Alla fine del sentiero

di Hotaru_Tomoe
(/viewuser.php?uid=2257)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Di pietre e di negozi ***
Capitolo 2: *** 2. Notte stellata. E poi l'addio ***
Capitolo 3: *** 3. Nel covo dell'Oscuro ***
Capitolo 4: *** 4. Privet Drive n.4 ***
Capitolo 5: *** 5. Grimmauld Place n.12 ***
Capitolo 6: *** 6. Amaro risveglio ***
Capitolo 7: *** 7. L'assemblea ***
Capitolo 8: *** 8. La lettera di Silente e l'ES ***
Capitolo 9: *** 9. Lezioni ed indagini ***
Capitolo 10: *** 10. R.A.B. ***
Capitolo 11: *** 11. Inaspettata magia ***
Capitolo 12: *** 12. Confronti ***
Capitolo 13: *** 13. Scherzi pericolosi ***
Capitolo 14: *** 14. La Coppa di Tassorosso ***
Capitolo 15: *** 15. Inchieste e rivelazioni ***
Capitolo 16: *** 16. Il bracciale di Corvonero, parte 1 ***
Capitolo 17: *** 16. Il bracciale di Corvonero, parte 2 ***
Capitolo 18: *** 17. Piano inclinato ***
Capitolo 19: *** 18. Battaglia al Ministero ***
Capitolo 20: *** 19. Battaglia ad Hogwarts ***
Capitolo 21: *** 20. Battaglia a Godric's Hollow ***
Capitolo 22: *** 21. L'ultimo horcrux ***
Capitolo 23: *** 22. Il sentiero che conduce verso l'alba ***
Capitolo 24: *** 23. Diciannove anni dopo, parte 1 ***
Capitolo 25: *** 23. Diciannove anni dopo, parte 2 ***



Capitolo 1
*** 1. Di pietre e di negozi ***


Disclaimers: “Harry Potter” appartiene a J.K. Rowling, Warner Bros, Bloomsbury, Salani Editore e a chiunque altro ne detenga i diritti. La seguente fiction non è in alcun modo connessa con il lavoro della Rowling né ha alcuno scopo di lucro.
Premessa: Finalmente riesco a postare il seguito di “Il vaso di Pandora”, cosa che avrei dovuto fare parecchio tempo fa: avevo quasi finito di scrivere, ero pronta per la prima revisione, quando l'alimentatore del mio vecchio pc ha ben pensato di andare in corto, friggendo nel contempo scheda madre e hard disk, stile "Muoia Sansone con tutti i filistei". No, non era salvata da nessun'altra parte. Sì, l'ho dovuta riscrivere tutta-da-capo. Per citare un mio amico: "Non mi esprimo per rispetto dei credenti".
Ad ogni modo eccola qua. Questa storia è abbastanza slegata da “Il vaso di Pandora”, anche se è presente lo stesso original character, Oleander, e faccio dei richiami alla precedente fiction (segnalati nelle note). Era nata per essere molto più breve ma, mentre la scrivevo, è decisamente lievitata. Pur rispettando la griglia iniziale e scrivendo ciò che mi ero prefissa fin dall’inizio, sono nate alcune digressioni, a volte fini a se stesse, ma siccome non mi dispiacevano e dovevo comunque coprire un arco temporale lungo un anno, le ho lasciate; altre digressioni, invece, han preso la via di una raccolta di one-shots che pubblicherò più avanti.
La storia ha inizio un po’ prima della fine del sesto libro e si svolge durante il settimo anno di Harry & c., l'ho ideata, abbozzata e messa giù quasi tutta prima dell’uscita dell’ultimo libro della saga, del quale, perciò, non ho tenuto conto quasi per nulla, tranne che in sede di revisione per prendere spunti qua e là (per dirne una: sono del tutto assenti i doni della morte, ci sarà solo la ricerca degli horcrux e saranno solo sei. Oh, così dice Silente ad Harry nel sesto libro... prendetevela con lui XD), quindi lo svolgimento è molto diverso da quello di DH e anche dopo averlo letto ho deciso di mantenere l'impianto della fanfiction come l'avevo immaginata.
I dialoghi sono tra virgolette, i pensieri ed anche i flashback sono in corsivo.

 

 

 

CAPITOLO 1 – DI PIETRE E DI NEGOZI

 SLAM! La porta del negozio di Oleander sbattè vigorosamente e l’insegna di legno sopra di essa recante la scritta “The Gemstone” oscillò come un’altalena impazzita. Un mago si incamminò furente lungo Diagon Alley spazzata dal vento, trascinando un pesante borsone.
“Fatti rivedere da queste parti e ti schianto!” gli urlò dietro la donna con tono agguerrito.
Pochi secondi dopo udì un sonoro *crack* alle sue spalle ed i gemelli Weasley si materializzarono nella stanza “Ragazzi – sospirò Oleander – siete nel negozio a fianco ed esiste una cosa chiamata porta: ogni tanto potreste anche usarla.”
“Così è più divertente, vuoi mettere?” disse Fred, iniziando a sbirciare nelle teche.
“Chi era quello?” chiese George, sedendosi sul bancone.
“Uno che voleva che vendessi degli amuleti per conto suo.”
“Da come se n’è andato lui e dal tuo tono di voce moderato, direi che non vi siete messi d’accordo.”
“Quel delinquente voleva che spacciassi i suoi talismani per qualcosa che non sono: secondo lui avrei dovuto dire ai clienti che proteggono dalle maledizioni senza perdono, vi rendete conto? Che vada a venderli in Notturn Alley, se ha voglia di truffare le persone.”
George scosse la testa “La cosa più incredibile è che c’è chi crede veramente a queste panzane.”
Oleander si strinse nelle spalle “La cristallogia è una branca molto trascurata della magia; quindi chi non conosce la materia si beve le frottole del primo ciarlatano che passa, pensando che le pietre siano una panacea per tutti i mali. Per favore! Se così fosse, io sarei ricca sfondata e in questo momento starei sdraiata al sole su una spiaggia tropicale. Cristalli e pietre sono degli strumenti per incanalare ed amplificare l’energia magica, ma da soli non possono fare nulla, se non vengono stregati e attivati dallo spirito di chi li manovra. Comunque, usati in modo corretto sono degli ottimi conduttori di incantesimi, secondo me in un talismano non devono mai mancare e...” interruppe quel flusso di pensieri ad alta voce perché i gemelli avevano indossato degli occhialini da professore, che si spingevano continuamente sul naso, e annuivano vigorosamente “E brava la nostra maestrina, una lezione coi fiocchi. Ti meriti almeno una ‘O’.” E le sventolarono sotto al naso le palette che i giudici babbani usavano nelle competizioni sportive.
“Quanto siete scemi!”
“Andiamo Oleander, prendila sul ridere. Da noi c’è gente che è venuta a chiedere se cappelli e mantelli scudo sono efficaci contro un Avada Kedavra: che vuoi, la gente è spaventata e c’è chi se ne approfitta.” sentenziò George.
“Mmh, torta di mele! – Fred nel frattempo era entrato nel retrobottega del negozio di Oleander e si era servito da solo, come d’abitudine – Ne vuoi una fetta anche tu, George?”
“Volentieri.” E un piatto volò attraverso la stanza.
“Sì, prego, fate come se foste a casa vostra.” Oleander allargò le braccia.
“Come desideri! A dire il vero, con questo freddo, preferiremmo una cioccolata calda.”
“Ma non siamo ragazzi esigenti e ci accontentiamo.”
La maga scosse la testa ed alzò gli occhi al cielo, a metà fra l’esasperato ed il divertito.
Alla fine, aveva deciso di comprare la bottega in Diagon Alley, trasferendo lì la sua attività da Milano [1]. Questo negozio era di fianco ai Tiri Vispi Weasley e, dopo un periodo di assestamento, necessario a causa dell’inesauribile vena scherzosa dei due fratelli, Oleander aveva concluso che non avrebbe potuto fare scelta migliore: in quel periodo buio e travagliato un briciolo di allegria era un’ottima medicina contro angoscia e cattivi pensieri.
Ovviamente il suo compagno, Severus Piton, vedeva la cosa in un’ottica del tutto differente: aveva etichettato i due gemelli come “una coppia di scimuniti patentati senza speranza” e si era raccomandato di prestare attenzione “a non venir contagiata dallo loro idiozia”.
“Posso prendere anche una videocassetta? Hai qualcosa di movimentato?” Fred osservava con interesse la collezione di vhs: Oleander aveva contagiato i gemelli con la sua passione per i film babbani.
“Sicuro, fai pure: tanto io posso vederli solo qua in negozio. Prova ‘Dante’s Peak’ o ‘Men in black’. Peccato davvero che gli incantesimi di Hogwarts facciano impazzire gli apparecchi babbani, un film la sera me lo guarderei volentieri. Beh, serve altro, ragazzi?”
“Sì, ci servirebbero delle pietre cinetiche per un nuovo prodotto che abbiamo in mente.”
“Diaspro rosso. In quel contenitore sul terzo scaffale.” Oleander fece cenno col mento a Fred, che aveva divorato un buon quarto di torta. “A cosa vi servono?”
George le porse un volantino pubblicitario che teneva piegato nella tasca della giacca color amaranto:

CIABATTINE FUGGITIVE
Tenetevi in forma inseguendole per tutta la casa.
Se non vi lavate i piedi, lanciano urla strazianti e si rifiutano di essere calzate!

Fred pagò le pietre “Spero che il loro effetto duri più a lungo dell’ematite che abbiamo comprato il mese scorso.”
“Non me ne parlare – Oleander si abbandonò con stanchezza contro lo schienale della sedia – sto avendo un sacco di reclami ultimamente. E’ veramente strano, sapete? Come stavo dicendo prima del vostro simpatico siparietto, in generale le pietre dure ed i cristalli sono ottimi conduttori di incantesimi e trattengono il potere magico molto a lungo. In tanti anni è la prima volta che mi capita che il legame magico si rompa così velocemente, è come se evaporasse.”
“Ah, noi pensavamo semplicemente che tu vendessi paccottiglia scadente.” disse George serio.
“Ehi!” Oleander arrotolò una vecchia Gazzetta del Profeta e picchiò il rosso Weasley su una coscia. La manovra rivelò un paio di copie del Times appoggiate sulla scrivania.
"Come, come? Leggi anche i giornali babbani?" chiese George.
"Uh? No, li uso per imballare gli ordinativi che devo spedire, i babbani li buttano via quasi nuovi, e i più leggono solo le pagine sportive, un vero spreco. Li volete?" chiese la maga, vedendo lo sguardo interessato dei due.
"Papà impazzirebbe per uno di questi."
"Io ve li do anche, l'importante è che poi non venga qui Molly a protestare che incoraggio il deprecabile collezionismo di materiale babbano del marito!"
"Nah, tranquilla - la rassicurò Fred - sono solo giornali, non è una macchina."
"O un tagliaerba..." aggiunse George, che ricordava ancora con qualche brivido come suo padre si fosse quasi tranciato due dita della mano, cercando di modificare con la magia quell'attrezzo babbano.
"Ad ogni modo non è che riportino notizie interessanti per noi maghi. Senza contare che i giornalisti babbani hanno davvero il gusto del macabro: qui c'è un articolo in cronaca locale su una moria di cani randagi nel Wiltshire, probabilmente per rabbia, con tanto di foto... disgustoso!"
“Disturbo?” l’ingombrante testa riccioluta di Lee Jordan si affacciò sulla porta, interrompendo la conversazione. Il ragazzo di colore fece un cenno ai due gemelli, che si alzarono per seguirlo. Sulla soglia Fred si voltò e le chiese “Stasera c’è una riunione dell’Ordine della Fenice. Sei ancora dell’idea di non unirti a noi?”
“Sì, non vi servirei a nulla: non sono mai stata un granché in difesa contro le arti oscure e se mi ci metto sono più maldestra di Tonks... non fa per me.”
Questa era solo una garbata bugia: il motivo autentico che l’aveva spinta a declinare questa ed altre offerte in tal senso era dovuto al fatto che la prima e unica volta che aveva accennato la cosa a Severus, il mago era andato su tutte le furie, dicendo che era troppo rischioso e i due avevano litigato a tal punto che Oleander aveva ritenuto più saggio accantonare l’argomento.
Ma non è che poteva dire “Mi spiace, Severus non vuole”, perché, ovviamente anche la loro relazione era del tutto clandestina: solo Silente ne era a conoscenza. Oleander comprendeva infatti che Severus Piton si era costruito un’immagine nel corso degli anni, quella di un misantropo cinico, burbero ed inavvicinabile. Un’immagine che era come un muro che lo divideva e lo isolava dagli altri, ma che gli permetteva di tirare dritto per la sua strada ed assolvere i compiti che Silente gli assegnava con freddezza e distacco… nonché di mantenere durante le sue lezioni il silenzio e l’attenzione più assoluti attraverso il terrore che esercitava sugli studenti. Egli non poteva e non voleva mostrare alcuna debolezza, non voleva rivelare agli altri nulla di sè e della sua vita; lei era una delle poche persone alle quali era stato permesso di andare oltre quel muro e di occupare uno spazio che per molti, troppi anni, era rimasto vuoto. Non le faceva nè caldo nè freddo che la gente sapesse o meno della loro relazione, ma se Severus preferiva tenerla segreta, la cosa non le creava problemi. 

Nel frattempo, nel negozio di scherzi dei Weasley, i tre ex studenti di Hogwarts discutevano di affari “Allora, Lee, che novità ci sono? Ci sono speranze per noi di comprare il negozio di Zonko?”
“Ho passato due ore al Catasto del Ministero della Magia, prima che un simpaticone di vostra conoscenza mi mettesse alla porta.”
“Fammi indovinare: Percy Zuccavuota Il Pomposo Idiota?” chiese George con disgusto.
“Proprio lui. Ha blaterato che un regolamento del sesto secolo limiterebbe la consultazione delle carte a non più di mezz’ora e solo dietro un apposito permesso. Io davvero non lo riconosco più, mi ha addirittura sequestrato gli appunti che avevo preso.”
“Quindi non sei riuscito a concludere nulla?”
“Temo di no: intrusione del vostro amato fratellino a parte, purtroppo durante la Guerra contro Colui-che-non-deve-essere-nominato, parte delle vecchie mappe andarono distrutte durante un attacco al Ministero. Comunque è strano, strano forte, perché non ho trovato nulla, assolutamente nessun documento intestato a Zonko… sembra quasi un fantasma!”
“Mah, forse dovremmo controllare anche l’ufficio anagrafe dei maghi uno di questi giorni.”
“E far girare le scatole al nostro caro Percy, così, tanto per non perdere la mano.” aggiunse Fred.
“Oppure è meglio lasciar perdere: con tutto quello che sta succedendo e le restrizioni che impone Hogwarts agli studenti, non è il momento migliore per ampliare l’attività ed aprire una succursale.” George sbuffò irritato.
“Sapete la cosa più curiosa? Al catasto c’era anche un altro mago, interessato a rilevare la gelateria di Florian Fortebraccio e aveva il mio stesso problema: non ci sono informazioni su di lui, come se non fosse mai esistito.”
 


===========================

Note

[1] Nel Vaso di Pandora (d'ora in poi VdP), Oleander ha un negozio di pietre e cristalli a Milano, ma nell'epilogo sta trasferendo l'attività ed è indecisa tra un negozio in Diagon Alley o uno ad Hogsmead.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. Notte stellata. E poi l'addio ***


CAPITOLO 2 – NOTTE STELLATA. E POI L’ADDIO

Oleander spense l’ultima candela del negozio, si smaterializzò e ricomparve in prossimità della barriera della Scuola di magia. Sbuffò, infastidita dal caldo umido ed appiccicoso, e pensare che solo pochi giorni prima si lamentava per il vento gelido che sferzava l’aria. Che giugno del cavolo! Avevano ragione i gemelli, era un tempo assurdo.
Costeggiò il margine della Foresta proibita, dalla quale si levò un suono sordo e gutturale, alcuni abeti si piegarono come fossero canne di bambù ed il gigantesco faccione di Grop fece capolino da dietro di essi “Oooleeee.” la indicò con un dito. Assomigliava più ad uno sguaiato grido da stadio che ad un saluto, ma costituiva un notevole progresso rispetto ai primi tempi, quando i suoi gesti inconsulti facevano sudare freddo gran parte del personale di Hogwarts, nonchè i centauri costretti a sopportare quell'ingombrante inquilino.
“Buonasera Grop.” gli rispose con un sorriso, agitando la mano.
Arrivata in camera fece appena in tempo a cambiarsi, indossando dei pratici vestiti babbani (vecchi jeans scoloriti e la felpa bianca di una tuta) quando un elfo domestico bussò alla porta: “Signora, perdoni signora, il preside Silente desidera vedere la signora. Subito.” E per essere ancora più eloquente puntò un braccio magro verso il corridoio.
Oleander raggiunse in fretta il grosso portone di pietra che permetteva l’accesso alla presidenza, pronunciò la parola d’ordine “Muffins alla nocciola” e salì dal preside.
Dall’inizio di quell'anno scolastico, e precisamente dal momento in cui aveva appreso che Severus era stato scelto come insegnante di Difesa contro le arti oscure, Oleander non poteva negare a se stessa di provare un certo risentimento nei confronti dell’anziano mago.
I ragazzi sostenevano che quella cattedra fosse stata maledetta da Voldemort in persona e anche se Albus Silente aveva sempre negato la cosa, beh… il fatto che nessun professore fosse mai riuscito a conservare il posto per più di un anno, qualche dubbio lo faceva sorgere. Senza contare che molti dei sopraccitati professori avevano fatto una fine orribile: lei riteneva che l’incarico di spia di Severus gli facesse correre già sufficienti pericoli, senza dover andare a cercarne altri a tutti i costi.
Aveva espresso queste preoccupazioni anche a Severus, ma l’uomo le aveva liquidate come semplici sciocchezze e non vi aveva dato peso, contento di essere riuscito a conseguire l’agognata cattedra.
Tuttavia le inquietudini della donna non erano svanite, ma si erano aggravate con il tempo e le notizie funeste di continui attacchi alla comunità magica, tanto che ogni volta che vedeva tornare Severus da qualche missione provava sollievo, come se il mago dovesse morire da un momento all’altro, e faceva il conto alla rovescia di quanto mancasse alla fine dell'anno scolastico. Assieme a quel disagio era cresciuta anche l’irritazione nei confronti del preside: perché non la insegnava lui quella dannata materia?
Comunque, qualsiasi sentimento negativo Oleander potesse provare, si dissolse nel momento in cui entrò nello studio di Silente e lo vide sprofondato in poltrona: in quel momento sembrava solo un vecchio stanco, affaticato e provato dal dolore. L’occhio le cadde inevitabilmente sulla mano annerita e carbonizzata; Silente, accortosene, la coprì con la lunga manica della sua veste blu notte, dichiarando tacitamente che quello non sarebbe stato argomento di conversazione, quella sera. La donna sospettava che Severus sapesse cosa fosse accaduto all'anziano preside, ma su quell'argomento la sua bocca era sigillata al pari di quella di Silente. Il vecchio preside di tanto in tanto la invitava nel suo studio per una tisana e per parlare della situazione presente, le aveva anche raccontato qualcosa delle sue lezioni con Harry, però non c'era verso di fargli dire come si fosse procurato quella terribile ustione. Ad ogni modo, non occorreva essere Hercule Poirot per capire che si era trattato di un incidente molto grave e, di quei tempi, grave poteva essere solo sinonimo di Voldemort.
“Professor Silente.” Oleander piegò la testa in un cenno di saluto.
“Vieni, Oleander.” il mago le sorrise, indicando la poltrona davanti alla sua. Nell’attraversare lo studio Oleander udì un *HIC* piuttosto forte, un inequivocabile singhiozzo da ubriaco e strabuzzò gli occhi castani dietro le lenti dei suoi occhiali. Sibilla Cooman era sdraiata su un divano in un angolo buio della stanza, in uno stato simile ad un coma etilico e biascicava parole indistinte. Il dolciastro odore dello sherry arrivava fin lì. “Ma-ma…” balbettò la maga dai cupi capelli viola.
“Accomodati pure.” proseguì il preside in tono gioviale, come se un membro del corpo docenti non giacesse affatto lì, in uno stato indecoroso.
Oleander scosse la testa, abbastanza abituata alle stranezze di entrambi per passarci sopra “Posso fare qualcosa per lei?”
Circa un’ora dopo Oleander lasciò la stanza di Silente piuttosto stanca e con un fastidioso cerchio alla testa: l’anziano mago aveva pensato di inserire il suo laboratorio di Cristallogia e talismani magici (ora facoltativo e saltuario) tra i corsi ufficiali di Hogwarts per gli ultimi due anni, ma il progetto di cui le aveva parlato era così fumoso e vago che Oleander non riusciva a capire se era solo un’idea estemporanea del preside o qualcosa di veramente concreto. E poi, era davvero così urgente da doverne parlare quella sera? Una pendola battè le ore e la donna si stupì: non si era resa conto di essersi trattenuta così tanto nello studio di Silente.
Decise di uscire un attimo su un balcone a prendere una boccata d’aria fresca per schiarirsi la mente. Tirò una porta-finestra già socchiusa e vide che anche Harry Potter era lì, seduto sulle piastrelle a fissare le stelle, perso nei suoi pensieri.
“Ti spiace se ti faccio compagnia?”
La voce nasale e acuta di Oleander lo fece trasalire. Istintivamente la mano del ragazzo era corsa alla tasca dei pantaloni dove teneva la bacchetta, ma si era fermato immediatamente, una volta riconosciuto il suo interlocutore “No, affatto.”
"Scusa, non volevo spaventarti. Ho solo bisogno di un po' di aria." La maga si accomodò a cavalcioni del cornicione del balcone, appoggiandosi alla parete di pietra. I due restarono a lungo in silenzio ad ammirare la volta celeste. Ad Harry piaceva la compagnia di Oleander: era una delle poche persone che non lo aveva assillato e soffocato con continue domande tipo “Stai bene?”, “Sicuro che è tutto a posto?” dopo la perdita di Sirius. Era un presenza discreta e di questo le era grato.
“Le stelle sono più belle quando non devi studiarle.” disse la maga dopo un po’.
“Vero.” Il ragazzo sorrise. “Ah, prima ero passato nella tua stanza, ma non c’eri. Volevo sapere se puoi riparare questa clessidra magica di Hermione: una volta che la sabbia è scesa, non si gira più da sola e lei diventa matta se non riesce a cronometrarsi durante gli esercizi di Aritmanzia.” La lanciò alla donna.
“Ancora…” gemette Oleander.
“Ti è già capitato?”
“Sì, ne parlavo qualche giorno fa ai gemelli Weasley: da un po' gli oggetti magici e le pietre sembrano aver perso efficacia, durano molto meno del previsto. E io non ho idea del perché.”
“Io sì – la voce del ragazzo si fece tagliente all’improvviso – è colpa di Voldemort.”
"Come?"
"Me l'ha detto stasera il professor Silente. Mi ha spiegato che a questo mondo ogni cosa è in equilibrio: bene e male, magia positiva e oscura, luce e tenebra; a tratti prevale l'uno, a tratti l'altro, ma alla fine tutto si bilancia. La terra vive grazie a questo equilibrio, ma quando uno dei due elementi prende un sopravvento eccessivo sull'altro, tutto ne viene toccato: le stagioni sono stravolte, le pietre perdono i loro poteri, gli incantesimi non funzionano a dovere, gli eventi catastrofici si moltiplicano e si riverberano anche sul mondo babbano. E' ciò che sta succedendo in questo momento."
Oleander riflettè: era vero, solo a maggio Francia e Spagna erano state devastate da tre tempeste di potenza inaudita, in Cina c’erano stati due fortissimi terremoti e Los Angeles era circondata da violenti incendi. Certo, questi eventi naturali rientravano nell’ordine delle cose della Terra, erano sempre accaduti, ma in quel periodo la forza e la frequenza di quelle sciagure era a dir poco preoccupante. Ed inoltre gli assalti e gli agguati diretti dei mangiamorte, si erano fatti più frequenti. Senza dubbio una grossa quantità di energia negativa si stava diffondendo ovunque e anche pietre e cristalli, alla lunga, ne risentivano. Il ritorno del più temuto mago oscuro aveva dunque anche effetti di quel genere? E se questa volta l'equilibrio della Terra non si fosse ristabilito? Rabbrividì, nonostante l’aria immota e pesante. "Il professor Silente ti ha detto questo?"
"Beh, il succo era questo, ma dire il vero ha fatto un discorso molto, molto più lungo. Però - si grattò la testa imbarazzato - non lo ricordo molto bene... non era del tutto sensato... mi pare... ah! Sono un po' confuso e molto stanco." Harry sospirò pesantemente e si mosse, evidentemente a disagio.
"Hai dei dubbi, vero? Sulle tue ‘lezioni’ con il professor Silente."
"Sì! Noi esaminiamo ricordi, ci immergiamo nel passato di Ridde o altre persone, analizziamo, scopriamo indizi, ma... tutto sommato mi sembra di non fare alcun progresso. Vorrei dei risultati, adesso!" il ragazzo picchiò un pugno sulle mattonelle del balcone, frustrato.
Oleander lo guardò di sottecchi: era solo un ragazzo, non ancora maggiorenne e aveva già affrontato molto più di quanto un uomo - mago o babbano - affronta in tutta la vita, ma restava pur sempre un ragazzo. Ancora una volta si chiese se Silente avesse davvero le idee chiare, a volte gli sembrava quasi che l'anziano mago incoraggiasse Harry allo scontro diretto con il mago oscuro, basandosi solo su quella famosa profezia.
Alla fine disse, non sapeva se rivolta più a se stessa o ad Harry, "Mah... stiamo pur sempre parlando di Silente: lui sa qual è l'obiettivo finale di tutto ciò, anche se ci arriva per vie contorte. Almeno credo."
Harry ridacchiò "Questo non è molto rassicurante, sai?"
"Spiacente, io non so offrire di meglio. Ora ti conviene tornare nel tuo dormitorio, prima che un vero professore ti scopra ancora alzato. Non mi sembra che ti occorrano altre punizioni, no?"
Oleander restò ancora un po’ a guardare le stelle, finchè da lontano non vide avvicinarsi alla scuola una figura scura che sembrava scivolare sull’erba e si diresse verso le stanze di Severus.
Il mago sembrava più che mai in vena di polemiche “Su un balcone in bella vista, con una *cosa* bianca addosso… perché non ci dipingi un bel bersaglio? I mangiamorte ti ringrazierebbero.”
“Con le difese che possiede questa scuola, i mangiamorte non possono nemmeno avvicinarsi, come ti farebbe notare Hermione Granger, e la *cosa* per tua informazione si chiama felpa.”
Severus fissò per un momento il suo abbigliamento con occhio critico “Un sacco di iuta sarebbe più elegante. Non capisco perché ti ostini ad indossare stracci babbani.”
“Perché sono comodi! Senti un po’, Severus – Oleander si piantò le braccia sui fianchi – se hai così voglia di litigare, vado a cercarti un Molliccio, così ti sfoghi con lui.”
Il mago scrollò le spalle e si portò ad una finestra, maledicendosi silenziosamente: non aveva avuto intenzione di essere così brusco, stava semplicemente sfogando su di lei lo stress dell’ennesima missione senza risultati. Non si sarebbe stupito se ora Oleander se ne fosse andata sbattendo la porta, invece sentì le mani robuste della donna posarsi sulle sue spalle indolenzite e muoversi piano, in piccoli cerchi, per sciogliere la tensione accumulata. “Dimmi – proseguì lei – cos’è successo? Non ci piove che tu abbia un carattere spaventoso, ma non è da te scattare a questo modo, se non c’è una valida ragione.”
Di fronte all’ostinato silenzio dell’uomo, Oleander gli andò di fronte. “Mmh… allora devo scoprirlo chiedendo a qualcun altro? Perché sai benissimo che lo farò.”
Il mago storse le labbra in una smorfia: oh, lo sapeva eccome. “Oggi con Lupin abbiamo scoperto che altri tre Auror mandati a cercare Olivander sono stati vittime dei Dissennatori.” Mosse qualche passo nervosamente per la stanza: Draco non si fidava più di lui e non riusciva a far confessare al ragazzo quale piano avesse in mente Lord Voldemort, quello sciagurato di Potter non riusciva a star lontano dai guai nemmeno immobilizzato con un Petrificus Totalus, i Dissennatori e i Mangiamorte si andavano radunando sempre più numerosi attorno all’Oscuro Signore. La ricerca degli horcrux procedeva a rilento e Albus non gli permetteva di partecipare, lasciando tutto nelle mani di quel ragazzino arrogante; inoltre sentiva che presto avrebbe dovuto adempiere il compito promesso al vecchio preside: presto, troppo presto, sarebbe giunto quel giorno… si sentiva frustrato e impotente.
Oleander sapeva che l'unica cosa che poteva fare per lui era provare a distrarlo, anche solo per un po’, dalle mille preoccupazioni che lo affliggevano e fargli dimenticare brevemente il pesante fardello che l’uomo si era caricato sulle spalle.
"Quando hai finito di demolire i compiti dei tuoi allievi, ti aspetto in camera mia." 

Piton si risvegliò all’alba e si volse a guardare la donna al suo fianco, che dormiva scomposta, aggrovigliata tra le lenzuola, la testa semisepolta sotto al cuscino: al risveglio i suoi capelli corti sarebbero stati un disastro. La cosa gli strappò un lieve sorriso. Allungò una mano e le sfiorò una spalla nuda. Da un lato avrebbe voluto parlarle di tante cose: il voto infrangibile, Lily Evans, la promessa con Albus… glielo doveva. Per come sopportava i suoi malumori, per quegli attimi di serenità che gli stava donando, perché lei lo amava, amava lui, un ex-mangiamorte, perché era stata un dono insperato e inaspettato e per questo così prezioso.
Ma d’altro canto, più di tutto, sentiva di doverla tenere al sicuro, coinvolgerla il meno possibile in tutto quello che, inevitabilmente, sarebbe accaduto di lì a poco.
Se lei fosse stata al riparo, lontana dalla guerra, se fosse sopravvissuta, se questa volta fosse riuscito a salvare chi amava, allora non gli sarebbe importato nulla, nemmeno di morire. Per questo avrebbe continuato a tacere, anche se questo era come mentirle.
Allungò la mano verso la sua veste, buttata su una sedia vicino al letto ed estrasse dalla tasca una piccola fiala contenente un liquido denso e scuro. La guardò pensieroso a lungo, infine la rimise al suo posto, con la solita, impenetrabile espressione sul volto.
Poi Oleander scalciò nel sonno, colpendolo piuttosto forte su uno stinco, lui la svegliò senza tante grazie ed i due iniziarono la giornata con uno dei loro consueti battibecchi.
Pochi giorni dopo, giunse quella fatidica notte. 

Oleander stava preparando una colla speciale per aggiustare alcune bacchette magiche; Piton entrò nella sua stanza portando una teiera e due tazze colme di tisana ai mirtilli. La maga si tolse gli occhiali, guardandoli sospettosa come se qualcuno li avesse stregati. “Spiritosa.” sibilò l’ex-mangiamorte, porgendole la tazza.
“Grazie, ci voleva proprio.” accettò la tisana con un sorriso, bevve una lunga sorsata, ma poi fece una smorfia assurda e disgustata “Streghe e fattucchiere, Severus! E’ dolcissima! Ma quanto zucchero ci hai messo?”
Il mago la guardò offeso, poi borbottò “Neanche fosse pozione polisucco, quante storie.”
“D’accordo, d’accordo. – Oleander sospirò in tono teatrale – Per dimostrarti il mio amore, la bevo tutta d’un fiato!”
Il rumore di passi pesanti di parecchie persone nel corridoio le fece aggrottare la fronte: il suo alloggio non era nella zona dei dormitori, non potevano essere studenti; allora chi diamine stava facendo tutto quel chiasso? Fece per alzarsi, ma le gambe non la ressero e ripiombò pesante sulla sedia. In quel momento la sua mente tornò a due anni prima e la donna comprese cosa fosse una sensazione di deja-vù [1]. Alzò gli occhi, rivolgendo uno sguardo interrogativo e allarmato insieme a Severus, il cui volto era una maschera perfetta, seria ed inespressiva. Se stava provando qualcosa, non lo dava a vedere. Con grande sforzo provò a rialzarsi di nuovo, ma gli franò addosso “Perché?” fu l’ultima cosa che chiese prima di chiudere gli occhi, addormentandosi.
Severus l’adagiò delicatamente sul pavimento “Per dimostrarti anch’io il mio amore.”
Un ultimo bacio sulle labbra di lei, poi si alzò per raggiungere gli altri Mangiamorte, che si stavano scatenando nel vecchio maniero.
Si voltò un istante a guardarla sulla soglia della porta.
“Perdonami.”
Ed uscì.

 

 ========================

Note

[1] VdP - capitolo 10: Oleander finisce avvelenata dal liquido del Vaso di Pandora.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. Nel covo dell'Oscuro ***


CAPITOLO 3 – NEL COVO DELL’OSCURO

“Ora vomito.”
Draco non riusciva a pensare ad altro.
“Ora vomito.”
Oscillò pericolosamente sul manico della scopa. I Mangiamorte attorno a lui ridevano e gridavano trionfanti, ma i suoni si facevano sempre più fiochi e distanti nella sua mente.
“Ora vomito.”
Scivolò da un lato e la scopa si inclinò, puntando verso il suolo. Una mano gli si posò sulla spalla. “Guarda avanti.” disse Piton, con voce inespressiva.
“La stessa mano che ha ucciso il preside.” Con un gesto brusco si sottrasse alla stretta, raddrizzandosi sul manico. Però seguì il suo consiglio: fissò l’orizzonte davanti a sé, concentrandosi solo su quello.
Piton invece si voltò più volte: si erano smaterializzati appena fuori la barriera di Hogwarts, avevano recuperato le scope ed ora volavano in formazione, seguendo Alecto, l’unica che aveva ricevuto istruzioni sulla via di fuga. Improbabile che qualcuno dalla scuola o dal Ministero fosse già sulle loro tracce, ma Potter era talmente accecato dalla rabbia che non si sarebbe stupito di vederlo comparire a bacchetta spianata. Sì, ne sarebbe stato capace, il Prescelto, e in un attimo avrebbe rovinato tutto…

“Ti prego, Severus.” l’accorato appello di Silente echeggiò nella sua mente ancora una volta. “Dannato… – pensò – alla fine mi hai costretto a farlo davvero.” Si asciugò con rabbia il sangue che ancora usciva dalle ferite inflittegli dall’ippogrifo.
“Allegro Severus! Tra poco potrai darti una sistemata.” gli urlò Amycus.
Atterrarono al centro di un campo di grano mietuto da poco, dove era rimasto solo un cencioso spaventapasseri di paglia, che in realtà era una passaporta.
"Una passaporta... non è rischioso? Il Ministero potrebbe individuarla.”
“Che c’è Piton, paura?” lo schernì Thorfinn Rowle.
“Affatto – ribattè serafico l’ex professore di Hogwarts – vorrei solo evitare di trovarmi addosso in un istante tutti gli Auror dell’Inghilterra.”

“Tranquillo, abbiamo ottimi amici al Ministero, evitare che si accorgano di una passaporta non autorizzata non è un problema.”
“Dunque il Signore Oscuro ha infiltrati anche lì… e mi chiedo in quanti altri luoghi.”
Draco si muoveva come un automa e Piton dovette sospingerlo verso la passaporta. Ora era molto preoccupato per il ragazzo: aveva lo sguardo perso nel vuoto ed era completamente alienato da tutto ciò che lo circondava. Narcissa conosceva bene suo figlio: Draco non era un assassino, non lo sarebbe mai stato, come gli aveva urlato disperata l’estate passata. Poteva essere altero, crudele, arrogante, ma non era capace di uccidere. Anche se avesse gridato la maledizione senza perdono contro Silente, non avrebbe sortito alcun effetto, impaurito e tremante com’era. No, Draco non aveva la volontà di uccidere in quel momento. Piton dubitava che l’avrebbe mai avuta anche in futuro e purtroppo questo poteva essere molto pericoloso per lui.
Il luogo oltre la passaporta gli era del tutto sconosciuto: una casa di campagna di un solo piano, all’apparenza modesta, isolata nella brughiera spoglia. Non si vedevano altre costruzioni fin dove l’occhio poteva spaziare, solo un susseguirsi di brulle colline disseminate di grosse rocce ed alberi isolati. Lontano, nei pressi di una macchia di querce, c’era quello che sulle prime gli sembrò un piccolo lago molto scuro. Ma aguzzando la vista si accorse che non era così e un brivido di terrore lo percorse: erano dissennatori. A centinaia, forse a migliaia, attendevano solo un cenno del loro unico padrone per alzarsi e spargere terrore e dolore ovunque.
“Avanti, muovetevi.” gridò Amycus dall’interno della villetta.
La casa, ovviamente, era stata stregata, all’interno era vastissima, forse quanto Hogwarts stessa e si sviluppava quasi completamente nel sottosuolo; lanterne e torce illuminavano a fatica stanze e corridoi, come se la luce in quel luogo si fosse già arresa all’Oscuro Signore.
Narcissa Malfoy aspettava trepidante vicino ad una finestra e quando vide Draco gli andò incontro, nascondendo a malapena l’emozione. “Mamma!” esclamò il ragazzo, con una voce incerta che lo faceva sembrare più piccolo della sua età. “Vieni Draco. E anche tu, Severus.” e la donna li guidò in un’altra stanza; stava per chiudere la porta, ma sua sorella Bellatrix entrò come un ciclone: la maga fissò Piton con occhi di fuoco, ansimando. “Tu…”
“Buonasera anche a te, Bellatrix. Qualcosa non va?” chiese l’uomo nel tono più indolente che gli riuscì, facendola infuriare ancora di più “Il Signore Oscuro aveva ordinato a Draco di ucciderlo! Tu! – gli si avvicinò stringendo i pugni – tu hai voluto rubargli la gloria dell’impresa.”
“Bella…” iniziò Narcissa.
“No, Cissy! Questo compito era di Draco! E lui l’ha scavalcato, solo per riguadagnare la fiducia del Nostro Signore.”
“Io non devo riguadagnare un bel niente. – fece notare Piton, asciutto – Draco ci stava mettendo troppo tempo e la situazione stava diventando critica. Senza contare che se avesse indugiato ulteriormente, la cosa mi avrebbe creato qualche… problema.” Stese la mano con la quale aveva stretto il voto infrangibile con Narcissa.
“Piton!”
“Calmati Bellatrix, o ti scoppieranno le vene.” le disse lui, sarcastico.
La maga portò la mano alla bacchetta, ma la sorella minore la interruppe: “Basta così, Bella. Draco è stanco e deve riposare.”
Bellatrix digrignò i denti così forte che Piton pensò le si sarebbero spezzati i molari. "Puoi anche aver messo nel sacco mia sorella con la tua azione da eroe salvifico, ma io non ci casco. Non mi fido di te, Piton e ti terrò d'occhio."
L'ex professore di Hogwarts si strinse nelle spalle "Come preferisci, Bella. Spero solo che Rodolphus non si ingelosisca troppo."
Narcissa mise un braccio attorno alle spalle del figlio e lo accompagnò fuori; passando di fianco a Severus lo guardò negli occhi e sussurrò “Grazie per averlo protetto. Anche se è stato solo per il voto, grazie per aver protetto il mio unico figlio.”
Macnair venne a chiamare Piton: “Il Nostro Signore ti vuole a rapporto, non appena ti sarai medicato.”
Lord Voldemort attendeva seduto in poltrona davanti al camino acceso “Codaliscia – ordinò al suo viscido servitore – Nagini deve cenare.”
“Sì, mio Signore.” Minus si profuse in un inchino esagerato e lasciò la stanza.
Il volto ceruleo dell’Oscuro era illuminato dalle fiamme crepitanti che gli conferivano un aspetto quasi demoniaco “Severus, mio servitore. Ti piace la dimora che ho scelto?”
“Sì: è impressionante.”
“Lieto che ti piaccia. Ovviamente vi ho apportato le opportune modifiche che la rendono adatta ai nostri scopi e ad accogliere coloro che vorranno seguirmi. Non credo che i precedenti proprietari avranno qualcosa da ridire.” E indicò due sagome scure che giacevano sul pavimento: probabilmente i prossimi pasti di Nagini. “E così, Albus Silente è morto. Devo proprio complimentarmi con te, Severus.”
“No, non occorre. Ho solo eseguito il volere del mio Signore.”
Le iridi rosse di Voldemort cercarono quelle nerissime di Piton e questi non si sottrasse alla legilimanzia. Poco dopo l’Oscuro interruppe il contatto, soddisfatto “Non mi ero sbagliato allora: il mio servo più fedele era davvero ad Hogwarts. Tuttavia sono deluso da Draco.” la voce di Voldemort si fece più fredda e tagliente. Piton deglutì a vuoto: conosceva quel tono che non faceva presagire nulla di buono. “C’è – c’è stata confusione su nella torre, non ha avuto il tempo…” si affrettò a dire.
“Tu a quell’età eri più abile, più spietato. Lucius ha cresciuto quel ragazzo come un rammollito, inizio a pensare sia stato un errore farlo entrare nella cerchia dei Mangiamorte, ultimamente i Malfoy non fanno che procurarmi delusioni.” Scosse la testa, come se fosse profondamente rammaricato.
“Il ragazzo è solo un po’ inesperto. Migliorerà col tempo.”
“Lo spero. Per lui. Questa volta sarò indulgente, dopotutto mi hai portato ottime notizie.” sul volto dell’Oscuro apparve qualcosa di simile ad un crudele sorriso.
Piton chinò rispettosamente il capo “Vi ringrazio.”
“Bene – Voldemort lo liquidò con un gesto della mano – puoi andare.”
“Nient’altro?” chiese Piton stupito.
“Altro?”
“Sì – proseguì Piton con tono pratico – pensavo che ci avreste illustrato subito le prossime mosse, gli obiettivi da distruggere…”
“Ogni cosa a suo tempo, Severus. Le cose fatte di fretta riescono sempre male ed io voglio che questa volta tutto sia perfetto, che nulla possa andare storto. E tu non ti esporrai in prima linea, mi servi per altri lavori, qui. D’altronde, dopo stasera, non credo che gli Auror ti acclamerebbero come un eroe, se ti vedessero in giro. Spero dunque tu non voglia mettere in discussione i miei piani.”
“No, certo che no.”

Piton uscì all’aperto, appoggiandosi con la schiena contro il tronco di un albero, desideroso di fondersi con il buio della notte: era sfinito. E le cose andavano male, malissimo: se non aveva la possibilità di uscire e di muoversi liberamente, non avrebbe potuto avvertire nessuno di eventuali pericoli. Per quello avrebbe pensato a qualcosa, più avanti, ma non ora, era troppo stanco. Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente la fredda aria notturna, concedendosi finalmente un attimo per il suo dolore.
“Severus.” La voce di Albus non voleva abbandonare la sua mente. Il tono dolce, supplichevole del suo unico amico lo avrebbe perseguitato a lungo e ciò aumentava la sua rabbia. Era tornato ad uccidere, cosa che aveva giurato di non fare mai più dopo la morte di Lily. In quel terribile istante, quando il lampo di luce verde era esploso dalla sua bacchetta, Piton aveva udito tutte le sue vittime passate urlare all’unisono.
C’è sempre una scelta, aveva detto Albus.
Sì, ma quella era stata una scelta straziante, la più difficile mai presa. Perché, al di là delle ragioni che lo avevano indotto a farlo, al di là delle promesse e del fatto che la sorte di Silente fosse ormai segnata, aveva posto fine alla vita dell’unico uomo che aveva creduto in lui, che l’aveva difeso davanti a tutti, in ogni occasione. Questo restava un fatto dolorosamente vero.

“Perché?” un’altra voce si affacciò alla sua mente. Stupita, spaventata e, non poteva negarlo, leggermente accusatoria. Il corpo di lei che si afflosciava pesante e privo di sensi contro il suo, le palpebre che chiudevano gli occhi color nocciola. Oleander… no! Inspirò ed espirò profondamente. No, a lei non doveva pensare, non poteva permetterselo, o la sua maschera, ne era certo, si sarebbe infranta. Lei avrebbe dormito a lungo, ignara, lontana da quell’orrore. Si aggrappò all’idea di saperla al sicuro, per affrontare ciò che sarebbe venuto. 

Narcissa chiuse la porta della camera da letto che le era stata assegnata: aveva lasciato Marcy, la loro elfa domestica più fedele, a vegliare sul ragazzo. “Si è addormentato.” disse alla sorella.
“Mi auguro che tu l’abbia rimproverato a dovere, Cissy.” Bellatrix era ancora furiosa.
“Per cosa?”
Bellatrix aveva gli occhi fuori dalle orbite “Per non aver portato a termine il suo compito! Aveva promesso al Nostro Signore che avrebbe ammazzato Silente. Io gli ho insegnato quella maledizione. Avada Kedrava. Non è così difficile, l’abbiamo anche provata su dei cani randagi e c’era riuscito.”
“Se permetti un essere umano è diverso da un animale, sorella.”
“Non esiste il diverso. Esistono solo gli ordini del nostro Lord, che devono essere eseguiti senza alcuna discussione.” Si scoprì il braccio sinistro, mettendo a nudo il marchio nero e si avvicinò alla sorella. Narcissa si ritrasse impercettibilmente: sapeva che la fedeltà di Bellatrix verso Lord Voldemort non conosceva confini, ma da quando era evasa da Azkaban, la sorella sembrava uscita di senno e ciò la spaventava.
“Questo marchio comporta dei privilegi tra i maghi oscuri, ma anche delle responsabilità ed è meglio che Draco lo capisca il prima possibile. Glielo farò capire io, se necessario.”
Il tono di quest’ultima frase non piacque affatto a Narcissa: negli occhi di Bellatrix brillava una luce strana, folle.

“Ucciderebbe Draco, se solo Voldemort glielo chiedesse. Lo farebbe senza alcuna esitazione né rimorso e tu lo sai. Non puoi fare finta di niente, sai che è così.” La consapevolezza di questo pensiero fu come uno schiaffo in pieno volto. La moglie di Lucius Malfoy recuperò il sangue freddo, avanzò di un passo verso Bellatrix e la guardò dritta negli occhi: “Fino a prova contraria sono io la madre di Draco e decido io cosa insegnarli e con che metodi.”
“Mi auguro che tu ne sia in grado, Cissy.” Detto questo, Bellatrix lasciò la stanza.

“Lucius, amore… cosa devo fare?” una lacrima scivolò furtiva sul viso di Narcissa, che si accasciò esausta su una poltrona.
 

 

======================

RINGRAZIAMENTI

 

Arabesque: proprio te cercavo XD! Non ti ho mai ringraziato per aver segnalato il Vaso di Pandora per il concorso Best OC, lo faccio qui. Sono contenta che il seguito ti stia piacendo e mi dispiace averti fatto aspettare così tanto, ma credimi, quando mi si è fuso il vecchio pc, è stato un trauma.

Approfitto per ringraziare di cuore anche Snape88 per la bellissima recensione che mi ha lasciato nel Vaso di Pandora, le tue parole mi hanno reso davvero felice.

Grazie a lete89 e Lady of the sea che hanno messo la storia rispettivamente tra le preferite e le seguite ed anche a tutti coloro che stanno leggendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. Privet Drive n.4 ***


CAPITOLO 4 – PRIVET DRIVE N. 4

Un turbinio di piume svolazzanti nell’afa estiva annunciò l’arrivo di Errol, che aveva mancato nuovamente la finestra della stanza di Harry, andando a sbattere poco sopra di essa. Il ragazzo si alzò di scatto dal letto, afferrò il volatile prima che precipitasse al suolo e lo depositò nella gabbia di Edvige, che sonnecchiava a causa della calura estiva.
La lettera che portava il vecchio gufo era di Molly Weasley: tutti i membri della famiglia di Ron gli scrivevano almeno una volta al giorno, ma anche Hermione e altri suoi compagni di Hogwarts gli scrivevano più o meno con la stessa frequenza, aveva un cassetto della scrivania pieno di lettere. Il via vai di gufi ed altri rapaci da casa dei Dursley era stato così frequente quell’estate che anche i babbani più distratti se ne erano accorti. Una vicina di casa aveva suggerito loro di verificare se c’era un buco sotto al tetto: probabilmente dei gufi ci avevano fatto il nido. Zio Vernon era diventato violaceo e zia Petunia si era quasi slogata le dita torcendosi le mani per l’angoscia.
Anche se ogni tanto tutti quei messaggi lo esasperavano (“Sto bene! Anche se me lo chiedete venti volte al giorno, la risposta non cambia.” avrebbe voluto gridare), Harry era contento di leggerle e distrarsi, nelle lunghe giornate che passava chiuso nella sua camera. Gli anni precedenti zio Vernon gli imponeva di restare in quella stanza e di farsi vedere in giro il meno possibile, ma quell’anno non ci fu bisogno delle sue minacce: da quando era tornato a casa, Harry praticamente non aveva mai rivolto la parola ai suoi parenti, ovviamente non aveva detto loro della morte di Silente nè del pandemonio che si era scatenato nel castello.
Già, era meglio parlarsi il meno possibile, o si rischiavano episodi come quello capitato la mattina prima.

Harry si era alzato di buon ora, si era lavato ed era sceso a far colazione, nella speranza di poter tornare in camera sua prima che si alzassero tutti quanti, ma quando uscì dal bagno, si trovò davanti zio Vernon. Lo oltrepassò, ma l’uomo l’afferrò per un braccio “Che modi sono questi? Non si saluta più? Bada, piccolo ingrato – lo minacciò con un dito grassoccio – il tuo atteggiamento non mi piace affatto.”
“Tranquillo, non dovrai sopportarmi ancora per molto. Me ne andrò il giorno stesso del mio compleanno.”
“Co-cosa? – balbettò l’uomo – sei ancora minorenne, non te lo permetterò!”
Harry gli aveva rivolto uno sorriso di scherno “E come pensi di impedirmelo?”
L’uomo era arretrato di qualche passo, terreo. Ma poi, come illuminato da un pensiero, aveva riacquistato baldanza “Non puoi fare nulla, tu. Ormai lo sappiamo che i minorenni non possono fare magie, al di fuori di quella scuola di pazzi che frequenti.”
Il ragazzo sopravvissuto era scoppiato a ridere “Zio Vernon, a diciassette anni per la mia gente diventerò maggiorenne e potrò usare liberamente la magia. Il professor Silente te lo aveva detto.”
“Figuriamoci se mi metto ad ascoltare quello che dice un vecchio squilibrato.”
“NON OSARE! NON OSARE PARLARE DI LUI IN QUESTO MODO! TU NON SEI NEMMENO DEGNO DI PRONUNCIARE IL SUO NOME!” urlò Harry talmente forte che sia Petunia che Dudley accorsero per vedere cosa stesse succedendo. Vernon si era appiattito, per quanto gli consentisse la sua mole pachidermica, contro la parete, visibilmente atterrito, forse memore di quanto successo a sua sorella Marge pochi anni prima.
Avada Kedavra.
Harry aveva sentito l’antica maledizione risalire dalle viscere del suo essere fin quasi alle sue labbra, prima di fermarsi, ansante ed inorridito di ciò che stava per dire. Si era voltato ed era tornato di corsa in camera sua, sbattendo la porta e non era più uscito fino a sera.

Ripensare a quell’episodio lo metteva a disagio, lo spaventava: non aveva avuto alcuna intenzione di usare la maledizione senza perdono contro suo zio, non l’aveva pensato sul serio, era stato solo un attimo d’ira, accecante. Solo questo. Però… in quell'istante aveva provato una sensazione strana, quasi una dissociazione, come se non fosse davvero lui in quel momento, come se qualcun altro albergasse in quel corpo. Era stato solo un attimo, poi quell'orribile sensazione si era dissolta, ma anche per via di episodi come questo era meglio abbandonare Privet Drive il prima possibile.
Fosse stato per lui l'avrebbe fatto in quel preciso istante, ma probabilmente non sarebbe arrivato nemmeno al cancello d'ingresso senza che il Ministero della Magia lo sapesse; Harry si affacciò alla finestra e la sua attenzione fu attirata da una donna vestita in modo bizzarro: indossava una gonna di lino a fiori, una camicetta cinese, un cappello di lana e ai piedi portava stivali di gomma. Quel giorno la sua sorveglianza era affidata ad Hestia Jones. Harry stava meditando se andare a dirle di scegliere un abbigliamento meno vistoso, quando una figura argentea, un Patronus che aveva forma di lupo, entrò nella stanza. Il messaggio che portava era di Tonks: annunciava che il giorno del suo compleanno sarebbero passati a prenderlo per condurlo a casa di Felpato. Il precedente Incanto Fidelius era stato sciolto e ne era stato fatto uno nuovo, di modo che Piton non potesse ritrovare quel luogo; ovviamente l’informazione sarebbe stata comunicata con più parsimonia rispetto al passato.

“Adesso se ne preoccupano.” pensò Harry con rabbia. Lui aveva sempre sospettato di Piton, fin dall'inizio, ma qualcuno gli aveva mai dato retta? Certo che no! C’era voluta un’irruzione di massa di Mangiamorte nella scuola perché finalmente aprissero gli occhi.
A dire il vero non era del tutto sicuro di voler tornare a casa di Sirius. O meglio, non era sicuro di voler obbedire ai loro ordini, visto com'erano andate le cose fino a quel momento: dopotutto stava per diventare adulto, no? Poteva fare quello che voleva.
Molto spesso, nelle notti insonni, si era immaginato di fare irruzione nel covo di Voldemort e di cruciarlo a morte, lui e anche Piton: ora non sapeva quale dei due odiasse di più, a volte la rabbia che gli si agitava nel petto minacciava di esplodere. Ma poi quella che lui chiamava la voce della ragione, una voce dolce, pacata e rassicurante gli diceva che quelle erano solo fantasie che non avrebbero portato a nulla e poi sprofondava nel sonno.

TOC TOC
“Harry, sono io, posso entrare?”
Il ragazzo aggrottò la fronte: da quando sua zia si preoccupava di bussare e chiedere permesso? Rispose di sì e si sedette sul letto, una mano attorno alla bacchetta che teneva sotto il cuscino. Improbabile che fosse un impostore, ma la prudenza non era mai troppa.
Petunia Dursley fu molto diretta: “Ti è successo qualcosa?” la lunga faccia cavallina della donna tradiva la preoccupazione. “Intendiamoci, sei sempre stato un bambino strano, i tuoi… ‘poteri’ sono sempre stati per me motivo di angoscia, ma non ti avevo mai visto con lo sguardo che avevi ieri mattina. E’ stato terribile.”
Ora Harry provava un sincero rimorso: sua zia aveva paura di lui e questo non lo voleva. Detestava i Dursley, sì, ma essi erano pur sempre tutto ciò che restava della sua famiglia e incutere terrore negli altri non rientrava tra i suoi desideri. “Sì, è successo qualcosa in effetti: Silente è morto. E’ stato ucciso con una maledizione senza perdono da Severus Piton.”
La donna sbiancò, portandosi una mano alla bocca.
“Voldemort cercherà anche me, per uccidermi. Per questo me ne devo andare e sarebbe meglio se lo faceste anche voi, per un po’.”
“D’accordo – rispose debolmente la donna – stasera parlerò con Vernon e lo convincerò a lasciarti andare.”
“Zia…”
“No, non aggiungere altro. Non voglio sapere nulla né di quell’orribile ragazzo, né del tuo mondo, né tanto meno delle vostre battaglie. E’ troppo strano, troppo assurdo, noi… semplicemente noi non possiamo accettarlo. Io non posso accettarlo, non ci sono mai riuscita, nemmeno con Lily, perciò non chiedermi altro.” Scosse la testa ed uscì.
Harry non le chiese altro: comprendeva che un addio civile e distaccato era il massimo che potevano concedergli, i Dursley erano sempre stati campioni di normalità e ciò che sconvolgeva la loro routine babbana era da far sparire senza traccia, come polvere sotto ad un tappeto: né un elfo domestico, né i dissennatori, né Silente in persona erano riusciti a smuoverli e a far cambiare loro atteggiamento riguardo al mondo della magia. Il ragazzo fu raggiunto dalla consapevolezza che si sarebbero separati e molto difficilmente le loro strade si sarebbero incrociate nuovamente.

Ma lui aveva già affrontato altri addii, ben più definitivi di questo, per provare qualcosa di significativo.

 

 

=========================

RINGRAZIAMENTI

Arabesque: Grazie, il tuo parere mi tranquillizza. Avevo pensato di aver reso Bellatrix troppo isterica.
Wow, già sessanta letture per la fanfiction, non me l'aspettavo, grazie a tutti!

Questo è un mero capitoletto di transizione, gli altri sono molto più lunghi, ma mi era necessario. Il perchè sarà chiaro solo alla fine della storia, però.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. Grimmauld Place n.12 ***


CAPITOLO 5 – GRIMMAULD PLACE N. 12

La mattina del suo compleanno, Harry si svegliò che erano le dieci passate: per la prima volta nessuno era venuto a tempestare di pugni la sua porta, sbraitando di alzarsi, infatti la sera precedente i Dursley erano partiti per una crociera nel Mediterraneo, che risultava essere stata vinta ad un concorso del locale supermercato, ma che più probabilmente era un omaggio del Ministero della Magia. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo nel momento in cui fosse diventato maggiorenne e, nel dubbio, era saggio tenere i babbani il più lontano possibile da lui, ora non più protetto dalla magia di Lily.
Quella notte la sorveglianza magica attorno alla villetta dei Dursley era stata strettissima e rigorosa, ma non era accaduto assolutamente nulla. Harry non aveva nemmeno fatto qualche angosciante incubo con Voldemort protagonista, che aspettava lo scoccare della mezzanotte per correre ad ammazzarlo: anche quello degli incubi e delle visioni sembrava essere un capitolo chiuso e la cicatrice non gli aveva dato alcun fastidio quell’estate. Da un lato ciò era un bene, significava che Voldemort in quel periodo non aveva ucciso né torturato nessuno. Dall’altro però quel silenzio non lo convinceva per niente: probabilmente era il preludio a qualcosa di terribile.
La sera prima aveva diligentemente preparato il baule e la gabbia di Edvige, perciò dopo colazione ciondolò per casa senza meta: vivendo per molti mesi all’anno nel  mondo magico non aveva voglia né di televisione, né di videogames.
Dopo un po’ sentì miagolare e raspare vicino alla porta e socchiuse l’uscio: seduto sui gradini stava un bel gatto tigrato. “Professoressa McGranitt?” aprì la porta per farla passare e la donna riacquistò sembianze umane. “Sei pronto, Potter?” chiese la donna senza troppi preamboli.
Nel ragazzo era sparita ogni velleità da ribelle: maggiorenne o no, l’insegnante di Trasfigurazione gli incuteva il solito rispetto reverenziale “Sì, professoressa, vado a prendere i bagagli.”
“No, non occorre, stasera passerà Tonks a prenderli e te li farà avere a casa Black. Ora muoviamoci, il signor Weasley e la signorina Granger ti staranno già aspettando.”
“Ron ed Hermione?” il viso di Harry si illuminò: erano passate poche settimane da quando si erano separati, ma non vedeva l’ora di riabbracciarli. La professoressa se ne accorse e sorrise indulgente. Si incamminarono sul vialetto, scrutati dai gatti di Arabella Figgs.
“Come raggiungiamo Londra, professoressa?”
“Con quello.” Davanti al cancello era parcheggiato un taxi ed al posto di guida sedeva il papà di Ron. “Harry, che bello rivederti! Su, salite.”
Gli sembrava strano che ad accompagnarlo ci fossero solo la sua professoressa di Trasfigurazioni e un impiegato del Ministero della magia: certo, lui odiava essere al centro dell’attenzione, checché ne dicessero i suoi detrattori, ma in altre occasioni aveva avuto una scorta ben più imponente. “Tranquillo Harry – il papà di Ron intercettò lo sguardo perplesso del ragazzo – i nostri angeli custodi vegliano su di noi.”
“Signor Weasley, la pregherei di concentrarsi sulla guida.” lo rimproverò Minerva, che sicuramente avrebbe preferito trovarsi a cavallo di una scopa piuttosto che dentro a quello strano mezzo di trasporto.
“Ah sì, sì, certo. Devo fare attenzione soprattutto ai cartelli astrali.”
“Stradali.” lo corresse Harry, poi strizzò gli occhi in direzione del limpido cielo estivo: lassù tremolavano alcune macchie distorte di azzurro. “L’incantesimo di disillusione!” esclamò. Cinque o sei Auror, mimetizzati nel cielo, facevano loro da scorta, pronti ad intervenire al minimo segnale di pericolo.
Minerva McGranitt gli mostrò un bigliettino che recava scritto
“Stesso luogo, ma ora celato agli occhi ostili dei nemici: lì ha sede il quartier generale dell’Ordine della Fenice.” Ovviamente il messaggio era stato modificato rispetto a quello vecchio.
“Professoressa! E’ lei il custode segreto?”
“Precisamente, Potter. Io e il professor Vitious abbiamo passato quasi tutta l’estate per testare le difese magiche di quel posto. Non per vantarmi, ma credo sia più protetto di Hogwarts stessa. Vorrei proprio vederlo, Severus Piton che cerca di individuarlo.” disse con malcelata soddisfazione, serrando le labbra sottili. Minerva stimava molto Piton, quasi come un figlio, e più di tutti gli altri insegnanti era rimasta allibita ed addolorata di fronte al suo terribile gesto.
Il viaggio si concluse senza incidenti. Harry fece appena in tempo ad entrare in casa, che Ron ed i gemelli gli saltarono al collo, strapazzandolo e augurandogli buon compleanno, mentre Hermione cercava di calmarli “No! Non gridate, altrimenti…”
Non fece in tempo a finire la frase che il ritratto della madre di Sirius intonò le sue invettive con voce stentorea, peggio di una strillettera “SACRILEGIO! ALTRA FECCIA NELLA DIMORA DEI BLACK! VERMI! SCARTI DI DECOMPOSIZIONE! LURIDI INTRUSI IN COMBUTTA CON I BABBANI!” subito seguita a ruota dagli altri ritratti della vecchia casa: niente di nuovo, insomma.
“Ecco lo sapevo! Beh, bentornato Harry.” sospirò la ragazza, correndo a chiudere più che poteva le tende davanti all’orribile dipinto.
“Siamo soli fino a sera: mamma e Ginny sono al San Mungo con Bill e Fleur per una visita di controllo.”
“Come sta Bill?” chiese subito Harry.
“Bene – disse Fred – è già tornato al lavoro e sta guarendo così in fretta che i medimaghi sono senza parole.”
“Ma non ha avuto… conseguenze?” incalzò il ragazzo. Una settimana prima c’era stata la luna piena.
“Non si è trasformato in un licantropo, se è questo che intendi. – lo tranquillizzò George – Pare che Lupin avesse ragione: il morso di un lupo mannaro non trasformato non ha effetti. Beh… le cicatrici non sono molto belle da vedere, ma poteva andargli peggio, molto peggio.”
“Non possiamo esserne sicuri – disse Hermione, che aveva finito di lottare con la madre di Sirius – ho controllato praticamente tutti i libri in materia e non c’è un solo caso uguale a quello di Bill, quindi non sappiamo se ci saranno conseguenze in futuro.”
“Noi preferiamo sperare di no, ti spiace Hermione?” le disse Fred.
La ragazza scosse la testa “Cambiando argomento: a che punto sei con i compiti, Harry?”
“I… i compiti?” balbettò il ragazzo.
“Oh Harry – lo rimproverò la ragazza – non dirmi che anche tu non li hai ancora iniziati. Voi due siete proprio uguali.” Squadrò con rimprovero Ron e il suo migliore amico.
“Hermione, rifletti, siamo sull’orlo di una nuova guerra magica e tu ti preoccupi dei compiti?” Harry non credeva alle proprie orecchie.
“E’ quello che le ho detto anch’io.” borbottò Ron.
La ragazza alzò gli occhi al cielo “La conoscenza è fondamentale! O pensate di battere Voldemort a suon di pugni? E smettila, Ron!” disse in direzione del rosso, che, come sempre, era trasalito al nome dell’Oscuro. “Su, – proseguì con tono pratico – fammi vedere dove sei arrivato.”
“Ehm, non posso. I libri me li porterà stasera Tonks con il resto dei bagagli.”
“Hai lasciato i libri a casa?” Hermione era inorridita, come Harry se avesse abbandonato suo figlio sui gradini di una chiesa.
“Andiamo, lascialo respirare, è appena arrivato. E se proprio vuole scrivere qualcosa, può sempre aiutarmi con gli inviti del matrimonio!” intervenne Ron, trascinando l’amico, grato, in cucina.
A sera tutta la famiglia Weasley (tranne Percy, che continuava ad ignorarli) oltre a Remus e Tonks si trovarono in cucina, a festeggiare il compleanno di Harry, seppur in tono minore, date le circostanze.
Tra Harry e Ginny ci fu un momento di imbarazzo, viste le cose che lui le aveva detto al funerale di Silente. Ma fu solo un attimo, poi la ragazza sorrise e lo abbracciò: i suoi sentimenti per lui non erano mutati. La più piccola della famiglia Weasley aveva accettato la sua decisione di non stare più insieme, ma avrebbe continuato ad amarlo da lontano ed Harry capì che non poteva, e soprattutto non voleva, fare nulla per impedirglielo.
Anche Fleur fu molto affettuosa con il ragazzo "Arrì, sci sei mancato tonto." e gli stampò due bei baci sulle guance.
"Oh sì, a-anche t-tu - rispose lui, sentendo la faccia andare a fuoco - Ciao Bill, è bello rivederti."
"Ciao Harry, è bello rivedere anche te."
George aveva ragione: la cicatrice che solcava in diagonale il volto del ragazzo era spaventosa, ma la sua stretta di mano era forte e schietta come un tempo.
George e Fred intrattennero tutti con i loro meravigliosi fuochi d’artificio, così rumorosi da coprire anche l’urlante ritratto in corridoio, Ron aggiornò Harry sugli ultimi giocatori acquistati dai Cannoni di Chudley, mamma Weasley lo inondò di informazioni sul matrimonio di Bill e Fleur, che si sarebbe tenuto la settimana seguente in Francia, non lontano da Parigi, dove abitavano i genitori di lei e Grattastinchi si accoccolò in grembo al ragazzo dagli occhiali, in cerca di coccole. Per la prima volta dal funerale di Silente, Harry provava pace, la rabbia dentro di lui assopita, e l’idea di recarsi in Francia, la settimana successiva, lo rendeva quasi allegro. Che fosse a Grimmauld Place o alla Tana, con quelle persone meravigliose era a casa.
Gli unici due estraniati dal clima dei festeggiamenti erano Hermione ed Arthur Weasley: la ragazza agitava fogli di pergamena davanti all’uomo “Vede? Ho passato l’ultima settimana a controllare in biblioteca a scuola. In base a questa ordinanza – e gli mise davanti un foglio – e a questa Convenzione del 1559 – e ne prese un altro – gli statuti scolastici hanno piena autonomia in materia e questo – raccolse da terra un voluminoso papiro – è lo statuto di Hogwarts.”
“Sì, ti capisco Hermione, ma quello che proponi è molto difficile.”
“Però è possibile! Ne ho già parlato con la preside McGranitt e lei è d’accordo nel fare un tentativo.”
“Di che cosa state parlando?” chiese Harry curioso.
“Ci crederesti? Il Ministero della magia, dopo quello che è successo, vorrebbe chiudere Hogwarts.”
Il ragazzo ebbe un tuffo al cuore “No, non possono…” Hogwarts era stata la cosa più bella che gli era capitata nella vita, era tutto per lui.
Arthur Weasley sospirò “Capisco il tuo stato d’animo, ma dopo l’incursione dei Mangiamorte, molti genitori hanno deciso di ritirare spontaneamente i loro figli da scuola e il Ministero non ritiene sia saggio esporre i ragazzi ad ulteriori pericoli.”
Charlie sbuffò “Oh pa’, andiamo. Se non fosse stato per la collaborazione di Draco Malfoy, i Mangiamorte non avrebbero mai messo piede nel castello e a casa i ragazzi non sono certo più sicuri che a scuola.”
“Esatto! – incalzò Hermione – di fatti la preside McGranitt punta proprio su questo e vuole far iniziare normalmente il nuovo anno scolastico, anche contro il parere del Ministero.”
“Dubito si possa fare.” disse Ron, cupo.
“E invece sì, io penso ci sia un modo. Domani tornerò ad Hogwarts e ne parlerò con i professori.” La ragazza aveva già avuto a che fare con leggi e regolamenti durante il processo a Fierobecco e aveva un’aria sicura e decisa.
“E’ andata, completamente andata – bisbigliò piano Ron al suo migliore amico – da quando la McGranitt le ha parlato del problema, si è seppellita tra vecchie scartoffie in cerca di una soluzione e ne emerge solo per mangiare.”
“E poi rimprovera me che non ho fatto i compiti.” borbottò Harry.
“Mi spiace deluderti, amico mio, ma lei i compiti li ha finiti tutti una settimana dopo la fine della scuola.”
Lupin si rivolse a Bill “Ci sono novità da parte del folletti? Hanno deciso da che parte schierarsi?”
Il ragazzo annuì: “Saranno dalla nostra parte. Da quando il Ministero ha accettato quel tavolo di discussione per concedere loro maggiori diritti, hanno cambiato atteggiamento.”
“Scrimgeour ha fatto questo?” chiese Harry stupito.
“Beh, l’idea non è partita da lui personalmente, immagino gliel’abbia suggerito Kingsley Shacklebolt, ma ad ogni modo durante una riunione del consiglio, i maghi che erano più vicini a Silente hanno fatto capire che era il caso di avere più alleati possibili in vista di una possibile guerra, e visto che le richieste dei folletti non erano poi delle assurdità, sono state accolte.” spiegò Arthur Weasley.
“Erano più che legittime! E potrebbero ottenere molto di più di quel che chiedono.” esclamò Hermione infervorata come quando si parlava dei diritti degli elfi domestici.
Harry ricordava la conversazione avuta con il Ministro e l’impressione che gli aveva lasciato era quella di un opportunista, preoccupato solo di salvaguardare le apparenze. Il signor Weasley sembrò leggergli nel pensiero, perché disse “Scrimgeour non è nemmeno il mio modello ideale di ministro, Harry, ma è molto meglio di Caramell: è più posato, più ragionevole e se un consiglio gli sembra buono, lo ascolta, a prescindere da chi glielo suggerisce.”
“I giganti invece si schiereranno con Voi-sapete-chi, Hagrid ha provato a parlarci un’altra volta e… beh… ci ha ricavato solo un altro occhio pesto e un paio di costole rotte.” sospirò Charlie.
“Giganti! Oh misericordia! ” L’imponente e lugubre pendola in salotto batté la mezzanotte e la signora Weasley scattò in piedi: “E’ tardissimo! Ragazzi, subito a letto.” In breve riuscì ad ottenere quello che voleva, nonostante le proteste dei giovani maghi.
Sdraiato nel letto, Harry non riusciva a prendere sonno: folletti, alleanze, politica… gli sembravano discorsi inutili e superflui. Tutto si sarebbe risolto con l’uccisione di Voldemort, no? E quel compito ora spettava a lui, lui soltanto, visto che Silente se ne era andato.
Era solo.
Sospirò, sentendo tutto il peso di quel compito, ed anche i muri della vecchia dimora dei Black parvero respirare con lui. Nel dormiveglia si disse che probabilmente quel posto necessitava di una nuova disinfestazione, perché gli sembrava di sentire qualcosa muoversi dentro le pareti. O forse era solo la sua immaginazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. Amaro risveglio ***


CAPITOLO 6 – AMARO RISVEGLIO
 

“Allora, funziona?” chiese una familiare voce maschile, nel buio.
“Diamogli il tempo di agire.” rispose una voce femminile, meno nota, ma comunque conosciuta.
“Ma’, dici così ogni volta.”
Poi ci fu una assordante cacofonia di rumori metallici, sedie rovesciate, vetri infranti ed un’altra donna, giovane, che mormorava “Oh, sono davvero spiacente… Reparo!”
“Insomma, Tonks!” disse la voce femminile di prima, esasperata.
“Sì Tonks – incalzò la voce maschile – vedi di non distruggere l’ospedale, almeno finchè ci siamo noi dentro.”
Oleander socchiuse gli occhi, ma il mondo esterno era troppo luminoso e dovette richiuderli “Mmh…” biascicò. Aveva la bocca impastata e secca.
“Ehi, venite, si è svegliata, la pozione ha funzionato!” ululò George Weasley.
“G-George?” chiese Oleander spaesata, riaprendo gli occhi. Cosa stava succedendo? Perché Molly Weasley, i gemelli e Nimphadora Tonks erano lì? E soprattutto, dov’era ‘lì’? Facendo forza sulle braccia si mise a sedere, ma provava una forte spossatezza, come se fosse rimasta sdraiata molto a lungo.
“Signori, per favore, devo visitarla.” Un medimago si fece largo tra Molly e Tonks, che quel giorno aveva i capelli di un acceso blu elettrico lunghi fin quasi ai piedi, e appoggiò la bacchetta magica sulla testa della giovane, facendo uscire delle bolle azzurre che le rotearono intorno e scoppiarono con un leggero *pop*. “Ottimo, ottimo, quell’antidoto ha funzionato. Un paio di mestoli di soluzione corroborante e tornerà come nuova. Ora, se volete scusarmi, ho altri pazienti da visitare.”
“Però – Fred fischiò ammirato – il vecchio Lumacorno ce l’ha fatta.”
“Era anche ora, dopo dieci tentativi andati a vuoto. Mandiamo subito un gufo ad Harry per dirgli che ha funzionato.”
“Qualcuno vorrebbe per favore degnarsi di dirmi che accidenti sta succedendo?” sbottò Oleander irritata, cercando di capirci qualcosa in quel delirio.
“Sì, giusto… vediamo… da dove possiamo cominciare…?” balbettò Molly, titubante.
“Sai che giorno è oggi?” le chiese Tonks a bruciapelo.
“Non esattamente, ma non ho l’impressione di aver dormito a lungo… dovrebbe essere l’inizio di giugno.” rispose Oleander grattandosi la testa. Dunque si trovava al San Mungo. Ma perchè?
“No, siamo al 23 di agosto.” disse la giovane Auror.
“COSA?” la mano di Oleander ricadde pesante sul materasso. Non riusciva a credere di aver dormito per così tanto tempo.
“Ti è stata fatta bere una pozione simile al Distillato della Morte Vivente, per questo non hai cognizione del tempo che è passato. I normali antidoti non erano efficaci, ma Harry ha convinto il professor Horace Lumacorno a cercarne uno nuovo, c’è voluto del tempo, ma questo ha funzionato. Sei stata fortunata, senza antidoto quella variante del Distillato ti avrebbe tenuta addormentata almeno un paio d’anni.”
La maga era inebetita, aveva almeno un milione di domande che le frullavano in testa e non sapeva da dove cominciare.
“Se è per il negozio, non ti devi preoccupare – le disse Fred – io e George lo abbiamo sigillato con un incantesimo, nessuno è entrato a rubare.”
“E del tuo corvo, Petrolio, si sta occupando Hagrid. All’inizio rifiutava il cibo, ma lui è riuscito a convincerlo.” disse l’altro gemello.
“Ah, grazie. Ma come sono stata avvelenata?” mormorò.
Molly si sedette di fianco al letto “Dimmi, ti ricordi cosa stavi facendo prima di svegliarti qua?”
“Certo che sì: stavo aggiustando le bacchette di Finch–Fletchley e di Midgen, le avevano danneggiate durante una lezione di Difesa contro le arti oscure. S… i-il professor Piton è entrato in camera mia e mi ha offerto una tisana, poi c’era della gente fuori nel corridoio che faceva baccano e…”

Le parole le morirono in gola. Oh sì, ora ricordava chiaramente il torpore che si impadroniva di lei, ricordava il volto inespressivo di Severus e questa era la cosa che l’aveva stupita maggiormente, più del sonno che rapidamente vinceva la sua coscienza. Severus non era apparso preoccupato né sorpreso, come se sapesse esattamente cosa le stava accadendo. Ricordava di aver cercato i suoi occhi neri, ma in essi non aveva letto alcuna risposta. “Perché?” era riuscita a chiedere. Già, perché mai il suo compagno l’avrebbe drogata?
"Perchè?" mormorò di nuovo, meccanicamente. In un attimo la sua pelle si coprì di sudore freddo… che stava succedendo? Che diavolo stava succedendo?
La signora Weasley le prese una mano con fare materno “Il professor Piton ti ha messa fuori gioco per permettere ad un gruppo di Mangiamorte di fare irruzione nel castello: il tuo alloggio è il più vicino alla Stanza delle Necessità, da dove essi sono entrati, e probabilmente voleva evitare che tu dessi l’allarme.”
“No, no, è tutto un equivoco signora Weasley: il professor Piton è fedele a Silente, fa solo finta di stare dalla parte di Voldemort. Chiedete al preside per conferma.”
Molly e gli altri abbassarono la testa “Ecco, questo purtroppo è impossibile. Piton ha ucciso Albus Silente quella notte.”
“No.” Guardò i gemelli disperata, sperando che fosse tutto uno stupido scherzo di cattivo gusto, ma i due annuirono gravemente. “No.” ripetè piano. Non poteva essere vero, si rifiutava di crederci, era troppo assurdo, troppo sbagliato, troppo atroce e le conseguenze che derivavano da quella frase spietata erano troppo dolorose perché potesse accettarle.
Perché avrebbe significato che Severus era un traditore, che aveva ingannato Silente, aveva ingannato tutti loro, aveva ingannato lei e tradito il loro amore.
Fu come una bomba che in un istante cancellò tutto quello che c’era stato tra di loro. Ma a questo punto forse doveva dire ‘che credeva esserci stato.’ “No!” disse ancora, più forte, come a voler annullare ciò che aveva appena udito, mentre Molly le passava un braccio attorno alle spalle “Lo so, lo so, è terribile, tutti noi amavamo Silente.”
Ma non era per la morte del vecchio mago che ora Oleander sentiva la disperazione risalire dalle viscere e contrarle la gola fino ad impedirle di respirare. Il suo dolore era tutto per il tradimento di Severus ed anche per se stessa: lei credeva fermamente e ciecamente nel mago, ma lui non aveva esitato a mentirle e metterla da parte, per realizzare i piani di Voldemort. No, non era per Silente che ora stringeva convulsamente le lenzuola e si mordeva le labbra e questo la faceva sentire piccola e meschina.
Prima di dare uno spettacolo vergognoso, riuscì a mormorare “Vi prego, lasciatemi sola.”
“Va bene – disse piano George – ma torneremo domani.”
“Sì – proseguì il gemello – di noi non ti liberi tanto facilmente. Rivolgiamo la nostra vicina di negozio.”
“Le sue torte e le sue videocassette.” concluse George.
Ma questo tentativo dei ragazzi non le strappò nemmeno un’ombra di sorriso e quando Molly e gli altri ebbero abbandonato la stanza, si nascose sotto le coperte e finalmente scoppiò in lacrime.
 

“Poverina – la signora Weasley sospirò – doveva essere molto affezionata a Silente. E’ stato proprio un brutto risveglio.”
“Ehm, io ho una visita medica adesso, devo andare.” disse Tonks.
Gli occhi di Molly si illuminarono “Ma certo, il tuo primo esame per il bambino! Cara, senti, non è che potresti fare qualcosa per quei capelli?” con una smorfia eloquente le fece capire che il blu neon non era il colore più indicato per la visita ginecologica di una futura mamma.
“Oh, d’accordo.” L’Auror si strinse nelle spalle e cambiò i suoi capelli in un’acconciatura rasta color fucsia fluorescente, che era un pugno nell’occhio peggio della precedente. La signora Weasley la fissò quasi addolorata, preoccupata per le sorti del nascituro. “Remus non viene?”

“No, lui è in missione: ha contattato un gruppo di persone morse da lupi mannari, che non hanno la minima intenzione di dare il loro appoggio a Colui-che-non-può-essere-nominato.”
“Se lui non c’è, ti accompagno io alla visita. Però adesso Remus dovrebbe svolgere incarichi meno pericolosi – disse con tono di rimprovero – ed anche tu, Tonks.”
“Molly, sono solo incinta, non malata.” rise la giovane Auror.
La signora Weasley si accigliò ulteriormente “Due incoscienti, ecco cosa siete!”
“La stessa cosa che mi ripete sempre mia mamma. Allora tutti i genitori diventano così? Terribile!” Tonks fece finta di essere scossa da brividi.
“Mamma, noi ce ne andiamo. – disse Fred – Ricordati l’assemblea a Hogwarts settimana prossima.”
“Certo, come potrei mancare?”
I due gemelli si avviarono per le scale e giunti al primo piano sentirono una voce familiare che stava polemizzando con un’infermiera “Come sarebbe a dire che devo aspettare? Aspettare cosa, di morire dissanguato?” Era Percy: aveva una manica della camicia strappata e diversi graffi ed escoriazioni.
“La prego signore – cercava di spiegare con pazienza l’infermiera – ci sono state tre persone aggredite da una Manticora e tutti i medimaghi sono impegnati al momento.”
“Stia pur certa che il Ministero sarà informato di questa inefficienza.” minacciò il ragazzo.
“Oh davvero? Allora già che c’è, dica al Ministero di fornirci più personale.” La donna si allontanò brontolando.
“Vedo che ovunque vai, ti fai degli ammiratori, Perce.” disse George.
Il fratello li apostrofò con tono distaccato “Voi due cosa ci fate qui?”
“Siamo venuti a trovare un’amica: a differenza di te, noi ne abbiamo. Cosa ti sei fatto Percy?”
“Oh, questo? E’ un incidente di lavoro: il Ministero ha deciso di sgomberare tutti i negozi abbandonati in Diagon Alley: sono alla mercé di ladri e vagabondi, sono indecorosi e danno una pessima impressione della comunità magica; in quello di Florian Fortebraccio si era stabilita una colonia di Kneazle selvatici e quando siamo entrati, ci hanno aggrediti. Non oso immaginare cosa troveremo quando metteremo mano all’Emporio di Zonko. Purtroppo, quando si svolgono incarichi importanti, certi incidenti bisogna metterli in conto.” Il terzogenito dei Weasley assunse un’aria stoica e sofferente.
“Io non sapevo che il facchino fosse considerato un incarico importante. E tu, George?” ribattè Fred, per nulla impressionato.
“Assolutamente no, non si finisce mai di imparare.”
Percy arrossì violentemente “Sempre meglio che perdere tempo dietro a scherzi e buffonate come fate voi due, almeno io faccio qualcosa di utile per la comunità magica!” Detto questo, si girò per andare a tormentare un’altra infermiera per essere curato e dalla tasca gli cadde un libricino vecchio e sgualcito.
George lo raccolse incuriosito, ma fece solo in tempo a notare un elenco di date, nomi e luoghi, che il volumetto gli fu sottratto rabbiosamente dal fratello maggiore con un Accio “Questa adesso è proprietà del Ministero!”
“Sai George? – Fred si appoggiò col gomito alla spalla del gemello – Proprio quando pensi che la boria di Percy abbia raggiunto il limite, lui riesce sempre a sorprenderti.”
 

= = = = =

 Severus Piton appallottolò il foglio di pergamena e lo gettò tra le fiamme del camino. No, nemmeno così funzionava. Pazienza, avrebbe ricominciato da capo.
Un paio di giorni prima tre giovani Mangiamorte erano tornati da una missione ricoperti da strane pustole e Lord Voldermort lo aveva convocato per ordinargli di trovare rapidamente un antidoto. In quell'occasione Piton aveva notato che l'Oscuro Signore stava a sua volta lavorando ad una pozione: stava cercando di modificare gli effetti della pozione polisucco, probabilmente per far sì che durasse di più, a giudicare dagli ingredienti scelti.
"Allora Severus, pensi di riuscire a trovare un antidoto?"
Il mago bruno si era posato un dito sulle labbra sottili e dopo un attimo di riflessione aveva risposto cauto “Occorreranno alcuni tentativi, ma non dovrebbe essere un problema.”
“Eccellente! Sapevo di poter contare su di te. Tutti quegli anni ad occupare la cattedra di pozioni non sono stati del tutto inutili, no?”
“No, se posso mettere la mia esperienza a Vostra disposizione.”
Al solito Voldemort lo aveva congedato con un gesto della mano, deciso ma non brusco.
Su una cosa Albus aveva avuto ragione: ora il Signore Oscuro si fidava di lui, molto più che in passato e molto più degli altri Mangiamorte presenti in quel luogo; con buona pace di Bellatrix e Rodolphus, lo trattava quasi come un suo pari. Quasi. Ovviamente Voldemort non avrebbe mai considerato nessuno alla sua altezza, ma lui era ciò che si avvicinava di più alla figura di un braccio destro. Ringraziò Merlino di essere un abile occlumante.
Non aveva scoperto molto per ora: l’Oscuro Signore era stato molto astuto e cauto, assegnava a piccoli gruppi di Mangiamorte compiti diversi, senza informare gli uni di ciò che facevano gli altri; apparentemente erano incarichi slegati tra di loro, ma l’apparenza inganna.
Di sicuro Voldemort aveva in mente un piano ben preciso e molto articolato, tuttavia per il momento non riusciva a capire di cosa si trattasse: era come aver davanti i pezzi di un puzzle, senza sapere quale figura dover comporre. L’unica cosa che lo consolava un po’ era che Voldemort non sembrava intenzionato ad attuare il suo piano in tempi rapidi: c’erano state scorribande di Mangiamorte  e Dissennatori volte a seminare il panico tra i maghi, ma nessun attacco serio, importante, che lasciasse presagire l’inizio di una guerra vera e propria. Erano semplici scaramucce, per tenere alta la tensione e ricordare ai suoi avversari, casomai ce ne fosse bisogno, che nessun mezzosangue, natobabbano o simpatizzante dei babbani poteva dirsi al sicuro.
Non sapeva ancora chi fossero gli infiltrati al Ministero, ma in quella dimora aveva incontrato due persone del tutto inaspettate: Fortebraccio, che gestiva una gelateria in Diagon Alley e Zonko, che aveva quello stupido emporio di scherzi a Hogsmeade, al quale Gazza avrebbe volentieri dato fuoco, se non fosse stato un magonò.
E poi c'era la cosa che gli dava più da pensare: una zona di quella residenza che era interclusa a chiunque, sorvegliata a vista da Nagini, familiare e probabile horcrux di Voldemort. Solo Bellatrix o Voldemort vi entravano, almeno un paio di volte al giorno.
Ecco, questo era più o meno quanto era riuscito a scoprire in un paio di mesi.
Con un sospiro fece evanescere il contenuto dei cinque calderoni e predispose nuovi ingredienti.
Si portò distrattamente una mano sul collo, poco sotto il pomo d’Adamo, ad accarezzare un ciondolo che teneva celato sotto la consueta veste nera, l’unico ricordo di Oleander che si era permesso di portare con sé. Si trattava di una catenina semplicissima: ad un laccio in cuoio di yale [1] era fissata un’onice nera di forma esagonale. La donna gli aveva donato quel monile il giorno seguente alla sua nomina a professore di Difesa contro le arti oscure.

“L’idea che tu assuma quell’incarico mi dà i brividi. – disse – Tu e Silente potete dire quello che volete, ma io continuo a pensare che sia pericoloso, perciò accetta almeno questo.” Gli ficcò in mano il ciondolo, con i suoi soliti metodi spicci “L’onice è una pietra protettrice: se qualcuno avrà pensieri malvagi su di te, lei assorbirà la negatività. E poi è nera, quindi dovrebbe piacerti.”

Un urlo straziante rimbombò nei corridoi della casa e riuscì a penetrare anche attraverso il pesante portone di quel laboratorio: qualcuno stava venendo punito. Ordinaria amministrazione. Gli sembrava che fosse quel Florian Fortebraccio.
Sentì bussare alla porta. “Avanti.”
Era Draco. Piton non aveva molte occasioni di vedere il ragazzo, che spesso era affidato a Bellatrix o ad Avery: arduo stabilire chi dei due fosse peggio. “La disturbo, professore?”
Piton ebbe un raro sorriso, che però rimase nascosto dalla cortina dei suoi lunghi capelli unticci “No Draco. Ti rammento tuttavia che non sono più un tuo insegnante, puoi smetterla di chiamarmi così.”
“Scusi signore, è la forza dell’abitudine.” anche il ragazzo abbozzò un sorriso. Dopo che sua madre gli ebbe raccontato del Voto Infrangibile, il giovane Malfoy era tornato ad essere educato e rispettoso nei suoi confronti: in fondo il professore aveva messo a repentaglio la propria vita per lui. E quell’idiota di Potter aveva osato dargli del vigliacco. Avrebbe voluto averlo di fronte in quel momento, solo per fargli rimangiare tutto quanto a suon di calci. Si avvicinò ai calderoni ed osservò gli ingredienti “Tentacoli di Purvincoli, signore?”
“Eccellente, venti punti per Serpeverde. Ah… – si bloccò, realizzando ciò che aveva appena detto – come hai detto prima, forza dell’abitudine? Suppongo sia contagiosa.”
L’uomo che Voldemort stava cruciando urlò di nuovo e Malfoy fece una smorfia sofferente, come se fosse lui sotto tortura.
“Tutto bene, Draco?”
“Sì. No. – ammise – tutto questo non è… come me lo ero immaginato.”
“Parla a voce bassa – sibilò Piton, stizzito – in questo luogo non puoi mai sapere chi c’è in ascolto.” Si piegò su uno dei calderoni, mescolando gli ingredienti e chiese piano “Cosa ti eri immaginato esattamente, Draco? Potere? Gloria? Il rispetto che deriva dalla paura?”
Il ragazzo sgranò gli occhi e Piton proseguì, sempre con voce bassa e misurata “E’ innegabile che tutto questo abbia un suo fascino e sia attraente, a suo modo.” quasi a volerlo scusare.
"Anche lei, signore...?"
"Pensavo stessimo parlando di te, Draco." disse Piton in un sussurro. Tuttavia era inutile negarlo: anche lui in gioventù aveva subito il fascino del potere di Lord Voldemort e la malia del male e si era unito a lui con entusiasmo. Poi aveva iniziato a capire, a scorgere la verità, ma troppo tardi. E poi ci fu quella dannata notte, impressa a fuoco vivo in eterno nella sua coscienza, come le urla di Lily Evans.
Perciò ora si rispecchiava nelle iridi chiare del giovane Malfoy e rivedeva se stesso adolescente. Sperava solo che il ragazzo non dovesse pagare un prezzo altrettanto salato prima di aprire gli occhi.
In realtà, se Draco avesse accettato il marchio nero sulla propria pelle solo per essere più importante agli occhi dei suoi amici, per avere qualcosa da sfoggiare che incutesse timore negli altri, non sarebbe stato così comprensivo con lui. Ma la situazione era ben più complicata: con la cattura e l'imprigionamento di Lucius, il giovane Malfoy si era sentito in dovere di prendere il posto di suo padre, come se ciò potesse riabilitare l'intera famiglia agli occhi dell'Oscuro. Un peso troppo grande per un ragazzo che, lontano da Hogwarts, lontano dai suoi amici che gli guardavano sempre le spalle, privo ormai della protezione del nome Malfoy, appariva per ciò che era: un adolescente pauroso e spaventato, costretto a recitare un ruolo che non gli apparteneva in un dramma più grande di lui.
"Draco, Draco!" sua zia Bellatrix passò in corridoio, urlando a gran voce il suo nome, per sovrastare le grida del malcapitato che stava venendo torturato. Draco alzò gli occhi verso il suo ex-professore in cerca di parole di congedo, che l'uomo non pronunciò. Disse invece "Potresti mescolare questi cinque calderoni per me, mentre io annoto gli ingredienti?"
Un sorriso di sollievo attraversò il suo volto, ma dal corridoio Bellatrix continuava a chiamarlo. "Però..." disse piano Draco.
"Non ho capito, Draco - disse mollemente Piton, mentre intingeva la penna nel calamaio - con queste grida non riesco a sentire alcunchè, tanto meno tua zia Bellatrix."

= = = = =

Dopo essere stata dimessa dal San Mungo, Oleander aveva fatto ritorno in Diagon Alley, per riprendere in mano le redini della sua attività e della sua vita. Anche se si era imposta di piangere solo per un po', in realtà aveva pianto così tanto che a un certo punto non sarebbe più riuscita a smettere, perché non aveva mai amato nessuno quanto aveva amato Severus e faceva male, troppo male pensare a ciò che lui aveva fatto a lei, a tutti loro.
Quindi, per quanto fosse arduo, aveva concluso che se voleva andare avanti, doveva bandire l'argomento "Severus" dalla sua mente, non pensarci e fare di tutto perchè non riaffiorasse nei suoi pensieri e nel suo cuore.
Pertanto si teneva occupata in ogni modo possibile: si era buttata a capofitto nella sua attività, lavorava il doppio di prima sotto lo sguardo sbigottito dei gemelli Weasley, i quali giunsero alla conclusione che l'antidoto di Lumacorno avesse strani effetti collaterali; dopo essersi ristabilita completamente era tornata ad Hogwarts, dove Angela, la donna del ritratto [2], volle offrirle il suo sostegno morale, ma non appena la vide, scoppiò in lacrime, asciugandosi gli occhi in un maglione che stava sferruzzando ed alla fine le posizioni si invertirono, con Oleander che cercava in tutti i modi di consolare il ritratto piangente.
“L’ho detto anche ad Arthur. Non avrei mai pensato che Piton potesse… mia cara, oh mia cara, non sai quanto mi dispiaccia.”
"Sì, siamo davvero costernati, non abbiamo parole..." le fece eco il marito.
“Non dovete, è acqua passata. E' stata dura, ma adesso sto bene e sono pronta a ricominciare.” rispose la donna, chiudendo il suo cuore, impedendosi di pensare un’altra volta a lui, a loro due, a ciò che non sarebbe più stato.
Probabilmente mentiva a se stessa e nel profondo lo sapeva, ma decise ostinatamente di ignorare quella voce.
“Ne sei proprio certa, povera cara?”
“Assolutamente, Angela, perciò, ti prego, non parliamone più.”
Poi aveva parlato con Minerva McGranitt dell'incontro avuto con Silente pochi giorni prima della sua morte, riguardo al corso di Cristallogia e le disse che, se la scuola fosse rimasta aperta, le sarebbe piaciuto rispettare la volontà del mago. "Ma certo, Oleander - aveva risposto la preside - hai tutto il mio appoggio, anche perchè trovo che la tua sia una materia molto interessante. Dobbiamo fare di tutto perchè Hogwarts non chiuda: Tu-sai-chi ci ha già tolto troppo, non possiamo permettergli di fare anche questo."
La giovane maga ebbe un sorriso molto triste "No, certo che no."

 

 

 

 ========================

NOTE

[1] Lo yale è un animale fantastico che si ritrova spesso nei Bestiari medioevali. Ha il corpo di un cavallo, zampe di cinghiale e coda da elefante e possiede due corna mobili ed indipendenti tra loro.
[2] Nel VdP Oleander fa amicizia con questa coppia di ritratti, marito e moglie.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7. L'assemblea ***


CAPITOLO 7 – L’ASSEMBLEA

 La Sala Grande di Hogwarts era stipata fino all’inverosimile.
Al tavolo dei professori sedevano, oltre al corpo docenti al completo, il Ministro Scrimgeour accompagnato da vari inviati del Ministero, tra cui Caramell e Dolores Umbridge; in prima fila c’erano giornalisti e presidi delle Scuole di Magia di tutta Europa, giunti per osservare la situazione e prendere, se del caso, provvedimenti simili per i propri istituti. Erano presenti anche lo zio e il papà di Oleander da Schloss Berth e Michele Cardano dall'Istituto Mediolanensis [1] che stava parlando dell’assemblea con la ragazza, mentre il barone Raginmund era stato bloccato dal padre di Luna Lovegood, intento ad illustrargli i contenuti dell’ultimo numero del Cavillo.
“Persona ehm… originale, quel Xenophilius.” disse perplesso, tornando al suo posto con una copia del giornale, sulla cui copertina campeggiavano, al solito, notizie bislacche ed improbabili: maghi neozelandesi che sostenevano di essere stati su Urano per una conferenza con dei colleghi, una cospirazione ordita da Colui-che-non-può-essere-nominato per contaminare il Solvente Magico di Nonna Acetonella e una maga polacca che sosteneva di aver visto con i propri occhi tre Florimagus, maghi con la capacità di trasformarsi in vegetali ed esibiva come prova due rape e un sedano. “Pensa sul serio che Schloss Berth potrebbe abbonarsi a questo giornale… pittoresco?” Oleander si soffermò un attimo sulla copertina, con uno sguardo indecifrabile “Oh, almeno non è fazioso come la Gazzetta del Profeta e comunque i Lovegood sono molto più svegli di quel che appaiono. Cambiando argomento: la preside può contare sul vostro appoggio? Se le cose dovessero mettersi male, un vostro intervento a favore della riapertura della scuola sarebbe importante.”
I due presidi delle scuole di magia annuirono e il padre di Oleander aggiunse: “Chiudere una così antica e nobile scuola è semplicemente folle, fuori di qui i ragazzi sarebbero allo sbando. Il Ministero inglese deve essere impazzito.”
La donna si alzò, osservando il resto della sala, che offriva un notevole colpo d’occhio: in sala sedevano centinaia di persone, tra studenti, ex-allievi giovani e vecchi, bambini ancora piccoli, genitori; era presente persino una piccola delegazione di centauri. Anche tutti i fantasmi ed i ritratti del castello avevano voluto essere presenti per dire la loro e questi ultimi si spintonavano nelle cornici per avere una migliore visuale. La maga rivolse un cenno di saluto ad Angela, la quale, dopo un’accesa discussione con un gruppo di ninfe, si era seduta in primo piano sulle sponde di un laghetto.
Ci volle un bel po’ di tempo perché tutti prendessero posto: i genitori babbani degli studenti continuavano a guardarsi intorno meravigliati e con gli occhi sgranati, tornati un po’ bambini anch’essi, a un tempo in cui non era così difficile credere che la magia esistesse davvero; tempestavano i loro figli di domande, incuriositi da tutti gli oggetti insoliti e dagli esseri non-umani che vedevano. Era stato difficile organizzare il tutto ed avere i relativi permessi da parte del Ministero, ma ne era valsa la pena, assolutamente. Remus, Tonks, Moody e molti Auror presidiavano e controllavano le uscite.
Harry ed i suoi amici arrivarono un po’ in ritardo da Londra e trovarono posto in fondo alla sala: non appena lo vide, Hagrid lo stritolò in un abbraccio soffocante, dal quale il ragazzo riemerse rosso in viso, con il respiro mozzo e, forse, un paio di costole incrinate. Oleander si congedò dai suoi parenti e andò a raggiungere gli altri.
Quando tutti si furono seduti, Minerva McGranitt si puntò la bacchetta sulla trachea e iniziò a parlare: “Benvenuti alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Vi sono infinitamente grata per essere intervenuti, perché siamo chiamati a prendere una decisione molto importante riguardo a questa scuola, che è stata come una casa per molti di voi e dei vostri figli. Come sapete – la donna fece una piccola pausa sofferta – quest’estate il preside Albus Silente è stato assassinato in questa scuola da un gruppo di mangiamorte, che sono riusciti a violare le barriere magiche che la proteggono con la complicità di un nostro ex-allievo. A causa di questo il Ministro della magia, il qui presente Rufus Scrimgeour, ritiene di dover chiudere Hogwarts.
Ma io, in qualità di preside, sono a chiedere a voi cosa ne pensate, se ritenete sia giusta questa decisione o se preferite che Hogwarts rimanga aperta. E in quel caso, sarà cosi: lo statuto della scuola, al quale le leggi magiche danno piena autonomia, prevede che si possa prendere tale decisione: se il voto sarà unanime, la scuola non chiuderà. La scelta spetta a tutti noi: docenti, allievi e genitori; Hogwarts non sarebbe nulla se mancasse solo una di queste componenti. Ovviamente i docenti tutti vogliono che la scuola resti aperta.”
Un brusio confuso percorse la sala e Scrimgeour si affrettò a prendere la parola: “Grazie, Minerva. Tengo a precisare che quella di chiudere la scuola non è certo una mia iniziativa personale. E’ stata una decisione collegiale e, credetemi – si posò una mano sul cuore – è stata molto difficile.”
Harry voltò la testa dall’altra parte, amareggiato. Sì, come no, gli dispiaceva da morire.
“Tuttavia il Ministero ritiene sia questa la soluzione migliore, vista la gravità degli ultimi avvenimenti.” fece un cenno con la mano ai suoi colleghi, che annuirono gravemente, Umbridge compresa. Ginny si chiese sottovoce se a quella distanza avesse potuto centrarla con una caccabomba, strappando un sorriso a Ron, Harry e ai gemelli, che la applaudirono silenziosamente.
Qualcuno, tra il pubblico, si strinse nelle spalle, come a voler dire Beh, il Ministero ha ragione.
“Ad ogni modo, questa non sarebbe una soluzione definitiva. Sarebbe solo per quest’anno… forse per il prossimo… insomma, fino a quando non risolveremo il problema di Voi-sapete-chi. Ecco, su questo punto, vorrei farvi notare la celerità con cui si sta muovendo il Ministero in tal senso: non passa giorno senza che ci siano progressi o nuovi arresti. Stiamo vigilando sulla sicurezza di tutti e siamo certi…”
“Non siamo qui per parlare di questo – urlò un mago corpulento dal centro della sala – se volevo ascoltare un comizio politico, restavo a casa a leggere la Gazzetta del Profeta, visto che non parla d’altro.” Altri maghi, vicino a lui, annuirono.
“Io sono convinta che ad Hogwarts i nostri figli siano al sicuro – Molly Weasley si alzò in piedi baldanzosa – forse bisognerebbe soltanto fare più attenzione a chi viene ammesso.” e scoccò un’occhiataccia in direzione di un gruppo di maghi purosangue, quasi tutti genitori di ragazzi di Serpeverde.
“Questo cosa vorrebbe dire?” anche la madre di Daphne e Astoria Greengrass si alzò in piedi, ricambiando lo sguardo poco gentile della signora Weasley.
“Oh, lo sa benissimo cosa intendo: molti di voi sono apertamente dalla parte di Colui-che-non-può-essere-nominato, siete d’accordo con le sue idee sulla purezza del sangue dei maghi e sul disprezzo verso chi non è come voi, verso i babbani e i loro figli. Volete che la magia resti un affare privato solo per voi, un mezzo per incutere timore ai babbani. Scommetto che avete festeggiato per quel che è successo qui e se ci fosse scappato qualche altro morto non vi sarebbe dispiaciuto!”
“Non è affatto vero – ribattè l’altra maga, con sguardo fiero – personalmente sono rimasta sconvolta dal pericolo che hanno corso dei ragazzi innocenti e molti miei amici seduti al mio fianco la pensano nello stesso modo; se fossimo dalla parte dell’Oscuro Signore, ora ci saremmo già radunati al suo fianco.
Come dice lei, la magia è stata in effetti per secoli un ‘affare privato’ dei maghi purosangue e noi riteniamo che questa sia stata la salvezza della magia stessa: i fondatori di questa scuola per primi compresero l’importanza di celarla a chi non era in grado di utilizzarla e di insegnarla solo a chi possedeva il dono. Se la magia si fosse diffusa su tutta la Terra riuscite ad immaginare il caos che ne sarebbe derivato, le lotte per dominare questo potere? Il mondo non sarebbe sopravvissuto: noi purosangue abbiamo protetto questo fondamentale segreto e ne siamo fieri, non gradiamo che venga divulgato, ma non mi sembra che questo ci renda complici dell’Oscuro. Siamo e restiamo convinti che la purezza del sangue sia un valore da preservare, che la magia sia un dono troppo potente per i natibabbani. Potete chiamarci superbi, altezzosi, finanche razzisti per le nostre idee, ma non avete il diritto di additarci tutti indistintamente come criminali.”
Il discorso della donna ammutolì la platea. Fu di nuovo la professoressa McGranitt a riprendere la parola “Dunque, Lady Greengrass, se la sente di parlare ancora in nome dei suoi amici e dirci la vostra opinione sulla chiusura di Hogwarts?”
La donna si guardò intorno: quasi tutti annuirono. “Noi votiamo perché la scuola rimanga aperta, ne riconosciamo il valore e l'importanza per l'educazione dei nostri figli.”
Un mormorio di assenso si diffuse tra le sedie. Rufus Scrimgeour alzò una mano per richiamare l’attenzione: “Signori, signori, vi prego di non prendere decisioni affrettate. Tutti i nostri Auror sono impegnati in compiti di difesa e di pattugliamento del territorio e degli obiettivi sensibili, come l’ospedale ed il Ministero, non possiamo farci carico anche della sicurezza difesa di questa scuola e schierarne altri.”
Augusta Paciock, con tanto di avvoltoio impagliato sul cappello, prese la parola, apostrofando il Ministro senza tanti complimenti “Usa quella testa, Scrimgeour! Pensi che a casa i nostri figli sarebbero più al sicuro? Se mi si presentano dei Mangiamorte alla porta che faccio, li picchio con la borsetta?” il commento suscitò l’ilarità generale e zittì un basito Ministro.
Un genitore voleva aggiungere qualcosa, ma la sua voce non si sentiva, finchè il figlio non gli praticò un incantesimo Sonorus “Io – l’uomo si bloccò un istante, stupito del volume della sua voce – io e mia moglie siamo persone normali... babbani, come ci chiamate voi, non sappiamo nulla di magia, non siamo in grado di insegnarla a nostro figlio e in caso di pericolo non sapremmo proteggerlo. Lui è entrato in questa scuola solo l’anno scorso, ma ha già imparato tante cose strabilianti e sinceramente vorremmo che continuasse.”
Altri applausi e mormorii di approvazione si levavano da ogni dove. Hermione era raggiante di felicità: sentiva che la vittoria era vicina.
“Sì, sì, certo – disse Caramell, intervenendo in soccorso del collega – ma vorrei che teneste a mente anche la gravità di quanto successo qui quest’estate. Non so, forse si potrebbe pensare, più avanti, a delle lezioni tenute direttamente dal Ministero, sotto la supervisione di una persona di fiducia.” e indicò Dolores Umbridge.
Nella sala cadde un silenzio ostile e glaciale, centinaia di occhi torvi si erano posati sulla donna dalla faccia da rospo: raccontavano che non avevano dimenticato quell’anno da incubo quando lei era stata Preside ed Inquisitrice e che erano pronti a farle rivivere quell’esperienza, fuochi d’artificio impazziti e Palude Portatile inclusi nel pacchetto. La Umbridge cercò di sostenere quegli sguardi e di recuperare l’antica autorità perduta, ma l’ostilità era tale che fu scossa da un brivido ed anche Caramell dovette intuire qualcosa, perché si affrettò a proseguire “Insomma, signori, dovete capire che il Ministero non garantirà la sicurezza dei vostri figli qui ad Hogwarts e non si riterrà responsabile se si ripeteranno fatti incresciosi come quello di quest’estate.”
“Fatti incresciosi? – ruggì Fiorenzo – abbi un po’ di rispetto per la memoria di Albus Silente.”
Anche il padre di Colin e Dennis prese la parola “Io sono d’accordo con quel… ehm… ‘signore’. - non sapeva come altro definire il centauro - Questa scuola deve rimanere aperta anche in ricordo del preside Silente. Quando ricevemmo la lettera di Hogwarts per Colin, venne lui di persona a spiegarci che i nostri figli avevano poteri magici. – un sorriso divertito si dipinse sul volto dell’uomo – Non scorderò mai le prime parole che pronunciò: noi eravamo confusi e intimoriti, pensavamo di non essere all’altezza della situazione, ma il professor Silente esordì dicendo ‘Notizia dell’ultimo minuto: causa terremoto, lattaio svende grande partita di burro’.”
Tutti i maghi che avevano conosciuto Silente sorrisero malinconici: era una presentazione così tipicamente da lui!
Il signor Canon proseguì: “Sì, insomma, lui ci mise subito a nostro agio e con parole semplici ci spiegò tutto quanto, rispose alle nostre domande per ore, finchè non fu certo di aver fugato ogni nostro dubbio. In vita mia non ho mai conosciuto una persona così, mago o babbano: si vedeva che lui amava questa scuola e amava tutti i suoi allievi. La scuola deve restare aperta, glielo dobbiamo.”
Un applauso scrosciante rimbombò in Sala Grande: tutti erano in piedi a battere le mani al lattaio che, rosso e imbarazzato, abbracciava Dennis, orgoglioso come non mai, mentre Colin lo tempestava di foto.
“Se voi non ci potete difendere Hogwarts, Hogwarts si difende da sola, ecco.” tuonò Hagrid, che per farsi sentire non aveva bisogno di alcun incantesimo.
Il Ministero era all’angolo: seguì la votazione per alzata di mano e la maggioranza assoluta decise che la scuola sarebbe rimasta aperta. Scrimgeour rivolse uno sguardo eloquente ai colleghi e scosse il capo, mentre Minerva McGranitt disse semplicemente “Grazie.” e aveva gli occhi lucidi.
A quel punto anche Harry prese la parola “Credo che il signor Canon abbia espresso il pensiero di tutti noi. Ma c’è un’altra cosa che possiamo fare in nome di Silente: chiamare il male con il suo nome. Voldemort. – a quelle parole, i maghi in sala rabbrividirono di raccapriccio, alcuni si tapparono le orecchie con le mani – Voldemort. Lo dico e lo ripeterò all’infinito, lui aveva il coraggio di pronunciare quel nome ad alta voce e anche noi dobbiamo averlo, altrimenti la paura ci avrà vinti in partenza. Voldemort.” poi pose fine all’incantesimo Sonorus e mormorò piano “E io lo troverò e lo ucciderò.” Detto questo, abbandonò la Sala.

“Il coraggio non c’entra nulla, ragazzo mio. E’ solo che Tu-sai-chi è così vago! Ogni volta che lo sento mi viene voglia di rispondere ‘Tu-sai-chi chi?’ E poi un nome non ha mai mangiato nessuno.”
Per un attimo Harry sentì nella testa la voce di Silente parlare con il suo consueto tono leggero e divertito.

 

  

 

====================

NOTE

[1] = Luoghi di mia invenzione nel VdP: Schloss Berth è una scuola di magia della Germania, guidata da Raginmund e Peter, rispettivamente lo zio ed il papà di Oleander. L'istituto Mediolanensis è la scuola di magia di Milano.

 Arabesque: Grazie dei complimenti. Draco si rende conto di essere un pesce fuor d'acqua nel Covo di Voldemort, tra assassini senza scrupoli e una zia decisamente fuori di testa, e in diverse situazioni Piton cercherà di fare "da chioccia" per il ragazzo.
I ritratti compariranno ancora, anche se non spessissimo.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8. La lettera di Silente e l'ES ***


CAPITOLO 8 – LA LETTERA DI SILENTE E L’ES

In Sala Grande la McGranitt riprese la parola, per fissare l’inizio del nuovo anno scolastico e dare le ultime indicazioni, mentre gli amici più intimi di Harry lo seguivano: tutti gli battevano pacche sulle spalle e i due gemelli fingevano di impugnare penna e blocchetto e di intervistarlo, in una esilarante imitazione di Rita Skeeter.
Però Remus ed Oleander, che erano vicini al ragazzo dagli occhi verdi quando aveva parlato ed avevano captato la sua ultima frase, si scambiarono un’occhiata preoccupata.
“Harry – Lupin lo prese dolcemente da parte – ti ho sentito prima, cosa intendevi dire?”
Harry gli rivolse uno sguardo ostile “Che io vado a cercare Voldemort. Quest’anno non frequenterò la scuola.”
“Harry, oh Harry – Hermione sembrava sull’orlo delle lacrime, come quando aveva visto per la prima volta Grop nella Foresta Proibita – non puoi dire sul serio. Ti prego – lo supplicò a mani giunte – ti prego Harry, sii ragionevole.”
“No! – ribattè lui, stizzito – questa volta farò di testa mia, sono stufo di ascoltare gli altri.”
“Harry, vuoi dirmi quando mai hai dato retta agli altri?” chiese Hermione, beccandosi un’occhiataccia furente.
"Hermione non ha tutti i torti, Harry." fece Ron.
"Whoa, whoa, frena un po' quel manico di scopa, Harry - intervenne Tonks - il Ministero ci sta lavorando e..."
"Il Ministero? - la interruppe furioso il ragazzo - Non sono altro che un branco di incapaci impauriti! Li avete sentiti anche voi: la loro unica preoccupazione è tirarsi fuori da ogni responsabilità e tenersi buona l'opinione pubblica. Non caveranno un ragno da un buco e io non posso fare affidamento sul Ministero, nè su nessun altro."
"Ora sei ingiusto, Harry." protestò Lupin.
"Tu credi? Silente si è fidato di Piton e guarda che fine ha fatto! Tutti voi, anche tu - rivolse uno sguardo pieno di rancore a Lupin - vi fidavate di lui, nonostante io abbia continuato a mettervi in guardia. Perciò ora farò di testa mia! Dopotutto Voldemort è un problema mio, soltanto MIO! Sono io quello della profezia, non voi, perciò statene fuori e lasciatemi-in-pace."
Lasciando tutti di stucco e immobili come statue di sale, si allontanò a grandi passi, pronto ad andarsene.

"Ed esattamente dove vorresti andare?" chiese una vocina ironica nella sua testa che, la cosa non lo sorprese, ricordava quella di Silente.
"A cercare indizi." rispose il ragazzo, cocciuto.
"Bene, e dove?"
"Al diavolo!"
Harry picchiò un pugno contro la parete: si rendeva conto di agire impulsivamente, come uno sciocco, ma trovava sempre più difficile contenere la rabbia.
"Cosa diavolo gli è preso?" sbottò Ron, ancora incredulo per quella reazione.
"Non saprei... a casa di Sirius mi sembrava così tranquillo..." rispose Remus, passandosi una mano tra i capelli grigi.
Il pensiero di Oleander corse immediatamente al giorno in cui era morta sua mamma, alla rabbia che l'aveva pervasa, al furore con cui aveva scagliato ogni oggetto che le capitava a tiro contro Miss Roth, che voleva portarla a tutti costi alla cerimonia funebre, mentre lei desiderava solo essere lasciata in pace, rammentava l'odio verso i suoi parenti, incapaci di comprendere il suo dolore, la disperazione e la consapevolezza di essere sola. "E' normale." disse adagio, mentre il licantropo si voltava stupito verso di lei. "Silente significava molto per lui, ora che ha perso il suo sostegno, è divorato dalla rabbia; sono il rancore e la paura della solitudine a farlo parlare così."
"Harry non è solo, guarda." disse Tonks, con un tono molto più allegro di quel che le circostanze richiedessero. Poi Oleander seguì il suo dito e vide che tutti gli amici di Harry, scambiandosi semplicemente uno sguardo, si erano incamminati silenziosamente nella direzione del ragazzo sopravvissuto.
Harry aveva quasi raggiunto il portone d’ingresso, quando gli comparve davanti Dobby che lo guardava con i suoi enormi occhi scuri “Harry Potter, signore.”
“Ciao Dobby.” Cercò di oltrepassare l’elfo domestico che gli sbarrava il passaggio, ma questi si mosse per ostacolarlo. Il ragazzo sospirò “Scusami, ma vado piuttosto di fretta.”
“Ah, Dobby è molto spiacente di ciò che sta per fare, ma non può permettere ad Harry Potter di andarsene.” Con uno schiocco di dita fece levitare il ragazzo a mezz’aria, praticò su di lui un Mobilicorpus e poi iniziò a correre, per quanto gli permettevano le gambe magre.
“DOBBY! Mettimi giù immediatamente!”
“Dobby non può farlo, Harry Potter, signore. La preside mi ha detto di portare Harry Potter da lei, anche legato come un salame, se necessario.”
“Non credo che intendesse in senso letterale.” si lamentò il ragazzo, che iniziava a provare un po’ di nausea per il modo in cui l’elfo lo faceva sobbalzare; venne liberato comunque davanti all’ufficio della donna. La preside lo scrutava da dietro la scrivania che era appartenuta a Silente, con cipiglio severo. Appollaiata sul trespolo, una Fanny prossima al giorno del falò sonnecchiava.
“Siediti, Potter.” Non era una richiesta e il ragazzo obbedì senza fare storie. “Mi è stato riferito che non hai intenzione di frequentare l’ultimo anno di scuola. Posso chiederti per quale motivo?”
Il ragazzo dagli occhi verdi si strinse nelle spalle “Mi sembra ovvio: devo trovare ed affrontare Voldemort. Come può pretendere che continui a frequentare la scuola come se nulla fosse?”
“Divertente – disse Phineas Nigellus Black dall’alto del suo ritratto – hai mai pensato di darti alla carriera di comico?”
“Phineas! – Minerva lo interruppe con un gesto della mano – Potter, mi auguro che tu ci abbia riflettuto a lungo e seriamente. Perché, e correggimi se sbaglio, non te la sei cavata affatto bene nel duello contro Severus Piton, anzi, non sei riuscito nemmeno a sfiorarlo.”
Il ragazzo divenne paonazzo: l’analisi della professoressa di trasfigurazioni era spietata, ma impietosamente vera. Nessuno dei suoi incantesimi, nemmeno quelli non verbali, erano riusciti a sfiorare l’odiato avversario, che li aveva respinti con calma, quasi con noia. Per quanto facesse male ammetterlo, Piton lo aveva umiliato.
Minerva proseguì “Ora, non tutti i Mangiamorte sono abili quanto lui, ma alcuni sì, sono maghi esperti e, soprattutto, privi di scrupoli. E non devo certo ricordarti che Tu-sai-chi… Voldemort – si sforzò per riuscire a pronunciare quel nome dopo che Harry le rivolse uno sguardo carico di rimprovero – è infinitamente più potente. Alla luce di tutto questo, non pensi sia il caso di rivedere la tua decisione?”
“Ma… ma io…” faceva male essere ridimensionato così bruscamente, però la preside aveva ragione.
“Niente *ma*, ragazzo!” Malocchio Moody aveva ascoltato tutta la conversazione nascosto in un angolo e avanzò zoppicando verso di lui “Continua a fare di testa tua e ti ritroverai morto stecchito prima del tramonto. VIGILANZA COSTANTE! E niente gesti avventati, ecco quello che ci vuole. Ne hai di strada da fare prima di arrivare al livello di Piton.” Picchiò con forza il suo bastone per terra.
Harry lo guardò sospettoso, quasi temesse di trovarsi di nuovo non di fronte al vero Malocchio, ma a Bartemius Crouch Jr.
Moody emise una risata sarcastica che era più simile ad un raglio “Ti stupisce quel che dico? Ebbene, ragazzo, sappi che una delle regole d’oro degli Auror è riconoscere l’abilità di un avversario. Affrontarlo con arroganza e superficialità porta spesso a fare una brutta fine.”
“Non vogliamo impedirti di trovare gli horcrux, né interrompere il cammino che avevi intrapreso con Silente. Sì Harry, Albus mi ha lasciato una lettera in cui mi accenna la cosa... alla luce di quanto è successo la si potrebbe quasi definire un testamento. – proseguì la donna, con tono più dolce – Ma non vogliamo che tu commetta pazzie irrimediabili e lasciare Hogwarts per andare allo sbaraglio senza una meta è una di quelle.”
“Se vuoi arrivare alla nostra età, devi ascoltare chi c’è arrivato.” incalzò Moody.
Suo malgrado Harry si ritrovò ad annuire.
“Molto bene. Tieni, questa è per te.” La preside gli allungò una lettera chiusa in una busta, sulla quale c’era semplicemente scritto
Per Harry. Il ragazzo riconobbe immediatamente la calligrafia di Silente.
“Abbiamo provato ad aprirla in mille modi, ma non appena qualcuno solleva la linguetta, la busta prende fuoco, finisce in cenere e si riforma. Nemmeno io sono riuscito a leggere cosa c’è scritto. – l’occhio magico di Moody fece una capriola nell’orbita – Stessa cosa per la lettera lasciata a Minerva, solo lei è stata in grado di aprirla. Silente ne sapeva una più del diavolo.”
Harry aprì cautamente la busta, ma non accadde nulla, così dispiegò il foglio e iniziò a leggere:

Caro Harry,
non possiedo il Dono, come mi fa notare molto spesso Sibilla, ma so che quando leggerai questa lettera io non ci sarò più e tu sarai probabilmente molto arrabbiato.
Anzi, togliamo il probabilmente e usiamo il presente, per amore di chiarezza. Io sono morto e tu sei arrabbiato, perché pensi che ti abbia lasciato da solo a risolvere tutti i problemi. Le circostanze depongono tutte a mio sfavore, ma non è così. Non sei solo in questo viaggio che devi compiere, come hai avuto modo di verificare più volte nel corso degli anni e come, sono certo, avrai modi di constatare ancora.
A questo proposito riconosco di aver fatto un errore, quando ti dissi di non parlare a nessuno dei nostri incontri: il tuo cuore sa chi sono i tuoi amici e con chi puoi confidarti, abbi fiducia in loro. Io ero solo quando distrussi l'anello di Orfin e in questi mesi mi sono ritrovato a pensare che se in quel momento ci fosse stato un amico con me che mi avesse fatto ragionare, le cose sarebbero andate in modo diverso. Ma è andata così... c'è un proverbio babbano che adoro e che calza a pennello "Mai piangere sul latte versato." Anche perchè il latte salato ha un orribile saporaccio. Ricorda le nostre lezioni, le cose che abbiamo scoperto, dove siamo arrivati passo dopo passo. Sei sveglio a sufficienza per continuare lungo questo sentiero e giungere alla meta.
Non farti mai accecare dall’ira o non vedrai più dove stai andando. In quel caso potresti sbattere dolorosamente il naso contro un albero o un palo della luce. Piuttosto imbarazzante, non trovi?
Che altro dire? Mi era venuta in mente una battuta su un Troll ed uno gnomo, ma non la ricordo bene, sarà l’età, perciò a questo punto non credo di avere altro da aggiungere.
E invece sì: bruscolini, sasso, calzini di lana.

Albus Silente

Harry ripiegò con cura la lettera: e così ora era tutto nelle sue mani.
La nuova preside sospirò: “In quella che ha lasciato a me, Albus dà la sua autorizzazione perché a te e a chi vorrà accompagnarti, siano concessi dei permessi speciali, per poter proseguire nell’individuazione degli horcrux. Penso di non poter fare altro che acconsentire. Quanto a te, Potter, hai preso una decisione?”
“Resto.” disse semplicemente Harry, ricondotto alla ragione. “Però voglio partecipare a tutte le decisioni dell’Ordine, non voglio che mi si metta in disparte o mi si tenga all'oscuro: basta segreti.”
“D’accordo.” La donna si alzò e prese il Cappello Parlante, posandolo davanti al ragazzo. “Prova a mettere una mano dentro.”
Stupito, Harry eseguì. All’inizio non successe nulla, poi sentì qualcosa di freddo e duro scivolargli sul palmo e involontariamente contrasse la mano, estraendo la spada di Grifondoro. Si voltò verso la McGranitt con uno sguardo interrogativo. “Silente la lascia a te, scrive che potrebbe tornarti utile ed il cielo sa quanto potrebbe aver ragione. Ovviamente capirai bene che non puoi girare armato di spada per Hogwarts, dovrai nasconderla.”
“E come?”
“Con un incantesimo, lo stesso che tiene nascosta la spada all'interno del Cappello parlante. La formula per nasconderla è Celo vim. Quella per farla apparire è Aperio vim.”
Harry provò la prima formula: la spada sembrò liquefarsi e poi scomparve del tutto, ma quando gridò “Aperio vim!” non tenne conto della lunghezza della lama, che sibilò pericolosamente vicina a Malocchio, il quale dovette ringraziare i suoi consumati riflessi di Auror se riuscì a scansarsi in tempo. “Fa attenzione, ragazzo! Vuoi cavarmi l’occhio buono?” strepitò l’uomo.
“Mi-mi perdoni!” balbettò Harry, bianco come un cencio e si affrettò a far sparire di nuovo l’arma.
"Un'ultima cosa, Potter."
"Di che si tratta?"
"Silente si raccomanda che tu prosegua gli studi di Occlumanzia ed è inutile che stia a spiegarti il perchè. Ti insegnerà il nuovo professore di Difesa contro le arti oscure."
"Oh, è già stato trovato? Chi è?"
"Io. -  disse Moody. - E speriamo che le cose vadano meglio dell’altra volta. Preparati ragazzo, ti farò sudare sangue con quelle lezioni di Occlumanzia." concluse l'Auror, picchiando con forza il bastone per terra.
Harry si congedò dai due maghi; mentre scendeva le scale di pietra dell’ufficio pensò che doveva andare a cercare i suoi amici, per chiedere loro scusa: si era comportato in modo assurdo ed infantile e ora non sapeva nemmeno spiegarsene il perchè. Non dovette fare molta strada, in quanto i suoi due migliori amici più una ventina di altri ragazzi lo aspettavano ai piedi del gargoyle. Il ragazzo sopravvissuto li fissò stupito, riconosceva quasi tutti i membri dell’ES, oltre ad altri ragazzi che avevano lasciato la scuola: Katie, Alicia, Angelina, persino Oliver, oltre agli immancabili gemelli Weasley. Neville Paciock si fece largo tra di loro e si piantò di fronte ad Harry “Non puoi farlo – gli disse all’improvviso, arrabbiato – non puoi considerare Tu-sai-chi una tua faccenda privata, perché non è così. Non sei l’unico al quale ha fatto del male e non hai il diritto di escluderci.”
Harry si rispecchiò negli occhi del suo coetaneo, che sembrava infuriato e sull’orlo delle lacrime allo stesso tempo. Neville Paciock, colui che avrebbe potuto essere il ragazzo sopravvissuto, i cui genitori erano stati torturati sino alla follia. Neville Paciock, coraggioso, autentico Grifondoro.
“Non sei l’unico al quale lui ha portato via qualcuno di importante.” gli fece eco Susan Bones, con voce triste. Già, Amelia Bones, che durante la sua udienza al quinto anno, era stata una dei pochi ad appoggiarlo. E poi c’era Hannah Abbott, la cui mamma era stata uccisa l’anno prima.
“Ma è pericoloso, ve ne rendete conto? Io non posso chiedervi di aiutarmi!” provò a ribattere Harry.
Oliver Baston si strinse nelle spalle “Anche se non lo fai, noi abbiamo già deciso da che parte stare e cosa fare: i nostri genitori, durante la prima guerra, avevano poco più della nostra età, ma non esitarono a schierarsi contro Tu-sai-chi, noi non saremo da meno.”
“Ti staremo attaccati come sanguisughe.” disse George allegro.
“Ovvio fratello, vicino ad Harry avremo un sacco di pubblicità gratuita.” gli fece eco Fred.
Ron si limitò a guardarlo di sottecchi come a chiedergli “Allora è tutto a posto, no?” ed Hermione disse: “Lo spirito che ci aveva portati a formare l’ES non è morto e noi  non abbiamo alcuna intenzione di restare a guardare.”
Il ragazzo dagli occhi verdi abbassò lo sguardo verso le sue scarpe, fissandole con ostentazione, mentre mille sentimenti gli si agitavano nel petto: stupore nel vedere che, nonostante li avesse appena trattati come pezze da piedi, i suoi amici non avevano fatto una piega; riconoscenza, perché quel fardello sulle spalle era davvero troppo grande per portarlo da solo; paura, perché voleva a tutti un gran bene e non poteva fare a meno di temere per la loro vita.
Però non era solo.

Abbi fiducia in loro.


Adesso capiva bene il significato della lettera di Silente.
“Non so proprio cosa dire…” borbottò.
“Meglio così, ultimamente quando apri bocca fai solo danni.” scherzò Fred, provocando le irrefrenabili risa di Luna.
“Harry, non avrai pensato davvero che ti lasciassimo da solo ad affrontare Colui-che… oh, al diavolo, V-V-Voldemort!” esclamò Ron con voce strozzata. Poi, resosi conto di aver pronunciato per la prima volta il nome innominabile, un largo sorriso illuminò il suo volto cosparso di lentiggini. “Miseriaccia, Harry hai visto? Ce l’ho fatta!”
“Sei grande, Ron!” gli rispose il suo amico.
Neville si avvicinò timidamente ad Harry “Scusami se ho alzato la voce.”
Il ragazzo dagli occhi verdi gli diede una pacca sulla spalla: “Sono io a dovermi scusare e ti autorizzo ad alzare la voce ogni volta che mi comporterò da stupido.”

I ragazzi si diedero quindi appuntamento per l'inizio delle lezioni e lungo le scale il terzetto di amici incrociò una Serpeverde del loro stesso anno, Tracey Davis: capelli castano scuro lunghi fino alla vita e occhi nocciola. Sarebbe stata anche carina, se non fosse stato per una bocca piccola e perennemente imbronciata, che le conferiva un’espressione ostile.
Con enorme sorpresa di Harry e Ron, Hermione la salutò molto cordialmente e poi le disse grazie. Tracey ricambiò con un breve cenno del capo, senza dire una parola né rallentare.
“Perché la ringrazi?” chiese Ron con orrore.
“Mi ha aiutato a cercare statuti e ordinanze scolastiche per tutta l’estate: ha dato una grossa mano per organizzare questa assemblea a dire il vero.”
“Non posso crederci, è una Serpeverde.” incalzò il rosso.
“Ah, ma allora non hai ascoltato nulla prima. – sbuffò Hermione – Hai sentito cosa ha detto Lady Greengrass? Solo il fatto di essere a Serpeverde non fa di lei una cattiva persona.”
“Questo te lo posso anche concedere, ma non vedo come possa averti aiutata: voglio dire, se è al livello della Parkinson o di Montague…” Ron sgranò gli occhi, incredulo.
“Niente affatto, non assomiglia per niente a quegli scemi: Tracey Davis è una ragazza molto intelligente, ha preso i miei stessi G.U.F.O. e l’anno scorso ha fatto un paio di compiti di Artimanzia migliori dei miei. Io penso di essere migliore in Antiche Rune, perché lei non è portatissima per le traduzioni, ma di certo è migliore di me in Difesa. Devo ammetterlo: è una mia degna rivale. Possibile che in sette anni tu non l'abbia mai notato?”
Harry e Ron restarono indietro di qualche passo, scambiandosi un’occhiata allucinata: pensare ad un clone di Hermione, per di più Serpeverde, metteva paura.
 

 
 

=================================
RINGRAZIAMENTI

 
Grazie a owly che ha messo la storia tra le seguite: lieta che ti piaccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9. Lezioni ed indagini ***


CAPITOLO 9 – LEZIONI ED INDAGINI

Il servizio di protezione organizzato dalla Scuola di Magia tranquillizzò i genitori: molti ex-studenti di Hogwarts si erano offerti per pattugliare a turno il castello. A sorpresa giunsero anche ragazzi di Durmstrang ed anche Viktor Krum, informato da Hermione della situazione: i due erano rimasti in contatto, anche se ormai erano solo buoni amici epistolari. “Io dofefa tornare – disse il ragazzo ad Harry nel suo marcato accento nordico – qvello che è successo è troppo crafe.”
Anche gli Auror, fuori dall’orario di servizio, decisero di dare una mano, mentre Tonks fu mandata ad Hogwarts in pianta stabile; per via della maternità e dell’insistenza di sua mamma Andromeda, l’Auror era stata inizialmente assegnata al Ministero della Magia per un lavoro d’ufficio, ma dopo che ebbe rovesciato un imprecisato numero di boccette d’inchiostro su libri e pergamene e smarrito un altrettanto imprecisato numero di documenti, avevano tutti concluso che quel lavoro no, proprio non faceva per lei ed era quindi stata trasferita presso la Scuola di Magia.
Gli incantesimi difensivi vennero potenziati: oltre ai consueti incantesimi anti-smaterilizzazione e anti-intrusione, nei sotterranei del castello una grande colonna venne ricoperta di incantesimi protettivi, rune ed antichi simboli magici: emanava tanto di quel potere magico che faceva rizzare i peli delle braccia ed i capelli a chiunque si avvicinasse. Avrebbe bloccato qualunque intenzione ostile, tenendo lontani i seguaci dell'Oscuro Signore dai confini del castello.
E così l’anno scolastico potè iniziare regolarmente. Tuttavia, nonostante l’esito positivo dell’assemblea, c’erano dei maghi che non si fidavano a mandare i loro figli a scuola, oppure li avevano ritirati col chiaro intento di dimostrare da che parte si erano schierati.

La Casa di Serpeverde, senza molta sorpresa, fu quella che subì più perdite, con quasi la metà degli alunni ritirati. Tiger e Goyle, senza il loro capo Malfoy, apparivano impacciati e smarriti e non avevano più nulla della loro originaria baldanza. Alzavano la voce con i bambini del primo anno, ma non appena il prefetto o il caposcuola di un’altra Casa interveniva, si facevano piccoli piccoli. Pansy Parkinson davanti ai professori era tutto zucchero e miele, però alle loro spalle si divertiva a spaventare i figli dei babbani, dicendo che presto avrebbero fatto tutti la fine di Silente. Theodore Nott e Blaise Zabini erano un caso a parte: si mostravano indifferenti a tutto ciò che li circondava e agli eventuali pettegolezzi e maldicenze sul loro conto. Nott aveva tagliato i ponti con Malfoy molto prima che scoppiasse la tempesta e non avendo mai fatto parte attivamente della sua banda, non ne soffriva la mancanza. Ai due importava solo finire l’anno scolastico, conseguire i M.A.G.O. e nient’altro.
Anche studenti di altre Case non si videro più: le gemelle Patil erano state riportate in India, perchè il padre era convinto che bastasse allontanarsi dal luogo ove si trovava Voldemort per considerare al sicuro la sua famiglia e così fecero anche i genitori di Lavanda Brown. Seamus Finnigan e Dean Thomas riuscirono a restare solo dopo innumerevoli preghiere.
Ci fu un grosso scandalo quando si scoprì che la madre di Marietta Edgecombe, impiegata del Ministero, si era incontrata al Piede di Porco con un presunto Mangiamorte. A nulla servirono le suppliche della donna, che giurava di essere stata sottoposta ad Imperio: venne rinchiusa ad Azkaban come spia e Marietta fu trasferita da una lontana parente in America. Sembrava che non avesse affatto frequentato quella scuola per sette anni, il suo nome era diventato taboo quanto quello di Malfoy. L’unica della sua Casa che cercava di avere contatti con lei era Luna: la ragazza era infatti interessata a scoprire se in America c’erano tracce dei Ricciocorni Schiantosi e si stupiva che Marietta non avesse ancora risposto ad una sola delle sue missive.
Un po’ a sorpresa la Casa con meno studenti mancanti era quella di Tassorosso: anzi, alcuni allievi che se ne erano andati l’anno prima erano tornati e tutti dovettero riconoscere che le doti di lealtà e costanza dei ragazzi di quella Casa non erano un’invenzione.
Minerva McGranitt, per via di tutti gli impegni che il ruolo di preside portava con sé, abbandonò la cattedra di Trasfigurazioni. Al suo posto fu chiamato un professore che aveva frequentato Hogwarts da studente una quarantina d’anni prima, Henry Changing.
Tutti gli altri professori confermarono la loro presenza, a partire da Sibilla Cooman, che aveva intensificato in modo esponenziale le sue fosche previsioni di sciagure, sventura e morte. Durante la prima lezione Harry bisbigliò a Ron che quell’anno gli andava decisamente meglio del solito, visto che le previsioni di morte riguardavano indistintamente tutti coloro che frequentavano la fumosa Torre di Divinazione e non lui solo: come si diceva, mal comune, mezzo gaudio. Il suo amico sghignazzò nascosto dietro la sfera di cristallo per tutto il resto della lezione.
Persino Horace Lumacorno decise di restare, quale insegnante di pozioni e Direttore di Serpeverde; diceva di farlo in nome ed in memoria del suo migliore amico Albus Silente, ma forse, si disse Harry, l’uomo provava dei sensi di colpa per aver parlato a Riddle degli horcrux, tempo addietro. Il figlio di Lily non primeggiava più nella sua materia, ma d’altronde il solo pensiero di ricorrere al libro di Piton per migliorare i suoi voti gli faceva venire la nausea. Ron parve leggergli nel pensiero, perché il primo giorno di lezione gli bisbigliò “Preferirei avvelenare tutta la classe per una pozione sbagliata, piuttosto che usare di nuovo quel libro.” con Hermione dietro di loro che brontolava, ribadendo che quel libro non andava usato fin dall’inizio: quante volte lei l’aveva detto?
Sì, decisamente il libro di pozioni del principe mezzosangue sarebbe rimasto a vita nella Stanza delle Cose nascoste ed ogni volta che Harry ci pensava, si stupiva per la sua ingenuità… un genio in pozioni fin da ragazzo, quegli incantesimi: chi altri avrebbe potuto essere, se non Piton?
La lezione che più di tutte teneva gli studenti in apprensione era Cura delle creature magiche, perché Hagrid, contando sul fatto che ormai erano maghi maggiorenni fatti e finiti, aveva inserito nel suo programma solo creature che il Ministero classificava come XXXX, da studiare nella Foresta Proibita, con il risultato che spesso i ragazzi tornavano dalle sue lezioni coperti di fango, con i vestiti bruciacchiati e strappati e diverse ferite.
Il vero Alastor Moody si rivelò paranoico e perfezionista oltre ogni previsione, vedeva complotti di maghi oscuri annidati ovunque e non si stancava mai di gridare ai ragazzi “VIGILANZA COSTANTE!” Tuttavia, i racconti di come aveva catturato e mandato ad Azkaban frotte di mangiamorte erano molto appassionanti: i ragazzi proseguivano con l’apprendimento degli incantesimi non verbali e delle migliori tecniche di difesa dagli anatemi. Anche alla fine delle lezioni di Moody capitava spesso che i ragazzi restassero lesi da fatture urticanti o pungenti e Madama Chips, isterica per il superlavoro, minacciò di licenziarsi se i due professori non si fossero dati una calmata.
Il corso di Oleander era frequentato da pochi studenti, perciò la donna aveva riunito i ragazzi di tutte e quattro le Case. La maga non aveva l’attitudine e il comportamento di una professoressa, vestiva sempre con abiti da lavoro e le sue lezioni assomigliavano di più ad un laboratorio che a un normale corso di studi di magia, ma d’altronde lei, nello spirito, si sentiva un’artigiana più che un'insegnante.

Hermione, elettrizzata dall’idea di poter studiare una nuova materia, si iscrisse subito e trascinò anche Harry e Ron. L’aula era piccola, ma esposta a sud e molto luminosa, inoltre la maga l’aveva riempite di teche con rocce e cristalli di ogni tipo che, quando venivano colpiti dalla luce del sole, creavano bellissimi giochi di luce. Ad Harry piaceva molto, perché il suo corso veniva subito dopo Divinazione ed era un piacere poter scordare in fretta l’atmosfera rossastra e fumosa della Torre.
“Questo corso di Cristallogia e talismani magici – spiegò la maga la prima lezione – avrà sia una parte teorica di studio dei cristalli e delle pietre dure, sia una parte pratica di creazione di oggetti e talismani. Per esperienza personale so che i ragazzi trovano lo studio dei cristalli molto noioso e che quando ci sono da maneggiare attrezzi le ragazze inorridiscono. Benvenuti alla prima materia che scontenta chiunque!”
La classe scoppiò in una risata.
“Se avanzerà tempo, verso la fine dell’anno vi spiegherò anche come riparare un oggetto magico danneggiato. Qualcuno ha idea del perchè non basti un semplice Reparo?”
Tracey Davis fu la prima a rispondere “Un artigiano magico attiva gli incantesimi man mano che procede nella creazione dell'oggetto, quindi non è sufficiente riparare fisicamente ciò che si è rotto, ma occorre anche simultaneamente restaurare l'incantesimo in esso contenuto."
"Assolutamente esatto, venti punti a Serpeverde. In questo corso per prima cosa vi insegnerò a purificare le pietre ed i cristalli prima di un loro eventuale utilizzo. Chi sa dirmi perché è necessaria questa operazione?”
La mano di Hermione scattò verso l’alto, decisa a non farsi battere dalla rivale: “I cristalli sono entità prive di morale e di discernimento, quindi assorbono le energie esterne e sono da esse influenzati. Pertanto, per utilizzarli, è necessario purificarli da ogni influenza precedente.” disse tutta d’un fiato.
“Sì, esatto. Venti punti anche a Grifondoro.” Hermione aveva probabilmente già letto tutto il libro di testo. “Ora – proseguì Oleander – dato che in questo periodo, come mi ha fatto notare un po’ di tempo fa un mio amico – e sorrise ad Harry – le energie negative sono particolarmente virulente, è necessario purificare le pietre con più vigore, perciò oggi faremo diversi esperimenti, per capire come è meglio procedere.”
In breve, tra sale, terriccio, acqua e olii essenziali, la classe si trasformò in un allegro caos, ma Oleander non ci badò affatto: anzi, un’atmosfera positiva avrebbe aiutato la purificazione delle pietre. E, per somma gioia di quasi tutti i ragazzi, alla fine della lezione non assegnò nemmeno dei compiti. “Ho fatto proprio bene ad iscrivermi a questo corso!” disse Ron trionfante.
Ma la cosa che Harry aspettava con maggiore ansia era la ripresa degli allenamenti di Quidditch. La mattina del primo allenamento arrivò al campo alle cinque: iniziava appena ad albeggiare, una bruma leggera e sottile ricopriva i prati attorno al castello e gli unici rumori che si udivano erano quelli dei merli mattinieri.
Nel momento in cui Harry salì sulla sua Firebolt e staccò i piedi dal suolo, svuotò la mente, liberandosi da pensieri ed affanni: c’erano solo lui e la sua scopa. Fece un giro attorno allo stadio e poi puntò verso l’alto, su, sempre più su, fino a toccare le nuvole bianche, nelle quali si immerse, sfiorato dalle minute gocce gelide di umidità, risalì al di sopra di esse, per bearsi della vista del sole che sorgeva e tingeva d'oro quel soffice mare di nubi. Edvige gli passò accanto, reduce da una battuta di caccia e si fermò un po’ con lui, intrecciando la sua traiettoria con quella del suo padrone, prima di far ritorno in guferia. Poi il ragazzo eseguì una violenta picchiata verso il lago, così repentina che sentì la bocca dello stomaco contrarsi. Scendendo a velocità folle si lasciò andare ad un urlo liberatorio, sfogando tutto ciò che aveva ancora represso nell’animo. Richiamò il manico della scopa con entrambe le mani pochi metri sopra il pelo dell’acqua e compì una brusca sterzata, mentre lo spostamento d’aria produceva cerchi concentrici sulla superficie scura del lago. Quando tornò a riva aveva quasi il fiatone.
“Ehi, Harry.” Ron arrivò e gli lanciò la pluffa.
“Cosa ci fai qui? L’allenamento inizia tra un’ora.”
“Potrei farti la stessa domanda. Su, dammi una mano con i rigori, che sono un po’ arrugginito.”
Infine, come promesso dalla professoressa McGranitt, ad Harry fu permesso di lasciare il castello per partecipare alle riunioni dell’Ordine a casa di Sirius. Per il momento, però, non c’erano grandi novità: c’erano stati sporadici attacchi di mangiamorte, sia a maghi che a babbani (uno dei quali aveva causato uno spaventoso incidente automobilistico sull'autostrada, con un centinaio di vetture coinvolte), ma nessuno nei luoghi presidiati dagli Auror, quasi Voldemort volesse per il momento evitare lo scontro diretto, limitandosi a mantenere alta la tensione nel mondo della magia e ricordare a tutti che lui c’era e poteva colpire ovunque ed in qualunque momento.
Gli Auror avevano provato quindi a cambiare strategie e su suggerimento di Kingsley Shacklebolt alcuni di loro avevano in gran segreto provato a sorvegliare altri obiettivi, meno eclatanti, ma nulla, in qualche modo i maghi oscuri anticipavano sempre le loro mosse. 

= = = = =

Piton riavvolse il lungo filo color carne e lo infilò in una tasca del mantello. Gli seccava ammetterlo, ma i gemelli Weasley ogni tanto avevano delle idee geniali. Si avviò, silenzioso come un’ombra, lungo il corridoio poco illuminato, fino alla porta di Zonko, che non si era nemmeno preoccupato di sigillarla con un incantesimo. Era una fortuna che la maggior parte dei collaboratori di Lord Voldemort fosse dotata di più muscoli che cervello.
“Lumos.” la punta della sua bacchetta riversò una luce azzurra sulla stanza: doveva capire a cosa stesse lavorando Zonko. Sulla scrivania erano appoggiati diversi quaderni, pieni di annotazioni riguardo agli spostamenti di moltissime persone, in maggioranza studenti attuali di Hogwarts ma, notò Piton, anche ex-studenti: ad esempio una decina di pagine erano dedicate ai movimenti delle ultime tre settimane di Remus Lupin. Ma com’era possibile tenere sotto controllo così tante persone contemporaneamente? Alzò lo sguardo e trovò la risposta, appese alle pareti c’erano diverse mappe: di Hogwarts, di Hogsmeade, di Londra e di molti altri luoghi dell’isola, sulle quali si muovevano piccoli cartigli riportanti dei nomi. Ecco come.
Era una magia simile a quella della mappa del malandrino, ma quella poteva mostrare solo le persone ed il luogo dove la mappa stessa si trovava in quel momento. Questa, invece, era una magia molto più potente, su larga scala: infatti teneva sotto controllo la posizione di diverse centinaia di maghi in tutta l’Inghilterra. Doveva essere una specie di Incanto Proteus al contrario, praticato sulle persone a loro insaputa, persone che erano tutte entrate in contatto con Zonko: il suo negozio di scherzi era popolarissimo e costituiva un’ottima copertura, dovette ammettere l’ex-professore di pozioni. E di certo anche la gelateria di Florian Fortebraccio serviva allo stesso scopo: Piton aveva infatti saputo da McNair che il motivo per cui il mago era stato cruciato ed in seguito ucciso, era perché aveva dimenticato appunti preziosi nel suo negozio. Poco dopo il libricino era stato intercettato da uno degli amici del Ministero e fatto recapitare lì.
Tuttavia serviva un oggetto, anche piccolissimo, per l’Incanto Proteus e la gente non porta sempre le stesse cose con sé, a meno che… d’improvviso fu colpito da un’illuminazione e con rapidi colpi di bacchetta, si mise a scorrere tutti i fogli sparpagliati in quella stanza, avendo cura di rimetterli esattamente nella posizione originaria e non gli ci volle molto tempo prima di capire.
Quando, attraverso l'orecchio oblungo sentì che qualcuno stava venendo verso di lui, spense la punta della bacchetta, aprì cautamente la porta e scivolò nel buio, oltre l’angolo del corridoio, un attimo prima che Zonko tornasse al suo lavoro. 

= = = = =

Un pomeriggio, dopo le lezioni, Hermione e Ginny stavano tornando nella Torre di Grifondoro. La sorella di Ron aveva appena respinto Dean Thomas: il ragazzo, vedendo che non stava più con Harry, aveva cercato di riconquistarla, ma lei era stata irremovibile. “Spero che lui e i suoi amici non si vendichino su Harry, ha già abbastanza preoccupazioni senza dover pensare anche a questo.”
“No, non credo che Dean sia così infantile. Beh… non fino a questo punto. – disse Hermione, in risposta allo sguardo scettico di Ginny – Ma a te sta bene davvero così? Guarda che il consiglio che ti avevo dato quella volta è ancora valido.”
“Quale, quello di vivere la mia vita? E’ quello che sto facendo: Harry non vuole stare con me per proteggermi da Voldemort, so quanto gli costi e per questo lo sento più vicino ora di quando stavamo insieme. Da quando ci siamo baciati per me esiste solo lui, anche se ora posso solo guardarlo da lontano, però voglio che senta che io ci sono.” disse convinta la ragazza dai capelli rossi ed Hermione pensò che la sua amica era molto maturata.
“Tu piuttosto – Ginny la guardò maliziosa – cosa mi dici di quello scemo di mio fratello?”
Hermione arrossì vistosamente, ma non ebbe il tempo di elaborare una risposta, perché dall’angolo del corridoio sbucò una strana creatura pelosa, una specie di lunga  parrucca nera deambulante, che alla ragazza ricordò il Cugino Itt di quel telefilm che piaceva tanto a sua mamma. La creatura sibilò un rabbioso “Fatemi passare!” e marciò svelta verso l’infermeria.
“Pansy Parkinson?” chiese Ginny incredula.
“La voce mi sembrava la sua.” confermò l’altra.
“Chiunque sia stato a farle questo merita un monumento.”
Le ragazze guardarono in fondo al corridoio, dove stava una studentessa ansante e ancora con la bacchetta in mano ed una vistosa bruciatura sull’uniforme scolastica. Quando le vide, scappò via velocemente verso i sotterranei.
“Quella non era Astoria Greengrass?” chiese Ginny.
“Risposta esatta! – canterellò Pix, cercando di colpire le due amiche con dei gavettoni – Le due picchiatelle si sono picchiate per bene.”
“Pix, smettila subito o chiamo il Barone Sanguinario.” ordinò Hermione.
Il poltergeist lanciò l’ultima carica di gavettoni alle due e poi scomparve.
“Dovrò fare rapporto alla preside: i duelli tra studenti sono proibiti.” disse Hermione, asciugandosi velocemente con un incantesimo.
“Lascia perdere: negherebbero tutte e due di aver litigato, altrimenti la loro Casa perderebbe punti. Noi non le abbiamo viste di persona e la parola di Pix conta ben poco.”
“Secondo te perché stavano bisticciando?”
“Tra le due c’è parecchia ruggine, sai? Non gli serve un motivo specifico per litigare.” disse Ginny.
“Eh? Spiegati meglio.”
“Astoria è innamorata di Malfoy fin da quando è entrata ad Hogwarts e l’anno scorso si era fatta avanti, dato che lui e Pansy Parkison erano in rotta. Malfoy la trascurava e Parkinson faceva la svenevole con Harper, però sai com’è fatta quella: appena ha subodorato che Astoria era interessata al suo ex, le ha fatto una piazzata coi fiocchi in sala comune, come se Malfoy fosse una cosa di sua proprietà.”
Hermione strabuzzò gli occhi “E tu come fai ad essere così informata su questo?”
“Oh – Ginny si strinse nelle spalle – Mirtilla Malcontenta sa vita, morte e miracoli di tutti i ragazzi. Inoltre l’anno scorso aveva stranamente legato con Malfoy, quando lui si rifugiava nel suo bagno.”

Assieme alle lezione ed ai compiti di scuola, Harry, Ron ed Hermione si concentrarono anche sulla ricerca degli horcrux.
“Lasciamo perdere il serpente, dato che sarà sicuramente al suo fianco, è inutile pensarci per ora. Concentriamoci sugli altri tre.” disse Harry.
Ron annuì “Giusto. Dobbiamo capire chi è R.A.B., se ha lui il vero medaglione e scoprire dove V-V-Voldemort – pronunciare quel nome gli creava ancora notevoli problemi – ha nascosto gli altri due horcrux.”
“Non è detto che si trovino ancora dove Voldemort li ha lasciati.” fece notare Hermione, mentre sfogliava una copia di “Storia della magia volume VI – epoca contemporanea.” Ogni tanto annotava qualcosa.
“Cioè?”
“Riflettiamo: sappiamo che Voldemort ha creato gli horcrux nel corso di diversi anni, nascosto gli oggetti che li contengono in posti differenti, affidandoli a persone diverse: ad esempio il diario di Tom Riddle era dai Malfoy.”
“Certo – disse Harry – Malfoy è uno dei suoi tirapiedi più fidati… tu credi che anche gli altri horcrux siano stati affidati a dei mangiamorte?”
“E' probabile.” Hermione aprì un altro libro, ‘Cronache della caduta di Colui-che-non-deve-essere-nominato’ e iniziò a sfogliarlo freneticamente “E cosa accadde a molti dei suoi seguaci, dopo la sua caduta?”
Ron si dondolò sulla sedia “Finirono ad Azkaban o si nascosero. Papà racconta sempre che alcuni, vistisi scoperti, fuggirono su due piedi nel cuore della notte, abbandonando tutto alle loro spalle… aspetta, ci sono: tu pensi che in quel frangente qualcuno avrebbe potuto spostare gli oggetti che contengono gli horcrux? Sei grande, Hermione!”
La ragazza arrossì e gli sorrise: era bello quando Ron la capiva al volo. Quell’anno tra di loro, senza Lavanda tra i piedi e altri impicci, c’era una atmosfera complice e rilassata.
Nel frattempo Harry era assorto: certo, l’ipotesi della ragazza era plausibile.
“E’ la pista migliore che abbiamo – proseguì la grifondoro – pertanto dobbiamo cercare di individuare chi può essere venuto a contatto con gli horcrux.” ed indicò ai suoi amici la pila di libri alla spalle della sua sedia.
“Ancora libri?” chiese Ron.
Hermione inspirò a fondo, pronta a rimproverarlo per la sua mancanza di spirito di collaborazione, ma il rosso la stupì, afferrando un volume “Oh, d’accordo. Uno in più non mi ucciderà.”
“Bene, vedo che in sette anni sono riuscita ad insegnarti qualcosa.” disse la ragazza riccia, soddisfatta.
Harry si concentrò nella lettura. In momenti come quelli si sentiva un po’ solo: anche lui si era accorto che dal funerale di Silente il legame tra Ron ed Hermione si era rafforzato, i due andavano molto d’accordo e non litigavano più come l’anno prima, il ragazzo era convinto che mancasse poco ad una dichiarazione ufficiale, anche se ogni volta che ne parlava con Ron, il suo amico assumeva una tinta color pomodoro e iniziava a balbettare come se avesse bevuto la Pozione Tartagliante. Harry sospettava che alla fine, sarebbe stata Hermione a dover fare il primo passo.
Poco lontano da loro delle ragazze del terzo anno parlavano eccitate della gita ad Hogsmeade ed Harry sospirò involontariamente: sarebbe stato bello andare loro quattro ai Tre Manici di Scopa a bere una burrobirra calda. Sì: Hermione con Ron e lui con Ginny. Senza pensieri, senza ossessioni di attentati, maghi oscuri e horcrux. La ragazza al centro dei suoi pensieri sedeva di fronte al fuoco, accarezzando distrattamente la sua puffola pigmea. Si bloccò, avvertendo lo sguardo del suo ex su di sé, si voltò verso di lui e gli sorrise.
Un giorno l’avrebbero fatto di sicuro.
"Dimmi Harry - Hermione richiamò la sua attenzione - come stanno andando le lezioni di Occlumanzia con il professor Moody?"
"Abbastanza bene, faccio progressi."
La ragazza gli scoccò un'occhiata scettica "Va bene come due anni fa o va bene sul serio?"
"E' la verità - ribattè Harry, un po' risentito - le lezioni sono dure, Moody è terribile, ma almeno mi dice dove sbaglio, mi aiuta e quindi sto migliorando."
"Credo dipenda anche dal fatto che non hai preconcetti contro di lui, sei più ben disposto e accetti le sue critiche."
"Hermione, il tempo ha dimostrato che avevo ragione ad avere preconcetti su Piton. Avevo ragione da vendere." le rispose l'amico in tono lugubre.
 

 
 

===========================

RINGRAZIAMENTI

(e scuse) Ehm... ho notato solo oggi di essere tra gli autori preferiti di cori71 ed edina, magari anche da tanto. Scusate, non è una sezione che controllo spesso, ma ne approfitto senz'altro per ringraziarvi ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10. R.A.B. ***


CAPITOLO 10 – R.A.B.

Una sera Hermione era intenta a correggere i compiti di Storia della Magia dei suoi due amici, visto che questi stavano finendo il tema per Incantesimi, dopo aver inventato di sana pianta, come sempre, quello di Divinazione. “Io non so davvero come fate a ridurvi *sempre* all’ultimo minuto.” sospirò la ragazza riccia, che invece aveva già finito i suoi compiti da un paio di giorni.
“Ecco, finito anche questo!” esclamò Ron e mise da parte la sua pergamena, afferrando una copia della Gazzetta del Profeta: “Mmh? Ehi, Harry, hai visto qua?”
“No, oggi non ho proprio avuto tempo di leggere il giornale. Qualcosa di interessante?”
Ron lesse ad alta voce “Ermellina Edgecombe, ex-dipendente del Ministero, evasa da Azkaban assieme a Mundungus Fletcher, è stata ritrovata in stato confusionale stamane sulle rive del Tamigi da alcuni babbani intenti a praticare uno dei loro dei loro bizzarri sport, lo jojoing.”
“Jogging.” lo corresse Hermione.
“La donna è stata immediatamente condotta al Ministero e interrogata. L’esito dell’interrogatorio è segreto.”
“Non per il papà di Luna. – Hermione gettò a Ron una copia del Cavillo – Sostiene che la Edgecombe non ricordi più nulla perchè le è stato praticato un potente Oblivion, praticamente è nelle stesse condizioni di Allock.”
“E da quando stai a sentire il Cavillo, Hermione?” sghignazzò il rosso.
“Oh! E’ solo che dopo il quinto anno mi sono dimenticata di disdire l’abbonamento. – borbottò la ragazza – E poi a Luna fa così piacere che qualcuno lo legga.”
L’articolo del giornale del signor Lovegood era il solito ammasso di stramberie: si sosteneva, tra l’altro, che Ermellina Edgecombe avesse fatto parte in gioventù di una società segreta di Corvonero, che avevano il compito di proteggere e mantenere segreta l’ubicazione della dimora di Priscilla Corvonero, ove erano custoditi i suoi tesori, gioielli di valore inestimabile. Si sosteneva, inoltre, che era stato il Ministero stesso ad inscenare una finta evasione, affinché Fletcher, spia personale di Scrimgeour, pedinasse la donna per ritrovare quel luogo, ma che il complotto fosse fallito e che alla Edgecombe fosse stata obliviata la memoria per insabbiare il tutto. Quasi più fantasiosa dell’ipotesi di Sirius incompresa rockstar.
“Ma quale complotto! – ridacchiò Harry – Da uno come Fletcher non ci si può aspettare altro: avrà visto che era diventata un peso per la fuga e l’ha scaricata.”
Poco dopo i ragazzi si recarono nei rispettivi dormitori. Harry stava per prendere sonno quando d’improvviso un peso gli schiacciò le gambe e si ritrovò a fissare due grossi occhi scuri e umidi di lacrime. “D-Dobby?” biascicò, cercando a tentoni gli occhiali.
“Harry Potter, signore! Dobby è qui per chiedere di punirlo.” e gli mostrò una mazza da Quidditch.
“Io non ti picchierò con quella mazza!” esclamò il ragazzo inorridito, ora del tutto sveglio.
“Allora Dobby si punirà da solo.” e si sarebbe tirato davvero una forte mazzata sulla testa, se Harry non avesse afferrato l’oggetto. Per non disturbare i suoi compagni di camerata, usò un incantesimo Muffliato. “Calmati, mi vuoi dire che ti prende?”
L’elfo domestico scoppiò in lacrime “Harry Potter è stato buono con Dobby. Harry Potter ha liberato Dobby. E Dobby non riesce nemmeno ad eseguire un semplice compito che Harry Potter gli ha dato. Stupido, stupido, stupido Dobby!” Senza mazza l'elfo domestico non trovò di meglio che iniziare a battere vigorosamente la fronte contro la testata del letto. Il ragazzo si avvinghiò alla creatura trascinandola via “Di cosa stai parlando, Dobby?”
“Di Kreacher! Harry Potter aveva chiesto a Dobby di tenerlo d’occhio sempre, ma ultimamente Winky si ubriaca sempre più spesso… gli altri elfi si lamentano e Dobby deve controllare anche lei… Ecco, Harry Potter, signore, a volte Kreacher scompare per ore intere e poi non vuole dirmi dov’è stato.”
Kreacher! Ricordava il suo comportamento durante il quinto anno e non si era mai tolto dalla testa che fosse anche colpa sua se Sirius si era recato al Ministero, dove aveva trovato la morte. Eppure l’anno prima lo aveva ereditato, gli aveva ordinato di andare ad Hogwarts e così era accaduto. Un elfo domestico non aveva la possibilità di disobbedire al proprio padrone, ma ciò che aveva appena raccontato Dobby gli lasciò addosso una certa inquietudine. “Grazie di avermelo detto, Dobby. Avvisami, se lo vedi comportarsi in modo strano o se sparisce di nuovo.”
“Ah, Harry Potter è troppo buono.” L’elfo fece per andarsene di nuovo con la mazza tra le mani.
“No, Dobby, non voglio che ti punisci.”
E diligentemente l’elfo depose il corpo contundente.
Harry meditò a lungo sulle sue parole: possibile che Kreacher stesse architettando qualcosa a sua insaputa? Non ne era certo, ma questa volta non avrebbe commesso l’imprudenza di passare sopra alla cosa. Meditò se parlarne a Ron o Hermione. Al suo amico poteva dirlo senza problemi, ma di sicuro Hermione si sarebbe infervorata, accusandolo di non comprendere un povero, vecchio elfo domestico che non c’era tutto con la testa. No, Hermione era decisamente da scartare in questo caso.
Il giorno seguente era una domenica e, una volta spiegato a Ron cos’era successo, i due si misero a seguire l’elfo domestico, nascosti sotto il mantello dell’invisibilità. Non accadde nulla per mezza giornata, Kreacher si limitava a vagare per i sotterranei, borbottando tra sé sulla grandezza della famiglia Black, ma quando tutti gli altri elfi erano intenti a cucinare il pranzo degli studenti, sgattaiolò nella dispensa, afferrò del cibo e lo mise dentro un grande sacco, che trascinò su per una scala di servizio. All’altezza di un pianerottolo, toccò un paio di pietre della parete, che si aprì, rivelando un passaggio segreto. I due ragazzi aspettarono che l’elfo fosse abbastanza lontano, poi usarono di nuovo il meccanismo per far spostare la porzione di muro. “Da non crederci!” esclamò Ron, sbigottito.
“E’ uno dei passaggi che portano all’esterno della scuola. Fred e George erano certi che questo fosse controllato da Gazza.”
“Dov’è Gazza, ora?”
Controllarono la mappa del malandrino: il custode si trovava tre piani sopra di loro. “Perfetto, andiamo!” Oltre il varco c’era un corridoio, ma non ebbero fatto che pochi passi quando furono investiti da un rumore assordante, simile al muggito di una mandria di mucche inferocite, tanto che i due dovettero tapparsi le orecchie con le mani. “Che succede?” chiese Ron.
“Non lo so, ma credo che i tuoi fratelli intendessero questo per sorveglianza.” Harry alzò lo sguardo e vide alcuni campanacci da mucca appesi al soffitto, che vibravano producendo quel terribile fracasso. Il ragazzo provò a zittirli con un Silencio, ma ottenne solo di farli muggire più forte. C’era quasi da impazzire. “Andiamocene, prima che qualcuno ci scopra!” I due si voltarono per uscire, ma si trovarono di fronte un trionfante Gazza: per lo spavento i ragazzi quasi si scordarono di essere protetti dal mantello dell’invisibilità.
“Ti ho beccato, chiunque tu sia volevi uscire da scuola senza permesso. Bene, bene, questo è un crimine da espulsione.” A causa del frastuono, però, le parole erano solo intuibili sulle sue labbra. Il custode avanzava reggendo davanti a sé una torcia, strizzando gli occhi per individuare qualcuno.
“GAZZA! GAZZA! CHE SUCCEDE!” era arrivata anche Oleander, che, per evitare di restare rintronata, praticò su se stessa un incantesimo tappaorecchie.
“CI SONO DEGLI INTRUSI: L’ALLARME HA INIZIATO A SUONARE.” le gridò il custode di rimando.
“QUESTO LO SENTO ANCH’IO, IL PROBLEMA E’ CHE NON VEDO NESSUNO. CREDO CHE L’ALLARME SIA GUASTO.” si sgolò la maga.
“COSA?”
“L’ALLARME!”
“EH?”
“AL-LAR-ME GUA-STO… OH, PER TUTTI I GARGOYLE.” La donna puntò la bacchetta contro i campanacci, ruotando una volta il polso in senso antiorario e pronunciò la formula magica


“Poiché pericoli qui non ci sono,
che cessi all’istante questo frastuono.”

Dalla bacchetta scaturirono dei cerchi dorati, che silenziarono l’allarme. “Uff… finalmente! Perché non ha usato un semplice Incanto Gnaulante per proteggere il passaggio? – chiese, ignorando che il custode era un magonò – Questi aggeggi hanno l’aria di essere scadenti, scommetto che sono cinesi. Vabbè, ci darò un’occhiata più tardi. Ero venuta a cercarla perché Pix ha di nuovo rinchiuso Mrs.Purr dentro ad un vaso e se provo a prenderla io, mi graffia.”
“PIX!” ruggì il custode, partendo di gran carriera, seguito da Harry e Ron che fecero ritorno alla Sala comune di Grifondoro.
Hermione, come aveva previsto Harry, fu molto contrariata per il loro gesto e si lanciò in una filippica esagerata sul diritto alla privacy degli elfi domestici e su come ci sarebbe rimasto male il povero Kreacher se avesse scoperto che Harry non si fidava di lui.
Una settimana più tardi, mentre il ragazzo stava tornando nella torre di Grifondoro dagli allenamenti di Quidditch, intravide nuovamente Kreacher sparire dietro l’angolo con una sacca. Senza pensarci due volte indossò il mantello dell’invisibilità che teneva nella borsa e lo seguì. L’elfo utilizzò un diverso passaggio segreto per uscire da Hogwarts: Harry sapeva dalla mappa del malandrino che Gazza controllava anche questo, ma stavolta usò l’incantesimo di Oleander per zittire gli infernali campanacci. Il passaggio sbucava poco fuori Hogsmeade: l’elfo, sempre borbottando tra sé, si diresse sul retro di Mondo Mago e scese dei ripidi scalini che conducevano ad una cantina. Qui si mise al centro di un grande camino, gettò della Polvere Volante e disse “Grimmauld Place numero dodici.”
Harry rimase di stucco: perché andava alla sede dell’Ordine? Se Sirius fosse stato ancora vivo, avrebbe detto che andava a piangere davanti al ritratto di sua madre e probabilmente era così. Forse aveva ragione Hermione e l’elfo non faceva nulla di male: tuttavia il fatto che avesse violato il suo ordine di non muoversi da Hogwarts lo insospettiva e decise di seguirlo. Atterrò nel camino in salotto, seguì le tracce di cenere lasciate dall’elfo ed in un gesto automatico si sfilò il mantello. Fu una pessima idea, perché la madre di Black, non appena lo scorse da dietro le tende, iniziò a ricoprirlo di ingiurie. Kreacher spuntò in cima alle scale e lo fissò con orrore. “Cosa fa qua il giovane padrone? Il giovane padrone ha seguito Kreacher, il giovane padrone non si fida di Kreacher, cattivo padrone.”
“Piuttosto tu cosa ci fai qui? Sbaglio o ti avevo detto di non lasciare Hogwarts?”
“Il giovane padrone trascura la dimora dei Black. La dimora è in rovina. Oh, cosa direbbe la signora, cosa direbbe mai la signora?” il vecchio elfo prese a singhiozzare.
Beh, se il motivo era solo quello, forse poteva anche lasciarlo andare lì, ogni tanto. Poi Harry udì un rumore in una delle stanze al piano di sopra. “Cos’è stato?”
“Niente, Kreacher non ha sentito niente. Il giovane padrone ora deve tornare a scuola.”
“Non dirmi quello che devo fare e soprattutto non mentirmi!” il ragazzo iniziò a salire le scale, ma si fermò quando un'ombra comparve dietro all'elfo: un uomo dai capelli neri e dagli occhi penetranti. “Non prendertela con Kreacher, lui sta solo eseguendo i miei ordini.”

“SIRIUS!”
Per un folle istante Harry pensò davvero di trovarsi davanti al suo padrino, ma osservando meglio l’uomo, si accorse che era un po’ diverso da Sirius, eppure quel volto gli era familiare. “Regulus!” esclamò, ricordandosi dell’arazzo di famiglia.
“Regulus Arcturus Black, per la precisione.”
Un'altra intuizione colpì il ragazzo: Regulus…
Arcturus… Black… “R.A.B.! Tu sei R.A.B., quello del medaglione.”
“E tu sei un ragazzo piuttosto sveglio, Harry Potter. Sei stato abile a seguire Kreacher, di solito è molto prudente. Degno figlio di tuo padre.” disse, con la voce un po’ affannata ed uno strano sorriso obliquo.
“Ma tu dovresti essere morto! Sirius mi disse che Voldemort ti uccise.”
Regulus squadrò a lungo Harry con i suoi occhi di ghiaccio “E’ incredibile la disinvoltura con cui pronunci quel nome.”
Non capendo più niente e sentendosi in pericolo, Harry sfoderò la bacchetta, ma con uno schiocco di dita, Kreacher lo disarmò “Tu non alzerai un dito contro il padrone!”
“Non sottovalutare la magia elfica, Harry, è potente.” disse Regulus, poi si fermò, tossendo forte.
Quell’uomo non aveva proprio l’aria di stare bene, pensò il ragazzo: era magrissimo, peggio del fratello appena evaso da Azkaban, aveva il volto incavato, stava in piedi appoggiandosi alla balaustra delle scale ed espirando emetteva un sibilo sinistro. “L’hai notato, vero? Non mi resta più molto tempo ormai. Cosa vuoi fare, Harry, sederti a bere una tazza di tè con me o raccogliere la bacchetta ed uccidermi? Sappi che in questo caso accorceresti solo le mie sofferenze.”
Harry gli piantò in viso i suoi occhi verdi “Mi sederò con te, ma non berrò nulla: figuriamoci se mi fido di un Mangiamorte.”
“Bravo ragazzo, la prudenza innanzitutto. Il vecchio Alastor non si stanca mai di ripeterlo, vero? Non fare quella faccia stupita: Kreacher mi tiene al corrente di molte cose, è i miei occhi e le mie orecchie ad Hogwarts.”
Il ragazzo si rese conto di una cosa spaventosa “Aspetta... tu sei il fratello di Sirius, quindi io non ho mai ereditato veramente la casa, né Kreacher!”
“No, non è del tutto esatto: poiché tutti mi credevano morto, Sirius ha effettivamente ereditato questa dimora dai miei genitori e poi l’ha passata a te. Ma poiché abbandonò giovanissimo la nostra famiglia, una cosa non seppe mai: i miei genitori mi regalarono Kreacher, lui non era più al servizio dei Black, ma al mio personale servizio: è lui che non hai mai ereditato. E’ stato sempre lui a tenermi nascosto qui, ha ferito l’ippogrifo di Sirius, una volta che stava per scoprirmi, e mi ha rivelato la parola d’ordine dell’Incanto Fidelius. Un elfo domestico è praticamente invisibile agli occhi di tutti.”
“Kreacher è stato onorato, oh quale onore per un umile elfo domestico servire un così nobile padrone.” cantilenò la creatura.
Poiché Regulus non sembrava in grado di scendere le scale, Harry lo seguì nella sua stanza: si sentiva abbastanza sicuro. Aveva perso la bacchetta, sì, ma aveva ancora la spada di Grifondoro da poter sfoderare, all’occorrenza. Poi, qualcosa gli diceva che Regulus non aveva cattive intenzioni e, malridotto com’era, difficilmente avrebbe potuto fargli del male, anche volendo.
La camera era ben camuffata dietro ad un orrendo dipinto di streghe intente ad un sabba ed era sfuggita a tutti i precedenti controlli. “Sei sempre stato qui?”
“Sì.”
“Quindi sai tutto di noi, dell’Ordine.” Era terribile: e pensare che lì si erano sempre sentiti al sicuro e avevano parlato apertamente dei loro piani.
L’uomo si strinse nelle spalle “Per quel che me ne importa…”
“Come hai fatto a sfuggire a Voldemort?”
Regulus bevve piano un sorso di tè. “Perché, come ti ha raccontato Sirius, quando l'Oscuro Signore decise che meritavo di morire, non si degnò di occuparsi di me di persona, lo fece fare ad un giovane mago come rito d’iniziazione, un pivellino appena uscito da Hogwarts, talmente imbranato e spaventato che la sua mano tremava come una foglia: fui appena sfiorato dal suo Avada Kedavra, ma decisi di inscenare la mia morte e mi nascosi, con l’intenzione di vendicarmi. Però non ne ebbi l'occasione, perchè ci pensasti tu da neonato.” E l’uomo guardò la cicatrice a forma di saetta sulla fronte del ragazzo.
“Perché Voldemort decise di ucciderti?”
“Semplice: una volta scoperto cos’era in realtà, mi ribellai e rifiutai di seguirlo. Solo che lui, come puoi immaginare, non accettò di buon grado le mie dimissioni da Mangiamorte.”
Harry inclinò la testa da un lato “Cosa vuol dire che avevi scoperto chi era?”
Regulus si sporse verso di lui “Il grande Lord Voldemort, colui che vuole essere chiamato con l'appellativo di Signore, non era nemmeno un mago purosangue, suo padre era un babbano! Ed un discendente della gloriosa famiglia Black non può accettare di prendere ordini da un mezzosangue.” concluse con disprezzo.
Quelle parole fecero molto arrabbiare Harry, ma poi il ragazzo ricordò l’intestazione dell’arazzo di famiglia: La Nobile e Antichissima Casata dei Black, ‘Toujours pur’.
Regulus era cresciuto da sempre in quell’ambiente, dove la purezza del sangue era considerata un grandissimo valore e, a differenza di Sirius, credeva in esso.
Harry non condivideva affatto il suo pensiero, per lui la purezza del sangue contava meno di zero nel giudizio di una persona, tuttavia poteva arrivare a comprendere ciò che spinse Regulus ad allontanarsi da Voldemort. Un nobile e fiero Black al servizio di un mezzosangue, per quanto potente? Non sia mai.
“Solo che Voldemort non morì. – proseguì Regulus – Tornò ed allora io mi rimisi all’opera per attuare la mia vendetta, finalmente. Per anni ho lavorato nel silenzio, in piena libertà: dopotutto nessuno va a cercare un morto. Ho fatto le mie indagini e, anche grazie a Kreacher che era la mia spia ad Hogwarts, ho scoperto degli horcrux e ne ho addirittura trovato uno, poco prima di te e Silente.” Si fermò, colto da una tosse improvvisa e profonda, che lo scuoteva tutto e lo lasciava senza fiato. Kreacher in un angolo singhiozzava disperato.
“D-dovresti andare all’ospedale.” suggerì Harry, un po’ in apprensione.
“Inutile – ragliò Regulus – non c'è più nulla da fare.” Poi si abbandonò contro lo schienale della poltrona, sudando abbondantemente. “Finirà tutto con me. Che fine ingloriosa per la nostra antica casata. – strizzò gli occhi con sofferenza. – Pensare che avevo pianificato tutto così bene e stava andando tutto per il meglio: arrivai nella caverna, bevvi quella pozione, mi impossessai del medaglione e lo sostituii con quello falso, affrontai gli Inferi e tornai a riva. Fu in quel momento che commisi un imperdonabile errore: pensavo di aver vinto ormai, immaginavo la sorpresa e la rabbia sul volto di quell’infame, quando fosse venuto a riprendersi il suo tesoro, puntai la bacchetta contro il medaglione e lo distrussi. Purtroppo, anche quello conteneva una potente maledizione, come l’anello di Orfin.” Con dita incerte e tremanti si sbottonò la camicia e mostrò il petto ad Harry. Il ragazzo balzò in piedi con un grido: il torace di Regulus era completamente annerito, bruciato, la carne dissolta, la pelle tesa che metteva in risalto le ossa del costato. La stessa maledizione che aveva colpito Silente. “Mi ha fregato, sì, mi ha fregato per bene, quel bastardo. Sono riuscito a rallentare l'avanzata della maledizione, almeno finora, ma...”
I singhiozzi di Kreacher divennero nel frattempo dei veri e propri ululati “Il padrone, il mio povero padrone.”
“N-non capisco: perché mi racconti tutto questo? Dopotutto tu dovresti odiare anche  l’Ordine della Fenice e ciò che rappresenta.”
Per la prima volta lo sguardo arrogante di Regulus si mutò in qualcosa di diverso, di malinconico, mentre le labbra si distendevano in un sorriso triste, mostrando la consapevolezza della fine imminente “E' vero, e se avessi altre alternative, le sfrutterei, ma purtroppo non ce ne sono: o tu, o lui. E messi su due piatti della bilancia Voldemort e ciò di cui si è reso protagonista e il vostro sgangherato manipolo di massoni, l’ago pende decisamente dalla vostra parte. Poi, forse, non mi va di morire solo come un cane, senza che nessuno sappia di me. Anche se a farlo è il figlioccio di quella pecora nera di Sirius.” Chiuse gli occhi, ansimando forte: la maledizione doveva aver intaccato anche gli organi interni ed Harry si chiese come avesse fatto a resistere tutto quel tempo. “Regulus?” il ragazzo lo scosse dolcemente e l’uomo gli posò una mano sulla spalla “Harry – disse in un sussurro – vendicami, realizza tu quanto ho scritto su quel falso medaglione.”
“Sì, lo farò!” rispose il ragazzo di slancio, guardandolo negli occhi.
Il sorriso debole dell'uomo si allargò un altro po' “Tu… le assomigli tanto.”
“A chi?”
“A Lily.”
“M-mia mamma?” Certo, era normale che Regulus la conoscesse, anche lui aveva frequentato Hogwarts nello stesso periodo dei suoi genitori. “Veramente tutti dicono che assomiglio a mio papà.”
“A James? Solo fisicamente. La schiettezza e l’altruismo sono quelli di Lily.”
Harry avrebbe voluto sapere di più di sua mamma, chiedere a Regulus di regalargli qualche ricordo di lei, ma la mano del fratello di Sirius lasciò la sua spalla e ricadde lungo il fianco, priva di vita.
Kreacher spinse da parte Harry e si tuffò sul petto bruciato di Regulus, abbracciandolo e implorandolo di non abbandonarlo.
Harry rimase in piedi di fronte a loro, in preda a sentimenti contrastanti: Regulus era il fratello di Sirius, ma era molto diverso da lui. Si erano conosciuti solo pochi minuti prima, perciò non aveva senso sentirsi affranto per la sua morte. Forse, si disse, la profonda tristezza che lo invadeva in quel momento era dovuta all’anziano elfo domestico, che piangeva inconsolabile. Non sapendo che altro fare, gli accarezzo brevemente la testa “Lo so.” disse soltanto.
 

La sera successiva ci fu una riunione straordinaria con alcuni membri dell’Ordine della Fenice, durante la quale Harry mise tutti al corrente dell'incontro con Regulus Black e le sue rivelazioni riguardo all'horcrux.
“Ma *hic* questo è davvero *hic* incredibile *hic*!” Tonks era in preda ad un forte singhiozzo e ad ogni singulto, cambiava involontariamente aspetto. Ad un certo punto dovette alzarsi e correre in bagno.
“Scusatela – disse Lupin in tono dolce – è il periodo peggiore, quello delle nausee.”
Poi la discussione si spostò su alcuni scontri che c'erano stati fra Mangiamorte ed Auror.
"Possibile che non sia il benchè minimo indizio sul nascondiglio di Voi-sapete-chi?" - chiese Moody, irritato - Arthur, non è emerso proprio nulla dalla retata di settimana scorsa?"
Il signor Weasley si strinse nelle spalle “No, nulla di importante. Un paio di maghi sono stati sorpresi in Notturn Alley a chiedere come si entra tra le fila dell’Oscuro. La Umbridge li ha interrogati con il Veritaserum, ma è emerso solo che erano due gradassi che avevano semplicemente bevuto qualche whiskey incendiario di troppo.”
Ancora nulla, dunque. Dove si era nascosto Lord Voldemort? Perché attendeva nell’ombra e non usciva allo scoperto di persona? Per una volta, Harry desiderò sentire almeno un pizzicore a quella dannata cicatrice. 

= = = = =

Draco era appena tornato con Avery da una missione notturna: dovevano recuperare un antico libro di magie di cui il loro Signore non conosceva esattamente l’ubicazione, perciò ogni notte uscivano alla sua ricerca, procedendo per tentativi.
Si sedette su una poltrona del grande salone della casa e vide scendere dalle scale che conducevano agli appartamenti privati del Lord una persona di sua conoscenza. “Zacharias Smith?”
“Ah, Malfoy.” lo apostrofò il ragazzo più grande, squadrandolo dal basso in alto.
“Tu cosa ci fai qui?”
“Non è abbastanza ovvio? Sono venuto ad offrire i miei servigi all’Oscuro Signore. Lui ha guardato nei miei pensieri e mi ha accolto. Sono certo di potergli essere utile, molto più utile di te. Anche se in fondo non è colpa tua.”
“Con questo cosa vorresti insinuare?” Draco scattò in piedi.
Zacharias gli si avvicinò con baldanza: era più alto di Draco e gli incombeva addosso “Sembra che l’incapacità sia il marchio di fabbrica della famiglia Malfoy: tuo padre non è ancora riuscito ad evadere da Azkaban, che vergogna! Ma il Nostro Signore può dormire tranquillo: a differenza di te, io porterò a termine i compiti che lui vorrà affidarmi.”
“Potrei quasi commuovermi di fronte a tale sfoggio di coraggio, signor Smith – Piton era comparso da chissà dove, sorprendendo l’ex-Tassorosso – se non fossi troppo impegnato a chiedermi dove fosse l’anno scorso tutto il suo ardire, mentre il signor Malfoy, da solo, ci spianava la strada.” concluse con tono sarcastico.
Le guance di Smith si chiazzarono di rosso: “Piton…”
“Mi chiami signore – lo interruppe l’adulto, gelido – esigevo rispetto a scuola e lo esigo maggiormente qui. Ora, vuole essere così gentile da spiegarci a cosa dobbiamo questo suo improvviso cambio di schieramento?”
Smith rivolse ad entrambi una risatina di scherno “Ho semplicemente capito come si stanno mettendo le cose e chi trionferà alla fine. Sinceramente preferisco trovarmi al fianco dell’Oscuro in quel momento, piuttosto che sul suo cammino.”
“E questa lei la chiama fedeltà?” chiese con voce soave.
“No, io la chiamo furbizia.” ed il ragazzo si allontanò. Piton lo studiò a lungo, socchiudendo gli occhi: studente mediocre, stupido ed arrogante. Amava essere coinvolto in tutto per potersi dare arie d’importanza, ma non appena fiutava un pericolo si dileguava. Molto arrogante e molto stupido. Proprio quello che gli serviva.
A Draco non piacque lo sguardo dell’altro mago, che pareva intento ad osservare l’ingrediente di una pozione, piuttosto che un essere umano e per nulla al mondo avrebbe voluto essere guardato così. “Va a dormire Draco, sei stanco.” La voce dell’ex-professore lo riscosse. Il ragazzo annuì, lo sguardo verso terra.
“Non dirmi che te la sei presa per le parole di quell’idiota, Draco.”
“Però su mio padre ha ragione, non riesce ad evadere. Anche il Nostro Signore me lo fa notare ogni volta che può. Dice che mio padre non ha più voglia di unirsi a lui e che è molto deluso.” la voce del giovane lasciava trasparire la sua paura.
“Non è così semplice. Tuo padre è un personaggio illustre e famoso, il pesce più grosso caduto nella rete del Ministero, è il loro trofeo di caccia da mostrare al mondo magico come prova dell’impegno profuso in questa guerra. Non possono permettersi di lasciarlo fuggire e lo sorvegliano a vista, per questo Lucius non ha ancora potuto unirsi a noi, ma sono certo che lo farà alla prima occasione.” Patetico tentativo di consolazione a dire il vero: Voldemort avrebbe potuto ordinare ad una decina di loro di farlo evadere, ora che Azkaban non era più presidiata dai Dissennatori sarebbe stato un gioco da ragazzi. In realtà era chiaro che Voldemort aveva abbandonato Lucius al suo destino (dopotutto per causa sua un horcrux era andato distrutto) e che lo stava usando solo per tenere in pugno suo figlio. “Che – si chiese il mago – non so quanto ancora potrà reggere.”
E Lucius? Era un uomo intelligente: in tutti quei mesi rinchiuso in prigione sicuramente doveva aver capito che Lord Voldermort gli aveva voltato le spalle.
Una volta aveva detto a Narcissa che l’Oscuro Signore non era incline al perdono. Non era esatto: la verità era che quel mago non sapeva cosa fosse il perdono, conosceva solo la crudeltà e la vendetta: non aveva più parlato dell'incidente del diario di Riddle, ma ciò non significava che avesse dimenticato o che ci fosse passato sopra.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11. Inaspettata magia ***


CAPITOLO 11 – INASPETTATA MAGIA

“Sono in ritardo, non so come scusarmi! Mi ero fermata a parlare con il professor Vitious degli incantesimi di compressione e ho perso la cognizione del tempo!” disse Hermione tutto d’un fiato entrando in aula.
“Tranquilla Hermione, stavo distribuendo i compiti di settimana scorsa. Ecco il tuo. – Oleander le porse tre fogli di pergamena scritti fitti fitti, sul primo dei quali era vergata una bella E – bene, oggi vi parlerò del pentacolo di Venere, o pentacolo della conoscenza, e settimana prossima proveremo a realizzarne uno… sì, Hermione?” chiese, vedendo la mano della ragazza saettare verso l’alto.
“Il programma non prevedeva un filtro contro i gas venefici?”
“Hai ragione, avevo già predisposto i componenti per realizzarlo, ma purtroppo stamattina ho trovato una brutta sorpresa.” Si avvicinò con la bacchetta ad una marmospugna, un minerale dall’aspetto soffice di una spugna marina ma in realtà durissimo, e ci fece cadere sopra alcune scintille rosse: dai forellini emersero piccole creature simili a degli insetti, verdi e con lunghe antenne cespugliose “Festucanti. Hanno infettato la marmospugna ed ora è inutilizzabile. A fine lezione andrò dal professor Lumacorno a chiedergli una pozione pesticida adatta.”
Un’ora dopo congedò gli studenti “Per settimana prossima almeno mezzo foglio di pergamena sulle proprietà dello smeraldo e sulle sue modalità di impiego per i talismani della conoscenza.”
Poi raccolse il minerale infestato e andò dal direttore della Casa di Serpeverde. Fu solo davanti al pesante portone di legno che si rese conto che, fino a cinque mesi prima, quelli erano stati gli alloggi di Severus, alloggi dove lei era di casa.
E che da quando era tornata ad Hogwarts aveva sempre evitato di passare lì davanti e non aveva più messo piede in quelle stanze, nonostante Lumacorno l'avesse invitata un paio di volte alle riunioni del Lumaclub.

“Non essere sciocca.” si rimproverò. Eppure la sua mano tremava leggermente mentre bussava alla porta.
“Avanti!” disse una voce gioviale dall’interno.
L’austero rigore del precedente proprietario era stato spazzato via da uno sfoggio di opulenza e la stanza ricordava da vicino lo stile barocco di Schloss Berth [1]: il freddo pavimento di pietra era ricoperto da sofficissimi tappeti nei quali i piedi sprofondavano, le tende erano di velluto, trapunte d’oro, dal soffitto pendeva un lampadario di cristallo che non avrebbe sfigurato nella reggia di Versailles, l’arredamento era altrettanto magnificente e alle pareti erano appese foto magiche di Lumacorno intento a stringere mani a tanti personaggi illustri, un intenso odore di incenso e frutta candita permeava l’aria.
Ma non fu il lusso sfacciato di quella stanza a farla restare senza parole. Fu il pensiero che in essa nulla era rimasto di Severus.
Lumacorno dovette chiamarla due volte per attirare la sua attenzione “Mi-mi perdoni, professore. Volevo chiederle se ha dell’antiparassitario adatto per i Festucanti, hanno infettato questa marmospugna.”
“Non al momento, ma posso prepararlo per domani. Anzi - il professore battè le mani - lo farò preparare ai miei allievi durante l'ora di Pozioni, non le pare un'ottima idea?”
“Oh sì, grandiosa, perfetto. A-allora non la disturberò oltre.” Oleander arretrò velocemente verso la porta: non riusciva più a restare in quella camera, dove tutto le urlava che non c’era più nulla di Severus.
Una volta fuori si avviò con passo veloce verso la sua stanza, stava piangendo e non riusciva a fare nulla per fermare le lacrime. Era come se il suo corpo avesse scavalcato la mente testarda, che in quei mesi si era impegnata alacremente nel non pensare a Severus.
Severus che se ne era andato con Voldemort, tradendo tutti loro.
Severus che non c’era più, che non sarebbe più tornato.
Vide la porta della sua stanza come un miraggio, l’aprì e si gettò sul letto, tremando ed abbandonandosi finalmente ad un lungo pianto liberatorio.
Qualcosa di soffice e delicato le sfiorò i capelli viola. Stupita, la donna alzò lo sguardo e vide Fanny, la fenice di Silente. Non si chiese nemmeno come avesse fatto ad entrare, né perché fosse lì. Abbracciò l’uccello, sprofondando il viso nel soffice piumaggio e parlò, come se potesse capirla “Mi manca, Fanny, mi manca da impazzire. Ho provato a non pensarci, a fare finta di niente, ma non ci riesco. Nonostante ciò che ha fatto, nonostante tutto, la verità è che io lo amo ancora e al pensiero di non poterlo più vedere mi sento morire. So che è sbagliato, ma non posso farci niente!”
La fenice appoggiò dolcemente la testa sulla sua spalla, come se volesse consolarla e dirle che non c’era nulla di cui vergognarsi, poi iniziò a cantare.
Un canto melodioso, celestiale, che leniva le pene del cuore, che faceva svanire i contorni della sua stanza…

“Che cosa?” all’improvviso Oleander si trovò su una bella spiaggia di sabbia bianchissima, con indosso un leggero prendisole verde. Freneticamente cercò la bacchetta, ma si accorse di non averla con sé. Spaziò con lo sguardo sulla riva deserta ed in lontananza vide una figura familiare: un mago dai capelli argentati e una lunga barba dello stesso colore, avvolto in una veste turchese. Sul naso portava degli inconfondibili occhiali a mezzaluna. “A-Albus?” balbettò incredula. Si mise a corrergli incontro gridando a squarciagola “Silente! Professor Silente!”
Il mago si voltò verso di lei, rivolgendole un garbato sorriso “Oleander, ti assicuro che nonostante l’età ci sento ancora molto bene, non è necessario sgolarti a quel modo. Bella vista, non trovi? Personalmente adoro il mare, e tu?”
Nuove lacrime minacciavano di traboccare dagli occhi della donna ed anche l’ex-preside se ne accorse “Perché sei così triste? Finirai per far rabbuiare anche questa bella giornata di sole. – iniziò a frugare nelle tasche – Per Merlino, non c’è mai un fazzoletto pulito quando serve.”
“Perché sono triste? Come può chiedermi questo, dopo quello che ha fatto Severus?”
L’anziano mago sospirò affranto, poi disse una cosa del tutto inaspettata “Povero Severus e povero me, anche. Io continuo a ripeterlo a tutti: mi fido di Severus Piton, ma a quanto pare, nessuno mi ascolta. Ad ogni modo lui meriterebbe davvero maggior considerazione da parte tua, dato che sei la sua donna.”
“Ma Silente, Severus l’ha uccisa!”
“Sì. – disse l’uomo con tranquillità – Dietro mio preciso ordine. Ti assicuro che eseguirlo gli è costato molto e se solo avessi potuto evitargli una tale sofferenza, l'avrei fatto.”
La donna scosse la testa con un sorriso amaro “Che stupida che sono: questo è solo un sogno, è solo ciò che vorrei sentire, una giustificazione, una giustificazione qualsiasi, per quanto assurda, del gesto di Severus, per poter continuare ad amarlo senza sentirmi in colpa per questo.”
"Ne sei proprio convinta, Oleander? Allora rispondi a questa domanda: perchè quella notte Severus non ti ha uccisa? Perchè si è limitato a darti una pozione per farti addormentare?"
La donna aggrottò la fronte, spiazzata da quella domanda "Io-io non lo so... non me lo sono mai chiesto... ma che importa, ormai?"
"Importa eccome! Rifletti: per lui sarebbe stato più facile ed anche più sicuro eliminarti con un Avada Kedrava, tu eri tranquillamente seduta al tuo tavolo di lavoro, stavi sciogliendo della resina sul fuoco e non avresti mai avuto il tempo di afferrare la bacchetta magica per difenderti. Invece lui ti ha fatto bere una pozione e ti ha adagiata sul pavimento: anche se un mangiamorte fosse entrato nella stanza, avrebbe visto solo una donna riversa a terra e di certo non avrebbe sprecato tempo ad appurare se fosse viva o morta. In realtà quella notte Severus ti ha salvato la vita."
Oleander fissava Silente incredula "Come fa a sapere esattamente cosa stavo facendo e cosa accadde? Lei non era lì... allora questo non è un sogno?"
“In effetti no, è una delle mie magie più riuscite, se non la migliore in assoluto, modestamente. Più tardi puoi chiedere a Fanny conferma.”
Tuttavia Oleander era ancora molto scettica “Quando mai avrebbe…? OH! – gli puntò contro l’indice – Quella sera, quando mi ha convocato nel suo studio, alla fine sono uscita intontita e con il mal di testa!”
“Sì, l’ho fatto proprio in quella occasione, anche se la tua descrizione del mio incantesimo non è molto gratificante, ragazza mia.”
La donna si prese la testa tra le mani, come se temeva potesse scoppiare per le troppe rivelazioni inattese, poi strabuzzò gli occhi in un'espressione orripilata "Non vorrà dirmi che mi ha ficcato nella testa una specie di horcrux, vero?"
Il mago scosse la testa, indignato "Oleander, no! Sei completamente fuori strada, ciò che ho fatto non centra nulla con quegli orrori. A dire il vero, l'incantesimo che ti ho praticato non è propriamente una mia magia originale, ho preso spunto da quello che serve per creare i ritratti magici."
"Merlino sia lodato." Quindi doveva prendere per buono quello che l'immagine del preside le stava raccontando. "Silente, ma perchè mai..."
“… ho chiesto a Severus di uccidermi? – concluse per lei l’anziano mago – Semplice: non mi restava più molto da vivere ormai, quindi abbiamo deciso (beh, in realtà l'ho deciso io, Severus è stato restio fino all'ultimo) di dare una parvenza di utilità alla morte di un vecchio inutile." concluse con voce allegra.
"Le restava poco da vivere? - il simulacro di Silente che ora era davanti a lei aveva entrambe le mani sane, a differenza del mago morto in giugno - Ah, quella bruciatura. Era dunque così grave?" infine capì.
"Sì - annuì Silente - una terribile distrazione, un'ingenuità nel momento in cui distrussi l'anello di Orfin, me ne vergogno ancora. Severus riuscì soltanto a rallentare l'espandersi della maledizione, ma non c'era verso di annullarla; in seguito mi raccontò che Voldemort aveva ordinato a Draco di uccidermi e lui aveva stretto un Voto infrangibile con Narcissa Malfoy, per farlo al posto suo, certo che il ragazzo non ci sarebbe mai riuscito."
Oleander era sbiancata: non ne sapeva nulla.
Silente proseguì "Draco è sempre stato un ragazzo ambizioso, desideroso di compiacere suo padre, per questo facile preda delle lusinghe del male, tuttavia la sua anima non era ancora corrotta in modo irrimediabile. L'anno scorso ha camminato a lungo sul ciglio di un burrone e il commettere un omicidio l'avrebbe fatto sprofondare in un baratro dal quale sarebbe stato impossibile recuperarlo."
"Perciò Severus..."
"Sì, ha solo eseguito, seppur con la morte nel cuore, un mio desiderio. E' innocente, quindi puoi smettere di tormentarti a questo modo."
"Severus è innocente." ripetè lei, piano, assaporando ogni parola di quella frase. "In nome di Paracelso! - stillò poi, d'improvviso agitatissima - devo avvisare subito gli Auror e anche il Ministero."
"No, non devi." replicò Silente, ora decisamente serio.
"No? Forse lei non ha idea di cosa sia successo nel frattempo là fuori."
"Invece sì: grazie a questa magia io sono in grado di apprendere ed interagire con i tuoi pensieri e so tutto ciò che sai tu."
Oleander lo guardò con le sopracciglia sollevate, sarcastica "Bene, allora saprà che le facce di Severus e di Draco tappezzano Hogsmeade, Diagon Alley e ogni altro luogo magico di questo Paese e che Severus, in particolare, è ricercato vivo o morto. Nonostante ciò, lei afferma che non devo dirlo a nessuno?"
"Sì, precisamente."
La maga scosse la testa "Lei è pazzo, oppure questa magia non ha funzionato a dovere. - si incamminò a lunghi passi lungo la spiaggia, furente - Dov'è l'uscita? Come diavolo si esce da questo posto? Voglio uscire!"
"Oleander, calmati. - Silente le andò dietro - Qui siamo nella tua mente, non su una vera spiaggia. Non puoi uscire dalla tua testa. O forse l'hai già fatto, visto quanto sei agitata."
La donna, però, non era assolutamente in vena di battute e sembrava sul punto di esplodere. "Oleander, ora smettila di comportarti in modo così infantile." Silente aveva completamente cambiato tono rispetto a prima, era freddo, deciso, emanava autorità da tutta la sua persona e, pur non muovendosi, sembrava incombere sulla donna e lei si acquietò.
"Se ora tu mettessi in pratica il tuo sciocco proposito, nobile senza dubbio, e dettato dall'amore, che è sempre una cosa bellissima, ma pur sempre sciocco, temo che nessuno ti crederebbe: nella migliore delle ipotesi, finiresti in un reparto del San Mungo. Ma se qualcuno ti credesse, in quel caso uccideresti Severus con le tue mani. Lui in questo momento si trova con Voldemort e gli altri Mangiamorte: come credi che reagirebbero se venissero a sapere che non è dalla loro parte, come ora credono?"
Oleander si morse le labbra, in preda alla frustrazione: non riusciva a trovare un argomento per ribattere.
"Severus sta rischiando la vita per scoprire i piani di Voldemort, occupa la posizione più scomoda e pericolosa in questo momento ed è consapevole dei rischi che sta correndo, non è certo così sciocco da non prendere delle precauzioni, non devi preoccuparti per lui."
"Mi sta chiedendo l'impossibile e lei lo sa bene!"
"Ti sto chiedendo di essere responsabile e tu lo sarai. Ascolta, Oleander, Tom Riddle va fermato ad ogni costo, ora che è ancora possibile. Se noi falliamo, non ci sarà più niente ad arginare la sua ambizione, la sua sete di potere e di magia oscura. L’equilibrio sul quale si regge il mondo, quello tra bene e male, sarà infranto senza possibilità di rimedio alcuno: si sono già manifestati segnali preoccupanti e tu lo sai bene. Pensi che Riddle si fermerà all'Inghilterra? Potrebbe non bastargli il mondo intero. Riesci a immaginare la fine che faranno i babbani, le altre creature magiche e coloro che si sono opposti a lui? La sconfitta di Voldemort ha la priorità su qualsiasi altra cosa."
“Su qualsiasi altra cosa?” scandì piano Oleander.
Gli occhi di Silente, ora simili a due cristalli di ghiaccio, freddi e distaccati, la fissarono con severità “Sì.”
La donna provò una forte vertigine, un senso di straniamento: era come se vedesse quell’uomo per la prima volta.
Non aveva mai creduto, a differenza di molti, che Silente fosse uno svampito od un sempliciotto, quella era solo una facciata; sapeva che dietro quell’aria stravagante e bonaria si nascondeva un mago abile e potente ed una intelligenza fuori dal comune: in fondo era l’unico uomo che Voldemort avesse temuto davvero.
Tuttavia, fino a quel momento, aveva sempre ritenuto Silente il buono per eccellenza, l’ala protettrice sotto la quale i più deboli e gli emarginati potevano nascondersi, il paladino del Bene e del Giusto. Ma ora si rendeva conto che quella visione agiografica non corrispondeva del tutto al vero. Perché affermare che l’Oscuro andava fermato a qualsiasi costo implicava anche l’utilizzo dei suoi metodi.
In quel caso, cosa distingueva il Bene dal Male?
Realizzò di avere di fronte un uomo, semplicemente un uomo, la cui guerra contro Voldemort era prima di tutto qualcosa di personale, quasi avesse un conto aperto con lui. Silente era un uomo con le proprie ragioni per voler vincere quella guerra. Era forse in cerca di una sorta di riscatto, per non aver fermato Voldemort quando era ancora solo Tom Riddle? Per non aver capito immediatamente che pericolo fosse? Oppure era una vendetta? Una dimostrazione di forza? Quali che fossero le sue motivazioni, a questo punto Oleander non era certa di volerle conoscere davvero. Ed anche l’aver impedito a Draco di ucciderlo era parte del piano, non era stato per puro spirito di carità, ma una mossa affinché Voldemort si fidasse maggiormente di Severus.
Già, e Severus? Fino a che punto sapeva? Aveva intuito anche lui cosa celava l’anziano mago?
Mentre pensava tutto questo, era consapevole che il simulacro di Silente di fronte a lei percepiva tutti i suoi ragionamenti. Di fatti le sue labbra si schiusero in un sorriso enigmatico "Resterei più che volentieri a filosofeggiare qui con te, se ne avessimo il tempo, ma purtroppo non l’abbiamo. Quanto a Severus, lui stesso ti ha mostrato in parte le sue motivazioni, dettate dal desiderio di redenzione per le vite spezzate a causa sua. Di una vita in particolare, quella di Lily, la madre di Harry. Quanto alle mie motivazioni – Silente si strinse nelle spalle – non contano più molto, dal momento che sono morto. Ciò che mi preme è che tu capisca quanto sia importante fermare Voldemort: non mi importa che tu condivida i miei metodi o comprenda le mie ragioni, ma è importate tu capisca quali sarebbero le conseguenze di una sua vittoria: perciò anche tu devi promettermi di non anteporre nulla alla sua sconfitta."
"Va bene, ho capito, ho capito." sbottò lei, irritata. Non che avesse alternative, d’altronde.
"Bene, sono lieto di sentirtelo dire. Severus invece sarebbe estremamente contrariato se lo scoprisse, mi aveva categoricamente proibito più e più volte di coinvolgere anche te. Era già abbastanza irritato del fatto che io ti avessi parlato della ricerca degli horcrux. E ha cercato di prendere da solo i suoi provvedimenti. Ah - Silente scosse la testa - pare che io riesca sempre a farlo arrabbiare."
"Ma Harry, almeno lui... Silente, Harry è furioso con Severus: se è vero che la sua magia è nella mia testa dalla scorsa estate, ha visto anche lei i suoi scatti di rabbia, l’amarezza, l'odio di cui è preda quel ragazzo. Se si trovasse davanti Severus io temo che sarebbe in grado di ucciderlo."
"No, Harry meno di tutti deve sapere: ricorda che in qualche modo la sua mente è direttamente in contatto con quella di Riddle, come abbiamo avuto modo di appurare in passato ed il ragazzo, purtroppo, non ha molte abilità nel campo dell’Occlumanzia, pertanto rivelando qualcosa a lui corresti il rischio di rivelarla direttamente a Voldemort e non possiamo permetterci di rischiare. – Silente alzò una mano, per zittire la donna che stava per ribattere nuovamente – Harry proseguirà nella ricerca degli horcrux e sarà informato di ciò che deve sapere al momento opportuno e, di nuovo, non dovrai essere tu a preoccuparti di farlo."
"Allora sarebbe tanto gentile da spiegarmi perchè mi ha raccontato tutto questo e qual è il mio ruolo in tutta questa faccenda? Stare in un angolo ad osservare? Seppellire i morti? Diventare arbitro di Quidditch? Andare fuori di testa? Cosa?" chiese ironica.
"Il tuo ruolo francamente mi è del tutto ignoto." ammise Silente con candore.
Oleander perse le forze di colpo "Ho bisogno di sedermi." mormorò.
"Quella sera, quando ti mandai a chiamare, avevo appena ascoltato qualcosa di insolito da Sibilla, una delle sue rare profezie autentiche. Non fu molto chiara, ma se non ho sbagliato a interpretare le sue parole, anche tu, insieme ad altri, hai un ruolo in tutto questo. Quindi ho ritenuto opportuno praticare su di te questo incantesimo, per metterti al corrente di come stavano davvero le cose, nel momento in cui ho ritenuto opportuno farlo, il momento in cui stavi per crollare."
La donna riflettè a lungo in silenzio ad occhi chiusi, poi tornò a guardare il suo interlocutore, più calma “Va bene, farò quel che devo, qualunque cosa sia. E comunque, il non anteporre nulla alla caduta di Voldemort non è incompatibile con altre azioni, ad esempio evitare che Severus ci lasci la pelle. D’altronde l’ha detto anche lei di ignorare quale sarà il mio ruolo.” concluse Oleander, intimamente soddisfatta nel notare che aveva lasciato l’anziano mago senza parole.
La spiaggia cominciò lentamente a svanire, i contorni delle cose sfocati e indistinti.
"Ci vedremo ancora? Cioè, lei sarà sempre nella mia testa?" chiese Oleander.
“No, non credo che sia necessario: questa magia ormai ha esaurito il suo compito, ossia quello di informarti e sapere da che parte saresti stata.”
“Capisco… Silente, se avessi deciso di fare comunque di testa mia, mi sarebbe capitato qualcosa, vero? Magari mi sarei magicamente riaddormentata.”
“E’ tardi ora – rispose elusivamente l’anziano mago – addio, Oleander.”
La stanza ricomparve davanti ai suoi occhi.
"Fanny! - si rivolse all'uccello - Ho sognato?"
Lei scosse la testa con decisione.
"Era tutto vero?"
Questa volta annuì.
“Fanny, credo che tu sia l’unica a sapere chi fosse davvero Albus Silente. E continui ad essergli fedele, vero? Sì, ti fidi di lui.”
Di nuovo la fenice piegò il collo con vigore, fino a toccare il petto con il grande becco.
“Ti confesso che invece io ho qualche perplessità sul suo modo di agire, tuttavia ho dato a Silente la mia parola e la manterrò.” Non era una stupida e capiva bene quanto fosse importante sconfiggere il Signore Oscuro: perdere quella guerra avrebbe significato l’inizio di un’era di terrore per tutti quanti e bisognava impedirlo a tutti i costi, eppure la spietata determinazione di Silente l’aveva lasciata senza parole. Ad ogni modo la fenice si ritenne soddisfatta della sua risposta e volò fuori dalla finestra, inseguita dal gracchiare di Petrolio, lieto di veder andar via l’altro pennuto.
“Non dirmi che sei geloso. – disse Oleander, prelevando il suo corvo dalla gabbia ed accarezzandolo sulla testa – Sai una cosa, Petrolio? Oggi è stata una giornata difficile sotto molti punti di vista, ma ho anche ricevuto una buona notizia: Severus è innocente!”
Il corvo sbatacchiò le grandi ali.
“Hai ragione, è più che buona, è una notizia meravigliosa. Solo che non posso dirlo a nessuno.”
Il corvo le beccò un dito, come a dire “Ehi, e io chi sono?”, mentre la sua padrona, guardando fuori distrattamente, continuava a passare le dita sulle sue penne. Su una cosa Silente aveva perfettamente ragione: non poteva uscire di lì e proclamare ai quattro venti che Severus Piton non era né un traditore, né un assassino al servizio di Voldemort. Sulla base di quali prove, innanzitutto? Inoltre, guardinghi e sospettosi com’erano al Ministero in quel periodo, l’avrebbero rinchiusa in una cella seduta stante. Incastrata per bene, ecco come si sentiva.
Poggiò la testa contro il vetro freddo “Severus – mormorò piano, come se le sue parole potessero raggiungerlo – Severus perdonami per aver dubitato di te. E, ti prego, fa’ attenzione…” 

= = = = =

Tracey Davis stava rientrando dalla Biblioteca nella Sala Comune dei Serpeverde.  Delle urla rimbombavano nel freddo ed umido corridoio: davanti all'ingresso della Sala, Hermione Granger, Caposcuola di Grifondoro, stava fronteggiando Pansy Parkinson, Caposcuola di Serpeverde, spalleggiata da Tiger e Goyle. I due ragazzi le ricordavano più che mai una muffa o un parassita, delle esistenze incapaci di reggersi in piedi da sole, se non appoggiati a qualcun'altro. E, sparito di scena Draco Malfoy, si erano ritrovati a seguire la Parkinson. Patetici... perchè mai il cappello parlante li aveva mandati a Serpeverde? Dov'erano in loro l'orgoglio e, oh cielo, l'astuzia? Tracey se ne sarebbe tranquillamente entrata in Sala Comune, ma sfortunatamente, la mole di Tiger occupava per intero la porta d'ingresso, quindi dovette fermarsi ad assistere suo malgrado.
"Torna a far la ronda nella tua torre." gridava Pansy.
"Sono Caposcuola, posso effettuare il giro di guardia dove ritengo sia più opportuno." fece notare Hermione, per contrasto molto calma.
Pansy lanciò un'occhiata ai due ragazzi dietro di lei, poi assunse un'aria minacciosa e i tre fecero un passo verso Hermione con aria truce. Tracey li trovava infantili ed irritanti "Per regolamento i caposcuola devono controllare la propria casa, non lo sai, sanguesporco?" pronunciò l'ultima parola con una palese espressione di disgusto.
Hermione non si scompose, ma si sorprese parecchio quando la Davis si intromise "Per favore Pansy, prima di citare il regolamento a vanvera assicurati di averlo almeno letto, soprattutto davanti a una che lo conosce a memoria." poi entrò finalmente in Sala Comune. Ovviamente Pansy e compagnia la seguirono a ruota, dimentichi di Hermione "A che gioco stai giocando, Davis?" proruppe la brunetta, furiosa. Tutti si girarono a guardarle: Zabini emerse dalla sua copia di ‘Affrontare l'informe’ e Nott interruppe per un attimo il suo solitario con le carte.
“Nessun gioco, ti stavo solo evitando una figuraccia. Nel regolamento non c’è scritto nulla del genere, per tua informazione.” Scrollò le spalle, l’immancabile espressione corrucciata dipinta sul volto. Non era così, in verità: delle figure che poteva fare Pansy Parkinson gliene importava meno di zero, era stato quell'insulto a farla scattare.
L’altra ragazza alzò al cielo i suoi occhietti scuri da carlino “Ma chi se ne frega del regolamento! Volevamo solo evitare che quella sporca natababbana gironzolasse attorno al nostro dormitorio.”
“Anche mia mamma è babbana – gridò Tracey, arrabbiatissima – vuoi che anch’io vada da qualche altra parte?” Fissò la compagna di Casa dritta negli occhi, con le labbra serrate, mentre Pansy aprì la bocca per dire qualcosa di sgradevole, un altro insulto, sicuramente, ma il ragazzo nero parlò per primo “Volete smetterla per favore? Noi staremmo studiando.”
“Sì – aggiunse Nott – senza contare che state dando spettacolo. Uno spettacolo penoso.” Lo sguardo del ragazzo magro era fisso sulla Parkinson e i suoi, per modo di dire, angeli custodi.
Un gruppo di bambini del primo anno pensò bene di andare a finire i compiti di Trasfigurazione nel dormitorio; in un angolo vicino al camino, Daphne ed Astoria Greengrass parlavano fitto fitto tra loro, guardando storto la Caposcuola. “Oh, d’accordo!” soffiò Pansy inviperita e raggiunse il suo dormitorio. Tiger e Goyle restarono a guardarsi inebetiti, incerti sul da farsi, poi seguirono l’esempio del loro nuovo capo.
Tracey posò di botto il libro preso dalla biblioteca sul tavolo dove c’era anche Nott “Posso sedermi o ti dà troppo fastidio stare vicino ad una mezzosangue?” chiese, guardandolo con aria di sfida.
La faccia conigliesca del ragazzo rimase impassibile “Fa come ti pare. E per tua informazione già lo sapevo che tua mamma è babbana: siamo compagni di Casa da sette anni ed io non sono scemo.”
"Non... non ho mai voluto insinuarlo. Ero solo... un po' nervosa." si scusò Tracey, poi si dedicò alla lettura e Nott riprese a mescolare le carte per un altro solitario. “Altro che un po' nervosa: fa strano sentirti alzare la voce così. In sette anni credo sia la prima volta, di solito non ti scaldi mai, eppure qua dentro insulti verso i babbani se ne sentono parecchi.”
Tracey restò stupida dallo spirito di osservazione del coetaneo. Non poteva dire di conoscere bene Nott: lei non aveva legami che potessero definirsi di amicizia, né con i suoi compagni di Casa, né con altri ragazzi. Era schiva, taciturna e il suo volto, con quell’espressione perennemente imbronciata, non invogliava certo le persone a fare amicizia; senza contare che passava la maggior parte del suo tempo sui libri a studiare, anche quando gli altri andavano in gita ad Hogsmeade. Ed era vero che normalmente non gridava, né litigava per gli insulti che i suoi compagni rivolgevano ai non maghi, ma restò molto stupita che Theodore se ne fosse accorto, pensava di essere praticamente invisibile per tutti.
Tracey fu smistata dal Cappello Parlante a Serpeverde per la sua ambizione smisurata e la scelta si era dimostrata corretta: era una delle allieve migliori di Hogwarts, sempre nei primi posti nelle graduatorie scolastiche, metà dei punti della Casa si dovevano a lei. Tuttavia, fin dal primo anno si era resa conto che in quella Casa quelle come lei, con uno o entrambi i genitori babbani, non erano visti di buon occhio. Cosa che lei trovava assurda: cosa centravano i natali con la bravura o l’abilità di un mago? Ad ogni modo, interessata solo all’apprendimento della magia com’era, gli insulti ai ‘mezzosangue’ le erano sempre scivolati addosso, indifferenti.
Però, da quando aveva visto cosa erano capaci di fare i seguaci dell’Oscuro Signore, il pensiero che potessero uccidere i suoi genitori solo perché sua mamma non aveva alcun potere magico l’aveva scossa nel profondo e non aveva più intenzione di tacere di fronte agli insulti: le cose erano cambiate per molte persone, non solo per il famoso Harry Potter, da quella notte di giugno.
“Beh, mi avevano fatto proprio arrabbiare, dai, sono così stupidi!” disse a Theodore, riscuotendosi dai suoi pensieri. Il ragazzo continuava a giocare tranquillo.
“Hai fatto bene.” sentenziò Blaise chiudendo il suo libro ed alzandosi pigramente: a Tracey ricordò una pantera nera dalle movenze sinuose. Non c’era da stupirsi che metà delle ragazze di Serpeverde stravedessero per lui. “Quelli come loro rovinano il buon nome di questa Casa – proseguì Zabini – e così la gente si fa l’idea che qui ci finiscono solo gli idioti o gli psicopatici.”
“Se guardi Tiger o Goyle, proprio non puoi dargli torto.” gli fece eco l’altro ragazzo. Tracey finalmente distese la sua espressione ed azzardò una mezza risatina.
“Vi va una partita a Spara Schiocco?” chiese Theodore agli altri due. [2]

 

 

=================

NOTE
[1] il castello che ospita la scuola di magia dei parenti di Oleander. Per una breve descrizione del maniero, vi rimando al VdP, epilogo.
[2] Citazione dall'ultimo capitolo del Calice di Fuoco, dove è George sul treno a chiedere chi vuole giocare a carte.

RINGRAZIAMENTI
Arabesque: in questa fanfiction ci sono meno gag comiche rispetto alla precedente, ma sono riuscita a inserire alcune scenette divertenti (almeno, io spero che risultino divertenti ^^;).
In effetti la Rowling non ha fatto molto per rendere simpatico Smith, eh! -__- 'mazza, nel quinto libro l'avrei preso a scarpate da mane a sera, così quando mi è toccato scegliere una vittima per Piton, la scelta è stata quasi automatica U_U

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12. Confronti ***


CAPITOLO 12 – CONFRONTI

Severus Piton chiuse il libro che stava traducendo e cercò di rilassare le membra sprofondando nella morbida poltrona. Era molto teso e ciò non andava bene: la regola numero uno di un buon occlumante era quella di non permettere mai all’emotività di avere il sopravvento sulla freddezza e sul controllo.
Eppure era stanco, sfinito. Non tanto fisicamente, ma mentalmente: sempre all’erta, sul chi vive, per mesi e mesi, sempre circondato da potenziali nemici, senza mai potersi concedere una tregua.
Lord Voldemort era riuscito ad allungare gli effetti della Pozione Polisucco ad una settimana, ma l’Oscuro Signore non si era preoccupato di rivelargli a cosa servisse: aveva notato solo che quella casa persa nella brughiera, scelta come quartier generale, si andava svuotando lentamente. Aveva già fatto agevolmente due più due: da qualche parte molti maghi oscuri avevano preso le sembianze e si erano appropriati della vita di altre persone. Persone che sarebbero rimaste in vita finchè parti del loro corpo fossero servite per la pozione polisucco, per la quale non si potevano utilizzare dei cadaveri.
Concluso quel compito, Voldemort chiese aiuto a Piton per un'altra faccenda: era riuscito a mettere le mani su antichissimi testi di magia oscura, scritti in lingue dimenticate e voleva che lui ne decifrasse il contenuto. Era particolarmente interessato ai controincantesimi e all’annullamento degli effetti di un sortilegio già praticato. Ma a cosa questo potesse servire, Piton non riusciva ancora ad intuirlo.
Quando non era impegnato a comandare attacchi di Mangiamorte o a sondare le intenzioni dei maghi oscuri che bussavano alla porta per ingrandire le sue fila, l’Oscuro trascorreva molte ore in quella stanza inaccessibile, con Nagini acciambellata di fronte alla pronta d’ingresso; sempre vigile, osservava con occhi malvagi chiunque le passasse troppo vicino, sibilando minacciosa.
Stava quasi per assopirsi, cedendo al piacevole calore che emanava il camino, quando qualcuno bussò discretamente alla sua porta: era Narcissa Malfoy, avvolta in un mantello da viaggio, il viso pallido nascosto parzialmente da un cappuccio, dal quale sfuggiva una ciocca di capelli biondissimi. “Scusa, non volevo disturbarti, Severus.”
“Non mi disturbi affatto, – le rispose il mago, raddizzandosi sulla poltrona – prego, accomodati.”
La donna si calò il cappuccio e si sedette di fronte a lui, mordendosi le labbra vellutate e cercando di trovare le parole per cominciare: l’uomo che aveva di fronte era Severus Piton, amico suo e di Lucius dai tempi di Hogwarts, colui che l’estate prima aveva stretto con lei un Voto infrangibile per sottrarre suo figlio a morte certa, ma probabilmente anche l’uomo più fedele a Lord Voldemort, che non aveva esitato ad uccidere Albus Silente, uno dei maghi più potenti di sempre, per obbedire agli ordini dell’Oscuro Signore. Fino a che punto Severus Piton l’avrebbe compresa? Fino a che punto poteva aprirsi? Ma lei non ce la faceva più a tenersi dentro tutta quella angoscia e lì non c’erano altre persone con le quali potesse sfogarsi.
Anche Piton scrutò Narcissa in silenzio: nemmeno per lei quei mesi erano stati facili, privata dell’appoggio del marito, in ansia costante ogni volta che Draco veniva mandato in missione. Tutte queste preoccupazioni si riverberavano sul suo viso, nelle occhiaie e nelle rughe leggere che ne minavano l’algida bellezza. Dentro di sé Severus sospettava che, potendo, Narcissa avrebbe portato Draco lontano il più possibile da quel luogo, estraniandosi da quella guerra, ma non poteva esserne sicuro: la famiglia Malfoy era da sempre una delle più fedeli a Lord Voldemort. E lui, nella sua posizione, non poteva permettersi alcun passo falso.
“Un bicchiere di vino?” le chiese.
La donna scosse la testa con garbo “No, ti ringrazio, sto per uscire con mia sorella Bellatrix.”
“Una missione?” domandò l’uomo.
“Sì, dobbiamo trovare una persona. Ritengo abbia a che fare con quella stanza che sorveglia Nagini.”
Severus fissò con insistenza le fiamme del camino “Tu sai cosa contiene quella stanza?” chiese, con falso disinteresse.
“No, io no. Ma credo che il Nostro Signore l’abbia confidato a mia sorella, lui si fida molto di Rodolphus e Bellatrix, più di quanto di si fidi di… altri… d’altronde, loro sarebbero lieti di dare la vita per lui.” Narcissa si aspettava di sentirsi rispondere che era un grande onore, che tutti lì avrebbero fatto lo stesso, invece Piton rispose solo un impersonale e neutro: “Sì.”
“Ad ogni modo ero passata per ringraziarti, Severus.”
“Non capisco per quale motivo.” le disse l’uomo, un po’ sorpreso.
Narcissa sbuffò divertita “Davvero non lo immagini? Per avere preso Draco sotto la tua ala protettrice, nonostante ora tu non sia più vincolato dal Voto. Potrà sembrarti sciocco, ma la cosa mi è di grande conforto, adesso che Lucius non c’è.”
“Non ho fatto nulla di particolare.” si schermì Piton.
La donna sorrise appena “Draco mi ha raccontato di Zacharias Smith.”
“Volevo solo ridimensionare quel borioso idiota.”
“Comunque sono contenta che passi del tempo con te, piuttosto che con altri.” Si bloccò di colpo, chiedendosi se non si fosse spinta troppo oltre, nel criticare così apertamente dei loro compagni Mangiamorte. Ma inaspettatamente Piton sorrise a sua volta ed inarcò un sopracciglio “Capisco: Mulciber o McNair non sono l’esempio d'uomo che una madre indicherebbe al proprio figlio.”
Narcissa rise brevemente, nascondendo la bocca con una mano “No, decisamente no.”
“Ma nemmeno io sono un modello di virtù, Cissy, e non posso sostituire Lucius. E’ di lui che Draco avrebbe bisogno ora.”
La donna sospirò “Lo so Severus! Ho provato a chiedere al Nostro Signore di poterlo andare a prendere con l’aiuto di mia sorella e suo marito, ma mi ha risposto che deve farcela da solo e se non ci riesce, lui non ha bisogno di un incapace. – fece una lunga pausa, guardando il mago di fronte a lei con gli occhi azzurri dilatati dalla paura – Ho paura, Severus, ho paura per lui, per Draco, per la mia famiglia.” concluse in un bisbiglio.
"Posso capire." rispose piano l'ex pozionista.
Narcissa si allungò verso Piton e gli prese le mani tra le sue “Severus, te l’ho già detto in passato: non c’è nulla che non farei per la mia famiglia, se la sapessi in pericolo. Nulla.” L’uomo non faticò a riconoscere nelle parole della donna un’accorata e tacita richiesta di aiuto.
Restarono così, a guardarsi a lungo in silenzio, finchè la donna non gli lasciò le mani, mormorando “Ora devo andare, mia sorella mi starà aspettando.” Aveva quasi raggiunto la porta, quando Severus parlò di nuovo “Cissy, aspetta un attimo.”

 = = = = =

Il tempo era volato e le vacanze di Natale erano ormai dietro l'angolo per gli studenti di Hogwarts. Una figura dai bizzarri capelli verde mela si stava dirigendo verso i cancelli della scuola.
"Ciao Tonks! Oggi non era il tuo turno di riposo?" tuonò il possente vocione di Hagrid. Lui stava andando verso la Foresta Oscura con una grossa ciotola di biscotti, probabilmente per una visita al fratello.
"Sì, ma ho accompagnato i miei genitori per una visita alla tomba di Silente."
Poichè la tomba bianca si trovava all'interno dei confini della scuola, tutti i maghi che volevano rendere omaggio all'ex-preside dovevano essere accompagnati da qualche membro della squadra di sicurezza, per la tutela dell'edificio e dei ragazzi. I più sfortunati era quelli che venivano scortati da Moody e dai suoi detector oscuri.
"Ma come? Scortati anche i tuoi genitori? Insomma, loro non ci farebbero mai del male ai ragazzi." esclamò il mezzogigante indignato.
"Lo so Hagrid, ma lo sai anche tu come è fatto il Ministero: le regole sono regole. Comunque è impressionante la quantità di gente che viene ancora: pensavo che dopo il funerale le visite sarebbero calate."
"Silente era un grand'uomo - sentenziò Hagrid - io a volte ancora non ci credo che non c'è più, ecco. E l'altro giorno è venuto un ex-allievo di Tassorosso che mi si è stretto il cuore a guardarlo, ti dico. E' rimasto mezz'ora appoggiato alla tomba, non era in sè, tanto era sconvolto." E si commosse anche lui, soffiandosi rumorosamente il naso in un fazzoletto delle dimensioni di una tovaglia, mentre Tonks gli dava piccole pacche sul braccio. 

Nel frattempo Harry, Ron ed Hermione avevano scoperto qualcosa sulla possibile ubicazione della Coppa di Tassorosso: secondo i giornali del tempo, Caractacus Burke si era dimostrato estremamente sorpreso dopo la scomparsa di Tom Riddle, all'epoca suo aiutante nel negozio, ma poteva essere un bluff. In effetti c'erano buone probabilità che Riddle avesse affidato proprio a lui un oggetto così grande e vistoso affinchè lo custodisse, dato che non poteva essere nascosto agevolmente come il medaglione di Serpeverde, ma dopo il 1981 era impossibile trovare un solo trafiletto che riguardasse Burke.
George e Fred li aiutarono a scoprire qualcosa in più su di lui: un giorno si recarono al Ministero della magia chiedendo di fare ricerche all'Ufficio Anagrafe. Il rifiuto secco dell’impiegato alla reception, motivato da nuove misure di sicurezza, non scoraggiò di due ragazzi: Fred fece cadere ‘accidentalmente’ un po’ di polvere buiopesto peruviana dalla tasca e così i due, cercando l’uscita, finirono casualmente all’Ufficio Anagrafe, dove scartabellarono tra i documenti, finchè non furono sorpresi e cacciati da Dolores Umbridge in persona; purtroppo, a causa di questo incidente, i due maghi avrebbero dovuto sostenere un’udienza disciplinare per intralcio al buon funzionamento dell’ufficio.
Comunque, grazie a loro, i tre ragazzi avevano scoperto che Burke negli anni aveva accumulato parecchi debiti per accaparrarsi i cimeli dei maghi più famosi, a un certo punto aveva ceduto la sua quota del negozio a Sinister ed era sparito nel nulla, abbandonando tutti i suoi beni ai creditori: un gruppo di folletti ed un mago di Fort William, Arcimbold Greedy.
Con i folletti parlò Bill, ma non saltò fuori nulla di utile: a casa di Burke avevano trovato pochi galeoni e anticaglie di dubbio gusto, ma nessun oggetto che potesse somigliare ad una coppa o ad un trofeo.
Invece Greedy in seguito fu arrestato per usura, tentò per tre volte di evadere da Azkaban e fu costretto a subire il bacio dei Dissennatori. Le cronache magiche si interrompevano lì, ma Hermione voleva fare altre ricerche. “Se la coppa non è nelle mani dei folletti, questo è il nostro uomo. E se - alzò un dito per prevenire le proteste di Harry - i libri di magia non parlano di lui, tenteremo con i giornali babbani della zona.”
“Ah, è per questo che trascrivi gli appunti su uno di quelli.” Ron indicò un quaderno babbano sul quale la ragazza aveva annotato molte cose.
“Sì: nel mondo babbano non si va in giro con rotoli di pergamena e penne d’aquila. Pensavo anche di utilizzare Internet durante le vacanze invernali. - sospirò sconsolata di fronte allo sguardo assente dei suoi due amici - Io capisco Ron, ma Harry, tu sei cresciuto in una famiglia babbana, dovresti sapere che cos'è Internet! Sai almeno come funziona un computer?”
“Hermione, se solo mi fossi avvicinato al computer di Dudley, quello mi avrebbe affogato nel water. Per questa ricerca, credo che l’aiuto di Ron ti sarebbe più utile del mio.”
“D’accordo: Ron, tu verrai con me e farai tutto quello che ti dico.”
“E dov’è la novità?” chiese Ron, ignorando lo sguardo di fuoco dell'amica.
"Vi scongiuro, non ricominciate." li pregò Harry, rituffandosi nella lettura delle vecchie copie della Gazzetta del Profeta. A volte sembravano già una coppia di vecchi coniugi. 

= = = = =

Harry entrò nell’aula di Oleander con l’aria di un condannato a morte: pallidissimo, lo sguardo fisso sull’oggetto che la maga stringeva tra le mani, l’espressione disperata.
Oleander gli rivolse un gran sorriso “Rilassati Harry, la coda della tua Firebolt è come nuova. L'ho già riparata una volta e so come maneggiarla.”
Fu come se qualcuno gli avesse detto che aveva appena vinto la coppa del mondo di Quidditch. Recuperò il suo manico di scopa dalle mani della maga e guardò i rametti di betulla, che erano stati perfettamente saldati: non si notava alcuna differenza rispetto a prima.
“La prossima volta che vuoi esercitarti su una manovra così complicata come l’attacco Pellican, usa una scopa in dotazione alla scuola: diamine, ci ho messo due giorni per sistemarla!”
“Grazie, grazie davvero!”
“Mi spieghi una cosa Harry? Perché hai voluto che riparassi i ramoscelli? Avrei semplicemente potuto sostituirli.”
Il ragazzo accarezzò piano il suo manico di scopa, quasi fosse vivo “Mi spiace se ti ho dato tanto da fare, ma questa scopa è molto speciale per me: me l’ha regalata Sirius. E io voglio che resti per sempre come quando lui l’ha comprata, non voglio cambiare nulla. E’ un ricordo prezioso… so che è sciocco, ma…” arrossì e abbassò lo sguardo.
Oleander lo guardò con dolcezza “No, non è affatto sciocco: hai detto una cosa molto bella. Sai, una credenza babbana dice che i maschi assomigliano alle madri e secondo me hai ereditato questa sensibilità da tua mamma.”
Era la seconda volta che qualcuno lo paragonava apertamente a Lily e la cosa gli faceva molto piacere. Per Harry il padre, malandrino e giocatore di Quidditch, era senz’altro un modello, ma in quegli anni aveva avuto modo di scoprire anche cose di lui che non gli erano piaciute. Era Lily la sua vera eroina: quella donna dai lunghi capelli rossi e lo sguardo dolce, ma allo stesso tempo forte e determinata, generosa ed altruista al punto da sacrificare la vita per lui, per proteggerlo con la magia del suo amore.
Osservando quel ragazzo, Oleander si chiese perché Severus lo odiasse tanto e cosa avrebbe pensato di questo aspetto delicato del suo carattere... nulla, probabilmente avrebbe detto che era solo l'ennesima tattica per impietosire il prossimo.


L’anno prima, una sera, Oleander aveva parlato con Severus poco dopo la fine di una delle innumerevoli punizioni di Harry: i rapporti tra i due si erano deteriorati oltre l’immaginabile.
“Non capisco perché ti accanisci a quel modo su di lui: non è l’unico a infrangere il regolamento.”
“Oh, perfetto, anche tu ti sei fatta abbindolare dal Prescelto.” le disse il mago, torvo.
“Ecco – ribattè Oleander, incrociando le braccia sul petto – è esattamente questo che intendo: basta nominarlo e tu carichi subito a testa bassa. Vorrei semplicemente capire…” La stupiva molto che Severus, di solito così calmo e riflessivo, diventasse semplicemente irragionevole quando si trattava di Harry Potter.
Piton sbattè le mani sulla scrivania, con rabbia “E’ sfacciato ed arrogante, esattamente come suo padre, sfrutta la sua popolarità per ingraziarsi gli altri. Al famoso Harry Potter tutto deve essere concesso per diritto divino.”
Oleander scosse la testa, per nulla persuasa “Io sono dell’idea che pagherebbe galeoni pur di disfarsi della sua popolarità ed avere una vita più anonima e tranquilla.”
“E’ ribelle, disprezza le regole e le infrange senza problemi, senza curarsi minimamente delle conseguenze per sé e per gli altri.” insistè il mago, alzando la voce.
“Su questo hai ragione. Sì, hai perfettamente ragione ma, Severus, è solo un ragazzo, un adolescente, un po’ di ribellione è normale a quell’età. Non oso pensare a come mi giudicheresti, se ti raccontassi quello che combinavo io a scuola.”
“Basta, non voglio più parlare di lui, mi basta già doverlo sopportare a lezione.” tagliò corto lui, senza possibilità di replica.

Non c’era nulla da fare: Severus non riusciva a vedere altro in Harry che l’ombra dell’odiato James, e scaricava sul ragazzo l’antico livore.
Ovviamente, anche Harry provava lo stesso odio verso di lui, era sempre prevenuto e pronto a pensare il peggio, qualunque cosa Severus facesse. Chissà se avrebbero mai potuto chiarirsi.
“Qualcosa non va?” chiese l’oggetto dei suoi pensieri, vedendo che si era incantata a guardarlo.
“No-no. Ero soprappensiero. – balbettò la maga – Ascolta Harry…”

“Severus Piton non è la persona che credi tu: in questo momento sta rischiando la vita per noi.” Questo avrebbe voluto dirgli in realtà, ma il cervello bloccò quel pensiero prima che lo pronunciasse e poi, provvidenzialmente, Ginny entrò nella stanza, dicendo ad Harry di sbrigarsi, che la partita sarebbe iniziata a breve.
"Sì, arrivo subito."
"Vuoi che ti aspetti?"
"No, grazie, Ginny, non ce n'è bisogno."
La ragazza uscì ed Harry la seguì con lo sguardo fino all'ultimo: era chiaro come il sole che l'amava ancora “Posso chiederti una cosa? Come mai hai lasciato Ginny?”
“Per proteggerla. – rispose sicuro – L’obiettivo di Voldemort sono io e non voglio che mi stia vicino, rischierebbe troppo. Voglio che lei sia al riparo il più possibile.”
Oleander gettò gli occhiali sul tavolo e si coprì la faccia con una mano “Circe e Morgana soccorretemi! In questo siete uguali, due gocce d’acqua.”
Il ragazzo la fissò allibito: era uguale a chi? A che doveva quello sfogo?
“Scusa Harry, è solo che ti sei comportato esattamente come… una persona che conosco e questo è talmente ironico che… oh, se poteste ascoltarvi ora! Uomini… ci manderete tutte al San Mungo!” produsse un suono buffo, a metà tra un sospiro rassegnato ed una risata amara.
“Ehm… la conosco questa persona?”
Harry di Piton conosceva solo la fredda ed inespressiva maschera che l’uomo mostrava al mondo, perciò Oleander non ritenne di mentirgli quando disse: “No Harry, non lo conosci.” “Come lui non conosce te.”
"Non vieni alla partita?"
"No, scusami: ho ancora parecchi compiti da correggere e, a dire il vero, non mi sono mai appassionata troppo al Quidditch."
"Nella tua scuola non si teneva un torneo?"
"No, l'Istituto Mediolanensis è più piccolo di Hogwarts, gli studenti non sono divisi in Case come qua e non ce ne sono abbastanza per formare più di una squadra. Senza contare che la scuola è molto vicina alla città, il rischio che qualche babbano possa vedere le partite è troppo alto."
"Oh, un vero peccato."
"Una volta il preside provò ad ovviare all'inconveniente facendo giocare i ragazzi disillusi, ma fu un autentico disastro: il pubblico non vedeva un bel niente ed i ragazzi in volo si scontravano di continuo. Arioli e Magni si diedero una di quelle testate che finirono in infermeria per una settimana. - agitò la mano davanti al viso - Davvero una pessima idea."

La partita si teneva il giorno prima delle vacanze di Natale ed era fra Tassorosso e Grifondoro. Harry si era alzato di diversi metri sopra lo stadio, per evitare la traiettoria incrociata dei due bolidi che i battitori della squadra avversaria gli avevano lanciato contro. Il boccino era apparso brevemente in quell’occasione, poi era scomparso. Dal palco, Luna Lovegood si era lanciata a raccontare la storia di un boccino fatto di pelle di Thestral, prima di essere richiamata all’ordine da Minerva McGranitt. Anche il cercatore di Tassorosso era all’erta e setacciava il cielo, mentre Ron parava un tiro particolarmente difficile, guadagnandosi l’applauso del pubblico. D’un tratto a Harry parve di scorgere un debole brillio in lontananza, ma non poteva essere il boccino: era troppo lontano dallo stadio e per di più aveva riflessi argentei, non dorati. Strizzò gli occhi e gli si bloccò il respiro quando si rese conto che ciò che aveva visto era vicino alla tomba di Silente. Era vero o se l’era immaginato?
“HARRY!” urlò Ginny, arrabbiatissima. Il boccino era apparso vicino al pubblico ed il cercatore di Tassorosso si era già lanciato al suo inseguimento. Harry puntò il manico di scopa verso il basso e si tuffò in picchiata: intuendo la traiettoria dell’oggetto, aggirò il palco da dove Luna stava commentando e gli tagliò la strada, riuscendo ad afferrarlo poco prima del suo rivale.
“Grifondoro vince la partita. Menomale, così in classifica Tassorosso resta dietro a Corvonero.” disse Luna tutta allegra ed incurante dei fischi che i ragazzi della Casa sconfitta le indirizzavano, mentre i suoi compagni di Corvonero ridevano divertiti.
“Bella partita, Ron.” disse Harry raggiungendo l’amico.
“Vorrei dire la stessa cosa di te, Harry – Ginny era ancora furiosa – ti eri imbambolato a mezz'aria! Nel bel mezzo di una partita fondamentale, ma a che stavi pensando?”
Il ragazzo pensò per un attimo che si sarebbe beccato una Fattura Orcovolante, ma la ragazza si calmò “Menomale che abbiamo vinto, altrimenti…”
“Me ne ricorderò per la prossima volta.” assicurò Harry.
“Piccola Cinny ha ragione – Krum, di pattuglia quel giorno, aveva assistito alla partita – tu distratto a un certo punto. Qvesto non fa bene.”
“E io?” chiese timidamente Ron.
Krum annuì vigorosamente “Tu buon portiere.”
Ron si illuminò, inorgoglito.
“Ma cacciatore avversario molto scarso.” proseguì il nazionale bulgaro.
“Oh.” il rosso perse un po’ di entusiasmo, ma aveva comunque ricevuto un complimento da Viktor Krum: poteva bullarsi con Charlie a vita!
Luna scese dal palco con la sua solita aria sognante e raggiunse il gruppo di amici “Vi è piaciuta la mia cronaca?”
Ginny si nascose dietro il fratello con un sorrisetto e tutti guardarono altrove, fingendo di non aver sentito, ma Krum spiazzò tutti “Tu molto divertente, altri cronisti noiosi.”
Luna battè le mani per la contentezza, fissando il ragazzo corpulento con i suoi occhi celesti “Oh come sono contenta! E’ la prima volta che mi fanno un complimento così bello, di solito ridono tutti di Luna la lunatica.”
Krum scollò le spalle “Io solo detto ferità.” Ma qualcuno si chiese se il rossore sulle sue guance fosse dovuto solo al freddo intenso di quella giornata invernale.
Poi tutti vennero trascinati dagli altri a festeggiare ed Harry si dimenticò di quello strano luccichio.
Nel pomeriggio Remus passò a prendere Tonks per accompagnarla a casa e così Harry ebbe modo di scambiare due chiacchiere con l'ex-malandrino. Lupin sfoggiava un cappotto nuovo fiammante. “Regalo di Minerva – spiegò – l’altro ha fatto una brutta fine, qualche giorno fa.”
“Cos’è accaduto?”
“Fenrir Greyback ieri sera ha assalito due impiegati del ministero e li ha feriti piuttosto gravemente. Fortunatamente Dedalus Lux era nei paraggi ed è ha dato l’allarme; i due se la caveranno: mancano tre giorni alla notte di luna piena, penso non avranno conseguenze, come Bill. Abbiamo ucciso due suoi compagni, ma Greyback è riuscito a scappare.”
Harry aggrottò la fronte “Non capisco, perché si comporta così? Perché aggredisce le persone anche quando non è trasformato, se sa che poi non diventeranno lupi mannari?”
Remus sospirò “Harry, tu commetti l’errore di considerare Greyback un essere razionale. Ti assicuro che non è così: morde e uccide guidato esclusivamente dal proprio istinto. Credo che non condivida affatto la tecnica attendista che sta utilizzando Voldemort e si sfoghi in questo modo.”

 

 

=========================

RINGRAZIAMENTI
Grazie a casimira che ha inserito la storia tra le seguite.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13. Scherzi pericolosi ***


CAPITOLO 13 – SCHERZI PERICOLOSI

Il giorno successivo, il primo delle vacanze estive, la calma regnava nel castello. Quando Harry si svegliò, era solo nel dormitorio: Neville era già sceso per colazione e Ron era partito la sera prima con Hermione per quelle ricerche di cui avevano parlato; i suoi due amici avevano promesso che sarebbero tornati presto ed Harry sperava tanto che portassero buone notizie.
Il ragazzo approfittò di quella tranquillità per andare a visitare la tomba di Silente: lo faceva di rado e solo quando non c'era nessuno in vista, perché era piuttosto infastidito dalla folla di maghi e streghe che vi si recavano, cantando le lodi di un uomo che, mentre era in vita, avevano spesso osteggiato per le sue posizioni e le sue scelte. Troppo comodo parlarne bene ora, pensava Harry.
Solo in quel momento si ricordò dello strano luccichio che aveva notato il giorno prima mentre era a cavallo della sua Firebolt: si chinò per ispezionare la lapide bianca e non appena la sfiorò con la mano, apparve un puntino metallico, simile a mercurio, che tracciò una scritta sulla superficie immacolata “HARRY?”
Il ragazzo restò immobile, a bocca aperta per la sorpresa, poi, istintivamente, rispose bisbigliando “Sì, sono io, professor Silente!”
Il puntino tracciò una strana figura contorta, simile ad un fiocco di neve stilizzato e poi queste parole “CONTROLLA GLI SCHERZI, PERCHE’ QUESTO NON E’ UNO SCHERZO.” e subito dopo si dissolse sfrigolando contro il marmo.
“No, aspetti! Che cosa vuol dire? Io non ho capito.” gridò Harry, ma era troppo tardi. Apoggiò di nuovo con forza le mani sulla fredda pietra, ci girò intorno, provò a smuovere la terra alla base, ma non accadde più nulla.
Possibile che fosse davvero Silente, un indizio lasciato da lui? Nella sua mente risuonarono le parole, cariche di rimprovero, che la signora Weasley aveva rivolto a Ginny quando la ragazza aveva raccontato del diario di Riddle “Non fidarti mai di qualcosa, se non capisci dove ha il cervello.”
Vero, avrebbe potuto essere benissimo una trappola di Voldemort, così come lo erano stati il diario e i sogni che l'Oscuro gli aveva provocato al quinto anno. Ma nonostante queste riflessioni, si andava sempre più convincendo che quella sembrava proprio una magia tipica dell’ex-preside di Hogwarts, con quell’enigma misterioso! Già, l’enigma… che cosa significava? Perché doveva controllare gli scherzi, se quello che gli aveva mostrato non era uno scherzo? E, soprattutto, cosa voleva dire controllare gli scherzi? Rimpianse che Hermione non fosse lì con lui: era decisamente più in gamba di lui in queste cose.
Prima di dimenticarsi la forma di quello strano oggetto apparso sulla tomba bianca, doveva disegnarlo, perciò tornò di corsa verso il castello. La biblioteca era più vicina della torre di Grifondoro e in quel momento c’erano Ginny, Neville e Hannah che facevano i compiti.
“Harry, cosa ti è successo? Sei pallidissimo!” chiese Ginny, allarmata.
“Ginny, dammi carta e penna, presto!” le rispose il ragazzo, con il fiato corto. Stupita, la ragazza glieli porse ed Harry iniziò a riprodurre fedelmente ciò che aveva visto. Incuriosito, Neville si sporse verso il foglio di pergamena, inclinando la testa “Perché disegni una Stilba Tormentosa?”
Harry sgranò i suoi occhi verdi “La conosci, Neville? Sai di che si tratta?”
L’altro ragazzo avvicinò a sé il foglio di pergamena “Sì: è un microrganismo magico che infetta e distrugge le piante di pomallegra, un albero tipico del Sudamerica, dai cui frutti si ricava si ricava un succo che è la base di tutte le pozioni esilaranti.”

“Non è uno scherzo. – riflettè Harry – Forse vuol dire che questa cosa porterà un’epidemia!” “Ascolta Neville, ma è pericoloso per gli esseri umani?”
“No, no, assolutamente, a noi non fa niente, si nutre esclusivamente di linfa di pomallegra. Se per sbaglio finisce su un essere umano, si appoggia alla base della nuca e si fa trasportare fino a raggiungere una pianta di pomallegra. E' piuttosto intelligente ed oltretutto è resistente a tutti i disinfettanti magici: può essere eliminato solo con l’incantesimo ‘Adimo et evanesco’. Chi lavora nelle piantagioni di queste piante lo usa continuamente.”
“Sei proprio sicuro che non porti malattie per l’uomo?”
“Sicurissimo.” ribattè Neville senza esitazione, che in Erbologia era molto ferrato.
“Harry, perché ti interessa tanto? Insomma, ci vuoi spiegare che succede?” chiese Ginny.
“Non lo so di preciso. – rispose il ragazzo con un debole sorriso a mo’ di scusa – Ma penso che questa cosa sia importante. Neville, è possibile controllare se abbiamo addosso questo insetto?”
“Non è un insetto, però sì, posso controllare.” Il giovane mago estrasse una lente d’ingrandimento dalla sua borsa. Harry stava per replicare che per vedere un microrganismo avrebbero avuto bisogno di qualcosa di decisamente più potente, ma poi notò che lo strumento del ragazzo attorno al vetro aveva una serie di ghiere mobili, ciascuna recante una parola diversa: “granelli di sabbia”, “larve di insetti”, “microrganismi” e persino “batteri e virus”. Il ragazzo ruotò la terza ghiera e poi chiese un volontario.
“Prova con me – disse Hannah, scostando le trecce bionde dalla nuca – ma comunque sappi che mi faccio la doccia tutte le mattine.”
“Oh, certo Hannah – Neville era diventato paonazzo – non lo metto in dubbio, ti credo. Ma la Stilba resiste ai saponi, sai…”
“Va bene, va bene, stavo solo scherzando.” rise la ragazza di Tassorosso.
Harry e Ginny si avvicinarono incuriositi alle spalle del loro compagno grifondoro e osservarono l’immagine che si andava mettendo a fuoco lentamente: uno strano fiocco di neve arancione comparve sulla pelle di Hannah. “E’ quello?” chiese Harry.
“Dovrebbe… però qualcosa non quadra.” Neville parve esitare e il mago dagli occhiali lo guardò preoccupato “Spiegati meglio, per favore.”
“Ecco – disse Neville – la forma è proprio quella, ma la Stilba è azzurra e semitrasparente, questa invece è arancione e del tutto opaca.”
Gli altri ragazzi fecero la prova a turno su di sé e coinvolsero qualche altro ragazzo presente in biblioteca: ognuno recava alla base della nuca una Stilba arancione. Neville scosse la testa “Non ha senso, non ha alcun senso: prima di tutto questo microrganismo si trova quasi esclusivamente in Sudamerica. Se uno solo di noi l’avesse addosso, penserei ad una coincidenza, ma tutti… e poi quel colore, è semplicemente sbagliato. E’ come se fosse stato…”
“Stregato?” suggerì Harry.
“Sì, esatto.”
“Harry, ti decidi a dirci cosa succede?” chiese Ginny, esasperata. Il ragazzo allora raccontò cosa era apparso sulla tomba di Silente. Alla fine, i quattro sedevano attorno al tavolo a braccia conserte, riflettendo sul da farsi.
“Controllare gli scherzi. – borbottò Hannah – Non capisco cosa vuol dire.”
“Nemmeno io.” fece eco Neville.
“Zonko. – suggerì Ginny con naturalezza – da lui è pieno di scherzi.”
“E’ vero – assentì Harry – ma Zonko ha chiuso più di un anno fa.”
“Oh, se è per questo la Stilba Tormentosa può vivere più di dieci anni senza nutrirsi. E’ per questo che la chiamano così.” disse Neville.
“Continuo a non capire – insistette Hannah – per quale motivo Zonko ci avrebbe ricoperti di batteri?”
“Non lo so, ma se Silente ha voluto mettermi in guardia su questa cosa, significa che è importante.”
“Perché non andiamo a verificare all’Emporio? – disse Ginny – Papà mi ha detto che non è stato ancora sgomberato dagli addetti del Ministero, è esattamente come l’ha lasciato.”
“Non dovremmo avvisare un insegnante?” chiese Neville, titubante, al quale l’idea di uscire dal castello per andare ad Hogsmeade senza autorizzazione non sorrideva per nulla.
La ragazza dai capelli rossi scosse la testa “La Preside è al Ministero e gli altri insegnanti sono tutti via. Al massimo potremmo dirlo a Gazza e puoi immaginarti come ci risponderebbe. E poi sinceramente sono stufa di starmene con le mani in mano, ho voglia di fare qualcosa.”
Harry riflettè: Hosgmeade poteva ritenersi sicura, c’erano di pattuglia diversi Auror in pianta stabile e non si erano mai registrati attacchi di mangiamorte nella cittadina. La ricerca nel negozio di Zonko si prospettava più che altro come una piccola avventura, non ci sarebbe stato niente di male a portare anche Ginny. Dopotutto era stata la ragazza ad avere l’intuizione di cercare all'Emporio e non fosse stato per lei, lui sarebbe stato ancora lì seduto a lambiccarsi il cervello. Neville sembrava dell’idea di rinunciare e tornare nella torre di Grifondoro, facendo finta di niente, ma quando Hannah disse che si sarebbe unita al gruppo, cambiò idea all’improvviso.
I quattro utilizzarono il passaggio sotto al Platano Picchiatore ed emersero nella Stamberga Strillante, ai margini di Hogsmeade. La cittadina appariva pigra ed ancora sonnolenta.
Attorno all’ex-emporio di Zonko regnavano disordine ed abbandono: molti lo avevano preso per un deposito di rifiuti e qualcuno aveva rotto il vetro di una finestra per introdursi a saccheggiarlo. Attraverso i vetri sporchi si intravedeva la devastazione all’interno: scaffali a penzoloni, ripiani divelti, pezzi di pergamene ovunque. Usarono quello stesso varco per introdursi nel negozio, desolatamente freddo e vuoto; Neville accese la punta della sua bacchetta, provocando la fuga di un nutrito gruppo di pipistrelli.
“Cosa stiamo cercando esattamente, Harry?”
Il ragazzo stava procedendo a tentoni: sapeva solo che Silente gli aveva lasciato un indizio, ma dove questo conducesse, non lo sapeva. “Ecco, vediamo se è stato davvero Zonko a contaminarci con queste…”
“Stilbae Tormentosae.” suggerì l’amico.
“Quello che sono. Ginny, ti spiace voltarti?”
La ragazza gli diede le spalle ed Harry le scostò i capelli dal collo, cercando di non pensare alla loro morbidezza ed al calore della pelle della ragazza, mentre un fremito risaliva lungo il suo braccio. Dovette schiarirsi la voce, prima di pronunciare l’incantesimo “Adimo!” ma invece di far evanescere il microrganismo, lo ingrandì con un “Engorgio!” La Stilba raggiunse le dimensioni di un bottone color mandarino maturo ed Harry gli puntò nuovamente la bacchetta contro “Invenis!” La Stilba schizzò via all’improvviso e si spiaccicò contro la parete alle spalle del bancone, lasciandoci una macchia; il ragazzo si avvicinò alla parete: non notava nulla di strano, così riprovò con la Stilba di Hannah e poi quella di Neville, ma anche queste andarono a spiaccicarsi sulla parete. Harry provò allora a vedere se fosse stata stregata in qualche modo “Rivela il tuo segreto.” ma non accadde nulla.
Ginny ebbe però un’intuizione “Forse non ha usato la magia per nascondere qualcosa: un bravo mago l’avrebbe scoperto subito. Può darsi che abbia utilizzato metodi babbani. Fred e George lo facevano sempre, per farla sotto il naso alla mamma.”
“Cioè?” chiese Harry.
“State indietro.” La ragazza puntò a sua volta la bacchetta contro il muro e gridò “Bombarda!” Si udì una forte esplosione e la stanza fu invasa da polveri e pezzi d’intonaco.
Hannah si era nascosta dietro Neville “Ginny! Ma ti ha dato di volta il cervello? Oh…”
Il buco creato dall’incantesimo della Grifondoro rivelò una nicchia nascosta nel muro, che conteneva un barattolo di vetro pieno di Stilbae azzurrine ed una pergamena molto usurata dall’aria antica che recava scritta una formula magica, in una lingua che però nessuno dei ragazzi seppe riconoscere o interpretare. Tuttavia, da quei simboli arcani e misteriosi vergati sulla carta ingiallita pareva emanare un’aura malvagia, un’intenzione ostile, che fece frettolosamente arrotolare ad Harry la pergamena.
Il ragazzo decise di inviare un Patronus a Remus per informarlo dell’accaduto ed in men che non si dica il licantropo lo raggiunse al Castello. Per prima cosa fece loro una ramanzina coi fiocchi, ma poi studiò con grande attenzione ciò che avevano trovato i suoi giovani amici.
“Avevi ragione ad avere una brutta sensazione, Harry. Questa è una magia nera, antica e potente. Ha fatto in modo che ogni Stilba diventasse un piccolo segnalatore: chiunque entrasse nel negozio di Zonko ne riceveva una e, da qualche parte, qualcuno sapeva sempre dove fosse. – si sedette pesantemente sul letto di Harry – Certo, ora capisco molte cose.”
“Professor Lupin, sta dicendo che Voldemort ci controlla?”
L’uomo annuì lentamente "Shacklebolt e l'intero dipartimento degli Auror sono letteralmente impazziti in questi mesi per capire come i Mangiamorte sfuggissero sempre alla sorveglianza e come invece essi andassero a colpo sicuro. Avevamo pensato a delle spie, perciò abbiamo provato di tutto: a cambiare i piani all'ultimo, a comunicare in codice, ma non serviva a niente. Questo è davvero un grande passo avanti, Harry: eliminando questi insetti-spia riequilibreremo le forze in campo."

"Credi che si possa evitare di rendere pubblica l'informazione?" chiese il ragazzo, che già si immaginava Rita Skeeter che lo inseguiva con la sua famigerata penna ed i titoli cubitali dei giornali: "Il bambino che è sopravvissuto concede il bis, liberandoci da un grande pericolo."
"Difficile: il Ministero non si farà sfuggire l'occasione di mostrare alla comunità magica questa scoperta, però sono certo che sarebbe ben felice di attribuirsi il tutto il merito, quindi se a te non dispiace..."
"Affatto!"
E così, nel giro di pochi giorni, tutte le Stilbae-spia furono rimosse, i titoli sui giornali furono effettivamente cubitali e dai toni trionfalistici, ma i veri autori della scoperta restarono anonimi. 

= = = = =

Nel salone principale del nascondiglio di Voldemort una trentina di Mangiamorte erano disposti in un cerchio quasi perfetto, al centro del quale l'Oscuro Signore camminava lentamente avanti e indietro, a passi misurati, mentre l'aria sembrava crepitare attorno a lui.
C'era un silenzio reverenziale e timoroso, un'atmosfera di angosciosa attesa, mentre il Lord pareva soppesare attentamente le parole da pronunciare.
Il tempo pareva essersi dilatato, i minuti lunghi come ore e quando finalmente Voldemort parlò, molti suoi seguaci sobbalzarono nervosamente. "Oggi sono venuto a conoscenza di un fatto molto, molto spiacevole."
Accanto a Piton, Peter Minus deglutì rumorosamente.
"Io sto impiegando tutte le mie energie, tutto il mio potere magico per mettere a punto un piano perfetto, che mi permetterà di sbarazzarmi di Potter e di tutti coloro che mi ostacolano in un colpo solo, una volta per tutte. Ditemi, pretendere gli stessi sforzi e la stessa attenzione da parte dei miei alleati è forse chiedere troppo?"
Per quanto fosse una domanda retorica, i mangiamorte scossero la testa all'unisono.
"Infatti - confermò l'Oscuro - allora qualcuno di voi avrebbe la compiacenza di spiegarmi come sia potuto accadere questo?" e lanciò in aria una copia del giornale, che riportava la notizia del giorno. "Vi rendete conto di quanto fosse importante tenere sotto controllo le mosse degli Auror? Avete una vaga idea del vantaggio che perdiamo? Di quanti di voi, d'ora in poi, rischieranno la vita? Un inutile spreco di sangue magico!"
Tremando come una foglia, Zonko si fece avanti "Mio Signore, non so come sia potuto accadere!"
"E' accaduto - ribattè Voldemort - perchè sei un incapace e hai commesso un errore."
"Sì, avete ragione, è tutta colpa mia! Ho commesso un errore imperdonabile, ma vi giuro che non capiterà mai più."
"Su questo non ci sono dubbi." il mago oscuro puntò la bacchetta contro il suo adepto, non pronunciò alcun incantesimo, ma dalla punta della bacchetta scaturì una ben nota luce verdastra, e Zonko crollò a terra privo di vita.
"Che questo sia di monito a tutti voi: due delle cose che più odio al mondo sono l'inettitudine e la stupidità." Rivolse un'occhiata in tralice a Draco, che trasalì. Poi si ritirò nei suoi alloggi privati, mentre due Mangiamorte facevano sparire il cadavere.

Travers borbottò "Ero passato solo per riferire una notizia, ma credo non sia il momento giusto."
"Oh? Di che si tratta?" chiese Piton.
"Ti ricordi di quel ragazzo arrivato qui circa un mese fa? Se non sbaglio è anche stato tuo allievo."
"Smith. - disse Piton con indifferenza - Sì, vagamente. Non ho molta memoria per le persone mediocri. Cosa gli è accaduto?"
"E' stato sorpreso da un Auror in un negozio di ferramenta babbano mentre stregava alcuni attrezzi e così è stato condotto ad Azkaban. E se spifferasse qualcosa su di noi? Forse è il caso di farlo uccidere."
"Dubito che esista un essere umano in possesso di una tale quantità di idiozia: al momento Smith rischia solo qualche mese di galera, ma se rivelasse di essere un seguace del nostro Signore, non uscirebbe più da Azkaban. Tu parleresti, Travers?"
"No, certo che no."
"Benissimo. Allora ti suggerisco di non tediare il nostro Padrone con questioni di poco conto."
 

 

=====================

RINGRAZIAMENTI

nihal93: grazie per la recensione e per aver inserito la storia tra le seguite. Sono d'accordo con te: oggettivamente nei libri ci sono dei punti in cui Harry si rende insopportabile -__-

Il finale della storia è ancora piuttosto lontano (siamo circa a metà), ma posso anticiparti che non sono per i finali angst e tragici -_^

Arabesque: Oleander ha solo mentito a se stessa, cercando di non pensare a Severus, ma come vedi, non ha retto a lungo.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14. La Coppa di Tassorosso ***


CAPITOLO 14 – LA COPPA DI TASSOROSSO

La tempesta di vento, neve e ghiaccio non accennava a placarsi ed imperversava sul castello di Hogwarts da almeno due giorni. Era il 26 dicembre, Ron ed Hermione non avevano ancora fatto ritorno a scuola, ma Harry li attendeva da un momento all'altro, sperando che avessero buone notizie riguardo alla Coppa di Tassorosso.
A metà mattinata alla neve, inspiegabilmente, si unì anche la grandine: chicchi grossi come acini d'uva piombavano al suolo con violenza. La professoressa Sprite chiese aiuto agli studenti rimasti per riparare i vetri infranti delle serre di Erbologia, prima che il freddo danneggiasse i germogli delle piante magiche.
Ad Harry toccò la serra numero Uno ed il ragazzo fu davvero molto impegnato, utilizzando Reparo e sortilegi scudo a ripetizione. Quando un chicco di grandine delle dimensioni di una pallina da golf gli sibilò troppo vicino alla testa, si lasciò andare ad un'imprecazione davvero scurrile.
"Harry, modera il linguaggio!" La voce di Hermione era inconfondibile.
"Finalmente, eccovi qua."
"Accidenti, qui è ancora peggio che a Londra... Protego!" Ron si difese da un'altra scarica di grandine, mentre Hermione riparava i vetri.
"Scoperto qualcosa di interessante?" chiese il ragazzo con gli occhiali. I suoi due amici si scambiarono un'occhiata di intesa, poi Hermione gli porse delle fotocopie di una rivista. Sulle prime Harry pensò che la sua amica lo stesse prendendo in giro: l'articolo che aveva sotto gli occhi era preso da uno di quei giornaletti di cronaca rosa che riempivano il portariviste nel salotto di zia Petunia. Aprì la bocca per chiedere cosa fosse quella follia, ma Ron lo zittì "Prima leggi, e poi ci saprai dire."
L'articolo parlava del compleanno di Herbertina Marshall, la cittadina più anziana di Glen Nevis (che dalla foto assomigliava anche a zia Petunia da vecchia); il giornalista le rivolgeva le solite domande sulla sua vita e poi sulle persone che aveva conosciuto nella piccola località turistica, non lontana da Fort William.
La parte centrale dell'intervista attirò in effetti l'attenzione di Harry:

Herbertina: "Gente strana che viene a visitare il Ben Nevis [1] da queste parti ne è passata tanta: turisti americani viziati, spagnoli ed italiani chiassosi, ma, mi creda, nessuno potrà mai battere per bizzarria e maleducazione A.G. (nel corso dell'intervista lo indicheremo solo con le iniziali per ovvie ragioni di privacy NdR), che si stabilì qua di fronte per qualche tempo. Una persona scorbutica, che non rivolgeva mai la parola a nessuno di noi, quasi ne fosse disgustato, e dio solo sa dove facesse la spesa, perchè all'emporio del paese non ci ha mai messo piede. Per non parlare dei suoi spostamenti furtivi e sospetti! A volte lo vedevi arrivare dal viale e chiudersi dentro casa e dopo qualche ora... rispuntava nuovamente dal viale, come se uscisse di nascosto da una finestra o, chissà, come se scomparisse nel nulla. Le sembra un comportamento normale? No, vero? A me non è mai piaciuto, era un tipo losco, perciò non mi sono sorpresa affatto quando è scomparso nel nulla, sicuramente era implicato in affari poco puliti e avrà fatto una brutta fine."

Da lì l'articolo proseguiva con noiosi pettegolezzi riguardanti l'ex-moglie del sindaco, ma Harry non se ne curò "A.G. ... Arcimbold Greedy!"
"In effetti, da come viene descritto in questo articolo, sembrerebbe il nostro uomo - incalzò Hermione - Greedy era un purosangue, da qui il suo disprezzo per i babbani. Però era anche un usuraio e quindi si nascondeva in un luogo anonimo e solitario, dove difficilmente a qualche mago sarebbe venuto in mente di cercarlo, ma comunque non lontano dalla città ove era nato, dove forse in passato aveva conoscenze ed appoggi. E il fatto che uscisse di casa senza che nessuno lo vedesse..."
"... era perchè si smaterializzava." concluse Harry.
"Che cosa vuoi fare?" chiese Ron.
"Mi pare evidente, andiamo a Glen Nevis."
"Adesso?" chiesero i suoi due amici in coro.
"Sì, adesso! Lì potrebbe esserci un horcrux, capite?"
Dissuadere Harry fu impossibile e i due si rassegnarono a seguirlo: raccolsero le borse e, appena fuori dai cancelli della scuola, si smaterializzarono e ricomparvero ai margini del villaggio ai piedi del Ben Nevis.
Qui il paesaggio era completamente diverso da Hogwarts: non c'era alcuna traccia di tormenta, il cielo era terso, ma l'aria era ugualmente gelida. Nonostante fossero in prossimità della montagna più alta del Paese, non si vedeva un singolo fiocco di neve e, quell'inverno, l'economia turistica locale ne stava risentendo.
Individuare il viale di cui si parlava nell'articolo non fu difficile, perchè in effetti il villaggio era attraversato da un'unica strada, ai lati della quale si trovavano piccole e graziose villette monofamiliari, circondate da un giardino ben curato e chiuse da uno steccato bianco.
"Queste case sono tutte uguali - si lamentò Ron - come facciamo ad individuare quella che ci interessa?"
Al suo occhio di mago era sfuggita una grossolana anomalia nel paesaggio, che invece gli altri due, cresciuti in ambiente babbano, non faticarono a riconoscere: una di quelle villette era l'emblema della estrosità, una specie di inno al surrealismo. Pareva quasi che il suo proprietario avesse fatto di tutto per farla sembrare una normale e comune costruzione della middle-class inglese. Fallendo miseramente.
Le pareti di legno erano color ciliegia, anzichè di un sobrio color bianco, a ciascuna finestra era appena una tenda di un motivo e colore diverso e dietro la porta d'ingresso era stato drappeggiato un grembiule, il tetto era coperto da tegole di uno squillante color giallo, vi svettavano ben cinque comignoli e nessuna antenna televisiva, nè parabola. La costruzione strillava "sono la casa di un mago" a pieni polmoni.
"La nostra casa è questa." dissero all'unisono Harry ed Hermione.
"Sicuri? - chiese Ron in tono scettico - E come fate a dirlo?"
Un paio di semplici Alohomora furono sufficienti per aprirsi la strada, ma purtroppo la casa di Greedy non nascondeva nulla di interessante, c'erano solo mobili polverosi e tappeti divorati dalle tarme, nessun nascondiglio segreto, nè tantomeno alcuna coppa. Curiosamente, però, vi erano quadri raffiguranti il Ben Nevis in ogni stanza della casa. "Potrebbe aver nascosto lì le fortune accumulate facendo l'usuraio." suggerì Ron.
I tre uscirono dalla casetta e si trovarono faccia a faccia con un'anziana avvolta in una pesante vestaglia di flanella marrone, curva su un bastone da passeggio. "Si può sapere chi siete, ragazzini? E cosa ci facevate in quella casa?" chiese sospettosa.
Mentre Ron si limitò a mormorare un "Oh, cavoli!" e Harry cercava freneticamente nella sua mente una risposta plausibile, Hermione si presentò ad Herbertina Marshall con un educato inchino "Buongiorno signora! Mi chiamo Hermione Granger e qualche giorno fa ho scoperto dalla prozia di mia cugina Alice che un nostro lontano parente acquisito, Arcimbold Greedy, abitava qua e così mi è venuta voglia di cercare dove abitasse, sa, per conoscerlo un po' meglio. Mi spiace davvero se in qualche modo l'abbiamo disturbata, non era nostra intenzione."
I modi affabili della ragazza addolcirono l'anziana "Ma guarda, pare che in giro esista ancora qualche giovane che conosce l'educazione. Ad ogni modo, la tua famiglia non si è persa nulla: non so cosa tu sappia di Greedy, ma per esperienza personale posso dirti che era un gran maleducato. Siamo stati vicini di casa per cinque anni e non mi ha mai rivolto una parola."
"Oh, mi spiace molto."
"Ero in buona compagnia, lui si comportava così con tutti. L'unico con il quale scambiò due chiacchiere, poco dopo il suo arrivo, fu Jim Taylor, la guardia forestale."
"Davvero?"
"Sì, se non ricordo male gli chiese un sacco di informazioni sul Ben Nives, specie sulle zone meno frequentate ed accessibili. E secondo voi si degnò di ringraziarlo? Certo che no!"
Dopo venti minuti buoni di lamentele su Arcimbold Greedy, Hermione riuscì a sganciarsi e il trio si incamminò verso la montagna.
"Hermione, sei stata grande! - urlò Ron - meriteresti cento... no, che dico, duecento punti!"
Quando si ritennero abbastanza lontani dal paese tirarono fuori dalle loro borse, opportunamente stregate con un incantesimo di espansione, i manici di scopa e volarono veloci verso il Ben Nives. "Aggiriamo la montagna e atterriamo sul lato nord. - urlò Harry quando furono in vista della meta. - Secondo la vecchia lì c'è un solo sentiero e non ci va mai nessuno perchè non c'è nulla di interessante da vedere o fotografare."
"Proprio il luogo ideale perchè un mago vi nasconda qualcosa." osservò Ron.
Atterrarono in una piccola radura ed iniziarono a percorrere una stradina sterrata che dopo qualche centinaio di metri si riduceva ad un ripido e malagevole sentiero, ingombro di sassi e di radici. Se all'inizio i tre chiacchieravano amabilmente, dopo un po' gli unici rumori udibili erano i loro respiri affannati "Non posso credere... anf... che i babbani... anf anf... considerino *divertente* inerpicarsi su una montagna!" protestò il rosso Weasley.
Giunti all'altezza di un largo tornante, dalla borsa di Harry provenne un ronzio familiare.
"Cos'è?" chiese Hermione, grata di poter fare una piccola pausa.
Harry aprì la borsa e lo spioscopio che gli aveva regalato quattro anni prima Ron schizzò fuori come una molla, fischiando impazzito, poi rotolò verso due filari di alberi bassi, i cui rami si protendevano gli uni verso gli altri, fino a creare una sorta di galleria naturale "Ragazzi, direi che ci siamo."
Una debolissima traccia di sentiero, poco più di una striscia nell'erba gialla e congelata dal freddo si inerpicava lungo il pendio "Ancora salita!" si lamentò Hermione, esausta.
La traccia, sfortunatamente, dopo circa un chilometro si interrompeva all'improvviso contro una erta collinetta, sorprendentemente ancora verde, che sbarrava il cammino "E adesso dove andiamo?" chiese Ron.
"Non so, ma il tuo spioscopio è ancora attivo." rispose Harry.
"Non posso crederci - esclamò Hermione, irritata - tutta questa fatica e siamo finiti in un vicolo cieco?" per la rabbia allungò un calcio ad un tronco vicino alla collinetta. Si udì subito un brontolio basso e sordo.
"Oh, Hermione, se hai fame basta dirlo, ho portato delle Cioccorane." Ron si mise a frugare nella borsa, ma la ragazza lo fermò indignata "Non era il mio stomaco! - strillò indignata - come hai potuto pensare una cosa del genere?"
Il rumore si ripetè, più forte.
"Andiamo, è normale, non mangiamo nulla da stamattina."
"Ti ho detto che non sono stata io!" ribadì lei, paonazza.
"E allora cosa...?"
La collina si agitò ed il tronco a cui Hermione aveva dato un calcio si mosse: una creatura di grandi dimensioni si alzò sulle zampe marroni e volse il brutto muso rincagnato verso i ragazzi. Era un drago, ricoperto da squame verdi irte e sottili che ricordavano l'erba e le zampe e la coda marroni, come corteccia di larice.
"Miseriaccia, un Mimetico Verde Danese!"
Il drago alzò la coda e la abbattè su Ron ed Hermione, che saltarono indietro evitandola per un pelo.
Ron ed Hermione cercarono riparo tra gli alberi "Questo drago dovrebbe stare in Danimarca. - urlò il ragazzo fuori di sè - Cosa ci fa qui?"
Hermione lo abbagliò momentaneamente con un incantesimo "Io di sicuro non vado a chiederglielo."
Anche Harry cercò di centrare la creatura negli occhi, ma questi erano troppo infossati nella testa ed ottenne solo di far girare la creatura infuriata nella sua direzione.
"Fa' attenzione, Harry! - gli gridò Ron - Questo drago non sputa fuoco, ma un muco appiccicoso con cui intrappola le sue prede."
Le urla di Weasley fecero girare nuovamente il drago verso i due. Hermione indietreggiò istintivamente, mise il piede su una roccia instabile che franò sotto il suo peso, la ragazza perse l'equilibrio e ruzzolò giù per il pendio.
"HERMIONE!"
"Pensa a lei Ron, con questo me la sbrigo io, ne ho già affrontato uno e so cosa fare. Sono qui, bestiaccia!" Harry attirò l'attenzione del lucertolone colpendolo con un paio di schiantesimi piuttosto forti. Il drago si girò di scatto verso di lui e spalancò le ali membranose.
"Accio scopa!" il ragazzo vi montò sopra al volo e saettò tra gli alberi, inseguito dal drago. Forse aveva parlato troppo presto: non era come quando aveva affrontato l'Ungaro Spinato al Torneo Tremaghi, qui Harry non riusciva a volare come desiderava, perchè doveva continuamente evitare alberi e rami sporgenti, mentre il drago, abituato a quell'habitat intricato, guadagnava terreno. Provò un paio di finte e a volare rasente a terra, ma il Mimetico non rallentava; all'altezza di una radura, il ragazzo decise di puntare il suo manico di scopa verso l'alto, uscendo dalla foresta  e spingendo la sua Firebolt al limite. Compì un paio di brusche virate per evitare gli schizzi di muco del drago, ma un terzo però lo colpì di striscio, incollandogli il braccio destro al manico di scopa, che si avvitò pericolosamente su se stessa. Solo la bravura del ragazzo, ora costretto a manovrare con un braccio solo, evitò lo schianto al suolo. Harry riguadagnò quota, ma il Mimetico gli era sempre alle calcagna; decise quindi di tentare una mossa azzardata: puntò dritto verso la parete rocciosa, poi si fermò ed attese il suo avversario. Il drago spalancò la bocca e sputò.
Harry mirò con la propria bacchetta e pronunciò l'incantesimo di respingimento "Depulso!" Il muco schizzò indietro verso il suo proprietario, colpendolo in pieno muso ed accecandolo. A piena velocità il drago impattò contro il duro granito della montagna e precipitò tra gli alberi privo di sensi.
Harry si ripulì velocemente con un Gratta e netta, attese qualche istante che il cuore rallentasse la furiosa galoppata nel suo petto e iniziò dolcemente a scendere di quota lungo il fianco della montagna: voleva tornare indietro ed accertarsi che i suoi amici stessero bene. Stava quasi per toccare le cime degli abeti più alti, quando una fenditura nella parete davanti a lui attirò la sua attenzione: sembrava che qualcuno avesse fatto saltar via una fetta di roccia con un gigantesco coltello, i bordi della spaccatura erano lisci e regolari, in netto contrasto col resto delle rocce granitiche, irregolari ed erose dalle intemperie, sicuramente era stata creata da mano umana. "O da una bacchetta magica." Si avvicinò un po' di più e con sua grande sorpresa si accorse che oltre la stretta feritoia vi era una vera e propria grotta, che si inoltrava nel ventre della montagna.
Con molta cautela posò il piede su uno spuntone di roccia, ripose la Firebolt nella borsa ed impugnò la sua bacchetta magica, strisciando lateralmente attraverso l'angusto passaggio. "Lumos!" la luce azzurra dell'incantesimo illuminò un lungo corridoio in discesa scavato nella roccia, dalle pareti umide per le infiltrazioni d'acqua e viscide di muschio.
Enormi ragnatele indicavano che da parecchio tempo nessuno vi si era più addentrato, ma lungo le pareti erano appese delle torce spente, Harry accese la prima con un incantesimo e tutte le altre si infiammarono in sequenza: non aveva più alcun dubbio che quello fosse stato il nascondiglio di Arcimbold Greedy.
Avanzò lentamente, la bacchetta tesa davanti a sè, facendo molta attenzione a non ruzzolare sulle rocce scivolose; man mano che si addentrava nel tunnel la temperatura calava e presto Harry potè vedere le nuvole di vapore del suo fiato e sentire le estremità delle sue mani formicolare per il freddo pungente. Concentrato soprattutto a verificare che non ci fossero strani trabocchetti, non fece troppo caso ai cadaveri di pipistrelli, roditori ed anfibi che sempre più frequentemente giacevano abbandonati negli anfratti tra le rocce.
Dal fondo del passaggio proveniva una forte luce dorata "Ci siamo!" pensò il ragazzo. Deglutì e sentì la gola secca come carta vetrata: provava uno strano senso di inquietudine, la stessa che, quando era piccolo, gli faceva dare un'occhiata sotto al letto prima di sdraiarsi, per essere sicuro che in quello spazio buio non si annidiassero mostri. Era come un campanello di allarme in fondo alla sua mente - no la sensazione proveniva da più giù, dal cuore - che lo pregava di prestare attenzione.

"Non essere sciocco, Harry Potter, in questo posto nessuno mette piede da anni. E' solo la tua immaginazione."
Ormai era giunto alla fine del tunnel e lo spettacolo che si trovò davanti era così strabiliante da lasciarlo a bocca aperta: si trovava in una stanza circolare piena di monete e gioielli, da fare invidia alle sue fortune depositate alla Gringott. Si camminava letteralmente su un tappeto di galeoni e falci, mentre da piccoli forzieri sparsi qua e là traboccavano collane d'oro, bracciali, ciondoli e monili e tutto ciò che Greedy l'usuraio era riuscito a sottrarre alle sue vittime.
E poi la vide: su un ripiano di pietra era posata una bellissima coppa d'oro con manici di ferro finemente lavorati, sul cui davanti era inciso un tasso; dal fondo del recipiente proveniva una luce, che si riverberava in mille reticoli color miele sul soffitto della stanza. Un senso di calma e pacatezza si diffuse in lui, mettendo a tacere quel campanello d'allarme. Come aveva potuto temere un oggetto tanto bello?

"Avvicinati, non aver paura." sembrava suggerirgli la coppa.

Meccanicamente, Harry fece un passo verso di essa. La bacchetta gli cadde di mano, infilzandosi tra le monete, ma lui non se ne accorse. Era come ipnotizzato dai bagliori dorati che provenivano dall'oggetto.

"Vieni, Harry, ti stavo aspettando." Sì, la coppa di Tassorosso lo stava chiamando. Mosse un altro passo e potè sbirciare oltre l'orlo del recipiente. Era ricolma di una bellissima luce, liquida e dorata.


"E' tanto tempo che attendo, portami fuori da qua."

La voce della coppa era come una vibrazione nella sua testa ed era entrato in risonanza con essa. Qualcosa lo attirava inesorabilmente ed irrimediabilmente verso di essa, come una calamita.
Ormai il ragazzo era a un passo dalla coppa, allungando le mani avrebbe potuto sfiorarla. Oh sì, l'avrebbe portata con sè. Stese le braccia, pronto ad afferrarla per i manici, quando quella voce allarmata riuscì di nuovo a farsi largo nella sua mente ottenebrata "No, Harry, allontanati subito, è una trappola! Devi difenderti, presto!"
Il ragazzo sbattè gli occhi un paio di volte e fu come risvegliarsi da un sonno profondo, mise a fuoco l'oggetto davanti a sè e vide con orrore che ciò che traboccava dalla coppa non era affatto luce dorata, ma un liquido putrido e nerastro. Un brivido corse lungo la sua schiena al pensiero di cosa gli sarebbe successo, se solo lo avesse toccato. La sua mano destra era pericolosamente vicina al manico della coppa "Aperio vim!" gridò il ragazzo d'istinto. La spada di Grifondoro si materializzò nella sua mano destra e senza pensarci due volte affondò il colpo, con tutta la forza e la rabbia di cui era capace: la punta della lama urtando il recipiente produsse un rumore sordo come il suono di un gong. La spada si spezzò nell'impatto, ma sul davanti della coppa si aprì una crepa, dalla quale fuoriuscì quel liquido putrido, che corrodeva il basamento di roccia su cui poggiava la coppa e le monete che ricoprivano il pavimento, bollendo e sfrigolando. Harry rinculò il più velocemente possibile, vide la sua bacchetta con la coda dell'occhio e la raccolse, appiattendosi contro la parete. La Coppa e la spada di Grifondoro vennero consumate del tutto ed alla fine sembrava che fossero state poste all'interno di una fornace, tanto erano deformate e distorte.
Era cosciente di essersi trovato di fronte ad un frammento dell'anima oscura di Voldemort: dentro di sè, senza saperselo spiegare, sentiva di essere stato ipnotizzato da essa.

Quasi attratto.
Come una falena che non sa resistere alla luce della fiamma, inconsapevole di andare incontro alla sua fine.

Recuperò la sua bacchetta e in quel momento si ricordò dei suoi amici che aveva lasciato nel bosco ed uscì da lì più in fretta che potè.
 

Dopo aver messo il piede in fallo su quella roccia, Hermione scivolò giù lungo un ripido pendio, ricoperto di aghi e foglie cadute, che le rendevano impossibile frenare con i piedi e l'erba secca che afferrava convulsamente con le mani si strappava. Non riuscì ad evitare un grosso masso di cui si accorse all'ultimo istante, sbattè la testa e perse i sensi.
"Hermione!" dietro di lei Ron correva e saltava per raggiungerla. Mise mano alla bacchetta e la puntò contro la ragazza "Incarceramus!" la sua idea era quella di avvolgere la corda dell'incantesimo attorno al braccio della ragazza e fermarne la corsa, ma un albero si frappose sulla traiettoria "No, merda!" Ron non si arrese, riprese a correre e tentò una seconda volta: la corda si avvolse attorno al polso della Grifondoro, trattenendola. In un attimo Ron le fu accanto "Hermione! Hermione, svegliati." Le posò una mano sulla guancia, accarezzandola "E' colpa mia, sono un inetto, non riesco a proteggerti, non riesco a fare mai nulla di bello per te. Vorrei essere una persona migliore, per te, perchè ti amo così tanto."
"Ce ne hai messo di tempo per dirlo." mormorò la ragazza con voce flebile, tenendo ancora gli occhi chiusi, mentre un sorriso le allargava le labbra.
Ron allontanò la mano dal suo viso, come se scottasse "Ah... oh..." fu tutto ciò che riuscì a balbettare, in preda all'imbarazzo più profondo che avesse mai provato in vita sua.
Hermione aprì i suoi occhi castani "Non preoccuparti, a me piaci così come sei, Ronald Weasley. Non cambierei nulla di te."
"Allora tu..."
"Sì. Ti amo."
Era tutto quello che Ron voleva sapere. Si chinò su di lei e la baciò.
"Oh bene - la voce di Harry li fece staccare bruscamente l'uno dall'altra - io rischio la vita e voi siete qui a pomiciare." Il tono era risentito, ma il volto del ragazzo con gli occhiali esprimeva più che altro divertimento. Divertimento che aumentò quando vide entrambi diventare di un bel colore rosso acceso come i capelli di Ron.
"Il drago?" premendosi una mano sulla testa ancora dolorante Hermione si tirò in piedi.
"E' a farsi un sonnellino. Ed ora c'è un horcrux in meno."
"Oh cavolo! - esclamò Ron - Vuoi dire che hai trovato la coppa? L'hai distrutta?"
Harry riuscì solo ad annuire prima che i suoi due amici gli si gettassero addosso con un liberatorio urlo di trionfo. 

= = = = =

Percy Weasley si era sempre ritenuto una persona seria, affidabile ed efficiente sul lavoro, perciò fu con disappunto che si rese conto di essere fermo da circa mezz'ora sulla stessa pagina del saggio   "Perchè le passaporte sono meglio della polvere volante" e di non ricordare assolutamente nulla sul capitolo "Le più comuni allergie alle polveri volanti".

Da quando era rientrato dalla pausa pranzo qualcosa gli impediva di concentrarsi, ma non riusciva a focalizzare esattamente cosa e ciò lo faceva impazzire. Scosse la testa: finchè non si fosse liberato da quel tarlo, lavorare era improponibile; si alzò e ripercorse a ritroso il percorso fatto quella mattina, che non era poi diverso da quello di tutte le altre mattine, da quando era stato trasferito all'Ufficio Passaporte.
Davanti alla stanza dove erano custoditi gli oggetti autorizzati dal Ministero ad essere utilizzati come passaporte si illuminò. Uno scatolone, poggiato sul ripiano più alto di uno scaffale, sporgeva dallo stesso di una spanna. La mattina, quando lui stesso aveva eseguito l'inventario, era certo di averlo allineato perfettamente allo scaffale.
Scorse la lista di coloro che erano entrati nella stanza quel giorno, per individuare chi non era capace di tenere un minimo d'ordine e si stupì quando vide che l'ultimo nome, l'unico della giornata, segnato sull'elenco era proprio il suo.
Smemorato, oltre che sciatto, quel suo collega. Se Tonks non avesse abbandonato da mesi il suo incarico al Ministero, avrebbe saputo esattamente contro chi puntare il dito. "E magari si è anche dimenticato di segnare se ha prelevato degli oggetti, ci scommetto."
Si mise a re-inventariare tutto con precisione certosina, finchè il suo superiore non lo venne a cercare "Weasley, cosa sta combinando?"
"Oh, buongiorno, signor Demoore." Percy balzò in piedi e raccontò di come avesse trovato uno scatolone fuori posto e di come si fosse precipitato a controllare che fosse tutto in ordine.
In tempi come quelli si sarebbe aspettato almeno un cenno d'approvazione da parte dell'uomo per il suo zelo, pertanto fu molto stupito nel vederlo scuotere la testa, cingendosi la fronte con una mano, un po' come era solita fare sua mamma quando Fred e George ne combinavano una delle loro.
"Weasley - disse il signor Demoore in un sospiro - quella relazione sulle passaporte deve essere illustrata alla riunione domani e, sempre entro domani, devono essere evase quelle richieste di autorizzazione che sono sulla sua scrivania e che, le ricordo, non fanno parte dell'arredamento."
"Signore, non ho mai mancato di evadere una sola richiesta - ribattè il ragazzo risentito - ma ho ritenuto che questo avesse la precedenza."
L'altro mago strabuzzò gli occhi "Per Godric, ma parla seriamente? Ha rifatto da capo un inventario di stamattina, non ha trovato nulla e tutto questo per una scatola spostata di qualche centimetro? Senta, mi faccia il favore di tornare al suo lavoro." Il signor Demoore spinse Weasley fuori dal magazzino senza tanta grazia e chiuse a chiave.
Percy obbedì, ma, accidenti, quanto era acido quell'uomo! Probabilmente soffriva di ulcera o di altri problemi gastrici (fino a qualche mese prima l'aveva visto ingurgitare tisane una dietro l'altra), ma non era un buon motivo per trattarlo così, pensò amareggiato: mai una parola d'incoraggiamento, un grazie, una pacca sulla spalla. Ripensò con nostalgia ai primi tempi in cui era entrato al Ministero e a sua mamma, che invece era orgogliosa di lui per qualsiasi cosa.
Quando la vide sulla soglia del suo ufficio, pensò ad un tiro mancino della sua immaginazione, ma Molly sorrise e gli si fece incontro "Ciao Percy."
Il ragazzo non potè fare a meno di notare che sua mamma aveva un'aria stanca: non la vedeva dalla riunione di settembre tenutasi a Hogwarts e non la ricordava così. "E' perchè lei si preoccupa sempre per tutti noi. Passerà le giornate in casa con gli occhi su quell'orologio e le lancette fisse, da troppo tempo, su Pericolo Mortale." Avrebbe voluto abbracciarla, dirle che sarebbe andato tutto bene, ma era troppo orgoglioso e testardo e le parole che gli uscirono di bocca furono fredde e distaccate "Ciao mamma, perchè sei qui? Se sei venuta ad intercedere per l'udienza disciplinare di George e Fred toglitelo dalla testa: quel giorno hanno creato una confusione tale che non si vedeva dai tempi..."
"No - Molly scosse la testa - sono venuta solo a portare il pranzo a tuo padre. E a vedere come sta mio figlio."
Percy scrollò le spalle "Sto bene."
"Mi sembri un po' dimagrito. Un po' troppo." aggiunge con un tono di lieve, materno rimprovero.
Percy non disse nulla ma, Merlino, gli mancava la cucina di sua mamma. Ogni tanto andava in qualche ristornate in Diagon Alley, ma niente di ciò che mangiava aveva lo stesso sapore.
Di casa. Di quel nido accogliente, di quel manicomio in miniatura che era la Tana.
"Ci sei mancato al matrimonio." proseguì Molly. Nella sua voce non era alcun rimprovero, ma un sincero dispiacere.
"Avevo da fare, il lavoro mi impegna molto."
La donna strinse con forza la tracolla della borsetta, ma si sforzò di sorridere "Allora non ti disturberò oltre." Giunta davanti all'ascensore, Molly si sentì chiamare "Mamma... stammi bene."
"Anche tu."
"E, uhm, salutami Bill e Fleur se li vedi." borbottò grattandosi la nuca.
"Non mancherò."
 

 

===============================

NOTE 

Sì, ho visto Jurassic Park e la bestiola scatarrina è la mia preferita XD 

[1] il Ben Nevis è la montagna più alta dell'Inghilterra e Glen Nevis è una località turistica lì vicino. Volevo a tutti i costi una scena in montagna, ma è stata piuttosto dura trovare una località adatta, perchè in Inghilterra di montagne ce ne sono davvero poche e non sono molto alte, ho scartabellato una settimana tra Google Earth e siti turistici prima di decidere la località adatta.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 15. Inchieste e rivelazioni ***


CAPITOLO 15 - INCHIESTE E RIVELAZIONI

Oleander raccolse i compiti da correggere, uscì e sigillò con un incantesimo la porta dell'aula di Cristallogia: la preside McGranitt si era raccomandata con i professori di non lasciare pozioni ed oggetti magici alla portata degli studenti. Improbabile che tra di essi vi fossero ancora spie dell'Oscuro, ma i tempi imponevano prudenza.
"Mi scusi." una vocetta petulante alle sue spalle la fece trasalire. Si trovò faccia a faccia con un mago basso e cicciottello, che portava appuntato sul bavero della giacca un distintivo del Ministero della Magia e che Oleander già conosceva.
Già, perchè il fondamentale contributo del Ministero alla sicurezza di Hogwarts consisteva nell'invio a sorpresa di alcuni ispettori, che sprecavano il tempo prezioso di insegnanti e studenti con inutili e tediosi interrogatori e con l'ispezione dei dormitori.
"Sì, dica pure." gli rispose con il tono più rispettoso che le riuscì, sperando che il suo volto non esprimesse troppo chiaramente la sua opinione in merito all'utilità di quei sopralluoghi.
"Geremia Burns, inviato del Ministero della Magia - prese la penna d'aquila e un foglio di pergamena - Nome, cognome, età, residenza e professione, prego."
Oleander sbattè più volte le palpebre, perplessa. Avrebbe pensato ad uno scherzo, se non fosse stato per l'aspetto inappuntabile dell'ometto, il quale probabilmente si sarebbe gettato sotto un treno, piuttosto che raccontare una barzelletta "Mi perdoni, ma noi ci siamo già visti il mese scorso e lei mi ha chiesto esattamente le stesse cose. E' stato per caso vittima di un Oblivion nel frattempo?"
L'uomo ignorò il sarcasmo e battè la penna sul foglio, con fare pignolo "La scheda va compilata in ogni sua parte, ad ogni controllo da parte del Ministero. Quindi, prego, nome, cognome, età, residenza e professione."
Oleander si concesse di alzare rapidamente gli occhi al cielo "Sconfiggeremo Voldemort a suon di carte bollate in triplice copia, certo. Lo affogheremo nelle scartoffie. Gran bel piano." e poi si rassegnò a rispondere.
Mezz'ora più tardi camminava verso la sua stanza, masticando improperi su Scrimgeour e su chi gli aveva dato i natali e si trovò di fronte l'ennesima scena ridicola: Dolores Umbridge aveva incrociato Remus Lupin e non si era fatta sfuggire l'occasione per prenderlo di mira. "Signor Lupin - ma era più che evidente il disgusto con cui la donna pronunciò quelle parole - sta assumendo regolarmente la pozione anti-lupo?"
Lupin le sorrise amabilmente "Certo, come potrà chiedere all'inviato del Ministero che è venuto a casa mia a controllarmi."
"Oh, lo farò, non ne dubiti. E, mi dica, perchè si trova qui al Castello di Hogwarts oggi? Mi risulta che lei non sia di turno per la sorveglianza e sua moglie ormai è in maternità. Dunque?" pronunciò l'ultima parola con tono minaccioso ed uno sgradevole sorriso di trionfo, certa di averlo in pugno.
Lupin era venuto probabilmente per comunicare qualcosa a Harry o alla McGranitt riguardante l'Ordine della Fenice e Dolores Umbridge non doveva assolutamente venire a conoscenza di nulla che riguardasse l'organizzazione. Oleander vide Lupin impallidire leggermente e si fece avanti "Signora Umbridge, sono stata io a chiedere a Remus di passare: vorrei che provasse alcuni miei amuleti fatti con pietra di luna [1], che potrebbero essergli di giovamento durante il plenilunio."
Dolores Umbridge fissò la maga dai capelli violetti con livore, gli occhi ridotti a due fessure, ma lo stesso orrendo sorriso pietrificato sul volto "Controllerò anche questo, ne stia certa."
Oleander sorrise in modo altrettanto falso "Quando vuole, è sempre un piacere collaborare con lei." Le pietre di luna facevano parte del suo programma di insegnamento, perciò aveva molti amuleti da sventolare sotto al naso dell'inviata del Ministero.
Quando la Umbridge fu scomparsa in fondo al corridoio, Lupin regalò ad Oleander un sorriso colmo di gratitudine "Grazie davvero: non avevo la più pallida idea di cosa raccontarle. Temo però che tu sia finita sulla sua lista nera."
"Ti dirò, è stato un vero piacere lasciare quella... quella lì con un palmo di naso. Insomma, questa storia delle ispezioni è ridicola, ma cosa credono? Che Voldemort salti fuori da un'armatura gridando "BOO!" o si cali dal camino come Babbo Natale? Che idiozia! Non hai idea di quanto queste inutili ispezioni mi facciano infuriare." mentre camminavano Oleander gesticolava, come faceva sempre quando era nervosa, e seminò i suoi compiti lungo il corridoio, che Lupin recuperò con un Accio "No, un'idea me la sono fatto." ridacchiò.
"Bah, cambiamo discorso che è meglio. A quando il lieto evento di Nymphadora?"
"E' previsto per aprile."
"Mmh... quindi avremo un ariete o un toro. Corallo rosso o rubino (o se fosse troppo agitato, un bel cristallo di rocca), smeraldo o avventurina nel secondo caso [2]."
"Di cosa stai parlando?"
"Scusa, deformazione professionale. - rise lei - Parlo delle pietre portafortuna per il vostro pargolo: quando nasce voglio regalargli un bellissimo amuleto. In quanto a te, se vuoi posso davvero darti una pietra di luna perchè, non ti offendere se te lo dico, non hai un bell'aspetto."
L'ex-malandrino si era ulteriormente ingrigito e aveva un colorito molto pallido "Hai ragione. Lumacorno mi prepara la pozione anti-lupo al posto di Piton, ma... beh, non avrei mai immaginato di dire una cosa simile, quella di Severus era più efficace. Più disgustosa, ma più efficace. Anche se adesso mi stupisco veramente che non mi abbia propinato qualche veleno."
"Tu... conoscevi bene Piton?" chiese Oleander, ostentando indifferenza.
"Sì, o meglio: credevo di conoscerlo. Come tutti, del resto."
"Già."
"A volte faccio ancora fatica a credere che abbia potuto uccidere Silente. Voglio dire, sapevo benissimo quanto profondo fosse il suo odio verso Sirius e James, ma dopo la morte dei genitori di Harry pensavo davvero che si fosse schierato dalla nostra parte, non foss'altro per rispetto di Lily."
"Lily Evans, la madre di Harry?" Oleander strinse forte i compiti che portava in mano.
"Sì, proprio lei. Tu non puoi saperlo, ma quei due erano amici fin da bambini e credo che Piton fosse segretamente innamorato di lei, anche se non glielo confessò mai apertamente. Poi però le cose cambiarono drasticamente: al quinto anno lui le disse una cosa orribile, litigarono e Lily si allontanò da lui per sempre, senza più tornare sui suoi passi."
"Oh, davvero? - la maga fissava ostinatamente un grosso arazzo - Ad Harry l'hai mai raccontato?"
"No. A che servirebbe? In fondo questa è una storia che appartiene al passato, morta e sepolta anch'essa. Ora scusa, ma ti devo lasciare, vado a dare ad Harry una buona notizia: ieri sera il gruppo di Proudfoot è riuscito a far fuori un paio di mangiamorte."
"A presto Remus, e salutami Tonks."
La maga si appoggiò al muro e chiuse gli occhi "Un giorno potresti ricevere lo stesso annuncio, che Severus è stato fatto fuori." Si sentiva stanca, sfiduciata e impaurita "Vorrei nascondermi da tutto quanto, dal resto del mondo, solo per un attimo. E vorrei poterlo rivedere, anche un solo istante." Alle sue spalle si materializzò una porta "Ma che...?" incuriosita abbassò la maniglia ed entrò, restando a bocca aperta.
Anche se era nata e cresciuta in una famiglia di maghi ed era avvezza ad ogni sorta di stregoneria, lo spettacolo che offriva la Stanza delle Cose nascoste era incredibile. Un luogo enorme, quanto una cattedrale, con pile e pile di oggetti di ogni tipo, una stanza dove generazioni di studenti avevano occultato segreti e marachelle; sul fondo probabilmente c'erano cose che risalivano al tempo della fondazione di Hogwarts. "Ho pensato che volevo nascondermi ed il castello mi ha preso alla lettera." Camminò in mezzo agli scaffali, storcendo il naso davanti ad alcune ampolle che recavano la poco rassicurante etichetta 
"Sudore di vermicolo" e si tenne alla larga da un Troll impagliato, tanto brutto da sembrare ancora vivo; in una delle corsie trovò i resti di un busto di marmo che era caduto a terra: qualcuno aveva avuto la poco felice idea di appoggiarlo sopra ad un vecchio armadietto malandato che, alla lunga, aveva ceduto sotto al peso della statua. Anche il contenuto dell'armadio ora era sparso a terra: c'era lo scheletro di uno strano animale con cinque zampe ed un grosso libro. "Pozioni avanzate? Perchè mai nascondere qui un libro di testo?" Oleander lo aprì.
E si pietrificò.
Sulla prima pagina, vergata con una calligrafia a lei ben conosciuta, campeggiava la frase
"Questo libro è proprietà del principe mezzosangue."
Si sedette a terra e prese a sfogliarlo delicatamente, quasi con reverenza, sorridendo delle innumerevoli correzioni di Severus alle ricette delle pozioni, ma rabbuiandosi anche per gli incantesimi non verbali con i quali difendersi dagli assalti dei malandrini: gli anni della scuola non erano stati affatto facili per lui.
Le ultime due pagine del libro erano impossibili da sfogliare, incollate tra di loro con del magiscotch; Oleander utilizzò un "Dirimo" e le pagine si separarono, rivelando il ritratto del volto di una ragazza, schizzato con pochi tratti di inchiostro colorato. Una ragazza dai lunghi capelli rossi e gli occhi verdi. Lily Evans.

"La tua rivale." suggerì una vocetta maligna nella sua testa.
"Non è vero! Questo è ridicolo." esclamò Oleander ad alta voce.

"Convinta tu..." Vocetta maligna e oltremodo fastidiosa.
Mai una volta Severus le aveva parlato espressamente di Lily, ma fin da quando le aveva mostrato quella visione del suo passato di Mangiamorte [3], Oleander aveva intuito che la madre di Harry era stata una persona speciale nella sua vita; ciò che le aveva detto il simulacro di Silente nella sua mente e le parole  di Lupin di poco prima rendevano la cosa del tutto evidente: tre indizi fanno una prova e, casomai ce ne fosse bisogno, aveva sotto gli occhi la conferma definitiva.
Sfiorò l'inchiostro con le dita. Severus l'aveva amata, lo si capiva dai tratti delicati e leggeri con cui era disegnato quel viso, lui che aveva una grafia appuntita e nervosa. Poteva essere stato un amore acerbo, immaturo, ma sicuramente era stato unico ed intenso, come solo il primo amore sa essere.
E Lily? Cosa aveva provato lei per Severus? Impossibile che non si fosse resa conto dei sentimenti del ragazzo, questo si rifiutava di crederlo: le donne lo intuiscono sempre quando piacciono a qualcuno.
Lupin aveva accennato ad una brutta lite tra loro due, e poi Lily aveva scelto James. "Tu lo hai lasciato andare - Oleander si sorprese del tono tagliente che aveva la sua voce - hai avuto la tua occasione, ma hai scelto un'altra strada. Io invece non lo farò. Non lo lascerò solo."

"Sei gelosa." la canzonò la voce di prima, cattiva, ma stavolta Oleander non la zittì. Semplicemente non aveva argomenti per ribattere. Tacque, fissando a lungo in silenzio quell'immagine, poi si abbandonò ad una debole risata "Già, ecco un fulgido esempio della Sindrome di Rebecca [4]. E di come sprecare tempo con inutili paranoie. Coraggio, fuori da qui - disse, alzandosi in piedi - l'ora dell'autocommiserazione è finita."
Una sola cosa non le era chiara: se Severus aveva amato così tanto Lily, perchè detestava Harry a quel modo? Era pur sempre suo figlio.
Appoggiato a quello che sembrava lo scheletro di uno Schiopodo Sparacoda, stava un grosso specchio tutto corroso lungo il bordo da qualche pozione andata male. Indugiò un attimo di fronte ad esso e in quel momento le parve di intuire la chiave dell'odio di Severus verso Harry.
Lei, grazie a Morgana, non aveva preso la mascella squadrata e la fronte bassa di suo padre, ma assomigliava molto a suo mamma, pur non avendo ereditato gli stessi capelli lisci e setosi, si disse, dando un'occhiata eloquente alla stoppa color prugna che le ricopriva la testa. Però gli occhi sì: lei e sua mamma avevano gli stessi occhi. "Ma restiamo pur sempre persone diverse."
Harry aveva gli stessi occhi di Lily, ma non era Lily, non sarebbe mai stato Lily. Quegli occhi verdi, incorniciati nel volto dell'uomo che gliela aveva portata via, non avrebbero mai guardato Severus come lui desiderava essere guardato, ma solo con rancore e disprezzo. No, non erano gli occhi di Lily, non lo sarebbero mai stati.
Ed erano per Severus come un costante, doloroso memento. Chissà se sarebbe mai potuto andare avanti e staccarsi da quel passato?
"Diamine, perchè le cose devono sempre essere così complicate?" sospirò la maga, prima di abbandonare quella stanza, il libro di Pozioni avanzate stretto al petto.
Era quasi arrivata in camera, quando si accorse che da una delle parti proveniva un gran cicaleccio: il fantasma di Corvonero stava parlando con il ritratto di Angela, pareva quasi che le due donne fossero impegnate in una seduta del Wizengamot, tanto erano serie.
"Sciocca ragazza - decretò Angela - rischia l'incarcerazione ad Azkaban a causa di un delinquente."
"Sì, sì: la situazione è seria, molto seria."
Quel brandello di conversazione richiamò l'attenzione della maga "Signore, di chi state parlando?"
"Mia cara, non hai sentito nulla di quello che è successo? Dov'eri?" chiese il ritratto, incredulo.
"Ero... un attimo impegnata. - mentì Oleander con disinvoltura - Allora, che succede?"
"Poco fa Dolores Umbridge è andata ad ispezionare il dormitorio di Serpeverde." iniziò il ritratto.
"E ha scoperto che Astoria Greengrass teneva un carteggio con Bole." proseguì il fantasma di Corvonero.
Oleander si strinse nelle spalle "Se non sbaglio è un ex-studente e suo ex-compagno di Casa, non capisco cosa ci sia di male in questo."
Il fantasma ed il ritratto la fissarono con espressioni quasi fameliche, ansiose di rivelarle il pezzo forte della notizia "Pare proprio che Astoria cercasse di scoprire se Bole sapeva dove si sta nascondendo il pluriricercato Draco Malfoy, per mettersi in contatto con lui!"
"Il Barone Sanguinario mi ha riferito che Dolores Umbridge intende arrestarla con l'accusa di tradimento e cospirazione nei confronti del Ministero." concluse il fantasma.
"Cosa? Non direte sul serio? Ma che colossale idiozia!" esclamò Oleander, incamminandosi a passo spedito verso il dormitorio di Serpeverde.
"Io non prenderei la cosa così alla leggera, mia cara. Tentare di comunicare con un collaboratore di Colui-che-no-deve-essere-nominato è un fatto gravissimo."
"Astoria non sta cercando un collaboratore di Voldemort, Angela; sta cercando il ragazzo di cui è innamorata."
"Astoria e Draco? Ne sei certa? Chi te l'ha riferito? Io non ne sapevo niente."
"Mirtilla Malcontenta il mese scorso, quando sono andata a riparare un bagno del secondo piano. Aggiornati Angela, ormai lo sa mezza scuola."
Il ritratto della donna si immobilizzò sul posto "Oh, devo proprio dire a Gazza di mettere una cornice in quel bagno." 

Davanti all'ingresso della Sala Comune di Serpeverde si era formato un crocchio di studenti curiosi, mentre da dentro si sentivano voci concitate, urla e singhiozzi. Pansy Parkinson e Millicent Bulstrode stavano appoggiate alla parete, con l'aria di gatti che hanno appena banchettato con un'intera famiglia di topi: non serviva certo un grande acume per capire che erano state loro a dare l'imbeccata alla Umbridge sulla corrispondenza di Astoria. Nott e la Davis si allontanarono da loro, disgustati, mentre Zabini era oltremodo irritato per essere stato interrotto mentre si esercitava con una pozione e chiedeva in tono arrogante ad un inviato del ministero quanto sarebbe durata quella seccatura.
Henry Changing, il nuovo professore di Trasfigurazione, prese in mano la situazione "Gli studenti che non appartengono a questa Casa tornino immediatamente nelle loro Sale Comuni, prima che inizi a sottrarre punti a tutti. A partire da Tassorosso, signorina Fladbury: non c'è nulla da sghignazzare. E, Horace, è il caso di mandare un gufo alla famiglia Greengrass."
"Ah... ecco... non saprei. Forse sarebbe meglio aspettare prima l'autorizzazione degli inviati del Ministero. Sa, la situazione è delicata, complessa..." era chiaro che il professore di Pozioni intendeva lavarsi le mani dell'intera faccenda e restare il più possibile neutrale; d'altronde questa era stata la politica della sua intera vita.
"Va bene, va bene, ci penso io. Ma porti almeno i suoi studenti in un'altra aula."
"Sì, questo più che volentieri. Seguitemi, ragazzi."
Gli studenti di Serpeverde si misero in fila e seguirono il professore di Pozioni. Passando di fianco a Pansy, Zabini le sibilò "Grazie tante per averci fatto perdere l'intero pomeriggio, ora finirò i compiti a notte inoltrata. A differenza di qualcun altro - e guardò Goyle e Tiger - io ci tengo al mio rendimento scolastico."
"Che ti prende? Due anni fa non ti sei mai lamentato della Squadra d'Inquisizione, questa è la stessa cosa." la ragazza strizzò i suoi occhietti da carlino.
"Gli inviati del ministero hanno ribaltato l'intero dormitorio: due anni fa Draco non avrebbe mai permesso che fosse venduta una compagna di Casa e nessuno avrebbe osato frugare tra le mie cose come se fossi un delinquente." le lanciò un'occhiata al veleno.
"Eppure tu, più di chiunque altro, dovresti essere abituato alle perquisizioni, con tutti i mariti di tua mamma morti in circostanze misteriose." gli rispose lei, cattiva.
Il ragazzo nero passò un braccio attorno alla sua compagna di Casa e sorrise malevolo "Attenta Parkinson, le circostanze misteriose accadono più frequentemente di quanto immagini." Poi affrettò il passo per raggiungere Theodore e Tracy. 

Oleander entrò nella Sala comune dei Serpeverde: Dolores Umbridge aveva abbandonato il suo aplomb di facciata e urlava a pieni polmoni contro la più giovane delle sorelle Greengrass, seduta in lacrime su una poltrona, mentre Daphne le teneva la mano, scossa e altrettanto spaventata. Al contrario, la preside parlava all'inviata del Ministero con voce calma e misurata, scandendo bene le parole, come se si stesse rivolgendo ad una persona un po' tarda di comprendonio.
"Preside McGranitt. Preside McGranitt - disse Dolores Umbridge - se lei si ostina a difendere questa traditrice, dovrò per forza pensare che lei sapesse di questo pericoloso carteggio. Dunque?"
“Dolores, io non sto mettendo in dubbio che la signorina Greengrass abbia tenuto un comportamento disdicevole e per questo sarà severamente punita. Tuttavia ritengo che si stia inutilmente ingigantendo una questione di poco conto.”

“Questione di poco conto? – ripetè allibita l’inviata del Ministero – Questo è tradimento, questo è complotto, questa è sovversione!” ad ogni definizione sventolava un paio di lettere in direzione della minore delle sorelle Greengrass, che si faceva sempre più piccola. “Astoria Greengrass ha cercato di scoprire dove si trova attualmente il ricercato Draco Malfoy!”

“Appunto – fece notare Minerva placidamente – ha cercato di farlo, ma non ha ottenuto nulla. Se la memoria non mi inganna, nella prima lettera di risposta del signor Bole, egli afferma di non avere la minima idea di dove sia Draco Malfoy e di non avere intenzione di mettersi a fare indagini in tal senso, nella seconda ribadisce di non aver avuto più contatto con lui o con la sua famiglia e consiglia addirittura ad Astoria di metterci una pietra sopra. In tutta franchezza mi sfugge la pericolosità sociale di questa corrispondenza, se così vogliamo chiamare uno scambio di due lettere in cinque mesi.”

“Questo lo dice lei. – spinse da parte la preside e si sporse verso la ragazza bionda – Signorina Greengrass, le posso assicurare che lei si trova in una brutta posizione. Data la sua giovane età e qualora dimostri pentimento, potrebbe anche cavarsela con pochi anni di prigione. Lei ha scoperto dove si trova Draco Malfoy, non è vero? Confessi! Immediatamente!”

“Io-io non so nulla.” balbettò Astoria tra le lacrime.

Dolores Umbridge si raddrizzò “Atteggiamento deludente. I poteri a me conferiti dal Ministro Scrimgeour mi autorizzano a condurla al Ministero, cosa che farò più che volentieri.”

La situazione si stava mettendo molto male per la giovane Greengrass: anche per Oleander era chiaro che la ragazza non sapesse nulla, aveva solo commesso una sciocca leggerezza, che però rischiava di pagar cara, per via dell’ottusità di quella donna. Quando la Umbridge estrasse la bacchetta, un brivido percorse tutti i presenti: di riflesso anche Vitious, in corridoio, sfoderò la sua.

“Incarceramus.” Delle corde si avvolsero attorno ad Astoria e Daphne protestò “Ma è assurdo! Mia sorella non ha fatto niente di male.” Ciò nonostante, la piccola Greengrass fu condotta via.

Minerva lasciò la sala comune di Serpeverde pallida in volto “Devo informare immediatamente i genitori della signorina Greengrass.”

“Ci ha già pensato Changing, ha spedito loro un gufo.” le disse Vitious.

Inevitabilmente la notizia si diffuse in tutta la scuola e per i giorni successivi non si parlò d’altro: c’era chi sosteneva l’innocenza della Greengrass e chi invece, al pari della Umbridge, gridava al complotto. Le due fazioni ebbero un paio di scontri nei corridoi dell’Istituto che si conclusero con il ricovero da Madama Chips di tre ragazzi affatturati da incantesimi vari ed una bella manciata di punti tolti alle rispettive Case di appartenenza.

Tra i sostenitori della tesi paranoica vi erano, senza molta sorpresa, Alastor Moody e Harry Potter, al quale bastava sentire le parole “Serpeverde” e “Malfoy” per caricare come un toro davanti ad un drappo rosso. Smise solo quando, con molta saggezza, Hermione gli fece notare che la vicenda di Astoria non era poi così dissimile da quella di Stan Picchetto.

Ad ogni modo, l’avvocato famiglia Greengrass riuscì a dimostrare la piena innocenza di Astoria e grazie all’influenza del padre la vicenda fu messa a tacere senza troppo clamore: la minore delle due sorelle fu sospesa per un mese da scuola ed anche quella storia fu dimenticata da tutti.

Tranne che da Astoria: forse nessuno aveva compreso fino a che punto si sarebbe spinta per amore.

 

= = = = =

 

Mancò poco che Severus e Bellatrix si scontrassero sulla soglia del covo dell'Oscuro: lei rientrava dall'ennesima missione segreta, lui stava uscendo.

"Piton, dove stai andando?" gli chiese, stendendo un braccio contro lo stipite della porta ed impedendogli il passaggio, gli occhi inquisitori, ansiosi di frugargli nei pensieri.

Senza scomporsi e senza permetterle di penetrare un solo millimetro della sua mente, il mago appoggiò la bacchetta sul braccio della donna, facendoglielo abbassare "All'aperto. L'aria qua dentro si è fatta d'improvviso inspiegabilmente viziata."

La maga soffiò come un felino inferocito: con quello sguardo assassino ed i capelli crespi e spettinati sembrava proprio una strega delle Banshee "Ringrazia Salazar che non ho tempo da perdere con te, stasera." e si diresse a passo svelto verso i sotterranei.

Uno spicchio di luna velato da nubi leggere illuminava debolmente la spoglia brughiera. Sibilla Cooman avrebbe detto che la luna velata era segno di una sciagura imminente. Piton sorrise appena: mai si sarebbe immaginato di trovarsi a ricordare, un giorno, le parole di una sua collega. Diamine, c'erano giorni in cui rimpiangeva addirittura le lezioni di Pozioni con i bambini del primo anno, di quelli che facevano pasticci con i preparati più semplici e non sapevano elencare gli otto usi del benzoino [5]. Da non credersi, era diventato nostalgico, pensò con un sorriso amaro.

"Evidentemente, vent'anni ad Hogwarts hanno lasciato il segno."

E gli mancava Oleander, come il primo giorno. La ricordava in ogni gesto, anche il più stupido e banale, come quando si sfilava gli occhiali poggiandoli sulla testa e se ne dimenticava e poi, guardandosi attorno indispettita, chiedeva "Severus, non è che hai visto i miei occhiali?"

La ricordava intenta a fabbricare talismani, seduta al tavolo da lavoro, con la schiena dritta e l'espressione assorta mentre sillabava un incantesimo o incideva le pietre.

Ricordava le occhiate fugaci, segrete, clandestine che non mancava di lanciargli durante il pranzo o quando si incrociavano nei corridoi.

Merlino, ricordava con malinconia persino i battibecchi, dove ognuno cercava di avere l'ultima parola.

Frammenti di vita quotidiana, di una vita dannatamente normale, che gli apparivano ora come il più lontano ed irraggiungibile dei miraggi.

Piton fu strappato da quei ricordi dallo sfrigolare di un vecchio secchio di latta poggiato su un muretto a secco lì vicino: presto dalla passaporta sarebbe arrivato qualcuno. Ne emerse Draco. Solo e con l'aria disperata.

L'ex professore di pozioni serrò la mascella: il figlio di Lucius era andato in missione con Mulciber, ma era rientrato solo. "Professor Piton!" esclamò il ragazzo biondo senza fiato, correndogli incontro.

Severus non si preoccupò di correggerlo questa volta "Dimmi Draco, dov'è Mulciber?"

"C'è stato un problema. Abbiamo rintracciato l'ultimo libro che ci ha chiesto il nostro Signore, ma quando Mulciber ha provato a prenderlo è come... rimasto incastrato. Ho provato svariati incantesimi, ma non riesco a liberarlo, non so che fare. L'Oscuro Signore... lui darà la colpa a me, non è vero?" concluse in un soffio, gli occhi grigi dilatati dalla paura.

Piton gli posò una mano sulla spalla e disse semplicemente "Aspettami qui." e questa volta il ragazzo non si ritrasse. Piton riattivò la passaporta e si fece trasportare dove si trovava Mulciber. Non faticò a riconoscere i giardini St. Alphage di Londra, e nemmeno a rintracciare il Mangiamorte, che urlava come un maiale sgozzato: stava di fronte ad un tratto delle antiche mura romane della città o, per meglio dire, era in parte dentro le mura, di fatti le sue braccia, dal gomito in giù, erano scomparse nei mattoni rossastri.

"Hai intenzione di svegliare ogni essere vivente da qui fino a Dover?" domandò Severus in tutta calma.

"Piton - ululò Mulciber - tirami fuori da qui! Fa un male cane!"

Severus soppesò se ribattere "Non hai detto la parolina magica." ma decise di soprassedere. E con tutta probabilità, quell'ottuso di Mulciber non avrebbe capito.

"Dov'è quell'incapace di Draco? Scommetto che se l'è data a gambe."

L'ex professore di pozioni lo zittì "Draco è venuto a cercare aiuto per te. Vuoi vedere un incapace? Allora prendi uno specchio e guardati: scommetto che hai afferrato quel libro senza preoccuparti di verificare se fosse protetto da un incantesimo, vero? Non disturbarti a parlare, la tua posizione è una risposta sufficientemente eloquente." Poi sollevò la bacchetta ed iniziò a recitare un incantesimo, disegnando immaginari simboli sul muro. Quando si interruppe, Mulciber provò a liberarsi, ma senza risultati. "Non ha funzionato." gli ringhiò contro.

Piton roteò gli occhi "Avrà effetto tra qualche minuto, se avessi provato a fare più fretta, le tue braccia si sarebbero staccate e sarebbero rimaste lì. Ma se è questo che vuoi, posso sempre provare."

"D'accordo, d'accordo, aspetto. - grugnì l'altro - Ehi, dove vai ora?" gli urlò dietro, vedendo che si allontanava.

"A controllare che la tua voce flautata, nel cuore della notte, non abbia richiamato l'attenzione di qualcuno."

Piton svoltò velocemente dietro le mura: era la prima occasione che aveva da mesi di allontanarsi dal covo dell'Oscuro... doveva cercare di scoprire se Voldemort si fosse infiltrato al Ministero o, peggio, ad Hogwarts, doveva lasciare degli indizi per mettere in guardia gli oppositori dell'Oscuro. "Dove sono gli Auror quando ne hai bisogno?" sibilò con rabbia.

Quasi in risposta alle sue preghiere, udì dei passi veloci venire nella sua direzione. Indossò la maschera da Mangiamorte, si disilluse ed attese. Dopo un attimo un uomo sulla cinquantina, dai radi capelli neri comparve da una strada laterale.

Williamson udì un fruscio e strizzò gli occhi, non vide nessuno ma d'improvviso si sentì sollevato da terra e scaraventato contro il muro di una casa. Non poteva muovere un muscolo, perchè era stato immobilizzato, nè gridare, perchè gli era stato praticato un Silencio. Il tutto con incantesimi non verbali. Era forte, quello sporco Mangiamorte.

Una figura incappucciata e dal volto coperto dalla ben nota maschera argentata sciolse l'incantesimo di disillusione ed avanzò verso di lui. Williamson si maledisse: cercando la fonte di quelle grida, probabilmente era cascato in una trappola, come un pivellino. Quando il Mangiamorte sollevò la bacchetta, guardandolo dritto negli occhi, si preparò a dire addio al mondo, a sua moglie e ai suoi adorati figli, ma poi si accorse che l'uomo non aveva intenzione di ucciderlo: era appena penetrato nella sua testa e stava frugando nei suoi ricordi, anzi, vi stava rovistando freneticamente... il Ministero, il suo ufficio, i suoi colleghi. Provò a occludergli la mente, ma senza successo, era come chiudere una porta di legno di bambù per tener fuori un carro armato. E poi nella sua mente si formarono due immagini fisse: un calderone ribollente con una qualche pozione e il Marchio Nero tatuato su un avambraccio. Per un lungo istante queste furono le uniche due cose esistenti nel suo cervello. Poi venne investito da un lampo rosso e crollò a terra, schiantato.

Nulla di particolarmente utile, purtroppo: nei ricordi di Williamson nessuno dei suoi colleghi aveva assunto negli ultimi mesi un comportamento sospetto, tale da far pensare ad uno scambio di persona, ma lui sapeva per certo che al Ministero c'erano degli infiltrati. Sperava solo che l'Auror cogliesse il suggerimento che gli aveva impresso nella mente.

Piton tornò velocemente da Mulciber "Allora, c'era qualcuno?" gli chiese il Mangiamorte.

"No, nessuno. Penso che ora tu possa provare a staccarti da quel muro."

Mulciber si tirò indietro ed estrasse le braccia dai mattoni, che gli caddero pesanti lungo i fianchi. "Ma che..."

"Ah sì - disse Piton con noncuranza - resteranno intorpidite per qualche ora. Questo è meglio che lo prenda io, non credi?"

Recitò un altro incantesimo, poi estrasse senza problemi l'antico testo di magia dalla nicchia delle mura romane che lo aveva custodito per quasi due millenni. Lasciò che Mulciber lo precedesse alla passaporta, aprì il libro a caso e con un fugace colpo di bacchetta scombinò l'inchiostro delle formule, cosa che aveva fatto con ogni testo antico che gli era passato tra le mani. Mai nulla di troppo evidente: una inversione di parole nella formula di un incantesimo, il mutamento della forma di alcuni simboli. A qualunque cosa servissero quei testi, sarebbero stati inefficaci con gli incantesimi manomessi.

Williamson venne ritrovato poco dopo da Arthur Weasley, schiantato ma illeso, tanto che non ebbe nemmeno bisogno di un ricovero al San Mungo. Purtroppo non aveva riconosciuto il mago oscuro che lo aveva attaccato, nè cosa egli pensasse di ottenere frugando nella sua mente.

Però la moglie, dopo quell'episodio, iniziò a notare alcuni strani tic in suo marito: a volte, durante la cena, restava diversi minuti a mescolare e rimescolare le zuppe e le minestre ed aveva preso l'abitudine di fissare insistentemente le persone sulle braccia, ma ne attribuì la colpa allo stress. Quella maledetta guerriglia stava logorando i nervi di tutti.


 

 

===========================

NOTE

Da non credersi! Questo doveva essere nelle mie intenzioni un mero capitolo di riempimento e di passaggio... ed è diventato uno dei più lunghi della storia.

 

[1] Esiste realmente: è una pietra semitrasparente, dai riflessi azzurri o argentei che per la Cristallogia aiuta a riequilibrare gli scompensi emotivi.

[2] l'avventurina è una varietà di quarzo di colore verde.

[3] Vedi VdP, capitolo 7: in una visione, Severus mostra ad Oleander il suo passato di mangiamorte, compresa la notte in cui muoiono i genitori di Harry.

[4] Indica una profonda gelosia verso l'ex del proprio partner e prende il nome dal libro di Daphne Du Maurier, "Rebecca, la prima moglie" da cui poi Alfred Hitchcock ha tratto il celebre film.

[5] Pianta coltivata soprattutto nel sudest asiatico, utilizzata sia in profumeria sia come erba medicinale.

 

RINGRAZIAMENTI

nihal93: tutto si spiegherà alla fine della storia. Anche chi sia stato davvero a lasciare quel messaggio a Harry.

Dato che nel capitolo 14 Oleander non compare, ho postato assieme anche il 15. All'inizio le facevo fare più cose, ma poi mi sono resa conto che era un atteggiamento troppo marysuesco ^^; e ho riequilibrato la narrazione a favore di Harry.

 

Grazie a neptunia per aver inserito la storia tra le seguite!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 16. Il bracciale di Corvonero, parte 1 ***


CAPITOLO 16 – IL BRACCIALE DI CORVONERO
- parte prima -

La primavera era giunta in fretta, anche se si faceva davvero fatica a distinguerla dall’inverno appena trascorso, per via delle piogge ininterrotte, che costrinsero alla sospensione del torneo di Quidditch, dopo che metà dei giocatori finì in infermeria con la polmonite. Nemmeno le gite ad Hogsmeade erano molto appetibili, dato che le strade erano sferzate da raffiche di vento ed acqua gelida ed i negozi, di conseguenza, stipati fino all’inverosimile, tanto che era difficile muoversi. L’umore dei ragazzi, spesso costretti a trascorrere anche i fine settimana all’interno del Castello, era tetro come quel cielo grigio.

Le vacanze di Pasqua giunsero come una benedizione e molti studenti fecero ritorno a casa. Scortati di prima mattina i ragazzi alla stazione del treno, Oleander decise di dedicare un po’ di tempo alla ricerca di pietre paesine, che aveva adocchiato vicino al Lago Nero. Qualcuno la chiamò canticchiando “Professoressa Silvestre, buongiorno.” Era Luna Lovegood e poco dietro di lei c’era Terry Steeval: i due avevano approfittato di uno sprazzo di bel tempo per una passeggiata all'aperto “Ooh, pietre paesine! – esclamò la ragazza, dilatando gli occhi cerulei – Pensa di usarle per qualche incantesimo?”

“Sì: aiutano molto la salute in caso di malattia.”

“E non ha paura della maledizione di Izarra Pais?”

“Chi?” chiese Oleander. Esisteva qualcuno con un nome simile?

“Izarra Pais, – ripetè Luna, come se fosse la cosa più ovvia del mondo – La maga che inventò un incantesimo per usare queste pietre al posto della Metropolvere, ma siccome questo avrebbe gettato sul lastrico i produttori di Polvere Volante, l’ufficio Brevetti ridicoli respinse la sua invenzione. Così la strega fece una maledizione sulle pietre: se le fissa troppo a lungo si verrà risucchiati per sempre all’interno del paesaggio.” concluse la ragazza, serissima.

“Io non ho mai sentito parlare di questa storia.” le rispose Oleander; notò poi che Steeval aveva girato la testa dall'altra parte e stava probabilmente ridacchiando.

“Lei non è abbonata al Cavillo, vero? – proseguì Luna – Perché l’anno scorso dedicò ben tre speciali a questo argomento.”

“Aah.” buttò lì Oleander, che non sapeva mai come reagire davanti alle fantasiose asserzioni della ragazza di Corvonero. I tre furono distratti da un forte gracchiare di uccelli che volteggiavano nel cielo; la donna riconobbe il suo corvo Petrolio, il quale stava litigando con un suo simile, che reggeva un oggetto tondo tra le zampe; Petrolio fu così insistente nel becchettare il rivale che quello mollò la presa, facendo cadere l’oggetto a terra: a quel punto la zuffa tra i pennuti degenerò in una nuvola di piume e penne nere. Petrolio fu colpito da un paio di corvi e perse quota, precipitando verso il Platano Picchiatore.

“Oh, per Godric!” esclamò Oleander e corse verso l’albero, che già piegava i rami, pronto a colpire il suo animale. “FERMO!” intimò lei e la pianta si immobilizzò un istante, dandole il tempo di afferrare al volo Petrolio. Oleander si allontanò velocemente dal Platano e lo posò a terra il suo piccolo amico: l’animale era vivo, ma aveva diversi graffi sanguinanti. “Devo portarlo subito da Hagrid.” la maga lo avvolse nella corta mantellina che portava sulle spalle e si avviò di corsa verso la capanna del mezzogigante, seguita dai due studenti di Corvonero.

“E’ stupefacente! – gridò Luna tutta eccitata – Non avrei mai pensato di vederne una di persona, mai in tutta la mia vita.”

“Non capisco cosa ci sia di così straordinario in una zuffa tra corvi, Luna: qui ad Hogwarts se ne vedono decine.” disse Terry.

“Non mi sto riferendo a quello, ma a lei. – e indicò Oleander – La professoressa è una Florimagus, per questo il Platano picchiatore l'ha ascoltata e si è fermato! Professoressa, in che pianta è in grado di trasformarsi? E' vero che se la trasformazione non viene sciolta dopo un'ora diventa permanente? Anche il Platano Picchiatore è un Florimagus? Deve assolutamente concedere un’intervista a mio padre per Il Cavillo.”

“Signorina Lovegood, in questo momento non ho proprio tempo di darle retta!” le rispose brusca la maga, agitata per le condizioni del suo corvo. Ci mancava solo che i Lovegood...

Bussò con forza alla porta della capanna e subito Hagrid venne ad aprire: esaminò velocemente l’animale e iniziò a tamponare i graffi, con una delicatezza che nessuno si sarebbe aspettato da quelle mani grosse come badili. Petrolio, che di solito beccava a sangue chiunque non fosse Oleander, lo lasciava fare.

“Guarirà presto, non ti devi preoccupare. Però ci dovresti insegnare al tuo corvo a stare più tranquillo, ecco.”

“Sapete? Si dice che gli animali assimilano il carattere del loro proprietario.” disse Luna in tutta calma. Terry le allungò una gomitata nelle costole, ma Luna gli rimandò uno sguardo vacuo e non comprese il perchè del suo gesto.

“Sei stata fortunata a trovarmi, sì. – proseguì Hagrid, che trattenne a stento una risatina di fronte allo sguardo di disappunto di Oleander – Stavo andando in guferia a spedirci un pacco a Wilhelmina Caporal: ci servono dei semi di ruta per degli allocchi malati.”

“Non preoccuparti, vado io.” rispose la maga, affidando il suo corvo al mezzogigante, tranquillizzata dal saperlo in buone mani; prese il pacco ed uscì. Luna non smetteva di fissarla con curiosità, ma Oleander era più interessata all’oggetto che Terry Steeval stringeva in mano: era quello caduto all’altro corvo che litigava con Petrolio, un disco di metallo bronzeo che presentava un lato coperto da un vetro scuro, mentre l'altro lato portava incisi strani glifi alla rinfusa “Sembra un rompicapo. Posso provare a risolverlo? Vado matto per queste cose.” disse il ragazzo.

“Quello non è un rompicapo, è un Osservino, serve per controllare il Covo segreto di Priscilla Corvonero, il luogo dove è nascosta la sua eredità.” si intromise Luna.

Il suo compagno di casa, seppur avvezzo alle sue stramberie, roteò gli occhi “Cosa?”

“Lo stavano dicendo i corvi, prima di iniziare ad azzuffarsi.”

“Tu capisci il loro linguaggio?” chiese Terry, ancor più scettico.

“Certo che sì: c’è chi parla il serpentese, io parlo il corvese, cosa c'è di strano?” Alla ragazza non sfuggì lo sguardo di incredulità che passò tra Oleander ed il suo compagno di Casa. “E’ la verità – insistette, mentre i tre salivano le scale che portano in guferia – anzi, ti dirò di più: quegli altri corvi erano i guardiani del Covo e Petrolio li stava rimproverando perché la scorsa notte hanno permesso a un ladro di saccheggiarlo.”

“E magari gli hanno anche fatto l’identikit.” mormorò Oleander.

“I corvi dicono che è stato Mundungus Fletcher: se vi ricordate il Cavillo aveva scritto che era riuscito a scoprire l’ubicazione del Covo di Priscilla, approfittandosi della madre di Marietta. Evidentemente ora è riuscito a superare tutte le barriere magiche di quel posto.”

“L'immaginazione non le manca di certo, nel mondo babbano sfonderebbe come autrice di fantasy.” riflettè la maga. Stava per aprire la porta della guferia, quando udì due voci concitate all’interno ed esitò un istante.

“Ti prego Daphne!” Era Astoria Greengrass.

“Tu sei matta, sei completamente matta. Devi togliertelo dalla testa una volta per tutte. Non hai già causato abbastanza guai alla nostra famiglia? Un mese di punizione non ti è bastato?”

“No!” le rispose Astoria in tono ribelle.

“Stasera scriverò alla mamma, ti farò ritirare da scuola, se necessario.”

“Ti odio!”

“Proprio non capisci? – disse Daphne esasperata – Lo faccio per te, non so più come dirtelo. A chi volevi scrivere questa volta? Fammi vedere.”

“No.”

“Astoria, dammi quella lettera.”

“Mai!”

Daphne pronunciò un incantesimo per incendiare la lettera. Seguì un gran trambusto e a quel punto Oleander aprì la porta, trovando le due sorelle riverse sul pavimento che lottavano, incuranti del guano e dei resti dei pasti dei rapaci. Alla vista della professoressa si immobilizzarono.

“Ma cosa diavolo c’è oggi nell’aria, che siete tutti a litigare?” chiese Oleander.

“Potrebbero essere Gorgosprizzi. Oh no, ho fatto male a lasciare gli spettrocoli nel dormitorio.” disse Luna, ignorata da tutti. Steeval aveva deciso di restar fuori da quella litigata tutta al femminile e se ne stava seduto sui gradini, tutto preso dal rompicapo.

La maga dai capelli viola richiamò un gufo e gli affidò il pacchetto di Hagrid, poi si voltò per andarsene.

“No-non ci toglie punti? Non ci rimprovera nemmeno?” chiese Daphne incredula, ripulendo velocemente lei e la sorella con un Gratta e Netta. Che razza di professoressa era mai quella? La McGranitt avrebbe fatto la pelle ad entrambe.

Oleander si voltò verso di loro “Non vedo perché dovrei: io ho visto solo una lite tra due sorelle, che con i punti delle Case non centra nulla. Però, Astoria, se mi permetti di darti un consiglio, tua sorella ha ragione: a giocare con il fuoco si finisce per bruciarsi e a te è già andata bene una volta.”

“Io sono innamorata di Draco – la ragazza le piantò in viso i suoi occhi azzurri, carichi di sfida, ma prossimi alle lacrime – e voi non capite niente!”

“Astoria!” la rimproverò Daphne.

In realtà Oleander riusciva a capire benissimo ciò che provava la piccola Greengrass: l’amore rende folli e in quel momento la ragazza avrebbe fatto qualsiasi cosa, avrebbe stretto qualsiasi patto o voto per Draco Malfoy, d’istinto e senza prendere in considerazione le conseguenze. “Il primo amore è come un uragano, Astoria Greengrass, è impossibile non restarne travolti, perciò da un lato ti capisco. Purtroppo però ti toglie la ragione e questo è un male, perché ti porta a compiere gesti sconsiderati.”

“Non mi importa.” ribattè la ragazza, ora però più calma.

“Sì, capisco benissimo anche questo. Ed è per questo che tua sorella e la tua famiglia si stanno affannando a tenerti lontana dai guai; ora li odi, ma un giorno li ringrazierai.”

Astoria scosse il capo testardamente, ma prima che la sorella potesse rimproverarla di nuovo, Steeval chiamò Luna ed Oleander dalle scale “Ce l’ho fatta, ho capito come funziona questo affare.” Il ragazzo era riuscito a riordinare i glifi sul retro del disco con grande facilità, trasformandoli in un alfabeto. Toccò le lettere con la bacchetta, fino a comporre la parola “Mostra” e il vetro sul davanti dell'Osservino iniziò a schiarirsi, mostrando delle immagini.

Si vedeva una piccola casa di campagna, poco più di un podere, all'imbrunire: in piedi davanti ad essa stava Mundungus Fletcher; Oleander l’aveva incrociato poche volte un paio d'anni prima, ma era certa che fosse lui. Sorpresa, alzò lo sguardo verso Luna: allora la studentessa di Corvonero parlava sul serio il linguaggio dei corvi?

Si vedeva Fletcher schiantare uno stormo di corvi inferociti e poi recitare una serie di formule magiche, agitando la bacchetta furiosamente, come un direttore d'orchestra invasato e d’un tratto il portone della casetta si dissolse. Sollevando le braccia in aria in segno di giubilo il mago penetrò al suo interno, uscendo dopo un bel po’ con un grosso sacco sulle spalle.

Tutto si era svolto esattamente come aveva detto Luna.

Terry si voltò verso la sua compagna di Casa "Esiste davvero? Il Covo di Priscilla Corvonero esiste davvero? Io pensavo fosse solo una leggenda."

"Beh, le mie scuse, Luna Lovegood." aggiunse Oleander, impressionata.

"Oh, non c'è problema, sono abituata a non essere mai creduta."

"Quindi quello è il luogo dove la fondatrice della vostra Casa nascondeva la sua eredità?"

"Precisamente."

 Nel frattempo anche Astoria e Daphne si erano avvicinate, incuriosite da quella faccenda e dimentiche della loro lite.

"Aspettate, non è finito." disse Terry. L'immagine scomparve dal disco, inghiottita da una nebbia densa, che poi si diradò, mostrando nuovamente la casetta, di notte. Comparve nell'inquadratura un gruppo di cinque figure incappucciate, avvolte in lunghi mantelli neri; illuminate da uno spicchio di luna, le maschere sui loro volti brillavano sinistre. Mangiamorte.

Gli spettatori trattennero il fiato per un istante, mentre le figure incappucciate entravano in casa; ne uscirono dopo poco tempo, visibilmente infuriati. Uno di loro si chinò a terra, indicando qualcosa ai compagni, probabilmente delle tracce: chissà se cercavano proprio il piccolo truffatore o solo qualcosa che c'era in casa? Ad ogni modo ora di sicuro si sarebbero messi sulle tracce: Dung era nei guai, ignaro del fatto che gli stessero dando la caccia.

"Cosa sta succedendo? Chi è quell'uomo che inseguivano i Mangiamorte?" chiese Astoria.

"Mundungus Fletcher. E' evaso recentemente da Azkaban assieme alla madre di Marietta Edgecombe, che faceva parte della Società segreta che doveva proteggere i gioielli di Priscilla Corvonero. Dovreste davvero leggere Il Cavillo, tutti quanti." le rispose Luna.

"Probabilmente ad Azkaban la Edgecombe ha promesso di dirgli ciò che sapeva se lui l'avesse aiutata a fuggire; a un poco di buono come Dung quei gioielli non potevano che far gola e non si è lasciato sfuggire l'occasione di arraffare un bottino prezioso." ipotizzò Oleander.

"Peccato non avere idea di dove sia andato." sospirò Luna.

"Proviamo a riguardare la scena, magari ci è sfuggito qualcosa." suggerì Terry. I cinque si disposero a cerchio attorno all'Osservino e quando si vide Fletcher uscire dalla casa, Daphne puntò il dito "Guardate, gli cade qualcosa dalla tasca." Per alcuni secondi si vedeva un piccolo oggetto bianco volteggiare nell'aria e posarsi a terra.

"Com'è piccolo! - Oleander strizzò gli occhi - C'è modo di ingrandirlo?"

Terry manovrò nuovamente con le lettere sul retro del disco e poi tornarono ad osservare l'immagine: l'oggetto perso da Fletcher era un semplice rettangolo di cartoncino bianco, attraversato in diagonale da una linea a zig-zag nera che ricordava dei gradini stilizzati.

"Per tutti gli spiriti, Il Sottoscala!" esclamò Oleander in italiano, mentre i ragazzi alzavano lo sguardo verso di lei, incuriositi. "E' un negozio magico di Milano - spiegò - ed è specializzato nel... non fare troppe domande sulla provenienza della merce che la gente lascia lì in conto vendita, mettiamola così. Avete presente Magie Sinister? Ecco, una cosa del genere."

"Lei pensa che questo Fletcher voglia rivendere lì i gioielli di Corvonero? Ma perchè andare così lontano?" chiese Terry.

"Quei gioielli sono molto conosciuti qui in Inghilterra, è merce che scotta e difficilmente troverebbe un compratore, ma all'estero gli sarebbe più facile. Sì, senza dubbio si è recato a Milano." Oleander valutò il da farsi: avendo assistito ad un furto, la cosa più ovvia da fare era avvisare gli Auror e lasciare che se ne occupassero loro. E poi, per quanto Dung fosse un disgraziato, nessuno meritava di venir assalito dai Mangiamorte. Però c'era un problema: gli Auror sarebbero stati costretti a passare per i canali ufficiali e chiedere un permesso speciale per agire sul suolo italiano. Ed il Ministero della Magia del suo Paese non brillava certo per celerità ed efficienza: nel momento in cui si fosse deciso, Dung rischiava di trovarsi già sottoterra. Meditò se muoversi da sola per intercettare quel disgraziato al Sottoscala ed avvisarlo che quei gioielli facevano gola anche ai servitori di Voldemort. "Credo che andrò a Milano."

Fece per scendere le scale, ma Astoria strappò il disco dalle mani di Terry e le se si parò davanti.

"Astoria, fa' passare la professoressa." intimò la sorella maggiore.

"La prego, mi porti con lei." la supplicò Astoria.

"Eh? Non se ne parla proprio. Perchè dovrei fare una cosa del genere?" disse Oleander.

"Guardi, guardi qua, - le indicò il gruppo di cinque Mangiamorte - vede quello in fondo?"

"A malapena, è quasi completamente coperto dagli altri."

"E basso, vero? E' molto più basso degli altri quattro. Come un ragazzo. E se... e se fosse Draco?"

"Cosa te lo fa pensare? Non si vede praticamente nulla."

"Ma potrebbe essere lui!" insistette la ragazza, sconvolta.

"Astoria è retta solo dalla forza della sua disperazione." pensò Oleander, infatti la ragazza, in lacrime, si aggrappò alle braccia della donna "Mi porti con lei, la scongiuro! Se è Draco, io posso parlarci e convincerlo a costituirsi al Ministero, posso salvarlo, so che posso farlo!"

"No, nel modo più categorico, no!" Oleander sapeva che era questo che doveva dire ad Astoria, ma nella sua mente si insinuò un altro pensiero "E se uno di quei cinque incappucciati fosse Severus, cosa faresti?" L'idea di rivederlo, di poterlo toccare, di stringersi a lui dopo tutti quei mesi la travolse in modo così intenso da essere quasi dolorosa e provocarle le vertigini. D'un tratto il bisogno di partire si fece urgente ed insopprimibile. "Se potessi rivedere Severus, ti comporteresti esattamente come questa ragazza, lo sai benissimo." Pertanto quello che le uscì dalla bocca fu solo un flebile "Ma è troppo pericoloso..." che era come darla vinta.

Alle sue spalle Luna e Terry si scambiarono uno sguardo di intesa e dissero "Veniamo anche noi!"

"Cosa? No! L'unico posto dove andrete sono i vostri dormitori."

Astoria si aggrappò ancora più saldamente alla sua camicetta "La prego, se è lui potrebbe essere l'unica occasione che ho di rivederlo."

"Non deve preoccuparsi per noi - disse Luna con aria sognante - io ho partecipato alla Battaglia la Ministero ed ero più piccola di adesso."

"E per noi Corvonero recuperare il tesoro della fondatrice della nostra Casa è un dovere morale." disse Terry con un sorriso furbo.

Oleander cercò un sostegno in Daphne, ma la maggiore delle Greengrass era rimasta molto colpita dalla tristezza della sorella "Se mia sorella viene, vengo anch'io."

"Oh - Oleander si premette le dita contro le tempie - oh diamine, devo essere completamente impazzita! Ragazzi, vi prego, non fatemi pentire più di quanto non sia già pentita." Ed il gruppetto scese dalla Guferia. Ai piedi della torre incontrarono Viktor Krum, di pattuglia al castello quel giorno "Io visto voi lassù, rimasti per tanto tempo, perkè?"

Oleander lo squadrò con occhio critico: robusto e abile in difesa con le arti oscure "Krum, vieni anche tu con noi, ti spiego strada facendo."

Si smaterializzarono fuori dai cancelli della scuola e ricomparvero nel negozio di Oleander in Diagon Alley, il cui camino comunicava direttamente con il suo vecchio appartamento di Milano. "Spero che nessuno di voi abbia appena mangiato, perchè il viaggio è lungo."

Dopo un po' emerse dal suo vecchio caminetto nel salotto e si scrollò la polvere volante dai vestiti. Alla fine si era rivelata una fortuna non essere ancora riuscita a vendere l'appartamento. L'aveva messo in vendita l'anno prima, ma poichè si trovava in un condominio di soli babbani, nessun mago si era mostrato interessato: probabilmente l'unico che lo avrebbe trovato di suo gusto era Arthur Weasley, se solo avesse avuto i soldi necessari. Di cederlo ad un babbano non se ne parlava proprio: nel corso degli anni aveva dotato quel bilocale di tanti di quegli incantesimi anti-intrusione e blocca-babbani che non se li ricordava più e non le andava di ritrovarsi sotto processo perchè qualcuno era finito arrotolato in una veneziana o schiaffeggiato da un tappeto.

"Vedete di non comportarvi in modo troppo maghesco - raccomandò ai ragazzi - sono l'unica strega che abita in questo palazzo."

"Ci sono dei babbani?" esclamò Daphne, disgustata.

"Nessuno ti ha costretto a venire, anzi... - le ricordò Oleander - ora cerco di scoprire se Dung è già qui." e si diresse in bagno, dove compì una strana manovra: afferrò il miscelatore del lavandino, gli fece compiere tre giri completi in senso orario e mezzo giro in senso antiorario. Dal rubinetto si staccò una bolla iridescente che precipitò nello scarico con un trillo vivace. Dopo alcuni secondi una voce maschile risalì dalle tubature "Chi è?"

"Sono io, Oleander Silvestre."

"Silvestre? Quanto tempo! Dov'eri sparita?"

"Scusa, ma oggi sono di fretta e non ho tempo per i convenevoli: mi serve un'informazione."

"Io non so nulla, ho bevuto per sbaglio una pozione che cancella la memoria. Mi servirebbero parecchi galeoni per farmi curare a dovere, sai?"

"Ottavio Pigliapoco - la maga assunse un tono battagliero - con tutti i favori che mi devi non puoi permetterti questi giochetti con me, altrimenti..."

"Uh, va bene, va bene, non ti scaldare. Noto che hai sempre lo stesso caratteraccio. Cosa vuoi sapere?"

"Sai se uno straniero, un inglese per la precisione, se n'è andato in giro a chiedere del Sottoscala?"

Il silenzio che provenne dalle condutture le raccontava molte cose "Pigliapoco, in realtà gli stranieri che hanno chiesto informazioni erano più di uno, vero? E alcuni erano quel genere di persone che non vorresti mai incontrare in un vicolo buio. Coraggio, mi basta un sì."

"Sì" disse precipitosamente l'altro, poi la bolla risalì lo scarico e scoppiò. "Ha chiuso la comunicazione. Speriamo di essere in tempo." Tradusse per i ragazzi la conversazione e poi uscirono.

Per raggiungere Il Sottoscala dovettero scendere nella metropolitana; Oleander temeva che qualche babbano si insospettisse, notando il loro abbigliamento fuori dal comune. Se lei era vestita in modo abbastanza anonimo, con un paio di pantaloni di velluto neri, una camicetta ed una blusa, altrettanto non poteva dirsi per i ragazzi: Krum pareva uscito da un cosplay medioevale e gli altri da un esclusivo college per aristocratici.

Ma si era dimenticata che i babbani potevano essere ben più eccentrici di un mago in fatto di abbigliamento, e non solo: la stazione della metropolitana pullulava di gente che smanacciava frenetica sul cellulare e non si sarebbe accorta nemmeno di un incendio, di persone che ascoltavano strana musica sparata a tutto volume, molto più simile ad un processo digestivo che ad una melodia, di ragazzi coperti da felpe enormi e pantaloni di tre taglie più larghi, che non si capiva bene come facessero a non scivolare giù, di punk dalle acconciature psichedeliche e ricoperti da tanti di quei piercing da diventare un pericolo durante i temporali e di donne che zampettavano su tacchi vertiginosamente alti. "Mi sono sempre chiesta anch'io come facciano a restare in equilibrio su quei trampoli senza l'ausilio di un incantesimo." disse Oleander, che aveva intercettato lo sguardo sbigottito di Daphne.

Una volta arrivati sulla banchina, la maga dai capelli violetti si appoggiò alla porta di un locale tecnico, sul quale campeggiava un cartello che vietava l'accesso al pubblico, fece scorrere la bacchetta nella serratura e la porta si aprì, rivelando un camminamento illuminato da lanterne ad olio. Sulla parete era affisso un cartello di indicazioni: a sinistra per il distaccamento del Nord Italia del Ministero della Magia (Ufficio passaporte, scope e metropolvere, Ufficio rapporti interni dei distaccamenti; Sportello anagrafe magica; Dipartimento rapporti con le creature magiche) a destra per Corso Celato.

Il gruppo imboccò quest'ultima direzione, scese diverse rampe di scale fino a trovarsi di fronte ad un'anonima porticina di ferro, oltre la quale si trovava la Diagon Alley di Milano, Corso Celato. I babbani nel corso degli secoli avevano progressivamente ricoperto di cemento e asfalto il canale che attraversa la città e i maghi si erano appropriati di quelle zone sottoterra, trasformandole in bellissimi viali. Sulla volta di copertura dell'ampia galleria una magia creava l'effetto del cielo, ora luminoso e sereno, percorso da rare nuvole bianche. Molti barconi carichi di merci o di passeggeri solcavano le placide acque del Naviglio, maghi e streghe camminavano lungo il viale alberato che lo costeggiava da ambo i lati o sedevano ai tavolini dei bar e delle trattorie, lungo le pareti della galleria si affacciavano le più svariate attività commerciali. Passarono accanto a "Il Libercolo: romanzi, fiabe, saggi e i libri di testo richiesti dall'Istituto Mediolanensis", "Guscio di tartaruga: animali da compagnia e non, volatili portalettere", "Il mago dello sport: selle e finimenti per ippogrifi, abbigliamento in pelle di drago, accessori per il Quidditch, manici di scopa" e ad una filiale della Gringott Bank. Oleander rallentò per osservare una mattonella sulla parete con su scritto A4 "Siamo ancora un po' lontani, il Sottoscala si trova in un altro settore."

Man mano che avanzavano lungo il corso, l'atmosfera cambiava: meno gente per strada, molti negozi chiusi o abbandonati, e anche l'incantesimo sul soffitto non era più così brillante, tanto che a un certo punto dovettero accendere le punte delle loro bacchette. I settori dal C1 in poi erano del tutto abbandonati, un ammasso indistinto di mobilia in pezzi e rifiuti "Sono anni che il Ministero Italiano promette di riqualificare questa zona - borbottò Oleander - se avessi uno zellino per ogni volta che l'hanno detto... lasciamo perdere. Ci siamo quasi." disse ai ragazzi sottovoce. Si sporse oltre l'angolo del corso, che sbucava in una piazza ingombra di materie e calcinacci; all'estremità opposta un mago tarchiato che portava con sè un sacco di iuta bussava ad una porta chiusa.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 16. Il bracciale di Corvonero, parte 2 ***


CAPITOLO 16: IL BRACCIALE DI CORVONERO

- parte seconda -

 

"Dubito ci sia qualcuno, Mundungus: si sono diffuse brutte voci nell'ambiente e il proprietario del Sottoscala sarà già partito per una lunga vacanza." disse Oleander, andandogli incontro a bacchetta spianata. Fletcher sussultò per lo spavento, appiattendosi contro il muro "Oh, studenti di Hogwarts - fece una risatina nervosa - siete qui in gita scolastica?"

"No, siamo qui per riprendere i gioielli di Priscilla Corvonero che tu hai rubato. - disse Terry, facendosi avanti - Ridacceli!"

Il truffatore si tirò vicino il sacco "Non so di cosa state parlando, qui ci sono solo ehm... delle cose che... uh... ho ereditato da una prozia."

"Abbiamo le prove che non è così, Dung: faresti davvero meglio a consegnarci quel sacco, perchè c'è altra gente che ti sta cercando, decisamente meno amichevole di noi."

"Su questo ci può scommettere, signorina." Tutti si voltarono al suono di quella voce: da un'altra strada che confluiva nella piazza sbucarono i cinque Mangiamorte. Quello che aveva parlato, il più basso del gruppo, si sfilò la maschera: non assomigliava nemmeno lontanamente a Draco Malfoy, si trattava di Peter Minus e nessuno degli altri quattro era Severus. Mundungus lasciò immediatamente la presa sul sacco e si smaterializzò alla velocità di un lampo.

"Ragazzi, al riparo, presto!" urlò Oleander e si tuffò dietro a una montagnola di calcinacci, evitando d'un soffio uno schiantesimo. Anche i ragazzi di Hogwarts trovarono riparo e risposero immediatamente agli attacchi degli uomini mascherati, Krum schiantò senza tanti complimenti uno di loro che si era sporto troppo dal suo riparo e Daphne, con un fenomenale incantesimo scudo protesse la sorella da un incantesimo, che rimbalzò sul soffitto, dal quale si staccarono alcuni blocchi di pietra. In mezzo a tutta quella confusione, Oleander vide che Minus cercava di avvicinarsi al sacco abbandonato da Mundungus: quindi i Mangiamorte cercavano proprio quello e non il mago truffatore. Ma perchè mai si interessavano a dei gioielli? Che se ne facevano? A meno che... "In nome di Zoroastro, e se ci fosse un horcrux là in mezzo?" La donna cercò di tenere il mago lontano dal suo obiettivo, ma Minus puntò la bacchetta sul soffitto e gridò "Descendo!" per schiacciarla con alcuni blocchi di cemento. Oleander li distrusse, ma la piazza venne invasa dalla polvere dei calcinacci, inoltre le vibrazioni ed i numerosi incantesimi lanciati da entrambe le parti fecero crollare un grosso tratto della galleria, che divise i due gruppi avversari, ma isolò anche Oleander dai ragazzi. "State tutti bene?"

"Sì - le rispose Luna da dietro le macerie - e lei?"

"Anch'io! Cercate di scavarvi una via d'uscita in direzione della mia voce e poi seguite le pietre verdi posizionate sul muro: vi condurranno all'aperto."

Nel frattempo Minus era riuscito a raggiungere il sacco dei gioielli e, con la mano metallica donatagli da Voldemort, ne estrasse trionfante un bracciale di diamanti rosa. "Dove pensi di andare?" Oleander gli indirizzò un incantesimo.

"Ho un asso nella manica, signorina. Addio." In men che non si dica si trasformò in topo e, con il bracciale stretto in una zampina, sgusciò tra le pietre.

"Ce l'ho anch'io. - si alzò, stirandosi e facendo scrocchiare le ossa - Speriamo di riuscirci, sono anni che non lo faccio e sono parecchio fuori allenamento."

Poco dopo una pianta d'edera strisciava agilmente negli spazi tra i calcinacci e raggiunse l'esterno: il passaggio usciva all'aperto nei Giardini Pubblici, alla base di una grossa roccia decorativa. Sciolse la trasformazione da Florimagus e si guardò intorno alla ricerca di Minus. Nel frattempo si era messo a diluviare e in un attimo si ritrovò fradicia fino al midollo. Anche Minus aveva riacquistato aspetto umano e correva verso l'uscita, Oleander si lanciò al suo inseguimento, ma scivolò sull'erba bagnata e la bacchetta le sfuggì di mano, rotolando via. Vista la sua inseguitrice disarmata, Minus valutò che non era più pericolosa e tornò sui suoi passi con fare baldanzoso, fermandosi sotto un'imponente quercia per ripararsi dalla pioggia battente "Bene, bene, chi abbiamo qua? Una giovane Auror pronta ad immolarsi per la causa? Non ho mai visto la tua faccia. Oh beh, poco importa, ora. - la canzonò con uno sgradevole sorriso, che metteva in mostra i suoi denti da roditore. - Vorrei dirti 'Ritenta, sarai più fortunata', ma non ci sarà una seconda occasione per te." proseguì, sollevando la bacchetta, mentre con la mano metallica che stringeva il bracciale di Corvonero scacciava via una vespa.

Oleander cercò la sua bacchetta con lo sguardo carico di paura: era ruzzolata almeno un paio di metri più in là e lei probabilmente nella caduta si era slogata una caviglia, a giudicare dal dolore pulsante, non aveva alcuna speranza di fare un balzo e raggiungerla. E poi quelle manovre riuscivano solo nei film.

Minus agitò nuovamente il braccio, per allontanare altre due vespe moleste che insistevano a ronzargli attorno alla testa.

La maga con gli occhiali seguì il volo degli insetti ed ebbe un sussulto: appeso a un ramo giusto sopra la testa del Mangiamorte c'era un nido di vespe delle dimensioni di un cocomero, brulicante di insetti che si andavano riparando dalla pioggia. Tastò il terreno e con la mano sinistra toccò un sasso, grosso come un pugno.

"Un ultimo desiderio?" scherzò ancora Minus.

"A dire il vero sì." Oleander chiuse le dita attorno alla pietra e si concentrò: era la sua unica possibilità e non poteva sbagliare. "Va' all'inferno."

"Dopo di te, signorina. A..."

Prima che Minus riuscisse a pronunciare l'anatema che uccide, Oleander scagliò il sasso sopra la sua testa, Minus si chinò istintivamente, ma il sasso passo ben al di sopra del suo capo "Mancato."

"Centro perfetto." ribattè la donna. La pietra colpì in pieno il nido grigio, che si staccò dal ramo e cadde giusto in testa all'uomo che aveva tradito James e Lily, spaccandosi. Migliaia di vespe inferocite ne uscirono e punsero il mago senza pietà che, in preda ad un terrore assoluto, abbandonò horcrux e bacchetta e corse via schiaffeggiandosi la testa. Accecato da alcune vespe che lo avevano punto sulle palpebre e poco avvezzo al traffico di una città babbana, si gettò in mezzo alla strada e fu centrato in pieno da un grosso camion, che non riuscì a frenare (e in seguito numerosi testimoni dissero che l'autista non avrebbe potuto far nulla per evitare quel pazzo che era sbucato dal nulla correndo all'impazzata). Minus venne sbalzato diversi metri più in là e cadde pesantemente sull'asfalto, morendo sul colpo.

Oleander si rimise in piedi a fatica, tremava sia per la pioggia gelida, sia per il pericolo corso. Recuperò la sua bacchetta e squadrò il bracciale di diamanti, che giaceva inerte sull'erba. Visto così sembrava del tutto innocuo, ma Voldemort non avrebbe di certo scomodato cinque Mangiamorte per un gioiello qualsiasi. Quello era sicuramente un horcrux e quindi andava distrutto, ma doveva usare la massima prudenza: gli altri horcrux erano protetti da delle maledizioni e probabilmente il bracciale non era da meno.

Si guardò attorno: a causa di quell'acquazzone torrenziale, i Giardini erano deserti, nessun clochard, nessuna mamma con pupo in carrozzina, nemmeno un fanatico del jogging. Era il momento ideale.

Si riparò dietro la roccia da cui era sbucata e agitò la bacchetta in direzione dell'horcrux "Bombarda!" Il bracciale saettò verso l'alto e ricadde al suolo, intatto.

"Sembra che occorra qualcosa di più incisivo..." Ma non si fidava ad usare qualche pericoloso incantesimo oscuro, come l'Ardemonio, sia perchè non era certa di essere in grado di padroneggiarlo, sia perchè poteva essere troppo pericoloso per se stessa e per gli ignari babbani della sua città.

"Se solo potessi aumentare la forza dell'incantesimo." E poi notò la bacchetta abbandonata da Minus. "Accio!" Castagno e cuore di drago, poco più di nove pollici e troppo flessibile "Se il convento non passa di meglio... Bombarda maxima!" Oleander puntò entrambe le bacchette contro l'horcrux: inizialmente non accadde nulla, ma poi dal bracciale si generarono delle fiamme viola elettrico e all'improvviso il gioiello di Corvonero esplose in un'accecante palla di fuoco; Oleander dovette aggrapparsi saldamente alla roccia, per non essere spazzata via dal violento spostamento d'aria. Attese qualche istante e poi sbirciò furtivamente da dietro il suo riparo: il bracciale era sparito e con esso la quercia secolare lì vicino: al loro posto c'era un cratere annerito e fumante del diametro di un paio di metri.

"Signora! Signora, sta bene?" un vigile corse verso di lei.

"Sì, grazie, sto benissimo."

"Ha visto quella luce? Cos'è stato?"

"Un fulmine - asserì Oleander con sicurezza - non può essere stato altro che un fulmine."

"Eh già. Però, che roba... un momento: ma non c'era una grossa pianta, qui?"

"Mi perdoni, ma credo che laggiù ci sia stato un incidente, o qualcosa del genere." disse lei, per sviare l'attenzione del babbano ed indicò la strada fuori dai cancelli dei Giardini, dove un crocchio di persone si andava formando attorno al defunto Peter Minus. Il vigile corse via, dimentico del cratere annerito e dell'eventuale pianta mancante.

Dopo qualche minuto, da un bagno chimico nel mezzo del parco (guasto - secondo il cartello che c'era appeso alla porta) sbucarono Krum e gli studenti di Hogwarts, che erano riusciti a guadagnare l'uscita. Daphne trovò addirittura il tempo di essere polemica "Che schifo di uscita! Un bagno! Il Ministro della magia di questo Paese è senza cervello."

"Professoressa, siamo qui. E guardi, abbiamo recuperato i gioielli di Priscilla Corvonero." disse Steeval.

"State bene?" chiese la donna in apprensione, tastando i ragazzi in cerca di ferite. "Accidenti, dobbiamo portare Krum in ospedale." Oleander si avvicinò al giovane mago bulgaro, che era stato colpito dalla fattura di un Mangiamorte e aveva una vistosa piaga sanguinante sul braccio. "Non serve, io sto bene." disse in tono sbrigativo, ma accettò di buon grado il mantello che Luna gli offrì per fasciarsi temporaneamente la ferita. "In ospedale ci andiamo eccome, Viktor, tanto più che anch'io ho una caviglia che mi fa un male cane." ed il gruppo si avviò sotto la pioggia che non aveva smesso di cadere.

Astoria era molto abbattuta: si era aggrappata ad una speranza folle e debolissima ed aveva trascinato sua sorella in mezzo ad una situazione pericolosa; teneva gli occhi fissi a terra, non osava guardare Daphne, che temeva fosse in collera con lei, ma quando restò troppo indietro, la maggiore delle sorelle Greengras rallentò il passo e la prese per mano, senza dire una parola: sapeva bene che per Astoria il non aver incontrato il ragazzo che amava era la punizione peggiore.

"Lo dirai a mamma e papà?" chiese Astoria, con voce timorosa.

"Dovrei farlo."

"Lo so."

"Ma d'altronde loro si erano raccomandati con me di fare in modo che non ti cacciassi più nei guai. Facciamo che resta tra di noi?"

"Come quando da bambine abbiamo dato la colpa agli elfi domestici di aver rotto il candeliere del salotto?"

Daphne sorrise ed Astoria le strinse più forte la mano.

Luna trotterellava di fianco ad Oleander "Non ha usato un incantesimo di scavo per uscire fuori dal sotterraneo."

"Molto acuta, signorina Lovegood."

"Un ingegno smisurato è per il mago dono grato. - cantilenò la ragazza - Si è trasformata, vero? Quando rientriamo ad Hogwarts posso chiamare mio padre quell'intervista?"

"Luna..."

"Sto tirando troppo la corda?"

"Saggia, oltre che intelligente."

Daphne aveva ripreso la sua verve polemica "Il quartiere magico di questa città si trova sottoterra e ha l'uscita da un bagno pubblico, l'ospedale dove si trova, in una discarica?"

Oleander si voltò e le sorrise "Giudicherai tu stessa."

Li guidò attraverso il centro storico della città e, quasi all'inizio di una delle vie che sbucano su Piazza Duomo, si fermò davanti al cancello di una piccola chiesa antica, dalla facciata di pietra grigia, che sembrava quasi ficcata a forza in mezzo agli alti palazzi moderni che la circondavano, cingendola d'assedio. In quella fredda giornata di pioggia, pochi turisti entravano ed uscivano dal portone principale.

"Eccoci qua. Santa Maria presso San Satiro, nonchè ospedale per le ferite magiche Santa Dorotea." [1]

"L'ospedale è in una chiesa? Una chiesa frequentata da babbani?" chiese Terry sgranando gli occhi. Anche Luna, grande amante delle bizzarrie, trovava la scelta assurda: in un luogo così affollato c'era il forte rischio di venir scoperti.

"A dire il vero questo è solo l'ingresso per i visitatori, il pronto soccorso ha un'entrata più discreta da una viuzza sul retro e l'ospedale si sviluppa sotto la chiesa, ma c'era qualcosa che volevo assolutamente farvi vedere. Ed entrando da qua, se siamo fortunati, forse riusciamo anche a saltare la coda."

"Le pare una cosa corretta?" chiese Daphne.

"Signorina Greengrass, siamo in Italia: cercare di scavalcare una coda è una specie di tradizione da queste parti."

Invece di entrare dal portone principale, Oleander si avvicinò ad una porta più piccola sulla sinistra, chiusa e sulla quale era affisso un cartello: "Porta sempre chiusa, utilizzare solo l'ingresso principale."

Un mendicante avvolto in vestiti sporchi sedeva per terra, con davanti una scatoletta di latta che conteneva poche monetine. Alzò gli occhi ed incrociò lo sguardo con Oleander, che gli rivolse un cenno del capo.

"Che schifo." borbottò la maggiore delle sorelle Greengrass, girandosi verso il muro.

"Oh, sarebbe lusingato se ti sentisse parlare così: quello è un mago obliviatore travestito che controlla l'ingresso per prevenire incidenti." Oleander aprì la porta secondaria: nessun turista faceva caso a loro, in quel momento erano tutti intenti a fotografare la facciata della Chiesa. Appena varcata la soglia, ai ragazzi sembrò di passare sotto una cascata di acqua gelida: un potente incantesimo di disillusione rendeva invisibile automaticamente chiunque passasse da quella porta; le luci tenui all'interno della chiesa aiutavano ulteriormente a celarli alla vista dei babbani, mentre la musica di un organo nascondeva le voci. Non che ce ne fosse bisogno in quel momento, perchè i ragazzi non proferivano parola, rapiti dalla bellezza di quel luogo: all'interno la chiesa sembrava più grande di quanto non apparisse da fuori, ma trasmetteva un forte senso di raccoglimento. Il soffitto a volta era ricoperto da eleganti stucchi dorati, tuttavia molto sobri e non esagerati, una cupola semisferica, anch'essa a cassettoni dorati, si slanciava verso il cielo e, oltre l'altare, l'abside pareva estendersi all'infinito, in un colonnato che si dilatava nello spazio e catturava l'attenzione di tutti.

Fu solo quando si trovarono a ridosso dell'altare che gli studenti di Hogwarts iniziarono a guardarsi tra loro straniti, e ad Astoria girò anche la testa: lo spazio pareva restringersi, deformarsi ed essere molto più... corto!

"Ma-ma è una magia?" bisbigliò la ragazza.

La maga dai capelli viola annuì "Oh sì, una magia antica e spettacolare, opera di Bramante, un grande stregone italiano: questa è la barriera magica da lui eretta che divide la chiesa dall'ospedale. I babbani, bontà loro, credono da sempre che si tratti di un semplice gioco prospettico e ne sono talmente convinti che percepiscono questa parete come un muro solido." Oleander invece stese il braccio, che attraversò la parete. Oltre il muro c'era un salone che odorava di pozioni ed erbe medicinali, dove trovavano posto un grande bancone di legno, delle panchine per i visitatori in attesa ed un camino, occupato in quel momento da un mago con la testa tra le braci, che stava comunicando con casa sua. A destra un ascensore e a sinistra un grosso scalone conducevano ai reparti situati ai piani inferiori.

Oleander si avvicinò all'addetta dietro il bancone della reception "Buongiorno, a che piano dobbiamo andare per una ferita da fattura?"

La donna la guardò di sbieco "Cerchiamo di fare i furbi, vero? Dovete entrare dal pronto soccorso sul retro, dove un medimago esaminerà la ferita e solo dopo sarete chiamati in reparto."

"Lo so ma, vede, avremmo una certa fretta."

"Come tutti."

"Il ragazzo sta soffrendo parecchio." e indicò il giocatore di Quidditch, che aveva la sua consueta aria accigliata.

Adocchiato il ferito, l'atteggiamento della maga cambio completamente "E'... è Krum? *Quel* Viktor Krum?" chiese, arrossendo in modo imbarazzante per la sua età. Sentendo pronunciare il suo nome il ragazzo piegò il capo in segno di assenso. "Oh beh, io immagino che potremmo... per una volta... sì, mi faccia controllare... ecco: quinto piano sotterraneo, chiedete direttamente del dottor Sanguisugo, è uno dei migliori. Ma prima - porse una penna d'aquila ed un foglio di carta con molta nonchalance - non è che può chiedergli un autografo? Non è per me, è per mio figlio, che stravede per il Quidditch."

Mentre aspettava che Krum venisse medicato e che qualcuno le esaminasse la caviglia, Oleander ascoltava la radio della receptionist, che stava trasmettendo l'ultimo successo musicale delle Bacchette Elettriche. La stazione interruppe le trasmissioni per una edizione straordinaria del Gazzettino Fatato: nel settore C di Corso Celato un gruppo di quattro maghi aveva causato gravi devastazioni, prima di venir bloccato da una dozzina di Auror, accorsi in forza sul posto. Dalle prime informazioni, pareva che i malintenzionati fossero addirittura Mangiamorte.

 

Curati entrambi, il gruppetto riprese il camino da casa di Oleander e fece ritorno ad Hogwarts. "Professoressa - chiese Daphne ansiosa - è proprio necessario raccontare tutto alla preside?"

"Credimi Daphne, se potessi lo eviterei, ma devo dirglielo. La verità è che non avrei dovuto portarvi con me, è stato sciocco e pericoloso, ma dubito che la cosa uscirà mai dall'ufficio di Minerva McGranitt, se è questo che ti preoccupa."

Luna non si lamentò del fatto che, in questo modo, la loro avventura non sarebbe finita in prima pagina sul Cavillo: in quel momento era più preoccupata a raccontare a Krum di improbabili fatture ed il ragazzo la ascoltava serio ed attento.

"A mia mamma verrebbe un colpo se sapesse che ho fatto una cosa del genere. - disse Terry - Bocca cucita anche da questa parte."

Prima di passare in presidenza, Oleander andò nella Torre di Grifondoro a chiamare Harry, Ron ed Hermione.

"Perchè dobbiamo venire in presidenza con te?" chiese Ron.

"Perchè ho qualcosa da raccontare che vi interesserà parecchio. E perchè forse, in presenza di testimoni, Minerva non mi taglierà la testa con un'ascia." concluse, con un sorriso stentato. L'ipotesi di andare a far compagnia a Nick-quasi-senza-testa le sembrava spiacevolmente concreta.

La preside, infatti, era decisamente indignata e furiosa per quel che aveva fatto Oleander: non appena sentì che aveva portato con sè degli studenti, due dei quali per giunta minorenni, sulle tracce di un truffatore a sua volta braccato da dei Mangiamorte, le fece una ramanzina coi fiocchi "Raramente ho assistito ad un comportamento tanto irresponsabile. Tu sei una professoressa, tuo compito è quello di proteggere gli allievi di questa scuola, non di esporli a pericoli indicibili o incoraggiare le loro ossessioni. Se vuoi giocare con la tua vita, sei liberissima di farlo, ma non coinvolgere mai più degli studenti." Oleander si fece piccola piccola sulla sedia, mentre anche qualche ritratto degli ex presidi la biasimò apertamente ed Harry le lanciò un'occhiata di fuoco "Hai trascinato anche Luna e Terry, due miei amici, per un capriccio di Astoria Greengrass?"

"So di aver sbagliato..." iniziò la maga con gli occhiali, subito interrotta dal ritratto di Phineas Nigellus Black che mormorò uno sprezzante "E ci mancherebbe altro."

"... ho sbagliato e mi dispiace. - proseguì - Ma quello di Astoria non è un capriccio, è amore. Tu cosa faresti se Ginny commettesse un errore, se fosse al posto di Draco? Smetteresti di amarla? O piuttosto non faresti di tutto per riaverla al tuo fianco, nonostante tutto e tutti?" Dovette interrompersi di nuovo, soverchiata dalle voci indignate di Harry e Ron che all'unisono difendevano l'integrità morale della piccola Weasley. Hermione alzò gli occhi al cielo e zittì entrambi con un Silencio "Perchè voi maschi siete così lenti di comprendonio? Oleander non sta dicendo che Ginny è una Mangiamorte, era solo un esempio per farvi capire che per la persona amata si farebbe qualsiasi cosa!" E solo quando ebbe un cenno di assenso da parte di entrambi, sciolse l'incantesimo.

"Se ho portato Astoria con me è perchè credevo davvero che potesse davvero convincere Draco a lasciare Voldemort."

"E come?" chiese Harry, la cui voce grondava ironica incredulità.

"Mi sento di citare Silente: mai sottovalutare la forza dell'amore, Harry. Ad ogni modo non ha importanza, Draco non era in quel gruppo; in compenso c'era un'altra tua conoscenza - guardò il ragazzo dritto negli occhi - Peter Minus."

E così potè finire il suo racconto, sino alla distruzione dell'horcrux. "E c'ero solo io con Minus - precisò subito, prima che ad Harry venisse una sincope - nè Luna nè gli altri hanno visto o saputo nulla dell'horcrux e dubito fortemente che Dung fosse consapevole di star portando a spasso per l'Europa un frammento dell'anima di Voldemort. Sarà anche un disgraziato di prima categoria, ma non mi risulta che nutra tendenze suicide."

"Quindi ora resta solo Nagini." disse Harry.

"E, beh, Voldemort vero e proprio." Già, piccolo particolare.

Hermione corrugò la fronte. "Qualcosa non va, signorina Granger?" chiese Minerva.

"No, no - minimizzò la ragazza - una sciocchezza, credo."

"Cioè?"

"Ecco, non mi tornano i conti. Silente disse ad Harry che Riddle aveva questa fissa con i Fondatori di Hogwarts, per questo nascose un horcrux in un oggetto appartenuto a ciascuno di loro, ma se Nagini è l'ultimo..."

"... manca l'oggetto di Grifondoro." concluse Harry per lei.

"E allora? - Ron si strinse nelle spalle - Non abbiamo mai avuto la certezza assoluta che ci fosse un horcrux per ogni Fondatore. Riddle non avrà trovato nulla che gli appartenesse, o non è riuscito ad uccidere una persona vicino ad un oggetto di Grifondoro."

"Sì, probabilmente hai ragione tu. Lo dicevo che era una sciocchezza." disse Hermione.

"Veramente c'è un'altra domanda fondamentale che nessuno di voi si è fatto." disse Black, guardandoli con aria sorniona dall'alto del suo ritratto. Poichè il gruppetto di maghi lo guardava con aria interrogativa, scosse la testa sconsolato "Davvero non ci arrivate? Povero me..."

"Oh, smettila con i tuoi giri di parole, Phineas - lo interruppe Dippet - se hai qualcosa da dire, dilla."

"E va bene - sospirò il preside meno amato di Hogwarts - La domanda da farsi è: perchè l'Oscuro Signore voleva indietro l'horcrux?"

I ragazzi parvero afflosciarsi nelle sedie ed Hermione lanciò uno sguardo preoccupato ad Harry "Se ha scoperto che li stiamo cercando, vorrà mettere al sicuro quelli che restano."

Il ragazzo saltò su come una molla "Non ho avuto altri sogni con Voldemort, lui non è più entrato nella mia testa. E io ho imparato ad occludere la mente."

"Non intendevo insinuare il contrario."

"A me pare proprio di sì."

"Ehm... - si intromise Ron - Piton." Gli altri si voltarono a guardarlo e lui sprofondò un altro po' nella sedia: non era abituato ad essere al centro dell'attenzione per una intuizione "In fondo è logico: Piton ha curato la mano di Silente dalla maledizione dell'anello, quando si è riunito a Voldemort gli avrà riferito che il preside stava rintracciando gli horcrux."

Oleander aprì la bocca per dire "Questo è assolutamente impossibile." ma poi si rese conto che così facendo si sarebbe scoperta. Restò qualche secondo di troppo con la bocca socchiusa, ma l'attenzione di tutti era rivolta verso Ron, la cui spiegazione sembrava soddisfacente. Solo Black prese a fissarla insistentemente. "D'accordo, se non c'è altro io andrei a stendermi - disse infine - questa giornata mi ha distrutto."

I tre ragazzi uscirono dall'ufficio e Oleander fece per seguirli "Un momento. - la bloccò Minerva - Per il bene della scuola e delle ricerche di Harry farò in modo che la vicenda non divenga di dominio pubblico, ma sia tu che i ragazzi sarete puniti per questa follia. Tu non percepirai lo stipendio sino alla fine dell'anno e gli studenti puliranno la guferia senza l'ausilio della magia, punizione che ora vado a comunicargli personalmente."

L'altra maga si limitò a chinare il capo "Più che giusto."

Indugiò un attimo ancora sulla comoda sedia, quando si sentì puntati addosso un paio di occhi che la guardavo incuriositi "Serve qualcosa?" chiese al ritratto di Black.

"Nulla, nulla. - rispose l'ex preside con calma - Stavo solo pensando che non hai un'aria particolarmente soddisfatta. Eppure non è da tutti distruggere un horcrux."

"Non abbiamo trovato Draco." rispose, forse un po' troppo in fretta, distogliendo gli occhi dal dipinto. "E non ho rivisto Severus." pensò con una fitta di dolore. Egoisticamente ci aveva sperato, forse più della piccola Serpeverde.

"Mmh." Black continuò a fissarla, come si guarda un animale raro in un serraglio.

"Il quadro di Silente ancora non è pronto?" chiese, per cambiare argomento.

Armando Dippet scosse la testa "E' una magia che richiede molto tempo. Non credo che lo vedremo prima della fine dell'anno."

"Gran peccato. - pensò Oleander - Una freddura di Silente mi ci vorrebbe proprio, ora."

Scese i gradini di pietra dell'ufficio del preside e con un po' di sorpresa notò che Harry la stava aspettando, accoccolato in un angolo contro la parete con l'aria di doverle chiedere qualcosa; Oleander lo raggiunse e si lasciò scivolare a terra vicino a lui, ma qualcosa bloccava il ragazzo, che fissava meditabondo le proprie scarpe. "E' per Minus? - azzardò la donna - Avresti voluto ucciderlo tu?"

Il ragazzo scosse la testa "No, non è per Minus. Anche se ritengo che abbia fatto la fine che meritava." E poi tacque di nuovo.

"Allora è per Draco? Ti chiedi come Astoria possa amarlo?"

"No, non è nemmeno questo."

"Accidenti, sono una frana come veggente, ha ragione Sibilla. - e Oleander si esibì in una imitazione ben riuscita della professoressa di Divinazione - Mi dispiace, ma tu non possiedi il Dono."

Harry rise brevemente e poi finalmente riuscì a sputare fuori la domanda "Cos'hai provato a distruggere l'horcrux?"

"E' stato orribile: avevo i crampi allo stomaco dalla paura e temevo che spuntasse fuori un babbano da un momento all'altro e mi vedesse. E l'esplosione? Vogliamo parlare dell'esplosione? Parola mia, mai visto un incantesimo difensivo di quella portata."

"Nient'altro?"

"Ti assicuro che è stato più che sufficiente per me." rispose Oleander, che non capiva dove il ragazzo volesse andare a parare.

"Voglio dire, come hai capito che quello era un horcrux? Hai provato qualcosa, tipo una sensazione strana?"

"Intendi come una vibrazione negativa? - la donna scosse la testa - No, nulla del genere, ho solo fatto due più due: dei Mangiamorte che si disturbano per dei ninnoli, Minus che da un sacco pieno di gioielli prende solo quel bracciale... Un personaggio di un romanziere babbano a questo punto direbbe 'Elementare Watson, elementare'. Perchè me lo chiedi? Tu hai provato qualcosa di particolare con la Coppa di Tassorosso?"

"Oh, nulla! A parte il fatto che mi aveva completamente soggiogato." - "No, semplice curiosità. Una sciocchezza." rispose il ragazzo alzandosi.

"Beh, speriamo di non finire nella cacca di ippogrifo fino al collo, a furia di sciocchezze." pensò la maga con un sospiro.

 

 

 

==========================

NOTE

[1] Vissuta nel medioevo, fu un importante medico del tempo, tanto da occupare la cattedra di medicina all'Università di Bologna.

Quanto a San Satiro è d'obbligo una visita, se siete di Milano o dintorni. Dire che è un luogo magico è semplicemente riduttivo.

 

 

AVVISO

La storia va in vacanza (o meglio, ci vado io) sino ai primi di settembre, ma poi gli aggiornamenti riprenderanno regolari perchè è già stata scritta tutta, manca solo una levigata all'ultima parte dell'epilogo. Per farmi perdonare la lunga assenza, posto questo capitolo doppio assieme. Grazie a tutti coloro che mi hanno seguito fin qui, a presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 17. Piano inclinato ***


CAPITOLO 17 – PIANO INCLINATO

Teddy sollevò gli occhi azzurri verso Harry e sfoderò il suo miglior sorriso sbavante e sdentato. Anche Harry sorrise e gli porse un dito, che il neonato strinse nella sua manina in miniatura.
"Che forza!" esclamò il ragazzo.
"Già, non lo diresti mai, vero? E' un piccolo campione." Nymphadora, quel giorno in una sobria versione castana, pulì la bocca del suo bambino. Sopra la culla, un incantesimo faceva roteare un volo di unicorni in miniatura.
Harry era andato a trovare il nuovo nato per la prima volta, a casa dei genitori di Tonks, dove la coppia si era trasferita dopo la nascita di Teddy: il parto di Tonks era stato lungo e logorante, lei doveva ancora riprendersi del tutto e Andromeda e Ted erano stati più che felici di aiutare la figlia ed il marito.

"Quei due adorano Teddy, farebbero qualsiasi cosa per lui." pensò Harry, osservandoli. Ted, in particolare, andava in visibilio per ogni sorriso o gorgoglio del piccolo e Andromeda aveva uno sguardo dolcissimo, che nessuna delle sue sorelle avrebbe mai potuto sognare di avere.
"Però il giorno che è nato ci ha fatto prendere un colpo, vero Remus?" disse Ted dalla poltrona in cui era sprofondato.
"Sì, è stato davvero..." Remus non trovava le parole, mentre Dora aveva preso a sghignazzare al ricordo.
Andromeda si coprì gli occhi con una mano e appoggiò l'altra mano sulla spalla del marito "Non ricordarmelo. Uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita."
"Se eri in imbarazzo tu, Dromeda, figurati l'ostretica."
Harry li fissava con uno sguardo stupito "Cos'è successo di tanto divertente, volete dirlo anche a me?"
"Remus era con me durante il parto e quando questo birbante si è deciso a nascere, dopo dodici ore di travaglio, si è presentato al mondo con la pelle color cioccolato. L'ostetrica ha guardato me, ha guardato Remus ed è rimasta congelata con Teddy in braccio, che urlava a pieni polmoni. Scommetto che ha pensato qualsiasi cosa!" dopodichè Tonks riprese a ridere. Anche il neonato, in quel momento bianco e roseo, contagiato dalla mamma, si mise a ridere e così facendo i suoi radi capelli neri si mutarono all'improvviso in una selva di ricci azzurri, come quelli di un clown di pezza.
"E' un Metamorfusmagus!"
"Sì, tutto sua madre." ammise Remus.
"Vuoi prenderlo in braccio, Harry?" chiese Andromeda.
"Non so... è così piccolo..."
"Non avere paura, ti faccio vedere come si fa." la nonna lo sollevò dalla culla e lo porse al ragazzo. Sentire quella creaturina leggera agitarsi tra le sue braccia era una delle sensazioni più belle che avesse mai provato "Un giorno mi piacerebbe avere dei bambini miei." Alzò gli occhi sulla famiglia di Tonks e, nel vedere che tutti lo stavano fissando, arrossì leggermente. Remus gli si avvicinò e chiese "Dimmi, Harry, ti piacerebbe essere il padrino di Teddy?"
"Il padrino?" Essere per quel bambino ciò che era stato Sirius per lui? "... mi cogliete alla sprovvista... non so se ne sono capace."
"Ma dai Harry, non essere sciocco!" incalzò Nymphadora.
Harry guardò la coppia di maghi più anziani "Voi avete più diritto di me di essere i tutori di questo bambino."
Ted Tonks fece un gesto vago con la mano, a scacciare le sue proteste "Io e Andromeda abbiamo una certa età, ormai." e così dicendo si beccò lo sguardo indispettito della consorte.
"Mentre io e Tonks facciamo entrambi un lavoro pericoloso. - aggiunse Remus - Ne abbiamo parlato a lungo e, se a qualcuno di noi succedesse qualcosa, non riusciamo a pensare ad un amico migliore cui affidare Teddy."
"Dai, dì di sì, Harry. Guarda che quella del padrino è una posizione di tutto vantaggio: non devi nemmeno cambiargli i pannolini!" rise Nymphadora.
"Allora sì, mi piacerebbe. Grazie, davvero." Il piccolo Teddy iniziò a piangere a pieni polmoni e la mamma lo prese in braccio "Direi che qualcuno ha molta fame."
Remus offrì ad Harry una burrobirra ed i due uscirono nel piccolo giardino retrostante la villetta di Ted ed Andromeda. Bevvero alcuni sorsi in silenzio, poi Harry sospirò "E' passato quasi un anno."
Inutile chiedere "Da cosa?" era evidente che si riferiva alla morte di Silente.
"E non mi aspettavo che quest'anno fosse così."
"Così come?"
"Pensavo che Voldemort, una volta morto Silente, avrebbe scatenato immediatamente una guerra, senza aspettare neanche un minuto, ne ero certo. E invece è rimasto al coperto e i suoi collaboratori più affidabili, i Lestrange, i Malfoy, Piton, sono con lui e questo mi preoccupa: come tutte le altre volte attende nell'ombra e aspetta il momento giusto per colpire. E' snervante."
Remus gli posò una mano sulla spalla "Capisco cosa vuoi dire: le scaramucce, gli agguati, il clima di guerriglia che ha creato è forse peggio di una guerra a viso aperto: siamo tutti stanchi e con i nervi a fior di pelle. Oltretutto non siamo riusciti a catturare un solo Mangiamorte vivo: se li avessimo interrogati con del Veritaserum avremmo forse scoperto di più. Ma è inutile piangere su ciò che non è stato."
Harry mandò giù un altro sorso di burrobirra "A volte mi sembra di non aver fatto alcun progresso, di aver girato a vuoto e non aver concluso nulla."
"Questo è davvero ingeneroso: sono stati distrutti quasi tutti gli horcrux."
Harry scosse la testa "Ma non basta: finchè ci sarà in giro anche un solo frammento della sua anima, quel mostro sarà intoccabile." Il ragazzo serrò i pugni con rabbia.
L'ex-malandrino scompigliò i capelli al ragazzo "Lo so, Harry, lo so. Vorrei poterti dire andrà tutto bene, ma sarebbe una bugia; l'unica cosa che possiamo fare, quando verrà il momento, è di essere pronti e di combattere con tutta l'anima per un futuro migliore. E questa è una forza che nè Voldemort, nè alcuno dei suoi scagnozzi possiede."

 

"Al diavolo!" Robert Whittle si abbandonò alla sua esclamazione prediletta mentre, pancia all'aria, osservava il mondo dal livello della strada, una posizione che, col passare degli anni, gli era diventata sempre più familiare. Qualche ora prima era stato scacciato in malo modo da un bar: quel pidocchioso barista si era rifiutato di servirgli un altro bicchiere di vodka, se prima non avesse pagato i quattro già consumati e lui aveva cercato di centrarlo con il bicchiere vuoto. Beh, al diavolo, aveva tutti i diritti di arrabbiarsi: non si usava più far credito ad un onesto cittadino di Sua Maestà? La sua voce risuonava strascicata ed impastata di alcool persino nella sua mente.
Poi, senza sapere bene come, si era ritrovato sdraiato a terra; per lo meno non si era vomitato addosso nel sonno come l'ultima volta. Comunque eccolo lì, su quel pulcioso marciapiede di quel pulcioso paese. Già il nome era tutto un programma: Godric's Hollow.
Maledisse il destino avverso, che non gli aveva mai concesso l'occasione di sfondare nella vita: quando il fato si mette di traverso sulla tua strada, non c'è molto da fare, puoi solo adeguarti e maledire le stelle, come stava facendo lui con convinzione quella notte. Ma solo mentalmente, perchè se avesse aperto bocca il mal di testa che già lo tormentava avrebbe raggiunto picchi vertiginosi.
Perciò restava lì straiato in quel vicolo, tanto l'aria notturna non era più tanto fredda, volendo avrebbe potuto anche dormire lì. Un angolo della sua mente registrò che così facendo l'indomani sarebbe arrivato in ritardo al lavoro, ma in fondo che gliene fregava? Perchè doveva fare il netturbino per quei pulciosi concittadini, che non si degnavano neanche di offrirgli un buon bicchiere di vodka?
Spedito lì un paio d'anni prima dall'Ufficio Collocamento (e al diavolo anche loro, in combutta col destino ladro: lui meritava molto di meglio), aveva odiato da subito quel paese. La maggior parte degli abitanti si credeva parte di una élite, come se formassero una comunità a parte, che il diavolo li portasse tutti quanti. Manco fossero dei nobili! Era solo gente bizzarra con dei nomi e degli atteggiamenti ancor più bizzarri, li aveva notati fin da subito, lui.
Bah, al diavolo tutti quanti.
Quando fu certo che le gambe e lo stomaco lo sorreggessero, rotolò in posizione prona, per poi alzarsi carponi: trucchetto per tirarsi in piedi con più facilità imparato in anni di alcolismo. Fu in quel momento che sentì delle grinze sull'asfalto con la punta delle dita e allungò il collo con curiosità: c'era uno strano disegno impresso sulla strada, sembrava quasi che un verme, in preda ad una grave crisi di labirintite, avesse lasciato un solco elaborato e contorto lì per terra. Cosa diavolo era quella roba? Una placca decorativa? Al diavolo, e poi davano a lui dell'ubriacone: se l'amministrazione comunale aveva soldi da buttar via in quel modo ridicolo, poteva anche aumentargli lo stipendio, no?
Camminò verso l'uscita dal vicolo, ondeggiando come una barca in balia di una tempesta, i contorni delle cose indistinti e sfocati. Dopo solo pochi metri dovette abbracciare un palo della luce per non scivolare di nuovo a terra; fu in quel momento che lo vide. Uno dei suoi spocchiosissimi concittadini di Godric's Hollow, di quelli di prima, accovacciato a terra e intento ad una ben strana attività: con una fiamma ossidrica (certo che era una fiamma ossidrica, che altro diavolo poteva essere quella luce intensa che scaturiva dal bastoncino che teneva in mano?) stava disegnando un'altra di quelle insolite formelle per terra. Era molto concentrato come se stesse facendo chissà che.
"Ehi amico! - sempre ondeggiando sulle gambe malferme gli andò incontro sbracciandosi - Che diavolo stai facendo? Fa' provare anche me!"
"Avada Kedrava." la maledizione risuonò nella notte, portandosi via la vita di Robert Whittle.
 

= = = = =

Ancora quel salone, ancora i Mangiamorte in cerchio attorno al loro Signore. Quella scena si era ripetuta diverse volte quell'anno, quando qualche missione andava male, quando gli obiettivi non venivano raggiunti, quando i maghi oscuri non erano all'altezza delle sue aspettative.
Si sarebbe potuto pensare che, alla lunga, uno ci facesse l'abitudine, ma non era così. Perchè in quella sorta di roulette russa, qualcuno smetteva di giocare per sempre, colpito da un lampo di luce verde.
La tensione, in quel caldo giorno di giugno, era alle stelle. Voldemort aveva posato le sue iridi rosse su ciascuno dei Mangiamorte presenti, a lungo, senza proferire parola, il volto inespressivo.
"Draco." disse infine e la sua voce giunse alle orecchie del ragazzo come se fosse stata amplificata da un Sonorus.
"Sì, mio Signore?" Malfoy si sorprese di essere in grado di parlare: gli sembrava di avere la bocca ostruita da un gomitolo di lana.
"Ti ricordi quali sono due delle cose che odio di più al mondo?"
"Stupidità ed inettitudine."
Il Lord accennò un sorriso "Ah, eccellente Draco, davvero eccellente. E' sempre un piacere sapere che ogni mia parola viene ricordata. Vuoi sapere qual è la terza cosa che non posso tollerare?"
Il ragazzo biondo riuscì solo ad annuire.
"I traditori."
A quelle parole un brusio sommesso si levò dal gruppo di Mangiamorte ed Amycus Carrow fece un passo avanti "Mio Signore! Nessuno di noi ti tradirebbe mai!" esclamò accalorato.
"Ho forse fatto dei nomi, Amycus? Non mi sembra. Dunque perchè sei così sulla difensiva - Voldemort si portò di fronte a Carrow - hai forse la coda di paglia?"
Il Mangiamorte si ritrasse, balbettando incomprensibili parole di scusa.

"Tutto questo lo diverte - pensò Piton - creare terrore lo delizia."
Infatti il Lord Oscuro sogghignò e poi tornò a rivolgersi ai suoi seguaci "No, non mi stavo riferendo a nessuno dei presenti in questa stanza, ma a un mago la cui assenza pesa molto. Un mago che dovrebbe essere qui, ora, tra i miei fedeli. Lucius Malfoy."
Istintivamente tutti i mangiamorte fecero un passo indietro, allontanandosi da Draco e da Narcissa, solo Severus rimase immobile accanto alla donna bionda.
"Mio padre..." provò a dire Draco, ma Voldemort lo zittì con lo sguardo.
"Tuo padre è ad Azkaban da quasi due anni ormai, invece che qui, al mio fianco. Quindi o non ha capito qual è il suo posto, e in questo caso è uno stupido. O non è riuscito ad evadere, e in questo caso è un povero inetto. Oppure non vuole essere qui, e in questo caso è un traditore. E penso che questa sia l'ipotesi più probabile, sei d'accordo con me?" Voldemort si chinò per trovarsi alla stessa altezza del ragazzo, occhi negli occhi. Gli passò una mano dietro la nuca e lo tirò a sè, fin quasi a sfiorargli la fronte con la sua. "E tu, Draco, sei come tuo padre? Sei un traditore?"
"No, mio Signore."
"Mi sarai sempre fedele?"
"Sino alla morte, mio Signore."
L'Oscuro lasciò andare il ragazzo e si raddrizzò "Che belle parole. Belle e nobili, come si addice ad un mago purosangue. Ma purtroppo sono solo parole e visti i trascorsi della tua famiglia, non puoi certo biasimarmi se non ti credo. Tu stesso l'anno scorso hai disatteso le mie aspettative, perciò ho bisogno di qualcosa di più da parte tua, di un gesto concreto. Dunque Draco, farai ciò che ti chiedo?"
"Sì."
"Mi obbedirai ciecamente, qualsiasi cosa io ti ordini di fare?"
"Sì."
I maligni occhi rossi di Voldemort si fissarono sul giovane erede dei Malfoy, mentre il mago oscuro pronunciava queste parole con sprezzo "Allora va' da Azkaban e uccidi tuo padre. Alecto ed Amycus verranno con te, per testimoniare quanto è reale la fedeltà che dici di avere. - poi il volto bianco e scheletrico si voltò verso la madre di Draco - Hai qualcosa da dire, Narcissa?"
"No. Se così ha deciso il nostro Signore, così sarà." La donna si sentì pronunciare queste parole, ma era come se provenissero da un'altra persona, non certo da lei. Perchè ciò che lei avrebbe voluto fare era soltanto gettarsi ai piedi dell'Oscuro, afferrarne l'orlo del mantello ed invocare pietà e perdono per l'amato marito. Non riusciva nemmeno a capire come facesse a restare in piedi, perchè aveva sentito venir meno tutte le forze, le gambe tremavano come foglie sotto l'ampia gonna ed era certa che si sarebbe accasciata al suolo.
Poi si accorse della presenza di Severus al suo fianco, i suoi inespressivi occhi neri come la pece fissi su di lei, le labbra sottili contratte in una linea bianca. Severus l'aveva sottoposta ad Imperius? Era lui che le aveva impedito di crollare, di piangere ed urlare?
Sì, e probabilmente con quello le aveva salvato la vita: l'Oscuro Signore non avrebbe mai dato ascolto alle sue suppliche, più probabilmente l'avrebbe guardata con disprezzo e disgusto e avrebbe posto fine alla sua esistenza lì, davanti agli occhi di suo figlio.
Draco. "Devo essere forte per lui." quel pensiero le diede coraggio ed il colore tornò sulle guance pallide della donna. Fissò i suoi occhi azzurri in quelli di Severus ed il mago la lasciò libera dalla maledizione senza perdono. "Draco, sai cosa fare. Vai e fatti onore." Il figlio annuì senza dire niente ed uscì scortato dagli altri due Mangiamorte.
"Per quanto ancora dovremo aspettare?" una voce bassa e rabbiosa risuonò dal fondo della sala. Greyback si fece avanti, i denti scoperti in un ringhio, senza tuttavia avvinarsi troppo all'Oscuro. In quel momento a Piton il licantropo ricordava, più che un lupo, un cane. Quando era piccolo, un loro vicino di casa a Spinner's End, aveva un grosso cane grigio, che cercava sempre di azzannare i passanti attraverso il vecchio steccato di legno del giardino. Persino il padrone lo avvicinava solo stringendo un grosso bastone, di fronte al quale la bestia non smetteva di emettere quel brontolio, ma arretrava e si appiattiva a terra.
Greyback era uguale: aveva paura di Voldemort e forse anche di tutti loro, ma restava perchè gli era stato promesso che avrebbe dedicarsi alla sua attività preferita: mordere, azzannare, mutilare, condannare quante più persone possibili al suo stesso destino di lupo mannaro.
Voldemort sfoderò la bacchetta e Greyback quasi guaì, facendo un salto indietro. "Per tutto il tempo che sarà necessario." Non sfidarmi. Non provare a sfidarmi, diceva in realtà la voce dell'Oscuro. 

Oleander adorava la domenica, era senza dubbio il suo giorno preferito: niente lezioni, nessun obbligo di presentarsi alle otto di mattina in Sala Comune per la colazione. Poteva restare lì, in un beato dormiveglia, a crogiolarsi nel letto, mentre un fabbro, in lontananza, usava il suo maglio. "Fabbro? Maglio?" si chiese ancora addormentata e provò ad ignorare quei colpi sordi. Ma Petrolio gracchiò forte, con la grazia tipica della sua specie, facendola destare. "Petrolio, accidenti a te, che ti prende?" sbottò irritata. Poi si accorse che quei colpi era semplicemente qualcuno che bussava alla porta. "Arrivo, a-a-a-rrivo." ciabattò sbadigliando fino alla porta e l'aprì. Era la professoressa Vector, vestita e perfettamente in ordine. Evidentemente la donna non era una sostenitrice del dormire fino a tardi.
"Oh, dormivi?" chiese la professoressa di Aritmanzia, di fronte alla collega dai capelli scompigliati e con il pigiama stropicciato.
"E' una domanda retorica, vero? Che succede?" chiese debolmente, ancora assonnata.
"C'è un po' di agitazione nel castello."
"Ti prego, non dirmi che c'è di nuovo la Umbridge o mi affatturo da sola e mi faccio ricoverare in infermeria."
"No, è per via di questa notizia." Le porse una copia della Gazzetta del Profeta: lo scarno titolo che campeggiava a tutta pagina la fece svegliare completamente:


Uccisi Lucius e Draco Malfoy


Ieri notte tre Mangiamorte ed un gruppo di Dissennatori hanno fatto irruzione nella prigione di Azkaban. Mentre le guardie erano intente a respingere i Dissennatori, i Mangiamorte hanno approfittato della confuzione creatasi per raggiungere la cella in cui è rinchiuso Lucius Malfoy. Allontanati i Dissennatori, gli Auror si sono precipitati a controllare il prigioniero e, con grande stupore, si sono trovati davanti i cadaveri di Lucius e Draco Malfoy, padre e figlio, uccisi da una maledizione senza perdono, mentre gli assassini erano già dati alla fuga. Le ricerche dei due sono ancora in corso ma non hanno finora dato alcun esito. Il fatto che dei seguaci di Colui-che-non-può-essere-nominato si siano uccisi tra loro non è altro che la dimostrazione lampante che i maghi oscuri sono allo sbando, senza idee, talmente confusi da uccidersi l'uno l'altro. Pressati e messi all'angolo dalla incessante ed efficace azione del Ministero della Magia, si sentono con le spalle al muro..."



L'articolo, a firma di Rita Skeeter, proseguiva sperticandosi in lodi nei confronti di Scrimgeour e Oleander non si curò certo di concludere la lettura.
"In nome di tutti i profeti..." mormorò incredula.
 

Harry sedeva sul letto, rigirandosi tra le mani la copia della Gazzetta.
"Non sei contento?" gli aveva chiesto Seamus poco prima.
Già, in effetti avrebbe dovuto esserlo, per tutte le volte che Malfoy aveva insultato Hermione e i Weasley, per tutti i tiri mancini e le punizioni che aveva dovuto sopportare a causa di quel bullo viziato, perchè aveva consentito ai Mangiamorte di fare irruzione al castello. Cercava di ricordarsi il volto sprezzante di Malfoy, la sua voce strascicata e canzonatoria, la sua aria di superiorità, il suo odio verso i babbani, cercava un motivo per odiarlo ed essere quindi contento della sua fine.
Ma le uniche immagini che gli tornavano in mente erano quelle di un Malfoy debole e singhiozzante nel bagno di Mirtilla Malcontenta, un ragazzo colpito a tradimento dal suo Sectumsempra, o pallido e terrorizzato mentre puntava la bacchetta contro Silente. O gli occhi vacui di Astoria Greengrass quella mattina in Sala Comune, una bambola di pezza annichilita dal dolore che si era accasciata senza un suono contro la sedia, prima di essere portata in infermeria.
No, non riusciva ad essere contento, ma ritenendo troppo assurdo provare dispiacere, continuava a rigirarsi il giornale tra le mani, senza sapere cosa pensare. 

Daphne rientrò in Sala Comune, desiderosa solo di raggiungere il dormitorio e sdraiarsi un po'. Passò davanti a Pansy, Goyle e Tiger, che sedevano ammutoliti attorno a un tavolo e superò anche Blaise, Theodore e Tracey: questi ultimi due si tenevano per mano e ormai non era più un segreto per nessuno che stessero insieme. Zabini si alzò e la fermò "Come sta Astoria?"
"Madama Chips le ha dato qualcosa per dormire, ora riposa."
"E tu come stai?"
"Oh, una favola."
Tracey le offrì la sua sedia ed andò a sedersi in braccio a Theodore. "Non so neanche se scrivere a casa. Ormai mancano una decina di giorni alla fine della scuola, ma in queste condizioni non credo che Astoria possa concludere qualcosa di buono agli esami."
"Gli esami. - mormorò Nott - Suona ridicolo."
Zabini non potè fare altro che assentire: gli scherzi ai rivali Grifondoro, gli esami, le lezioni, le partite di Quidditch, Draco stesso che sul treno esibiva con orgoglio il marchio nero, quasi fosse uno scherzo, tutto ora pareva appartenere ad una dimensione irreale, lontana, una dimensione che non conosceva il significato della parola morte.
In quella dimensione il marchio avrebbe dovuto renderlo forte, potente, rispettato. Ma a cosa era servito, se Draco e suo padre erano caduti sotto i colpi dei Carrow?
 

Accadde esattamente una settimana dopo.
16 giugno 1998.
Una data che il mondo magico avrebbe ricordato nei secoli a venire.
 

 

==============================

RINGRAZIAMENTI

Come promesso, la storia riprende e si avvia verso la conclusione.

Grazie a Sheilin e lucre e _Lunastorta che hanno messo la storia tra i preferiti. E grazie anche ad Aliseia per i commenti che sta lasciando al Vaso di Pandora: spero che ti piaccia anche il seguito.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 18. Battaglia al Ministero ***


Avviso: gli avvenimenti di questo capitolo e del successivo si svolgono quasi in contemporanea.
 

CAPITOLO 18 - BATTAGLIA AL MINISTERO
 

"Ripetetelo un'altra volta." ordinò Molly.
"Ma', ti prego." sbuffarono i gemelli.
"Tesoro, dobbiamo andare o faremo tardi." cercò di intromettersi Arthur.
"Prima devo assicurarmi che il concetto sia entrato per bene nelle loro zucche vuote. - ribattè la signora Weasley con un tono che non ammetteva repliche - Ripetetelo."
"Ci comporteremo come maghi a modo." iniziò George cantilenando.
"Ci dimostreremo contriti, affranti e pentiti." proseguì Fred.
"Non faremo battute e non consiglieremo alla Umbridge di ritirarsi in una casa di riposo per maghi anziani." disse George, con un sorriso che si allargava a dismisura.
"Anche perchè noi adoriamo gli anziani, non gli faremmo mai un torto simile." concluse Fred.
Lee Jordan, dietro il bancone dei Tiri Vispi, iniziò a ridere senza ritegno, piegato in due.
"INSOMMA, RAGAZZI!" urlò la madre.
"Dai ma', rilassati, abbiamo capito."
Era giunto il giorno dell'udienza disciplinare nei confronti dei gemelli Weasley, per il caos provocato all'Anagrafe magica qualche mese prima.
"Non si preoccupi, signora Weasley - disse il ragazzo moro - sono certo che andrà tutto bene, se la caveranno con una multa."
"Allora ti affidiamo il negozio, Lee. Grazie ancora."
"Per una mezza giornata che volete che sia, non c'è problema."
La famiglia Weasley si smaterializzò e ricomparve direttamente nell'ampio salone d'ingresso del Ministero. Si avvicinavano le cinque del pomeriggio, orario di chiusura della maggior parte degli uffici burocratici e in quel momento l'atrio era deserto, non c'era nessuno nemmeno dietro al banco informazioni.
Arthur aggrottò la fronte "Dov'è Stevens?"
"Sarà al bagno. Perchè non provate a dargli un cucchiaio di No-pupù-no-pipì?"
"Freeed!"
"Scusa, ma'."
"Quel poverino è tornato al lavoro troppo presto - borbottò la signora Weasley - io capisco che il personale sia contato, ma lui e quell'altro poveretto, Kylie, sono stati azzannati da Greyback e gli hanno concesso solo un mese di malattia, assurdo."
Il gruppo raggiunse l'ascensore, ma mentre le porte si stavano per richiudere, una voce squillante urlò "Yoohoo, tenete aperte le porte!"
"Tonks, Remus, che ci fate qui?" chiese Arthur.
Tonks si rabbuiò in volto e gli porse una pergamena che recava impressa il sigillo del Ministero: proveniva dall'Ufficio Regolazione e Controllo delle creature magiche e intimava ai genitori di Ted Lupin di portare al più presto il neonato al San Mungo dove sarebbe stato sottoposto ad una serie di test magici per stabilire se anch'egli fosse un licantropo. "Dovranno passare sul mio cadavere, prima di poter trattare Teddy come una cavia da laboratorio." urlò Tonks, indignata come non mai.
"Vogliamo capire se è davvero necessario." disse Remus in tono pacato.
Fred scosse la testa "Hai sbagliato giorno, Remus."
"Perchè?"
"Saresti dovuto venire tra quindici giorni, con la luna piena, e mordere le chiappe a questi burocrati."
Lasciarono la coppia al quarto livello e l'ascensore scese veloce fino a decimo. Non appena le porte si aprirono, i Weasley si trovarono davanti a un Percy mortalmente serio.

Poco prima il ragazzo aveva accompagnato fin lì il suo superiore, il signor Demoore, ed aveva approfittato del tragitto per illustrargli i risultati di una relazione su della polvere volante scadente. Demoore a un certo punto l'aveva liquidato senza tanti giri di parole e si era chiuso in una stanza, lasciandolo lì con un palmo di naso e senza nemmeno ascoltare le sue conclusioni. Come sempre, ultimamente.
Percy era stato tentato di tornarsene nel suo ufficio, ma poi si era ricordato dell'udienza di George e Fred. I suoi fratelli. La sua famiglia. Persone che non lo avrebbero mai trattato come una pezza da piedi.
"Ow - si lamentò George - se è lui a sostenere l'accusa, tanto vale che prepariamo le valigie per Azkaban, fratellino."
"E' questa la vostra linea difensiva? Dello squallido umorismo? - sospirò il fratello più grande - Perchè non state zitti e fate parlare qualcuno con più sale in zucca?"
"Dici sul serio, Percy? Vuoi difendere i tuoi fratelli? Il comitato per l'udienza disciplinare non la prenderà bene." fece notare suo padre.
"Qualsiasi cosa io faccia qua dentro non vengo apprezzato, non ci perdo niente." borbottò guardando il soffitto, ma era arrossito vistosamente.
Molly lo abbracciò forte, mentre Fred gli allungò una pacca sulla spalla "Sei sempre stato un pessimo bugiardo, Perce. Beh, grazie. Allora contiamo su di te."
"Oh, la famiglia Weasley quasi al completo. Ciao Arthur." Williamson usciva dall'ufficio finito il turno e si fermò un attimo a chiacchierare con il signor Weasley davanti all'ascensore.
"Oh, che cosa imbarazzante - mormorò Percy - Lo sta facendo di nuovo."
"Cosa, caro?" chiese la madre.
"Da un po' di tempo Williamson non fa altro che fissare le persone sulle braccia, la cosa ha un che di feticistico." sospirò Percy.
"Uh sì, sua moglie mi ha raccontato che fa così da quando è stato aggredito da quel mangiamorte... un tic nervoso, presumo. Lei gli ha consigliato più volte di rivolgersi a un medimago, ma lui fa finta di niente, un vero testone."
"Già - mormorò George - mi ricorda qualcuno."
Percy aggrottò la fronte "Sarà... però mi pare alquanto strana come nevrosi."
Il quel momento un uomo molto alto, dai capelli color biondo cenere uscì dalla stanza in cui era entrato il signor Demoore. Automaticamente Percy gli andò incontro, per chiedere se poteva disturbare un secondo il suo superiore. Fu un attimo: notò che l'uomo indossava dei vestiti troppo corti per la sua altezza, gli stessi abiti del signor Demoore. Il suo sguardo, imitando Williamson, corse sulle braccia dello sconosciuto: dalla manica del braccio destro lasciata sbottonata spuntava un ben noto tatuaggio a forma di teschio, la mano stringeva una bacchetta magica. "Scappate, presto!" urlò il giovane, mettendosi sulla traiettoria dell'anatema scagliato a tradimento da Yaxley.
Percy Weasley non ebbe il tempo di pensare che amava la sua famiglia, che aveva sempre amato tutti loro, non ebbe il tempo di voltarsi e di gridare loro "Vi voglio bene." L'Avada Kedravra portò via la sua vita all'istante, ma non ci fu bisogno di parole: il suo gesto coraggioso, da vero Grifondoro, valeva più di mille discorsi.
"Percy, NO!" urlò sua mamma e si sarebbe scagliata furiosa contro il Mangiamorte, se Arthur, vicino a lei, non l'avesse trattenuta, spingendola lungo le scale. Le porte dell'ascensore si aprirono in quel momento e Fred e George ci si tuffarono letteralmente dentro, afferrando al volo anche Williamson, mentre un incantesimo sfrigolava sopra le loro teste.
"Misericordia! Dobbiamo avvisare subito il Ministro." il mago cercò di evocare il Patronus, ma dalla sua bacchetta non uscì nulla. "Non capisco... non funziona."
Anche George e Fred provarono a usare le loro, ma senza risultati. "Senza bacchetta magica non possiamo fare molto. Dobbiamo impadronirci di bacchette funzionanti." disse George.
"Ho un'idea. - esclamò Fred e schiacciò il bottone per il secondo livello, poi si rivolse all'Auror - l'Ufficio per l'uso improprio delle arti magiche ha un magazzino dove archivia gli oggetti dei babbani che sono stati stregati da qualcuno, vero?"
"S-sì - balbettò l'altro - giusto ieri abbiamo fatto un sequestro preventivo di materiale che dobbiamo ancora esaminare, ma a cosa può servire?"
 

Remus e Tonks, nel frattempo, si erano ritrovati in un corridoio deserto, al quarto livello.
"Ma che...? Sono già tutti a casa?" chiese Tonks un po' stupita. Provò a bussare alla prima porta: le scrivanie erano vuote, ma ingombre di fogli, come se i loro proprietari si fossero alzati nel bel mezzo del lavoro e se ne fossero andati. Con una certa urgenza. "Oh bella... non è che c'è in corso uno sciopero?"
"Non credo, Arthur ce l'avrebbe detto." In preda ad un presentimento sinistro, Lupin sfoderò la bacchetta. Tonks non capiva, ma lo imitò, portandosi al suo fianco. Avanzarono lentamente lungo il corridoio e, davanti ad un'atra stanza, Lupin toccò il braccio della moglie e le fece cenno con la testa di guardare: il vetro smerigliato della porta era macchiato di sangue all'interno, una lunga striscia che arrivava fino a terra. Remus, si portò di lato alla porta e abbassò la maniglia, spalancandola di scatto: un uomo era riverso a terra in un lago di sangue. Sulla schiena aveva dei graffi, grandi e profondi. "Come le unghiate lasciate da un licantropo. Ma non è possibile, oggi non c'è la luna piena!" A volerlo smentire, un brontolio minaccioso provenne da dietro la scrivania più lontana della stanza.
"Bombarda!" Tonks puntò la bacchetta contro il mobile, ma non accadde nulla. "Cosa? Dannato affare, proprio adesso dovevi romperti?"
Un attimo dopo un licantropo saltò fuori da dietro la scrivania e con un solo balzo fu quasi addosso ai due, che lo schivarono a malapena, precipitandosi fuori dalla stanza. "Tonks, gli Auror, corri ad avvisare gli Auror!"
Remus Lupin aveva sempre odiato la sua condizione di licantropo, perchè lo portava a perdere il controllo di se stesso, a ferire le persone e lui si sarebbe ucciso piuttosto che far del male agli altri. Odiava la sua condizione perchè l'aveva portato ad essere un reietto, uno squattrinato che non poteva offrire a sua moglie e a suo figlio tutto ciò che meritavano. Ma quella sera, per la prima volta in vita sua, Remus desiderò trasformarsi, per tener testa all'altro licantropo, per proteggere la sua Tonks. Invece il lupo mannaro gli fu subito addosso e con un morso preciso gli spezzò le vertebre cervicali.
"Maledetto!" Tonks si lanciò addosso alla bestia con tutta la sua forza, spaccandogli una sedia sulla testa. Il licantropo si limitò a darle una feroce zampata, che la scaraventò contro il muro. La donna non si arrese, si alzò e brandendo una gamba della sedia come un bastone, si preparò a fronteggiare il suo nemico e morire combattendo, come si conveniva ad una Auror. "Moody sarebbe fiero di me."
"Bleah, che schifo - disse Selwyn, attraversando il corridoio qualche minuto dopo - sembra di stare in un mattatoio. Va bene creare confusione, ma usare addirittura dei licantropi... guarda qua che macello. Ehi Travers, se Greyback ha finito con quell'incantesimo, puoi portarlo via, che serve altrove."
"Perchè devo badare io a quel sacco di pulci?" protestò l'altro Mangiamorte.
"Perchè ho deciso così, ora muoviti." ribattè Sewlyn alzando la voce.
"E i due licantropi?"
"Se li incontro li ammazzo: hanno creato il caos che ci serviva, ma se porti via Greyback saranno fuori controllo, ed io non ho alcuna intenzione di essere morso."
 

George e Fred erano riusciti a raggiungere il magazzino dei manufatti babbani sequestrati, mentre Williamson voleva provare ad uscire dall'edificio e contattare dei colleghi fuori servizio, come rinforzi.
Gli oggetti che avrebbero dovuto essere sottoposti ad un controllo provenivano da un supermercato ed erano i più disparati: succhi di frutta, cibi, svariati detersivi e solventi, vestiti, chincaglierie. Nessuno però pareva essere stato stregato, quindi non poteva andar bene come arma improvvisata.
"Merda... e adesso che facciamo?" imprecò Fred.
"Ehi fratello, ti ricordi quel telefilm babbano che ci ha prestato Oleander un paio di mesi fa?"
"Quello dove quel tale produce armi con qualsiasi cosa gli capiti a tiro? - I due guardarono i prodotti radunati ai loro piedi - Vogliamo provare?"
"Non abbiamo molte alternative, fratellino. Forse questa roba non è del tutto inutile"
"Allora diamoci da fare."
"E che Merlino ce la mandi buona." e iniziarono a selezionare con cura diversi prodotti.
 

Un mago oscuro spalancò la porta di una stanza buia: era certo di aver sentito dei rumori là dentro, probabilmente qualche dipendente che cercava di fuggire. Ed infatti eccolo là, accovacciato in un angolo; il Mangiamorte gli indirizzò uno schiantesimo, ma restò sorpreso quando il suo bersaglio si frantumò, invece di accasciarsi al suolo: si rese conto con un secondo di ritardo di aver schiantato uno specchio e che il suo avversario era invece alle sue spalle. George Weasley gli spaccò un grosso vaso di terracotta sulla testa ed il Mangiamorte crollò a terra, permettendo al ragazzo di impadronirsi della sua bacchetta. 

Selwyn stava controllando le scale, per assicurarsi che nessuno fuggisse da quella parte, alzò gli occhi verso il livello superiore e vide una bottiglietta di vetro cadere dall'alto: senza pensarci troppo la schiantò e una sostanza dall'odore acre e pungente di pipì di gatto si sparse nell'aria; qualcuno dall'alto seguitava a lanciare bottiglie e Selwyn le mandava in frantumi automaticamente o lasciava che si rompessero toccando terra se erano fuori traiettoria. In breve però, iniziò a sentire gli occhi bruciare e si ritrovò senza fiato, anche se non si era praticamente mosso. Provò a far evanesce quella sostanza sconosciuta, ma barcollò all'indietro, preda delle vertigini, e svenne, cadendo lungo le scale.
Fred si sporse lentamente oltre la balaustra per assicurarsi che il mago oscuro fosse svenuto, si coprì il volto con una sciarpa e attraversò di corsa il pianerottolo dove aveva gettato le bottigliette piene di candeggina, ammoniaca e di tutti i prodotti chimici che era riuscito a trovare, raggiunse il Mangiamorte e gli sottrasse la bacchetta. "Come ci si sente ad essere stesi da un prodotto babbano?"
In quel momento fu raggiunto dal Patronus del fratello: molto bene, anche George era armato, ora la musica cambiava completamente. A sua volta indirizzò la sua figura argentea verso il gemello, chiedendogli di raggiungerlo: probabilmente mamma e papà si erano rifugiati al nono o all'ottavo livello e dovevano soccorrerli in fretta.
I due gemelli scesero senza incontrare nessuno fino al settimo livello, ma da lì in giù le scale erano distrutte. "Ci sono delle altre scale, all'estremità opposta dell'edificio, proviamo di lì."
Aprirono la porta quasi contemporaneamente a Kingsley Shacklebolt che, gattoni, cercava rifugio proprio da quella parte: aveva una ferita sanguinante su braccio ed una brutta piaga bluastra sulla spalla, ma nel complesso stava bene "Weasley! Tutto ok?" incredibile come il mago moro non avesse perso il suo tono di voce rassicurante, pur in quella situazione disperata.
"Sì, siamo riusciti a recuperare due bacchette da quei bastardi: le loro funzionano, ma le nostre no." Fred usò la sua per curare le ferite dell'Auror.
"Un gentile omaggio di Voi-sapete-chi, presumo." sospirò Shacklebolt.
"Ma dai - fece George ironico - non ci avevamo proprio pensato."
"Kingsley, vogliamo scendere a cercare i nostri genitori, ci siamo separati al decimo livello: possiamo usare l'altra rampa di scale? Questa è andata."
"Lo so, in parte è colpa mia: è stata bombardata da un Mangiamorte che mi inseguiva. Purtroppo ce ne sono radunati cinque o sei in prossimità delle altre scale e noi abbiamo solo due bacchette, è troppo rischioso."
"Dobbiamo distrarli, allora." fece Fred, sfilandosi una borsa che portava a tracolla.
"E come?"
"Rendendo questo livello incandescente. Nel vero senso della parola." e con un sorriso estrasse altre bottigliette, piene di un liquido ambrato e con uno straccio avvolto attorno al collo, otre ad alcuni cilindretti colorati.
"Cosa sono queste cose?"
"Simpatici souvenir babbani, omaggio del magazzino degli oggetti sequestrati. Non sono stregati, ma non vedono l'ora di rendersi utili. - spiegò George - Ti presento i signori accendini e le signorine Molotov."
 

"Cos'è quel bagliore laggiù?" chiese uno dei Mangiamorte appostati vicino alla rampa di scale, puntando il braccio.
"Chi va là? Fatti riconoscere?" gridò un altro. Non giunse alcuna risposta, solo un tremulo bagliore oltre l'angolo.
"Oh insomma, non può essere che uno di noi, le bacchette degli altri sono tutte fuori uso." fece un terzo, e si avviò a vedere: era un principio di incendio, scoppiato chissà come, le fiamme danzavano sul pavimento di pietra e in parte sulla parete, mentre l'aria si andava riempiendo di un odore acre simile al firewhiskey. "Al fuoco!" urlò il Mangiamorte, soffocando le fiamme con un incantesimo.
"Ehi, là in fondo ce n'è un altro."
"E dall'altro lato un altro ancora."
Il gruppo si divise per spegnere i focolai, prima che l'intero livello prendesse fuoco. Quello che si era allontanato più di tutti dal gruppo si beccò un doppio schiantesimo da parte dei gemelli e così anche Shacklebolt potè recuperare una bacchetta, con la quale trasfigurò in un lombrico il primo Mangiamorte che gli si parò davanti: si poteva intuire la sua rabbia per ciò che era accaduto al Ministero dalla micidiale potenza dei suoi incantesimi. 

"Arthur, lasciami!" Il marito la strattonava su per le scale, trascinandola per un braccio, ma la moglie opponeva resistenza.
"Molly, corri o quello ci raggiunge."
"No, dobbiamo tornare indietro ad aiutare Percy." singhiozzò la donna.
Arthur la sospinse negli uffici del nono livello "Molly..."
"E' nostro figlio, non possiamo abbandonarlo."
"Molly, ti prego..."
"Non ora che lo abbiamo ritrovato, dobbiamo aiutarlo." la donna si dimenava in preda ad una crisi isterica ed il marito le afferrò il volto tra le mani "Molly, tesoro, Percy è stato colpito da un Avada..."
"NO! Non dirlo!"
"E' stato colpito da un Avada Kedavra ed è morto. - la abbracciò forte, sentendo che anche lui stava per crollare - Non possiamo fare più niente per lui."
"Il mio bambino, il mio bambino." continuava a urlare e singhiozzare.
"Molly, guardami." la implorò Arthur; la moglie lo guardò negli occhi, ma per un attimo parve non riconoscerlo "Molly, sto soffrendo anch'io, vorrei morire anch'io in questo momento, ma dobbiamo pensare agli altri nostri ragazzi, alla piccola Ginny ed essere forti per loro."
Molly si calmò un po', posò le mani su quelle del marito ed annuì debolmente, anche se le lacrime continuavano a cadere dai suoi occhi.
"Brava Lollimolly."
"Cosa facciamo adesso, Arthur?"
"Dobbiamo cercare di fuggire: non so quanti Mangiamorte siano entrati, ma se tutte le loro bacchette funzionano e le nostre no, qui siamo come topi in trappola. Vieni!" prese Molly per mano e attraversarono il corridoio.
"Dove andiamo?"
"Questo è l'ufficio Misteri, può darsi che abbiano una specie di uscita d'emergenza che dà all'esterno."
"Lo speri?"
"Molly, nessuno oltre agli Indicibili, conosce questo livello." Arthur provò ad aprire una porta, ma era chiusa a chiave. Dalle scale in fondo al corridoio proveniva un gran trambusto e si intravedevano i lampi multicolori degli incantesimi lanciati. Una voce ben nota ad Arthur e Molly urlò "Glisseo!" e un attimo dopo dallo scivolo creatosi scesero George e Shacklebolt, che trasportava Fred di traverso su una spalla. George usò un altro incantesimo per distruggere le scale "Questo dovrebbe rallentarli un po'..."
"Fred! Fred!" Molly si era lanciata addosso a Shacklebolt, che la rassicurò immediatamente "Non temere, è stato solo schiantato."
"Sì, da tre di loro, ci vorrà un po' prima che si riprenda." George si asciugò il sudore dalla fronte: era esausto, non aveva mai usato così tanti incantesimi in una volta sola.
"Figliolo, da' a me la bacchetta, ora ci penso io. Quanti sono?"
"Una decina. Ne abbiamo messi fuori gioco cinque al settimo piano, ma continuano ad arrivare. Alcuni di loro sono tuoi colleghi, pa'."
"Oppure maghi che hanno bevuto la pozione polisucco."
Il gruppetto provò diverse porte, ma erano quasi tutte sigillate con incantesimi di alto livello: l'unica stanza che trovarono aperta era la ex-sala delle Profezie che, dopo l'attacco di due anni prima, era rimasta vuota.
In lontananza ci fu il rumore di un'esplosione: i Mangiamorte erano riusciti a penetrare quel piano, perciò entrarono, sigillarono la porta, vi spostarono davanti tutti gli scaffali vuoti, tramutandoli in pietra e gettarono un incantesimo imperturbabile sull'entrata.
Ma non c'erano altre vie di fuga dalla stanza delle Profezie.
"E adesso?" chiese George.
Il padre scosse il capo "Non lo so. Possiamo solo sperare che non ci trovino."
Le speranze di Arthur Weasley furono infrante una decina di minuti più tardi, quando una serie di incantesimi iniziarono ad abbattersi sulla loro barriera: George, Kinsley e Arthur si schierarono davanti a Molly, che reggeva tra le braccia Fred, ancora incosciente.
Attesero l'inevitabile...

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 19. Battaglia ad Hogwarts ***


CAPITOLO 19 – BATTAGLIA AD HOGWARTS
 

Minerva McGranitt non era una di quelle persone che usavano la magia per ogni cosa: trovava vanitoso ed inelegante sventolare la bacchetta per ogni incombenza, anche per quelle che potevano essere compiute con un piccolo sforzo fisico.
Tuttavia quel pomeriggio, seduta da ore alla scrivania e sepolta da carte e documenti del Ministero e programmi per gli esami dei G.U.F.O e dei M.A.G.O. decise di fare uno strappo alla regola per avere fogli di pergamena in bianco che si trovavano dall’altra parte dello studio.
Li richiamò con un incantesimo di appello non verbale, come era solita fare, ma non successe nulla. La donna corrugò la fronte, perplessa. “Accio pergamene.” disse in tono autoritario, ma i fogli giallognoli restarono immobili al loro posto. “Ma cosa…?” Minerva si aggiustò gli occhiali sul naso e guardò la sua bacchetta: undici pollici e mezzo, legno di olmo e crine di unicorno, non le aveva mai dato un problema. “E’ una fortuna – si disse – avere ad Hogwarts qualcuno che sa aggiustarle.”
Oleander era ancora nella sua aula, stava preparando le pietre per la lezione del giorno successivo.
“Oleander, scusami.”
“Mi dica, Minerva.”
“Ho qualche problema con la mia bacchetta, non funziona più.”
La donna più giovane la rigirò tra le dita, dandole dei colpetti su tutta la lunghezza “Mmh, che strano, non c’è nulla di rotto. Le è caduta di recente?”
“Assolutamente no.”
“Allora magari è colpa di un incantesimo: Prior incantatio!”
Ma lo strumento magico della preside non dava alcun segno di vita: Oleander non aveva mai visto nulla del genere “Me la lasci, voglio studiare la cosa.”
“Oh, ciao Minerva!” anche la professoressa Sprite entrò nell’aula, reggendo la sua bacchetta “Oleander, non è che potresti darle un’occhiata? Volevo annaffiare le mandragore, ma non funziona.”
“Come, nemmeno la tua?” Minerva provò uno spiacevole formicolio alla base del cranio: una poteva essere un caso, due no.
Oleander agitò la sua “Flos!” e dalla punta uscì un girasole. “La mia sembra perfettamente funzionante.”
Hermione bussò discretamente sullo stipite della porta già aperta.
“Signorina Granger, per caso la sua bacchetta non funziona?” chiese al volo la McGranitt, ora con una nota di allarme nella voce.
“Sì, preside, e non solo la mia: in tutta la Torre di Grifondoro non ce n’è più una funzionante, tranne quella di Harry. – disse la ragazza con un filo di voce – Inoltre la cicatrice ha ripreso a fargli male all'improvviso: si è messo a urlare mentre faceva i compiti.”
“Presto – disse la preside – raduniamo tutti gli studenti ed il personale in Sala grande.”
La stragrande maggioranza delle bacchette magiche aveva smesso di fare qualsiasi cosa: ne restavano funzionanti una decina che, si scoprì, non erano state create da Olivander, tranne, appunto, quella di Harry. Tra gli insegnanti quelle funzionanti appartenevano a Vitious e Moody: entrambi se le erano costruite da soli. "Non si è mai abbastanza prudenti, mai abbastanza vigili, non affido la mia vita ad una bacchetta costruita da altri!" ruggì l'anziano Auror, ringraziando la sua naturale diffidenza.
"Co-com'è possibile? Significa che Olivander è morto?" chiese Sinistra, angosciata, rivolgendosi a Oleander, ma la maga con gli occhiali stava con gli occhi fissi sulle molte bacchette inerti di fronte a sè con aria assente. "Oleander?" ripetè l'altra.
"Ah, scusa. No, non credo sia così, al contrario Olivander è vivo, altrimenti questo non sarebbe successo."
"Puoi spiegarti meglio?"
“Vestigium creatoris.” mormorò assorta la maga dai capelli viola.
“L’incanto che permetterebbe ad un mago di controllare e comandare a distanza ciò che ha creato? Quell’incantesimo è una leggenda – ribattè Rüf – non è certo che esista e non c’è prova che qualcuno sia mai riuscito a realizzarlo.”
“Si diceva la stessa cosa della Camera dei Segreti.” fece notare Harry.
“E secondo te Voldemort se n’è stato a girarsi i pollici in tutti questi mesi, eh Rüf?” incalzò aspro Moody.
Oleander annuì al vecchio Auror “Lessi qualcosa sull'argomento, anni fa, ed è il Vestigium creatoris, ne sono convinta. Olivander è riconosciuto come uno dei migliori creatori di bacchette magiche al mondo, è una specie di genio nel suo campo. E quando un oggetto viene creato da uno stregone che possiede particolari abilità, si crea un legame magico speciale fra ciò che è stato creato ed il creatore, che non spezza più: questo legame può essere controllato con l'incantesimo del Vestigium creatoris. Ma proprio perchè è un incantesimo che può portare diversi problemi, non ne è stato tramandato l'insegnamento; le notizie in merito sono scarse e frammentarie, la formula dovrebbe trovarsi in alcuni testi antichi, che però nessuno ha mai trovato. Almeno finora. Ecco, per quanto assurdo possa sembrare, credo che Olivander abbia comandato alle sue bacchette di smettere di funzionare."
"Perché la mia funziona, allora?" domandò Harry.
"Di nuovo posso solo fare ipotesi: può darsi che Olivander possa decidere quali delle sue creazioni bloccare. E la tua bacchetta, Harry, è gemella di quella di Voldemort: manomettere l’una significa fare la stessa cosa anche all’altra. Penso sia per questo che riesci ancora ad usarla."
"E' assurdo! Oleander, queste sono accuse molto gravi nei confronti di un rispettabile membro della comunità magica." proruppe Lumacorno.
"Se ha una spiegazione migliore e meno inquietante della mia, sarò felice di ascoltarla."
"Invece ha senso - intervenne Bill Weasley, che quel giorno era di pattuglia al castello con la moglie - sappiamo per certo che Olivander sparì all'improvviso e tutti gli Auror inviati per cercarlo sono morti: mi pare abbastanza ovvio che sia stato rapito dal nostro nemico."
"Conosco Olivander da una vita, non farebbe mai una cosa del genere, a meno che non sia sotto Imperius." continuò il professore di pozioni.
Oleander scosse la testa “No, no. Per attivare un incantesimo di questa portata bisogna essere perfettamente lucidi e coscienti.”
“Questo significa – disse Harry con un moto di orrore – che Olivander ha tradito il mondo magico, è passato dalla parte di Voldemort!”
“Non è detto.”
“Non è detto? A me invece la situazione sembra chiarissima – urlò il ragazzo – è così!”
Oleander si sporse verso di lui e gli toccò un braccio “Potrebbe essere stato costretto a farlo in mille modi, non puoi saperlo, Harry. Nella vita le cose non sono sempre come appaiono e non sono necessariamente o bianche o nere.” disse accalorata, cercando di fargli capire più di quanto volesse intendere con le parole.
Malocchio Moody battè la gamba di legno per terra per richiamare la loro attenzione “Non è il momento di preoccuparsi di queste sciocchezze, dobbiamo prepararci alla battaglia!”
“B-battaglia?” balbettò Lumacorno, asciugandosi il sudore dalla fronte.
“Certo, Horace: Voldemort ci ha dato parecchi segnali, ha messo fuori uso le nostre armi e al ragazzo – indicò Harry che continuava a strofinarsi la fronte infastidito – fa male la cicatrice. Sta per attaccare, non ho alcun dubbio in proposito.”
“Alastor! Non scatenare il panico – lo interruppe Minerva, vedendo che alcuni bambini del primo anno erano scoppiati a piangere – ora dobbiamo pensare alla sicurezza dei ragazzi, ho mandato un Patronus al Ministero chiedendo aiuto e ho detto ad Hagrid e Gazza di spedire quanti più gufi possibili per avvisare tutti del pericolo: oggi stesso i ragazzi saranno rimandati a casa con un treno speciale. Potter, Weasley e Granger, voi andrete alla sede dell’Ordine della Fenice.”
“No! – si ribellò Harry – io resto qui a combattere.”
“Potter, non devo ricordarti che l’obiettivo di Voldemort sei proprio tu.”
“Proprio per questo non andrò a nascondermi.”
Moody annuì energicamente “Il ragazzo ha ragione e questa volta lo appoggio in pieno. Bravo Potter, hai fegato da vendere, tale e quale a tuo padre.”
Ron ed Hermione si schierarono al fianco dell’amico “Noi siamo maggiorenni, professoressa McGranitt, e decidiamo di restare.”
“Temo che nessuno possa andarsene, neanche volendo.” disse Gazza con tono lugubre: era entrato trafelato in Sala grande e reggeva tra le mani un allocco ed un gufo che sembravano gravemente feriti.
“Che cosa gli è successo?” chiese la Sprite.
Il custode scosse il capo “Non ne ho idea, sembra che siano andati a sbattere da qualche parte. Nessuno dei volatili riesce ad andare oltre un certo punto.”
Tutti gli insegnati si mossero all’unisono, ma la preside bloccò Vitious ed Oleander “No, ho un altro compito per voi due: dovete costruire altre bacchette magiche: più ne abbiamo a disposizione, meglio è.”
L’artigiana magica fissò la donna più anziana a bocca aperta “Minerva, una cosa del genere non si crea con uno schiocco di dita.”
“Sbaglio o una volta mi hai raccontato di aver realizzato la tua quando avevi undici anni?”
“Sì, e ci ho messo un mese per farla.”
“Però ora non sei più una bambina e di certo ci impieghi molto meno.” rispose la preside, sbrigativa.
“Sì, ma non è questo il punto. – insistè la maga dai capelli viola – E’ un lavoro che richiede calma, pazienza e tempo, tutte cose che scarseggiano al momento!”
“Allora ti consiglio di metterti subito al lavoro.”
"Io vado con loro - si affrettò a dire il professor Lumacorno, che non aveva alcuna intenzione di partecipare ad alcuna perlustrazione - nella mia riserva di ingredienti magici ho piume di fenice e crine di unicorno in abbondanza. E, se non ricordo male, anche un cuore di drago."
“Mi verranno malissimo, lo sento. – borbottava Oleander lei allontanandosi con Vitious – Le cose fatte di fretta mi vengono sempre male, saranno raffazzonate ed imprecise.”
“Non essere così pignola, ragazza, andranno benissimo.” le disse il professore di incantesimi, avviandosi con lei verso l'aula di pozioni.

Nel frattempo la preside continuava a dare istruzioni agli altri insegnanti: “Vector, Sinistra, andate con Bill, Fleur e Moody a controllare la colonna degli incantesimi che protegge Hogwarts: finchè la barriera resta intatta, nessuno potrà entrare. Rüf, Gazza, Sibilla, restate qui con i ragazzi. E, Sibilla, niente previsioni, letture dei fondi del tè o altri presagi di morte, grazie.”
La veggente la guardò con aria infelice e rassegnata “Non ce n’è alcun bisogno, purtroppo.”
Minerva, Hagrid, la Sprite e Madama Bumb andarono a verificare dove si bloccavano gli uccelli: era poco al di là della barriera che proteggeva la scuola. La professoressa di Erbologia fu sbalzata all’indietro come se avesse preso una potente scossa elettrica “E’ un’altra barriera.” disse senza fiato.
L’insegnante di volo fece un giro di ricognizione con la sua scopa, ma questa seconda barriera avvolgeva tutto il territorio della scuola, isolandolo. “In pratica loro non possono entrare, ma noi non possiamo uscire.”
“Siamo in trappola.” disse la preside con un filo di voce.
“Minerva, ma allora il tuo Patronus prima non è passato.” ipotizzò Madama Bumb.
“Aspetta che riprovo per sicurezza: Expecto Patronum!” usando una delle bacchette funzionanti evocò un agile gatto soriano, che con un balzo si scagliò contro la seconda barriera, ma si dissolse su di essa come fumo. “Isolati, siamo completamente isolati.”
Nessuno dei sette passaggi segreti per uscire da Hogwarts funzionava, il camino nell’ufficio della preside non portava da nessuna parte e persino i ritratti, usciti dalle rispettive cornici, non riuscivano a raggiungere i loro altri quadri.

Qualche ora dopo, mentre gli ultimi raggi di sole si spegnevano oltre l'orizzonte e la luce della sera tingeva il cielo di rosso e violetto, la preside parlò di nuovo davanti ai ragazzi e ai colleghi.
"Non so cosa ci aspetti nelle prossime ore, ma all'inizio di quest'anno ho fatto una promessa ai vostri genitori, che la scuola vi avrebbe difeso dai pericoli. E questo non è cambiato: i miei colleghi ed io vi proteggeremo sino alla fine, qualunque cosa accada. Il professor Alastor Moody ritiene che il luogo più sicuro e meglio difendibile sia la torre di Grifondoro, perciò vi raduneremo lì, in attesa... di ciò che verrà. Alcuni di noi resteranno con voi, altri difenderanno il castello e ci divideremo le bacchette rimaste funzionanti. Sibilla, Horace - si rivolse ai suoi colleghi - volete stare voi con i ragazzi?"
"Senza problemi."
"Puoi contarci Minerva."
Hagrid si alzò in piedi, battendosi la mano sul petto "Vado anch'io con i ragazzi, preside. Ce li difendo a costo della vita, combatterò a mani nude." e agitò i possenti pugni nell'aria.
"Non ce ne sarà bisogno, Hagrid." e Minerva gli porse una delle bacchette.
"Ma io non posso! - protestò il mezzogigante - Mi è stato proibito..."
"Un torto al quale sono ben felice di porre rimedio."
Harry gli toccò il braccio "Fatti valere, Hagrid."
Nel frattempo Ernie McMillian si avvicinò al tavolo dei professori, rigido ed impettito "Preside McGranitt, noi studenti dell'ultimo anno abbiamo discusso a lungo tra noi e, dal momento che siamo maggiorenni, vogliamo dare una mano anche noi, per ripagare i vostri anni di insegnamenti e dimostrare che non sono stati vani."
"McMillian, il fatto che siate maggiorenni non cambia nulla, restate sempre sotto la tutela di questa scuola, che non può permettere..."
"Ma, preside, la scuola non dovrebbe servire a questo? A formarci per la vita? E allora consideriamo questo come un banco di prova."
"Io l'avrei detto in modo molto meno pomposo, Ernie - lo interruppe Seamus - Se lo permette ad Harry, Ron ed Hermione, deve permetterlo anche a noi."
"Quelli sono pazzi." bisbigliò Pansy a Tiger e Goyle, che annuirono. "Io non ho alcuna intenzione di combattere - proseguì la Serpeverde - anzi, se davvero i seguaci dell'Oscuro Signore riusciranno ad entrare nuovamente nel castello, diremo loro dove trovare tutti quei mezzosangue e natibabbani e così andrà tutto bene: noi non avremo alcun problema."
Alle sue spalle, Zabini rise con sprezzo "Quanto sei ingenua, Parkinson. Ingenua e patetica. Se fosse solo una questione di sangue, allora mi sai spiegare perchè Draco è stato ucciso?"
"E io come faccio a saperlo?"
"Te lo spiego io - si intromise Nott - i Malfoy hanno commesso degli errori e l'Oscuro Signore questo non lo dimentica mai." l'anziano padre di Theodore, Mangiamorte al servizio di Voldemort, era un'altra pedina scartata e abbandonata al suo destino ad Azkaban.
"Stai dicendo che aiuterai la preside? Che lotterai per dei natibabbani?"
"No, nè per loro, nè per San Potter, non me ne importa nulla se finisce ammazzato. Ma non voglio nemmeno vivere in un mondo dove ogni errore può costarmi la vita, dove ogni mia scelta - e lanciò un'occhiata veloce a Tracey - può essere quella sbagliata."
Pansy scosse la testa e si rivolse a Daphne, sperando in un sostegno almeno da parte sua, ma la maggiore delle sorelle Greengrass disse semplicemente "Io mi batterò per mia sorella Astoria."
"Ed io - concluse Zabini con aria di superiorità - ovviamente lo faccio per me stesso."
Gli studenti minorenni vennero dunque scortati nella Torre di Grifondoro, ma Ginny era restia ad abbandonare Harry e i due fratelli.
"Ginny, da brava... se ti succede qualcosa, la mamma poi se la prende con me. Non vogliamo sentirla urlare, vero?" cercò di scherzare Bill, ma la ragazza non gli lasciava il braccio. Harry allora le si avvicinò e la baciò: "Vai, Ginny, ti prego." le disse semplicemente.
Ron le porse una bacchetta "Questa Oleander l'ha appena finita: se le cose dovessero mettersi male, davvero male e quelli arrivassero nella torre, fagli vedere i sorci verdi a suon di fatture Orcovolanti."
Controvoglia, la Grifondoro si unì alla fila degli altri ragazzi, ma continuava a guardarsi intorno furtiva, per cercare di eludere la sorveglianza, nascondersi e tornare a combattere assieme agli altri. Aveva già in mente dove sgattaiolare via: all'altezza dell'arazzo del pianerottolo del secondo piano che nascondeva un passaggio segreto, ma c'era troppa gente, qualcuno l'avrebbe vista. Inaspettatamente, le si affiancò Astoria Greengrass "Vai - le bisbigliò - ti copro io."
Ginny le rivolse uno sguardo interrogativo e la Serpeverde mormorò con voce triste "Tu puoi ancora fare qualcosa per il ragazzo che ami."
La piccola Weasley scivolò con leggerezza dietro il drappo ed attese che tutti gli studenti se ne andassero. Quando vide l'arazzo agitarsi, pensò di essere stata scoperta, invece si trovò davanti una ben nota ragazza dagli occhi sporgenti ed i capelli biondi "Ehilà Ginny - disse Luna, come se non si vedessero da anni - che bello vederti?"
"Luna! Cosa ci fai qui?"
La ragazza di Corvonero inclinò la testa da un lato, come se non comprendesse quella domanda "Mi sembra ovvio, no? Voglio aiutare i miei amici." 

La luce del crepuscolo aveva ormai ceduto il passo al cielo blu della sera quando Vector e Sinistra, di vedetta su due lati del castello e munite di Omniocoli, videro i primi maghi oscuri iniziare a radunarsi all'esterno della barriera da essi stessi creata.
"Sono qui, mia cara, oh misericordia, quanti sono!" Angela continuava a fare la spola trafelata da un quadro all'altro per aggiornare Vitious e Oleander sugli ultimi sviluppi, tanto che la maga si chiese se anche ad un ritratto potesse venire un attacco di cuore. "Bene, raggiungiamo gli altri - esclamò il professore di Incantesimi - andiamo a far pentire un po' di gente di essersi schierata dalla parte sbagliata." e si avviò su per le scale con piglio deciso, in mano le ultime bacchette realizzate.
"Buona fortuna, mia cara!" urlò Angela, asciugandosi le lacrime con l'orlo della giacca del marito.
Oleander si schierò con alcuni ragazzi di Tassorosso sul lato che guardava il Lago Nero "Situazione, Bones?"
La ragazza era pallidissima e le porse l'Omniocolo con un gesto meccanico "Non bella." sussurrò.
Oleander regolò l'oggetto sul massimo zoom e desiderò non averlo mai fatto: oltre il lago ondeggiava una grande macchia scura, formata da figure alte e nere, che premevano ansiose contro la barriera. "Dissennatori..."
Justin deglutì "Saranno almeno cento, forse di più." Ernie spedì il suo Patronus a forma di cinghiale ad avvisare coloro che si trovavano sul davanti del castello.
Anche Harry, Ron ed Hermione stavano osservando i maghi oscuri davanti ai cancelli della scuola "Riconosco Avery e Thorfinn Rowle - disse Ron - E, uh, la famiglia Lestrange al gran completo."
"Harry, i ragazzi sul lato del campo di Quidditch dicono che ce ne sono altri, mentre Ernie dice che oltre il lago ci sono parecchi Dissennatori, Oleander chiede se c'è anche Piton." Hermione era in contatto con tutti i gruppi tramite i Patronus.
Harry si fece passare lo strumento "Riferiscile che non vedo nè lui nè Voldemort."
"Bill, Fleur e Moody dicono che la colonna incantata è intatta." disse la ragazza.
"Non capisco, come pensano di entrare? Forse vogliono fare un assedio e prenderci per fame?" borbottò la preside.
"Sì, in effetti è strano. E sospetto. - il professor Vitious osservava l'orizzonte meditabondo - Perchè l'artefice di tutto ciò non si fa vedere?"
"Uh? - Ron regolò l'Omniocolo - E' arrivato anche Greyback."
"Fa' vedere." attraverso lo strumento magico, Harry inquadrò il licantropo con in mano un libro dall'aria molto antica e lo vide muovere le labbra, come se stesse recitando una qualche formula magica. 

Fleur, Bill e Moody continuavano ad aggirarsi attorno alla colonna che generava la barriera protettiva di Hogwarts: sapevano bene che era tutto ciò che teneva fuori i Mangiamorte dal castello.
Bill sentiva tutti i suoi sensi tesi fino spasimo, come se fossero d'improvviso più acuti: la luce che si sprigionava da quella dannata colonna era troppo intensa, il profumo di sua moglie troppo forte, quasi nauseante, il ticchettio della gamba artificiale di Moody una insopportabile tortura per le orecchie.
Se non la finiva immediatamente l'avrebbe...
morsicato,
graffiato,
sbranato,
suggeriva una voce primordiale dentro di lui. La sua parte razionale lo implorava di no, ma si perse soffocata dall'urlo di un istinto straripante che prese il controllo. Cadde sulle ginocchia e Fleur gli fu subito accanto "Bill, amore, che ti suscede? Alastor, presto, Bill sta male!" il corpo di suo marito stava cambiando aspetto sotto i suoi occhi: diventava più grande, ricoperto di peli grigi e Bill aveva preso a ringhiare, come un cane.

"No, come un lupo." si corresse, prima che una poderosa zampata la colpisse all'altezza della giugolare, tranciandola.
Alastor Moody aveva vinto numerose battaglie durante quegli anni di guerra: ci aveva rimesso parecchie parti del suo corpo, ma ne era sempre uscito vivo, questo perchè non aveva mai abbassato la guardia, nè aveva esitato quando si era trattato di lanciare un incantesimo. Ma quella volta esitò, perchè chi aveva di fronte non era un mago oscuro, non era feccia come Dolohov, era Bill Weasley. Esitò un istante solo, ma gli fu fatale: il licantropo spiccò un balzo e gli fu addosso, finendolo in pochi secondi. Poi rivolse la sua rabbia ferina contro quella colonna: quella voce nella sua testa, forte, da capobranco, gli ordinava di abbatterla. E lui non poteva sottrarsi. 

Non ci furono nè lampi, nè scintille, nè esplosioni, ma ogni mago presente sulla scena potè sentire la barriera protettiva crollare, come quando scoppia una bolla di sapone a contatto con la pelle e i Mangiamorte presero ad avanzare in tutta calma verso il castello.
"La barriera è crollata!" "Ne siete sicuri?" "Come può essere accaduto?" "Bisogna andare a controllare!" "Aiuto, adesso che facciamo?" "Restate calmi!"
Lo scambio di Patronus da un lato all'altro del castello divenne frenetico, le figure argentee scivolavano veloci illuminando la notte, rivelando il panico improvviso dei loro proprietari.
"Hanno ancora parecchie bacchette funzionanti - si lamentò Avery - A quelli mandati al Ministero è andata meglio. Lo dicevo io che dovevamo attaccarli prima, invece di aspettare tutto questo tempo."
"Non dirmi che hai paura! - ringhiò Bellatrix Lestrange indignata - Si tratta solo di un gruppo di patetici e vecchi insegnanti e qualche stupido ragazzino. Tranne Potter, possiamo ammazzarli tutti."
Ron aveva già inviato per tre volte il suo Patronus in direzione dei sotterranei, ma non ebbe alcuna risposta "Devo andare a vedere cos'è successo a Bill!"
"Vengo con te." disse Hermione e i due corsero via.
Neville si avvicinò ad Harry e lo guardò con un'espressione dura e adulta, la mano che reggeva la bacchetta non tremava "Ci siamo."
Il ragazzo dagli occhi verdi si limitò ad annuire.
"Non possono comunque smaterializzarsi, vero Minerva?" chiese Vitious.
"No, l'incantesimo di anti-smaterializzazione è indipendente da quello della barriera ed è ancora intatto."
Per fortuna, pensò Harry: se i Mangiamorte avessero potuto apparire e scomparire a loro piacimento, non avrebbero avuto scampo.

"Stanno arrivando!" Seamus, schierato sul lato del castello che affacciava sul campo di Quidditch, scagliò nervosamente un incantesimo, che non arrivò a bersaglio.
"Sono ancora lontani." disse Terry, anche lui molto teso.
"Ascoltate, cos'è questo rumore?" chiese Dean. Nel silenzio della notte si udì un tonfo, come un colpo di cannone e poi un altro. Il pavimento di pietra vibrò sotto di loro. Dietro ai Mangiamorte avanzava un gigante, alto almeno sette metri, che reggeva sopra la testa un masso e con tutta l'intenzione di scagliarlo contro il castello.
"E quello come lo fermiamo?" mormorò Seamus, accasciandosi a terra, mentre i passi pensanti e cadenzati del gigante si avvicinavano sempre di più. D'improvviso dalla vicina Foresta proibita si alzò un volo di corvi e dagli abeti uscì Grop, con un'aria terribilmente adirata, che si gettò sull'altro gigante afferrandolo per la vita con un placcaggio degno del miglior giocatore di rugby. I due esseri presero a lottare furiosamente tra loro, rotolando per terra, mentre i Mangiamorte si allontanavano velocemente per non essere travolti.
"Vai così Grop!" urlarono i ragazzi con entusiasmo. 

Sul lato del lago i Dissennatori veleggiavano veloci verso il loro obiettivo; la superficie dell'acqua si ricoprì di una crosta ghiacciata al loro passaggio e l'aria si fece gelida e pesante.
"Pensieri felici - si raccomandò Oleander sfoderando la bacchetta - Coraggio ragazzi, pensieri felici."
Susan evocò il suo Patronus, mentre Hannah non riuscì a far uscire dalla sua bacchetta la figura argentea: l'avvicinarsi di tutti quei mostri le riportava alla mente la morte di sua mamma, impedendole ogni pensiero positivo. Oleander le si parò davanti e si concentrò: un pensiero felice, una sensazione che scaldasse il cuore... La sua mente rivisse il primo bacio che aveva scambiato con Severus, il modo in cui lui l'aveva stretta a sè... "Expecto Patronum!" un formidabile Schiopodo Sparacoda si materializzò in mezzo ai Dissennatori, iniziando a sprizzare scintille dalla coda e disperdendo un buon numero di creature. Justin Finch-Fletchley la fissava stupito... uno Schiopodo?
"Beh - lo rimbeccò la donna - che c'è? Mai visto un Patronus?"
In qualche modo per un po' riuscirono a contenere gli attacchi, ma i Dissennatori erano davvero tanti ed alcuni scorrevano lungo i lati della loro postazione difensiva. Poi Ernie si toccò una gamba con una smorfia di dolore "Qualcosa mi ha morso!" il sangue si riversava a terra con rapidità allarmante.
Susan utilizzò un incantesimo Ferula per fasciargli la ferita "Hai visto chi ti ha ferito?"
"No, non ne ho idea."
Oleander vide un'ombra scivolare lungo la parete, qualcosa di simile a un tappetino nero "Per tutti i profeti! Lethifold!" la maga utilizzò il suo Patronus che con la coda sollevò l'animale e lo gettò oltre i merli del cammino di ronda. Justin si sporse per vederlo cadere, ma si tirò indietro con un urlo "Ne arrivano altri."
Tante creature color pece si arrampicavano lungo le mura, e i Dissennatori li avevano quasi accerchiati.
"Sono troppi, ritiriamoci all'interno." Oleander aprì una porta e fece entrare i ragazzi, che si separarono, e con un'ultima evocazione respinse altre creature. 

Harry, Neville e i professori riuscirono ad impedire per quasi mezz'ora che i Mangiamorte entrassero dal portone principale, ma quando degli schiatesimi stesero il professor Vitious e la preside, Bellatrix ebbe modo di far saltare in aria la pesante porta di legno. "Vieni Neville." I due ragazzi cercarono di bloccare alcuni dei Mangiamorte ai piedi dello scalone e Paciock, che non aveva mai brillato in incantesimi, ma che era animato dalla volontà di vendicare i suoi genitori, da dietro la ringhiera di pietra delle scale, lanciava fatture che mettevano in difficoltà anche un osso duro come Rastaban Lestrange.
Harry notò che a lui venivano indirizzati solo schiantesimi "Non vogliono uccidermi, mi vogliono svenuto." I maghi oscuri ai piedi delle scale continuavano ad aumentare: lui e Neville non li avrebbero trattenuti ancora per molto. "Ehi, è me che volete, giusto? E allora venite a prendermi!" si allontanò veloce dal suo compagno di Casa e qualcuno diede ordine di raggiungerlo dall'altra rampa di scale. Anche Bellatrix si mosse con i suoi compagni, ma Neville gridò "No!" e le tranciò una ciocca di capelli con un incantesimo.
"Ci tieni così tanto ad andare a far compagnia ai tuoi patetici genitori, piccolo sgorbio? Ti accontento subito."
"Provaci." la sfidò il ragazzo, senza più ombra di paura nella voce: il tempo della timidezza e del timore era alle sue spalle. Era il momento di dimostrare che il Cappello Parlante non aveva sbagliato, mettendolo a Grifondoro. 

Ron ed Hermione avevano quasi raggiunto la stanza dove si trovava la colonna che avrebbe dovuto proteggere Hogwarts, ma trovarono la strada bloccata: il pavimento del piano sopra di essa era crollato e dall'alto la stanza dei sotterranei appariva come un unico cumulo di macerie polverose "Non è possibile - mormorò Ron con voce rotta - Bill... Fleur."
"Attento!" Hermione lo spinse di lato mentre un incantesimo marrone serpeggiò tra di loro, sfiorandoli. La ragazza fece levitare alcune pietre del pavimento crollato indirizzandole verso i loro aggressori, dando così al suo ragazzo il tempo di reagire e scagliare a sua volta diverse fatture contro i maghi oscuri. Ron decise di colpire uno degli ultimi arrivati con una Tarantallegra mentre Hermione gli faceva da scudo, ma al suo incantesimo se ne aggiunse un altro piovuto dall'alto e il Mangiamorte si trasformò in una specie di trottola impazzita che travolse i suoi tre compagni, che la miglior studentessa di Grifondoro si premurò di colpire con poderosi incantesimi.
"Wow! - fece Luna, in piedi vicino a Ginny sul pianerottolo delle scale - Una interessante combinazione di fatture."
"Cosa ci fate voi due qui? Vi avevamo detto..." iniziò Hermione, ma Ginny la interruppe "Non mi sembra proprio il momento adatto. Perchè la barriera è crollata? Oh no! Cos'è successo qua? Ron, dove sono Bill e Fleur?"
Nè suo fratello nè la sua ragazza riuscirono a dire una sola parola, mentre Ginny nascondeva il viso tra le mani, man mano che la consapevolezza si faceva strada in lei. La prima a rompere il silenzio fu Luna "Su, andiamocene da qui, siamo troppo allo scoperto." 

"Expecto Patronum." ansimò Oleander senza fiato, ma dalla punta della sua bacchetta uscì solo una nebbiolina argentea, che allontanò di poco il Dissennatore che le stava addosso: era distrutta dalla fatica e la paura iniziava ad avere il sopravvento "Cosa faccio se non riesco ad evocarlo? Mi prenderà, me lo sento." Un urlo straziante risuonò tra le pareti del castello, un grido di dolore stridulo e disperato, una voce femminile che ben conosceva e, mischiata ad essa, le risate sguaiate di un uomo. Per un attimo si dimenticò del mostro alle sue spalle e corse a vedere: Dolohov aveva disarmato Tracey Davis ed ora la stava cruciando senza pietà, la ragazza si contorceva sul pavimento, stravolta dal dolore fisico.
"Brutto bastardo!" mormorò Oleander. Una sensazione di gelo sulla nuca le ricordò dell'altro suo inseguitore in rapido avvicinamento, ed ebbe un'idea. Puntò la bacchetta contro il Mangiamorte e scandì "Rictusempra." Il mago oscuro lasciò cadere la bacchetta, scosso da un irrefrenabile attacco di risate e il Dissennatore, percependo sentimenti di gioia, si diresse deciso verso di lui, passando sopra ad Oleander e dandole così il tempo di recuperare Tracey, svenuta.
"Expecto Patronum!" appena arrivato sulla scena, Zabini evocò il suo protettore senza perdere tempo ed una pantera allontanò il Dissennatore, mentre il Mangiamorte crollava a terra, ormai dissennato.
"Tracey! - Theodore corse verso di loro - Ci siamo persi di vista un attimo, e..."
"E' svenuta e non riesco a farle riprendere conoscenza. Credo di essere intervenuta in tempo, ma è stata cruciata a lungo e sarebbe meglio portarla in ospedale, in fretta." gli rispose Oleander, raccogliendo la ragazza tra le braccia.
"Possiamo usare i Thestral." suggerì Nott.
Oleander guardò fuori da una finestra: erano al secondo piano ma dal lato delle stalle, gli animali non erano in effetti troppo distanti. "Speriamo di riuscire a raggiungerli."
"Lei porti Tracey - disse Zabini con aria sicura - al resto pensiamo noi." 

Harry rese inoffensivo l'ennesimo inseguitore e si accorse che nessuno più gli era alle calcagna, ma non aveva idea se stessero vincendo o meno la battaglia. Troppo caos, troppi fronti: aveva incrociato per un attimo Terry Steeval, la professoressa Vector e due ragazze di Corvonero di cui non ricordava i nomi sulle scale che stavano cambiando, ma non aveva fatto in tempo a rivolgere loro neanche una parola. Grop era riuscito ad avere la meglio sul gigante che i maghi oscuri si erano portati dietro: l'aveva visto trascinare la creatura nel fitto della Foresta Proibita, molti Dissennatori erano stati allontanati e dispersi dai Patronus, ma altri scemavano ancora nel cielo sopra il castello e gli era parso di intravedere persino una Manticora. Per quanto sarebbe andata ancora avanti quella battaglia? I suoi amici e i professori tutti stavano dimostrando grande coraggio, ma i Mangiamorte erano più esperti, quasi tutti già reduci da una guerra: Harry temeva che alla lunga avrebbero avuto il sopravvento.
Dov'era Voldemort in tutto questo? E quel vigliacco di Piton? Nessuno dei due era lì. Harry si concentrò sulla sua cicatrice: Voldemort gli aveva indotto delle visioni al quinto anno, perchè non provare a comunicare a sua volta con il mago oscuro? Rievocò le sensazioni provate durante quei sogni e si immerse in esse. Moody si sarebbe infuriato, dopo tutto il tempo speso ad insegnarli l'Occlumanzia. "Voldemort, mi stai ascoltando? Vieni fuori allo scoperto e combatti. Non hai più voglia di confrontarti con me in un duello, come si conviene a dei maghi? Non sei altro che un vigliacco, un essere patetico che ha paura..."
"Harry Potter." per un attimo il ragazzo dagli occhi verdi pensò che la voce del suo nemico fosse dentro la sua testa e istintivamente portò la mano alla cicatrice, prima di accorgersi che non gli doleva affatto e quella voce proveniva in realtà dall'esterno. Un Mangiamorte aveva evocato un grande marchio nero, che si stagliava sinistro nel cielo, come quello che aveva scatenato il panico ai campionati di Quidditch. "Questa notte metteremo fine una volta per tutte alla nostra contesa. Se sei pronto ad affrontare il tuo destino, ti attendo là dove tutto è cominciato." dopodichè l'incantesimo si dissolse in una nebbia verdastra.
Harry schiantò il mago che aveva evocato il marchio, scavalcò la finestra del pianterreno ed uscì all'aperto: il luogo dove tutto era iniziato, il luogo ove lui era diventato da semplice neonato, un orfano, il bambino-che-è-sopravvissuto, il Prescelto.
Godric's Hollow.
Alzò il braccio destro e richiamò il suo manico di scopa: pochi secondi dopo la sua fedele Firebolt fu nelle sue mani. Ci montò sopra e sparì, inghiottito dal nero della notte. 

Il messaggio dell'Oscuro Signore era giunto chiaro alle orecchie di tutti: Ron, Hermione, Ginny e Luna stavano raggiungendo l'atrio principale e si paralizzarono "Oh miseriaccia! - esclamò Ron - E' di sicuro una trappola! Harry non penserà di..."
"Temo tu abbia ragione, Ron - disse Hermione - Harry non penserà: sarà già in volo."
"Da solo? Ma è un suicidio."
"Hermione, dove pensi sia diretto?" chiese Ginny.
La ragazza riflettè brevemente "Credo dove Harry lo sconfisse la prima volta, a casa dei suoi genitori."
"Qualcuna di voi sa come raggiungere Godric's Hollow? Io non ci sono mai stato." gemette Ron.
"No, ma non è un problema. I Thestral lo sanno sicuramente, facciamoci guidare da loro." disse Luna, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Attraversarono l'atrio e lì videro Neville, in piedi davanti ad una figura stesa a terra, avvolta in numerose corde e catene.
"Neville, amico, tutto bene?" Ron gli afferrò le spalle, scuotendolo delicatamente.
Il ragazzo annuì "L'ho sconfitta." disse con un filo di voce, incredulo delle sue stesse parole.
Ron abbassò lo sguardo sulla Mangiamorte stesa a terra: era Bellatrix Lestrange. "Grandioso, davvero grandioso."
"Ron, Neville, spicciatevi!" urlò Ginny e poi corse verso le stalle. 

Zabini, Nott e Oleander, che trasportava Tracey, ascoltarono il messaggio di Voldemort in un'aula del primo piano, dove avevano ingaggiato battaglia con due Mangiamorte. I maghi oscuri ghignarono soddisfatti, distraendosi quel tanto che bastò ai due ragazzi di Serpeverde, che per i gusti di Oleander conoscevano fin troppi incantesimi oscuri, a stenderli. "Oh maledizione - mormorò la maga più adulta - scommetto che Harry si precipiterà lì all'istante." "E se Severus non è venuto qui al castello, sicuramente sarà con Voldemort, lì dove sta andando anche Harry. Devo andare anch'io. Ma dove?"
Qualche minuto dopo raggiunsero le stalle dei Thestral e, con sorpresa, Oleander vide che mancavano diversi animali.
"San Potter ed i suoi fedeli seguaci non hanno certo perso tempo." disse Nott, prendendo Tracey dalle braccia di Oleander e appoggiandola sul cavallo scheletrico.
"Theodore, dato che tu riesci a vedere i Thestral, non è che mi daresti una mano?" chiese Zabini, un po' impressionato nel vedere la compagna di Casa galleggiare a mezz'aria.
"Sicuro. E lei, professoressa, ha bisogno di aiuto?"
"No grazie, io li vedo. Sentite, ce la fate a raggiungere da soli il San Mungo?" [1]
"Ovviamente sì." rispose prontamente il ragazzo moro.
"Ma se vi accorgete che qualcosa non va, che i Mangiamorte sono anche lì, scappate via."
Zabini alzò gli occhi al cielo "Ci ha preso per due ritardati?"
"Certo che no. Allora buon viaggio ragazzi. Sta' tranquillo, Theodore, vedrai che Tracey si riprenderà presto."
Il ragazzo di Serpeverde annuì, montò a cavallo del Thestral e prima di comunicargli la destinazione le disse "Faccia attenzione, professoressa."
Oleander si avvicinò alla strana creatura dal muso di rettile "Ehm... tu sai dove sono andati gli altri Thestral? Potresti portarmi lì?"
L'animale spalancò le grandi ali.
"Bene, lo prendo per un sì." e, un po' timorosa, salì in groppa all'inusuale cavalcatura.

 

 

=============================

NOTE
[1] Oleander vede i Thestral perchè nel VdP ha rischiato di morire.

 
RINGRAZIAMENTI
@ Arabesque: in questi ultimi capitoli c'è un po' da trattenere il fiato, vedrò di non tenervi troppo sulle spine.
@ Sheilin: il tuo commento mi ha resa molto felice, perchè quello che volevo descrivere era proprio una sorta di riscatto per Percy, per essersi allontanato dalla famiglia a causa del suo orgoglio, famiglia che però, nel cuore, non ha mai smesso di amare, tanto da sacrificarsi per loro. Non è uno dei miei personaggi preferiti, ma mi sono commossa mentre descrivevo la sua morte.
Mi è spiaciuto anche per Remus e Tonks. Nella primissima stesura della storia c'era molto meno spargimento di sangue, ma poi ci ho riflettuto: sono in corso delle battaglie cruente, se tutti i "buoni" ne fossero usciti illesi, sarebbe stato di un buonismo davvero poco credibile. Ho comunque cercato di rendere a tutti l'onore delle armi e spero di esserci riuscita.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 20. Battaglia a Godric's Hollow ***


CAPITOLO 20 – BATTAGLIA A GODRIC'S HOLLOW

 
McNair aprì la porta della stanza di Piton senza bussare. L'ex-professore di Hogwarts non alzò nemmeno gli occhi dal libro che stava leggendo, limitandosi ad apostrofarlo in malo modo. "Per Salazar, McNair, le tue maniere sono terrificanti quasi quanto il tuo lavoro da boia."
"Smettila di fare battute e muoviti, stiamo andando."
"Purtroppo non era una battuta. - ribattè Piton serafico - Dove stiamo andando?"
"A Godric's Hollow. E' il momento."
Il nome di quel luogo era sempre come un cazzotto nello stomaco per Severus e a ciò si aggiunse la sorpresa: Voldemort non aveva accennato nulla fino a quel momento, tuttavia riuscì a non mostrare alcuna emozione, come al solito. "E perchè non ne sono stato informato prima?" domandò seccato.
"Lo sai adesso, no? Piantala di lamentarti e datti una mossa. Il Nostro Signore sta già aspettando."
Voldemort era in piedi, di fronte al camino, con Nagini ai suoi piedi. Oltre a McNair c'erano solo Rowle e Rookwood. "E gli altri?" chiese Piton, un po' sorpreso.
"Non preoccuparti Severus - Voldemort gli rivolse un leggero sorriso - tutte le pedine sono già schierate sulla scacchiera. La vera battaglia inizia e finisce stanotte." Il Lord Oscuro afferrò una manciata di polvere volante e scomparve tra le fiamme verdi assieme al suo serpente.
 

Harry sorvolò il piccolo villaggio, atterrò all'inizio della via principale, appoggiò a terra la sua Firebolt e si avviò a piedi. La strada era deserta, fin troppo tranquilla. Era notte fonda, ormai, normale che non ci fosse in giro nessuno, ma ciò che lo colpì fu il silenzio. Era innaturale: nè il latrato di un cane, nè il frinire dei grilli, nè il verso di un rapace notturno.
"E' perchè lui è qui."
Tutte le creature, finanche gli insetti, parevano trattenere il fiato, per non farsi scoprire da Voldemort. Harry avanzava cauto lungo la strada, la bacchetta tesa davanti a lui, gli occhi verdi che saettavano da un lato all'altro e scrutavano le case, attento a scorgere il più piccolo movimento dietro una tenda, un angolo, uno steccato. Superò senza vederla una di quelle strane formelle impresse sull'asfalto, che tanto avevano incuriosito il povero Robert Whittle e questa, al suo passaggio, mutò forma, brillando per un attimo di un sinistro bagliore nero.
Si era ripromesso molte volte, fin dal funerale di Silente, di far visita al luogo ove i suoi genitori avevano perso la vita e di sicuro non pensava di tornarci in quelle circostanze.
Un vuoto nella schiera delle villette, linde e ordinate, come tante case di bambole, attirò la sua attenzione. Un cumulo di macerie. Eccola lì, la casa dei suoi genitori, dove i suoi genitori avevano perso la vita, probabilmente identica a diciassette anni prima. Nel giardino c'era una lapide. Il ragazzo si avvicinò e lesse le parole incise nella pietra grigia:

"Qui, la notte del 31 ottobre 1981,
persero la vita Lily e James Potter.
Il figlio Harry è l'unico mago
mai sopravvissuto all'Anatema che Uccide.
La casa, invisibile ai babbani, è stata lasciata intatta
nel suo stato di rovina come monumento ai Potter
e in ricordo della violenza
che distrusse la loro famiglia." [1]

La lapide era circondata da fiori, piccoli oggetti, foto, semplici frasi vergate su piccoli pezzi di pergamena, umili omaggi che trasformavano quel fazzoletto di terra in una specie di mausoleo all'aperto, segno di quanto i maghi che credevano nei loro stessi ideali non smettessero mai di  ricordare. Non se l'aspettava e ne restò colpito.
Fra tutte quelle cose, la sua attenzione fu attirata da uno stelo di gladioli bianchi, piantato lì di fianco alla lapide, come una specie di guardiano. Quel fiore era diverso da tutto il resto, sembrava possedere un bagliore suo proprio e spandere attorno a sè un'aura calda, rassicurante. Per qualche assurdo motivo, non faceva pensare ad un ossequio, bensì alla protezione. Che fosse magico anch'esso? Stava per allungare una mano e toccare la pianta, ma la voce sibilante di Voldemort lo riscosse "Tutto ciò è molto triste, non trovi, Harry?"
Il mago oscuro si staccò dall'ombra delle rovine della sua casa: sembrava solo. Il ragazzo dagli occhi verdi si spostò dalla lapide e si preparò a fronteggiarlo.
"Quando gli eroi muoiono, di loro non resta che la memoria, circondata da insipidi e retorici omaggi." proseguì il mago oscuro.
"Non sono retorici."
Voldemort ridacchiò divertito "Oh sì, lo sono. Vuoi sapere perchè la gente si appassiona così tanto alle tragedie, alle storie come quelle dei tuoi genitori? Semplicemente perchè non sono le proprie, di tragedie. Viene qui, lascia un messaggio ed intanto pensa: Menomale che non è toccato a me." mentre parlava, camminava avanti e indietro sul prato, agitando la bacchetta con fare istrionico, come se fosse l'attore principale di un dramma teatrale.

"Proprio non riesce a comprendere che la pietà che tutti questi maghi ancora provano verso i miei genitori sia una forma d'amore." Harry sentiva che quella riflessione era importante, forse fondamentale, ma non capiva come. Poichè Voldemort continuava a denigrare quella tomba, lo lasciava parlare e intanto con lo sguardo cercava Nagini: se solo avesse potuto far fuori quel dannato serpente, il mago oscuro sarebbe stato finalmente vulnerabile. Era il suo familiare, sempre accanto a lui... non poteva essere troppo lontano.
"Ma in fondo gli eroi hanno semplicemente gli ammiratori che meritano. - proseguì nel frattempo Voldemort - Fondamentalmente gli eroi sono degli sciocchi, Harry. I tuoi genitori sono stati degli sciocchi: hanno voluto combattere ad ogni costo, pur sapendo che non avrebbero mai vinto. Non hanno voluto piegarsi all'inevitabile e sono morti giovani ed inutilmente. Non è forse meglio una vita lunga e vigorosa? - le labbra di Voldemort si aprirono in un sorriso di trionfo - Che poi è ciò che tu mi offrirai stasera."

"Crucio!" pensò intensamente Harry, ma l'altro mago deviò agevolmente l'incantesimo. "Prima vuoi giocare un po', Harry? Se è questo che vuoi, chiedimelo per favore, con educazione."
Harry saltò indietro, riparandosi dietro una porzione di parete crollata "Questo non è un gioco, Voldemort! Io sono qui per vendicare tutti coloro che hai ucciso, tutti quanti. Questa notte tu morirai!" urlò con rabbia e scagliò numerosi incantesimi contro l'avversario.
"Quale maleducazione. Mi sembra di averti già spiegato una volta come si svolge una sfida tra due maghi: con un inchino, fronteggiandosi apertamente. Invece tu non segui le regole e ti nascondi."
"Tu mi parli di vigliaccheria? Sei rimasto nell'ombra un anno intero, al sicuro, mandando avanti i tuoi maghi oscuri, ma ti sei ben guardato dall'uscire allo scoperto. Sei tu il vigliacco." sentì un odio sordo, lo stesso provato poco dopo la morte di Silente, ribollire dentro di sè.
"Allora è così? Ti sei offeso perchè quest'anno non sono rimasto in contatto con te? - si toccò la fronte in un chiaro gesto di scherno - Perchè non ti ho dato mie notizie? Vorrai perdonarmi, ma sono stato molto impegnato. Ho lavorato a lungo, meticolosamente, solo per preparare questo momento, Harry. Solo per questo momento: il momento in cui tu ti sacrificherai per me, il momento in cui esaudirai il desiderio che espressi diciassette anni fa."

"Di cosa sta parlando?" pensò il ragazzo, confuso.
"Non temere - gli rispose Voldemort, puntando la bacchetta contro il suo riparo - presto tutto ti sarà chiaro." 

I Thestral lasciarono Ron, Hermione, Luna, Ginny e Neville appena fuori dai confini di Godric's Hollow: per qualche strano motivo si rifiutavano di avanzare di un altro passo e indietreggiavano nervosi.
"Perchè si comportano così?" chiese Neville, cercando inutilmente di spingere in avanti il suo Thestral, che aveva cocciutamente puntato le zampe.
"Non saprei - rispose Luna - purtroppo io parlo solo il linguaggio dei corvi, non quello dei Thestral."
"Anche perchè queste creature sono mute." aggiunse Hermione.
"Non importa, dobbiamo muoverci e trovare Harry, prima che faccia qualche sciocchezza." disse Ron, visibilmente preoccupato.
"Dividiamoci - propose Ginny - io vado con Neville e Luna di qua, tu ed Hermione dall'altra parte. Chi lo trova per primo avvisa gli altri con un Patronus."
Ron ed Hermione si mossero furtivi dietro lo steccato di alcune case. Il Grifondoro si sporse oltre un angolo ed immediatamente si ritrasse: una figura incappucciata stava controllando quella via. Per loro fortuna si allontanò quasi subito. "Via libera." sussurrò ad Hermione, ma la ragazza riccia era china a terra, intenta a passare le dita su uno strano simbolo impresso a terra. "Cosa stai facendo, Hermione? Dobbiamo muoverci alla svelta, prima che quello torni."
La ragazza muoveva meditabonda le dita su quella figura, grande quanto un piattino da tè "Non mi piace questa cosa, Ron." disse con una espressione molto seria.
"Sai di che si tratta?"
Hermione scosse la testa, rimpiangendo di non avere a portata di mano la fornitissima biblioteca di Hogwarts. "Sembra quasi una Runa, ma scritta in un codice che non ho mai visto. Non assomiglia a nessun simbolo magico che ho studiato: non è celtico, nè cinese, nè sciamanico, nè..."
"D'accordo, d'accordo, abbiamo trovato qualcosa che Hermione Granger non conosce, lo segneremo sui libri di storia, però non mi pare questo il momento adatto di mettersi a studiare."
"Ron, potrebbe essere importante."
Il ragazzo masticò un'imprecazione tra i denti e si sporse nuovamente oltre la staccionata: la fortuna era ancora dalla loro parte e il Mangiamorte di ronda non era tornato. "Come vuoi, ma fa' in fretta!"
"Prima di tutto, voglio vederlo meglio." Hermione puntò la bacchetta contro il simbolo e utilizzò un incantesimo non verbale. La formella si ridusse alle dimensioni di un monocolo.
"Perchè l'hai ristretta?" chiese Ron.
"Non l'ho fatto! Ho usato un Engorgio non verbale e questo è il risultato. Ha invertito l'effetto dell'incantesimo."
"Senti - disse Ron spazientito - sono sicuro che tutto questo sia molto interessante, ma siamo qui per aiutare Harry."
Ancora non del tutto convinta, Hermione seguì il suo ragazzo.

Il Thestral di Oleander atterrò vicino ai suoi compagni: gli animali erano disposti in cerchio e parevano confabulare tra loro. La donna diede un piccolo colpo col tallone sul fianco del suo Thestral, ma quello non si mosse di un millimetro, anzi, voltò il muso scoccandole un'occhiata di rimprovero. "Hm, allora immagino che la corsa finisca qua." Smontò e si allontanò di qualche passo, quando l'animale l'afferrò coi denti per il colletto della camicia, strattonandola all'indietro e facendola cadere a terra. "Oof! Ma che accidenti ti prende, eh?" sibilò inviperita.
Poi udì dei passi: qualcuno veniva di corsa verso di lei. Senza pensarci due volte si trasformò in una pianta di edera ed attese immobile. Un Mangiamorte scrutava nella notte, a pochi passi dagli scheletrici cavalli, che evidentemente non poteva vedere "Eppure avrei giurato di aver sentito una voce." borborrò.
Uno dei Thestral prese bene la mira e gli assestò un calcione nella schiena con gli zoccoli posteriori. Il mago oscuro cadde in avanti e la pianta-Oleander gli si avvolse attorno al viso, stringendo forte finchè non fu certa che l'uomo avesse perso i sensi, poi si ritrasformò. "Questi li prendo io." disse, sfilando il lungo mantello e la maschera argentata al Mangiamorte. Una rapida occhiata ai dintorni le fece capire che quella non era la zona di Godric's Hollow abitata dalla comunità magica: troppe automobili parcheggiate lungo le strade, biciclette e guantoni da baseball abbandonate nei cortili e nei giardini. Prese a correre lungo il confine del paese per raggiungere il quartiere dove risiedevano i maghi. 

"Qualcosa non quadra." da quando McNair era venuto a chiamarlo, un campanello di allarme era scattato nella testa di Severus Piton. Abituato per anni al doppiogioco, a vivere sul filo del rasoio, intuiva che c'era qualcosa di strano: il tutto era accaduto troppo in fretta, senza che gli fosse comunicata alcuna istruzione.
Appena giunti a Godric's Hollow, Voldemort si era allontanato con Nagini, ordinando loro di pattugliare le strade, ma queste gli apparivano fin troppo sorvegliate: ad ogni angolo spuntava un mago oscuro. Qualcuno aveva le sue sembianze naturali, altri scontavano ancora gli effetti della Pozione polisucco. Alcuni si trovavano lì da mesi ed ecco perchè il Lord Oscuro aveva voluto prolungare gli effetti della Pozione: un gruppo di persone che ad ogni ora si metteva a bere, alla lunga avrebbe destato sospetti.
"Ci sono notizie in merito al Ministero e ad Hogwarts? Sono già capitolati?" chiese, cercando di estorcere il maggior numero di informazioni possibili a Rookwood, che stava pattugliando con lui.
"Non ancora, ma immagino sia questione di minuti: il nostro Signore ha fatto in modo che le bacchette dei nostri nemici fossero inutilizzabili. Per noi sarà un gioco da ragazzi avere la meglio su gente disarmata."
Piton sentì la paura contrargli le viscere: era come rinchiudere un lupo affamato in un ovile pieno di agnelli inermi. Un mago molto esperto poteva fare qualche incantesimo anche senza bacchetta, ma la gran parte di loro era troppo abituata ad usarla per riuscire a farne a meno. Ecco cosa aveva preparato Voldemort durante l'anno in quella stanza a cui nessuno aveva accesso: ora riusciva anche ad intuire chi vi fosse rinchiuso. "Meglio per noi." riuscì a mentire con disinvoltura.
"Meglio per i fedeli dell'Oscuro Signore." ripetè l'altro mago e in quel momento Piton capì di essere stato scoperto. Non sapeva come, ma Voldemort aveva intuito il suo doppiogioco. Si arrestò all'improvviso, mentre Rookwood avanzò ancora di qualche passo, prima di girarsi a fronteggiarlo. "Tu ovviamente non sei fra questi." lo squadrò con rabbia e disgusto.
"Capisco. Immagino sia del tutto inutile per me sfoderare la bacchetta, vero?" disse con voce piatta. E così, quella era la fine.
"Molto acuto." Rookwood afferrò la propria e gliela puntò contro.
"Detto da te non è un gran complimento. Posso almeno sapere come mi avete scoperto?"
Il mangiamorte tirò fuori un oggetto dalla tasca del suo mantello: un disco metallico con un vetro scuro, un Osservino, sul quale presero a scorrere immagini ben note, di quando era andato a Londra a liberare Mulciber. E a passare informazioni a Williamson, nonchè a manomettere il libro di incantesimi appena recuperato "L'Oscuro Signore voleva semplicemente vedere se Draco era degno o meno di portare il marchio nero sulla sua pelle, ma casualmente ha scoperto qualcosa di più interessante. Un vero peccato non averti sorvegliato sin dall'inizio, ma dopo stanotte stai pur certo che l'Oscuro farà di tutto per scoprire se ci sono altri vermi traditori da schiacciare. Addio Piton, porta i saluti dell'Oscuro a Silente."
La punta della bacchetta si illuminò di verde, ma un attimo dopo Rookwood venne colpito sul fianco da un micidiale incantesimo arancione, che lo scaraventò contro il muro di una casa distante alcuni metri con la potenza di un treno in corsa. Piton si voltò incredulo nella direzione da cui era partita la fattura: c'era un Mangiamorte incappucciato, ancora con la bacchetta di legno chiaro a mezz'aria, che lentamente si sfilò la maschera d'argento, facendola cadere a terra. Pur nel buio della notte, riconobbe al volo quel viso, nascosto dietro grandi occhiali.
Oleander si mosse verso di lui, all'inizio piano, quasi al rallentatore, per poi tuffarsi di scatto contro il suo petto, quasi buttandolo a terra con la sua irruenza, scossa dall'emozione più profonda che avesse mai provato in vita sua.
Si era immaginata tante volte il loro incontro, aveva pensato a lungo a cosa dirgli ma adesso, sopraffatta dalla gioia, non riusciva a proferire una sola parola. Si limitava a stringerlo forte, l'orecchio appoggiato al suo petto, ascoltando il battito del suo cuore, come se fosse un miracolo. E poteva ben dirsi un miracolo. Se solo fosse arrivata un attimo più tardi... un brivido di terrore la scosse.
Dopo qualche attimo di smarrimento, Piton l'afferrò per le spalle e l'allontanò quel tanto che bastava per guardarla negli occhi. Come poteva essere Oleander? Lei avrebbe dovuto essere ancora sotto gli effetti della sua pozione.
"Sono io, Severus." sussurrò lei, come se gli avesse letto nel pensiero.
"No, non è possibile, tu..."
"Ah, giusto! Nei tuoi programmi avrei dovuto restare a dormire come Biancaneve. Beh, spiacente, caro il mio esimio professore, Lumacorno ha trovato un antidoto alla tua pozione. - si andava decisamente arrabbiando, il tono della voce che saliva nel silenzio della notte - Severus, non ti azzardare mai più a farmi una cosa del genere, mai più. Hai una vaga idea di quanto ho sofferto, di quanto sono stata male? - prese a tirargli dei deboli pugni, mentre qualche lacrima le solcava il viso impolverato - Dell'angoscia che ho provato? Credevo di morire, accidenti a te!" concluse, decisamente furiosa, assestandogli un notevole colpo sulla clavicola. Era lei, la sua Oleander, non c'era alcun dubbio: nessun'altro era capace di dare in escandescenza a quel modo. Severus zittì ulteriori proteste premendo con forza le labbra sulle sue: era sudata, sporca di terra e delle bruciature leggere di qualche incantesimo, ma nonostante tutto non riusciva a ricordare un bacio più bello di quello. Si staccò da lei solo di alcuni millimetri "Oleander, ora voglio che mi ascolti attentamente. So che farai fatica a crederci e che ogni prova smentisce le mie parole, ma io..."
"Sei innocente, lo so. - lo interruppe lei, posandogli una mano sulla guancia - Hai ucciso Albus perchè per lui era comunque giunta la fine, perchè te lo aveva chiesto lui e perchè Draco non ce l'avrebbe mai fatta." buttò fuori in una frazione di secondo.
Piton rimase di stucco davanti a quel riassunto sincopato "E tu come fai a sapere tutte queste cose?"
"Albus..." tentò di dire lei.
"Albus? Mi aveva giurato che la cosa sarebbe rimasta soltanto tra noi due. Mi ha mentito." sibilò con rabbia. L'aveva coinvolta, l'aveva messa in pericolo!
"Voleva tenersi qualche asso nella manica, credo. Senti, è una storia lunga e parecchio complessa, ma per farla breve Silente mi ha fatto uno strano incantesimo e mi ha spiegato come stanno le cose. Quasi tutto. Non so. Era un uomo contorto. Però non abbiamo tempo per parlarne, ora: Voldemort ha sfidato Harry a venire qui e..."
"Harry Potter, l'eroe del mondo magico, si è precipitato con la spada sguainata, scommetto. - esclamò con lo sguardo carico di livore - Finirà ammazzato come uno stupido."
A malincuore Oleander si sciolse dal suo abbraccio "Dobbiamo trovarlo." In quel momento qualcosa di rigido, simile ad una grossa mazza, la colpì sul costato, buttandola a terra. La donna potè sentire chiaramente il rumore di due costole che si spezzavano: il dolore fu così intenso da mozzarle il respiro ed impedirle di urlare. Guardò Severus e si paralizzò per il terrore: un serpente gigantesco era saltato fuori da sotto una macchina parcheggiata e lo aveva avvolto in una frazione di secondo tra le sue spire. Severus cercava di allontanarlo, ma la creatura era molto più forte di lui: drizzò la testa e spalancò le fauci, rivelando denti affilati e grondanti di veleno e si avventò su di lui. Per un istante parve puntare alla gola, ma poi inspiegabilmente scivolò in basso, azzannandolo sul fianco destro, all'altezza del femore. Severus urlò e urlò ancora e quel grido riscosse Oleander dal torpore in cui lo shock l'aveva gettata. Si alzò con un gemito per il costato dolorante e afferrò il serpente alla base della testa, cercando di soffocarlo per fargli abbandonare la presa "Lascialo, mostro immondo, lascialo immediatamente!" Le sue mani robuste e avvezze al lavoro ebbero qualche effetto su Nagini, che aprì le fauci per riprendere fiato. Oleander gli ficcò la sua bacchetta in bocca, cercando di usarla come leva, ma questa si spezzò con un rumore secco.
A quel punto, una voce calma e strascicata alle spalle di Piton sillabò un incantesimo "Colubrum repello." Nagini fu scaraventata lontano in una nebbia grigiastra e con un sibilo rabbioso fuggì veloce tra le villette. Piton crollò a terra; mentre Oleander tentava di tamponargli la ferita con le mani alzò gli occhi, trovandosi faccia a faccia con Lucius Malfoy e suo figlio. "I Malfoy sono morti, non possono che essere impostori." pensò, ma il ragazzo biondo si inginocchiò accanto a lei, visibilmente e sinceramente preoccupato "Professore..."
Dunque erano davvero i Malfoy?
"Sto bene, Draco." borbottò Severus, con una faccia che raccontava tutto il contrario.
"No che non stai bene - Oleander si strappò una manica della tunica e la premette sulla ferita - il veleno di quella bestiaccia non permette alla ferita di rimarginarsi. Dobbiamo andare in ospedale, ora!"
"No." rispose Piton in un tono secco che non ammetteva alcuna replica.
"Morirai dissanguato, Severus!" disse lei, disperata.
"Posso farcela. Dobbiamo raggiungere quell'idiota di Potter..." Cercò di rimettersi in piedi, senza successo.
"No che non puoi, hai bisogno di..."
"Un bezoar! - esclamò Draco. - E' un antidoto contro molti tipi di veleno."
Oleander avrebbe voluto dire 'cure mediche', ma l'idea di Draco, come soluzione tampone, era buona "Ma dove lo troviamo ora, un bezoar?" chiese. Egoisticamente, era molto tentata di afferrare Severus e smaterializzarsi seduta stante in direzione del San Mungo, ma sapeva che lui non gliel'avrebbe mai perdonata.
"Qui a Godric's Hollow abita un famoso e rinomato farmacista magico, Edmond Milligan, che sicuramente possiede dei bezoar. La sua dimora è giusto laggiù, all'inizio della strada." suggerì Malfoy padre.
"Lei! - Oleander fissò Lucius con una intensità tale da farlo sobbalzare - venga qui e tamponi la ferita. Prema forte, molto forte. - poi baciò velocemente Severus sulle labbra - torno in un lampo."
"Vengo con lei - disse Draco - so come è fatto un bezoar." e i due corsero via, mentre Lucius si inginocchiava accanto all'altro mago "Hai sempre avuto dei gusti bizzarri in fatto di donne." Piton era bianco, quasi cadaverico e non aveva nemmeno la forza di replicare con una sua battuta tagliente. "Resisti Severus - proseguì Malfoy - se muori adesso, la tua donna se la prenderà con me ed io non ho intenzione di lasciare orfano Draco."
"Non sia mai. Dopo tutti gli sforzi fatti per farvi sopravvivere."
"A questo proposito non ti ho ancora ringraziato. Non abbiamo avuto molte occasione di incontrarci in questa settimana, mentre fingevamo di essere i fratelli Carrow."
Piton agitò una mano nell'aria, quasi a voler scacciare i suoi ringraziamenti "Sarebbe stato alquanto imprudente, Lucius."
"Ti sono debitore di molte cose, Severus." insistette l'altro.
"Narcissa lo sa?"
"Sì, sono riuscito ad accennarglielo e lei ha recitato egregiamente la sua parte."
"Come sono andate le cose ad Azkaban?"
"Appena hanno messo piede nella prigione ed intanto che i Dissennatori creavano scompiglio, Draco ha bloccato i Carrow con un incantesimo e poi è corso da me, liberandomi e raccontandomi della sentenza di morte emessa dall'Oscuro Signore. A quel punto siamo tornati dai Carrow e con un Imperius li ho costretti a bere la Pozioni polisucco che tu avevi dato a Narcissa, poi l'abbiamo presa anche io e Draco ed io ho ucciso i Carrow per non lasciare testimoni. Sei stato molto previdente nel dare quella borraccia a Narcissa."
"Non pensavo che le cose andassero così, ma se Narcissa avesse deciso di abbandonare il Covo dell'Oscuro Signore portando Draco con sè, volevo dare loro la possibilità di cercare un rifugio senza timore di essere riconosciuti. Ora che farete?"
"Andrò a prendere mia moglie e ci allontaneremo finchè le acque non si saranno calmate, non mi farò coinvolgere più di così. Non mi aspettavo che l'Oscuro Signore mi voltasse le spalle dopo tutti questi anni, ma non ho intenzione di aiutare coloro che disonorano il nome dei maghi [2]. L'unica cosa che mi preme è portare la mia famiglia al sicuro."
"Ma prima hai detto che mi sei debitore. Vuoi sdebitarti, Lucius? C'è una cosa che potresti fare." 

Oleander irruppe come una furia nella casa del farmacista, facendo saltare la porta d'ingresso. Pochi attimi dopo un uomo in vestaglia, sulla cinquantina e con dei baffetti sottili, scese strepitando dal primo piano, ma si zittì, appiattendosi contro le scale di fronte a quella donna dall'espressione stravolta che gli puntava contro la bacchetta "Hai dei bezoar?"
"S-sì. - piagnucolò lui - ma non mi uccida, la prego."
"Dove sono? Veloce, non ho un secondo da perdere!"
"Nel-nel magazzino nel seminterrato. Vi si accede da una botola dalla cucina."
"Vado io!" disse Draco.
Il farmacista continuava a tremare e a supplicarla con voce lamentosa "Che-che sta succedendo? La prego, non mi faccia del male. Ho dei galeoni nella cassaforte e..."
"Non sono una rapinatrice, ho solo bisogno di un antidoto per un morso di serpente." Ma la sua aria stralunata non convinse affatto il povero signor Milligan, che tentò di risalire le scale al grido di "Mi vogliono ammazzare!"
"Razza di idiota! STUPEFICIUM!" Oleander lo mise a dormire e poi si affacciò sulla porta della cucina.
"Professoressa, l'ho trovato." disse Draco, emergendo dalla botola con un sassolino in mano e lo sguardo trionfante come se avesse appena afferrato un boccino d'oro.
"Bravissimo Draco!" Oleander ricambiò il sorriso, premendosi le mani sul costato: Merlino, se faceva male... curiosamente, vide l'espressione del giovane Serpeverde mutare in un lampo dalla gioia all'orrore. "A terra!" urlò Draco.
Oleander non chiese nulla, non pensò, non si voltò, seguì l'istinto e fece esattamente come le aveva detto il figlio di Lucius, che levò la bacchetta e la puntò contro Nagini, che si era rifugiata proprio in quella casa e si stava calando, letale e silenziosa, dal ballatoio del primo piano, pronta a fare ad Oleander ciò che non era riuscita fare a Severus, se Draco non avesse visto la testa della bestia spuntare alle spalle della maga. "Sectumsempra!" urlò il ragazzo e il gigantesco serpente finì letteralmente affettato in tranci, che ricaddero pesanti sul parquet.
Oleander si lasciò andare ad un'imprecazione che avrebbe fatto impallidire anche il più incallito frequentatore di Notturn Alley. Rimettendosi in piedi a fatica abbracciò di slancio il giovane "Grazie, ti devo la vita."
Un anno prima Draco Malfoy era stato ad un passo dal commettere un omicidio: la scena dell'anziano preside che moriva era ricomparsa più e più volte nella sua mente, togliendogli il sonno. Credeva che non avrebbe più scordato l'atroce consapevolezza di stare per uccidere un uomo, il sapore metallico della paura sul palato, che quelle sensazioni sarebbero state sue sgradite compagne per tutta la vita. Ora, invece, in una sorta di strana compensazione, aveva salvato una vita ed era come se qualcuno avesse rimosso un macigno dal suo petto.
"Andiamo."
I due tornarono di corsa all'incrocio dove avevano lasciato Lucius e Severus: l'indumento usato come tampone era ormai zuppo di sangue e Oleander avrebbe insistito ancora per portarlo al San Mungo, se avesse pensato di poterlo convincere, ma sapeva che era del tutto inutile. Piton ingoiò il bezoar e, lentamente, dalla ferita la fuoriuscita di sangue si fece meno copiosa.
"Molto bene. - Lucius Malfoy si tirò in piedi e circondò con un braccio le spalle di Draco - Noi ce ne andiamo. Buona fortuna Severus. Signorina."
"Come sarebbe a dire che ve ne andate? Non..." I due si smaterializzarono, rendendo la protesta di Oleander del tutto vana.
"Credo che il sangue si sia fermato." disse Piton.
"Mi pare di sì. Ora comunque la fascio per bene." Per fortuna il Mangiamorte al quale aveva sottratto il mantello aveva la bacchetta riposta in una tasca, dato che quella di Severus era fuori uso e la sua si era rotta. Aiutò il mago ad alzarsi e si passò un suo braccio attorno alle spalle per sorreggerlo, quando vide arrivare di corsa Ron ed Hermione. "Oh no, ci mancava anche questa." sussurrò Oleander.
"Miseriaccia, hai catturato Piton, bravissima!" Ron si stava precipitando su di lui a bacchetta spianata.
"Ron, fermo. Expelliarmus!" gridò la maga più grande, facendogli schizzare via la bacchetta dalla mano.
"Oleander?" il ragazzo era incredulo.
"Ron, Piton l'ha sicuramente Confusa."
"No Hermione, non sono Confusa. - e per sicurezza disarmò anche lei - Adesso non c'è tempo per le spiegazioni dettagliate, ma il professor Piton è dalla nostra parte."
"Lui è il Mangiamorte più fedele di Voldemort, ha ucciso Albus Silente, te ne sei dimenticata?" le urlò addosso il ragazzo.
"Sprechi il fiato Oleander - disse Piton con un sorriso amaro - il signor Weasley è chiaramente convinto di essere il depositario della verità assoluta e nulla di ciò che dirai potrà smuoverlo."
"Severus, per favore! - lo implorò lei - La situazione è già abbastanza complicata. - Oleander abbassò la bacchetta - Non ho alcuna intenzione di farvi del male, vi chiedo solo di fidarvi delle mie parole. So che vi sembra impossibile, ma vi prego, vi scongiuro, dovete credermi: Severus sta con noi."
Qualcosa, forse il tono accorato e appassionato della donna, forse la sincerità riflessa nei suoi occhi castani, convinsero Hermione ad annuire impercettibilmente. Ron, al contrario, scuoteva la testa scandalizzato "Se questi due sono in combutta, ci ammazzeranno appena volteremo loro le spalle."
La grifondoro scosse la testa "Avrebbe già potuto ucciderci."
"Restiamo qui a sprecare altro tempo e Voldemort nel frattempo avrà già schiacciato Potter come un vermicolo." disse Piton in tono tagliente.
"Hai idea di dove possono essere?" chiese Oleander.
Piton serrò le labbra sottili ed annuì "Dove c'era la casa dei suoi genitori. Per di qua."
"Prima voi." disse Ron, diffidente, raccogliendo la sua bacchetta.
"Speriamo ci sia anche Nagini - disse Hermione in tono pratico - o qualsiasi cosa facciamo sarà del tutto inutile."
Oleander si voltò e le sorrise "Del serpente non devi più preoccuparti, l'ha uccido Draco."
A quelle parole Severus si piantò nel mezzo della strada "Che cosa? Perchè non l'hai detto subito?"
"Draco? Draco Malfoy è qui?" chiese Ron.
"Non più, se n'è andato col padre. - gli rispose Oleander, poi tornò a guardare Severus - tra la loro smaterializzazione e l'arrivo dei ragazzi non ho fatto in tempo a dirlo."
"Racconta." la incalzò l'ex professore di pozioni.
Oleander si strinse leggermente nelle spalle "Nagini era entrata nella villa del farmacista e stava per attaccarmi alle spalle, ma Draco l'ha vista per tempo e l'ha uccisa con un incantesimo che non avevo mai sentito... Sectumqualcosa... ad ogni modo è stato davvero impressionante, l'ha letteralmente affettata. Severus, qualcosa non va? Dovresti essere felice che quel serpente mostruoso sia morto." Invece il mago bruno aveva un'aria cupa e preoccupata, mentre la sua mente lavorava febbrilmente.
"Glielo dico io perchè è triste. Perchè quello era l'ultimo horcrux in circolazione ed ora Voldemort può morire, come qualsiasi altra persona." disse Ron. Piton non lo considerò neppure, mentre anche Oleander, ripensando a ciò che era accaduto poco prima, iniziava a trovare qualcosa di strano. Sul momento non ci aveva fatto caso, ma... "Nagini non era protetta in alcun modo." mormorò la donna. Guardò Severus negli occhi e lui annuì, mortalmente serio "E quando Draco l'ha uccisa - proseguì lei - non è successo un bel niente, è morta e basta. Facilmente. Oh no, troppo facilmente. Non... non era un horcrux." Già, niente a che vedere con la formidabile esplosione del bracciale di Corvonero, le maledizioni corrosive dell'anello di Orfin e del Medaglione di Serpeverde, o la resistenza della Coppa di Tassorosso, capace di frantumare la spada di Godric Grifondoro. No, nessun incantesimo protettivo per il serpente.
"L'Oscuro Signore non avrebbe lasciato proprio il suo familiare privo della protezione di una qualche maledizione, se avesse ospitato un frammento della sua anima." constatò Piton con voce piatta, per poi reimmergersi nei suoi ragionamenti.
"Oh no! - fece Hermione - allora siamo al punto di partenza."
"Dove altro può essere l'horcrux di quel demonio?" Ron si passò una mano tra i capelli rossi.
"No! No, maledizione! Mille volte maledizione! - l'urlo rabbioso di Piton sorprese tutti - Non può essere!"
"Severus? Tu lo sai?" chiese Oleander.
Il mago non diede segno di averla udita e continuava a seguire il filo logico dei suoi pensieri, mentre l'odio e l'orrore gli deformavano il viso "Parla serpentese... la profezia... ha un legame diretto con lui... l'omicidio di Lily..."
Oleander e Ron si guardavano spaesati, mentre Hermione colse al volo quelle allusioni e cercò lo sguardo di Piton, sperando in una smentita. "Pro-professore..." ma le parole le morirono in gola, non aveva il coraggio di dar voce a quel pensiero.
Un'ombra di sorriso attraversò il volto del mago: cervello fino la Granger, decisamente sprecata come Grifondoro.
Le parole di Severus risuonarono come una condanna a morte nella notte "Non capite? E' Harry Potter l'ultimo horcrux."
 

 

============================

NOTE
[1] Ovviamente tratta dall'ultimo libro della saga.
[2] Citazione dalla Camera dei Segreti: è ciò che dice Malfoy senior al signor Weasley al Ghirigoro.
 

So che sembrerò una paraculo, ma che Harry potesse essere un horcrux l'avevo già intuito, ben prima di leggere DH. Il sospetto (quasi certezza) mi era venuto leggendo il sesto libro, quando Silente fa un elenco di dove potrebbero essere gli horcrux. Il fatto che Harry parlasse il serpentese, che in qualche modo fosse in collegamento con Voldemort tramite la cicatrice, mi aveva fatto pensare "E se questo legame fosse legato ad un frammento di anima?" e così mi sono messa ad elaborare questa idea per la fanfiction. Come vedrete però la soluzione alla quale sono arrivata io è molto diversa da quella della Rowling.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 21. L'ultimo horcrux ***


CAPITOLO 21 - L'ULTIMO HORCRUX

Marcy si avvicinò timidamente alla poltrona sulla quale sedeva Narcissa Malfoy, con in mano un vassoio con su dei dolcetti di zucca e zenzero ed un bicchiere colmo di latte, intonsi.
"Si-signora - pigolò debolmente l'elfa - la bambina non vuole mangiare."
Narcissa le rivolse un'occhiata irritata "Avrà capito anche lei che la tua cucina fa schifo." Si alzò, mentre l'elfa si ritraeva impaurita per farla passare, e andò nella stanza al piano superiore.
Si trovavano in una villa di campagna appartenuta al bisnonno Cygnus, dove spesso i loro genitori le portavano per le vacanze estive.
Spalancò la porta della stanza e per un momento ebbe paura che la bambina che doveva custodire fosse scappata. Ma no, impossibile: gli incantesimi sigillavano ogni possibile via di fuga: infatti eccola lì, nell'angolo più buio della camera, raggomitolata sul pavimento, le ginocchia strette al petto in una posizione di difesa. D'altronde non avrebbe potuto fare molto altro: non aveva manifestato alcun potere magico dal giorno della sua cattura, era una magonò.
Quella mattina era arrivata lì con Bellatrix e la loro piccola prigioniera. Sua sorella le aveva detto sbrigativamente "Il nostro Signore vuole che resti qui a sorvegliarla, dice che non ti sei ancora ripresa del tutto dalla morte di Draco."
Narcissa sollevò una mano e distolse lo sguardo, come a voler respingere quell'argomento. Bellatrix l'afferrò per le braccia "Sii forte, presto dimenticherai, perchè da stanotte inizierà una nuova era. La nostra era. Sarà tutto meraviglioso, sorella mia, come lo abbiamo sempre sognato."
"E la bambina?"
"La bambina cosa?" aveva replicato Bellatrix, corrugando la fronte.
"Sì, insomma, cosa ne faremo dopo stanotte, una volta che sarà tutto finito?"
Bellatrix l'aveva guardato come se fosse lei la pazza, tra loro due "Cosa vuoi che importi, Cissy? Che muoia pure: è solo per precauzione che la teniamo ancora in vita, ma dopo stanotte non servirà più. Non ci sarà posto per gli anormali come lei nel mondo che l'Oscuro Signore sta forgiando." e con lo sguardo più folle che mai si era congedata.
"Tu! E' da stamane che non tocchi cibo, devi mangiare." disse Narcissa alla ragazzina in tono freddo ed autoritario. Per tutta risposta quella si raggomitolò ancor di più su se stessa, come un riccio. I capelli argentei sparavano disuguali in ogni direzione, dopo che Bellatrix le aveva reciso le trecce quando l'avevano trovata.

"Questo è il mondo che stiamo costruendo? Terrorizzare una insulsa bambina, questa è la nostra futura grandezza?" si chiese la donna bionda.
"A che mi serve mangiare? Tanto morirò comunque. - disse la bambina, la testa sempre nascosta tra le gambe - Mi ucciderai, come avete ucciso la mamma."
La mente di Narcissa tornò ad un mese prima.

Una trionfante Bellatrix le aveva comunicato di aver finalmente trovato la persona che il Signore Oscuro stava cercando. Quella notte si smaterializzarono in un piccolo paese di pescatori sulla costa. La maga, seguita dalla sorella, si diresse sicura verso una casetta isolata, lontana dall'abitato principale. Due donne, presumibilmente madre e figlia, erano nel cortile a ritirare il bucato.
"Il nostro obiettivo è la bambina." disse Bellatrix in tono sbrigativo e sguainò la bacchetta.
La madre del loro obiettivo intuì qualcosa, perchè urlò alla bambina di scappare e poi cercò di fronteggiare Bellatrix, mentre Narcissa pietrificava la piccola per impedirle la fuga.
Non ci fu neanche un vero duello, Bella era troppo superiore alla sua avversaria e la freddò con un Avada Kedavra in pochi minuti.
Poi si era avventata sulla bambina inerme e con un incantesimo le aveva tagliato di netto i capelli, mentre il cuore di Narcissa mancava alcuni battiti: Bella aveva maneggiato la bacchetta con una tal furia che credette le avrebbe tagliato la testa.
"Ora vediamo se con questo - e strinse con forza le ciocche di capelli argentei - gli verrà voglia di collaborare a dovere."
"Bella, che significa tutto questo? Mi spieghi chi è questa bambina? E chi deve collaborare?"
"Questa è un incentivo perchè qualcuno faccia il suo dovere."
Non era riuscita a cavarle nulla più di quella criptica risposta.

Narcissa guardò una grossa pendola: era notte inoltrata, ormai... perchè ci mettevano così tanto? Quella mattina, prima della sua partenza, Lucius, nelle fattezze di Amycus Carrow, le aveva sussurrato di tenersi pronta, che non appena si fosse presentata l'occasione, lui e Draco l'avrebbero raggiunta.
Quasi in risposta alle sue preghiere, suo marito e suo figlio si materializzarono nella stanza con uno schiocco sonoro. Narcissa li abbracciò entrambi "Finalmente. Lucius, amore mio, non sai quanto sono stata in pena per voi."
"Sei stata molto brava. - le rispose il marito, passandole una mano sui capelli biondi - Ti chiedo solo di avere un po' di pazienza e poi ci lasceremo questo incubo alle spalle. Prima però devo onorare un debito con Severus."
"Di cosa si tratta?"
"Le bacchette dei nemici dell'Oscuro Signore hanno smesso di funzionare. Piton pensa che l'incantesimo per fare questo si stia svolgendo in quella stanza segreta del palazzo e che il responsabile sia il signor Olivander."
A quella parola la bambina scattò in piedi "Il nonno! Tu conosci il nonno?"
"Olivander è tuo nonno?" chiese Draco. La ragazzina annuì vigorosamente.
"Un incentivo. - mormorò Narcissa - Certo, ora capisco cosa intendeva dire Bella: l'Oscuro Signore ci ha fatto prendere in ostaggio la nipote, per costringere Olivander ad assecondare i suoi piani."
Lucius squadrò la bambina "Alzati in piedi - le ordinò - Tu ci servi."

I Malfoy e la nipote del fabbricante di bacchette si materializzarono nel Covo di Lord Voldemort. A custodia della stanza era rimasto solo Mulciber: il Mangiamorte restò inebetito a guardare Lucius e Draco, che credeva morti e sepolti, non fece neanche in tempo a pronunciare una sillaba prima che Lucius lo tramortisse con un incantesimo. Schiantò il portone ed entrò nella stanza, seguito dalla bambina: nell'aria si libravano piccoli fili, impalpabili ed eterei come volute di fumo, si avvitavano, fluttuavano e splendevano, ruotando a spirale attorno a un uomo, seduto al centro di una gigantesca runa, che cantilenava un incantesimo.
"Muoviti, va' da lui." disse Lucius alla bambina. Lei non se lo fece ripetere due volte e gli corse incontro. "Nonno! Nonnino."
"Ann! - l'anziano fabbricante di bacchette la strinse a sè - Ann, la mia piccola Ann." poi alzò gli occhi, increduli ed interrogativi, sul signor Malfoy.
"Hai riavuto ciò che volevi proteggere, se vuoi puoi smettere di fare ciò che stai facendo."
Olivander non se lo fece ripetere due volte: smise di recitare l'incantesimo del Vestigium creatoris e tutti quei fili colorati si dissolsero all'istante.
A chilometri di distanza, ad Hogwarts e al Ministero, le bacchette che fino a quel momento erano state inerti ed inutili, tornarono funzionanti sprizzando scintille rosse. 

Nella ex stanza delle profezie i Weasley e Shacklebolt erano pronti a vendere cara la pelle, fronteggiando il gruppo di Mangiamorte che stava per abbattere la barriera davanti alla porta. D'un tratto si udirono urla e molti incantesimi gridati contemporaneamente da voci ben conosciute: Auror e colleghi di Arthur. E presto tutti i Mangiamorte tacquero. 

A Hogwarts un gruppo di Mangiamorte era riuscito a raggiungere la Torre di Grifondoro e stava per sfondare la porta. In quel momento, tutte le bacchette dei ragazzi lì riuniti ripresero a funzionare: non si era mai vista una scarica di incantesimi come quella che investì il gruppo di maghi oscuri lì fuori. 

L'eco delle parole pronunciate da Piton sembrava risuonare ancora nell'aria immobile. Hermione prese a piangere silenziosamente ed Oleander dovette ricordare a se stessa di ricominciare a respirare.
"Non è vero! - sussurrò Ron - Ditemi che non è vero." Hermione gli si abbandonò contro, distrutta.
"Allora è così." la voce di Oleander era stanca, rassegnata. Quindi Voldemort aveva creato l'horcrux dentro ad Harry con l'omicidio di sua mamma. E ad Hogwarts, per uno scherzo del destino, Harry era stato smistato a Grifondoro, in un certo senso era un oggetto di Grifondoro. La collezione del mago oscuro poteva dunque dirsi completa: aveva un horcrux per ciascuno dei fondatori della scuola di magia.
"Questo - la voce di Ron tremava tanto da essere irriconoscibile - significa che per sconfiggere Voldemort, Harry dovrà morire?" rivolse all'ex insegnante uno sguardo furioso ed indignato, quasi che fosse colpa sua.
"Cosa facciamo?" chiese Hermione tra le lacrime.
"Intanto... - Oleander cercò di raccogliere quel briciolo di lucidità che le era rimasta - intanto troviamolo e poi... e poi ci penseremo."
Ripresero a correre verso la casa dei Potter. 

La schermaglia fra Harry e Voldemort nel frattempo proseguiva, incantesimi di ogni colore illuminavano il cielo, sfrigolando in ogni direzione. Con la coda dell'occhio il ragazzo notò alcuni Mangiamorte che osservavano da lontano, spettatori divertiti di quel duello. Ma d'improvviso si accasciarono a terra, l'uno dopo l'altro e al loro posto comparvero Neville, Luna e Ginny. Quest'ultima lanciò il suo Patronus nel buio della notte.
"Andate via! - urlò Harry - E' troppo pericoloso, via!"
"Su, su - disse Voldemort, con tono falsamente bonario, mentre respingeva una fattura del suo opponente - non essere scortese e falli restare, dopotutto stanno per assistere ad uno spettacolo che non si vede tutti i giorni."
I tre amici di Harry confabularono qualcosa, poi levarono le bacchette all'unisono ed indirizzarono i loro incantesimi contro il mago oscuro. Questi fece un gesto quasi seccato e li respinse contro i giovani maghi, che vennero scagliati via. Harry si portò sulla traiettoria, per impedirgli di colpirli ancora.
"Coraggioso, ma del tutto inutile. Dopo questa notte non ci sarà più nulla in grado di ostacolarmi. Silente ha perso: ogni sua mossa, anche quella di mandare Piton a fare da boicottatore è fallita, non ha più pedine. Mi rammarico solo che ora non sia qui, ad ammirare ciò che sta per accadere."
L'odio si fece strada prepotente in Harry non appena Voldemort pronunciò il nome di Silente. Con furia cieca ricominciò ad indirizzargli contro ogni sorta di fattura, ma il suo avversario sembrava in grado di respingerle tutte, finchè, in tutta calma, disse "Ora basta così, abbiamo giocato abbastanza." e con un preciso Expelliarmus, disarmò il ragazzo. Harry restò paralizzato sul posto, poi si sentì come afferrato dalla parte dei piedi da una forza misteriosa, cadde sulla schiena e venne trascinato al centro del giardino.
"Vuoi ascoltare una storia, Harry? - sibilò Voldemort con la sua voce serpentina - Una storia di diciassette anni fa?"
Ad un movimento della bacchetta di Voldemort un cerchio di luce nera, come una nebbia densa, si formò attorno al ragazzo inchiodato sull'erba. Harry inarcò la schiena con tutte le sue forze, cercando di disancorarsi da quella invisibile forza magnetica che lo schiacciava a terra. Si mosse solo di pochi millimetri, per poi ripiombare giù, ansante. Il mago oscuro, in piedi davanti a lui, era del tutto indifferente ai suoi sforzi ed al panico che iniziava a deformargli i lineamenti.
"Quella notte accadde qualcosa di davvero inaspettato. Uccidere tuo padre fu relativamente facile, ma tua madre si rivelò un osso molto più duro. Sapevo che era un'ottima Auror che aveva mandato ad Azakaban alcuni dei miei più fedeli seguaci, ma non mi aspettavo una reazione così veemente. Le offrii di salvarsi, in cambio della tua vita, ma lei rifiutò. E così la uccisi."
Harry urlò, cercando di alzarsi ancora: voleva farlo a costo di farsi scoppiare il cuore, voleva balzare in piedi e stringere le mani attorno al collo dell'assassino di sua mamma.
Voldemort proseguì a raccontare, ignorando i suoi sforzi "All'inizio non avevo intenzione di creare un horcrux con lei. E' un processo piuttosto sfibrante, sai? E io, di horcrux, ne avevo già a sufficienza. Pensavo solo di uccidere anche te e andarmene. Ma poi accadde l'inspiegabile: tu respingesti l'Anatema che uccide, che rimbalzò. Sapevo che non avrei potuto evitarlo, ma la cosa non mi preoccupava più di tanto, avevo altri horcrux ben custoditi. Piuttosto, ero affascinato dal fatto di non essere riuscito a colpirti. E sai cosa pensai, Harry? - mosse un passo all'interno del cerchio e si inginocchiò accanto a lui - Pensai 'voglio il suo potere magico, voglio la sua anima in grado di sconfiggere l'Anatema mortale'. E così lasciai il mio corpo in pegno in quella stanza, affinchè il mio desiderio si realizzasse, lo combinai con il mio ultimo horcrux e lo depositai qui." Voldemort sfiorò il petto del ragazzo all'altezza del cuore.
Harry urlò fino a sentir bruciare le corde vocali.
"Fa male? - chiese l'Oscuro Signore con finto interesse - Immagino di sì. Avrei voluto fare una prova con un altro horcrux prima di te, ma non mi è stato possibile. Non temere, comunque, il male passerà. Presto non sentirai più nulla, perchè ora riscatterò quel pegno lasciato diciassette anni fa: riprenderò quell'horcrux, che in questi anni è cresciuto, cullato dal tuo potere."
Ed il mondo di Harry si fece nero all'improvviso. 

Il cavallo argenteo di Ginny raggiunse Ron, Hermione, Oleander e Piton a meno di un isolato dalla casa dei Potter. Accelerarono il passo ed erano quasi in vista della meta, quando quelle strane formelle runiche impresse lungo la strada, presero a pulsare di una luce nerastra e maligna, collegandosi l'un l'altra con un raggio di quella stessa luce inquietante. Ron fece un salto indietro per non calpestarne una.
"Professore, lei sa cosa sono quei simboli?" chiese Hermione.
"Sono parte di un antico incantesimo: annullano gli effetti delle altre fatture, producendo il risultato contrario. Ero riuscito a manomettere le formule magiche di alcuni di essi, ma purtroppo l'Oscuro Signore mi ha scoperto e deve aver ripristinato l'incantesimo originale. E' stato tutto inutile." mormorò con voce greve di amarezza, odiandosi per quel fallimento.
"Guardate!" Ron puntò il dito contro tre figure stese a terra: Luna, Neville e Ginny. Hermione e Ron li rianimarono, mentre Severus e Oleander si portarono di fronte alle rovine e la donna non potè trattenere un grido, davanti alla visione di Voldemort, chinato su Harry, mentre entrambi erano avvolti da un cerchio di magia oscura, che andava espandendosi. A quel suono, il Lord si voltò lentamente verso di loro ed il grido di Oleander aumentò d'intensità: era la prima volta che vedeva Voldemort di persona e immediatamente capì perchè la maggior parte dei maghi tremasse solo all'idea di pronunciarne il nome. La magia nera, malvagia che si spandeva dalla sua persona, come un'aura mortale, il volto scheletrico, privo di naso, che non aveva quasi più nulla di umano e poi quegli occhi... quelle iridi rosse che parevano poterti uccidere anche a quella distanza, bastava la sua presenza ad incutere terrore più di una schiera di Dissennatori. Come avevano potuto pensare di sconfiggerlo? Non si poteva sconfiggere un mostro del genere... erano stati degli sciocchi, dei pazzi a crederlo e sarebbero morti tutti quanti.
Piton le strinse una spalla per calmarla, con forza e lei, istintivamente, posò una mano sulla sua. Severus aveva spiato Voldemort per anni, si era presentato al suo cospetto, aveva occluso la mente, gli aveva mentito, aveva informato Silente dei suoi piani. Si chiese dove avesse mai trovato il coraggio per portare avanti quella missione suicida e cercò i suoi occhi neri, sperando che le infondessero almeno una goccia del suo ardimento.
Non appena Ron l'ebbe innervata, Ginny balzò in piedi e si lanciò in direzione di Harry. "Signorina Weasley, ferma!" tuonò Piton e l'afferrò per la manica della camicia. Sbilanciata la ragazza urtò appena con l'altro braccio il fascio di nebbia nera che, sempre più fitto, avvolgeva il perimetro della casa dei Potter. Fu come se mille cavatappi le si fossero conficcati nella carne, roteando e spandendo dentro di lei un dolore lacerante che le esplose fin nel cervello. L'ex-professore prese lesto la bacchetta e la passò sul braccio di Ginny, mormorando un incantesimo.
Voldemort parve leggermente sorpreso di vedere Piton, il traditore, ancora vivo, ma non parve minimamente turbato, nè preoccupato. Tornò a rivolgersi ad Harry, inchiodato al suolo, lo sguardo vacuo ed inespressivo. "E' così, in te c'è mio ultimo horcrux. L'ho lasciato dentro di te perchè crescesse, si rafforzasse abbeverandosi della tua magia e mi rendesse invincibile. In questo luogo, in questi mesi i miei fedeli Mangiamorte hanno pazientemente tracciato le formule ed i simboli magici di un complesso incantesimo che mi permette di invertire ed annullare la creazione dell'horcrux. Ora mi riprenderò ciò che mi appartiene e grazie a te spazzerò via in un sol colpo chi ha osato mettersi sulla mia strada." 

L'oscurità era ovunque: attorno a lui, ma soprattutto dentro di lui. La sua anima era nera, la sua anima era come quella di Voldemort, era l'anima di Voldemort. Lui era l'arma con cui il suo nemico avrebbe ucciso tutti i suoi amici, sarebbe stato lui la rovina definitiva di tutto ciò che amava. "Ridammi ciò che mi appartiene." sussurrava la voce serpentina di Voldemort, ma era anche la sua voce, perchè ormai erano la stessa cosa, era una parte di lui.
Non poteva opporsi, non poteva lottare, non poteva fare nulla, non con l'anima del suo oscuro nemico radicata in sè, fusa con la propria.
Non c'era salvezza, non c'era speranza, non c'era nulla nella vastità di quel buio senza confini. Era corrotto, perso per sempre.
E solo.
Nulla, laggiù, avrebbe mai potuto raggiungerlo. Non c'era più nessuno.
Era stanco, spossato.
Che tutto quello finisse al più presto, pregò.
Lentamente, l'anima iniziò a scivolare via da lui. 

La nebbia nera aumentò ancora, coprendo quasi completamente le due figure al centro del giardino. Ron e Neville avevano il loro da fare nel cercare di trattenere Ginny, che urlava e piangeva disperata "Harry! Harry, no!"
Hermione e Luna provarono a lanciare i loro Patronus, nel disperato tentativo di disperdere la nebbia, ma le figure argentee si dissolsero all'istante.
"Potter! - la voce di Piton risuonò carica di quel disgusto che sempre aveva quando si rivolgeva a lui - E' tutta qui la tua forza? Sei debole fino a questo a punto? Mi deludi, mi deludi profondamente. Sei davvero solo un ragazzino arrogante ed incapace."
"Ma cosa... stia zitto!" urlò indignato Ron, ma Oleander gli tappò la bocca con una mano "Lascialo provare. A meno che tu non abbia un'idea migliore." e quando tolse la mano, Ron si limitò a guardare entrambi con occhi torvi.
"Lily ha dato la vita per proteggerti - proseguì Piton, con uno sforzo enorme - Lei è morta per te, perchè tu vivessi ed ora la ripaghi così? Abbandonandoti a Voldemort senza lottare? Getti via il suo sacrificio. Il suo amore. Tu non sei altro che un codardo e non sei degno di un dono così prezioso." 

Fu come essere colpiti da una secchiata di acqua gelata nel sonno. Quella voce, l'odiosa voce di Piton giunta fin lì, così ferma, così indignata, così accusatoria lo strappò di colpo a quel torpore a cui si era abbandonato con colpevole facilità.
Stava dicendo la verità. La tagliente, cruda verità.
E quegli insulti sprezzanti colpirono con forza il suo orgoglio di Grifondoro, che si ribellò.
Piton aveva ragione: non poteva cedere senza lottare, senza opporre resistenza a quel buio malefico, ma non sapeva come.

"Sì che lo sai, Harry." una voce femminile, cristallina, lieve, dolce.
"Mamma!"

"Sì, sono io." rispose pacatamente la voce di Lily, da qualche parte nell'oscurità.
"Mamma, aiutami, non so cosa fare."

"Sev ti ha indicato la via, ascoltalo. Harry, puoi farcela: tu possiedi la forza per battere Voldemort, hai qui, dentro di te, qualcosa che lui non potrà mai comprendere."
Compassione, dolcezza, spirito di sacrificio.
In una parola, l'amore.
"Amore..." disse piano.

"Proprio così, Harry, proprio così. Il mio amore, quello di James, di Sirius, di Remus e di tutti i tuoi amici. Hai tutto questo amore."
E d'un tratto le sentì: le voci di Hermione, Ron, Neville, Luna e della sua piccola Ginny, che urlavano il suo nome, che lo incoraggiavano.
"Ma la mia anima è la sua."

"No! - la voce di Lily, pur non smettendo di essere dolce, negò con forza assoluta quell'affermazione - No, Harry. Tu non sei Voldemort. Tu non hai mai perso il sorriso neanche in undici anni di maltrattamenti dei tuoi zii, tu sei il ragazzo che ha diviso i suoi dolci con Ron sul treno, che ha protetto la Pietra filosofale senza alcuna brama di usarla, che non ha avuto esitazioni ad affrontare il Basilisco per salvare Ginny, che hai risparmiato la vita a Peter. Harry, la tua anima ha tutte queste cose dentro di sè. La tua, e non quella di Voldemort."
"Cosa devo fare, mamma?"

"Pensi di essere in grado di trasmettere questo amore anche a quel frammento di anima oscura?"
Lo sentiva. Sentiva il flusso di quei sentimenti caldi e meravigliosi dentro di sè "Sì."
"E allora, lascia semplicemente che l'amore trabocchi." 

Voldemort staccò la mano dal petto di Harry e la sollevò, trascinando con sè uno zampillo di luce che salì alto nel cielo. Il mago oscuro spalancò le braccia ed attese che quel fiotto di potere ricadesse su di lui.
Nel preciso momento in cui questo avvenne, però, accadde anche qualcosa di inspiegabile. Si era aspettato di sentir fluire dentro di sè il potere e l'ebbrezza della magia fresca e giovane di quel ragazzo, ma ciò che sentiva crescere dentro di sè era qualcosa di strano, sconosciuto, incomprensibile e assolutamente insopportabile. Uno strano calore, un fuoco senza fiamma che pareva annullare tutto di lui, cancellare ciò che era, annichilirlo in sensazioni ignote "NOOO! DANNATO, CHE COSA MI HAI FATTO!"
Brillava, il suo corpo brillava di una luce bianca, troppo pura e luminosa per quel brandello di anima disperata e corrotta che quel simulacro di corpo ancora ospitava. Le membra iniziarono a disfarsi, a scomparire, inghiottite dalla luce che quell'horcrux purificato dall'amore, che lui stesso aveva richiamato nel suo corpo.
I maghi restarono immobili ed increduli sul selciato, a guardare a bocca aperta il corpo di Voldemort che si dissolveva nella luce, fino a scomparire del tutto.
L'incantesimo nero e corrotto che circondava la casa dei Potter, prese ad allungarsi velocemente verso di loro.
"Allontanatevi, presto!" urlò Piton, poi afferrò Oleander per la vita e si smaterializzò, imitato dagli altri ragazzi, un attimo prima che quella strada venisse investita dalla nebbia nera. 

"Harry, svegliati."
Una voce lo stava chiamando. Non era quella di sua mamma, ma gli era comunque ben nota.
"Coraggio, ragazzo mio, svegliati."
No, impossibile... non poteva essere lui.
"Se non ti svegli - proseguì la voce con tono divertito - sarò costretto a togliere dieci punti a Grifondoro e la cosa mi dispiacerebbe parecchio."
Harry aprì i suoi occhi verdi: era sdraiato a terra e chino su di lui si ergeva la figura di Albus Silente.
"Professor Silente?" sussurrò il ragazzo, incredulo.
"No, tecnicamente no. Sono solo una magia da lui creata e posta dentro di te prima che morisse. Ma per evitare confusione, puoi chiamarmi così."
Il ragazzo si mise a sedere: erano nel parco di Hogwarts. La figura del castello, rassicurante nella sua imponenza, si stagliava all'orizzonte, nella vivida luce del mattino. Ma solo un attimo prima era a Godric's Hollow, nel giardino della casa dei suoi genitori.
"Dove siamo?"
"Nella tua mente. Ma ho pensato che un paesaggio familiare ti avrebbe fatto piacere."
Il ragazzo scattò in piedi all'improvviso "Voldemort?"
"E' morto, Harry." disse semplicemente Silente.
Harry sbattè le palpebre e restò a lungo in silenzio, poi sussurrò piano, come se dar fiato ai suoi pensieri potesse sovvertire la realtà delle cose "Davvero?"
"Sì - sorrise Silente - Non tornerà più. Tutti i suoi horcrux sono stati distrutti e lui è venuto in contatto con l'unico sentimento che è sempre andato al di là della sua comprensione. La sua anima era talmente corrotta che non è stata in grado di sopportare il contatto con qualcosa di così puro. Cercava potere, ma dentro di te ha trovato ben altro."
Il ragazzo annuì "Posso farle una domanda, signore?"
"Perchè immaginavo che si sarebbe giunti a questo? - scherzò l'anziano mago - Chiedimi tutto quello che vuoi."
"Laggiù, nel buio, ho sentito la voce di mia mamma. Era solo la mia immaginazione, o..."
Silente guardò il ragazzo con dolcezza "No, Harry. Anche se è morta, in un certo senso lei è sempre qui, nel tuo cuore. C'è dal momento in cui sei nato e ci sarà sempre."
"Ma ormai sono maggiorenne e la protezione è cessata il giorno del mio compleanno."
"L'incantesimo di protezione ha perduto i suoi effetti, è vero, ma l'amore di una madre è talmente sconfinato da non esaurirsi mai: ti protesse quella notte, permettendoti di respingere l'anatema e ti ha protetto stanotte, indicandoti la strada. Vedi, ragazzo mio, l'amore non tiene conto di sciocche ragioni anagrafiche." Silente prese ad avviarsi verso il castello ed Harry lo seguiva.
"L'amore..." disse il ragazzo tra sè e sè. Non una battaglia, quindi, non degli incantesimi... era stato un sentimento a sconfiggere il più grande mago oscuro di tutti i tempi?
"Non è davvero una forza meravigliosa, Harry?" osservò Silente, in risposta alle sue riflessioni.
Harry annuì convinto e Silente sorrise "Per tutto quest'anno ti ho osservato, qui nella tua mente. Ho visto la tua anima vacillare, inghiottita da quegli scoppi di rabbia, che non erano altro se non l'horcrux che cercava di prendere il sopravvento. Ma tu non hai ceduto alla collera, al male, alle lusinghe dell'horcrux contenuto nella Coppa di Tassorosso." Gli posò una mano sulla spalla guardandolo negli occhi non più come un bambino o uno studente, ma un giovane uomo che aveva affrontato e vinto una grande prova "Sono molto fiero di te, Harry."
Il ragazzo sentì le lacrime pizzicargli gli occhi "Grazie, signore."
"I tuoi amici si staranno chiedendo dove sei. Forse faresti meglio a svegliarti e io devo porre fine a questo incantesimo. Mi piacerebbe restare per sempre qui, nella tua testa e fare due chiacchiere con te ogni tanto, ma credo che sarebbe oltremodo invadente ed indelicato."
"Aspetti, professor Silente! Ho un'altra domanda, riguarda Piton."
"Il professor Piton, Harry. - lo corresse Silente con un piccolo rimprovero - Ma sono contento che tu mi abbia chiesto di lui."
"Mentre lottavamo, Voldemort ha chiamato Piton 'traditore', ma non capisco perchè."
"Perchè è così: Severus Piton non è mai stato dalla parte di Tom Riddle. In tutti questi anni, dalla morte dei tuoi genitori, ha spiato, ha boicottato, ha lottato per la sua caduta e per proteggerti da lui. Sei scettico, vero?" chiese, di fronte allo sguardo sospettoso del ragazzo.
"Mi è impossibile crederle, specie dopo... quella notte... in cui lui..." si morse il labbro inferiore, ricordando la morte del suo preside.
"C'è una spiegazione per tutto, anche per quello. Vedi Harry, tu hai sempre guardato e giudicato il professor Piton con poca obiettività, io vorrei offrirti un altro punto di vista. Osserveresti qualche ricordo con me? Poi sarai libero di giudicare." Silente stese una mano e davanti a lui si materializzarono scene, sequenze, brevi frammenti di vita, ad iniziare da un ricordo che Harry stesso aveva dimenticato: avrà avuto sì e no quattro anni. I Dursley erano andati a fare la spesa: lui ficcato in malo modo nel carrello, Dudley che rideva in braccio a Vernon. E finita la spesa i suoi zii raccolsero i sacchetti dal carrello, dimenticandolo lì. Piton, che osservava dall'interno di una cabina del telefono, agitò appena la bacchetta ed il carrello con su Harry si mosse da solo, in direzione dei Dursley, ormai vicini alla macchina e si piantò davanti a loro, con silenzioso rimprovero.
E poi quando iniziò la scuola: Piton che, al primo anno, sorvegliava Raptor, impedendogli di avvicinarsi ad Harry ogni volta che era solo, che recitava i controincantesimi per impedirgli di cadere dalla scopa. Al terzo anno, mentre percorreva di corsa i corridoi del castello in cerca di lui dopo che Malfoy gli ebbe rivelato di averlo visto a Hogsmeade, sul volto un'ombra di .... preoccupazione...? Piton che si parava davanti a lui, Ron ed Hermione per proteggerli da Remus trasformato in licantropo [1]. Al quinto anno, mentre a lezione spiegava l'uso dei tentacoli di purvincoli, il giorno dopo la sua punizione con la Umbridge, che Hermione avrebbe poi usato per la pozione lenitiva; durante le lezioni di occlumanzia, quando cercava di spiegargli quanto potesse essere pericoloso aprire la mente a Voldemort (e non aveva avuto ragione?); sempre Piton che forniva alla Inquisitrice del Ministero dell'innocua acqua al posto del Veritaserum; a casa di Sirius, mentre, litigandoci, cercava di convincerlo a non muoversi di lì.
Harry era sempre stato convinto che Piton quell'anno avesse solo istigato Sirius con la sua lingua tagliente per spingerlo al Ministero, dove aveva trovato la morte. Silente gli aveva detto che si sbagliava, ma in quell'occasione lui era troppo arrabbiato per ascoltarlo, aveva assolutamente bisogno di qualcuno a cui dare la colpa e Piton era il capro espiatorio ideale ai suoi occhi.
Le immagini proseguivano, mostrando un Piton furibondo nei confronti di Silente, dopo che la maledizione dell'anello gli aveva bruciato la mano; che si recava con discrezione al San Mungo, per controllare le condizioni di Katie Bell. E un'ultima scena, nello studio del preside. Piton era appoggiato alla scrivania, il capo piegato, i capelli sul viso, a celarne l'espressione, ma la voce amara, sofferente "Albus, ti prego, non chiedermi questo."
"Severus, al punto in cui ci troviamo non c'è altra soluzione." osservò Silente, con il tono pacato di chi sta disquisendo del tempo.
Piton alzò la testa di scatto, sibilando "Come puoi, Albus? Come puoi chiedermi di ucciderti?"
"Perchè così deve essere. Io ho commesso un errore con quell'horcrux, io ne pagherò le conseguenze. Ma piuttosto che aspettare una fine lenta ed indecorosa, possiamo sfruttare questa occasione a nostro vantaggio: così facendo Voldemort non avrà motivo di dubitare ulteriormente della tua fedeltà e può darsi che ti riveli i piani che ha in mente."
"Vantaggio? - urlò Piton - Che vantaggio ne trarrà la mia anima dall'ucciderti?" Strinse i pugni, incapace di fermare il tremore che lo scuoteva.
"Se potessi evitarti questo dolore lo farei, ma sai benissimo anche tu che non c'è altro modo. Quando verrà il momento, tu mi ucciderai, Severus, procederai con il nostro piano. - gli occhi dell'anziano mago si fecero duri - E questo è un ordine."
Quella notte, quella terribile notte si rivelava ad Harry in una nuova e mai considerata prospettiva: Silente non stava implorando Piton di risparmiarlo, mentre invocava dolcemente il suo nome. No, lo stava supplicando di avere il coraggio di adempiere a quella sciagurata promessa. Lo supplicava di ucciderlo.
E quando Harry l'aveva affrontato, vicino alla capanna in fiamme, il volto dell'uomo era deformato dalla rabbia e dall'odio, ma tali sentimenti erano rivolti solo verso se stesso. Era dolore ciò che sputava fuori assieme alle parole, dolore per la morte del suo vecchio amico. E, intanto, gli salvava la vita per l'ennesima volta, tenendolo a bada ed impedendogli di inseguire i Mangiamorte, in quella che sarebbe stata senza alcun dubbio, un'azione suicida.
Severus Piton aveva voluto bene a Silente, non meno di quanto avesse fatto Harry. E nonostante questo, l'aveva ucciso, obbedendo ad un suo stesso ordine. "Tu saresti mai stato in grado di fare ciò che chiese Silente?" si chiese. Il ragazzo alzò lo sguardo verso l'anziano mago: era sconvolto.
"Per dovere di cronaca, devo dirti che quest'anno è stato lui, utilizzando un Imperius su Zacharias Smith, a far comparire quel messaggio sulla mia tomba, quello che vi ha aiutato a scoprire che Voldemort controllava le vostre mosse."
"Ero convinto fosse lei, signore. Lo credevo davvero."
"Credo proprio che Severus contasse su questo, perchè non avresti mai accettato un suggerimento che provenisse direttamente da lui. E immagino che abbia cercato di boicottare Voldemort anche in altri modi che non ho avuto modo di conoscere. So che l'hai odiato Harry e a volte hai avuto ragione a farlo, perchè Severus non ha mai mostrato altro che odio e disprezzo nei tuoi confronti, ma non potevamo permetterci che Riddle sospettasse qualcosa. C'erano in gioco troppe cose importanti."
Harry scosse la testa "Io non capisco. Perchè Piton ha fatto tutto questo? Perchè in tutti questi anni mi avrebbe protetto? Lui odiava mio padre..."
"E' vero. Il fatto è che tuo padre ha avuto qualcosa che a lui non è mai stato concesso e che desiderava ardentemente: l'amore di Lily."
"Non può essere, lui non amava mia madre! La chiamò 'sporca mezzosangue', l'ho visto in un suo ricordo."
"Severus e Lily erano vicini di casa ed amici fin da bambini e i primi anni a scuola andavano molto d'accordo." Silente stese nuovamente la mano e una nuova immagine prese vita davanti ai loro occhi.
"Sev, aiutami - chiedeva una piccola Lily - Pozioni è una materia difficile!"
"Va bene, vieni con me." le rispose un altrettanto piccolo Piton in tono solenne. Condusse sua mamma sulle rive del lago, dove passò il pomeriggio ad illustrarle le più comuni erbe impiegate nelle pozioni del primo anno.
E quando al compito successivo Lily prese 'O' si voltò raggiante, cercando Piton e gli sorrise.
"Col tempo le cose cambiarono: Severus iniziò a frequentare compagnie che Lily  detestava, finirono per allontanarsi. In quel ricordo che tu spiasti, lei lo vide mentre James e Sirius lo umiliavano e questo ferì il suo orgoglio. Non pensava davvero ciò che disse in quel momento e so per certo che se ne pente tutt'ora, così come si pente di aver rivelato a Voldemort la profezia." Silente stese nuovamente il braccio e una nuova immagine si formò davanti a loro: un giovane Severus, accovacciato davanti alla lapide dei suoi genitori scavava nella terra a mani nude, senza magia, per mettere a dimora un bulbo di gladioli. Sfiorò con un dito la pietra fredda e sussurrò "Qualsiasi cosa accada, io proteggerò tuo figlio, Lily. E' l'unica cosa che posso fare per te. Anche se questo non laverà via le mie colpe. Anche se non avrò mai il tuo perdono."
Gladioli e non gigli per sua mamma, perchè Lily nell'anima era una combattente [2].
L'immagine cambiò più e più volte, mostrando Piton in piedi davanti alla lapide nel corso degli anni, immobile, le labbra serrate, il dolore ancora vivo nel fondo di quegli occhi nerissimi, il tempo che impietoso scavava rughe sul suo volto e quella pianta di gladioli che tornava sempre a germogliare, come una promessa che si rinnovava nel tempo.
"Io..." iniziò Harry, ma non trovava le parole. Non c'erano parole.
"Credo che tu possa smettere di odiarlo, ora. - disse Silente con semplicità - Ma adesso devi proprio andare. Oltretutto vorrei che mi facessi un favore: sta per arrivare Fanny, porta un pacchetto molto prezioso e vorrei che tu lo consegnassi al Wizengamot. Addio Harry. Se puoi, vai a fare due chiacchiere ogni tanto con il mio ritratto: ho idea che gli farebbe molto piacere." I contorni del paesaggio attorno a loro presero a sfocare, a dissolversi.
"Un'ultima cosa, signore."
"Dimmi pure."
"Sassi, bruscolini, calzini di lana."
Il volto di Silente fu illuminato da un sorriso compiaciuto "Questo si chiama parlare, Harry."

Il ragazzo spalancò gli occhi nel buio. L'incantesimo di Voldemort aveva devastato i dintorni della sua vecchia casa, ma la lapide, come nell'occhio di un ciclone, era rimasta intatta. Lo stelo di gladioli bianchi ondeggiava placidamente nella brezza notturna.
Il cielo fu solcato all'improvviso da un bagliore infuocato, come una meravigliosa cometa "Fanny!" il ragazzo si rialzò e, naso all'aria, corse dietro alla fenice di Silente.
Attorno a lei si udivano parecchie voci concitate e schiocchi continui di materializzazioni. Oleander aprì gli occhi, per trovarsi distesa sul petto di Severus: il mago era ancora incosciente e la ferita sul fianco aveva ripreso a sanguinare. Si guardò in giro in cerca di aiuto, ma le vie d'intorno erano un turbinio di caos: "I babbani si sono accorti di qualcosa, alcuni stanno venendo da questa parte." "Bisogna chiamare il Ministero, servono delle squadre di obliviatori, con urgenza." "Ci sono diverse persone prigioniere da mesi nelle proprie case, dobbiamo liberarle." "Perchè gli Auror tardano tanto?" "Qui, qui, ho bisogno di aiuto."
Severus si mosse, gemendo per il dolore. Oleander lo aiutò a mettersi seduto.
"Serve aiuto?" un mago si avvicinò a loro.
"Grazie, ma penso di farcela da sola. Mi smaterializzerò direttamente al San Mungo..." Oleander non riuscì a completare la frase, perchè il mago, un Auror, le puntò la bacchetta tra gli occhi.
"Ho trovato il ricercato Severus Piton - urlò - chiamate rinforzi, dobbiamo arrestarlo."
"No! - lo implorò Oleander - Devo portarlo subito in ospedale."
"Non se ne parla! - urlò l'uomo, inferocito - quest'uomo è il braccio destro di Colui-che-non-può-essere-nominato, l'unico posto dove finirà è un'aula di tribunale... se ce lo facciamo arrivare."
"E' ferito! - gli urlò di rimando Oleander, altrettanto furibonda - E' ferito gravemente."
"Non mi importa. - disse l'Auror - Per quel che mi interessa, può anche morire qua, così ci risparmiamo la seccatura di fargli un processo."

"Maledetto mulo!" pensò Oleander e la sua mano corse alla bacchetta, ma Piton la bloccò "Non fare pazzie, ti ucciderebbe." le sibilò ad un orecchio.
"Basta così, Farland. - la mole possente di Shacklebolt comparve dietro l'Auror - Noi siamo diversi da Tu-sai-chi, non usiamo i suoi metodi."
"Come vuoi Kingsley, ma almeno lasciami assicurare che non fugga. Incar..." l'Auror non potè completare l'incantesimo, perchè Fanny atterrò giusto tra lui e Piton ed Oleander, spalancando le sue ali rosso fuoco e levando un grido acuto, come a dire che chi avesse voluto toccarli, avrebbe prima dovuto fare i conti con lei.
"Da dove arriva questo uccello?" chiese Farland, grattandosi la testa.
"Quella è Fanny, la fenice di Albus Silente." ansimò Harry, arrivando di corsa. Scansò Shacklebolt e le mille domande che sicuramente aveva da fargli e si avvicinò all'uccello, accarezzandolo sulla testa. Docilmente la fenice gli porse un rotolo di pergamena che teneva stretto in una zampa, all'interno del quale c'era una piccola ampolla contenente una sostanza argentata. "Immagino che questo sia ciò di cui mi parlava il professor Silente." La fenice annuì, continuando a tenere le ali spalancate a protezione di Piton e Oleander.
Harry si volse verso Shacklebolt "Voldemort è morto. E non c'è alcun motivo di trattenere o arrestare quest'uomo: è sempre stato dalla nostra parte e ci ha aiutato a sconfiggerlo. E se non volete credere a me, potete credere ad Albus Silente." Mise nelle mani dell'Auror nero la pergamena ed il ricordo e tornò a guardare Piton e Oleander.
La maga sorrise, poi abbracciò Severus, concentrandosi per smaterializzarsi e in quel momento il ragazzo fissò i suoi occhi verdi in quelli nerissimi dell'uomo "Grazie di tutto, professor Piton." 

 

 

=======================

NOTE:

[1] Sì, lo so. Questa scena è presente solo nel film e non nel libro, dove le cose sono descritte in modo diverso, Ma mi piace troppo, troppo. Non potevo non metterla.
[2] Il nome del gladiolo deriva dal latino e significa "piccola spada". Io ho sempre pensato che fosse questo il fiore che meglio descriveva Lily, la madre combattiva, battagliera e coraggiosa, più del giglio. 

"Ho fatto morire Voldemort affogandolo nella melassa." è stata la prima cosa che ho pensato alla fine di questo interminabile capitolo XD. Il più sofferto, il più difficile da scrivere. Ma tutto sommato ne sono soddisfatta. E, finalmente, riesco a far pronunciare ad Harry "Professor Piton" e non più solo "Piton". Un gesto di rispetto assolutamente dovuto.

 
RINGRAZIAMENTI:

@ Arabesque: Eh, pensa che io, dopo aver letto la scena di Nagini in DH, ho chiuso il libro e l'ho riaperto dopo quattro giorni -.-

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** 22. Il sentiero che conduce verso l'alba ***


CAPITOLO 22 – IL SENTIERO CHE CONDUCE VERSO L'ALBA
 

Fu una notte convulsa, ci volle un bel po' di tempo perchè i maghi, atterriti, smarriti, disorientati, capissero cos'era successo. Ma la frase pronunciata da Harry Potter su un marciapiede di Godric's Hollow, "Voldemort è morto." si spanse in fretta, come cerchi sulla superficie dell'acqua che si allargano sempre più, propagandosi in ogni direzione. E quelle parole, dapprima sussurrate, guardandosi attorno con circospezione, con timore, poi pronunciate con più convinzione ed infine urlate con gioia, raggiunsero ogni angolo del Paese.
Il più grande mago oscuro di tutti i tempi era stato sconfitto, stavolta per sempre.
E così, presto l'incredulità fu sostituita dalla gioia e dal sollievo, com'era accaduto diciassette anni prima.
Il Ministero della Magia era nel caos più assoluto: nell'attacco dei Mangiamorte, Scrimgeour era rimasto ucciso, Caramell gravemente affatturato e la Umbridge si era raggomitolata in una intercapedine del soffitto, da dove, il giorno dopo, due medimaghi l'avevano estratta in forte stato di shock. Così, Kingsley Shacklebolt fu nominato Ministro provvisorio, in attesa di uscire dall'emergenza e tornare alla normalità.
I giorni che seguirono, comunque, furono difficili per molti, perchè la luce dell'alba rivelò i nomi ed i corpi di coloro che erano caduti: venne il tempo delle lacrime e del dolore, venne il tempo per la famiglia Weasley di seppellire Percy, Bill e Fleur, venne il tempo per Ted Tonks di chinarsi disperato sulla bara della figlia e urlare che sarebbe dovuto morire lui al posto suo, che nessun genitore dovrebbe mai sopravvivere ai propri figli. Il piccolo Teddy stava silenzioso in braccio ad Andromeda, per fortuna ancora troppo piccolo per capire, ma contagiato anche lui da quella profonda atmosfera di tristezza. Venne il tempo per dire grazie e piangere tutti i coraggiosi eroi che erano morti in quella guerra.
Di quei giorni, anche negli anni a venire, Harry non ebbe mai un ricordo chiaro e definito, ma solo sensazioni: stanchezza, stordimento, incredulità, volti vaghi senza nome che gli stringevano la mano, congratulandosi con lui.
Per sottrarsi a quel delirio, il ragazzo seguì il consiglio di Minerva McGranitt e tornò ad Hogwarts con i suoi amici. La preside aveva deciso, in via del tutto eccezionale, di annullare gli esami di fine anno e promuovere tutti gli allievi, anche in segno di riconoscimento per il grande coraggio mostrato e questa volta nemmeno Hermione ebbe da lamentarsi.
Così qualche giorno dopo, tre figure erano sdraiate dietro l'orto di Hagrid, all'ombra delle sue zucche gigantesche. Il guardiacaccia aveva strizzato loro l'occhio e quando un sovraeccitato Colin Canon gli aveva domandato se avesse visto Harry, aveva fatto lo gnorri.
Anche lì a scuola quasi tutti volevano parlare con lui, non aspettavano altro che vedere, abbracciare, toccare Harry Potter. Comprensibile, vista l'euforia generale che percorreva il mondo magico, ma Harry non ne poteva più e desiderava restare solo con loro: Ron ed Hermione, i suoi migliori amici, coloro che in quei lunghi sette anni non gli avevano mai fatto mancare il loro appoggio, che lo avevano aiutato a recuperare la Pietra filosofale a far fuggire Sirius e Fierobecco e a fare tante altre cose fantastiche.
Ancora non riusciva a credere che fosse tutto finito, stavolta definitivamente. Realizzò in quell'istante che qualcos'altro era giunto alla conclusione: i suoi anni di scuola, il suo periodo come studente di Hogwarts, la sua seconda casa... la sua prima vera casa, ad essere sinceri. Lui e i suoi amici non si sarebbero persi di vista negli anni, ne era certo, ma la prossima volta che si fossero incontrati, non avrebbero più indossato la divisa di Grifondoro. Gli passarono davanti agli occhi i volti di tutti quelli che aveva conosciuto, soprattutto di chi non c'era più: ciascuno di loro gli aveva donato qualcosa, grazie ad essi era cresciuto, cambiato, maturato. Ed ora poteva guardare al futuro con meno paura.
"Ehi ragazzi - Ron interruppe il corso dei suoi pensieri - E' finita? Voglio dire, è finita sul serio?"
"Anch'io fatico ancora a crederci. Credo mi ci vorrà un po' per abituarmi all'idea." gli fece eco l'amico.
"Ma è tutto vero. - Hermione fece una pausa studiata e poi lasciò di sale i due ragazzi - Abbiamo fottuto Voldemort."
Ron ed Harry si tirarono a sedere, increduli: in sette anni la parolaccia più pesante uscita dalla bocca di Hermione era stata una sola, e nemmeno troppo pesante, un "vacca totale" rivolto a Pansy Parkinson. La ragazza riccia scoppiò a ridere davanti alle espressioni facciali dei suoi amici. Rideva, rideva apertamente, in un suono liberatorio, gioioso e cristallino, troppo bello per non essere contagioso. Ed un attimo dopo eccoli lì tutti e tre a sghignazzare sdraiati sull'erba umida.
"Ah siete voi!" il viso di Fred fece capolino da dietro le zucche.
"Pensavamo fosse una delle creature di Hagrid, un incrocio tra un Kneazle ed uno Snasi." gli fece eco George. C'era anche Ginny, che prese posto vicino ad Harry.
"Cercavate noi?" chiese il fratello minore.
"No Ronny, volevamo andare a fare una partita a scacchi con le Acromantule."
I due gemelli si sedettero con i ragazzi e distribuirono Cioccorane. Quando Ron scartò la sua, cacciò un urlo "Agrippa, finalmente! Sono anni che cerco questa figurina. Guarda, Hermione!"
"Immagino che dovrò abituarmi a tutto questo, vero? - sospirò lei - Alle figurine e ai poster del Quidditch."
George si avvicinò al fratello minore "Come l'hai convinta a diventare la tua ragazza? Amortentia? Non ti facevo così bravo in pozioni."
Fred invece si rivolse ad Hermione "Sei ancora in tempo a cambiare idea, salvati Hermione!"
"Oh, ma finitela un po' voi due!" protestò Ron.
"Sì, lasciateli stare - fece eco Ginny - sono una bellissima coppia. Dopo di noi, ovviamente." facendo arrossire vistosamente Harry.
"Invece il premio per la coppia più bizzarra dell'anno va sicuramente a Piton e Oleander." disse Fred.
"Dell'anno? Vorrai dire del secolo - lo corresse il gemello - ci sono rimasto di stucco quando Harry ci ha detto che stanno insieme."
"A dire il vero io sospettavo che lui non le fosse del tutto indifferente, ma il professor Piton è sempre stato una sfinge, non sono mai riuscita a capire se provasse qualcosa anche lui. - Hermione allargò le braccia - Non per nulla è uno dei migliori Occlumanti del Paese."
"Abbiamo per vicina di negozio una donna col gusto dell'orrido. - sospirò George affranto - Voglio dire, lei e Piton..."
"Il professor Piton. - lo corresse Harry - Io per primo so quanto possa essere sgradevole e odioso, ma è anche un uomo coraggioso. Forse il più coraggioso che abbia mai conosciuto [1]. Sono contento per lui. Per loro."
"Sì, Harry, ma io stavo considerando la loro relazione da un altro punto di vista, più *fisico*, diciamo. Perchè se stanno insieme, significa che loro due..."
Un coro di proteste si levò dagli altri ragazzi, dominato dal "Sei un maiale, George Weasley!" di Hermione e dal "Adesso mi si bloccherà la crescita!" di Ginny. 

Shacklebolt congedò tutti i suoi colleghi ed uscì dall'aula delle riunioni: il Ministero si stava riorganizzando in fretta e, Merlino volendo, questa volta per bene.
Stava per prendere l'ascensore e tornare nella sua stanza, alle sue mille scartoffie, quando in un ufficio notò Arthur Weasley, intento a copiare alcuni fogli di pergamena semidistrutta. Esitò un momento sulla soglia, poi bussò lievemente sullo stipite della porta aperta. Forse un po' troppo lievemente, perchè il mago non lo udì. "Sbaglio o ti avevo detto di prenderti alcuni giorni di riposo?"
"Oh, Kingsley, buongiorno."
Chiedere come si sentisse lui o la sua famiglia gli sembrava vuoto, privo di significato: quell'uomo aveva appena perso due figli, non poteva che stare da cani.
"Charlie è tornato dalla Romania ed è a casa con Molly, così ho pensato di fare un salto e dare una mano a ripristinare i vecchi archivi danneggiati. Non possiamo permetterci di perdere tutte queste informazioni." il signor Weasley scriveva alacremente, il tono della voce così falsamente allegro che stringeva il cuore.
"Arthur..."
Il mago proseguì imperterrito, senza alzare gli occhi dalle carte "E' un bel disastro, alcune pergamene sono andate completamente distrutte e..."
"Arthur! - Shacklebolt gli posò una mano sul polso e l'altro smise di scrivere - Non devi rimproverarti per quello che è successo. Nessuno poteva prevedere che esistesse un incantesimo che nelle notti di novilunio è in grado di mutare in lupi mannari gli uomini morsicati da un licantropo non trasformato."
"Voldemort lo sapeva! - proruppe il signor Weasley - ha fatto mordere apposta il mio Bill, Stevens e Kylie per poterli usare. Ma in tutti questi mesi a nessuno di noi è venuto in mente di controllare, di... non lo so, se... se avessimo fatto qualcosa, forse ora loro sarebbero ancora vivi."
"Non tormentarti così, Arthur, ciò che è accaduto a Bill non era assolutamente prevedibile. Era un piano troppo astuto, quasi perfetto. Tu non ne hai colpa, nessuno ne ha, se non Voldemort. L'ho detto anche a Williamson: i sensi di colpa non vi porteranno da nessuna parte. Noi tutti abbiamo fatto del nostro meglio, perciò dovete farvi forza e reagire."
"Williamson?"
"Già: è venuto fuori che il mago oscuro che lo aggredì ai giardini di St. Alphage, quando tu lo trovasti schiantato, altri non era che Severus Piton: quella notte cercò di suggerirgli che alcuni suoi colleghi erano Mangiamorte che avevano bevuto Pozione pulisucco."
"Ecco perchè Williamson aveva preso quella strana abitudine, di fissare la gente sulle braccia."
Shacklebolt annuì "Lì dove si trova il marchio nero. Piton non poteva fare altrimenti: non poteva rivelare a Williamson la sua identità, l'altro non gli avrebbe più creduto e, d'altronde, non sapendo chi erano gli infiltrati, Piton non poteva permettersi di essere più esplicito, perchè i Mangiamorte qui al Ministero, in caso di indagine, avrebbero mangiato la foglia. Williamson non ha capito fino all'ultimo e ora non sa darsi pace."
"Lo capisco." sospirò Arthur.
"Comunque le cose sarebbero potute andare anche peggio, per noi, se Voldemort avesse continuato ad annotare i nostri spostamenti e a tenerci sotto controllo con quegli insetti scoperti da Harry."
"E se non sbaglio anche quello è merito di Piton."
"Infatti - il mago nero annuì - ha utlizzato un Imperius su un ex-studente di Hogwarts, Zacharias Smith, l'ha fatto andare ad Hogwarts a fare un incantesimo sulla tomba di Silente, che si è attivato in presenza di Harry. Dopo la caduta di Voldemort quello Smith ha spifferato tutto, nella speranza di vedersi alleggerita la pena. E invece passerà molti anni ad Azkaban, assieme agli altri Mangiamorte."
Il signor Weasley si strinse nelle spalle "Senza i Dissennatori, Azkaban non fa più così paura come un tempo."
"Ma non possiamo permetterci di usare di nuovo quelle creature, non dopo che ci hanno mostrato chiaramente da che parte stavano. E se ci saranno delle evasioni da Akzaban, noi siamo qui apposta per porvi rimedio. Ora va' a casa, Arthur: la tua famiglia ti aspetta, mentre queste cartacce possono aspettare." 

Oleander aveva fatto il giro di tutti i ragazzi di Hogwarts ricoverati al San Mungo e le mancava solo una visita. Tracey Davis era seduta sul letto e parlava con Theodore, che non si era mai allontanato da lei. La ragazza non aveva una bella cera, ma era lucida e cosciente: considerata l'intensità della Cruciatus cui era stata sottoposta era quasi un miracolo. "Ciao Tracey, sono felice di vedere che ti sei svegliata."
Theodore si alzò in piedi per offrirle il posto sulla sedia, ma Oleander lo fermò con un cenno della mano. "Sono solo passata a vedere come state e a portare questa alla migliore studentessa del mio corso." le allungò una scatoletta di legno intarsiato, che racchiudeva un bellissimo pendente di ametista, un cerchio su cui aveva inciso delle rune.
"E'... bellissima." mormorò Tracey.
"Ho scelto un'ametista perchè..." e lasciò che la sua allieva finisse la frase.
"... porta pace, serenità ed armonia interiore."
"Ottima risposta, da venti punti almeno. Mi auguro davvero che tu ti riprenda presto."
"Grazie, professoressa."
"Sì - aggiunse Theodore - grazie anche da parte mia. Di tutto." e posò la sua mano su quella di Tracey che stringeva la collana.
Oleander scosse la testa "No, sono io a dover ringraziare te, e anche Blaise: quella notte non sarei uscita dal castello senza il vostro aiuto."
"Glielo riferirò."
"Uhm, considerato il suo ego, non so quanto sia una buona idea." La maga più adulta scosse la testa, strappando un sorriso agli altri due.
Poi Oleander li lasciò soli e riprese il suo giro. Avanzò lungo la corsia schivando medimaghi indaffarati, pazienti e parenti in visita angosciati: in quei giorni l'ospedale era affollato come non mai. Normale che vi fosse un po' di anarchia, ma pur nel caos generale, udì distintamente una voce gelida e tagliente: dal suo letto Severus stava agitando con fare minaccioso una fiala di una qualche pozione davanti agli occhi di una giovane medimaga "Se avessi voluto suicidarmi l'avrei già fatto, le occasioni non mi sono mancate, mi creda. Pertanto si riprenda il suo veleno." e con un'espressione disgustata aprì le dita per far cadere la fiala, che la curatrice afferrò al volo, prima di ribattere indignata "Come osa? Io non sto cercando di avvelenarla, ma di curarla!"

"Ahi, ahi, ahi, mossa sbagliata." pensò Oleander appoggiata allo stipite della porta, mentre si godeva lo spettacolo: arrabbiarsi di fronte al fine sarcasmo di Severus era come invitarlo ad essere ancora più tagliente.
Di fatti le labbra del mago si incurvarono in un sorriso malevolo, mentre si rivolgeva alla donna come avrebbe fatto con uno dei suoi studenti "Per tutti i gargoyles, quindi mi sta dicendo che lei non è un angelo della morte, ma solo un'inetta di ineguagliabile livello. Dove ha comprato la sua laurea, da Magie Sinister?"
Il volto della medimaga attraversò in pochi secondi tutta la gamma del rosso, a partire dal rosa per finire con un paonazzo intenso. In altre circostanze Oleander sarebbe intervenuta immediatamente, ma Severus aveva ben diritto di sfogarsi, ne aveva più di chiunque altro. E, in fondo, anche lei si stava divertendo.
"Non le permetto di mettere in dubbio le mie capacità! - esclamò l'altra donna, che, evidentemente, aveva poca familiarità con il concetto di ironia - Questo è un antidoto per i veleni rari, lo stesso usato tre anni fa per guarire Arthur Weasley."
"Risparmi il fiato, so benissimo com'è fatta quella pozione, poichè fui io stesso a prepararla e a farla recapitare qua: la soluzione deve essere azzurro intenso, liquida e trasparente, nulla a che vedere con quella grottesca imitazione color celeste sbiadito che tiene in mano. Torni quando sarà in grado di preparare qualcosa che non mi uccida."
A quel punto Oleander si schiarì la voce, facendosi notare. Il colorito rosso della medimaga virò verso il violetto, in una tinta che persino Vernon Dursley avrebbe fatto fatica a raggiungere: non aveva certo dimenticato Oleander che, qualche notte prima, si era materializzata sul bancone della reception stringendo quell'uomo sanguinante e aveva fatto il diavolo a quattro finchè non era stato curato: tenere a bada un ippogrifo imbizzarrito sarebbe stata impresa meno ardua. "Merlino li fa e poi li accoppia." pensò la medimaga, scoccando un'occhiata critica alla nuova arrivata.
Oleander avanzò verso il letto, si chinò su di lui e lo baciò, lasciando che lui le intrappolasse il viso tra le mani. Quando si staccarono, notarono che la curatrice aveva abbandonato la stanza.
"Penserà che sei pazza, o vittima di un Imperius."
Oleander fece spallucce "Problema suo, non di certo mio. - gli sfiorò il bacino - Fa molto male, vero?"
Il mago si strinse nelle spalle "Un po'."
Mentiva. La donna dedusse che doveva fare parecchio male e si rattristì; Severus se ne accorse e disse con tono piatto "Poteva andare peggio."
"Salazar, non ricordarmelo. - Oleander fu scossa da un brivido ricordando Nagini che si avventava su di lui - Rivivrò quella scena nei miei incubi molto a lungo, ho perso almeno dieci anni di vita in quel momento, sappilo."
"E io cosa dovrei dire, allora? E' me che quel mostro ha morsicato a sangue."
"A proposito, c'è una cosa che non capisco, Severus. Quel serpente stava per azzannarti alla gola, l'ho visto chiaramente. Ma d'improvviso si è come... tirato indietro e poi ti ha afferrato il fianco, perchè?"
"La cosa ti dispiace?" domandò lui in tono ironico, inarcando un sopracciglio.
"No, certo che no! - sbuffò lei - Ma perchè voi uomini ad una domanda dovete sempre rispondere con un'altra domanda?"
"Per farvi tenere in allenamento le meningi. - disse lui con un sorriso storto - Dunque non hai proprio idea del perchè Nagini non mi abbia tranciato la giugulare?"
"In nome di Circe, che immagine cruenta! E comunque no, mio esimio professore di pozioni. Vorresti essere così gentile da illuminare una povera manovale della magia?" congiunse le mani, in un teatrale gesto di preghiera.
Senza parlare Severus si passò le mani attorno al collo, sfilandosi il ciondolo che lei gli aveva donato e che lui non si era mai tolto in tutti quei mesi, e glielo porse. L'onice nera aveva perso tutta la sua lucentezza ed appariva opaca e rugosa come una pietra lavica. Aveva perso anche la durezza, a dire il vero: era fragile come gesso e scheggiata in più punti, tanto da lasciare una polvere scura sulle dita della donna.
"Dicesti che questo ciondolo mi avrebbe protetto dalla negatività e così è stato: ha letteralmente respinto Nagini, assorbendo il suo istinto omicida ed impedendole di mordermi sul collo. Mi ha salvato la vita."
"Allora - disse lei, ricacciando a fatica indietro le lacrime - penso di meritare una ricompensa, no?"
Severus l'attirò nuovamente a sè, con prepotenza, e la baciò ancora, a lungo, alternando momenti di passione ad altri più languidi e lenti.
"Mmh - mormorò Oleander con gli occhi chiusi e l'espressione beata - hai una vaga idea di quanto mi mancava baciarti?"
Piton ebbe un sorriso amaro "Non so se potrai farci l'abitudine."
Oleander aggrottò la fronte, sfiorandogli una guancia con le dita "E perchè mai?"
Il mago sospirò pesantemente "La caccia all'uomo ai seguaci dell'Oscuro è già iniziata, presto verranno i processi: la gente vorrà quante più teste possibili e la mia ci sarà sicuramente, considerando ciò che ho fatto."
"Te l'ha chiesto lui. Ti ha scongiurato affinchè fossi tu ad ucciderlo." disse Oleander con enfasi. Tuttavia sapeva che il mago non avrebbe dimenticato tanto facilmente e si sarebbe tormentato a lungo per quel gesto.
"Questo non cambia nulla." rispose infatti Severus con tono piatto.
La maga sospirò: niente di ciò che poteva dire aveva il potere di farlo star meglio. Severus avrebbe dovuto convivere con la sua scelta e imparare ad accettarlo. E lei, pensò, avrebbe sicuramente portato rancore per un bel po' di tempo nei confronti di Silente, per ciò che stava passando l'uomo che amava. "Ma riguardo ai risvolti giudiziari della guerra, io non sarei così pessimista se fossi in te." Il mago le rivolse uno sguardo interrogativo ed Oleander proseguì con un sorriso "Il Ministero è un delirio assoluto, ma stamattina sono riuscita a parlare due minuti con Shacklebolt: vuole che collabori, vuole sapere i nomi di chiunque sia passato per il covo di Voldemort, vuole sapere che ruolo hanno avuto i Malfoy, ma tu al momento non sei sulla lista degli indagati o dei condannati, e dubito che lo sarai anche in futuro. In quello scritto che Fanny ha portato quella sera, Silente ti scagiona completamente."
"E tu pensi possa bastare?"
"Oh, vediamo un po': Fanny, fenice e familiare di Silente, porta il testamento di Albus Silente, scritto interamente di suo pugno, nonchè un suo ricordo in cui spiega ogni cosa. Nemmeno Merlino in persona potrebbe dubitare di questa prova. - si morsicò il labbro inferiore - Inoltre anche Harry ha confermato la versione di Silente: è saltato fuori che Albus aveva fatto a lui lo stesso incantesimo praticato su di me. So che non hai letto i giornali, ma non passa giorno senza che Harry rilasci una qualche intervista proclamando che sei stato dalla nostra parte. Ora come ora quel ragazzo non permetterebbe a nessuno di torcerti un capello."
Severus voltò di scatto la testa da un lato "Tutto quello che ho fatto non è stato per lui." sibilò astioso. Seguirono alcuni attimi di silenzio, rotti dalla voce neutra e tranquilla di Oleander "Lo so, l'hai fatto per Lily Evans, non è così?" Evans, usò il suo cognome da nubile perchè per Severus Lily sarebbe sempre stata così. Non Lily Potter, non la madre di Harry Potter.
Solo Lily.
Piton tornò a guardarla "Promisi sulla sua tomba di proteggere suo figlio. Io..." Oleander lo interruppe, posandogli le dita sulla labbra sottili "Ho capito, non devi aggiungere altro." Severus non aveva alcuna ragione di giustificarsi, non con lei. Poi gli prese una mano tra le sue, stringendola forte con le sue dita robuste "Io sono qui." disse semplicemente. Lei c'era, incondizionatamente. Era l'unica cosa che le premeva che Severus comprendesse.
E Severus comprese. "Lo so benissimo."
"Presuntuoso." rise lei.
"No - rispose lui - non è presunzione. E che io non ti permetterei di essere da nessun'altra parte che non sia accanto a me."
Le dita di lei erano risalite ad accarezzargli l'interno dell'avambraccio, dove il marchio nero si era completamente dissolto, senza lasciare alcuna traccia.
La promessa fatta a Lily era stata adempiuta, Voldemort era stato sconfitto ed Harry era sopravvissuto. Tutti i sacrifici e il dolore patiti erano infine valsi a qualcosa ed ora poteva davvero permettersi di guardare al futuro, di sperare e di lasciarsi quell'ingombrante e amaro passato alle spalle.
Un nuovo sentiero era apparso davanti a tutti loro e, soprattutto, a loro due.
Senza nemmeno accorgersene, scivolò in un sonno profondo e tranquillo.
Oleander lo guardò con dolcezza e gli scostò una ciocca di capelli dal viso provato dalla sofferenza: doveva essere davvero esausto, sapeva che in tutti quei mesi alla corte di Voldemort non aveva mai riposato sul serio, perciò era bello poterlo vedere finalmente rilassato e disteso. Lentamente, con attenzione, gli sfiorò la fronte con un bacio e poi si rannicchiò accanto a lui nello spazio esiguo di quel letto, senza mai lasciargli andare la mano, gettò un incantesimo Imperturbabile sulla porta della stanza, chiudendo fuori tutto il caos e godendosi quel piccolo spazio, dove esistevano solo lei e l'uomo che amava.

  

 

=========================

RINGRAZIAMENTI

@ Sheilin e Arabesque: grazie, grazie davvero per le vostre bellissime parole. Tengo tantissimo a questa storia e sono felice di essere riuscita a trasmettere a chi legge le stesse emozioni che ho provato scrivendola.

La parola fine si avvicina, mancano solo due capitoli di epilogo.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** 23. Diciannove anni dopo, parte 1 ***


CAPITOLO 23 – DICIANNOVE ANNI DOPO
- parte prima -
 


“PIX, DANNATO POLTERGEIST! ASPETTA SOLO CHE TI METTA LE MANI ADDOSSO!” la voce di Mastro Goyle, custode di Hogwarts, rimbombò tra le antiche mura, facendo sussultare la donna che stava riducendo in polvere dei lapislazzuli. Oleander si alzò con un sospiro, premendosi una mano alla base della schiena che protestò vivacemente per essere rimasta ferma tanto a lungo nella stessa posizione. Si tolse gli occhiali da presbiopia e cercò quelli da vista, che individuò dal rumore di vetri infranti sotto al tacco della sua scarpa destra. “Accio. Reparo.” ripeté meccanicamente, a rimarcare la consuetudine di quei due gesti.
Alle urla del custode seguì un rumore preoccupante di cose sbattute e la donna accelerò il passo “Mastro Goyle, cosa succede?”
“Venga a vedere!” esclamò l’uomo furibondo.
Approfittando dell’assenza della bibliotecaria Pix si era scatenato, facendo volare i libri come strane farfalle attorno al soffitto e mettendo a soqquadro l’emeroteca, i cui giornali ora vorticavano impazziti come una tempesta di foglie secche. Molte figure ritratte nelle fotografie magiche si aggrappavano a pali o alberi per restare in piedi, gridando indignate.
“Te lo dirò una volta sola Pix. Metti subito a posto questo disastro.” ordinò Oleander con voce ferma e le mani piantate sui fianchi. Per tutta risposta il secondo tomo di “Grandi maghi del passato” le sfrecciò sulla testa. “Ti avevo avvisato, piccoletto – la donna sfoderò la bacchetta e gridò – Fulmine ictus!” Un lampo scaturì dalla punta, sfiorando il poltergeist, che abbandonò precipitosamente la sala imprecando, mentre tutti i volumi cadevano a terra. Il custode si occupò dei libri, mentre Oleander rimise a posto i giornali nel loro schedario. Uno era rimasto incastrato sotto una sedia e non riusciva a liberarsi, così la donna lo raccolse e lesse il titolo sulla copertina con un sorriso nostalgico: il giornale risaliva ad un paio di anni prima e recitava in prima pagina: “Tutto esaurito questa sera per la partita che assegnerà la Coppa del Regno Unito di Quidditch”.

Nella foto a centro pagina, due giocatori sfrecciavano nel cielo a bordo l’uno della MagicArrow 2016 e l’altro di una Firebolt che, a detta di molti, restava il miglior manico di scopa da gara.
Dopo la definitiva conclusione della seconda e, almeno per il momento, ultima guerra magica, Harry aveva deciso che aveva passato fin troppi guai e ne aveva decisamente abbastanza di frammenti di anima oscura, Avada Kedavra e pericolose fatture, quindi, a differenza del suo amico Ron, Auror presso il Ministero, si era dedicato alla carriera di giocatore professionista di Quidditch. Così il suo nome era continuato a restare nelle cronache, ma non più come "il salvatore del mondo magico" o "il-bambino-che-è-sopravvissuto", bensì come capitano dei Chudley Cannon. E poichè Draco Malfoy non gli avrebbe mai e poi mai lasciato le luci della ribalta senza combattere, seguì le orme del rivale di sempre, diventando cercatore per i Falmouth Falcons: i due avevano dati vita ad alcuni dei più entusiasmanti duelli della storia del Quidditch, tanto che il campionato inglese era stato ribattezzato in quegli anni “il più bello del mondo”. Mollò il giornale che si agitava tra le sue mani e lasciò che tornasse nel suo schedario.
Uscì dalla biblioteca, mentre Goyle, dietro di lei, continuava ad inveire contro Pix, quasi che Mastro Gazza gli avesse lasciato istruzioni in merito quando era andato in pensione. Mentre attraversavano l'atrio, Oleander vide scendere dallo scalone principale un trafelato Neville Paciock, professore di Erbologia. Tra le mani sudaticce reggeva una Ricordella, nella quale vorticava un bel fumo rosso acceso. Il direttore di Grifondoro sembrava estremamente preoccupato e continuava a borbottare tra sé: “Dov’è? Dove l’ho messa?” Inciampò nell’ultimo gradino, la Ricordella gli sfuggì di mano e si infranse. Neville tirò fuori la bacchetta con mano tremante e balbettò “Re-reparo.” ma era talmente fuori di sé per l’angoscia che la sfera tornò sì integra, ma altresì munita di quattro zampe di gallina, sulle quasi si diede allegramente alla fuga. “Neville? – chiese Oleander stupita – Ehm… tutto bene?”
“No, per niente! Non trovo più la lista dei nuovi studenti per lo Smistamento. Il preside mi uccide, oh, è la volta che mi uccide.” Il mago era pallido come un fantasma.
“Non dire sciocchezze! – sbottò Oleander – E prova a controllare in una delle serre di Erbologia, sicuramente sarà lì.”
“Mi ha dato due ore e se non la trovo sono un mago morto, me lo sento.” gemette Neville, allontanandosi lungo il corridoio.
“Non ha tutti i torti.” disse tra i denti Goyle, ma fulminato da un’occhiataccia della professoressa di Cristallogia, decise di tacere: con gli anni aveva almeno imparato ad avere un briciolo di buonsenso.
Nel frattempo si materializzò anche un’elfa domestica dallo sguardo stralunato e sconvolto, come se qualcuno le avesse appena regalato dei vestiti “Professoressa Silvestre, SIGNORA!”
“Cosa c’è ancora?” sospirò la donna rassegnata, passandosi una mano nei capelli corti, ora non più viola scuro come un tempo, ma sbiaditi col passare degli anni in una tonalità meno intensa.
“Clippy va dal preside, fa vedere menù per banchetto di domani sera – reggeva tra le mani un foglio di pergamena zuppo di lacrime elfiche – però preside si arrabbia, dice che non interessa, che Clippy può anche avvelenare la cena! Ma Clippy non vuole ammazzare studenti!” ululò la creatura, nascondendo il viso nel grembiule a fiori che indossava.
“No, Clippy, no: era solo un modo di dire. – Oleander alzò gli occhi al cielo, mormorando colorite imprecazioni – D’accordo, ora vado io a parlare con il preside, tu torna pure in cucina e fa preparare il banchetto d’inaugurazione come gli altri anni. E per l’amor del cielo, datevi tutti quanti una calmata, pare sia la prima volta che si inaugura un anno scolastico!” concluse gridando, rivolta un po’ a tutto il castello.
“Mia cara, sei proprio sicura che vada tutto bene?” le chiese Angela ansiosa dall’ultimo quadro in cima alle scale, mentre sferruzzava la manica di un maglione rosa maialino.
“Sì, Angela, va tutto bene. Ti scongiuro, non ti ci mettere anche tu.” la pregò la maga, che sentiva un sinistro mal di testa iniziare a martellarle le tempie. Per nulla rassicurata, la donna del dipinto la seguì lungo tutto il corridoio, facendosi largo tra le altre figure dipinte, con il marito al seguito che, al solito, si profondeva in scuse per l’irruenza della consorte.
“Cara, dimmi, i preparativi sono ultimati?"
"Certo, come tutti gli altri anni." Oleander si sforzò di tenere un tono calmo, nonostante avesse voglia di urlare.
"E il nuovo professore di pozioni è stato trovato?”
“Sì, giusto stamattina.”
“Sai, dopo il decimo iniziavo a disperare, mia cara.”
“Beh, lui ci tiene particolarmente a quella cattedra e quindi è molto esigente.” A dire il vero nemmeno l’ultimo lo soddisfaceva, ma quella mattina aveva detto che, purtroppo, rispedirlo legato ad una scopa da dove era venuto avrebbe richiesto un eccessivo dispendio di energie e quindi lo avrebbe tenuto, in fondo faceva un po’ meno schifo degli altri quattordici. Ma questo Oleander decise di tenerlo per sé: c'era fin troppa tensione nell'aria a Hogwarts, quel giorno. Giunta davanti al gargoyle che custodiva l’accesso all’ufficio del preside, pronunciò la parola d’ordine, “Aegre.” e salì.
“Mah, io continuo ad essere molto preoccupata, mi chiedo cosa avesse in mente Minerva McGranitt quando ha designato proprio lui come sostituto. Non ho ragione, Arthur?” chiese la donna, continuando a lavorare la lana alacremente, in modo quasi meccanico.
“Mmh.” biascicò l’uomo in tono neutro, del tutto deciso ad evitare una discussione.
“Su, vieni qua, che devo controllare la lunghezza della manica.” Prese un braccio del marito e lo confrontò con la manica che aveva sferruzzato a maglia fino a quel momento: era lunga quasi il doppio. “Oh, Arthur, a volte mi chiedo se tu lo faccia apposta!” proruppe il ritratto con disappunto.

Dopo aver occupato la poltrona di preside di Hogwarts per vent’anni, il giugno precedente Minerva McGranitt aveva annunciato che si sarebbe ritirata e aveva designato come suo successore l’uomo che fino a quell'anno era stato insegnante di Pozioni (Harry Potter non era stato il solo ad averne avuto abbastanza di Arti Oscure) e che ora dava le spalle ad Oleander, guardando fuori dalla finestra dello studio con le mani incrociate dietro la schiena. Vestiva completamente di nero, i capelli erano lunghi fino alle spalle e trasandati come al solito, non più nerissimi come un tempo, ma inframmezzati da fili argentati.
Irritazione e nervosismo emanavano dalla sua persona e parevano far crepitare l'aria tutto attorno.
La scrivania, di solito impeccabilmente ordinata, era coperta di pergamene mezze scritte e cancellate da righe tracciate con rabbia e violenza, tanto che in più punti i fogli erano laceri e strappati. Un’altra buona quantità di fogli ardeva nel camino.
“Qualche problema a preparare il discorso, Severus?” chiese lei, senza curarsi di nascondere la nota divertita nella sua voce.
“Affatto – ribattè l’uomo, asciutto – ma ho qualche problema con i consigli non richiesti.”
Una cacofonia di voci esplose dai ritratti degli ex-presidi appesi alle pareti: “Quello non è un discorso di benvenuto, è una minaccia!” “Sono bambini, per l’amor del cielo, non galeotti di Azkaban.” “A me pare fin troppo tenero.” questo era Phineas Nigellus Black; “Severus, ragazzo mio, non tutti comprendono il tuo senso dell’umorismo, così farai scappare i nuovi arrivati.” disse il quadro di Silente. Severus si voltò appena, rivelando un ghigno malevolo che raccontava che la cosa non gli sarebbe dispiaciuta più di tanto. Oleander gesticolò in direzione dei ritratti, imponendo il silenzio, poi si rivolse al nuovo preside di Hogwarts “Severus – disse adagio – io capisco che tu sia nervoso, è la tua prima volta da preside, ma cerca di controllarti: fuori da questo ufficio c’è una situazione di isteria collettiva.”
“Io non sono affatto nervoso.” sbottò Piton. Si girò verso di lei, facendo ondeggiare l’ampio mantello e rivelando una lieve zoppia alla gamba destra: la ferita inferta da Nagini non era mai guarita del tutto.
Oleander ridacchiò “Lo sei, lo sei eccome.” E gli circondò il collo con le braccia, per attirarlo a sé e baciarlo, ma l’uomo le posò le mani sui gomiti, sciogliendosi dall’abbraccio. “No, non qui.” disse, platealmente seccato.
Oleander alzò lo sguardo: ora tutti i ritratti facevano finta di dormire, per lo più con la testa appoggiata sul braccio, ma era chiaro che spiavano i due attraverso le dita della mano, solo Phineas era sparito dalla cornice disgustato, borbottando che ai suoi tempi certe azioni svergognate non sarebbero mai state tollerate, mentre Silente li guardava apertamente "Prego, prego, continuate pure come se noi non ci fossimo." ebbe anche il coraggio di dire.
Piton mormorò qualcosa a denti stretti sul fatto di trasferire i ritratti in un magazzino vuoto dei sotterranei, provocando un altro scoppio di accese proteste. Oleander ne approfittò per alzarsi in punta di piedi e mormorargli ad un orecchio "Senti, che ne dici se proseguiamo questo discorso in camera nostra? Conosco due o tre tecniche di rilassamento che potrebbero interessarti."
Il compagno la guardò con i suoi occhi nerissimi, quelli sì immutati negli anni: un attimo prima pozzi profondi ed imperscrutabili, l'attimo dopo brucianti di passione. E il suo sguardo aveva sempre il potere di farla rabbrividire come la prima volta.
Lui percepì chiaro il suo brivido con la mano che le teneva premuta sulla schiena e soppresse appena un sorriso di trionfo "Se proprio non riesci a farne a meno..."
In quel momento qualcuno bussò alla porta, rovinando l'atmosfera. Oleander sospirò contro la sua spalla e poi si staccò da lui: evidentemente non era giornata.
"Avanti." sibilò Piton.
Entrò un giovane di quasi diciotto anni, molto alto, pallido e dinoccolato, dai capelli neri e corti ed un grande naso aquilino: sarebbe stata l'identica copia del padre se non avesse preso gli occhi nocciola di sua mamma, che in qualche modo contribuivano ad addolcirne il volto "Per fortuna siete entrambi qui." disse Severus Piton Jr.
"Che succede, caro?" domandò Oleander.
"Lo ha fatto di nuovo! Oltretutto si è abbarbicata al mio baule, io ho la passaporta fra tre ore e ancora non ho finito i bagagli!" esclamò stizzito. Del padre aveva anche le stesse movenze nervose.
"Oh, in nome di Morgana!" gemette la donna e si mosse verso l'uscita, ma il compagno la trattenne "Lascia, lascia, vado io."
Quando il padre fu uscito il ragazzo riprese a lamentarsi "Quante volte glielo avete detto che è pericoloso?"
"Cerca di capire: ti è affezionata ed è così dispiaciuta che parti. Beh, mai quanto lo sono io - fissò un attimo il figlio, poi gli corse incontro, incapace di trattenersi - vieni qua, fatti abbracciare." La donna robusta quasi stritolò il suo primogenito, che era arrossito imbarazzato. "Mamma... controllati."
"Mi mancherai da morire, te l'ho già detto?"
"Da due mesi a questa parte almeno un paio di volte al giorno, sì."
"Ti spedirò gufi ogni giorno. - proseguì lei, imperterrita - Mi raccomando, mangia regolarmente, che sei già un grissino."
"Vista la distanza da coprire - osservò il ragazzo, sciogliendosi dalla stretta soffocante - consiglierei un albatross, più che un gufo."
"Sei tale e quale tuo padre, Severus. Se non puntualizzi su tutto, non sei contento. I miei uomini: mi farete impazzire."
"La precisione è tutto nel mio lavoro." disse il ragazzo serio.
Anche Severus Jr, una volta conclusi gli studi ad Hogwarts, aveva deciso di intraprendere la carriera di pozionista e aveva vinto un prestigioso master di studio di un anno in Antartide assieme ad altri maghi provenienti da tutto il mondo.
"Tu lo sai, vero, che se avessi chiesto il posto qui ad Hogwarts, tuo padre te lo avrebbe dato immediatamente? Ti stima cento volte più di tutti i candidati che hanno varcato quel portone."
Il figlio scosse la testa "Non se ne parla! Non sono ancora all'altezza di papà. Accetterò quella cattedra solo quando riterrò di averne i requisiti."
La mamma fece fatica a pizzicargli una guancia magra "Il mio ragazzo fin troppo diligente." e poi ci stampò un bel bacio.
Severus Jr ringraziò Merlino che sua mamma limitasse quei plateali moti di affetto a quando non erano in pubblico. 

Piton entrò in camera del figlio: i suoi occhi si posarono su una pianta di dracena, che qualcuno pareva aver strettamente avviluppato attorno ad un baule. "Orchis." la disapprovazione nella sua voce era più che evidente. La pianta prese a contorcersi e tremare tutta e con un debole *pfft* si trasformò in una bambina di undici anni, paffuta e con il naso a patatina, sul cui viso spiccavano due profondi occhi neri, in quel momento con l'espressione tipica di chi sa di aver appena combinato un guaio, e di quelli grossi. Il visetto avrebbe dovuto essere sormontato da lunghi capelli lilla legati in due treccine, se la ritrasformazione da vegetale ad essere umano avesse funzionato a dovere. Invece era rimasta incompleta, cosicché dalla testa della piccola maga spuntava ora una selva di foglie lunghe, rigide ed appuntite che le conferivano un aspetto buffissimo: sembrava si fosse travestita da ananas per la festa di Halloween.
Il padre dovette ricordarsi di non ridere, né di sorridere con indulgenza, anche se in quel momento era piuttosto difficile; oltretutto Orchis, accortasi che qualcosa non aveva funzionato, si tastava la testa con cautela, mormorando “Oh-oh.”
“Oh-oh un bel niente, signorina. Io e tua madre siamo stati più che chiari: non sei ancora in grado di controllare la trasformazione in Florimagus, pensavamo fossi grande abbastanza da capirlo, ma evidentemente ci sbagliavamo.”
La bambina abbassò lo sguardo, mortificata. Avrebbe voluto spiegare il perché del suo gesto, ma sapeva, nonostante la giovane età, che interrompere una ramanzina del padre era una pessima idea.
“O forse desideri far parte permanentemente del parco di Hogwarts.”
La piccola deglutì, spaventata dalla prospettiva.
“Bene – il padre le porse una mano – se hai capito, andiamo da tua mamma, sperando che riesca a farti tornare normale prima di domani sera.”
Docile, la bambina lo seguì lungo i corridoi.
“Scusa, papà.” mormorò dopo un po’.
“La trasformazione è pericolosa, se non viene sciolta in tempo rischia di essere permanente, è per questo che non vogliamo che tu lo faccia.” Il tono di voce era più tranquillo ora, quasi dolce. Quasi.
“Non voglio che Sevvy parta. Pensavo che se non fosse riuscito a finire i bagagli sarebbe rimasto per forza.” si giustificò Orchis.
“Che scemenza. Non starà via per sempre.”
“Però il mio fratellone mi mancherà tantissimissimo. Mancherà un sacco anche alla mamma, me l’ha detto lei. E a te mancherà, papà?”
L’uomo rallentò appena il passo e mormorò un ‘sì’ talmente debole che nessuno lo udì. La figlia continuava a trotterellare, per tenere il passo del genitore, gettandogli di quando in quando occhiate preoccupate, che lui non mancò di cogliere “Cosa c’è ancora, Orchis?”
La bambina si fermò di botto in mezzo al corridoio, prese fiato e poi scaricò d'un fiato le sue preoccupazioni infantili “Ecco… Sevvy non se ne va per colpa mia, vero? Non se ne va perché gli sto sempre tra i piedi, perché lo costringo a giocare con me, gli nascondo i libri, perché non lo lascio mai in pace quando lavora alle sue pozioni e gli chiedo sempre di insegnarmi gli incantesimi? Sevvy non va via per questo, papà?”
Ora Severus trovò proprio impossibile non sorridere. “No – la tranquillizzò – tuo fratello ti adora, credimi. Prova ne è che permette solo a te di chiamarlo con quell’orrido nomignolo. Se non è una prova d’amore, questa…”
Orchis spalancò la bocca in un grande sorriso e raggiunse il padre.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** 23. Diciannove anni dopo, parte 2 ***


CAPITOLO 23 – DICIANNOVE ANNI DOPO
- parte seconda -

 

Nella Sala Grande di Hogwarts si respirava aria di attesa: come tutti gli anni i ragazzi delle quattro Case aspettavano impazienti di conoscere i loro nuovi compagni.
Al tavolo dei professori c’erano parecchi volti nuovi rispetto a diciannove anni prima, ma anche dei volti conosciuti: il professor Vitious, al quale il sangue goblin del suo antenato conferiva molta longevità, era seduto sulla solita pila di cuscini. Accanto a lui il professor Rüf osservava con una punta di dispiacere le pietanze che non avrebbe potuto mangiare. Blaise Zabini, da cinque anni insegnante di Difesa contro le arti oscure e direttore di Serpeverde, parlava con il preside Piton, che per l’occasione sfoggiava un mantello nero orlato d’argento, chiuso sulla spalla destra da un elaborato fermaglio in platino e smeraldi, creato da Oleander. Quest’ultima era in piedi davanti al tavolo, in attesa di procedere allo smistamento, chiacchierava con Philippa Oldtext, l’insegnante di Antiche Rune, e giocherellava con la lista dei nuovi studenti, che era emersa dalla serra numero due di Erbologia, macchiata da una sostanza che assomigliava in modo sospetto a Puzzolinfa.
Ai tavoli, prefetti e caposcuola facevano fatica a tenere a freno l’eccitazione dei ragazzi. Quello che aveva più da fare, e che nessuno invidiava, era Basil Krum, alle prese con Billy e Percy Weasley e James Sirius Potter, che già avevano progettato una quantità di scherzi e disastri tale da bastare fino a Natale.
Il pesante portone di legno si spalancò ed Hagrid, professore di Cura delle creature magiche, guidò i bambini del primo anno al centro della sala. I piccoli rabbrividivano per il freddo (il tempo inclemente li aveva accolti con uno scrosciante acquazzone) e fissavano meravigliati il cielo turbinante di nubi sul soffitto della Sala, con il naso all’insù, ma scattarono tutti a guardare il cappello parlante non appena questi intonò la sua filastrocca.
Al termine, Oleander srotolò la lista “Quando chiamerò il vostro nome, sederete su questo sgabello ed io vi metterò in testa il cappello parlante, che deciderà in quale Casa verrete smistati."
Artichoke, Sean fu il primo Tassorosso, seguito da Azim, Fahd che venne smistato a Serpeverde, poi due ragazze finirono a Corvonero ed un ragazzo a Grifondoro. Ogni volta i rispettivi tavoli esplodevano in un lungo applauso.
Circa a metà delle operazioni, la maga chiamò “Krum, Stella Oleena Natasha.”
Si fece avanti una bambina dagli occhi cerulei e i capelli biondi, raccolti in uno chignon che – sospettò Oleander – era tenuto insieme da tre stecchetti di ghiacciolo. Il cappello ci pensò un po’ di più e poi gridò “Corvonero!” Per lo meno, Basil non avrebbe dovuto badare anche alla sorellina: sarebbe stata un problema di Lin Mei Davies, caposcuola di Corvonero.
In seguito fu il turno di Malfoy, Scorpius. Così com’era accaduto per il padre, anche stavolta il cappello decise all’istante, spedendolo a Serpeverde. Il bambino raggiunse il suo tavolo con aria molto soddisfatta.
“Piton, Orchis.”
Oleander osservò avanzare la figlia, alla quale era riuscita a restituire l’originaria capigliatura, con un po’ di batticuore e lanciò uno sguardo fugace e velocissimo a Severus: anche lui si era leggermente irrigidito sulla sedia, in attesa del responso. Il cappello ci pensò a lungo “Bene, bene – sussurrò – vedo costanza e impegno, grandi virtù. Sei una che non si arrende mai. Ottimo, so esattamente dove mandarti: TASSOROSSO!”
Orchis evidentemente non se l’aspettava perché aveva sgranato oltre misura i suoi profondi occhi neri: sia papà che Sevvy avevano studiato a Serpeverde, era certa che ci sarebbe finita anche lei. Ma la mamma le rivolse un sorriso raggiante e quando si volse a guardare il papà gli vide piegare impercettibilmente il capo in segno di assenso: andava tutto bene. Allora corse felice verso i suoi nuovi compagni di casa ed il prefetto, Wayne McMillian, andò addirittura a stringerle la mano.
“Potter, Albus Severus.”
Un mormorio incuriosito si diffuse per la sala, mentre il più piccolo bambino del gruppo si fece avanti. Molti dei ragazzi si chiedevano se fosse proprio il figlio di Harry Potter, il giocatore di Quidditch e se gli avrebbe fatto avere una figurina autografata del padre. I più grandi ci avevano provato anche con James Sirius, solo che il primogenito dei Potter si faceva pagare trenta zellini a foto, una rapina!
Albus era davvero nervoso: per tutta l’estate i cugini ed il fratello maggiore non avevano fatto altro che parlargli di Hogwarts e delle imprese del papà e dello zio. Sicuramente se fosse capitato a Grifondoro, lo avrebbero confrontato con loro di continuo: non gli andava molto la cosa. Piccolo com’era, si dovette arrampicare sullo sgabello ed aspettò il responso. “Oh, un altro Potter – disse il cappello – vediamo un po’… ragazzo sveglio, intelligente. Forse Corvonero potrebbe andar bene per te. Come dici, non ti convince? Aspetta, aspetta, in c’è dell’altro, vedo qualche timore in te: hai paura di vivere all’ombra di tuo fratello e di tuo padre. Capisco, più che normale… stai cercando di scoprire fin dove potrai arrivare da solo. Allora se è così, facciamo: SERPEVERDE!”
Il tavolo di Grifondoro ammutolì e James si strozzò con il succo di zucca: aveva gli occhi fuori dalle orbite mentre vedeva camminare tranquillo il suo fratellino verso il tavolo dei verdeargento. Billy e Percy, i suoi cugini, intanto avevano intonato una cantilena che assomigliava molto a “Ci devi cinque galeoni, ci devi cinque galeoni!”.
Oleander proseguì con lo smistamento ed il cappello parlante spedì Roche, Claudiette dai Tassorosso, seguita da Tally, Edmond a Grifondoro e Tally, Emmanuelle a Serpeverde.
“Weasley, Rose.” La bella primogenita di Ron ed Hermione fu smistata a Corvonero ed infine Zabini, Hector finì a Serpeverde.
Oleander consegnò cappello, sgabello e pergamena a Mastro Goyle e si accomodò alla sinistra del marito, pronta ad ascoltare il discorso di benvenuto.
Non appena Severus Piton si alzò in piedi, nella sala calò il silenzio e anche gli studenti più grandi e vivaci smisero all'istante di scherzare.
"Sarò breve - esordì il preside - soprattutto perchè dubito che siate in grado di prestare attenzione e comprendere un discorso che duri più di cinque minuti.
Questo non è un luogo di festini e di divertimenti, perciò non pensiate che, per il solo fatto di essere lontani da casa e dalla supervisione dei vostri genitori, vi sia permesso di comportarvi come ippogrifi selvatici. Le infrazioni che commetterete sottrarranno punti alle vostre rispettive Case, e, poichè ho il forte dubbio che tutti voi sappiate contare, le infrazioni più gravi saranno punite con l'espulsione.
Questa è una scuola, ossia un luogo dove i professori cercano faticosamente di inculcare nelle vostre teste di legno le nobili ed antiche arti magiche, in modo che usciti da qui le usiate per qualcosa di più utile che scorazzare su una scopa inseguendo palle colorate o vendere calderoni porta a porta.
Lascio ai miei colleghi il privilegio di elencarvi le ulteriori regole di Hogwarts.
Detto questo, buon appetito." concluse con tono tranquillo ed un ghigno soddisfatto dipinto sul volto.
“Discorso degno di te.” bisbigliò Oleander, soffiando sul cucchiaio di minestra e cercando di nascondere una poco professionale risata di fronte allo sguardo allibito dei bambini del primo anno e del nuovo professore di pozioni, che si stava chiedendo dove fosse capitato.
Che fosse professore di pozioni, preside o Ministro della magia, Severus Piton restava sempre fedele a se stesso. Assaporò l’ottima minestra di farro pensando che aveva un sacco di cose da fare: doveva assolutamente scrivere a Severus Jr e raccontargli dello smistamento di Orchis, che chiacchierava allegra con una compagna più grande; poteva mandare anche due righe ad Hermione, per dirle in anteprima che Rose era una Corvonero: ne sarebbe stata entusiasta di sicuro. Invece Harry e Ginny come avrebbero reagito allo smistamento di Albus? James Sirius era ancora scioccato e Severus pareva trarne un sadico divertimento.
Albus si era seduto di fronte a Scorpius: i due si erano fissati per un istante e poi avevano fatto man bassa di pollo e patate arrosto. Almeno per il momento non avevano intenzione di aprire le ostilità ed il secondogenito di Harry sembrava soddisfatto del proprio smistamento.
Che altro? Ah sì: doveva riparare la Ricordella di Paciock, ammesso che si facesse acchiappare, prima che qualcuno si rompesse l’osso del collo calpestandola.
Lentamente fra i quattro tavoli imbanditi di ogni ben di dio risorse l’usuale chiacchiericcio: chi si scambiava opinioni e desideri, chi era ancora basito per il discorso del preside, chi rideva, chi faceva domande sulle varie magie usate nel salone, chi era più taciturno e magari pensava a casa, il tutto sotto la luce delle centinaia di candele sospese a mezz’aria e sotto l'alta volta della Sala comune che vegliava sui ragazzi da più di mille anni, pronta ad assistere alle vicende di un nuovo anno scolastico.
Oleander si ripetè un’altra volta che, nonostante ci fossero stati in passato momenti terribili, era stata molto fortunata ad aver potuto partecipare a quella vita e ad aver conosciuto l’uomo vestito di nero al suo fianco, per il quale provava ancora un amore sconfinato.
Fece scivolare una mano sotto al tavolo e cercò quella di Severus, che intrecciò brevemente le dita con le sue. 

- FINE -

 

 
UN PO’ DI GENEALOGIA

 

Per scoprire che fine hanno fatto nella mia storia (e nella mia mente malata), questi e altri protagonisti dei libri – con buona pace di JKR! 

Wayne McMillian, caposcuola di Tassorosso, è figlio di Ernie McMillian e Susan Bones;
Neville, oggi professore di Erbologia e Capocasa di Grifondoro, dopo mille titubanze ha avuto il coraggio di chiedere la mano ad Hannah Abbott, ma i due ancora non hanno bambini;
Basil e Stella Oleena Natasha Krum sono figli di Viktor Krum e Luna Lovegood;
Theodore Nott ha sposato Tracey Davis: i due hanno una figlia, Gwen Nott, che quest’anno - al suo ultimo anno - è stata nominata Caposcuola di Serpeverde.
Astoria Greengrass alla fine ha sposato Draco Malfoy ed il loro piccolo Scorpius è appena stato smistato a Serpeverde.
Billy Weasley è figlio di George Weasley e Angelina Johnson.
Percy Weasley è figlio del gemello Fred e Alicia Spinnet: inutile dire che i due cugini sono i combinaguai in capo di Hogwarts, subito seguiti a ruota da James Sirius Potter, il primogenito di Harry e Ginny. Tutti e tre sono a Grifondoro, mentre il piccolo Albus è finito a Serpeverde. Ora manca solo di vedere dove verrà smistata Lilian Luna, l’ultima nata in casa Potter.
Rose, la primogenita di Hermione e Ron Weasley, è stata smistata a Corvonero, mentre bisognerà aspettare ancora un paio d'anni per scoprire dove andrà il piccolo Hugo.
Daphne Greengrass alla fine ha sposato Blaise Zabini ed il loro figlio, Hector, ha iniziato quest'anno a frequentare Hogwarts.
Severus e Oleander hanno avuto due figli: il primo è Severus Jr., nato circa un paio d'anni dopo la fine della seconda guerra magica. Il ragazzo ha appena concluso gli studi nella Scuola di magia e ora si sta specializzando in Pozioni con un master di studio. La secondogenita, Orchis, è nata qualche anno dopo, come tutte le donne della famiglia Silvestre è una Florimagus e quest'anno ha iniziato la scuola.
 

=======================

COMMIATO:
Dopo quasi tre anni che ci sto dietro (contando anche il periodo della frittura del vecchio pc), ventitré capitoli e circa 470.000 parole, è stata per me una piccola ma autentica emozione scrivere quella piccola parolina di quattro lettere, "fine".
Non so a quanti di voi sia piaciuta la mia storia, spero a tanti. In ogni caso era una cosa che sentivo il bisogno di scrivere, che *dovevo* scrivere, prima di tutto per me stessa e poi per omaggiare lui, Severus Piton, che è e resterà sempre il mio principe, il mio eroe di questa bellissima saga letteraria.
Non è una storia perfetta, rileggendola mi sono resa conto che alcuni punti, che nella mia mente erano chiarissimi, non lo sono altrettanto a chi la legge per la prima volta e che occorre rileggerla due o tre volte, per cogliere tutti gli indizi e i collegamenti che ho sparso qua e là. Comunque questa è in assoluto la storia che amo di più, tra quelle che ho scritto.
Si è conclusa "Alla fine del sentiero", dunque, ma non le storie di Severus e Oleander: ho in mente una raccolta di one-shot di momenti che non hanno trovato posto qui o che sono nati in seguito.
@ Sheilin: mi piacerebbe dedicare un'avventura anche ad Orchis e ai figli di Harry e compagni, ma finora la "seconda generazione" non mi ha fatto scoccare la stessa scintilla della prima. Comunque sia, butterò giù qualche appunto, poi si vedrà.

Grazie a tutti coloro che hanno letto, commentato, messo nei preferiti, seguiti e ricordati  :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=529913