Il viaggio.

di SundayBloodySunday
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Svegliati, Jennifer. ***
Capitolo 2: *** May, 1930: Sir Peter ***
Capitolo 3: *** July, 1930: The Bird of Happiness ***



Capitolo 1
*** Svegliati, Jennifer. ***




Un fiore, un fiocco, qualcosa di insignificante.


Jennifer non aveva ancora appreso lo scopo del suo viaggio, ma lo sentiva come un dovere, un obbligo. "Devo andare all'orfanotrofio...devo tornare lì" pensava un pomeriggio, e intanto il suo viaggio era già cominciato: si trovava a bordo di uno strano dirigibile, della quale destinazione le era ignota. O almeno, lei pensava di non saperlo; ma era ben cosciente di dove stavano andando.
Jennifer in cuor suo non ha mai amato i bambini: aveva 19 anni ora, e li vedeva come dei sporchi e chiassosi bozzoli che dovevano ancora diventare delle persone. Erano anch'essi insignificanti per lei, eppure ne era circondata; aveva avuto modo di conoscerne alcuni: Diana, la Principessa volenterosa; Eleanor, la Principessa indifferente; Meg, la Principessa sapiente; ma le sembrava di conoscerle già, era come intrappolata in un deja vu che iniziava a diventare fastidioso.
All'inizio di ogni mese si trovava addormentata nella lavanderia del dirigibile, accanto a lei il suo amico Brown. Brown, una creatura sudicia, un cane. Questo era il pensiero di tutte le persone che la circondavano, ma non il suo...Brown era il suo unico amico, il suo compagno di viaggio, la sua unica speranza. Quasi non voleva portarlo con sè, era nel costante terrore che qualcosa di brutto potesse accadere al suo amico; ma lui continuava a premere il muso contro la sua guancia, sembrava sussurrarle dolcemente "Svegliati, Jen."
Jennifer era orfana da ormai molti anni, ma in quel momento era lieta che da qualche parte lontano da lei ci fosse qualcuno a temere per la sua sorte. Jennifer avrebbe voluto affidare Brown ad una famiglia di quelle felici che vedeva ridere nel parco, bambini che scorrazzavano accanto a cani di grossa taglia con un frisbee tra le morbide mani di bambino, mentre i genitori osservavano la scena sorridendo. "Che bel quadretto", pensava Jennifer.
Jennifer un mese prima aveva fatto la conoscenza degli Aristocratici della Rosa, bambini che si divertivano a fantasticare immaginando sè stessi come dei reali, l'orfanotrofio come la loro Reggia e magari il dirigibile come il loro aereo privato. Loro, tutto loro. Egoisti. Degli egoisti sotto le loro maschere di bambini indifesi.
Ora Jennifer odiava ancora di più i bambini. La loro società era fondata su un unico settore del dirigibile, la Guest Class. Si credevano importanti. Jennifer ricordava di quando ha dovuto dannarsi l'anima per cercare un paio di forbici arrugginite per liberare il suo amico; di quando ha dovuto scontrarsi con dei bambini mostruosi per una misera farfalla blu da donare agli Aristocratici. Neanche se la meritavano, quella farfalla. E nonostante tutto l'avevano umiliata, lì dentro. Avevano legato un topo ad un bastone, e Amanda, bambinona grassottella coi boccoli biondi, gliel'aveva strofinato sulla faccia. Bleah, al sol pensiero Jennifer rabbrividiva. Mostri.
I Mostri erano in tanti, dentro il loro stanzone illuminato qua e là da candele. Aveva riconosciuto Diana, Eleanor, Meg e Amanda; ma ce n'erano degli altri: Olivia, la piccola piagnucolona che aveva tentato di infilzarle la mano con una forchetta, cinque bambini e altre quattro ragazzine. Una di loro le aveva aperto la porta; aveva capelli biondi lunghi fino ai gomiti, tirati indietro da un cerchietto verde, era piuttosto alta e non sembrava molto contenta di ciò che faceva. Poi c'era una bambina che sembrava avere tra i 5 e 7 anni, piccola, i riccioli rossi raccolti in due treccine, che si succhiava il pollice nascosta dietro un bambino grassottello. E altre due bambine, una coi codini castani che rispondeva al nome di Susan e l'altra con coda di cavallo corvina e frangetta con uno strano tic all'occhio sinistro. Da quello che Jennifer aveva capito, le regine lì erano le bambine: i maschietti erano solo un contorno, li incontrava spesso nel dirigibile ma si rifiutavano di parlare con lei.
A Jennifer non andava neanche bene il fatto di essere minacciata di morte da quei bozzoli, ogni mese doveva portare al Gift Box qualsiasi cosa essi le chiedessero, però non voleva ribellarsi non per paura, ma perchè sentiva che si stava avvicinando sempre più alla verità.
Finalmente Jen si alzò in piedi e si diresse verso la Aristocrats Society con il suo fedele amico, per scoprire cosa avrebbe dovuto portare a quei marmocchi entro la fine del mese.

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Capitolo 2
*** May, 1930: Sir Peter ***



-May, 1930: Sir Peter-

"Emergenza! Sir Peter si è perso. Amanda e Jennifer, ritrovatelo!"
La scritta a caratteri cubitali traspariva terrore per la sorte del povero coniglietto bianco smarrito; ma a Jennifer sembrava solo una scusa per affidare altro lavoro ai "poveri" dell'Aristocrazia, ossia lei e Amanda: infatti, se veramente tenevano al coniglio, ognuna di loro si sarebbe fatta in quattro per cercarlo da sè, senza aspettare ansiosamente che gli venisse riportato da altre ragazze che sicuramente odiavano. Almeno, Jen avrebbe fatto così.
Ma Jennifer doveva rispettare gli ordini e le scadenze, così iniziò a cercare il coniglietto.
Prima tappa, la stiva. Non le avevano dato neanche un indizio, o qualcosa appartenente al coniglio; con Brown al suo fianco e un oggetto appartenuto a Peter, la ricerca sarebbe stata molto più semplice. Jennifer sentiva che gli indizi c'erano, ma quei bambini volevano vedere come se la cavava senza, erano sadici. Un mese prima l'avevano addirittura chiusa assieme ai bambini-mostri che aveva ucciso con fatica. A Jennifer ricordava tanto i tempi dell'antica Roma, quando i gladiatori venivano chiusi assieme ad una bestia feroce sotto gli occhi della gente che osservava divertita. L'unica differenza era che i bambini non tifavano per il gladiatore qui, ma per la bestia.
Jennifer guardava attentamente sotto ogni valigia, in ogni angolo, ma il coniglio lì non c'era. Sentiva ogni tanto le risatine dei bambini; erano tutti attorno a lei, si sentiva spiata, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine. Aveva l'impressione che quei bambini stessero aspettando la sua morte...
Jennifer escluse la stiva dalla lista e fece per allontanarsi, quando vide un batuffolo bianco zompettare verso il settore 8: lo inseguì fino alla Dressing Room ed entrò.
La Dressing Room era una stanza dalla forma rettangolare, con dei mobili con specchi inchiodati lungo il muro; non c'era un lampadario unico, ma solo delle piccole lampade dalla luce giallastra su ogni mobile. Ne era accesa solo una. Jennifer intravedeva una figura femminile nell'ombra, il profilo illuminato dal morbido riflesso della lampada, che piangeva silenziosamente.
Nonostante l'odio di Jennifer verso i bambini, in particolar modo quei bambini, le dispiacque vedere quella bambina piangere, anche perchè le sembrava di riconoscerla...
Le toccò la spalla, e la bambina si girò di scatto, sgranando gli occhioni marroni per guardare Jen negli occhi. "Oh, sei tu..." sussurrò rigirandosi. "Posso farti una domanda?" chiese gentilmente Jennifer sfiorandole ancora la spalla; era la prima domanda che le venne in mente, dato che voleva solo attirare l'attenzione della ragazzina, che girò le gambe attorno alla sedia e si voltò dalla sua parte, rannicchiandosi sulla sedia. Jennifer poteva vedere il viso rigato dalle lacrime che luccicava al chiarore della lampada il cui profilo rifletteva nello specchio, e i capelli biondi tirati all'indietro dal cerchietto verde...
E così Jennifer conobbe Clarissa, la Principessa gentile, che perse almeno un quarto d'ora per scusarsi con Jennifer per l'accaduto del mese scorso. In realtà aveva solo aperto la porta facendo cadere a terra Jennifer, che era già stata spinta da un bambino all'esterno; Jen non aveva alcun rancore verso di lei, anche perchè alla vista della sua umiliazione non aveva dato segni di divertimento come Diana, ma neanche di indifferenza come Eleanor. Sembrava invece molto preoccupata.
Finito di scusarsi, Clarissa riprese a guardare verso lo specchio; Jennifer notò qualcosa, nascosto sotto le braccia della ragazzina, che brillava. Guardò meglio e la figura si schiarì: era una palla di vetro, di quelle con l'acqua e la neve dentro, e all'interno aveva un pinguino con attorno al collo una sciarpa. La targhetta sotto la palla recitava la scritta: "Jennifer".
"Perchè c'è il mio nome su quella palla di vetro?" domandò subito, stupita. Clarissa si voltò appena per rispondere con un'altra domanda: "Non ti piace?" "No, solo che..." Clarissa la interruppe subito. "Se non ti piace ce ne sono delle altre nella mia stanza...se vuoi ti ci porto, è vicino al primo corridoio passeggeri" disse, e le porse la palla, scuotendola per far innalzare il velo di neve e brillantini. "L'ho fatta io..." "E' molto bella, Clarissa" la tranquillizzò Jennifer prendendo la palla e infilandosela in tasca per non offendere la bambina. In effetti era molto carina, la ragazzina aveva talento, ma Jennifer aveva già troppi oggetti nelle tasche...
Fece per andarsene, ma non appena ebbe sfiorato il pomello della porta le sorse spontanea una domanda, che le sembrò strano non averle fatto prima. "Ehm...Clarissa? Posso chiederti perchè stavi piangendo prima?" Lei si alzò dalla sedia, sistemandosi la gonnellina verde abete e rialzandosi i calzini bianchi, mentre si passava velocemente un braccio sugli occhi a strofinar via le lacrime, e mugolò: "Perchè Sir Peter si è smarrito...ho tanta paura per lui, potrebbe finire schiacciato da qualcosa!" Poi si avvicinò a Jennifer e prese le sue mani tra le proprie. "Mi prometti che lo troverai, Jennifer?" La ragazza annuì.
"Aspetta Jen, voglio darti una cosa" si affrettò a dire Clarissa, tornando al mobile con la sedia sulla quale era seduta fino a poco prima, e aprendo un cassetto per iniziare a frugarci dentro nervosamente. Tornò con un sacchetto tra le mani, porgendoglielo. "Ecco, con questo puoi trovarlo più velocemente. C'è la segatura della gabbietta di Sir Peter, il tuo amico può fiutarla per arrivare a lui" spiegò indicando Brown, che avvicinò il muso al sacchetto. Jennifer lo prese, sorrise alla bambina ed uscì dalla Dressing Room, non abbastanza velocemente da non sentire le parole sussurrate da Clarissa: "Promettimi che torneremo amiche" Jennifer si voltò di scatto verso la porta, ma Clarissa la richiuse sbattendola. Ora che ci pensava, il volto di Clarissa le suonava parecchio familiare...
Seguendo le istruzioni della ragazzina, fece fiutare il sacchetto a Brown. L'animale drizzò le orecchie, doveva aver già trovato una scia; Jennifer iniziò a seguirlo. Intanto, pensava; e le sembrava strano quello che le era appena successo. Perchè Clarissa l'aveva aiutata? Perchè quel volto era così dannatamente familiare? Arrivarono al bagno degli uomini e Jennifer ebbe un sussulto. Non era abituata ad entrare in quel posto...ma mise da parte l'imbarazzo, in quella situazione assolutamente ridicolo, ed entrò.
Nel bagno degli uomini c'era il totale silenzio, a parte quello sgocciolio che sembrava scandire i secondi mettendo ansia alla ragazza. Brown si fermò davanti ad una porta, iniziando ad abbaiare rumorosamente; Jennifer aprì la porta piano, lasciando che il suo cigolio abbracciasse lo sgocciolio per dar forma ad un sottofondo ancora più inquietante. Jennifer aveva paura, anche se aveva con sè un coltello da cucina; sul dirigibile si era sempre arrangiata prendendo qualsiasi cosa avrebbe potuto far del male: dalla forchetta da dessert al tubo di ferro fino al coltello da cucina.
Uno di quei bambini con il volto deforme, che venivano chiamati anche Imps, saltò fuori dalla cabina urlando; Jennifer, col cuore che batteva a mille per lo spavento, gli assestò due colpi di lama al petto e il mostriciattolo soccombè sul pavimento perdendo una grossa quantità di sangue. Jennifer si appoggiò al muro e si portò una mano sul cuore, respirando a fondo per calmarsi.
Con la coda dell'occhio notò che Sir Peter era appena sgattaiolato via...un'altra volta, infatti Brown grattava con le zampe sulla porta. Ricominciarono a rincorrere il coniglietto, lasciando il settore 8, poi il 7, fino ad arrivare ad una grande stanza con il pavimento di grate e una grossa turbina al centro; altri Imps armati di scopa stavano battendo un sacco macchiato di sangue: chissà cosa c'era lì dentro? Se perdeva sangue era una creatura vivente...fino a poco prima. Jennifer si portò una mano alla bocca per trattenere il conato di vomito improvviso, non ce la faceva più a sopportare tutte le violenze che solo lì dentro l'avevano resa spettatrice. Gli Imps avevano finito: con le scope ripulirono il sangue da terra, dalla parte di quella stanza vicino la porta, dove alcune tegole di legno sostenevano il pavimento, tralasciando comunque delle strisce asciutte; poi fuggirono via. Jennifer si avvicinò al sacco insanguinato spaventata, e fece per aprirlo quando dei passi rumorosi dietro di lei, come di qualcuno che si trascina, la fecero scattare terrorizzata. "Jennif-er? Bambina cattiva...dove sei? Jenny?" La voce roca di un uomo la chiamava. "Vieni qui...disgraziata"
Le si presentò un uomo sulla cinquantina, con dei legacci annodati sul viso e sul corpo ed un solo braccio libero che agitava un pesante manganello.
Le si avvicinò zoppicando e incespicando, e Jennifer era impietrita dalla paura. Ma ricordò il motivo per il quale lei era lì...e non doveva darla vinta a quei bambini, assolutamente. Prese le redini della situazione, con una forza di volontà che lei stessa non sapeva di possedere; con il coltello tra le mani, lo colpì ripetutamente sul petto e sul collo.
Quasi le sembrava di non esistere più, sembrava un automa: l'unica cosa che faceva era colpire e cercare di evitare i suoi attacchi.
Fu scagliata a terra più volte, ma con il dolore al ventre provocato da uno dei colpi del preside dell'orfanotrofio continuò ad attaccare, seppur più lentamente. Aveva detto a Brown di star lontano dal "campo di battaglia", dove per lui non c'era pericolo...l'avrebbe protetto fino alla fine. Quel Labrador Retriever era la sua unica ragione di vita, seppur considerato "sporco animale" dalla gente ignorante. Quell'animale era entrato nella sua vita come un raggio di luce, e guai a chiunque avesse anche cercato di fargli del male.
Jennifer non aveva neanche sentito il tempo passare; Hoffman si accasciò al suolo, la sfortunata ragazza raccolse il sacco intriso di sangue e richiamò Brown correndo alla Aristocrats Society. Doveva raggiungere un luogo sicuro...anche se in quel posto non c'era nulla di sicuro. Hoffman avrebbe potuto raggiungerla...ma Jennifer non se ne curò. Non riusciva ad immaginare quel vecchio che la picchiava davanti ai bambini...
Arrivò davanti al Gift Box quando il sacco si mosse. Si mosse, e cadde a terra, aprendosi. Ne uscì il tanto ricercato Sir Peter, il coniglio era in ottima salute, il pelo bianco sembrava esser stato spazzolato a lungo, ma allora cosa stavano picchiando gli Imps? Perchè il coniglio non aveva neanche un graffio?
"Sir Peter!" squittì una vocina infantile. Una bimba riccioluta lo prese in braccio accarezzandolo e lo portò dentro, sbattendo la porta davanti ad una confusa Jennifer. Amanda le arrivò dietro, facendola sussultare. "Jennifer, abbiamo trovato Peter! Siamo una squadra perfetta, non trovi?" Jennifer aggrottò le sopracciglia. "Ma se ho fatto tutto io..." pensò stizzita.
La porta si aprì, invitando entrambe ad entrare.
Dentro si stava svolgendo un rituale; le bambine avevano legato il sacco insanguinato ad una fune, innalzandolo. Stavano pregando...invocavano un certo Stray Dog. Anche questo nome era familiare...
La competizione l'aveva vinta Jennifer; Meg lesse ad alta voce un messaggio dalla Principessa della Rosa, che informava la sfortunata ragazza di essere stata promossa, e di dover strofinare un topo morto sulla guancia dell'avversaria Amanda. Diana e le altre la incitavano battendo le mani; a Jennifer stessa tenere quel bastone con un topo pieno di vermi all'estremità faceva ribrezzo, ma almeno aveva ricevuto un trattamento migliore...il mese prima le era toccata sì la stessa sorte, ma con un topo vivo, che non aveva neanche cercato di morderla. Si avvicinò ad Amanda tenendo quel bastone incerta e disgustata, ma Diana la costrinse a velocizzare il tutto spingendola con un calcio e finalmente Jennifer si decise ad accettare quel gioco ingiusto.
Avevano avuto la stessa reazione: Amanda era svenuta al contatto col topo, Jennifer era svenuta dopo aver abbassato il bastone.

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Capitolo 3
*** July, 1930: The Bird of Happiness ***


-July, 1930: The Bird of Happiness-

Jennifer si svegliò nella Aristocrats Lounge, proprio dove era svenuta il mese precedente. La stanza era come sempre buia, illuminata solo da una grossa quantità di candele messe in fila fino all'impalcatura dove ora un bambino era seduto, osservando la ragazza. "Buongiorno, Jennifer" sospirò chinandosi verso di lei. Jennifer si rialzò lentamente, guardandosi intorno. Davanti a sè, solo la solita impalcatura formata da un ammasso di sedie e tavolini coperti da tovaglie eleganti, ma questa volta tre nuovi tavolini nudi erano disposti davanti a lei, ognuno dei tre con un libro poggiato sopra. "Scegli, Jennifer. Leggi una nuova storia" ordinò il bambino dai capelli castani in cima alla "torre".
Se si fosse trattato di un normale gioco di bambino, Jennifer l'avrebbe mandato al diavolo; però lei desiderava capire perchè...non le piaceva pensare alla sua infanzia, ricordare...
Jennifer avanzò fino al primo tavolino e allungò la mano timidamente. Il libro recitava la scritta "The Bird of Happiness".

The Bird of Happiness

Una volta, una bambina trovò una grande scatola,
dentro c'era l'uccellino della felicità.
L'uccellino l'avrebbe portata nel Paese Eterno,
o almeno così lei sperava.
Ogni scatola era più piccola della precedente.
In un angusto, oscuro spazio,
la bambina finalmente trovò il suo piccolo uccellino,
ma lui era troppo piccolo
ed era troppo tardi.
L'uccellino era morto da tempo,
aveva incontrato un destino insanguinato.



L'ultima pagina era stata strappata.

Jennifer si risvegliò nel Salone della Aristocrats Society, accanto alla sfortunata ragazza c'era la Principessa Inerte, vestita solo con una camicia da notte bianca, che percuoteva con un bastoncino una gabbietta per uccellini vuota. Eleanor le parlò: "Hai mai trovato quello che cercavi? Qualcosa a te caro...?"
La Principessa Inerte parlò così, dopo uscì dalla stanza portando con sè la gabbietta e lasciando Jennifer in confusione.
C'era un altro Cavaliere, lì dentro; un paio di mazzi di scopa messi a formare una croce, un secchio sul capo, uno scialle sulle spalle di legno. E quella lavagnetta sotto. Jennifer per qualche motivo sapeva che le sarebbe stata utile, che avrebbe dovuto scriverci. Però non sapeva ancora cosa di preciso, sperava di arrivare alla verità; ma era solo una povera sfortunata ragazza, e chissà se la Fortuna sarebbe mai stata dalla sua parte!
A volte aveva pensato a Brown come ad un Cavaliere che l'avrebbe sempre protetta, le piaceva pensare a lui come ad un Principe...ogni Principessa ha il suo Principe.
Dopo essere uscita dal Salone, sempre assieme al suo Fedele Amico, udì le voci di Diana e Meg che parlavano di fronte al Gift Box. "Dono del mese: l'uccellino della felicità". Jennifer si appiattì alla parete, cercando di ascoltare, dopo aver fatto segno a Brown di non emettere fiato. Ma riuscì a sentire ben poco della conversazione; le ragazzine si congedarono con un "Vediamoci nel nostro Posto Speciale", lasciando forse appositamente una piuma rossa a terra, correndo via.

La piuma era una vera e propria traccia, ma anche girando normalmente nel terzo corridoio passeggeri Jennifer non avrebbe potuto non notare la grossa quantità di piume rosse che cadevano dal soffitto; la ragazza non poteva credere ai suoi occhi.
Brown già si crogiolava tra le piume, cercava di acchiapparle con la zampa, abbaiava rivolto al soffitto.
Sul muro, tanti disegnini che rappresentavano uccelli rossi fatti col pastello; Jennifer guardò bene e vide che le piume a terra formavano un sentiero che supplicava di essere seguito. Così, la ragazza ed il cane iniziarono a camminare tra le piume rosse che continuavano a cadere senza una provenienza precisa.

Dopo esser finiti nel bagno delle donne, ed aver ascoltato di soppiatto una conversazione di Diana e Meg in cui prendevano in giro qualcuno (Jennifer forse?) nel gabinetto affianco stringendo Brown, Jennifer riuscì ad avere un piccolo dialogo con le due ragazzine. Diana, che la vide uscire dal bagno dopo di loro, la rimproverò: "Intercettazioni eh, Jennifer? Che cattiva ragazza"
Jennifer aveva perso il conto delle volte in cui era stata chiamata "Cattiva ragazza" e "Sporca disgraziata" in quel posto. Chissà cosa voleva dire? Cos'aveva fatto per meritarsi tale nomina?
Meg continuò con un'espressione comprensiva. "So cosa stai facendo...stai cercando l'uccellino della felicità, no? E' in una stanza qui vicino...però non ne ricordo il numero" Diana terminò la frase. "L'uccellino morirà se non ti sbrighi...e questo farà piangere Eleanor." Meg la guardò ridacchiando. "Io penso che sarà furiosa" Diana si voltò verso di lei, inarcando un sopracciglio. "Io credo proprio che piangerà. Facciamo una scommessa, allora?" Meg le strinse la mano, ridendo, e insieme corsero via.

Quelle bambine erano possedute dal Diavolo. Jennifer ne era certa.
Dopo aver cercato disperatamente per due ore indizi, pezzi di carta, numeri da far fiutare al suo Amico, arrivando a combattere con strane creature che parevano proprio degli uccelli-giocattolo di legno, aver dovuto parlare con Susan (era una bambina strana; stava in piedi su una sedia di fronte ad una rampa di scale che agitava le braccia mimando il volo di un uccello, aveva detto a Jennifer "Perchè l'uccellino non vuole volare per me? Vai via, vai via!"), aver aperto una serie di scatole protette da codici ed aver finalmente trovato l'uccellino...era lì, avvolto nel vestitino di Eleanor, nella scatola più piccola della serie, tutto coperto di sangue. Jennifer tese le mani per stringere tra le braccia la creaturina ormai senza vita, ma un rumore metallico la fece voltare. Di fronte alla porta della Room 26 c'era Eleanor, con la sua gabbietta in mano, che si guardava attorno in cerca del suo uccellino. "Non sono stata io!" gemette la sfortunata ragazza porgendogli l'esserino avvolto nel vestito della Principessa Inerte come una coperta. Jennifer temette l'ira della ragazzina, che invece prese il panno e, senza proferir parola, avanzò nel corridoio; la ragazza ed il suo Amico la seguirono: arrivarono al Gift Box ed Eleanor estrasse l'uccellino rosso dal panno, tenendolo per la coda. Jennifer potè guardarlo bene: giaceva immobile e patetico come un giocattolo, un giocattolo insanguinato. Non era una morte naturale la sua...Jennifer era stata abbastanza veloce, nello scovarlo...qualcosa non andava, Jen ne era sicura. Intanto Eleanor aprì lo sportellino della Cassetta dei Doni e gettò l'uccellino con apparente noncuranza, poi se ne andò. Invece Jennifer restò lì, ancora immobilizzata, continuando a fissare la porta dove Eleanor era sparita.
E fu allora che i suoi dubbi si rivelarono: da un angolo della porta spuntarono le teste di Diana e Meg, che sorrisero. "Piaciuto lo scherzetto? Ora Eleanor ti odierà per sempre!" ridacchiò Diana. "Si, andrà fuori di testa per questo!" dichiarò Meg sogghignando e alzandosi gli occhiali.

Jennifer si risvegliò nel Salone della Aristocrats Society come prima, ma ora era sola con Brown. Sul divano c'era un foglio strappato accanto ad una piuma rossa: Jennifer lo prese. Diceva:

La morale: Felicità Eterna


Everlasting happiness. Jennifer capì al volo: prese il libro "The Bird of Happiness" e mise l'ultima pagina al suo posto.
Poi guardò la lavagnetta sotto il Cavaliere, e sorrise. Aveva capito cosa scriverci; o almeno, una cosa che avrebbe dovuto scrivere subito e che l'avrebbe aiutata a capire. Era la promessa che aveva fatto ad un caro amico. L'esperienza di quel mese le era stata d'aiuto nel ricordare.
Si chinò a scrivere sulla lavagnetta:

everlasting.


Eternamente. Jennifer stava lentamente arrivando alla Promessa.

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