Cali&Emily ... alla ricerca delle leggi magiche di Giuliana89 (/viewuser.php?uid=102832)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo: Calipso Vraz ed Emily Stunt ***
Capitolo 2: *** 2° CAPITOLO: CALIPSO&EMILY/ KYRA&ESME ***
Capitolo 3: *** 3° CAPITOLO: L'IRA DI CALIPSO ***
Capitolo 4: *** 4°LA STORIA INFINITA ***
Capitolo 1 *** 1° Capitolo: Calipso Vraz ed Emily Stunt ***
Questa
nuova FF è originale tratta di una storia inventata da me e da una mia
amica ed è particolare perchè la scriviamo io e lei a 4 mani ;D la
postiamo anche su Diagonalley.it e li ha avuto un buon risultato visto
che tanti l'hanno recensita e forturnatamente in positivo ^_^...così
abbiamo pensato di postarla anche qui per avere un vostro parere.
INCROCIAMO LE DITA ^-^'
Giuliana89
Ps: Il primo capitolo è scritto dalla mia amica, a breve posterò il
secondo scritto da me
- 1°
Capitolo: Calipso Vraz ed Emily Stunt
Era una
giornata particolarmente calda, una di quelle che si incontravano
durante l’anno nella radura di Vutlan, un piccolo paradiso che si trovava
- nel sud
della Spagna, sulle coste dell’oceano Atlantico, sulla quale
venivano raccontate molte leggende che si tramandavano da
secoli: alcune di esse raccontavano che in questa raduravivessero creature mitologiche e fantastiche
come sirene, unicorni e altri animali. Gli abitanti della raduna
di Vutlan erano persone comuni, con le loro
famiglie e i loro figli. Avevano un’ottima organizzazione politica e sociale, vivevano in una grande città: Mopli.
- I cittadini erano persone
pacifiche, odiavano litigare. Tutto sommato era un luogo dove vivere era
meraviglioso, ma l’attrazione principale erano ovviamente le spiagge:
si affacciavano sull’oceano e le acque erano sempre pulite e
cristalline, ci si poteva fare il bagno sempre, perché, per via del
clima molto afoso, l’acqua era sempre della temperatura adatta per un
tuffo, anche durante l’inverno. Le spiagge erano lunghe chilometri e
chilometri, sempre pulite e perfette, un’altra cosa importante da dire
e che gli abitanti di Mopli non inquinavano mai niente, per questo non
avevano problemi con niente e con nessuno.
- La radura è molto ampia,
come sempre non inquinata.
- I raggi del sole
giungevano di rado, per via dei molti alberi che la popolavano, gli
animali potevano vivere tranquilli, uomini e natura erano una sola
cosa, forse anche negli altri paesi doveva essere così. La radura era
anche molto umida, il caldo e la sensazione di chiuso avrebbe colto
chiunque, ma se si camminava per alcuni chilometri si poteva scorgere
un piccolo laghetto, su di esso era legata una leggenda particolare,
che solo i cittadini di Mopli conoscevano: si pensava che in esso
nascevano le sirene, le creature fantastiche mezze donne – mezze pesce,
che con il loro canto ammaliatore potevano conquistare anche il più
spietato dei forestieri e stordire i propri nemici. Se la leggenda
fosse vera, non si sapeva, si credeva, inoltre, che raggiunta l’età
adulta, esse percorressero qualcosa di simile ad un tunnel sottomarino
che collegava il lago al mare, nessuno lo scoprì, sta di fatto che il
bagno nelle sue acque fosse proibito dagli anziani della città, che
credevano in ogni leggenda che essi raccontavano ai bambini dai sei a
dieci anni. Era una tradizione molto importante, le leggende e i
racconti delle origini della città erano molto importanti e si dovevano
custodire fino alla morte. La quiete perfetta della radura venne rotta
da dei passi che calpestavano l’erba impregnata d’acqua, anche perché
per due giorni su di essa prima che ritornasse il sole e il caldo,
sotto uno dei pochi raggi del sole, che riuscivano ad attraversare le
foglie degli alberi, comparve la figura di una ragazza sui diciassette
anni: era alta, magra, i capelli rossi tagliati a caschetto che
brillavano alla luce del sole, gli occhi erano celesti come il cielo e
vivaci.
« Emily Stunt sei sempre
la più lenta. Sei peggio di una lumaca » commentò ironica osservando un
punto fisso dietro di lei. Dopo poco comparve un’altra ragazza, che
andò dove c’era la rossa, solo più bassa e sui quindici anni: i suoi
capelli erano mossi e biondi come il grano, mentre gli occhi erano di
un verde smeraldo intenso che potevano catturare chiunque. Al commento
dell’amica si lasciò scappare un sospiro, incrociò le braccia
all’altezza del seno e assunse un’aria piuttosto imbronciata, una di
quelle che caratterizzava i bambini più piccoli, ma quell’aspetto
infantile del suo carattere la rendevano ancora più carina di quanto lo
fosse già di suo.
« Calipso Vraz, sai che
odio quando mi chiami per nome e per cognome e soprattutto quando mi
paragoni, negativamente, ad una lumaca » ribatté offesa. Calipso
scoppiò in una sonora risata, che echeggiò per tutta la radura, per via
del ridere quasi cadde per terra e dovette appoggiarsi sulla spalla
dell’amica. Emily, per tutta risposta, iniziò a sbattere il piede per
terra, spruzzando la rossa.
« Ehi, così non è valido
Emi … » esclamò, senza più né sorridere né ridere la “povera” vittima
di quello scherzo di cattivo gusto. L’altra sorrise beffarda, mostrando
i denti bianchissimi.
« Cali » iniziò « Non
dovevi ridere della mia lentezza. Si chiama prendere in giro la tua
migliore amica ».
« Ok, mi dispiace per
averti presa in giro e bla bla ». Emily le lanciò un’occhiataccia. La
rossa deglutì, sapeva benissimo che era meglio non far arrabbiare la
sua migliore amica o sarebbero stati guai per lei « Ehm … volevo dire e
… non ti offenderò mai più e ti aspetterò, perché come dici sempre “Tu
non sei lenta, ti godi solamente il momento” » si corresse sorridendo
nervosa. “Peccato che conosciamo questa radura a memoria” aggiunse
pensando.
« Bene, noto che non sei
così stupida. Quando vuoi sai proprio capire » si congratulò la bionda
« Forza andiamo al laghetto. Se arriviamo in tempo, forse vedremo la
nascita di una sirena ».
« Non mi dire che ci
credi. E’ solo una leggenda che ci raccontavano quando eravamo bambine,
Emi ».
« Ovvio che ci credo,
Cali. Come credo nella Befana, in Babbo Natale, nelle fate, nelle Mew
Mew, in Sailor Moon e nelle sirene ».
« Ma sono solo leggende e
poi la magia non esiste, tantomeno le eroine. E’ scientificamente
provato che quello in cui credi sono solo creature create dalla
fantasia umana ».
« Cali, stai mettendo in
dubbio le parole del Grande Anziano ? » domandò Emily guardando negli
occhi l’amica « Sai che se qualcuno ti sentisse, sarebbero guai molto
seri, noi dobbiamo crederci e io non intendo lasciarmi trasportare
dalle tue idee ».
« Ok, comunque scherzavo,
ovvio non credo né in Sailor Moon né nelle Mew Mew » e sorrise
innocente « Potresti raccontarmi, un’altra volta, questa leggenda che
tu vuoi tanto vedere se è vera ? ».
L’amica, per tutta
risposta, mentre riprendevano a camminare, sbuffò. « Ok, ma questa è
l’ultima volta, ok ». Calipso annuì silenziosamente e cancellò dalla
testa tutti i pensieri, che la potessero distrarre dal racconto
dell’altra ragazza. « Da tanti secoli si narra che nel laghetto, che si
trova nell’estremità della radura, il 21 giugno, cioè nel solstizio
d’estate, nascano le sirene, però non tutti gli anni, solo ogni dieci
anni.
- Le sirene sono creature
mitologiche per metà donna e per metà pesce, essa viene citata in molti
testi antichi, anche se inizialmente si credeva che fosse mezz’uccello
e mezza donna e che vivesse, appunto, vicino al mare, un esempio è la
descrizione che fa Omero nell’Odissea, quando il leggendario Ulisse,
durante il suo viaggio per tornare ad Itaca. Il canto delle sirene
ammaliava i viaggiatori, che si buttavano in acqua, annegavano e, se
non erro, venivano sbranati da queste creature … » un brivido di
terrore percorse la schiena di entrambe e deglutirono.
« Emi … continua »
insistette la rossa cercando di calmarsi, ormai erano vicine al
laghetto, sentivano, o meglio solo lei sentiva il rumore dell’acqua.
« Ok … comunque si pensa
tutto il contrario, cioè che il canto delle sirene sia, sì melodioso e
ammaliatore, ma anche con il potere di stordire i loro nemici,
ovviamente, sempre cantando e … » Emily non continuò la frase, perché
si trovarono in prossimità del laghetto. Era illuminato dai raggi
solari, solo lì riuscivano a giungere: l’acqua brillava come se essa
fosse un insieme di miliardi di piccoli diamanti, l’effetto ottico era
meraviglioso. Calipso s’inginocchiò per terra, bagnandosi le ginocchia
e si affacciò sul laghetto, solo che non vide la sua figura riflessa
nell’acqua, ma quella di una ragazza dai capelli arancioni, tagliati a
caschetto e gli occhi neri con delle linee rossastre, che sembravano
dei lampi. Sobbalzò e osservò l’immagine riflesse dell’amica Emily,
anch’essa era totalmente diversa dall’amica: aveva lunghi capelli
verdi, gli occhi, invece, erano viola con delle sfumature giallastre, i
vestiti erano diversi erano da guerriera. Distolse lo sguardo da quelle
due figure e scosse la testa, ancora sbalordita da quello che aveva
visto e si ricordò delle parole del Grande Anziano su quel laghetto «
L’acque del laghetto mostrano anche una parte di noi sconosciuta ».
Calipso dovette trattenere un urlo di terrore.
« Emi, al posto della tua
figura riflessa nell’acqua, non vedi due guerriere ? » domandò ad un
tratto. Emily si voltò verso l’amica e la fissò interrogativa e poi
guardò la sua immagine riflessa nell’acqua: non vedeva nessuna
guerriera.
« Sicura di stare bene ?
» chiese a sua volta.
« Rispondi prima alla mia
domanda » ordinò la rossa seria.
« No, io vedo solo te e
me » rispose la bionda, quasi intimidita dal tono autoritario
dell’amica, non lo faceva quasi mai. Calò il silenzio, dopo la sua
risposta, durante il quale ognuna delle due ragazze si perse nei propri
pensieri: Calipso continuava a fissare le due guerriere che le facevano
l’occhiolino e sorridevano. Ad un tratto, una delle due, quella con i
capelli verdi, aprì la bocca per parlare, ma non fece in tempo perché
una creatura uscì dall’acqua, cancellando le figure delle due ragazze:
aveva i capelli lunghi di un blu acceso, mentre gli occhi erano grandi,
vivaci e color nocciola. Emily indietreggiò terrorizzata e con il dito
indicava un punto. Calipso spostò lo sguardo e vide due pinne uscire
dall’acqua. Le due ragazze impallidirono in un secondo e sgranarono gli
occhi spaventate, ma allo stesso tempo sbalordite.
« U … u … una … si … sir
… sirena » balbettò la bionda.
« E’ impossibile »
ribatté stupefatta la rossa. Intanto la sirena si era avvicinata alla
riva e sorrise, mostrando dei denti perfettamente bianchi: era più
piccola di quelle raffigurate nei quadri del grande Palazzo, doveva
essere appena nata o ancora troppo giovane per raggiungere il mare.
« Ciao … io sono Nicole e
sono una sirena, ho appena compiuto dieci anni, perciò sono ancora
piccola» si presentò la creatura porgendo la sua mano alle due amiche,
continuando a sorridere allegra.
« AAAAAAAAAAAAAAAAAH » strillarono in coro Calipso ed
Emily, mentre iniziavano a correre come delle forsennate. Dopo poco,
sempre nel lago comparve un’altra sirena: i capelli erano viola e gli
occhi giallo grano.
« Violette, secondo te
perché sono scappate ? » domandò Nicole alla seconda sirena, che
intanto aveva osservato la scena, soffocando le risate per la reazione
delle due umane.
« Valle a capire, sono
umane » rispose prima di immergersi nell’acqua e scomparire, la seguì a
ruota dalla prima sirena.
Intanto le due ragazze
riuscirono, di corsa, ad uscire dall’oscurità che regnava all’interno
della radura. Calipso cadde per terra in ginocchio ansimante e stanca,
l’acqua, che impregnava l’erba, schizzò e le bagnò anche il viso
lentigginoso. Si voltò, lentamente, verso l’amica, che era rimasta
assorta nei suoi pensieri per tutto il tragitto.
« Sai Cali » iniziò Emily
spostando lo sguardo sull’amica ed incontrando il suo « Non ti ho
raccontato la fine della leggenda » concluse. Calipso rimase in
silenzio.
« Perché ? » domandò con
un filo di voce e decisamente incredula.
« Perché te lo stavo per
dire, solo che siamo arrivate al laghetto » rispose secca.
« Allora, racconta ».
« Prima una cosa. Tu
credi veramente che era vera quella sirena ? » chiese la bionda
spostando il suo sguardo verso l’orizzonte: era il crepuscolo e il
cielo si era colorato di sfumature sul rosso, il giallo, qua e là
qualche stella faceva la sua comparsa.
« No, perché ? ». L’ansia
salì alle stelle, cosa le stava nascondendo la sua amica Emily ?
La bionda sospirò,
sembrava sollevata. « La leggenda dice che le sirene si mostreranno
solo alle due future paladine della giustizia, che ritroveranno le
leggi scomparse da millenni or sono ».
« Ce la siamo immaginate.
E’ impossibile che siamo noi quelle paladine lì ».
Emily annuì con un
semplice cenno della testa « Sì. E’ stato solo frutto della nostra
immaginazione » concordò assente e poco convinta, la bionda.
« Che dici se torniamo a
casa ? » domandò la rossa, dopo qualche minuto passato nel silenzio più
totale.
« Si » rispose e le due
amiche, mano per mano, tornarono indietro, verso le rispettive case
|
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Capitolo 2 *** 2° CAPITOLO: CALIPSO&EMILY/ KYRA&ESME ***
Ecco il 2° Capitolo scritto questa volta da me ^^..scusate per il ritardo
GIULIANA
2° CAPITOLO: CALIPSO&EMILY/ KYRA&ESME
Calipso ed Emily erano ancora prese dalla visione dalle sirene viste prossimità del laghetto, -no Emily no- esclamò Calipso - non possono essere vere magari abbiamo preso un’insolazione o qualcosa che ce le ha fatte solo immaginare.- Ma nulla Emily girovagava ancora per il prato pensierosa - e se fossero vere??- disse guardando negli occhi l’amica - Ricordi la storia che il Grande Anziano racconta e che ti ho detto! Non metterai mica in dubbio le sue parole?- ; Calipso scattò in avanti -NO! Non sto dicendo questo e non metterei mai in dubbio le parole del Grande Anziano, dico solo che Emi è irreale e impossibile vedere delle sirene-disse quasi adirata -e per di più come tu mi hai raccontato sono solo le paladine della giustizia, che ritroveranno le leggi scomparse a vederle.. solo loro!! E tu non crederai che le paladine potremmo essere noi vero??? Disse Calipso guardandola negli occhi- -E perché no??- Strepitò Emily tanto che i suoi occhi verde smeraldo si infuocarono, la leggenda dice che le paladine sono due ragazze di Mopli e di età hanno rispettivamente quindici e diciassette anni - è la nostra età Cali!!-; -Ce ne sono tante ragazze qui di quindici e diciassette anni Emi- ribatté Calipso, ma Emily continuò ancora dicendo- la leggenda dice anche che le prime paladine vedettero le sirene la sera del 21 giugno come ti dicevo nel solstizio d’estate- e stranamente-continuò Calipso -noi ci siamo trovate nella radura la stessa sera che come afferma la legenda le paladine vedettero le sirene-.. -mah-, ribatté scettica Calipso - io non ci credo..tutto qui anche perché ci siamo trovate li per caso Emily..ammettilo!- Emily poche ore dopo della discussione avuta con Calipso decise di tornare lungo la riva dove le sirene il giorno precedente si erano mostrate l’unica difficoltà si trovava nell’uscire di sera da casa non facendosi vedere. “ È l’ora di andare” penso Emily aveva messo al suo posto nel letto dei cuscini aprì la finestra e scavalcò mimetizzandosi nella tra i cespugli, sapeva di fare la cosa giusta, doveva vedere se le sirene fossero vere o meno peccato che mentre la sua mente le ordinava di stare calma il suo corpo quasi si volesse ribellare,come se quasi le dicesse che uscire di notte sola nella radura non fosse una cosa buona da fare. Ma Emily proseguì salendo sulla sua bici e si addentrandosi nel bosco; era strano per lei disubbidire alle regole ma lasciò perdere i pensieri e quello che provava, arrivò poco distante il lago..lasciò la bici e proseguì a piedi lungo il bosco il verso delle cicale scandiva i suoi passi, un alito di vento caldo si innalzò e portò Emily a pensare di essere nel giusto, a pensare che da li a poco si sarebbero mostrate a lei le sirene, perciò si sedette su un masso e si mise a fissare il suo riflesso nel lago. Poco dopo accadde la rivelazione, si mostrò a lei quella sirena dalla lunga chioma viola, Emily ricordava si chiamasse Violette. -Ciao Emily- disse Violette, ti chiederai come mai io conosca il tuo nome,- “cosa?? Come fa a sapere che sto pensando proprio a questo?” pensò scioccata e indietreggiò un po’. -So questo- continuò Violette -perché tu e la tua amica Calipso siete le paladine..- la cosa agghiacciò Emily che dopo un po’ domandò incredula -noi le paladine della leggenda?- -Esattamente- confermò Violette, e in quello stesso istante comparse dalle acque anche la piccola sirena di dieci anni Nicole che salutando Emily disse -Abbiamo sentito anche il vostro piccolo diverbio di questo pomeriggio, li nel prato vicino la tua casa e capiamo la tua difficoltà a spiegare tutto questo a Calipso- continuò Violette dicendo -questa è la vostra prima missione..per far si che la profezia si compia.- -Tu devi far comprendere a Kyra ehm..Calipso che siete voi le paladine, e solo voi le nostre possibilità per far si che il regno di Swiss non decada.- Emily risentì nella sua mente la frase appena detta da Violette perciò disse – hai pronunciato un nome KYRA, chi è questa ragazza?- Violette si consultò un momento con Nicole decidendo infine di spiegarlo. Nicole e Violette insieme dissero – beh ogni paladina dalle prime fino a te e Calipso hanno un nome diverso tra i due regni; quello marino e quello terrestre perché altrimenti, continuò Nicole -Gli umani non avranno problemi a riconoscervi, e questo assolutamente non deve accadere; perciò come dice la leggenda le paladine prendono un nome diverso..la tua amica e tu sarete rispettivamente Kyra ed Esme. Emily la guardò incredula, si passò una mano tra i capelli biondi e andò con la mente dietro 10 anni, quando al suo quinto compleanno la sua nonna Ether le raccontò per la prima volta la leggenda. -Se una delle due Paladine non capisse, non credesse o non accettasse il suo ruolo nella leggenda la profezia non si sarebbe potuta compiere.- Quando ritornò con la mente sulla riva del lago ormai le due sirene non c’erano più. Avrebbe potuto fare loro mille domande riguardo la leggenda, ma dispiaciuta dell’opportunità persa si incamminò verso il punto in cui aveva lasciato la bici. Ci salì su, e poco dopo arrivò a casa cercando di fare minor rumore scese dalla bici ed entrò in camera ancora un po’ scossa dalla rivelazione, mise a posto i cuscini che aveva posizionato nel letto prima di uscire e ci entrò stanca; lo sapeva che in quella notte non sarebbe riuscita a prender sonno così fantasticò su lei e Calipso, da amiche inseparabili a paladine di un mondo sconosciuto fino a pochi momenti fa, e ancora per altri secoli e secoli sconosciuto a tutte le genti. Si sentiva elettrizzata ma anche preoccupata, pronta a dare e a darsi per quelle due sirene che chiedevano aiuto; sempre se fosse riuscita a convincere Calipso.- Da una parte sapeva di riuscirci, però non sapeva ancora in che modo affrontare il discorso con la sua amica…sapeva solo di doverlo fare al più presto. Chiuse gli occhi, il sonno ebbe la meglio, e così tornò a fantasticare su quel mondo bello e sconosciuto. |
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Capitolo 3 *** 3° CAPITOLO: L'IRA DI CALIPSO ***
3° CAPITOLO:
L'IRA DI CALIPSO
La notte sembrò durare in
eterno, Calipso continuava ad agitarsi nel sonno: i suoi sogni erano
popolati
dalle sirene e dalle due ragazze che aveva visto riflesse nel laghetto
al posto
della sua figura e di quella della sua amica Emily. “Se ancora la posso
considerare la mia migliore amica” pensò sbuffando. Si rigirò un’ultima
volta
nel letto, chiuse gli occhi e si addormentò. Al mattino un suono
stridulo e
acuto riempì la stanza, giungendo alle orecchie della povera ragazza,
che
brontolando, sotto voce, spense l’ “aggeggio infernale”, come lo
chiamava lei e
lentamente, quasi trascinando i piedi si diresse verso la finestra.
Aprì la
finestra e si affacciò per osservare il cielo: limpido, senza nuvole,
il sole
brillava in alto “Meglio, così potrò andare in bicicletta e incontrerò
Emily”
pensò, mentre una fitta le lacerava il cuore ricordando la discussione
della
sera prima. Si chiedeva come mai la biondina continuava ad insistere
con la sua
idea che loro due erano le paladine e che la sirena era vera, Calipso
scosse la
testa ed uscì dalla sua stanza, scese le scale e si diresse verso la
cucina: le
pareti erano bianche, i raggi del sole penetravano dalla finestra che
si
affacciava sul giardino, le mensole erano sull’arancio e sopra erano
appoggiati
i piatti e le pentole, il frigorifero si trovava dall’altra parte delle
scale
ed era bianco, quasi si faceva fatica a trovarlo, per via del suo
colore
identico a quello delle pareti, il soffitto, invece, ritraeva il cielo
celeste,
limpido e senza nuvole della giornata. Molte volte la rossa si era
chiesta come
facesse il soffitto a cambiare colore, ogni volta ritraeva il clima,
esattamente come quello che si poteva ammirare fuori dalla casa. Spostò
lo
sguardo alla ricerca dei suoi genitori: sua madre, Grace, era ai
fornelli,
stava preparando le salsicce e il beacon, mentre suo padre, Matthew,
leggeva il
giornale e borbottava qualcosa, sicuramente commentava le notizie del
giorno.
- Buongiorno mamma, buongiorno papà - salutò
cercando di
sorridere. Sua madre si voltò: era alta, magra, la pelle era del colore
del
latte, il viso era punzecchiato, qua e là, dalle lentiggini, gli occhi
erano
color sabbia e brillavano alla luce del sole, mentre i capelli rossi,
lisci e
lunghi. I capelli, Calipso, li aveva ereditati dalla madre, anche se
amava
tagliarli a caschetto, al contrario della donna.
- Buongiorno, tesoro - ,il padre mise da parte
il
giornale, si alzò e arrivò davanti alla figlia baciandole dolcemente la
fronte;
anche lui era alto e magro, i capelli però, erano castani, la sua pelle
era più
scura di quella di Grace, i suoi occhi erano verdi, con un lampo
giallo, che lo
caratterizzava. Calipso rimase immobile “I lampi verdi all’interno
degli occhi
della ragazza, come quelli di papà, non può essere. Non ero io.” pensò
iniziando a tremare. Matthew la fissò preoccupato.
- Tutto bene cara ? - le domandò continuando a
guardarla.
La rossa annuì. « Si papà. Tutto alla grande,
ero un
attimo sovrappensiero » rispose educatamente, anche se dentro moriva
dalla
voglia di sbuffare e di andarsene. Lanciò un’occhiata furtiva alla
madre - Che
profumo mamma. Salgo a mettermi la divisa e torno giù - detto ciò, la
ragazza
salì le scale rapidamente e si avviò verso la porta della sua camera,
l’aprì e
si ritrovò dentro quello che lei definiva il “suo mondo”: la sua camera
era
molto grande, le pareti erano di un rosso porpora molto leggero, una
parte
della sua parete era ricoperta di poster della sua saga preferita
“Harry
Potter”, ma ritraevano, soprattutto, la famiglia Weasley, tutti tranne
Percy.
Calipso odiava quel personaggio, molto spesso la notte sognava di
ammazzarlo.
Il suo letto si trovava nell’angolo più illuminato della stanza, amava
la luce,
il suo armadio era molto vicino al letto ed era sul bianco, era molto
antico,
era appartenuto alla sua bisnonna, poi a sua nonna, a sua madre e poi a
lei. Lo
aprì e prese la sua divisa di scuola: era composta da una camicia a
maniche
corte, una cravatta rossa e una gonna nera, sopra si poteva mettere
anche una
giacca, ma molto spesso si usava solo d’inverno. Calipso indossò la
divisa,
prese lo zaino e uscì dalla stanza, precipitandosi di corsa verso la
cucina
rischiando di cadere più di una volta. Quando giunse in cucina, inspirò
il
profumo e andò sedersi capotavola.
- Ecco qua, tesoro mio - esclamò sua madre
mettendole
davanti un piatto con delle salsicce, del beacon e un uovo strapazzato
e
porgendole il latte fresco disse - Mangia con calma, hai ancora tempo.
Prenderai
la bicicletta ? -le domandò sedendole vicino.
Calipso annuì. - Si mamma. Spero anche
d’incontrare
Emily..abbiamo litigato per una stupidaggine, lei pensa che noi due
siamo le
paladine della giustizia che la leggenda racconta, crede anche che le
sirene
che abbiamo visto al laghetto siano vere. Io non ci credo » rispose.
Matthew lanciò
un’occhiata
d’intesa a sua moglie, senza che Calipso potesse coglierla.
- Cara … - cominciò l’uomo, ma la ragazza alzò
lo sguardo
e osservò l’orologio del padre: erano le 7.30.
- CAVOLI!! - esclamò urlando ed alzandosi di
scatto, per
sua fortuna aveva appena fatto in tempo a mangiare la colazione. Bevve
il latte
in un sorso, raccolse la cartella da terra e come un razzo partì alla
ricerca
delle chiavi della catena per tenere legata la bicicletta. Corse verso
la porta
d’ingresso, che aveva rifiniture d’orate e quasi la distrusse per la
furia con
cui l’aveva aperta.
Grace scoppiò a ridere, mentre Matthew rimase
semplicemente stupefatto
- Be’ - iniziò
la donna
ancora ridendo - Non si nota che è mia figlia -.
Il marito le
lanciò
un’occhiataccia.
- Io non ci trovo niente da ridere - bofonchiò
offeso, ma
sua moglie non riuscì a smettere.
Calipso, intanto, uscì e come sempre, trovò
Emily ad
aspettarla, sulla sua bicicletta.
- Cali, sei sempre la solita. Ti ho sentita
strillare fin
qua - commentò sprezzante Emily.
- Scusami per oggi e per ieri - si scusò
imbarazzata.
La bionda scosse la testa. - Se non vuoi
crederci … -.
- Già … -. Calò il silenzio ed entrambe si
persero nei
propri pensieri, imbarazzate.
- Allora andiamo a scuola sì o no ? - domandò
Emily, per
rompere il silenzio imbarazzante che si era creato tra le due.
- Si, sarà meglio - rispose Calipso accennando
un sorriso.
Entrambe studiavano all’artistico. Il loro, però, era un artistico
diverso,
ognuno poteva scegliere le materie da studiare: Emily aveva scelto di
fare un
corso di disegno e scrittura, mentre Calipso di canto e moda. La prima
amava
anche il pianoforte e prendeva lezioni provate, molto spesso, infatti,
lei
accompagnava la sua amica con il suo strumento, affinché la voce di
quest’ultima si addolcisse ancora di più.
Il tragitto durò venti minuti, durante i quali
né Emily né
Calipso dissero nulla: la prima era troppo impegnata a pensare come
convincere
l’amica dell’esistenza delle sirene, sapeva quanto potesse essere
cocciuta la
rossa, quindi se non agiva subito la ragazza non avrebbe mai accettato
il suo
destino e perciò la profezia non si sarebbe realizzata.
Quando si
trovarono davanti
alla scuola il loro atteggiamento fu quello solito di ogni studentessa:
sbuffarono e lentamente legarono le loro biciclette. Entrarono con aria
abbattuta all’interno del cortile di essa: era molto grande,
assomigliava per
lo più ad un parco, l’erba verde brillava ai raggi del sole e gli
alberi
offrivano l’ombra agli studenti. Le due amiche andarono a sedersi sotto
l’ombra
di una quercia molto grande e, probabilmente, molto vecchia. La loro
scuola non
era diversa dalle altre: un immenso istituto con le pareti esterne di
un giallo
molto chiaro, alcune finestre delle aule si affacciavano sul parco, ma
molte di
essere erano anche “adornate” da delle candide tende che rendevano
impossibile
ai raggi solari di penetrare all’interno delle classi, purtroppo, però,
il
calore si sentiva comunque e perciò gli studenti erano obbligati a
tenere
sempre aperte le finestre per godere di quella leggera brezza mattutina
che
sapeva di mare. Emily aveva la sua classe al terzo piano, nonché
l’ultimo,
mentre Calipso al primo. Loro si rivedevano solamente alla ricreazione
dove
amavano parlare del più e del meno, raramente discutevano
dell’argomento
“scuola” e “ragazzi”. Entrambe preferivano lasciare che la natura e il
destino
facessero il loro corso, ma non si poteva certo negare che le due
alcune volte
non si siano innamorate dei pochi ragazzi che frequentavano la loro
stessa
scuola. Infatti, l’artistico non era molto amato dai ragazzi, che
ovviamente
preferivano lo sportivo o fare provini per delle squadre di calcio. Tra
di
questi c’era stato anche il padre di Emily, Jake, che un tempo era
stato uno
dei migliori giocatori della valle e della regione circostante. Quando
incontrò
Lucy, colei che sarebbe stata sua futura moglie, aveva abbandonato lo
sport per
dedicarsi ad un mestiere che comunque lo appassionava moltissimo: il
veterinario. Jake e Lucy amavano gli animali ed erano, anche l’uno
l’opposto
dell’altra. Lucy era snella e alta, i capelli neri e ricci, la pelle
candida,
le guance rosee e le labbra carnose. Gli occhi altrettanto neri e
profondi,
però in essi erano presenti delle leggerissime sfumature giallastre,
che si
notavano solo da vicino. Jake era un bell’uomo, alto, con una
corporatura
possente e muscolosa, la pelle candida come quella della figlia, gli
occhi blu
come il mare e i capelli più scuri di Emily, quasi color sabbia.
La campanella suonò distogliendo dai loro
pensieri le due
ragazze che scattarono in piedi, per poi iniziare a correre per
arrivare in
classe: i professori erano molto più veloci di quanto si potesse
immaginare a
giungere nelle aule. Per fortuna entrambe arrivarono subito, la bionda
si andò
a sedere al primo banco: la sua classe era una delle più fresche, i
raggi
solari non giungevano mai in quell’aula e non serviva aprire le
finestre, esse
si affacciavano sulla piscina all’aperto che si trovava, giusto
appunto, dietro
al cortile. Veniva usata solamente verso fine scuola, quindi in
primavera
inoltrata e qualche volta verso maggio e aprile. Piano piano, la classe
iniziò
a riempirsi e vicino alla ragazza si sedette un ragazzo: era piuttosto
alto,
magro, i capelli castani e gli occhi argentei facevano contrasto con la
sua
pelle abbronzata.
- Ciao Emily - salutò il ragazzo sorridendole
amichevolmente.
Emily ricambiò timidamente il sorriso, non
perché le
piacesse lui, ma perché era molto timida ed impacciata con i ragazzi. -
Ciao
Mark. Ti vedo di buon umore oggi. Potrei sapere il perché ? - domandò
curiosa.
- Certo che puoi. Ebbene ho deciso che oggi
chiederò a
Isabelle di uscire con me - rispose Mark. Isabelle era una ragazza
pettegola e
amava farsi gli affari degli altri, i suoi genitori lavoravano con il
padre di
Emily ed erano disperati perché non sapevano come comportarsi con la
loro prima
ed unica figlia: era bassa, magra, con un corpo invidiabile, capelli
neri lisci
che le ricadevano sulla schiena, occhi color cioccolato fondente. Per
quanto
fosse bella fuori, il suo carattere la tradiva. Emily si perse nei
propri
pensieri, senza dar ascolto alle parole dell’amico, il quale le stava
raccontando come fare a convincere quella “strega”, come la definivano
Calipso
e lei, ad uscire con lui. Il filo dei suoi pensieri venne rotto da una
voce
roca e fredda.
- Buongiorno ragazzi e ragazze - salutò. La
bionda alzò lo
sguardo e si trovò davanti una donna, sui cinquanta o sessant’anni, con
i
capelli ricci, corti e castani, il viso piuttosto scuro, pieno di
rughe, gli
occhi blu, di un blu acceso e profondo, gli occhiali rettangolari che
le davano
un’aria severa e glaciale, non era molto alta, arrivava si o no ad un
metro e
sessanta ed era tondetta. La donna lanciò un’ultima occhiata glaciale
alla
classe, prima di accomodarsi sulla sedia dietro alla cattedra.
- Mi scusi signora … - iniziò Mark
- Wood - concluse la donna con un tono freddo e
distaccato. Mark sobbalzò e rabbrividì, leggermente spaventato.
- Mi scusi … ma la signorina Price dov’è ? - si
azzardò a
chiedere la ragazza. La professoressa la squadrò severa e sorrise
beffarda
mostrando dei denti mostruosamente storti.
- Aveva da fare - rispose - E non vi deve
assolutamente interessare
cosa è andata fare - si affrettò ad aggiungere, notando gli sguardi
perplessi
degli alunni. La lezione fu la peggiore a cui Emily avesse mai
assistito.
Furono le due ore più terrificanti della sua vita e la sua attenzione
era
rivolta ad altre cose, purtroppo la professoressa non la faceva
ragionare e
molto spesso era costretta a leggere ad alta voce brani d’italiano che
non
avevano mai fatto, il cui linguaggio non era per niente facile, dato
che si
trattavano soprattutto di brani scritti nel seicento o nel settecento.
Fin qui
bionda sopportò, ma il brutto arrivò più tardi, quasi vicino al suono
della
campanella che indicava l’inizio della ricreazione e perciò la fine
della
tortura; Emily leggeva il suo scritto alla classe quando la signora
Wood la
interruppe:- Questo testo è scritto malissimo - commentò acida. Emily
rimase in
silenzio, vicino alla cattedra, con gli occhi carichi di rancore, più
che
parlare piano, come faceva spesso la loro vera insegnante, la donna
strillava e
la cosa la fece arrossire. La donna prese il foglio della ragazza, lo
strappò
in mille pezzi e lo buttò nella spazzatura, schifata da quello che
aveva appena
letto.
« Ma … alla signorina Price era piaciuto »
obiettò Mark
leggendo lo sconforto e l’imbarazzo negli occhi dell’amica.
« TACIA » ordinò severa « La vostra
professoressa non ne
sa niente di queste cose. La vostra amica, la signorina Stunt non ha
nessuna
probabilità di diventare, in un futuro prossimo, una scrittrice ».
Quelle
parole colpirono la ragazza con la stessa forza di un pallone di basket
in
pieno viso. Le gambe iniziarono a tremarle e dovette sforzarsi di
rimanere in
piedi aveva una voglia matta di piangere, ma non poteva, anzi non
voleva, farlo
davanti a tutti. Si limitò ad abbassare la testa, a stringere i pugni e
a
mordersi il labbro inferiore per trattenere le lacrime. La signorina
Wood si
sarebbe arrabbiata se avesse visto come veniva trattata la sua alunna
prediletta. Il suono della campanella fu quasi un miracolo che la salvò
dall’aggiungere altro. Si voltò di scatto e fuggì via, in lacrime alla
ricerca
dell’amica Calipso: poi decise che appena le confidava cos’era
successo,
l’avrebbe anche convinta dell’esistenza delle sirene e del fatto che
loro due
fossero delle paladine della giustizia. Mentre era persa nei suoi
pensieri,
Emily andò a sbattere contro qualcuno e quasi cadde per terra. Alzò lo
sguardo
mortificata ed incontrò quello vivace della sua amica Calipso.
« Emi, ti cercavo … » iniziò la rossa, ma quando
notò gli
occhi rossi gonfi ed umidi dell’amica si bloccò e assunse un’aria
preoccupata «
Emi va tutto bene ? ». La bionda scosse la testa ed iniziò a
singhiozzare
disperata. Calipso cinse un braccio intorno alle spalle dell’amica e la
portò
nel parco, dove si sederono all’ombra di un albero.
« Allora cos’è successo ? » domandò la rossa
all’amica.
« La signora Wood … la signora Wood … » iniziò
scossa dai
singhiozzi, la bionda.
« Sì ? Dai racconta Emi, non ti mangio »
insistette
l’altra.
« La signora Wood mi ha detto che non ho un
futuro come
scrittrice » e scoppiò in lacrime. L’altra ragazza rimase in silenzio e
strinse
la sua amica in un abbraccio caloroso. Odiava quando la vedeva piangere
e lei
sapeva benissimo quanto potesse essere crudele verso le più deboli
quella
donna. Sicuramente se l’era presa con la sua amica perché era troppo
brava e non
lo voleva ammettere. La conosceva fin troppo bene, l’aveva avuta come
insegnante il secondo anno ed era stata la cosa peggiore del mondo.
« Non è vero! Sai benissimo, Emi, che sei la
scrittrice
più brava del mondo che io conosca. Su adesso smettila di piangere e
sai che lo
pensano tutti, non solo io » la consolò.
« Non è vero. Voi me lo dite solamente per farmi
piacere.
Non lo pensate veramente. Tutti quante mentite. La signora Wood ha
ragione, io
non sarò mai una scrittrice e … le sirene esistono e noi siamo le due
paladine
» ribatté gelida, si staccò dall’abbraccio dell’amica e corse via,
verso la
scuola.
« Emi, dai aspetta … » farfugliò la rossa
allungando il
braccio verso l’amica, ma ormai era troppo tardi. Lentamente si avviò
verso la
sua classe: era più piccola di quella di Emily e più calda, le pareti
erano
piene di poster e disegni fatti dai ragazzi. Le finestre si
affacciavano sul
parco e la ragazza non poté trattenersi dal notare che il cielo si
stava
rannuvolando “Speriamo che non piova” pensò sbuffando, andò a sedersi
al suo
banco e aspettò che la lezione iniziasse. Intanto si perse nei suoi
pensieri,
possibile che le sirene esistessero e che loro fossero le due paladine
della
giustizia ? Che Emily avesse ragione ? Quei dubbi la stavano
assillando,
avrebbe trovato risposta solo se fosse tornata al laghetto. Scosse la
testa e
notò con sua grande sorpresa che la lezione era già iniziata, senza
farsi
vedere prese la roba e si concentrò, doveva rimanere attenta, se no a
fare i
compiti ci avrebbe messo troppo. A fine lezione, uscì più velocemente
che
poteva, doveva incontrare Emily. Uscì nel parco ed osservò il cielo: il
sole
era stato nascosto dai nuvoloni scuri e minacciosi, Calipso non ebbe il
tempo
nemmeno di muovere un dito che nell’aria si diffuse una dolce brezza
che le
scompigliò dolcemente i capelli, seguita da un dolce pioggerella. Si
guardò
intorno e notò che Emily non c’era, prese la bici e si avviò verso la
radura,
sapeva che la sua amica si rifugiava lì quando era triste. Andò più
velocemente
che poteva, cercando di schivare buche, sassi e altre cose, perché se
no
sarebbe caduta. Entrò nella radura, le foglie degli alberi la
ripararono dalla
pioggia. Ad un tratto sentì un urlo, Calipso capì di chi era.
« EMILY » urlò mentre si avvicinava al laghetto.
Frenò in
due secondi e lasciò la bicicletta in mezzo alla strada, corse
schizzandosi con
l’acqua che impregnava l’erba. Scivolò sporcandosi di fango, ma quella
che vide
fu una scena terribile. Un gruppo di ragazzi aveva accerchiato la sua
amica, la
quale appena vide la rossa scattò in avanti, però uno di loro le
bloccò, con le
mani, i polsi.
« Lasciatemi » sibilò Emily dimenandosi
inutilmente,
mentre Calipso si alzava da terra dolente, la bionda venne colpita al
fianco da
un calcio di un altro del gruppo. La ragazza cadde a terra, senza
fiato,
pallida, mentre si contorceva dal dolore. Fu un attimo; la rossa scattò
in
avanti, i lampi verdi fecero la loro comparsa negli occhi della
ragazza, gli
occhi divennero neri, un altro ragazzo tentò di colpirle, ma uno scudo
si creò
difendendole. Calipso strinse il pugno e l’acqua del laghetto si alzò
inondando
i ragazzi, per poi tornare al suo posto.
« Via andiamo via » ordinò il più grosso e
quando furono
abbastanza lontani, dal laghetto comparvero le due sirene, le quali
sorrisero.
« Ciao Kyra … cioè volevo dire Calipso » la
salutò
Violette.
« Esme … cioè Emily ti aveva avvertita. Tu sei
Kyra la
paladina dell’acqua e sei in grado di leggere nella mente, mentre Esme
è la
paladina dell’erba, la quale però sa prevedere il futuro » continuò
Nicole.
Emily rimase in silenzio e osservò l’amica: Calipso aveva gli occhi
sgranati e
la bocca spalancata dallo stupore.
« E’ impossibile » bofonchiò stupita.
« No, Cali. Niente è impossibile » ribatté
sorridendo la
sirena dai capelli viola.
La ragazza capì, la sua amica aveva sempre avuto
ragione,
loro erano delle paladine della giustizia e le sirene esistevano
veramente
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Capitolo 4 *** 4°LA STORIA INFINITA ***
4°LA
STORIA INFINITA
Calipso
era a scuola come ogni mattina, in classe c’era la professoressa
Garcìa di Algebra che interrogava, lei l’aveva già interrogazione così
si estraniò dalla classe rivivendo mentalmente l’attacco del gruppo a
Emily avvenuto nella mattina precedente per capire meglio il suo
mutamento se così si poteva chiamare. Prese un foglio scrivendo in
ordine le cose che si ricordava fossero accadute per esaminarle passo
passo:
1-
Emily piangendo mi raccontò della discussione con la sua professoressa
di italiano.
2-
Dopo le lezioni sono uscita da scuola in cerca di Emily ma non c’era
così presi la bici e mi avviai verso la radura sapendo che Emily si
rifugia sempre li quando è triste.
3-
Arrivai e ad un tratto sentì l’urlo di Emily.
Così
frenai subito e lasciai la bicicletta corsi ad aiutarla ma scivolai e
vidi che un gruppo di ragazzi l’aveva accerchiata,
4-
Emily appena mi vide scattò in avanti, però uno di loro le bloccò, con
le mani, i polsi, mentre io mi alzavo, lei venne colpita e cadde a
terra,
5-
E li io.. non so come mai ma qualcosa è scattato dentro di me,mi
lanciai in avanti e notai i miei occhi riflessi nell’acqua del lago
cambiare di colore divenendo neri con dei lampi verde smeraldo “il
lampo come negli occhi di mio padre, si appunto dietro il foglio
pensandoci bene ”
6-
Poi un ragazzo cercò di colpirmi ma emanai uno scudo difendendo me e
Emily “che sciocchezza pensò..uno scudo”, ma continuò a scrivere.
7-
Poi qualcosa mi diede la forza di mmh..quasi imprigionare l’acqua del
lago nel mio pugno che dopo aver inondato i ragazzi ritornò nel lago.
8-
Il gruppo andò via e poi comparvero dal lago le due sirene Nicole e
Violette che mi confermarono il pensiero fisso di Emily cioè che noi
fossimo le paladine che la legenda racconta e ci dissero anche che
nella leggenda siamo Kyra&Esme non Calipso e Emily
9-
Mi dissero anche di essere la paladina dell’acqua e che sono anche in
grado di leggere nella mente mentre Emily/Esme è la paladina dell’erba,
la quale però sa prevedere il futuro .
Nel
frattempo la lezione finì Calipso prese i libri scendendo in cortile e
si sedette con Emily a pranzo.
-Ehi
Emi- disse sedendosi , -prima ero a lezione e mi annoiavo così ho
stilato le cose che mi ricordo successe ieri ti risultano tutte?- disse
passandole il foglio..
Emily
notò un po’ di preoccupazione negli occhi della sua amica -Mmh si,
devo dire che hai buona memoria amica- disse ridendo per cercare di far
rilassare Calipso, ma lei proseguì dicendo:
-Bene,
allora siccome mi ero posta delle domande..avevo pensato se ti va ora
che finiamo il pranzo di andare nella piccola bottega lungo la strada
per cercare qualche libro riguardante la leggenda, ti va?- disse
guardandola..
-Okay-
disse annuendo Emily, però continuò a pensare al viso di Calipso così
serio che forse mai in tutta la sua vita l’aveva visto..Calipso era
sempre sorridente, con la battuta pronta, sempre a cantare e a tirarti
su se qualcosa non andava per il meglio..mentre ora era spenta, con la
testa ad altro da quando l’aveva saputo..aveva saputo del suo futuro, e
questo la preoccupava forse.
Arrivarono
di fronte alla bottega fuori il tempo era cambiato, il cielo era grigio
faceva freddo e pioveva. Tutto ciò che si riusciva a vedere attraverso
la porta a vetri era un muro macchiato, entrarono, davanti a loro si
apriva una stanza lunga e stretta che si perdeva verso il fondo nella
penombra. Alle pareti c’erano scaffali che arrivavano fino al soffitto,
zeppi di libri di ogni formato e dimensione. Sul pavimento stavano
accatastati mucchi di volumoni, su alcune tavole erano ammassate
montagne di libri più piccoli, rilegati in pelle e dal brillante taglio
dorato. Da dietro un muro di libri, alto quanto un uomo, che si levava
all’ estremità opposta della stanza, veniva il bagliore di una lampada.
In quella luce si levava di tanto in tanto un anello di fumo che
s’ingrandiva salendo per poi andare a dissolversi in alto, nel buio.
Pareva
uno di quei segnali che usano gli indiani per mandarsi notizie da una
montagna all’altra. Evidentemente laggiù c’era qualcuno e in effetti si
udì ora una voce piuttosto brusca che dietro la parete di libri diceva:
-Dentro
o fuori, ma chiuda la porta. C’è corrente.-
Emily
ubbidì chiudendo piano la porta. Poi si accostò alla parete di libri e
cauta getto un’occhiatina oltre l’angolo: lì, in una grande poltrona di
cuoio consunto, stava seduto un ometto grosso e tarchiato. Indossava un
vestito nero tutto spiegazzato che aveva l’aria di essere molto vecchio
e piuttosto polveroso. La pancia era tenuta su da un panciotto a fiori.
L’uomo aveva una bella pelata, solo sopra le orecchie si drizzavano
verso l’alto due cespuglietti di capelli bianchi.
Aveva
una faccia arrossata che faceva pensare al muso di uno bullo
incattivito. Sul gran naso a patata troneggiavano chi occhiali
cerchiati d’oro. Una gran pipa ricurva gli pendeva all’angolo della
bocca che ricadeva tutta storta da una parte. Sulle ginocchia teneva un
libro che evidentemente stava leggendo, perché, richiudendolo di colpo,
aveva lasciato fra le pagine l’indice grasso della mano sinistra, come
segnalibro, per così dire.
Ora con
la destra si tolse gli occhiali e le osservò, strinse gli occhi, cosa
che aumentò l’espressione malevola, e borbottò soltanto:
-Oh
buon Dio del cielo- Poi riaprì il libro e riprese a leggere.
Calipso
ed Emily non sapevano bene cosa fare, così restarono semplicemente lì
senza muoversi, fissando l’uomo con grandi occhi spalancati.
Il tempo
passò veloce da quando le due iniziarono a parlare con il bottegaio del
libro che andavano cercando..improvvisamente con una gran vampata di
calore, venne in mente ad Emily che sarebbero arrivate troppo tardi a
cena, sicuro, certo, dovevano affrettarsi invece restarono impalate
dov’erano; qualcosa le teneva inchiodate lì, ma non sapevano cosa.
Emily cercò il viso di Calipso rendendosi conto che in tutto quel tempo
li, Calipso aveva tenuto lo sguardo continuamente fisso sul libro che
il bottegaio..il signor Peres aveva avuto in mano prima, quando sedeva
in poltrona. Non riusciva a staccarne gli occhi. Era come se da quel
libro fosse emanata qualche forza magnetica che la attirava
irresistibilmente. Si avvicinò un po di più allungando la mano e toccò
il libro, in quello stesso istante dentro di lei qualcosa fece -clic!-
come se una trappola si fosse serrata. Calipso ebbe l’oscura sensazione
che con quel breve contatto avesse avuto inizio qualcosa di
irrevocabile. Sollevò il libro e lo osservò da tutte le parti. La
copertina era di seta color rubino cupo e luccicava mentre la rigirava
di qua e di là. Sfogliandolo fuggevolmente vide che i fogli erano
stampati in due colori diversi. Illustrazioni pareva non ce ne fossero,
ma in compenso vi erano meravigliosi capilettera figurati.
Quando
tornò a osservare la copertina, ci scoprì sopra due sirene, una scura e
l’altra chiara, che si congiungevano formando così un ovale. E in
questo ovale c’era il titolo, in strani caratteri:
La Storia Infinita
Fissava
il titolo del libro e si sentiva percorrere da vampate di caldo e di
freddo. Questo, ecco, proprio questo era ciò che Emily le aveva cercato
di spiegare nella radura vicino al lago, tutte quelle emozioni che ora
provava anche lei forti. Doveva avere quel libro ad ogni costo!
Ad ogni
costo? Era facile a dirsi! Anche se avesse potuto offrire tutti i soldi
che aveva con se, quel poco gentile signor Peres le avrebbe sicuramente
fatto delle domande sul perché della scelta di quel libro di preciso e
lei non poteva raccontare nulla; non c’era alcuna soluzione, eppure
sapeva che non sarebbe mai potuta andare via senza quel libro. Ad Emily
venne un idea, distrarre il signor Peres e fare in modo che Calipso
potesse prenderlo. E così fecero Emily chiamò da parte vicino a degli
scaffali il bottegaio e iniziò a fargli delle domande riguardo ad un
libro dalla copertina gialla fosforescente..Calipso era sola, e ancora
prima di accorgersene si avvicinò prese il libro e lo nascose nella
tracolla senza far rumore indietreggiò fino alla porta, premette cauta
la maniglia e aspettò fuori un po’ distante Emily che uscì subito, solo
allora cominciarono a correre. I quaderni, i libri di scuola,
l’astuccio portapenne, tutto saltellava e ticchettava al ritmo dei loro
passi. La pioggia cadeva sui loro visi, freddo ed umidità penetrava nel
cappotto, ma non li sentivano. Avevano caldo, ma non per la corsa,
andarono a casa di Calipso dovevano nascondere il libro in un posto
sicuro, entrarono, nella cucina c’era Grace la mamma di Calipso che
preparava la cena:
-Ciao
tesoro-
-Ciao
Emily- disse la donna sorridendo
-Ciaoo-
salutarono le ragazze in coro, poi Calipso disse: Mamma, vero che può
dormire qui Emily? Non abbiamo nulla da fare dai!!
-Va
bene dai è concesso, ora vai a sistemare il letto e mi raccomando
dormite- disse guardando Calipso -
le
ragazze annuirono e andarono a preparare il letto per Emily appena
finito però salirono su in soffitta con il libro, il luogo del
nascondiglio era scelto.
La
soffitta era grande e buia. Odorava di polvere e naftalina. All’infuori
del tambureggiare leggero della pioggia sul tetto, non si sentiva
volare una mosca, qui nessuno sarebbe venuto a cercarle, a poco a poco
i loro occhi si abituarono alla penombra. Conosceva quella soffitta,
circa sei mesi prima sua mamma l’aveva chiamata per farsi aiutare a
trasportare una gran cesta di bucato,e in quell’occasione aveva visto
dove veniva tenuta la chiave. Da allora non ci aveva più pensato, ma
adesso le era tornato in mente giusto in tempo.
Per
prima cosa doveva trovare un posto dove potersi sistemare comodamente
dopo tutto sarebbero dovute rimanere per molto tempo, si guardarono un
po’ attorno, nella soffitta c’era un po’ di tutto da un lato c’erano
ammonticchiate alcune vecchie coperte che non usavano più ma che
facevano al caso loro. Si alzarono entrambe a prenderle e una volta
sistemate si sedettero avvolgendosi le coperte attorno alle spalle.
Accanto a loro avevano le cartelle e il libro color rame, Emily lo
prese guardandolo
-mi
piacerebbe sapere- mormorò fra sé e d’improvviso si sentì avvolgere da
un’ atmosfera quasi solenne. Guardò Calipso negli occhi, e aprì la
prima pagina cominciando a leggere.
La Storia Infinita.
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