Arcobaleno

di Wild Dragon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'uovo ***
Capitolo 2: *** Il Terzo Cavaliere ***
Capitolo 3: *** Due Nomi ***



Capitolo 1
*** L'uovo ***


I

L’uovo

 

In una notte senza luna dall’oscurità opprimente, un gelo lieve e intangibile sibilava nell’aria e accarezzava la terra. Sussurrava fra le macerie ancora vive di una città flagellata dalla battaglia, mormorava fra le foglie e gli steli d’erba.

Nel nero di quella desolazione, una macchia di colore scarlatto e intenso si agitava e danzava fluente. La chioma rossa come il fuoco di una ragazza agile e furtiva come un gatto.

Kairi si aggirava fra le case semi distrutte, guardinga e prudente, facendo saettare continuamente quel suo sguardo così particolare, ben attenta a non lasciarsi. sfuggire nulla. La ragazza sbuffò con una smorfia: la città spenta era impregnata dell’odore del sangue e tutto del luogo le raccontava morte e distruzione. Non aveva di certo, però, bisogno di tale indizi per sapere cos’era accaduto.

Appena una settimana fa...lei c’era, ha visto tutto coi suoi due occhi differenti. Ha visto i guerrieri riversarsi in città e farsi strada tra le vie con inarrestabile determinazione, ha visto, anche se solo di sfuggita, il possente drago blu scendere in picchiata con un assordante ruggito unendosi alla battaglia.

Era rimasta terribilmente scossa da quella creatura così immensamente bella e così immensamente feroce. Le ricordava un’incarnazione della natura stessa: affascinante, ma temibile.

E poi il fuoco...il fuoco innaturalmente celeste divampare fra le sue fauci.

Kairi scosse il capo, tornando alla realtà. Si passò una mano fra i capelli e respirò profondamente. Doveva rimanere costantemente all’erta.

Poco fuori dalle mura della città, vi era un branco di tende piuttosto compatto e silenzioso. Affissa ad un palo, ciondolava inerme per via della mancanza di vento, la bandiera con lo stemma dei ribelli.

Kairi si addentrò nell’accampamento, i passi muti e lenti, tuttavia il cuore al galoppo. Agile e sicura, scivolava fra le tende senza alcun rumore. Entrò senza indugi in un padiglione scuro, non eccessivamente grande, pieno di casse, sacchi e botti. Il suo stomaco ruggì.

Gettando all’aria ogni precauzione, si avventò sul cibo e cominciò a saziarsi con pane e carne. Erano giorni che non mangiava come si deve, ed era affamata.

Dopo aver divorato due pagnotte e qualche pezzo di carne, sospirò con soddisfazione e si sedette su una cassa. Si sentiva benissimo e ignorava totalmente il rischio che stava correndo. Stava quasi per addormentarsi quando d’un tratto sentì un rumore di passi dall’esterno.

Svelta e nuovamente all’erta, si nascose dietro dei sacchi di grano e rimase in attesa.

Per qualche istante nulla, poi una voce: - Ci è riuscito! – esclamò con entusiasmo. Ad aver parlato pareva una giovane donna. – E voi che dicevate che era solo uno spreco di tempo tentare con lui.

- E’ vero. – convenne una seconda voce, stavolta maschile. – Ma non credo lo rivedremo mai più. Se è dovuto ricorrere a questa mossa doveva esser messo proprio alle strette. Con quest’incantesimo avrà di certo perso i sensi, e dubito che uscirà mai più da Uru’baen.

- Vero anche questo. – disse una terza voce, femminile. Ma aveva qualcosa di strano. Era molto più dolce, melodiosa e delicata di qualunque altra Kairi avesse mai sentito. Le ricordava il cinguettio di un usignolo. – Ma l’importante è che l’uovo ora è salvo.

- L’uovo...!? – mormorò Kairi con un filo di voce.

- Arya ha ragione. – riprese la prima voce. – Portiamolo nel mio padiglione, lì non corre rischi.

Di nuovo rumore di passi, poi più niente. Kairi rimase immobile ancora un paio di minuti, tendendo le orecchie, prima di essere sicura di avere la via libera. Scivolò fuori dal suo nascondiglio e fuori dalla tenda. Fece per andarsene da dove se n’era venuta, ma venne assalita da una struggente curiosità che le bloccò i piedi.

L’uovo...non sarò mica quell’uovo...? E quale altro, sennò? Era lampante, trasparente come l’acqua. Non poteva resistere alle tentazione...la curiosità era troppo forte. Quando mai le sarebbe ricapitata l’occasione di vederlo? Era in una situazione unica e irripetibile.

Tuttavia, riconosceva anche i rischi che correva. Sarebbe potuta rimanere uccisa o essere catturata, se mai l’avessero scoperta. Certo, quando mai lei dava il giusto peso al rischio?

Era sempre stata avventata ed istintiva, quasi per nulla prudente, eppure se l’era sempre cavata con al massimo qualche acciacco.

Allora...se vado sono una stupida. Se non vado sono una persona ragionevole e razionale che non corre rischi inutili.

Rimase a meditare la cosa per appena qualche altro istante, ma in cuor suo già sapeva che avrebbe fatto.

Perfetto, vado.

 

Poco dopo, se ne stava accovacciata dietro ad un arbusto, osservando attentamente un grosso padiglione rosso. Sentiva che era quello: era il più grande ed apparentemente il più resistente e ben fatto di tutti.

Vi erano degli uomini all’entrata armati di tutto punto. Erano quattro, ma due erano grossi almeno il doppio di uomini normali. In più, anche se non poteva esserne certa lì nell’oscurità, le pareva che avessero le corna...

- Urgali. – concluse in un mormorio sommesso. Non ne aveva mai visti, ma erano stati preceduti dalla loro fama.

Attese per diversi minuti, finché finalmente arrivò: il cambio della guardia. Appena le quattro guardie lasciarono il posto, Kairi saettò via dal suo nascondiglio, rapida e silenziosa.

Dette una sbirciatina dentro il padiglione e constatò che non c’era nessuno.

Il sibilo di una lama alle sue spalle la mise immediatamente all’erta. Con un movimento istintivo ed automatico, si voltò di scatto sguainando un lungo coltello dalla lama imperfetta e con una semplice impugnatura di legno.

Un uomo armato di spada la fissava con calma freddezza. Kairi rimase immobile e lui le puntò la lama alla gola.

- Chi sei? – domandò l’uomo. – Perché sei qui?

Kairi rimase in silenzio e senza pensare, allontanò la spada dal suo collo colpendone la parte piatta con la mano e con un movimento morbido, deciso e privo di titubanze, lanciò il suo coltello. L’arma si conficcò nella fronte dell’uomo.

Lui sbarrò gli occhi e la fissò con incredula sorpresa, mentre il sangue cominciava a colargli sul viso. Il suo sguardo si spense, e senza alcun lamento, cadde morto a terra con un tonfo sordo, creando una pozza di sangue scuro al suolo.

Kairi rimase pietrificata a fissare il vuoto davanti a sé. Aveva smesso di respirare e le pareva che il mondo si fosse fermato come il cuore della persona che giaceva a terra.

Aveva ucciso di nuovo. Aveva stroncato un’altra vita.

Sentiva l’orrore di quella verità attanagliarle la gola togliendole il respiro. E per cosa? Per cosa quell’uomo era dovuto morire? Per la sua stupida avventatezza. Magari sarebbe potuta fuggire. Invece no, era stata di nuovo incapace di controllare il suo fottuto istinto di sopravvivenza che l’aveva spinta ad attaccare, come un’animale.

Quando finalmente tornò padrona delle proprie gambe, girò i tacchi e fece per correre via, senza degnare la sua vittima di uno sguardo. Ma una luce smeraldina appena intravista con la cosa dell’occhio attirò la sua attenzione. Quasi involontariamente, si voltò di nuovo verso il padiglione.

Rimase immobile, lo sguardo spento e perso, finché quel bagliore non tornò.

Con passi lenti e strascicati, entrò.

Nel buio quasi totale, distinse un grosso trono assolutamente privo di sfarzo, ma semplice e sobrio. Sopra di esso, adagiato su uno spesso cuscino, riposava l’uovo di drago.

Lo sguardo di Kairi si illuminò. Si avvicinò al trono e vi si inginocchiò davanti, lo sguardo incatenato a quella pietra così perfetta.

Anche in quell’oscurità, ne poteva distinguere i mille verdi intensi e brillanti che si intrecciavano fra loro in quella superficie liscia e lucida.

Kairi ne rimase completamente assuefatta e ipnotizzata. Ormai ignorava tutto il resto del mondo. I suoi occhi colmi di meraviglia mettevano a fuoco sono quella magnificenza, alimentata dalla consapevolezza di cosa celasse.

Lentamente, allungò la mano fino a sfiorarla con la punta delle dita...

Un rumore brusco e imprevisto la fece riprendere con un sussulto. Improvvisamente, il padiglione si illuminò di luce danzante. Tre uomini avevano fatto irruzione armati di spade e fiaccole e in meno che non si dica, l’accerchiarono.

Kairi si alzò di scatto, immediatamente pronta a fronteggiarli. Si tastò la cintura in cerca del coltello e venne assalita dal panico nel constatare la sua assenza. – Cazzo!

- Tu, sporca puttana, lo hai ucciso tu! – urlò un uomo con ferocia facendosi avanti di qualche passo. Kairi ringhiò come una bestia e strinse i pugni guardandolo con aria di sfida. Sentiva la minaccia incombere su di lei e ciò la rendeva tremendamente aggressiva.

- Certo che è stata lei. – mugghiò un altro con voce roca e disumana. Un Urgali.

Kairi calcolò che non poteva né combattere ne fuggire e anche se l’idea che le era appena affiorata alla mente non le piaceva per niente, non aveva la minima intenzione di essere ammazzata.

Tenendo lo sguardo fisso sugli uomini, afferrò l’uovo e se lo portò al petto. – State fermi o giuro sulle vostre teste che lo distruggo. – ringhiò. Naturalmente, non ne aveva la benché minima intenzione. Voleva solo uscire di lì.

Le guardie si immobilizzarono e una disse con voce colma di amarezza: - Ma tu guarda, lo abbiamo appena recuperato e già rischiamo di perderlo.

Kairi non si mosse, tuttavia il suo cuore galoppava.

Senza alcun preavviso, l’uovo le si infranse fra le mani.

Kairi cadde a terra assieme ai frammenti smeraldini ed a una creatura strana lunga più o meno quanto il suo avambraccio. Era ricoperto di squame verdi rilucenti quanto mille smeraldi e la luce delle fiaccole ci danzava sopra e le illuminava. La creatura dispiegò le lunghe ali dalla membrana sottile e chiara e sbadigliò mostrando una chiostra di zanne candide e acuminate. Tutta la sua spina dorsale era percorsa da una fila di punte bianchissime quanto gli artigli ricurvi che gi partivano dalle zampe. Era bellissimo. E per quanto goffo, aveva qualcosa di regale e orgoglioso.

Kairi, che era rimasta a terra, lo fissava con gli occhi sgranati. Tutto il mondo si era fermato tranne il neonato. Ne osservò affascinata e incredula il colore innaturalmente intenso e le grandi ali. Un drago. L’uovo si era schiuso.

Il drago la fissò con i suoi occhi smeraldini, intelligenti e pieni di curiosità. Si avvicinò con passo malfermo e le annusò la mano. Lei non si mosse e rimase a fissarlo, convinta che non potesse essere vero.

Il cucciolo la guardò negli occhi con sguardo carico d’aspettativa. Kairi allungò la mano e ne accarezzò la testa, ma appena ne toccò e squame, una scarica di energia bruciante le attraversò il braccio con un dolore accecante. Lei urlò. Si sentiva bruciare ovunque e aveva la vista annebbiata.

- Che cosa succede qui? – domandò una voce di donna. Fecero il loro ingresso nel padiglione due donne. Una aveva la pelle scura e i capelli neri, l’altra aveva la pelle diafana, i capelli neri e brillanti occhi verdi. Era di una bellezza sconvolgente, di certo non umana. Con loro vi era un giovane dai capelli castani che portava una spada blu cobalto attaccata alla cintura.

Kairi stava per venir meno. Tutto le sembrava avvolto dalla nebbia. L’ultima cosa che vide fu un occhio verde e profondo che la fissava preoccupato e ansioso. Poi più nulla...buio.

- Beh, abbiamo trovato il Cavaliere prima di quanto potessimo mai sperare.

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Capitolo 2
*** Il Terzo Cavaliere ***


II

Il terzo Cavaliere

 

Kairi venne svegliata dai tenui raggi solari che le carezzavano il viso. Aprì un occhio alla volta e sbadigliò sonoramente. Un pensiero le attraversò la mente. Il ricordo della sera prima.

Si alzò a sedere di scatto, subito sveglissima, e si guardò intorno. Si trovava in una tenda verde ed era sdraiata su un branda. Accatastati in un angolo vi erano sacchi e casse di ogni grandezza, alcuni aperti a rivelarne il contenuto: per la maggior parte erbe e foglie strane. Al centro della tenda vi era un grosso calderone.

Kairi sentì qualcosa strusciarle contro la mano. Si girò e vide il cucciolo di drago che le strofinava il muso sul palmo guardandola con affetto. Kairi sorrise e gli accarezzò la schiena. Per qualche strano motivo, si sentiva immensamente legata a quella creatura.

Fece il suo ingresso nella tenda una donna minuta con ricci capelli scuri seguita da un enorme gatto con gli occhi rossi e la coda ritta. Kairi la guardò con diffidenza, studiandola attentamente.

- Ben alzata. – disse la donna con voce squillante, senza neanche guardarla. Cominciò a trafficare con erbe e funghi con naturale disinvoltura, mentre il gatto se ne stava acciambellato vicino ai suoi piedi. A Kairi non piaceva. Continuava a fissarla con quei suoi occhi rossi.

- Che c’è, il gatto ti ha morso la lingua? – fece la donna, finalmente guardandola.

- Se fosse stato il tuo di certo me l’avrebbe staccata. – rispose Kairi.

Lei sorrise. – Solembum non è il mio gatto, e neanche un gatto vero e proprio a dirla tutta. – si sedette ai piedi del letto. – Io mi chiamo Angela.

- Kairi. – rispose la ragazza. – Mi chiamo Kairi.

Il cucciolo di drago annusò con diffidenza la mano dell’erborista. Era una cosa strana. In qualche modo, Kairi ne avvertiva la diffidenza e in qualche modo sapeva che per quanto piccolo, il cucciolo la voleva proteggere da qualunque minaccia. Era...sconvolgente.

- Beh, Kairi, sappi che ti aspettano dei giorni per nulla facili. – sospirò Angela. Solembum venne ad accucciarsi sulle sue ginocchia, ricevendo qualche distratta carezza. – Sai, sono tutti molto arrabbiati per la guardia che hai fatto fuori ieri e quasi nessuno si fida di te. – aggiunse in tono confidenziale.

- Mi dispiace. – si affrettò a dire Kairi. – Non volevo farlo, io...

- Sta’ tranquilla, a me non devi spiegare niente.

La ragazza inarcò un sopracciglio.

- Fatto sta, che devi spiegazioni al resto dei Varden.

- No, aspetta un attimo. – s’infiammò. – Io non devo niente a nessuno, voglio solo andar via di qui.

- E invece devi. – la rimbeccò l’erborista. – E non puoi certo andar via. Non ora che l’ultimo uovo si è schiuso per te.

Kairi tacque e guardò il drago. Lui ricambiò il suo sguardo e si accoccolò vicino a lei sbuffando una nuvoletta di fumo bigio dalle narici.

- Sei un Cavaliere, adesso. – le fece presente Angela agguantandole la mano sinistra. Le sventolò il palmo davanti alla faccia e Kairi notò con un colpo al cuore un luccicante ovale argenteo. – E in quanto tale hai delle responsabilità. Abbiamo bisogno di te. Lo capisci, vero?

Sì, Kairi lo capiva. Si rendeva conto della responsabilità che le gravava sulle spalle e del suo immenso peso. Scrutò pensierosa il suo marchio osservando come la luce vi danzava sopra. – Cosa dovrei fare?

- Per ora, devi solo aspettare che Nasuada ti chiami in appello. Vorrà sapere tutto di te e bada bene di non mentirle. Abbiamo stregoni, dalla nostra, e lo scoprirebbero. Ma non ti preoccupare, di lei ci si può assolutamente fidare. E’ una gran donna e le dobbiamo tutto. Poi, Eragon ti spiegherà meglio cosa comporta essere uno Shur’tugal.

- Uno Shur’tugal? – domandò la ragazza spostando lo sguardo dal suo palmo al volto della donna.

- Un Cavaliere dei Draghi. – spiegò Angela.

- Shur’tugal... – sussurrò Kairi. Incrociò lo sguardo con quello del suo drago. – Sono un Cavaliere.

Si sentì schiacciare dal peso di quella verità. Il suo destino era segnato. La speranza dei Varden di sconfiggere l’Impero era nelle sue mani. Era lei la speranza. Kairi capì che nulla sarebbe stato mai più come prima. Era immersa nella guerra fino al collo. – Cos’altro puoi dirmi?

- Nulla, non è mio compito. – rispose l’erborista.

Kairi sospirò.

- Ti ho guarita quella brutta ferita al fianco.

- Cosa? – la ragazza si sollevò leggermente la maglia e notò una lunga cicatrice chiara, perfettamente liscia. – Wow. – mormorò ammirata. – Come hai fatto?

- Con la magia, no? – rispose Angela come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

- Ah.

- Tu, piuttosto, come te lo sei fatta?

- Sono caduta.

- Sì, come no.

- Te lo giuro. Mi ero arrampicata su un albero e un ramo non ha retto. In realtà so giudicare se un ramo mi regge o no, ma la sera prima aveva diluviato per tutta la notte e c’era molta umidità...il ramo era leggermente marcito. Così sono caduta su una roccia. Non è stata una gran bella cosa. – concluse con un mezzo sorriso.

- Siamo piuttosto avventate, eh? – intuì Angela con sorrisetto.

- Più che piuttosto. – sospirò Kairi.

- E che mi dici dei tuoi occhi?

- I miei occhi?

- Sì, non ne avevo mai visti di simili. Insomma...uno è nero, l’altro...è grigio chiaro, ma ha mille screziature multicolori...mi ricorda un arcobaleno in un cielo nuvoloso.

Kairi sorrise. – Sì, lo so. In realtà ignoro totalmente come sia possibile.

- Non è che hai del sangue elfico nelle vene? – domandò Angela scrutandola con più attenzione.

- Non credo proprio. – affermò con certezza. -  Spero di no. – aggiunse con una leggera smorfia.

- Perché?

- Non mi piacciono gli elfi.

- Oh, allora ti auguro di non dover mai parlare con Arya. Lei è molto orgogliosa e non sopporta alcun insulto alla sua specie.

- Fammi indovinare...capelli neri, occhi verdi, pelle diafana...giusto?

- Precisamente. – annuì l’erborista. – L’hai vista?

- Solo di sfuggita.

- Beh, se sarai capace di ignorare il suo lato più acido e noioso, e ti assicuro che è molto difficile, - Kairi ridacchiò. – ne potrai apprezzare anche gli innumerevoli pregi e le grandi virtù. E’ una grandissima guerriera, una maga immensamente potente ed una donna di sconfinata saggezza. Insomma, fa sempre comodo averla per amica. – Il sorriso della ragazza si allargò: le piaceva l’erborista.

D’un tratta, entrò nella capanna lo stesso giovane che aveva visto ieri, solo che ora ebbe l’occasione di guardarlo meglio. Aveva mossi capelli castani, occhi color nocciola, tratti sottili...orecchie a punta. Nel complesso, era molto avvenente. Alla cintura portava una bellissima spada dal fodero blu notte.

Kairi si alzò ed il cucciolo le si arrampicò sulla spalla  agitando la coda a destra e a sinistra. – Tu sei Eragon Ammazzaspettri. – disse la ragazza. Non era una domanda. Era stupefatta: si trovava di fronte ad una leggenda. – Ma...non eri umano?

- Lo sono. – rispose lui. – Sono stati gli Elfi a cambiarmi, rendendomi più potente.

Kairi annuì e continuò a fissarlo sfacciatamente. Lui, d’altro canto, non pareva minimamente intimorito, ansi, la studiava con altrettanta curiosità, spesso facendo passare lo sguardo da lei al drago appollaiato sulla sua spalla.

- Qual buon vento ti porta, Eragon? – domandò allegramente Angela.

- Nasuada e Orrin vogliono vederla.

- Certo, certo... – borbottò lei. – Beh, Kairi, è stato un piacere. Divertiti alla festa. – così dicendo, le  fece l’occhiolino, facendola sorridere. L’erborista prese a trafficare nuovamente con le sue cose, mentre i due Cavalieri uscirono dalla tenda, lanciandosi fugaci occhiate l’un l’altra.

- Qual è il tuo nome? – le chiese Eragon. – Kairi... – d’un tratto, Kairi si bloccò, rimanendo a bocca aperta. – No...

Davanti a lei, la creatura più bella che avesse mai visto. Un drago, dalle squame blu cobalto, possente, meraviglioso e dall’aspetto orgoglioso e regale. I suoi occhi blu e profondi come il mare la fissavano con struggente bellezza ed immensa intelligenza. Kairi ammirò affascinata i giochi di luce che si creavano su quei zaffiri lucidi e brillanti, ammirò le grandi ali e gli artigli letali. Mai aveva visto niente così vicino alla perfezione.

- Saphira, questa è Kairi. – parlò l’Ammazzaspettri. – Kairi, la mia compagna, Saphira.

E così, tu saresti il nuovo Cavaliere.

Una voce profonda e potente le rimbombò nella mente strappandole un brivido di eccitazione.

 - Così pare. – rispose con un filo di voce. – Anche lui diventerà...sì, insomma, così? – domandò accennando al cucciolo.

- Certo. – rispose Eragon. – E anche più grosso. I draghi non smettono mai di crescere.

Kairi guardò il suo drago e tentò di immaginarselo grande e possente quanto Saphira. – Wow.

- Andiamo?

- ...Certo.

Avanzavano nell’accampamento seguiti da mille sguardi incuriositi. Tutti si rivolgevano ad Eragon e Saphira con rispetto, salutandoli con i nomi “Argetlam”, “Ammazzaspettri” e “Bjartskular”. Kairi notò che la maggior parte degli occhi era puntata su lei ed il suo drago. La cosa non le piaceva. Stava per esplodere con un “Ma che diavolo avete da guardare?” ma si trattenne. Rispondeva ad ogni occhiata con aria di sfida, a testa alta e col mento in fuori. Era terribilmente orgogliosa, lo sapeva anche lei. Poteva anche ignorare gli sguardi, ma non quelle poche parole sussurrate che sentiva spesso attorno a lei: - Ma è solo una ragazzina...

Chi diamine si credevano? Già cominciavano a giudicare?

Poco dopo, arrivarono di fronte al padiglione scarlatto dell’altra sera. Kairi indugiò un attimo sulla soglia e fece un respiro profondo. Il drago le strusciò il muso contro il collo. Tentava di dirle di avere fiducia. Bastò quello a rincuorarla. Riconoscente, gli sorrise e gli accarezzò la testa.

- Non ti preoccupare. – le disse Eragon. – Nessuno oserà anche solo tentare di farti del male. Sei un Cavaliere. Sei praticamente intoccabile.

Saphira proruppe in un bassa risata e guardò il suo Cavaliere con ammonimento, come per ricordargli qualcosa.

Lui fece un mezzo sorriso e si passò una mano fra i capelli. – Saphira ha ragione, sei intoccabile solo qui. Altrove, tranne che dagli Elfi, chiunque potrebbe tentare di ucciderti.

- Gran bella cosa. – commentò Kairi.

- Sai, il nostro...diciamo, “mestiere”...comporta innumerevoli rischi, ma prima o poi ti ci abituerai.

Se non ti fai ammazzare prima. Puntualizzò Saphira.

- Se non ti fai ammazzare prima. – convenne Eragon. – Io sono stato molto spesso fortunato. Comunque...è ora di entrare. Nasuada ci aspetta. – così dicendo, le fece cenno di entrare, e Kairi, nonostante il groppo in gola, ubbidì.

Il padiglione le si presentò come quello di ieri, a parte per l’illuminazione. Sul trono di legno che aveva visto ieri era seduta la stessa donna dalla pelle scura che aveva intravisto l’altra sera, solo che, come con Eragon, ebbe la possibilità di guardarla meglio. Era molto giovane e bella, tuttavia le si leggeva una certa autorità negli occhi, così come una forza ed una determinazione ammirevoli.

Alla sua destra, stava un uomo alto dai capelli castani e chiari lunghi fino alle spalle. Aveva un bell’aspetto e pareva molto forte e disciplinato.

Invece, a sinistra, c’era Arya, l’elfa.

Appena entrata, era stata trafitta dai loro sguardi carichi di interesse. Lei non si scompose e non si mostrò minimamente intimorita, ansi, ricambiò i loro sguardi con altrettante intensità.

Fu subito affiancata da Eragon, mentre Saphira si limitò ad infilare la testa nella tenda.

- Avvicinati, Cavaliere. – disse Nasuada.

Kairi ubbidì lentamente mentre il drago le avvoltolava la coda al braccio.

- Io, come probabilmente sai, sono Nasuada, capo dei Varden. – si presentò la donna.

- Io sono re Orrin, sovrano del Surda. – annunciò l’uomo.

- Ed io, - concluse l’elfa. – Arya Drottningu, principessa e ambasciatrice degli Elfi.

Wow. Pensò Kairi. Quanto sangue blu in una volta sola.

Hai molte cose da dirci. – continuò con calma il capo dei Varden. – Per prima cosa, chi sei?

Dopo qualche esitazione, Kairi deglutì e cominciò a raccontare la sa storia: - Il mio nome è Kairi e ho diciassette anni. Sono figlia di Brigan e Sasha. Mia madre, mio padre ed io vivevamo sull’isola di Beirland, vicino a Eoam. Avevamo un allevamento di cavalli ed era tutta la nostra vita. Passavo le giornate in mezzo ai cavalli e mia madre mi ha insegnato a riconoscere ogni razza, ad interpretare ogni loro mossa e a stare in sintonia con loro. Poi un giorno, - Kairi fece un respiro profondo. – mio padre morì nel tentativo di domare un cavallo particolarmente...selvaggio. Avevo nove anni. – la ragazza si fermò un istante. Era passato tantissimo tempo dall’ultima volta che aveva rievocato quei ricordi. Nasuada non la incitò a continuare, finché non proseguì da sola. – Distrutte dal dolore, abbiamo lasciato l’allevamento al fratello di mio padre, Jean, e siamo partite. Siamo venute a vivere qui, a Feinster e per cinque anni, nonostante il lutto, abbiamo vissuto serenamente. Poi, una mattina, dei soldati imperiali hanno bussato alla nostra porta. Hanno detto a mia madre “Signora, ci segua”. Lei ha obbedito senza fare domande: non volevamo altri guai e sapevamo bene che era meglio non far arrabbiare le forze imperiali. Così se la sono portata via e...non è più tornata. – Aveva parlato con calma, senza far trasparire alcuna emozione dal viso. Ma sapeva bene, che i suoi occhi dicevano tutto.

- Mi dispiace. – disse Nasuada, e Kairi sentì che era sincera.

- Sì, beh...non ci penso più, ormai.

- Così per...tre anni, te la sei cavata da sola. – intervenne re Orrin.

- Per la maggior parte...sì, è così, ma avevo spesso qualcuno che mi aiutava qui a Feinster.

- Perché eri qui, nel cuore della notte? – domandò il sovrano de Surda col tono di chi pretende una risposta convincente.

Per nulla intimorita, Kairi lo guardò con aria di sfida. – Con la battaglia che avete combattuto e vinto una settimana fa, c’è stato il caos, lo sapete anche voi. In molti siamo rimasti con le case distrutte e nulla da mangiare. Ero affamata, così sono venuta qui e vi ho rubato un paio di pagnotte e qualche pezzo di carne. – spiegò tranquillamente. – E’ forse tanto grave? – aggiunse sfacciata.

- No di certo. – annuì Nasuada. – Ma lo è il fatto che tu hai ucciso uno dei miei uomini. E’ questo quel che devi giustificare.

Kairi sospirò. Non sapeva davvero cosa dire per discolparsi. Incrociò lo sguardo con quello del suo drago e in qualche modo lui le fece intendere...che doveva solo dire le cose come stavano.

- Sono stata scoperta e non ho avuto altra scelta.

- Non saresti stata di certo ammazzata per aver preso un pezzo di pane. – replicò sprezzante Orrin. Perfetto. Lei non gli piaceva. E lui non piaceva a lei.

- No, ma ho seguito il mio istinto di sopravvivenza. – ribatté Kairi sporgendosi col mento.

- Kairi, - disse Nasuada con tono calmo ma autoritario. – tu hai ucciso uno dei miei uomini, un ottimo guerriero, a dirtela tutta. Solo per questo saresti punibile con la morte. – Kairi fece per rispondere a tono, ma la donna le fece cenno di tacere e continuò: - Ma ovviamente, non mi sognerei mai neanche se fossi completamente pazza di condannarti alla forca. Sarebbe una follia vera e propria. Sei il terzo Cavaliere! Noi abbiamo bisogno di te. Tuttavia, il tuo gesto non rimarrà certo impunito.

- Con tutto il rispetto, - ringhiò Kairi. – chi è lei per comandarmi a bacchetta?

- Kairi! – le sussurrò Eragon all’orecchio come ammonimento.

- No! – s’infiammò lei. – Qui nessuno può dirmi cosa devo o non devo fare! Potrei andarmene in questo istante, non potete trattenermi per sempre!

- No. – sospirò Nasuada. – Hai ragione.

Kairi sgranò gli occhi e la guardò con diffidenza.

- Non posso obbligarti a stare dalla nostra parte. – continuò con calma il capo dei Varden. – Vuoi andartene? Vattene! A meno che tu non voglia andare da Galbatorix. In questo caso sarei costretta a trattenerti.

La ragazza non si mosse. Serrò i pugni e restò immobile guardando tutti con aria di sfida.

- Se invece vorrai fare qualcosa per questa guerra, per noi, i ribelli, i Varden, allora dovrai stare sotto il mio comando. Il che non vuol dire che sarai comandata a bacchetta, bada bene. E se diventerai membro dei Varden, dovrai accettare la mia punizione per l’omicidio di uno dei miei uomini. E’ tutto chiaro?

- Sì. – sibilò Kairi. Essere sotto il comando di qualcuno...non le piaceva per niente. Tuttavia, non aveva altro da fare. Era suo dovere aiutare i ribelli a spodestare Galbatorix. Suo dovere in quanto Cavaliere libero.

- Allora? Qual è la tua scelta?

- Mi pare più che ovvio. – sospirò Kairi portandosi la mano all’altezza del viso. Scrutò a lungo quel marchio argentato che aveva già cominciato a dettare il suo destino. Drago e Cavaliere di guardarono negli occhi e l’uno lesse nello sguardo dell’altra, la stessa determinazione e la stessa forza.

- Sarò dei vostri. – esalò con decisione il Cavaliere. – E accetterò la punizione, qualunque essa sia.

- Benissimo. – disse soddisfatta Nasuada. – Eragon, Arya, Saphira?

I tre la guadarono.

- Vorrei che voi tre siate i maestri di Kairi e del suo drago, che insegniate a loro tutto. Kairi dovrà imparare la scherma, l’antica lingua e la magia e i vostri allievi dovranno conoscere cosa vuol dire essere drago e Cavaliere.

 

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Capitolo 3
*** Due Nomi ***


III

Due nomi

 

- Scegli. – le ripeté Eragon per l’ennesima volta.

- Non so che scegliere! – ripeté Kairi scrutando torva ciò che il Cavaliere le indicava. Ai loro piedi, stavano tre bastoni affusolati di lunghezza e spessore diverso. Il primo era il più sottile, il secondo più spesso ed il terzo era il più grosso di tutti, sia in spessore che in lunghezza.

- Non è difficile! – sbuffò esasperato Eragon.

- Ho combattuto poche volte con armi lunghe. – si giustificò lei. – Non so qual è la migliore per me.

- Se poi non ti ci trovi la cambi, è solo per vedere il tuo stile di combattimento.

- Ehm...ok. – fece Kairi prendendo il primo bastone. Passò le dita sulla sua corteccia prese a farlo roteare in aria. Era troppo leggero, non le dava sicurezza. Tuttavia, non disse nulla: voleva cominciare questa dannata prova.

Lei, Eragon ed Arya erano nel campo di allenamento dei Varden. Ovunque vi era gente che si allenava con armi di tutti i tipi. C’erano principianti ed esperti, per la maggior parte uomini, ma anche qualche rara donna.

Saphira aveva condotto il cucciolo di drago da qualche parte, su alcune rocce. Lo sapeva perché sentiva la consapevolezza del suo drago del luogo in cui si trovava. Senza perdere neanche un istante, Saphira già voleva farlo volare.

La lontananza da lui la metteva tremendamente a disagio, tuttavia riuscivano a mantenere una sorta di legame fra le loro menti anche a quella distanza.

- E ora? – domandò Kairi guardando il suo maestro.

- Ora... - disse Eragon prendendo a sua volta un bastone. – Fatti sotto. – intimò con un mezzo sorriso sulle labbra.

Sul volto di Kairi si dipinse un sorriso astuto e per nulla intimorito. Intanto, Arya li osservava dall’ombra di un albero. Si erano messi d’accordo: lui avrebbe testato la sua abilità con la spada e lei se era portata per la magia.

Kairi serrò la presa sul bastone ed osservò il suo avversario. Eragon era tranquillo, quasi disinvolto, ma lei sapeva benissimo che era in guardia e pronto a render nullo ogni suo tentativo di offesa.

La ragazza scattò con una velocità impressionante e puntò alla spalla di Eragon, ma all’ultimo momento deviò il colpo e condusse il bastone ai suoi stinchi. Era quasi riuscita a sfiorarli, quando fu deviata dal bastone del Cavaliere. Era sorpreso: non si aspettava tanta rapidità, ma ora di certo sarebbe stato più attento.

Senza perdere tempo, Kairi fece un balzo all’indietro, ma solo per riattaccare nuovamente, puntando alle costole. Di nuovo, la sua offesa fu stroncata poco prima di colpire il bersaglio. Fece una mezza piroetta e piantò il gomito nello stomaco del Cavaliere, mozzandogli il fiato.

No, questa proprio non se l’aspettava. Ghignò fra sé e sé la ragazza.

D’un tratto, sentì un colpo tremendo alla spalla che le rubò un gemito strozzato. Cadde a terra, ma si rialzò all’istante, lo sguardo fisso su Eragon ed una mano intenta a massaggiarle la spalla dolorante. – Razza di bastardo. – ringhiò. L’osso le doleva tremendamente.

- Queste cavolate non le potrai ripetere con un nemico provvisto di armatura. – le fece presente Eragon. Per lui li dolore era passato in un istante.

Irata, Kairi strinse ulteriormente la presa sul bastone, tanto da farsi sbiancare le nocche.  Si lanciò con impeto sul Cavaliere e colpì con tutte le forze che aveva. Eragon parò prontamente. Si sentì uno schianto secco e delle schegge fluttuarono un istante davanti ai loro visi. Kairi si ritrovò a stringere la metà del bastone che aveva prima.

L’impatto era stato talmente forte da farle vibrare il braccio.

Kairi guardò contrariata come si era ridotta la sua arma e notò con disapprovazione che una scheggia le si era conficcata nel palmo della mano. Senza tanti complimenti, la prese fra indice e pollice e la tirò via, avvertendo un fastidioso bruciore. - Lo sapevo che era troppo leggero. – sospirò.

Eragon la studiò per un lungo istante e lei ricambiò lo sguardo. Il suo bastone non si era rotto, ma aveva subito una grossa sbeccatura. – Incredibile. – disse passandosi una mano fra i capelli. – Non avevo mai visto una ragazza umana con una forza simile. I tuoi colpi erano rapidi e scattanti, ma violentissimi. – fece un mezzo sorriso. – Direi che con la giusta pratica diventerai una spadaccina formidabile.

- Bono a sapersi. – disse Kairi vagamente compiaciuta gettando via la sua arma ormai inutilizzabile. – E ora?

- Ti consiglio di provare col bastone più grosso. – le rispose Eragon. – Se riuscirai a mantenere una velocità simile... – fece un vago gesto con la mano accompagnato da un mezzo sorriso. – Beh, buon per te.

Kairi si strinse nelle spalle e raccolse il bastone più grosso. Ne saggiò la portata fendendo l’aria e roteandolo in aria. Il peso maggiore le infondeva più stabilità e sicurezza, ma non la rallentava affatto. Si portò la mano alla spalle colpita e riportò lo sguardo su Eragon. Adesso vedi, caro il mio maestro.

Roteò il bastone in aria un ultima volta prima di scattare e farlo calare con rapidità e violenza implacabili sulla testa del suo avversario.

Con tutta tranquillità, Eragon si scostò di un passo verso sinistra roteando il busto e contrattaccando in maniera tanto fulminea quanto imprevedibile. Per Kairi fu molto difficile essere abbastanza rapida da bloccare il colpo, ed il bastone del suo avversario le colpì comunque le nocche di una mano. La ragazza sentì dolore, il calore del sangue scorrerle sulle dita, ma vi badò appena. Balzò all’indietro per mettere un po’ di distanza dal suo nemico, ma subito rieccolo; in un attimo le era addosso e le sferrava un altro colpo tenendo il bastone con entrambe le mani.

Kairi ebbe appena un istante di incredulità. E’ velocissimo!

Riuscì nuovamente a parare, ed il colpo le riverberò per tutto il braccio, accompagnato da un violento schianto. Kairi digrignò i denti e tentò un contrattacco, ma Eragon lo evitò con una mezza piroetta. Decisa a non dargli un’altra opportunità di contrattaccare, la ragazza si piegò sulle ginocchia e condusse il suo bastone ai polpacci del Cavaliere. Di nuovo, fu troppo lenta.

Eragon spiccò un breve balzo ed evitò il colpo, ma Kairi non perse tempo, e con tutta la forza che aveva in corpo, lo colpì all’altezza del petto.

Eragon parò, e ci fu uno schianto ancora più potente dei precedenti. Di nuovo, Kairi sentì la forza dell’impatto rimbombarle nelle ossa. Di nuovo, velocissima ed implacabile, tentò l’offesa. Il colpo questa volta andò a segno, anche se non in tutta la sua potenziale distruttività, poiché Eragon aveva tentato di allontanarsi nuovamente, senza però riuscire a sfuggire completamente al bastone della ragazza. Balzò in alto e calò su di lei, inarrestabile. Kairi rotolò a terra ed evitò quell’offesa tremenda per n soffio. Quando Eragon riatterrò, lei era pronta. Dal basso, lo stava per colpire, quando all’improvviso, si bloccò.

Non sentiva più la terra sotto i piedi, il bastone fra le mani. Sentiva il vento carezzarle le ali, vedeva la magnificenza di un paesaggio ammirato da un’altezza vertiginosa, percepiva una gioia immensa, una selvaggia euforia ed un inarrestabile senso di libertà.

Si accorse appena quando Eragon la sbatté a terra con un colpo, percepì a malapena il dolore. Era come lontano, come se la riguardasse appena.

- Kairi...Kairi!

In un lampo, tutto tornò come prima. Mise a fuoco Eragon davanti a lei che le scrollava le spalle con aria preoccupata, e lentamente sentì montare un immenso dolore alle costole.

- Ah! – esclamò presa alla sprovvista. Gemette e si tastò lì dov’era stata colpita, procurandosi una fitta pazzesca. – Ah! – ripeté con una smorfia. – Cazzo. Credo di essermi rotta qualche costola.

- Colpa mia. – fece Eragon con un sorriso di scusa. – Mi spieghi che diamine ti è successo?

Kairi si passò una mano fra i capelli scarlatti ed impolverati, guardandolo confusa. – E’ stato così...strano. – mormorò. – Era come se mi staccassi dal mio corpo. Un attimo prima ero qui, l’attimo dopo... – si guardò le braccia, ricordando come le aveva sentite come ali. – Io beh...volavo.

Un lampo di comprensione balenò per lo sguardo di Eragon. – Capisco. – annuì.

- Le dispiacerebbe rendermi partecipe a questa comprensione?

Eragon annuì e le accostò una mano alle costole. Lei si ritrasse. – Non ti azzardare.

Lui la ignorò e la sfiorò con la punta delle dita lì dov’era stata colpita. – Waise heill! – mormorò.

- Cosa diamine... – la domanda le morì in gola, quando sentì le ossa muoversi dentro di lei, riassemblarsi e riparandosi, mentre il dolore scivolava via. – Wow. – fece con un filo di voce.

Eragon sorrise, si alzò e le porse la mano, aiutandola a rialzarsi.

- Cos’è successo? – domandò Kairi. – Prima, intendo.

- Lo spiegheremo io e Saphira a entrambi, appena lei ed il cucciolo ritornano.

Kairi sbuffò. – Comunque...ci tengo a precisare che se non mi fosse succedo quel che mi è successo, ci saresti finito te steso per terra.

Eragon scoppiò a ridere. – Ma figurati. Sei veloce, ma mai abbastanza per me.

- Non è vero, ti stavo dietro benissimo. – ribatté Kairi fingendosi crucciata.

- Scherzi, vero? Eri completamente in mia balia.

- Ah sì? Bene! – Rapidissima, Kairi gli mise una gamba davanti ai piedi e lo spinse in avanti, facendolo rotolare per terra. Tra le risate, Eragon le chiuse le gambe fra le proprie. – Troppo lenta! – roteando il bacino, la fece cadere accanto a lui.

- Neanche per sogno! – la ragazza si avventò su di lui e prese a sfregargli le nocche della mano sulla testa.

- Ma va’! – Eragon la spinse via ed i due risero assieme, cominciando a tirarsi pugni di terra.

Che bambini. Commentò bonaria una voce profonda alle loro spalle. Saphira li scrutava divertita agitando la coda a destra e a sinistra. Eragon scattò in piedi e le prese ad accarezzare il muso, guardandola con immenso amore. Un amore tanto grande, Kairi non lo aveva mai visto nello sguardo di nessuno.

All’improvviso, una macchia verde ed indistinta le sfrecciò addosso facendola scoppiare a ridere. Il cucciolo le si accoccolò al petto e lei prese ad a grattargli affettuosamente la schiena. Notò con un certo stupore che era cresciuto di qualche centimetro dalla quella mattina.

Ora che era vicino, si sentiva nuovamente completa, come se un pezzo di lei tornasse al suo posto, inserendosi in uno spazio riservato all’interno del suo cuore. Le sentiva forti e potenti pulsare in lei, le emozioni di quel cucciolo di drago. Sentiva la gioia ad averla vicina, la soddisfazione per la giornata trascorsa. Tutto ciò che lui provava era un’estensione di ciò che provava lei. Era una sensazione indescrivibile. Essere così in sintonia, così intimamente collegati.

- Kairi. – la chiamò Eragon.

Lei annuì e si alzò, sempre tenendo il cucciolo fra le braccia.

- Allora, quello che ti è successo oggi è una cosa buona, che però devi riuscire a controllare. Il tuo drago ha provato delle fortissime emozioni, tanto forti che sono arrivate a te, nitide come se fossi tu a provarle, nonostante la distanza. E’ un buon segno. Dimostra che il vostro legame è molto saldo.

E’ una cosa naturale, tra drago e Cavaliere, condividere le stesse emozioni, le stesse sensazioni. Intervenne Saphira scrutandola con i suoi occhi blu ed intensi. Ancora una volta, Kairi ammirò la bellezza e la maestosità di quella creatura. Anche se potete esercitarvi a tenervi fuori dalla mente del vostro compagno. Ma non vi conviene farlo. Oramai, soli sarete sempre incompleti. La vostra mente sarà completa solo se abbraccerà quella del vostro compagno, le vostre emozioni saranno al completo della loro forza solo quando le condividerete. E’ così, e la sintonia fra drago e Cavaliere è una delle cose più belle.

- Escludere l’uno dalla mente dell’altro non vi conviene, vi farà stare solo male. – riprese Eragon guardando negli occhi Saphira. – Dovete tentare di rimanere in contatto anche quando siete lontani, finché la distanza ve lo permette. Se siete troppo lontani, non potete sentirvi in alcun modo, e questo...questo è un dolore quasi fisico per entrambi.

Da come ne parla...deve averlo certamente provato. Pensò Kairi scrutando pensierosa drago e Cavaliere.

I due si stavano scambiando uno sguardo colmo di significato, di affetto e di sottointesi. Istintivamente, Kairi strinse il suo drago a sé. Sentì la stessa paura di lontananza nel cuore del cucciolo così come nel suo. Era vera ogni parola, ed entrambi sapevano che presto se ne sarebbero resi realmente conto.

- Tuttavia...dovete riuscire a rimanere costantemente in contatto senza però distrarvi da quello che state facendo. Una distrazione può costarvi la vita, tenetelo a mente. A volte, per avere maggior concentrazione in quello che state facendo, vi conviene isolare la mente, ma se vi abituate alla costante presenza del vostro compagno non ne avrete bisogno. Non vi preoccupate. C’è tempo. Dovete solo...farci l’abitudine. Il vostro legame si approfondisce giorno dopo giorno e ricordate che questo non cambia mai. Non finirete mai di conoscevi a vicenda.

Anche se campaste centinaia di anni.

- Ora non avete che una vaghissima idea di cosa voglia dire essere drago e Cavaliere, ma ve ne renderete conto molto presto. Di questi tempi, è inevitabile.

Kairi annuì e fece scorrere lo sguardo sull’orizzonte. Era vicino il tramonto: il sole si stava lentamente avvicinando all’occidente per compiere la sua discesa. Una lieve brezza sussurrava fra gli steli d’erba. Kairi chiuse gli occhi ed inspirò profondamente. Era pronta. Lo sentiva. Avrebbe combattuto, avrebbe ucciso, avrebbe sofferto, e anche se era suo dovere, ora era anche una sua scelta.

- Dovresti dargli un nome. – suggerì Eragon accennando al drago.

Ovvio. Si dette della scema per non averci già pensato.

Con cautela, tentò d allargare i confini della sua mente per sfiorare quella del cucciolo. Cosa ne dici, piccolo? Drago e Cavaliere. E combatteremo insieme, sempre, niente ci separerà.

Il cucciolo inarcò il collo ed emise una sorta di ruggito, che suonò piuttosto buffo. Kairi rise e gli accarezzò la testa. Sentiva la sua affermazione, sentiva il suo coraggio e la sua determinazione.

Bene, cucciolo, ma ora ti serve un nome.

Il drago lo guardò con occhi colmi d’aspettativa, smeraldi spalancati ed intelligenti che la scrutavano attenti.

La ragazza ci pensò per qualche istante appena. La risposta venne da sola, quasi automatica. Fu certa all’istante che fosse il nome giusto.

Come mio padre...Brigan.

Il cucciolo sbuffò una nuvoletta di fumo bigio dalle narici e le sfregò il muso contro un braccio. Emise un basso verso di compiacimento e dispiegò le ali. Balzò dalle sue braccia all’erba davanti ai suoi piedi e la ragazza lesse la risposta nei suoi occhi. Sì.

Kairi sorrise e si inginocchiò davanti a lui. Brigan.

Il cucciolo annuì.

Brigan.

Kairi.

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