Cali&Emily ... alla ricerca delle leggi magiche

di Giuliana89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo: Calipso Vraz ed Emily Stunt ***
Capitolo 2: *** 2° CAPITOLO: CALIPSO&EMILY/ KYRA&ESME ***
Capitolo 3: *** 3° CAPITOLO: L'IRA DI CALIPSO ***
Capitolo 4: *** 4°LA STORIA INFINITA ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo: Calipso Vraz ed Emily Stunt ***


Questa nuova FF è originale tratta di una storia inventata da me e da una mia amica ed è particolare perchè la scriviamo io e lei a 4 mani ;D la postiamo anche su Diagonalley.it e li ha avuto un buon risultato visto che tanti l'hanno recensita e forturnatamente in positivo ^_^...così abbiamo pensato di postarla anche qui per avere un vostro parere. INCROCIAMO LE DITA ^-^'
Giuliana89

Ps: Il primo capitolo è scritto dalla mia amica, a breve posterò il secondo scritto da me


1° Capitolo: Calipso Vraz ed Emily Stunt


Era una giornata particolarmente calda, una di quelle che si incontravano durante l’anno nella radura di Vutlan, un piccolo paradiso che si trovava
nel sud della Spagna, sulle coste dell’oceano Atlantico, sulla quale venivano raccontate molte leggende che si tramandavano da secoli: alcune di esse raccontavano che in questa raduravivessero creature mitologiche e fantastiche come sirene, unicorni e altri animali. Gli abitanti della raduna
di Vutlan erano persone comuni, con le loro famiglie e i loro figli. Avevano un’ottima organizzazione politica e sociale, vivevano in una grande città: Mopli.
I cittadini erano persone pacifiche, odiavano litigare. Tutto sommato era un luogo dove vivere era meraviglioso, ma l’attrazione principale erano ovviamente le spiagge: si affacciavano sull’oceano e le acque erano sempre pulite e cristalline, ci si poteva fare il bagno sempre, perché, per via del clima molto afoso, l’acqua era sempre della temperatura adatta per un tuffo, anche durante l’inverno. Le spiagge erano lunghe chilometri e chilometri, sempre pulite e perfette, un’altra cosa importante da dire e che gli abitanti di Mopli non inquinavano mai niente, per questo non avevano problemi con niente e con nessuno.
La radura è molto ampia, come sempre non inquinata.
I raggi del sole giungevano di rado, per via dei molti alberi che la popolavano, gli animali potevano vivere tranquilli, uomini e natura erano una sola cosa, forse anche negli altri paesi doveva essere così. La radura era anche molto umida, il caldo e la sensazione di chiuso avrebbe colto chiunque, ma se si camminava per alcuni chilometri si poteva scorgere un piccolo laghetto, su di esso era legata una leggenda particolare, che solo i cittadini di Mopli conoscevano: si pensava che in esso nascevano le sirene, le creature fantastiche mezze donne – mezze pesce, che con il loro canto ammaliatore potevano conquistare anche il più spietato dei forestieri e stordire i propri nemici. Se la leggenda fosse vera, non si sapeva, si credeva, inoltre, che raggiunta l’età adulta, esse percorressero qualcosa di simile ad un tunnel sottomarino che collegava il lago al mare, nessuno lo scoprì, sta di fatto che il bagno nelle sue acque fosse proibito dagli anziani della città, che credevano in ogni leggenda che essi raccontavano ai bambini dai sei a dieci anni. Era una tradizione molto importante, le leggende e i racconti delle origini della città erano molto importanti e si dovevano custodire fino alla morte. La quiete perfetta della radura venne rotta da dei passi che calpestavano l’erba impregnata d’acqua, anche perché per due giorni su di essa prima che ritornasse il sole e il caldo, sotto uno dei pochi raggi del sole, che riuscivano ad attraversare le foglie degli alberi, comparve la figura di una ragazza sui diciassette anni: era alta, magra, i capelli rossi tagliati a caschetto che brillavano alla luce del sole, gli occhi erano celesti come il cielo e vivaci.

« Emily Stunt sei sempre la più lenta. Sei peggio di una lumaca » commentò ironica osservando un punto fisso dietro di lei. Dopo poco comparve un’altra ragazza, che andò dove c’era la rossa, solo più bassa e sui quindici anni: i suoi capelli erano mossi e biondi come il grano, mentre gli occhi erano di un verde smeraldo intenso che potevano catturare chiunque. Al commento dell’amica si lasciò scappare un sospiro, incrociò le braccia all’altezza del seno e assunse un’aria piuttosto imbronciata, una di quelle che caratterizzava i bambini più piccoli, ma quell’aspetto infantile del suo carattere la rendevano ancora più carina di quanto lo fosse già di suo.

« Calipso Vraz, sai che odio quando mi chiami per nome e per cognome e soprattutto quando mi paragoni, negativamente, ad una lumaca » ribatté offesa. Calipso scoppiò in una sonora risata, che echeggiò per tutta la radura, per via del ridere quasi cadde per terra e dovette appoggiarsi sulla spalla dell’amica. Emily, per tutta risposta, iniziò a sbattere il piede per terra, spruzzando la rossa.
« Ehi, così non è valido Emi … » esclamò, senza più né sorridere né ridere la “povera” vittima di quello scherzo di cattivo gusto. L’altra sorrise beffarda, mostrando i denti bianchissimi.

« Cali » iniziò « Non dovevi ridere della mia lentezza. Si chiama prendere in giro la tua migliore amica ».
« Ok, mi dispiace per averti presa in giro e bla bla ». Emily le lanciò un’occhiataccia. La rossa deglutì, sapeva benissimo che era meglio non far arrabbiare la sua migliore amica o sarebbero stati guai per lei « Ehm … volevo dire e … non ti offenderò mai più e ti aspetterò, perché come dici sempre “Tu non sei lenta, ti godi solamente il momento” » si corresse sorridendo nervosa. “Peccato che conosciamo questa radura a memoria” aggiunse pensando.
« Bene, noto che non sei così stupida. Quando vuoi sai proprio capire » si congratulò la bionda « Forza andiamo al laghetto. Se arriviamo in tempo, forse vedremo la nascita di una sirena ».
« Non mi dire che ci credi. E’ solo una leggenda che ci raccontavano quando eravamo bambine, Emi ».
« Ovvio che ci credo, Cali. Come credo nella Befana, in Babbo Natale, nelle fate, nelle Mew Mew, in Sailor Moon e nelle sirene ».
« Ma sono solo leggende e poi la magia non esiste, tantomeno le eroine. E’ scientificamente provato che quello in cui credi sono solo creature create dalla fantasia umana ».
« Cali, stai mettendo in dubbio le parole del Grande Anziano ? » domandò Emily guardando negli occhi l’amica « Sai che se qualcuno ti sentisse, sarebbero guai molto seri, noi dobbiamo crederci e io non intendo lasciarmi trasportare dalle tue idee ».
« Ok, comunque scherzavo, ovvio non credo né in Sailor Moon né nelle Mew Mew » e sorrise innocente « Potresti raccontarmi, un’altra volta, questa leggenda che tu vuoi tanto vedere se è vera ? ».
L’amica, per tutta risposta, mentre riprendevano a camminare, sbuffò. « Ok, ma questa è l’ultima volta, ok ». Calipso annuì silenziosamente e cancellò dalla testa tutti i pensieri, che la potessero distrarre dal racconto dell’altra ragazza. « Da tanti secoli si narra che nel laghetto, che si trova nell’estremità della radura, il 21 giugno, cioè nel solstizio d’estate, nascano le sirene, però non tutti gli anni, solo ogni dieci anni.
Le sirene sono creature mitologiche per metà donna e per metà pesce, essa viene citata in molti testi antichi, anche se inizialmente si credeva che fosse mezz’uccello e mezza donna e che vivesse, appunto, vicino al mare, un esempio è la descrizione che fa Omero nell’Odissea, quando il leggendario Ulisse, durante il suo viaggio per tornare ad Itaca. Il canto delle sirene ammaliava i viaggiatori, che si buttavano in acqua, annegavano e, se non erro, venivano sbranati da queste creature … » un brivido di terrore percorse la schiena di entrambe e deglutirono.

« Emi … continua » insistette la rossa cercando di calmarsi, ormai erano vicine al laghetto, sentivano, o meglio solo lei sentiva il rumore dell’acqua.
« Ok … comunque si pensa tutto il contrario, cioè che il canto delle sirene sia, sì melodioso e ammaliatore, ma anche con il potere di stordire i loro nemici, ovviamente, sempre cantando e … » Emily non continuò la frase, perché si trovarono in prossimità del laghetto. Era illuminato dai raggi solari, solo lì riuscivano a giungere: l’acqua brillava come se essa fosse un insieme di miliardi di piccoli diamanti, l’effetto ottico era meraviglioso. Calipso s’inginocchiò per terra, bagnandosi le ginocchia e si affacciò sul laghetto, solo che non vide la sua figura riflessa nell’acqua, ma quella di una ragazza dai capelli arancioni, tagliati a caschetto e gli occhi neri con delle linee rossastre, che sembravano dei lampi. Sobbalzò e osservò l’immagine riflesse dell’amica Emily, anch’essa era totalmente diversa dall’amica: aveva lunghi capelli verdi, gli occhi, invece, erano viola con delle sfumature giallastre, i vestiti erano diversi erano da guerriera. Distolse lo sguardo da quelle due figure e scosse la testa, ancora sbalordita da quello che aveva visto e si ricordò delle parole del Grande Anziano su quel laghetto « L’acque del laghetto mostrano anche una parte di noi sconosciuta ». Calipso dovette trattenere un urlo di terrore.
« Emi, al posto della tua figura riflessa nell’acqua, non vedi due guerriere ? » domandò ad un tratto. Emily si voltò verso l’amica e la fissò interrogativa e poi guardò la sua immagine riflessa nell’acqua: non vedeva nessuna guerriera.
« Sicura di stare bene ? » chiese a sua volta.
« Rispondi prima alla mia domanda » ordinò la rossa seria.
« No, io vedo solo te e me » rispose la bionda, quasi intimidita dal tono autoritario dell’amica, non lo faceva quasi mai. Calò il silenzio, dopo la sua risposta, durante il quale ognuna delle due ragazze si perse nei propri pensieri: Calipso continuava a fissare le due guerriere che le facevano l’occhiolino e sorridevano. Ad un tratto, una delle due, quella con i capelli verdi, aprì la bocca per parlare, ma non fece in tempo perché una creatura uscì dall’acqua, cancellando le figure delle due ragazze: aveva i capelli lunghi di un blu acceso, mentre gli occhi erano grandi, vivaci e color nocciola. Emily indietreggiò terrorizzata e con il dito indicava un punto. Calipso spostò lo sguardo e vide due pinne uscire dall’acqua. Le due ragazze impallidirono in un secondo e sgranarono gli occhi spaventate, ma allo stesso tempo sbalordite.
« U … u … una … si … sir … sirena » balbettò la bionda.
« E’ impossibile » ribatté stupefatta la rossa. Intanto la sirena si era avvicinata alla riva e sorrise, mostrando dei denti perfettamente bianchi: era più piccola di quelle raffigurate nei quadri del grande Palazzo, doveva essere appena nata o ancora troppo giovane per raggiungere il mare.
« Ciao … io sono Nicole e sono una sirena, ho appena compiuto dieci anni, perciò sono ancora piccola» si presentò la creatura porgendo la sua mano alle due amiche, continuando a sorridere allegra.
« AAAAAAAAAAAAAAAAAH » strillarono in coro Calipso ed Emily, mentre iniziavano a correre come delle forsennate. Dopo poco, sempre nel lago comparve un’altra sirena: i capelli erano viola e gli occhi giallo grano.
« Violette, secondo te perché sono scappate ? » domandò Nicole alla seconda sirena, che intanto aveva osservato la scena, soffocando le risate per la reazione delle due umane.
« Valle a capire, sono umane » rispose prima di immergersi nell’acqua e scomparire, la seguì a ruota dalla prima sirena.
Intanto le due ragazze riuscirono, di corsa, ad uscire dall’oscurità che regnava all’interno della radura. Calipso cadde per terra in ginocchio ansimante e stanca, l’acqua, che impregnava l’erba, schizzò e le bagnò anche il viso lentigginoso. Si voltò, lentamente, verso l’amica, che era rimasta assorta nei suoi pensieri per tutto il tragitto.
« Sai Cali » iniziò Emily spostando lo sguardo sull’amica ed incontrando il suo « Non ti ho raccontato la fine della leggenda » concluse. Calipso rimase in silenzio.
« Perché ? » domandò con un filo di voce e decisamente incredula.
« Perché te lo stavo per dire, solo che siamo arrivate al laghetto » rispose secca.
« Allora, racconta ».
« Prima una cosa. Tu credi veramente che era vera quella sirena ? » chiese la bionda spostando il suo sguardo verso l’orizzonte: era il crepuscolo e il cielo si era colorato di sfumature sul rosso, il giallo, qua e là qualche stella faceva la sua comparsa.
« No, perché ? ». L’ansia salì alle stelle, cosa le stava nascondendo la sua amica Emily ?
La bionda sospirò, sembrava sollevata. « La leggenda dice che le sirene si mostreranno solo alle due future paladine della giustizia, che ritroveranno le leggi scomparse da millenni or sono ».
« Ce la siamo immaginate. E’ impossibile che siamo noi quelle paladine lì ».
Emily annuì con un semplice cenno della testa « Sì. E’ stato solo frutto della nostra immaginazione » concordò assente e poco convinta, la bionda.
« Che dici se torniamo a casa ? » domandò la rossa, dopo qualche minuto passato nel silenzio più totale.
« Si » rispose e le due amiche, mano per mano, tornarono indietro, verso le rispettive case

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Capitolo 2
*** 2° CAPITOLO: CALIPSO&EMILY/ KYRA&ESME ***


  

Ecco il 2° Capitolo scritto questa volta da me ^^..scusate per il ritardo

GIULIANA

2° CAPITOLO: CALIPSO&EMILY/ KYRA&ESME

 

Calipso ed Emily erano ancora prese dalla visione dalle sirene viste prossimità del laghetto, -no Emily no- esclamò Calipso - non possono essere vere magari abbiamo preso un’insolazione o qualcosa che ce le ha fatte solo immaginare.- Ma nulla Emily girovagava ancora per il prato pensierosa - e se fossero vere??- disse guardando negli occhi l’amica - Ricordi la storia che il Grande Anziano racconta e che ti ho detto! Non metterai mica in dubbio le sue parole?- ; Calipso scattò in avanti -NO! Non sto dicendo questo e non metterei mai in dubbio le parole del Grande Anziano, dico solo che Emi è irreale e impossibile vedere delle sirene-disse quasi adirata -e per di più come tu mi hai raccontato sono solo le paladine della giustizia, che ritroveranno le leggi scomparse a vederle.. solo loro!! E tu non crederai che le paladine potremmo essere noi vero??? Disse Calipso guardandola negli occhi- -E perché no??- Strepitò Emily tanto che i suoi occhi verde smeraldo si infuocarono, la leggenda dice che le paladine sono due ragazze di Mopli e di età hanno rispettivamente quindici e diciassette anni - è la nostra età Cali!!-; -Ce ne sono tante ragazze qui di quindici e diciassette anni Emi- ribatté Calipso, ma Emily continuò ancora dicendo- la leggenda dice anche che le prime paladine vedettero le sirene la sera del 21 giugno come ti dicevo nel solstizio d’estate- e stranamente-continuò Calipso -noi ci siamo trovate nella radura la stessa sera che come afferma la legenda le paladine vedettero le sirene-.. -mah-, ribatté scettica Calipso - io non ci credo..tutto qui anche perché ci siamo trovate li per caso Emily..ammettilo!- Emily poche ore dopo della discussione avuta con Calipso decise di tornare lungo la riva dove le sirene il giorno precedente si erano mostrate l’unica difficoltà si trovava nell’uscire di sera da casa non facendosi vedere. “ È l’ora di andare” penso Emily aveva messo al suo posto nel letto dei cuscini aprì la finestra e scavalcò mimetizzandosi nella tra i cespugli, sapeva di fare la cosa giusta, doveva vedere se le sirene fossero vere o meno peccato che mentre la sua mente le ordinava di stare calma il suo corpo quasi si volesse ribellare,come se quasi le dicesse che uscire di notte sola nella radura non fosse una cosa buona da fare. Ma Emily proseguì salendo sulla sua bici e si addentrandosi nel bosco; era strano per lei disubbidire alle regole ma lasciò perdere i pensieri e quello che provava, arrivò poco distante il lago..lasciò la bici e proseguì a piedi lungo il bosco il verso delle cicale scandiva i suoi passi, un alito di vento caldo si innalzò e portò Emily a pensare di essere nel giusto, a pensare che da li a poco si sarebbero mostrate a lei le sirene, perciò si sedette su un masso e si mise a fissare il suo riflesso nel lago. Poco dopo accadde la rivelazione, si mostrò a lei quella sirena dalla lunga chioma viola, Emily ricordava si chiamasse Violette. -Ciao Emily- disse Violette, ti chiederai come mai io conosca il tuo nome,- “cosa?? Come fa a sapere che sto pensando proprio a questo?” pensò scioccata e indietreggiò un po’. -So questo- continuò Violette -perché tu e la tua amica Calipso siete le paladine..- la cosa agghiacciò Emily che dopo un po’ domandò incredula -noi le paladine della leggenda?- -Esattamente- confermò Violette, e in quello stesso istante comparse dalle acque anche la piccola sirena di dieci anni Nicole che salutando Emily disse -Abbiamo sentito anche il vostro piccolo diverbio di questo pomeriggio, li nel prato vicino la tua casa e capiamo la tua difficoltà a spiegare tutto questo a Calipso- continuò Violette dicendo -questa è la vostra prima missione..per far si che la profezia si compia.- -Tu devi far comprendere a Kyra ehm..Calipso che siete voi le paladine, e solo voi le nostre possibilità per far si che il regno di Swiss non decada.- Emily risentì nella sua mente la frase appena detta da Violette perciò disse – hai pronunciato un nome KYRA, chi è questa ragazza?- Violette si consultò un momento con Nicole decidendo infine di spiegarlo. Nicole e Violette insieme dissero – beh ogni paladina dalle prime fino a te e Calipso hanno un nome diverso tra i due regni; quello marino e quello terrestre perché altrimenti, continuò Nicole -Gli umani non avranno problemi a riconoscervi, e questo assolutamente non deve accadere; perciò come dice la leggenda le paladine prendono un nome diverso..la tua amica e tu sarete rispettivamente Kyra ed Esme. Emily la guardò incredula, si passò una mano tra i capelli biondi e andò con la mente dietro 10 anni, quando al suo quinto compleanno la sua nonna Ether le raccontò per la prima volta la leggenda. -Se una delle due Paladine non capisse, non credesse o non accettasse il suo ruolo nella leggenda la profezia non si sarebbe potuta compiere.- Quando ritornò con la mente sulla riva del lago ormai le due sirene non c’erano più. Avrebbe potuto fare loro mille domande riguardo la leggenda, ma dispiaciuta dell’opportunità persa si incamminò verso il punto in cui aveva lasciato la bici. Ci salì su, e poco dopo arrivò a casa cercando di fare minor rumore scese dalla bici ed entrò in camera ancora un po’ scossa dalla rivelazione, mise a posto i cuscini che aveva posizionato nel letto prima di uscire e ci entrò stanca; lo sapeva che in quella notte non sarebbe riuscita a prender sonno così fantasticò su lei e Calipso, da amiche inseparabili a paladine di un mondo sconosciuto fino a pochi momenti fa, e ancora per altri secoli e secoli sconosciuto a tutte le genti. Si sentiva elettrizzata ma anche preoccupata, pronta a dare e a darsi per quelle due sirene che chiedevano aiuto; sempre se fosse riuscita a convincere Calipso.- Da una parte sapeva di riuscirci, però non sapeva ancora in che modo affrontare il discorso con la sua amica…sapeva solo di doverlo fare al più presto. Chiuse gli occhi, il sonno ebbe la meglio, e così tornò a fantasticare su quel mondo bello e sconosciuto.

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Capitolo 3
*** 3° CAPITOLO: L'IRA DI CALIPSO ***


3° CAPITOLO: L'IRA DI CALIPSO

La notte sembrò durare in eterno, Calipso continuava ad agitarsi nel sonno: i suoi sogni erano popolati dalle sirene e dalle due ragazze che aveva visto riflesse nel laghetto al posto della sua figura e di quella della sua amica Emily. “Se ancora la posso considerare la mia migliore amica” pensò sbuffando. Si rigirò un’ultima volta nel letto, chiuse gli occhi e si addormentò. Al mattino un suono stridulo e acuto riempì la stanza, giungendo alle orecchie della povera ragazza, che brontolando, sotto voce, spense l’ “aggeggio infernale”, come lo chiamava lei e lentamente, quasi trascinando i piedi si diresse verso la finestra. Aprì la finestra e si affacciò per osservare il cielo: limpido, senza nuvole, il sole brillava in alto “Meglio, così potrò andare in bicicletta e incontrerò Emily” pensò, mentre una fitta le lacerava il cuore ricordando la discussione della sera prima. Si chiedeva come mai la biondina continuava ad insistere con la sua idea che loro due erano le paladine e che la sirena era vera, Calipso scosse la testa ed uscì dalla sua stanza, scese le scale e si diresse verso la cucina: le pareti erano bianche, i raggi del sole penetravano dalla finestra che si affacciava sul giardino, le mensole erano sull’arancio e sopra erano appoggiati i piatti e le pentole, il frigorifero si trovava dall’altra parte delle scale ed era bianco, quasi si faceva fatica a trovarlo, per via del suo colore identico a quello delle pareti, il soffitto, invece, ritraeva il cielo celeste, limpido e senza nuvole della giornata. Molte volte la rossa si era chiesta come facesse il soffitto a cambiare colore, ogni volta ritraeva il clima, esattamente come quello che si poteva ammirare fuori dalla casa. Spostò lo sguardo alla ricerca dei suoi genitori: sua madre, Grace, era ai fornelli, stava preparando le salsicce e il beacon, mentre suo padre, Matthew, leggeva il giornale e borbottava qualcosa, sicuramente commentava le notizie del giorno.
- Buongiorno mamma, buongiorno papà - salutò cercando di sorridere. Sua madre si voltò: era alta, magra, la pelle era del colore del latte, il viso era punzecchiato, qua e là, dalle lentiggini, gli occhi erano color sabbia e brillavano alla luce del sole, mentre i capelli rossi, lisci e lunghi. I capelli, Calipso, li aveva ereditati dalla madre, anche se amava tagliarli a caschetto, al contrario della donna.
- Buongiorno, tesoro - ,il padre mise da parte il giornale, si alzò e arrivò davanti alla figlia baciandole dolcemente la fronte; anche lui era alto e magro, i capelli però, erano castani, la sua pelle era più scura di quella di Grace, i suoi occhi erano verdi, con un lampo giallo, che lo caratterizzava. Calipso rimase immobile “I lampi verdi all’interno degli occhi della ragazza, come quelli di papà, non può essere. Non ero io.” pensò iniziando a tremare. Matthew la fissò preoccupato.
- Tutto bene cara ? - le domandò continuando a guardarla.
La rossa annuì. « Si papà. Tutto alla grande, ero un attimo sovrappensiero » rispose educatamente, anche se dentro moriva dalla voglia di sbuffare e di andarsene. Lanciò un’occhiata furtiva alla madre - Che profumo mamma. Salgo a mettermi la divisa e torno giù - detto ciò, la ragazza salì le scale rapidamente e si avviò verso la porta della sua camera, l’aprì e si ritrovò dentro quello che lei definiva il “suo mondo”: la sua camera era molto grande, le pareti erano di un rosso porpora molto leggero, una parte della sua parete era ricoperta di poster della sua saga preferita “Harry Potter”, ma ritraevano, soprattutto, la famiglia Weasley, tutti tranne Percy. Calipso odiava quel personaggio, molto spesso la notte sognava di ammazzarlo. Il suo letto si trovava nell’angolo più illuminato della stanza, amava la luce, il suo armadio era molto vicino al letto ed era sul bianco, era molto antico, era appartenuto alla sua bisnonna, poi a sua nonna, a sua madre e poi a lei. Lo aprì e prese la sua divisa di scuola: era composta da una camicia a maniche corte, una cravatta rossa e una gonna nera, sopra si poteva mettere anche una giacca, ma molto spesso si usava solo d’inverno. Calipso indossò la divisa, prese lo zaino e uscì dalla stanza, precipitandosi di corsa verso la cucina rischiando di cadere più di una volta. Quando giunse in cucina, inspirò il profumo e andò sedersi capotavola.
- Ecco qua, tesoro mio - esclamò sua madre mettendole davanti un piatto con delle salsicce, del beacon e un uovo strapazzato e porgendole il latte fresco disse - Mangia con calma, hai ancora tempo. Prenderai la bicicletta ? -le domandò sedendole vicino.
Calipso annuì. - Si mamma. Spero anche d’incontrare Emily..abbiamo litigato per una stupidaggine, lei pensa che noi due siamo le paladine della giustizia che la leggenda racconta, crede anche che le sirene che abbiamo visto al laghetto siano vere. Io non ci credo » rispose.

Matthew lanciò un’occhiata d’intesa a sua moglie, senza che Calipso potesse coglierla.
- Cara … - cominciò l’uomo, ma la ragazza alzò lo sguardo e osservò l’orologio del padre: erano le 7.30.
- CAVOLI!! - esclamò urlando ed alzandosi di scatto, per sua fortuna aveva appena fatto in tempo a mangiare la colazione. Bevve il latte in un sorso, raccolse la cartella da terra e come un razzo partì alla ricerca delle chiavi della catena per tenere legata la bicicletta. Corse verso la porta d’ingresso, che aveva rifiniture d’orate e quasi la distrusse per la furia con cui l’aveva aperta.
Grace scoppiò a ridere, mentre Matthew rimase semplicemente stupefatto

- Be’ - iniziò la donna ancora ridendo - Non si nota che è mia figlia -.

Il marito le lanciò un’occhiataccia.
- Io non ci trovo niente da ridere - bofonchiò offeso, ma sua moglie non riuscì a smettere.
Calipso, intanto, uscì e come sempre, trovò Emily ad aspettarla, sulla sua bicicletta.
- Cali, sei sempre la solita. Ti ho sentita strillare fin qua - commentò sprezzante Emily.
- Scusami per oggi e per ieri - si scusò imbarazzata.
La bionda scosse la testa. - Se non vuoi crederci … -.
- Già … -. Calò il silenzio ed entrambe si persero nei propri pensieri, imbarazzate.
- Allora andiamo a scuola sì o no ? - domandò Emily, per rompere il silenzio imbarazzante che si era creato tra le due.
- Si, sarà meglio - rispose Calipso accennando un sorriso. Entrambe studiavano all’artistico. Il loro, però, era un artistico diverso, ognuno poteva scegliere le materie da studiare: Emily aveva scelto di fare un corso di disegno e scrittura, mentre Calipso di canto e moda. La prima amava anche il pianoforte e prendeva lezioni provate, molto spesso, infatti, lei accompagnava la sua amica con il suo strumento, affinché la voce di quest’ultima si addolcisse ancora di più.
Il tragitto durò venti minuti, durante i quali né Emily né Calipso dissero nulla: la prima era troppo impegnata a pensare come convincere l’amica dell’esistenza delle sirene, sapeva quanto potesse essere cocciuta la rossa, quindi se non agiva subito la ragazza non avrebbe mai accettato il suo destino e perciò la profezia non si sarebbe realizzata.

Quando si trovarono davanti alla scuola il loro atteggiamento fu quello solito di ogni studentessa: sbuffarono e lentamente legarono le loro biciclette. Entrarono con aria abbattuta all’interno del cortile di essa: era molto grande, assomigliava per lo più ad un parco, l’erba verde brillava ai raggi del sole e gli alberi offrivano l’ombra agli studenti. Le due amiche andarono a sedersi sotto l’ombra di una quercia molto grande e, probabilmente, molto vecchia. La loro scuola non era diversa dalle altre: un immenso istituto con le pareti esterne di un giallo molto chiaro, alcune finestre delle aule si affacciavano sul parco, ma molte di essere erano anche “adornate” da delle candide tende che rendevano impossibile ai raggi solari di penetrare all’interno delle classi, purtroppo, però, il calore si sentiva comunque e perciò gli studenti erano obbligati a tenere sempre aperte le finestre per godere di quella leggera brezza mattutina che sapeva di mare. Emily aveva la sua classe al terzo piano, nonché l’ultimo, mentre Calipso al primo. Loro si rivedevano solamente alla ricreazione dove amavano parlare del più e del meno, raramente discutevano dell’argomento “scuola” e “ragazzi”. Entrambe preferivano lasciare che la natura e il destino facessero il loro corso, ma non si poteva certo negare che le due alcune volte non si siano innamorate dei pochi ragazzi che frequentavano la loro stessa scuola. Infatti, l’artistico non era molto amato dai ragazzi, che ovviamente preferivano lo sportivo o fare provini per delle squadre di calcio. Tra di questi c’era stato anche il padre di Emily, Jake, che un tempo era stato uno dei migliori giocatori della valle e della regione circostante. Quando incontrò Lucy, colei che sarebbe stata sua futura moglie, aveva abbandonato lo sport per dedicarsi ad un mestiere che comunque lo appassionava moltissimo: il veterinario. Jake e Lucy amavano gli animali ed erano, anche l’uno l’opposto dell’altra. Lucy era snella e alta, i capelli neri e ricci, la pelle candida, le guance rosee e le labbra carnose. Gli occhi altrettanto neri e profondi, però in essi erano presenti delle leggerissime sfumature giallastre, che si notavano solo da vicino. Jake era un bell’uomo, alto, con una corporatura possente e muscolosa, la pelle candida come quella della figlia, gli occhi blu come il mare e i capelli più scuri di Emily, quasi color sabbia.
La campanella suonò distogliendo dai loro pensieri le due ragazze che scattarono in piedi, per poi iniziare a correre per arrivare in classe: i professori erano molto più veloci di quanto si potesse immaginare a giungere nelle aule. Per fortuna entrambe arrivarono subito, la bionda si andò a sedere al primo banco: la sua classe era una delle più fresche, i raggi solari non giungevano mai in quell’aula e non serviva aprire le finestre, esse si affacciavano sulla piscina all’aperto che si trovava, giusto appunto, dietro al cortile. Veniva usata solamente verso fine scuola, quindi in primavera inoltrata e qualche volta verso maggio e aprile. Piano piano, la classe iniziò a riempirsi e vicino alla ragazza si sedette un ragazzo: era piuttosto alto, magro, i capelli castani e gli occhi argentei facevano contrasto con la sua pelle abbronzata.
- Ciao Emily - salutò il ragazzo sorridendole amichevolmente.
Emily ricambiò timidamente il sorriso, non perché le piacesse lui, ma perché era molto timida ed impacciata con i ragazzi. - Ciao Mark. Ti vedo di buon umore oggi. Potrei sapere il perché ? - domandò curiosa.
- Certo che puoi. Ebbene ho deciso che oggi chiederò a Isabelle di uscire con me - rispose Mark. Isabelle era una ragazza pettegola e amava farsi gli affari degli altri, i suoi genitori lavoravano con il padre di Emily ed erano disperati perché non sapevano come comportarsi con la loro prima ed unica figlia: era bassa, magra, con un corpo invidiabile, capelli neri lisci che le ricadevano sulla schiena, occhi color cioccolato fondente. Per quanto fosse bella fuori, il suo carattere la tradiva. Emily si perse nei propri pensieri, senza dar ascolto alle parole dell’amico, il quale le stava raccontando come fare a convincere quella “strega”, come la definivano Calipso e lei, ad uscire con lui. Il filo dei suoi pensieri venne rotto da una voce roca e fredda.
- Buongiorno ragazzi e ragazze - salutò. La bionda alzò lo sguardo e si trovò davanti una donna, sui cinquanta o sessant’anni, con i capelli ricci, corti e castani, il viso piuttosto scuro, pieno di rughe, gli occhi blu, di un blu acceso e profondo, gli occhiali rettangolari che le davano un’aria severa e glaciale, non era molto alta, arrivava si o no ad un metro e sessanta ed era tondetta. La donna lanciò un’ultima occhiata glaciale alla classe, prima di accomodarsi sulla sedia dietro alla cattedra.
- Mi scusi signora … - iniziò Mark
- Wood - concluse la donna con un tono freddo e distaccato. Mark sobbalzò e rabbrividì, leggermente spaventato.
- Mi scusi … ma la signorina Price dov’è ? - si azzardò a chiedere la ragazza. La professoressa la squadrò severa e sorrise beffarda mostrando dei denti mostruosamente storti.
- Aveva da fare - rispose - E non vi deve assolutamente interessare cosa è andata fare - si affrettò ad aggiungere, notando gli sguardi perplessi degli alunni. La lezione fu la peggiore a cui Emily avesse mai assistito. Furono le due ore più terrificanti della sua vita e la sua attenzione era rivolta ad altre cose, purtroppo la professoressa non la faceva ragionare e molto spesso era costretta a leggere ad alta voce brani d’italiano che non avevano mai fatto, il cui linguaggio non era per niente facile, dato che si trattavano soprattutto di brani scritti nel seicento o nel settecento. Fin qui bionda sopportò, ma il brutto arrivò più tardi, quasi vicino al suono della campanella che indicava l’inizio della ricreazione e perciò la fine della tortura; Emily leggeva il suo scritto alla classe quando la signora Wood la interruppe:- Questo testo è scritto malissimo - commentò acida. Emily rimase in silenzio, vicino alla cattedra, con gli occhi carichi di rancore, più che parlare piano, come faceva spesso la loro vera insegnante, la donna strillava e la cosa la fece arrossire. La donna prese il foglio della ragazza, lo strappò in mille pezzi e lo buttò nella spazzatura, schifata da quello che aveva appena letto.
« Ma … alla signorina Price era piaciuto » obiettò Mark leggendo lo sconforto e l’imbarazzo negli occhi dell’amica.
« TACIA » ordinò severa « La vostra professoressa non ne sa niente di queste cose. La vostra amica, la signorina Stunt non ha nessuna probabilità di diventare, in un futuro prossimo, una scrittrice ». Quelle parole colpirono la ragazza con la stessa forza di un pallone di basket in pieno viso. Le gambe iniziarono a tremarle e dovette sforzarsi di rimanere in piedi aveva una voglia matta di piangere, ma non poteva, anzi non voleva, farlo davanti a tutti. Si limitò ad abbassare la testa, a stringere i pugni e a mordersi il labbro inferiore per trattenere le lacrime. La signorina Wood si sarebbe arrabbiata se avesse visto come veniva trattata la sua alunna prediletta. Il suono della campanella fu quasi un miracolo che la salvò dall’aggiungere altro. Si voltò di scatto e fuggì via, in lacrime alla ricerca dell’amica Calipso: poi decise che appena le confidava cos’era successo, l’avrebbe anche convinta dell’esistenza delle sirene e del fatto che loro due fossero delle paladine della giustizia. Mentre era persa nei suoi pensieri, Emily andò a sbattere contro qualcuno e quasi cadde per terra. Alzò lo sguardo mortificata ed incontrò quello vivace della sua amica Calipso.
« Emi, ti cercavo … » iniziò la rossa, ma quando notò gli occhi rossi gonfi ed umidi dell’amica si bloccò e assunse un’aria preoccupata « Emi va tutto bene ? ». La bionda scosse la testa ed iniziò a singhiozzare disperata. Calipso cinse un braccio intorno alle spalle dell’amica e la portò nel parco, dove si sederono all’ombra di un albero.
« Allora cos’è successo ? » domandò la rossa all’amica.
« La signora Wood … la signora Wood … » iniziò scossa dai singhiozzi, la bionda.
« Sì ? Dai racconta Emi, non ti mangio » insistette l’altra.
« La signora Wood mi ha detto che non ho un futuro come scrittrice » e scoppiò in lacrime. L’altra ragazza rimase in silenzio e strinse la sua amica in un abbraccio caloroso. Odiava quando la vedeva piangere e lei sapeva benissimo quanto potesse essere crudele verso le più deboli quella donna. Sicuramente se l’era presa con la sua amica perché era troppo brava e non lo voleva ammettere. La conosceva fin troppo bene, l’aveva avuta come insegnante il secondo anno ed era stata la cosa peggiore del mondo.
« Non è vero! Sai benissimo, Emi, che sei la scrittrice più brava del mondo che io conosca. Su adesso smettila di piangere e sai che lo pensano tutti, non solo io » la consolò.
« Non è vero. Voi me lo dite solamente per farmi piacere. Non lo pensate veramente. Tutti quante mentite. La signora Wood ha ragione, io non sarò mai una scrittrice e … le sirene esistono e noi siamo le due paladine » ribatté gelida, si staccò dall’abbraccio dell’amica e corse via, verso la scuola.
« Emi, dai aspetta … » farfugliò la rossa allungando il braccio verso l’amica, ma ormai era troppo tardi. Lentamente si avviò verso la sua classe: era più piccola di quella di Emily e più calda, le pareti erano piene di poster e disegni fatti dai ragazzi. Le finestre si affacciavano sul parco e la ragazza non poté trattenersi dal notare che il cielo si stava rannuvolando “Speriamo che non piova” pensò sbuffando, andò a sedersi al suo banco e aspettò che la lezione iniziasse. Intanto si perse nei suoi pensieri, possibile che le sirene esistessero e che loro fossero le due paladine della giustizia ? Che Emily avesse ragione ? Quei dubbi la stavano assillando, avrebbe trovato risposta solo se fosse tornata al laghetto. Scosse la testa e notò con sua grande sorpresa che la lezione era già iniziata, senza farsi vedere prese la roba e si concentrò, doveva rimanere attenta, se no a fare i compiti ci avrebbe messo troppo. A fine lezione, uscì più velocemente che poteva, doveva incontrare Emily. Uscì nel parco ed osservò il cielo: il sole era stato nascosto dai nuvoloni scuri e minacciosi, Calipso non ebbe il tempo nemmeno di muovere un dito che nell’aria si diffuse una dolce brezza che le scompigliò dolcemente i capelli, seguita da un dolce pioggerella. Si guardò intorno e notò che Emily non c’era, prese la bici e si avviò verso la radura, sapeva che la sua amica si rifugiava lì quando era triste. Andò più velocemente che poteva, cercando di schivare buche, sassi e altre cose, perché se no sarebbe caduta. Entrò nella radura, le foglie degli alberi la ripararono dalla pioggia. Ad un tratto sentì un urlo, Calipso capì di chi era.
« EMILY » urlò mentre si avvicinava al laghetto. Frenò in due secondi e lasciò la bicicletta in mezzo alla strada, corse schizzandosi con l’acqua che impregnava l’erba. Scivolò sporcandosi di fango, ma quella che vide fu una scena terribile. Un gruppo di ragazzi aveva accerchiato la sua amica, la quale appena vide la rossa scattò in avanti, però uno di loro le bloccò, con le mani, i polsi.
« Lasciatemi » sibilò Emily dimenandosi inutilmente, mentre Calipso si alzava da terra dolente, la bionda venne colpita al fianco da un calcio di un altro del gruppo. La ragazza cadde a terra, senza fiato, pallida, mentre si contorceva dal dolore. Fu un attimo; la rossa scattò in avanti, i lampi verdi fecero la loro comparsa negli occhi della ragazza, gli occhi divennero neri, un altro ragazzo tentò di colpirle, ma uno scudo si creò difendendole. Calipso strinse il pugno e l’acqua del laghetto si alzò inondando i ragazzi, per poi tornare al suo posto.
« Via andiamo via » ordinò il più grosso e quando furono abbastanza lontani, dal laghetto comparvero le due sirene, le quali sorrisero.
« Ciao Kyra … cioè volevo dire Calipso » la salutò Violette.
« Esme … cioè Emily ti aveva avvertita. Tu sei Kyra la paladina dell’acqua e sei in grado di leggere nella mente, mentre Esme è la paladina dell’erba, la quale però sa prevedere il futuro » continuò Nicole. Emily rimase in silenzio e osservò l’amica: Calipso aveva gli occhi sgranati e la bocca spalancata dallo stupore.
« E’ impossibile » bofonchiò stupita.
« No, Cali. Niente è impossibile » ribatté sorridendo la sirena dai capelli viola.
La ragazza capì, la sua amica aveva sempre avuto ragione, loro erano delle paladine della giustizia e le sirene esistevano veramente

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Capitolo 4
*** 4°LA STORIA INFINITA ***


4°LA STORIA INFINITA

Calipso era a scuola come ogni mattina, in classe c’era la professoressa Garcìa di Algebra che interrogava, lei l’aveva già interrogazione così si estraniò dalla classe rivivendo mentalmente l’attacco del gruppo a Emily avvenuto nella mattina precedente per capire meglio il suo mutamento se così si poteva chiamare. Prese un foglio scrivendo in ordine le cose che si ricordava fossero accadute per esaminarle passo passo:

1- Emily piangendo mi raccontò della discussione con la sua professoressa di italiano.

2- Dopo le lezioni sono uscita da scuola in cerca di Emily ma non c’era così presi la bici e mi avviai verso la radura sapendo che Emily si rifugia sempre li quando è triste.

3- Arrivai e ad un tratto sentì l’urlo di Emily.

Così frenai subito e lasciai la bicicletta corsi ad aiutarla ma scivolai e vidi che un gruppo di ragazzi l’aveva accerchiata,

4- Emily appena mi vide scattò in avanti, però uno di loro le bloccò, con le mani, i polsi, mentre io mi alzavo, lei venne colpita e cadde a terra,

5- E li io.. non so come mai ma qualcosa è scattato dentro di me,mi lanciai in avanti e notai i miei occhi riflessi nell’acqua del lago cambiare di colore divenendo neri con dei lampi verde smeraldo “il lampo come negli occhi di mio padre, si appunto dietro il foglio pensandoci bene ”

6- Poi un ragazzo cercò di colpirmi ma emanai uno scudo difendendo me e Emily “che sciocchezza pensò..uno scudo”, ma continuò a scrivere.

7- Poi qualcosa mi diede la forza di mmh..quasi imprigionare l’acqua del lago nel mio pugno che dopo aver inondato i ragazzi ritornò nel lago.

8- Il gruppo andò via e poi comparvero dal lago le due sirene Nicole e Violette che mi confermarono il pensiero fisso di Emily cioè che noi fossimo le paladine che la legenda racconta e ci dissero anche che nella leggenda siamo Kyra&Esme non Calipso e Emily

9- Mi dissero anche di essere la paladina dell’acqua e che sono anche in grado di leggere nella mente mentre Emily/Esme è la paladina dell’erba, la quale però sa prevedere il futuro .

Nel frattempo la lezione finì Calipso prese i libri scendendo in cortile e si sedette con Emily a pranzo.

-Ehi Emi- disse sedendosi , -prima ero a lezione e mi annoiavo così ho stilato le cose che mi ricordo successe ieri ti risultano tutte?- disse passandole il foglio..

Emily notò un po’ di preoccupazione negli occhi della sua amica -Mmh si, devo dire che hai buona memoria amica- disse ridendo per cercare di far rilassare Calipso, ma lei proseguì dicendo:

-Bene, allora siccome mi ero posta delle domande..avevo pensato se ti va ora che finiamo il pranzo di andare nella piccola bottega lungo la strada per cercare qualche libro riguardante la leggenda, ti va?- disse guardandola..

-Okay- disse annuendo Emily, però continuò a pensare al viso di Calipso così serio che forse mai in tutta la sua vita l’aveva visto..Calipso era sempre sorridente, con la battuta pronta, sempre a cantare e a tirarti su se qualcosa non andava per il meglio..mentre ora era spenta, con la testa ad altro da quando l’aveva saputo..aveva saputo del suo futuro, e questo la preoccupava forse.

Arrivarono di fronte alla bottega fuori il tempo era cambiato, il cielo era grigio faceva freddo e pioveva. Tutto ciò che si riusciva a vedere attraverso la porta a vetri era un muro macchiato, entrarono, davanti a loro si apriva una stanza lunga e stretta che si perdeva verso il fondo nella penombra. Alle pareti c’erano scaffali che arrivavano fino al soffitto, zeppi di libri di ogni formato e dimensione. Sul pavimento stavano accatastati mucchi di volumoni, su alcune tavole erano ammassate montagne di libri più piccoli, rilegati in pelle e dal brillante taglio dorato. Da dietro un muro di libri, alto quanto un uomo, che si levava all’ estremità opposta della stanza, veniva il bagliore di una lampada. In quella luce si levava di tanto in tanto un anello di fumo che s’ingrandiva salendo per poi andare a dissolversi in alto, nel buio.

Pareva uno di quei segnali che usano gli indiani per mandarsi notizie da una montagna all’altra. Evidentemente laggiù c’era qualcuno e in effetti si udì ora una voce piuttosto brusca che dietro la parete di libri diceva:

-Dentro o fuori, ma chiuda la porta. C’è corrente.-

Emily ubbidì chiudendo piano la porta. Poi si accostò alla parete di libri e cauta getto un’occhiatina oltre l’angolo: lì, in una grande poltrona di cuoio consunto, stava seduto un ometto grosso e tarchiato. Indossava un vestito nero tutto spiegazzato che aveva l’aria di essere molto vecchio e piuttosto polveroso. La pancia era tenuta su da un panciotto a fiori. L’uomo aveva una bella pelata, solo sopra le orecchie si drizzavano verso l’alto due cespuglietti di capelli bianchi.

Aveva una faccia arrossata che faceva pensare al muso di uno bullo incattivito. Sul gran naso a patata troneggiavano chi occhiali cerchiati d’oro. Una gran pipa ricurva gli pendeva all’angolo della bocca che ricadeva tutta storta da una parte. Sulle ginocchia teneva un libro che evidentemente stava leggendo, perché, richiudendolo di colpo, aveva lasciato fra le pagine l’indice grasso della mano sinistra, come segnalibro, per così dire.

Ora con la destra si tolse gli occhiali e le osservò, strinse gli occhi, cosa che aumentò l’espressione malevola, e borbottò soltanto:

-Oh buon Dio del cielo- Poi riaprì il libro e riprese a leggere.

Calipso ed Emily non sapevano bene cosa fare, così restarono semplicemente lì senza muoversi, fissando l’uomo con grandi occhi spalancati.


Il tempo passò veloce da quando le due iniziarono a parlare con il bottegaio del libro che andavano cercando..improvvisamente con una gran vampata di calore, venne in mente ad Emily che sarebbero arrivate troppo tardi a cena, sicuro, certo, dovevano affrettarsi invece restarono impalate dov’erano; qualcosa le teneva inchiodate lì, ma non sapevano cosa. Emily cercò il viso di Calipso rendendosi conto che in tutto quel tempo li, Calipso aveva tenuto lo sguardo continuamente fisso sul libro che il bottegaio..il signor Peres aveva avuto in mano prima, quando sedeva in poltrona. Non riusciva a staccarne gli occhi. Era come se da quel libro fosse emanata qualche forza magnetica che la attirava irresistibilmente. Si avvicinò un po di più allungando la mano e toccò il libro, in quello stesso istante dentro di lei qualcosa fece -clic!- come se una trappola si fosse serrata. Calipso ebbe l’oscura sensazione che con quel breve contatto avesse avuto inizio qualcosa di irrevocabile. Sollevò il libro e lo osservò da tutte le parti. La copertina era di seta color rubino cupo e luccicava mentre la rigirava di qua e di là. Sfogliandolo fuggevolmente vide che i fogli erano stampati in due colori diversi. Illustrazioni pareva non ce ne fossero, ma in compenso vi erano meravigliosi capilettera figurati.

Quando tornò a osservare la copertina, ci scoprì sopra due sirene, una scura e l’altra chiara, che si congiungevano formando così un ovale. E in questo ovale c’era il titolo, in strani caratteri:


La Storia Infinita

Fissava il titolo del libro e si sentiva percorrere da vampate di caldo e di freddo. Questo, ecco, proprio questo era ciò che Emily le aveva cercato di spiegare nella radura vicino al lago, tutte quelle emozioni che ora provava anche lei forti. Doveva avere quel libro ad ogni costo!

Ad ogni costo? Era facile a dirsi! Anche se avesse potuto offrire tutti i soldi che aveva con se, quel poco gentile signor Peres le avrebbe sicuramente fatto delle domande sul perché della scelta di quel libro di preciso e lei non poteva raccontare nulla; non c’era alcuna soluzione, eppure sapeva che non sarebbe mai potuta andare via senza quel libro. Ad Emily venne un idea, distrarre il signor Peres e fare in modo che Calipso potesse prenderlo. E così fecero Emily chiamò da parte vicino a degli scaffali il bottegaio e iniziò a fargli delle domande riguardo ad un libro dalla copertina gialla fosforescente..Calipso era sola, e ancora prima di accorgersene si avvicinò prese il libro e lo nascose nella tracolla senza far rumore indietreggiò fino alla porta, premette cauta la maniglia e aspettò fuori un po’ distante Emily che uscì subito, solo allora cominciarono a correre. I quaderni, i libri di scuola, l’astuccio portapenne, tutto saltellava e ticchettava al ritmo dei loro passi. La pioggia cadeva sui loro visi, freddo ed umidità penetrava nel cappotto, ma non li sentivano. Avevano caldo, ma non per la corsa, andarono a casa di Calipso dovevano nascondere il libro in un posto sicuro, entrarono, nella cucina c’era Grace la mamma di Calipso che preparava la cena:

-Ciao tesoro-

-Ciao Emily- disse la donna sorridendo


-Ciaoo- salutarono le ragazze in coro, poi Calipso disse: Mamma, vero che può dormire qui Emily? Non abbiamo nulla da fare dai!!

-Va bene dai è concesso, ora vai a sistemare il letto e mi raccomando dormite- disse guardando Calipso -

le ragazze annuirono e andarono a preparare il letto per Emily appena finito però salirono su in soffitta con il libro, il luogo del nascondiglio era scelto.

La soffitta era grande e buia. Odorava di polvere e naftalina. All’infuori del tambureggiare leggero della pioggia sul tetto, non si sentiva volare una mosca, qui nessuno sarebbe venuto a cercarle, a poco a poco i loro occhi si abituarono alla penombra. Conosceva quella soffitta, circa sei mesi prima sua mamma l’aveva chiamata per farsi aiutare a trasportare una gran cesta di bucato,e in quell’occasione aveva visto dove veniva tenuta la chiave. Da allora non ci aveva più pensato, ma adesso le era tornato in mente giusto in tempo.

Per prima cosa doveva trovare un posto dove potersi sistemare comodamente dopo tutto sarebbero dovute rimanere per molto tempo, si guardarono un po’ attorno, nella soffitta c’era un po’ di tutto da un lato c’erano ammonticchiate alcune vecchie coperte che non usavano più ma che facevano al caso loro. Si alzarono entrambe a prenderle e una volta sistemate si sedettero avvolgendosi le coperte attorno alle spalle. Accanto a loro avevano le cartelle e il libro color rame, Emily lo prese guardandolo

-mi piacerebbe sapere- mormorò fra sé e d’improvviso si sentì avvolgere da un’ atmosfera quasi solenne. Guardò Calipso negli occhi, e aprì la prima pagina cominciando a leggere.

La Storia Infinita.





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