Sposati... per caso!

di KikiWhiteFly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Capitolo - Sana e Akito, Aya e Tsuyoshi ***
Capitolo 2: *** II Capitolo - Sana ***
Capitolo 3: *** III - Akito ***
Capitolo 4: *** IV Capitolo - Una settimana ***
Capitolo 5: *** V Capitolo - A ritmo di baciata ***
Capitolo 6: *** VI Capitolo - Attraction ***
Capitolo 7: *** VII Capitolo - San Valentino? Stupida festa! ***
Capitolo 8: *** VIII Capitolo - Al mio fianco ***
Capitolo 9: *** IX Capitolo - Faccia a faccia ***
Capitolo 10: *** X - Sotto la pioggia [Akito POV] ***
Capitolo 11: *** XI Capitolo - The end... Oppure no? ***



Capitolo 1
*** I Capitolo - Sana e Akito, Aya e Tsuyoshi ***


Sposati...  per caso!






La lunga fila di persone sembrava non cessare mai. Sporgevo lo sguardo ogni tanto, chiedendomi quando sarebbe stato il nostro turno. Le figure imponenti dei body guard controllavano le carte d'identità con aria piuttosto seria, ispezionandone ogni minimo particolare.
Sospirai in modo seccato, per l'ennesima volta, prendendo dalla borsa argentata il cellulare e controllandone l'ora . Eravamo lì da un'ora... Diamine!


"Sana! Calmati... Fra poco sarà il nostro turno!"


Eccola. La mia migliore amica di sempre. Aya Sugita. Una ragazza davvero deliziosa, dai modi educati e la grazia di una principessa.

Una brava ragazza, insomma. E oltretutto anche molto carina. Quella sera si era acconciata in modo davvero... Sexy, in una parola!

La minigonna a balze nere le sfiorava appena il sedere, mostrando le gambe in tutta la loro bellezza e una grazioso top scintillante le dava un tocco davvero spiritoso. Era semplicemente... Perfetta. Un evidente imbarazzo, non era nuovo sulle sue gote. Più volte quella sera aveva indugiato se mettere qualcosa di più “composto”, ma alla fine sotto i miei sacrosanti consigli, era uscita da timida ragazzina qual era... Una bomba di carica sensuale per gli uomini.


Era incredibile come fossimo diverse. In tutto e per tutto. Eppure eravamo amiche. Non lo credevo assolutamente possibile umanamente, eppure avevo avuto una prova schiacciante. La mia amicizia con Aya durava da lunghissimi anni, non saprei dire esattamente quanti. Mi sembrava un tempo infinitamente lungo e, al contempo, era passato in un lampo. Eravamo cresciute insieme, scambiandoci idee e opinioni comuni. E ora era al mio fianco, a sorridermi teneramente.


"Aya! è un ora che pazientiamo! Uffa!"


Borbottai annoiata, scorgendo ancora decine e decine di persone. Chi me l'aveva fatto fare di venire a visitare la discoteca più discussa del Giappone? C'era ogni tipo di lusso e, in più, godeva di fama... Ma per entrare avevamo fatto i salti mortali.

"Ecco... Il nostro turno!"


Sorrise Aya. I due uomini ci squadrarono dall'alto in basso, mentre controllavano i due documenti. Avevano un aria a dir poco terrificante, incutevano un certo timore e altrettanta soggezione.

"Passate", mugugnò uno dei due, con un gesto della mano, che aveva ben poco di cortese.

Non badammo alla galanteria degli uomini in nero, quando entrammo però ci parve di vedere un altro mondo. Luci, colori, suoni. Tutto così perfetto, sembrava far roteare la testa, mettere a dura prova i nostri nervi saldi, i cocktail che ci offrivano i camerieri sopra pretenziosi servizi d'argenteria e qualche stuzzichino che si poteva assaggiare grazie all'uso di un ombrellino-stuzzicadenti, doveva fungere da forchetta. Non me lo feci ripetere due volte: presi quel bicchierino tutto per me, buttandolo giù tutto d'un sorso. La gola bruciava, ma la sensazione di euforia che avrei sentito immediatamente dopo ne valeva la pena. Aya mi stava guardando smarrita e preoccupata e iniziò a ricordarmi le regole, a cui dovevo essere assolutamente ligia.

"Sei sicura di reggerlo?"

"Certo!" Affermai con enfasi.

Il mio sguardo correva verso la fila di ragazzi che stavano dando prova del loro esibizionismo in quella vasta platea. Un coro di voci l'una mischiata all'altra affondava nei miei timpani, ogni rumore pareva essere amplificato con un megafono, le mie orecchie non riuscivano a reggere. Poi, spostai lo sguardo. Il bar serviva qualunque liquido alcolico, i barman erano dei gentili signori sulla trentina, con dei sorrisi stampati in volto. Ora però c'era qualcosa di diverso nel mio sguardo... Avevo appena visto qualcosa che avrei preferito ignorare, dovevo inghiottire il boccone amaro e rendere conto alla realtà. Sorrisi, ma di quel sorriso falso e turbato che mostravo solamente quando non volevo cadere in commiserazione.


"Oh... Aya... Ti dispiace se vado a ballare?"

Avevo appena sentito una musica abbastanza ballabile e volevo gettarmi in pista. Al mio fianco c'era un ragazzo dai capelli castani che già mi stava facendo fare qualche piroetta. Uno di quei ragazzi da palestra, alti e muscolosi... Uno da una botta e via.

"Certo" aggiunse, dopo un attimo di silenzio "... Sana?"

Mi chiamò, squillante. Mi girai, captando gli occhi della mia amica. "...Tutto bene?"

"Non potrei stare meglio!"


Feci, mostrando il miglior sorriso che potessi fabbricare. Aya sospirò, dopo che mi fui voltata, così decise di prendere qualcosa anche lei. Sfilò dalla borsetta qualche yen, rovistando tra le varie cose che vi erano dentro, quali cellulare e documenti.

I suoi occhi incontrarono la figura elegante di Naozumi Kamura.

Sgranò le iridi, trovandosi a stringere la borsa, in una presa molto più forte. Stava conversando con una ragazza.

Conversando, effettivamente, era un termine poco appropriato, dato che le sue mani si adagiavano coraggiose sulle cosce della bionda, coperta solamente da un mini vestito di raso, appena sotto il sedere. Le mani esploravano coraggiose la pelle e, mentre parlavano, ogni tanto tirava indietro un ciuffo ribelle e mostrava il suo miglior sorriso.

La donna beveva di tanto in tanto, aveva tutta l'aria di essere sul punto di ubriacarsi.

Aya strinse i pugni. Quello era lo stesso uomo che avevo amato per ben cinque anni. Colui per il quale avevo pianto la notte – lacrime amare sulla spalla di Aya – , con Naozumi avevo condiviso ogni tipo di emozione. Ci eravamo lasciati da un mese, forse un po' di meno. E lui già se la spassava con la prima oca di turno.

Aya sapeva di non doversi intromettere nella situazione, ma in qualità di migliore amica le dava tremendamente fastidio quel comportamento. In fondo, era come aver sentito sulla pelle le stesse cose, quando le raccontavo di Naozumi, sembrava quasi sull'orlo di un precipizio. E Aya non poteva che essermi vicina, abbracciarmi e consolarmi, per quanto possibile. Per quel motivo, nonostante l'ira crescente, strinse le nocche e fece dietrofront, gettando lo sguardo verso di me, che stavo ballando audacemente, presa dal brivido del momento.
Eppure, sotto quello sguardo così radioso... Fingevo.

Fingevo che tutto andasse per il verso giusto. Avevo visto quella scena e probabilmente il mio cuore aveva perso un battito.




Aya si trovava da sola in quel momento, non aveva mai avuto una grande opinione per quanto riguardava quel genere di balli, indi si trovava a commentare la pista da ballo e le modeste proporzioni dell'ambiente in tutta solitudine, con il suo cocktail in mano.

"Ahia"


Le scappò, quando capì di essere sbattuta contro qualcuno. Le luci dei riflettori si accendevano e si spegnevano, mostrando i colori più vivaci. Denotò solo allora la figura di un ragazzo: indossava una camicia chiara e dei semplici jeans. Nulla di estremamente vistoso.
Si trovò ad arrossire come una liceale al primo appuntamento.

"Scusami!"

Disse, colpevole di chissà quale reato.

"D-Di niente!"

Rispose lui, balbuziente.

Imbarazzata e presa da un'improvvisa vampata di calore chiese la cosa più semplice e naturale possibile: "Sei con qualcuno?"

Il ragazzo le indicò un punto indefinito e seguendo la direzione, Aya si accorse di un uomo dai capelli dorati, da quello che poteva scorgere da quella prospettiva, il quale stava ballando proprio con Sana.

Sembravano veramente affiatati. I loro corpi fremevano e si toccavano, gli sguardi incatenati tra loro e la voglia di ballare che sembrava non avere fine.

"Oh... Quella vicina è la mia amica!"


"Capisco... Piuttosto audace"

La buttò sullo scherzoso.

Aya mugugnò un: "Già", cercando di capire se Sana fosse già ubriaca oppure se era l'effetto del biondino.


"Tu non balli?" le chiese ad un certo punto.


"Ehm... No. Non amo molto la discoteca, più che altro ci vengo per Sana... La mia amica."


"Oh... Ti capisco benissimo . Anche Akito, il ragazzo, l'ho accompagnato qua, per fargli levare dalla testa un'altra ragazza"

Si portò una mano alla testa.


"Wow. La stessa cosa!. Solo Sana con un ragazzo!"


Oddio. Sentiva di aver detto una cosa stupida. Le guance s'imporporarono quando videro il ragazzo portarsi una mano dietro la nuca e ridere convulsamente.


"Beh certo... Mi sembra ovvio!"


Avvampò all'istante.

Poteva cancellare gli ultimi dieci secondi di conversazione?







La serata trascorse in modo piacevole, Aya scoprì che il misterioso ragazzo si chiamava Tsuyoshi . Era un po' timido ma le sembrava leale e generoso. Esattamente come lei.

Rise ancora una volta, allargando vistosamente la bocca. I suoi occhi si gettarono verso l'immenso spazio dove ballavano tutti. Non vedeva più né l'ombra di Sana, né quella del ragazzo... Che fossero fuggiti insieme?





Continua







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Capitolo 2
*** II Capitolo - Sana ***











II Capitolo – Sana








Giocai all'interno delle coperte più volte, troppo stanca per alzarmi. Sentivo il sole filtrare dalle tapparelle della camera in modo decisamente troppo repentino e fui costretta a schiudere le palpebre una volta per tutte, a malincuore.

Feci uno sbadiglio piuttosto rumoroso, schiudendo pian piano le iridi e distinguendo i profili di una camera. Tutto quadrava perfettamente, se non per un dettaglio oltremodo trascurabile: quella camera, non era la mia!

Non ebbi il coraggio di voltarmi dall'altra parte, così mi limitai a tastare sul letto con la mano, come per cercare una figura al mio fianco.

Con espressione piuttosto scettica e occhi visibilmente sgranati, distinsi un corpo accanto al mio. Santo cielo... Non ricordavo assolutamente nulla.
Roteai le pupille con calma, cercando di non farmi prendere dal panico. Non credevo ai miei occhi.

Lo fissai un solo istante... Sembrava un angelo, visto da quella prospettiva. I capelli dorati si posavano leggiadri sul suo viso, dandogli un'aria quasi divina, il suo corpo era avvolto in un unico, grande, telo bianco, il suo petto era nudo. Avvampai ancora di più quando mi accorsi che anche io non ero da meno: che follia avevo commesso quella notte?
Gli indumenti erano sparsi qua e là nella camera, in modo disordinato, come se la passione avesse preso il sopravvento, quasi a consumarci fino alle ossa. Lo sentii mugugnare qualcosa e immediatamente mi voltai. Si stava spostando sempre più verso di me.

E adesso cosa voleva?

In pochi secondi il suo capo sfiorò la mia schiena, che ebbe subito un fremito. La folta capigliatura cozzò contro la mia pelle, in modo del tutto naturale. La mia reazione, al contrario, era di innocente imbarazzo, iniziai a tremare di vergogna.

" 'Giorno", mormorò, seccato. Vidi il suo corpo alzarsi e andare a cercare le mie labbra. Scostò la frangetta di media lunghezza e fece sì che i nostri occhi s'incrociassero. "Ah!" urlai, irata. "E tu chi sei?!"  

Esclamai, coprendomi per quanto possibile.

"Ah... Sei tu" mormorò, sbadigliando. Si portò una mano dietro la nuca e successivamente stiracchiò le braccia, come per risvegliarsi completamente.  "... Lo sai che urli peggio di una gallina?!"

Disse con nochalance, in tono estremamente calmo. Il mio umore cambiò repentinamente e della traccia di dolcezza che mi sembrò di trovare nel suo animo, rimase solamente polvere. 

"Cosa?" 

Controbattei, alzando un cipiglio.

"Hai capito benissimo. Ora scusa... Vado a farmi una doccia" 

Disse, mettendo i piedi a terra. Nel farlo, non potei non notare il suo corpo statuario e qualcosa che penzolava in una zona estremamente delicata. Avvampai ancora di più, trovandomi a sprofondare sotto le coperte di pudore. Il ragazzo - di cui non conoscevo assolutamente nulla - mi propose qualcosa che ebbi la sfortuna di udire: "Vuoi venire con me?"

Il suo tono aveva un qualcosa di estremamente irritante ma malizioso. Obbiettai immediatamente, cercando di apparire il più naturale possibile, non capivo come lui potesse sentirsi a suo agio. Il nervosismo si stava impossessando di me e lui, contrariamente, girava per la stanza, raccattando i suoi indumenti, in modo tranquillo, non aveva un minimo di buon senso, era tutto terribilmente normale per lui.
Cercai di fissarlo in viso, rispondendogli di rimando: "Non so nemmeno come mi sono cacciata in questo guaio. Dannazione... Io ieri ero con Aya in discoteca. Ballavo... E poi..."

"... Poi mi hai chiesto di venire con te e io ti ho seguita" aggiunse lui, gesticolando. In quel momento si palesò il mio scetticismo, non ero una ragazza del genere, non lo ero stata mai. Il mio senso del gusto e, soprattutto, quello della decenza erano austeri paletti che mi avevano piantato anni fa, in età giovanile.  "Si sa... Da cosa nasce cosa. E poi, non ricordo più nulla. Evidentemente troppo annebbiati dall'alcool" disse, indicandomi le birre sul comò. 

"Va bene", cercai di calmarmi. "Rimediamo subito: io non ti ho mai conosciuto, chiaro?"

Dissi, avvolgendomi il lenzuolo attorno al corpo e scattando in piedi. Eravamo l'uno di fronte all'altra... Solo quel letto ci separava, custode delle nostre reminiscenze più segrete. Mi sentii nervosa, poi, serrando i pugni, afferrai i miei abiti, sparsi qua e là per la camera.


"Chiarissimo"


Disse, sbadigliando. Incredibile, già lo odiavo.

Lo vidi voltarsi e raggiungere così il bagno, da quel che scorgevo, una vasca piuttosto lussuosa, di media lunghezza. Effettivamente, tutto lì attorno aveva un'aria così... regale. Dalle tende dorate alle lampade scintillanti. Mi sporsi un po' dalla finestra per rendermi conto del luogo.

Quello era lo stesso piazzale dove avevo aspettato il mio turno la notte prima. Poi, ricordai improvvisamente: sopra la discoteca si ergeva un grande edificio dove le coppiette potevano riunirsi per scambiarsi dolci effusioni.

Oppure, in termini meno romantici, ci andavano le persone che avevano trovato conforto nell'alcool e, di conseguenza, avevano sbagliato strada... magari con un uomo ancora più sbagliato. Il pensiero che io fossi una di quelle donnine, mi faceva veramente rattristire. 
Chiusi immediatamente la tenda, quando vidi un uomo avanzare lento verso l'edificio. Sfuggii al suo sguardo e, come improvvisamente risvegliata da quello stato di trans, ricordai di vestirmi. Purtroppo avevo con me solamente il vestitino succinto della sera prima che, anche se estremamente sexy, non era proprio il caso di mettere di primo mattino. Infilai le scarpe col tacco a spillo, di un nero lucente, ai miei piedi e, alla fine, mi trovai di fronte allo specchio, dando un'aggiustata veloce ai capelli ramati. I segni della sbornia erano piuttosto evidenti.

Le occhiaie pazzesche a cui avrei dovuto porre presto rimedio con qualche crema miracolosa oppure l'espressione decisamente fuori luogo  erano una chiara testimonianza della mia sublime follia. Presi la borsa, estraendone il cellulare grigio metallizzato. Sul display vi era scritto ' Un nuovo messaggio '. Già conoscevo il destinatario. Lessi velocemente le parole, che balzarono alla mia mente come una scossa, rendendomi conto che quella notte probabilmente era stata la più grande sciocchezza della mia vita.

Sana. Dove sei? Sono davvero preoccupata per te!” 


Recitava il messaggio. Non sapevo come l'avrei spiegato ad  Aya, semmai ci fosse stata una spiegazione razionale, tuttavia i miei pensieri furono presto interrotti da un baldo giovanotto che, bagnato e frastornato, uscì fuori dal bagno, lasciandosi dietro solo il vapore acqueo depositatosi sulle piastrelle. Ancora una volta mi soffermai sui suoi tratti maturi, e sull'asciugamano di spugna che adesso copriva le parti più sensibili del suo corpo.  Non gli avrei fatto compagnia, no. Non ero la sgualdrina di turno, non lo sarei stata mai. Cercai una veloce via d'uscita, il modo più silenzioso per appropriarmi dei suoi vestiti ed uscii. La sua camicia - un colore semplice, non troppo sfavillante - era impregnata di un odore buono, fresco, quasi afrodisiaco. Sentii che non avrei dimenticato tanto facilmente quella colonia. Indossai il suddetto indumento, poi sbattei irruentemente la porta, scappando via come una ladra... Oppure un'amante.

Lasciai la camera, scendendo la lunga rampa di scale. Il signore della reception mi guardò con aria disgustata, chissà cosa pensava. Volevo dimenticare ad ogni costo quella follia,però, prima che potessi lasciare l'albergo, una figura mi guizzò all'occhio.

Una bionda, sorridente, gli sfiorava la guancia, come se avesse sempre conosciuto quel tratto di pelle.  Ma lei, chi era? 

Una civettuola che ancheggiava con finta eleganza attorno a lui, distraendo e annebbiando il suo raziocinio. Naozumi, spavaldo, le scostò qualche ciuffo ribelle, sorridendole di rimando. Sentii il cuore un po' pesante, avvertii per la prima volta il lento scricchiolare di una frattura contro l'altra, i tacchi che, automaticamente, iniziarono a traballare, assieme alle mie ginocchia mollicce. Ma non potevo farmi vedere in simile stato, sarebbe stato davvero degradante.

Eppure...

Lui pagò il conto, sorridendole di rimando.


Lo facevi anche con me.


"Facciamo colazione insieme?" chiese lui, sorridendo.


"Sì" le rispose la donna, tutta contenta.


"Cornetti al cioccolato e cappuccino" le disse, ottenendo un suo cenno, salutando educatamente il signore di fronte a lui e attraversando l'entrata, abbracciato a quella ragazza dalle forme prosperose e il sorriso stampato falsamente sulle labbra.


Lo facevi anche con me.

Ma di me, cosa ti è rimasto?


Non degnai nessuno di uno sguardo e corsi a passi felpati verso la strada. Le lacrime aumentarono, scendendo copiosamente sui miei zigomi; la matita colò, formando una fastidiosa pozzanghera nera. Macchiò il mio viso e lo infastidì.

Piansi. Delusa, amareggiata, usata, gettata via al vento.


E così in un istante svanisce ogni cosa che brilla” *



Continua






  • William Shakespeare -Sogno di una notte di mezza estate



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Capitolo 3
*** III - Akito ***




*






Terzo Capitolo – Akito

[Akito POV]


Percorsi a grandi falcate lo spazio che divideva il bagno dal letto e constatai che lei se n'era andata: non c'era più traccia della sua presenza.
Mi girai più volte da una parte e dall'altra, gettando intorno a me le goccioline che erano rimaste impregnate sui miei capelli dopo la doccia. Decisi di vestirmi, dimenticando una volta e per sempre il volto di quella ragazza.
Era stata un'avventura, qualcosa di nuovo e mai sperimentato ma divertente. Non ricordavo bene i particolari della notte passata, se non a grandi tratti.
I corpi che si muovevano... come mossi da una corrente marina. I baci timbrati sulla bocca - un marchio impresso chiaramente - e il sapore di rum sulle bocche, il liquore che scorreva lento nelle gole. Ricordi che navigavano nella mia mente, agendo indisturbati di proprio piacimento.
Nel silenzio che si era creato sentivo la vibrazione del cellulare richiamarmi alla realtà. Lo presi distrattamente, non curandomi nemmeno di aprirlo dalla parte giusta, ero piuttosto distratto quella mattina.


"Akito! Dove diavolo sei stato finora?!" sentivo una voce penetrarmi nei lobi delle orecchie ad un ritmo impressionante e con una rapidità tale da sconvolgermi. Allontanai un po' l'apparecchio, non ricordandomi che Tsuyoshi parlasse così velocemente.


"Sono stato..." mi spostai verso la finestra, cercando di identificarne i contorni "... Sono stato con una donna", ammisi infine, pensando che la verità forse molto meglio di una maledetta bugia.

Alcuni attimi di silenzio, in seguito, attimi in cui trovai il tempo di sedermi su un lembo del letto, avvolto ancora dall'asciugamano di spugna.


Era il suo lembo.



"Ah... Per caso era una ragazza tutta peperina, capelli tendenti al rosso e una voce alta?"


Ricordai il profilo di quella splendida ragazza, mettendo una mano sul capo. La voce particolarmente stridula mi ridestò, facendomi capire che era la stessa persona di cui parlavamo entrambi.

"Esatto... La voce da gallina", mormorai, facendo un mezzo sorriso. " E tu come la conosci ?", chiesi, piuttosto curioso.


"Ehm" iniziò a balbettare. "Ho conosciuto la sua amica, diciamo"

Quel diciamo mi sembrava particolarmente balbuziente, tanto che arrivai a pensare che la suddetta amica fosse proprio al suo fianco. In tutta naturalezza osai chiedergli: "E per caso questa conoscenza è avvenuta in un letto?"

Ridacchiai tra me e me, dirigendomi prontamente verso il bagno.
Davanti a me, la cornice raffinata, intarsiata da preziose decorazioni negli spigoli; constatai di esser capitato in un posto davvero lussuoso, probabilmente avevo speso gran parte del mio patrimonio.



"Akito!" urlò. "Non stiamo parlando di me, adesso", soffocò un improvviso attacco di tosse e io, di tutta risposta, mi limitai ad annuire e ad aggiungere solo una cosa:


"Ho capito... Ne parliamo quando siamo da soli"


Lo sentii annuire e mi bastò come risposta.

"Comunque è insopportabile. Con tutte quelle che c'erano, proprio lei dovevo farmi", ghignai, ma lui non emise un suono, mi ascoltava, completamente ammutolito. "E' isterica, pazza, gallina, secondo me pure vergine!" trattenei a stento una risata sonora.


"Ah sì?" sentii un'altra voce, tuonare nell'apparecchio elettronico.

"Tsuyoshi? Dove cazzo sei?" sbottai irritato, ignorandola.

"Il tuo amico mi ha prestato gentilmente il cellulare, l'ho trovato insieme ad Aya. E tu mi dai della gallina? E di te... Cosa dovrei dire? Ti svegli con una donna e resti impassibile!"

Continuò a elencare i miei difetti, uno ad uno e io decisi d'ignorarla – nuovamente – poggiando il cellulare sopra il lavandino e sciacquandomi la faccia.

"Capito?" sentii un urlo più forte, infine.


"Sì, sì..." pensavo di essere stato abbastanza convincente - o almeno lo speravo.


"Comunque, ti ho chiamato perché abbiamo un problema", sibilò, più seriamente.


Non capii il repentino cambiamento d'umore, ma non domandai nulla, lasciai che fosse lei a continuare. Quell'abbiamo non prometteva nulla di buono.


"Siamo sposati"



Rimasi interdetto. Non dissi nulla, pensando che ogni domanda fosse banale oppure scontata. Guardai l'altra mano che fino ad allora non avevo preso in considerazione: la sinistra. Osservai l'anulare ed in quel momento sbiancai.

Proprio lì, vi era un anello, piuttosto visibile. Restammo muti per lunghi secondi, osservando reciprocamente quegli anelli che erano simbolo di... una notte?

Imprecai più volte, mugugnando insulti incomprensibili alla mia incoscienza e alla nostra voglia di bere alcool, probabilmente incontenibile. Stavolta mi ero cacciato in un brutto guaio.

"A mio malincuore, dobbiamo rivederci", sentii e poi sospirai.


"Non ti preoccupare, basterà richiedere l'annullamento. Questa seccatura me la voglio levare di mezzo, subito"


Risposi, forse troppo bruscamente. Non disse nulla per alcuni istanti. Poi riprese.


"Già... Allora ci vediamo qui al parco, fra poco"

Era fredda. Forse avevo scalfito la sua armatura d'acciaio?

Mi comunicò la via e io asserii convinto. In fondo, bastava solo dimenticare una notte troppo frenetica.

Mossi i piedi, in modo scaltro, per levarmi quell'asciugamano e indossare i miei vestiti... Dove diavolo era la mia camicia?

Poi ricordai, l'avevo vista uscire con qualcosa di nero e leggermente largo indosso. Non sapendo cosa indossare, presi semplicemente

il giubbetto di pelle, poi mi spazzolai velocemente i capelli. Scesi la lunga rampa di scale, frettolosamente.

Pensai: svegliarmi la mattina, sentendo il profumo di pesca invadermi prepotente le narici... e poi sentirla ridere - non poi così istericamente.
Abbandonai immediatamente quei pensieri, osservando l'espressione accusatoria del custode alla reception mentre gli porgevo alcuni bigliettoni. Non me ne curai e lasciai la stanza, oltrepassando le porte scorrevoli.
Fuori non sentivo altro se non lo smog, che regnava incontrastato, sostituendosi al lieve effluvio dei pioppi e al dolce aroma dei fiori che sbocciavano.

Peccato. Era molto più buona la scia che aveva lasciato disperdere da angolo ad angolo della camera.


Camminai sempre diritto, cercando di non fissare quell'anello, tenendolo in tasca, come imbarazzato.
Tutto accadde in una notte.




Continua.

* L'immagine indica il filo rosso del destino, un filo indivisibile che non si può spezzare e tiene legate le persone compagne nel destino - così narra la leggenda. L'immagine per me è significativa, spero lo sia stata altrettanto per voi, cari lettori ^^

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Capitolo 4
*** IV Capitolo - Una settimana ***


Sposati... per caso!



IV Capitolo – Una settimana!










Akito allontanò la sigaretta dalle labbra, lasciando che la cenere si disperdesse nell'aria. Io mi limitai ad osservare la polvere grigia volare libera e poi scomparire, trasportata dal vento. Cercavo di non destare troppo sospetto, mi misi a trafficare con il cellulare, girandomelo intorno ai palmi; lanciavo occhiate di sfida ad Aya e Tsuyoshi, arrabbiata solamente con me stessa.

Ad un certo punto, lo vidi spegnere la sigaretta e calpestarla con il piede. Si avvicinò sempre di più, a ben guardare non era nemmeno lo spettacolo macabro che avevo precedentemente descritto. Non volevo comunque perdere il mio orgoglio, così approfittai del momento e gli puntai un dito contro.


Tu! Razza di... di... Mi hai fatta ubriacare! -

Cacciò le mani fuori dalle tasche, io seguivo i suoi movimenti, fermandomi appena sotto l'apertura della giacca di pelle e arrossendo come un adolescente in subbuglio. Non potei fare a meno di ghignare di nascosto.


Fino a prova contraria le cose si fanno in due. Si beve in due. Si fa sesso in due. Ci si

sveglia in due. Quindi smettila di rompere così per prima cosa... E andiamo a risolvere questa situazione. Nemmeno in un universo alternativo, ti avrei mai sposata! -


Corrucciai lo sguardo, poi chinai il capo. Certo che, per quanto bello e intrigante, quel ragazzo sapeva essere parecchio insolente quando voleva.

Tsuyoshi, vicino a me, gli fece segno di tappare la bocca e Aya annuì, dandogli ragione. Nervoso, sfilò un'altra sigaretta dal pacchetto argentato, portandosela con movimenti coordinati alle labbra.


Non fumare... Sono allergica! -


Dissi, quando aveva finalmente trovato l'accendino. Vidi la sua espressione animarsi di un certo sgomento poi, conservando la poca galanteria che gli era rimasta, mi gridò contro: - Fantastico. Dovrei sapere qualcos'altro di te? -


- Sì. Mi chiamo Sana Kurata, ho ventidue anni e lavoro come attrice di teatro, sperando di trovare il meritato successo. La mia amica di sempre è Aya Sugita, da quando andavamo all'asilo. Odio il fumo e bevo solo quando sono depressa. Sono allergica oltre che alla nicotina, alla polvere, alle graminacee e anche agli uomini bastardi, pensa! La mia vita non è altro che un susseguirsi di vicende spiacevoli. Dalla mia adozione, grazie alla famosa scrittrice Misako Kurata, fino al tradimento del mio ragazzo... Indovina un po' perché? Oh, che peccato, mi ha tradita! Povera Sana, eh? - dissi, fingendo un sorriso divertito.


Ma è falso. Si vede ad occhio nudo.

L'aria era piuttosto rarefatta, non sapevo cosa dire, temendo di spezzare il muro inscalfibile che aveva anteposto di fronte a me.


Avete un altro problema ragazzi -


Tutti ci voltammo nella direzione di Tsuyoshi, ringraziandolo tacitamente per aver rotto quella tensione che incombeva su di noi.


Vale a dire? -


Ecco... - rilesse un paio di volte il foglio poi, prendendo un gran respiro disse: - … In pratica... - odiavo le persone che giravano intorno alle parole, le trovavo poco schiette.



Tsuyoshi, dillo e basta!-


Inaspettatamente, dicemmo la stessa cosa. Non volevo incontrare il suo sguardo, così voltai il capo dalla parte opposta.


Mi ruba pure le battute... Pazzesco! -

Lo sentii esclamare sottovoce.



- Ragazzi, il contratto che avete firmato, in un comune a quanto pare, dice chiaramente che la vostra unione dovrà durare almeno una settimana! -



Deglutii più volte. Sentivo una vocina dentro la testa che ripeteva l'ultima parte del discorso... Incredibile.

Non riuscivo a parlarci nemmeno mezzo minuto, come pensavano che sarei sopravvissuta una settimana insieme a quel riluttante ragazzo?


- Stai scherzando? - dissi, strappandogli il foglio di mano e rileggendolo più e più volte, nel vano tentativo di poter trovare un errore madornale. Magari non era la mia scrittura, magari era un'altra Sana, magari stavo ancora sognando.

O, magari, era tutto vero.


- Tu - gli puntai l'indice contro, piuttosto sconvolta – Di nuovo - corrucciai l'espressione, infastidita - ... Stammi lontano, innanzitutto. Ci ritroviamo qua fra una settimana per levarci di mezzo questa cosa! - gesticolai nervosa.


Ehm... Ragazzi, mi dispiace interrompervi di nuovo ma... - Tsuyoshi ebbe quasi paura di proferir parola, entrambi lo stavamo guardando in cagnesco - … Ma qui dice anche che dovrete vivere insieme, sotto lo stesso tetto -


Proferì, con tono saccente. I nostri sguardi si incrociarono nuovamente, fulminandosi. Hayama tentò di inveirgli contro, ma l'unica cosa che gli riuscì fu uno sbuffo piuttosto sonoro.


- Akito, ehm, non puoi dormire a casa mia...Vedi, c'è Aya - arrossì imbarazzato.


- Fantastico! Una coppia di novelli sposini, tutti zuccherosi, come il miele. E invece io dovrò sorbirmi la gallina -

Quel fantastico suonò un po' canzonatorio, ma fingemmo di non accorgercene.

- Tsk - misi le mani in tasca, voltandomi dalla parte opposta.


- Ehi... Dove vai? - lo chiamai.



- In giro – mi rispose lui, vago – Ci vediamo stasera, da te -


Fece, lasciandomi di stucco. Si voltò, mentre io lo fissavo in lontananza, convincendomi solo in quel momento quale assurda situazione avremmo dovuto vivere per circa una settimana.



- Se proprio devo stare da te una settimana... Sopravviverò. Tanto poi sarà tutto come prima -


Disse, convinto che non l'avessi sentito probabilmente. Invece, il suono di quelle parole mi era balenato alle orecchie forte e chiaro.


Akito fissò per un attimo la mia camicia – era convinto forse che non me ne fossi accorta? – e sbuffò sonoramente, anche se potei vedere un piccolo e invisibile ghigno timbrato sulle sue labbra. Un attimo, mi bastò per venire meno.


Quella settimana ci avrebbe forse cambiati?




- Sana! - sentii, da tutt'altra parte. Voltai la chioma ramata, sbattendo le ciglia in modo teatrale.

Per un attimo ero stata affascinata da Hayama, aveva un potere calamitante che non saprei spiegare a parole.


- Sì? -


Sai... Stavo pensando che in fondo siete una bella coppia! -


Disse Aya, d'un tratto entrata in modalità romanticismo a go go.



- Aya, scherzi? Io e quello dobbiamo stare una settimana sotto lo stesso tetto! Poi lo dimenticherò! -


Misi due mani sui fianchi, in un impeto di rabbia. La vidi ridere sguaiatamente, per chissà quale astruso motivo.


- Comunque... Io dicevo davvero -


Un flebile sussurro, a cui risposi sospirando. Lasciai i due piccioncini da soli, a godersi l'un l'altro, mi dirigetti a grandi passi verso casa, riflettendo.



La sua camicia ancora sulla mia pelle.

La sua pesante colonia maschile aveva reso il mio profumo qualcosa di lieve,

appena accennato.

Ma, stranamente, non mi dispiacque.

In fondo quel suo odore, non era così male.



Continua





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Capitolo 5
*** V Capitolo - A ritmo di baciata ***


V Capitolo - A ritmo di baciata









Sentii il suono del campanello, il cuore mi salì a mille. A passi lenti e misurati andai verso la porta poi, prendendo un gran respiro, aprii.


Ciao, bentornato!”



Mormorai, cercando di non essere troppo scortese. Akito mi guardava in modo strano, piuttosto scettico invero, sembrava quasi che non mi avesse mai vista prima.

In fondo, era solo un'altra parte di me. Indossavo un grembiule da cucina, i miei capelli erano legati con un'alta crocchia, indossavo un vestitino che mi sfiorava il ginocchio, né troppo scollato né troppo succinto.

Cercavo di sorridere, la cosa non mi riusciva poi così difficile. Se avrei dovuto vivere insieme a lui per sette giorni, tanto valeva che me ne facessi una ragione. Dal momento che indietro non si poteva tornare, non mi restava che guardare avanti.

Akito affinò maggiormente i sensi, in particolare l'olfatto, riuscì a cogliere un sapore abitudinario come quello del sugo: corse ad assaggiarlo, probabilmente aveva parecchio appetito.

Normalmente, quando cucinavo, ero solita mettere la musica, mi metteva allegria. Sentivo lo sguardo di Hayama addosso, una certa soggezione mi tingeva le gote, ma avrei fatto bene a non voltarmi, non avrei voluto sentire le sue battutine in merito.

Senza accorgermene, i piedi iniziarono a muoversi. Akito allora ghignò, da quel poco che avevo capito di lui un gesto come quello equivaleva ad un sorriso, indi non chiesi spiegazioni.


- Vuoi assaggiare? - dissi, allungandogli il mestolo.


Stavolta, avevo modificato il sugo. Sentii la mano di Akito sulla mia, il suo tocco freddo raggelò la mia mano.


- Piccante -


Annuì, dopo aver detto quella semplice parola.

- Ci vuole sempre un po' - ripreso il mestolo di legno tra le mie mani, modificai leggermente il timbro di voce - Come in tutte le cose della vita, no? -


Akito mi fissò per un buon minuto,


- Dipende -


Posai l'oggetto sul mobile e presi un'altra pentola, probabilmente pronta a scolare la pasta. Akito si fermò ad osservare l'arredo della casa, piuttosto spartano. 

Nulla di sfarzoso, né di troppo esagerato. Probabilmente si soffermò su pochi dettagli: la cucina, l'immenso regno ove vi era cibo dovunque, il grande tavolo con almeno dieci sedie - probabilmente aveva pensato che avessi sempre molti ospiti - e, poi, l'immensa vetrata che si scorgeva all'orizzonte. Il panorama, visto da un occhio sconosciuto, era qualcosa di magnifico – dovevo ammettere che la scelta della casa, a suo tempo, era ricaduta in quella zona soprattutto per il panorama.

Le luci colorate, come dei puntini scintillanti, inghiottivano l'oscurità. Tutto appariva in miniatura, ci palesava la realtà per com'era: noi esseri umani non siamo altro che formiche, in confronto al resto.


- Bella vista eh? - dissi, mentre una nuvola condensata di vapore mi appariva davanti gli occhi. Mi dovette aiutare con lo scolapasta e quasi mormorai un flebile grazie.


- Senti un po'... - probabilmente aveva eluso completamente la mia domanda, oltre al fatto che aveva modificato il timbro di voce - ... Come mai stasera tutta quest'allegria? Cos'è... Avevi le tue cose? -


Arcuai un sopracciglio. I miei buoni propositi erano andati vanificandosi, tanto valeva rispondergli nel modo più appropriato, in quel momento.


- No. Semplicemente, sono così! -

Esclamai, mettendo la pasta in due piatti fondi.


- Eri così anche stamattina? Aggressiva e noiosa e adesso solare e allegra... E poi l'altra notte... – lo fulminai con lo sguardo, quindi si tolse immediatamente le parole di bocca, per evitare stupidi e insensati litigi - … Il punto è: chi sei tu veramente? -


Sorrisi, in modo diabolico. Lo tartagliai con una sola battuta: - Dovrai scoprirmi tu, allora -


Gli diedi il suo piatto fumante, Akito non sembrava abbandonare nemmeno un momento la presa dai miei occhi, quasi volesse esplorarli. Chissà cosa tentava di decifrare, in quel momento.


- Sei un attrice vero? -


- Grossomodo - risposi.


- Quindi sarai sicuramente una persona espressiva. Adesso capisco il perché di quella euforia. E chi mi dice che tu non finga anche con me? -


Posai la forchetta. Portai il tovagliolo di stoffa alle labbra, premendo con due dita. Lo squadrai, poi dissi: - Sei troppo critico. Io sono così, non fingo. Non ci vuole certo un lavoro come il mio per recitare una parte. Tutti abbiamo una maschera -


- E dove finisce la maschera e inizia la persona? -

Risi, in modo un po' isterico.

- Scusa - mi ricomposi, tossicchiando – E' che sono quelle domande che ti lasciano spiazzata. Ti conosco da due giorni e già so che non ti avrei mai sposato. Insomma immagina... Divorziati dopo nemmeno ventiquattr'ore, ne sono certa – risi ancora – Ero proprio ubriaca, eh? - lasciai cadere una mano, facendola cozzare contro il tavolo.


- Eravamo – s'affrettò a precisare lui.


- Giusto. È incredibile, non riesco a ricordarmi nulla. Se non alcool, musica, balli – Mi portai una mano alla tempia, sforzandomi. Ma più tentavo di ricordare, più la testa mi sembrava pesante.


-Non tentare di ricordare. Tanto sarà solo uno dei momenti esilaranti della tua vita–

Sbuffò Akito, guardando in modo torvo quella cosa luccicante al suo anulare. D'altronde, potevo comprenderlo: faceva un certo effetto, positivo e negativo, ma ambedue non riuscivamo a vederci un anello cucito addosso.


- Giusto. Allora brindiamo a questa follia! -

Alzai il calice di spumante in alto, facendogli cenno di fare altrettanto. Molto 

svogliatamente lasciò toccare il vetro col vetro. Ne bevvi un modesto sorso, il liquido mi raffreddò subito la gola, donando una sensazione frizzante alla mia lingua.

Si soffermò parecchi minuti su di me, ancora, poi lo vidi distaccare lo sguardo.

- Certo che ci vai giù pesante... A quest'ora chissà quanti te ne saresti sposati- Dissi lui, vedendo il mio bicchiere vuoto, mentre il suo era riempito a metà.

Sbuffai, eludendo completamente la cosa, alzandomi dal tavolo e dirigendomi allo stereo. Akito continuava a seguire i miei movimenti, persino mentre sfogliavo tra i vecchi cd uno che fosse ascoltabile.


- Latino americano, lo amo. È così... Caliente! -


Sin da piccola avevo avuto una particolare predilezione per certe arti, specialmente per il ballo, che giudicavo la forma più espressiva. Così, presa da un attimo di ordinaria follia, presi le sue mani e feci sì che i nostri corpi si sfiorassero. Tutto ciò, contro la sua volontà.


- Ehi... Cosa diavolo devi fare? -


Ma non calcolai minimamente il suo stato d'animo: piuttosto, allacciai le mie mani dietro il suo collo.

- Non so ballare, mi dispiace -

Lo allontanai qualche secondo, ma lo ripresi subito, con il risultato che il mio tacco andò contro il suo piede.

- Ahia! -

Mugugnò infastidito.

- Lasciati guidare dai movimenti così – ondeggiai leggermente col bacino, facendo in modo che posizionasse le sue mani sui miei fianchi. Mi improvvisai una maestrina per lui, era difficile mantenere un atteggiamento freddo. Specialmente quando i nostri corpi minacciavano di sfiorarsi più del dovuto, i miei capelli lunghi frustavano il suo torace e le mie difese venivano meno.

- Bravo - Aveva iniziato a muovere i piedi, ritmicamente, mi lasciai quasi guidare dai suoi passi, cedendo il posto che mi spettava.

Mi fissava negli occhi, quasi volesse scavarvi dentro. Poi, anche la matita che fungeva da bacchetta per tenere i capelli un po' più su, cadde. A quel punto, i capelli mi ricadevano ovunque, anche davanti agli occhi.

Per un attimo mi sembrò di essere in un film, immaginai una sala da ballo e ci vidi l'intero universo racchiuso dentro di essa... Diamine, mi stavo facendo troppi film mentali.

- E chi è adesso il più teso fra noi due? -

Domandò lui, facendomi fare un giro di trecentosessanta gradi in seguito, afferrandomi un palmo della mano e facendomi roteare come una trottola. Caddi tra le sue braccia, ma nessuno di noi due si mosse.

C'era troppa elettricità nell'aria in quel momento, troppa intesa, rischiavamo quasi di scoppiare da un momento all'altro.

- Io non sono tesa – cercai di mostrarmi impavida.

Lu ghignò, vittorioso di chissà quale epica battaglia.


- Comunque... Devo ancora capire chi sei -


Sibilò lui, avvicinandosi al mio orecchio e sfiorandomi la spalla.


- Ma non ti arrendi proprio mai? -


- Mai -


- Io non ti dirò chi sono. Ti dirò quello che non sono -


Lo vidi annuire. Mi lasciai andare, in una rapida capovolta all'indietro. Lui mi prese subito, acuendo i suoi riflessi. Probabilmente, l'avevo lasciato senza parole e questo mi rendeva giustizia, almeno un po'. – Tutto bene? – domandai, osservando un certo smarrimento nei suoi occhi.

- No. Semplicemente senza fiato: sono sempre un uomo Sana –


Tentò di provocarmi. Peccato che riuscì almeno un po' nel suo intento, poiché sentii le guance avvampare improvvisamente e una strana e repentina sensazione di tremolio alle dita – le stesse che lui stava tenendo saldamente nelle proprie – mi invadeva tutta.

D'un tratto, sì senti solo silenzio. La canzone era finita e, ambedue persi in quell'attimo di assoluta magia, non ce ne accorgemmo nemmeno sulle prime. Bastò ritornare coi piedi per terra, per rendersi conto di ciò che stava accadendo.

Mi allontanai rapidamente, lo sentii subito mormorare qualcosa sottovoce: - Peccato. È finita -


Quel peccato suonava come un per fortuna, ma non obbiettai nulla. Tolsi i piatti dal tavolo, ma Akito non si sentì in vena di aiutarmi.

Lo vidi alzarsi dopo qualche minuto, per uscire dal balcone e fumare una sigaretta. Rimasi ad osservarlo qualche secondo, rimanendo in bilico coi piatti sulle mani e un'espressione inebetita in volto.


Si prospettava una settimana tutt'altro che tranquilla, invero.

Perfino il cielo sembrava un campo magnetico da cui essere attratti oppure, forse, c'era una strana forza che ci teneva legati come angeli

del destino, l'uno all'altra.


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Capitolo 6
*** VI Capitolo - Attraction ***


Sposati... per caso!








VI Capitolo - Attraction






Aggiustavo i boccoli ondulati, che mi cadevano con naturalezza sulla fronte. Lasciavo che la spuma si amalgamasse bene, per poi espandersi sul cuoio capelluto; i miei gesti avevano un ché di nervoso, mirabilmente nascosto dal sorriso finto che

indugiava sulle mie labbra.

La veste leggera, bianco panna, mi cingeva in modo perfetto ogni parte del corpo, arrivando fino all'estremità delle gambe. Il caldo afoso stava iniziando ad arrivare, nemmeno un secondo di ritardo... Incredibile. Puntuale come un orologio svizzero si faceva sentire e io non potevo far altro se non accendere condizionatori e sventolarmi una mano davanti il viso, convinta che tutto sarebbe passato prima o poi.


- Caldo? -


Brivido di freddo. Per un secondo, un'infinitesimale secondo. Scattai col capo, trovandomi il corpo statuario di Akito proprio parallelamente al mio: il suo 

fascino da ribelle, le goccioline che imperlavano non solo il suo viso, ma anche il torace ben scolpito – risultato di grandi  allenamenti in palestra o, probabilmente, per il karate.


- Non mi dire che sei imbarazzata! -


Mi ammonì con una sola battuta, sciacquandosi il volto. Dannazione. Il brivido di calore mi assalì fino al cervello, con quell'unico indumento – un paio di jeans strappati, con tanto di cerniera aperta – non poteva passare inosservato. Decisi solo allora di calmarmi, cercando di darmi un certo contegno.

- Stai scherzando! -

Negai col capo, passandogli dietro e sfiorando il suo corpo. Ancora un altro brivido, prima della scossa finale.


- Eppure sembra la prima volta... - disse, quasi sottovoce, ma captai il suono di quelle parole all'istante. Feci finta di niente, roteando la maniglia  della porta e trovandomi in cucina.

Accesi la televisione, fissando lo schermo puntinato, lasciato acceso tutta la notte, nel vano tentativo di trovare un programma quantomeno decente. Feci zapping alcuni minuti, per poi approdare sul classico telegiornale; con poca attenzione fissai la faccia svogliata del giornalista, che recava una ricca pila di fogli sulle mani, sistemandoli maniacalmente più volte.

Misi tutte le mie energie nel preparare la colazione, in modo oltremodo impeccabile; legai i capelli in una coda pomposa, non sfuggì neppure una ciocca.



E ora veniamo alle notizie regionali...”

Sentii e, istintivamente, alzai lo sguardo “ … Sembra vicino il debutto della giovane attrice  Sana Kurata. La ragazza, figlia di una scrittrice famosa, all'età di venti anni o poco più sembra già maritata e...”

Mi caddero le braccia, letteralmente. 

Sgranai gli occhi, avvicinandomi a tentoni davanti lo schermo illuminato e imprecando contro quell'affermazione sbagliata. 

Dannazione.


- Qualcosa non va? - riapparve lui, come un Dio greco, passandosi l'asciugamano attorno al collo proporzionato, fissandomi con un cipiglio alzato.

- Tutto - Barcollai, lasciandomi cadere, in seguito, sul divano di pelle scura. - Fino a due giorni fa ero un'attrice provetta, una completa anonima. E adesso... Mi ritrovo in un telegiornale, annunciano il mio debutto... E, per di più, dicono che sono maritata, dannazione! - Lasciai cadere un pugno, si sentì un tonfo sordo. Hayama non mi rispondeva, ma non mi interessava nemmeno sentire ciò che diceva, invero. Solo allora sciolsi la coda,  mettendomi una mano sulla fronte accaldata e maledicendomi per quel giorno.


- Basterà dire che era tutta una montatura - Si avvicinò a me, quel poco che bastava perché i nostri corpi si sfiorassero appena.


- Ah sì... E come la prenderanno? Immagina il caos... Farò scatenare un putiferio! Dannazione. Sono una completa stupida, stupida, stupida! - Mi diedi dei leggeri colpetti alla testa, prontamente fermati dalla sua presa sul mio polso. Alzai gli occhi,  impercettibilmente, mentre vedevo i suoi cercare solennemente i miei. - Ehi, non succederà. Te lo prometto, te lo prometto – ripeté, affinché udissi.


- E se la mia carriera andasse in frantumi? - l'ombra di una lacrima sostava sotto la

ciglia, debole come non mai. - Allora la ricostruiremo. Pezzo per pezzo -

E ci fissammo.


Le mie guance si tinsero di rosso scarlatto, non mi ero nemmeno accorta che le nostre dita si stavano sfiorando – così come quegli anelli, che sembravano brillare alla luce del sole.


- Oh. Ah... Scusa - ritrassi subito la mano. Mi sembrava addormentata, muta e gracile, ricadeva a penzoloni sulle gambe, quasi si stesse vergognando.

Ghignò... Anzi, rise. I suoi ghigni potevano significare solo quello.


- Andrei a farmi la doccia - Sibilò, allontanandosi definitivamente da me. Probabilmente mormorai un “” , ma ero troppo scossa perfino per pronunciare quella sillaba così insignificante.


- A-Akito? - lo richiamai, scattando in piedi. - G-Grazie. Vorrei poter fare anch'io qualcosa per te -


Dissi, non troppo sicura della frase. Si fermò sulla soglia del bagno, nascondendo abilmente un piccolo sorriso, che giudicai quasi diabolico. - Vuoi fare la doccia con me? -

Avvampai convulsamente. Mi sentii crollare le ginocchia, insieme a tutto il resto del sistema nervoso. - Mai! - Risposi, ostentando freddezza.

Si avvicinò ancora – pericolosamente - toccandomi il mento con le sue dita gelide. - Mai e sempre sono due parole da non dire in nessun caso nella vita. Lo sai, Sana? -


E mi lasciò lì, in balia di mille dubbi, trasportando dietro sé la scia inconfondibile di odore maschile .

Sentivo che sarebbero scoppiati fuochi d'artificio.







Continua!



* * *




SCUSATE è CORTO!..Mi farò perdonare col prossimo ^.* .


Grazie a sicurakiarasi ( No tranquilla aggiorno solo molto lentamente a volte perché ho tante ff in sospeso, ma non ne abbandonerò mai 1 !*cipollino eroico* . Grazie x i preferiti *//* ) , Eryp92 ( Graziee!!anche per averla messa tra i preferiti *zompetta * ..fammi sapere XP) , jeeeeee (ahahh come vedi nulla è impossibile U_U . Perfino Aki balla!u.u ...graziee!Baci!) , Soniuccia (Doppio commento *-* ahah nono ci sono ancora *alza bandierina bianca * … dai sono stata precisa ...puoi anche applaudire U_U...ske ske.. Grazie x tutto!Tvtb!!) , marghepepe ( Grazie *//* . E si nemmeno io..ma a quanto pare °-° … ihihi Grazie mille!) , aky96 (esatto...non deve mancare mai 1 pizzico di malizia nella vita ..sono molto filosofica oggi XD. Fammi sapere e grazie mille!*_* ) , kikky (ahahah... pure io la sentivo mentre scrivevo, te pensa XD. Grazie mille!*_* Bacini!) , jera (ma grazieeeeeeee!!*/////////* . E si, Sana è audace eAky nn da meno, con la battuta finale eh?XD..Fammi sapere tesora!Ti adoro!) e ryanforever (grazie mille..ho scelto elementi che danno 1 tocco di piccante..mo pure la doccia XD. Spero ti sia piaciuto!Bacini!) .


E grazie ai 24 preferiti *___* .


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Capitolo 7
*** VII Capitolo - San Valentino? Stupida festa! ***


Sposati... per caso!

VII Capitolo - San Valentino? Stupida festa!


*




Quella mattina non lo vidi, come al solito. Mi lasciò un biglietto, dalla calligrafia pressoché illeggibile, sul tavolo della cucina, il quale mi informava che sarebbe tornato tardi. Sorseggiai la mia spremuta d'arancia, piuttosto disinteressata.

Le tende iniziavano a far filtrare qualche debole raggio solare e danzavano in sincrono, mosse dalla scossa di vento che le investiva.

Osservai la data sul calendario: 14 Febbraio.

Un giorno come gli altri, d'altronde. Eppure, sostando un poco con lo sguardo in basso, sulla piazza, potevo vedere la signora che distribuiva i fiori agli innamorati e le coppiette incamminarsi mano nella mano, incontro alla solita fontana.

Arretrai immediatamente e, in quel momento, sentii le guance pizzicare.

Un ondata di tristezza aveva suggestionato i miei occhi, rendendoli lucidi. Pensavo a Naozumi, con quella bionda accattivante.

Cosa stava facendo? Stava forse festeggiando con lei, carezzandola dolcemente, come faceva con me?


Caddi su una sedia, affondai il capo nelle ginocchia, piansi senza pudore. Purtroppo, la sofferenza sapeva essere letale, quando voleva.


Però... Forse la felicità si può nascondere anche dietro un giorno sbagliato,

chi lo sa.







Akito, intanto, lanciava pugni nel vuoto; voleva lasciare via libera a tutta la sua rabbia. Lottava contro l'unico nemico contro cui poteva essere sempre alla pari: se stesso.

Sentiva dei rivoli di sudore colare sulla sua pelle, si fermavano sul suo petto. Il Sensei continuava a chiederci di non mollare e, mentre gli altri si arrendevano, lui continuavo quella folle tortura.

Masochismo?

No. Quella era rabbia, rancore, disprezzo nei confronti del mondo. Lei, si era impadronita del suo essere, lei che aveva amato tutto di lui. Quella dannata, lo aveva abbandonato così... per costruire la sua vita, con un uomo che d'amore non ne conosceva nemmeno l'ombra.

E lui... Era rimasto solo, a combattere contro la sofferenza. Impresa vana, ovviamente.


Ma d'altronde... Nessun uomo è un'isola – così dicono.

Quindi perché torturarsi in simili ragionamenti e contorcersi ulteriormente?

Di fronte a sé non vedeva solo pugni volteggiare casualmente nell'aria: vedeva, invece, due occhi brillanti, color nocciola, che richiamavano come un grido udito da lontano ogni membra del suo corpo.


Chissà... Forse la felicità era a portata di mano.










Lo sentii ritornare in casa, ma non mi deconcentrai. Continuavo a recitare le mie battute, immedesimandomi nella donna solitaria che avrei dovuto interpretare. La rosa, accanto a me, era un emblematico oggetto, che dovevo tenere in mano. Io dovevo solo staccarne qualche petalo e lasciarmi cadere a terra. Era questa la mia parte... Quella che mi avrebbe fatta conoscere dal mondo intero. O chissà, forse io lo speravo.


- Che cosa stai facendo? -

Domandò, con una punta d'indecisione nella voce.


- Recito, no? Non vedi la rosa? -

E la misi fra i denti, avvicinandomi a passo incalzante accanto a lui, fino ad incrociare i suoi piedi.


- Un altro ballo? - scherzò. Corrucciai il viso, mettendo le mani sui fianchi. - No, mi bastano per ora – risi a mia volta. E. nel mentre sollevavo un po' lo sguardo, sentii la rosa essermi sfilata dalla bocca per poi essere stretta nei suoi pugni. - Le rose sono così tristi in un giorno come questo, eh? - mi sfiorò appena un po' i capelli, che volarono leggiadri tra le sue dita. Cos'era quel porpore che m'illuminava le guance? Balbettai qualcosa d'incomprensibile, ormai dipendente dall'aroma della sua colonia.


- Beh, ma io le trovo sempre così affascinanti – la ripresi tra le mie dita, staccando un petalo e annusandone il profumo intenso.

Lui si lasciò andare ad un sospiro, mentre io arretravo sempre più con lo sguardo. - Però, è vero . È triste non avere qualcuno con cui passare questo giorno... Ti giri dovunque e senti... Buon San Valentino e ti sembra così falso - Per una volta avevo espresso chiaramente il mio pensiero, ancora non ci credevo.

- E tu puoi solo sorridere… -


- … Alle stupide feste degli innamorati - Conclusi per lui.


- Ma d'altronde... - fece lui, afferrando la giacca di pelle e avviandosi nel mio armadio. Sembrava che le mie domande non fossero udite; lo vidi tirar fuori gonne, maglie, giubbetti leggeri. Non mi sentivo più padrona della mia casa, pazzesco. - Sei sempre mia moglie, no? - Disse, in tono malizioso.

Boccheggiai diversi secondi, gesticolando furtivamente, finché non mi trovai vestita e tirata a lucido in pochi minuti. Senza nemmeno accorgermene mi ero fiondata in bagno e avevo messo un vestitino succinto che sostava in qualche mensola dell'armadio. In seguito, qualche gioiello per rendere accattivante la mia immagine e un paio di scarpe con tacchi di media misura. Ero pronta.

Feci una giravolta intorno a me stessa, sorridendo convinta. Prima ancora che potessi tornare con quell'espressione euforica in volto, però, un ricordo sgradevole e, a tratti, amaro mi balenò in mente.



“- E questa cos'è? - domandai curiosa, stringendo l'oggetto fra le dita.


- Cosa ti sembra? - disse lui, ironico.

Gli diedi un colpetto al petto e gli chiesi di allacciarmi la collana dietro il collo.


- Come mi sta? -


Chiesi, osservando la lucentezza del diamante.


- D'incanto. Ti sta d'incanto -

Proferì, avvicinandosi con lentezza al mio viso, fino a sfiorare i miei capelli ramati ”


La collana davanti i miei occhi ancora era illuminata da un debole raggio solare. La sera stava giungendo dietro il fitto crepuscolo. Non mi accorsi nemmeno che stavo piangendo, come una bambina ancora viziata dagli sciocchi oggetti. Afferrai la collana e mi ritrovai davanti la tazza del water, in procinto di buttarla via e scaricarla. Via, come il suo ricordo.


- Sana? - sentivo la sua voce dietro la porta di legno. Voltai lo sguardo, ma non risposi. E intanto continuavano a uscire piccoli zampilli dai miei occhi, disperdendosi nell'immensità del dolore.


- A-Akito -


Mi avviai verso la porta, lasciando cadere sul pavimento la collana di diamanti. Fece un tonfo sordo, ma non me ne curai granché.

- Cos'hai? - mi domandò, quando gli piombai davanti in lacrime.

Mi gettai sul suo petto, mentre sentivo qualche monosillabo del tipo: “Cos'hai” oppure “Perché piangi?” tutt'altro che concepibile nella mia mente, offuscata dai sentimenti che sentivo rodermi i meandri del cuore.


- Abbracciami. Abbracciami solamente Akito -


Allacciai le mani dietro la sua schiena, mentre sentivo una carezza sfiorarmi la nuca.

Il giorno dopo sarebbe stato un piacevole risveglio.

Ci sarebbe stato lui al mio fianco, a difendermi dalla sofferenza,

a spada tratta.




Continua!



*L'immagine sta ad indicare la maschera che portiamo un pò tutti (Anche se in questo caso Sana) nei confronti del mondo.

Perché non si può sempre sorridere. Ogni tanto anche piangere ci ricorda che siamo esseri umani .




Ringraziamenti <3 :


picci1989 : XD. Spero che tu non sia scoppiata allora ^*^ . Grazie mille della rece, bacione!


totta91 : coff coff..ma cosa dici!Nooo non si vede che i due si piacciono XD. Grazie di tutto , baci <3.


Soniuccia : che commentone *V* *mascella a terra * , beh ci ho messo un po', ma penso che ormai ci sei abituata , right?XD.Ehm si, sorry il ritardo ma ci sono!Grazie di tutto!baci tivibi! *_* .


kikky : siii anke a me piace più aky ù_ù . Lo caratterizzo meglio come tutti i personaggi più chiusi maschili (vedi veggy, vedi shika XD) . Grazie del commy e...Shika e Ino is rock XP . Bacio!


ryanforever : siii che dulciii *çççç* . E si, penso che a fare la doccia non sarai l'unica *Si para davanti la doccia di aky * . XD. Bacio e grazie <3.


sicurakiarasi : siii c'è la fila x Aky !XD coff coff...grazie mille, felice che sia sempre !carico” il capitolo...grazie della rece <3.


Eryp92: non credo che sei l'unica!!XDD. *tutti si candidano x una doccia XP * . aky *çççççç* . Bacione!


jera: jessy *-* ..siiii attrazione *___* . Vai, questi due scoppiettano alla grande xD. Baciii ti voglio bene ^_^ .


Grazie ai 28 preferiti e ai lettori silenziosi ^O^ .


Kiss, Kiki


(più puntuale la prossima volta XP)


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Capitolo 8
*** VIII Capitolo - Al mio fianco ***


VIII Capitolo – Al mio fianco





"Abbracciami. Abbracciami solamente Akito"


Allacciai le mani dietro la sua schiena, mentre sentivo una carezza sfiorarmi la nuca.

Il giorno dopo sarebbe stato un piacevole risveglio.

Ci sarebbe stato lui al mio fianco, a difendermi dalla sofferenza,

a spada tratta.


In fondo, per me, Akito Hayama – uomo di cui sapevo solo nome e cognome – era un estraneo. La prima regola che mi era stata impartita sin dalla più tenera età era di non dar confidenza agli sconosciuti e io l'avevo sempre seguita, quasi fosse un dogma.

Ma con lui era diverso.

Sentivo di potermi fidare, sentivo che avrebbe potuto mettere fine alle mie sofferenze solo con lo sguardo. Arrossivo a quei pensieri, mentre sollevavo un po' gli occhi e lo vedevo dormire al mio fianco.

Ero accucciata sul suo petto e la sua mano si era sistemata dietro la mia nuca, quasi ad accarezzarla. Non sapevo come spostarmi, non volevo svegliarlo. Ma in fondo stavo bene anche così. Sentivo che lui era la mia difesa dal mondo esterno.

"Sei stato sempre qui... T-Tutta la notte?" domandai, arrossendo come una bambina. Il ghigno che indugiava sulle sue labbra mi diede conferma e senza che potessi vincere contro il tempo il batticuore prese il sopravvento.

"Sempre più comodo del divano..."

"E non ti ci abituare!"

Mollai la presa da quell'abbraccio, che solamente adesso distinguevo caldo. Forse sulle mie gote erano disegnati fiotti color petrolio, il risultato di una notte di lacrime e di un mascara che non aveva mantenuto granché la presa sulle ciglia.


"Potrei infilarmi nel tuo letto per altri motivi... Chissà" disse, sprofondando nel guanciale. La pelle prese a bollire. "Ma che diavolo dici! Con te, poi!"

Voltai il viso dall'altra parte, mentre incrociavo fieramente le braccia al petto.

Cose dell'altro mondo...

"Quindi nemmeno se faccio così…"

Sentii due dita bloccarmi la circolazione sanguigna. Un tocco sulla pelle. 

Era forse... La sua lingua?

Massaggiava la linea curva che costruiva il mio collo, pungendola. "... Non senti niente?"

Diamine. Sentivo la voragine dell'inferno aprirsi sotto di me, altroché. 

Il suo corpo aveva oltrepassato la distanza di sicurezza, il respiro cedeva, ogni tanto era addirittura assente e la spiacevole sensazione di caldo che bruciava le ossa mi stava divorando, completamente.  "No. Proprio niente"


"Non sai mentire, Sana"


Proferì, sfiorandomi i capelli. Giocherellò con essi, fino a tastarne la morbidezza. "Non mi conosci, Hayama" ero passata al cognome, per far sì che non entrassimo troppo in confidenza.


"Ti conosco quanto basta per capire una tua bugia"


Sembrava godere di quel mio viso paonazzo, lo sentivo già ridere sotto i baffi e sghignazzare di quella mia pessima abitudine. Presa da un impeto di rabbia-improvvisa voglia di scaraventare all'aria qualsiasi cosa- tentai d'alzarmi, ottenendo come risultato solo di coprirmi di ridicolo dato che, come una perfetta idiota, inciampai sui miei stessi piedi. Dovetti ringraziare la mano del destino sotto forma di Akito Hayama, che mi afferrò con una rapidità notevole. 

"Grazie"

Biascicai.

"Incredibile, non sai camminare nemmeno sulle tue gambe. Sana, Sana..." i

Iniziò a trattarmi come una bambola, al ché mi alterai. Le guance si gonfiarono per poi scoppiare nervose.

"So badare a me stessa!"

Sciolsi quel contatto, pelle contro pelle. Un brivido felino attraversò singolarmente tutte le dita fino a donare una piacevole scossa di piacere a tutti gli arti.

Mi rialzai completamente, accertandomi che non ci fossero pericoli nelle vicinanze. Arrivata sulla soglia della porta, mi fermai. Restai per un buon minuto a fissare il vuoto, chiedendomi un perché... Finalmente decifrai quel silenzio.

"Aspetta..." feci immediatamente retro marcia "Sei tu che devi andartene!", gli puntai un dito contro, accigliata "Questa è la mia camera, questa è la mia casa... Fuori!" feci severa, mentre lo vedevo accucciarsi per trovare una comoda posizione.

"Sì, sì...", mi rispose vago, iniziando a sbadigliare.

La vena che pulsava sulla tempia stava iniziando a farmi male, decisamente. "Ora. Tu. Esci" scandii bene le parole, starnazzando come una pazza.


"E se...", trovò riposo tra i miei capelli, appoggiando il mento alla spalla e sussurrandomi all'orecchio. "E se non volessi andarmene?", affondò il mento tra la matassa castana che erano i miei capelli. Fui colta da una nuova e intrigante sensazione. L'istinto mi suggeriva male... Molto male.

Un breve silenzio, in trepidante attesa di una risposta.

"Non farlo allora"

Fu con un soffio di parole lanciate al vento che rinunciai alla razionalità per cedere al più benvenuto istinto. Dolcemente chiudemmo quel varco invisibile, si preannunciava un nuovo brivido per entrambi. Un'aura nuova e magica circondava i nostri corpi, era quasi palpabile la tensione nell'aria rarefatta. Profumo di colonia ad avvolgermi in spire ovali, profumo di ciliegia a ricordargli quanto fosse dolce quel frutto. 
Fu un incontro voluto da entrambi e adesso i nostri corpi non aspettavano altro che muoversi in una danza senza fine, eterna. Akito lasciò che le sue dita giocassero sui bordi della mia maglietta, quasi a invitarmi ad unirci alla tentazione: aspettava solamente una mia risposta.

Sospirai arresa, lasciandomi avvolgere da quelle dita lunghe e affusolate. Prese a scendere lungo la linea del fianco, per proseguire su quella del bacino, lasciando un segno incisivo su tutto il mio corpo.

Forse era quel respiro caldo a rassicurarmi, forse era l'afa che ci annebbiava le idee, forse eravamo entrambi sprovveduti di una bussola che ci indicasse la retta via.

Lentamente scivolai contro il suo corpo, questa volta cosciente, stavolta non avevo scusanti. Non c'era nessuna giustificazione che potesse tenere. 
Per la prima volta sentii che esser diventata la signora 
Hayama, non poteva suonare poi tanto male.

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Capitolo 9
*** IX Capitolo - Faccia a faccia ***



IX Capitolo – Faccia a faccia





Sapevo che mi sarei pentita, presto o tardi. Non osavo nemmeno voltare lo sguardo, mi limitavo ad osservare distrattamente il soffitto di un'ipocrita bianco immacolato, dandomi della stupida. Stavolta, non potevo nemmeno dargli la colpa, perché ero sobria e, come se non bastasse, non potevo nemmeno scappare, perché ero a casa mia.

Così, rigidamente avvolta nei miei stessi lenzuoli, mi limitavo a chiedermi cosa diavolo mi passasse per la testa, poiché non era possibile commettere lo stesso errore due volte.

Qual era il più grande sbaglio della mia vita? Ebbene, a malincuore, dovevo ammetterlo: sì, mi ero innamorata di Akito Hayama.

Innamorata... Che parolona. Cosa avevo imparato con Naozumi?

Nulla, assolutamente niente. Mi ero dimostrata la stessa ingenua di sempre, la mia età celebrale si era fermata ai miei allora quindici anni, quando Kamura si limitava a sfiorarmi timidamente le guance, sussurrandomi paroline che poi avrebbe rinnegato con tutto se stesso negli anni a venire.

A ben pensarci, era stato Kamura la causa di tutto quello che era successo. Il mio era un semplice sfogo, una donna delusa da un uomo, d'un tratto avevo trovato tra le braccia di Hayama il giusto appiglio e avevo colto il salvagente al volo.

Peccato, la salvezza si trovava proprio sulle sue labbra.

Però, mi doleva ammettere, sentire Hayama nel mio corpo non era stata un'esperienza che avrei voluto rinnegare: mi aveva lentamente trascinata sotto di sé, mi aveva sconvolta in mille modi diversi e, alla fine, anche io avevo contribuito, lasciando che le sue mani esperte scavassero nei vuoti del mio cuore.

Non lo volevamo ammettere, ma avevamo entrambi bisogno di essere uno il sostegno dell'altro.

Mi stavo alzando lentamente, scostavo la sua mano dalla mia gamba – si era poggiata sin troppo audacemente – arrossivo per ogni minimo gesto compiuto, quasi fossi tornata la liceale di un tempo.

Scappi?”

Mugugnò lui, in dormiveglia.

N-No, andavo di là”

Da quando balbettavo?

In fondo è casa mia, dove vuoi che scappi? Anzi, quasi dovrei cacciarti io!”

Gridai, in modo isterico, cambiando repentinamente atteggiamento nei suoi confronti. In fondo, avevo un orgoglio da difendere.

Fallo, allora”

Boccheggiai un paio di minuti, gli stessi nei quali mi accorsi di essere rimasta senza parole, soffocata dai miei stessi sentimenti.

Patetica, vero?

Appunto”

Mi tartagliò con quella semplice battuta Hayama, voltandosi per dispetto dal lato opposto del letto. “Tanto sapevamo che sarebbe successo, è nella natura umana. È sesso, no?”

Concluse, lasciandomi alquanto atterrita. Io me ne stavo in piedi, immobile, volevo credere che dopo quella squallida battuta ne dicesse un'altra, riparatoria, non importava quanto vera.  Avevo bisogno di udire di più di una parola volgare come quella: mi aveva messo allo stesso livello di una prostituta qualsiasi, in quel momento.

Mentre mi ostentavo a voler essere fredda nei suoi confronti, realizzai una cosa: purtroppo, questo mondo è insozzato irrimediabilmente. Esistono finti stalloni travestiti da eroi, che alla prima reticenza femminile si rivelano per ciò che sono: gli antagonisti. E, cosa ben più ironica, noi donne perdiamo la testa per loro, pur conoscendone la vera natura. In quel momento ero pronta ad accettare tutti i suoi difetti, se solo avessi potuto sentire una parola di compassione – chiedere amore, a quel punto, mi pareva troppo – nei miei confronti.

Ero rientrata in quella categoria, ahimè.

Solo sesso... Fra due giorni è finita eh, Hayama?” risi, in modo ben più isterico. “Cosa vuoi che ti dica... Ti amo

Dissi in tono flebile, quasi fosse un sussurro. Poi, vidi il suo capo scattare in mia direzione.

Ti sei svegliato, eh? Gli uomini reagiscono sempre male, quando sentono queste parole. La prima volta che lo dissi a Naozumi, lui mi chiese se stessi scherzando. Che stupido. Tu mi guardi con quell'espressione da idiota, invece, improvvisamente senza parole. Bel modo di farti tacere... Ti amo, ti amo, ti amo

Iniziai a dire sottovoce quelle parole, quasi stessi intonando un canto. Forse pregavo, speravo in un miracolo, pensavo che in quel modo avrei potuto ricevere una risposta degna di essere chiamata tale.

Hayama mi fissava, chiedendosi probabilmente se quello fosse ancora un sogno; mi dispiaceva illuderlo, ma era realtà. Ora finalmente lo avevo capito: mi ero perdutamente innamorata di Akito Hayama e, cosa molto più difficile da accettare, dovevo arrendermi davanti il fatto compiuto. Per Hayama ero ancora la ragazza della discoteca, il caso clinico, la gallina che urlava, la piccola star. Tutti soprannomi che mi erano stati affibbiati, ma nemmeno uno che lasciasse trasparire la mia vera natura: ero una donna matura e lui aveva inconsapevolmente alimentato in me una forma di affetto superiore alla norma.

Qualcosa, poi, attirò la mia attenzione: un lampo, un flash talmente rapido che non mi parve nemmeno di vedere. Eppure, avevo come la sensazione che qualcosa si fosse mosso nel mio cervello, stavo capendo che la mia dignità valeva molto di più di quella che stavo palesemente dimostrando.

Il cuore, allora, decise di cambiare ragione.


Sai cosa c'è, Hayama? Ho bisogno di respirare

Afferrai i primi indumenti che mi capitarono sotto mano e corsi in bagno ad infilarmeli. Il senso del pudore mi invadeva tutta, da capo a piedi; l'unica cosa che trovai dignitoso fare era scappare.

Che codarda.

Fuori probabilmente si preannunciava una bufera, ma non m'importava. Afferrai le chiavi, gettai via le lacrime – avrebbe pensato la pioggia a riempire quel vuoto, no? – e aprii la porta.

Aspetta”

Sentii una voce dietro di me, tuttavia ad una debita distanza di sicurezza.

Per quale motivo mi ami?”

Davvero, non riuscivo a comprendere lo strano meccanismo di funzionamento del sistema nervoso maschile. Lui, che aveva fatto di tutto per rendermi così vulnerabile, ora che mi vedeva così debole si ostinava persino a chiederne il motivo.

Ovvio Hayama... Perché ti detesto

Risposi con naturalezza, facendo spallucce. Mi defilai rapidamente lasciandoli lì, coi suoi dubbi e le sue incertezze: forse un po' di distanza ci avrebbe fatto solo del bene.

Entrambi dovevamo fare i conti con il cuore.





~


Sì, sono cosciente di essere in un ritardo stratosferico e spaventoso ò.ò. Un calo di ispirazione improvviso, odiatemi pure ç_ç.

Mh, mi scuso con tutti i lettori e vi do una notizia che molti di voi aspettavano da tempo: ebbene, a breve ricomincerà anche la pubblicazione di “True love” l'altra long, mi è tornata l'ispirazione sia per questa che per l'altra. Se vorrete ancora seguirmi, ve ne sarò più che grata... Dato che i vostri commenti mi fanno sempre piacere <3.

Vi posso già dire il titolo del prossimo capitolo: Sotto la pioggia [Akito POV]

Sì, sarà narrato in prima persona da Akito, dal suo punto di vista. Finora ho analizzato Sana, ma chi ci dice cosa prova il tenebroso ragazzo? **

Poi, ho già i titoli degli altri capitolo: ne mancano tre, il prossimo è il penultimo, l'undicesimo chiuderà la storia e l'ultimissimo sarà l'epilogo totale della faccenda.

Ci ho messo tanto tempo ad aggiornare anche per un altro motivo: ho revisionato la storia per intero – e continuo a farlo, anche adesso – ho corretto molte cose, tra cui la grammatica piuttosto scadente. Spero che per voi risulterà una piacevole lettura, adesso : ) – purtroppo o per fortuna sono un tantino perfezionista in ciò che faccio, ho il vezzo di non accontentarmi mai di ciò che scrivo XD.


Ringrazio sentitamente:


lucyette (ce l'ho fatta, alla fine! Grazie mille!), Soniuccia (dai, ora ho tutte le idee chiare, ho già la scena finale... dovrei riuscire ad aggiornare ad intervalli decenti XD Grazie mille, *_*... E sì, piace anche a me! XD), hermionex95 (certo che puoi chiamarmi Kiki, sono universalmente conosciuta così u-u. Sì, il prossimo capitolo sarà più lungo perché svela quello che sarà il finale in parte... ti aspetto <3), kikky (e non perdiamo mai tempo per dire shikaino per sempre, eh? XD Com'è giusto che sia, eh u.u, sììì! Adesso c'è il vero pairing! **), aki96 (ehh, l'amore è complicato mia cara. Vedrai gli sviluppi ancora di più nel prossimo capitolo, un bacio e grazie!), jera (oddio Jessy, grazie! Spero di non averti troppo depressa qui y-y), lucychan93 (grazie, semplicemente *_*), picci1989 (Beh, Sana vuole sottrarsi da Akito, ma allo stesso tempo non può soffocare l'attrazione... Indi, la natura fa il suo corso – e a noi non dispiace XD. Grazie mille!), akira96 (i numeri stanno a significare i giorni che mancano sì, ma li tolgo perché tanto lo dico nella fic, adesso u.u. Grazie mille per tutte le belle parole, spero continuerai a seguirmi! **), Kula (grazie : ) Sì, volevo qualcosa di originale XD. Oh, puoi chiamarmi Kiki, no problem <3), Ella_Sella_Lella (Sì, siamo agli sgoccioli finali... vedrai *_*. Grazie mille! Addirittura tutta d'un fiato?! Wow, sono onorata, grazie!) BabyDany94 (ecco qua, aggiornata – era ora! XD – grazie mille, sì sono pucci <3), Ili91 (lo so, sono in ritardissimo! Chiedo scusa ç_ç. Spero potrai perdonarmi! Grazie per la recensione comunque e per i complimenti <3), Sana1991 (sì, mi piace tantissimo scriverla – purtroppo l'ispirazione mi aveva abbandonata ç_ç – e adesso conto in aggiornamenti più rapidi! Grazie mille per la recensione, un bacio!)


E grazie per le letture, le seguite, le preferite e tutti gli altri <3

Al prossimo, Kiki-chan.




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Capitolo 10
*** X - Sotto la pioggia [Akito POV] ***




X - Sotto la pioggia [Akito POV]






Non ero mai stato un grande asso, quando si parlava di sentimenti con le donne. Quella era la ragione principale per la quale avevo sempre preferito storie brevi e poco impegnative; la più lunga era stata quella con Fuka, sei mesi, un'enormità per i miei gusti.

Riconoscevo di essere un tipo impulsivo, alcune volte, questa era la seconda ragione per la quale non volevo essere così avventato da chiudermi in una campana di vetro, quale era il matrimonio.

Tutta quella situazione era assurda: dal semplice fatto che non ricordassi nulla, ad un anello che ancora non mi premuravo di gettare via, al risultato finale... Sana si era innamorata di me, in una settimana.

Non potevo dire di essere stato freddo nei suoi confronti – no, aveva un potere particolarmente potente su di me – ma non avevo pensato così seriamente a lei, finché non eravamo andati a letto insieme... Di nuovo.

Questa volta coscienti e consenzienti, sobri come non mai. Cosa avevo sentito in quel momento?

Non saprei spiegarlo a parole perché il turbamento, l'angoscia, il timore e l'eccitazione che si avvertivano tutte in una volta non potevano essere raggruppate sotto un'unica categoria di sentimenti.

Avvertii una scossa dentro, qualcosa di grande e immenso: presi il cappotto, uscii di casa – sotto la pioggia torrenziale – e camminai. Dovevo riflettere, mettere in chiaro piccole e grandi cose, avevo bisogno di chiedere risposta ai miei sentimenti.

Al sol formulare quella frase, mi venne un conato di vomito; non ero mai stato un tipo melenso, non mi ero mai risposto in quel modo, probabilmente una relazione seria era l'ultima delle mie aspettative.




Sana era là – desumei, passando all'interno del solito parco – apparentemente estranea al mondo, indifferente ai chicchi di pioggia che si moltiplicavano ogni istante di più. Aveva i capelli appiccicati alle guance e lo sguardo puntato in basso, avvilito.

Ora che stavo per incrociare il suo passo, come avrei dovuto comportarmi?


Uhm, prenderai freddo”

Esordii, sfuggendo al suo sguardo.

Erano le lacrime... Oppure era la pioggia?

Le labbra le tremavano leggermente, riuscì solo ad articolare un breve: “Non mi importa” per poi ritornare a fissare il vuoto.

Era seduta su una panchina, immobile, pallida e infreddolita. Non trovando nulla da obbiettare – probabilmente, fossi stato in lei, avrei risposto alla stessa maniera – mi sedetti anch'io, curiosamente imbarazzato.

Non sapevo come comportarmi, in quale modo prendere la parola, come imbastire un discorso... Ma, forse, la soluzione migliore era quella di restare in silenzio.


Non credo di averlo mai sentito...”

Bisbigliai tra me e me.

Cosa?”

Beh... Quelle parole”

Vaneggiai, non riuscivo nemmeno a pronunciarle tanto mi parevano enormi.

Curioso... Nemmeno io

Alzò lo sguardo, fissandomi. Non dissi nulla, il silenzio era perfetto così com'era: capii in quel momento che lei era realmente innamorata di me ed io ero stato il primo a cui lo aveva detto. Probabilmente, avevo deluso le sue aspettative; tuttavia, dovevo ancora domandare e rispondere al mio cuore, non ero ancora sicuro di nulla e non me la sentivo di beffarmi di lei, circuendola con false lusinghe.

Ascolta, Sana...” mi distanziai un po' da lei, le mie difese venivano meno se mi avvicinavo così. “Non credo di essermi mai avvicinato così a qualcuno... Beh, quanto nelle ultime settimane”

Gesticolai, evitando il suo sguardo.

Certo, il rapporto che avevo avuto con Fuka era stato importante, ma non avevamo mai convissuto sotto lo stesso tetto; con Sana, invece, in soli sette giorni il rapporto si era evoluto: da perfetti estranei a coppia modello, ovviamente con le nostre divergenze ma con l'affiatamento degno di due sposini.

Quindi...”

No” mi ammonì lei, sfiorandomi il polso. “Domani finisce tutto, Hayama. Se tu mi amassi veramente non avresti bisogno di pensarci, sai?”

Non seppi cosa dibattere: erano parole dure ma vere. Vidi Sana stringere le nocche, si mordeva il labbro con veemenza per evitare di piangere ma io leggevo benissimo all'interno dei suoi occhi. Così come lei aveva letto nella mia anima, io a poco a poco iniziavo a comprendere meglio i suoi sguardi, in quel momento non era il caso di aggiungere altro.

Eravamo uno di fronte all'altra, immobili, i capelli appiccicati al viso e i vestiti inzuppati d'acqua... Eppure avvertivo una tempesta, dentro. Il mio stomaco, la mia mente, la mia anima era scombussolata.

Quasi faceva male rispondere a certi dubbi, per paura di riaprire vecchie ferite... E di procurarsene di nuove, forse anche per tutta la vita.

Allora... Addio. Anzi no, così suona troppo triste. Arrivederci”

E agitò la mano in alto, per poi voltarsi indietro e correre. Realizzai solamente in quel momento che l'indomani avrebbe segnato la resa dei conti... O l'inizio di un nuovo capitolo, chi poteva prevederlo.










Orbene, il prossimo è l'ultimo ragazze :D

Ho faticato a scrivere questo capitolo, anche se è corto, perché mantenere l'IC con Akito, in prima persona poi, è un'impresa ostica XD. Spero sia stato di vostro gradimento, in ogni caso.

Ah, vi devo fare un annuncio: il prossimo è l'ultimo capitolo sì, ma non ci sarà l'epilogo... Bensì una spin-off della storia, che appunto sarà postata a parte.

E adesso... ringraziamenti: _Rob_ (eheh, vi lascio in sospeso fino all'ultimo capitolo. Il prossimo sarà l'ultimo, chiuderà la storia e sarà, spero, scoppiettante XD. Sì, lei ha capito che lo ama – ma in fondo l'ha sempre saputo, <3. Grazie mille e baci!), Ili91 (sì, per un attimo ho pensato di lasciarla incompiuta anche io... Ma destino vuole che l'ispirazione mi tornasse proprio nel momento più opportuno ed eccomi qua, a pubblicarla nuovamente. D'altronde, mi dispiaceva lasciarla, mi diverto tanto a scriverla *-*. Ti è piaciuto il punto di vista di Akito? Il prossimo è l'ultimo, non perderlo :). Grazie mille e un bacione!), ryanforever (nonostante tutto, sì, ci sono ancora XD. Beh sì, Sana ha già fatto abbastanza chiarezza nel suo cuore, mentre per Akito l'impresa è un tantino più ostica. Il prossimo è l'ultimo, spero che non lo perderai : D. Un bacione e grazie mille. P.s. Sì, anche True Love, mi dispiaceva abbandonarla XD. Anche se si prospetta molto più corta, più che altro è un breve spezzone di vita Sana-Akito <3) delichan123 (oddio grazie, mi sento onorata *-*. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, il prossimo si prospetta moolto più lungo – anche perché è il gran finale XD. Baci e grazie ^^) Kula (questo diciamo è un assaggio per il finale vero e proprio, ma spero sia stato comunque di tuo gradimento. Grazie mille ^^) BabyDany94 (sì, Sana e Akito ispirano un bel po' di tenerezza <3. Grazie!) lucyette (diciamo che questo è un pre-finale, nel prossimo verrà svelato ogni arcano XD. Grazie mille per la recensione *^*) kikky (ahimè gli uomini sono diffidenti su questo punto, non vogliono piegarsi e ammettere la loro “debolezza”, al prossimo e grazie ^^) e Stefania the best (scusa se non metto trattini e pallini, è leggermente un orario strano per aggiornare e sono un po' di fretta >-<. Comunque, grazie mille per la recensione... baci ^^)

Al prossimo, Kiki-chan.

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Capitolo 11
*** XI Capitolo - The end... Oppure no? ***


XI – The end... Oppure no?











Quella mattina, quasi per abitudine, avevo preparato la colazione per due persone; mi accorsi solo un secondo dopo – quando urlai a gran voce il nome di Hayama – quanto fosse stato inutile scomodarsi tanto.

Era passata una settimana, quella mattinata doveva segnare la resa dei conti. Fine. Stop. Addio. Tante care cose, insomma... Ci saremmo separati e avremmo condotto una vita diversa e chissà per quali vie traverse il destino ci avrebbe guidati.

Sfilai l'anellino dorato dall'anulare sinistro: ecco, potevo dirmi ufficialmente fuori da quel rapporto.

In verità, però, sapevo che alcune cose non si risolvevano in modo così semplicistico: quello che all'esterno pareva un mutamento, all'interno era un bombardamento.

Chinai per un momento il capo – no, non potevo! Abbassando il capo anche le lacrime tornavano a tormentarmi e la finta barriera di indifferenza che mi ero costruita andava miseramente in frantumi – poi lo rialzai, scacciando i brutti pensieri.

Afferrai le chiavi di casa e mi lasciai tutto alle spalle, ad eccezione del presente.

Corsi, costringendomi a non pensare a nulla: le rampe di scale sembravano infinite. Proprio quando aprii il portone, avanzando con un piede al di fuori dell'edificio, vidi Aya Sugita, la mia migliore amica, che mi sorrideva. Mi stava aspettando, seduta sul cofano dell'auto.

«Cosa ci fai qui?»

Chiesi, con ovvietà.

«Ho pensato che ti fosse stato d'aiuto un po' di appoggio morale»

Farfugliò lei, piuttosto vaga.

Poi m'invitò a salire in macchina e io non trovai nulla da obbiettare in quel momento; fu un viaggio silenzioso, in verità. Avevo mille pensieri in testa, per quanto volessi negarli erano tutti lì... Non vedevano l'ora di sopraffarmi e vedermi impazzire.

«Comunque, se hai bisogno...»

Provò ad imbastire un discorso Aya, con la solita delicatezza che la contraddistingueva.

«L'appoggio morale non è necessario. E' solo una seccatura in meno.»

Dissi, provando a sfoggiare il sorriso più naturale possibile.

«Sana, dimentichi che ti conosco.»

Esordì Aya, riservandomi un'occhiata sfuggente.

Certo, non speravo di ingannare lei ma, quanto meno, di riuscire a dibattere con Akito e litigare come sempre, comportarmi com'ero solita e...

E niente, qualcosa era cambiato.

Sì, perché due parole così non potevano liquidarsi con uno “scusa, ma ho paura di aver bevuto troppo ieri”. Sarebbe stato davvero meglio, se avessi bevuto – pensai in quel momento.

Aya aveva uno sguardo innamorato, nei suoi occhi brillava una luce speciale: non era ancora il momento per chiederle come stesse andando la sua relazione con Tsuyoshi – avrebbe risposto “bene, meravigliosamente!” e io l'avrei invidiata. E questo non era da amiche. Indi, preferii fare a meno di chiederle delucidazioni circa la sua vita privata – sapevo che era ricambiata e questo mi faceva male. Sì, era egoistico da parte mia ma era la verità.

Mi morsi il labbro inferiore, in quel momento, con veemenza: dovevo solo nascondere la sofferenza, quel bastardo non meritava nemmeno una lacrima. Un giorno ci avrei riso su, sì.

Senza nemmeno accorgermene ero scesa dalla macchina. Stavo salendo i gradini di marmo, senza curarmi troppo di Aya che mormorava qualcosa alle mie spalle.

Alzai gli occhi, riconoscendo il suo profilo. Mi sforzai di apparire naturale, serrai perfino i pugni – la voglia di odiarlo e amarlo in contemporanea – ma il cuore batteva ugualmente a mille. Akito non mi guardò neppure, grugnì solamente: «Per una volta puntuale»

Scrollai le spalle con noncuranza poi, puntando un dito contro il suo sterno, borbottai: «Senti un po', senza troppe chiacchiere, entriamo dentro e andiamocene.»

Quanto mi avessero fatto male quelle parole – dentro, erano lame d'acciaio – non poteva minimamente saperlo, tuttavia Akito non parve scomporsi più di tanto e mi diede le spalle. Varcammo l'immenso ingresso, ad una modesta distanza l'uno dall'altra. Le parole si urtavano con i silenzi ma, quest'ultimi, non si facevano mai sopraffare. Fu una camminata breve e, al contempo, eterna, dolorosa, come se tutte le speranze morissero firmando un foglio di carta.

Curioso, no?

Firmai con fatica, ignorando il groviglio che bloccava la mia gola; Akito, invece, scrisse frettolosamente il suo nome su quel pezzo di carta, come se la parola fine si potesse decretare con la legge.

Una signora di mezz'età ci fissò un nano secondo poi, comprendendo la tensione, si sbrigò frettolosamente a timbrare i fogli di carta, che attestavano ciò che doveva essere chiaro ad entrambi. Finita. Ecco, era finita.

Ma cos'era la fine?

Per molti era il principio di un altro inizio: un nuovo capitolo, un'altra saga, un'altra coltellata al cuore per altri. Per me, la fine rientrava in quest'ultima definizione.

«Perfetto, è annullato.»

Dichiarò la donna, fabbricando un sorriso forzato. «Ah... gli anelli.»

Precisò, come a voler dare la batosta finale.

Akito si voltò, sfilando rapidamente dal proprio anulare quel cerchietto dorato e poggiandolo con malagrazia sul bancone. Feci altrettanto, ma con meno freddezza... come se volessi conservare il calore di quell'anello; lo sfilai dalla tasca, però, cercando di imitare l'ennesimo gesto privo di sentimento.

La donna annuì, augurandoci una vita serena. Chissà perché le persone, quando dicevano così, mi suonavano tanto false; non volevo mettere in discussione che non avessero buone intenzioni, piuttosto non riuscivo a capire come la vita di due individui freschi di divorzio potesse godere di serenità.






«E adesso?»

Sussurrai, un passo dietro lui. Akito cacciò le mani di tasca, sbuffando: come al solito il mondo lo irritava.

«Adesso me ne vado, Kurata»

Cercai di mandare giù quel boccone; eppure, lo vidi voltarsi e trasmettermi qualcosa telepaticamente. Ero quasi certa che dietro il suo sguardo si nascondesse una frase, ma non era mia intenzione scoprire quale – p a u r a. Sì, paura di annegare e non riuscire a fare ritorno a riva – volevo che fosse lui ad illuminarmi.

Tuttavia, compresi di essermi fatta troppi film mentali; cadde un baritonale silenzio tra di noi, che preferii riempire io.

«Esci con... qualcuna

Faticai ad ostentare indifferenza: sebbene gli occhi mi si stessero già riempiendo di lacrime all'interno, volevo dare a vedere una certa tenacia – insomma, la debolezza non era cosa che mi confaceva, men che meno con un uomo.

«Lo farei.» disse, guardando distrattamente verso destra. «Se non mi stessi per sposare.»

In un primo momento, faticai a comprendere; tuttavia, con l'ausilio del suo sguardo, iniziai a mettere a posto le tessere di quel puzzle senza fine qual era Hayama e analizzai il quadro d'insieme.

«Cosa... Hayama, stai parlando seriamente

Di tutta risposta, Akito si avvicinò a me. Bastò un'occhiata piuttosto maliziosa e un bacio tutt'altro che innocente a farmi capitolare.

Se stavo morendo era tra le braccia di Hayama e affondando le mie labbra nelle sue, poteva anche andarmi bene.

«Non credere che sprecherò ulteriormente il fiato, Kurata.»

Minacciò, ad una spanna dal mio volto. Le mani di Akito erano ancora immobili sui miei fianchi, mentre io non accennavo a spostarmi di un millimetro – pur lamentandomi per il fatto che dovessi alzare le punte e rimanere in tale posizione – per paura che l'incantesimo si spezzasse.

«Tradotto: sì, Sana Kurata... sono pazzo di te?»

Ridacchiai.

Lo sguardo vago e vagamente imbarazzato di Akito in quel momento fu la cosa più bella che avessi mai visto: era un'espressione che mi ricordava la felicità, senza bisogno di cercarla altrove.

Sì, perché era tutta lì: in quel paio di occhi color miele – apparentemente di ghiaccio – che erano riusciti a calamitare il mio corpo, la mia anima e la mia mente... in una settimana.

«Lo sai che mi stai per sposare sobrio, vero?»

Azzardai, quando varcammo la soglia dell'edificio e uscimmo alla luce del sole. «Vuoi che mi ubriachi?»

Risi... prenderlo sul serio era un'impresa assai ostica.

«Tradotto: non vedo l'ora!»

Esclamai, iniziando a prenderci gusto. Akito si voltò verso di me, mi afferrò saldamente per la seconda volta e soffiò ad un centimetro dalle mie labbra: «Se proprio vuoi sentirtelo dire, principessina, ti amo. Uhm, va bene?»

Stentai a credere a quelle parole, il biasimo era evidente nei miei occhi ma, soprattutto, sulla mia bocca – giaceva un'ovale, una circonferenza di proporzioni pachidermiche.

«Akito?»

Mormorai, quando il suo sguardo era rivolto altrove. Accennò un ghigno, indifferente com'era solito, ma fui io a poggiare le mie labbra sulle sue, stavolta. In quel momento lo stupii, ne ero certa.

Poi lo presi per mano, afferrando allo stesso tempo il mio destino.

Sapete cosa penso?

Quando sposai per la seconda volta Akito, ero ubriaca: sì, ebbra di felicità.



Fine.










Doverose spiegazioni: se ve lo chiedete, sì, Aya sapeva di tutto il piano architettato da Akito, per questo ha accompagnato Sana. A far ragionare Akito è stato Tsuyoshi, anche se non l'ho menzionato, come sempre XD.

Quando Akito chiama Sana “principessina” dovete leggere questa parola in tono vezzeggiativo, come a prenderla in giro.

Ovviamente, ci sarà uno Spin Off di questa fic, come promesso. Probabilmente domani, visto che parto Giovedì sto facendo di tutto per aggiornare quante più cose possibili T_T.

Se tutto va bene, domani Spin off di questa fic e di “True love”.


E' stato difficile trovare un finale, è dalle sette di sera che ci lavoro – e ora sono le tre e mezza di mattina XD – mi sembrava sempre troppo banale. Spero davvero di non aver dato questa impressione ç_ç.

E' finita, un po' mi dispiace perché sono affezionata a questa fic... E a Sana e Akito, a distanza di anni <3.

Ringrazio tutti i miei sostenitori e i commentatori del precedente capitolo: BabyDany94 (e sì, alla fine arrivano anche i finali XD. Grazie mille, un bacio!), Ili91 (Meno male, ho sempre paura di sforare con l'IC! Un bacio e grazie!), ryanforever (a dir la verità non era il famoso gazebo, essendo un AU non l'ho menzionato XD. Comunque grazie mille per tutto e un bacione! Ah, già che me lo chiedevi nella recensione dell'altra fic: vado a Napoli, dai miei parenti per circa un mese. Dèi me ne scampino XD), delichan123 (grazie per il commento, ho aggiornato prima che ho potuto *_*. Spero tu abbia gradito il finale, un bacio e grazie per la favolosa recensione XD), jera (Jessy, pensavo che non ci fossi più su Efp dal momento che non ti vedevo in giro ç_ç. Sì, ho cambiato nick perché diciamo che questo mi rappresenta di più XD. Comunque, sempre io <3. Mi fa piacere che ti sia piaciuta così tanto la storia... confido anche nella parte finale! Un bacio e grazie mille!), _Rob_ (corto, per tenere la suspance XD. Sì, questo era l'ultimo... spero ti sia piaciuto *-*. Un bacio e mille grazie!). 

E non so in quale altra maniera ringraziare  le 51 preferite e le 40 seguite e una ricordata che mi dimostrano di tenere a questa fic :)

Non credevo che facesse tanto successo, giuro ò_ò. 

Ringrazio quindi, nello specifico:

1 - Aine 94 [Contatta]
2 - aki96 [Contatta]
3 - akira96 [Contatta]
4 - alessandradichiara [Contatta]
5 - alina 95 [Contatta]
6 - Allen_Anne_Black [Contatta]
7 - Anima1992 [Contatta]
8 - ayra79 [Contatta]
9 - BAbyDany94 [Contatta]
10 - Dadaxoxo [Contatta]
11 - daisy88 [Contatta]
12 - daykiria [Contatta]
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23 - flavia93 [Contatta]
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39 - piccola992 [Contatta]
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41 - ROBERTMIO [Contatta]
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47 - StUpId_LiTtLe_DoLl [Contatta]
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39 - zac [Contatta]
40 - _Bella_Swan_ [Contatta]

E 1 - Oo_Stefania_The_Best_Oo [Contatta]

Grazie davvero, siete stati di sostenimento, sempre!
Direi che tolte le due spin off e la drabble che ho intenzione di postare... ci si rivede a Settembre con Sana e Akito :)

Torno sempre con qualcosa XD. 

Kiki.





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