Amore irrazionale- nemici, amici, innamorati di Soul Sister (/viewuser.php?uid=89966)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. La mia vita fa andare al bagno ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. Avere le spalle larghe è una fregatura ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. I miei neuroni andavano letteralmente a farsi friggere ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: cioccolata, palline di carte, litigio, messaggio ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5- condizioni estreme- ma piuttosto mi taglierei le vene!! ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6- che mondo di matti ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. il mondo gira al contrario, o sbaglio? ***
Capitolo 8: *** capitolo 8:magari la febbre gioca brutti scherzi ***
Capitolo 9: *** Il passato ritorna ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. Bad Past ***
Capitolo 11: *** 11. Quando Adam ed io venimmo accantonati per la Sorella Prodigio ***
Capitolo 12: *** Il rifugio segreto ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. L'ho sempre detto io che la sfiga mi assilla..! ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. L'ho sempre detto io che ho un cuore difettoso! ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. Quando la Sorella Prodigio tolse la maschera ***
Capitolo 16: *** 16. L'ho mai detto che odio le feste? ***
Capitolo 17: *** Nemici, amici, innamorati..Amore irrazionale! ***
Capitolo 18: *** Quando tutto sembra essere esattamente come deve essere ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. Quando bisogna solo lasciarsi andare ***
Capitolo 20: *** LEGGETE, PER FAVORE. ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1. La mia vita fa andare al bagno ***
Amore
Irrazionale: nemici, amici, innamorati
Capitolo
uno: la mia vita fa andare al bagno
La
mia vita era sempre stata come una di quelle sit com americane, piena
zeppa di colpi di scena, ma sempre prevedibili. Di quelle con teenager
alle
prese con qualche cretino super-figo che le tormenta e rende la loro
vita un
inferno, ma che, inevitabilmente, poi, le fa innamorare di lui come
delle
povere pere cotte.
Ma,
fortunatamente, io non ero la classica ragazza da sit com che
s’innamorava del cretino della città. Io ero la teenager che affrontava
il deficiente in questione, perché, purtroppo, anche nella mia
prevedibile
realtà, lui esisteva.
Non
poteva mica non esserci. Perché
quella presenza era peggio di una piaga in via di putrefazione, un
porro
peloso, un foruncolo, e resisteva.
Ma,
se nelle sit com, poi diventava l’eroe, si poteva star certi che qui,
nella mia città, nella mia vita, lui non sarebbe mai diventato
magicamente il
santo della situazione. Non c’erano segreti scabrosi della famiglia che
l’avevano irreparabilmente rovinato, niente maschere che nascondevano
un cuore
d’oro. Eh sì, perché, purtroppo, il figone del mio, di
villaggio, lo
conoscevo fin troppo bene. Perchè le nostre famiglie erano amiche da
quando mio
padre e mia madre andavano al liceo, e, come se non bastasse, una delle
mie
sorelle era fidanzata col fratello maggiore della mia nemesi. Solo per
informazione, nel mio universo, la pustola, colui che rompeva le palle
insistentemente, aveva il famoso nome di Adam Brown: mi rifiutavo
categoricamente di ritenerlo mio cognato. Era troppo..deprimente.
Restava
il fatto, che la Pustola aveva appena segnato la sua ora.
“Brown,
sei un idiota!” esclamai, adirata, gli occhi furenti iniettati di
sangue.
Quella
sottospecie di ameba, priva di un briciolo di materia grigia, aveva volontariamente
fatto cadere la sua cicca sulla mia testa.
Stavo
ringhiando come una rabbiosa, quasi con la bava alla bocca, mentre
una parte di me stava già piangendo i miei capelli che,
inevitabilmente, avrei
dovuto tagliare, per sistemare il danno.
Ricordiamo
la persistente somiglianza con le sit com americane, dove,
puntualmente, i professori nemmeno si vedevano, nullafacenti come pochi.
Ed
infatti, l’insegnate si faceva tranquillamente i cavoli suoi, con
l’Ipod
nelle orecchie, che picchiettava la biro sulla cattedra a ritmo di
musica.
Perché
qui succedeva così.
Lei
ci riempiva di esercizi, e mentre la parte di noi diligente eseguiva i
compiti, lei si faceva i fattacci propri, mentre Mr Pustola combinava
danni.
Non
poteva nemmeno sentire le mie urla la prof, la musica era così alta che
la sentivo chiaramente fino al mio posto, nella penultima fila di
banchi, in
fondo alla classe.
“Oh scusami Smith, te la tolgo subito!” disse, con finto tono
dispiaciuto.
Quando
allungò la mano, ebbi l’impulso di staccargliela a morsi; peccato
che non fossi cannibale. Ma, comunque, Brown riuscì a mettere le sue
manacce
sulla mia testa e spalmò bene il chewing-gum sui capelli. Boccheggiai,
shoccata. Non avrei mai creduto che fosse così sconsiderato,
quell’Essere, dal
volersi accorciare così drasticamente la vita.
“Brown, giù le mani!” urlai, in panico.
Lui
ghignò, lo sentii bene, ma quell’incompetente della prof non se ne
accorse minimamente. Non che lei avrebbe preso provvedimenti: com’è
prevedibile, Brown aveva un certo ascendente pure sulle professoresse,
oltre
che sul popolo femminile della mia città. Perciò, non sarebbe servito a
nulla
che la prof se ne accorgesse.
“Lascia
che ti aiuti.” Disse, con tono mellifluo. Il suo sorrisino era la
cosa più irritante che esistesse sulla terra.
Lo
allontanai con uno spintone e un’occhiata infuocata. Ma perché non
sapevo incenerire con gli occhi?
“Ma che aiutare.. Oh no, sono da tagliare..”
L’ultima
parola fu un sussurro strozzato. I miei capelli, lisci, lunghi,
morbidi: da tagliare. Mi sentivo mancare, ma cercai di riprendere il
controllo.
Mi alzai, con calma calcolata e un’espressione omicida. Lo fissai così
male che
indietreggiò con la sedia. La professoressa alzò lo sguardo sulla
classe,
vedendomi in procinto di ammazzare il suo beniamino.
“Smith, cosa succede?”
“Ma nulla professoressa. Chiedo un suggerimento a Adam..” Minimizzai
io, un
sorrisino sadico sulle labbra, le forbici in mano, nascoste dietro la
schiena.
Mi risedetti, mentre lei usciva dalla classe: “Vado a prendermi il
caffè, voi
state buoni” ordinò. Era troppo facile.. proprio da sit com, no?
Mi
rialzai, e andai al banco dietro al mio. Sorrisi sadica a
mononeurone-Brown.
“Nat, non farlo..” mormorò Kim, la mia migliore amica, preoccupata. Non
le
diedi ascolto. Non era il momento di professare il “Peace and Love”.
“Sai Brown, sei assolutamente un idiota.” Gli confessai, con odio in
quantità
industriale. Avrei potuto ricoprire la superficie della terra, con
tutto
l’astio che covavo per Brown. E sarebbe persino avanzato.
Lui ridacchiò, senza allegria, con un amaro sarcasmo.
Ecco,
lo sguardo che mi mandava in bestia. Era malizioso, pieno di
sottintesi, falsi e veri.
Adam
Brown era il classico figo dongiovanni, come ormai era risaputo, a cui
montava l’ego ogni secondo che passava grazie alle attenzioni che le
ragazze
gli davano. Bastava uno schiocco di dita, e il genere femminile gli
cascava ai
piedi. Ovviamente, con me i suoi occhi verde smeraldo non facevano
effetto.
Certo,
era bello – impossibile negarlo- ma io guardavo più in là, dentro la
persona. Il punto era che di lui non potevi vedere nulla, dato che era
profondo
come una pozzanghera. Adam Brown era esattamente come si mostrava:
superficiale, egocentrico, pallone gonfiato, insensibile ai sentimenti.
Punto.
Al massimo ci potevi aggiungere altri insulti. Fine.
“Detto da te è un complimento.” Alitò con quelle labbra tirate in un
sorrisino
malizioso. Mi stava mandando in bestia, e dovetti inspirare a fondo per
non
prenderlo a schiaffi. Dopotutto eravamo in classe.
Accennai una risatina nervosa. “Molto divertente..”
Volevo
abbassare quella cresta che si ritrovava,e nel vero senso della
parola. Mi avvicinai pericolosamente al suo viso, sotto il suo sguardo
soddisfatto, e prima che lui potesse fare qualcosa, le mie forbici
furono tra i
suoi capelli. Zac. Sorridendo soddisfatta, raccolsi i suoi capelli e
glieli
sventolai davanti al naso, sotto il suo sguardo stralunato. Se c’era
qualcuno
che teneva ai suoi capelli quanto io tenevo ai miei, era proprio Adam
Brown.
“Come. Hai. Osato.” Sibilò, con sguardo minaccioso.
“Occhio per occhio..” Beh, era la spiegazione migliore che potessi
dargli. No?
“Smith,
questa me la paghi.” Ringhiò tra i denti. Orgoglio ferito?
Indicai i miei capelli, irreparabilmente rovinati. Lo guardai male, ma male
male.
“Sai
che dovrò tagliarli? Corti, molto corti. E a me non piacciono i
capelli corti.”
“E sai che me ne frega dei tuoi capelli, befana!” rispose, acido.
“Beh, tua madre voleva che ti dessi una spuntatina, no? Ecco, hai
risparmiato
tempo e denaro. Sono io qui, quella messa peggio. O forse no?
Sappilo,
tua madre adorava i miei capelli. E’ ovvio che noterà il drastico
cambiamento,
e le confesserò piangendo che il disastro l’hai combinato tu ai miei,
innocenti
capelli.” Dissi, mentre un sorrisino perfido affiorava sulle mie
labbra.
“Tua madre stravede per me, ricordi? Mi difenderà a spada tratta” disse
Adam
sicuro. Pensava di avere il coltello dalla parte del manico. “Non avrai
vita
semplice.” Disse poi. Non volevo pensare alla reazione di mia madre,
sinceramente. Mi avrebbe distratto e rammollito.
“Nemmeno tu” risposi minacciosa. Ghignò perfido, chissà cosa il suo
cervellino
bacato macchinava.
“Tremo dalla paura. Natalie Smith mi minaccia!”. La classe rise, ma io,
con
un’occhiata alle spalle, zittii tutti. Rivoltai la testa verso
l’Essere, che
ancora aveva disegnato quell’odioso sorrisino sul viso.
“Sei odioso, impossibile, insopportabile, montato..”
“Tu sei patetica” il sangue mi ribolliva nelle vene, e mi colorava le
guance di
rosso, per la rabbia. Presi l’Estaté in bella vista sul suo banco-
ovviamente
lui poteva permetterselo- e lo premetti sulla sua zucca vuota, rompendo
la
plastica del bricchetto, e rovesciandogli in testa il thé. Ghignai,
soddisfatta. I suoi occhi si fecero più scuri, accecati dall’ira.
Afferrò la
bottiglietta d’acqua dell’amico, aperta, e mi rovesciò addosso il
contenuto. Mi
guardai la maglietta completamente zuppa, a bocca aperta, poi con un
tic
all’occhio rialzai lo sguardo su di lui. “Tu” sibilai.
La
classe si era zittita, le scommesse già fatte: tutti erano in attesa
della
rissa.
Ci
mancava solo l’arbitro e la campanella che segnasse l’inizio del match.
“Io?”
sfotté Brown, con quell’aria da superiore che lo contraddistingueva
dagli altri cavernicoli, sempre e comunque più evoluti di lui.
“ IO TI ODIO!” tirai in dietro il braccio, strinsi forte il pugno, e lo
distesi, colpendolo con tutta la forza che possedevo.
Non
ci potevo credere: l’avevo fatto davvero.
Riaprii
le dita, che scricchiolarono, ed insieme anche gli occhi. Gli avevo
fatto girare la testa, ero compiaciuta: avevo sempre desiderato farlo.
Rimase un attimo interdetto, a fissarmi, sconcertato; probabilmente era
basito
quanto lo ero io per il gesto. Non se lo aspettava nessuno, nemmeno io.
Stava
metabolizzando il tutto, forse. Sì, l’avevo davvero colpito in viso,
e molto probabilmente anche nell’orgoglio.
Sbatte
le palpebre un paio di volte, poi il gesto fece breccia.
Nel
suo sguardo c’era puro odio, nei miei confronti.
Aprì
la bocca, ma non uscì verso né parola.
“Smith.” Ringhiò, a denti stretti.
“Sì, Brown?” domandai,sorridendo sorniona.
“Io t’ammazzo!” con uno scatto si alzò in piedi, facendo ribaltare
all’indietro
la sedia. Indietreggiai, ora sì che mi venivano i brividi a vederlo. Mi
sembrava Bruce Banner in procinto di trasformarsi in Hulk. La vena sul
suo
collo pulsava paurosamente, il viso aveva già la sfumatura verdognola.
L’avevo
combinata grossa. Afferrò le sue forbici, e avanzò verso di me, lo
sguardo da
serial killer non accennava ad andarsene.
“Ehi, non t’avvicinare.” Intimai. Purtroppo mi uscì una supplica, e non
un
avvertimento, come volevo che fosse. Fece una risatina sadica, che mi
fece
venire la pelle d’oca. Tagliò l’aria con quegli arnesi malefici,
camminando
lentamente verso di me.
“L’avevo detto io che sarebbe finita male..” mormorò Kim tra sé. Ma che
carina,
perché al posto che fare la saccente, non mi dava una mano?
“Vieni qui, Smith!” ringhiò Adam, facendo uno scatto verso di me. Io mi
girai e
iniziai a correre per i banchi, con lui alle calcagna. Purtroppo, non
avevo
tenuto da conto i suoi amici cavernicoli, ovviamente dalla sua parte.
Jim, il
suo migliore amico – idiota anche lui-, piazzò in mezzo il suo banco,
bloccandomi il passaggio.
Brown ghignò, battendogli il cinque, poi mi guardò con gli occhi
ridotti a due
fessure. Lentamente, mi si avvicinò.
Io
cercavo, senza togliere gli occhi da lui, di spostare il banco. Non mi
ero accorta che l’amico l’aveva incastrato bene tra altri due. Solo
loro
potevano riuscirci casualmente.
“Stammi lontano!” ringhiai. Dovevo apparire un gattino che credeva di
essere
una tigre, ai suoi occhi.
Le
sue iridi erano così sadicamente intrise di odio che sembravano ancor
più magnetici, come quelli dei serpenti. Era quasi impossibile
distogliere lo
sguardo.
“Ma dai, Natalie.. Sono il tuo pavvucchieve di fiducia, tesovo, ti favò
un
taglio mevaviglioso!”
Doveva
far ridere? Eppure io ero traumatizzata.
Misi
i due indici delle mani a formare una croce: “esci da questo idiota!”
esclamai.
Ma
dove trovavo il coraggio per far dell’ironia, anche nelle situazioni
tragiche?
“Simpatica, Smith, davvero simpatica. Ma io non sarei così in vena di
scherzare.” Afferrai la prima cosa che riuscii, sul banco di un
compagno: la
colla. Una misera, inutile colla! La fissai male, e Brown rise della
mia
sfortuna. Era a due passi da me, che mi minacciava con quelle
pericolose
forbici appuntite e un ghigno perfido. Fece un altro passo;
istintivamente gli
lanciai il tubetto in faccia, e sgusciai dalla trappola. Sentii
distintamente
le forbici chiudersi sui miei capelli.
Oh no. Mi voltai verso di lui, che teneva in mano una ciocca abbondante
dei
miei capelli, lunga almeno venti centimetri, con un sorrisino
soddisfatto.
Passai una mano, scioccata, sulla mia nuca: il dislivello si notava
eccome.
Inspirai ed espirai profondamente, era il mio turno di diventare Hulk.
Afferrai
una sedia libera, e la alzai sulla mia testa. Indovinate chi era il
bersaglio?
“Smith, Brown, che succede?” la prof rientrò proprio in quel momento.
Non ci
potevo credere. Evviva il tempismo.
Abbassai
la seggiola, e mi voltai verso la prof a capo chino.
“Diari”
Come
nelle classiche sit com, no?
***
Marciai a passo spedito verso il bagno delle ragazze, con l’assoluto
bisogno di
vedere in che pietoso stato si trovassero i miei capelli.
Masochismo
puro.
Entrai
velocemente, cercando di nascondermi agli occhi altrui. Oddio..i
miei poveri capelli. La cicca, di un rosa chiaro scolorito, era come
saldata
alla mia testa. Avrei dovuto tenere la testa al fresco- nel vero senso
del
termine- per staccare il chewing-gum.
Toccai
la gomma, schifata. Bleah!
Per non parlare del taglio netto dei miei capelli, dietro alla
testa..quello
sì, che era un danno.
Cavolo,
avrei dovuto tagliarli scalati, cortissimi. Miseriaccia.
Slacciai
il foulard che avevo al collo, per pura fortuna, e lo sistemai sul
mio capo. Almeno non avrei fatto una figuraccia mentre tornavo a casa.
Uscii
spedita, sperando di non incontrare Faccia-da-schiaffi-Brown. Beh,
non c’era molto da sperare, dato che eravamo vicini di casa.
Con
calma, uscii dall’edificio. Attraversai l’intero spiazzo, diretta verso
casa. Ero senza macchina- purtroppo- e dovevo farmi la strada a piedi.
“Ehi, strega!” Nat, respira, respira a fondo. Non. Dovevo. Sbraitare. E
non
dovevo ucciderlo: sarei finita in prigione. Cos’avrebbe detto papà?
“Ho detto: ehi, strega!” ripeté, seccato.
“Che vuoi!” sbottai, voltandomi. Sorrise, strafottente.
“Oh, niente.” Rise, quasi strozzandosi. “Mh, bella bandana.” Commentò.
Stronzo.
“Va a quel paese, razza di idiota!” sibilai. Lui rise, rise di gusto.
Aumentai
la velocità, intenta a seminarlo: che cosa vana, dopotutto dovevamo
fare la
stessa strada. Anche se non parlava più- o meglio, non sparava più
cretinate-,
lo sentivo camminare dietro di me. Dopo dieci lunghissimi minuti, quasi
interminabili, giungemmo a casa. Senza salutarci, ovviamente, ci
separammo.
Entrai in casa, e presi un respiro profondo. Durante il tormentato
tragitto, mi
ero preparata mentalmente all’ennesima sfuriata di mia madre, per la
nuova nota
disciplinare. “Ehm, mamma?” chiamai. Arrivò tutta pimpante, eccitata,
con un
sorriso ad illuminarle il volto. La situazione mi puzzava.
Il
mio inconscio- tipo vocina fastidiosa che mi metteva in guardia- mi
suggeriva il motivo ma non l’ascoltai.
“Mi
devi aiutare, stasera vengono a cena i nostri fantastici vicini!” mi
ritrovai a sperare che fossero altri vicini, ma la vocina –
sempre
quella crudele vocina – mi suggeriva che non erano quella simpatica
coppia di
anziani.
“I
signori Willis, intendi?” dissi innocentemente.
Chi
gliel’avrebbe spiegato ai genitori, che io e Adam avevamo fatto ancora
rissa? Emily rise. “Ma che dici, è ovvio che sono i Brown! E’ una
settimana che
non ci vediamo tutti insieme!” battè le mani, entusiasta. Poi mi guardò
attentamente. “Ma.. Nat, perché quel foulard?” deglutii a vuoto, mentre
scioglievo il nodo dietro al capo. Strabuzzò gli occhi.
“Ma’, ho predo una nota.. perché quel tesoro di Adam Brown mi
ha messo
la cicca in testa.” Dissi mostrando il disastro. “E mi ha tagliato i
capelli.”
“Per questo, hai preso una nota?” chiese, scioccata.
“Beh, io gli ho dato pan per focaccia.” Confessai, con un sorrisino
divertito.
Al ricordo di quel pugno ancora gongolavo. “E gli ho quasi tirato una
sedia in
testa” aggiunsi, con nonchalance. Ormai, tanto, la frittata era fatta.
“Natalie!” mi sgridò “Come hai potuto? Richard, corri. Qui urge una
ramanzina
coi fiocchi!” mio padre comparve nel corridoio,tutto trafelato. Sapeva
che
quando mia madre, da pacata, diventava belva furente, era perché
succedeva
qualcosa di catastrofico. Beh, ormai con me era una routine.
“Nat, cos’è successo ai tuoi capelli?” era basito, la bocca aperta
stile
baccalà. Mi strinsi nelle spalle
“Brown”
Solo il nome diceva tutto.
Scosse
la testa, rassegnato. Per quanto il mio papino adorasse Adam, non
gli avrebbe mai dato pienamente ragione: io ero la più piccola di casa,
dopotutto. E l’unica delle sue tre figlie a cui avesse mai insegnato a
giocare
a football e a fare la lotta.
“Ha preso un’altra nota, Richard, l’ennesima! Non. Va. Affatto. Bene. E
poi
questa cosa delle risse, proprio non la tollero!” Evitai di alzare gli
occhi al
cielo. Ormai la tiritera la conoscevo a memoria.
“Natalie cara, mamma ha ragione. Tu e Adam dovreste andare d’accordo,
la
situazione è pesante.” Mio padre mi guardò accorato. Era pesante sì, ma
anche
ingestibile. A lui dispiaceva sempre dover discutere con i coniugi
Brown di
queste cose; non era il massimo per dei migliori amici come loro.
Mamma
era fuori di sé, come al solito.
“Come se fosse solo colpa mia: se lui non mi avesse appiccicato la
gomma tra i
capelli, io non gli avrei tirato un pugno!” sbottai, incrociando le
braccia al
petto.
“Gli hai tirato un pugno?Ma sei impazzita?” urlò mia madre.
Forse
avevo parlato troppo. Mio padre si accese d’entusiasmo, anche se con
un pizzico di preoccupazione negli occhi chiari: “ ti sei fatta male?”
“Poco, però ne è valsa la pena: gli ho girato la faccia.” Dissi, fiera
del mio
destro potente. Mio padre ridacchiò, sotto sotto era soddisfatto quanto
me che
le sue lezioni fossero andate in porto. “A volte mi chiedo se non fossi
dovuta
essere maschio. Sembra ti piaccia fare rissa!” commentò divertito.
Annuii:
“Oh sì, fare a botte con quel microcefalo di Brown sarebbe molto
più entusiasmante” feci ridere ancora mio padre, e grugnire mia madre.
“Se fossi maschio, sareste amici.” Disse mamma, storcendo il naso.
Rabbrividii:
“sono felice di essere donna! Ora mi devo lavare, anzi. Devo
sistemare il disastro che ha fatto il beniamino di mamma.”
La
diretta interessata sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Scomparve in
cucina, mentre mio padre, col suo sorrisino divertito, tornò in
salotto.
*****
“Nat, i tuoi capelli..” sospirò mia sorella, accarezzandomi la testa.
“Ringrazia quel deficiente del fratello di Bryan.” Risposi, alzando le
spalle.
Mi
ero dovuta tagliare i capelli, corti, molto corti. Fortunatamente, mi
ricrescevano velocemente. Mia sorella sbuffò.
“Non c’entra nulla Bryan, non metterlo in mezzo!” mi sedetti sul letto
di mia
sorella, e sospirai.
“Certo,
Rose, il tuo ragazzo è fantastico. È suo fratello l’idiota.”
“Però è carino.” Scoppiai a riderle in faccia. I singulti erano
violenti, mi
contorcevo per le troppe risa. A volte mia sorella se ne usciva con
delle vere
cavolate.
Cercai di riprendere un contegno: “Sei assurda, sorella.” Ansimai, col
fiatone.
Lei storse il naso, contrariata.
“Solo perché lo odi, non vuol dire che non sia bello. Insomma, le sue
conquiste
le fa.” Si strinse nelle spalle, come se la cosa detta fosse ovvia.
“Ti interessi di pettegolezzi da liceo?” apostrofai, con un sorrisino
di
scherno. “Nat, guarda che fino all’anno scorso anch’io ero una di voi.
I
ragazzi Brown hanno sempre destato una certa fama, in questo senso.
Adam fin
dal primo anno ha fatto conquiste, mi pare.” Disse, con un’aria da
saccente.
“Intendi dire che anche Ryan era un casanova?” Sorrise, ravviandosi i
capelli
dorati e boccolosi. Mi si strinse il cuore: i miei, anche se erano di
un biondo
cenere spento e non belli come i suoi, una volta erano così. Cioè, fino
a
quella mattina.
“Fino a quando non mi ha conosciuta, e ha messo la testa a posto.”
Disse fiera,
gli occhi azzurri scintillanti da innamorata. “Prima o poi, anche Adam
metterà
la testa a posto. E quel giorno...” lasciò la frase in sospeso
lanciandomi
un’occhiatina che non riuscii a decifrare.
“Quel giorno?” chiesi, curiosa. Ridacchiò, poi mi tirò una cuscinata.
“Quel giorno sarà troppo tardi!” che voleva dire? Mia sorella era
proprio un
mistero. Se io ero quella che dava più problemi a scuola, lei era
quella meno
normale. Rimasi lì qualche minuto, alla ricerca del significato
dell’affermazione di Rose.
Lasciai
perdere quasi subito, mia sorella era come un sudoku: mi era
impossibile risolverlo, come non riuscivo a capire lei. Inutile
struggersi
tanto.
Andai
in salotto, e in quel momento sentii la porta di ingresso aprirsi.
“NAT” sorrisi: la piccola Kate, la sorella minore di Bryan e
Testa-di-cocco-Brown, era un vero angelo. La bimba venne in salotto-
ormai casa
nostra la conosceva troppo bene- ,accompagnata dalle risate di tutti, e
mi
corse in braccio. “Ehi, terremoto!” esclamai, stringendola a me. “Sei
cresciuta”
La piccola si aprì in un sorriso mozzafiato, mostrandomi i suoi
dentini. Era
tenerissima, con i suoi boccolosi capelli biondi, e quegli occhioni
verde
acqua.
“Natalie, e i tuoi capelli lunghi?” mormorò, accarezzandomi la testa.
Scossi il
capo, un sorriso amaro sulle labbra. Intanto entravano tutti gli altri,
nella
stanza, compreso il ‘genio’ della famiglia. “Ho dovuto tagliarli..”
dissi, con
un sospiro.
“E non hai pianto?” domandò, confusa. Beh, c’ero molto, molto vicina.
“Ma no, piccola. Tanto ricrescono.”
“Beh, comunque rimani bellissima, tesoro. Non preoccuparti!” Emma, la
madre di
Bryan, Kate e Testa-Di-Cocco-Brown, venne da me e mi stritolò in una
presa da
lotta libera, facendo ridere la piccola.
“Ciao
Emma” ridacchiai.
Era
una persona fantastica, quella donna. E così anche il marito, e i due
figli- il più grande e la più piccola, sia chiaro. Doveva esserci stato
un
errore, una madornale anomalia nel concepimento del secondo figlio. O
forse
c’era stato uno scambio di figli, dove il vero angelo Brown era stato
brutalmente barattato con questo obbrobrio della natura.
Emma e Seth Brown erano colleghi, nonché quasi consuoceri, dei miei.
Sarebbe
stata una famiglia fantastica, la loro, se non ci fosse stata la pecora
nera a
rovinare tutto.
L’amicizia che legava noi a loro, era quasi sempre, per me, causante
del
desiderio di suicidarmi. Mi chiedevo perché mio padre avesse voluto
proprio
fare quel lavoro, e soprattutto, perché ci fossimo stabiliti proprio
lì, a
fianco a loro.
Ma perché rovinarmi la vita a causa di un cafone ignorante?
Da sottolineare, però, che era un’impresa titanica sopportare quel
cervello di
gallina, perché mi ronzava in torno, oltre che a scuola, pure a casa.
Mi
ricordo che alla nascita di Kate, per ogni minima cosa, ci ritrovavamo
per
festeggiare: ‘Kate ha fatto il ruttino!”; ‘la piccola ha sorriso!’; e
così, di
corsa al ristorante. Forse, per una cosa, io e Adam eravamo d’accordo:
non ne
potevamo più. Ci salutammo- ovviamente, io e Adam ci lanciammo occhiate
di
fuoco, anche lui aveva dovuto sistemare i capelli in qualche maniera- ,
poi
mamma annunciò che la cena era pronta. Come al solito, mi sedetti
accanto a
Bryan, di fronte al Vaccone, con Kate in braccio. Bryan, anche se aveva
due
anni in più di me- era un diciottenne, come Rose- , era il mio migliore
amico,
nonché confidente. Avevamo un bel legame, io e lui. Era un tesoro, e
non biasimavo
mia sorella che ne era completamente cotta.
Arrivò
il primo – in queste cene, mia madre si dava alla pazza gioia,
neanche fosse una chef-, e l’atmosfera aveva già perso tutto il solito
imbarazzo. Bryan e Rose si guardavano intensamente, gli occhi a
cuoricini. Ogni
tanto si scambiavano parole dolci, e si dicevano quanto fossero
fantastici,
l’uno all’altra. Kate mangiava tranquillamente, ogni tanto sbuffava
annoiata-
di solito con me si divertiva sempre, ma quel giorno il mio umore era
nero come
il carbone. Mi dispiaceva per la mia piccolina; io ero come una sorella
acquisita, non la semplice baby-sitter per lei. In quanto a me, non
avevo fame
e nemmeno voglia di mangiare. Nemmeno Adam sembrava averne, e
continuava a
lanciarmi sguardi di fuoco, pieni di odio, a cui io rispondevo
prontamente. Era
difficile che ci insultassimo, a tavola: a parte il fatto che avremmo
distrutto
il mito di ragazzi beneducati ai nostri genitori, c’era presente la
bambina.
Avrei creduto che Adam-testa-di-nocciolina
fosse proprio, definitivamente, senza cuore, se non avessi visto il
bene che
provava per la sua famiglia, e la devozione per la sorella minore. Che
poi era
reciproca, in quanto Kate aveva già annunciato che, da grande, si
sarebbe
sposata con lui. Beh, non volevo essere nei suoi panni, povera piccola
ingenua.
Adam era praticamente un mostro!
“Mamma, mi scappa la pipì” Emma prese Kate in braccio, e chiedendo
scusa e il
permesso, scomparve nel corridoio.
Una scintilla attraversò quell’oceano di verde- gli occhi di Adam erano
davvero
belli, glielo potevo concedere- e le sue labbra si tirarono in un
sorriso
divertito. Prese la bottiglia di Coca-cola e svitò il tappo, sempre con
quel
ghigno presente sul viso. Nell’allungarsi, per afferrare il suo
bicchiere, urtò
la bottiglia, che si rovesciò direttamente su di me. Non era casualità.
Perché anch’io, casualmente, avrei potuto, ovviamente per sbaglio,
conficcargli
la forchetta in un occhio.
“Nat,
stai più attenta!” rimproverò mia madre.
Ora,
se avessimo fatto replay, si sarebbe visto chiaramente che io non
avevo mosso un muscolo e che quel microcefalo aveva volontariamente
rovesciato
la bottiglia per bagnarmi. Ma mia madre era infatuata del
figlio di Emma
e Seth Brown, in modo quasi malsano. E, come ogni volta, aveva fatto
magicamente
diventare me dalla parte del torto.
Adam
mise su un broncio mortificato, falso come Giuda, e si girò penitente
verso mia madre.
“Emily, è colpa mia, ho per sbaglio rovesciato la bottiglia.” Bleah,
eccesso di
mielosità. Si vedeva da un miglio che stesse gongolando.
Mia
madre gli sorrise dolcemente. “Tranquillo caro, non è successo nulla.”
Come non era successo nulla?!Si dava il caso che avesse appena rovinato
la mia
maglietta preferita: avevo sudato per averla, e solo dopo infinite
preghiere e
un lavoro come baby-sitter, l’avevo comprata. E lui, quel caprone,
idiota,
quell’essere mitologico con corpo d’uomo e testa di cazzo- era riuscito
a
rovinarmela, senza che mia madre, quella traditrice, dicesse nulla.
Era certificato, ero stata adottata.
Non
si spiegava, altrimenti, perché mia madre non fosse mai dalla
mia parte.
“Natalie, vai a cambiarti, che bagni il pavimento!” ordinò Emily. Okay,
volevo
ufficialmente divorziare da mia madre.
“Vengo
anche io!” disse Rose, seguendomi in camera mia. Sapeva che stavo
per scoppiare. Mi sentivo il sangue ribollire nelle vene, probabilmente
il fumo
usciva dalle mie orecchie, dato che sentivo un fischio fastidioso in
esse.
“Nat,
respira, respira!” intimò mia sorella, scrollandomi per le spalle.
Solo in quel momento, mi accorsi di aver trattenuto il respiro, e pian
piano
l’aria tornò ai miei polmoni. Inspiro, espiro.
“Devo iscrivermi ad un corso di yoga.” Dissi, mentre mi ossigenavo. Inspira,
Nat, espira.
Tenevo
gli occhi chiusi, cercando di placare la mia ira funesta. “Ti sei
ripresa?” scossi la testa, in segno di diniego. Sentivo ancora il
bisogno di
spezzargli le ossa e di spappolare il suo cranio sul muro.
Sadica?
Un pochino non guasta mai.
Presi
altri respiri, poi riaprii le palpebre e sorrisi a mia sorella:
“Okay, ci sono”
“Dai, Nat.. non devi prendertela così.” Sapevo che Rose ci stava male,
quando
avevo qualcosa che non andava, e cioè sempre, se c’era Brown.
“Rose,
questa è la mia maglietta preferita..” mi lagnai. “ E poi, cavolo,
sembra che sia lui suo figlio!” sbottai, offesa.
Lei
mi abbracciò: “lo sai che ti vuole bene..” sì, quanto si poteva voler
bene ad una crepa sul muro.. “Ma è vero che oggi avete fatto ancora
rissa? E’
vero che gli hai tirato un pugno?”chiese, curiosa, come un fiume in
piena.
Annuii,
solamente, e lei scoppiò in una fragorosa risata. “E lui ti ha
tagliato i capelli.” Dedusse. Sfilai gli indumenti bagnati e
appiccicosi, e
cercai qualcosa di comodo, ma non di trasandato, da mettere.
“Prima gli ho rovesciato il thé in testa, e lui l’acqua addosso, e
prima ancora
mi ha messo la cicca in testa.” Raccontai, facendo aumentare le sue
risate.
“Oddio,
siete una comica assoluta!” e ricominciò a ridere. “Mi.. mi
piacerebbe vedervi!” finii di sistemarmi, grugnendo. Io non ci trovavo
niente
di simpatico.
“Beh, ci saranno dei video su You Tube, sicuramente..” dissi,
stringendomi
nelle spalle.
Lei sorrise, entusiasta. “Quando vanno via lo cerco subito!” detto
questo,
tornammo in salotto.
La serata passò lenta e, per me, tormentata.
“Grazie Emily, per la cena! Ricambieremo sicuramente” Emma l’abbracciò,
sorridendole grata. Ma perché doveva essere così gentile?
“Ciao Nat!” mi salutò la piccola Kate, attirando la mia attenzione. Le
baciai
una guancia, chinata alla sua altezza.
“Ciao piccola.” Le sorrisi.
“Ehi, impiastro, oggi non mi hai nemmeno calcolato” mi disse Bryan,
fingendosi
offeso. Grande e grosso com’era, quel visetto non gli donava.
“Se
tu non avessi occhi che per mia sorella, magari riusciremmo a
conversare!” arrossirono entrambi, ed io ridacchiai.
“Andiamo ragazzi!”
“Ciao, ci sentiamo!” Detto questo, la famiglia Brown uscì da casa mia,
facendomi sospirare di sollievo.
*
*Angolino
Autrice*
Salve
a tutti i gentili lettori. Ehm, si lo so, questa
storia l'avevo già postata, però...
L'ho
tolta, per sistemarla e modificarla un po'.
Ora,
il primo capitolo come si è visto, più o meno è
uguale all'altro. Però ho messo anche la foto, è più chic xD
Spero
comunque che.. vabbè, che la storia vi piaccia.
Un
bacio! ( Ps: ringrazio Sakura__Nice per i
non-linciacci e la magnanimità dimostrata nei miei confronti: grazie! )
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2. Avere le spalle larghe è una fregatura ***
Capitolo 2: avere le
spalle larghe è una fregatura
Sbadigliai, assonnata. Che palle, la scuola. Certo, a volte era il mio
rifugio da genitori impossibili, ma a volte. Per me, la maggior parte
delle
volte, era il patibolo. Senza test a occupare i miei pensieri, il mio
cervello
era come in standby. Se fosse stato un telefono, ci sarebbe stata la
segreteria
telefonica, sicuramente. Quel giorno non ero presente, la gente poteva
anche
urlarmi nelle orecchie, e io avrei sentito tutto ovattato, come aldilà
di un
muro trasparente. I miei genitori mi sgridavano molto spesso, per
questo mio
lato distratto. Avevo sempre la testa tra le nuvole, a crearmi castelli
per
aria. Le mie fantasie volavano alto con me, e quando la realtà mi
piombava
addosso, mi spiaccicavo a terra, sempre, e ci rimanevo male. La vita è
fatta a scale:
c’è chi scende e c’è chi sale. Io a metà della rampa ero già stanca, di
solito.
Mi sarebbe tanto servito un ascensore.
“signorina Smith, è qui con noi?” mi richiamò la prof. Ecco che
precipitavo di
nuovo sulla terra, dalle mie splendide nuvole rosa.
“sì, professoressa, scusi.” Dissi, mettendomi composta. Cercai di
seguire la
lezione, fino a quando non mi arrivò una gomma in testa. Ignorai il
deficiente-
ovviamente sapevo chi fosse l’artefice del dispetto-, e continuai a
prestare
attenzione all’insegnante. Mi arrivarono anche due palline di carta, e
perfino
una penna, addosso. Quando anche un righello di metallo mi colpì, mi
voltai
furente verso quell’imbecille con patente. “ma la vuoi finire?!”
sbraitai. Lui
mi sorrise strafottente, soddisfatto, e divertito.
“Smith, per l’Amor del cielo!” mi richiamò la prof. “datti un
contegno!” Ops.
“ma professoressa, lui..” cercai di giustificarmi, ma lei mi zittì con
un’occhiata. Sbuffai, annuendo, e tornai a seguire la lezione.
La prof ricominciò a blaterare. Ma chi se ne importava di che colore
aveva i
calzini Napoleone! Gli insegnanti erano davvero assurdi. Se così
cercavano di
farci avvicinare alla materia, si sbagliavano di grosso: scappavamo a
gambe
levate, noi!
La campanella suonò e ringraziai il cielo che ci fosse la pausa pranzo.
Non ne
potevo più. Raccolsi le mie cose e fuggii fuori, all’aria fresca- se
così si
poteva definire quel tanfo, mix tra muffa e vernice, che proveniva dai
muri.
Beh, era pur sempre fuori dalla classe.
“ehi, Nat.. oggi la prof non finiva più di parlare..” sospirò Kim,
raggiungendomi. “davvero, mi stavo per tagliare le vene con i righello.
Ci
sarei riuscita.” Dissi, convinta. Lei strabuzzò gli occhi, scioccata.
“Kim, per l’Amor del cielo, scherzavo!” la rassicurai, per poi ridere.
Lei mi
fece una linguaccia. “beh, da te sarebbe anche normale.”
“come? Ehi, non prendermi per una suicida!” sbottai. Mi finsi offesa-
con
scarsi risultati oltretutto. Infatti, scoppiai a ridere, seguita da
lei.
“andiamo a mangiare, va!”
“non ci vedo più dalla fame” concordai, accelerando il passo. A costo
di
mettere qualcosa nello stomaco, mi sarei avvelenata con le schifezze
della
mensa. Dopo un’interminabile fila, notai con (dis)piacere che c’era la
pizza:
c’era, appunto. Era già finita, o meglio.. l’ultima fetta la stava
prendendo
lui. Un motivo in più per odiarlo. Presi un semplice panino e una mela.
Dopo
averlo visto mi era passato l’appetito. Mi sedetti ad un tavolo con
Kim, poi
arrivarono anche Susan e Megan, altre due nostre amiche.
“com’è andata oggi?” chiese la prima, sorridente. In un certo senso la
invidiavo. Lei riusciva a trovare il bello in tutto e in tutti, anche
nella
scuola. Il suo carattere era l’opposto del mio.
“male.” Dissi, seccata. “quell’imbecille mi ha fatta richiamare.” Le
altre
ridacchiarono. “ci piacerebbe essere in classe con voi, per vedere le
vostre
zuffe. Le voci girano, e tu ci racconti tutto, ma vedere è un altro
paio di
maniche.” Disse Meg, convinta. In quel momento, mi arrivò qualcosa in
testa.
Portai la mano sui miei capelli, e sentii qualcosa di viscido. Cacciai
un urlo
acuto, saltando in piedi e buttando lo schifo sul tavolo. Era gelatina.
Tutti
gli studenti cominciarono a ridere di me, a parte Kim, che sapeva cosa
sarebbe
successo di lì a poco. Vendetta.
“è probabile che stiate per assistervi..” mormorò la mia amica alle
altre.
Mi voltai verso quell’idiota, che sorrideva vittorioso. Anzi, ghignava.
Mi
avvicinai a lui, con uno sguardo che di buono e affabile non aveva
niente.
Presi un piatto, con dentro la pasta, di un ragazzo al suo tavolo, e
glielo
tirai in testa.
“così impari, scemo.” Dissi, soddisfatta. La sua sorpresa si trasformò
in
rabbia. Rovesciò l’acqua in terra, poi mi spintonò facendomi cadere di
sedere.
Non fece in tempo a ridere, che gli feci lo sgambetto, e così mi
raggiunse sul
pavimento sporco e bagnato. Sorrisi soddisfatta, mentre mi rialzavo e
lo
condivo con la maionese, in testa. “ha bisogno di un po’ di sapore..”
commentai. Mi trucidò con lo sguardo, e si rialzò con uno scatto.
Afferrò la
sua pizza e me la spiaccicò in faccia. Il trancio cadde a terra,
mostrando la
mia bocca aperta e la mia espressione scioccata. Come osava?! Un suo
amico si
stava portando alla bocca la lattina di Fanta, ma non ci riuscì:
l’afferrai e
rovesciai l’aranciata addosso a Brown. Prese una torta- dove la trovò,
non lo
so- e mi finì in faccia. Con la mano mi pulii il viso, e lo trucidai
con lo
sguardo. “sei uno scemo, idiota, imbecille..” per ogni insulto gli
tiravo
qualcosa addosso- o meglio, cercavo di centrarlo. Purtroppo la mia mira
non era
delle migliori, e lui aveva una prontezza di riflessi notevole. “tu sei
una
piaga, un porro, un foruncolo con pus giallo, di quelli che fanno male
se li
sfiori, di quelli che fanno schifo a vederli.” Sputò, avvicinandosi a
me, con aria
minacciosa. “e tu sei un essere senza cuore, schifoso e viscido, che fa
soffrire le ragazze perché sei un p********e del cavolo!” sibilai,
avvicinandomi ulteriormente a lui. Era la prima volta che ci trovavamo
così
tremendamente vicini.
“ e tu.. tu sei una di quelle persone che si mostra ingenua, ma non lo
sei
proprio. Una che sotto sotto pensa di essere migliore e superiore agli
altri.
Credi di sapere tutto, di essere perfetta, ma non sai proprio niente.
In
realtà, sei solo un’ipocrita.” Disse a pochi centimetri dal mio viso,
tant’è
che sentivo il suo respiro sulla pelle, anche se leggero. I nostri
occhi erano
incatenati, ma il suo sguardo intenso e infuriato era davvero pesante.
Dovevo
trovare il modo di allontanarci, assolutamente. “cos’è, ho toccato un
tasto
dolente?” sfidò.
Lui non mi conosceva nemmeno e pensava di avere delle pretese su di me?
Ma come
si permetteva?!
“l’ipocrita sarai tu” risposi con lo stesso tono, spintonandolo via.
[…]
[…]
Entrai in casa come una ladra, di soppiatto, cercando di non farmi né
vedere né
sentire dai miei. Dovevo fare una ‘Mission impossible’, dato che per
andare in
camera mia dovevo attraversare il corridoio- da cui, ovviamente, si
apriva il
mio salotto. E loro erano lì, in agguato, pronti a farmi una lavata di
capo. Lo
sentivo, c’era aria di sgridata. Un rumore attirò la mia attenzione: le
urla di
Emma contro Adam erano accusatorie, incredule, deluse. Era davvero
esasperata,
poverina. E se Emma- la gentile e buona Emma- sbraitava così contro il
figlio,
io cosa mi dovevo aspettare dai miei? Deglutii a vuoto. Dire che ero
terrorizzata era un eufemismo bello e buono. Sfilai le scarpe e,
sempre
con la massima cautela, avanzai stile pantera rosa. Purtroppo, sembrava
che
ogni mio passo,fosse una zampata di bisonte. Ogni minimo,
impercettibile
rumorino era amplificato, forse perché c’era un silenzio innaturale.
Dov’era
quella casinista di mia sorella, quando serviva un diversivo? Eppure io
l’aiutavo sempre ad evadere per andare da Bryan! Che ingiustizia. Feci
un altro
passo, attenta a non far troppo.. “signorina, vieni qui
immediatamente!” chiamò
mia madre. Presi un bel respiro, pronta alla mia disfatta. Entrai in
salotto,
con la faccia più innocente che avessi.
“Mamma, papà, come siete in forma, oggi!” feci, sorridendo affabile.
“non provare ad abbindolarci, sappiamo quello che hai combinato.” Disse
papà,
serio. Ahia, qui si metteva male. “mamma, papà, posso spiegare.”
Provai, ma
loro mi interruppero.
“Natalie, sei un’irresponsabile! Come puoi essere così selvaggia?
Eppure non mi
pare, che io e tuo padre ti abbiamo insegnato a non rispettare le
regole. Ma
forse, tu pensi sia superfluo. Delle semplici regole per la felice,
pacifica,
convivenza civile, tu non riesci proprio a seguirle!” mi sgridò.
“mamma..”
“niente mamma. Natalie, sei una brava ragazza, l’abbiamo sempre
pensato. O
forse ci hai raggirati, in fondo.. sei una vandala!”
“Emily, non credi di esagerare adesso?” chiese papà, vedendo che le
parole di
mamma mi stavano colpendo troppo violentemente.
“non sto affatto esagerando: voglio che capisca, Richard. Deve mettersi
in
quella zucca vuota, che deve smetterla di comportarsi male, perché non
le
porterà nulla di buono! Deve capire che non è tutta una sua stupida
fantasia!”
“Emily.” Riprovò, questa volta sembrò un rimprovero. Io trattenevo le
lacrime.
La odiavo, la odiavo profondamente. Era mia madre, ma perché non mi
capiva? Era
sempre colpa mia, ogni cosa succedeva, io c’entravo sempre. Cos’era,
perché
avevo le spalle larghe dovevo portare il peso di ogni cosa sbagliata?!
Se ci
fosse stato un incidente, sarebbe stata colpa mia, sicuramente.
Certo, anche io avevo combinato quel casino in mensa, ma ora stava
andando su
altri argomenti, che non c’entravano proprio con l’accaduto di oggi.
“Natalie,
su tre figlie, sei quella che mi da più problemi, proprio non riesco a
capirti.
Melanie..” non la lasciai finire.
“Melanie, Melanie, Melanie.. Sai, non hai solo lei come figlia! Ma
sembra che
io e Rose proprio non ci siamo, non contiamo per te.” Sputai, con
rabbia. Emily
arrossì per la rabbia, stringendo i pugni lungo i fianchi.“Natalie, sei
in
punizione. Non uscirai più di casa, non vedrai più le tue amiche,
finché non
cambierai atteggiamento.” Sai che m’importava…
“tanto devo ancora finire di scontare la scorsa!” sbottai, tra le
lacrime. Mio
padre fece un passo verso di me, per consolarmi, ma io indietreggiai.
“sono
sempre in punizione, anche per cose che non ho fatto!” urlai. Dovevo
sfogarmi,
e avevo trovato il pretesto per farlo. Non reggevo più, tutte le sue
grida, le
colpe e accuse, i castighi infondati stavano venendo fuori con la
frustrazione.
“sei l’unica madre che non difende la propria figlia! Anzi, Melanie-
dissi il
nome di mia sorella come se fosse un insulto- la difendi eccome! È la
tua
preferita, la figlia perfetta, che ha voluto andare in un college
privato in
Europa! Vi ha fatto spendere tanti soldi, ma non conta! Lei è lei,
mentre fai
storie per comprarmi un paio di jeans!” sputai, con rabbia. “e che
atteggiamento ho, eh? Ho solo litigato con un ragazzo, il cui odio è
reciproco!
Oddio, però quanto Melanie si comportava da t***a con i suoi compagni,
andava
tutto bene. Lei è carina, è normale che i ragazzi le girino in torno
come
mosche!” Forse stavo esagerando, ma ero troppo arrabbiata, e non avevo
nemmeno
finito di sfogarmi. Mel non c’entrava nulla, non era colpa sua, ma
credevo
veramente che mia madre preferisse lei a me e Rose. Emily si avvicinò e
mi
diede uno schiaffo. “ ma come ti permetti! Vergognati, non dovresti
parlare
così di tua sorella!”
“vergognati tu, di fare preferenze con le figlie! TI ODIO!” detto
questo,
marciai fuori dalla stanza, diretta all’uscita. In quel momento, aprì
la porta
Rose. Il suo sorriso sereno si trasformò in una smorfia per la
preoccupazione.
“Nat! Oddio, Nat cos’hai?! Tesoro..” mi abbracciò forte, e io continuai
a
sfogarmi sulla sua spalla.
“Rose, non stare a consolarla nemmeno! Non sai cos’ha detto su Mel e di
me!”
disse ancora scioccata, la mia non-madre.
“Non so cos’abbia detto, ma tu non devi esserci andata piano. Non hai
idea di
come tu possa essere ingiusta con lei!” le rispose Rose, arrabbiata.
“cosa?!
Anche tu con questa storia.”
“Rose, io vado via..” mormorai, per poi scappare fuori. Mentre uscivo
dal
cancello, sentii distintamente Rosalie difendermi, e discutere con
nostra madre
con toni abbastanza accesi.
“Nat, Nat! Che sta succedendo?” eccolo lì, il mio migliore amico. Bryan
mi
abbracciò stretta, cullandomi. “Rose non ci va piano, la sentivo
urlare..”
mormorò, preoccupato.
Sospirai. “le ho sputato in faccia tutto il male che mi ha fatto, dalle
ingiustizie alle punizioni.. e le ho rinfacciato di Melanie..” Bryan
sapeva,
sapeva tutto, ed era dalla mia parte. Emma non faceva così- e lo
credevo bene,
anche io avrei voluto lei come madre-, non aveva mai fatto né
preferenze né
torti a loro. Semplicemente, il mio amico cercava di capirmi, e ci
riusciva. “e
Rose non è riuscita a non dire la sua. La conosci, è troppo
impulsiva..” tirai
su col naso, e passai una mano sul viso per togliere le lacrime.
“ti vuole un mondo di bene, lo sai. Farebbe di tutto, pur di vederti
sorridere.” Commentò lui, baciandomi i capelli. Bryan era il fratello
che
non avevo. Gli volevo un mondo di bene, non sapevo cos’avrei fatto
senza di lui
e Rose. Era un vero tesoro.
“Non capisce niente! La detesto, ma come può non accorgersene!” sbraitò
Rose
tra sé e sé, uscendo. Quando mi vide ancora nelle stesse condizioni, si
fiondò
da me. “ehi, Nat.. tranquilla. Va tutto bene, è finita.” Cercò di
rassicurarmi,
accarezzandomi la testa.
[…]
Avevo paura, paura di rientrare a casa mia. Rose mi prese per mano, e
varcò la
soglia con sicurezza. Nonostante lo sguardo fiducioso e tranquillo,
sapevo che
era preoccupata e che stava soffrendo. La conoscevo troppo bene.
“Nat!” esclamò mio padre, correndo ad abbracciarmi. “mi hai fatto star
malissimo, stupidina..” disse, quasi rasserenato, baciandomi una
tempia.
Accarezzò i capelli a Rose, sorridendole grato, e lei rispose allo
stesso modo
al gesto. “Mamma?” mormorai. Il suono era strozzato, basso, intriso di
preoccupazione. Mi rendevo conto di essere stata molto dura con lei,
anche se
pensavo veramente ciò che avevo detto. “è di là, sai.. l’hai fatta
riflettere
molto, ma la prossima volta non sbatterle in faccia tutto, in questo
modo.”
Annuii piano, stringendolo forte ancora, per poi andare in salotto. Non
volli
che né Rose, né papà mi seguissero. Era una cosa tra me e mamma, niente
intermediari.
“mamma.” Chiamai, e lei alzò lo sguardo. “Natalie” esclamò, alzandosi
in piedi
e correndo ad abbracciarmi. La lasciai fare.
“scusami, tesoro. Avevi ragione ad essere arrabbiata con me. Beh, forse
avresti
potuto essere un po’ più delicata, e un po’ meno scortese ma.. ti devo
ringraziare. Ho esagerato a darti tutte quelle colpe, anche se non ti
posso
assolvere per la storia della mensa.. e Nat.. Melanie non è la mia
figlia
preferita: io vi voglio bene tutte allo stesso modo. E tu sarai sempre
la mia
piccola, distratta, Nat..” disse, accorata e commossa, stringendomi
ancora.
Ricambiai l’abbraccio, trattenendo le lacrime. Sapevo che mi voleva
bene, forse
davvero non si rendeva conto di avere attenzioni in più per Mel, e
capivo che
si sentiva in colpa. Comunque, ora ero più leggera, avevo fatto
riflettere mia
madre, avevo parlato ancora con il mio migliore amico, e sapevo per
certo di avere
una sorella fantastica. Le cose sembravano aver preso, in questo senso,
la
direzione giusta.
Andai a farmi una doccia, sperando di sciogliermi un po’.
Fortunatamente,
l’acqua calda ebbe un effetto rigenerante e calmante per me. Mi
rivestii, poi
scesi a cenare. La serata passò tranquilla, serena quasi, tra
chiacchiere e
risate. Sparecchiai la tavola, aiutata da Rose, poi fuggii in camera
mia.
Dovevo riposare, la mattina mi sarei alzata più presto del solito.
Purtroppo
mia madre e Emma, avevano consigliato al preside come punizione di
farci capire
che fatica facessero i bidelli per ripulire la scuola. Perciò, tutte le
mattine, per due settimane, prima che cominciassero le lezioni, io e
Adam
dovevamo sistemare la scuola.
Sciolsi i capelli, mentre ero alla ricerca del mio Ipod. Ascoltavo
sempre la
musica, prima di dormire, altrimenti non c’era verso che m’assopissi.
Ed eccolo
lì! Misi gli auricolari nelle orecchie, ma prima che accendessi
l’aggeggio,
sentivo già la musica. Lo osservai, con un cipiglio in volto:
Ipod-mannaro? Poi
m’accorsi che quella canzone-davvero bella, peraltro- non proveniva dal
mio
‘cosino’, ma da fuori. Era una chitarra classica, strimpellata un po’ a
caso,
ma l’effetto era davvero piacevole. Mi affacciai alla finestra, e
scoprii- con mio
enorme sorpresa- che stava suonando Adam. La sua finestra, di fronte
alla mia,
era aperta, ed era chiaro che le note prevenivano da lì. Con profondo
rammarico, ammisi che era davvero bravo. Non seppi il perché, né con
quale
senno lo feci, ma mi sedetti sul davanzale ad ascoltarlo. I suoi
accordi erano
davvero azzeccati, incutevano calma, tranquillità, ma quasi tristezza.
Malinconia. Forse era dispiaciuto per aver litigato con la madre, e un
po’ mi
sentii in colpa: dopotutto, l’avevo istigato io a continuare, anche se
lui
aveva cominciato..
All’improvviso, s’interruppe. Qualche istante dopo, la luce si spense,
e
ricadde il silenzio. ‘buonanotte, Adam’ Pensai, mentre mi coricavo.
*
Che diree :D Ma ciao!
Sono felice che la storia piaccia *-* Sette recensioni, dico sette...ma
voi siete tutte FUORI.
Ma mi fate così contenta... :) Vi ringrazio infinitamente...GRAZIE!!!
che ne pensate del capitolo? Vi sembra brutto? Infantile? Banale? Spero
di no...Ho introdotto un nuovo protagonista..la terza sorella di
Natalie--> Melanie. Non apparirà solo in questo...tornerà, tornerà
per far danni, ovviamente xD Ma farà anche tanto bene. U.U
Bon...Io dire di non rompervi piu le scatole...:) CIAUU^^
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3. I miei neuroni andavano letteralmente a farsi friggere ***
- Capitolo 3: i miei neuroni
andavano letteralmente a
farsi friggere
- If you wanna be my
lover, you
gotta get with my friends,
Make it last forever friendship never ends.
- Tirai una manata al mio telefono,
scocciata. Un sonoro
‘sbang’, mi confermò che il cellulare cadde a terra, e la canzone cessò
di
spaccarmi i timpani. Mi veniva da piangere; sapevo che erano poco più
che le
6:00 di mattina, e l’idea che di solito potessi dormire un’ora in più,
di
certo, non mi consolava. Che fregatura. Quella mattina, la mia
forza di
volontà era pari a zero. Cercavo di aprire le palpebre, ma loro si rifiutavano
di aprirsi, erano in sciopero. Aspettai ancora qualche secondo- quegli
istanti
erano sacri, parevano ore, momenti in cui potevo ancora rilassarmi nel
mio
torpore- poi, riuscii ad aprire gli occhi. Mi tirai per bene,
sinceramente, non
avevo per niente voglia di togliermi le coperte di dosso, men che meno
di
alzarmi, di lavarmi, e soprattutto, di sgobbare per pulire quella
topaia che
era il mio liceo. Ma che diamine di punizione era?! Rotolai
per terra,
troppo stanca per usare i muscoli delle gambe e delle braccia – troppo
difficile coordinarli, più che altro. Oh, il mio Ipod…
misi le
cuffie nelle orecchie, e lo feci partire. ‘Wannabe’ delle Space
girl mi
mise di buonumore, o quasi. L’idea di dover pulire l’INTERO
edificio
scolastico, per di più in compagnia di quella persona
putrefacentemente*
rivoltante, smontava tutta l’euforia che quella canzone m’infondeva.
Comunque,
la voglia di cantare non mi passava, e mentre mi lavavo, anche se non a
squarciagola-o Rose mi avrebbe affogata, per averla svegliata-
continuai a
farlo. Mentre fingevo di essere una popstar, armata di spazzola- che
avrebbe
dovuto essere un microfono- inciampai nei miei stessi passi, e volai
per terra.
M’imbarazzai, benché non ci fosse nessuno a vedermi, e continuai a
prepararmi
senza più ballare. Mi vestii con jeans e felpa, poi scesi a mangiarmi
due
cereali. Lavati i denti e messe le scarpe, uscii di casa con lo zaino
in
spalla. E chi potevo incontrare, per rovinarmi ancora di più la
mattina? Ma
ovviamente lui, la mia nemesi! Ci saremmo comunque incontrati, ma
speravo
almeno di fare la strada da sola, crogiolandomi nella mia depressione post-pessimo-risveglio.
Invece, eccolo lì, di fronte a me, con un’espressione più addormentata
e
inebetita della mia. Mi consolavo, per lo meno non ero l’unica. Mi
sorpassò,
imprecando tra sé cose incomprensibili e senza senso. O forse, un
significato
ce l’avevano, ma ero troppo distratta per coglierlo. Camminammo
insieme, ma da
soli, fino alla scuola. La bidella aveva lasciato le chiavi appese alla
pianta,
accanto all’ingresso: che fantasia. Aprimmo, poi ci dirigemmo verso lo
sgabuzzino contenente tutti gli arnesi di cui avremmo avuto bisogno.
“tu l’ala
est, io l’ala ovest.” Decretò, senza troppo entusiasmo. La mia indole
orgogliosa si animò, sconfiggendo la sonnolenza: “perché scusa?!”
sbottai,
sfidandolo.
- “Così” Spiegò pacato, con aria
saccente,
innervosendomi. Evitai di saltargli addosso e legargli le mie mani
intorno al
collo, per strozzarlo. Fu un’impresa non farlo. “la mensa la sistemiamo
insieme
però, non sono una serva.” Dissi, cercando di far valere i miei
diritti. Lui
alzò le spalle, annuendo solamente, per poi defilarsi. Comincia
l’inferno..
- Pulii ogni cosa, sistemai con una
precisione maniacale
tutti i banchi, passai scrupolosamente lo spazzolone sui pavimenti, e
per cosa?
Per ricominciare domani, ovviamente! Perché al suono della campanella,
tutti
gli studenti sarebbero entrati in mandria e avrebbero di nuovo
infangato quel
pavimento, su cui ci si poteva specchiare in quel momento. Luccicava,
perfino.
Dubitavo che Brown raggiungesse quel livello di perfezione! Sospirando,
andai
in mensa. Adam arrivò in quel momento nella sala, e sul suo viso si
disegnò la
mia identica espressione scioccata. “abbiamo creato noi questo
macello?” domandò,
a occhi sbarrati. “sembra di sì.” Esalai,incredula.
- “la prossima volta che litighiamo,
ricordiamoci di non
usare il cibo.” Convenne, avanzando verso l’interno della sala. Lo
seguii,
incerta, cercando di non scivolare su bucce di banana- ne avevo
abbastanza di
cadute, quella mattina-, spaghetti, o scorie tossiche varie. Muniti di
un’incredibile forza di volontà e olio di gomito, cominciammo a
ripulire quel
disastro. Quando tornai nella posizione eretta, dopo aver sgrassato una
mattonella del pavimento con la spugna – dato che lo spazzolone non era
valso a
nulla-, mi passai una mano sulla fronte, con un sospiro. Che
faticata!
Adam mi guardò, poi scoppiò in una grossa risata. Si contorceva dai
troppi
singhiozzi, sembrava leggermente pazzo, e pensai che fosse
meglio
scappare via, prima di rimetterci qualcosa. Si riprese un attimo, ma
quando
riposò gli occhi su di me, ricominciò a sbellicarsi. Piantai i piedi a
terra,
serrando i pugni sui fianchi. “smettila di deridermi!” sbottai,
innervosita.
- “Sm.. Smith.. i..” altre risate, a
quanto pareva
incontenibili “hai, hai della roba..” e indicò la testa, per poi
tornare a
ridere come uno scemo. Passai una mano tra i capelli, e mi rimase
dell’insalata
tra le dita. Oh. “grazie.” Dissi, stupendo entrambi. Mi guardò
in modo
strano, poi tornò a passare lo straccio su un tavolo. Passò un po’ di
tempo,
dove il silenzio regnò sovrano.
- “sai..” ricominciò, prendendomi in
contropiede. Non me
l’aspettavo, davvero. “non pensavo fossi così sbadata.. ero
convinto che
la tua iella fosse un riflesso incondizionato dei miei dispetti..”
sorrise, un
sorriso che non avevo mai visto fare da lui. Continuava a pulire, senza
togliere lo sguardo dalla superficie ruvida del tavolo. Così..
pacifico,
nel senso che non mi faceva dispetti, pareva quasi.. Bello. Mi
sgridai
per il mio stesso pensiero, non potevo ritenere il nemico
minimamente attraente.
Era contro natura, o, forse, troppo naturale. Fatto sta che era
sbagliato, per me. “invece, tu sei davvero sbadata. O distratta.”
Incredibile quanto avesse capito di me, anche se eravamo in lotta tra
noi. “ e
io..” provai, indecisa se continuare a parlare o no. Optai per la
verità. “e io
non ti credevo così attento, così bravo a leggere le persone.”
Ridacchiai. “anzi, ti credevo proprio superficiale.” Mi corressi,
facendolo
ridacchiare a sua volta. Ma non era divertito, come non lo ero io.
Continuammo
a spazzare, strofinare, e sciacquare in silenzio, senza più parlare.
Non osai
guardarlo quando la campanella suonò, né quando mettevamo a posto scope
e stracci
vari, né mentre andavamo in classe. Volai al mio banco, e in silenzio,
entrambi
aspettammo che la classe si riempisse.
- “ehi, ciao Nat!” eccola qui la mia
stangona preferita.
- “ciao Kim” salutai, senza
entusiasmo. Appoggiai il
capo sul banco fresco, sospirando. La mia amica si accigliò. “Nat,
cos’hai?”
chiese preoccupata. “non lo so.” Confessai. Era la verità. Per la prima
volta
in vita mia, avevo sentito il mio odio verso Adam scivolare via. E non
capivo
il perché! Oh, andiamo, non poteva essere che quella semplice canzone
mi avesse
fatto cambiare idea su quello screanzato. NON ERA POSSIBILE, e nemmeno
credibile. Era un insulso ragazzino viziato, che aveva troppe pretese.
Non
aveva alcun diritto di rovinarmi l’esistenza senza nemmeno sforzarsi!
Era..assurdo,
semplicemente. “tu sei proprio messa male, amica mia..Ti serve una
battuta di
sano shopping per tirarti su.” Commentò. Mi rizzai sull’attenti,
sgranando gli
occhi. “se mi vuoi morta, fai pure!” sibilai, poi, vedendo che non
scherzava
affatto. Lei alzò le spalle “pff, non capisci nulla.” Rispose, con
un’occhiata.
Non dissi niente, rimettendomi nella posizione precedente, a struggermi
nella
mia confusione. Stupido Brown!
- […]
- Kim mi trascinò fuori,
all’intervallo. Si posizionò
davanti alla macchinetta, prima che altri potessero soffiarle il posto.
Dopo un
po’, anche gli altri studenti si aggregarono.
- “oh, andiamo vai!” Kim imprecò. Il
distributore si era
bloccato, e in più le aveva mangiato i soldi. “Porca di quella..”
respirò
profondamente, poi si girò verso la coda. “è rotta di nuovo!” Un coro
di ‘nooo’
si fece sentire. Mi spostai dall’aggeggio, seguita da Kim, e andammo da
Susan e
Megan. Mi guardarono confuse e preoccupate: “Nat, tutto okay?” chiese
la prima,
avvicinandosi e appoggiandomi una mano sulla fronte. “sto benissimo!”
sbottai.
Perché dovevo avere per forza qualcosa?! Era assurdo! “Natalie, sei
leggermente
nervosa in questo momento. Hai le tue ‘menses’?” domandò Meg in
codice.
Ringhiai contro alla mia amica: “non ho NULLA! Tanto meno le
‘menses’!!”
sbottai. Loro sussultarono per il tono che avevo usato. Presi un
respiro,
chinando il capo.
- “scusate ragazze, non so cosa mi
prende oggi.” Loro mi
sorrisero comprensive, abbracciandomi. Ah, che amiche fantastiche che
avevo.
Sciogliemmo la stretta, poi ci mettemmo davanti ad un calorifero
spento.
Avvampai, quando notai che Adam mi fissava. Si voltò dall’altra parte,
capendo
che l’avevo visto. Quel ragazzo era davvero impossibile, mi faceva
diventare
matta.
- “non pensavo fossi così
sbadata.. ero convinto che la
tua iella fosse un riflesso incondizionato dei miei dispetti.. Invece, tu sei davvero sbadata. O
distratta.”
- Scossi la testa, scacciando via il
ricordo di quel
sorriso meraviglioso che gli era scappato, e che io avevo visto bene.
Alzai lo
sguardo, e incontrai la sua figura. Si era spostato, rideva senza
allegria con
i suoi amici. No! Non poteva farmi battere lui così forte il
cuore, non
era possibile. Non potevo pensare che fosse stato dolce- non
riuscivo a
capacitarmi di aver solo concepito l’idea-, né che quello sguardo
malinconico
fosse tremendamente bello. Insomma, lui era Adam Brown, il ragazzo che
più
detestavo, l’individuo che riuscivo solo ad insultare, lui era quello
che mi
aveva rovinato i capelli, per la miseria! Non dovevo nemmeno
considerarlo
una persona. Lui era.. LUI. “Natalie, a che cosa pensi?”
incalzò
Kimberly, probabilmente vedendo le mie guance rosse come pomodori
maturi. “mi
sembri molto stupita.” Continuò. Scossi la testa, imbarazzata al
massimo, colta
in fragrante. “non penso a nulla, e non sono scioccata di niente. E’
tutto
perfetto.” Rassicurai velocemente, facendo aumentare la curiosità delle
mie
amiche. Mi sentii picchiettare la spalla. Le bocche delle mie amiche si
erano
spalancate, le espressioni si fecero incredule. Mi voltai, incontrando
le iridi
verdissime di Adam. “che cosa vuoi Brown?” dissi secca. “ehm, mi sono
dimenticato di chiederti, ovviamente da parte di mia madre, se potevi
venire da
Kate oggi..” Senza che potessi fermare i miei muscoli facciali, le
labbra si
distesero in un sorriso estasiato. Annuii: “certo! Nessun problema.”
Lui annuì,
cercando di trattenere a sua volta un sorrisino. “beh, la nanetta
ti
aspetta alle 4:30” Quel nomignolo aveva un retrogusto di dolcezza e
amore, i
suoi occhi smeraldini brillavano quando nominava la sorellina. Si voltò
e tornò
dai suoi amici. Un secondo dopo la campanella suonò. “Kate?” chiese
solo
Kim. “è la sorellina di Adam, è un vero tesoro: sono la sua
baby-sitter”risposi,
mentre entravamo in classe.
- […]
- Tornai a casa di corsa- non volevo
fare il tragitto
con Brown. Mi cambiai velocemente, indossando una semplice e comoda
tuta.
Pranzai tranquillamente, da sola- i miei erano al lavoro fino a tardi
quel
giorno. Poi agguantai il mio Ipod e mi rilassai sul divano per un po’.
Mi
assopii anche per una mezzoretta, poi al risveglio – verso le tre del
pomeriggio-, feci quei pochi esercizi assegnatici e studiai le pagine
di
letteratura. Mi stiracchiai un po’, sbadigliando, assonnata. Non vedevo
l’ora
di andare da Kate per rallegrarmi la giornata. Quella bimba era un
piccolo ma
luminoso raggio di sole, capace di mettere il sorriso anche alla più
cinica
delle persone. Kate era fatta così, unica ed inimitabile. La
consideravo la mia
sorellina minore, e io per lei ero un punto di riferimento. Non
invidiavo né la
bimba né Emma, sole con tre uomini. Poverette, le dovevano fare sante.
Andai in
camera mia, indossai di nuovo le scarpe da ginnastica e mi feci una
coda alta.
Poi mi ricordai che dovevo far vedere i miei trucchi a Kate, quindi
recuperai
la mia trousse, e tornai in salotto un’ultima volta. Spensi la musica,
misi il
giacchetto e uscii. Feci i cinque passi che separavano casa Smith da
casa
Brown, e suonai il campanello. “Natalie, ciao! Grazie per essere
venuta.” Disse
Emma sollevata e felice. Mi fece entrare, portandomi in salotto.
“Nat!!” esultò
la mia cucciola preferita. Corse ad abbracciarmi, e io la sollevai, per
poi
baciarle una guancia. “ehi, Kate! Come siamo belle oggi.” Commentai,
sorridente. La feci scendere, e lei mi prese per mano, trascinandomi
nella sua cameretta. Emma ci seguì, a braccetto con Seth: “torneremo
per le 10,
non tarderemo” mi rassicurò. Annuii, sorridente. Augurai loro una buona
serata,
poi si richiusero la porta alle spalle. “allora Kate, indovina cosa ti
ho
portato?” Lei si fece pensierosa, gonfiando le guanciotte paffute.
“dai, non
dirmi che hai dimenticato.. me l’hai fatto promettere!” urlò felice,
quando le
mostrai il borsellino che avevo portato. “i tuoi trucchi!!” esclamò.
Ridacchiai, per la sua espressione semplicemente buffa. Ci accomodammo
sul
tappeto del salotto, solo dopo averle messo il pigiamino. “allora, vuoi
che ti
faccia bella?”domandai, sorridente, e lei annuì eccitata. Ridacchiai.
Chiuse
gli occhi sotto mio ordine, e cominciai a metterle sulle palpebre un
leggero strato di ombretto. Le feci le guanciotte più rosse di quello
che
erano. “Natalie, poi ti posso truccare io?” chiese con la sua vocina
tenera. “certo,
piccola” e sorrisi, accarezzandole i capelli.
- “guarda guarda chi c’è..”
Sussultai al sentire la voce
di Adam.
- “ciao Addy!!”salutò la bambina,
entusiasta. Addy?
Soffocai una risata. Avevo un nuovo spunto per prenderlo in giro, sì!
- “mi hai fatto venire un colpo!”
esclamai, lanciandogli
un’occhiataccia. Lui ridacchiò, poi si fece serio. “cosa stai facendo
alla mia
sorellina?” domandò, avvicinandosi. “non vedi? La faccio più bella di
quello che è già.”dissi ovvia. Lui si chinò a baciarle una guancia, ma
un po’
di fard gli rimase sul naso. Scoppiai a ridere, imitata dalla
piccolina. “Addy,
il tuo naso..”singhiozzai, tenendomi la pancia. Lui mi fece una
linguaccia, per
poi sorridere. Adam Brown che mi sorrideva? Incredibile.
Ignorai il mio
cuore, che scalpitava furioso nel petto. “dai, Kate, il tocco
finale.”dissi,
agguantando il mio lucidalabbra e togliendo il tappo. Passai il
pennellino
sulla sua boccuccia, poi lei sorrise. “voglio vedermi!” le porsi lo
specchietto, si guardò, poi si rivolse al fratello, spaparanzato sul
divano.
“Fratellone, come sto?” Lui ridacchiò, mettendosela sulle gambe.
“sei bellissima, come sempre principessa” poi cominciò a farle il
solletico. Lei rideva come una matta contorcendosi sotto le dita del
suo
fratellone. Era impossibile che un sorriso non mi si disegnasse sul
viso. Erano
così dolci insieme. Lei era dolce, non il fratello.
- “basta, basta Addy!!” urlò “Nat
aiutami!!”
decisi di andare in suo soccorso. “lascia la mia cucciola, crudele!”
esclamai,
alzandomi e cercando di strappare Kate da quella simpatica tortura.
Afferrai la
bambina, ridendo, e cercai di scappare via, ma Adam mi afferrò per i
fianchi e
mi trascinò sul divano. “ehi!” esclamai, continuando ridere.
- “non hai diritto di portare via il
mio
terremoto”affermò, cominciando a fare il solletico pure a me. “sadico!”
esclamai, spintonandolo via tra le risate. Continuammo a ridere, fin
quando
l’ilarità non passò del tutto. “dove sei stato oggi pomeriggio?”
cominciò
Kate, incapace di stare in silenzio. Sorrisi, quella bimba era un
tesoro. Adam
ridacchiò, sistemandola tra me e lui. “ho fatto un giretto con i miei
amici.”
Disse solo, stringendosi nelle spalle. Kate fece una smorfia schifata,
mettendo
il broncio. “i tuoi amici non mi stanno simpatici. Sono brutti e
cattivi, e poi
io gli sto antipatica.” Disse la cosa come se fosse ovvia. “tranquilla
cucciola, io sono d’accordo con te. Ma dubito che tu non possa piacere
a
qualcuno.” Adam alzò gli occhi al cielo. “invece è così. Loro dicono
che sono un’esserino
petulante e fastidioso. Li ho sentiti.” Incrociò le braccia al
petto. “non
so cosa vuol dire, ma non è bello.” Affermò, facendomi ridere. “saranno
loro
petulanti e fastidiosi, tu di certo no.” Rassicurai, baciandole la
tempia. Lei mi sorrise, poi se ne uscì che aveva fame. La presi per
mano,
poi andammo in cucina. Misi a scaldare quello che Emma mi aveva
lasciato. Adam
ci raggiunse, aiutò Kate a mettersi sulla sedia, e si accomodò a sua
volta.
“cos’è, hai paura di lasciarla sola con me? Guarda che so badare a
lei.” Dissi,
mentre mescolavo per evitare che si appiccicasse il cibo nel
pentolino.
“non volevo stare di là da solo” fu la sua risposta. Spensi il
fornello, poi
misi la pappa nel piatto di Kate. “buon appetito, cucciola.”
- […]
- Kate si era addormentata,
accoccolata al mio petto.
Ero sul divano, con la piccola in braccio, vicino ad Adam. Accarezzai
la
testolina bionda della mia cucciola, osservandola. “è proprio
fantastica.”
Mormorò Adam, spezzando quel silenzio che s’era creato. Non era
imbarazzante,
ma familiare: era un mutismo accogliente, che abbracciava me, Adam e la
dormiente Kate.
- Annuii, sorridendo dolcemente.
“già, sei fortunato ad
averla come sorella.” Dissi sincera, voltandomi verso di lui. Ad
accogliermi, i
suoi occhi verdi che mi osservavano, con una luce che non riuscivo a
decifrare.
Lui annuì, abbassando il capo. “vuole molto bene anche a te: ti ritiene
come
una di famiglia.” Rispose, fissandosi le mani. “anche io tengo molto a
lei.”
Ricadde il silenzio, ma adesso era un po’ più pesante. Era una
situazione strana.
Non per questo brutta, ma non accadeva tutti i giorni che io e Adam
Brown
stessimo nella stessa stanza, a meno di un metro l’uno dall’altra,
senza
scannarci; anzi,riuscendo pure a cominciare una conversazione civile
senza
insulti.
- “domani sarà tutto come prima? Nel
senso,
ricominceremo ad insultarci e a fare rissa come al solito?” mi venne
spontaneo
domandarlo. Lui ridacchiò: “senza usare il cibo, ovviamente” convenne,
e
sorrisi anche io. “beh, dipende tutto da noi” rispose alla fine. “porto
Kate nel
lettino” annunciai, alzandomi e sistemandomi meglio la bambina tra le
braccia.
Andai nella stanzina di Kate e la sistemai nel suo letto, rimboccandole
le
coperte. Le baciai la testolina, poi uscii, richiudendo la porta e
spegnendo la
luce. Non mi restava che aspettare il ritorno di Emma e Seth, e poi
sarei
potuta tornare a casa. Erano le 9, e ciò significava che avrei atteso
ancora
un’ora buona.
- Per la miseria, un’ora con
Adam, DA SOLI?!
- Deglutii a vuoto, tornando nel
soggiorno. La mia paura
scemò via: Adam si era addormentato pacificamente sul divano. Mi
avvicinai
silenziosamente e mi sedetti sul divano, cercando di non svegliarlo e
di non
toccarlo. Ma i miei intenti furono vani. Adam, inconsciamente, appoggiò
il capo
sulla mia spalla. Arrossii, trattenendo il respiro. OH. MIO. DIO.
- Non so perché lo feci, ma mi fu
inevitabile guardarlo
dormire. Aveva un’aria angelica, dolce, tenera. Sapevo che nel
pieno
delle mie facoltà mentali non l’avrei mai né pensato né detto, eppure
in quel
momento era così. I miei neuroni erano andati a farsi friggere, ormai.
- Sorrise nel sonno, in un modo che
mi mozzò il fiato.
Magari era quella l’arma che usava per far stramazzare le ragazze ai
suoi
piedi. E dovevo ammettere che era fin troppo efficiente. Porca
di
quella puzzola, non andavamo bene.
- Certo che però, era un ragazzo
davvero strano. Non
capivo perché con i suoi amici facesse così il gradasso. Da quello che
avevo
potuto constatare quella sera, Adam era – oltre che un fratello
protettivo e
dolce- una persona davvero... beh, era una persona, ed era già una
grande cosa:
prima pensavo fosse solo un verme viscido e schifoso, oltre che
subdolo,
stronzo e antipatico. Sapevo che me ne sarei pentita, e che avrei
rimangiato
tutto, ma.. Era una persona migliore di quello che pensassi.
- Mancavano dieci minuti alle dieci,
Emma e Seth
sarebbero arrivati a momenti. Scostai delicatamente la testa di Adam
dalla mia
spalla, mi alzai piano, e accompagnai il suo capo fino al cuscino. Nel
togliere
la mano, sfiorai la sua morbida zazzera mogano. Poteva sembrare un
gesto
affettuoso, ma non lo era assolutamente. Presi la copertina con
cui
prima avevo scaldato Kate, e la stesi su di lui. Sorrisi dolcemente,
sembrava
un bimbo mentre dormiva. La porta si aprì, e i coniugi Brown entrarono
nel salone. Feci segno loro di silenzio, Emma e Seth sorrisero. Mi
avvicinai a
loro.
- “dì a tuo padre che ci vediamo
domani in ufficio.”
Mormorò Seth, e io annuii. “sarà fatto, Seth.” Confermai. Emma mi
accarezzò la
testa, poi salutai piano e corsi a casa.
- “dove sei stata fino a quest’ora?”
incalzò papà. Mamma
ci raggiunse. “ero dai Brown, mi sono dimenticata di dirvi che dovevo
curare
Kate.. Ah, Seth ha detto che ti aspetta in ufficio domani” detto ciò,
augurai
la buonanotte e andai in camera mia. Indossai il mio pigiama, poi andai
in
camera di Rose. Lei si voltò verso di me, sorridente. “ehi, com’è
andata?”
- “è stato strano..” confessai,
sedendomi con lei sul
suo letto. “c’era anche Adam e..”
- “non dirmi che avete demolito la
casa!” m’interruppe,
scioccata. “Rose!” esclamai, ridendo “cosa dici, dai!” Mia sorella era
davvero
imprevedibilmente pazza. “il fatto è che.. proprio non abbiamo
litigato,
anzi: siamo riusciti a fare una conversazione senza scannarci.” Dissi.
Facevo
fatica persino a crederci io, figuriamoci mia sorella. “davvero?”
sorrise
maliziosa. “sicura che non c’è stato qualcosa d’altro?” avvampai. “ma
cosa
credi? E poi, ero lì per Kate, non per quel tipo.” Sbottai, imbarazzata
all’inverosimile. Rose sbuffò: “peccato, beh, buonanotte.” E mi cacciò
fuori dalla
stanza. Probabilmente doveva chiamare Bryan e dirgli le ultime novità
che si
era perso. Il suo ragazzo- nonché mio migliore amico- era via con la
sua
classe,per una specie di stage. Immaginatevi Rose com’era isterica
senza il
suo orsacchiotto.
Sospirai, mettendomi a letto. Beh, quel giorno avevamo
fatto progressi, peccato che domani sarebbe ricominciato tutto
d’accapo.
- *Angolino Autrice*
- Salve a tutti! Eccomi qui con
il nuovo capitolo^^ ( oh, notare la chiccoseria del divisore u.u)
- Spero vi sia piaciuto- mi
piacerebbe sapere se è così ;)
- comunque, le cose cominciano a
farsi complicate .
- tra un adam scemo, una natalie
troppo testarda e ottusa, l'unica che si salva è la piccola kate! solo
lei puà salvare la situazione. u.u
- grazie alla magia della
'cucciola', nat e addy -
immaginatevi quanto lo sfotterà lei (xd) - si sono parlati civilmente.
sarà un segno del destino, magari XD eh, almeno... non è così
semplice... xp
- ci vorrà un po' prima che si
sveglino. comunque, a differenza di natalie, a me adam strapiace *-* è
così dolciuzzo... lasciamo perdere che stronzeggia, ma non è stronzo
u.u
- beh, lasciamo perdere. ora vado,
ciauuuu^^
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Capitolo 4 *** Capitolo 4: cioccolata, palline di carte, litigio, messaggio ***
- Capitolo 4: cioccolata, palline di carta,
litigio, messaggio
- Anche quel giorno mi alzai
presto per andare a pulire il liceo. Avrei dovuto essere sveglia,
attiva e pimpante, invece lottavo perché i miei occhi non si
chiudessero. Avevo sonno, molto molto sonno. Quella notte, poi, non ero
riuscita ad addormentarmi. Cavolo, non riuscivo a credere di averci
passato un’intera serata insieme, senza sbranarci e soprattutto..divertendomi.
Non era mai capitato che trovassi divertente e simpatico quel..quel tipo.
Ma vi rendete conto?! Simpatico!
Lui non era mai stato per me, un individuo da definire piacevole.
Lui era tutto fuorché una bella persona, e di questo- un tempo- ero
certa. Ora, ogni mia certezza vacillava.
- Arrivai allo stabile grigio
e tetro. Mi avvicinai alla porta, e provai ad aprire. Essa si spalancò
senza problemi, ed io entrai. Mi diressi al ripostiglio delle scope, e
lì, appoggiato al manico di uno spazzolone con un’espressione divertita
e maliziosa- oh, quella non accennava mai ad andarsene- c’era lui.
- “ciao Miss insalata” mi
accolse, ricordandosi della spiacevole gaffe del giorno precedente. La
voce era ironica quanto fredda, distaccata.
- “Buon giorno”dissi solo,
avvicinandomi.
- “Svegliata tardi, stamani?
Troppo impegnativa la serata, ieri?” mi beffeggiò.
- “Non sono io, quello che si
è addormentato come un bimbo sul divano, Addy.” schernii in
risposta. Il sorrisino sghembo sulle sue labbra morì subito, sentendo
pronunciare dalle mie, quell’adorabile nomignolo affibbiatogli da Kate.
- “non osare più chiamarmi
così, soprattutto davanti ai miei amici!” sibilò, lanciandomi
un’occhiata ammonitrice.
- "Sì, si” dissi lasciva,
sorridendo soddisfatta di averlo smontato di prima mattina, mentre mi
armavo di stracci e secchi.
- Era tornato tutto come
prima, con frecciatine e commenti, per mia fortuna. Per lo meno, quella
strana sensazione di affetto e simpatia che provavo per
lui il giorno prima se n’era andata, facendomi tornare nel pieno delle
mie facoltà mentali. Grazie al cielo, i miei neuroni funzionavano
ancora normalmente.
- Senza degnarlo di uno
sguardo, mi spostai nella mia ala della scuola. Pulii distrattamente il
pavimento, senza impegnarmi troppo. Tanto nessuno se ne sarebbe
accorto, e poi, non sarebbe valso a nulla debellare ogni sporcizia, in
quanto, nel giro di tre secondi- tra circa quarantacinque minuti-
sarebbe tornato tutto identico a prima. Raddrizzai i banchi e le sedie
delle aule che toccavano a me, cancellai i segni del gesso sulle
lavagne, e dopo aver alzato tutte le tapparelle, finii il mio lavoro.
Tornai allo sgabuzzino, riposi tutto, e approfittai della scuola
deserta e dell’assenza di adulti per prendermi una cioccolata calda.
Inserii le monete nella macchinetta e premetti il tasto della bevanda
che avevo scelto.
- “Sai che la cioccolata
ingrassa?” m’apostrofò Brown, raggiungendomi. Non risposi, aprendo lo
sportello e agguantando il bicchierino di plastica marrone. Cacchio,
scottava! Mi morsi il labbro inferiore, tentando di ignorare il calore
sull’indice e il pollice, che m’invitava a lasciare la presa. Non
volevo pulire ancora, perciò, cominciai a soffiare sulla bevanda scura,
aspettando si freddasse un po’. Si allungò, inserendo a sua volta delle
monete nel distributore, pigiando il pulsante per il caffè.
- Sorseggiai un po’ la
cioccolata, scottandomi la lingua. Ahio, brucia…
- “Mh..” respirai a fondo,
cercando di alleviare il dolore alla bocca “sai che la caffeina rende
noi giovani più nevrotici del solito? Ora capisco tutto…” Non persi
l’occasione per ribattere alla provocazione precedente. Lui recuperò il
bicchierino, osservandomi confuso. “cosa capisci?”
- “Perché sei psicopatico e
perché hai dei cambi di umore così repentini… E’ il caffè: scommetto
che ne sei dipendente.” Dissi ovvia, sfoggiando la mia aria da
saccente. Mescolai un po’ la cioccolata con la palettina, aspettando
che freddasse ancora- volevo sentire ancora i sapori, dopotutto!
- Ridacchiò, lasciandomi
basita. Ecco, intendevo proprio QUEI cambi d’umore. Prima era
fastidioso, ora era allegro… aveva dei seri problemi questo ragazzo.
Buffò via il bicchierino ormai vuoto- ma il caffè non scottava?!-
e cominciò ad avvicinarsi pericolosamente a me. Spuntò sul suo viso un
sorrisino angelico- e chissà perché, ci vedevo anche qualcosa di
malizioso. Continuava a procedere verso di me, e, inevitabilmente,
indietreggiai. Due falcate dopo, era vicinissimo, e io mi trovavo con
le spalle al muro. Caspio..
- Arrossii. Non ero
imbarazzata, non lo ero!! Impaurita si, anzi terrorizzata! La
distanza di sicurezza era stata brutalmente sorpassata, e lui
continuava ad avanzare. Mi schiacciai contro la parete, nel disperato
tentativo di sfondarla e scappare via. Avrei tanto voluto urlare –
aiuto, un maniaco mi molesta! – ma nessuno avrebbe potuto sentirmi,
inoltre sarei stata ridicola ai suoi occhi.
- Adam appoggiò i palmi delle
mani contro la parete, imprigionandomi. Mi scrutò con quegli occhi
verdi, profondi come l’infinito.
- “tu per me hai qualche
problema” accusai. Suonò quasi una supplica. Lui sorrise malizioso,
avvicinando i nostri visi. I suoi occhi non abbandonavano i miei. “sei tu,
il mio problema” alitò, troppo vicino alle mie labbra. Il suo respiro
solleticava la mia pelle, e mi faceva pian piano perdere la ragione. Eh,
no! Non di nuovo! Fortunatamente, la campanella suonò, e lui si
spostò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Come se non fosse
successo nulla, si allontanò verso l’ingresso, pronto a ritrovarsi con
quei cavernicoli. Portai una mano al petto, dove il mio cuore
scalpitava furioso. Cavoli, no, era riuscito ancora a farmi
venire la tachicardia. TI ODIO, BROWN!!
- …
- “ragazzi, ora buca!!”
esultò Jim, correndo in classe, felice come una pasqua. La classe
esultò spudoratamente, con un boato di urla, risate e schiamazzi. Anche
Kim, al mio fianco, era stracontenta, e soprattutto sollevata. Non
aveva avuto il tempo di studiare il giorno prima, e quest’assenza per
lei era stato un miracolo. “per fortuna!” sospirò, sorridente,
lasciandosi andare sulla sedia. Sorrisi, felice per lei. Se fosse stata
interrogata e avesse preso un brutto voto- rovinandosi anche quella
bella media che aveva- ci sarei stata male. La classe si divise come in
fazioni. C’era il gruppo delle galline- che avevano subito cominciato a
ciarlare su quanto lui fosse bello-, quello dei secchioni-
armati tutti di libri per ripassare-, il gruppo dei bruti- ovviamente,
capeggiato da quel cavernicolo di Brown- e infine, c’eravamo io e Kim.
Dal penultimo gruppo nominato, provenivano risate sguaiate e
schiamazzi. Le galline erano emotivamente instabili, dopo che il gruppo
dei ‘belli’ si era unito a loro. I ragazzi, ben presto, cominciarono a
fare la guerra con le palline di carta. Io cercavo di ignorare quei
dementi, concentrandomi sulla musica che ascoltavo con Kim. Non far
caso a loro, non far.. una pioggia di carta mi arrivò addosso. Mi
voltai verso di LUI, che ghignava con i suoi. Le galline – dotate di un
QI minimo- riuscivano solo a sbavare e a ridere istericamente. Mamma,
che nervi!
- “ops” fece ridendo Brown,
tirandomene un’altra. Ringhiai, mentre mi alzavo. Kim cercò di
acciuffarmi per la maglia, ma con uno strattone la sua presa cedette.
“tu…Possibile che il tuo cervello non riesca a fare una sinapsi che
una?!” sbraitai, fissandolo male. In quel momento, desiderai come non
mai possedere la capacità di incenerire con lo sguardo.
- “mi stai insultando
scientificamente?” mi schernì, con quell’espressione da pugni. Ringhiai
ancora, avvicinandomi. Era tutto IDENTICO a prima. L’episodio della
mattina era stato chiuso a chiave nel cassetto ‘momenti
indesiderati, più brutti che rari’.
- Mi faceva imbestialire.
“sei un..Infantile, borioso, odioso playboy da strapazzo!” esclamai,
cercando di trattenermi. Purtroppo, la rabbia ribolliva e bastava poco,
che sarei scoppiata.
- “oh, non esagerare con i
complimenti, che arrossisco!” mi beffeggiò, sorridendo sornione. Ma
come faceva ad essere così..insopportabile?! I suoi amichetti- anche
loro molto furbi e intelligenti quanto potevano esserlo degli orsetti
lavatori- risero come bruti.
- “e voi!” mi rivolsi a loro
“siete proprio dei caproni ignoranti per assecondare questo
tizio!” loro risero ancora, nemmeno toccati dalle mie parole. Brown mi
sorrise vittorioso.
- “visto, Natalie,
che nessuno ti dà ascolto?”
- “non mi cambia molto la
vita, Addy” risposi prontamente. “volevo solo illuminare i tuoi
brillanti compagni di idiozie su quanto tu fossi un poco di buono..Ma
se non mi ascoltano, peggio per loro.” Lui mi fulminò, per aver
utilizzato il suo nomignolo.
- “chi è Addy?” domandò Jim,
ridendo. Vidi Adam arrossire per la rabbia, e stringere i pugni lungo i
fianchi.
- “ma ovviamente il vostro
amico Adam..” dissi, con un sorrisino. I ragazzi risero, cominciando a
sfotterlo per il nome. Lui mi trucidò con lo sguardo, poi si voltò
verso gli amici “siete degli stronzi!” sbottò, uscendo e sbattendo la
porta. Tempo fa, sarei stata gongolante e soddisfatta come non mai. Per
una volta l’avevo fatto scappare con la coda tra le gambe,
eppure…Eppure non ero così felice. In confronto a oggi, il taglio di
capelli era stato nullo. Il nomignolo era valso più di qualunque
sforbiciata o di pugno. Forse… Scossi la testa, cercando di ignorare
quella morsa che mi stringeva la bocca dello stomaco, e fingendo di non
aver nessun nodo alla gola, che mi soffocava.
- …
- Ora di pranzo.
- Era strano, non avevo
proprio fame, nonostante avessi solamente bevuto la scarsa cioccolata
della macchinetta per colazione.. Rabbrividii, ricordando la sua
vicinanza e i suoi occhi, accesi da qualcosa che ancora non
identificavo.
- Presi solo una mela, ma non
raggiunsi le mie amiche al tavolo. Avevo bisogno di stare da sola, sola
con i miei pensieri. Mi sentivo strana, e in colpa. Ero dispiaciuta per
il trattamento riservato ad Adam. Ma cavolo, aveva cominciato lui!
Sbuffai, uscendo dalla mensa e andando nel retro della scuola, di
solito deserto e tranquillo. Ma quella volta, non ero la sola ad aver
avuto quell’idea. C’era anche lui. Se ne stava seduto sotto un
albero- precisamente, era il posto che preferivo- a leggersi un libro.
Lo sentii sospirare pesantemente, e alzo lo sguardo, per osservare le
nuvole candide nel cielo azzurro. Oggi era una bella giornata, davvero.
Scossi la testa, cercando di scacciare l’idea, quando pensai che fosse
davvero carino così. Marciai silenziosamente verso la pianta, e mi
sedetti sotto il suo stesso albero, ma dall’altra parte rispetto a lui.
- “Ciao..” mormorai. Non
rispose, e voltò pagina, ignorandomi bellamente.
- “Senti..” tentai ancora ma
mi interruppi, quando lo sentii alzarsi. Mi passò davanti, per tornare
all’interno. Mi alzai, e spinta da non so cosa, gli toccai il braccio.
Lui si voltò, gelandomi con un’occhiataccia. “Sta’ zitta. Hai già fatto
abbastanza.” Disse serio, scottandomi con le sue parole.
- “Io volevo chiederti scusa”
mormorai. Ma cosa diamine facevo?! E tutto il mio orgoglio?!
Lui rise amaramente, senza entusiasmo.
- “Chiedermi scusa?” ripeté.
“Natalie Smith che chiede scusa a me: un giorno da ricordare..”
ironizzò. “Non m’interessano le tue scuse.” Disse freddo, poi. “Non
dovevi mettere di mezzo Kate. Quello che è successo a casa mia, è stato
un momento. Mia sorella riesce a tirare fuori un me che non sono.”
Continuò, e capii che la cosa che l’aveva più ferito fosse il mio
utilizzo cattivo dell’affetto della sua sorellina. “pensavo fossi più
matura, Smith. E non tirare mai più in ballo mia sorella.” Detto ciò,
mi voltò le spalle e tornò nell’edificio, lasciandomi lì pietrificata.
- …
- Tornai a casa, come
un’automa. Non c’era che dire: Adam mi aveva colpita davvero.
Nonostante mi fossi scusata, mi sentivo in colpa. Aveva ragione- per la
miseria!- non dovevo mettere in mezzo la piccola Kate. Era come aver
preso in giro lei, e non il fratello. E mi dispiaceva un mondo.
- Ero sola in casa, come
sempre, e ciò non mi aiutò affatto. Ricominciai ad essere mangiata dai
sensi di colpa, dalla frustrazione, e dal risentimento verso me stessa.
Mi rinchiusi in camera mia, rannicchiandomi sul mio letto. Appoggiai la
testa sulle ginocchia, le gambe strette al petto. Incredibile. Una
lacrima mi scappò, ma l’asciugai subito. Dovevo smetterla di
crucciarmi, era inutile piangere – anche se una lacrima- sul latte
versato.
- Anche la bella giornata
andò a farsi benedire, con l’arrivo di un orrendo acquazzone. Mia madre
mi lasciò un messaggio nella segreteria, in cui mi avvisava che sarebbe
rimasta a dormire in ufficio, e così anche papà. Mentre Rose era via
con le sue amiche. Ero sola. Sola e depressa.
- Una canzone cominciò,
ancora una volta, a riecheggiare. Era leggero il suono, quasi
inudibile, coperto anche dalla pioggia scrosciante. Aprii la finestra:
chi se ne fregava se avessi preso una polmonite. Era la giusta
punizione per aver tradito il mio piccolo angelo.
- Ogni volta che ascoltavo
Adam suonare, mi sembrava sempre più bravo. E le canzoni, si facevano
man mano più tristi, tormentate.
- Problemi di cuore, Brown? pensai, sapendo che ad alta voce non
l’avrei mai detto. Constatai- con mio rammarico- che stavo cominciando
a pensare troppo a quel bifolco. Ed era sbagliato, enormemente
sbagliato. Io non dovevo essere minimamente influenzata da lui.
Era un male, era scorretto. Non era da me. Io, Natalie Smith detestavo
con tutto il mio essere- anima e corpo- Adam James Brown. Lui non era
nessuno, avere due nomi non lo faceva più importante- nonostante per le
ragazze del mio istituto fosse un punto a suo favore.
- Lui era fastidioso,
insolente, cafone, borioso, antipatico e..e terribilmente un’altra
persona. Quando avevo curato Kate, era stato una persona quasi
impeccabile. Echeccavolo! Io dovevo odiarlo!
- ***
- Sabato mattina.
- Niente scuola, per la mia
immensa gioia. Nessun banco da pulire, nessun pavimento da lavare,
nessun Brown da sopportare…
- Ah, pace!
- Mi rannicchiai
ulteriormente sotto le coperte, al calduccio. Nonostante la primavera
stesse arrivando e le nuvole pian piano stesse lasciando posto a dei
tiepidi raggi solari, io avevo ancora un freddo cane. Ero una persona
piuttosto freddolosa, e amavo dormire coperta, sempre e comunque.
- “Buuu!!” sussultai,
tirandomi su a sedere. Kate scoppiò a ridere, saltando sul mio letto.
Ridacchiai, strofinandomi gli occhi, per poi sbadigliare.
- “Ancora a dormire, Smith?”
commentò con un ghigno Brown, appoggiato allo stipite della mia porta.
Lo ignorai bellamente, abbracciando la piccola cucciola bionda. “Ehi,
che ci fai tu qui?” domandai, sorridendole. La pecora nera continuava a
stare sulla soglia della mia stanza.
- "Siamo a pranzo qui” esultò
la piccola, mettendosi a saltare sul letto, facendomi ridere. Finché
c’era lei, non correvo nessun pericolo.
- “Se aspetti tre secondi, mi
vesto, e poi giochiamo insieme, va bene?” proposi, facendole battere le
manine, elettrizzata. Adam continuava a osservarci, con un sorrisino
sulle labbra, a braccia incrociate. Sembrava divertito. Mi alzai,
spostando di poco Kate. Andai alla finestra, per aprire le ante e far
entrare un po’ di luce. “mh, carino il pigiama con il maialino!”
commentò Brown. Lo trucidai con lo guardo, nessuno poteva fare
commentini sul mio pigiama preferito. Poi, inevitabilmente, arrossii.
- “Esci immediatamente dalla
mia stanza, maniaco” esclamai, andando verso di lui per cacciarlo
fuori. Lui rise di gusto, e dovetti spingerlo via con tutta la mia
forza per poter chiudere la porta. Mi voltai verso Kate con un sorriso
vittorioso.
- “Mi aiuti a decidere cosa
mettermi?” lei annuì, sorridente, e si avvicinò a me davanti
all’armadio. La piccola si portò un ditino al mento, con fare
pensieroso.
- “Devi farti bella per
Addy”disse, con aria ovvia. La mia bocca si spalancò: che aveva
detto? “Kate, ma che dici?” domandai, ridendo nervosamente. Lei mi
scrutò con i suoi occhioni verdi. “non siete fidanzati?” domandò con
quell’aria teneramente ingenua. Scossi la testa violentemente: “no,
piccola, no!”
- Lei gonfiò le guance, per
poi sbuffare, alzando gli occhi al cielo. Sembrava esasperata. Mi
sporsi verso il cassetto, tirando fuori i pantaloni della tuta grigi- viva
la comodità!- e una felpa a caso nel guardaroba. Kate si lamentò, i
vestiti non le piacevano molto. Secondo lei, dovevo mettermi una gonna-
che non avevo mai nemmeno indossato (stava facendo la muffa, nel mio
armadio)- e una maglietta scollatissima- che mi aveva regalato Rose,
affermando che mi sarebbe stata utile, in futuro.
Fortunatamente, riuscii a convincerla che non era l’abbigliamento
ideale, e mi vestii con gli indumenti scelti. Fregandomi altamente che
nell’altra stanza ci fosse niente popò di meno che il ragazzo che
odiavo più di ogni altra cosa, indossai le mie babbucce a forma di
cane. Erano tenere, e mi piacevano un sacco. Anche la piccola le
adorava, e su questo accessorio fu pienamente d’accordo. Per mano,
andammo nel salotto, dove c’erano tutti, accomodati sui divani. Bryan
era tornato il giorno prima, e lui e mia sorella erano felicissimi di
vedersi. E si capiva. Mio padre ignorava- anche se a fatica- il
bacio che si stavano scambiando. Ed era tutt’altro che casto.
- “Ci sono minorenni!”
affermai, sedendomi accanto a Bryan, che nel frattempo si era staccato
dalle labbra di Rose. Mi sorrise, scompigliandomi i capelli. (Stavano
crescendo, per fortuna!) “Allora, scricciolo, come va?” domandò,
abbracciando Rosalie. “Tutto okay, più o meno.” Dissi, sistemando
meglio Kate sulle mie gambe. “Nat, giochiamo?” domandò la piccola,
afferrando le mie guance e tiracchiandomele. Sorrisi- per quello che
riuscissi- e acconsentii. Ci alzammo, e la portai nella mia stanza, di
nuovo. Quando giungemmo nella camera, notai che qualcun altro ci aveva
seguite. Mi voltai, incontrando lo sguardo divertito di Adam. “Posso
giocare anche io con voi?” fece, con una vocina mielosa, che mi fece
arricciare il naso.
- Dopo la discussione in
cortile, ce n’erano state altre. Era tornato tutto uguale a prima, e il
mio senso di colpa era andato man mano scemando. Le risse con Adam
erano, come al solito, distruttive per me, esilaranti per gli altri.
Fortunatamente, non avevamo più usato come armi le schifezze della
mensa, o addio! Non avevo più intenzione di fare il doppio del lavoro,
a scuola. Comunque sia, avevo constatato che facevamo rissa sempre più
di rado. Ci limitavamo- nell’ultimo periodo- solamente a qualche
insulto, a occhiatacce, o al massimo qualche dispetto innocente, che
non andava a danno di nessuno oltre al diretto interessato. E quando
uno era a casa dell’altro, si era creata una tregua. Non c’eravamo
messi d’accordo, ma con i genitori ci andavamo più piano. Io ero stufa
delle ramanzine di mia madre, e volevo tornare ad uscire prima delle
vacanze estive, e lui probabilmente lo faceva per il medesimo motivo.
Anche se non mi dispiaceva non litigare con lui.
- “Certo che puoi,
fratellone! Nat, a cosa giochiamo?” Ci pensai su un po’, ma non avevo
molta fantasia quel giorno. “potremmo giocare alla famiglia felice: tu
fai la mamma, Addy il papà, e io la vostra bimba!” propose, battendo le
manine. La guardai a occhi sbarrati. Ma che idee aveva questa?!
- Adam annuì, raggiungendoci
sul letto. “Si, che bello!” esclamò. Lo fulminai con lo sguardo, ma
purtroppo non si disintegrò. Un giorno, sarei riuscita a cancellarlo
dalla faccia della terra con un’occhiata sola. E quel giorno, sarei
stata immensamente felice. Lui mi sorrise strafottente. "Io sono il
papà che torna dal lavoro.” Si rialzò, uscì, e rientrò calato nel
personaggio. Il mio sguardo continuava ad essere infuocato, il mio
desiderio più grande era quello di eliminarlo. “ciao, sono a casa!”
esclamò. Kate gli corse in braccio, ridendo, chiamandolo ‘papà Addy’.
Poi, sempre con attaccata la bambina, camminò verso di me, con un
sorrisino malizioso. “ora, il papà saluta la mamma…” cantilenò,
avvicinandosi ancora. Incrociai le braccia al petto, continuando a
guardarlo male. Si sporse verso il mio viso, ma io indietreggiai.
“Andiamo, mogliettina, bacia il tuo maritino..” si lagnò, ridacchiando.
- “Non ci penso nemmeno!”
sbottai, cercando di allontanarlo.
- “Ma i genitori si danno
sempre i bacini” commentò Kate, innocentemente.
- “Vedi, lo dice anche Kate,
e poi dai..Sono anche stanco dal lavoro!” commentò, cercando si
avvicinarsi ulteriormente. “allora vai a dormire!” dissi, prendendogli
dalle braccia Kate, e dandogli uno spintone.
- Sia ringraziato il Cielo,
mia madre annunciò che il pasto era pronto, interrompendo questa farsa,
che mi aveva già irritata sufficientemente. Per tutta la durata del
pranzo, Adam mi lanciò delle occhiatine, che io cercavo in tutti i modi
di ignorare. Razza di…
- Fortuna che Bryan cominciò
a fare battutine, coinvolgendomi. Nonostante la presenza di quello
lì, non era stata male come ‘rimpatriata’ tra vicini.
- Ora, eravamo di nuovo tutti
in salotto. Kate era a terra, davanti alle mie gambe, che giocava con
qualche bambola che ormai non usavo più. Ero adulta, o quasi. Bryan
aveva finito di raccontare le sue esperienze allo stage, e avevano
introdotto l’argomento ‘fidanzati/e’. Il cellulare vibrò nella mia
tasca, e lo tirai fuori, quasi certa che il messaggio fosse delle mie
amiche. Ma non era così. Era un numero sconosciuto, che non avevo mai
visto. Aprii il messaggio, magari avevano sbagliato.
- Ciao, Natalie! Come va?
Ps: salva il mio numero ;) Jim.
- Dire che la mia bocca
toccava il pavimento, e che i miei occhi erano fuori dalle orbite era
un eufemismo per definire il mio stato di sorpresa. Jim? Ne conoscevo-
più o meno- solo uno,ed era niente popò di meno che il migliore amico
di Mr Perversione. “ehi, Nat, chi è Jim?” commentò ad alta voce Rose,
accanto a me, leggendo. Adam guardò subito nella mia direzione, ed io
arrossii come un pomodoro troppo maturo. Ma porca di quella mucca!!
- “Nessuno, Rose, hanno
sbagliato!” risposi prontamente. Lei mi sorrise maliziosa. “Non credo,
sorellina, non fare la furba: c’è scritto ‘ciao Natalie’!”
- “Jim non è un tuo amico?” domandò Seth a Mr
Perversione. Ci si metteva pure lui?! Adam annuì, sembrava
arrabbiato, o forse deluso. Fatto sta che io non ci capivo più nulla.
- *Angolino autrice*
- Eccomi qui, prodi
cavalieri!!
- Come va la vita? XD
Beh, la mia bene. Comincio il mio sproloquio dicendo che il capitolo
non è venuto benissimo. Doveva essere un po' diverso, ma per mancanza
di fantasia, è uscito così. spero non faccia così schifo... beh,
comunque..
- Abbiamo appurato che
le cose, più o meno, stanno tornando come prima- per litigi e cose
varie-, mentre, parlando di amicizie....Beh, nat ha ricevuto un
messaggino da jim, il prode amicone di papà addy. (xD) come mai?? adam lo
sapeva? Bah. si scoprirà più avanti ^^
- QUi c'è ancora lo
zampino di kate ;) XD povera nat...
- e per la vicinanza
all'inizio, da parte di adam? sappiamo che è sadico, il ragazzo...
infatti, ha fatto sclerate natalie XD Beh, non so piu che dire. se
avete voglia, lascio la parola a voi. ;)
- Risposte alle recensioni...
amylee: Ma ciau!! Ehi, innanzitutto,
grazie per la recensione.^^
Grazie per i complimenti...^///^ mi fa piacere che la storia ti
piaccia.
Non sai quanto anche io vorrei un ragazzo con cui azzuffarmi- ma
ovviamente, la fortuna ce l'hanno ben poche, come Nat XD Anche mia
mamma ci assomiglia molto ;) sono tutte uguali, mi sa XD
Grassie ancora!
piaciuque: ciao!!
Grazie per la recensione, mi ha fatto molto piacere!!
Spero
che anche questo ti sia piaciuto!! Un bacio.
sonoqui87: Hola!! ^^ Già,
Kate è dolcissima *-* concordo con te ^^
E detto tra me e te: anche io mi prendo le cotte per i
personaggi *///* Poi, Adam si sa che ha un cuore d'oro <3
Spero ti piaccia anche questo^^ E grazie anche per la recensione ^^
Baci:)
mayetta: ciauu!!^^ Grazie
per la recensione, in primis.
Comunque, hai intuito bene.^^ Un po' il ghiaccio si sta
sciogliendo, ma ovviamente non può essere tutto rose e fiori da
subito... Pian piano, si vedranno dei cambiamenti, ma... beh, mi
diverto troppo quando li faccio litigare, e continuerò ancora un po',
credo XD I'm sadica, lo so. ;P
Grazie ancora, bacio ^^
Derekkina2: Ciau! :)
Grazie per tutti i complimenti, e per la recensione ^//^ mi ha fatto
molto piacere che apprezzi come e cosa scrivo. Spero ti piaccia anche
questo, un bacio^^
saketta: ma ciao,
carissima! Grazie per la recensione!!
Eh già, Kate è un amore, che cosa faremmo senza di lei?? ^^
Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, un bacio.
Un bacio a tutte, buonanotte!!
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Capitolo 5 *** Capitolo 5- condizioni estreme- ma piuttosto mi taglierei le vene!! ***
Salve
a tutti^^ Sono tornata con un nuovissimo e appena sfornato chappy!
yeah XD
Beh, comincio col dirvi che questo è molto importante. è lungo, in
alcuni pezzi noioso, ma è essenziale. U.u chiedo scusa per eventuali
orrori/errori grammaticali, o obbrobri che potreste trovare durante la
lettura.
Stranamente, però, sono soddisfatta di questo capitolo. *sono molto
modesta XD*.
Allora...siamo rimasti al messaggio di jim. cosa fa la nostra nat??
bah. Perchè adam la guarda in modo strano? mistero. La cara kate, in
questo capitolo, non c'è. Come ho potuto non metterla?? * si
schiaffeggia da sola* beh, tanto sarà nel prossimo, necessariamente. ^^
Comunque, spero che vi piaccia. Ci vediamo di sotto!
buona lettura!
Capitolo
5: Condizioni estreme- ma piuttosto mi taglierei le vene!
La famiglia Brown
dopo un po’, decise di tornarsene a casa. Appena la porta d’ingresso si
chiuse,
non potei fare a meno che sospirare di sollievo. Sotto lo sguardo
intenso di
Adam, non ero riuscita ad articolare sillaba, immobile, pietrificata. I
suoi occhi
su di me, erano un qualcosa di assolutamente pesante, che mi metteva in
soggezione ed imbarazzo. Le mie dita, perciò, non erano riuscite a
comporre un
messaggio. Ero ancora nei ricevuti, sulla schermata del cellulare c’era
sempre
il testo che mi aveva fatto andare il cuore a mille e il cervello in
pappa per
la confusione. Più guardavo quelle parole, più mi convincevo che fosse
solo un
pessimo scherzo. Probabile che ci fosse lo zampino di Adam; era un buon
attore,
dopotutto. Quante volte se l’era cavata, dando la colpa a me, mettendo
su
quella facciata innocente e incantevole? Migliaia. E quindi, come non
potevo
avere il sospetto che ci fosse dietro lui? Sembrava davvero sorpreso e
confuso.
Magari, era andato storto qualcosa nel piano che avevano progettato.
Quindi,
decisi di non rispondere. Appoggiai il telefono sul tavolino al centro
del
salotto, e mi avviai verso il bagno. Urgeva doccia rilassante per
sciogliere i
muscoli e farmi dimenticare quegli occhi verdi. E la sua
sfacciataggine. E il suo
sorrisino. E... E basta!! Se fossi
andata avanti così, non sarebbe servita a niente. Tornai in camera mia,
e mi
gettai sul mio letto con un sospiro. Non avendo potuto dormire quella
mattina,
il sonno mi fece appisolare. Mi svegliai qualche ora più tardi, mezza
intontita
e con la mente totalmente annebbiata. Arrancai fino al salotto, e
chiamai i
miei. Non ricevendo risposta, vagai- o meglio, mi trascinai- per il
resto della
casa, constatando che non c’era anima viva. Arrivai in cucina, e notai
che
appeso al frigo- per mezzo di una calamita- c’era un foglietto: Tesoro,
stavi
dormendo così bene, che non abbiamo voluto svegliarti. Io e papà siamo
fuori
con i Brown, Rose è con Bryan. Ci vediamo stasera, bacio, mamma.
Sbadigliai. Bene,
ero sola in casa. Decisi di prendere il mio portatile, e mi stravaccai
sul
divano. Aggiornai il mio diario sugli ultimi avvenimenti, poi feci
partire un
film a caso, certa che mi sarei addormentata di nuovo. Ma non successe,
in
quanto, proprio nel momento in cui le mie palpebre stavano cedendo, il
cellulare prese a vibrare. Borbottai qualcosa senza senso tra me, e
afferrai il
telefono. L’ennesimo messaggio del giorno, ma questa volta era di
Susan.
Ciao Nat! Kim ha
organizzato una pizzata stasera...Sei dei nostri?
Avevo proprio bisogno
di svagarmi, quel giorno, e le mie amiche erano il rimedio ad ogni
problema. La
prima cosa che feci fu chiamare mia mamma.
≪ pronto? ≫ la sua voce squillante mi giunse all’orecchio, perforandomi
il timpano.
≪ mamma, stasera posso uscire con le mie amiche? ≫domandai a bruciapelo, senza girarci in torno. ≪ ciao anche a te, comunque io e Emma stavamo
proprio dicendo che volevamo uscire tutti insieme...Se ti dico di sì,
tu però
mi devi fare un piacere ≫ disse. Quell’affermazione, senza un motivo preciso, mi fece
gelare il
sangue nelle vene. Mia madre era davvero capace di tutto, anche di.. ≪ porti Adam
con te ≫, quasi non mi strozzai con la saliva, e incominciai a
tossire come una
fumatrice incallita.
≪ mamma, no, no!! ≫ risposi, rauca per la mancanza di ossigeno.
≪ allora non ti do il permesso. ≫ E riattaccò. Ma
che.. Mandai un messaggio a Susan, in cui le dicevo le condizioni
impossibili che mi aveva posto mia madre. Lei rispose semplicemente che
potevo
benissimo portarlo con noi, e che nemmeno alle altre dava fastidio.
Sottolineai
il fatto che lui era il mio acerrimo nemico, la mia nemesi, uno sputo
nell’occhio, un obbrobrio della natura, Mr Perversione in Stronzis, ma
Su
ribatté che, pur di avermi con loro, avrebbero sopportato il quinto
incomodo.
Digitai il numero di mia madre per la seconda volta, e la sua voce
seccata mi
accolse. ≪ Natalie, cosa vuoi ancora? ≫
≪ rilassati, mamma. Accetto le
condizioni ≫
****
Okay, Nat, respira...bene così, inspira ed
espira...
Era mezzora che
stavo aspettando Mr Perversione in Stronzis. Ovviamente,
era in ritardo.
Già dava fastidio di per sé la sua presenza, ma non bastava. Per
farmi
andare fuori dai gangheri lui ci stava mettendo ore per
allacciarsi le scarpe, porca di quella vacca! Appena fosse
uscito, gliene avrei dette quattro: oh sì.
Sentivo che mi sarei pentita della mia decisione di portarlo con me, e
già in
quel momento la coscienza mi voleva prendere a schiaffi per la mia
arrendevolezza. Ma cosa mi era saltato in
mente?!
Finalmente, si
decise a uscire. Stavo per cominciare a parlare, ma l’aria mi mancò
improvvisamente. Ammisi a me stessa, che, mio malgrado, stava davvero bene così. Non che avesse
qualcosa di così anormale- infatti era vestito con semplici jeans e
camicia-
eppure, era più carino del solito.
Ma cosa vai a pensare?! Mi ringhiò contro quella vocina petulante, che
proprio nei momenti drastici, tempo prima, mi aveva abbandonata.
Fortuna che
essa- niente di meno che la mia razionalità- era ricomparsa proprio
oggi. Mi
sarebbe servita eccome, quella sera.
Mi rivolse un
sorrisino malizioso, mentre mi osservava. Alzai gli occhi al cielo,
dandogli le
spalle, incamminandomi verso il centro. Mi raggiunse facilmente con due
falcate
silenziose, e si affiancò a me.
≪ vedi di comportarti bene, stasera. Mi hai già fatto tardare ≫ lo minacciai, con un’occhiata che non ammetteva
repliche. Lui, sempre con quel sorriso sghembo da infarto- ma
che vado a pensare?!-, si strinse nelle spalle, per poi fare un
saluto militare, ≪ agli ordini! ≫. Sbuffai per l’ennesima volta. ≪ ti do’ così fastidio, Miss Insalata? ≫ Assunsi un’espressione fintamente pensierosa, portandomi
un indice al mento. ≪ vediamo...SI! ≫ sibilai.
≪ potevi anche non accettare. Avrei preferito uscire con i
miei amici, piuttosto
che essere qui con te. ≫ Confessò, sfacciato, e chissà perché m’infastidì. Beh, era
normale: ogni
cosa lui dicesse, mi faceva arrabbiare come una belva.
≪ non potevo andare io, se non fossi venuto tu. Mia madre è
stata chiara. ≫ Dissi a mia volta, apparendo più fredda e cinica
del dovuto, forse. Era stata davvero crudele. Mia mamma sapeva bene
quanto io e
Adam non ci sopportassimo, soprattutto perché i nostri vivaci
battibecchi erano la causa di molte mie punizioni. ≪ perciò, stai buono. ≫
Proseguimmo in
silenzio, uno a fianco all’altra. Ogni tanto, lo vedevo lanciarmi
occhiate, che
inevitabilmente mi facevano diventare un pomodoro. Cercavo in tutti i
modi di
nascondere il mio viso rosso con i capelli, o voltandomi distrattamente
dall’altro lato rispetto a lui. Sembrava divertito dal mio
comportamento,
quasi. Faceva apposta, probabilmente, godeva nel vedermi arrossire come
una
scema. Infilò le mani nelle tasche, tornando a guardare davanti a sé. ≪ Perché non hai messo quella bella minigonna che
hai nel tuo armadio? ≫ chiese, con un sorrisino di scherno, o forse malizioso. Mi
bloccai,
impuntando i piedi a terra. ≪ cosa?! ≫ la voce mi uscì stridula. Lui scoppiò a ridere,
tenendosi la pancia, neanche avessi detto quale barzelletta. Forse, la
mia
espressione scioccata era troppo esilarante, per lui. ≪ come fai a sapere…?! ≫ chiesi, arrabbiata e imbarazzata. ≪ mi hai guardato nel guardaroba! ≫ accusai. Lui, dal suo canto, vedendo che mi
avvicinavo con l’intento si strozzarlo, alzò le mani come protezione. ≪ ehi, non ho frugato in nessun cassetto! Me l’ha
detto Kate! ≫ affermò, con un sorrisino divertito. Mi bloccai, prima che
commettessi
l’omicidio. ≪ ah ≫ fu la mia risposta molto intelligente. ≪ anche se avrei potuto… ≫ mi riscossi subito, zittendolo immediatamente. ≪ NON pensarci nemmeno! ≫ sbraitai, additandolo. Lui ridacchiò. ≪ okay, okay.. ≫
Osservai
l’orologio, e –merda!- eravamo un bel
po’ indietro nella tabella di marcia.
≪ muoviti, siamo in ultra ritardo! ≫ esclamai, cominciando a camminare molto
velocemente, quasi correndo. Lui stava al mio passo tranquillamente,
con un
sorrisino strano sul viso. Mi chiedevo cosa avrebbero pensato i nostri
compagni, a vederci così vicini, diretti alla stessa meta, senza che ci
prendessimo a botte ogni due passi. Doveva essere parecchio strano, ma
per
fortuna, non avevamo ancora incontrato nessuno. Arrivammo – io col
fiatone e la
lingua fino all’asfalto, mentre Adam con un sorriso sereno e il respiro
regolare- davanti al locale, dove le mie amiche ci guardavano non
troppo affabili.
Kim sbatteva convulsamente il piede sul terreno, guardandomi con un
sopracciglio alzato. ≪ cos’è, vi eravate appartati? ≫ trucidai con lo sguardo la mia amica, che mi
sorrise innocente, ≪ mi è scappato ≫. Era una
scusa?
≪ be’, Kim la conosci…Loro sono Susan e Megan. Ragazze, Mr
Perversione in
Stronzis ≫ Lui mi guardò accigliato, poi sorrise affabile alle mie
amiche.
≪ piacere, Adam ≫ Gli occhi delle mie compari– Su e Meg- divennero dei
cuoricini
intermittenti. No, non loro‼ Non
abbandonatemi, ragazze!
≪ bene, ora entriamo ≫ dissi secca, prendendo le due sciagurate per le braccia e
trascinandole di
forza. Kim ridacchiava, dal canto suo, seguendoci, affiancata da MP (Mr
Perversione). Il locale era davvero carino, accogliente, l’ideale
comunque per
noi giovani pazzi scatenati. Ci sedemmo al nostro tavolo, e, con mio
grande
(dis)piacere, MP si mise accanto a me.
≪ allora, Adam, come te la passi? ≫ Kim non poteva fare domanda più assurda: era
ovvio che si stesse divertendo un mondo a farmi innervosire
all’inverosimile.
Glielo si leggeva in faccia, era disegnato sul suo viso: sì proprio
quel
sorriso da angioletto, arma letale, era ciò che più di detestabile
avesse. Finto
pacifico, ecco cos’era. Quando assumeva quell’espressione, voleva dire
che
tramava qualcosa; e io lo sapevo bene, troppo. ≪ be’, piuttosto bene, oserei dire. ≫ e sorrise gentilmente alla mia migliore amica.
Lei ricambiò, poi i quattro cominciarono un discorso, a cui io non
partecipai,
troppo impegnata ad incenerire MP con lo sguardo. Era un vero peccato,
che
quella facoltà tanto agognata di disintegrare gli scarafaggi
con gli occhi non si fosse ancora resa utile. Ridevano e
scherzavano come dei vecchi amiconi, ignorandomi bellamente. Cos’è che
aveva
detto Su? Pur di averti con noi, lo
sopporteremo. Il punto era che la situazione era un po’ diversa.
Erano
affiatati, le mie amiche si divertivano
con lui. E non mi cagavano nemmeno di striscio. Non ero gelosa, o
invidiosa; semplicemente mi dava fastidio che quell’ornitorinco
conquistasse la
stima e la simpatia delle mie amiche. Probabile che fosse una causa già
persa,
e lo potevo intuire dagli sguardi estasiati delle mie ormai vecchie
amiche. Ma perché tutte a me?! Sola, senza nemmeno
un sostegno... che destino crudele! Beh, s’intuiva fossi un tantino
tragica, ma avevo tutto il diritto di credere che ormai Susan, Megan e
–
purtroppo- anche Kim, fossero indiscutibilmente dalla sua parte. Sacrebleu!
≪ beh, ma non ho ancora capito perché ti va piuttosto bene... ≫ riprese Megan, ancora ilare per la precedente
risata. Adam fece il sorrisino-
proprio quello sghembo, malizioso, quello micidiale per il genere
femminile- e si sporse in avanti. Le mie
amiche lo imitarono, come se dovesse dir loro chissà quale segreto.
≪ beh, sono circondato da belle ragazze: è il sogno di ogni
uomo. ≫ rispose. Le mie amiche, sceme fino all’osso,
ridacchiarono, probabilmente lusingate. Non ci vidi più. Mi alzai di
scatto,
tenendo i palmi aperti sul tavolo. Cercando di mantenere la calma,
affermai: ≪ Adam, ti potrei parlare? In privato. ≫ Le mie amiche mi lanciarono delle occhiate
maliziose, a cui cercai di non far caso. Brown chiese scusa
gentilmente,
seguendomi verso l’esterno del locale. ≪ti vedo silenziosa stasera ≫ osservò, ma io ignorai l’affermazione. Mi voltai
di scatto, guardandolo truce, ≪ smettila. ≫ sibilai. Lui mi guardò confuso, e lo sembrava
davvero. ≪ prego? ≫ domandò, accigliato.
≪ piantala di abbacinare le MIE amiche, sorcio che non sei
altro! ≫ ringhiai. Lui mi osservò per un secondo, per poi
aprirsi in un sorrisino compiaciuto, ≪ sei gelosa ≫.
Strabuzzai gli
occhi. Certo che ne aveva di fantasia! ≪ ma non farmi ridere! ≫ sbottai.
≪ e allora perché sei arrossita? ≫ Io,
arrossita? Ma quando mai!
≪ non sono arrossita≫
≪ no, sei solo bordeaux. ≫ commentò, ridacchiando. ≪ e se non è
perché ho detto questo...è perché la mia presenza ti mette in
imbarazzo... ≫ disse, avvicinandosi più a me. ≪ la tua presenza mi da solo molto fastidio ≫ ribattei decisa, sperando che non si sentisse l’agitazione
nella voce.
Avanzò ancora, e mi intrappolò per una dannata seconda volta, tra le
sue
muscolose braccia, il suo muscoloso petto, e il muro. Probabilmente, la
tonalità di rosso divenne più accesa, mentre il suo sguardo diventava
sempre
più intenso e, incredibilmente, sempre più serio. ≪ vedi, - mi sfiorò la guancia con la mano, in un tocco caldo
e leggero- sei
arrossita ancora di più. Sono io a farti quest’effetto. E sei pure
gelosa. ≫ disse, per poi lasciar cadere le braccia.
Voltandomi la schiena, ritornò all’interno, e io – che cercavo
di
regolarizzare il respiro- lo seguii poco dopo, maledicendolo
all’infinito per
farmi provare certe cose, per rendersene conto, e per approfittarne. Le
ragazze
mi guardarono in un modo strano, ma ero troppo scossa per tentare di
decifrare
le loro espressioni.
Gelosa.
Che gran cagata.
Io non potevo essere gelosa di lui:
io lo odiavo. Probabilmente, il suo ego era così montato, da pensare
che tutte
le ragazze gli cadessero ai piedi. E in quel ‘tutte’,
c’ero pure io. Ma non era verosimile, come cosa; io MAI,
sarei potuta cadere nel suo tranello. Mi chiedevo- in quanto lo
ritenevo
impossibile- come potessero le altre ragazze, innamorarsi di lui. Okay,
era da
ammettere che fosse di bell’aspetto, e passi che fosse un bravo
fratello, ma i
dispregiativi erano molti di più. Odioso, montato, cafone, arrogante –
più
altri aggettivi assolutamente negativi che non elencherò... Ed infine,
il fatto
che fosse un collezionista di ragazze, chiudeva il suo curriculum in
modo
pessimo. Detto ciò, era chiaro che a me, Adam James Brown, non sarebbe
mai
piaciuto; era da escludere. Di ragazzi ce n’erano a bizzeffe, cento
volte più
carini di lui, e con un carattere migliore. Cadere nelle grinfie di un
dongiovanni non era nelle mie prerogative.
Casanova voleva
dire sofferenza, e nessuno avrebbe voluto star male per amore. Io
speravo non
mi capitasse mai. Tantomeno, a causa di quel playboy delle mie
sneakers.
≪ Nat, ehi Nat, mi hai sentita? ≫ mi richiamò Susan, schioccandomi le dita davanti al naso.
Scossi la testa,
ritornando con l’attenzione sulle mie amiche. Ma come avevo potuto
farmi patemi
mentali del genere? Non era mai capitato, e non volevo cominciare a
farmeli per
un’affermazione- per giunta fasulla- di quella testa di carciofo.
≪ mi stavi ascoltando, almeno? ≫ ripeté, con un’espressione scocciata. Feci un sorrisino
imbarazzato di
scuse, ≪ ho detto se... ≫ la sua frase, fu interrotta dal vibrare rumoroso del mio
cellulare. Mi
lanciò un’occhiataccia, ma io che ci potevo fare? Mi chiesi chi potesse
essere,
in quanto le mie amiche- uniche persone che avrebbero mai potuto
mandarmi un
messaggio- erano lì di fronte a me. Recuperai il telefono dalla tasca,
e lessi
di nuovo quel cavolo di numero sconosciuto- di cui ora, purtroppo,
conoscevo il
proprietario. Probabilmente sbiancai, perché le mie amiche mi chiesero
più
volte se stessi bene. Non era uno scherzo,
mi suggeriva la vocina, Brown non
c’entrava nulla.
Ma io aborrivo
quell’idea. Non poteva essere che proprio il migliore amico del mio
peggior
nemico, provasse una minima simpatia nei miei riguardi. Era una balla.
E,
ritornando alle mie precedenti elucubrazioni, non volevo essere
immischiata in
una relazione con un playboy. Jim Wilson era,
e rimaneva, per me, un dongiovanni,
quasi alla pari con Brown.
Pigiai l’okay,
per sapere cosa mai quel tizio mi avesse scritto. Di nuovo.
Ciao, sono ancora
io. Ci vediamo al monumento, spero verrai. ;* Jim
Oh My Volvo! Ma questo si era fatto qualche film mentale.
In quel momento,
mi era chiara solo una cosa: NON saremmo mai passati di lì, per nessuna
ragione
al mondo!
≪ Chi è? Comunque, ti stavo chiedendo se ti
andrebbe di andare in piazza, dove c’è il monumento. Ma sì, il posto di
ritrovo
di tutti i ragazzi! Gli altri sono d’accordo. ≫ affermò, mentre le mie amiche annuivano. E te
pareva!
...
≪ no, vi prego, no‼ ≫
implorai, mentre Kim e Meg mi trascinavano.
≪ guarda che né io né i
miei amici mordiamo! ≫
≪ taci Brown! ≫ ringhiai,
trucidandolo con lo sguardo. Scommettevo ogni
cosa possedessi, che appena avesse intuito la mia paura, avrebbe fatto
di tutto
per appoggiarmi. Ma Adam era così ottuso, da non rendersene conto.
Oppure,
c’avevo azzeccato: era tutta una candid camera. E magari le mie amiche
erano
complici.
Purtroppo, dovetti
rassegnarmi, e seguirle. Mentre passo
dopo passo ci avvicinavamo- mentre imminente arrivava la mia
figuraccia, più
che altro-, maledivo in ogni lingua che conoscevo la persona che aveva
dato il mio
numero a Wilson. Perché- perché-
avevano violato la mia privacy, consegnando nelle mani di un bifolco
pervertito, il mio sacro numero di cellulare?
Chi era stato così stolto, da far accadere una tale blasfemia,
conoscendomi? Beh, chiunque egli- o ella- fosse, non aveva vita lunga.
Appena
mi fosse capitato/a tra le mani, l’avrei spappolato contro il
pavimento, e ci
sarei passata sopra con un tir. Non volevo passare per una pazza
killer, ma era
la pena giusta per aver fatto un errore/orrore così. Giungemmo alla
piazzetta,
e, ovviamente, le ragazze e Adam notarono anche l’infausta presenza del
gruppo
degli abominevoli ragazzi playboy. L’attenzione fu reciproca,
soprattutto dalla
parte di un tipo in particolare. Corse- praticamente- da noi, con un
sorriso soddisfatto
sul viso.
≪ allora hai ricevuto il
mio messaggio! Perché non mi rispondi? ≫ Avvampai, e
cominciai a farfugliare cose incomprensibili, che volevano significare ‘gira a largo brutta bestia, e non
infastidirmi più’. Peccato che non
riuscissi a formulare una frase di senso compiuto. Le mie amiche mi
lanciarono
un’occhiata confusa, mentre notavo Adam guardarci in modo strano.
Sentivo il
mio cuore battere all’inverosimile, pulsava nelle mie tempie, e il
sangue,
pompato abbondantemente, mi colorava le guance. Sentivo le orecchie
fischiare,
tanto era il fastidio, e in più sentivo un nodo alla gola. Avevo gli
occhi di
tutti puntati addosso, e non riuscivo più a capire niente. L’imbarazzo,
sommato
al senso di nausea che mi colpì, non mi fece articolare parola.
≪ ehi- Jim notò la figura
di Adam, vicino a Kim-, guarda guarda! Amico,
potevi chiamarmi, sarei uscito anch’io con voi! ≫ esclamò. Poi tornò a
guardarmi. In quel momento, un
capogiro forte mi colpì, e perdendo l’equilibrio, mi appoggiai a lui.
≪ Natalie! ≫ le mie amiche
mi sorressero, aiutate da Jim,≪ Cos’hai? ≫
domandarono. Ma sentivo sempre tutto più ovattato, più confuso, come
all’aldilà
di una barriera. Tutto poi fu così veloce e confuso che, al momento,
non me ne
resi conto. Un conato di vomito mi colpì, e portai istintivamente alla
bocca le mani.
Ma il bisogno di rigettare fu accantonato, quando persi tutte le forze,
e gli
occhi mi si chiusero.
...
≪ come sta? ≫
≪ stai tranquillo, ragazzo.
E’ solo svenuta ≫
≪ ma stava per vomitare,
era rossa e.. ≫ La voce profonda, maschile, dall’aria distaccata,
rassicurò il proprietario di quell’altra voce, familiare. Ero
cosciente, ma
stanca. Troppo stanca per alzare le palpebre, o per capire chi fosse
quella
persona. Non sapevo dov’ero, né cosa fosse successo, sentivo solo un
odioso e
pungente odore di disinfettante, e una spossatezza incredibile. Il
silenzio che seguì
la spiegazione, venne riempito da un pulsare frenetico, quando qualcosa
di
caldo afferrò la mia mano. Era il mio cuore, quel rumore che rimbombava
nelle
mie orecchie. Ma non feci in tempo a chiedermi il motivo, perché venni
presa da
un attacco di sonno, che mi fece sprofondare di nuovo nell’incoscienza.
Quando
riaprii gli occhi, istintivamente guardai al mio fianco. Jim mi
stringeva la
mano, guardandomi in un modo strano. Sembrava preoccupato.
≪ ehi, ti sei svegliata ≫
disse, sorridendomi. Portai una mano alla fronte, ma
sentii un dolorino pungente, e notai il tubicino della flebo fissato al
mio arto per
mezzo dell’ago. Sbiancai: odiavo gli aghi, e per fortuna ero
incosciente mentre
mi bucavano, o sarei morta di terrore. ≪ ci hai fatto prendere uno
spavento,
piccola! ≫ esclamò, accarezzandomi la mano libera. Pensai che il suo
tocco, non
era quello che avevo sentito prima. E il mio cuore, che batteva
silenzioso, ne
era la conferma. O forse, ero solo intontita prima, ed era stato tutto
un
sogno. ≪ Nat, fuori ci sono i tuoi e le tue amiche. Gli dico che
sei sveglia? ≫ domandò gentilmente. Io annuii piano, e lui si alzò,
lasciandomi un bacio sulla fronte, uscendo. Ne rimasi quasi scottata,
oltre che totalmente cioccata. Non mi aspettavo quel gesto da lui. Mi
aveva sorpreso. Ma altro che film, quel tipo.
Subito dopo entrarono i miei e le
mie amiche, decisamente tutti troppo preoccupati. ≪ oh, tesoro mio,
stai bene?! ≫ mia madre mi riempì di baci e di carezze. Rose mi
abbracciò stretta, facendo attenzione, e mi guardò accigliata: ≪ hai
fatto indigestione, Nat. Ci hai fatto morire di
paura, per un’indigestione! ≫ mi sgridò. Io sorrisi
appena della sua apprensione. Mi
sommersero di domande e di premure, e tutti mi ricordarono che non
avrei
mangiato fritto per un bel po’. Meglio essere prudenti. Papà mi
accarezzò la
testa, con un appena accennato sorriso.
≪ quando Adam ci ha
chiamati... ≫
≪ vi ha chiamati Adam? ≫mi fu
inevitabile domandarlo. Lui annuì, semplicemente. Dopo il suo racconto,
di come
si sentissero tutti così spaventati, espressi il desiderio di stare un
po’ da
sola. Usai la scusa del riposare, a cui Rose obbiettò prontamente: ≪
hai dormito per dodici ore! ≫Strabuzzai gli occhi -non credevo di aver
riposato così per così tanto tempo- ma richiesi, per piacere, di essere
lasciata in pace, e così se ne andò pure lei. In effetti, non ero
stanca, ma
sentivo di dover rimuginare un po’. Quel giorno, la mia mente era
intasata di
domande, e dovevo prima far luce con i miei pensieri, per giungere a
delle
conclusioni razionali e giuste.
Primo: mi chiedevo se Jim
fosse stato accanto a me tutto
il tempo, mentre dormivo.
Secondo: non mi spiegavo
perché fosse stato proprio Adam
a chiamare i miei.
Terzo: non sapevo se le
attenzioni che Jim mi riservava,
mi piacessero o meno.
Insomma, per le prime due
domande potevo chiedere ai
diretti interessati, la terza era una cosa mia. Jim era carino- molto-
e si
era rivelato gentile e davvero interessato a me. Non sapevo se pensare
di
piacergli, oppure cancellare quel dubbio dalla mia mente senza avere
una
risposta concreta. Anche perché molte volte, non sapere era meglio. Ma,
se nel
caso lui fosse stato davvero invaghito di me, io ne sarei stata
contenta? Lui mi
sarebbe mai potuto piacere in quel senso? O sarebbe rimasto eternamente
nei
miei pensieri come il migliore amico della mia nemesi?
≪ ehi... ≫ il mio
cuore perse un battito, forse per lo spavento. Era l’ultima persona che
mi
aspettavo entrasse. Richiuse la porta alle spalle, e si sedette sulla
sedia
accanto al mio letto. ≪ come stai? ≫ domandò gentilmente. Cercavo i
suoi occhi, ma non li
trovavo; teneva lo sguardo basso, non osava alzarlo e mostrarsi a
disagio. ≪ non immaginavo che saresti entrato. In realtà, ero
convinta non ti fossi nemmeno sprecato a venire qui ≫ rivelai, eludendo
la domanda. La verità, era che mi
sentivo dannatamente tranquilla. Niente rancore, niente ribrezzo.
Sentivo di
dover essere sincera, di dovermi comportare- per una volta- civilmente
con lui.
Probabilmente mi avevano imbottita di calmanti, per quello ero nella
fase ‘peace&love’, della serie ‘ama il
tuo nemico’. Altrimenti, davvero,
non me lo spiegavo. Di certo, a mente lucida, non sarei mai stata
contenta di
vederlo. Lui mi guardò accigliato: ≪ non riesci
proprio a gettare l’ascia di guerra per due secondi? Sto cercando si
essere
civile con te, non rendere le cose
più difficili. ≫
≪ nessuno te l’ha chiesto ≫
ribattei, sfidandolo. Chiuse gli occhi, serrando la mascella, e
inspirando
profondamente.
≪ senti. Non sto dicendo
che mi devi sorridere o
dimostrare qualsivoglia segno d’affetto, semplicemente, toglimi questo
peso:
stai bene, ora? ≫ chiese, guardandomi negli occhi. Lo
guardai in cagnesco:
≪ sei arrivato tu, e hai mandato a benedire quel senso di
pace interiore che sentivo. Quindi, no, ora che ci sei tu, non sto
bene! ≫ che enorme balla,
che avevo detto. Ma ad alta voce, non avrei mai ammesso che ero
terribilmente ed erroneamente lusingata dalla sua presenza qui, né che
quel
senso di pace me lo stava trasmettendo lui, con la sua presenza.
≪ bene. ≫
≪ bene. ≫ risposi
secca. Lui si rialzò, con l’intenzione, probabilmente, di uscire di
nuovo.
Rimase fermo, davanti alla seggiola, si sistemò i capelli con la mano,
sulla
fronte, sbuffando. Sembrava come diviso in due, titubante, in stallo
tra due
decisioni.
Vattene!
Rimani!
Si risedette.
Probabilmente, i suoi dubbi erano se
andarsene o rimanere. La mia parte stupida, imbottita di medicinali
dagli
indicibili effetti indesiderati, esultò. Nascosi un sorrisino, quando,
imbarazzato, si guardò in torno, cercando di non incrociare il mio
sguardo.
≪ posso fare qualcosa per
te? ≫ domandai, con una punta d’ironia nella voce.
≪ nelle tue condizioni, non
credo ≫ rispose, guardandomi e sorridendo. ≪ ma ti sei resa conto che
io, in questo momento,
approfittando della tua momentanea immobilità, potrei vendicarmi per
l’Addy? ≫ domandò, con aria saccente, appoggiando il gomito sul
materasso e sostenendosi il viso con il palmo della mano.
≪ e saresti così vile da
vendicarti con una povera malata?
≫ feci un’espressione contrariata, scuotendo la testa, ≪ non si fa. ≫
Trattenne a stento un
sorrisino; questo scambio di
battute stava divertendo entrambi.
≪ e se lo fossi? ≫ ribatté,
≪ e se ti punissi con la tortura che più ti causerebbe
problemi? ≫ fece, con un’aria attenta, seria. Questo lo faceva
apparire più sadico.
Lo guardai scettica: ≪ più
di un ago nel braccio, niente mi potrebbe turbare di più ≫
≪ e se ti baciassi? ≫
eccomi qua. Allora, soddisfatti o rimborsati?? XD
No, sinceramente, spero vi sia piaciuto almeno un po'.
...
Secondo voi, a jim piace davvero nat? e lei, cosa farà alla proposta-
sadica- di adam?
(io accetterei, sinceramente, se fossi in lei. ma vabbè, sono di parte
XD)
comunque, mi sa che ho esagerato con la storia dell'indigestione, ma mi
è uscita così. *sto impazzendo ragazze!!! * quindi, aspettatevi di
tutto nei prossimi capitoli.
a proposito. Io partirò il
10, e tutte le mie storie- questa compresa- sono sospese fino al 25.
non so ancora come farò senza scrivere certe cavolate, spero di trovare
del tempo per portarmi avanti con i capitoli, almeno. waaaah, sono
depressa. t_t
comunque.
risposte alle recensioni****
(che, wow, mi rendono superfelicissima!! thanks a tutte!!)
Mikela_esme_cullen: ma ciao, Michi!! Che bello sentirti
anche qui!! XD
innanzitutto, grascie mille per la recensione!! Smettila di farmi
complimenti!! Ps: non vedo l'ora che aggiorni la tua fic!!
Un bacio!!
sonoqui87: ciao!! prima di tutto: grazie,
grazie, grazie per il commento. *-* mi fanno sempre piacere le tue
recensioni!
Sono felice che la storia ti piaccia a tal livelli XD Ehi, ho
aggiornato il piu spicciamente possibile stavolta U.U
Hehe, Adam in questo capitolo ti è piaciuto?? E' così...cuccioloso...
*ç* XD ^^"
Al prossimo capy!! bacio
kyuugo: ma ciao! grazie per il commentino,
mi ha reso super gongolante XD
Ho aggiornato il prima possibile U.U Peccato che ora non potrò piu
farlo per un po -.- T_T
Beh, spero che questo ti piaccia. Bacio ^^
Nusia: Oddio O.O Tu, commenti una mia
storia!! Oddio, ne sono ONORATA!! *-* (mi inchino a te!)
Quando ho visto che eri tu, quasi non mi mettevo a urlare. Sono felice
che ti piaccia la storia U.U Ovviamente, rispetto alle tue, be', è
cacchina... -.-"
Ma sono felicissima comunque!! Grassie grassie!
E comunque, hai ragione, a Nat non è così indifferente Adamuccio... XD
E Kate, eh... la nostra piccola cupido XD
Eheh, già Jim complica le cose UN SACCO. U.U XD
Now, vado. Bacio!!
amylee: ehy!! Sadico neh, AdamXD Voleva
stuzzicarla...
Questo capitolo ti è piaciuto?? spero proprio di sì. U,U Ovviamente,
lui non si astiene sempre dal provocarla. XD
Grazie mille per la recensione, un bacio!! ^^
mayetta: Sono spiacente, questo non è un POV
Adam, ma prometto, prima o poi ci sarà U.U E ovviamente, deluciderà un
po' la situazione.
Già, è parecchio lunatico, ma è fatto così. Non sarà mai normale,
credo. XD
Per l'interesse... Bah, io non dico nulla XD *sadica* mwahhaha, lo farò
penare un bel po' questo ragazzo XD
Grazie per la recensione!! Spero che questo ti sia piaciuto!! ciau
saketta: Grazieeee!! XD Mi ha fatto
piacerissimo la tua recensione * io che mi inchino*
Sarà geloso?? mah. Spero che questo capi ti piaccia ^-^ ciau!!
piaciuque: Ma Grazieeee!! Troppo buona!!
Strepitoso no, dai...
eh, per quel bacio... Chissà, chissà. Non dico nulla, sto zitta XD
Spero che questo capitolo ti sia piaciuto!! Ciauuu^-^
Beh, detto tutto, vi saluto!! Al
25!! XD
ciauuuuu!!!
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Capitolo 6 *** Capitolo 6- che mondo di matti ***
- Ma
Ciau Gente!
- Dopo
più di quindici giorni di vacanza, eccomi qui con un nuovo capitolo.
- Devo
dire che sono stata super-iper-felicissima quando ho letto le vostre 9
recensioni *-* GRAZIE INFINITE!! Dio, ho gongolato come una matta XD
Ero lì, tutta in fibrillazione, con gli occhi fuori dalle orbite.
Davvero, sono stata IMMENSAMENTE felice.
- Penso
che questo sia il più lungo che io abbia mai scritto, ma non ne sono
sicura ^//^ Siamo arrivati a quel "<< e se ti baciassi? >>"
di Adam... Natalie, bah, chissà.
- Come
promesso, poi, è tornata la nostra piccola Kate! Non potevo non
metterla, la cucciola. ^^ E c'è una new entry, in questo capy, anche se
non proprio così "new". L'ho già nominato, nel capitolo due, questo
personaggio.
- Ah,
chiedo scusa in anticipo se non risponderò alle recensione in questo
capitolo, ma è proprio una toccata e fuga. Sono di corsa, SCUSATE!
Risponderò, se ci saranno, ai commenti nel prossimo capitolo.
- Vi
mando un bacio a tutti, ciau!
- PS:
vorrei dedicare questo capitolo a Fede, Ele e Sofia. Mi devo far
perdonare, in un modo o nell'altro, no?
- PPS:
buona lettura!
- Capitolo 6- che
mondo di matti
- - e se ti baciassi?-
- Inevitabilmente, mi si
mozzò il fiato, mentre il
sangue affiorava abbondantemente sulle mie gote. Non sapevo cosa fosse
a
rendermi più nervosa tra la sua impossibile richiesta e il suo sguardo
serio e convinto. Forse si parlava di pari meriti tra le due.
- Adam si alzò
lentamente, sporgendosi più verso il mio
viso. I suoi occhi verdi erano più profondi del solito, due smeraldi
luminosi,
ed era piacevole perdersi in essi. Se fossi stata nelle mie piene
facoltà
mentali, se non m’avessero imbottita di farmaci, se non fossi stata ad
un passo
dal baciarlo, mi sarei insultata per il mio pensiero. Peccato non fossi
lucida,
in quel momento.
- - sei così coraggioso
da dettare la tua pena da solo?
- feci, con una punta d ironia per mascherare il panico. Lui sorrise
malizioso,
più o meno a due centimetri dalle mie labbra. - non hai detto no. Chi
tace acconsente - Arrossii ancora di più, sempre se fosse possibile.
Deglutii a
vuoto, con la gola secca e il cuore scalpitante nel petto.
- - beh, il sarcasmo
dovrebbe farti capire che sono
restia... - alitai, incapace di usare un tono più alto di voce per
mancanza
d’aria. A quell’infima distanza, fu inevitabile sentire il suo
invitante
profumo. Non era dopobarba, no; doveva essere il suo profumo naturale,
era
troppo particolare e buono per essere fatto artificialmente. Sorrise
appena, ma
non più in modo malizioso. I suoi occhi ardevano, e s’alternavano dalle
mie
labbra ai miei occhi. La sua mano mi accarezzò una guancia,
delicatamente,
mentre le sue labbra si avvicinavano pericolosamente alle mie.
Trattenni il
respiro, attendendo quel momento. Stranamente, non vedevo l’ora che
succedesse.
- Lui è Brown,
Natalie, ricorda la sua fama da
puttaniere. Dopo questo bacio, si vanterà solo di aver baciato la
ragazza che
l’odiava di più al mondo.
- La mia coscienza mi
fece tornare più padrona di me
stessa. Per mezzo secondo, solo per mezzo secondo, pensai di
mandare a
quel paese la mia vocina interiore e baciarlo. Per fortuna, ero una
ragazza con
sani principi morali, che sapeva ciò che voleva. Appena un istante
prima che
appoggiasse le labbra sulle mie, le mie mani andarono al suo petto e lo
spinsero
via. Lui mi guardò accigliato, quasi deluso. - perché?
-
- - perché per te un
bacio non vuol dire ciò che per me
vale. Io non sono una di quelle troie che ti vengono dietro, non sono
un trofeo
di cui puoi vantarti. - mormorai, abbassando lo sguardo sulle mie mani,
ancora
appoggiate a lui.
- Mi guardò
intensamente, a pochi centimetri ancora dal
mio viso, indeciso su cosa dire. Quando finalmente stava per parlare,
la porta
della stanza si spalancò, e Kate fece il suo ingresso trionfalmente
rumoroso.
Adam s’allontanò immediatamente, risedendosi di scatto sulla sedia.
Kate saltò
sul mio letto, sorridendo allegra. - cosa stavate facendo, furbetti? -
domandò,
ridacchiando.
- - niente, piccola! -
- - Addy, sh! - zittì la
piccola, per poi rivolgere
l’attenzione esclusivamente alla sottoscritta. - Nat, ora come stai? -
squittì
poi, preoccupata. Le sorrisi dolcemente, accarezzandole i riccioli
dorati.
- - bene, ora. Stai
tranquilla, potrò tornare ancora a
casa tua per giocare. - Lei esultò, per poi ridere con me. In quel
momento,
scorsi un sorrisino sulle labbra di Adam, ma morì subito dopo.
Entrarono anche i coniugi Brown - e Bryan- nella stanza, per informarsi
della mia salute, e si stupirono di trovare il figlio lì. Emma e Seth
mi
riempirono d'attenzioni e di domande, e io cercavo di convincerli che
stessi
bene. Kate intanto, mi continuava a raccontare delle sue innocenti
avventure,
mentre il fratello maggiore ci prendeva in giro dicendo che eravamo due
pettegole. Adam se ne stava silenzioso in un angolo, e benché cercassi
di non
guardarlo, a volte l'occhiata scappava, e lo trovavo sempre ad
osservarmi.
Aveva un'espressione strana, seria, quasi malinconica.
Scossi la testa, scacciando il pensiero, e tornai a sorridere, per due
pazzi
accanto a me.
- - Beh, è ora di
andare... - Annunciò Seth, dopo aver
guardato fugacemente l’orologio. Kate cominciò a lamentarsi, dicendo
che erano
stati troppo poco con me. Io, dal mio canto, ridevo allegramente.
- - Eddai, ma’! Ancora
cinque minuti! E’ da un secolo
che non sto con lei! - si lagnò anche Bryan.
- - per forza –
constatai- sei sempre con Rose! - e giù
altre risate, mentre lui arrossiva e metteva su un tenero broncio.
- - forza, ciurma! -
incitò la signora Brown, chinandosi
su di me per darmi un bacio sulla fronte: - riprenditi presto, cara. Ti
aspettiamo - fece amorevole. Annuii, poi tornò in posizione eretta e
marciò fino alla porta.
- ciao piccola - salutò Bryan, appoggiandomi una mano sulla testa e
scompigliandomi i capelli con fare dolce. La mia occhiataccia fu
eloquente, e
lui rise fragorosamente. Poi gli sorrisi, grata. - grazie di essere
venuti. Mi
ha fatto piacere. -
- ciao Nat!! - trillò Kate, sporgendosi per darmi un bacio sulla
guancia.
Io ridacchiai: - ciao patata. - dissi intenerita. Seth mi sorrise e mi
augurò di
rimettermi presto. La famiglia Brown uscì, tutti a parte uno. Mi
fece il
suo classico sorriso sghembo, quello malizioso e ammaliante al
contempo. Poi se
ne uscì, richiudendosi la porta alle spalle.
- Certo che chi lo
capiva, era davvero bravo.
- Insomma, un momento
prima mi guardava come un
cagnolino bastonato in cerca di affetto; un momento dopo, ecco
rispuntare quel
cavolo di sorrisino. Mi faceva venire il mal di testa...
- Portai il naso
all’insù, con uno sbuffo, guardando il
soffitto bianco di quella stanza d’ospedale. Ma in realtà non vedevo
niente,
troppo presa dal ricordo di pochi istanti prima, a quando Adam si era
sporto
per baciarmi. Come in quel momento, sentii il battito del mio cuore
accelerare.
Era incredibile che io desiderassi posare le mie labbra sulle
sue.
- Appoggiai una mano
sulla fronte, frustrata. Non andava
bene, così.
- - Signorina Smith. -
mi chiamò il medico, entrando
nella stanza,- è ora di dimetterla. -
- Annuii solo, incapace
ancora di parlare. Se avessi
tentato, mi sarebbe uscito un verso strozzato. Avevo ancora la gola
secca, e
tanto caldo. Probabilmente, ero arrossita.
- ...
- Entrai in casa mia, e
sospirai di sollievo.
- La prima cosa che
volevo fare, era lavarmi. Magari, mi
sarei immersa nella vasca da bagno per rilassare i nervi, che in quel
momento
erano decisamente troppo tesi.
- - Nat - Rose mi guardò attentamente -
poi dobbiamo fare un discorsetto, io e te. -
- Non risposi, e andai
in bagno. Feci riempire la vasca
con l’acqua calda, e con calma mi lavai. Rimasi una buona mezzora
dentro, e mi
servì davvero, per stemperare la tensione. Mi misi in pigiama, dopo
essermi
asciugata, poi andai in camera mia. Ad attendermi, c’era mia sorella,
seduta
sul mio letto. Mi guardava in modo strano, quasi crucciata. Picchiettò
il mio
materasso, come invito a raggiungerla. Mi avvicinai e mi accomodai sul
letto a
gambe incrociate.
- - Natalie Smith, sii sincera con me:
c’è qualcosa che non va –
- - non è vero, Rose, è
tutto okay- mentii.
- - a me non sembra,
sorellina: da quando sei rientrata,
mi sembri una mummia. – sbottò, esasperata – e ti conosco abbastanza
bene, da
dire che mi stai mentendo. – Sospirai, alzando gli occhi al cielo. Ci
fu
qualche istante di silenzio, in cui trovai molto interessanti le mie
mani. Poi
decisi di essere quasi sincera con lei.
- - hai ragione...
Qualcosa c’è. Hai presente il tipo
che mi ha tenuto la mano mentre ero all’ospedale? – Lei annuì, e io
proseguii.
- - ecco, vedi... Sembra
che io a lui piaccia. Insiste
con i messaggi, e mentre ero convalescente, si è dimostrato molto
dolce. –
- - e con ciò? Non vedo
quale sia il problema. – fece,
confusa.
- - è il migliore amico
di Adam – spiegai, con
un’eloquente aria cupa. Un sorrisino spuntò sulle labbra di Rosalie,
che mi
scrutò attentamente, come a leggermi dentro.
- - sei sicura che sia
questo il problema? – inquisì,
con una certa aria da ispettore di polizia. Metteva, esattamente come
quell’individuo, soggezione. Gli occhi seri e attenti, le sopracciglia
leggermente aggrottate; mi mancava solo la lampada puntata addosso.
- Era la prima volta che
ero imbarazzata, parlando con
lei. Era la mia confidente, di solito, e provavo sollievo a sfogarmi.
Quella
volta no, invece. Era come se fosse una confessione troppo difficile, e
non
volevo renderla partecipe perché me ne vergognavo. Per questo motivo,
mi
scervellavo per trovare una scusa.
- - Sì, non mi metterei
mai con il suo migliore amico. -
- - Non capisco perché
tu ti faccia queste paranoie. Non
è che, magari, non vuoi metterti con quel tipo, solo perché
pensi
darebbe fastidio a Adam? – farneticò, con aria vaga, gesticolando
teatralmente. Mannaggia a mia sorella e al suo fiuto!
- - Assolutamente! –
sbottai, scioccata. – Ma ti si è
fuso il cervello? –
- - Be’, tutto può
essere. – disse, come se fosse ovvio,
- e poi, tu sei il tipo da inventarti scuse simili per non ammettere a
te
stessa la cosa più semplice – Si alzò, scompigliandomi i capelli, con
un’aria
soddisfatta.
- - Prego? Non credo di
aver ben capito –
- - Oh, sorellina:
sei più cieca di me... –
borbottò tra sé, pensierosa, poi mi sorrise, - capirai col tempo, Nat.
Ripassa
bene, che domani hai scuola, eh! – raccomandò, scappando dalla mia
stanza. A
cos’è che l’avevo paragonata? A un sudoku? Be’, mi dovevo correggere;
in
confronto, quel gioco matematico era una bazzecola!
- ***
- -Beota che non sei
altro! Sei uno scarafaggio, una
scoria tossica, un calzino sporco e puzzolente! Sei... una carogna
putrescente!
Ma cos’hai in quella zucca vuota, sterco di mucca? – Sbraitai con tutto
il
fiato che avevo in corpo. Indovinate a indirizzo di chi...?
- - Prego? – Brown
assunse un’aria confusa, falsa come
Giuda, per giunta. Se non l’avesse piantata, uno schiaffo non
gliel’avrei di
sicuro risparmiato. – Cos’avrei fatto, adesso, per scatenare la tua
furia? –
domandò, esasperato.
- Ma mi credeva
un’idiota? – Togli
quell’aria da finto tonto, bello, so che sei stato tu a incollare
i libri e l’astuccio al banco. Ma dico io, il mezzo neurone che
possedevi è
morto di solitudine?! – ululai, trucidandolo con lo sguardo. Lo
sospettavo io,
che stava architettando una vendetta: ho sempre ragione. Era
da tempo,
che se ne stava buono buono, senza combinar nulla.
- - Ma cosa cazzo stai
dicendo? – Alzò la voce, - ti sei
fumata qualcosa? -
- A quel punto, pensai
davvero di farlo fuori. Probabile
mi uscisse del fumo dalle orecchie, tanto ero arrabbiata. Dovevo essere
buffa
agli occhi di quell’idiota; anche se continuava la sceneggiata da
innocentino,
sentivo che sotto quella facciata, stesse godendo come un matto. Mi
prudevano
le mani, dovevo spaccargli la faccia: ’ennesimo pugno, magari, avrebbe
potuto
far funzionare qualche rotella, nel suo microscopico encefalo. Ma forse
pretendevo troppo, da quell’essere unicellulare che era.
- Cercai di riprendere
controllo di me stessa,
respirando profondamente. Okay, questa volta mi sarei davvero iscritta
ad un corso di yoga.
- - Tu, razza di
imbecille, ORA mi stacchi le cose dal
banco, possibilmente senza rovinare nulla, e... –
- - Cosa succede qui? –
domandò Jim, rientrando in
classe, nonostante le lezioni fossero già finite, - non arrivavate più,
quindi
ho pensato di controllare. –
- - Niente di che,
amico. – minimizzò Brown, - la Smith
mi sbraita contro, come al solito. Solo che questa volta, IO NON
C’ENTRO – mi
sfidò con lo sguardo. Il resto della combriccola sghignazzava, alle sue
spalle.
Jim, però, non era dello stesso umore dei ragazzi. Marciò fino a me,
ancora
furente, e vide i segni evidenti dell’Attack sul tavolo, che incollava
il
quaderno di storia e il portapenne.
- - ma dico io, siete
rimbecilliti? – sibilò, guardando
male gli amici. Loro in risposta strabuzzarono gli occhi, Adam per
primo. – Vi
sembra simpatico?-
- - Jim, che ti prende?
Pensi che sia colpa mia? Ripeto:
non c’entro in questa pagliacciata! – fece Brown, accigliato. Jim mi
guardò in
modo strano, poi ritornò con l’attenzione al gruppo di fronte a noi. –
Il primo
che osa di nuovo fare qualche scherzo a Natalie, giuro, lo spezzo
in due.
– sillabò, minaccioso. Lo stupore era generale, e nella totalità ero
compresa
io.
- - Jim – Adam lo guardò
intensamente negli occhi, con
una nota di rancore, - sei stato tu? – il ragazzo al mio fianco
si
lasciò scappare una risatina nervosa.
- - no di certo – fece –
non mi permetterei di farle
qualcosa. -
- Il gruppo di Adam
sgattaiolò fuori dall’aula, e
rimanemmo io, Mr Perversione e Jim. Quest’ultimo mi aveva davvero
colpita,
positivamente colpita. Non come l’altro, che con quella faccia da
vittima, mi
faceva solo più infuriare.
- - Posso sapere solo
una cosa? – domandò Adam, serio.
- - tutto quello che
vuoi –
- - state insieme, ora?-
Mi parve più un’accusa, che una
curiosità. Gli occhi smeraldini di Adam, in quel momento, mi parvero
più belli-
sarà che l’aria da maturo gli conferiva fascino- e il verde dei suoi
occhi era
fuso nelle iridi, dandogli una luce diversa.
- Jim mi guardò, e
accennò appena un sorriso: - per il
momento no, ma spero di avere una speranza – L’allusione mi fece
rabbrividire.
Non ero ancora psicologicamente pronta a scoprire che veramente quel
tipo aveva
un debole per me. Dovevo metabolizzare – o perlomeno provarci – il
tutto, così
il colpo non sarebbe stato così duro, in futuro.
- - Bene, okay. – Adam
girò sui tacchi, e cercando di
esser disinvolto, camminò fino alla porta, per poi oltrepassarla. Mi
chiesi
perché s’interessasse tanto: cos’è, non voleva che il suo amico si
mettesse con
la ragazza che odiava? O non voleva che Jim gli rubasse il titolo da
playboy
completo, conquistando – se ci fosse riuscito- l’unica ragazza non
cascata nel
loro tranello? Be’, Adam ne era capace.
- Jim si grattò la nuca,
imbarazzato, poi analizzò la
situazione del mio materiale. Alla fine, Brown non aveva pagato; se
l’era
svignata, quella testa di carciofo. Scossi la testa, con un sospiro,
mentre Jim
aveva già provveduto a staccarmi l’astuccio dal ripiano.
- - purtroppo – esalò,
mentre attentamente cercava di
non rovinare ulteriormente il libro, - Penso rimarranno un po’ segnati.
Magari
l’astuccio, lavandolo, potrebbe tornare come nuovo. – Annuii, ma non mi
concessi nulla di più. Questa situazione era tremendamente
imbarazzante.
- -Ah, Natalie, volevo
dirti che.. sì, insomma, Ad non
ti darà più fastidio, d’ora in poi. -
- - grazie. – mormorai,
mentre mi restituiva le cose. Le
riposi nello zaino e richiusi la zip, mettendolo in spalla. Jim mi
seguì,
mentre uscivo dall’aula e percorrevo i corridoi ormai vuoti
dell’edificio. Il
silenzio era pesante, si sentiva solo il nostro ciabattare sul
pavimento.
Uscimmo dal liceo, e una ventata d’aria gelida m’investì, facendomi
rabbrividire. Guardai il cielo scuro, fitto di nubi minacciose; che
bello,
stava per piovere. A quella prospettiva, m’imbronciai. Non vedevo l’ora
che
arrivasse la primavera.
- Attraversai lo spiazzo
del parcheggio, preparandomi ad
un piacevole tragitto silenzioso. Invece, i passi di Jim continuavano
dietro di
me a trascinarsi. Di solito, come compagnia, avevo quella di Brown, il
cui
passo era più felpato di quello di Jim, e sicuramente meno fastidioso.
Era
snervante che Kim non alzasse i piedi, e che li strisciasse
sull’asfalto
rovinato. Fu un bravo accompagnatore, fin quando non aprì bocca.
- - Allora..come va? –
domandò, cercando di attaccar
bottone.
- - Divinamente. –
borbottai, senza troppo entusiasmo.
- - Chissà perché, ho la
sensazione di non piacerti
granché. – dedusse, con un sorriso.
- - Oh, come sei acuto –
Rise senza trattenersi,
sguaiato, neanche avessi fatto quale battuta. Era una sensazione che
permaneva,
quel tipo non doveva essere molto a posto, lo sentivo. Anche se mi
aveva
aiutato con Brown, non era entrato ancora nelle mie grazie. Senza
contare che
aveva esplicitamente chiesto, per di più davanti all’amico, una chance
da parte
mia. Rabbrividii al pensiero.
- - Davvero, Natalie, mi
chiedo perché Adam ce l’abbia
tanto con te. Forse... – lasciò la frase in sospeso, attirando la mia
attenzione. La curiosità era il mio peggior difetto, e il mio punto
debole,
soprattutto.
- - Forse? – incitai.
- - Be’, sei simpatica e
carina, – okay, sorvoliamo
sul commento – questo magari lo mette in difficoltà. Adam odia
mostrarsi
debole. – uhm. Questa storia del mostrarsi debole e che io gli
rendessi
la vita difficile, mi piaceva più del dovuto. Non avevo mai pensato a
questa
possibilità, ma soppesando, Jim avrebbe potuto aver ragione. Avrebbe
potuto.
- - io non ne sono
troppo sicura – pensai poi ad alta
voce – magari, proprio non gli vado a genio. - Il che, era la cosa più
probabile.
- – comunque,
smettiamola di parlare di lui; insomma,
quel tipo è un discorso fisso. Basta. – feci, con una nota di
esasperazione.
Non esisteva solo lui, Brown non era il centro dell’universo.
- - sembra che proprio
non lo tolleri –
- - è così. – Affermai.
– Ma Jim, tu non mi sembri così
mostruoso, non quanto quell’altro almeno. Non sei male, eppure continui
a
seguirlo come se fosse il boss. Perché lo fai? E.. cosa trovi,
nell’imitare i
suoi comportamenti irrispettosi, o menefreghisti, con le ragazze? –
- Lui tentennò.
- - Vedi, se non vuoi
essere lo sfigato di turno, devi
essere con Adam. Lui si crede il migliore perché è il più ricercato dal
genere
femminile, pensa di ottenere tutto ciò che vuole. Le ragazze facili
fanno solo
d’esempio, alla sua teoria.-
- - Insomma, stai con
lui per non essere preso in giro,
e ti comporti da gigolo per...compiacerti, o per far vedere che anche
tu,
quello che vuoi, puoi? –
- - Non lo so,
veramente. Comunque, ormai siamo
arrivati. Buona giornata, Natalie. A domani. – Jim prese la strada del
ritorno,
dopo avermi scortata fino al cancello di casa mia. Mi aveva lasciata
con un
enorme punto di domanda, ma con anche delle risposte.
- Tutte le idee su Adam
che mi ero fatta, comunque,
rispecchiavano la descrizione di Jim, che era suo amico.
- Non era una bella
persona, e io che lo trovavo pure
quasi simpatico!
- Entrai in casa, dove
mamma mi accolse con un gran
sorriso.
- Ricambiai il saluto,
poi mi congedai in camera mia.
Sul mio comodino, il cellulare suonava e vibrava, e mi catapultai per
rispondere alla telefonata.
- - pronto? –
- -ciao Nat! – la
voce di mia sorella Melanie mi
giunse come un chiodo nel timpano, tanto era acuta.
- - ciao, Mel! –
nonostante tutto, ero felice di
sentirla. Una volta tanto, capitava si ricordasse di avere una famiglia
che
teneva a lei.
- - come stai? Ho
sentito dell’incidente.. Sono stata
molto in pena. –
- - oh, tutto bene,
tranquilla. Sono una ragazza tosta!
– esclamai, e ridacchiammo entrambi. – Paris com’è? – domandai poi.
- - magica, come
sempre. Devo ammettere, però, che
casa mi manca. – commentò, con un po’ di malinconia che traspariva
nella
voce.
- - a noi manchi tu.-
- - Uffi, almeno non
fossimo così distanti.. Nat,
mica hai la webcam? –
- - sì, perché? –
- - Potremmo
vederci, d’ora in avanti. Sono riuscita
a comprarmi un pc con quella integrata, quindi siamo a posto!-
- Ci raccontammo altre
belle cose, chiacchierammo per
una buona mezz’ora, a carico del mittente, ovvio, poi ci salutammo. La
sera,
avevamo programmato di sentirci e di vederci con la web.
- Recuperai i libri
dallo zaino, e seduta comodamente
sul letto, con le cuffie dell’Ipod, feci con scrupolo gli esercizi di
matematica. Passai poi alla relazione d’italiano, concludendo, infine,
con la
lezione di storia. Soddisfatta, decisi si mettermi un po’ al PC. Non
ero
informatissima, sui social network, nonostante ciò, ero iscritta a
qualche sito
per chattare – mi avevano convinta le mie amiche, nella speranza di non
far
fuori una ricarica del cellulare ogni giorno. Dicevo, comunque, che
appunto mi
ero scaricata MSN. Il classico, tutti i ragazzi l’avevano, o la maggior
parte,
perlomeno. Di contatti ne avevo sì e no dieci, tra qui quello delle mie
sorelle
– salvo viaggi a tempo indeterminato lontane da casa, come Mel, che
però non
era mai in linea-, le mie amiche, e qualche compagna di classe. La
finestrella
della chat si aprì, e scoprii, con enorme sorpresa, che si trattava di
Jim.
-
- Messaggiammo un po’,
poi io staccai. Annunciai a mamma
che uscivo, e mi diressi alla palestra più vicina a casa. Quando avevo
detto
del corso di yoga, non stavo scherzando. Volevo iscrivermi davvero,
cimentarmi
in un’attività che avrebbe pure giovato al mio carattere impulsivo.
Entrai nel
centro, e dalla scrivania di una specie di segreteria, potevo vedere le
varie
persone allenarsi in sport di vario genere. L’addetta alle iscrizioni,
in quel
momento non era presente, perciò ne approfittai per curiosare in giro.
Tra
tutte le persone, solo una mi era saltata all’occhio; Adam fendeva
l’aria con
pugni ben assestati, precisi, sicuramente letali. La sua espressione
era
concentrata, seria, i suoi occhi attenti, determinati. Calciò in
avanti,
ruotando il busto, e notai che indossava un kimono da karate. La
cintura,
addirittura, era blu. Chissà da quanto tempo lo praticava, questo
sport, per
essere a quel punto. A quanto ricordavo, c’era ancora la cintura
marrone da
conquistare, e poi la famosa nera, ovviamente.
- In tutto il tempo che
lo conoscevo – si fa per dire-
non avevo mai scoperto che facesse karate. Di sicuro, mettersi contro
di lui,
non sarebbe stata una grande idea. A quel che pareva, era molto in
gamba.
- Adam smise di fare
l’allenamento, e si spostò su un
tappetino, di fronte a un altro ragazzo- cintura nera. Poteva essere il
maestro. Fecero il solito gesto antecedente l’incontro,come saluto, poi
esso
cominciò. Il ragazzo era spietato, colpiva Adam senza farsi scrupoli.
Lui
bloccava i colpi, e a sua volta, attaccava. Era incredibilmente
affascinante,
il modo in cui lottavano; peccato che fossi qui per controllare la
rabbia, e
non sfogarla, altrimenti ci avrei fatto un pensierino.
- - Signorina, le serve
qualcosa? – mi voltai di scatto
verso la segretaria, e arrossii, imbarazzata.
- - sì, mi chiedevo se
qui ci fosse un corso di yoga,
dove potermi iscrivere. –
- - è fortunata –
sorrise estaticamente – il corso lo
tengo io, comincerà la settimana prossima, martedì. Il primo incontro è
gratis,
una specie di prova. Se poi le piacerà, potrà iscriversi.- Annuii,
sorridendo
appena, e ringraziai. Uscii dalla palestra e corsi a casa, dove trovai
Emma e
mia madre parlare amabilmente. Salutai, poi chiesi di Kate, non
vedendola. La
bambina, a quel che sentii, frequentava un corso di danza classica, e
ne era
entusiasta. Al primo saggio che avrebbe fatto, io sarei stata in prima
fila, a
darle il mio sostegno. Stetti un po’ con le due madri, poi mi congedai
in
camera mia. I compiti li avevo finiti, perciò non avevo nessun dovere,
e decisi
di mettermi ancora al PC. Quando Msn si attivò, mi tolsi subito; non
volevo
altri impicci con Jim. Per quel giorno, gli avevo parlato fin troppo.
-
- Quella sera, dopo
cena, Melanie mantenne la parola. In
video, notai quanto fosse cambiata, dall’ultima volta che ci eravamo
viste.
Superfluo dire che mia madre era assolutamente e fastidiosamente
pendente dalle
labbra di mia sorella. Ma la sua preferenza, comunque, emergeva sempre.
Rose e
io ci lanciammo un’occhiata complice, mentre mio padre sbadigliava
sonoramente.
Un’ora e mezzo al computer a parlare con Mel; be’, le uniche che
ciarlavano
erano la francesina e Emily. Mio papà si era limitato ad un ‘come va?’
all’inizio, poi era rimasto a far presenza accanto alla mamma. Ma dopo
tutto
quel tempo, anche lui ostentava la noia. Alla fine, fu Mel a
riattaccare, e in
tre sospirammo di sollievo. Mamma, invece, pareva insoddisfatta.
- - oh, mi manca
tanto..- lagnò, afflitta.
- - manca anche a noi –
cantilenammo io, Rose e papà
all’unisono, con una leggera nota di esasperazione nel tono di
voce. Mi
rinchiusi in camera mia, e mi buttai sul letto, facendo sprofondare la
testa
nel cuscino. Sospirai, poi mi misi in pigiama e cercai di
addormentarmi. Mi
riusciva difficile, e mi ritrovai a rimuginare sulle parole di Jim.
- Vedi, se non vuoi
essere lo sfigato di turno, devi
essere con Adam. Lui si crede il migliore perché è il più ricercato dal
genere
femminile, pensa di ottenere tutto ciò che vuole. Le ragazze facili
fanno solo
d’esempio, alla sua teoria.
- Mi misi a pancia in
su, guardando il soffitto nella
penombra.
- Magari, Adam si
comportava male con me perché non ero una
‘facile’, al contrario delle mie compagne, e questo lo metteva in
difficoltà.
Il suo ego si smontava, quando gli tenevo testa? Bene, ne ero
compiaciuta.
- E chissà come si era
sentito, quando l’avevo respinto.
Ben gli stava, così imparava a trattarmi come una delle tante. Io non
lo ero, e
non lo sarei mai stata. A parte che Adam non sarebbe mai piaciuto alla
sottoscritta, quindi cadere ai suoi piedi, era pressoché impossibile.
Avevo
sani principi, io; di sale in zucca, ne potevo anche vendere alle
svergognate
della mia scuola, che lo veneravano manco fosse un Dio. E questo, per
altro, lo
rendeva ancora più superbo.
- Eppure, sotto sotto,
avevo il dubbio di star
sbagliando. Mi contraddicevo; una parte – microscopica- di me, nascosta
nel
profondo, diceva che Brown non era così male. Era quella Natalie che
aveva
visto Adam sorridere in modo diverso, quello che giocava amabilmente
con la
sorellina, che era stato gentile e premuroso. Ecco, sarebbe stato
meglio non
averlo mai visto, quel lato di lui.
- Nell’arco di poco
tempo, avevo cambiato troppo pareri,
sul suo conto.
- Prima, era stronzo,
antipatico e subdolo;
- poi, dolce, protettivo
e un buon fratello;
- eravamo passati poi
alla fase quasi-simpatico ma
approfittatore;
- ed ora, ero giunta
alla conclusione che non sapevo più
cosa pensare di lui. Insomma, com’era veramente?
- --
- - forza ragazzi,
consegnate. – annunciò la prof,
mentre si alzava per ritirare i compiti. Mi stiracchiai, posando la
penna sul
banco, sospirando. Bene, pensai, è stato facile. Avevo
studiato
bene per quel test, e anche se anche la notte avevo dormito poco (causa
pensieri molesti), ero sicura di aver fatto un buon lavoro. Appena la
prof
prese il mio foglio, l’ultimo di tutti in quanto ero finita in fondo
alla
classe, la campanella dell’intervallo suonò. Quando io e Kim ci
alzammo, tutti
i compagni erano già fuori. Una affianco all’altra uscimmo in
corridoio,
unendoci, a nostra volta, al chiacchiericcio piacevole che c’era per
tutta la
pausa. Kim smise improvvisamente di parlare, e il suo sguardo vagò
verso
l’alto. Confusa, mi voltai, trovandomi a pochissima distanza da Jim. Il
ragazzo
sorrideva raggiante. Stava diventando un po’ troppo stressante.
Sembrava
diventato la mia ombra; aveva smesso con i messaggi, ora pretendeva
indurre una
conversazione di persona.
- - ciao Natalie –
salutò, con un po’ troppa enfasi.
- - Jim – risposi solo,
al contrario con un po’ troppo
di flemma.
- - Come stai?- domandò,
e quel sorriso entusiastico non
accennava a scomparire.
- - Come stavo ieri a
quest’ora.-
- - Oh, andiamo, perché
sei sempre così distante? Non
eravamo diventati amici?-
- Amici...Uè, stai
calmino, non esageriamo!
- - E da quando?- eccole
lì, Susan e Megan comparvero
alle spalle di Jim, con un’aria sospettosa che la diceva lunga. – è una
novità.
–
- - Da quando ho aiutato
Natalie per un dispetto di
Adam. – Le ragazze annuirono, assorte; Kim non mi sembrava convinta
dall’affermazione di Jim.
- Il ragazzo stette con
noi tutto l’intervallo, cercando
di attaccar bottone. Io, oltre che imbarazzata, ero pure scocciata. Le
ragazze
presenti continuavano a fissarci insistentemente, o meglio, ero vittima
delle
loro occhiate di fuoco. Be’, se gli sguardi potevano uccidere,
potevo già
dirmi nella tomba. In più, che faceva parte del mio funclub,
c’era
pure Brown, a insultarmi con il suo sguardo smeraldino. Fortuna che la
campanella suonò, e rientrammo in classe. Purtroppo, avevo dimenticato
una
cosuccia, all’apparenza insignificante: c’era l’ora di ginnastica, e
dovevo
ammetterlo, avevo paura di entrare nello spogliatoio con quelle quattro
galline
con la luna storta.
- - E così- esordì una
tipa di nome Samantha, la ‘capa’
delle ochette, quando fummo dentro alla stanzetta, - tra te e Jim c’è
del
tenero? –
- - Certo che no! –
chiarii subito, allibita solo dal
fatto che l’avesse pensato.
- - Eppure, sembra molto
preso da te – mio Dio, se ci
arriva una come lei..
- - Vuole essere mio
amico; - chiarii, con un’alzata di
spalle, - non ci sta riuscendo molto bene. – Le ochette scoppiarono a
ridere, e
Kim mi lanciò un’occhiata perplessa quanto era la mia faccia. Avevano
qualche
problema, quelle ragazze. E la loro mancanza mentale, spiegava anche il
perché
seguissero come pecore bacate quel rifiuto urbano. Nuovo
soprannome, carino
vero? In quei momenti, se pensavo a Brown, mi accoglieva l’infausta
immagine della mia pattumiera. Non l’avevo mai notato, ma
s’assomigliavano
incredibilmente.
- - Che avete da ridere?
– domandò la mia amica, alzando
un sopracciglio; era lo scetticismo fatta persona.
- - E’ geneticamente – Oh
my goodness, aveva pronunciato
sul serio quella parola? Sacrebleu! – impossibile, che Jim Wilson
sia AMICO
con una ragazza. –
- - Perché? – Altre
risatine, che mi facevano venire il
desiderio di prenderle a sberle. Razza di cretine.
- - Perché lui è Jim
Wilson. – ecco un’intelligentissima
risposta, degna di essere ricordata nei libri di storia.
- - Eh, sì, ora capisco
tutto – feci, ironica. Il mio
sarcasmo l’avrebbe intuito anche un bimbo di cinque anni ( Kate si
destreggiava
sapientemente, in quel campo ), eppure, loro annuirono, come se davvero
quell’affermazione dicesse tutto.
- - E poi, sinceramente,
chi vorrebbe essere solo sua
amica? Se non c’è Adam, Jim è il miglior partito. – E lì, le ragazze si
buttarono a capofitto in una discussione su quanto bello fosse Mister
Perversione, quel giorno. Ma io mi dicevo, diamine, era così tutti
i giorni!
Perché puntualmente, ogni santo momento, dovevano venerarlo, e
soprattutto, in
mia presenza? Non cambiava poi tanto, tra un minuto e l’altro!
- Quelle ragazze erano
una causa persa, ormai. I loro
cervellini erano in pensione dall’età di tredici anni, quando per la
prima
volta avevano posato lo sguardo su un ragazzo. Quelle della mia città,
in
particolare, su UN ragazzo. Ovvero, il mio vicino di casa.
- Scossi la testa, e non
persi tempo a cambiarmi,
seguita immediatamente da Kim. Fummo le prime, come sempre, a entrare
in
palestra. I ragazzi erano lì da un pezzo, e giocavano a calcio; come
dubitarne.. Brown doveva essere un vero patito, di sport; insomma,
praticava karate, ma era anche risaputo il suo talento negli sport con
la
palla, e la sua bravura nella corsa. Okay che era – dovevo ammetterlo-
bravo,
ma le ragazze ingrandivano il tutto in una maniera incomprensibilmente
esagerata. Ma ormai, ai loro comportamenti superficiali, avevo fatto
l’abitudine. Quello che ancora non avevo compreso, erano i cambiamenti
di
comportamento di Adam. Soffriva di personalità multipla, chissà. Dovevo
domandarglielo.
- - Smith, Brown, su, le
squadre. – incitò l’insegnate.
- Partii ovviamente io,
chiamando Kim. Ero convinta che
Adam scegliesse Jim, invece prese con sé un altro ragazzo della
combriccola,
con mio grande – anzi, immenso- stupore. Wilson, intanto, mi guardava
con uno
sguardo implorante, che parlava per sé. Okay, sapevo che me ne sarei
pentita,
ma lo nominai. Finita questa procedura, si giocò a palla prigioniera.
Non mi
impegnai troppo, e mi presero quasi subito. Mentre attraversavo il
campo, Adam
si parò davanti a me. Stavo per insultarlo, come al solito, quando
notai che mi
aveva salvata da una pallonata bestiale. Mi riservò uno sguardo veloce,
poi
corse fino al limitare dello spazio, e tirò, prendendo un altro mio
compagno.
Scossi la testa,cancellando in parte lo sbigottimento, ed entrai nella
fantomatica prigione.
- La mia squadra perse,
e mi rammaricai solo per il
fatto che avevo dato una soddisfazione a quell’emerito imbecille.
- --
- - Mamma, papà, ho
deciso- i miei genitori si voltarono
verso di me, distogliendo l’attenzione dalle loro riviste.
- - Cosa, di grazia,
tesoro? – domandò Emily, confusa.
- - Mi iscrivo ad un
corso di yoga - i miei scoppiarono
a ridere, per la mia affermazione. Non mi sembrava poi così assurdo, né
divertente. Ritornarono seri: - stai parlando sul serio? – domandò mio
padre.
- - Sì, comincia lunedì.
Se mi piace, sarò la prima ad
iscrivermi. Ne ho bisogno.-
- - E perché mai?-
insistette lui.
- - Uno, devo imparare a
controllarmi; due, ho sempre un
sacco di tempo libero, in questo periodo, e potrei cimentarmi in
qualcosa di
costruttivo. – La spiegazione li lasciò perplessi, ma poi
acconsentirono.
- - Ah, - aggiunsi, -
sono quaranta dollari per lezione!
– informai, per poi scappare in camera mia. Ormai avevano acconsentito,
e se si
fossero rimangiati la parola, gliel’avrei rinfacciato a vita. Decisi di
farmi
una doccia, e perciò mi diressi in bagno. Accesi l’acqua calda, e
mentre mi
spogliavo, attesi che si scaldasse. Mi lavai con calma i capelli,
facendo anche
il trattamento con il balsamo. Finito di farmi la doccia, mi avvolsi
nell’asciugamano e andai in camera mia. Estrassi l’intimo dal cassetto,
lo
indossai, poi constatai che nel mio armadio, non avevo nulla da mettere
per
quella sera. Perciò mi arrotolai ancora nel telo, e uscii dalla mia
stanza per
andare in salotto, per chiedere a mia madre dove fossero le cose
stirate. Mi
bloccai sulla soglia, però, arrossendo fino alle punte dei capelli.
- - Sì, certo Emily, lo
dirò a mamma. – L’ospite alzò lo
sguardo dal ricettario che mia madre gli aveva passato, incontrandomi.
- - Oh. – Adam avvampò a
sua volta, e cercò di abbassare
gli occhi, per non guardarmi.
- - Natalie.. Tesoro, ti
sembra il modo di presentarti?-
mi sgridò mia madre, voltatasi a sua volta, vedendomi solo con quella
salvietta
addosso. Ma tanto ormai il danno era fatto, inutile scappare.
- - Ad avere qualcosa da
mettere.. –
- - Guarda in camera mia
– E detto ciò, filai via,
ancora bordeaux. Ma che figure! Per la miseria, ora non dovevo
più
nemmeno girar così in casa mia, o rischiavo che si ripetessero certe
situazioni.
E io, di certo, non volevo un replay di questa gaffe. Un altro
avvenimento da
mettere nel cassetto delle cose da dimenticare seduta stante.
- Scossi la testa, come
a cancellare l’imbarazzo, e, in
camera di mia madre, recuperai da un cesto un paio di jeans e una
maglietta già
stirati. Mi rivestii di fretta e furia, sperando che al mio ritorno, se
ne
fosse già andato. Mi presi la testa tra le mani, scuotendola ancora: - ma
che figure vado a fare.. -
- Quando tornai in
salotto, per fortuna, Adam era
già sparito.
-
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Capitolo 7 *** Capitolo 7. il mondo gira al contrario, o sbaglio? ***
- Capitolo
7: il mondo gira al contrario, o sbaglio?
-
- «Ciao mamma, ciao
papà, io
vado!» urlai dall’atrio, aprendo la porta d’ingresso per uscire. Mi
strinsi nel
giacchetto, rabbrividendo. Non faceva di certo caldo, quel giorno. Feci
velocemente il vialetto di casa, e proseguii sul marciapiede in
direzione della
scuola.
- «Natalie!»
- Mi voltai di
scatto, fermandomi
dov’ero, impalata. Ma avrei dovuto scappare, e non rimanere come
un’idiota lì.
Jim era a pochi metri da me, sulla sua moto. Teneva il casco
sottobraccio, e mi
sorrideva. Sembrava mi stesse invitando a far qualcosa.
- «Ciao Jim»
salutai, pronta a
rimettermi in cammino.
- «Ti serve un
passaggio?» okay,
le apparenze non ingannavano proprio. Ecco cosa significavano quello
sguardo e
quel sorriso. Cercai di essere il più disinvolta possibile, nel
rispondergli
che non volevo creare disturbo.
- «Ma no, figurati.
»ribatté,
sempre allegro.
- «Sono senza
casco» buttai lì,
già certa di aver la vittoria in pugno e di potermi defilare. Ma, a
sorpresa,
Jim scese dalla moto e da sotto la sella tirò fuori un secondo casco.
Ammiccò:
«Per caso, ne ho due...»
- Ma che caso e
caso,‘sto pazzo
aveva programmato tutto. Cominciavo a dargli l’appellativo di maniaco:
per una
cosa, una volta ogni tanto, preferivo Adam. Jim mi pedinava. Era
preoccupante
il modo in cui me lo trovavo di fronte ogni tre secondi e ovunque.
Avevo il
dubbio di qualche suo tarlo mentale, nei miei riguardi, e ne avevo
paura. Molta
paura.
- «Andiamo, Nat.»
pregò. Deglutii
a vuoto: meglio assecondare i pazzi. Mi avvicinai a lui, sorridendo
falsamente,
e gli sfilai il casco dalle mani, per poi mettermelo. Lui sorrise tra
sé, e
partì a tutto gas verso il nostro liceo. Verso la metà del tragitto,
superammo
scenicamente Brown. Se ne stava con le mani nelle tasche dei jeans, e
il
cappuccio sulla testa; le cuffie dell’Ipod sbucavano da lì, e
ricomparivano
nelle tasche della larga felpa blu che indossava. Il suo sguardo pareva
vuoto e
inanimato, quando ci seguì con gli occhi. Scossi la testa,
impercettibilmente
per Jim, e chiusi gli occhi fin quando rallentammo. Eravamo già
arrivati a
scuola, nel parcheggio. Scesi dalla moto e restituii velocemente il
casco a
Wilson.
- Sentivo tutti gli
sguardi del
cortile su di me. Be’, io, Natalie Smith, che arrivavo in sella alla
moto di
Jim Wilson, uno dei fighetti più popolari della scuola, secondo solo al
suo
migliore amico, Adam Brown, che per la cronaca, era il mio nemico per
eccellenza, non era una scena che si vedeva spesso. No, decisamente. E
non dovevano
farci l’abitudine, perché NON sarebbe più riaccaduta una cosa del
genere. Era
uno di quegli avvenimenti che succedevano una volta nella vita. E
bastava.
- «Nat!» Kim mi
corse in contro,
con la faccia più sbalordita che le avessi mai visto, «Mi devi spiegare
un paio
di cosucce...» sibilò, trascinandomi verso l’ingresso dell’edificio per
il
braccio.
- «Non c’è nulla da
raccontare,
mi ha solo dato un passaggio. Quel tipo ha qualche problema, e ho
pensato che i
pazzi bisognasse assecondarli, per non rimetterci noi.» Kimberly mi
guardò
stralunata.
- «Anche tu non sei
molto a
cento, tesoro.» commentò, scuotendo la testa, esasperata. Arrivate
davanti alle
macchinette, comprò un pacchetto di patatine per l’intervallo. Di
solito, con
tutto il caos che c’era, riusciva a mangiare quando già la seconda
campana
suonava.
- La campanella
dell’inizio delle
lezioni suonò, e la mandria di studenti passò dalla porta a vetri,
sparpagliandosi nelle varie classi. Ed eccoli, i miei incubi personali.
- Jim scherzava con
il resto del gruppo,
capeggiandolo. Adam, stranamente, se ne stava più indietro rispetto
agli amici,
sempre con le cuffie nelle orecchie e lo sguardo perso. Mi faceva quasi
pena.
Wilson mi fece un cenno con il capo, che ignorai. Gli Unni entrarono
nell’aula,
con passi degni di una mandria di bisonti e risate peggio di ubriachi.
Poi
passò Adam. Mi guardò per un istante, e i suoi occhi parvero tornare
quelli di
sempre, illuminati da un qualcosa di indecifrabile, poi saettò un lampo
di
delusione, e ancora la precedente tristezza. E entrò in classe.
- Sospirai,
amareggiata. Non
sapevo perché mi sentissi così in colpa; io a lui non avevo fatto
nulla. Anzi,
era lui che mi aveva fatto arrabbiare con i suoi stupidi scherzi.
- Io e Kim entrammo
nell’aula, e
andammo direttamente al nostro banco. «Nat?» mi chiamò la mia amica. Mi
voltai
verso di lei, guardandola confusa. «Si può sapere che ti prende in
questo
periodo?» domandò, con un tono preoccupato.
- «Kim, io sto
benissimo»
risposi.
- «A me non sembra.
E’ da quando
tua madre ti ha obbligato a pulire la scuola; sei cambiata. Insomma, di
solito
sei l’uragano Natalie, energica, forte, entusiasta! Ora sei fin troppo
calma,
Nat, e sei sempre tra le nuvole. Non dirmi che non c’e nulla, perché
non ci
credo.» Davvero ero cambiata? Io non me n’ero accorta.
- «E non sono
l’unica che lo
dice» la mia amica si dovette interrompere con l’ingresso del
professore.
- «Buon giorno,
ragazzi.» Il
gruppo degli Unni non l’aveva nemmeno calcolato, e continuava a far
rumore e
schiamazzi. Il prof sbatté il registro sulla cattedra, e i presenti
sussultarono; io compresa.
- «Insomma,
signori, un po’ di
rispetto per i docenti! Signor Wilson, la smetta di fare baccano con i
suoi
compari! E lei, signor Brown, si tolga gli auricolari dalle orecchie!»
Adam
spense l’ipod e lo mise in tasca senza problemi, sotto lo sguardo
sbalordito
della classe. Di solito, lui era quello che faceva più casino di tutti,
quello
che dava più rogne ai prof, e che scatenava rivolte per saltare una
lezione.
Non passò un istante, che Jim e i suoi ricominciarono a parlare,
incuranti
delle altre urla del prof, che cercava di sovrastare il fastidioso
chiacchiericcio.
- «Ragazzi,
smettetela!» esclamò
Adam, lanciando un’occhiataccia ai vicini. Loro si voltarono a
guardarlo,
scettici. Matthew, un ragazzo della combriccola, non perse occasione a
prenderlo in giro. Ovviamente, come pecore, il resto dei ragazzi gli
fecero
eco, intonando un coro di «sfigato!» indirizzato a Adam. Lui non
sembrava
curarsene; rimaneva con lo sguardo fisso alla cattedra, l’espressione
neutra- o
per meglio dire, vuota- attendendo che il professore dicesse qualcosa.
Ma
forse, il docente era troppo scioccato, per emettere sillaba.
- Lui, il terrore
dell’istituto,
si era professato attento e pronto per cominciare la lezione. MAI successo in tre anni e mezzo. Mai.
- Jim, che era il
suo migliore
amico, sembrava quasi godere della scena. E questa cosa mi stava
facendo
davvero ribollire il sangue per la rabbia.
- Okay che Adam non
mi stava
simpatico, ma non mi piaceva questa sorta di ribellione dei suoi amici,
che poi
da tali non si comportavano. Che era successo, di tanto catastrofico,
per far
abdicare il re dei casinisti?
- Wilson fu il
primo ad
accartocciare un pezzo di carta e a tirarglielo addosso. Beccò la
spalla di
Adam, poi la cartaccia finì a terra, sul pavimento. L’espressione di
lui non
era minimamente cambiata; sempre quell’aria fredda e indifferente.
- «Signor Wilson!»
tuonò
l’insegnante, «smetta di dar fastidio al signor Brown, una volta tanto
che sta
zitto,e voi altri piantatela di ridere come dei cretini!»
- «Rammollito: ecco
cosa sei,
Brown» disse Jim, ignorando le parole del prof. La sua frase mi lasciò
un
vuoto, nel petto, come se l’avessero detto a me le mie amiche. Mi mise
tristezza.
- Adam non se ne
curò, invece. La
sua risposta, quella sì, che mi tranquillizzò un po’:« Almeno io non
sono un
coglione bugiardo» la disse con nonchalance, come se stesse dicendo
quello che
aveva mangiato per colazione.
- Il professore se
la prese un
po’. Era convinto che per giorno, Adam non sarebbe stato richiamato,
invece
dovette per forza ammonirlo di non usare più certi termini scurrili.
Adam si
strinse nelle spalle, e finalmente la classe era tornata un po’ più
civile. Il
prof riuscì a spiegare per ben venti minuti, poi i ragazzi
ricominciarono a
disturbare. Anche il docente s’era rassegnato, e, abbassato il capo, si
mise a
leggere da solo il libro. Istintivamente, voltai la testa verso il
banco dietro
al mio. Incrociai gli occhi di Adam per un nanosecondo, che mi
destabilizzò a
sufficienza. Aveva rimesso gli auricolari, e se ne fregava di tutto e
di tutti.
- ..
- La giornata
passò- salvo la
prima ora- in modo tranquillo. Jim e i suoi, fortunatamente, si erano
dati una
calmata, o avrei preso io dei provvedimenti, come quando intervenivo a
difendere i miei diritti e quelli degli altri compagni (quelli seri),
quando
Adam faceva il bulletto. Era strano non sbraitare contro di lui; in un
certo
senso, mi mancava quella rivalità.
- Era da tipo una
settimana e
mezza che era fin troppo calmo.
- Quello, però, era
il primo
giorno in cui i suoi cosiddetti amici si comportavano così. Erano pappa
e
ciccia fino al giorno prima!
- «Ci vediamo
domani, Nat» mi
salutò Kim, abbracciandomi velocemente, per poi scappare via di corsa.
Scossi
la testa, sorridendo divertita.
- Sentii qualcosa
di bagnato
arrivarmi sul naso, e di conseguenza alzai lo sguardo al cielo. Stava
cominciando a piovere, le gocce arrivavano sul terreno, lasciando un
leggero
alone, per poi asciugarsi quasi subito. Per fortuna, era leggera. Tirai
su il
cappuccio, e stretta nella felpa, m’incamminai verso il cancello per
uscire.
Jim mi passò accanto, e si fermò per un secondo.
- «Passaggio?»
domandò.
- «No, grazie»
feci, secca. In
quel momento, proprio non lo potevo vedere. Mi stava troppo antipatico
per
quello che aveva fatto ad Adam. E questa, era la cosa più sciocca che
potessi
mai pensare di provare per Mr Perversione. Tenerezza e dispiacere: ma che mi prendeva, in questo periodo?!
- «Sicura?»
- «Certamente» Lui
alzò gli occhi
al cielo.
- «Sta piovendo, ti
bagnerai»
- «Se non mi
trattieni, vedrai
che arrivo a casa asciutta» dissi, con una punta acida nel tono. Lui
sbuffò,
sembrava rassegnato. «Okay, come vuoi. A domani»
- Non risposi,
lasciai che
partisse, per poter sospirare: pace, finalmente.
- Cominciai, di
nuovo, a
camminare, in direzione di casa mia. Fin quando non scorsi Adam,
qualche metro
avanti a me, che proseguiva con il suo passo elegante e leggero. I
capelli
castani erano delicatamente scossi dal venticello. Non metteva il
cappuccio,
stranamente, nonostante provasse un amore incondizionato per i suoi
capelli.
Strano.
- Guardarlo così,
nuovamente mi
fece provare tenerezza. Dio, stavo diventando melensa nei suoi
confronti. Non
mi piaceva questa cosa; per niente.
- Spinta da non so
quale istinto
primordiale- dettato dalla mia parte ignorante ed irrazionale- corsi
fino a
lui, svelta.
- «Come mai hai
litigato con i
tuoi amici?» domandai. Ma lui, niente. Non si girò nemmeno, continuò
tranquillamente a camminare.
- «Ehi!» sbottai,
indignata, «Brown,
parlo con te!» poi mi ricordai del suo onnipresente Ipod. Accelerai un
po’,
quel tanto per superarlo e trovarmelo faccia a faccia. Mi guardò per un
secondo, alzando un sopracciglio. «Oh, ciao Smith»
- Notai che,
all’orecchio, aveva
solo UN auricolare, perciò voleva dire che..«Ma tu mi potevi sentire!»
- «Certo, non sono
sordo»
rispose. Strinsi i pugni, forte.
- «Allora?»
- «Allora che?»
- «Perché hai
litigato?»
- «Non sono fatti
tuoi» il
broncio si disegnò direttamente sulle mie labbra ed eccolo, il vecchio
Adam, e
il suo sorrisino da infarto, malizioso e strafottente. Tornarono e
scomparirono
quasi nello stesso istante.
- «Volevo solo
essere gentile!»
esclamai. Corsi via, innervosita. Che
antipatico!
- -
- «Nat, santo
cielo, sveglia! Sei
in ritardo!» urlò mia madre, irrompendo nella mia stanza con la
delicatezza di
un bisonte. La sua voce squillante rimbombò nella camera, fino ai miei
timpani.
- Mugugnai
qualcosa, infastidita.
Che voleva, quella rompi scatole?
- «Natalie!» ululò,
«Guarda che
mancano dieci minuti!» aprii gli occhi, e guardai la radiosveglia sul
comodino.
Mancavano esattamente dieci minuti- sul serio- alle 8. Scattai come una
molla,
e cominciai a prepararmi alla velocità della luce.
- Scappai fuori di
casa,
raccattata la tracolla, e cominciai a correre verso il mio liceo: era
certo che
sarei arrivata in ritardo, la mia scuola distava almeno un quarto d’ora
da casa
mia, e avevo, più o meno, tre minuti. Ero fritta. Sentii un campanello
suonare,
e una bicicletta sostò accanto a me.
- «Monta!» disse
Adam, solamente.
Non me lo feci ripetere due volte, e salii sul porta pacchi. Brown
pedalò come
un pazzo sino al cortile della scuola. Saltammo giù dalla bici, e lui
lasciò
andare la Graziella mezza scassata con poca grazia. Il cortile si era
già
svuotato, perciò la campanella era suonata. Quando entrammo, anzi,
entrai in
classe, il prof mi guardò stralunato.
- «Alla buonora,
signorina Smith»
- «Scusi,
scusi...!» esalai,
sedendomi al posto accanto a Kim.
- «Hai un diavolo
per capello,
tesoro» commentò lei, sottovoce. Cercai di sistemarli, poi tirai fuori
di
fretta il libro dalla borsa. «Ho avuto appena il tempo di vestirmi..Mi
sono
svegliata dieci minuti fa»
- «Come hai fatto
ad arrivare in
così poco?» ma perché non le sfuggiva
nulla?
- In quel momento,
in classe
entrò anche Adam. Fortunatamente, mi aveva lasciato qualche minuto di
stacco,
per evitare che la gente pensasse che fossimo arrivati insieme.
- Insieme... fino a qualche tempo fa,
l’idea di doverlo ringraziare, mi repelleva. Oggi, non la pensavo allo
stesso
modo. Non avevo battuto ciglio, nel salire, come se fosse il mio
migliore amico
e non la persona che meno tolleravo nell’universo.
- Adam si sedette
al suo posto,
mentre accennava uno ‘scusi’ all’insegnante, che si lamentò,
farfugliando cose
della serie “oggi è il giorno del
ritardo”...
- La lezione
ricominciò. Mentre
il prof spiegava come cercare il meteo
su internet, mi arrivò un bigliettino sul banco da dietro. Voltai
appena il
capo, e vidi Jim sorridermi da due banchi più indietro. Peccato che
fingessi di
guardarlo. Difatti, stavo ammirando il viso di Brown in tutta la sua
indifferente calma. Kim mi diede una gomitata, e mi voltai subito.
Aprii il
biglietto. Avrei tanto voluto me l’avesse mandato Adam, invece non
poteva
essere. E non avrebbe dovuto.
- Come
mai in ritardo? Tvb J.
- Anche Kim lesse,
e il suo
sopracciglio migrò verso l’alto, facendole assumere un’aria scettica.
- Risposi solo per
farlo
smettere: Non sono affari
tuoi.
- Mandai il
biglietto indietro,
facendo attenzione a non farmi beccare dall’insegnante, poi cominciai a
pasticciare il mio quaderno degli appunti. Quella mattina non avevo
proprio
voglia di stare attenta e di seguire. La mia testa era fin troppo
affollata di
pensieri, per riempirla ancor più; la sentivo già scoppiare.
- -
- «Smith» alzai
immediatamente il
capo, presa in contropiede. Il professore, vedendo la mia espressione
spaesata,
chiarì:«Interrogata»
- «No prof! Mi
offro io.» Adam si
alzò prima che potessi farlo io. Andò alla cattedra con tranquillità, e
lo
seguii con lo sguardo. Il prof annuì, un po’ stralunato. In questo
periodo,
Adam stava cambiando davvero.
- Lo ringraziai
mentalmente:
avrei preso solo uno 0, se non si fosse proposto. Non avevo studiato
nulla.
Grazie al suo gesto- che sicuramente non aveva fatto per me, ma per se
stesso-
mi aveva risparmiato una figura pessima davanti alla classe e al prof.
- Incominciò a
esporre la lezione
scioltamente, rivelando una padronanza di un linguaggio che mai gli
avevo
sentito usare. Beh, non si poteva dire che lui parlasse: più che altro,
imprecava e sbraitava.
- Lo guardavo, e
man mano,
prendevo coscienza di essere stregata dalla figura di Brown. Ma
nonostante
volessi distogliere l’attenzione, non ci riuscivo.
- E ciò, mi faceva
sorgere altre
domande dalle risposte impossibili e sconosciute.
- La campanella
suonò, e il suo
trillo acuto e trapanante mi fece sussultare. Sospirai, come esausta.
Per
fortuna, era l’ultima ora.
- «Bene, molto bene
Brown. Un 8
se lo merita tutto»
- «Grazie»
- Il docente
sistemò la borsa, e
uscì dall’aula tutto gongolante, probabilmente per il miglioramento di
MP,
senza nemmeno salutare. Due secondi dopo, tutti gli altri miei
compagni, Kim
compresa, avevano già percorso la metà del corridoio per arrivare alle
porte a
vetri. Io stavo ancora chiudendo l’astuccio.
- Sentii un
improvviso calore
all’orecchio, e un soffio leggero mi accarezzò la guancia.
- «Mi sono accorto
che
comportandomi come prima, non venivo a capo di nulla» Poi lo sentii
spostarsi.
Ero lì, imbambolata come una cretina, a fissare il vuoto. Un moto di
curiosità
mi fece sistemare fulmineamente le mie cose, e partii in quarta nella
direzione
che aveva preso lui. Mi affiancai a Adam, affannata e arrossata- un po’
per
l’imbarazzo, un po’ per la corsa. «Da che cosa, non vai a capo?»
- Sulle sue labbra
spuntò un
sorrisino obliquo, il suo famoso ghigno sghembo, quasi di scherno. Ma
non
rispose, e tranquillamente percorse il resto del corridoio,
ignorandomi.
Sbuffai, incrociando le braccia al petto. Dovevamo fare un tragitto
insieme, e
lui non si decideva a illuminarmi. I suoi grattacapi, in un certo senso
divenivano anche i miei. Bello.
- E..Sorpresa delle
sorprese!
All’esterno ci accolse un vero diluvio universale. Mi aspettavo di
veder
sbucare l’Arca con tutti gli animali, invece non c’era ancora. Ero già
stufa di
questo tempaccio.
- Adam
indossò il suo cappuccio, e s’avviò a
passo spedito verso il centro del cortile, dove ancora la sua Graziella
giaceva
scompostamente. Ancora, sembrava che non esistessi.
- Sbuffai. Non mi
piaceva in
generale essere ignorata, soprattutto da lui.
- Beh, qualche
tempo fa, avrei
dato oro perché mi lasciasse in pace. Partii quasi in corsa: sarei
arrivata a
casa con un raffreddore. Adam diede un calcio alla sua bici, ed emise
un verso
rabbioso tra i denti. Gli avevano bucato le ruote. E non era difficile
immaginare
chi fosse stato...
- Mi avrebbe
raggiunto poco dopo,
anche se ero più avanti. Solo quando arrivai davanti a casa, giunsi
alla
conclusione che non avevamo per niente fatto la strada insieme. Adam
probabilmente si era fatto un giro sotto la pioggia.
- Entrai, e
immediatamente tolsi
le scarpe. Ero totalmente fradicia. Le abbandonai sotto al calorifero
caldo, e
appesi il cappotto all’appendiabiti. Poi corsi in bagno. Mi spogliai, e
mi
lasciai accarezzare dal getto bollente dell’acqua, che mi riscaldò
dalle punte
dei capelli a quelle dei piedi.
- Mi rivestii e
asciugai i
capelli con il phon, e poi indossai un altro paio di calze pelose per
tenere
caldi i piedi, che erano tornati subito gelati. Andai in salotto, che
era
silenzioso. In casa non c’era nessuno: mamma e papà erano al lavoro,
Rose
all’università, e sarebbero tornati più tardi. Insomma, avevo casa
libera. Ma
dato che ero una ragazza tranquilla, non avrei scatenato il finimondo.
Mi
sdraiai sul divano, con una cioccolata in una mano, e un libro
nell’altra. Non
avendo compiti, ed essendo il tempo orribile, l’unica cosa che mi
andava di
fare era rilassarmi.
- La cosa più
bella, era che
l’angoscia da messaggi distava chilometri da me: il telefono era
scarico,
spento, e seppellito nel fondo del mio zaino. Chi mi conosceva bene, e
solo
quelle persone- come le mie amiche e parenti-, avevano il numero del
telefono
fisso. E se mi avessero dovuto cercare, avrebbero chiamato a quel
numero, e non
al mio cellulare. Gli scocciatori, alias Jim Wilson, non mi potevano
rintracciare.
Sorrisi tra me e me, mentre continuavo a leggere.
- --
- «Quindi, per
dopodomani, voglio
una recensione del libro.», disse la professoressa di italiano. «Ah,
giusto,
dimenticavo: mi serve che facciate una ricerca, ma dato che correggere
trenta
temi non è un lavoro molto leggero, ho pensato di farvelo fare in
coppia o in
gruppi da tre.»
- Nell’aula si
diffuse un leggero
borbottio, che palesava il disaccordo di noi studenti. Ma uffa, ci
avevano già
riempiti di compiti, ci mancava solo la ricerca!
- «Zitti! Mi serve
per il voto in
pagella, che credete? Vi va bene se non vi faccio un test su
grammatica!» La
prof, dopo quelle parole, a cui la classe si era zittita, prese i suoi
personali bigliettini da estrazione. Tutte le volte, ero finita con
Kim, perciò
ero pronta a scommettere che anche stavolta sarei finita con lei.
- «Kimberly
Stevenson, Julie Morris, Ben McDougal.» La mia bocca raggiunse la
superficie verde del banco.
- La
prof proseguì:
«Natalie Smith, Adam Brown, Jim Wilson.»
- Per poco non
svenni. No, cioè,
era impossibile! Ero con i miei due incubi personali, che, per altro,
ora si
ammazzavano con lo sguardo. Mi voltai verso Kim, implorante:«Nu..Kim,
fai
qualcosa..FA QUALCOSA!» l’ultimo era stato un urlo strozzato e
isterico, mentre
la scuotevo per le spalle. La mia amica mi guardò con un’espressione
preoccupata e spaventata:«tesoro, tu non stai bene..»
- Presi tra le mani
il suo viso,
e piantai i suoi occhi nei miei:«..Sono con
quei due..Certo che non sto bene! Sarà la mia condanna!»
- «Nat, sei un po’
melodrammatica. Andiamo, è solo una ricerca.»
- La campanella
suonò, e tutti
uscirono fuori per fare l’intervallo.
- Jim arrivò al mio
banco, con
l’aria più gongolante che gli avessi mai visto.
- «Ehi, Nat, siamo
in gruppo
insieme! Chissà, potremmo conoscerci ancora meglio!» mi fece
l’occhiolino,
lasciandomi esterrefatta e terrorizzata, poi uscì. Mi voltai verso
Kim:«Mi
spieghi come farò?!»
- Si strinse nelle
spalle, «E che
ne so?»
- «Non aiuti.»
- La pausa finì
troppo presto, e
io non intendevo accettare quelle condizioni. Ma la prof era stata
chiara: i
gruppi rimanevano come erano usciti. Non si poteva discutere.
- Ci avviammo nella
palestra
della scuola, ci cambiammo, e ci disponemmo davanti all’insegnante. Lui
ci
ordinò di cominciare a correre, e così, eseguimmo. Era la prova di
resistenza,
12 minuti di corsa infernale. Dopo trenta secondi, io avevo già il
fiatone. Kim
mi parlava tranquillamente, da atleta quale era, io invece preferivo
conservare
l’aria. La mia lingua stava pulendo il pavimento, mi sentivo il fuoco
nei
polmoni, e le immancabili fitte mi tartassavano la milza. Ma, nel giro
di un
secondo, tutto sparì, sostituito dall’ansia. Il professore fischiò,
precipitandosi verso di lui. La classe, io ovviamente compresa, si
spostò a
vedere. Il mio cuore si strinse in una morsa di dispiacere e quasi
panico, come
se quella a terra fosse la mia migliore amica. E non Adam.
- «Ragazzi, un
passo in dietro.»
Il professore mandò un mio compagno a chiamare l’infermiera, che,
aiutata dal
docente, portò Adam in infermeria. La lezione era finita, praticamente.
Il
professore ci fece cambiare, perché il resto dell’ora si poteva
definire buca.
- «Natalie!» Emma e
Seth corsero
da me, affannati, con un cipiglio in volto. Mi trovavo, con Kim, in
corridoio,
a chiacchierare. «Cos’ha combinato stavolta?»
- Non feci in tempo
a discolparlo,
per una volta, che il professore di ginnastica sbucò. «Signori, Adam è
svenuto
durante la mia ora. L’infermiera l’ha controllato, ha la febbre molto
alta.»
disse. Emma, da stupita, passò a preoccupata. I coniugi Brown seguirono
il prof
nella stanza, ma lasciarono la porta aperta. Poco dopo, ne riuscirono.
Seth sosteneva
un barcollante Adam, sciupato.
- «Emma!» la
chiamai. La madre di
Adam si voltò. «Se vuoi, ti tengo io Kate, mentre portate a far
visitare Adam..»
- Lei annuì,
sorridendomi grata:«Grazie
Natalie...»
- «Basta una
telefonata. Il
numero lo sapete» Annuì ancora, e seguì il marito e il figlio
all’esterno.
- --
- Buon giorno^^" Eccomi qui, dopo un bel
po' di assenza XD No sul serio, scusatemi...
- Solo che la scuola è
davvero IMPOSSIBILE! >.< Troppi compiti, uffa!
- Comunque, dato che è proprio una cosa veloce, vi chiedo scusa, di
nuovo per il ritardo, ringrazio chi ha recensito( VI ADORO),
- chi ha preferito e seguito!! Grazie infinite!!
- Ora vado, un BACIO GRANDE!!! CIAU
|
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Capitolo 8 *** capitolo 8:magari la febbre gioca brutti scherzi ***
- Bonsoir
à tout le monde! Eccomi qui, con un nuovo capitolo!!
- Questa
volta ho anche fatto presto, cioè, sto migliorando U.U XD Comunque.
Spero vi piaccia, e che non sia banale... Ho avuto un po' di problemi
visto che... beh, è il primo POV Adam, e non volevo subito traketa track, capite? Okay,
lasciate perdere i miei scleri mentali. Ripeto, spero vi piaccia e..
beh,
- Buona
lettura!
- Capitolo
8- magari la febbre
gioca brutti scherzi..
-
- Maledetta
febbre!
- Da quando mi
erano venuti a
prendere, i miei si erano trasformati da ‘genitori
insistenti e permanentemente incazzati con me’, a ‘genitori
rompipalle, onnipresenti e soffocanti’.
- Odiavo
essere malato; mia madre
mi obbligava a starmene sdraiato, immobile, seppellito sotto venti
strati di
coperte di lana. E rigorosamente con la tv spenta, e l’Ipod nella sua
borsa,
così non potevo recuperarlo. Per di più, aveva la malsana fissa per
l’olio di
fegato di merluzzo, e me lo imboccava tre volte al giorno. Non c’era
cosa più
ripugnante, puzzolente e schifosa di quella roba lì, eppure mia madre
adorava
somministrarlo a noi, poveri figlioli – e anche a papà. La cara Emma,
quando si
ammalava, si prendeva l’aspirina, e tornava come nuova. Ma noi no!
Dovevamo
prendere quella roba viscida, che rischiava solo di farci venire il
voltastomaco, peggiorando il nostro stato.
- Beh, il mio
era difficile che
peggiorasse; cazzo, più ammalato di così, non si poteva! Avevo la
febbre a 39,
stamattina, quando il medico me l’aveva misurata. Ha prescritto almeno
un
centinaio di medicine, quello stordito. Mi volevano drogare?!
- Comunque,
appena eravamo
tornati, mamma mi aveva quasi portato di peso a letto. Stavo sudando
manco
fossi nel deserto, con quella montagna di coperte addosso, ma
continuavo ad
avere freddo lo stesso e a rabbrividire. Le orecchie mi fischiavano, ed
era
come se mi dessero delle martellate nella testa. Odioso.
- E ancora più
fastidiose erano
state le prediche dei miei, perché l’altro giorno non ero tornato a
casa subito
dopo la scuola.
- «Adam,
cavolo, pioveva a dirotto, e hai voluto stare fuori:
guarda ora come sei ridotto! Sei un’incosciente!»
- Non avevo
trovato scuse, e non
era da me. Ma dai, non potevo dirle la verità. Che poi non era così
particolare, semplicemente non era da me, sentire il bisogno di ‘schiarirmi le idee’. Anche perché io di
solito non pensavo, agivo: ed avevo appunto capito che così, non sarei
andato a
capo di nulla. Quindi, era per questo motivo, che ora stavo cercando di
mettere
la testa a posto, a rimettere in fila le mie priorità e, soprattutto, a
recuperare i voti a scuola. Perché, se io studiavo, e poi consegnavo in
bianco,
lo facevo solo per mantenere un’immagine. Un’immagine che ormai avevo
venduto a
quel bastardo di Wilson.
- Allontanai
il ricordo del mio
ex migliore amico, che mi provocava solo rabbia e un disperato bisogno
di
andarlo a prendere a botte.
- La porta
della mia stanza si
aprì:«Addy...!» bisbigliò Kate, facendo sbucare la testa nella stanza.
La luce
mi diede un po’ fastidio, dopotutto ero rimasto per non so quanto tempo
nella
penombra.
- Ah, cosa
ancora più odiosa, era
il fatto che non mi potessi avvicinare alla mia nana. E a tutte le
altre
persone, in generale. Mi sentivo un alieno.
- «Corri,
prima che la mamma si
accorge!» la incitai. Mia sorella si chiuse piano la porta alle spalle
e si
fiondò da me, arrampicandosi sulla montagna di lana.
- «Come ‘tai?»
domandò,
preoccupata. Le sorrisi, per rassicurarla.
- «Meglio,
angioletto. Ma di
sicuro non grazie al veleno!» Kate fece una smorfia disgustata. Tra
noi, l’olio
di fegato (ecc, ecc), lo chiamavamo così.
- «Che ‘chifo,
Addy! Ma quando
giochi con me?» chiese, increspando la fronte, in un’espressione
corrucciata.
Ridacchiai:«Appena starò meglio, ovviamente molto presto.»
- «Okay..Intanto
gioco con Nat,
allora!»
- «Cosa?!»
nello scattare avanti,
un capogiro mi colpì. Mi riappoggiai al cuscino, piano. «Mi
sostituisci, Kate?
Non mi sembra giusto»
- Lei mi diede
un bacino sulla
guancia, poi mi sorrise furba. «Tì che è giutto.» scese dal letto e
saltellò
alla porta: «ciao Addy! Gualisci pretto!» sorrisi, scuotendo la testa.
Poi
richiusi le palpebre, convinto che ormai, il via vai in camera mia
fosse
terminato. Ma mi ricredetti.
- «Adam!» il
sussurro urlato (?)
di Bryan avrebbe potuto svegliare tutto il vicinato. E il mio cervello
non ci
mise molto a fare i suoi calcoli.
- Vicinato=Famiglia
Smith=Natalie= io rincretinito.
- Scemo,
scemo, scemo: perché dovevo sempre arrivare
a pensare a lei? Porca di quella vacca, era stata la mia nemica per
tanto
tempo, il mio chiodo fisso per i dispetti, perché ora doveva essere il
mio
chiodo fisso per tutt’altri pensieri? Era insensato, stupido, e
assolutamente
insano. Uno spirito libertino come me, non poteva avere la testa
intasata da
una sola ragazza. Eppure, ero arrivato a litigare con il mio
non-migliore-amico, e tutti gli altri ragazzi del mio gruppo, per lei.
E,
nonostante tutto, quella là era convinta che architettassi chissà quali
scherzi
da rivolgerle, mentre, invece, cercavo in ogni istante di proteggerla
da eventuali
attacchi dal resto della mia banda. Soprattutto, da parte di Jim. Non
capivo a
cosa volesse arrivare, e se realmente provava qualcosa per lei. Ma
quasi
sicuramente, era uno dei suoi sporchi giochetti. Dovevo stare in
allerta.
- «Come stai,
fratello?» ero
troppo stanco per rivolgergli un’occhiata e una risposta ironica,
quindi mi
limitai a lagnare un: «da schifo». Mio fratello ridacchiò piano,
facendo
vibrare le fondamenta della casa. Quel bestione sì, che era il mio
migliore
amico. Mi capiva, lo capivo. Semplicemente, avevamo un legame
indissolubile.
«Lo immaginavo. Sei stato proprio un demente a farti un giretto sotto
l’acquazzone dell’altro giorno, Ad. Per niente furbo, davvero. Guarda
come
stai:sei una pezza...» Rantolai qualcosa di indefinito in risposta, che
se
avesse avuto un senso compiuto, sarebbe equivalso ad un ‘va a quel
paese’. Tenevo gli occhi chiusi, per sentire
meno il
mal di testa e per riposare gli occhi. Avevo le palpebre che faticavano
a stare
su.
- «Oh Santo,
Adam. Non
lamentarti. Io non sono mai stato così sventato, quando cominciavo a
capire.»
Mio fratello stava parlando da solo? No, perché io cominciavo a perdere
il filo
del discorso. «Cioè, no, beh.. forse lo sono stato, ma verso la fine!
All’inizio mi sono beccato solo un raffreddore, non sono quasi andato
in
autocombustione!» Ecco, sì, il mio cervello era in autocombustione. Bravo fratello, tu si che sai cavarmi le
parole di bocca.
- «Bon, a che
conclusione sei
giunto?» socchiusi un occhio, e lo guardai stralunato. «Eh?»
- «Scommetto
che non hai seguito
il mio brillante e intelligentissimo ragionamento.»
- Scossi piano
la testa.
- «Già, non
saresti tu se per una
volta l’avessi fatto!» Bryan rise, poi si ricompose, «beh, dicevo, a
cosa
pensavi di così catastrofico per prenderti una broncopolmonite acuta,
con tanto
di mal di gola?»
- «A niente»
gracchiai. Avevo una
voce rauca che faceva schifo, sembravo una vecchietta con in gola un
gatto.
- «Non ci
credo nemmeno se mi
paghi, Adam James Brown.»
- Sbuffai,
rigirandomi sotto la
coperta. Lui lasciò perdere, finalmente.
- «Okay, me lo
dirai. Buon
far-nulla.» E- alleluia- se ne andò.
Ma quella mattina non avevo proprio pace. Già stavo da cani, in più, la
gente
sembrava divertirsi a rompermi le palle. Passò anche papà, che mi
augurò una
pronta guarigione, e infine anche mamma, che mi riempì di parole dolci
e
nomignoli assurdi che non usava- per fortuna- da quando avevo compiuto
gli
undici anni.
- Dormii fino
alle nove e mezza,
come un ghiro. Poi mi arrivò un messaggio, e cercai di sfilare il
braccio dalla
coltre di coperte. Riuscii nell’ ardua impresa, e lessi. Il mittente
era
Jonathan, un ragazzo della mia ex-compagnia, che, nonostante gli altri
mi
avessero ‘buttato fuori’, ancora mi parlava come un tempo e mi riteneva
un
amico. Lui sì, che si poteva definire tale. Era un ragazzo semplice,
che si era
ritrovato con le persone sbagliate.
- From
Jona:Ciao Ad, come stai? Qui a scuola procede tutto
più o meno tranquillamente, a parte le ragazze che si stanno
organizzando per
portarti un regalo a casa...-.-“ Beh, a parte due XD
- Ovviamente,
parlava della Smith
e della Stevenson, per cui aveva un debole segreto. Ne ero a conoscenza
solo
io. Ma era troppo timido per farsi avanti, e si sa, la paura più brutta
è
quella di essere rifiutati e di far la figura dell’imbecille. Beh, a me
non era
mai capitata una situazione del genere. Anche perché prima non credevo
nell’amore. Prima. Oddio, ora mi stavo facendo dei drammi mentali. Ora
ci
credevo, okay, ma non voleva dire che sapessi cosa significasse. Perché
comunque sia, non mi ero mai innamorato seriamente.
- Gli risposi
una breve e concisa
risposta, non avevo molta voglia di muovere le dita gelate sul touch.
Era una
brutta sensazione, faceva quasi male. Rimisi a posto il telefono, e
imboscai le
mani sotto le coperte. Certo che i miei potevano almeno accenderli, i
caloriferi! (magari erano accesi, ed ero io che mi sentivo un
polaretto, ma chi
se ne fregava, fatto stava che avevo freddo!)
- A pranzo,
mamma mi lasciò il
brodino di pollo da prendere. Lo guardai schifato, sembrava tutt’altro
che
brodo, come potevo essere sicuro che fosse di pollo? Magari c’era
qualcos’altro
di merluzzo.
- «Adam,
smettila, non è vomito,
mangia»
- «Lasciami
almeno il dubbio.»
risposi seccamente, agguantando il cucchiaio svogliatamente. Mamma alzò
gli
occhi a cielo. Portai molto (molto, molto) lentamente alla bocca quella
roba
lì. Se fossi morto, beh, sarei morto con dignità.
- Dopo pranzo,
mi ordinò ancora
di andare a dormire. Detto fatto, ora mi trovavo di nuovo sotto
l’Everest di
lana. Probabilmente, la brodaglia misteriosa aveva effetti soporiferi,
perché mi
sentivo terribilmente stanco e assonnato. Mamma mi disse qualcosa, che
non
riuscii proprio ad afferrare. Il mondo dei sogni mi aveva accolto senza
remore.
- -
- Mi
stiracchiai un po’, mentre
prendevo sempre più coscienza di me stesso. Era mattino? Poi ricordai.
No,
molto probabilmente era pomeriggio inoltrato, ero malato, e mi trovavo
sotto
venti chili di plaid. E cominciavo a sentire caldo. Solo che era
un’impresa
scoprirsi. Quindi lasciai perdere, e mi persi nei miei pensieri finché
non mi
venne sete. Purtroppo, era uno dei miei più grandi problemi: quando
avevo sete,
dovevo assolutamente bere. Non resistivo.
- Decisi di
andare a prendere
qualcosa in cucina. Sempre se fossi riuscito a divincolarmi da quella
matassa
informe. Fu un’impresa, come mi aspettai, ma ce la feci. Arrancai, un
po’
traballante, alla porta della mia stanza, e uscii. Mi appoggiai alla
parete, e
mi sostenni così fino all’altra porta che dava sul salotto. Lì, mi
accolsero
due risate cristalline. Quella di Kate, e quella di..
- «Adam, cosa
cacchio ci fai in
piedi?»
- Sorrisi:
«non posso girare in
casa mia?»
- «Non puoi
proprio girare, nelle
tue condizioni.» Natalie incrociò le braccia al petto:«fila in camera
tua»
- Era seduta a
terra con in
braccio Kate, e molto probabilmente, prima che arrivassi, la stava
pettinando.
Infatti, mia sorella era davvero molto fashion,
come diceva lei.
- «Uno: ho
sete; due: faccio
quello che mi pare e piace»
- «Addy, Nat
ha ragione!»
- Alzai un
sopracciglio,
scettico, e indicai mia sorella, poi Natalie: «Traditrice, sei dalla
sua
parte?»
- «La mamma ha
detto che devi
liposale.» fece saccente.
- Alzai le
spalle, e proseguii il
mio tragitto, fermandomi ogni due passi per evitare di fare figuracce
imbarazzanti di fronte a Lei. Meglio camminare
come uno scemo, che ritrovarmi gambe all’aria. Chi va
piano, va sano e va lontano..
- Arriva in
cucina, tirai fuori
un bicchiere, e aprii il frigorifero. Estrassi una bottiglia d’acqua
fresca,
svitai il tappo, e feci il gesto per vuotarla nel bicchiere. Ma
improvvisamente, mi ritrovai a tenere l’aria.
- «No, no,
niente acqua fredda!
Starai male, e oltre alla febbre, avrai la caghetta.» Mi trattenni dal
ridere,
mantenendo un’aria sicura di me.
- «Sei peggio
di mia madre»
- «Sono solo
responsabile, cosa
che tu non sei..» mi riprese bonariamente, appoggiando la bottiglia e
il
bicchiere sul tavolo della stanza.
- «Perché
tutti me lo ripetono?»
feci, retorico, trovando ridicola la mia voce nasale e gracchiante.
- «Perché
magari è così?»
- Ci guardammo
negli occhi,
sfidandoci, per un tempo indefinito. Ma che mi parve fin troppo breve.
Assunse
un’aria furba, di una persona che si credeva più grande e matura di
quanto in
realtà fosse davvero.
- «Andiamo,
dai, torna a
letto..Dobbiamo fare una ricerca noi, tra qualche giorno, e non ho
intenzione
di star da sola con il tuo amichetto, e soprattutto di lavorare solo
io!»
stette in silenzio per qualche istante, poi riprese, appoggiandosi al
tavolo
con la schiena.
- «A
proposito..non mi hai ancora
detto chiaramente il perché hai litigato» Eccola. Era davvero una
curiosa,
quella ragazza. Ma dopotutto, chi non lo era? Io mi mangiavo le mani,
quando
sapevo che Jim combinava qualcosa con lei, ma non sapevo bene che
intenzioni
avesse. Ero un continuo trovare argomenti, per poi sbucare su quello. Era snervante non sapere.
- Nonostante
tutto, non potevo
rivelarle tutta la verità: ma forse mezza sì.
- «Perché Jim
è un vero coglione.
E io ho capito che comportandomi da qualcuno che non sono, non
concludevo, in generale, nulla. Dalla scuola, a..beh,
tutto. Ho capito che i veri amici non si comportano come si comporta
lui, sono
arrivato alla conclusione che un’amicizia non si può basare sul nulla,
su un
rapporto dato dalla – mimai le virgolette- popolarità.» Sì, poteva
andare. Era
vera, tutta, solo un po’ tagliuzzata qua e là. Avevo omesso alcune
motivazioni,
ma mai le avrei esposte. A nessuno. Avevo quasi sbagliato, a confidarmi
con
Jim, ma per fortuna mi ero trattenuto.
- «Quindi il
vecchio e stronzo
Adam Brown è..morto?» mi scrutò con i suoi stupendi occhioni, e cercai
di
trattenere il sorriso, che sarebbe stato più largo del dovuto.
- «Sì.» la mia
voce rimbombò
nella mia stessa testa, dandomi fastidio.
- Ero indeciso
se rivelarle che,
all’inizio, ero stato un po’ di parte con lei...Mia madre, quando
avevamo
combinato il casino in mensa, mi aveva confiscato il motorino. Aveva
detto che,
se io e Natalie non fossimo andati d’accordo, non me l’avrebbe ridato.
Perciò,
mi ero impegnato a ignorarla, a comportarmi gentilmente con lei nei
casi
necessari, per tutto il periodo di ‘tregua’ che c’era stato. Mamma
allora me
l’aveva restituito. Solo che un po’ mi sentivo in colpa nei suoi
confronti,
quelli di Smith, ed era per questo motivo che usavo spesso e volentieri
la
Graziella e non la moto.
- Ed ero
proprio un
cretino..perché mi ero incastrato da solo. Alla fine, mi ero ritrovato
a
fingere di fingere. Non mi trovavo più così male, con Natalie, anzi.
Dovevo
sforzarmi di fare l’odioso, perché mi riusciva difficile con lei
esserlo
normalmente.
- Mi aveva
fatto male, poi,
quando mi aveva accusato di averle incollato il materiale sul banco. Ma
su
questo, ancora non voleva proprio credermi. Peccato che non sapeva,
altrimenti
anche lei avrebbe detto che ero innocente.
- Quella
faccia da culo di Jim,
aveva organizzato tutto apposta per farsi notare da lei, per farmi incolpare. E questo mi dava molto
fastidio.
- «Allora...Piacere,
Natalie
Smith» la guardai confuso, mentre mi porgeva la mano. Già avevo la
testa che
era abbastanza dolorante e annebbiata, se poi lei faceva così, andava
veramente
in pappa il mio cervello!
- Sorrise,
«beh, abbiamo
cominciato col piede sbagliato..quindi direi di ricominciare.» La cosa
mi rese
quasi euforico. Ma non dovevo dimostrarmi troppo felice, cacchio, un
po’ di
contegno!
- «Beh, dopo
quasi diciassette
anni di liti, eccoci qui, a ‘ricominciare’.. meglio tardi che mai, no?»
le afferrai
la mano, sorridendole. «Adam James Brown.» Cercai di ignorare il
formicolio che
punzecchiava il punto dove le nostre mani si erano toccate, come una
serie di
scosse elettriche, abbastanza destabilizzanti.
- Natalie mi
sorrise furba:«Bene,
ora fila in camera tua. Sei stato alzato fin troppo»
- «Neanche per
sogno!» il mio
mezzo urlo mi diede l’impressione che mi scoppiassero le tempie.
- «Adam,
muoviti. Se tua mamma
poi lo scopre, si arrabbia»
- «Non lo
viene a sapere, se tu
non fai la spia» insistetti. Non mi aveva lasciato in piedi nemmeno per
mezz’ora, e, con lei qui, sinceramente, la voglia di tornarmene di là,
solo,
come seppellito sotto una ventina di pecore, non mi allettava proprio.
- «Brown, sei
un bambino
viziato!» sbottò.
- «E tu sei
petulante come mia
madre» ribattei, «quando prendo un brutto voto».
- «Beh, anche
mia mamma sarebbe
così se portassi ad ogni verifica un due a casa, ma non farmi cambiare
discorso! Se peggiori, io come faccio?»
- Vero, come
faceva? Da sola con
Wilson, no, non ci poteva stare. Però non avevo voglia, ora, di andare
a
dormire. O comunque a fare un tubo in solitudine. Mi annoiavo
terribilmente.
- Alzai gli
occhi al cielo: «Sopravvivrai.»
feci, esasperato.
- «Dai, dai,
dai!»
- «Sono quasi
adulto, decido io
cosa fare!» A quel punto, le orecchie di
Natalie parvero fumare, mentre le sue guance si coloravano di un
adorabile
rosso pomodoro.
- «No, ora tu
mi ascolti. » mi
puntò il dito al petto, e lo punzecchiò, «E vai a letto: immediately
.» ordinò Natalie, con un’aria da dittatrice che faceva
impallidire anche un lottatore di sumo.
- «Noo» feci,
lamentoso,
ignorando la sua espressione da serial killer. Ne avevo viste di
peggiori, di
sue occhiate assassine. Quella non era così terrificante.
- «Sì» Okay,
un po’ lo era. Senza
contare che, in caso di rissa, avrei perso. Lei era già una bestia (
avevo
ancora ben vivo in testa quel destro micidiale che mi aveva sferrato
quando le
avevo appiccicato la cicca in testa) di per sé, in più, io ero mezzo
malato e
senza forze. Magari avrebbe avuto pietà.
- «Piaga»
«Testone» «Dittatrice» «Cafone»
«Soffocante» «Odioso»
- «Non demordi
mai?» feci,
pungente.
- «Mai.»
- «Addy, Nat,
cosa ‘tate facendo?»
Kate sbucò nella stanza, interrompendo la nostra discussione. Dondolò
fino a
noi, curiosa. Gli occhioni verdi e grandi ci scrutavano attenti e
vispi.
Natalie si chinò e la prese in braccio, baciandole una guancia. Erano
proprio
una bella coppia. Due teste davvero
calde.
- «Io e Adam
cerchiamo di andare
d’accordo»
- Kate si aprì
nel sorriso più
grande che le avessi mai visto; le occupava più della metà della
faccia. «Si,
che bello‼‼» lanciò i pugnetti in alto, facendo ridere me e la mia
nuova quasi-amica.
- «Ora non
litigate più?»
- Io e Natalie
ci guardammo negli
occhi, e capimmo al volo. No, era impossibile che non litigassimo.
L’avevamo nel
DNA, era una cosa naturale. Ma mi piaceva così.
- «Cercheremo
di non farlo più.»
fu la sua intelligente risposta. Mi sorrise, mentre le guance
assumevano un
leggero tono rossastro, che le conferiva un’aria davvero tenera.
- .
- «Alla fine,
ci sei riuscita a
mettermi a letto. Tra te e mia sorella, non so chi è più testardo. »
- Rise
apertamente, e un suono
cristallino riecheggiò nella stanza. Non mi dava fastidio quel suono, a
differenza di qualsiasi altro rumore (anche il passo di una formica mi
avrebbe
trapanato il timpano) . Scemo, mi
dissi. A volte, facevo dei pensieri davvero da idiota. Ma sicuramente
era colpa
della febbre, non c’era altra spiegazione.
- --
- Oh,
finalmente potevo andare a
scuola!
- Era passata
una settimana, e mi
ero completamente ripreso. Fisicamente. Mentalmente, non lo ero
proprio. Non
ero sicuro che quello avvenuto con Natalie fosse vero, o se era stato
tutto un
film mentale dovuto alla febbre alta. Tutto poteva darsi.
- Quindi,
quella mattina ero
andato a scuola a piedi, molto lentamente, sperando di vederla sbucare
salutandomi,
o al contrario, ignorandomi bellamente. Invece, no. Non l’avevo
incrociata, e
avevo quell’enorme dubbio nella mente e nel petto. Caspius, era
snervante.
- Arrivai a
scuola, e l’immancabile
entusiasmo delle quattro galline del mio liceo si fece sentire. Ma io
non le
guardai, e analizzai da cima a fondo il cortile della scuola,
localizzandola
solo alla fine. Mi guardava sorridente, e non con la solita espressione
incazzata. No, non era stato un sogno. Perciò, sorridente (veramente di
buonumore) m’incamminai verso di lei e le sue amiche.
- «Bonjour più-o-meno-amica!» esclamai allegramente. Le sue amiche
per poco
non svennero dalla sorpresa.
- «Buongiorno
quasi-amico!»
rispose lei, rivolgendomi uno dei più bei sorrisi che le avessi mai
visto fare,
divertita. Poi girai i tacchi, e entrai nell’edificio, consapevole che
ci saremmo
visti tutta la mattina, più il pomeriggio per la ricerca. L’unica cosa
non
positiva, era il fatto che si sarebbe stato un terzo incomodo con noi.
O forse,
avrei indagato un po’ su quello che Wilson voleva fare con Natalie.
Chissà.
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Capitolo 9 *** Il passato ritorna ***
- ...'l'autrice,
quatta quatta, entra in scena'.
- Mh. Già,
sono viva...^ ^" Dopo tutto questo tempo, ho la faccia tosta di
postare.. Vi chiedo immensamente scusa per il ritardo!
- Spero solo che qualcuno si ricordi di questa storia, ahimè, è
davvero tantissimo che non aggiorno. Sono mortificata u.u" Purtroppo,
per tutto questo tempo l'ispirazione è andata in vacanza, e il mio
cervellino non è così in gamba...-.- Beh, spero che almeno questo
rientro in carreggiata sia decente, anche perchè a me non dispiace
troppo come capitolo questo.
- Bene, io chiedo solo di essere clementi... :)
- Buona lettura.
- Capitolo 9- Il passato
ritorna
«Cara amica mia, mi
devi spiegare un paio di cose...-
Così esordì Kim, al mio fianco, che seguiva con lo sguardo Adam. Stava
entrando
a scuola, camminando col suo passo flessuoso e silenzioso, le mani
nelle
tasche, il cappuccio alzato.
Balbettai qualcosa come risposta, mentre i muscoli facciali mi tiravano
le
labbra in un sorriso. La mia migliore amica mi analizzò per bene, un
sopracciglio alzato ad aggiungere un tocco all'espressione sospettosa
alla
Holmes. Quell'aria sgonfiò la mia euforia, e tornai la Natalie Smith
composta
nei momenti tragici. E questo lo era: stavo per dire alla mia Kim che
io e Adam
eravamo in tregua, dopo anni in cui la obbligavo a odiarlo con me, a
non
nominare il suo nome, a non vaneggiare sulla sua bellezza.
-Su, sputa il rospo.
Presi un bel respiro. Ma sì, Kimberly mi aveva esortato da sempre a
gettare
l'ascia di guerra, da brava pacifista, quindi l'avrebbe presa più che
bene. Non
avevo mica ucciso qualcuno! -Stiamo cercando, come avrai intuito da te,
di
essere amici.- risposi. La voce mi uscì più fievole di quello che
volessi.
Volevo dirlo con voce ferma, decisa, solenne, invece era uscito un
miagolio
sofferente.
Kim rovesciò la testa all'indietro, esplodendo in una risata rumorosa.
Rimasi a
fissarla male fin quando non si accorse che io non scherzavo affatto.
-Oddio:
Nat, ma sei sicura di stare bene?- domandò, poggiandomi una mano sulla
fronte.
-Quando abbiamo chiarito, era lui ad aver la febbre, non io..Infatti
avevo
paura che fosse stata l'influenza a farlo uscire di senno. E oggi mi ha
dato la
certezza che davvero lui vuole far pace.- raccontai, spostando con un
secco
colpo la sua mano dalla mia fronte.
La mia amica s'accigliò. -Posso dire di essere piuttosto scettica
riguardo
questa ambigua situazione.- incrociò le braccia al petto, imbronciata.
-Terrò
d'occhio il tuo presunto amico, non vorrei che ti facesse soffrire.
Alzai gli occhi al cielo: -Non mi farà del male.- dissi sicura,
-Altrimenti gli
do una bella lezione!
Kim era ancora molto incerta sul fidarsi o meno. -Lo spero per lui. Soprattutto,
spero non capiti di nuovo.- borbottò tra sè l'ultima parte, ma io
la
sentii, e il mio stomaco si contrasse dolorosamente. Non lo volevo
nemmeno io,
sinceramente. Ma mi ripresi immediatamente: con Adam non era la stessa
cosa.
Con Adam sarei stata amica, nel caso contrario, sarebbe scoppiata di
nuovo la
guerra come un tempo. Non ne ero innamorata.
- Semplicemente, Adam non era Rick.
- Scossi la testa, cercando di togliere
quell’idea dalla testa, e seguendo la mia amica all’interno
dell’edificio. Kim
continuava a lanciarmi occhiate furtive, borbottando cose senza senso
tra sé. O
almeno, a me non sembravano troppo coerenti.
- Tempo fa, probabilmente anche io
avrei reagito così.
- Tempo fa, sarei
morta dal
ridere, per una tale assurdità.
- Tempo fa, piuttosto mi sarei
tagliata le vene con un foglio di carta,
che essere amica di Brown. Ma adesso era tutto cambiato.
- -Oh fly..-borbottò
Kim, stravaccandosi sulla sedia. –Prevedo scintille..
- In quel momento, cominciai a sentire la
schiena pizzicare. Ieri, quando avevo chiarito la situazione con Brown,
non avevo
contato i fulmini e le saette che mi avrebbero lanciato le ragazze
della mia
scuola. Adesso che me ne ricordavo, sapevo per certo che erano le loro
occhiate
omicida che punzecchiavano la mia schiena nel diperato tentativo di
perforarmi.
- Muhuhu, per loro
sfortuna, mi sentivo totalmente immune. Ero troppo allegra.
- Poi, non capivo questa malizia contro
di me. Mica stavo insieme a lui! Potevano giocarci quando e come
volevano,
l’importante era che lui non mi usasse come diario segreto,
raccontandomi le sue
avventure. Quello no, assolutamente!
- -Ehi, Smith- Wilson si avvicinò al
nostro banco. Non sembrava molto allegro stamattina: che fosse per
l’entrata di
Adam? Bah. –Per la ricerca, come facciamo?
- -Possiamo trovarci a casa mia, oggi
pomeriggio. Prima cominciamo, prima finiamo.- dissi, stringendomi nelle
spalle.
Via il dente, via il dolore,
piuttosto. Jim annuì, e proseguì verso il suo posto. –Wow, non vedi
l’ora di
suicidarti, vero?-commentò Kim, con un sorrisino di scherno. Inutile
dire che
fino all’ultimo avevo supplicato la
prof per cambiare coppie, ma nulla. Pensavo che il suo ‘no’ dell’altra
volta
fosse stato perché si era alzata dalla parte sbagliata del letto, ma
purtroppo,
era irremovibile.
- Presi a ciarlare con
Kim, cercando di non pensare alla mia fine,
sempre più vicina, fin quando un
sedere non si appoggiò al mio banco.
Alzai la testa fino a guardare in faccia l’usurpatore di tavoli, con
un’espressione impassibile.
- -Scusa?- feci, con una
punta acida, -puoi togliere le tue
chiappe dal mio banco?- Adam sorrise innocentemente.
- -Non posso?- chiese, con
un’espressione da tonto, o forse
era un’aria da cucciolo contrito uscita male. O un mix di entrambe, che
sul suo
viso –che d’innocente non aveva mai avuto niente, nemmeno quando era
nato- non
faceva effetto.
- -No.-
- Lui si sistemò meglio,
spostando anche il mio libro di
algebra, e sorrise sornione, strizzando gli occhi e tirando le labbra
in un
modo impressionante.
- Alzai gli occhi al
cielo, dandogli un colpo con l’astuccio
sul braccio.
- Non si scompose,
continuava a insistere con quel sorriso
idiota, stanziando comodamente sul mio banco.
- -Adam.- Stavamo provando
ad essere amici. Io volevo tentare. Ma se lo ammazzavo di botte prima,
la cosa
non sarebbe mai entrata in porto, per la miseria! –Scendi- ordinai,
perentoria.
Il mio sguardo non ammetteva repliche, sicuramente, ma non gli faceva
un baffo.
Già, chi ero io per intimorire Adam Brown, il re dei pavidi- o degli
arroganti?
- -No- si dondolò come un
bambino, ora sorridendo divertito.
Almeno non aveva più l’espressione da pugni di prima.
- -Ora!
- -No, mia cara Smith.-
fece, con un tono gioviale.
- -Ora.- ripetei, con voce
più pacata. Non per questo,
risultavo meno incazzata.
- -No.
- -Adam.- lo ripresi
l’ennesima volta. Stava diventando
stressante, oltre che fastidioso e bambinesco. Ma che dico! Lui è
sempre stato
un immaturo.
- -Natalie- ripetè. Mi
stava pigliando per il culo?
- -Scendi, immediatamente,
ora, now- chiusi gli occhi,
inspirando piano. Non dovevo buttarlo giù
con un calcio. Non. Dovevo.
- Sentii qualcosa di caldo
sul mio viso, vicino all’orecchio.
–No- Alitò, le labbra sfioravano la
pelle.
- Ora: perché
ero a
due millimetri scarsi dalle sue labbra? Come
eravamo arrivati a questa situazione a dir poco imbarazzante?
- I polmoni cominciarono a
dolere, e mi accorsi di aver
smesso di respirare. E avevo caldo. Molto, molto caldo. Le mie guance
erano in
fiamme, ovviamente.
- Sentii Kim schiarirsi la
gola, e mi allontanai di scatto,
guardandola subito. Aveva gli occhi sgranati, spalancati
all’inverosimile. Sembrava
uno di quegli anime, quando il protagonista sclerava.
- E non era l’unica.
L’intera classe si era ammutolita, e si
era fermata per guardarci. Sentivo di nuovo le frecciatine delle
ragazze sulla
pelle. Ahi.
- Ah. Per inciso: il
professore era entrato in classe, e ci
guardava a sua volta stralunato. Si ricompose, riprendendo l’aria
austera e
severa.
- -Brown..- Non servirono
altre parole, per farlo smuovere
dalla posizione. Adam si alzò velocemente dal mio banco- finalmente-e
si accomodò due postazioni dietro alla mia.
- Sentivo il cuore battere
ancora veloce e martellante.
- Era per
l’imbarazzio. Solo per l’imbarazzo.
- -Ah, la tregua consinste
in questo?- mi sibilò all’orecchio
Kim.
- La guardai allarmata:
-ma sei matta?- Era assurdo che l’avesse pensato.
–Vogliamo tentare di
essere amici, nulla di più...-
- La mia amica fece una
faccia scettica. –Sarà..ma due amici
non si trovano a un millimetro dal baciarsi.-
- Già.
- -E guai a te
se versi
solo una lacrima per colpa sua.-
- **
- -Ehi, sorellina, perché
così agitata?- chiese Rosalie,
notando che ero solo leggermente fuori di me. Innanzitutto, non avevo
ancora
sfogato il momento di pa-panico di stamattina. In secondo luogo, avevo
la casa
che era un vero disastro, e tra meno di mezzora sarebbero arrivati Adam
–e
bastava che attraversasse la strada- e Jim. Per altro, quella sfaticata
di mia
sorella non si degnava nemmeno di alzare un dito per aiutarmi a
sistemare quel
caos che- per metà- aveva scatenato lei.
- -Ehi, sorellina, perché
non alzi il didietro e non mi dai
una zampa?-feci il verso, lanciandole un’occhiata truce. Sbuffò,
alzandosi. –Ma
non ho capito il tuo nervosismo isterico.- borbottò, mettendosi al
lavoro.
- -Tu stai con Bryan,
vero?- incalzai immediatamente.
- -Sì, tra dieci minuti
dovrebbe venire qui.-
- -Ma state fuori?-
chiesi subito dopo.
- Mia sorella sbuffò:
-Nat, sii chiara.-
- -Vengono qui Adam e
Wilson.- sospirai. –C’è la casa che è
un macello, faremo brutta figura, e, tanto per cambiare, quei due
rischiano di
far rissa distruggendo i preziosi vasi di mamma.- Ecco spiegata la
situazione.
Mia sorella da quel momento lavorò con un po’ più d’impegno, e appena
arrivò
Bryan, da buon mio migliore amico e futuro consorte di mia sorella,
diede una
mano con le faccende. Guarda te se un ospite doveva sgobbare per far
bella figura
col fratello!
- -Bien, ci siamo
riusciti!- e nello stesso istante in cui lo
dissi, suonò il campanello. Mentre io andavo ad aprire, Rose e Bryan mi
seguirono. Adam e Jim stavano sulla soglia, a trucidarsi con gli occhi.
Sentii
lo stupore- e anche il divertimento- dei due piccioncini dietro di me,
davanti
alla scena. Io ero solo terrorizzata all’idea che scoppiasse una
rivoluzione in
casa mia. Dopo tutto il lavoro fatto!
- -Ehm..Ciao.
- Feci passare entrambi.
Adam alzò un sopracciglio: -Potevi
dirmi che venivi, io e Natalie avremmo cominciato a parlare
dell’argomento.-
Bryan e Rose spalancarono gli occhi.
- -Beh, non lo sapevo, non
ho la sfera di cristallo per queste cose.- l’allusione
che fece
drizzare i capelli ad Adam, a un gesto quasi impercettibile verso di me
del
fratello, fece arrossire anche me. Soprattutto perché Rose sembrava
essere
d’accordo con lui.
- -Beh noi andiamo.- disse
lei, prendendo a braccietto il suo
ragazzo, e facendomi l’occhiolino. –Come?!- il mio fu il verso di una
gallina
strozzata, e l’espressione di un animale dritto al macello. Non
potevano
abbandonarmi! Avrebbero dovuto fare i piccioncini in casa mentre noi
lavoravamo, e nel caso, Bryan sarebbe intervenuto a salvare la
situazione.
- -Eh già. Abbiamo voglia
di gelato..-
- -C’è anche in casa.-
dissi subito, confidando nella loro
pietà. Ma dai sorrisini furbi che avevano sulle loro facce da fondoschiena immaginavo che mi avrebbero
abbandonata. Dritta al macello.
- -Arg! Fuori di qui!-
cacciai, pestando i piedi. Si
lasciarono sfuggire una risata echeggiante, mentre, presi i cappotti,
uscivano.
Idioti. Avevo una sorella e un
migliore amico idioti.
- -Beh..-sospirai,
voltandomi verso di loro. Jim aveva l’aria
perplessa, Adam-che ormai aveva imparato a leggere il mio viso
probabilmente-
si tratteneva dal ridermi in faccia.
- -Razza di ingrati..-
commentò ironico, rivolgendomi un
sorriso furbo, residuo della risata in cui avrebbe voluto liberarsi.
–Appunto.
Forza, cominciamo.
- Dovevo ammettere che
come pomeriggio non era stato poi
male. Si poteva dire che avevamo lavorato solo io e Adam, perché Jim
non era
molto informato sull’argomento. Ma comunque, ce l’eravamo cavata
piuttosto
bene. Dire che Brown si era applicato,
era una delle poche cose che non pensavo mi sarei mai arrischiata di
affermare.
Ma era stato così. Semplicemente, la scoperta di un lato di lui che era
molto
piacevole.
- Mi chiedevo perché
avesse cominciato solo ora a studiare.
- Forse, ed era una
supposizione, l’aveva sempre fatto, e
solo per mantenere l’immagine, talvolta consegnava in bianco. La cosa
più
idiota da fare, se si poteva prendere tranquillamente la sufficienza. E
lui
aveva dimostrato di superarlo, il sei, molto tranquillamente.
- Altra cosa fuori dal
normale: non si era espresso come uno
scaricatore di porto, questo pomeriggio, e la cosa mi aveva lasciata
esterrefatta. Ovvio, qualcosa gli era scappato (soprattutto commentini
acidi
verso Jim, perché sì, il previsto si era avverato. Non in maniera
catastrofica
come avevo pensato, ma qualche scontro a parole c’era stato), però
tutto
sommato si era risolta la situazione alla bell’e meglio.
- Cacciai i due di casa
col sorriso, soddisfatta, e andai in
camera mia per cambiarmi. Indossai una tuta comoda: stavo per andare a
lezione
di Yoga. Ora non avevo più bisogno di mantenere la calma –niente più
risse con
Brown, niente scleri, niente perdita di controllo-, ma ormai avevo
pagato, ed
intendevo proseguire col corso. Sarebbe stato costruttivo per un
futuro, quasi
sicuramente.
- Mi avviai a passo più o
meno spedito. Era ancora abbastanza
presto, ed ero qualche minuto in anticipo..non a caso. Francamente , mi
stupivo
anche io del mio pensiero. Però volevo vedere Adam allenarsi a Karate.
- Quando arrivai alla
porta della palestra, cercai di
aprirla. Era chiusa a chiave, e guardando attraverso il vetro, notai
che tutte
le luci erano spente. Mi guardai in torno: la strada era deserta. Non
c’era ancora
nessuno delle mie compagne, e aleggiava un silenzio inquietante.
Sbirciai
ancora all’interno, poggiando la fronte sul vetro ghiacciato,
sospirando. Speravo
aprissero presto, avevo voglia di fare il corso. Avevo
voglia di vedere i kimoni bianchi.
- -Smith.- trasalii, voltandomi con uno
scatto secco in posizione d’attacco. L’ameba sott’aceto scoppiò a
ridere,
mostrando la sua schiera di denti perfetti. Il mio cuore partì in una
corsa
sfrenata, che aveva il solo scopo di sfondarmi il petto. Solo
per il colpo che mi aveva fatto prendere, ovviamente. Mh.
Almeno, speravo..
- -Che ci fai qui?-
chiese, un sorrisino astuto ad
increspargli le labbra. Dagli occhi smeraldini, belli e magnetici, si
notava la
sua solita curiosità.
- -..Corso di Yoga..-
farfugliai. Avevo ancora il batticuore,
e non riuscivo a prendere la calma.
- Adam si accigliò: -Da
quando lo frequenti?
- -Due, massimo tre
settimane..-
- -Ah si?- fece, la bocca
disegnò una ‘o’, facendogli
assumere un’espressione buffa.
- Annuii. –Tu..tu che ci
fai qui?- chiesi innocentemente. Non
volevo fargli sapere che l’avevo osservato tutte le volte che mi ero
cimentata
nella mia attività.
- -Io frequento karate..Ma
perché sei qui fuori?- Adam si
sporse per aprire la porta, e diede una spinta. –E’ chiuso..- lo
informai. –Spero
arrivino presto ad aprire. – dissi più a me, che a lui. Adam sbuffò.
–E’ strano
però. Di solito apre alle due e mezza per i corsi per le donne
incinte.- disse,
infilando le mani in tasca.
- -E adesso sono le cinque
e mezza...-borbottai. –Mi sa che
non verrà nessuno..-convenni, scocciata.
- -La lezione scorsa l’ho
saltata, magari hanno annullato
tutti i corsi..- fece Adam, probabilmente soppesava le proposte ad alta
voce,
di certo però non era sua intenzione sapere il mio parere. Anche perché
anche
io l’ultima volta avevo passato, e quindi mi ero persa la
comunicazione.
- Incrociai le braccia al
petto: -Bella fregatura!- sbuffai.
Mi insegnavano a star calma, ma erano i primi a farmi uscire dai
gangheri. Robe
da matti! -Torniamo a casa, valà..- commentai poi, facendo qualche
passo
avanti.
- -Perché non facciamo un
giro, invece?- propose lui, e mi
voltai indietro, analizzando la sua espressione pacata. Non c’era aria
da presa
per il culo, né da borioso. Semplicemente, attendeva la mia risposta
ricambiando lo sguardo.
- Sorrisi appena: -Perché
no..
- Prendemmo a passeggiare,
spalla contro spalla. Io lo
seguivo senza proferir parola, e lui non sembrava nemmeno voler
intraprendere
una conversazione impegnativa. O meglio: non voleva proprio parlare.
Arrivammo
in centro città, e si fermò davanti ad un caffè.
- -Ti va una cioccolata?-
chiese, gentile, con un’aria
gioviale. Mi strinsi nelle spalle, e lo seguii all’interno. Ci
accomodammo in
un tavolino distante dall’ingresso, e una ragazza arrivò subito. Non
aveva
molti più anni di noi-forse uno, massimo due...- e squadrò da capo a
piedi il
mio compagno. Anzi, lo stava mangiando con gli occhi. Mi schiarii la
gola,
facendola tornare sul pianeta terra. –Mh. Desideri?- si rivolse
automaticamente
a lui, che ordinò due cioccolate, conciso, senza posare gli occhi su di
lei, e
continuando a sorridere tra sè.
- Speravo disperatamente
che non ritornasse l’oca di prima, o
la cioccolata sarebbe finita addosso a quella faccina da poco di buono.
- -Perché?- chiese Adam,
che si tratteneva dal ridermi in
faccia.
- -L’ho detto ad alta
voce?!- urlacchiai, inorridita. Brown scoppiò
a ridere, liberandosi finalmente. –Non ridere, ho fatto una figura di
merda!-
gesticolavo furiosamente, e urtai qualcosa al mio fianco. Di riflesso
chiusi
gli occhi, mentre sentivo un baccano accanto a me. Le risa del mio
‘Amico’
erano incontrollabili, mentre io desideravo solo sotterrarmi per la
vergogna.
Mi voltai verso chiunque fosse, pronta a chiedere una sfilza di ‘scusa’
a
macchinetta. I miei occhi incontrarono quelli blu oceano del ragazzo a
terra,
pieno di cioccolata persino nei capelli, e le parole mi morirono in
gola.
- Il mio cuore perse un
battito, o forse anche di più. Adesso
non lo sentivo nemmeno. Anche i miei polmoni non rispondevano più agli
impulsi
involontari del mio organismo.
- Il ragazzo a terra mosse
le labbra a vuoto, boccheggiando.
- -Natalie..- mormorò.
Sentire la sua voce dire il mio nome
mi pugnalò il cuore, barbaramente, e mi ricordò quel lontano dodici
ottobre di
due anni fa.
- Mi alzai di scatto,
continuando a fissarlo. Ero
sconcertata, non riuscivo più a ragionare.
- Quel locale era
diventato fin troppo stretto, mi mancava l’aria,
e soprattutto non volevo mostrarmi debole davanti a tutti quegli
sconosciuti.
Davanti a lui.
- Lo scavalcai diretta
alla porta.
- Avevo il magone in gola,
il cuore che sanguinava per la
ferita riaperta bruscamente, la mente annebbiata.
- Appena varcai la soglia,
lasciai libere le lacrime di
scorrere sul mio viso. Avevo bisogno di sfogarmi, avevo bisogno di
qualcuno che
mi aiutasse. Che mi desse una mano a ricomporre i pezzi del mio cuore.
- Cominciai a correre a
perdifiato, verso casa mia.
- La situazione aveva del
‘dejavu’, un orribile dejavu.
Raggiunsi casa mia in pochissimo tempo, i polmoni mi dolevano
terribilmente, e
il cuore batteva così forte e dolorosamente che avrei preferito si
staccasse e
stesse lontano da me. Almeno non avrei più sofferto.
- Percorsi la mia strada,
e mentre stavo per entrare dal
cancello, sbattei contro un petto marmoreo. –Natalie!
- Bryan
mi strinse
forte, sorreggendomi, mentre le gambe mi cedevano bruscamente.
Singhiozzai sul
suo cappotto, senza riuscire a fermarmi. Mi alzò di peso, come se fossi
stata
una bambina. Non opposi resistenza. In quel momento non avrei avuto
nemmeno la
forza di parlare. Rientrò in casa mia, da cui probabilmente stava
uscendo in
quel momento.
- -Cazzo!-
sentii
subito mia sorella al mio fianco, ad accarezzarmi i capelli.
Singhiozzavo così
forte che non la sentivo nemmeno parlare. Non capivo quello che mi
diceva, né quello
che sbraitava Bryan.
- -Natalie,
porca
miseria, dimmi che è successo!-
- -Diavolo, rispondi!- mi scossero per le
spalle, eppure io non riuscivo a
formulare una risposta di senso compiuto. Non riuscivo a regolarizzare
il
respiro, a parlare, o a far quantaltro. Anche pensare era difficile in
quel
momento.
- Mi lasciai andare,
facendomi trascinare dall’oblio.
-
- Riaprii gli occhi, e li
dovetti strizzare, infastidita
dalla luce della stanza.
- Mia sorella era al mio
fianco, poggiavo la testa sulle sue
gambe, e accanto a lei c’era ancora Bryan. Ricordavo quello che era
successo,
ma questa volta, alla fitta del mio cuore, non permessi alle lacrime di
ricominciare a scendere.
- Avevo imparato ad essere
forte.
- Mi tirai su, mettendomi
seduta, mentre Bryan e Rose cominciavano
a chiedermi cento domande al nanosecondo. Chiusi gli occhi, infastidita
dal
rumore.
- Il campanello prese a
suonare, insistente, interrompendo il
flusso di domande confusionali che mi riempivano la testa. –Nat,
Natalie sei qui?!
- La voce di Adam arrivava
ovattata, da dietro la porta d’ingresso.
Bryan s’accigliò, ed andò ad aprire. I due fratelli si guardarono
sospettosi
per tempo indeterminato. Adam si fiondò in salotto, e rimase a fissarmi
senza più
dir niente. Aveva il viso sfigurato dalla preoccupazione, i capelli
arruffati,
il viso arrossato, come se avesse corso.
- -Ma sei impazzita?!-
sibilò, nervoso.
- Bryan si mise in mezzo:
-Adam, centri tu con questa
storia?!- incalzò immediatamente, mentre l’ira passava sul suo viso.
- -No!- lo dicemmo
all’unisono, io e Adam. Bryan mi
guardò,corrucciandosi.
- -Cosa è successo
allora?- Mi portai una mano alla fronte.
Sospirai profondamente. –Prometti che se te lo dico, non farai nessuna
cazzata?- Bryan aggrottò le sopracciglia. L’ultima volta, era quasi
stato
investito pur di ‘far giustizia’-come diceva lui.
- -Perché?- chiese,
sospettoso.
- -Tu giura e basta.-
ribattei, perentoria. Annuì, serio. –Ma
mio fratello..
- -Non c’entra.- ripetei,
ora più innervosita. In effetti, la
presenza di Adam faceva ancor più pesare la cosa che dovevo dire. Un
conto era
suo fratello, che sapeva tutto, un conto era davanti a lui..che era un
po’ la causa
di tutto, involontariamente.
- -E’..è
tornato.-
mormorai,-Rick..è tornato. –
-
- La reazione di Bryan fu
come me l’ero immaginata.
- S’alzò di scatto,
un’espressione furiosa gli sfigurava il
viso solitamente dolce. –Bryan, hai promesso!- gridai, già preoccupata
dalle
immani cazzate che avrebbe combinato.
- -Gli avevo espressamente
detto di non farsi più vedere in giro...Due anni non sono a sufficienza
per un
coglione come lui!- ringhiò.
- Rosalie si alzò e lo
prese per un braccio. Si guardarono
negli occhi per un tempo indeterminato, mentre il mio amico riprendeva
pian
piano coscienza di sé. Ma non completamente. Aveva sempre quel
luccichio di
rabbia repressa nello sguardo. Adam osservava la scena, incapace di
capire
probabilmente. Ma non facevo caso a lui, ero più preoccupata per il
fratello.
- -Bryan, non far nulla
d’insensato..l’ultima volta stavo per
morir di paura...- esalò mia sorella. Gli occhi erano un mix di tanti
sentimenti. Amore per Bryan, dispiacere per me, odio per quel bastardo.
Bryan
sospirò. –Non vado a cercarlo solo perché Nat ora ha bisogno di
entrambi. Ma
appena si riprende, lasciatemi l’opportunita di ucciderlo..-
- -Bryan!- lo riprendemmo.
- -Non puoi..ricordi cosa
è successo, per piacere, non
farlo.- continuai. –Non ne vale la pena. E’ stata solo una mia reazione
esagerata, non mi aspettavo di ritrovarlo. È solo per questo, sul
serio. Non mi
ha detto nulla, né fatto qualcosa. Solo..sono rimasta...- la frase
morì, mentre
il magone che precedentemente avevo sfogato versando tante lacrime
ritornò.
- -Sì, ho capito Nat..Ma non
voglio, non posso vederti ancora
come due anni fa. Né io, né Rose, né Kim.- Già, anche Kim. Solo loro
avevano
assistito al teatrino del dolore di Natalie Smith. E non avevo
intenzione di
ridare spettacolo.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10. Bad Past ***
- Lo so, è da un secolo che non aggiornavo.
- Per questo, vi chiederò scusa all'infinto: scusate, scusate,
scusate!
- Avevo gia cominciato questo capitolo, ma dopo qualche riga
sono andata in palla e non sapevo piu come fare... L'ispirazione è
tornata, fortunatamente, quindi credo che non farò piu simili
ritardi...O almeno spero! Ora non so quanto sia piacevole per voi,
questo aggiornamento. Spero vi piaccia il chap, almeno un po'...Non è
il massimo, ed è anche corticello...L'ho tagliato, in realtà, perchè
c'era un'altra parte, ma il salto temporale era troppo, perciò l'ho
tolto e la terrò, quella parte, per i prossimi chap U.U Spero di non
aver deluso le vostre aspettative..
- Un bacio.
- __
- Capitolo
10- Bad Past
-
- Erano
passati
tre giorni, dalla mia fuga dal bar, dal mio pianto isterico. Tre giorni
da
quando avevo riaperto la ferita del mio cuore, tre giorni in cui il
passato
aveva ricominciato a tormentarmi, passandomi davanti agli occhi senza
pietà.
Infilzando, spillo dopo spillo, una sofferenza all’organo che pensavo
fosse
guarito tempo fa. Credevo di aver chiuso per sempre con quel periodo,
il più
brutto della mia vita, credevo che i fantasmi fossero definitivamente
spariti.
- Non
avevo
tenuto conto che la lontananza aveva solo assopito il dolore, e non
tolto
realmente.
- Ne
avevo avuto
la dimostrazione l’altro giorno, quando, incontrando quegli occhi
cobalto,
tutte le mie fatiche mi erano crollate addosso come un macigno. Erano
state
costruite su una base in pendenza, pericolante. E adesso tutto s’era
distrutto.
Quanto ero stata stupida.
- Kim,
dopo che Rose l’aveva avvisata –perché,
ovviamente, doveva sbandierare che lui
era tornato- mi stava addosso peggio di mia madre. Anzi, si comportava
come
Emily non faceva.
- Scossi
la
testa, sospirando, e cercai di prestare attenzione alla lezione di
scienze.
- Ovviamente,
era un tentativo vano.
- -Nat..-
mormorò, poggiando una mano sulla mia spalla.
- -Kim,
sto
bene..- esalai. Le rivolsi un sorriso tirato, che non la convinse per
nulla.
- -Signorine,
potete prestare attenzione?- ci richiamò il docente, con un’aria
accigliata. Ci
scusammo, e Kim mi fulminò con gli occhi.
- Per
fortuna,
la campanella segnò l’intervallo, e io potei lasciarmi andare
stancamente sul
banco.
- Rick
Donagan,
qui. Non riuscivo a smettere di pensarci.
- Vidi
Adam
uscire dalla classe, non prima di avermi lanciato uno sguardo
indecifrabile.
Era strano che non l’avesse riconosciuto, anche perché veniva a scuola
con noi,
benchè fosse di un anno più grande.
- Sentii
lo
stomaco stringersi in una morsa dolorosa, mentre le immagini di quel
giorno mi
passavano davanti agli occhi come un film.
-
- “Ah, che idiota! Non lo
posso proprio tollerare! Vorrei
tanto prendere quella zucca vuota e picchiarla contro il muro finchè
non si
apre a metà come una noce di cocco!” esclamai. Non riuscivo a smettere
di
sbraitare, dopo l’ennesima litigata con Brown. Perché, perché quel
ragazzo
doveva essere così dannatamente stronzo? Che gli avevo fatto per
spingerlo a
tormentarmi la vita? “Cioè,proprio non lo concepisco!” Bloccai il mio
fiume di
insulti, notando che il mio interlocutore era piuttosto assente.
- Rick si guardava le
scarpe, e non si era nemmeno accorto
che lo fissavo preoccupata.
- “Ehi..” lo richiamai.
Lui mi guardò, incrociando i suoi
occhi azzurrissimi con i miei. “Tutto okay?”
- Lui tirò le labbra in un
sorriso poco convinto, e annuì.
“Sì, ero solo pensieroso.”
- Annuii a mia volta, ma
non mi fidavo della sua risposta.
- Io e Rick stavamo
insieme da otto mesi ormai, lo
conoscevo bene quanto me stessa, e se qualcosa non andava lo capivo
anche da
chilometri. Senza contare che quell’adorabile ragazzo era leggibile
quanto un
libro aperto. Mi bastava guardarlo in quegli occhi celesti, per capire
cos’aveva. Ma quello sguardo, oggi, era indecifrabile.
- Arrivammo poco dopo a
casa mia, e quando entrammo,
trovammo Bryan e Rose abbracciati sul divano. “Guarda guarda, i due
piccioncini!” esclamò il mio fratellone, vedendoci per mano.
- Io arrossii, ma non
potevo che essere felice di quel
commento.
- Non ero innamorata di
Rick, ma c’ero molto vicina.
Quello che provavo era grande, e ormai avevo l’abitudine di vederlo
intorno a
me. Adoravo la sua presenza quasi quanto quella di mia sorella.
Insomma, era
importante. E sapevo che anche io lo ero per lui, e non mi avrebbe mai
fatto
del male. Rick odiava vedermi triste, me lo ripeteva sempre.
- Ma non era l’unico;
anche io non amavo particolarmente
vederlo giù, anche perché contagiava anche me col suo umore.
- Salimmo in camera mia, e
dopo esserci tolti i cappotti
mi sdraiai sul mio letto accoccolata al petto del mio ragazzo
fantastico. Lui
era sempre perso nei suoi pensieri, la fronte leggermente aggrottata,
gli occhi
persi nel vuoto in fronte a lui.
- “Deve essere
interessante la parete della mia stanza”
osservai, richiamando la sua attenzione. Infatti, portò immediatamente
i suoi
zaffiri nei miei occhi.
- “In effetti, sì.” mi
fece una boccaccia, e gli diedi un
buffetto sul petto, ridacchiando appena. Lui si allungò per posare le
sue
labbra sulle mie in un dolce bacio. Sorrisi contro la sua bocca, e mi
strinsi
maggiormente a lui. Adoravo stare tra le sue braccia, mi sentivo al
sicuro,
come quando lo faceva Bryan. Protetta.Rick non mi avrebbe mai fatto del
male.
- Il giorno dopo era un
sabato, perciò non c’era scuola, e
pensai bene di accettare l’invito del mio ragazzo per uscire. Era tanto
che non
facevamo delle passeggiate. Solitamente, ci vedevamo a scuola, e
talvolta nel
pomeriggio a casa dell’uno o dell’altra -come ieri.
- Camminavo velocemente
per non essere in ritardo
all’appuntamento, peccato che fosse tutto contro di me. Per strada,
incontrai
la banda dei barbari, e il capo –ovviamente- non si perse a far
commentini.
- “Guarda Smith come corre
da Donagan..!” I suoi amici si
persero in commentini e schiamazzi, come giusto che fosse per dei
poveri idioti
come loro. Brown scese dal suo motorino, attraversò il marciapiede e mi
sbarrò
la strada con un sorrisino di sfida.
- “Ma cos’ho fatto di male
per averti sempre tra le
palle?”chiesi retorica, mentre il suo sorriso si allargava. “Oh Smith,
ammettilo
che sei felice di vedermi.”
- “Sì, come sarei felice
se avessi un palo nel culo..”
ribattei. “Ora, levati.” Adam mi fece da specchio, con un ghigno
stampato in
faccia. Avrei tanto voluto tirargli in testa uno delle querce nel parco
lì
vicino-dove, per altro, mi stava aspettando il mio ragazzo. “Non tanta
fretta,
Smith”.
- Espirai profondamente,
stringendo i pugni nel tentativo
disperato di calmarmi.
- “Senti. Sono già in
ritardo. Mentirei se dicessi che mi
piacerebbe rimanere a chiacchierare amabilmente con te e i tuoi amici
zotici,
perciò sarò sincera.” Lo fulminai con un’occhiataccia. “O ti togli di
mezzo, o
ti spacco la testa.” Lui rise, seguito a distanza dai suoi compari,
dall’altro
lato della strada, al parcheggio dei motorini.
- “Credi davvero di
potermi anche solo sfiorarmi?”
ridacchiò ancora, “povera illusa..”
- “Ma vai a quel paese,
Brown, e lasciami proseguire.”
- “Va bene...” concesse,
facendosi da parte con un
inchino. “Au revoir, mademoiselle.”
- “Ma fottiti!” fu la mia
risposta educatissima e chic. Proseguii
imperterrita, mentre sentivo i ragazzi-ricongiunti con il loro boss-
sparlare
di Rick.
- Giudicavano sempre il
mio ragazzo, credendosi migliori.
Ma non avevano nemmeno il diritto di farlo: Rick era cento volte meglio
di
loro, in tutto. Era carino, dolce, simpatico, intelligente; mentre
Brown e Co.
erano il completo contrario. Rick era un bravo ragazzo, e gli volevo
molto
bene.
- “Brown, lui è mille
volte meglio di voi!” urlai in loro
direzione, per poi accelerare e svoltare l’angolo. Diedi una fugace
occhiata al
mio orologio, che segnava le quattro e un quarto. Ero in ritardo di
dieci
minuti buoni, e se Rick si fosse arrabbiato, per lo meno gli avrei
potuto dire
che non era la mia pigrizia, quanto un fattore problematico chiamato
più
comunemente come Adam Brown.
- Raggiunsi il punto di
ritrovo di me e Rick. Lui era
scuro in volto, teso, irritato.
- “Scusa, Rick..Ho avuto
un contrattempo..”
- “E di che genere,
sentiamo?” Rimasi perplessa dalla sua
risposta acida.
- “Ho incontrato
quell’idiota di Brown che mi ha sbarrato
la strada.”
- “Ah,
ora
capisco tutto..” Mi accigliai. Che
intendeva dire?
- “Prego?” chiesi,
confusa.
- “Sai Natalie, mi
stupisco ancora di come ti comporti.”
Rick alzò la testa, e incrociai il suo sguardo di ghiaccio. Ghiaccio
perché era
gelido, freddo. Cattivo.
- “C’è sempre lui in
mezzo. Sempre.” Proseguì. “Perché, a
questo punto, non ti metti con lui?”
- Lo guardai allucinata.
Ma che diamine stava blaterando,
quel cretino?
- “Rick, stai scherzando
spero. Io odio Brown, mi pareva
fosse chiaro”, gli ricordai.
- “Odi.. A me pare più che
ne sei cotta. Non so se te ne
sei mai accorta, ma parli solo di lui. Anche se lo insulti, lui c’è
sempre, in
ogni tuo discorso. Lo nomini di continuo, e poi..Dio, Natalie, non
mentirmi..Davvero, piuttosto di tormentarmi, lasciami.”
- Io non riuscivo a
crederci, non era concepibile. “No..no,
ascoltami bene: io non ti ho mai
mentito.” Poi capii. “Qui, forse, sei tu quello che vuole realmente
lasciarmi..”
- “Non è vero. Non è vero,
Natalie.”
- “Forse..forse è meglio
che torno a casa.” Mormorai,
prendendo a camminare nella direzione inversa. Mi veniva da piangere,
non
riuscivo a credere di aver litigato con Rick. Non per Adam Brown. Non
era
minimamente ammissibile che Rick pensasse quelle cose di me.
- Mi conosceva, sapeva che
davvero odiavo Brown, che non
avrei mai potuto né illuderlo né ferirlo.
- Quella sera non mangiai,
rinchiusa a chiave nella mia
stanza. Lasciai libere le lacrime di scorrere sul mio viso, senza
fermarle, per
sfogarmi.
- Non riuscii nemmeno a
dormire, se non per due orette
scarse.
- Quella domenica
pomeriggio decisi che sarei andata a
casa sua per chiarire quella situazione. Volevo chiudere quel
malinteso, e far
pace. Era orribile star così distante da lui.
- L’abitazione di Rick era
piuttosto distante dalla mia.
Per raggiungerla, avrei dovuto attraversare tutto il parco del giorno
prima-
quello era la via di mezzo tra le nostre case.
- Camminavo piuttosto
velocemente sul sentiero tra le
piante, quando le gambe improvvisamente smisero di seguire i miei
comandi, e
presero a tremare.
- Pensai di trovarmi nel
bel mezzo di un incubo, quando i
miei occhi incontrarono la figura di Rick, affascinante e
inconfontibile,
stretta ad una completa sconosciuta, e si baciavano. Si baciavano
appassionatamente, anzi, si mangiavano.
- Forse il mio sguardo
puntato su di lui lo faceva sentire
osservato, e quando si staccò da quella ragazza, alzando la testa, mi
incontrò.
Sul suo viso passarono diverse emozioni, tra cui sorpresa, rammarico e
pentimento. Presi a correre, sentendolo immediatamente dietro di me.
- “Natalie, aspetta, ti
posso spiegare!” mi afferrò il
polso, e appena mi girò per guardarmi in faccia gli tirai uno schiaffo
in pieno
viso, con tutta la mia forza e il mio dolore. Le lacrime ormai mi
annebbiavano
la vista, e i singhiozzi mi scuotevano. Ma riuscii a sibilargli un ‘Ti
odio’
con tutto il mio sentimento, nonostante la voce incrinata.
- Ripresi a camminare
spedita,pensando ormai che non mi
avrebbe più importunata. Ma la sberla non gli aveva fatto capire che
non lo
volevo più vedere, e cercò di chiamarmi nuovamente, continuando a
seguirmi. Mi
riprese nuovamente per le spalle, questa volta mi tratteneva in modo
che non
potessi più picchiarlo. “Calmati, lasciami spiegare..!”
- “No! Lasciami stare,
Rick!”
- “Natalie, guarda..”
- “Ehi! Nat!” mi voltai
verso Bryan, dall’altra parte
della strada. Ormai eravamo usciti dal parco, e il mio fratellone aveva
notato
le mie lacrime. Si catapultò in mezzo alla strada, senza badare
all’auto che
stava arrivando. “Bryan!” urlai, spaventata. La macchina inchiodò in
tempo, ma
urtò comunque Bryan, che venne sbattuto a terra. Prima che potessi
correre a
controllare come stesse si stava già rialzando. Io mi divincolai da
Donagan e
volai da lui.
- “Bry, Bry, come
stai?”Lui mi ignorò, cercava sempre di
rialzarsi.
- “Io lo uccido..che ti ha
fatto?”
- “Non importa, tu
piuttosto stai bene?”
- Bryan
si era
slogato una caviglia, e gli erano uscite delle botte violacee su tutto
il
fianco sinistro. Ovviamente, Rose se n’era accorta, e aveva notato
l’espressione di entrambi quando eravamo rientrati. Se non fosse stato
che
Bryan si era fatto male e voleva stargli vicino, avrebbe cercato lei
stessa
Rick per dargli una lezione.
- Agli
occhi di
tutti, Bryan era caduto dal motorino a causa del ghiaccio sulla strada,
facendosi male al piede. E le botte erano inevitabili.
- Io
ero caduta
in una brutta depressione, e passai più di sei mesi a pensarci. A
pensare a
Rick.
- Il
giorno dopo
non lo rividi a scuola, e più tardi scoprii che nonostante
l’infortuneo, Bryan
era andato a casa sua e dopo la sua minaccia, quello stronzo se n’era
andato, a
maggior ragione, non aveva obiettato per il trasferimento di lavoro del
padre
di cui non mi aveva resa partecipe tempo prima. Mi consolavo, almeno
sapevo che
in un modo o nell’altro ci saremmo lasciati. Anche se avevo trovato
proprio il
peggiore, per farlo, tra i due.
- Dopo
di Rick,
ero diventata allergica ad ogni individuo di sesso maschile che non
fossero mio
padre o Bryan. In quei mesi bui, il mio odio per Adam era diventato
palpabile,
e non si trattava solo di semplice antipatia e dispetti. Lo ritenevo la
causa
di tutti, dei litigi di me e Rick. Poi avevo capito che non era colpa
sua,
nonostante tutto, e che Donagan non mi meritava.
- -Ehi..-
mi
voltai verso Adam, sussultando.
- -Ehi..-
risposi, cercando di accennare un sorriso.
- -Non
volevo
spaventarti.- Si scusò, accomodandosi al posto di Kim, che era fuori.
- -Non fa niente.- Adam rimase a guardarsi le
mani, a disagio, per un po’.
- -Volevi
dirmi
qualcosa?- incalzai, piegando la testa come per incoraggiarlo.
- -Sì,
in
verità..Il ragazzo dell’altro giorno era..- storse il naso, -era lui?
Donagan?-
- -Sì-
fu il mio
sussurro.
- -Caspita,
non
l’avevo riconosciuto all’inizio..- commentò. -Ma poi ho pensato che lui
era
l’unico a poterti fare un effetto simile, dopo che ti aveva lasciata
per
andarsene..Perchè è così che è andata, giusto?- chiese, accigliato.
- -No,
veramente..Però, non amo molto parlarne..- Adam mi sorrise in modo
rassicurante, forse per la prima volta nella nostra vita. E in quel
momento, fu
normale ripetere il gesto con gratitudine.
- -Non
preoccuparti.
Magari più avanti.- Allungò la mano, fino a sfiorarmi i capelli.
Trattenni il
fiato, mentre lui cincischiava imbarazzato, forse per il gesto
avventanto. Poi
lo fece: mi scostò i capelli dal viso, portando la ciocca spettinata
dietro
l’orecchio.
- -Mi
ha
tradita.- Dissi solo, mentre Adam si accigliava. Non si aspettava che
fossi
così schietta. Tutto qua.-
- -Tutto
qua? Io
l’avrei infamato.- Ribattè, scioccato.
- -Ci
ha già pensato
Bryan- commentai, con un sorrisino. La sua fronte si corrugò ancora, e
un lampo
di comprensione gli attraversò lo sguardo.
- -La
caviglia..-
- -Già.
Ha avuto
un incidente; ha attraversato la strada, senza guardare, pur di mettere
a posto
le manacce di Donagan..Però stava arrivando la macchina..Il giorno dopo
ha
avuto il coraggio di andare a casa sua per minacciarlo.-
- -In
questo
momento stimo mio fratello più del solito.- Commentò, con un sorrisino.
- -Ah..ti
prego,
non farne parola con nessuno..- lo implorai, mentre si rialzava al
suono della
campanella.
- Lui
ridacchiò:
-E a chi potrei dirlo? Al mio riflesso nello specchio?- poi mi
scompigliò i capelli,
e si abbassò fino a trovarsi faccia a faccia con me, a pochi
centimetri. -Sei l’unica persona di cui mi fido, in
questo momento, e l’unica che sento
vicina.-
- Adam
tornò al
posto, ma non aveva idea di come mi avesse alleggerito il cuore. Era
incredibile
che il mio peggior nemico fosse in grado di tirarmi su il morale con
una frase.
- Ma
ormai,
avevo capito che Adam sarebbe sempre stato una sorpresa per me.
- La
prof entrò,
e si mise subito a chiedere delle nostre ricerche. Ovviamente, chiamò
per primo
il nostro gruppo –quello che al 99% credeva il più problematico, avendo
unito Brown
e Wilson. Mi alzai, raggiungendo i miei compagni alla cattedra, e
ansiosa
cercai lo sguardo smeraldino di Adam. Mi sorrise, e io ricambiai,
incapace di
far altro, mentre grazie a lui, sentivo il cuore leggero.
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Capitolo 11 *** 11. Quando Adam ed io venimmo accantonati per la Sorella Prodigio ***
- Okay, ci sono. Ci sono davvero, non sono scomparsa
misteriosamente e sono viva. Sono tornata, e munita d'ispirazione!
Quella sacrosantissima ispirazione che mi ha abbandonata qualche mese
fa, rovinando tutto. Ora..so che è passato tanto tempo, e molte delle
persone che leggevano questa storia avranno perso il filo della trama,
magari si sono pure stufati di aspettare, e non seguono piu Amore
Irrazionale. Chiedo scusa se ho fatto attendere, se avevo detto che
sarei tornata a scrivere e poi ho fatto una pausa di tempo lunghissima.
Scusate, scusate, e scusatemi ancora, se potete u.u"
- Meglio ricapitolare un po'
quello che è successo nei capitoli precedenti: ad Adam è venuta la
febbre, e Nat è andata a casa sua. Lui le ha chiesto di diventare
amici, e NON stava delirando per la febbre a 38.8. E proprio quando
sembra che tutto vada bene, sbuca Rick, l'ex di Natalie, che l'aveva
tradita perchè insinuava che tra Nat e Adam-che si odiavano per
davvero- ci fosse del tenero. Okay, il punto è questo. :) Spero che
nonostante tutto, leggerete...
- Buona lettura. Un bacione. :*
- Capitolo 11 .Quando Adam ed io
venimmo accantonati per la Sorella Prodigio
- Sbuffai,
richiudendo il quaderno degli esercizi.
Matematica quel
pomeriggio non riuscivo proprio a farla, mi arrendevo.
Tra i pensieri di Rick-che non avevo più rivisto, fortunatamente- e
l’ansia da
compiti, quel giorno non combinavo nulla.
Decisi di mettermi l’mp3 nelle orecchie e rilassarmi sul divano, mentre
ancora
avevo qualche minuto di silenzio e pace in casa.
-Sono tornata!- ecco, appunto. Fine della pace.
-Ehi, Nat!- Rose si buttò a peso morto su di me, anziché sul cuscino
del
divano. Complimenti per la mira, pensai.
-Com’è andata la giornata?- domandò tranquillamente. Nelle ultime
settimane,
nonostante cercasse di essere discreta, si preoccupava tantissimo per
me. Mi
analizzava sempre, chiedeva come stavo, cercando di leggere qualcosa
nel mio
sguardo capace di rivelarle una mia crisi di pianto.
-E’ andata- risposi solo, mentre cercavo di divincolarmi dal suo
fondoschiena.
Qualche minuto dopo, rientrò anche mamma, più allegra del solito, e con
una
trentina di borse della spesa nelle mani.
Era assurdo che mia madre, a discapito del resto del mondo-che sembrava
divertirsi nel pucciare il naso nella vita altrui-, non si fosse
accorta del
mio umore. Non che lo mostrassi, ma di solito una mamma certe cose le
capiva.
-Ragazze, indovinate?- incalzò, appoggiando le chiavi di casa sulla
credenza,
facendo manovre da contorsionista. Scappò in cucina, e tornò libera
dalle sporte.
–Eh? Dai!- sorrise entusiasta, insistendo a farci indovinare. Io e mia
sorella
la guardavamo, attendendo una risposta.
-Vengono i Brown a cena!- mi guardò immediatamente, accigliata e
severa.-Nat,
non fare storie!- riprese, senza che potessi aprir bocca. E anche se
l’avessi
fatto, di certo non mi sarei lamentata.
-Cerca di essere amichevole con Adam. E’ così un caro ragazzo, non male
come
pensi tu!-e chi l’aveva detto? Ah, beh, forse io un miliardo di volte,
quando
gli davo del microcefalo ignorante, pervertito, idiota, insolente- e
altri
aggettivi poco carini. Oddio: pervertito rimaneva, sicuramente. Però la
mia
stima di lui, da inesistenze, cominciava a nascere. Altrochè. In
quest’ultimo
periodo avevamo parlato tanto, e avevo scoperto un lato di lui
riflessivo.
Sapeva dare dei buoni consigli, e mi aveva fatto capire che se avessi
avuto
bisogno di lui, ci sarebbe stato.
Ovviamente, il nostro rapporto non era melenso con paroline dolci, ma
tra
battutine e risate, ci sostenevamo l’un l’altra.
Lui, a differenza di mia sorella, Kim e Bryan, mi dava più fiducia.
Probabilmente perché sapeva che se avessi avuto bisogno d’aiuto, non
avrei
esitato nel dirglielo. Non mi faceva terzi gradi e non mi pedinava.
Oppure, non chiedeva perché semplicemente per lui ero davvero un libro
aperto.
Restava comunque il fatto che mi piaceva il suo modo discreto di
aiutarmi.
A mia volta, cercavo di capire perché non volesse chiarire con Wilson.
Lui
diceva che era uno stronzo, ma era sempre stato il suo migliore amico.
Ragion
percui, ero sicura ci fosse sotto dell’altro. Però non ero invadente, e
aspettavo solamente che lui mi dicesse la verità.
Cercai di informare mia madre degli ultimi avvenimenti, ma lei
continuava a
ciarlare a vuoto. Rose invece avrebbe voluto ascoltare le news, anche
perché
presa com’era dalla storia di Rick, non aveva indagato su Adam, e come
me, poco
dopo, si rassegnò, limitandosi ad annuire e sospirare annoiata.
Rosalie, ovviamente, aveva notato qualcosa di diverso tra me e Adam.
Solo il
fatto che mi fosse venuto a cercare, qualche settimana fa, dopo aver
incontrato
Rick, l’aveva fatta insospettire. Inoltre, non mi vedeva più maledirlo
in ogni
lingua del mondo al mio rientro da scuola, come facevo un tempo. E lei
sapeva
bene che anche due anni fa, l’assenza di Rick non mi aveva mai fermata
dall’insultarlo apertamente. Anzi, in quel periodo ero una macchina
spara-parolacce.
Mi feci una doccia veloce, rilassandomi completamente. Era bello
sentire il
getto caldo dell’acqua sulla pelle; oltre che effetto rigenerante,
aveva il
potere di svuotarmi la mente da pensieri molesti.
Appena fui pronta, aiutai ad apparecchiare.
Rose invece si occupò di preparare qualcosa di commestibile con Emily.
Mamma
non cucinava male, sia chiaro, ma preferivo cento volte le pietanze di
mia
sorella, alle sue.
Tornò anche papà, baciò la mamma, me e Rose, poi si lavò e si cambiò,
sotto
l’ordine perentorio di mammà, che lo voleva impeccabile.
Cosa assurda, poi. Noi e i Brown ci conoscevamo da tempi ormai
dimenticati, e a
vederci in tuta o in vestiti eleganti, che cambiava? Per altro, Adam mi
aveva
vista anche con il mio pigiama maculato, ovvero il peggio del peggio.
La parola
‘imbarazzo’ non si associava più al cognome Brown. Tra l’altro, io
avevo avuto
l’immensa occasione di vedere Adam nel suo stato più vulnerabile e
pietoso,
quando gli era venuto il febbrone da cavallo ed eravamo diventati
pseudo-amici.
Il campanello suonò, e mia madre si fiondò ad aprire la porta, pimpante
e
allegra. Come sempre, quando i nostri amici venivano.
Era strano non fare la differenza nella loro famiglia: prima, li vedevo
come
amici di mamma e papà con figli adorabili, accompagnati dalla pecora
nera che
odiavo. Ora la parola ‘Amici’ era veritiera completamente, perché
adoravo
indiscutibilmente tutti i membri della famiglia Brown.
Emma-con figli e marito al seguito-fece il suo ingresso, salutando
calorosamente.
La signora Brown abbracciò mia madre, mio padre e mia sorella. Mi
sporsi a mia
volta, e lei mi sorrise dolcemente. –Ciao Natalie! Vedo che i capelli
stanno
ricrescendo..- le sorrisi, annuendo.
-Per fortuna! Meno male che con le forbici me la cavo!- lanciai una
frecciatina
a Adam, che stava salutando mia madre in quel momento. Emily era già
pronta a
riprendermi, ma si fermò alla risata complice di Adam, che poi mi fece
un
occhiolino.
Avevamo lasciato a bocca aperta anche i nostri genitori: gli unici che
rimasero
impassibili-quasi fossero preparati- erano Rose e Bryan, e poi
ovviamente la
piccola di casa Brown, che aveva assistito al trattato di pace in
diretta.
-Nat!- presi al volo Kate, e le sorrisi entusiasta.
-Ciao piccolina!- era troppo tenera questa bambina! E non mi sarei mai
stancata
di ripeterlo. L’adoravo. Era così simile ad Adam: avevano lo stesso
identico
sorriso caloroso, che mi scaldava il cuore e mi metteva buonumore.
Ci accomodammo a tavola, mentre mamma e Rose portavano la cena. Avevo
MP
davanti, che continuava a guardarmi e a sorridere.
-Che c’è?- domandai, divertita ed esasperata.
-Speravo avessi addosso il pigiama..- fece, con un tono quasi
dispiaciuto.
-Haha, spiritoso! Sappi che non mi vedrai mai più con quello addosso-
lo
informai, con un’aria sostenuta e convinta.
Lui fece una faccia affranta: -Nuuh, che peccato! A me piaceva!- gli
feci una
linguaccia, e lui ridacchiò.
-Ma allora...
Bryan mi guardò attentamente, poi squadrò il fratello, e infine portò
gli occhi
su Rose, che sorrise trionfante. -Con calma, tesoro.- fece mia sorella,
quasi
maliziosa,-Un passo alla volta.-
-Ma di che diavolo state parlando?- incalzò Adam, irritato quanto me
dai
messaggi in codice dei due piccioncini.
Rosalie sorrise amorevolmente, come un angelo innocente. Per questo,
m’insospettì ancor più.
–Niente!- arricciò le labbra, poi le ridistese in un sorrisino. –Voi
non dovete
dirci nulla?-
Avevano già capito tutto, non erano sprovveduti.
-Che dobbiamo dirvi?- incalzò Adam, vago, con un sorriso furbo.
-Ad esempio, come mai l’hai cercata poco tempo fa, quando è scappata a
casa in
lacrime..e sembravi così preoccupato- rispose mia sorella,
cantilenante. Maliziosa.
Insinuante.
Col cavolo che avevano capito. Avevano frainteso quasi certamente.
-O perché non vi siete ancora insultati, né guardati male..-proseguì
Bryan,
alzando e abbassando le sopracciglia con fare cospiratorio.
-Credo che si sia capito, ormai.- disse Adam, appoggiandosi
tranquillamente
allo schienale della sedia, portandosi la forchetta alla bocca e
giocherellandoci un po’. Era buffo, con quell’espressione da Braccio di
Ferro
con la pipa in bocca.
-Non che volessimo nascondere qualcosa, anzi. Era piuttosto palese-
aggiunse
poi, continuando con quell’aria da duro che aveva assunto. Alzai gli
occhi al
cielo. –Che ho messo incinta Natalie-
Rose e Bryan strabuzzarono gli occhi, e io q uasi soffocai
con il boccone che avevo appena inghiottito.
-Adam ma sei deficiente?- sibilai, shoccata, provocando solo delle
grasse
risate da parte sua. Sbuffai, incapace di trattenere un sorriso.
-Dai, era per ridere..-ansimò, vedendo gli sguardi truci di Bry e Rose.
-Playboy, già che ci sei, mi passi l’acqua?- chiesi, rauca e con le
lacrime
agli occhi. Il boccone era ancora lì, sospeso in mezzo alla mia gola, e
non si
decideva a scendere.
-Frizza o natu?-
Mi accigliai: -ma che lingua parli? Lascia stare, faccio io.-
Mi alzai, e lui lo fece contemporaneamente a me, sporgendoci per
prendere la
bottiglia di plastica all’unisono. E nello stesso momento, la
strattonammo, e
si rovesciò. Per inciso: la bottiglia era senza tappo, e Adam si bagnò
tutto.
La sua faccia era impagabile: gli occhi stralunati, la bocca spalancata
come un
baccalà per l’impatto con l’acqua fredda.
Scoppiai a ridere immediatamente, era impossibile non farlo. Sembrava
un
pulcino tutto bagnato con un’espressione contrita.
-Natalie, cosa ridi? Non è carino!- e simultaneamente alla ripresa di
mia
mamma, un paio di pennette mi finirono in faccia.
-Adam!-
Le ammonizioni delle nostre madri caddero a vuoto. Io, dopo il momento
iniziale, scoppiai di nuovo a ridere, seguendo Adam che era da un pezzo
che lo
faceva. Gli unici che trovavano la scena esilarante erano i nostri
fratelli
(Kate si spanciava dalle risate, ed era tenerissima), e anche mio padre
e Seth
erano particolarmente divertiti.
-Hai..hai una faccia!- e risi ancora, lasciandomi andare sulla sedia.
–Sembri
un pulcino!-
No, non eravamo normali. In sé, non era una situazione che faceva poi
così
sbellicare, ma io non riuscivo più a fermarmi. Era l’effetto Adam-amico.
-Parla lei, con la faccia da baccalà!
Mi fermai solo per guardarlo male. Mi alzai, l’aria accigliata, come se
volessi
dargli una lezione- in realtà, volevo andare a recuperare un
asciugamanto per
lui. Ma piantai uno scivolone sulla pozza d’acqua che si era
rovesciata, e
cercai un appiglio per tenermi. –Natalie!-
Beh, a qualcosa mi afferrai: al collo di Adam. E infatti mi seguì sul
pavimento,
ridente come un povero idiota, insieme a me.
I genitori ci guardavano stralunati. Mia madre, poi, non credeva ai
suoi occhi.
Appoggiai la fronte alla spalla di Adam, su cui ero praticamente seduta
per
metà, cercando di smettere di ridere.
-Oddio, scusa..!- per quanto mi dispiacesse averlo buttato a terra, non
riuscivo a smettere di ridere.
-Okay, okay!- ansimò lui, mentre cercava di riprendere contegno, -Però
alzati
ora, non sei una piuma!-
-Ehi!- feci indignata, tirandogli un pugno sulla spalla. Mi alzai, e
gli porsi
una mano per aiutarlo.
–Sei un idiota, Brown.-borbottai, mentre si issava tranquillamente
senza
nemmeno pesarsi sul mio braccio. Ovviamente era superfluo dargli una
mano,
agile com’era, ma mi era venuto d’istinto.
-Gne gne! Come sei petulante, Smith, ti lamenti sempre!- mi punzecchiò,
beffandomi.
-Il bue che da del cornuto all’asino! Vogliamo parlare delle tue
lamentele per
prendere le medicine?- Lui si fece scuro in volto.
-Quando ti ammalerai tu, vorrò essere presente a farti da badante, e
poi
vedremo.- borbottò. Scoppiai a ridere, assentandomi un attimo in bagno
per
recuperare una salvietta,e ritornando nel salotto pochi istanti dopo.
–Tieni!-
dissi, lanciandogli l’asciugamano, che afferrò prontamente.
-Grazie, Nat.- Mi sorrise, in un modo che avrebbe potuto farmi rimanere
a gambe
all’aria se non mi fossi appoggiata allo schienale della sedia di Rose.
- -Posso
capire che cavolo sta succedendo?- Emily, acuta come uno spillo e
arzilla come
un grillo, capì (alla buon’ora,
aggiungerei) che c’era qualcosa che le era sfuggito. Meglio tardi che
mai, no?
- Ormai
avevano tutti capito che la sua perspicacia rasentava lo zero, e di più
non
poteva dare.
- Anche
Emma aveva alzato gli occhi al cielo, per la furbizia immonda di mia
madre.
Probabilmente si chiedeva come avesse fatto a diventare sua amica,
sempre che
la ritenesse realmente tale. Dopotutto, i veri amici erano Seth e mio
padre, ed
Emma e Emily si erano dovute adattare. Forse si era adattata più Emma,
di mia
madre, che poverina non ci stava con la testa. Okay, forse esageravo.
Restava
il fatto, che Emily era proprio tarda.
- -Be’,
credo proprio che i nostri figli abbiano realmente imparato ad andare
d’accordo,
senza sotterfugi per riconquistarsi lo scooter e comprarsi un nuovo
amplificatore per la chitarra..- Ebbrava Emma! Aveva decisamente capito
tutto;
altro che Jessica Fletcher! Emma Brown e i misteri adolescenziali: al
cinema.
- -Ah.-
fu l’unica replica di mia madre, con una faccia stralunata.
- Poi
mi accigliai. –Nuovo amplificatore, eh? Riprenderti lo scooter, eh?-
guardai
fintamente indignata Adam che, udite udite, arrossì ed accennò un
sorriso
imbarazzato. –Sei un vero approfittatore, Adam James Brown.-
- Emma
rise, -Ho il vago presentimento di aver parlato troppo.-
- Adam
la guardò un po’ alterato. –Il vago
presentimento, mamma?-
- -Uuuh
si scoprono gli altarini..!- fu il commento di Bryan, che ghignava con
Rosalie.
- -Fratello,
taci!- lo rimbeccò Adam, e non riuscii a non ridere.
- -La
situazione ha del comico- commentò Seth, ridendo con mio padre. L’unica
che non
trovava divertente la scena era mia madre, piuttosto seccata e
taciturna.
- Finchè
non suonarono al campanello, e lei si alzò per andare a vedere chi
fosse a
quell’ora della sera e che cavolo volesse. Sentimmo un urlo
agghiacciante di
Emily, seguito da un –Melanie‼- esclamato con tutto il fiato che aveva.
- Evviva..era
tornata La-Figlia-Prodigio di mammà. Quale gioia immensa..e che
sorpresa.
- Lo
sguardo preoccupato di Bryan e Rose mi fece sciogliere i muscoli che
automaticamente avevo irrigidito. Erano quasi sicuramente preoccupati
per un
mio crollo emotivo per le scene Tutto-Amore di Emily, considerando il
mio umore
instabile. Rick, più Mammà, più SorellaProdigio, uguale Catastrofe.
Allegria! Ma
non avevo intenzione di buttarmi giù, non quella sera: stava andando
tutto
bene, per una volta.
- Ed
ecco fare l’ingresso con tanto charm Melanie Smith, la secondogenita
Bellissima
Altissima Purissima (si fa per dire) e Levissima di Emily e Richard
Smith, con
una Aston Martin per la promozione, che aveva deciso di andare a scuola
in
Francia, à Paris, la ville lumière. Ullalà.
- -Oh
papà!- zampettò sui tacchi e abbracciò mio padre, che si era alzato per
accoglierla. Era felice di vederla, ma non su di giri quanto mammà.
- -Ti
trovo bene, Mel..- commentò, guardandola con un sorriso, -E che
sorpresa!
Potevi dircelo.-
- -Volevo
farvi una sorpresa!- Mi irritava quell’accento parigino fasullo, e
quella erre moscia
falsa come giuda. Sei in america, parla americano, benedetta ragazza!,
avrei
voluto dirle.
- -Oh,
sei un angelo, tesoro mio!- Mia madre stava tre metri sopra il cielo,
non c’è
che dire.
- Mel
poi,miracolosamente, si accorse che c’eravamo pure io e Rose:-Ma ciao
sorelle!-
Scoccò un bacio a Rose, e venne ad abbracciarmi. Ricambiai la stretta
passivamente, per quanto fossi più-o-meno-felice di rivederla. Più che
altro,
era l’effetto che aveva su mammà a irritarmi, non lei di per sé.
Poverina,
Melanie non c’entrava nulla; non era colpa sua se tutti la ritenevano
una dea.
- -Mel,
ti ricordi dei Brown, vero? Emma, Seth..e di Bryan e Adam?- Lei guardò
i
coniugi e sorrise educatamente, annuendo, per poi salutarli con delle
strette
formali. Dopotutto non li vedeva da tanto, ed era pur vero che non
c’avesse
legato molto. Poi guardò i fratelli-maschi- Brown, soffermandosi
particolarmente su di loro. Bryan sorrideva incerto, Adam non le
prestava molta
attenzione; stava guardando me, anzi: mi analizzava. Probabilmente era
confuso
dal mio atteggiamento.
- Quando
Mel abbracciò Bryan, potei benissimo vedere la sfumatura verde che
prese il
viso di Rose. Non perché fosse morbosamente gelosa verso il fidanzato
perché abbracciava
una ragazza-anche perché Bryan più volte abbracciava me, dato che era
il mio
migliore amico. Era gelosa, semplicemente perché Bryan non abbracciava
una
persona qualunque. Abbracciava Melanie, la FigliaProdigio per mammà, la
SorellaRubaRagazzi per noi. Non era un nome messo a caso.
- -Ehm..piacere
di rivederti..- il povero Bryan si stava sorbendo attenzioni non troppo
gradite
da Melanie, e gli sguardi inceneritori di Rosalie, i cui capelli
cominciavano a
rizzarsi per l’elettricità.
- Melanie
si staccò da Bry per avvicinarsi ad Adam, con uno sguardo a dir
poco..felino.
Da predatrice. Non lui, no. Era l’unico
pensiero che mi passava per la testa, mentre il mio stomaco si annodava
su sè
stesso, e la mia pazienza calava d’un botto. La venerazione di mammà ci
stava,
la macchina sportiva passava, anche se con attrito: ma guardare così
Adam no.
- Andiamo,
era piccolo per lei..perchè non passava oltre? Perché non guardava i
figli di
altri vicini, dato che i Brown erano già prenotati?
- Okay,
Adam non era prenotato, ma il concetto era lo stesso. Lei e la sua
appendice
nasale dovevano girare al largo dai Brown Brothers.
- -Adam..come
sei cambiato..!- Traduzione: ma come sei
figo!
- -Mi
stupirei se così non fosse..-sarcasmo, appena accennato, tono piatto,
sguardo
vacuo e non fisso su qualche parte del suo corpo. Grande sollievo.
- Risata
frivola di mia sorella, sguardo ammiccante, sorriso stucchevole. Conato
di
vomito.
- Andiamo,
avevo appena mangiato, non potevo avere certe visioni subito dopo cena!
Eh
cavolo!
- L’indifferenza
di Adam però mi faceva un gran piacere.
- Poi
notò Kate, la mia piccola Kate. Le si
avvicinò con un sorrisone a trentadue bianchissimi e perfettissimi
denti, -E
lei? Nessuno mi ha informata! Come ti chiami tesoro?-
- Kate
assunse un’aria crucciata, borbottando il suo nome. Mi venne da
sorridere; Kate
era una bambina piuttosto aperta con tutti. Se non chiacchierava
amabilmente
con qualcuno, significava che a pelle non le piaceva, e non intendeva
approfondire la conoscenza. E brava la mia Patata, lei sì che capiva
tutto.
- -Ma
come sei bella!- Kate non cambiò espressione, e non rispose. Non
attaccava, e
la cosa mi divertiva da morire. Saltò giù dalla sedia e trottò da Adam,
gli
fece cenno di chinarsi, e gli sussurò qualcosa che lo fece ghignare.
Adam
annuì, poi ammicò in mia direzione, lasciandomi perplessa.
- -Natalie,
Kate deve andare in bagno..ci fai vedere dov’è?- Perché mi chiedevano
dove
fosse il bagno? Lo sapevano meglio di me dov’era, come conoscevano bene
ogni
angolo di casa mia. Non dissi una parola, e annuii solamente,
portandoli nel
corridoio e chiudendo la porta che lo divideva dal salotto.
- -Nat..è
la tua sorellina?- mi chiese con voce sottile Kate, sempre con quel
cruccio
tenero.
- -Sì..-
dissi solo.
- Lei
sbuffò.-Uffa, è antipatica..-
- Io
le sorrisi dolcemente, -Tranquilla, piccola, anche a me sta
antipatica!- la
rassicurai, facendola illuminare tutta.
- -Quindi
posso farle i dispetti?- chiese, speranzosa. Risi di gusto, annuendo:
-Tutti
quelli che vuoi, piccola.- Kate mi sorrise allegra e soddisfatta, si
allungò
verso di me e la assecondai. Mi scoccò un bacio sulla guancia, e tutta
sorridente corse fuori dal corridoio, esclamando un –Fatto!- Quella
bambina era
un mito!
- Sentii
la mano di Adam posarsi sul mio fianco, il suo braccio a cingermi la
vita, e il
suo naso a sfiorarmi l’orecchio. Rabbrividii quando sentii il suo
respiro sulla
pelle: -Poi mi spiegherai un po’ di cose, riguardo a Melanie..ho notato
il tuo
sguardo..e non mi piace quella malinconia e la tensione che ti fa
irrigidire e
ammutolire..non sembri nemmeno tu.- Detto questo, sciolse la presa e
proseguì
nel salotto, lasciandomi lì come un baccalà.
- Quando
mi sedetti sul divano, insieme a tutti gli altri, capii l’argomento del
discorso. Come se non fosse ovvio e scontanto, il centro di tutto era
Melanie,
la sua media scolastica perfetta e l’accento francese perfetto. In
realtà, le
uniche che parlavano erano mammà e Melanie, perché papà era distratto,
Seth
ancor più annoiato di lui, e Emma ogni tanto faceva un cenno. Lei era
una maga
del “Sorridi e annuisci”, quando non le fregava un emerito carciofo dei
vaneggiamenti
di mia madre e della sua FigliaProdigio. Quando Emma era interessata,le
si
illuminavano gli occhi. Mentre ora mancava poco che sbadigliasse per la
noia in
faccia a mia sorella.
- Inutile
dire che Bryan e Rose erano estranei alla conversazione, troppo
impegnati a
parlare fitto fitto uno nell’orecchio dell’altra, fingendo di
scambiarsi
effusioni. Quando facevano i piccioncini, entrambi avevano tutta
un’altra
faccia; sembravano in un mondo fatto di zucchero filato, mentre ora
sembrava quasi
che stessero progettando chissà quale piano. Se avessero avuto
intenzione di
evadere, io mi sarei accodata tranquillamente.
- -Rose
e Bry non me la contano giusta..- mormorò Adam, facendosi sentire solo
da me.
- -Sì,
decisamente. Staranno progettando un omicidio, chi lo sa!- scherzai.
- -E
certo, così mia madre indaga su quello e non sulle nostre vite! Quella
donna sa
anche quante volte andiamo al gabinetto, oramai.- Ridacchiai alla
risposta di
Adam, pienamente d’accordo. Emma era davvero un mito di donna.
- Kate
sbagliglò rumorosamente, le palpebre che le cedevano, gli occhi stanchi
e la
testa a ciondoloni.
- -Emily,
credo che sia ora di andarcene..Kate è distrutta..- Emma
si alzò dal divano e prese in braccio
Kate, che ormai era più di là che di qua. Anche Seth e la moglie però
erano
stanchi. Era stata una serata piuttosto noiosa per i nostri standard;
per
fortuna che almeno l’inizio era stato movimentato.
- Mi
sporsi a salutare Emma con un abbraccio veloce, non volevo trattenerli
ancora,
Kate era stremata. –Ciao tesoro..- mi sorrise la signora Brown, e io
ricambiai.
Diedi un bacio veloce a Kate, che socchiuse gli occhietti stanchi.
- -Nat..quando
giochi con me..?- Mi intenerii da morire, e sorrisi calorosamente alla
piccola
Kate.
- -Quando
vuoi piccola. Lo dici alla mamma che mi chiama, oppure vieni qui con
Adam o
Bryan, non c’è problema.-
- -E’
stato un piacere rivederti, Melanie..- Seth stava salutando con una
stretta di
mano la Figlia-Prodigio di mammà.
- -Oh,
il piacere è stato mio, Seth.- si voltò e sorrise civettuolmente a Adam
e
Bryan. –Spero di rivedervi presto!-
- Bryan
prese la parola. –Oh, non mancheremo, tranquilla.- Rose diede una
gomitata
poderosa nelle costole del fidanzato, che ridacchiò. –Ci vediamo domani
Rose..-
Bry sorrise dolcemente a mia sorella, che si fiondò tra le sue braccia,
stringendolo forte e dandogli un bacio a fior di labbra.
- Mel
rimase stupita: ma come, non sapeva che erano fidanzati?
- I
Brown uscirono da casa mia, e rimasi perplessa quando Adam non mi fece
nemmeno
un cenno. Brutto maleducato schizofrenico e lunatico! Avevo voglia di
seguirlo
e prenderlo a sberle! Ma guarda te, se un amico doveva comportarsi
così!
- -Ehi,
Nat, che ti prende?- Rosalie ghignava; ma cos’è, avevano preso tutti la
mania
del Leggiamo La Mente Altrui? Va beh che Rose non si doveva sforzare
molto per
capirmi, come io intuivo quello che le passava per la testa con uno
sguardo. Però,
almeno, non doveva prendermi in giro!
- Le
grugnii contro, procedendo spedita verso la mia camera.
- -NAT!-
ed eccola, mammà che mi chiamava. Ma no, si ricordava di me? Che onore.
–Stanotte
dormirai con Rose, lascia la tua stanza a Mel, sarà stanca per il volo
povera
cara..- Ah, ecco. Oltre il danno, la beffa. Mi sembrava strano che
mammà non
dovesse ordinarmi qualcosa, o che non dominasse la Figlia Prodigio.
- -Okay.-
risposi solo, proseguendo comunque verso la mia camera per recuperare
un
pigiama. Salutai i miei con un cenno, sorrisi in modo tirato a Melanie,
e andai
in camera di Rose, dove mia sorella mi raggiunse poco dopo. Appena
Rosalie
poggiò il capo sul cuscino, si addormentò. Beata lei, aveva quella
fantastica
capacità di addormentarsi ovunque e in qualunque momento.
- Io
invece rimanevo a girarmi sul materasso, irritata ancora per il
non-saluto di
Adam.
- Uffa,
era un maleducato. Non poteva andarsene così, almeno un cenno poteva
farlo; ma
da lui, forse era chiedere troppo.
- Continuai
a pensare senza sosta, cercando di mettere dei punti fermi e delle
certezze in
questo periodo, dopo tutte le cose che erano successe. Jim, Adam, Rick,
Melanie..mi facevano girare la testa. Era anche vero che Adam, era
diventato
uno di quei –maleducati- punti fermi in questo periodo.
- Il
mio fiume infinito di pensieri venne interrotto da un ticchettare al
vetro,
piuttosto irritante. Guardai la sveglia, constatando che fosse quasi
mezzanotte.
Ma chi cacchio era? Mi alzai e andai a guardare alla finestra,
trovandomi
niente popò di meno che Adam, in tuta e giubbotto pesante.
- -Scendi,
veloce!-
|
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Capitolo 12 *** Il rifugio segreto ***
Buondì, ragazze
:D Mi sento realizzata XD Sono riuscita a rispondere alle
recensioni, e pure ad aggiornare presto, senza far passare anni xD
Cioè, non è cosa da poco u.u
Comunque...Adam è davanti alla finestra di Natalie..che vorrà a
quell'ora da Natalie? E lei lo seguirà, incavolata com'era per il
non-saluto? (okay, questo è ovvio xD) Però è bello mettere suspance U.U
xD Spero che il capitolo vi piaccia come è piaciuto a me scriverlo xD
Forza, chicas, voglio un URRA' per Addy xD
Okay, basta rompere le scatole ^^"
Buona lettura (o.o spero lo sia xD)
Capitolo
12. Il rifugio segreto
-Scendi,
veloce!- sibilò, facendomi cenno di andare giù.
Lo guardai male;
cioè, prima manco mi salutava, ed ora
pretendeva tutto e subito? Chi credeva di essere? Le mie occhiatacce le
meritava proprio tutte.
-Natalie!-
insistette, e siccome non volevo che svegliasse
le nostre famiglie e tutto il vicinato, feci un cenno affermativo e
scesi giù
in cortile munita di piumino. Faceva un freddo boia, tra l’altro era
notte
fonda e c’era umido. Se mi fossi ammalata, l’avrei picchiato a sangue.
Lui mi guardò
con un sopracciglio alzato, le braccia
incrociate al petto e il piede che batteva sull’erba congelata.
–Finalmente!
Aspettavi l’alba?- fece, ironico.
-Che vuoi?-
ribattei, mezza balbettante. Sentivo il freddo
arrivare dritto dritto nelle ossa; il pigiama pesante e il giubbotto
non
riuscivano a tenermi al caldo. Maledetto Brown e la sua voglia di farci
morire
assiderati.
-Scommetto che
sei arrabbiata perché non ti ho salutata.-
dedusse. Oh, ma che bravo: aveva scoperto l’acqua calda. –Non
prendertela,
avevo già in mente di rivederti ora.-
-Ma grazie.
Molto intelligente non salutare le persone
perché hai programmato di svegliarle nel cuore della notte e farle
scendere in
pigiama nel giardino con un freddo polare. Ti sei superato,
Brown.-feci, acida.
Lui alzò un
sopracciglio, irritato. –Pensavo avessimo
superato la fase Cognomi e Frecciatine.-
Sbuffai, da
quando era così diplomatico? -Sono arrabbiata, e
quando sono arrabbiata è inevitabile.-
Lui accennò un
sorrisino. –Vedrò di rimediare.- Senza che me
ne rendessi conto, mi prese per mano e mi trascinò accanto al muretto
che
divideva casa mia da casa sua. Adam afferrò dell’edera e cominciò ad
issarsi
sulla parete, per poi accucciarsi in cima, sorridendo soddisfatto.
Molto agile.
Peccato che io non fossi Spiderwoman, e anche senza esagerare, non
avevo un
briciolo dell’agilità di Adam. Sarei caduta e mi sarei spezzata l’osso
del
collo quasi sicuramente.
-Dai Nat, vieni
su.- m’incitò.
-Ma sei cretino?
Mi uccido!- ribattei, cercando di non
alzare troppo la voce.
-Non è
difficile, fai come ho fatto io.- Sbuffai, e cercai
di fare come diceva lui. Arrivata in cima al muretto, quasi mi venne da
urlare
per la paura. Non era molto alto, ma abbastanza per farmi girare la
testa. Io
soffrivo di vertigini solo al secondo gradino della rampa di scale, e
dicevo
tutto.
-Una scala, no?-
sibilai, mentre Adam soffocava una risata.
Mi porse una mano, rialzandosi con cautela. Mi trascinai, terrorizzata,
vicino
a lui e l’afferrai saldamente, spalmandomi contro di lui. Stavo sudando
freddo,
per colpa di quel demente suicida. Ero decisamente terrorizzata
dall’altezza.
Per di più, essendo notte fonta c’era buio, e se guardavo in basso mi
sembrava
di sprofondare nell’oblio. Mi chiedevo come avrei fatto a
scendere-sempre che
non fossi morta prima per il freddo, e/o per una caduta ad angelo giù
dal
muretto.
Mi fece strada,
tenendomi forte, fino ad un albero che
interrompeva il passaggio. Adam lasciò la mia mano per arrampicarsi tra
i rami,
e io lo seguii incerta, finchè non sparì tra le foglie. Sentii un
tonfo, e
pensai immediatamente che si fosse spiaccicato al suolo. –Adam..?-
Sentii
chiaramente la sua risata, smorzata e soffocata per
non far troppo rumore.
-Mi sento
lusingato..finalmente mi chiami di nuovo per
nome.-
-Cretino!-
sibilai in risposta, arrancando fino ad un ramo a
cui mi attaccai forte.
-Dai, Natalie!
Muovi quel bel culetto che ti ritrovi!- Eh?
Che cosa mi ritrovavo io?
Riuscii a
schiodarmi dalla posizione in cui ero solo per il
semplice fatto che volevo prenderlo a pugni e fargli confiare quel
faccino da
schiaffi. Mi intrufolai tra i rami, e mi ritrovai su di una base di
legno
davanti a..
-La mia casetta
sull’albero.- disse Adam, aprendo le braccia
per mostrarla, e sorridendo della mia faccia stupita e confusa.
-Perché non
sapevo della sua esistenza?- domandai,
guardandola bene; era davvero carinissima, col tettuccio persino
riverniciato
di rosso.
Era
assurdo non
averla mai notata, dato che era attaccata al muretto di casa mia. -Sei
proprio
sbadata, Natalie Smith..- Mi portò dentro alla casetta, con dentro un
sacco a
pelo e una chitarra.
Lo guardai con
un sopracciglio alzato. -Ho capito tutto. Mi
hai svegliato per mostrarmi dove ti ritroverò ibernato domattina.-
Lui ghignò. –Se
mi iberno io, lo sarai anche tu.-
Mi accigliai,
incrociando le braccia al petto. –C’è un solo
sacco a pelo.- notai.
Adam fece il suo
sorriso sghembo, quello che usava per far
capitolare le ragazze.
-Prima regola
base per la sopravvivenza. Basta rimanere
vicini vicini, per stare al calduccio.- Ammiccò, -Nudi, pelle contro
pelle è
ancor meglio, ci si scalda prima.-
Lo guardai
scettica. –Le cose sono due: o è un messaggio
subliminale per chiedermi di venire a letto con te..oppure mi stai
prendendo
per il culo.-
Adam scoppiò a
ridere, sedendosi sul sacco a pelo.
-Ti prendo in
giro, ovviamente..adoro imbarazzarti. Però non
scherzavo sulla regola base della sopravvivenza-.
-Idiota..-
sibilai, sedendomi accanto a lui e mollandogli
una gomitata, mentre rideva ancora. Poi mi sporsi per prendere la
chitarra, e
sorrisi a Adam. –Me la suoni? E’ da un po’ che non ti sento farlo..-
Lui mi
guardò stupito, e io feci un cenno insistente, senza ovviamente
rispondere alla
sua muta domanda. L’afferrò, e cominciò a strimpellarla. Era
bravissimo. Rimasi
a bocca aperta quando cominciò a cantare. La canzone era bellissima.
Lui era
bellissimo, mentre suonava.
Mi stupii io
stessa del mio pensiero, ma ero troppo presa ad
ascoltarlo e a guardarlo incantata, per redarguirmi. Adam era
semplicemente una
continua scoperta, e oramai qualsiasi aggettivo gli affibbiassi era un
superlativo
assoluto.
Quando finì di
suonare, si voltò a sorridermi imbarazzato.
-E’
bellissima..la canzone- balbettai, ancora scossa. Se Adam
pensava realmente le cose che cantava, allora non mi stupivo che mi
capisse. Sembrava
fosse confuso quanto me.
-Sai..-disse,
riponendo in un angolo la chitarra, -questo è
il posto mio e di Kate..-
Sorrisi appena.
–Sono un’intrusa, allora.- Dedussi, dandogli
una leggera spintarella con la spalla.
Lui sorrise
appena, guardandomi con la coda dell’occhio. -Non
credo che a Kate dispiaccia, dato che per lei sei una sorella pari a
me..- ribattè,
con un’aria saccente.
-Ma allora
sarebbe un incesto..- commentai, fingendomi
allarmata e sconvolta.
Adam mi guardò
confuso. Ridacchiai, e gli spiegai: -Be’, se
sono sorella di Kate, sono anche sorella tua..e se mi volessi portare a
letto,
lo sarebbe, o sbaglio?- La sua faccia era impagabilmente sconvolta.
Scoppiai a
ridere, e poco dopo mi seguì anche lui. –Sembri la suora di turno, ma
in realtà
sei una vera diavoletta!- e prese a farmi il solletico senza pietà. Eh,
suora?Io?
Cercai di
ribellarmi, ridendo e pregandolo, finchè non mi
lasciò respirare.
-Sai, Adam..ci
sono tante cose che ancora non sai di me..-
mormorai, riprendendo fiato, -E tante che non saprai.- feci con una
nota
maliziosa, rivolgendogli un sorriso mellifluo. Lui mi guardò sorpreso,
sbattendo le palpebre. Rotolai su di un fianco, per vederlo meglio, e
mi
avvicinai pericolosamente al suo viso. Era un rischio per me, quanto
per lui,
questa vicinanza, ma non mi fermai. –Non vedrai mai la diavoletta che è
in
me..-
Quando sentii il
suo respiro sulla pelle, decisi che era
meglio per entrambi che mi fermassi lì. Adam mi guardava con gli occhi
spalancati, il verde delle sue iridi sembrava illuminare quella piccola
casetta.
-Cos’è..il gatto
ti ha mangiato la lingua?- mormorai,
ridacchiando. Mi allontanai dal suo petto, rimettendomi seduta
composta. Si
sistemò pure lui, ancora con uno sguardo stralunato.
Fece una
risatina nervosa, e parlò con una vocetta stridula:
-Natalie..sei davvero..sorprendente..- Scosse la testa, espirando forte
e
riprendendo contegno.
-Che..dicevamo?-
domandò, picchiettando le dita sulla sua
coscia.
Risi, -Di
sorelle e incesti- gli ricordai, facendolo
sorridere.
-Ecco, di questo
dovevamo parlare, e non dei tuoi lati
selvaggi.- ricordò, ghignando. Gli diedi una gomitata nelle costole, e
lui
tossicchiò.
-Beh,-dissi,
-spara.-
Piantò gli occhi
nei miei, -Perché hai avuto quella
reazione, quando hai sentito il nome di Melanie?- Era stato diretto,
schietto,
e pretendeva una risposta.
Indugiai qualche
istante, cercando di formulare un pensiero
coerente di fronte a quello sguardo stravolgente.
-Sai..io vedo
te, Bryan e Kate con i tuoi genitori..e penso
che la vostra famiglia sia bellissima, perfetta nei suoi screzi e
problemi di
tutti i giorni. Siete uniti, e vostra madre stravede per ognuto di voi;
vi
vuole bene, a ognuno in un modo diverso, ma assolutamente devoto e
adorante. Vi
adora in modi diversi, perché voi siete diversi, ma non fa differenze.-
Adam rimaneva ad ascoltarmi, respirava perfino piano
per non disturbarmi. Proseguii, ora con più sicurezza, con voglia di
parlarne
con qualcuno, di sfogarmi. –Mia madre non fa altro che ricordarmi, ogni
volta
che discutiamo, che su tre figlie sono la più problematica..non conta
che mi
faccio un culo così per dare il massimo in tutto quello che faccio, per
lei,
per farla sentire orgogliosa di me..perchè alla fine l’unica che conta
veramente per mia madre è Melanie..è sempre stata la preferita, la sua Melanie, la figlia prodigio che ha
voluto frequentare la scuola in Francia..magari Emily non se ne rende
conto,
però io e Rose ci stiamo male..sembra che tutto quello che facciamo
vada nel
cesso..- mi accorsi solo quando Adam prese tra le sue braccia, di star
piangendo. Singhiozzai sul suo petto, bagnandogli il giubbotto, -Io non
sono
Melanie, ed essere Natalie evidentemente non è abbastanza..non sono all’altezza di una sorella come
lei..-
-Sh, sh..No,
Nat, non dirlo nemmeno..sei una ragazza
fantastica,davvero, non hai nulla da invidiare a Melanie. Credimi, io
preferisco una Natalie sé stessa, allegra e un po’ sbadata, a una
Melanie con
la puzza sotto il naso e la minigonna..- Mi fece ridacchiare, e mi
staccai da
lui sorridendogli appena. Tirai su col naso, e proseguii. –Beh..se poi
non si è
notato..mia sorella è una persona piuttosto falsa e
approfittatrice..mia madre
ha ancora la convinzione che sia ancora una ragazza inviolata, santa e
devota
alla castità…quando era ancora qui, mia madre era tutta soddisfatta
perché
diceva che la sua bambina era così
bella da attirare ragazzi come mosche..beh, non le volevo rovinare il
mito
dicendole che si comportava da troia già a dodici anni..- Adam rise
apertamente, poggiando la fronte contro la mia spalla.
Sospirai,
sconsolata. –La cosa peggiore è che non aveva
scrupoli nemmeno con i ragazzi che piacevano a me e Rose..- Adam si
accigliò.
-Davvero?- fece,
stupito.
-Non solo. Anche
con i nostri ragazzi. Prima che Rose
s’innamorasse di Bryan, è stata per più di un anno con questo
tipo..quando si
sono lasciati, ha scoperto che lui l’aveva tradita più volte con
Melanie..ma
era già partita per la Francia, probabilmente per salvarsi il culo da
Rose..-
raccontai, innervosita ancora al pensiero. –Melanie non sa che
sappiamo..Rose
non l’ha mai dimenticato..per quello che stasera era gelosissima..stava
per
scoppiare, quando Melanie ha abbracciato Bryan. Glielo leggevo in
faccia,l’
avrebbe presa per i capelli e l’avrebbe rispedita da dov’è venuta con
un calcio
nel culo..-
Adam fece una
faccia stupita e ridacchiò. –Devo ribadire
quel che ho già detto: preferisco mille volte una sbadata suora
diavolessa,
piuttosto che Melanie.-
Lo guardai
attentamente: -E io che pensavo che mia sorella
fosse il tuo ideale di ragazza..-
Adam mi guardò
fintamente allibito.-Chi mai ti ha fatto
pensare tali ingiurie?-
-Tu!- Rise.
-Guarda che non
sono una sottospecie di puttaniere, Natalie!-
mi rimbeccò. Anche se era divertito, i suoi occhi sembravano volermi
convincere
di quel che diceva. –Sì, è vero, ci provo, anzi provavo, con le
ragazze, ma non
sono tipo da una scopata e ciao ciao!-
-Le ragazze
della nostra scuola però ti dipingono in un
altro modo..-
-Natalie, quelle
galline non potrebbero vantarsi con le
altre dicendo di non aver concluso niente, no? Sì, beh, con qualcuna ci
sono
stato. E parecchie ingrandiscono le cose; da un bacio sulla guancia
sono capaci
di dire che siamo andati a letto insieme, per cui..- Rimanemmo in
silenzio
entrambi. A che punto eravamo arrivati? Io accusavo come una fidanzata
gelosa e
lui si difendeva come un fidanzato colpevole, e tutto era partito come
una
battuta.
Il silenzio lo
ruppe lui.-Mi dispiace di aver toccato un tasto
che ti fa soffrire, Natalie..non volevo che piangessi a causa mia..-
Gli sorrisi, per
tranquillizzarlo. –Non preoccuparti, sono
felice di averne parlato anche con te..voi Brown avete un qualcosa di
speciale
che mi porta a spifferarvi tutto quasi contro la mia volontà!-
-Anche Bryan lo
sa?- domandò stupito Adam.
-Beh, tuo
fratello è il mio migliore amico!- gli ricordai.
–Ma Adam..tu hai davvero intenzione di dormire quassù?- chiesi,
sbadigliando.
Adam sorrise.
–Certo che sì. E ovviamente starai qui anche
tu, perché ti ammazzeresti a scendere, col buio che c’è.-
Sbuffai, -Se
morirò congelata mi avrai sulla coscienza.-
-Hai freddo?-
domandò Adam, che aveva riappoggiato il viso
sulla mia spalla.
-Un po’..-
ammisi. Mi fece spostare un istante, e s’infilò
nel sacco a pelo, invitandomi a raggiungerlo. Non mi feci pregare, e lo
imitai
mettendo da parte l’imbarazzo solo perché in realtà stavo surgelando.
-Sì, sei
decisamente congelata..vieni qui.- Rimasi un attimo
sorpresa, quando mi avvolse i fianchi per stringermi al suo petto. Però
Adam
era caldo, e un ottimo cuscino, e non impiegai molto a calmarmi e a
sciogliere
i muscoli tesi.
Rimanemmo a
chiacchierare per non so quanto tempo, in quella
posizione, una stretta all’altro. So solo che mi sentivo benissimo
accanto a
lui, e che se fosse stato per me, sarei potuta morire in quel momento,
ibernata, e non me ne sarebbe fregato di meno. Era bello
avere Adam come amico. Era appagante, e mi scaldava il cuore-
e in quel momento, anche tutto il resto.
Mi ero
addormentata con il suo respiro caldo che mi sfiorava
il viso delicatamente, e la sua voce che canticchiava una melodia
dolcissima.
.
Quando aprii gli
occhi, mi sentivo piuttosto confusa e
indolenzita. Non ci misi molto a notare che non mi trovavo nel mio
letto, e
soprattutto non nella mia stanza. Ero accoccolata comunque contro
qualcosa di
caldo e morbito, che riconobbi come Adam. Feci mente locale, e mi
ricordai
della serata passata nel rifugio segreto suo e di Kate.
Stava ancora
dormendo; il respiro cadenzato, i capelli
arruffati e la bocca leggermente dischiusa. Sembrava un angioletto, era
assolutamente tenero Adam mentre riposava. Mi ritrovai a sorridere
debolmente,
mentre sfilavo una mano sal sacco a pelo e sfioravo il suo viso in una
carezza
debolissima. Le sue palpebre tremolarono, e ritrassi subito il braccio
sotto le
coperte, per paura che si fosse svegliato e che si fosse accorto del
mio gesto
di eccessivo affetto. Mi sentivo strana, quella mattina. Era tutto così
diverso
e assurdo che mi girava la testa. Eppure ero felice, talmente tanto da
poter
toccare il cielo con un dito. Me ne sarei stata per sempre così, tra le
braccia
di Adam, a guardarlo dormire in pace con i sensi, senza far niente. Non
avrei
avuto bisogno di mangiare, di bere..anche respirare mi sembrava quasi
superfluo
in quel momento, se non fosse che se non avessi respirato non avrei
sentito il
buonissimo profumo di Adam.
Mi rendevo conto
che quei pensieri non erano propriamente da
me. Non con Adam Brown, almeno. Perché, insomma..da nemici giurati,
stavamo
passando a una bella amicizia..ma qualcosa dentro di me si rifiutava di
accettarlo. E, tanto per precisarlo, quella parte era il mio cuore. E
non ne
capivo il perché.
O forse, mi
rifiutavo solo di pensare a quello che avevo
paura di ammettere.
Che non volevo
ammettere, perché avrebbe concretizzato
tutto.
Adam accennò un
sorriso, e sbattè le palpebre, mostrandomi
tutta la bellezza dei suoi occhi illuminati da un raggio di sole
filtrato tra
le foglie fuori dalla finestrella della casetta sull’albero.
-Buongiorno.-
dissi, sorridendogli.
-‘Giorno..-
mugugnò, stiracchiandosi un po’.-Vedo che non
sei un ghiacciolo vivente, quindi niente tua anima sulla coscienza.
Credo che
tu mi debba delle scuse per la tua scarsa fiducia.- mi pungolò, con un
sorrisetto sghembo. Quando poteva essere bello un dannato sorriso?
-Certo che non
ti chiedo scusa!- esclamai, dandogli una
pacca sulla spalla.
-Ahio..- si
lamentò, mettendo su un broncio degno di un
cagnolino sfrattato da casa e abbandonato sulla strada. –Sei
crudele..in più
che ti ho fatto da stufa elettrica per tutta la notte..-
-Mi pare il
minimo!- l’apostrofai, piccata, -Dopo avermi
bloccata quassù, col freddo polare di ieri sera!-
Lui fece un
sorrisetto malizioso.-Ammetti che ti è piaciuto
dormire appolipata a me..-
-Non ho dormito appolipata
a te!- starnazzai, sentendo le guance diventare rosse inevitabilmente,
-Al
massimo, sei tu quello che mi usava come orsacchiotto!-
Lui fece una
faccia da spaccone, quella che m’irritava e
divertiva al tempo stesso.
-E certo che ti
ho confusa per un peluche..sei tutta
morbidosa!- e detto ciò, tastò i miei fianchi, pizzicandoli da sotto il
giubbotto pesante che portavo. Sussultai, e gli diedi un’altra sberla
sul
braccio.
-Sei un cretino
Brown!- sibilai, fintamente indignata.
-Vuoi un bacino
come punizione per la mia sfacciataggine?-
chiese, con una faccia che era tutto un cinema.
-Ovvio che no!
Sarebbe un premio, mica una punizione!- gli
feci presente, piccata. Ridacchiò, finchè non ripiombò il silenzio tra
di noi.
Ma non era imbarazzante. Era caldo, accogliente.
Venne rotto da
una sua domanda: -Che ore saranno?-
Mi strinsi nelle
spalle, -Non ne ho idea..ma tanto è sabato
oggi.- gli ricordai. Non avevamo lezione, quindi anche se fosse stato
tardi non
ci sarebbero stati problemi.
Sentimmò un urlo
che ci
pietrificò. -Oddio, dov’è Adam!?- Emma sembrava in
panico.-Bryan,
rispondimi!- Colui che mi aveva usato come orsacchiotto rise sui miei
capelli,
facendo volar via il mio cuore.
-Non ne ho idea
mamma!- ribattè il fratello di Adam, e lo
immaginai alzare le mani in segno di resa. In quel momento, sentimmo un
rumore
di ante che sbattevano, e ci giunse un’imprecazione di Rosalie. Le
nostre case
erano così vicine che dalla casetta di Kate e Adam si poteva sentire
tranquillamente tutto ciò che succedeva, se le finestre erano aperte.
Lì fu il mio
turno di ridere, contro il petto di Adam,
finchè l’idea che tra poco saremmo dovuti tornare a casa, e quindi
separarci,
mi fece raggelare. Non ne avevo assolutamente voglia.
Anche Adam
probabilmente pensò a ciò che temevo, e diede
voce ai miei pensieri.
-Tra poco
dovremo scendere..- disse piano, -Forse è meglio
non con Rose alla finestra a lanciare maledizioni. Appena possiamo…-
Annuii
appena.
Gli ultimi
istanti li passammo in silenzio, poi mi districai
dalle coperte e Adam mi seguì. Sembravamo dei ladri, che sgattaiolavano
di
soppiatto da una casa.
Scendemmo dalle
scalette attaccate all’albero, poi Adam mi
fece fare il giro-fortunatamente- della casa e dopo avergli fatto un
cenno,
corsi nel mio giardino e m’infiltrai silenziosamente in casa. Salii le
scale
senza essere beccata, e m’intrufolai in camera di Rose, e pensando di
essere al
sicuro, sospirai di sollievo.
-Dove. Cavolo.
Sei. Stata.- sussultai, voltandomi e
appiattendomi contro alla porta, trovandomi di fronte una Rose
sconvolta e
furente.
Accennai un
sorrisino. –Ho fatto jogging presto..molto presto.-
Rose alzò un
sopracciglio, nella tipica espressione alla
Sherlock. –In pigiama..?-
Il mio sorrisino
diventò più incerto. –Sì..non avevo molta
voglia di cambiarmi..ero così comoda!-
-E con le
pantofole, ovviamente.-
Okay. Ero nei
pasticci. Mannaggia a me!
-Sei fortunata
che non l’ho detto a mamma.- borbottò Rose,
-ma dimmi dov’eri.-
Il sorriso
incerto divenne imbarazzato, mentre sentivo le
guance arrossarsi. Mi lasciai cadere sul secondo letto improvvisato
nella
stanza di Rose, con un sospiro. –Non hai fatto niente di male, vero?-
domandò.
Mi guardò in faccia, e si rasserenò. –Sei euforica, Nat. E io sto
morendo di
curiosità. O me lo dici o te lo cavo fuori con la forza!- mi minacciò,
accennando
un sorrisino.
-Ero con Adam..-
confessai. Mia sorella rimase di stucco,
immobile per qualche istante. Scoppiò in un urlo estatico, battendo le
mani e
mettendosi a saltare per la stanza, e fui io lì a rimanere perplessa.
Rose si fiondò a
due millimetri dal mio naso, fissandomi
intensamente.-Cos’è successo tra voi?-
-Niente di
che..- e le raccontai della serata trascorsa, di
come mi fosse aperta con lui riguardo a Melanie, alle mie paturnie
mentali, di
come ci fossimo stuzzicati e di come avessimo dormito abbracciati per
tutta la
notte.
-Oddio..- Rose
mi guardava con gli occhi a cuoricini.-Quel
ragazzo è un angelo!- ovvio che lodasse Adam..ormai tutti stravedevano
per lui.
-Ma c’è qualcosa
di diverso, nel tuo sguardo, sorellina..-
disse, scrutandomi attentamente. Mi sentii ribollire.
-Non c’è nulla
di diverso, in me. Sono sempre io, Rose. Hai
preso un granchio.- dissi frettolosamente, alzandomi e spogliandomi il
giubbotto, per poi chiudermi nel bagno. Sentivo il cuore battere forte
nel
petto.
Mi guardai nello
specchio. I miei occhi scintillavano,
talmente erano lucidi, e le mie guance ricordavano tanto due pomodori
maturi.
Oh cazzo, no.
Mi sciacquai il
viso e mi lavai i denti, recuperando un po’
di contegno.
-Che ore sono?-
chiesi a Rose, mentre rientravo in camera.
Lei si guardò al polso, e si strinse nelle spalle:-Poco più delle nove
e
mezza.-
-E come mai sei
sveglia a quest’ora?- la guardai perplessa,
con un cipiglio.
Mia sorella fece
un sorriso furbo: -Non ti sentivo russare e
mi sono preoccupata!-
Aprii la bocca,
indignata. –Ma io non russo!- ribattei.
Rosalie rise,
-Oh sì che russi! E anche tanto! Mi stupisco
che Adam non ti abbia buttata giù dall’albero!- Diventai paonazza
dall’imbarazzo e mi buttai su di lei, cercando di soffocarla con il
cuscino che
avevo agguantato, dando vita ad una vera e propria battaglia all’ultima
piuma.
Quando, tra le
risate, ci accorgemmo di aver rotto una
federa, e alcune piume svolazzavano per la stanza, decidemmo di darci
un
contegno.
-Ehi, ma che
succede qui? Mi avete svegliata!- Io e Rose ci
voltammo verso la porta, da cui sbucava una furente Melanie,
impiastricciata di
maschera di bellezza verde sul viso, con un cetriolo sull’occhio, e
l’altro
nella mano sospesa a mezz’aria.
-Scusa..- fece
Rose, storpiando il suo viso in tutte le
smorfie possibili per trattenersi dallo scoppiarle a ridere in faccia.
-Mh.- Melanie si
richiuse la porta alle spalle con un tonfo,
e dopo un solo istante, io e mia sorella scoppiammo a ridere
fragorosamente,
incuranti che Melanie ci potesse sentire.
-Era..ridicola!-
ansimò Rose, tra un singulto e l’altro,
trattenendosi la pancia. Si lasciò andare sul materasso pesantemente,
mentre
cercava di riprendere fiato.
-Oddio..-
esalai, ancora con un sorriso divertito sulle
labbra. –Questa era da immortalare..mi sarebbe piaciuto appendere i
manifesti
per tutta la città...-
Rose si aprì in
un sorrisetto ambiguo, e si alzò di scatto,
frugando nel suo cassetto. Ne tirò fuori la macchina fotografica
digitale, mi
lanciò uno sguardo d’intesa, e tra vari sghignazzamenti, la seguii nel
corridoio.
Si sentiva il
respiro pesante di mio padre, e mia madre
evidentemente era uscita. Ci avvicinammo alla mia stanza, da cui
proveniva un
canticchiare stridulo di Melanie.
Rose bussò, con
un ghigno.
-Chi è là?-
Alzai un sopracciglio: ma come parlava questa? Scendi dal
piedistallo, pensai, non sei
una vera principessa.
-Colazione in
camera.- fu la risposte geniale di Rosalie. Melanie
non aspettò due istanti ad aprire la
porta, adorando essere servita e riverita. E in quel momento, Rose,
esclamando
un “sorridi?”, scattò la foto a Melanie. Due secondi di silenzio
inquietante,
dove io e Rose ritenemmo saggio battere in ritirata nella sua stanza,
per poi
sentire un urlo allarmato di Melanie. Rose chiuse la porta a chiave,
ridendo in
modo quasi convulso davanti alla versione di Shrek-Melanie.
-Mel, che ti
pren…Ma
che hai sulla faccia?- sentimmo la voce di papà sul pianerottolo.
L’urlo di
quella gallina lo aveva svegliato e spaventato. Ma forse, non quanto il
suo
aspetto attuale. –AAAAH!- ringhiò Melanie, furente, sbattendo la porta.
Scoppiai a ridere di gusto, imitata da Rosalie, finchè non sentimmo
bussare
alla camera. Rose si alzò ed aprì, rivelando papà piuttosto perplesso.
-Ho due domande
da farvi. Uno: che le avete fatto? Due:
anche voi mettete quelle robe schifose sulla faccia?-
Rose ridacchiò:
-Le abbiamo solo scattato una foto!- disse,
mostrando la prova e facendo sorridere papà. –E comunque no, noi no. Ma
spera
che la mamma non la veda, rischia di prenderla come esempio o ti
ritrovi
un’orchessa nel letto!- scherzò. Papà sorrise. –Nono, mi basta una
figlia con
il viso verde!- e amicò, -Fate le brave!- e richiuse la porta alle
spalle.
Rose si
spaparanzò sul letto, nuovamente.-Fortuna che non aveva ancora tolto
quella roba dalla
faccia!- commentai, ammirando il mostro sulla fotocamera digitale.
–Questa la
voglio far vedere a Adam!- aggiunsi, ridacchiando. –Gli verrà un
infarto! |
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Capitolo 13 *** Capitolo 13. L'ho sempre detto io che la sfiga mi assilla..! ***
- Hm, hm. Buondì! :)
- Urca urca, ci ho messo un pochetto a scrivere questo
capitolo..ù.u
- Però ora ci sono, e non ho intenzione di fermarmi qui u.u Vi
avviso: sarà un capitolo un po' movimentato per Nat...poera stela...**
- Diciamo che capitano tutte a
lei ù.u Come una pioggia di meteoriti sulla testa :P Sappiamo tutti che
se Natalie Smith non ha un problema, c'è da preoccuparsi, no? xD
Nemmeno stavolta si è smentita.
- Chiedo scusa per il ritardo u.u Cercherò di essere un po' più
veloce, anche se ho paura che quando ricomincerà la scuola ci saranno
un po' di problemi..almeno per i primi di settembre con le prove
d'ingresso, per il resto credo che sarò più facilitata. Ma non
fasciamoci la testa prima di rompercela! U.U
- Godetevi questo capitolo! Spero che non sia troppo scorretto o
così schifido... Vabbè, buona lettura.
- (U.U) Parola chiave: vi ricordate di Rick?
- Capitolo 13. L'ho sempre
detto io che la sfiga mi assilla..!
- “Programmi per il pomeriggio?”
così esordì Kim al telefono.
- “Ciao anche a te, amica mia!”
ribattei, divertita, avviandomi in camera di
Rose con un pacchetto di patatine in una mano e il cellulare
nell’altra.
- “Sì certo, ciao. Allora?”
chiese, spazientita. Alzai gli occhi al
cielo.
- “No, niente impegni. Perché?”
dissi, spaparanzandomi sul letto comodamente,
mentre mia sorella era impegnata in una lettura molto interessante di
un
giornaletto per teenager, al mio fianco.
- “Oh bene! Che dici di uscire a
fare una passeggiata e prenderci qualcosa di
caldo, e poi andare a cena nella nuova pizzeria che hanno aperto?”
propose,
eccitata. Mi strinsi nelle spalle. “Okay, penso si possa fare. Tra poco
tornerà
mia madre: le chiederò, e ti avviso.”
- “D’accordo! Un bacione, Nat!”
detto ciò, riattaccò. Scossi la testa,
divertita. Kim era una pazza.
- “Esci?” domandò Rose, allungando
una mano verso il sacchetto e prendendo
qualche patatina.
- “Così pare. Chiedo a mamma
appena torna.”
- Rose scosse la testa,
sgranocchiando tranquillamente, e mi guardò con fare
accorato. “No, chiedi a papà. Lui ti darà il permesso e mamma non lo
contraddirà.” Consigliò, sputacchiando. Ridacchiai, e dopo averle
rubato
qualche altra patatina, me ne uscii della stanza per cercare mio padre
in giro
per la casa.
- Fortunatamente, Richard non ebbe
da ridire sulla mia uscita, perciò, dopo
un pranzo silenzioso e pieno d’imbarazzo, in cui solo nostra madre
blaterò
qualcosa con Melanie -che ancora era arrabbiata per la foto- mi
prodigai a
trovare qualcosa di carino da mettermi sia per il pomeriggio che per la
sera.
- Grazie al cielo, avevo Rosalie
Smith come sorella, il cui nome era
leggenda, che ebbe la geniale idea di darmi una mano con il look, ed
oltre a
prestarmi un paio di suoi jeans stupendi e una maglietta favolosa, mi
aiutò a
sistemare i capelli –diventati una massa informe di paglia sbiadita- e
a
sistemare le mie innumerevoli imperfezioni, rendendomi quasi carina.
- Mentre ammiravo ancora una volta
lo scatto fortuito di stamattina della
faccia verde di Melanie, mi venne un’idea. Scesi quasi di corsa le
scale, con
le lamentele di mia madre a fare da sottofondo, e dopo aver indossato
al volo
il mio giubbotto feci i cinque passi che dividevano casa mia da casa
Brown, e
suonai il campanello. Il caso volle che mi aprisse proprio chi cercavo,
e con
un sorriso largo quanto l’equatore, salutai Adam. Lui sembrava
altrettanto
allegro: evidentemente dormire allacciati come cozze portava buonumore
ad
entrambi.
- “Ehi! Quale buon vento ti porta
qui?” chiese, con un sorriso da infarto. Mi
concessi qualche istante per riprendermi, davanti a quel capolavoro
mozzafiato,
prima di rispondergli. “Ti va di uscire con me e le mie amiche?
Facciamo un
giro in città, e poi stiamo fuori a cena alla nuova pizzeria..ti
andrebbe?”
domandai, col cuore in gola, un po’ per la sua presenza, un po’ per la
richiesta. Se non avesse voluto, mi sarei messa il cuore in pace..anche
se
volevo davvero passare altro tempo con lui.
- “Sei sicura che le tue amiche mi
vogliano?” incalzò. Aveva sempre quel
sorrisetto divertito e sereno che rischiava di far andare il mio
cervello in
corto circuito.
- “Mi sembra alquanto superfluo
ricordarti che l’unica volta che sei uscito
con noi, hai stregato le mie amiche, nonostante fossi ancora estremamente
cafone.” domandai, fintamente acida e infastidita.
- “E’ sempre bello ricevere
complimenti da te, Smith.” Ridacchiò. Anzi
ghignò, malizioso e strafottente, quell’idiota. “Va bene.” Concesse
infine.
- “Allora, vatti a preparare, ti
aspetto.” Gli sorrisi. In quel momento, Adam
prese ad analizzarmi, minuziosamente e attentamente, il che mi fece
andare a
fuoco.
- Poi annuì tra sé, con un’aria
compiaciuta e soddisfatta: “Stai una favola,
Nat..” disse, con nonchalance, “Sei davvero bellissima.” Ma altro che
nonchalance! Il suo complimento mi aveva fatto andare in pappa i
neuroni, e il
mio cuore..quello chi lo rivedeva più, aveva preso totalmente il volo,
quel
traditore.
- Mi voltai immediatamente e feci
dietro front, senza più guardarlo in
faccia. Mi sentivo decisamente troppo, troppo esposta, con lui.
Recuperai
dall’attaccapanni la mia borsetta, ci infilai il mio portafoglio, le
chiavi di
casa e il telefonino, poi mi legai al collo la sciarpa e salutai tutti
con uno
strillo che rimbombò per la casa. La risposta echeggiante di mio padre
e Rose
arrivò fino a me dal salotto, e ridacchiando uscii di nuovo di casa.
Adam,
miracolosamente, era lì, già pronto e non doveva legarsi le scarpe:
l’ultima
volta, quell’operazione era durata circa venti minuti, facendoci
tardare e di
conseguenza arrabbiare Kim.
- “Chi non muore si rivede!”
esordì, con un sorrisetto. Fu il mio turno di
fargli la TAC, e il risultato fu assolutamente positivo. Tanto che
spalancai la
bocca e per poco non sbavai; purtroppo Adam se ne accorse, e scoppiò a
ghignare.
- “Beh, diagnosi?” chiese,
facendomi destare dai miei sbavamenti.
- “Mh.” Mi schiarii la gola.
“Anche tu stai molto bene, Addy.” Meglio
smorzare l’imbarazzo. Sì, decisamente.
- Adam continuò a sorridere tra
sé, si infilò le mani nelle tasche dei jeans
scuri, e si avviò verso il centro. Spalla contro spalla, arrivammo al
nostro
punto di ritrovo, dove Kim, Su e Meg ci aspettavano. Anzi, mi
aspettavano. Perciò, alla vista di Adam, rimasero piacevolmente
colpite, se non
addirittura mandate su di giri con un suo sorriso sereno.
- “Ehilà, che sorpresa!” esclamò
Kim, allegra, “Adam Brown ci degna della sua
presenza!”
- Lui ghignò, e fece un profondo
inchino. “Al vostro servizio.”
- In quelle ultime settimane, Kim
e Adam erano entrati veramente in sintonia.
Scherzavano su ogni cosa, ridevano e mi tormentavano. Erano
particolarmente
simili, con i loro ideali, e si trovavano d’accordo su tutto, eccetto
le
squadre di calcio e basket. Ed erano entrambi fissati con la mia
“incolumità”,
qualsiasi cosa intendessero con quella parola. Fatto stava, che erano
diventati
Pappa&Cicca, a discapito delle raccomandazioni di Kim sul “stare
attenta
con Adam”. Alla fine, se non ci cercava lui, lo cercavamo noi. Stava
diventando
un circolo vizioso.
- “Ogni tipo di servizio?” fece,
con un tono lascivo, Kim. Alzai gli occhi al
cielo. MP si era trovato un’abile rivale, Kim sapeva essere perversa e
maliziosa quanto lui, il che era tutto dire. Con i loro commenti
pervertiti e
le battutine sconce, avrebbero potuto scrivere un libro hot/porno, e
conseguire
pure un certo successo tra chi sguazzava in quel genere. Mi astenevo
dal dirlo
ad alta voce, perché avrei dato idee malsane: conoscendoli, si
sarebbero
organizzati per fare una cosa del genere. Con Adam e Kimberly non mi
stupivo più, oramai.
- “Qualsiasi.. dicono che
sono piuttosto abile, in quel campo.
Partendo con..” stoppai Adam mettendogli una mano sulla bocca. Una
vecchietta
che stava passando aveva ascoltato il discorso, e ci fissava a bocca
aperta,
divisa in due se denunciarci per atti osceni programmati o scappare a
gambe
levate. “Adam, per cortesia.” Lo ammonii, esasperata. Sentii le
sue
labbra incurvarsi sul palmo della mia mano in un sorriso, e pensai che
non
sarebbe poi stato male se si fosse prodigato a darmi dimostrazione
della sua abilità,
se solo la sua bocca sulla mia mano mi faceva quest’effetto. Avrei
volentieri
continuato a starmene così, la mia mano sulle sue labbra, il suo
respiro sulla
pelle.
- Stupida! Pensai,
togliendo come scottata la mano dal suo viso.
- “Beh. Passando oltre..che
facciamo?” In quel momento, pensai di contruire
un monumento di marmo di qualche centinaio di metri tutto per Megan,
che
intavolò un nuovo discorso. Sarei impazzita, se avessimo continuato a
discutere
delle capacità nascoste di Adam e dei vari servizi che elargiva non
alla luce
del sole. Mh..meglio non pensarci.
- Susan propose di andare, come
previsto, a prenderci qualcosa di caldo.
Quando, per mero scherzo del destino, Megan decise di fermarsi proprio
nel bar
in cui avevo incontrato Rick, l’istinto protettivo di Adam si attivò.
- “Meglio altrove, qui c’è
personale incompetente.” Fu la sua unica
spiegazione, alla quale Meg si strinse nelle spalle e Susan si
accigliò. Al
contrario, Kimberly si scambiò con lui un lungo sguardo d’intesa, per
poi
affiancarsi a me e cominciare a ciarlare delle cose più disparate. Ma
non ero
mica scema, se era quello che pensavano. Non c’era bisogno di trattarmi
come
una bambina. Anche se lo facevano per il mio bene, mi sembrava
esagerato. Me
n’ero accorta che stavamo per entrare lì, mi ricordavo chi
avevo
incontrato, ma non per questo mi sarei rovinata il pomeriggio e la
serata. Non
ci pensavo più nemmeno, ormai. Quel giorno era come un bruttissimo e
sfocatissimo incubo come quelli che facevo da bambina, come se mi fossi
svegliata nel cuore della notte con le lacrime agli occhi, e mio padre
fosse
venuto da me per consolarmi e canticchiarmi la ninna nanna per farmi
calmare e
riaddormentare. Non c’era pericolo che ci stessi male. Avevo imparato a
non
ricordare, a chiudere in un cassettino gli avvenimenti spiacevoli e
lasciarli
marcire col tempo. Certo, se mi fossi ritrovata Rick in carne e ossa di
fronte,
non avrei reagito bene. Sempre che Kim e Adam mi avessero lasciato il
tempo di
reagire, uccidendo (nel vero senso del termine) il problema alla
radice.
- “Nat, sei tra noi?” mi accorsi
in quel momento di trovarmi ad un tavolo in
un bar carino e confortevole, con Susan e Megan di fronte a me che mi
guardavano incuriosite, e Kim che mi sventolava la mano davanti al
naso.
- “Certo!” dissi, sorridendo e
tornando con la mente al mio pomeriggio che non
doveva in nessun modo essere rovinato. “Adam?”
- Kim sospirò. “Natalie Smith, sei
incorreggibile. Non ti sei nemmeno accorta
che è dovuto uscire per telefonare.” Aprii la bocca, stupita. Poi la
tirai in
un sorrisetto imbarazzato. “Ops!”
- La mia migliore amica scosse la
testa, rassegnata.
- Una cameriera, vedendoci, venne
a prendere le ordinazioni e mi presi la
libertà di ordinare per Adam una cioccolata con panna montata: sapevo
che aveva
un debole per quella, ne avevamo parlato la sera prima, mentre ce ne
stavamo
incollati l’una all’altro come sanguisughe a parlare.
- In quel momento, compresi che,
mio malgrado, non fossi così intelligente
come credevo e dicevo di essere. Insomma, okay che Adam era mio amico:
ma era
pur sempre un figo della miseria, ed io una povera adolescente con gli
ormoni
in subbuglio. E avevamo dormito vicini, molto vicini,
abbracciati, molto
abbracciati, in un misero sacco a pelo, molto misero, che
non permetteva
il libero movimento; in sintesi, era una situazione intima, molto
intima.
- Ed io mi ero sentita troppo
esposta, ma comunque..ero stata benissimo, tra
le braccia di Adam. Ma non credevo, non ero così fessa da
auto-convincermi di
ciò, che si provassero queste emozioni, con un amico. Certo,
non ero una
grande esperta in amicizie maschili, però ero in grado di distinguere
ancora
l’affetto per attrazione, e..
- Per tutti i cazzi, io ero attratta
da Adam! E non solo in senso
prettamente fisico (perché, ragazze, anche quando lo odiavo, i miei
occhi apprezzavano,
è impossibile non farlo, ma non lo accettavo), benchè la rivelazione
più
traumatizzante fosse quella. Era come se i miei ormoni fossero stati
congelati
per tutto il tempo fino ad ora, dalla rottura con Rick, oppure mi
rifiutavo di ritenere così selvaggiamente intrigante il mio peggior
nemico. Mi rendevo conto che
ero diventata in un certo senso cieca, ed ora..avevo riaperto gli
occhi, e mi
ero accorta che..beh, Adam era un ragazzo, maschio, ovvero
sesso
opposto, innegabilmente messo troppo bene, e che io ero una
povera
cretina.
- E non era il massimo, rendersene
contro proprio in quel momento.
- “Nat, a cosa pensi? Sembra che
tu sia arrivata ad una conclusione mistica!”
con queste parole del diretto interessato, tornato decisamente troppo
presto da
quella cavolo di telefonata, rischiai seriamente di collassare a terra
per..sì,
per quella conclusione mistica, come diceva lui.
- Sbattei un attimo le palpebre, e
lo fissai, sentendo lo sfarfallare del mio
cuore contro il petto. Mh. La situazione stava già degenerando, ed io
ci ero
appena arrivata, a quella dannata e innegabile verità.
- “Io..ti ho preso la cioccolata
con la panna, va bene, vero?” farfugliai,
scuotendo il capo e cercando di non pensarci con tutte le mie
scarse, scarsissime, forze.
- Adam sorrise, e annuì,
mettendosi più comodamente sulla sedia e prese a
chiacchierare tranquillamente con Kim, Su e Meg.
- Okay, ora la domanda sorgeva
spontanea: ma come cacchio avevo fatto ha
ignorare un ragazzo del genere? Fossi stata nei miei ormoni, mi sarei
ribellata
secoli prima, mettendo a tacere quell’odio sconveniente e rimanendo a
sbavare
dietro a quel pezzo di figo.
- Oddio: ma che pensieri facevo?
Mi sentivo una maniaca con una fuga di
pensieri maniaci repressi. Oh santo Cielo, aiutami tu.
- Adam
sorrise a Kim per chissà quale sua battuta, e ignorai il groppo
all'altezza
dello stomaco, presa da ben altre sensazioni. Quel sorriso che aveva
fatto era
un chiaro invito ad uno stupro seduta stante, lì, e chissene frega del
resto.
Fortunatamente, la cameriera, ignorata dal figone seduto al mio fianco,
mi
destò dai miei progetti di violenza su Adam, porgendoci le ordinazioni.
"Per qualsiasi altra cosa, chiamate." E riservò al mio amico
un'occhiata eloquente da zoccola con la Z maiuscola, e ammiccò.
Desiderai
prepotentemente prenderla a sberle con tutta la mia forza innata. E,
grazie
alle risse con Adam per anni, di certo quella non mancava. L'avrei
ridotta in
poltiglia, così imparava a strizzare quella palpebra multicolor per i
troppi
ombretti usati verso Adam. Cioè, ci mancava solo la musichetta lugubre
e la
risata malefica, e sarei diventata la regina della cattiveria. Evvai!
- Oppure, cosa
molto più utile, la cugina verde di Hulk: poi, vedevo quante
ragazze osavano avvicinarsi al mio sogno proibito. Un attimo...come
l'avevo
chiamato?
- "Nat, se
aspetti ancora un po', la gazzosa non avrà più le
bollicine!" scherzò Brown, con un ghignetto. Okay, meglio rivalutare le
mie priorità e mettere da parte i pensieri da molestatrice incallita.
Afferrai
il mio bicchiere, e bevvi un sorso della Sprite, cercando di
raffreddare con
quel bicchiere i bollenti spiriti.
- Per poco non
soffocai dalle risate, quando intorno alle labbra di Adam, la
panna gli lasciò i baffi.
"Sei
sporco qui!" e gli appiccicai un fazzoletto sulle labbra, ridendo con
lui e le mie amiche.
Mi chiedevo seriamente come avrei
fatto a resistere con Adam che sfoggiava sorrisi mozzafiato, neanche
stesse pubblicizzando una marca di dentifricio. Se pensavo che prima il
suo repertorio consistesse in smorfie disgustate e ghigni malefici al
solo scopo di abbindolare, mi stavo ricredendo. Anche se con me non
faceva quasi mai quei sorrisi beffardi da dongiovanni, sentivo pian
piano le mie forze venir meno, lasciandomi in balia di lui e
dell'effetto che mi faceva. Se poi ci aggiungevo quegli occhi così
cristallini e sereni, la frittata era fatta.
Il pomeriggio volò in un soffio, e
così pure la serata: stavo così bene con le mie amiche e Adam, che non
mi resi conto di che ore fossero finchè Rose non mi mandò un messaggio
dicendomi che mio padre stava già per avere un attacco di panico perchè
non tornavo a casa. Quando lo dissi a Adam, lui scoppiò a ridere,
mentre le mie amiche controllarono a loro volta l'ora, decretando che
fosse proprio giunto il momento di rientrare.
"Non scherzare, Adam, mio padre è
piuttosto pericoloso quando è in crisi." lo ripresi, cercando di
apparire seria e accigliata, non riuscendo però a trattenermi dal farmi
sfuggire un sorrisetto.
Stavamo passeggiando con calma
sulla via del ritorno, dopo aver dato la buonanotte alle mie amiche;
inutile dire che Adam si era perso in lusinghe per Susan e Megan,
scatenando una battaglia di battutine con Kim, finchè suo padre, che
era venuta a prenderla, le aveva suonato il clacson, irritato dal suo
trattenersi con noi.
"Ma dai, non riesco a immaginare
Richard pericoloso!" esclamò, divertito.
Gonfiai le guance, assumendo
un'espressione di chi la sapeva lunga: "Credimi, può diventarlo..!"
Adam ridacchiò. "Adoro tuo padre, è
uno forte."
Sorrisi, alzando lo sguardo
dall'asfalto per fissarlo in quello smeraldino di Adam. "Sì, è
fantastico..ma anche Seth non scherza! L'ho sempre ritenuto un grande,
è simpaticissimo"
Adam mi fece una linguaccia: "Ci
sarà un motivo perchè sono migliori amici, no?" mi beffeggiò. Che
antipatico. E la cosa più antipatica era che trovassi terribilmente
bello Adam anche quando mi prendeva in giro. Assurdo.
Calò il silenzio, e sembrò che
entrambi sprofondassimo nei nostri pensieri. Furtivamente lanciavo
sguardi con la coda dell'occhio a Adam, che corrugava la fronte come
una persona afflitta dai più crudeli e immani dubbi.
Anche sotto la luce dei lampioni o
nella penombra, i suoi occhi non perdevano quell'intensa bellezza.
Sapevano essere profondi come l'oblio e chiari come uno specchio
d'acqua poco profondo; in quel momento, oltre al tormento, non riuscivo
a leggere altro. I suoi pensieri erano come imperscrutabili, e la cosa
m'infastidiva. Ero curiosa di capire i suoi pensieri.
Intanto ci avvicinavamo a casa
nostra, e desideravo davvero poter fermare il tempo in quell'istante
per non interrompere quella pace che c'era. Non avevo voglia di andare
a casa. Non avevo voglia di separarmi da lui. Mi venne persino l'idea
di chiedergli se gli andasse un'altra serata in campeggio nel rifugio
segreto, ma mi sembrava fin troppo eccessivo.
Da quando avevo ammesso a me stessa
che Adam mi stava sconvolgendo alla grande, la parte di me che si era
congelata, quella che si affezionava morbosamente alle persone(Adam,
era quella in questione), ora galoppava fin troppo con la fantasia, e
rischiavo di commettere qualche cagata che svelasse ciò che pensavo.
"Sono stato bene oggi.." ruppe così
il silenzio, senza però voltarsi verso di me. Si fissava le punte delle
sue All Star sgangherate, e non osava alzare la testa e mostrarmi
quegli smeraldi che stavo imparando a..adorare.
"Anche io.." soffiai, incapace di
usare un tono più alto. Mi ritrovai a pensare che, a differenza mia, se
Adam si fosse messo ad ululare in quel momento, quella sensazione di
pace e benessere non si sarebbe incrinata. Anzi.
Intanto, eravamo arrivati a casa.
"Be', ci vediamo domani." disse Adam sereno, "Mia madre ha telefonato
alla tua e l'ha invitata a cena." Inevitabilmente le mie labbra si
distesero in un GRANDE sorriso, tanto da oscurare il sole. L'idea che
l'indomani avrei rivisto nuovamente Adam stava sminuendo la tristezza
che sentivo per la buonanotte che sarebbe arrivata di lì a poco.
"Quindi, buonanotte." affermò. Però non si mosse, continuava a
guardarmi, e il sorriso era sparito dal suo viso, lasciandolo con
un'espressione indecifrabile.
"Sì..'notte." mormorai, annuendo
appena.
Prima che me ne rendessi davvero
conto, mi ritrovai ancorata al petto di Adam, con lui che mi stringeva
delicatamente, il viso completamente appoggiato al suo torace coperto
dal pesante piumino. Maledissi quel giubbotto.
Respirava sulla mia
fronte,scompigliandomi alcuni ciuffi ribelli, e istintivamente alzai il
mento per guardarlo in faccia, trovandomi a due scarsissimi millimetri
dal suo viso. Informazione dell'ultimo secondo: avevo una voglia matta
di baciarlo, e quella era la situazione ottimale per farlo. Ma cosa
avrebbe comportato? Una sicura spaventosa ricaduta nel nostro già
precario e strano rapporto d'amicizia.
Già una volta mi ero ritrovata in
quella situazione; solo che quello di Adam era un ricatto, io non ero consapevolmente
consenziente, per altro ero legata ad un letto d'ospedale e soprattutto
l'avevo respinto. Ora come ora, mi sentivo troppo attratta da lui e
dalle sue labbra, per formare un pensiero coerente e soprattutto per
ragionare sulle conseguenze di un gesto così avventato. L'unica cosa
certa era che, stavolta, non l'avrei rifiutato.
Ma quei due miseri millimetri non
venivano azzerati; io ero troppo codarda e timorosa di essere respinta
per farmi avanti, e Adam sembrava come paralizzato, con quegli occhi
verdissimi spalancati e scintillanti.
Avrei dato tutto, tutto per sapere cosa stesse pensando in quel
momento.
Finchè non ci fu un versaccio, un
soffio di un gatto, e un rumore di bidoni che cadevano e un gnaulio
secco, ed entrambi ci scostammo come scottati dal tocco dell'altro.
"Buonanotte." tagliai corto,
aprendo il cancelletto e correndo verso la porta di casa, mentre lui
ricambiava il saluto con lo stesso urgente e pressante desiderio di non
guardarmi più in faccia.
Ero così imbarazzata..se c'era
qualcosa peggiore di un bacio, tra due amici, era un non-bacio. Di quelli che, un istante prima,
venivano interrotti e lasciavano i due con pensieri particolarmente
drammatici e confusi e un groppo allo stomaco. Una situazione degna
delle più rinomate soap opere latino-americane. Un classico, quindi.
Maledetto gatto!
Una cosa era certa: avevo bisogno urgentemente di parlare con Rose.
Non persi tempo a togliermi il
giubbotto, e salii di fretta e furia le scale, senza nemmeno salutare
mio padre che mi aveva fatto un cenno dal divano in salotto.
"Rosalie! Rose, ti prego, ho bisogno di te!" così esordii, entrando nella
stanza come un uragano Katrina e urlando a squarciagola per svegliare
mia sorella nel caso fosse stata addormentata.Richiusi la porta della
stanza alle spalle, mentre lei alzava preoccupata il viso dal suo libro
e mi guardava storto.
"Che è successo, Nat? Che ti
prende?" Mentre lei si metteva seduta composta sul materasso, io
provvedevo a controllare che tutte le porte e le finestre fossero
chiuse: quella mattima avevo scoperto che era molto facile sentire ciò
che succedeva nelle case vicine come la nostra e quella dei Brown.
"Ehi, cacchio, stai urlando come una matta a mezzanotte passata e
farfugli cose senza senso, ti degni di darmi una risposta?" sibilò mia
sorella, mentre si raccoglieva i capelli in una modica coda di cavallo.
Sospirai, e cercai di darmi una calmata.
"Ora, Natalie, ti togli quel
giubbotto, lo appoggi alla sedia, e ti siedi a spiegare cosa ti
turba.." scandì bene ogni parola, ogni singola sillaba, come se fossi
una pazzoide armata pronta a far fuoco. Eseguii gli ordini, e mi
sedetti sul mio letto improvvisato, di fronte a lei.
"Bene, sputa il rospo." decretò
lei, assumendo l'aria da Sherlock Holmes.
Aprii la bocca per spiegarle, ma
non uscì alcun suono.
Per la miseria...stavo per baciare
Adam. Oh Dio mio.
"Io.." boccheggia, sbattendo
violentemente le palpebre. Mi stavo rendendo ora conto di quello che stavo per fare. E
la cosa mi scandalizzava assai. "Io.."
Rosalie si accigliò, nervosa e
curiosamente assetata di spiegazioni. "Tu cosa, Nat?"
"Io..ho quasi baciato Adam.." Lo
dissi in un tono così fievole e basso, che dubitai che Rose avesse
capito: a malapena mi ero sentita parlare io.
Rosalie mi fissò per un tempo
indeterminato, sbattendo le lunghe ciglia e corrugando le sopracciglia
in un cruccio confuso. Poi un guizzo di comprensione lampeggiò nei suoi
occhi, e arrivò la sorpresa. "COSA?"
Avrei tanto voluto che il pavimento
si aprisse e mi inghiottisse seduta stante. Mi sentivo uno schifo.
"TU HAI QUASI BACIATO ADAM E ME LO
DICI COSI'?" urlò, e, per preservare la mai sanità psichica e mentale,
le coprii la bocca prima che tutto il vicinato sentisse cosa era
successo.
"Come avrei dovuto dirtelo, scusa?"
blaterai sconnessamente.
Rose continuava a guardarmi
sbalordita, ma perlomeno mi fidai a liberarle la bocca.
Anche lei boccheggiò. "Tu..e Adam."
Annuii, perplessa. Quella che
doveva essere sconvolta ero io. E lo ero, solo che la reazione di mia
sorella mi faceva preoccupare tanto da accantonare in un angolo il mio
panico post-comprensione. "Sì, io e Adam." affermai, incerta. "Anch'io
fatico a crederci.." mormorai, lasciandomi cadere seduta sul materasso,
senza più energie.
Rose si sedette al mio fianco. "Non
sei quasi-felice?" se doveva tirarmi su il morale, di certo non lo
fece. Anzi.
"No, Rosalie..a parte che ora
saremo in imbarazzo a vita..se l'avessi baciato davvero..ora cosa
farei?" mi sentivo davvero persa. "Siamo appena diventati amici..non
voglio rovinare tutto. "
Mia sorella mi guardò comprensiva.
Tutto dei suoi occhi diceva «so come ci si sente, ci sono passata pure
io», ma non mi rincuorò.
Come se non bastasse, la sera
successiva saremmo stati a casa Brown per cena. Di male in peggio.
Dovevamo davvero sistemare quella
situazione; non volevo perdere Adam, questo era certo, ma avevo paura
che con quel quasi-bacio avessimo incenerito ogni speranza di un
rapporto amichevole. Perchè no, due amici normali non finiscono a due
millimetri dal baciarsi. Lo sapevo io, lo sapeva lui, e lo sapeva pure
il mio cuore difettoso.
-
Quando mi svegliai, quella mattina,
il mio stato d'animo era l'opposto di quello del risveglio del giorno
precedente.
Un giorno ero felicissima..e il
giorno dopo mi trovavo nella depressione più nera.
Non avevo dormito molto, e quel
poco di riposo che ero riuscita a concigliare era stato tormentato e mi
aveva stancato ancora di più. Perchè? Perchè avevo sognato Adam, che mi
baciava.
Stupido, stupidissimo quasi-bacio.
E stupidissimi occhi
meravigliosamente stupendi di Adam.
Controllai la sveglia, che segnava
solamente le otto del mattino. Non c'era che dire: ero sconvolta.
Mi feci una doccia veloce, optando
per un tentativo di rilassare i muscoli. L'acqua, per pochi istanti, mi
liberò la mente. Ma appena pensai alla sera precedente, l'ansia tornò,
e pure prepotente, insieme a una morsa allo stomaco. Convinsi me stessa
che fosse per la fame, e non per la paura di perdere il mio amico.
Perciò mi vestii, e scesi in cucina, trovandoci mamma che armeggiava ai
fornelli.
"Ah, buongiorno Natalie. Come mai
così mattiniera?" incalzò, lanciandomi uno sguardo curioso. Mi strinsi
nelle spalle. "Mi sono svegliata e non riuscivo a prendere sonno." fu
la mia spiegazione concisa. Non avevo molta voglia di conversare, quel
giorno, specie con Emily. Era la persona più irritabile per me,
soprattutto se avevo già un problema di mio. E quella mattina, di
problema, ne avevo uno bello grosso. Lei annuì, e non insistette, come
sempre. Riprese a fare quello che stava facendo, mentre io prendevo una
tazza e i cereali dalla credenza e il bricco del latte dal frigorifero
per fare colazione. Mangiai svogliatamente qualche cucchiaio, lasciando
che i corn-flakes si ammorbidissero e diventassero una pappetta informe
nel latte; a quella vista mi sentii nauseata e buttai via il resto
della colazione. Avevo lo stomaco chiuso.
Decisi di concentrarmi sui compiti,
anche se non erano per l'immediato futuro, portandomi avanti. Completai
quasi tutti gli esercizi di matematica e stesi una relazione di storia,
mettendoci comunque troppo poco tempo e il minimo indispensabile. Una
parte della mia testa volava alla casa accanto alla mia, al mio vicino,
al mio Adam.
Magari a lui non interessava niente
di me, nel senso di ragazza. Magari non gli importava nulla se ci
eravamo quasi baciati, magari non avrebbe intaccato il nostro rapporto.
Perchè avrebbe dovuto?
Era stato un equivoco; stavamo
vicini nel modo sbagliato, nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Anche la nottata precedente era stato uno sgambetto alla nostra
amicizia, dovevo ammetterlo. Dormire così appiccicata a Adam aveva
fatto sì che mi rendessi conto di ciò che sentivo. E di certo, non
erano cose che si potevano e dovevano sentire per un amico. Bello o brutto che fosse.
Mi riscossi dai pensieri solo
quando sentii il campanello suonare. Emily mi mandò ad aprire, troppo
impegnata ad impastare la sua torta per quella sera. Come a farmene
beffa, ogni cosa era buona per ricordarmi di Adam.
Con uno sbuffo seccato aprii la
porta, gelandomi totalmente ritrovandomi davanti lui.
Tutti mi sarei aspettata di
ritrovarmi di fronte, ma di certo non Rick. Non lì, non con quell'espressione
mortificata, e con quei fiori stretti in pugno. Senza dire niente,
stavo per chiudere la porta di nuovo, ma la bloccò prima che potessi
farlo.
"Natalie, voglio parlarti." disse,
guardandomi intensamente con quegli occhi azzurrissimi.
"Io non ho niente da dire." tagliai
corto, tentando nuovamente di sbattere la porta. Se non avesse tolto
quel maledetto piede gliel'avrei maciullato. Non scherzavo.
"Io sì, e ti prego di ascoltarmi."
fece, con tono implorante, "Magari, senza rompermi il piede.."
Con uno sbuffo aprii la porta, e,
afferrato il cappotto di Rose e indossatolo, la richiusi alle mie
spalle.
"E' meglio farci un giro."
decretai, seccata. Camminammo per qualche isolato, ma Rick non si
decideva a parlare, continuando a fissare le punte delle scarpe da
ginnastica. Finchè ci fermammo, e mi accorsi solo in quel momento che
non eravamo tanto distanti dal punto in cui c'eravamo lasciati. Mi
trovavo proprio dove Adam mi aveva bloccato con i suoi amici per
irritarmi.
Già..Adam.
"Natalie," Rick cominciò solenne,
guardandomi con quei suoi occhi blu zaffiro. "Lo so che sono l'ultima
persona che probabilmente ti va di vedere e ascoltare..ma volevo
chiederti scusa."
Feci una smorfia. "Un po' tardino,
direi.." risposi, acida.
Ma Rick non parve scoraggiato dal
mio modo di rivolgermi a lui, anzi, riprese con più zelo. Era molto più
combattivo di quanto fosse anni prima;magari era maturato.
"Lo so, credimi. Ma poco tempo fa,
quando ti ho rivista..non so, è come se si fosse riaccesa la fiamma,
Natalie..mi sono reso conto di quanto io sia stato stupido a farti
scappare.." automaticamente fece un passo verso di me, ma prima che
potessi indietreggiare afferrò una mia mano. Ero così stupita che
rimasi paralizzata e non la scrollai via.
"Sono stato un vero stupido a
tradirti, me ne rendo conto." nei suoi occhi ardeva una sincerità senza
equali. Mi sentivo totalmente spiazzata, non riuscivo a connettere e
realizzare veramente quello che Rick mi diceva. "Poi, per una causa
persa come quel bastardo di Brown.."
Il mio cuore perse un battito.
Era..tutto sbagliato. Ogni cosa, di questa situazione, mi sembrava un
grosso, madornale errore.
Rick fissò i suoi zaffiri nei miei
occhi, lasciandomi sempre più incapace di ragionare. Mi sentivo
smarrita. Dov'era tutta la mia solita sicurezza?
"..ia ragazza.." a furia di cercare
di capire quello che diceva, mi ero persa il suo discorso. E ora?
"Cosa?" blaterai, incapace di
formulare una frase un po' più articolata.
Rick mi guardò con un sopracciglio
alzato e l'angolo della bocca tirato su in un sorrisetto.
"Ti ho chiesto, se non è troppo
tardi, di perdonarmi e di tornare ad essere la mia ragazza."
Oh porca di quella merda..!
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Capitolo 14 *** Capitolo 14. L'ho sempre detto io che ho un cuore difettoso! ***
- Buongiorno, mie care lettrici :) Come state?
- La vostra estate fila
liscia e fin troppo velocemente come la mia? Vorreste che il tempo si
fermasse? Beh, io sì, lo vorrei tanto >-< Vorrei anche che la
scuola venisse abolita, ma ovviamente chiedo cose decisamente
impensabili. ù.ù Viste le stelle cadenti?? Io forse xD
- Se avete notato che sto
cincischiando più del solito, avete ragione..hihi ^^"
- Perchè ho sinceramente
paura di quello che penserete leggendo questo capitolo..e ho paura per
la mia incolumità, quella di Natalie, e soprattutto quella di Adam..ç_ç
Vi assicuro che ci vorrete
uccidere..ma abbiate pietà! Se no come risolvo i casini che io stessa
creo?? XP
- Beh, vi lascio al capitolo...vi ricordo: siate magnanime ;P
- PS: vi ringrazio tutte per le bellissime recensioni..scusate
se non sono riuscita a rispondere >-<
- Un bacione. :*
- Capitolo 14. L'ho
sempre detto io che ho un cuore difettoso!
- Okay.
Ragioniamo.
Io, Natalie Smith, mi ritrovavo col mio ex, Rick Donagan, il quale mi
aveva
tradita con la prima che capitava perchè era convinto che fossi
innamorata di
Adam Brown, allora il mio acerrimo nemico e attualmente il ragazzo che
avevo
quasi-baciato la sera prima, perchè il mio ex diceva di voler tornare
con me.
Rick continuava a guardarmi attentamente con quei suoi occhi celesti,
come a
leggermi dentro. Mi chiedevo cosa potesse vedere, dato che anche per me
stessa
era tutto confuso e annebbiato.
Pian piano, però, il panico si fece largo in me.
"I-io.." balbettai, cercando di trovare le parole e riordinare le
idee.
Rick mi posò un dito sulle labbra, spiazzandomi ancor di più, e
sorrise.
"Non devi rispondermi ora, Natalie..è passato tanto tempo, me ne rendo
conto,e ti ho ferita.." fece una pausa teatrale, e i suoi occhi si
fecero
serissimi. "Ti chiedo una seconda chance. Sai com'era stare insieme,
sai
che tenevo davvero a te. Ti chiedo solo di pensarci bene, e di fare la
scelta
più giusta secondo te." concluse. Poi tornò a sorridere sereno, e
invertì
la direzione. "Ti riporto a casa."
Non parlò più, finchè non raggiungemmo il mio cancelletto. Sembrava
soddisfatto
di sè, del suo discorso. Era probabilmente sicuro di avermi
abbindolata, con
quello sguardo penetrante e azzurro.
Non sapeva, però, che ero già ben intenzionata a dire di no. Era
passato tanto,
troppo tempo, ed io ero stata veramente male a causa sua. Non mi sarei
più
fidata, ed ero sempre stata convinta che in un rapporto la fiducia
nell'altro
fosse essenziale: perciò, non se ne faceva nulla. Tra l'altro..non
riuscivo a
vedermi fidanzata, in quel momento. Almeno, non con lui.
Però non volevo dirglielo subito.
L'avrei lasciato in brodo di giuggiole, e poi..gli avrei detto di no.
Era una
piccola rivincita, diciamo.
E no, non ero mica sadica.
"Ci vediamo in giro, Nat..il mio numero lo sai, nel caso di bisogno."
ammicò, e a tradimento mi scoccò un bacio sulla guancia. Rimasi
immobile, e mi
trattenni dal stenderlo con un pugno sul naso.
No, non era maturato. Probabilmente era anche peggiore di quando
l'avevo
lasciato due anni prima. Ma era un classico dei maschi: più l'età
avanza, più
diventano cretini.
"Sì. Non mancherò." Come se avessi chiamato davvero lui, in caso di
bisogno.
Girai i tacchi, ed entrai. Stavo per aprire la porta di casa, ma quella
si aprì
prima che potessi afferrare la maniglia.
Rosalie mi guardava severa. "Cosa ci fa qui?" disse, schietta e dura.
"Voleva parlarmi." Tagliai corto, scansandola ed entrando in casa.
"Cosa ti ha detto?" chiese, con un tono piatto.
Le lanciai uno sguardo inviperito. "Ma cos'è, un interrogatorio? Sembra
che io abbai fatto qualcosa di male!" sibilai.
Rose mi guardò accigliata. "Nat, sono solo preoccupata! Devo ricordarti
quello che ti ha fatto passare?" il suo tono, se voleva colpirmi, ci
riuscì.
"Mi ha solo chiesto di perdonarlo e tornare con lui." tagliai corto,
andando in salotto, dove c'era nostra madre. Lì il discorso era
impossibile
affrontarlo, dato che Emily non ne sapeva nulla. Tra l'altro, non mi
sembrava
il caso di litigare per Rick, soprattutto davanti a Melanie, che furba
com'era,
avrebbe frainteso.
Rose aveva una faccia stralunata, incredula. Probabilmente era convinta
che
avessi detto di sì.
La feci aspettare tutta la mattina e il pranzo, prima che potesse
rapirmi in
camera sua e mi facesse dire la verità.
"Non ho detto di sì." dissi solo. Rosalie parve sollevata e sospirò.
"Gli ho detto che ci avrei pensato.." lasciai la frase
volontariamente in sospeso, facendo sbarrare gli occhi a mia sorella.
"Che hai intenzione di fare?"
"Gli dirò di no" sorrisi, "Ovviamente. Voglio solo illuderlo un
po'."
Rosalie scoppiò a ridere, forse per il sollievo, oppure era veramente
impazzita. "Sei sadica, sorella. Non ti fai scrupoli!" scherzò. Ma io
mi rabbuiai. "Lui non si è fatto alcuno scrupolo, mi sembra." le
ricordai.
Il pomeriggio lo passai a parlare fitto fitto con Rosalie, e poi,
quando lei
uscì con Bryan, mi sdraiai sul divano di sotto con le cuffie nelle
orecchie e
la musica a palla.
Mi sentivo terribilmente confusa. E preoccupata.
Come avrei dovuto comportarmi quella sera? Adam cos'avrebbe fatto?
Restai a rimuginare per ore, sotto lo sguardo ansioso di mio padre, il
confuso
di mia madre e l'indifferente di Melanie.
Non che la cosa li toccasse particolarmente. Papà ogni tanto mi
chiedeva se
andasse tutto bene, e io gli facevo un cenno affermativo, troppo
concentrata
sulla musica e sui miei pensieri.
Tutti i miei vaneggiamenti su Adam e quella serata, vennero spazzati
via dal
vento quando Emma chiamò mia madre per dirle che Adam non si sentiva
bene.
"Oh, cara, non preoccuparti..Fagli prendere qualcosa, mi
raccomando.." ecco, lei si che dava buoni consigli alle altre
madri..peccato che non li mettesse in pratica con le sue, di figlie.
"Anche Natalie mi sembra piuttosto giù di corda..magari è qualcosa che
ha
mangiato ieri sera..come? Anche Adam è uscito ieri? Non lo sapevo,
sai?"
Emily mi scoccò uno sguardo incuriosito. "Beh, ci sentiamo presto..che
ne
dici, magari domani pomeriggio vieni a bere il tè"
Sprofondai la testa nel divano, sospirando pesantemente. Mio padre mi
scoccò a
sua volta un'occhiata, ma al contrario di mia madre, sembrava aver
capito tutto
al volo. Anche che non era per colpa del cibo che ero così messa male.
Le ore passarono lente, e in ogni momento m'inventavo un pretesto per
mandare
un messaggio a Adam. Poi fissavo le parole scritte sul display, e
scuotevo la
testa, cancellando tutto.
A cena non toccai cibo. Rosalie continuava a scoccarmi sguardi
straniti. Esausta,
andai a letto prestissimo, infilandomi sotto le coperte appena alle
nove, dopo
una doccia veloce e un ultimo sguardo alla finestra. Poi pensai che la
stanza
di Rose dava dall'altro lato della casa, e che da lì non potevo vedere
la
stanza di Adam. Sospirai, lasciandomi cadere sul materasso.
Scommettevo tutto quello che avevo che Adam stesse benone, almeno
fisicamente.
Magari si sentiva esattamente come mi sentivo io. Scombussolata,
confusa e
soprattutto impaurita. Magari anche lui era convinto che la nostra
amicizia era
stata messa a repentaglio, la sera precedente. E magari non voleva più
avere a
che fare con me...
E se invece non gliene fregava nulla di me? Se magari avesse capito
quello che
provavo? Mi sarebbe stato alla larga, per questo?
Con questi pensieri mi addormentai tardi, e con quelli mi svegliai di
buon'ora
la mattina successiva.
Guardandomi allo specchio, stentai a riconoscermi. Sembravo uno di quei
vampirastri della Meyer, però brutto. Sì, perchè avevo un aspetto
terribile e
spaventoso, e se non era bastato un non-bacio ad allontanare Adam, la
mia
figura l'avrebbe fatto scappare a gambe levate lontano da me.
Tutti i miei pessimi pensieri si riflettevano sul mio viso, e i segni
si
vedevano eccome.
Con l'ennesimo sospiro, forse il trentesimo in sessanta secondi, mi
abbandonai
sotto il getto della doccia. Ma non ebbe alcun effetto positivo; non
che ci
sperassi, quella mattina il mio pessimismo rasentava picchi mai visti,
e
dubitavo che qualcosa sarebbe andato per il verso giusto, quel giorno.
Mi vestii con calma, e feci lentamente colazione.
"Tutto okay?" domandò Rosalie, guardandomi accigliata e preoccupata,
spalleggiata da papà, apprensivo come non l'avevo mai visto.
Evidentemente,
nemmeno quando mi ero lasciata con Rick ero messa così male, se l'avevo
convinto ad entrare nei panni del genitore in panico per il
comportamento
strano della figlia. Non che in quel periodo papà fosse stato assente;
mi era
rimasto vicino senza essere ossessivo, e soprattutto, dato che aveva
intuito
quanto fossi giù, aveva provveduto a tenermi il più calma possibile
mammà.
Annuii, masticando passivamente i cereali.
Dopo essermi lavata i denti, domandai a mio padre di accompagnarmi a
scuola in
macchina.
Evviva l'allegria, anche il tempo sembrava essere d'accordo con me;
diluviava
alla grande. Ma quello era solo la scusa; in realtà avevo paura di
incontrare
per strada Adam, o addirittura di doverla fare tutta con lui..e non me
la
sentivo proprio.
Papà acconsentì di buon grado, e notai Rose sospirare e scuotere la
testa,
tirando fuori il telefono.
Quando scesi dall'auto, una ventata gelida mi colpì. Ma quello fu il
male
minore, finchè non notai Adam ridere e scherzare con Jim Wilson. Sentii
il
sangue ghiacciarsi nelle vene, non ci potevo credere.
Camminai incerta verso Kim, che sembrava a dir poco furente.
"Quel brutto pezzo di merda. Non ha nemmeno ricambiato il saluto,
stamattina!" ringhiò, incrociando le braccia al petto. Mi concessi un
sospiro. Questo..questo faceva davvero male. Non contribuiva certo a
tirarmi su
il morale.
"Ma Nat, cos'hai? E' successo qualcosa con Adam? E' per questo che non
è
venuto con te?"
Chiusi gli occhi, per un attimo, cercando di riordinare i pensieri.
Quando li riaprii, la mia migliore amica mi guardava confusa e ansiosa.
Le feci cenno con la testa verso l'entrata della scuola, e mentre la
campanella
suonava, le spiegai quello che era successo la sera prima, lasciandola
a bocca
aperta.
"E'..ma è stupido non parlarti per quello!" esclamò, picchiando il
pugno sul palmo aperto della mano.
Sospirai, massaggiandomi gli occhi. Ci sedemmo al nostro posto, e tirai
fuori
il libro di storia dallo zaino.
"Non è tutto.." annunciai, con l'entusiasmo di un cadavere.
"Rick è venuto a casa mia."
Kim sbarrò gli occhi, esterrefatta. "Che cosa? Cosa voleva quel brutto,
viscido verme?" sibilò.
"Vuole che torni con lui.." Kim scoppiò a ridere, quasi
istericamente. Ma perchè questa rivelazione scatenava in tutti questa
ridarella
inquietante? Non c'era propriamente da divertirsi.
"Ti prego, dimmi che gli hai dato un pugno." pregò, tornando seria.
Mi oscurai in volto. "Avrei tanto voluto farlo quando ha insultato
Adam.."
Kim assunse un'aria tronfia e saccente. "Non che in questo momento non
si
meriti una bella barca d'insulti, il caro Adam, Nat..però il pugno ci
stava." Mi lasciai scappare un sorriso, che morì nell'esatto momento in
cui entrò Adam affiancato da Jim. Passò a fianco al mio banco, ma
m'ignorò
totalmente, facendo sì che lo sconforto prendesse possesso di me fin
nel
profondo. Era assurdo, ma mi sentivo persa senza di lui.
"Non struggerti per Brown, Nat.. a lui ci penso io." mi rassicurò la
mia amica, con uno sguardo che non prometteva nulla di buono..non per
Adam,
almeno. "Ma cosa hai risposto a Donagan?"
Mi strinsi nelle spalle, e risposi in un sussurro. "Ero shoccata, non
sapevo che dire..e lui mi ha detto di pensarci su. Ma non voglio stare
con lui,
non lo amo..non è lui che vorrei al mio fianco.."
L'espressione di Kim, dalla nera e sadica, passò alla sorpresa e
accorata.
Entrò il professore in classe, ma, come un tempo, Adam continuò a far
casino
con i suoi stupidi amici. Nonostante Kim avrebbe tanto voluto
continuare a
parlare come se nulla fosse, per troppo rispetto mise il muso e riservò
l’attenzione al professore, lasciando me a crogiolarmi nei miei
pensieri.
Mi sentivo nello sconforto totale, avevo voglia di piangere.
Se un non-bacio aveva causato tutto questo, non volevo immaginare se ci
fossimo
baciati sul serio. Ne sarei morta.
"Che peccato.." brontolò il prof, "Pensavo che finalmente Brown
avesse messo la testa a posto.."
Già..pensai amaramente, lo credevo anch'io.
.
Durante la seconda ora, Adam era
come sparito.
Ma ero troppo giù di morale, per notare che non fosse l'unico a mancare
all'appello. Quando, negli spogliatoi della palestra, una mia compagna
di
classe entrò tutta trafelata, col viso rosso e le labbra gonfie, la
comprensione mi arrivò come una secchiata d'acqua ghiacciata. Anche lei
non era
in classe.
Sentii cedere le ginocchia, e mi dovetti sedere sulla panca, per non
volare a
gambe all'aria.
Kimberly mi riservò uno sguardo preoccupato e confuso. Non aveva ancora
afferrato.
- Angelina stava per parlare,
probabilmente per raccontare cosa
aveva fatto con quel..quel..oh, ma perché proprio con Adam?Ma il prof,
fortunatamente o per sfortuna, dipendeva dai punti di vista, bussò poco
galantemente e ci intimò di sbrigarci, perché non avevamo tutto il
tempo del
mondo.
"Kim..puoi.." balbettai mentre sentivo lo stomaco contorcersi e
annodarsi, con un filo di voce. Kim annuì, intuendo la richiesta, e
uscì con le
mie compagne, ritornando qualche istante dopo col professore.
"Smith, Stevenson ha ragione, non hai una bella cera..è meglio che tu
stia
ferma, oggi. Vieni, starai seduta sugli spalti."
Indossai nuovamente la felpa -sentivo un freddo polare- e lo seguii.
Per la prima volta da quella mattina, Adam mi guardò. Durò meno di un
secondo,
ma incrociai i suoi occhi smeraldini, e, mio malgrado, pensai che
mi erano mancati terribilmente.
Seguii la partita di pallaprigioniera passivamente, ricevendo stoccate
dopo
stoccate ogni volta che Angelina lanciava occhiate di sbieco a Adam.
Se trovarsi a due millimetri dal baciarmi gli faceva venire voglia di
farsi
un'altra ragazza, buon per lui. Che cosa carina, davvero. Mi veniva da
vomitare.
"Prof, posso.." e feci un cenno allo spogliatoio. Lui annuì, ed io
corsi velocemente nei bagni, accasciandomi sul pavimento, contro il
muro. Lì,
finalmente sola, scoppiai a piangere come non avevo mai fatto.
Non sentivo più nemmeno il mio cuore battere, era morto, oppure si
confondeva
con i singhiozzi che mi scuotevano forte. Mi sentivo malissimo, non
trovavo
nemmeno la forza di pensare.
Nella mia testa ronzava il pensiero di Adam e Angelina.
- Stavano insieme? Da quanto,
oggi o da molto e io non ne sapevo
nulla?
- A quell’idea, lo stomaco si
contorse e un nuovo attacco di lacrime
e singhiozzi mi distrusse.
Mi portai una mano al viso, l'altra alla fronte per togliere di torno i
capelli.
E arrivò. La conclusione, più temuta e negata fino allo stremo, arrivò:
mi
stavo innamorando di Adam.
Questa ne era la prova. Non era solo delusione perchè m’ignorava. Mi
mancava,
terribilmente e strenuamente.
Ero talmente gelosa da poter desiderare che quella ragazza non fosse
mai
esistita.
Ne ero palesemente attratta e, per concludere, stavo piangendo
per lui.
Paradossalmente, facevo la cosa che odiavo di più solo per le persone
che amavo
o a cui tenevo di più; mi era successo solo quando ero veramente
sconvolta per
mia madre e Rick...e ora toccava a Adam, segno che mi stava realmente
entrando
nel cuore.
“Nat, tutto..oddio, Natalie!” Kim si fiondò immediatamente da me.
L'abbracciai di riflesso, continuando a far scendere lacrime e
bagnandole la
maglietta. “Su..su, non piangere..”
“Kim..avevi ragione..dovevo stare attenta con Adam..” singhiozzai,
stringendo
forte tra le dita la stoffa della t-shirt. “Mi sono fatta male di
nuovo..”
Lei fregò la mano sulla mia schiena, cullandomi: “Lo so..lo so”.
- .
- Per mia fortuna, il
professore non mandò a chiamare Kim convenendo
che avessi avuto bisogno d'aiuto. Mi sfogai con la mia migliore amica
per un
tempo indefinito, continuando a piangere abbracciata a lei, finchè il
prof non
fischiò la fine della partita.
Mi lavai il viso, cercando di salvare il salvabile, sotto consiglio di
Kimberly.
Ma avevo gli occhi gonfi e rossi, si vedeva da un chilometro che avevo
pianto,
e di sicuro la mia faccia non era meglio di stamattina.
Le ultime due ore passarono in un soffio. Non sentii una parola delle
lezioni,
in compenso i prof, informati del mio stato dall’insegnante di fisica,
non mi
ripresero mai. Ero uno straccio, era evidente.
Cercai di ritrovare una parvenza di normalità, comunque, nelle due ore;
non
volevo sembrare la depressa complessata di turno.
- Ovviamente,
era quasi
impossibile per me, anche perchè ogni due nanosecondi pensavo a Adam,
al suo
viso, al suo sorriso, e inevitabilmente ricordavo che l'avrebbe rivolto
ad
Angelina d'ora in poi, quel maledetto sorriso. Mentre a me, non
spettava
nulla, nemmeno un cenno.
- Eppure eravamo amici..o lo
eravamo stati.
Quella parola era forse più dannosa per me, che il pensiero di Angelina
con Adam.
La campanella suonò, e passivamente riposi tutte le mie cose nella
cartella.
Kim era schizzata fuori dalla classe, lasciandomi sola..o quasi. Notai
solo in
quel momento di essere rimasta con Adam in classe.
Presi un profondo respiro, e mentre lui passava affianco al mio banco,
parlai.
“Fatto pace con Wilson? Ora non hai più bisogno della bisbetica Smith?”
volevo
fosse un sibilo secco, e mi uscì un mormorio tremolante. Un classico.
Adam non si voltò a guardarmi; dopo un attimo di esitazione, ricominciò
a
camminare verso la porta. Si fermò allo stipite, e si decise a
rispondermi. “Sai..mi
sentirei il terzo incomodo..Sii felice con Donagan.”
Sbatacchiai le palpebre, mentre afferravo a fatica il concetto.
“Adam!” sbraitai, prendendo lo zaino e mettendolo in spalla, mentre lo
rincorrevo. “Sei uno stupido! Non capisci niente!”
Lui si fermò in mezzo al corridoio ormai deserto, e si voltò a fissarmi
con
astio. “Evidentemente non sono intelligente..” fece, piccato. “Pensavo
di conoscerti
bene, Natalie..ma mi sbagliavo.”
- Stava per riprendere a
camminare, quando mi sentii esplodere.
“Bene! Bene! Comportati da immaturo! Ignorami come oggi, come se non
fosse mai
successo niente!” esclamai, con tutta la rabbia che provavo. “La nostra
amicizia
non è abbastanza importante, per te..” l'ultima parte lo dissi piano,
lettera
per lettera. Faceva male persino a me, dirlo.
Adam si voltò nuovamente, sgomento. “No. La nostra amicizia non
era abbastanza,
per me...”
- A quelle parole, sentii il
mio cuore spezzarsi. Potevo stare
peggio?
- Sentii le lacrime scendere
calde sulle mie guance, e non provai
nemmeno a cancellarle. “Sei solo uno stronzo, Adam..non avrei dovuto
fidarmi e
permetterti di diventare importante per me..”
- Adam fece una smorfia. “Per
piacere..smettiamola, okay?” disse,
con tono strascicato e stanco, “Vuoi la verità? Ti ho presa in giro.
Era una
scommessa con Jim, sin dall’inizio. Dovevo riuscire a diventare tuo
amico,
conquistare la tua fiducia. Dato che Jim non ci riusciva, e lo prendevo
in
giro, mi ha sfidato..ed io non potevo tirarmi indietro, no? E’ ovvio.”
Mi
rivolse una smorfia, che avrebbe dovuto essere un ghigno dei suoi.
“Spero che
la delusione non ti bruci troppo.” Ci misi qualche secondo a recepire
le
informazioni, e quando lo feci, fu come se un’incudine di due
tonnellate mi
arrivasse direttamente sul petto, disintegrando il mio già acciaccato
cuore.
- Mi aveva presa per il culo.
Per tutto quel tempo. Ed ero convinta
fossimo amici.
- Era tutto uno stupidissimo
scherzo, una scommessa..e io mi ero
innamorata di lui.
- Come avevo potuto essere così
ingenua e stupida?
- Mi veniva da vomitare. Ero
schifata e umiliata come mai in vita
mia.
- Volevo solo allontanarmi da
lui e rintanarmi in un posto dove
rimanere sola con la mia vergogna e il mio dolore.
- “Complimenti, hai vinto..”
sibilai, correndo via e lasciandolo da
solo nel corridoio.
- Raggiunsi
casa senza badare alla pioggia scrosciante e ai capogiri che mi
facevano
ciondolare pericolosamente e vedere doppio. Quando aprii la porta, mi
ritrovai
nientemeno che un Brown davanti, e senza un motivo lo mandai a fanculo.
No, un
motivo c’era: era fratello di Adam, e questo bastava.
- “Natalie!”
mi riprese Rose, sconvolta quasi quanto il mio migliore amico. Volevo
salire in
camera di Rosalie, ma le forze venivano meno e i polmoni sembravano in
fiamme
per la corsa che avevo fatto. Mi girava la testa, e mi sedetti sui
gradini,
mentre, sfiancata, non opposi alle mie palpebre che volevano chiudersi
e riposare.
Quando riaprii gli occhi, mi trovavo in un letto, ma ero così intontita
che non
riconoscevo nemmeno di chi fosse. Sbattei le palpebre e misi a fuoco, e
mi
accorsi di essere nella stanza e sul letto di Rose.
- “Ehi,
Nat..” una voce al mio fianco mi fece sussultare: Bryan. Mi guardava
preoccupato e accigliato.
- “Oddio,
Bry..” mugugnai, rauca e dispiaciuta, “Non volevo aggredirti..scusami,
io..” Mi
posò un dito sulla bocca, e sorrise teneramente, come solo un fratello
poteva
fare. “Eri sconvolta.. Brutta giornata?”
- “Terribile..”
mormorai.
- “Che
è successo?” incalzò, attento e serio.
- “Io..”
la voce si incrinò, e il pensiero che mi fossi innamorata di un
coglione mi
schiaffeggiò brutalmente, portandomi di nuovo all’orlo del pianto.
- Bryan
mi abbracciò forte. “Che è successo?” ripetè.
- Scoppiai
a piangere, incapace di parlare. Non potevo dire la verità a Bryan, era
da
escludere. Cosa potevo fare, dopotutto? Tenevo troppo sia a Adam che a
Bryan,
per osare a rovinare il loro rapporto. Per cosa poi? Non era colpa mia
se la
nostra amicizia non era mai stata tale.
- Bryan
mi consolò un po’, poi mi disse di sdraiarmi perchè la febbre era
salita. Fosse
stata veramente l’influenza a farmi stare così..sarebbe stato tutto più
facile.
“Devi stare a riposo..” si raccomandò, “Ora devo andare, Rose sta per
arrivare..Ciao,piccolina..” mi rivolse un sorriso stiracchiato e
preoccupato,
poi uscì dalla stanza. Qualche minuto dopo comparvero sulla soglia
entrambe le
mie sorelle, lasciandomi di stucco.
- “Ehi,
Nat..che colpo mi hai fatto prendere!” borbottò Rose, avvicinandosi a
me.
Melanie se ne stava in disparte, a osservarmi; sul suo viso potevo
leggere..dispiacere? Pena?
- Non
c’era cosa che odiassi di più di essere compatita. Mi mandava in
bestia. Ma ero
così stanca e distrutta da non trovare le forze per oppormi e dire di
non
guardarmi così.
- “Si
può sapere cos’è successo?” chiese cautamente Rosalie, avvicinandosi al
mio
viso e posando una mano sulla fronte. “Sei ancora un po’ calda..Perchè
non mi
hai chiamata, sapevi che ero a casa! Non ti saresti bagnata e avresti
evitato
di ammalarti!” mi sgridò, con un’aria da madre apprensiva.
- Non
risposi, limitandomi ad un sospiro.
- E
pensare che mi ero aperta totalmente con Adam, tanto da avergli svelato
i miei
più profondi tormenti e i segreti che solo Rose sapeva.
Speravo solo che non mi facesse qualche
carognata delle sue. Lo scherzo mi aveva già distrutta a sufficienza.
- Rosalie
e Melanie stettero con me un po’, adeguandosi al mio silenzio.
- Non
osavo pensare nemmeno perché Mel fosse nella stanza e che cosa volesse;
cercavo
di disconnettere la mente e il cuore, non volevo più provare niente.
Magari la
delusione sarebbe passata, e anche quella stramaledetta cotta per Brown.
- Già,
Adam Brown, il mio acerrimo nemico che, ancora una volta, mi aveva
presa in
giro e fatto uno dei suoi stupidi scherzi, dimostrandomi ancora una
volta
quanto fosse un abile attore. Anche se stavolta ci stava rimettendo
qualcosa di
molto più prezioso dei miei capelli; ora ci smenavo il cuore.
- Me
lo sarei dovuto aspettare, dopotutto, non avrei dovuto abbassare la
guardia.
- Ogni
volta era la solita storia: mi fidavo, mi abbindolavano, e poi mi
deludevano. Ed io ancora non avevo
capito come mi dovessi comportare.
- Dopo
non so quanto tempo da quando le mie sorelle erano scese di sotto, la
porta
della stanza si riaprì, e ne entrò la piccola Kate.
- Vederla
mi provocò una fitta allo stomaco. Era incredibile quanto somigliasse a
Adam, e
la cosa non giovava al mio favore.
- “Natalie!”
urlò, correndo al mio capezzale, “Come ‘tai?” chiese, accigliandosi in
un
cruccio adorabilmente preoccupato.
- “Non
tanto bene..” sospirai.
- “Ma
quando guardisci giochi con me?” domandò, teneramente, con un filo di
voce e
uno sguardo da cucciolo irresistibile. Era da molto che non le facevo
da
baby-sitter, in effetti. Dal giorno in cui il fratello aveva messo in
atto il
suo piano per farmi capitolare.
- M’imposi
di farle un sorriso, anche se piccolo, che la fece rasserenare, e
questo mi
rincuorò. “Certo..” mentii, ma a fin di bene. Non potevo di certo dirle
che
avevo intenzione di evitare come la peste nera casa sua e tutta la sua
famiglia.
- Si
avvicinò cautamente, e accennò un sorrisetto estatico. “Addy mi ha
detto che ti
voleva far vedere la nostra casetta..ti è piaciuta?”
- Il
mio cuore perse un battito. Il rifugio segreto..quella notte..sentii le
lacrime
pungere, ma le trattenni serrando per un istante le palpebre.
- Per
fortuna, Emma entrò tempestivamente nella stanza. “Katie, credo che
Natalie
voglia riposare, è distrutta..” dicendo quelle parole, mi riservò uno
sguardo
accorato, e fin troppo consapevole. Che avesse capito tutto? Be’, non
mi sarei
stupita, con quel suo intuito da Jessica Fletcher. E poi, aveva
scoperto già
una volta i piani del figlio screanzato, perché non poteva arrivarci
ancora?
- Meglio
non pensarci.
- Emma
si avvicinò a me, mentre la bambina si sporgeva per darmi un bacio
sulla
guancia e uscire dalla stanza poco dopo facendomi ciao ciao con la
manina e uno
sguardo triste.
- “Tutto
bene?” chiese, accorata. Quanto avrei voluto che Emily fosse stata così
dolce
con me..invece era Emma, qui, che si preoccupava per me.
- “Più
o meno..potrebbe andare sicuramente meglio.” Sospirai, sentendo la
testa
pulsare fastidiosamente. Altro che febbre, erano tutti i pensieri
negativi che
volevano esplodere.
- Emma
mi lasciò una carezza sulla guancia, e sorrise amorevolmente.
- “Non
preoccuparti..non c’è ferita che non può essere guarita..devi solo
trovare la
medicina giusta.” Disse, per poi girare i tacchi e arrivare alla porta.
“Riposati e guarisci presto.” Mi salutò, con un ultimo sorriso. Ma io
stavo già
riflettendo sul suo consiglio implicito. Comunque, aveva capito tutto,
non
c’era dubbio. Non poteva riferirsi solo all’influenza.
- Ma
qual’era la medicina giusta per me? Come minimo, dimenticare Adam..o
almeno
mettersi nella prospettiva di ignorarlo e non pensarci più. Sì, questo
era
quello che sicuramente mi aveva consigliato Emma.
- -
Due giorni
dopo, la febbre era scesa lasciando come ricordo labile solo un leggero
raffreddore. Peccato che mentalmente e sentimentalmente fossi a pezzi,
ancora.
- Quel
giovedì mattina sarei dovuta andare a scuola, e il pensiero di rivedere
Adam mi
faceva accapponare la pelle per l’ansia e battere dolorosamente il
cuore.
Nonostante non volessi più avere a che fare con lui, una parte di me
desiderava
veramente rivederlo, abbracciarlo e perdersi nel verde dei suoi occhi.
Ma c’era
il piccolo particolare –non l’avevo di certo scordato- che non ci
potevo stare
vicina nemmeno come amica, perché per lui non ero mai stata
lontanamente tale.
Che razza di fregatura: innamorata di una finta. Patetico.
- Ormai
era un dato di fatto, che io e le questioni di cuore fossimo
incompatibili.
Ogni volta succedeva qualcosa che rovinava tutto. Prima con Rick, poi
con
Adam..
- Rick,
già. Come se non bastasse, dovevo parlargli e mettere in chiaro la
situazione.
Questo discorso avremmo dovuto affrontarlo almeno due anni prima.
- Con
un sospiro, digitai il suo numero sul cellulare e poi il messaggio che
diceva
di trovarci il pomeriggio. Pochi minuti dopo, mentre finivo di
vestirmi, mi
arrivò la risposta: Non serve, ti porto a
scuola stamattina. Passo tra dieci minuti.
- Bene,
prima chiarivamo, prima mi liberavo di questo macigno.
- Rick
non si smentì: quando uscii da casa, dieci minuti dopo, lui era lì,
appoggiato
alla sua macchina –che, anche se non ero intenditrice, sembrava
piuttosto
costosa e veloce.
- “Buongiorno,
principessa.” Mi sorrise, guardandomi con tenerezza nei suoi occhi
azzurrissimi. “Come stai?”
- “Mi
sento come una che si è appena ripresa dall’influenza..” risposi,
stringendomi
nelle spalle e avviandomi verso l’auto. Rick, con un sorriso, aprì
galantemente
la portiera del passeggero, invitandomi a salire. Due istanti dopo, lui
era al
mio fianco e metteva in moto.
- “Allora..hai
avuto tempo a sufficienza per pensare alla mia proposta.” Incalzò.
- Mi
concessi due istanti per riordinare le idee e pensare ad un discorso
sensato e
coerente.
- “Il
fatto è, Rick, che mi c’è voluto un sacco di tempo, per dimenticarti.
Sono
stata veramente male, e non mi fiderò mai più completamente di te..”
lasciai un
attimo in sospeso la frase per osservarlo di sottecchi, mentre guidava
tranquillamente. Non sembrava turbato, anche se era prevedibile un mio
rifiuto.
“Non provo più quello che sentivo prima, e, tra l’altro, la mancanza di
fiducia
non è una buona cosa. Lo sai come la penso..” Rick annuì, come se
avesse capito
tutto.
- “E..?”
- Mi
accigliai. “E..cosa?”
- Rick
ridacchiò, sembrava divertito. “E..ti sei presa una cotta per Brown.”
- Rimasi
completamente di ghiaccio. Cos’aveva, la sfera di cristallo?
- “Non
arrabbiarti, Nat, ma è piuttosto evidente.. e scontato. Te l’ho sempre
detto
che lo vedevo come una minaccia quando stavamo insieme. Era ovvio che
prima o
poi saresti capitolata.” Annuì tra sé, come a sottolineare il concetto.
Si
voltò verso di me, e sorrise, analizzando la mia espressione confusa e
basita.
“L’ho capito quando l’ho chiamato bastardo. Sei trasalita, e dai tuoi
occhi ho
capito che avresti voluto strozzarmi per averlo fatto.” Ammiccò, sicuro
di sé.
Poi tornò a fissare la strada e ricominciò a parlare. “Ho capito anche
che ti
fa male sentir parlare di lui, deve averti ferita, molto più di quanto
l’ho
fatto io due anni fa.” Ecco, era in arrivo un mancamento. Ma questo mi
leggeva
seriamente nella mente. Era più sveglio di quanto ricordassi. E, mio
malgrado,
dovevo ammettere che stare con lui mi stava facendo accantonare, anche
se per
poco, la delusione per Adam, anche se ora lo stava nominando e stava
rovinando
tutto.
- “Sono
diverso, ora, Natalie..” in quel momento, parcheggiò nello spiazzo
davanti alla
scuola, e piantò i suoi occhi nei miei. “Anche tu sei cambiata. Però mi
rendo
conto che, anche se è passato tutto questo tempo, per me è facilissimo
volerti
più che bene. Mi viene naturale. Vorrei davvero poter rimediare ai miei
sbagli
e riuscire a riconquistare la tua fiducia Nat, e soprattutto toglierti
dalla
testa quel pensiero molesto di Brown.”
- La
sua ultima affermazione mi fermò il cuore.
- Aveva
toccato il tasto dolente, e ci stava lavorando sopra. Purtroppo aveva
anche
capito ciò di cui avevo bisogno, e il suo discorso non faceva una
piega.
- Ma
sarei potuta stare con Rick, pur amando Adam? Se non lo amavo,
comunque, ci
andavo veramente vicinissimo.
- Non
che stare a struggermi e sguazzare nella depressione mi facesse star
meglio,
ovviamente..avevo imparato a mie spese, proprio con Rick, che non
bisognava
farlo. Dovevo riprendere in mano la mia vita, ora che non aveva toccato
completamente il fondo, ora che ancora non ero ancora nella via della
perdizione per Adam.
- E
se Rick avesse avuto ragione? Se stare con lui mi avesse fatto bene, e
mi
avrebbe aiutato a riacquistare la fiducia in lui? E se, soprattutto, mi
avesse
fatto dimenticare l’esistenza di Adam dal mio cuore?
- Tanto
con lui non avrei avuto mai speranze. Forse, se fossimo stati amici
davvero,
qualcosa potevo raggiungere; ma dato che non eravamo stati nemmeno
quello, e
dato che eravamo tornati alle origini, con odio reciproco (e una buona
dose di
sofferenza da parte mia, con amore annesso), non c’era niente da fare.
Tra
l’altro, come poteva il sentimento per Adam continuare a crescere, se
la parte
di lui di cui mi ero infatuata era solo una mera recita?
- Non
c’era più, anzi, non c’era mai stato. Non si poteva amare una maschera,
era
esattamente come dire di essersi innamorate di un vip della
televisione.
- E
io non avevo bisogno di un amore basato sulla finzione, né di
struggermi per
qualcosa di inesistente.
- “Se
ti dicessi di sì, mi prometti che non mi tradirai più? Che cercherai in
ogni
modo di farmi dimenticare Adam e di farmi innamorare di te, senza
finzione?”
- Gli
occhi di Rick brillarono. “Te lo prometto, Natalie.”
- In
quel momento, sentii il trillo lontano della campanella.
- Rick
si sporse verso di me, ma la mia occhiata restia lo fece fermare un
istante.
- “Non
andremo di fretta, Nat. Voglio recuperare il tempo perso, e non brucerò
le
tappe. Sarà come ricominciare tutto daccapo.” Sorrise, in un modo
rassicurante,
e mi fidai. Rick non mi baciò, in compenso mi strinse in un abbraccio
che, per
qualche secondo, mi scaldò il cuore. “Ti vengo a prendere alla fine
delle
lezioni?” chiese.
- “Con
calma.” Ribadii, sciogliendo la presa e aprendo la portiera. Rick
ridacchiò.
- “Okay.
Ora,però, l’invito a salvare il mio numero nella rubrica è da
cogliere.” Mi
rivolse un sorrisetto furbo che mi fece alzare gli occhi al cielo.
- “Certo,
Rick.” Sorrisi, appena appena, ma sinceramente serena. “Ci vediamo
domattina.
Mi passi a prendere, ovviamente.” Detto questo, scesi e richiusi la
portiera,
per poi correre nell’edificio.
- Sembrava
che, dopo tre giorni di buio, fosse rispuntato un raggio di sole. Era
la
prospettiva di eliminare davvero Adam dalla mia mente, come amico,
ragazzo e
perfino come nemico.
- Non
volevo più dargli corda, desideravo solo togliermelo dalla testa e
tornare alla
normalità.
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Capitolo 15 *** Capitolo 15. Quando la Sorella Prodigio tolse la maschera ***
Capitolo 15. Quando
la Sorella Prodigio tolse la maschera
- l,
.
Quella
mattina, feci di tutto per ignorare Adam Brown.
- Mi
sembrava di essere tornata a qualche mese prima, quando non ci
guardavamo
nemmeno per scherzo, in quella muta tregua solo perché lui, a mia
insaputa,
doveva riprendersi lo scooter. Con la sottile differenza che ora, io
avrei
tanto voluto passare ogni istante a osservarlo.
- All’intervallo,
portai Kim in disparte, lontano da orecchie indiscrete (in particolare,
da
quelle di una persona di cui non farò il nome per preservare la mia
sanità
mentale); volevo dirle di Rick, prima che lo intuisse da sé o scoprisse
da
altri, perché altrimenti l’avrebbe presa malissimo, peggio di come
avrebbe
reagito se gliel’avessi detto subito, perlomeno.
- Kim
odiava Rick, con tutta sé stessa, tanto da volerlo cancellare dalla
faccia
della terra. E dicevo tutto.
- “Kim,
vorrei dirti una cosa..” esordii. La mia amica si fece attenta e
curiosa, ma
qualcosa mi diceva che la mia espressione le stava già rivelando tutto.
“Stamattina mi ha portata a scuola Rick..e abbiamo parlato.” Spiegai, a
capo
chino. Kim non commentava, rimaneva solo a fissarmi intensamente.
- “E’
cambiato, o, perlomeno, lo sembra. Sa quello che..che provo
per Adam, e ha promesso di aiutarmi a dimenticarlo..Vuole
ricominciare da capo davvero.”
- “E
tu hai detto di sì.” Dedusse Kimberly, con un tono piatto. La sua voce
ebbe il
potere di farmi gelare il sangue nelle vene, e alzai di poco gli occhi,
per
scrutarla in faccia. I suoi occhi erano una lastra di ghiaccio, proprio
come mi
aspettavo. Era delusa.
- Stavo
per parlare di nuovo, ma lei con un gesto secco mi bloccò, e, dopo aver
girato
i tacchi, andò alle macchinette per prendere la merenda.
- Mi
sentivo persa, completamente. Odiavo deludere Kim, odiavo vederla
offesa o
irritata, e detestavo quando non era d’accordo con me su qualcosa
d’importante,
facendola di riflesso allontanare.
- Probabilmente,
la mia amica avrebbe voluto insultarmi, magari darmi anche qualche
ceffone; e
quasi certamente avrebbe preferito riceverle, due sberle, piuttosto che
sapermi
di nuovo impegnata con Rick.
- Non
lo aveva mai approvato, diceva che non era adatto a me e che non c’era
da
fidarsi di lui; a maggior ragione quando mi aveva tradita, rivelando
che le sue
affermazioni erano fondate, avrebbe tanto voluto ucciderlo.
- Kim,
com’era risaputo, aveva un forte istinto di protezione verso di me.
- E
l’ultima cosa che voleva era che stessi nuovamente male, soprattutto
per Rick.
Quello che non voleva accettare era che lui, per una volta, stesse
cercando di
darmi veramente una mano a dimenticare.
- E
di cose da dimenticare ne avevo tante.
Io e Adam non eravamo amici da anni, ma quel mese era stato più
significativo
di una vita. Dovevo debellare dalla mia mente ogni sua parola, ogni suo
sguardo, ogni suo sorriso, e, soprattutto, quella notte nella casa
sull’albero
e il non-bacio che ancora mi rodeva e mi faceva star male.
- E
se quel gatto non avesse fatto chiasso e ci fossimo baciati? Potevo
solo
ringraziare il cielo, perchè sarei arrivata al punto di non ritorno, e
scoprire
che per lui non ero nemmeno un’amica mi avrebbe fatto male da morire.
- E,poco
ma sicuro, mi sarei uccisa io stessa perché aveva abbindolato l’unica
persona
sulla faccia della terra che non avrebbe mai voluto a che fare con lui
in quel
senso.
- La
campanella suonò troppo presto, e quando mi raccomodai al mio banco
sentii
l’ansia crescere.
- Kim
mi raggiunse poco dopo, ma non si perse come al solito in chiacchiere.
Prese
dalla tracolla il libro di matematica, tirò fuori dall’astuccio penne,
matite e
evidenziatori vari, e afferrò il cellulare, digitando fitto fitto un
messaggio.
- Stavo
per parlare, ma il tempismo della professoressa fu ragguardevole, e mi
dovetti
mordere la lingua per non imprecare.
- Passai
mezz’ora a prendere appunti distrattamente; scrivevo ma non capivo
realmente
ciò che spiegava. Ero più attenta a ciò che faceva Kim, ma lei sembrava
non
fare caso a me, come se non esistessi.
- Non
solo era delusa, ma anche molto arrabbiata. Quanto mi avrebbe tenuto il
muso?
- Poi,
la professoressa lasciò cadere il gessetto e il cancellino nel
portagessi, e
scrollandosi dalle mani la polvere, si sedette alla cattedra.
- “Bene,
vediamo chi interrogare.” Fece scorrere la penna sull’elenco,
indugiando sulla
parte finale. Sentivo il cuore battere fortissimo, mentre una strana
ansia si
faceva largo nel mio stomaco annodato. “Mh, direi Natalie. Il tuo voto
risale
al mese scorso, vieni?” Desiderai che la terra si aprisse e
m’inghiottisse;
l’ultima volta Adam mi aveva parato il sedere. Stavolta non l’avrebbe
fatto, e
io non sapevo comunque niente. Meglio essere sinceri con l’insegnante,
che fare
una figuraccia.
- “Prof,
ultimamente non ho studiato né ripassato le ultime lezioni..mi metta
quello che
mi deve mettere, se posso recupererò più avanti.” La professoressa fece
una
smorfia, un po’ delusa. Volevo sprofondare, davvero:apriti terra, che
vengo con
te.
- Lei
incrociò le dita davanti al viso, con un’espressione divenuta seria.
- “Natalie,
in questo periodo il tuo rendimento sta calando, e non dico solo nella
mia
materia.” Esordì, e il mio cuore perse un battito. “Sei sempre stata
una brava
ragazza e una studentessa diligente, ti prego di tirarti su. Non puoi
rovinarti
così la media. Ti metterò un quattro, vedi di recuperarlo nella
verifica
scritta però.”
- Annuii,
incapace di far altro, e sprofondai nella sedia, completamente giù di
morale.
Sembrava che tutto stesse veramente andando a rotoli.
- E
nemmeno la promessa di Rick mi avrebbe tirata su.
- Notai
che Kim mi aveva lanciato uno sguardo preoccupato con la coda
dell’occhio, ma
non osò parlare.
- Poi
ci fu l’ultima lezione, e ringraziai il cielo che fosse solo religione.
Non
avrei tollerato qualcosa di più impegnativo.
- Il
prof se ne stava silenzioso a leggersi il giornale: ormai non tentava
nemmeno
di spiegarci qualcosa. L’ora di religione era come un secondo
intervallo.
- Se
pensavo che nell’ultimo periodo questa era la lezione che preferivo,
con Adam
che metteva la sedia davanti ai banchi di me e Kim e passavamo l’ora a
ridere,
mi si stringeva il cuore.
- Perché
un momento prima tutto sembra essere perfetto, e un secondo dopo ci
cascia il
mondo addosso? E’ assurdo con che velocità cambi la vita.
- Assurdo
con che velocità fosse stata ribaltata la mia.
- E
tutto per colpa di Adam James Brown, quel cafone, insolente idiota che
credeva
che tutto gli fosse concesso, che non si faceva scrupoli e a cui non
fregava un
bel niente dei sentimenti altrui. A lui interessavano solo i propri
tornaconti;
avere una ragazza alla giornata da portarsi a letto, fare casino tutte
le ore di
lezione e soprattutto rendermi la vita un inferno, erano le cose che
più gli
premevano. Questa era la verità.
- Era
stato capace di farmi abbassare la guardia e farmi fidare di lui..era
stato
capace di farmi innamorare. E la cosa più brutta era che mi ero
innamorata di
una bugia.
- Ma
non volevo pensarci.
- La
campanella arrivò come la luce dopo le tenebre, e non spesi più di
qualche
secondo per riempire velocemente la cartella e dileguarmi dalla classe,
dall’edificio scolastico e dalla mia migliore amica.
- Decisi,
per non forzare troppo la mano, di fare una strada alternativa, per
tornare a
casa.
- Anche
se era più lunga, non m’importava: preferivo camminare un po’ e non
imbattermi
in Brown.
- “Nat,
alla buon’ora!” così mi salutò Rose, appena entrai in casa.
- “Scusa,
ho fatto una strada più lunga, avevo voglia di camminare.” Mentii
spudoratamente, lasciando cadere lo zaino per terra con un tonfo sordo
e
spogliando il cappotto. “Mamma e papà?”
- “Papà
ha un’urgenza al lavoro, mamma è via con Melanie..” spiegò
concisamente, dalla
cucina. Scossi la testa, ridacchiando, e la raggiunsi.
- “Ti
dai alla prova del cuoco?” scherzai, ricevendo in risposta un sorriso
convinto
di mia sorella.
- “Sì!
Quindi accomodati, che finisco di preparare.”
- Qualche
minuto dopo, la pastasciutta di Rosalie era pronta, la condì e la servì
nei
piatti. L’aspetto perlomeno non sembrava così male.
- Cominciammo
a mangiare, e così partirono anche le chiacchiere di mia sorella.
- “Come
è andata la giornata?” domandò, curiosa, portandosi alla bocca gli
spaghetti
arrotolati alla forchetta.
- “Mh..non
bene.” Sospirai, “Anzi, in modo pessimo, ho discusso con Kim. Cioè..lei
è
arrabbiata con me.”
- Rose
si accigliò.Sapeva quanto fossimo legate. “Perché mai? Non litigate
mai, voi
due..”
- Sprofondai
nella sedia, cercando di farmi piccola piccola. “Non le va giù che mi
sia..rimessa con Rick.” Serrai gli occhi, in
attesa dell’esplosione.
- Ma
quella non arrivò, il che mi preoccupò. Aprii gli occhi, e scoprii che
Rosalie
era come rimasta pietrificata. “Rose?”
- Lei
mi guardò stralunata. “Ti sei rimessa..con Rick?
Avevi detto che gli avresti detto di no!” sembrava
incapace di accettare l’idea. “Vuoi
soffrire ancora? E’ questo che vuoi? Sei così masochista?”
- “Perché
tutti mi fate la stessa domanda, eh?” sbottai, alzandomi in piedi.
“Potrò
decidere quello che mi pare, della mia vita, no? Possibile che non
capiate?”
- Non
lasciai che Rose ribattesse, e scappai in camera mia. Fu un errore
madornale
approfittare della mancanza di Melanie per entrare nella mia stanza.
- Sentii
distintamente uno strimpellare di corde di chitarra, e il mio cuore si
strinse:
Adam.
- Sentivo
chiaramente la sua voce bellissima, le parole di una nuova canzone.
- Sospirai.
Mi mancava in un modo malsano, da togliere il fiato..era incredibile
quanto mi
avesse coinvolta in poco tempo.
- Stavo
cominciando a pensare che non ero stata propriamente furba,
nell’accettare la
proposta di Rick, e non perché ogni persona me lo ricordava.
- La
consapevolezza che non sarebbe mai riuscito a levarmi Adam dalla testa
si stava
facendo largo in me. Come poteva Rick, che in otto mesi di relazione e
anni di
conoscenza non mi aveva fatto innamorare, farmi dimenticare Adam, che
in poche
settimane era riuscito a scombussolare il mio cuore?
- Inutile
illudere me stessa e lui. Avrei fatto la figura della cretina, ma era
il prezzo
da pagare.
- Per
essermi fidata, per essere così disperatamente alla ricerca di sollievo
da
quella struggente pena.
- Adam
mi aveva sconvolta, anima e corpo.
- E
forse Rick non aveva tutti i torti, quando diceva che poteva essere una
minaccia per la nostra storia, anni fa. Ero sicura di essermi
innamorata solo
dell’Adam amico?
- O
era proprio la sua persona ad avermi stravolta, nel bene e nel male? Se
era
così, non lo sapevo, ma quella scommessa era stata decisamente il colpo
di
grazia.
- +
- Non
parlai con nessuno, quella sera; né con i miei, né con mia sorella, e
Kim non
mi aveva chiamata. Evidementemente era ancora molto arrabbiata; ma
anche se
avesse tentato di rintracciarmi non avrei risposto.
- Mi
ero chiusa in un mutismo pensoso, a struggermi con i miei stessi
ricordi.
- Andai
a letto presto, ma mi ritrovai a rigirarmi tra le coperte nel cuore
della notte,
con l’immagine fissa di quel quasi-bacio tra me e Adam.
- Sentivo
il bisogno di prendere una boccata d’aria, perciò sgusciai dalle
coperte e
scesi di sotto.
- Non
mi aspettavo certamente di trovare anche Melanie, in cucina: quando la
vidi
stentai quasi a riconoscerla. Aveva il viso stravolto e smunto,
pallido, i
capelli scompigliati, e gli occhi rossi.
- “Natalie..”
si voltò di scatto appena mi sentì entrare, passandosi sul viso una
mano per
non farmi notare le lacrime che avevo già visto.
- Allora
la regina degli specchi aveva un cuore..
- “Melanie,
tutto okay?” cercai di essere gentile, avvicinandomi a lei.
- Tirò
su col naso, e annuì. “Sì, è solo un momento..” sospirò, “Hai sete?”
- Annuii
e lei mi porse un bicchiere d’acqua, mentre mi sedevo al tavolo.
Nonostante lei
non fosse l’ideale di sorella, e ci fossimo parlate sì e no tre volte
in tutti
quegli anni di lontananza, mi spiaceva vederla così giù.
- “Sei
sicura che vada tutto bene? Stai male?”
- Melanie
sospirò, sedendosi a sua volta su una sedia e prendendosi la testa tra
le mani,
con un’aria veramente afflitta. Ora che la vedevo più da vicino, la sua
pelle
sembrava più tendente al verdognolo. Era evidente che stesse male.
- “Non
è un caso che io sia partita così d’improvviso per venire a casa..”
cominciò,
con la voce tremante. “Sono sicura che tu mi starai odiando, in questo
momento:
sono la figlia più elogiata di mamma, troppo anche per i miei gusti, e
sono
stata parecchio stronza nei tuoi riguardi e quelli di Rose..non vi
biasimo, certo,
ho sbagliato così tanto con voi..” rimase qualche secondo in silenzio,
come a
riordinare le idee, o forse si aspettava una reazione alla rivelazione.
- Prese
un respiro, e continuò. “Penserai anche che sono solo un’oca vanitosa e
capricciosa, che ha ottenuto tutto e si dispera..” sospirò un’altra
volta. “Da
quando sono partita per la Francia sono cambiata, anche se stenterai a
crederlo..ho capito cosa significa amare, purtroppo..mi sono innamorata
di uno
stronzo, che mi ha usata e gettata via come un fazzoletto usato..sapevo
che non
provava nulla per me, che non voleva coinvolgimenti..eppure ero
convinta che
avrei potuto fargli cambiare idea, che tutte le volte che stavamo
insieme
prendessero significato anche per lui..” Ero rimasta paralizzata, dal
discorso
di Melanie: possibile che tutte le sorelle Smith si imbattessero solo
in
stronzi del genere? Solo Bryan aveva messo la testa a posto: dovevo
chiedere a
Rose il suo segreto.
- Istintivamente,
portai a stringere la sua mano nella mia, e Melanie sussultò. Alzò lo
sguardo
su di me, e accennò un sorriso stiracchiato. “Tre giorni fa, credimi,
non ti
stavo compatendo, se l’hai creduto..” disse, in un sussurro. “Avrei
voluto
darti un consiglio, dopotutto sei la mia sorellina..anche se ci sono
arrivata
tardi..però non ci sono riuscita, perché sono la prima ad aver bisogno
di una
mano..”
- Cercai
di tirarla su, nascondendo lo stupore causatomi dalle sue parole. “Dai,
prima o
poi passerà; deve passare..l’amore è
incostante.” Parole sagge..peccato che non ci credessi nemmeno io.
- “Non può
passare, Nat..io..sono incinta.” Rimasi spiazzata, e la
guardai ad occhi spalancati e bocca aperta. Oddio mio..Melanie, incinta? “Non me la sento di abortire..
Lui non lo sa nemmeno, e conoscendo il tipo non si prenderà mai le sue
responsabilità.. e..” scoppiò a piangere, ed io mi alzai per
abbracciarla
istintivamente. “Non so come dirlo a mamma e papà..” singhiozzò, contro
la mia
spalla. Cercai di abbracciarla più forte, calata nei panni della
sorella
maggiore, anche se avevo un anno meno di lei.
- Era
strana, strana e disperata, questa situazione. Non avrei mai creduto
che io e
Melanie ci riappacificassimo così, né che lei fosse così sotto la
maschera di
cinismo e falsità che si portava dietro.
L’avevo odiata per così tanto tempo..
- “Stai
tranquilla, Mel..troveremo un modo..”
- Altri
singhiozzi, ancora più disperati. “Ma cazzo, ho solo diciott’anni! Come
ho
fatto a mettermi nei pasticci?”
- Le
accarezzai i capelli, “La cosa più importante, per il momento è dirlo a
lui..mamma e papà si arrabbieranno, ma poi saranno comprensivi..” Non
ero
proprio sincera con i miei pensieri, ma non potevo abbatterla più di
così.
- Era
chiaro anche a lei che si sarebbero infuriati e che la cosa li avrebbe
delusi,
soprattutto mamma. Ma era capitato, e dopotutto Mel era maggiorenne;
fino a
prova contraria aveva la maturità di prendere le sue decisioni. Anche
se era
proprio un bel pasticcio..soprattutto con quel ragazzo che mi sapeva
tanto di
stronzo.
- In
quel momento, pensai di essere proprio puerile. Io mi lamentavo e
piangevo come
una bambina per una bugia: una vera cazzata in confronto a quello che
stava
passando mia sorella.
- Rimanemmo
quasi tutta la notte insieme; Melanie riuscì a ricacciare indietro le
lacrime,
e mi sorrise grata, cercando di cambiare discorso. Evidentemente non
voleva
pensarci più, per quella sera.
- Mi
raccontò un po’ della sua vita a Parigi, e provai anche un filo di
gelosia: mi
sarebbe piaciuto tanto vedere la Francia. Poi il discorso variò sulle
amiche
fantastiche che aveva trovato, e quelle ipocrite che le ronzavano
intorno come
mosche per quella relazione con un certo Timothy, lo stesso tipo che
l’aveva
messa incinta. Mi raccontò come tutto cominciò, per uno scherzo del
destino, a una
festa della scuola. Come poteva un bacio scatenare un tale putiferio,
fino a
invischiarla in una storia di solo sesso e facendola innamorare di un
emerito
stronzo?
- Nonostante
non fosse un angelo di ragazzo, Melanie sembrava vederlo tale. Per
quanto
volesse detestarlo, non ci riusciva, e da quel che disse, da una parte
lo
ringraziava per averle fatto scoprire l’amore. I suoi occhi brillavano,
al
nominar quel Tim; era chiaro che i suoi sentimenti fossero forti.
- Poi,
la conversazione si spostò sulla mia apatia di due giorni prima, e mi
sentii
una stupida a spiegarle il mio problema; era davvero insignificante, in
confronto alla sua storia.
- Fu
la prima persona a cui dissi della scommessa di Adam, di come mi avesse
presa
in giro, e la prima a cui rivelai a ruota libera di come mi stessi
innamorando
di lui. Sfogai anche le mie idee e i miei dubbi sulla neo-relazione con
Rick,
sulla mia intenzione di lasciarlo di nuovo, a nemmeno ventiquattro ore
da
quando c’eravamo messi insieme.
- “Natalie,
per quello che vale..non credo che Adam ti abbia preso in giro su tutta
la
linea..” affermò, accigliata. “L’altra sera, a cena..era piuttosto preso da te.” La mia mente recepì la
conclusione di Mel, ma il mio cuore si rifiutava categoricamente. Era
ancora
troppo ferito per permettersi di sperare ancora, quando si parlava di
Adam.
- “E’
un bravo attore..” mi limitai a rispondere, stringendomi nelle spalle.
Melanie
scosse la testa, sorridendo appena. “Spero davvero che le cose tra voi
si
sistemino. Siete una bella coppia.” Il mio cuore perse un battito. No,
niente
speranza.
- Melanie
sbadigliò, stiracchiandosi. “Sono le sei della mattina, Nat..e tu
domani hai
scuola: ti ho tenuta tutta la notte sveglia, mi dispiace..sarai
distrutta.”
- Le
sorrisi, rassicurandola. “Figurati.” Dissi, facendo un gesto come per
scacciare
un insetto molesto. Era incredibile come in una sera avessimo imparato
a
conoscerci veramente: non avevamo raggiunto quest’affinità in diciotto
anni..ma
era bastata una mezz’ora per farla nascere.Incredibile. Mi voltai verso
Melanie, prima di entrare nella stanza di Rose.
- “Ah,
Mel..sono felice di aver ritrovato una sorella.” Dissi, sincera.
- Lei,
di risposta, sorrise dolcemente. “Anch’io, Nat. Tanto.” I suoi occhi
lampeggiarono di sincerità e gratitudine, e mi ritrovai a sorriderle
nuovamente.
- +
- Quella
mattina, a colazione, ero come in
catalessi. Avevo la testa ciondoloni, e gli occhi mi si chiudevano ogni
due
secondi. Ma nonostante la stanchezza, trovavo la forza per sorridere.
- Anche
Melanie era nelle mie stesse condizioni; si era alzata presto, a
discapito
degli altri giorni, per salutarci, nonostante potesse recuperare le ore
di
sonno perse.
- Rosalie
continuava a lanciarci sguardi perplessi, mentre mangiucchiavamo
distrattamente
delle fette biscottate.
- Sbadigliai,
e anche piuttosto rumorosamente. Non mi sarei stupita che i Brown mi
denunciassero per rumori molesti di mattina presto. Mh. Meglio non
pensarci.
- “Papy,
oggi mi puoi portare in macchina? Altrimenti rischio di tornare
indietro e non
andarci..” farfugliai; mio padre alzò un sopracciglio, divertito.
- “A
che ora sei andata a letto ieri sera?”
- Mi
fregai un occhio, e stiracchiai l’altro braccio. “Sono andata a letto
presto ma
ho preso sonno molto tardi..” spiegai, accasciandomi sullo schienale
della
sedia. Papà scosse la testa, divertito.
- “Va
bene.”
- In
quel momento, nostra madre entrò nella stanza, con un entusiasmo quasi
esagerato. Era assurdo come l’arrivo di Melanie avesse fatto bruciare
anche
l’unico neurone di Emily.
- Mi
chiedevo quanto sarebbe durata ancora l’adorazione per la Figlia
Prodigio, alla
notizia che sarebbe diventata nonna.
- Scacciai
il pensiero, alzandomi da tavola per finire di prepararmi.
- Un
quarto d’ora dopo, ero sull’auto di mio padre, che andavo a scuola.
- Parcheggiò
nello spiazzo e marciai da Susan, Megan e Kim. “Ciao ragazze”.
- La
mia migliore amica era accigliata, le braccia conserte al petto.
“Cos’è, oggi
non ti ha accompagnata il tuo bello?” Sbiancai.
- Schiaffeggiai
la mano sulla fronte, ricordandomi improvvisamente di Rick.
- “Cazzo!
Mi sono dimenticata!”
- Estrassi
con foga il cellulare dallo zaino, trovando sul display l’avviso di due
messaggi e quattro chiamate perse, tutte del mio fantomatico fidanzato.
Imprecai tra i denti, e digitai una serie di scuse, dicendo che mi era
passato
di mente a causa di alcuni problemi di famiglia (problemi, tra l’altro,
di cui
ero a conoscenza solo io).
- Due
istanti dopo, mi arrivò la risposta. Tranquilla!
;) ti vengo a prendere dopo la scuola.
- Kim
mi guardava quasi scocciata. “Ma che cosa carina.” Borbottò, acida.
- Alzai
gli occhi al cielo, assumendo la sua stessa postura. “Sì, molto.”
- “Sta
già lavorando su come ferirti, evidentemente.” Sibilò, contrariata. A
quel
punto, la presi per il gomito e la trascinai un po’ in disparte. Non
volevo
dare spettacolo.
- “Oh
Kim!” sbottai, serrando i pugni lungo i fianchi, “Possibile che sei
così
fissata? Rick mi ha chiesto una seconda possibilità e gliel’ho data.
Non vuol
dire che gli dia anche l’opportunità di fregarmi, dato in questo
momento quella
che lo prende in giro sono io!” sbraitai, pentendomi subito dopo delle
mie
parole. Kim era paonazza, la bocca aperta e gli occhi strabuzzati.
- “Che..che
intendi dire?” farfugliò, confusa.
- “Con
questa seconda chance ci mettiamo alla prova..probabilmente lo sa anche
lui che
non durerà molto.” Sospirai. “E’..una specie di scommessa.” Era meglio
non
sbandierare ai quattro venti che Rick stesse cercando di farmi passare
la cotta
per Adam.
- “Ah.”
Kim si accigliò: “E in che cosa consisterebbe?”
- “Rick..sa che
non sono innamorata di lui. Sa
che non ho più fiducia nelle sue parole e che ho altro per la testa.”
Abbassai
il capo. “Gli ho chiesto di farmi innamorare di lui, se davvero è
cambiato per
il meglio.”
- A
quel punto, Kim, che se n’era rimasta buona buona per troppo tempo,
esplose.
“Ma allora sei scema, Nat! Vuoi farti
del male!”
- Mi
strinsi nelle spalle. “Peggio di come sto ora..” Kim si zittì, mentre
io mi
voltavo verso l’ingresso della scuola, lì dove c’era il gruppo di Adam
che
scherzava con i suoi amici. Sentii una fitta al cuore, vedendo il suo
sorriso.
- Sentii
una mano posarsi sulla spalla, e incrociai lo sguardo consapevole di
Kim.
- “Ci
sei caduta proprio con tutte le scarpe,eh?” disse, cercando di
rivolgermi un
sorriso stiracchiato, a cui non tentai nemmeno di ricambiare.
- “Peggio,
Kim..mi sto innamorando di lui..”
Evidentemente, non si aspettava la mia rivelazione, e rimase a bocca
aperta,
stile baccalà. Non avevo nemmeno la voglia di ridere di gusto a quella
faccia
buffa. Avevo ammesso a voce alta per la seconda volta l’innominabile
verità.
- Kim
si riscosse, e assunse la sua solita aria decisa.
- “Sai,
Megan mi ha appena detto che questo venerdì ci sarà una festa.”
Cominciò. Il
cambio repentino di argomento mi lasciò un po’ confusa, ma era meglio
che mi
distraesse. Meno ci pensavo, meno stavo male.
- “Non
mi sembra il caso, Kim.” Conclusi, poi, ripensando alla sua
affermazione.
- Raggiungemmo
di nuovo le nostre amiche, che ci lanciarono uno sguardo confuso.
“Ragazze,
dovete aiutarmi a convincere Natalie a venire alla festa di venerdì.”
Così
disse, e così successe. Alla fine
dell’ultima ora, esasperata, le avevo detto di sì.
- Putroppo,
Kimberly aveva uno strano ascendente su di me (per non chiamarlo piano
di
esasperazione), e mi convinceva a far di tutto. Come andare ad una di
quelle
stupidissime feste. Bastava che mettesse un paio di occhi dolci, un
labbruccio
tremulo, qualche “ti prego ti prego”, e il gioco era fatto,
normalmente. Ma
stavolta aveva giocato sporco, utilizzando la carta Jolly.
- “Nat,
non devi dimostrarti debole davanti a Brown..deve capire cosa si è
perso, sia
come amica che come ragazza.” Aveva detto, battendo un pugno sul palmo
aperto
dell’altra mano, “Devi farti vedere spensierata, come se non ti avesse
toccato
la sua uscita di scena.”
- La
campanella suonò, e Kim mi obbligò a muovermi.
- Quando
uscimmo in corridoio, sentii distintamente il vociare entusiasta dei
miei
compagni: evidentemente parlavano tutti del super festone che avevano
organizzato, e non stavano più nella pelle.
- E,
per qualche istante, mi sentii partecipe di quell’euforia, mentre Kim
parlava a
macchinetta di vestiti, scarpe e una manche di ristrutturazione
facciale (come
chiamava lei la fase trucco). Ma varcata la soglia della scuola, mi
irrigidii. C’era l’auto di Rick nel
piazzale, e lui era appoggiato alla portiera con un sorrisone
sgargiante.
Sentii Kim irrigidirsi al mio fianco.
- Deglutii
a vuoto, e proseguii verso il mio ragazzo.
- “Natalie!”
Mi accolse con uno sguardo di zucchero, e si sporse per darmi un bacio
sulla
guancia. Sentivo tutti gli occhi della scuola sulla schiena, e la cosa
m’irritava
parecchio. “Ciao Rick.” Risposi, telegrafica, sperando che non sentisse
il
reale tono seccato.
- “Ci
sentiamo dopo, Natalie..” Kim mi scoccò un’occhiata ammonitrice, per
poi
proseguire verso l’auto di sua madre dall’altra parte della strada.
- “Ciao
Kim..” il saluto mi morì in gola, quando notai Adam passare accanto a
noi, con
uno sguardo indecifrabile. Scosse la testa, e proseguì spedito.
- “Più
guardo Brown, più credo che sia un coglione.” Commentò Rick, con una
smorfia.
Non osai chiedergli il motivo, non avevo intenzione di parlare con lui
dell’altro. Era un tabù.
- “Su,
andiamo.” Disse poi, facendo il giro dell’auto per andare al posto di
guida.
Salii sull’auto, e Rick mise in moto. Durante il tragitto ci rivolgemmo
le
solite domande di cortesia: sembravamo due sconosciuti, e non due che
stavano
tentando di costruire qualcosa. Beh..l’unico che volesse costruire
veramente
qualcosa era solo Rick, perché io ero piuttosto passiva.
- Raggiungemmo
in pochi minuti casa mia, ma Rick mi fermò prima che potessi chiudere
la
portiera. “Nat, volevo dirti che questo venerdì non potrò passare a
prenderti
né alla mattina né al pomeriggio..devo partire per uno stage di tre
giorni
quella mattina presto.” Annuii.
- “Quindi
ci vediamo martedì mattina?” chiesi, e lui mi rivolse un sorriso
caldo,annuendo. “Sì. Ciao Nat.”
- “Ciao
Rick.” E chiusi la portiera, avviandomi in casa.
- **
- Quel
venerdì arrivò fin troppo in fretta, per i miei gusti.
- Kim
sembrava assatanata, non riusciva a parlare d’altro. Un po’ come tutto
il resto
della scuola; l’entusiasmo era sempre più in fermento, il vociare più
euforico,
e l’attesa più emozionante.
- Non
che io fossi emozionata. Non ero una da feste e robe varie, ma quando
capitava,
venivo sempre trascinata a forza dalle mie amiche,volente o nolente.
- Tra
l’altro, Kim era più intenzionata ad intensificare la fase preparativa,
e,
potevo giocarci una mano, ero certa che c’entrasse un certo Johnatan,
uno degli
amici di Adam; ci avevo scambiato qualche parola, talvolta, in classe.
Era
carino, con la testa a posto, e aveva conquistato la mia amica già da
un pezzo,
per quanto lei negasse.
- Quando
anche l’ultima campanella suonò, con mia somma gioia, perché non ne
potevo più
né di professori né di Kim, quasi mi misi a urlare.
- “Allora,
Nat, è tutto deciso: oggi pomeriggio vieni verso le quattro che ci
prepariamo.
Ho già in mente un vestito da farti mettere, e vedrai che sarai una
bomba!”
Sospirai,rassegnata.
- “Va
bene..ma niente di esagerato, vero?” Lei mi rivolse un sorriso
angelico.
- “Certo
che no!”
- Quello
che dovevo tenermi a mente, era che non dovevo mai
fidarmi di Kim, per quanto riguardava i vestiti.
- Me
ne stavo lì, davanti al suo letto, con gli occhi spalancati.
- Sul
suo materasso c’era una specie di salvietta da bidet nera, e per terra,
davanti
a me, due trampoli funesti che mi fissavano con odio.
- “Kim..”
- “Non
ringraziarmi, cara, lo so bene che è bellissimo!”
- “Non
è per me, vero?” Kim alzò gli occhi al cielo.
- “No,
guarda: per mia nonna. E’ in vena di buttarsi sulla pista da ballo,
sai..” fece
ironica, mettendosi le mani sui fianchi.
- “Kim,
non metto quella roba!” esclamai, additando l’oggetto incriminato.
- La
mia amica sbuffò, scocciata. “Cos’ha che non va, scusa?”
- Lo
indicai, ancora con più eloquenza, “Ma lo vedi? E’ INESISTENTE!”
- Kim
sbuffò. “Uffa, quante storie..mamma aveva ragione, ha fatto bene a
darmi il
cambio.” Borbottò, andando al suo armadio e cominciando a frugarci
dentro.
- La
madre di Kim aveva un carinissimo negozio di vestiti, dove potevi
trovarci
abiti per ogni occasione, e quello straccetto proveniva da lì.
Fortunatamente,
al contrario della figlia, Johanne aveva buon senso, e rispettava i
miei gusti.
- “Ecco
qua.” Kim mi mostrò un paio di jeans scuri e un top sbrilluccicante,
con
un’aria seccata.
- “Grande!”
esultai, prendendoli tra le mani e ringraziando tutti i santi del cielo
e
soprattutto la madre di Kim.
- Kimberly
sbuffò, incrociando le braccia al petto.
- “E
meno male che il progetto era “conquistiamo Adam”..”
- Avrei
dovuto odiare la mia amica perché aveva una maledetta memoria di ferro.
- E
avrei dovuto odiare me stessa perché, improvvisamente, la salvietta da
bidet
non mi sembrava più così corta.
- L’unica
cosa certa era che odiavo Adam..perchè mi stava seriamente stravolgendo.
**
Ehilà..allora,
soddisfatte o rimborsate dal capitolo? Ho scritto qualche schifezza,
secondo voi?
Stupite da Melanie, dal suo
segreto e dal riavvicinamento tra lei e Natalie? Cosa ne pensate?
Cosa indosserà Nat per la
festa? Cosa combinerà la nostra eroina? Kim combinerà qualcosa con il
simpatico amico di Adam?
E il nostro bellissimo quanto stronzissimo protagonista?
Si accettano scommesse xD
Ah volevo dirvi: ragazze, non accanitevi con Angelina u.u E' una brava
ragazza.
Come abbiamo imparato in questo capitolo, e nello scorso, le apparenze
ingannano. Non serve dire che soprattutto quelle di
Be..non ho molto altro
da dire, se non grazie per le vostre parole :) Siete gentilissime. Vi
adoro. **
Siete la ventata fresca in queste giornate afose >.<
:D Un bacione grande!
|
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Capitolo 16 *** 16. L'ho mai detto che odio le feste? ***
- Saaaalve :D
- Eccomi qui, e anche in poco
tempo...E' che non stavo piu nella pelle!! ^O^
- Capirete quello che intendo,
solo...leggendo xP
Vi ringrazio di cuore per le belle
parole di chi ha recensito, o solo per aver letto :)
Detto ciò, meglio che mi dileguo,
non vorrei farmi trovare, quando leggerete un punto del capitolo...
In compenso..beh, non vi dico
niente, ma sappiate che c'entra quel bontempone di Adam.
Un bacione grande!
- Capitolo 16. L’ho
mai detto che odio le feste?
-
- Dovevo
ricordarmelo, nel caso si fosse
presentata di nuovo occasione: non dovevo mai
più farmi dare una mano da Kim per il look per una festa.
- Se
per infilare quel pezzo minuscolo di
stoffa sbrillucicante ci avevo messo mezzo secondo - da non chiedere
come il
mio cervello avesse deciso questo irragionevole atto di masochismo
puro-la fase
di ristrutturazione facciale durò le seguenti due ore.
- La
cosa era stata traumatizzante.
- Quella
pazzoide schizofrenica della mia
amica aveva impomatato e truccato ogni millimetro di pelle del viso,
con
fondotinta, cipria, matite, mascara, obretti dai colori dell’arcobaleno
e
lucidalabbra appiccicosi al gusto ciliegia: per un momento, avevo
temuto di
essere stata tramutata in un clown.
- Ma
quando mi guardai allo specchio,
stentai a riconoscermi.
- Rimasi
praticamente a bocca aperta,
mentre Kim sogghignava: -Sei bella da mozzare il fiato, Natalie..- si
guardò
compiaciuta le unghie, -Vedrai quanto roderà quel cretino.-
- Dubitavo
che Adam avrebbe prestato
attenzione a me, ma in quel momento
non potei almeno un pochino essere d’accordo con Kim per la prima
affermazione.
Stavo bene così, e per una volta mi sentii degna di nota.
- Mi
ero sempre ritenuta piuttosto
anonima, nella norma. Quella sera, però, volevo brillare, almeno per
una volta
nella mia vita.
- Kimberly
si preparò nei restanti venti
minuti, con un’attenzione quasi maniacale a rendersi bellissima. Non
che
servissero i trucchi per sottolineare quanto fosse aggraziata nei
lineamenti né
vestiti vistosamente corti per evidenziare il suo corpo.
- -Benissimo..siamo
pronte entrambe,
direi che ci possiamo avviare.- Sorrise, aprendo la porta della sua
camera per
scendere in salotto.
- -Chad!-
urlò, fracassandomi i timpani.
Chad era il fratello di Kim, aveva quattro anni più di noi, e per
quella sera
era il nostro chauffeur.
- Appena
ci vide, strabuzzò gli occhi
chiari. –Ma siete impazzite? Non uscite di certo combinate così!- Il
suddetto,
era famoso per la sua ossessiva protezione per Kim, e si atteggiava
spesso e
volentieri da bodyguard. E questo accadeva da quando la mia cara
migliore amica
aveva quattro anni, e Kim,era veramente stufa dell’iper protettività
del
fratello.
- Kim
sbuffò: -Ci abbiamo messo quasi tre
ore, per prepararci, e ora di certo tu non ci smonterai i piani.
Volente o
nolente, ci porti a quella festa, Chad!- sibilò, perentoria.
- Lui
assunse un ghigno. Dovevo ammettere
che quel ragazzo emanava un fascino quasi magnetico. –Vedremo cosa dirà
il
boss..mamma!- chiamò, alzando la voce
per farsi sentire da Johanne, che arrivò quasi immediatamente con un
cesto di
vestiti da stirare. Poggiò il tutto sul tavolo, e si voltò ad
analizzarci,
aprendosi in un sorriso. –Siete magnifiche, ragazze! E Natalie..quel
vestito ti
sta d’incanto, anche se pensavo l’avessi scartato!-
- Ridacchiai,
arrossendo. Kim prese la
parola:-Infatti l’ha scartato,all’inzio..ma ha cambiato idea per una buonissima causa.- e ghignò, quella
pazza.
- -Ma
mamma!- si lamentò Chad, indignato.
–Non possono andarsene in giro così! Non sai quanti maniaci girano? E
poi fa
freddo!- Johanne scosse la testa, ridendo.
- Kim
ghignò ancora, vittoriosa.
–Bell’imbusto, forza, prendi le chiavi..siamo già in ritardo!- Lanciai
un’occhiata veloce all’orologio appeso alla parete, constatando che
fossero
ormai le nove e mezza, e che ci avevamo messo più tempo di quanto
pensassi, a
prepararci.
- Chad
sbuffò,e prese rassegnato il suo
giubbotto dall’attaccapanni accanto alla porta, borbottando tra sé.
- Johanne
rise ancora, lasciando una
carezza sulle guance di entrambe.
- -Divertitevi
ragazze, stendeteli
tutti!- esclamò, mentre uscivamo imbacuccate nei nostri cappotti,
ancora
ridacchiacchiando.
- Il
posto in cui era organizzata la
festa distava circa un quarto d’ora dalla casa di Kim. Chad rimase
zitto per
tutto il tragitto, impettito e indignato perché sua madre non l’aveva
appoggiato nel segregarci in casa.
- Quando
scendemmo dall’auto, il fratello
di Kim scoccò ad entrambe uno sguardo penetrante che non ammetteva
replice:
-Fate attenzione..- Kim annuì e fece un gesto come per scacciare una
mosca,
senza degnarlo di un saluto decente. Divertita, la seguii dentro al
locale.
- La
musica, che si percepiva già da
fuori, era al massimo e rimbombava nello stabile e pure nel mio
stomaco. Storsi
il naso: io odiavo il volume troppo alto, e odiavo il chiasso. E nelle
feste
c’era sia chiasso che volume alto; era chiaro, no,che odiassi le feste?
- Rimasi
con Kim per un tempo indefinito,
finchè non scorse la sua mira, ovvero l’amico di Adam, e prese il primo
che
passava(che ovviamente non oppose resistenza) obbligandolo a ballare
con lei,
ammiccando in mia direzione.
- Sorrisi,
notando che il povero Jonhatan
avesse il viso quasi violaceo dal nervosismo e dalla gelosia. E no, non
erano i
riflessi delle luci colorate che si riflettevano sulle pareti. I suoi
occhi
erano presi da una furia cieca; povero il malcapitato che ballava con
la mia
amica..non ero sicuro che sarebbe rimasto vivo a lungo, se avesse
sbagliato ad
allungare le mani su Kim davanti a Johnatan.
- Ma
ben presto la futura coppia passò in
secondo piano, quando, voltandomi verso l’ingresso poco distante da me,
vidi
Adam & Co entrare nel locale.
- Fu
come vedere un fulmine nel buio
pesto della notte, accecante e destabilizzante. Era bello da mancare il
fiato.
- Scossi
la testa, cominciando a sentire
la tristezza e la rabbia montare: non dovevo pensare a lui, quella
sera.
- Mi
concessi un ultimo sguardo, e scorsi
Angelina spostarsi in direzione del gruppetto di ragazzi che avrei
voluto
disintegrare dalla faccia della terra.
- Eccola,
Miss Perfezione..figurarsi se
Adam non fosse andato alla festa con quella. Da quel che capivo, ormai
facevano
coppia fissa; normalmente, Adam dopo uno, massimo due giorni scaricava
la
“fortunata”. E pensare che mi aveva convinto che non fosse un
puttaniere,
quella sera, nella casetta, spacciandosi per uno degno di fiducia,
nonostante
le voci di corridoio.
- Ah,
quel brutto verme..non poteva
rovinarmi la serata!
- Mi
diressi spedita, per quanto
riuscissi ad esserlo con tutta quella gente accalcata, verso il bancone
del
locale, in disparte rispetto la pista affollata; il barista mi fece la
radiografia completa, innervosendomi non poco.
- Quel
vestito mi sembrava di nuovo fin
troppo corto.
- -Che
prendi, bellezza?- l’avevo già
detto che mi dava tanto l’aria di viscido?
- Ordinai
la prima cosa che sentii
nominare da due ragazzi poco distanti da me, senza nemmeno sapere cosa
fosse e
sperando che non fosse una bomba esplosiva. Dubitavo che ci stesse
qualcosa di
analcolico, comuque, lì.
- Assaggiai
un po’ restia il drink in
questione, e non lo trovai male; però sentii già la testa alleggerirsi
al terzo
sorso, e quando finii il bicchiere ero piuttosto rimbambita. Avevo mai
accennato al fatto che non reggessi l’alcool? Evidentemente quel
cocktail non
era proprio leggero.
- Con
un sorriso ebete per
quell’improvviso senso di pace interiore, mi ritrovai a dare confidenza
ad un
tipo che si era seduto accanto a me, e che mi guardava evidentemente
divertito.
- -Ciao-
sorrise, educatamente, cercando
di farsi sentire oltre e gli schiamazzi e la musica a palla.
- -Ciao!-
risposi. Ero decisamente
confusa. E decisamente cretina.
- -Come
mai qui tutta sola, questa
bellissima ragazza?- chiese. Era un effetto ottico, o il suo gomito e
tutto il
resto del suo corpo si stava avvicinando a me?
- -Mi
annoio.- fu la mia risposta
asciutta, che lo fece sorridere ancora.
- Tanto
per dirlo, non era quel genere di
persona con cui avrei socializzato completamente lucida; ma siccome il
bicchiere precedente mi aveva reso la mente un po’ annebbiata, non ci
feci
minimamente caso.
- Lo
sconosciuto ordinò due drink dal
nome impronunciabile e sorrise nuovamente. Il barista glieli porse, e
il tipo
fece scivolare un bicchiere verso di me. –Brindiamo alla noia, che mi
fa
incontrare così belle persone.- E ammiccò.
- Da
lucida avrei sicuramente risposto
qualcosa di acido, gli avrei assestato un pugno sul naso e l’avrei
steso con
una ginocchiata tra le gambe, per poi alzare i tacchi. Odiavo chi ci
provava
così spudoratamente, sapeva di viscido. In qualche modo, era anche più
vile del
barista che sembrava spogliare con gli occhi ogni individuo di sesso
femminile
che veniva a bere qualcosa.
- Questa
volta, però, un po’ per la
delusione, un po’ perché non ero
lucida, afferrai il bicchiere e ingoiai il contenuto quasi con
disperazione, il
che mi andò direttamente alla testa. Mi bruciava la gola, e la testa mi
girò
per qualche istante.
- Il
tipo sorrise. –Hai sete vedo..ehi,
fammi un altro di questi.- disse, indicando il suo bicchiere quasi
completamente intatto.
- Tutto
doveva gridarmi “cazzata”, ma ero
ovviamente già ubriaca, e sì sa, quando si è ubriachi si è coraggiosi e
sprezzanti del pericolo: se poi si è anche sentimentalmente e
emotivamente
disperati, è peggio ancora.
- Ero
improvvisamente spigliata e aperta,
come non lo ero mai stata, mentre lo sconosciuto mi parlava.
- Dopo
il terzo bicchiere accettai pure
di ballare con il tipo senza nome, e presi a scatenarmi tra la massa.
Di solito
ero un pezzo di legno, non ero molto portata per ballare, ma quella
sera ero
piuttosto disinibita, e lasciavo che la mia parte irrazionale, per non
dire
idiota, di me mi guidasse.
- Quando la mano di quel tipo scese troppo in
basso, feci per allontanarmi schifata, ma mi sentii afferrare per un
braccio.
- –Direi
che per stasera ti sei divertita
a sufficienza.-
- Alzai lo sguardo annebbiato, trovandomi di
fronte gli occhi fiammeggianti di Adam. Sembrava furioso, e,
inspiegabilmente,
mi arrabbiai anch’io, mentre mi trascinava in disparte. –Tu vieni con
me.-
- Non
riuscii a oppormi, neanche con
tutte le mie forze. Mi portò in un posto piuttosto appartato, lontano
dagli
schiamazzi, il che fu una fortuna perché la testa pulsava forte. Senza
contare
che ero ancora un po’ schifata.
- Adam
mi impalò con uno sguardo intenso
e arrabbiato. –Cosa diavolo credevi di fare, eh?- poi, si aggiunsero le
sue
mani sulle spalle. –Ubriacarti, vestirti in questo modo..cosa volevi
dimostrare?-
sibilò, mentre i suoi occhi furenti mi facevano la radiografia.
- Lo
scrollai via, facendo una smorfia
scocciata.
- -Ti
odio. Perché tu puoi divertirti con
tutte le ragazze che vuoi, e io non posso ballare?- sbottai,indignata
ma con la
bocca impastata. –E poi, se non sto bene vestita così saranno fattacci
miei!-
- Nei
suoi occhi lampeggiò rabbia nera,
ma non rispose.–Stai delirando, sei ubriaca fradicia.- sbuffò, -Eppure
non mi
pare che tu abbia bevuto più di tre bicchieri..cosa diavolo hai
ordinato?
Doveva essere forte per portarti ad essere così sconsiderata.-
- Storsi
il naso, incrociando le braccia
al petto. In un altro momento, avrei dato peso al fatto che mi avesse
osservata
per tutto il tempo, ma in quel momento non ero in me. –Non ti può
interessare
di meno.- gracchiai, con la gola in fiamme. –Perché mi hai trascinata
via? E’
finita la recita, Adam, è finito il gioco. Smettila di tormentarmi..hai
vinto.-
- Notai
i suoi pugni stringersi
spasmodicamente, e poi rilassarsi con uno sbuffò.
- -Possibile
che tu sia così ottusa?
Vabbè che ora non sei lucida..ma normalmente quando si è ubriachi si
dice
quello che si pensa..-
- Annuii,
-Sì, ma io non sono mica
ubriaca..!- mi lamentai.
- Accennò
un sorriso amaro e sarcastico.
–No, neanche un po’.-
- Sentii
un capogiro alla testa, e
barcollai, mugugnando; come arrivai al petto di Adam non lo seppi,
fatto sta
che la cosa mi piacque più del lecito.
- -Sei
proprio un impiastro..- sussurrò.
- Mi
scostò appena, e afferrò la mia
mano, intrecciandola con la sua.-E’ meglio portarti in un posto
tranquillo.- E
mi trascinò in una saletta isolata dal resto.
- -E
questo posto?- chiesi, stupita.
- Lui
si strinse nelle spalle. -Non è la
prima volta che vengo ad una festa qui. Quando ho voglia di starmene da
solo vengo
di qua, senza che nessuno venga a rompermi.- spiegò. Annuii, come se
tutto
fosse chiaro, mentre in realtà la mia mente era una nebbia completa.
Chissà se
stavo sognando. Però sentivo ancora le dita di Adam intrecciate alle
mie, quindi
non era un sogno..un momento: la mia mano in quella di Adam?
- Anche
da ubriaca mi persi in congetture
depresse, e cercai di districare la presa prima che il tutto fosse
troppo
doloroso. Perché giocava così con me?
- Ma
lui non mollò la presa, e con uno
strattone mi ritrovai incollata al suo petto, di nuovo, i nostri
sguardi
intrecciati come le nostre mani.
- Il
suo sguardo era qualcosa di
magnifico, intenso e destabilizzante.
- Quasi
non mi accorsi che si fosse
avvicinato con il viso al mio, troppo impegnata a osservare le
pagliuzze verde
acqua nelle sue iridi.
- Ma
quando sentii il suo respiro sulle
labbra, persi totalmente la cognizione di dove e perché mi trovassi lì,
e
persino come mi chiamavo. Sarebbe successo anche se fossi stata
lucida..anche
se, in quel caso, l’avrei certamente allontanato.
- -Cosa..?-
- Lo
sguardo di Adam si fece un momento
incerto, poi parlò pianissimo, vicino alle mie labbra. –Domattina non
ricorderai nulla, sei troppo ubriaca..tanto vale cogliere
l’occasione..- e le
sue labbra sfiorarono le mie, creandomi uno scompenso ormonale non da
poco e
facendo sussultare il mio povero cuore. Me lo sentivo, sarebbe volato
via di lì
a poco.
- Travolta
da non so cosa, sciolsi le
dita dalla mano di Adam e gli gettai le braccia al collo, baciandolo
con foga.
- Adam
si era irrigidito per un momento,
ma non ci impiegò poi molto a ricambiare il bacio con la stessa
passione.
- Oh,
quanto avevo desiderato quel
bacio..peccato che avesse ragione: l’indomani avrei cancellato il
ricordo, e
per me sarebbe stato come se non fosse successo nulla..ma allora perché
lo
faceva? Cosa cambiava a lui, baciarmi o meno?
- Perché
l’aveva fatto solo con la
certezza che poi non avrei ricordato niente?
- Stupidi
bicchieri di troppo! Quanto
avrei voluto non essere ubriaca!
- Portai
le mani tra i suoi capelli,
morbidi e stupendi, e mi persi a giocarci, mentre lui mi stringeva di
più.
- Possibile
che anche per lui quel bacio
fosse disperato quanto lo era per me? Magari erano solo dei
vaneggiamenti da
ubriaca, però lo percepivo così. Ma siccome sentivo anche del
sentimento, in
quel bacio, era matematicamente impossibile che la mia percezione fosse
corretta.
- Una
sua mano si posò sul mio capo, poi
scivolò alla mia guancia e lasciò una carezza quasi con..dolcezza.
- Oh,
Adam..-Ti odio..-mormorai, sulle
sue labbra. Ma lui mi strinse forte, e si riappropriò delle mie labbra
senza
che potessi, e volessi oppormi, come se non avessi mai detto niente.
-
- And in another life
I would be your girl
We keep for our promises
Be us against the world
-
- La
canzone di Katy Perry giungeva fino a
noi, nella nostra saletta appartata, mentre ancora non trovavo la forza
per
allontanarlo. Stavo sbagliando, stavo deliberatamente giocando col
fuoco; ma
dopotutto, chi dei due rischiava di più?
- L’indomani,
come minimo, io avrei
debellato ogni ricordo. Non mi sarei bruciata.
- Ma
lui era lucido, mi stava baciando senza
un motivo valido, ma lo stava facendo. E
questo bastava a rendermi ancor più confusa di quanto già non fossi per
l’alcool ingerito.
- Should told you what you meant
to me,
Cause now I pay the price
- All’improvviso,
prima che potessi
rendermene conto, Adam fece scivolare le sue mani sulle mie spalle e mi
allontanò delicatamente, lasciandomi con un vuoto nel petto.
- Piantò
i suoi occhi nei miei; erano
fiammeggianti, di un verde intenso, quasi più scuro della normale
tonalità
delle sue iridi. Sembrava volesse leggermi dentro, e quasi mi venne il
dubbio
che avesse capito i miei sentimenti.
- In
quel momento mi sentivo più lucida di
prima che bevessi, per assurdo.
- -Sei
stato con Angelina?- chiesi,
spaventosamente diretta, sostenendo il suo sguardo.
- -No.-
Quella parola echeggiò fino al mio
cuore, s’infilzò come uno spillo, e ci si tatuò. –Tu stai con Donagan?-
- Quello
stesso organo che prima stava
battendo furioso, perse un pulpito.
- -Sì.-
Ma avrei voluto dire di no, perché
era lui e solo lui che volevo. Nei suoi occhi passò la delusione, e
fece
l’ennesimo passo indietro; non si allontanava solo dal mio corpo, ma
anche dal
mio cuore: era stato un errore baciarlo, mi era sembrato, ingenuamente,
che i
nostri cuori fossero vicini, che fossero legati.
Dio, com’ero patetica.
- Adam
abbassò lo sguardo, e fece una
smorfia, quasi disgustata. –Cazzo, che
coglione che sono..- sibilò, tra sé.
Feci un passo avanti, ma il suo sguardo intenso e arrabbiato mi
trafisse,
bloccando i miei movimenti e il mio respiro.
- -Adam..-
mormorai, afflitta. –Io non ti
capisco..- Cominciai a sentire gli occhi pizzicare: ma bene, avrei
fatto anche
la figura della piagnona. Poco male, no? Sentii il nervosismo crescere,
tutta
l’angoscia dei giorni precedenti montare.
- –Cos’è,
tu e Wilson avete fatto un’altra
scommessa? Stavolta cosa devi fare? Qual è la posta in gioco?-
sbraitai,
cominciando a gesticolare e lasciando cadere le lacrime sulle guance.
L’espressione di Adam era indecifrabile. –Sei solo uno stronzo! Non
t’importa
nulla degli altri!-
- Così,
cominciai lo sfogo, perché, se non
si era già capito, non ne potevo più.
- -Ho
sempre diffidato da tutti, dopo Rick!
Poi sei arrivato tu e hai buttato giù le mie barriere,e mi sono fidata,
perché
a differenza di molte altre persone, riuscivi a capirmi! Proprio tu,
che mi
rendevi la vita un inferno! E poi? Poi scopro che era tutta una bugia,
una scommessa!-
- -Natalie..-
fui io, stavolta, ad
allontanarmi da lui quando tentò di avvicinarsi.
- Lo
guardai tra le lacrime; -Io mi fidavo
di te..eri davvero importante. Ma evidentemente sei come tutti gli
altri.-
mormorai, per poi girare i tacchi e tornare nella mischia della gente.
Cercai
Kim, con gli occhi appannati e un mal di testa lancinante, e la trovai
seduta
ai divanetti, accanto a Johnatan, con cui parlava amorevolmente. Mi si
strinse
il cuore, non volevo interromperli per una mia stupida crisi. Perciò
decisi di
uscire dal locale e chiamare Rose. Mi disse che sarebbe arrivata in un
batter
d’occhio; ovviamente non le era sfuggita la voce spezzata.
- Mi
portai in un angolo, per aspettare mia
sorella. Sentivo chiaramente la musica e gli schiamazzi provenire
dall’interno,
il che aumentava solo il mio mal di testa esponenziale.
- -Ehy..-
sentii una mano posarsi sulla
spalla e sussultai, spaventata, scrollandola via. –Piccola,
sono io..- guardando il tizio illuminato dalla luce
dell’insegna, lo riconobbi come quello che aveva tentato di ubriacarmi
e
palparmi. Il suo fiato puzzava in modo schifoso di alcool:
evidentemente non si
era fermato, quando mi ero allontanata con Adam, ed ora era
completamente
sbronzo. Si era avvicinato di nuovo, e cominciai a sentire i brividi di
paura
sul collo. Avevo un brutto presentimento.
- Cercai
di spostarmi e andare via, ma la
sua mano scattò al mio polso, bloccandomi. Il mio respiro si mozzò,
mentre il
mio cuore prendeva a scalpitare. –Non andare via..- e ridacchiò,
alitandomi
addosso con quel puzzo di alcolici. Cercai di strattonare via il polso,
ma lui
non accennava a mollare la presa. Ma perché accadevano tutte a me?!
- -Lasciami
andare!- ringhiai. Decisa fuori,
in panico dentro.
- Lui
ridacchiò ancora, e scosse la testa.
–Rilassati, piccola, ti farò
divertire..!-
- Oh
no, no, no..
- Avrei
dovuto urlare, ma con quante
probabilità mi avrebbero sentita con la musica a quel volume? Senza
contare che
avevo ancora la gola secca e dolorante.
- Lasciai
nuovamente le lacrime cadere,
mantenendo comunque un’aria impassibile, mentre quell’uomo si
avvicinava
ulteriormente a me. Sentivo il cuore esplodere, il panico diffondersi
sempre di
più.
- Aiuto..ma
quell’invocazione non usciva dalle mie labbra. Qualcuno mi
aiuti..
- La
mano di quel verme mi sfiorò la
guancia, e scrollai la testa per non farmi toccare di nuovo.
- -Non
piangere, piccola..- sibilò, troppo vicino al mio
viso. La sua mano si
appoggiò alla mia schiena, e prese a scendere più in basso, quando
tutto
accadde molto velocemente.
- -Pezzo
di merda, non osare toccarla!- Improvvisamente, l’uomo venne
colpito da un
pugno secco e mi lasciò la mano per portarsela al viso. –Natalie, via!-
Ancora
terrorizzata, ascoltai le parole di Adam, e mi spostai qualche metro
più
indietro in un istante, non riuscendo però a non guardare il ragazzo
che amavo;
Sferrò una ginocchiata nello stomaco di quell’animale che lo stava per
colpire
a sua volta. Il verme si accasciò a terra, e le mie ginocchia cedettero
a loro
volta. Ma sentii immediatamente due braccia avvolgermi e sostenermi.
- Adam..il
mio Adam.
- Scoppiai
a piangere, ancora in panico,
terrorizzata, stretta al petto di Adam, che mi trascinava lontano.
- -Sh..sh..è
tutto finito, Nat, tutto
finito..Sei al sicuro.- mormorò lui, sulla mia fronte, lasciandomi un
caldo
bacio. –Sono qui..-
- -Non
lasciarmi..ti prego..- singhiozzai,
attaccandomi alla sua maglia. In quel momento, notai che non si era
nemmeno
messo il cappotto, e realizzai che dovesse essere congelato. Fuori
faceva
freddissimo.
- Se
c’era qualcosa che mi premesse di più,
in quel momento, era la sua salute.
- -A-Adam..avrai
f-freddo..- parlai a fatica.
In risposta lui mi strinse maggiormente.
- -Mi
importi di più tu.- quelle parole mi scaldarono
il
cuore. –Scusami, Natalie..-
- Non
riuscii a far altro che piangere
ancora, ancora e ancora, finchè due fari puntati addosso, non mi
accecarono.
Due istanti dopo, Rosalie correva verso di me col viso sfigurato dalla
paura.
- -Natalie..cos’è
successo?!-
- -Quel
verme..- Adam fece una smorfia e un
cenno all’uomo ancora agonizzante sull’asfalto, e sbiancò.
- -Oddio,
Natalie..Nat..tranquilla, è tutto
apposto..- si rivolse a Adam, -L’ha toccata?-
- La
presa di Adam s’intensificò, e così mi
sentii ancor più protetta. –No. Sono intervenuto appena in tempo.- La
sua voce
era piatta: non osavo alzare lo sguardo per trovare il suo, sicuramente
era
furioso.
- Rose
si sporse verso di me, e mi toccò una
spalla, facendomi sussultare. –Ti porto a casa..-
- Tutto
il terrore stava uscendo, tutto
quello che avevo trattenuto fino a qualche minuto prima era esploso.
- -Sh..non
ti lascio.-mormorò al mio orecchio, per poi rivolgersi a mia
sorella.
–Vengo con voi, se permetti.- Evidentemente,Rose accettò, perché Adam
mi
sorresse fino alla macchina e s’infilò nei sedili posteriori, tenendomi
sempre
abbracciata a lui.
- Nell’abitacolo
c’era caldo grazie al
riscaldamento al massimo, così almeno Adam non si sarebbe ammalato..ma
io
sentivo ancora freddo, ero gelata.
- Ero
terrorizzata.
- Adam
prese ad accarezzarmi i capelli, lentamente
e dolcemente, cercando di infondermi calma.
- -Nat,
sei al sicuro ora..- ripetè, quando
ormai avevamo raggiunto la camera di Rosalie. Adam cercò di
allontanarmi, e un
nuovo attacco d’isterismo e lacrime mi colpì. Ero spaesata e persa
senza lui.
- -Ehi,
ehi, tranquilla..non me ne vado. Ma
Rose deve metterti il pigiama, non puoi star vestita così.-
- Lo
lasciai uscire dalla camera, e mia
sorella mi aiutò a mettermi comoda. Mi scoccò un bacio sulla guancia,
uscì
dalla stanza e ne entrò nuovamente Adam.
- Rose
aveva capito che era l’unico che mi
avrebbe potuta aiutare, in quel momento.
- Due
passi, e mi ritrovai ancora stretta a
lui. Ero così impegnata ad abbracciarlo, lieta di sentirmi nuovamente
al
sicuro, che non avevo fatto caso al fatto che si fosse cambiato.
- Con
me appolipata addosso, riuscì a
scostare le coperte e trascinarmici sotto con lui, tenendomi sempre
stretta a
sé. Mi lasciò un bacio sulla tempia, delicato.
- –Ora
dormi Natalie..-
- Stavo
già crollando, ma trovai la forza
per porre la domanda che mi stava rodendo da quando mi aveva stretta a
sé.
–Adam, perché lo fai se non sono..niente
per te?-
- -Non
ti ho presa in giro Natalie..-
mormorò sui miei capelli, ma l’effetto che fece sul mio cuore fu quello
di una
bomba atomica. –Sì, all’inizio Wilson mi aveva proposto
di..conquistarti..ma mi
sono rifiutato. Per questo abbiamo litigato, non volevo usarti..Mi sono
avvicinato a te di mia spontanea volontà, volevo davvero
conoscerti..esserti
amico..però poi ti ho visto con Donagan e..sono uscito di testa, ero
geloso,
non sapevo più che pensare..- confessò. Il mio cuore aveva ripreso a
battere, a
sfarfallare scaldato dalle sue parole.
- -Rick
mi..ha proposto di ritentare, anche
se io volevo dirgli di no..però tu hai cominciato a..stronzeggiare,
non capivo perché e allora..ho detto di sì..- avevo
rivelato fin troppo, mostrandogli una mia debolezza.
- Adam
sospirò. –Scusami..sono un cretino.
Ma credimi, tengo davvero alla nostra amicizia.-
stoccata al cuore. –Sei la mia amica più importante.- Altra stoccata.
- Amica.
Per Adam ero e sarei sempre stata solo un’amica.
- Ripresi
a singhiozzare, e lui, allarmato,
mi strinse forte a sé. –Non pensare a prima, Nat..quello schifoso non
oserà mai
più nemmeno guardarti..- Ecco, aveva preso il mio pianto per la
faccenda del
verme..ma in realtà ero solo amareggiata.
- Era
un coglione, ed io un’illusa. Mi aveva
baciata, ma ero solo un’amica.
- Evidentemente,
lui baciava le sue amiche. Stupendo. Non ci sarei mai,
mai più
ricascata.
- Ora
come mai, Rick avrebbe dovuto darsi
una mossa a conquistarmi. Perché il mio sentimento per Adam stava
crescendo a
vista d’occhio, e io non potevo permettermelo.
- -Sh..Tranquilla,
Natalie..sh..- cercai di tranquillizzare il respiro, e Adam mi sfiorò i
capelli
in una carezza delicata. –Dormi..io starò qui accanto a te. Starò
sempre
accanto a te.- E quella suonava una promessa anche per l’indomani,
fuori dal
letto improvvisato nella camera di Rose.
- -Ti
voglio bene, Natalie.- E chiusi
definitivamente gli occhi, per stoppare le lacrime che volevano di
nuovo
scendere. Ti amo, Adam.
- *
- Svegliarmi,
quella mattina, fu qualcosa di
particolarmente traumatizzante.
- Avevo
un mal di testa micidiale, pulsava
dolorosamente, mi bruciava la gola e sentivo il collo indolenzito.
- Quando
alzai le palpebre pesanti, capii
immediatamente il perché. La mia faccia era posata sul petto di Adam
che avevo
usato come guanciale.
- Il
mio nuovo cuscino respirava tranquillo,
ma non pesantemente; non volevo muovere un muscolo per accertarmi che
fosse
sveglio, avevo il terrore che si alzasse e andasse via.
- Sentii
un fruscio, e il suo respiro
solleticò la mia fronte. La sua mano prese ad accarezzarmi i capelli, e
talvolta si rigirava una ciocca tra le dita.
- -Buongiorno.-
dal tono sereno che aveva
usato, immaginai che stesse sorridendo.
- -‘Giorno..-
sospirai a malincuore, tanto
ormai sapeva che ero sveglia. Alzai il viso dal suo petto, e incrociai
i suoi
occhi smeraldini, luminosi.
- -Sei
di buonumore.- dedussi, arcuando un
sopracciglio.
- Sorrise,
di un sorriso caldo e sincero.
Quando mi era mancato…
- -Come
non potrei esserlo?- fregò la mia
ciocca sulla mia gota, che intanto si arrossava, -Non ne potevo più di
quella
farsa..mi sei mancata da morire, Nat.-
- Sei
semplici parole per farmi sciogliere
come un ghiacciolo al sole. Come riusciva a dire sempre la cosa
perfetta? Ero
tentata di chiedergli se avesse un manuale segreto per conoscermi così
bene.
- -Anche
tu..- confessai, in un sussurro.
- -Mi
dispiace solo che sia venuto fuori in
un momento così spiacevole.- ed ecco il suo viso rabbuiarsi e i suoi
occhi
perdere quella vitalità, sostituita da qualcosa che non identificavo.
–Se solo
non ti avessi fatta scappare, Natalie..sono imperdonabile.- Al ricordo
della
sera precedente, mi sentii andare a fuoco.
- Mi
ero convinta che non avrei rammentato
nulla, ma al contrario ricordavo tutto.
Specie cos’avevo sentito baciandolo, le sue parole incomprensibili, le
sue
carezze nei miei capelli, il suo cuore battere forte all’unisono col
mio..
- Scrollai
impercettibilmente, per lui, la
testa, scacciando il pensiero, e mi feci seria.
–Adam, non è stata colpa tua, quindi vedi di non
auto-flagellarti con
pensieri erronei e masochistici.- lo ripresi, guardandolo fisso negli
occhi.
Tentennò, e alla fine sospirò, annuendo.
- Cercai
di sorridergli. –Va tutto bene. Non
è successo nulla.-
- Sì,
ero tranquilla fin tanto che lui era
con me..ma poi come avrei reagito?
- Dopotutto,
era vero che non mi aveva fatto
nulla. Però sentivo ancora l’angoscia annodarmi lo stomaco.
- -Natalie..ti
prego di non sminuire la
cosa. Poi, ieri eri terrorizzata..- il suo respiro si spezzò, e nei
suoi occhi
passò la furia della sera precedente. –Non permetterò mai più che
succeda,
Nat..ti proteggerò sempre.- disse, solenne.
- Prima
che potessi rispondere, il mio
cellulare prese a suonare. Adam allungò il braccio verso il comodino, e
me lo
passò. Era Kim.
- -Pronto?-risposi,
mentre mi scappava uno
sbadiglio improvviso.
- -Nat!
Ma dov’eri finita ieri?!- deglutii a
vuoto, mentre Adam stringeva il pugno che non mi sfiorava i capelli,
nervoso.
Evidentemente la voce squillante di Kimberly arrivava chiara anche a
lui.
- -Sono..tornata
a casa prima..avevo il mal
di testa. Sai quanto poco tollero il fracasso.- mentii, sotto lo
sguardo severo
di Adam.
- -Ah,
capisco..-
- -Ehi!-
cambiai discorso, prima che potesse
indagare, -Con Jonhatan com’è andata?- Adam aprì la bocca, stupito, per
poi
stenderla in un sorrisetto.
- -Oh..benissimo!
Oggi pomeriggio usciremo
insieme..sai che mi ha detto che sono davvero carina? E’ così dolce..il
mio
cucciolo..- A quel punto, Adam scoppiò a ridere, e io gli diedi un
pugno sul
torace definito.
- -Un
momento..perchè ho sentito la risata
di quel cafone di Adam Brown?-
- -Perché
quel cafone di Adam Brown è
accanto a me, e sta ascoltando.- ridacchiai, divertita, immaginando il
viso
paonazzo di Kim.
- -Aspetta,
rettifico: perché quel cafone di
Adam Brown è nel tuo letto?-
- Mi
sentii avvampare. –Chi ti dice che è
nel mio letto?- risposi, e la mia voce sfiorò lo stridulo. Adam
continuava a
ridere, e le mie occhiatacce non servirono a nulla. –Beh, innanzitutto
perché
sono le dieci..e tu il sabato mattina non ti alzi dal letto nemmeno se
sei
sveglia prima delle undici. Lui è più pigro di te per uscire dal letto
e
venirti a trovare. E poi la tua voce da gallina dice tutto.-
- -Ehy!-
mi lamentai indignata.
- -Hai
ragione, Kimmy. Stanotte io e Nat ci
siamo dati da fare come conigli!- s’intromise Adam, con un tono solenne
e un
ghigno da infarto.
- Scommettevo
tutto che il mio viso
ricordasse un semaforo rosso.
- -Adam!-
sibilai, imbarazzata, mentre
dall’altro lato della cornetta Kim rideva come una cretina.
- -Quindi
avete fatto pace?-
- -Sì.-
dicemmo all’unisono, incrociando gli
sguardi. Adam mi sorrise, in un modo definibile illegale, per quanto
dolce e
meraviglioso.
- -Quindi,
caro, ora mi spieghi cosa ti è
preso!-
- -Credo
sia stato afflitto da coglionite.- lo precedetti, -Ma
è
rinsavito. Ora devo andare, Kim..ci sentiamo stasera, quando mi
racconterai di
Jonhatan.-
- -Ovvio
che sì!- trillò lei, allegra.
- -Ohi,
non strapazzare il mio amico!-
l’ammonì Adam, divertito. Dopo gli ultimi saluti, riattaccai. -Sono
felice per
loro..John era quasi disperato perché pensava che Kim non l’avrebbe mai
notato..assurdo!-
rise Adam, e io lo guardai stupita.
- Rimasi
un attimo abbagliata dal suo
sorriso, poi, con una notevole forza di volontà, mi riscossi. –Intendi
dire che
a Johnatan interessava già Kim?-
- -Da
un casino di tempo!- rispose concitato
Adam, mentre riappoggiavo rilassata il capo al suo petto marmoreo.
- In
quel momento, la porta della mia stanza
si aprì, rivelando la figura di Rose.
- -Adam,
tua madre è in crisi..ti conviene
avvisarla.- Adam annuì. –Pensi di rimanere qui a pranzo?- continuò
Rose, ma
stavolta la risposta fu negativa, con mio sommo dispiacere. Disse che
doveva
spiegare con calma a Emma com’era andata la storia (speravo che
saltasse la
parte della molestia) e che non aveva fatto baldoria fino al mattino
come
sicuramente aveva pensato.
- Quando
Rose richiuse la porta, decretammo
che fosse giunto il momento di alzarci.
- -Ehi..il
pigiama!- mi fece notare Adam,
divertito, indicando la mia mise.
- -Accidenti!
Sei sfacciatamente fortunato!-
mi lamentai, fintamente indignata.
- -E
sfacciatamente felice di esserlo!-
ribattè, con un sorriso da infarto.
- Mentre
Adam recuperava la felpa della sua
tuta, che aveva spogliato perché –sue parole- io ero una stufa con 50
gradi
corporei, gli avevo raccontato le ultime novità.
- -Hai
seriamente fatto pace con Melanie?-
Adam era stupito, e io gli feci una pappardella di considerazioni su
quanto, in
realtà, le apparenze ingannassero.
- -Oh,
lo so bene!- rispose Adam, con un
sorrisetto. –E’ un po’ come la storia della suora che, all’occorrenza,
sa
diventare una vera pantera!- e mi lanciò uno sguardo malizioso che mi
fece
ribollire il sangue nelle vene.
- Considerai,
poi, mentre sistemavo le
coperte del letto, che anche tra di noi c’erano sempre stati
pregiudizi. Prima
(cioè fino al giorno precedente) pensavo che Adam fosse un vile
bastardo,
invece..era il ragazzo più dolce, protettivo e meraviglioso
dell’universo. E lo
amavo anche per questo.
- Anche
se mi aveva mentito, perché ormai
avevo conosciuto il suo vero io.
- Oddio,
quanto ero sdolcinata!
- -Che
scemo!- risi, scuotendo la testa.
- Aprii
la porta e uscimmo sul pianerottolo,
e incrociammo Mel, che aveva deciso di rimanere ancora per qualche
tempo, con
gioia di mammà. L’aveva fatto solo per prendere ancora un po’ d’aria e
avere il
tempo di spiegare con calma ai nostri genitori la sua situazione
complicata.
- Ci
riservò uno sguardo stupito, a cui
ricambiai con uno che diceva “poi ti spiegherò tutto”. Mel sorrise.
–Buongiorno!-
- Adam
ricambiò con nonchalance al saluto,
conscio del fatto che nemmeno io avessi più problemi con mia sorella.
- Quando
entrammo in cucina, mamma si stupì
di vedere Adam.
- -Oh,
mio caro!- trillò, -Che sbadata, non
ho nemmeno sentito il campanello!- fece una risatina quasi da cavalla,
-Stai
bene ora?- chiese, poi, dolce. Evidentemente si riferiva a sabato
scorso,
quando la cena era saltata per il malore di Adam e la mia apatia
immotivata.
Che poi, era generato dalla stessa faccenda.
-
- -Certo,
ora è tutto okay.- e mi rivolse un
sorriso che avrebbe potuto fermarmi il cuore senza troppi preamboli.
- Le
scelte erano due: o saltargli al collo
e mangiarmelo di baci o cercare di sorridergli e assumere una parvenza
di
normalità.
- Beh,
è ovvio quale delle due scelte
preferissi..però mi limitai a optare per la seconda, preservando la mia
salute
mentale.
- -Ma
sedetevi, ragazzi!- trillò ancora mia
madre, indicando il tavolo. –Vi preparo una buonissima colazione, non
temete!
Melanie cara, cosa desideri?-
- Melanie
sorrise a mamma, e per la prima
volta notai quanto fosse diverso quel sorriso da quello che aveva
rivolto a me
solo qualche giorno prima. –E’ uguale, per me.-
- Adam
rimase per la colazione, poi disse di
dover andare a parlare con sua madre, e Emily lo strapazzò tutto, tra
baci
sulla guancia e pizzicotti.
- Il
resto della mattina lo passai a fare i
compiti di matematica alla cavolo, mentre parlavo con Mel e Rose; pure
loro
sembravano aver ritrovato una certa affinità..ma dubitavo che Melanie
avesse
detto tutto a Rose.
- -Però
devo ancora capire perché Adam sia
rimasto..cioè, pensavo che se ne sarebbe andato dopo..-
- Ovviamente,
Rosalie le aveva spiegato la
storia, per questo Mel era si era accigliata, nell’affrontare il
discorso.
- -Dubito
che sarebbe riuscito a
scappare..Nat ha una presa da lottatrice di sumo.- ci scherzò su Rose,
ma si
vedeva che era tesa.
- -Beh,
ti ha fatto bene, intendo stare con
Adam..Per tutta la settimana mi sei sembrata un automa. Ora hai
ritrovato il
sorriso.- commentò Mel, assumendo un’aria incuriosita. –Che è successo
tra
voi?-
- Mi
sentii avvampare, e ribollire il sangue
nelle vene.
- -Avevi
ragione, era tutta una bugia perché
era geloso di Rick..- rivelai, rossa d’imbarazzo.
- Rose
lasciò cadere la matita sul quaderno
degli appunti, e battè un pugno sul tavolo. –Lo sapevo che era per lui!
Te ne
sei innamorata!- e si aprì in un sorriso soddisfatto, guardandomi
attentamente.
Arrossi ancor di più, se mai fosse possibile.
- Deglutii
a vuoto, -Sì, però..perchè
abbiamo litigato..non ci siamo parlati per una settimana, dopo il
nostro
non-bacio..poi ieri ho bevuto un po’ troppo, e quando quel
tizio mi ha presa di mira lui mi ha portata via e..- il mio
cuore prese a battere all’impazzata, al ricordo della sera prima, -mi
ha
baciata..-
- -Finalmente!-
fu il commento delle mie
sorelle, all’unisono.
- -Però
abbiamo litigato ancora..mi stava
prendendo in giro!- sbottai, indignandomi. Continuavano a mettere in
secondo
piano quanto mi avesse fatto soffrire e che, putroppo, ero già
impegnata. –Sono
scappata via e..-
- Rose
intervenne, rabbuiandosi. –Saltiamo
il pezzo.-
- -Sì,
e poi..stanotte mi ha detto che sono
l’amica più importante che ha e che mi vuole bene.-
- -Coglione..-
dissero ancora, all’unisono, Rose e Melanie.
- -Non
ci posso credere, è ottuso bene il
ragazzo!- sbottò Mel, indignata.
- Rose
fece un gesto come a scacciare un
insetto. –Non credere, lui ha capito cent’anni fa cosa prova..solo che
ha paura
di essere rifiutato..-
- Ma
ormai non le stavo più ascoltando,
troppo presa a rivivere quel bacio che non avrei dovuto ricordare
davanti ai
miei occhi.
- Pazzesco,
sentivo ancora i brividi.
- Il
pranzo arrivò fin troppo presto, per i
miei gusti. Con Rose e Mel potevo perdermi a farmi i fattacci miei
senza che
m’interrompessero, ma a tavola con mia madre che notava ogni più
piccolo
dettaglio, ovviamente raggiungendo conclusioni sbagliate, era tutto un
altro
paio di maniche.
- -Natalie,
ti vedo un po’ pensierosa,
oggi..- commentò Emily. Ecco, appunto.
- -Chissà
a chi gravitano i pensieri di
Nat..- sentii ridacchiare Rose a Mel, che ghignò lanciandomi uno
sguardo
malizioso al quale arrossii. Che razza di sorelle che avevo!
Incredibile!
- Quando
arrivammo al dolce, Mel si schiarì
la gola, pallida come un cencio.
- -Mamma,
papà..vorrei dirvi una cosa.-
annunciò, con voce incerta.
- I
miei genitori furono tutt’orecchi.
- Non
starò a dire che mamma svenne, che
papà era diventato prima rosso, poi verde, poi viola, per poi tornare
di nuovo
rosso, quando Melanie disse che era incinta. Non
starò a dire quanto Rose, malgrado tutto,
fosse felice di diventare zia; non starò
a dire che sostenni Melanie tutto il tempo, mentre mia madre la
guardava delusa
e rammaricata. Non starò a dire che Mel pianse tutte le sue lacrime,
mentre
spiegava come fosse successo tutto.
- Però,
per una volta nella mia vita, sentii
la mia famiglia davvero unita, nonostante la situazione difficile,
sebbene lo
sguardo disilluso di Emily, la rabbia mal trattenuta di mio padre verso
il
non-ragazzo di Melanie, e il dolore di mia sorella.
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Capitolo 17 *** Nemici, amici, innamorati..Amore irrazionale! ***
Ok. Non è un miraggio, questo capitoletto..(capitolone,
anzi) E' solo che tra la scuola, sport e qualche problema personale, mi
è mancato il tempo di scrivere..ecco, che per me equivale ad un
sacrilegio, ma sono dettagli ù.ù
Avevo intenzione di postare
domani (** mio compleannooo) però non stavo più nella pelle, e mi son
detta "o la va o la spacca". E spero che questo capitolo vada. Perchè questo non è un
capitolo..questo è IL capitolo, ragazze mie. *Autrice saltella tutta
felice ed elettrifrizzata* è ora che vada tutto bene.
NB. Ecco. Mancano due/tre capitoli
ancora, e al pensiero mi sento quasi persa. Perchè Nat e Adam hanno
popolato i miei sogni e, soprattutto, i miei incubi (per vari momenti
di panico da trama ^^"), e mi sono inevitabilmente entrati dentro.. e
il pensiero che la storia sia quasi finita è..strano, ecco.
Io, non so..sarei disposta a
scrivere seguito e/o dei missing
moments, non solo su Nat e
Adam, ma anche su Melanie et fiancé, o Bryan e Rose. Però dovete
dirmelo voi, se vi interessano..se no pace amen. XD
Se non faccio il
seguito, farò comunque dei capitoli extra sul loro futuro..di sicuro
qualcosa faccio, ecco. Non sono ancora pronta a lasciarli andare XD I
miei bambini..le mie creature...ç_ç
Bene. Ora che ho finito la pappardella...vi dico, semplicemente,
GRAZIE. :)
E vi lascio alla lettura di questo capitolo, che, spero, sia almeno
decente.
Incrocio le ditaaa!
- Nemici,
Amici,
innamorati…Amore irrazionale!
- .
.
- Okay, matematica era
una materia inutile, difficile, e l’unica pecca nella mia carriera
scolastica.
- Aggiungiamoci pure
il fatto che in quel momento i miei pensieri gravitavano da tutt’altra
parte:
in sintesi, non consideravo minimamente l’idea di risolvere quelle
stupidissime
equazioni.
- Avevo il libro
aperto sulle ginocchia, gli auricolari nelle orecchie, e stavo
minuziosamente
temperando la matita -tutto pur di non cominciare a fare i compiti.
- E, ad essere sincera,
la mia totale incapacità in matematica non era l’unica scusante che mi
facesse
cincischiare. Dopotutto.. come avrei
mai potuto pensare alla matematica, quando l’immagine, o meglio, il
ricordo di
Adam Brown- cioè, dico, Adam Brown!,
il ragazzo per cui sarei stata capace di seppellire il mio spropositato
orgoglio-mi stanziava davanti agli occhi, senza che potessi e volessi mandarla via? Era un insulto.
- Quei suoi occhi
verdi, quel sorriso malizioso che solo pochi mesi fa avrei voluto
cancellare
dalla faccia della terra sembravano aver preso un posto fisso nella mia
mente.
- Ringraziavo tutti i
santi del Cielo per avermi trattenuta dall’ucciderlo tempo addietro,
perché
solo il Signore sapeva quanto adorassi quel sorriso malandrino.
- E chissene fregava se,
con questo commento, sarei entrata a far parte del Brown Fan Club
insieme a
tutte quelle mie compagne che parlavano ventiquattro ore su
ventiquattro di
quanto fosse bello Adam; anche in questo futile contesto, sarei stata
la
ragazza con più dignità, più cervello, e soprattutto sarei stata la più
sfegatata fan del soggetto in questione.
- Oddio, il mio
cervello stava deragliando! Non seguiva più la giusta direzione..!
- E’ proprio vero,
l’amore rende rincoglioniti..e probabilmente il mio era un caso
patologico e
irreversibile.
- Adam, che
mi faceva dannare da quando eravamo
nati, che era IL Nemico Per Eccellenza, che mi prendeva in giro come
passatempo, mi aveva stregata; era riuscito a diventare un porto
sicuro.
- O forse lo era da
sempre, perché alla fin fine, mi ero sempre rifugiata nell’odio che
provavo per
lui, specie quando avevo sofferto per Rick. Avevo sfogato tutta la mia
frustrazione su Adam, senza neanche rendermene conto. In un certo
senso, era
assurdo!
- Restava
il fatto che sentivo la sua mancanza
in modo malsano, nonostante fossi ben conscia del fatto che bastava
affacciarmi
alla finestra per vederlo.
- E non mi faceva
molto onore, proprio no, accidenti!
- Adam Brown mi aveva
sconvolto, più di quanto probabilmente intendesse fare quando ancora ci
odiavamo. Non s’immaginava nemmeno che ormai la sua presenza fosse vitale per me.
- Non mi rimaneva che
accogliere il suo ricordo, per sentirlo più
vicino, anche quando non lo era.
- Avrei voluto che
fosse sempre con me in ogni istante, perché era il mio sostegno. Senza
di lui
crollavo come un castello fatto con le carte.
- Avrei voluto
semplicemente poterlo baciare ancora, ancora per una volta, solo per
poterlo
sentire mio per qualche istante.
- -I want you around, I hang on every word you say..I
know it's not original or profound..but I want you around..- canticchiai. Casualmente, le
parole della canzone
che stavo ascoltando erano esattamente ciò che avrei voluto dirgli, già.
- Giusto
per fargli venire le carie ai denti e il diabete, ecco.
- -E’
ovvio che pensi sempre al tuo adorato
fidanzato, ma c’è posto anche per un amico, nel tuo mondo?-
- Il cuore mi scattò
in gola, e mi voltai immediatamente per trucidare La Persona Che Volevo
Al Mio
Fianco con un’occhiataccia.
- Ma sì, entriamo
nelle stanze delle sorelle altrui senza bussare e annunciandosi con
cazzate
bestiali, tanto per far prendere colpi al cuore della sottoscritta.
- E poi, era lui
il mio mondo.. Era così difficile da
intuire?
- -Idiota!- sibilai,
lanciando fulmini e saette come neanche Zeus ci riusciva, -Mi hai fatto
prendere un colpo!-
- Lui rise, della sua
risata musicale e assolutamente perfetta. –Vorrei poterti dire che mi
dispiace,
ma non lo penso, quindi non te lo dirò.- infilò le mani nelle tasche
dei jeans,
e avanzò fino al letto di Rose per sbirciare cosa stavo facendo.
- Beh, il suo
ragionamento non faceva una piega, tuttosommato.
- Adocchiò i compiti
che, in teoria stavo facendo, e
sciabolò le sopracciglia, con fare cospiratorio.
- -Problemi con la
matematica?- ridacchiò, col suo tono volutamente ironico e pungente,
nonché
terribilmente irritante. Se non avessi adorato la sua voce, avrei
estirpato le
sue corde vocali con tanto, tanto sadismo.
- Grugnii. –Piuttosto
che prendermi in giro, dammi una mano, no?-
- Gli occhi di Adam si
accesero di soddisfazione, come se aspettasse quelle parole da quando
era
entrato nella stanza.
- Si sedette al mio
fianco, e osservò l’esercizio con fare esperto.
- Da quando aveva
cominciato ad applicarsi a scuola, avevo scoperto che Adam era davvero
un asso
nelle materie scientifiche, e che la matematica gli piaceva
particolarmente. Era
stato uno shock.
- E, siccome, al
contrario suo, io ero una frana completa, il tizio al mio fianco non
perdeva
secondo per prendermi in giro e compiacersi come un pavone.
- Nel nostro rapporto
erano cambiate tante cose, ma l’intelligenza e l’egocentrismo non erano
migliorati per niente.
- -Non è così
difficile, Natalie!- esclamò, afferrando la mia matita mangiucchiata e
mostrandomi come si risolveva l’equazione.
- -Lo sai che sono
negata in matematica, non ci capisco nulla.- borbottai, posando il
mento sul
palmo aperto della mano, guardandolo concentrarsi sull’esercizio e
perdendomi a
contare una a una, le lunghe ciglia chiare dei suoi occhi meravigliosi.
- Un maxi poster di Adam
da appendere in camera era troppo esagerato?
- Ma sapeva di essere
bellissimo, anche quando ragionava su una cosa così insulsa come la
matematica?
- -Oh, lo so, lo so!-
rise lui, senza distogliere lo sguardo dal quaderno.
- Ti prego dimmi che
non l’ho detto ad
alta voce…
- Non sarebbe stata la
prima volta, dopotutto.
- -Eh?-
- Adam mi riservò
un’occhiata divertita e confusa al contempo: -Lo so che sei una frana
in
matematica.-
- Ahh, beh, per
fortuna!
- Mi lasciai scappare
un sospiro di sollievo, a cui Adam fece caso purtroppo, e un guizzo di
curiosità passò nelle sue iridi smeraldine.
- Il mio cervello ci
mise qualche secondo a elaborare la frase di Adam, causa quegli occhi
mozzafiato che dovevano essere assolutamente vietati.
- -Ehi, non avresti dovuto infierire‼- mi
lamentai, indignata. Gli diedi un buffetto sul braccio, senza riuscire
a
trattenere un sorriso. –Dovevi dire “ma no Natalie, non sei così
male!”-
- Adam scoppiò a
ridere, -Sì, certo, certo..Cosa pensavi di aver detto?-
- Mi guardai le
unghie, con finta nonchalance. –Mah, niente di che..!-
- Lui fece sporgere il
labbro inferiore, e si avvicinò pericolosamente al mio viso.
- Com’è che i suoi
occhi erano diventati così cucciolosi e lucidi?
- -Dai, me lo dici?-
- Inutile dire quanto
fosse ingiusta la situazione e quanto sporco stesse giocando: Adam
Brown non
era un tipo che si faceva scrupoli, specie con la sottoscritta.
- Solo che qualche
mese fa, non mi sarei fatta di certo intimorire: un ceffone, e gli
facevo pure
dimenticare come si chiamava.
- Ora, le cose erano
un po’ cambiate; il fatto che da odio,
il mio, si fosse trasformato, senza che neanche me ne accorgessi, in
amore, era
un inutile dettaglio.
- Tanto insignificante
che mi faceva uscire frasi degne di quelle oche delle mie compagne,
patetiche
da farmi ridere -o piangere.
- Adam sbattè le
lunghe ciglia chiare, e mi perforò l’anima con quei suoi dannati occhi
verdi.
- Avrei tanto voluto
picchiarlo, ma la mia forza di volontà si era sbriciolata.
- Mi respirava sul
viso, sentivo il profumo di menta.
- Inutile dire che
stavo maledendo in ogni lingua quei cinque centimetri che ci
dividevano, è
superfluo. Perché cavolo non mi baciava, già che c’era?
- Era chiedere tanto?
A me non sembrava.
- Il suo sguardo, da
tenero e coccoloso, era diventato improvvisamente intenso, come se si
fosse
accorto della situazione ravvicinata che si era cretata.
- -Mentadent?-
- Come se gli avessi
tirato uno schiaffo, Adam si spostò con un’aria mortificata e sorpresa.
- -Mentadent?-
ripetè, confuso.
- Mi sentii andare le
guance in fiamme, ma cercai di non farci caso, sperando
che non ci facesse caso nemmeno lui.
- -Che dentifricio
usi? Il tuo respiro sa di menta..è buono-
- E il premio Nobel
per la cazzata più
grossa dell’universo va consegnato a Natalie Smith, per la sua capacità
di
tirare fuori le più insensate cretinate nei momenti meno opportuni!
- Adam sbattè un paio
di volte le palpebre, rincretinito; o forse la rincretinita ero io,
dopotutto
quello dei due che chiedeva la marca della pasta dentifricia di certo
non era
Adam.
- Ecco, era uno di
quei momenti dove avrei fatto una di quelle uscite idiote della serie
“Il tuo
respiro è vitale per me”, perché quell’aria contrita da cucciolo
spaesato me le
strappava di bocca quasi, queste cazzate da Bacio Perugina.
- -Sì, uso..uso
Mentadent.- rispose Adam, probabilmente imbarazzato abbastanza per
entrambi.
- -Bene, dirò a mia
mamma di comprarlo.- annuii, e stavolta più convinta.
- Il mio cervellino ne
aveva partorita un’altra. Avrei usato lo stesso dentifricio di Adam.
- Alè. Ma quanto ero
patetica? Andiamo, nemmeno nelle Soap opere di serie Zeta tiravano
fuori queste
stronzate.
- E così, calò un
silenzio piuttosto imbarazzante, che fu rotto, grazie al cielo, dal
suonare
insistente di un cellulare; la suoneria però non la riconobbi subito,
non era
del mio telefono, e dato che Adam non muoveva un muscolo, evidentemente
non era
nemmeno il suo.
- Mi guardai intorno
per trovare la fonte della musica, che riconobbi come il telefono di
Mel:
l’aveva lasciato nella camera di Rose prima di andare dal ginecologo,
probabilmente.
- Lo afferrai dal
comodino, e guardai il mittente, ma era un numero sconosciuto.
- Lo fissai un po’
incerta su cosa fare, e ci pensò Adam a farmi dare una mossa: -Dai,
rispondi!-
- Così, cliccai la
cornetta verde, e portai il telefono all’orecchio.
- -Pronto?-
- -Melanie?!-
Dall’altro lato veniva una
voce maschile, abbastanza carica d’ansia.
- In quel momento, mi
venne da starnutire, e cercai di trattenermi. In compenso, la voce mi
uscì
tremolante, quasi come se stessi piangendo o avessi un fortissimo
raffreddore. -No, sono sua sorella Natalie.- biascicai,
mentre lanciavo un’occhiata ammonitrice ad Adam, che sembrava
divertirsi.
- -Melanie non c’è?
Devo parlarle..-
insistette il ragazzo (?) dall’altra parte.
- -E’ all’ospedale
e..- clic. Aveva riattaccato, ma che
razza di maleducato che era quel tipo, non mi aveva nemmeno fatto
finire!
Fissai piuttosto seccata il cellulare di mia sorella; che razza di
amici aveva!
- -Chi era?- chiese
incuriosito Adam. Mi strinsi nelle spalle, con una smorfia.
- -Non l’ha detto..-
sbuffai, -mi ha riattaccato in faccia.-
- Adam sghignazzò.
–Ohh ma che oltraggio, riattaccare in faccia a Natalie Smith!-
- Gli feci una
linguaccia, stizzita come una bambina capricciosa. -Comunque..che
dicevamo?-
chiesi, indicando il mio quaderno di matematica.
- ***
- Il pomeriggio
precedente, io e Adam ci avevamo messo circa un nanosecondo per
cancellare
l’imbarazzo post-situazione equivoca e conseguente uscita di cacca
della
sottoscritta grazie a quella strana conversazione con lo sconosciuto.
Avevamo
ricominciato a parlare tranquillamente; o meglio, Adam aveva ripreso a
prendermi in giro per la mia inettitudine nelle materie scientifiche,
mentre io
m’indignavo e tentavo di fargli del male con mosse di karate fai-da-me.
- Così, tra una battuta
e l’altra, il mio genio matematico aveva finito i miei compiti; io non
ci avevo
nemmeno provato, mi ero arresa immediatamente. Insomma, perché sforzare
i miei
neuroni già provati, se avevo una calcolatrice –anche piuttosto
avvenente - che
mi faceva le equazioni alla velocità della luce?
- Ora, mi accingevo a
uscire dal cancello di casa per andare a quel pollaio che mi ostinavo a
chiamare scuola, sperando che il mio adorabile vicino non ci mettesse
tanto a
raggiungermi.
- -Ehi!-
- Come chiamato,Adam
sbucò dal cancelletto accanto al mio, e mi sorrise, accecandomi con la
sua
schiera di denti perfetti.
- -Buongiorno!-
salutai, affiancandolo e ricambiando il sorriso.
- Sembrava di
buonumore, ed era impossibile per me non esserne contagiata.
- Finchè il pensiero
di affrontare il cortile e gli amici di Adam non mi attraversò la mente
e mi
fece venire l’ansia.
- Adam probabilmente
se ne accorse, perché mi rivolse un sorriso smagliante, come a
sottolineare il
fatto che non ci fosse alcun motivo di cui preoccuparsi.
- Beh se lui era
tranquillo..no, non era la
stessa cosa! Parlavamo di una cintura blu di karate, non so se mi
spiego,
anch’io al posto suo non mi sarei fatta condizionare, se avessi avuto
la
capacità di abbattere un’orda di ragazzine urlanti con un calcio
rotante alla
Jackie Chan!
- Evidentemente, mi
lesse il disappunto in faccia, e sghignazzò.
- -Natalie Smith che
si fa condizionare dai pettegolezzi..questa è nuova!- commentò, con
un’espressione che poteva solamente voler dire “picchiami”.
Perché lui voleva essere picchiato, mutilato e ucciso,
dato che mi stava stuzzicando su un argomento tabù volontariamente.
Scellerato.
- -Non è divertente,
Brown.- sibilai, lanciandogli un’occhiataccia. –Io sono indifesa,
contro tutte
quelle galline spennacchiate che mi fulmineranno con gli occhi solo per
il
fatto che abbiamo chiarito!-
- Lui, in risposta,
rise. Rise nel suo modo così meraviglioso,e rimasi incantata a
guardarlo per
qualche secondo. Poi si schiaffeggiò una
mano sulla fronte, e io cercai di riprendere un minimo di dignitoso
contegno.
Ci mancava che sbavassi così palesemente, anche se era ammesso e
concesso
davanti a cotanta bellezza.
- -Cacchio, stasera ho
la prova dell’esame, non mi ricordavo più!-
- Lo fissai
incuriosita. –Esame?
- Adam annuì
distrattamente, guardando davanti a sé e infilando, in un gesto che
ormai
riconobbi automatico, le mani nelle tasche della tuta. –Sì, la
settimana
prossima ho l’esame per diventare cintura marrone, e stasera Sensei ci
metterà
sotto, poco ma sicuro.- spiegò tranquillo, senza alcuna inflessione
nella voce,
come se fosse una cosa da tutti i giorni.
- -Oh..è fantastico!-
esclamai, stupita.
- Adam si strinse
nelle spalle, e si voltò verso di me con il chiaro scopo di ammaliarmi
con uno
dei suoi sorrisetti sghembi. –Mi sono ripromesso che esulterò solo
quando avrò
in mano la mia cintura nera.-
- -Spaccone. E se non
dovesse mai arrivare?- lo pungolai; chiaramente lo prendevo in giro,
era ovvio
che Adam ce l’avrebbe fatta. Era bravissimo nelle arti marziali,
era..affascinante e micidiale.
- Lui fece spallucce.
–Arriverà. Faccio karate da quando ero bambino, mi sono sempre fatto in
quattro
per imparare, per farmi valere dato che ero il più piccolo del gruppo.
E’ una
delle mie più grandi passioni, e una delle cose che mi esce meglio. Io
otterrò quella
cintura.- Il suo tono era strascicato, quasi noncurante, ma i suoi
occhi..quelli scintillavano, brillavano di determinazione, di forza.
Avrei
voluto baciarlo solo per quell’espressione accorata.
- Intanto avevamo
raggiunto il nostro liceo, ed eravamo entrati nel parcheggio.
- -Ehi Adam!- il
richiamo di Wilson mi fece sobbalzare; Adam si voltò e gli fece un
cenno, ma
non si avvicinò a loro. Proseguì dritto, verso Kim e, con mia sorpresa,
pure
Johnatan.
- La sera prima, da
quel che la mia migliore amica mi aveva detto tra un urletto e un
sospiro, era
andato tutto a gonfie vele. Si erano divertiti, avevano ballato, e si
erano
baciati; in sintesi, erano uscenti molto più vicini ad una relazione
stabile.
- -Ehi!- salutammo io
e Adam, con un sorriso.
- Johnatan fece un
cenno con la mano e un enorme sorriso, e Kim mi lanciò uno sguardo
estatico che
valeva più di mille parole.
- -Ecco il malato di
coglionite! Ben tornato tra noi!- scherzò, quella santa donna.
- Adam si grattò la
nuca, un po’ imbarazzato. –Che ci vuoi fare? Capita di perdere la
rotta!-
- Kim incrociò le
braccia al petto. –Sì, sì..l’importante è che tu abbia ritrovato la
luce.- e
ammicò. Si scambiarono uno sguardo indecifrabile, loro ovviamente si
capivano;
sentii un moto di fastidio e gelosia serrarmi lo stomaco.
- Scossi la testa, e
m’intimai di darmi una calmata.
- Rimanemmo a
chiacchierare tranquillamente fino al suono della campanella; o meglio,
Adam,
Kim e John parlavano tra loro, io ero caduta in una sorta di mutismo
immotivato.
- Mi sedetti al mio
posto, sempre stando zitta zitta e imbronciata, tenendo la bocca
sigillata.
- Ecco, almeno finchè
al posto di Kim si sedette Adam, con il suo sorriso mozzafiato.
- -Che cavolo fai?-
domandai, stupita.
- -Mi metto vicino a
te, che domande.- sorrise, in un modo che avrebbe potuto ammazzare
tutti i miei
neuroni uno dopo l’altro, senza pietà. Per non parlare del mio cuore,
quello
era bello che schiattato.
- Ok, magari non serve
dire che sul mio viso si era dipinto indelebilmente un sorriso idiota.
E non
serve nemmeno dire che non smisi di parlare e ridere con Adam un
secondo, da
quando erano cominciate le lezioni.
- Ma c’era qualcosa di
diverso, nel modo in cui ci comportavamo adesso. Non capivo cosa fosse
quella
sensazione, sapevo solo che sentivo il cuore leggero leggero
–mancamenti a
parte per i suoi sorrisi sghembi- e
che tutto mi sembrava giusto.
Sensazione piuttosto ambigua, che tuttavia non mi abbandonava mai.
- -Dai, ultima
lezione, ginnastica, e poi a casa!- esclamai, stiracchiandomi al suono
della
campanella. Adam rise, -Come se avessimo fatto scuola, oggi.- mi
apostrofò,
divertito.
- -Come no!-
sghignazzai, raccogliendo le mie cose e trascinandomi verso la palestra
come se
fosse il patibolo. C’era da dire, però, che venivo accompagnata verso
la mia
fine da un angelo, il che faceva sembrare tutto molto più positivo.
- -E se saltassimo la
lezione?-
- -Scherzi?- lo
guardai attentamente, e no, non scherzava affatto. Certo, che se me lo
chiedeva
con un tale sguardo liquido, mi risultava perfino difficile respirare,
figurarsi mantenere la mia coscienza da studente diligente.
- -Ci facciamo fare
una giustifica, e tanti cari saluti.- disse, come se stesse parlando di
caramelle e non di trasgredire le regole.
- Alzai un sopracciglio,
un po’ perplessa. –E come avresti intenzione di occupare il tempo
libero?
Giocando a morra cinese?- feci, piuttosto ironica. Dopotutto, era solo
un’ora
di ginnastica!
- In quel momento,
sentii il vibrare del mio telefonino, e guardai chi era: Rick.
Evidentemente, dalla mia espressione, Adam intuì il mittente, e diventò
nero in
volto.
- Ancora dovevo capire
perché di questi cambiamenti d’umore, ma Adam era peggio di una donna
con la
sindrome premestruale, dovevo rassegnarmi.
- Non feci in tempo a
cliccare sul messaggio per leggerlo, che Adam, dopo essersi controllato
intorno,
prima che potessi batter ciglio e rendermi conto di quello che stava
facendo,
mi prese per un braccio e mi tirò verso un angolo della parete,
costringendomi
tra il suo petto e il muro.
- E, sempre con
quell’aria grave, mi baciò.
- No, dico, mi aveva
baciata, così, alla luce del
sole; e stavolta ero sobria, vigile, e..beh, consenziente, quello
sempre.
- Sbattei le ciglia un
po’ sbigottita; era stato talmente inaspettato da disarmarmi, e
lasciarmi lì
come una rimbambita a fissarlo, mentre si allontanava di un passo.
- Ottima idea, almeno
non lo avrei assaltato a mia volta; mantenere le distanze di sicurezza.
- -Questo a cosa lo
devo?- Ok, questa domanda come cacchio mi era uscita?!
- Adam non fece una
piega, con quell’aria nera come La Muerte.
- Fece
spallucce,–Momento di debolezza..?-
- Incrociai le braccia
al petto, e alzai un sopracciglio. –Momento di debolezza, eh?-
- Adam assunse un’aria
spaventosamente maliziosa. –Preferisci che la chiami soddisfamento
d’istinti
primoridiali? Bisogno impellente di far qualcosa di sconcio con
qualcuno? Pom..-
- -Ok, momento di
debolezza!- lo interruppi, prima che dicesse qualche altra cazzata
delle sue.
Adam sorrise, ma non era un sorriso di quelli maliziosi. Era quasi
amaro.
- -Lo era anche quello
di venerdì?- Brava Natalie, dritta al sodo. Della serie “facciamoci
male sempre
un po’ di più”. Perché sì, ero masochista io. E per di più già
impegnata con un
altro. E continuavo a baciare Adam come se nulla fosse. Mi facevo
schifo.
- -Sì.- fu la sua
risposta, scandita lentamente.
- -E perché hai detto
quelle cose prima di farlo?- insistetti, da brava idiota qual’ero,
mentre Adam
si passava una mano tra i suoi capelli impossibili. Poi, piantò i suoi
occhi
dannatamente verdi –ma perché dovevo adorarli così tanto?- nei miei, e
bruciò
nuovamente quelle poche spanne che ci dividevano, arrivando a pochi
millimetri
dal mio viso.
- -Indovina?- soffiò
sulle mie labbra, per poi allontanarsi chissà dove.
- Con la testa confusa
e affollata di pensieri, a ginnastica diedi il peggio di me negli sport
proposti dal prof, e quando la campanella suonò fu un sollievo. Mi
cambiai e
salutai sbrigativa Kim, non vedevo seriamente l’ora di arrivare a casa
e poter
sprofondare nei miei pensieri senza essere disturbata.
- Adam dove si era
cacciato?
- Cercai di
accantonare il pensiero, e uscii dalla scuola cercando di contenere il
mio muso
lungo almeno finchè non fossi stata sola.
- -Natalie!-
- Un momento, com’è
che avevo sentito la voce di Rick? Avevo le allucinazioni?
- Mi voltai, e trovai
davvero il mio fantomatico fidanzato appoggiato alla sua auto, che mi
salutava
con un sorriso smagliante. Lo guardai stupita, e mi avvicinai a lui.
- -Ehi, ma non dovevi
mica essere allo stage?-
- Rick mi sorrise:
-Non hai letto il messaggio, vero?- Scossi la testa a disagio; diciamo
che ero
piuttosto presa da altro, in quel momento. Ma non era carino dirlo
così.
- -Ho finito prima il
corso, perciò ieri ho preso il primo volo per venirti a trovare!-
- Ecco, come farmi sentire
una merda.
- Dovevo assolutamente
parlargli.
- -Rick..- mormorai, a
capo basso, -devo parlarti di una cosa.- Sbirciai velocemente la sua
espressione, sembrava impassibile, quasi se lo aspettasse.
- -Spara.-
- -Ecco..credo sia
meglio di finirla qui.- mormorai, con lo stomaco stretto in una morsa
ferrea.
–Voglio dire, io tengo a te, ma più come amico..nella testa ho qualcun
altro, e
non è giusto che ti usi così. Non è
corretto, Rick. E..-
- -E’ successo
qualcosa tra di voi?- domandò, spiccio.
- Non osai alzare gli
occhi stavolta, nemmeno per controllare la sua espressione.
- -Mi ha baciata,
venerdì sera, perché pensava che non mi sarei ricordata niente per la
sbronza
che mi sono presa..- confessai, in un sussurro. Meglio non citare il
bacio di
meno di un’ora fa, era ancora più squallido. –Mi sento uno schifo-
- Sorprendentemente,
sentii una carezza delicata sul mio viso, e alzai gli occhi su Rick.
Stranamente, sorrideva. –Sono stato uno stupido a lasciarti scappare,
Nat. Ho
sempre visto Brown come un rivale, quando in quei momenti tu non lo
conoscevi
ancora abbastanza perché ti piacesse.-
scosse la testa, con un accenno amaro nell’espressione.
Sorrise
nuovamente. –Sii felice, ok? E non cambiare mai, perché sei
fantastica.-
- Sarebbe stato così
facile amare il nuovo Rick, più maturo, più uomo..se non fossi stata
così
innamorata di Adam Brown.
- Lo abbracciai forte,
poggiando la testa sul suo petto. –Scusami, Rick.-
- -Lascia stare, e
poi, diciamo che ero prevenuto.- disse, dandomi un buffetto sulla
guancia, -il
passaggio lo vuoi?- chiese. Beh, almeno non lo avevo illuso, dato che
se lo
aspettava già.
- Scossi la testa, -No,
non preoccuparti..tra l’altro, ho bisogno di stare un po’ da sola.-
mormorai,
cercando di sorridergli.
- Con un peso in meno
sul cuore, e mille pensieri per la testa, tornai a casa; il mio
malumore
sembrava aumentare a livelli esponenziali ad ogni passo, tutto per
colpa di
quel bambino di Adam. “Indovina?”
cosa, porca miseria?! Lui e i suoi cavolo di momenti deboli! Mi faceva
venire
il mal di testa!
- Quando entrai in
cucina, Mel e Rose mi guardarono sbattere violentemente lo zaino a
terra, con
un diavolo per capello. Dovevo sembrargli una teiera, mentre
farfugliavo
insulti a quel deficiente. Proprio con me, e in quel contesto, giocava
a fare
l’indovino?
- -Tutto ok?- chiese
Rosalie, cauta. Melanie mi guardava con un sopracciglio talmente alzato
che
avrebbe sfiorato l’attaccatura dei capelli a momenti.
- -No! Non è tutto
ok!- ringhiai, spogliandomi con foga il giacchetto, e rischiando di
impiccarmi
da sola con la sciarpa.
- Sbuffai, forse per
la millesima volta nel breve arco di tempo del tragitto scuola-casa.
Probabilmente avevo battuto il record mondiale di sbuffi e sospiri in
dieci
minuti.
- -Quel cretino mi ha
baciato ancora!- sbraitai, sentendo le guance diventarmi rosse e
bollenti.
Evitai di guardare le espressioni sicuramente scettiche delle mie
sorelle, e
continuai a urlare come una matta, -E quando gli ho chiesto perché, lui
ha
detto che era un momento di debolezza,
e dopo che gli ho chiesto perché ha detto quelle cose venerdì sera, lui
mi ha
detto indovina! INDOVINA?!- spostai
la sedia, e mi ci lasciai cadere. Massaggiai le tempie con movimenti
circolari,
inspirando ed espirando per controllarmi. –Poi ho incontrato Rick, e
gli ho
parlato..-
- -Gli ha detto la
verità?- Annuii lentamente.
- -E come l’ha presa?-
incalzò Melanie.
- -Ha detto che era prevenuto.
Se lo aspettava.- borbottai.
–Ma non era arrabbiato.-
- -Dai Nat..- le mie
sorelle si sporsero per prendermi le mani contemporaneamente, ma il
trillo del
campanello mi diede la scusa per scattare in piedi e non essere
trattata come
la vittima. Odiavo essere compatita, specie se nel torto.
- -Vado io.- Marciai
alla porta, e l’aprii poco delicatamente per vedere chi fosse.
- -Melanie?-
chiese, lo sconosciuto.
- E che sconosciuto!
Un metro e ottanta di muscoli, viso d’angelo, incorniciato da splendidi
ricci
scuri: ma questo da dove spuntava?
- Poi riconobbi la
voce, doveva essere il ragazzo maleducato che aveva telefonato ieri;
tra
l’altro si era annunciato con lo stesso tono-forse un po’ più ansioso-
e il
nome di mia sorella.
- Mi trattenni
dall’alzare gli occhi al cielo e dirgli che era buona educazione
presentarsi e
salutare, ma evidentemente non sembrava nelle condizioni di farlo.
- -MEL‼- chiamai,
dalla porta d’ingresso.
- Melanie arrivò con
calma, yogurt alla mano, cucchiaino in bocca, pigiama muccato di rosso
e
capelli indomabili raccolti in una cipolla afflosciata: l’immagine del
relax.
- Appena vide il tipo
alla porta, la sua bocca si spalancò- come i suoi occhi- e il
cucchiaino volò
in terra.
- -Tim!-
- Ahhh adesso capivo
tutto! Mio cognato era un gran pezzo di figo, complimenti a mia sorella!
- -Che cavolo ci fai
qui?!- ululò Melanie, accigliandosi.
- Tim in due falcate
entrò in casa (ma prego eh..) e prese
il viso di mia sorella tra le mani.
- -Stai bene..- scandì
lentamente, carezzandole le guance con i pollici.
- -Sarei dovuta stare
male?- riuscì a blaterare lei, ancora spiazzata.
- -Ieri ti ho
chiamata, volevo sentire la tua voce..ma mi hanno detto che eri
all’ospedale, e
allora..mi sono sentito morire, io..ho avuto paura..-
- Ops..
- Melanie abbassò il
capo, arrossendo. –Dovrei dirti una cosa, Tim..-
- Lui sembrò essere
tutt’orecchi.
- -Io..sono..- prese
un profondo respiro, -Incinta,Tim.-
- Con sorpresa sia
mia, che, palesemente, di mia sorella, Timothy la baciò con foga. E
allora,
decisi che era il momento di lasciarli da soli. Mi avvicinai a Mel e le
sfilai
lo yogurt dalle mani, per poi defilarmi in cucina e fare segno a Rose,
che
stava per lamentarsi, di fare silenzio.
- Bene, ora non mi
rimaneva che sperare che tutto andasse bene.
- Sentimmo la porta
chiudersi, dopodichè solo silenzio. Mel probabilmente aveva deciso di
uscire
per parlare con Timothy, e di non dare spettacolo davanti alla porta
d’ingresso; probabilmente anche per non incappare nella furia di mamma
e papà
nel caso di un loro ritorno anticipato.
- Controllai
l’orologio, e annunciai a Rose che mi sarei preparata per andare a
Yoga.
- -Come mai così
presto?- incalzò, sospettosa.
- Possibile che non le
sfuggesse niente?
- -Così inganno il
tempo.- tiè, sorella! Non mi metterai più
alle strette!
- -Okay..- concesse,
con un’occhiataccia palesemente diffidente.
- Cosa si aspettava
che rispondessi? Che andavo presto alla palestra per vedere la prova
dell’esame
di Adam perché non potevo mancare? Ma per
piacere..per chi mi aveva preso?
- Mi preparai
velocemente indossando la mia tuta, legai i capelli in una crocchia, e
afferrata la borsa e la giacca uscii di casa senza nemmeno guardare
Rosalie.
- Probabilmente mi
avrebbe letto in faccia quello che volevo fare, e per quanto fosse in
buona
fede e non ci fosse nulla di male in ciò, m’imbarazzava.
- Ero sempre stata
indipendente, decisa, ed invece ora mi ritrovavo perennemente col cuore
in
mano, con frasi da Baci Perugina nella testa, e un bisogno impellente
di vedere
Adam almeno ogni secondo.
- In sintesi, mi
faceva sentire fragile. Perché quando
si trattava di Adam diventavo come cristallo.
- Arrivai alla
palestra con largo, larghissimo anticipo rispetto al mio corso di yoga,
e
m’intrufolai per vedere il gruppo di Karate.
- In quel momento, si
stavano fronteggiando due ragazzi sicuramente più giovani di Adam, e
certamente
non ci andavano giù piano.
- Quando uno dei due
venne atterrato, vidi Adam e un altro ragazzone alzarsi in piedi. Si
sistemarono sui materassini neri, si guardarono negli occhi, e dopo il
saluto
si misero in posizione.
- Sentivo il mio cuore
in fibrillazione, un po’ perché la vista di Adam così concentrato era
sempre
destabilizzante, un po’ perché il suo avversario era molto più grosso e
alto di
lui. Cominciarono ad attaccarsi, e io mi spostai ancora, in modo da
vedere
meglio l’incontro.
- Non sapevo se essere
più incantata dalla sua bellezza, o distratta dalla paura che provavo
nel
vederlo difendersi e schivare quelle mosse dall’aria micidiale.
- Successe in un
secondo; Adam sembrò perdere la sua solita concentrazione nel duello, e
l’energumeno lo atterrò.
- Il mio cuore aveva
sussultato e si era fermato. Morto. Andato. Schiattato. Defunto. Non
ripartiva
più, come se quel ragazzo grosso avesse tirato quel pugno bestiale al
mio cuore
e non ad Adam.
- Lo stesso Adam che
rimaneva appiattito di schiena al materassino, braccia e gambe aperte
ad
angelo, e lo sguardo fisso all’alto soffitto.
- Non muoveva un
muscolo, e dopo un intero minuto che non emetteva verso né si rialzava,
anche
il suo maestro si accigliò, ansioso.
- -Adam, ci sei?-
sentii dire, mentre si avvicinava.
- Lui finalmente voltò
il capo verso il suo Sensei, e si mise seduto, con un’aria frastornata.
Sembrava sperduto e sconvolto.
- -Tutto okay?- gli
chiese il maestro, mentre una delle sue palpebre veniva presa da uno
strano tic
nervoso.
- -Mi sono distratto.-
scandì lentamente,
con un tono che sfiorava lo stridulo. Sembrava incredulo, basito. –Mi
sono
distratto.- ripetè.
- Pian piano, sentii
il mio cuore riprendere a battere, anche se ancora leggermente a
singhiozzo. Ok, Natalie..respira, bella, respira..sì
così, braaava.
- Niente panico, sì.
- Sensei alzò un
sopracciglio. –Ti stupisci per poco, ragazzo. Capita a tutti.-
- Sembrò che ad Adam
avessero tirato un altro pugno, per la smorfia che sfigurò il suo viso.
–Non a
me! Io..mi sono distratto.-
- Il suo maestro ridacchiò,
e gli diede una pacca sulla nuca. –Coraggio, alzati. Era solo una prova
questa,
lo sai, no? La settimana prossima andrà meglio.- poi si rivolse anche
agli
altri, -Bene, prova finita. Micheal, vedi di mettere un po’ di ghiaccio
su
quell’occhio..-
- In quel momento,
Adam alzò gli occhi su di me. Aveva uno sguardo indecifrabile, mentre
mi faceva
segno di raggiungerlo.
- Fregandomene del
fatto che avrei avuto una lezione di yoga tra meno di qualche minuto,
lo
raggiunsi e lo seguii, come una pera cotta, nel..bagno?
- Adam, appena entrai,
chiuse la porta, e un brivido mi fece tremare la schiena.
- La situazione aveva
un che d’inquietante.
- Adam mi fissò ancora
con quello sguardo strano, e cominciò a parlare lentamente.
- -Devi sapere che la
concentrazione, per un karateka, è essenziale. Una distrazione, può
essere
fatale..- disse, avvicinandosi di un passo.
- Io, dal mio canto,me
ne stavo lì, con il batticuore, a fissarlo.
- -Ho cominciato a far
Karate da bambino, ho dovuto farmi valere contro i miei compagni,
perché ero il
più piccolo del gruppo. Ho imparato a escludere il mondo, quando
pratico questo
sport. Siamo solo io, e il mio avversario. Il resto non conta, non
riesce
nemmeno a sfiorarmi l’esterno: se fossi davanti ad una platea, neanche
ci farei
caso.- E sorrise, di un sorriso ambiguo, veramente
ambiguo. Ma non per questo meno bello. –E poi arrivi tu.-
piantò i suoi occhi nei miei, ad una spanna dal mio viso.
–Nemmeno ti ho vista, ma ho riconosciuto il tuo sguardo su di me, e,
per un
istante, ti ho fatto entrare nella mia bolla privata, mettendoti tra me
e il
mio avversario. E mi sono distratto.- scosse la testa, accennando una
risatina
incredula. –Io non mi distraggo mai, te l’ho detto, niente potrebbe
catturare
la mia attenzione mentre combatto..eccetto tu.-
- Credetti davvero che
le mie gambe sarebbero cedute, quando mi accarezzò una guancia con le
nocche
della mano.
- -E’ una cosa
frustrante.- disse, stringendo le labbra. –Come se non fossi nei miei
pensieri
praticamente ogni secondo.-
- Ok. Ora avevo il diritto
di svenire?
- -Ovviamente, cerco
di concentrarmi sui ricordi della festa..o sul tuo pigiama fantastico.-
mi
lanciò uno dei suoi sorrisetti maliziosi, e fui davvero tentata dal
saltargli
addosso. –Resta il fatto che così non va, Natalie..-
- Mi accigliai. –Cosa,
non va?-
- Lui assunse un’aria
pensierosa, -Mmh, vediamo..non mi va il fatto che tu stia con quel
Rick, o che
qualsiasi altro coglione come Wilson ti ronzi intorno.- Ero così presa
dai suoi
occhi, che non mi ero resa conto della sua vicinanza. Mi stava
respirando sul
viso, talmente era vicino.
- -Non mi va il fatto,
che ti penso senza un diritto, senza un motivo ufficiale.-
sorrise, in un modo dolce, ma quasi rassegnato, e nei
suoi occhi passò un guizzo di tristezza. –Non mi va il fatto che tu non
mi
consideri importante quanto ti ritengo io..-
- Per quanto avrei
voluto contraddirlo, prima avevo bisogno di capire. –Perché mi stai
dicendo
queste cose?- chiesi. Sinceramente, non sapevo dove trovai la forza per
farlo.
Il mio cuore sembrava scoppiare, e il magone mi stringeva la gola per
il pianto
isterico trattenuto. Non aveva idea di quanta speranza quelle parole mi
stessero dando..il problema era la delusione che ne sarebbe derivata.
- Stava già facendo
uno dei suoi sorrisetti bastardi che mi facevano schiattare, ed ero
sicura che
se ne sarebbe uscito nuovamente con “indovina?” perciò, giocai
d’anticipo. –E, non dirmi
“indovina?”.- Adam ridacchiò.
- -Vediamo..sei sempre
nei miei pensieri, vorrei baciarti in ogni istante, sopporto i tuoi
sbalzi d’umore
da perenne crisi premestruale..è ovvio, no? Ti amo.-
- Oh.
- Rimasi completamente
spiazzata, mentre le sue parole rimbalzavano nella mia testa, e
raggiungevano
il mio cuore alla velocità della luce.
- I suoi occhi erano
di un verde talmente intenso che non riuscivo a credere che mi stesse
prendendo
in giro.
- Magari ero patetica,
però riuscivo a leggere i suoi
sentimenti nei suoi occhi.
- Gli occhi innamorati
di Adam. Che erano così vicini, come il suo cuore.
- Io stessa non capii
come mi ritrovai ancorata al suo collo, mentre lo baciavo con tutta me
stessa.
Ovviamente, lui non si lamentò, anzi..
- -Natalie..devo dire
che sono un po’ deluso..-sghignazzò sulle mie labbra, allontanandosi
poco dopo.
Non di molto, eh, il minimo indispensabile per vederci in faccia. –Le
ragazze
normali, dopo una dichiarazione del genere, direbbero sicuramente
qualcosa di
stucchevole..tipo “sei tutta la mia vita, ora, non posso vivere senza
di te” o
robe simili. E tu..niente.-
- Non riuscii a
trattenere un sorrisetto. –Prova a metterti nei miei panni, Adam..la
ragazza di
cui ti sei riscoperto innamorato, ti ha appena detto che ti ama..ed è a
mezzo
centimetro dalla tua faccia. Tu che faresti? Staresti lì a contartela,
o
useresti la bocca per qualcosa di più costruttivo?- incalzai.
- Lui ridacchiò,
portando una mano sulla mia guancia e avvicinando il mio viso al suo.
–Devo
dire che il tuo ragionamento non fa una piega..- ammise, in un
sussurro.
- -Ah!- mi ricordai,
fissando alternativamente i suoi occhi e le sue labbra, -Rick non è più
il mio
ragazzo..e non dovresti preoccuparti degli altri, dato che da un po’ di
tempo
sei il mio pensiero fisso.-
- -Mi pare il minimo!-
scherzò, un secondo prima di ricatturare le mie labbra in un bacio
mozzafiato.
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Capitolo 18 *** Quando tutto sembra essere esattamente come deve essere ***
Ok. Probabilmente questo capitolo vi
sembrerà un miraggio, ma c'è. L' ho finito ieri ma non ho trovato il
tempo per salire su efp, così lo metto ora.
Ho fatto un ritardo assurdo, e lo so.
Fa strano anche a me pensare di aver avuto un blocco così per questa
storia. Ma, seriamente, sono andata in panico. Sono stata capace di
scrivere una parola per sera, ma niente mi convinceva -e, francamente,
questo capitolo non mi convince tutt'ora.
Dopo tutti questi mesi, ho scritto un
capitolo di passaggio, senza molto pathos, ecco. Spero comunque che vi
piaccia.. ^^"
Quindi, chiedo un milione di scusa a
chi ha atteso questo capitolo, e ringrazio infinitamente chi leggerà.
Al prossimo capitolo :P (che non sarà
tra mesi!)
..
Capitolo
18
Quando tutto sembra essere esattamente
come deve essere
Probabilmente, se qualche mese fa mi
avessero detto che mi sarei innamorata così pazzamente di Adam Brown,
sarei
morta per un eccesso di risate isteriche dettate dall'incredulità.
E, probabilmente, avrei fatto internare
chiunque potesse solo pensare una blasfemia del genere. Perché,
insomma:
Adam Brown era la mia nemesi, la piaga della mia vita, l'idiota che mi
faceva
dannare dalla nostra nascita. Era un individuo strafottente ed
arrogante,
profondo quanto una pozza d'acqua e sprovvisto della facoltà di amare.
Obiettivamente, con che coraggio io,
Natalie Smith, ragazza di sani principi morali e un orgoglio
spropositato,
sarei potuta cascare davanti agli occhi smeraldini di quell'Essere
abominevole?
Ed invece, eccomi qui, accoccolata al petto
di quel ragazzo odioso, e, per la prima vera volta nella mia vita, mi
sentivo
esattamente completa.
Non era una stronzata melensa da Bacio
Perugina, no: stretta a Adam, con la guancia sul suo cuore e il
ritmo
nei suoi battiti a cullarmi, ero semplicemente felice. Sentivo il mio
cuore
gonfio per l'emozione, lo stomaco tutto uno sfarfallare, e la mia mente
era
completamente sgombra. Mi sembrava che niente, assolutamente niente,
potesse
andare storto, in quel momento.
Sarebbe potuto finire il mondo, ma io ero
dove dovevo essere.
Per assurdo, Adam, che da sempre
consideravo il mio opposto, era anche la mia perfetta metà. Era una
certezza.
Poco importa che, dopo questo pensiero,
fossi diventata la maggior causa di carie ai denti e diabete nel mondo.
Non me
ne fregava un fico secco, anche perché Adam mi amava, ed io ero la
persona più
felice al mondo.
«Tu non vieni alla gara, la settimana
prossima, vero?»
Ed ecco che la pace veniva rotta proprio
dal mio ragazzo, con un'uscita davvero cretina.
Mi allontanai dal suo petto giusto per
scoccargli un'occhiataccia.
«Certo che vengo, perché non dovrei?»
sbottai, cupa.
Adam non sembrò minimamente turbato dal mio
cambio d'umore, e si lasciò scappare uno dei suoi maledetti sorrisetti
sghembi,
capaci di mandarmi cuore e testa in tilt. «Devo ricordarti il motivo
per il
quale ti ho portato in questo cesso puzzolente?»
«Vuoi dire che non mi hai attirata qui per
la dichiarazione?» incalzai, alzando un sopracciglio e trattenendo a
stento un
sorriso storto.
Adam afferrò una mia ciocca di capelli, e
mi sfiorò il viso delicatamente, facendomi leggermente il solletico.
«Certo che
no. All'inizio volevo solo sgridarti, poi mi sono fatto prendere dal
momento e
ti ho detto che ti amo.» Adam aggrottò la fronte, e fece il broncio.
«Non sarò un inguaribile romantico, però
diciamo che immaginavo pure io qualcosa di più carino, dove dirti
quello che
provo».
Ridacchiai sommessamente, appoggiandomi di
nuovo al suo petto caldo. «Ma dai, ha il suo perché questa “location”.»
mimai.
Adam sbuffò sui miei capelli, per poi
lasciarvi un bacio.
«Che dici, torniamo a casa?» domandò, in un
sussurro.
Fu il mio turno, di sospirare.
Ad essere sincera, non avevo per niente
voglia di tornare a casa, stavo da Dio con Adam in quel momento; non
importava
dove fossimo, se in un ristorante extra-lusso o nel cesso di una
palestra.
Mi bastava stare con lui, e godermi
pacificamente la sua presenza.
Anche perché a casa -sia mia, che sua- non
c'era mai tranquillità.
Le nostre famiglie erano numerose e
chiassose, e non si poteva proprio stare soli ed avere privacy.
E, per il momento, tutto ciò di cui avevo
bisogno era stare sola con Adam.
Per di più, fuori da quel bagno, il mio
gruppo di yoga stava facendo lezione: cosa avrebbero pensato le mie
compagne e
la mia insegnante, vedendomi sbucare quasi alla fine della lezione?
Alzai il viso a quello di Adam per argomentargli
le mie illuminanti deduzioni, ma mi ritrovai tutto ad un tratto, con le
labbra
molto impegnate.
Ecco perché adoravo Adam: riguardo queste
cose, eravamo decisamente sulla stessa lunghezza d'onda.
-
«Ma tuo padre non ha mai avuto problemi con
i ragazzi, vero?» incalzò Adam, piantandosi in mezzo al marciapiede e
strattonandomi indietro.
Alzai per la centesima volta gli occhi al
cielo. «No, Adam. Mio padre non è assolutamente un tipo geloso o
violento.»
sibilai, accigliandomi. «Però io sì, e se non ci sbrighiamo ad arrivare
a casa
ti butto sotto un camion!»
Nonostante l'aria vagamente preoccupata,
Adam si lasciò scappare un sorrisetto divertito, e riprese a camminare
mano
nella mano con me.
E, in quel momento, mi fu impossibile non
chiedermi cosa avrebbero pensato i nostri professori, o i nostri
compagni, sapendoci
insieme.
Dopo anni e anni di liti, risse e insulti,
dopo aver fatto impazzire chiunque ci stesse attorno, era insolito
– o,
per meglio dire, incredibile- che stessimo vicini senza scannarci,
perché,
addirittura, eravamo innamorati l'uno dell'altra.
A quel pensiero mi scappò un sorriso
soddisfatto.
«Ehi, perché sghignazzi?»
Prima che potessi anche solo rendermene
conto, la mano di Adam aveva lasciato la mia per far sì che il suo
braccio
potesse avvolgermi le spalle e stringermi al suo fianco, riparandomi
anche dal
vento sottile e freddo che si era alzato.
«Stavo pensando ai nostri compagni, a cosa
potrebbero pensare vedendoci insieme» soffiai, sentendo il mio cuore
scalpitare.
Lui sfoggiò il suo ghignetto insolente -e
meno male che ero io, quella che sghignazzava!
«Saranno invidiosi da morire.» disse, con
nonchalance e un luccichio gongolante negli occhi. «Siamo la coppia più
bella
del mondo!»
Io scrollai le spalle, cercando di non far
trasparire quanto mi facesse piacere quell'affermazione.
«Secondo me saranno sollevati, penseranno
che non saranno più coinvolti nelle nostre risse.»
Adam gettò la testa all'indietro, lasciando
che la risata esplodesse fragorosa.
Mi persi qualche istante ad osservarlo,
perché sì, era un insulto non farlo. Ero dannatamente fortunata ad
avere un
ragazzo così al mio fianco. Certo, il suo ego avrebbe potuto
soffocarmi, un
giorno o l’altro, tanto era grande; ma se non altro il suo cuore era
grande
quanto se la tirava, e, visto gli ultimi riscontri, batteva solo per
me.
«Bei tempi, quelli delle risse a mensa!»
«E chi dice che siano finiti?» incalzai,
facendogli strabuzzare gli occhi.
Ridacchiai, divertita dalla sua espressione
stralunata.
«Se ti meriti un ceffone, sappi che non
sono nessuno per non dartelo.»
Gli feci l'occhiolino, e lui scosse il
capo, tra il divertito e l'esasperato.
Il resto del tragitto verso casa lo
passammo chiacchierando tranquillamente, e quei pochi minuti volarono
come
niente.
«Ci vediamo tra poco. Io sarò quello
affacciato alla finestra di fronte alla tua con il cuore in mano.» Adam
mi
sorrise, scoccandomi un bacio sulla guancia.
«Che scemo!» commentai; con un sorriso
ebete mi avvicinai alla porta d'ingresso, tenendo gli occhi incollati
alla sua
figura che entrava nel giardino di casa Brown e frugava nelle tasche
per
trovare le chiavi.
Ancora facevo fatica ad accettare il fatto
che Adam avesse questo ascendente su di me. Fino a qualche mese prima,
mi
consideravo l'unica ragazza al mondo capace di resistere al suo charme;
peccato
che ora fossi come creta nelle sue mani, ogni volta che, anche per
sbaglio, i
suoi occhi incrociavano i miei. Se poi era così avventato dal baciarmi
anche
solo la guancia, mi scioglievo manco un ghiacciolo sotto il sole di
Luglio.
Con un sospiro e le farfalle nello stomaco,
mi decisi ad aprire la porta d'ingresso ed entrare in casa.
La mia espressione beata mutò
improvvisamente, appena mi accorsi che Tim-il mio fighissimo cognato-
era inchiodato
ad una sedia, con mio padre che gli puntava minacciosamente un dito al
petto.
Alzai un sopracciglio, sbatacchiando le
palpebre: non potevo credere ai miei occhi.
Cos’è che avevo appena detto a Adam
riguardo a mio padre? Forse avrei dovuto rimangiarmi tutto; chissà che
faccia
avrebbe fatto il mio impavido playboy, davanti a quella scena.
Probabilmente
sarebbe svenuto.
Solo all’idea, un sorrisetto divertito mi
spuntò sulle labbra, che Rosalie, seduta sul divano, intercettò
immediatamente.
«Natalie, perché quel ghigno sadico? »
incalzò, scrutandomi attentamente.
Feci roteare gli occhi, cominciando a
slacciarmi il cappotto e scoccando uno sguardo perplesso a mia madre,
stesa sul
divano accanto alle mie sorelle con una cera vagamente verdognola.
Le guardai con un’espressione interrogativa
piuttosto eloquente. «Che le prende? Ah, comunque ciao anche a voi,
sorelle».
Melanie ridacchiò. «Tutta colpa di Bryan»
«Bryan?»
Rosalie annuì, con una smorfia seccata.
«Sì, prima era qui con noi e ha fatto una battuta su di una mia
presunta
gravidanza. E sai quanto ultimamente mamma sia suscettibile, riguardo
le
gravidanze: è svenuta»
Scoppiai a ridere apertamente, piegandomi
quasi in due, tanto che mio padre interruppe la sua paternale verso il
futuro
genero per scoccarmi uno sguardo severo. «Non c’è nulla da ridere, Nat.
Rischia
l’esaurimento nervoso. E poi chi deve placarla? Io.»
fece, con un’espressione eloquente.
Sorrisi al mio papà; non era difficile
intuire perché lo adorassi tanto, era un uomo fantastico, e soprattutto
gli
assomigliavo mostruosamente. Avevamo la stessa ironia e modo di
pensare, e
tolleranza verso mia madre pari a zero: solo che lui, con anni e anni
di
convivenza, era riuscito a trovare un equilibrio per non tentare di
ucciderla
ogni qual volta apriva bocca.
I grandi
misteri dell’amore..
Probabilmente avrei dovuto chiedere
consiglio al mio papy, su come sopportare uno schizzato come Adam.
«Comunque» continuò
papà, voltandosi verso Tim, «Parliamo di te».
«A-ancora?» balbettò il ragazzo, sempre più
pallido. Era incredibile come riuscisse a mantenere l’aria da figo
anche mentre
sudava freddo ed era bianco come un cencio; chissà se Adam aveva la sua
stessa
capacità.
Beh, in ogni caso, non volevo scoprirlo
tanto presto.
Un po’ stralunata, mi voltai verso Mel. «Ma
non hai tentato di fermarlo? Sta interrogando il tuo fidanzato manco
fosse un
terrorista..»
Melanie si strinse nelle spalle. «Ci ho
provato, e mi ha messo in castigo»
Rosalie si lasciò sfuggire una risatina, e
Mel le riservò una gomitata nel fianco. «Ridi poco, tu, che sei nella
mia
stessa situazione!»
«Punizione anche lei?» incalzai, con un
sorrisetto. La smorfia di Rose fu una risposta eloquente; «E perché
mai?»
Fu Mel a ghignare, stavolta. «Ha un ragazzo
che parla fin troppo a sproposito»
Fortunatamente, l’inquisizione di mio padre
non continuò ancora a lungo, e ben presto la faccia di Tim tornò del
suo colore
naturale. Nonostante il ragazzo di mia sorella avesse quel che di
particolare
che lo faceva piacere a tutti, mio padre continuò a guardarlo un po’
amareggiato per tutta la durata della cena, borbottando domande e
commentando
di tanto in tanto. Probabilmente era così abbattuto perché, dopotutto,
quel
ragazzo, per quanto adorabile fosse, gli stava portando via una delle
sue
bambine.
Con tutte le probabilità, Richard lo stava
maledicendo per non essere un teppista con tatuaggi e piercing in ogni
dove,
alcolizzato e maleducato.
Emily, invece, dal canto suo, spiluccò
appena il mangiare, senza levare gli occhi dal piatto in un silenzio
alquanto
insolito. Insomma, mia madre era famosa per la sua incapacità di
tacere: perché
lei aveva sempre qualcosa da dire- o
meglio, di cui lamentarsi.
Diciamo che fu un sollievo per le orecchie
di tutti, quel mutismo, lasciandoci liberi di chiacchierare
tranquillamente. O
meglio, Rose, Mel e Tim parlarono allegramente, cercando di coinvolgere
mio
padre che borbottava risposte vaghe; io rimasi a giocherellare con la
bistecca
che avevo nel piatto, vedendoci –non so
come, non so perché- il viso del mio ragazzo, con lo stomaco invaso
di farfalle
grandi quanto elefanti e un sorriso ebete stampato in faccia.
Sorriso che, purtroppo, non passò
inosservato, perché Rosalie e Melanie scattarono subito sull’attenti.
«Nat..
come mai non ti sei ancora lamentata della minima cosa?» incalzò Rose,
arcuando
le sopracciglia; erano così oscenamente alte che avrebbero potuto
mischiarsi
con i suoi capelli: non andava per niente bene se Rosalie mi guardava
in quel
modo, come se attendesse la rivelazione dell’anno.
Ma non bastava avere gli occhioni
cristallini di Rose a farmi la radiografia, perché la secondogenita
Smith
decise di aggregarsi alla sorella maggiore, nello squadrarmi neanche
stessi
nascondendo un segreto d’importanza mondiale.
Ovviamente, accendendo la curiosità di mio
padre, che sapeva essere peggio di una vecchina dal parrucchiere. «Già,
di
solito, -e quel “di solito” si collocava nelle pause tra un soliloquio
e l’altro
di Emily- hai sempre qualcosa da dire!»
Papà annuì con foga, come a sottolineare il
concetto e sporgendosi più verso di me.
E, mentre Richard, Rosalie e Melanie
m’incalzavano con le loro espressioni da Jessica Fletcher, per un breve
istante, pensai di adorare mia madre per il suo mutismo.
Per un breve istante, da sottolineare.
Poi rinsavii e assunsi l’espressione più
neutra del mio repertorio. «Yoga, ragazzi. L’ho detto io, che mi
avrebbe fatto
bene».
Rose alzò un sopracciglio, portandosi la
forchetta alla bocca fissandomi attentamente; poi fece roteare la
posata tra le
dita, e me la puntò contro con fare causale. «Sai cos’è che ti farebbe
altrettanto bene?»
«Cosa?» domandai, portandomi il bicchiere
alle labbra per bere un sorso d’acqua, sostenendo il suo sguardo;
Rosalie
scrollò le spalle con nonchalance, «Karate».
Per poco non mi soffocai, a quelle parole,
facendo scoppiare a ridere le mie care sorelline.
«Rose! » gracchiai, «Ma che diavolo dici?»
Rosalie mi rivolse un sorrisetto sornione.
«Non so proprio perché, ma sono sempre stata sicura che tu avessi un
debole per
i kimono.»
Era una brutta cosa, vero, voler squartare
una sorella?
Papà, ingenuamente, sorrise entusiasta. «Lo
sai, Rose, che hai dato un’idea grandiosa? Dovresti seguire un corso di
Karate
per l’auto-difesa, dato che al momento-grazie al cielo- non hai ancora
un
ragazzo che ti protegga! » e, come per sottolineare il concetto, diede
una
pacca bella forte alla schiena di Tim; per poco, il mio povero cognato
non
vomitò un polmone.
Io cercai di mordermi la lingua,
trattenendo il mio istinto di ribattere a qualsiasi affermazione di
chiunque e
dire che, in realtà, un ragazzo ce l’avevo. E che faceva pure Karate.
L’espressione di mio padre era ancora
piuttosto ambigua, e sapevo che non era ancora finita; il suo cervello
stava
ancora macchinando qualche assurda teoria.
«Eureka! Nat potresti chiederlo a Adam!»
esclamò.
Scoppiai in una fintissima risata. «Sì,
come no! Figurati se si mette a spiegarmi come poterlo stendere con un
calcio!»
Papà fece un gesto stizzito con la mano.
«Sciocchezze. Glielo chiederò domani, vedrai che mi dirà di sì!»
«Vedrai che dirà di no» ribattei fermamente
convinta.
«Anche noi siamo convinte che dirà di sì»
commentò Mel, con un ghignetto, «E anche che a Natalie farà molto
piacere
prendere lezioni di karate da Adam!»
A quel punto, con le guance in fiamme e un
livello di esasperazione a mille, mandai poco gentilmente a quel paese
le mie
sorelline e mi rifugiai in camera mia con la scusa di dover studiare.
Appena accesi la luce, vidi dalla finestra
che Adam aveva aperto la sua e si era affacciato con la chitarra al
collo. Mi
lanciò uno sguardo emozionato, e cominciò a suonare, passeggiando
tranquillamente per la sua stanza.
I'm
sorry that I hurt you
It's something I must live with everyday
And all the pain I put you through
I wish that I could take it all away
And be the one who catches all your tears
That’s why I need you to hear
I've found out a reason for me
To change who I used to be
A reason to start over new
and the reason is You..
And the reason is You..
And
the reason is you..
Un ultimo sguardo, un ultimo sorriso
complice, e chiudemmo le finestre, lui con un sorriso imbarazzato, io
con una
lacrima che rotolava sulla mia guancia.
…
«Buongiorno».
Il sorriso caldo di Adam mi
accolse appena misi piede fuori dal cancelletto di casa mia, e non
potei che
rimanere abbagliata da cotanta bellezza.
Potevo essere più fortunata
di
così?
«Buongiorno» risposi, mentre,
con un sorriso sereno, afferravo la mano che mi porgeva con una
semplicità
disarmante.
«Dormito bene?»
«Da Dio. Tu? » Certo, come si
poteva dormire male, se nei sogni c'era il proprio ragazzo che mi
cantava una
meravigliosa canzone d’amore? Canzone che, effettivamente, mi aveva
scritto per
davvero.
Adam mi attirò a sé, e mi
scoccò un bacio fior di labbra.
«Ho impiegato un po' ad
addormentarmi, sapendo che tu eri a pochi metri da me e non potevo
stringerti.
»
Ridacchiai, afferrandogli di
nuovo la mano e dandogli una leggera spallata, trascinandolo verso il
marciapiede. «Sai, non credevo che Adam
James Brown potesse essere così melenso! »
Lui alzò un sopracciglio,
quasi
scettico; «Preferivi davvero i tempi delle risse, allora. »
«E davvero tu sei già
diventato
dipendente dalla sottoscritta.» rimbeccai.
Il sorriso che mi rivolse fu
accecante: «Certo, ma è da un po’ che sono dipendente da te e dal tuo
caratterino da donna in perenne sindrome premestruale!»
Gli feci una linguaccia. «E
pensare che, fino all’altro giorno, pensavo che fossi TU quello con i
sintomi
da donna con la sindrome. »
«Ha. Ha. -fece Adam,
tirandomi
a sé. Il suo sorriso beato si trasformò pian piano in quello sghembo e
malizioso, che mi fece avere uno scompenso cardiaco. –Questo però non
ti ha
impedito di innamorarti di me.»
«Certo. È una delle cose che
abbiamo in comune e che ci hanno avvicinato!» lo presi in giro,
facendogli
l’occhiolino e riprendendo a camminare trascinandomelo dietro. «E
muoviti, altrimenti
arriviamo in ritardo».
«Wow, impaziente di buttarti
nella gabbia di leoni!» fece, alzando gli occhi al cielo.
«Hai paura della reazione dei
nostri compagni? » chiesi, seccata. Stavo già per lasciargli la mano,
ma lui la
strinse più forte.
Bizzarro: proprio ieri lui mi
aveva fatto la stessa domanda, col suo sorrisetto sornione; ora era
esattamente
il contrario. Adam sembrava vittima di fifa acuta da pettegolezzo, ed
io invece
ero in pace con me stessa; forse il merito andava solo alla sua mano
stretta
forte alla mia, e alla consapevolezza che lui mi amasse, ma, in ogni
caso,
niente sembrava potermi scalfire.
«No, ho solo paura della tua
migliore amica.» replicò, come se fosse ovvio.
E, altrettanto ovviamente, io
scoppiai a ridere, mentre il sole scacciava la nuvoletta cupa che stava
per
oscurare il mio buon umore.
Certo, che Kim minacciasse
Adam
di un’evirazione simultanea quando e se mi avesse fatta soffrire
un’altra volta
era quasi scontato, ma era pur vero che la mia migliore amica era la
prima che
tifava per la nostra coppia da.. beh, da quando il nostro odio
reciproco era
diventato meno reciproco. In ogni caso, in quei giorni era decisamente
troppo
presa da John anche solo per far caso a noi due.
«Non c’è niente da ridere. »
bofonchiò Adam, arricciando le labbra in una smorfia offesa e
cucciolosa.
«Stai tranquillo. » cercai di
rassicurarlo, «Kim abbaia ma non morde, e soprattutto il suo mondo è
Johnatan,
ormai. Quindi, se non le sbatti in faccia chiaramente che stiamo
insieme, lei è
capace anche di non accorgersene. »
Adam sorrise incerto, ed
annui.
Qualche minuto dopo, stavamo
entrando nel cortile della nostra scuola.
Avevo lasciato la mano di
Adam
per non rischiare di scatenare la rivolta delle oche; per il momento,
almeno,
volevo vivere questa storia in tranquillità.
Dopo un’amicizia che non era
mai stata tale, con baci di qui e di là, sbronze, ripicche e relazioni
mai
esistite, mi serviva decisamente fermarmi, respirare, e realizzare che,
porca
miseria, stavo con Adam Brown. Lo stesso ragazzino viziato che qualche
mese
prima mi aveva appiccicato una cicca nei capelli, lo stesso ragazzo con
cui
avevo fatto a pugni e varie guerre col cibo. Lo stesso ragazzo
affascinante che
tentava di cogliermi in fallo dopo una situazione particolarmente
imbarazzante,
e che, per assurdo, si era auto-incastrato.
E magari agli occhi del mondo
poteva sembrare impossibile, ma mi sembrava di non aver mai provato
niente di
così bello e giusto in vita mia.
Due giorni che stavamo
insieme,
due giorni che me lo ripetevo: anche se ero ancora incredula, sentivo
la sua
presenza ancora più vicina, ogni istante che stavamo uno accanto
all’altra.
Ogni suo sorriso era una
concretezza
in più.
Certo, la nostra era e
sarebbe
stata una storia insolita, e non sarebbe stato facile.
Per quanto tenessimo l’un
l’altra, eravamo pur sempre Adam e Natalie, le due teste calde che si
scontravano dalla tenera età di quattro anni con i più crudeli
dispetti.
Ecco, il motivo principale
per
cui volevo tenerla tra noi: perché i pettegolezzi e le voci potevano
rovinare
tutto, e di gente che sparlava ce n’era fin troppa.
Chiunque avrebbe potuto
giudicare sbagliato o falso quello che c’era tra me e Adam: perché era
arrivato
in punta di piedi, in poco tempo, e aveva legato il mio cuore al suo.
Perché
c’eravamo innamorati senza partire dal via, saltando varie tappe o
passandole
velocemente.
Stavamo insieme da due
giorni,
e non potevo dire che saremmo stati insieme per sempre. Però, per quel
che
valeva, Adam sapeva completarmi anche solo sorridendomi.
E questo bastava per voler
proteggere quello che avevamo.
Non finii di fare quel
pensiero, che Kimberly, neanche fosse un segugio, prese a squadrarci
poco
discretamente con un’aria inquietante.
Sentii il corpo di Adam
avvicinarsi di qualche centimetro più al mio, come se, da un momento
all’altro,
volesse usarmi come scudo e nascondersi dietro di me per proteggersi.
Alzai gli occhi al cielo, e
assunsi un’aria pacata, come se nulla fosse.
Modestamente,
avevo delle grandi doti da attrice.
Raggiungemmo Kim e Jonhatan
in
poche falcate, sotto i loro sguardi concentrati.
Speravo solo che Adam non
cominciasse a impazzire per il nervosismo.
«Buongiorno! » salutai, con
un
sorriso.
Fortunatamente, Adam sembrava
stesse
riprendendo la sua solita spavalderia, oppure, semplicemente, gli stava
tornando la vena artistica di attore.
In ogni caso, sfoderò il più
abbagliante e vanesio sorriso sghembo, e si passò la mano tra i capelli
con
fare ammaliante. «Giorno.»
Si sentì distintamente un
corpo-probabilmente di una ragazza- accasciarsi con un sospiro
estasiato, dopo
quel gesto.
Ecco, bravo,
amore: stermina un po’ di quelle galline che potrebbero minare alla mia
salute
mentale e fisica.
Insomma: meno oche c’erano,
meno difficoltà avevo io a difendere la mia proprietà, no?
John sorrise incerto,
scrollando le spalle con fare disinvolto, e abbracciò Kim con
nonchalance.
«Ciao, ragazzi.»
La mia migliore amica,
intanto,
non aveva ancora finito di squadrare me e il mio ragazzo, con la sua
classica
espressione da Sharlock ormai collaudata.
Quando assumeva le sembianze
d’investigatrice, sembrava dimenticare persino le regole della buona
educazione
che, neanche a dirlo, ai Tempi d’Oro delle risse con Adam continuava a
ribadirmi.
«C’è qualcosa che non va. »La
sua non era una domanda, era una pura constatazione.
Come fosse giunta a tale
riscontro, non mi era dato saperlo. Se c’era un cervello complicato da
capire
quanto quello del mio attuale ragazzo, era proprio quello di Kim: per
questo,
quei due andavano particolarmente d’accordo.
«Che caso, io stavo per dire
che tutto era perfetto. » la scimmiottò
Adam, con un sorrisetto che, se non l’avesse fatto per non destare
sospetti, mi
avrebbe fatto prudere le mani dall’insana voglia di cancellarlo.
«Dai, coraggio, bambini.-
m’intromisi, sentendo la campanella suonare, «Dobbiamo andare in
classe. »
-
La mia migliore amica e il
mio
ragazzo top secret, arrivati in classe, avevano deciso di scambiarsi di
posto,
cosicchè Kimberly potesse trastullarsi beatamente accanto al suo
adorato
fidanzato e io potessi –in gran segreto- fare lo stesso col mio.
Perché, secondo
i piani, Kim sarebbe stata troppo presa dal suo John vicino a lei, per
far caso
a me e ad Adam.
Perciò, il fatto che, da
quando
eravamo entrati in classe, non ci aveva ancora levato gli occhi di
dosso manco
fossimo degli alieni, era un dettaglio irrilevante.
Ed irritante, ad essere
sincera.
Adam si mosse inquieto sulla
sedia, avvicinandosi un po’ a me per parlarmi piano. «Ma la tua amica
non ha
meglio da fare che fissarci? Sento che mi sta per bucare la schiena,
talmente
ci mette impegno. »
A quelle parole non potei che
ridacchiare. Mi lanciò un’occhiata esasperata, e cercai di rincuorarlo
con un
sorriso.
Sorriso che fece il suo
effetto
e lo contagiò, illuminandogli gli occhi smeraldini e facendogli alzare
un
angolo delle labbra nel suo ghigno sghembo.
E, in quei pochi istanti in
cui
rimanemmo a fissarci negli occhi, mi chiesi come avessi fatto a
odiarlo, quel
sorriso: era la cosa più bella che esistesse al mondo, specie se
rivolta a me.
«ODDIO! »
A quell’urlo di Kim, quasi
non
mi venne un infarto.
Sia io che Adam sussultammo,
insieme al resto della classe, e ci voltammo a guardarla stralunati.
La professoressa alzò lo
sguardo dal libro di testo e la trucidò con un’occhiata glaciale, ma la
mia
migliore amica sembrava troppo presa a fissare me e il mio ragazzo
segreto come
se fossimo una rivelazione divina.
«Stevenson, tutto bene?»
-Johnatan
le prese la manica della felpa, e tentò di farla sedere, sorridendo
imbarazzato. «La scusi, prof, si è vista un insetto sul banco.»
Kim si lasciò cadere sulla
sedia; la sua espressione, che non era cambiata nemmeno di una virgola,
sembrava voler dire “brutta stronza, ho capito tutto.”
Con un sospiro mi voltai
nuovamente verso la cattedra, lasciandomi scivolare contro lo schienale
della
seggiola. «Ha capito» borbottai con un fil di voce, sotto lo sguardo
smarrito
di Adam, la cui pelle del viso cominciò paurosamente a diventare
pallida.
«Cacca» fu la sua risposta,
mentre si passava una mano tra i capelli spettinati.
Alzai gli occhi al cielo, e
storsi la bocca. «Fino a prova contraria sono io a doverlo dire.»
sibilai
piano, «E’ me, che ucciderà per non averglielo detto.»
Davanti a quella prospettiva,
il mio amato ragazzo sembrò
improvvisamente rincuorato e divertito, perché ridacchiò.
«Kim è sadica» disse; poi si
fermò, colto da un’improvvisa illuminazione: «..ora capisco perché
siete
amiche» disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Gli scoccai un’occhiataccia.
«Mi rincuora sapere che il mio ragazzo si preoccupa per me».
Adam si aprì, contro ogni
logica, in un sorriso luminoso: mi ricordava vagamente un bambino
davanti alla
neve, ed era impossibilmente adorabile. Adorabile,
Adam Brown. Non pensavo che l’avrei mai detto.
«Mi piace.»
«Cosa?»
Il suo sorriso, davanti alla
mia perplessità, non si scalfì minimamente. «Che sono il tuo ragazzo.
Mi piace
quando lo dici.»
Dopo quelle parole e il
lucchichio estasiato nei suoi occhi, cercai con tutte le mie forze di
non
liquefarmi lì, in quel momento, e ridurmi in una poltiglia informe.
L’unica cosa che mi fermò
dallo
scappare dalla classe trascinandomelo dietro con la prima scusa per
saltargli
addosso, fu l’ennesimo urletto-stavolta soffocato- di Kim.
Come me, Adam aguzzò le
orecchie.
«No, ma hai visto
come si sono guardati?!» la sentii sbattere il
palmo sul banco, «Guardali! Natalie
sembra pronta a saltargli addosso! »
E, dopo quell’uscita, mi
ripromisi di divorziare dalla mia migliore amica.
Bontà celeste! Non avevo gli
ormoni così sballati!
…o forse sì?
In ogni caso, non mi sembrava
molto carino sbandierarlo ai quattro venti –ovvero, John-,
partorendo congetture sulla mia presunta relazione con Adam.
Ma poi, era così evidente?
Non
mi sembrava che ci fossimo comportati in modo diverso, anche perché
avevamo
accuratamente evitato gesti ambigui come abbracci, baci e mani
intrecciate; e
Dio solo sapeva quanto avrei voluto stare a stretto contatto con il
corpo di
Adam in ogni istante della mia giornata.
Solo pensare ai baci del
giorno
prima, mi venivano i brividi.
Adam mi diede un buffetto sul
braccio per attirare la mia attenzione. «Che dici,glielo diciamo? Kim
potrebbe
sclerare e ammazzare John»
Alzai un sopracciglio.
«Ammazzare me, vorrai dire. Ma tu mica avevi paura di Kim? »
«Sì, certo, ma ho capito che
se
lo scoprisse da sola sarebbe anche peggio la sua reazione» fece,
saccente. «E
io non voglio essere evirato! » soggiunse poco dopo, con un’espressione
improvvisamente impaurita.
Scoppiai a ridere, ma poi
annuii. «Sì, forse hai ragione»
---
«Stiamo insieme»
Quasi automaticamente, mi feci più vicina a
Adam, pronta all’esplosione.
Appena erano finite le tre ore di storia,
durante la pausa pranzo, avevamo trascinato John e Kim nel cortile
della
scuola.
Non ero stata lì a girarci intorno, e avevo
sganciato la bomba con nonchalance.
Kim si voltò verso John, con un’espressione
saccente e ci indicò.
«Visto, cicci? Avevo ragione. » fece,
pacata; davanti a quel tono e quella tranquillità, non mi permisi di
sospirare
di sollievo, come già stava facendo Adam.
Perché Kim era una bomba a orologeria, e a
certe notizie sclerava per forza.
«Te l’avevo detto che stavan-- » Kim non
finì la frase. Rimase per qualche istante immobile, lo sguardo fisso, e
una
ruga di perplessità in mezzo alla fronte, mentre Johnatan la guardava
cautamente.
Ci impiegò ancora qualche istante per
realizzare l’informazione, e poi –sfortunatamente- esplose. «VOI STATE
INSIEME?!? »
L’espressione di Kim ebbe il potere di fare
indietreggiare sia me che Adam.
Io cercai di rivolgerle un sorrisetto; «Sì,
da ieri sera.. »
«DA IERI SERA?! » sbraitò. Poi,
d’improvviso, si lanciò verso di me.
Chiusi gli occhi, quasi involontariamente,
pronta a sentire la mia testa staccata dal resto del corpo. Ma, a
discapito di
ogni mia esagerata previsione, Kim, semplicemente, mi abbracciò.
«Sono così contenta per voi..! » mormorò
dolcemente, stringendomi forte. Automaticamente i miei muscoli si
rilassarono,
e ricambiai l’abbraccio di Kim. «Anche io, davvero»
«Anche se potevi chiamarmi e raccontarmelo,
ieri sera» bofonchiò poi, sciogliendo la presa. «Scommetto che non ce
l’avreste
detto, se non aveste avuto paura di una mia brutta reazione».
«Ma che dici! » esclamammo all’unisono; Kim
alzò gli occhi al cielo, ma poi scosse la testa.
«Lo so che non è il momento adatto, ma
voglio sapere ogni dettaglio! Anche quello più scabroso!»
«Non c’è nessun dettaglio scabroso, Kim! »
esclamai, incrociando le braccia al petto.
Intanto, Adam si era avvicinato e mi aveva
abbracciata da dietro, poggiando teneramente il mento sulla mia spalla.
Mi
scoccò un bacio sulla guancia, e rivolse un sorriso a Kim. «Ehi,
schizzata, è
vero che hai sempre tifato per me? »
Lei, in risposta, fece un gesto seccato con
la mano. «Certo. Voi due testoni siete sempre stati fatti l’uno per
l’altra.»
John scrollò le spalle, come a darle atto.
«Già dall’inizio facevate scintille, per quanta tensione c’era tra voi.
»
commentò, «Poi da dopo la festa sembravate sempre ad un passo dal
saltarvi
addosso! »
A quell’uscita, sentii le guance andarmi a
fuoco, mentre Adam sghignazzava tranquillamente.
«In ogni caso» ricominciò Kim, puntando un
dito contro Adam che mi strinse ancora un po’ più a sé. «Vedi di non
farla
soffrire, o ti faccio soffrire io. Nel modo più atroce che una mente
macabra
possa pensare.» L’occhiata sadica e ammonitrice che associò a quella
minaccia
ebbe il potere di far rabbrividire perfino me, insieme a Adam.
«Stai tranquilla» fece lui, con leggerezza
«ci tengo alla mia vita, io».
Però sapevo che sotto quelle parole dette
così, per scherzare e alleggerire la situazione, c’era sentimento;
sapevo che
Adam non mi avrebbe mai fatta soffrire, non volontariamente almeno,
perché mi
amava. E questo mi bastava.
«Allora? » incalzò Kim , facendomi tornare
coi piedi per terra.
«Cosa allora? » domandò Adam. Dal tono di
voce spaesato, probabilmente si era perso anche lui nei suoi pensieri.
E, dallo
sguardo accorato che mi lanciò subito dopo, capii che, per quanto
diversi
fossimo, eravamo sulla stessa lunghezza d’onda.
«Organizziamo
una cena a quattro. Stasera.
E non voglio un no, come risposta»
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Capitolo 19 *** Capitolo 19. Quando bisogna solo lasciarsi andare ***
Capitolo
19
Quando
bisogna solo lasciarsi andare
.
-Organizziamo
una cena a quattro.
Stasera. E non voglio un no, come risposta-
Quando aveva
detto quelle parole,
non penavo che Kim fosse seria; credevo fosse solo una cosa buttata lì
per
dire, ed invece eccomi qui, davanti all'armadio, con una salvietta
attorno al
corpo e un'altra a turbante sulla testa,mentre mi corrucciavo pensando
a cosa
mettermi.
Che poi, insomma, non dovevo mica mettermi in tiro per un'uscita con la
mia
migliore amica, e i nostri ragazzi. Eravamo tra noi, un paio di jeans e
una
felpa sarebbero andati più che bene, secondo il mio modesto parere.
Fischiettando, agguantai il mio paio preferito di pantaloni, nello
stesso
momento in cui il mio cellulare cominciava a suonare.
Zompettai fino al letto, e mi ci lasciai cadere sopra, facendo partire
la
chiamata.
-Non stai per metterti uno sgualcito paio di jeans, vero?-
Oh, eccola, l'organizzatrice d'eventi.
-Ciao anche a te, tesoro. Sì, sono felice anch'io di sentirti. No,
figurati,
non stai disturbando- feci, sarcastica.
-Seriamente, Natalie, stai per indossare i jeans, vero?-
Fissai per qualche istante i pantaloni che tenevo tra le mani, e il mio
silenzio fu una risposta eloquente per lei, che riprese immediatamente
a
parlare, animata.
-Ci potevo scommettere. E non metterai una felpa della tuta, vero?
Perché
potrei picchiarti. -
Storsi il naso. -La felpa della tuta l'avevo già esclusa, ma i jeans
non ho
intenzione di bocciarli. Non stiamo andando al gran galà, siamo solo
noi
quattro! - m'indignai.
-Natalie, non ho intenzione di uscire con te vestita da barbona.
Chiaro?
Quindi, se esci con me, abbi la decenza di metterti qualcosa di carino.
E
magari anche i tacchi, e non guasterebbe nemmeno un po' di matita, mh?-
-Cosa saresti, scusa, una versione mixata di Carla ed Enzo e Clio?-
la
beffeggiai, piccata, gettando i miei jeans sul letto poco gentilmente.
-Ma quanto sei simpatica. Sindrome premestruale? - ribattè, con
un tono
acido.
-Va a cagare, Kim, con tutto il cuore.- sibilai.
-Non è colpa mia se non hai senso estetico.-
-Se vai avanti così e ti do buca.-
-Non oseresti! E poi non ci credo che rinunceresti a passare un po'
di tempo
con Adam. -
-Al quale, tra parentesi, piaccio anche al naturale! - sottolineai, con
un po'
di stizza.
Sentii uno sbuffo dall'altra parte, e m’immaginai Kim muovere la mano
in un
gesto molto teatrale. -Certo, dopo che ti ha vista mezza nuda,
appena
sveglia, durante una crisi di pianto isterico e completamente ubriaca,
direi
che "al naturale" per lui sei una strafiga.- fece, sarcastica.
-Non so se hai presente la foto del mio scorso compleanno, quella dove
tu avevi
un foruncolo che chiamarlo "vulcano in eruzione" è un eufemismo..sai,
CASUALMENTE John potrebbe vederla. Per pura casualità, ripeto. -
-Strega-
-Ti voglio bene anch'io-
Un’ora dopo,
vestita di tutto punto
e pure con un filo di trucco, uscii di casa.
Adam era già
lì che mi aspettava, e
appena incontrò la mia figura sorrise. E mi chiesi come una persona
potesse
avere un sorriso del genere, capace –soprattutto- di far sciogliere un
cuore.
Seriamente, come avevo fatto, in tutti quegli anni, a non subirne
l’effetto?
-Ehi, Miss
Insalata- mi salutò,
soccandomi un bacio sulla guancia, lento e dolce.
-Ehi, Mister
Perversione- scherzai,
intrecciando le dita delle nostre mani e rivolgendogli un sorriso
sincero.
Ogni volta
che lo vedevo rischiavo
la paresi facciale per i troppi sorrisi zuccherosi; e il punto è che
non mi
dispiaceva il fatto che la sua presenza avesse questo ascendente su di
me, se
l’effetto era una sorta di pace con me stessa.
Oddio. Sono
veramente partita.
**
-..No,
aspetta, fatemi capire. Le
hai fatto una confessione del genere…in un cesso? - Kim sbattè le
palpebre,
fissandoci allibita; -Anzi, nel cesso di una palestra? -
-..Sì-
bofonchiò Adam, lasciatosi
andare sullo schienale del divanetto, tutto imbronciato.
Io trattenni
un sorrisetto. Ora che
avevamo raccontato tutto per filo e per segno –la mia migliore amica
aveva
chiesto perfino com’eravamo vestiti- a Kim e John, seduti comodamente
davanti
ad un tavolino di un locale, effettivamente la situazione poteva
sembrare
assurda. Conoscevo Kim e la sua natura romantica e soprattutto
perfettina, e
l’idea che io e Adam ci fossimo messi insieme in un bagno puzzolente
non era
proprio nella sua lista delle location preferite. Lei magari immaginava
un’atmosfera magica, soffusa, con musica di sottofondo e profumo di
rose e
lillà, con Adam che s’inginocchiava di fronte a me inneggiando il suo
amore nei
miei confronti.
Bhè, in quel
bagno non c’era nessuna
luce soffusa –in realtà, di luce proprio non ce n’era-, gli unici
rumori che si
sentivano erano quelli degli attrezzi e il chiacchiericcio soffuso
nella
palestra, di certo il profumo non era Chanel n°5, e se Adam si fosse
inginocchiato, probabilmente sarebbe rimasto incollato, per quanto
sporco
c’era. Eppure, quel momento era stato perfetto. Non c’era una cosa che
avrei
voluto cambiare –beh, magari l’odore sì.
-Mondieu!
Questo sfiora il
limite dell’assurdo!-
Come volevasi
dimostrare, Kim
sfoggiò la sua indignazione. Ed era tanta, se infilava una parola in
francese
nella frase. Dal suo canto, Adam sembrò sprofondare ancora di più nel
divanetto, con un’espressione sempre più contrita. Tanto per citare
Kim: mondieu,
come poteva essere così dannatamente tenero? Mi ricordava tanto Kate da
arrabbiata; le sopracciglia aggrottate, le labbra arricciate e le
guance gonfie
e rosse per l’imbarazzo. In uno sprazzo di follia, desiderai
prendergliele,
quelle guanciotte, e pizzicargliele dolcemente. Ma poi probabilmente mi
avrebbe
incenerito con un’occhiataccia.
Così,
semplicemente, mi limitai ad
allungare una mano per afferrare la sua e intrecciare le nostre dita.
-Non ci
crederai, Kim, ma è stato perfetto così-
La presa di
Adam si fece
immediatamente più forte, tanto che il mio cuore perse un battito o
due; poi ne
perse un’altra decina, solo per lo sguardo magnetico in cui mi catturò.
-No, okay,
prendetevi una camera!-
In risposta a
quel commento,
Johnatan ricevette tre occhiatacce contemporaneamente –da me e Adam,
perché
aveva rovinato il momento, e da Kim, che probabilmente si stava godendo
la
scenetta come se fosse al cinema.
Adam si voltò
di nuovo verso di me,
e sfoggiò il suo sorrisetto malizioso.
-Allora,
Smith. Ti va di ballare?-
Improvvisamente,
sentii ogni sentore
di benessere scivolare via da me, con quella proposta. Probabilmente il
mio
cuore aveva smesso di battere, perché non lo sentivo più da qualche
secondo. In
quell’arco di tempo, il mio cervello registrò le parole di Adam, ci
associò il
signifato, e elaborò la risposta: assolutamente no. Non avevo
intenzione
di mettermi di nuovo in ridicolo; l’altra volta ero ubriaca, non sapevo
quello
che facevo, e mi sentivo quasi leggiadra –eppure, avevo ancora la
convinzione
di essermi mossa come un bufalo in una cristalliera mentre ballavo con
quel..
appena formulai pensiero, rabbrividii e lo scacciai. In ogni caso, ora
ero
sobria, razionale, e soprattutto consapevole dei miei limiti. Uno di
quelli,
era la mia incapacità di muovermi a ritmo di musica, tanto più se con
un
ragazzo.
-Non accetto
un no, tanto ti ho già
vista ballare.- Adam scrollò le spalle, e si alzò in piedi tirandomi
con sé. Le
mie proteste non servirono a niente, nemmeno quando ci aggiunsi
svariati epiteti
poco carini e qualche tentativo di bucargli il braccio con le unghie.
-Adam, non
sono capace-
-E quindi? Ti
guido io-
-No, ti
prego! - quasi implorai,
arrossendo fino alle punte dei capelli. Ma guarda a che razza di punto
ero
arrivata: stavo pregando Adam Brown.
Questo era
anche peggio di
sciogliermi davanti al suo sorriso e di essermi innamorata
irrazionalmente di
lui. Non so se rendo l’idea della gravità della cosa.
Lui mi fissò
per qualche istante in
faccia, e poi alzò un sopracciglio, in un’espressione imperscrutabile.
-Okay, allora
andiamo via-
-Ma che--? -
Prima che
potessi ribattere, senza
lasciarmi andare, mi tirò fino al tavolino dov’erano seduti ancora John
e Kim,
abbracciati.
I due
piccioncini ci fissarono
incerti –e forse, la mia espressione non era tanto diversa da quella
dei miei
amici.
-Io e Nat ce
ne andiamo. Voi state
qui, o venite con noi? -
Kim analizzò
attentamente il viso di
Adam; non so cosa ci lesse, ma i suoi occhi brillarono.
-Hai un’idea
alternativa che spacca-
Io mi
accigliai, e con me pure
Johnatan. A volte la telepatia tra Adam e Kim mi spaventava.
Dal canto
suo, il mio ragazzo
accennò un sorrisetto furbo.
-Certamente.
Dico, hai presente con
chi stai parlando? - fece, gonfiando il petto.
-Abbassa la
cresta, polletto- lo
rimbeccò Kim, per poi scrollare le spalle. -Comunque, penso che
rimarremo qua.
Il mio fine l’ho raggiunto-
-Dannata
pettegola!-
Al terzo dito
di Kim indirizzato a
me, tutti scoppiammo a ridere. Kim, con quell’espressione seccata, era
così
buffa che non riuscivo nemmeno a fingere di essermela presa per avermi
mandato
a quel paese.
-Bhè, buon
proseguimento di serata-
commentò Adam, con un gesto del capo e un sorriso.
Kim sciabolò
le sopracciglia,
alzandosi in piedi e afferrando le mani di John per far sì che lo
seguisse. -Ci
puoi giurare! A domani!- esclamò, spostandosi verso la pista.
Io
ridacchiai, davanti
all’espressione fintamente sconsolata di Johnatan, che ci salutò con un
cenno
della testa.
**
-Dove stiamo
andando?-
-Non te lo
dico-
-Dove stiamo
andando? -
-Non te lo
dico-
-Eddai.. -
-Ho la bocca
cucita-
-Ti prego, Addy..-
-No-
-ADAM.-
-Natalie.- Il
mio adorabile
ragazzo sfoggiò un adorabile sorriso su quel suo adorabile
faccino che avrei tanto voluto prendere a ceffoni.
Era circa un
quarto d’ora che
vagavamo per le vie della nostra città, e, finché eravamo ancora vicino
al
centro, ero stata zitta, aspettando pazientemente di arrivare dove Adam
mi
stava trascinando. Ma quando avevamo cominciato ad allontanarci dalle
strade
affollate, per prendere quelle piuttosto isolate che neanche di giorno
avrei
preso, mi era sembrato come minimo d’obbligo sapere dove
cacchio fossimo
diretti.
Purtroppo, il
sopracitato adorabile
ragazzo dall’adorabile viso sull’adorabile faccino che avrei tanto
voluto
prendere a schiaffi non era del mio stesso avviso. Si limitava a
camminare con
una mano nella tasca dei jeans, e l’altra stretta alla mia, senza
mollare la
presa nemmeno quando cercavo di scrollarla via. E sorrideva, quasi
beato,
mentre lo incalzavo di domande e mi rispondeva con pacatezza,
ovviamente senza
curarsi del mio prossimo attacco d’isterismo.
-Oh, insomma!
Si può sapere dov-mh!
-
All’ennesima
domanda, Adam si piantò
in mezzo alla via e mi tirò a sé, posando le sue labbra sulle mie per
tapparmi
la bocca. E, oddio, poteva zittirmi tutte le volte che voleva,
se il
metodo rimaneva quello.
-’ei
scorretto- bofonchiai, sulla
sua bocca.
Adam
ridacchiò piano, facendomi
sbuffare sconsolata. -Sei adorabile quando sei scocciata-
Ecco, il modo
più veloce di tutti
per farmi dimenticare l’incazzatura.
Seriamente,
Adam come riusciva
sempre ad incastrarmi? Rick in otto mesi di relazione non mi aveva
conosciuto
nemmeno un quarto di come Adam l’aveva fatto in sole poche settimane di
amicizia.
Chissà,
magari mi aveva studiata
bene ai tempi dell’odio funesto, tanto da conoscere ogni mio piccolo
pensiero;
solo che se prima trovava i modi più stravaganti per attaccarmi e
portarmi alla
follia, ora cercava ogni modo per tenermi buona e farmi crollare ai
suoi piedi.
E ci stava pure riuscendo.
Non sapevo se
essere felice, o se
odiarlo.
-In ogni
caso- alitò, allontanandosi
di poco dal mio viso, -Siamo arrivati-
-Alleluia!-
Adam rise,
stringendomi la mano e
trascinandomi fino alla fine della via. Appena svoltammo l’angolo, per
poco la
mascella non mi cadde a terra.
-Oddio.
Tu..Mi hai portato al Luna
Park?-
Adam sembrò
rimpicciolirsi e
rabbuiarsi, quando glielo chiesi.
-Sì..pensavo
fosse un’idea carina-
Probabilmente
fraintendeva il mio
sconcerto. Evidentemente non era così bravo a capire i miei pensieri,
altrimenti avrebbe capito che, se solo non avessi avuto il mal di piedi
a causa
delle ballerine, mi sarei messa a saltare dalla felicità.
Oh, al
diavolo.
-Carina? Stai
scherzando? - a quel
punto, fu impossibile non sorridere come una bambina alle giostre –che
effettivamente ero. -Muoviti, devo salire almeno su tre giostre! E
prendere lo
zucchero filato! -
Adam
ridacchiò, palesemente
sollevato, e si lasciò trascinare nella mischia.
Dopo un paio
di giri sulle montagne
russe, uno nella casa degli orrori e aver vinto un pupazzo a forma di
panda che
era più grande di me, ero così euforica da fare scintille.
Probabilmente sulla
mia faccia persisteva un sorriso da paresi, e i miei occhi erano fuori
dalle
orbite come quelli dei cartoni animati –e questo, forse, era anche per
la mia
incommensurabile soddisfazione nell’aver trovato un punto debole di
Adam. Lui,
che aveva fatto tanto lo sbruffone ad arrampicarsi sul muretto che
divideva
casa mia da casa sua, dicendo che “non era difficile”, soffriva di
vertigini.
Probabilmente, non l’avrei mai scoperto, se solo non avessi insistito
per
salire sulla ruota panoramica, e lui non fosse stato così orgoglioso da
non
ammettere prima il suo piccolo problema. Perciò Adam era salito con me
sulla
ruota; all’inizio fingeva indifferenza, ma, mano a mano che andavamo
verso
l’alto, il suo viso si faceva sempre più pallido.
Così, mi sono
guadagnata una scusa
per accoccolarmi a lui, e posare il capo sul suo petto.
-Non avere
paura.
-Non ho
paura.- A quelle parole, che
probabilmente risultavano incerte perfino alle sue stesse orecchie,
zittii Adam
con uno sguardo piuttosto eloquente. Lui mi sorrise, nel modo più
semplice e
adorabile possibile, guardandomi come se fossi la cosa più bella del
mondo, e
dopo avermi scoccato un bacio lieve tra i miei capelli, sembrò
finalmente
rilassarsi. -Com'è che tu hai paura di salire su un muretto e non di
salire su
questo coso?- mi sussurrò appena, la voce in un soffio. Era davvero
spaventato!
Io
ridacchiai, scrollando le spalle.
-Non lo so, questa giostra mi è sempre piaciuta così tanto che a salire
qui
sopra non sono mai stata male. La vista è mozzafiato.-
-Oh, io
preferisco non controllare se
dici la verità.-
Scoppiai a
ridere, per poi
schiarirmi la gola.
-Mi spieghi
come hai fatto ad
arrampicarti sul muretto di casa tua per salire nella casetta, se
soffri così
tanto l’altezza?- incalzai, mentre la giostra si fermava. Sentii
immediatamente
Adam irrigidirsi, così cercai di distrarlo il più possibile. –Insomma,
facevi
tanto lo sbruffone!- scherzai, dandogli un pizzicotto al braccio che mi
avvolgeva le spalle.
-Lì ci salgo
da quando sono piccolo,
sono abituato. E poi non è che sia tanto alto il muretto- spiegò,
cercando di
sembrare tranquillo e scanzonato. Nonostante ciò, lo sentivo che era
ancora un
po’ teso.
-Capito. Mi
piacerebbe tornarci..-
mormorai, per poi alzare lo sguardo ai suoi occhi e sorridendogli
furba; -Ma
sai cosa mi piacerebbe ancora di più?-
Adam scosse
la testa, un luccichio
molto simile a quello che avevo io nelle iridi chiare: come sempre,
eravamo
sulla stessa lunghezza d’onda per certe cose. In ogni caso, decise di
rimanere
al gioco: -Non saprei. Cosa ti piacerebbe?-
-Che mi
baciassi mentre siamo ancora
qui su, come in una classica fantasia da tredicenne innamorata.-
-Mmh..Mi
piace quest’idea- mormorò,
allungandosi leggermente per posare la sua bocca sulla mia. Il bacio
che ci
scambiammo fu come prendere la scossa: non era stato quello romantico
della
dichiarazione, ma nemmeno bisognoso e disperato come quello della festa
o in
corridoio: fu lento e misurato, appena approfondito, ma ebbe la
capacità di
sconvolgermi. Il mio cuore non aveva mai battuto tanto forte, e lo
sguardo di
Adam non era stato mai tanto intenso -nemmeno quando mi aveva detto che
era
innamorato di me; I suoi occhi -normalmente verde smeraldo- avevano
assunto un
tono più cupo, simile al verde bottiglia: ed erano da mozzare il fiato.
Se
possibile, lo rendevano ancora più bello.
Rimanemmo
ancora per qualche secondo
in silenzio, poi fu lui a spezzarlo. -Cavolo. Questo aggeggio infernale
comincia a piacermi.-
Io scoppiai a
ridere, dandogli un
leggero buffetto. In quel momento, la giostra si fermò per farci
scendere, così
afferrai la mano e lo trascinai giù.
-E ora? -
incalzò Adam, passando un
braccio attorno alle mie spalle.
Il sorriso
che mi si allargò sulle
labbra probabilmente sembrava quello dello Stregatto di Alice nel Paese
delle
Meraviglie, ma non riuscii proprio a trattenerlo: -Ora prendiamo lo
zucchero
filato!-
Adam scosse
la testa e ridacchiò,
ciondolando e trascinandomi con sé sino al banchetto dei dolci. Mentre
Adam si
faceva preparare un'ipercalorica crèpe alla Nutella -dall'aria
veramente
invitante- io cominciai a spiluccare il mio gigantesco zucchero filato
rosa con
gusto e un sorriso ingolosito stampato in faccia. Probabilmente
sembravo
davvero una bambina, ma non me ne fregava nulla: portatemi al Luna Park
e
datemi un dolce, e divento o un agnellino o una cavalletta esagitata.
In quel
momento, probabilmente, sono più la seconda.
-Non ti
facevo così golosa- commentò
Adam, con un sorrisetto divertito, guardandomi dall'alto del suo uno e
ottanta.
Mordicchiai un altro po' di zucchero, impiastrarmi un po' il viso. Era
un’impresa per me mangiare un dolce senza ridurmi alla stregua di un
bebè tutto
sbrodolato di pappetta, ma ormai chi mi conosceva ci aveva preso
l’abitudine
–Kim, quando mangiavamo il gelato a casa sua, per rigirare il coltello
nella
piaga si divertiva sempre a darmi una bavaglia.
-Mmm..i dolci
sono il mio punto
debole.- dissi, deglutendo. Mi portai una mano per pulirmi l'angolo
della bocca
dallo zucchero, ma Adam fu più veloce di me: si allungò verso il mio
viso e
lasciò un bacio lì dove ero impiastricciata, per poi sorridermi
furbescamente.
-E tu sei il
mio.-
-Oh, come
siete carini!-
Arrossii
furiosamente, quando la
donna dello zucchero filato fece quel commento; Adam, invece,
ridacchiò: -Vero?
Lo dico anch'io- scherzò, prendendo il dolce che la signora, scoppiata
in una
grassa risata, gli porgeva.
-Grazie
mille- fece Adam, prima di
rimettermi il braccio sulle spalle.
Sgranocchiammo
i nostri dolci
chiacchierando tranquillamente- il che era era piuttosto scandaloso,
considerando
chi eravamo- diretti verso casa.
Era poco più
di mezzanotte, ma la
serata era stata così bella che non avevo voglia di staccarmi da Adam;
non era
uno di quei pensieri da ragazzina appiccicosa e ossessiva che non vuole
separarsi dal suo fidanzato col terrore che sia stato tutto un sogno:
semplicemente stare con lui era come vedersi un film comico alla tele,
mangiare
una bella fetta di torta al cioccolato, e leggersi un romanzo rosa, il
tutto
contemporaneamente. Adam aveva il potere di divertirmi e di farmi
sciogliere
con niente, proprio come era in grado di farmi imbestialire solo
qualche mese
prima.
Non che non
avremmo litigato più,
certo; avevo come l'impressione che tra noi due ci sarebbe sempre stato
quel
piccolo vizio di battibeccare per ogni singola cosa, ma in quel momento
ai miei
occhi sembrava una cosa normalissima. Anzi, sarebbe stato più strano se
non
avessimo sempre sentito quel brivido mentre discutevamo: era una cosa
terribilmente nostra, qualcosa che ci caratterizzava. E poi, era nel
nostro DNA
aver sempre qualcosa da ridire per il gusto di contraddirci a vicenda,
o farci
battutine pungenti.Non saremmo stati Natalie Smith e Adam Brown.
-Allora-
incalzai, svoltando nel
nostro quartiere e stringendo un po' di più il mio Panda pupazzo, -Da
uno a
dieci com'è stata la serata?-
-Per me è
stata splendida, ma hai
intenzione di concluderla così?- fu la risposta di Adam, che abbassò
appena il
capo per incrociare i miei occhi. Sorrisi appena, sentendo un familare
calore
scaldarmi le guance. Era da un po' che non arrossivo per l'eccesso di
felicità
-non con Adam, perlomeno.
-Veramente
no..- risposi sincera,
accennando un sorrisetto e scrollando le spalle. -Sto bene con te.-
-Kim non ha
avuto una brutta idea a
organizzare questa cena a quattro. Ma la mia di andare al Luna Park
devi
ammettere che era geniale.-
Rimasi un po'
perplessa dalla sua
risposta, non c'entrava propriamente con il discorso precedente. Ma
Adam aveva
una mente piuttosto contorta, l'avevo imparato a mie spese, e la
maggior parte
delle volte o bisognava leggere tra le righe, o farlo direttamente
proseguire
con le spiegazioni.
-Ammetto è
stata una serata
alternativa.- concessi, facendogli la linguaccia, -Ma con questo..?-
-Con questo-
proseguì lui, -vorrei
che tu valutassi anche la mia nuova idea..-
-Che
sarebbe?- incalzai, curiosa. A
meno che non fosse stato illegale, avrei probabilmente accettato
qualunque cosa
mi avrebbe proposto. -Ti va di dormire ancora nella casetta?- domandò
fintamente tranquillo, guardando verso casa sua, come se avesse paura a
guardarmi in faccia e leggerci una brutta espressione. Peccato che
sulla mia
faccia non ce ne fossero, di brutte espressioni: l'unica cosa che ci
avrebbe
trovato, probabilmente, era un sorriso sognante da ebete. Non avrei
potuto domandare
di meglio, sinceramente.
-Sì, mi va.-
Adam si voltò
verso di me
immediatamente, gli occhi verdi che mi fissavano sbalorditi. -Che c'è?-
scherzai, -Pensavi che ti avrei preso a pugni dandoti del pazzo ?-
Lui
ridacchiò, passandosi una mano
tra i capelli spettinati, -Sì, una cosa del genere.-
-Quindi?-
domandai. -Dormiamo lì?-
-Se te l'ho
chiesto!- fu il commento
di Adam, con tanto di espressione ironica da schiaffi. Tuttavia, ahimé,
non
riuscii a non alzare gli occhi al cielo senza essere almeno un po'
divertita.
-Però forse è il caso di far credere ai nostri genitori che abbiamo
dormito nei
nostri letti.- riflettè, arricciando le labbra in una smorfietta
assolutamente
adorabile.
No, seriamente.
Presto o tardi sarei morta di diabete per
i commenti zuccherosi che partoriva la mia mente, era completamente
degenerata.
-Molto
saggio.- commentai,
pensierosa. Se mio padre non mi avesse trovato nel mio letto,
probabilmente
avrebbe chiamato la CIA, pur di riportarmi a casa. Se poi mi avesse
scoperta
con Adam -perché oltre la CIA avrebbe chiamato Emma, e lei sapeva
sempre tutto,
anche quante volte andavamo in bagno io e Adam- non avrei più avuto un
ragazzo.
-Okay. Ora
andiamo a casa, diamo la
buonanotte a tutti e tu ti metti il pigiama con le mucche.- ragionò
velocemente
Adam, passandosi per l'ennesima volta la mano tra i capelli. Era
normale
adorare così tanto un dannato gesto? C'era da dire, però, che lo faceva
con
veramente tanta classe: i modelli delle pubblicità dei prodotti per
pettinature
maschili non riuscivano ad essere tanto incisivi dal portarmi ad
adorare dei
fottuti capelli come faceva Adam.
-Intanto io
preparo il sacco a pelo
e un termos con qualcosa di caldo, non si sa mai. Quando è tutto pronto
ti invio
un sms, va bene?-
Presa com'ero
tra i miei pensieri
-nei quali, ovviamente, lui e la sua chioma spettinata erano i
protagonisti
assoluti- impiegai qualche secondo a riconnettermi con la realtà e a
seguire il
filo del discorso del mio ragazzo. Mio ragazzo: ma quanto
suonava bene?
No, okay. Questo era penoso.
Scossi la
testa leggermente, come
per riprendere coscienza di me stessa -me stessa?, non ero più nemmeno
sicura
di come mi chiamavo, da quando Adam aveva stravolto il mio mondo.
-Okay. Va
bene.- annuii, avviandomi
verso il mio cancelletto.
-Ehi, ma dove
vai?- Adam mi afferrò
e mi trascinò indietro da lui, abbracciandomi. -Non mi dai nemmeno un
bacio per
salutarmi?-
Mi accigliai,
leggermente inebetita
-tutto regolare, insomma, dato che avevo a dieci centimetri dalla
faccia quella
di Adam. -Ma ci vediamo tra poco.-
-Smith, ormai
anche solo un minuto
senza di te mi fa morire.- fece, con un tono quasi saccente.
-E pensare
che prima morivi se stavi
più di un momento con me!-
-La cosa era
reciproca. Eppure, sai
cosa? Ora stiamo assieme, e stasera dormiremo ancora nello
stesso sacco
a pelo.- detto ciò, Adam mi lasciò un bacio sulle labbra. -A dopo.
Tieni
sott'occhio il telefono!-
Non appena
entrai in casa, mi
assicurai di salutare mio padre -seduto sul divano del salotto, le
occhiaie per
la stanchezza: stava crollando dal sonno, ma iperprotettivo com'era non
sarebbe
riuscito a dormire senza avermi vista rientrare.
Non appena mi
vide sana, salva, e
con un sorriso tranquillo i muscoli del suo viso si rilassarono, tanto
che
pensai che da un momento all'altro avrebbe chiuso gli occhi cadendo
beato tra
le braccia di Morfeo -mamma, come sono poetica stasera.
Gli scoccai
un bacio sulla guancia,
mormorandogli di andare a letto: Richard non se lo fece ripetere due
volte, e
dopo avermi dato la buonanotte ciondolò di sopra -con me dietro di lui
per
paura che si addormentasse in piedi sulle scale- per poi trascinarsi in
camera
da letto.
Io mi spostai
in camera di Rose
silenziosamente: mia sorella sembrava beatamente persa nel mondo dei
sogni,
così non avrei avuto problemi a sgattaiolare via da lì.
Presi il
pigiama ripiegato sul letto
e mi spostai in punta di piedi in bagno per darmi una sciaquata. Avevo
appena
infilato la mia mise da notte -mi chiedevo quanto sexy Adam mi
avrebbe
trovata, con quel coso addosso - da uno a dieci, forse zero- , quando
il
cellulare vibrò, segno che era pronto.
Dovetti
tornare in camera mia per
infilarmi le ciabatte, ma quando stavo per uscire di nuovo, Rose si
mosse.
-Dove stai andando?- bofonchiò con voce impastata, passandosi una mano
sull'occhio.
-Vado a
dormire con Adam.- le
risposti, tanto non sarebbe stata lei a trattenermi. E, in ogni caso,
se ne
sarebbe accorta la mattina dopo.
-Ah, okay.
Usate il preservativo-
commentò, per poi tornare a dormire.
Ero basita, e
impiegai qualche
secondo a smuovermi dal mio shock temporaneo. Mia sorella non era in sé
-grazie
al cielo-, quindi era meglio soprassedere. Sicuramente, non appena
l'avrei
raggiunto, avrei raccontato questa cosa a Adam. Si sarebbe sicuramente
squartato dalle risate - o forse no.
Il cellulare
vibrò ancora, così
decisi di darmi una mossa. Quando uscii di casa, trovai Adam ad
aspettarmi.
-Finalmente!-
commentò. Il suo
sorriso sincero tradiva largamente il suo tono esasperato, ma gli feci
comunque
una boccaccia.
-Sei tu che
sei esageratamente
veloce!-
Adam ammiccò.
-Avevo voglia di
vederti.-
-Anche se
sono passati solo dieci
minuti?-
Quello scemo
si portò una mano alla
bocca, assumendo un'espressione sbalordita: -E' passato così tanto?
Ridacchiai,
scuotendo la testa: Adam
era assurdo, veramente. Ma lo adoravo anche per questo. -Forza,
idiota.-
Adam ghignò,
per poi precedermi
mentre ci avviavamo nel giardino di casa sua. Stavolta, grazie al
cielo, ebbe
il buon gusto di farmi salire dalle scalette. Probabilmente la ruota
panoramica
lo aveva provato abbastanza, quella sera.
Fu
involontario, poi, pensare al
bacio che ci eravamo scambiati su quella giostra; il mio cuore perse un
battito, e il mio stomaco si contorse con una fitta.
Evidentemente,
anche Adam ci aveva
appena pensato, perché non appena misi piede nella casetta mi attirò a
sé per
baciarmi. Senza fretta, con la consapevolezza di avere tutto il tempo
del mondo
solo per noi, quella sera.
-Ho portato
la cioccolta calda..-
mormorò sulle mie labbra, staccandosi appena.
Sorrisi:
-Ottima scelta.-
-Saremo così
drogati di cioccolato
che non riusciremo a dormire.-
-Tanto lo
sapevamo già che non
avremmo dormito tanto.- ribattei, scrollando le spalle e allontanandomi
da lui
per sedermi sul sacco a pelo blu in cui avevamo dormito anche qualche
settimana
prima.
Adam mi seguì
poco dopo,
accoccolandosi contro la mia schiena e abbracciandomi da dietro.
-Lo so che
non è passato molto
dall'ultima volta che te l'ho detto, ma mi hai stravolto la vita, Nat.-
Feci staccare
il suo petto dalla mia
schiena allontanandomi di un po', giusto per riuscire a guardarlo in
faccia.
-Non hai idea
di come tu lo abbia
fatto con la mia.- mormorai in risposta, per poi girarmi del tutto e
abbracciarlo con forza. Adam sorrise sui miei capelli, lasciandosi
andare
all'indietro e facendo sì che mi accoccolassi più comodamente sul suo
petto.
-Ti amo,
Adam..- sussurrai appena.
Era la prima volta che glielo dicevo chiaro e tondo, e il mio cuore
sembrava
volermi uscire dal petto, nonostante temessi che non mi avesse sentita.
Ma
evidentemente avevo sottovalutato
il suo udito da musicista.
Perché Adam
mi aveva sentita, e ci
mise solo un secondo a coinvolgermi in un bacio mozzafiato, ancor più
profondo
e intenso di quello di quella sera, quello sulla ruota panoramica; le
sensazioni erano le stesse, solo..moltiplicate all'ennesima potenza.
Allo stesso
modo, non ci impiegai molto
per capire che mi sarebbe piaciuto andare oltre, quando il bacio si
fece meno
lento e più frenetico e passionale. Le mani di Adam avevano trovato
posto sui
miei fianchi scoperti, le mie alla base della sua schiena, mentre la
sua bocca
scendeva leggermente sul mio collo, facendomi sospirare e mugolare.
Non era la
mia prima volta in
assoluto, ma sarebbe stata la prima volta con Adam, la prima con un
ragazzo di
cui ero veramente innamorata. E questo bastò per lasciarmi andare,
nonostante
il cuore quasi sembrava volesse sgusciarmi fuori dal petto, tanta era
l'agitazione.
Fare l'amore
con Rick mi era
piaciuto: lui era il mio primo ragazzo, ero stata bene e lui dolce e
attento.
Farlo con
Adam, però, fu
indescrivibile, sconvolgente, appagante. Ma soprattutto, mi sembrò di
dividere
veramente una parte d'anima con lui. E forse a rendere tutto più
intenso erano
stati i miei sentimenti per lui; perché con Rick ero sì presa, ma Adam
lo
amavo. Ed era stata tutta un'altra cosa.
-Tutto okay?-
mormorò dopo un po',
rompendo il silenzio familiare che era caduto. Ero arrivata a pensare
che che
si fosse addormentato.
-Mai stata
meglio.- risposi
semplicemente. Ero così..felice, che il sorriso non mi si
sarebbe
cancellato dalla faccia per i prossimi vent'anni, probabilmente.
Poi il
silenzio ricadde, e io chiusi
gli occhi, ascoltando il ritmo cadenzato dei battiti del suo cuore,
tenendo il
capo appoggiato sul suo petto, proprio all'altezza del suo cuore. Era
un
qualcosa capace di rilassarmi terribilmente.
-Sento il tuo
cuore battere-
mormorai, piano. Prima batteva più forte, ora stava cominciando a
rallentare la
sua corsa, come se si fosse abituato: o soffriva di tachicardia, oppure
era la
mia presenza a fargli quell’effetto. Sinceramente, non volevo saperlo:
preferivo illudermi di fargli venire il batticuore solo abbracciandolo.
Sentii la
mano
di Adam sfiorarmi i capelli, e d’istinto sospirai. Come il silenzio che
era
caduto, ormai mi era famigliare anche quel gesto. Mi piaceva quando
giocava
distrattamente con una ciocca dei miei capelli, quando li arricciava
tra le
dita o mi ci sfiorava il viso. Sapeva farmi rilassare, esattamente come
il
ritmo cadenzato del suo respiro.
-Comincio a pensare che continui a battere solo per te- rispose, con
calma. Al
contrario, il mio povero cuore non reagì con altrettanta
tranquillità,
perdendo qualche battito. Poi mi accorsi che anche il suo era
inciampato in
qualche singhiozzo, mentre parlava
Il sospiro di
Adam mi sfiorò la fronte. -Cavolo, Nat, ma cosa mi hai fatto?- Non
fiatai, era
evidente che fosse una domanda retorica; infatti poco dopo proseguì.
-Mi hai
rincoglionito completamente.Hai perfino tirato fuori il meglio di me.
Continuo
a chiedermi come tu possa esserti veramente innamorata di me.-
-Beh, non so
nemmeno come, ma è così. E' stato ed è più forte di me, Adam. E potrei
farti la
stessa domanda, ma non te la farò. Mi basta sapere che davvero mi ami
per
essere felice.-
Sentii le sue labbra posarmi un soffice bacio sui capelli, con cui
prese di
nuovo a giocchicchiare distrattamente.
-Quindi non sei pentita..-
Quella che doveva essere un'affermazione sussurrata di Adam, ma che
invece
sembrava più una domanda, mi lasciò per un attimo spiazzata. -No che
non sono
pentita, Adam. Tu..tu sì?-
-No! No, certo che no, non pensarlo nemmeno!- rispose
immediatamente,
quasi fosse terrorizzato dal fatto che potessi davvero credere una cosa
simile.
Sentii l'enorme macigno appena comparso sul mio cuore dissolversi come
si era
posato in un secondo.
-E' che..sei stata la prima, per me-
-Oh.-
-Già- No, no! Un momento, io non volevo uscirmene con uno stupido 'oh'!
-Delusa?
In quel momento non riuscivo a capire proprio il suo tono di voce, così
mi
sollevai appena per riuscire a guardarlo negli occhi. Scossi la testa,
lentamente, osservandolo: aveva un'espressione indecifrabile.
-Non delusa, solo..sopresa. -
-Te l'avevo detto che ho avuto poche storie e che non sono un
puttaniere-
disse, scrollando le spalle.
-La cosa mi lusinga- scherzai, allungandomi fino ad essere faccia a
faccia con
lui -E così, ho macchiato l'animo candido di Adam James Brown.- soffiai
sulle
sue labbra, con un sorriso.
Anche Adam sembrò rilassarsi di più, ora. Speravo non avesse seriamente
paura
che lo sfottessi per questa cosa; stavo scherzando, ma lo facevo per
farlo
rilassare, non per metterlo a disagio.
-Candido non troppo, però.- ripresi, continuando con lo stemperamento
della
tensione, -Magari color panna. E' un reato meno grave-
Lui ridacchiò appena, per poi scoccarmi un bacio sulle labbra. -Tu sei
pazza.-
-Già. Penso di aver perso l'ultimo briciolo di ragione stanotte. Con lo
zucchero filato, ovviamente.- commentai, facendogli una boccaccia.
Adam scosse la testa, fintamente scandalizzato. -Hai portato via la mia
innocenza, e continui a preferire i dolci a me. Potrei scegliere la
crèpe alla
Nutella invece che te.-
-Fai pure, vorrà dire che mi metterò insieme al mio zucchero filato.-
-Sì, ma con la velocità con cui lo divori rimarresti vedova molto
presto!-
ribatté Adam, facendomi ridere.
Tranquillizzata dal sorriso sereno sul suo viso, mi accoccolai di nuovo
sul suo
petto, all'altezza del cuore, dove lasciai un bacio.
**
-Romeo, forse
è
meglio che torniamo a casa..- mormorai, accarezzandogli dolcemente i
capelli.
Quando mi ero svegliata, quella mattina, avevo scoperto che durante la
notte i
nostri ruoli si erano invertiti. Se prima io avevo usato Adam come
cuscino, ora
era lui che teneva la testa appoggiata dolcemente a me. E mentre lo
svegliavo,
era impossibile non liquefarmi come una gelatina: sarà stata
l'atmosfera di
quella notte che ancora permeava ogni angolo della casetta, sarà stato
lui che
era semplicemente magnifico, ma mi sembrava di fluttuare.
-Adam..se non ci trovano sono guai..- riprovai, sfiorandogli la spalla
per
smuoverlo un po'.
-Mmmh..non ho voglia di alzarmi e andare a casa..voglio stare qui con
te.-
borbottò, e, come per sottolineare il concetto, si abbarricò ancora di
più a
me.
Sbuffai una risata: avrei voluto fare l'esasperata, ma la verità era
che
anch'io sarei stata volentieri tutto il giorno lì con lui.
Mamma mia, avere un ragazzo mi rendeva la persona più melensa
dell'universo. O
per meglio dire: avere Adam come ragazzo mi rendeva la persona
più
melensa dell'universo.
Il suddetto mi lasciò un bacio leggero sul collo, e ci sfregò
dolcemente il
naso, provocandomi uno scompenso cardiaco. -Ti trasferisci a casa mia?
Così
dormiamo tutte le notti insieme e ti uso come materasso.-
-Sarebbe un'idea carina.- scherzai, -Ma se non torniamo a casa
potrebbero
venirci a cercare.-
-Ma non sanno dove siamo.-
-Adam, stai scordando chi è tua madre.- gli dissi, e lui ridacchiò,
annuendo.
-Forse hai ragione.- concesse, alzando il viso e baciandomi le labbra
lievemente. Evviva i baci mattutini al fiato pesante che con Adam
risultavano
la cosa più bella del mondo, alè! -Buongiorno.- mormorò con voce
carezzevole.
Se fossi stata in piedi, le gambe mi sarebbero cedute, poco ma sicuro.
Una voce
come la sua, roca dal sonno, era da infarto.
-'Giorno anche a te. Comunque, io ho sempre ragione.- e gli diedi un
leggero
colpetto alla spalla e per farlo spostare. Adam alzò gli occhi al cielo
e
rotolò al mio fianco, mettendosi seduto. -Okay. Spero solo che qualche
vestito
non sia volato giù dalla finestra.- scherzò, allungandosi per prendere
la sua
t-shirt.
Io ridacchiai, tirandomi su a mia volta e perdendomi ad osservare la
sua
schiena. Avevo scoperto di avere un vero e proprio pallino per le sue
spalle e
le sue braccia: erano la cosa più sexy che io avessi mai avuto il
piacere di
vedere.
Adam si voltò, cogliendomi sul fatto, e mi rivolse un sorriso
malizioso. -Che
c'è, ti sei incantata?-
-Certo che no. Riflettevo.- ribattei con nonchalance, infilandomi
velocemente
la giacca del pigiama.
-Continua pure a riflette sulla mia magnificenza.- mi prese in giro,
facendomi
sbuffare divertita.
Adam Brown era la persona più bella -sia esteriormente che
interiormente- che
avessi mai visto, davvero. Ero felice di aver abbassato l'ascia di
guerra, quel
giorno in cui lui aveva la febbre, ed ero anche gelosamente orgogliosa
e
lusingata di poterlo ritenere mio. E poi, io ero stata la sua prima
volta;
sotto sotto, ero davvero sollevata di essere stata l'unica con cui
aveva fatto
l'amore. E per un momento avrei voluto essere anch'io vergine, e dargli
tutta
me stessa; ma era stato un pensiero veloce, perché avevo capito che era
stata
comunque la notte più bella della mia vita, e che probabilmente l'avrei
ricordata per sempre.
-Allora, Suor
Panterona, sei
pronta?-
Il commento di Adam mi riscosse dai miei pensieri, così finii di
vestirmi e lo
aiutai ad arrotolare il sacco a pelo.
-Questo lo prendo dopo, non vorrei che mamma facesse domande.-
Piuttosto
logico, Adam aveva ragione.
Mi stavo avviando alla scaletta per scendere, già nella prospettiva di
essere
silenziosa, scattante e di non rompermi l'osso del collo, ma ovviamente,
come se non potesse farne a meno, Adam mi riacciuffò da dietro e mi
strinse a
sé. -Oggi ci vediamo?-
Ma era un vizio, quello di mormorarmi nell'orecchio? Non sapeva che
rischiava
uno stupro istantaneo, oppure, peggio, un mio collasso psico-fisico?
Cavolo, avevo il cuore che scalpitava.
Mi schiarii la gola, sentendo le sue labbra posarsi dolcemente sul mio
collo.
-Allora?
-Non saprei. Abbiamo scuola domani, dovremmo anche studiare..-
-Che ne dici se studiamo insieme?- incalzò lui. Credeva davvero che
saremmo
riusciti a studiare, io e lui nella stessa stanza? L'ultima volta che
ci
avevamo provato, eravamo finiti ad un millimetro dal baciarci e io gli
avevo
chiesto che dentifricio usava. Ora che avevamo il via libera dal
baciarci,
dubitavo ci saremmo fermati per fare quella futile cosa che era
studiare.
E forse fu proprio quella prospettiva allettante a farmi parlare:
-Perché no.
Ma studiamo per davvero.-
-E certo. Che altro dovremmo fare?- fece Adam, retorico, con un
sorrisetto che
non preannunciava nulla di buono. O forse no.
-Okay. Allora ci sentiamo dopo.- Gli diedi un veloce bacio sulla
guancia,
facendolo sorridere come un ebete. Poi sciolse la stretta e mi lasciò
scendere,
seguendomi immediatamente dopo. -Aspetto con ansia la tua chiamata!-
scherzò,
portandosi una mano al cuore e l'altra alla fronte, con fare
drammatico.
Che diva che era il mio ragazzo, pensai, mentre alzavo gli occhi al
cielo e
ridevo.
-Contaci!- ribattei, facendogli un cenno prima di salutarlo.
Quando entrai in casa, stavo ancora ridacchiando tra me e me.
**
AAP
[Angolino Autrice Penitente]
Innanzitutto,
salve a tutti. Alla bellezza di
mezzanotte e trendadue, sto riuscendo ad aggiornare. Penso ormai si sia
capito
che sono una ritardataria cronica, sia ad aggiornare, sia nella vita.
Chiedo
scusa per l'ora, ma sono appena tornata a casa. E chiedo scusa anche
per
l'assenza dal sito, solo per ribadire quello che ho detto oggi
nell'avviso
pre-postaggio. Insomma, tra crisi di trama, voglia e tempo, credo di
essere
tornata in me e sono pronta a ricominciare a scrivere come si deve. E,
possibilmente, a postare con un ritmo accettabile.
Allora. Che dire, capitolo bello lunghetto, eh? Diciamo che mi sono
lasciata
prendere la mano, quando è ritornara l'ispirazione -e si vede, direi.
Credo che sia uscito proprio come lo volevo, anche se forse ci sono
stati più
momenti fluff tra Nat e Adam che altro (ma a voi non dispiace,
nevvero?) Di
solito nei miei capitoli c'è più spazio per la famiglia dei due e dei
loro
amici, ma questo era quasi interamente dedicato alle mie creaturine che
avevo
perso di vista in questa pausa dalle Originali. Un po' per farmi
perdonare da
voi, un po' perché lo dovevo a loro.
E allora, direi che ci sono state anche delle sorpresine, no? L'avreste
mai
detto che Adam era vergine? (io no XD) Che poveretto, si fa anche dei
patemi
mentali -io lo so, ve lo assicuro u.u Mentre Natalie è praticamente in
brodo di
giuggiole.
Non so, voi che ne pensate del fatto che li ho fatti andare a letto
insieme?
Era troppo presto, secondo voi? Io non saprei, secondo me ci stava. Non
stanno
insieme da tanto, è vero, ma dal momento che io -come tutte voi- sono
convinta
del fatto che loro siano fatti per stare insieme da 19 capitoli fa e
che anche
loro lo volevano intensamente..bhé. Ecco tutto. E poi sono grandi e
vaccinati.
E si amano tanto. E poi per Addy era la prima volta :3
Okay. Io..stacco qui. Spero che leggerete questo capitolo, nonostante
l'ora
-magari domani ^^"- e nonostante la luuunga pausa -per cui vi chiedo
ancora scusa.
Spero non ne siate rimaste deluse.
Un bacio enorme.
|
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Capitolo 20 *** LEGGETE, PER FAVORE. ***
Sono
piuttosto sicura che metà dei lettori di questa storia sia convinta che
l’autrice
di questa storia sia morta, mentre l’altra metà probabilmente mi odia
perché
sono sparita di nuovo e per così tanto tempo. So che più e più volte ho
risposto in messaggi privati che sarei tornata con un nuovo capitolo,
ma
nonostante ciò sono passati ancora mesi e mesi e non è arrivato un
tubo.
Vi giuro,
non stavo dicendo bugie quando ho detto che stavo scrivendo. STAVO
scrivendo il
capitolo, ed ero circa a quota 7 pagine. Ce l’ho ancora, è lì nella mia
cartellina ‘Amore Irrazionale’ che aspetta di essere completato. Questo
perché,
nonostante la mia improvvisa scomparsa, non ho mai avuto intenzione di
abbandonare la fan fiction. Non potrei mai farlo, perché la fic è la
mia
creatura e io non riesco ad abbandonare mai veramente le cose che ho
amato.
Infatti camera mia è ad uno stadio di accumulo che potrebbe fare
concorrenza a
quelli di ‘Sepolti in casa’, ma questo c’entra poco, vero?
Quando ho
iniziato questa fan fiction è stato esattamente come iniziare un
viaggio. O una
corsa sulle montagne russe, considerando gli alti e i bassi che ho
avuto con
essa. Ma è stata in assoluto una delle esperienze più belle e
soddisfacenti
della mia vita.
So che la fan
fiction in sé non è nulla di ché, che non è profonda o scritta da dio (
e
diciamocelo, quando ho iniziato a scriverla non era di certo scritta
bene ) e
forse la storia è banale, ma la risposta è stata più di quanto mi sarei
immaginata o di quanto avessi mai sperato. Ero una tredicenne
sognatrice e un
po’ illusa che sognava di diventare scrittrice e iniziava a fare i
primi passi
nella categoria delle fanfiction Originali; non mi sarei mai, mai
aspettata che
potesse essere seguita da tante persone. Certo il numero di seguito non
era
esorbitante, ma era di certo esorbitante e sconvolgente per me.
Per di più,
nello stesso periodo stavo iniziando le scuole superiori e vi confesso
che la transizione
per me è stata difficilissima e ho passato davvero un brutto anno
scolastico
dal punto di vista relazionale a causa dei miei compagni di classe. Vi
basti
sapere che la mattina non volevo alzarmi dal letto all’idea di entrare
in
classe con le persone che mi facevano sentire tanto a disagio con me
stessa.
Scrivere questa
storia mi ha aiutato. Mi ha aiutato davvero. Scrivere mi aiutava a
liberare la
mente e rilassarmi, mettevo i miei sentimenti non corrisposti in quello
che
stavo facendo, e l’entusiasmo di voi lettori mi faceva sentire bene con
me
stessa, perché in qualche modo stavo facendo qualcosa di bello per gli
altri e
qualcosa di bello per me allo stesso tempo.
Quindi,
sono davvero legata ad Amore Irrazionale perché è la mia creatura, ma
anche
perché è stata il mio porto sicuro.
Poi è
successo che, per una serie di eventi nella mia vita, ho trovato un
porto
sicuro in altre cose e l’ispirazione per la storia è andata scemando.
Non so
perché, non è qualcosa che ho mai voluto. Ho scritto per un anno circa
su Glee,
ma nell’ultimo anno non sono riuscita più a scrivere niente. Non so
perché. So di
certo che dall’estate scorsa ho forse concluso due One Shot, ed
entrambe le ho
scritte per una mia amica.
Non so
perché, ma non sono soddisfatta di ciò che scrivo o come lo scrivo,
quindi –
anche se ho idee – finisco per abbandonare tutto per frustrazione. E
questo è
il motivo per cui l’estate scorsa non avete letto il ventesimo capitolo
della
storia, nonostante lo stessi veramente scrivendo.
È parecchio
irritante questa situazione. Non avete idea. È come quando ti viene da
starnutire, tu cominci a fare smorfie oscene, sei già lì in posizione
ma poi lo
starnuto se ne va. Immaginate che lo starnuto sia l’ispirazione.
Voi non lo
sapete, ma Natalie e Adam mi hanno invaso i sogni per almeno due anni
buoni. Non
penso possiate immaginare la quantità di scenari che mi sono dipinta in
mente,
quanti altri capitoli ci sarebbero stati se avessi avuto la costanza e
il tempo
di scriverli. E magari, magari potrei scriverli. Ma non prometto nulla,
perché,
come avete potuto notare, quando si tratta di scrivere non posso
permettermi di
promettere un fico secco, nonostante le mie buone intenzioni.
Sta
di fatto che prima, mentre mi facevo il Silk Epil, ho cominciato a
pensare a
Natalie e Adam (non chiedetemi nemmeno il perché). E ho realizzato che
voglio
terminarla questa storia, voglio terminarla per rispetto a voi, ma
anche per
una sorta di dovere personale. Ve l’ho detto, la storia è la mia
creatura e la
porto in grembo dal 2010. E poi voglio terminarla anche perché l’ho
iniziata l’estate
prima di andare alle superiori come vi ho detto e, beh, vorrei
terminarla prima
della fine del mio quinto anno. Sapete, una sorta di chiusura simbolica
di un’era.
Di un periodo della mia vita. Quindi, sì, insomma. Vi sto dicendo che,
non so
esattamente quando, ma ho intenzione di finirla. Poi non so se qualcuno
ci sarà
a leggerla, spero almeno che leggiate questo avviso.
In
conclusione, volevo solo chiedervi scusa per essere sparita così, di
punto in
bianco e di non essere tornata quando promesso. E vi ringrazio anche
per il
sostegno che, comunque, avete continuato a darmi e l’interesse che
avete
dimostrato per la storia. E per tutto quello che avete fatto per me,
specialmente all’inizio di questo ‘viaggio’.
Spero
di tornare presto, nel frattempo....perché no, vi metto un pezzettino
di quello che ho scritto l'ultima volta. Non so se il prossimo capitolo
inizierà effettivamente così, magari cambierò tutto, ma intanto vi do
qualcosa perché ve lo devo.
Vi
mando un bacio immenso,
Giorgia.
×××
Dedicato
a voi <3
Io l'avevo detto che studiare insieme
sarebbe stata
una pessima idea. Non che il mio parere fosse necessario, era piuttosto
ovvio
che io e Adam insieme nella stessa stanza con le porte chiuse con la
scusa di
non voler essere disturbati non ci saremmo mai dedicati ai
libri,
nemmeno con l'imminente interrogazione di storia che incombeva su di
noi il
giorno dopo. Per di più, dopo ciò che era successo quella notte,
eravamo ancora
più sensibili alla vicinanza dell'altro.
Infatti la porta della mia stanza non era
ancora
chiusa alle spalle di Adam, che lui mi ci aveva sbattuta contro - con
tutta la
delicatezza possibile, ovviamente, o gli avrei tranciato le palle - per
aggredirmi le labbra in un bacio bisognoso. Un bacio che stava ormai
continuando da un quarto d'ora mentre ce ne stavamo straiati sul letto
di Rose,
bacio che mi stava letteralmente fondendo i neuroni e che avrei
lasciato
deliberatamente degenerare, se non avessi avuto una fastidiosa
coscienza a
ricordarmi di voler passare l'anno e un padre di sotto a guardare la
partita di
football.
"Adam.." mormorai tra i suoi baci, cercando
di richiamare la sua attenzione.
Adam scese con le labbra a baciarmi il
collo,
lasciando prendere una boccata d'aria sia ai miei polmoni che al mio
cervello.
Era così bello che non avrei mai voluto bloccarlo, ma avevamo davvero
bisogno
di fermarci per studiare. Tanto non ci correva dietro nessuno ed avevo
decisamente intenzione di riprendere il discorso in un altro momento.
"Adam, dobbiamo studiare.."
"Abbiamo tutto il pomeriggio per farlo" fu
la sua risposta, prima di sollevare il viso e tornare a baciarmi sulla
bocca.
Lo assecondai per qualche secondo - perché, ehy, chi rifiuta un bacio
da Adam
Brown? - prima di provare a premere i palmi delle mie mani sulle sue
spalle per
farlo staccare.
"No, Adam, seriamente." Il tono della mia
voce fu abbastanza deciso da attirare davvero la sua attenzione e si
sollevò
sui gomiti per guardarmi in faccia. "Dobbiamo prepararci entrambi. Io
ho
un brutto voto da recuperare, e tu una buona media da mantenere."
Adam s'imbronciò tutto d'un botto. "Non
puoi
pretendere che io studi quando ho te così vicina."
"Questo era esattamente il motivo
per il
quale pensavo che fosse un'idea stupida, ma tu volevi vedermi così
tanto.."
risposi, un sorrisetto che minacciava di spuntarmi nonostante cercassi
di
essere imbassibile. Adam era decisamente troppo adorabile così per la
mia
salute psico-fisica. Da quando era diventato così tenero? Giuro, mi
sembrava di
avere la versione maschile e adolescente di Kate, il che non aiutava
decisamente. Non sarebbe stato male se avesse assunto di nuovo l'aria
da faccia
da culo che aveva quando mi incollava cicche nei capelli e mi tirava
tranci di
pizza: perlomeno avrei avuto l'impulso di staccarmelo di dosso.
"Tu non volevi vedermi? Penso che il mio
cuore si
sia appena spezzato."
Scoppiai a ridere di cuore, prima di
baciare il suo
broncio un'ultima volta. "Coraggio, alzati e prendi il libro di
storia."
Adam mi guardò con i suoi grandi occhioni
verdi,
tentando di impietosirmi con quello sguardo illegale, prima di sbuffare
e
sollevarsi del tutto. "Ti odio."
"Anch'io ti odio, mister sono convinto
che il
mio cuore batta solo per te ormai." Lo presi in giro con un
sorrisetto
strafottente, mentre Adam mi scoccava un'occhiataccia in risposta.
"Non prendermi in giro, ero trasportato dal
momento. Una piccola défaillance." rimbrottò, puntandomi l'indice
contro.
Io ridacchiai. "Sì, una piccola défaillance
che a
momenti mi cariava tutti i denti."
"L'hai detto tu che hai una passione per i
dolci." Adam fece spallucce, prima di voltarsi verso il suo zaino che
aveva lasciato cadere sul pavimento nella foga del bacio di prima. Lo
raccolse
e lo posò sulla scrivania di Rose, mentre io mi allungavo verso il
pavimento
per raccogliere il mio libro di storia precedentemente abbandonato e
l'evidenziatore.
"Ho una passione per i dolci, non per le
carie!" specificai comunque, tornando seduta composta con le spalle
contro
al muro e le gambe incrociate.
Adam grugnì. "Sai cosa?" disse,
"A questo punto, per non farti peggiorare il male ai denti rimarrò
zitto
per tutto il pomeriggio e mi dedicherò al mio vero amore."
"La storia?" chiesi, divertita.
Adam annuì, impettito. "Sì. La nostra è una
relazione stabile e duratura. Infinita, direi." Dopodiché, dopo avermi
scoccato un'occhiata di sufficienza, mentre io cercavo di non ridergli
in
faccia, si gettò platealmente sul letto, facendomi rimbalzare e mordere
la
lingua. Sentii immediatamente il sapore rugginoso del sangue in bocca e
deglutii esitante. Mi faceva davvero senso, e soprattutto ora avevo
tutta la
lingua indolenzita.
"Mi hai fatto mordere la lingua, idiota!"
ringhiai praticamente, tenendo la lingua sollevata e mezza fuori. Adam
scoppiò
a ridere e io lo guardai seriamente, seriamente male. Era una vita che
non lo
facevo con così tanto intento, probabilmente dall'ultimo dispetto
antipatico
prima che diventassimo effettivamente amici. Anche perché da quel
momento in
poi ero capitombolata in un circolo vizioso di occhi a cuore o occhi
troppo
appannati dalle lacrime per vedere qualcosa. E, dio, sembrava piuttosto
patetico; le occhiatacce mi venivano decisamene meglio.
Incurante dello sguardo furente che avrebbe
potuto
incenerirlo, Adam si sporse più vicino alla mia faccia, l'ilarità
ancora
presente sul suo viso. "Fa vedere?"
"No." borbottai, cercando di voltarmi
dall'altra parte. Adam, tuttavia, pensò bene di afferrarmi il mento e
forzarmi
il viso verso di sé. Sospirai pesantemente. "Fanguina?" domandai, la
lingua ancora fuori come un'idiota. Adam si morse le labbra per non
scoppiare a
ridere. "No, non mi pare sanguini." mi rassicurò, "Dopo puoi
ancora baciarmi, tranquilla."
Lo guardai piuttosto scettica, non appena
si allontanò
quanto bastava per notare il mio sopracciglio alzato e il mio sguardo.
"E
chi ti ha detto che voglio?"
"Io. Insomma, chi non vuole baciare Adam
Brown?" disse, sorridendomi furbescamente.
"Al momento, io." ribattei, aprendo
finalmente il libro di storia sulle mie ginocchia.
"Infatti io ho detto dopo."
"Adam, studia la tua amata storia e taci,
per
favore." tagliai corto, cominciando a leggere l'introduzione al
capitolo.
Mi persi così a leggere, completamente
immersa, fin
quando non sentii la mano di Adam posarsi sulla mia per intrecciare le
nostre
dita sul copriletto. Ricambiai la stretta e sorrisi tra me e me,
lasciando che
la sensazione di serenità si facesse largo nel mio corpo, mentre
proseguivo con
lo studio.
Incredibilmente, riuscii davvero a
studiare.
Nonostante non fossimo attaccati come sanguisughe l'uno alla bocca
dell'altra -
tra l'altro, la mia lingua ancora doleva - o non stessimo riempiendo il
silenzio con chiacchiere futili, di imbarazzo non ce n'era. Era tutto
terribilmente giusto; anche solo condividere il silenzio con Adam,
stringendogli
la mano e concentrandomi sui compiti, era piacevole. E il tempo
decisamente
volò, tanto che ci ritrovammo ad alzare la testa dal volume ormai nel
tardo
pomeriggio, quando mia madre spalancò la porta chiedendo ad Adam se
avesse una
preferenza particolare per la cena.
Allontanammo alla velocità le nostre mani e
non fu per
niente piacevole. Avevo giusto appena scoperto quanto amassi veramente
stringere la mano di Adam, anche solo nell'initimità di una stanza con
la porta
chiusa. Ma ovviamente mia madre era incredibilmente puntuale, quando si
trattava di rovinare i momenti perfetti, era risaputo.
"Io in realtà pensavo di andare a casa."
rispose Adam, confuso e con le guance leggermente arrossate.
"Sciocchezze, ho appena invitato anche i
tuoi a
cena. E' da parecchio che non facciamo le nostre cene tutti insieme!"
rispose Emily, con una scrollata di spalle.
"Oh" fece Adam, "Beh, allora mi affido
alla tua cucina, Emily."
Mia madre ridacchiò come una tredicenne in
calore -
certe volte mi chiedevo chi tra me e lei fosse più innamorata di Adam -
prima
di assicurargli che lo avrebbe stupito e richiudersi la porta della
camera alle
spalle. Il silenzio ricadde tra noi, ma come prima non fu imbarazzante,
quando
più avvolgente e caldo. Avevo la stessa sensazione che mi aveva avvolta
quella
mattina quando mi ero svegliata con i raggi del sole che filtravano
nella
casetta e facevano giochi d'ombre sulla schiena nuda di Adam; quel
sentore di
pace, di appartenenza e amore che stagnava in ogni angolo del nostro
piccolo rifugio.
"Mia madre ha un'imbarazzante cotta per te
e non
so se esserne gelosa." Fui io la prima a spezzarlo, alla fine; e il
silenzio venne immediatamente riempito dalla risata di Adam.
"Io credo che tu non debba esserlo."
rispose, sporgendosi per lasciarmi un leggero bacio sulle labbra.
Ricambiai
dolcemente il sorriso che mi rivolse, prima di accoccolarmi sul suo
petto.
Prima che potessi fermarlo, sbadigliai. Mi
sentii
improvvisamente stanca, dopo le poche ore dormite quella notte e lo
studio
intensivo del pomeriggio, e il corpo di Adam era troppo confortevole
per non
tentarmi ad usarlo come perfetto cuscino per un pisolino.
Probabilmente fu un pensiero piuttosto
prevedibile,
perché Adam prese a massaggiarmi dolcemente la cute - un vero invito ad
addormentarmi tra le sue braccia - e a mormorare un motivetto che non
conoscevo. "Mpf..che fai?" mugugnai, lasciando le palpebre chiudersi.
Davvero, sarebbe stato un peccato capitale non cedervi.
"Canto per te per farti addormentare."
"Ma non voglio sprecare il tempo da sola
che ho
con te." bofonchiai, ed era così. Sebbene fosse davvero appetibile
l'idea
di farmi un pisolino abbracciata ad Adam, sapevo anche che quei pochi
minuti
insieme erano oro. Non avremmo avuto molti momenti da soli, con le
famiglie
rumorose e numerose che avevamo che riuscivano ad essere ovunque in
ogni
momento: l'episodio di prima con mia madre ne era solo un esempio. Per
di più,
avevamo deciso di volare basso almeno per i primi tempi, quindi avremmo
dovuto
evitare qualsiasi contatto equivoco in presenza dei nostri familiari,
nonostante le mie sorelle probabilmente avessero visto lungo e
sapessero già
tutto.
"Shh, non preoccuparti." mi zittì lui,
continuando a massaggiarmi i capelli. S'interruppe solo per un secondo,
quando
mi fece sollevare dal suo petto per andare ad appoggiare il busto alla
testiera
del letto; dopodiché, aprì le gambe e mi fece cenno di avvicinarmi. Un
po'
intontita gattonai fino a lui; Adam avvolse immediatamente le sue
braccia
intorno ai suoi fianchi, mentre mi accoccolavo comodamente al suo petto
caldo.
"Facciamoci un pisolino, uno piccolo. Se no di questo passo ci
addormentiamo a cena. Metto la sveglia tra un'oretta, okay?"
Annuii solamente contro la sua t-shirt, le
palpebre
nuovamente pesanti. Sentii Adam trafficare col suo cellulare, poi la
sua mano
tornò tra i miei capelli. Riprese a canticchiare a bassa voce,
cullandomi fino
ad appisolarmi.
Quando mi svegliai, non fu con l'allarme
del telefono
di Adam, bensì con uno strillo. Non appena lo sentii spalancai gli
occhi e
scattai seduta, voltandomi immediatamente verso la porta. A malapena
recepii
che Adam era sussultato a sua volta, sotto di me, e ora stavamo
fissando
stralunati e confusi Bryan che ci fissava a sua volta con
l'aria di una
moglie che ha beccato il marito con un uomo a letto. Non sapevo
sinceramente se
essere più scandalizzata per l'urlo terribilmente femminile che aveva
cacciato
il mio migliore amico o se esserlo per il fatto che ancora una volta ci
avevano
interrotti. Certo, in questo caso si trattava di un pisolino, ma
cavolo. Un po'
di privacy era cosa buona e giusta.
"Si può
sapere perché hai urlato?!" sbottò
Adam. "C'è qualcuno che vuole dormire qui!"
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