''La Birra Romulana dovrebbe essere illegale!''

di Sidereal Space Seed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nervi, Kali-fal, e odori curiosi ***
Capitolo 2: *** "Tutto va male contemporaneamente.", disse Murphy il terrestre. ***



Capitolo 1
*** Nervi, Kali-fal, e odori curiosi ***


ert

Un caloroso saluto a tutti =)

Questo piccolo, molto piccolo racconto, che prenderà probabilmente al massimo 4 capitoli, è uno spezzone di quotidianità militaresca romulana in un particolare –buffo- frangente (penso che il titolo lasci poco spazio ai dubbi sulla particolarità). E’ un mio leggero tentativo per introdurmi meglio nella narrazione romulana, considerando che questa estate comincerò a pubblicare la LongFic.

Naturalmente, accoglierò con molto piacere pareri e critiche costruttive (almeno per questo primo capitolo)!

Inoltre, volevo informare tutte le scrittrici che uso leggere che sicuramente apprezzerò i loro nuovi capitoli con molto ritardo: sono sotto esami di stato, ergo sono vicina alla nevrosi (e mi sto troppo morendo di paura ç__ç), e il massimo che posso permettermi è una scrittura tranquilla e rilassante, motivo per cui non aggiornerò almeno per un’altra settimana o poco più Voices from the Universe. Non appena avrò finito con lo studio mi catapulterò a leggere le vostre fan fiction!

Altra piccola nota: questa fiction vedrà come protagonista un personaggio romulano verso cui provo un profondo amore! E’ della time-line di The Next Generation, si è visto PURTROPPO solo un massimo di 4 volte, ma l’ho adorato in ogni singola apparizione! Lo inserisco qui, perché egli avrà un grande ruolo anche nella futura LongFiction Romulana =)

Enjoy!

 

 

~ ~ ~

 

 

«Falco da guerra classe D’deridex nel raggio dei sensori: è la IRW Valkìr, signore.»

«Apra un canale e me li metta sul visore.» fu la risposta dal taglio scorbutico e annoiato.

Il vice-comandante non se lo fece dire due volte e digitò le apposite istruzioni sui pannelli di controllo. In un batti baleno, la sfacciata faccia sorridente di un anziano militare romulano apparve sullo schermo: «Comandante Tomalak! Lei è sempre l’ultimo a morire, a quanto vedo.»

Lo sguardo che raggiunse l’anziano ammiraglio fu arrogante, tagliente e solo lievemente ostile ma ben presentato da un ghigno che poco aveva di casto: «Ammiraglio Lokhat, siamo pronti a teletrasportarla sulla Tel’Hakanor.» fu la beffarda risposta di un Tomalak seduto decisamente a suo agio sulla poltrona di comando «E’ pronto ai festeggiamenti?»

«Festeggiamenti?» domandò Lokhat dallo schermo visore «Non mi aspettavo un così caloroso benvenuto!» fu la sarcastica risposta.

Tomalak passò dallo stravaccato al “normalmente seduto”, mentre accavallava le gambe quasi svogliatamente e poggiava il viso sul pugno: «Alcuni dei miei ufficiali hanno insistito perché la portassimo su Romulus in grande stile, del resto questo sarà il suo ultimo viaggio stellare, non è così?» un ghigno appena accennato.

L’ammiraglio rise piano, comprendendo il doppio senso della frase, un’affermazione che stava molto per “finalmente ti togli dalle palle”, considerando si trattasse di Tomalak: «Molto gentile da parte vostra. Mi sono preso il disturbo di farmi accompagnare dal Comandante Tebok, spero la cosa non le dispiaccia.»

Tomalak sollevò scettico un sopracciglio: «Tebok è il benvenuto. Ho intenzione di lasciargli in mano la Tel’Hakanor quando il viaggio di ritorno sarà concluso, visto che riavrò la mia Terix non appena arriveremo alla stazione spaziale presso Romulus. Faccia lui i miei complimenti, toccare questa nave con mano è stata un’esperienza estatica.»

«Glieli faccia di persona, comandante.» fu la beffarda replica «Sono pronto al teletrasporto. Chiudo.»

Il visore si spense, e alcuni sguardi curiosi si voltarono verso Tomalak, che aveva velocemente sostituito le precedenti espressioni con una che bene gli si addiceva: severa e inacidita.

Si alzò dalla sedia, sistemando l’uniforme: «”Esperienza estatica”… questa nave non ha smesso di puzzare di arroganza dal primo istante.» borbottò, mentre si avvicinava al suo vice «La Valkìr è nel raggio del teletrasporto?»

«Sì signore, abbiamo agganciato sia l’ammiraglio che il comandante Tebok, più il suo ristretto seguito.» rispose calmo.

«Mi segua alla piattaforma Valek, andiamo a dare il benvenuto.» fu la sarcastica risposta.

~ ~ ~

Dalla piattaforma del teletrasporto scesero diverse figure ben distinte, tutte in alta uniforme romulana ad esclusione di una matura quanto attraente donna, in abiti civili molto eleganti, ovvero una lunga tunica beige stile impero.

Tomalak si ritrovò a sgranare gli occhi alla vista di quella romulana: «Maledetta arpia…» sibilò con veleno ma molto, molto sottovoce.

Valek si sporse verso di lui: «Comandante, la conosce?»

Tomalak non ebbe nemmeno il tempo di comprendere che gli era stata rivolta una domanda che l’Ammiraglio prossimo al congedo definitivo si avvicinò ai due sfoggiando uno dei suoi ambigui sorrisi: «Comandante, vorrei presentarle il mio piccolo seguito, alcuni fra i migliori ufficiali con la quale ho avuto il piacere di lavorare.» disse, facendo segno loro di avvicinarsi; gli interpellati, perlopiù giovani o già più maturi uomini si fecero avanti, chinando appena il capo di fronte a Tomalak, fino a che non si fecero avanti Tebok stesso e la donna romulana: «Comandante Tomalak, spero abbia trattato col rispetto che le si deve questo magnifico falco da guerra.» si pronunciò il comandante Tebok, col suo abituale modo serio e grave, sebbene sempre stuzzicato da un tono ed un’espressione un po’ melliflua.

«Sarebbe stato impossibile fare il contrario, comandante.» fu la beffarda risposta.

«Ah, Tomalak, posso presentarle mia moglie—»

«Non si disturbi, Ammiraglio, io e la signora qui presente ci conosciamo già.» concluse.

La donna in questione sorrise maliziosa all’indirizzo di Tomalak: «Io e il comandante abbiamo lavorato insieme in un’occasione su Romulus.» il sorriso sensuale si allargò a periodo concluso, rendendole il volto dai lineamenti aggressivi e contornato da ordinatissimi e nerissimi capelli ancor più cospiratorio. Tomalak assottigliò gli occhi in uno sguardo di sfida, in un muto messaggio di ostilità.

Lokhat sembrò non cogliere quel silente scambio, perciò disse semplicemente: «Bene. Vogliamo incamminarci?»

~ ~ ~

«Mh… Kali-fal. E di ottima annata per giunta.» sogghignò il vice-comandante Valek, estraendo la bottiglia di liquido azzurrino dall’apposito porta vivande.

«Ne troverà diverse bottiglie vice-comandante.» quello era Senar, facente parte del seguito dell’Ammiraglio e apprezzato ufficiale dell’Impero.

Tomalak guardava la scena dell’estrazione dei veleni dai porta vivande con sguardo quasi assente e anche un poco vagamente in disparte; stava passando il tempo ad elencare i lati negativi di quel viaggio che sarebbe durato ben 4 ore.

Se Lokhat sapesse che io e Rakas ci siamo litigati la possibilità di evitare il supplizio di accompagnarlo non avrebbe quel sorriso tronfio e soddisfatto., pensava tra sé e sé, mentre l’Ammiraglio in questione sequestrava Valek.

E Tebok, poi. Quella spocchia ambulante dovrebbe smetterla di identificarsi in una cariatide del Senato. Tinteggerei volentieri le pareti della Terix con quell’acqua sporca che ha nelle vene che si ostina a chiamare Sangue Imperiale.

Si sforzò di fare un sorrisetto compiaciuto al passaggio di uno degli ufficiali di Lokhat, chinando il capo.

E poi… quella strega. Spero si strozzi col Kali-fal ancor prima di potermi rivolgere la parola.

Tomalak intercettò con lo sguardo il messaggio d’aiuto che Valek gli lanciava silentemente con gli occhi, stordito dalle chiacchiere di vanagloria dell’ammiraglio; si mosse per andare in suo soccorso quando si sentì, più che toccare la spalla, fermare del tutto da una presa feroce: «Jarodh… che accoglienza glaciale che mi hai dato. Scongelati un po’…» fu l’appello malizioso accompagnato da un lascivo sorriso.

Tomalak si liberò senza garbo dalla presa della donna: «Qui sopra non lo puoi fare il tuo giochetto preferito. Ti rammento la presenza di tuo marito.» fu l’acida replica.

La “signora Lokhat” lo approcciò ancora di più, toccandolo quasi col proprio corpo: «Avevo un marito anche quando eravamo su Romulus, sai?»

«E decisamente dall’altra parte del globo.»

Lei fece una risata furba: «Come se ti importasse minimamente…»

«Sai,» cominciò, afferrandola rudemente per le spalle e spostandola di peso lontano da sé «essendo su una nave non mia, preferirei evitare di essere lanciato dalla bocca del disgregatore di prua.» si allontanò senza tante cerimonie, tornando ad intercettare il suo vice la quale ascoltava con molta cortesia di una campagna datata almeno venti anni.

«Ammiraglio, mi scusi.» afferrò Valek per il braccio e lo trascinò via, senza far caso al “faccia pure” di Lokhat.

Tomalak fece il possibile per estraniarsi dalla piccolissima folla/ricevimento che era stata imbastita nell’aula magna della Tel’Hakanor, portando se stesso e il suo vice appena all’entrata del corridoio: «Signore, non potrei esserle più grato.» sospirò esausto Valek, massaggiandosi le tempie spigolose.

«Valek, lei deve aiutarmi.»

La dichiarazione arrivò con una tale serietà che il vice riaprì quasi interdetto gli occhi: «Sta succedendo qualcosa di cui sono all’oscuro?»

Tomalak si sporse per buttare un’occhiata dentro la sala: erano tutti occupati in rotoli Osol e Kali-fal.

«La prego, vada in sala macchine, faccia aumentare la curvatura, non m’importa delle ripercussioni. Tiri in ballo la Tal Shiar se necessario!»

Valek sollevò un sopracciglio: «E come la mettiamo con la griglia tachionica? Se acceleriamo rischiamo di entrarci completamente.»

«Se non acceleriamo sarò costretto a compiere un omicidio.» serio, come sempre, e anche vagamente truce.

Valek dissimulò molto elegantemente un forte stupore: «Comandante…?»

«Vada Valek.»

Il vice stava quasi per obiettare ancora, ma convenne non sarebbe stato saggio: oltre ad essere suo superiore, Tomalak era una persona sin troppo sanguigna per essere contraddetto.

Si congedò correndo in sala macchine, mentre il comandante rimaneva solo e sospirava pesantemente.

Si sistemò l’uniforme e approcciò nuovamente gli “invitati”.

Quando entrò la prima cosa che vide fu Tebok dritto come uno stoccafisso, e non poté non pensare ad un antico manico di scopa con un bicchiere in mano.

Allungò il passo, passandogli vicino: «Stia attento a non berne troppo, non vorrei crollasse accidentalmente sulla console di battaglia.» pronunciò sarcastico superandolo in fretta e furia, seguito dallo sguardo scettico del più giovane comandante, che con molta tranquillità faceva volteggiare la birra romulana nel bicchiere.

~ ~ ~

«Giudicherei una simile opinione piuttosto discutibile, come biologo molecolare non appare estremamente… oh, Vorta Vor, che cos’è quest’odore?» l’affascinante T’Lal non poté trattenere una smorfia. I compagni che la stavano ascoltando non poterono di riflesso non inalare più profondamente, e riscontrare di conseguenza un curioso odore dolciastro.

La romulana si alzò dalla sua postazione, fermandosi a guardare oltre il corridoio che portava all’aula magna, seguita dal centurione Taloch: i due si scambiarono un’occhiata curiosa, forse chiedendosi reciprocamente e in modo silenzioso cosa stessero combinando laggiù.

«Io vado a dare un’occhiata.» fu la seriosa replica di T’Lal, che si incamminò lungo il corridoio, ancor prima che il navigatore Kret potesse fermarla.

Taloch lanciò uno sguardo comprensivo verso Kret: «Torno subito. E’ bene che la controlli, a volte è sin troppo schietta.» riferì, preoccupandosi di quel che la romulana avrebbe potuto protestare, essendo ella conosciuta come prepotente ufficiale, allo stremo dell’insubordinazione.

Kret stava di nuovo per dire qualcosa, ma Taloch si dileguò in men che non si dica, lasciando che le braccia di Kret cadessero pesantemente sulle proprie gambe in segno di silente rassegnazione.

Il navigatore tornò a concentrarsi sulla propria console scuotendo la testa, monitorando dalla stazione secondaria la rotta e l’andamento della curvatura.

Non essendo assegnato a quella particolare postazione, non notò la silente spia luminosa della console di T’Lal che lampeggiava ad intermittenza.

~ ~ ~

«Che faresti senza di me…»

«Vice comandante, si ricomponga.» fu la velenosa ed estremamente seria replica dell’ingegnere Disia, impegnata ad un pannello di controllo a cui rivolgeva la sua totale attenzione.

Sembrava esserci uno strano morbo a bordo della Tel’Hakanor: la brezza di “cordialità” nata nell’aula magna sembrava essersi infiltrata anche in sala macchine, dove l’ufficiale Disia si trovava costretta a sopportare le sin troppo evidenti avance del Capo Ingegnere.

«Non essere così frigida…» disse il vice comandante N’Ryak, vistosamente brillo, mentre poggiava una bottiglia su un pannello «Siamo praticamente fuori servizio, e quei tediosi in aula magna non si faranno vedere almeno per 3 ore…» un sorriso ambiguo e piuttosto provocatore si fece spazio sul suo volto spigoloso, mentre appoggiava il gomito nei pressi del pannello ove lavorava la seriosa Disia.

Questa d’altro canto, sentendo i suoi superiori etichettati come “tediosi”, si voltò di scatto verso N’Ryak, severa: «E’ di comandanti e ufficiali che stai parlando, modera i termini. Compreso il tuo, di comandante.» tornò a porre la propria attenzione al pannello «Lei è ubriaco.» aggiunse poi dopo una breve pausa, ricompostasi e riacquistando le dovute riservatezze del rango.

Quando poi la romulana udì dei forti passi avvicinarsi ai pressi della sala macchine, riconoscendo senza problemi la camminata che assumeva connotati prorompenti solo nei momenti di forte nervosismo, si voltò di scatto leggermente sotto pressione, con occhi vagamente dilatati e deglutendo: l’idea di lasciar vedere al suo superiore un capo ingegnere totalmente ubriaco non la divertiva affatto…

Tomalak entrò in sala macchine, uno sguardo estremamente severo in volto; incontrò per primo il viso dell’ufficiale Disia, che lo guardava con una certa apprensione, poi, si accorse di qualcosa che non andava: davanti a sé, c’era una schiena, una schiena che non sembrava intenzionata a voltarsi, che si reggeva con molta tranquillità ai pannelli di comando.

Il comandante aggrottò la fronte, assottigliò gli occhi e chinò il capo da un lato. Solo pochi secondi di attesa, un minimo per attendere una possibile mobilità da parte di quella schiena quasi imbalsamata, poi proruppe con furia e rabbia: «Vice-comandante N’Ryak!»

Disia sobbalzò visibilmente.

L’interpellato si voltò sconvolto a barcollante, mutando il proprio sguardo da beffardo a pietrificato: «Ah, ehm, comandante…»

«Si consideri temporaneamente destituito!» ruggì ancora Tomalak «Disia, lo rilevi. Qualcuno qui dentro sa dirmi dove diavolo sia finito il secondo in comando?»

Per un attimo fra tutti i presenti in sala macchine ci fu un profondissimo e imbarazzato silenzio, glaciale, intimorito. Poi, a rispondere all’inacidito comandante, giunse una strana quanto perplessa risata.

Tomalak superò il capo ingegnere ancora non del tutto cosciente di ciò che era accaduto, mentre gli altri ufficiali gli facevano rispettosamente spazio.

Il comandante giunse nei pressi della bocca di un condotto posta in un angolo della sala, dove, con suo incredibile stupore, trovò il vice-comandante Valek: trovò il vice-comandante Valek a terra, scompostamente seduto e caratterizzato da un ghigno che oscillava dall’ebete all’estremamente divertito. Difatti, il soggetto in questione si reggeva la testa con una mano ridendo in modo piuttosto inquietante.

Tomalak lo afferrò di forza per le spalle tirandolo su, mentre Valek non cancellava dal suo volto un divertito sorrisetto, tentando di farfugliare la parola “comandante”. Tomalak non fu in grado di proferire alcunché per lunghi secondi, anche mentre chiamava con lo sguardo due centurioni affinchè sorreggessero il secondo in comando, ad esclusione della sua più che eloquente espressione di incredulità.

Tornò nei pressi di Disia e N’Ryak, adocchiando la bottiglia di birra romulana, constatando fosse ancora piena per tre quarti.

«Chi ve l’ha portata?» domandò, vagamente meno irrigidito.

Disia si fece avanti: «Il centurione Sonar, comandante. Ce l’ha consegnata per festeggiare il ritorno ormai prossimo alla Terix. Era totalmente cosciente e lucido quando ce l’ha data, signore.» spiegò seria.

Tomalak lanciò un’occhiata indagatrice verso N’Ryak, che si reggeva malamente alla console, poi tornò a guardare la bottiglia: «La quantità di Kali-fal che ha ingerito non giustifica il suo attuale stato.» si pronunciò, riferendosi al capo ingegnere «Valek ha brindato con voi?»

«No signore. A dire la verità, non avevamo idea fosse nascosto nei pressi di quel vano. Eravamo assorbiti dai nostri compiti.»

Tomalak poggiò la bottiglia sul pannello vuoto senza delicatezza, assolutamente sconcertato. Solo qualche secondo dopo, respirando a fondo, percepì nell’aria uno strano odore dolciastro; aveva notato un ambasciatore e un ufficiale fumare delle pregiate erbe nell’aula magna, ma l’idea che l’odore fosse giunto sin lì tornava sconcertante.

Anche Disia prese ad inalare più profondamente, riscontrando la presenza dell’odore, accompagnata da N’Ryak, che più che inalare sembrò quasi tirar su col naso.

«Disia, aumenti a curvatura 8. E faccia portar via il capo ingegnere.» comandò, prima di riprendere il cammino fuori la sala macchine pronto a ridirigersi verso l’aula magna e tentare di comprendere cosa diamine stesse accadendo.

 

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Capitolo 2
*** "Tutto va male contemporaneamente.", disse Murphy il terrestre. ***


ert

Grazie a tutti delle visite e dei commenti =)

Ovviamente un ringraziamento particolare a Thiliol e Persefone Fuxia, che condividono con me questo passionale amore per (quel)le orecchie a punta  ?

Vero Persefone?? Adoro la figura di Tomalak, ritrae alla perfezione la parte paranoica che distingue i romulani!

Enjoy  :)

 

 

~ ~ ~

 

 

Cominciava a preoccuparsi.

Un terrestre forse in simili circostanze avrebbe detto che se non fosse stata una situazione critica, avrebbe riso.

Ma lui non era un terrestre, e se non fosse stata una situazione critica, sarebbe rimasto arcigno comunque.

Inoltre, era una situazione critica. Nonostante i suoi lati decisamente… ironici.

Ma nel mentre si perdeva in quelle da lui stesso giudicate futili considerazioni, ascoltava i gorgoglii/borbottii/grugniti di protesta del suo secondo in comando, che si risvegliava dalla più grande sbronza del secolo galattico.

Valek si sollevò dal lettino dell’infermeria massaggiandosi, per la seconda volta in quella giornata, le tempie, stringendo gli occhi ed emettendo un lieve ringhio proveniente dalle profondità della cavernosa gola.

Tomalak si regalò un’espressione annoiata accompagnata da un sopracciglio sollevato, il tutto sorretto da un grande sospiro: «Vice-comandante Valek, è in grado ora di spiegarmi cosa le è accaduto?» chiese quasi severo.

«Vuole la verità comandante?» biascicò l’altro, che quasi poggiava la testa sulle ginocchia dal dolore cranico.

Tomalak non rispose, ma il suo sguardo trafiggeva i muri.

Valek comprese al volo: «L’ultima cosa che ricordo è che nel tragitto verso la sala macchine mi sono sentito piuttosto… euforico.»

«Euforico?»

«Euforico signore.»

Tomalak fece un passo indietro per far spazio al vice, che scese dal lettino semi barcollante.

«E’ in grado di prestare servizio?» domandò il comandante senza esitazioni.

«Ritengo sia possibile.» fu la replica, mentre entrambi si incamminavano fuori dall’infermeria; la loro dipartita non durò molto, in quanto il capo reparto della sezione medica li fermò: «Comandante, si può sapere cosa diavolo sta succedendo?»

Al vice-comandante Valek veniva la pelle d’oca ogni volta che il medico capo si rivolgeva a Tomalak in quel modo: un brivido partiva dalla base del collo saettando lungo la schiena, mentre il capo si voltava meccanicamente per constatare la reazione del comandante a simili toni autoritari.

Difatti Tomalak si girò, zelante, con sguardo truce guardando la romulana che brandiva uno sguardo d’acciaio e qualcosa molto simile ad un acuminato strumento da laboratorio; aveva notato che tutti gli ufficiali donna del suo equipaggio erano sin troppo “audaci”: non gli stava bene qualcosa? Avrebbero schiaffeggiato anche proconsole e pretore assieme se necessario; probabilmente, erano tanto combattive proprio perché facenti parte del suo equipaggio.

«Se può essere più chiara, dottore…» sibilante.

«Certo che posso.» la romulana si avvicinò determinata, puntando l’attrezzo in traiettoria del naso del comandante, sebbene mantenendo le dovute distanze «Questa infermeria è piena di mascalzoni! E’ modo di portare a termine una missione simil-diplomatica? In aula magna ci sono senatori e comandanti, chi più ne ha più ne metta, e da un’ora a questa parte a varcare quella soglia è una processione di romulani ubriachi! Questo non è un centro di riabilitazione!»

Neanche un dispotico Tomalak poteva aspettarsi una simile dichiarazione, e fu proprio per quello che per quell’occasione sorvolò di punire verbalmente il capo medico.

Si voltò verso Valek, ignorando del tutto la romulana; i due si guardarono muti per un paio di istanti, poi il vice annuì, ed entrambi si mossero svelti verso il corridoio alla ricerca dell’aula magna.

«Tzk… Uomini!» contestò il dottore ad alta voce.

~ ~ ~

Il Comandante Vorlan Tebok era caratterizzato, come molti uomini romulani, da una distinta presunzione –sebbene celata con molta infida ed elegante superbia—, connotato che di fronte all’inaspettato rischiava spesso di metterlo in condizioni di non comprendere: difatti, in quel momento non capiva.

Non capiva per quale motivo vedesse la sua vista offuscarsi e rimettersi a fuoco quasi fosse stata una macchina olofotografica, ma certo la confusione mentale che percepiva non lo aiutava: prese ad ammiccare lentamente, e non si accorse del rumore di vetri rotti quando mollò la presa sul bicchiere.

In men che non si dica un centurione e un ufficiale di Lokhat lo sorressero dalla caduta, mentre la signora T’Ling Lokhat si sporgeva curiosa verso la scena, con una mano posata leggera sulle labbra che nascondeva il sorrisetto un po’ beffardo: «Oh che peccato…» sospirò con ipocrisia vedendo il giovane comandante del tutto privo di sensi. Quando fece per girarsi, notò l’entrata affrettata del primo ufficiale e del comandante nell’aula, e il progressivo stuccarsi dei loro lineamenti.

«Oh!, era ora… c’è stato un po’ di trambusto qui.» disse la donna intercettando specialmente Tomalak, il quale le restituì uno sguardo talmente ostile che quasi avrebbe potuto fisicamente tramortirla.

«Lei questo lo chiama trambusto…?» azzardò ancora lievemente incredulo Valek.

Il vice osservò in primis due ufficiali piegati su una console, piegati dalle risate, un altro che batteva pugni sulla schiena di un collega che tossiva insistentemente, un Lokhat quantomeno svenuto su una sedia mentre dormiva e i tre romulani che nel tentativo di sorreggere Tebok erano caduti tutti a terra assieme al corpo inerme.

Tomalak si dichiarò tra l’indignato e l’incredulo, facendo voltare il capo da una parte all’altra: «Quanto hanno bevuto?»

T’Ling si voltò appena e noncurante verso i “disadattati”, poi rispose: «In realtà non molto, forse non era birra romulana quella…»

«Lo era signora, l’ho assaggiata personalmente.» confermò Valek, ma a quelle parole lo sguardo oltremodo scettico e di rimprovero di Tomalak lo raggiunse, considerando le condizioni in cui era stato trovato.

«Fate riparare il sistema di areazione poi… c’è un odore terrificante qui dentro!» protestò lei gesticolando.

Il comandante a quelle parole ricordò quel misterioso dettaglio: probabilmente il suo sistema olfattivo si era abituato a quell’odore, e ora riusciva a percepirlo a malapena, ma sapeva per certo che non era opera delle erbe portate a bordo dagli ospiti, considerando che era stato permesso di fumarle a porte chiuse. E il sistema di areazione avrebbe dovuto ripulire il tutto, invece sembrava aver coperto persino quegli odori.

Tomalak interruppe il secondo in comando prima che potesse prendere provvedimenti: «Andrò io alla manutenzione. Lei pensi alla questione della griglia, Valek, cerchi di contattare la flotta.» il vice annuì, incamminandosi; Tomalak stava per andare, quando si rigirò per fronteggiare la romulana: «Signora Lokhat, le andrebbe di rendersi utile?» fu una frecciatina, proferita con un ghigno appena accennato e decisamente sarcastico, espressione che ella colse al volo.

«Naturalmente, Jarodh…» e si avvicinò a lui indisturbata, allacciandogli le braccia dietro al collo, considerando che la piccola folla alle sue spalle nell’aula era troppo impegnata a non sbavare per terra per accorgersene.

Tomalak si irrigidì visibilmente, una fra le poche volte in cui poteva definirsi sotto attacco, tanto che non si mosse per farle cambiare atteggiamento; la guardò serio, intensamente, poi disse: «Veda di portare una di quelle bottiglie al laboratorio di questo ponte. O ha bisogno di essere accompagnata?» si lasciò sfuggire un altro lieve sogghigno. Lei in risposta allargò solo il suo sorriso, sempre pericolosamente vicina.

Ho solo due opzioni: o la scaglio nello spazio, o la tengo occupata il più possibile.

«Visto che c’è,» e le afferrò le braccia per rimetterle al loro posto «faccia anche chiamare l’infermeria.»

E nel modo più svelto possibile, le diede le spalle dileguandosi per il corridoio.

~ ~ ~

Ci provava, il facente funzione di capo ingegnere Disia, ma la sua concentrazione era offuscata e della consistenza della nebbia. Tanto che neanche ricordava precisamente quando aveva smesso di maneggiare con le console, per fermarsi giusto un attimo e riprendere fiato; poi i suoi occhi erano caduti sul monitor di controllo della velocità a curvatura, e lì era rimasta fissa a guardare le cifre.

Non era stupita del fatto che neanche l’attività degli altri fosse da registrare negli annali; tutto sembrava tranquillo, ogni cosa andava bene.

Tranne quel numero.

Quel dannato numero sulla schermata della console.

«Curvatura… curvatura… ?»

Lo sussurrava quasi, col respiro così lento e rilassato, e la vista decisamente non a fuoco. Stringeva gli occhi, nel tentativo di capire se si stesse sbagliando ma, no, quello sembrava proprio un 8. I contorni del simbolo erano quelli!

«Bene! Procediamo a curvatura 8 allora!» esclamò poi ad alta voce, digitando il comando e ridacchiando.

Si allontanò dalla console mantenendo la sua ilarità indotta, senza accorgersi del fatto che la curvatura inserita era 3, e non 8.

~ ~ ~

Un sospiro, pesante.

Dedicò solo qualche secondo alla questione sul perché il corridoio dei pannelli della manutenzione fosse del tutto immerso nel buio, in totale black-out. Perlomeno da fuori. E inoltre, non c’era anima viva.

Non che importasse, del resto i romulani quanto i loro lontani cugini vulcaniani possedevano delle capacità fisiche non indifferenti; sebbene non avessero conservato l’incredibile forza fisica vulcaniana data la loro più tenue atmosfera, i sensi erano comunque molto più sviluppati rispetto a quelli di altre razze; lavorare al buio non sarebbe stato un problema.

Chinato su un pannello sigillato, passò qualche manciata di secondi ad imprecare nella sua lingua madre, maledicendo la situazione corrente e la sua progressiva e malefica crescita; di quel passo avrebbero dovuto come minimo lanciare un messaggio di soccorso, inoltre gli ronzava in mente l’esperimento sulla griglia tachionica e i rischi che correva anticipando l’arrivo della nave.

Si arrabbiò di più però quando constatò che il pannello non cedeva sotto i suoi sforzi, e la sua pazienza andava mano mano sbiadendo; se poi doveva considerare che quella non era la sua Terix, l’idea di danneggiare una paratia lo sfiorava a mala pena: si alzò in piedi e raccolse tutte le forze per sganciare una potente pedata sul portello, che si staccò schizzando sul pavimento e creando un gran chiasso.

L’unica risposta che lo raggiunse fu l’eco, i motori ronzanti e una risata molto, molto in lontananza. Seguita da un colpo di tosse.

«Dannazione.» imprecò furioso sottovoce, tornando ai comandi.

Quando si chinò, notò che sul display lampeggiava una spia rossa: era il segnale che nell’aria c’era una sostanza chimica non ben identificata.

Ma quella non era l’unica spia a lampeggiare, perché proprio sotto quella, ce ne era un’altra arancione tutta dedicata alla stabilità strutturale di quel particolare portello.

Fu troppo tardi quando Tomalak realizzò, e proprio quando aggrottava la fronte, un possente sbuffo d’aria delle vie di areazione danneggiate in quel punto lo colpì in pieno viso, e colto di sorpresa cadde all’indietro.

Scosse la testa sollevandosi sui gomiti, mentre le orecchie gli fischiavano a causa di quel fastidioso sbuffo d’aria.

Stava pensando di mettere la nave sotto allarme quando si accorse, anzi, si rese conto che in realtà, non lo desiderava affatto. All’improvviso, non desiderava affatto trovarsi lì, in quel posto inospitale e buio, avrebbe di gran lunga preferito fare il suo comodo.

Non si preoccupò nemmeno di farsi troppe domande: dannazione, perché avrebbe dovuto? Si rialzò, con molta flemma, sistemando l’uniforme, guardando la fine del corridoio che sembrava allontanarsi sempre più mano mano che la fissava intensamente, e trovò la cosa stranamente gradevole.

In compenso il suo sguardo non mutò. Era piuttosto serio, o forse semplicemente apatico, dubbioso, seppure condizionato dalla mente.

Si girò verso lo sbuffo, che cominciava a diventare pian piano più contenuto; decise che gli bastava quello.

Ammiccò, scuotendo la testa, poi i suoi pensieri corsero all’aula magna: lui era lì in quel dannato condotto, e quei burocrati/militari se ne stavano a strisciare sul pavimento; specialmente pensò a Lokhat, e a quando lo mise quasi in ridicolo di fronte ad un gruppo di senatori per la manovra mal conclusasi quando la Federazione ospitò il traditore Jarok.

Un odio quasi atavico gli montò in petto, e le gambe per poco non si mossero da sole.

~ ~ ~

«Vice-comandante, vice-comandante!»

T’Lal corse praticamente dietro l’ombra del vice, dall’andamento un poco precario. Aveva lasciato Taloch e Kret da parecchio ormai, dopo che li aveva sorpresi raccontarsi barzellette sui Klingon, evento che avrebbe ritenuto più raro del contatto con un universo parallelo; il vice sembrava un po’ stordito, ma molto meno dei suoi colleghi di stazione.

Corsero, corsero entrambi finché alla fine la sala che raggiunsero altro non fu che la plancia. E lì, T’Lal si bloccò, osservando un Valek, solo, piegato mentre si reggeva sulla sedia del comandante, riprendendosi dal fiatone. La cosa la rincuorò e la spinse ad avvicinarsi, ma si inchiodò a terra quando sentì sfuggire una risata un po’ banale dal secondo in comando.

Sbuffo pesantemente, mordendosi poi il labbro con frustrazione.

«Vice-comandante, dobbiamo mandare un messaggio alla flotta.» dichiarò seria approcciandolo.

Questo si risollevò sorridente più che mai: «Io ce l’avrei un’idea… è un bel po’ di tempo che vorrei spedire una bella pernacchia al comando!» e scoppiò a ridere.

T’Lal lo afferrò con forza per le spalle scuotendolo: «Vice-comandante, si riprenda!»

A scuotimento concluso, Valek emise un fischio, sghignazzando mentre si premeva le tempie con le mani: «Be’, la console è lì, che vogliamo dirgli?» Niente, non demordeva.

La romulana allora si mosse di sua iniziativa verso la console, intenzionata ad avvertire l’Alto Comando; Valek la sentì prima di tutto tentare di contattare le stazioni interne della nave, senza successo e senza ricevere risposte, cosa che lo fece ridere ancor di più, poi si avvicinò a lei dandole una pacca sulla spalla: «Ma che le importa della flotta? Fra due ore arriveremo a destinazione!»

Lei lo fissò, cercando una pazienza che andava sbiadendo: «Facciamo così: perché non cerca il comandante? Dovrei parlargli, potrebbe farmi questo favore?»

Lui scosse la testa, appoggiandosi sul bordo delle stazioni, sedendocisi sopra quasi un poco: «Ma io non ho idea di dove sia il comandante.»

«Spero in un posto migliore del mio…» sospirò ella, riferendosi alla spiacevole situazione e cominciando a concentrarsi sui comandi; poco dopo, fu trafitta da uno sguardo quasi sconfitto, e si voltò amareggiata verso Valek: «Dannazione, richiede l’autorizzazione!»

«E’ naturale,» le spiegò lui «abbiamo a bordo importanti figure di stato, non si può certo permettere che chiunque parli all’esterno!»

Lei lo afferrò di nuovo di forza, con l’intento di fargli sputare il codice di sicurezza, facendolo sbilanciare all’indietro sui tasti prima di spostarlo da lì.

Nessuno dei due si accorse del dolce virare della nave, che cambiava la rotta sulla base dei tasti premuti dalle terga del vice-comandante.

~ ~ ~

Lokhat si svegliò sulla sedia sobbalzando in seguito ad un proprio grugnito, guardandosi attorno e notando come la gente fosse serena e mansueta. Dai suoi sensi offuscati, riuscì però a farsi distrarre dal rumore di vetro rotto a terra…

-

Quando il comandante raggiunse l’aula magna, T’Ling era lì ad aspettarlo, appoggiata seducentemente allo stipite della grande porta automatica con una bottiglia vuota in mano.

Sebbene neanche le condizioni di Tomalak fossero fra le migliori, quella vista gli suscitò disappunto: «Già finito?»

«E che c’era poi da fare?» domandò ironica lei con un sorriso, mentre lanciava la bottiglia alle proprie spalle e andava avvicinandosi al comandante romulano «Sono stata in laboratorio ma ho visto che di Kali-fal lì già ce ne era, e come puoi constatare i dottori sono già qui!»

Era palesemente sbronza.

E altrettanto palesemente, andava riferendosi a due dottori, dritti l’uno di fronte all’altro, che litigavano animatamente su quale fosse la diagnosi più appropriata per il comandante Tebok disteso a terra.

Tomalak non poté che far scivolare il palmo della mano sulla faccia. Nonostante l’offuscamento, cominciava a percepire una discreta furia.

«Ora che ho fatto tutto, che tu sei tornato e che la nave prende tranquillamente il volo…» era vicina, di nuovo, ancorata all’altro «…perché io e te non prendiamo il volo per il primo alloggio disponibile?»

Stavolta Tomalak non aveva i riflessi necessari per essere come sempre preparato ad una risposta, troppo quei fumi avevano agito sul suo sistema nervoso, anzi, quando si sentì il muro premergli contro le spalle e le curve di T’Ling addosso, decise che era persino ora di collaborare.

E come ogni predatrice, T’Ling si accorse perfettamente del cambiamento, e ne approfittò senza battere ciglio; gli gettò di nuovo le braccia al collo, alzandosi sulle punte per togliergli il fiato con un bacio appassionato, a cui il comandante paradossalmente rispose con molto trasporto, stringendola a sé.

Ma si videro entrambi sobbalzanti e sussultanti quando sentirono una voce imperiosa e più che furiosa palesarsi al loro indirizzo: «COMANDANTE TOMALAK!»

 

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