaceva
scriverla. In compenso, facendo parte di una serie, presto
inzierò a postare quelle suelle altre coppie ^^
Bhe Vi ringrazio immesamente per i vostri commenti ed il
vostro sostegno! Siete sempre dolcissime e io non posso fare a meno di
ringraziarvi. A fine pagina troverete le risposte alle recensioni. Un
bacione a tutte voi! ^^
Manu
Guardinga,
senza perdere d’occhio le mie due sorelle, entrai
nella cucina, lasciando scorrere lo sguardo sui presenti. La prima cosa
che mi
colpì fu un profumo.
Un
odore di per sé ben noto, ma al contempo diverso.
Un
mezzo vampiro.
Strabuzzai
gli occhi, palesemente confusa, in attesa di una
qualche spiegazione e alla ricerca dell’origine di quella
fragranza.
Non
è
possibile…
I
miei occhi si puntarono immediatamente in quelli di mio
marito che, radiosi come non mai, mi fissavano, spronandomi ad
osservare ciò
che giaceva tra le sue braccia. Una piccola creatura,
dall’aria fragile ed
eterea.
Non
è
possibile.
«
Un bambino. - soffiai, mentre avvertivo l’aria attorno a
me caricarsi di tensione. – Da dove arriva? » fui
costretta a schiarirmi la
gola più volte, per riuscire a pronunciare quelle semplici
parole, eppure non
ebbi il coraggio di avvicinarmi.
Indugiai
lì, paralizzata.
Qualcosa
imponeva alla mia mente di non procedere, porre la
debita distanza da quel fagotto, da quella piccola tentazione dai
capelli
biondi e l’aria beata di chi è immerso in qualche
dolce sogno.
Così
tenero…
così irreale.
Un’illusione
atta a tormentarmi.
Carlisle
si avvicinò a me, cauto, mal celando la sorpresa
per quella mia reazione, agli occhi di tutti inspiegabile. «
Oggi un vampiro è
venuto da me, chiedendomi un favore. - esordì, voltandosi
immediatamente verso
il piccolo. – Lui… »
«
Amore, vogliamo adottarlo? » Emmett lo interruppe,
generando un coro di sibili colmi di irritazione e proteste.
Come
al solito, la sua capacità di contenersi rasentava lo
zero, ancor di più visto lo stato di esaltazione che lo
permeava. Un sorriso
colmo di amore e soddisfazione risplendeva sul suo viso, illuminandolo.
Il
mio dolce orso. Quante notti avevo trovato conforto in
lui, da quelle lacrime mai versate, lamentando la mia angoscia per
quella
condizione che non avevo mai realmente accettato. Spesso osservavo
intorno a me
quelle persone mutare, evolversi, crescere… sperando quasi
di svegliarmi da
quell’incubo che affliggeva, che mi costringeva in quella
forma perfetta che
avevo imparato a detestare.
Ironico.
Io, che della mia bellezza in gioventù avevo fatto
un vanto ed un’occasione di ascesa sociale, mi ritrovavo a
disprezzarla.
Ed
ora?
Come
agire?
Pregustare
un pezzetto di Paradiso per poi lasciarsi scaraventare nuovamente in
quell’Inferno,
di un’esistenza priva di quella forma di amore più
pura ed incondizionata?
No…
non avrei sopportato una simile prospettiva. L’angoscia di
per sé era immensa pur non potendo comprendere realmente
ciò che mi era stato
strapparlo. Se l’immaginazione era
un’atroce
compagna di vita, la consapevolezza e i ricordi sarebbero stati una
definitiva
condanna.
No!
«
Adottarlo… ma come? Io… » non furono
che pochi balbettii
sconnessi a fuoriuscirono dalle mie labbra.
Non
voglio illudermi.
Non
voglio sperare in qualcosa che non avrà mai futuro. Non
voglio crogiolarmi in
una fantasia che potrà essermi strappata al mio primo cenno
di cedimento.
Non
sopporterei l’ennesima delusione… Non nuovamente.
Non dopo aver sperato in quei
tempi lontani di aver finalmente raggiunto il paradiso, con un perfetto
matrimonio e l’attesa di una maternità tanto
desiderata.
Anche
allora
la felicità mi era stata nemica, fuggendo dalle miei mani
all’ultimo istante,
rivelando l’incubo celato dietro a quella realtà
apparentemente splendente.
Alzai
il capo, lasciando scorrere lo sguardo sui presenti,
sorpresi ed angosciati.
Loro
non capiscono, non possono capire.
Sul
volto di Emmett il sorriso si spense, lasciando posto ad
un’espressione carica di stupore. Sapevo
cosa pensava, cosa attendeva. Non era quella la reazione che aveva
previsto,
conscio del mio desiderio di maternità.
Recalcitrante
osservo, muta, spaventata dai miei stessi pensieri e dalle paure che mi
attanagliano,
mi sovrastano e mi sommergono. Le percepisco ed annego sotto di esse.
Volsi
lo sguardo verso la finestra, fissando i miei occhi
sulla figura di Nessie, impegnata a giocare con il suo nuovo cucciolo.
Io
non avrei mai ottenuto… non avrei mai potuto…
«
Rose. – la voce di Edward infranse i miei pensieri e,
sebbene titubante, mi voltai verso di lui. Sorrideva
indulgente.– Non devi
preoccuparti. Quello che Carlisle cercava di dirti è che
nessuno verrà a
reclamarlo, i suoi genitori purtroppo sono morti. Lui, il
piccolo… »
«
Nathan. – lo interruppi mesta, mossa da uno strano istinto
che in quell’istante non seppi definire. Solo quando
realizzai l’impulsività
del mio gesto, imbarazzata, chinai il capo. – Intendevo, se
non ha un nome,
Nathan potrebbe essere carino. »
proposi, esitante.
Il
sorriso sfolgorante di Alice accompagnato da quello dolce
di Bella, mi rassicurarono e non potei fare a meno di sorridere a mia
volta.
«
Vada per Nathan! – esclamò il mio orso, osservando
il
piccolo tra le sue braccia. – Però forse sarebbe
il caso di chiederlo a lui. »
Jasper
alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo,
mentre Edward lo
fissò truce,
trattenendo a malapena uno sbuffo contrariato.« Emmett,
diamine, non si
svegliano i bambini quando dormono. » lo ammonì,
leggendo le sue intenzioni.
Quello
sarebbe stato il padre del mio presunto bambino?
Iniziamo
male…
Un
ringhio soffocato si levò dal petto di mio fratello,
attirando l’attenzione di tutti. « Aspetta, davvero
svegliavi la mia piccolina?
Ma sei un idiota. – ribattè ad un pensiero del mio
orso, rivolgendosi
immediatamente a sua moglie. – Io quel troglodita vicino alla
mia bambina non
ce lo voglio più, sia chiaro. »
Sospirai
sommessamente, rivolgendo ad Emmett uno sguardo
carico di ammonimenti, a cui lui rispose con una semplice scrollata di
spalle
ed un sorriso beffardo. Tipico di lui
comportarsi da bambino impertinente, prima o poi Edward gli
torcerà il collo. Come
se non fossero bastati i suoi insegnamenti su come usare la mazza da
baseball
contro i maschietti.
«
Dai, Ed, non esagerare. – lo rimbeccò Bella,
affiancandolo
ed ostentando un’espressione astuta che non premetteva nulla
di buono, almeno
per suo marito. – Ti ricordi a Natale quando sei stato in
fibrillazione tutta
la notte, con quella scatola tra le mani, a gironzolare per la stanza
di
Nessie, sino a quando non hai ceduto e l’hai svegliata?
»
La
sua bocca si spalancò dallo stupore, forse incredulo per
la rivelazione che la sua mogliettina aveva condiviso con la famiglia.
Effettivamente appariva piuttosto inconsueto immaginare il nostro
petulante
fratello, sempre controllato e schivo, emozionarsi per un semplice
regalo. «
Ehi – sbottò lui, incrociando le braccia la petto.
- Era un pianoforte
giocattolo e lei lo
desiderava tantissimo. » si giustificò
imbronciandosi, pronto a dar inizio ad
una delle sue filippiche.
«
Si, certo. » lo liquidò lei, sventolando la mano
quasi
sdegnata.
«
Ma…»
Fu
allora che scoppiai a ridere, senza ritegno e senza
freni.
Una
di quelle risate che raramente mi ero concessa in vita
mia, colma di gioia, di vitalità, di felicità.
Non
so se fu a causa di quella strana scenetta o perché,
forse, avevo finalmente assorbito le parole di Edward, riguardo il
piccolo Nathan.
Con maggiore probabilità fu osservare quella pace familiare
a permettermi di
comprendere ciò che finalmente mi attendeva.
Una
famiglia completa, quella che avevo sempre sognato,
quella che anelavo sin dalla mia vita umana. Quel desiderio che ero
certa avrei
covato per l’eternità e che mai avrebbe avuto una
sua realizzazione. Solo un vortice di
illusioni e sogni ad
occhi aperti a cui appoggiarsi, per non crollare, per mitigare
l’angoscia.
Essere
genitori.
Alla
mia risata si unirono tutti, lasciando scemare la
tensioni man mano accumulata.
Fu
una liberazione.
«
Ok, lo ammetto. – esordì Edward, tra le risa.
– Delle volte
mi comporto da bambino, anche io. Ma, a mia discolpa, devo sottolineare
che dovendo
mitigare di continuo, le apprensioni di Bella, anche io ho bisogno di
rilassarmi di tanto in tanto. »
Isabella,
increspò le labbra, assestandogli uno scappellotto
sulla nuca. « Io non sono apprensiva. »
sentenziò, sotto lo sguardo scettico
del suo compagno e le smorfie di Alice, che scuoteva il capo.
«
Tesoro, il mese scorso tua figlia ha starnutito e tu hai
quasi avuto un attacco di panico… - le rammentò,
il folletto. – Non che Edward
sia stato da meno. Siete due genitori insopportabili! Quella bambina
è
rinchiusa sotto una campana di vetro. »
«
Ma se le permetto anche di frequentare un licantropo. »
mormorò Edward imbarazzato.
«
Lascia stare Jake… »
Un
vagito.
Sobbalzai,
non prestando più attenzione alla discussione in
atto e rivolgendo immediatamente al piccolo, amorevolmente avvolto
nella
copertina azzurra. Potei finalmente intravedere i suoi occhi, due
limpidi
zaffiri, contornati dalle bionde ciglia.
Sembra
un angelo.
Lo
fissai, profondamente incantata. « È bellissimo.
»
sussurrai, beata, mentre il desiderio di stringerlo tra le mie braccia
diveniva
spasmodico.
Desideravo
un contatto.
Qualcosa
che mi permettesse di accertarmi fosse reale,
concreto… mio.
«
Credo che abbiamo svegliato il piccolo Nathan. »
mormorò
Emmett con un tono gentile e dolce che, sebbene stonasse data la sua
stazza e
la sua mole, riuscii a sciogliermi il cuore.
Perché
non
ero l’unica a soffrire di quella mancanza…
nonostante fossi la sola a
lamentarla.
«
Posso vederlo? - domandai, rimproverandomi per la mia
precedente reazione. – Mi piacerebbe tenerlo in braccio.
»
Il
mio orso si avvicinò, sempre sorridente, accarezzandomi
con lo sguardo, prima di volgersi al piccolo.
«
Ben sveglio Nathan, credo sia ora di presentarti la tua
mamma. » Sussurrò.
Mamma.
____________________________
«
Nate, lascia stare la bambola di Nessie. » lo rimproverai,
ponendomi dinanzi a lui con le mani ancorate ai fianchi, nella solita
posa da
“mamma arrabbiata”.
«
Ma mamy. – piagnucolò. – volevo solo
fare uno scherzo. »
Sospirai,
scuotendo il capo avvilita, somigliava ogni giorno
di più a suo padre. « Devo ricordarti cosa
è successo l’ultima volta? »
È
arrivato
il momento di fare un discorsetto ad Emmett, di questo passo
sarò costretta a
mettere in punizione entrambi.
Lui
alzò gli occhi al cielo, palesemente scocciato dal
sentirsi ribadire quello che era accaduto. « Non è
colpa mia se lei è una
violenta. »
«
Se tu non la istigassi lei non cercherebbe di picchiarti
con la mazza da baseball che le ha regalato papà.
» gli rammentai.
Non
fosse stato per lo spavento probabilmente avrei trovato
esilarante la scena che, qualche giorno prima, si era palesata dinanzi
agli
occhi stupidi miei e di Bella. La famiglia si era recata a caccia e noi
due
avevamo optato per restare con i piccoli, non potendo fare altrimenti.
Mentre
preparavamo loro il pranzo le urla nella stanza attigua avevano
attirato la
nostra attenzione e…
Bhe…
Nessie
furibonda correva per la casa, impugnando a due mani,
un’enorme mazza da baseball che Emmett le aveva regalato,
rincorrendo Nate con
intenzioni palesemente ostili. Quest’ultimo scappava
terrorizzato, stringendo a
sé la testa della bambola di porcellana preferita della mia
piccola nipotina.
Mio
figlio adorava dare il tormento alla sua cuginetta, rendendola
vittima degli scherzi più assurdi.
«
Se tu non l’avessi fermata io avrei risolto tutto.
–
sentenziò, imbronciandosi. – Sono un uomo e mi
sarei difeso. »
Ridacchiai
divertita, osservando il mio ometto ferito
nell’orgoglio. Se Nessie avesse davvero voluto, quella mazza
sarebbe di certo
andata a segno, sulla testa del mio cucciolo. Fortunatamente io e Bella
eravamo
intervenute per placare i bollenti spiriti e Nate era stato costretto a
chiedere scusa e a rinunciare alla battuta di caccia con suo padre,
quel fine
settimana.
«
Adesso che ne dici di restituirmi la bambola e permettermi
di riconsegnarla a Nessie? » mormorai, accovacciandomi
dinanzi a lui.
Mi
fissò non propriamente convinto, quasi tentato a
ribattere nuovamente, pur sapendo che non l’avrebbe mai
spuntata.
Non
sono mica Emmett, io.
Quel
padre snaturato era completamente incapace di rifiutare
qualcosa al suo bambino, e non perdeva occasione di viziarlo ed
accontentarlo
in ogni suo capriccio. Era lui la rovina del mio piccolo. Le mie
proteste
cadevano costantemente nel vuoto, dinanzi ai suoi assurdi tentativi ed
incoraggiamenti.
«
Nate. » ripetei, in tono che non ammetteva repliche,
vedendolo finalmente capitolare.
Sbuffò
contrariato, avvicinandosi a me e porgendomi il corpo
del reato. « Ma non dirle che le ho restituito io la bambola,
se te lo chiede
tu l’hai solo trovata nella mia stanza. »
bisbigliò, al mio orecchio, con fare
cospiratorio.
Ridacchiai
sommessamente, annuendo. « Adesso vai fuori a
giocare e cerca di non fare guai. »
Mi
sorrise soddisfatto, mostrando i dentini candidi ed i
canini affilati, rammentandomi la sua natura. Era così
semplice scambiarlo per
un bambino normale, con la sua aria innocente e le guanciotte rosse.
« Mi
raccomando! »
«
A dopo mamma! » salutò, scoccandomi un bacio
veloce, prima
di correre via.
Restai
lì a fissare il punto nel quale si era allontanato,
sorridendo internamente.
Da
quando Nate era entrato nella mia vita la gioia che mi
aveva colta era impossibile da esprimere a parole. Il calore
incommensurabile,
la pace e la serenità… la felicità
pura nel sentir pronunciare dalle sue labbra
la parola mamma.
Un’emozione che non
avrei mai dimenticato e che ancora mi coglieva, spesso, commuovendomi.
Lui era
stato il più grande dono che la vita immortale mi aveva
concesso, insieme ad
Emmett. Quel piccoletto era divenuto parte di me, sebbene non vi
fossero legami
di sangue, non riuscivo a considerarlo in nessun altro modo che: il mio bambino.
Con
lui avevo sperimentato le gioie della maternità, la
felicità di sentirsi speciale, fondamentale agli occhi di
quella creatura
bisognosa di amore e cure.
Con
lui avevo finalmente trovato quella parte del mio cuore
che, un tempo, credevo perduta per sempre.
____________________________________________
|
grepattz [Contatta] |
Segnala
violazione
|
25/06/10,
ore 18:50 - Capitolo 2: 2. |
ahaha
come avrai potuto notare nella seconda parte del capitolo Emmett
è un padre tremendo ahahah vizia il suo cucciolo senza
remore ahahahha
ed a Rose resta il ruolo della mamma cattiva ahahahahah XD
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|
SweetCherry [Contatta] |
Segnala
violazione
|
25/06/10,
ore 16:14 - Capitolo 2: 2. |
Wow,
quanti complimenti! Grazie mille.. temo di non meritarne neanche la
metà! ma ti ringrazio sinceramente per la tua gentilezza.
Questo ormai è già l'ultimo chappy di questa
storia... spero di trovare presto l'ispirazione per le altre coppie.
adoro scrivere della famiglia cullen alle prese con i loro pargoli XD
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simo87 [Contatta] |
Segnala
violazione
|
25/06/10,
ore 15:56 - Capitolo 2: 2. |
ahahahh
ci avevo pensato ahahah ma diciamo che ho sempre detestato il nome
briciola ahahah mi sembra così anonimo ahaha
io avrei voluto darle un nome + strano ahahah
e mentre scrivevo mi è venuto in mente uno dei gatti
dell'università che si chiama Otello (un gattone nero
bellissimo ♥) ahahahh
quinid, restano in tema sheksperiano ho pensato ad Ophelia XD
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Bella_kristen [Contatta] |
Segnala
violazione
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25/06/10,
ore 08:13 - Capitolo 2: 2. |
Ciauuuu!
XD ecco l'ultimo, questa volta ho postato presto. L'ispirazione
è arrivata improvvisamente.
è strano scrivere storielle così corte ahahah mi
ha un effetto bizzarro ahahaha cmq spero sinceramente ti sia piaciuto
anche quest'ultimo capitolo... grazie per il tuo costante sostegno *___*
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Frafra9 [Contatta] |
Segnala
violazione
|
24/06/10,
ore 22:54 - Capitolo 2: 2. |
Si
si il nuovo bimbo è arrivato XD ed ha conquistato il cuore
della sua mamma.
Forse può essere parsa strana la sua prima reazione, ma
credo sia normale avere paura in simili situazioni.. :) Dopo
le delusioni si reagisce sempre in modo cauto.
|
|
vanderbit [Contatta] |
Segnala
violazione
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24/06/10,
ore 21:36 - Capitolo 2: 2. |
Ciaoo!
spero ti sia piaciuto il nuovo e ultimo chappy! ^^ finalmente Rose vede
realizzato il suo bisogno di maternità *___* e poi Nate
è un monello come suo padre, un vero dispettoso ahahah! Io
adoro i bambini
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Rosella [Contatta] |
Segnala
violazione
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24/06/10,
ore 21:28 - Capitolo 2: 2. |
Ciaoooo!
Grazieeee! Rose è un personaggio che mi ha spesso
affascinata e che generalmente viene dipinta in modo negativo. Invece
mi piace poterla un pò rivalutare, soffermandomi su quella
parte del suo personaggio che mi ha sempre attirata maggiormente: il
suo desiderio di maternità.
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KatyCullen [Contatta] |
Segnala
violazione
|
24/06/10,
ore 20:39 - Capitolo 2: 2. |
Ciauu!
Grazieee *______* spero ti sia piaciuto il nuovo e ultimo chappy! ^^ so
che può apparire un pò strana la sua prima
reazione, ma credo che in determinate circostanza la paura prenda il
sopravvento e sia l'irrazionalità a portare ad agire. Dopo
tante delusioni quindi lei aveva solo paura.
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ELLAPIC [Contatta] |
Segnala
violazione
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24/06/10,
ore 20:10 - Capitolo 2: 2. |
Grazieee!
come sempre sei gentilissima, nei tuoi commenti e io non posso fare a
meno di rinnovare i miei ringraziamenti. sono felice che l'immagine di
questa Rose ti sia piaciuta. Diciamo che è un personaggio
molto sottovalutato e a cui la Meyer ha dato ben poco spazio ^^ e credo
sia un peccato.
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