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“Sto diventando una balena.” Il mio girovita era
aumentato vertiginosamente nelle ultime settimane.
Di certo, quell’esserino che pesava appena 400 grammi, a
detta di Chopper, era la causa indiretta di tutti quei chili di troppo che si
stavano accumulando.
La seconda causa?
I quintali di dolci, stuzzichini e altro cibo vario che
Sanji continuava a prepararmi.
Il biondo era davvero assurdo. Nonostante il primo
pianto, per la scoperta di una simile disgrazia, come lo aveva inizialmente
chiamato, ora stava viziando il suo nipotino, o nipotina che fosse.
“Incinta?” L’urlo
da dieci decibel di Sanji aveva praticamente stroncato i poveri timpani di Usop,
seduto al suo fianco. “Di quel marimo?” La seconda frase era stata una sorta di
ringhio accompagnata da una vena pulsante sulla fronte e dalla comparsa di un
paio di mannaie. “Qualche problema
sopracciglio a ricciolo?” Zoro semplicemente aveva risposto ghignante facendomi
spalmare una mano in fronte. Gli altri invece
erano rimasti basiti con le bocche spalancate, tutti tranne Chopper e Robin. Il
primo perché medico, la seconda invece…aveva un sorrisetto di chi la sapeva
lunga. La fulminai con lo
sguardo con l’unico risultato di farla ridere. “Me lo aspettavo.”
Arrossì lievemente, tutta colpa di quegli stupidi ormoni schizofrenici. Me la
presi con Zoro seduto al mio fianco. “Ahi strega, che ti
prende ora?” Brontolò massaggiandosi il punto contuso. Sanji invece sorrise
vittorioso mentre Rufy si riprendeva sfoderando un sorriso. “Dobbiamo
festeggiare.”
Sì, avevamo festeggiato parecchio quel giorno.
Ora sembrava quasi che tutto fosse tornato alla
normalità, come se non fossi incinta. Certo, stavano più attenti, Rufy cercava
addirittura di non farsi vedere per le strade quando capitavamo in una nuova
isola. Cosa difficile. Sembrava che avesse installato un radar per i guai.
Spuntavano da tutte le parti.
“Non dire cavolate.” Osservai Zoro avvicinarsi lentamente
fino a sedersi al mio fianco sul letto. “Non sei una balena.” Lo fulminai
tranquillamente con gli occhi.
Era solo colpa sua se mi ritrovavo in quelle condizioni.
“Hai già pensato ad un nome?” Sviare i discorsi era sua
prerogativa.
Scossi il capo sbuffando sonoramente, cercare di
rabbonirmi in quel periodo era come andare in cerca di morte sicura. Di certo,
al sesto mese, una donna incinta era davvero pericolosa. Zoro lo sapeva bene
questo.
“Forse…” Glissai con calma. C’era ancora una cosa che non
avevo detto, aspettavo sempre il momento giusto, ma non avrei potuto continuare
a tenerla segreta. “Pensavo a Ken, o Wakabayashi…o a Daigo.”
“Nomi maschili?”
Sorrisi cercando di nasconderlo.
“Embè?”
“Nami?”
“Sì?” Cercai di fare la gnorri guardandomi attentamente
le unghie della mano destra mentre Zoro si avvicinava pericolosamente al mio
viso.
“Cosa.Mi.Stai.Nascondendo?” Soffiò velenoso, e scoppiai a
ridere.
Risi sotto la sua faccia sbigottita.
Era carino vederlo sbigottito, era carino anche vederlo
preoccupato per le mie condizioni. Di certo non me lo sarei mai immaginato
padre…faceva uno strano effetto in effetti.
“Nulla.” Repressi a stento l’ennesima risata. Mi asciugai
con calma la lacrima che furtiva era scesa per il troppo ridere. Scoppiai di nuovo
a ridere vedendolo imbronciarsi. “Non ti viene in mente nulla?”
Chiesi infine dopo aver preso parecchie boccate d’aria.
Lui di risposta s’imbronciò di più tornando a sedersi
composto. Incrociò le braccia al petto grugnendo appena. Sì, alle volte ero
davvero insopportabile, ma adoravo farlo impazzire.
Ci mise qualche secondo a capire.
“Maschio?” S’illuminò in viso a quel pensiero.
Annuì decisa.
“Sì, maschio.” Mi accarezzai istintivamente il pancione
pensierosa e sentendomi un po’ in colpa. “Chopper me lo ha confermato un paio
di giorni fa. Avrei dovuto dirtelo prima lo so, ma cercavo sempre l’occasione
giusta, e quella non arrivava mai. Poi credevo di farti un torto. Tu dicevi che
sarebbe stata una bambina e così…”
Fermò quel fiume di parole posando un dito sulle mie
labbra. Sorrise divertito.
“Non importa.” Spostò quella stessa mano sul mio pancione
continuando a sorridere. “E Daigo sia.” Disse infine convinto, annuendo un paio
di volte col capo.
“Sicuro?” Chiesi prendendo la sua mano ed intrecciandone
le dita. Mi baciò di risposta, lieve.
“Piuttosto di Wakabayashi.” Brontolò infine.
M’imbronciai, ma ero troppo felice per mettermi a
discutere sui nomi.
“Allora benvenuto Daigo.” Mormorai ed un calcio arrivò
facendoci sobbalzare.
“Sembra che piaccia anche a lui come nome.” Sorridemmo
ancora mentre Zoro tornò ad accarezzare quell’esserino che lentamente cresceva
nella mia pancia. “E poi, in ogni caso sei una balena molto carina.”
Sbuffai tirandolo per un orecchino e facendolo imprecare
sonoramente.
~
Allora, prima di tutto premetto che avere una sorella
incinta che gira per casa non aiuta XD, come seconda cosa, il caldo a me fa
male purtroppo ç_ç
Questa cosa di un possibile pargoletto di nome Daigo mi
ronzava in testa da un bel po’ di tempo. Siccome volevo inserirlo in un’altra
ff, ma sta cosa non salta fuori nemmeno a pagarla oro, ho deciso di mettermi a
scrivere sta cosa. Forse anche perché ho giusto giusto scritto quella cavolata
ieri per il compleanno di Nami. O forse ero semplicemente fuori di me mentre lo
scrivevo.
Più probabile la seconda direi u.u
Comunque, spero che possa piacere. Forse, se la pazzia
continua a contagiarmi, questa potrebbe diventare una raccolta. Mah :P
Vabbè, finisco di stressare con i miei vaneggiamenti.
“Zoro…” finsi di non sentire, finsi di essere morto a dire
il vero.
Non ci fu un
secondo tentativo, ma imprecai rotolando poi di lato, cercando di staccarmi
quella strega di dosso.
“Ma si può
sapere che ho fatto di male questa volta?” sbottai risentito. Controllai di
avere ancora tutti e tre gli orecchini attaccati all’orecchio. Controllai pure
di avere ancora un orecchio attaccato alla testa.
“Tuo figlio
piange” fu la pratica risposta che mi arrivò.
“E con ciò?”
inarcai a posta un sopracciglio, sapevo che quella mia particolare espressione
la faceva incazzare. Nonostante il buio pesto che infestava la stanza, lei la
vide ed io finì fuori dal letto.
“Mouviti!” mi ordinò.
A tentoni
cercai il bordo del letto.
Discutere su
chi doveva andare era stupido, soprattutto a notte fonda. Meglio alzarsi ed
andare, almeno prima andavo, prima il piccolo mostriciattolo riprendeva sonno,
prima tornavo a letto. Semplice matematica.
Pianto?
Aguzzai le
orecchie mentre aprivo lentamente la porta che mi avrebbe portato alla
stanzetta di Daigo. Nessun pianto.
Controlla Zoro,
controlla.
L’unica
volta che non avevo controllato, meglio non ricordarla.
“Zoro, sei sicuro che non sia sveglio?” Nami lo
aveva chiesto ormai per la decima volta.
Il piccolo dormiva, ne ero certo, accostando l’orecchio
alla porta non avevo sentito nulla. Per una volta avrei potuto seguire i miei
allenamenti senza doverli interrompere sul più bello.
“Sì, donna di poca fede” mugugnai l’ultima frase
sperando che non mi avesse sentito, ma sembrava più intenta a tendere le
orecchie che prestare attenzione al sottoscritto.
Meglio.
I pesi mi stavano aspettando, e già ero con un
piede sulla scaletta di corda per andare nella palestra, che sentì la nuca
pizzicare. A mezz’aria, come un idiota, voltai lentamente il volto e solo per
ritrovarmi Nami davanti a me, incazzata.
Dietro a lei Robin con in braccio il piccolo.
“Dormiva giuro” mugugnai ancora sospeso.
“Dormiva infatti e anche tu dormirai, ma fuori sul
ponte!”
Il problema
principale fu che quella notte nevicò.
“E tu sei sveglio…” sospirai vedendo come quel piccolo esserino fosse così arzillo. Muoveva gambine
e braccine come fossero delle pale.
Alle volte
mi chiedevo se davvero era figlio mio e non del capitano.
Però i capelli
erano verdi come i miei. A tentoni cercai quello che Nami definiva ciuccio, per
me era il tappo. Anche se a volte proprio non voleva saperne di tenerlo in
bocca, preferiva di gran lunga un mio dito, o polso, o un qualsiasi pezzo di
pelle scoperta.
Il risultato?
Mi ritrovavo coperto di bava.
“Dai Daigo, ti prego. Fa contento papino
e dormi” lo supplicai inginocchiandomi di fianco al lettino e cercando in tutti
i modi di infilargli il ciuccio in bocca.
Niente, una
serie di versetti striduli riecheggiavano nella stanza.
Lo presi in
braccio sperando che si decidesse a prendere sonno. Ancora una volta il pupo
aveva vinto. Il mio polso tra le fauci e quell’espressione vittoriosa sul suo
volto, e mi ritrovai ancora una volta a prepararmi all’ennesima notte insonne.
Cercai a
tentoni la piccola lampada che Usop aveva installato
e l’accesi. Almeno ora vedevo. Una serie di animaletti parvero muoversi lungo
le pareti.
Lo guardai
ancora, aveva gli occhietti chiusi e finalmente la mia mano era libera.
Dormiva?
La prova del
nove era semplice, infilai il tappo e lui lo arpionò succhiandolo.
Pupo che
dorme, vale dire che potevo tornare a letto.
Quando tornai
in camera, il più silenziosamente possibile, Nami dormiva dandomi le spalle.
“Dorme?” mi
domandò con voce impastata quando scivolai di nuovo sotto le coperte.
Mi dava la
schiena e appoggiandomi a lei la intrappolai tra le braccia.
“Sì”
mugugnai chiudendo gli occhi.
Avevo lasciato
la lucina accesa sperando che fosse stata quella a farlo addormentare. Un secondo
dopo, mi parve di sentirlo ancora piangere. Aguzzando l’orecchio rimasi in
ascolto sperando che quella peste mi facesse dormire.
Nulla,
silenzio assoluto.
“Zoro” Nami
mi aveva pizzicato appena un braccio. “Dormi” mi ordinò infine.
Sbuffando feci
come aveva ordinato.
La prossima
volta si sarebbe alzata lei.
~
E rieccomi qua, a dire il vero non credevo che avrei scritto
ancora su questa cosa.
Il
problema?
L’avere
mia nipote che dorme di notte nella stanza accanto. La senti anche quando
ciuccia il ciuccio. Maledette pareti fatte col carton
gesso. Un muro in cemento armato e via.
Questo
giro è il male al collo ad avermi ispirata u.u anche
se rileggere l’altro capitolo ha aiutato.
Capitolo 3 *** Il secondo viene sempre fuori meglio ***
Dedicato a Rolochan
e Shishi
(sperando che entrambe tornino a
scrivere *.*)
Il secondo viene sempre fuori meglio
“E se fosse
tutta una questione di pratica?” parlavo più a me stessa che verso quel
tontolone di Zoro.
“Forse”
borbottò di risposta lui.
Già, parlare
con il muro era più utile. Almeno quello stava ad ascoltarmi, al contrario di
mister spadaccino che anche in quell’occasione non mi dava retta.
Che avevo
fatto di male in vita mia? Continuavo a chiedermelo ma già sapevo la risposta:
mi ero andata ad innamorare di un cretino. Quindi la colpa era mia, anche se a
ben pensarci potevo pur sempre scaricare la colpa su Rufy.
Sì, lui era
di certo la colpa di tutto quello.
Lui aveva
reclutato Zoro, lui aveva poi reclutato me quando io proprio non volevo avere a
che fare con i pirati. Vivere a stretto contatto con loro due mi aveva
praticamente mandato in pappa il cervello. Non c’era altra soluzione,
altrimenti come si poteva spiegare questo mio interesse nei confronti di quello
squattrinato?
Una vocina
nella mia testa sussurrò la parola amore.
“Tu che dici
Daigo? Col secondo potrebbe andare meglio?” almeno mio figlio mi rispondeva,
con urletti e gorgoglii che proprio non riuscivo a decifrare, ma almeno lui mi degnava
di una qualsiasi risposta.
Infatti alzò
la sua testolina verde, come quella del papà, per poi emettere una sorta di
assenso. O forse no.
“Secondo?”
sogghignai, tanto davo le spalle a Zoro.
Risi non
appena mi voltai.
Certi
atteggiamenti di Zoro erano così nuovi per me che facevo fatica a credere che
fosse sempre lui, il temibile cacciatore di pirati.
“Paura?”
prenderlo in giro era uno spasso.
Aggrottava la
fronte e stringeva le labbra. Poi voltava la testa mugugnando sottovia qualcosa
che mai riuscivo a capire. Probabilmente qualche maledizione verso la
sottoscritta.
“Io non ho
paura di niente!” sbottò risoluto.
Eppure, di
paure ne aveva fin troppe.
“Nami!” Zoro aveva la capacità di urlare
silenziosamente.
Come era possibile? Non so, ma lui ci riusciva.
Ma più che altro c’era da chiedersi perché stesse
urlando silenziosamente proprio ora. Risi, non appena misi la testa dentro la
stanza.
“Non ridere strega!” mi fulminò con lo sguardo
mentre cercava in tutti i modi tenere Daigo.
Doveva solo lavargli le manine, eppure, quello più
bagnato era lui, o per meglio dire, solo lui era bagnato. Il piccolo rideva
strizzando gli occhioni.
“Dovevi fare il bagno a lui Zoro, non a te” impossibile
rimproverarlo.
“E se gli faccio male?” fu retorica la sua
risposta, come fu normale per me alzare gli occhi al cielo.
“Grande e grosso per niente” borbottai
raggiungendolo e prendendo Daigo dalle sue mani.
Devo ammettere
che un po’ di paura l’avevo pure io.
“Speriamo
che non sia come te” mi avvicinai gattonando fino a dove Zoro era sdraiato.
In quella
stanza praticamente era come vivere in una casa tutta nostra. Guardai un’ultima
volta il piccolo, intento a giocare con i vari giochi che Usopp e Franky gli
avevano costruito, poi mi spalmai su Zoro.
“Che vuoi
dire?” mi arpionò per la vita e risi.
“Che spero
abbia il senso dell’orientamento” dissi poi calma alzandomi con le braccia e
lanciando ancora uno sguardo verso Daigo.
“Simpatica”
borbottò ancora lui.
Non lo
guardavo, Daigo aveva imparato a gattonare da poco e a quanto pareva, gli
piaceva eccome. Si stava avvicinando a noi due.
“Che c’è?”
non fece in tempo a finire la frase che il piccolo lo aveva accecato.
“Daigo?” lo
chiamai piano, sotto di me, Zoro era intento a trattenere una sequela di
bestemmie.
La voce la
riconosceva. Se io o Zoro lo chiamavamo lui si voltava subito esibendo un
sorrisone che mi lasciava incantata ogni volta. Allungò le manine e lo presi
mentre mi sedevo sul pavimento, lasciando libero Zoro che si mise seduto
strofinandosi il viso con una mano.
“Antipatico
come te” lo sentì borbottare.
“Magari il
prossimo sarà più simpatico” sorrisi canzonandolo ancora.
~
E rieccomi qua ancora una volta, e solo dopo pochi giorni.
Scena
che mi è venuta in mente guardando una immagine zonamiu.u peccato che ancora io sia così impedita da non
saper mettere le immagini xD
Dicono
che il secondo figlio sia meglio, mah, io credo che in tutti i casi i figli
siano gioie e dolori dei genitori. Vedi me, sono la seconda ma di guai ne ho
combinati anche troppi xD e continuerò a farne
altrettanti.
In
pratica, Zoro e Nami sono uno spasso come genitori xD
o almeno io li vedo così.
grazieNon chiedete, non dite nulla ma dato che avete aperto la pagina, leggete…va’ Ringrazio Sherry perché l’ispirazione mi è tornata durante una discussione con lei ;)
Grazie
“Papà!” Daigo aveva imparato da pochi giorni a dire papà e già la usava fin troppo spesso. “Vieni qui piccolo” allungai le braccia e Daigo tese le sue manine paffute. Alle volte
avrei voluto credere in un qualsiasi Dio solo per poterlo ringraziare
di un simile dono. Ma sono ateo, e l’unica persona che potevo
ringraziare era Nami. Al momento assente. “Mi viene da piangere…” Feci finta di
non sentire l’ultima frase. Il cuoco, da quando Daigo aveva
iniziato a dire le sue prime parole, era diventato isterico. O per
meglio dire: più isterico del solito. E pensare che in tanti
anni non ero mai riuscito a farlo diventare così. Daigo aveva un dono naturale. “Mi
chiedo,” continuò Sanji mentre posizionavo il piccolo
sulla tavola “non diventerà come te?” Fulminarlo con
lo sguardo fu lecito, sentire Nami, o per meglio dire, vederla colpirlo
con un pugno, non ebbe prezzo. Ci sono cose nella vita inestimabili. Una era la mia
famiglia, l’altra era il vedere quella pazza ammazzare
letteralmente i nostri compagni ogni volta che l’occasione si
presentava. Certo, quando era incinta l’unico a finirci di mezzo ero io…
“Zoro!” Urlare
a squarciagola, per Nami, era diventata un’abitudine. Una
costante da quando ci eravamo conosciuti. Ma non avevo la più
pallida idea di cosa avessi combinato. Come sempre del resto. “Che
ho fatto?” piagnucolai mentre rimettevo a posto il kit per la
pulizia della spada e prestavo la mia totale attenzione a quella che in
pratica, ma in realtà era solo un demone travestito da donna,
era la mia ragazza. “Un tubo. Non fai mai nulla, questo è il tuo problema!” Provai a guardarmi attorno e vidi tutti, ma proprio tutti, guardarci divertiti. Ma quei maledetti stavano in assoluto silenzio. Lasciai perdere maledicendoli mentalmente. Ora, la questione importante era quella belva che mi ritrovavo davanti. “Nami” provai a parlare, ma non ci riuscì. “Tu! Sei un essere inutile!”
Alle volte mi chiedevo davvero chi me lo avesse fatto fare. “Papà!” La mia risposta
l’avevo davanti agli occhi che allungava le manine paffute e
reclamava la sua dose di attenzione. Quel visino non potevo che
adorarlo. “Di tutto a tuo papà Daigo” diventavo un deficiente totale in queste occasioni. Anche Robin, la silenziosa archeologa, si scioglieva in un sorriso vedendoci. “Zoro…”
sentì Nami chiamarmi ma non le risposi, le feci semplicemente
segno di avvicinarsi e la tirai per un polso facendola sedere accanto a
me sulla panca. Sanji, impossibile non sentirlo, piagnucolava frasi senza senso ancora spalmato sul pavimento. “Mamma!” E sorrisi ancora di più rischiando di sembrare il mio capitano. “Grazie” mormorai dopo qualche attimo guardando Nami al mio fianco. Non dovevo ringraziare un qualche Dio per la mia fortuna, ma solo la donna che avevo accanto.
§
Ok, ecco la nuova cavolata. Nuova mica tanto direi… I bambini possono farti rincoglionire? Sì, totalmente ed assolutamente. Per il resto,
non so proprio che dire. Ma ringrazio tutti per aver letto sta cosa che
è un tale obrobrio…postata qui ma anche sul forum, per
chi vuole leggere altro, di vecchio e molto presto di nuovo.
“Zoro?” lo chiamai un paio di volte, ma non mi sentì. Certe volte mi
domandavo chi fosse, sempre all’erta ma quando si addormentava,
bhè, in quei momenti davvero non sapevo cosa inventarmi per
riuscire a svegliarlo. C’erano momenti in cui avrei volentieri commesso un omicidio. Ma forse, questa volta
potevo anche pensare di lasciarlo dormire. Daigo è un vero e
proprio terremoto. Di carattere, in queste occasioni assomiglia alla
sottoscritta, anche se tante volte ho visto dipingergli sul visetto
paffuto tante espressioni di Zoro. Ora capisco Genzo. Non deve essere stato facile starmi dietro quando ero piccola. Il piccolo terremoto
Daigo, come ama chiamarlo Robin, ha letteralmente distrutto il suo
papà oggi. Tanto stanco da non sentire nemmeno la porta della
cabina chiudersi. Meglio così. Almeno non avrò nessuno a dirmi di smetterla. Anche se l’unico che dovrebbe darsi un freno qui, è proprio il caro Zoro.
“Zoro…”
odiavo quando iniziava, ma poi mi ritrovavo a non poterne più
fare a meno. E lo richiamavo sempre indietro, strattonandolo per la
maglietta e riportandolo sopra di me. Dio, quell’uomo mi avrebbe fatto impazzire. “Nami…” sentirlo sussurrare il mio nome in quel modo era esilarante, e spiazzante. Lo odiavo con la stessa intensità con cui lo amavo. Coerente? In questi casi no. “Non
provare nemmeno ad alzarti” bofonchiai bloccandolo brillantemente
tra le gambe e segnando così un punto a mio favore. O forse a
suo favore. In quei casi, poco aveva importanza eravamo entrambi
vincitori e perdenti allo stesso tempo. Lo sentì soffiarmi una risata nell’incavo del collo ed un brivido mi scosse. “Ma se fino a due minuti fa volevi che la smettessi” carogna e lurido approfittatore. “Ormai ci sei” lo punzecchiai attirandomelo ancora più addosso, soffocando un gemito a quel contatto. “E se faccio così?” il gemito seguente non riuscì a trattenerlo.
Mai avrei pensato di arrivare a certi livelli. Solo al pensiero mi sentivo arrossire. Ma sinceramente, non avrei cambiato nulla. Nulla che riguardasse lui e la mia scelta. Adoro quella Nakama
matta, adoro il mare ed i mandarini. Le girandole ed il sole. Il vento
tra i capelli e l’odore di salsedine che trasporta. Il rum, le
risate spensierate dei miei compagni di viaggio, le frottole di Usopp,
i sorrisi solari di Rufy e quelli rari di Robin. La timidezza di
Chopper e l’essere farfallone di Sanji. Adoro lui e la vita che mi sta facendo vivere. “Beccata”. Sorrido e mangio un
altro pezzo di dolce rubato dalla dispensa di Sanji. Tanto lo ha
lasciato a posta per me, quindi non corro rischi. In tutti i casi, non
li correrei. “Ho voglia” brontolai affondando ancora la forchetta e prendendo un altro pezzo. “Potevi chiamarmi” ribatte Zoro, ma lo sbadiglio enorme che fa ancor prima di terminare la frase mi fa sorridere. Scuoto il capo e gli punto contro un dito. “Se aspetto te allora qua facciamo mattina” mi diverto a prenderlo in giro. E lui lo sa. “Simpatica”
ribatte acido venendomi incontro e prendendo posto a sedere nella sedia
a fianco alla mia. “È buona almeno?” mi domanda. Annuisco e prendo
l’ultimo pezzo. Dirigo la forchetta verso la sua bocca, ma mentre
lui già si pregusta il tanto agognato boccone, faccio una
deviazione e me lo mangio lasciandolo a bocca asciutta. “Ehi!” ribatte piccato e io rido per quella sua espressione imbronciata ed incredula. “Sono io quella incinta, non tu” gli faccio notare. Zoro sospira scuotendo il capo. “Dove vai?” chiedo quando lo vedo prendere il piatto ed alzarsi dal tavolo. Rovista nel frigo e torna con una nuova fetta di dolce. “La dividiamo?” mi chiede riprendendo il proprio posto e portando un nuovo boccone alla mia bocca. “Buona” mugugno guardandolo mangiarne anche lui un po’. Alle volte mi chiedo come sarebbe andata se non avessi incontrato loro. “Nami”. Lo guardo e non so mai cosa aspettarmi da lui. “Fa che sia femmina questa volta”.