Alla fine del sentiero di Hotaru_Tomoe (/viewuser.php?uid=2257)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Di pietre e di negozi ***
Capitolo 2: *** 2. Notte stellata. E poi l'addio ***
Capitolo 3: *** 3. Nel covo dell'Oscuro ***
Capitolo 4: *** 4. Privet Drive n.4 ***
Capitolo 5: *** 5. Grimmauld Place n.12 ***
Capitolo 6: *** 6. Amaro risveglio ***
Capitolo 7: *** 7. L'assemblea ***
Capitolo 8: *** 8. La lettera di Silente e l'ES ***
Capitolo 9: *** 9. Lezioni ed indagini ***
Capitolo 10: *** 10. R.A.B. ***
Capitolo 11: *** 11. Inaspettata magia ***
Capitolo 12: *** 12. Confronti ***
Capitolo 13: *** 13. Scherzi pericolosi ***
Capitolo 14: *** 14. La Coppa di Tassorosso ***
Capitolo 15: *** 15. Inchieste e rivelazioni ***
Capitolo 16: *** 16. Il bracciale di Corvonero, parte 1 ***
Capitolo 17: *** 16. Il bracciale di Corvonero, parte 2 ***
Capitolo 18: *** 17. Piano inclinato ***
Capitolo 19: *** 18. Battaglia al Ministero ***
Capitolo 20: *** 19. Battaglia ad Hogwarts ***
Capitolo 21: *** 20. Battaglia a Godric's Hollow ***
Capitolo 22: *** 21. L'ultimo horcrux ***
Capitolo 23: *** 22. Il sentiero che conduce verso l'alba ***
Capitolo 24: *** 23. Diciannove anni dopo, parte 1 ***
Capitolo 25: *** 23. Diciannove anni dopo, parte 2 ***
Capitolo 1 *** 1. Di pietre e di negozi ***
Disclaimers: “Harry
Potter” appartiene a J.K.
Rowling, Warner Bros, Bloomsbury, Salani Editore e a chiunque altro ne
detenga
i diritti. La seguente fiction non è in alcun modo connessa
con il lavoro della
Rowling né ha alcuno scopo di lucro.
Premessa: Finalmente riesco a
postare il seguito
di “Il vaso di Pandora”, cosa che avrei dovuto fare
parecchio tempo fa: avevo
quasi finito di scrivere, ero pronta per la prima revisione, quando
l'alimentatore
del mio vecchio pc ha ben pensato di andare in corto, friggendo nel
contempo scheda
madre e hard disk, stile "Muoia Sansone con tutti i filistei". No,
non era salvata da nessun'altra parte. Sì, l'ho dovuta
riscrivere tutta-da-capo.
Per citare un mio amico: "Non mi esprimo per rispetto dei credenti".
Ad
ogni modo eccola qua. Questa storia è abbastanza slegata da
“Il vaso di
Pandora”, anche se è presente lo stesso original
character, Oleander, e faccio
dei richiami alla precedente fiction (segnalati nelle note). Era nata
per
essere molto più breve ma, mentre la scrivevo, è
decisamente lievitata. Pur rispettando
la griglia iniziale e scrivendo ciò che mi ero prefissa fin
dall’inizio, sono
nate alcune digressioni, a volte fini a se stesse, ma siccome non mi
dispiacevano e dovevo comunque coprire un arco temporale lungo un anno,
le ho
lasciate; altre digressioni, invece, han preso la via di una raccolta
di
one-shots che pubblicherò più avanti.
La
storia ha inizio un po’ prima della fine del sesto libro e si
svolge durante il
settimo anno di Harry & c., l'ho ideata, abbozzata e messa
giù quasi tutta
prima dell’uscita dell’ultimo libro della saga, del
quale, perciò, non ho
tenuto conto quasi per nulla, tranne che in sede di revisione per
prendere
spunti qua e là (per dirne una: sono del tutto assenti i
doni della morte, ci
sarà solo la ricerca degli horcrux e saranno solo sei. Oh,
così dice Silente ad
Harry nel sesto libro... prendetevela con lui XD), quindi lo
svolgimento è molto
diverso da quello di DH e anche dopo averlo letto ho deciso di
mantenere l'impianto
della fanfiction come l'avevo immaginata.
I
dialoghi sono tra virgolette, i pensieri ed anche i flashback sono in
corsivo.
CAPITOLO 1 – DI PIETRE E
DI NEGOZI
SLAM! La porta del negozio di Oleander
sbattè vigorosamente e l’insegna di
legno sopra di essa recante la scritta “The
Gemstone” oscillò come un’altalena
impazzita. Un mago si incamminò furente lungo Diagon Alley
spazzata dal vento, trascinando
un pesante borsone.
“Fatti
rivedere da queste parti e ti schianto!” gli urlò
dietro la donna con tono
agguerrito.
Pochi
secondi dopo udì un sonoro *crack* alle sue spalle ed i
gemelli Weasley si
materializzarono nella stanza “Ragazzi –
sospirò Oleander – siete nel negozio a
fianco ed esiste una cosa chiamata porta: ogni tanto potreste anche
usarla.”
“Così
è più divertente, vuoi mettere?” disse
Fred, iniziando a sbirciare nelle teche.
“Chi
era quello?” chiese George, sedendosi sul bancone.
“Uno
che voleva che vendessi degli amuleti per conto suo.”
“Da
come se n’è andato lui e dal tuo tono di voce
moderato, direi che non vi siete
messi d’accordo.”
“Quel
delinquente voleva che spacciassi i suoi talismani per qualcosa che non
sono: secondo
lui avrei dovuto dire ai clienti che proteggono dalle maledizioni senza
perdono,
vi rendete conto? Che vada a venderli in Notturn Alley, se ha voglia di
truffare le persone.”
George
scosse la testa “La cosa più incredibile
è che c’è chi crede veramente a queste
panzane.”
Oleander
si strinse nelle spalle “La cristallogia è una
branca molto trascurata della
magia; quindi chi non conosce la materia si beve le frottole del primo
ciarlatano
che passa, pensando che le pietre siano una panacea per tutti i mali.
Per
favore! Se così fosse, io sarei ricca sfondata e in questo
momento starei
sdraiata al sole su una spiaggia tropicale. Cristalli e pietre sono
degli
strumenti per incanalare ed amplificare l’energia magica, ma
da soli non
possono fare nulla, se non vengono stregati e attivati dallo spirito di
chi li
manovra. Comunque, usati in modo corretto sono degli ottimi conduttori
di
incantesimi, secondo me in un talismano non devono mai mancare
e...” interruppe
quel flusso di pensieri ad alta voce perché i gemelli
avevano indossato degli
occhialini da professore, che si spingevano continuamente sul naso, e
annuivano
vigorosamente “E brava la nostra maestrina, una lezione coi
fiocchi. Ti meriti almeno
una ‘O’.” E le sventolarono sotto al naso
le palette che i giudici babbani
usavano nelle competizioni sportive.
“Quanto
siete scemi!”
“Andiamo
Oleander, prendila sul ridere. Da noi c’è gente
che è venuta a chiedere se
cappelli e mantelli scudo sono efficaci contro un Avada Kedavra: che
vuoi, la
gente è spaventata e c’è chi se ne
approfitta.” sentenziò George.
“Mmh,
torta di mele! – Fred nel frattempo era entrato nel
retrobottega del negozio di
Oleander e si era servito da solo, come d’abitudine
– Ne vuoi una fetta anche
tu, George?”
“Volentieri.”
E un piatto volò attraverso la stanza.
“Sì,
prego, fate come se foste a casa vostra.” Oleander
allargò le braccia.
“Come
desideri! A dire il vero, con questo freddo, preferiremmo una
cioccolata calda.”
“Ma
non siamo ragazzi esigenti e ci accontentiamo.”
La
maga scosse la testa ed alzò gli occhi al cielo, a
metà fra l’esasperato ed il
divertito.
Alla
fine, aveva deciso di comprare la bottega in Diagon Alley, trasferendo
lì la
sua attività da Milano [1]. Questo negozio era di fianco ai
Tiri Vispi Weasley
e, dopo un periodo di assestamento, necessario a causa
dell’inesauribile vena
scherzosa dei due fratelli, Oleander aveva concluso che non avrebbe
potuto fare
scelta migliore: in quel periodo buio e travagliato un briciolo di
allegria era
un’ottima medicina contro angoscia e cattivi pensieri.
Ovviamente
il suo compagno, Severus Piton, vedeva la cosa in un’ottica
del tutto
differente: aveva etichettato i due gemelli come “una
coppia di scimuniti patentati senza speranza” e si
era
raccomandato di prestare attenzione “a
non venir contagiata dallo loro idiozia”.
“Posso
prendere anche una videocassetta? Hai qualcosa di
movimentato?” Fred osservava
con interesse la collezione di vhs: Oleander aveva contagiato i gemelli
con la
sua passione per i film babbani.
“Sicuro,
fai pure: tanto io posso vederli solo qua in negozio. Prova
‘Dante’s Peak’ o
‘Men in black’. Peccato davvero che gli incantesimi
di Hogwarts facciano
impazzire gli apparecchi babbani, un film la sera me lo guarderei
volentieri.
Beh, serve altro, ragazzi?”
“Sì,
ci servirebbero delle pietre cinetiche per un nuovo prodotto che
abbiamo in
mente.”
“Diaspro
rosso. In quel contenitore sul terzo scaffale.” Oleander fece
cenno col mento a
Fred, che aveva divorato un buon quarto di torta. “A cosa vi
servono?”
George
le porse un volantino pubblicitario che teneva piegato nella tasca
della giacca
color amaranto:
CIABATTINE
FUGGITIVE
Tenetevi in forma inseguendole per tutta la casa.
Se non vi lavate i piedi, lanciano urla strazianti
e si rifiutano di essere calzate!
Fred
pagò le pietre “Spero che il loro effetto duri
più a lungo dell’ematite che
abbiamo comprato il mese scorso.”
“Non
me ne parlare – Oleander si abbandonò con
stanchezza contro lo schienale della
sedia – sto avendo un sacco di reclami ultimamente.
E’ veramente strano,
sapete? Come stavo dicendo prima del vostro simpatico siparietto, in
generale
le pietre dure ed i cristalli sono ottimi conduttori di incantesimi e
trattengono il potere magico molto a lungo. In tanti anni è
la prima volta che
mi capita che il legame magico si rompa così velocemente,
è come se
evaporasse.”
“Ah,
noi pensavamo semplicemente che tu vendessi paccottiglia
scadente.” disse George
serio.
“Ehi!”
Oleander arrotolò una vecchia Gazzetta del Profeta e
picchiò il rosso Weasley
su una coscia. La manovra rivelò un paio di copie del Times
appoggiate sulla
scrivania.
"Come,
come? Leggi anche i giornali babbani?" chiese George.
"Uh?
No, li uso per imballare gli ordinativi che devo spedire, i babbani li
buttano
via quasi nuovi, e i più leggono solo le pagine sportive, un
vero spreco. Li
volete?" chiese la maga, vedendo lo sguardo interessato dei due.
"Papà
impazzirebbe per uno di questi."
"Io
ve li do anche, l'importante è che poi non venga qui Molly a
protestare che
incoraggio il deprecabile collezionismo di materiale babbano del
marito!"
"Nah,
tranquilla - la rassicurò Fred - sono solo giornali, non
è una macchina."
"O
un tagliaerba..." aggiunse George, che ricordava ancora con qualche
brivido come suo padre si fosse quasi tranciato due dita della mano,
cercando
di modificare con la magia quell'attrezzo babbano.
"Ad
ogni modo non è che riportino notizie interessanti per noi
maghi. Senza contare
che i giornalisti babbani hanno davvero il gusto del macabro: qui
c'è un
articolo in cronaca locale su una moria di cani randagi nel Wiltshire,
probabilmente per rabbia, con tanto di foto... disgustoso!"
“Disturbo?”
l’ingombrante testa riccioluta di Lee Jordan si
affacciò sulla porta,
interrompendo la conversazione. Il ragazzo di colore fece un cenno ai
due
gemelli, che si alzarono per seguirlo. Sulla soglia Fred si
voltò e le chiese
“Stasera c’è una riunione
dell’Ordine della Fenice. Sei ancora dell’idea di
non
unirti a noi?”
“Sì,
non vi servirei a nulla: non sono mai stata un granché in
difesa contro le arti
oscure e se mi ci metto sono più maldestra di Tonks... non
fa per me.”
Questa
era solo una garbata bugia: il motivo autentico che l’aveva
spinta a declinare
questa ed altre offerte in tal senso era dovuto al fatto che la prima e
unica
volta che aveva accennato la cosa a Severus, il mago era andato su
tutte le
furie, dicendo che era troppo rischioso e i due avevano litigato a tal
punto
che Oleander aveva ritenuto più saggio accantonare
l’argomento.
Ma
non è che poteva dire “Mi spiace, Severus non
vuole”, perché, ovviamente anche
la loro relazione era del tutto clandestina: solo Silente ne era a
conoscenza. Oleander
comprendeva infatti che Severus Piton si era costruito
un’immagine nel corso
degli anni, quella di un misantropo cinico, burbero ed inavvicinabile.
Un’immagine che era come un muro che lo divideva e lo isolava
dagli altri, ma
che gli permetteva di tirare dritto per la sua strada ed assolvere i
compiti
che Silente gli assegnava con freddezza e distacco…
nonché di mantenere durante
le sue lezioni il silenzio e l’attenzione più
assoluti attraverso il terrore
che esercitava sugli studenti. Egli non poteva e non voleva mostrare
alcuna
debolezza, non voleva rivelare agli altri nulla di sè e
della sua vita; lei era
una delle poche persone alle quali era stato permesso di andare oltre
quel muro
e di occupare uno spazio che per molti, troppi anni, era rimasto vuoto.
Non le
faceva nè caldo nè freddo che la gente sapesse o
meno della loro relazione, ma
se Severus preferiva tenerla segreta, la cosa non le creava problemi.
Nel
frattempo, nel negozio di scherzi dei Weasley, i tre ex studenti di
Hogwarts
discutevano di affari “Allora, Lee, che novità ci
sono? Ci sono speranze per
noi di comprare il negozio di Zonko?”
“Ho
passato due ore al Catasto del Ministero della Magia, prima che un
simpaticone
di vostra conoscenza mi mettesse alla porta.”
“Fammi
indovinare: Percy Zuccavuota Il Pomposo Idiota?” chiese
George con disgusto.
“Proprio
lui. Ha blaterato che un regolamento del sesto secolo limiterebbe la
consultazione delle carte a non più di mezz’ora e
solo dietro un apposito
permesso. Io davvero non lo riconosco più, mi ha addirittura
sequestrato gli
appunti che avevo preso.”
“Quindi
non sei riuscito a concludere nulla?”
“Temo
di no: intrusione del vostro amato fratellino a parte, purtroppo
durante la
Guerra contro
Colui-che-non-deve-essere-nominato,
parte delle vecchie mappe andarono distrutte durante un attacco al
Ministero.
Comunque è strano, strano forte, perché non ho
trovato nulla, assolutamente
nessun documento intestato a Zonko… sembra quasi un
fantasma!”
“Mah,
forse dovremmo controllare anche l’ufficio anagrafe dei maghi
uno di questi
giorni.”
“E
far girare le scatole al nostro caro Percy, così, tanto per
non perdere la mano.”
aggiunse Fred.
“Oppure
è meglio lasciar perdere: con tutto quello che sta
succedendo e le restrizioni
che impone Hogwarts agli studenti, non è il momento migliore
per ampliare l’attività
ed aprire una succursale.” George sbuffò irritato.
“Sapete
la cosa più curiosa? Al catasto c’era anche un
altro mago, interessato a
rilevare la gelateria di Florian Fortebraccio e aveva il mio stesso
problema:
non ci sono informazioni su di lui, come se non fosse mai
esistito.”
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Note
[1]
Nel Vaso di Pandora (d'ora in poi VdP), Oleander ha un negozio di
pietre e cristalli
a Milano, ma nell'epilogo sta trasferendo l'attività ed
è indecisa tra un
negozio in Diagon Alley o uno ad Hogsmead.
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Capitolo 2 *** 2. Notte stellata. E poi l'addio ***
CAPITOLO 2 – NOTTE
STELLATA. E POI L’ADDIO
Oleander
spense l’ultima candela del negozio, si
smaterializzò e ricomparve in
prossimità della barriera della Scuola di magia.
Sbuffò, infastidita dal caldo
umido ed appiccicoso, e pensare che solo pochi giorni prima si
lamentava per il
vento gelido che sferzava l’aria. Che giugno del cavolo!
Avevano ragione i
gemelli, era un tempo assurdo.
Costeggiò
il margine della Foresta proibita, dalla quale si levò un
suono sordo e gutturale,
alcuni abeti si piegarono come fossero canne di bambù ed il
gigantesco faccione
di Grop fece capolino da dietro di essi “Oooleeee.”
la indicò con un dito. Assomigliava
più ad uno sguaiato grido da stadio che ad un saluto, ma
costituiva un notevole
progresso rispetto ai primi tempi, quando i suoi gesti inconsulti
facevano
sudare freddo gran parte del personale di Hogwarts, nonchè i
centauri costretti
a sopportare quell'ingombrante inquilino.
“Buonasera
Grop.” gli rispose con un sorriso, agitando la mano.
Arrivata
in camera fece appena in tempo a cambiarsi, indossando dei pratici
vestiti
babbani (vecchi jeans scoloriti e la felpa bianca di una tuta) quando
un elfo
domestico bussò alla porta: “Signora, perdoni
signora, il preside Silente
desidera vedere la signora. Subito.” E per essere ancora
più eloquente puntò un
braccio magro verso il corridoio.
Oleander
raggiunse in fretta il grosso portone di pietra che permetteva
l’accesso alla
presidenza, pronunciò la parola d’ordine
“Muffins alla nocciola” e salì dal
preside.
Dall’inizio
di quell'anno scolastico, e precisamente dal momento in cui aveva
appreso che
Severus era stato scelto come insegnante di Difesa contro le arti
oscure,
Oleander non poteva negare a se stessa di provare un certo risentimento
nei
confronti dell’anziano mago.
I
ragazzi sostenevano che quella cattedra fosse stata maledetta da
Voldemort in
persona e anche se Albus Silente aveva sempre negato la cosa,
beh… il fatto che
nessun professore fosse mai riuscito a conservare il posto per
più di un anno,
qualche dubbio lo faceva sorgere. Senza contare che molti dei
sopraccitati professori
avevano fatto una fine orribile: lei riteneva che l’incarico
di spia di Severus
gli facesse correre già sufficienti pericoli, senza dover
andare a cercarne altri
a tutti i costi.
Aveva
espresso queste preoccupazioni anche a Severus, ma l’uomo le
aveva liquidate
come semplici sciocchezze e non vi aveva dato peso, contento di essere
riuscito
a conseguire l’agognata cattedra.
Tuttavia
le inquietudini della donna non erano svanite, ma si erano aggravate
con il
tempo e le notizie funeste di continui attacchi alla
comunità magica, tanto che
ogni volta che vedeva tornare Severus da qualche missione provava
sollievo,
come se il mago dovesse morire da un momento all’altro, e
faceva il conto alla
rovescia di quanto mancasse alla fine dell'anno scolastico. Assieme a
quel
disagio era cresciuta anche l’irritazione nei confronti del
preside: perché non
la insegnava lui quella dannata materia?
Comunque,
qualsiasi sentimento negativo Oleander potesse provare, si dissolse nel
momento
in cui entrò nello studio di Silente e lo vide sprofondato
in poltrona: in quel
momento sembrava solo un vecchio stanco, affaticato e provato dal
dolore.
L’occhio le cadde inevitabilmente sulla mano annerita e
carbonizzata; Silente,
accortosene, la coprì con la lunga manica della sua veste
blu notte,
dichiarando tacitamente che quello non sarebbe stato argomento di
conversazione, quella sera. La donna sospettava che Severus sapesse
cosa fosse
accaduto all'anziano preside, ma su quell'argomento la sua bocca era
sigillata
al pari di quella di Silente. Il vecchio preside di tanto in tanto la
invitava
nel suo studio per una tisana e per parlare della situazione presente,
le aveva
anche raccontato qualcosa delle sue lezioni con Harry, però
non c'era verso di
fargli dire come si fosse procurato quella terribile ustione. Ad ogni
modo, non
occorreva essere Hercule Poirot per capire che si era trattato di un
incidente
molto grave e, di quei tempi, grave poteva essere solo sinonimo di
Voldemort.
“Professor
Silente.” Oleander piegò la testa in un cenno di
saluto.
“Vieni,
Oleander.” il mago le sorrise, indicando la poltrona davanti
alla sua.
Nell’attraversare lo studio Oleander udì un *HIC*
piuttosto forte, un inequivocabile
singhiozzo da ubriaco e strabuzzò gli occhi castani dietro
le lenti dei suoi
occhiali. Sibilla Cooman era sdraiata su un divano in un angolo buio
della
stanza, in uno stato simile ad un coma etilico e biascicava parole
indistinte.
Il dolciastro odore dello sherry arrivava fin lì.
“Ma-ma…” balbettò la maga dai
cupi capelli viola.
“Accomodati
pure.” proseguì il preside in tono gioviale, come
se un membro del corpo
docenti non giacesse affatto lì, in uno stato indecoroso.
Oleander
scosse la testa, abbastanza abituata alle stranezze di entrambi per
passarci
sopra “Posso fare qualcosa per lei?”
Circa
un’ora dopo Oleander lasciò la stanza di Silente
piuttosto stanca e con un fastidioso
cerchio alla testa: l’anziano mago aveva pensato di inserire
il suo laboratorio
di Cristallogia e talismani magici (ora facoltativo e saltuario) tra i
corsi ufficiali
di Hogwarts per gli ultimi due anni, ma il progetto di cui le aveva
parlato era
così fumoso e vago che Oleander non riusciva a capire se era
solo un’idea estemporanea
del preside o qualcosa di veramente concreto. E poi, era davvero
così urgente
da doverne parlare quella sera? Una pendola battè le ore e
la donna si stupì:
non si era resa conto di essersi trattenuta così tanto nello
studio di Silente.
Decise
di uscire un attimo su un balcone a prendere una boccata
d’aria fresca per
schiarirsi la mente. Tirò una porta-finestra già
socchiusa e vide che anche
Harry Potter era lì, seduto sulle piastrelle a fissare le
stelle, perso nei
suoi pensieri.
“Ti
spiace se ti faccio compagnia?”
La
voce nasale e acuta di Oleander lo fece trasalire. Istintivamente la
mano del
ragazzo era corsa alla tasca dei pantaloni dove teneva la bacchetta, ma
si era
fermato immediatamente, una volta riconosciuto il suo interlocutore
“No, affatto.”
"Scusa,
non volevo spaventarti. Ho solo bisogno di un po' di aria." La maga si
accomodò a cavalcioni del cornicione del balcone,
appoggiandosi alla parete di
pietra. I due restarono a lungo in silenzio ad ammirare la volta
celeste. Ad
Harry piaceva la compagnia di Oleander: era una delle poche persone che
non lo aveva
assillato e soffocato con continue domande tipo “Stai
bene?”, “Sicuro che è
tutto a posto?” dopo la perdita di Sirius. Era un presenza
discreta e di questo
le era grato.
“Le
stelle sono più belle quando non devi studiarle.”
disse la maga dopo un po’.
“Vero.”
Il ragazzo sorrise. “Ah, prima ero passato nella tua stanza,
ma non c’eri.
Volevo sapere se puoi riparare questa clessidra magica di Hermione: una
volta
che la sabbia è scesa, non si gira più da sola e
lei diventa matta se non
riesce a cronometrarsi durante gli esercizi di Aritmanzia.”
La lanciò alla donna.
“Ancora…”
gemette Oleander.
“Ti
è già capitato?”
“Sì,
ne parlavo qualche giorno fa ai gemelli Weasley: da un po' gli oggetti
magici e
le pietre sembrano aver perso efficacia, durano molto meno del
previsto. E io
non ho idea del perché.”
“Io
sì – la voce del ragazzo si fece tagliente
all’improvviso – è colpa di
Voldemort.”
"Come?"
"Me l'ha detto stasera il professor Silente. Mi ha spiegato che a
questo
mondo ogni cosa è in equilibrio: bene e male, magia positiva
e oscura, luce e
tenebra; a tratti prevale l'uno, a tratti l'altro, ma alla fine tutto
si
bilancia. La terra vive grazie a questo equilibrio, ma quando uno dei
due
elementi prende un sopravvento eccessivo sull'altro, tutto ne viene
toccato: le
stagioni sono stravolte, le pietre perdono i loro poteri, gli
incantesimi non
funzionano a dovere, gli eventi catastrofici si moltiplicano e si
riverberano
anche sul mondo babbano. E' ciò che sta succedendo in questo
momento."
Oleander
riflettè: era vero, solo a maggio Francia e Spagna erano
state devastate da tre
tempeste di potenza inaudita, in Cina c’erano stati due
fortissimi terremoti e
Los Angeles era circondata da violenti incendi. Certo, questi eventi
naturali
rientravano nell’ordine delle cose della Terra, erano sempre
accaduti, ma in
quel periodo la forza e la frequenza di quelle sciagure era a dir poco
preoccupante. Ed inoltre gli assalti e gli agguati diretti dei
mangiamorte, si
erano fatti più frequenti. Senza dubbio una grossa
quantità di energia negativa
si stava diffondendo ovunque e anche pietre e cristalli, alla lunga, ne
risentivano. Il ritorno del più temuto mago oscuro aveva
dunque anche effetti
di quel genere? E se questa volta l'equilibrio della Terra non si fosse
ristabilito? Rabbrividì, nonostante l’aria immota
e pesante. "Il professor
Silente ti ha detto questo?"
"Beh,
il succo era questo, ma dire il vero ha fatto un discorso molto, molto
più
lungo. Però - si grattò la testa imbarazzato -
non lo ricordo molto bene... non
era del tutto sensato... mi pare... ah! Sono un po' confuso e molto
stanco."
Harry sospirò pesantemente e si mosse, evidentemente a
disagio.
"Hai
dei dubbi, vero? Sulle tue ‘lezioni’ con il
professor Silente."
"Sì!
Noi esaminiamo ricordi, ci immergiamo nel passato di Ridde o altre
persone,
analizziamo, scopriamo indizi, ma... tutto sommato mi sembra di non
fare alcun
progresso. Vorrei dei risultati, adesso!" il ragazzo picchiò
un pugno
sulle mattonelle del balcone, frustrato.
Oleander
lo guardò di sottecchi: era solo un ragazzo, non ancora
maggiorenne e aveva già
affrontato molto più di quanto un uomo - mago o babbano -
affronta in tutta la
vita, ma restava pur sempre un ragazzo. Ancora una volta si chiese se
Silente avesse
davvero le idee chiare, a volte gli sembrava quasi che l'anziano mago
incoraggiasse Harry allo scontro diretto con il mago oscuro, basandosi
solo su
quella famosa profezia.
Alla
fine disse, non sapeva se rivolta più a se stessa o ad
Harry, "Mah...
stiamo pur sempre parlando di Silente: lui sa qual è
l'obiettivo finale di
tutto ciò, anche se ci arriva per vie contorte. Almeno
credo."
Harry
ridacchiò "Questo non è molto rassicurante, sai?"
"Spiacente,
io non so offrire di meglio. Ora ti conviene tornare nel tuo
dormitorio, prima
che un vero professore ti scopra ancora alzato. Non mi sembra che ti
occorrano
altre punizioni, no?"
Oleander
restò ancora un po’ a guardare le stelle,
finchè da lontano non vide
avvicinarsi alla scuola una figura scura che sembrava scivolare
sull’erba e si
diresse verso le stanze di Severus.
Il
mago sembrava più che mai in vena di polemiche “Su
un balcone in bella vista,
con una *cosa* bianca addosso… perché non ci
dipingi un bel bersaglio? I
mangiamorte ti ringrazierebbero.”
“Con
le difese che possiede questa scuola, i mangiamorte non possono nemmeno
avvicinarsi, come ti farebbe notare Hermione Granger, e la *cosa* per
tua
informazione si chiama felpa.”
Severus
fissò per un momento il suo abbigliamento con occhio critico
“Un sacco di iuta
sarebbe più elegante. Non capisco perché ti
ostini ad indossare stracci
babbani.”
“Perché
sono comodi! Senti un po’, Severus – Oleander si
piantò le braccia sui fianchi
– se hai così voglia di litigare, vado a cercarti
un Molliccio, così ti sfoghi
con lui.”
Il
mago scrollò le spalle e si portò ad una
finestra, maledicendosi
silenziosamente: non aveva avuto intenzione di essere così
brusco, stava
semplicemente sfogando su di lei lo stress dell’ennesima
missione senza
risultati. Non si sarebbe stupito se ora Oleander se ne fosse andata
sbattendo
la porta, invece sentì le mani robuste della donna posarsi
sulle sue spalle indolenzite
e muoversi piano, in piccoli cerchi, per sciogliere la tensione
accumulata. “Dimmi
– proseguì lei –
cos’è successo? Non ci piove che tu abbia un
carattere
spaventoso, ma non è da te scattare a questo modo, se non
c’è una valida
ragione.”
Di
fronte all’ostinato silenzio dell’uomo, Oleander
gli andò di fronte. “Mmh…
allora devo scoprirlo chiedendo a qualcun altro? Perché sai
benissimo che lo
farò.”
Il
mago storse le labbra in una smorfia: oh, lo sapeva eccome.
“Oggi con Lupin abbiamo
scoperto che altri tre Auror mandati a cercare Olivander sono stati
vittime dei
Dissennatori.” Mosse qualche passo nervosamente per la
stanza: Draco non si
fidava più di lui e non riusciva a far confessare al ragazzo
quale piano avesse
in mente Lord Voldemort, quello sciagurato di Potter non riusciva a
star
lontano dai guai nemmeno immobilizzato con un Petrificus Totalus, i
Dissennatori
e i Mangiamorte si andavano radunando sempre più numerosi
attorno all’Oscuro
Signore. La ricerca degli horcrux procedeva a rilento e Albus non gli
permetteva di partecipare, lasciando tutto nelle mani di quel ragazzino
arrogante; inoltre sentiva che presto avrebbe dovuto
adempiere il compito
promesso al vecchio preside: presto, troppo presto, sarebbe giunto quel
giorno…
si sentiva frustrato e impotente.
Oleander
sapeva che l'unica cosa che poteva fare per lui era provare a
distrarlo, anche solo
per un po’, dalle mille preoccupazioni che lo affliggevano e
fargli dimenticare
brevemente il pesante fardello che l’uomo si era caricato
sulle spalle.
"Quando
hai finito di demolire i compiti dei tuoi allievi, ti aspetto in camera
mia."
Piton
si risvegliò all’alba e si volse a guardare la
donna al suo fianco, che dormiva
scomposta, aggrovigliata tra le lenzuola, la testa semisepolta sotto al
cuscino:
al risveglio i suoi capelli corti sarebbero stati un disastro. La cosa
gli
strappò un lieve sorriso. Allungò una mano e le
sfiorò una spalla nuda. Da un
lato avrebbe voluto parlarle di tante cose: il voto infrangibile, Lily
Evans, la
promessa con Albus… glielo doveva. Per come sopportava i
suoi malumori, per
quegli attimi di serenità che gli stava donando,
perché lei lo amava, amava
lui, un ex-mangiamorte, perché era stata un dono insperato e
inaspettato e per
questo così prezioso.
Ma
d’altro canto, più di tutto, sentiva di doverla
tenere al sicuro, coinvolgerla
il meno possibile in tutto quello che, inevitabilmente, sarebbe
accaduto di lì
a poco.
Se
lei fosse stata al riparo, lontana dalla guerra, se fosse
sopravvissuta, se
questa volta fosse riuscito a salvare chi amava, allora non gli sarebbe
importato nulla, nemmeno di morire. Per questo avrebbe continuato a
tacere,
anche se questo era come mentirle.
Allungò
la mano verso la sua veste, buttata su una sedia vicino al letto ed
estrasse
dalla tasca una piccola fiala contenente un liquido denso e scuro. La
guardò
pensieroso a lungo, infine la rimise al suo posto, con la solita,
impenetrabile
espressione sul volto.
Poi
Oleander scalciò nel sonno, colpendolo piuttosto forte su
uno stinco, lui la
svegliò senza tante grazie ed i due iniziarono la giornata
con uno dei loro
consueti battibecchi.
Pochi
giorni dopo, giunse quella fatidica notte.
Oleander
stava preparando una colla speciale per aggiustare alcune bacchette
magiche;
Piton entrò nella sua stanza portando una teiera e due tazze
colme di tisana ai
mirtilli. La maga si tolse gli occhiali, guardandoli sospettosa come se
qualcuno li avesse stregati. “Spiritosa.”
sibilò l’ex-mangiamorte, porgendole
la tazza.
“Grazie,
ci voleva proprio.” accettò la tisana con un
sorriso, bevve una lunga sorsata,
ma poi fece una smorfia assurda e disgustata “Streghe e
fattucchiere, Severus!
E’ dolcissima! Ma quanto zucchero ci hai messo?”
Il
mago la guardò offeso, poi borbottò
“Neanche fosse pozione polisucco, quante
storie.”
“D’accordo,
d’accordo. – Oleander sospirò in tono
teatrale – Per dimostrarti il mio amore,
la bevo tutta d’un fiato!”
Il
rumore di passi pesanti di parecchie persone nel corridoio le fece
aggrottare
la fronte: il suo alloggio non era nella zona dei dormitori, non
potevano
essere studenti; allora chi diamine stava facendo tutto quel chiasso?
Fece per
alzarsi, ma le gambe non la ressero e ripiombò pesante sulla
sedia. In quel
momento la sua mente tornò a due anni prima e la donna
comprese cosa fosse una
sensazione di deja-vù [1]. Alzò gli occhi,
rivolgendo uno sguardo interrogativo
e allarmato insieme a Severus, il cui volto era una maschera perfetta,
seria ed
inespressiva. Se stava provando qualcosa, non lo dava a vedere. Con
grande
sforzo provò a rialzarsi di nuovo, ma gli franò
addosso “Perché?” fu l’ultima
cosa che chiese prima di chiudere gli occhi, addormentandosi.
Severus
l’adagiò delicatamente sul pavimento
“Per dimostrarti anch’io il mio amore.”
Un
ultimo bacio sulle labbra di lei, poi si alzò per
raggiungere gli altri Mangiamorte,
che si stavano scatenando nel vecchio maniero.
Si
voltò un istante a guardarla sulla soglia della porta.
“Perdonami.”
Ed
uscì.
========================
Note
[1]
VdP - capitolo 10: Oleander finisce avvelenata dal liquido del Vaso di
Pandora.
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Capitolo 3 *** 3. Nel covo dell'Oscuro ***
CAPITOLO 3 – NEL COVO
DELL’OSCURO
“Ora
vomito.”
Draco
non riusciva a pensare ad altro.
“Ora
vomito.”
Oscillò
pericolosamente sul manico della scopa. I Mangiamorte attorno a lui
ridevano e
gridavano trionfanti, ma i suoni si facevano sempre più
fiochi e distanti nella
sua mente.
“Ora
vomito.”
Scivolò
da un lato e la scopa si inclinò, puntando verso il suolo.
Una mano gli si posò
sulla spalla. “Guarda avanti.” disse Piton, con
voce inespressiva.
“La
stessa mano che ha ucciso il preside.” Con un gesto brusco si sottrasse
alla stretta,
raddrizzandosi sul manico. Però seguì il suo
consiglio: fissò l’orizzonte
davanti a sé, concentrandosi solo su quello.
Piton
invece si voltò più volte: si erano
smaterializzati appena fuori la barriera di
Hogwarts, avevano recuperato le scope ed ora volavano in formazione,
seguendo
Alecto, l’unica che aveva ricevuto istruzioni sulla via di
fuga. Improbabile
che qualcuno dalla scuola o dal Ministero fosse già sulle
loro tracce, ma
Potter era talmente accecato dalla rabbia che non si sarebbe stupito di
vederlo
comparire a bacchetta spianata. Sì, ne sarebbe stato capace,
il Prescelto, e in
un attimo avrebbe rovinato tutto…
“Ti
prego, Severus.” l’accorato appello di
Silente echeggiò nella sua mente
ancora una volta. “Dannato…
– pensò –
alla fine mi hai costretto a farlo
davvero.” Si asciugò con rabbia il
sangue che ancora usciva dalle ferite
inflittegli dall’ippogrifo.
“Allegro
Severus! Tra poco potrai darti una sistemata.” gli
urlò Amycus.
Atterrarono
al centro di un campo di grano mietuto da poco, dove era rimasto solo
un cencioso
spaventapasseri di paglia, che in realtà era una passaporta.
"Una
passaporta... non è rischioso? Il Ministero potrebbe
individuarla.”
“Che
c’è Piton, paura?” lo schernì
Thorfinn Rowle.
“Affatto
– ribattè serafico l’ex professore di Hogwarts – vorrei solo
evitare di trovarmi addosso
in un istante tutti gli Auror dell’Inghilterra.”
“Tranquillo,
abbiamo ottimi amici
al Ministero, evitare che si accorgano di una passaporta non
autorizzata non è
un problema.”
“Dunque il Signore Oscuro
ha infiltrati
anche lì… e mi chiedo in quanti altri
luoghi.”
Draco
si muoveva come un automa e Piton dovette sospingerlo verso la
passaporta. Ora
era molto preoccupato per il ragazzo: aveva lo sguardo perso nel vuoto
ed era
completamente alienato da tutto ciò che lo circondava.
Narcissa conosceva bene
suo figlio: Draco non era un assassino, non lo sarebbe mai stato, come
gli
aveva urlato disperata l’estate passata. Poteva essere
altero, crudele,
arrogante, ma non era capace di uccidere. Anche se avesse gridato la
maledizione senza perdono contro Silente, non avrebbe sortito alcun
effetto,
impaurito e tremante com’era. No, Draco non aveva la
volontà di uccidere in
quel momento. Piton dubitava che l’avrebbe mai avuta anche in
futuro e
purtroppo questo poteva essere molto pericoloso per lui.
Il
luogo oltre la passaporta gli era del tutto sconosciuto: una casa di
campagna
di un solo piano, all’apparenza modesta, isolata nella
brughiera spoglia. Non
si vedevano altre costruzioni fin dove l’occhio poteva
spaziare, solo un
susseguirsi di brulle colline disseminate di grosse rocce ed alberi
isolati.
Lontano, nei pressi di una macchia di querce, c’era quello
che sulle prime gli
sembrò un piccolo lago molto scuro. Ma aguzzando la vista si
accorse che non
era così e un brivido di terrore lo percorse: erano
dissennatori. A centinaia,
forse a migliaia, attendevano solo un cenno del loro unico padrone per
alzarsi
e spargere terrore e dolore ovunque.
“Avanti,
muovetevi.” gridò Amycus dall’interno
della villetta.
La
casa, ovviamente, era stata stregata, all’interno era
vastissima, forse quanto Hogwarts
stessa e si sviluppava quasi completamente nel sottosuolo; lanterne e
torce
illuminavano a fatica stanze e corridoi, come se la luce in quel luogo
si fosse
già arresa all’Oscuro Signore.
Narcissa
Malfoy aspettava trepidante vicino ad una finestra e quando vide Draco
gli andò
incontro, nascondendo a malapena l’emozione.
“Mamma!” esclamò il ragazzo, con
una voce incerta che lo faceva sembrare più piccolo della
sua età. “Vieni
Draco. E anche tu, Severus.” e la donna li guidò
in un’altra stanza; stava per
chiudere la porta, ma sua sorella Bellatrix entrò come un
ciclone: la maga fissò
Piton con occhi di fuoco, ansimando.
“Tu…”
“Buonasera
anche a te, Bellatrix. Qualcosa non va?” chiese
l’uomo nel tono più indolente che
gli riuscì, facendola infuriare ancora di più
“Il Signore Oscuro aveva ordinato
a Draco di ucciderlo! Tu! – gli si avvicinò
stringendo i pugni – tu hai voluto
rubargli la gloria dell’impresa.”
“Bella…”
iniziò Narcissa.
“No,
Cissy! Questo compito era di Draco! E lui l’ha scavalcato,
solo per riguadagnare
la fiducia del Nostro Signore.”
“Io
non devo riguadagnare un bel niente. – fece notare Piton,
asciutto – Draco ci
stava mettendo troppo tempo e la situazione stava diventando critica.
Senza
contare che se avesse indugiato ulteriormente, la cosa mi avrebbe
creato
qualche… problema.” Stese la mano con la quale
aveva stretto il voto
infrangibile con Narcissa.
“Piton!”
“Calmati
Bellatrix, o ti scoppieranno le vene.” le disse lui,
sarcastico.
La
maga portò la mano alla bacchetta, ma la sorella minore la
interruppe: “Basta
così, Bella. Draco è stanco e deve
riposare.”
Bellatrix
digrignò i denti così forte che Piton
pensò le si sarebbero spezzati i molari.
"Puoi anche aver messo nel sacco mia sorella con la tua azione da eroe
salvifico, ma io non ci casco. Non mi fido di te, Piton e ti
terrò
d'occhio."
L'ex
professore di Hogwarts si strinse nelle spalle "Come preferisci, Bella.
Spero solo che Rodolphus non si ingelosisca troppo."
Narcissa
mise un braccio attorno alle spalle del figlio e lo
accompagnò fuori; passando
di fianco a Severus lo guardò negli occhi e
sussurrò “Grazie per averlo
protetto. Anche se è stato solo per il voto, grazie per aver
protetto il mio
unico figlio.”
Macnair
venne a chiamare Piton: “Il Nostro Signore ti vuole a
rapporto, non appena ti
sarai medicato.”
Lord
Voldemort attendeva seduto in poltrona davanti al camino acceso
“Codaliscia –
ordinò al suo viscido servitore – Nagini deve
cenare.”
“Sì,
mio Signore.” Minus si profuse in un inchino esagerato e
lasciò la stanza.
Il
volto ceruleo dell’Oscuro era illuminato dalle fiamme
crepitanti che gli
conferivano un aspetto quasi demoniaco “Severus, mio
servitore. Ti piace la
dimora che ho scelto?”
“Sì:
è impressionante.”
“Lieto
che ti piaccia. Ovviamente vi ho apportato le opportune modifiche che
la
rendono adatta ai nostri scopi e ad accogliere coloro che vorranno
seguirmi.
Non credo che i precedenti proprietari avranno qualcosa da
ridire.” E indicò
due sagome scure che giacevano sul pavimento: probabilmente i prossimi
pasti di
Nagini. “E così, Albus Silente è morto.
Devo proprio complimentarmi con te,
Severus.”
“No,
non occorre. Ho solo eseguito il volere del mio Signore.”
Le
iridi rosse di Voldemort cercarono quelle nerissime di Piton e questi
non si
sottrasse alla legilimanzia. Poco dopo l’Oscuro interruppe il
contatto,
soddisfatto “Non mi ero sbagliato allora: il mio servo
più fedele era davvero
ad Hogwarts. Tuttavia sono deluso da Draco.” la voce di
Voldemort si fece più
fredda e tagliente. Piton deglutì a vuoto: conosceva quel
tono che non faceva
presagire nulla di buono. “C’è
– c’è stata confusione su nella torre,
non ha
avuto il tempo…” si affrettò a dire.
“Tu
a quell’età eri più abile,
più spietato. Lucius ha cresciuto quel ragazzo come
un rammollito, inizio a pensare sia stato un errore farlo entrare nella
cerchia
dei Mangiamorte, ultimamente i Malfoy non fanno che procurarmi
delusioni.”
Scosse la testa, come se fosse profondamente rammaricato.
“Il
ragazzo è solo un po’ inesperto.
Migliorerà col tempo.”
“Lo
spero. Per lui. Questa volta sarò indulgente, dopotutto mi
hai portato ottime
notizie.” sul volto dell’Oscuro apparve qualcosa di
simile ad un crudele
sorriso.
Piton
chinò rispettosamente il capo “Vi
ringrazio.”
“Bene
– Voldemort lo liquidò con un gesto della mano
– puoi andare.”
“Nient’altro?”
chiese Piton stupito.
“Altro?”
“Sì
– proseguì Piton con tono pratico –
pensavo che ci avreste illustrato subito le
prossime mosse, gli obiettivi da distruggere…”
“Ogni
cosa a suo tempo, Severus. Le cose fatte di fretta riescono sempre male
ed io
voglio che questa volta tutto sia perfetto, che nulla possa andare
storto. E tu
non ti esporrai in prima linea, mi servi per altri lavori, qui.
D’altronde,
dopo stasera, non credo che gli Auror ti acclamerebbero come un eroe,
se ti
vedessero in giro. Spero dunque tu non voglia mettere in discussione i
miei
piani.”
“No,
certo che no.”
Piton
uscì all’aperto, appoggiandosi con la schiena
contro il tronco di un albero, desideroso
di fondersi con il buio della notte: era sfinito. E le cose andavano
male,
malissimo: se non aveva la possibilità di uscire e di
muoversi liberamente, non
avrebbe potuto avvertire nessuno di eventuali pericoli. Per quello
avrebbe
pensato a qualcosa, più avanti, ma non ora, era troppo
stanco. Chiuse gli occhi
ed inspirò profondamente la fredda aria notturna,
concedendosi finalmente un
attimo per il suo dolore.
“Severus.”
La
voce di Albus non voleva abbandonare la sua mente.
Il tono dolce, supplichevole del suo unico amico lo avrebbe
perseguitato a
lungo e ciò aumentava la sua rabbia. Era tornato ad
uccidere, cosa che aveva
giurato di non fare mai più dopo la morte di Lily. In quel
terribile istante,
quando il lampo di luce verde era esploso dalla sua bacchetta, Piton
aveva
udito tutte le sue vittime passate urlare all’unisono.
C’è
sempre una scelta, aveva detto Albus.
Sì,
ma quella era stata una scelta straziante, la più difficile
mai presa. Perché,
al di là delle ragioni che lo avevano indotto a farlo, al di
là delle promesse
e del fatto che la sorte di Silente fosse ormai segnata, aveva posto
fine alla
vita dell’unico uomo che aveva creduto in lui, che
l’aveva difeso davanti a
tutti, in ogni occasione. Questo restava un fatto dolorosamente vero.
“Perché?” un’altra voce si
affacciò alla sua mente. Stupita,
spaventata e, non poteva negarlo, leggermente accusatoria. Il corpo di
lei che
si afflosciava pesante e privo di sensi contro il suo, le palpebre che
chiudevano gli occhi color nocciola. Oleander… no!
Inspirò ed espirò
profondamente. No, a lei non doveva pensare, non poteva permetterselo,
o la sua
maschera, ne era certo, si sarebbe infranta. Lei avrebbe dormito a
lungo,
ignara, lontana da quell’orrore. Si aggrappò
all’idea di saperla al sicuro, per
affrontare ciò che sarebbe venuto.
Narcissa
chiuse la porta della camera da letto che le era stata assegnata: aveva
lasciato Marcy, la loro elfa domestica più fedele, a
vegliare sul ragazzo. “Si
è addormentato.” disse alla sorella.
“Mi
auguro che tu l’abbia rimproverato a dovere,
Cissy.” Bellatrix era ancora
furiosa.
“Per
cosa?”
Bellatrix
aveva gli occhi fuori dalle orbite “Per non aver portato a
termine il suo
compito! Aveva promesso al Nostro Signore che avrebbe ammazzato
Silente. Io gli
ho insegnato quella maledizione. Avada Kedrava. Non è
così difficile, l’abbiamo
anche provata su dei cani randagi e c’era riuscito.”
“Se
permetti un essere umano è diverso da un animale,
sorella.”
“Non
esiste il diverso. Esistono solo gli ordini del nostro Lord, che devono
essere
eseguiti senza alcuna discussione.” Si scoprì il
braccio sinistro, mettendo a
nudo il marchio nero e si avvicinò alla sorella. Narcissa si
ritrasse
impercettibilmente: sapeva che la fedeltà di Bellatrix verso
Lord Voldemort non
conosceva confini, ma da quando era evasa da Azkaban, la sorella
sembrava uscita
di senno e ciò la spaventava.
“Questo
marchio comporta dei privilegi tra i maghi oscuri, ma anche delle
responsabilità ed è meglio che Draco lo capisca
il prima possibile. Glielo farò
capire io, se necessario.”
Il
tono di quest’ultima frase non piacque affatto a Narcissa:
negli occhi di
Bellatrix brillava una luce strana, folle.
“Ucciderebbe
Draco, se solo Voldemort
glielo chiedesse. Lo farebbe senza alcuna esitazione né
rimorso e tu lo sai.
Non puoi fare finta di niente, sai che è
così.” La consapevolezza di questo
pensiero fu come uno
schiaffo in pieno volto. La moglie di Lucius Malfoy recuperò
il sangue freddo, avanzò
di un passo verso Bellatrix e la guardò dritta negli occhi:
“Fino a prova
contraria sono io la madre di Draco e decido io cosa insegnarli e con
che
metodi.”
“Mi
auguro che tu ne sia in grado, Cissy.” Detto questo,
Bellatrix lasciò la
stanza.
“Lucius,
amore… cosa devo fare?” una lacrima scivolò
furtiva sul viso di Narcissa, che
si accasciò esausta su una poltrona.
======================
RINGRAZIAMENTI
Arabesque: proprio te cercavo XD! Non ti ho
mai ringraziato per
aver segnalato il Vaso di Pandora per il concorso Best
OC, lo faccio qui. Sono contenta che il seguito ti stia
piacendo e mi dispiace averti fatto aspettare così tanto, ma
credimi, quando mi
si è fuso il vecchio pc, è stato un trauma.
Approfitto
per ringraziare di cuore anche Snape88
per la bellissima recensione che mi ha lasciato nel Vaso di Pandora, le
tue parole mi hanno reso davvero felice.
Grazie
a lete89 e Lady
of the sea che hanno messo la storia rispettivamente tra le
preferite e le seguite ed anche a tutti coloro che stanno leggendo.
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Capitolo 4 *** 4. Privet Drive n.4 ***
CAPITOLO 4 – PRIVET DRIVE
N. 4
Un
turbinio di piume svolazzanti nell’afa estiva
annunciò l’arrivo di Errol, che
aveva mancato nuovamente la finestra della stanza di Harry, andando a
sbattere
poco sopra di essa. Il ragazzo si alzò di scatto dal letto,
afferrò il volatile
prima che precipitasse al suolo e lo depositò nella gabbia
di Edvige, che
sonnecchiava a causa della calura estiva.
La
lettera che portava il vecchio gufo era di Molly Weasley: tutti i
membri della
famiglia di Ron gli scrivevano almeno una volta al giorno, ma anche
Hermione e
altri suoi compagni di Hogwarts gli scrivevano più o meno
con la stessa
frequenza, aveva un cassetto della scrivania pieno di lettere. Il via
vai di
gufi ed altri rapaci da casa dei Dursley era stato così
frequente quell’estate
che anche i babbani più distratti se ne erano accorti. Una
vicina di casa aveva
suggerito loro di verificare se c’era un buco sotto al tetto:
probabilmente dei
gufi ci avevano fatto il nido. Zio Vernon era diventato violaceo e zia
Petunia
si era quasi slogata le dita torcendosi le mani per
l’angoscia.
Anche
se ogni tanto tutti quei messaggi lo esasperavano (“Sto bene!
Anche se me lo
chiedete venti volte al giorno, la risposta non cambia.”
avrebbe voluto
gridare), Harry era contento di leggerle e distrarsi, nelle lunghe
giornate che
passava chiuso nella sua camera. Gli anni precedenti zio Vernon gli
imponeva di
restare in quella stanza e di farsi vedere in giro il meno possibile,
ma
quell’anno non ci fu bisogno delle sue minacce: da quando era
tornato a casa,
Harry praticamente non aveva mai rivolto la parola ai suoi parenti,
ovviamente
non aveva detto loro della morte di Silente nè del
pandemonio che si era
scatenato nel castello.
Già,
era meglio parlarsi il meno possibile, o si rischiavano episodi come
quello
capitato la mattina prima.
Harry
si era alzato di buon ora, si era
lavato ed era sceso a far colazione, nella speranza di poter tornare in
camera
sua prima che si alzassero tutti quanti, ma quando uscì dal
bagno, si trovò
davanti zio Vernon. Lo oltrepassò, ma l’uomo
l’afferrò per un braccio “Che modi
sono questi? Non si saluta più? Bada, piccolo ingrato
– lo minacciò con un dito
grassoccio – il tuo atteggiamento non mi piace
affatto.”
“Tranquillo, non dovrai sopportarmi
ancora per molto. Me ne andrò il giorno stesso del mio
compleanno.”
“Co-cosa? – balbettò l’uomo
– sei ancora
minorenne, non te lo permetterò!”
Harry gli aveva rivolto uno sorriso di
scherno “E come pensi di impedirmelo?”
L’uomo era arretrato di qualche passo,
terreo. Ma poi, come illuminato da un pensiero, aveva riacquistato
baldanza
“Non puoi fare nulla, tu. Ormai lo sappiamo che i minorenni
non possono fare
magie, al di fuori di quella scuola di pazzi che frequenti.”
Il ragazzo sopravvissuto era scoppiato a
ridere “Zio Vernon, a diciassette anni per la mia gente
diventerò maggiorenne e
potrò usare liberamente la magia. Il professor Silente te lo
aveva detto.”
“Figuriamoci se mi metto ad ascoltare quello
che dice un vecchio squilibrato.”
“NON OSARE! NON OSARE PARLARE DI LUI IN
QUESTO MODO! TU NON SEI NEMMENO DEGNO DI PRONUNCIARE IL SUO
NOME!” urlò Harry
talmente forte che sia Petunia che Dudley accorsero per vedere cosa
stesse
succedendo. Vernon si era appiattito, per quanto gli consentisse la sua
mole pachidermica,
contro la parete, visibilmente atterrito, forse memore di quanto
successo a sua
sorella Marge pochi anni prima.
Avada Kedavra.
Harry aveva sentito l’antica maledizione
risalire dalle viscere del suo essere fin quasi alle sue labbra, prima
di
fermarsi, ansante ed inorridito di ciò che stava per dire.
Si era voltato ed
era tornato di corsa in camera sua, sbattendo la porta e non era
più uscito
fino a sera.
Ripensare
a quell’episodio lo metteva a disagio, lo spaventava: non
aveva avuto alcuna
intenzione di usare la maledizione senza perdono contro suo zio, non
l’aveva
pensato sul serio, era stato solo un attimo d’ira, accecante.
Solo questo.
Però… in quell'istante aveva provato una
sensazione strana, quasi una
dissociazione, come se non fosse davvero lui in quel momento, come se
qualcun
altro albergasse in quel corpo. Era stato solo un attimo, poi
quell'orribile
sensazione si era dissolta, ma anche per via di episodi come questo era
meglio
abbandonare Privet Drive il prima possibile.
Fosse
stato per lui l'avrebbe fatto in quel preciso istante, ma probabilmente
non
sarebbe arrivato nemmeno al cancello d'ingresso senza che il Ministero
della
Magia lo sapesse; Harry si affacciò alla finestra e la sua
attenzione fu attirata
da una donna vestita in modo bizzarro: indossava una gonna di lino a
fiori, una
camicetta cinese, un cappello di lana e ai piedi portava stivali di
gomma. Quel
giorno la sua sorveglianza era affidata ad Hestia Jones. Harry stava
meditando
se andare a dirle di scegliere un abbigliamento meno vistoso, quando
una figura
argentea, un Patronus che aveva forma di lupo, entrò nella
stanza. Il messaggio
che portava era di Tonks: annunciava che il giorno del suo compleanno
sarebbero
passati a prenderlo per condurlo a casa di Felpato. Il precedente
Incanto
Fidelius era stato sciolto e ne era stato fatto uno nuovo, di modo che
Piton
non potesse ritrovare quel luogo; ovviamente l’informazione
sarebbe stata
comunicata con più parsimonia rispetto al passato.
“Adesso
se ne preoccupano.” pensò Harry con rabbia.
Lui aveva sempre sospettato
di Piton, fin dall'inizio, ma qualcuno gli aveva mai dato retta? Certo
che no!
C’era voluta un’irruzione di massa di Mangiamorte
nella scuola perché
finalmente aprissero gli occhi.
A
dire il vero non era del tutto sicuro di voler tornare a casa di
Sirius. O
meglio, non era sicuro di voler obbedire ai loro ordini, visto
com'erano andate
le cose fino a quel momento: dopotutto stava per diventare adulto, no?
Poteva
fare quello che voleva.
Molto
spesso, nelle notti insonni, si era immaginato di fare irruzione nel
covo di
Voldemort e di cruciarlo a morte, lui e anche Piton: ora non sapeva
quale dei
due odiasse di più, a volte la rabbia che gli si agitava nel
petto minacciava
di esplodere. Ma poi quella che lui chiamava la voce della ragione, una
voce
dolce, pacata e rassicurante gli diceva che quelle erano solo fantasie
che non
avrebbero portato a nulla e poi sprofondava nel sonno.
TOC
TOC
“Harry,
sono io, posso entrare?”
Il
ragazzo aggrottò la fronte: da quando sua zia si preoccupava
di bussare e
chiedere permesso? Rispose di sì e si sedette sul letto, una
mano attorno alla
bacchetta che teneva sotto il cuscino. Improbabile che fosse un
impostore, ma
la prudenza non era mai troppa.
Petunia
Dursley fu molto diretta: “Ti è successo
qualcosa?” la lunga faccia cavallina
della donna tradiva la preoccupazione. “Intendiamoci, sei
sempre stato un
bambino strano, i tuoi… ‘poteri’ sono
sempre stati per me motivo di angoscia,
ma non ti avevo mai visto con lo sguardo che avevi ieri mattina.
E’ stato
terribile.”
Ora
Harry provava un sincero rimorso: sua zia aveva paura di lui e questo
non lo
voleva. Detestava i Dursley, sì, ma essi erano pur sempre
tutto ciò che restava
della sua famiglia e incutere terrore negli altri non rientrava tra i
suoi
desideri. “Sì, è successo qualcosa in
effetti: Silente è morto. E’ stato ucciso
con una maledizione senza perdono da Severus Piton.”
La
donna sbiancò, portandosi una mano alla bocca.
“Voldemort
cercherà anche me, per uccidermi. Per questo me ne devo
andare e sarebbe meglio
se lo faceste anche voi, per un po’.”
“D’accordo
– rispose debolmente la donna – stasera
parlerò con Vernon e lo convincerò a
lasciarti andare.”
“Zia…”
“No,
non aggiungere altro. Non voglio sapere nulla né di
quell’orribile ragazzo, né del
tuo mondo, né tanto meno delle vostre battaglie.
E’ troppo strano, troppo
assurdo, noi… semplicemente noi non possiamo accettarlo. Io
non posso
accettarlo, non ci sono mai riuscita, nemmeno con Lily,
perciò non chiedermi
altro.” Scosse la testa ed uscì.
Harry
non le chiese altro: comprendeva che un addio civile e distaccato era
il
massimo che potevano concedergli, i Dursley erano sempre stati campioni
di
normalità e ciò che sconvolgeva la loro routine
babbana era da far sparire
senza traccia, come polvere sotto ad un tappeto: né un elfo
domestico, né i
dissennatori, né Silente in persona erano riusciti a
smuoverli e a far cambiare
loro atteggiamento riguardo al mondo della magia. Il ragazzo fu
raggiunto dalla
consapevolezza che si sarebbero separati e molto difficilmente le loro
strade
si sarebbero incrociate nuovamente.
Ma
lui aveva già affrontato altri addii, ben più
definitivi di questo, per provare
qualcosa di significativo.
=========================
RINGRAZIAMENTI
Arabesque: Grazie, il tuo parere mi
tranquillizza. Avevo
pensato di aver reso Bellatrix troppo isterica.
Wow, già sessanta letture per la fanfiction, non me
l'aspettavo, grazie a tutti!
Questo
è un mero capitoletto di transizione, gli altri sono molto
più lunghi, ma mi era necessario. Il perchè
sarà chiaro solo alla fine della storia, però.
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Capitolo 5 *** 5. Grimmauld Place n.12 ***
CAPITOLO 5 – GRIMMAULD
PLACE N. 12
La
mattina del suo compleanno, Harry si svegliò che erano le
dieci passate: per la
prima volta nessuno era venuto a tempestare di pugni la sua porta,
sbraitando
di alzarsi, infatti la sera precedente i Dursley erano partiti per una
crociera
nel Mediterraneo, che risultava essere stata vinta ad un concorso del
locale
supermercato, ma che più probabilmente era un omaggio del
Ministero della
Magia. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo nel momento in cui fosse
diventato
maggiorenne e, nel dubbio, era saggio tenere i babbani il
più lontano possibile
da lui, ora non più protetto dalla magia di Lily.
Quella
notte la sorveglianza magica attorno alla villetta dei Dursley era
stata
strettissima e rigorosa, ma non era accaduto assolutamente nulla. Harry
non
aveva nemmeno fatto qualche angosciante incubo con Voldemort
protagonista, che
aspettava lo scoccare della mezzanotte per correre ad ammazzarlo: anche
quello degli
incubi e delle visioni sembrava essere un capitolo chiuso e la
cicatrice non
gli aveva dato alcun fastidio quell’estate. Da un lato
ciò era un bene,
significava che Voldemort in quel periodo non aveva ucciso
né torturato
nessuno. Dall’altro però quel silenzio non lo
convinceva per niente:
probabilmente era il preludio a qualcosa di terribile.
La
sera prima aveva diligentemente preparato il baule e la gabbia di
Edvige,
perciò dopo colazione ciondolò per casa senza
meta: vivendo per molti mesi
all’anno nel mondo
magico non aveva
voglia né di televisione, né di videogames.
Dopo
un po’ sentì miagolare e raspare vicino alla porta
e socchiuse l’uscio: seduto
sui gradini stava un bel gatto tigrato. “Professoressa
McGranitt?” aprì la
porta per farla passare e la donna riacquistò sembianze
umane. “Sei pronto,
Potter?” chiese la donna senza troppi preamboli.
Nel
ragazzo era sparita ogni velleità da ribelle: maggiorenne o
no, l’insegnante di
Trasfigurazione gli incuteva il solito rispetto reverenziale
“Sì,
professoressa, vado a prendere i bagagli.”
“No,
non occorre, stasera passerà Tonks a prenderli e te li
farà avere a casa Black.
Ora muoviamoci, il signor Weasley e la signorina Granger ti staranno
già
aspettando.”
“Ron
ed Hermione?” il viso di Harry si illuminò: erano
passate poche settimane da
quando si erano separati, ma non vedeva l’ora di
riabbracciarli. La
professoressa se ne accorse e sorrise indulgente. Si incamminarono sul
vialetto, scrutati dai gatti di Arabella Figgs.
“Come
raggiungiamo Londra, professoressa?”
“Con
quello.” Davanti al cancello era parcheggiato un taxi ed al
posto di guida
sedeva il papà di Ron. “Harry, che bello
rivederti! Su, salite.”
Gli
sembrava strano che ad accompagnarlo ci fossero solo la sua
professoressa di Trasfigurazioni
e un impiegato del Ministero della magia: certo, lui odiava essere al
centro
dell’attenzione, checché ne dicessero i suoi
detrattori, ma in altre occasioni
aveva avuto una scorta ben più imponente.
“Tranquillo Harry – il papà di Ron
intercettò lo sguardo perplesso del ragazzo – i
nostri angeli custodi vegliano
su di noi.”
“Signor
Weasley, la pregherei di concentrarsi sulla guida.” lo
rimproverò Minerva, che
sicuramente avrebbe preferito trovarsi a cavallo di una scopa piuttosto
che
dentro a quello strano mezzo di trasporto.
“Ah
sì, sì, certo. Devo fare attenzione soprattutto
ai cartelli astrali.”
“Stradali.”
lo corresse Harry, poi strizzò gli occhi in direzione del
limpido cielo estivo:
lassù tremolavano alcune macchie distorte di azzurro.
“L’incantesimo di
disillusione!” esclamò. Cinque o sei Auror,
mimetizzati nel cielo, facevano
loro da scorta, pronti ad intervenire al minimo segnale di pericolo.
Minerva
McGranitt gli mostrò un bigliettino che recava scritto “Stesso
luogo, ma ora
celato agli occhi ostili dei nemici: lì ha sede il quartier
generale
dell’Ordine della Fenice.” Ovviamente il
messaggio era stato modificato rispetto a quello vecchio.
“Professoressa!
E’ lei il custode segreto?”
“Precisamente,
Potter. Io e il professor Vitious abbiamo passato quasi tutta
l’estate per
testare le difese magiche di quel posto. Non per vantarmi, ma credo sia
più
protetto di Hogwarts stessa. Vorrei proprio vederlo, Severus Piton che
cerca di
individuarlo.” disse con malcelata soddisfazione, serrando le
labbra sottili.
Minerva stimava molto Piton, quasi come un figlio, e più di
tutti gli altri
insegnanti era rimasta allibita ed addolorata di fronte al suo
terribile gesto.
Il
viaggio si concluse senza incidenti. Harry fece appena in tempo ad
entrare in
casa, che Ron ed i gemelli gli saltarono al collo, strapazzandolo e
augurandogli buon compleanno, mentre Hermione cercava di calmarli
“No! Non
gridate, altrimenti…”
Non
fece in tempo a finire la frase che il ritratto della madre di Sirius
intonò le
sue invettive con voce stentorea, peggio di una strillettera
“SACRILEGIO! ALTRA
FECCIA NELLA DIMORA DEI BLACK! VERMI! SCARTI DI DECOMPOSIZIONE! LURIDI
INTRUSI IN
COMBUTTA CON I BABBANI!” subito seguita a ruota dagli altri
ritratti della
vecchia casa: niente di nuovo, insomma.
“Ecco
lo sapevo! Beh, bentornato Harry.” sospirò la
ragazza, correndo a chiudere più
che poteva le tende davanti all’orribile dipinto.
“Siamo
soli fino a sera: mamma e Ginny sono al San Mungo con Bill e Fleur per
una
visita di controllo.”
“Come
sta Bill?” chiese subito Harry.
“Bene
– disse Fred – è già tornato
al lavoro e sta guarendo così in fretta che i
medimaghi sono senza parole.”
“Ma
non ha avuto… conseguenze?” incalzò il
ragazzo. Una settimana prima c’era stata
la luna piena.
“Non
si è trasformato in un licantropo, se è questo
che intendi. – lo tranquillizzò
George – Pare che Lupin avesse ragione: il morso di un lupo
mannaro non
trasformato non ha effetti. Beh… le cicatrici non sono molto
belle da vedere,
ma poteva andargli peggio, molto peggio.”
“Non
possiamo esserne sicuri – disse Hermione, che aveva finito di
lottare con la
madre di Sirius – ho controllato praticamente tutti i libri
in materia e non
c’è un solo caso uguale a quello di Bill, quindi
non sappiamo se ci saranno
conseguenze in futuro.”
“Noi
preferiamo sperare di no, ti spiace Hermione?” le disse Fred.
La
ragazza scosse la testa “Cambiando argomento: a che punto sei
con i compiti,
Harry?”
“I…
i compiti?” balbettò il ragazzo.
“Oh
Harry – lo rimproverò la ragazza – non
dirmi che anche tu non li hai ancora
iniziati. Voi due siete proprio uguali.” Squadrò
con rimprovero Ron e il suo
migliore amico.
“Hermione,
rifletti, siamo sull’orlo di una nuova guerra magica e tu ti
preoccupi dei
compiti?” Harry non credeva alle proprie orecchie.
“E’
quello che le ho detto anch’io.”
borbottò Ron.
La
ragazza alzò gli occhi al cielo “La conoscenza
è fondamentale! O pensate di
battere Voldemort a suon di pugni? E smettila, Ron!” disse in
direzione del
rosso, che, come sempre, era trasalito al nome dell’Oscuro.
“Su, – proseguì con
tono pratico – fammi vedere dove sei arrivato.”
“Ehm,
non posso. I libri me li porterà stasera Tonks con il resto
dei bagagli.”
“Hai
lasciato i libri a casa?” Hermione era inorridita, come Harry
se avesse abbandonato
suo figlio sui gradini di una chiesa.
“Andiamo,
lascialo respirare, è appena arrivato. E se proprio vuole
scrivere qualcosa,
può sempre aiutarmi con gli inviti del
matrimonio!” intervenne Ron, trascinando
l’amico, grato, in cucina.
A
sera tutta la famiglia Weasley (tranne Percy, che continuava ad
ignorarli) oltre
a Remus e Tonks si trovarono in cucina, a festeggiare il compleanno di
Harry,
seppur in tono minore, date le circostanze.
Tra
Harry e Ginny ci fu un momento di imbarazzo, viste le cose che lui le
aveva
detto al funerale di Silente. Ma fu solo un attimo, poi la ragazza
sorrise e lo
abbracciò: i suoi sentimenti per lui non erano mutati. La
più piccola della
famiglia Weasley aveva accettato la sua decisione di non stare
più insieme, ma
avrebbe continuato ad amarlo da lontano ed Harry capì che
non poteva, e
soprattutto non voleva, fare nulla per impedirglielo.
Anche
Fleur fu molto affettuosa con il ragazzo "Arrì,
sci sei mancato tonto."
e gli stampò due bei baci
sulle guance.
"Oh
sì, a-anche t-tu - rispose lui, sentendo la faccia andare a
fuoco - Ciao Bill,
è bello rivederti."
"Ciao
Harry, è bello rivedere anche te."
George
aveva ragione: la cicatrice che solcava in diagonale il volto del
ragazzo era
spaventosa, ma la sua stretta di mano era forte e schietta come un
tempo.
George
e Fred intrattennero tutti con i loro meravigliosi fuochi
d’artificio, così
rumorosi da coprire anche l’urlante ritratto in corridoio,
Ron aggiornò Harry
sugli ultimi giocatori acquistati dai Cannoni di Chudley, mamma Weasley
lo
inondò di informazioni sul matrimonio di Bill e Fleur, che
si sarebbe tenuto la
settimana seguente in Francia, non lontano da Parigi, dove abitavano i
genitori
di lei e Grattastinchi si accoccolò in grembo al ragazzo
dagli occhiali, in
cerca di coccole. Per la prima volta dal funerale di Silente, Harry
provava
pace, la rabbia dentro di lui assopita, e l’idea di recarsi
in Francia, la
settimana successiva, lo rendeva quasi allegro. Che fosse a Grimmauld
Place o
alla Tana, con quelle persone meravigliose era a casa.
Gli
unici due estraniati dal clima dei festeggiamenti erano Hermione ed
Arthur
Weasley: la ragazza agitava fogli di pergamena davanti
all’uomo “Vede? Ho
passato l’ultima settimana a controllare in biblioteca a
scuola. In base a
questa ordinanza – e gli mise davanti un foglio – e
a questa Convenzione del
1559 – e ne prese un altro – gli statuti scolastici
hanno piena autonomia in
materia e questo – raccolse da terra un voluminoso papiro
– è lo statuto di
Hogwarts.”
“Sì,
ti capisco Hermione, ma quello che proponi è molto
difficile.”
“Però
è possibile! Ne ho già parlato con la preside
McGranitt e lei è d’accordo nel
fare un tentativo.”
“Di
che cosa state parlando?” chiese Harry curioso.
“Ci
crederesti? Il Ministero della magia, dopo quello che è
successo, vorrebbe
chiudere Hogwarts.”
Il
ragazzo ebbe un tuffo al cuore “No, non
possono…” Hogwarts era stata la cosa
più bella che gli era capitata nella vita, era tutto per lui.
Arthur
Weasley sospirò “Capisco il tuo stato
d’animo, ma dopo l’incursione dei Mangiamorte,
molti genitori hanno deciso di ritirare spontaneamente i loro figli da
scuola e
il Ministero non ritiene sia saggio esporre i ragazzi ad ulteriori
pericoli.”
Charlie
sbuffò “Oh pa’, andiamo. Se non fosse
stato per la collaborazione di Draco
Malfoy, i Mangiamorte non avrebbero mai messo piede nel castello e a
casa i
ragazzi non sono certo più sicuri che a scuola.”
“Esatto!
– incalzò Hermione – di fatti la preside
McGranitt punta proprio su questo e vuole
far iniziare normalmente il nuovo anno scolastico, anche contro il
parere del
Ministero.”
“Dubito
si possa fare.” disse Ron, cupo.
“E
invece sì, io penso ci sia un modo. Domani
tornerò ad Hogwarts e ne parlerò con
i professori.” La ragazza aveva già avuto a che
fare con leggi e regolamenti
durante il processo a Fierobecco e aveva un’aria sicura e
decisa.
“E’
andata, completamente andata – bisbigliò piano Ron
al suo migliore amico – da
quando la
McGranitt
le ha parlato del problema, si è seppellita tra vecchie
scartoffie in cerca di
una soluzione e ne emerge solo per mangiare.”
“E
poi rimprovera me che non ho fatto i compiti.”
borbottò Harry.
“Mi
spiace deluderti, amico mio, ma lei i compiti li ha finiti tutti una
settimana
dopo la fine della scuola.”
Lupin
si rivolse a Bill “Ci sono novità da parte del
folletti? Hanno deciso da che
parte schierarsi?”
Il
ragazzo annuì: “Saranno dalla nostra parte. Da
quando il Ministero ha accettato
quel tavolo di discussione per concedere loro maggiori diritti, hanno
cambiato
atteggiamento.”
“Scrimgeour
ha fatto questo?” chiese Harry stupito.
“Beh,
l’idea non è partita da lui personalmente,
immagino gliel’abbia suggerito Kingsley Shacklebolt, ma ad ogni modo durante
una riunione del consiglio, i maghi che erano più vicini a
Silente hanno fatto
capire che era il caso di avere più alleati possibili in
vista di una possibile
guerra, e visto che le richieste dei folletti non erano poi delle
assurdità,
sono state accolte.” spiegò Arthur Weasley.
“Erano
più che legittime! E potrebbero ottenere molto di
più di quel che chiedono.”
esclamò Hermione infervorata come quando si parlava dei
diritti degli elfi
domestici.
Harry
ricordava la conversazione avuta con il Ministro e
l’impressione che gli aveva
lasciato era quella di un opportunista, preoccupato solo di
salvaguardare le
apparenze. Il signor Weasley sembrò leggergli nel pensiero,
perché disse
“Scrimgeour non è nemmeno il mio modello ideale di
ministro, Harry, ma è molto
meglio di Caramell: è più posato, più
ragionevole e se un consiglio gli sembra
buono, lo ascolta, a prescindere da chi glielo suggerisce.”
“I
giganti invece si schiereranno con Voi-sapete-chi, Hagrid ha provato a
parlarci
un’altra volta e… beh… ci ha ricavato
solo un altro occhio pesto e un paio di
costole rotte.” sospirò Charlie.
“Giganti!
Oh misericordia! ” L’imponente e lugubre pendola in
salotto batté la mezzanotte
e la signora Weasley scattò in piedi:
“E’ tardissimo! Ragazzi, subito a letto.”
In breve riuscì ad ottenere quello che voleva, nonostante le
proteste dei
giovani maghi.
Sdraiato
nel letto, Harry non riusciva a prendere sonno: folletti, alleanze,
politica…
gli sembravano discorsi inutili e superflui. Tutto si sarebbe risolto
con
l’uccisione di Voldemort, no? E quel compito ora spettava a
lui, lui soltanto,
visto che Silente se ne era andato.
Era
solo.
Sospirò,
sentendo tutto il peso di quel compito, ed anche i muri della vecchia
dimora
dei Black parvero respirare con lui. Nel dormiveglia si disse che
probabilmente
quel posto necessitava di una nuova disinfestazione, perché
gli sembrava di sentire
qualcosa muoversi dentro le pareti. O forse era solo la sua
immaginazione.
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Capitolo 6 *** 6. Amaro risveglio ***
CAPITOLO 6 – AMARO
RISVEGLIO
“Allora,
funziona?” chiese una familiare voce maschile, nel buio.
“Diamogli
il tempo di agire.” rispose una voce femminile, meno nota, ma
comunque
conosciuta.
“Ma’,
dici così ogni volta.”
Poi
ci fu una assordante cacofonia di rumori metallici, sedie rovesciate,
vetri
infranti ed un’altra donna, giovane, che mormorava
“Oh, sono davvero spiacente…
Reparo!”
“Insomma,
Tonks!” disse la voce femminile di prima, esasperata.
“Sì
Tonks – incalzò la voce maschile – vedi
di non distruggere l’ospedale, almeno
finchè ci siamo noi dentro.”
Oleander
socchiuse gli occhi, ma il mondo esterno era troppo luminoso e dovette
richiuderli “Mmh…” biascicò.
Aveva la bocca impastata e secca.
“Ehi,
venite, si è svegliata, la pozione ha funzionato!”
ululò George Weasley.
“G-George?”
chiese Oleander spaesata, riaprendo gli occhi. Cosa stava succedendo?
Perché
Molly Weasley, i gemelli e Nimphadora Tonks erano lì? E
soprattutto, dov’era
‘lì’? Facendo forza sulle braccia si
mise a sedere, ma provava una forte spossatezza,
come se fosse rimasta sdraiata molto a lungo.
“Signori,
per favore, devo visitarla.” Un medimago si fece largo tra
Molly e Tonks, che
quel giorno aveva i capelli di un acceso blu elettrico lunghi fin quasi
ai
piedi, e appoggiò la bacchetta magica sulla testa della
giovane, facendo uscire
delle bolle azzurre che le rotearono intorno e scoppiarono con un
leggero *pop*.
“Ottimo, ottimo, quell’antidoto ha funzionato. Un
paio di mestoli di soluzione
corroborante e tornerà come nuova. Ora, se volete scusarmi,
ho altri pazienti
da visitare.”
“Però
– Fred fischiò ammirato – il vecchio
Lumacorno ce l’ha fatta.”
“Era
anche ora, dopo dieci tentativi andati a vuoto. Mandiamo subito un gufo
ad
Harry per dirgli che ha funzionato.”
“Qualcuno
vorrebbe per favore degnarsi di dirmi che accidenti sta
succedendo?” sbottò
Oleander irritata, cercando di capirci qualcosa in quel delirio.
“Sì,
giusto… vediamo… da dove possiamo
cominciare…?” balbettò Molly, titubante.
“Sai
che giorno è oggi?” le chiese Tonks a bruciapelo.
“Non
esattamente, ma non ho l’impressione di aver dormito a
lungo… dovrebbe essere
l’inizio di giugno.” rispose Oleander grattandosi
la testa. Dunque si trovava
al San Mungo. Ma perchè?
“No,
siamo al 23 di agosto.” disse la giovane Auror.
“COSA?”
la mano di Oleander ricadde pesante sul materasso. Non riusciva a
credere di
aver dormito per così tanto tempo.
“Ti
è stata fatta bere una pozione simile al Distillato della
Morte Vivente, per
questo non hai cognizione del tempo che è passato. I normali
antidoti non erano
efficaci, ma Harry ha convinto il professor Horace Lumacorno a cercarne
uno
nuovo, c’è voluto del tempo, ma questo ha
funzionato. Sei stata fortunata,
senza antidoto quella variante del Distillato ti avrebbe tenuta
addormentata
almeno un paio d’anni.”
La
maga era inebetita, aveva almeno un milione di domande che le
frullavano in
testa e non sapeva da dove cominciare.
“Se
è per il negozio, non ti devi preoccupare – le
disse Fred – io e George lo
abbiamo sigillato con un incantesimo, nessuno è entrato a
rubare.”
“E
del tuo corvo, Petrolio, si sta occupando Hagrid. All’inizio
rifiutava il cibo,
ma lui è riuscito a convincerlo.” disse
l’altro gemello.
“Ah,
grazie. Ma come sono stata avvelenata?” mormorò.
Molly
si sedette di fianco al letto “Dimmi, ti ricordi cosa stavi
facendo prima di
svegliarti qua?”
“Certo
che sì: stavo aggiustando le bacchette di Finch–Fletchley
e di Midgen, le avevano danneggiate durante una lezione di Difesa
contro le
arti oscure. S… i-il professor Piton è entrato in
camera mia e mi ha offerto una
tisana, poi c’era della gente fuori nel corridoio che faceva
baccano e…”
Le
parole le morirono in gola. Oh sì, ora ricordava
chiaramente il torpore che si impadroniva di lei, ricordava il volto
inespressivo di Severus e questa era la cosa che l’aveva
stupita maggiormente,
più del sonno che rapidamente vinceva la sua coscienza.
Severus non era apparso
preoccupato né sorpreso, come se sapesse esattamente cosa le
stava accadendo. Ricordava
di aver cercato i suoi occhi neri, ma in essi non aveva letto alcuna
risposta. “Perché?”
era riuscita a chiedere. Già, perché mai il suo
compagno l’avrebbe drogata?
"Perchè?" mormorò di nuovo, meccanicamente. In
un attimo la sua pelle si coprì di sudore freddo…
che stava succedendo? Che
diavolo stava succedendo?
La signora Weasley le prese una mano con fare materno
“Il professor Piton ti ha messa fuori gioco per permettere ad
un gruppo di Mangiamorte
di fare irruzione nel castello: il tuo alloggio è il
più vicino alla Stanza
delle Necessità, da dove essi sono entrati, e probabilmente
voleva evitare che
tu dessi l’allarme.”
“No, no, è tutto un equivoco signora Weasley: il
professor Piton è fedele a Silente, fa solo finta di stare
dalla parte di
Voldemort. Chiedete al preside per conferma.”
Molly e gli altri abbassarono la testa “Ecco, questo
purtroppo è impossibile. Piton ha ucciso Albus Silente
quella notte.”
“No.” Guardò i gemelli disperata,
sperando che fosse
tutto uno stupido scherzo di cattivo gusto, ma i due annuirono
gravemente.
“No.” ripetè piano. Non poteva essere
vero, si rifiutava di crederci, era
troppo assurdo, troppo sbagliato, troppo atroce e le conseguenze che
derivavano
da quella frase spietata erano troppo dolorose perché
potesse accettarle.
Perché avrebbe significato che Severus era un
traditore, che aveva ingannato Silente, aveva ingannato tutti loro,
aveva ingannato
lei e tradito il loro amore.
Fu come una bomba che in un istante cancellò tutto
quello che c’era stato tra di loro. Ma a questo punto forse
doveva dire ‘che credeva esserci
stato.’ “No!” disse
ancora, più forte, come a voler annullare ciò che
aveva appena udito, mentre
Molly le passava un braccio attorno alle spalle “Lo so, lo
so, è terribile,
tutti noi amavamo Silente.”
Ma non era per la morte del vecchio mago che ora
Oleander sentiva la disperazione risalire dalle viscere e contrarle la
gola
fino ad impedirle di respirare. Il suo dolore era tutto per il
tradimento di
Severus ed anche per se stessa: lei credeva fermamente e ciecamente nel
mago,
ma lui non aveva esitato a mentirle e metterla da parte, per realizzare
i piani
di Voldemort. No, non era per Silente che ora stringeva convulsamente
le
lenzuola e si mordeva le labbra e questo la faceva sentire piccola e
meschina.
Prima di dare uno spettacolo vergognoso, riuscì a
mormorare “Vi prego, lasciatemi sola.”
“Va bene – disse piano George – ma
torneremo domani.”
“Sì – proseguì il gemello
– di noi non ti liberi tanto
facilmente. Rivolgiamo la nostra vicina di negozio.”
“Le sue torte e le sue videocassette.” concluse
George.
Ma questo tentativo dei ragazzi non le strappò nemmeno
un’ombra di sorriso e quando Molly e gli altri ebbero
abbandonato la stanza, si
nascose sotto le coperte e finalmente scoppiò in lacrime.
“Poverina
– la signora Weasley sospirò – doveva
essere
molto affezionata a Silente. E’ stato proprio un brutto
risveglio.”
“Ehm, io ho una visita medica adesso, devo andare.”
disse Tonks.
Gli occhi di Molly si illuminarono “Ma certo, il tuo
primo esame per il bambino! Cara, senti, non è che potresti
fare qualcosa per
quei capelli?” con una smorfia eloquente le fece capire che
il blu neon non era
il colore più indicato per la visita ginecologica di una
futura mamma.
“Oh, d’accordo.” L’Auror si
strinse nelle spalle e
cambiò i suoi capelli in un’acconciatura rasta
color fucsia fluorescente, che era
un pugno nell’occhio peggio della precedente. La signora
Weasley la fissò quasi
addolorata, preoccupata per le sorti del nascituro. “Remus
non viene?”
“No,
lui è in missione: ha contattato un gruppo di persone morse
da lupi mannari,
che non hanno la minima intenzione di dare il loro appoggio a
Colui-che-non-può-essere-nominato.”
“Se
lui non c’è, ti accompagno io alla visita.
Però adesso Remus dovrebbe svolgere
incarichi meno pericolosi – disse con tono di rimprovero
– ed anche tu, Tonks.”
“Molly,
sono solo incinta, non malata.” rise la giovane Auror.
La
signora Weasley si accigliò ulteriormente “Due
incoscienti, ecco cosa siete!”
“La
stessa cosa che mi ripete sempre mia mamma. Allora tutti i genitori
diventano
così? Terribile!” Tonks fece finta di essere
scossa da brividi.
“Mamma,
noi ce ne andiamo. – disse Fred – Ricordati
l’assemblea a Hogwarts settimana
prossima.”
“Certo,
come potrei mancare?”
I
due gemelli si avviarono per le scale e giunti al primo piano sentirono
una
voce familiare che stava polemizzando con un’infermiera
“Come sarebbe a dire
che devo aspettare? Aspettare cosa, di morire dissanguato?”
Era Percy: aveva
una manica della camicia strappata e diversi graffi ed escoriazioni.
“La
prego signore – cercava di spiegare con pazienza
l’infermiera – ci sono state
tre persone aggredite da una Manticora e tutti i medimaghi sono
impegnati al
momento.”
“Stia
pur certa che il Ministero sarà informato di questa
inefficienza.” minacciò il
ragazzo.
“Oh
davvero? Allora già che c’è, dica al
Ministero di fornirci più personale.” La
donna si allontanò brontolando.
“Vedo
che ovunque vai, ti fai degli ammiratori, Perce.” disse
George.
Il
fratello li apostrofò con tono distaccato “Voi due
cosa ci fate qui?”
“Siamo
venuti a trovare un’amica: a differenza di te, noi ne
abbiamo. Cosa ti sei
fatto Percy?”
“Oh,
questo? E’ un incidente di lavoro: il Ministero ha deciso di
sgomberare tutti i
negozi abbandonati in Diagon Alley: sono alla mercé di ladri
e vagabondi, sono
indecorosi e danno una pessima impressione della comunità
magica; in quello di
Florian Fortebraccio si era stabilita una colonia di Kneazle selvatici
e quando
siamo entrati, ci hanno aggrediti. Non oso immaginare cosa troveremo
quando
metteremo mano all’Emporio di Zonko. Purtroppo, quando si
svolgono incarichi
importanti, certi incidenti bisogna metterli in conto.” Il
terzogenito dei
Weasley assunse un’aria stoica e sofferente.
“Io
non sapevo che il facchino fosse considerato un incarico importante. E
tu,
George?” ribattè Fred, per nulla impressionato.
“Assolutamente
no, non si finisce mai di imparare.”
Percy
arrossì violentemente “Sempre meglio che perdere
tempo dietro a scherzi e
buffonate come fate voi due, almeno io faccio qualcosa di utile per la
comunità
magica!” Detto questo, si girò per andare a
tormentare un’altra infermiera per
essere curato e dalla tasca gli cadde un libricino vecchio e sgualcito.
George
lo raccolse incuriosito, ma fece solo in tempo a notare un elenco di
date, nomi
e luoghi, che il volumetto gli fu sottratto rabbiosamente dal fratello
maggiore
con un Accio “Questa adesso è proprietà
del Ministero!”
“Sai
George? – Fred si appoggiò col gomito alla spalla
del gemello – Proprio quando
pensi che la boria di Percy abbia raggiunto il limite, lui riesce
sempre a
sorprenderti.”
=
= = = =
Severus
Piton appallottolò il foglio di pergamena e lo
gettò tra le fiamme del camino.
No, nemmeno così funzionava. Pazienza, avrebbe ricominciato
da capo.
Un
paio di giorni prima tre giovani Mangiamorte erano tornati da una
missione
ricoperti da strane pustole e Lord Voldermort lo aveva convocato per
ordinargli
di trovare rapidamente un antidoto. In quell'occasione Piton aveva
notato che
l'Oscuro Signore stava a sua volta lavorando ad una pozione: stava
cercando di
modificare gli effetti della pozione polisucco, probabilmente per far
sì che
durasse di più, a giudicare dagli ingredienti scelti.
"Allora
Severus, pensi di riuscire a trovare un antidoto?"
Il
mago bruno si era posato un dito sulle labbra sottili e dopo un attimo
di
riflessione aveva risposto cauto “Occorreranno alcuni
tentativi, ma non
dovrebbe essere un problema.”
“Eccellente!
Sapevo di poter contare su di te. Tutti quegli anni ad occupare la
cattedra di
pozioni non sono stati del tutto inutili, no?”
“No,
se posso mettere la mia esperienza a Vostra disposizione.”
Al
solito Voldemort lo aveva congedato con un gesto della mano, deciso ma
non
brusco.
Su
una cosa Albus aveva avuto ragione: ora il Signore Oscuro si fidava di
lui,
molto più che in passato e molto più degli altri
Mangiamorte presenti in quel
luogo; con buona pace di Bellatrix e Rodolphus, lo trattava quasi come
un suo
pari. Quasi. Ovviamente Voldemort non avrebbe mai considerato nessuno
alla sua
altezza, ma lui era ciò che si avvicinava di più
alla figura di un braccio
destro. Ringraziò Merlino di essere un abile occlumante.
Non
aveva scoperto molto per ora: l’Oscuro Signore era stato
molto astuto e cauto,
assegnava a piccoli gruppi di Mangiamorte compiti diversi, senza
informare gli
uni di ciò che facevano gli altri; apparentemente erano
incarichi slegati tra
di loro, ma l’apparenza inganna.
Di
sicuro Voldemort aveva in mente un piano ben preciso e molto
articolato,
tuttavia per il momento non riusciva a capire di cosa si trattasse: era
come
aver davanti i pezzi di un puzzle, senza sapere quale figura dover
comporre.
L’unica cosa che lo consolava un po’ era che
Voldemort non sembrava
intenzionato ad attuare il suo piano in tempi rapidi: c’erano
state scorribande
di Mangiamorte e
Dissennatori volte a
seminare il panico tra i maghi, ma nessun attacco serio, importante,
che
lasciasse presagire l’inizio di una guerra vera e propria.
Erano semplici
scaramucce, per tenere alta la tensione e ricordare ai suoi avversari,
casomai ce
ne fosse bisogno, che nessun mezzosangue, natobabbano o simpatizzante
dei
babbani poteva dirsi al sicuro.
Non
sapeva ancora chi fossero gli infiltrati al Ministero, ma in quella
dimora
aveva incontrato due persone del tutto inaspettate: Fortebraccio, che
gestiva
una gelateria in Diagon Alley e Zonko, che aveva quello stupido emporio
di scherzi
a Hogsmeade, al quale Gazza avrebbe volentieri dato fuoco, se non fosse
stato
un magonò.
E
poi c'era la cosa che gli dava più da pensare: una zona di
quella residenza che
era interclusa a chiunque, sorvegliata a vista da Nagini, familiare e
probabile
horcrux di Voldemort. Solo Bellatrix o Voldemort vi entravano, almeno
un paio
di volte al giorno.
Ecco,
questo era più o meno quanto era riuscito a scoprire in un
paio di mesi.
Con
un sospiro fece evanescere il contenuto dei cinque calderoni e
predispose nuovi
ingredienti.
Si
portò distrattamente una mano sul collo, poco sotto il pomo
d’Adamo, ad
accarezzare un ciondolo che teneva celato sotto la consueta veste nera,
l’unico
ricordo di Oleander che si era permesso di portare con sé.
Si trattava di una
catenina semplicissima: ad un laccio in cuoio di yale [1] era fissata
un’onice
nera di forma esagonale. La donna gli aveva donato quel monile il
giorno
seguente alla sua nomina a professore di Difesa contro le arti oscure.
“L’idea
che tu assuma quell’incarico mi
dà i brividi. – disse – Tu e Silente
potete dire quello che volete, ma io
continuo a pensare che sia pericoloso, perciò accetta almeno
questo.” Gli ficcò
in mano il ciondolo, con i suoi soliti metodi spicci
“L’onice è una pietra
protettrice: se qualcuno avrà pensieri malvagi su di te, lei
assorbirà la
negatività. E poi è nera, quindi dovrebbe
piacerti.”
Un
urlo straziante rimbombò nei corridoi della casa e
riuscì a penetrare anche
attraverso il pesante portone di quel laboratorio: qualcuno stava
venendo
punito. Ordinaria amministrazione. Gli sembrava che fosse quel Florian
Fortebraccio.
Sentì
bussare alla porta. “Avanti.”
Era
Draco. Piton non aveva molte occasioni di vedere il ragazzo, che spesso
era
affidato a Bellatrix o ad Avery: arduo stabilire chi dei due fosse
peggio. “La
disturbo, professore?”
Piton
ebbe un raro sorriso, che però rimase nascosto dalla cortina
dei suoi lunghi
capelli unticci “No Draco. Ti rammento tuttavia che non sono
più un tuo
insegnante, puoi smetterla di chiamarmi così.”
“Scusi
signore, è la forza dell’abitudine.”
anche il ragazzo abbozzò un sorriso. Dopo
che sua madre gli ebbe raccontato del Voto Infrangibile, il giovane
Malfoy era
tornato ad essere educato e rispettoso nei suoi confronti: in fondo il
professore aveva messo a repentaglio la propria vita per lui. E
quell’idiota di
Potter aveva osato dargli del vigliacco. Avrebbe voluto averlo di
fronte in
quel momento, solo per fargli rimangiare tutto quanto a suon di calci.
Si
avvicinò ai calderoni ed osservò gli ingredienti
“Tentacoli di Purvincoli,
signore?”
“Eccellente,
venti punti per Serpeverde. Ah… – si
bloccò, realizzando ciò che aveva appena
detto – come hai detto prima, forza dell’abitudine?
Suppongo sia contagiosa.”
L’uomo
che Voldemort stava cruciando urlò di nuovo e Malfoy fece
una smorfia
sofferente, come se fosse lui sotto tortura.
“Tutto
bene, Draco?”
“Sì.
No. – ammise – tutto questo non
è… come me lo ero immaginato.”
“Parla
a voce bassa – sibilò Piton, stizzito –
in questo luogo non puoi mai sapere chi
c’è in ascolto.” Si piegò su
uno dei calderoni, mescolando gli ingredienti e
chiese piano “Cosa ti eri immaginato esattamente, Draco?
Potere? Gloria? Il
rispetto che deriva dalla paura?”
Il
ragazzo sgranò gli occhi e Piton proseguì, sempre
con voce bassa e misurata “E’
innegabile che tutto questo abbia un suo fascino e sia attraente, a suo
modo.”
quasi a volerlo scusare.
"Anche
lei, signore...?"
"Pensavo
stessimo parlando di te, Draco." disse Piton in un sussurro. Tuttavia
era
inutile negarlo: anche lui in gioventù aveva subito il
fascino del potere di
Lord Voldemort e la malia del male e si era unito a lui con entusiasmo.
Poi
aveva iniziato a capire, a scorgere la verità, ma troppo
tardi. E poi ci fu quella
dannata notte, impressa a fuoco vivo in eterno nella sua coscienza,
come le
urla di Lily Evans.
Perciò
ora si rispecchiava nelle iridi chiare del giovane Malfoy e rivedeva se
stesso
adolescente. Sperava solo che il ragazzo non dovesse pagare un prezzo
altrettanto salato prima di aprire gli occhi.
In
realtà, se Draco avesse accettato il marchio nero sulla
propria pelle solo per
essere più importante agli occhi dei suoi amici, per avere
qualcosa da
sfoggiare che incutesse timore negli altri, non sarebbe stato
così comprensivo
con lui. Ma la situazione era ben più complicata: con la
cattura e
l'imprigionamento di Lucius, il giovane Malfoy si era sentito in dovere
di
prendere il posto di suo padre, come se ciò potesse
riabilitare l'intera
famiglia agli occhi dell'Oscuro. Un peso troppo grande per un ragazzo
che,
lontano da Hogwarts, lontano dai suoi amici che gli guardavano sempre
le
spalle, privo ormai della protezione del nome Malfoy, appariva per
ciò che era:
un adolescente pauroso e spaventato, costretto a recitare un ruolo che
non gli
apparteneva in un dramma più grande di lui.
"Draco,
Draco!" sua zia Bellatrix passò in corridoio, urlando a gran
voce il suo
nome, per sovrastare le grida del malcapitato che stava venendo
torturato.
Draco alzò gli occhi verso il suo ex-professore in cerca di
parole di congedo,
che l'uomo non pronunciò. Disse invece "Potresti mescolare
questi cinque
calderoni per me, mentre io annoto gli ingredienti?"
Un
sorriso di sollievo attraversò il suo volto, ma dal
corridoio Bellatrix
continuava a chiamarlo. "Però..." disse piano Draco.
"Non
ho capito, Draco - disse mollemente Piton, mentre intingeva la penna
nel
calamaio - con queste grida non riesco a sentire alcunchè,
tanto meno tua zia
Bellatrix."
=
= = = =
Dopo essere stata dimessa dal San
Mungo, Oleander aveva fatto ritorno in Diagon
Alley, per riprendere in mano le redini della sua attività e
della sua vita. Anche
se si era imposta di piangere solo per un po', in realtà
aveva pianto così
tanto che a un certo punto non sarebbe più riuscita a
smettere, perché non aveva
mai amato nessuno quanto aveva amato Severus e faceva male, troppo male
pensare
a ciò che lui aveva fatto a lei, a tutti loro.
Quindi,
per quanto fosse arduo, aveva concluso che se voleva andare avanti,
doveva bandire
l'argomento "Severus" dalla sua mente, non pensarci e fare di tutto
perchè non riaffiorasse nei suoi pensieri e nel suo cuore.
Pertanto
si teneva occupata in ogni modo possibile: si era buttata a capofitto
nella sua
attività, lavorava il doppio di prima sotto lo sguardo
sbigottito dei gemelli
Weasley, i quali giunsero alla conclusione che l'antidoto di Lumacorno
avesse
strani effetti collaterali; dopo essersi ristabilita completamente era
tornata
ad Hogwarts, dove Angela, la donna del ritratto [2], volle offrirle il
suo
sostegno morale, ma non appena la vide, scoppiò in lacrime,
asciugandosi gli
occhi in un maglione che stava sferruzzando ed alla fine le posizioni
si
invertirono, con Oleander che cercava in tutti i modi di consolare il
ritratto
piangente.
“L’ho
detto anche ad Arthur. Non avrei mai pensato che Piton
potesse… mia cara, oh
mia cara, non sai quanto mi dispiaccia.”
"Sì,
siamo davvero costernati, non abbiamo parole..." le fece eco il marito.
“Non
dovete, è acqua passata. E' stata dura, ma adesso sto bene e
sono pronta a
ricominciare.” rispose la donna, chiudendo il suo cuore,
impedendosi di pensare
un’altra volta a lui, a loro due, a ciò che non
sarebbe più stato.
Probabilmente
mentiva a se stessa e nel profondo lo sapeva, ma decise ostinatamente
di
ignorare quella voce.
“Ne
sei proprio certa, povera cara?”
“Assolutamente,
Angela, perciò, ti prego, non parliamone
più.”
Poi
aveva parlato con Minerva McGranitt dell'incontro avuto con Silente
pochi
giorni prima della sua morte, riguardo al corso di Cristallogia e le
disse che,
se la scuola fosse rimasta aperta, le sarebbe piaciuto rispettare la
volontà
del mago. "Ma certo, Oleander - aveva risposto la preside - hai tutto
il
mio appoggio, anche perchè trovo che la tua sia una materia
molto interessante.
Dobbiamo fare di tutto perchè Hogwarts non chiuda:
Tu-sai-chi ci ha già tolto
troppo, non possiamo permettergli di fare anche questo."
La
giovane maga ebbe un sorriso molto triste "No, certo che no."
========================
NOTE
[1]
Lo yale è un animale fantastico che si ritrova spesso nei
Bestiari medioevali.
Ha il corpo di un cavallo, zampe di cinghiale e coda da elefante e
possiede
due corna mobili ed indipendenti tra loro.
[2]
Nel VdP Oleander fa amicizia con questa coppia di ritratti, marito e
moglie.
|
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Capitolo 7 *** 7. L'assemblea ***
CAPITOLO 7 –
L’ASSEMBLEA
La Sala Grande di Hogwarts era
stipata fino all’inverosimile.
Al
tavolo dei professori sedevano, oltre al corpo docenti al completo, il
Ministro
Scrimgeour accompagnato da vari inviati del Ministero, tra cui Caramell
e
Dolores Umbridge; in prima fila c’erano giornalisti e presidi
delle Scuole di
Magia di tutta Europa, giunti per osservare la situazione e prendere,
se del
caso, provvedimenti simili per i propri istituti. Erano presenti anche
lo zio e
il papà di Oleander da Schloss Berth e Michele Cardano
dall'Istituto
Mediolanensis [1] che stava parlando dell’assemblea con la
ragazza, mentre il
barone Raginmund era stato bloccato dal padre di Luna Lovegood, intento
ad illustrargli
i contenuti dell’ultimo numero del Cavillo.
“Persona
ehm… originale, quel Xenophilius.” disse
perplesso, tornando al suo posto con
una copia del giornale, sulla cui copertina campeggiavano, al solito,
notizie
bislacche ed improbabili: maghi neozelandesi che sostenevano di essere
stati su
Urano per una conferenza con dei colleghi, una cospirazione ordita da
Colui-che-non-può-essere-nominato per contaminare il
Solvente Magico di Nonna
Acetonella e una maga polacca che sosteneva di aver visto con i propri
occhi
tre Florimagus, maghi con la capacità di trasformarsi in
vegetali ed esibiva
come prova due rape e un sedano. “Pensa sul serio che Schloss
Berth potrebbe
abbonarsi a questo giornale… pittoresco?” Oleander
si soffermò un attimo sulla
copertina, con uno sguardo indecifrabile “Oh, almeno non
è fazioso come la Gazzetta del Profeta e
comunque
i Lovegood sono molto più svegli di quel che appaiono.
Cambiando argomento: la
preside può contare sul vostro appoggio? Se le cose
dovessero mettersi male, un
vostro intervento a favore della riapertura della scuola sarebbe
importante.”
I
due presidi delle scuole di magia annuirono e il padre di Oleander
aggiunse:
“Chiudere una così antica e nobile scuola
è semplicemente folle, fuori di qui i
ragazzi sarebbero allo sbando. Il Ministero inglese deve essere
impazzito.”
La
donna si alzò, osservando il resto della sala, che offriva
un notevole colpo
d’occhio: in sala sedevano centinaia di persone, tra
studenti, ex-allievi
giovani e vecchi, bambini ancora piccoli, genitori; era presente
persino una
piccola delegazione di centauri. Anche tutti i fantasmi ed i ritratti
del
castello avevano voluto essere presenti per dire la loro e questi
ultimi si
spintonavano nelle cornici per avere una migliore visuale. La maga
rivolse un
cenno di saluto ad Angela, la quale, dopo un’accesa
discussione con un gruppo
di ninfe, si era seduta in primo piano sulle sponde di un laghetto.
Ci
volle un bel po’ di tempo perché tutti prendessero
posto: i genitori babbani degli
studenti continuavano a guardarsi intorno meravigliati e con gli occhi
sgranati, tornati un po’ bambini anch’essi, a un
tempo in cui non era così
difficile credere che la magia esistesse davvero; tempestavano i loro
figli di
domande, incuriositi da tutti gli oggetti insoliti e dagli esseri
non-umani che
vedevano. Era stato difficile organizzare il tutto ed avere i relativi
permessi
da parte del Ministero, ma ne era valsa la pena, assolutamente. Remus,
Tonks,
Moody e molti Auror presidiavano e controllavano le uscite.
Harry
ed i suoi amici arrivarono un po’ in ritardo da Londra e
trovarono posto in
fondo alla sala: non appena lo vide, Hagrid lo stritolò in
un abbraccio
soffocante, dal quale il ragazzo riemerse rosso in viso, con il respiro
mozzo
e, forse, un paio di costole incrinate. Oleander si congedò
dai suoi parenti e
andò a raggiungere gli altri.
Quando
tutti si furono seduti, Minerva McGranitt si puntò la
bacchetta sulla trachea e
iniziò a parlare: “Benvenuti alla Scuola di Magia
e Stregoneria di Hogwarts. Vi
sono infinitamente grata per essere intervenuti, perché
siamo chiamati a prendere
una decisione molto importante riguardo a questa scuola, che
è stata come una
casa per molti di voi e dei vostri figli. Come sapete – la
donna fece una
piccola pausa sofferta – quest’estate il preside
Albus Silente è stato
assassinato in questa scuola da un gruppo di mangiamorte, che sono
riusciti a
violare le barriere magiche che la proteggono con la
complicità di un nostro
ex-allievo. A causa di questo il Ministro della magia, il qui presente
Rufus
Scrimgeour, ritiene di dover chiudere Hogwarts.
Ma
io, in qualità di preside, sono a chiedere a voi cosa ne
pensate, se ritenete
sia giusta questa decisione o se preferite che Hogwarts rimanga aperta.
E in
quel caso, sarà cosi: lo statuto della scuola, al quale le
leggi magiche danno piena
autonomia, prevede che si possa prendere tale decisione: se il voto
sarà
unanime, la scuola non chiuderà. La scelta spetta a tutti
noi: docenti, allievi
e genitori; Hogwarts non sarebbe nulla se mancasse solo una di queste
componenti. Ovviamente i docenti tutti vogliono che la scuola resti
aperta.”
Un
brusio confuso percorse la sala e Scrimgeour si affrettò a
prendere la parola:
“Grazie, Minerva. Tengo a precisare che quella di chiudere la
scuola non è
certo una mia iniziativa personale. E’ stata una decisione
collegiale e,
credetemi – si posò una mano sul cuore –
è stata molto difficile.”
Harry
voltò la testa dall’altra parte, amareggiato.
Sì, come no, gli dispiaceva da
morire.
“Tuttavia
il Ministero ritiene sia questa la soluzione migliore, vista la
gravità degli
ultimi avvenimenti.” fece un cenno con la mano ai suoi
colleghi, che annuirono
gravemente, Umbridge compresa. Ginny si chiese sottovoce se a quella
distanza avesse
potuto centrarla con una caccabomba, strappando un sorriso a Ron, Harry
e ai
gemelli, che la applaudirono silenziosamente.
Qualcuno,
tra il pubblico, si strinse nelle spalle, come a voler dire Beh, il Ministero ha ragione.
“Ad
ogni modo, questa non sarebbe una soluzione definitiva. Sarebbe solo
per
quest’anno… forse per il prossimo…
insomma, fino a quando non risolveremo il
problema di Voi-sapete-chi. Ecco, su questo punto, vorrei farvi notare
la
celerità con cui si sta muovendo il Ministero in tal senso:
non passa giorno
senza che ci siano progressi o nuovi arresti. Stiamo vigilando sulla
sicurezza
di tutti e siamo certi…”
“Non
siamo qui per parlare di questo – urlò un mago
corpulento dal centro della sala
– se volevo ascoltare un comizio politico, restavo a casa a
leggere la
Gazzetta del Profeta,
visto che non parla d’altro.” Altri maghi, vicino a
lui, annuirono.
“Io
sono convinta che ad Hogwarts i nostri figli siano al sicuro
– Molly Weasley si
alzò in piedi baldanzosa – forse bisognerebbe
soltanto fare più attenzione a
chi viene ammesso.” e scoccò
un’occhiataccia in direzione di un gruppo di maghi
purosangue, quasi tutti genitori di ragazzi di Serpeverde.
“Questo
cosa vorrebbe dire?” anche la madre di Daphne e Astoria
Greengrass si alzò in
piedi, ricambiando lo sguardo poco gentile della signora Weasley.
“Oh,
lo sa benissimo cosa intendo: molti di voi sono apertamente dalla parte
di
Colui-che-non-può-essere-nominato, siete d’accordo
con le sue idee sulla
purezza del sangue dei maghi e sul disprezzo verso chi non è
come voi, verso i
babbani e i loro figli. Volete che la magia resti un affare privato
solo per
voi, un mezzo per incutere timore ai babbani. Scommetto che avete
festeggiato
per quel che è successo qui e se ci fosse scappato qualche
altro morto non vi
sarebbe dispiaciuto!”
“Non
è affatto vero – ribattè
l’altra maga, con sguardo fiero – personalmente
sono
rimasta sconvolta dal pericolo che hanno corso dei ragazzi innocenti e
molti
miei amici seduti al mio fianco la pensano nello stesso modo; se
fossimo dalla
parte dell’Oscuro Signore, ora ci saremmo già
radunati al suo fianco.
Come
dice lei, la magia è stata in effetti per secoli un
‘affare privato’ dei maghi
purosangue e noi riteniamo che questa sia stata la salvezza della magia
stessa:
i fondatori di questa scuola per primi compresero
l’importanza di celarla a chi
non era in grado di utilizzarla e di insegnarla solo a chi possedeva il
dono.
Se la magia si fosse diffusa su tutta la Terra
riuscite ad immaginare il caos che ne
sarebbe derivato, le lotte per dominare questo potere? Il mondo non
sarebbe
sopravvissuto: noi purosangue abbiamo protetto questo fondamentale
segreto e ne
siamo fieri, non gradiamo che venga divulgato, ma non mi sembra che
questo ci
renda complici dell’Oscuro. Siamo e restiamo convinti che la
purezza del sangue
sia un valore da preservare, che la magia sia un dono troppo potente
per i
natibabbani. Potete chiamarci superbi, altezzosi, finanche razzisti per
le
nostre idee, ma non avete il diritto di additarci tutti indistintamente
come criminali.”
Il
discorso della donna ammutolì la platea. Fu di nuovo la
professoressa McGranitt
a riprendere la parola “Dunque, Lady Greengrass, se la sente
di parlare ancora
in nome dei suoi amici e dirci la vostra opinione sulla chiusura di
Hogwarts?”
La
donna si guardò intorno: quasi tutti annuirono.
“Noi votiamo perché la scuola
rimanga aperta, ne riconosciamo il valore e l'importanza per
l'educazione dei
nostri figli.”
Un
mormorio di assenso si diffuse tra le sedie. Rufus Scrimgeour
alzò una mano per
richiamare l’attenzione: “Signori, signori, vi
prego di non prendere decisioni
affrettate. Tutti i nostri Auror sono impegnati in compiti di difesa e
di
pattugliamento del territorio e degli obiettivi sensibili, come
l’ospedale ed
il Ministero, non possiamo farci carico anche della sicurezza difesa di
questa
scuola e schierarne altri.”
Augusta
Paciock, con tanto di avvoltoio impagliato sul cappello, prese la
parola,
apostrofando il Ministro senza tanti complimenti “Usa quella
testa, Scrimgeour!
Pensi che a casa i nostri figli sarebbero più al sicuro? Se
mi si presentano
dei Mangiamorte alla porta che faccio, li picchio con la
borsetta?” il commento
suscitò l’ilarità generale e
zittì un basito Ministro.
Un
genitore voleva aggiungere qualcosa, ma la sua voce non si sentiva,
finchè il
figlio non gli praticò un incantesimo Sonorus “Io
– l’uomo si bloccò un istante,
stupito del volume della sua voce – io e mia moglie siamo
persone normali... babbani,
come ci chiamate voi, non sappiamo nulla di magia, non siamo in grado
di
insegnarla a nostro figlio e in caso di pericolo non sapremmo
proteggerlo. Lui
è entrato in questa scuola solo l’anno scorso, ma
ha già imparato tante cose
strabilianti e sinceramente vorremmo che continuasse.”
Altri
applausi e mormorii di approvazione si levavano da ogni dove. Hermione
era
raggiante di felicità: sentiva che la vittoria era vicina.
“Sì,
sì, certo – disse Caramell, intervenendo in
soccorso del collega – ma vorrei
che teneste a mente anche la gravità di quanto successo qui
quest’estate. Non
so, forse si potrebbe pensare, più avanti, a delle lezioni
tenute direttamente
dal Ministero, sotto la supervisione di una persona di
fiducia.” e indicò
Dolores Umbridge.
Nella
sala cadde un silenzio ostile e glaciale, centinaia di occhi torvi si
erano
posati sulla donna dalla faccia da rospo: raccontavano che non avevano
dimenticato quell’anno da incubo quando lei era stata Preside
ed Inquisitrice e
che erano pronti a farle rivivere quell’esperienza, fuochi
d’artificio
impazziti e Palude Portatile inclusi nel pacchetto. La Umbridge
cercò di
sostenere quegli sguardi e di recuperare l’antica
autorità perduta, ma
l’ostilità era tale che fu scossa da un brivido ed
anche Caramell dovette
intuire qualcosa, perché si affrettò a proseguire
“Insomma, signori, dovete
capire che il Ministero non garantirà la sicurezza dei
vostri figli qui ad
Hogwarts e non si riterrà responsabile se si ripeteranno
fatti incresciosi come
quello di quest’estate.”
“Fatti
incresciosi? – ruggì Fiorenzo – abbi un
po’ di rispetto per la memoria di Albus
Silente.”
Anche
il padre di Colin e Dennis prese la parola “Io sono
d’accordo con quel… ehm…
‘signore’. - non sapeva come altro definire il
centauro - Questa scuola deve
rimanere aperta anche in ricordo del preside Silente. Quando ricevemmo
la
lettera di Hogwarts per Colin, venne lui di persona a spiegarci che i
nostri
figli avevano poteri magici. – un sorriso divertito si
dipinse sul volto
dell’uomo – Non scorderò mai le prime
parole che pronunciò: noi eravamo confusi
e intimoriti, pensavamo di non essere all’altezza della
situazione, ma il
professor Silente esordì dicendo ‘Notizia
dell’ultimo minuto: causa terremoto, lattaio svende grande
partita di burro’.”
Tutti
i maghi che avevano conosciuto Silente sorrisero malinconici: era una
presentazione così tipicamente da lui!
Il
signor Canon proseguì: “Sì, insomma,
lui ci mise subito a nostro agio e con
parole semplici ci spiegò tutto quanto, rispose alle nostre
domande per ore,
finchè non fu certo di aver fugato ogni nostro dubbio. In
vita mia non ho mai
conosciuto una persona così, mago o babbano: si vedeva che
lui amava questa
scuola e amava tutti i suoi allievi. La scuola deve restare aperta,
glielo
dobbiamo.”
Un
applauso scrosciante rimbombò in Sala Grande: tutti erano in
piedi a battere le
mani al lattaio che, rosso e imbarazzato, abbracciava Dennis,
orgoglioso come
non mai, mentre Colin lo tempestava di foto.
“Se
voi non ci potete difendere Hogwarts, Hogwarts si difende da sola,
ecco.” tuonò
Hagrid, che per farsi sentire non aveva bisogno di alcun incantesimo.
Il
Ministero era all’angolo: seguì la votazione per
alzata di mano e la maggioranza
assoluta decise che la scuola sarebbe rimasta aperta. Scrimgeour
rivolse uno
sguardo eloquente ai colleghi e scosse il capo, mentre Minerva
McGranitt disse
semplicemente “Grazie.” e aveva gli occhi lucidi.
A
quel punto anche Harry prese la parola “Credo che il signor
Canon abbia
espresso il pensiero di tutti noi. Ma c’è
un’altra cosa che possiamo fare in
nome di Silente: chiamare il male con il suo nome. Voldemort.
– a quelle
parole, i maghi in sala rabbrividirono di raccapriccio, alcuni si
tapparono le
orecchie con le mani – Voldemort. Lo dico e lo
ripeterò all’infinito, lui aveva
il coraggio di pronunciare quel nome ad alta voce e anche noi dobbiamo
averlo,
altrimenti la paura ci avrà vinti in partenza.
Voldemort.” poi pose fine
all’incantesimo Sonorus e mormorò piano
“E io lo troverò e lo
ucciderò.” Detto
questo, abbandonò la Sala.
“Il
coraggio non c’entra nulla, ragazzo
mio. E’ solo che Tu-sai-chi è così
vago! Ogni volta che lo sento mi viene
voglia di rispondere ‘Tu-sai-chi chi?’ E poi un
nome non ha mai mangiato
nessuno.”
Per
un attimo Harry sentì nella testa la voce di Silente parlare
con il suo
consueto tono leggero e divertito.
====================
NOTE
[1]
= Luoghi di mia invenzione nel VdP: Schloss Berth è una
scuola di magia della
Germania, guidata da Raginmund e Peter, rispettivamente lo zio ed il
papà di
Oleander. L'istituto Mediolanensis è la scuola di magia di
Milano.
Arabesque: Grazie dei complimenti. Draco si
rende conto di
essere un pesce fuor d'acqua nel Covo di Voldemort, tra assassini senza
scrupoli e una zia decisamente fuori di testa, e in diverse situazioni
Piton
cercherà di fare "da chioccia" per il ragazzo.
I
ritratti compariranno ancora, anche se non spessissimo.
|
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Capitolo 8 *** 8. La lettera di Silente e l'ES ***
CAPITOLO 8 – LA LETTERA DI
SILENTE E
L’ES
In
Sala Grande la McGranitt
riprese la parola, per fissare l’inizio del nuovo anno
scolastico e dare le
ultime indicazioni, mentre gli amici più intimi di Harry lo
seguivano: tutti
gli battevano pacche sulle spalle e i due gemelli fingevano di
impugnare penna
e blocchetto e di intervistarlo, in una esilarante imitazione di Rita
Skeeter.
Però
Remus ed Oleander, che erano vicini al ragazzo dagli occhi verdi quando
aveva
parlato ed avevano captato la sua ultima frase, si scambiarono
un’occhiata preoccupata.
“Harry
– Lupin lo prese dolcemente da parte – ti ho
sentito prima, cosa intendevi
dire?”
Harry
gli rivolse uno sguardo ostile “Che io vado a cercare
Voldemort. Quest’anno non
frequenterò la scuola.”
“Harry,
oh Harry – Hermione sembrava sull’orlo delle
lacrime, come quando aveva visto
per la prima volta Grop nella Foresta Proibita – non puoi
dire sul serio. Ti
prego – lo supplicò a mani giunte – ti
prego Harry, sii ragionevole.”
“No!
– ribattè lui, stizzito – questa volta
farò di testa mia, sono stufo di
ascoltare gli altri.”
“Harry,
vuoi dirmi quando mai hai dato retta agli altri?” chiese
Hermione, beccandosi
un’occhiataccia furente.
"Hermione
non ha tutti i torti, Harry." fece Ron.
"Whoa,
whoa, frena un po' quel manico di scopa, Harry - intervenne Tonks - il
Ministero
ci sta lavorando e..."
"Il
Ministero? - la interruppe furioso il ragazzo - Non sono altro che un
branco di
incapaci impauriti! Li avete sentiti anche voi: la loro unica
preoccupazione è
tirarsi fuori da ogni responsabilità e tenersi buona
l'opinione pubblica. Non
caveranno un ragno da un buco e io non posso fare affidamento sul
Ministero, nè
su nessun altro."
"Ora
sei ingiusto, Harry." protestò Lupin.
"Tu
credi? Silente si è fidato di Piton e guarda che fine ha
fatto! Tutti voi,
anche tu - rivolse uno sguardo pieno di rancore a Lupin - vi fidavate
di lui,
nonostante io abbia continuato a mettervi in guardia. Perciò
ora farò di testa
mia! Dopotutto Voldemort è un problema mio, soltanto MIO!
Sono io quello della
profezia, non voi, perciò statene fuori e
lasciatemi-in-pace."
Lasciando
tutti di stucco e immobili come statue di sale, si allontanò
a grandi passi,
pronto ad andarsene.
"Ed
esattamente dove vorresti andare?"
chiese una vocina ironica nella sua testa che, la cosa non lo sorprese,
ricordava quella di Silente.
"A
cercare indizi."
rispose il
ragazzo, cocciuto.
"Bene,
e dove?"
"Al
diavolo!"
Harry picchiò un pugno
contro la parete: si rendeva conto di agire impulsivamente, come uno
sciocco,
ma trovava sempre più difficile contenere la rabbia.
"Cosa diavolo gli è preso?" sbottò Ron, ancora
incredulo per quella
reazione.
"Non
saprei... a casa di Sirius mi sembrava così tranquillo..."
rispose Remus,
passandosi una mano tra i capelli grigi.
Il
pensiero di Oleander corse immediatamente al giorno in cui era morta
sua mamma,
alla rabbia che l'aveva pervasa, al furore con cui aveva scagliato ogni
oggetto
che le capitava a tiro contro Miss Roth, che voleva portarla a tutti
costi alla
cerimonia funebre, mentre lei desiderava solo essere lasciata in pace,
rammentava l'odio verso i suoi parenti, incapaci di comprendere il suo
dolore,
la disperazione e la consapevolezza di essere sola. "E' normale."
disse adagio, mentre il licantropo si voltava stupito verso di lei.
"Silente significava molto per lui, ora che ha perso il suo sostegno,
è
divorato dalla rabbia; sono il rancore e la paura della solitudine a
farlo
parlare così."
"Harry
non è solo, guarda." disse Tonks, con un tono molto
più allegro di quel
che le circostanze richiedessero. Poi Oleander seguì il suo
dito e vide che
tutti gli amici di Harry, scambiandosi semplicemente uno sguardo, si
erano
incamminati silenziosamente nella direzione del ragazzo sopravvissuto.
Harry
aveva quasi raggiunto il portone d’ingresso, quando gli
comparve davanti Dobby che
lo guardava con i suoi enormi occhi scuri “Harry Potter,
signore.”
“Ciao
Dobby.” Cercò di oltrepassare l’elfo
domestico che gli sbarrava il passaggio,
ma questi si mosse per ostacolarlo. Il ragazzo sospirò
“Scusami, ma vado
piuttosto di fretta.”
“Ah,
Dobby è molto spiacente di ciò che sta per fare,
ma non può permettere ad Harry
Potter di andarsene.” Con uno schiocco di dita fece levitare
il ragazzo a
mezz’aria, praticò su di lui un Mobilicorpus e poi
iniziò a correre, per quanto
gli permettevano le gambe magre.
“DOBBY!
Mettimi giù immediatamente!”
“Dobby
non può farlo, Harry Potter, signore. La preside mi ha detto
di portare Harry
Potter da lei, anche legato come un salame, se necessario.”
“Non
credo che intendesse in senso letterale.” si
lamentò il ragazzo, che iniziava a
provare un po’ di nausea per il modo in cui l’elfo
lo faceva sobbalzare; venne
liberato comunque davanti all’ufficio della donna. La preside
lo scrutava da
dietro la scrivania che era appartenuta a Silente, con cipiglio severo.
Appollaiata sul trespolo, una Fanny prossima al giorno del
falò sonnecchiava.
“Siediti,
Potter.” Non era una richiesta e il ragazzo obbedì
senza fare storie. “Mi è
stato riferito che non hai intenzione di frequentare l’ultimo
anno di scuola.
Posso chiederti per quale motivo?”
Il
ragazzo dagli occhi verdi si strinse nelle spalle “Mi sembra
ovvio: devo
trovare ed affrontare Voldemort. Come può pretendere che
continui a frequentare
la scuola come se nulla fosse?”
“Divertente
– disse Phineas Nigellus Black dall’alto del suo
ritratto – hai mai pensato di
darti alla carriera di comico?”
“Phineas!
– Minerva lo interruppe con un gesto della mano –
Potter, mi auguro che tu ci
abbia riflettuto a lungo e seriamente. Perché, e correggimi
se sbaglio, non te
la sei cavata affatto bene nel duello contro Severus Piton, anzi, non
sei
riuscito nemmeno a sfiorarlo.”
Il
ragazzo divenne paonazzo: l’analisi della professoressa di
trasfigurazioni era
spietata, ma impietosamente vera. Nessuno dei suoi incantesimi, nemmeno
quelli
non verbali, erano riusciti a sfiorare l’odiato avversario,
che li aveva
respinti con calma, quasi con noia. Per quanto facesse male ammetterlo,
Piton
lo aveva umiliato.
Minerva
proseguì “Ora, non tutti i Mangiamorte sono abili
quanto lui, ma alcuni sì,
sono maghi esperti e, soprattutto, privi di scrupoli. E non devo certo
ricordarti che Tu-sai-chi… Voldemort – si
sforzò per riuscire a pronunciare
quel nome dopo che Harry le rivolse uno sguardo carico di rimprovero
– è
infinitamente più potente. Alla luce di tutto questo, non
pensi sia il caso di
rivedere la tua decisione?”
“Ma…
ma io…” faceva male essere ridimensionato
così bruscamente, però la preside
aveva ragione.
“Niente
*ma*, ragazzo!” Malocchio Moody aveva ascoltato tutta la
conversazione nascosto
in un angolo e avanzò zoppicando verso di lui
“Continua a fare di testa tua e
ti ritroverai morto stecchito prima del tramonto. VIGILANZA COSTANTE! E
niente
gesti avventati, ecco quello che ci vuole. Ne hai di strada da fare
prima di
arrivare al livello di Piton.” Picchiò con forza
il suo bastone per terra.
Harry
lo guardò sospettoso, quasi temesse di trovarsi di nuovo non
di fronte al vero
Malocchio, ma a Bartemius Crouch Jr.
Moody
emise una risata sarcastica che era più simile ad un raglio
“Ti stupisce quel
che dico? Ebbene, ragazzo, sappi che una delle regole d’oro
degli Auror è
riconoscere l’abilità di un avversario.
Affrontarlo con arroganza e
superficialità porta spesso a fare una brutta
fine.”
“Non
vogliamo impedirti di trovare gli horcrux, né interrompere
il cammino che avevi
intrapreso con Silente. Sì Harry, Albus mi ha lasciato una
lettera in cui mi
accenna la cosa... alla luce di quanto è successo la si
potrebbe quasi definire
un testamento. – proseguì la donna, con tono
più dolce – Ma non vogliamo che tu
commetta pazzie irrimediabili e lasciare Hogwarts per andare allo
sbaraglio
senza una meta è una di quelle.”
“Se
vuoi arrivare alla nostra età, devi ascoltare chi
c’è arrivato.” incalzò Moody.
Suo
malgrado Harry si ritrovò ad annuire.
“Molto
bene. Tieni, questa è per te.” La preside gli
allungò una lettera chiusa in una
busta, sulla quale c’era semplicemente scritto Per
Harry. Il
ragazzo riconobbe immediatamente la calligrafia di Silente.
“Abbiamo
provato ad aprirla in mille modi, ma non appena qualcuno solleva la
linguetta,
la busta prende fuoco, finisce in cenere e si riforma. Nemmeno io sono
riuscito
a leggere cosa c’è scritto. –
l’occhio magico di Moody fece una capriola
nell’orbita – Stessa cosa per la lettera lasciata a
Minerva, solo lei è stata
in grado di aprirla. Silente ne sapeva una più del
diavolo.”
Harry
aprì cautamente la busta, ma non accadde nulla,
così dispiegò il foglio e iniziò
a leggere:
Caro Harry,
non possiedo il Dono, come mi fa notare molto spesso Sibilla, ma so che quando leggerai questa lettera io non ci sarò più e tu sarai probabilmente molto arrabbiato.
Anzi, togliamo il probabilmente e usiamo il presente, per amore di chiarezza. Io sono morto e tu sei arrabbiato, perché pensi che ti abbia lasciato da solo a risolvere tutti i problemi. Le circostanze depongono tutte a mio sfavore, ma non è così. Non sei solo in questo viaggio che devi compiere, come hai avuto modo di verificare più volte nel corso degli anni e come, sono certo, avrai modi di constatare ancora.
A questo proposito riconosco di aver fatto un errore, quando ti dissi di non parlare a nessuno dei nostri incontri: il tuo cuore sa chi sono i tuoi amici e con chi puoi confidarti, abbi fiducia in loro. Io ero solo quando distrussi l'anello di Orfin e in questi mesi mi sono ritrovato a pensare che se in quel momento ci fosse stato un amico con me che mi avesse fatto ragionare, le cose sarebbero andate in modo diverso. Ma è andata così... c'è un proverbio babbano che adoro e che calza a pennello "Mai piangere sul latte versato." Anche perchè il latte salato ha un orribile saporaccio.
Ricorda le nostre lezioni, le cose che abbiamo scoperto, dove siamo arrivati passo dopo passo. Sei sveglio a sufficienza per continuare lungo questo sentiero e giungere alla meta.
Non farti mai accecare dall’ira o non vedrai più dove stai andando. In quel caso potresti sbattere dolorosamente il naso contro un albero o un palo della luce. Piuttosto imbarazzante, non trovi?
Che altro dire? Mi era venuta in mente una battuta su un Troll ed uno gnomo, ma non la ricordo bene, sarà l’età, perciò a questo punto non credo di avere altro da aggiungere.
E invece sì: bruscolini, sasso, calzini di lana.
Albus Silente
Harry
ripiegò con cura la lettera: e così ora era tutto
nelle sue mani.
La
nuova preside sospirò: “In quella che ha lasciato
a me, Albus dà la sua
autorizzazione perché a te e a chi vorrà
accompagnarti, siano concessi dei
permessi speciali, per poter proseguire nell’individuazione
degli horcrux.
Penso di non poter fare altro che acconsentire. Quanto a te, Potter,
hai preso
una decisione?”
“Resto.”
disse semplicemente Harry, ricondotto alla ragione.
“Però voglio partecipare a
tutte le decisioni dell’Ordine, non voglio che mi si metta in
disparte o mi si
tenga all'oscuro: basta segreti.”
“D’accordo.”
La donna si alzò e prese il Cappello Parlante, posandolo
davanti al ragazzo.
“Prova a mettere una mano dentro.”
Stupito,
Harry eseguì. All’inizio non successe nulla, poi
sentì qualcosa di freddo e
duro scivolargli sul palmo e involontariamente contrasse la mano,
estraendo la
spada di Grifondoro. Si voltò verso la McGranitt
con uno sguardo interrogativo. “Silente
la lascia a te, scrive che potrebbe tornarti utile ed il cielo sa
quanto
potrebbe aver ragione. Ovviamente capirai bene che non puoi girare
armato di
spada per Hogwarts, dovrai nasconderla.”
“E
come?”
“Con
un incantesimo, lo stesso che tiene nascosta la spada all'interno del
Cappello
parlante. La formula per nasconderla è Celo
vim. Quella per farla apparire è Aperio
vim.”
Harry
provò la prima formula: la spada sembrò
liquefarsi e poi scomparve del tutto,
ma quando gridò “Aperio vim!” non tenne
conto della lunghezza della lama, che
sibilò pericolosamente vicina a Malocchio, il quale dovette
ringraziare i suoi
consumati riflessi di Auror se riuscì a scansarsi in tempo.
“Fa attenzione,
ragazzo! Vuoi cavarmi l’occhio buono?”
strepitò l’uomo.
“Mi-mi
perdoni!” balbettò Harry, bianco come un cencio e
si affrettò a far sparire di
nuovo l’arma.
"Un'ultima
cosa, Potter."
"Di
che si tratta?"
"Silente
si raccomanda che tu prosegua gli studi di Occlumanzia ed è
inutile che stia a
spiegarti il perchè. Ti insegnerà il nuovo
professore di Difesa contro le arti
oscure."
"Oh,
è già stato trovato? Chi è?"
"Io.
- disse Moody. - E
speriamo che le cose vadano
meglio dell’altra volta. Preparati ragazzo, ti
farò sudare sangue con quelle
lezioni di Occlumanzia." concluse l'Auror, picchiando con forza il
bastone
per terra.
Harry
si congedò dai due maghi; mentre scendeva le scale di pietra
dell’ufficio pensò
che doveva andare a cercare i suoi amici, per chiedere loro scusa: si
era
comportato in modo assurdo ed infantile e ora non sapeva nemmeno
spiegarsene il
perchè. Non dovette fare molta strada, in quanto i suoi due
migliori amici più
una ventina di altri ragazzi lo aspettavano ai piedi del gargoyle. Il
ragazzo
sopravvissuto li fissò stupito, riconosceva quasi tutti i
membri dell’ES, oltre
ad altri ragazzi che avevano lasciato la scuola: Katie, Alicia,
Angelina,
persino Oliver, oltre agli immancabili gemelli Weasley. Neville Paciock
si fece
largo tra di loro e si piantò di fronte ad Harry
“Non puoi farlo – gli disse
all’improvviso, arrabbiato – non puoi considerare
Tu-sai-chi una tua faccenda
privata, perché non è così. Non sei
l’unico al quale ha fatto del male e non
hai il diritto di escluderci.”
Harry
si rispecchiò negli occhi del suo coetaneo, che sembrava
infuriato e sull’orlo
delle lacrime allo stesso tempo. Neville Paciock, colui che avrebbe
potuto
essere il ragazzo sopravvissuto, i cui genitori erano stati torturati
sino alla
follia. Neville Paciock, coraggioso, autentico Grifondoro.
“Non
sei l’unico al quale lui ha portato via qualcuno di
importante.” gli fece eco
Susan Bones, con voce triste. Già, Amelia Bones, che durante
la sua udienza al
quinto anno, era stata una dei pochi ad appoggiarlo. E poi
c’era Hannah Abbott,
la cui mamma era stata uccisa l’anno prima.
“Ma
è pericoloso, ve ne rendete conto? Io non posso chiedervi di
aiutarmi!” provò a
ribattere Harry.
Oliver
Baston si strinse nelle spalle “Anche se non lo fai, noi
abbiamo già deciso da
che parte stare e cosa fare: i nostri genitori, durante la prima
guerra,
avevano poco più della nostra età, ma non
esitarono a schierarsi contro
Tu-sai-chi, noi non saremo da meno.”
“Ti
staremo attaccati come sanguisughe.” disse George allegro.
“Ovvio
fratello, vicino ad Harry avremo un sacco di pubblicità
gratuita.” gli fece eco
Fred.
Ron
si limitò a guardarlo di sottecchi come a chiedergli “Allora è tutto a posto,
no?” ed Hermione disse: “Lo spirito che
ci
aveva portati a formare l’ES non è morto e noi non abbiamo alcuna
intenzione di restare a
guardare.”
Il
ragazzo dagli occhi verdi abbassò lo sguardo verso le sue
scarpe, fissandole
con ostentazione, mentre mille sentimenti gli si agitavano nel petto:
stupore
nel vedere che, nonostante li avesse appena trattati come pezze da
piedi, i
suoi amici non avevano fatto una piega; riconoscenza, perché
quel fardello
sulle spalle era davvero troppo grande per portarlo da solo; paura,
perché
voleva a tutti un gran bene e non poteva fare a meno di temere per la
loro vita.
Però
non era solo.
Abbi fiducia in loro.
Adesso
capiva bene il significato della lettera di Silente.
“Non
so proprio cosa dire…” borbottò.
“Meglio
così, ultimamente quando apri bocca fai solo
danni.” scherzò Fred, provocando
le irrefrenabili risa di Luna.
“Harry,
non avrai pensato davvero che ti lasciassimo da solo ad affrontare
Colui-che… oh,
al diavolo, V-V-Voldemort!” esclamò Ron con voce
strozzata. Poi, resosi conto
di aver pronunciato per la prima volta il nome innominabile, un largo
sorriso
illuminò il suo volto cosparso di lentiggini.
“Miseriaccia, Harry hai visto? Ce
l’ho fatta!”
“Sei
grande, Ron!” gli rispose il suo amico.
Neville
si avvicinò timidamente ad Harry “Scusami se ho
alzato la voce.”
Il
ragazzo dagli occhi verdi gli diede una pacca sulla spalla:
“Sono io a dovermi
scusare e ti autorizzo ad alzare la voce ogni volta che mi
comporterò da
stupido.”
I
ragazzi si diedero quindi appuntamento per l'inizio delle lezioni e
lungo le
scale il terzetto di amici incrociò una Serpeverde del loro
stesso anno, Tracey
Davis: capelli castano scuro lunghi fino alla vita e occhi nocciola.
Sarebbe
stata anche carina, se non fosse stato per una bocca piccola e
perennemente
imbronciata, che le conferiva un’espressione ostile.
Con
enorme sorpresa di Harry e Ron, Hermione la salutò molto
cordialmente e poi le
disse grazie. Tracey ricambiò con un breve cenno del capo,
senza dire una
parola né rallentare.
“Perché
la ringrazi?” chiese Ron con orrore.
“Mi
ha aiutato a cercare statuti e ordinanze scolastiche per tutta
l’estate: ha
dato una grossa mano per organizzare questa assemblea a dire il
vero.”
“Non
posso crederci, è una Serpeverde.”
incalzò il rosso.
“Ah,
ma allora non hai ascoltato nulla prima. – sbuffò
Hermione – Hai sentito cosa
ha detto Lady Greengrass? Solo il fatto di essere a Serpeverde non fa
di lei
una cattiva persona.”
“Questo
te lo posso anche concedere, ma non vedo come possa averti aiutata:
voglio
dire, se è al livello della Parkinson o di
Montague…” Ron sgranò gli occhi,
incredulo.
“Niente
affatto, non assomiglia per niente a quegli scemi: Tracey Davis
è una ragazza molto
intelligente, ha preso i miei stessi G.U.F.O. e l’anno scorso
ha fatto un paio
di compiti di Artimanzia migliori dei miei. Io penso di essere migliore
in
Antiche Rune, perché lei non è portatissima per
le traduzioni, ma di certo è
migliore di me in Difesa. Devo ammetterlo: è una mia degna
rivale. Possibile
che in sette anni tu non l'abbia mai notato?”
Harry
e Ron restarono indietro di qualche passo, scambiandosi
un’occhiata allucinata:
pensare ad un clone di Hermione, per di più Serpeverde,
metteva paura.
=================================
RINGRAZIAMENTI
Grazie
a owly che ha messo la storia tra
le
seguite: lieta che ti piaccia.
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Capitolo 9 *** 9. Lezioni ed indagini ***
CAPITOLO 9 – LEZIONI ED
INDAGINI
Il
servizio di protezione organizzato dalla Scuola di Magia
tranquillizzò i genitori:
molti ex-studenti di Hogwarts si erano offerti per pattugliare a turno
il
castello. A sorpresa giunsero anche ragazzi di Durmstrang ed anche
Viktor Krum,
informato da Hermione della situazione: i due erano rimasti in
contatto, anche
se ormai erano solo buoni amici epistolari. “Io dofefa
tornare – disse il
ragazzo ad Harry nel suo marcato accento nordico – qvello che
è successo è
troppo crafe.”
Anche
gli Auror, fuori dall’orario di servizio, decisero di dare
una mano, mentre Tonks
fu mandata ad Hogwarts in pianta stabile; per via della
maternità e
dell’insistenza di sua mamma Andromeda, l’Auror era
stata inizialmente
assegnata al Ministero della Magia per un lavoro d’ufficio,
ma dopo che ebbe
rovesciato un imprecisato numero di boccette d’inchiostro su
libri e pergamene
e smarrito un altrettanto imprecisato numero di documenti, avevano
tutti
concluso che quel lavoro no, proprio non faceva per lei ed era quindi
stata
trasferita presso la Scuola
di Magia.
Gli
incantesimi difensivi vennero potenziati: oltre ai consueti incantesimi
anti-smaterilizzazione e anti-intrusione, nei sotterranei del castello
una
grande colonna venne ricoperta di incantesimi protettivi, rune ed
antichi
simboli magici: emanava tanto di quel potere magico che faceva rizzare
i peli
delle braccia ed i capelli a chiunque si avvicinasse. Avrebbe bloccato
qualunque intenzione ostile, tenendo lontani i seguaci dell'Oscuro
Signore dai
confini del castello.
E
così l’anno scolastico potè iniziare
regolarmente. Tuttavia, nonostante l’esito
positivo dell’assemblea, c’erano dei maghi che non
si fidavano a mandare i loro
figli a scuola, oppure li avevano ritirati col chiaro intento di
dimostrare da
che parte si erano schierati.
La Casa di Serpeverde, senza molta
sorpresa, fu quella che
subì più perdite, con quasi la metà
degli alunni ritirati. Tiger e Goyle, senza
il loro capo Malfoy, apparivano impacciati e smarriti e non avevano
più nulla
della loro originaria baldanza. Alzavano la voce con i bambini del
primo anno,
ma non appena il prefetto o il caposcuola di un’altra Casa
interveniva, si
facevano piccoli piccoli. Pansy Parkinson davanti ai professori era
tutto
zucchero e miele, però alle loro spalle si divertiva a
spaventare i figli dei
babbani, dicendo che presto avrebbero fatto tutti la fine di Silente.
Theodore
Nott e Blaise Zabini erano un caso a parte: si mostravano indifferenti
a tutto
ciò che li circondava e agli eventuali pettegolezzi e
maldicenze sul loro
conto. Nott aveva tagliato i ponti con Malfoy molto prima che
scoppiasse la
tempesta e non avendo mai fatto parte attivamente della sua banda, non
ne
soffriva la mancanza. Ai due importava solo finire l’anno
scolastico, conseguire
i M.A.G.O. e nient’altro.
Anche
studenti di altre Case non si videro più: le gemelle Patil
erano state
riportate in India, perchè il padre era convinto che
bastasse allontanarsi dal
luogo ove si trovava Voldemort per considerare al sicuro la sua
famiglia e così
fecero anche i genitori di Lavanda Brown. Seamus Finnigan e Dean Thomas
riuscirono
a restare solo dopo innumerevoli preghiere.
Ci
fu un grosso scandalo quando si scoprì che la madre di
Marietta Edgecombe,
impiegata del Ministero, si era incontrata al Piede di Porco con un
presunto Mangiamorte.
A nulla servirono le suppliche della donna, che giurava di essere stata
sottoposta ad Imperio: venne rinchiusa ad Azkaban come spia e Marietta
fu
trasferita da una lontana parente in America. Sembrava che non avesse
affatto
frequentato quella scuola per sette anni, il suo nome era diventato
taboo
quanto quello di Malfoy. L’unica della sua Casa che cercava
di avere contatti
con lei era Luna: la ragazza era infatti interessata a scoprire se in
America
c’erano tracce dei Ricciocorni Schiantosi e si stupiva che
Marietta non avesse
ancora risposto ad una sola delle sue missive.
Un
po’ a sorpresa la Casa
con meno studenti mancanti era quella di Tassorosso: anzi, alcuni
allievi che
se ne erano andati l’anno prima erano tornati e tutti
dovettero riconoscere che
le doti di lealtà e costanza dei ragazzi di quella Casa non
erano
un’invenzione.
Minerva
McGranitt, per via di tutti gli impegni che il ruolo di preside portava
con sé,
abbandonò la cattedra di Trasfigurazioni. Al suo posto fu
chiamato un
professore che aveva frequentato Hogwarts da studente una quarantina
d’anni
prima, Henry Changing.
Tutti
gli altri professori confermarono la loro presenza, a partire da
Sibilla
Cooman, che aveva intensificato in modo esponenziale le sue fosche
previsioni
di sciagure, sventura e morte. Durante la prima lezione Harry
bisbigliò a Ron
che quell’anno gli andava decisamente meglio del solito,
visto che le
previsioni di morte riguardavano indistintamente tutti coloro che
frequentavano
la fumosa Torre di Divinazione e non lui solo: come si diceva, mal
comune,
mezzo gaudio. Il suo amico sghignazzò nascosto dietro la
sfera di cristallo per
tutto il resto della lezione.
Persino
Horace Lumacorno decise di restare, quale insegnante di pozioni e
Direttore di
Serpeverde; diceva di farlo in nome ed in memoria del suo migliore
amico Albus
Silente, ma forse, si disse Harry, l’uomo provava dei sensi
di colpa per aver
parlato a Riddle degli horcrux, tempo addietro. Il figlio di Lily non
primeggiava più nella sua materia, ma d’altronde
il solo pensiero di ricorrere
al libro di Piton per migliorare i suoi voti gli faceva venire la
nausea. Ron
parve leggergli nel pensiero, perché il primo giorno di
lezione gli bisbigliò
“Preferirei avvelenare tutta la classe per una pozione
sbagliata, piuttosto che
usare di nuovo quel libro.” con Hermione dietro di loro che
brontolava, ribadendo
che quel libro non andava usato fin dall’inizio: quante volte
lei l’aveva
detto?
Sì,
decisamente il libro di pozioni del principe mezzosangue sarebbe
rimasto a vita
nella Stanza delle Cose nascoste ed ogni volta che Harry ci pensava, si
stupiva
per la sua ingenuità… un genio in pozioni fin da
ragazzo, quegli incantesimi:
chi altri avrebbe potuto essere, se non Piton?
La
lezione che più di tutte teneva gli studenti in apprensione
era Cura delle
creature magiche, perché Hagrid, contando sul fatto che
ormai erano maghi
maggiorenni fatti e finiti, aveva inserito nel suo programma solo
creature che
il Ministero classificava come XXXX, da studiare nella Foresta
Proibita, con il
risultato che spesso i ragazzi tornavano dalle sue lezioni coperti di
fango,
con i vestiti bruciacchiati e strappati e diverse ferite.
Il
vero Alastor Moody si rivelò paranoico e perfezionista oltre
ogni previsione,
vedeva complotti di maghi oscuri annidati ovunque e non si stancava mai
di
gridare ai ragazzi “VIGILANZA COSTANTE!” Tuttavia,
i racconti di come aveva
catturato e mandato ad Azkaban frotte di mangiamorte erano molto
appassionanti:
i ragazzi proseguivano con l’apprendimento degli incantesimi
non verbali e delle
migliori tecniche di difesa dagli anatemi. Anche alla fine delle
lezioni di
Moody capitava spesso che i ragazzi restassero lesi da fatture
urticanti o
pungenti e Madama Chips, isterica per il superlavoro,
minacciò di licenziarsi
se i due professori non si fossero dati una calmata.
Il
corso di Oleander era frequentato da pochi studenti, perciò
la donna aveva
riunito i ragazzi di tutte e quattro le Case. La maga non aveva
l’attitudine e
il comportamento di una professoressa, vestiva sempre con abiti da
lavoro e le
sue lezioni assomigliavano di più ad un laboratorio che a un
normale corso di
studi di magia, ma d’altronde lei, nello spirito, si sentiva
un’artigiana più
che un'insegnante.
Hermione,
elettrizzata dall’idea di poter studiare una nuova materia,
si iscrisse subito
e trascinò anche Harry e Ron. L’aula era piccola,
ma esposta a sud e molto luminosa,
inoltre la maga l’aveva riempite di teche con rocce e
cristalli di ogni tipo
che, quando venivano colpiti dalla luce del sole, creavano bellissimi
giochi di
luce. Ad Harry piaceva molto, perché il suo corso veniva
subito dopo
Divinazione ed era un piacere poter scordare in fretta
l’atmosfera rossastra e
fumosa della Torre.
“Questo
corso di Cristallogia e talismani magici – spiegò
la maga la prima lezione –
avrà sia una parte teorica di studio dei cristalli e delle
pietre dure, sia una
parte pratica di creazione di oggetti e talismani. Per esperienza
personale so
che i ragazzi trovano lo studio dei cristalli molto noioso e che quando
ci sono
da maneggiare attrezzi le ragazze inorridiscono. Benvenuti alla prima
materia
che scontenta chiunque!”
La
classe scoppiò in una risata.
“Se
avanzerà tempo, verso la fine dell’anno vi
spiegherò anche come riparare un oggetto
magico danneggiato. Qualcuno ha idea del perchè non basti un
semplice Reparo?”
Tracey
Davis fu la prima a rispondere “Un artigiano magico attiva
gli incantesimi man
mano che procede nella creazione dell'oggetto, quindi non è
sufficiente riparare
fisicamente ciò che si è rotto, ma occorre anche
simultaneamente restaurare l'incantesimo
in esso contenuto."
"Assolutamente
esatto, venti punti a Serpeverde. In questo corso per prima cosa vi
insegnerò a
purificare le pietre ed i cristalli prima di un loro eventuale
utilizzo. Chi sa
dirmi perché è necessaria questa
operazione?”
La
mano di Hermione scattò verso l’alto, decisa a non
farsi battere dalla rivale:
“I cristalli sono entità prive di morale e di
discernimento, quindi assorbono
le energie esterne e sono da esse influenzati. Pertanto, per
utilizzarli, è
necessario purificarli da ogni influenza precedente.” disse
tutta d’un fiato.
“Sì,
esatto. Venti punti anche a Grifondoro.” Hermione aveva
probabilmente già letto
tutto il libro di testo. “Ora – proseguì
Oleander – dato che in questo periodo,
come mi ha fatto notare un po’ di tempo fa un mio amico
– e sorrise ad Harry –
le energie negative sono particolarmente virulente, è
necessario purificare le
pietre con più vigore, perciò oggi faremo diversi
esperimenti, per capire come
è meglio procedere.”
In
breve, tra sale, terriccio, acqua e olii essenziali, la classe si
trasformò in
un allegro caos, ma Oleander non ci badò affatto: anzi,
un’atmosfera positiva
avrebbe aiutato la purificazione delle pietre. E, per somma gioia di
quasi
tutti i ragazzi, alla fine della lezione non assegnò nemmeno
dei compiti. “Ho
fatto proprio bene ad iscrivermi a questo corso!” disse Ron
trionfante.
Ma
la cosa che Harry aspettava con maggiore ansia era la ripresa degli
allenamenti
di Quidditch. La mattina del primo allenamento arrivò al
campo alle cinque:
iniziava appena ad albeggiare, una bruma leggera e sottile ricopriva i
prati
attorno al castello e gli unici rumori che si udivano erano quelli dei
merli
mattinieri.
Nel
momento in cui Harry salì sulla sua Firebolt e
staccò i piedi dal suolo, svuotò
la mente, liberandosi da pensieri ed affanni: c’erano solo
lui e la sua scopa.
Fece un giro attorno allo stadio e poi puntò verso
l’alto, su, sempre più su,
fino a toccare le nuvole bianche, nelle quali si immerse, sfiorato
dalle minute
gocce gelide di umidità, risalì al di sopra di
esse, per bearsi della vista del
sole che sorgeva e tingeva d'oro quel soffice mare di nubi. Edvige gli
passò
accanto, reduce da una battuta di caccia e si fermò un
po’ con lui,
intrecciando la sua traiettoria con quella del suo padrone, prima di
far
ritorno in guferia. Poi il ragazzo eseguì una violenta
picchiata verso il lago,
così repentina che sentì la bocca dello stomaco
contrarsi. Scendendo a velocità
folle si lasciò andare ad un urlo liberatorio, sfogando
tutto ciò che aveva
ancora represso nell’animo. Richiamò il manico
della scopa con entrambe le mani
pochi metri sopra il pelo dell’acqua e compì una
brusca sterzata, mentre lo
spostamento d’aria produceva cerchi concentrici sulla
superficie scura del
lago. Quando tornò a riva aveva quasi il fiatone.
“Ehi,
Harry.” Ron arrivò e gli lanciò la
pluffa.
“Cosa
ci fai qui? L’allenamento inizia tra
un’ora.”
“Potrei
farti la stessa domanda. Su, dammi una mano con i rigori, che sono un
po’
arrugginito.”
Infine,
come promesso dalla professoressa McGranitt, ad Harry fu permesso di
lasciare
il castello per partecipare alle riunioni dell’Ordine a casa
di Sirius. Per il
momento, però, non c’erano grandi
novità: c’erano stati sporadici attacchi di
mangiamorte, sia a maghi che a babbani (uno dei quali aveva causato uno
spaventoso incidente automobilistico sull'autostrada, con un centinaio
di
vetture coinvolte), ma nessuno nei luoghi presidiati dagli Auror, quasi
Voldemort volesse per il momento evitare lo scontro diretto,
limitandosi a
mantenere alta la tensione nel mondo della magia e ricordare a tutti
che lui
c’era e poteva colpire ovunque ed in qualunque momento.
Gli
Auror avevano provato quindi a cambiare strategie e su suggerimento di
Kingsley
Shacklebolt alcuni di loro avevano in gran segreto provato a
sorvegliare altri
obiettivi, meno eclatanti, ma nulla, in qualche modo i maghi oscuri
anticipavano sempre le loro mosse.
=
= = = =
Piton
riavvolse il lungo filo color carne e lo infilò in una tasca
del mantello. Gli
seccava ammetterlo, ma i gemelli Weasley ogni tanto avevano delle idee
geniali.
Si avviò, silenzioso come un’ombra, lungo il
corridoio poco illuminato, fino
alla porta di Zonko, che non si era nemmeno preoccupato di sigillarla
con un
incantesimo. Era una fortuna che la maggior parte dei collaboratori di
Lord
Voldemort fosse dotata di più muscoli che cervello.
“Lumos.”
la punta della sua bacchetta riversò una luce azzurra sulla
stanza: doveva
capire a cosa stesse lavorando Zonko. Sulla scrivania erano appoggiati
diversi
quaderni, pieni di annotazioni riguardo agli spostamenti di moltissime
persone,
in maggioranza studenti attuali di Hogwarts ma, notò Piton,
anche ex-studenti:
ad esempio una decina di pagine erano dedicate ai movimenti delle
ultime tre
settimane di Remus Lupin. Ma com’era possibile tenere sotto
controllo così
tante persone contemporaneamente? Alzò lo sguardo e
trovò la risposta, appese
alle pareti c’erano diverse mappe: di Hogwarts, di Hogsmeade,
di Londra e di
molti altri luoghi dell’isola, sulle quali si muovevano
piccoli cartigli
riportanti dei nomi. Ecco come.
Era
una magia simile a quella della mappa del malandrino, ma quella poteva
mostrare
solo le persone ed il luogo dove la mappa stessa si trovava in quel
momento. Questa,
invece, era una magia molto più potente, su larga scala:
infatti teneva sotto
controllo la posizione di diverse centinaia di maghi in tutta
l’Inghilterra.
Doveva essere una specie di Incanto Proteus al contrario, praticato
sulle
persone a loro insaputa, persone che erano tutte entrate in contatto
con Zonko:
il suo negozio di scherzi era popolarissimo e costituiva
un’ottima copertura,
dovette ammettere l’ex-professore di pozioni. E di certo
anche la gelateria di
Florian Fortebraccio serviva allo stesso scopo: Piton aveva infatti
saputo da
McNair che il motivo per cui il mago era stato cruciato ed in seguito
ucciso,
era perché aveva dimenticato appunti preziosi nel suo
negozio. Poco dopo il
libricino era stato intercettato da uno degli amici del Ministero e
fatto
recapitare lì.
Tuttavia
serviva un oggetto, anche piccolissimo, per l’Incanto Proteus
e la gente non
porta sempre le stesse cose con sé, a meno che…
d’improvviso fu colpito da
un’illuminazione e con rapidi colpi di bacchetta, si mise a
scorrere tutti i
fogli sparpagliati in quella stanza, avendo cura di rimetterli
esattamente
nella posizione originaria e non gli ci volle molto tempo prima di
capire.
Quando,
attraverso l'orecchio oblungo sentì che qualcuno stava
venendo verso di lui, spense
la punta della bacchetta, aprì cautamente la porta e
scivolò nel buio, oltre
l’angolo del corridoio, un attimo prima che Zonko tornasse al
suo lavoro.
=
= = = =
Un
pomeriggio, dopo le lezioni, Hermione e Ginny stavano tornando nella
Torre di
Grifondoro. La sorella di Ron aveva appena respinto Dean Thomas: il
ragazzo,
vedendo che non stava più con Harry, aveva cercato di
riconquistarla, ma lei
era stata irremovibile. “Spero che lui e i suoi amici non si
vendichino su
Harry, ha già abbastanza preoccupazioni senza dover pensare
anche a questo.”
“No,
non credo che Dean sia così infantile. Beh… non
fino a questo punto. – disse
Hermione, in risposta allo sguardo scettico di Ginny – Ma a
te sta bene davvero
così? Guarda che il consiglio che ti avevo dato quella volta
è ancora valido.”
“Quale,
quello di vivere la mia vita? E’ quello che sto facendo:
Harry non vuole stare
con me per proteggermi da Voldemort, so quanto gli costi e per questo
lo sento
più vicino ora di quando stavamo insieme. Da quando ci siamo
baciati per me
esiste solo lui, anche se ora posso solo guardarlo da lontano,
però voglio che
senta che io ci sono.” disse convinta la ragazza dai capelli
rossi ed Hermione
pensò che la sua amica era molto maturata.
“Tu
piuttosto – Ginny la guardò maliziosa –
cosa mi dici di quello scemo di mio
fratello?”
Hermione
arrossì vistosamente, ma non ebbe il tempo di elaborare una
risposta, perché
dall’angolo del corridoio sbucò una strana
creatura pelosa, una specie di lunga
parrucca nera
deambulante, che alla
ragazza ricordò il Cugino Itt di quel telefilm che piaceva
tanto a sua mamma.
La creatura sibilò un rabbioso “Fatemi
passare!” e marciò svelta verso
l’infermeria.
“Pansy Parkinson?” chiese
Ginny incredula.
“La
voce mi sembrava la sua.” confermò
l’altra.
“Chiunque
sia stato a farle questo merita un monumento.”
Le
ragazze guardarono in fondo al corridoio, dove stava una studentessa
ansante e
ancora con la bacchetta in mano ed una vistosa bruciatura
sull’uniforme
scolastica. Quando le vide, scappò via velocemente verso i
sotterranei.
“Quella
non era Astoria Greengrass?” chiese Ginny.
“Risposta
esatta! – canterellò Pix, cercando di colpire le
due amiche con dei gavettoni –
Le due picchiatelle si sono picchiate per bene.”
“Pix,
smettila subito o chiamo il Barone Sanguinario.”
ordinò Hermione.
Il
poltergeist lanciò l’ultima carica di gavettoni
alle due e poi scomparve.
“Dovrò
fare rapporto alla preside: i duelli tra studenti sono
proibiti.” disse
Hermione, asciugandosi velocemente con un incantesimo.
“Lascia
perdere: negherebbero tutte e due di aver litigato, altrimenti la loro
Casa
perderebbe punti. Noi non le abbiamo viste di persona e la parola di
Pix conta
ben poco.”
“Secondo
te perché stavano bisticciando?”
“Tra
le due c’è parecchia ruggine, sai? Non gli serve
un motivo specifico per
litigare.” disse Ginny.
“Eh?
Spiegati meglio.”
“Astoria
è innamorata di Malfoy fin da quando è entrata ad
Hogwarts e l’anno scorso si
era fatta avanti, dato che lui e Pansy Parkison erano in rotta. Malfoy
la
trascurava e Parkinson faceva la svenevole con Harper, però
sai com’è fatta
quella: appena ha subodorato che Astoria era interessata al suo ex, le
ha fatto
una piazzata coi fiocchi in sala comune, come se Malfoy fosse una cosa
di sua
proprietà.”
Hermione
strabuzzò gli occhi “E tu come fai ad essere
così informata su questo?”
“Oh
– Ginny si strinse nelle spalle – Mirtilla
Malcontenta sa vita, morte e
miracoli di tutti i ragazzi. Inoltre l’anno scorso aveva
stranamente legato con
Malfoy, quando lui si rifugiava nel suo bagno.”
Assieme
alle lezione ed ai compiti di scuola, Harry, Ron ed Hermione si
concentrarono
anche sulla ricerca degli horcrux.
“Lasciamo
perdere il serpente, dato che sarà sicuramente al suo
fianco, è inutile
pensarci per ora. Concentriamoci sugli altri tre.” disse
Harry.
Ron
annuì “Giusto. Dobbiamo capire chi è
R.A.B., se ha lui il vero medaglione e
scoprire dove V-V-Voldemort – pronunciare quel nome gli
creava ancora notevoli problemi
– ha nascosto gli altri due horcrux.”
“Non
è detto che si trovino ancora dove Voldemort li ha
lasciati.” fece notare
Hermione, mentre sfogliava una copia di “Storia della magia
volume VI – epoca
contemporanea.” Ogni tanto annotava qualcosa.
“Cioè?”
“Riflettiamo:
sappiamo che Voldemort ha creato gli horcrux nel corso di diversi anni,
nascosto
gli oggetti che li contengono in posti differenti, affidandoli a
persone
diverse: ad esempio il diario di Tom Riddle era dai Malfoy.”
“Certo
– disse Harry – Malfoy è uno dei suoi
tirapiedi più fidati… tu credi che anche
gli altri horcrux siano stati affidati a dei mangiamorte?”
“E'
probabile.” Hermione aprì un altro libro,
‘Cronache della caduta di
Colui-che-non-deve-essere-nominato’ e iniziò a
sfogliarlo freneticamente “E
cosa accadde a molti dei suoi seguaci, dopo la sua caduta?”
Ron
si dondolò sulla sedia “Finirono ad Azkaban o si
nascosero. Papà racconta
sempre che alcuni, vistisi scoperti, fuggirono su due piedi nel cuore
della
notte, abbandonando tutto alle loro spalle… aspetta, ci
sono: tu pensi che in
quel frangente qualcuno avrebbe potuto spostare gli oggetti che
contengono gli horcrux?
Sei grande, Hermione!”
La
ragazza arrossì e gli sorrise: era bello quando Ron la
capiva al volo.
Quell’anno tra di loro, senza Lavanda tra i piedi e altri
impicci, c’era una
atmosfera complice e rilassata.
Nel
frattempo Harry era assorto: certo, l’ipotesi della ragazza
era plausibile.
“E’
la pista migliore che abbiamo – proseguì la
grifondoro – pertanto dobbiamo
cercare di individuare chi può essere venuto a contatto con
gli horcrux.” ed
indicò ai suoi amici la pila di libri alla spalle della sua
sedia.
“Ancora
libri?” chiese Ron.
Hermione
inspirò a fondo, pronta a rimproverarlo per la sua mancanza
di spirito di
collaborazione, ma il rosso la stupì, afferrando un volume
“Oh, d’accordo. Uno
in più non mi ucciderà.”
“Bene,
vedo che in sette anni sono riuscita ad insegnarti qualcosa.”
disse la ragazza
riccia, soddisfatta.
Harry
si concentrò nella lettura. In momenti come quelli si
sentiva un po’ solo:
anche lui si era accorto che dal funerale di Silente il legame tra Ron
ed
Hermione si era rafforzato, i due andavano molto d’accordo e
non litigavano più
come l’anno prima, il ragazzo era convinto che mancasse poco
ad una
dichiarazione ufficiale, anche se ogni volta che ne parlava con Ron, il
suo
amico assumeva una tinta color pomodoro e iniziava a balbettare come se
avesse
bevuto la Pozione Tartagliante.
Harry sospettava che alla fine, sarebbe
stata Hermione a dover fare il primo passo.
Poco
lontano da loro delle ragazze del terzo anno parlavano eccitate della
gita ad
Hogsmeade ed Harry sospirò involontariamente: sarebbe stato
bello andare loro
quattro ai Tre Manici di Scopa a bere una burrobirra calda.
Sì: Hermione con
Ron e lui con Ginny. Senza pensieri, senza ossessioni di attentati,
maghi
oscuri e horcrux. La ragazza al centro dei suoi pensieri sedeva di
fronte al
fuoco, accarezzando distrattamente la sua puffola pigmea. Si
bloccò, avvertendo
lo sguardo del suo ex su di sé, si voltò verso di
lui e gli sorrise.
Un
giorno l’avrebbero fatto di sicuro.
"Dimmi
Harry - Hermione richiamò la sua attenzione - come stanno
andando le lezioni di
Occlumanzia con il professor Moody?"
"Abbastanza
bene, faccio progressi."
La
ragazza gli scoccò un'occhiata scettica "Va bene come due
anni fa o va
bene sul serio?"
"E'
la verità - ribattè Harry, un po' risentito - le
lezioni sono dure, Moody è
terribile, ma almeno mi dice dove sbaglio, mi aiuta e quindi sto
migliorando."
"Credo
dipenda anche dal fatto che non hai preconcetti contro di lui, sei
più ben
disposto e accetti le sue critiche."
"Hermione,
il tempo ha dimostrato che avevo ragione ad avere preconcetti su Piton.
Avevo
ragione da vendere." le rispose l'amico in tono lugubre.
===========================
RINGRAZIAMENTI
(e
scuse) Ehm... ho notato solo oggi di essere tra gli autori preferiti di
cori71 ed edina,
magari anche da tanto. Scusate, non è una sezione che
controllo spesso, ma ne approfitto senz'altro per ringraziarvi ^^ |
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Capitolo 10 *** 10. R.A.B. ***
CAPITOLO 10 – R.A.B.
Una
sera Hermione era intenta a correggere i compiti di Storia della Magia
dei suoi
due amici, visto che questi stavano finendo il tema per Incantesimi,
dopo aver
inventato di sana pianta, come sempre, quello di Divinazione.
“Io non so
davvero come fate a ridurvi *sempre* all’ultimo
minuto.” sospirò la ragazza
riccia, che invece aveva già finito i suoi compiti da un
paio di giorni.
“Ecco,
finito anche questo!” esclamò Ron e mise da parte
la sua pergamena, afferrando
una copia della Gazzetta del Profeta: “Mmh? Ehi, Harry, hai
visto qua?”
“No,
oggi non ho proprio avuto tempo di leggere il giornale. Qualcosa di
interessante?”
Ron
lesse ad alta voce “Ermellina Edgecombe, ex-dipendente del
Ministero, evasa da
Azkaban assieme a Mundungus Fletcher, è stata ritrovata in
stato confusionale
stamane sulle rive del Tamigi da alcuni babbani intenti a praticare uno
dei
loro dei loro bizzarri sport, lo jojoing.”
“Jogging.”
lo corresse Hermione.
“La
donna è stata immediatamente condotta al Ministero e
interrogata. L’esito
dell’interrogatorio è segreto.”
“Non
per il papà di Luna. – Hermione gettò a
Ron una copia del Cavillo – Sostiene
che la
Edgecombe
non ricordi più nulla perchè le è
stato praticato un potente Oblivion,
praticamente è nelle stesse condizioni di Allock.”
“E
da quando stai a sentire il Cavillo, Hermione?”
sghignazzò il rosso.
“Oh!
E’ solo che dopo il quinto anno mi sono dimenticata di
disdire l’abbonamento. –
borbottò la ragazza – E poi a Luna fa
così piacere che qualcuno lo legga.”
L’articolo
del giornale del signor Lovegood era il solito ammasso di stramberie:
si
sosteneva, tra l’altro, che Ermellina Edgecombe avesse fatto
parte in gioventù
di una società segreta di Corvonero, che avevano il compito
di proteggere e
mantenere segreta l’ubicazione della dimora di Priscilla
Corvonero, ove erano
custoditi i suoi tesori, gioielli di valore inestimabile. Si sosteneva,
inoltre, che era stato il Ministero stesso ad inscenare una finta
evasione,
affinché Fletcher, spia personale di Scrimgeour, pedinasse
la donna per
ritrovare quel luogo, ma che il complotto fosse fallito e che alla
Edgecombe
fosse stata obliviata la memoria per insabbiare il tutto. Quasi
più fantasiosa
dell’ipotesi di Sirius incompresa rockstar.
“Ma
quale complotto! – ridacchiò Harry – Da
uno come Fletcher non ci si può
aspettare altro: avrà visto che era diventata un peso per la
fuga e l’ha
scaricata.”
Poco
dopo i ragazzi si recarono nei rispettivi dormitori. Harry stava per
prendere
sonno quando d’improvviso un peso gli schiacciò le
gambe e si ritrovò a fissare
due grossi occhi scuri e umidi di lacrime.
“D-Dobby?” biascicò, cercando a
tentoni gli occhiali.
“Harry
Potter, signore! Dobby è qui per chiedere di
punirlo.” e gli mostrò una mazza
da Quidditch.
“Io
non ti picchierò con quella mazza!”
esclamò il ragazzo inorridito, ora del
tutto sveglio.
“Allora
Dobby si punirà da solo.” e si sarebbe tirato
davvero una forte mazzata sulla
testa, se Harry non avesse afferrato l’oggetto. Per non
disturbare i suoi
compagni di camerata, usò un incantesimo Muffliato.
“Calmati, mi vuoi dire che
ti prende?”
L’elfo
domestico scoppiò in lacrime “Harry Potter
è stato buono con Dobby. Harry
Potter ha liberato Dobby. E Dobby non riesce nemmeno ad eseguire un
semplice
compito che Harry Potter gli ha dato. Stupido, stupido, stupido
Dobby!” Senza
mazza l'elfo domestico non trovò di meglio che iniziare a
battere vigorosamente
la fronte contro la testata del letto. Il ragazzo si
avvinghiò alla creatura trascinandola
via “Di cosa stai parlando, Dobby?”
“Di
Kreacher! Harry Potter aveva chiesto a Dobby di tenerlo
d’occhio sempre, ma
ultimamente Winky si ubriaca sempre più spesso…
gli altri elfi si lamentano e
Dobby deve controllare anche lei… Ecco, Harry Potter,
signore, a volte Kreacher
scompare per ore intere e poi non vuole dirmi
dov’è stato.”
Kreacher!
Ricordava il suo comportamento durante il quinto anno e non si era mai
tolto
dalla testa che fosse anche colpa sua se Sirius si era recato al
Ministero,
dove aveva trovato la morte. Eppure l’anno prima lo aveva
ereditato, gli aveva
ordinato di andare ad Hogwarts e così era accaduto. Un elfo
domestico non aveva
la possibilità di disobbedire al proprio padrone, ma
ciò che aveva appena raccontato
Dobby gli lasciò addosso una certa inquietudine.
“Grazie di avermelo detto,
Dobby. Avvisami, se lo vedi comportarsi in modo strano o se sparisce di
nuovo.”
“Ah,
Harry Potter è troppo buono.” L’elfo
fece per andarsene di nuovo con la mazza
tra le mani.
“No,
Dobby, non voglio che ti punisci.”
E
diligentemente l’elfo depose il corpo contundente.
Harry
meditò a lungo sulle sue parole: possibile che Kreacher
stesse architettando
qualcosa a sua insaputa? Non ne era certo, ma questa volta non avrebbe
commesso
l’imprudenza di passare sopra alla cosa. Meditò se
parlarne a Ron o Hermione.
Al suo amico poteva dirlo senza problemi, ma di sicuro Hermione si
sarebbe
infervorata, accusandolo di non comprendere un povero, vecchio elfo
domestico
che non c’era tutto con la testa. No, Hermione era
decisamente da scartare in
questo caso.
Il
giorno seguente era una domenica e, una volta spiegato a Ron
cos’era successo, i
due si misero a seguire l’elfo domestico, nascosti sotto il
mantello
dell’invisibilità. Non accadde nulla per mezza
giornata, Kreacher si limitava a
vagare per i sotterranei, borbottando tra sé sulla grandezza
della famiglia
Black, ma quando tutti gli altri elfi erano intenti a cucinare il
pranzo degli
studenti, sgattaiolò nella dispensa, afferrò del
cibo e lo mise dentro un
grande sacco, che trascinò su per una scala di servizio.
All’altezza di un
pianerottolo, toccò un paio di pietre della parete, che si
aprì, rivelando un
passaggio segreto. I due ragazzi aspettarono che l’elfo fosse
abbastanza
lontano, poi usarono di nuovo il meccanismo per far spostare la
porzione di
muro. “Da non crederci!” esclamò Ron,
sbigottito.
“E’
uno dei passaggi che portano all’esterno della scuola. Fred e
George erano
certi che questo fosse controllato da Gazza.”
“Dov’è
Gazza, ora?”
Controllarono
la mappa del malandrino: il custode si trovava tre piani sopra di loro.
“Perfetto, andiamo!” Oltre il varco c’era
un corridoio, ma non ebbero fatto che
pochi passi quando furono investiti da un rumore assordante, simile al
muggito
di una mandria di mucche inferocite, tanto che i due dovettero tapparsi
le
orecchie con le mani. “Che succede?” chiese Ron.
“Non
lo so, ma credo che i tuoi fratelli intendessero questo per
sorveglianza.”
Harry alzò lo sguardo e vide alcuni campanacci da mucca
appesi al soffitto, che
vibravano producendo quel terribile fracasso. Il ragazzo
provò a zittirli con
un Silencio, ma ottenne solo di farli muggire più forte.
C’era quasi da
impazzire. “Andiamocene, prima che qualcuno ci
scopra!” I due si voltarono per
uscire, ma si trovarono di fronte un trionfante Gazza: per lo spavento
i ragazzi
quasi si scordarono di essere protetti dal mantello
dell’invisibilità.
“Ti
ho beccato, chiunque tu sia volevi uscire da scuola senza permesso.
Bene, bene,
questo è un crimine da espulsione.” A causa del
frastuono, però, le parole
erano solo intuibili sulle sue labbra. Il custode avanzava reggendo
davanti a
sé una torcia, strizzando gli occhi per individuare qualcuno.
“GAZZA!
GAZZA! CHE SUCCEDE!” era arrivata anche Oleander, che, per
evitare di restare
rintronata, praticò su se stessa un incantesimo
tappaorecchie.
“CI
SONO DEGLI INTRUSI: L’ALLARME HA INIZIATO A
SUONARE.” le gridò il custode di
rimando.
“QUESTO
LO SENTO ANCH’IO, IL PROBLEMA E’ CHE NON VEDO
NESSUNO. CREDO CHE L’ALLARME SIA
GUASTO.” si sgolò la maga.
“COSA?”
“L’ALLARME!”
“EH?”
“AL-LAR-ME
GUA-STO… OH, PER TUTTI I GARGOYLE.” La donna
puntò la bacchetta contro i
campanacci, ruotando una volta il polso in senso antiorario e
pronunciò la
formula magica “Poiché pericoli qui non ci sono,
che cessi all’istante questo frastuono.”
Dalla
bacchetta scaturirono dei cerchi dorati, che silenziarono
l’allarme. “Uff…
finalmente! Perché non ha usato un semplice Incanto
Gnaulante per proteggere il
passaggio? – chiese, ignorando che il custode era un
magonò – Questi aggeggi
hanno l’aria di essere scadenti, scommetto che sono cinesi.
Vabbè, ci darò
un’occhiata più tardi. Ero venuta a cercarla
perché Pix ha di nuovo rinchiuso
Mrs.Purr dentro ad un vaso e se provo a prenderla io, mi
graffia.”
“PIX!”
ruggì il custode, partendo di gran carriera, seguito da
Harry e Ron che fecero
ritorno alla Sala comune di Grifondoro.
Hermione,
come aveva previsto Harry, fu molto contrariata per il loro gesto e si
lanciò
in una filippica esagerata sul diritto alla privacy degli elfi
domestici e su
come ci sarebbe rimasto male il povero Kreacher se avesse scoperto che
Harry
non si fidava di lui.
Una
settimana più tardi, mentre il ragazzo stava tornando nella
torre di Grifondoro
dagli allenamenti di Quidditch, intravide nuovamente Kreacher sparire
dietro
l’angolo con una sacca. Senza pensarci due volte
indossò il mantello
dell’invisibilità che teneva nella borsa e lo
seguì. L’elfo utilizzò un diverso
passaggio segreto per uscire da Hogwarts: Harry sapeva dalla mappa del
malandrino che Gazza controllava anche questo, ma stavolta
usò l’incantesimo di
Oleander per zittire gli infernali campanacci. Il passaggio sbucava
poco fuori
Hogsmeade: l’elfo, sempre borbottando tra sé, si
diresse sul retro di Mondo
Mago e scese dei ripidi scalini che conducevano ad una cantina. Qui si
mise al
centro di un grande camino, gettò della Polvere Volante e
disse “Grimmauld
Place numero dodici.”
Harry
rimase di stucco: perché andava alla sede
dell’Ordine? Se Sirius fosse stato
ancora vivo, avrebbe detto che andava a piangere davanti al ritratto di
sua
madre e probabilmente era così. Forse aveva ragione Hermione
e l’elfo non
faceva nulla di male: tuttavia il fatto che avesse violato il suo
ordine di non
muoversi da Hogwarts lo insospettiva e decise di seguirlo.
Atterrò nel camino
in salotto, seguì le tracce di cenere lasciate
dall’elfo ed in un gesto
automatico si sfilò il mantello. Fu una pessima idea,
perché la madre di Black,
non appena lo scorse da dietro le tende, iniziò a ricoprirlo
di ingiurie.
Kreacher spuntò in cima alle scale e lo fissò con
orrore. “Cosa fa qua il giovane
padrone? Il giovane padrone ha seguito Kreacher, il giovane padrone non
si fida
di Kreacher, cattivo padrone.”
“Piuttosto
tu cosa ci fai qui? Sbaglio o ti avevo detto di non lasciare
Hogwarts?”
“Il
giovane padrone trascura la dimora dei Black. La dimora è in
rovina. Oh, cosa
direbbe la signora, cosa direbbe mai la signora?” il vecchio
elfo prese a
singhiozzare.
Beh,
se il motivo era solo quello, forse poteva anche lasciarlo andare
lì, ogni
tanto. Poi Harry udì un rumore in una delle stanze al piano
di sopra. “Cos’è
stato?”
“Niente,
Kreacher non ha sentito niente. Il giovane padrone ora deve tornare a
scuola.”
“Non
dirmi quello che devo fare e soprattutto non mentirmi!” il
ragazzo iniziò a
salire le scale, ma si fermò quando un'ombra comparve dietro
all'elfo: un uomo
dai capelli neri e dagli occhi penetranti. “Non prendertela
con Kreacher, lui
sta solo eseguendo i miei ordini.”
“SIRIUS!”
Per
un folle istante Harry pensò davvero di trovarsi davanti al
suo padrino, ma
osservando meglio l’uomo, si accorse che era un po’
diverso da Sirius, eppure quel
volto gli era familiare. “Regulus!”
esclamò, ricordandosi dell’arazzo di
famiglia.
“Regulus
Arcturus Black, per la precisione.”
Un'altra
intuizione colpì il ragazzo: Regulus… Arcturus…
Black… “R.A.B.! Tu sei R.A.B., quello del
medaglione.”
“E
tu sei un ragazzo piuttosto sveglio, Harry Potter. Sei stato abile a
seguire
Kreacher, di solito è molto prudente. Degno figlio di tuo
padre.” disse, con la
voce un po’ affannata ed uno strano sorriso obliquo.
“Ma
tu dovresti essere morto! Sirius mi disse che Voldemort ti
uccise.”
Regulus
squadrò a lungo Harry con i suoi occhi di ghiaccio
“E’ incredibile la
disinvoltura con cui pronunci quel nome.”
Non
capendo più niente e sentendosi in pericolo, Harry
sfoderò la bacchetta, ma con
uno schiocco di dita, Kreacher lo disarmò “Tu non
alzerai un dito contro il
padrone!”
“Non
sottovalutare la magia elfica, Harry, è potente.”
disse Regulus, poi si fermò,
tossendo forte.
Quell’uomo
non aveva proprio l’aria di stare bene, pensò il
ragazzo: era magrissimo, peggio
del fratello appena evaso da Azkaban, aveva il volto incavato, stava in
piedi
appoggiandosi alla balaustra delle scale ed espirando emetteva un
sibilo
sinistro. “L’hai notato, vero? Non mi resta
più molto tempo ormai. Cosa vuoi fare,
Harry, sederti a bere una tazza di tè con me o raccogliere
la bacchetta ed
uccidermi? Sappi che in questo caso accorceresti solo le mie
sofferenze.”
Harry
gli piantò in viso i suoi occhi verdi “Mi
sederò con te, ma non berrò nulla: figuriamoci
se mi fido di un Mangiamorte.”
“Bravo
ragazzo, la prudenza innanzitutto. Il vecchio Alastor non si stanca mai
di
ripeterlo, vero? Non fare quella faccia stupita: Kreacher mi tiene al
corrente
di molte cose, è i miei occhi e le mie orecchie ad
Hogwarts.”
Il
ragazzo si rese conto di una cosa spaventosa “Aspetta... tu
sei il fratello di
Sirius, quindi io non ho mai ereditato veramente la casa, né
Kreacher!”
“No,
non è del tutto esatto: poiché tutti mi credevano
morto, Sirius ha
effettivamente ereditato questa dimora dai miei genitori e poi
l’ha passata a
te. Ma poiché abbandonò giovanissimo la nostra
famiglia, una cosa non seppe
mai: i miei genitori mi regalarono Kreacher, lui non era più
al servizio dei
Black, ma al mio personale servizio: è lui che non hai mai
ereditato. E’ stato sempre
lui a tenermi nascosto qui, ha ferito l’ippogrifo di Sirius,
una volta che
stava per scoprirmi, e mi ha rivelato la parola d’ordine
dell’Incanto Fidelius.
Un elfo domestico è praticamente invisibile agli occhi di
tutti.”
“Kreacher
è stato onorato, oh quale onore per un umile elfo domestico
servire un così
nobile padrone.” cantilenò la creatura.
Poiché
Regulus non sembrava in grado di scendere le scale, Harry lo
seguì nella sua
stanza: si sentiva abbastanza sicuro. Aveva perso la bacchetta,
sì, ma aveva
ancora la spada di Grifondoro da poter sfoderare,
all’occorrenza. Poi, qualcosa
gli diceva che Regulus non aveva cattive intenzioni e, malridotto
com’era,
difficilmente avrebbe potuto fargli del male, anche volendo.
La
camera era ben camuffata dietro ad un orrendo dipinto di streghe
intente ad un
sabba ed era sfuggita a tutti i precedenti controlli. “Sei
sempre stato qui?”
“Sì.”
“Quindi
sai tutto di noi, dell’Ordine.” Era terribile: e
pensare che lì si erano sempre
sentiti al sicuro e avevano parlato apertamente dei loro piani.
L’uomo
si strinse nelle spalle “Per quel che me ne
importa…”
“Come
hai fatto a sfuggire a Voldemort?”
Regulus
bevve piano un sorso di tè. “Perché,
come ti ha raccontato Sirius, quando
l'Oscuro Signore decise che meritavo di morire, non si degnò
di occuparsi di me
di persona, lo fece fare ad un giovane mago come rito
d’iniziazione, un
pivellino appena uscito da Hogwarts, talmente imbranato e spaventato
che la sua
mano tremava come una foglia: fui appena sfiorato dal suo Avada
Kedavra, ma decisi
di inscenare la mia morte e mi nascosi, con l’intenzione di
vendicarmi. Però
non ne ebbi l'occasione, perchè ci pensasti tu da
neonato.” E l’uomo guardò la
cicatrice a forma di saetta sulla fronte del ragazzo.
“Perché
Voldemort decise di ucciderti?”
“Semplice:
una volta scoperto cos’era in realtà, mi ribellai
e rifiutai di seguirlo. Solo
che lui, come puoi immaginare, non accettò di buon grado le
mie dimissioni da
Mangiamorte.”
Harry
inclinò la testa da un lato “Cosa vuol dire che
avevi scoperto chi era?”
Regulus
si sporse verso di lui “Il grande Lord Voldemort, colui che
vuole essere
chiamato con l'appellativo di Signore, non era nemmeno un mago
purosangue, suo
padre era un babbano! Ed un discendente della gloriosa famiglia Black
non può
accettare di prendere ordini da un mezzosangue.” concluse con
disprezzo.
Quelle
parole fecero molto arrabbiare Harry, ma poi il ragazzo
ricordò l’intestazione
dell’arazzo di famiglia: La
Nobile e
Antichissima Casata dei Black, ‘Toujours
pur’.
Regulus
era cresciuto da sempre in quell’ambiente, dove la purezza
del sangue era
considerata un grandissimo valore e, a differenza di Sirius, credeva in
esso.
Harry
non condivideva affatto il suo pensiero, per lui la purezza del sangue
contava
meno di zero nel giudizio di una persona, tuttavia poteva arrivare a
comprendere ciò che spinse Regulus ad allontanarsi da
Voldemort. Un nobile e
fiero Black al servizio di un mezzosangue, per quanto potente? Non sia
mai.
“Solo
che Voldemort non morì. – proseguì
Regulus – Tornò ed allora io mi rimisi
all’opera per attuare la mia vendetta, finalmente. Per anni
ho lavorato nel
silenzio, in piena libertà: dopotutto nessuno va a cercare
un morto. Ho fatto
le mie indagini e, anche grazie a Kreacher che era la mia spia ad
Hogwarts, ho scoperto
degli horcrux e ne ho addirittura trovato uno, poco prima di te e
Silente.” Si
fermò, colto da una tosse improvvisa e profonda, che lo
scuoteva tutto e lo
lasciava senza fiato. Kreacher in un angolo singhiozzava disperato.
“D-dovresti
andare all’ospedale.” suggerì Harry, un
po’ in apprensione.
“Inutile
– ragliò Regulus – non c'è
più nulla da fare.” Poi si abbandonò
contro lo
schienale della poltrona, sudando abbondantemente.
“Finirà tutto con me. Che
fine ingloriosa per la nostra antica casata. –
strizzò gli occhi con
sofferenza. – Pensare che avevo pianificato tutto
così bene e stava andando
tutto per il meglio: arrivai nella caverna, bevvi quella pozione, mi
impossessai del medaglione e lo sostituii con quello falso, affrontai
gli
Inferi e tornai a riva. Fu in quel momento che commisi un imperdonabile
errore:
pensavo di aver vinto ormai, immaginavo la sorpresa e la rabbia sul
volto di
quell’infame, quando fosse venuto a riprendersi il suo
tesoro, puntai la
bacchetta contro il medaglione e lo distrussi. Purtroppo, anche quello
conteneva una potente maledizione, come l’anello di
Orfin.” Con dita incerte e
tremanti si sbottonò la camicia e mostrò il petto
ad Harry. Il ragazzo balzò in
piedi con un grido: il torace di Regulus era completamente annerito,
bruciato,
la carne dissolta, la pelle tesa che metteva in risalto le ossa del
costato. La
stessa maledizione che aveva colpito Silente. “Mi ha fregato,
sì, mi ha fregato
per bene, quel bastardo. Sono riuscito a rallentare l'avanzata della
maledizione,
almeno finora, ma...”
I
singhiozzi di Kreacher divennero nel frattempo dei veri e propri
ululati “Il
padrone, il mio povero padrone.”
“N-non
capisco: perché mi racconti tutto questo? Dopotutto tu
dovresti odiare anche l’Ordine
della Fenice e ciò che rappresenta.”
Per
la prima volta lo sguardo arrogante di Regulus si mutò in
qualcosa di diverso,
di malinconico, mentre le labbra si distendevano in un sorriso triste,
mostrando la consapevolezza della fine imminente “E' vero, e
se avessi altre
alternative, le sfrutterei, ma purtroppo non ce ne sono: o tu, o lui. E
messi
su due piatti della bilancia Voldemort e ciò di cui si
è reso protagonista e il
vostro sgangherato manipolo di massoni, l’ago pende
decisamente dalla vostra
parte. Poi, forse, non mi va di morire solo come un cane, senza che
nessuno sappia
di me. Anche se a farlo è il figlioccio di quella pecora
nera di Sirius.”
Chiuse gli occhi, ansimando forte: la maledizione doveva aver intaccato
anche
gli organi interni ed Harry si chiese come avesse fatto a resistere
tutto quel
tempo. “Regulus?” il ragazzo lo scosse dolcemente e
l’uomo gli posò una mano
sulla spalla “Harry – disse in un sussurro
– vendicami, realizza tu quanto ho
scritto su quel falso medaglione.”
“Sì,
lo farò!” rispose il ragazzo di slancio,
guardandolo negli occhi.
Il
sorriso debole dell'uomo si allargò un altro po'
“Tu… le assomigli tanto.”
“A
chi?”
“A
Lily.”
“M-mia
mamma?” Certo, era normale che Regulus la conoscesse, anche
lui aveva
frequentato Hogwarts nello stesso periodo dei suoi genitori.
“Veramente tutti
dicono che assomiglio a mio papà.”
“A
James? Solo fisicamente. La schiettezza e l’altruismo sono
quelli di Lily.”
Harry
avrebbe voluto sapere di più di sua mamma, chiedere a
Regulus di regalargli
qualche ricordo di lei, ma la mano del fratello di Sirius
lasciò la sua spalla
e ricadde lungo il fianco, priva di vita.
Kreacher
spinse da parte Harry e si tuffò sul petto bruciato di
Regulus, abbracciandolo
e implorandolo di non abbandonarlo.
Harry
rimase in piedi di fronte a loro, in preda a sentimenti contrastanti:
Regulus
era il fratello di Sirius, ma era molto diverso da lui. Si erano
conosciuti
solo pochi minuti prima, perciò non aveva senso sentirsi
affranto per la sua
morte. Forse, si disse, la profonda tristezza che lo invadeva in quel
momento era
dovuta all’anziano elfo domestico, che piangeva
inconsolabile. Non sapendo che
altro fare, gli accarezzo brevemente la testa “Lo
so.” disse soltanto.
La
sera successiva ci fu una riunione straordinaria con alcuni membri
dell’Ordine
della Fenice, durante la quale Harry mise tutti al corrente
dell'incontro con
Regulus Black e le sue rivelazioni riguardo all'horcrux.
“Ma
*hic* questo è davvero *hic* incredibile *hic*!”
Tonks era in preda ad un forte
singhiozzo e ad ogni singulto, cambiava involontariamente aspetto. Ad
un certo
punto dovette alzarsi e correre in bagno.
“Scusatela
– disse Lupin in tono dolce – è il
periodo peggiore, quello delle nausee.”
Poi
la discussione si spostò su alcuni scontri che c'erano stati
fra Mangiamorte ed
Auror.
"Possibile
che non sia il benchè minimo indizio sul nascondiglio di
Voi-sapete-chi?"
- chiese Moody, irritato - Arthur, non è emerso proprio
nulla dalla retata di
settimana scorsa?"
Il
signor Weasley si strinse nelle spalle “No, nulla di
importante. Un paio di
maghi sono stati sorpresi in Notturn Alley a chiedere come si entra tra
le fila
dell’Oscuro. La Umbridge
li ha interrogati con il Veritaserum, ma è emerso solo che
erano due gradassi
che avevano semplicemente bevuto qualche whiskey incendiario di
troppo.”
Ancora
nulla, dunque. Dove si era nascosto Lord Voldemort? Perché
attendeva nell’ombra
e non usciva allo scoperto di persona? Per una volta, Harry
desiderò sentire
almeno un pizzicore a quella dannata cicatrice.
=
= = = =
Draco
era appena tornato con Avery da una missione notturna: dovevano
recuperare un
antico libro di magie di cui il loro Signore non conosceva esattamente
l’ubicazione, perciò ogni notte uscivano alla sua
ricerca, procedendo per
tentativi.
Si
sedette su una poltrona del grande salone della casa e vide scendere
dalle
scale che conducevano agli appartamenti privati del Lord una persona di
sua
conoscenza. “Zacharias Smith?”
“Ah,
Malfoy.” lo apostrofò il ragazzo più
grande, squadrandolo dal basso in alto.
“Tu
cosa ci fai qui?”
“Non
è abbastanza ovvio? Sono venuto ad offrire i miei servigi
all’Oscuro Signore.
Lui ha guardato nei miei pensieri e mi ha accolto. Sono certo di
potergli
essere utile, molto più utile di te. Anche se in fondo non
è colpa tua.”
“Con
questo cosa vorresti insinuare?” Draco scattò in
piedi.
Zacharias
gli si avvicinò con baldanza: era più alto di
Draco e gli incombeva addosso
“Sembra che l’incapacità sia il marchio
di fabbrica della famiglia Malfoy: tuo
padre non è ancora riuscito ad evadere da Azkaban, che
vergogna! Ma il Nostro
Signore può dormire tranquillo: a differenza di te, io
porterò a termine i
compiti che lui vorrà affidarmi.”
“Potrei
quasi commuovermi di fronte a tale sfoggio di coraggio, signor Smith
– Piton
era comparso da chissà dove, sorprendendo
l’ex-Tassorosso – se non fossi troppo
impegnato a chiedermi dove fosse l’anno scorso tutto il suo
ardire, mentre il
signor Malfoy, da solo, ci spianava
la strada.” concluse con tono sarcastico.
Le
guance di Smith si chiazzarono di rosso:
“Piton…”
“Mi
chiami signore – lo interruppe l’adulto, gelido
– esigevo rispetto a scuola e
lo esigo maggiormente qui. Ora, vuole essere così gentile da
spiegarci a cosa
dobbiamo questo suo improvviso cambio di schieramento?”
Smith
rivolse ad entrambi una risatina di scherno “Ho semplicemente
capito come si
stanno mettendo le cose e chi trionferà alla fine.
Sinceramente preferisco
trovarmi al fianco dell’Oscuro in quel momento, piuttosto che
sul suo cammino.”
“E
questa lei la chiama fedeltà?” chiese con voce
soave.
“No,
io la chiamo furbizia.” ed il ragazzo si
allontanò. Piton lo studiò a lungo,
socchiudendo gli occhi: studente mediocre, stupido ed arrogante. Amava
essere
coinvolto in tutto per potersi dare arie d’importanza, ma non
appena fiutava un
pericolo si dileguava. Molto arrogante e molto stupido. Proprio quello
che gli
serviva.
A
Draco non piacque lo sguardo dell’altro mago, che pareva
intento ad osservare
l’ingrediente di una pozione, piuttosto che un essere umano e
per nulla al
mondo avrebbe voluto essere guardato così. “Va a
dormire Draco, sei stanco.” La
voce dell’ex-professore lo riscosse. Il ragazzo
annuì, lo sguardo verso terra.
“Non
dirmi che te la sei presa per le parole di quell’idiota,
Draco.”
“Però
su mio padre ha ragione, non riesce ad evadere. Anche il Nostro Signore
me lo
fa notare ogni volta che può. Dice che mio padre non ha
più voglia di unirsi a
lui e che è molto deluso.” la voce del giovane
lasciava trasparire la sua
paura.
“Non
è così semplice. Tuo padre è un
personaggio illustre e famoso, il pesce più grosso
caduto nella rete del Ministero, è il loro trofeo di caccia
da mostrare al
mondo magico come prova dell’impegno profuso in questa
guerra. Non possono
permettersi di lasciarlo fuggire e lo sorvegliano a vista, per questo
Lucius
non ha ancora potuto unirsi a noi, ma sono certo che lo farà
alla prima
occasione.” Patetico tentativo di consolazione a dire il
vero: Voldemort
avrebbe potuto ordinare ad una decina di loro di farlo evadere, ora che
Azkaban
non era più presidiata dai Dissennatori sarebbe stato un
gioco da ragazzi. In
realtà era chiaro che Voldemort aveva abbandonato Lucius al
suo destino (dopotutto
per causa sua un horcrux era andato distrutto) e che lo stava usando
solo per
tenere in pugno suo figlio. “Che
– si
chiese il mago – non so quanto
ancora
potrà reggere.”
E
Lucius? Era un uomo intelligente: in tutti quei mesi rinchiuso in
prigione
sicuramente doveva aver capito che Lord Voldermort gli aveva voltato le
spalle.
Una
volta aveva detto a Narcissa che l’Oscuro Signore non era
incline al perdono. Non
era esatto: la verità era che quel mago non sapeva cosa
fosse il perdono,
conosceva solo la crudeltà e la vendetta: non aveva
più parlato dell'incidente
del diario di Riddle, ma ciò non significava che avesse
dimenticato o che ci
fosse passato sopra.
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Capitolo 11 *** 11. Inaspettata magia ***
CAPITOLO 11 – INASPETTATA
MAGIA
“Sono
in ritardo, non so come scusarmi! Mi ero fermata a parlare con il
professor
Vitious degli incantesimi di compressione e ho perso la cognizione del
tempo!”
disse Hermione tutto d’un fiato entrando in aula.
“Tranquilla
Hermione, stavo distribuendo i compiti di settimana scorsa. Ecco il
tuo. – Oleander
le porse tre fogli di pergamena scritti fitti fitti, sul primo dei
quali era
vergata una bella E – bene, oggi vi parlerò del
pentacolo di Venere, o
pentacolo della conoscenza, e settimana prossima proveremo a
realizzarne uno…
sì, Hermione?” chiese, vedendo la mano della
ragazza saettare verso l’alto.
“Il
programma non prevedeva un filtro contro i gas venefici?”
“Hai
ragione, avevo già predisposto i componenti per realizzarlo,
ma purtroppo stamattina
ho trovato una brutta sorpresa.” Si avvicinò con
la bacchetta ad una
marmospugna, un minerale dall’aspetto soffice di una spugna
marina ma in realtà
durissimo, e ci fece cadere sopra alcune scintille rosse: dai forellini
emersero piccole creature simili a degli insetti, verdi e con lunghe
antenne
cespugliose “Festucanti. Hanno infettato la marmospugna ed
ora è
inutilizzabile. A fine lezione andrò dal professor Lumacorno
a chiedergli una
pozione pesticida adatta.”
Un’ora
dopo congedò gli studenti “Per settimana prossima
almeno mezzo foglio di
pergamena sulle proprietà dello smeraldo e sulle sue
modalità di impiego per i
talismani della conoscenza.”
Poi
raccolse il minerale infestato e andò dal direttore della
Casa di Serpeverde.
Fu solo davanti al pesante portone di legno che si rese conto che, fino
a
cinque mesi prima, quelli erano stati gli alloggi di Severus, alloggi
dove lei
era di casa.
E
che da quando era tornata ad Hogwarts aveva sempre evitato di passare
lì
davanti e non aveva più messo piede in quelle stanze,
nonostante Lumacorno
l'avesse invitata un paio di volte alle riunioni del Lumaclub.
“Non
essere sciocca.” si rimproverò. Eppure
la sua mano tremava leggermente
mentre bussava alla porta.
“Avanti!”
disse una voce gioviale dall’interno.
L’austero
rigore del precedente proprietario era stato spazzato via da uno
sfoggio di
opulenza e la stanza ricordava da vicino lo stile barocco di Schloss
Berth [1]:
il freddo pavimento di pietra era ricoperto da sofficissimi tappeti nei
quali i
piedi sprofondavano, le tende erano di velluto, trapunte
d’oro, dal soffitto
pendeva un lampadario di cristallo che non avrebbe sfigurato nella
reggia di
Versailles, l’arredamento era altrettanto magnificente e alle
pareti erano
appese foto magiche di Lumacorno intento a stringere mani a tanti
personaggi
illustri, un intenso odore di incenso e frutta candita permeava
l’aria.
Ma
non fu il lusso sfacciato di quella stanza a farla restare senza
parole. Fu il
pensiero che in essa nulla era rimasto di Severus.
Lumacorno
dovette chiamarla due volte per attirare la sua attenzione
“Mi-mi perdoni,
professore. Volevo chiederle se ha dell’antiparassitario
adatto per i
Festucanti, hanno infettato questa marmospugna.”
“Non
al momento, ma posso prepararlo per domani. Anzi - il professore
battè le mani
- lo farò preparare ai miei allievi durante l'ora di
Pozioni, non le pare
un'ottima idea?”
“Oh
sì, grandiosa, perfetto. A-allora non la
disturberò oltre.” Oleander arretrò
velocemente verso la porta: non riusciva più a restare in
quella camera, dove
tutto le urlava che non c’era più nulla di Severus.
Una
volta fuori si avviò con passo veloce verso la sua stanza,
stava piangendo e
non riusciva a fare nulla per fermare le lacrime. Era come se il suo
corpo
avesse scavalcato la mente testarda, che in quei mesi si era impegnata
alacremente nel non pensare a Severus.
Severus
che se ne era andato con Voldemort, tradendo tutti loro.
Severus
che non c’era più, che non sarebbe più
tornato.
Vide
la porta della sua stanza come un miraggio, l’aprì
e si gettò sul letto,
tremando ed abbandonandosi finalmente ad un lungo pianto liberatorio.
Qualcosa
di soffice e delicato le sfiorò i capelli viola. Stupita, la
donna alzò lo
sguardo e vide Fanny, la fenice di Silente. Non si chiese nemmeno come
avesse
fatto ad entrare, né perché fosse lì.
Abbracciò l’uccello, sprofondando il viso
nel soffice piumaggio e parlò, come se potesse capirla
“Mi manca, Fanny, mi
manca da impazzire. Ho provato a non pensarci, a fare finta di niente,
ma non
ci riesco. Nonostante ciò che ha fatto, nonostante tutto, la
verità è che io lo
amo ancora e al pensiero di non poterlo più vedere mi sento
morire. So che è
sbagliato, ma non posso farci niente!”
La
fenice appoggiò dolcemente la testa sulla sua spalla, come
se volesse consolarla
e dirle che non c’era nulla di cui vergognarsi, poi
iniziò a cantare.
Un
canto melodioso, celestiale, che leniva le pene del cuore, che faceva
svanire i
contorni della sua stanza…
“Che
cosa?”
all’improvviso Oleander si trovò su una bella
spiaggia
di sabbia bianchissima, con indosso un leggero prendisole verde.
Freneticamente
cercò la bacchetta, ma si accorse di non averla con
sé. Spaziò con lo sguardo
sulla riva deserta ed in lontananza vide una figura familiare: un mago
dai
capelli argentati e una lunga barba dello stesso colore, avvolto in una
veste
turchese. Sul naso portava degli inconfondibili occhiali a mezzaluna.
“A-Albus?” balbettò incredula. Si mise a
corrergli incontro gridando a
squarciagola “Silente! Professor Silente!”
Il
mago si voltò verso di lei, rivolgendole un garbato sorriso
“Oleander, ti
assicuro che nonostante l’età ci sento ancora
molto bene, non è necessario
sgolarti a quel modo. Bella vista, non trovi? Personalmente adoro il
mare, e
tu?”
Nuove
lacrime minacciavano di traboccare dagli occhi della donna ed anche
l’ex-preside se ne accorse “Perché sei
così triste? Finirai per far rabbuiare
anche questa bella giornata di sole. – iniziò a
frugare nelle tasche – Per
Merlino, non c’è mai un fazzoletto pulito quando
serve.”
“Perché
sono triste? Come può chiedermi questo, dopo quello che ha
fatto Severus?”
L’anziano
mago sospirò affranto, poi disse una cosa del tutto
inaspettata “Povero Severus
e povero me, anche. Io continuo a ripeterlo a tutti: mi fido di Severus
Piton,
ma a quanto pare, nessuno mi ascolta. Ad ogni modo lui meriterebbe
davvero
maggior considerazione da parte tua, dato che sei la sua
donna.”
“Ma
Silente, Severus l’ha uccisa!”
“Sì.
– disse l’uomo con tranquillità
– Dietro mio preciso ordine. Ti assicuro che
eseguirlo gli è costato molto e se solo avessi potuto
evitargli una tale
sofferenza, l'avrei fatto.”
La
donna scosse la testa con un sorriso amaro “Che stupida che
sono: questo è solo
un sogno, è solo ciò che vorrei sentire, una
giustificazione, una
giustificazione qualsiasi, per quanto assurda, del gesto di Severus,
per poter
continuare ad amarlo senza sentirmi in colpa per questo.”
"Ne
sei proprio convinta, Oleander? Allora rispondi a questa domanda:
perchè quella
notte Severus non ti ha uccisa? Perchè si è
limitato a darti una pozione per
farti addormentare?"
La
donna aggrottò la fronte, spiazzata da quella domanda "Io-io
non lo so...
non me lo sono mai chiesto... ma che importa, ormai?"
"Importa
eccome! Rifletti: per lui sarebbe stato più facile ed anche
più sicuro
eliminarti con un Avada Kedrava, tu eri tranquillamente seduta al tuo
tavolo di
lavoro, stavi sciogliendo della resina sul fuoco e non avresti mai
avuto il
tempo di afferrare la bacchetta magica per difenderti. Invece lui ti ha
fatto
bere una pozione e ti ha adagiata sul pavimento: anche se un
mangiamorte fosse
entrato nella stanza, avrebbe visto solo una donna riversa a terra e di
certo
non avrebbe sprecato tempo ad appurare se fosse viva o morta. In
realtà quella
notte Severus ti ha salvato la vita."
Oleander
fissava Silente incredula "Come fa a sapere esattamente cosa stavo
facendo
e cosa accadde? Lei non era lì... allora questo non
è un sogno?"
“In
effetti no, è una delle mie magie più riuscite,
se non la migliore in assoluto,
modestamente. Più tardi puoi chiedere a Fanny
conferma.”
Tuttavia
Oleander era ancora molto scettica “Quando mai
avrebbe…? OH!
– gli puntò contro l’indice –
Quella sera, quando mi ha
convocato nel suo studio, alla fine sono uscita intontita e con il mal
di
testa!”
“Sì,
l’ho fatto proprio in quella occasione, anche se la tua
descrizione del mio
incantesimo non è molto gratificante, ragazza mia.”
La
donna si prese la testa tra le mani, come se temeva potesse scoppiare
per le
troppe rivelazioni inattese, poi strabuzzò gli occhi in
un'espressione
orripilata "Non vorrà dirmi che mi ha ficcato nella testa
una specie di
horcrux, vero?"
Il
mago scosse la testa, indignato "Oleander, no! Sei completamente fuori
strada, ciò che ho fatto non centra nulla con quegli orrori.
A dire il vero,
l'incantesimo che ti ho praticato non è propriamente una mia
magia originale,
ho preso spunto da quello che serve per creare i ritratti magici."
"Merlino
sia lodato." Quindi doveva prendere per buono quello che l'immagine del
preside le stava raccontando. "Silente, ma perchè mai..."
“…
ho chiesto a Severus di uccidermi? – concluse per lei
l’anziano mago –
Semplice: non mi restava più molto da vivere ormai, quindi
abbiamo deciso (beh,
in realtà l'ho deciso io, Severus è stato restio
fino all'ultimo) di dare una
parvenza di utilità alla morte di un vecchio inutile."
concluse con voce
allegra.
"Le
restava poco da vivere? - il simulacro di Silente che ora era davanti a
lei
aveva entrambe le mani sane, a differenza del mago morto in giugno -
Ah, quella
bruciatura. Era dunque così grave?" infine capì.
"Sì
- annuì Silente - una terribile distrazione,
un'ingenuità nel momento in cui
distrussi l'anello di Orfin, me ne vergogno ancora. Severus
riuscì soltanto a
rallentare l'espandersi della maledizione, ma non c'era verso di
annullarla; in
seguito mi raccontò che Voldemort aveva ordinato a Draco di
uccidermi e lui
aveva stretto un Voto infrangibile con Narcissa Malfoy, per farlo al
posto suo,
certo che il ragazzo non ci sarebbe mai riuscito."
Oleander
era sbiancata: non ne sapeva nulla.
Silente
proseguì "Draco è sempre stato un ragazzo
ambizioso, desideroso di
compiacere suo padre, per questo facile preda delle lusinghe del male,
tuttavia
la sua anima non era ancora corrotta in modo irrimediabile. L'anno
scorso ha
camminato a lungo sul ciglio di un burrone e il commettere un omicidio
l'avrebbe fatto sprofondare in un baratro dal quale sarebbe stato
impossibile
recuperarlo."
"Perciò
Severus..."
"Sì,
ha solo eseguito, seppur con la morte nel cuore, un mio desiderio. E'
innocente, quindi puoi smettere di tormentarti a questo modo."
"Severus
è innocente." ripetè lei, piano, assaporando ogni
parola di quella frase. "In
nome di Paracelso! - stillò poi, d'improvviso agitatissima -
devo avvisare
subito gli Auror e anche il Ministero."
"No,
non devi." replicò Silente, ora decisamente serio.
"No?
Forse lei non ha idea di cosa sia successo nel frattempo là
fuori."
"Invece
sì: grazie a questa magia io sono in grado di apprendere ed
interagire con i
tuoi pensieri e so tutto ciò che sai tu."
Oleander
lo guardò con le sopracciglia sollevate, sarcastica "Bene,
allora saprà
che le facce di Severus e di Draco tappezzano Hogsmeade, Diagon Alley e
ogni
altro luogo magico di questo Paese e che Severus, in particolare,
è ricercato
vivo o morto. Nonostante ciò, lei afferma che non devo dirlo
a nessuno?"
"Sì,
precisamente."
La
maga scosse la testa "Lei è pazzo, oppure questa magia non
ha funzionato a
dovere. - si incamminò a lunghi passi lungo la spiaggia,
furente - Dov'è
l'uscita? Come diavolo si esce da questo posto? Voglio uscire!"
"Oleander,
calmati. - Silente le andò dietro - Qui siamo nella tua
mente, non su una vera
spiaggia. Non puoi uscire dalla tua testa. O forse l'hai già
fatto, visto
quanto sei agitata."
La
donna, però, non era assolutamente in vena di battute e
sembrava sul punto di
esplodere. "Oleander, ora smettila di comportarti in modo
così
infantile." Silente aveva completamente cambiato tono rispetto a prima,
era freddo, deciso, emanava autorità da tutta la sua persona
e, pur non
muovendosi, sembrava incombere sulla donna e lei si acquietò.
"Se
ora tu mettessi in pratica il tuo sciocco proposito, nobile senza
dubbio, e
dettato dall'amore, che è sempre una cosa bellissima, ma pur
sempre sciocco,
temo che nessuno ti crederebbe: nella migliore delle ipotesi, finiresti
in un
reparto del San Mungo. Ma se qualcuno ti credesse, in quel caso
uccideresti
Severus con le tue mani. Lui in questo momento si trova con Voldemort e
gli
altri Mangiamorte: come credi che reagirebbero se venissero a sapere
che non è
dalla loro parte, come ora credono?"
Oleander
si morse le labbra, in preda alla frustrazione: non riusciva a trovare
un
argomento per ribattere.
"Severus
sta rischiando la vita per scoprire i piani di Voldemort, occupa la
posizione
più scomoda e pericolosa in questo momento ed è
consapevole dei rischi che sta
correndo, non è certo così sciocco da non
prendere delle precauzioni, non devi
preoccuparti per lui."
"Mi
sta chiedendo l'impossibile e lei lo sa bene!"
"Ti
sto chiedendo di essere responsabile e tu lo sarai. Ascolta, Oleander,
Tom
Riddle va fermato ad ogni costo, ora che è ancora possibile.
Se noi falliamo,
non ci sarà più niente ad arginare la sua
ambizione, la sua sete di potere e di
magia oscura. L’equilibrio sul quale si regge il mondo,
quello tra bene e male,
sarà infranto senza possibilità di rimedio
alcuno: si sono già manifestati
segnali preoccupanti e tu lo sai bene. Pensi che Riddle si
fermerà
all'Inghilterra? Potrebbe non bastargli il mondo intero. Riesci a
immaginare la
fine che faranno i babbani, le altre creature magiche e coloro che si
sono
opposti a lui? La sconfitta di Voldemort ha la priorità su
qualsiasi altra
cosa."
“Su
qualsiasi altra cosa?” scandì piano Oleander.
Gli
occhi di Silente, ora simili a due cristalli di ghiaccio, freddi e
distaccati,
la fissarono con severità
“Sì.”
La
donna provò una forte vertigine, un senso di straniamento:
era come se vedesse
quell’uomo per la prima volta.
Non
aveva mai creduto, a differenza di molti, che Silente fosse uno
svampito od un
sempliciotto, quella era solo una facciata; sapeva che dietro
quell’aria stravagante
e bonaria si nascondeva un mago abile e potente ed una intelligenza
fuori dal
comune: in fondo era l’unico uomo che Voldemort avesse temuto
davvero.
Tuttavia,
fino a quel momento, aveva sempre ritenuto Silente il buono per
eccellenza, l’ala
protettrice sotto la quale i più deboli e gli emarginati
potevano nascondersi,
il paladino del Bene e del Giusto. Ma ora si rendeva conto che quella
visione
agiografica non corrispondeva del tutto al vero. Perché
affermare che l’Oscuro
andava fermato a qualsiasi costo implicava anche l’utilizzo
dei suoi metodi.
In
quel caso, cosa distingueva il Bene dal Male?
Realizzò
di avere di fronte un uomo, semplicemente un uomo, la cui guerra contro
Voldemort
era prima di tutto qualcosa di personale,
quasi avesse un conto aperto con lui. Silente era un uomo con le
proprie
ragioni per voler vincere quella guerra. Era forse in cerca di una
sorta di
riscatto, per non aver fermato Voldemort quando era ancora solo Tom
Riddle? Per
non aver capito immediatamente che pericolo fosse? Oppure era una
vendetta? Una
dimostrazione di forza? Quali che fossero le sue motivazioni, a questo
punto
Oleander non era certa di volerle conoscere davvero. Ed anche
l’aver impedito a
Draco di ucciderlo era parte del piano, non era stato per puro spirito
di
carità, ma una mossa affinché Voldemort si
fidasse maggiormente di Severus.
Già,
e Severus? Fino a che punto sapeva? Aveva intuito anche lui cosa celava
l’anziano mago?
Mentre
pensava tutto questo, era consapevole che il simulacro di Silente di
fronte a
lei percepiva tutti i suoi ragionamenti. Di fatti le sue labbra si
schiusero in
un sorriso enigmatico "Resterei più che volentieri a
filosofeggiare qui
con te, se ne avessimo il tempo, ma purtroppo non l’abbiamo.
Quanto a Severus,
lui stesso ti ha mostrato in parte le sue motivazioni, dettate dal
desiderio di
redenzione per le vite spezzate a causa sua. Di una vita in
particolare, quella
di Lily, la madre di Harry. Quanto alle mie motivazioni –
Silente si strinse
nelle spalle – non contano più molto, dal momento
che sono morto. Ciò che mi
preme è che tu capisca quanto sia importante fermare
Voldemort: non mi importa
che tu condivida i miei metodi o comprenda le mie ragioni, ma
è importate tu
capisca quali sarebbero le conseguenze di una sua vittoria:
perciò anche tu
devi promettermi di non anteporre nulla alla sua sconfitta."
"Va
bene, ho capito, ho capito." sbottò lei, irritata. Non che
avesse
alternative, d’altronde.
"Bene,
sono lieto di sentirtelo dire. Severus invece sarebbe estremamente
contrariato
se lo scoprisse, mi aveva categoricamente proibito più e
più volte di
coinvolgere anche te. Era già abbastanza irritato del fatto
che io ti avessi
parlato della ricerca degli horcrux. E ha cercato di prendere da solo i
suoi
provvedimenti. Ah - Silente scosse la testa - pare che io riesca sempre
a farlo
arrabbiare."
"Ma
Harry, almeno lui... Silente, Harry è furioso con Severus:
se è vero che la sua
magia è nella mia testa dalla scorsa estate, ha visto anche
lei i suoi scatti
di rabbia, l’amarezza, l'odio di cui è preda quel
ragazzo. Se si trovasse
davanti Severus io temo che sarebbe in grado di ucciderlo."
"No,
Harry meno di tutti deve sapere: ricorda che in qualche modo la sua
mente è
direttamente in contatto con quella di Riddle, come abbiamo avuto modo
di
appurare in passato ed il ragazzo, purtroppo, non ha molte
abilità nel campo
dell’Occlumanzia, pertanto rivelando qualcosa a lui corresti
il rischio di rivelarla
direttamente a Voldemort e non possiamo permetterci di rischiare.
– Silente
alzò una mano, per zittire la donna che stava per ribattere
nuovamente – Harry proseguirà
nella ricerca degli horcrux e sarà informato di
ciò che deve sapere al momento
opportuno e, di nuovo, non dovrai essere tu a preoccuparti di farlo."
"Allora
sarebbe tanto gentile da spiegarmi perchè mi ha raccontato
tutto questo e qual
è il mio ruolo in tutta questa faccenda? Stare in un angolo
ad osservare?
Seppellire i morti? Diventare arbitro di Quidditch? Andare fuori di
testa?
Cosa?" chiese ironica.
"Il
tuo ruolo francamente mi è del tutto ignoto." ammise Silente
con candore.
Oleander perse le forze di colpo "Ho bisogno di sedermi."
mormorò.
"Quella
sera, quando ti mandai a chiamare, avevo appena ascoltato qualcosa di
insolito
da Sibilla, una delle sue rare profezie autentiche. Non fu molto
chiara, ma se
non ho sbagliato a interpretare le sue parole, anche tu, insieme ad
altri, hai
un ruolo in tutto questo. Quindi ho ritenuto opportuno praticare su di
te questo
incantesimo, per metterti al corrente di come stavano davvero le cose,
nel
momento in cui ho ritenuto opportuno farlo, il momento in cui stavi per
crollare."
La
donna riflettè a lungo in silenzio ad occhi chiusi, poi
tornò a guardare il suo
interlocutore, più calma “Va bene, farò
quel che devo, qualunque cosa sia. E
comunque, il non anteporre nulla alla caduta di Voldemort non
è incompatibile con
altre azioni, ad
esempio evitare che Severus ci lasci la pelle. D’altronde
l’ha detto anche lei
di ignorare quale sarà il mio ruolo.” concluse
Oleander, intimamente
soddisfatta nel notare che aveva lasciato l’anziano mago
senza parole.
La
spiaggia cominciò lentamente a svanire, i contorni delle
cose sfocati e
indistinti.
"Ci
vedremo ancora? Cioè, lei sarà sempre nella mia
testa?" chiese Oleander.
“No,
non credo che sia necessario: questa magia ormai ha esaurito il suo
compito,
ossia quello di informarti e sapere da che parte saresti
stata.”
“Capisco…
Silente, se avessi deciso di fare comunque di testa mia, mi sarebbe
capitato
qualcosa, vero? Magari mi sarei magicamente riaddormentata.”
“E’
tardi ora – rispose elusivamente l’anziano mago
– addio, Oleander.”
La
stanza ricomparve davanti ai suoi occhi.
"Fanny!
- si rivolse all'uccello - Ho sognato?"
Lei
scosse la testa con decisione.
"Era
tutto vero?"
Questa
volta annuì.
“Fanny,
credo che tu sia l’unica a sapere chi fosse davvero Albus
Silente. E continui
ad essergli fedele, vero? Sì, ti fidi di lui.”
Di
nuovo la fenice piegò il collo con vigore, fino a toccare il
petto con il grande
becco.
“Ti
confesso che invece io ho qualche perplessità sul suo modo
di agire, tuttavia
ho dato a Silente la mia parola e la manterrò.”
Non era una stupida e capiva
bene quanto fosse importante sconfiggere il Signore Oscuro: perdere
quella
guerra avrebbe significato l’inizio di un’era di
terrore per tutti quanti e
bisognava impedirlo a tutti i costi, eppure la spietata determinazione
di
Silente l’aveva lasciata senza parole. Ad ogni modo la fenice
si ritenne
soddisfatta della sua risposta e volò fuori dalla finestra,
inseguita dal
gracchiare di Petrolio, lieto di veder andar via l’altro
pennuto.
“Non
dirmi che sei geloso. – disse Oleander, prelevando il suo
corvo dalla gabbia ed
accarezzandolo sulla testa – Sai una cosa, Petrolio? Oggi
è stata una giornata
difficile sotto molti punti di vista, ma ho anche ricevuto una buona
notizia:
Severus è innocente!”
Il
corvo sbatacchiò le grandi ali.
“Hai
ragione, è più che buona, è una
notizia meravigliosa. Solo che non posso dirlo
a nessuno.”
Il
corvo le beccò un dito, come a dire “Ehi, e io chi
sono?”, mentre la sua
padrona, guardando fuori distrattamente, continuava a passare le dita
sulle sue
penne. Su una cosa Silente aveva perfettamente ragione: non poteva
uscire di lì
e proclamare ai quattro venti che Severus Piton non era né
un traditore, né un
assassino al servizio di Voldemort. Sulla base di quali prove,
innanzitutto?
Inoltre, guardinghi e sospettosi com’erano al Ministero in
quel periodo,
l’avrebbero rinchiusa in una cella seduta stante. Incastrata
per bene, ecco
come si sentiva.
Poggiò
la testa contro il vetro freddo “Severus –
mormorò piano, come se le sue parole
potessero raggiungerlo – Severus perdonami per aver dubitato
di te. E, ti
prego, fa’ attenzione…”
=
= = = =
Tracey Davis stava rientrando dalla
Biblioteca nella Sala Comune dei
Serpeverde. Delle
urla rimbombavano nel
freddo ed umido corridoio: davanti all'ingresso della Sala, Hermione
Granger,
Caposcuola di Grifondoro, stava fronteggiando Pansy Parkinson,
Caposcuola di
Serpeverde, spalleggiata da Tiger e Goyle. I due ragazzi le ricordavano
più che
mai una muffa o un parassita, delle esistenze incapaci di reggersi in
piedi da
sole, se non appoggiati a qualcun'altro. E, sparito di scena Draco
Malfoy, si
erano ritrovati a seguire la Parkinson.
Patetici... perchè mai il cappello
parlante li aveva mandati
a Serpeverde? Dov'erano in loro l'orgoglio e, oh cielo, l'astuzia?
Tracey se ne
sarebbe tranquillamente entrata in Sala Comune, ma sfortunatamente, la
mole di
Tiger occupava per intero la porta d'ingresso, quindi dovette fermarsi
ad
assistere suo malgrado.
"Torna
a far la ronda nella tua torre." gridava Pansy.
"Sono
Caposcuola, posso effettuare il giro di guardia dove ritengo sia
più opportuno."
fece notare Hermione, per contrasto molto calma.
Pansy
lanciò un'occhiata ai due ragazzi dietro di lei, poi assunse
un'aria minacciosa
e i tre fecero un passo verso Hermione con aria truce. Tracey li
trovava
infantili ed irritanti "Per regolamento i caposcuola devono controllare
la
propria casa, non lo sai, sanguesporco?" pronunciò l'ultima
parola con una
palese espressione di disgusto.
Hermione
non si scompose, ma si sorprese parecchio quando la Davis
si intromise "Per
favore Pansy, prima di citare il regolamento a vanvera assicurati di
averlo
almeno letto, soprattutto davanti a una che lo conosce a memoria." poi
entrò finalmente in Sala Comune. Ovviamente Pansy e
compagnia la seguirono a
ruota, dimentichi di Hermione "A che gioco stai giocando, Davis?"
proruppe la brunetta, furiosa. Tutti si girarono a guardarle: Zabini
emerse
dalla sua copia di ‘Affrontare l'informe’ e Nott
interruppe per un attimo il
suo solitario con le carte.
“Nessun
gioco, ti stavo solo evitando una figuraccia. Nel regolamento non
c’è scritto
nulla del genere, per tua informazione.” Scrollò
le spalle, l’immancabile
espressione corrucciata dipinta sul volto. Non era così, in
verità: delle
figure che poteva fare Pansy Parkinson gliene importava meno di zero,
era stato
quell'insulto a farla scattare.
L’altra
ragazza alzò al cielo i suoi occhietti scuri da carlino
“Ma chi se ne frega del
regolamento! Volevamo solo evitare che quella sporca natababbana
gironzolasse
attorno al nostro dormitorio.”
“Anche
mia mamma è babbana – gridò Tracey,
arrabbiatissima – vuoi che anch’io vada da
qualche altra parte?” Fissò la compagna di Casa
dritta negli occhi, con le
labbra serrate, mentre Pansy aprì la bocca per dire qualcosa
di sgradevole, un
altro insulto, sicuramente, ma il ragazzo nero parlò per
primo “Volete
smetterla per favore? Noi staremmo studiando.”
“Sì
– aggiunse Nott – senza contare che state dando
spettacolo. Uno spettacolo
penoso.” Lo sguardo del ragazzo magro era fisso sulla
Parkinson e i suoi, per
modo di dire, angeli custodi.
Un
gruppo di bambini del primo anno pensò bene di andare a
finire i compiti di
Trasfigurazione nel dormitorio; in un angolo vicino al camino, Daphne
ed
Astoria Greengrass parlavano fitto fitto tra loro, guardando storto la Caposcuola.
“Oh,
d’accordo!” soffiò Pansy inviperita e
raggiunse il suo dormitorio. Tiger e
Goyle restarono a guardarsi inebetiti, incerti sul da farsi, poi
seguirono
l’esempio del loro nuovo capo.
Tracey
posò di botto il libro preso dalla biblioteca sul tavolo
dove c’era anche Nott
“Posso sedermi o ti dà troppo fastidio stare
vicino ad una mezzosangue?”
chiese, guardandolo con aria di sfida.
La
faccia conigliesca del ragazzo rimase impassibile “Fa come ti
pare. E per tua
informazione già lo sapevo che tua mamma è
babbana: siamo compagni di Casa da
sette anni ed io non sono scemo.”
"Non...
non ho mai voluto insinuarlo. Ero solo... un po' nervosa." si
scusò Tracey,
poi si dedicò alla lettura e Nott riprese a mescolare le
carte per un altro
solitario. “Altro che un po' nervosa: fa strano sentirti
alzare la voce così.
In sette anni credo sia la prima volta, di solito non ti scaldi mai,
eppure qua
dentro insulti verso i babbani se ne sentono parecchi.”
Tracey
restò stupida dallo spirito di osservazione del coetaneo.
Non poteva dire di
conoscere bene Nott: lei non aveva legami che potessero definirsi di
amicizia,
né con i suoi compagni di Casa, né con altri
ragazzi. Era schiva, taciturna e
il suo volto, con quell’espressione perennemente imbronciata,
non invogliava certo
le persone a fare amicizia; senza contare che passava la maggior parte
del suo
tempo sui libri a studiare, anche quando gli altri andavano in gita ad
Hogsmeade. Ed era vero che normalmente non gridava, né
litigava per gli insulti
che i suoi compagni rivolgevano ai non maghi, ma restò molto
stupita che
Theodore se ne fosse accorto, pensava di essere praticamente invisibile
per
tutti.
Tracey
fu smistata dal Cappello Parlante a Serpeverde per la sua ambizione
smisurata e
la scelta si era dimostrata corretta: era una delle allieve migliori di
Hogwarts, sempre nei primi posti nelle graduatorie scolastiche,
metà dei punti
della Casa si dovevano a lei. Tuttavia, fin dal primo anno si era resa
conto
che in quella Casa quelle come lei, con uno o entrambi i genitori
babbani, non
erano visti di buon occhio. Cosa che lei trovava assurda: cosa
centravano i
natali con la bravura o l’abilità di un mago? Ad
ogni modo, interessata solo
all’apprendimento della magia com’era, gli insulti
ai ‘mezzosangue’ le erano
sempre scivolati addosso, indifferenti.
Però,
da quando aveva visto cosa erano capaci di fare i seguaci
dell’Oscuro Signore,
il pensiero che potessero uccidere i suoi genitori solo
perché sua mamma non
aveva alcun potere magico l’aveva scossa nel profondo e non
aveva più
intenzione di tacere di fronte agli insulti: le cose erano cambiate per
molte
persone, non solo per il famoso Harry Potter, da quella notte di giugno.
“Beh,
mi avevano fatto proprio arrabbiare, dai, sono così
stupidi!” disse a Theodore,
riscuotendosi dai suoi pensieri. Il ragazzo continuava a giocare
tranquillo.
“Hai
fatto bene.” sentenziò Blaise chiudendo il suo
libro ed alzandosi pigramente: a
Tracey ricordò una pantera nera dalle movenze sinuose. Non
c’era da stupirsi
che metà delle ragazze di Serpeverde stravedessero per lui.
“Quelli come loro
rovinano il buon nome di questa Casa – proseguì
Zabini – e così la gente si fa
l’idea che qui ci finiscono solo gli idioti o gli
psicopatici.”
“Se
guardi Tiger o Goyle, proprio non puoi dargli torto.” gli
fece eco l’altro
ragazzo. Tracey finalmente distese la sua espressione ed
azzardò una mezza
risatina.
“Vi
va una partita a Spara Schiocco?” chiese Theodore agli altri
due. [2]
=================
NOTE
[1]
il castello che ospita la scuola di magia dei parenti di Oleander. Per
una
breve descrizione del maniero, vi rimando al VdP, epilogo.
[2]
Citazione dall'ultimo capitolo del Calice di Fuoco, dove è
George sul treno a
chiedere chi vuole giocare a carte.
RINGRAZIAMENTI
Arabesque: in questa fanfiction ci sono meno
gag comiche
rispetto alla precedente, ma sono riuscita a inserire alcune scenette
divertenti
(almeno, io spero che risultino divertenti ^^;).
In
effetti la
Rowling
non ha fatto molto per rendere simpatico Smith, eh! -__- 'mazza, nel
quinto
libro l'avrei preso a scarpate da mane a sera, così quando
mi è toccato
scegliere una vittima per Piton, la scelta è stata quasi
automatica U_U |
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Capitolo 12 *** 12. Confronti ***
CAPITOLO 12 – CONFRONTI
Severus
Piton chiuse il libro che stava traducendo e cercò di
rilassare le membra
sprofondando nella morbida poltrona. Era molto teso e ciò
non andava bene: la
regola numero uno di un buon occlumante era quella di non permettere
mai
all’emotività di avere il sopravvento sulla
freddezza e sul controllo.
Eppure
era stanco, sfinito. Non tanto fisicamente, ma mentalmente: sempre
all’erta,
sul chi vive, per mesi e mesi, sempre circondato da potenziali nemici,
senza
mai potersi concedere una tregua.
Lord
Voldemort era riuscito ad allungare gli effetti della Pozione Polisucco
ad una
settimana, ma l’Oscuro Signore non si era preoccupato di
rivelargli a cosa
servisse: aveva notato solo che quella casa persa nella brughiera,
scelta come
quartier generale, si andava svuotando lentamente. Aveva già
fatto agevolmente
due più due: da qualche parte molti maghi oscuri avevano
preso le sembianze e
si erano appropriati della vita di altre persone. Persone che sarebbero
rimaste
in vita finchè parti del loro corpo fossero servite per la
pozione polisucco,
per la quale non si potevano utilizzare dei cadaveri.
Concluso
quel compito, Voldemort chiese aiuto a Piton per un'altra faccenda: era
riuscito a mettere le mani su antichissimi testi di magia oscura,
scritti in
lingue dimenticate e voleva che lui ne decifrasse il contenuto. Era
particolarmente interessato ai controincantesimi e
all’annullamento degli
effetti di un sortilegio già praticato. Ma a cosa questo
potesse servire, Piton
non riusciva ancora ad intuirlo.
Quando
non era impegnato a comandare attacchi di Mangiamorte o a sondare le
intenzioni
dei maghi oscuri che bussavano alla porta per ingrandire le sue fila,
l’Oscuro
trascorreva molte ore in quella stanza inaccessibile, con Nagini
acciambellata
di fronte alla pronta d’ingresso; sempre vigile, osservava
con occhi malvagi
chiunque le passasse troppo vicino, sibilando minacciosa.
Stava
quasi per assopirsi, cedendo al piacevole calore che emanava il camino,
quando
qualcuno bussò discretamente alla sua porta: era Narcissa
Malfoy, avvolta in un
mantello da viaggio, il viso pallido nascosto parzialmente da un
cappuccio, dal
quale sfuggiva una ciocca di capelli biondissimi. “Scusa, non
volevo
disturbarti, Severus.”
“Non
mi disturbi affatto, – le rispose il mago, raddizzandosi
sulla poltrona –
prego, accomodati.”
La
donna si calò il cappuccio e si sedette di fronte a lui,
mordendosi le labbra
vellutate e cercando di trovare le parole per cominciare:
l’uomo che aveva di
fronte era Severus Piton, amico suo e di Lucius dai tempi di Hogwarts,
colui
che l’estate prima aveva stretto con lei un Voto infrangibile
per sottrarre suo
figlio a morte certa, ma probabilmente anche l’uomo
più fedele a Lord
Voldemort, che non aveva esitato ad uccidere Albus Silente, uno dei
maghi più
potenti di sempre, per obbedire agli ordini dell’Oscuro
Signore. Fino a che
punto Severus Piton l’avrebbe compresa? Fino a che punto
poteva aprirsi? Ma lei
non ce la faceva più a tenersi dentro tutta quella angoscia
e lì non c’erano
altre persone con le quali potesse sfogarsi.
Anche
Piton scrutò Narcissa in silenzio: nemmeno per lei quei mesi
erano stati
facili, privata dell’appoggio del marito, in ansia costante
ogni volta che
Draco veniva mandato in missione. Tutte queste preoccupazioni si
riverberavano
sul suo viso, nelle occhiaie e nelle rughe leggere che ne minavano
l’algida
bellezza. Dentro di sé Severus sospettava che, potendo,
Narcissa avrebbe
portato Draco lontano il più possibile da quel luogo,
estraniandosi da quella
guerra, ma non poteva esserne sicuro: la famiglia Malfoy era da sempre
una
delle più fedeli a Lord Voldemort. E lui, nella sua
posizione, non poteva
permettersi alcun passo falso.
“Un
bicchiere di vino?” le chiese.
La
donna scosse la testa con garbo “No, ti ringrazio, sto per
uscire con mia
sorella Bellatrix.”
“Una
missione?” domandò l’uomo.
“Sì,
dobbiamo trovare una persona. Ritengo abbia a che fare con quella
stanza che
sorveglia Nagini.”
Severus
fissò con insistenza le fiamme del camino “Tu sai
cosa contiene quella stanza?”
chiese, con falso disinteresse.
“No,
io no. Ma credo che il Nostro Signore l’abbia confidato a mia
sorella, lui si
fida molto di Rodolphus e Bellatrix, più di quanto di si
fidi di… altri…
d’altronde, loro sarebbero lieti di dare la vita per
lui.” Narcissa si aspettava
di sentirsi rispondere che era un grande onore, che tutti lì
avrebbero fatto lo
stesso, invece Piton rispose solo un impersonale e neutro:
“Sì.”
“Ad
ogni modo ero passata per ringraziarti, Severus.”
“Non
capisco per quale motivo.” le disse l’uomo, un
po’ sorpreso.
Narcissa
sbuffò divertita “Davvero non lo immagini? Per
avere preso Draco sotto la tua
ala protettrice, nonostante ora tu non sia più vincolato dal
Voto. Potrà
sembrarti sciocco, ma la cosa mi è di grande conforto,
adesso che Lucius non
c’è.”
“Non
ho fatto nulla di particolare.” si schermì Piton.
La
donna sorrise appena “Draco mi ha raccontato di Zacharias
Smith.”
“Volevo
solo ridimensionare quel borioso idiota.”
“Comunque
sono contenta che passi del tempo con te, piuttosto che con
altri.” Si bloccò
di colpo, chiedendosi se non si fosse spinta troppo oltre, nel
criticare così
apertamente dei loro compagni Mangiamorte. Ma inaspettatamente Piton
sorrise a
sua volta ed inarcò un sopracciglio “Capisco:
Mulciber o McNair non sono
l’esempio d'uomo che una madre indicherebbe al proprio
figlio.”
Narcissa
rise brevemente, nascondendo la bocca con una mano “No,
decisamente no.”
“Ma
nemmeno io sono un modello di virtù, Cissy, e non posso
sostituire Lucius. E’
di lui che Draco avrebbe bisogno ora.”
La
donna sospirò “Lo so Severus! Ho provato a
chiedere al Nostro Signore di
poterlo andare a prendere con l’aiuto di mia sorella e suo
marito, ma mi ha risposto
che deve farcela da solo e se non ci riesce, lui non ha bisogno di un
incapace.
– fece una lunga pausa, guardando il mago di fronte a lei con
gli occhi azzurri
dilatati dalla paura – Ho paura, Severus, ho paura per lui,
per Draco, per la
mia famiglia.” concluse in un bisbiglio.
"Posso
capire." rispose piano l'ex pozionista.
Narcissa
si allungò verso Piton e gli prese le mani tra le sue
“Severus, te l’ho già
detto in passato: non c’è nulla che non farei per
la mia famiglia, se la
sapessi in pericolo. Nulla.” L’uomo non
faticò a riconoscere nelle parole della
donna un’accorata e tacita richiesta di aiuto.
Restarono
così, a guardarsi a lungo in silenzio, finchè la
donna non gli lasciò le mani,
mormorando “Ora devo andare, mia sorella mi starà
aspettando.” Aveva quasi
raggiunto la porta, quando Severus parlò di nuovo
“Cissy, aspetta un attimo.”
=
= = = =
Il
tempo era volato e le vacanze di Natale erano ormai dietro l'angolo per
gli
studenti di Hogwarts. Una figura dai bizzarri capelli verde mela si
stava
dirigendo verso i cancelli della scuola.
"Ciao
Tonks! Oggi non era il tuo turno di riposo?" tuonò il
possente vocione di
Hagrid. Lui stava andando verso la Foresta
Oscura con una grossa ciotola di biscotti,
probabilmente per una visita al fratello.
"Sì,
ma ho accompagnato i miei genitori per una visita alla tomba di
Silente."
Poichè
la tomba bianca si trovava all'interno dei confini della scuola, tutti
i maghi
che volevano rendere omaggio all'ex-preside dovevano essere
accompagnati da
qualche membro della squadra di sicurezza, per la tutela dell'edificio
e dei
ragazzi. I più sfortunati era quelli che venivano scortati
da Moody e dai suoi
detector oscuri.
"Ma
come? Scortati anche i tuoi genitori? Insomma, loro non ci farebbero
mai del
male ai ragazzi." esclamò il mezzogigante indignato.
"Lo
so Hagrid, ma lo sai anche tu come è fatto il Ministero: le
regole sono regole.
Comunque è impressionante la quantità di gente
che viene ancora: pensavo che
dopo il funerale le visite sarebbero calate."
"Silente
era un grand'uomo - sentenziò Hagrid - io a volte ancora non
ci credo che non
c'è più, ecco. E l'altro giorno è
venuto un ex-allievo di Tassorosso che mi si
è stretto il cuore a guardarlo, ti dico. E' rimasto mezz'ora
appoggiato alla
tomba, non era in sè, tanto era sconvolto." E si commosse
anche lui,
soffiandosi rumorosamente il naso in un fazzoletto delle dimensioni di
una
tovaglia, mentre Tonks gli dava piccole pacche sul braccio.
Nel
frattempo Harry, Ron ed Hermione avevano scoperto qualcosa sulla
possibile
ubicazione della Coppa di Tassorosso: secondo i giornali del tempo,
Caractacus
Burke si era dimostrato estremamente sorpreso dopo la scomparsa di Tom
Riddle,
all'epoca suo aiutante nel negozio, ma poteva essere un bluff. In
effetti c'erano
buone probabilità che Riddle avesse affidato proprio a lui
un oggetto così
grande e vistoso affinchè lo custodisse, dato che non poteva
essere nascosto
agevolmente come il medaglione di Serpeverde, ma dopo il 1981 era
impossibile
trovare un solo trafiletto che riguardasse Burke.
George
e Fred li aiutarono a scoprire qualcosa in più su di lui: un
giorno si recarono
al Ministero della magia chiedendo di fare ricerche all'Ufficio
Anagrafe. Il
rifiuto secco dell’impiegato alla reception, motivato da
nuove misure di
sicurezza, non scoraggiò di due ragazzi: Fred fece cadere
‘accidentalmente’ un
po’ di polvere buiopesto peruviana dalla tasca e
così i due, cercando l’uscita,
finirono casualmente all’Ufficio Anagrafe, dove
scartabellarono tra i
documenti, finchè non furono sorpresi e cacciati da Dolores
Umbridge in persona;
purtroppo, a causa di questo incidente, i due maghi avrebbero dovuto
sostenere
un’udienza disciplinare per intralcio al buon funzionamento
dell’ufficio.
Comunque,
grazie a loro, i tre ragazzi avevano scoperto che Burke negli anni
aveva
accumulato parecchi debiti per accaparrarsi i cimeli dei maghi
più famosi, a un
certo punto aveva ceduto la sua quota del negozio a Sinister ed era
sparito nel
nulla, abbandonando tutti i suoi beni ai creditori: un gruppo di
folletti ed un
mago di Fort William, Arcimbold Greedy.
Con
i folletti parlò Bill, ma non saltò fuori nulla
di utile: a casa di Burke
avevano trovato pochi galeoni e anticaglie di dubbio gusto, ma nessun
oggetto
che potesse somigliare ad una coppa o ad un trofeo.
Invece
Greedy in seguito fu arrestato per usura, tentò per tre
volte di evadere da
Azkaban e fu costretto a subire il bacio dei Dissennatori. Le cronache
magiche
si interrompevano lì, ma Hermione voleva fare altre
ricerche. “Se la coppa non
è nelle mani dei folletti, questo è il nostro
uomo. E se - alzò un dito per
prevenire le proteste di Harry - i libri di magia non parlano di lui,
tenteremo
con i giornali babbani della zona.”
“Ah,
è per questo che trascrivi gli appunti su uno di
quelli.” Ron indicò un
quaderno babbano sul quale la ragazza aveva annotato molte cose.
“Sì:
nel mondo babbano non si va in giro con rotoli di pergamena e penne
d’aquila. Pensavo
anche di utilizzare Internet durante le vacanze invernali. -
sospirò sconsolata
di fronte allo sguardo assente dei suoi due amici - Io capisco Ron, ma
Harry,
tu sei cresciuto in una famiglia babbana, dovresti sapere che
cos'è Internet!
Sai almeno come funziona un computer?”
“Hermione,
se solo mi fossi avvicinato al computer di Dudley, quello mi avrebbe
affogato nel
water. Per questa ricerca, credo che l’aiuto di Ron ti
sarebbe più utile del
mio.”
“D’accordo:
Ron, tu verrai con me e farai tutto quello che ti dico.”
“E
dov’è la novità?” chiese Ron,
ignorando lo sguardo di fuoco dell'amica.
"Vi
scongiuro, non ricominciate." li pregò Harry, rituffandosi
nella lettura
delle vecchie copie della Gazzetta del Profeta. A volte sembravano
già una
coppia di vecchi coniugi.
=
= = = =
Harry
entrò nell’aula di Oleander con l’aria
di un condannato a morte: pallidissimo,
lo sguardo fisso sull’oggetto che la maga stringeva tra le
mani, l’espressione disperata.
Oleander
gli rivolse un gran sorriso “Rilassati Harry, la coda della
tua Firebolt è come
nuova. L'ho già riparata una volta e so come
maneggiarla.”
Fu
come se qualcuno gli avesse detto che aveva appena vinto la coppa del
mondo di
Quidditch. Recuperò il suo manico di scopa dalle mani della
maga e guardò i
rametti di betulla, che erano stati perfettamente saldati: non si
notava alcuna
differenza rispetto a prima.
“La
prossima volta che vuoi esercitarti su una manovra così
complicata come
l’attacco Pellican, usa una scopa in dotazione alla scuola:
diamine, ci ho
messo due giorni per sistemarla!”
“Grazie,
grazie davvero!”
“Mi
spieghi una cosa Harry? Perché hai voluto che riparassi i
ramoscelli? Avrei
semplicemente potuto sostituirli.”
Il
ragazzo accarezzò piano il suo manico di scopa, quasi fosse
vivo “Mi spiace se
ti ho dato tanto da fare, ma questa scopa è molto speciale
per me: me l’ha
regalata Sirius. E io voglio che resti per sempre come quando lui
l’ha
comprata, non voglio cambiare nulla. E’ un ricordo
prezioso… so che è sciocco,
ma…” arrossì e abbassò lo
sguardo.
Oleander
lo guardò con dolcezza “No, non è
affatto sciocco: hai detto una cosa molto bella.
Sai, una credenza babbana dice che i maschi assomigliano alle madri e
secondo
me hai ereditato questa sensibilità da tua mamma.”
Era
la seconda volta che qualcuno lo paragonava apertamente a Lily e la
cosa gli
faceva molto piacere. Per Harry il padre, malandrino e giocatore di
Quidditch,
era senz’altro un modello, ma in quegli anni aveva avuto modo
di scoprire anche
cose di lui che non gli erano piaciute. Era Lily la sua vera eroina:
quella
donna dai lunghi capelli rossi e lo sguardo dolce, ma allo stesso tempo
forte e
determinata, generosa ed altruista al punto da sacrificare la vita per
lui, per
proteggerlo con la magia del suo amore.
Osservando
quel ragazzo, Oleander si chiese perché Severus lo odiasse
tanto e cosa avrebbe
pensato di questo aspetto delicato del suo carattere... nulla,
probabilmente
avrebbe detto che era solo l'ennesima tattica per impietosire il
prossimo.
L’anno
prima, una sera, Oleander aveva parlato
con Severus poco dopo la fine di una delle innumerevoli punizioni di
Harry: i
rapporti tra i due si erano deteriorati oltre l’immaginabile.
“Non capisco perché ti accanisci a quel
modo su di lui: non è l’unico a infrangere il
regolamento.”
“Oh, perfetto, anche tu ti sei fatta
abbindolare dal Prescelto.” le disse il mago, torvo.
“Ecco – ribattè Oleander, incrociando le
braccia sul petto – è esattamente questo che
intendo: basta nominarlo e tu
carichi subito a testa bassa. Vorrei semplicemente
capire…” La stupiva molto
che Severus, di solito così calmo e riflessivo, diventasse
semplicemente
irragionevole quando si trattava di Harry Potter.
Piton sbattè le mani sulla scrivania,
con rabbia “E’ sfacciato ed arrogante, esattamente
come suo padre, sfrutta la
sua popolarità per ingraziarsi gli altri. Al famoso Harry
Potter tutto deve
essere concesso per diritto divino.”
Oleander scosse la testa, per nulla
persuasa “Io sono dell’idea che pagherebbe galeoni
pur di disfarsi della sua
popolarità ed avere una vita più anonima e
tranquilla.”
“E’ ribelle, disprezza le regole e le
infrange senza problemi, senza curarsi minimamente delle conseguenze
per sé e
per gli altri.” insistè il mago, alzando la voce.
“Su questo hai ragione. Sì, hai
perfettamente ragione ma, Severus, è solo un ragazzo, un
adolescente, un po’ di
ribellione è normale a quell’età. Non
oso pensare a come mi giudicheresti, se
ti raccontassi quello che combinavo io a scuola.”
“Basta, non voglio più parlare di lui,
mi basta già doverlo sopportare a lezione.”
tagliò corto lui, senza possibilità
di replica.
Non
c’era nulla da fare: Severus non riusciva a vedere altro in
Harry che l’ombra
dell’odiato James, e scaricava sul ragazzo l’antico
livore.
Ovviamente,
anche Harry provava lo stesso odio verso di lui, era sempre prevenuto e
pronto
a pensare il peggio, qualunque cosa Severus facesse. Chissà
se avrebbero mai
potuto chiarirsi.
“Qualcosa
non va?” chiese l’oggetto dei suoi pensieri,
vedendo che si era incantata a
guardarlo.
“No-no.
Ero soprappensiero. – balbettò la maga –
Ascolta Harry…”
“Severus
Piton non è la persona che
credi tu: in questo momento sta rischiando la vita per noi.” Questo avrebbe voluto dirgli in
realtà, ma il
cervello bloccò quel pensiero prima che lo pronunciasse e
poi,
provvidenzialmente, Ginny entrò nella stanza, dicendo ad
Harry di sbrigarsi,
che la partita sarebbe iniziata a breve.
"Sì,
arrivo subito."
"Vuoi
che ti aspetti?"
"No,
grazie, Ginny, non ce n'è bisogno."
La
ragazza uscì ed Harry la seguì con lo sguardo
fino all'ultimo: era chiaro come
il sole che l'amava ancora “Posso chiederti una cosa? Come
mai hai lasciato
Ginny?”
“Per
proteggerla. – rispose sicuro –
L’obiettivo di Voldemort sono io e non voglio
che mi stia vicino, rischierebbe troppo. Voglio che lei sia al riparo
il più
possibile.”
Oleander
gettò gli occhiali sul tavolo e si coprì la
faccia con una mano “Circe e
Morgana soccorretemi! In questo siete uguali, due gocce
d’acqua.”
Il
ragazzo la fissò allibito: era uguale a chi? A che doveva
quello sfogo?
“Scusa
Harry, è solo che ti sei comportato esattamente
come… una persona che conosco e
questo è talmente ironico che… oh, se poteste
ascoltarvi ora! Uomini… ci
manderete tutte al San Mungo!” produsse un suono buffo, a
metà tra un sospiro rassegnato
ed una risata amara.
“Ehm…
la conosco questa persona?”
Harry
di Piton conosceva solo la fredda ed inespressiva maschera che
l’uomo mostrava
al mondo, perciò Oleander non ritenne di mentirgli quando
disse: “No Harry, non
lo conosci.” “Come lui
non conosce te.”
"Non
vieni alla partita?"
"No,
scusami: ho ancora parecchi compiti da correggere e, a dire il vero,
non mi
sono mai appassionata troppo al Quidditch."
"Nella
tua scuola non si teneva un torneo?"
"No,
l'Istituto Mediolanensis è più piccolo di
Hogwarts, gli studenti non sono
divisi in Case come qua e non ce ne sono abbastanza per formare
più di una
squadra. Senza contare che la scuola è molto vicina alla
città, il rischio che
qualche babbano possa vedere le partite è troppo alto."
"Oh,
un vero peccato."
"Una
volta il preside provò ad ovviare all'inconveniente facendo
giocare i ragazzi
disillusi, ma fu un autentico disastro: il pubblico non vedeva un bel
niente ed
i ragazzi in volo si scontravano di continuo. Arioli e Magni si diedero
una di
quelle testate che finirono in infermeria per una settimana. -
agitò la mano
davanti al viso - Davvero una pessima idea."
La
partita si teneva il giorno prima delle vacanze di Natale ed era fra
Tassorosso
e Grifondoro. Harry si era alzato di diversi metri sopra lo stadio, per
evitare
la traiettoria incrociata dei due bolidi che i battitori della squadra
avversaria gli avevano lanciato contro. Il boccino era apparso
brevemente in
quell’occasione, poi era scomparso. Dal palco, Luna Lovegood
si era lanciata a
raccontare la storia di un boccino fatto di pelle di Thestral, prima di
essere
richiamata all’ordine da Minerva McGranitt. Anche il
cercatore di Tassorosso
era all’erta e setacciava il cielo, mentre Ron parava un tiro
particolarmente
difficile, guadagnandosi l’applauso del pubblico.
D’un tratto a Harry parve di
scorgere un debole brillio in lontananza, ma non poteva essere il
boccino: era
troppo lontano dallo stadio e per di più aveva riflessi
argentei, non dorati.
Strizzò gli occhi e gli si bloccò il respiro
quando si rese conto che ciò che
aveva visto era vicino alla tomba di Silente. Era vero o se
l’era immaginato?
“HARRY!”
urlò Ginny, arrabbiatissima. Il boccino era apparso vicino
al pubblico ed il
cercatore di Tassorosso si era già lanciato al suo
inseguimento. Harry puntò il
manico di scopa verso il basso e si tuffò in picchiata:
intuendo la traiettoria
dell’oggetto, aggirò il palco da dove Luna stava
commentando e gli tagliò la
strada, riuscendo ad afferrarlo poco prima del suo rivale.
“Grifondoro
vince la partita. Menomale, così in classifica Tassorosso
resta dietro a
Corvonero.” disse Luna tutta allegra ed incurante dei fischi
che i ragazzi
della Casa sconfitta le indirizzavano, mentre i suoi compagni di
Corvonero
ridevano divertiti.
“Bella
partita, Ron.” disse Harry raggiungendo l’amico.
“Vorrei
dire la stessa cosa di te, Harry – Ginny era ancora furiosa
– ti eri
imbambolato a mezz'aria! Nel bel mezzo di una partita fondamentale, ma
a che
stavi pensando?”
Il
ragazzo pensò per un attimo che si sarebbe beccato una
Fattura Orcovolante, ma
la ragazza si calmò “Menomale che abbiamo vinto,
altrimenti…”
“Me
ne ricorderò per la prossima volta.”
assicurò Harry.
“Piccola
Cinny ha ragione – Krum, di pattuglia quel giorno, aveva
assistito alla partita
– tu distratto a un certo punto. Qvesto non fa
bene.”
“E
io?” chiese timidamente Ron.
Krum
annuì vigorosamente “Tu buon portiere.”
Ron
si illuminò, inorgoglito.
“Ma
cacciatore avversario molto scarso.” proseguì il
nazionale bulgaro.
“Oh.”
il rosso perse un po’ di entusiasmo, ma aveva comunque
ricevuto un complimento
da Viktor Krum: poteva bullarsi con Charlie a vita!
Luna
scese dal palco con la sua solita aria sognante e raggiunse il gruppo
di amici
“Vi è piaciuta la mia cronaca?”
Ginny
si nascose dietro il fratello con un sorrisetto e tutti guardarono
altrove,
fingendo di non aver sentito, ma Krum spiazzò tutti
“Tu molto divertente, altri cronisti
noiosi.”
Luna
battè le mani per la contentezza, fissando il ragazzo
corpulento con i suoi
occhi celesti “Oh come sono contenta! E’ la prima
volta che mi fanno un
complimento così bello, di solito ridono tutti di Luna la
lunatica.”
Krum
scollò le spalle “Io solo detto
ferità.” Ma qualcuno si chiese se il rossore
sulle sue guance fosse dovuto solo al freddo intenso di quella giornata
invernale.
Poi
tutti vennero trascinati dagli altri a festeggiare ed Harry si
dimenticò di
quello strano luccichio.
Nel
pomeriggio Remus passò a prendere Tonks per accompagnarla a
casa e così Harry ebbe
modo di scambiare due chiacchiere con l'ex-malandrino. Lupin sfoggiava
un
cappotto nuovo fiammante. “Regalo di Minerva –
spiegò – l’altro ha fatto una
brutta fine, qualche giorno fa.”
“Cos’è
accaduto?”
“Fenrir
Greyback ieri sera ha assalito due impiegati del ministero e li ha
feriti piuttosto
gravemente. Fortunatamente Dedalus Lux era nei paraggi ed è
ha dato l’allarme;
i due se la caveranno: mancano tre giorni alla notte di luna piena,
penso non
avranno conseguenze, come Bill. Abbiamo ucciso due suoi compagni, ma
Greyback è
riuscito a scappare.”
Harry
aggrottò la fronte “Non capisco, perché
si comporta così? Perché aggredisce le
persone anche quando non è trasformato, se sa che poi non
diventeranno lupi
mannari?”
Remus
sospirò “Harry, tu commetti l’errore di
considerare Greyback un essere
razionale. Ti assicuro che non è così: morde e
uccide guidato esclusivamente
dal proprio istinto. Credo che non condivida affatto la tecnica
attendista che
sta utilizzando Voldemort e si sfoghi in questo modo.”
=========================
RINGRAZIAMENTI
Grazie
a casimira che ha inserito la
storia
tra le seguite. |
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Capitolo 13 *** 13. Scherzi pericolosi ***
CAPITOLO 13 – SCHERZI
PERICOLOSI
Il
giorno successivo, il primo delle vacanze estive, la calma regnava nel
castello. Quando Harry si svegliò, era solo nel dormitorio:
Neville era già
sceso per colazione e Ron era partito la sera prima con Hermione per
quelle
ricerche di cui avevano parlato; i suoi due amici avevano promesso che
sarebbero tornati presto ed Harry sperava tanto che portassero buone
notizie.
Il
ragazzo approfittò di quella tranquillità per
andare a visitare la tomba di
Silente: lo faceva di rado e solo quando non c'era nessuno in vista,
perché era
piuttosto infastidito dalla folla di maghi e streghe che vi si
recavano,
cantando le lodi di un uomo che, mentre era in vita, avevano spesso
osteggiato
per le sue posizioni e le sue scelte. Troppo comodo parlarne bene ora,
pensava
Harry.
Solo
in quel momento si ricordò dello strano luccichio che aveva
notato il giorno
prima mentre era a cavallo della sua Firebolt: si chinò per
ispezionare la
lapide bianca e non appena la sfiorò con la mano, apparve un
puntino metallico,
simile a mercurio, che tracciò una scritta sulla superficie
immacolata “HARRY?”
Il
ragazzo restò immobile, a bocca aperta per la sorpresa, poi,
istintivamente,
rispose bisbigliando “Sì, sono io, professor
Silente!”
Il
puntino tracciò una strana figura contorta, simile ad un
fiocco di neve
stilizzato e poi queste parole “CONTROLLA GLI SCHERZI, PERCHE’ QUESTO NON E’ UNO SCHERZO.” e subito dopo si dissolse
sfrigolando contro il
marmo.
“No,
aspetti! Che cosa vuol dire? Io non ho capito.”
gridò Harry, ma era troppo
tardi. Apoggiò di nuovo con forza le mani sulla fredda
pietra, ci girò intorno,
provò a smuovere la terra alla base, ma non accadde
più nulla.
Possibile
che fosse davvero Silente, un indizio lasciato da lui? Nella sua mente
risuonarono le parole, cariche di rimprovero, che la signora Weasley
aveva
rivolto a Ginny quando la ragazza aveva raccontato del diario di Riddle
“Non fidarti mai di qualcosa, se non
capisci
dove ha il cervello.”
Vero,
avrebbe potuto essere benissimo una trappola di Voldemort,
così come lo erano
stati il diario e i sogni che l'Oscuro gli aveva provocato al quinto
anno. Ma
nonostante queste riflessioni, si andava sempre più
convincendo che quella
sembrava proprio una magia tipica dell’ex-preside di
Hogwarts, con quell’enigma
misterioso! Già, l’enigma… che cosa
significava? Perché doveva controllare gli
scherzi, se quello che gli aveva mostrato non era uno scherzo? E,
soprattutto,
cosa voleva dire controllare gli scherzi? Rimpianse che Hermione non
fosse lì
con lui: era decisamente più in gamba di lui in queste cose.
Prima
di dimenticarsi la forma di quello strano oggetto apparso sulla tomba
bianca,
doveva disegnarlo, perciò tornò di corsa verso il
castello. La biblioteca era
più vicina della torre di Grifondoro e in quel momento
c’erano Ginny, Neville e
Hannah che facevano i compiti.
“Harry,
cosa ti è successo? Sei pallidissimo!” chiese
Ginny, allarmata.
“Ginny,
dammi carta e penna, presto!” le rispose il ragazzo, con il
fiato corto.
Stupita, la ragazza glieli porse ed Harry iniziò a
riprodurre fedelmente ciò
che aveva visto. Incuriosito, Neville si sporse verso il foglio di
pergamena,
inclinando la testa “Perché disegni una Stilba
Tormentosa?”
Harry
sgranò i suoi occhi verdi “La conosci, Neville?
Sai di che si tratta?”
L’altro
ragazzo avvicinò a sé il foglio di pergamena
“Sì: è un microrganismo magico che
infetta e distrugge le piante di pomallegra, un albero tipico del
Sudamerica,
dai cui frutti si ricava si ricava un succo che è la base di
tutte le pozioni
esilaranti.”
“Non
è uno scherzo. – riflettè Harry
– Forse
vuol dire che questa cosa porterà
un’epidemia!” “Ascolta
Neville, ma è
pericoloso per gli esseri umani?”
“No,
no, assolutamente, a noi non fa niente, si nutre esclusivamente di
linfa di
pomallegra. Se per sbaglio finisce su un essere umano, si appoggia alla
base
della nuca e si fa trasportare fino a raggiungere una pianta di
pomallegra. E'
piuttosto intelligente ed oltretutto è resistente a tutti i
disinfettanti
magici: può essere eliminato solo con
l’incantesimo ‘Adimo et evanesco’. Chi
lavora
nelle piantagioni di queste piante lo usa continuamente.”
“Sei
proprio sicuro che non porti malattie per l’uomo?”
“Sicurissimo.”
ribattè Neville senza esitazione, che in Erbologia era molto
ferrato.
“Harry,
perché ti interessa tanto? Insomma, ci vuoi spiegare che
succede?” chiese
Ginny.
“Non
lo so di preciso. – rispose il ragazzo con un debole sorriso
a mo’ di scusa –
Ma penso che questa cosa sia importante. Neville, è
possibile controllare se
abbiamo addosso questo insetto?”
“Non
è un insetto, però sì, posso
controllare.” Il giovane mago estrasse una lente
d’ingrandimento dalla sua borsa. Harry stava per replicare
che per vedere un
microrganismo avrebbero avuto bisogno di qualcosa di decisamente
più potente,
ma poi notò che lo strumento del ragazzo attorno al vetro
aveva una serie di
ghiere mobili, ciascuna recante una parola diversa: “granelli
di sabbia”,
“larve di insetti”,
“microrganismi” e persino “batteri e
virus”. Il ragazzo
ruotò la terza ghiera e poi chiese un volontario.
“Prova
con me – disse Hannah, scostando le trecce bionde dalla nuca
– ma comunque
sappi che mi faccio la doccia tutte le mattine.”
“Oh,
certo Hannah – Neville era diventato paonazzo – non
lo metto in dubbio, ti
credo. Ma la
Stilba
resiste ai saponi, sai…”
“Va
bene, va bene, stavo solo scherzando.” rise la ragazza di
Tassorosso.
Harry
e Ginny si avvicinarono incuriositi alle spalle del loro compagno
grifondoro e
osservarono l’immagine che si andava mettendo a fuoco
lentamente: uno strano
fiocco di neve arancione comparve sulla pelle di Hannah.
“E’ quello?” chiese
Harry.
“Dovrebbe…
però qualcosa non quadra.” Neville parve esitare e
il mago dagli occhiali lo
guardò preoccupato “Spiegati meglio, per
favore.”
“Ecco
– disse Neville – la forma è proprio
quella, ma la
Stilba è azzurra e
semitrasparente, questa invece è arancione e del tutto
opaca.”
Gli
altri ragazzi fecero la prova a turno su di sé e coinvolsero
qualche altro
ragazzo presente in biblioteca: ognuno recava alla base della nuca una
Stilba
arancione. Neville scosse la testa “Non ha senso, non ha
alcun senso: prima di
tutto questo microrganismo si trova quasi esclusivamente in Sudamerica.
Se uno
solo di noi l’avesse addosso, penserei ad una coincidenza, ma
tutti… e poi quel
colore, è semplicemente sbagliato. E’ come se
fosse stato…”
“Stregato?”
suggerì Harry.
“Sì,
esatto.”
“Harry,
ti decidi a dirci cosa succede?” chiese Ginny, esasperata. Il
ragazzo allora
raccontò cosa era apparso sulla tomba di Silente. Alla fine,
i quattro sedevano
attorno al tavolo a braccia conserte, riflettendo sul da farsi.
“Controllare
gli scherzi. – borbottò Hannah – Non
capisco cosa vuol dire.”
“Nemmeno
io.” fece eco Neville.
“Zonko.
– suggerì Ginny con naturalezza – da lui
è pieno di scherzi.”
“E’
vero – assentì Harry – ma Zonko ha
chiuso più di un anno fa.”
“Oh,
se è per questo la Stilba
Tormentosa
può vivere più di dieci anni senza nutrirsi.
E’ per questo che la chiamano
così.” disse Neville.
“Continuo
a non capire – insistette Hannah – per quale motivo
Zonko ci avrebbe ricoperti
di batteri?”
“Non
lo so, ma se Silente ha voluto mettermi in guardia su questa cosa,
significa
che è importante.”
“Perché
non andiamo a verificare all’Emporio? – disse Ginny
– Papà mi ha detto che non
è stato ancora sgomberato dagli addetti del Ministero,
è esattamente come l’ha
lasciato.”
“Non
dovremmo avvisare un insegnante?” chiese Neville, titubante,
al quale l’idea di
uscire dal castello per andare ad Hogsmeade senza autorizzazione non
sorrideva
per nulla.
La
ragazza dai capelli rossi scosse la testa “La Preside
è al Ministero e
gli altri insegnanti sono tutti via. Al massimo potremmo dirlo a Gazza
e puoi
immaginarti come ci risponderebbe. E poi sinceramente sono stufa di
starmene
con le mani in mano, ho voglia di fare qualcosa.”
Harry
riflettè: Hosgmeade poteva ritenersi sicura,
c’erano di pattuglia diversi Auror
in pianta stabile e non si erano mai registrati attacchi di mangiamorte
nella
cittadina. La ricerca nel negozio di Zonko si prospettava
più che altro come
una piccola avventura, non ci sarebbe stato niente di male a portare
anche
Ginny. Dopotutto era stata la ragazza ad avere l’intuizione
di cercare
all'Emporio e non fosse stato per lei, lui sarebbe stato ancora
lì seduto a
lambiccarsi il cervello. Neville sembrava dell’idea di
rinunciare e tornare
nella torre di Grifondoro, facendo finta di niente, ma quando Hannah
disse che
si sarebbe unita al gruppo, cambiò idea
all’improvviso.
I
quattro utilizzarono il passaggio sotto al Platano Picchiatore ed
emersero
nella Stamberga Strillante, ai margini di Hogsmeade. La cittadina
appariva
pigra ed ancora sonnolenta.
Attorno
all’ex-emporio di Zonko regnavano disordine ed abbandono:
molti lo avevano
preso per un deposito di rifiuti e qualcuno aveva rotto il vetro di una
finestra per introdursi a saccheggiarlo. Attraverso i vetri sporchi si
intravedeva la devastazione all’interno: scaffali a
penzoloni, ripiani divelti,
pezzi di pergamene ovunque. Usarono quello stesso varco per introdursi
nel
negozio, desolatamente freddo e vuoto; Neville accese la punta della
sua
bacchetta, provocando la fuga di un nutrito gruppo di pipistrelli.
“Cosa
stiamo cercando esattamente, Harry?”
Il
ragazzo stava procedendo a tentoni: sapeva solo che Silente gli aveva
lasciato
un indizio, ma dove questo conducesse, non lo sapeva. “Ecco,
vediamo se è stato
davvero Zonko a contaminarci con queste…”
“Stilbae
Tormentosae.” suggerì l’amico.
“Quello
che sono. Ginny, ti spiace voltarti?”
La
ragazza gli diede le spalle ed Harry le scostò i capelli dal
collo, cercando di
non pensare alla loro morbidezza ed al calore della pelle della
ragazza, mentre
un fremito risaliva lungo il suo braccio. Dovette schiarirsi la voce,
prima di
pronunciare l’incantesimo “Adimo!” ma
invece di far evanescere il microrganismo,
lo ingrandì con un “Engorgio!” La Stilba
raggiunse le dimensioni di un bottone color mandarino
maturo ed Harry gli puntò nuovamente la bacchetta contro
“Invenis!” La Stilba
schizzò via
all’improvviso e si spiaccicò contro la parete
alle spalle del bancone,
lasciandoci una macchia; il ragazzo si avvicinò alla parete:
non notava nulla
di strano, così riprovò con la Stilba
di Hannah e poi quella di Neville, ma anche queste
andarono a spiaccicarsi sulla parete. Harry provò allora a
vedere se fosse
stata stregata in qualche modo “Rivela il tuo
segreto.” ma non accadde nulla.
Ginny
ebbe però un’intuizione “Forse non ha
usato la magia per nascondere qualcosa:
un bravo mago l’avrebbe scoperto subito. Può darsi
che abbia utilizzato metodi
babbani. Fred e George lo facevano sempre, per farla sotto il naso alla
mamma.”
“Cioè?”
chiese Harry.
“State
indietro.” La ragazza puntò a sua volta la
bacchetta contro il muro e gridò
“Bombarda!” Si udì una forte esplosione
e la stanza fu invasa da polveri e
pezzi d’intonaco.
Hannah
si era nascosta dietro Neville “Ginny! Ma ti ha dato di volta
il cervello? Oh…”
Il
buco creato dall’incantesimo della Grifondoro
rivelò una nicchia nascosta nel
muro, che conteneva un barattolo di vetro pieno di Stilbae azzurrine ed
una
pergamena molto usurata dall’aria antica che recava scritta
una formula magica,
in una lingua che però nessuno dei ragazzi seppe riconoscere
o interpretare.
Tuttavia, da quei simboli arcani e misteriosi vergati sulla carta
ingiallita
pareva emanare un’aura malvagia, un’intenzione
ostile, che fece frettolosamente
arrotolare ad Harry la pergamena.
Il
ragazzo decise di inviare un Patronus a Remus per informarlo
dell’accaduto ed
in men che non si dica il licantropo lo raggiunse al Castello. Per
prima cosa
fece loro una ramanzina coi fiocchi, ma poi studiò con
grande attenzione ciò
che avevano trovato i suoi giovani amici.
“Avevi
ragione ad avere una brutta sensazione, Harry. Questa è una
magia nera, antica
e potente. Ha fatto in modo che ogni Stilba diventasse un piccolo
segnalatore:
chiunque entrasse nel negozio di Zonko ne riceveva una e, da qualche
parte,
qualcuno sapeva sempre dove fosse. – si sedette pesantemente
sul letto di Harry
– Certo, ora capisco molte cose.”
“Professor
Lupin, sta dicendo che Voldemort ci controlla?”
L’uomo
annuì lentamente "Shacklebolt e l'intero
dipartimento degli Auror sono letteralmente
impazziti in questi mesi per capire come i Mangiamorte sfuggissero
sempre alla
sorveglianza e come invece essi andassero a colpo sicuro. Avevamo
pensato a
delle spie, perciò abbiamo provato di tutto: a cambiare i
piani all'ultimo, a
comunicare in codice, ma non serviva a niente. Questo è
davvero un grande passo
avanti, Harry: eliminando questi insetti-spia riequilibreremo le forze
in
campo."
"Credi che si
possa evitare
di rendere pubblica l'informazione?" chiese il ragazzo, che
già si
immaginava Rita Skeeter che lo inseguiva con la sua famigerata penna ed
i
titoli cubitali dei giornali:
"Il bambino che è sopravvissuto concede il bis, liberandoci da un grande pericolo." "Difficile: il
Ministero non
si farà sfuggire l'occasione di mostrare alla
comunità magica questa scoperta,
però sono certo che sarebbe ben felice di attribuirsi il
tutto il merito,
quindi se a te non dispiace..."
"Affatto!"
E così, nel giro di pochi giorni,
tutte le Stilbae-spia furono rimosse, i titoli sui giornali furono
effettivamente cubitali e dai toni trionfalistici, ma i veri autori
della
scoperta restarono anonimi.
= = = = =
Nel
salone principale del
nascondiglio di Voldemort una trentina di Mangiamorte erano disposti in
un cerchio
quasi perfetto, al centro del quale l'Oscuro Signore camminava
lentamente
avanti e indietro, a passi misurati, mentre l'aria sembrava crepitare
attorno a
lui.
C'era un silenzio reverenziale e
timoroso, un'atmosfera di angosciosa attesa, mentre il Lord pareva
soppesare
attentamente le parole da pronunciare.
Il tempo pareva essersi dilatato,
i minuti lunghi come ore e quando finalmente Voldemort
parlò, molti suoi
seguaci sobbalzarono nervosamente. "Oggi sono venuto a conoscenza di un
fatto molto, molto spiacevole."
Accanto a Piton, Peter Minus
deglutì rumorosamente.
"Io sto impiegando tutte le
mie energie, tutto il mio potere magico per mettere a punto un piano
perfetto,
che mi permetterà di sbarazzarmi di Potter e di tutti coloro
che mi ostacolano
in un colpo solo, una volta per tutte. Ditemi, pretendere gli stessi
sforzi e
la stessa attenzione da parte dei miei alleati è forse
chiedere troppo?"
Per quanto fosse una domanda
retorica, i mangiamorte scossero la testa all'unisono.
"Infatti - confermò l'Oscuro
- allora qualcuno di voi avrebbe la compiacenza di spiegarmi come sia
potuto
accadere questo?" e lanciò in aria una copia del giornale,
che riportava
la notizia del giorno. "Vi rendete conto di quanto fosse importante
tenere
sotto controllo le mosse degli Auror? Avete una vaga idea del vantaggio
che
perdiamo? Di quanti di voi, d'ora in poi, rischieranno la vita? Un
inutile
spreco di sangue magico!"
Tremando come una foglia, Zonko
si fece avanti "Mio Signore, non so come sia potuto accadere!"
"E' accaduto - ribattè
Voldemort - perchè sei un incapace e hai commesso un errore."
"Sì, avete ragione, è tutta
colpa mia! Ho commesso un errore imperdonabile, ma vi giuro che non
capiterà
mai più."
"Su questo non ci sono
dubbi." il mago oscuro puntò la bacchetta contro il suo
adepto, non
pronunciò alcun incantesimo, ma dalla punta della bacchetta
scaturì una ben
nota luce verdastra, e Zonko crollò a terra privo di vita.
"Che questo sia di monito a
tutti voi: due delle cose che più odio al mondo sono
l'inettitudine e la stupidità."
Rivolse un'occhiata in tralice a Draco, che trasalì. Poi si
ritirò nei suoi
alloggi privati, mentre due Mangiamorte facevano sparire il cadavere.
Travers borbottò
"Ero passato solo per riferire
una notizia, ma credo non sia il momento giusto."
"Oh? Di che si tratta?" chiese Piton.
"Ti ricordi di quel ragazzo arrivato qui circa
un mese fa? Se non sbaglio è anche stato tuo allievo."
"Smith. - disse Piton con indifferenza - Sì,
vagamente. Non ho molta memoria per le persone mediocri. Cosa gli
è accaduto?"
"E' stato sorpreso da un Auror in un negozio
di ferramenta babbano mentre stregava alcuni attrezzi e così
è stato condotto
ad Azkaban. E se spifferasse qualcosa su di noi? Forse è il
caso di farlo
uccidere."
"Dubito che esista un essere umano in possesso
di una tale quantità di idiozia: al momento Smith rischia
solo qualche mese di
galera, ma se rivelasse di essere un seguace del nostro Signore, non
uscirebbe
più da Azkaban. Tu parleresti, Travers?"
"No, certo che no."
"Benissimo. Allora ti suggerisco di non
tediare il nostro Padrone con questioni di poco conto."
=====================
RINGRAZIAMENTI
nihal93: grazie per la recensione
e per aver inserito la storia tra le seguite. Sono d'accordo con te:
oggettivamente nei libri ci sono dei punti in cui Harry si rende
insopportabile
-__-
Il finale della storia è
ancora piuttosto lontano
(siamo circa a metà), ma posso anticiparti che non sono per
i finali angst e
tragici -_^
Arabesque: Oleander ha solo mentito
a se stessa, cercando di non pensare a Severus, ma come vedi, non ha
retto a
lungo. |
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Capitolo 14 *** 14. La Coppa di Tassorosso ***
CAPITOLO 14 – LA COPPA
DI TASSOROSSO
La
tempesta di vento, neve e ghiaccio non accennava a placarsi ed
imperversava sul
castello di Hogwarts da almeno due giorni. Era il 26 dicembre, Ron ed
Hermione
non avevano ancora fatto ritorno a scuola, ma Harry li attendeva da un
momento
all'altro, sperando che avessero buone notizie riguardo alla Coppa di
Tassorosso.
A
metà mattinata alla neve, inspiegabilmente, si
unì anche la grandine: chicchi
grossi come acini d'uva piombavano al suolo con violenza. La
professoressa
Sprite chiese aiuto agli studenti rimasti per riparare i vetri infranti
delle
serre di Erbologia, prima che il freddo danneggiasse i germogli delle
piante
magiche.
Ad
Harry toccò la serra numero Uno ed il ragazzo fu davvero
molto impegnato,
utilizzando Reparo e sortilegi scudo a ripetizione. Quando un chicco di
grandine delle dimensioni di una pallina da golf gli sibilò
troppo vicino alla
testa, si lasciò andare ad un'imprecazione davvero scurrile.
"Harry,
modera il linguaggio!" La voce di Hermione era inconfondibile.
"Finalmente,
eccovi qua."
"Accidenti,
qui è ancora peggio che a Londra... Protego!" Ron si difese
da un'altra
scarica di grandine, mentre Hermione riparava i vetri.
"Scoperto
qualcosa di interessante?" chiese il ragazzo con gli occhiali. I suoi
due
amici si scambiarono un'occhiata di intesa, poi Hermione gli porse
delle
fotocopie di una rivista. Sulle prime Harry pensò che la sua
amica lo stesse
prendendo in giro: l'articolo che aveva sotto gli occhi era preso da
uno di
quei giornaletti di cronaca rosa che riempivano il portariviste nel
salotto di
zia Petunia. Aprì la bocca per chiedere cosa fosse quella
follia, ma Ron lo
zittì "Prima leggi, e poi ci saprai dire."
L'articolo
parlava del compleanno di Herbertina Marshall, la cittadina
più anziana di Glen
Nevis (che dalla foto assomigliava anche a zia Petunia da vecchia); il
giornalista le rivolgeva le solite domande sulla sua vita e poi sulle
persone
che aveva conosciuto nella piccola località turistica, non
lontana da Fort
William.
La
parte centrale dell'intervista attirò in effetti
l'attenzione di Harry: Herbertina: "Gente strana che viene a visitare il Ben Nevis [1] da queste parti ne è passata tanta: turisti americani viziati, spagnoli ed italiani chiassosi, ma, mi creda, nessuno potrà mai battere per bizzarria e maleducazione A.G. (nel corso dell'intervista lo indicheremo solo con le iniziali per ovvie ragioni di privacy NdR), che si stabilì qua di fronte per qualche tempo. Una persona scorbutica, che non rivolgeva mai la parola a nessuno di noi, quasi ne fosse disgustato, e dio solo sa dove facesse la spesa, perchè all'emporio del paese non ci ha mai messo piede. Per non parlare dei suoi spostamenti furtivi e sospetti! A volte lo vedevi arrivare dal viale e chiudersi dentro casa e dopo qualche ora... rispuntava nuovamente dal viale, come se uscisse di nascosto da una finestra o, chissà, come se scomparisse nel nulla. Le sembra un comportamento normale? No, vero? A me non è mai piaciuto, era un tipo losco, perciò non mi sono sorpresa affatto quando è scomparso nel nulla, sicuramente era implicato in affari poco puliti e avrà fatto una brutta fine."
Da
lì l'articolo proseguiva con noiosi pettegolezzi riguardanti
l'ex-moglie del
sindaco, ma Harry non se ne curò "A.G. ... Arcimbold Greedy!"
"In
effetti, da come viene descritto in questo articolo, sembrerebbe il
nostro uomo
- incalzò Hermione - Greedy era un purosangue, da qui il suo
disprezzo per i
babbani. Però era anche un usuraio e quindi si nascondeva in
un luogo anonimo e
solitario, dove difficilmente a qualche mago sarebbe venuto in mente di
cercarlo, ma comunque non lontano dalla città ove era nato,
dove forse in
passato aveva conoscenze ed appoggi. E il fatto che uscisse di casa
senza che
nessuno lo vedesse..."
"...
era perchè si smaterializzava." concluse Harry.
"Che
cosa vuoi fare?" chiese Ron.
"Mi
pare evidente, andiamo a Glen Nevis."
"Adesso?"
chiesero i suoi due amici in coro.
"Sì,
adesso! Lì potrebbe esserci un horcrux, capite?"
Dissuadere
Harry fu impossibile e i due si rassegnarono a seguirlo: raccolsero le
borse e,
appena fuori dai cancelli della scuola, si smaterializzarono e
ricomparvero ai
margini del villaggio ai piedi del Ben Nevis.
Qui
il paesaggio era completamente diverso da Hogwarts: non c'era alcuna
traccia di
tormenta, il cielo era terso, ma l'aria era ugualmente gelida.
Nonostante
fossero in prossimità della montagna più alta del
Paese, non si vedeva un
singolo fiocco di neve e, quell'inverno, l'economia turistica locale ne
stava
risentendo.
Individuare
il viale di cui si parlava nell'articolo non fu difficile,
perchè in effetti il
villaggio era attraversato da un'unica strada, ai lati della quale si
trovavano
piccole e graziose villette monofamiliari, circondate da un giardino
ben curato
e chiuse da uno steccato bianco.
"Queste
case sono tutte uguali - si lamentò Ron - come facciamo ad
individuare quella
che ci interessa?"
Al
suo occhio di mago era sfuggita una grossolana anomalia nel paesaggio,
che
invece gli altri due, cresciuti in ambiente babbano, non faticarono a
riconoscere:
una di quelle villette era l'emblema della estrosità, una
specie di inno al
surrealismo. Pareva quasi che il suo proprietario avesse fatto di tutto
per
farla sembrare una normale e comune costruzione della middle-class
inglese.
Fallendo miseramente.
Le
pareti di legno erano color ciliegia, anzichè di un sobrio
color bianco, a
ciascuna finestra era appena una tenda di un motivo e colore diverso e
dietro
la porta d'ingresso era stato drappeggiato un grembiule, il tetto era
coperto
da tegole di uno squillante color giallo, vi svettavano ben cinque
comignoli e
nessuna antenna televisiva, nè parabola. La costruzione
strillava "sono la
casa di un mago" a pieni polmoni.
"La
nostra casa è questa." dissero all'unisono Harry ed Hermione.
"Sicuri?
- chiese Ron in tono scettico - E come fate a dirlo?"
Un
paio di semplici Alohomora furono sufficienti per aprirsi la strada, ma
purtroppo la casa di Greedy non nascondeva nulla di interessante,
c'erano solo
mobili polverosi e tappeti divorati dalle tarme, nessun nascondiglio
segreto,
nè tantomeno alcuna coppa. Curiosamente, però, vi
erano quadri raffiguranti il
Ben Nevis in ogni stanza della casa. "Potrebbe aver nascosto
lì le fortune
accumulate facendo l'usuraio." suggerì Ron.
I
tre uscirono dalla casetta e si trovarono faccia a faccia con
un'anziana
avvolta in una pesante vestaglia di flanella marrone, curva su un
bastone da
passeggio. "Si può sapere chi siete, ragazzini? E cosa ci
facevate in
quella casa?" chiese sospettosa.
Mentre
Ron si limitò a mormorare un "Oh, cavoli!" e Harry cercava
freneticamente nella sua mente una risposta plausibile, Hermione si
presentò ad
Herbertina Marshall con un educato inchino "Buongiorno signora! Mi
chiamo
Hermione Granger e qualche giorno fa ho scoperto dalla prozia di mia
cugina Alice
che un nostro lontano parente acquisito, Arcimbold Greedy, abitava qua
e così
mi è venuta voglia di cercare dove abitasse, sa, per
conoscerlo un po' meglio.
Mi spiace davvero se in qualche modo l'abbiamo disturbata, non era
nostra
intenzione."
I
modi affabili della ragazza addolcirono l'anziana "Ma guarda, pare che
in
giro esista ancora qualche giovane che conosce l'educazione. Ad ogni
modo, la
tua famiglia non si è persa nulla: non so cosa tu sappia di
Greedy, ma per
esperienza personale posso dirti che era un gran maleducato. Siamo
stati vicini
di casa per cinque anni e non mi ha mai rivolto una parola."
"Oh,
mi spiace molto."
"Ero
in buona compagnia, lui si comportava così con tutti.
L'unico con il quale
scambiò due chiacchiere, poco dopo il suo arrivo, fu Jim
Taylor, la guardia
forestale."
"Davvero?"
"Sì,
se non ricordo male gli chiese un sacco di informazioni sul Ben Nives,
specie
sulle zone meno frequentate ed accessibili. E secondo voi si
degnò di
ringraziarlo? Certo che no!"
Dopo
venti minuti buoni di lamentele su Arcimbold Greedy, Hermione
riuscì a sganciarsi
e il trio si incamminò verso la montagna.
"Hermione,
sei stata grande! - urlò Ron - meriteresti cento... no, che
dico, duecento
punti!"
Quando
si ritennero abbastanza lontani dal paese tirarono fuori dalle loro
borse,
opportunamente stregate con un incantesimo di espansione, i manici di
scopa e
volarono veloci verso il Ben Nives. "Aggiriamo la montagna e atterriamo
sul lato nord. - urlò Harry quando furono in vista della
meta. - Secondo la
vecchia lì c'è un solo sentiero e non ci va mai
nessuno perchè non c'è nulla di
interessante da vedere o fotografare."
"Proprio
il luogo ideale perchè un mago vi nasconda qualcosa."
osservò Ron.
Atterrarono
in una piccola radura ed iniziarono a percorrere una stradina sterrata
che dopo
qualche centinaio di metri si riduceva ad un ripido e malagevole
sentiero,
ingombro di sassi e di radici. Se all'inizio i tre chiacchieravano
amabilmente,
dopo un po' gli unici rumori udibili erano i loro respiri affannati
"Non posso
credere... anf... che i babbani... anf anf... considerino *divertente*
inerpicarsi su una montagna!" protestò il rosso Weasley.
Giunti
all'altezza di un largo tornante, dalla borsa di Harry provenne un
ronzio
familiare.
"Cos'è?"
chiese Hermione, grata di poter fare una piccola pausa.
Harry
aprì la borsa e lo spioscopio che gli aveva regalato quattro
anni prima Ron
schizzò fuori come una molla, fischiando impazzito, poi
rotolò verso due filari
di alberi bassi, i cui rami si protendevano gli uni verso gli altri,
fino a
creare una sorta di galleria naturale "Ragazzi, direi che ci siamo."
Una
debolissima traccia di sentiero, poco più di una striscia
nell'erba gialla e
congelata dal freddo si inerpicava lungo il pendio "Ancora salita!"
si lamentò Hermione, esausta.
La
traccia, sfortunatamente, dopo circa un chilometro si interrompeva
all'improvviso contro una erta collinetta, sorprendentemente ancora
verde, che
sbarrava il cammino "E adesso dove andiamo?" chiese Ron.
"Non
so, ma il tuo spioscopio è ancora attivo." rispose Harry.
"Non
posso crederci - esclamò Hermione, irritata - tutta questa
fatica e siamo
finiti in un vicolo cieco?" per la rabbia allungò un calcio
ad un tronco
vicino alla collinetta. Si udì subito un brontolio basso e
sordo.
"Oh,
Hermione, se hai fame basta dirlo, ho portato delle Cioccorane." Ron si
mise a frugare nella borsa, ma la ragazza lo fermò indignata
"Non era il
mio stomaco! - strillò indignata - come hai potuto pensare
una cosa del
genere?"
Il
rumore si ripetè, più forte.
"Andiamo,
è normale, non mangiamo nulla da stamattina."
"Ti
ho detto che non sono stata io!" ribadì lei, paonazza.
"E
allora cosa...?"
La
collina si agitò ed il tronco a cui Hermione aveva dato un
calcio si mosse: una
creatura di grandi dimensioni si alzò sulle zampe marroni e
volse il brutto
muso rincagnato verso i ragazzi. Era un drago, ricoperto da squame
verdi irte e
sottili che ricordavano l'erba e le zampe e la coda marroni, come
corteccia di
larice.
"Miseriaccia,
un Mimetico Verde Danese!"
Il
drago alzò la coda e la abbattè su Ron ed
Hermione, che saltarono indietro
evitandola per un pelo.
Ron
ed Hermione cercarono riparo tra gli alberi "Questo drago dovrebbe
stare
in Danimarca. - urlò il ragazzo fuori di sè -
Cosa ci fa qui?"
Hermione
lo abbagliò momentaneamente con un incantesimo "Io di sicuro
non vado a
chiederglielo."
Anche
Harry cercò di centrare la creatura negli occhi, ma questi
erano troppo
infossati nella testa ed ottenne solo di far girare la creatura
infuriata nella
sua direzione.
"Fa'
attenzione, Harry! - gli gridò Ron - Questo drago non sputa
fuoco, ma un muco
appiccicoso con cui intrappola le sue prede."
Le
urla di Weasley fecero girare nuovamente il drago verso i due. Hermione
indietreggiò istintivamente, mise il piede su una roccia
instabile che franò
sotto il suo peso, la ragazza perse l'equilibrio e ruzzolò
giù per il pendio.
"HERMIONE!"
"Pensa
a lei Ron, con questo me la sbrigo io, ne ho già affrontato
uno e so cosa fare.
Sono qui, bestiaccia!" Harry attirò l'attenzione del
lucertolone colpendolo
con un paio di schiantesimi piuttosto forti. Il drago si
girò di scatto verso
di lui e spalancò le ali membranose.
"Accio
scopa!" il ragazzo vi montò sopra al volo e
saettò tra gli alberi,
inseguito dal drago. Forse aveva parlato troppo presto: non era come
quando
aveva affrontato l'Ungaro Spinato al Torneo Tremaghi, qui Harry non
riusciva a
volare come desiderava, perchè doveva continuamente evitare
alberi e rami
sporgenti, mentre il drago, abituato a quell'habitat intricato,
guadagnava
terreno. Provò un paio di finte e a volare rasente a terra,
ma il Mimetico non
rallentava; all'altezza di una radura, il ragazzo decise di puntare il
suo
manico di scopa verso l'alto, uscendo dalla foresta e
spingendo la sua Firebolt al limite. Compì
un paio di brusche virate per evitare gli schizzi di muco del drago, ma
un
terzo però lo colpì di striscio, incollandogli il
braccio destro al manico di
scopa, che si avvitò pericolosamente su se stessa. Solo la
bravura del ragazzo,
ora costretto a manovrare con un braccio solo, evitò lo
schianto al suolo.
Harry riguadagnò quota, ma il Mimetico gli era sempre alle
calcagna; decise
quindi di tentare una mossa azzardata: puntò dritto verso la
parete rocciosa,
poi si fermò ed attese il suo avversario. Il drago
spalancò la bocca e sputò.
Harry
mirò con la propria bacchetta e pronunciò
l'incantesimo di respingimento
"Depulso!" Il muco schizzò indietro verso il suo
proprietario,
colpendolo in pieno muso ed accecandolo. A piena velocità il
drago impattò
contro il duro granito della montagna e precipitò tra gli
alberi privo di
sensi.
Harry
si ripulì velocemente con un Gratta e netta, attese qualche
istante che il
cuore rallentasse la furiosa galoppata nel suo petto e
iniziò dolcemente a
scendere di quota lungo il fianco della montagna: voleva tornare
indietro ed
accertarsi che i suoi amici stessero bene. Stava quasi per toccare le
cime
degli abeti più alti, quando una fenditura nella parete
davanti a lui attirò la
sua attenzione: sembrava che qualcuno avesse fatto saltar via una fetta
di
roccia con un gigantesco coltello, i bordi della spaccatura erano lisci
e
regolari, in netto contrasto col resto delle rocce granitiche,
irregolari ed
erose dalle intemperie, sicuramente era stata creata da mano umana. "O da una bacchetta magica." Si
avvicinò un po' di più e con sua grande sorpresa
si accorse che oltre la
stretta feritoia vi era una vera e propria grotta, che si inoltrava nel
ventre
della montagna.
Con
molta cautela posò il piede su uno spuntone di roccia,
ripose la
Firebolt nella borsa ed
impugnò la sua bacchetta magica, strisciando lateralmente
attraverso l'angusto
passaggio. "Lumos!" la luce azzurra dell'incantesimo
illuminò un
lungo corridoio in discesa scavato nella roccia, dalle pareti umide per
le
infiltrazioni d'acqua e viscide di muschio.
Enormi
ragnatele indicavano che da parecchio tempo nessuno vi si era
più addentrato, ma
lungo le pareti erano appese delle torce spente, Harry accese la prima
con un
incantesimo e tutte le altre si infiammarono in sequenza: non aveva
più alcun
dubbio che quello fosse stato il nascondiglio di Arcimbold Greedy.
Avanzò
lentamente, la bacchetta tesa davanti a sè, facendo molta
attenzione a non ruzzolare
sulle rocce scivolose; man mano che si addentrava nel tunnel la
temperatura
calava e presto Harry potè vedere le nuvole di vapore del
suo fiato e sentire
le estremità delle sue mani formicolare per il freddo
pungente. Concentrato
soprattutto a verificare che non ci fossero strani trabocchetti, non
fece
troppo caso ai cadaveri di pipistrelli, roditori ed anfibi che sempre
più
frequentemente giacevano abbandonati negli anfratti tra le rocce.
Dal
fondo del passaggio proveniva una forte luce dorata "Ci
siamo!" pensò il ragazzo. Deglutì e
sentì la gola
secca come carta vetrata: provava uno strano senso di inquietudine, la
stessa
che, quando era piccolo, gli faceva dare un'occhiata sotto al letto
prima di
sdraiarsi, per essere sicuro che in quello spazio buio non si
annidiassero
mostri. Era come un campanello di allarme in fondo alla sua mente - no
la
sensazione proveniva da più giù, dal cuore - che
lo pregava di prestare
attenzione.
"Non
essere sciocco, Harry Potter,
in questo posto nessuno mette piede da anni. E' solo la tua
immaginazione."
Ormai
era giunto alla fine del tunnel e lo spettacolo che si trovò
davanti era così
strabiliante da lasciarlo a bocca aperta: si trovava in una stanza
circolare
piena di monete e gioielli, da fare invidia alle sue fortune depositate
alla
Gringott. Si camminava letteralmente su un tappeto di galeoni e falci,
mentre
da piccoli forzieri sparsi qua e là traboccavano collane
d'oro, bracciali,
ciondoli e monili e tutto ciò che Greedy l'usuraio era
riuscito a sottrarre
alle sue vittime.
E
poi la vide: su un ripiano di pietra era posata una bellissima coppa
d'oro con
manici di ferro finemente lavorati, sul cui davanti era inciso un
tasso; dal
fondo del recipiente proveniva una luce, che si riverberava in mille
reticoli
color miele sul soffitto della stanza. Un senso di calma e pacatezza si
diffuse
in lui, mettendo a tacere quel campanello d'allarme. Come aveva potuto
temere
un oggetto tanto bello? "Avvicinati, non aver paura."
sembrava suggerirgli la coppa.
Meccanicamente,
Harry fece un passo verso di essa. La bacchetta gli cadde di mano,
infilzandosi
tra le monete, ma lui non se ne accorse. Era come ipnotizzato dai
bagliori
dorati che provenivano dall'oggetto.
"Vieni, Harry, ti stavo aspettando." Sì, la coppa di
Tassorosso lo stava chiamando. Mosse
un altro passo e potè sbirciare oltre l'orlo del recipiente.
Era ricolma di una
bellissima luce, liquida e dorata.
"E' tanto tempo che attendo, portami fuori da qua." La voce della coppa era come una
vibrazione nella sua testa ed era entrato in risonanza con essa.
Qualcosa lo
attirava inesorabilmente ed irrimediabilmente verso di essa, come una
calamita.
Ormai
il ragazzo era a un passo dalla coppa, allungando le mani avrebbe
potuto
sfiorarla. Oh sì, l'avrebbe portata con sè. Stese
le braccia, pronto ad
afferrarla per i manici, quando quella voce allarmata riuscì
di nuovo a farsi largo
nella sua mente ottenebrata "No,
Harry, allontanati subito, è una trappola! Devi difenderti,
presto!"
Il
ragazzo sbattè gli occhi un paio di volte e fu come
risvegliarsi da un sonno
profondo, mise a fuoco l'oggetto davanti a sè e vide con
orrore che ciò che
traboccava dalla coppa non era affatto luce dorata, ma un liquido
putrido e
nerastro. Un brivido corse lungo la sua schiena al pensiero di cosa gli
sarebbe
successo, se solo lo avesse toccato. La sua mano destra era
pericolosamente
vicina al manico della coppa "Aperio vim!" gridò il ragazzo
d'istinto. La spada di Grifondoro si materializzò nella sua
mano destra e senza
pensarci due volte affondò il colpo, con tutta la forza e la
rabbia di cui era
capace: la punta della lama urtando il recipiente produsse un rumore
sordo come
il suono di un gong. La spada si spezzò nell'impatto, ma sul
davanti della
coppa si aprì una crepa, dalla quale fuoriuscì
quel liquido putrido, che
corrodeva il basamento di roccia su cui poggiava la coppa e le monete
che
ricoprivano il pavimento, bollendo e sfrigolando. Harry
rinculò il più
velocemente possibile, vide la sua bacchetta con la coda dell'occhio e
la
raccolse, appiattendosi contro la parete. La Coppa
e la spada di Grifondoro vennero consumate
del tutto ed alla fine sembrava che fossero state poste all'interno di
una
fornace, tanto erano deformate e distorte.
Era
cosciente di essersi trovato di fronte ad un frammento dell'anima
oscura di
Voldemort: dentro di sè, senza saperselo spiegare, sentiva
di essere stato ipnotizzato
da essa.
Quasi
attratto.
Come una falena che non sa resistere
alla luce della fiamma, inconsapevole di andare incontro alla sua fine.
Recuperò
la sua bacchetta e in quel momento si ricordò dei suoi amici
che aveva lasciato
nel bosco ed uscì da lì più in fretta
che potè.
Dopo
aver messo il piede in fallo su quella roccia, Hermione
scivolò giù lungo un
ripido pendio, ricoperto di aghi e foglie cadute, che le rendevano
impossibile
frenare con i piedi e l'erba secca che afferrava convulsamente con le
mani si
strappava. Non riuscì ad evitare un grosso masso di cui si
accorse all'ultimo
istante, sbattè la testa e perse i sensi.
"Hermione!"
dietro di lei Ron correva e saltava per raggiungerla. Mise mano alla
bacchetta
e la puntò contro la ragazza "Incarceramus!" la sua idea era
quella
di avvolgere la corda dell'incantesimo attorno al braccio della ragazza
e
fermarne la corsa, ma un albero si frappose sulla traiettoria "No,
merda!" Ron non si arrese, riprese a correre e tentò una
seconda volta: la
corda si avvolse attorno al polso della Grifondoro, trattenendola. In
un attimo
Ron le fu accanto "Hermione! Hermione, svegliati." Le posò
una mano
sulla guancia, accarezzandola "E' colpa mia, sono un inetto, non riesco
a
proteggerti, non riesco a fare mai nulla di bello per te. Vorrei essere
una
persona migliore, per te, perchè ti amo così
tanto."
"Ce
ne hai messo di tempo per dirlo." mormorò la ragazza con
voce flebile,
tenendo ancora gli occhi chiusi, mentre un sorriso le allargava le
labbra.
Ron
allontanò la mano dal suo viso, come se scottasse "Ah...
oh..." fu
tutto ciò che riuscì a balbettare, in preda
all'imbarazzo più profondo che
avesse mai provato in vita sua.
Hermione
aprì i suoi occhi castani "Non preoccuparti, a me piaci
così come sei,
Ronald Weasley. Non cambierei nulla di te."
"Allora
tu..."
"Sì.
Ti amo."
Era
tutto quello che Ron voleva sapere. Si chinò su di lei e la
baciò.
"Oh
bene - la voce di Harry li fece staccare bruscamente l'uno dall'altra -
io
rischio la vita e voi siete qui a pomiciare." Il tono era risentito, ma
il
volto del ragazzo con gli occhiali esprimeva più che altro
divertimento.
Divertimento che aumentò quando vide entrambi diventare di
un bel colore rosso
acceso come i capelli di Ron.
"Il
drago?" premendosi una mano sulla testa ancora dolorante Hermione si
tirò
in piedi.
"E'
a farsi un sonnellino. Ed ora c'è un horcrux in meno."
"Oh
cavolo! - esclamò Ron - Vuoi dire che hai trovato la coppa?
L'hai
distrutta?"
Harry
riuscì solo ad annuire prima che i suoi due amici gli si
gettassero addosso con
un liberatorio urlo di trionfo.
=
= = = =
Percy
Weasley si era sempre ritenuto una persona seria, affidabile ed
efficiente sul
lavoro, perciò fu con disappunto che si rese conto di essere
fermo da circa
mezz'ora sulla stessa pagina del saggio "Perchè le passaporte sono meglio della polvere volante" e di non ricordare assolutamente
nulla sul capitolo "Le più comuni allergie alle polveri volanti".
Da
quando era rientrato dalla pausa pranzo qualcosa gli impediva di
concentrarsi,
ma non riusciva a focalizzare esattamente cosa e ciò lo
faceva impazzire.
Scosse la testa: finchè non si fosse liberato da quel tarlo,
lavorare era
improponibile; si alzò e ripercorse a ritroso il percorso
fatto quella mattina,
che non era poi diverso da quello di tutte le altre mattine, da quando
era
stato trasferito all'Ufficio Passaporte.
Davanti
alla stanza dove erano custoditi gli oggetti autorizzati dal Ministero
ad
essere utilizzati come passaporte si illuminò. Uno
scatolone, poggiato sul
ripiano più alto di uno scaffale, sporgeva dallo stesso di
una spanna. La
mattina, quando lui stesso aveva eseguito l'inventario, era certo di
averlo
allineato perfettamente allo scaffale.
Scorse
la lista di coloro che erano entrati nella stanza quel giorno, per
individuare
chi non era capace di tenere un minimo d'ordine e si stupì
quando vide che
l'ultimo nome, l'unico della giornata, segnato sull'elenco era proprio
il suo.
Smemorato,
oltre che sciatto, quel suo collega. Se Tonks non avesse abbandonato da
mesi il
suo incarico al Ministero, avrebbe saputo esattamente contro chi
puntare il
dito. "E magari si è anche dimenticato di segnare se ha
prelevato degli
oggetti, ci scommetto."
Si
mise a re-inventariare tutto con precisione certosina,
finchè il suo superiore
non lo venne a cercare "Weasley, cosa sta combinando?"
"Oh,
buongiorno, signor Demoore." Percy balzò in piedi e
raccontò di come
avesse trovato uno scatolone fuori posto e di come si fosse precipitato
a
controllare che fosse tutto in ordine.
In
tempi come quelli si sarebbe aspettato almeno un cenno d'approvazione
da parte
dell'uomo per il suo zelo, pertanto fu molto stupito nel vederlo
scuotere la
testa, cingendosi la fronte con una mano, un po' come era solita fare
sua mamma
quando Fred e George ne combinavano una delle loro.
"Weasley
- disse il signor Demoore in un sospiro - quella relazione sulle
passaporte
deve essere illustrata alla riunione domani e, sempre entro domani,
devono
essere evase quelle richieste di autorizzazione che sono sulla sua
scrivania e
che, le ricordo, non fanno parte dell'arredamento."
"Signore,
non ho mai mancato di evadere una sola richiesta - ribattè
il ragazzo risentito
- ma ho ritenuto che questo avesse la precedenza."
L'altro
mago strabuzzò gli occhi "Per Godric, ma parla seriamente?
Ha rifatto da
capo un inventario di stamattina, non ha trovato nulla e tutto questo
per una
scatola spostata di qualche centimetro? Senta, mi faccia il favore di
tornare
al suo lavoro." Il signor Demoore spinse Weasley fuori dal magazzino
senza
tanta grazia e chiuse a chiave.
Percy
obbedì, ma, accidenti, quanto era acido quell'uomo!
Probabilmente soffriva di
ulcera o di altri problemi gastrici (fino a qualche mese prima l'aveva
visto
ingurgitare tisane una dietro l'altra), ma non era un buon motivo per
trattarlo
così, pensò amareggiato: mai una parola
d'incoraggiamento, un grazie, una pacca
sulla spalla. Ripensò con nostalgia ai primi tempi in cui
era entrato al
Ministero e a sua mamma, che invece era orgogliosa di lui per qualsiasi
cosa.
Quando
la vide sulla soglia del suo ufficio, pensò ad un tiro
mancino della sua
immaginazione, ma Molly sorrise e gli si fece incontro "Ciao Percy."
Il
ragazzo non potè fare a meno di notare che sua mamma aveva
un'aria stanca: non
la vedeva dalla riunione di settembre tenutasi a Hogwarts e non la
ricordava
così. "E' perchè lei si
preoccupa
sempre per tutti noi. Passerà le giornate in casa con gli
occhi su
quell'orologio e le lancette fisse, da troppo tempo, su Pericolo
Mortale."
Avrebbe voluto abbracciarla, dirle che sarebbe andato tutto bene, ma
era troppo
orgoglioso e testardo e le parole che gli uscirono di bocca furono
fredde e
distaccate "Ciao mamma, perchè sei qui? Se sei venuta ad
intercedere per
l'udienza disciplinare di George e Fred toglitelo dalla testa: quel
giorno
hanno creato una confusione tale che non si vedeva dai tempi..."
"No
- Molly scosse la testa - sono venuta solo a portare il pranzo a tuo
padre. E a
vedere come sta mio figlio."
Percy
scrollò le spalle "Sto bene."
"Mi
sembri un po' dimagrito. Un po' troppo." aggiunge con un tono di lieve,
materno rimprovero.
Percy
non disse nulla ma, Merlino, gli mancava la cucina di sua mamma. Ogni
tanto
andava in qualche ristornate in Diagon Alley, ma niente di
ciò che mangiava
aveva lo stesso sapore.
Di
casa. Di quel nido accogliente, di quel manicomio in miniatura che era la Tana.
"Ci
sei mancato al matrimonio." proseguì Molly. Nella sua voce
non era alcun
rimprovero, ma un sincero dispiacere.
"Avevo
da fare, il lavoro mi impegna molto."
La
donna strinse con forza la tracolla della borsetta, ma si
sforzò di sorridere
"Allora non ti disturberò oltre." Giunta davanti
all'ascensore, Molly
si sentì chiamare "Mamma... stammi bene."
"Anche
tu."
"E,
uhm, salutami Bill e Fleur se li vedi." borbottò grattandosi
la nuca.
"Non
mancherò."
===============================
NOTE
Sì,
ho visto Jurassic Park e la bestiola scatarrina è la mia
preferita XD
[1]
il Ben Nevis è la montagna più alta
dell'Inghilterra e Glen Nevis è una
località turistica lì vicino. Volevo a tutti i
costi una scena in montagna, ma
è stata piuttosto dura trovare una località
adatta, perchè in Inghilterra di
montagne ce ne sono davvero poche e non sono molto alte, ho
scartabellato una
settimana tra Google Earth e siti turistici prima di decidere la
località
adatta. |
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Capitolo 15 *** 15. Inchieste e rivelazioni ***
CAPITOLO 15 - INCHIESTE E
RIVELAZIONI
Oleander
raccolse i compiti da correggere, uscì e sigillò
con un incantesimo la porta
dell'aula di Cristallogia: la preside McGranitt si era raccomandata con
i
professori di non lasciare pozioni ed oggetti magici alla portata degli
studenti. Improbabile che tra di essi vi fossero ancora spie
dell'Oscuro, ma i
tempi imponevano prudenza.
"Mi
scusi." una vocetta petulante alle sue spalle la fece trasalire. Si
trovò
faccia a faccia con un mago basso e cicciottello, che portava appuntato
sul bavero
della giacca un distintivo del Ministero della Magia e che Oleander
già
conosceva.
Già,
perchè il fondamentale contributo del Ministero alla
sicurezza di Hogwarts
consisteva nell'invio a sorpresa di alcuni ispettori, che sprecavano il
tempo
prezioso di insegnanti e studenti con inutili e tediosi interrogatori e
con
l'ispezione dei dormitori.
"Sì,
dica pure." gli rispose con il tono più rispettoso che le
riuscì, sperando
che il suo volto non esprimesse troppo chiaramente la sua opinione in
merito
all'utilità di quei sopralluoghi.
"Geremia
Burns, inviato del Ministero della Magia - prese la penna d'aquila e un
foglio
di pergamena - Nome, cognome, età, residenza e professione,
prego."
Oleander
sbattè più volte le palpebre, perplessa. Avrebbe
pensato ad uno scherzo, se non
fosse stato per l'aspetto inappuntabile dell'ometto, il quale
probabilmente si
sarebbe gettato sotto un treno, piuttosto che raccontare una
barzelletta
"Mi perdoni, ma noi ci siamo già visti il mese scorso e lei
mi ha chiesto esattamente
le stesse cose. E' stato per caso vittima di un Oblivion nel frattempo?"
L'uomo
ignorò il sarcasmo e battè la penna sul foglio,
con fare pignolo "La
scheda va compilata in ogni sua parte, ad ogni controllo da parte del
Ministero. Quindi, prego, nome, cognome, età, residenza e
professione."
Oleander
si concesse di alzare rapidamente gli occhi al cielo "Sconfiggeremo
Voldemort a suon di carte bollate in triplice
copia, certo. Lo affogheremo nelle scartoffie. Gran bel piano."
e poi
si rassegnò a rispondere.
Mezz'ora
più tardi camminava verso la sua stanza, masticando
improperi su Scrimgeour e
su chi gli aveva dato i natali e si trovò di fronte
l'ennesima scena ridicola:
Dolores Umbridge aveva incrociato Remus Lupin e non si era fatta
sfuggire
l'occasione per prenderlo di mira. "Signor Lupin - ma era
più che evidente
il disgusto con cui la donna pronunciò quelle parole - sta
assumendo
regolarmente la pozione anti-lupo?"
Lupin
le sorrise amabilmente "Certo, come potrà chiedere
all'inviato del Ministero
che è venuto a casa mia a controllarmi."
"Oh,
lo farò, non ne dubiti. E, mi dica, perchè si
trova qui al Castello di Hogwarts
oggi? Mi risulta che lei non sia di turno per la sorveglianza e sua
moglie
ormai è in maternità. Dunque?"
pronunciò l'ultima parola con tono
minaccioso ed uno sgradevole sorriso di trionfo, certa di averlo in
pugno.
Lupin
era venuto probabilmente per comunicare qualcosa a Harry o alla
McGranitt
riguardante l'Ordine della Fenice e Dolores Umbridge non doveva
assolutamente
venire a conoscenza di nulla che riguardasse l'organizzazione. Oleander
vide
Lupin impallidire leggermente e si fece avanti "Signora Umbridge, sono
stata io a chiedere a Remus di passare: vorrei che provasse alcuni miei
amuleti
fatti con pietra di luna [1], che potrebbero essergli di giovamento
durante il
plenilunio."
Dolores
Umbridge fissò la maga dai capelli violetti con livore, gli
occhi ridotti a due
fessure, ma lo stesso orrendo sorriso pietrificato sul volto
"Controllerò
anche questo, ne stia certa."
Oleander
sorrise in modo altrettanto falso "Quando vuole, è sempre un
piacere
collaborare con lei." Le pietre di luna facevano parte del suo
programma
di insegnamento, perciò aveva molti amuleti da sventolare
sotto al naso
dell'inviata del Ministero.
Quando
la
Umbridge
fu scomparsa in fondo al corridoio, Lupin regalò ad Oleander
un sorriso colmo
di gratitudine "Grazie davvero: non avevo la più pallida
idea di cosa
raccontarle. Temo però che tu sia finita sulla sua lista
nera."
"Ti
dirò, è stato un vero piacere lasciare quella...
quella lì con un palmo di
naso. Insomma, questa storia delle ispezioni è ridicola, ma
cosa credono? Che
Voldemort salti fuori da un'armatura gridando "BOO!" o si cali dal
camino come Babbo Natale? Che idiozia! Non hai idea di quanto queste
inutili
ispezioni mi facciano infuriare." mentre camminavano Oleander
gesticolava,
come faceva sempre quando era nervosa, e seminò i suoi
compiti lungo il
corridoio, che Lupin recuperò con un Accio "No, un'idea me
la sono
fatto." ridacchiò.
"Bah,
cambiamo discorso che è meglio. A quando il lieto evento di
Nymphadora?"
"E'
previsto per aprile."
"Mmh...
quindi avremo un ariete o un toro. Corallo rosso o rubino (o se fosse
troppo
agitato, un bel cristallo di rocca), smeraldo o avventurina nel secondo
caso [2]."
"Di
cosa stai parlando?"
"Scusa,
deformazione professionale. - rise lei - Parlo delle pietre
portafortuna per il
vostro pargolo: quando nasce voglio regalargli un bellissimo amuleto.
In quanto
a te, se vuoi posso davvero darti una pietra di luna perchè,
non ti offendere
se te lo dico, non hai un bell'aspetto."
L'ex-malandrino
si era ulteriormente ingrigito e aveva un colorito molto pallido "Hai
ragione. Lumacorno mi prepara la pozione anti-lupo al posto di Piton,
ma...
beh, non avrei mai immaginato di dire una cosa simile, quella di
Severus era
più efficace. Più disgustosa, ma più
efficace. Anche se adesso mi stupisco
veramente che non mi abbia propinato qualche veleno."
"Tu...
conoscevi bene Piton?" chiese Oleander, ostentando indifferenza.
"Sì,
o meglio: credevo di conoscerlo. Come tutti, del resto."
"Già."
"A
volte faccio ancora fatica a credere che abbia potuto uccidere Silente.
Voglio
dire, sapevo benissimo quanto profondo fosse il suo odio verso Sirius e
James,
ma dopo la morte dei genitori di Harry pensavo davvero che si fosse
schierato
dalla nostra parte, non foss'altro per rispetto di Lily."
"Lily
Evans, la madre di Harry?" Oleander strinse forte i compiti che portava
in
mano.
"Sì,
proprio lei. Tu non puoi saperlo, ma quei due erano amici fin da
bambini e
credo che Piton fosse segretamente innamorato di lei, anche se non
glielo
confessò mai apertamente. Poi però le cose
cambiarono drasticamente: al quinto
anno lui le disse una cosa orribile, litigarono e Lily si
allontanò da lui per
sempre, senza più tornare sui suoi passi."
"Oh,
davvero? - la maga fissava ostinatamente un grosso arazzo - Ad Harry
l'hai mai
raccontato?"
"No.
A che servirebbe? In fondo questa è una storia che
appartiene al passato, morta
e sepolta anch'essa. Ora scusa, ma ti devo lasciare, vado a dare ad
Harry una
buona notizia: ieri sera il gruppo di Proudfoot è riuscito a
far fuori un paio
di mangiamorte."
"A
presto Remus, e salutami Tonks."
La
maga si appoggiò al muro e chiuse gli occhi "Un
giorno potresti ricevere lo stesso annuncio, che Severus è
stato fatto
fuori." Si sentiva stanca, sfiduciata e impaurita "Vorrei nascondermi da tutto quanto, dal resto del
mondo, solo per
un attimo. E vorrei poterlo rivedere, anche un solo istante." Alle
sue
spalle si materializzò una porta "Ma che...?" incuriosita
abbassò la
maniglia ed entrò, restando a bocca aperta.
Anche
se era nata e cresciuta in una famiglia di maghi ed era avvezza ad ogni
sorta
di stregoneria, lo spettacolo che offriva la Stanza
delle Cose nascoste era incredibile. Un
luogo enorme, quanto una cattedrale, con pile e pile di oggetti di ogni
tipo, una
stanza dove generazioni di studenti avevano occultato segreti e
marachelle; sul
fondo probabilmente c'erano cose che risalivano al tempo della
fondazione di
Hogwarts. "Ho pensato che volevo
nascondermi ed il castello mi ha preso alla lettera." Camminò
in mezzo
agli scaffali, storcendo il naso davanti ad alcune ampolle che recavano
la poco
rassicurante etichetta "Sudore di vermicolo" e si tenne alla larga
da un Troll impagliato, tanto brutto da sembrare ancora vivo; in una
delle
corsie trovò i resti di un busto di marmo che era caduto a
terra: qualcuno
aveva avuto la poco felice idea di appoggiarlo sopra ad un vecchio
armadietto
malandato che, alla lunga, aveva ceduto sotto al peso della statua.
Anche il
contenuto dell'armadio ora era sparso a terra: c'era lo scheletro di
uno strano
animale con cinque zampe ed un grosso libro. "Pozioni avanzate?
Perchè mai
nascondere qui un libro di testo?" Oleander lo aprì.
E
si pietrificò.
Sulla
prima pagina, vergata con una calligrafia a lei ben conosciuta,
campeggiava la
frase "Questo libro è proprietà del principe mezzosangue."
Si
sedette a terra e prese a sfogliarlo delicatamente, quasi con
reverenza,
sorridendo delle innumerevoli correzioni di Severus alle ricette delle
pozioni,
ma rabbuiandosi anche per gli incantesimi non verbali con i quali
difendersi
dagli assalti dei malandrini: gli anni della scuola non erano stati
affatto
facili per lui.
Le
ultime due pagine del libro erano impossibili da sfogliare, incollate
tra di
loro con del magiscotch; Oleander utilizzò un "Dirimo" e le
pagine si
separarono, rivelando il ritratto del volto di una ragazza, schizzato
con pochi
tratti di inchiostro colorato. Una ragazza dai lunghi capelli rossi e
gli occhi
verdi. Lily Evans.
"La
tua rivale." suggerì
una vocetta maligna nella sua testa.
"Non
è vero! Questo è ridicolo." esclamò
Oleander ad alta voce.
"Convinta
tu..."
Vocetta maligna e oltremodo fastidiosa.
Mai
una volta Severus le aveva parlato espressamente di Lily, ma fin da
quando le
aveva mostrato quella visione del suo passato di Mangiamorte [3],
Oleander
aveva intuito che la madre di Harry era stata una persona speciale
nella sua
vita; ciò che le aveva detto il simulacro di Silente nella
sua mente e le
parole di Lupin di
poco prima rendevano
la cosa del tutto evidente: tre indizi fanno una prova e, casomai ce ne
fosse
bisogno, aveva sotto gli occhi la conferma definitiva.
Sfiorò
l'inchiostro con le dita. Severus l'aveva amata, lo si capiva dai
tratti delicati
e leggeri con cui era disegnato quel viso, lui che aveva una grafia
appuntita e
nervosa. Poteva essere stato un amore acerbo, immaturo, ma sicuramente
era
stato unico ed intenso, come solo il primo amore sa essere.
E
Lily? Cosa aveva provato lei per Severus? Impossibile che non si fosse resa
conto dei sentimenti del ragazzo, questo si rifiutava di crederlo: le donne lo intuiscono sempre
quando
piacciono a qualcuno.
Lupin
aveva accennato ad una brutta lite tra loro due, e poi Lily aveva
scelto James.
"Tu lo hai lasciato andare - Oleander si sorprese del tono tagliente
che
aveva la sua voce - hai avuto la tua occasione, ma hai scelto un'altra
strada.
Io invece non lo farò. Non lo lascerò solo."
"Sei
gelosa."
la canzonò la voce di prima, cattiva, ma stavolta
Oleander non la zittì. Semplicemente non aveva argomenti per
ribattere. Tacque,
fissando a lungo in silenzio quell'immagine, poi si
abbandonò ad una debole
risata "Già, ecco un fulgido esempio della Sindrome di
Rebecca [4]. E di
come sprecare tempo con inutili paranoie. Coraggio, fuori da qui -
disse,
alzandosi in piedi - l'ora dell'autocommiserazione è finita."
Una
sola cosa non le era chiara: se Severus aveva amato così
tanto Lily, perchè
detestava Harry a quel modo? Era pur sempre suo figlio.
Appoggiato
a quello che sembrava lo scheletro di uno Schiopodo Sparacoda, stava un
grosso
specchio tutto corroso lungo il bordo da qualche pozione andata male.
Indugiò
un attimo di fronte ad esso e in quel momento le parve di intuire la
chiave dell'odio
di Severus verso Harry.
Lei,
grazie a Morgana, non aveva preso la mascella squadrata e la fronte
bassa di
suo padre, ma assomigliava molto a suo mamma, pur non avendo ereditato
gli
stessi capelli lisci e setosi, si disse, dando un'occhiata eloquente
alla
stoppa color prugna che le ricopriva la testa. Però gli
occhi sì: lei e sua
mamma avevano gli stessi occhi. "Ma
restiamo pur sempre persone diverse."
Harry
aveva gli stessi occhi di Lily, ma non era Lily, non sarebbe mai stato
Lily. Quegli
occhi verdi, incorniciati nel volto dell'uomo che gliela aveva portata
via, non
avrebbero mai guardato Severus come lui desiderava essere guardato, ma
solo con
rancore e disprezzo. No, non erano gli occhi di Lily, non lo sarebbero
mai
stati.
Ed
erano per Severus come un costante, doloroso memento. Chissà
se sarebbe mai
potuto andare avanti e staccarsi da quel passato?
"Diamine,
perchè le cose devono sempre essere così
complicate?" sospirò la maga,
prima di abbandonare quella stanza, il libro di Pozioni avanzate
stretto al
petto.
Era
quasi arrivata in camera, quando si accorse che da una delle parti
proveniva un
gran cicaleccio: il fantasma di Corvonero stava parlando con il
ritratto di
Angela, pareva quasi che le due donne fossero impegnate in una seduta
del
Wizengamot, tanto erano serie.
"Sciocca
ragazza - decretò Angela - rischia l'incarcerazione ad
Azkaban a causa di un
delinquente."
"Sì,
sì: la situazione è seria, molto seria."
Quel
brandello di conversazione richiamò l'attenzione della maga
"Signore, di
chi state parlando?"
"Mia
cara, non hai sentito nulla di quello che è successo?
Dov'eri?" chiese il
ritratto, incredulo.
"Ero...
un attimo impegnata. - mentì Oleander con disinvoltura -
Allora, che
succede?"
"Poco
fa Dolores Umbridge è andata ad ispezionare il dormitorio di
Serpeverde."
iniziò il ritratto.
"E
ha scoperto che Astoria Greengrass teneva un carteggio con Bole."
proseguì
il fantasma di Corvonero.
Oleander
si strinse nelle spalle "Se non sbaglio è un ex-studente e
suo ex-compagno
di Casa, non capisco cosa ci sia di male in questo."
Il
fantasma ed il ritratto la fissarono con espressioni quasi fameliche,
ansiose
di rivelarle il pezzo forte della notizia "Pare proprio che Astoria
cercasse
di scoprire se Bole sapeva dove si sta nascondendo il pluriricercato
Draco
Malfoy, per mettersi in contatto con lui!"
"Il
Barone Sanguinario mi ha riferito che Dolores Umbridge intende
arrestarla con
l'accusa di tradimento e cospirazione nei confronti del Ministero."
concluse il fantasma.
"Cosa?
Non direte sul serio? Ma che colossale idiozia!" esclamò
Oleander,
incamminandosi a passo spedito verso il dormitorio di Serpeverde.
"Io
non prenderei la cosa così alla leggera, mia cara. Tentare
di comunicare con un
collaboratore di Colui-che-no-deve-essere-nominato è un
fatto gravissimo."
"Astoria
non sta cercando un collaboratore di Voldemort, Angela; sta cercando il
ragazzo
di cui è innamorata."
"Astoria
e Draco? Ne sei certa? Chi te l'ha riferito? Io non ne sapevo niente."
"Mirtilla
Malcontenta il mese scorso, quando sono andata a riparare un bagno del
secondo
piano. Aggiornati Angela, ormai lo sa mezza scuola."
Il
ritratto della donna si immobilizzò sul posto "Oh, devo
proprio dire a
Gazza di mettere una cornice in quel bagno."
Davanti
all'ingresso della Sala Comune di Serpeverde si era formato un crocchio
di
studenti curiosi, mentre da dentro si sentivano voci concitate, urla e
singhiozzi. Pansy Parkinson e Millicent Bulstrode stavano appoggiate
alla
parete, con l'aria di gatti che hanno appena banchettato con un'intera
famiglia
di topi: non serviva certo un grande acume per capire che erano state
loro a
dare l'imbeccata alla Umbridge sulla corrispondenza di Astoria. Nott e la Davis
si allontanarono da
loro, disgustati, mentre Zabini era oltremodo irritato per essere stato
interrotto mentre si esercitava con una pozione e chiedeva in tono
arrogante ad
un inviato del ministero quanto sarebbe durata quella seccatura.
Henry
Changing, il nuovo professore di Trasfigurazione, prese in mano la
situazione
"Gli studenti che non appartengono a questa Casa tornino immediatamente
nelle loro Sale Comuni, prima che inizi a sottrarre punti a tutti. A
partire da
Tassorosso, signorina Fladbury: non c'è nulla da
sghignazzare. E, Horace, è il
caso di mandare un gufo alla famiglia Greengrass."
"Ah...
ecco... non saprei. Forse sarebbe meglio aspettare prima
l'autorizzazione degli
inviati del Ministero. Sa, la situazione è delicata,
complessa..." era
chiaro che il professore di Pozioni intendeva lavarsi le mani
dell'intera
faccenda e restare il più possibile neutrale; d'altronde
questa era stata la
politica della sua intera vita.
"Va
bene, va bene, ci penso io. Ma porti almeno i suoi studenti in un'altra
aula."
"Sì,
questo più che volentieri. Seguitemi, ragazzi."
Gli
studenti di Serpeverde si misero in fila e seguirono il professore di
Pozioni.
Passando di fianco a Pansy, Zabini le sibilò "Grazie tante
per averci
fatto perdere l'intero pomeriggio, ora finirò i compiti a
notte inoltrata. A
differenza di qualcun altro - e guardò Goyle e Tiger - io ci
tengo al mio
rendimento scolastico."
"Che
ti prende? Due anni fa non ti sei mai lamentato della Squadra
d'Inquisizione,
questa è la stessa cosa." la ragazza strizzò i
suoi occhietti da carlino.
"Gli
inviati del ministero hanno ribaltato l'intero dormitorio: due anni fa
Draco
non avrebbe mai permesso che fosse venduta una compagna di Casa e
nessuno avrebbe
osato frugare tra le mie cose come se fossi un delinquente." le
lanciò
un'occhiata al veleno.
"Eppure
tu, più di chiunque altro, dovresti essere abituato alle
perquisizioni, con
tutti i mariti di tua mamma morti in circostanze misteriose." gli
rispose lei,
cattiva.
Il
ragazzo nero passò un braccio attorno alla sua compagna di
Casa e sorrise
malevolo "Attenta Parkinson, le circostanze misteriose accadono
più
frequentemente di quanto immagini." Poi affrettò il passo
per raggiungere
Theodore e Tracy.
Oleander
entrò nella Sala comune dei Serpeverde: Dolores Umbridge
aveva abbandonato il
suo aplomb di facciata e urlava a pieni polmoni contro la
più giovane delle
sorelle Greengrass, seduta in lacrime su una poltrona, mentre Daphne le
teneva
la mano, scossa e altrettanto spaventata. Al contrario, la preside
parlava
all'inviata del Ministero con voce calma e misurata, scandendo bene le
parole,
come se si stesse rivolgendo ad una persona un po' tarda di
comprendonio.
"Preside
McGranitt. Preside McGranitt - disse Dolores Umbridge - se lei si
ostina a
difendere questa traditrice, dovrò per forza pensare che lei
sapesse di questo
pericoloso carteggio. Dunque?"
“Dolores, io non sto mettendo in dubbio che la
signorina Greengrass abbia tenuto un comportamento disdicevole e per
questo
sarà severamente punita. Tuttavia ritengo che si stia
inutilmente ingigantendo
una questione di poco conto.”
“Questione di poco conto?
– ripetè allibita l’inviata
del Ministero – Questo è tradimento, questo
è complotto, questa è sovversione!”
ad ogni definizione sventolava un paio di lettere in direzione della
minore
delle sorelle Greengrass, che si faceva sempre più piccola.
“Astoria Greengrass
ha cercato di scoprire dove si trova attualmente il ricercato Draco
Malfoy!”
“Appunto – fece
notare Minerva placidamente – ha
cercato di farlo, ma non ha ottenuto nulla. Se la memoria non mi
inganna, nella
prima lettera di risposta del signor Bole, egli afferma di non avere la
minima
idea di dove sia Draco Malfoy e di non avere intenzione di mettersi a
fare
indagini in tal senso, nella seconda ribadisce di non aver avuto
più contatto
con lui o con la sua famiglia e consiglia addirittura ad Astoria di
metterci
una pietra sopra. In tutta franchezza mi sfugge la
pericolosità sociale di
questa corrispondenza, se così vogliamo
chiamare uno scambio di due
lettere in cinque mesi.”
“Questo lo dice lei.
– spinse da parte la preside e si
sporse verso la ragazza bionda – Signorina Greengrass, le
posso assicurare che
lei si trova in una brutta posizione. Data la sua giovane
età e qualora
dimostri pentimento, potrebbe anche cavarsela con pochi anni di
prigione. Lei
ha scoperto dove si trova Draco Malfoy, non è vero?
Confessi! Immediatamente!”
“Io-io non so
nulla.” balbettò Astoria tra le lacrime.
Dolores Umbridge si
raddrizzò “Atteggiamento
deludente. I poteri a me conferiti dal Ministro Scrimgeour mi
autorizzano a condurla
al Ministero, cosa che farò più che
volentieri.”
La situazione si stava mettendo
molto male per la
giovane Greengrass: anche per Oleander era chiaro che la ragazza non
sapesse
nulla, aveva solo commesso una sciocca leggerezza, che però
rischiava di pagar
cara, per via dell’ottusità di quella donna.
Quando la
Umbridge estrasse la
bacchetta, un brivido percorse tutti i presenti: di riflesso anche
Vitious, in
corridoio, sfoderò la sua.
“Incarceramus.”
Delle corde si avvolsero attorno ad
Astoria e Daphne protestò “Ma è
assurdo! Mia sorella non ha fatto niente di
male.” Ciò nonostante, la piccola Greengrass fu
condotta via.
Minerva lasciò la sala
comune di Serpeverde pallida in
volto “Devo informare immediatamente i genitori della
signorina Greengrass.”
“Ci ha già
pensato Changing, ha spedito loro un gufo.”
le disse Vitious.
Inevitabilmente la notizia si
diffuse in tutta la
scuola e per i giorni successivi non si parlò
d’altro: c’era chi sosteneva
l’innocenza della Greengrass e chi invece, al pari della
Umbridge, gridava al
complotto. Le due fazioni ebbero un paio di scontri nei corridoi
dell’Istituto
che si conclusero con il ricovero da Madama Chips di tre ragazzi
affatturati da
incantesimi vari ed una bella manciata di punti tolti alle rispettive
Case di
appartenenza.
Tra i sostenitori della tesi
paranoica vi erano, senza
molta sorpresa, Alastor Moody e Harry Potter, al quale bastava sentire
le
parole “Serpeverde” e “Malfoy”
per caricare come un toro davanti ad un drappo
rosso. Smise solo quando, con molta saggezza, Hermione gli fece notare
che la
vicenda di Astoria non era poi così dissimile da quella di
Stan Picchetto.
Ad ogni modo, l’avvocato
famiglia Greengrass riuscì a
dimostrare la piena innocenza di Astoria e grazie
all’influenza del padre la
vicenda fu messa a tacere senza troppo clamore: la minore delle due
sorelle fu
sospesa per un mese da scuola ed anche quella storia fu dimenticata da
tutti.
Tranne che da Astoria: forse
nessuno aveva compreso
fino a che punto si sarebbe spinta per amore.
=
= = = =
Mancò poco che Severus e
Bellatrix si scontrassero
sulla soglia del covo dell'Oscuro: lei rientrava dall'ennesima missione
segreta, lui stava uscendo.
"Piton, dove stai andando?" gli
chiese,
stendendo un braccio contro lo stipite della porta ed impedendogli il
passaggio,
gli occhi inquisitori, ansiosi di frugargli nei pensieri.
Senza scomporsi e senza permetterle
di penetrare un
solo millimetro della sua mente, il mago appoggiò la
bacchetta sul braccio
della donna, facendoglielo abbassare "All'aperto. L'aria qua dentro si
è
fatta d'improvviso inspiegabilmente viziata."
La maga soffiò come un
felino inferocito: con quello
sguardo assassino ed i capelli crespi e spettinati sembrava proprio una
strega
delle Banshee "Ringrazia Salazar che non ho tempo da perdere con te,
stasera." e si diresse a passo svelto verso i sotterranei.
Uno spicchio di luna velato da nubi
leggere illuminava
debolmente la spoglia brughiera. Sibilla Cooman avrebbe detto che la
luna
velata era segno di una sciagura imminente. Piton sorrise appena: mai
si
sarebbe immaginato di trovarsi a ricordare, un giorno, le parole di una
sua collega.
Diamine, c'erano giorni in cui rimpiangeva addirittura le lezioni di
Pozioni
con i bambini del primo anno, di quelli che facevano pasticci con i
preparati più
semplici e non sapevano elencare gli otto usi del benzoino [5]. Da non
credersi, era diventato nostalgico, pensò con un sorriso
amaro.
"Evidentemente,
vent'anni ad Hogwarts hanno lasciato il segno."
E gli mancava Oleander, come il
primo giorno. La
ricordava in ogni gesto, anche il più stupido e banale, come
quando si sfilava
gli occhiali poggiandoli sulla testa e se ne dimenticava e poi,
guardandosi
attorno indispettita, chiedeva "Severus, non è che hai visto
i miei
occhiali?"
La ricordava intenta a fabbricare
talismani, seduta al
tavolo da lavoro, con la schiena dritta e l'espressione assorta mentre
sillabava
un incantesimo o incideva le pietre.
Ricordava le occhiate fugaci,
segrete, clandestine che
non mancava di lanciargli durante il pranzo o quando si incrociavano
nei
corridoi.
Merlino, ricordava con malinconia
persino i
battibecchi, dove ognuno cercava di avere l'ultima parola.
Frammenti di vita quotidiana, di
una vita dannatamente
normale, che gli apparivano ora come il più lontano ed
irraggiungibile dei
miraggi.
Piton fu strappato da quei ricordi
dallo sfrigolare di
un vecchio secchio di latta poggiato su un muretto a secco
lì vicino: presto
dalla passaporta sarebbe arrivato qualcuno. Ne emerse Draco. Solo e con
l'aria
disperata.
L'ex professore di pozioni
serrò la mascella: il
figlio di Lucius era andato in missione con Mulciber, ma era rientrato
solo. "Professor
Piton!" esclamò il ragazzo biondo senza fiato, correndogli
incontro.
Severus non si preoccupò
di correggerlo questa volta
"Dimmi Draco, dov'è Mulciber?"
"C'è stato un problema.
Abbiamo rintracciato
l'ultimo libro che ci ha chiesto il nostro Signore, ma quando Mulciber
ha
provato a prenderlo è come... rimasto incastrato. Ho provato
svariati
incantesimi, ma non riesco a liberarlo, non so che fare. L'Oscuro
Signore...
lui darà la colpa a me, non è vero?" concluse in
un soffio, gli occhi
grigi dilatati dalla paura.
Piton gli posò una mano
sulla spalla e disse
semplicemente "Aspettami qui." e questa volta il ragazzo non si
ritrasse. Piton riattivò la passaporta e si fece trasportare
dove si trovava
Mulciber. Non faticò a riconoscere i giardini St. Alphage di
Londra, e nemmeno
a rintracciare il Mangiamorte, che urlava come un maiale sgozzato:
stava di
fronte ad un tratto delle antiche mura romane della città o,
per meglio dire,
era in parte dentro le mura, di fatti le sue braccia, dal gomito in
giù, erano
scomparse nei mattoni rossastri.
"Hai intenzione di svegliare ogni
essere vivente
da qui fino a Dover?" domandò Severus in tutta calma.
"Piton - ululò Mulciber
- tirami fuori da qui! Fa
un male cane!"
Severus soppesò se
ribattere "Non hai detto la parolina magica."
ma decise di
soprassedere. E con tutta probabilità, quell'ottuso di
Mulciber non avrebbe
capito.
"Dov'è quell'incapace di
Draco? Scommetto che se
l'è data a gambe."
L'ex professore di pozioni lo
zittì "Draco è
venuto a cercare aiuto per te. Vuoi vedere un incapace? Allora prendi
uno
specchio e guardati: scommetto che hai afferrato quel libro senza
preoccuparti
di verificare se fosse protetto da un incantesimo, vero? Non
disturbarti a
parlare, la tua posizione è una risposta sufficientemente
eloquente." Poi
sollevò la bacchetta ed iniziò a recitare un
incantesimo, disegnando immaginari
simboli sul muro. Quando si interruppe, Mulciber provò a
liberarsi, ma senza
risultati. "Non ha funzionato." gli ringhiò contro.
Piton roteò gli occhi
"Avrà effetto tra qualche
minuto, se avessi provato a fare più fretta, le tue braccia
si sarebbero
staccate e sarebbero rimaste lì. Ma se è questo
che vuoi, posso sempre
provare."
"D'accordo, d'accordo, aspetto. -
grugnì l'altro
- Ehi, dove vai ora?" gli urlò dietro, vedendo che si
allontanava.
"A controllare che la tua voce
flautata, nel
cuore della notte, non abbia richiamato l'attenzione di qualcuno."
Piton svoltò velocemente
dietro le mura: era la prima
occasione che aveva da mesi di allontanarsi dal covo dell'Oscuro...
doveva
cercare di scoprire se Voldemort si fosse infiltrato al Ministero o,
peggio, ad
Hogwarts, doveva lasciare degli indizi per mettere in guardia gli
oppositori
dell'Oscuro. "Dove sono gli Auror quando ne hai bisogno?"
sibilò con
rabbia.
Quasi in risposta alle sue
preghiere, udì dei passi veloci
venire nella sua direzione. Indossò la maschera da
Mangiamorte, si disilluse ed
attese. Dopo un attimo un uomo sulla cinquantina, dai radi capelli
neri
comparve da una strada laterale.
Williamson udì un
fruscio e strizzò gli occhi, non
vide nessuno ma d'improvviso si sentì sollevato da terra e
scaraventato contro
il muro di una casa. Non poteva muovere un muscolo, perchè
era stato
immobilizzato, nè gridare, perchè gli era stato
praticato un Silencio. Il tutto
con incantesimi non verbali. Era forte, quello sporco Mangiamorte.
Una figura incappucciata e dal
volto coperto dalla ben
nota maschera argentata sciolse l'incantesimo di disillusione ed
avanzò verso
di lui. Williamson si maledisse: cercando la fonte di quelle grida,
probabilmente
era cascato in una trappola, come un pivellino. Quando il Mangiamorte
sollevò
la bacchetta, guardandolo dritto negli occhi, si preparò a
dire addio al mondo,
a sua moglie e ai suoi adorati figli, ma poi si accorse che l'uomo non
aveva
intenzione di ucciderlo: era appena penetrato nella sua testa e stava
frugando
nei suoi ricordi, anzi, vi stava rovistando freneticamente... il
Ministero, il
suo ufficio, i suoi colleghi. Provò a occludergli la mente,
ma senza successo,
era come chiudere una porta di legno di bambù per tener
fuori un carro armato. E
poi nella sua mente si formarono due immagini fisse: un calderone
ribollente
con una qualche pozione e il Marchio Nero tatuato su un avambraccio.
Per un
lungo istante queste furono le uniche due cose esistenti nel suo
cervello. Poi
venne investito da un lampo rosso e crollò a terra,
schiantato.
Nulla di particolarmente utile,
purtroppo: nei ricordi
di Williamson nessuno dei suoi colleghi aveva assunto negli ultimi mesi
un
comportamento sospetto, tale da far pensare ad uno scambio di persona,
ma lui
sapeva per certo che al Ministero c'erano degli infiltrati. Sperava
solo che l'Auror
cogliesse il suggerimento che gli aveva impresso nella mente.
Piton tornò velocemente
da Mulciber "Allora, c'era
qualcuno?" gli chiese il Mangiamorte.
"No, nessuno. Penso che ora tu
possa provare a
staccarti da quel muro."
Mulciber si tirò
indietro ed estrasse le braccia dai
mattoni, che gli caddero pesanti lungo i fianchi. "Ma che..."
"Ah sì - disse Piton con
noncuranza - resteranno
intorpidite per qualche ora. Questo è meglio che lo prenda
io, non credi?"
Recitò un altro
incantesimo, poi estrasse senza
problemi l'antico testo di magia dalla nicchia delle mura romane che lo
aveva
custodito per quasi due millenni. Lasciò che Mulciber lo
precedesse alla
passaporta, aprì il libro a caso e con un fugace colpo di
bacchetta scombinò
l'inchiostro delle formule, cosa che aveva fatto con ogni testo
antico
che gli era passato tra le mani. Mai nulla di troppo evidente: una
inversione
di parole nella formula di un incantesimo, il mutamento della forma di
alcuni
simboli. A qualunque cosa servissero quei testi, sarebbero stati
inefficaci con
gli incantesimi manomessi.
Williamson venne ritrovato poco
dopo da Arthur Weasley,
schiantato ma illeso, tanto che non ebbe nemmeno bisogno di un ricovero
al San
Mungo. Purtroppo non aveva riconosciuto il mago oscuro che lo aveva
attaccato,
nè cosa egli pensasse di ottenere frugando nella sua mente.
Però la moglie, dopo
quell'episodio, iniziò a notare
alcuni strani tic in suo marito: a volte, durante la cena, restava
diversi
minuti a mescolare e rimescolare le zuppe e le minestre ed aveva preso
l'abitudine di fissare insistentemente le persone sulle braccia, ma ne
attribuì
la colpa allo stress. Quella maledetta guerriglia stava logorando i
nervi di
tutti.
===========================
NOTE
Da non credersi! Questo doveva
essere nelle mie
intenzioni un mero capitolo di riempimento e di passaggio... ed
è diventato uno
dei più lunghi della storia.
[1] Esiste realmente: è
una pietra semitrasparente,
dai riflessi azzurri o argentei che per la Cristallogia
aiuta a
riequilibrare gli scompensi emotivi.
[2] l'avventurina è una
varietà di quarzo di colore
verde.
[3] Vedi VdP, capitolo 7: in una
visione, Severus
mostra ad Oleander il suo passato di mangiamorte, compresa la notte in
cui
muoiono i genitori di Harry.
[4] Indica una profonda gelosia
verso l'ex del proprio
partner e prende il nome dal libro di Daphne Du Maurier, "Rebecca, la
prima moglie" da cui poi Alfred Hitchcock ha tratto il celebre film.
[5] Pianta coltivata soprattutto
nel sudest asiatico,
utilizzata sia in profumeria sia come erba medicinale.
RINGRAZIAMENTI
nihal93: tutto si spiegherà
alla fine della storia. Anche chi
sia stato davvero a lasciare quel messaggio a Harry.
Dato che nel capitolo 14 Oleander
non compare, ho
postato assieme anche il 15. All'inizio le facevo fare più
cose, ma poi mi sono
resa conto che era un atteggiamento troppo marysuesco ^^; e ho
riequilibrato la
narrazione a favore di Harry.
Grazie a neptunia
per aver inserito la storia tra le seguite! |
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Capitolo 16 *** 16. Il bracciale di Corvonero, parte 1 ***
CAPITOLO 16 – IL
BRACCIALE DI CORVONERO
- parte prima -
La primavera era giunta in fretta,
anche se si faceva
davvero fatica a distinguerla dall’inverno appena trascorso,
per via delle
piogge ininterrotte, che costrinsero alla sospensione del torneo di
Quidditch,
dopo che metà dei giocatori finì in infermeria
con la polmonite. Nemmeno le
gite ad Hogsmeade erano molto appetibili, dato che le strade erano
sferzate da
raffiche di vento ed acqua gelida ed i negozi, di conseguenza, stipati
fino
all’inverosimile, tanto che era difficile muoversi.
L’umore dei ragazzi, spesso
costretti a trascorrere anche i fine settimana all’interno
del Castello, era
tetro come quel cielo grigio.
Le vacanze di Pasqua giunsero come
una benedizione e
molti studenti fecero ritorno a casa. Scortati di prima mattina i
ragazzi alla
stazione del treno, Oleander decise di dedicare un po’ di
tempo alla ricerca di
pietre paesine, che aveva adocchiato vicino al Lago Nero. Qualcuno la
chiamò
canticchiando “Professoressa Silvestre,
buongiorno.” Era Luna Lovegood e poco
dietro di lei c’era Terry Steeval: i due avevano approfittato
di uno sprazzo di
bel tempo per una passeggiata all'aperto “Ooh, pietre
paesine! – esclamò la
ragazza, dilatando gli occhi cerulei – Pensa di usarle per
qualche incantesimo?”
“Sì: aiutano
molto la salute in caso di malattia.”
“E non ha paura della
maledizione di Izarra Pais?”
“Chi?” chiese
Oleander. Esisteva qualcuno con un nome
simile?
“Izarra Pais, –
ripetè Luna, come se fosse la cosa più
ovvia del mondo – La maga che inventò un
incantesimo per usare queste pietre al
posto della Metropolvere, ma siccome questo avrebbe gettato sul
lastrico i
produttori di Polvere Volante, l’ufficio Brevetti ridicoli
respinse la sua
invenzione. Così la strega fece una maledizione sulle
pietre: se le fissa
troppo a lungo si verrà risucchiati per sempre
all’interno del paesaggio.”
concluse la ragazza, serissima.
“Io non ho mai sentito
parlare di questa storia.” le
rispose Oleander; notò poi che Steeval aveva girato la testa
dall'altra parte e
stava probabilmente ridacchiando.
“Lei non è
abbonata al Cavillo, vero? – proseguì Luna
– Perché l’anno scorso dedicò
ben tre speciali a questo argomento.”
“Aah.”
buttò lì Oleander, che non sapeva mai come
reagire davanti alle fantasiose asserzioni della ragazza di Corvonero.
I tre
furono distratti da un forte gracchiare di uccelli che volteggiavano
nel cielo;
la donna riconobbe il suo corvo Petrolio, il quale stava litigando con
un suo
simile, che reggeva un oggetto tondo tra le zampe; Petrolio fu
così insistente nel
becchettare il rivale che quello mollò la presa, facendo
cadere l’oggetto a
terra: a quel punto la zuffa tra i pennuti degenerò in una
nuvola di piume e
penne nere. Petrolio fu colpito da un paio di corvi e perse quota,
precipitando
verso il Platano Picchiatore.
“Oh, per
Godric!” esclamò Oleander e corse verso
l’albero, che già piegava i rami, pronto a colpire
il suo animale. “FERMO!” intimò
lei e la pianta si immobilizzò un istante, dandole il tempo
di afferrare al
volo Petrolio. Oleander si allontanò velocemente dal Platano
e lo posò a terra
il suo piccolo amico: l’animale era vivo, ma aveva diversi
graffi sanguinanti.
“Devo portarlo subito da Hagrid.” la maga lo
avvolse nella corta mantellina che
portava sulle spalle e si avviò di corsa verso la capanna
del mezzogigante,
seguita dai due studenti di Corvonero.
“E’
stupefacente! – gridò Luna tutta eccitata
– Non
avrei mai pensato di vederne una di persona, mai in tutta la mia
vita.”
“Non capisco cosa ci sia
di così straordinario in una
zuffa tra corvi, Luna: qui ad Hogwarts se ne vedono decine.”
disse Terry.
“Non mi sto riferendo a
quello, ma a lei. – e indicò
Oleander – La professoressa è una Florimagus, per
questo il Platano picchiatore
l'ha ascoltata e si è fermato! Professoressa, in che pianta
è in grado di
trasformarsi? E' vero che se la trasformazione non viene sciolta dopo
un'ora
diventa permanente? Anche il Platano Picchiatore è un
Florimagus? Deve
assolutamente concedere un’intervista a mio padre per Il
Cavillo.”
“Signorina Lovegood, in
questo momento non ho proprio
tempo di darle retta!” le rispose brusca la maga, agitata per
le condizioni del
suo corvo. Ci mancava solo che i Lovegood...
Bussò con forza alla
porta della capanna e subito
Hagrid venne ad aprire: esaminò velocemente
l’animale e iniziò a tamponare i
graffi, con una delicatezza che nessuno si sarebbe aspettato da quelle
mani
grosse come badili. Petrolio, che di solito beccava a sangue chiunque
non fosse
Oleander, lo lasciava fare.
“Guarirà
presto, non ti devi preoccupare. Però ci dovresti
insegnare al tuo corvo a stare più tranquillo,
ecco.”
“Sapete? Si dice che gli
animali assimilano il
carattere del loro proprietario.” disse Luna in tutta calma.
Terry le allungò
una gomitata nelle costole, ma Luna gli rimandò uno sguardo
vacuo e non
comprese il perchè del suo gesto.
“Sei stata fortunata a
trovarmi, sì. – proseguì
Hagrid, che trattenne a stento una risatina di fronte allo sguardo di
disappunto di Oleander – Stavo andando in guferia a spedirci
un pacco a
Wilhelmina Caporal: ci servono dei semi di ruta per degli allocchi
malati.”
“Non preoccuparti, vado
io.” rispose la maga, affidando
il suo corvo al mezzogigante, tranquillizzata dal saperlo in buone
mani; prese
il pacco ed uscì. Luna non smetteva di fissarla con
curiosità, ma Oleander era
più interessata all’oggetto che Terry Steeval
stringeva in mano: era quello
caduto all’altro corvo che litigava con Petrolio, un disco di
metallo bronzeo
che presentava un lato coperto da un vetro scuro, mentre l'altro lato
portava
incisi strani glifi alla rinfusa “Sembra un rompicapo. Posso
provare a
risolverlo? Vado matto per queste cose.” disse il ragazzo.
“Quello non è
un rompicapo, è un Osservino, serve per
controllare il Covo segreto di Priscilla Corvonero, il luogo dove
è nascosta la
sua eredità.” si intromise Luna.
Il suo compagno di casa, seppur
avvezzo alle sue
stramberie, roteò gli occhi “Cosa?”
“Lo stavano dicendo i
corvi, prima di iniziare ad
azzuffarsi.”
“Tu capisci il loro
linguaggio?” chiese Terry, ancor
più scettico.
“Certo che sì:
c’è chi parla il serpentese, io parlo
il corvese, cosa c'è di strano?” Alla ragazza non
sfuggì lo sguardo di
incredulità che passò tra Oleander ed il suo
compagno di Casa. “E’ la verità
–
insistette, mentre i tre salivano le scale che portano in guferia
– anzi, ti
dirò di più: quegli altri corvi erano i guardiani
del Covo e Petrolio li stava
rimproverando perché la scorsa notte hanno permesso a un
ladro di
saccheggiarlo.”
“E magari gli hanno anche
fatto l’identikit.” mormorò
Oleander.
“I corvi dicono che
è stato Mundungus Fletcher: se vi
ricordate il Cavillo aveva scritto che era riuscito a scoprire
l’ubicazione del
Covo di Priscilla, approfittandosi della madre di Marietta.
Evidentemente ora è
riuscito a superare tutte le barriere magiche di quel posto.”
“L'immaginazione non le
manca di certo, nel mondo
babbano sfonderebbe come autrice di fantasy.” riflettè la maga. Stava
per aprire la porta della guferia, quando udì
due voci concitate all’interno ed esitò un istante.
“Ti prego
Daphne!” Era Astoria Greengrass.
“Tu sei matta, sei
completamente matta. Devi
togliertelo dalla testa una volta per tutte. Non hai già
causato abbastanza
guai alla nostra famiglia? Un mese di punizione non ti è
bastato?”
“No!” le
rispose Astoria in tono ribelle.
“Stasera
scriverò alla mamma, ti farò ritirare da
scuola, se necessario.”
“Ti odio!”
“Proprio non capisci?
– disse Daphne esasperata – Lo
faccio per te, non so più come dirtelo. A chi volevi
scrivere questa volta?
Fammi vedere.”
“No.”
“Astoria, dammi quella
lettera.”
“Mai!”
Daphne pronunciò un
incantesimo per incendiare la
lettera. Seguì un gran trambusto e a quel punto Oleander
aprì la porta,
trovando le due sorelle riverse sul pavimento che lottavano, incuranti
del
guano e dei resti dei pasti dei rapaci. Alla vista della professoressa
si
immobilizzarono.
“Ma cosa diavolo
c’è oggi nell’aria, che siete tutti a
litigare?” chiese Oleander.
“Potrebbero essere
Gorgosprizzi. Oh no, ho fatto male
a lasciare gli spettrocoli nel dormitorio.” disse Luna,
ignorata da tutti.
Steeval aveva deciso di restar fuori da quella litigata tutta al
femminile e se
ne stava seduto sui gradini, tutto preso dal rompicapo.
La maga dai capelli viola
richiamò un gufo e gli
affidò il pacchetto di Hagrid, poi si voltò per
andarsene.
“No-non ci toglie punti?
Non ci rimprovera nemmeno?”
chiese Daphne incredula, ripulendo velocemente lei e la sorella con un
Gratta e
Netta. Che razza di professoressa era mai quella? La McGranitt
avrebbe fatto
la pelle ad entrambe.
Oleander si voltò verso
di loro “Non vedo perché dovrei:
io ho visto solo una lite tra due sorelle, che con i punti delle Case
non
centra nulla. Però, Astoria, se mi permetti di darti un
consiglio, tua sorella
ha ragione: a giocare con il fuoco si finisce per bruciarsi e a te
è già andata
bene una volta.”
“Io sono innamorata di
Draco – la ragazza le piantò in
viso i suoi occhi azzurri, carichi di sfida, ma prossimi alle lacrime
– e voi
non capite niente!”
“Astoria!” la
rimproverò Daphne.
In realtà Oleander
riusciva a capire benissimo ciò che
provava la piccola Greengrass: l’amore rende folli e in quel
momento la ragazza
avrebbe fatto qualsiasi cosa, avrebbe stretto qualsiasi patto o voto
per Draco
Malfoy, d’istinto e senza prendere in considerazione le
conseguenze. “Il primo
amore è come un uragano, Astoria Greengrass, è
impossibile non restarne
travolti, perciò da un lato ti capisco. Purtroppo
però ti toglie la ragione e
questo è un male, perché ti porta a compiere
gesti sconsiderati.”
“Non mi
importa.” ribattè la ragazza, ora però
più
calma.
“Sì, capisco
benissimo anche questo. Ed è per questo
che tua sorella e la tua famiglia si stanno affannando a tenerti
lontana dai
guai; ora li odi, ma un giorno li ringrazierai.”
Astoria scosse il capo
testardamente, ma prima che la
sorella potesse rimproverarla di nuovo, Steeval chiamò Luna
ed Oleander dalle
scale “Ce l’ho fatta, ho capito come funziona
questo affare.” Il ragazzo era
riuscito a riordinare i glifi sul retro del disco con grande
facilità,
trasformandoli in un alfabeto. Toccò le lettere con la
bacchetta, fino a
comporre la parola “Mostra” e il vetro sul davanti
dell'Osservino iniziò a
schiarirsi, mostrando delle immagini.
Si vedeva una piccola casa di
campagna, poco più di un
podere, all'imbrunire: in piedi davanti ad essa stava Mundungus
Fletcher;
Oleander l’aveva incrociato poche volte un paio d'anni prima,
ma era certa che
fosse lui. Sorpresa, alzò lo sguardo verso Luna: allora la
studentessa di
Corvonero parlava sul serio il linguaggio dei corvi?
Si vedeva Fletcher schiantare uno
stormo di corvi
inferociti e poi recitare una serie di formule magiche, agitando la
bacchetta furiosamente,
come un direttore d'orchestra invasato e d’un tratto il
portone della casetta
si dissolse. Sollevando le braccia in aria in segno di giubilo il mago
penetrò
al suo interno, uscendo dopo un bel po’ con un grosso sacco
sulle spalle.
Tutto si era svolto esattamente
come aveva detto Luna.
Terry si voltò verso la
sua compagna di Casa
"Esiste davvero? Il Covo di Priscilla Corvonero esiste davvero? Io
pensavo
fosse solo una leggenda."
"Beh, le mie scuse, Luna Lovegood."
aggiunse
Oleander, impressionata.
"Oh, non c'è problema,
sono abituata a non essere
mai creduta."
"Quindi quello è il
luogo dove la fondatrice
della vostra Casa nascondeva la sua eredità?"
"Precisamente."
Nel
frattempo
anche Astoria e Daphne si erano avvicinate, incuriosite da quella
faccenda e
dimentiche della loro lite.
"Aspettate, non è
finito." disse Terry.
L'immagine scomparve dal disco, inghiottita da una nebbia densa, che
poi si
diradò, mostrando nuovamente la casetta, di notte. Comparve
nell'inquadratura un
gruppo di cinque figure incappucciate, avvolte in lunghi mantelli neri;
illuminate da uno spicchio di luna, le maschere sui loro volti
brillavano
sinistre. Mangiamorte.
Gli spettatori trattennero il fiato
per un istante,
mentre le figure incappucciate entravano in casa; ne uscirono dopo poco
tempo,
visibilmente infuriati. Uno di loro si chinò a terra,
indicando qualcosa ai
compagni, probabilmente delle tracce: chissà se cercavano
proprio il piccolo
truffatore o solo qualcosa che c'era in casa? Ad ogni modo ora di
sicuro si
sarebbero messi sulle tracce: Dung era nei guai, ignaro del fatto che
gli
stessero dando la caccia.
"Cosa sta succedendo? Chi
è quell'uomo che
inseguivano i Mangiamorte?" chiese Astoria.
"Mundungus Fletcher. E' evaso
recentemente da
Azkaban assieme alla madre di Marietta Edgecombe, che faceva parte
della
Società segreta che doveva proteggere i gioielli di
Priscilla Corvonero.
Dovreste davvero leggere Il Cavillo, tutti quanti." le rispose Luna.
"Probabilmente ad Azkaban la Edgecombe
ha promesso di
dirgli ciò che sapeva se lui l'avesse aiutata a fuggire; a
un poco di buono
come Dung quei gioielli non potevano che far gola e non si è
lasciato sfuggire
l'occasione di arraffare un bottino prezioso." ipotizzò
Oleander.
"Peccato non avere idea di dove sia
andato."
sospirò Luna.
"Proviamo a riguardare la scena,
magari ci è
sfuggito qualcosa." suggerì Terry. I cinque si disposero a
cerchio attorno
all'Osservino e quando si vide Fletcher uscire dalla casa, Daphne
puntò il dito
"Guardate, gli cade qualcosa dalla tasca." Per alcuni secondi si
vedeva un piccolo oggetto bianco volteggiare nell'aria e posarsi a
terra.
"Com'è piccolo! -
Oleander strizzò gli occhi -
C'è modo di ingrandirlo?"
Terry manovrò nuovamente
con le lettere sul retro del
disco e poi tornarono ad osservare l'immagine: l'oggetto perso da
Fletcher era
un semplice rettangolo di cartoncino bianco, attraversato in diagonale
da una
linea a zig-zag nera che ricordava dei gradini stilizzati.
"Per tutti gli spiriti, Il
Sottoscala!"
esclamò Oleander in italiano, mentre i ragazzi alzavano lo
sguardo verso di
lei, incuriositi. "E' un negozio magico di Milano - spiegò -
ed è
specializzato nel... non fare troppe domande sulla provenienza della
merce che
la gente lascia lì in conto vendita, mettiamola
così. Avete presente Magie
Sinister? Ecco, una cosa del genere."
"Lei pensa che questo Fletcher
voglia rivendere
lì i gioielli di Corvonero? Ma perchè andare
così lontano?" chiese Terry.
"Quei gioielli sono molto
conosciuti qui in
Inghilterra, è merce che scotta e difficilmente troverebbe
un compratore, ma
all'estero gli sarebbe più facile. Sì, senza
dubbio si è recato a Milano."
Oleander valutò il da farsi: avendo assistito ad un furto,
la cosa più ovvia da
fare era avvisare gli Auror e lasciare che se ne occupassero loro. E
poi, per
quanto Dung fosse un disgraziato, nessuno meritava di venir assalito
dai
Mangiamorte. Però c'era un problema: gli Auror sarebbero
stati costretti a
passare per i canali ufficiali e chiedere un permesso speciale per
agire sul
suolo italiano. Ed il Ministero della Magia del suo Paese non brillava
certo
per celerità ed efficienza: nel momento in cui si fosse
deciso, Dung rischiava
di trovarsi già sottoterra. Meditò se muoversi da
sola per intercettare quel
disgraziato al Sottoscala ed avvisarlo che quei gioielli facevano gola
anche ai
servitori di Voldemort. "Credo che andrò a Milano."
Fece per scendere le scale, ma
Astoria strappò il
disco dalle mani di Terry e le se si parò davanti.
"Astoria, fa' passare la
professoressa."
intimò la sorella maggiore.
"La prego, mi porti con lei." la
supplicò
Astoria.
"Eh? Non se ne parla proprio.
Perchè dovrei fare
una cosa del genere?" disse Oleander.
"Guardi, guardi qua, - le
indicò il gruppo di
cinque Mangiamorte - vede quello in fondo?"
"A malapena, è quasi
completamente coperto dagli
altri."
"E basso, vero? E' molto
più basso degli altri
quattro. Come un ragazzo. E se... e se fosse Draco?"
"Cosa te lo fa pensare? Non si vede
praticamente nulla."
"Ma potrebbe essere lui!"
insistette la
ragazza, sconvolta.
"Astoria
è retta solo dalla forza della sua disperazione." pensò Oleander, infatti
la ragazza, in lacrime, si
aggrappò alle braccia della donna "Mi porti con lei, la
scongiuro! Se è
Draco, io posso parlarci e convincerlo a costituirsi al Ministero,
posso
salvarlo, so che posso farlo!"
"No,
nel
modo più categorico, no!"
Oleander sapeva che era questo che doveva dire ad Astoria, ma nella sua
mente
si insinuò un altro pensiero "E se
uno di quei cinque incappucciati fosse Severus, cosa faresti?"
L'idea di
rivederlo, di poterlo toccare, di stringersi a lui dopo tutti quei mesi
la
travolse in modo così intenso da essere quasi dolorosa e
provocarle le
vertigini. D'un tratto il bisogno di partire si fece urgente ed
insopprimibile.
"Se potessi rivedere Severus, ti
comporteresti esattamente come questa ragazza, lo sai benissimo."
Pertanto quello che le uscì dalla bocca fu solo un flebile
"Ma è troppo
pericoloso..." che era come darla vinta.
Alle sue spalle Luna e Terry si
scambiarono uno
sguardo di intesa e dissero "Veniamo anche noi!"
"Cosa? No! L'unico posto dove
andrete sono i
vostri dormitori."
Astoria si aggrappò
ancora più saldamente alla sua
camicetta "La prego, se è lui potrebbe essere l'unica
occasione che ho di
rivederlo."
"Non deve preoccuparsi per noi -
disse Luna con
aria sognante - io ho partecipato alla Battaglia la Ministero
ed ero più
piccola di adesso."
"E per noi Corvonero recuperare il
tesoro della
fondatrice della nostra Casa è un dovere morale." disse
Terry con un
sorriso furbo.
Oleander cercò un
sostegno in Daphne, ma la maggiore
delle Greengrass era rimasta molto colpita dalla tristezza della
sorella
"Se mia sorella viene, vengo anch'io."
"Oh - Oleander si premette le dita
contro le
tempie - oh diamine, devo essere completamente impazzita! Ragazzi, vi
prego,
non fatemi pentire più di quanto non sia già
pentita." Ed il gruppetto
scese dalla Guferia. Ai piedi della torre incontrarono Viktor Krum, di
pattuglia al castello quel giorno "Io visto voi lassù,
rimasti per tanto
tempo, perkè?"
Oleander lo squadrò con
occhio critico: robusto e
abile in difesa con le arti oscure "Krum, vieni anche tu con noi, ti
spiego strada facendo."
Si smaterializzarono fuori dai
cancelli della scuola e
ricomparvero nel negozio di Oleander in Diagon Alley, il cui camino
comunicava
direttamente con il suo vecchio appartamento di Milano. "Spero che
nessuno
di voi abbia appena mangiato, perchè il viaggio è
lungo."
Dopo un po' emerse dal suo vecchio
caminetto nel
salotto e si scrollò la polvere volante dai vestiti. Alla
fine si era rivelata
una fortuna non essere ancora riuscita a vendere l'appartamento.
L'aveva messo
in vendita l'anno prima, ma poichè si trovava in un
condominio di soli babbani,
nessun mago si era mostrato interessato: probabilmente l'unico che lo
avrebbe
trovato di suo gusto era Arthur Weasley, se solo avesse avuto i soldi
necessari. Di cederlo ad un babbano non se ne parlava proprio: nel
corso degli
anni aveva dotato quel bilocale di tanti di quegli incantesimi
anti-intrusione e
blocca-babbani che non se li ricordava più e non le andava
di ritrovarsi sotto
processo perchè qualcuno era finito arrotolato in una
veneziana o
schiaffeggiato da un tappeto.
"Vedete di non comportarvi in modo
troppo
maghesco - raccomandò ai ragazzi - sono l'unica strega che
abita in questo
palazzo."
"Ci sono dei babbani?"
esclamò Daphne,
disgustata.
"Nessuno ti ha costretto a venire,
anzi... - le
ricordò Oleander - ora cerco di scoprire se Dung
è già qui." e si diresse
in bagno, dove compì una strana manovra: afferrò
il miscelatore del lavandino,
gli fece compiere tre giri completi in senso orario e mezzo giro in
senso
antiorario. Dal rubinetto si staccò una bolla iridescente
che precipitò nello
scarico con un trillo vivace. Dopo alcuni secondi una voce maschile
risalì
dalle tubature "Chi è?"
"Sono io, Oleander Silvestre."
"Silvestre? Quanto tempo! Dov'eri
sparita?"
"Scusa, ma oggi sono di fretta e
non ho tempo per
i convenevoli: mi serve un'informazione."
"Io non so nulla, ho bevuto per
sbaglio una
pozione che cancella la memoria. Mi servirebbero parecchi galeoni per
farmi
curare a dovere, sai?"
"Ottavio Pigliapoco - la maga
assunse un tono
battagliero - con tutti i favori che mi devi non puoi permetterti
questi
giochetti con me, altrimenti..."
"Uh, va bene, va bene, non ti
scaldare. Noto che
hai sempre lo stesso caratteraccio. Cosa vuoi sapere?"
"Sai se uno straniero, un inglese
per la
precisione, se n'è andato in giro a chiedere del Sottoscala?"
Il silenzio che provenne dalle
condutture le
raccontava molte cose "Pigliapoco, in realtà gli stranieri
che hanno
chiesto informazioni erano più di uno, vero? E alcuni erano
quel genere di
persone che non vorresti mai incontrare in un vicolo buio. Coraggio, mi
basta
un sì."
"Sì" disse
precipitosamente l'altro, poi la
bolla risalì lo scarico e scoppiò. "Ha chiuso la
comunicazione. Speriamo
di essere in tempo." Tradusse per i ragazzi la conversazione e poi
uscirono.
Per raggiungere Il Sottoscala
dovettero scendere nella
metropolitana; Oleander temeva che qualche babbano si insospettisse,
notando il
loro abbigliamento fuori dal comune. Se lei era vestita in modo
abbastanza anonimo,
con un paio di pantaloni di velluto neri, una camicetta ed una blusa,
altrettanto non poteva dirsi per i ragazzi: Krum pareva uscito da un
cosplay
medioevale e gli altri da un esclusivo college per aristocratici.
Ma si era dimenticata che i babbani
potevano essere
ben più eccentrici di un mago in fatto di abbigliamento, e
non solo: la
stazione della metropolitana pullulava di gente che smanacciava
frenetica sul
cellulare e non si sarebbe accorta nemmeno di un incendio, di persone
che
ascoltavano strana musica sparata a tutto volume, molto più
simile ad un
processo digestivo che ad una melodia, di ragazzi coperti da felpe
enormi e
pantaloni di tre taglie più larghi, che non si capiva bene
come facessero a non
scivolare giù, di punk dalle acconciature psichedeliche e
ricoperti da tanti di
quei piercing da diventare un pericolo durante i temporali e di donne
che
zampettavano su tacchi vertiginosamente alti. "Mi sono sempre chiesta
anch'io come facciano a restare in equilibrio su quei trampoli senza
l'ausilio
di un incantesimo." disse Oleander, che aveva intercettato lo sguardo
sbigottito di Daphne.
Una volta arrivati sulla banchina,
la maga dai capelli
violetti si appoggiò alla porta di un locale tecnico, sul
quale campeggiava un
cartello che vietava l'accesso al pubblico, fece scorrere la bacchetta
nella
serratura e la porta si aprì, rivelando un camminamento
illuminato da lanterne
ad olio. Sulla parete era affisso un cartello di indicazioni: a
sinistra per il
distaccamento del Nord Italia del Ministero della Magia (Ufficio
passaporte,
scope e metropolvere, Ufficio rapporti interni dei distaccamenti;
Sportello
anagrafe magica; Dipartimento rapporti con le creature magiche) a
destra per
Corso Celato.
Il gruppo imboccò
quest'ultima direzione, scese
diverse rampe di scale fino a trovarsi di fronte ad un'anonima
porticina di
ferro, oltre la quale si trovava la Diagon Alley
di Milano, Corso Celato. I babbani
nel corso degli secoli avevano progressivamente ricoperto di cemento e
asfalto
il canale che attraversa la città e i maghi si erano
appropriati di quelle zone
sottoterra, trasformandole in bellissimi viali. Sulla volta di
copertura
dell'ampia galleria una magia creava l'effetto del cielo, ora luminoso
e
sereno, percorso da rare nuvole bianche. Molti barconi carichi di merci
o di
passeggeri solcavano le placide acque del Naviglio, maghi e streghe
camminavano
lungo il viale alberato che lo costeggiava da ambo i lati o sedevano ai
tavolini dei bar e delle trattorie, lungo le pareti della galleria si
affacciavano le più svariate attività
commerciali. Passarono accanto a "Il Libercolo:
romanzi, fiabe, saggi e i
libri di testo richiesti dall'Istituto Mediolanensis", "Guscio
di tartaruga: animali da
compagnia e non, volatili portalettere", "Il
mago dello sport: selle e finimenti per ippogrifi,
abbigliamento
in pelle di drago, accessori per il Quidditch, manici di scopa" e ad
una
filiale della Gringott Bank. Oleander rallentò per osservare
una mattonella
sulla parete con su scritto A4 "Siamo ancora un po' lontani, il
Sottoscala
si trova in un altro settore."
Man mano che avanzavano lungo il
corso, l'atmosfera
cambiava: meno gente per strada, molti negozi chiusi o abbandonati, e
anche
l'incantesimo sul soffitto non era più così
brillante, tanto che a un certo
punto dovettero accendere le punte delle loro bacchette. I settori dal
C1 in
poi erano del tutto abbandonati, un ammasso indistinto di mobilia in
pezzi e
rifiuti "Sono anni che il Ministero Italiano promette di riqualificare
questa zona - borbottò Oleander - se avessi uno zellino per
ogni volta che
l'hanno detto... lasciamo perdere. Ci siamo quasi." disse ai ragazzi
sottovoce. Si sporse oltre l'angolo del corso, che sbucava in una
piazza
ingombra di materie e calcinacci; all'estremità opposta un
mago tarchiato che
portava con sè un sacco di iuta bussava ad una porta chiusa.
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Capitolo 17 *** 16. Il bracciale di Corvonero, parte 2 ***
CAPITOLO 16:
IL BRACCIALE DI CORVONERO
- parte
seconda -
"Dubito ci sia qualcuno, Mundungus:
si sono
diffuse brutte voci nell'ambiente e il proprietario del Sottoscala
sarà già
partito per una lunga vacanza." disse Oleander, andandogli incontro a
bacchetta spianata. Fletcher sussultò per lo spavento,
appiattendosi contro il
muro "Oh, studenti di Hogwarts - fece una risatina nervosa - siete qui
in
gita scolastica?"
"No, siamo qui per riprendere i
gioielli di
Priscilla Corvonero che tu hai rubato. - disse Terry, facendosi avanti
-
Ridacceli!"
Il truffatore si tirò
vicino il sacco "Non so di
cosa state parlando, qui ci sono solo ehm... delle cose che... uh... ho
ereditato da una prozia."
"Abbiamo le prove che non
è così, Dung: faresti
davvero meglio a consegnarci quel sacco, perchè
c'è altra gente che ti sta
cercando, decisamente meno amichevole di noi."
"Su questo ci può
scommettere, signorina."
Tutti si voltarono al suono di quella voce: da un'altra strada che
confluiva
nella piazza sbucarono i cinque Mangiamorte. Quello che aveva parlato,
il più
basso del gruppo, si sfilò la maschera: non assomigliava
nemmeno lontanamente a
Draco Malfoy, si trattava di Peter Minus e nessuno degli altri quattro
era
Severus. Mundungus lasciò immediatamente la presa sul sacco
e si smaterializzò alla
velocità di un lampo.
"Ragazzi, al riparo, presto!"
urlò Oleander
e si tuffò dietro a una montagnola di calcinacci, evitando
d'un soffio uno
schiantesimo. Anche i ragazzi di Hogwarts trovarono riparo e risposero
immediatamente agli attacchi degli uomini mascherati, Krum
schiantò senza tanti
complimenti uno di loro che si era sporto troppo dal suo riparo e
Daphne, con
un fenomenale incantesimo scudo protesse la sorella da un incantesimo,
che
rimbalzò sul soffitto, dal quale si staccarono alcuni
blocchi di pietra. In
mezzo a tutta quella confusione, Oleander vide che Minus cercava di
avvicinarsi
al sacco abbandonato da Mundungus: quindi i Mangiamorte cercavano
proprio
quello e non il mago truffatore. Ma perchè mai si
interessavano a dei gioielli?
Che se ne facevano? A meno che... "In
nome di Zoroastro, e se ci fosse un horcrux là in mezzo?"
La donna
cercò di tenere il mago lontano dal suo obiettivo, ma Minus
puntò la bacchetta
sul soffitto e gridò "Descendo!" per schiacciarla con alcuni
blocchi
di cemento. Oleander li distrusse, ma la piazza venne invasa dalla
polvere dei
calcinacci, inoltre le vibrazioni ed i numerosi incantesimi lanciati da
entrambe le parti fecero crollare un grosso tratto della galleria, che
divise i
due gruppi avversari, ma isolò anche Oleander dai ragazzi.
"State tutti
bene?"
"Sì - le rispose Luna da
dietro le macerie - e
lei?"
"Anch'io! Cercate di scavarvi una
via d'uscita in
direzione della mia voce e poi seguite le pietre verdi posizionate sul
muro: vi
condurranno all'aperto."
Nel frattempo Minus era riuscito a
raggiungere il
sacco dei gioielli e, con la mano metallica donatagli da Voldemort, ne
estrasse
trionfante un bracciale di diamanti rosa. "Dove pensi di andare?"
Oleander gli indirizzò un incantesimo.
"Ho un asso nella manica,
signorina. Addio."
In men che non si dica si trasformò in topo e, con il
bracciale stretto in una
zampina, sgusciò tra le pietre.
"Ce l'ho anch'io. - si
alzò, stirandosi e facendo
scrocchiare le ossa - Speriamo di riuscirci, sono anni che non lo
faccio e sono
parecchio fuori allenamento."
Poco dopo una pianta d'edera
strisciava agilmente
negli spazi tra i calcinacci e raggiunse l'esterno: il passaggio usciva
all'aperto nei Giardini Pubblici, alla base di una grossa roccia
decorativa.
Sciolse la trasformazione da Florimagus e si guardò intorno
alla ricerca di
Minus. Nel frattempo si era messo a diluviare e in un attimo si
ritrovò
fradicia fino al midollo. Anche Minus aveva riacquistato aspetto umano
e
correva verso l'uscita, Oleander si lanciò al suo
inseguimento, ma scivolò
sull'erba bagnata e la bacchetta le sfuggì di mano,
rotolando via. Vista la sua
inseguitrice disarmata, Minus valutò che non era
più pericolosa e tornò sui
suoi passi con fare baldanzoso, fermandosi sotto un'imponente quercia
per
ripararsi dalla pioggia battente "Bene, bene, chi abbiamo qua? Una
giovane
Auror pronta ad immolarsi per la causa? Non ho mai visto la tua faccia.
Oh beh,
poco importa, ora. - la canzonò con uno sgradevole sorriso,
che metteva in mostra
i suoi denti da roditore. - Vorrei dirti 'Ritenta, sarai più
fortunata', ma non
ci sarà una seconda occasione per te." proseguì,
sollevando la bacchetta,
mentre con la mano metallica che stringeva il bracciale di Corvonero
scacciava
via una vespa.
Oleander cercò la sua
bacchetta con lo sguardo carico
di paura: era ruzzolata almeno un paio di metri più in
là e lei probabilmente
nella caduta si era slogata una caviglia, a giudicare dal dolore
pulsante, non
aveva alcuna speranza di fare un balzo e raggiungerla. E poi quelle
manovre
riuscivano solo nei film.
Minus agitò nuovamente
il braccio, per allontanare
altre due vespe moleste che insistevano a ronzargli attorno alla testa.
La maga con gli occhiali
seguì il volo degli insetti
ed ebbe un sussulto: appeso a un ramo giusto sopra la testa del
Mangiamorte
c'era un nido di vespe delle dimensioni di un cocomero, brulicante di
insetti
che si andavano riparando dalla pioggia. Tastò il terreno e
con la mano
sinistra toccò un sasso, grosso come un pugno.
"Un ultimo desiderio?"
scherzò ancora Minus.
"A dire il vero sì."
Oleander chiuse le dita
attorno alla pietra e si concentrò: era la sua unica
possibilità e non poteva
sbagliare. "Va' all'inferno."
"Dopo di te, signorina. A..."
Prima che Minus riuscisse a
pronunciare l'anatema che
uccide, Oleander scagliò il sasso sopra la sua testa, Minus
si chinò
istintivamente, ma il sasso passo ben al di sopra del suo capo
"Mancato."
"Centro perfetto."
ribattè la donna. La
pietra colpì in pieno il nido grigio, che si
staccò dal ramo e cadde giusto in
testa all'uomo che aveva tradito James e Lily, spaccandosi. Migliaia di
vespe
inferocite ne uscirono e punsero il mago senza pietà che, in
preda ad un
terrore assoluto, abbandonò horcrux e bacchetta e corse via
schiaffeggiandosi
la testa. Accecato da alcune vespe che lo avevano punto sulle palpebre
e poco
avvezzo al traffico di una città babbana, si
gettò in mezzo alla strada e fu
centrato in pieno da un grosso camion, che non riuscì a
frenare (e in seguito
numerosi testimoni dissero che l'autista non avrebbe potuto far nulla
per
evitare quel pazzo che era sbucato dal nulla correndo all'impazzata).
Minus
venne sbalzato diversi metri più in là e cadde
pesantemente sull'asfalto,
morendo sul colpo.
Oleander si rimise in piedi a
fatica, tremava sia per
la pioggia gelida, sia per il pericolo corso. Recuperò la
sua bacchetta e
squadrò il bracciale di diamanti, che giaceva inerte
sull'erba. Visto così
sembrava del tutto innocuo, ma Voldemort non avrebbe di certo scomodato
cinque
Mangiamorte per un gioiello qualsiasi. Quello era sicuramente un
horcrux e
quindi andava distrutto, ma doveva usare la massima prudenza: gli altri
horcrux
erano protetti da delle maledizioni e probabilmente il bracciale non
era da
meno.
Si guardò attorno: a
causa di quell'acquazzone torrenziale,
i Giardini erano deserti, nessun clochard, nessuna mamma con pupo in
carrozzina, nemmeno un fanatico del jogging. Era il momento ideale.
Si riparò dietro la
roccia da cui era sbucata e agitò
la bacchetta in direzione dell'horcrux "Bombarda!" Il bracciale
saettò verso l'alto e ricadde al suolo, intatto.
"Sembra che occorra qualcosa di
più
incisivo..." Ma non si fidava ad usare qualche pericoloso incantesimo
oscuro, come l'Ardemonio, sia perchè non era certa di essere
in grado di
padroneggiarlo, sia perchè poteva essere troppo pericoloso
per se stessa e per
gli ignari babbani della sua città.
"Se solo potessi aumentare la forza
dell'incantesimo." E poi notò la bacchetta abbandonata da
Minus.
"Accio!" Castagno e cuore di drago, poco più di nove pollici
e troppo
flessibile "Se il convento non passa di meglio... Bombarda maxima!"
Oleander puntò entrambe le bacchette contro l'horcrux:
inizialmente non accadde
nulla, ma poi dal bracciale si generarono delle fiamme viola elettrico
e
all'improvviso il gioiello di Corvonero esplose in un'accecante palla
di fuoco;
Oleander dovette aggrapparsi saldamente alla roccia, per non essere
spazzata
via dal violento spostamento d'aria. Attese qualche istante e poi
sbirciò
furtivamente da dietro il suo riparo: il bracciale era sparito e con
esso la
quercia secolare lì vicino: al loro posto c'era un cratere
annerito e fumante
del diametro di un paio di metri.
"Signora! Signora, sta bene?" un
vigile
corse verso di lei.
"Sì, grazie, sto
benissimo."
"Ha visto quella luce?
Cos'è stato?"
"Un fulmine - asserì
Oleander con sicurezza - non
può essere stato altro che un fulmine."
"Eh già.
Però, che roba... un momento: ma non
c'era una grossa pianta, qui?"
"Mi perdoni, ma credo che
laggiù ci sia stato un
incidente, o qualcosa del genere." disse lei, per sviare l'attenzione
del
babbano ed indicò la strada fuori dai cancelli dei Giardini,
dove un crocchio
di persone si andava formando attorno al defunto Peter Minus. Il vigile
corse
via, dimentico del cratere annerito e dell'eventuale pianta mancante.
Dopo qualche minuto, da un bagno
chimico nel mezzo del
parco (guasto - secondo il cartello che c'era appeso alla porta)
sbucarono Krum
e gli studenti di Hogwarts, che erano riusciti a guadagnare l'uscita.
Daphne
trovò addirittura il tempo di essere polemica "Che schifo di
uscita! Un
bagno! Il Ministro della magia di questo Paese è senza
cervello."
"Professoressa, siamo qui. E
guardi, abbiamo
recuperato i gioielli di Priscilla Corvonero." disse Steeval.
"State bene?" chiese la donna in
apprensione,
tastando i ragazzi in cerca di ferite. "Accidenti, dobbiamo portare
Krum
in ospedale." Oleander si avvicinò al giovane mago bulgaro,
che era stato
colpito dalla fattura di un Mangiamorte e aveva una vistosa piaga
sanguinante
sul braccio. "Non serve, io sto bene." disse in tono sbrigativo, ma
accettò di buon grado il mantello che Luna gli
offrì per fasciarsi
temporaneamente la ferita. "In ospedale ci andiamo eccome, Viktor,
tanto
più che anch'io ho una caviglia che mi fa un male cane." ed
il gruppo si avviò
sotto la pioggia che non aveva smesso di cadere.
Astoria era molto abbattuta: si era
aggrappata ad una
speranza folle e debolissima ed aveva trascinato sua sorella in mezzo
ad una
situazione pericolosa; teneva gli occhi fissi a terra, non osava
guardare Daphne,
che temeva fosse in collera con lei, ma quando restò troppo
indietro, la
maggiore delle sorelle Greengras rallentò il passo e la
prese per mano, senza
dire una parola: sapeva bene che per Astoria il non aver incontrato il
ragazzo
che amava era la punizione peggiore.
"Lo dirai a mamma e
papà?" chiese Astoria,
con voce timorosa.
"Dovrei farlo."
"Lo so."
"Ma d'altronde loro si erano
raccomandati con me
di fare in modo che non ti cacciassi più nei guai. Facciamo
che resta tra di
noi?"
"Come quando da bambine abbiamo
dato la colpa
agli elfi domestici di aver rotto il candeliere del salotto?"
Daphne sorrise ed Astoria le
strinse più forte la
mano.
Luna trotterellava di fianco ad
Oleander "Non ha
usato un incantesimo di scavo per uscire fuori dal sotterraneo."
"Molto acuta, signorina Lovegood."
"Un ingegno smisurato è
per il mago dono grato. -
cantilenò la ragazza - Si è trasformata, vero?
Quando rientriamo ad Hogwarts
posso chiamare mio padre quell'intervista?"
"Luna..."
"Sto tirando troppo la corda?"
"Saggia, oltre che intelligente."
Daphne aveva ripreso la sua verve
polemica "Il
quartiere magico di questa città si trova sottoterra e ha
l'uscita da un bagno
pubblico, l'ospedale dove si trova, in una discarica?"
Oleander si voltò e le
sorrise "Giudicherai tu
stessa."
Li guidò attraverso il
centro storico della città e,
quasi all'inizio di una delle vie che sbucano su Piazza Duomo, si
fermò davanti
al cancello di una piccola chiesa antica, dalla facciata di pietra
grigia, che
sembrava quasi ficcata a forza in mezzo agli alti palazzi moderni che
la
circondavano, cingendola d'assedio. In quella fredda giornata di
pioggia, pochi
turisti entravano ed uscivano dal portone principale.
"Eccoci qua. Santa Maria presso San
Satiro,
nonchè ospedale per le ferite magiche Santa Dorotea." [1]
"L'ospedale è in una
chiesa? Una chiesa
frequentata da babbani?" chiese Terry sgranando gli occhi. Anche Luna,
grande
amante delle bizzarrie, trovava la scelta assurda: in un luogo
così affollato
c'era il forte rischio di venir scoperti.
"A dire il vero questo è
solo l'ingresso per i
visitatori, il pronto soccorso ha un'entrata più discreta da
una viuzza sul
retro e l'ospedale si sviluppa sotto la chiesa, ma c'era qualcosa che
volevo
assolutamente farvi vedere. Ed entrando da qua, se siamo fortunati,
forse
riusciamo anche a saltare la coda."
"Le pare una cosa corretta?" chiese
Daphne.
"Signorina Greengrass, siamo in
Italia: cercare
di scavalcare una coda è una specie di tradizione da queste
parti."
Invece di entrare dal portone
principale, Oleander si
avvicinò ad una porta più piccola sulla sinistra,
chiusa e sulla quale era
affisso un cartello: "Porta sempre chiusa, utilizzare solo l'ingresso principale."
Un mendicante avvolto in vestiti
sporchi sedeva per
terra, con davanti una scatoletta di latta che conteneva poche
monetine. Alzò
gli occhi ed incrociò lo sguardo con Oleander, che gli
rivolse un cenno del
capo.
"Che schifo." borbottò
la maggiore delle
sorelle Greengrass, girandosi verso il muro.
"Oh, sarebbe lusingato se ti
sentisse parlare
così: quello è un mago obliviatore travestito che
controlla l'ingresso per
prevenire incidenti." Oleander aprì la porta secondaria:
nessun turista
faceva caso a loro, in quel momento erano tutti intenti a fotografare
la
facciata della Chiesa. Appena varcata la soglia, ai ragazzi
sembrò di passare
sotto una cascata di acqua gelida: un potente incantesimo di
disillusione
rendeva invisibile automaticamente chiunque passasse da quella porta;
le luci
tenui all'interno della chiesa aiutavano ulteriormente a celarli alla
vista dei
babbani, mentre la musica di un organo nascondeva le voci. Non che ce
ne fosse
bisogno in quel momento, perchè i ragazzi non proferivano
parola, rapiti dalla
bellezza di quel luogo: all'interno la chiesa sembrava più
grande di quanto non
apparisse da fuori, ma trasmetteva un forte senso di raccoglimento. Il
soffitto
a volta era ricoperto da eleganti stucchi dorati, tuttavia molto sobri
e non
esagerati, una cupola semisferica, anch'essa a cassettoni dorati, si
slanciava
verso il cielo e, oltre l'altare, l'abside pareva estendersi
all'infinito, in
un colonnato che si dilatava nello spazio e catturava l'attenzione di
tutti.
Fu solo quando si trovarono a
ridosso dell'altare che
gli studenti di Hogwarts iniziarono a guardarsi tra loro straniti, e ad
Astoria
girò anche la testa: lo spazio pareva restringersi,
deformarsi ed essere molto
più... corto!
"Ma-ma è una magia?"
bisbigliò la ragazza.
La maga dai capelli viola
annuì "Oh sì, una magia
antica e spettacolare, opera di Bramante, un grande stregone italiano:
questa è
la barriera magica da lui eretta che divide la chiesa dall'ospedale. I
babbani,
bontà loro, credono da sempre che si tratti di un semplice
gioco prospettico e
ne sono talmente convinti che percepiscono questa parete come un muro
solido." Oleander invece stese il braccio, che attraversò la
parete. Oltre
il muro c'era un salone che odorava di pozioni ed erbe medicinali, dove
trovavano posto un grande bancone di legno, delle panchine per i
visitatori in
attesa ed un camino, occupato in quel momento da un mago con la testa
tra le
braci, che stava comunicando con casa sua. A destra un ascensore e a
sinistra
un grosso scalone conducevano ai reparti situati ai piani inferiori.
Oleander si avvicinò
all'addetta dietro il bancone della
reception "Buongiorno, a che piano dobbiamo andare per una ferita da
fattura?"
La donna la guardò di
sbieco "Cerchiamo di fare i
furbi, vero? Dovete entrare dal pronto soccorso sul retro, dove un
medimago
esaminerà la ferita e solo dopo sarete chiamati in reparto."
"Lo so ma, vede, avremmo una certa
fretta."
"Come tutti."
"Il ragazzo sta soffrendo
parecchio." e
indicò il giocatore di Quidditch, che aveva la sua consueta
aria accigliata.
Adocchiato il ferito,
l'atteggiamento della maga
cambio completamente "E'... è Krum? *Quel* Viktor Krum?"
chiese,
arrossendo in modo imbarazzante per la sua età. Sentendo
pronunciare il suo
nome il ragazzo piegò il capo in segno di assenso. "Oh beh,
io immagino
che potremmo... per una volta... sì, mi faccia
controllare... ecco: quinto
piano sotterraneo, chiedete direttamente del dottor Sanguisugo,
è uno dei
migliori. Ma prima - porse una penna d'aquila ed un foglio di carta con
molta
nonchalance - non è che può chiedergli un
autografo? Non è per me, è per mio
figlio, che stravede per il Quidditch."
Mentre aspettava che Krum venisse
medicato e che
qualcuno le esaminasse la caviglia, Oleander ascoltava la radio della
receptionist, che stava trasmettendo l'ultimo successo musicale delle
Bacchette
Elettriche. La stazione interruppe le trasmissioni per una edizione
straordinaria del Gazzettino Fatato: nel settore C di Corso Celato un
gruppo di
quattro maghi aveva causato gravi devastazioni, prima di venir bloccato
da una
dozzina di Auror, accorsi in forza sul posto. Dalle prime informazioni,
pareva
che i malintenzionati fossero addirittura Mangiamorte.
Curati entrambi, il gruppetto
riprese il camino da
casa di Oleander e fece ritorno ad Hogwarts. "Professoressa - chiese
Daphne ansiosa - è proprio necessario raccontare tutto alla
preside?"
"Credimi Daphne, se potessi lo
eviterei, ma devo
dirglielo. La verità è che non avrei dovuto
portarvi con me, è stato sciocco e
pericoloso, ma dubito che la cosa uscirà mai dall'ufficio di
Minerva McGranitt,
se è questo che ti preoccupa."
Luna non si lamentò del
fatto che, in questo modo, la
loro avventura non sarebbe finita in prima pagina sul Cavillo: in quel
momento
era più preoccupata a raccontare a Krum di improbabili
fatture ed il ragazzo la
ascoltava serio ed attento.
"A mia mamma verrebbe un colpo se
sapesse che ho
fatto una cosa del genere. - disse Terry - Bocca cucita anche da questa
parte."
Prima di passare in presidenza,
Oleander andò nella
Torre di Grifondoro a chiamare Harry, Ron ed Hermione.
"Perchè dobbiamo venire
in presidenza con
te?" chiese Ron.
"Perchè ho qualcosa da
raccontare che vi
interesserà parecchio. E perchè forse, in
presenza di testimoni, Minerva non mi
taglierà la testa con un'ascia." concluse, con un sorriso
stentato.
L'ipotesi di andare a far compagnia a Nick-quasi-senza-testa le
sembrava
spiacevolmente concreta.
La preside, infatti, era
decisamente indignata e
furiosa per quel che aveva fatto Oleander: non appena sentì
che aveva portato
con sè degli studenti, due dei quali per giunta minorenni,
sulle tracce di un
truffatore a sua volta braccato da dei Mangiamorte, le fece una
ramanzina coi
fiocchi "Raramente ho assistito ad un comportamento tanto
irresponsabile.
Tu sei una professoressa, tuo compito è quello di proteggere
gli allievi di
questa scuola, non di esporli a pericoli indicibili o incoraggiare le
loro
ossessioni. Se vuoi giocare con la tua vita, sei liberissima di farlo,
ma non
coinvolgere mai più degli studenti." Oleander si fece
piccola piccola
sulla sedia, mentre anche qualche ritratto degli ex presidi la
biasimò
apertamente ed Harry le lanciò un'occhiata di fuoco "Hai
trascinato anche
Luna e Terry, due miei amici, per un capriccio di Astoria Greengrass?"
"So di aver sbagliato..."
iniziò la maga con
gli occhiali, subito interrotta dal ritratto di Phineas Nigellus Black
che
mormorò uno sprezzante "E ci mancherebbe altro."
"... ho sbagliato e mi dispiace. -
proseguì - Ma
quello di Astoria non è un capriccio, è amore. Tu
cosa faresti se Ginny
commettesse un errore, se fosse al posto di Draco? Smetteresti di
amarla? O
piuttosto non faresti di tutto per riaverla al tuo fianco, nonostante
tutto e
tutti?" Dovette interrompersi di nuovo, soverchiata dalle voci
indignate
di Harry e Ron che all'unisono difendevano l'integrità
morale della piccola
Weasley. Hermione alzò gli occhi al cielo e zittì
entrambi con un Silencio
"Perchè voi maschi siete così lenti di
comprendonio? Oleander non sta
dicendo che Ginny è una Mangiamorte, era solo un esempio per
farvi capire che
per la persona amata si farebbe qualsiasi cosa!" E solo quando ebbe un
cenno di assenso da parte di entrambi, sciolse l'incantesimo.
"Se ho portato Astoria con me
è perchè credevo
davvero che potesse davvero convincere Draco a lasciare Voldemort."
"E come?" chiese Harry, la cui voce
grondava
ironica incredulità.
"Mi sento di citare Silente: mai
sottovalutare la
forza dell'amore, Harry. Ad ogni modo non ha importanza, Draco non era
in quel
gruppo; in compenso c'era un'altra tua conoscenza - guardò
il ragazzo dritto
negli occhi - Peter Minus."
E così potè
finire il suo racconto, sino alla
distruzione dell'horcrux. "E c'ero solo io con Minus -
precisò subito,
prima che ad Harry venisse una sincope - nè Luna
nè gli altri hanno visto o
saputo nulla dell'horcrux e dubito fortemente che Dung fosse
consapevole di
star portando a spasso per l'Europa un frammento dell'anima di
Voldemort. Sarà
anche un disgraziato di prima categoria, ma non mi risulta che nutra
tendenze
suicide."
"Quindi ora resta solo Nagini."
disse Harry.
"E, beh, Voldemort vero e proprio."
Già,
piccolo particolare.
Hermione corrugò la
fronte. "Qualcosa non va,
signorina Granger?" chiese Minerva.
"No, no - minimizzò la
ragazza - una sciocchezza,
credo."
"Cioè?"
"Ecco, non mi tornano i conti.
Silente disse ad
Harry che Riddle aveva questa fissa con i Fondatori di Hogwarts, per
questo
nascose un horcrux in un oggetto appartenuto a ciascuno di loro, ma se
Nagini è
l'ultimo..."
"... manca l'oggetto di
Grifondoro."
concluse Harry per lei.
"E allora? - Ron si strinse nelle
spalle - Non
abbiamo mai avuto la certezza assoluta che ci fosse un horcrux per ogni
Fondatore.
Riddle non avrà trovato nulla che gli appartenesse, o non
è riuscito ad
uccidere una persona vicino ad un oggetto di Grifondoro."
"Sì, probabilmente hai
ragione tu. Lo dicevo che
era una sciocchezza." disse Hermione.
"Veramente c'è un'altra
domanda fondamentale che
nessuno di voi si è fatto." disse Black, guardandoli con
aria sorniona
dall'alto del suo ritratto. Poichè il gruppetto di maghi lo
guardava con aria
interrogativa, scosse la testa sconsolato "Davvero non ci arrivate?
Povero
me..."
"Oh, smettila con i tuoi giri di
parole, Phineas
- lo interruppe Dippet - se hai qualcosa da dire, dilla."
"E va bene - sospirò il
preside meno amato di
Hogwarts - La domanda da farsi è: perchè l'Oscuro
Signore voleva indietro
l'horcrux?"
I ragazzi parvero afflosciarsi
nelle sedie ed Hermione
lanciò uno sguardo preoccupato ad Harry "Se ha scoperto che
li stiamo
cercando, vorrà mettere al sicuro quelli che restano."
Il ragazzo saltò su come
una molla "Non ho avuto
altri sogni con Voldemort, lui non è più entrato
nella mia testa. E io ho
imparato ad occludere la mente."
"Non intendevo insinuare il
contrario."
"A me pare proprio di
sì."
"Ehm... - si intromise Ron -
Piton." Gli
altri si voltarono a guardarlo e lui sprofondò un altro po'
nella sedia: non
era abituato ad essere al centro dell'attenzione per una intuizione "In
fondo è logico: Piton ha curato la mano di Silente dalla
maledizione
dell'anello, quando si è riunito a Voldemort gli
avrà riferito che il preside
stava rintracciando gli horcrux."
Oleander aprì la bocca
per dire "Questo è assolutamente
impossibile." ma poi si rese
conto che così facendo si sarebbe scoperta. Restò
qualche secondo di troppo con
la bocca socchiusa, ma l'attenzione di tutti era rivolta verso Ron, la
cui
spiegazione sembrava soddisfacente. Solo Black prese a fissarla
insistentemente. "D'accordo, se non c'è altro io andrei a
stendermi - disse
infine - questa giornata mi ha distrutto."
I tre ragazzi uscirono dall'ufficio
e Oleander fece
per seguirli "Un momento. - la bloccò Minerva - Per il bene
della scuola e
delle ricerche di Harry farò in modo che la vicenda non
divenga di dominio
pubblico, ma sia tu che i ragazzi sarete puniti per questa follia. Tu
non
percepirai lo stipendio sino alla fine dell'anno e gli studenti
puliranno la
guferia senza l'ausilio della magia, punizione che ora vado a
comunicargli
personalmente."
L'altra maga si limitò a
chinare il capo "Più che
giusto."
Indugiò un attimo ancora
sulla comoda sedia, quando si
sentì puntati addosso un paio di occhi che la guardavo
incuriositi "Serve
qualcosa?" chiese al ritratto di Black.
"Nulla, nulla. - rispose l'ex
preside con calma -
Stavo solo pensando che non hai un'aria particolarmente soddisfatta.
Eppure non
è da tutti distruggere un horcrux."
"Non abbiamo trovato Draco."
rispose, forse
un po' troppo in fretta, distogliendo gli occhi dal dipinto. "E non ho rivisto Severus."
pensò
con una fitta di dolore. Egoisticamente ci aveva sperato, forse
più della
piccola Serpeverde.
"Mmh." Black continuò a
fissarla, come si
guarda un animale raro in un serraglio.
"Il quadro di Silente ancora non
è pronto?"
chiese, per cambiare argomento.
Armando Dippet scosse la testa "E'
una magia che
richiede molto tempo. Non credo che lo vedremo prima della fine
dell'anno."
"Gran
peccato. -
pensò Oleander - Una freddura di
Silente mi ci vorrebbe
proprio, ora."
Scese i gradini di pietra
dell'ufficio del preside e
con un po' di sorpresa notò che Harry la stava aspettando,
accoccolato in un
angolo contro la parete con l'aria di doverle chiedere qualcosa;
Oleander lo
raggiunse e si lasciò scivolare a terra vicino a lui, ma
qualcosa bloccava il
ragazzo, che fissava meditabondo le proprie scarpe. "E' per Minus? -
azzardò
la donna - Avresti voluto ucciderlo tu?"
Il ragazzo scosse la testa "No, non
è per Minus.
Anche se ritengo che abbia fatto la fine che meritava." E poi tacque di
nuovo.
"Allora è per Draco? Ti
chiedi come Astoria possa
amarlo?"
"No, non è nemmeno
questo."
"Accidenti, sono una frana come
veggente, ha
ragione Sibilla. - e Oleander si esibì in una imitazione ben
riuscita della
professoressa di Divinazione - Mi dispiace, ma tu non possiedi il Dono."
Harry rise brevemente e poi
finalmente riuscì a
sputare fuori la domanda "Cos'hai provato a distruggere l'horcrux?"
"E' stato orribile: avevo i crampi
allo stomaco
dalla paura e temevo che spuntasse fuori un babbano da un momento
all'altro e
mi vedesse. E l'esplosione? Vogliamo parlare dell'esplosione? Parola
mia, mai
visto un incantesimo difensivo di quella portata."
"Nient'altro?"
"Ti assicuro che è stato
più che sufficiente per
me." rispose Oleander, che non capiva dove il ragazzo volesse andare a
parare.
"Voglio dire, come hai capito che
quello era un
horcrux? Hai provato qualcosa, tipo una sensazione strana?"
"Intendi come una vibrazione
negativa? - la donna
scosse la testa - No, nulla del genere, ho solo fatto due
più due: dei
Mangiamorte che si disturbano per dei ninnoli, Minus che da un sacco
pieno di
gioielli prende solo quel bracciale... Un personaggio di un romanziere
babbano
a questo punto direbbe 'Elementare Watson, elementare'.
Perchè me lo chiedi? Tu
hai provato qualcosa di particolare con la Coppa
di Tassorosso?"
"Oh,
nulla! A parte il fatto che mi aveva completamente soggiogato." - "No, semplice curiosità.
Una sciocchezza."
rispose il ragazzo alzandosi.
"Beh,
speriamo di non finire nella cacca di ippogrifo fino al collo, a furia
di
sciocchezze."
pensò la maga con
un sospiro.
==========================
NOTE
[1] Vissuta nel medioevo, fu un
importante medico del
tempo, tanto da occupare la cattedra di medicina
all'Università di Bologna.
Quanto a San Satiro è
d'obbligo una visita, se siete
di Milano o dintorni. Dire che è un luogo magico
è semplicemente riduttivo.
AVVISO
La storia va in vacanza
(o meglio, ci vado
io) sino ai primi di settembre, ma poi gli aggiornamenti riprenderanno
regolari
perchè è già stata scritta tutta,
manca solo una levigata all'ultima parte
dell'epilogo. Per farmi perdonare la lunga assenza, posto questo capitolo doppio assieme. Grazie a tutti coloro che mi hanno seguito fin qui, a
presto! |
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Capitolo 18 *** 17. Piano inclinato ***
CAPITOLO 17 – PIANO
INCLINATO
Teddy
sollevò gli occhi azzurri verso Harry e sfoderò
il suo miglior sorriso sbavante
e sdentato. Anche Harry sorrise e gli porse un dito, che il neonato
strinse
nella sua manina in miniatura.
"Che
forza!" esclamò il ragazzo.
"Già,
non lo diresti mai, vero? E' un piccolo campione." Nymphadora, quel
giorno
in una sobria versione castana, pulì la bocca del suo
bambino. Sopra la culla,
un incantesimo faceva roteare un volo di unicorni in miniatura.
Harry
era andato a trovare il nuovo nato per la prima volta, a casa dei
genitori di
Tonks, dove la coppia si era trasferita dopo la nascita di Teddy: il
parto di
Tonks era stato lungo e logorante, lei doveva ancora riprendersi del
tutto e
Andromeda e Ted erano stati più che felici di aiutare la
figlia ed il marito.
"Quei
due adorano Teddy, farebbero
qualsiasi cosa per lui." pensò
Harry, osservandoli. Ted, in particolare, andava in visibilio per ogni
sorriso
o gorgoglio del piccolo e Andromeda aveva uno sguardo dolcissimo, che
nessuna
delle sue sorelle avrebbe mai potuto sognare di avere.
"Però
il giorno che è nato ci ha fatto prendere un colpo, vero
Remus?" disse Ted
dalla poltrona in cui era sprofondato.
"Sì,
è stato davvero..." Remus non trovava le parole, mentre Dora
aveva preso a
sghignazzare al ricordo.
Andromeda
si coprì gli occhi con una mano e appoggiò
l'altra mano sulla spalla del marito
"Non ricordarmelo. Uno dei momenti più imbarazzanti della
mia vita."
"Se
eri in imbarazzo tu, Dromeda, figurati l'ostretica."
Harry
li fissava con uno sguardo stupito "Cos'è successo di tanto
divertente,
volete dirlo anche a me?"
"Remus
era con me durante il parto e quando questo birbante si è
deciso a nascere,
dopo dodici ore di travaglio, si è presentato al mondo con
la pelle color
cioccolato. L'ostetrica ha guardato me, ha guardato Remus ed
è rimasta
congelata con Teddy in braccio, che urlava a pieni polmoni. Scommetto
che ha
pensato qualsiasi cosa!" dopodichè Tonks riprese a ridere.
Anche il
neonato, in quel momento bianco e roseo, contagiato dalla mamma, si
mise a
ridere e così facendo i suoi radi capelli neri si mutarono
all'improvviso in
una selva di ricci azzurri, come quelli di un clown di pezza.
"E'
un Metamorfusmagus!"
"Sì,
tutto sua madre." ammise Remus.
"Vuoi
prenderlo in braccio, Harry?" chiese Andromeda.
"Non
so... è così piccolo..."
"Non
avere paura, ti faccio vedere come si fa." la nonna lo
sollevò dalla culla
e lo porse al ragazzo. Sentire quella creaturina leggera agitarsi tra
le sue
braccia era una delle sensazioni più belle che avesse mai
provato "Un giorno mi piacerebbe avere dei
bambini miei." Alzò gli occhi sulla famiglia di
Tonks e, nel vedere
che tutti lo stavano fissando, arrossì leggermente. Remus
gli si avvicinò e chiese
"Dimmi, Harry, ti piacerebbe essere il padrino di Teddy?"
"Il
padrino?" Essere per quel bambino ciò che era stato Sirius
per lui?
"... mi cogliete alla sprovvista... non so se ne sono capace."
"Ma
dai Harry, non essere sciocco!" incalzò Nymphadora.
Harry
guardò la coppia di maghi più anziani "Voi avete
più diritto di me di
essere i tutori di questo bambino."
Ted
Tonks fece un gesto vago con la mano, a scacciare le sue proteste "Io e
Andromeda abbiamo una certa età, ormai." e così
dicendo si beccò lo
sguardo indispettito della consorte.
"Mentre
io e Tonks facciamo entrambi un lavoro pericoloso. - aggiunse Remus -
Ne
abbiamo parlato a lungo e, se a qualcuno di noi succedesse qualcosa,
non
riusciamo a pensare ad un amico migliore cui affidare Teddy."
"Dai,
dì di sì, Harry. Guarda che quella del padrino
è una posizione di tutto
vantaggio: non devi nemmeno cambiargli i pannolini!" rise Nymphadora.
"Allora
sì, mi piacerebbe. Grazie, davvero." Il piccolo Teddy
iniziò a piangere a
pieni polmoni e la mamma lo prese in braccio "Direi che qualcuno ha
molta
fame."
Remus
offrì ad Harry una burrobirra ed i due uscirono nel piccolo
giardino
retrostante la villetta di Ted ed Andromeda. Bevvero alcuni sorsi in
silenzio,
poi Harry sospirò "E' passato quasi un anno."
Inutile
chiedere "Da cosa?" era evidente che si riferiva alla morte di
Silente.
"E
non mi aspettavo che quest'anno fosse così."
"Così
come?"
"Pensavo
che Voldemort, una volta morto Silente, avrebbe scatenato
immediatamente una
guerra, senza aspettare neanche un minuto, ne ero certo. E invece
è rimasto al
coperto e i suoi collaboratori più affidabili, i Lestrange,
i Malfoy, Piton,
sono con lui e questo mi preoccupa: come tutte le altre volte attende
nell'ombra e aspetta il momento giusto per colpire. E' snervante."
Remus
gli posò una mano sulla spalla "Capisco cosa vuoi dire: le
scaramucce, gli
agguati, il clima di guerriglia che ha creato è forse peggio
di una guerra a
viso aperto: siamo tutti stanchi e con i nervi a fior di pelle.
Oltretutto non
siamo riusciti a catturare un solo Mangiamorte vivo: se li avessimo
interrogati
con del Veritaserum avremmo forse scoperto di più. Ma
è inutile piangere su ciò
che non è stato."
Harry
mandò giù un altro sorso di burrobirra "A volte
mi sembra di non aver
fatto alcun progresso, di aver girato a vuoto e non aver concluso
nulla."
"Questo
è davvero ingeneroso: sono stati distrutti quasi tutti gli
horcrux."
Harry
scosse la testa "Ma non basta: finchè ci sarà in
giro anche un solo
frammento della sua anima, quel mostro sarà intoccabile." Il
ragazzo serrò
i pugni con rabbia.
L'ex-malandrino
scompigliò i capelli al ragazzo "Lo so, Harry, lo so. Vorrei
poterti dire
andrà tutto bene, ma sarebbe una bugia; l'unica cosa che
possiamo fare, quando
verrà il momento, è di essere pronti e di
combattere con tutta l'anima per un
futuro migliore. E questa è una forza che nè
Voldemort, nè alcuno dei suoi
scagnozzi possiede."
"Al
diavolo!" Robert
Whittle si abbandonò alla sua esclamazione
prediletta mentre, pancia all'aria, osservava il mondo dal livello
della
strada, una posizione che, col passare degli anni, gli era diventata
sempre più
familiare. Qualche ora prima era stato scacciato in malo modo da un
bar: quel
pidocchioso barista si era rifiutato di servirgli un altro bicchiere di
vodka,
se prima non avesse pagato i quattro già consumati e lui
aveva cercato di
centrarlo con il bicchiere vuoto. Beh, al diavolo, aveva tutti i
diritti di
arrabbiarsi: non si usava più far credito ad un onesto
cittadino di Sua Maestà?
La sua voce risuonava strascicata ed impastata di alcool persino nella
sua
mente.
Poi,
senza sapere bene come, si era ritrovato sdraiato a terra; per lo meno
non si
era vomitato addosso nel sonno come l'ultima volta. Comunque eccolo
lì, su quel
pulcioso marciapiede di quel pulcioso paese. Già il nome era
tutto un
programma: Godric's Hollow.
Maledisse
il destino avverso, che non gli aveva mai concesso l'occasione di
sfondare
nella vita: quando il fato si mette di traverso sulla tua strada, non
c'è molto
da fare, puoi solo adeguarti e maledire le stelle, come stava facendo
lui con
convinzione quella notte. Ma solo mentalmente, perchè se
avesse aperto bocca il
mal di testa che già lo tormentava avrebbe raggiunto picchi
vertiginosi.
Perciò
restava lì straiato in quel vicolo, tanto l'aria notturna
non era più tanto
fredda, volendo avrebbe potuto anche dormire lì. Un angolo
della sua mente
registrò che così facendo l'indomani sarebbe
arrivato in ritardo al lavoro, ma
in fondo che gliene fregava? Perchè doveva fare il
netturbino per quei pulciosi
concittadini, che non si degnavano neanche di offrirgli un buon
bicchiere di vodka?
Spedito
lì un paio d'anni prima dall'Ufficio Collocamento (e al
diavolo anche loro, in
combutta col destino ladro: lui meritava molto di meglio), aveva odiato
da
subito quel paese. La maggior parte degli abitanti si credeva parte di
una
élite, come se formassero una comunità a parte,
che il diavolo li portasse
tutti quanti. Manco fossero dei nobili! Era solo gente bizzarra con dei
nomi e
degli atteggiamenti ancor più bizzarri, li aveva notati fin
da subito, lui.
Bah,
al diavolo tutti quanti.
Quando
fu certo che le gambe e lo stomaco lo sorreggessero, rotolò
in posizione prona,
per poi alzarsi carponi: trucchetto per tirarsi in piedi con
più facilità
imparato in anni di alcolismo. Fu in quel momento che sentì
delle grinze
sull'asfalto con la punta delle dita e allungò il collo con
curiosità: c'era
uno strano disegno impresso sulla strada, sembrava quasi che un verme,
in preda
ad una grave crisi di labirintite, avesse lasciato un solco elaborato e
contorto lì per terra. Cosa diavolo era quella roba? Una
placca decorativa? Al
diavolo, e poi davano a lui dell'ubriacone: se l'amministrazione
comunale aveva
soldi da buttar via in quel modo ridicolo, poteva anche aumentargli lo
stipendio, no?
Camminò
verso l'uscita dal vicolo, ondeggiando come una barca in balia di una
tempesta,
i contorni delle cose indistinti e sfocati. Dopo solo pochi metri
dovette
abbracciare un palo della luce per non scivolare di nuovo a terra; fu
in quel
momento che lo vide. Uno dei suoi spocchiosissimi concittadini di
Godric's
Hollow, di quelli di prima, accovacciato a terra e intento ad una ben
strana
attività: con una fiamma ossidrica (certo che era una fiamma
ossidrica, che
altro diavolo poteva essere quella luce intensa che scaturiva dal
bastoncino
che teneva in mano?) stava disegnando un'altra di quelle insolite
formelle per
terra. Era molto concentrato come se stesse facendo chissà
che.
"Ehi
amico! - sempre ondeggiando sulle gambe malferme gli andò
incontro
sbracciandosi - Che diavolo stai facendo? Fa' provare anche me!"
"Avada
Kedrava." la maledizione risuonò nella notte, portandosi via
la vita di
Robert Whittle.
=
= = = =
Ancora
quel salone, ancora i Mangiamorte in cerchio attorno al loro Signore.
Quella
scena si era ripetuta diverse volte quell'anno, quando qualche missione
andava
male, quando gli obiettivi non venivano raggiunti, quando i maghi
oscuri non
erano all'altezza delle sue aspettative.
Si
sarebbe potuto pensare che, alla lunga, uno ci facesse l'abitudine, ma
non era
così. Perchè in quella sorta di roulette russa,
qualcuno smetteva di giocare
per sempre, colpito da un lampo di luce verde.
La
tensione, in quel caldo giorno di giugno, era alle stelle. Voldemort
aveva
posato le sue iridi rosse su ciascuno dei Mangiamorte presenti, a
lungo, senza
proferire parola, il volto inespressivo.
"Draco."
disse infine e la sua voce giunse alle orecchie del ragazzo come se
fosse stata
amplificata da un Sonorus.
"Sì,
mio Signore?" Malfoy si sorprese di essere in grado di parlare: gli
sembrava di avere la bocca ostruita da un gomitolo di lana.
"Ti
ricordi quali sono due delle cose che odio di più al mondo?"
"Stupidità
ed inettitudine."
Il
Lord accennò un sorriso "Ah, eccellente Draco, davvero
eccellente. E'
sempre un piacere sapere che ogni mia parola viene ricordata. Vuoi
sapere qual
è la terza cosa che non posso tollerare?"
Il
ragazzo biondo riuscì solo ad annuire.
"I
traditori."
A
quelle parole un brusio sommesso si levò dal gruppo di
Mangiamorte ed Amycus
Carrow fece un passo avanti "Mio Signore! Nessuno di noi ti tradirebbe
mai!" esclamò accalorato.
"Ho
forse fatto dei nomi, Amycus? Non mi sembra. Dunque perchè
sei così sulla
difensiva - Voldemort si portò di fronte a Carrow - hai
forse la coda di
paglia?"
Il
Mangiamorte si ritrasse, balbettando incomprensibili parole di scusa.
"Tutto
questo lo diverte - pensò Piton - creare
terrore lo delizia."
Infatti
il Lord Oscuro sogghignò e poi tornò a rivolgersi
ai suoi seguaci "No, non
mi stavo riferendo a nessuno dei presenti in questa stanza, ma a un
mago la cui
assenza pesa molto. Un mago che dovrebbe essere qui, ora, tra i miei
fedeli.
Lucius Malfoy."
Istintivamente
tutti i mangiamorte fecero un passo indietro, allontanandosi da Draco e
da
Narcissa, solo Severus rimase immobile accanto alla donna bionda.
"Mio
padre..." provò a dire Draco, ma Voldemort lo
zittì con lo sguardo.
"Tuo
padre è ad Azkaban da quasi due anni ormai, invece che qui,
al mio fianco.
Quindi o non ha capito qual è il suo posto, e in questo caso
è uno stupido. O
non è riuscito ad evadere, e in questo caso è un
povero inetto. Oppure non
vuole essere qui, e in questo caso è un traditore. E penso
che questa sia
l'ipotesi più probabile, sei d'accordo con me?" Voldemort si
chinò per
trovarsi alla stessa altezza del ragazzo, occhi negli occhi. Gli
passò una mano
dietro la nuca e lo tirò a sè, fin quasi a
sfiorargli la fronte con la sua.
"E tu, Draco, sei come tuo padre? Sei un traditore?"
"No,
mio Signore."
"Mi
sarai sempre fedele?"
"Sino
alla morte, mio Signore."
L'Oscuro
lasciò andare il ragazzo e si raddrizzò "Che
belle parole. Belle e nobili,
come si addice ad un mago purosangue. Ma purtroppo sono solo parole e
visti i
trascorsi della tua famiglia, non puoi certo biasimarmi se non ti
credo. Tu
stesso l'anno scorso hai disatteso le mie aspettative,
perciò ho bisogno di
qualcosa di più da parte tua, di un gesto concreto. Dunque
Draco, farai ciò che
ti chiedo?"
"Sì."
"Mi
obbedirai ciecamente, qualsiasi cosa io ti ordini di fare?"
"Sì."
I
maligni occhi rossi di Voldemort si fissarono sul giovane erede dei
Malfoy,
mentre il mago oscuro pronunciava queste parole con sprezzo "Allora va'
da
Azkaban e uccidi tuo padre. Alecto ed Amycus verranno con te, per
testimoniare
quanto è reale la fedeltà che dici di avere. -
poi il volto bianco e
scheletrico si voltò verso la madre di Draco - Hai qualcosa
da dire,
Narcissa?"
"No.
Se così ha deciso il nostro Signore, così
sarà." La donna si sentì
pronunciare queste parole, ma era come se provenissero da un'altra
persona, non
certo da lei. Perchè ciò che lei avrebbe voluto
fare era soltanto gettarsi ai
piedi dell'Oscuro, afferrarne l'orlo del mantello ed invocare
pietà e perdono
per l'amato marito. Non riusciva nemmeno a capire come facesse a
restare in
piedi, perchè aveva sentito venir meno tutte le forze, le
gambe tremavano come
foglie sotto l'ampia gonna ed era certa che si sarebbe accasciata al
suolo.
Poi
si accorse della presenza di Severus al suo fianco, i suoi inespressivi
occhi
neri come la pece fissi su di lei, le labbra sottili contratte in una
linea
bianca. Severus l'aveva sottoposta ad Imperius? Era lui che le aveva
impedito
di crollare, di piangere ed urlare?
Sì,
e probabilmente con quello le aveva salvato la vita: l'Oscuro Signore
non
avrebbe mai dato ascolto alle sue suppliche, più
probabilmente l'avrebbe
guardata con disprezzo e disgusto e avrebbe posto fine alla sua
esistenza lì,
davanti agli occhi di suo figlio.
Draco.
"Devo essere forte per lui."
quel pensiero le diede coraggio ed il colore tornò sulle
guance pallide della
donna. Fissò i suoi occhi azzurri in quelli di Severus ed il
mago la lasciò
libera dalla maledizione senza perdono. "Draco, sai cosa fare. Vai e
fatti
onore." Il figlio annuì senza dire niente ed uscì
scortato dagli altri due
Mangiamorte.
"Per
quanto ancora dovremo aspettare?" una voce bassa e rabbiosa
risuonò dal
fondo della sala. Greyback si fece avanti, i denti scoperti in un
ringhio,
senza tuttavia avvinarsi troppo all'Oscuro. In quel momento a Piton il
licantropo ricordava, più che un lupo, un cane. Quando era
piccolo, un loro
vicino di casa a Spinner's End, aveva un grosso cane grigio, che
cercava sempre
di azzannare i passanti attraverso il vecchio steccato di legno del
giardino.
Persino il padrone lo avvicinava solo stringendo un grosso bastone, di
fronte
al quale la bestia non smetteva di emettere quel brontolio, ma
arretrava e si
appiattiva a terra.
Greyback
era uguale: aveva paura di Voldemort e forse anche di tutti loro, ma
restava
perchè gli era stato promesso che avrebbe dedicarsi alla sua
attività
preferita: mordere, azzannare, mutilare, condannare quante
più persone
possibili al suo stesso destino di lupo mannaro.
Voldemort
sfoderò la bacchetta e Greyback quasi guaì,
facendo un salto indietro.
"Per tutto il tempo che sarà necessario." Non sfidarmi. Non
provare a
sfidarmi, diceva in realtà la voce dell'Oscuro.
Oleander
adorava la domenica, era senza dubbio il suo giorno preferito: niente
lezioni,
nessun obbligo di presentarsi alle otto di mattina in Sala Comune per
la
colazione. Poteva restare lì, in un beato dormiveglia, a
crogiolarsi nel letto,
mentre un fabbro, in lontananza, usava il suo maglio. "Fabbro?
Maglio?" si chiese ancora addormentata e provò
ad ignorare quei colpi sordi. Ma Petrolio gracchiò forte,
con la grazia tipica
della sua specie, facendola destare. "Petrolio, accidenti a te, che ti
prende?" sbottò irritata. Poi si accorse che quei colpi era
semplicemente
qualcuno che bussava alla porta. "Arrivo, a-a-a-rrivo."
ciabattò
sbadigliando fino alla porta e l'aprì. Era la professoressa
Vector, vestita e
perfettamente in ordine. Evidentemente la donna non era una
sostenitrice del
dormire fino a tardi.
"Oh,
dormivi?" chiese la professoressa di Aritmanzia, di fronte alla collega
dai capelli scompigliati e con il pigiama stropicciato.
"E'
una domanda retorica, vero? Che succede?" chiese debolmente, ancora
assonnata.
"C'è
un po' di agitazione nel castello."
"Ti
prego, non dirmi che c'è di nuovo la Umbridge
o mi affatturo da sola e mi faccio
ricoverare in infermeria."
"No,
è per via di questa notizia." Le porse una copia della
Gazzetta del
Profeta: lo scarno titolo che campeggiava a tutta pagina la fece
svegliare
completamente:
Uccisi Lucius e Draco Malfoy
Ieri notte tre Mangiamorte ed un gruppo di Dissennatori hanno fatto irruzione nella prigione di Azkaban. Mentre le guardie erano intente a respingere i Dissennatori, i Mangiamorte hanno approfittato della confuzione creatasi per raggiungere la cella in cui è rinchiuso Lucius Malfoy. Allontanati i Dissennatori, gli Auror si sono precipitati a controllare il prigioniero e, con grande stupore, si sono trovati davanti i cadaveri di Lucius e Draco Malfoy, padre e figlio, uccisi da una maledizione senza perdono, mentre gli assassini erano già dati alla fuga. Le ricerche dei due sono ancora in corso ma non hanno finora dato alcun esito.
Il fatto che dei seguaci di Colui-che-non-può-essere-nominato si siano uccisi tra loro non è altro che la dimostrazione lampante che i maghi oscuri sono allo sbando, senza idee, talmente confusi da uccidersi l'uno l'altro. Pressati e messi all'angolo dalla incessante ed efficace azione del Ministero della Magia, si sentono con le spalle al muro..."
L'articolo,
a firma di Rita Skeeter, proseguiva sperticandosi in lodi nei confronti
di
Scrimgeour e Oleander non si curò certo di concludere la
lettura.
"In
nome di tutti i profeti..." mormorò incredula.
Harry
sedeva sul letto, rigirandosi tra le mani la copia della Gazzetta.
"Non
sei contento?" gli aveva chiesto Seamus poco prima.
Già,
in effetti avrebbe dovuto esserlo, per tutte le volte che Malfoy aveva
insultato Hermione e i Weasley, per tutti i tiri mancini e le punizioni
che
aveva dovuto sopportare a causa di quel bullo viziato,
perchè aveva consentito
ai Mangiamorte di fare irruzione al castello. Cercava di ricordarsi il
volto
sprezzante di Malfoy, la sua voce strascicata e canzonatoria, la sua
aria di
superiorità, il suo odio verso i babbani, cercava un motivo
per odiarlo ed
essere quindi contento della sua fine.
Ma
le uniche immagini che gli tornavano in mente erano quelle di un Malfoy
debole
e singhiozzante nel bagno di Mirtilla Malcontenta, un ragazzo colpito a
tradimento dal suo Sectumsempra, o pallido e terrorizzato mentre
puntava la
bacchetta contro Silente. O gli occhi vacui di Astoria Greengrass
quella
mattina in Sala Comune, una bambola di pezza annichilita dal dolore che
si era accasciata
senza un suono contro la sedia, prima di essere portata in infermeria.
No,
non riusciva ad essere contento, ma ritenendo troppo assurdo provare
dispiacere, continuava a rigirarsi il giornale tra le mani, senza
sapere cosa
pensare.
Daphne
rientrò in Sala Comune, desiderosa solo di raggiungere il
dormitorio e
sdraiarsi un po'. Passò davanti a Pansy, Goyle e Tiger, che
sedevano ammutoliti
attorno a un tavolo e superò anche Blaise, Theodore e
Tracey: questi ultimi due
si tenevano per mano e ormai non era più un segreto per
nessuno che stessero
insieme. Zabini si alzò e la fermò "Come sta
Astoria?"
"Madama
Chips le ha dato qualcosa per dormire, ora riposa."
"E
tu come stai?"
"Oh,
una favola."
Tracey
le offrì la sua sedia ed andò a sedersi in
braccio a Theodore. "Non so
neanche se scrivere a casa. Ormai mancano una decina di giorni alla
fine della
scuola, ma in queste condizioni non credo che Astoria possa concludere
qualcosa
di buono agli esami."
"Gli
esami. - mormorò Nott - Suona ridicolo."
Zabini
non potè fare altro che assentire: gli scherzi ai rivali
Grifondoro, gli esami,
le lezioni, le partite di Quidditch, Draco stesso che sul treno esibiva
con
orgoglio il marchio nero, quasi fosse uno scherzo, tutto ora pareva
appartenere
ad una dimensione irreale, lontana, una dimensione che non conosceva il
significato della parola morte.
In
quella dimensione il marchio avrebbe dovuto renderlo forte, potente,
rispettato. Ma a cosa era servito, se Draco e suo padre erano caduti
sotto i
colpi dei Carrow?
Accadde
esattamente una settimana dopo.
16
giugno 1998.
Una
data che il mondo magico avrebbe ricordato nei secoli a venire.
==============================
RINGRAZIAMENTI
Come
promesso, la storia riprende e si avvia verso la conclusione.
Grazie
a Sheilin e lucre e _Lunastorta
che hanno messo la storia tra i preferiti. E grazie anche ad Aliseia per i commenti che sta lasciando
al Vaso di Pandora: spero che ti piaccia anche il seguito.
|
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Capitolo 19 *** 18. Battaglia al Ministero ***
Avviso:
gli avvenimenti di questo capitolo e del successivo si svolgono quasi
in
contemporanea.
CAPITOLO 18 - BATTAGLIA AL MINISTERO
"Ripetetelo
un'altra volta." ordinò Molly.
"Ma',
ti prego." sbuffarono i gemelli.
"Tesoro,
dobbiamo andare o faremo tardi." cercò di intromettersi
Arthur.
"Prima
devo assicurarmi che il concetto sia entrato per bene nelle loro zucche
vuote.
- ribattè la signora Weasley con un tono che non ammetteva
repliche -
Ripetetelo."
"Ci
comporteremo come maghi a modo." iniziò George cantilenando.
"Ci
dimostreremo contriti, affranti e pentiti." proseguì Fred.
"Non
faremo battute e non consiglieremo alla Umbridge di ritirarsi in una
casa di
riposo per maghi anziani." disse George, con un sorriso che si
allargava a
dismisura.
"Anche
perchè noi adoriamo gli anziani, non gli faremmo mai un
torto simile."
concluse Fred.
Lee
Jordan, dietro il bancone dei Tiri Vispi, iniziò a ridere
senza ritegno,
piegato in due.
"INSOMMA,
RAGAZZI!" urlò la madre.
"Dai
ma', rilassati, abbiamo capito."
Era
giunto il giorno dell'udienza disciplinare nei confronti dei gemelli
Weasley,
per il caos provocato all'Anagrafe magica qualche mese prima.
"Non
si preoccupi, signora Weasley - disse il ragazzo moro - sono certo che
andrà
tutto bene, se la caveranno con una multa."
"Allora
ti affidiamo il negozio, Lee. Grazie ancora."
"Per
una mezza giornata che volete che sia, non c'è problema."
La
famiglia Weasley si smaterializzò e ricomparve direttamente
nell'ampio salone
d'ingresso del Ministero. Si avvicinavano le cinque del pomeriggio,
orario di
chiusura della maggior parte degli uffici burocratici e in quel momento
l'atrio
era deserto, non c'era nessuno nemmeno dietro al banco informazioni.
Arthur
aggrottò la fronte "Dov'è Stevens?"
"Sarà
al bagno. Perchè non provate a dargli un cucchiaio di
No-pupù-no-pipì?"
"Freeed!"
"Scusa,
ma'."
"Quel
poverino è tornato al lavoro troppo presto -
borbottò la signora Weasley - io
capisco che il personale sia contato, ma lui e quell'altro poveretto,
Kylie,
sono stati azzannati da Greyback e gli hanno concesso solo un mese di
malattia,
assurdo."
Il
gruppo raggiunse l'ascensore, ma mentre le porte si stavano per
richiudere, una
voce squillante urlò "Yoohoo, tenete aperte le porte!"
"Tonks,
Remus, che ci fate qui?" chiese Arthur.
Tonks
si rabbuiò in volto e gli porse una pergamena che recava
impressa il sigillo
del Ministero: proveniva dall'Ufficio Regolazione e Controllo delle
creature
magiche e intimava ai genitori di Ted Lupin di portare al
più presto il neonato
al San Mungo dove sarebbe stato sottoposto ad una serie di test magici
per
stabilire se anch'egli fosse un licantropo. "Dovranno passare sul mio
cadavere, prima di poter trattare Teddy come una cavia da laboratorio."
urlò Tonks, indignata come non mai.
"Vogliamo
capire se è davvero necessario." disse Remus in tono pacato.
Fred
scosse la testa "Hai sbagliato giorno, Remus."
"Perchè?"
"Saresti
dovuto venire tra quindici giorni, con la luna piena, e mordere le
chiappe a
questi burocrati."
Lasciarono
la coppia al quarto livello e l'ascensore scese veloce fino a decimo.
Non
appena le porte si aprirono, i Weasley si trovarono davanti a un Percy
mortalmente serio.
Poco
prima il ragazzo aveva accompagnato fin lì il suo superiore,
il signor Demoore,
ed aveva approfittato del tragitto per illustrargli i risultati di una
relazione su della polvere volante scadente. Demoore a un certo punto
l'aveva
liquidato senza tanti giri di parole e si era chiuso in una stanza,
lasciandolo
lì con un palmo di naso e senza nemmeno ascoltare le sue
conclusioni. Come
sempre, ultimamente.
Percy
era stato tentato di tornarsene nel suo ufficio, ma poi si era
ricordato
dell'udienza di George e Fred. I suoi fratelli. La sua famiglia.
Persone che
non lo avrebbero mai trattato come una pezza da piedi.
"Ow
- si lamentò George - se è lui a sostenere
l'accusa, tanto vale che prepariamo
le valigie per Azkaban, fratellino."
"E'
questa la vostra linea difensiva? Dello squallido umorismo? -
sospirò il
fratello più grande - Perchè non state zitti e
fate parlare qualcuno con più
sale in zucca?"
"Dici
sul serio, Percy? Vuoi difendere i tuoi fratelli? Il comitato per
l'udienza
disciplinare non la prenderà bene." fece notare suo padre.
"Qualsiasi
cosa io faccia qua dentro non vengo apprezzato, non ci perdo niente."
borbottò guardando il soffitto, ma era arrossito
vistosamente.
Molly
lo abbracciò forte, mentre Fred gli allungò una
pacca sulla spalla "Sei
sempre stato un pessimo bugiardo, Perce. Beh, grazie. Allora contiamo
su di
te."
"Oh,
la famiglia Weasley quasi al completo. Ciao Arthur." Williamson usciva
dall'ufficio finito il turno e si fermò un attimo a
chiacchierare con il signor
Weasley davanti all'ascensore.
"Oh,
che cosa imbarazzante - mormorò Percy - Lo sta facendo di
nuovo."
"Cosa,
caro?" chiese la madre.
"Da
un po' di tempo Williamson non fa altro che fissare le persone sulle
braccia,
la cosa ha un che di feticistico." sospirò Percy.
"Uh
sì, sua moglie mi ha raccontato che fa così da
quando è stato aggredito da quel
mangiamorte... un tic nervoso, presumo. Lei gli ha consigliato
più volte di
rivolgersi a un medimago, ma lui fa finta di niente, un vero testone."
"Già
- mormorò George - mi ricorda qualcuno."
Percy
aggrottò la fronte "Sarà... però mi
pare alquanto strana come
nevrosi."
Il
quel momento un uomo molto alto, dai capelli color biondo cenere
uscì dalla
stanza in cui era entrato il signor Demoore. Automaticamente Percy gli
andò
incontro, per chiedere se poteva disturbare un secondo il suo
superiore. Fu un
attimo: notò che l'uomo indossava dei vestiti troppo corti
per la sua altezza,
gli stessi abiti del signor Demoore. Il suo sguardo, imitando
Williamson, corse
sulle braccia dello sconosciuto: dalla manica del braccio destro
lasciata
sbottonata spuntava un ben noto tatuaggio a forma di teschio, la mano
stringeva
una bacchetta magica. "Scappate, presto!" urlò il giovane,
mettendosi
sulla traiettoria dell'anatema scagliato a tradimento da Yaxley.
Percy
Weasley non ebbe il tempo di pensare che amava la sua famiglia, che
aveva
sempre amato tutti loro, non ebbe il tempo di voltarsi e di gridare
loro
"Vi voglio bene." L'Avada Kedravra portò via la sua vita
all'istante,
ma non ci fu bisogno di parole: il suo gesto coraggioso, da vero
Grifondoro,
valeva più di mille discorsi.
"Percy,
NO!" urlò sua mamma e si sarebbe scagliata furiosa contro il
Mangiamorte,
se Arthur, vicino a lei, non l'avesse trattenuta, spingendola lungo le
scale.
Le porte dell'ascensore si aprirono in quel momento e Fred e George ci
si
tuffarono letteralmente dentro, afferrando al volo anche Williamson,
mentre un
incantesimo sfrigolava sopra le loro teste.
"Misericordia!
Dobbiamo avvisare subito il Ministro." il mago cercò di
evocare il
Patronus, ma dalla sua bacchetta non uscì nulla. "Non
capisco... non
funziona."
Anche
George e Fred provarono a usare le loro, ma senza risultati. "Senza
bacchetta magica non possiamo fare molto. Dobbiamo impadronirci di
bacchette
funzionanti." disse George.
"Ho
un'idea. - esclamò Fred e schiacciò il bottone
per il secondo livello, poi si
rivolse all'Auror - l'Ufficio per l'uso improprio delle arti magiche ha
un
magazzino dove archivia gli oggetti dei babbani che sono stati stregati
da
qualcuno, vero?"
"S-sì
- balbettò l'altro - giusto ieri abbiamo fatto un sequestro
preventivo di
materiale che dobbiamo ancora esaminare, ma a cosa può
servire?"
Remus
e Tonks, nel frattempo, si erano ritrovati in un corridoio deserto, al
quarto
livello.
"Ma
che...? Sono già tutti a casa?" chiese Tonks un po' stupita.
Provò a
bussare alla prima porta: le scrivanie erano vuote, ma ingombre di
fogli, come
se i loro proprietari si fossero alzati nel bel mezzo del lavoro e se
ne
fossero andati. Con una certa urgenza. "Oh bella... non è
che c'è in corso
uno sciopero?"
"Non
credo, Arthur ce l'avrebbe detto." In preda ad un presentimento
sinistro,
Lupin sfoderò la bacchetta. Tonks non capiva, ma lo
imitò, portandosi al suo
fianco. Avanzarono lentamente lungo il corridoio e, davanti ad un'atra
stanza,
Lupin toccò il braccio della moglie e le fece cenno con la
testa di guardare:
il vetro smerigliato della porta era macchiato di sangue all'interno,
una lunga
striscia che arrivava fino a terra. Remus, si portò di lato
alla porta e
abbassò la maniglia, spalancandola di scatto: un uomo era
riverso a terra in un
lago di sangue. Sulla schiena aveva dei graffi, grandi e profondi. "Come le unghiate lasciate da un
licantropo. Ma non è possibile, oggi non c'è la
luna piena!" A volerlo
smentire, un brontolio minaccioso provenne da dietro la scrivania
più lontana
della stanza.
"Bombarda!"
Tonks puntò la bacchetta contro il mobile, ma non accadde
nulla. "Cosa?
Dannato affare, proprio adesso dovevi romperti?"
Un
attimo dopo un licantropo saltò fuori da dietro la scrivania
e con un solo
balzo fu quasi addosso ai due, che lo schivarono a malapena,
precipitandosi
fuori dalla stanza. "Tonks, gli Auror, corri ad avvisare gli Auror!"
Remus
Lupin aveva sempre odiato la sua condizione di licantropo,
perchè lo portava a
perdere il controllo di se stesso, a ferire le persone e lui si sarebbe
ucciso
piuttosto che far del male agli altri. Odiava la sua condizione
perchè l'aveva
portato ad essere un reietto, uno squattrinato che non poteva offrire a
sua
moglie e a suo figlio tutto ciò che meritavano. Ma quella
sera, per la prima
volta in vita sua, Remus desiderò trasformarsi, per tener
testa all'altro
licantropo, per proteggere la sua Tonks. Invece il lupo mannaro gli fu
subito
addosso e con un morso preciso gli spezzò le vertebre
cervicali.
"Maledetto!"
Tonks si lanciò addosso alla bestia con tutta la sua forza,
spaccandogli una
sedia sulla testa. Il licantropo si limitò a darle una
feroce zampata, che la
scaraventò contro il muro. La donna non si arrese, si
alzò e brandendo una
gamba della sedia come un bastone, si preparò a fronteggiare
il suo nemico e
morire combattendo, come si conveniva ad una Auror. "Moody
sarebbe fiero di me."
"Bleah,
che schifo - disse Selwyn, attraversando il corridoio qualche minuto
dopo -
sembra di stare in un mattatoio. Va bene creare confusione, ma usare
addirittura dei licantropi... guarda qua che macello. Ehi Travers, se
Greyback
ha finito con quell'incantesimo, puoi portarlo via, che serve altrove."
"Perchè
devo badare io a quel sacco di pulci?" protestò l'altro
Mangiamorte.
"Perchè
ho deciso così, ora muoviti." ribattè Sewlyn
alzando la voce.
"E
i due licantropi?"
"Se
li incontro li ammazzo: hanno creato il caos che ci serviva, ma se
porti via
Greyback saranno fuori controllo, ed io non ho alcuna intenzione di
essere
morso."
George
e Fred erano riusciti a raggiungere il magazzino dei manufatti babbani
sequestrati, mentre Williamson voleva provare ad uscire dall'edificio e
contattare dei colleghi fuori servizio, come rinforzi.
Gli
oggetti che avrebbero dovuto essere sottoposti ad un controllo
provenivano da
un supermercato ed erano i più disparati: succhi di frutta,
cibi, svariati detersivi
e solventi, vestiti, chincaglierie. Nessuno però pareva
essere stato stregato,
quindi non poteva andar bene come arma improvvisata.
"Merda...
e adesso che facciamo?" imprecò Fred.
"Ehi
fratello, ti ricordi quel telefilm babbano che ci ha prestato Oleander
un paio
di mesi fa?"
"Quello
dove quel tale produce armi con qualsiasi cosa gli capiti a tiro? - I
due
guardarono i prodotti radunati ai loro piedi - Vogliamo provare?"
"Non
abbiamo molte alternative, fratellino. Forse questa roba non
è del tutto
inutile"
"Allora
diamoci da fare."
"E
che Merlino ce la mandi buona." e iniziarono a selezionare con cura
diversi prodotti.
Un
mago oscuro spalancò la porta di una stanza buia: era certo
di aver sentito dei
rumori là dentro, probabilmente qualche dipendente che
cercava di fuggire. Ed
infatti eccolo là, accovacciato in un angolo; il Mangiamorte
gli indirizzò uno
schiantesimo, ma restò sorpreso quando il suo bersaglio si
frantumò, invece di
accasciarsi al suolo: si rese conto con un secondo di ritardo di aver
schiantato uno specchio e che il suo avversario era invece alle sue
spalle.
George Weasley gli spaccò un grosso vaso di terracotta sulla
testa ed il
Mangiamorte crollò a terra, permettendo al ragazzo di
impadronirsi della sua
bacchetta.
Selwyn
stava controllando le scale, per assicurarsi che nessuno fuggisse da
quella
parte, alzò gli occhi verso il livello superiore e vide una
bottiglietta di
vetro cadere dall'alto: senza pensarci troppo la schiantò e
una sostanza
dall'odore acre e pungente di pipì di gatto si sparse
nell'aria; qualcuno
dall'alto seguitava a lanciare bottiglie e Selwyn le mandava in
frantumi
automaticamente o lasciava che si rompessero toccando terra se erano
fuori
traiettoria. In breve però, iniziò a sentire gli
occhi bruciare e si ritrovò
senza fiato, anche se non si era praticamente mosso. Provò a
far evanesce
quella sostanza sconosciuta, ma barcollò all'indietro, preda
delle vertigini, e
svenne, cadendo lungo le scale.
Fred
si sporse lentamente oltre la balaustra per assicurarsi che il mago
oscuro
fosse svenuto, si coprì il volto con una sciarpa e
attraversò di corsa il
pianerottolo dove aveva gettato le bottigliette piene di candeggina,
ammoniaca
e di tutti i prodotti chimici che era riuscito a trovare, raggiunse il
Mangiamorte
e gli sottrasse la bacchetta. "Come ci si sente ad essere stesi da un
prodotto babbano?"
In
quel momento fu raggiunto dal Patronus del fratello: molto bene, anche
George
era armato, ora la musica cambiava completamente. A sua volta
indirizzò la sua
figura argentea verso il gemello, chiedendogli di raggiungerlo:
probabilmente
mamma e papà si erano rifugiati al nono o all'ottavo livello
e dovevano
soccorrerli in fretta.
I
due gemelli scesero senza incontrare nessuno fino al settimo livello,
ma da lì in
giù le scale erano distrutte. "Ci sono delle altre scale,
all'estremità
opposta dell'edificio, proviamo di lì."
Aprirono
la porta quasi contemporaneamente a Kingsley Shacklebolt che, gattoni,
cercava
rifugio proprio da quella parte: aveva una ferita sanguinante su
braccio ed una
brutta piaga bluastra sulla spalla, ma nel complesso stava bene
"Weasley! Tutto
ok?" incredibile come il mago moro non avesse perso il suo tono di voce
rassicurante, pur in quella situazione disperata.
"Sì,
siamo riusciti a recuperare due bacchette da quei bastardi: le loro
funzionano,
ma le nostre no." Fred usò la sua per curare le ferite
dell'Auror.
"Un
gentile omaggio di Voi-sapete-chi, presumo." sospirò
Shacklebolt.
"Ma
dai - fece George ironico - non ci avevamo proprio pensato."
"Kingsley,
vogliamo scendere a cercare i nostri genitori, ci siamo separati al
decimo
livello: possiamo usare l'altra rampa di scale? Questa è
andata."
"Lo
so, in parte è colpa mia: è stata bombardata da
un Mangiamorte che mi
inseguiva. Purtroppo ce ne sono radunati cinque o sei in
prossimità delle altre
scale e noi abbiamo solo due bacchette, è troppo rischioso."
"Dobbiamo
distrarli, allora." fece Fred, sfilandosi una borsa che portava a
tracolla.
"E
come?"
"Rendendo
questo livello incandescente. Nel vero senso della parola." e con un
sorriso estrasse altre bottigliette, piene di un liquido ambrato e con
uno
straccio avvolto attorno al collo, otre ad alcuni cilindretti colorati.
"Cosa
sono queste cose?"
"Simpatici
souvenir babbani, omaggio del magazzino degli oggetti sequestrati. Non
sono
stregati, ma non vedono l'ora di rendersi utili. - spiegò
George - Ti presento
i signori accendini e le signorine Molotov."
"Cos'è
quel bagliore laggiù?" chiese uno dei Mangiamorte appostati
vicino alla
rampa di scale, puntando il braccio.
"Chi
va là? Fatti riconoscere?" gridò un altro. Non
giunse alcuna risposta,
solo un tremulo bagliore oltre l'angolo.
"Oh
insomma, non può essere che uno di noi, le bacchette degli
altri sono tutte
fuori uso." fece un terzo, e si avviò a vedere: era un
principio di
incendio, scoppiato chissà come, le fiamme danzavano sul
pavimento di pietra e
in parte sulla parete, mentre l'aria si andava riempiendo di un odore
acre simile
al firewhiskey. "Al fuoco!" urlò il Mangiamorte, soffocando
le fiamme
con un incantesimo.
"Ehi,
là in fondo ce n'è un altro."
"E
dall'altro lato un altro ancora."
Il
gruppo si divise per spegnere i focolai, prima che l'intero livello
prendesse
fuoco. Quello che si era allontanato più di tutti dal gruppo
si beccò un doppio
schiantesimo da parte dei gemelli e così anche Shacklebolt
potè recuperare una
bacchetta, con la quale trasfigurò in un lombrico il primo
Mangiamorte che gli
si parò davanti: si poteva intuire la sua rabbia per
ciò che era accaduto al
Ministero dalla micidiale potenza dei suoi incantesimi.
"Arthur,
lasciami!" Il marito la strattonava su per le scale, trascinandola per
un
braccio, ma la moglie opponeva resistenza.
"Molly,
corri o quello ci raggiunge."
"No,
dobbiamo tornare indietro ad aiutare Percy." singhiozzò la
donna.
Arthur
la sospinse negli uffici del nono livello "Molly..."
"E'
nostro figlio, non possiamo abbandonarlo."
"Molly,
ti prego..."
"Non
ora che lo abbiamo ritrovato, dobbiamo aiutarlo." la donna si dimenava
in
preda ad una crisi isterica ed il marito le afferrò il volto
tra le mani
"Molly, tesoro, Percy è stato colpito da un Avada..."
"NO!
Non dirlo!"
"E'
stato colpito da un Avada Kedavra ed è morto. - la
abbracciò forte, sentendo
che anche lui stava per crollare - Non possiamo fare più
niente per lui."
"Il
mio bambino, il mio bambino." continuava a urlare e singhiozzare.
"Molly,
guardami." la implorò Arthur; la moglie lo guardò
negli occhi, ma per un
attimo parve non riconoscerlo "Molly, sto soffrendo anch'io, vorrei
morire
anch'io in questo momento, ma dobbiamo pensare agli altri nostri
ragazzi, alla
piccola Ginny ed essere forti per loro."
Molly
si calmò un po', posò le mani su quelle del
marito ed annuì debolmente, anche
se le lacrime continuavano a cadere dai suoi occhi.
"Brava
Lollimolly."
"Cosa
facciamo adesso, Arthur?"
"Dobbiamo
cercare di fuggire: non so quanti Mangiamorte siano entrati, ma se
tutte le
loro bacchette funzionano e le nostre no, qui siamo come topi in
trappola.
Vieni!" prese Molly per mano e attraversarono il corridoio.
"Dove
andiamo?"
"Questo
è l'ufficio Misteri, può darsi che abbiano una
specie di uscita d'emergenza che
dà all'esterno."
"Lo
speri?"
"Molly,
nessuno oltre agli Indicibili, conosce questo livello." Arthur
provò ad
aprire una porta, ma era chiusa a chiave. Dalle scale in fondo al
corridoio
proveniva un gran trambusto e si intravedevano i lampi multicolori
degli
incantesimi lanciati. Una voce ben nota ad Arthur e Molly
urlò
"Glisseo!" e un attimo dopo dallo scivolo creatosi scesero George e
Shacklebolt, che trasportava Fred di traverso su una spalla. George
usò un
altro incantesimo per distruggere le scale "Questo dovrebbe rallentarli
un
po'..."
"Fred!
Fred!" Molly si era lanciata addosso a Shacklebolt, che la
rassicurò
immediatamente "Non temere, è stato solo schiantato."
"Sì,
da tre di loro, ci vorrà un po' prima che si riprenda."
George si asciugò
il sudore dalla fronte: era esausto, non aveva mai usato
così tanti incantesimi
in una volta sola.
"Figliolo,
da' a me la bacchetta, ora ci penso io. Quanti sono?"
"Una
decina. Ne abbiamo messi fuori gioco cinque al settimo piano, ma
continuano ad
arrivare. Alcuni di loro sono tuoi colleghi, pa'."
"Oppure
maghi che hanno bevuto la pozione polisucco."
Il
gruppetto provò diverse porte, ma erano quasi tutte
sigillate con incantesimi
di alto livello: l'unica stanza che trovarono aperta era la ex-sala
delle
Profezie che, dopo l'attacco di due anni prima, era rimasta vuota.
In
lontananza ci fu il rumore di un'esplosione: i Mangiamorte erano
riusciti a
penetrare quel piano, perciò entrarono, sigillarono la
porta, vi spostarono
davanti tutti gli scaffali vuoti, tramutandoli in pietra e gettarono un
incantesimo imperturbabile sull'entrata.
Ma
non c'erano altre vie di fuga dalla stanza delle Profezie.
"E
adesso?" chiese George.
Il
padre scosse il capo "Non lo so. Possiamo solo sperare che non ci
trovino."
Le
speranze di Arthur Weasley furono infrante una decina di minuti
più tardi,
quando una serie di incantesimi iniziarono ad abbattersi sulla loro
barriera:
George, Kinsley e Arthur si schierarono davanti a Molly, che reggeva
tra le
braccia Fred, ancora incosciente.
Attesero
l'inevitabile...
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Capitolo 20 *** 19. Battaglia ad Hogwarts ***
CAPITOLO 19 – BATTAGLIA
AD HOGWARTS
Minerva
McGranitt non era una di quelle persone che usavano la magia per ogni
cosa:
trovava vanitoso ed inelegante sventolare la bacchetta per ogni
incombenza,
anche per quelle che potevano essere compiute con un piccolo sforzo
fisico.
Tuttavia
quel pomeriggio, seduta da ore alla scrivania e sepolta da carte e
documenti
del Ministero e programmi per gli esami dei G.U.F.O e dei M.A.G.O.
decise di
fare uno strappo alla regola per avere fogli di pergamena in bianco che
si trovavano
dall’altra parte dello studio.
Li
richiamò con un incantesimo di appello non verbale, come era
solita fare, ma
non successe nulla. La donna corrugò la fronte, perplessa.
“Accio pergamene.”
disse in tono autoritario, ma i fogli giallognoli restarono immobili al
loro
posto. “Ma cosa…?” Minerva si
aggiustò gli occhiali sul naso e guardò la sua
bacchetta: undici pollici e mezzo, legno di olmo e crine di unicorno,
non le
aveva mai dato un problema. “E’
una
fortuna – si disse – avere
ad
Hogwarts qualcuno che sa aggiustarle.”
Oleander
era ancora nella sua aula, stava preparando le pietre per la lezione
del giorno
successivo.
“Oleander,
scusami.”
“Mi
dica, Minerva.”
“Ho
qualche problema con la mia bacchetta, non funziona
più.”
La
donna più giovane la rigirò tra le dita, dandole
dei colpetti su tutta la
lunghezza “Mmh, che strano, non c’è
nulla di rotto. Le è caduta di recente?”
“Assolutamente
no.”
“Allora
magari è colpa di un incantesimo: Prior
incantatio!”
Ma
lo strumento magico della preside non dava alcun segno di vita:
Oleander non
aveva mai visto nulla del genere “Me la lasci, voglio
studiare la cosa.”
“Oh,
ciao Minerva!” anche la professoressa Sprite entrò
nell’aula, reggendo la sua
bacchetta “Oleander, non è che potresti darle
un’occhiata? Volevo annaffiare le
mandragore, ma non funziona.”
“Come,
nemmeno la tua?” Minerva provò uno spiacevole
formicolio alla base del cranio:
una poteva essere un caso, due no.
Oleander
agitò la sua “Flos!” e dalla punta
uscì un girasole. “La mia sembra
perfettamente funzionante.”
Hermione
bussò discretamente sullo stipite della porta già
aperta.
“Signorina
Granger, per caso la sua bacchetta non funziona?” chiese al
volo la
McGranitt, ora con una
nota di allarme nella voce.
“Sì,
preside, e non solo la mia: in tutta la Torre
di Grifondoro non ce n’è più una
funzionante, tranne quella di Harry. – disse la ragazza con
un filo di voce –
Inoltre la cicatrice ha ripreso a fargli male all'improvviso: si
è messo a
urlare mentre faceva i compiti.”
“Presto
– disse la preside – raduniamo tutti gli studenti
ed il personale in Sala
grande.”
La
stragrande maggioranza delle bacchette magiche aveva smesso di fare
qualsiasi
cosa: ne restavano funzionanti una decina che, si scoprì,
non erano state
create da Olivander, tranne, appunto, quella di Harry. Tra gli
insegnanti
quelle funzionanti appartenevano a Vitious e Moody: entrambi se le
erano
costruite da soli. "Non si è mai abbastanza prudenti, mai
abbastanza
vigili, non affido la mia vita ad una bacchetta costruita da altri!"
ruggì
l'anziano Auror, ringraziando la sua naturale diffidenza.
"Co-com'è
possibile? Significa che Olivander è morto?" chiese
Sinistra, angosciata,
rivolgendosi a Oleander, ma la maga con gli occhiali stava con gli
occhi fissi
sulle molte bacchette inerti di fronte a sè con aria
assente.
"Oleander?" ripetè l'altra.
"Ah,
scusa. No, non credo sia così, al contrario Olivander
è vivo, altrimenti questo
non sarebbe successo."
"Puoi
spiegarti meglio?"
“Vestigium
creatoris.” mormorò assorta la maga dai capelli
viola.
“L’incanto
che permetterebbe ad un mago di controllare e comandare a distanza
ciò che ha
creato? Quell’incantesimo è una leggenda
– ribattè Rüf – non
è certo che esista
e non c’è prova che qualcuno sia mai riuscito a
realizzarlo.”
“Si
diceva la stessa cosa della Camera dei Segreti.” fece notare
Harry.
“E
secondo te Voldemort se n’è stato a girarsi i
pollici in tutti questi mesi, eh
Rüf?” incalzò aspro Moody.
Oleander
annuì al vecchio Auror “Lessi qualcosa
sull'argomento, anni fa, ed è il
Vestigium creatoris, ne sono convinta. Olivander è
riconosciuto come uno dei
migliori creatori di bacchette magiche al mondo, è una
specie di genio nel suo
campo. E quando un oggetto viene creato da uno stregone che possiede
particolari abilità, si crea un legame magico speciale fra
ciò che è stato creato
ed il creatore, che non spezza più: questo legame
può essere controllato con l'incantesimo
del Vestigium creatoris. Ma proprio perchè è un
incantesimo che può portare
diversi problemi, non ne è stato tramandato l'insegnamento;
le notizie in merito
sono scarse e frammentarie, la formula dovrebbe trovarsi in alcuni
testi
antichi, che però nessuno ha mai trovato. Almeno finora.
Ecco, per quanto
assurdo possa sembrare, credo che Olivander abbia comandato alle sue
bacchette
di smettere di funzionare."
"Perché
la mia funziona, allora?" domandò Harry.
"Di
nuovo posso solo fare ipotesi: può darsi che Olivander possa
decidere quali
delle sue creazioni bloccare. E la tua bacchetta, Harry, è
gemella di quella di
Voldemort: manomettere l’una significa fare la stessa cosa
anche all’altra. Penso
sia per questo che riesci ancora ad usarla."
"E'
assurdo! Oleander, queste sono accuse molto gravi nei confronti di un
rispettabile membro della comunità magica." proruppe
Lumacorno.
"Se
ha una spiegazione migliore e meno inquietante della mia,
sarò felice di
ascoltarla."
"Invece
ha senso - intervenne Bill Weasley, che quel giorno era di pattuglia al
castello con la moglie - sappiamo per certo che Olivander
sparì all'improvviso
e tutti gli Auror inviati per cercarlo sono morti: mi pare abbastanza
ovvio che
sia stato rapito dal nostro nemico."
"Conosco
Olivander da una vita, non farebbe mai una cosa del genere, a meno che
non sia
sotto Imperius." continuò il professore di pozioni.
Oleander
scosse la testa “No, no. Per attivare un incantesimo di
questa portata bisogna
essere perfettamente lucidi e coscienti.”
“Questo
significa – disse Harry con un moto di orrore – che
Olivander ha tradito il
mondo magico, è passato dalla parte di Voldemort!”
“Non
è detto.”
“Non
è detto? A me invece la situazione sembra chiarissima
– urlò il ragazzo – è
così!”
Oleander
si sporse verso di lui e gli toccò un braccio
“Potrebbe essere stato costretto
a farlo in mille modi, non puoi saperlo, Harry. Nella vita le cose non
sono
sempre come appaiono e non sono necessariamente o bianche o
nere.” disse
accalorata, cercando di fargli capire più di quanto volesse
intendere con le
parole.
Malocchio
Moody battè la gamba di legno per terra per richiamare la
loro attenzione “Non
è il momento di preoccuparsi di queste sciocchezze, dobbiamo
prepararci alla
battaglia!”
“B-battaglia?”
balbettò Lumacorno, asciugandosi il sudore dalla fronte.
“Certo,
Horace: Voldemort ci ha dato parecchi segnali, ha messo fuori uso le
nostre
armi e al ragazzo – indicò Harry che continuava a
strofinarsi la fronte
infastidito – fa male la cicatrice. Sta per attaccare, non ho
alcun dubbio in
proposito.”
“Alastor!
Non scatenare il panico – lo interruppe Minerva, vedendo che
alcuni bambini del
primo anno erano scoppiati a piangere – ora dobbiamo pensare
alla sicurezza dei
ragazzi, ho mandato un Patronus al Ministero chiedendo aiuto e ho detto
ad
Hagrid e Gazza di spedire quanti più gufi possibili per
avvisare tutti del
pericolo: oggi stesso i ragazzi saranno rimandati a casa con un treno
speciale.
Potter, Weasley e Granger, voi andrete alla sede dell’Ordine
della Fenice.”
“No!
– si ribellò Harry – io resto qui a
combattere.”
“Potter,
non devo ricordarti che l’obiettivo di Voldemort sei proprio
tu.”
“Proprio
per questo non andrò a nascondermi.”
Moody
annuì energicamente “Il ragazzo ha ragione e
questa volta lo appoggio in pieno.
Bravo Potter, hai fegato da vendere, tale e quale a tuo
padre.”
Ron
ed Hermione si schierarono al fianco dell’amico
“Noi siamo maggiorenni,
professoressa McGranitt, e decidiamo di restare.”
“Temo
che nessuno possa andarsene, neanche volendo.” disse Gazza
con tono lugubre: era
entrato trafelato in Sala grande e reggeva tra le mani un allocco ed un
gufo
che sembravano gravemente feriti.
“Che
cosa gli è successo?” chiese la Sprite.
Il
custode scosse il capo “Non ne ho idea, sembra che siano
andati a sbattere da
qualche parte. Nessuno dei volatili riesce ad andare oltre un certo
punto.”
Tutti
gli insegnati si mossero all’unisono, ma la preside
bloccò Vitious ed Oleander
“No, ho un altro compito per voi due: dovete costruire altre
bacchette magiche:
più ne abbiamo a disposizione, meglio
è.”
L’artigiana
magica fissò la donna più anziana a bocca aperta
“Minerva, una cosa del genere
non si crea con uno schiocco di dita.”
“Sbaglio
o una volta mi hai raccontato di aver realizzato la tua quando avevi
undici
anni?”
“Sì,
e ci ho messo un mese per farla.”
“Però
ora non sei più una bambina e di certo ci impieghi molto
meno.” rispose la
preside, sbrigativa.
“Sì,
ma non è questo il punto. – insistè la
maga dai capelli viola – E’ un lavoro
che richiede calma, pazienza e tempo, tutte cose che scarseggiano al
momento!”
“Allora
ti consiglio di metterti subito al lavoro.”
"Io
vado con loro - si affrettò a dire il professor Lumacorno,
che non aveva alcuna
intenzione di partecipare ad alcuna perlustrazione - nella mia riserva
di
ingredienti magici ho piume di fenice e crine di unicorno in
abbondanza. E, se
non ricordo male, anche un cuore di drago."
“Mi
verranno malissimo, lo sento. – borbottava Oleander lei
allontanandosi con
Vitious – Le cose fatte di fretta mi vengono sempre male,
saranno raffazzonate
ed imprecise.”
“Non
essere così pignola, ragazza, andranno benissimo.”
le disse il professore di
incantesimi, avviandosi con lei verso l'aula di pozioni.
Nel
frattempo la preside continuava a dare istruzioni agli altri
insegnanti:
“Vector, Sinistra, andate con Bill, Fleur e Moody a
controllare la colonna
degli incantesimi che protegge Hogwarts: finchè la barriera
resta intatta,
nessuno potrà entrare. Rüf, Gazza, Sibilla, restate
qui con i ragazzi. E,
Sibilla, niente previsioni, letture dei fondi del tè o altri
presagi di morte,
grazie.”
La
veggente la guardò con aria infelice e rassegnata
“Non ce n’è alcun bisogno,
purtroppo.”
Minerva,
Hagrid, la
Sprite
e Madama Bumb andarono a verificare dove si bloccavano gli uccelli: era
poco al
di là della barriera che proteggeva la scuola. La
professoressa di Erbologia fu
sbalzata all’indietro come se avesse preso una potente scossa
elettrica “E’
un’altra barriera.” disse senza fiato.
L’insegnante
di volo fece un giro di ricognizione con la sua scopa, ma questa
seconda
barriera avvolgeva tutto il territorio della scuola, isolandolo.
“In pratica
loro non possono entrare, ma noi non possiamo uscire.”
“Siamo
in trappola.” disse la preside con un filo di voce.
“Minerva,
ma allora il tuo Patronus prima non è passato.”
ipotizzò Madama Bumb.
“Aspetta
che riprovo per sicurezza: Expecto Patronum!” usando una
delle bacchette
funzionanti evocò un agile gatto soriano, che con un balzo
si scagliò contro la
seconda barriera, ma si dissolse su di essa come fumo.
“Isolati, siamo
completamente isolati.”
Nessuno
dei sette passaggi segreti per uscire da Hogwarts funzionava, il camino
nell’ufficio della preside non portava da nessuna parte e
persino i ritratti,
usciti dalle rispettive cornici, non riuscivano a raggiungere i loro
altri
quadri.
Qualche
ora dopo, mentre gli ultimi raggi di sole si spegnevano oltre
l'orizzonte e la
luce della sera tingeva il cielo di rosso e violetto, la preside
parlò di nuovo
davanti ai ragazzi e ai colleghi.
"Non
so cosa ci aspetti nelle prossime ore, ma all'inizio di quest'anno ho
fatto una
promessa ai vostri genitori, che la scuola vi avrebbe difeso dai
pericoli. E
questo non è cambiato: i miei colleghi ed io vi proteggeremo
sino alla fine,
qualunque cosa accada. Il professor Alastor Moody ritiene che il luogo
più
sicuro e meglio difendibile sia la torre di Grifondoro,
perciò vi raduneremo
lì, in attesa... di ciò che verrà.
Alcuni di noi resteranno con voi, altri
difenderanno il castello e ci divideremo le bacchette rimaste
funzionanti.
Sibilla, Horace - si rivolse ai suoi colleghi - volete stare voi con i
ragazzi?"
"Senza
problemi."
"Puoi
contarci Minerva."
Hagrid
si alzò in piedi, battendosi la mano sul petto "Vado anch'io
con i
ragazzi, preside. Ce li difendo a costo della vita,
combatterò a mani
nude." e agitò i possenti pugni nell'aria.
"Non
ce ne sarà bisogno, Hagrid." e Minerva gli porse una delle
bacchette.
"Ma
io non posso! - protestò il mezzogigante - Mi è
stato proibito..."
"Un
torto al quale sono ben felice di porre rimedio."
Harry
gli toccò il braccio "Fatti valere, Hagrid."
Nel
frattempo Ernie McMillian si avvicinò al tavolo dei
professori, rigido ed
impettito "Preside McGranitt, noi studenti dell'ultimo anno abbiamo
discusso a lungo tra noi e, dal momento che siamo maggiorenni, vogliamo
dare
una mano anche noi, per ripagare i vostri anni di insegnamenti e
dimostrare che
non sono stati vani."
"McMillian,
il fatto che siate maggiorenni non cambia nulla, restate sempre sotto
la tutela
di questa scuola, che non può permettere..."
"Ma,
preside, la scuola non dovrebbe servire a questo? A formarci per la
vita? E
allora consideriamo questo come un banco di prova."
"Io
l'avrei detto in modo molto meno pomposo, Ernie - lo interruppe Seamus
- Se lo
permette ad Harry, Ron ed Hermione, deve permetterlo anche a noi."
"Quelli
sono pazzi." bisbigliò Pansy a Tiger e Goyle, che annuirono.
"Io non
ho alcuna intenzione di combattere - proseguì la Serpeverde
- anzi, se
davvero i seguaci dell'Oscuro Signore riusciranno ad entrare nuovamente
nel
castello, diremo loro dove trovare tutti quei mezzosangue e natibabbani
e così
andrà tutto bene: noi non avremo alcun problema."
Alle
sue spalle, Zabini rise con sprezzo "Quanto sei ingenua, Parkinson.
Ingenua
e patetica. Se fosse solo una questione di sangue, allora mi sai
spiegare
perchè Draco è stato ucciso?"
"E
io come faccio a saperlo?"
"Te
lo spiego io - si intromise Nott - i Malfoy hanno commesso degli errori
e
l'Oscuro Signore questo non lo dimentica mai." l'anziano padre di
Theodore, Mangiamorte al servizio di Voldemort, era un'altra pedina
scartata e
abbandonata al suo destino ad Azkaban.
"Stai
dicendo che aiuterai la preside? Che lotterai per dei natibabbani?"
"No,
nè per loro, nè per San Potter, non me ne importa
nulla se finisce ammazzato.
Ma non voglio nemmeno vivere in un mondo dove ogni errore
può costarmi la vita,
dove ogni mia scelta - e lanciò un'occhiata veloce a Tracey
- può essere quella
sbagliata."
Pansy
scosse la testa e si rivolse a Daphne, sperando in un sostegno almeno
da parte
sua, ma la maggiore delle sorelle Greengrass disse semplicemente "Io mi
batterò per mia sorella Astoria."
"Ed
io - concluse Zabini con aria di superiorità - ovviamente lo
faccio per me
stesso."
Gli
studenti minorenni vennero dunque scortati nella Torre di Grifondoro,
ma Ginny
era restia ad abbandonare Harry e i due fratelli.
"Ginny,
da brava... se ti succede qualcosa, la mamma poi se la prende con me.
Non
vogliamo sentirla urlare, vero?" cercò di scherzare Bill, ma
la ragazza
non gli lasciava il braccio. Harry allora le si avvicinò e
la baciò: "Vai,
Ginny, ti prego." le disse semplicemente.
Ron
le porse una bacchetta "Questa Oleander l'ha appena finita: se le cose
dovessero mettersi male, davvero male e quelli arrivassero nella torre,
fagli
vedere i sorci verdi a suon di fatture Orcovolanti."
Controvoglia,
la
Grifondoro
si unì alla fila degli altri ragazzi, ma continuava a
guardarsi intorno
furtiva, per cercare di eludere la sorveglianza, nascondersi e tornare
a
combattere assieme agli altri. Aveva già in mente dove
sgattaiolare via:
all'altezza dell'arazzo del pianerottolo del secondo piano che
nascondeva un
passaggio segreto, ma c'era troppa gente, qualcuno l'avrebbe vista.
Inaspettatamente, le si affiancò Astoria Greengrass "Vai -
le bisbigliò -
ti copro io."
Ginny
le rivolse uno sguardo interrogativo e la Serpeverde
mormorò con voce triste "Tu puoi
ancora fare qualcosa per il ragazzo che ami."
La
piccola Weasley scivolò con leggerezza dietro il drappo ed
attese che tutti gli
studenti se ne andassero. Quando vide l'arazzo agitarsi,
pensò di essere stata
scoperta, invece si trovò davanti una ben nota ragazza dagli
occhi sporgenti ed
i capelli biondi "Ehilà Ginny - disse Luna, come se non si
vedessero da
anni - che bello vederti?"
"Luna!
Cosa ci fai qui?"
La
ragazza di Corvonero inclinò la testa da un lato, come se
non comprendesse
quella domanda "Mi sembra ovvio, no? Voglio aiutare i miei amici."
La
luce del crepuscolo aveva ormai ceduto il passo al cielo blu della sera
quando
Vector e Sinistra, di vedetta su due lati del castello e munite di
Omniocoli,
videro i primi maghi oscuri iniziare a radunarsi all'esterno della
barriera da
essi stessi creata.
"Sono
qui, mia cara, oh misericordia, quanti sono!" Angela continuava a fare
la
spola trafelata da un quadro all'altro per aggiornare Vitious e
Oleander sugli
ultimi sviluppi, tanto che la maga si chiese se anche ad un ritratto
potesse
venire un attacco di cuore. "Bene, raggiungiamo gli altri -
esclamò il
professore di Incantesimi - andiamo a far pentire un po' di gente di
essersi
schierata dalla parte sbagliata." e si avviò su per le scale
con piglio
deciso, in mano le ultime bacchette realizzate.
"Buona
fortuna, mia cara!" urlò Angela, asciugandosi le lacrime con
l'orlo della
giacca del marito.
Oleander
si schierò con alcuni ragazzi di Tassorosso sul lato che
guardava il Lago Nero
"Situazione, Bones?"
La
ragazza era pallidissima e le porse l'Omniocolo con un gesto meccanico
"Non bella." sussurrò.
Oleander
regolò l'oggetto sul massimo zoom e desiderò non
averlo mai fatto: oltre il
lago ondeggiava una grande macchia scura, formata da figure alte e
nere, che
premevano ansiose contro la barriera. "Dissennatori..."
Justin
deglutì "Saranno almeno cento, forse di più."
Ernie spedì il suo
Patronus a forma di cinghiale ad avvisare coloro che si trovavano sul
davanti
del castello.
Anche
Harry, Ron ed Hermione stavano osservando i maghi oscuri davanti ai
cancelli
della scuola "Riconosco Avery e Thorfinn Rowle - disse Ron - E, uh, la
famiglia Lestrange al gran completo."
"Harry,
i ragazzi sul lato del campo di Quidditch dicono che ce ne sono altri,
mentre
Ernie dice che oltre il lago ci sono parecchi Dissennatori, Oleander
chiede se
c'è anche Piton." Hermione era in contatto con tutti i
gruppi tramite i
Patronus.
Harry
si fece passare lo strumento "Riferiscile che non vedo nè
lui nè
Voldemort."
"Bill,
Fleur e Moody dicono che la colonna incantata è intatta."
disse la
ragazza.
"Non
capisco, come pensano di entrare? Forse vogliono fare un assedio e
prenderci
per fame?" borbottò la preside.
"Sì,
in effetti è strano. E sospetto. - il professor Vitious
osservava l'orizzonte
meditabondo - Perchè l'artefice di tutto ciò non
si fa vedere?"
"Uh?
- Ron regolò l'Omniocolo - E' arrivato anche Greyback."
"Fa'
vedere." attraverso lo strumento magico, Harry inquadrò il
licantropo con
in mano un libro dall'aria molto antica e lo vide muovere le labbra,
come se
stesse recitando una qualche formula magica.
Fleur,
Bill e Moody continuavano ad aggirarsi attorno alla colonna che
generava la
barriera protettiva di Hogwarts: sapevano bene che era tutto
ciò che teneva
fuori i Mangiamorte dal castello.
Bill
sentiva tutti i suoi sensi tesi fino spasimo, come se fossero
d'improvviso più
acuti: la luce che si sprigionava da quella dannata colonna era troppo
intensa,
il profumo di sua moglie troppo forte, quasi nauseante, il ticchettio
della
gamba artificiale di Moody una insopportabile tortura per le orecchie.
Se
non la finiva immediatamente l'avrebbe...
morsicato,
graffiato,
sbranato,
suggeriva
una voce primordiale dentro di lui. La sua parte razionale lo implorava
di no,
ma si perse soffocata dall'urlo di un istinto straripante che prese il
controllo. Cadde sulle ginocchia e Fleur gli fu subito accanto "Bill,
amore, che ti suscede? Alastor,
presto, Bill sta male!" il corpo di suo marito stava cambiando aspetto
sotto i suoi occhi: diventava più grande, ricoperto di peli
grigi e Bill aveva
preso a ringhiare, come un cane.
"No,
come un lupo."
si corresse, prima che una poderosa zampata la
colpisse all'altezza della giugolare, tranciandola.
Alastor
Moody aveva vinto numerose battaglie durante quegli anni di guerra: ci
aveva
rimesso parecchie parti del suo corpo, ma ne era sempre uscito vivo,
questo perchè
non aveva mai abbassato la guardia, nè aveva esitato quando
si era trattato di
lanciare un incantesimo. Ma quella volta esitò,
perchè chi aveva di fronte non
era un mago oscuro, non era feccia come Dolohov, era Bill Weasley.
Esitò un
istante solo, ma gli fu fatale: il licantropo spiccò un
balzo e gli fu addosso,
finendolo in pochi secondi. Poi rivolse la sua rabbia ferina contro
quella
colonna: quella voce nella sua testa, forte, da capobranco, gli
ordinava di
abbatterla. E lui non poteva sottrarsi.
Non
ci furono nè lampi, nè scintille, nè
esplosioni, ma ogni mago presente sulla
scena potè sentire la barriera protettiva crollare, come
quando scoppia una
bolla di sapone a contatto con la pelle e i Mangiamorte presero ad
avanzare in
tutta calma verso il castello.
"La
barriera è crollata!" "Ne siete sicuri?" "Come
può essere
accaduto?" "Bisogna andare a controllare!" "Aiuto, adesso
che facciamo?" "Restate calmi!"
Lo
scambio di Patronus da un lato all'altro del castello divenne
frenetico, le
figure argentee scivolavano veloci illuminando la notte, rivelando il
panico
improvviso dei loro proprietari.
"Hanno
ancora parecchie bacchette funzionanti - si lamentò Avery -
A quelli mandati al
Ministero è andata meglio. Lo dicevo io che dovevamo
attaccarli prima, invece
di aspettare tutto questo tempo."
"Non
dirmi che hai paura! - ringhiò Bellatrix Lestrange indignata
- Si tratta solo
di un gruppo di patetici e vecchi insegnanti e qualche stupido
ragazzino. Tranne
Potter, possiamo ammazzarli tutti."
Ron
aveva già inviato per tre volte il suo Patronus in direzione
dei sotterranei,
ma non ebbe alcuna risposta "Devo andare a vedere cos'è
successo a
Bill!"
"Vengo
con te." disse Hermione e i due corsero via.
Neville
si avvicinò ad Harry e lo guardò con
un'espressione dura e adulta, la mano che
reggeva la bacchetta non tremava "Ci siamo."
Il
ragazzo dagli occhi verdi si limitò ad annuire.
"Non
possono comunque smaterializzarsi, vero Minerva?" chiese Vitious.
"No,
l'incantesimo di anti-smaterializzazione è indipendente da
quello della
barriera ed è ancora intatto."
Per
fortuna, pensò Harry: se i Mangiamorte avessero potuto
apparire e scomparire a
loro piacimento, non avrebbero avuto scampo.
"Stanno
arrivando!" Seamus, schierato sul lato del castello che affacciava sul
campo
di Quidditch, scagliò nervosamente un incantesimo, che non
arrivò a bersaglio.
"Sono
ancora lontani." disse Terry, anche lui molto teso.
"Ascoltate,
cos'è questo rumore?" chiese Dean. Nel silenzio della notte
si udì un
tonfo, come un colpo di cannone e poi un altro. Il pavimento di pietra
vibrò
sotto di loro. Dietro ai Mangiamorte avanzava un gigante, alto almeno
sette
metri, che reggeva sopra la testa un masso e con tutta l'intenzione di
scagliarlo contro il castello.
"E
quello come lo fermiamo?" mormorò Seamus, accasciandosi a
terra, mentre i
passi pensanti e cadenzati del gigante si avvicinavano sempre di
più.
D'improvviso dalla vicina Foresta proibita si alzò un volo
di corvi e dagli
abeti uscì Grop, con un'aria terribilmente adirata, che si
gettò sull'altro
gigante afferrandolo per la vita con un placcaggio degno del miglior
giocatore
di rugby. I due esseri presero a lottare furiosamente tra loro,
rotolando per
terra, mentre i Mangiamorte si allontanavano velocemente per non essere
travolti.
"Vai
così Grop!" urlarono i ragazzi con entusiasmo.
Sul
lato del lago i Dissennatori veleggiavano veloci verso il loro
obiettivo; la
superficie dell'acqua si ricoprì di una crosta ghiacciata al
loro passaggio e
l'aria si fece gelida e pesante.
"Pensieri
felici - si raccomandò Oleander sfoderando la bacchetta -
Coraggio ragazzi,
pensieri felici."
Susan
evocò il suo Patronus, mentre Hannah non riuscì a
far uscire dalla sua
bacchetta la figura argentea: l'avvicinarsi di tutti quei mostri le
riportava
alla mente la morte di sua mamma, impedendole ogni pensiero positivo.
Oleander
le si parò davanti e si concentrò: un pensiero
felice, una sensazione che
scaldasse il cuore... La sua mente rivisse il primo bacio che aveva
scambiato
con Severus, il modo in cui lui l'aveva stretta a sè...
"Expecto
Patronum!" un formidabile Schiopodo Sparacoda si
materializzò in mezzo ai
Dissennatori, iniziando a sprizzare scintille dalla coda e disperdendo
un buon
numero di creature. Justin Finch-Fletchley la fissava stupito... uno
Schiopodo?
"Beh
- lo rimbeccò la donna - che c'è? Mai visto un
Patronus?"
In
qualche modo per un po' riuscirono a contenere gli attacchi, ma i
Dissennatori
erano davvero tanti ed alcuni scorrevano lungo i lati della loro
postazione
difensiva. Poi Ernie si toccò una gamba con una smorfia di
dolore
"Qualcosa mi ha morso!" il sangue si riversava a terra con
rapidità
allarmante.
Susan
utilizzò un incantesimo Ferula per fasciargli la ferita "Hai
visto chi ti
ha ferito?"
"No,
non ne ho idea."
Oleander
vide un'ombra scivolare lungo la parete, qualcosa di simile a un
tappetino nero
"Per tutti i profeti! Lethifold!" la maga utilizzò il suo
Patronus
che con la coda sollevò l'animale e lo gettò
oltre i merli del cammino di
ronda. Justin si sporse per vederlo cadere, ma si tirò
indietro con un urlo
"Ne arrivano altri."
Tante
creature color pece si arrampicavano lungo le mura, e i Dissennatori li
avevano
quasi accerchiati.
"Sono
troppi, ritiriamoci all'interno." Oleander aprì una porta e
fece entrare i
ragazzi, che si separarono, e con un'ultima evocazione respinse altre
creature.
Harry,
Neville e i professori riuscirono ad impedire per quasi mezz'ora che i
Mangiamorte entrassero dal portone principale, ma quando degli
schiatesimi
stesero il professor Vitious e la preside, Bellatrix ebbe modo di far
saltare
in aria la pesante porta di legno. "Vieni Neville." I due ragazzi
cercarono di bloccare alcuni dei Mangiamorte ai piedi dello scalone e
Paciock,
che non aveva mai brillato in incantesimi, ma che era animato dalla
volontà di
vendicare i suoi genitori, da dietro la ringhiera di pietra delle
scale,
lanciava fatture che mettevano in difficoltà anche un osso
duro come Rastaban
Lestrange.
Harry
notò che a lui venivano indirizzati solo schiantesimi "Non vogliono uccidermi, mi vogliono svenuto."
I maghi
oscuri ai piedi delle scale continuavano ad aumentare: lui e Neville
non li
avrebbero trattenuti ancora per molto. "Ehi, è me che
volete, giusto? E
allora venite a prendermi!" si allontanò veloce dal suo
compagno di Casa e
qualcuno diede ordine di raggiungerlo dall'altra rampa di scale. Anche
Bellatrix si mosse con i suoi compagni, ma Neville gridò
"No!" e le
tranciò una ciocca di capelli con un incantesimo.
"Ci
tieni così tanto ad andare a far compagnia ai tuoi patetici
genitori, piccolo
sgorbio? Ti accontento subito."
"Provaci."
la sfidò il ragazzo, senza più ombra di paura
nella voce: il tempo della
timidezza e del timore era alle sue spalle. Era il momento di
dimostrare che il
Cappello Parlante non aveva sbagliato, mettendolo a Grifondoro.
Ron
ed Hermione avevano quasi raggiunto la stanza dove si trovava la
colonna che
avrebbe dovuto proteggere Hogwarts, ma trovarono la strada bloccata: il
pavimento del piano sopra di essa era crollato e dall'alto la stanza
dei
sotterranei appariva come un unico cumulo di macerie polverose "Non
è
possibile - mormorò Ron con voce rotta - Bill... Fleur."
"Attento!"
Hermione lo spinse di lato mentre un incantesimo marrone
serpeggiò tra di loro,
sfiorandoli. La ragazza fece levitare alcune pietre del pavimento
crollato
indirizzandole verso i loro aggressori, dando così al suo
ragazzo il tempo di
reagire e scagliare a sua volta diverse fatture contro i maghi oscuri.
Ron decise
di colpire uno degli ultimi arrivati con una Tarantallegra mentre
Hermione gli
faceva da scudo, ma al suo incantesimo se ne aggiunse un altro piovuto
dall'alto e il Mangiamorte si trasformò in una specie di
trottola impazzita che
travolse i suoi tre compagni, che la miglior studentessa di Grifondoro
si
premurò di colpire con poderosi incantesimi.
"Wow!
- fece Luna, in piedi vicino a Ginny sul pianerottolo delle scale - Una
interessante combinazione di fatture."
"Cosa
ci fate voi due qui? Vi avevamo detto..." iniziò Hermione,
ma Ginny la
interruppe "Non mi sembra proprio il momento adatto. Perchè
la barriera è
crollata? Oh no! Cos'è successo qua? Ron, dove sono Bill e
Fleur?"
Nè
suo fratello nè la sua ragazza riuscirono a dire una sola
parola, mentre Ginny
nascondeva il viso tra le mani, man mano che la consapevolezza si
faceva strada
in lei. La prima a rompere il silenzio fu Luna "Su, andiamocene da qui,
siamo troppo allo scoperto."
"Expecto
Patronum." ansimò Oleander senza fiato, ma dalla punta della
sua bacchetta
uscì solo una nebbiolina argentea, che allontanò
di poco il Dissennatore che le
stava addosso: era distrutta dalla fatica e la paura iniziava ad avere
il
sopravvento "Cosa faccio se non
riesco ad evocarlo? Mi prenderà, me lo sento." Un
urlo straziante
risuonò tra le pareti del castello, un grido di dolore
stridulo e disperato, una
voce femminile che ben conosceva e, mischiata ad essa, le risate
sguaiate di un
uomo. Per un attimo si dimenticò del mostro alle sue spalle
e corse a vedere:
Dolohov aveva disarmato Tracey Davis ed ora la stava cruciando senza
pietà, la
ragazza si contorceva sul pavimento, stravolta dal dolore fisico.
"Brutto
bastardo!" mormorò Oleander. Una sensazione di gelo sulla
nuca le ricordò
dell'altro suo inseguitore in rapido avvicinamento, ed ebbe un'idea.
Puntò la
bacchetta contro il Mangiamorte e scandì "Rictusempra." Il
mago
oscuro lasciò cadere la bacchetta, scosso da un
irrefrenabile attacco di risate
e il Dissennatore, percependo sentimenti di gioia, si diresse deciso
verso di
lui, passando sopra ad Oleander e dandole così il tempo di
recuperare Tracey,
svenuta.
"Expecto
Patronum!" appena arrivato sulla scena, Zabini evocò il suo
protettore
senza perdere tempo ed una pantera allontanò il
Dissennatore, mentre il
Mangiamorte crollava a terra, ormai dissennato.
"Tracey!
- Theodore corse verso di loro - Ci siamo persi di vista un attimo,
e..."
"E'
svenuta e non riesco a farle riprendere conoscenza. Credo di essere
intervenuta
in tempo, ma è stata cruciata a lungo e sarebbe meglio
portarla in ospedale, in
fretta." gli rispose Oleander, raccogliendo la ragazza tra le braccia.
"Possiamo
usare i Thestral." suggerì Nott.
Oleander
guardò fuori da una finestra: erano al secondo piano ma dal
lato delle stalle,
gli animali non erano in effetti troppo distanti. "Speriamo di riuscire
a
raggiungerli."
"Lei
porti Tracey - disse Zabini con aria sicura - al resto pensiamo noi."
Harry
rese inoffensivo l'ennesimo inseguitore e si accorse che nessuno
più gli era
alle calcagna, ma non aveva idea se stessero vincendo o meno la
battaglia. Troppo
caos, troppi fronti: aveva incrociato per un attimo Terry Steeval, la
professoressa Vector e due ragazze di Corvonero di cui non ricordava i
nomi
sulle scale che stavano cambiando, ma non aveva fatto in tempo a
rivolgere loro
neanche una parola. Grop era riuscito ad avere la meglio sul gigante
che i
maghi oscuri si erano portati dietro: l'aveva visto trascinare la
creatura nel
fitto della Foresta Proibita, molti Dissennatori erano stati
allontanati e
dispersi dai Patronus, ma altri scemavano ancora nel cielo sopra il
castello e
gli era parso di intravedere persino una Manticora. Per quanto sarebbe
andata
ancora avanti quella battaglia? I suoi amici e i professori tutti
stavano
dimostrando grande coraggio, ma i Mangiamorte erano più
esperti, quasi tutti
già reduci da una guerra: Harry temeva che alla lunga
avrebbero avuto il
sopravvento.
Dov'era
Voldemort in tutto questo? E quel vigliacco di Piton? Nessuno dei due
era lì.
Harry si concentrò sulla sua cicatrice: Voldemort gli aveva
indotto delle
visioni al quinto anno, perchè non provare a comunicare a
sua volta con il mago
oscuro? Rievocò le sensazioni provate durante quei sogni e
si immerse in esse.
Moody si sarebbe infuriato, dopo tutto il tempo speso ad insegnarli
l'Occlumanzia. "Voldemort, mi stai ascoltando? Vieni fuori
allo
scoperto e combatti. Non hai più voglia di confrontarti con
me in un duello,
come si conviene a dei maghi? Non sei altro che un vigliacco, un essere
patetico
che ha paura..."
"Harry
Potter." per un attimo il ragazzo dagli occhi verdi pensò
che la voce del
suo nemico fosse dentro la sua testa e istintivamente portò
la mano alla
cicatrice, prima di accorgersi che non gli doleva affatto e quella voce
proveniva in realtà dall'esterno. Un Mangiamorte aveva
evocato un grande
marchio nero, che si stagliava sinistro nel cielo, come quello che
aveva
scatenato il panico ai campionati di Quidditch. "Questa notte metteremo
fine una volta per tutte alla nostra contesa. Se sei pronto ad
affrontare il
tuo destino, ti attendo là dove tutto è
cominciato." dopodichè
l'incantesimo si dissolse in una nebbia verdastra.
Harry
schiantò il mago che aveva evocato il marchio,
scavalcò la finestra del
pianterreno ed uscì all'aperto: il luogo dove tutto era
iniziato, il luogo ove
lui era diventato da semplice neonato, un orfano, il
bambino-che-è-sopravvissuto,
il Prescelto.
Godric's
Hollow.
Alzò
il braccio destro e richiamò il suo manico di scopa: pochi
secondi dopo la sua
fedele Firebolt fu nelle sue mani. Ci montò sopra e
sparì, inghiottito dal nero
della notte.
Il
messaggio dell'Oscuro Signore era giunto chiaro alle orecchie di tutti:
Ron,
Hermione, Ginny e Luna stavano raggiungendo l'atrio principale e si
paralizzarono
"Oh miseriaccia! - esclamò Ron - E' di sicuro una trappola!
Harry non
penserà di..."
"Temo
tu abbia ragione, Ron - disse Hermione - Harry non penserà:
sarà già in
volo."
"Da
solo? Ma è un suicidio."
"Hermione,
dove pensi sia diretto?" chiese Ginny.
La
ragazza riflettè brevemente "Credo dove Harry lo sconfisse
la prima volta,
a casa dei suoi genitori."
"Qualcuna
di voi sa come raggiungere Godric's Hollow? Io non ci sono mai stato."
gemette Ron.
"No,
ma non è un problema. I Thestral lo sanno sicuramente,
facciamoci guidare da
loro." disse Luna, come se fosse la cosa più ovvia del
mondo.
Attraversarono l'atrio e lì videro Neville, in piedi davanti
ad una figura
stesa a terra, avvolta in numerose corde e catene.
"Neville,
amico, tutto bene?" Ron gli afferrò le spalle, scuotendolo
delicatamente.
Il
ragazzo annuì "L'ho sconfitta." disse con un filo di voce,
incredulo
delle sue stesse parole.
Ron
abbassò lo sguardo sulla Mangiamorte stesa a terra: era
Bellatrix Lestrange.
"Grandioso, davvero grandioso."
"Ron,
Neville, spicciatevi!" urlò Ginny e poi corse verso le
stalle.
Zabini,
Nott e Oleander, che trasportava Tracey, ascoltarono il messaggio di
Voldemort
in un'aula del primo piano, dove avevano ingaggiato battaglia con due
Mangiamorte. I maghi oscuri ghignarono soddisfatti, distraendosi quel
tanto che
bastò ai due ragazzi di Serpeverde, che per i gusti di
Oleander conoscevano fin
troppi incantesimi oscuri, a stenderli. "Oh maledizione -
mormorò la maga
più adulta - scommetto che Harry si precipiterà
lì all'istante." "E
se Severus non è venuto qui al castello, sicuramente
sarà con Voldemort, lì
dove sta andando anche Harry. Devo andare anch'io. Ma dove?"
Qualche
minuto dopo raggiunsero le stalle dei Thestral e, con sorpresa,
Oleander vide
che mancavano diversi animali.
"San
Potter ed i suoi fedeli seguaci non hanno certo perso tempo." disse
Nott,
prendendo Tracey dalle braccia di Oleander e appoggiandola sul cavallo
scheletrico.
"Theodore,
dato che tu riesci a vedere i Thestral, non è che mi daresti
una mano?"
chiese Zabini, un po' impressionato nel vedere la compagna di Casa
galleggiare
a mezz'aria.
"Sicuro.
E lei, professoressa, ha bisogno di aiuto?"
"No
grazie, io li vedo. Sentite, ce la fate a raggiungere da soli il San
Mungo?" [1]
"Ovviamente
sì." rispose prontamente il ragazzo moro.
"Ma
se vi accorgete che qualcosa non va, che i Mangiamorte sono anche
lì, scappate
via."
Zabini
alzò gli occhi al cielo "Ci ha preso per due ritardati?"
"Certo
che no. Allora buon viaggio ragazzi. Sta' tranquillo, Theodore, vedrai
che
Tracey si riprenderà presto."
Il
ragazzo di Serpeverde annuì, montò a cavallo del
Thestral e prima di
comunicargli la destinazione le disse "Faccia attenzione,
professoressa."
Oleander
si avvicinò alla strana creatura dal muso di rettile "Ehm...
tu sai dove
sono andati gli altri Thestral? Potresti portarmi lì?"
L'animale
spalancò le grandi ali.
"Bene,
lo prendo per un sì." e, un po' timorosa, salì in
groppa all'inusuale
cavalcatura.
=============================
NOTE
[1]
Oleander vede i Thestral perchè nel VdP ha rischiato di
morire.
RINGRAZIAMENTI
@ Arabesque: in questi ultimi
capitoli
c'è un po' da trattenere il fiato, vedrò di non
tenervi troppo sulle spine.
@ Sheilin: il tuo commento mi ha
resa
molto felice, perchè quello che volevo descrivere era
proprio una sorta di
riscatto per Percy, per essersi allontanato dalla famiglia a causa del
suo
orgoglio, famiglia che però, nel cuore, non ha mai smesso di
amare, tanto da
sacrificarsi per loro. Non è uno dei miei personaggi
preferiti, ma mi sono
commossa mentre descrivevo la sua morte.
Mi
è spiaciuto anche per Remus e Tonks. Nella primissima
stesura della storia
c'era molto meno spargimento di sangue, ma poi ci ho riflettuto: sono
in corso
delle battaglie cruente, se tutti i "buoni" ne fossero usciti illesi,
sarebbe stato di un buonismo davvero poco credibile. Ho comunque
cercato di
rendere a tutti l'onore delle armi e spero di esserci riuscita.
|
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Capitolo 21 *** 20. Battaglia a Godric's Hollow ***
CAPITOLO 20 – BATTAGLIA A
GODRIC'S
HOLLOW
McNair
aprì la porta della stanza di
Piton senza bussare. L'ex-professore di Hogwarts non alzò
nemmeno gli occhi dal
libro che stava leggendo, limitandosi ad apostrofarlo in malo modo.
"Per
Salazar, McNair, le tue maniere sono terrificanti quasi quanto il tuo
lavoro da
boia."
"Smettila di fare battute e
muoviti, stiamo andando."
"Purtroppo non era una battuta. -
ribattè Piton serafico - Dove stiamo andando?"
"A Godric's Hollow. E' il
momento."
Il nome di quel luogo era sempre come un
cazzotto nello stomaco per Severus e a ciò si aggiunse la
sorpresa: Voldemort
non aveva accennato nulla fino a quel momento, tuttavia
riuscì a non mostrare
alcuna emozione, come al solito. "E perchè non ne sono stato
informato
prima?" domandò seccato.
"Lo sai adesso, no? Piantala di
lamentarti e datti una mossa. Il Nostro Signore sta già
aspettando."
Voldemort era in piedi, di fronte al
camino, con Nagini ai suoi piedi. Oltre a McNair c'erano solo Rowle e
Rookwood.
"E gli altri?" chiese Piton, un po' sorpreso.
"Non preoccuparti Severus -
Voldemort gli rivolse un leggero sorriso - tutte le pedine sono
già schierate
sulla scacchiera. La vera battaglia inizia e finisce stanotte." Il Lord
Oscuro afferrò una manciata di polvere volante e scomparve
tra le fiamme verdi
assieme al suo serpente.
Harry
sorvolò il piccolo villaggio, atterrò all'inizio
della via principale, appoggiò
a terra la sua Firebolt e si avviò a piedi. La strada era
deserta, fin troppo
tranquilla. Era notte fonda, ormai, normale che non ci fosse in giro
nessuno,
ma ciò che lo colpì fu il silenzio. Era
innaturale: nè il latrato di un cane,
nè il frinire dei grilli, nè il verso di un
rapace notturno.
"E'
perchè lui è qui."
Tutte
le creature, finanche gli insetti, parevano trattenere il fiato, per
non farsi
scoprire da Voldemort. Harry avanzava cauto lungo la strada, la
bacchetta tesa
davanti a lui, gli occhi verdi che saettavano da un lato all'altro e
scrutavano
le case, attento a scorgere il più piccolo movimento dietro
una tenda, un
angolo, uno steccato. Superò senza vederla una di quelle
strane formelle
impresse sull'asfalto, che tanto avevano incuriosito il povero Robert
Whittle e
questa, al suo passaggio, mutò forma, brillando per un
attimo di un sinistro
bagliore nero.
Si
era ripromesso molte volte, fin dal funerale di Silente, di far visita
al luogo
ove i suoi genitori avevano perso la vita e di sicuro non pensava di
tornarci
in quelle circostanze.
Un
vuoto nella schiera delle villette, linde e ordinate, come tante case
di bambole,
attirò la sua attenzione. Un cumulo di macerie. Eccola
lì, la casa dei suoi
genitori, dove i suoi genitori avevano perso la vita, probabilmente
identica a
diciassette anni prima. Nel giardino c'era una lapide. Il ragazzo si
avvicinò e
lesse le parole incise nella pietra grigia:
"Qui,
la notte del 31 ottobre 1981,
persero la vita Lily e James Potter.
Il figlio Harry è l'unico mago
mai sopravvissuto all'Anatema che Uccide.
La casa, invisibile ai babbani, è stata lasciata intatta
nel suo stato di rovina come monumento ai Potter
e in ricordo della violenza
che distrusse la loro famiglia." [1]
La
lapide era circondata da fiori, piccoli oggetti, foto, semplici frasi
vergate
su piccoli pezzi di pergamena, umili omaggi che trasformavano quel
fazzoletto
di terra in una specie di mausoleo all'aperto, segno di quanto i maghi
che
credevano nei loro stessi ideali non smettessero mai di
ricordare. Non se l'aspettava e ne restò
colpito.
Fra
tutte quelle cose, la sua attenzione fu attirata da uno stelo di
gladioli bianchi,
piantato lì di fianco alla lapide, come una specie di
guardiano. Quel fiore era
diverso da tutto il resto, sembrava possedere un bagliore suo proprio e
spandere attorno a sè un'aura calda, rassicurante. Per
qualche assurdo motivo,
non faceva pensare ad un ossequio,
bensì alla protezione.
Che fosse
magico anch'esso? Stava per allungare una mano e toccare la pianta, ma
la voce
sibilante di Voldemort lo riscosse "Tutto ciò è
molto triste, non trovi,
Harry?"
Il
mago oscuro si staccò dall'ombra delle rovine della sua
casa: sembrava solo. Il
ragazzo dagli occhi verdi si spostò dalla lapide e si
preparò a fronteggiarlo.
"Quando
gli eroi muoiono, di loro non resta che la memoria, circondata da
insipidi e
retorici omaggi." proseguì il mago oscuro.
"Non
sono retorici."
Voldemort
ridacchiò divertito "Oh sì, lo sono. Vuoi sapere
perchè la gente si
appassiona così tanto alle tragedie, alle storie come quelle
dei tuoi genitori?
Semplicemente perchè non sono le proprie, di tragedie. Viene
qui, lascia un
messaggio ed intanto pensa: Menomale che non è toccato a
me." mentre
parlava, camminava avanti e indietro sul prato, agitando la bacchetta
con fare
istrionico, come se fosse l'attore principale di un dramma teatrale.
"Proprio
non riesce a comprendere
che la pietà che tutti questi maghi ancora provano verso i
miei genitori sia
una forma d'amore." Harry sentiva
che quella riflessione era importante, forse fondamentale, ma non
capiva come.
Poichè Voldemort continuava a denigrare quella tomba, lo
lasciava parlare e
intanto con lo sguardo cercava Nagini: se solo avesse potuto far fuori
quel
dannato serpente, il mago oscuro sarebbe stato finalmente vulnerabile.
Era il
suo familiare, sempre accanto a lui... non poteva essere troppo lontano.
"Ma
in fondo gli eroi hanno semplicemente gli ammiratori che meritano. -
proseguì
nel frattempo Voldemort - Fondamentalmente gli eroi sono degli
sciocchi, Harry.
I tuoi genitori sono stati degli sciocchi: hanno voluto combattere ad
ogni
costo, pur sapendo che non avrebbero mai vinto. Non hanno voluto
piegarsi
all'inevitabile e sono morti giovani ed inutilmente. Non è
forse meglio una vita
lunga e vigorosa? - le labbra di Voldemort si aprirono in un sorriso di
trionfo
- Che poi è ciò che tu mi offrirai stasera."
"Crucio!" pensò intensamente
Harry, ma l'altro mago deviò
agevolmente l'incantesimo. "Prima vuoi giocare un po', Harry? Se
è questo
che vuoi, chiedimelo per favore, con educazione."
Harry
saltò indietro, riparandosi dietro una porzione di parete
crollata "Questo
non è un gioco, Voldemort! Io sono qui per vendicare tutti
coloro che hai
ucciso, tutti quanti. Questa notte tu morirai!" urlò con
rabbia e scagliò
numerosi incantesimi contro l'avversario.
"Quale
maleducazione. Mi sembra di averti già spiegato una volta
come si svolge una
sfida tra due maghi: con un inchino, fronteggiandosi apertamente.
Invece tu non
segui le regole e ti nascondi."
"Tu
mi parli di vigliaccheria? Sei rimasto nell'ombra un anno intero, al
sicuro,
mandando avanti i tuoi maghi oscuri, ma ti sei ben guardato dall'uscire
allo
scoperto. Sei tu il vigliacco." sentì un odio sordo, lo
stesso provato
poco dopo la morte di Silente, ribollire dentro di sè.
"Allora
è così? Ti sei offeso perchè
quest'anno non sono rimasto in contatto con te? -
si toccò la fronte in un chiaro gesto di scherno -
Perchè non ti ho dato mie
notizie? Vorrai perdonarmi, ma sono stato molto impegnato. Ho lavorato
a lungo,
meticolosamente, solo per preparare questo momento, Harry. Solo per
questo
momento: il momento in cui tu ti sacrificherai per me, il momento in
cui
esaudirai il desiderio che espressi diciassette anni fa."
"Di
cosa sta parlando?" pensò il ragazzo,
confuso.
"Non
temere - gli rispose Voldemort, puntando la bacchetta contro il suo
riparo -
presto tutto ti sarà chiaro."
I
Thestral lasciarono Ron, Hermione, Luna, Ginny e Neville appena fuori
dai
confini di Godric's Hollow: per qualche strano motivo si rifiutavano di
avanzare di un altro passo e indietreggiavano nervosi.
"Perchè
si comportano così?" chiese Neville, cercando inutilmente di
spingere in
avanti il suo Thestral, che aveva cocciutamente puntato le zampe.
"Non
saprei - rispose Luna - purtroppo io parlo solo il linguaggio dei
corvi, non
quello dei Thestral."
"Anche
perchè queste creature sono mute." aggiunse Hermione.
"Non
importa, dobbiamo muoverci e trovare Harry, prima che faccia qualche
sciocchezza." disse Ron, visibilmente preoccupato.
"Dividiamoci
- propose Ginny - io vado con Neville e Luna di qua, tu ed Hermione
dall'altra
parte. Chi lo trova per primo avvisa gli altri con un Patronus."
Ron
ed Hermione si mossero furtivi dietro lo steccato di alcune case. Il
Grifondoro
si sporse oltre un angolo ed immediatamente si ritrasse: una figura
incappucciata stava controllando quella via. Per loro fortuna si
allontanò
quasi subito. "Via libera." sussurrò ad Hermione, ma la
ragazza
riccia era china a terra, intenta a passare le dita su uno strano
simbolo
impresso a terra. "Cosa stai facendo, Hermione? Dobbiamo muoverci alla
svelta, prima che quello torni."
La
ragazza muoveva meditabonda le dita su quella figura, grande quanto un
piattino
da tè "Non mi piace questa cosa, Ron." disse con una
espressione
molto seria.
"Sai
di che si tratta?"
Hermione
scosse la testa, rimpiangendo di non avere a portata di mano la
fornitissima
biblioteca di Hogwarts. "Sembra quasi una Runa, ma scritta in un codice
che non ho mai visto. Non assomiglia a nessun simbolo magico che ho
studiato:
non è celtico, nè cinese, nè
sciamanico, nè..."
"D'accordo,
d'accordo, abbiamo trovato qualcosa che Hermione Granger non conosce,
lo
segneremo sui libri di storia, però non mi pare questo il
momento adatto di
mettersi a studiare."
"Ron,
potrebbe essere importante."
Il
ragazzo masticò un'imprecazione tra i denti e si sporse
nuovamente oltre la
staccionata: la fortuna era ancora dalla loro parte e il Mangiamorte di
ronda
non era tornato. "Come vuoi, ma fa' in fretta!"
"Prima
di tutto, voglio vederlo meglio." Hermione puntò la
bacchetta contro il
simbolo e utilizzò un incantesimo non verbale. La formella
si ridusse alle
dimensioni di un monocolo.
"Perchè
l'hai ristretta?" chiese Ron.
"Non
l'ho fatto! Ho usato un Engorgio non verbale e questo è il
risultato. Ha
invertito l'effetto dell'incantesimo."
"Senti
- disse Ron spazientito - sono sicuro che tutto questo sia molto
interessante, ma
siamo qui per aiutare Harry."
Ancora
non del tutto convinta, Hermione seguì il suo ragazzo.
Il
Thestral di Oleander atterrò vicino ai suoi compagni: gli
animali erano
disposti in cerchio e parevano confabulare tra loro. La donna diede un
piccolo
colpo col tallone sul fianco del suo Thestral, ma quello non si mosse
di un
millimetro, anzi, voltò il muso scoccandole un'occhiata di
rimprovero.
"Hm, allora immagino che la corsa finisca qua." Smontò e si
allontanò
di qualche passo, quando l'animale l'afferrò coi denti per
il colletto della
camicia, strattonandola all'indietro e facendola cadere a terra. "Oof!
Ma
che accidenti ti prende, eh?" sibilò inviperita.
Poi
udì dei passi: qualcuno veniva di corsa verso di lei. Senza
pensarci due volte
si trasformò in una pianta di edera ed attese immobile. Un
Mangiamorte scrutava
nella notte, a pochi passi dagli scheletrici cavalli, che evidentemente
non
poteva vedere "Eppure avrei giurato di aver sentito una voce."
borborrò.
Uno
dei Thestral prese bene la mira e gli assestò un calcione
nella schiena con gli
zoccoli posteriori. Il mago oscuro cadde in avanti e la pianta-Oleander
gli si
avvolse attorno al viso, stringendo forte finchè non fu
certa che l'uomo avesse
perso i sensi, poi si ritrasformò. "Questi li prendo io."
disse,
sfilando il lungo mantello e la maschera argentata al Mangiamorte. Una
rapida
occhiata ai dintorni le fece capire che quella non era la zona di
Godric's
Hollow abitata dalla comunità magica: troppe automobili
parcheggiate lungo le
strade, biciclette e guantoni da baseball abbandonate nei cortili e nei
giardini. Prese a correre lungo il confine del paese per raggiungere il
quartiere dove risiedevano i maghi.
"Qualcosa
non quadra."
da quando McNair era venuto a chiamarlo, un
campanello di allarme era scattato nella testa di Severus Piton.
Abituato per
anni al doppiogioco, a vivere sul filo del rasoio, intuiva che c'era
qualcosa
di strano: il tutto era accaduto troppo in fretta, senza che gli fosse
comunicata alcuna istruzione.
Appena
giunti a Godric's Hollow, Voldemort si era allontanato con Nagini,
ordinando
loro di pattugliare le strade, ma queste gli apparivano fin troppo
sorvegliate:
ad ogni angolo spuntava un mago oscuro. Qualcuno aveva le sue sembianze
naturali, altri scontavano ancora gli effetti della Pozione polisucco.
Alcuni
si trovavano lì da mesi ed ecco perchè il Lord
Oscuro aveva voluto prolungare
gli effetti della Pozione: un gruppo di persone che ad ogni ora si
metteva a
bere, alla lunga avrebbe destato sospetti.
"Ci
sono notizie in merito al Ministero e ad Hogwarts? Sono già
capitolati?"
chiese, cercando di estorcere il maggior numero di informazioni
possibili a
Rookwood, che stava pattugliando con lui.
"Non
ancora, ma immagino sia questione di minuti: il nostro Signore ha fatto
in modo
che le bacchette dei nostri nemici fossero inutilizzabili. Per noi
sarà un
gioco da ragazzi avere la meglio su gente disarmata."
Piton
sentì la paura contrargli le viscere: era come rinchiudere
un lupo affamato in
un ovile pieno di agnelli inermi. Un mago molto esperto poteva fare
qualche
incantesimo anche senza bacchetta, ma la gran parte di loro era troppo
abituata
ad usarla per riuscire a farne a meno. Ecco cosa aveva preparato
Voldemort
durante l'anno in quella stanza a cui nessuno aveva accesso: ora
riusciva anche
ad intuire chi vi fosse rinchiuso. "Meglio per noi." riuscì
a mentire
con disinvoltura.
"Meglio
per i fedeli dell'Oscuro Signore." ripetè l'altro mago e in
quel momento
Piton capì di essere stato scoperto. Non sapeva come, ma
Voldemort aveva intuito
il suo doppiogioco. Si arrestò all'improvviso, mentre
Rookwood avanzò ancora di
qualche passo, prima di girarsi a fronteggiarlo. "Tu ovviamente non sei
fra questi." lo squadrò con rabbia e disgusto.
"Capisco.
Immagino sia del tutto inutile per me sfoderare la bacchetta, vero?"
disse
con voce piatta. E così, quella era la fine.
"Molto
acuto." Rookwood afferrò la propria e gliela
puntò contro.
"Detto
da te non è un gran complimento. Posso almeno sapere come mi
avete
scoperto?"
Il
mangiamorte tirò fuori un oggetto dalla tasca del suo
mantello: un disco metallico
con un vetro scuro, un Osservino, sul quale presero a scorrere immagini
ben
note, di quando era andato a Londra a liberare Mulciber. E a passare
informazioni a Williamson, nonchè a manomettere il libro di
incantesimi appena
recuperato "L'Oscuro Signore voleva semplicemente vedere se Draco era
degno o meno di portare il marchio nero sulla sua pelle, ma casualmente
ha
scoperto qualcosa di più interessante. Un vero peccato non
averti sorvegliato
sin dall'inizio, ma dopo stanotte stai pur certo che l'Oscuro
farà di tutto per
scoprire se ci sono altri vermi traditori da schiacciare. Addio Piton,
porta i
saluti dell'Oscuro a Silente."
La
punta della bacchetta si illuminò di verde, ma un attimo
dopo Rookwood venne
colpito sul fianco da un micidiale incantesimo arancione, che lo
scaraventò
contro il muro di una casa distante alcuni metri con la potenza di un
treno in
corsa. Piton si voltò incredulo nella direzione da cui era
partita la fattura:
c'era un Mangiamorte incappucciato, ancora con la bacchetta di legno
chiaro a
mezz'aria, che lentamente si sfilò la maschera d'argento,
facendola cadere a
terra. Pur nel buio della notte, riconobbe al volo quel viso, nascosto
dietro
grandi occhiali.
Oleander
si mosse verso di lui, all'inizio piano, quasi al rallentatore, per poi
tuffarsi di scatto contro il suo petto, quasi buttandolo a terra con la
sua
irruenza, scossa dall'emozione più profonda che avesse mai
provato in vita sua.
Si
era immaginata tante volte il loro incontro, aveva pensato a lungo a
cosa
dirgli ma adesso, sopraffatta dalla gioia, non riusciva a proferire una
sola
parola. Si limitava a stringerlo forte, l'orecchio appoggiato al suo
petto,
ascoltando il battito del suo cuore, come se fosse un miracolo. E
poteva ben
dirsi un miracolo. Se solo fosse arrivata un attimo più
tardi... un brivido di
terrore la scosse.
Dopo
qualche attimo di smarrimento, Piton l'afferrò per le spalle
e l'allontanò quel
tanto che bastava per guardarla negli occhi. Come poteva essere
Oleander? Lei
avrebbe dovuto essere ancora sotto gli effetti della sua pozione.
"Sono
io, Severus." sussurrò lei, come se gli avesse letto nel
pensiero.
"No,
non è possibile, tu..."
"Ah,
giusto! Nei tuoi programmi avrei dovuto restare a dormire come
Biancaneve. Beh,
spiacente, caro il mio esimio professore, Lumacorno ha trovato un
antidoto alla
tua pozione. - si andava decisamente arrabbiando, il tono della voce
che saliva
nel silenzio della notte - Severus, non ti azzardare mai più
a farmi una cosa
del genere, mai più. Hai una vaga idea di quanto ho
sofferto, di quanto sono
stata male? - prese a tirargli dei deboli pugni, mentre qualche lacrima
le
solcava il viso impolverato - Dell'angoscia che ho provato? Credevo di
morire, accidenti
a te!" concluse, decisamente furiosa, assestandogli un notevole colpo
sulla clavicola. Era lei, la sua Oleander, non c'era alcun dubbio:
nessun'altro
era capace di dare in escandescenza a quel modo. Severus
zittì ulteriori
proteste premendo con forza le labbra sulle sue: era sudata, sporca di
terra e
delle bruciature leggere di qualche incantesimo, ma nonostante tutto
non
riusciva a ricordare un bacio più bello di quello. Si
staccò da lei solo di
alcuni millimetri "Oleander, ora voglio che mi ascolti attentamente. So
che farai fatica a crederci e che ogni prova smentisce le mie parole,
ma
io..."
"Sei
innocente, lo so. - lo interruppe lei, posandogli una mano sulla
guancia - Hai
ucciso Albus perchè per lui era comunque giunta la fine,
perchè te lo aveva
chiesto lui e perchè Draco non ce l'avrebbe mai fatta."
buttò fuori in una
frazione di secondo.
Piton
rimase di stucco davanti a quel riassunto sincopato "E tu come fai a
sapere tutte queste cose?"
"Albus..."
tentò di dire lei.
"Albus?
Mi aveva giurato che la cosa sarebbe rimasta soltanto tra noi due. Mi
ha
mentito." sibilò con rabbia. L'aveva coinvolta, l'aveva
messa in pericolo!
"Voleva
tenersi qualche asso nella manica, credo. Senti, è una
storia lunga e parecchio
complessa, ma per farla breve Silente mi ha fatto uno strano
incantesimo e mi
ha spiegato come stanno le cose. Quasi tutto. Non so. Era un uomo
contorto.
Però non abbiamo tempo per parlarne, ora: Voldemort ha
sfidato Harry a venire
qui e..."
"Harry
Potter, l'eroe del mondo magico, si è precipitato con la
spada sguainata,
scommetto. - esclamò con lo sguardo carico di livore -
Finirà ammazzato come
uno stupido."
A
malincuore Oleander si sciolse dal suo abbraccio "Dobbiamo trovarlo."
In quel momento qualcosa di rigido, simile ad una grossa mazza, la
colpì sul
costato, buttandola a terra. La donna potè sentire
chiaramente il rumore di due
costole che si spezzavano: il dolore fu così intenso da
mozzarle il respiro ed
impedirle di urlare. Guardò Severus e si
paralizzò per il terrore: un serpente
gigantesco era saltato fuori da sotto una macchina parcheggiata e lo
aveva
avvolto in una frazione di secondo tra le sue spire. Severus cercava di
allontanarlo, ma la creatura era molto più forte di lui:
drizzò la testa e
spalancò le fauci, rivelando denti affilati e grondanti di
veleno e si avventò
su di lui. Per un istante parve puntare alla gola, ma poi
inspiegabilmente scivolò
in basso, azzannandolo sul fianco destro, all'altezza del femore.
Severus urlò
e urlò ancora e quel grido riscosse Oleander dal torpore in
cui lo shock l'aveva
gettata. Si alzò con un gemito per il costato dolorante e
afferrò il serpente
alla base della testa, cercando di soffocarlo per fargli abbandonare la
presa
"Lascialo, mostro immondo, lascialo immediatamente!" Le sue mani
robuste e avvezze al lavoro ebbero qualche effetto su Nagini, che
aprì le fauci
per riprendere fiato. Oleander gli ficcò la sua bacchetta in
bocca, cercando di
usarla come leva, ma questa si spezzò con un rumore secco.
A
quel punto, una voce calma e strascicata alle spalle di Piton
sillabò un
incantesimo "Colubrum repello." Nagini fu scaraventata lontano in una
nebbia grigiastra e con un sibilo rabbioso fuggì veloce tra
le villette. Piton
crollò a terra; mentre Oleander tentava di tamponargli la
ferita con le mani
alzò gli occhi, trovandosi faccia a faccia con Lucius Malfoy
e suo figlio. "I Malfoy sono morti, non
possono che
essere impostori." pensò, ma il ragazzo biondo si
inginocchiò accanto
a lei, visibilmente e sinceramente preoccupato "Professore..."
Dunque
erano davvero i Malfoy?
"Sto
bene, Draco." borbottò Severus, con una faccia che
raccontava tutto il
contrario.
"No
che non stai bene - Oleander si strappò una manica della
tunica e la premette
sulla ferita - il veleno di quella bestiaccia non permette alla ferita
di
rimarginarsi. Dobbiamo andare in ospedale, ora!"
"No."
rispose Piton in un tono secco che non ammetteva alcuna replica.
"Morirai
dissanguato, Severus!" disse lei, disperata.
"Posso
farcela. Dobbiamo raggiungere quell'idiota di Potter..."
Cercò di
rimettersi in piedi, senza successo.
"No
che non puoi, hai bisogno di..."
"Un
bezoar! - esclamò Draco. - E' un antidoto contro molti tipi
di veleno."
Oleander
avrebbe voluto dire 'cure mediche', ma l'idea di Draco, come soluzione
tampone,
era buona "Ma dove lo troviamo ora, un bezoar?" chiese.
Egoisticamente, era molto tentata di afferrare Severus e
smaterializzarsi
seduta stante in direzione del San Mungo, ma sapeva che lui non
gliel'avrebbe
mai perdonata.
"Qui
a Godric's Hollow abita un famoso e rinomato farmacista magico, Edmond
Milligan,
che sicuramente possiede dei bezoar. La sua dimora è giusto
laggiù, all'inizio
della strada." suggerì Malfoy padre.
"Lei!
- Oleander fissò Lucius con una intensità tale da
farlo sobbalzare - venga qui
e tamponi la ferita. Prema forte, molto forte. - poi baciò
velocemente Severus
sulle labbra - torno in un lampo."
"Vengo
con lei - disse Draco - so come è fatto un bezoar." e i due
corsero via,
mentre Lucius si inginocchiava accanto all'altro mago "Hai sempre avuto
dei gusti bizzarri in fatto di donne." Piton era bianco, quasi
cadaverico
e non aveva nemmeno la forza di replicare con una sua battuta
tagliente.
"Resisti Severus - proseguì Malfoy - se muori adesso, la tua
donna se la
prenderà con me ed io non ho intenzione di lasciare orfano
Draco."
"Non
sia mai. Dopo tutti gli sforzi fatti per farvi sopravvivere."
"A
questo proposito non ti ho ancora ringraziato. Non abbiamo avuto molte
occasione di incontrarci in questa settimana, mentre fingevamo di
essere i
fratelli Carrow."
Piton
agitò una mano nell'aria, quasi a voler scacciare i suoi
ringraziamenti
"Sarebbe stato alquanto imprudente, Lucius."
"Ti
sono debitore di molte cose, Severus." insistette l'altro.
"Narcissa
lo sa?"
"Sì,
sono riuscito ad accennarglielo e lei ha recitato egregiamente la sua
parte."
"Come
sono andate le cose ad Azkaban?"
"Appena
hanno messo piede nella prigione ed intanto che i Dissennatori creavano
scompiglio, Draco ha bloccato i Carrow con un incantesimo e poi
è corso da me,
liberandomi e raccontandomi della sentenza di morte emessa dall'Oscuro
Signore.
A quel punto siamo tornati dai Carrow e con un Imperius li ho costretti
a bere la
Pozioni polisucco che tu
avevi dato a Narcissa, poi l'abbiamo presa anche io e Draco ed io ho
ucciso i
Carrow per non lasciare testimoni. Sei stato molto previdente nel dare
quella
borraccia a Narcissa."
"Non
pensavo che le cose andassero così, ma se Narcissa avesse
deciso di abbandonare
il Covo dell'Oscuro Signore portando Draco con sè, volevo
dare loro la
possibilità di cercare un rifugio senza timore di essere
riconosciuti. Ora che
farete?"
"Andrò
a prendere mia moglie e ci allontaneremo finchè le acque non
si saranno calmate,
non mi farò coinvolgere più di così.
Non mi aspettavo che l'Oscuro Signore mi
voltasse le spalle dopo tutti questi anni, ma non ho intenzione di
aiutare
coloro che disonorano il nome dei maghi [2]. L'unica cosa che mi preme
è
portare la mia famiglia al sicuro."
"Ma
prima hai detto che mi sei debitore. Vuoi sdebitarti, Lucius?
C'è una cosa che
potresti fare."
Oleander
irruppe come una furia nella casa del farmacista, facendo saltare la
porta
d'ingresso. Pochi attimi dopo un uomo in vestaglia, sulla cinquantina e
con dei
baffetti sottili, scese strepitando dal primo piano, ma si
zittì, appiattendosi
contro le scale di fronte a quella donna dall'espressione stravolta che
gli
puntava contro la bacchetta "Hai dei bezoar?"
"S-sì.
- piagnucolò lui - ma non mi uccida, la prego."
"Dove
sono? Veloce, non ho un secondo da perdere!"
"Nel-nel
magazzino nel seminterrato. Vi si accede da una botola dalla cucina."
"Vado
io!" disse Draco.
Il
farmacista continuava a tremare e a supplicarla con voce lamentosa
"Che-che
sta succedendo? La prego, non mi faccia del male. Ho dei galeoni nella
cassaforte e..."
"Non
sono una rapinatrice, ho solo bisogno di un antidoto per un morso di
serpente." Ma la sua aria stralunata non convinse affatto il povero
signor
Milligan, che tentò di risalire le scale al grido di "Mi
vogliono
ammazzare!"
"Razza
di idiota! STUPEFICIUM!" Oleander lo mise a dormire e poi si
affacciò
sulla porta della cucina.
"Professoressa,
l'ho trovato." disse Draco, emergendo dalla botola con un sassolino in
mano e lo sguardo trionfante come se avesse appena afferrato un boccino
d'oro.
"Bravissimo
Draco!" Oleander ricambiò il sorriso, premendosi le mani sul
costato:
Merlino, se faceva male... curiosamente, vide l'espressione del giovane
Serpeverde mutare in un lampo dalla gioia all'orrore. "A terra!"
urlò
Draco.
Oleander
non chiese nulla, non pensò, non si voltò,
seguì l'istinto e fece esattamente
come le aveva detto il figlio di Lucius, che levò la
bacchetta e la puntò
contro Nagini, che si era rifugiata proprio in quella casa e si stava
calando,
letale e silenziosa, dal ballatoio del primo piano, pronta a fare ad
Oleander
ciò che non era riuscita fare a Severus, se Draco non avesse
visto la testa
della bestia spuntare alle spalle della maga. "Sectumsempra!"
urlò il
ragazzo e il gigantesco serpente finì letteralmente
affettato in tranci, che
ricaddero pesanti sul parquet.
Oleander
si lasciò andare ad un'imprecazione che avrebbe fatto
impallidire anche il più
incallito frequentatore di Notturn Alley. Rimettendosi in piedi a
fatica
abbracciò di slancio il giovane "Grazie, ti devo la vita."
Un
anno prima Draco Malfoy era stato ad un passo dal commettere un
omicidio: la
scena dell'anziano preside che moriva era ricomparsa più e
più volte nella sua
mente, togliendogli il sonno. Credeva che non avrebbe più
scordato l'atroce
consapevolezza di stare per uccidere un uomo, il sapore metallico della
paura
sul palato, che quelle sensazioni sarebbero state sue sgradite compagne
per
tutta la vita. Ora, invece, in una sorta di strana compensazione, aveva
salvato
una vita ed era come se qualcuno avesse rimosso un macigno dal suo
petto.
"Andiamo."
I
due tornarono di corsa all'incrocio dove avevano lasciato Lucius e
Severus:
l'indumento usato come tampone era ormai zuppo di sangue e Oleander
avrebbe
insistito ancora per portarlo al San Mungo, se avesse pensato di
poterlo
convincere, ma sapeva che era del tutto inutile. Piton
ingoiò il bezoar e,
lentamente, dalla ferita la fuoriuscita di sangue si fece meno copiosa.
"Molto
bene. - Lucius Malfoy si tirò in piedi e circondò
con un braccio le spalle di
Draco - Noi ce ne andiamo. Buona fortuna Severus. Signorina."
"Come
sarebbe a dire che ve ne andate? Non..." I due si smaterializzarono,
rendendo la protesta di Oleander del tutto vana.
"Credo
che il sangue si sia fermato." disse Piton.
"Mi
pare di sì. Ora comunque la fascio per bene." Per fortuna il
Mangiamorte
al quale aveva sottratto il mantello aveva la bacchetta riposta in una
tasca,
dato che quella di Severus era fuori uso e la sua si era rotta.
Aiutò il mago
ad alzarsi e si passò un suo braccio attorno alle spalle per
sorreggerlo,
quando vide arrivare di corsa Ron ed Hermione. "Oh no, ci mancava anche
questa." sussurrò Oleander.
"Miseriaccia,
hai catturato Piton, bravissima!" Ron si stava precipitando su di lui a
bacchetta spianata.
"Ron,
fermo. Expelliarmus!" gridò la maga più grande,
facendogli schizzare via
la bacchetta dalla mano.
"Oleander?"
il ragazzo era incredulo.
"Ron,
Piton l'ha sicuramente Confusa."
"No
Hermione, non sono Confusa. - e per sicurezza disarmò anche
lei - Adesso non
c'è tempo per le spiegazioni dettagliate, ma il professor
Piton è dalla nostra
parte."
"Lui
è il Mangiamorte più fedele di Voldemort, ha
ucciso Albus Silente, te ne sei
dimenticata?" le urlò addosso il ragazzo.
"Sprechi
il fiato Oleander - disse Piton con un sorriso amaro - il signor
Weasley è
chiaramente convinto di essere il depositario della verità
assoluta e nulla di
ciò che dirai potrà smuoverlo."
"Severus,
per favore! - lo implorò lei - La situazione è
già abbastanza complicata. -
Oleander abbassò la bacchetta - Non ho alcuna intenzione di
farvi del male, vi
chiedo solo di fidarvi delle mie parole. So che vi sembra impossibile,
ma vi
prego, vi scongiuro, dovete
credermi:
Severus sta con noi."
Qualcosa,
forse il tono accorato e appassionato della donna, forse la
sincerità riflessa
nei suoi occhi castani, convinsero Hermione ad annuire
impercettibilmente. Ron,
al contrario, scuoteva la testa scandalizzato "Se questi due sono in
combutta, ci ammazzeranno appena volteremo loro le spalle."
La
grifondoro scosse la testa "Avrebbe già potuto ucciderci."
"Restiamo
qui a sprecare altro tempo e Voldemort nel frattempo avrà
già schiacciato
Potter come un vermicolo." disse Piton in tono tagliente.
"Hai
idea di dove possono essere?" chiese Oleander.
Piton
serrò le labbra sottili ed annuì "Dove c'era la
casa dei suoi genitori.
Per di qua."
"Prima
voi." disse Ron, diffidente, raccogliendo la sua bacchetta.
"Speriamo
ci sia anche Nagini - disse Hermione in tono pratico - o qualsiasi cosa
facciamo sarà del tutto inutile."
Oleander
si voltò e le sorrise "Del serpente non devi più
preoccuparti, l'ha uccido
Draco."
A
quelle parole Severus si piantò nel mezzo della strada "Che
cosa? Perchè
non l'hai detto subito?"
"Draco?
Draco Malfoy è qui?" chiese Ron.
"Non
più, se n'è andato col padre. - gli rispose
Oleander, poi tornò a guardare
Severus - tra la loro smaterializzazione e l'arrivo dei ragazzi non ho
fatto in
tempo a dirlo."
"Racconta."
la incalzò l'ex professore di pozioni.
Oleander
si strinse leggermente nelle spalle "Nagini era entrata nella villa del
farmacista e stava per attaccarmi alle spalle, ma Draco l'ha vista per
tempo e
l'ha uccisa con un incantesimo che non avevo mai sentito...
Sectumqualcosa...
ad ogni modo è stato davvero impressionante, l'ha
letteralmente affettata.
Severus, qualcosa non va? Dovresti essere felice che quel serpente
mostruoso sia
morto." Invece il mago bruno aveva un'aria cupa e preoccupata, mentre
la
sua mente lavorava febbrilmente.
"Glielo
dico io perchè è triste. Perchè quello
era l'ultimo horcrux in circolazione ed
ora Voldemort può morire, come qualsiasi altra persona."
disse Ron. Piton
non lo considerò neppure, mentre anche Oleander, ripensando
a ciò che era
accaduto poco prima, iniziava a trovare qualcosa di strano. Sul momento
non ci
aveva fatto caso, ma... "Nagini non era protetta in alcun modo."
mormorò
la donna. Guardò Severus negli occhi e lui annuì,
mortalmente serio "E
quando Draco l'ha uccisa - proseguì lei - non è
successo un bel niente, è morta
e basta. Facilmente. Oh no, troppo facilmente. Non... non era un
horcrux."
Già, niente a che vedere con la formidabile esplosione del
bracciale di
Corvonero, le maledizioni corrosive dell'anello di Orfin e del
Medaglione di
Serpeverde, o la resistenza della Coppa di Tassorosso, capace di
frantumare la
spada di Godric Grifondoro. No, nessun incantesimo protettivo per il
serpente.
"L'Oscuro
Signore non avrebbe lasciato proprio il suo familiare privo della
protezione di
una qualche maledizione, se avesse ospitato un frammento della sua
anima."
constatò Piton con voce piatta, per poi reimmergersi nei
suoi ragionamenti.
"Oh
no! - fece Hermione - allora siamo al punto di partenza."
"Dove
altro può essere l'horcrux di quel demonio?" Ron si
passò una mano tra i
capelli rossi.
"No!
No, maledizione! Mille volte maledizione! - l'urlo rabbioso di Piton
sorprese
tutti - Non può essere!"
"Severus?
Tu lo sai?" chiese Oleander.
Il
mago non diede segno di averla udita e continuava a seguire il filo
logico dei
suoi pensieri, mentre l'odio e l'orrore gli deformavano il viso "Parla
serpentese... la profezia... ha un legame diretto con lui... l'omicidio
di
Lily..."
Oleander
e Ron si guardavano spaesati, mentre Hermione colse al volo quelle
allusioni e cercò
lo sguardo di Piton, sperando in una smentita. "Pro-professore..." ma
le parole le morirono in gola, non aveva il coraggio di dar voce a quel
pensiero.
Un'ombra
di sorriso attraversò il volto del mago: cervello fino la Granger,
decisamente
sprecata come Grifondoro.
Le
parole di Severus risuonarono come una condanna a morte nella notte
"Non
capite? E' Harry Potter l'ultimo horcrux."
============================
NOTE
[1]
Ovviamente tratta dall'ultimo libro della saga.
[2]
Citazione dalla Camera dei Segreti: è ciò che
dice Malfoy senior al signor
Weasley al Ghirigoro.
So
che sembrerò una paraculo, ma che Harry potesse essere un
horcrux l'avevo
già intuito, ben prima di leggere DH. Il sospetto (quasi
certezza) mi era venuto leggendo il sesto libro,
quando Silente fa un elenco di dove potrebbero essere gli horcrux. Il
fatto che
Harry parlasse il serpentese, che in qualche modo fosse in collegamento
con
Voldemort tramite la cicatrice, mi aveva fatto pensare "E se questo
legame
fosse legato ad un frammento di anima?" e così mi sono messa
ad elaborare
questa idea per la fanfiction. Come vedrete però la
soluzione alla quale sono
arrivata io è molto diversa da quella della Rowling. |
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Capitolo 22 *** 21. L'ultimo horcrux ***
CAPITOLO 21 - L'ULTIMO HORCRUX
Marcy
si avvicinò timidamente alla poltrona sulla quale sedeva
Narcissa Malfoy, con
in mano un vassoio con su dei dolcetti di zucca e zenzero ed un
bicchiere colmo
di latte, intonsi.
"Si-signora
- pigolò debolmente l'elfa - la bambina non vuole mangiare."
Narcissa
le rivolse un'occhiata irritata "Avrà capito anche lei che
la tua cucina
fa schifo." Si alzò, mentre l'elfa si ritraeva impaurita per
farla
passare, e andò nella stanza al piano superiore.
Si
trovavano in una villa di campagna appartenuta al bisnonno Cygnus, dove
spesso
i loro genitori le portavano per le vacanze estive.
Spalancò
la porta della stanza e per un momento ebbe paura che la bambina che
doveva
custodire fosse scappata. Ma no, impossibile: gli incantesimi
sigillavano ogni
possibile via di fuga: infatti eccola lì, nell'angolo
più buio della camera,
raggomitolata sul pavimento, le ginocchia strette al petto in una
posizione di
difesa. D'altronde non avrebbe potuto fare molto altro: non aveva
manifestato
alcun potere magico dal giorno della sua cattura, era una
magonò.
Quella
mattina era arrivata lì con Bellatrix e la loro piccola
prigioniera. Sua
sorella le aveva detto sbrigativamente "Il nostro Signore vuole che
resti
qui a sorvegliarla, dice che non ti sei ancora ripresa del tutto dalla
morte di
Draco."
Narcissa
sollevò una mano e distolse lo sguardo, come a voler
respingere
quell'argomento. Bellatrix l'afferrò per le braccia "Sii
forte, presto
dimenticherai, perchè da stanotte inizierà una
nuova era. La nostra era. Sarà
tutto meraviglioso, sorella mia, come lo abbiamo sempre sognato."
"E
la bambina?"
"La
bambina cosa?" aveva replicato Bellatrix, corrugando la fronte.
"Sì,
insomma, cosa ne faremo dopo stanotte, una volta che sarà
tutto finito?"
Bellatrix
l'aveva guardato come se fosse lei la pazza, tra loro due "Cosa vuoi
che
importi, Cissy? Che muoia pure: è solo per precauzione che
la teniamo ancora in
vita, ma dopo stanotte non servirà più. Non ci
sarà posto per gli anormali come
lei nel mondo che l'Oscuro Signore sta forgiando." e con lo sguardo
più
folle che mai si era congedata.
"Tu!
E' da stamane che non tocchi cibo, devi mangiare." disse Narcissa alla
ragazzina in tono freddo ed autoritario. Per tutta risposta quella si
raggomitolò ancor di più su se stessa, come un
riccio. I capelli argentei
sparavano disuguali in ogni direzione, dopo che Bellatrix le aveva
reciso le
trecce quando l'avevano trovata.
"Questo
è il mondo che stiamo
costruendo? Terrorizzare una insulsa bambina, questa è la
nostra futura grandezza?" si chiese la donna bionda.
"A
che mi serve mangiare? Tanto morirò comunque. - disse la
bambina, la testa
sempre nascosta tra le gambe - Mi ucciderai, come avete ucciso la
mamma."
La
mente di Narcissa tornò ad un mese prima.
Una
trionfante Bellatrix le aveva
comunicato di aver finalmente trovato la persona che il Signore Oscuro
stava
cercando. Quella notte si smaterializzarono in un piccolo paese di
pescatori
sulla costa. La maga, seguita dalla sorella, si diresse sicura verso
una
casetta isolata, lontana dall'abitato principale. Due donne,
presumibilmente
madre e figlia, erano nel cortile a ritirare il bucato.
"Il nostro obiettivo è la
bambina." disse Bellatrix in tono sbrigativo e sguainò la
bacchetta.
La madre del loro obiettivo intuì
qualcosa, perchè urlò alla bambina di scappare e
poi cercò di fronteggiare
Bellatrix, mentre Narcissa pietrificava la piccola per impedirle la
fuga.
Non ci fu neanche un vero duello, Bella era
troppo superiore alla sua avversaria e la freddò con un
Avada Kedavra in pochi
minuti.
Poi si era avventata sulla bambina
inerme e con un incantesimo le aveva tagliato di netto i capelli,
mentre il
cuore di Narcissa mancava alcuni battiti: Bella aveva maneggiato la
bacchetta
con una tal furia che credette le avrebbe tagliato la testa.
"Ora vediamo se con questo - e
strinse con forza le ciocche di capelli argentei - gli verrà
voglia di
collaborare a dovere."
"Bella, che significa tutto questo?
Mi spieghi chi è questa bambina? E chi deve collaborare?"
"Questa è un incentivo perchè qualcuno
faccia il suo dovere."
Non era riuscita a cavarle nulla più di
quella criptica risposta.
Narcissa
guardò una grossa pendola: era notte inoltrata, ormai...
perchè ci mettevano
così tanto? Quella mattina, prima della sua partenza,
Lucius, nelle fattezze di
Amycus Carrow, le aveva sussurrato di tenersi pronta, che non appena si
fosse
presentata l'occasione, lui e Draco l'avrebbero raggiunta.
Quasi
in risposta alle sue preghiere, suo marito e suo figlio si
materializzarono
nella stanza con uno schiocco sonoro. Narcissa li abbracciò
entrambi
"Finalmente. Lucius, amore mio, non sai quanto sono stata in pena per
voi."
"Sei
stata molto brava. - le rispose il marito, passandole una mano sui
capelli
biondi - Ti chiedo solo di avere un po' di pazienza e poi ci lasceremo
questo
incubo alle spalle. Prima però devo onorare un debito con
Severus."
"Di
cosa si tratta?"
"Le
bacchette dei nemici dell'Oscuro Signore hanno smesso di funzionare.
Piton
pensa che l'incantesimo per fare questo si stia svolgendo in quella
stanza
segreta del palazzo e che il responsabile sia il signor Olivander."
A
quella parola la bambina scattò in piedi "Il nonno! Tu
conosci il
nonno?"
"Olivander
è tuo nonno?" chiese Draco. La ragazzina annuì
vigorosamente.
"Un
incentivo. - mormorò Narcissa - Certo, ora capisco cosa
intendeva dire Bella:
l'Oscuro Signore ci ha fatto prendere in ostaggio la nipote, per
costringere
Olivander ad assecondare i suoi piani."
Lucius
squadrò la bambina "Alzati in piedi - le ordinò -
Tu ci servi."
I
Malfoy e la nipote del fabbricante di bacchette si materializzarono nel
Covo di
Lord Voldemort. A custodia della stanza era rimasto solo Mulciber: il
Mangiamorte restò inebetito a guardare Lucius e Draco, che
credeva morti e
sepolti, non fece neanche in tempo a pronunciare una sillaba prima che
Lucius
lo tramortisse con un incantesimo. Schiantò il portone ed
entrò nella stanza,
seguito dalla bambina: nell'aria si libravano piccoli fili, impalpabili
ed
eterei come volute di fumo, si avvitavano, fluttuavano e splendevano,
ruotando
a spirale attorno a un uomo, seduto al centro di una gigantesca runa,
che
cantilenava un incantesimo.
"Muoviti,
va' da lui." disse Lucius alla bambina. Lei non se lo fece ripetere due
volte e gli corse incontro. "Nonno! Nonnino."
"Ann!
- l'anziano fabbricante di bacchette la strinse a sè - Ann,
la mia piccola
Ann." poi alzò gli occhi, increduli ed interrogativi, sul
signor Malfoy.
"Hai
riavuto ciò che volevi proteggere, se vuoi puoi smettere di
fare ciò che stai
facendo."
Olivander
non se lo fece ripetere due volte: smise di recitare l'incantesimo del
Vestigium creatoris e tutti quei fili colorati si dissolsero
all'istante.
A
chilometri di distanza, ad Hogwarts e al Ministero, le bacchette che
fino a
quel momento erano state inerti ed inutili, tornarono funzionanti
sprizzando
scintille rosse.
Nella
ex stanza delle profezie i Weasley e Shacklebolt erano pronti a vendere
cara la
pelle, fronteggiando il gruppo di Mangiamorte che stava per abbattere
la
barriera davanti alla porta. D'un tratto si udirono urla e molti
incantesimi
gridati contemporaneamente da voci ben conosciute: Auror e colleghi di
Arthur.
E presto tutti i Mangiamorte tacquero.
A
Hogwarts un gruppo di Mangiamorte era riuscito a raggiungere la Torre
di Grifondoro e stava
per sfondare la porta. In quel momento, tutte le bacchette dei ragazzi
lì
riuniti ripresero a funzionare: non si era mai vista una scarica di
incantesimi
come quella che investì il gruppo di maghi oscuri
lì fuori.
L'eco
delle parole pronunciate da Piton sembrava risuonare ancora nell'aria
immobile.
Hermione prese a piangere silenziosamente ed Oleander dovette ricordare
a se
stessa di ricominciare a respirare.
"Non
è vero! - sussurrò Ron - Ditemi che non
è vero." Hermione gli si abbandonò
contro, distrutta.
"Allora
è così." la voce di Oleander era stanca,
rassegnata. Quindi Voldemort
aveva creato l'horcrux dentro ad Harry con l'omicidio di sua mamma. E
ad
Hogwarts, per uno scherzo del destino, Harry era stato smistato a
Grifondoro,
in un certo senso era un oggetto di Grifondoro. La collezione del mago
oscuro
poteva dunque dirsi completa: aveva un horcrux per ciascuno dei
fondatori della
scuola di magia.
"Questo
- la voce di Ron tremava tanto da essere irriconoscibile - significa
che per
sconfiggere Voldemort, Harry dovrà morire?" rivolse all'ex
insegnante uno
sguardo furioso ed indignato, quasi che fosse colpa sua.
"Cosa
facciamo?" chiese Hermione tra le lacrime.
"Intanto...
- Oleander cercò di raccogliere quel briciolo di
lucidità che le era rimasta -
intanto troviamolo e poi... e poi ci penseremo."
Ripresero
a correre verso la casa dei Potter.
La
schermaglia fra Harry e Voldemort nel frattempo proseguiva, incantesimi
di ogni
colore illuminavano il cielo, sfrigolando in ogni direzione. Con la
coda
dell'occhio il ragazzo notò alcuni Mangiamorte che
osservavano da lontano,
spettatori divertiti di quel duello. Ma d'improvviso si accasciarono a
terra,
l'uno dopo l'altro e al loro posto comparvero Neville, Luna e Ginny.
Quest'ultima lanciò il suo Patronus nel buio della notte.
"Andate
via! - urlò Harry - E' troppo pericoloso, via!"
"Su,
su - disse Voldemort, con tono falsamente bonario, mentre respingeva
una
fattura del suo opponente - non essere scortese e falli restare,
dopotutto
stanno per assistere ad uno spettacolo che non si vede tutti i giorni."
I
tre amici di Harry confabularono qualcosa, poi levarono le bacchette
all'unisono ed indirizzarono i loro incantesimi contro il mago oscuro.
Questi
fece un gesto quasi seccato e li respinse contro i giovani maghi, che
vennero
scagliati via. Harry si portò sulla traiettoria, per
impedirgli di colpirli
ancora.
"Coraggioso,
ma del tutto inutile. Dopo questa notte non ci sarà
più nulla in grado di
ostacolarmi. Silente ha perso: ogni sua mossa, anche quella di mandare
Piton a
fare da boicottatore è fallita, non ha più
pedine. Mi rammarico solo che ora
non sia qui, ad ammirare ciò che sta per accadere."
L'odio
si fece strada prepotente in Harry non appena Voldemort
pronunciò il nome di
Silente. Con furia cieca ricominciò ad indirizzargli contro
ogni sorta di
fattura, ma il suo avversario sembrava in grado di respingerle tutte,
finchè,
in tutta calma, disse "Ora basta così, abbiamo giocato
abbastanza." e
con un preciso Expelliarmus, disarmò il ragazzo. Harry
restò paralizzato sul
posto, poi si sentì come afferrato dalla parte dei piedi da
una forza
misteriosa, cadde sulla schiena e venne trascinato al centro del
giardino.
"Vuoi
ascoltare una storia, Harry? - sibilò Voldemort con la sua
voce serpentina -
Una storia di diciassette anni fa?"
Ad
un movimento della bacchetta di Voldemort un cerchio di luce nera, come
una
nebbia densa, si formò attorno al ragazzo inchiodato
sull'erba. Harry inarcò la
schiena con tutte le sue forze, cercando di disancorarsi da quella
invisibile
forza magnetica che lo schiacciava a terra. Si mosse solo di pochi
millimetri,
per poi ripiombare giù, ansante. Il mago oscuro, in piedi
davanti a lui, era
del tutto indifferente ai suoi sforzi ed al panico che iniziava a
deformargli i
lineamenti.
"Quella
notte accadde qualcosa di davvero inaspettato. Uccidere tuo padre fu
relativamente facile, ma tua madre si rivelò un osso molto
più duro. Sapevo che
era un'ottima Auror che aveva mandato ad Azakaban alcuni dei miei
più fedeli
seguaci, ma non mi aspettavo una reazione così veemente. Le
offrii di salvarsi,
in cambio della tua vita, ma lei rifiutò. E così
la uccisi."
Harry
urlò, cercando di alzarsi ancora: voleva farlo a costo di
farsi scoppiare il
cuore, voleva balzare in piedi e stringere le mani attorno al collo
dell'assassino di sua mamma.
Voldemort
proseguì a raccontare, ignorando i suoi sforzi "All'inizio
non avevo
intenzione di creare un horcrux con lei. E' un processo piuttosto
sfibrante,
sai? E io, di horcrux, ne avevo già a sufficienza. Pensavo
solo di uccidere
anche te e andarmene. Ma poi accadde l'inspiegabile: tu respingesti
l'Anatema
che uccide, che rimbalzò. Sapevo che non avrei potuto
evitarlo, ma la cosa non
mi preoccupava più di tanto, avevo altri horcrux ben
custoditi. Piuttosto, ero
affascinato dal fatto di non essere riuscito a colpirti. E sai cosa
pensai,
Harry? - mosse un passo all'interno del cerchio e si
inginocchiò accanto a lui
- Pensai 'voglio il suo potere magico, voglio la sua anima in grado di
sconfiggere l'Anatema mortale'. E così lasciai il mio corpo
in pegno in quella
stanza, affinchè il mio desiderio si realizzasse, lo
combinai con il mio ultimo
horcrux e lo depositai qui." Voldemort sfiorò il petto del
ragazzo
all'altezza del cuore.
Harry
urlò fino a sentir bruciare le corde vocali.
"Fa
male? - chiese l'Oscuro Signore con finto interesse - Immagino di
sì. Avrei
voluto fare una prova con un altro horcrux prima di te, ma non mi
è stato
possibile. Non temere, comunque, il male passerà. Presto non
sentirai più nulla,
perchè ora riscatterò quel pegno lasciato
diciassette anni fa: riprenderò
quell'horcrux, che in questi anni è cresciuto, cullato dal
tuo potere."
Ed
il mondo di Harry si fece nero all'improvviso.
Il
cavallo argenteo di Ginny raggiunse Ron, Hermione, Oleander e Piton a
meno di
un isolato dalla casa dei Potter. Accelerarono il passo ed erano quasi
in vista
della meta, quando quelle strane formelle runiche impresse lungo la
strada,
presero a pulsare di una luce nerastra e maligna, collegandosi l'un
l'altra con
un raggio di quella stessa luce inquietante. Ron fece un salto indietro
per non
calpestarne una.
"Professore,
lei sa cosa sono quei simboli?" chiese Hermione.
"Sono
parte di un antico incantesimo: annullano gli effetti delle altre
fatture,
producendo il risultato contrario. Ero riuscito a manomettere le
formule
magiche di alcuni di essi, ma purtroppo l'Oscuro Signore mi ha scoperto
e deve
aver ripristinato l'incantesimo originale. E' stato tutto inutile."
mormorò con voce greve di amarezza, odiandosi per quel
fallimento.
"Guardate!"
Ron puntò il dito contro tre figure stese a terra: Luna,
Neville e Ginny.
Hermione e Ron li rianimarono, mentre Severus e Oleander si portarono
di fronte
alle rovine e la donna non potè trattenere un grido, davanti
alla visione di
Voldemort, chinato su Harry, mentre entrambi erano avvolti da un
cerchio di
magia oscura, che andava espandendosi. A quel suono, il Lord si
voltò
lentamente verso di loro ed il grido di Oleander aumentò
d'intensità: era la
prima volta che vedeva Voldemort di persona e immediatamente
capì perchè la maggior
parte dei maghi tremasse solo all'idea di pronunciarne il nome. La
magia nera,
malvagia che si spandeva dalla sua persona, come un'aura mortale, il
volto
scheletrico, privo di naso, che non aveva quasi più nulla di
umano e poi quegli
occhi... quelle iridi rosse che parevano poterti uccidere anche a
quella
distanza, bastava la sua presenza ad incutere terrore più di
una schiera di
Dissennatori. Come avevano potuto pensare di sconfiggerlo? Non si
poteva
sconfiggere un mostro del genere... erano stati degli sciocchi, dei
pazzi a
crederlo e sarebbero morti tutti quanti.
Piton
le strinse una spalla per calmarla, con forza e lei, istintivamente,
posò una
mano sulla sua. Severus aveva spiato Voldemort per anni, si era
presentato al
suo cospetto, aveva occluso la mente, gli aveva mentito, aveva
informato
Silente dei suoi piani. Si chiese dove avesse mai trovato il coraggio
per
portare avanti quella missione suicida e cercò i suoi occhi
neri, sperando che
le infondessero almeno una goccia del suo ardimento.
Non
appena Ron l'ebbe innervata, Ginny balzò in piedi e si
lanciò in direzione di
Harry. "Signorina Weasley, ferma!" tuonò Piton e
l'afferrò per la
manica della camicia. Sbilanciata la ragazza urtò appena con
l'altro braccio il
fascio di nebbia nera che, sempre più fitto, avvolgeva il
perimetro della casa
dei Potter. Fu come se mille cavatappi le si fossero conficcati nella
carne,
roteando e spandendo dentro di lei un dolore lacerante che le esplose
fin nel
cervello. L'ex-professore prese lesto la bacchetta e la
passò sul braccio di
Ginny, mormorando un incantesimo.
Voldemort
parve leggermente sorpreso di vedere Piton, il traditore, ancora vivo,
ma non
parve minimamente turbato, nè preoccupato. Tornò
a rivolgersi ad Harry,
inchiodato al suolo, lo sguardo vacuo ed inespressivo. "E'
così, in te c'è
mio ultimo horcrux. L'ho lasciato dentro di te perchè
crescesse, si rafforzasse
abbeverandosi della tua magia e mi rendesse invincibile. In questo
luogo, in
questi mesi i miei fedeli Mangiamorte hanno pazientemente tracciato le
formule
ed i simboli magici di un complesso incantesimo che mi permette di
invertire ed
annullare la creazione dell'horcrux. Ora mi riprenderò
ciò che mi appartiene e grazie
a te spazzerò via in un sol colpo chi ha osato mettersi
sulla mia strada."
L'oscurità
era ovunque: attorno a lui, ma soprattutto dentro di lui. La sua anima
era
nera, la sua anima era come quella di Voldemort, era l'anima di
Voldemort. Lui
era l'arma con cui il suo nemico avrebbe ucciso tutti i suoi amici,
sarebbe
stato lui la rovina definitiva di tutto ciò che amava.
"Ridammi ciò che mi
appartiene." sussurrava la voce serpentina di Voldemort, ma era anche
la
sua voce, perchè ormai erano la stessa cosa, era una parte
di lui.
Non
poteva opporsi, non poteva lottare, non poteva fare nulla, non con
l'anima del
suo oscuro nemico radicata in sè, fusa con la propria.
Non
c'era salvezza, non c'era speranza, non c'era nulla nella
vastità di quel buio
senza confini. Era corrotto, perso per sempre.
E
solo.
Nulla,
laggiù, avrebbe mai potuto raggiungerlo. Non c'era
più nessuno.
Era
stanco, spossato.
Che
tutto quello finisse al più presto, pregò.
Lentamente,
l'anima iniziò a scivolare via da lui.
La
nebbia nera aumentò ancora, coprendo quasi completamente le
due figure al
centro del giardino. Ron e Neville avevano il loro da fare nel cercare
di
trattenere Ginny, che urlava e piangeva disperata "Harry! Harry, no!"
Hermione
e Luna provarono a lanciare i loro Patronus, nel disperato tentativo di
disperdere la nebbia, ma le figure argentee si dissolsero all'istante.
"Potter!
- la voce di Piton risuonò carica di quel disgusto che
sempre aveva quando si
rivolgeva a lui - E' tutta qui la tua forza? Sei debole fino a questo a
punto?
Mi deludi, mi deludi profondamente. Sei davvero solo un ragazzino
arrogante ed
incapace."
"Ma
cosa... stia zitto!" urlò indignato Ron, ma Oleander gli
tappò la bocca
con una mano "Lascialo provare. A meno che tu non abbia un'idea
migliore." e quando tolse la mano, Ron si limitò a guardare
entrambi con
occhi torvi.
"Lily
ha dato la vita per proteggerti - proseguì Piton, con uno
sforzo enorme - Lei è
morta per te, perchè tu vivessi ed ora la ripaghi
così? Abbandonandoti a
Voldemort senza lottare? Getti via il suo sacrificio. Il suo amore. Tu
non sei
altro che un codardo e non sei degno di un dono così
prezioso."
Fu
come essere colpiti da una secchiata di acqua gelata nel sonno. Quella
voce,
l'odiosa voce di Piton giunta fin lì, così ferma,
così indignata, così
accusatoria lo strappò di colpo a quel torpore a cui si era
abbandonato con
colpevole facilità.
Stava
dicendo la verità. La tagliente, cruda verità.
E
quegli insulti sprezzanti colpirono con forza il suo orgoglio di
Grifondoro,
che si ribellò.
Piton
aveva ragione: non poteva cedere senza lottare, senza opporre
resistenza a quel
buio malefico, ma non sapeva come.
"Sì
che lo sai, Harry." una voce femminile, cristallina,
lieve, dolce.
"Mamma!"
"Sì,
sono io."
rispose pacatamente la voce di Lily, da qualche parte
nell'oscurità.
"Mamma,
aiutami, non so cosa fare."
"Sev
ti ha indicato la via,
ascoltalo. Harry, puoi farcela: tu possiedi la forza per battere
Voldemort, hai
qui, dentro di te, qualcosa che lui non potrà mai
comprendere."
Compassione,
dolcezza, spirito di sacrificio.
In
una parola, l'amore.
"Amore..."
disse piano.
"Proprio
così, Harry, proprio così.
Il mio amore, quello di James, di Sirius, di Remus e di tutti i tuoi
amici. Hai
tutto questo amore."
E
d'un tratto le sentì: le voci di Hermione, Ron, Neville,
Luna e della sua
piccola Ginny, che urlavano il suo nome, che lo incoraggiavano.
"Ma
la mia anima è la sua."
"No!
- la
voce di Lily, pur non smettendo di essere dolce,
negò con forza assoluta quell'affermazione - No,
Harry. Tu non sei Voldemort. Tu non hai mai perso il sorriso
neanche in undici anni di maltrattamenti dei tuoi zii, tu sei il
ragazzo che ha
diviso i suoi dolci con Ron sul treno, che ha protetto la Pietra
filosofale senza
alcuna brama di usarla, che non ha avuto esitazioni ad affrontare il
Basilisco
per salvare Ginny, che hai risparmiato la vita a Peter. Harry, la tua
anima ha
tutte queste cose dentro di sè. La tua, e non quella di
Voldemort."
"Cosa
devo fare, mamma?"
"Pensi
di essere in grado di
trasmettere questo amore anche a quel frammento di anima oscura?"
Lo
sentiva. Sentiva il flusso di quei sentimenti caldi e meravigliosi
dentro di sè
"Sì."
"E
allora, lascia semplicemente che
l'amore trabocchi."
Voldemort
staccò la mano dal petto di Harry e la sollevò,
trascinando con sè uno zampillo
di luce che salì alto nel cielo. Il mago oscuro
spalancò le braccia ed attese
che quel fiotto di potere ricadesse su di lui.
Nel
preciso momento in cui questo avvenne, però, accadde anche
qualcosa di
inspiegabile. Si era aspettato di sentir fluire dentro di sè
il potere e
l'ebbrezza della magia fresca e giovane di quel ragazzo, ma
ciò che sentiva
crescere dentro di sè era qualcosa di strano, sconosciuto,
incomprensibile e
assolutamente insopportabile. Uno strano calore, un fuoco senza fiamma
che
pareva annullare tutto di lui, cancellare ciò che era,
annichilirlo in sensazioni
ignote "NOOO! DANNATO, CHE COSA MI HAI FATTO!"
Brillava,
il suo corpo brillava di una luce bianca, troppo pura e luminosa per
quel
brandello di anima disperata e corrotta che quel simulacro di corpo
ancora
ospitava. Le membra iniziarono a disfarsi, a scomparire, inghiottite
dalla luce
che quell'horcrux purificato dall'amore, che lui stesso aveva
richiamato nel
suo corpo.
I
maghi restarono immobili ed increduli sul selciato, a guardare a bocca
aperta
il corpo di Voldemort che si dissolveva nella luce, fino a scomparire
del tutto.
L'incantesimo
nero e corrotto che circondava la casa dei Potter, prese ad allungarsi
velocemente verso di loro.
"Allontanatevi,
presto!" urlò Piton, poi afferrò Oleander per la
vita e si smaterializzò,
imitato dagli altri ragazzi, un attimo prima che quella strada venisse
investita dalla nebbia nera.
"Harry,
svegliati."
Una
voce lo stava chiamando. Non era quella di sua mamma, ma gli era
comunque ben
nota.
"Coraggio,
ragazzo mio, svegliati."
No,
impossibile... non poteva essere lui.
"Se
non ti svegli - proseguì la voce con tono divertito -
sarò costretto a togliere
dieci punti a Grifondoro e la cosa mi dispiacerebbe parecchio."
Harry
aprì i suoi occhi verdi: era sdraiato a terra e chino su di
lui si ergeva la
figura di Albus Silente.
"Professor
Silente?" sussurrò il ragazzo, incredulo.
"No,
tecnicamente no. Sono solo una magia da lui creata e posta dentro di te
prima
che morisse. Ma per evitare confusione, puoi chiamarmi così."
Il
ragazzo si mise a sedere: erano nel parco di Hogwarts. La figura del
castello,
rassicurante nella sua imponenza, si stagliava all'orizzonte, nella
vivida luce
del mattino. Ma solo un attimo prima era a Godric's Hollow, nel
giardino della
casa dei suoi genitori.
"Dove
siamo?"
"Nella
tua mente. Ma ho pensato che un paesaggio familiare ti avrebbe fatto
piacere."
Il
ragazzo scattò in piedi all'improvviso "Voldemort?"
"E'
morto, Harry." disse semplicemente Silente.
Harry
sbattè le palpebre e restò a lungo in silenzio,
poi sussurrò piano, come se dar
fiato ai suoi pensieri potesse sovvertire la realtà delle
cose
"Davvero?"
"Sì
- sorrise Silente - Non tornerà più. Tutti i suoi
horcrux sono stati distrutti
e lui è venuto in contatto con l'unico sentimento che
è sempre andato al di là
della sua comprensione. La sua anima era talmente corrotta che non
è stata in
grado di sopportare il contatto con qualcosa di così puro.
Cercava potere, ma
dentro di te ha trovato ben altro."
Il
ragazzo annuì "Posso farle una domanda, signore?"
"Perchè
immaginavo che si sarebbe giunti a questo? - scherzò
l'anziano mago - Chiedimi
tutto quello che vuoi."
"Laggiù,
nel buio, ho sentito la voce di mia mamma. Era solo la mia
immaginazione,
o..."
Silente
guardò il ragazzo con dolcezza "No, Harry. Anche se
è morta, in un certo
senso lei è sempre qui, nel tuo cuore. C'è dal
momento in cui sei nato e ci
sarà sempre."
"Ma
ormai sono maggiorenne e la protezione è cessata il giorno
del mio
compleanno."
"L'incantesimo
di protezione ha perduto i suoi effetti, è vero, ma l'amore
di una madre è
talmente sconfinato da non esaurirsi mai: ti protesse quella notte, permettendoti di respingere l'anatema e ti ha protetto stanotte, indicandoti la strada. Vedi, ragazzo mio, l'amore non tiene conto di
sciocche ragioni anagrafiche." Silente prese ad avviarsi verso il
castello
ed Harry lo seguiva.
"L'amore..."
disse il ragazzo tra sè e sè. Non una battaglia,
quindi, non degli
incantesimi... era stato un sentimento a sconfiggere il più
grande mago oscuro
di tutti i tempi?
"Non
è davvero una forza meravigliosa, Harry?" osservò
Silente, in risposta
alle sue riflessioni.
Harry
annuì convinto e Silente sorrise "Per tutto quest'anno ti ho
osservato, qui
nella tua mente. Ho visto la tua anima vacillare, inghiottita da quegli
scoppi
di rabbia, che non erano altro se non l'horcrux che cercava di prendere
il
sopravvento. Ma tu non hai ceduto alla collera, al male, alle lusinghe
dell'horcrux contenuto nella Coppa di Tassorosso." Gli posò
una mano sulla
spalla guardandolo negli occhi non più come un bambino o uno
studente, ma un
giovane uomo che aveva affrontato e vinto una grande prova "Sono molto
fiero di te, Harry."
Il
ragazzo sentì le lacrime pizzicargli gli occhi "Grazie,
signore."
"I
tuoi amici si staranno chiedendo dove sei. Forse faresti meglio a
svegliarti e
io devo porre fine a questo incantesimo. Mi piacerebbe restare per
sempre qui,
nella tua testa e fare due chiacchiere con te ogni tanto, ma credo che
sarebbe
oltremodo invadente ed indelicato."
"Aspetti,
professor Silente! Ho un'altra domanda, riguarda Piton."
"Il
professor Piton, Harry. - lo
corresse
Silente con un piccolo rimprovero - Ma sono contento che tu mi abbia
chiesto di
lui."
"Mentre
lottavamo, Voldemort ha chiamato Piton 'traditore', ma non capisco
perchè."
"Perchè
è così: Severus Piton non è mai stato
dalla parte di Tom Riddle. In tutti
questi anni, dalla morte dei tuoi genitori, ha spiato, ha boicottato,
ha
lottato per la sua caduta e per proteggerti da lui. Sei scettico,
vero?"
chiese, di fronte allo sguardo sospettoso del ragazzo.
"Mi
è impossibile crederle, specie dopo... quella notte... in
cui lui..." si
morse il labbro inferiore, ricordando la morte del suo preside.
"C'è
una spiegazione per tutto, anche per quello. Vedi Harry, tu hai sempre
guardato
e giudicato il professor Piton con poca obiettività, io
vorrei offrirti un
altro punto di vista. Osserveresti qualche ricordo con me? Poi sarai
libero di
giudicare." Silente stese una mano e davanti a lui si materializzarono
scene, sequenze, brevi frammenti di vita, ad iniziare da un ricordo che
Harry
stesso aveva dimenticato: avrà avuto sì e no
quattro anni. I Dursley erano
andati a fare la spesa: lui ficcato in malo modo nel carrello, Dudley
che rideva
in braccio a Vernon. E finita la spesa i suoi zii raccolsero i
sacchetti dal
carrello, dimenticandolo lì. Piton, che osservava
dall'interno di una cabina
del telefono, agitò appena la bacchetta ed il carrello con
su Harry si mosse da
solo, in direzione dei Dursley, ormai vicini alla macchina e si
piantò davanti
a loro, con silenzioso rimprovero.
E
poi quando iniziò la scuola: Piton che, al primo anno,
sorvegliava Raptor,
impedendogli di avvicinarsi ad Harry ogni volta che era solo, che
recitava i
controincantesimi per impedirgli di cadere dalla scopa. Al terzo anno,
mentre
percorreva di corsa i corridoi del castello in cerca di lui dopo che
Malfoy gli
ebbe rivelato di averlo visto a Hogsmeade, sul volto un'ombra di ....
preoccupazione...? Piton che si parava davanti a lui, Ron ed Hermione
per
proteggerli da Remus trasformato in licantropo [1]. Al quinto anno,
mentre a
lezione spiegava l'uso dei tentacoli di purvincoli, il giorno dopo la
sua
punizione con la Umbridge,
che Hermione avrebbe poi usato per la pozione lenitiva; durante le
lezioni di
occlumanzia, quando cercava di spiegargli quanto potesse essere
pericoloso
aprire la mente a Voldemort (e non aveva avuto ragione?); sempre Piton
che
forniva alla Inquisitrice del Ministero dell'innocua acqua al posto del
Veritaserum; a casa di Sirius, mentre, litigandoci, cercava di
convincerlo a
non muoversi di lì.
Harry
era sempre stato convinto che Piton quell'anno avesse solo istigato
Sirius con
la sua lingua tagliente per spingerlo al Ministero, dove aveva trovato
la
morte. Silente gli aveva detto che si sbagliava, ma in quell'occasione
lui era
troppo arrabbiato per ascoltarlo, aveva assolutamente bisogno di
qualcuno a cui
dare la colpa e Piton era il capro espiatorio ideale ai suoi occhi.
Le
immagini proseguivano, mostrando un Piton furibondo nei confronti di
Silente,
dopo che la maledizione dell'anello gli aveva bruciato la mano; che si
recava
con discrezione al San Mungo, per controllare le condizioni di Katie
Bell. E
un'ultima scena, nello studio del preside. Piton era appoggiato alla
scrivania,
il capo piegato, i capelli sul viso, a celarne l'espressione, ma la
voce amara,
sofferente "Albus, ti prego, non chiedermi questo."
"Severus,
al punto in cui ci troviamo non c'è altra soluzione."
osservò Silente, con
il tono pacato di chi sta disquisendo del tempo.
Piton
alzò la testa di scatto, sibilando "Come puoi, Albus? Come
puoi chiedermi
di ucciderti?"
"Perchè
così deve essere. Io ho commesso un errore con
quell'horcrux, io ne pagherò le
conseguenze. Ma piuttosto che aspettare una fine lenta ed indecorosa,
possiamo
sfruttare questa occasione a nostro vantaggio: così facendo
Voldemort non avrà
motivo di dubitare ulteriormente della tua fedeltà e
può darsi che ti riveli i
piani che ha in mente."
"Vantaggio?
- urlò Piton - Che vantaggio ne trarrà la mia
anima dall'ucciderti?"
Strinse i pugni, incapace di fermare il tremore che lo scuoteva.
"Se
potessi evitarti questo dolore lo farei, ma sai benissimo anche tu che
non c'è
altro modo. Quando verrà il momento, tu mi ucciderai,
Severus, procederai con
il nostro piano. - gli occhi dell'anziano mago si fecero duri - E
questo è un
ordine."
Quella
notte, quella terribile notte si rivelava ad Harry in una nuova e mai
considerata prospettiva: Silente non stava implorando Piton di
risparmiarlo,
mentre invocava dolcemente il suo nome. No, lo stava supplicando di
avere il
coraggio di adempiere a quella sciagurata promessa. Lo supplicava di
ucciderlo.
E
quando Harry l'aveva affrontato, vicino alla capanna in fiamme, il
volto
dell'uomo era deformato dalla rabbia e dall'odio, ma tali sentimenti
erano
rivolti solo verso se stesso. Era dolore ciò che sputava
fuori assieme alle
parole, dolore per la morte del suo vecchio amico. E, intanto, gli
salvava la
vita per l'ennesima volta, tenendolo a bada ed impedendogli di
inseguire i
Mangiamorte, in quella che sarebbe stata senza alcun dubbio, un'azione
suicida.
Severus
Piton aveva voluto bene a Silente, non meno di quanto avesse fatto
Harry. E
nonostante questo, l'aveva ucciso, obbedendo ad un suo stesso ordine. "Tu saresti mai stato in grado di fare
ciò che chiese Silente?" si chiese. Il ragazzo
alzò lo sguardo verso
l'anziano mago: era sconvolto.
"Per
dovere di cronaca, devo dirti che quest'anno è stato lui,
utilizzando un
Imperius su Zacharias Smith, a far comparire quel messaggio sulla mia
tomba,
quello che vi ha aiutato a scoprire che Voldemort controllava le vostre
mosse."
"Ero
convinto fosse lei, signore. Lo credevo davvero."
"Credo
proprio che Severus contasse su questo, perchè non avresti
mai accettato un
suggerimento che provenisse direttamente da lui. E immagino che abbia
cercato
di boicottare Voldemort anche in altri modi che non ho avuto modo di
conoscere.
So che l'hai odiato Harry e a volte hai avuto ragione a farlo,
perchè Severus non
ha mai mostrato altro che odio e disprezzo nei tuoi confronti, ma non
potevamo
permetterci che Riddle sospettasse qualcosa. C'erano in gioco troppe
cose
importanti."
Harry
scosse la testa "Io non capisco. Perchè Piton ha fatto tutto
questo? Perchè
in tutti questi anni mi avrebbe protetto? Lui odiava mio padre..."
"E'
vero. Il fatto è che tuo padre ha avuto qualcosa che a lui
non è mai stato
concesso e che desiderava ardentemente: l'amore di Lily."
"Non
può essere, lui non amava mia madre! La chiamò
'sporca mezzosangue', l'ho visto
in un suo ricordo."
"Severus
e Lily erano vicini di casa ed amici fin da bambini e i primi anni a
scuola
andavano molto d'accordo." Silente stese nuovamente la mano e una nuova
immagine prese vita davanti ai loro occhi.
"Sev,
aiutami - chiedeva una piccola Lily - Pozioni è una materia
difficile!"
"Va
bene, vieni con me." le rispose un altrettanto piccolo Piton in tono
solenne. Condusse sua mamma sulle rive del lago, dove passò
il pomeriggio ad
illustrarle le più comuni erbe impiegate nelle pozioni del
primo anno.
E
quando al compito successivo Lily prese 'O' si voltò
raggiante, cercando Piton
e gli sorrise.
"Col
tempo le cose cambiarono: Severus iniziò a frequentare
compagnie che Lily detestava,
finirono per allontanarsi. In quel
ricordo che tu spiasti, lei lo vide mentre James e Sirius lo umiliavano
e
questo ferì il suo orgoglio. Non pensava davvero
ciò che disse in quel momento
e so per certo che se ne pente tutt'ora, così come si pente
di aver rivelato a
Voldemort la profezia." Silente stese nuovamente il braccio e una nuova
immagine si formò davanti a loro: un giovane Severus,
accovacciato davanti alla
lapide dei suoi genitori scavava nella terra a mani nude, senza magia,
per
mettere a dimora un bulbo di gladioli. Sfiorò con un dito la
pietra fredda e
sussurrò "Qualsiasi cosa accada, io proteggerò
tuo figlio, Lily. E'
l'unica cosa che posso fare per te. Anche se questo non
laverà via le mie
colpe. Anche se non avrò mai il tuo perdono."
Gladioli
e non gigli per sua mamma, perchè Lily nell'anima era una
combattente [2].
L'immagine
cambiò più e più volte, mostrando
Piton in piedi davanti alla lapide nel corso
degli anni, immobile, le labbra serrate, il dolore ancora vivo nel
fondo di
quegli occhi nerissimi, il tempo che impietoso scavava rughe sul suo
volto e
quella pianta di gladioli che tornava sempre a germogliare, come una
promessa
che si rinnovava nel tempo.
"Io..."
iniziò Harry, ma non trovava le parole. Non c'erano parole.
"Credo
che tu possa smettere di odiarlo, ora. - disse Silente con
semplicità - Ma
adesso devi proprio andare. Oltretutto vorrei che mi facessi un favore:
sta per
arrivare Fanny, porta un pacchetto molto prezioso e vorrei che tu lo
consegnassi al Wizengamot. Addio Harry. Se puoi, vai a fare due
chiacchiere
ogni tanto con il mio ritratto: ho idea che gli farebbe molto piacere."
I
contorni del paesaggio attorno a loro presero a sfocare, a dissolversi.
"Un'ultima cosa, signore."
"Dimmi pure."
"Sassi, bruscolini, calzini di lana."
Il volto di Silente fu illuminato da un sorriso compiaciuto "Questo si
chiama parlare, Harry."
Il ragazzo
spalancò gli occhi nel buio. L'incantesimo di Voldemort
aveva devastato i
dintorni della sua vecchia casa, ma la lapide, come nell'occhio di un
ciclone,
era rimasta intatta. Lo stelo di gladioli bianchi ondeggiava
placidamente nella
brezza notturna.
Il
cielo fu solcato all'improvviso da un bagliore infuocato, come una
meravigliosa
cometa "Fanny!" il ragazzo si rialzò e, naso all'aria, corse
dietro
alla fenice di Silente.
Attorno
a lei si udivano parecchie voci concitate e schiocchi continui di
materializzazioni. Oleander aprì gli occhi, per trovarsi
distesa sul petto di
Severus: il mago era ancora incosciente e la ferita sul fianco aveva
ripreso a
sanguinare. Si guardò in giro in cerca di aiuto, ma le vie
d'intorno erano un
turbinio di caos: "I babbani si sono accorti di qualcosa, alcuni stanno
venendo da questa parte." "Bisogna chiamare il Ministero, servono
delle squadre di obliviatori, con urgenza." "Ci sono diverse persone
prigioniere da mesi nelle proprie case, dobbiamo liberarle."
"Perchè
gli Auror tardano tanto?" "Qui, qui, ho bisogno di aiuto."
Severus
si mosse, gemendo per il dolore. Oleander lo aiutò a
mettersi seduto.
"Serve
aiuto?" un mago si avvicinò a loro.
"Grazie,
ma penso di farcela da sola. Mi smaterializzerò direttamente
al San
Mungo..." Oleander non riuscì a completare la frase,
perchè il mago, un
Auror, le puntò la bacchetta tra gli occhi.
"Ho
trovato il ricercato Severus Piton - urlò - chiamate
rinforzi, dobbiamo
arrestarlo."
"No!
- lo implorò Oleander - Devo portarlo subito in ospedale."
"Non
se ne parla! - urlò l'uomo, inferocito - quest'uomo
è il braccio destro di
Colui-che-non-può-essere-nominato, l'unico posto dove
finirà è un'aula di
tribunale... se ce lo facciamo arrivare."
"E'
ferito! - gli urlò di rimando Oleander, altrettanto
furibonda - E' ferito
gravemente."
"Non
mi importa. - disse l'Auror - Per quel che mi interessa, può
anche morire qua,
così ci risparmiamo la seccatura di fargli un processo."
"Maledetto
mulo!"
pensò Oleander e la sua mano corse alla bacchetta, ma
Piton la bloccò "Non fare pazzie, ti ucciderebbe." le
sibilò ad un
orecchio.
"Basta
così, Farland. - la mole possente di Shacklebolt comparve
dietro l'Auror - Noi
siamo diversi da Tu-sai-chi, non usiamo i suoi metodi."
"Come
vuoi Kingsley, ma almeno lasciami assicurare che non fugga. Incar..."
l'Auror non potè completare l'incantesimo, perchè
Fanny atterrò giusto tra lui
e Piton ed Oleander, spalancando le sue ali rosso fuoco e levando un
grido
acuto, come a dire che chi avesse voluto toccarli, avrebbe prima dovuto
fare i
conti con lei.
"Da
dove arriva questo uccello?" chiese Farland, grattandosi la testa.
"Quella
è Fanny, la fenice di Albus Silente." ansimò
Harry, arrivando di corsa. Scansò
Shacklebolt e le mille domande che sicuramente aveva da fargli e si
avvicinò
all'uccello, accarezzandolo sulla testa. Docilmente la fenice gli porse
un
rotolo di pergamena che teneva stretto in una zampa, all'interno del
quale
c'era una piccola ampolla contenente una sostanza argentata. "Immagino
che
questo sia ciò di cui mi parlava il professor Silente." La
fenice annuì,
continuando a tenere le ali spalancate a protezione di Piton e Oleander.
Harry
si volse verso Shacklebolt "Voldemort è morto. E non
c'è alcun motivo di
trattenere o arrestare quest'uomo: è sempre stato dalla
nostra parte e ci ha
aiutato a sconfiggerlo. E se non volete credere a me, potete credere ad
Albus
Silente." Mise nelle mani dell'Auror nero la pergamena ed il ricordo e
tornò
a guardare Piton e Oleander.
La
maga sorrise, poi abbracciò Severus, concentrandosi per
smaterializzarsi e in
quel momento il ragazzo fissò i suoi occhi verdi in quelli
nerissimi dell'uomo
"Grazie di tutto, professor
Piton."
=======================
NOTE:
[1]
Sì, lo so. Questa scena è presente solo nel film
e non nel libro, dove le cose
sono descritte in modo diverso, Ma mi piace troppo, troppo. Non potevo
non
metterla.
[2]
Il nome del gladiolo deriva dal latino e significa "piccola spada".
Io ho sempre pensato che fosse questo il fiore che meglio descriveva
Lily, la
madre combattiva, battagliera e coraggiosa, più del giglio.
"Ho
fatto morire Voldemort affogandolo nella melassa." è stata
la prima cosa
che ho pensato alla fine di questo interminabile capitolo XD. Il
più sofferto,
il più difficile da scrivere. Ma tutto sommato ne sono
soddisfatta. E,
finalmente, riesco a far pronunciare ad Harry "Professor Piton" e non
più solo "Piton". Un gesto di rispetto assolutamente dovuto.
RINGRAZIAMENTI:
@ Arabesque:
Eh, pensa che io, dopo aver
letto la scena di Nagini in DH, ho chiuso il libro e l'ho riaperto dopo
quattro
giorni -.-
|
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Capitolo 23 *** 22. Il sentiero che conduce verso l'alba ***
CAPITOLO 22 – IL SENTIERO
CHE CONDUCE
VERSO L'ALBA
Fu
una notte convulsa, ci volle un bel po' di tempo perchè i
maghi, atterriti,
smarriti, disorientati, capissero cos'era successo. Ma la frase
pronunciata da
Harry Potter su un marciapiede di Godric's Hollow, "Voldemort
è
morto." si spanse in fretta, come cerchi sulla superficie dell'acqua
che
si allargano sempre più, propagandosi in ogni direzione. E
quelle parole,
dapprima sussurrate, guardandosi attorno con circospezione, con timore,
poi
pronunciate con più convinzione ed infine urlate con gioia,
raggiunsero ogni
angolo del Paese.
Il
più grande mago oscuro di tutti i tempi era stato sconfitto,
stavolta per
sempre.
E
così, presto l'incredulità fu sostituita dalla
gioia e dal sollievo, com'era accaduto
diciassette anni prima.
Il
Ministero della Magia era nel caos più assoluto:
nell'attacco dei Mangiamorte,
Scrimgeour era rimasto ucciso, Caramell gravemente affatturato e la Umbridge
si era
raggomitolata in una intercapedine del soffitto, da dove, il giorno
dopo, due
medimaghi l'avevano estratta in forte stato di shock. Così,
Kingsley
Shacklebolt fu nominato Ministro provvisorio, in attesa di uscire
dall'emergenza e tornare alla normalità.
I giorni
che seguirono, comunque, furono difficili per molti, perchè
la luce dell'alba
rivelò i nomi ed i corpi di coloro che erano caduti: venne
il tempo delle
lacrime e del dolore, venne il tempo per la famiglia Weasley di
seppellire
Percy, Bill e Fleur, venne il tempo per Ted Tonks di chinarsi disperato
sulla
bara della figlia e urlare che sarebbe dovuto morire lui al posto suo,
che
nessun genitore dovrebbe mai sopravvivere ai propri figli. Il piccolo
Teddy
stava silenzioso in braccio ad Andromeda, per fortuna ancora troppo
piccolo per
capire, ma contagiato anche lui da quella profonda atmosfera di
tristezza.
Venne il tempo per dire grazie e piangere tutti i coraggiosi eroi che
erano morti
in quella guerra.
Di
quei giorni, anche negli anni a venire, Harry non ebbe mai un ricordo
chiaro e
definito, ma solo sensazioni: stanchezza, stordimento,
incredulità, volti vaghi
senza nome che gli stringevano la mano, congratulandosi con lui.
Per
sottrarsi a quel delirio, il ragazzo seguì il consiglio di
Minerva McGranitt e
tornò ad Hogwarts con i suoi amici. La preside aveva deciso,
in via del tutto
eccezionale, di annullare gli esami di fine anno e promuovere tutti gli
allievi, anche in segno di riconoscimento per il grande coraggio
mostrato e
questa volta nemmeno Hermione ebbe da lamentarsi.
Così
qualche giorno dopo, tre figure erano sdraiate dietro l'orto di Hagrid,
all'ombra delle sue zucche gigantesche. Il guardiacaccia aveva
strizzato loro
l'occhio e quando un sovraeccitato Colin Canon gli aveva domandato se
avesse
visto Harry, aveva fatto lo gnorri.
Anche
lì a scuola quasi tutti volevano parlare con lui, non
aspettavano altro che
vedere, abbracciare, toccare Harry Potter. Comprensibile, vista
l'euforia
generale che percorreva il mondo magico, ma Harry non ne poteva
più e
desiderava restare solo con loro: Ron ed Hermione, i suoi migliori
amici,
coloro che in quei lunghi sette anni non gli avevano mai fatto mancare
il loro
appoggio, che lo avevano aiutato a recuperare la Pietra
filosofale a far
fuggire Sirius e Fierobecco e a fare tante altre cose fantastiche.
Ancora
non riusciva a credere che fosse tutto finito, stavolta
definitivamente. Realizzò
in quell'istante che qualcos'altro era giunto alla conclusione: i suoi
anni di
scuola, il suo periodo come studente di Hogwarts, la sua seconda
casa... la sua
prima vera casa, ad essere sinceri. Lui e i suoi amici non si sarebbero
persi
di vista negli anni, ne era certo, ma la prossima volta che si fossero
incontrati, non avrebbero più indossato la divisa di
Grifondoro. Gli passarono
davanti agli occhi i volti di tutti quelli che aveva conosciuto,
soprattutto di
chi non c'era più: ciascuno di loro gli aveva donato
qualcosa, grazie ad essi
era cresciuto, cambiato, maturato. Ed ora poteva guardare al futuro con
meno
paura.
"Ehi
ragazzi - Ron interruppe il corso dei suoi pensieri - E' finita? Voglio
dire, è
finita sul serio?"
"Anch'io
fatico ancora a crederci. Credo mi ci vorrà un po' per
abituarmi
all'idea." gli fece eco l'amico.
"Ma
è tutto vero. - Hermione fece una pausa studiata e poi
lasciò di sale i due
ragazzi - Abbiamo fottuto Voldemort."
Ron
ed Harry si tirarono a sedere, increduli: in sette anni la parolaccia
più
pesante uscita dalla bocca di Hermione era stata una sola, e nemmeno
troppo
pesante, un "vacca totale" rivolto a Pansy Parkinson. La ragazza
riccia scoppiò a ridere davanti alle espressioni facciali
dei suoi amici.
Rideva, rideva apertamente, in un suono liberatorio, gioioso e
cristallino,
troppo bello per non essere contagioso. Ed un attimo dopo eccoli
lì tutti e tre
a sghignazzare sdraiati sull'erba umida.
"Ah
siete voi!" il viso di Fred fece capolino da dietro le zucche.
"Pensavamo
fosse una delle creature di Hagrid, un incrocio tra un Kneazle ed uno
Snasi." gli fece eco George. C'era anche Ginny, che prese posto vicino
ad
Harry.
"Cercavate
noi?" chiese il fratello minore.
"No
Ronny, volevamo andare a fare una partita a scacchi con le Acromantule."
I
due gemelli si sedettero con i ragazzi e distribuirono Cioccorane.
Quando Ron
scartò la sua, cacciò un urlo "Agrippa,
finalmente! Sono anni che cerco
questa figurina. Guarda, Hermione!"
"Immagino
che dovrò abituarmi a tutto questo, vero? -
sospirò lei - Alle figurine e ai
poster del Quidditch."
George
si avvicinò al fratello minore "Come l'hai convinta a
diventare la tua
ragazza? Amortentia? Non ti facevo così bravo in pozioni."
Fred
invece si rivolse ad Hermione "Sei ancora in tempo a cambiare idea,
salvati Hermione!"
"Oh,
ma finitela un po' voi due!" protestò Ron.
"Sì,
lasciateli stare - fece eco Ginny - sono una bellissima coppia. Dopo di
noi,
ovviamente." facendo arrossire vistosamente Harry.
"Invece
il premio per la coppia più bizzarra dell'anno va
sicuramente a Piton e
Oleander." disse Fred.
"Dell'anno?
Vorrai dire del secolo - lo corresse il gemello - ci sono rimasto di
stucco
quando Harry ci ha detto che stanno insieme."
"A
dire il vero io sospettavo che lui non le fosse del tutto indifferente,
ma il
professor Piton è sempre stato una sfinge, non sono mai
riuscita a capire se
provasse qualcosa anche lui. - Hermione allargò le braccia -
Non per nulla è
uno dei migliori Occlumanti del Paese."
"Abbiamo
per vicina di negozio una donna col gusto dell'orrido. -
sospirò George
affranto - Voglio dire, lei e Piton..."
"Il
professor Piton. - lo corresse
Harry
- Io per primo so quanto possa essere sgradevole e odioso, ma
è anche un uomo coraggioso.
Forse il più coraggioso che abbia mai conosciuto [1]. Sono
contento per lui.
Per loro."
"Sì,
Harry, ma io stavo considerando la loro relazione da un altro punto di
vista,
più *fisico*, diciamo. Perchè se stanno insieme,
significa che loro
due..."
Un
coro di proteste si levò dagli altri ragazzi, dominato dal
"Sei un maiale,
George Weasley!" di Hermione e dal "Adesso mi si bloccherà
la
crescita!" di Ginny.
Shacklebolt
congedò tutti i suoi colleghi ed uscì dall'aula
delle riunioni: il Ministero si
stava riorganizzando in fretta e, Merlino volendo, questa volta per
bene.
Stava
per prendere l'ascensore e tornare nella sua stanza, alle sue mille
scartoffie,
quando in un ufficio notò Arthur Weasley, intento a copiare
alcuni fogli di
pergamena semidistrutta. Esitò un momento sulla soglia, poi
bussò lievemente
sullo stipite della porta aperta. Forse un po' troppo lievemente,
perchè il
mago non lo udì. "Sbaglio o ti avevo detto di prenderti
alcuni giorni di
riposo?"
"Oh,
Kingsley, buongiorno."
Chiedere
come si sentisse lui o la sua famiglia gli sembrava vuoto, privo di
significato: quell'uomo aveva appena perso due figli, non poteva che
stare da
cani.
"Charlie
è tornato dalla Romania ed è a casa con Molly,
così ho pensato di fare un salto
e dare una mano a ripristinare i vecchi archivi danneggiati. Non
possiamo
permetterci di perdere tutte queste informazioni." il signor Weasley
scriveva
alacremente, il tono della voce così falsamente allegro che
stringeva il cuore.
"Arthur..."
Il
mago proseguì imperterrito, senza alzare gli occhi dalle
carte "E' un bel
disastro, alcune pergamene sono andate completamente distrutte e..."
"Arthur!
- Shacklebolt gli posò una mano sul polso e l'altro smise di
scrivere - Non devi
rimproverarti per quello che è successo. Nessuno poteva
prevedere che esistesse
un incantesimo che nelle notti di novilunio è in grado di
mutare in lupi
mannari gli uomini morsicati da un licantropo non trasformato."
"Voldemort
lo sapeva! - proruppe il signor Weasley - ha fatto mordere apposta il
mio Bill,
Stevens e Kylie per poterli usare. Ma in tutti questi mesi a nessuno di
noi è
venuto in mente di controllare, di... non lo so, se... se avessimo
fatto
qualcosa, forse ora loro sarebbero ancora vivi."
"Non
tormentarti così, Arthur, ciò che è
accaduto a Bill non era assolutamente
prevedibile. Era un piano troppo astuto, quasi perfetto. Tu non ne hai
colpa,
nessuno ne ha, se non Voldemort. L'ho detto anche a Williamson: i sensi
di
colpa non vi porteranno da nessuna parte. Noi tutti abbiamo fatto del
nostro
meglio, perciò dovete farvi forza e reagire."
"Williamson?"
"Già:
è venuto fuori che il mago oscuro che lo aggredì
ai giardini di St. Alphage,
quando tu lo trovasti schiantato, altri non era che Severus Piton:
quella notte
cercò di suggerirgli che alcuni suoi colleghi erano
Mangiamorte che avevano
bevuto Pozione pulisucco."
"Ecco
perchè Williamson aveva preso quella strana abitudine, di
fissare la gente
sulle braccia."
Shacklebolt
annuì "Lì dove si trova il marchio nero. Piton
non poteva fare altrimenti:
non poteva rivelare a Williamson la sua identità, l'altro
non gli avrebbe più
creduto e, d'altronde, non sapendo chi erano gli infiltrati, Piton non
poteva
permettersi di essere più esplicito, perchè i
Mangiamorte qui al Ministero, in
caso di indagine, avrebbero mangiato la foglia. Williamson non ha
capito fino
all'ultimo e ora non sa darsi pace."
"Lo
capisco." sospirò Arthur.
"Comunque
le cose sarebbero potute andare anche peggio, per noi, se Voldemort
avesse continuato
ad annotare i nostri spostamenti e a tenerci sotto controllo con quegli
insetti
scoperti da Harry."
"E
se non sbaglio anche quello è merito di Piton."
"Infatti
- il mago nero annuì - ha utlizzato un Imperius su un
ex-studente di Hogwarts,
Zacharias Smith, l'ha fatto andare ad Hogwarts a fare un incantesimo
sulla
tomba di Silente, che si è attivato in presenza di Harry.
Dopo la caduta di
Voldemort quello Smith ha spifferato tutto, nella speranza di vedersi
alleggerita la pena. E invece passerà molti anni ad Azkaban,
assieme agli altri
Mangiamorte."
Il
signor Weasley si strinse nelle spalle "Senza i Dissennatori, Azkaban
non
fa più così paura come un tempo."
"Ma
non possiamo permetterci di usare di nuovo quelle creature, non dopo
che ci
hanno mostrato chiaramente da che parte stavano. E se ci saranno delle
evasioni
da Akzaban, noi siamo qui apposta per porvi rimedio. Ora va' a casa,
Arthur: la
tua famiglia ti aspetta, mentre queste cartacce possono aspettare."
Oleander
aveva fatto il giro di tutti i ragazzi di Hogwarts ricoverati al San
Mungo e le
mancava solo una visita. Tracey Davis era seduta sul letto e parlava
con
Theodore, che non si era mai allontanato da lei. La ragazza non aveva
una bella
cera, ma era lucida e cosciente: considerata l'intensità
della Cruciatus cui
era stata sottoposta era quasi un miracolo. "Ciao Tracey, sono felice
di
vedere che ti sei svegliata."
Theodore
si alzò in piedi per offrirle il posto sulla sedia, ma
Oleander lo fermò con un
cenno della mano. "Sono solo passata a vedere come state e a portare
questa alla migliore studentessa del mio corso." le allungò
una scatoletta
di legno intarsiato, che racchiudeva un bellissimo pendente di
ametista, un
cerchio su cui aveva inciso delle rune.
"E'...
bellissima." mormorò Tracey.
"Ho
scelto un'ametista perchè..." e lasciò che la sua
allieva finisse la
frase.
"...
porta pace, serenità ed armonia interiore."
"Ottima
risposta, da venti punti almeno. Mi auguro davvero che tu ti riprenda
presto."
"Grazie,
professoressa."
"Sì
- aggiunse Theodore - grazie anche da parte mia. Di tutto." e
posò la sua
mano su quella di Tracey che stringeva la collana.
Oleander
scosse la testa "No, sono io a dover ringraziare te, e anche Blaise:
quella notte non sarei uscita dal castello senza il vostro aiuto."
"Glielo
riferirò."
"Uhm,
considerato il suo ego, non so quanto sia una buona idea." La maga
più
adulta scosse la testa, strappando un sorriso agli altri due.
Poi
Oleander li lasciò soli e riprese il suo giro.
Avanzò lungo la corsia schivando
medimaghi indaffarati, pazienti e parenti in visita angosciati: in quei
giorni l'ospedale
era affollato come non mai. Normale che vi fosse un po' di anarchia, ma
pur nel
caos generale, udì distintamente una voce gelida e
tagliente: dal suo letto Severus
stava agitando con fare minaccioso una fiala di una qualche pozione
davanti
agli occhi di una giovane medimaga "Se avessi voluto suicidarmi l'avrei
già fatto, le occasioni non mi sono mancate, mi creda.
Pertanto si riprenda il
suo veleno." e con un'espressione disgustata aprì le dita
per far cadere
la fiala, che la curatrice afferrò al volo, prima di
ribattere indignata
"Come osa? Io non sto cercando di avvelenarla, ma di curarla!"
"Ahi,
ahi, ahi, mossa
sbagliata."
pensò Oleander
appoggiata allo stipite della porta, mentre si godeva lo spettacolo:
arrabbiarsi di fronte al fine sarcasmo di Severus era come invitarlo ad
essere
ancora più tagliente.
Di
fatti le labbra del mago si incurvarono in un sorriso malevolo, mentre
si
rivolgeva alla donna come avrebbe fatto con uno dei suoi studenti "Per
tutti i gargoyles, quindi mi sta dicendo che lei non è un
angelo della morte,
ma solo un'inetta di ineguagliabile livello. Dove ha comprato la sua
laurea, da
Magie Sinister?"
Il
volto della medimaga attraversò in pochi secondi tutta la
gamma del rosso, a
partire dal rosa per finire con un paonazzo intenso. In altre
circostanze
Oleander sarebbe intervenuta immediatamente, ma Severus aveva ben
diritto di
sfogarsi, ne aveva più di chiunque altro. E, in fondo, anche
lei si stava
divertendo.
"Non
le permetto di mettere in dubbio le mie capacità! -
esclamò l'altra donna, che,
evidentemente, aveva poca familiarità con il concetto di
ironia - Questo è un
antidoto per i veleni rari, lo stesso usato tre anni fa per guarire
Arthur
Weasley."
"Risparmi
il fiato, so benissimo com'è fatta quella pozione,
poichè fui io stesso a
prepararla e a farla recapitare qua: la soluzione deve essere azzurro
intenso,
liquida e trasparente, nulla a che vedere con quella grottesca
imitazione color
celeste sbiadito che tiene in mano. Torni quando sarà in
grado di preparare
qualcosa che non mi uccida."
A
quel punto Oleander si schiarì la voce, facendosi notare. Il
colorito rosso
della medimaga virò verso il violetto, in una tinta che
persino Vernon Dursley
avrebbe fatto fatica a raggiungere: non aveva certo dimenticato
Oleander che,
qualche notte prima, si era materializzata sul bancone della reception
stringendo quell'uomo sanguinante e aveva fatto il diavolo a quattro
finchè non
era stato curato: tenere a bada un ippogrifo imbizzarrito sarebbe stata
impresa
meno ardua. "Merlino li fa e poi li
accoppia." pensò la medimaga, scoccando
un'occhiata critica alla nuova
arrivata.
Oleander
avanzò verso il letto, si chinò su di lui e lo
baciò, lasciando che lui le
intrappolasse il viso tra le mani. Quando si staccarono, notarono che
la curatrice
aveva abbandonato la stanza.
"Penserà
che sei pazza, o vittima di un Imperius."
Oleander
fece spallucce "Problema suo, non di certo mio. - gli sfiorò
il bacino -
Fa molto male, vero?"
Il
mago si strinse nelle spalle "Un po'."
Mentiva.
La donna dedusse che doveva fare parecchio male e si
rattristì; Severus se ne
accorse e disse con tono piatto "Poteva andare peggio."
"Salazar,
non ricordarmelo. - Oleander fu scossa da un brivido ricordando Nagini
che si
avventava su di lui - Rivivrò quella scena nei miei incubi
molto a lungo, ho
perso almeno dieci anni di vita in quel momento, sappilo."
"E
io cosa dovrei dire, allora? E' me che quel mostro ha morsicato a
sangue."
"A
proposito, c'è una cosa che non capisco, Severus. Quel
serpente stava per
azzannarti alla gola, l'ho visto chiaramente. Ma d'improvviso si
è come... tirato
indietro e poi ti ha afferrato il fianco, perchè?"
"La
cosa ti dispiace?" domandò lui in tono ironico, inarcando un
sopracciglio.
"No,
certo che no! - sbuffò lei - Ma perchè voi uomini
ad una domanda dovete sempre
rispondere con un'altra domanda?"
"Per
farvi tenere in allenamento le meningi. - disse lui con un sorriso
storto - Dunque
non hai proprio idea del perchè Nagini non mi abbia
tranciato la
giugulare?"
"In
nome di Circe, che immagine cruenta! E comunque no, mio esimio
professore di
pozioni. Vorresti essere così gentile da illuminare una
povera manovale della
magia?" congiunse le mani, in un teatrale gesto di preghiera.
Senza
parlare Severus si passò le mani attorno al collo,
sfilandosi il ciondolo che
lei gli aveva donato e che lui non si era mai tolto in tutti quei mesi,
e glielo
porse. L'onice nera aveva perso tutta la sua lucentezza ed appariva
opaca e
rugosa come una pietra lavica. Aveva perso anche la durezza, a dire il
vero:
era fragile come gesso e scheggiata in più punti, tanto da
lasciare una polvere
scura sulle dita della donna.
"Dicesti
che questo ciondolo mi avrebbe protetto dalla negatività e
così è stato: ha
letteralmente respinto Nagini, assorbendo il suo istinto omicida ed
impedendole
di mordermi sul collo. Mi ha salvato la vita."
"Allora
- disse lei, ricacciando a fatica indietro le lacrime - penso di
meritare una
ricompensa, no?"
Severus
l'attirò nuovamente a sè, con prepotenza, e la
baciò ancora, a lungo,
alternando momenti di passione ad altri più languidi e lenti.
"Mmh
- mormorò Oleander con gli occhi chiusi e l'espressione
beata - hai una vaga
idea di quanto mi mancava baciarti?"
Piton
ebbe un sorriso amaro "Non so se potrai farci l'abitudine."
Oleander
aggrottò la fronte, sfiorandogli una guancia con le dita "E
perchè
mai?"
Il
mago sospirò pesantemente "La caccia all'uomo ai seguaci
dell'Oscuro è già
iniziata, presto verranno i processi: la gente vorrà quante
più teste possibili
e la mia ci sarà sicuramente, considerando ciò
che ho fatto."
"Te
l'ha chiesto lui. Ti ha scongiurato affinchè fossi tu ad
ucciderlo." disse
Oleander con enfasi. Tuttavia sapeva che il mago non avrebbe
dimenticato tanto
facilmente e si sarebbe tormentato a lungo per quel gesto.
"Questo
non cambia nulla." rispose infatti Severus con tono piatto.
La
maga sospirò: niente di ciò che poteva dire aveva
il potere di farlo star
meglio. Severus avrebbe dovuto convivere con la sua scelta e imparare
ad
accettarlo. E lei, pensò, avrebbe sicuramente portato
rancore per un bel po' di
tempo nei confronti di Silente, per ciò che stava passando
l'uomo che amava. "Ma
riguardo ai risvolti giudiziari della guerra, io non sarei
così pessimista se
fossi in te." Il mago le rivolse uno sguardo interrogativo ed Oleander
proseguì con un sorriso "Il Ministero è un
delirio assoluto, ma stamattina
sono riuscita a parlare due minuti con Shacklebolt: vuole che
collabori, vuole
sapere i nomi di chiunque sia passato per il covo di Voldemort, vuole
sapere
che ruolo hanno avuto i Malfoy, ma tu al momento non sei sulla lista
degli
indagati o dei condannati, e dubito che lo sarai anche in futuro. In
quello
scritto che Fanny ha portato quella sera, Silente ti scagiona
completamente."
"E
tu pensi possa bastare?"
"Oh,
vediamo un po': Fanny, fenice e familiare di Silente, porta il
testamento di
Albus Silente, scritto interamente di suo pugno, nonchè un
suo ricordo in cui
spiega ogni cosa. Nemmeno Merlino in persona potrebbe dubitare di
questa prova.
- si morsicò il labbro inferiore - Inoltre anche Harry ha
confermato la
versione di Silente: è saltato fuori che Albus aveva fatto a
lui lo stesso
incantesimo praticato su di me. So che non hai letto i giornali, ma non
passa
giorno senza che Harry rilasci una qualche intervista proclamando che
sei stato
dalla nostra parte. Ora come ora quel ragazzo non permetterebbe a
nessuno di
torcerti un capello."
Severus
voltò di scatto la testa da un lato "Tutto quello che ho
fatto non è stato
per lui." sibilò astioso. Seguirono alcuni attimi di
silenzio, rotti dalla
voce neutra e tranquilla di Oleander "Lo so, l'hai fatto per Lily
Evans,
non è così?" Evans, usò il suo cognome
da nubile perchè per Severus Lily
sarebbe sempre stata così. Non Lily Potter, non la madre di
Harry Potter.
Solo
Lily.
Piton
tornò a guardarla "Promisi sulla sua tomba di proteggere suo
figlio.
Io..." Oleander lo interruppe, posandogli le dita sulla labbra sottili
"Ho capito, non devi aggiungere altro." Severus non aveva alcuna
ragione di giustificarsi, non con lei. Poi gli prese una mano tra le
sue,
stringendola forte con le sue dita robuste "Io sono qui." disse
semplicemente.
Lei c'era, incondizionatamente. Era l'unica cosa che le premeva che
Severus
comprendesse.
E
Severus comprese. "Lo so benissimo."
"Presuntuoso."
rise lei.
"No
- rispose lui - non è presunzione. E che io non ti
permetterei di essere da
nessun'altra parte che non sia accanto a me."
Le
dita di lei erano risalite ad accarezzargli l'interno dell'avambraccio,
dove il
marchio nero si era completamente dissolto, senza lasciare alcuna
traccia.
La
promessa fatta a Lily era stata adempiuta, Voldemort era stato
sconfitto ed
Harry era sopravvissuto. Tutti i sacrifici e il dolore patiti erano
infine
valsi a qualcosa ed ora poteva davvero permettersi di guardare al
futuro, di
sperare e di lasciarsi quell'ingombrante e amaro passato alle spalle.
Un
nuovo sentiero era apparso davanti a tutti loro e, soprattutto, a loro
due.
Senza
nemmeno accorgersene, scivolò in un sonno profondo e
tranquillo.
Oleander
lo guardò con dolcezza e gli scostò una ciocca di
capelli dal viso provato
dalla sofferenza: doveva essere davvero esausto, sapeva che in tutti
quei mesi alla
corte di Voldemort non aveva mai riposato sul serio, perciò
era bello poterlo
vedere finalmente rilassato e disteso. Lentamente, con attenzione, gli
sfiorò
la fronte con un bacio e poi si rannicchiò accanto a lui
nello spazio esiguo di
quel letto, senza mai lasciargli andare la mano, gettò un
incantesimo
Imperturbabile sulla porta della stanza, chiudendo fuori tutto il caos
e
godendosi quel piccolo spazio, dove esistevano solo lei e l'uomo che
amava.
=========================
RINGRAZIAMENTI
@ Sheilin
e Arabesque: grazie, grazie davvero
per le vostre bellissime parole. Tengo
tantissimo a questa storia e sono felice di essere riuscita a
trasmettere a chi
legge le stesse emozioni che ho provato scrivendola.
La
parola fine si avvicina, mancano solo due capitoli di epilogo. |
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Capitolo 24 *** 23. Diciannove anni dopo, parte 1 ***
CAPITOLO 23 – DICIANNOVE
ANNI DOPO
- parte prima -
“PIX,
DANNATO POLTERGEIST! ASPETTA SOLO CHE TI METTA LE MANI
ADDOSSO!” la voce di
Mastro Goyle, custode di Hogwarts, rimbombò tra le antiche
mura, facendo
sussultare la donna che stava riducendo in polvere dei lapislazzuli.
Oleander
si alzò con un sospiro, premendosi una mano alla base della
schiena che protestò
vivacemente per essere rimasta ferma tanto a lungo nella stessa
posizione. Si
tolse gli occhiali da presbiopia e cercò quelli da vista,
che individuò dal
rumore di vetri infranti sotto al tacco della sua scarpa destra.
“Accio.
Reparo.” ripeté meccanicamente, a rimarcare la
consuetudine di quei due gesti.
Alle
urla del custode seguì un rumore preoccupante di cose
sbattute e la donna
accelerò il passo “Mastro Goyle, cosa
succede?”
“Venga
a vedere!” esclamò l’uomo furibondo.
Approfittando
dell’assenza della bibliotecaria Pix si era scatenato,
facendo volare i libri
come strane farfalle attorno al soffitto e mettendo a soqquadro
l’emeroteca, i
cui giornali ora vorticavano impazziti come una tempesta di foglie
secche.
Molte figure ritratte nelle fotografie magiche si aggrappavano a pali o
alberi
per restare in piedi, gridando indignate.
“Te
lo dirò una volta sola Pix. Metti subito a posto questo
disastro.” ordinò
Oleander con voce ferma e le mani piantate sui fianchi. Per tutta
risposta il
secondo tomo di “Grandi maghi del passato” le
sfrecciò sulla testa. “Ti avevo
avvisato, piccoletto – la donna sfoderò la
bacchetta e gridò – Fulmine ictus!”
Un lampo scaturì dalla punta, sfiorando il poltergeist, che
abbandonò
precipitosamente la sala imprecando, mentre tutti i volumi cadevano a
terra. Il
custode si occupò dei libri, mentre Oleander rimise a posto
i giornali nel loro
schedario. Uno era rimasto incastrato sotto una sedia e non riusciva a
liberarsi, così la donna lo raccolse e lesse il titolo sulla
copertina con un
sorriso nostalgico: il giornale risaliva ad un paio di anni prima e
recitava in
prima pagina: “Tutto esaurito questa sera per la partita che assegnerà la Coppa del Regno Unito di Quidditch”.
Nella foto a centro pagina, due
giocatori
sfrecciavano nel cielo a bordo l’uno della MagicArrow
2016 e l’altro di una Firebolt
che,
a detta di molti, restava il miglior manico di scopa da gara.
Dopo
la definitiva conclusione della seconda e, almeno per il momento,
ultima guerra
magica, Harry aveva deciso che aveva passato fin troppi guai e ne aveva
decisamente abbastanza di frammenti di anima oscura, Avada Kedavra e
pericolose
fatture, quindi, a differenza del suo amico Ron, Auror presso il
Ministero, si
era dedicato alla carriera di giocatore professionista di Quidditch.
Così il
suo nome era continuato a restare nelle cronache, ma non più
come "il salvatore
del mondo magico" o "il-bambino-che-è-sopravvissuto",
bensì come
capitano dei Chudley Cannon. E poichè Draco Malfoy non gli
avrebbe mai e poi
mai lasciato le luci della ribalta senza combattere, seguì
le orme del rivale
di sempre, diventando cercatore per i Falmouth Falcons: i due avevano
dati vita
ad alcuni dei più entusiasmanti duelli della storia del
Quidditch, tanto che il
campionato inglese era stato ribattezzato in quegli anni “il
più bello del
mondo”. Mollò il giornale che si agitava tra le
sue mani e lasciò che tornasse
nel suo schedario.
Uscì
dalla biblioteca, mentre Goyle, dietro di lei, continuava ad inveire
contro
Pix, quasi che Mastro Gazza gli avesse lasciato istruzioni in merito
quando era
andato in pensione. Mentre attraversavano l'atrio, Oleander vide
scendere dallo
scalone principale un trafelato Neville Paciock, professore di
Erbologia. Tra
le mani sudaticce reggeva una Ricordella, nella quale vorticava un bel
fumo
rosso acceso. Il direttore di Grifondoro sembrava estremamente
preoccupato e
continuava a borbottare tra sé:
“Dov’è? Dove l’ho
messa?” Inciampò nell’ultimo
gradino, la
Ricordella
gli sfuggì di mano e si infranse. Neville tirò
fuori la bacchetta con mano
tremante e balbettò “Re-reparo.” ma era
talmente fuori di sé per l’angoscia che
la sfera tornò sì integra, ma altresì
munita di quattro zampe di gallina, sulle
quasi si diede allegramente alla fuga. “Neville? –
chiese Oleander stupita –
Ehm… tutto bene?”
“No,
per niente! Non trovo più la lista dei nuovi studenti per lo
Smistamento. Il
preside mi uccide, oh, è la volta che mi uccide.”
Il mago era pallido come un
fantasma.
“Non
dire sciocchezze! – sbottò Oleander – E
prova a controllare in una delle serre
di Erbologia, sicuramente sarà lì.”
“Mi
ha dato due ore e se non la trovo sono un mago morto, me lo
sento.” gemette
Neville, allontanandosi lungo il corridoio.
“Non
ha tutti i torti.” disse tra i denti Goyle, ma fulminato da
un’occhiataccia
della professoressa di Cristallogia, decise di tacere: con gli anni
aveva
almeno imparato ad avere un briciolo di buonsenso.
Nel
frattempo si materializzò anche un’elfa domestica
dallo sguardo stralunato e sconvolto,
come se qualcuno le avesse appena regalato dei vestiti
“Professoressa
Silvestre, SIGNORA!”
“Cosa
c’è ancora?” sospirò la donna
rassegnata, passandosi una mano nei capelli corti,
ora non più viola scuro come un tempo, ma sbiaditi col
passare degli anni in
una tonalità meno intensa.
“Clippy
va dal preside, fa vedere menù per banchetto di domani sera
– reggeva tra le
mani un foglio di pergamena zuppo di lacrime elfiche –
però preside si
arrabbia, dice che non interessa, che Clippy può anche
avvelenare la cena! Ma
Clippy non vuole ammazzare studenti!” ululò la
creatura, nascondendo il viso
nel grembiule a fiori che indossava.
“No,
Clippy, no: era solo un modo di dire. – Oleander
alzò gli occhi al cielo,
mormorando colorite imprecazioni – D’accordo, ora
vado io a parlare con il
preside, tu torna pure in cucina e fa preparare il banchetto
d’inaugurazione
come gli altri anni. E per l’amor del cielo, datevi tutti
quanti una calmata,
pare sia la prima volta che si inaugura un anno scolastico!”
concluse gridando,
rivolta un po’ a tutto il castello.
“Mia
cara, sei proprio sicura che vada tutto bene?” le chiese
Angela ansiosa
dall’ultimo quadro in cima alle scale, mentre sferruzzava la
manica di un
maglione rosa maialino.
“Sì,
Angela, va tutto bene. Ti scongiuro, non ti ci mettere anche
tu.” la pregò la
maga, che sentiva un sinistro mal di testa iniziare a martellarle le
tempie.
Per nulla rassicurata, la donna del dipinto la seguì lungo
tutto il corridoio,
facendosi largo tra le altre figure dipinte, con il marito al seguito
che, al
solito, si profondeva in scuse per l’irruenza della consorte.
“Cara,
dimmi, i preparativi sono ultimati?"
"Certo,
come tutti gli altri anni." Oleander si sforzò di tenere un
tono calmo,
nonostante avesse voglia di urlare.
"E
il nuovo professore di pozioni è stato trovato?”
“Sì,
giusto stamattina.”
“Sai,
dopo il decimo iniziavo a disperare, mia cara.”
“Beh,
lui ci tiene particolarmente a quella cattedra e quindi è
molto esigente.” A dire
il vero nemmeno l’ultimo lo soddisfaceva, ma quella mattina
aveva detto che,
purtroppo, rispedirlo legato ad una scopa da dove era venuto avrebbe
richiesto
un eccessivo dispendio di energie e quindi lo avrebbe tenuto, in fondo
faceva
un po’ meno schifo degli altri quattordici. Ma questo
Oleander decise di
tenerlo per sé: c'era fin troppa tensione nell'aria a
Hogwarts, quel giorno.
Giunta davanti al gargoyle che custodiva l’accesso
all’ufficio del preside,
pronunciò la parola d’ordine,
“Aegre.” e salì.
“Mah,
io continuo ad essere molto preoccupata, mi chiedo cosa avesse in mente
Minerva
McGranitt quando ha designato proprio lui come sostituto. Non ho
ragione,
Arthur?” chiese la donna, continuando a lavorare la lana
alacremente, in modo
quasi meccanico.
“Mmh.”
biascicò l’uomo in tono neutro, del tutto deciso
ad evitare una discussione.
“Su,
vieni qua, che devo controllare la lunghezza della manica.”
Prese un braccio
del marito e lo confrontò con la manica che aveva
sferruzzato a maglia fino a
quel momento: era lunga quasi il doppio. “Oh, Arthur, a volte
mi chiedo se tu
lo faccia apposta!” proruppe il ritratto con disappunto.
Dopo
aver occupato la poltrona di preside di Hogwarts per
vent’anni, il giugno
precedente Minerva McGranitt aveva annunciato che si sarebbe ritirata e
aveva
designato come suo successore l’uomo che fino a quell'anno
era stato insegnante
di Pozioni (Harry Potter non era stato il solo ad averne avuto
abbastanza di
Arti Oscure) e che ora dava le spalle ad Oleander, guardando fuori
dalla finestra
dello studio con le mani incrociate dietro la schiena. Vestiva
completamente di
nero, i capelli erano lunghi fino alle spalle e trasandati come al
solito, non più
nerissimi come un tempo, ma inframmezzati da fili argentati.
Irritazione
e nervosismo emanavano dalla sua persona e parevano far crepitare
l'aria tutto
attorno.
La
scrivania, di solito impeccabilmente ordinata, era coperta di pergamene
mezze
scritte e cancellate da righe tracciate con rabbia e violenza, tanto
che in più
punti i fogli erano laceri e strappati. Un’altra buona
quantità di fogli ardeva
nel camino.
“Qualche
problema a preparare il discorso, Severus?” chiese lei, senza
curarsi di
nascondere la nota divertita nella sua voce.
“Affatto
– ribattè l’uomo, asciutto –
ma ho qualche problema con i consigli non
richiesti.”
Una
cacofonia di voci esplose dai ritratti degli ex-presidi appesi alle
pareti:
“Quello non è un discorso di benvenuto,
è una minaccia!” “Sono bambini, per
l’amor del cielo, non galeotti di Azkaban.”
“A me pare fin troppo tenero.” questo
era Phineas Nigellus Black; “Severus, ragazzo mio, non tutti
comprendono il tuo
senso dell’umorismo, così farai scappare i nuovi
arrivati.” disse il quadro di
Silente. Severus si voltò appena, rivelando un ghigno
malevolo che raccontava
che la cosa non gli sarebbe dispiaciuta più di tanto.
Oleander gesticolò in
direzione dei ritratti, imponendo il silenzio, poi si rivolse al nuovo
preside
di Hogwarts “Severus – disse adagio – io
capisco che tu sia nervoso, è la tua
prima volta da preside, ma cerca di controllarti: fuori da questo
ufficio c’è
una situazione di isteria collettiva.”
“Io
non sono affatto nervoso.” sbottò Piton. Si
girò verso di lei, facendo
ondeggiare l’ampio mantello e rivelando una lieve zoppia alla
gamba destra: la
ferita inferta da Nagini non era mai guarita del tutto.
Oleander
ridacchiò “Lo sei, lo sei eccome.” E gli
circondò il collo con le braccia, per
attirarlo a sé e baciarlo, ma l’uomo le
posò le mani sui gomiti, sciogliendosi
dall’abbraccio.
“No, non qui.” disse, platealmente seccato.
Oleander
alzò lo sguardo: ora tutti i ritratti facevano finta di
dormire, per lo più con
la testa appoggiata sul braccio, ma era chiaro che spiavano i due
attraverso le
dita della mano, solo Phineas era sparito dalla cornice disgustato,
borbottando
che ai suoi tempi certe azioni svergognate non sarebbero mai state
tollerate,
mentre Silente li guardava apertamente "Prego, prego, continuate pure
come
se noi non ci fossimo." ebbe anche il coraggio di dire.
Piton
mormorò qualcosa a denti stretti sul fatto di trasferire i
ritratti in un
magazzino vuoto dei sotterranei, provocando un altro scoppio di accese
proteste. Oleander ne approfittò per alzarsi in punta di
piedi e mormorargli ad
un orecchio "Senti, che ne dici se proseguiamo questo discorso in
camera
nostra? Conosco due o tre tecniche di rilassamento che potrebbero
interessarti."
Il
compagno la guardò con i suoi occhi nerissimi, quelli
sì immutati negli anni:
un attimo prima pozzi profondi ed imperscrutabili, l'attimo dopo
brucianti di
passione. E il suo sguardo aveva sempre il potere di farla rabbrividire
come la
prima volta.
Lui
percepì chiaro il suo brivido con la mano che le teneva
premuta sulla schiena e
soppresse appena un sorriso di trionfo "Se proprio non riesci a farne a
meno..."
In
quel momento qualcuno bussò alla porta, rovinando
l'atmosfera. Oleander sospirò
contro la sua spalla e poi si staccò da lui: evidentemente
non era giornata.
"Avanti."
sibilò Piton.
Entrò
un giovane di quasi diciotto anni, molto alto, pallido e dinoccolato,
dai
capelli neri e corti ed un grande naso aquilino: sarebbe stata
l'identica copia
del padre se non avesse preso gli occhi nocciola di sua mamma, che in
qualche
modo contribuivano ad addolcirne il volto "Per fortuna siete entrambi
qui." disse Severus Piton Jr.
"Che
succede, caro?" domandò Oleander.
"Lo
ha fatto di nuovo! Oltretutto si è abbarbicata al mio baule,
io ho la
passaporta fra tre ore e ancora non ho finito i bagagli!"
esclamò
stizzito. Del padre aveva anche le stesse movenze nervose.
"Oh,
in nome di Morgana!" gemette la donna e si mosse verso l'uscita, ma il
compagno la trattenne "Lascia, lascia, vado io."
Quando
il padre fu uscito il ragazzo riprese a lamentarsi "Quante volte glielo
avete detto che è pericoloso?"
"Cerca
di capire: ti è affezionata ed è così
dispiaciuta che parti. Beh, mai quanto lo
sono io - fissò un attimo il figlio, poi gli corse incontro,
incapace di
trattenersi - vieni qua, fatti abbracciare." La donna robusta quasi
stritolò il suo primogenito, che era arrossito imbarazzato.
"Mamma...
controllati."
"Mi
mancherai da morire, te l'ho già detto?"
"Da
due mesi a questa parte almeno un paio di volte al giorno,
sì."
"Ti
spedirò gufi ogni giorno. - proseguì lei,
imperterrita - Mi raccomando, mangia
regolarmente, che sei già un grissino."
"Vista
la distanza da coprire - osservò il ragazzo, sciogliendosi
dalla stretta
soffocante - consiglierei un albatross, più che un gufo."
"Sei
tale e quale tuo padre, Severus. Se non puntualizzi su tutto, non sei
contento.
I miei uomini: mi farete impazzire."
"La
precisione è tutto nel mio lavoro." disse il ragazzo serio.
Anche
Severus Jr, una volta conclusi gli studi ad Hogwarts, aveva deciso di
intraprendere
la carriera di pozionista e aveva vinto un prestigioso master di studio
di un
anno in Antartide assieme ad altri maghi provenienti da tutto il mondo.
"Tu
lo sai, vero, che se avessi chiesto il posto qui ad Hogwarts, tuo padre
te lo
avrebbe dato immediatamente? Ti stima cento volte più di
tutti i candidati che
hanno varcato quel portone."
Il
figlio scosse la testa "Non se ne parla! Non sono ancora all'altezza di
papà. Accetterò quella cattedra solo quando
riterrò di averne i
requisiti."
La
mamma fece fatica a pizzicargli una guancia magra "Il mio ragazzo fin
troppo diligente." e poi ci stampò un bel bacio.
Severus
Jr ringraziò Merlino che sua mamma limitasse quei plateali
moti di affetto a
quando non erano in pubblico.
Piton
entrò in camera del figlio: i suoi occhi si posarono su una
pianta di dracena,
che qualcuno pareva aver strettamente avviluppato attorno ad un baule.
"Orchis." la disapprovazione nella sua voce era più che
evidente. La
pianta prese a contorcersi e tremare tutta e con un debole *pfft* si
trasformò
in una bambina di undici anni, paffuta e con il naso a patatina, sul
cui viso
spiccavano due profondi occhi neri, in quel momento con l'espressione
tipica di
chi sa di aver appena combinato un guaio, e di quelli grossi. Il
visetto
avrebbe dovuto essere sormontato da lunghi capelli lilla legati in due
treccine, se la ritrasformazione da vegetale ad essere umano avesse
funzionato
a dovere. Invece era rimasta incompleta, cosicché dalla
testa della piccola
maga spuntava ora una selva di foglie lunghe, rigide ed appuntite che
le
conferivano un aspetto buffissimo: sembrava si fosse travestita da
ananas per
la festa di Halloween.
Il
padre dovette ricordarsi di non ridere, né di sorridere con
indulgenza, anche
se in quel momento era piuttosto difficile; oltretutto Orchis,
accortasi che
qualcosa non aveva funzionato, si tastava la testa con cautela,
mormorando
“Oh-oh.”
“Oh-oh
un bel niente, signorina. Io e tua madre siamo stati più che
chiari: non sei
ancora in grado di controllare la trasformazione in Florimagus,
pensavamo fossi
grande abbastanza da capirlo, ma evidentemente ci
sbagliavamo.”
La
bambina abbassò lo sguardo, mortificata. Avrebbe voluto
spiegare il perché del
suo gesto, ma sapeva, nonostante la giovane età, che
interrompere una ramanzina
del padre era una pessima idea.
“O
forse desideri far parte permanentemente del parco di
Hogwarts.”
La
piccola deglutì, spaventata dalla prospettiva.
“Bene
– il padre le porse una mano – se hai capito,
andiamo da tua mamma, sperando
che riesca a farti tornare normale prima di domani sera.”
Docile,
la bambina lo seguì lungo i corridoi.
“Scusa,
papà.” mormorò dopo un po’.
“La
trasformazione è pericolosa, se non viene sciolta in tempo
rischia di essere
permanente, è per questo che non vogliamo che tu lo
faccia.” Il tono di voce
era più tranquillo ora, quasi dolce. Quasi.
“Non
voglio che Sevvy parta. Pensavo che se non fosse riuscito a finire i
bagagli
sarebbe rimasto per forza.” si giustificò Orchis.
“Che
scemenza. Non starà via per sempre.”
“Però
il mio fratellone mi mancherà tantissimissimo.
Mancherà un sacco anche alla
mamma, me l’ha detto lei. E a te mancherà,
papà?”
L’uomo
rallentò appena il passo e mormorò un
‘sì’ talmente debole che nessuno lo
udì.
La figlia continuava a trotterellare, per tenere il passo del genitore,
gettandogli di quando in quando occhiate preoccupate, che lui non
mancò di
cogliere “Cosa c’è ancora,
Orchis?”
La
bambina si fermò di botto in mezzo al corridoio, prese fiato
e poi scaricò d'un
fiato le sue preoccupazioni infantili “Ecco… Sevvy
non se ne va per colpa mia,
vero? Non se ne va perché gli sto sempre tra i piedi,
perché lo costringo a
giocare con me, gli nascondo i libri, perché non lo lascio
mai in pace quando
lavora alle sue pozioni e gli chiedo sempre di insegnarmi gli
incantesimi?
Sevvy non va via per questo, papà?”
Ora
Severus trovò proprio impossibile non sorridere.
“No – la tranquillizzò – tuo
fratello ti adora, credimi. Prova ne è che permette solo a
te di chiamarlo con
quell’orrido nomignolo. Se non è una prova
d’amore, questa…”
Orchis
spalancò la bocca in un grande sorriso e raggiunse il padre. |
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Capitolo 25 *** 23. Diciannove anni dopo, parte 2 ***
CAPITOLO 23 – DICIANNOVE
ANNI DOPO
- parte seconda -
Nella
Sala Grande di Hogwarts si respirava aria di attesa: come tutti gli
anni i
ragazzi delle quattro Case aspettavano impazienti di conoscere i loro
nuovi
compagni.
Al
tavolo dei professori c’erano parecchi volti nuovi rispetto a
diciannove anni
prima, ma anche dei volti conosciuti: il professor Vitious, al quale il
sangue
goblin del suo antenato conferiva molta longevità, era
seduto sulla solita pila
di cuscini. Accanto a lui il professor Rüf osservava con una
punta di
dispiacere le pietanze che non avrebbe potuto mangiare. Blaise Zabini,
da
cinque anni insegnante di Difesa contro le arti oscure e direttore di
Serpeverde, parlava con il preside Piton, che per l’occasione
sfoggiava un
mantello nero orlato d’argento, chiuso sulla spalla destra da
un elaborato
fermaglio in platino e smeraldi, creato da Oleander.
Quest’ultima era in piedi
davanti al tavolo, in attesa di procedere allo smistamento,
chiacchierava con
Philippa Oldtext, l’insegnante di Antiche Rune, e
giocherellava con la lista
dei nuovi studenti, che era emersa dalla serra numero due di Erbologia,
macchiata da una sostanza che assomigliava in modo sospetto a
Puzzolinfa.
Ai
tavoli, prefetti e caposcuola facevano fatica a tenere a freno
l’eccitazione
dei ragazzi. Quello che aveva più da fare, e che nessuno
invidiava, era Basil
Krum, alle prese con Billy e Percy Weasley e James Sirius Potter, che
già avevano
progettato una quantità di scherzi e disastri tale da
bastare fino a Natale.
Il
pesante portone di legno si spalancò ed Hagrid, professore
di Cura delle creature
magiche, guidò i bambini del primo anno al centro della
sala. I piccoli
rabbrividivano per il freddo (il tempo inclemente li aveva accolti con
uno
scrosciante acquazzone) e fissavano meravigliati il cielo turbinante di
nubi sul
soffitto della Sala, con il naso all’insù, ma
scattarono tutti a guardare il
cappello parlante non appena questi intonò la sua
filastrocca.
Al
termine, Oleander srotolò la lista “Quando
chiamerò il vostro nome, sederete su
questo sgabello ed io vi metterò in testa il cappello
parlante, che deciderà in
quale Casa verrete smistati."
Artichoke,
Sean fu il primo Tassorosso, seguito da Azim, Fahd che venne smistato a
Serpeverde, poi due ragazze finirono a Corvonero ed un ragazzo a
Grifondoro.
Ogni volta i rispettivi tavoli esplodevano in un lungo applauso.
Circa
a metà delle operazioni, la maga chiamò
“Krum, Stella Oleena Natasha.”
Si
fece avanti una bambina dagli occhi cerulei e i capelli biondi,
raccolti in uno
chignon che – sospettò Oleander – era
tenuto insieme da tre stecchetti di
ghiacciolo. Il cappello ci pensò un po’ di
più e poi gridò “Corvonero!”
Per lo
meno, Basil non avrebbe dovuto badare anche alla sorellina: sarebbe
stata un
problema di Lin Mei Davies, caposcuola di Corvonero.
In
seguito fu il turno di Malfoy, Scorpius. Così
com’era accaduto per il padre,
anche stavolta il cappello decise all’istante, spedendolo a
Serpeverde. Il
bambino raggiunse il suo tavolo con aria molto soddisfatta.
“Piton,
Orchis.”
Oleander
osservò avanzare la figlia, alla quale era riuscita a
restituire l’originaria
capigliatura, con un po’ di batticuore e lanciò
uno sguardo fugace e
velocissimo a Severus: anche lui si era leggermente irrigidito sulla
sedia, in
attesa del responso. Il cappello ci pensò a lungo
“Bene, bene – sussurrò – vedo
costanza e impegno, grandi virtù. Sei una che non si arrende
mai. Ottimo, so
esattamente dove mandarti: TASSOROSSO!”
Orchis
evidentemente non se l’aspettava perché aveva
sgranato oltre misura i suoi profondi
occhi neri: sia papà che Sevvy avevano studiato a
Serpeverde, era certa che ci
sarebbe finita anche lei. Ma la mamma le rivolse un sorriso raggiante e
quando
si volse a guardare il papà gli vide piegare
impercettibilmente il capo in
segno di assenso: andava tutto bene. Allora corse felice verso i suoi
nuovi compagni
di casa ed il prefetto, Wayne McMillian, andò addirittura a
stringerle la mano.
“Potter,
Albus Severus.”
Un
mormorio incuriosito si diffuse per la sala, mentre il più
piccolo bambino del
gruppo si fece avanti. Molti dei ragazzi si chiedevano se fosse proprio
il
figlio di Harry Potter, il giocatore di Quidditch e se gli avrebbe
fatto avere
una figurina autografata del padre. I più grandi ci avevano
provato anche con
James Sirius, solo che il primogenito dei Potter si faceva pagare
trenta zellini
a foto, una rapina!
Albus
era davvero nervoso: per tutta l’estate i cugini ed il
fratello maggiore non
avevano fatto altro che parlargli di Hogwarts e delle imprese del
papà e dello
zio. Sicuramente se fosse capitato a Grifondoro, lo avrebbero
confrontato con loro
di continuo: non gli andava molto la cosa. Piccolo com’era,
si dovette arrampicare
sullo sgabello ed aspettò il responso. “Oh, un
altro Potter – disse il cappello
– vediamo un po’… ragazzo sveglio,
intelligente. Forse Corvonero potrebbe andar
bene per te. Come dici, non ti convince? Aspetta, aspetta, in
c’è dell’altro,
vedo qualche timore in te: hai paura di vivere all’ombra di
tuo fratello e di
tuo padre. Capisco, più che normale… stai
cercando di scoprire fin dove potrai
arrivare da solo. Allora se è così, facciamo:
SERPEVERDE!”
Il
tavolo di Grifondoro ammutolì e James si strozzò
con il succo di zucca: aveva
gli occhi fuori dalle orbite mentre vedeva camminare tranquillo il suo
fratellino verso il tavolo dei verdeargento. Billy e Percy, i suoi
cugini,
intanto avevano intonato una cantilena che assomigliava molto a
“Ci devi cinque
galeoni, ci devi cinque galeoni!”.
Oleander
proseguì con lo smistamento ed il cappello parlante
spedì Roche, Claudiette dai
Tassorosso, seguita da Tally, Edmond a Grifondoro e Tally, Emmanuelle a
Serpeverde.
“Weasley,
Rose.” La bella primogenita di Ron ed Hermione fu smistata a
Corvonero ed
infine Zabini, Hector finì a Serpeverde.
Oleander
consegnò cappello, sgabello e pergamena a Mastro Goyle e si
accomodò alla
sinistra del marito, pronta ad ascoltare il discorso di benvenuto.
Non
appena Severus Piton si alzò in piedi, nella sala
calò il silenzio e anche gli
studenti più grandi e vivaci smisero all'istante di
scherzare.
"Sarò
breve - esordì il preside - soprattutto perchè
dubito che siate in grado di prestare
attenzione e comprendere un discorso che duri più di cinque
minuti.
Questo
non è un luogo di festini e di divertimenti,
perciò non pensiate che, per il
solo fatto di essere lontani da casa e dalla supervisione dei vostri
genitori,
vi sia permesso di comportarvi come ippogrifi selvatici. Le infrazioni
che
commetterete sottrarranno punti alle vostre rispettive Case, e,
poichè ho il
forte dubbio che tutti voi sappiate contare, le infrazioni
più gravi saranno
punite con l'espulsione.
Questa
è una scuola, ossia un luogo dove i professori cercano
faticosamente di
inculcare nelle vostre teste di legno le nobili ed antiche arti
magiche, in
modo che usciti da qui le usiate per qualcosa di più utile
che scorazzare su
una scopa inseguendo palle colorate o vendere calderoni porta a porta.
Lascio
ai miei colleghi il privilegio di elencarvi le ulteriori regole di
Hogwarts.
Detto
questo, buon appetito." concluse con tono tranquillo ed un ghigno
soddisfatto dipinto sul volto.
“Discorso
degno di te.” bisbigliò Oleander, soffiando sul
cucchiaio di minestra e
cercando di nascondere una poco professionale risata di fronte allo
sguardo
allibito dei bambini del primo anno e del nuovo professore di pozioni,
che si
stava chiedendo dove fosse capitato.
Che
fosse professore di pozioni, preside o Ministro della magia, Severus
Piton
restava sempre fedele a se stesso. Assaporò
l’ottima minestra di farro pensando
che aveva un sacco di cose da fare: doveva assolutamente scrivere a
Severus Jr
e raccontargli dello smistamento di Orchis, che chiacchierava allegra
con una
compagna più grande; poteva mandare anche due righe ad
Hermione, per dirle in
anteprima che Rose era una Corvonero: ne sarebbe stata entusiasta di
sicuro.
Invece Harry e Ginny come avrebbero reagito allo smistamento di Albus?
James
Sirius era ancora scioccato e Severus pareva trarne un sadico
divertimento.
Albus
si era seduto di fronte a Scorpius: i due si erano fissati per un
istante e poi
avevano fatto man bassa di pollo e patate arrosto. Almeno per il
momento non
avevano intenzione di aprire le ostilità ed il secondogenito
di Harry sembrava
soddisfatto del proprio smistamento.
Che
altro? Ah sì: doveva riparare la Ricordella
di Paciock, ammesso che si facesse acchiappare,
prima che qualcuno si rompesse l’osso del collo calpestandola.
Lentamente
fra i quattro tavoli imbanditi di ogni ben di dio risorse
l’usuale
chiacchiericcio: chi si scambiava opinioni e desideri, chi era ancora
basito
per il discorso del preside, chi rideva, chi faceva domande sulle varie
magie
usate nel salone, chi era più taciturno e magari pensava a
casa, il tutto sotto
la luce delle centinaia di candele sospese a mezz’aria e
sotto l'alta volta
della Sala comune che vegliava sui ragazzi da più di mille
anni, pronta ad
assistere alle vicende di un nuovo anno scolastico.
Oleander
si ripetè un’altra volta che, nonostante ci
fossero stati in passato momenti terribili,
era stata molto fortunata ad aver potuto partecipare a quella vita e ad
aver
conosciuto l’uomo vestito di nero al suo fianco, per il quale
provava ancora un
amore sconfinato.
Fece
scivolare una mano sotto al tavolo e cercò quella di
Severus, che intrecciò brevemente
le dita con le sue.
- FINE -
UN PO’ DI GENEALOGIA
Per
scoprire che fine hanno fatto nella mia storia (e nella mia mente
malata), questi
e altri protagonisti dei libri – con buona pace di JKR!
Wayne
McMillian, caposcuola di Tassorosso, è figlio di Ernie
McMillian e Susan Bones;
Neville,
oggi professore di Erbologia e Capocasa di Grifondoro, dopo mille
titubanze ha
avuto il coraggio di chiedere la mano ad Hannah Abbott, ma i due ancora
non
hanno bambini;
Basil
e Stella Oleena Natasha Krum sono figli di Viktor Krum e Luna Lovegood;
Theodore
Nott ha sposato Tracey Davis: i due hanno una figlia, Gwen Nott, che
quest’anno
- al suo ultimo anno - è stata nominata Caposcuola di
Serpeverde.
Astoria
Greengrass alla fine ha sposato Draco Malfoy ed il loro piccolo
Scorpius è
appena stato smistato a Serpeverde.
Billy
Weasley è figlio di George Weasley e Angelina Johnson.
Percy
Weasley è figlio del gemello Fred e Alicia Spinnet: inutile
dire che i due cugini
sono i combinaguai in capo di Hogwarts, subito seguiti a ruota da James
Sirius
Potter, il primogenito di Harry e Ginny. Tutti e tre sono a Grifondoro,
mentre
il piccolo Albus è finito a Serpeverde. Ora manca solo di
vedere dove verrà smistata
Lilian Luna, l’ultima nata in casa Potter.
Rose,
la primogenita di Hermione e Ron Weasley, è stata smistata a
Corvonero, mentre
bisognerà aspettare ancora un paio d'anni per scoprire dove
andrà il piccolo
Hugo.
Daphne
Greengrass alla fine ha sposato Blaise Zabini ed il loro figlio,
Hector, ha
iniziato quest'anno a frequentare Hogwarts.
Severus
e Oleander hanno avuto due figli: il primo è Severus Jr.,
nato circa un paio
d'anni dopo la fine della seconda guerra magica. Il ragazzo ha appena
concluso
gli studi nella Scuola di magia e ora si sta specializzando in Pozioni
con un
master di studio. La secondogenita, Orchis, è nata qualche
anno dopo, come
tutte le donne della famiglia Silvestre è una Florimagus e
quest'anno ha
iniziato la scuola.
=======================
COMMIATO:
Dopo
quasi tre anni che ci sto dietro (contando anche il periodo della
frittura del
vecchio pc), ventitré capitoli e circa 470.000 parole,
è stata per me una
piccola ma autentica emozione scrivere quella piccola parolina di
quattro
lettere, "fine".
Non
so a quanti di voi sia piaciuta la mia storia, spero a tanti. In ogni
caso era
una cosa che sentivo il bisogno di scrivere, che *dovevo* scrivere,
prima di
tutto per me stessa e poi per omaggiare lui, Severus Piton, che
è e resterà
sempre il mio principe, il mio eroe di questa bellissima saga
letteraria.
Non
è una storia perfetta, rileggendola mi sono resa conto che
alcuni punti, che
nella mia mente erano chiarissimi, non lo sono altrettanto a chi la
legge per
la prima volta e che occorre rileggerla due o tre volte, per cogliere
tutti gli
indizi e i collegamenti che ho sparso qua e là. Comunque
questa è in assoluto
la storia che amo di più, tra quelle che ho scritto.
Si
è conclusa "Alla fine del sentiero", dunque, ma non le
storie di
Severus e Oleander: ho in mente una raccolta di one-shot di momenti che
non
hanno trovato posto qui o che sono nati in seguito.
@ Sheilin: mi piacerebbe dedicare
un'avventura anche ad Orchis e ai figli di Harry e compagni, ma finora
la
"seconda generazione" non mi ha fatto scoccare la stessa scintilla
della prima. Comunque sia, butterò giù qualche
appunto, poi si vedrà.
Grazie a tutti coloro che hanno
letto, commentato, messo nei preferiti, seguiti e ricordati :) |
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