Carta Bruciata. di Lara Rye (/viewuser.php?uid=53340)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro. ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
CB Prologo.
Carta
Bruciata.
Prologo.
«Del
tuo fuoco mi brucerò, con fretta e forza senza lasciare
nient'altro
che il marcio dolore ma questo non è sicuramente un motivo
per
allontanarsi da quel calore meraviglioso e penetrante, pericoloso
eppure attraente perché finché vivrò
di esso ovvero di te, saprò
di vivere.»
{ Eleein
/ Damien }
Tutte
le ragazze che avevo avuto fino a quel momento odoravano di pesca o
al massimo di rosa, insomma di quei profumi leggeri e piacevoli, che
sapevano tanto di buono e di qualcosa di estremamente delicato e
puro, anche se alla fine esso rimaneva solamente sulla pelle e non
penetrando quell'animo gelido eppure lei, Eleein, non sapeva nessuna
di quelle cose ma bensì di qualcosa di più
particolare e di meno
amabile.
Eleein
McIdars sapeva di carta bruciata.
Eley
non fu la persona che amai di più, a cui chiesi di restare
con me
per tutta la vita perché neppure nel pieno
dell'innamoramento per
lei ero certo di volerla con me ogni giorno, la mattina e la notte,
anno dopo anno, portarla all'altare ed avere qualche bambino
soprattutto perché ogni istante con lei era difficile,
sconfortante
e di un intensità a volte troppo densa da riuscire a
resistere,
senza il desiderio di scappare e di andare il più lontano
possibile
da quella minuta eppure potente donna.
Di
tutte le donne della mia vita, però, Eleein fu l'unica che
mi fece
rendere conto di chi fossi e per cosa ero disposto a vivere. Mi
cambio la vita radicalmente, senza dire niente di che, ma agendo ogni
giorno per i quattro anni in cui stemmo insieme.
Golden Gate Bridge, Sette Dicembre 2000, Ore 2:28
«Fino al 1995 la quota dei suicidi su questo ponte
è arrivato a mille persone. Mille uomini o donne o
adolescenti si sono buttati da questo ponte, balzando per soli ed
ultimi quattro secondi, percorrendo quel salto di sessantasette metri.
Ci pensi, Damien?» Eravamo soli da mezz'ora su quel ponte
e fino a quel momento Eleein era stata in silenzio ad osservare il
Golden Gate ovvero lo stretto su cui passa quel ponte color arancio su
cui ci trovavamo. Guardava l'acqua espandersi sugli scogli della baia
di S. Francisco, invaderli e sovrastarli mentre accarezzava lentamente
il metallo di una delle due torri.
«Ne sei attratta, Eley?»
«Terribilmente.
Quando sto male vengo sempre qua. Il Golden Gate Bridge è
parte della mia storia, della mia vita, del mio passato e del mio
futuro. è bene che tu sappia questo, Damien.»
Osservai il suo viso con attenzione, illuminato dal bagliore della
luna. I suoi occhi verdi erano totalmente aperti come se fossero pronti
per ammirare tutte le bellezze del mondo e i suoi capelli castani,
tirati su da una piccola molletta, lasciavano cadere talvolta qualche
ciuffo ribelle. Eleein era presente.
«Parte della tua
vita?»
«Quando avevo cinque anni mio padre mi
portò su questo ponte, proprio il sette dicembre ovvero il
giorno del mio compleanno. Mi fece uscire dalla nostra macchina di
lusso: era una Ferrari rossa,
molto bella. Poi mi portò sulla trave, a guardare l'acqua e
lì mi parlo di una donna in cui nome era Jocelyne Sarah
Bishop McIdars, mia madre. Mi racconto dei suoi sogni, delle sue
passioni, dei primi quattro anni con Brayden, mio fratello e della mia
nascita, di ogni che mi aveva dato. Sai, Damien, ho quattro nomi. Mi
chiamo Savannah Olive Eleein Leah. SOEL.
Soel era il nome di mia nonna, morta quando mia madre aveva sette anni.
Mio padre mi raccontò di quello che successe al mio sesto
mese d'età. Joey, così lui la chiamava, venne
qua, su questo ponte e dopo tre ore si buttò. Un anno dopo
trovarono una lettera sotto il suo sedile: era per me. Non
riuscìì mai ad aprire quella lettera. Dopo
vent'anni non l'ho ancora aperta ma la porto sempre con me per
ricordarmi quanto odio Joey, quella che doveva essere mia madre, quella
che mi lascio a soli sei mesi. Non la ricordo. Tutti mi dicono che
assomiglio a lei, che sono la sua copia esatta: stessi capelli color
cioccolato fondente, stessi grandi occhi smeraldo, lo stesso portamento
e a quanto parte la stessa ossessione per questo ponte. Lei mi chiama
sempre Savih, ero la sua Savannah ed è per questo che
ripudio il mio primo nome. Non sarò mai più
Savannah.»
«Oggi è il tuo compleanno.»
Eley mi
guardò per qualche minuto, poi scoppiò a ridere
fragorosamente. «Ti porto qua al nostro primo
appuntamento, ti racconto la storia tragica della mia vita e l'unica
cosa che dici è che è il mio compleanno? Ma tu
chi diavolo sei?»
Le sorrisi, prendendo la bottiglia di scotch che
avevo nascosto nel SUV.
«Sono uno
che rispetta le storie El. Sono uno che ascolta e spesso non giudica e
soprattutto sono uno che rispetta il passato e che crede che il giorno
del proprio compleanno sia il giorno in cui bisogna bere e dimenticarsi
quanto cazzo faccio schifo il mondo. E cazzo Eley, sei bella e io non
sarò un principe e forse nemmeno l'uomo per te, ma sono un
uomo che vuole stare sdraiato su 'sto ponte con una bottiglia di scotch
in mano a sentire mille storie sulla bellissima, complicata e
particolare Savannah Olive Eleein Leah McIdars.»
Eley si avvicinò a me muovendo delicatamente i fianchi in
quel piccolo vestito di seta rossa e lasciando cadere i suoi lunghi e
mossi capelli castani, prendendo poi la bottiglia di scotch dalle mie
mani.
...
Questa storia è solo un unizio, uno che non so neppure se
avrà un seguito. Voglio solo a vedere come va a finire.
Non pretendo nulla da questa Originale, anche perchè non
scrivo seriamente da tanto tempo e non se più neppure se
sono ancora una scrittrice. Spero che vi piaccia e che vi trasmetta un
qualcosa.
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Capitolo 2 *** Capitolo Uno. ***
CB capitolo due.
Carta
Bruciata.
Capitolo Uno.
«Un
caffè?»
Eleein -quando mi svegliai qualche giorno dopo il nostro ultimo
incontro- era appoggiata sul mio letto con un enorme bicchiere di
caffè. Appena aprì gli occhi non mi accorsi
neanche di averla accanto, forse per il fatto di avere un estraneo
dentro casa.
«Cazzo, El! Come hai
fatto ad entrare?»
Si alzò lentamente lasciando adattanare la sua gonna nera
attillata lungo le perfette e bianche gambe, mentre camminava a volte
barcollando su quei alti tacchi di vernice argentea. Era perfetta in
ogni dettaglio e in quel tailleur grigio fumo era ancora più
bella di quanto non fosse mai stata.
I piccoli occhiali con la montatura quadrata ed azzurra erano
appoggiati sul piccolo nasino, dandole un eleganza inequiparabile.«Hey cos'è
tutta questa eleganza?»
«Riunione noiosissima: azioni,
soldi, altre azioni ed altre soldi e metodi per fottere la gente povera
bisognosa di un lavoro.»
«Povera ricca
amministratrice capo di un azienda multimilionaria. Dura la
vita, eh?»
«Stronzo.» Disse,
storcendo le labbra e mordendosi per sbaglio la lingua, emettendo un
verso strano. Mi avvicinai a lei, prendendola cautamente tra
le braccia e quardandola in quel paio d'occhi rari, di un colore
assolutamente prezioso ed unico. I capelli poi le caddero
sinuosamente, mossi dal vento proveniente dalla finestra aperta,
facendo cadere i boccoli, prima raccolti senza cura, sulle
spalle scoperte. Raccolsi un boccolo e lo avvolsi
intorno al mio dito, iniziando a giocarci. «Ti sei fatta male?»
Mi sorrise leggermente,
probabilmente stupita dalla mia preoccupazione.
«Non ti preoccupare,
Damie.»
Passai minuti ad osservarla, senza stancarmi.
Ero uscito con parecchie modelle amiche di Luis, mio fratellastro, e
quasi tutte arrivavano all'apice della bellezza esteriore ma in
ventitrè anni non avevo mai visto nessuna come lei. Sulle
guancie sovrastava un piccolo rossore naturale, che la rendevano
imbarazzata anche quando non lo era e sopra il labbro superiore, sempre
laccato da un rossetto rosso, aveva un piccolissimo neo che
cresceva la sua già notevole
sensualità. Ogni particolare di lei mi attraeva come nessuna
prima d'ora. Sarei potuto stare ore ad osservarla, senza dirle nulla o
starla ad ascoltare per giorni interi, anche se parlasse delle cose
più stupide o banali.
Era perfetta: la volevo mia ed ero sicuro che sarei riuscita a renderla
tale.
«Damie, vestiti che
andiamo.»
La guardai sorpreso, come se
avesse appena parlato in una lingua antica. «Andiamo dove?»
«Ma tu devi sapere proprio
tutto? Muoviti!»
Un quarto dopo d'ora eravamo
sulla sua Ferrari gialla, mentre andavamo in un luogo sconosciuto,
con il vento che vibrava fra i suoi capelli simili a seta e
che spostava i miei Rayban, facendomi notevolmente irritare.
«Mi vuoi dire dove
andiamo, El?»
«Ma sai cos'è la
pazienza? La fiducia?» Storse le labbra, irrigidì
il naso e chiuse leggermente gli occhi. Capìì
subito che quello era il suo modo di impazientirsi, irrigendo la sua
natura e il suo stesso corpo.
«Sono con una
McIdars, in una macchina italiana che non potrò mai
permettermi con cinquant'anni di stipendio e non ho la minima idea di
dove stiamo andando!»
Sbuffò, girando di botto il volante. «Ecco l'inconveniente di uscire
con una appartenente alla più ricca famiglia di San
Francisco!» Accostò in un piccolo angolo, vicino
ad un grande campo pieno di abeti e scese, sbattendo violentemente la
portiera. La rincorsi subito, fermandola.
«Io non voglio essere
una McIdars, mi capisci? Non voglio una stupida Ferrari, miliardi su
miliardi, una stupida impresa multimilionaria che odio intensamente,
senza poter essere chi sono! Vuoi uscire con una cazzo di McIdars? Ho
quattordici cugine, tre sorellastre e qualche nipote, tutte fottute
aspiranti alla mia vita di merda! Io voglio conoscere te
perchè in quella nostra notte sono stata bene, bene davvero,
dopo troppi mesi e pensavo che quel tuo discorso fosse per qualcosa di
serio. Non stai guardando una McIdars, stai guardando me! Quando
m'incazzo -e ora, credimi lo sono- mi nasce un buffetto sulla
guancia, come se stessi ridendo eppure sono nera! Questo è
di Eleein, solo mio. Non è una cosa che hanno i McIdars, ma
è qualcosa solo di mio che non condivido con nessuno. »
Si allontanava sempre di più da me, mentre io cercavo di
avvicinarmi il più possibile. L'avevo ferita con un niente e
quello fu il momento in cui capìì che era fatta
di porcellana, facilmente distruggibile.
Mi sentivo in dovere di proteggerla, di accoglierla e di non lasciarla
mai più andare. Riuscìì a raggiungerla
e a fermarla per un secondo, spingendola verso le mie braccia. La
sentìì lasciarsi andare, accolta dai miei muscoli
come se fosse sicura della mia protezione, come se volesse dirmi "ok".
«Mi dispiace. El,
ascoltami, ascoltami. Sono qua per conoscere te, per vederti sorridere
e passare giornate insieme, sapendo che potrò vedere ancora
quel buffetto sulla guancia colma di quel rossore che, ehi, ti rende
incredibilmente sexy..» La
sentìì sorridere. «..e voglio sentire
ancora i tuoi boccoli sulla mia spalla, sulla mia pelle.»
Le presi la mano e la racchiusi
delicatamente nella mia, stringendola forte ma cercando allo stesso
tempo di non farle male. Quella sensazione di unione con lei era
semplicemente imperfetta eppure diversa da ogni emozione sentita prima,
con o senza lei. La sentivo presente.
Eleein era con me, accanto a me. Percepivo la sua pelle, il suo strano
odore, la sua fragilità e la sua ingenuità. La
percepivo come lei era semplicemente, senza maschere o ponti, senza
finzione o imbarazzo.
«Ho esagerato. Non..
Non dovevo.»
«Non scusarti.» Le
sussurrai, accarezzandole i capelli. Restammo abbracciati per una
trentina di minuti, finchè la sentìì
di nuovo se stessa, calma, pronta a ricominciare a sorridere.
«..Se vuoi ci
possiamo ancora andare, Damien.»
«Cosa aspettiamo,
allora?»
....
Spero di non avervi deluso con questo capitolo. So che talvolta sono
scesa un pò nel banale però a me piace.
Dopo tanto tempo sento mia una storia, i personaggi e spero davvero che
vi piaccia anche questo capitolo.
Grazie a sciona, sono contenta
che ti piaccia e spero che sia lo stesso anche per questo capitolo.
E Fedeee! Ma non eri in Irlanda? O.o Scusa se non ti ho più
risp alla mail ma pensavo fossi partita. Davvero ti piace? Si, lo so..
è scritta piuttosto male ma sto cercando di ricominciare..
anche se temo che non riuscirò mai ad arrivare ai livelli di
emozioni di Andreas. Comunque felicissima che ti piaccia, davvero.
Spero di non averti delusa con questo cap.
..Lara.
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Capitolo 3 *** Capitolo Due. ***
Carta Bruciata.
Capitolo
Due.
«Io
vivo. Ogni volta che vengo qua è come se entrassi nel mondo
vero,
allontanandomi dall'insieme di menzogne. Entro in quell'unico posto
che considero casa mia ovvero questo casale e prendo un pennello in
mano. Su ogni tela bianca ce una storia che poi noi dipiangiamo.
I
colori sono la cosa più bella del mondo. Immaginati un
quadro bianco
e nero o un viso. Immaginati un mondo non dipinto, come vedere il
Golden Gate nero, senza quell'eccentricità dell'arancio che
brilla
su tutta San Francisco. Forse non sarebbe nemmeno così bello
e probabilmente non avrebbe neanche un senso.»
Quella
stanza assomigliava ad una galleria d'arte, colma di bellezze
straordinarie che parlavano di Eleein. Passavo per quel corridoio
meravigliandomi di chi avessi a volte davanti, altre accanto, altre
ancora insieme a me. Ogni tela dipinta era come una storia scritta e
raccontata nei minimi dettagli da quella ragazza, piena di amore,
gratitudine e allo stesso tempo di tensione, lesioni interne e flebili,
sbucciature e fermezza. Erano allo stesso tempo pieni delicatezza e
decisione,come se il tempo non potesse cambiare nulla di quel racconto
imperfetto.Improvvisamente mi fermaì, notando un quadro
diverso da ogni altro, sia per la pennellata, sia per ogni altra
caratteristica.
«..Questo
è diverso.»
Elley
mi guardò, sgranando gli occhi, sorpresa dal mio
accorgimento. Riguardai quel quadro e ne rimasi in qualche modo
colpito, osservando ogni curvatura, ogni pennellata, ogni spigolo
demercato, ogni fiamma di quel fuoco dipinto sulla tela bianca.
Quel fuoco era un segno di vita, ne ero totalmente certo, come un
marchio inciso sulla sulle costole o un tatuaggio sulla pelle, come lo
scosso dei polmoni colmi di catrame ad un attacco di tosse, come un
ultimo grido che dice: «Voglio
vita.»
Lei mi mise una mano sulla spalla, accarezzandomela leggermente. «Raccontami la storia di questo
dipinto, Elley.»
Eleein si sedette sulla poltrona posizionata al centro della sala,
togliendosi i tacchi e rannicchiando le gambe sulla stoffa.
Guardò il soffitto per qualche minuto poi abbassò
lo sguardo e mi guardò negli occhi.
«Da
piccola mio padre mi aveva regalato una stanza per il mio ottavo
compleanno. Era enorme, con dei grossi scaffali rossi, gialli e neri.
Su di essi c'era carta, un infinità di carta. Lui mi
regalò tutta quella carta perchè sapeva che amavo
disegnare. Nessuna tela, colori ad olio e nemmeno pennarelli o una
matita, no. Solamente carta. Fogli di tutti i tipi, di tutti i colori,
di ogni tipo di forma o dimensione. In quella stanza poi c'era un
enorme camino. Io ogni giorno dipingevo ma non ho nessun disegno fino
ai miei diciassette anni perchè ogni pezzo di carta subito
dopo averci disegnato lo buttavo nel fuoco e rimanevo seduta a guardare
la carta.. bruciare.»
Non le dissi nulla ma rimasi
solo ad ascoltare un altra storia della sua vita.
Lentamente mi avvicinai a lei, inginocchiandomi davanti alla poltrona.
Conoscevo Eleein da poco tempo eppure per me quella ragazza
rappresentava un grido di vita.
Prima d'allora avevo conosciuto donne complicate, depresse, prive di
forza con un passato ed una vita difficile ma mai avevo incontrato
qualcuno che per tutta la sua vita aveva combattuto per vivere, per
sorridere e crescere nel migliore modo possibile.
«Io
non riesco a spiegarmi tutto questo.
Riesco a sentirti, ad ascoltarmi. Capisci che ti sento?»
Mi avvicinai sempre di più a lei, sentendo quel suo odore,
quella sua sensazione di insicurezza che invadeva anche me. Tremavo
come tremava lei. Chiuse gli occhi, come se non volesse vedere il
futuro ma solamente sentirlo dentro di se.
Le baciai le labbra, senza fretta e senza esitazione. Le sfiorai e poi
le accarezzai piu forte, leccandole, assaporandole, rendendole mie.
Elley subentrò sulle mie, addolcendole con il loro tocco e
loro passione.
La presi in braccio senza lasciarla andare, mi sedetti sul divano e
l'appoggiaì sulle mie gambe, continuando quell'insieme
inseparabile costituiti dai nostri baci.
Un suo bacio costituiva l'unione più indelebile a cui avevo
mai partecipato. Mi attraeva, mi catturava con le sue storie di vita e
lei, per me, era come droga. Intensa, cattiva, che porta
felicità e dolore, che è dipendenza. Lei era la
mia.
______
Dannazione.
Non
sta prendendo proprio la piega che desideravo però spero di
esserci riuscita a scrivere qualcosa di decente.
Sciona: Sono davvero contenta che ti piaccia. Grazie mille per i
complimenti. Cosa hai letto di mio?
Fede:
Sai, non sono una che si ferma molto alla grammatica. è
importantissima ma essa si può correggere mentre l'emozione
non si detta e non si coregge. Si lo so che c'erano molti luoghi comuni
ma da questa storia pretendo solo che sia parte di me e che lasci
qualcosa, anche nella leggera banalità. Grazie per i
complimenti e non ti preoccupare per Jake e Nessie.
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Capitolo 4 *** Capitolo Tre. ***
CB cap 3
Carta
Bruciata.
Capitolo Tre.
«..Raccontami qualcosa di te.»
La sua voce era candida, dolciastra e flebile. Eravamo rimasti
abbracciati su quella poltrona da ore, in silenzio, guardandoci, l'uno
godendosi l'odore dell'altro e passando il tempo ad ascoltare quelle
emozioni, vibrando insieme.
«..Eleein»
Mi zittì posando il dito sulle mie labbra, provocando la
manomissione di me, cervello ed anima compresi.
Ogni emozione con lei non era superficiale, perchè andava al
di là di qualsiasi altra cosa e penetrava dentro di me. Ogni
suo gesto, parola o particolarità era qualcosa di stupendo
che lei
compiva, portava dentro il mio cuore e faceva esplodere,
meravigliandomi ed accrescendo me stesso.
Le aprìì la molletta che le racchiudeva i
capelli, lasciando scivolare quei meravigliosi ciuffi sulle spalle in
modo che le incorniciassero il viso, aggrazziandola ulteriormente.
«..Sei
bella.»
La tonalità verde dei suoi occhi mi osservò,
scrutandomi in fondo, come una lama tagliente. Sapeva come lacerarmi
anche solamente con uno sguardo e quello fu sempre il motivo per cui a
volte ebbi paura di lei, di quelle emozioni, di tutto ciò
che Elli rappresentava per me.
Si alzò, allontandosi da quel nostro contatto vicino ed
estremamente caldo, colmo di un qualcosa che ancora ora non sono capace
di descrivere a causa di quell'intensità che non lascia
nient'altro oltre all'emozione pura, quella senza fermarsi o domandare,
quella che ti brucia l'anima e da cui diventi estremamente dipendente.
«Hei,
vieni qua.»
«No.»
«Perchè?»
Fece un lungo respiro, sentendo il gelo del pavimento su cui camminava
a piedi nudi. Si rilassò, lasciandosi andare per un istante.
«Perchè
tra noi c'è quell'intimità. Quella che ti
permette di vibrare insieme, di esplodere e di amare e la cosa
più sorprendente e che non ci conosciamo ancora e proprio
per questo non sono pronta a lasciarti andare, a fallire in questo
momento perchè un emozione così non è
da nulla, non è per gioco ma è qualcosa che sento
sulle mie dita, che posso toccare e posso vivere.»
Si fermò per qualche secondo forse pensando alle parole
giuste da dire.
«Damien,
sai qual'è il momento più dolce, straordinario e
donatore di fiducia totale che una persona può fare al
proprio compagno?»
Pensai per qualche secondo, rapito ancora dai suoi ragionamenti e da
quel modo di prendersela per l'ignoranza, per il poco romanticismo ma
non quello sdolcinato, non quello di epoche fa ma moderno ovvero
proprio come quello con cui un uomo si concede alla sua donna, senza
esitazione e dubbi, semplicemente amando.
«No.»
«Addormentarsi
tra le braccia della persona che si ha accanto.
Non parlo del sesso, Dam, ma del momento dopo, quando, a volte, la
persona con cui si ha diviso un rapporto così intenso ed
incredibilmente intimo se ne va, lasciandoci soli. Spesso diciamo di
desiderare la "botta e via" ma nessuno uomo desidera questo
perchè anche l'uomo più stupido od egocentrico
desidera essere amato. Fare l'amore con una persona, cullarla con se,
prendersene cura anche per pochi minuti e poi addormentarsi tra le sue
braccia è la cosa più bella che esista a questo
mondo perchè proprio nel sonno non possiamo difenderci e
soprattutto non possiamo assicurarci che il nostro cuore al risveglio
sia intatto.
Non sto più lì perchè amo tutto
questo. Amo quel legame che si è creato e non sono disposta
a lasciarlo andare ma se non mi permetti di conoscerti cadrà
e farà un rumore molto forte, credimi.
Quindi, Damien, non dirmi che me lo diraì in futuro, che ora
non sei pronto, perchè come si ha la certezza di avere un
futuro?
Voglio conoscerti ora!
Raccontami qualcosa di tuo, qualsiasi cosa basta che tu me la
dica.»
La guardai, spaventandomi un altra volta della persona che avevo
accanto e allo stesso tempo meravigliandomi per il suo essere
incredibile. Passò un secondo, però, prima di
rendermi conto di quella triste verità. Non ero come lei.
«Io
non ho storie grandi, storie che dicano un qualcosa. Non ho la tua
vita, Elli. Non ho il tuo essere forte, unica e sorprendente.»
Mi guardò, ripuntando ancora quei occhi su di me. Si
avvicinò lentamente, un passo dopo l'altro, prendendomi le
mani ed accarezzandole leggermente.
«Ti
ho forse chiesto questo? Raccontami un tuo giorno, anche il giorno
più banale ma uno che sia tuo.»
Pensai alla mia vita, alle persone che facevano parte di essa, alle mie
emozioni e ad i miei sogni eppure non vollì raccontarle
nient'altro che quello. Socchiusi gli occhi, temendo che prima o poi il
mio viso sarebbe stato rigato da una lacrima.
«Tanisha.
Io..
sono stato adottato da una famiglia bellissima che mi accolse e fece
sentire membro di essa, quando avevo sei anni. Ai miei dieci anni i
miei genitori presero in affidamento una bambina africana, Tanisha, e
dal primo istante in cui la vidi seppi che quella ragazza era mia
sorella.
Oh, Tanisha era bella da togliere il fiato con quella carnagione scura
e qui lunghi capelli neri. Era splendida. Non ricordo di essere mai
andato d'accordo con nessuno come che con lei. Eravamo affiatati ed
uniti. Quattro anni dopo però i suoi genitori se la
ripresero e non la rividi più, anche se io la considero
ancora la mia sorellina. ..La mia
piccola Tanish.»
Elli ascoltò la storia senza lasciare andare lo sguardo su
di me nemmeno per un secondo. Poi si sedette sopra di me,
abbracciandomi come prima ed io potei sentire il suo calore e le sue
vibrazioni ancora una volta.
«La
rivedraì. Te lo prometto» Disse, poco prima di
addormentarsi tra le mie braccia.
_______
Questo volevo. Spero che vi sia arrivata quella magia che ho provato io
nel scriverlo. Lo spero davvero.
A meno che non scriva stanotte e domattina, ci vediamo fra dieci
giorni, al ritorno delle mie vacanze.
Sciona: Grazie mille per i complimenti, ancora, e sono contenta che ti
piaccia Eleein.
Pieces of your eyes? Quante emozioni, quanti ricordi. Sono felicissima
di essere riuscita a trasmetterti qualcosa.
Puoi danzare sotto un arcobaleno .. spero di riuscira a riprenderla
presto perchè ci sono molto legata e Anime calde e fredde,
beh, è uno dei miei racconti più confusi eppure
ogni volta che lo rileggo risento tutto. é parte di me
quella storia.
Fede:
Davvero ti piace la frase? Ahh *___*
La storia dei disegni bruciati non è finita, come non lo
è quella del fuoco. Il fuoco per Eleein è si,
vita e morte, ma soprattutto splendore. Credere che un giorno quando ti
alzerai sarà tutto diverso,anche se quel giorno non
sarà domani o in quest'anno,anche se sarà fra una
decina d'anni.
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Capitolo 5 *** Capitolo Quattro. ***
Quando
mi svegliaì la trovai davanti a me, con la pelle macchiata
da qualche chiazza di colore, mentre stava dipingendo.
Aveva un aria immensamente calda, quasi come se avesse passato la notte
accanto al camino acceso, guardando le fiamme disintegrarsi ed
accendersi l'una sull'altra.
"Elli?"
Si girò di scatto e in quell'istante mi sembrò di
averla vista per la prima volta, più bella che mai, con una
bandana rossa che le circondava i capelli e al naturale con un paio di
pantaloncini e una maglietta larga raffigurante Jim Morrison. Senza
tacchi, camminava sul pavimento a piedi nudi sulle dita, senza lasciar
toccare i talloni dal pavimento.
"Ti ho svegliato per caso?"
Scossi la testa in segno di no, continuando ad osservare quel paesaggio
meraviglioso che avevo davanti, senza riuscire a dirle una parola.
Infondo a che cosa sarebbe servito rovinare quel momento, quella
visione con qualche banale parola?
Si avvicinò a me, sempre camminando sulle punte e mi diede
un bacio sulle labbra, leggero, quasi impercettibile. "Dam, oggi vorrei
fare una cosa con te, ok?"
"..Certo El. Che cosa?"
Mi guardò come se avessi appena bestemmiato. Mi corressi
subito dicendole che non importava, ricordandomi di come il giorno
prima si era impazientita a causa della mia continua
curiosità. La lasciai continuare a dipingere, abbracciandola
per un secondo e poi andai verso la cucina.
"Caffè?"
Mi sorrise, come se fosse in attesa proprio di quell'amaro liquido che
seppi dal primo momento essere la sua droga personale. Si
bagnò le labbra di marrone, così, lentamente le
passai un dito su di esse, asciugandole e facendole ritornare di quel
magnifico rossore. Rimase qualche minuto a guardare, a pochissimi
centimetri da me mentre sentivo crescere continuamente il desiderio di
lei e di tutto ciò che le apparteneva, anche le cose
più irregolari, come il suo nasino un pò marcato
o l'eccessivo rossore delle guance quando si arrabbiava od emozionava.
Mi guardò, senza sbattere le palpebre una sola volta, quasi
come se fosse incantata e meravigliata, fino a quando chiuse gli occhi
baciandomi. Non fu come il primo o il bacio a stampo del buongiorno ma
fu di un intensità sopraelevata, in cui le nostre lingue
formarono un insieme ormai inseparabile, spingendosi sempre
più avanti, finò a quando la
sentìì completamente parte di me.
"Fai l'amore con me." mi sussurrò all'orecchio, mordendolo
leggermente.
Per quanto la cosa mi meravigliò, non dissi niente ma
continuaì solamente a baciarla, perchè anche se
non era il mio primo desiderio fare del sesso con lei, non riuscivo ad
allontanarla da me.
Quando la sentìì entrare dentro di me, mi
sentìì completamente pieno, colmo di piacere e
dolore allo stesso tempo, anche se allora non ne avevo capito il
perchè.
Rimanemmo sdraiati per qualche ora in silenzio, baciandoci a volte ed
altre parlando, mentre le accarezzavo quei capelli e le strofinavo le
macchie di colore sulla pelle.
"Era questo che volevi fare?"
Mi guardò, probabilmente non ricordandosi cosa intendessi,
quasi stupita. "Mhm?"
"Avevi detto che oggi volevi fare qualcosa con me."
Gli si illuminarono gli occhi per qualche secondo, poi mi prese e mi
portò con se davanti al dipinto ed al camino acceso.
Prese il dipinto e me lo fece vedere: raffigurava due persone in ombra,
quasi oscurate, che si guardavano. "Hai disegnato noi?"
"Brucialo."
"Cosa?"
"Brucia quel dipinto. Buttalo nel fuoco, perchè è
da esso che nascono e muiono le cose.."
La guardai, capendo esattamente quanto ci si può
affezzionare ad una persona in pochissimo tempo. "Brucialo con me."
Restammo abbracciati, qualche minuti, a guardare il nostro dipinto che
bruciava.
Io mi scuso veramente per la mancanza di aggiornamenti da
più di un mese con le due recensitrici e con tutte le
persone che leggevano questa storia. Non è morta questa
storia.
Solo la mancanza di ispirazione e tempo mi hanno lasciata ferma.
Cercherò di aggiornare nel meno tempo possibile ed
è sicuro che andrà avanti.
Spero che la seguirete ancora.
Grazie a Sciona e Fede per i loro commenti e apprezzamenti.
Lara.
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