Amore irrazionale- nemici, amici, innamorati

di Soul Sister
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. La mia vita fa andare al bagno ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. Avere le spalle larghe è una fregatura ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. I miei neuroni andavano letteralmente a farsi friggere ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: cioccolata, palline di carte, litigio, messaggio ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5- condizioni estreme- ma piuttosto mi taglierei le vene!! ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6- che mondo di matti ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. il mondo gira al contrario, o sbaglio? ***
Capitolo 8: *** capitolo 8:magari la febbre gioca brutti scherzi ***
Capitolo 9: *** Il passato ritorna ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. Bad Past ***
Capitolo 11: *** 11. Quando Adam ed io venimmo accantonati per la Sorella Prodigio ***
Capitolo 12: *** Il rifugio segreto ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. L'ho sempre detto io che la sfiga mi assilla..! ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. L'ho sempre detto io che ho un cuore difettoso! ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. Quando la Sorella Prodigio tolse la maschera ***
Capitolo 16: *** 16. L'ho mai detto che odio le feste? ***
Capitolo 17: *** Nemici, amici, innamorati..Amore irrazionale! ***
Capitolo 18: *** Quando tutto sembra essere esattamente come deve essere ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. Quando bisogna solo lasciarsi andare ***
Capitolo 20: *** LEGGETE, PER FAVORE. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. La mia vita fa andare al bagno ***


Amore Irrazionale: nemici, amici, innamorati



Capitolo uno: la mia vita fa andare al bagno

La mia vita era sempre stata come una di quelle sit com americane, piena zeppa di colpi di scena, ma sempre prevedibili. Di quelle con teenager alle prese con qualche cretino super-figo che le tormenta e rende la loro vita un inferno, ma che, inevitabilmente, poi, le fa innamorare di lui come delle povere pere cotte.

Ma, fortunatamente, io non ero la classica ragazza da sit com che s’innamorava del cretino della città. Io ero la teenager che affrontava il deficiente in questione, perché, purtroppo, anche nella mia prevedibile realtà, lui esisteva.

Non poteva mica non esserci. Perché quella presenza era peggio di una piaga in via di putrefazione, un porro peloso, un foruncolo, e resisteva.

Ma, se nelle sit com, poi diventava l’eroe, si poteva star certi che qui, nella mia città, nella mia vita, lui non sarebbe mai diventato magicamente il santo della situazione. Non c’erano segreti scabrosi della famiglia che l’avevano irreparabilmente rovinato, niente maschere che nascondevano un cuore d’oro. Eh sì, perché, purtroppo, il figone del mio, di villaggio, lo conoscevo fin troppo bene. Perchè le nostre famiglie erano amiche da quando mio padre e mia madre andavano al liceo, e, come se non bastasse, una delle mie sorelle era fidanzata col fratello maggiore della mia nemesi. Solo per informazione, nel mio universo, la pustola, colui che rompeva le palle insistentemente, aveva il famoso nome di Adam Brown: mi rifiutavo categoricamente di ritenerlo mio cognato. Era troppo..deprimente.

Restava il fatto, che la Pustola aveva appena segnato la sua ora.

“Brown, sei un idiota!” esclamai, adirata, gli occhi furenti iniettati di sangue.

Quella sottospecie di ameba, priva di un briciolo di materia grigia, aveva volontariamente fatto cadere la sua cicca sulla mia testa.

Stavo ringhiando come una rabbiosa, quasi con la bava alla bocca, mentre una parte di me stava già piangendo i miei capelli che, inevitabilmente, avrei dovuto tagliare, per sistemare il danno.

Ricordiamo la persistente somiglianza con le sit com americane, dove, puntualmente, i professori nemmeno si vedevano, nullafacenti come pochi.

Ed infatti, l’insegnate si faceva tranquillamente i cavoli suoi, con l’Ipod nelle orecchie, che picchiettava la biro sulla cattedra a ritmo di musica.

Perché qui succedeva così.

Lei ci riempiva di esercizi, e mentre la parte di noi diligente eseguiva i compiti, lei si faceva i fattacci propri, mentre Mr Pustola combinava danni.

Non poteva nemmeno sentire le mie urla la prof, la musica era così alta che la sentivo chiaramente fino al mio posto, nella penultima fila di banchi, in fondo alla classe.
“Oh scusami Smith, te la tolgo subito!” disse, con finto tono dispiaciuto.

Quando allungò la mano, ebbi l’impulso di staccargliela a morsi; peccato che non fossi cannibale. Ma, comunque, Brown riuscì a mettere le sue manacce sulla mia testa e spalmò bene il chewing-gum sui capelli. Boccheggiai, shoccata. Non avrei mai creduto che fosse così sconsiderato, quell’Essere, dal volersi accorciare così drasticamente la vita.
“Brown, giù le mani!” urlai, in panico.

Lui ghignò, lo sentii bene, ma quell’incompetente della prof non se ne accorse minimamente. Non che lei avrebbe preso provvedimenti: com’è prevedibile, Brown aveva un certo ascendente pure sulle professoresse, oltre che sul popolo femminile della mia città. Perciò, non sarebbe servito a nulla che la prof se ne accorgesse.

“Lascia che ti aiuti.” Disse, con tono mellifluo. Il suo sorrisino era la cosa più irritante che esistesse sulla terra.

Lo allontanai con uno spintone e un’occhiata infuocata. Ma perché non sapevo incenerire con gli occhi?
“Ma che aiutare.. Oh no, sono da tagliare..”

L’ultima parola fu un sussurro strozzato. I miei capelli, lisci, lunghi, morbidi: da tagliare. Mi sentivo mancare, ma cercai di riprendere il controllo. Mi alzai, con calma calcolata e un’espressione omicida. Lo fissai così male che indietreggiò con la sedia. La professoressa alzò lo sguardo sulla classe, vedendomi in procinto di ammazzare il suo beniamino.
“Smith, cosa succede?”
“Ma nulla professoressa. Chiedo un suggerimento a Adam..” Minimizzai io, un sorrisino sadico sulle labbra, le forbici in mano, nascoste dietro la schiena. Mi risedetti, mentre lei usciva dalla classe: “Vado a prendermi il caffè, voi state buoni” ordinò. Era troppo facile.. proprio da sit com, no?

Mi rialzai, e andai al banco dietro al mio. Sorrisi sadica a mononeurone-Brown.
“Nat, non farlo..” mormorò Kim, la mia migliore amica, preoccupata. Non le diedi ascolto. Non era il momento di professare il “Peace and Love”.
“Sai Brown, sei assolutamente un idiota.” Gli confessai, con odio in quantità industriale. Avrei potuto ricoprire la superficie della terra, con tutto l’astio che covavo per Brown. E sarebbe persino avanzato.
Lui ridacchiò, senza allegria, con un amaro sarcasmo.

Ecco, lo sguardo che mi mandava in bestia. Era malizioso, pieno di sottintesi, falsi e veri.

Adam Brown era il classico figo dongiovanni, come ormai era risaputo, a cui montava l’ego ogni secondo che passava grazie alle attenzioni che le ragazze gli davano. Bastava uno schiocco di dita, e il genere femminile gli cascava ai piedi. Ovviamente, con me i suoi occhi verde smeraldo non facevano effetto.

Certo, era bello – impossibile negarlo- ma io guardavo più in là, dentro la persona. Il punto era che di lui non potevi vedere nulla, dato che era profondo come una pozzanghera. Adam Brown era esattamente come si mostrava: superficiale, egocentrico, pallone gonfiato, insensibile ai sentimenti. Punto. Al massimo ci potevi aggiungere altri insulti. Fine.
“Detto da te è un complimento.” Alitò con quelle labbra tirate in un sorrisino malizioso. Mi stava mandando in bestia, e dovetti inspirare a fondo per non prenderlo a schiaffi. Dopotutto eravamo in classe.
Accennai una risatina nervosa. “Molto divertente..”

Volevo abbassare quella cresta che si ritrovava,e nel vero senso della parola. Mi avvicinai pericolosamente al suo viso, sotto il suo sguardo soddisfatto, e prima che lui potesse fare qualcosa, le mie forbici furono tra i suoi capelli. Zac. Sorridendo soddisfatta, raccolsi i suoi capelli e glieli sventolai davanti al naso, sotto il suo sguardo stralunato. Se c’era qualcuno che teneva ai suoi capelli quanto io tenevo ai miei, era proprio Adam Brown.
“Come. Hai. Osato.” Sibilò, con sguardo minaccioso.
“Occhio per occhio..” Beh, era la spiegazione migliore che potessi dargli. No?

“Smith, questa me la paghi.” Ringhiò tra i denti. Orgoglio ferito?
Indicai i miei capelli, irreparabilmente rovinati. Lo guardai male, ma male male.

“Sai che dovrò tagliarli? Corti, molto corti. E a me non piacciono i capelli corti.”
“E sai che me ne frega dei tuoi capelli, befana!” rispose, acido.
“Beh, tua madre voleva che ti dessi una spuntatina, no? Ecco, hai risparmiato tempo e denaro. Sono io qui, quella messa peggio. O forse no? Sappilo, tua madre adorava i miei capelli. E’ ovvio che noterà il drastico cambiamento, e le confesserò piangendo che il disastro l’hai combinato tu ai miei, innocenti capelli.” Dissi, mentre un sorrisino perfido affiorava sulle mie labbra.
“Tua madre stravede per me, ricordi? Mi difenderà a spada tratta” disse Adam sicuro. Pensava di avere il coltello dalla parte del manico. “Non avrai vita semplice.” Disse poi. Non volevo pensare alla reazione di mia madre, sinceramente. Mi avrebbe distratto e rammollito.
“Nemmeno tu” risposi minacciosa. Ghignò perfido, chissà cosa il suo cervellino bacato macchinava.
“Tremo dalla paura. Natalie Smith mi minaccia!”. La classe rise, ma io, con un’occhiata alle spalle, zittii tutti. Rivoltai la testa verso l’Essere, che ancora aveva disegnato quell’odioso sorrisino sul viso.
“Sei odioso, impossibile, insopportabile, montato..”
“Tu sei patetica” il sangue mi ribolliva nelle vene, e mi colorava le guance di rosso, per la rabbia. Presi l’Estaté in bella vista sul suo banco- ovviamente lui poteva permetterselo- e lo premetti sulla sua zucca vuota, rompendo la plastica del bricchetto, e rovesciandogli in testa il thé. Ghignai, soddisfatta. I suoi occhi si fecero più scuri, accecati dall’ira. Afferrò la bottiglietta d’acqua dell’amico, aperta, e mi rovesciò addosso il contenuto. Mi guardai la maglietta completamente zuppa, a bocca aperta, poi con un tic all’occhio rialzai lo sguardo su di lui. “Tu” sibilai.

La classe si era zittita, le scommesse già fatte: tutti erano in attesa della rissa.

Ci mancava solo l’arbitro e la campanella che segnasse l’inizio del match.

“Io?” sfotté Brown, con quell’aria da superiore che lo contraddistingueva dagli altri cavernicoli, sempre e comunque più evoluti di lui.
“ IO TI ODIO!” tirai in dietro il braccio, strinsi forte il pugno, e lo distesi, colpendolo con tutta la forza che possedevo.

Non ci potevo credere: l’avevo fatto davvero.

Riaprii le dita, che scricchiolarono, ed insieme anche gli occhi. Gli avevo fatto girare la testa, ero compiaciuta: avevo sempre desiderato farlo.
Rimase un attimo interdetto, a fissarmi, sconcertato; probabilmente era basito quanto lo ero io per il gesto. Non se lo aspettava nessuno, nemmeno io.

Stava metabolizzando il tutto, forse. Sì, l’avevo davvero colpito in viso, e molto probabilmente anche nell’orgoglio.

Sbatte le palpebre un paio di volte, poi il gesto fece breccia.

Nel suo sguardo c’era puro odio, nei miei confronti.

Aprì la bocca, ma non uscì verso né parola.
“Smith.” Ringhiò, a denti stretti.
“Sì, Brown?” domandai,sorridendo sorniona.
“Io t’ammazzo!” con uno scatto si alzò in piedi, facendo ribaltare all’indietro la sedia. Indietreggiai, ora sì che mi venivano i brividi a vederlo. Mi sembrava Bruce Banner in procinto di trasformarsi in Hulk. La vena sul suo collo pulsava paurosamente, il viso aveva già la sfumatura verdognola. L’avevo combinata grossa. Afferrò le sue forbici, e avanzò verso di me, lo sguardo da serial killer non accennava ad andarsene.
“Ehi, non t’avvicinare.” Intimai. Purtroppo mi uscì una supplica, e non un avvertimento, come volevo che fosse. Fece una risatina sadica, che mi fece venire la pelle d’oca. Tagliò l’aria con quegli arnesi malefici, camminando lentamente verso di me.
“L’avevo detto io che sarebbe finita male..” mormorò Kim tra sé. Ma che carina, perché al posto che fare la saccente, non mi dava una mano?
“Vieni qui, Smith!” ringhiò Adam, facendo uno scatto verso di me. Io mi girai e iniziai a correre per i banchi, con lui alle calcagna. Purtroppo, non avevo tenuto da conto i suoi amici cavernicoli, ovviamente dalla sua parte. Jim, il suo migliore amico – idiota anche lui-, piazzò in mezzo il suo banco, bloccandomi il passaggio.
Brown ghignò, battendogli il cinque, poi mi guardò con gli occhi ridotti a due fessure. Lentamente, mi si avvicinò.

Io cercavo, senza togliere gli occhi da lui, di spostare il banco. Non mi ero accorta che l’amico l’aveva incastrato bene tra altri due. Solo loro potevano riuscirci casualmente.
“Stammi lontano!” ringhiai. Dovevo apparire un gattino che credeva di essere una tigre, ai suoi occhi.

Le sue iridi erano così sadicamente intrise di odio che sembravano ancor più magnetici, come quelli dei serpenti. Era quasi impossibile distogliere lo sguardo.
“Ma dai, Natalie.. Sono il tuo pavvucchieve di fiducia, tesovo, ti favò un taglio mevaviglioso!”

Doveva far ridere? Eppure io ero traumatizzata.

Misi i due indici delle mani a formare una croce: “esci da questo idiota!” esclamai.

Ma dove trovavo il coraggio per far dell’ironia, anche nelle situazioni tragiche?
“Simpatica, Smith, davvero simpatica. Ma io non sarei così in vena di scherzare.” Afferrai la prima cosa che riuscii, sul banco di un compagno: la colla. Una misera, inutile colla! La fissai male, e Brown rise della mia sfortuna. Era a due passi da me, che mi minacciava con quelle pericolose forbici appuntite e un ghigno perfido. Fece un altro passo; istintivamente gli lanciai il tubetto in faccia, e sgusciai dalla trappola. Sentii distintamente le forbici chiudersi sui miei capelli.
Oh no. Mi voltai verso di lui, che teneva in mano una ciocca abbondante dei miei capelli, lunga almeno venti centimetri, con un sorrisino soddisfatto. Passai una mano, scioccata, sulla mia nuca: il dislivello si notava eccome. Inspirai ed espirai profondamente, era il mio turno di diventare Hulk. Afferrai una sedia libera, e la alzai sulla mia testa. Indovinate chi era il bersaglio?
“Smith, Brown, che succede?” la prof rientrò proprio in quel momento. Non ci potevo credere. Evviva il tempismo.

Abbassai la seggiola, e mi voltai verso la prof a capo chino.
“Diari”

Come nelle classiche sit com, no?
***
Marciai a passo spedito verso il bagno delle ragazze, con l’assoluto bisogno di vedere in che pietoso stato si trovassero i miei capelli.

Masochismo puro.

Entrai velocemente, cercando di nascondermi agli occhi altrui. Oddio..i miei poveri capelli. La cicca, di un rosa chiaro scolorito, era come saldata alla mia testa. Avrei dovuto tenere la testa al fresco- nel vero senso del termine- per staccare il chewing-gum.

Toccai la gomma, schifata. Bleah!
Per non parlare del taglio netto dei miei capelli, dietro alla testa..quello sì, che era un danno.

Cavolo, avrei dovuto tagliarli scalati, cortissimi. Miseriaccia.

Slacciai il foulard che avevo al collo, per pura fortuna, e lo sistemai sul mio capo. Almeno non avrei fatto una figuraccia mentre tornavo a casa.

Uscii spedita, sperando di non incontrare Faccia-da-schiaffi-Brown. Beh, non c’era molto da sperare, dato che eravamo vicini di casa.

Con calma, uscii dall’edificio. Attraversai l’intero spiazzo, diretta verso casa. Ero senza macchina- purtroppo- e dovevo farmi la strada a piedi.
“Ehi, strega!” Nat, respira, respira a fondo. Non. Dovevo. Sbraitare. E non dovevo ucciderlo: sarei finita in prigione. Cos’avrebbe detto papà?
“Ho detto: ehi, strega!” ripeté, seccato.
“Che vuoi!” sbottai, voltandomi. Sorrise, strafottente.
“Oh, niente.” Rise, quasi strozzandosi. “Mh, bella bandana.” Commentò. Stronzo.
“Va a quel paese, razza di idiota!” sibilai. Lui rise, rise di gusto. Aumentai la velocità, intenta a seminarlo: che cosa vana, dopotutto dovevamo fare la stessa strada. Anche se non parlava più- o meglio, non sparava più cretinate-, lo sentivo camminare dietro di me. Dopo dieci lunghissimi minuti, quasi interminabili, giungemmo a casa. Senza salutarci, ovviamente, ci separammo. Entrai in casa, e presi un respiro profondo. Durante il tormentato tragitto, mi ero preparata mentalmente all’ennesima sfuriata di mia madre, per la nuova nota disciplinare. “Ehm, mamma?” chiamai. Arrivò tutta pimpante, eccitata, con un sorriso ad illuminarle il volto. La situazione mi puzzava.

Il mio inconscio- tipo vocina fastidiosa che mi metteva in guardia- mi suggeriva il motivo ma non l’ascoltai.

“Mi devi aiutare, stasera vengono a cena i nostri fantastici vicini!” mi ritrovai a sperare che fossero altri vicini, ma la vocina – sempre quella crudele vocina – mi suggeriva che non erano quella simpatica coppia di anziani.

“I signori Willis, intendi?” dissi innocentemente.

Chi gliel’avrebbe spiegato ai genitori, che io e Adam avevamo fatto ancora rissa? Emily rise. “Ma che dici, è ovvio che sono i Brown! E’ una settimana che non ci vediamo tutti insieme!” battè le mani, entusiasta. Poi mi guardò attentamente. “Ma.. Nat, perché quel foulard?” deglutii a vuoto, mentre scioglievo il nodo dietro al capo. Strabuzzò gli occhi.
“Ma’, ho predo una nota.. perché quel tesoro di Adam Brown mi ha messo la cicca in testa.” Dissi mostrando il disastro. “E mi ha tagliato i capelli.”
“Per questo, hai preso una nota?” chiese, scioccata.
“Beh, io gli ho dato pan per focaccia.” Confessai, con un sorrisino divertito. Al ricordo di quel pugno ancora gongolavo. “E gli ho quasi tirato una sedia in testa” aggiunsi, con nonchalance. Ormai, tanto, la frittata era fatta.
“Natalie!” mi sgridò “Come hai potuto? Richard, corri. Qui urge una ramanzina coi fiocchi!” mio padre comparve nel corridoio,tutto trafelato. Sapeva che quando mia madre, da pacata, diventava belva furente, era perché succedeva qualcosa di catastrofico. Beh, ormai con me era una routine.
“Nat, cos’è successo ai tuoi capelli?” era basito, la bocca aperta stile baccalà. Mi strinsi nelle spalle

“Brown” Solo il nome diceva tutto.

Scosse la testa, rassegnato. Per quanto il mio papino adorasse Adam, non gli avrebbe mai dato pienamente ragione: io ero la più piccola di casa, dopotutto. E l’unica delle sue tre figlie a cui avesse mai insegnato a giocare a football e a fare la lotta.
“Ha preso un’altra nota, Richard, l’ennesima! Non. Va. Affatto. Bene. E poi questa cosa delle risse, proprio non la tollero!” Evitai di alzare gli occhi al cielo. Ormai la tiritera la conoscevo a memoria.
“Natalie cara, mamma ha ragione. Tu e Adam dovreste andare d’accordo, la situazione è pesante.” Mio padre mi guardò accorato. Era pesante sì, ma anche ingestibile. A lui dispiaceva sempre dover discutere con i coniugi Brown di queste cose; non era il massimo per dei migliori amici come loro.

Mamma era fuori di sé, come al solito.
“Come se fosse solo colpa mia: se lui non mi avesse appiccicato la gomma tra i capelli, io non gli avrei tirato un pugno!” sbottai, incrociando le braccia al petto.
“Gli hai tirato un pugno?Ma sei impazzita?” urlò mia madre.

Forse avevo parlato troppo. Mio padre si accese d’entusiasmo, anche se con un pizzico di preoccupazione negli occhi chiari: “ ti sei fatta male?”
“Poco, però ne è valsa la pena: gli ho girato la faccia.” Dissi, fiera del mio destro potente. Mio padre ridacchiò, sotto sotto era soddisfatto quanto me che le sue lezioni fossero andate in porto. “A volte mi chiedo se non fossi dovuta essere maschio. Sembra ti piaccia fare rissa!” commentò divertito.

Annuii: “Oh sì, fare a botte con quel microcefalo di Brown sarebbe molto più entusiasmante” feci ridere ancora mio padre, e grugnire mia madre.
“Se fossi maschio, sareste amici.” Disse mamma, storcendo il naso.

Rabbrividii: “sono felice di essere donna! Ora mi devo lavare, anzi. Devo sistemare il disastro che ha fatto il beniamino di mamma.”

La diretta interessata sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Scomparve in cucina, mentre mio padre, col suo sorrisino divertito, tornò in salotto.
*****
“Nat, i tuoi capelli..” sospirò mia sorella, accarezzandomi la testa.
“Ringrazia quel deficiente del fratello di Bryan.” Risposi, alzando le spalle.

Mi ero dovuta tagliare i capelli, corti, molto corti. Fortunatamente, mi ricrescevano velocemente. Mia sorella sbuffò.
“Non c’entra nulla Bryan, non metterlo in mezzo!” mi sedetti sul letto di mia sorella, e sospirai.

“Certo, Rose, il tuo ragazzo è fantastico. È suo fratello l’idiota.”
“Però è carino.” Scoppiai a riderle in faccia. I singulti erano violenti, mi contorcevo per le troppe risa. A volte mia sorella se ne usciva con delle vere cavolate.
Cercai di riprendere un contegno: “Sei assurda, sorella.” Ansimai, col fiatone. Lei storse il naso, contrariata.
“Solo perché lo odi, non vuol dire che non sia bello. Insomma, le sue conquiste le fa.” Si strinse nelle spalle, come se la cosa detta fosse ovvia.
“Ti interessi di pettegolezzi da liceo?” apostrofai, con un sorrisino di scherno. “Nat, guarda che fino all’anno scorso anch’io ero una di voi. I ragazzi Brown hanno sempre destato una certa fama, in questo senso. Adam fin dal primo anno ha fatto conquiste, mi pare.” Disse, con un’aria da saccente.
“Intendi dire che anche Ryan era un casanova?” Sorrise, ravviandosi i capelli dorati e boccolosi. Mi si strinse il cuore: i miei, anche se erano di un biondo cenere spento e non belli come i suoi, una volta erano così. Cioè, fino a quella mattina.
“Fino a quando non mi ha conosciuta, e ha messo la testa a posto.” Disse fiera, gli occhi azzurri scintillanti da innamorata. “Prima o poi, anche Adam metterà la testa a posto. E quel giorno...” lasciò la frase in sospeso lanciandomi un’occhiatina che non riuscii a decifrare.
“Quel giorno?” chiesi, curiosa. Ridacchiò, poi mi tirò una cuscinata.
“Quel giorno sarà troppo tardi!” che voleva dire? Mia sorella era proprio un mistero. Se io ero quella che dava più problemi a scuola, lei era quella meno normale. Rimasi lì qualche minuto, alla ricerca del significato dell’affermazione di Rose.

Lasciai perdere quasi subito, mia sorella era come un sudoku: mi era impossibile risolverlo, come non riuscivo a capire lei. Inutile struggersi tanto.

Andai in salotto, e in quel momento sentii la porta di ingresso aprirsi. “NAT” sorrisi: la piccola Kate, la sorella minore di Bryan e Testa-di-cocco-Brown, era un vero angelo. La bimba venne in salotto- ormai casa nostra la conosceva troppo bene- ,accompagnata dalle risate di tutti, e mi corse in braccio. “Ehi, terremoto!” esclamai, stringendola a me. “Sei cresciuta”
La piccola si aprì in un sorriso mozzafiato, mostrandomi i suoi dentini. Era tenerissima, con i suoi boccolosi capelli biondi, e quegli occhioni verde acqua.
“Natalie, e i tuoi capelli lunghi?” mormorò, accarezzandomi la testa. Scossi il capo, un sorriso amaro sulle labbra. Intanto entravano tutti gli altri, nella stanza, compreso il ‘genio’ della famiglia. “Ho dovuto tagliarli..” dissi, con un sospiro.
“E non hai pianto?” domandò, confusa. Beh, c’ero molto, molto vicina.
“Ma no, piccola. Tanto ricrescono.”
“Beh, comunque rimani bellissima, tesoro. Non preoccuparti!” Emma, la madre di Bryan, Kate e Testa-Di-Cocco-Brown, venne da me e mi stritolò in una presa da lotta libera, facendo ridere la piccola.

“Ciao Emma” ridacchiai.

Era una persona fantastica, quella donna. E così anche il marito, e i due figli- il più grande e la più piccola, sia chiaro. Doveva esserci stato un errore, una madornale anomalia nel concepimento del secondo figlio. O forse c’era stato uno scambio di figli, dove il vero angelo Brown era stato brutalmente barattato con questo obbrobrio della natura.
Emma e Seth Brown erano colleghi, nonché quasi consuoceri, dei miei. Sarebbe stata una famiglia fantastica, la loro, se non ci fosse stata la pecora nera a rovinare tutto.
L’amicizia che legava noi a loro, era quasi sempre, per me, causante del desiderio di suicidarmi. Mi chiedevo perché mio padre avesse voluto proprio fare quel lavoro, e soprattutto, perché ci fossimo stabiliti proprio lì, a fianco a loro.
Ma perché rovinarmi la vita a causa di un cafone ignorante?
Da sottolineare, però, che era un’impresa titanica sopportare quel cervello di gallina, perché mi ronzava in torno, oltre che a scuola, pure a casa. Mi ricordo che alla nascita di Kate, per ogni minima cosa, ci ritrovavamo per festeggiare: ‘Kate ha fatto il ruttino!”; ‘la piccola ha sorriso!’; e così, di corsa al ristorante. Forse, per una cosa, io e Adam eravamo d’accordo: non ne potevamo più. Ci salutammo- ovviamente, io e Adam ci lanciammo occhiate di fuoco, anche lui aveva dovuto sistemare i capelli in qualche maniera- , poi mamma annunciò che la cena era pronta. Come al solito, mi sedetti accanto a Bryan, di fronte al Vaccone, con Kate in braccio. Bryan, anche se aveva due anni in più di me- era un diciottenne, come Rose- , era il mio migliore amico, nonché confidente. Avevamo un bel legame, io e lui. Era un tesoro, e non biasimavo mia sorella che ne era completamente cotta.

Arrivò il primo – in queste cene, mia madre si dava alla pazza gioia, neanche fosse una chef-, e l’atmosfera aveva già perso tutto il solito imbarazzo. Bryan e Rose si guardavano intensamente, gli occhi a cuoricini. Ogni tanto si scambiavano parole dolci, e si dicevano quanto fossero fantastici, l’uno all’altra. Kate mangiava tranquillamente, ogni tanto sbuffava annoiata- di solito con me si divertiva sempre, ma quel giorno il mio umore era nero come il carbone. Mi dispiaceva per la mia piccolina; io ero come una sorella acquisita, non la semplice baby-sitter per lei. In quanto a me, non avevo fame e nemmeno voglia di mangiare. Nemmeno Adam sembrava averne, e continuava a lanciarmi sguardi di fuoco, pieni di odio, a cui io rispondevo prontamente. Era difficile che ci insultassimo, a tavola: a parte il fatto che avremmo distrutto il mito di ragazzi beneducati ai nostri genitori, c’era presente la bambina.
Avrei creduto che Adam-testa-di-nocciolina fosse proprio, definitivamente, senza cuore, se non avessi visto il bene che provava per la sua famiglia, e la devozione per la sorella minore. Che poi era reciproca, in quanto Kate aveva già annunciato che, da grande, si sarebbe sposata con lui. Beh, non volevo essere nei suoi panni, povera piccola ingenua. Adam era praticamente un mostro!
“Mamma, mi scappa la pipì” Emma prese Kate in braccio, e chiedendo scusa e il permesso, scomparve nel corridoio.
Una scintilla attraversò quell’oceano di verde- gli occhi di Adam erano davvero belli, glielo potevo concedere- e le sue labbra si tirarono in un sorriso divertito. Prese la bottiglia di Coca-cola e svitò il tappo, sempre con quel ghigno presente sul viso. Nell’allungarsi, per afferrare il suo bicchiere, urtò la bottiglia, che si rovesciò direttamente su di me. Non era casualità. Perché anch’io, casualmente, avrei potuto, ovviamente per sbaglio, conficcargli la forchetta in un occhio.

“Nat, stai più attenta!” rimproverò mia madre.

Ora, se avessimo fatto replay, si sarebbe visto chiaramente che io non avevo mosso un muscolo e che quel microcefalo aveva volontariamente rovesciato la bottiglia per bagnarmi. Ma mia madre era infatuata del figlio di Emma e Seth Brown, in modo quasi malsano. E, come ogni volta, aveva fatto magicamente diventare me dalla parte del torto.

Adam mise su un broncio mortificato, falso come Giuda, e si girò penitente verso mia madre.
“Emily, è colpa mia, ho per sbaglio rovesciato la bottiglia.” Bleah, eccesso di mielosità. Si vedeva da un miglio che stesse gongolando.

Mia madre gli sorrise dolcemente. “Tranquillo caro, non è successo nulla.”
Come non era successo nulla?!Si dava il caso che avesse appena rovinato la mia maglietta preferita: avevo sudato per averla, e solo dopo infinite preghiere e un lavoro come baby-sitter, l’avevo comprata. E lui, quel caprone, idiota, quell’essere mitologico con corpo d’uomo e testa di cazzo- era riuscito a rovinarmela, senza che mia madre, quella traditrice, dicesse nulla.
Era certificato, ero stata adottata.

Non si spiegava, altrimenti, perché mia madre non fosse mai dalla mia parte.
“Natalie, vai a cambiarti, che bagni il pavimento!” ordinò Emily. Okay, volevo ufficialmente divorziare da mia madre.

“Vengo anche io!” disse Rose, seguendomi in camera mia. Sapeva che stavo per scoppiare. Mi sentivo il sangue ribollire nelle vene, probabilmente il fumo usciva dalle mie orecchie, dato che sentivo un fischio fastidioso in esse.

“Nat, respira, respira!” intimò mia sorella, scrollandomi per le spalle. Solo in quel momento, mi accorsi di aver trattenuto il respiro, e pian piano l’aria tornò ai miei polmoni. Inspiro, espiro.
“Devo iscrivermi ad un corso di yoga.” Dissi, mentre mi ossigenavo. Inspira, Nat, espira.

Tenevo gli occhi chiusi, cercando di placare la mia ira funesta. “Ti sei ripresa?” scossi la testa, in segno di diniego. Sentivo ancora il bisogno di spezzargli le ossa e di spappolare il suo cranio sul muro.

Sadica? Un pochino non guasta mai.

Presi altri respiri, poi riaprii le palpebre e sorrisi a mia sorella: “Okay, ci sono”
“Dai, Nat.. non devi prendertela così.” Sapevo che Rose ci stava male, quando avevo qualcosa che non andava, e cioè sempre, se c’era Brown.

“Rose, questa è la mia maglietta preferita..” mi lagnai. “ E poi, cavolo, sembra che sia lui suo figlio!” sbottai, offesa.

Lei mi abbracciò: “lo sai che ti vuole bene..” sì, quanto si poteva voler bene ad una crepa sul muro.. “Ma è vero che oggi avete fatto ancora rissa? E’ vero che gli hai tirato un pugno?”chiese, curiosa, come un fiume in piena.

Annuii, solamente, e lei scoppiò in una fragorosa risata. “E lui ti ha tagliato i capelli.” Dedusse. Sfilai gli indumenti bagnati e appiccicosi, e cercai qualcosa di comodo, ma non di trasandato, da mettere.
“Prima gli ho rovesciato il thé in testa, e lui l’acqua addosso, e prima ancora mi ha messo la cicca in testa.” Raccontai, facendo aumentare le sue risate.

“Oddio, siete una comica assoluta!” e ricominciò a ridere. “Mi.. mi piacerebbe vedervi!” finii di sistemarmi, grugnendo. Io non ci trovavo niente di simpatico.
“Beh, ci saranno dei video su You Tube, sicuramente..” dissi, stringendomi nelle spalle.
Lei sorrise, entusiasta. “Quando vanno via lo cerco subito!” detto questo, tornammo in salotto.
La serata passò lenta e, per me, tormentata.
“Grazie Emily, per la cena! Ricambieremo sicuramente” Emma l’abbracciò, sorridendole grata. Ma perché doveva essere così gentile?
“Ciao Nat!” mi salutò la piccola Kate, attirando la mia attenzione. Le baciai una guancia, chinata alla sua altezza.
“Ciao piccola.” Le sorrisi.
“Ehi, impiastro, oggi non mi hai nemmeno calcolato” mi disse Bryan, fingendosi offeso. Grande e grosso com’era, quel visetto non gli donava.

“Se tu non avessi occhi che per mia sorella, magari riusciremmo a conversare!” arrossirono entrambi, ed io ridacchiai.
“Andiamo ragazzi!”
“Ciao, ci sentiamo!” Detto questo, la famiglia Brown uscì da casa mia, facendomi sospirare di sollievo.

*

*Angolino Autrice*

Salve a tutti i gentili lettori. Ehm, si lo so, questa storia l'avevo già postata, però...

L'ho tolta, per sistemarla e modificarla un po'.

Ora, il primo capitolo come si è visto, più o meno è uguale all'altro. Però ho messo anche la foto, è più chic xD

Spero comunque che.. vabbè, che la storia vi piaccia.

Un bacio! ( Ps: ringrazio Sakura__Nice per i non-linciacci e la magnanimità dimostrata nei miei confronti: grazie! )

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. Avere le spalle larghe è una fregatura ***


Capitolo 2: avere le spalle larghe è una fregatura



Sbadigliai, assonnata. Che palle, la scuola. Certo, a volte era il mio rifugio da genitori impossibili, ma a volte. Per me, la maggior parte delle volte, era il patibolo. Senza test a occupare i miei pensieri, il mio cervello era come in standby. Se fosse stato un telefono, ci sarebbe stata la segreteria telefonica, sicuramente. Quel giorno non ero presente, la gente poteva anche urlarmi nelle orecchie, e io avrei sentito tutto ovattato, come aldilà di un muro trasparente. I miei genitori mi sgridavano molto spesso, per questo mio lato distratto. Avevo sempre la testa tra le nuvole, a crearmi castelli per aria. Le mie fantasie volavano alto con me, e quando la realtà mi piombava addosso, mi spiaccicavo a terra, sempre, e ci rimanevo male. La vita è fatta a scale: c’è chi scende e c’è chi sale. Io a metà della rampa ero già stanca, di solito. Mi sarebbe tanto servito un ascensore.
“signorina Smith, è qui con noi?” mi richiamò la prof. Ecco che precipitavo di nuovo sulla terra, dalle mie splendide nuvole rosa.
“sì, professoressa, scusi.” Dissi, mettendomi composta. Cercai di seguire la lezione, fino a quando non mi arrivò una gomma in testa. Ignorai il deficiente- ovviamente sapevo chi fosse l’artefice del dispetto-, e continuai a prestare attenzione all’insegnante. Mi arrivarono anche due palline di carta, e perfino una penna, addosso. Quando anche un righello di metallo mi colpì, mi voltai furente verso quell’imbecille con patente. “ma la vuoi finire?!” sbraitai. Lui mi sorrise strafottente, soddisfatto, e divertito.
“Smith, per l’Amor del cielo!” mi richiamò la prof. “datti un contegno!” Ops. “ma professoressa, lui..” cercai di giustificarmi, ma lei mi zittì con un’occhiata. Sbuffai, annuendo, e tornai a seguire la lezione.
La prof ricominciò a blaterare. Ma chi se ne importava di che colore aveva i calzini Napoleone! Gli insegnanti erano davvero assurdi. Se così cercavano di farci avvicinare alla materia, si sbagliavano di grosso: scappavamo a gambe levate, noi!
La campanella suonò e ringraziai il cielo che ci fosse la pausa pranzo. Non ne potevo più. Raccolsi le mie cose e fuggii fuori, all’aria fresca- se così si poteva definire quel tanfo, mix tra muffa e vernice, che proveniva dai muri. Beh, era pur sempre fuori dalla classe.
“ehi, Nat.. oggi la prof non finiva più di parlare..” sospirò Kim, raggiungendomi. “davvero, mi stavo per tagliare le vene con i righello. Ci sarei riuscita.” Dissi, convinta. Lei strabuzzò gli occhi, scioccata.
“Kim, per l’Amor del cielo, scherzavo!” la rassicurai, per poi ridere. Lei mi fece una linguaccia. “beh, da te sarebbe anche normale.”
“come? Ehi, non prendermi per una suicida!” sbottai. Mi finsi offesa- con scarsi risultati oltretutto. Infatti, scoppiai a ridere, seguita da lei. “andiamo a mangiare, va!”
“non ci vedo più dalla fame” concordai, accelerando il passo. A costo di mettere qualcosa nello stomaco, mi sarei avvelenata con le schifezze della mensa. Dopo un’interminabile fila, notai con (dis)piacere che c’era la pizza: c’era, appunto. Era già finita, o meglio.. l’ultima fetta la stava prendendo lui. Un motivo in più per odiarlo. Presi un semplice panino e una mela. Dopo averlo visto mi era passato l’appetito. Mi sedetti ad un tavolo con Kim, poi arrivarono anche Susan e Megan, altre due nostre amiche.
“com’è andata oggi?” chiese la prima, sorridente. In un certo senso la invidiavo. Lei riusciva a trovare il bello in tutto e in tutti, anche nella scuola. Il suo carattere era l’opposto del mio.
“male.” Dissi, seccata. “quell’imbecille mi ha fatta richiamare.” Le altre ridacchiarono. “ci piacerebbe essere in classe con voi, per vedere le vostre zuffe. Le voci girano, e tu ci racconti tutto, ma vedere è un altro paio di maniche.” Disse Meg, convinta. In quel momento, mi arrivò qualcosa in testa. Portai la mano sui miei capelli, e sentii qualcosa di viscido. Cacciai un urlo acuto, saltando in piedi e buttando lo schifo sul tavolo. Era gelatina. Tutti gli studenti cominciarono a ridere di me, a parte Kim, che sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco. Vendetta.
“è probabile che stiate per assistervi..” mormorò la mia amica alle altre.
Mi voltai verso quell’idiota, che sorrideva vittorioso. Anzi, ghignava. Mi avvicinai a lui, con uno sguardo che di buono e affabile non aveva niente. Presi un piatto, con dentro la pasta, di un ragazzo al suo tavolo, e glielo tirai in testa.
“così impari, scemo.” Dissi, soddisfatta. La sua sorpresa si trasformò in rabbia. Rovesciò l’acqua in terra, poi mi spintonò facendomi cadere di sedere. Non fece in tempo a ridere, che gli feci lo sgambetto, e così mi raggiunse sul pavimento sporco e bagnato. Sorrisi soddisfatta, mentre mi rialzavo e lo condivo con la maionese, in testa. “ha bisogno di un po’ di sapore..” commentai. Mi trucidò con lo sguardo, e si rialzò con uno scatto. Afferrò la sua pizza e me la spiaccicò in faccia. Il trancio cadde a terra, mostrando la mia bocca aperta e la mia espressione scioccata. Come osava?! Un suo amico si stava portando alla bocca la lattina di Fanta, ma non ci riuscì: l’afferrai e rovesciai l’aranciata addosso a Brown. Prese una torta- dove la trovò, non lo so- e mi finì in faccia. Con la mano mi pulii il viso, e lo trucidai con lo sguardo. “sei uno scemo, idiota, imbecille..” per ogni insulto gli tiravo qualcosa addosso- o meglio, cercavo di centrarlo. Purtroppo la mia mira non era delle migliori, e lui aveva una prontezza di riflessi notevole. “tu sei una piaga, un porro, un foruncolo con pus giallo, di quelli che fanno male se li sfiori, di quelli che fanno schifo a vederli.” Sputò, avvicinandosi a me, con aria minacciosa. “e tu sei un essere senza cuore, schifoso e viscido, che fa soffrire le ragazze perché sei un p********e del cavolo!” sibilai, avvicinandomi ulteriormente a lui. Era la prima volta che ci trovavamo così tremendamente vicini.
“ e tu.. tu sei una di quelle persone che si mostra ingenua, ma non lo sei proprio. Una che sotto sotto pensa di essere migliore e superiore agli altri. Credi di sapere tutto, di essere perfetta, ma non sai proprio niente. In realtà, sei solo un’ipocrita.” Disse a pochi centimetri dal mio viso, tant’è che sentivo il suo respiro sulla pelle, anche se leggero. I nostri occhi erano incatenati, ma il suo sguardo intenso e infuriato era davvero pesante. Dovevo trovare il modo di allontanarci, assolutamente. “cos’è, ho toccato un tasto dolente?” sfidò.
Lui non mi conosceva nemmeno e pensava di avere delle pretese su di me? Ma come si permetteva?!
“l’ipocrita sarai tu” risposi con lo stesso tono, spintonandolo via.
[…]
[…]
Entrai in casa come una ladra, di soppiatto, cercando di non farmi né vedere né sentire dai miei. Dovevo fare una ‘Mission impossible’, dato che per andare in camera mia dovevo attraversare il corridoio- da cui, ovviamente, si apriva il mio salotto. E loro erano lì, in agguato, pronti a farmi una lavata di capo. Lo sentivo, c’era aria di sgridata. Un rumore attirò la mia attenzione: le urla di Emma contro Adam erano accusatorie, incredule, deluse. Era davvero esasperata, poverina. E se Emma- la gentile e buona Emma- sbraitava così contro il figlio, io cosa mi dovevo aspettare dai miei? Deglutii a vuoto. Dire che ero terrorizzata era un eufemismo bello e buono. Sfilai le scarpe e, sempre con la massima cautela, avanzai stile pantera rosa. Purtroppo, sembrava che ogni mio passo,fosse una zampata di bisonte. Ogni minimo, impercettibile rumorino era amplificato, forse perché c’era un silenzio innaturale. Dov’era quella casinista di mia sorella, quando serviva un diversivo? Eppure io l’aiutavo sempre ad evadere per andare da Bryan! Che ingiustizia. Feci un altro passo, attenta a non far troppo.. “signorina, vieni qui immediatamente!” chiamò mia madre. Presi un bel respiro, pronta alla mia disfatta. Entrai in salotto, con la faccia più innocente che avessi.
“Mamma, papà, come siete in forma, oggi!” feci, sorridendo affabile.
“non provare ad abbindolarci, sappiamo quello che hai combinato.” Disse papà, serio. Ahia, qui si metteva male. “mamma, papà, posso spiegare.” Provai, ma loro mi interruppero.
“Natalie, sei un’irresponsabile! Come puoi essere così selvaggia? Eppure non mi pare, che io e tuo padre ti abbiamo insegnato a non rispettare le regole. Ma forse, tu pensi sia superfluo. Delle semplici regole per la felice, pacifica, convivenza civile, tu non riesci proprio a seguirle!” mi sgridò.
“mamma..”
“niente mamma. Natalie, sei una brava ragazza, l’abbiamo sempre pensato. O forse ci hai raggirati, in fondo.. sei una vandala!”
“Emily, non credi di esagerare adesso?” chiese papà, vedendo che le parole di mamma mi stavano colpendo troppo violentemente.
“non sto affatto esagerando: voglio che capisca, Richard. Deve mettersi in quella zucca vuota, che deve smetterla di comportarsi male, perché non le porterà nulla di buono! Deve capire che non è tutta una sua stupida fantasia!”
“Emily.” Riprovò, questa volta sembrò un rimprovero. Io trattenevo le lacrime. La odiavo, la odiavo profondamente. Era mia madre, ma perché non mi capiva? Era sempre colpa mia, ogni cosa succedeva, io c’entravo sempre. Cos’era, perché avevo le spalle larghe dovevo portare il peso di ogni cosa sbagliata?! Se ci fosse stato un incidente, sarebbe stata colpa mia, sicuramente.
Certo, anche io avevo combinato quel casino in mensa, ma ora stava andando su altri argomenti, che non c’entravano proprio con l’accaduto di oggi. “Natalie, su tre figlie, sei quella che mi da più problemi, proprio non riesco a capirti. Melanie..” non la lasciai finire.
“Melanie, Melanie, Melanie.. Sai, non hai solo lei come figlia! Ma sembra che io e Rose proprio non ci siamo, non contiamo per te.” Sputai, con rabbia. Emily arrossì per la rabbia, stringendo i pugni lungo i fianchi.“Natalie, sei in punizione. Non uscirai più di casa, non vedrai più le tue amiche, finché non cambierai atteggiamento.” Sai che m’importava…
“tanto devo ancora finire di scontare la scorsa!” sbottai, tra le lacrime. Mio padre fece un passo verso di me, per consolarmi, ma io indietreggiai. “sono sempre in punizione, anche per cose che non ho fatto!” urlai. Dovevo sfogarmi, e avevo trovato il pretesto per farlo. Non reggevo più, tutte le sue grida, le colpe e accuse, i castighi infondati stavano venendo fuori con la frustrazione.
“sei l’unica madre che non difende la propria figlia! Anzi, Melanie- dissi il nome di mia sorella come se fosse un insulto- la difendi eccome! È la tua preferita, la figlia perfetta, che ha voluto andare in un college privato in Europa! Vi ha fatto spendere tanti soldi, ma non conta! Lei è lei, mentre fai storie per comprarmi un paio di jeans!” sputai, con rabbia. “e che atteggiamento ho, eh? Ho solo litigato con un ragazzo, il cui odio è reciproco! Oddio, però quanto Melanie si comportava da t***a con i suoi compagni, andava tutto bene. Lei è carina, è normale che i ragazzi le girino in torno come mosche!” Forse stavo esagerando, ma ero troppo arrabbiata, e non avevo nemmeno finito di sfogarmi. Mel non c’entrava nulla, non era colpa sua, ma credevo veramente che mia madre preferisse lei a me e Rose. Emily si avvicinò e mi diede uno schiaffo. “ ma come ti permetti! Vergognati, non dovresti parlare così di tua sorella!”
“vergognati tu, di fare preferenze con le figlie! TI ODIO!” detto questo, marciai fuori dalla stanza, diretta all’uscita. In quel momento, aprì la porta Rose. Il suo sorriso sereno si trasformò in una smorfia per la preoccupazione. “Nat! Oddio, Nat cos’hai?! Tesoro..” mi abbracciò forte, e io continuai a sfogarmi sulla sua spalla.
“Rose, non stare a consolarla nemmeno! Non sai cos’ha detto su Mel e di me!” disse ancora scioccata, la mia non-madre.
“Non so cos’abbia detto, ma tu non devi esserci andata piano. Non hai idea di come tu possa essere ingiusta con lei!” le rispose Rose, arrabbiata. “cosa?! Anche tu con questa storia.”
“Rose, io vado via..” mormorai, per poi scappare fuori. Mentre uscivo dal cancello, sentii distintamente Rosalie difendermi, e discutere con nostra madre con toni abbastanza accesi.
“Nat, Nat! Che sta succedendo?” eccolo lì, il mio migliore amico. Bryan mi abbracciò stretta, cullandomi. “Rose non ci va piano, la sentivo urlare..” mormorò, preoccupato.
Sospirai. “le ho sputato in faccia tutto il male che mi ha fatto, dalle ingiustizie alle punizioni.. e le ho rinfacciato di Melanie..” Bryan sapeva, sapeva tutto, ed era dalla mia parte. Emma non faceva così- e lo credevo bene, anche io avrei voluto lei come madre-, non aveva mai fatto né preferenze né torti a loro. Semplicemente, il mio amico cercava di capirmi, e ci riusciva. “e Rose non è riuscita a non dire la sua. La conosci, è troppo impulsiva..” tirai su col naso, e passai una mano sul viso per togliere le lacrime.
“ti vuole un mondo di bene, lo sai. Farebbe di tutto, pur di vederti sorridere.” Commentò lui, baciandomi i capelli. Bryan era il fratello che non avevo. Gli volevo un mondo di bene, non sapevo cos’avrei fatto senza di lui e Rose. Era un vero tesoro.
“Non capisce niente! La detesto, ma come può non accorgersene!” sbraitò Rose tra sé e sé, uscendo. Quando mi vide ancora nelle stesse condizioni, si fiondò da me. “ehi, Nat.. tranquilla. Va tutto bene, è finita.” Cercò di rassicurarmi, accarezzandomi la testa.
[…]
Avevo paura, paura di rientrare a casa mia. Rose mi prese per mano, e varcò la soglia con sicurezza. Nonostante lo sguardo fiducioso e tranquillo, sapevo che era preoccupata e che stava soffrendo. La conoscevo troppo bene.
“Nat!” esclamò mio padre, correndo ad abbracciarmi. “mi hai fatto star malissimo, stupidina..” disse, quasi rasserenato, baciandomi una tempia. Accarezzò i capelli a Rose, sorridendole grato, e lei rispose allo stesso modo al gesto. “Mamma?” mormorai. Il suono era strozzato, basso, intriso di preoccupazione. Mi rendevo conto di essere stata molto dura con lei, anche se pensavo veramente ciò che avevo detto. “è di là, sai.. l’hai fatta riflettere molto, ma la prossima volta non sbatterle in faccia tutto, in questo modo.” Annuii piano, stringendolo forte ancora, per poi andare in salotto. Non volli che né Rose, né papà mi seguissero. Era una cosa tra me e mamma, niente intermediari.
“mamma.” Chiamai, e lei alzò lo sguardo. “Natalie” esclamò, alzandosi in piedi e correndo ad abbracciarmi. La lasciai fare.
“scusami, tesoro. Avevi ragione ad essere arrabbiata con me. Beh, forse avresti potuto essere un po’ più delicata, e un po’ meno scortese ma.. ti devo ringraziare. Ho esagerato a darti tutte quelle colpe, anche se non ti posso assolvere per la storia della mensa.. e Nat.. Melanie non è la mia figlia preferita: io vi voglio bene tutte allo stesso modo. E tu sarai sempre la mia piccola, distratta, Nat..” disse, accorata e commossa, stringendomi ancora. Ricambiai l’abbraccio, trattenendo le lacrime. Sapevo che mi voleva bene, forse davvero non si rendeva conto di avere attenzioni in più per Mel, e capivo che si sentiva in colpa. Comunque, ora ero più leggera, avevo fatto riflettere mia madre, avevo parlato ancora con il mio migliore amico, e sapevo per certo di avere una sorella fantastica. Le cose sembravano aver preso, in questo senso, la direzione giusta.
Andai a farmi una doccia, sperando di sciogliermi un po’. Fortunatamente, l’acqua calda ebbe un effetto rigenerante e calmante per me. Mi rivestii, poi scesi a cenare. La serata passò tranquilla, serena quasi, tra chiacchiere e risate. Sparecchiai la tavola, aiutata da Rose, poi fuggii in camera mia. Dovevo riposare, la mattina mi sarei alzata più presto del solito. Purtroppo mia madre e Emma, avevano consigliato al preside come punizione di farci capire che fatica facessero i bidelli per ripulire la scuola. Perciò, tutte le mattine, per due settimane, prima che cominciassero le lezioni, io e Adam dovevamo sistemare la scuola.
Sciolsi i capelli, mentre ero alla ricerca del mio Ipod. Ascoltavo sempre la musica, prima di dormire, altrimenti non c’era verso che m’assopissi. Ed eccolo lì! Misi gli auricolari nelle orecchie, ma prima che accendessi l’aggeggio, sentivo già la musica. Lo osservai, con un cipiglio in volto: Ipod-mannaro? Poi m’accorsi che quella canzone-davvero bella, peraltro- non proveniva dal mio ‘cosino’, ma da fuori. Era una chitarra classica, strimpellata un po’ a caso, ma l’effetto era davvero piacevole. Mi affacciai alla finestra, e scoprii- con mio enorme sorpresa- che stava suonando Adam. La sua finestra, di fronte alla mia, era aperta, ed era chiaro che le note prevenivano da lì. Con profondo rammarico, ammisi che era davvero bravo. Non seppi il perché, né con quale senno lo feci, ma mi sedetti sul davanzale ad ascoltarlo. I suoi accordi erano davvero azzeccati, incutevano calma, tranquillità, ma quasi tristezza. Malinconia. Forse era dispiaciuto per aver litigato con la madre, e un po’ mi sentii in colpa: dopotutto, l’avevo istigato io a continuare, anche se lui aveva cominciato..
All’improvviso, s’interruppe. Qualche istante dopo, la luce si spense, e ricadde il silenzio.
‘buonanotte, Adam’ Pensai, mentre mi coricavo.


*
Che diree :D Ma ciao!
Sono felice che la storia piaccia *-* Sette recensioni, dico sette...ma voi siete tutte FUORI.
Ma mi fate così contenta... :) Vi ringrazio infinitamente...GRAZIE!!!
che ne pensate del capitolo? Vi sembra brutto? Infantile? Banale? Spero di no...Ho introdotto un nuovo protagonista..la terza sorella di Natalie--> Melanie. Non apparirà solo in questo...tornerà, tornerà per far danni, ovviamente xD Ma farà anche tanto bene. U.U
Bon...Io dire di non rompervi piu le scatole...:) CIAUU^^



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Capitolo 3
*** Capitolo 3. I miei neuroni andavano letteralmente a farsi friggere ***


Capitolo 3: i miei neuroni andavano letteralmente a farsi friggere
If you wanna be my lover, you gotta get with my friends,
Make it last forever friendship never ends.
Tirai una manata al mio telefono, scocciata. Un sonoro ‘sbang’, mi confermò che il cellulare cadde a terra, e la canzone cessò di spaccarmi i timpani. Mi veniva da piangere; sapevo che erano poco più che le 6:00 di mattina, e l’idea che di solito potessi dormire un’ora in più, di certo, non mi consolava. Che fregatura. Quella mattina, la mia forza di volontà era pari a zero. Cercavo di aprire le palpebre, ma loro si rifiutavano di aprirsi, erano in sciopero. Aspettai ancora qualche secondo- quegli istanti erano sacri, parevano ore, momenti in cui potevo ancora rilassarmi nel mio torpore- poi, riuscii ad aprire gli occhi. Mi tirai per bene, sinceramente, non avevo per niente voglia di togliermi le coperte di dosso, men che meno di alzarmi, di lavarmi, e soprattutto, di sgobbare per pulire quella topaia che era il mio liceo. Ma che diamine di punizione era?! Rotolai per terra, troppo stanca per usare i muscoli delle gambe e delle braccia – troppo difficile coordinarli, più che altro. Oh, il mio Ipod… misi le cuffie nelle orecchie, e lo feci partire. ‘Wannabe’ delle Space girl mi mise di buonumore, o quasi. L’idea di dover pulire l’INTERO edificio scolastico, per di più in compagnia di quella persona putrefacentemente* rivoltante, smontava tutta l’euforia che quella canzone m’infondeva. Comunque, la voglia di cantare non mi passava, e mentre mi lavavo, anche se non a squarciagola-o Rose mi avrebbe affogata, per averla svegliata- continuai a farlo. Mentre fingevo di essere una popstar, armata di spazzola- che avrebbe dovuto essere un microfono- inciampai nei miei stessi passi, e volai per terra. M’imbarazzai, benché non ci fosse nessuno a vedermi, e continuai a prepararmi senza più ballare. Mi vestii con jeans e felpa, poi scesi a mangiarmi due cereali. Lavati i denti e messe le scarpe, uscii di casa con lo zaino in spalla. E chi potevo incontrare, per rovinarmi ancora di più la mattina? Ma ovviamente lui, la mia nemesi! Ci saremmo comunque incontrati, ma speravo almeno di fare la strada da sola, crogiolandomi nella mia depressione post-pessimo-risveglio. Invece, eccolo lì, di fronte a me, con un’espressione più addormentata e inebetita della mia. Mi consolavo, per lo meno non ero l’unica. Mi sorpassò, imprecando tra sé cose incomprensibili e senza senso. O forse, un significato ce l’avevano, ma ero troppo distratta per coglierlo. Camminammo insieme, ma da soli, fino alla scuola. La bidella aveva lasciato le chiavi appese alla pianta, accanto all’ingresso: che fantasia. Aprimmo, poi ci dirigemmo verso lo sgabuzzino contenente tutti gli arnesi di cui avremmo avuto bisogno. “tu l’ala est, io l’ala ovest.” Decretò, senza troppo entusiasmo. La mia indole orgogliosa si animò, sconfiggendo la sonnolenza: “perché scusa?!” sbottai, sfidandolo.
“Così” Spiegò pacato, con aria saccente, innervosendomi. Evitai di saltargli addosso e legargli le mie mani intorno al collo, per strozzarlo. Fu un’impresa non farlo. “la mensa la sistemiamo insieme però, non sono una serva.” Dissi, cercando di far valere i miei diritti. Lui alzò le spalle, annuendo solamente, per poi defilarsi. Comincia l’inferno..
Pulii ogni cosa, sistemai con una precisione maniacale tutti i banchi, passai scrupolosamente lo spazzolone sui pavimenti, e per cosa? Per ricominciare domani, ovviamente! Perché al suono della campanella, tutti gli studenti sarebbero entrati in mandria e avrebbero di nuovo infangato quel pavimento, su cui ci si poteva specchiare in quel momento. Luccicava, perfino. Dubitavo che Brown raggiungesse quel livello di perfezione! Sospirando, andai in mensa. Adam arrivò in quel momento nella sala, e sul suo viso si disegnò la mia identica espressione scioccata. “abbiamo creato noi questo macello?” domandò, a occhi sbarrati. “sembra di sì.” Esalai,incredula.
“la prossima volta che litighiamo, ricordiamoci di non usare il cibo.” Convenne, avanzando verso l’interno della sala. Lo seguii, incerta, cercando di non scivolare su bucce di banana- ne avevo abbastanza di cadute, quella mattina-, spaghetti, o scorie tossiche varie. Muniti di un’incredibile forza di volontà e olio di gomito, cominciammo a ripulire quel disastro. Quando tornai nella posizione eretta, dopo aver sgrassato una mattonella del pavimento con la spugna – dato che lo spazzolone non era valso a nulla-, mi passai una mano sulla fronte, con un sospiro. Che faticata! Adam mi guardò, poi scoppiò in una grossa risata. Si contorceva dai troppi singhiozzi, sembrava leggermente pazzo, e pensai che fosse meglio scappare via, prima di rimetterci qualcosa. Si riprese un attimo, ma quando riposò gli occhi su di me, ricominciò a sbellicarsi. Piantai i piedi a terra, serrando i pugni sui fianchi. “smettila di deridermi!” sbottai, innervosita.
“Sm.. Smith.. i..” altre risate, a quanto pareva incontenibili “hai, hai della roba..” e indicò la testa, per poi tornare a ridere come uno scemo. Passai una mano tra i capelli, e mi rimase dell’insalata tra le dita. Oh. “grazie.” Dissi, stupendo entrambi. Mi guardò in modo strano, poi tornò a passare lo straccio su un tavolo. Passò un po’ di tempo, dove il silenzio regnò sovrano.
“sai..” ricominciò, prendendomi in contropiede. Non me l’aspettavo, davvero. “non pensavo fossi così sbadata.. ero convinto che la tua iella fosse un riflesso incondizionato dei miei dispetti..” sorrise, un sorriso che non avevo mai visto fare da lui. Continuava a pulire, senza togliere lo sguardo dalla superficie ruvida del tavolo. Così.. pacifico, nel senso che non mi faceva dispetti, pareva quasi.. Bello. Mi sgridai per il mio stesso pensiero, non potevo ritenere il nemico minimamente attraente. Era contro natura, o, forse, troppo naturale. Fatto sta che era sbagliato, per me. “invece, tu sei davvero sbadata. O distratta.” Incredibile quanto avesse capito di me, anche se eravamo in lotta tra noi. “ e io..” provai, indecisa se continuare a parlare o no. Optai per la verità. “e io non ti credevo così attento, così bravo a leggere le persone.” Ridacchiai. “anzi, ti credevo proprio superficiale.” Mi corressi, facendolo ridacchiare a sua volta. Ma non era divertito, come non lo ero io. Continuammo a spazzare, strofinare, e sciacquare in silenzio, senza più parlare. Non osai guardarlo quando la campanella suonò, né quando mettevamo a posto scope e stracci vari, né mentre andavamo in classe. Volai al mio banco, e in silenzio, entrambi aspettammo che la classe si riempisse.
“ehi, ciao Nat!” eccola qui la mia stangona preferita.
“ciao Kim” salutai, senza entusiasmo. Appoggiai il capo sul banco fresco, sospirando. La mia amica si accigliò. “Nat, cos’hai?” chiese preoccupata. “non lo so.” Confessai. Era la verità. Per la prima volta in vita mia, avevo sentito il mio odio verso Adam scivolare via. E non capivo il perché! Oh, andiamo, non poteva essere che quella semplice canzone mi avesse fatto cambiare idea su quello screanzato. NON ERA POSSIBILE, e nemmeno credibile. Era un insulso ragazzino viziato, che aveva troppe pretese. Non aveva alcun diritto di rovinarmi l’esistenza senza nemmeno sforzarsi! Era..assurdo, semplicemente. “tu sei proprio messa male, amica mia..Ti serve una battuta di sano shopping per tirarti su.” Commentò. Mi rizzai sull’attenti, sgranando gli occhi. “se mi vuoi morta, fai pure!” sibilai, poi, vedendo che non scherzava affatto. Lei alzò le spalle “pff, non capisci nulla.” Rispose, con un’occhiata. Non dissi niente, rimettendomi nella posizione precedente, a struggermi nella mia confusione. Stupido Brown!
[…]
Kim mi trascinò fuori, all’intervallo. Si posizionò davanti alla macchinetta, prima che altri potessero soffiarle il posto. Dopo un po’, anche gli altri studenti si aggregarono.
“oh, andiamo vai!” Kim imprecò. Il distributore si era bloccato, e in più le aveva mangiato i soldi. “Porca di quella..” respirò profondamente, poi si girò verso la coda. “è rotta di nuovo!” Un coro di ‘nooo’ si fece sentire. Mi spostai dall’aggeggio, seguita da Kim, e andammo da Susan e Megan. Mi guardarono confuse e preoccupate: “Nat, tutto okay?” chiese la prima, avvicinandosi e appoggiandomi una mano sulla fronte. “sto benissimo!” sbottai. Perché dovevo avere per forza qualcosa?! Era assurdo! “Natalie, sei leggermente nervosa in questo momento. Hai le tue ‘menses’?” domandò Meg in codice. Ringhiai contro alla mia amica: “non ho NULLA! Tanto meno le ‘menses’!!” sbottai. Loro sussultarono per il tono che avevo usato. Presi un respiro, chinando il capo.
“scusate ragazze, non so cosa mi prende oggi.” Loro mi sorrisero comprensive, abbracciandomi. Ah, che amiche fantastiche che avevo. Sciogliemmo la stretta, poi ci mettemmo davanti ad un calorifero spento. Avvampai, quando notai che Adam mi fissava. Si voltò dall’altra parte, capendo che l’avevo visto. Quel ragazzo era davvero impossibile, mi faceva diventare matta.
“non pensavo fossi così sbadata.. ero convinto che la tua iella fosse un riflesso incondizionato dei miei dispetti.. Invece, tu sei davvero sbadata. O distratta.”
Scossi la testa, scacciando via il ricordo di quel sorriso meraviglioso che gli era scappato, e che io avevo visto bene. Alzai lo sguardo, e incontrai la sua figura. Si era spostato, rideva senza allegria con i suoi amici. No! Non poteva farmi battere lui così forte il cuore, non era possibile. Non potevo pensare che fosse stato dolce- non riuscivo a capacitarmi di aver solo concepito l’idea-, né che quello sguardo malinconico fosse tremendamente bello. Insomma, lui era Adam Brown, il ragazzo che più detestavo, l’individuo che riuscivo solo ad insultare, lui era quello che mi aveva rovinato i capelli, per la miseria! Non dovevo nemmeno considerarlo una persona. Lui era.. LUI. “Natalie, a che cosa pensi?” incalzò Kimberly, probabilmente vedendo le mie guance rosse come pomodori maturi. “mi sembri molto stupita.” Continuò. Scossi la testa, imbarazzata al massimo, colta in fragrante. “non penso a nulla, e non sono scioccata di niente. E’ tutto perfetto.” Rassicurai velocemente, facendo aumentare la curiosità delle mie amiche. Mi sentii picchiettare la spalla. Le bocche delle mie amiche si erano spalancate, le espressioni si fecero incredule. Mi voltai, incontrando le iridi verdissime di Adam. “che cosa vuoi Brown?” dissi secca. “ehm, mi sono dimenticato di chiederti, ovviamente da parte di mia madre, se potevi venire da Kate oggi..” Senza che potessi fermare i miei muscoli facciali, le labbra si distesero in un sorriso estasiato. Annuii: “certo! Nessun problema.” Lui annuì, cercando di trattenere a sua volta un sorrisino. “beh, la nanetta ti aspetta alle 4:30” Quel nomignolo aveva un retrogusto di dolcezza e amore, i suoi occhi smeraldini brillavano quando nominava la sorellina. Si voltò e tornò dai suoi amici. Un secondo dopo la campanella suonò. “Kate?” chiese solo Kim. “è la sorellina di Adam, è un vero tesoro: sono la sua baby-sitter”risposi, mentre entravamo in classe.
[…]
Tornai a casa di corsa- non volevo fare il tragitto con Brown. Mi cambiai velocemente, indossando una semplice e comoda tuta. Pranzai tranquillamente, da sola- i miei erano al lavoro fino a tardi quel giorno. Poi agguantai il mio Ipod e mi rilassai sul divano per un po’. Mi assopii anche per una mezzoretta, poi al risveglio – verso le tre del pomeriggio-, feci quei pochi esercizi assegnatici e studiai le pagine di letteratura. Mi stiracchiai un po’, sbadigliando, assonnata. Non vedevo l’ora di andare da Kate per rallegrarmi la giornata. Quella bimba era un piccolo ma luminoso raggio di sole, capace di mettere il sorriso anche alla più cinica delle persone. Kate era fatta così, unica ed inimitabile. La consideravo la mia sorellina minore, e io per lei ero un punto di riferimento. Non invidiavo né la bimba né Emma, sole con tre uomini. Poverette, le dovevano fare sante. Andai in camera mia, indossai di nuovo le scarpe da ginnastica e mi feci una coda alta. Poi mi ricordai che dovevo far vedere i miei trucchi a Kate, quindi recuperai la mia trousse, e tornai in salotto un’ultima volta. Spensi la musica, misi il giacchetto e uscii. Feci i cinque passi che separavano casa Smith da casa Brown, e suonai il campanello. “Natalie, ciao! Grazie per essere venuta.” Disse Emma sollevata e felice. Mi fece entrare, portandomi in salotto. “Nat!!” esultò la mia cucciola preferita. Corse ad abbracciarmi, e io la sollevai, per poi baciarle una guancia. “ehi, Kate! Come siamo belle oggi.” Commentai, sorridente. La feci scendere, e lei mi prese per mano, trascinandomi nella sua cameretta. Emma ci seguì, a braccetto con Seth: “torneremo per le 10, non tarderemo” mi rassicurò. Annuii, sorridente. Augurai loro una buona serata, poi si richiusero la porta alle spalle. “allora Kate, indovina cosa ti ho portato?” Lei si fece pensierosa, gonfiando le guanciotte paffute. “dai, non dirmi che hai dimenticato.. me l’hai fatto promettere!” urlò felice, quando le mostrai il borsellino che avevo portato. “i tuoi trucchi!!” esclamò. Ridacchiai, per la sua espressione semplicemente buffa. Ci accomodammo sul tappeto del salotto, solo dopo averle messo il pigiamino. “allora, vuoi che ti faccia bella?”domandai, sorridente, e lei annuì eccitata. Ridacchiai. Chiuse gli occhi sotto mio ordine, e cominciai a metterle sulle palpebre un leggero strato di ombretto. Le feci le guanciotte più rosse di quello che erano. “Natalie, poi ti posso truccare io?” chiese con la sua vocina tenera. “certo, piccola” e sorrisi, accarezzandole i capelli.
“guarda guarda chi c’è..” Sussultai al sentire la voce di Adam.
“ciao Addy!!”salutò la bambina, entusiasta. Addy? Soffocai una risata. Avevo un nuovo spunto per prenderlo in giro, !
“mi hai fatto venire un colpo!” esclamai, lanciandogli un’occhiataccia. Lui ridacchiò, poi si fece serio. “cosa stai facendo alla mia sorellina?” domandò, avvicinandosi. “non vedi? La faccio più bella di quello che è già.”dissi ovvia. Lui si chinò a baciarle una guancia, ma un po’ di fard gli rimase sul naso. Scoppiai a ridere, imitata dalla piccolina. “Addy, il tuo naso..”singhiozzai, tenendomi la pancia. Lui mi fece una linguaccia, per poi sorridere. Adam Brown che mi sorrideva? Incredibile. Ignorai il mio cuore, che scalpitava furioso nel petto. “dai, Kate, il tocco finale.”dissi, agguantando il mio lucidalabbra e togliendo il tappo. Passai il pennellino sulla sua boccuccia, poi lei sorrise. “voglio vedermi!” le porsi lo specchietto, si guardò, poi si rivolse al fratello, spaparanzato sul divano. “Fratellone, come sto?” Lui ridacchiò, mettendosela sulle gambe. “sei bellissima, come sempre principessa” poi cominciò a farle il solletico. Lei rideva come una matta contorcendosi sotto le dita del suo fratellone. Era impossibile che un sorriso non mi si disegnasse sul viso. Erano così dolci insieme. Lei era dolce, non il fratello.
“basta, basta Addy!!” urlò “Nat aiutami!!” decisi di andare in suo soccorso. “lascia la mia cucciola, crudele!” esclamai, alzandomi e cercando di strappare Kate da quella simpatica tortura. Afferrai la bambina, ridendo, e cercai di scappare via, ma Adam mi afferrò per i fianchi e mi trascinò sul divano. “ehi!” esclamai, continuando ridere.
“non hai diritto di portare via il mio terremoto”affermò, cominciando a fare il solletico pure a me. “sadico!” esclamai, spintonandolo via tra le risate. Continuammo a ridere, fin quando l’ilarità non passò del tutto. “dove sei stato oggi pomeriggio?” cominciò Kate, incapace di stare in silenzio. Sorrisi, quella bimba era un tesoro. Adam ridacchiò, sistemandola tra me e lui. “ho fatto un giretto con i miei amici.” Disse solo, stringendosi nelle spalle. Kate fece una smorfia schifata, mettendo il broncio. “i tuoi amici non mi stanno simpatici. Sono brutti e cattivi, e poi io gli sto antipatica.” Disse la cosa come se fosse ovvia. “tranquilla cucciola, io sono d’accordo con te. Ma dubito che tu non possa piacere a qualcuno.” Adam alzò gli occhi al cielo. “invece è così. Loro dicono che sono un’esserino petulante e fastidioso. Li ho sentiti.” Incrociò le braccia al petto. “non so cosa vuol dire, ma non è bello.” Affermò, facendomi ridere. “saranno loro petulanti e fastidiosi, tu di certo no.” Rassicurai, baciandole la tempia. Lei mi sorrise, poi se ne uscì che aveva fame. La presi per mano, poi andammo in cucina. Misi a scaldare quello che Emma mi aveva lasciato. Adam ci raggiunse, aiutò Kate a mettersi sulla sedia, e si accomodò a sua volta. “cos’è, hai paura di lasciarla sola con me? Guarda che so badare a lei.” Dissi, mentre mescolavo per evitare che si appiccicasse il cibo nel pentolino. “non volevo stare di là da solo” fu la sua risposta. Spensi il fornello, poi misi la pappa nel piatto di Kate. “buon appetito, cucciola.”
[…]
Kate si era addormentata, accoccolata al mio petto. Ero sul divano, con la piccola in braccio, vicino ad Adam. Accarezzai la testolina bionda della mia cucciola, osservandola. “è proprio fantastica.” Mormorò Adam, spezzando quel silenzio che s’era creato. Non era imbarazzante, ma familiare: era un mutismo accogliente, che abbracciava me, Adam e la dormiente Kate.
Annuii, sorridendo dolcemente. “già, sei fortunato ad averla come sorella.” Dissi sincera, voltandomi verso di lui. Ad accogliermi, i suoi occhi verdi che mi osservavano, con una luce che non riuscivo a decifrare. Lui annuì, abbassando il capo. “vuole molto bene anche a te: ti ritiene come una di famiglia.” Rispose, fissandosi le mani. “anche io tengo molto a lei.” Ricadde il silenzio, ma adesso era un po’ più pesante. Era una situazione strana. Non per questo brutta, ma non accadeva tutti i giorni che io e Adam Brown stessimo nella stessa stanza, a meno di un metro l’uno dall’altra, senza scannarci; anzi,riuscendo pure a cominciare una conversazione civile senza insulti.
“domani sarà tutto come prima? Nel senso, ricominceremo ad insultarci e a fare rissa come al solito?” mi venne spontaneo domandarlo. Lui ridacchiò: “senza usare il cibo, ovviamente” convenne, e sorrisi anche io. “beh, dipende tutto da noi” rispose alla fine. “porto Kate nel lettino” annunciai, alzandomi e sistemandomi meglio la bambina tra le braccia. Andai nella stanzina di Kate e la sistemai nel suo letto, rimboccandole le coperte. Le baciai la testolina, poi uscii, richiudendo la porta e spegnendo la luce. Non mi restava che aspettare il ritorno di Emma e Seth, e poi sarei potuta tornare a casa. Erano le 9, e ciò significava che avrei atteso ancora un’ora buona.
Per la miseria, un’ora con Adam, DA SOLI?!
Deglutii a vuoto, tornando nel soggiorno. La mia paura scemò via: Adam si era addormentato pacificamente sul divano. Mi avvicinai silenziosamente e mi sedetti sul divano, cercando di non svegliarlo e di non toccarlo. Ma i miei intenti furono vani. Adam, inconsciamente, appoggiò il capo sulla mia spalla. Arrossii, trattenendo il respiro. OH. MIO. DIO.
Non so perché lo feci, ma mi fu inevitabile guardarlo dormire. Aveva un’aria angelica, dolce, tenera. Sapevo che nel pieno delle mie facoltà mentali non l’avrei mai né pensato né detto, eppure in quel momento era così. I miei neuroni erano andati a farsi friggere, ormai.
Sorrise nel sonno, in un modo che mi mozzò il fiato. Magari era quella l’arma che usava per far stramazzare le ragazze ai suoi piedi. E dovevo ammettere che era fin troppo efficiente. Porca di quella puzzola, non andavamo bene.
Certo che però, era un ragazzo davvero strano. Non capivo perché con i suoi amici facesse così il gradasso. Da quello che avevo potuto constatare quella sera, Adam era – oltre che un fratello protettivo e dolce- una persona davvero... beh, era una persona, ed era già una grande cosa: prima pensavo fosse solo un verme viscido e schifoso, oltre che subdolo, stronzo e antipatico. Sapevo che me ne sarei pentita, e che avrei rimangiato tutto, ma.. Era una persona migliore di quello che pensassi.
Mancavano dieci minuti alle dieci, Emma e Seth sarebbero arrivati a momenti. Scostai delicatamente la testa di Adam dalla mia spalla, mi alzai piano, e accompagnai il suo capo fino al cuscino. Nel togliere la mano, sfiorai la sua morbida zazzera mogano. Poteva sembrare un gesto affettuoso, ma non lo era assolutamente. Presi la copertina con cui prima avevo scaldato Kate, e la stesi su di lui. Sorrisi dolcemente, sembrava un bimbo mentre dormiva. La porta si aprì, e i coniugi Brown entrarono nel salone. Feci segno loro di silenzio, Emma e Seth sorrisero. Mi avvicinai a loro.
“dì a tuo padre che ci vediamo domani in ufficio.” Mormorò Seth, e io annuii. “sarà fatto, Seth.” Confermai. Emma mi accarezzò la testa, poi salutai piano e corsi a casa.
“dove sei stata fino a quest’ora?” incalzò papà. Mamma ci raggiunse. “ero dai Brown, mi sono dimenticata di dirvi che dovevo curare Kate.. Ah, Seth ha detto che ti aspetta in ufficio domani” detto ciò, augurai la buonanotte e andai in camera mia. Indossai il mio pigiama, poi andai in camera di Rose. Lei si voltò verso di me, sorridente. “ehi, com’è andata?”
“è stato strano..” confessai, sedendomi con lei sul suo letto. “c’era anche Adam e..”
“non dirmi che avete demolito la casa!” m’interruppe, scioccata. “Rose!” esclamai, ridendo “cosa dici, dai!” Mia sorella era davvero imprevedibilmente pazza. “il fatto è che.. proprio non abbiamo litigato, anzi: siamo riusciti a fare una conversazione senza scannarci.” Dissi. Facevo fatica persino a crederci io, figuriamoci mia sorella. “davvero?” sorrise maliziosa. “sicura che non c’è stato qualcosa d’altro?” avvampai. “ma cosa credi? E poi, ero lì per Kate, non per quel tipo.” Sbottai, imbarazzata all’inverosimile. Rose sbuffò: “peccato, beh, buonanotte.” E mi cacciò fuori dalla stanza. Probabilmente doveva chiamare Bryan e dirgli le ultime novità che si era perso. Il suo ragazzo- nonché mio migliore amico- era via con la sua classe,per una specie di stage. Immaginatevi Rose com’era isterica senza il suo orsacchiotto. Sospirai, mettendomi a letto. Beh, quel giorno avevamo fatto progressi, peccato che domani sarebbe ricominciato tutto d’accapo.
*Angolino Autrice*
Salve a tutti! Eccomi qui con il nuovo capitolo^^ ( oh, notare la chiccoseria del divisore u.u)
Spero vi sia piaciuto- mi piacerebbe sapere se è così ;)
comunque, le cose cominciano a farsi complicate .
tra un adam scemo, una natalie troppo testarda e ottusa, l'unica che si salva è la piccola kate! solo lei puà salvare la situazione. u.u
grazie alla magia della 'cucciola', nat e addy - immaginatevi quanto lo sfotterà lei (xd) - si sono parlati civilmente. sarà un segno del destino, magari XD eh, almeno... non è così semplice... xp
ci vorrà un po' prima che si sveglino. comunque, a differenza di natalie, a me adam strapiace *-* è così dolciuzzo... lasciamo perdere che stronzeggia, ma non è stronzo u.u
beh, lasciamo perdere. ora vado, ciauuuu^^

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: cioccolata, palline di carte, litigio, messaggio ***


Capitolo 4: cioccolata, palline di carta, litigio, messaggio
Anche quel giorno mi alzai presto per andare a pulire il liceo. Avrei dovuto essere sveglia, attiva e pimpante, invece lottavo perché i miei occhi non si chiudessero. Avevo sonno, molto molto sonno. Quella notte, poi, non ero riuscita ad addormentarmi. Cavolo, non riuscivo a credere di averci passato un’intera serata insieme, senza sbranarci e soprattutto..divertendomi. Non era mai capitato che trovassi divertente e simpatico quel..quel tipo. Ma vi rendete conto?! Simpatico! Lui non era mai stato per me, un individuo da definire piacevole. Lui era tutto fuorché una bella persona, e di questo- un tempo- ero certa. Ora, ogni mia certezza vacillava.
Arrivai allo stabile grigio e tetro. Mi avvicinai alla porta, e provai ad aprire. Essa si spalancò senza problemi, ed io entrai. Mi diressi al ripostiglio delle scope, e lì, appoggiato al manico di uno spazzolone con un’espressione divertita e maliziosa- oh, quella non accennava mai ad andarsene- c’era lui.
“ciao Miss insalata” mi accolse, ricordandosi della spiacevole gaffe del giorno precedente. La voce era ironica quanto fredda, distaccata.
“Buon giorno”dissi solo, avvicinandomi.
“Svegliata tardi, stamani? Troppo impegnativa la serata, ieri?” mi beffeggiò.
“Non sono io, quello che si è addormentato come un bimbo sul divano, Addy.” schernii in risposta. Il sorrisino sghembo sulle sue labbra morì subito, sentendo pronunciare dalle mie, quell’adorabile nomignolo affibbiatogli da Kate.
“non osare più chiamarmi così, soprattutto davanti ai miei amici!” sibilò, lanciandomi un’occhiata ammonitrice.
"Sì, si” dissi lasciva, sorridendo soddisfatta di averlo smontato di prima mattina, mentre mi armavo di stracci e secchi.
Era tornato tutto come prima, con frecciatine e commenti, per mia fortuna. Per lo meno, quella strana sensazione di affetto e simpatia che provavo per lui il giorno prima se n’era andata, facendomi tornare nel pieno delle mie facoltà mentali. Grazie al cielo, i miei neuroni funzionavano ancora normalmente.
Senza degnarlo di uno sguardo, mi spostai nella mia ala della scuola. Pulii distrattamente il pavimento, senza impegnarmi troppo. Tanto nessuno se ne sarebbe accorto, e poi, non sarebbe valso a nulla debellare ogni sporcizia, in quanto, nel giro di tre secondi- tra circa quarantacinque minuti- sarebbe tornato tutto identico a prima. Raddrizzai i banchi e le sedie delle aule che toccavano a me, cancellai i segni del gesso sulle lavagne, e dopo aver alzato tutte le tapparelle, finii il mio lavoro. Tornai allo sgabuzzino, riposi tutto, e approfittai della scuola deserta e dell’assenza di adulti per prendermi una cioccolata calda. Inserii le monete nella macchinetta e premetti il tasto della bevanda che avevo scelto.
“Sai che la cioccolata ingrassa?” m’apostrofò Brown, raggiungendomi. Non risposi, aprendo lo sportello e agguantando il bicchierino di plastica marrone. Cacchio, scottava! Mi morsi il labbro inferiore, tentando di ignorare il calore sull’indice e il pollice, che m’invitava a lasciare la presa. Non volevo pulire ancora, perciò, cominciai a soffiare sulla bevanda scura, aspettando si freddasse un po’. Si allungò, inserendo a sua volta delle monete nel distributore, pigiando il pulsante per il caffè.
Sorseggiai un po’ la cioccolata, scottandomi la lingua. Ahio, brucia…
“Mh..” respirai a fondo, cercando di alleviare il dolore alla bocca “sai che la caffeina rende noi giovani più nevrotici del solito? Ora capisco tutto…” Non persi l’occasione per ribattere alla provocazione precedente. Lui recuperò il bicchierino, osservandomi confuso. “cosa capisci?”
“Perché sei psicopatico e perché hai dei cambi di umore così repentini… E’ il caffè: scommetto che ne sei dipendente.” Dissi ovvia, sfoggiando la mia aria da saccente. Mescolai un po’ la cioccolata con la palettina, aspettando che freddasse ancora- volevo sentire ancora i sapori, dopotutto!
Ridacchiò, lasciandomi basita. Ecco, intendevo proprio QUEI cambi d’umore. Prima era fastidioso, ora era allegro… aveva dei seri problemi questo ragazzo. Buffò via il bicchierino ormai vuoto- ma il caffè non scottava?!- e cominciò ad avvicinarsi pericolosamente a me. Spuntò sul suo viso un sorrisino angelico- e chissà perché, ci vedevo anche qualcosa di malizioso. Continuava a procedere verso di me, e, inevitabilmente, indietreggiai. Due falcate dopo, era vicinissimo, e io mi trovavo con le spalle al muro. Caspio..
Arrossii. Non ero imbarazzata, non lo ero!! Impaurita si, anzi terrorizzata! La distanza di sicurezza era stata brutalmente sorpassata, e lui continuava ad avanzare. Mi schiacciai contro la parete, nel disperato tentativo di sfondarla e scappare via. Avrei tanto voluto urlare – aiuto, un maniaco mi molesta! – ma nessuno avrebbe potuto sentirmi, inoltre sarei stata ridicola ai suoi occhi.
Adam appoggiò i palmi delle mani contro la parete, imprigionandomi. Mi scrutò con quegli occhi verdi, profondi come l’infinito.
“tu per me hai qualche problema” accusai. Suonò quasi una supplica. Lui sorrise malizioso, avvicinando i nostri visi. I suoi occhi non abbandonavano i miei. “sei tu, il mio problema” alitò, troppo vicino alle mie labbra. Il suo respiro solleticava la mia pelle, e mi faceva pian piano perdere la ragione. Eh, no! Non di nuovo! Fortunatamente, la campanella suonò, e lui si spostò, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Come se non fosse successo nulla, si allontanò verso l’ingresso, pronto a ritrovarsi con quei cavernicoli. Portai una mano al petto, dove il mio cuore scalpitava furioso. Cavoli, no, era riuscito ancora a farmi venire la tachicardia. TI ODIO, BROWN!!
“ragazzi, ora buca!!” esultò Jim, correndo in classe, felice come una pasqua. La classe esultò spudoratamente, con un boato di urla, risate e schiamazzi. Anche Kim, al mio fianco, era stracontenta, e soprattutto sollevata. Non aveva avuto il tempo di studiare il giorno prima, e quest’assenza per lei era stato un miracolo. “per fortuna!” sospirò, sorridente, lasciandosi andare sulla sedia. Sorrisi, felice per lei. Se fosse stata interrogata e avesse preso un brutto voto- rovinandosi anche quella bella media che aveva- ci sarei stata male. La classe si divise come in fazioni. C’era il gruppo delle galline- che avevano subito cominciato a ciarlare su quanto lui fosse bello-, quello dei secchioni- armati tutti di libri per ripassare-, il gruppo dei bruti- ovviamente, capeggiato da quel cavernicolo di Brown- e infine, c’eravamo io e Kim. Dal penultimo gruppo nominato, provenivano risate sguaiate e schiamazzi. Le galline erano emotivamente instabili, dopo che il gruppo dei ‘belli’ si era unito a loro. I ragazzi, ben presto, cominciarono a fare la guerra con le palline di carta. Io cercavo di ignorare quei dementi, concentrandomi sulla musica che ascoltavo con Kim. Non far caso a loro, non far.. una pioggia di carta mi arrivò addosso. Mi voltai verso di LUI, che ghignava con i suoi. Le galline – dotate di un QI minimo- riuscivano solo a sbavare e a ridere istericamente. Mamma, che nervi!
“ops” fece ridendo Brown, tirandomene un’altra. Ringhiai, mentre mi alzavo. Kim cercò di acciuffarmi per la maglia, ma con uno strattone la sua presa cedette. “tu…Possibile che il tuo cervello non riesca a fare una sinapsi che una?!” sbraitai, fissandolo male. In quel momento, desiderai come non mai possedere la capacità di incenerire con lo sguardo.
“mi stai insultando scientificamente?” mi schernì, con quell’espressione da pugni. Ringhiai ancora, avvicinandomi. Era tutto IDENTICO a prima. L’episodio della mattina era stato chiuso a chiave nel cassetto ‘momenti indesiderati, più brutti che rari’.
Mi faceva imbestialire. “sei un..Infantile, borioso, odioso playboy da strapazzo!” esclamai, cercando di trattenermi. Purtroppo, la rabbia ribolliva e bastava poco, che sarei scoppiata.
“oh, non esagerare con i complimenti, che arrossisco!” mi beffeggiò, sorridendo sornione. Ma come faceva ad essere così..insopportabile?! I suoi amichetti- anche loro molto furbi e intelligenti quanto potevano esserlo degli orsetti lavatori- risero come bruti.
“e voi!” mi rivolsi a loro “siete proprio dei caproni ignoranti per assecondare questo tizio!” loro risero ancora, nemmeno toccati dalle mie parole. Brown mi sorrise vittorioso.
“visto, Natalie, che nessuno ti dà ascolto?”
“non mi cambia molto la vita, Addy” risposi prontamente. “volevo solo illuminare i tuoi brillanti compagni di idiozie su quanto tu fossi un poco di buono..Ma se non mi ascoltano, peggio per loro.” Lui mi fulminò, per aver utilizzato il suo nomignolo.
“chi è Addy?” domandò Jim, ridendo. Vidi Adam arrossire per la rabbia, e stringere i pugni lungo i fianchi.
“ma ovviamente il vostro amico Adam..” dissi, con un sorrisino. I ragazzi risero, cominciando a sfotterlo per il nome. Lui mi trucidò con lo sguardo, poi si voltò verso gli amici “siete degli stronzi!” sbottò, uscendo e sbattendo la porta. Tempo fa, sarei stata gongolante e soddisfatta come non mai. Per una volta l’avevo fatto scappare con la coda tra le gambe, eppure…Eppure non ero così felice. In confronto a oggi, il taglio di capelli era stato nullo. Il nomignolo era valso più di qualunque sforbiciata o di pugno. Forse… Scossi la testa, cercando di ignorare quella morsa che mi stringeva la bocca dello stomaco, e fingendo di non aver nessun nodo alla gola, che mi soffocava.
Ora di pranzo.
Era strano, non avevo proprio fame, nonostante avessi solamente bevuto la scarsa cioccolata della macchinetta per colazione.. Rabbrividii, ricordando la sua vicinanza e i suoi occhi, accesi da qualcosa che ancora non identificavo.
Presi solo una mela, ma non raggiunsi le mie amiche al tavolo. Avevo bisogno di stare da sola, sola con i miei pensieri. Mi sentivo strana, e in colpa. Ero dispiaciuta per il trattamento riservato ad Adam. Ma cavolo, aveva cominciato lui! Sbuffai, uscendo dalla mensa e andando nel retro della scuola, di solito deserto e tranquillo. Ma quella volta, non ero la sola ad aver avuto quell’idea. C’era anche lui. Se ne stava seduto sotto un albero- precisamente, era il posto che preferivo- a leggersi un libro. Lo sentii sospirare pesantemente, e alzo lo sguardo, per osservare le nuvole candide nel cielo azzurro. Oggi era una bella giornata, davvero. Scossi la testa, cercando di scacciare l’idea, quando pensai che fosse davvero carino così. Marciai silenziosamente verso la pianta, e mi sedetti sotto il suo stesso albero, ma dall’altra parte rispetto a lui.
“Ciao..” mormorai. Non rispose, e voltò pagina, ignorandomi bellamente.
“Senti..” tentai ancora ma mi interruppi, quando lo sentii alzarsi. Mi passò davanti, per tornare all’interno. Mi alzai, e spinta da non so cosa, gli toccai il braccio. Lui si voltò, gelandomi con un’occhiataccia. “Sta’ zitta. Hai già fatto abbastanza.” Disse serio, scottandomi con le sue parole.
“Io volevo chiederti scusa” mormorai. Ma cosa diamine facevo?! E tutto il mio orgoglio?! Lui rise amaramente, senza entusiasmo.
“Chiedermi scusa?” ripeté. “Natalie Smith che chiede scusa a me: un giorno da ricordare..” ironizzò. “Non m’interessano le tue scuse.” Disse freddo, poi. “Non dovevi mettere di mezzo Kate. Quello che è successo a casa mia, è stato un momento. Mia sorella riesce a tirare fuori un me che non sono.” Continuò, e capii che la cosa che l’aveva più ferito fosse il mio utilizzo cattivo dell’affetto della sua sorellina. “pensavo fossi più matura, Smith. E non tirare mai più in ballo mia sorella.” Detto ciò, mi voltò le spalle e tornò nell’edificio, lasciandomi lì pietrificata.
Tornai a casa, come un’automa. Non c’era che dire: Adam mi aveva colpita davvero. Nonostante mi fossi scusata, mi sentivo in colpa. Aveva ragione- per la miseria!- non dovevo mettere in mezzo la piccola Kate. Era come aver preso in giro lei, e non il fratello. E mi dispiaceva un mondo.
Ero sola in casa, come sempre, e ciò non mi aiutò affatto. Ricominciai ad essere mangiata dai sensi di colpa, dalla frustrazione, e dal risentimento verso me stessa. Mi rinchiusi in camera mia, rannicchiandomi sul mio letto. Appoggiai la testa sulle ginocchia, le gambe strette al petto. Incredibile. Una lacrima mi scappò, ma l’asciugai subito. Dovevo smetterla di crucciarmi, era inutile piangere – anche se una lacrima- sul latte versato.
Anche la bella giornata andò a farsi benedire, con l’arrivo di un orrendo acquazzone. Mia madre mi lasciò un messaggio nella segreteria, in cui mi avvisava che sarebbe rimasta a dormire in ufficio, e così anche papà. Mentre Rose era via con le sue amiche. Ero sola. Sola e depressa.
Una canzone cominciò, ancora una volta, a riecheggiare. Era leggero il suono, quasi inudibile, coperto anche dalla pioggia scrosciante. Aprii la finestra: chi se ne fregava se avessi preso una polmonite. Era la giusta punizione per aver tradito il mio piccolo angelo.
Ogni volta che ascoltavo Adam suonare, mi sembrava sempre più bravo. E le canzoni, si facevano man mano più tristi, tormentate.
Problemi di cuore, Brown? pensai, sapendo che ad alta voce non l’avrei mai detto. Constatai- con mio rammarico- che stavo cominciando a pensare troppo a quel bifolco. Ed era sbagliato, enormemente sbagliato. Io non dovevo essere minimamente influenzata da lui. Era un male, era scorretto. Non era da me. Io, Natalie Smith detestavo con tutto il mio essere- anima e corpo- Adam James Brown. Lui non era nessuno, avere due nomi non lo faceva più importante- nonostante per le ragazze del mio istituto fosse un punto a suo favore.
Lui era fastidioso, insolente, cafone, borioso, antipatico e..e terribilmente un’altra persona. Quando avevo curato Kate, era stato una persona quasi impeccabile. Echeccavolo! Io dovevo odiarlo!
***
Sabato mattina.
Niente scuola, per la mia immensa gioia. Nessun banco da pulire, nessun pavimento da lavare, nessun Brown da sopportare…
Ah, pace!
Mi rannicchiai ulteriormente sotto le coperte, al calduccio. Nonostante la primavera stesse arrivando e le nuvole pian piano stesse lasciando posto a dei tiepidi raggi solari, io avevo ancora un freddo cane. Ero una persona piuttosto freddolosa, e amavo dormire coperta, sempre e comunque.
“Buuu!!” sussultai, tirandomi su a sedere. Kate scoppiò a ridere, saltando sul mio letto. Ridacchiai, strofinandomi gli occhi, per poi sbadigliare.
“Ancora a dormire, Smith?” commentò con un ghigno Brown, appoggiato allo stipite della mia porta. Lo ignorai bellamente, abbracciando la piccola cucciola bionda. “Ehi, che ci fai tu qui?” domandai, sorridendole. La pecora nera continuava a stare sulla soglia della mia stanza.
"Siamo a pranzo qui” esultò la piccola, mettendosi a saltare sul letto, facendomi ridere. Finché c’era lei, non correvo nessun pericolo.
“Se aspetti tre secondi, mi vesto, e poi giochiamo insieme, va bene?” proposi, facendole battere le manine, elettrizzata. Adam continuava a osservarci, con un sorrisino sulle labbra, a braccia incrociate. Sembrava divertito. Mi alzai, spostando di poco Kate. Andai alla finestra, per aprire le ante e far entrare un po’ di luce. “mh, carino il pigiama con il maialino!” commentò Brown. Lo trucidai con lo guardo, nessuno poteva fare commentini sul mio pigiama preferito. Poi, inevitabilmente, arrossii.
“Esci immediatamente dalla mia stanza, maniaco” esclamai, andando verso di lui per cacciarlo fuori. Lui rise di gusto, e dovetti spingerlo via con tutta la mia forza per poter chiudere la porta. Mi voltai verso Kate con un sorriso vittorioso.
“Mi aiuti a decidere cosa mettermi?” lei annuì, sorridente, e si avvicinò a me davanti all’armadio. La piccola si portò un ditino al mento, con fare pensieroso.
“Devi farti bella per Addy”disse, con aria ovvia. La mia bocca si spalancò: che aveva detto? “Kate, ma che dici?” domandai, ridendo nervosamente. Lei mi scrutò con i suoi occhioni verdi. “non siete fidanzati?” domandò con quell’aria teneramente ingenua. Scossi la testa violentemente: “no, piccola, no!”
Lei gonfiò le guance, per poi sbuffare, alzando gli occhi al cielo. Sembrava esasperata. Mi sporsi verso il cassetto, tirando fuori i pantaloni della tuta grigi- viva la comodità!- e una felpa a caso nel guardaroba. Kate si lamentò, i vestiti non le piacevano molto. Secondo lei, dovevo mettermi una gonna- che non avevo mai nemmeno indossato (stava facendo la muffa, nel mio armadio)- e una maglietta scollatissima- che mi aveva regalato Rose, affermando che mi sarebbe stata utile, in futuro. Fortunatamente, riuscii a convincerla che non era l’abbigliamento ideale, e mi vestii con gli indumenti scelti. Fregandomi altamente che nell’altra stanza ci fosse niente popò di meno che il ragazzo che odiavo più di ogni altra cosa, indossai le mie babbucce a forma di cane. Erano tenere, e mi piacevano un sacco. Anche la piccola le adorava, e su questo accessorio fu pienamente d’accordo. Per mano, andammo nel salotto, dove c’erano tutti, accomodati sui divani. Bryan era tornato il giorno prima, e lui e mia sorella erano felicissimi di vedersi. E si capiva. Mio padre ignorava- anche se a fatica- il bacio che si stavano scambiando. Ed era tutt’altro che casto.
“Ci sono minorenni!” affermai, sedendomi accanto a Bryan, che nel frattempo si era staccato dalle labbra di Rose. Mi sorrise, scompigliandomi i capelli. (Stavano crescendo, per fortuna!) “Allora, scricciolo, come va?” domandò, abbracciando Rosalie. “Tutto okay, più o meno.” Dissi, sistemando meglio Kate sulle mie gambe. “Nat, giochiamo?” domandò la piccola, afferrando le mie guance e tiracchiandomele. Sorrisi- per quello che riuscissi- e acconsentii. Ci alzammo, e la portai nella mia stanza, di nuovo. Quando giungemmo nella camera, notai che qualcun altro ci aveva seguite. Mi voltai, incontrando lo sguardo divertito di Adam. “Posso giocare anche io con voi?” fece, con una vocina mielosa, che mi fece arricciare il naso.
Dopo la discussione in cortile, ce n’erano state altre. Era tornato tutto uguale a prima, e il mio senso di colpa era andato man mano scemando. Le risse con Adam erano, come al solito, distruttive per me, esilaranti per gli altri. Fortunatamente, non avevamo più usato come armi le schifezze della mensa, o addio! Non avevo più intenzione di fare il doppio del lavoro, a scuola. Comunque sia, avevo constatato che facevamo rissa sempre più di rado. Ci limitavamo- nell’ultimo periodo- solamente a qualche insulto, a occhiatacce, o al massimo qualche dispetto innocente, che non andava a danno di nessuno oltre al diretto interessato. E quando uno era a casa dell’altro, si era creata una tregua. Non c’eravamo messi d’accordo, ma con i genitori ci andavamo più piano. Io ero stufa delle ramanzine di mia madre, e volevo tornare ad uscire prima delle vacanze estive, e lui probabilmente lo faceva per il medesimo motivo. Anche se non mi dispiaceva non litigare con lui.
“Certo che puoi, fratellone! Nat, a cosa giochiamo?” Ci pensai su un po’, ma non avevo molta fantasia quel giorno. “potremmo giocare alla famiglia felice: tu fai la mamma, Addy il papà, e io la vostra bimba!” propose, battendo le manine. La guardai a occhi sbarrati. Ma che idee aveva questa?!
Adam annuì, raggiungendoci sul letto. “Si, che bello!” esclamò. Lo fulminai con lo sguardo, ma purtroppo non si disintegrò. Un giorno, sarei riuscita a cancellarlo dalla faccia della terra con un’occhiata sola. E quel giorno, sarei stata immensamente felice. Lui mi sorrise strafottente. "Io sono il papà che torna dal lavoro.” Si rialzò, uscì, e rientrò calato nel personaggio. Il mio sguardo continuava ad essere infuocato, il mio desiderio più grande era quello di eliminarlo. “ciao, sono a casa!” esclamò. Kate gli corse in braccio, ridendo, chiamandolo ‘papà Addy’. Poi, sempre con attaccata la bambina, camminò verso di me, con un sorrisino malizioso. “ora, il papà saluta la mamma…” cantilenò, avvicinandosi ancora. Incrociai le braccia al petto, continuando a guardarlo male. Si sporse verso il mio viso, ma io indietreggiai. “Andiamo, mogliettina, bacia il tuo maritino..” si lagnò, ridacchiando.
“Non ci penso nemmeno!” sbottai, cercando di allontanarlo.
“Ma i genitori si danno sempre i bacini” commentò Kate, innocentemente.
“Vedi, lo dice anche Kate, e poi dai..Sono anche stanco dal lavoro!” commentò, cercando si avvicinarsi ulteriormente. “allora vai a dormire!” dissi, prendendogli dalle braccia Kate, e dandogli uno spintone.
Sia ringraziato il Cielo, mia madre annunciò che il pasto era pronto, interrompendo questa farsa, che mi aveva già irritata sufficientemente. Per tutta la durata del pranzo, Adam mi lanciò delle occhiatine, che io cercavo in tutti i modi di ignorare. Razza di…
Fortuna che Bryan cominciò a fare battutine, coinvolgendomi. Nonostante la presenza di quello lì, non era stata male come ‘rimpatriata’ tra vicini.
Ora, eravamo di nuovo tutti in salotto. Kate era a terra, davanti alle mie gambe, che giocava con qualche bambola che ormai non usavo più. Ero adulta, o quasi. Bryan aveva finito di raccontare le sue esperienze allo stage, e avevano introdotto l’argomento ‘fidanzati/e’. Il cellulare vibrò nella mia tasca, e lo tirai fuori, quasi certa che il messaggio fosse delle mie amiche. Ma non era così. Era un numero sconosciuto, che non avevo mai visto. Aprii il messaggio, magari avevano sbagliato.
Ciao, Natalie! Come va? Ps: salva il mio numero ;) Jim.
Dire che la mia bocca toccava il pavimento, e che i miei occhi erano fuori dalle orbite era un eufemismo per definire il mio stato di sorpresa. Jim? Ne conoscevo- più o meno- solo uno,ed era niente popò di meno che il migliore amico di Mr Perversione. “ehi, Nat, chi è Jim?” commentò ad alta voce Rose, accanto a me, leggendo. Adam guardò subito nella mia direzione, ed io arrossii come un pomodoro troppo maturo. Ma porca di quella mucca!!
“Nessuno, Rose, hanno sbagliato!” risposi prontamente. Lei mi sorrise maliziosa. “Non credo, sorellina, non fare la furba: c’è scritto ‘ciao Natalie’!”
“Jim non è un tuo amico?” domandò Seth a Mr Perversione. Ci si metteva pure lui?! Adam annuì, sembrava arrabbiato, o forse deluso. Fatto sta che io non ci capivo più nulla.

*Angolino autrice*
Eccomi qui, prodi cavalieri!!
Come va la vita? XD Beh, la mia bene. Comincio il mio sproloquio dicendo che il capitolo non è venuto benissimo. Doveva essere un po' diverso, ma per mancanza di fantasia, è uscito così. spero non faccia così schifo... beh, comunque..
Abbiamo appurato che le cose, più o meno, stanno tornando come prima- per litigi e cose varie-, mentre, parlando di amicizie....Beh, nat ha ricevuto un messaggino da jim, il prode amicone di papà addy. (xD) come mai?? adam lo sapeva? Bah. si scoprirà più avanti ^^
QUi c'è ancora lo zampino di kate ;) XD povera nat...
e per la vicinanza all'inizio, da parte di adam? sappiamo che è sadico, il ragazzo... infatti, ha fatto sclerate natalie XD Beh, non so piu che dire. se avete voglia, lascio la parola a voi. ;)
Risposte alle recensioni...
amylee: Ma ciau!! Ehi, innanzitutto, grazie per la recensione.^^
Grazie per i complimenti...^///^ mi fa piacere che la storia ti piaccia.
Non sai quanto anche io vorrei un ragazzo con cui azzuffarmi- ma ovviamente, la fortuna ce l'hanno ben poche, come Nat XD Anche mia mamma ci assomiglia molto ;) sono tutte uguali, mi sa XD
Grassie ancora!
piaciuque: ciao!! Grazie per la recensione, mi ha fatto molto piacere!!
Spero che anche questo ti sia piaciuto!! Un bacio.
sonoqui87: Hola!! ^^ Già, Kate è dolcissima *-* concordo con te ^^
E detto tra me e te: anche io mi prendo le cotte per i personaggi *///* Poi, Adam si sa che ha un cuore d'oro <3
Spero ti piaccia anche questo^^ E grazie anche per la recensione ^^
Baci:)
mayetta: ciauu!!^^ Grazie per la recensione, in primis.
Comunque, hai intuito bene.^^ Un po' il ghiaccio si sta sciogliendo, ma ovviamente non può essere tutto rose e fiori da subito... Pian piano, si vedranno dei cambiamenti, ma... beh, mi diverto troppo quando li faccio litigare, e continuerò ancora un po', credo XD I'm sadica, lo so. ;P
Grazie ancora, bacio ^^
Derekkina2: Ciau! :) Grazie per tutti i complimenti, e per la recensione ^//^ mi ha fatto molto piacere che apprezzi come e cosa scrivo. Spero ti piaccia anche questo, un bacio^^
saketta: ma ciao, carissima! Grazie per la recensione!!
Eh già, Kate è un amore, che cosa faremmo senza di lei?? ^^
Spero che questo capitolo ti sia piaciuto, un bacio.

Un bacio a tutte, buonanotte!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5- condizioni estreme- ma piuttosto mi taglierei le vene!! ***


Salve a tutti^^ Sono tornata con un nuovissimo e appena sfornato chappy! yeah XD
Beh, comincio col dirvi che questo è molto importante. è lungo, in alcuni pezzi noioso, ma è essenziale. U.u chiedo scusa per eventuali orrori/errori grammaticali, o obbrobri che potreste trovare durante la lettura.
Stranamente, però, sono soddisfatta di questo capitolo. *sono molto modesta XD*.
Allora...siamo rimasti al messaggio di jim. cosa fa la nostra nat?? bah. Perchè adam la guarda in modo strano? mistero. La cara kate, in questo capitolo, non c'è. Come ho potuto non metterla?? * si schiaffeggia da sola* beh, tanto sarà nel prossimo, necessariamente. ^^
Comunque, spero che vi piaccia. Ci vediamo di sotto!
buona lettura!


Capitolo 5: Condizioni estreme- ma piuttosto mi taglierei le vene!

La famiglia Brown dopo un po’, decise di tornarsene a casa. Appena la porta d’ingresso si chiuse, non potei fare a meno che sospirare di sollievo. Sotto lo sguardo intenso di Adam, non ero riuscita ad articolare sillaba, immobile, pietrificata. I suoi occhi su di me, erano un qualcosa di assolutamente pesante, che mi metteva in soggezione ed imbarazzo. Le mie dita, perciò, non erano riuscite a comporre un messaggio. Ero ancora nei ricevuti, sulla schermata del cellulare c’era sempre il testo che mi aveva fatto andare il cuore a mille e il cervello in pappa per la confusione. Più guardavo quelle parole, più mi convincevo che fosse solo un pessimo scherzo. Probabile che ci fosse lo zampino di Adam; era un buon attore, dopotutto. Quante volte se l’era cavata, dando la colpa a me, mettendo su quella facciata innocente e incantevole? Migliaia. E quindi, come non potevo avere il sospetto che ci fosse dietro lui? Sembrava davvero sorpreso e confuso. Magari, era andato storto qualcosa nel piano che avevano progettato. Quindi, decisi di non rispondere. Appoggiai il telefono sul tavolino al centro del salotto, e mi avviai verso il bagno. Urgeva doccia rilassante per sciogliere i muscoli e farmi dimenticare quegli occhi verdi. E la sua sfacciataggine. E il suo sorrisino. E... E basta!! Se fossi andata avanti così, non sarebbe servita a niente. Tornai in camera mia, e mi gettai sul mio letto con un sospiro. Non avendo potuto dormire quella mattina, il sonno mi fece appisolare. Mi svegliai qualche ora più tardi, mezza intontita e con la mente totalmente annebbiata. Arrancai fino al salotto, e chiamai i miei. Non ricevendo risposta, vagai- o meglio, mi trascinai- per il resto della casa, constatando che non c’era anima viva. Arrivai in cucina, e notai che appeso al frigo- per mezzo di una calamita- c’era un foglietto: Tesoro, stavi dormendo così bene, che non abbiamo voluto svegliarti. Io e papà siamo fuori con i Brown, Rose è con Bryan. Ci vediamo stasera, bacio, mamma.
Sbadigliai. Bene, ero sola in casa. Decisi di prendere il mio portatile, e mi stravaccai sul divano. Aggiornai il mio diario sugli ultimi avvenimenti, poi feci partire un film a caso, certa che mi sarei addormentata di nuovo. Ma non successe, in quanto, proprio nel momento in cui le mie palpebre stavano cedendo, il cellulare prese a vibrare. Borbottai qualcosa senza senso tra me, e afferrai il telefono. L’ennesimo messaggio del giorno, ma questa volta era di Susan.
Ciao Nat! Kim ha organizzato una pizzata stasera...Sei dei nostri?
Avevo proprio bisogno di svagarmi, quel giorno, e le mie amiche erano il rimedio ad ogni problema. La prima cosa che feci fu chiamare mia mamma.
pronto? la sua voce squillante mi giunse all’orecchio, perforandomi il timpano.
mamma, stasera posso uscire con le mie amiche? domandai a bruciapelo, senza girarci in torno. ciao anche a te, comunque io e Emma stavamo proprio dicendo che volevamo uscire tutti insieme...Se ti dico di sì, tu però mi devi fare un piacere disse. Quell’affermazione, senza un motivo preciso, mi fece gelare il sangue nelle vene. Mia madre era davvero capace di tutto, anche di.. porti Adam con te , quasi non mi strozzai con la saliva, e incominciai a tossire come una fumatrice incallita.
mamma, no, no!! risposi, rauca per la mancanza di ossigeno.
allora non ti do il permesso. E riattaccò. Ma che.. Mandai un messaggio a Susan, in cui le dicevo le condizioni impossibili che mi aveva posto mia madre. Lei rispose semplicemente che potevo benissimo portarlo con noi, e che nemmeno alle altre dava fastidio. Sottolineai il fatto che lui era il mio acerrimo nemico, la mia nemesi, uno sputo nell’occhio, un obbrobrio della natura, Mr Perversione in Stronzis, ma Su ribatté che, pur di avermi con loro, avrebbero sopportato il quinto incomodo. Digitai il numero di mia madre per la seconda volta, e la sua voce seccata mi accolse. Natalie, cosa vuoi ancora?
rilassati, mamma. Accetto le condizioni
****
Okay, Nat, respira...bene così, inspira ed espira...
Era mezzora che stavo aspettando Mr Perversione in Stronzis. Ovviamente, era in ritardo. Già dava fastidio di per sé la sua presenza, ma non bastava. Per farmi andare fuori dai gangheri lui ci stava mettendo ore per allacciarsi le scarpe, porca di quella vacca! Appena fosse uscito, gliene avrei dette quattro: oh sì. Sentivo che mi sarei pentita della mia decisione di portarlo con me, e già in quel momento la coscienza mi voleva prendere a schiaffi per la mia arrendevolezza. Ma cosa mi era saltato in mente?!
Finalmente, si decise a uscire. Stavo per cominciare a parlare, ma l’aria mi mancò improvvisamente. Ammisi a me stessa, che, mio malgrado, stava davvero bene così. Non che avesse qualcosa di così anormale- infatti era vestito con semplici jeans e camicia- eppure, era più carino del solito.
Ma cosa vai a pensare?! Mi ringhiò contro quella vocina petulante, che proprio nei momenti drastici, tempo prima, mi aveva abbandonata. Fortuna che essa- niente di meno che la mia razionalità- era ricomparsa proprio oggi. Mi sarebbe servita eccome, quella sera.
Mi rivolse un sorrisino malizioso, mentre mi osservava. Alzai gli occhi al cielo, dandogli le spalle, incamminandomi verso il centro. Mi raggiunse facilmente con due falcate silenziose, e si affiancò a me.
vedi di comportarti bene, stasera. Mi hai già fatto tardare lo minacciai, con un’occhiata che non ammetteva repliche. Lui, sempre con quel sorriso sghembo da infarto- ma che vado a pensare?!-, si strinse nelle spalle, per poi fare un saluto militare, agli ordini! . Sbuffai per l’ennesima volta. ti do’ così fastidio, Miss Insalata? Assunsi un’espressione fintamente pensierosa, portandomi un indice al mento. vediamo...SI! sibilai.
potevi anche non accettare. Avrei preferito uscire con i miei amici, piuttosto che essere qui con te. Confessò, sfacciato, e chissà perché m’infastidì. Beh, era normale: ogni cosa lui dicesse, mi faceva arrabbiare come una belva.
non potevo andare io, se non fossi venuto tu. Mia madre è stata chiara. Dissi a mia volta, apparendo più fredda e cinica del dovuto, forse. Era stata davvero crudele. Mia mamma sapeva bene quanto io e Adam non ci sopportassimo, soprattutto perché i nostri vivaci battibecchi erano la causa di molte mie punizioni. perciò, stai buono.
Proseguimmo in silenzio, uno a fianco all’altra. Ogni tanto, lo vedevo lanciarmi occhiate, che inevitabilmente mi facevano diventare un pomodoro. Cercavo in tutti i modi di nascondere il mio viso rosso con i capelli, o voltandomi distrattamente dall’altro lato rispetto a lui. Sembrava divertito dal mio comportamento, quasi. Faceva apposta, probabilmente, godeva nel vedermi arrossire come una scema. Infilò le mani nelle tasche, tornando a guardare davanti a sé. Perché non hai messo quella bella minigonna che hai nel tuo armadio? chiese, con un sorrisino di scherno, o forse malizioso. Mi bloccai, impuntando i piedi a terra. cosa?! la voce mi uscì stridula. Lui scoppiò a ridere, tenendosi la pancia, neanche avessi detto quale barzelletta. Forse, la mia espressione scioccata era troppo esilarante, per lui. come fai a sapere…?! chiesi, arrabbiata e imbarazzata. mi hai guardato nel guardaroba! accusai. Lui, dal suo canto, vedendo che mi avvicinavo con l’intento si strozzarlo, alzò le mani come protezione. ehi, non ho frugato in nessun cassetto! Me l’ha detto Kate! affermò, con un sorrisino divertito. Mi bloccai, prima che commettessi l’omicidio. ah fu la mia risposta molto intelligente. anche se avrei potuto… mi riscossi subito, zittendolo immediatamente. NON pensarci nemmeno! sbraitai, additandolo. Lui ridacchiò. okay, okay..
Osservai l’orologio, e –merda!- eravamo un bel po’ indietro nella tabella di marcia.
muoviti, siamo in ultra ritardo! esclamai, cominciando a camminare molto velocemente, quasi correndo. Lui stava al mio passo tranquillamente, con un sorrisino strano sul viso. Mi chiedevo cosa avrebbero pensato i nostri compagni, a vederci così vicini, diretti alla stessa meta, senza che ci prendessimo a botte ogni due passi. Doveva essere parecchio strano, ma per fortuna, non avevamo ancora incontrato nessuno. Arrivammo – io col fiatone e la lingua fino all’asfalto, mentre Adam con un sorriso sereno e il respiro regolare- davanti al locale, dove le mie amiche ci guardavano non troppo affabili. Kim sbatteva convulsamente il piede sul terreno, guardandomi con un sopracciglio alzato. cos’è, vi eravate appartati? trucidai con lo sguardo la mia amica, che mi sorrise innocente, mi è scappato . Era una scusa?
be’, Kim la conosci…Loro sono Susan e Megan. Ragazze, Mr Perversione in Stronzis Lui mi guardò accigliato, poi sorrise affabile alle mie amiche.
piacere, Adam Gli occhi delle mie compari– Su e Meg- divennero dei cuoricini intermittenti. No, non loro‼ Non abbandonatemi, ragazze!
bene, ora entriamo dissi secca, prendendo le due sciagurate per le braccia e trascinandole di forza. Kim ridacchiava, dal canto suo, seguendoci, affiancata da MP (Mr Perversione). Il locale era davvero carino, accogliente, l’ideale comunque per noi giovani pazzi scatenati. Ci sedemmo al nostro tavolo, e, con mio grande (dis)piacere, MP si mise accanto a me.
allora, Adam, come te la passi? Kim non poteva fare domanda più assurda: era ovvio che si stesse divertendo un mondo a farmi innervosire all’inverosimile. Glielo si leggeva in faccia, era disegnato sul suo viso: sì proprio quel sorriso da angioletto, arma letale, era ciò che più di detestabile avesse. Finto pacifico, ecco cos’era. Quando assumeva quell’espressione, voleva dire che tramava qualcosa; e io lo sapevo bene, troppo. be’, piuttosto bene, oserei dire. e sorrise gentilmente alla mia migliore amica. Lei ricambiò, poi i quattro cominciarono un discorso, a cui io non partecipai, troppo impegnata ad incenerire MP con lo sguardo. Era un vero peccato, che quella facoltà tanto agognata di disintegrare gli scarafaggi con gli occhi non si fosse ancora resa utile. Ridevano e scherzavano come dei vecchi amiconi, ignorandomi bellamente. Cos’è che aveva detto Su? Pur di averti con noi, lo sopporteremo. Il punto era che la situazione era un po’ diversa. Erano affiatati, le mie amiche si divertivano con lui. E non mi cagavano nemmeno di striscio. Non ero gelosa, o invidiosa; semplicemente mi dava fastidio che quell’ornitorinco conquistasse la stima e la simpatia delle mie amiche. Probabile che fosse una causa già persa, e lo potevo intuire dagli sguardi estasiati delle mie ormai vecchie amiche. Ma perché tutte a me?! Sola, senza nemmeno un sostegno... che destino crudele! Beh, s’intuiva fossi un tantino tragica, ma avevo tutto il diritto di credere che ormai Susan, Megan e – purtroppo- anche Kim, fossero indiscutibilmente dalla sua parte. Sacrebleu!
beh, ma non ho ancora capito perché ti va piuttosto bene... riprese Megan, ancora ilare per la precedente risata. Adam fece il sorrisino- proprio quello sghembo, malizioso, quello micidiale per il genere femminile- e si sporse in avanti. Le mie amiche lo imitarono, come se dovesse dir loro chissà quale segreto.
beh, sono circondato da belle ragazze: è il sogno di ogni uomo. rispose. Le mie amiche, sceme fino all’osso, ridacchiarono, probabilmente lusingate. Non ci vidi più. Mi alzai di scatto, tenendo i palmi aperti sul tavolo. Cercando di mantenere la calma, affermai: Adam, ti potrei parlare? In privato. Le mie amiche mi lanciarono delle occhiate maliziose, a cui cercai di non far caso. Brown chiese scusa gentilmente, seguendomi verso l’esterno del locale. ti vedo silenziosa stasera osservò, ma io ignorai l’affermazione. Mi voltai di scatto, guardandolo truce, smettila. sibilai. Lui mi guardò confuso, e lo sembrava davvero. prego? domandò, accigliato.
piantala di abbacinare le MIE amiche, sorcio che non sei altro! ringhiai. Lui mi osservò per un secondo, per poi aprirsi in un sorrisino compiaciuto, sei gelosa .
Strabuzzai gli occhi. Certo che ne aveva di fantasia! ma non farmi ridere! sbottai.
e allora perché sei arrossita? Io, arrossita? Ma quando mai!
non sono arrossita
no, sei solo bordeaux. commentò, ridacchiando. e se non è perché ho detto questo...è perché la mia presenza ti mette in imbarazzo... disse, avvicinandosi più a me. la tua presenza mi da solo molto fastidio ribattei decisa, sperando che non si sentisse l’agitazione nella voce. Avanzò ancora, e mi intrappolò per una dannata seconda volta, tra le sue muscolose braccia, il suo muscoloso petto, e il muro. Probabilmente, la tonalità di rosso divenne più accesa, mentre il suo sguardo diventava sempre più intenso e, incredibilmente, sempre più serio. vedi, - mi sfiorò la guancia con la mano, in un tocco caldo e leggero- sei arrossita ancora di più. Sono io a farti quest’effetto. E sei pure gelosa. disse, per poi lasciar cadere le braccia. Voltandomi la schiena, ritornò all’interno, e io – che cercavo di regolarizzare il respiro- lo seguii poco dopo, maledicendolo all’infinito per farmi provare certe cose, per rendersene conto, e per approfittarne. Le ragazze mi guardarono in un modo strano, ma ero troppo scossa per tentare di decifrare le loro espressioni.
Gelosa.
Che gran cagata. Io non potevo essere gelosa di lui: io lo odiavo. Probabilmente, il suo ego era così montato, da pensare che tutte le ragazze gli cadessero ai piedi. E in quel ‘tutte’, c’ero pure io. Ma non era verosimile, come cosa; io MAI, sarei potuta cadere nel suo tranello. Mi chiedevo- in quanto lo ritenevo impossibile- come potessero le altre ragazze, innamorarsi di lui. Okay, era da ammettere che fosse di bell’aspetto, e passi che fosse un bravo fratello, ma i dispregiativi erano molti di più. Odioso, montato, cafone, arrogante – più altri aggettivi assolutamente negativi che non elencherò... Ed infine, il fatto che fosse un collezionista di ragazze, chiudeva il suo curriculum in modo pessimo. Detto ciò, era chiaro che a me, Adam James Brown, non sarebbe mai piaciuto; era da escludere. Di ragazzi ce n’erano a bizzeffe, cento volte più carini di lui, e con un carattere migliore. Cadere nelle grinfie di un dongiovanni non era nelle mie prerogative.
Casanova voleva dire sofferenza, e nessuno avrebbe voluto star male per amore. Io speravo non mi capitasse mai. Tantomeno, a causa di quel playboy delle mie sneakers.
Nat, ehi Nat, mi hai sentita? mi richiamò Susan, schioccandomi le dita davanti al naso. Scossi la testa, ritornando con l’attenzione sulle mie amiche. Ma come avevo potuto farmi patemi mentali del genere? Non era mai capitato, e non volevo cominciare a farmeli per un’affermazione- per giunta fasulla- di quella testa di carciofo.
mi stavi ascoltando, almeno? ripeté, con un’espressione scocciata. Feci un sorrisino imbarazzato di scuse, ho detto se... la sua frase, fu interrotta dal vibrare rumoroso del mio cellulare. Mi lanciò un’occhiataccia, ma io che ci potevo fare? Mi chiesi chi potesse essere, in quanto le mie amiche- uniche persone che avrebbero mai potuto mandarmi un messaggio- erano lì di fronte a me. Recuperai il telefono dalla tasca, e lessi di nuovo quel cavolo di numero sconosciuto- di cui ora, purtroppo, conoscevo il proprietario. Probabilmente sbiancai, perché le mie amiche mi chiesero più volte se stessi bene. Non era uno scherzo, mi suggeriva la vocina, Brown non c’entrava nulla.
Ma io aborrivo quell’idea. Non poteva essere che proprio il migliore amico del mio peggior nemico, provasse una minima simpatia nei miei riguardi. Era una balla. E, ritornando alle mie precedenti elucubrazioni, non volevo essere immischiata in una relazione con un playboy. Jim Wilson era, e rimaneva, per me, un dongiovanni, quasi alla pari con Brown.
Pigiai l’okay, per sapere cosa mai quel tizio mi avesse scritto. Di nuovo.
Ciao, sono ancora io. Ci vediamo al monumento, spero verrai. ;* Jim
Oh My Volvo! Ma questo si era fatto qualche film mentale.
In quel momento, mi era chiara solo una cosa: NON saremmo mai passati di lì, per nessuna ragione al mondo!
Chi è? Comunque, ti stavo chiedendo se ti andrebbe di andare in piazza, dove c’è il monumento. Ma sì, il posto di ritrovo di tutti i ragazzi! Gli altri sono d’accordo. affermò, mentre le mie amiche annuivano. E te pareva!
...
≪ no, vi prego, no‼ ≫ implorai, mentre Kim e Meg mi trascinavano.
≪ guarda che né io né i miei amici mordiamo! ≫
≪ taci Brown! ≫ ringhiai, trucidandolo con lo sguardo. Scommettevo ogni cosa possedessi, che appena avesse intuito la mia paura, avrebbe fatto di tutto per appoggiarmi. Ma Adam era così ottuso, da non rendersene conto. Oppure, c’avevo azzeccato: era tutta una candid camera. E magari le mie amiche erano complici.
Purtroppo, dovetti rassegnarmi, e seguirle. Mentre passo dopo passo ci avvicinavamo- mentre imminente arrivava la mia figuraccia, più che altro-, maledivo in ogni lingua che conoscevo la persona che aveva dato il mio numero a Wilson. Perché- perché- avevano violato la mia privacy, consegnando nelle mani di un bifolco pervertito, il mio sacro numero di cellulare? Chi era stato così stolto, da far accadere una tale blasfemia, conoscendomi? Beh, chiunque egli- o ella- fosse, non aveva vita lunga. Appena mi fosse capitato/a tra le mani, l’avrei spappolato contro il pavimento, e ci sarei passata sopra con un tir. Non volevo passare per una pazza killer, ma era la pena giusta per aver fatto un errore/orrore così. Giungemmo alla piazzetta, e, ovviamente, le ragazze e Adam notarono anche l’infausta presenza del gruppo degli abominevoli ragazzi playboy. L’attenzione fu reciproca, soprattutto dalla parte di un tipo in particolare. Corse- praticamente- da noi, con un sorriso soddisfatto sul viso.
≪ allora hai ricevuto il mio messaggio! Perché non mi rispondi? ≫ Avvampai, e cominciai a farfugliare cose incomprensibili, che volevano significare ‘gira a largo brutta bestia, e non infastidirmi più’. Peccato che non riuscissi a formulare una frase di senso compiuto. Le mie amiche mi lanciarono un’occhiata confusa, mentre notavo Adam guardarci in modo strano. Sentivo il mio cuore battere all’inverosimile, pulsava nelle mie tempie, e il sangue, pompato abbondantemente, mi colorava le guance. Sentivo le orecchie fischiare, tanto era il fastidio, e in più sentivo un nodo alla gola. Avevo gli occhi di tutti puntati addosso, e non riuscivo più a capire niente. L’imbarazzo, sommato al senso di nausea che mi colpì, non mi fece articolare parola.
≪ ehi- Jim notò la figura di Adam, vicino a Kim-, guarda guarda! Amico, potevi chiamarmi, sarei uscito anch’io con voi! ≫ esclamò. Poi tornò a guardarmi. In quel momento, un capogiro forte mi colpì, e perdendo l’equilibrio, mi appoggiai a lui.
≪ Natalie! ≫ le mie amiche mi sorressero, aiutate da Jim,≪ Cos’hai? ≫ domandarono. Ma sentivo sempre tutto più ovattato, più confuso, come all’aldilà di una barriera. Tutto poi fu così veloce e confuso che, al momento, non me ne resi conto. Un conato di vomito mi colpì, e portai istintivamente alla bocca le mani. Ma il bisogno di rigettare fu accantonato, quando persi tutte le forze, e gli occhi mi si chiusero.
...
≪ come sta? ≫
≪ stai tranquillo, ragazzo. E’ solo svenuta ≫
≪ ma stava per vomitare, era rossa e.. ≫ La voce profonda, maschile, dall’aria distaccata, rassicurò il proprietario di quell’altra voce, familiare. Ero cosciente, ma stanca. Troppo stanca per alzare le palpebre, o per capire chi fosse quella persona. Non sapevo dov’ero, né cosa fosse successo, sentivo solo un odioso e pungente odore di disinfettante, e una spossatezza incredibile. Il silenzio che seguì la spiegazione, venne riempito da un pulsare frenetico, quando qualcosa di caldo afferrò la mia mano. Era il mio cuore, quel rumore che rimbombava nelle mie orecchie. Ma non feci in tempo a chiedermi il motivo, perché venni presa da un attacco di sonno, che mi fece sprofondare di nuovo nell’incoscienza. Quando riaprii gli occhi, istintivamente guardai al mio fianco. Jim mi stringeva la mano, guardandomi in un modo strano. Sembrava preoccupato.
≪ ehi, ti sei svegliata ≫ disse, sorridendomi. Portai una mano alla fronte, ma sentii un dolorino pungente, e notai il tubicino della flebo fissato al mio arto per mezzo dell’ago. Sbiancai: odiavo gli aghi, e per fortuna ero incosciente mentre mi bucavano, o sarei morta di terrore. ≪ ci hai fatto prendere uno spavento, piccola! ≫ esclamò, accarezzandomi la mano libera. Pensai che il suo tocco, non era quello che avevo sentito prima. E il mio cuore, che batteva silenzioso, ne era la conferma. O forse, ero solo intontita prima, ed era stato tutto un sogno. ≪ Nat, fuori ci sono i tuoi e le tue amiche. Gli dico che sei sveglia? ≫ domandò gentilmente. Io annuii piano, e lui si alzò, lasciandomi un bacio sulla fronte, uscendo. Ne rimasi quasi scottata, oltre che totalmente cioccata. Non mi aspettavo quel gesto da lui. Mi aveva sorpreso. Ma altro che film, quel tipo.
Subito dopo entrarono i miei e le mie amiche, decisamente tutti troppo preoccupati. ≪ oh, tesoro mio, stai bene?! ≫ mia madre mi riempì di baci e di carezze. Rose mi abbracciò stretta, facendo attenzione, e mi guardò accigliata: ≪ hai fatto indigestione, Nat. Ci hai fatto morire di paura, per un’indigestione! ≫ mi sgridò. Io sorrisi appena della sua apprensione. Mi sommersero di domande e di premure, e tutti mi ricordarono che non avrei mangiato fritto per un bel po’. Meglio essere prudenti. Papà mi accarezzò la testa, con un appena accennato sorriso.

≪ quando Adam ci ha chiamati... ≫
≪ vi ha chiamati Adam? ≫mi fu inevitabile domandarlo. Lui annuì, semplicemente. Dopo il suo racconto, di come si sentissero tutti così spaventati, espressi il desiderio di stare un po’ da sola. Usai la scusa del riposare, a cui Rose obbiettò prontamente: ≪ hai dormito per dodici ore! ≫Strabuzzai gli occhi -non credevo di aver riposato così per così tanto tempo- ma richiesi, per piacere, di essere lasciata in pace, e così se ne andò pure lei. In effetti, non ero stanca, ma sentivo di dover rimuginare un po’. Quel giorno, la mia mente era intasata di domande, e dovevo prima far luce con i miei pensieri, per giungere a delle conclusioni razionali e giuste.
Primo: mi chiedevo se Jim fosse stato accanto a me tutto il tempo, mentre dormivo.
Secondo: non mi spiegavo perché fosse stato proprio Adam a chiamare i miei.
Terzo: non sapevo se le attenzioni che Jim mi riservava, mi piacessero o meno.
Insomma, per le prime due domande potevo chiedere ai diretti interessati, la terza era una cosa mia. Jim era carino- molto- e si era rivelato gentile e davvero interessato a me. Non sapevo se pensare di piacergli, oppure cancellare quel dubbio dalla mia mente senza avere una risposta concreta. Anche perché molte volte, non sapere era meglio. Ma, se nel caso lui fosse stato davvero invaghito di me, io ne sarei stata contenta? Lui mi sarebbe mai potuto piacere in quel senso? O sarebbe rimasto eternamente nei miei pensieri come il migliore amico della mia nemesi?
≪ ehi... ≫ il mio cuore perse un battito, forse per lo spavento. Era l’ultima persona che mi aspettavo entrasse. Richiuse la porta alle spalle, e si sedette sulla sedia accanto al mio letto. ≪ come stai? ≫ domandò gentilmente. Cercavo i suoi occhi, ma non li trovavo; teneva lo sguardo basso, non osava alzarlo e mostrarsi a disagio. ≪ non immaginavo che saresti entrato. In realtà, ero convinta non ti fossi nemmeno sprecato a venire qui ≫ rivelai, eludendo la domanda. La verità, era che mi sentivo dannatamente tranquilla. Niente rancore, niente ribrezzo. Sentivo di dover essere sincera, di dovermi comportare- per una volta- civilmente con lui. Probabilmente mi avevano imbottita di calmanti, per quello ero nella fase ‘peace&love’, della serie ‘ama il tuo nemico’. Altrimenti, davvero, non me lo spiegavo. Di certo, a mente lucida, non sarei mai stata contenta di vederlo. Lui mi guardò accigliato: ≪ non riesci proprio a gettare l’ascia di guerra per due secondi? Sto cercando si essere civile con te, non rendere le cose più difficili. ≫
≪ nessuno te l’ha chiesto ≫ ribattei, sfidandolo. Chiuse gli occhi, serrando la mascella, e inspirando profondamente.
≪ senti. Non sto dicendo che mi devi sorridere o dimostrare qualsivoglia segno d’affetto, semplicemente, toglimi questo peso: stai bene, ora? ≫ chiese, guardandomi negli occhi. Lo guardai in cagnesco: ≪ sei arrivato tu, e hai mandato a benedire quel senso di pace interiore che sentivo. Quindi, no, ora che ci sei tu, non sto bene! ≫ che enorme balla, che avevo detto. Ma ad alta voce, non avrei mai ammesso che ero terribilmente ed erroneamente lusingata dalla sua presenza qui, né che quel senso di pace me lo stava trasmettendo lui, con la sua presenza.
≪ bene. ≫
≪ bene. ≫ risposi secca. Lui si rialzò, con l’intenzione, probabilmente, di uscire di nuovo. Rimase fermo, davanti alla seggiola, si sistemò i capelli con la mano, sulla fronte, sbuffando. Sembrava come diviso in due, titubante, in stallo tra due decisioni.
Vattene!
Rimani!
Si risedette. Probabilmente, i suoi dubbi erano se andarsene o rimanere. La mia parte stupida, imbottita di medicinali dagli indicibili effetti indesiderati, esultò. Nascosi un sorrisino, quando, imbarazzato, si guardò in torno, cercando di non incrociare il mio sguardo.
≪ posso fare qualcosa per te? ≫ domandai, con una punta d’ironia nella voce.
≪ nelle tue condizioni, non credo ≫ rispose, guardandomi e sorridendo. ≪ ma ti sei resa conto che io, in questo momento, approfittando della tua momentanea immobilità, potrei vendicarmi per l’Addy? ≫ domandò, con aria saccente, appoggiando il gomito sul materasso e sostenendosi il viso con il palmo della mano.
≪ e saresti così vile da vendicarti con una povera malata? ≫ feci un’espressione contrariata, scuotendo la testa, ≪ non si fa. ≫
Trattenne a stento un sorrisino; questo scambio di battute stava divertendo entrambi.
≪ e se lo fossi? ≫ ribatté, ≪ e se ti punissi con la tortura che più ti causerebbe problemi? ≫ fece, con un’aria attenta, seria. Questo lo faceva apparire più sadico.
Lo guardai scettica: ≪ più di un ago nel braccio, niente mi potrebbe turbare di più ≫
≪ e se ti baciassi? ≫



eccomi qua. Allora, soddisfatti o rimborsati?? XD
No, sinceramente, spero vi sia piaciuto almeno un po'.
...
Secondo voi, a jim piace davvero nat? e lei, cosa farà alla proposta- sadica- di adam?
(io accetterei, sinceramente, se fossi in lei. ma vabbè, sono di parte XD)
comunque, mi sa che ho esagerato con la storia dell'indigestione, ma mi è uscita così. *sto impazzendo ragazze!!! * quindi, aspettatevi di tutto nei prossimi capitoli.
a proposito. Io partirò il 10, e tutte le mie storie- questa compresa- sono sospese fino al 25. non so ancora come farò senza scrivere certe cavolate, spero di trovare del tempo per portarmi avanti con i capitoli, almeno. waaaah, sono depressa. t_t
comunque.
risposte alle recensioni**** (che, wow, mi rendono superfelicissima!! thanks a tutte!!)

Mikela_esme_cullen: ma ciao, Michi!! Che bello sentirti anche qui!! XD
innanzitutto, grascie mille per la recensione!! Smettila di farmi complimenti!! Ps: non vedo l'ora che aggiorni la tua fic!!
Un bacio!!
sonoqui87: ciao!! prima di tutto: grazie, grazie, grazie per il commento. *-* mi fanno sempre piacere le tue recensioni!
Sono felice che la storia ti piaccia a tal livelli XD Ehi, ho aggiornato il piu spicciamente possibile stavolta U.U
Hehe, Adam in questo capitolo ti è piaciuto?? E' così...cuccioloso... *ç* XD ^^"
Al prossimo capy!! bacio
kyuugo: ma ciao! grazie per il commentino, mi ha reso super gongolante XD
Ho aggiornato il prima possibile U.U Peccato che ora non potrò piu farlo per un po -.- T_T
Beh, spero che questo ti piaccia. Bacio ^^
Nusia: Oddio O.O Tu, commenti una mia storia!! Oddio, ne sono ONORATA!! *-* (mi inchino a te!)
Quando ho visto che eri tu, quasi non mi mettevo a urlare. Sono felice che ti piaccia la storia U.U Ovviamente, rispetto alle tue, be', è cacchina... -.-"
Ma sono felicissima comunque!! Grassie grassie!
E comunque, hai ragione, a Nat non è così indifferente Adamuccio... XD E Kate, eh... la nostra piccola cupido XD
Eheh, già Jim complica le cose UN SACCO. U.U XD
Now, vado. Bacio!!
amylee: ehy!! Sadico neh, AdamXD Voleva stuzzicarla...
Questo capitolo ti è piaciuto?? spero proprio di sì. U,U Ovviamente, lui non si astiene sempre dal provocarla. XD
Grazie mille per la recensione, un bacio!! ^^
mayetta: Sono spiacente, questo non è un POV Adam, ma prometto, prima o poi ci sarà U.U E ovviamente, deluciderà un po' la situazione.
Già, è parecchio lunatico, ma è fatto così. Non sarà mai normale, credo. XD
Per l'interesse... Bah, io non dico nulla XD *sadica* mwahhaha, lo farò penare un bel po' questo ragazzo XD
Grazie per la recensione!! Spero che questo ti sia piaciuto!! ciau
saketta: Grazieeee!! XD Mi ha fatto piacerissimo la tua recensione * io che mi inchino*
Sarà geloso?? mah. Spero che questo capi ti piaccia ^-^ ciau!!
piaciuque: Ma Grazieeee!! Troppo buona!! Strepitoso no, dai...
eh, per quel bacio... Chissà, chissà. Non dico nulla, sto zitta XD
Spero che questo capitolo ti sia piaciuto!! Ciauuu^-^
Beh, detto tutto, vi saluto!! Al 25!! XD
ciauuuuu!!!


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Capitolo 6
*** Capitolo 6- che mondo di matti ***


Ma Ciau Gente!
Dopo più di quindici giorni di vacanza, eccomi qui con un nuovo capitolo.
Devo dire che sono stata super-iper-felicissima quando ho letto le vostre 9 recensioni *-* GRAZIE INFINITE!! Dio, ho gongolato come una matta XD Ero lì, tutta in fibrillazione, con gli occhi fuori dalle orbite. Davvero, sono stata IMMENSAMENTE felice.
Penso che questo sia il più lungo che io abbia mai scritto, ma non ne sono sicura ^//^ Siamo arrivati a quel "<< e se ti baciassi? >>" di Adam... Natalie, bah, chissà.
Come promesso, poi, è tornata la nostra piccola Kate! Non potevo non metterla, la cucciola. ^^ E c'è una new entry, in questo capy, anche se non proprio così "new". L'ho già nominato, nel capitolo due, questo personaggio.
Ah, chiedo scusa in anticipo se non risponderò alle recensione in questo capitolo, ma è proprio una toccata e fuga. Sono di corsa, SCUSATE! Risponderò, se ci saranno, ai commenti nel prossimo capitolo.
Vi mando un bacio a tutti, ciau!
PS: vorrei dedicare questo capitolo a Fede, Ele e Sofia. Mi devo far perdonare, in un modo o nell'altro, no?
PPS: buona lettura!

Capitolo 6- che mondo di matti
- e se ti baciassi?-
Inevitabilmente, mi si mozzò il fiato, mentre il sangue affiorava abbondantemente sulle mie gote. Non sapevo cosa fosse a rendermi più nervosa tra la sua impossibile richiesta e il suo sguardo serio e convinto. Forse si parlava di pari meriti tra le due.
Adam si alzò lentamente, sporgendosi più verso il mio viso. I suoi occhi verdi erano più profondi del solito, due smeraldi luminosi, ed era piacevole perdersi in essi. Se fossi stata nelle mie piene facoltà mentali, se non m’avessero imbottita di farmaci, se non fossi stata ad un passo dal baciarlo, mi sarei insultata per il mio pensiero. Peccato non fossi lucida, in quel momento.
- sei così coraggioso da dettare la tua pena da solo? - feci, con una punta d ironia per mascherare il panico. Lui sorrise malizioso, più o meno a due centimetri dalle mie labbra. - non hai detto no. Chi tace acconsente - Arrossii ancora di più, sempre se fosse possibile. Deglutii a vuoto, con la gola secca e il cuore scalpitante nel petto.
- beh, il sarcasmo dovrebbe farti capire che sono restia... - alitai, incapace di usare un tono più alto di voce per mancanza d’aria. A quell’infima distanza, fu inevitabile sentire il suo invitante profumo. Non era dopobarba, no; doveva essere il suo profumo naturale, era troppo particolare e buono per essere fatto artificialmente. Sorrise appena, ma non più in modo malizioso. I suoi occhi ardevano, e s’alternavano dalle mie labbra ai miei occhi. La sua mano mi accarezzò una guancia, delicatamente, mentre le sue labbra si avvicinavano pericolosamente alle mie. Trattenni il respiro, attendendo quel momento. Stranamente, non vedevo l’ora che succedesse.
Lui è Brown, Natalie, ricorda la sua fama da puttaniere. Dopo questo bacio, si vanterà solo di aver baciato la ragazza che l’odiava di più al mondo.
La mia coscienza mi fece tornare più padrona di me stessa. Per mezzo secondo, solo per mezzo secondo, pensai di mandare a quel paese la mia vocina interiore e baciarlo. Per fortuna, ero una ragazza con sani principi morali, che sapeva ciò che voleva. Appena un istante prima che appoggiasse le labbra sulle mie, le mie mani andarono al suo petto e lo spinsero via. Lui mi guardò accigliato, quasi deluso. - perché? -
- perché per te un bacio non vuol dire ciò che per me vale. Io non sono una di quelle troie che ti vengono dietro, non sono un trofeo di cui puoi vantarti. - mormorai, abbassando lo sguardo sulle mie mani, ancora appoggiate a lui.
Mi guardò intensamente, a pochi centimetri ancora dal mio viso, indeciso su cosa dire. Quando finalmente stava per parlare, la porta della stanza si spalancò, e Kate fece il suo ingresso trionfalmente rumoroso. Adam s’allontanò immediatamente, risedendosi di scatto sulla sedia. Kate saltò sul mio letto, sorridendo allegra. - cosa stavate facendo, furbetti? - domandò, ridacchiando.
- niente, piccola! -
- Addy, sh! - zittì la piccola, per poi rivolgere l’attenzione esclusivamente alla sottoscritta. - Nat, ora come stai? - squittì poi, preoccupata. Le sorrisi dolcemente, accarezzandole i riccioli dorati.
- bene, ora. Stai tranquilla, potrò tornare ancora a casa tua per giocare. - Lei esultò, per poi ridere con me. In quel momento, scorsi un sorrisino sulle labbra di Adam, ma morì subito dopo.
Entrarono anche i coniugi Brown - e Bryan- nella stanza, per informarsi della mia salute, e si stupirono di trovare il figlio lì. Emma e Seth mi riempirono d'attenzioni e di domande, e io cercavo di convincerli che stessi bene. Kate intanto, mi continuava a raccontare delle sue innocenti avventure, mentre il fratello maggiore ci prendeva in giro dicendo che eravamo due pettegole. Adam se ne stava silenzioso in un angolo, e benché cercassi di non guardarlo, a volte l'occhiata scappava, e lo trovavo sempre ad osservarmi. Aveva un'espressione strana, seria, quasi malinconica.
Scossi la testa, scacciando il pensiero, e tornai a sorridere, per due pazzi accanto a me.
- Beh, è ora di andare... - Annunciò Seth, dopo aver guardato fugacemente l’orologio. Kate cominciò a lamentarsi, dicendo che erano stati troppo poco con me. Io, dal mio canto, ridevo allegramente.
- Eddai, ma’! Ancora cinque minuti! E’ da un secolo che non sto con lei! - si lagnò anche Bryan.
- per forza – constatai- sei sempre con Rose! - e giù altre risate, mentre lui arrossiva e metteva su un tenero broncio.
- forza, ciurma! - incitò la signora Brown, chinandosi su di me per darmi un bacio sulla fronte: - riprenditi presto, cara. Ti aspettiamo - fece amorevole. Annuii, poi tornò in posizione eretta e marciò fino alla porta.
- ciao piccola - salutò Bryan, appoggiandomi una mano sulla testa e scompigliandomi i capelli con fare dolce. La mia occhiataccia fu eloquente, e lui rise fragorosamente. Poi gli sorrisi, grata. - grazie di essere venuti. Mi ha fatto piacere. -
- ciao Nat!! - trillò Kate, sporgendosi per darmi un bacio sulla guancia. Io ridacchiai: - ciao patata. - dissi intenerita. Seth mi sorrise e mi augurò di rimettermi presto. La famiglia Brown uscì, tutti a parte uno. Mi fece il suo classico sorriso sghembo, quello malizioso e ammaliante al contempo. Poi se ne uscì, richiudendosi la porta alle spalle.
Certo che chi lo capiva, era davvero bravo.
Insomma, un momento prima mi guardava come un cagnolino bastonato in cerca di affetto; un momento dopo, ecco rispuntare quel cavolo di sorrisino. Mi faceva venire il mal di testa...
Portai il naso all’insù, con uno sbuffo, guardando il soffitto bianco di quella stanza d’ospedale. Ma in realtà non vedevo niente, troppo presa dal ricordo di pochi istanti prima, a quando Adam si era sporto per baciarmi. Come in quel momento, sentii il battito del mio cuore accelerare. Era incredibile che io desiderassi posare le mie labbra sulle sue.
Appoggiai una mano sulla fronte, frustrata. Non andava bene, così.
- Signorina Smith. - mi chiamò il medico, entrando nella stanza,- è ora di dimetterla. -
Annuii solo, incapace ancora di parlare. Se avessi tentato, mi sarebbe uscito un verso strozzato. Avevo ancora la gola secca, e tanto caldo. Probabilmente, ero arrossita.
...
Entrai in casa mia, e sospirai di sollievo.
La prima cosa che volevo fare, era lavarmi. Magari, mi sarei immersa nella vasca da bagno per rilassare i nervi, che in quel momento erano decisamente troppo tesi.
- Nat - Rose mi guardò attentamente - poi dobbiamo fare un discorsetto, io e te. -
Non risposi, e andai in bagno. Feci riempire la vasca con l’acqua calda, e con calma mi lavai. Rimasi una buona mezzora dentro, e mi servì davvero, per stemperare la tensione. Mi misi in pigiama, dopo essermi asciugata, poi andai in camera mia. Ad attendermi, c’era mia sorella, seduta sul mio letto. Mi guardava in modo strano, quasi crucciata. Picchiettò il mio materasso, come invito a raggiungerla. Mi avvicinai e mi accomodai sul letto a gambe incrociate.
- Natalie Smith, sii sincera con me: c’è qualcosa che non va –
- non è vero, Rose, è tutto okay- mentii.
- a me non sembra, sorellina: da quando sei rientrata, mi sembri una mummia. – sbottò, esasperata – e ti conosco abbastanza bene, da dire che mi stai mentendo. – Sospirai, alzando gli occhi al cielo. Ci fu qualche istante di silenzio, in cui trovai molto interessanti le mie mani. Poi decisi di essere quasi sincera con lei.
- hai ragione... Qualcosa c’è. Hai presente il tipo che mi ha tenuto la mano mentre ero all’ospedale? – Lei annuì, e io proseguii.
- ecco, vedi... Sembra che io a lui piaccia. Insiste con i messaggi, e mentre ero convalescente, si è dimostrato molto dolce. –
- e con ciò? Non vedo quale sia il problema. – fece, confusa.
- è il migliore amico di Adam – spiegai, con un’eloquente aria cupa. Un sorrisino spuntò sulle labbra di Rosalie, che mi scrutò attentamente, come a leggermi dentro.
- sei sicura che sia questo il problema? – inquisì, con una certa aria da ispettore di polizia. Metteva, esattamente come quell’individuo, soggezione. Gli occhi seri e attenti, le sopracciglia leggermente aggrottate; mi mancava solo la lampada puntata addosso.
Era la prima volta che ero imbarazzata, parlando con lei. Era la mia confidente, di solito, e provavo sollievo a sfogarmi. Quella volta no, invece. Era come se fosse una confessione troppo difficile, e non volevo renderla partecipe perché me ne vergognavo. Per questo motivo, mi scervellavo per trovare una scusa.
- Sì, non mi metterei mai con il suo migliore amico. -
- Non capisco perché tu ti faccia queste paranoie. Non è che, magari, non vuoi metterti con quel tipo, solo perché pensi darebbe fastidio a Adam? – farneticò, con aria vaga, gesticolando teatralmente. Mannaggia a mia sorella e al suo fiuto!
- Assolutamente! – sbottai, scioccata. – Ma ti si è fuso il cervello? –
- Be’, tutto può essere. – disse, come se fosse ovvio, - e poi, tu sei il tipo da inventarti scuse simili per non ammettere a te stessa la cosa più semplice – Si alzò, scompigliandomi i capelli, con un’aria soddisfatta.
- Prego? Non credo di aver ben capito –
- Oh, sorellina: sei più cieca di me... – borbottò tra sé, pensierosa, poi mi sorrise, - capirai col tempo, Nat. Ripassa bene, che domani hai scuola, eh! – raccomandò, scappando dalla mia stanza. A cos’è che l’avevo paragonata? A un sudoku? Be’, mi dovevo correggere; in confronto, quel gioco matematico era una bazzecola!
***
-Beota che non sei altro! Sei uno scarafaggio, una scoria tossica, un calzino sporco e puzzolente! Sei... una carogna putrescente! Ma cos’hai in quella zucca vuota, sterco di mucca? – Sbraitai con tutto il fiato che avevo in corpo. Indovinate a indirizzo di chi...?
- Prego? – Brown assunse un’aria confusa, falsa come Giuda, per giunta. Se non l’avesse piantata, uno schiaffo non gliel’avrei di sicuro risparmiato. – Cos’avrei fatto, adesso, per scatenare la tua furia? – domandò, esasperato.
Ma mi credeva un’idiota? – Togli quell’aria da finto tonto, bello, so che sei stato tu a incollare i libri e l’astuccio al banco. Ma dico io, il mezzo neurone che possedevi è morto di solitudine?! – ululai, trucidandolo con lo sguardo. Lo sospettavo io, che stava architettando una vendetta: ho sempre ragione. Era da tempo, che se ne stava buono buono, senza combinar nulla.
- Ma cosa cazzo stai dicendo? – Alzò la voce, - ti sei fumata qualcosa? -
A quel punto, pensai davvero di farlo fuori. Probabile mi uscisse del fumo dalle orecchie, tanto ero arrabbiata. Dovevo essere buffa agli occhi di quell’idiota; anche se continuava la sceneggiata da innocentino, sentivo che sotto quella facciata, stesse godendo come un matto. Mi prudevano le mani, dovevo spaccargli la faccia: ’ennesimo pugno, magari, avrebbe potuto far funzionare qualche rotella, nel suo microscopico encefalo. Ma forse pretendevo troppo, da quell’essere unicellulare che era.
Cercai di riprendere controllo di me stessa, respirando profondamente. Okay, questa volta mi sarei davvero iscritta ad un corso di yoga.
- Tu, razza di imbecille, ORA mi stacchi le cose dal banco, possibilmente senza rovinare nulla, e... –
- Cosa succede qui? – domandò Jim, rientrando in classe, nonostante le lezioni fossero già finite, - non arrivavate più, quindi ho pensato di controllare. –
- Niente di che, amico. – minimizzò Brown, - la Smith mi sbraita contro, come al solito. Solo che questa volta, IO NON C’ENTRO – mi sfidò con lo sguardo. Il resto della combriccola sghignazzava, alle sue spalle. Jim, però, non era dello stesso umore dei ragazzi. Marciò fino a me, ancora furente, e vide i segni evidenti dell’Attack sul tavolo, che incollava il quaderno di storia e il portapenne.
- ma dico io, siete rimbecilliti? – sibilò, guardando male gli amici. Loro in risposta strabuzzarono gli occhi, Adam per primo. – Vi sembra simpatico?-
- Jim, che ti prende? Pensi che sia colpa mia? Ripeto: non c’entro in questa pagliacciata! – fece Brown, accigliato. Jim mi guardò in modo strano, poi ritornò con l’attenzione al gruppo di fronte a noi. – Il primo che osa di nuovo fare qualche scherzo a Natalie, giuro, lo spezzo in due. – sillabò, minaccioso. Lo stupore era generale, e nella totalità ero compresa io.
- Jim – Adam lo guardò intensamente negli occhi, con una nota di rancore, - sei stato tu? – il ragazzo al mio fianco si lasciò scappare una risatina nervosa.
- no di certo – fece – non mi permetterei di farle qualcosa. -
Il gruppo di Adam sgattaiolò fuori dall’aula, e rimanemmo io, Mr Perversione e Jim. Quest’ultimo mi aveva davvero colpita, positivamente colpita. Non come l’altro, che con quella faccia da vittima, mi faceva solo più infuriare.
- Posso sapere solo una cosa? – domandò Adam, serio.
- tutto quello che vuoi –
- state insieme, ora?- Mi parve più un’accusa, che una curiosità. Gli occhi smeraldini di Adam, in quel momento, mi parvero più belli- sarà che l’aria da maturo gli conferiva fascino- e il verde dei suoi occhi era fuso nelle iridi, dandogli una luce diversa.
Jim mi guardò, e accennò appena un sorriso: - per il momento no, ma spero di avere una speranza – L’allusione mi fece rabbrividire. Non ero ancora psicologicamente pronta a scoprire che veramente quel tipo aveva un debole per me. Dovevo metabolizzare – o perlomeno provarci – il tutto, così il colpo non sarebbe stato così duro, in futuro.
- Bene, okay. – Adam girò sui tacchi, e cercando di esser disinvolto, camminò fino alla porta, per poi oltrepassarla. Mi chiesi perché s’interessasse tanto: cos’è, non voleva che il suo amico si mettesse con la ragazza che odiava? O non voleva che Jim gli rubasse il titolo da playboy completo, conquistando – se ci fosse riuscito- l’unica ragazza non cascata nel loro tranello? Be’, Adam ne era capace.
Jim si grattò la nuca, imbarazzato, poi analizzò la situazione del mio materiale. Alla fine, Brown non aveva pagato; se l’era svignata, quella testa di carciofo. Scossi la testa, con un sospiro, mentre Jim aveva già provveduto a staccarmi l’astuccio dal ripiano.
- purtroppo – esalò, mentre attentamente cercava di non rovinare ulteriormente il libro, - Penso rimarranno un po’ segnati. Magari l’astuccio, lavandolo, potrebbe tornare come nuovo. – Annuii, ma non mi concessi nulla di più. Questa situazione era tremendamente imbarazzante.
-Ah, Natalie, volevo dirti che.. sì, insomma, Ad non ti darà più fastidio, d’ora in poi. -
- grazie. – mormorai, mentre mi restituiva le cose. Le riposi nello zaino e richiusi la zip, mettendolo in spalla. Jim mi seguì, mentre uscivo dall’aula e percorrevo i corridoi ormai vuoti dell’edificio. Il silenzio era pesante, si sentiva solo il nostro ciabattare sul pavimento. Uscimmo dal liceo, e una ventata d’aria gelida m’investì, facendomi rabbrividire. Guardai il cielo scuro, fitto di nubi minacciose; che bello, stava per piovere. A quella prospettiva, m’imbronciai. Non vedevo l’ora che arrivasse la primavera.
Attraversai lo spiazzo del parcheggio, preparandomi ad un piacevole tragitto silenzioso. Invece, i passi di Jim continuavano dietro di me a trascinarsi. Di solito, come compagnia, avevo quella di Brown, il cui passo era più felpato di quello di Jim, e sicuramente meno fastidioso. Era snervante che Kim non alzasse i piedi, e che li strisciasse sull’asfalto rovinato. Fu un bravo accompagnatore, fin quando non aprì bocca.
- Allora..come va? – domandò, cercando di attaccar bottone.
- Divinamente. – borbottai, senza troppo entusiasmo.
- Chissà perché, ho la sensazione di non piacerti granché. – dedusse, con un sorriso.
- Oh, come sei acuto – Rise senza trattenersi, sguaiato, neanche avessi fatto quale battuta. Era una sensazione che permaneva, quel tipo non doveva essere molto a posto, lo sentivo. Anche se mi aveva aiutato con Brown, non era entrato ancora nelle mie grazie. Senza contare che aveva esplicitamente chiesto, per di più davanti all’amico, una chance da parte mia. Rabbrividii al pensiero.
- Davvero, Natalie, mi chiedo perché Adam ce l’abbia tanto con te. Forse... – lasciò la frase in sospeso, attirando la mia attenzione. La curiosità era il mio peggior difetto, e il mio punto debole, soprattutto.
- Forse? – incitai.
- Be’, sei simpatica e carina, – okay, sorvoliamo sul commento – questo magari lo mette in difficoltà. Adam odia mostrarsi debole. – uhm. Questa storia del mostrarsi debole e che io gli rendessi la vita difficile, mi piaceva più del dovuto. Non avevo mai pensato a questa possibilità, ma soppesando, Jim avrebbe potuto aver ragione. Avrebbe potuto.
- io non ne sono troppo sicura – pensai poi ad alta voce – magari, proprio non gli vado a genio. - Il che, era la cosa più probabile.
– comunque, smettiamola di parlare di lui; insomma, quel tipo è un discorso fisso. Basta. – feci, con una nota di esasperazione. Non esisteva solo lui, Brown non era il centro dell’universo.
- sembra che proprio non lo tolleri –
- è così. – Affermai. – Ma Jim, tu non mi sembri così mostruoso, non quanto quell’altro almeno. Non sei male, eppure continui a seguirlo come se fosse il boss. Perché lo fai? E.. cosa trovi, nell’imitare i suoi comportamenti irrispettosi, o menefreghisti, con le ragazze? –
Lui tentennò.
- Vedi, se non vuoi essere lo sfigato di turno, devi essere con Adam. Lui si crede il migliore perché è il più ricercato dal genere femminile, pensa di ottenere tutto ciò che vuole. Le ragazze facili fanno solo d’esempio, alla sua teoria.-
- Insomma, stai con lui per non essere preso in giro, e ti comporti da gigolo per...compiacerti, o per far vedere che anche tu, quello che vuoi, puoi? –
- Non lo so, veramente. Comunque, ormai siamo arrivati. Buona giornata, Natalie. A domani. – Jim prese la strada del ritorno, dopo avermi scortata fino al cancello di casa mia. Mi aveva lasciata con un enorme punto di domanda, ma con anche delle risposte.
Tutte le idee su Adam che mi ero fatta, comunque, rispecchiavano la descrizione di Jim, che era suo amico.
Non era una bella persona, e io che lo trovavo pure quasi simpatico!
Entrai in casa, dove mamma mi accolse con un gran sorriso.
Ricambiai il saluto, poi mi congedai in camera mia. Sul mio comodino, il cellulare suonava e vibrava, e mi catapultai per rispondere alla telefonata.
- pronto? –
-ciao Nat! – la voce di mia sorella Melanie mi giunse come un chiodo nel timpano, tanto era acuta.
- ciao, Mel! – nonostante tutto, ero felice di sentirla. Una volta tanto, capitava si ricordasse di avere una famiglia che teneva a lei.
- come stai? Ho sentito dell’incidente.. Sono stata molto in pena.
- oh, tutto bene, tranquilla. Sono una ragazza tosta! – esclamai, e ridacchiammo entrambi. – Paris com’è? – domandai poi.
- magica, come sempre. Devo ammettere, però, che casa mi manca. – commentò, con un po’ di malinconia che traspariva nella voce.
- a noi manchi tu.-
- Uffi, almeno non fossimo così distanti.. Nat, mica hai la webcam? –
- sì, perché? –
- Potremmo vederci, d’ora in avanti. Sono riuscita a comprarmi un pc con quella integrata, quindi siamo a posto!-
Ci raccontammo altre belle cose, chiacchierammo per una buona mezz’ora, a carico del mittente, ovvio, poi ci salutammo. La sera, avevamo programmato di sentirci e di vederci con la web.
Recuperai i libri dallo zaino, e seduta comodamente sul letto, con le cuffie dell’Ipod, feci con scrupolo gli esercizi di matematica. Passai poi alla relazione d’italiano, concludendo, infine, con la lezione di storia. Soddisfatta, decisi si mettermi un po’ al PC. Non ero informatissima, sui social network, nonostante ciò, ero iscritta a qualche sito per chattare – mi avevano convinta le mie amiche, nella speranza di non far fuori una ricarica del cellulare ogni giorno. Dicevo, comunque, che appunto mi ero scaricata MSN. Il classico, tutti i ragazzi l’avevano, o la maggior parte, perlomeno. Di contatti ne avevo sì e no dieci, tra qui quello delle mie sorelle – salvo viaggi a tempo indeterminato lontane da casa, come Mel, che però non era mai in linea-, le mie amiche, e qualche compagna di classe. La finestrella della chat si aprì, e scoprii, con enorme sorpresa, che si trattava di Jim.
Messaggiammo un po’, poi io staccai. Annunciai a mamma che uscivo, e mi diressi alla palestra più vicina a casa. Quando avevo detto del corso di yoga, non stavo scherzando. Volevo iscrivermi davvero, cimentarmi in un’attività che avrebbe pure giovato al mio carattere impulsivo. Entrai nel centro, e dalla scrivania di una specie di segreteria, potevo vedere le varie persone allenarsi in sport di vario genere. L’addetta alle iscrizioni, in quel momento non era presente, perciò ne approfittai per curiosare in giro. Tra tutte le persone, solo una mi era saltata all’occhio; Adam fendeva l’aria con pugni ben assestati, precisi, sicuramente letali. La sua espressione era concentrata, seria, i suoi occhi attenti, determinati. Calciò in avanti, ruotando il busto, e notai che indossava un kimono da karate. La cintura, addirittura, era blu. Chissà da quanto tempo lo praticava, questo sport, per essere a quel punto. A quanto ricordavo, c’era ancora la cintura marrone da conquistare, e poi la famosa nera, ovviamente.
In tutto il tempo che lo conoscevo – si fa per dire- non avevo mai scoperto che facesse karate. Di sicuro, mettersi contro di lui, non sarebbe stata una grande idea. A quel che pareva, era molto in gamba.
Adam smise di fare l’allenamento, e si spostò su un tappetino, di fronte a un altro ragazzo- cintura nera. Poteva essere il maestro. Fecero il solito gesto antecedente l’incontro,come saluto, poi esso cominciò. Il ragazzo era spietato, colpiva Adam senza farsi scrupoli. Lui bloccava i colpi, e a sua volta, attaccava. Era incredibilmente affascinante, il modo in cui lottavano; peccato che fossi qui per controllare la rabbia, e non sfogarla, altrimenti ci avrei fatto un pensierino.
- Signorina, le serve qualcosa? – mi voltai di scatto verso la segretaria, e arrossii, imbarazzata.
- sì, mi chiedevo se qui ci fosse un corso di yoga, dove potermi iscrivere. –
- è fortunata – sorrise estaticamente – il corso lo tengo io, comincerà la settimana prossima, martedì. Il primo incontro è gratis, una specie di prova. Se poi le piacerà, potrà iscriversi.- Annuii, sorridendo appena, e ringraziai. Uscii dalla palestra e corsi a casa, dove trovai Emma e mia madre parlare amabilmente. Salutai, poi chiesi di Kate, non vedendola. La bambina, a quel che sentii, frequentava un corso di danza classica, e ne era entusiasta. Al primo saggio che avrebbe fatto, io sarei stata in prima fila, a darle il mio sostegno. Stetti un po’ con le due madri, poi mi congedai in camera mia. I compiti li avevo finiti, perciò non avevo nessun dovere, e decisi di mettermi ancora al PC. Quando Msn si attivò, mi tolsi subito; non volevo altri impicci con Jim. Per quel giorno, gli avevo parlato fin troppo.
Quella sera, dopo cena, Melanie mantenne la parola. In video, notai quanto fosse cambiata, dall’ultima volta che ci eravamo viste. Superfluo dire che mia madre era assolutamente e fastidiosamente pendente dalle labbra di mia sorella. Ma la sua preferenza, comunque, emergeva sempre. Rose e io ci lanciammo un’occhiata complice, mentre mio padre sbadigliava sonoramente. Un’ora e mezzo al computer a parlare con Mel; be’, le uniche che ciarlavano erano la francesina e Emily. Mio papà si era limitato ad un ‘come va?’ all’inizio, poi era rimasto a far presenza accanto alla mamma. Ma dopo tutto quel tempo, anche lui ostentava la noia. Alla fine, fu Mel a riattaccare, e in tre sospirammo di sollievo. Mamma, invece, pareva insoddisfatta.
- oh, mi manca tanto..- lagnò, afflitta.
- manca anche a noi – cantilenammo io, Rose e papà all’unisono, con una leggera nota di esasperazione nel tono di voce. Mi rinchiusi in camera mia, e mi buttai sul letto, facendo sprofondare la testa nel cuscino. Sospirai, poi mi misi in pigiama e cercai di addormentarmi. Mi riusciva difficile, e mi ritrovai a rimuginare sulle parole di Jim.
Vedi, se non vuoi essere lo sfigato di turno, devi essere con Adam. Lui si crede il migliore perché è il più ricercato dal genere femminile, pensa di ottenere tutto ciò che vuole. Le ragazze facili fanno solo d’esempio, alla sua teoria.
Mi misi a pancia in su, guardando il soffitto nella penombra.
Magari, Adam si comportava male con me perché non ero una ‘facile’, al contrario delle mie compagne, e questo lo metteva in difficoltà. Il suo ego si smontava, quando gli tenevo testa? Bene, ne ero compiaciuta.
E chissà come si era sentito, quando l’avevo respinto. Ben gli stava, così imparava a trattarmi come una delle tante. Io non lo ero, e non lo sarei mai stata. A parte che Adam non sarebbe mai piaciuto alla sottoscritta, quindi cadere ai suoi piedi, era pressoché impossibile. Avevo sani principi, io; di sale in zucca, ne potevo anche vendere alle svergognate della mia scuola, che lo veneravano manco fosse un Dio. E questo, per altro, lo rendeva ancora più superbo.
Eppure, sotto sotto, avevo il dubbio di star sbagliando. Mi contraddicevo; una parte – microscopica- di me, nascosta nel profondo, diceva che Brown non era così male. Era quella Natalie che aveva visto Adam sorridere in modo diverso, quello che giocava amabilmente con la sorellina, che era stato gentile e premuroso. Ecco, sarebbe stato meglio non averlo mai visto, quel lato di lui.
Nell’arco di poco tempo, avevo cambiato troppo pareri, sul suo conto.
Prima, era stronzo, antipatico e subdolo;
poi, dolce, protettivo e un buon fratello;
eravamo passati poi alla fase quasi-simpatico ma approfittatore;
ed ora, ero giunta alla conclusione che non sapevo più cosa pensare di lui. Insomma, com’era veramente?
--
- forza ragazzi, consegnate. – annunciò la prof, mentre si alzava per ritirare i compiti. Mi stiracchiai, posando la penna sul banco, sospirando. Bene, pensai, è stato facile. Avevo studiato bene per quel test, e anche se anche la notte avevo dormito poco (causa pensieri molesti), ero sicura di aver fatto un buon lavoro. Appena la prof prese il mio foglio, l’ultimo di tutti in quanto ero finita in fondo alla classe, la campanella dell’intervallo suonò. Quando io e Kim ci alzammo, tutti i compagni erano già fuori. Una affianco all’altra uscimmo in corridoio, unendoci, a nostra volta, al chiacchiericcio piacevole che c’era per tutta la pausa. Kim smise improvvisamente di parlare, e il suo sguardo vagò verso l’alto. Confusa, mi voltai, trovandomi a pochissima distanza da Jim. Il ragazzo sorrideva raggiante. Stava diventando un po’ troppo stressante. Sembrava diventato la mia ombra; aveva smesso con i messaggi, ora pretendeva indurre una conversazione di persona.
- ciao Natalie – salutò, con un po’ troppa enfasi.
- Jim – risposi solo, al contrario con un po’ troppo di flemma.
- Come stai?- domandò, e quel sorriso entusiastico non accennava a scomparire.
- Come stavo ieri a quest’ora.-
- Oh, andiamo, perché sei sempre così distante? Non eravamo diventati amici?-
Amici...Uè, stai calmino, non esageriamo!
- E da quando?- eccole lì, Susan e Megan comparvero alle spalle di Jim, con un’aria sospettosa che la diceva lunga. – è una novità. –
- Da quando ho aiutato Natalie per un dispetto di Adam. – Le ragazze annuirono, assorte; Kim non mi sembrava convinta dall’affermazione di Jim.
Il ragazzo stette con noi tutto l’intervallo, cercando di attaccar bottone. Io, oltre che imbarazzata, ero pure scocciata. Le ragazze presenti continuavano a fissarci insistentemente, o meglio, ero vittima delle loro occhiate di fuoco. Be’, se gli sguardi potevano uccidere, potevo già dirmi nella tomba. In più, che faceva parte del mio funclub, c’era pure Brown, a insultarmi con il suo sguardo smeraldino. Fortuna che la campanella suonò, e rientrammo in classe. Purtroppo, avevo dimenticato una cosuccia, all’apparenza insignificante: c’era l’ora di ginnastica, e dovevo ammetterlo, avevo paura di entrare nello spogliatoio con quelle quattro galline con la luna storta.
- E così- esordì una tipa di nome Samantha, la ‘capa’ delle ochette, quando fummo dentro alla stanzetta, - tra te e Jim c’è del tenero? –
- Certo che no! – chiarii subito, allibita solo dal fatto che l’avesse pensato.
- Eppure, sembra molto preso da te – mio Dio, se ci arriva una come lei..
- Vuole essere mio amico; - chiarii, con un’alzata di spalle, - non ci sta riuscendo molto bene. – Le ochette scoppiarono a ridere, e Kim mi lanciò un’occhiata perplessa quanto era la mia faccia. Avevano qualche problema, quelle ragazze. E la loro mancanza mentale, spiegava anche il perché seguissero come pecore bacate quel rifiuto urbano. Nuovo soprannome, carino vero? In quei momenti, se pensavo a Brown, mi accoglieva l’infausta immagine della mia pattumiera. Non l’avevo mai notato, ma s’assomigliavano incredibilmente.
- Che avete da ridere? – domandò la mia amica, alzando un sopracciglio; era lo scetticismo fatta persona.
- E’ geneticamente – Oh my goodness, aveva pronunciato sul serio quella parola? Sacrebleu! – impossibile, che Jim Wilson sia AMICO con una ragazza. –
- Perché? – Altre risatine, che mi facevano venire il desiderio di prenderle a sberle. Razza di cretine.
- Perché lui è Jim Wilson. – ecco un’intelligentissima risposta, degna di essere ricordata nei libri di storia.
- Eh, sì, ora capisco tutto – feci, ironica. Il mio sarcasmo l’avrebbe intuito anche un bimbo di cinque anni ( Kate si destreggiava sapientemente, in quel campo ), eppure, loro annuirono, come se davvero quell’affermazione dicesse tutto.
- E poi, sinceramente, chi vorrebbe essere solo sua amica? Se non c’è Adam, Jim è il miglior partito. – E lì, le ragazze si buttarono a capofitto in una discussione su quanto bello fosse Mister Perversione, quel giorno. Ma io mi dicevo, diamine, era così tutti i giorni! Perché puntualmente, ogni santo momento, dovevano venerarlo, e soprattutto, in mia presenza? Non cambiava poi tanto, tra un minuto e l’altro!
Quelle ragazze erano una causa persa, ormai. I loro cervellini erano in pensione dall’età di tredici anni, quando per la prima volta avevano posato lo sguardo su un ragazzo. Quelle della mia città, in particolare, su UN ragazzo. Ovvero, il mio vicino di casa.
Scossi la testa, e non persi tempo a cambiarmi, seguita immediatamente da Kim. Fummo le prime, come sempre, a entrare in palestra. I ragazzi erano lì da un pezzo, e giocavano a calcio; come dubitarne.. Brown doveva essere un vero patito, di sport; insomma, praticava karate, ma era anche risaputo il suo talento negli sport con la palla, e la sua bravura nella corsa. Okay che era – dovevo ammetterlo- bravo, ma le ragazze ingrandivano il tutto in una maniera incomprensibilmente esagerata. Ma ormai, ai loro comportamenti superficiali, avevo fatto l’abitudine. Quello che ancora non avevo compreso, erano i cambiamenti di comportamento di Adam. Soffriva di personalità multipla, chissà. Dovevo domandarglielo.
- Smith, Brown, su, le squadre. – incitò l’insegnate.
Partii ovviamente io, chiamando Kim. Ero convinta che Adam scegliesse Jim, invece prese con sé un altro ragazzo della combriccola, con mio grande – anzi, immenso- stupore. Wilson, intanto, mi guardava con uno sguardo implorante, che parlava per sé. Okay, sapevo che me ne sarei pentita, ma lo nominai. Finita questa procedura, si giocò a palla prigioniera. Non mi impegnai troppo, e mi presero quasi subito. Mentre attraversavo il campo, Adam si parò davanti a me. Stavo per insultarlo, come al solito, quando notai che mi aveva salvata da una pallonata bestiale. Mi riservò uno sguardo veloce, poi corse fino al limitare dello spazio, e tirò, prendendo un altro mio compagno. Scossi la testa,cancellando in parte lo sbigottimento, ed entrai nella fantomatica prigione.
La mia squadra perse, e mi rammaricai solo per il fatto che avevo dato una soddisfazione a quell’emerito imbecille.
--
- Mamma, papà, ho deciso- i miei genitori si voltarono verso di me, distogliendo l’attenzione dalle loro riviste.
- Cosa, di grazia, tesoro? – domandò Emily, confusa.
- Mi iscrivo ad un corso di yoga - i miei scoppiarono a ridere, per la mia affermazione. Non mi sembrava poi così assurdo, né divertente. Ritornarono seri: - stai parlando sul serio? – domandò mio padre.
- Sì, comincia lunedì. Se mi piace, sarò la prima ad iscrivermi. Ne ho bisogno.-
- E perché mai?- insistette lui.
- Uno, devo imparare a controllarmi; due, ho sempre un sacco di tempo libero, in questo periodo, e potrei cimentarmi in qualcosa di costruttivo. – La spiegazione li lasciò perplessi, ma poi acconsentirono.
- Ah, - aggiunsi, - sono quaranta dollari per lezione! – informai, per poi scappare in camera mia. Ormai avevano acconsentito, e se si fossero rimangiati la parola, gliel’avrei rinfacciato a vita. Decisi di farmi una doccia, e perciò mi diressi in bagno. Accesi l’acqua calda, e mentre mi spogliavo, attesi che si scaldasse. Mi lavai con calma i capelli, facendo anche il trattamento con il balsamo. Finito di farmi la doccia, mi avvolsi nell’asciugamano e andai in camera mia. Estrassi l’intimo dal cassetto, lo indossai, poi constatai che nel mio armadio, non avevo nulla da mettere per quella sera. Perciò mi arrotolai ancora nel telo, e uscii dalla mia stanza per andare in salotto, per chiedere a mia madre dove fossero le cose stirate. Mi bloccai sulla soglia, però, arrossendo fino alle punte dei capelli.
- Sì, certo Emily, lo dirò a mamma. – L’ospite alzò lo sguardo dal ricettario che mia madre gli aveva passato, incontrandomi.
- Oh. – Adam avvampò a sua volta, e cercò di abbassare gli occhi, per non guardarmi.
- Natalie.. Tesoro, ti sembra il modo di presentarti?- mi sgridò mia madre, voltatasi a sua volta, vedendomi solo con quella salvietta addosso. Ma tanto ormai il danno era fatto, inutile scappare.
- Ad avere qualcosa da mettere.. –
- Guarda in camera mia – E detto ciò, filai via, ancora bordeaux. Ma che figure! Per la miseria, ora non dovevo più nemmeno girar così in casa mia, o rischiavo che si ripetessero certe situazioni. E io, di certo, non volevo un replay di questa gaffe. Un altro avvenimento da mettere nel cassetto delle cose da dimenticare seduta stante.
Scossi la testa, come a cancellare l’imbarazzo, e, in camera di mia madre, recuperai da un cesto un paio di jeans e una maglietta già stirati. Mi rivestii di fretta e furia, sperando che al mio ritorno, se ne fosse già andato. Mi presi la testa tra le mani, scuotendola ancora: - ma che figure vado a fare.. -
Quando tornai in salotto, per fortuna, Adam era già sparito.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. il mondo gira al contrario, o sbaglio? ***


Capitolo 7: il mondo gira al contrario, o sbaglio?
«Ciao mamma, ciao papà, io vado!» urlai dall’atrio, aprendo la porta d’ingresso per uscire. Mi strinsi nel giacchetto, rabbrividendo. Non faceva di certo caldo, quel giorno. Feci velocemente il vialetto di casa, e proseguii sul marciapiede in direzione della scuola.
«Natalie!»
Mi voltai di scatto, fermandomi dov’ero, impalata. Ma avrei dovuto scappare, e non rimanere come un’idiota lì. Jim era a pochi metri da me, sulla sua moto. Teneva il casco sottobraccio, e mi sorrideva. Sembrava mi stesse invitando a far qualcosa.
«Ciao Jim» salutai, pronta a rimettermi in cammino.
«Ti serve un passaggio?» okay, le apparenze non ingannavano proprio. Ecco cosa significavano quello sguardo e quel sorriso. Cercai di essere il più disinvolta possibile, nel rispondergli che non volevo creare disturbo.
«Ma no, figurati. »ribatté, sempre allegro.
«Sono senza casco» buttai lì, già certa di aver la vittoria in pugno e di potermi defilare. Ma, a sorpresa, Jim scese dalla moto e da sotto la sella tirò fuori un secondo casco. Ammiccò: «Per caso, ne ho due...»
Ma che caso e caso,‘sto pazzo aveva programmato tutto. Cominciavo a dargli l’appellativo di maniaco: per una cosa, una volta ogni tanto, preferivo Adam. Jim mi pedinava. Era preoccupante il modo in cui me lo trovavo di fronte ogni tre secondi e ovunque. Avevo il dubbio di qualche suo tarlo mentale, nei miei riguardi, e ne avevo paura. Molta paura.
«Andiamo, Nat.» pregò. Deglutii a vuoto: meglio assecondare i pazzi. Mi avvicinai a lui, sorridendo falsamente, e gli sfilai il casco dalle mani, per poi mettermelo. Lui sorrise tra sé, e partì a tutto gas verso il nostro liceo. Verso la metà del tragitto, superammo scenicamente Brown. Se ne stava con le mani nelle tasche dei jeans, e il cappuccio sulla testa; le cuffie dell’Ipod sbucavano da lì, e ricomparivano nelle tasche della larga felpa blu che indossava. Il suo sguardo pareva vuoto e inanimato, quando ci seguì con gli occhi. Scossi la testa, impercettibilmente per Jim, e chiusi gli occhi fin quando rallentammo. Eravamo già arrivati a scuola, nel parcheggio. Scesi dalla moto e restituii velocemente il casco a Wilson.
Sentivo tutti gli sguardi del cortile su di me. Be’, io, Natalie Smith, che arrivavo in sella alla moto di Jim Wilson, uno dei fighetti più popolari della scuola, secondo solo al suo migliore amico, Adam Brown, che per la cronaca, era il mio nemico per eccellenza, non era una scena che si vedeva spesso. No, decisamente. E non dovevano farci l’abitudine, perché NON sarebbe più riaccaduta una cosa del genere. Era uno di quegli avvenimenti che succedevano una volta nella vita. E bastava.
«Nat!» Kim mi corse in contro, con la faccia più sbalordita che le avessi mai visto, «Mi devi spiegare un paio di cosucce...» sibilò, trascinandomi verso l’ingresso dell’edificio per il braccio.
«Non c’è nulla da raccontare, mi ha solo dato un passaggio. Quel tipo ha qualche problema, e ho pensato che i pazzi bisognasse assecondarli, per non rimetterci noi.» Kimberly mi guardò stralunata.
«Anche tu non sei molto a cento, tesoro.» commentò, scuotendo la testa, esasperata. Arrivate davanti alle macchinette, comprò un pacchetto di patatine per l’intervallo. Di solito, con tutto il caos che c’era, riusciva a mangiare quando già la seconda campana suonava.
La campanella dell’inizio delle lezioni suonò, e la mandria di studenti passò dalla porta a vetri, sparpagliandosi nelle varie classi. Ed eccoli, i miei incubi personali.
Jim scherzava con il resto del gruppo, capeggiandolo. Adam, stranamente, se ne stava più indietro rispetto agli amici, sempre con le cuffie nelle orecchie e lo sguardo perso. Mi faceva quasi pena. Wilson mi fece un cenno con il capo, che ignorai. Gli Unni entrarono nell’aula, con passi degni di una mandria di bisonti e risate peggio di ubriachi. Poi passò Adam. Mi guardò per un istante, e i suoi occhi parvero tornare quelli di sempre, illuminati da un qualcosa di indecifrabile, poi saettò un lampo di delusione, e ancora la precedente tristezza. E entrò in classe.
Sospirai, amareggiata. Non sapevo perché mi sentissi così in colpa; io a lui non avevo fatto nulla. Anzi, era lui che mi aveva fatto arrabbiare con i suoi stupidi scherzi.
Io e Kim entrammo nell’aula, e andammo direttamente al nostro banco. «Nat?» mi chiamò la mia amica. Mi voltai verso di lei, guardandola confusa. «Si può sapere che ti prende in questo periodo?» domandò, con un tono preoccupato.
«Kim, io sto benissimo» risposi.
«A me non sembra. E’ da quando tua madre ti ha obbligato a pulire la scuola; sei cambiata. Insomma, di solito sei l’uragano Natalie, energica, forte, entusiasta! Ora sei fin troppo calma, Nat, e sei sempre tra le nuvole. Non dirmi che non c’e nulla, perché non ci credo.» Davvero ero cambiata? Io non me n’ero accorta.
«E non sono l’unica che lo dice» la mia amica si dovette interrompere con l’ingresso del professore.
«Buon giorno, ragazzi.» Il gruppo degli Unni non l’aveva nemmeno calcolato, e continuava a far rumore e schiamazzi. Il prof sbatté il registro sulla cattedra, e i presenti sussultarono; io compresa.
«Insomma, signori, un po’ di rispetto per i docenti! Signor Wilson, la smetta di fare baccano con i suoi compari! E lei, signor Brown, si tolga gli auricolari dalle orecchie!» Adam spense l’ipod e lo mise in tasca senza problemi, sotto lo sguardo sbalordito della classe. Di solito, lui era quello che faceva più casino di tutti, quello che dava più rogne ai prof, e che scatenava rivolte per saltare una lezione. Non passò un istante, che Jim e i suoi ricominciarono a parlare, incuranti delle altre urla del prof, che cercava di sovrastare il fastidioso chiacchiericcio.
«Ragazzi, smettetela!» esclamò Adam, lanciando un’occhiataccia ai vicini. Loro si voltarono a guardarlo, scettici. Matthew, un ragazzo della combriccola, non perse occasione a prenderlo in giro. Ovviamente, come pecore, il resto dei ragazzi gli fecero eco, intonando un coro di «sfigato!» indirizzato a Adam. Lui non sembrava curarsene; rimaneva con lo sguardo fisso alla cattedra, l’espressione neutra- o per meglio dire, vuota- attendendo che il professore dicesse qualcosa. Ma forse, il docente era troppo scioccato, per emettere sillaba.
Lui, il terrore dell’istituto, si era professato attento e pronto per cominciare la lezione. MAI successo in tre anni e mezzo. Mai.
Jim, che era il suo migliore amico, sembrava quasi godere della scena. E questa cosa mi stava facendo davvero ribollire il sangue per la rabbia.
Okay che Adam non mi stava simpatico, ma non mi piaceva questa sorta di ribellione dei suoi amici, che poi da tali non si comportavano. Che era successo, di tanto catastrofico, per far abdicare il re dei casinisti?
Wilson fu il primo ad accartocciare un pezzo di carta e a tirarglielo addosso. Beccò la spalla di Adam, poi la cartaccia finì a terra, sul pavimento. L’espressione di lui non era minimamente cambiata; sempre quell’aria fredda e indifferente.
«Signor Wilson!» tuonò l’insegnante, «smetta di dar fastidio al signor Brown, una volta tanto che sta zitto,e voi altri piantatela di ridere come dei cretini!»
«Rammollito: ecco cosa sei, Brown» disse Jim, ignorando le parole del prof. La sua frase mi lasciò un vuoto, nel petto, come se l’avessero detto a me le mie amiche. Mi mise tristezza.
Adam non se ne curò, invece. La sua risposta, quella sì, che mi tranquillizzò un po’:« Almeno io non sono un coglione bugiardo» la disse con nonchalance, come se stesse dicendo quello che aveva mangiato per colazione.
Il professore se la prese un po’. Era convinto che per giorno, Adam non sarebbe stato richiamato, invece dovette per forza ammonirlo di non usare più certi termini scurrili. Adam si strinse nelle spalle, e finalmente la classe era tornata un po’ più civile. Il prof riuscì a spiegare per ben venti minuti, poi i ragazzi ricominciarono a disturbare. Anche il docente s’era rassegnato, e, abbassato il capo, si mise a leggere da solo il libro. Istintivamente, voltai la testa verso il banco dietro al mio. Incrociai gli occhi di Adam per un nanosecondo, che mi destabilizzò a sufficienza. Aveva rimesso gli auricolari, e se ne fregava di tutto e di tutti.
..
La giornata passò- salvo la prima ora- in modo tranquillo. Jim e i suoi, fortunatamente, si erano dati una calmata, o avrei preso io dei provvedimenti, come quando intervenivo a difendere i miei diritti e quelli degli altri compagni (quelli seri), quando Adam faceva il bulletto. Era strano non sbraitare contro di lui; in un certo senso, mi mancava quella rivalità.
Era da tipo una settimana e mezza che era fin troppo calmo.
Quello, però, era il primo giorno in cui i suoi cosiddetti amici si comportavano così. Erano pappa e ciccia fino al giorno prima!
«Ci vediamo domani, Nat» mi salutò Kim, abbracciandomi velocemente, per poi scappare via di corsa. Scossi la testa, sorridendo divertita.
Sentii qualcosa di bagnato arrivarmi sul naso, e di conseguenza alzai lo sguardo al cielo. Stava cominciando a piovere, le gocce arrivavano sul terreno, lasciando un leggero alone, per poi asciugarsi quasi subito. Per fortuna, era leggera. Tirai su il cappuccio, e stretta nella felpa, m’incamminai verso il cancello per uscire. Jim mi passò accanto, e si fermò per un secondo.
«Passaggio?» domandò.
«No, grazie» feci, secca. In quel momento, proprio non lo potevo vedere. Mi stava troppo antipatico per quello che aveva fatto ad Adam. E questa, era la cosa più sciocca che potessi mai pensare di provare per Mr Perversione. Tenerezza e dispiacere: ma che mi prendeva, in questo periodo?!
«Sicura?»
«Certamente» Lui alzò gli occhi al cielo.
«Sta piovendo, ti bagnerai»
«Se non mi trattieni, vedrai che arrivo a casa asciutta» dissi, con una punta acida nel tono. Lui sbuffò, sembrava rassegnato. «Okay, come vuoi. A domani»
Non risposi, lasciai che partisse, per poter sospirare: pace, finalmente.
Cominciai, di nuovo, a camminare, in direzione di casa mia. Fin quando non scorsi Adam, qualche metro avanti a me, che proseguiva con il suo passo elegante e leggero. I capelli castani erano delicatamente scossi dal venticello. Non metteva il cappuccio, stranamente, nonostante provasse un amore incondizionato per i suoi capelli. Strano.
Guardarlo così, nuovamente mi fece provare tenerezza. Dio, stavo diventando melensa nei suoi confronti. Non mi piaceva questa cosa; per niente.
Spinta da non so quale istinto primordiale- dettato dalla mia parte ignorante ed irrazionale- corsi fino a lui, svelta.
«Come mai hai litigato con i tuoi amici?» domandai. Ma lui, niente. Non si girò nemmeno, continuò tranquillamente a camminare.
«Ehi!» sbottai, indignata, «Brown, parlo con te!» poi mi ricordai del suo onnipresente Ipod. Accelerai un po’, quel tanto per superarlo e trovarmelo faccia a faccia. Mi guardò per un secondo, alzando un sopracciglio. «Oh, ciao Smith»
Notai che, all’orecchio, aveva solo UN auricolare, perciò voleva dire che..«Ma tu mi potevi sentire!»
«Certo, non sono sordo» rispose. Strinsi i pugni, forte.
«Allora?»
«Allora che?»
«Perché hai litigato?»
«Non sono fatti tuoi» il broncio si disegnò direttamente sulle mie labbra ed eccolo, il vecchio Adam, e il suo sorrisino da infarto, malizioso e strafottente. Tornarono e scomparirono quasi nello stesso istante.
«Volevo solo essere gentile!» esclamai. Corsi via, innervosita. Che antipatico!
-
«Nat, santo cielo, sveglia! Sei in ritardo!» urlò mia madre, irrompendo nella mia stanza con la delicatezza di un bisonte. La sua voce squillante rimbombò nella camera, fino ai miei timpani.
Mugugnai qualcosa, infastidita. Che voleva, quella rompi scatole?
«Natalie!» ululò, «Guarda che mancano dieci minuti!» aprii gli occhi, e guardai la radiosveglia sul comodino. Mancavano esattamente dieci minuti- sul serio- alle 8. Scattai come una molla, e cominciai a prepararmi alla velocità della luce.
Scappai fuori di casa, raccattata la tracolla, e cominciai a correre verso il mio liceo: era certo che sarei arrivata in ritardo, la mia scuola distava almeno un quarto d’ora da casa mia, e avevo, più o meno, tre minuti. Ero fritta. Sentii un campanello suonare, e una bicicletta sostò accanto a me.
«Monta!» disse Adam, solamente. Non me lo feci ripetere due volte, e salii sul porta pacchi. Brown pedalò come un pazzo sino al cortile della scuola. Saltammo giù dalla bici, e lui lasciò andare la Graziella mezza scassata con poca grazia. Il cortile si era già svuotato, perciò la campanella era suonata. Quando entrammo, anzi, entrai in classe, il prof mi guardò stralunato.
«Alla buonora, signorina Smith»
«Scusi, scusi...!» esalai, sedendomi al posto accanto a Kim.
«Hai un diavolo per capello, tesoro» commentò lei, sottovoce. Cercai di sistemarli, poi tirai fuori di fretta il libro dalla borsa. «Ho avuto appena il tempo di vestirmi..Mi sono svegliata dieci minuti fa»
«Come hai fatto ad arrivare in così poco?» ma perché non le sfuggiva nulla?
In quel momento, in classe entrò anche Adam. Fortunatamente, mi aveva lasciato qualche minuto di stacco, per evitare che la gente pensasse che fossimo arrivati insieme.
Insieme... fino a qualche tempo fa, l’idea di doverlo ringraziare, mi repelleva. Oggi, non la pensavo allo stesso modo. Non avevo battuto ciglio, nel salire, come se fosse il mio migliore amico e non la persona che meno tolleravo nell’universo.
Adam si sedette al suo posto, mentre accennava uno ‘scusi’ all’insegnante, che si lamentò, farfugliando cose della serie “oggi è il giorno del ritardo”...
La lezione ricominciò. Mentre il prof spiegava come cercare il meteo su internet, mi arrivò un bigliettino sul banco da dietro. Voltai appena il capo, e vidi Jim sorridermi da due banchi più indietro. Peccato che fingessi di guardarlo. Difatti, stavo ammirando il viso di Brown in tutta la sua indifferente calma. Kim mi diede una gomitata, e mi voltai subito. Aprii il biglietto. Avrei tanto voluto me l’avesse mandato Adam, invece non poteva essere. E non avrebbe dovuto.
Come mai in ritardo? Tvb J.
Anche Kim lesse, e il suo sopracciglio migrò verso l’alto, facendole assumere un’aria scettica.
Risposi solo per farlo smettere: Non sono affari tuoi.
Mandai il biglietto indietro, facendo attenzione a non farmi beccare dall’insegnante, poi cominciai a pasticciare il mio quaderno degli appunti. Quella mattina non avevo proprio voglia di stare attenta e di seguire. La mia testa era fin troppo affollata di pensieri, per riempirla ancor più; la sentivo già scoppiare.
-
«Smith» alzai immediatamente il capo, presa in contropiede. Il professore, vedendo la mia espressione spaesata, chiarì:«Interrogata»
«No prof! Mi offro io.» Adam si alzò prima che potessi farlo io. Andò alla cattedra con tranquillità, e lo seguii con lo sguardo. Il prof annuì, un po’ stralunato. In questo periodo, Adam stava cambiando davvero.
Lo ringraziai mentalmente: avrei preso solo uno 0, se non si fosse proposto. Non avevo studiato nulla. Grazie al suo gesto- che sicuramente non aveva fatto per me, ma per se stesso- mi aveva risparmiato una figura pessima davanti alla classe e al prof.
Incominciò a esporre la lezione scioltamente, rivelando una padronanza di un linguaggio che mai gli avevo sentito usare. Beh, non si poteva dire che lui parlasse: più che altro, imprecava e sbraitava.
Lo guardavo, e man mano, prendevo coscienza di essere stregata dalla figura di Brown. Ma nonostante volessi distogliere l’attenzione, non ci riuscivo.
E ciò, mi faceva sorgere altre domande dalle risposte impossibili e sconosciute.
La campanella suonò, e il suo trillo acuto e trapanante mi fece sussultare. Sospirai, come esausta. Per fortuna, era l’ultima ora.
«Bene, molto bene Brown. Un 8 se lo merita tutto»
«Grazie»
Il docente sistemò la borsa, e uscì dall’aula tutto gongolante, probabilmente per il miglioramento di MP, senza nemmeno salutare. Due secondi dopo, tutti gli altri miei compagni, Kim compresa, avevano già percorso la metà del corridoio per arrivare alle porte a vetri. Io stavo ancora chiudendo l’astuccio.
Sentii un improvviso calore all’orecchio, e un soffio leggero mi accarezzò la guancia.
«Mi sono accorto che comportandomi come prima, non venivo a capo di nulla» Poi lo sentii spostarsi. Ero lì, imbambolata come una cretina, a fissare il vuoto. Un moto di curiosità mi fece sistemare fulmineamente le mie cose, e partii in quarta nella direzione che aveva preso lui. Mi affiancai a Adam, affannata e arrossata- un po’ per l’imbarazzo, un po’ per la corsa. «Da che cosa, non vai a capo?»
Sulle sue labbra spuntò un sorrisino obliquo, il suo famoso ghigno sghembo, quasi di scherno. Ma non rispose, e tranquillamente percorse il resto del corridoio, ignorandomi. Sbuffai, incrociando le braccia al petto. Dovevamo fare un tragitto insieme, e lui non si decideva a illuminarmi. I suoi grattacapi, in un certo senso divenivano anche i miei. Bello.
E..Sorpresa delle sorprese! All’esterno ci accolse un vero diluvio universale. Mi aspettavo di veder sbucare l’Arca con tutti gli animali, invece non c’era ancora. Ero già stufa di questo tempaccio.
Adam indossò il suo cappuccio, e s’avviò a passo spedito verso il centro del cortile, dove ancora la sua Graziella giaceva scompostamente. Ancora, sembrava che non esistessi.
Sbuffai. Non mi piaceva in generale essere ignorata, soprattutto da lui.
Beh, qualche tempo fa, avrei dato oro perché mi lasciasse in pace. Partii quasi in corsa: sarei arrivata a casa con un raffreddore. Adam diede un calcio alla sua bici, ed emise un verso rabbioso tra i denti. Gli avevano bucato le ruote. E non era difficile immaginare chi fosse stato...
Mi avrebbe raggiunto poco dopo, anche se ero più avanti. Solo quando arrivai davanti a casa, giunsi alla conclusione che non avevamo per niente fatto la strada insieme. Adam probabilmente si era fatto un giro sotto la pioggia.
Entrai, e immediatamente tolsi le scarpe. Ero totalmente fradicia. Le abbandonai sotto al calorifero caldo, e appesi il cappotto all’appendiabiti. Poi corsi in bagno. Mi spogliai, e mi lasciai accarezzare dal getto bollente dell’acqua, che mi riscaldò dalle punte dei capelli a quelle dei piedi.
Mi rivestii e asciugai i capelli con il phon, e poi indossai un altro paio di calze pelose per tenere caldi i piedi, che erano tornati subito gelati. Andai in salotto, che era silenzioso. In casa non c’era nessuno: mamma e papà erano al lavoro, Rose all’università, e sarebbero tornati più tardi. Insomma, avevo casa libera. Ma dato che ero una ragazza tranquilla, non avrei scatenato il finimondo. Mi sdraiai sul divano, con una cioccolata in una mano, e un libro nell’altra. Non avendo compiti, ed essendo il tempo orribile, l’unica cosa che mi andava di fare era rilassarmi.
La cosa più bella, era che l’angoscia da messaggi distava chilometri da me: il telefono era scarico, spento, e seppellito nel fondo del mio zaino. Chi mi conosceva bene, e solo quelle persone- come le mie amiche e parenti-, avevano il numero del telefono fisso. E se mi avessero dovuto cercare, avrebbero chiamato a quel numero, e non al mio cellulare. Gli scocciatori, alias Jim Wilson, non mi potevano rintracciare. Sorrisi tra me e me, mentre continuavo a leggere.
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«Quindi, per dopodomani, voglio una recensione del libro.», disse la professoressa di italiano. «Ah, giusto, dimenticavo: mi serve che facciate una ricerca, ma dato che correggere trenta temi non è un lavoro molto leggero, ho pensato di farvelo fare in coppia o in gruppi da tre.»
Nell’aula si diffuse un leggero borbottio, che palesava il disaccordo di noi studenti. Ma uffa, ci avevano già riempiti di compiti, ci mancava solo la ricerca!
«Zitti! Mi serve per il voto in pagella, che credete? Vi va bene se non vi faccio un test su grammatica!» La prof, dopo quelle parole, a cui la classe si era zittita, prese i suoi personali bigliettini da estrazione. Tutte le volte, ero finita con Kim, perciò ero pronta a scommettere che anche stavolta sarei finita con lei.
«Kimberly Stevenson, Julie Morris, Ben McDougal.» La mia bocca raggiunse la superficie verde del banco.
La prof proseguì: «Natalie Smith, Adam Brown, Jim Wilson.»
Per poco non svenni. No, cioè, era impossibile! Ero con i miei due incubi personali, che, per altro, ora si ammazzavano con lo sguardo. Mi voltai verso Kim, implorante:«Nu..Kim, fai qualcosa..FA QUALCOSA!» l’ultimo era stato un urlo strozzato e isterico, mentre la scuotevo per le spalle. La mia amica mi guardò con un’espressione preoccupata e spaventata:«tesoro, tu non stai bene..»
Presi tra le mani il suo viso, e piantai i suoi occhi nei miei:«..Sono con quei due..Certo che non sto bene! Sarà la mia condanna!»
«Nat, sei un po’ melodrammatica. Andiamo, è solo una ricerca.»
La campanella suonò, e tutti uscirono fuori per fare l’intervallo.
Jim arrivò al mio banco, con l’aria più gongolante che gli avessi mai visto.
«Ehi, Nat, siamo in gruppo insieme! Chissà, potremmo conoscerci ancora meglio!» mi fece l’occhiolino, lasciandomi esterrefatta e terrorizzata, poi uscì. Mi voltai verso Kim:«Mi spieghi come farò?!»
Si strinse nelle spalle, «E che ne so?»
«Non aiuti.»
La pausa finì troppo presto, e io non intendevo accettare quelle condizioni. Ma la prof era stata chiara: i gruppi rimanevano come erano usciti. Non si poteva discutere.
Ci avviammo nella palestra della scuola, ci cambiammo, e ci disponemmo davanti all’insegnante. Lui ci ordinò di cominciare a correre, e così, eseguimmo. Era la prova di resistenza, 12 minuti di corsa infernale. Dopo trenta secondi, io avevo già il fiatone. Kim mi parlava tranquillamente, da atleta quale era, io invece preferivo conservare l’aria. La mia lingua stava pulendo il pavimento, mi sentivo il fuoco nei polmoni, e le immancabili fitte mi tartassavano la milza. Ma, nel giro di un secondo, tutto sparì, sostituito dall’ansia. Il professore fischiò, precipitandosi verso di lui. La classe, io ovviamente compresa, si spostò a vedere. Il mio cuore si strinse in una morsa di dispiacere e quasi panico, come se quella a terra fosse la mia migliore amica. E non Adam.
«Ragazzi, un passo in dietro.» Il professore mandò un mio compagno a chiamare l’infermiera, che, aiutata dal docente, portò Adam in infermeria. La lezione era finita, praticamente. Il professore ci fece cambiare, perché il resto dell’ora si poteva definire buca.
«Natalie!» Emma e Seth corsero da me, affannati, con un cipiglio in volto. Mi trovavo, con Kim, in corridoio, a chiacchierare. «Cos’ha combinato stavolta?»
Non feci in tempo a discolparlo, per una volta, che il professore di ginnastica sbucò. «Signori, Adam è svenuto durante la mia ora. L’infermiera l’ha controllato, ha la febbre molto alta.» disse. Emma, da stupita, passò a preoccupata. I coniugi Brown seguirono il prof nella stanza, ma lasciarono la porta aperta. Poco dopo, ne riuscirono. Seth sosteneva un barcollante Adam, sciupato.
«Emma!» la chiamai. La madre di Adam si voltò. «Se vuoi, ti tengo io Kate, mentre portate a far visitare Adam..»
Lei annuì, sorridendomi grata:«Grazie Natalie...»
«Basta una telefonata. Il numero lo sapete» Annuì ancora, e seguì il marito e il figlio all’esterno.
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Buon giorno^^" Eccomi qui, dopo un bel po' di assenza XD No sul serio, scusatemi...
Solo che la scuola è davvero IMPOSSIBILE! >.< Troppi compiti, uffa!
Comunque, dato che è proprio una cosa veloce, vi chiedo scusa, di nuovo per il ritardo, ringrazio chi ha recensito( VI ADORO),
chi ha preferito e seguito!! Grazie infinite!!
Ora vado, un BACIO GRANDE!!! CIAU

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Capitolo 8
*** capitolo 8:magari la febbre gioca brutti scherzi ***


Bonsoir à tout le monde! Eccomi qui, con un nuovo capitolo!!
Questa volta ho anche fatto presto, cioè, sto migliorando U.U XD Comunque. Spero vi piaccia, e che non sia banale... Ho avuto un po' di problemi visto che... beh, è il primo POV Adam, e non volevo subito traketa track, capite? Okay, lasciate perdere i miei scleri mentali. Ripeto, spero vi piaccia e.. beh,
Buona lettura!

Capitolo 8- magari la febbre gioca brutti scherzi..
Maledetta febbre!
Da quando mi erano venuti a prendere, i miei si erano trasformati da ‘genitori insistenti e permanentemente incazzati con me’, a ‘genitori rompipalle, onnipresenti e soffocanti’.
Odiavo essere malato; mia madre mi obbligava a starmene sdraiato, immobile, seppellito sotto venti strati di coperte di lana. E rigorosamente con la tv spenta, e l’Ipod nella sua borsa, così non potevo recuperarlo. Per di più, aveva la malsana fissa per l’olio di fegato di merluzzo, e me lo imboccava tre volte al giorno. Non c’era cosa più ripugnante, puzzolente e schifosa di quella roba lì, eppure mia madre adorava somministrarlo a noi, poveri figlioli – e anche a papà. La cara Emma, quando si ammalava, si prendeva l’aspirina, e tornava come nuova. Ma noi no! Dovevamo prendere quella roba viscida, che rischiava solo di farci venire il voltastomaco, peggiorando il nostro stato.
Beh, il mio era difficile che peggiorasse; cazzo, più ammalato di così, non si poteva! Avevo la febbre a 39, stamattina, quando il medico me l’aveva misurata. Ha prescritto almeno un centinaio di medicine, quello stordito. Mi volevano drogare?!
Comunque, appena eravamo tornati, mamma mi aveva quasi portato di peso a letto. Stavo sudando manco fossi nel deserto, con quella montagna di coperte addosso, ma continuavo ad avere freddo lo stesso e a rabbrividire. Le orecchie mi fischiavano, ed era come se mi dessero delle martellate nella testa. Odioso.
E ancora più fastidiose erano state le prediche dei miei, perché l’altro giorno non ero tornato a casa subito dopo la scuola.
«Adam, cavolo, pioveva a dirotto, e hai voluto stare fuori: guarda ora come sei ridotto! Sei un’incosciente!»
Non avevo trovato scuse, e non era da me. Ma dai, non potevo dirle la verità. Che poi non era così particolare, semplicemente non era da me, sentire il bisogno di ‘schiarirmi le idee’. Anche perché io di solito non pensavo, agivo: ed avevo appunto capito che così, non sarei andato a capo di nulla. Quindi, era per questo motivo, che ora stavo cercando di mettere la testa a posto, a rimettere in fila le mie priorità e, soprattutto, a recuperare i voti a scuola. Perché, se io studiavo, e poi consegnavo in bianco, lo facevo solo per mantenere un’immagine. Un’immagine che ormai avevo venduto a quel bastardo di Wilson.
Allontanai il ricordo del mio ex migliore amico, che mi provocava solo rabbia e un disperato bisogno di andarlo a prendere a botte.
La porta della mia stanza si aprì:«Addy...!» bisbigliò Kate, facendo sbucare la testa nella stanza. La luce mi diede un po’ fastidio, dopotutto ero rimasto per non so quanto tempo nella penombra.
Ah, cosa ancora più odiosa, era il fatto che non mi potessi avvicinare alla mia nana. E a tutte le altre persone, in generale. Mi sentivo un alieno.
«Corri, prima che la mamma si accorge!» la incitai. Mia sorella si chiuse piano la porta alle spalle e si fiondò da me, arrampicandosi sulla montagna di lana.
«Come ‘tai?» domandò, preoccupata. Le sorrisi, per rassicurarla.
«Meglio, angioletto. Ma di sicuro non grazie al veleno!» Kate fece una smorfia disgustata. Tra noi, l’olio di fegato (ecc, ecc), lo chiamavamo così.
«Che ‘chifo, Addy! Ma quando giochi con me?» chiese, increspando la fronte, in un’espressione corrucciata. Ridacchiai:«Appena starò meglio, ovviamente molto presto.»
«Okay..Intanto gioco con Nat, allora!»
«Cosa?!» nello scattare avanti, un capogiro mi colpì. Mi riappoggiai al cuscino, piano. «Mi sostituisci, Kate? Non mi sembra giusto»
Lei mi diede un bacino sulla guancia, poi mi sorrise furba. «Tì che è giutto.» scese dal letto e saltellò alla porta: «ciao Addy! Gualisci pretto!» sorrisi, scuotendo la testa. Poi richiusi le palpebre, convinto che ormai, il via vai in camera mia fosse terminato. Ma mi ricredetti.
«Adam!» il sussurro urlato (?) di Bryan avrebbe potuto svegliare tutto il vicinato. E il mio cervello non ci mise molto a fare i suoi calcoli.
Vicinato=Famiglia Smith=Natalie= io rincretinito.
Scemo, scemo, scemo: perché dovevo sempre arrivare a pensare a lei? Porca di quella vacca, era stata la mia nemica per tanto tempo, il mio chiodo fisso per i dispetti, perché ora doveva essere il mio chiodo fisso per tutt’altri pensieri? Era insensato, stupido, e assolutamente insano. Uno spirito libertino come me, non poteva avere la testa intasata da una sola ragazza. Eppure, ero arrivato a litigare con il mio non-migliore-amico, e tutti gli altri ragazzi del mio gruppo, per lei. E, nonostante tutto, quella là era convinta che architettassi chissà quali scherzi da rivolgerle, mentre, invece, cercavo in ogni istante di proteggerla da eventuali attacchi dal resto della mia banda. Soprattutto, da parte di Jim. Non capivo a cosa volesse arrivare, e se realmente provava qualcosa per lei. Ma quasi sicuramente, era uno dei suoi sporchi giochetti. Dovevo stare in allerta.
«Come stai, fratello?» ero troppo stanco per rivolgergli un’occhiata e una risposta ironica, quindi mi limitai a lagnare un: «da schifo». Mio fratello ridacchiò piano, facendo vibrare le fondamenta della casa. Quel bestione sì, che era il mio migliore amico. Mi capiva, lo capivo. Semplicemente, avevamo un legame indissolubile. «Lo immaginavo. Sei stato proprio un demente a farti un giretto sotto l’acquazzone dell’altro giorno, Ad. Per niente furbo, davvero. Guarda come stai:sei una pezza...» Rantolai qualcosa di indefinito in risposta, che se avesse avuto un senso compiuto, sarebbe equivalso ad un ‘va a quel paese’. Tenevo gli occhi chiusi, per sentire meno il mal di testa e per riposare gli occhi. Avevo le palpebre che faticavano a stare su.
«Oh Santo, Adam. Non lamentarti. Io non sono mai stato così sventato, quando cominciavo a capire.» Mio fratello stava parlando da solo? No, perché io cominciavo a perdere il filo del discorso. «Cioè, no, beh.. forse lo sono stato, ma verso la fine! All’inizio mi sono beccato solo un raffreddore, non sono quasi andato in autocombustione!» Ecco, sì, il mio cervello era in autocombustione. Bravo fratello, tu si che sai cavarmi le parole di bocca.
«Bon, a che conclusione sei giunto?» socchiusi un occhio, e lo guardai stralunato. «Eh?»
«Scommetto che non hai seguito il mio brillante e intelligentissimo ragionamento.»
Scossi piano la testa.
«Già, non saresti tu se per una volta l’avessi fatto!» Bryan rise, poi si ricompose, «beh, dicevo, a cosa pensavi di così catastrofico per prenderti una broncopolmonite acuta, con tanto di mal di gola?»
«A niente» gracchiai. Avevo una voce rauca che faceva schifo, sembravo una vecchietta con in gola un gatto.
«Non ci credo nemmeno se mi paghi, Adam James Brown.»
Sbuffai, rigirandomi sotto la coperta. Lui lasciò perdere, finalmente.
«Okay, me lo dirai. Buon far-nulla.» E- alleluia- se ne andò. Ma quella mattina non avevo proprio pace. Già stavo da cani, in più, la gente sembrava divertirsi a rompermi le palle. Passò anche papà, che mi augurò una pronta guarigione, e infine anche mamma, che mi riempì di parole dolci e nomignoli assurdi che non usava- per fortuna- da quando avevo compiuto gli undici anni.
Dormii fino alle nove e mezza, come un ghiro. Poi mi arrivò un messaggio, e cercai di sfilare il braccio dalla coltre di coperte. Riuscii nell’ ardua impresa, e lessi. Il mittente era Jonathan, un ragazzo della mia ex-compagnia, che, nonostante gli altri mi avessero ‘buttato fuori’, ancora mi parlava come un tempo e mi riteneva un amico. Lui sì, che si poteva definire tale. Era un ragazzo semplice, che si era ritrovato con le persone sbagliate.
From Jona:Ciao Ad, come stai? Qui a scuola procede tutto più o meno tranquillamente, a parte le ragazze che si stanno organizzando per portarti un regalo a casa...-.-“ Beh, a parte due XD
Ovviamente, parlava della Smith e della Stevenson, per cui aveva un debole segreto. Ne ero a conoscenza solo io. Ma era troppo timido per farsi avanti, e si sa, la paura più brutta è quella di essere rifiutati e di far la figura dell’imbecille. Beh, a me non era mai capitata una situazione del genere. Anche perché prima non credevo nell’amore. Prima. Oddio, ora mi stavo facendo dei drammi mentali. Ora ci credevo, okay, ma non voleva dire che sapessi cosa significasse. Perché comunque sia, non mi ero mai innamorato seriamente.
Gli risposi una breve e concisa risposta, non avevo molta voglia di muovere le dita gelate sul touch. Era una brutta sensazione, faceva quasi male. Rimisi a posto il telefono, e imboscai le mani sotto le coperte. Certo che i miei potevano almeno accenderli, i caloriferi! (magari erano accesi, ed ero io che mi sentivo un polaretto, ma chi se ne fregava, fatto stava che avevo freddo!)
A pranzo, mamma mi lasciò il brodino di pollo da prendere. Lo guardai schifato, sembrava tutt’altro che brodo, come potevo essere sicuro che fosse di pollo? Magari c’era qualcos’altro di merluzzo.
«Adam, smettila, non è vomito, mangia»
«Lasciami almeno il dubbio.» risposi seccamente, agguantando il cucchiaio svogliatamente. Mamma alzò gli occhi a cielo. Portai molto (molto, molto) lentamente alla bocca quella roba lì. Se fossi morto, beh, sarei morto con dignità.
Dopo pranzo, mi ordinò ancora di andare a dormire. Detto fatto, ora mi trovavo di nuovo sotto l’Everest di lana. Probabilmente, la brodaglia misteriosa aveva effetti soporiferi, perché mi sentivo terribilmente stanco e assonnato. Mamma mi disse qualcosa, che non riuscii proprio ad afferrare. Il mondo dei sogni mi aveva accolto senza remore.
-
Mi stiracchiai un po’, mentre prendevo sempre più coscienza di me stesso. Era mattino? Poi ricordai. No, molto probabilmente era pomeriggio inoltrato, ero malato, e mi trovavo sotto venti chili di plaid. E cominciavo a sentire caldo. Solo che era un’impresa scoprirsi. Quindi lasciai perdere, e mi persi nei miei pensieri finché non mi venne sete. Purtroppo, era uno dei miei più grandi problemi: quando avevo sete, dovevo assolutamente bere. Non resistivo.
Decisi di andare a prendere qualcosa in cucina. Sempre se fossi riuscito a divincolarmi da quella matassa informe. Fu un’impresa, come mi aspettai, ma ce la feci. Arrancai, un po’ traballante, alla porta della mia stanza, e uscii. Mi appoggiai alla parete, e mi sostenni così fino all’altra porta che dava sul salotto. Lì, mi accolsero due risate cristalline. Quella di Kate, e quella di..
«Adam, cosa cacchio ci fai in piedi?»
Sorrisi: «non posso girare in casa mia?»
«Non puoi proprio girare, nelle tue condizioni.» Natalie incrociò le braccia al petto:«fila in camera tua»
Era seduta a terra con in braccio Kate, e molto probabilmente, prima che arrivassi, la stava pettinando. Infatti, mia sorella era davvero molto fashion, come diceva lei.
«Uno: ho sete; due: faccio quello che mi pare e piace»
«Addy, Nat ha ragione!»
Alzai un sopracciglio, scettico, e indicai mia sorella, poi Natalie: «Traditrice, sei dalla sua parte?»
«La mamma ha detto che devi liposale.» fece saccente.
Alzai le spalle, e proseguii il mio tragitto, fermandomi ogni due passi per evitare di fare figuracce imbarazzanti di fronte a Lei. Meglio camminare come uno scemo, che ritrovarmi gambe all’aria. Chi va piano, va sano e va lontano..
Arriva in cucina, tirai fuori un bicchiere, e aprii il frigorifero. Estrassi una bottiglia d’acqua fresca, svitai il tappo, e feci il gesto per vuotarla nel bicchiere. Ma improvvisamente, mi ritrovai a tenere l’aria.
«No, no, niente acqua fredda! Starai male, e oltre alla febbre, avrai la caghetta.» Mi trattenni dal ridere, mantenendo un’aria sicura di me.
«Sei peggio di mia madre»
«Sono solo responsabile, cosa che tu non sei..» mi riprese bonariamente, appoggiando la bottiglia e il bicchiere sul tavolo della stanza.
«Perché tutti me lo ripetono?» feci, retorico, trovando ridicola la mia voce nasale e gracchiante.
«Perché magari è così?»
Ci guardammo negli occhi, sfidandoci, per un tempo indefinito. Ma che mi parve fin troppo breve. Assunse un’aria furba, di una persona che si credeva più grande e matura di quanto in realtà fosse davvero.
«Andiamo, dai, torna a letto..Dobbiamo fare una ricerca noi, tra qualche giorno, e non ho intenzione di star da sola con il tuo amichetto, e soprattutto di lavorare solo io!» stette in silenzio per qualche istante, poi riprese, appoggiandosi al tavolo con la schiena.
«A proposito..non mi hai ancora detto chiaramente il perché hai litigato» Eccola. Era davvero una curiosa, quella ragazza. Ma dopotutto, chi non lo era? Io mi mangiavo le mani, quando sapevo che Jim combinava qualcosa con lei, ma non sapevo bene che intenzioni avesse. Ero un continuo trovare argomenti, per poi sbucare su quello. Era snervante non sapere.
Nonostante tutto, non potevo rivelarle tutta la verità: ma forse mezza sì.
«Perché Jim è un vero coglione. E io ho capito che comportandomi da qualcuno che non sono, non concludevo, in generale, nulla. Dalla scuola, a..beh, tutto. Ho capito che i veri amici non si comportano come si comporta lui, sono arrivato alla conclusione che un’amicizia non si può basare sul nulla, su un rapporto dato dalla – mimai le virgolette- popolarità.» Sì, poteva andare. Era vera, tutta, solo un po’ tagliuzzata qua e là. Avevo omesso alcune motivazioni, ma mai le avrei esposte. A nessuno. Avevo quasi sbagliato, a confidarmi con Jim, ma per fortuna mi ero trattenuto.
«Quindi il vecchio e stronzo Adam Brown è..morto?» mi scrutò con i suoi stupendi occhioni, e cercai di trattenere il sorriso, che sarebbe stato più largo del dovuto.
«Sì.» la mia voce rimbombò nella mia stessa testa, dandomi fastidio.
Ero indeciso se rivelarle che, all’inizio, ero stato un po’ di parte con lei...Mia madre, quando avevamo combinato il casino in mensa, mi aveva confiscato il motorino. Aveva detto che, se io e Natalie non fossimo andati d’accordo, non me l’avrebbe ridato. Perciò, mi ero impegnato a ignorarla, a comportarmi gentilmente con lei nei casi necessari, per tutto il periodo di ‘tregua’ che c’era stato. Mamma allora me l’aveva restituito. Solo che un po’ mi sentivo in colpa nei suoi confronti, quelli di Smith, ed era per questo motivo che usavo spesso e volentieri la Graziella e non la moto.
Ed ero proprio un cretino..perché mi ero incastrato da solo. Alla fine, mi ero ritrovato a fingere di fingere. Non mi trovavo più così male, con Natalie, anzi. Dovevo sforzarmi di fare l’odioso, perché mi riusciva difficile con lei esserlo normalmente.
Mi aveva fatto male, poi, quando mi aveva accusato di averle incollato il materiale sul banco. Ma su questo, ancora non voleva proprio credermi. Peccato che non sapeva, altrimenti anche lei avrebbe detto che ero innocente.
Quella faccia da culo di Jim, aveva organizzato tutto apposta per farsi notare da lei, per farmi incolpare. E questo mi dava molto fastidio.
«Allora...Piacere, Natalie Smith» la guardai confuso, mentre mi porgeva la mano. Già avevo la testa che era abbastanza dolorante e annebbiata, se poi lei faceva così, andava veramente in pappa il mio cervello!
Sorrise, «beh, abbiamo cominciato col piede sbagliato..quindi direi di ricominciare.» La cosa mi rese quasi euforico. Ma non dovevo dimostrarmi troppo felice, cacchio, un po’ di contegno!
«Beh, dopo quasi diciassette anni di liti, eccoci qui, a ‘ricominciare’.. meglio tardi che mai, no?» le afferrai la mano, sorridendole. «Adam James Brown.» Cercai di ignorare il formicolio che punzecchiava il punto dove le nostre mani si erano toccate, come una serie di scosse elettriche, abbastanza destabilizzanti.
Natalie mi sorrise furba:«Bene, ora fila in camera tua. Sei stato alzato fin troppo»
«Neanche per sogno!» il mio mezzo urlo mi diede l’impressione che mi scoppiassero le tempie.
«Adam, muoviti. Se tua mamma poi lo scopre, si arrabbia»
«Non lo viene a sapere, se tu non fai la spia» insistetti. Non mi aveva lasciato in piedi nemmeno per mezz’ora, e, con lei qui, sinceramente, la voglia di tornarmene di là, solo, come seppellito sotto una ventina di pecore, non mi allettava proprio.
«Brown, sei un bambino viziato!» sbottò.
«E tu sei petulante come mia madre» ribattei, «quando prendo un brutto voto».
«Beh, anche mia mamma sarebbe così se portassi ad ogni verifica un due a casa, ma non farmi cambiare discorso! Se peggiori, io come faccio?»
Vero, come faceva? Da sola con Wilson, no, non ci poteva stare. Però non avevo voglia, ora, di andare a dormire. O comunque a fare un tubo in solitudine. Mi annoiavo terribilmente.
Alzai gli occhi al cielo: «Sopravvivrai.» feci, esasperato.
«Dai, dai, dai!»
«Sono quasi adulto, decido io cosa fare!» A quel punto, le orecchie di Natalie parvero fumare, mentre le sue guance si coloravano di un adorabile rosso pomodoro.
«No, ora tu mi ascolti. » mi puntò il dito al petto, e lo punzecchiò, «E vai a letto: immediately .» ordinò Natalie, con un’aria da dittatrice che faceva impallidire anche un lottatore di sumo.
«Noo» feci, lamentoso, ignorando la sua espressione da serial killer. Ne avevo viste di peggiori, di sue occhiate assassine. Quella non era così terrificante.
«Sì» Okay, un po’ lo era. Senza contare che, in caso di rissa, avrei perso. Lei era già una bestia ( avevo ancora ben vivo in testa quel destro micidiale che mi aveva sferrato quando le avevo appiccicato la cicca in testa) di per sé, in più, io ero mezzo malato e senza forze. Magari avrebbe avuto pietà.
«Piaga» «Testone» «Dittatrice» «Cafone» «Soffocante» «Odioso»
«Non demordi mai?» feci, pungente.
«Mai.»
«Addy, Nat, cosa ‘tate facendo?» Kate sbucò nella stanza, interrompendo la nostra discussione. Dondolò fino a noi, curiosa. Gli occhioni verdi e grandi ci scrutavano attenti e vispi. Natalie si chinò e la prese in braccio, baciandole una guancia. Erano proprio una bella coppia. Due teste davvero calde.
«Io e Adam cerchiamo di andare d’accordo»
Kate si aprì nel sorriso più grande che le avessi mai visto; le occupava più della metà della faccia. «Si, che bello‼‼» lanciò i pugnetti in alto, facendo ridere me e la mia nuova quasi-amica.
«Ora non litigate più?»
Io e Natalie ci guardammo negli occhi, e capimmo al volo. No, era impossibile che non litigassimo. L’avevamo nel DNA, era una cosa naturale. Ma mi piaceva così.
«Cercheremo di non farlo più.» fu la sua intelligente risposta. Mi sorrise, mentre le guance assumevano un leggero tono rossastro, che le conferiva un’aria davvero tenera.
.
«Alla fine, ci sei riuscita a mettermi a letto. Tra te e mia sorella, non so chi è più testardo. »
Rise apertamente, e un suono cristallino riecheggiò nella stanza. Non mi dava fastidio quel suono, a differenza di qualsiasi altro rumore (anche il passo di una formica mi avrebbe trapanato il timpano) . Scemo, mi dissi. A volte, facevo dei pensieri davvero da idiota. Ma sicuramente era colpa della febbre, non c’era altra spiegazione.
--
Oh, finalmente potevo andare a scuola!
Era passata una settimana, e mi ero completamente ripreso. Fisicamente. Mentalmente, non lo ero proprio. Non ero sicuro che quello avvenuto con Natalie fosse vero, o se era stato tutto un film mentale dovuto alla febbre alta. Tutto poteva darsi.
Quindi, quella mattina ero andato a scuola a piedi, molto lentamente, sperando di vederla sbucare salutandomi, o al contrario, ignorandomi bellamente. Invece, no. Non l’avevo incrociata, e avevo quell’enorme dubbio nella mente e nel petto. Caspius, era snervante.
Arrivai a scuola, e l’immancabile entusiasmo delle quattro galline del mio liceo si fece sentire. Ma io non le guardai, e analizzai da cima a fondo il cortile della scuola, localizzandola solo alla fine. Mi guardava sorridente, e non con la solita espressione incazzata. No, non era stato un sogno. Perciò, sorridente (veramente di buonumore) m’incamminai verso di lei e le sue amiche.
«Bonjour più-o-meno-amica!» esclamai allegramente. Le sue amiche per poco non svennero dalla sorpresa.
«Buongiorno quasi-amico!» rispose lei, rivolgendomi uno dei più bei sorrisi che le avessi mai visto fare, divertita. Poi girai i tacchi, e entrai nell’edificio, consapevole che ci saremmo visti tutta la mattina, più il pomeriggio per la ricerca. L’unica cosa non positiva, era il fatto che si sarebbe stato un terzo incomodo con noi. O forse, avrei indagato un po’ su quello che Wilson voleva fare con Natalie. Chissà.

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Capitolo 9
*** Il passato ritorna ***


...'l'autrice, quatta quatta, entra in scena'.
Mh. Già, sono viva...^ ^" Dopo tutto questo tempo, ho la faccia tosta di postare.. Vi chiedo immensamente scusa per il ritardo!
Spero solo che qualcuno si ricordi di questa storia, ahimè, è davvero tantissimo che non aggiorno. Sono mortificata u.u" Purtroppo, per tutto questo tempo l'ispirazione è andata in vacanza, e il mio cervellino non è così in gamba...-.- Beh, spero che almeno questo rientro in carreggiata sia decente, anche perchè a me non dispiace troppo come capitolo questo.
Bene, io chiedo solo di essere clementi... :)
Buona lettura.
Capitolo 9- Il passato ritorna

­«Cara amica mia, mi devi spiegare un paio di cose...-
Così esordì Kim, al mio fianco, che seguiva con lo sguardo Adam. Stava entrando a scuola, camminando col suo passo flessuoso e silenzioso, le mani nelle tasche, il cappuccio alzato.
Balbettai qualcosa come risposta, mentre i muscoli facciali mi tiravano le labbra in un sorriso. La mia migliore amica mi analizzò per bene, un sopracciglio alzato ad aggiungere un tocco all'espressione sospettosa alla Holmes. Quell'aria sgonfiò la mia euforia, e tornai la Natalie Smith composta nei momenti tragici. E questo lo era: stavo per dire alla mia Kim che io e Adam eravamo in tregua, dopo anni in cui la obbligavo a odiarlo con me, a non nominare il suo nome, a non vaneggiare sulla sua bellezza.
-Su, sputa il rospo.
Presi un bel respiro. Ma sì, Kimberly mi aveva esortato da sempre a gettare l'ascia di guerra, da brava pacifista, quindi l'avrebbe presa più che bene. Non avevo mica ucciso qualcuno! -Stiamo cercando, come avrai intuito da te, di essere amici.- risposi. La voce mi uscì più fievole di quello che volessi. Volevo dirlo con voce ferma, decisa, solenne, invece era uscito un miagolio sofferente.
Kim rovesciò la testa all'indietro, esplodendo in una risata rumorosa. Rimasi a fissarla male fin quando non si accorse che io non scherzavo affatto. -Oddio: Nat, ma sei sicura di stare bene?- domandò, poggiandomi una mano sulla fronte.
-Quando abbiamo chiarito, era lui ad aver la febbre, non io..Infatti avevo paura che fosse stata l'influenza a farlo uscire di senno. E oggi mi ha dato la certezza che davvero lui vuole far pace.- raccontai, spostando con un secco colpo la sua mano dalla mia fronte.
La mia amica s'accigliò. -Posso dire di essere piuttosto scettica riguardo questa ambigua situazione.- incrociò le braccia al petto, imbronciata. -Terrò d'occhio il tuo presunto amico, non vorrei che ti facesse soffrire.
Alzai gli occhi al cielo: -Non mi farà del male.- dissi sicura, -Altrimenti gli do una bella lezione!
Kim era ancora molto incerta sul fidarsi o meno. -Lo spero per lui. Soprattutto, spero non capiti di nuovo.- borbottò tra sè l'ultima parte, ma io la sentii, e il mio stomaco si contrasse dolorosamente. Non lo volevo nemmeno io, sinceramente. Ma mi ripresi immediatamente: con Adam non era la stessa cosa. Con Adam sarei stata amica, nel caso contrario, sarebbe scoppiata di nuovo la guerra come un tempo. Non ne ero innamorata.
Semplicemente, Adam non era Rick.
Scossi la testa, cercando di togliere quell’idea dalla testa, e seguendo la mia amica all’interno dell’edificio. Kim continuava a lanciarmi occhiate furtive, borbottando cose senza senso tra sé. O almeno, a me non sembravano troppo coerenti.
Tempo fa, probabilmente anche io avrei reagito così.
Tempo fa, sarei morta dal ridere, per una tale assurdità.
Tempo fa, piuttosto mi sarei tagliata le vene con un foglio di carta, che essere amica di Brown. Ma adesso era tutto cambiato.
-Oh fly..-borbottò Kim, stravaccandosi sulla sedia. –Prevedo scintille..
In quel momento, cominciai a sentire la schiena pizzicare. Ieri, quando avevo chiarito la situazione con Brown, non avevo contato i fulmini e le saette che mi avrebbero lanciato le ragazze della mia scuola. Adesso che me ne ricordavo, sapevo per certo che erano le loro occhiate omicida che punzecchiavano la mia schiena nel diperato tentativo di perforarmi.
Muhuhu, per loro sfortuna, mi sentivo totalmente immune. Ero troppo allegra.
Poi, non capivo questa malizia contro di me. Mica stavo insieme a lui! Potevano giocarci quando e come volevano, l’importante era che lui non mi usasse come diario segreto, raccontandomi le sue avventure. Quello no, assolutamente!
-Ehi, Smith- Wilson si avvicinò al nostro banco. Non sembrava molto allegro stamattina: che fosse per l’entrata di Adam? Bah. –Per la ricerca, come facciamo?
-Possiamo trovarci a casa mia, oggi pomeriggio. Prima cominciamo, prima finiamo.- dissi, stringendomi nelle spalle. Via il dente, via il dolore, piuttosto. Jim annuì, e proseguì verso il suo posto. –Wow, non vedi l’ora di suicidarti, vero?-commentò Kim, con un sorrisino di scherno. Inutile dire che fino all’ultimo avevo supplicato la prof per cambiare coppie, ma nulla. Pensavo che il suo ‘no’ dell’altra volta fosse stato perché si era alzata dalla parte sbagliata del letto, ma purtroppo, era irremovibile.
Presi a ciarlare con Kim, cercando di non pensare alla mia fine, sempre più vicina, fin quando un sedere non si appoggiò al mio banco. Alzai la testa fino a guardare in faccia l’usurpatore di tavoli, con un’espressione impassibile.
-Scusa?- feci, con una punta acida, -puoi togliere le tue chiappe dal mio banco?- Adam sorrise innocentemente.
-Non posso?- chiese, con un’espressione da tonto, o forse era un’aria da cucciolo contrito uscita male. O un mix di entrambe, che sul suo viso –che d’innocente non aveva mai avuto niente, nemmeno quando era nato- non faceva effetto.
-No.-
Lui si sistemò meglio, spostando anche il mio libro di algebra, e sorrise sornione, strizzando gli occhi e tirando le labbra in un modo impressionante.
Alzai gli occhi al cielo, dandogli un colpo con l’astuccio sul braccio.
Non si scompose, continuava a insistere con quel sorriso idiota, stanziando comodamente sul mio banco.
-Adam.- Stavamo provando ad essere amici. Io volevo tentare. Ma se lo ammazzavo di botte prima, la cosa non sarebbe mai entrata in porto, per la miseria! –Scendi- ordinai, perentoria. Il mio sguardo non ammetteva repliche, sicuramente, ma non gli faceva un baffo. Già, chi ero io per intimorire Adam Brown, il re dei pavidi- o degli arroganti?
-No- si dondolò come un bambino, ora sorridendo divertito. Almeno non aveva più l’espressione da pugni di prima.
-Ora!
-No, mia cara Smith.- fece, con un tono gioviale.
-Ora.- ripetei, con voce più pacata. Non per questo, risultavo meno incazzata.
-No.
-Adam.- lo ripresi l’ennesima volta. Stava diventando stressante, oltre che fastidioso e bambinesco. Ma che dico! Lui è sempre stato un immaturo.
-Natalie- ripetè. Mi stava pigliando per il culo?
-Scendi, immediatamente, ora, now- chiusi gli occhi, inspirando piano. Non dovevo buttarlo giù con un calcio. Non. Dovevo.
Sentii qualcosa di caldo sul mio viso, vicino all’orecchio. –No- Alitò, le labbra sfioravano la pelle.
Ora: perché ero a due millimetri scarsi dalle sue labbra? Come eravamo arrivati a questa situazione a dir poco imbarazzante?
I polmoni cominciarono a dolere, e mi accorsi di aver smesso di respirare. E avevo caldo. Molto, molto caldo. Le mie guance erano in fiamme, ovviamente.
Sentii Kim schiarirsi la gola, e mi allontanai di scatto, guardandola subito. Aveva gli occhi sgranati, spalancati all’inverosimile. Sembrava uno di quegli anime, quando il protagonista sclerava.
E non era l’unica. L’intera classe si era ammutolita, e si era fermata per guardarci. Sentivo di nuovo le frecciatine delle ragazze sulla pelle. Ahi.
Ah. Per inciso: il professore era entrato in classe, e ci guardava a sua volta stralunato. Si ricompose, riprendendo l’aria austera e severa.
-Brown..- Non servirono altre parole, per farlo smuovere dalla posizione. Adam si alzò velocemente dal mio banco- finalmente-e si accomodò due postazioni dietro alla mia.
Sentivo il cuore battere ancora veloce e martellante.
Era per l’imbarazzio. Solo per l’imbarazzo.
-Ah, la tregua consinste in questo?- mi sibilò all’orecchio Kim.
La guardai allarmata: -ma sei matta?- Era assurdo che l’avesse pensato. –Vogliamo tentare di essere amici, nulla di più...-
La mia amica fece una faccia scettica. –Sarà..ma due amici non si trovano a un millimetro dal baciarsi.-
Già.
-E guai a te se versi solo una lacrima per colpa sua.-
**
-Ehi, sorellina, perché così agitata?- chiese Rosalie, notando che ero solo leggermente fuori di me. Innanzitutto, non avevo ancora sfogato il momento di pa-panico di stamattina. In secondo luogo, avevo la casa che era un vero disastro, e tra meno di mezzora sarebbero arrivati Adam –e bastava che attraversasse la strada- e Jim. Per altro, quella sfaticata di mia sorella non si degnava nemmeno di alzare un dito per aiutarmi a sistemare quel caos che- per metà- aveva scatenato lei.
-Ehi, sorellina, perché non alzi il didietro e non mi dai una zampa?-feci il verso, lanciandole un’occhiata truce. Sbuffò, alzandosi. –Ma non ho capito il tuo nervosismo isterico.- borbottò, mettendosi al lavoro.
-Tu stai con Bryan, vero?- incalzai immediatamente.
-Sì, tra dieci minuti dovrebbe venire qui.-
-Ma state fuori?- chiesi subito dopo.
Mia sorella sbuffò: -Nat, sii chiara.-
-Vengono qui Adam e Wilson.- sospirai. –C’è la casa che è un macello, faremo brutta figura, e, tanto per cambiare, quei due rischiano di far rissa distruggendo i preziosi vasi di mamma.- Ecco spiegata la situazione. Mia sorella da quel momento lavorò con un po’ più d’impegno, e appena arrivò Bryan, da buon mio migliore amico e futuro consorte di mia sorella, diede una mano con le faccende. Guarda te se un ospite doveva sgobbare per far bella figura col fratello!
-Bien, ci siamo riusciti!- e nello stesso istante in cui lo dissi, suonò il campanello. Mentre io andavo ad aprire, Rose e Bryan mi seguirono. Adam e Jim stavano sulla soglia, a trucidarsi con gli occhi. Sentii lo stupore- e anche il divertimento- dei due piccioncini dietro di me, davanti alla scena. Io ero solo terrorizzata all’idea che scoppiasse una rivoluzione in casa mia. Dopo tutto il lavoro fatto!
-Ehm..Ciao.
Feci passare entrambi. Adam alzò un sopracciglio: -Potevi dirmi che venivi, io e Natalie avremmo cominciato a parlare dell’argomento.- Bryan e Rose spalancarono gli occhi.
-Beh, non lo sapevo, non ho la sfera di cristallo per queste cose.- l’allusione che fece drizzare i capelli ad Adam, a un gesto quasi impercettibile verso di me del fratello, fece arrossire anche me. Soprattutto perché Rose sembrava essere d’accordo con lui.
-Beh noi andiamo.- disse lei, prendendo a braccietto il suo ragazzo, e facendomi l’occhiolino. –Come?!- il mio fu il verso di una gallina strozzata, e l’espressione di un animale dritto al macello. Non potevano abbandonarmi! Avrebbero dovuto fare i piccioncini in casa mentre noi lavoravamo, e nel caso, Bryan sarebbe intervenuto a salvare la situazione.
-Eh già. Abbiamo voglia di gelato..-
-C’è anche in casa.- dissi subito, confidando nella loro pietà. Ma dai sorrisini furbi che avevano sulle loro facce da fondoschiena immaginavo che mi avrebbero abbandonata. Dritta al macello.
-Arg! Fuori di qui!- cacciai, pestando i piedi. Si lasciarono sfuggire una risata echeggiante, mentre, presi i cappotti, uscivano. Idioti. Avevo una sorella e un migliore amico idioti.
-Beh..-sospirai, voltandomi verso di loro. Jim aveva l’aria perplessa, Adam-che ormai aveva imparato a leggere il mio viso probabilmente- si tratteneva dal ridermi in faccia.
-Razza di ingrati..- commentò ironico, rivolgendomi un sorriso furbo, residuo della risata in cui avrebbe voluto liberarsi. –Appunto. Forza, cominciamo.
Dovevo ammettere che come pomeriggio non era stato poi male. Si poteva dire che avevamo lavorato solo io e Adam, perché Jim non era molto informato sull’argomento. Ma comunque, ce l’eravamo cavata piuttosto bene. Dire che Brown si era applicato, era una delle poche cose che non pensavo mi sarei mai arrischiata di affermare. Ma era stato così. Semplicemente, la scoperta di un lato di lui che era molto piacevole.
Mi chiedevo perché avesse cominciato solo ora a studiare.
Forse, ed era una supposizione, l’aveva sempre fatto, e solo per mantenere l’immagine, talvolta consegnava in bianco. La cosa più idiota da fare, se si poteva prendere tranquillamente la sufficienza. E lui aveva dimostrato di superarlo, il sei, molto tranquillamente.
Altra cosa fuori dal normale: non si era espresso come uno scaricatore di porto, questo pomeriggio, e la cosa mi aveva lasciata esterrefatta. Ovvio, qualcosa gli era scappato (soprattutto commentini acidi verso Jim, perché sì, il previsto si era avverato. Non in maniera catastrofica come avevo pensato, ma qualche scontro a parole c’era stato), però tutto sommato si era risolta la situazione alla bell’e meglio.
Cacciai i due di casa col sorriso, soddisfatta, e andai in camera mia per cambiarmi. Indossai una tuta comoda: stavo per andare a lezione di Yoga. Ora non avevo più bisogno di mantenere la calma –niente più risse con Brown, niente scleri, niente perdita di controllo-, ma ormai avevo pagato, ed intendevo proseguire col corso. Sarebbe stato costruttivo per un futuro, quasi sicuramente.
Mi avviai a passo più o meno spedito. Era ancora abbastanza presto, ed ero qualche minuto in anticipo..non a caso. Francamente , mi stupivo anche io del mio pensiero. Però volevo vedere Adam allenarsi a Karate.
Quando arrivai alla porta della palestra, cercai di aprirla. Era chiusa a chiave, e guardando attraverso il vetro, notai che tutte le luci erano spente. Mi guardai in torno: la strada era deserta. Non c’era ancora nessuno delle mie compagne, e aleggiava un silenzio inquietante. Sbirciai ancora all’interno, poggiando la fronte sul vetro ghiacciato, sospirando. Speravo aprissero presto, avevo voglia di fare il corso. Avevo voglia di vedere i kimoni bianchi.
-Smith.- trasalii, voltandomi con uno scatto secco in posizione d’attacco. L’ameba sott’aceto scoppiò a ridere, mostrando la sua schiera di denti perfetti. Il mio cuore partì in una corsa sfrenata, che aveva il solo scopo di sfondarmi il petto. Solo per il colpo che mi aveva fatto prendere, ovviamente. Mh. Almeno, speravo..
-Che ci fai qui?- chiese, un sorrisino astuto ad increspargli le labbra. Dagli occhi smeraldini, belli e magnetici, si notava la sua solita curiosità.
-..Corso di Yoga..- farfugliai. Avevo ancora il batticuore, e non riuscivo a prendere la calma.
Adam si accigliò: -Da quando lo frequenti?
-Due, massimo tre settimane..-
-Ah si?- fece, la bocca disegnò una ‘o’, facendogli assumere un’espressione buffa.
Annuii. –Tu..tu che ci fai qui?- chiesi innocentemente. Non volevo fargli sapere che l’avevo osservato tutte le volte che mi ero cimentata nella mia attività.
-Io frequento karate..Ma perché sei qui fuori?- Adam si sporse per aprire la porta, e diede una spinta. –E’ chiuso..- lo informai. –Spero arrivino presto ad aprire. – dissi più a me, che a lui. Adam sbuffò. –E’ strano però. Di solito apre alle due e mezza per i corsi per le donne incinte.- disse, infilando le mani in tasca.
-E adesso sono le cinque e mezza...-borbottai. –Mi sa che non verrà nessuno..-convenni, scocciata.
-La lezione scorsa l’ho saltata, magari hanno annullato tutti i corsi..- fece Adam, probabilmente soppesava le proposte ad alta voce, di certo però non era sua intenzione sapere il mio parere. Anche perché anche io l’ultima volta avevo passato, e quindi mi ero persa la comunicazione.
Incrociai le braccia al petto: -Bella fregatura!- sbuffai. Mi insegnavano a star calma, ma erano i primi a farmi uscire dai gangheri. Robe da matti! -Torniamo a casa, valà..- commentai poi, facendo qualche passo avanti.
-Perché non facciamo un giro, invece?- propose lui, e mi voltai indietro, analizzando la sua espressione pacata. Non c’era aria da presa per il culo, né da borioso. Semplicemente, attendeva la mia risposta ricambiando lo sguardo.
Sorrisi appena: -Perché no..
Prendemmo a passeggiare, spalla contro spalla. Io lo seguivo senza proferir parola, e lui non sembrava nemmeno voler intraprendere una conversazione impegnativa. O meglio: non voleva proprio parlare. Arrivammo in centro città, e si fermò davanti ad un caffè.
-Ti va una cioccolata?- chiese, gentile, con un’aria gioviale. Mi strinsi nelle spalle, e lo seguii all’interno. Ci accomodammo in un tavolino distante dall’ingresso, e una ragazza arrivò subito. Non aveva molti più anni di noi-forse uno, massimo due...- e squadrò da capo a piedi il mio compagno. Anzi, lo stava mangiando con gli occhi. Mi schiarii la gola, facendola tornare sul pianeta terra. –Mh. Desideri?- si rivolse automaticamente a lui, che ordinò due cioccolate, conciso, senza posare gli occhi su di lei, e continuando a sorridere tra sè.
Speravo disperatamente che non ritornasse l’oca di prima, o la cioccolata sarebbe finita addosso a quella faccina da poco di buono.
-Perché?- chiese Adam, che si tratteneva dal ridermi in faccia.
-L’ho detto ad alta voce?!- urlacchiai, inorridita. Brown scoppiò a ridere, liberandosi finalmente. –Non ridere, ho fatto una figura di merda!- gesticolavo furiosamente, e urtai qualcosa al mio fianco. Di riflesso chiusi gli occhi, mentre sentivo un baccano accanto a me. Le risa del mio ‘Amico’ erano incontrollabili, mentre io desideravo solo sotterrarmi per la vergogna. Mi voltai verso chiunque fosse, pronta a chiedere una sfilza di ‘scusa’ a macchinetta. I miei occhi incontrarono quelli blu oceano del ragazzo a terra, pieno di cioccolata persino nei capelli, e le parole mi morirono in gola.
Il mio cuore perse un battito, o forse anche di più. Adesso non lo sentivo nemmeno. Anche i miei polmoni non rispondevano più agli impulsi involontari del mio organismo.
Il ragazzo a terra mosse le labbra a vuoto, boccheggiando.
-Natalie..- mormorò. Sentire la sua voce dire il mio nome mi pugnalò il cuore, barbaramente, e mi ricordò quel lontano dodici ottobre di due anni fa.
Mi alzai di scatto, continuando a fissarlo. Ero sconcertata, non riuscivo più a ragionare.
Quel locale era diventato fin troppo stretto, mi mancava l’aria, e soprattutto non volevo mostrarmi debole davanti a tutti quegli sconosciuti. Davanti a lui.
Lo scavalcai diretta alla porta.
Avevo il magone in gola, il cuore che sanguinava per la ferita riaperta bruscamente, la mente annebbiata.
Appena varcai la soglia, lasciai libere le lacrime di scorrere sul mio viso. Avevo bisogno di sfogarmi, avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse. Che mi desse una mano a ricomporre i pezzi del mio cuore.
Cominciai a correre a perdifiato, verso casa mia.
La situazione aveva del ‘dejavu’, un orribile dejavu. Raggiunsi casa mia in pochissimo tempo, i polmoni mi dolevano terribilmente, e il cuore batteva così forte e dolorosamente che avrei preferito si staccasse e stesse lontano da me. Almeno non avrei più sofferto.
Percorsi la mia strada, e mentre stavo per entrare dal cancello, sbattei contro un petto marmoreo. –Natalie!
Bryan mi strinse forte, sorreggendomi, mentre le gambe mi cedevano bruscamente. Singhiozzai sul suo cappotto, senza riuscire a fermarmi. Mi alzò di peso, come se fossi stata una bambina. Non opposi resistenza. In quel momento non avrei avuto nemmeno la forza di parlare. Rientrò in casa mia, da cui probabilmente stava uscendo in quel momento.
-Cazzo!- sentii subito mia sorella al mio fianco, ad accarezzarmi i capelli. Singhiozzavo così forte che non la sentivo nemmeno parlare. Non capivo quello che mi diceva, né quello che sbraitava Bryan.
-Natalie, porca miseria, dimmi che è successo!-
-Diavolo, rispondi!- mi scossero per le spalle, eppure io non riuscivo a formulare una risposta di senso compiuto. Non riuscivo a regolarizzare il respiro, a parlare, o a far quantaltro. Anche pensare era difficile in quel momento.
Mi lasciai andare, facendomi trascinare dall’oblio.
Riaprii gli occhi, e li dovetti strizzare, infastidita dalla luce della stanza.
Mia sorella era al mio fianco, poggiavo la testa sulle sue gambe, e accanto a lei c’era ancora Bryan. Ricordavo quello che era successo, ma questa volta, alla fitta del mio cuore, non permessi alle lacrime di ricominciare a scendere.
Avevo imparato ad essere forte.
Mi tirai su, mettendomi seduta, mentre Bryan e Rose cominciavano a chiedermi cento domande al nanosecondo. Chiusi gli occhi, infastidita dal rumore.
Il campanello prese a suonare, insistente, interrompendo il flusso di domande confusionali che mi riempivano la testa. –Nat, Natalie sei qui?!
La voce di Adam arrivava ovattata, da dietro la porta d’ingresso. Bryan s’accigliò, ed andò ad aprire. I due fratelli si guardarono sospettosi per tempo indeterminato. Adam si fiondò in salotto, e rimase a fissarmi senza più dir niente. Aveva il viso sfigurato dalla preoccupazione, i capelli arruffati, il viso arrossato, come se avesse corso.
-Ma sei impazzita?!- sibilò, nervoso.
Bryan si mise in mezzo: -Adam, centri tu con questa storia?!- incalzò immediatamente, mentre l’ira passava sul suo viso.
-No!- lo dicemmo all’unisono, io e Adam. Bryan mi guardò,corrucciandosi.
-Cosa è successo allora?- Mi portai una mano alla fronte. Sospirai profondamente. –Prometti che se te lo dico, non farai nessuna cazzata?- Bryan aggrottò le sopracciglia. L’ultima volta, era quasi stato investito pur di ‘far giustizia’-come diceva lui.
-Perché?- chiese, sospettoso.
-Tu giura e basta.- ribattei, perentoria. Annuì, serio. –Ma mio fratello..
-Non c’entra.- ripetei, ora più innervosita. In effetti, la presenza di Adam faceva ancor più pesare la cosa che dovevo dire. Un conto era suo fratello, che sapeva tutto, un conto era davanti a lui..che era un po’ la causa di tutto, involontariamente.
-E’..è tornato.- mormorai,-Rick..è tornato. –
La reazione di Bryan fu come me l’ero immaginata.
S’alzò di scatto, un’espressione furiosa gli sfigurava il viso solitamente dolce. –Bryan, hai promesso!- gridai, già preoccupata dalle immani cazzate che avrebbe combinato.
-Gli avevo espressamente detto di non farsi più vedere in giro...Due anni non sono a sufficienza per un coglione come lui!- ringhiò.
Rosalie si alzò e lo prese per un braccio. Si guardarono negli occhi per un tempo indeterminato, mentre il mio amico riprendeva pian piano coscienza di sé. Ma non completamente. Aveva sempre quel luccichio di rabbia repressa nello sguardo. Adam osservava la scena, incapace di capire probabilmente. Ma non facevo caso a lui, ero più preoccupata per il fratello.
-Bryan, non far nulla d’insensato..l’ultima volta stavo per morir di paura...- esalò mia sorella. Gli occhi erano un mix di tanti sentimenti. Amore per Bryan, dispiacere per me, odio per quel bastardo. Bryan sospirò. –Non vado a cercarlo solo perché Nat ora ha bisogno di entrambi. Ma appena si riprende, lasciatemi l’opportunita di ucciderlo..-
-Bryan!- lo riprendemmo.
-Non puoi..ricordi cosa è successo, per piacere, non farlo.- continuai. –Non ne vale la pena. E’ stata solo una mia reazione esagerata, non mi aspettavo di ritrovarlo. È solo per questo, sul serio. Non mi ha detto nulla, né fatto qualcosa. Solo..sono rimasta...- la frase morì, mentre il magone che precedentemente avevo sfogato versando tante lacrime ritornò.
-Sì, ho capito Nat..Ma non voglio, non posso vederti ancora come due anni fa. Né io, né Rose, né Kim.- Già, anche Kim. Solo loro avevano assistito al teatrino del dolore di Natalie Smith. E non avevo intenzione di ridare spettacolo.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. Bad Past ***


Lo so, è da un secolo che non aggiornavo.
Per questo, vi chiederò scusa all'infinto: scusate, scusate, scusate!
Avevo gia cominciato questo capitolo, ma dopo qualche riga sono andata in palla e non sapevo piu come fare... L'ispirazione è tornata, fortunatamente, quindi credo che non farò piu simili ritardi...O almeno spero! Ora non so quanto sia piacevole per voi, questo aggiornamento. Spero vi piaccia il chap, almeno un po'...Non è il massimo, ed è anche corticello...L'ho tagliato, in realtà, perchè c'era un'altra parte, ma il salto temporale era troppo, perciò l'ho tolto e la terrò, quella parte, per i prossimi chap U.U Spero di non aver deluso le vostre aspettative..
Un bacio.
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Capitolo 10- Bad Past
Erano passati tre giorni, dalla mia fuga dal bar, dal mio pianto isterico. Tre giorni da quando avevo riaperto la ferita del mio cuore, tre giorni in cui il passato aveva ricominciato a tormentarmi, passandomi davanti agli occhi senza pietà. Infilzando, spillo dopo spillo, una sofferenza all’organo che pensavo fosse guarito tempo fa. Credevo di aver chiuso per sempre con quel periodo, il più brutto della mia vita, credevo che i fantasmi fossero definitivamente spariti.
Non avevo tenuto conto che la lontananza aveva solo assopito il dolore, e non tolto realmente.
Ne avevo avuto la dimostrazione l’altro giorno, quando, incontrando quegli occhi cobalto, tutte le mie fatiche mi erano crollate addosso come un macigno. Erano state costruite su una base in pendenza, pericolante. E adesso tutto s’era distrutto. Quanto ero stata stupida.
Kim, dopo che Rose l’aveva avvisata –perché, ovviamente, doveva sbandierare che lui era tornato- mi stava addosso peggio di mia madre. Anzi, si comportava come Emily non faceva.
Scossi la testa, sospirando, e cercai di prestare attenzione alla lezione di scienze.
Ovviamente, era un tentativo vano.
-Nat..- mormorò, poggiando una mano sulla mia spalla.
-Kim, sto bene..- esalai. Le rivolsi un sorriso tirato, che non la convinse per nulla.
-Signorine, potete prestare attenzione?- ci richiamò il docente, con un’aria accigliata. Ci scusammo, e Kim mi fulminò con gli occhi.
Per fortuna, la campanella segnò l’intervallo, e io potei lasciarmi andare stancamente sul banco.
Rick Donagan, qui. Non riuscivo a smettere di pensarci.
Vidi Adam uscire dalla classe, non prima di avermi lanciato uno sguardo indecifrabile. Era strano che non l’avesse riconosciuto, anche perché veniva a scuola con noi, benchè fosse di un anno più grande.
Sentii lo stomaco stringersi in una morsa dolorosa, mentre le immagini di quel giorno mi passavano davanti agli occhi come un film.
“Ah, che idiota! Non lo posso proprio tollerare! Vorrei tanto prendere quella zucca vuota e picchiarla contro il muro finchè non si apre a metà come una noce di cocco!” esclamai. Non riuscivo a smettere di sbraitare, dopo l’ennesima litigata con Brown. Perché, perché quel ragazzo doveva essere così dannatamente stronzo? Che gli avevo fatto per spingerlo a tormentarmi la vita? “Cioè,proprio non lo concepisco!” Bloccai il mio fiume di insulti, notando che il mio interlocutore era piuttosto assente.
Rick si guardava le scarpe, e non si era nemmeno accorto che lo fissavo preoccupata.
“Ehi..” lo richiamai. Lui mi guardò, incrociando i suoi occhi azzurrissimi con i miei. “Tutto okay?”
Lui tirò le labbra in un sorriso poco convinto, e annuì. “Sì, ero solo pensieroso.”
Annuii a mia volta, ma non mi fidavo della sua risposta.
Io e Rick stavamo insieme da otto mesi ormai, lo conoscevo bene quanto me stessa, e se qualcosa non andava lo capivo anche da chilometri. Senza contare che quell’adorabile ragazzo era leggibile quanto un libro aperto. Mi bastava guardarlo in quegli occhi celesti, per capire cos’aveva. Ma quello sguardo, oggi, era indecifrabile.
Arrivammo poco dopo a casa mia, e quando entrammo, trovammo Bryan e Rose abbracciati sul divano. “Guarda guarda, i due piccioncini!” esclamò il mio fratellone, vedendoci per mano.
Io arrossii, ma non potevo che essere felice di quel commento.
Non ero innamorata di Rick, ma c’ero molto vicina. Quello che provavo era grande, e ormai avevo l’abitudine di vederlo intorno a me. Adoravo la sua presenza quasi quanto quella di mia sorella. Insomma, era importante. E sapevo che anche io lo ero per lui, e non mi avrebbe mai fatto del male. Rick odiava vedermi triste, me lo ripeteva sempre.
Ma non era l’unico; anche io non amavo particolarmente vederlo giù, anche perché contagiava anche me col suo umore.
Salimmo in camera mia, e dopo esserci tolti i cappotti mi sdraiai sul mio letto accoccolata al petto del mio ragazzo fantastico. Lui era sempre perso nei suoi pensieri, la fronte leggermente aggrottata, gli occhi persi nel vuoto in fronte a lui.
“Deve essere interessante la parete della mia stanza” osservai, richiamando la sua attenzione. Infatti, portò immediatamente i suoi zaffiri nei miei occhi.
“In effetti, sì.” mi fece una boccaccia, e gli diedi un buffetto sul petto, ridacchiando appena. Lui si allungò per posare le sue labbra sulle mie in un dolce bacio. Sorrisi contro la sua bocca, e mi strinsi maggiormente a lui. Adoravo stare tra le sue braccia, mi sentivo al sicuro, come quando lo faceva Bryan. Protetta.Rick non mi avrebbe mai fatto del male.
Il giorno dopo era un sabato, perciò non c’era scuola, e pensai bene di accettare l’invito del mio ragazzo per uscire. Era tanto che non facevamo delle passeggiate. Solitamente, ci vedevamo a scuola, e talvolta nel pomeriggio a casa dell’uno o dell’altra -come ieri.
Camminavo velocemente per non essere in ritardo all’appuntamento, peccato che fosse tutto contro di me. Per strada, incontrai la banda dei barbari, e il capo –ovviamente- non si perse a far commentini.
“Guarda Smith come corre da Donagan..!” I suoi amici si persero in commentini e schiamazzi, come giusto che fosse per dei poveri idioti come loro. Brown scese dal suo motorino, attraversò il marciapiede e mi sbarrò la strada con un sorrisino di sfida.
“Ma cos’ho fatto di male per averti sempre tra le palle?”chiesi retorica, mentre il suo sorriso si allargava. “Oh Smith, ammettilo che sei felice di vedermi.”
“Sì, come sarei felice se avessi un palo nel culo..” ribattei. “Ora, levati.” Adam mi fece da specchio, con un ghigno stampato in faccia. Avrei tanto voluto tirargli in testa uno delle querce nel parco lì vicino-dove, per altro, mi stava aspettando il mio ragazzo. “Non tanta fretta, Smith”.
Espirai profondamente, stringendo i pugni nel tentativo disperato di calmarmi.
“Senti. Sono già in ritardo. Mentirei se dicessi che mi piacerebbe rimanere a chiacchierare amabilmente con te e i tuoi amici zotici, perciò sarò sincera.” Lo fulminai con un’occhiataccia. “O ti togli di mezzo, o ti spacco la testa.” Lui rise, seguito a distanza dai suoi compari, dall’altro lato della strada, al parcheggio dei motorini.
“Credi davvero di potermi anche solo sfiorarmi?” ridacchiò ancora, “povera illusa..”
“Ma vai a quel paese, Brown, e lasciami proseguire.”
“Va bene...” concesse, facendosi da parte con un inchino. “Au revoir, mademoiselle.”
“Ma fottiti!” fu la mia risposta educatissima e chic. Proseguii imperterrita, mentre sentivo i ragazzi-ricongiunti con il loro boss- sparlare di Rick.
Giudicavano sempre il mio ragazzo, credendosi migliori. Ma non avevano nemmeno il diritto di farlo: Rick era cento volte meglio di loro, in tutto. Era carino, dolce, simpatico, intelligente; mentre Brown e Co. erano il completo contrario. Rick era un bravo ragazzo, e gli volevo molto bene.
“Brown, lui è mille volte meglio di voi!” urlai in loro direzione, per poi accelerare e svoltare l’angolo. Diedi una fugace occhiata al mio orologio, che segnava le quattro e un quarto. Ero in ritardo di dieci minuti buoni, e se Rick si fosse arrabbiato, per lo meno gli avrei potuto dire che non era la mia pigrizia, quanto un fattore problematico chiamato più comunemente come Adam Brown.
Raggiunsi il punto di ritrovo di me e Rick. Lui era scuro in volto, teso, irritato.
“Scusa, Rick..Ho avuto un contrattempo..”
“E di che genere, sentiamo?” Rimasi perplessa dalla sua risposta acida.
“Ho incontrato quell’idiota di Brown che mi ha sbarrato la strada.”
“Ah, ora capisco tutto..” Mi accigliai. Che intendeva dire?
“Prego?” chiesi, confusa.
“Sai Natalie, mi stupisco ancora di come ti comporti.” Rick alzò la testa, e incrociai il suo sguardo di ghiaccio. Ghiaccio perché era gelido, freddo. Cattivo.
“C’è sempre lui in mezzo. Sempre.” Proseguì. “Perché, a questo punto, non ti metti con lui?”
Lo guardai allucinata. Ma che diamine stava blaterando, quel cretino?
“Rick, stai scherzando spero. Io odio Brown, mi pareva fosse chiaro”, gli ricordai.
“Odi.. A me pare più che ne sei cotta. Non so se te ne sei mai accorta, ma parli solo di lui. Anche se lo insulti, lui c’è sempre, in ogni tuo discorso. Lo nomini di continuo, e poi..Dio, Natalie, non mentirmi..Davvero, piuttosto di tormentarmi, lasciami.”
Io non riuscivo a crederci, non era concepibile. “No..no, ascoltami bene: io non ti ho mai mentito.” Poi capii. “Qui, forse, sei tu quello che vuole realmente lasciarmi..”
“Non è vero. Non è vero, Natalie.”
“Forse..forse è meglio che torno a casa.” Mormorai, prendendo a camminare nella direzione inversa. Mi veniva da piangere, non riuscivo a credere di aver litigato con Rick. Non per Adam Brown. Non era minimamente ammissibile che Rick pensasse quelle cose di me.
Mi conosceva, sapeva che davvero odiavo Brown, che non avrei mai potuto né illuderlo né ferirlo.
Quella sera non mangiai, rinchiusa a chiave nella mia stanza. Lasciai libere le lacrime di scorrere sul mio viso, senza fermarle, per sfogarmi.
Non riuscii nemmeno a dormire, se non per due orette scarse.
Quella domenica pomeriggio decisi che sarei andata a casa sua per chiarire quella situazione. Volevo chiudere quel malinteso, e far pace. Era orribile star così distante da lui.
L’abitazione di Rick era piuttosto distante dalla mia. Per raggiungerla, avrei dovuto attraversare tutto il parco del giorno prima- quello era la via di mezzo tra le nostre case.
Camminavo piuttosto velocemente sul sentiero tra le piante, quando le gambe improvvisamente smisero di seguire i miei comandi, e presero a tremare.
Pensai di trovarmi nel bel mezzo di un incubo, quando i miei occhi incontrarono la figura di Rick, affascinante e inconfontibile, stretta ad una completa sconosciuta, e si baciavano. Si baciavano appassionatamente, anzi, si mangiavano.
Forse il mio sguardo puntato su di lui lo faceva sentire osservato, e quando si staccò da quella ragazza, alzando la testa, mi incontrò. Sul suo viso passarono diverse emozioni, tra cui sorpresa, rammarico e pentimento. Presi a correre, sentendolo immediatamente dietro di me.
“Natalie, aspetta, ti posso spiegare!” mi afferrò il polso, e appena mi girò per guardarmi in faccia gli tirai uno schiaffo in pieno viso, con tutta la mia forza e il mio dolore. Le lacrime ormai mi annebbiavano la vista, e i singhiozzi mi scuotevano. Ma riuscii a sibilargli un ‘Ti odio’ con tutto il mio sentimento, nonostante la voce incrinata.
Ripresi a camminare spedita,pensando ormai che non mi avrebbe più importunata. Ma la sberla non gli aveva fatto capire che non lo volevo più vedere, e cercò di chiamarmi nuovamente, continuando a seguirmi. Mi riprese nuovamente per le spalle, questa volta mi tratteneva in modo che non potessi più picchiarlo. “Calmati, lasciami spiegare..!”
“No! Lasciami stare, Rick!”
“Natalie, guarda..”
“Ehi! Nat!” mi voltai verso Bryan, dall’altra parte della strada. Ormai eravamo usciti dal parco, e il mio fratellone aveva notato le mie lacrime. Si catapultò in mezzo alla strada, senza badare all’auto che stava arrivando. “Bryan!” urlai, spaventata. La macchina inchiodò in tempo, ma urtò comunque Bryan, che venne sbattuto a terra. Prima che potessi correre a controllare come stesse si stava già rialzando. Io mi divincolai da Donagan e volai da lui.
“Bry, Bry, come stai?”Lui mi ignorò, cercava sempre di rialzarsi.
“Io lo uccido..che ti ha fatto?”
“Non importa, tu piuttosto stai bene?”
Bryan si era slogato una caviglia, e gli erano uscite delle botte violacee su tutto il fianco sinistro. Ovviamente, Rose se n’era accorta, e aveva notato l’espressione di entrambi quando eravamo rientrati. Se non fosse stato che Bryan si era fatto male e voleva stargli vicino, avrebbe cercato lei stessa Rick per dargli una lezione.
Agli occhi di tutti, Bryan era caduto dal motorino a causa del ghiaccio sulla strada, facendosi male al piede. E le botte erano inevitabili.
Io ero caduta in una brutta depressione, e passai più di sei mesi a pensarci. A pensare a Rick.
Il giorno dopo non lo rividi a scuola, e più tardi scoprii che nonostante l’infortuneo, Bryan era andato a casa sua e dopo la sua minaccia, quello stronzo se n’era andato, a maggior ragione, non aveva obiettato per il trasferimento di lavoro del padre di cui non mi aveva resa partecipe tempo prima. Mi consolavo, almeno sapevo che in un modo o nell’altro ci saremmo lasciati. Anche se avevo trovato proprio il peggiore, per farlo, tra i due.
Dopo di Rick, ero diventata allergica ad ogni individuo di sesso maschile che non fossero mio padre o Bryan. In quei mesi bui, il mio odio per Adam era diventato palpabile, e non si trattava solo di semplice antipatia e dispetti. Lo ritenevo la causa di tutti, dei litigi di me e Rick. Poi avevo capito che non era colpa sua, nonostante tutto, e che Donagan non mi meritava.
-Ehi..- mi voltai verso Adam, sussultando.
-Ehi..- risposi, cercando di accennare un sorriso.
-Non volevo spaventarti.- Si scusò, accomodandosi al posto di Kim, che era fuori.
-Non fa niente.- Adam rimase a guardarsi le mani, a disagio, per un po’.
-Volevi dirmi qualcosa?- incalzai, piegando la testa come per incoraggiarlo.
-Sì, in verità..Il ragazzo dell’altro giorno era..- storse il naso, -era lui? Donagan?-
-Sì- fu il mio sussurro.
-Caspita, non l’avevo riconosciuto all’inizio..- commentò. -Ma poi ho pensato che lui era l’unico a poterti fare un effetto simile, dopo che ti aveva lasciata per andarsene..Perchè è così che è andata, giusto?- chiese, accigliato.
-No, veramente..Però, non amo molto parlarne..- Adam mi sorrise in modo rassicurante, forse per la prima volta nella nostra vita. E in quel momento, fu normale ripetere il gesto con gratitudine.
-Non preoccuparti. Magari più avanti.- Allungò la mano, fino a sfiorarmi i capelli. Trattenni il fiato, mentre lui cincischiava imbarazzato, forse per il gesto avventanto. Poi lo fece: mi scostò i capelli dal viso, portando la ciocca spettinata dietro l’orecchio.
-Mi ha tradita.- Dissi solo, mentre Adam si accigliava. Non si aspettava che fossi così schietta. Tutto qua.-
-Tutto qua? Io l’avrei infamato.- Ribattè, scioccato.
-Ci ha già pensato Bryan- commentai, con un sorrisino. La sua fronte si corrugò ancora, e un lampo di comprensione gli attraversò lo sguardo.
-La caviglia..-
-Già. Ha avuto un incidente; ha attraversato la strada, senza guardare, pur di mettere a posto le manacce di Donagan..Però stava arrivando la macchina..Il giorno dopo ha avuto il coraggio di andare a casa sua per minacciarlo.-
-In questo momento stimo mio fratello più del solito.- Commentò, con un sorrisino.
-Ah..ti prego, non farne parola con nessuno..- lo implorai, mentre si rialzava al suono della campanella.
Lui ridacchiò: -E a chi potrei dirlo? Al mio riflesso nello specchio?- poi mi scompigliò i capelli, e si abbassò fino a trovarsi faccia a faccia con me, a pochi centimetri. -Sei l’unica persona di cui mi fido, in questo momento, e l’unica che sento vicina.-
Adam tornò al posto, ma non aveva idea di come mi avesse alleggerito il cuore. Era incredibile che il mio peggior nemico fosse in grado di tirarmi su il morale con una frase.
Ma ormai, avevo capito che Adam sarebbe sempre stato una sorpresa per me.
La prof entrò, e si mise subito a chiedere delle nostre ricerche. Ovviamente, chiamò per primo il nostro gruppo –quello che al 99% credeva il più problematico, avendo unito Brown e Wilson. Mi alzai, raggiungendo i miei compagni alla cattedra, e ansiosa cercai lo sguardo smeraldino di Adam. Mi sorrise, e io ricambiai, incapace di far altro, mentre grazie a lui, sentivo il cuore leggero.

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Capitolo 11
*** 11. Quando Adam ed io venimmo accantonati per la Sorella Prodigio ***


Okay, ci sono. Ci sono davvero, non sono scomparsa misteriosamente e sono viva. Sono tornata, e munita d'ispirazione! Quella sacrosantissima ispirazione che mi ha abbandonata qualche mese fa, rovinando tutto. Ora..so che è passato tanto tempo, e molte delle persone che leggevano questa storia avranno perso il filo della trama, magari si sono pure stufati di aspettare, e non seguono piu Amore Irrazionale. Chiedo scusa se ho fatto attendere, se avevo detto che sarei tornata a scrivere e poi ho fatto una pausa di tempo lunghissima. Scusate, scusate, e scusatemi ancora, se potete u.u"
Meglio ricapitolare un po' quello che è successo nei capitoli precedenti: ad Adam è venuta la febbre, e Nat è andata a casa sua. Lui le ha chiesto di diventare amici, e NON stava delirando per la febbre a 38.8. E proprio quando sembra che tutto vada bene, sbuca Rick, l'ex di Natalie, che l'aveva tradita perchè insinuava che tra Nat e Adam-che si odiavano per davvero- ci fosse del tenero. Okay, il punto è questo. :) Spero che nonostante tutto, leggerete...
Buona lettura. Un bacione. :*
Capitolo 11 .Quando Adam ed io venimmo accantonati per la Sorella Prodigio
Sbuffai, richiudendo il quaderno degli esercizi. Matematica quel pomeriggio non riuscivo proprio a farla, mi arrendevo.
Tra i pensieri di Rick-che non avevo più rivisto, fortunatamente- e l’ansia da compiti, quel giorno non combinavo nulla.
Decisi di mettermi l’mp3 nelle orecchie e rilassarmi sul divano, mentre ancora avevo qualche minuto di silenzio e pace in casa.
-Sono tornata!- ecco, appunto. Fine della pace.
-Ehi, Nat!- Rose si buttò a peso morto su di me, anziché sul cuscino del divano. Complimenti per la mira, pensai.
-Com’è andata la giornata?- domandò tranquillamente. Nelle ultime settimane, nonostante cercasse di essere discreta, si preoccupava tantissimo per me. Mi analizzava sempre, chiedeva come stavo, cercando di leggere qualcosa nel mio sguardo capace di rivelarle una mia crisi di pianto.
-E’ andata- risposi solo, mentre cercavo di divincolarmi dal suo fondoschiena.
Qualche minuto dopo, rientrò anche mamma, più allegra del solito, e con una trentina di borse della spesa nelle mani.
Era assurdo che mia madre, a discapito del resto del mondo-che sembrava divertirsi nel pucciare il naso nella vita altrui-, non si fosse accorta del mio umore. Non che lo mostrassi, ma di solito una mamma certe cose le capiva.
-Ragazze, indovinate?- incalzò, appoggiando le chiavi di casa sulla credenza, facendo manovre da contorsionista. Scappò in cucina, e tornò libera dalle sporte. –Eh? Dai!- sorrise entusiasta, insistendo a farci indovinare. Io e mia sorella la guardavamo, attendendo una risposta.
-Vengono i Brown a cena!- mi guardò immediatamente, accigliata e severa.-Nat, non fare storie!- riprese, senza che potessi aprir bocca. E anche se l’avessi fatto, di certo non mi sarei lamentata.
-Cerca di essere amichevole con Adam. E’ così un caro ragazzo, non male come pensi tu!-e chi l’aveva detto? Ah, beh, forse io un miliardo di volte, quando gli davo del microcefalo ignorante, pervertito, idiota, insolente- e altri aggettivi poco carini. Oddio: pervertito rimaneva, sicuramente. Però la mia stima di lui, da inesistenze, cominciava a nascere. Altrochè. In quest’ultimo periodo avevamo parlato tanto, e avevo scoperto un lato di lui riflessivo. Sapeva dare dei buoni consigli, e mi aveva fatto capire che se avessi avuto bisogno di lui, ci sarebbe stato.
Ovviamente, il nostro rapporto non era melenso con paroline dolci, ma tra battutine e risate, ci sostenevamo l’un l’altra.
Lui, a differenza di mia sorella, Kim e Bryan, mi dava più fiducia. Probabilmente perché sapeva che se avessi avuto bisogno d’aiuto, non avrei esitato nel dirglielo. Non mi faceva terzi gradi e non mi pedinava.
Oppure, non chiedeva perché semplicemente per lui ero davvero un libro aperto. Restava comunque il fatto che mi piaceva il suo modo discreto di aiutarmi.
A mia volta, cercavo di capire perché non volesse chiarire con Wilson. Lui diceva che era uno stronzo, ma era sempre stato il suo migliore amico. Ragion percui, ero sicura ci fosse sotto dell’altro. Però non ero invadente, e aspettavo solamente che lui mi dicesse la verità.
Cercai di informare mia madre degli ultimi avvenimenti, ma lei continuava a ciarlare a vuoto. Rose invece avrebbe voluto ascoltare le news, anche perché presa com’era dalla storia di Rick, non aveva indagato su Adam, e come me, poco dopo, si rassegnò, limitandosi ad annuire e sospirare annoiata.
Rosalie, ovviamente, aveva notato qualcosa di diverso tra me e Adam. Solo il fatto che mi fosse venuto a cercare, qualche settimana fa, dopo aver incontrato Rick, l’aveva fatta insospettire. Inoltre, non mi vedeva più maledirlo in ogni lingua del mondo al mio rientro da scuola, come facevo un tempo. E lei sapeva bene che anche due anni fa, l’assenza di Rick non mi aveva mai fermata dall’insultarlo apertamente. Anzi, in quel periodo ero una macchina spara-parolacce.
Mi feci una doccia veloce, rilassandomi completamente. Era bello sentire il getto caldo dell’acqua sulla pelle; oltre che effetto rigenerante, aveva il potere di svuotarmi la mente da pensieri molesti.
Appena fui pronta, aiutai ad apparecchiare.
Rose invece si occupò di preparare qualcosa di commestibile con Emily. Mamma non cucinava male, sia chiaro, ma preferivo cento volte le pietanze di mia sorella, alle sue.
Tornò anche papà, baciò la mamma, me e Rose, poi si lavò e si cambiò, sotto l’ordine perentorio di mammà, che lo voleva impeccabile.
Cosa assurda, poi. Noi e i Brown ci conoscevamo da tempi ormai dimenticati, e a vederci in tuta o in vestiti eleganti, che cambiava? Per altro, Adam mi aveva vista anche con il mio pigiama maculato, ovvero il peggio del peggio. La parola ‘imbarazzo’ non si associava più al cognome Brown. Tra l’altro, io avevo avuto l’immensa occasione di vedere Adam nel suo stato più vulnerabile e pietoso, quando gli era venuto il febbrone da cavallo ed eravamo diventati pseudo-amici.
Il campanello suonò, e mia madre si fiondò ad aprire la porta, pimpante e allegra. Come sempre, quando i nostri amici venivano.
Era strano non fare la differenza nella loro famiglia: prima, li vedevo come amici di mamma e papà con figli adorabili, accompagnati dalla pecora nera che odiavo. Ora la parola ‘Amici’ era veritiera completamente, perché adoravo indiscutibilmente tutti i membri della famiglia Brown.
Emma-con figli e marito al seguito-fece il suo ingresso, salutando calorosamente.
La signora Brown abbracciò mia madre, mio padre e mia sorella. Mi sporsi a mia volta, e lei mi sorrise dolcemente. –Ciao Natalie! Vedo che i capelli stanno ricrescendo..- le sorrisi, annuendo.
-Per fortuna! Meno male che con le forbici me la cavo!- lanciai una frecciatina a Adam, che stava salutando mia madre in quel momento. Emily era già pronta a riprendermi, ma si fermò alla risata complice di Adam, che poi mi fece un occhiolino.
Avevamo lasciato a bocca aperta anche i nostri genitori: gli unici che rimasero impassibili-quasi fossero preparati- erano Rose e Bryan, e poi ovviamente la piccola di casa Brown, che aveva assistito al trattato di pace in diretta.
-Nat!- presi al volo Kate, e le sorrisi entusiasta.
-Ciao piccolina!- era troppo tenera questa bambina! E non mi sarei mai stancata di ripeterlo. L’adoravo. Era così simile ad Adam: avevano lo stesso identico sorriso caloroso, che mi scaldava il cuore e mi metteva buonumore.
Ci accomodammo a tavola, mentre mamma e Rose portavano la cena. Avevo MP davanti, che continuava a guardarmi e a sorridere.
-Che c’è?- domandai, divertita ed esasperata.
-Speravo avessi addosso il pigiama..- fece, con un tono quasi dispiaciuto.
-Haha, spiritoso! Sappi che non mi vedrai mai più con quello addosso- lo informai, con un’aria sostenuta e convinta.
Lui fece una faccia affranta: -Nuuh, che peccato! A me piaceva!- gli feci una linguaccia, e lui ridacchiò.
-Ma allora...
Bryan mi guardò attentamente, poi squadrò il fratello, e infine portò gli occhi su Rose, che sorrise trionfante. -Con calma, tesoro.- fece mia sorella, quasi maliziosa,-Un passo alla volta.-
-Ma di che diavolo state parlando?- incalzò Adam, irritato quanto me dai messaggi in codice dei due piccioncini.
Rosalie sorrise amorevolmente, come un angelo innocente. Per questo, m’insospettì ancor più.
–Niente!- arricciò le labbra, poi le ridistese in un sorrisino. –Voi non dovete dirci nulla?-
Avevano già capito tutto, non erano sprovveduti.
-Che dobbiamo dirvi?- incalzò Adam, vago, con un sorriso furbo.
-Ad esempio, come mai l’hai cercata poco tempo fa, quando è scappata a casa in lacrime..e sembravi così preoccupato- rispose mia sorella, cantilenante. Maliziosa. Insinuante.
Col cavolo che avevano capito. Avevano frainteso quasi certamente.
-O perché non vi siete ancora insultati, né guardati male..-proseguì Bryan, alzando e abbassando le sopracciglia con fare cospiratorio.
-Credo che si sia capito, ormai.- disse Adam, appoggiandosi tranquillamente allo schienale della sedia, portandosi la forchetta alla bocca e giocherellandoci un po’. Era buffo, con quell’espressione da Braccio di Ferro con la pipa in bocca.
-Non che volessimo nascondere qualcosa, anzi. Era piuttosto palese- aggiunse poi, continuando con quell’aria da duro che aveva assunto. Alzai gli occhi al cielo. –Che ho messo incinta Natalie-
Rose e Bryan strabuzzarono gli occhi, e io q uasi soffocai con il boccone che avevo appena inghiottito.
-Adam ma sei deficiente?- sibilai, shoccata, provocando solo delle grasse risate da parte sua. Sbuffai, incapace di trattenere un sorriso.
-Dai, era per ridere..-ansimò, vedendo gli sguardi truci di Bry e Rose.
-Playboy, già che ci sei, mi passi l’acqua?- chiesi, rauca e con le lacrime agli occhi. Il boccone era ancora lì, sospeso in mezzo alla mia gola, e non si decideva a scendere.
-Frizza o natu?-
Mi accigliai: -ma che lingua parli? Lascia stare, faccio io.-
Mi alzai, e lui lo fece contemporaneamente a me, sporgendoci per prendere la bottiglia di plastica all’unisono. E nello stesso momento, la strattonammo, e si rovesciò. Per inciso: la bottiglia era senza tappo, e Adam si bagnò tutto. La sua faccia era impagabile: gli occhi stralunati, la bocca spalancata come un baccalà per l’impatto con l’acqua fredda.
Scoppiai a ridere immediatamente, era impossibile non farlo. Sembrava un pulcino tutto bagnato con un’espressione contrita.
-Natalie, cosa ridi? Non è carino!- e simultaneamente alla ripresa di mia mamma, un paio di pennette mi finirono in faccia.
-Adam!-
Le ammonizioni delle nostre madri caddero a vuoto. Io, dopo il momento iniziale, scoppiai di nuovo a ridere, seguendo Adam che era da un pezzo che lo faceva. Gli unici che trovavano la scena esilarante erano i nostri fratelli (Kate si spanciava dalle risate, ed era tenerissima), e anche mio padre e Seth erano particolarmente divertiti.
-Hai..hai una faccia!- e risi ancora, lasciandomi andare sulla sedia. –Sembri un pulcino!-
No, non eravamo normali. In sé, non era una situazione che faceva poi così sbellicare, ma io non riuscivo più a fermarmi. Era l’effetto Adam-amico.
-Parla lei, con la faccia da baccalà!
Mi fermai solo per guardarlo male. Mi alzai, l’aria accigliata, come se volessi dargli una lezione- in realtà, volevo andare a recuperare un asciugamanto per lui. Ma piantai uno scivolone sulla pozza d’acqua che si era rovesciata, e cercai un appiglio per tenermi. –Natalie!-
Beh, a qualcosa mi afferrai: al collo di Adam. E infatti mi seguì sul pavimento, ridente come un povero idiota, insieme a me.
I genitori ci guardavano stralunati. Mia madre, poi, non credeva ai suoi occhi.
Appoggiai la fronte alla spalla di Adam, su cui ero praticamente seduta per metà, cercando di smettere di ridere.
-Oddio, scusa..!- per quanto mi dispiacesse averlo buttato a terra, non riuscivo a smettere di ridere.
-Okay, okay!- ansimò lui, mentre cercava di riprendere contegno, -Però alzati ora, non sei una piuma!-
-Ehi!- feci indignata, tirandogli un pugno sulla spalla. Mi alzai, e gli porsi una mano per aiutarlo.
–Sei un idiota, Brown.-borbottai, mentre si issava tranquillamente senza nemmeno pesarsi sul mio braccio. Ovviamente era superfluo dargli una mano, agile com’era, ma mi era venuto d’istinto.
-Gne gne! Come sei petulante, Smith, ti lamenti sempre!- mi punzecchiò, beffandomi.
-Il bue che da del cornuto all’asino! Vogliamo parlare delle tue lamentele per prendere le medicine?- Lui si fece scuro in volto.
-Quando ti ammalerai tu, vorrò essere presente a farti da badante, e poi vedremo.- borbottò. Scoppiai a ridere, assentandomi un attimo in bagno per recuperare una salvietta,e ritornando nel salotto pochi istanti dopo. –Tieni!- dissi, lanciandogli l’asciugamano, che afferrò prontamente.
-Grazie, Nat.- Mi sorrise, in un modo che avrebbe potuto farmi rimanere a gambe all’aria se non mi fossi appoggiata allo schienale della sedia di Rose.
-Posso capire che cavolo sta succedendo?- Emily, acuta come uno spillo e arzilla come un grillo, capì (alla buon’ora, aggiungerei) che c’era qualcosa che le era sfuggito. Meglio tardi che mai, no?
Ormai avevano tutti capito che la sua perspicacia rasentava lo zero, e di più non poteva dare.
Anche Emma aveva alzato gli occhi al cielo, per la furbizia immonda di mia madre. Probabilmente si chiedeva come avesse fatto a diventare sua amica, sempre che la ritenesse realmente tale. Dopotutto, i veri amici erano Seth e mio padre, ed Emma e Emily si erano dovute adattare. Forse si era adattata più Emma, di mia madre, che poverina non ci stava con la testa. Okay, forse esageravo. Restava il fatto, che Emily era proprio tarda.
-Be’, credo proprio che i nostri figli abbiano realmente imparato ad andare d’accordo, senza sotterfugi per riconquistarsi lo scooter e comprarsi un nuovo amplificatore per la chitarra..- Ebbrava Emma! Aveva decisamente capito tutto; altro che Jessica Fletcher! Emma Brown e i misteri adolescenziali: al cinema.
-Ah.- fu l’unica replica di mia madre, con una faccia stralunata.
Poi mi accigliai. –Nuovo amplificatore, eh? Riprenderti lo scooter, eh?- guardai fintamente indignata Adam che, udite udite, arrossì ed accennò un sorriso imbarazzato. –Sei un vero approfittatore, Adam James Brown.-
Emma rise, -Ho il vago presentimento di aver parlato troppo.-
Adam la guardò un po’ alterato. –Il vago presentimento, mamma?-
-Uuuh si scoprono gli altarini..!- fu il commento di Bryan, che ghignava con Rosalie.
-Fratello, taci!- lo rimbeccò Adam, e non riuscii a non ridere.
-La situazione ha del comico- commentò Seth, ridendo con mio padre. L’unica che non trovava divertente la scena era mia madre, piuttosto seccata e taciturna.
Finchè non suonarono al campanello, e lei si alzò per andare a vedere chi fosse a quell’ora della sera e che cavolo volesse. Sentimmo un urlo agghiacciante di Emily, seguito da un –Melanie‼- esclamato con tutto il fiato che aveva.
Evviva..era tornata La-Figlia-Prodigio di mammà. Quale gioia immensa..e che sorpresa.
Lo sguardo preoccupato di Bryan e Rose mi fece sciogliere i muscoli che automaticamente avevo irrigidito. Erano quasi sicuramente preoccupati per un mio crollo emotivo per le scene Tutto-Amore di Emily, considerando il mio umore instabile. Rick, più Mammà, più SorellaProdigio, uguale Catastrofe. Allegria! Ma non avevo intenzione di buttarmi giù, non quella sera: stava andando tutto bene, per una volta.
Ed ecco fare l’ingresso con tanto charm Melanie Smith, la secondogenita Bellissima Altissima Purissima (si fa per dire) e Levissima di Emily e Richard Smith, con una Aston Martin per la promozione, che aveva deciso di andare a scuola in Francia, à Paris, la ville lumière. Ullalà.
-Oh papà!- zampettò sui tacchi e abbracciò mio padre, che si era alzato per accoglierla. Era felice di vederla, ma non su di giri quanto mammà.
-Ti trovo bene, Mel..- commentò, guardandola con un sorriso, -E che sorpresa! Potevi dircelo.-
-Volevo farvi una sorpresa!- Mi irritava quell’accento parigino fasullo, e quella erre moscia falsa come giuda. Sei in america, parla americano, benedetta ragazza!, avrei voluto dirle.
-Oh, sei un angelo, tesoro mio!- Mia madre stava tre metri sopra il cielo, non c’è che dire.
Mel poi,miracolosamente, si accorse che c’eravamo pure io e Rose:-Ma ciao sorelle!- Scoccò un bacio a Rose, e venne ad abbracciarmi. Ricambiai la stretta passivamente, per quanto fossi più-o-meno-felice di rivederla. Più che altro, era l’effetto che aveva su mammà a irritarmi, non lei di per sé. Poverina, Melanie non c’entrava nulla; non era colpa sua se tutti la ritenevano una dea.
-Mel, ti ricordi dei Brown, vero? Emma, Seth..e di Bryan e Adam?- Lei guardò i coniugi e sorrise educatamente, annuendo, per poi salutarli con delle strette formali. Dopotutto non li vedeva da tanto, ed era pur vero che non c’avesse legato molto. Poi guardò i fratelli-maschi- Brown, soffermandosi particolarmente su di loro. Bryan sorrideva incerto, Adam non le prestava molta attenzione; stava guardando me, anzi: mi analizzava. Probabilmente era confuso dal mio atteggiamento.
Quando Mel abbracciò Bryan, potei benissimo vedere la sfumatura verde che prese il viso di Rose. Non perché fosse morbosamente gelosa verso il fidanzato perché abbracciava una ragazza-anche perché Bryan più volte abbracciava me, dato che era il mio migliore amico. Era gelosa, semplicemente perché Bryan non abbracciava una persona qualunque. Abbracciava Melanie, la FigliaProdigio per mammà, la SorellaRubaRagazzi per noi. Non era un nome messo a caso.
-Ehm..piacere di rivederti..- il povero Bryan si stava sorbendo attenzioni non troppo gradite da Melanie, e gli sguardi inceneritori di Rosalie, i cui capelli cominciavano a rizzarsi per l’elettricità.
Melanie si staccò da Bry per avvicinarsi ad Adam, con uno sguardo a dir poco..felino. Da predatrice. Non lui, no. Era l’unico pensiero che mi passava per la testa, mentre il mio stomaco si annodava su sè stesso, e la mia pazienza calava d’un botto. La venerazione di mammà ci stava, la macchina sportiva passava, anche se con attrito: ma guardare così Adam no.
Andiamo, era piccolo per lei..perchè non passava oltre? Perché non guardava i figli di altri vicini, dato che i Brown erano già prenotati?
Okay, Adam non era prenotato, ma il concetto era lo stesso. Lei e la sua appendice nasale dovevano girare al largo dai Brown Brothers.
-Adam..come sei cambiato..!- Traduzione: ma come sei figo!
-Mi stupirei se così non fosse..-sarcasmo, appena accennato, tono piatto, sguardo vacuo e non fisso su qualche parte del suo corpo. Grande sollievo.
Risata frivola di mia sorella, sguardo ammiccante, sorriso stucchevole. Conato di vomito.
Andiamo, avevo appena mangiato, non potevo avere certe visioni subito dopo cena! Eh cavolo!
L’indifferenza di Adam però mi faceva un gran piacere.
Poi notò Kate, la mia piccola Kate. Le si avvicinò con un sorrisone a trentadue bianchissimi e perfettissimi denti, -E lei? Nessuno mi ha informata! Come ti chiami tesoro?-
Kate assunse un’aria crucciata, borbottando il suo nome. Mi venne da sorridere; Kate era una bambina piuttosto aperta con tutti. Se non chiacchierava amabilmente con qualcuno, significava che a pelle non le piaceva, e non intendeva approfondire la conoscenza. E brava la mia Patata, lei sì che capiva tutto.
-Ma come sei bella!- Kate non cambiò espressione, e non rispose. Non attaccava, e la cosa mi divertiva da morire. Saltò giù dalla sedia e trottò da Adam, gli fece cenno di chinarsi, e gli sussurò qualcosa che lo fece ghignare. Adam annuì, poi ammicò in mia direzione, lasciandomi perplessa.
-Natalie, Kate deve andare in bagno..ci fai vedere dov’è?- Perché mi chiedevano dove fosse il bagno? Lo sapevano meglio di me dov’era, come conoscevano bene ogni angolo di casa mia. Non dissi una parola, e annuii solamente, portandoli nel corridoio e chiudendo la porta che lo divideva dal salotto.
-Nat..è la tua sorellina?- mi chiese con voce sottile Kate, sempre con quel cruccio tenero.
-Sì..- dissi solo.
Lei sbuffò.-Uffa, è antipatica..-
Io le sorrisi dolcemente, -Tranquilla, piccola, anche a me sta antipatica!- la rassicurai, facendola illuminare tutta.
-Quindi posso farle i dispetti?- chiese, speranzosa. Risi di gusto, annuendo: -Tutti quelli che vuoi, piccola.- Kate mi sorrise allegra e soddisfatta, si allungò verso di me e la assecondai. Mi scoccò un bacio sulla guancia, e tutta sorridente corse fuori dal corridoio, esclamando un –Fatto!- Quella bambina era un mito!
Sentii la mano di Adam posarsi sul mio fianco, il suo braccio a cingermi la vita, e il suo naso a sfiorarmi l’orecchio. Rabbrividii quando sentii il suo respiro sulla pelle: -Poi mi spiegherai un po’ di cose, riguardo a Melanie..ho notato il tuo sguardo..e non mi piace quella malinconia e la tensione che ti fa irrigidire e ammutolire..non sembri nemmeno tu.- Detto questo, sciolse la presa e proseguì nel salotto, lasciandomi lì come un baccalà.
Quando mi sedetti sul divano, insieme a tutti gli altri, capii l’argomento del discorso. Come se non fosse ovvio e scontanto, il centro di tutto era Melanie, la sua media scolastica perfetta e l’accento francese perfetto. In realtà, le uniche che parlavano erano mammà e Melanie, perché papà era distratto, Seth ancor più annoiato di lui, e Emma ogni tanto faceva un cenno. Lei era una maga del “Sorridi e annuisci”, quando non le fregava un emerito carciofo dei vaneggiamenti di mia madre e della sua FigliaProdigio. Quando Emma era interessata,le si illuminavano gli occhi. Mentre ora mancava poco che sbadigliasse per la noia in faccia a mia sorella.
Inutile dire che Bryan e Rose erano estranei alla conversazione, troppo impegnati a parlare fitto fitto uno nell’orecchio dell’altra, fingendo di scambiarsi effusioni. Quando facevano i piccioncini, entrambi avevano tutta un’altra faccia; sembravano in un mondo fatto di zucchero filato, mentre ora sembrava quasi che stessero progettando chissà quale piano. Se avessero avuto intenzione di evadere, io mi sarei accodata tranquillamente.
-Rose e Bry non me la contano giusta..- mormorò Adam, facendosi sentire solo da me.
-Sì, decisamente. Staranno progettando un omicidio, chi lo sa!- scherzai.
-E certo, così mia madre indaga su quello e non sulle nostre vite! Quella donna sa anche quante volte andiamo al gabinetto, oramai.- Ridacchiai alla risposta di Adam, pienamente d’accordo. Emma era davvero un mito di donna.
Kate sbagliglò rumorosamente, le palpebre che le cedevano, gli occhi stanchi e la testa a ciondoloni.
-Emily, credo che sia ora di andarcene..Kate è distrutta..- Emma si alzò dal divano e prese in braccio Kate, che ormai era più di là che di qua. Anche Seth e la moglie però erano stanchi. Era stata una serata piuttosto noiosa per i nostri standard; per fortuna che almeno l’inizio era stato movimentato.
Mi sporsi a salutare Emma con un abbraccio veloce, non volevo trattenerli ancora, Kate era stremata. –Ciao tesoro..- mi sorrise la signora Brown, e io ricambiai. Diedi un bacio veloce a Kate, che socchiuse gli occhietti stanchi.
-Nat..quando giochi con me..?- Mi intenerii da morire, e sorrisi calorosamente alla piccola Kate.
-Quando vuoi piccola. Lo dici alla mamma che mi chiama, oppure vieni qui con Adam o Bryan, non c’è problema.-
-E’ stato un piacere rivederti, Melanie..- Seth stava salutando con una stretta di mano la Figlia-Prodigio di mammà.
-Oh, il piacere è stato mio, Seth.- si voltò e sorrise civettuolmente a Adam e Bryan. –Spero di rivedervi presto!-
Bryan prese la parola. –Oh, non mancheremo, tranquilla.- Rose diede una gomitata poderosa nelle costole del fidanzato, che ridacchiò. –Ci vediamo domani Rose..- Bry sorrise dolcemente a mia sorella, che si fiondò tra le sue braccia, stringendolo forte e dandogli un bacio a fior di labbra.
Mel rimase stupita: ma come, non sapeva che erano fidanzati?
I Brown uscirono da casa mia, e rimasi perplessa quando Adam non mi fece nemmeno un cenno. Brutto maleducato schizofrenico e lunatico! Avevo voglia di seguirlo e prenderlo a sberle! Ma guarda te, se un amico doveva comportarsi così!
-Ehi, Nat, che ti prende?- Rosalie ghignava; ma cos’è, avevano preso tutti la mania del Leggiamo La Mente Altrui? Va beh che Rose non si doveva sforzare molto per capirmi, come io intuivo quello che le passava per la testa con uno sguardo. Però, almeno, non doveva prendermi in giro!
Le grugnii contro, procedendo spedita verso la mia camera.
-NAT!- ed eccola, mammà che mi chiamava. Ma no, si ricordava di me? Che onore. –Stanotte dormirai con Rose, lascia la tua stanza a Mel, sarà stanca per il volo povera cara..- Ah, ecco. Oltre il danno, la beffa. Mi sembrava strano che mammà non dovesse ordinarmi qualcosa, o che non dominasse la Figlia Prodigio.
-Okay.- risposi solo, proseguendo comunque verso la mia camera per recuperare un pigiama. Salutai i miei con un cenno, sorrisi in modo tirato a Melanie, e andai in camera di Rose, dove mia sorella mi raggiunse poco dopo. Appena Rosalie poggiò il capo sul cuscino, si addormentò. Beata lei, aveva quella fantastica capacità di addormentarsi ovunque e in qualunque momento.
Io invece rimanevo a girarmi sul materasso, irritata ancora per il non-saluto di Adam.
Uffa, era un maleducato. Non poteva andarsene così, almeno un cenno poteva farlo; ma da lui, forse era chiedere troppo.
Continuai a pensare senza sosta, cercando di mettere dei punti fermi e delle certezze in questo periodo, dopo tutte le cose che erano successe. Jim, Adam, Rick, Melanie..mi facevano girare la testa. Era anche vero che Adam, era diventato uno di quei –maleducati- punti fermi in questo periodo.
Il mio fiume infinito di pensieri venne interrotto da un ticchettare al vetro, piuttosto irritante. Guardai la sveglia, constatando che fosse quasi mezzanotte. Ma chi cacchio era? Mi alzai e andai a guardare alla finestra, trovandomi niente popò di meno che Adam, in tuta e giubbotto pesante.
-Scendi, veloce!-

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Capitolo 12
*** Il rifugio segreto ***


Buondì, ragazze :D Mi sento realizzata XD Sono riuscita a rispondere alle recensioni, e pure ad aggiornare presto, senza far passare anni xD Cioè, non è cosa da poco u.u
Comunque...Adam è davanti alla finestra di Natalie..che vorrà a quell'ora da Natalie? E lei lo seguirà, incavolata com'era per il non-saluto? (okay, questo è ovvio xD) Però è bello mettere suspance U.U xD Spero che il capitolo vi piaccia come è piaciuto a me scriverlo xD
Forza, chicas, voglio un URRA' per Addy xD
Okay, basta rompere le scatole ^^"
Buona lettura (o.o spero lo sia xD)

Capitolo 12.
Il rifugio segreto



-Scendi, veloce!- sibilò, facendomi cenno di andare giù.
Lo guardai male; cioè, prima manco mi salutava, ed ora pretendeva tutto e subito? Chi credeva di essere? Le mie occhiatacce le meritava proprio tutte.
-Natalie!- insistette, e siccome non volevo che svegliasse le nostre famiglie e tutto il vicinato, feci un cenno affermativo e scesi giù in cortile munita di piumino. Faceva un freddo boia, tra l’altro era notte fonda e c’era umido. Se mi fossi ammalata, l’avrei picchiato a sangue.
Lui mi guardò con un sopracciglio alzato, le braccia incrociate al petto e il piede che batteva sull’erba congelata. –Finalmente! Aspettavi l’alba?- fece, ironico.
-Che vuoi?- ribattei, mezza balbettante. Sentivo il freddo arrivare dritto dritto nelle ossa; il pigiama pesante e il giubbotto non riuscivano a tenermi al caldo. Maledetto Brown e la sua voglia di farci morire assiderati.
-Scommetto che sei arrabbiata perché non ti ho salutata.- dedusse. Oh, ma che bravo: aveva scoperto l’acqua calda. –Non prendertela, avevo già in mente di rivederti ora.-
-Ma grazie. Molto intelligente non salutare le persone perché hai programmato di svegliarle nel cuore della notte e farle scendere in pigiama nel giardino con un freddo polare. Ti sei superato, Brown.-feci, acida.
Lui alzò un sopracciglio, irritato. –Pensavo avessimo superato la fase Cognomi e Frecciatine.-
Sbuffai, da quando era così diplomatico? -Sono arrabbiata, e quando sono arrabbiata è inevitabile.-
Lui accennò un sorrisino. –Vedrò di rimediare.- Senza che me ne rendessi conto, mi prese per mano e mi trascinò accanto al muretto che divideva casa mia da casa sua. Adam afferrò dell’edera e cominciò ad issarsi sulla parete, per poi accucciarsi in cima, sorridendo soddisfatto. Molto agile. Peccato che io non fossi Spiderwoman, e anche senza esagerare, non avevo un briciolo dell’agilità di Adam. Sarei caduta e mi sarei spezzata l’osso del collo quasi sicuramente.
-Dai Nat, vieni su.- m’incitò.
-Ma sei cretino? Mi uccido!- ribattei, cercando di non alzare troppo la voce.
-Non è difficile, fai come ho fatto io.- Sbuffai, e cercai di fare come diceva lui. Arrivata in cima al muretto, quasi mi venne da urlare per la paura. Non era molto alto, ma abbastanza per farmi girare la testa. Io soffrivo di vertigini solo al secondo gradino della rampa di scale, e dicevo tutto.
-Una scala, no?- sibilai, mentre Adam soffocava una risata. Mi porse una mano, rialzandosi con cautela. Mi trascinai, terrorizzata, vicino a lui e l’afferrai saldamente, spalmandomi contro di lui. Stavo sudando freddo, per colpa di quel demente suicida. Ero decisamente terrorizzata dall’altezza. Per di più, essendo notte fonta c’era buio, e se guardavo in basso mi sembrava di sprofondare nell’oblio. Mi chiedevo come avrei fatto a scendere-sempre che non fossi morta prima per il freddo, e/o per una caduta ad angelo giù dal muretto.
Mi fece strada, tenendomi forte, fino ad un albero che interrompeva il passaggio. Adam lasciò la mia mano per arrampicarsi tra i rami, e io lo seguii incerta, finchè non sparì tra le foglie. Sentii un tonfo, e pensai immediatamente che si fosse spiaccicato al suolo. –Adam..?-
Sentii chiaramente la sua risata, smorzata e soffocata per non far troppo rumore.
-Mi sento lusingato..finalmente mi chiami di nuovo per nome.-
-Cretino!- sibilai in risposta, arrancando fino ad un ramo a cui mi attaccai forte.
-Dai, Natalie! Muovi quel bel culetto che ti ritrovi!- Eh? Che cosa mi ritrovavo io?
Riuscii a schiodarmi dalla posizione in cui ero solo per il semplice fatto che volevo prenderlo a pugni e fargli confiare quel faccino da schiaffi. Mi intrufolai tra i rami, e mi ritrovai su di una base di legno davanti a..
-La mia casetta sull’albero.- disse Adam, aprendo le braccia per mostrarla, e sorridendo della mia faccia stupita e confusa.
-Perché non sapevo della sua esistenza?- domandai, guardandola bene; era davvero carinissima, col tettuccio persino riverniciato di rosso.
Era assurdo non averla mai notata, dato che era attaccata al muretto di casa mia. -Sei proprio sbadata, Natalie Smith..- Mi portò dentro alla casetta, con dentro un sacco a pelo e una chitarra.
Lo guardai con un sopracciglio alzato. -Ho capito tutto. Mi hai svegliato per mostrarmi dove ti ritroverò ibernato domattina.-
Lui ghignò. –Se mi iberno io, lo sarai anche tu.-
Mi accigliai, incrociando le braccia al petto. –C’è un solo sacco a pelo.- notai.
Adam fece il suo sorriso sghembo, quello che usava per far capitolare le ragazze.
-Prima regola base per la sopravvivenza. Basta rimanere vicini vicini, per stare al calduccio.- Ammiccò, -Nudi, pelle contro pelle è ancor meglio, ci si scalda prima.-
Lo guardai scettica. –Le cose sono due: o è un messaggio subliminale per chiedermi di venire a letto con te..oppure mi stai prendendo per il culo.-
Adam scoppiò a ridere, sedendosi sul sacco a pelo.
-Ti prendo in giro, ovviamente..adoro imbarazzarti. Però non scherzavo sulla regola base della sopravvivenza-.
-Idiota..- sibilai, sedendomi accanto a lui e mollandogli una gomitata, mentre rideva ancora. Poi mi sporsi per prendere la chitarra, e sorrisi a Adam. –Me la suoni? E’ da un po’ che non ti sento farlo..- Lui mi guardò stupito, e io feci un cenno insistente, senza ovviamente rispondere alla sua muta domanda. L’afferrò, e cominciò a strimpellarla. Era bravissimo. Rimasi a bocca aperta quando cominciò a cantare. La canzone era bellissima. Lui era bellissimo, mentre suonava.
Mi stupii io stessa del mio pensiero, ma ero troppo presa ad ascoltarlo e a guardarlo incantata, per redarguirmi. Adam era semplicemente una continua scoperta, e oramai qualsiasi aggettivo gli affibbiassi era un superlativo assoluto.
Quando finì di suonare, si voltò a sorridermi imbarazzato.
-E’ bellissima..la canzone- balbettai, ancora scossa. Se Adam pensava realmente le cose che cantava, allora non mi stupivo che mi capisse. Sembrava fosse confuso quanto me.
-Sai..-disse, riponendo in un angolo la chitarra, -questo è il posto mio e di Kate..-
Sorrisi appena. –Sono un’intrusa, allora.- Dedussi, dandogli una leggera spintarella con la spalla.
Lui sorrise appena, guardandomi con la coda dell’occhio. -Non credo che a Kate dispiaccia, dato che per lei sei una sorella pari a me..- ribattè, con un’aria saccente.
-Ma allora sarebbe un incesto..- commentai, fingendomi allarmata e sconvolta.
Adam mi guardò confuso. Ridacchiai, e gli spiegai: -Be’, se sono sorella di Kate, sono anche sorella tua..e se mi volessi portare a letto, lo sarebbe, o sbaglio?- La sua faccia era impagabilmente sconvolta. Scoppiai a ridere, e poco dopo mi seguì anche lui. –Sembri la suora di turno, ma in realtà sei una vera diavoletta!- e prese a farmi il solletico senza pietà. Eh, suora?Io?
Cercai di ribellarmi, ridendo e pregandolo, finchè non mi lasciò respirare.
-Sai, Adam..ci sono tante cose che ancora non sai di me..- mormorai, riprendendo fiato, -E tante che non saprai.- feci con una nota maliziosa, rivolgendogli un sorriso mellifluo. Lui mi guardò sorpreso, sbattendo le palpebre. Rotolai su di un fianco, per vederlo meglio, e mi avvicinai pericolosamente al suo viso. Era un rischio per me, quanto per lui, questa vicinanza, ma non mi fermai. –Non vedrai mai la diavoletta che è in me..-
Quando sentii il suo respiro sulla pelle, decisi che era meglio per entrambi che mi fermassi lì. Adam mi guardava con gli occhi spalancati, il verde delle sue iridi sembrava illuminare quella piccola casetta.
-Cos’è..il gatto ti ha mangiato la lingua?- mormorai, ridacchiando. Mi allontanai dal suo petto, rimettendomi seduta composta. Si sistemò pure lui, ancora con uno sguardo stralunato.
Fece una risatina nervosa, e parlò con una vocetta stridula: -Natalie..sei davvero..sorprendente..- Scosse la testa, espirando forte e riprendendo contegno.
-Che..dicevamo?- domandò, picchiettando le dita sulla sua coscia.
Risi, -Di sorelle e incesti- gli ricordai, facendolo sorridere.
-Ecco, di questo dovevamo parlare, e non dei tuoi lati selvaggi.- ricordò, ghignando. Gli diedi una gomitata nelle costole, e lui tossicchiò.
-Beh,-dissi, -spara.-
Piantò gli occhi nei miei, -Perché hai avuto quella reazione, quando hai sentito il nome di Melanie?- Era stato diretto, schietto, e pretendeva una risposta.
Indugiai qualche istante, cercando di formulare un pensiero coerente di fronte a quello sguardo stravolgente.
-Sai..io vedo te, Bryan e Kate con i tuoi genitori..e penso che la vostra famiglia sia bellissima, perfetta nei suoi screzi e problemi di tutti i giorni. Siete uniti, e vostra madre stravede per ognuto di voi; vi vuole bene, a ognuno in un modo diverso, ma assolutamente devoto e adorante. Vi adora in modi diversi, perché voi siete diversi, ma non fa differenze.- Adam rimaneva ad ascoltarmi, respirava perfino piano per non disturbarmi. Proseguii, ora con più sicurezza, con voglia di parlarne con qualcuno, di sfogarmi. –Mia madre non fa altro che ricordarmi, ogni volta che discutiamo, che su tre figlie sono la più problematica..non conta che mi faccio un culo così per dare il massimo in tutto quello che faccio, per lei, per farla sentire orgogliosa di me..perchè alla fine l’unica che conta veramente per mia madre è Melanie..è sempre stata la preferita, la sua Melanie, la figlia prodigio che ha voluto frequentare la scuola in Francia..magari Emily non se ne rende conto, però io e Rose ci stiamo male..sembra che tutto quello che facciamo vada nel cesso..- mi accorsi solo quando Adam prese tra le sue braccia, di star piangendo. Singhiozzai sul suo petto, bagnandogli il giubbotto, -Io non sono Melanie, ed essere Natalie evidentemente non è abbastanza..non sono all’altezza di una sorella come lei..-
-Sh, sh..No, Nat, non dirlo nemmeno..sei una ragazza fantastica,davvero, non hai nulla da invidiare a Melanie. Credimi, io preferisco una Natalie sé stessa, allegra e un po’ sbadata, a una Melanie con la puzza sotto il naso e la minigonna..- Mi fece ridacchiare, e mi staccai da lui sorridendogli appena. Tirai su col naso, e proseguii. –Beh..se poi non si è notato..mia sorella è una persona piuttosto falsa e approfittatrice..mia madre ha ancora la convinzione che sia ancora una ragazza inviolata, santa e devota alla castità…quando era ancora qui, mia madre era tutta soddisfatta perché diceva che la sua bambina era così bella da attirare ragazzi come mosche..beh, non le volevo rovinare il mito dicendole che si comportava da troia già a dodici anni..- Adam rise apertamente, poggiando la fronte contro la mia spalla.
Sospirai, sconsolata. –La cosa peggiore è che non aveva scrupoli nemmeno con i ragazzi che piacevano a me e Rose..- Adam si accigliò.
-Davvero?- fece, stupito.
-Non solo. Anche con i nostri ragazzi. Prima che Rose s’innamorasse di Bryan, è stata per più di un anno con questo tipo..quando si sono lasciati, ha scoperto che lui l’aveva tradita più volte con Melanie..ma era già partita per la Francia, probabilmente per salvarsi il culo da Rose..- raccontai, innervosita ancora al pensiero. –Melanie non sa che sappiamo..Rose non l’ha mai dimenticato..per quello che stasera era gelosissima..stava per scoppiare, quando Melanie ha abbracciato Bryan. Glielo leggevo in faccia,l’ avrebbe presa per i capelli e l’avrebbe rispedita da dov’è venuta con un calcio nel culo..-
Adam fece una faccia stupita e ridacchiò. –Devo ribadire quel che ho già detto: preferisco mille volte una sbadata suora diavolessa, piuttosto che Melanie.-
Lo guardai attentamente: -E io che pensavo che mia sorella fosse il tuo ideale di ragazza..-
Adam mi guardò fintamente allibito.-Chi mai ti ha fatto pensare tali ingiurie?-
-Tu!- Rise.
-Guarda che non sono una sottospecie di puttaniere, Natalie!- mi rimbeccò. Anche se era divertito, i suoi occhi sembravano volermi convincere di quel che diceva. –Sì, è vero, ci provo, anzi provavo, con le ragazze, ma non sono tipo da una scopata e ciao ciao!-
-Le ragazze della nostra scuola però ti dipingono in un altro modo..-
-Natalie, quelle galline non potrebbero vantarsi con le altre dicendo di non aver concluso niente, no? Sì, beh, con qualcuna ci sono stato. E parecchie ingrandiscono le cose; da un bacio sulla guancia sono capaci di dire che siamo andati a letto insieme, per cui..- Rimanemmo in silenzio entrambi. A che punto eravamo arrivati? Io accusavo come una fidanzata gelosa e lui si difendeva come un fidanzato colpevole, e tutto era partito come una battuta.
Il silenzio lo ruppe lui.-Mi dispiace di aver toccato un tasto che ti fa soffrire, Natalie..non volevo che piangessi a causa mia..-
Gli sorrisi, per tranquillizzarlo. –Non preoccuparti, sono felice di averne parlato anche con te..voi Brown avete un qualcosa di speciale che mi porta a spifferarvi tutto quasi contro la mia volontà!-
-Anche Bryan lo sa?- domandò stupito Adam.
-Beh, tuo fratello è il mio migliore amico!- gli ricordai. –Ma Adam..tu hai davvero intenzione di dormire quassù?- chiesi, sbadigliando.
Adam sorrise. –Certo che sì. E ovviamente starai qui anche tu, perché ti ammazzeresti a scendere, col buio che c’è.-
Sbuffai, -Se morirò congelata mi avrai sulla coscienza.-
-Hai freddo?- domandò Adam, che aveva riappoggiato il viso sulla mia spalla.
-Un po’..- ammisi. Mi fece spostare un istante, e s’infilò nel sacco a pelo, invitandomi a raggiungerlo. Non mi feci pregare, e lo imitai mettendo da parte l’imbarazzo solo perché in realtà stavo surgelando.
-Sì, sei decisamente congelata..vieni qui.- Rimasi un attimo sorpresa, quando mi avvolse i fianchi per stringermi al suo petto. Però Adam era caldo, e un ottimo cuscino, e non impiegai molto a calmarmi e a sciogliere i muscoli tesi.
Rimanemmo a chiacchierare per non so quanto tempo, in quella posizione, una stretta all’altro. So solo che mi sentivo benissimo accanto a lui, e che se fosse stato per me, sarei potuta morire in quel momento, ibernata, e non me ne sarebbe fregato di meno. Era bello avere Adam come amico. Era appagante, e mi scaldava il cuore- e in quel momento, anche tutto il resto.
Mi ero addormentata con il suo respiro caldo che mi sfiorava il viso delicatamente, e la sua voce che canticchiava una melodia dolcissima.
.
Quando aprii gli occhi, mi sentivo piuttosto confusa e indolenzita. Non ci misi molto a notare che non mi trovavo nel mio letto, e soprattutto non nella mia stanza. Ero accoccolata comunque contro qualcosa di caldo e morbito, che riconobbi come Adam. Feci mente locale, e mi ricordai della serata passata nel rifugio segreto suo e di Kate.
Stava ancora dormendo; il respiro cadenzato, i capelli arruffati e la bocca leggermente dischiusa. Sembrava un angioletto, era assolutamente tenero Adam mentre riposava. Mi ritrovai a sorridere debolmente, mentre sfilavo una mano sal sacco a pelo e sfioravo il suo viso in una carezza debolissima. Le sue palpebre tremolarono, e ritrassi subito il braccio sotto le coperte, per paura che si fosse svegliato e che si fosse accorto del mio gesto di eccessivo affetto. Mi sentivo strana, quella mattina. Era tutto così diverso e assurdo che mi girava la testa. Eppure ero felice, talmente tanto da poter toccare il cielo con un dito. Me ne sarei stata per sempre così, tra le braccia di Adam, a guardarlo dormire in pace con i sensi, senza far niente. Non avrei avuto bisogno di mangiare, di bere..anche respirare mi sembrava quasi superfluo in quel momento, se non fosse che se non avessi respirato non avrei sentito il buonissimo profumo di Adam.
Mi rendevo conto che quei pensieri non erano propriamente da me. Non con Adam Brown, almeno. Perché, insomma..da nemici giurati, stavamo passando a una bella amicizia..ma qualcosa dentro di me si rifiutava di accettarlo. E, tanto per precisarlo, quella parte era il mio cuore. E non ne capivo il perché.
O forse, mi rifiutavo solo di pensare a quello che avevo paura di ammettere.
Che non volevo ammettere, perché avrebbe concretizzato tutto.
Adam accennò un sorriso, e sbattè le palpebre, mostrandomi tutta la bellezza dei suoi occhi illuminati da un raggio di sole filtrato tra le foglie fuori dalla finestrella della casetta sull’albero.
-Buongiorno.- dissi, sorridendogli.
-‘Giorno..- mugugnò, stiracchiandosi un po’.-Vedo che non sei un ghiacciolo vivente, quindi niente tua anima sulla coscienza. Credo che tu mi debba delle scuse per la tua scarsa fiducia.- mi pungolò, con un sorrisetto sghembo. Quando poteva essere bello un dannato sorriso?
-Certo che non ti chiedo scusa!- esclamai, dandogli una pacca sulla spalla.
-Ahio..- si lamentò, mettendo su un broncio degno di un cagnolino sfrattato da casa e abbandonato sulla strada. –Sei crudele..in più che ti ho fatto da stufa elettrica per tutta la notte..-
-Mi pare il minimo!- l’apostrofai, piccata, -Dopo avermi bloccata quassù, col freddo polare di ieri sera!-
Lui fece un sorrisetto malizioso.-Ammetti che ti è piaciuto dormire appolipata a me..-
-Non ho dormito appolipata a te!- starnazzai, sentendo le guance diventare rosse inevitabilmente, -Al massimo, sei tu quello che mi usava come orsacchiotto!-
Lui fece una faccia da spaccone, quella che m’irritava e divertiva al tempo stesso.
-E certo che ti ho confusa per un peluche..sei tutta morbidosa!- e detto ciò, tastò i miei fianchi, pizzicandoli da sotto il giubbotto pesante che portavo. Sussultai, e gli diedi un’altra sberla sul braccio.
-Sei un cretino Brown!- sibilai, fintamente indignata.
-Vuoi un bacino come punizione per la mia sfacciataggine?- chiese, con una faccia che era tutto un cinema.
-Ovvio che no! Sarebbe un premio, mica una punizione!- gli feci presente, piccata. Ridacchiò, finchè non ripiombò il silenzio tra di noi. Ma non era imbarazzante. Era caldo, accogliente.
Venne rotto da una sua domanda: -Che ore saranno?-
Mi strinsi nelle spalle, -Non ne ho idea..ma tanto è sabato oggi.- gli ricordai. Non avevamo lezione, quindi anche se fosse stato tardi non ci sarebbero stati problemi.
Sentimmò un urlo che ci pietrificò. -Oddio, dov’è Adam!?- Emma sembrava in panico.-Bryan, rispondimi!- Colui che mi aveva usato come orsacchiotto rise sui miei capelli, facendo volar via il mio cuore.
-Non ne ho idea mamma!- ribattè il fratello di Adam, e lo immaginai alzare le mani in segno di resa. In quel momento, sentimmo un rumore di ante che sbattevano, e ci giunse un’imprecazione di Rosalie. Le nostre case erano così vicine che dalla casetta di Kate e Adam si poteva sentire tranquillamente tutto ciò che succedeva, se le finestre erano aperte.
Lì fu il mio turno di ridere, contro il petto di Adam, finchè l’idea che tra poco saremmo dovuti tornare a casa, e quindi separarci, mi fece raggelare. Non ne avevo assolutamente voglia.
Anche Adam probabilmente pensò a ciò che temevo, e diede voce ai miei pensieri.
-Tra poco dovremo scendere..- disse piano, -Forse è meglio non con Rose alla finestra a lanciare maledizioni. Appena possiamo…- Annuii appena.
Gli ultimi istanti li passammo in silenzio, poi mi districai dalle coperte e Adam mi seguì. Sembravamo dei ladri, che sgattaiolavano di soppiatto da una casa.
Scendemmo dalle scalette attaccate all’albero, poi Adam mi fece fare il giro-fortunatamente- della casa e dopo avergli fatto un cenno, corsi nel mio giardino e m’infiltrai silenziosamente in casa. Salii le scale senza essere beccata, e m’intrufolai in camera di Rose, e pensando di essere al sicuro, sospirai di sollievo.
-Dove. Cavolo. Sei. Stata.- sussultai, voltandomi e appiattendomi contro alla porta, trovandomi di fronte una Rose sconvolta e furente.
Accennai un sorrisino. –Ho fatto jogging presto..molto presto.-
Rose alzò un sopracciglio, nella tipica espressione alla Sherlock. –In pigiama..?-
Il mio sorrisino diventò più incerto. –Sì..non avevo molta voglia di cambiarmi..ero così comoda!-
-E con le pantofole, ovviamente.-
Okay. Ero nei pasticci. Mannaggia a me!
-Sei fortunata che non l’ho detto a mamma.- borbottò Rose, -ma dimmi dov’eri.-
Il sorriso incerto divenne imbarazzato, mentre sentivo le guance arrossarsi. Mi lasciai cadere sul secondo letto improvvisato nella stanza di Rose, con un sospiro. –Non hai fatto niente di male, vero?- domandò. Mi guardò in faccia, e si rasserenò. –Sei euforica, Nat. E io sto morendo di curiosità. O me lo dici o te lo cavo fuori con la forza!- mi minacciò, accennando un sorrisino.
-Ero con Adam..- confessai. Mia sorella rimase di stucco, immobile per qualche istante. Scoppiò in un urlo estatico, battendo le mani e mettendosi a saltare per la stanza, e fui io lì a rimanere perplessa.
Rose si fiondò a due millimetri dal mio naso, fissandomi intensamente.-Cos’è successo tra voi?-
-Niente di che..- e le raccontai della serata trascorsa, di come mi fosse aperta con lui riguardo a Melanie, alle mie paturnie mentali, di come ci fossimo stuzzicati e di come avessimo dormito abbracciati per tutta la notte.
-Oddio..- Rose mi guardava con gli occhi a cuoricini.-Quel ragazzo è un angelo!- ovvio che lodasse Adam..ormai tutti stravedevano per lui.
-Ma c’è qualcosa di diverso, nel tuo sguardo, sorellina..- disse, scrutandomi attentamente. Mi sentii ribollire.
-Non c’è nulla di diverso, in me. Sono sempre io, Rose. Hai preso un granchio.- dissi frettolosamente, alzandomi e spogliandomi il giubbotto, per poi chiudermi nel bagno. Sentivo il cuore battere forte nel petto.
Mi guardai nello specchio. I miei occhi scintillavano, talmente erano lucidi, e le mie guance ricordavano tanto due pomodori maturi.
Oh cazzo, no.
Mi sciacquai il viso e mi lavai i denti, recuperando un po’ di contegno.
-Che ore sono?- chiesi a Rose, mentre rientravo in camera. Lei si guardò al polso, e si strinse nelle spalle:-Poco più delle nove e mezza.-
-E come mai sei sveglia a quest’ora?- la guardai perplessa, con un cipiglio.
Mia sorella fece un sorriso furbo: -Non ti sentivo russare e mi sono preoccupata!-
Aprii la bocca, indignata. –Ma io non russo!- ribattei.
Rosalie rise, -Oh sì che russi! E anche tanto! Mi stupisco che Adam non ti abbia buttata giù dall’albero!- Diventai paonazza dall’imbarazzo e mi buttai su di lei, cercando di soffocarla con il cuscino che avevo agguantato, dando vita ad una vera e propria battaglia all’ultima piuma.
Quando, tra le risate, ci accorgemmo di aver rotto una federa, e alcune piume svolazzavano per la stanza, decidemmo di darci un contegno.
-Ehi, ma che succede qui? Mi avete svegliata!- Io e Rose ci voltammo verso la porta, da cui sbucava una furente Melanie, impiastricciata di maschera di bellezza verde sul viso, con un cetriolo sull’occhio, e l’altro nella mano sospesa a mezz’aria.
-Scusa..- fece Rose, storpiando il suo viso in tutte le smorfie possibili per trattenersi dallo scoppiarle a ridere in faccia.
-Mh.- Melanie si richiuse la porta alle spalle con un tonfo, e dopo un solo istante, io e mia sorella scoppiammo a ridere fragorosamente, incuranti che Melanie ci potesse sentire.
-Era..ridicola!- ansimò Rose, tra un singulto e l’altro, trattenendosi la pancia. Si lasciò andare sul materasso pesantemente, mentre cercava di riprendere fiato.
-Oddio..- esalai, ancora con un sorriso divertito sulle labbra. –Questa era da immortalare..mi sarebbe piaciuto appendere i manifesti per tutta la città...-
Rose si aprì in un sorrisetto ambiguo, e si alzò di scatto, frugando nel suo cassetto. Ne tirò fuori la macchina fotografica digitale, mi lanciò uno sguardo d’intesa, e tra vari sghignazzamenti, la seguii nel corridoio.
Si sentiva il respiro pesante di mio padre, e mia madre evidentemente era uscita. Ci avvicinammo alla mia stanza, da cui proveniva un canticchiare stridulo di Melanie.
Rose bussò, con un ghigno.
-Chi è là?- Alzai un sopracciglio: ma come parlava questa? Scendi dal piedistallo, pensai, non sei una vera principessa.
-Colazione in camera.- fu la risposte geniale di Rosalie. Melanie non aspettò due istanti ad aprire la porta, adorando essere servita e riverita. E in quel momento, Rose, esclamando un “sorridi?”, scattò la foto a Melanie. Due secondi di silenzio inquietante, dove io e Rose ritenemmo saggio battere in ritirata nella sua stanza, per poi sentire un urlo allarmato di Melanie. Rose chiuse la porta a chiave, ridendo in modo quasi convulso davanti alla versione di Shrek-Melanie.
-Mel, che ti pren…Ma che hai sulla faccia?- sentimmo la voce di papà sul pianerottolo. L’urlo di quella gallina lo aveva svegliato e spaventato. Ma forse, non quanto il suo aspetto attuale. –AAAAH!- ringhiò Melanie, furente, sbattendo la porta. Scoppiai a ridere di gusto, imitata da Rosalie, finchè non sentimmo bussare alla camera. Rose si alzò ed aprì, rivelando papà piuttosto perplesso.
-Ho due domande da farvi. Uno: che le avete fatto? Due: anche voi mettete quelle robe schifose sulla faccia?-
Rose ridacchiò: -Le abbiamo solo scattato una foto!- disse, mostrando la prova e facendo sorridere papà. –E comunque no, noi no. Ma spera che la mamma non la veda, rischia di prenderla come esempio o ti ritrovi un’orchessa nel letto!- scherzò. Papà sorrise. –Nono, mi basta una figlia con il viso verde!- e amicò, -Fate le brave!- e richiuse la porta alle spalle.
Rose si spaparanzò sul letto, nuovamente.-Fortuna che non aveva ancora tolto quella roba dalla faccia!- commentai, ammirando il mostro sulla fotocamera digitale. –Questa la voglio far vedere a Adam!- aggiunsi, ridacchiando. –Gli verrà un infarto!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. L'ho sempre detto io che la sfiga mi assilla..! ***


Hm, hm. Buondì! :)
Urca urca, ci ho messo un pochetto a scrivere questo capitolo..ù.u
Però ora ci sono, e non ho intenzione di fermarmi qui u.u Vi avviso: sarà un capitolo un po' movimentato per Nat...poera stela...**
Diciamo che capitano tutte a lei ù.u Come una pioggia di meteoriti sulla testa :P Sappiamo tutti che se Natalie Smith non ha un problema, c'è da preoccuparsi, no? xD Nemmeno stavolta si è smentita.
Chiedo scusa per il ritardo u.u Cercherò di essere un po' più veloce, anche se ho paura che quando ricomincerà la scuola ci saranno un po' di problemi..almeno per i primi di settembre con le prove d'ingresso, per il resto credo che sarò più facilitata. Ma non fasciamoci la testa prima di rompercela! U.U
Godetevi questo capitolo! Spero che non sia troppo scorretto o così schifido... Vabbè, buona lettura.
(U.U) Parola chiave: vi ricordate di Rick?
Capitolo 13. L'ho sempre detto io che la sfiga mi assilla..!
“Programmi per il pomeriggio?” così esordì Kim al telefono.
“Ciao anche a te, amica mia!” ribattei, divertita, avviandomi in camera di Rose con un pacchetto di patatine in una mano e il cellulare nell’altra.
Sì certo, ciao. Allora?” chiese, spazientita. Alzai gli occhi al cielo.
“No, niente impegni. Perché?” dissi, spaparanzandomi sul letto comodamente, mentre mia sorella era impegnata in una lettura molto interessante di un giornaletto per teenager, al mio fianco.
“Oh bene! Che dici di uscire a fare una passeggiata e prenderci qualcosa di caldo, e poi andare a cena nella nuova pizzeria che hanno aperto?” propose, eccitata. Mi strinsi nelle spalle. “Okay, penso si possa fare. Tra poco tornerà mia madre: le chiederò, e ti avviso.”
“D’accordo! Un bacione, Nat!” detto ciò, riattaccò. Scossi la testa, divertita. Kim era una pazza.
“Esci?” domandò Rose, allungando una mano verso il sacchetto e prendendo qualche patatina.
“Così pare. Chiedo a mamma appena torna.”
Rose scosse la testa, sgranocchiando tranquillamente, e mi guardò con fare accorato. “No, chiedi a papà. Lui ti darà il permesso e mamma non lo contraddirà.” Consigliò, sputacchiando. Ridacchiai, e dopo averle rubato qualche altra patatina, me ne uscii della stanza per cercare mio padre in giro per la casa.
Fortunatamente, Richard non ebbe da ridire sulla mia uscita, perciò, dopo un pranzo silenzioso e pieno d’imbarazzo, in cui solo nostra madre blaterò qualcosa con Melanie -che ancora era arrabbiata per la foto- mi prodigai a trovare qualcosa di carino da mettermi sia per il pomeriggio che per la sera.
Grazie al cielo, avevo Rosalie Smith come sorella, il cui nome era leggenda, che ebbe la geniale idea di darmi una mano con il look, ed oltre a prestarmi un paio di suoi jeans stupendi e una maglietta favolosa, mi aiutò a sistemare i capelli –diventati una massa informe di paglia sbiadita- e a sistemare le mie innumerevoli imperfezioni, rendendomi quasi carina.
Mentre ammiravo ancora una volta lo scatto fortuito di stamattina della faccia verde di Melanie, mi venne un’idea. Scesi quasi di corsa le scale, con le lamentele di mia madre a fare da sottofondo, e dopo aver indossato al volo il mio giubbotto feci i cinque passi che dividevano casa mia da casa Brown, e suonai il campanello. Il caso volle che mi aprisse proprio chi cercavo, e con un sorriso largo quanto l’equatore, salutai Adam. Lui sembrava altrettanto allegro: evidentemente dormire allacciati come cozze portava buonumore ad entrambi.
“Ehi! Quale buon vento ti porta qui?” chiese, con un sorriso da infarto. Mi concessi qualche istante per riprendermi, davanti a quel capolavoro mozzafiato, prima di rispondergli. “Ti va di uscire con me e le mie amiche? Facciamo un giro in città, e poi stiamo fuori a cena alla nuova pizzeria..ti andrebbe?” domandai, col cuore in gola, un po’ per la sua presenza, un po’ per la richiesta. Se non avesse voluto, mi sarei messa il cuore in pace..anche se volevo davvero passare altro tempo con lui.
“Sei sicura che le tue amiche mi vogliano?” incalzò. Aveva sempre quel sorrisetto divertito e sereno che rischiava di far andare il mio cervello in corto circuito.
“Mi sembra alquanto superfluo ricordarti che l’unica volta che sei uscito con noi, hai stregato le mie amiche, nonostante fossi ancora estremamente cafone.” domandai, fintamente acida e infastidita.
“E’ sempre bello ricevere complimenti da te, Smith.” Ridacchiò. Anzi ghignò, malizioso e strafottente, quell’idiota. “Va bene.” Concesse infine.
“Allora, vatti a preparare, ti aspetto.” Gli sorrisi. In quel momento, Adam prese ad analizzarmi, minuziosamente e attentamente, il che mi fece andare a fuoco.
Poi annuì tra sé, con un’aria compiaciuta e soddisfatta: “Stai una favola, Nat..” disse, con nonchalance, “Sei davvero bellissima.” Ma altro che nonchalance! Il suo complimento mi aveva fatto andare in pappa i neuroni, e il mio cuore..quello chi lo rivedeva più, aveva preso totalmente il volo, quel traditore.
Mi voltai immediatamente e feci dietro front, senza più guardarlo in faccia. Mi sentivo decisamente troppo, troppo esposta, con lui. Recuperai dall’attaccapanni la mia borsetta, ci infilai il mio portafoglio, le chiavi di casa e il telefonino, poi mi legai al collo la sciarpa e salutai tutti con uno strillo che rimbombò per la casa. La risposta echeggiante di mio padre e Rose arrivò fino a me dal salotto, e ridacchiando uscii di nuovo di casa. Adam, miracolosamente, era lì, già pronto e non doveva legarsi le scarpe: l’ultima volta, quell’operazione era durata circa venti minuti, facendoci tardare e di conseguenza arrabbiare Kim.
“Chi non muore si rivede!” esordì, con un sorrisetto. Fu il mio turno di fargli la TAC, e il risultato fu assolutamente positivo. Tanto che spalancai la bocca e per poco non sbavai; purtroppo Adam se ne accorse, e scoppiò a ghignare.
“Beh, diagnosi?” chiese, facendomi destare dai miei sbavamenti.
“Mh.” Mi schiarii la gola. “Anche tu stai molto bene, Addy.” Meglio smorzare l’imbarazzo. Sì, decisamente.
Adam continuò a sorridere tra sé, si infilò le mani nelle tasche dei jeans scuri, e si avviò verso il centro. Spalla contro spalla, arrivammo al nostro punto di ritrovo, dove Kim, Su e Meg ci aspettavano. Anzi, mi aspettavano. Perciò, alla vista di Adam, rimasero piacevolmente colpite, se non addirittura mandate su di giri con un suo sorriso sereno.
“Ehilà, che sorpresa!” esclamò Kim, allegra, “Adam Brown ci degna della sua presenza!”
Lui ghignò, e fece un profondo inchino. “Al vostro servizio.”
In quelle ultime settimane, Kim e Adam erano entrati veramente in sintonia. Scherzavano su ogni cosa, ridevano e mi tormentavano. Erano particolarmente simili, con i loro ideali, e si trovavano d’accordo su tutto, eccetto le squadre di calcio e basket. Ed erano entrambi fissati con la mia “incolumità”, qualsiasi cosa intendessero con quella parola. Fatto stava, che erano diventati Pappa&Cicca, a discapito delle raccomandazioni di Kim sul “stare attenta con Adam”. Alla fine, se non ci cercava lui, lo cercavamo noi. Stava diventando un circolo vizioso.
“Ogni tipo di servizio?” fece, con un tono lascivo, Kim. Alzai gli occhi al cielo. MP si era trovato un’abile rivale, Kim sapeva essere perversa e maliziosa quanto lui, il che era tutto dire. Con i loro commenti pervertiti e le battutine sconce, avrebbero potuto scrivere un libro hot/porno, e conseguire pure un certo successo tra chi sguazzava in quel genere. Mi astenevo dal dirlo ad alta voce, perché avrei dato idee malsane: conoscendoli, si sarebbero organizzati per fare una cosa del genere. Con Adam e Kimberly non mi stupivo più, oramai.
Qualsiasi.. dicono che sono piuttosto abile, in quel campo. Partendo con..” stoppai Adam mettendogli una mano sulla bocca. Una vecchietta che stava passando aveva ascoltato il discorso, e ci fissava a bocca aperta, divisa in due se denunciarci per atti osceni programmati o scappare a gambe levate. “Adam, per cortesia.” Lo ammonii, esasperata. Sentii le sue labbra incurvarsi sul palmo della mia mano in un sorriso, e pensai che non sarebbe poi stato male se si fosse prodigato a darmi dimostrazione della sua abilità, se solo la sua bocca sulla mia mano mi faceva quest’effetto. Avrei volentieri continuato a starmene così, la mia mano sulle sue labbra, il suo respiro sulla pelle.
Stupida! Pensai, togliendo come scottata la mano dal suo viso.
“Beh. Passando oltre..che facciamo?” In quel momento, pensai di contruire un monumento di marmo di qualche centinaio di metri tutto per Megan, che intavolò un nuovo discorso. Sarei impazzita, se avessimo continuato a discutere delle capacità nascoste di Adam e dei vari servizi che elargiva non alla luce del sole. Mh..meglio non pensarci.
Susan propose di andare, come previsto, a prenderci qualcosa di caldo. Quando, per mero scherzo del destino, Megan decise di fermarsi proprio nel bar in cui avevo incontrato Rick, l’istinto protettivo di Adam si attivò.
“Meglio altrove, qui c’è personale incompetente.” Fu la sua unica spiegazione, alla quale Meg si strinse nelle spalle e Susan si accigliò. Al contrario, Kimberly si scambiò con lui un lungo sguardo d’intesa, per poi affiancarsi a me e cominciare a ciarlare delle cose più disparate. Ma non ero mica scema, se era quello che pensavano. Non c’era bisogno di trattarmi come una bambina. Anche se lo facevano per il mio bene, mi sembrava esagerato. Me n’ero accorta che stavamo per entrare , mi ricordavo chi avevo incontrato, ma non per questo mi sarei rovinata il pomeriggio e la serata. Non ci pensavo più nemmeno, ormai. Quel giorno era come un bruttissimo e sfocatissimo incubo come quelli che facevo da bambina, come se mi fossi svegliata nel cuore della notte con le lacrime agli occhi, e mio padre fosse venuto da me per consolarmi e canticchiarmi la ninna nanna per farmi calmare e riaddormentare. Non c’era pericolo che ci stessi male. Avevo imparato a non ricordare, a chiudere in un cassettino gli avvenimenti spiacevoli e lasciarli marcire col tempo. Certo, se mi fossi ritrovata Rick in carne e ossa di fronte, non avrei reagito bene. Sempre che Kim e Adam mi avessero lasciato il tempo di reagire, uccidendo (nel vero senso del termine) il problema alla radice.
“Nat, sei tra noi?” mi accorsi in quel momento di trovarmi ad un tavolo in un bar carino e confortevole, con Susan e Megan di fronte a me che mi guardavano incuriosite, e Kim che mi sventolava la mano davanti al naso.
“Certo!” dissi, sorridendo e tornando con la mente al mio pomeriggio che non doveva in nessun modo essere rovinato. “Adam?”
Kim sospirò. “Natalie Smith, sei incorreggibile. Non ti sei nemmeno accorta che è dovuto uscire per telefonare.” Aprii la bocca, stupita. Poi la tirai in un sorrisetto imbarazzato. “Ops!”
La mia migliore amica scosse la testa, rassegnata.
Una cameriera, vedendoci, venne a prendere le ordinazioni e mi presi la libertà di ordinare per Adam una cioccolata con panna montata: sapevo che aveva un debole per quella, ne avevamo parlato la sera prima, mentre ce ne stavamo incollati l’una all’altro come sanguisughe a parlare.
In quel momento, compresi che, mio malgrado, non fossi così intelligente come credevo e dicevo di essere. Insomma, okay che Adam era mio amico: ma era pur sempre un figo della miseria, ed io una povera adolescente con gli ormoni in subbuglio. E avevamo dormito vicini, molto vicini, abbracciati, molto abbracciati, in un misero sacco a pelo, molto misero, che non permetteva il libero movimento; in sintesi, era una situazione intima, molto intima.
Ed io mi ero sentita troppo esposta, ma comunque..ero stata benissimo, tra le braccia di Adam. Ma non credevo, non ero così fessa da auto-convincermi di ciò, che si provassero queste emozioni, con un amico. Certo, non ero una grande esperta in amicizie maschili, però ero in grado di distinguere ancora l’affetto per attrazione, e..
Per tutti i cazzi, io ero attratta da Adam! E non solo in senso prettamente fisico (perché, ragazze, anche quando lo odiavo, i miei occhi apprezzavano, è impossibile non farlo, ma non lo accettavo), benchè la rivelazione più traumatizzante fosse quella. Era come se i miei ormoni fossero stati congelati per tutto il tempo fino ad ora, dalla rottura con Rick, oppure mi rifiutavo di ritenere così selvaggiamente intrigante il mio peggior nemico. Mi rendevo conto che ero diventata in un certo senso cieca, ed ora..avevo riaperto gli occhi, e mi ero accorta che..beh, Adam era un ragazzo, maschio, ovvero sesso opposto, innegabilmente messo troppo bene, e che io ero una povera cretina.
E non era il massimo, rendersene contro proprio in quel momento.
“Nat, a cosa pensi? Sembra che tu sia arrivata ad una conclusione mistica!” con queste parole del diretto interessato, tornato decisamente troppo presto da quella cavolo di telefonata, rischiai seriamente di collassare a terra per..sì, per quella conclusione mistica, come diceva lui.
Sbattei un attimo le palpebre, e lo fissai, sentendo lo sfarfallare del mio cuore contro il petto. Mh. La situazione stava già degenerando, ed io ci ero appena arrivata, a quella dannata e innegabile verità.
“Io..ti ho preso la cioccolata con la panna, va bene, vero?” farfugliai, scuotendo il capo e cercando di non pensarci con tutte le mie scarse, scarsissime, forze.
Adam sorrise, e annuì, mettendosi più comodamente sulla sedia e prese a chiacchierare tranquillamente con Kim, Su e Meg.
Okay, ora la domanda sorgeva spontanea: ma come cacchio avevo fatto ha ignorare un ragazzo del genere? Fossi stata nei miei ormoni, mi sarei ribellata secoli prima, mettendo a tacere quell’odio sconveniente e rimanendo a sbavare dietro a quel pezzo di figo.
Oddio: ma che pensieri facevo? Mi sentivo una maniaca con una fuga di pensieri maniaci repressi. Oh santo Cielo, aiutami tu.
Adam sorrise a Kim per chissà quale sua battuta, e ignorai il groppo all'altezza dello stomaco, presa da ben altre sensazioni. Quel sorriso che aveva fatto era un chiaro invito ad uno stupro seduta stante, lì, e chissene frega del resto. Fortunatamente, la cameriera, ignorata dal figone seduto al mio fianco, mi destò dai miei progetti di violenza su Adam, porgendoci le ordinazioni. "Per qualsiasi altra cosa, chiamate." E riservò al mio amico un'occhiata eloquente da zoccola con la Z maiuscola, e ammiccò. Desiderai prepotentemente prenderla a sberle con tutta la mia forza innata. E, grazie alle risse con Adam per anni, di certo quella non mancava. L'avrei ridotta in poltiglia, così imparava a strizzare quella palpebra multicolor per i troppi ombretti usati verso Adam. Cioè, ci mancava solo la musichetta lugubre e la risata malefica, e sarei diventata la regina della cattiveria. Evvai!
Oppure, cosa molto più utile, la cugina verde di Hulk: poi, vedevo quante ragazze osavano avvicinarsi al mio sogno proibito. Un attimo...come l'avevo chiamato?
"Nat, se aspetti ancora un po', la gazzosa non avrà più le bollicine!" scherzò Brown, con un ghignetto. Okay, meglio rivalutare le mie priorità e mettere da parte i pensieri da molestatrice incallita. Afferrai il mio bicchiere, e bevvi un sorso della Sprite, cercando di raffreddare con quel bicchiere i bollenti spiriti.
Per poco non soffocai dalle risate, quando intorno alle labbra di Adam, la panna gli lasciò i baffi.
"Sei sporco qui!" e gli appiccicai un fazzoletto sulle labbra, ridendo con lui e le mie amiche.
Mi chiedevo seriamente come avrei fatto a resistere con Adam che sfoggiava sorrisi mozzafiato, neanche stesse pubblicizzando una marca di dentifricio. Se pensavo che prima il suo repertorio consistesse in smorfie disgustate e ghigni malefici al solo scopo di abbindolare, mi stavo ricredendo. Anche se con me non faceva quasi mai quei sorrisi beffardi da dongiovanni, sentivo pian piano le mie forze venir meno, lasciandomi in balia di lui e dell'effetto che mi faceva. Se poi ci aggiungevo quegli occhi così cristallini e sereni, la frittata era fatta.
Il pomeriggio volò in un soffio, e così pure la serata: stavo così bene con le mie amiche e Adam, che non mi resi conto di che ore fossero finchè Rose non mi mandò un messaggio dicendomi che mio padre stava già per avere un attacco di panico perchè non tornavo a casa. Quando lo dissi a Adam, lui scoppiò a ridere, mentre le mie amiche controllarono a loro volta l'ora, decretando che fosse proprio giunto il momento di rientrare.
"Non scherzare, Adam, mio padre è piuttosto pericoloso quando è in crisi." lo ripresi, cercando di apparire seria e accigliata, non riuscendo però a trattenermi dal farmi sfuggire un sorrisetto.
Stavamo passeggiando con calma sulla via del ritorno, dopo aver dato la buonanotte alle mie amiche; inutile dire che Adam si era perso in lusinghe per Susan e Megan, scatenando una battaglia di battutine con Kim, finchè suo padre, che era venuta a prenderla, le aveva suonato il clacson, irritato dal suo trattenersi con noi.
"Ma dai, non riesco a immaginare Richard pericoloso!" esclamò, divertito.
Gonfiai le guance, assumendo un'espressione di chi la sapeva lunga: "Credimi, può diventarlo..!"
Adam ridacchiò. "Adoro tuo padre, è uno forte."
Sorrisi, alzando lo sguardo dall'asfalto per fissarlo in quello smeraldino di Adam. "Sì, è fantastico..ma anche Seth non scherza! L'ho sempre ritenuto un grande, è simpaticissimo"
Adam mi fece una linguaccia: "Ci sarà un motivo perchè sono migliori amici, no?" mi beffeggiò. Che antipatico. E la cosa più antipatica era che trovassi terribilmente bello Adam anche quando mi prendeva in giro. Assurdo.
Calò il silenzio, e sembrò che entrambi sprofondassimo nei nostri pensieri. Furtivamente lanciavo sguardi con la coda dell'occhio a Adam, che corrugava la fronte come una persona afflitta dai più crudeli e immani dubbi.
Anche sotto la luce dei lampioni o nella penombra, i suoi occhi non perdevano quell'intensa bellezza. Sapevano essere profondi come l'oblio e chiari come uno specchio d'acqua poco profondo; in quel momento, oltre al tormento, non riuscivo a leggere altro. I suoi pensieri erano come imperscrutabili, e la cosa m'infastidiva. Ero curiosa di capire i suoi pensieri.
Intanto ci avvicinavamo a casa nostra, e desideravo davvero poter fermare il tempo in quell'istante per non interrompere quella pace che c'era. Non avevo voglia di andare a casa. Non avevo voglia di separarmi da lui. Mi venne persino l'idea di chiedergli se gli andasse un'altra serata in campeggio nel rifugio segreto, ma mi sembrava fin troppo eccessivo.
Da quando avevo ammesso a me stessa che Adam mi stava sconvolgendo alla grande, la parte di me che si era congelata, quella che si affezionava morbosamente alle persone(Adam, era quella in questione), ora galoppava fin troppo con la fantasia, e rischiavo di commettere qualche cagata che svelasse ciò che pensavo.
"Sono stato bene oggi.." ruppe così il silenzio, senza però voltarsi verso di me. Si fissava le punte delle sue All Star sgangherate, e non osava alzare la testa e mostrarmi quegli smeraldi che stavo imparando a..adorare.
"Anche io.." soffiai, incapace di usare un tono più alto. Mi ritrovai a pensare che, a differenza mia, se Adam si fosse messo ad ululare in quel momento, quella sensazione di pace e benessere non si sarebbe incrinata. Anzi.
Intanto, eravamo arrivati a casa. "Be', ci vediamo domani." disse Adam sereno, "Mia madre ha telefonato alla tua e l'ha invitata a cena." Inevitabilmente le mie labbra si distesero in un GRANDE sorriso, tanto da oscurare il sole. L'idea che l'indomani avrei rivisto nuovamente Adam stava sminuendo la tristezza che sentivo per la buonanotte che sarebbe arrivata di lì a poco. "Quindi, buonanotte." affermò. Però non si mosse, continuava a guardarmi, e il sorriso era sparito dal suo viso, lasciandolo con un'espressione indecifrabile.
"Sì..'notte." mormorai, annuendo appena.
Prima che me ne rendessi davvero conto, mi ritrovai ancorata al petto di Adam, con lui che mi stringeva delicatamente, il viso completamente appoggiato al suo torace coperto dal pesante piumino. Maledissi quel giubbotto.
Respirava sulla mia fronte,scompigliandomi alcuni ciuffi ribelli, e istintivamente alzai il mento per guardarlo in faccia, trovandomi a due scarsissimi millimetri dal suo viso. Informazione dell'ultimo secondo: avevo una voglia matta di baciarlo, e quella era la situazione ottimale per farlo. Ma cosa avrebbe comportato? Una sicura spaventosa ricaduta nel nostro già precario e strano rapporto d'amicizia.
Già una volta mi ero ritrovata in quella situazione; solo che quello di Adam era un ricatto, io non ero consapevolmente consenziente, per altro ero legata ad un letto d'ospedale e soprattutto l'avevo respinto. Ora come ora, mi sentivo troppo attratta da lui e dalle sue labbra, per formare un pensiero coerente e soprattutto per ragionare sulle conseguenze di un gesto così avventato. L'unica cosa certa era che, stavolta, non l'avrei rifiutato.
Ma quei due miseri millimetri non venivano azzerati; io ero troppo codarda e timorosa di essere respinta per farmi avanti, e Adam sembrava come paralizzato, con quegli occhi verdissimi spalancati e scintillanti.
Avrei dato tutto, tutto per sapere cosa stesse pensando in quel momento.
Finchè non ci fu un versaccio, un soffio di un gatto, e un rumore di bidoni che cadevano e un gnaulio secco, ed entrambi ci scostammo come scottati dal tocco dell'altro.
"Buonanotte." tagliai corto, aprendo il cancelletto e correndo verso la porta di casa, mentre lui ricambiava il saluto con lo stesso urgente e pressante desiderio di non guardarmi più in faccia.
Ero così imbarazzata..se c'era qualcosa peggiore di un bacio, tra due amici, era un non-bacio. Di quelli che, un istante prima, venivano interrotti e lasciavano i due con pensieri particolarmente drammatici e confusi e un groppo allo stomaco. Una situazione degna delle più rinomate soap opere latino-americane. Un classico, quindi.
Maledetto gatto!
Una cosa era certa: avevo bisogno urgentemente di parlare con Rose.
Non persi tempo a togliermi il giubbotto, e salii di fretta e furia le scale, senza nemmeno salutare mio padre che mi aveva fatto un cenno dal divano in salotto.
"Rosalie! Rose, ti prego, ho bisogno di te!" così esordii, entrando nella stanza come un uragano Katrina e urlando a squarciagola per svegliare mia sorella nel caso fosse stata addormentata.Richiusi la porta della stanza alle spalle, mentre lei alzava preoccupata il viso dal suo libro e mi guardava storto.
"Che è successo, Nat? Che ti prende?" Mentre lei si metteva seduta composta sul materasso, io provvedevo a controllare che tutte le porte e le finestre fossero chiuse: quella mattima avevo scoperto che era molto facile sentire ciò che succedeva nelle case vicine come la nostra e quella dei Brown. "Ehi, cacchio, stai urlando come una matta a mezzanotte passata e farfugli cose senza senso, ti degni di darmi una risposta?" sibilò mia sorella, mentre si raccoglieva i capelli in una modica coda di cavallo. Sospirai, e cercai di darmi una calmata.
"Ora, Natalie, ti togli quel giubbotto, lo appoggi alla sedia, e ti siedi a spiegare cosa ti turba.." scandì bene ogni parola, ogni singola sillaba, come se fossi una pazzoide armata pronta a far fuoco. Eseguii gli ordini, e mi sedetti sul mio letto improvvisato, di fronte a lei.
"Bene, sputa il rospo." decretò lei, assumendo l'aria da Sherlock Holmes.
Aprii la bocca per spiegarle, ma non uscì alcun suono.
Per la miseria...stavo per baciare Adam. Oh Dio mio.
"Io.." boccheggia, sbattendo violentemente le palpebre. Mi stavo rendendo ora conto di quello che stavo per fare. E la cosa mi scandalizzava assai. "Io.."
Rosalie si accigliò, nervosa e curiosamente assetata di spiegazioni. "Tu cosa, Nat?"
"Io..ho quasi baciato Adam.." Lo dissi in un tono così fievole e basso, che dubitai che Rose avesse capito: a malapena mi ero sentita parlare io.
Rosalie mi fissò per un tempo indeterminato, sbattendo le lunghe ciglia e corrugando le sopracciglia in un cruccio confuso. Poi un guizzo di comprensione lampeggiò nei suoi occhi, e arrivò la sorpresa. "COSA?"
Avrei tanto voluto che il pavimento si aprisse e mi inghiottisse seduta stante. Mi sentivo uno schifo.
"TU HAI QUASI BACIATO ADAM E ME LO DICI COSI'?" urlò, e, per preservare la mai sanità psichica e mentale, le coprii la bocca prima che tutto il vicinato sentisse cosa era successo.
"Come avrei dovuto dirtelo, scusa?" blaterai sconnessamente.
Rose continuava a guardarmi sbalordita, ma perlomeno mi fidai a liberarle la bocca.
Anche lei boccheggiò. "Tu..e Adam."
Annuii, perplessa. Quella che doveva essere sconvolta ero io. E lo ero, solo che la reazione di mia sorella mi faceva preoccupare tanto da accantonare in un angolo il mio panico post-comprensione. "Sì, io e Adam." affermai, incerta. "Anch'io fatico a crederci.." mormorai, lasciandomi cadere seduta sul materasso, senza più energie.
Rose si sedette al mio fianco. "Non sei quasi-felice?" se doveva tirarmi su il morale, di certo non lo fece. Anzi.
"No, Rosalie..a parte che ora saremo in imbarazzo a vita..se l'avessi baciato davvero..ora cosa farei?" mi sentivo davvero persa. "Siamo appena diventati amici..non voglio rovinare tutto. "
Mia sorella mi guardò comprensiva. Tutto dei suoi occhi diceva «so come ci si sente, ci sono passata pure io», ma non mi rincuorò.
Come se non bastasse, la sera successiva saremmo stati a casa Brown per cena. Di male in peggio.
Dovevamo davvero sistemare quella situazione; non volevo perdere Adam, questo era certo, ma avevo paura che con quel quasi-bacio avessimo incenerito ogni speranza di un rapporto amichevole. Perchè no, due amici normali non finiscono a due millimetri dal baciarsi. Lo sapevo io, lo sapeva lui, e lo sapeva pure il mio cuore difettoso.
-
Quando mi svegliai, quella mattina, il mio stato d'animo era l'opposto di quello del risveglio del giorno precedente.
Un giorno ero felicissima..e il giorno dopo mi trovavo nella depressione più nera.
Non avevo dormito molto, e quel poco di riposo che ero riuscita a concigliare era stato tormentato e mi aveva stancato ancora di più. Perchè? Perchè avevo sognato Adam, che mi baciava.
Stupido, stupidissimo quasi-bacio.
E stupidissimi occhi meravigliosamente stupendi di Adam.
Controllai la sveglia, che segnava solamente le otto del mattino. Non c'era che dire: ero sconvolta.
Mi feci una doccia veloce, optando per un tentativo di rilassare i muscoli. L'acqua, per pochi istanti, mi liberò la mente. Ma appena pensai alla sera precedente, l'ansia tornò, e pure prepotente, insieme a una morsa allo stomaco. Convinsi me stessa che fosse per la fame, e non per la paura di perdere il mio amico. Perciò mi vestii, e scesi in cucina, trovandoci mamma che armeggiava ai fornelli.
"Ah, buongiorno Natalie. Come mai così mattiniera?" incalzò, lanciandomi uno sguardo curioso. Mi strinsi nelle spalle. "Mi sono svegliata e non riuscivo a prendere sonno." fu la mia spiegazione concisa. Non avevo molta voglia di conversare, quel giorno, specie con Emily. Era la persona più irritabile per me, soprattutto se avevo già un problema di mio. E quella mattina, di problema, ne avevo uno bello grosso. Lei annuì, e non insistette, come sempre. Riprese a fare quello che stava facendo, mentre io prendevo una tazza e i cereali dalla credenza e il bricco del latte dal frigorifero per fare colazione. Mangiai svogliatamente qualche cucchiaio, lasciando che i corn-flakes si ammorbidissero e diventassero una pappetta informe nel latte; a quella vista mi sentii nauseata e buttai via il resto della colazione. Avevo lo stomaco chiuso.
Decisi di concentrarmi sui compiti, anche se non erano per l'immediato futuro, portandomi avanti. Completai quasi tutti gli esercizi di matematica e stesi una relazione di storia, mettendoci comunque troppo poco tempo e il minimo indispensabile. Una parte della mia testa volava alla casa accanto alla mia, al mio vicino, al mio Adam.
Magari a lui non interessava niente di me, nel senso di ragazza. Magari non gli importava nulla se ci eravamo quasi baciati, magari non avrebbe intaccato il nostro rapporto. Perchè avrebbe dovuto?
Era stato un equivoco; stavamo vicini nel modo sbagliato, nel posto sbagliato al momento sbagliato. Anche la nottata precedente era stato uno sgambetto alla nostra amicizia, dovevo ammetterlo. Dormire così appiccicata a Adam aveva fatto sì che mi rendessi conto di ciò che sentivo. E di certo, non erano cose che si potevano e dovevano sentire per un amico. Bello o brutto che fosse.
Mi riscossi dai pensieri solo quando sentii il campanello suonare. Emily mi mandò ad aprire, troppo impegnata ad impastare la sua torta per quella sera. Come a farmene beffa, ogni cosa era buona per ricordarmi di Adam.
Con uno sbuffo seccato aprii la porta, gelandomi totalmente ritrovandomi davanti lui.
Tutti mi sarei aspettata di ritrovarmi di fronte, ma di certo non Rick. Non lì, non con quell'espressione mortificata, e con quei fiori stretti in pugno. Senza dire niente, stavo per chiudere la porta di nuovo, ma la bloccò prima che potessi farlo.
"Natalie, voglio parlarti." disse, guardandomi intensamente con quegli occhi azzurrissimi.
"Io non ho niente da dire." tagliai corto, tentando nuovamente di sbattere la porta. Se non avesse tolto quel maledetto piede gliel'avrei maciullato. Non scherzavo.
"Io sì, e ti prego di ascoltarmi." fece, con tono implorante, "Magari, senza rompermi il piede.."
Con uno sbuffo aprii la porta, e, afferrato il cappotto di Rose e indossatolo, la richiusi alle mie spalle.
"E' meglio farci un giro." decretai, seccata. Camminammo per qualche isolato, ma Rick non si decideva a parlare, continuando a fissare le punte delle scarpe da ginnastica. Finchè ci fermammo, e mi accorsi solo in quel momento che non eravamo tanto distanti dal punto in cui c'eravamo lasciati. Mi trovavo proprio dove Adam mi aveva bloccato con i suoi amici per irritarmi.
Già..Adam.
"Natalie," Rick cominciò solenne, guardandomi con quei suoi occhi blu zaffiro. "Lo so che sono l'ultima persona che probabilmente ti va di vedere e ascoltare..ma volevo chiederti scusa."
Feci una smorfia. "Un po' tardino, direi.." risposi, acida.
Ma Rick non parve scoraggiato dal mio modo di rivolgermi a lui, anzi, riprese con più zelo. Era molto più combattivo di quanto fosse anni prima;magari era maturato.
"Lo so, credimi. Ma poco tempo fa, quando ti ho rivista..non so, è come se si fosse riaccesa la fiamma, Natalie..mi sono reso conto di quanto io sia stato stupido a farti scappare.." automaticamente fece un passo verso di me, ma prima che potessi indietreggiare afferrò una mia mano. Ero così stupita che rimasi paralizzata e non la scrollai via.
"Sono stato un vero stupido a tradirti, me ne rendo conto." nei suoi occhi ardeva una sincerità senza equali. Mi sentivo totalmente spiazzata, non riuscivo a connettere e realizzare veramente quello che Rick mi diceva. "Poi, per una causa persa come quel bastardo di Brown.."
Il mio cuore perse un battito. Era..tutto sbagliato. Ogni cosa, di questa situazione, mi sembrava un grosso, madornale errore.
Rick fissò i suoi zaffiri nei miei occhi, lasciandomi sempre più incapace di ragionare. Mi sentivo smarrita. Dov'era tutta la mia solita sicurezza?
"..ia ragazza.." a furia di cercare di capire quello che diceva, mi ero persa il suo discorso. E ora?
"Cosa?" blaterai, incapace di formulare una frase un po' più articolata.
Rick mi guardò con un sopracciglio alzato e l'angolo della bocca tirato su in un sorrisetto.
"Ti ho chiesto, se non è troppo tardi, di perdonarmi e di tornare ad essere la mia ragazza."
Oh porca di quella merda..!



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Capitolo 14
*** Capitolo 14. L'ho sempre detto io che ho un cuore difettoso! ***


Buongiorno, mie care lettrici :) Come state?
La vostra estate fila liscia e fin troppo velocemente come la mia? Vorreste che il tempo si fermasse? Beh, io sì, lo vorrei tanto >-< Vorrei anche che la scuola venisse abolita, ma ovviamente chiedo cose decisamente impensabili. ù.ù Viste le stelle cadenti?? Io forse xD
Se avete notato che sto cincischiando più del solito, avete ragione..hihi ^^"
Perchè ho sinceramente paura di quello che penserete leggendo questo capitolo..e ho paura per la mia incolumità, quella di Natalie, e soprattutto quella di Adam..ç_ç Vi assicuro che ci vorrete uccidere..ma abbiate pietà! Se no come risolvo i casini che io stessa creo?? XP
Beh, vi lascio al capitolo...vi ricordo: siate magnanime ;P
PS: vi ringrazio tutte per le bellissime recensioni..scusate se non sono riuscita a rispondere >-<
Un bacione. :*
Capitolo 14. L'ho sempre detto io che ho un cuore difettoso!


Okay. Ragioniamo.
Io, Natalie Smith, mi ritrovavo col mio ex, Rick Donagan, il quale mi aveva tradita con la prima che capitava perchè era convinto che fossi innamorata di Adam Brown, allora il mio acerrimo nemico e attualmente il ragazzo che avevo quasi-baciato la sera prima, perchè il mio ex diceva di voler tornare con me.
Rick continuava a guardarmi attentamente con quei suoi occhi celesti, come a leggermi dentro. Mi chiedevo cosa potesse vedere, dato che anche per me stessa era tutto confuso e annebbiato.
Pian piano, però, il panico si fece largo in me.
"I-io.." balbettai, cercando di trovare le parole e riordinare le idee.
Rick mi posò un dito sulle labbra, spiazzandomi ancor di più, e sorrise. "Non devi rispondermi ora, Natalie..è passato tanto tempo, me ne rendo conto,e ti ho ferita.." fece una pausa teatrale, e i suoi occhi si fecero serissimi. "Ti chiedo una seconda chance. Sai com'era stare insieme, sai che tenevo davvero a te. Ti chiedo solo di pensarci bene, e di fare la scelta più giusta secondo te." concluse. Poi tornò a sorridere sereno, e invertì la direzione. "Ti riporto a casa."
Non parlò più, finchè non raggiungemmo il mio cancelletto. Sembrava soddisfatto di sè, del suo discorso. Era probabilmente sicuro di avermi abbindolata, con quello sguardo penetrante e azzurro.
Non sapeva, però, che ero già ben intenzionata a dire di no. Era passato tanto, troppo tempo, ed io ero stata veramente male a causa sua. Non mi sarei più fidata, ed ero sempre stata convinta che in un rapporto la fiducia nell'altro fosse essenziale: perciò, non se ne faceva nulla. Tra l'altro..non riuscivo a vedermi fidanzata, in quel momento. Almeno, non con lui.
Però non volevo dirglielo subito.
L'avrei lasciato in brodo di giuggiole, e poi..gli avrei detto di no. Era una piccola rivincita, diciamo.
E no, non ero mica sadica.
"Ci vediamo in giro, Nat..il mio numero lo sai, nel caso di bisogno." ammicò, e a tradimento mi scoccò un bacio sulla guancia. Rimasi immobile, e mi trattenni dal stenderlo con un pugno sul naso.
No, non era maturato. Probabilmente era anche peggiore di quando l'avevo lasciato due anni prima. Ma era un classico dei maschi: più l'età avanza, più diventano cretini.
"Sì. Non mancherò." Come se avessi chiamato davvero lui, in caso di bisogno.
Girai i tacchi, ed entrai. Stavo per aprire la porta di casa, ma quella si aprì prima che potessi afferrare la maniglia.
Rosalie mi guardava severa. "Cosa ci fa qui?" disse, schietta e dura.
"Voleva parlarmi." Tagliai corto, scansandola ed entrando in casa.
"Cosa ti ha detto?" chiese, con un tono piatto.
Le lanciai uno sguardo inviperito. "Ma cos'è, un interrogatorio? Sembra che io abbai fatto qualcosa di male!" sibilai.
Rose mi guardò accigliata. "Nat, sono solo preoccupata! Devo ricordarti quello che ti ha fatto passare?" il suo tono, se voleva colpirmi, ci riuscì.
"Mi ha solo chiesto di perdonarlo e tornare con lui." tagliai corto, andando in salotto, dove c'era nostra madre. Lì il discorso era impossibile affrontarlo, dato che Emily non ne sapeva nulla. Tra l'altro, non mi sembrava il caso di litigare per Rick, soprattutto davanti a Melanie, che furba com'era, avrebbe frainteso.
Rose aveva una faccia stralunata, incredula. Probabilmente era convinta che avessi detto di sì.
La feci aspettare tutta la mattina e il pranzo, prima che potesse rapirmi in camera sua e mi facesse dire la verità.
"Non ho detto di sì." dissi solo. Rosalie parve sollevata e sospirò. "Gli ho detto che ci avrei pensato.." lasciai la frase volontariamente in sospeso, facendo sbarrare gli occhi a mia sorella.
"Che hai intenzione di fare?"
"Gli dirò di no" sorrisi, "Ovviamente. Voglio solo illuderlo un po'."
Rosalie scoppiò a ridere, forse per il sollievo, oppure era veramente impazzita. "Sei sadica, sorella. Non ti fai scrupoli!" scherzò. Ma io mi rabbuiai. "Lui non si è fatto alcuno scrupolo, mi sembra." le ricordai.
Il pomeriggio lo passai a parlare fitto fitto con Rosalie, e poi, quando lei uscì con Bryan, mi sdraiai sul divano di sotto con le cuffie nelle orecchie e la musica a palla.
Mi sentivo terribilmente confusa. E preoccupata.
Come avrei dovuto comportarmi quella sera? Adam cos'avrebbe fatto?
Restai a rimuginare per ore, sotto lo sguardo ansioso di mio padre, il confuso di mia madre e l'indifferente di Melanie.
Non che la cosa li toccasse particolarmente. Papà ogni tanto mi chiedeva se andasse tutto bene, e io gli facevo un cenno affermativo, troppo concentrata sulla musica e sui miei pensieri.
Tutti i miei vaneggiamenti su Adam e quella serata, vennero spazzati via dal vento quando Emma chiamò mia madre per dirle che Adam non si sentiva bene.
"Oh, cara, non preoccuparti..Fagli prendere qualcosa, mi raccomando.." ecco, lei si che dava buoni consigli alle altre madri..peccato che non li mettesse in pratica con le sue, di figlie. "Anche Natalie mi sembra piuttosto giù di corda..magari è qualcosa che ha mangiato ieri sera..come? Anche Adam è uscito ieri? Non lo sapevo, sai?" Emily mi scoccò uno sguardo incuriosito. "Beh, ci sentiamo presto..che ne dici, magari domani pomeriggio vieni a bere il tè"
Sprofondai la testa nel divano, sospirando pesantemente. Mio padre mi scoccò a sua volta un'occhiata, ma al contrario di mia madre, sembrava aver capito tutto al volo. Anche che non era per colpa del cibo che ero così messa male.
Le ore passarono lente, e in ogni momento m'inventavo un pretesto per mandare un messaggio a Adam. Poi fissavo le parole scritte sul display, e scuotevo la testa, cancellando tutto.
A cena non toccai cibo. Rosalie continuava a scoccarmi sguardi straniti. Esausta, andai a letto prestissimo, infilandomi sotto le coperte appena alle nove, dopo una doccia veloce e un ultimo sguardo alla finestra. Poi pensai che la stanza di Rose dava dall'altro lato della casa, e che da lì non potevo vedere la stanza di Adam. Sospirai, lasciandomi cadere sul materasso.
Scommettevo tutto quello che avevo che Adam stesse benone, almeno fisicamente. Magari si sentiva esattamente come mi sentivo io. Scombussolata, confusa e soprattutto impaurita. Magari anche lui era convinto che la nostra amicizia era stata messa a repentaglio, la sera precedente. E magari non voleva più avere a che fare con me...
E se invece non gliene fregava nulla di me? Se magari avesse capito quello che provavo? Mi sarebbe stato alla larga, per questo?
Con questi pensieri mi addormentai tardi, e con quelli mi svegliai di buon'ora la mattina successiva.
Guardandomi allo specchio, stentai a riconoscermi. Sembravo uno di quei vampirastri della Meyer, però brutto. Sì, perchè avevo un aspetto terribile e spaventoso, e se non era bastato un non-bacio ad allontanare Adam, la mia figura l'avrebbe fatto scappare a gambe levate lontano da me.
Tutti i miei pessimi pensieri si riflettevano sul mio viso, e i segni si vedevano eccome.
Con l'ennesimo sospiro, forse il trentesimo in sessanta secondi, mi abbandonai sotto il getto della doccia. Ma non ebbe alcun effetto positivo; non che ci sperassi, quella mattina il mio pessimismo rasentava picchi mai visti, e dubitavo che qualcosa sarebbe andato per il verso giusto, quel giorno.
Mi vestii con calma, e feci lentamente colazione.
"Tutto okay?" domandò Rosalie, guardandomi accigliata e preoccupata, spalleggiata da papà, apprensivo come non l'avevo mai visto. Evidentemente, nemmeno quando mi ero lasciata con Rick ero messa così male, se l'avevo convinto ad entrare nei panni del genitore in panico per il comportamento strano della figlia. Non che in quel periodo papà fosse stato assente; mi era rimasto vicino senza essere ossessivo, e soprattutto, dato che aveva intuito quanto fossi giù, aveva provveduto a tenermi il più calma possibile mammà.
Annuii, masticando passivamente i cereali.
Dopo essermi lavata i denti, domandai a mio padre di accompagnarmi a scuola in macchina.
Evviva l'allegria, anche il tempo sembrava essere d'accordo con me; diluviava alla grande. Ma quello era solo la scusa; in realtà avevo paura di incontrare per strada Adam, o addirittura di doverla fare tutta con lui..e non me la sentivo proprio.
Papà acconsentì di buon grado, e notai Rose sospirare e scuotere la testa, tirando fuori il telefono.
Quando scesi dall'auto, una ventata gelida mi colpì. Ma quello fu il male minore, finchè non notai Adam ridere e scherzare con Jim Wilson. Sentii il sangue ghiacciarsi nelle vene, non ci potevo credere.
Camminai incerta verso Kim, che sembrava a dir poco furente.
"Quel brutto pezzo di merda. Non ha nemmeno ricambiato il saluto, stamattina!" ringhiò, incrociando le braccia al petto. Mi concessi un sospiro. Questo..questo faceva davvero male. Non contribuiva certo a tirarmi su il morale.
"Ma Nat, cos'hai? E' successo qualcosa con Adam? E' per questo che non è venuto con te?"
Chiusi gli occhi, per un attimo, cercando di riordinare i pensieri.
Quando li riaprii, la mia migliore amica mi guardava confusa e ansiosa.
Le feci cenno con la testa verso l'entrata della scuola, e mentre la campanella suonava, le spiegai quello che era successo la sera prima, lasciandola a bocca aperta.
"E'..ma è stupido non parlarti per quello!" esclamò, picchiando il pugno sul palmo aperto della mano.
Sospirai, massaggiandomi gli occhi. Ci sedemmo al nostro posto, e tirai fuori il libro di storia dallo zaino.
"Non è tutto.." annunciai, con l'entusiasmo di un cadavere. "Rick è venuto a casa mia."
Kim sbarrò gli occhi, esterrefatta. "Che cosa? Cosa voleva quel brutto, viscido verme?" sibilò.
"Vuole che torni con lui.." Kim scoppiò a ridere, quasi istericamente. Ma perchè questa rivelazione scatenava in tutti questa ridarella inquietante? Non c'era propriamente da divertirsi.
"Ti prego, dimmi che gli hai dato un pugno." pregò, tornando seria.
Mi oscurai in volto. "Avrei tanto voluto farlo quando ha insultato Adam.."
Kim assunse un'aria tronfia e saccente. "Non che in questo momento non si meriti una bella barca d'insulti, il caro Adam, Nat..però il pugno ci stava." Mi lasciai scappare un sorriso, che morì nell'esatto momento in cui entrò Adam affiancato da Jim. Passò a fianco al mio banco, ma m'ignorò totalmente, facendo sì che lo sconforto prendesse possesso di me fin nel profondo. Era assurdo, ma mi sentivo persa senza di lui.
"Non struggerti per Brown, Nat.. a lui ci penso io." mi rassicurò la mia amica, con uno sguardo che non prometteva nulla di buono..non per Adam, almeno. "Ma cosa hai risposto a Donagan?"
Mi strinsi nelle spalle, e risposi in un sussurro. "Ero shoccata, non sapevo che dire..e lui mi ha detto di pensarci su. Ma non voglio stare con lui, non lo amo..non è lui che vorrei al mio fianco.."
L'espressione di Kim, dalla nera e sadica, passò alla sorpresa e accorata.
Entrò il professore in classe, ma, come un tempo, Adam continuò a far casino con i suoi stupidi amici. Nonostante Kim avrebbe tanto voluto continuare a parlare come se nulla fosse, per troppo rispetto mise il muso e riservò l’attenzione al professore, lasciando me a crogiolarmi nei miei pensieri.
Mi sentivo nello sconforto totale, avevo voglia di piangere.
Se un non-bacio aveva causato tutto questo, non volevo immaginare se ci fossimo baciati sul serio. Ne sarei morta.
"Che peccato.." brontolò il prof, "Pensavo che finalmente Brown avesse messo la testa a posto.."
Già..pensai amaramente, lo credevo anch'io.
.
Durante la seconda ora, Adam era come sparito. Ma ero troppo giù di morale, per notare che non fosse l'unico a mancare all'appello. Quando, negli spogliatoi della palestra, una mia compagna di classe entrò tutta trafelata, col viso rosso e le labbra gonfie, la comprensione mi arrivò come una secchiata d'acqua ghiacciata. Anche lei non era in classe.
Sentii cedere le ginocchia, e mi dovetti sedere sulla panca, per non volare a gambe all'aria.
Kimberly mi riservò uno sguardo preoccupato e confuso. Non aveva ancora afferrato.
Angelina stava per parlare, probabilmente per raccontare cosa aveva fatto con quel..quel..oh, ma perché proprio con Adam?Ma il prof, fortunatamente o per sfortuna, dipendeva dai punti di vista, bussò poco galantemente e ci intimò di sbrigarci, perché non avevamo tutto il tempo del mondo.
"Kim..puoi.." balbettai mentre sentivo lo stomaco contorcersi e annodarsi, con un filo di voce. Kim annuì, intuendo la richiesta, e uscì con le mie compagne, ritornando qualche istante dopo col professore.
"Smith, Stevenson ha ragione, non hai una bella cera..è meglio che tu stia ferma, oggi. Vieni, starai seduta sugli spalti."
Indossai nuovamente la felpa -sentivo un freddo polare- e lo seguii.
Per la prima volta da quella mattina, Adam mi guardò. Durò meno di un secondo, ma incrociai i suoi occhi smeraldini, e, mio malgrado, pensai che
mi erano mancati terribilmente.
Seguii la partita di pallaprigioniera passivamente, ricevendo stoccate dopo stoccate ogni volta che Angelina lanciava occhiate di sbieco a Adam.
Se trovarsi a due millimetri dal baciarmi gli faceva venire voglia di farsi un'altra ragazza, buon per lui. Che cosa carina, davvero. Mi veniva da vomitare.
"Prof, posso.." e feci un cenno allo spogliatoio. Lui annuì, ed io corsi velocemente nei bagni, accasciandomi sul pavimento, contro il muro. Lì, finalmente sola, scoppiai a piangere come non avevo mai fatto.
Non sentivo più nemmeno il mio cuore battere, era morto, oppure si confondeva con i singhiozzi che mi scuotevano forte. Mi sentivo malissimo, non trovavo nemmeno la forza di pensare.
Nella mia testa ronzava il pensiero di Adam e Angelina.
Stavano insieme? Da quanto, oggi o da molto e io non ne sapevo nulla?
A quell’idea, lo stomaco si contorse e un nuovo attacco di lacrime e singhiozzi mi distrusse.
Mi portai una mano al viso, l'altra alla fronte per togliere di torno i capelli.
E arrivò. La conclusione, più temuta e negata fino allo stremo, arrivò: mi stavo innamorando di Adam.
Questa ne era la prova. Non era solo delusione perchè m’ignorava. Mi mancava, terribilmente e strenuamente.
Ero talmente gelosa da poter desiderare che quella ragazza non fosse mai esistita.
Ne ero palesemente attratta e, per concludere, stavo piangendo per lui. Paradossalmente, facevo la cosa che odiavo di più solo per le persone che amavo o a cui tenevo di più; mi era successo solo quando ero veramente sconvolta per mia madre e Rick...e ora toccava a Adam, segno che mi stava realmente entrando nel cuore.
“Nat, tutto..oddio, Natalie!” Kim si fiondò immediatamente da me. L'abbracciai di riflesso, continuando a far scendere lacrime e bagnandole la maglietta. “Su..su, non piangere..”
“Kim..avevi ragione..dovevo stare attenta con Adam..” singhiozzai, stringendo forte tra le dita la stoffa della t-shirt. “Mi sono fatta male di nuovo..”
Lei fregò la mano sulla mia schiena, cullandomi: “Lo so..lo so”.
.
Per mia fortuna, il professore non mandò a chiamare Kim convenendo che avessi avuto bisogno d'aiuto. Mi sfogai con la mia migliore amica per un tempo indefinito, continuando a piangere abbracciata a lei, finchè il prof non fischiò la fine della partita.
Mi lavai il viso, cercando di salvare il salvabile, sotto consiglio di Kimberly. Ma avevo gli occhi gonfi e rossi, si vedeva da un chilometro che avevo pianto, e di sicuro la mia faccia non era meglio di stamattina.
Le ultime due ore passarono in un soffio. Non sentii una parola delle lezioni, in compenso i prof, informati del mio stato dall’insegnante di fisica, non mi ripresero mai. Ero uno straccio, era evidente.
Cercai di ritrovare una parvenza di normalità, comunque, nelle due ore; non volevo sembrare la depressa complessata di turno.
Ovviamente, era quasi impossibile per me, anche perchè ogni due nanosecondi pensavo a Adam, al suo viso, al suo sorriso, e inevitabilmente ricordavo che l'avrebbe rivolto ad Angelina d'ora in poi, quel maledetto sorriso. Mentre a me, non spettava nulla, nemmeno un cenno.
Eppure eravamo amici..o lo eravamo stati.
Quella parola era forse più dannosa per me, che il pensiero di Angelina con Adam.
La campanella suonò, e passivamente riposi tutte le mie cose nella cartella. Kim era schizzata fuori dalla classe, lasciandomi sola..o quasi. Notai solo in quel momento di essere rimasta con Adam in classe.
Presi un profondo respiro, e mentre lui passava affianco al mio banco, parlai. “Fatto pace con Wilson? Ora non hai più bisogno della bisbetica Smith?” volevo fosse un sibilo secco, e mi uscì un mormorio tremolante. Un classico.
Adam non si voltò a guardarmi; dopo un attimo di esitazione, ricominciò a camminare verso la porta. Si fermò allo stipite, e si decise a rispondermi. “Sai..mi sentirei il terzo incomodo..Sii felice con Donagan.”
Sbatacchiai le palpebre, mentre afferravo a fatica il concetto.
“Adam!” sbraitai, prendendo lo zaino e mettendolo in spalla, mentre lo rincorrevo. “Sei uno stupido! Non capisci niente!”
Lui si fermò in mezzo al corridoio ormai deserto, e si voltò a fissarmi con astio. “Evidentemente non sono intelligente..” fece, piccato. “Pensavo di conoscerti bene, Natalie..ma mi sbagliavo.”
Stava per riprendere a camminare, quando mi sentii esplodere.
“Bene! Bene! Comportati da immaturo! Ignorami come oggi, come se non fosse mai successo niente!” esclamai, con tutta la rabbia che provavo. “La nostra amicizia non è abbastanza importante, per te..” l'ultima parte lo dissi piano, lettera per lettera. Faceva male persino a me, dirlo.
Adam si voltò nuovamente, sgomento. “No. La nostra amicizia non era abbastanza, per me...
A quelle parole, sentii il mio cuore spezzarsi. Potevo stare peggio?
Sentii le lacrime scendere calde sulle mie guance, e non provai nemmeno a cancellarle. “Sei solo uno stronzo, Adam..non avrei dovuto fidarmi e permetterti di diventare importante per me..”
Adam fece una smorfia. “Per piacere..smettiamola, okay?” disse, con tono strascicato e stanco, “Vuoi la verità? Ti ho presa in giro. Era una scommessa con Jim, sin dall’inizio. Dovevo riuscire a diventare tuo amico, conquistare la tua fiducia. Dato che Jim non ci riusciva, e lo prendevo in giro, mi ha sfidato..ed io non potevo tirarmi indietro, no? E’ ovvio.” Mi rivolse una smorfia, che avrebbe dovuto essere un ghigno dei suoi. “Spero che la delusione non ti bruci troppo.” Ci misi qualche secondo a recepire le informazioni, e quando lo feci, fu come se un’incudine di due tonnellate mi arrivasse direttamente sul petto, disintegrando il mio già acciaccato cuore.
Mi aveva presa per il culo. Per tutto quel tempo. Ed ero convinta fossimo amici.
Era tutto uno stupidissimo scherzo, una scommessa..e io mi ero innamorata di lui.
Come avevo potuto essere così ingenua e stupida?
Mi veniva da vomitare. Ero schifata e umiliata come mai in vita mia.
Volevo solo allontanarmi da lui e rintanarmi in un posto dove rimanere sola con la mia vergogna e il mio dolore.
“Complimenti, hai vinto..” sibilai, correndo via e lasciandolo da solo nel corridoio.
Raggiunsi casa senza badare alla pioggia scrosciante e ai capogiri che mi facevano ciondolare pericolosamente e vedere doppio. Quando aprii la porta, mi ritrovai nientemeno che un Brown davanti, e senza un motivo lo mandai a fanculo. No, un motivo c’era: era fratello di Adam, e questo bastava.
“Natalie!” mi riprese Rose, sconvolta quasi quanto il mio migliore amico. Volevo salire in camera di Rosalie, ma le forze venivano meno e i polmoni sembravano in fiamme per la corsa che avevo fatto. Mi girava la testa, e mi sedetti sui gradini, mentre, sfiancata, non opposi alle mie palpebre che volevano chiudersi e riposare.
Quando riaprii gli occhi, mi trovavo in un letto, ma ero così intontita che non riconoscevo nemmeno di chi fosse. Sbattei le palpebre e misi a fuoco, e mi accorsi di essere nella stanza e sul letto di Rose.
“Ehi, Nat..” una voce al mio fianco mi fece sussultare: Bryan. Mi guardava preoccupato e accigliato.
“Oddio, Bry..” mugugnai, rauca e dispiaciuta, “Non volevo aggredirti..scusami, io..” Mi posò un dito sulla bocca, e sorrise teneramente, come solo un fratello poteva fare. “Eri sconvolta.. Brutta giornata?”
“Terribile..” mormorai.
“Che è successo?” incalzò, attento e serio.
“Io..” la voce si incrinò, e il pensiero che mi fossi innamorata di un coglione mi schiaffeggiò brutalmente, portandomi di nuovo all’orlo del pianto.
Bryan mi abbracciò forte. “Che è successo?” ripetè.
Scoppiai a piangere, incapace di parlare. Non potevo dire la verità a Bryan, era da escludere. Cosa potevo fare, dopotutto? Tenevo troppo sia a Adam che a Bryan, per osare a rovinare il loro rapporto. Per cosa poi? Non era colpa mia se la nostra amicizia non era mai stata tale.
Bryan mi consolò un po’, poi mi disse di sdraiarmi perchè la febbre era salita. Fosse stata veramente l’influenza a farmi stare così..sarebbe stato tutto più facile.
“Devi stare a riposo..” si raccomandò, “Ora devo andare, Rose sta per arrivare..Ciao,piccolina..” mi rivolse un sorriso stiracchiato e preoccupato, poi uscì dalla stanza. Qualche minuto dopo comparvero sulla soglia entrambe le mie sorelle, lasciandomi di stucco.
“Ehi, Nat..che colpo mi hai fatto prendere!” borbottò Rose, avvicinandosi a me. Melanie se ne stava in disparte, a osservarmi; sul suo viso potevo leggere..dispiacere? Pena?
Non c’era cosa che odiassi di più di essere compatita. Mi mandava in bestia. Ma ero così stanca e distrutta da non trovare le forze per oppormi e dire di non guardarmi così.
“Si può sapere cos’è successo?” chiese cautamente Rosalie, avvicinandosi al mio viso e posando una mano sulla fronte. “Sei ancora un po’ calda..Perchè non mi hai chiamata, sapevi che ero a casa! Non ti saresti bagnata e avresti evitato di ammalarti!” mi sgridò, con un’aria da madre apprensiva.
Non risposi, limitandomi ad un sospiro.
E pensare che mi ero aperta totalmente con Adam, tanto da avergli svelato i miei più profondi tormenti e i segreti che solo Rose sapeva. Speravo solo che non mi facesse qualche carognata delle sue. Lo scherzo mi aveva già distrutta a sufficienza.
Rosalie e Melanie stettero con me un po’, adeguandosi al mio silenzio.
Non osavo pensare nemmeno perché Mel fosse nella stanza e che cosa volesse; cercavo di disconnettere la mente e il cuore, non volevo più provare niente. Magari la delusione sarebbe passata, e anche quella stramaledetta cotta per Brown.
Già, Adam Brown, il mio acerrimo nemico che, ancora una volta, mi aveva presa in giro e fatto uno dei suoi stupidi scherzi, dimostrandomi ancora una volta quanto fosse un abile attore. Anche se stavolta ci stava rimettendo qualcosa di molto più prezioso dei miei capelli; ora ci smenavo il cuore.
Me lo sarei dovuto aspettare, dopotutto, non avrei dovuto abbassare la guardia.
Ogni volta era la solita storia: mi fidavo, mi abbindolavano, e poi mi deludevano. Ed io ancora non avevo capito come mi dovessi comportare.
Dopo non so quanto tempo da quando le mie sorelle erano scese di sotto, la porta della stanza si riaprì, e ne entrò la piccola Kate.
Vederla mi provocò una fitta allo stomaco. Era incredibile quanto somigliasse a Adam, e la cosa non giovava al mio favore.
“Natalie!” urlò, correndo al mio capezzale, “Come ‘tai?” chiese, accigliandosi in un cruccio adorabilmente preoccupato.
“Non tanto bene..” sospirai.
“Ma quando guardisci giochi con me?” domandò, teneramente, con un filo di voce e uno sguardo da cucciolo irresistibile. Era da molto che non le facevo da baby-sitter, in effetti. Dal giorno in cui il fratello aveva messo in atto il suo piano per farmi capitolare.
M’imposi di farle un sorriso, anche se piccolo, che la fece rasserenare, e questo mi rincuorò. “Certo..” mentii, ma a fin di bene. Non potevo di certo dirle che avevo intenzione di evitare come la peste nera casa sua e tutta la sua famiglia.
Si avvicinò cautamente, e accennò un sorrisetto estatico. “Addy mi ha detto che ti voleva far vedere la nostra casetta..ti è piaciuta?”
Il mio cuore perse un battito. Il rifugio segreto..quella notte..sentii le lacrime pungere, ma le trattenni serrando per un istante le palpebre.
Per fortuna, Emma entrò tempestivamente nella stanza. “Katie, credo che Natalie voglia riposare, è distrutta..” dicendo quelle parole, mi riservò uno sguardo accorato, e fin troppo consapevole. Che avesse capito tutto? Be’, non mi sarei stupita, con quel suo intuito da Jessica Fletcher. E poi, aveva scoperto già una volta i piani del figlio screanzato, perché non poteva arrivarci ancora?
Meglio non pensarci.
Emma si avvicinò a me, mentre la bambina si sporgeva per darmi un bacio sulla guancia e uscire dalla stanza poco dopo facendomi ciao ciao con la manina e uno sguardo triste.
“Tutto bene?” chiese, accorata. Quanto avrei voluto che Emily fosse stata così dolce con me..invece era Emma, qui, che si preoccupava per me.
“Più o meno..potrebbe andare sicuramente meglio.” Sospirai, sentendo la testa pulsare fastidiosamente. Altro che febbre, erano tutti i pensieri negativi che volevano esplodere.
Emma mi lasciò una carezza sulla guancia, e sorrise amorevolmente.
“Non preoccuparti..non c’è ferita che non può essere guarita..devi solo trovare la medicina giusta.” Disse, per poi girare i tacchi e arrivare alla porta. “Riposati e guarisci presto.” Mi salutò, con un ultimo sorriso. Ma io stavo già riflettendo sul suo consiglio implicito. Comunque, aveva capito tutto, non c’era dubbio. Non poteva riferirsi solo all’influenza.
Ma qual’era la medicina giusta per me? Come minimo, dimenticare Adam..o almeno mettersi nella prospettiva di ignorarlo e non pensarci più. Sì, questo era quello che sicuramente mi aveva consigliato Emma.
-
Due giorni dopo, la febbre era scesa lasciando come ricordo labile solo un leggero raffreddore. Peccato che mentalmente e sentimentalmente fossi a pezzi, ancora.
Quel giovedì mattina sarei dovuta andare a scuola, e il pensiero di rivedere Adam mi faceva accapponare la pelle per l’ansia e battere dolorosamente il cuore. Nonostante non volessi più avere a che fare con lui, una parte di me desiderava veramente rivederlo, abbracciarlo e perdersi nel verde dei suoi occhi. Ma c’era il piccolo particolare –non l’avevo di certo scordato- che non ci potevo stare vicina nemmeno come amica, perché per lui non ero mai stata lontanamente tale. Che razza di fregatura: innamorata di una finta. Patetico.
Ormai era un dato di fatto, che io e le questioni di cuore fossimo incompatibili. Ogni volta succedeva qualcosa che rovinava tutto. Prima con Rick, poi con Adam..
Rick, già. Come se non bastasse, dovevo parlargli e mettere in chiaro la situazione. Questo discorso avremmo dovuto affrontarlo almeno due anni prima.
Con un sospiro, digitai il suo numero sul cellulare e poi il messaggio che diceva di trovarci il pomeriggio. Pochi minuti dopo, mentre finivo di vestirmi, mi arrivò la risposta: Non serve, ti porto a scuola stamattina. Passo tra dieci minuti.
Bene, prima chiarivamo, prima mi liberavo di questo macigno.
Rick non si smentì: quando uscii da casa, dieci minuti dopo, lui era lì, appoggiato alla sua macchina –che, anche se non ero intenditrice, sembrava piuttosto costosa e veloce.
“Buongiorno, principessa.” Mi sorrise, guardandomi con tenerezza nei suoi occhi azzurrissimi. “Come stai?”
“Mi sento come una che si è appena ripresa dall’influenza..” risposi, stringendomi nelle spalle e avviandomi verso l’auto. Rick, con un sorriso, aprì galantemente la portiera del passeggero, invitandomi a salire. Due istanti dopo, lui era al mio fianco e metteva in moto.
“Allora..hai avuto tempo a sufficienza per pensare alla mia proposta.” Incalzò.
Mi concessi due istanti per riordinare le idee e pensare ad un discorso sensato e coerente.
“Il fatto è, Rick, che mi c’è voluto un sacco di tempo, per dimenticarti. Sono stata veramente male, e non mi fiderò mai più completamente di te..” lasciai un attimo in sospeso la frase per osservarlo di sottecchi, mentre guidava tranquillamente. Non sembrava turbato, anche se era prevedibile un mio rifiuto. “Non provo più quello che sentivo prima, e, tra l’altro, la mancanza di fiducia non è una buona cosa. Lo sai come la penso..” Rick annuì, come se avesse capito tutto.
“E..?”
Mi accigliai. “E..cosa?”
Rick ridacchiò, sembrava divertito. “E..ti sei presa una cotta per Brown.”
Rimasi completamente di ghiaccio. Cos’aveva, la sfera di cristallo?
“Non arrabbiarti, Nat, ma è piuttosto evidente.. e scontato. Te l’ho sempre detto che lo vedevo come una minaccia quando stavamo insieme. Era ovvio che prima o poi saresti capitolata.” Annuì tra sé, come a sottolineare il concetto. Si voltò verso di me, e sorrise, analizzando la mia espressione confusa e basita. “L’ho capito quando l’ho chiamato bastardo. Sei trasalita, e dai tuoi occhi ho capito che avresti voluto strozzarmi per averlo fatto.” Ammiccò, sicuro di sé. Poi tornò a fissare la strada e ricominciò a parlare. “Ho capito anche che ti fa male sentir parlare di lui, deve averti ferita, molto più di quanto l’ho fatto io due anni fa.” Ecco, era in arrivo un mancamento. Ma questo mi leggeva seriamente nella mente. Era più sveglio di quanto ricordassi. E, mio malgrado, dovevo ammettere che stare con lui mi stava facendo accantonare, anche se per poco, la delusione per Adam, anche se ora lo stava nominando e stava rovinando tutto.
“Sono diverso, ora, Natalie..” in quel momento, parcheggiò nello spiazzo davanti alla scuola, e piantò i suoi occhi nei miei. “Anche tu sei cambiata. Però mi rendo conto che, anche se è passato tutto questo tempo, per me è facilissimo volerti più che bene. Mi viene naturale. Vorrei davvero poter rimediare ai miei sbagli e riuscire a riconquistare la tua fiducia Nat, e soprattutto toglierti dalla testa quel pensiero molesto di Brown.”
La sua ultima affermazione mi fermò il cuore.
Aveva toccato il tasto dolente, e ci stava lavorando sopra. Purtroppo aveva anche capito ciò di cui avevo bisogno, e il suo discorso non faceva una piega.
Ma sarei potuta stare con Rick, pur amando Adam? Se non lo amavo, comunque, ci andavo veramente vicinissimo.
Non che stare a struggermi e sguazzare nella depressione mi facesse star meglio, ovviamente..avevo imparato a mie spese, proprio con Rick, che non bisognava farlo. Dovevo riprendere in mano la mia vita, ora che non aveva toccato completamente il fondo, ora che ancora non ero ancora nella via della perdizione per Adam.
E se Rick avesse avuto ragione? Se stare con lui mi avesse fatto bene, e mi avrebbe aiutato a riacquistare la fiducia in lui? E se, soprattutto, mi avesse fatto dimenticare l’esistenza di Adam dal mio cuore?
Tanto con lui non avrei avuto mai speranze. Forse, se fossimo stati amici davvero, qualcosa potevo raggiungere; ma dato che non eravamo stati nemmeno quello, e dato che eravamo tornati alle origini, con odio reciproco (e una buona dose di sofferenza da parte mia, con amore annesso), non c’era niente da fare. Tra l’altro, come poteva il sentimento per Adam continuare a crescere, se la parte di lui di cui mi ero infatuata era solo una mera recita?
Non c’era più, anzi, non c’era mai stato. Non si poteva amare una maschera, era esattamente come dire di essersi innamorate di un vip della televisione.
E io non avevo bisogno di un amore basato sulla finzione, né di struggermi per qualcosa di inesistente.
“Se ti dicessi di sì, mi prometti che non mi tradirai più? Che cercherai in ogni modo di farmi dimenticare Adam e di farmi innamorare di te, senza finzione?”
Gli occhi di Rick brillarono. “Te lo prometto, Natalie.”
In quel momento, sentii il trillo lontano della campanella.
Rick si sporse verso di me, ma la mia occhiata restia lo fece fermare un istante.
“Non andremo di fretta, Nat. Voglio recuperare il tempo perso, e non brucerò le tappe. Sarà come ricominciare tutto daccapo.” Sorrise, in un modo rassicurante, e mi fidai. Rick non mi baciò, in compenso mi strinse in un abbraccio che, per qualche secondo, mi scaldò il cuore. “Ti vengo a prendere alla fine delle lezioni?” chiese.
“Con calma.” Ribadii, sciogliendo la presa e aprendo la portiera. Rick ridacchiò.
“Okay. Ora,però, l’invito a salvare il mio numero nella rubrica è da cogliere.” Mi rivolse un sorrisetto furbo che mi fece alzare gli occhi al cielo.
“Certo, Rick.” Sorrisi, appena appena, ma sinceramente serena. “Ci vediamo domattina. Mi passi a prendere, ovviamente.” Detto questo, scesi e richiusi la portiera, per poi correre nell’edificio.
Sembrava che, dopo tre giorni di buio, fosse rispuntato un raggio di sole. Era la prospettiva di eliminare davvero Adam dalla mia mente, come amico, ragazzo e perfino come nemico.
Non volevo più dargli corda, desideravo solo togliermelo dalla testa e tornare alla normalità.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. Quando la Sorella Prodigio tolse la maschera ***


Capitolo 15. Quando la Sorella Prodigio tolse la maschera
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Quella mattina, feci di tutto per ignorare Adam Brown.
Mi sembrava di essere tornata a qualche mese prima, quando non ci guardavamo nemmeno per scherzo, in quella muta tregua solo perché lui, a mia insaputa, doveva riprendersi lo scooter. Con la sottile differenza che ora, io avrei tanto voluto passare ogni istante a osservarlo.
All’intervallo, portai Kim in disparte, lontano da orecchie indiscrete (in particolare, da quelle di una persona di cui non farò il nome per preservare la mia sanità mentale); volevo dirle di Rick, prima che lo intuisse da sé o scoprisse da altri, perché altrimenti l’avrebbe presa malissimo, peggio di come avrebbe reagito se gliel’avessi detto subito, perlomeno.
Kim odiava Rick, con tutta sé stessa, tanto da volerlo cancellare dalla faccia della terra. E dicevo tutto.
“Kim, vorrei dirti una cosa..” esordii. La mia amica si fece attenta e curiosa, ma qualcosa mi diceva che la mia espressione le stava già rivelando tutto. “Stamattina mi ha portata a scuola Rick..e abbiamo parlato.” Spiegai, a capo chino. Kim non commentava, rimaneva solo a fissarmi intensamente.
“E’ cambiato, o, perlomeno, lo sembra. Sa quello che..che provo per Adam, e ha promesso di aiutarmi a dimenticarlo..Vuole ricominciare da capo davvero.”
“E tu hai detto di sì.” Dedusse Kimberly, con un tono piatto. La sua voce ebbe il potere di farmi gelare il sangue nelle vene, e alzai di poco gli occhi, per scrutarla in faccia. I suoi occhi erano una lastra di ghiaccio, proprio come mi aspettavo. Era delusa.
Stavo per parlare di nuovo, ma lei con un gesto secco mi bloccò, e, dopo aver girato i tacchi, andò alle macchinette per prendere la merenda.
Mi sentivo persa, completamente. Odiavo deludere Kim, odiavo vederla offesa o irritata, e detestavo quando non era d’accordo con me su qualcosa d’importante, facendola di riflesso allontanare.
Probabilmente, la mia amica avrebbe voluto insultarmi, magari darmi anche qualche ceffone; e quasi certamente avrebbe preferito riceverle, due sberle, piuttosto che sapermi di nuovo impegnata con Rick.
Non lo aveva mai approvato, diceva che non era adatto a me e che non c’era da fidarsi di lui; a maggior ragione quando mi aveva tradita, rivelando che le sue affermazioni erano fondate, avrebbe tanto voluto ucciderlo.
Kim, com’era risaputo, aveva un forte istinto di protezione verso di me.
E l’ultima cosa che voleva era che stessi nuovamente male, soprattutto per Rick. Quello che non voleva accettare era che lui, per una volta, stesse cercando di darmi veramente una mano a dimenticare.
E di cose da dimenticare ne avevo tante. Io e Adam non eravamo amici da anni, ma quel mese era stato più significativo di una vita. Dovevo debellare dalla mia mente ogni sua parola, ogni suo sguardo, ogni suo sorriso, e, soprattutto, quella notte nella casa sull’albero e il non-bacio che ancora mi rodeva e mi faceva star male.
E se quel gatto non avesse fatto chiasso e ci fossimo baciati? Potevo solo ringraziare il cielo, perchè sarei arrivata al punto di non ritorno, e scoprire che per lui non ero nemmeno un’amica mi avrebbe fatto male da morire.
E,poco ma sicuro, mi sarei uccisa io stessa perché aveva abbindolato l’unica persona sulla faccia della terra che non avrebbe mai voluto a che fare con lui in quel senso.
La campanella suonò troppo presto, e quando mi raccomodai al mio banco sentii l’ansia crescere.
Kim mi raggiunse poco dopo, ma non si perse come al solito in chiacchiere. Prese dalla tracolla il libro di matematica, tirò fuori dall’astuccio penne, matite e evidenziatori vari, e afferrò il cellulare, digitando fitto fitto un messaggio.
Stavo per parlare, ma il tempismo della professoressa fu ragguardevole, e mi dovetti mordere la lingua per non imprecare.
Passai mezz’ora a prendere appunti distrattamente; scrivevo ma non capivo realmente ciò che spiegava. Ero più attenta a ciò che faceva Kim, ma lei sembrava non fare caso a me, come se non esistessi.
Non solo era delusa, ma anche molto arrabbiata. Quanto mi avrebbe tenuto il muso?
Poi, la professoressa lasciò cadere il gessetto e il cancellino nel portagessi, e scrollandosi dalle mani la polvere, si sedette alla cattedra.
“Bene, vediamo chi interrogare.” Fece scorrere la penna sull’elenco, indugiando sulla parte finale. Sentivo il cuore battere fortissimo, mentre una strana ansia si faceva largo nel mio stomaco annodato. “Mh, direi Natalie. Il tuo voto risale al mese scorso, vieni?” Desiderai che la terra si aprisse e m’inghiottisse; l’ultima volta Adam mi aveva parato il sedere. Stavolta non l’avrebbe fatto, e io non sapevo comunque niente. Meglio essere sinceri con l’insegnante, che fare una figuraccia.
“Prof, ultimamente non ho studiato né ripassato le ultime lezioni..mi metta quello che mi deve mettere, se posso recupererò più avanti.” La professoressa fece una smorfia, un po’ delusa. Volevo sprofondare, davvero:apriti terra, che vengo con te.
Lei incrociò le dita davanti al viso, con un’espressione divenuta seria.
“Natalie, in questo periodo il tuo rendimento sta calando, e non dico solo nella mia materia.” Esordì, e il mio cuore perse un battito. “Sei sempre stata una brava ragazza e una studentessa diligente, ti prego di tirarti su. Non puoi rovinarti così la media. Ti metterò un quattro, vedi di recuperarlo nella verifica scritta però.”
Annuii, incapace di far altro, e sprofondai nella sedia, completamente giù di morale. Sembrava che tutto stesse veramente andando a rotoli.
E nemmeno la promessa di Rick mi avrebbe tirata su.
Notai che Kim mi aveva lanciato uno sguardo preoccupato con la coda dell’occhio, ma non osò parlare.
Poi ci fu l’ultima lezione, e ringraziai il cielo che fosse solo religione. Non avrei tollerato qualcosa di più impegnativo.
Il prof se ne stava silenzioso a leggersi il giornale: ormai non tentava nemmeno di spiegarci qualcosa. L’ora di religione era come un secondo intervallo.
Se pensavo che nell’ultimo periodo questa era la lezione che preferivo, con Adam che metteva la sedia davanti ai banchi di me e Kim e passavamo l’ora a ridere, mi si stringeva il cuore.
Perché un momento prima tutto sembra essere perfetto, e un secondo dopo ci cascia il mondo addosso? E’ assurdo con che velocità cambi la vita.
Assurdo con che velocità fosse stata ribaltata la mia.
E tutto per colpa di Adam James Brown, quel cafone, insolente idiota che credeva che tutto gli fosse concesso, che non si faceva scrupoli e a cui non fregava un bel niente dei sentimenti altrui. A lui interessavano solo i propri tornaconti; avere una ragazza alla giornata da portarsi a letto, fare casino tutte le ore di lezione e soprattutto rendermi la vita un inferno, erano le cose che più gli premevano. Questa era la verità.
Era stato capace di farmi abbassare la guardia e farmi fidare di lui..era stato capace di farmi innamorare. E la cosa più brutta era che mi ero innamorata di una bugia.
Ma non volevo pensarci.
La campanella arrivò come la luce dopo le tenebre, e non spesi più di qualche secondo per riempire velocemente la cartella e dileguarmi dalla classe, dall’edificio scolastico e dalla mia migliore amica.
Decisi, per non forzare troppo la mano, di fare una strada alternativa, per tornare a casa.
Anche se era più lunga, non m’importava: preferivo camminare un po’ e non imbattermi in Brown.
“Nat, alla buon’ora!” così mi salutò Rose, appena entrai in casa.
“Scusa, ho fatto una strada più lunga, avevo voglia di camminare.” Mentii spudoratamente, lasciando cadere lo zaino per terra con un tonfo sordo e spogliando il cappotto. “Mamma e papà?”
“Papà ha un’urgenza al lavoro, mamma è via con Melanie..” spiegò concisamente, dalla cucina. Scossi la testa, ridacchiando, e la raggiunsi.
“Ti dai alla prova del cuoco?” scherzai, ricevendo in risposta un sorriso convinto di mia sorella.
“Sì! Quindi accomodati, che finisco di preparare.”
Qualche minuto dopo, la pastasciutta di Rosalie era pronta, la condì e la servì nei piatti. L’aspetto perlomeno non sembrava così male.
Cominciammo a mangiare, e così partirono anche le chiacchiere di mia sorella.
“Come è andata la giornata?” domandò, curiosa, portandosi alla bocca gli spaghetti arrotolati alla forchetta.
“Mh..non bene.” Sospirai, “Anzi, in modo pessimo, ho discusso con Kim. Cioè..lei è arrabbiata con me.”
Rose si accigliò.Sapeva quanto fossimo legate. “Perché mai? Non litigate mai, voi due..”
Sprofondai nella sedia, cercando di farmi piccola piccola. “Non le va giù che mi sia..rimessa con Rick.” Serrai gli occhi, in attesa dell’esplosione.
Ma quella non arrivò, il che mi preoccupò. Aprii gli occhi, e scoprii che Rosalie era come rimasta pietrificata. “Rose?”
Lei mi guardò stralunata. “Ti sei rimessa..con Rick? Avevi detto che gli avresti detto di no!” sembrava incapace di accettare l’idea. “Vuoi soffrire ancora? E’ questo che vuoi? Sei così masochista?”
“Perché tutti mi fate la stessa domanda, eh?” sbottai, alzandomi in piedi. “Potrò decidere quello che mi pare, della mia vita, no? Possibile che non capiate?”
Non lasciai che Rose ribattesse, e scappai in camera mia. Fu un errore madornale approfittare della mancanza di Melanie per entrare nella mia stanza.
Sentii distintamente uno strimpellare di corde di chitarra, e il mio cuore si strinse: Adam.
Sentivo chiaramente la sua voce bellissima, le parole di una nuova canzone.
Sospirai. Mi mancava in un modo malsano, da togliere il fiato..era incredibile quanto mi avesse coinvolta in poco tempo.
Stavo cominciando a pensare che non ero stata propriamente furba, nell’accettare la proposta di Rick, e non perché ogni persona me lo ricordava.
La consapevolezza che non sarebbe mai riuscito a levarmi Adam dalla testa si stava facendo largo in me. Come poteva Rick, che in otto mesi di relazione e anni di conoscenza non mi aveva fatto innamorare, farmi dimenticare Adam, che in poche settimane era riuscito a scombussolare il mio cuore?
Inutile illudere me stessa e lui. Avrei fatto la figura della cretina, ma era il prezzo da pagare.
Per essermi fidata, per essere così disperatamente alla ricerca di sollievo da quella struggente pena.
Adam mi aveva sconvolta, anima e corpo.
E forse Rick non aveva tutti i torti, quando diceva che poteva essere una minaccia per la nostra storia, anni fa. Ero sicura di essermi innamorata solo dell’Adam amico?
O era proprio la sua persona ad avermi stravolta, nel bene e nel male? Se era così, non lo sapevo, ma quella scommessa era stata decisamente il colpo di grazia.
+
Non parlai con nessuno, quella sera; né con i miei, né con mia sorella, e Kim non mi aveva chiamata. Evidementemente era ancora molto arrabbiata; ma anche se avesse tentato di rintracciarmi non avrei risposto.
Mi ero chiusa in un mutismo pensoso, a struggermi con i miei stessi ricordi.
Andai a letto presto, ma mi ritrovai a rigirarmi tra le coperte nel cuore della notte, con l’immagine fissa di quel quasi-bacio tra me e Adam.
Sentivo il bisogno di prendere una boccata d’aria, perciò sgusciai dalle coperte e scesi di sotto.
Non mi aspettavo certamente di trovare anche Melanie, in cucina: quando la vidi stentai quasi a riconoscerla. Aveva il viso stravolto e smunto, pallido, i capelli scompigliati, e gli occhi rossi.
“Natalie..” si voltò di scatto appena mi sentì entrare, passandosi sul viso una mano per non farmi notare le lacrime che avevo già visto.
Allora la regina degli specchi aveva un cuore..
“Melanie, tutto okay?” cercai di essere gentile, avvicinandomi a lei.
Tirò su col naso, e annuì. “Sì, è solo un momento..” sospirò, “Hai sete?”
Annuii e lei mi porse un bicchiere d’acqua, mentre mi sedevo al tavolo. Nonostante lei non fosse l’ideale di sorella, e ci fossimo parlate sì e no tre volte in tutti quegli anni di lontananza, mi spiaceva vederla così giù.
“Sei sicura che vada tutto bene? Stai male?”
Melanie sospirò, sedendosi a sua volta su una sedia e prendendosi la testa tra le mani, con un’aria veramente afflitta. Ora che la vedevo più da vicino, la sua pelle sembrava più tendente al verdognolo. Era evidente che stesse male.
“Non è un caso che io sia partita così d’improvviso per venire a casa..” cominciò, con la voce tremante. “Sono sicura che tu mi starai odiando, in questo momento: sono la figlia più elogiata di mamma, troppo anche per i miei gusti, e sono stata parecchio stronza nei tuoi riguardi e quelli di Rose..non vi biasimo, certo, ho sbagliato così tanto con voi..” rimase qualche secondo in silenzio, come a riordinare le idee, o forse si aspettava una reazione alla rivelazione.
Prese un respiro, e continuò. “Penserai anche che sono solo un’oca vanitosa e capricciosa, che ha ottenuto tutto e si dispera..” sospirò un’altra volta. “Da quando sono partita per la Francia sono cambiata, anche se stenterai a crederlo..ho capito cosa significa amare, purtroppo..mi sono innamorata di uno stronzo, che mi ha usata e gettata via come un fazzoletto usato..sapevo che non provava nulla per me, che non voleva coinvolgimenti..eppure ero convinta che avrei potuto fargli cambiare idea, che tutte le volte che stavamo insieme prendessero significato anche per lui..” Ero rimasta paralizzata, dal discorso di Melanie: possibile che tutte le sorelle Smith si imbattessero solo in stronzi del genere? Solo Bryan aveva messo la testa a posto: dovevo chiedere a Rose il suo segreto.
Istintivamente, portai a stringere la sua mano nella mia, e Melanie sussultò. Alzò lo sguardo su di me, e accennò un sorriso stiracchiato. “Tre giorni fa, credimi, non ti stavo compatendo, se l’hai creduto..” disse, in un sussurro. “Avrei voluto darti un consiglio, dopotutto sei la mia sorellina..anche se ci sono arrivata tardi..però non ci sono riuscita, perché sono la prima ad aver bisogno di una mano..”
Cercai di tirarla su, nascondendo lo stupore causatomi dalle sue parole. “Dai, prima o poi passerà; deve passare..l’amore è incostante.” Parole sagge..peccato che non ci credessi nemmeno io.
“Non può passare, Nat..io..sono incinta.” Rimasi spiazzata, e la guardai ad occhi spalancati e bocca aperta. Oddio mio..Melanie, incinta? “Non me la sento di abortire.. Lui non lo sa nemmeno, e conoscendo il tipo non si prenderà mai le sue responsabilità.. e..” scoppiò a piangere, ed io mi alzai per abbracciarla istintivamente. “Non so come dirlo a mamma e papà..” singhiozzò, contro la mia spalla. Cercai di abbracciarla più forte, calata nei panni della sorella maggiore, anche se avevo un anno meno di lei.
Era strana, strana e disperata, questa situazione. Non avrei mai creduto che io e Melanie ci riappacificassimo così, né che lei fosse così sotto la maschera di cinismo e falsità che si portava dietro. L’avevo odiata per così tanto tempo..
“Stai tranquilla, Mel..troveremo un modo..”
Altri singhiozzi, ancora più disperati. “Ma cazzo, ho solo diciott’anni! Come ho fatto a mettermi nei pasticci?”
Le accarezzai i capelli, “La cosa più importante, per il momento è dirlo a lui..mamma e papà si arrabbieranno, ma poi saranno comprensivi..” Non ero proprio sincera con i miei pensieri, ma non potevo abbatterla più di così.
Era chiaro anche a lei che si sarebbero infuriati e che la cosa li avrebbe delusi, soprattutto mamma. Ma era capitato, e dopotutto Mel era maggiorenne; fino a prova contraria aveva la maturità di prendere le sue decisioni. Anche se era proprio un bel pasticcio..soprattutto con quel ragazzo che mi sapeva tanto di stronzo.
In quel momento, pensai di essere proprio puerile. Io mi lamentavo e piangevo come una bambina per una bugia: una vera cazzata in confronto a quello che stava passando mia sorella.
Rimanemmo quasi tutta la notte insieme; Melanie riuscì a ricacciare indietro le lacrime, e mi sorrise grata, cercando di cambiare discorso. Evidentemente non voleva pensarci più, per quella sera.
Mi raccontò un po’ della sua vita a Parigi, e provai anche un filo di gelosia: mi sarebbe piaciuto tanto vedere la Francia. Poi il discorso variò sulle amiche fantastiche che aveva trovato, e quelle ipocrite che le ronzavano intorno come mosche per quella relazione con un certo Timothy, lo stesso tipo che l’aveva messa incinta. Mi raccontò come tutto cominciò, per uno scherzo del destino, a una festa della scuola. Come poteva un bacio scatenare un tale putiferio, fino a invischiarla in una storia di solo sesso e facendola innamorare di un emerito stronzo?
Nonostante non fosse un angelo di ragazzo, Melanie sembrava vederlo tale. Per quanto volesse detestarlo, non ci riusciva, e da quel che disse, da una parte lo ringraziava per averle fatto scoprire l’amore. I suoi occhi brillavano, al nominar quel Tim; era chiaro che i suoi sentimenti fossero forti.
Poi, la conversazione si spostò sulla mia apatia di due giorni prima, e mi sentii una stupida a spiegarle il mio problema; era davvero insignificante, in confronto alla sua storia.
Fu la prima persona a cui dissi della scommessa di Adam, di come mi avesse presa in giro, e la prima a cui rivelai a ruota libera di come mi stessi innamorando di lui. Sfogai anche le mie idee e i miei dubbi sulla neo-relazione con Rick, sulla mia intenzione di lasciarlo di nuovo, a nemmeno ventiquattro ore da quando c’eravamo messi insieme.
“Natalie, per quello che vale..non credo che Adam ti abbia preso in giro su tutta la linea..” affermò, accigliata. “L’altra sera, a cena..era piuttosto preso da te.” La mia mente recepì la conclusione di Mel, ma il mio cuore si rifiutava categoricamente. Era ancora troppo ferito per permettersi di sperare ancora, quando si parlava di Adam.
“E’ un bravo attore..” mi limitai a rispondere, stringendomi nelle spalle. Melanie scosse la testa, sorridendo appena. “Spero davvero che le cose tra voi si sistemino. Siete una bella coppia.” Il mio cuore perse un battito. No, niente speranza.
Melanie sbadigliò, stiracchiandosi. “Sono le sei della mattina, Nat..e tu domani hai scuola: ti ho tenuta tutta la notte sveglia, mi dispiace..sarai distrutta.”
Le sorrisi, rassicurandola. “Figurati.” Dissi, facendo un gesto come per scacciare un insetto molesto. Era incredibile come in una sera avessimo imparato a conoscerci veramente: non avevamo raggiunto quest’affinità in diciotto anni..ma era bastata una mezz’ora per farla nascere.Incredibile. Mi voltai verso Melanie, prima di entrare nella stanza di Rose.
“Ah, Mel..sono felice di aver ritrovato una sorella.” Dissi, sincera.
Lei, di risposta, sorrise dolcemente. “Anch’io, Nat. Tanto.” I suoi occhi lampeggiarono di sincerità e gratitudine, e mi ritrovai a sorriderle nuovamente.
+
Quella mattina, a colazione, ero come in catalessi. Avevo la testa ciondoloni, e gli occhi mi si chiudevano ogni due secondi. Ma nonostante la stanchezza, trovavo la forza per sorridere.
Anche Melanie era nelle mie stesse condizioni; si era alzata presto, a discapito degli altri giorni, per salutarci, nonostante potesse recuperare le ore di sonno perse.
Rosalie continuava a lanciarci sguardi perplessi, mentre mangiucchiavamo distrattamente delle fette biscottate.
Sbadigliai, e anche piuttosto rumorosamente. Non mi sarei stupita che i Brown mi denunciassero per rumori molesti di mattina presto. Mh. Meglio non pensarci.
“Papy, oggi mi puoi portare in macchina? Altrimenti rischio di tornare indietro e non andarci..” farfugliai; mio padre alzò un sopracciglio, divertito.
“A che ora sei andata a letto ieri sera?”
Mi fregai un occhio, e stiracchiai l’altro braccio. “Sono andata a letto presto ma ho preso sonno molto tardi..” spiegai, accasciandomi sullo schienale della sedia. Papà scosse la testa, divertito.
“Va bene.”
In quel momento, nostra madre entrò nella stanza, con un entusiasmo quasi esagerato. Era assurdo come l’arrivo di Melanie avesse fatto bruciare anche l’unico neurone di Emily.
Mi chiedevo quanto sarebbe durata ancora l’adorazione per la Figlia Prodigio, alla notizia che sarebbe diventata nonna.
Scacciai il pensiero, alzandomi da tavola per finire di prepararmi.
Un quarto d’ora dopo, ero sull’auto di mio padre, che andavo a scuola.
Parcheggiò nello spiazzo e marciai da Susan, Megan e Kim. “Ciao ragazze”.
La mia migliore amica era accigliata, le braccia conserte al petto. “Cos’è, oggi non ti ha accompagnata il tuo bello?” Sbiancai.
Schiaffeggiai la mano sulla fronte, ricordandomi improvvisamente di Rick.
“Cazzo! Mi sono dimenticata!”
Estrassi con foga il cellulare dallo zaino, trovando sul display l’avviso di due messaggi e quattro chiamate perse, tutte del mio fantomatico fidanzato. Imprecai tra i denti, e digitai una serie di scuse, dicendo che mi era passato di mente a causa di alcuni problemi di famiglia (problemi, tra l’altro, di cui ero a conoscenza solo io).
Due istanti dopo, mi arrivò la risposta. Tranquilla! ;) ti vengo a prendere dopo la scuola.
Kim mi guardava quasi scocciata. “Ma che cosa carina.” Borbottò, acida.
Alzai gli occhi al cielo, assumendo la sua stessa postura. “Sì, molto.”
“Sta già lavorando su come ferirti, evidentemente.” Sibilò, contrariata. A quel punto, la presi per il gomito e la trascinai un po’ in disparte. Non volevo dare spettacolo.
“Oh Kim!” sbottai, serrando i pugni lungo i fianchi, “Possibile che sei così fissata? Rick mi ha chiesto una seconda possibilità e gliel’ho data. Non vuol dire che gli dia anche l’opportunità di fregarmi, dato in questo momento quella che lo prende in giro sono io!” sbraitai, pentendomi subito dopo delle mie parole. Kim era paonazza, la bocca aperta e gli occhi strabuzzati.
“Che..che intendi dire?” farfugliò, confusa.
“Con questa seconda chance ci mettiamo alla prova..probabilmente lo sa anche lui che non durerà molto.” Sospirai. “E’..una specie di scommessa.” Era meglio non sbandierare ai quattro venti che Rick stesse cercando di farmi passare la cotta per Adam.
“Ah.” Kim si accigliò: “E in che cosa consisterebbe?”
“Rick..sa che non sono innamorata di lui. Sa che non ho più fiducia nelle sue parole e che ho altro per la testa.” Abbassai il capo. “Gli ho chiesto di farmi innamorare di lui, se davvero è cambiato per il meglio.”
A quel punto, Kim, che se n’era rimasta buona buona per troppo tempo, esplose. “Ma allora sei scema, Nat! Vuoi farti del male!”
Mi strinsi nelle spalle. “Peggio di come sto ora..” Kim si zittì, mentre io mi voltavo verso l’ingresso della scuola, lì dove c’era il gruppo di Adam che scherzava con i suoi amici. Sentii una fitta al cuore, vedendo il suo sorriso.
Sentii una mano posarsi sulla spalla, e incrociai lo sguardo consapevole di Kim.
“Ci sei caduta proprio con tutte le scarpe,eh?” disse, cercando di rivolgermi un sorriso stiracchiato, a cui non tentai nemmeno di ricambiare.
“Peggio, Kim..mi sto innamorando di lui..”
Evidentemente, non si aspettava la mia rivelazione, e rimase a bocca aperta, stile baccalà. Non avevo nemmeno la voglia di ridere di gusto a quella faccia buffa. Avevo ammesso a voce alta per la seconda volta l’innominabile verità.
Kim si riscosse, e assunse la sua solita aria decisa.
“Sai, Megan mi ha appena detto che questo venerdì ci sarà una festa.” Cominciò. Il cambio repentino di argomento mi lasciò un po’ confusa, ma era meglio che mi distraesse. Meno ci pensavo, meno stavo male.
“Non mi sembra il caso, Kim.” Conclusi, poi, ripensando alla sua affermazione.
Raggiungemmo di nuovo le nostre amiche, che ci lanciarono uno sguardo confuso. “Ragazze, dovete aiutarmi a convincere Natalie a venire alla festa di venerdì.” Così disse, e così successe. Alla fine dell’ultima ora, esasperata, le avevo detto di sì.
Putroppo, Kimberly aveva uno strano ascendente su di me (per non chiamarlo piano di esasperazione), e mi convinceva a far di tutto. Come andare ad una di quelle stupidissime feste. Bastava che mettesse un paio di occhi dolci, un labbruccio tremulo, qualche “ti prego ti prego”, e il gioco era fatto, normalmente. Ma stavolta aveva giocato sporco, utilizzando la carta Jolly.
“Nat, non devi dimostrarti debole davanti a Brown..deve capire cosa si è perso, sia come amica che come ragazza.” Aveva detto, battendo un pugno sul palmo aperto dell’altra mano, “Devi farti vedere spensierata, come se non ti avesse toccato la sua uscita di scena.”
La campanella suonò, e Kim mi obbligò a muovermi.
Quando uscimmo in corridoio, sentii distintamente il vociare entusiasta dei miei compagni: evidentemente parlavano tutti del super festone che avevano organizzato, e non stavano più nella pelle.
E, per qualche istante, mi sentii partecipe di quell’euforia, mentre Kim parlava a macchinetta di vestiti, scarpe e una manche di ristrutturazione facciale (come chiamava lei la fase trucco). Ma varcata la soglia della scuola, mi irrigidii. C’era l’auto di Rick nel piazzale, e lui era appoggiato alla portiera con un sorrisone sgargiante. Sentii Kim irrigidirsi al mio fianco.
Deglutii a vuoto, e proseguii verso il mio ragazzo.
“Natalie!” Mi accolse con uno sguardo di zucchero, e si sporse per darmi un bacio sulla guancia. Sentivo tutti gli occhi della scuola sulla schiena, e la cosa m’irritava parecchio. “Ciao Rick.” Risposi, telegrafica, sperando che non sentisse il reale tono seccato.
“Ci sentiamo dopo, Natalie..” Kim mi scoccò un’occhiata ammonitrice, per poi proseguire verso l’auto di sua madre dall’altra parte della strada.
“Ciao Kim..” il saluto mi morì in gola, quando notai Adam passare accanto a noi, con uno sguardo indecifrabile. Scosse la testa, e proseguì spedito.
“Più guardo Brown, più credo che sia un coglione.” Commentò Rick, con una smorfia. Non osai chiedergli il motivo, non avevo intenzione di parlare con lui dell’altro. Era un tabù.
“Su, andiamo.” Disse poi, facendo il giro dell’auto per andare al posto di guida. Salii sull’auto, e Rick mise in moto. Durante il tragitto ci rivolgemmo le solite domande di cortesia: sembravamo due sconosciuti, e non due che stavano tentando di costruire qualcosa. Beh..l’unico che volesse costruire veramente qualcosa era solo Rick, perché io ero piuttosto passiva.
Raggiungemmo in pochi minuti casa mia, ma Rick mi fermò prima che potessi chiudere la portiera. “Nat, volevo dirti che questo venerdì non potrò passare a prenderti né alla mattina né al pomeriggio..devo partire per uno stage di tre giorni quella mattina presto.” Annuii.
“Quindi ci vediamo martedì mattina?” chiesi, e lui mi rivolse un sorriso caldo,annuendo. “Sì. Ciao Nat.”
“Ciao Rick.” E chiusi la portiera, avviandomi in casa.
**
Quel venerdì arrivò fin troppo in fretta, per i miei gusti.
Kim sembrava assatanata, non riusciva a parlare d’altro. Un po’ come tutto il resto della scuola; l’entusiasmo era sempre più in fermento, il vociare più euforico, e l’attesa più emozionante.
Non che io fossi emozionata. Non ero una da feste e robe varie, ma quando capitava, venivo sempre trascinata a forza dalle mie amiche,volente o nolente.
Tra l’altro, Kim era più intenzionata ad intensificare la fase preparativa, e, potevo giocarci una mano, ero certa che c’entrasse un certo Johnatan, uno degli amici di Adam; ci avevo scambiato qualche parola, talvolta, in classe. Era carino, con la testa a posto, e aveva conquistato la mia amica già da un pezzo, per quanto lei negasse.
Quando anche l’ultima campanella suonò, con mia somma gioia, perché non ne potevo più né di professori né di Kim, quasi mi misi a urlare.
“Allora, Nat, è tutto deciso: oggi pomeriggio vieni verso le quattro che ci prepariamo. Ho già in mente un vestito da farti mettere, e vedrai che sarai una bomba!” Sospirai,rassegnata.
“Va bene..ma niente di esagerato, vero?” Lei mi rivolse un sorriso angelico.
“Certo che no!”
Quello che dovevo tenermi a mente, era che non dovevo mai fidarmi di Kim, per quanto riguardava i vestiti.
Me ne stavo lì, davanti al suo letto, con gli occhi spalancati.
Sul suo materasso c’era una specie di salvietta da bidet nera, e per terra, davanti a me, due trampoli funesti che mi fissavano con odio.
“Kim..”
“Non ringraziarmi, cara, lo so bene che è bellissimo!”
“Non è per me, vero?” Kim alzò gli occhi al cielo.
“No, guarda: per mia nonna. E’ in vena di buttarsi sulla pista da ballo, sai..” fece ironica, mettendosi le mani sui fianchi.
“Kim, non metto quella roba!” esclamai, additando l’oggetto incriminato.
La mia amica sbuffò, scocciata. “Cos’ha che non va, scusa?”
Lo indicai, ancora con più eloquenza, “Ma lo vedi? E’ INESISTENTE!”
Kim sbuffò. “Uffa, quante storie..mamma aveva ragione, ha fatto bene a darmi il cambio.” Borbottò, andando al suo armadio e cominciando a frugarci dentro.
La madre di Kim aveva un carinissimo negozio di vestiti, dove potevi trovarci abiti per ogni occasione, e quello straccetto proveniva da lì. Fortunatamente, al contrario della figlia, Johanne aveva buon senso, e rispettava i miei gusti.
“Ecco qua.” Kim mi mostrò un paio di jeans scuri e un top sbrilluccicante, con un’aria seccata.
“Grande!” esultai, prendendoli tra le mani e ringraziando tutti i santi del cielo e soprattutto la madre di Kim.
Kimberly sbuffò, incrociando le braccia al petto.
“E meno male che il progetto era “conquistiamo Adam”..”
Avrei dovuto odiare la mia amica perché aveva una maledetta memoria di ferro.
E avrei dovuto odiare me stessa perché, improvvisamente, la salvietta da bidet non mi sembrava più così corta.
L’unica cosa certa era che odiavo Adam..perchè mi stava seriamente stravolgendo.
**

Ehilà..allora, soddisfatte o rimborsate dal capitolo? Ho scritto qualche schifezza, secondo voi?
Stupite da Melanie, dal suo segreto e dal riavvicinamento tra lei e Natalie? Cosa ne pensate?
Cosa indosserà Nat per la festa? Cosa combinerà la nostra eroina? Kim combinerà qualcosa con il simpatico amico di Adam?
E il nostro bellissimo quanto stronzissimo protagonista?
Si accettano scommesse xD
Ah volevo dirvi: ragazze, non accanitevi con Angelina u.u E' una brava ragazza.
Come abbiamo imparato in questo capitolo, e nello scorso, le apparenze ingannano. Non serve dire che soprattutto quelle di
Be..non ho molto altro da dire, se non grazie per le vostre parole :) Siete gentilissime. Vi adoro. **
Siete la ventata fresca in queste giornate afose >.<
:D Un bacione grande!

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Capitolo 16
*** 16. L'ho mai detto che odio le feste? ***


Saaaalve :D
Eccomi qui, e anche in poco tempo...E' che non stavo piu nella pelle!! ^O^
Capirete quello che intendo, solo...leggendo xP
Vi ringrazio di cuore per le belle parole di chi ha recensito, o solo per aver letto :)
Detto ciò, meglio che mi dileguo, non vorrei farmi trovare, quando leggerete un punto del capitolo...
In compenso..beh, non vi dico niente, ma sappiate che c'entra quel bontempone di Adam.
Un bacione grande!
Capitolo 16. L’ho mai detto che odio le feste?

Dovevo ricordarmelo, nel caso si fosse presentata di nuovo occasione: non dovevo mai più farmi dare una mano da Kim per il look per una festa.
Se per infilare quel pezzo minuscolo di stoffa sbrillucicante ci avevo messo mezzo secondo - da non chiedere come il mio cervello avesse deciso questo irragionevole atto di masochismo puro-la fase di ristrutturazione facciale durò le seguenti due ore.
La cosa era stata traumatizzante.
Quella pazzoide schizofrenica della mia amica aveva impomatato e truccato ogni millimetro di pelle del viso, con fondotinta, cipria, matite, mascara, obretti dai colori dell’arcobaleno e lucidalabbra appiccicosi al gusto ciliegia: per un momento, avevo temuto di essere stata tramutata in un clown.
Ma quando mi guardai allo specchio, stentai a riconoscermi.
Rimasi praticamente a bocca aperta, mentre Kim sogghignava: -Sei bella da mozzare il fiato, Natalie..- si guardò compiaciuta le unghie, -Vedrai quanto roderà quel cretino.-
Dubitavo che Adam avrebbe prestato attenzione a me, ma in quel momento non potei almeno un pochino essere d’accordo con Kim per la prima affermazione. Stavo bene così, e per una volta mi sentii degna di nota.
Mi ero sempre ritenuta piuttosto anonima, nella norma. Quella sera, però, volevo brillare, almeno per una volta nella mia vita.
Kimberly si preparò nei restanti venti minuti, con un’attenzione quasi maniacale a rendersi bellissima. Non che servissero i trucchi per sottolineare quanto fosse aggraziata nei lineamenti né vestiti vistosamente corti per evidenziare il suo corpo.
-Benissimo..siamo pronte entrambe, direi che ci possiamo avviare.- Sorrise, aprendo la porta della sua camera per scendere in salotto.
-Chad!- urlò, fracassandomi i timpani. Chad era il fratello di Kim, aveva quattro anni più di noi, e per quella sera era il nostro chauffeur.
Appena ci vide, strabuzzò gli occhi chiari. –Ma siete impazzite? Non uscite di certo combinate così!- Il suddetto, era famoso per la sua ossessiva protezione per Kim, e si atteggiava spesso e volentieri da bodyguard. E questo accadeva da quando la mia cara migliore amica aveva quattro anni, e Kim,era veramente stufa dell’iper protettività del fratello.
Kim sbuffò: -Ci abbiamo messo quasi tre ore, per prepararci, e ora di certo tu non ci smonterai i piani. Volente o nolente, ci porti a quella festa, Chad!- sibilò, perentoria.
Lui assunse un ghigno. Dovevo ammettere che quel ragazzo emanava un fascino quasi magnetico. –Vedremo cosa dirà il boss..mamma!- chiamò, alzando la voce per farsi sentire da Johanne, che arrivò quasi immediatamente con un cesto di vestiti da stirare. Poggiò il tutto sul tavolo, e si voltò ad analizzarci, aprendosi in un sorriso. –Siete magnifiche, ragazze! E Natalie..quel vestito ti sta d’incanto, anche se pensavo l’avessi scartato!-
Ridacchiai, arrossendo. Kim prese la parola:-Infatti l’ha scartato,all’inzio..ma ha cambiato idea per una buonissima causa.- e ghignò, quella pazza.
-Ma mamma!- si lamentò Chad, indignato. –Non possono andarsene in giro così! Non sai quanti maniaci girano? E poi fa freddo!- Johanne scosse la testa, ridendo.
Kim ghignò ancora, vittoriosa. –Bell’imbusto, forza, prendi le chiavi..siamo già in ritardo!- Lanciai un’occhiata veloce all’orologio appeso alla parete, constatando che fossero ormai le nove e mezza, e che ci avevamo messo più tempo di quanto pensassi, a prepararci.
Chad sbuffò,e prese rassegnato il suo giubbotto dall’attaccapanni accanto alla porta, borbottando tra sé.
Johanne rise ancora, lasciando una carezza sulle guance di entrambe.
-Divertitevi ragazze, stendeteli tutti!- esclamò, mentre uscivamo imbacuccate nei nostri cappotti, ancora ridacchiacchiando.
Il posto in cui era organizzata la festa distava circa un quarto d’ora dalla casa di Kim. Chad rimase zitto per tutto il tragitto, impettito e indignato perché sua madre non l’aveva appoggiato nel segregarci in casa.
Quando scendemmo dall’auto, il fratello di Kim scoccò ad entrambe uno sguardo penetrante che non ammetteva replice: -Fate attenzione..- Kim annuì e fece un gesto come per scacciare una mosca, senza degnarlo di un saluto decente. Divertita, la seguii dentro al locale.
La musica, che si percepiva già da fuori, era al massimo e rimbombava nello stabile e pure nel mio stomaco. Storsi il naso: io odiavo il volume troppo alto, e odiavo il chiasso. E nelle feste c’era sia chiasso che volume alto; era chiaro, no,che odiassi le feste?
Rimasi con Kim per un tempo indefinito, finchè non scorse la sua mira, ovvero l’amico di Adam, e prese il primo che passava(che ovviamente non oppose resistenza) obbligandolo a ballare con lei, ammiccando in mia direzione.
Sorrisi, notando che il povero Jonhatan avesse il viso quasi violaceo dal nervosismo e dalla gelosia. E no, non erano i riflessi delle luci colorate che si riflettevano sulle pareti. I suoi occhi erano presi da una furia cieca; povero il malcapitato che ballava con la mia amica..non ero sicuro che sarebbe rimasto vivo a lungo, se avesse sbagliato ad allungare le mani su Kim davanti a Johnatan.
Ma ben presto la futura coppia passò in secondo piano, quando, voltandomi verso l’ingresso poco distante da me, vidi Adam & Co entrare nel locale.
Fu come vedere un fulmine nel buio pesto della notte, accecante e destabilizzante. Era bello da mancare il fiato.
Scossi la testa, cominciando a sentire la tristezza e la rabbia montare: non dovevo pensare a lui, quella sera.
Mi concessi un ultimo sguardo, e scorsi Angelina spostarsi in direzione del gruppetto di ragazzi che avrei voluto disintegrare dalla faccia della terra.
Eccola, Miss Perfezione..figurarsi se Adam non fosse andato alla festa con quella. Da quel che capivo, ormai facevano coppia fissa; normalmente, Adam dopo uno, massimo due giorni scaricava la “fortunata”. E pensare che mi aveva convinto che non fosse un puttaniere, quella sera, nella casetta, spacciandosi per uno degno di fiducia, nonostante le voci di corridoio.
Ah, quel brutto verme..non poteva rovinarmi la serata!
Mi diressi spedita, per quanto riuscissi ad esserlo con tutta quella gente accalcata, verso il bancone del locale, in disparte rispetto la pista affollata; il barista mi fece la radiografia completa, innervosendomi non poco.
Quel vestito mi sembrava di nuovo fin troppo corto.
-Che prendi, bellezza?- l’avevo già detto che mi dava tanto l’aria di viscido?
Ordinai la prima cosa che sentii nominare da due ragazzi poco distanti da me, senza nemmeno sapere cosa fosse e sperando che non fosse una bomba esplosiva. Dubitavo che ci stesse qualcosa di analcolico, comuque, lì.
Assaggiai un po’ restia il drink in questione, e non lo trovai male; però sentii già la testa alleggerirsi al terzo sorso, e quando finii il bicchiere ero piuttosto rimbambita. Avevo mai accennato al fatto che non reggessi l’alcool? Evidentemente quel cocktail non era proprio leggero.
Con un sorriso ebete per quell’improvviso senso di pace interiore, mi ritrovai a dare confidenza ad un tipo che si era seduto accanto a me, e che mi guardava evidentemente divertito.
-Ciao- sorrise, educatamente, cercando di farsi sentire oltre e gli schiamazzi e la musica a palla.
-Ciao!- risposi. Ero decisamente confusa. E decisamente cretina.
-Come mai qui tutta sola, questa bellissima ragazza?- chiese. Era un effetto ottico, o il suo gomito e tutto il resto del suo corpo si stava avvicinando a me?
-Mi annoio.- fu la mia risposta asciutta, che lo fece sorridere ancora.
Tanto per dirlo, non era quel genere di persona con cui avrei socializzato completamente lucida; ma siccome il bicchiere precedente mi aveva reso la mente un po’ annebbiata, non ci feci minimamente caso.
Lo sconosciuto ordinò due drink dal nome impronunciabile e sorrise nuovamente. Il barista glieli porse, e il tipo fece scivolare un bicchiere verso di me. –Brindiamo alla noia, che mi fa incontrare così belle persone.- E ammiccò.
Da lucida avrei sicuramente risposto qualcosa di acido, gli avrei assestato un pugno sul naso e l’avrei steso con una ginocchiata tra le gambe, per poi alzare i tacchi. Odiavo chi ci provava così spudoratamente, sapeva di viscido. In qualche modo, era anche più vile del barista che sembrava spogliare con gli occhi ogni individuo di sesso femminile che veniva a bere qualcosa.
Questa volta, però, un po’ per la delusione, un po’ perché non ero lucida, afferrai il bicchiere e ingoiai il contenuto quasi con disperazione, il che mi andò direttamente alla testa. Mi bruciava la gola, e la testa mi girò per qualche istante.
Il tipo sorrise. –Hai sete vedo..ehi, fammi un altro di questi.- disse, indicando il suo bicchiere quasi completamente intatto.
Tutto doveva gridarmi “cazzata”, ma ero ovviamente già ubriaca, e sì sa, quando si è ubriachi si è coraggiosi e sprezzanti del pericolo: se poi si è anche sentimentalmente e emotivamente disperati, è peggio ancora.
Ero improvvisamente spigliata e aperta, come non lo ero mai stata, mentre lo sconosciuto mi parlava.
Dopo il terzo bicchiere accettai pure di ballare con il tipo senza nome, e presi a scatenarmi tra la massa. Di solito ero un pezzo di legno, non ero molto portata per ballare, ma quella sera ero piuttosto disinibita, e lasciavo che la mia parte irrazionale, per non dire idiota, di me mi guidasse.
Quando la mano di quel tipo scese troppo in basso, feci per allontanarmi schifata, ma mi sentii afferrare per un braccio.
–Direi che per stasera ti sei divertita a sufficienza.-
Alzai lo sguardo annebbiato, trovandomi di fronte gli occhi fiammeggianti di Adam. Sembrava furioso, e, inspiegabilmente, mi arrabbiai anch’io, mentre mi trascinava in disparte. –Tu vieni con me.-
Non riuscii a oppormi, neanche con tutte le mie forze. Mi portò in un posto piuttosto appartato, lontano dagli schiamazzi, il che fu una fortuna perché la testa pulsava forte. Senza contare che ero ancora un po’ schifata.
Adam mi impalò con uno sguardo intenso e arrabbiato. –Cosa diavolo credevi di fare, eh?- poi, si aggiunsero le sue mani sulle spalle. –Ubriacarti, vestirti in questo modo..cosa volevi dimostrare?- sibilò, mentre i suoi occhi furenti mi facevano la radiografia.
Lo scrollai via, facendo una smorfia scocciata.
-Ti odio. Perché tu puoi divertirti con tutte le ragazze che vuoi, e io non posso ballare?- sbottai,indignata ma con la bocca impastata. –E poi, se non sto bene vestita così saranno fattacci miei!-
Nei suoi occhi lampeggiò rabbia nera, ma non rispose.–Stai delirando, sei ubriaca fradicia.- sbuffò, -Eppure non mi pare che tu abbia bevuto più di tre bicchieri..cosa diavolo hai ordinato? Doveva essere forte per portarti ad essere così sconsiderata.-
Storsi il naso, incrociando le braccia al petto. In un altro momento, avrei dato peso al fatto che mi avesse osservata per tutto il tempo, ma in quel momento non ero in me. –Non ti può interessare di meno.- gracchiai, con la gola in fiamme. –Perché mi hai trascinata via? E’ finita la recita, Adam, è finito il gioco. Smettila di tormentarmi..hai vinto.-
Notai i suoi pugni stringersi spasmodicamente, e poi rilassarsi con uno sbuffò.
-Possibile che tu sia così ottusa? Vabbè che ora non sei lucida..ma normalmente quando si è ubriachi si dice quello che si pensa..-
Annuii, -Sì, ma io non sono mica ubriaca..!- mi lamentai.
Accennò un sorriso amaro e sarcastico. –No, neanche un po’.-
Sentii un capogiro alla testa, e barcollai, mugugnando; come arrivai al petto di Adam non lo seppi, fatto sta che la cosa mi piacque più del lecito.
-Sei proprio un impiastro..- sussurrò.
Mi scostò appena, e afferrò la mia mano, intrecciandola con la sua.-E’ meglio portarti in un posto tranquillo.- E mi trascinò in una saletta isolata dal resto.
-E questo posto?- chiesi, stupita.
Lui si strinse nelle spalle. -Non è la prima volta che vengo ad una festa qui. Quando ho voglia di starmene da solo vengo di qua, senza che nessuno venga a rompermi.- spiegò. Annuii, come se tutto fosse chiaro, mentre in realtà la mia mente era una nebbia completa. Chissà se stavo sognando. Però sentivo ancora le dita di Adam intrecciate alle mie, quindi non era un sogno..un momento: la mia mano in quella di Adam?
Anche da ubriaca mi persi in congetture depresse, e cercai di districare la presa prima che il tutto fosse troppo doloroso. Perché giocava così con me?
Ma lui non mollò la presa, e con uno strattone mi ritrovai incollata al suo petto, di nuovo, i nostri sguardi intrecciati come le nostre mani.
Il suo sguardo era qualcosa di magnifico, intenso e destabilizzante.
Quasi non mi accorsi che si fosse avvicinato con il viso al mio, troppo impegnata a osservare le pagliuzze verde acqua nelle sue iridi.
Ma quando sentii il suo respiro sulle labbra, persi totalmente la cognizione di dove e perché mi trovassi lì, e persino come mi chiamavo. Sarebbe successo anche se fossi stata lucida..anche se, in quel caso, l’avrei certamente allontanato.
-Cosa..?-
Lo sguardo di Adam si fece un momento incerto, poi parlò pianissimo, vicino alle mie labbra. –Domattina non ricorderai nulla, sei troppo ubriaca..tanto vale cogliere l’occasione..- e le sue labbra sfiorarono le mie, creandomi uno scompenso ormonale non da poco e facendo sussultare il mio povero cuore. Me lo sentivo, sarebbe volato via di lì a poco.
Travolta da non so cosa, sciolsi le dita dalla mano di Adam e gli gettai le braccia al collo, baciandolo con foga.
Adam si era irrigidito per un momento, ma non ci impiegò poi molto a ricambiare il bacio con la stessa passione.
Oh, quanto avevo desiderato quel bacio..peccato che avesse ragione: l’indomani avrei cancellato il ricordo, e per me sarebbe stato come se non fosse successo nulla..ma allora perché lo faceva? Cosa cambiava a lui, baciarmi o meno?
Perché l’aveva fatto solo con la certezza che poi non avrei ricordato niente?
Stupidi bicchieri di troppo! Quanto avrei voluto non essere ubriaca!
Portai le mani tra i suoi capelli, morbidi e stupendi, e mi persi a giocarci, mentre lui mi stringeva di più.
Possibile che anche per lui quel bacio fosse disperato quanto lo era per me? Magari erano solo dei vaneggiamenti da ubriaca, però lo percepivo così. Ma siccome sentivo anche del sentimento, in quel bacio, era matematicamente impossibile che la mia percezione fosse corretta.
Una sua mano si posò sul mio capo, poi scivolò alla mia guancia e lasciò una carezza quasi con..dolcezza.
Oh, Adam..-Ti odio..-mormorai, sulle sue labbra. Ma lui mi strinse forte, e si riappropriò delle mie labbra senza che potessi, e volessi oppormi, come se non avessi mai detto niente.
And in another life
I would be your girl
We keep for our promises
Be us against the world
La canzone di Katy Perry giungeva fino a noi, nella nostra saletta appartata, mentre ancora non trovavo la forza per allontanarlo. Stavo sbagliando, stavo deliberatamente giocando col fuoco; ma dopotutto, chi dei due rischiava di più?
L’indomani, come minimo, io avrei debellato ogni ricordo. Non mi sarei bruciata.
Ma lui era lucido, mi stava baciando senza un motivo valido, ma lo stava facendo. E questo bastava a rendermi ancor più confusa di quanto già non fossi per l’alcool ingerito.
Should told you what you meant to me,
Cause now I pay the price
All’improvviso, prima che potessi rendermene conto, Adam fece scivolare le sue mani sulle mie spalle e mi allontanò delicatamente, lasciandomi con un vuoto nel petto.
Piantò i suoi occhi nei miei; erano fiammeggianti, di un verde intenso, quasi più scuro della normale tonalità delle sue iridi. Sembrava volesse leggermi dentro, e quasi mi venne il dubbio che avesse capito i miei sentimenti.
In quel momento mi sentivo più lucida di prima che bevessi, per assurdo.
-Sei stato con Angelina?- chiesi, spaventosamente diretta, sostenendo il suo sguardo.
-No.- Quella parola echeggiò fino al mio cuore, s’infilzò come uno spillo, e ci si tatuò. –Tu stai con Donagan?-
Quello stesso organo che prima stava battendo furioso, perse un pulpito.
-Sì.- Ma avrei voluto dire di no, perché era lui e solo lui che volevo. Nei suoi occhi passò la delusione, e fece l’ennesimo passo indietro; non si allontanava solo dal mio corpo, ma anche dal mio cuore: era stato un errore baciarlo, mi era sembrato, ingenuamente, che i nostri cuori fossero vicini, che fossero legati. Dio, com’ero patetica.
Adam abbassò lo sguardo, e fece una smorfia, quasi disgustata. –Cazzo, che coglione che sono..- sibilò, tra sé.
Feci un passo avanti, ma il suo sguardo intenso e arrabbiato mi trafisse, bloccando i miei movimenti e il mio respiro.
-Adam..- mormorai, afflitta. –Io non ti capisco..- Cominciai a sentire gli occhi pizzicare: ma bene, avrei fatto anche la figura della piagnona. Poco male, no? Sentii il nervosismo crescere, tutta l’angoscia dei giorni precedenti montare.
–Cos’è, tu e Wilson avete fatto un’altra scommessa? Stavolta cosa devi fare? Qual è la posta in gioco?- sbraitai, cominciando a gesticolare e lasciando cadere le lacrime sulle guance. L’espressione di Adam era indecifrabile. –Sei solo uno stronzo! Non t’importa nulla degli altri!-
Così, cominciai lo sfogo, perché, se non si era già capito, non ne potevo più.
-Ho sempre diffidato da tutti, dopo Rick! Poi sei arrivato tu e hai buttato giù le mie barriere,e mi sono fidata, perché a differenza di molte altre persone, riuscivi a capirmi! Proprio tu, che mi rendevi la vita un inferno! E poi? Poi scopro che era tutta una bugia, una scommessa!-
-Natalie..- fui io, stavolta, ad allontanarmi da lui quando tentò di avvicinarsi.
Lo guardai tra le lacrime; -Io mi fidavo di te..eri davvero importante. Ma evidentemente sei come tutti gli altri.- mormorai, per poi girare i tacchi e tornare nella mischia della gente. Cercai Kim, con gli occhi appannati e un mal di testa lancinante, e la trovai seduta ai divanetti, accanto a Johnatan, con cui parlava amorevolmente. Mi si strinse il cuore, non volevo interromperli per una mia stupida crisi. Perciò decisi di uscire dal locale e chiamare Rose. Mi disse che sarebbe arrivata in un batter d’occhio; ovviamente non le era sfuggita la voce spezzata.
Mi portai in un angolo, per aspettare mia sorella. Sentivo chiaramente la musica e gli schiamazzi provenire dall’interno, il che aumentava solo il mio mal di testa esponenziale.
-Ehy..- sentii una mano posarsi sulla spalla e sussultai, spaventata, scrollandola via. –Piccola, sono io..- guardando il tizio illuminato dalla luce dell’insegna, lo riconobbi come quello che aveva tentato di ubriacarmi e palparmi. Il suo fiato puzzava in modo schifoso di alcool: evidentemente non si era fermato, quando mi ero allontanata con Adam, ed ora era completamente sbronzo. Si era avvicinato di nuovo, e cominciai a sentire i brividi di paura sul collo. Avevo un brutto presentimento.
Cercai di spostarmi e andare via, ma la sua mano scattò al mio polso, bloccandomi. Il mio respiro si mozzò, mentre il mio cuore prendeva a scalpitare. –Non andare via..- e ridacchiò, alitandomi addosso con quel puzzo di alcolici. Cercai di strattonare via il polso, ma lui non accennava a mollare la presa. Ma perché accadevano tutte a me?!
-Lasciami andare!- ringhiai. Decisa fuori, in panico dentro.
Lui ridacchiò ancora, e scosse la testa. –Rilassati, piccola, ti farò divertire..!-
Oh no, no, no..
Avrei dovuto urlare, ma con quante probabilità mi avrebbero sentita con la musica a quel volume? Senza contare che avevo ancora la gola secca e dolorante.
Lasciai nuovamente le lacrime cadere, mantenendo comunque un’aria impassibile, mentre quell’uomo si avvicinava ulteriormente a me. Sentivo il cuore esplodere, il panico diffondersi sempre di più.
Aiuto..ma quell’invocazione non usciva dalle mie labbra. Qualcuno mi aiuti..
La mano di quel verme mi sfiorò la guancia, e scrollai la testa per non farmi toccare di nuovo.
-Non piangere, piccola..- sibilò, troppo vicino al mio viso. La sua mano si appoggiò alla mia schiena, e prese a scendere più in basso, quando tutto accadde molto velocemente.
-Pezzo di merda, non osare toccarla!- Improvvisamente, l’uomo venne colpito da un pugno secco e mi lasciò la mano per portarsela al viso. –Natalie, via!- Ancora terrorizzata, ascoltai le parole di Adam, e mi spostai qualche metro più indietro in un istante, non riuscendo però a non guardare il ragazzo che amavo; Sferrò una ginocchiata nello stomaco di quell’animale che lo stava per colpire a sua volta. Il verme si accasciò a terra, e le mie ginocchia cedettero a loro volta. Ma sentii immediatamente due braccia avvolgermi e sostenermi.
Adam..il mio Adam.
Scoppiai a piangere, ancora in panico, terrorizzata, stretta al petto di Adam, che mi trascinava lontano.
-Sh..sh..è tutto finito, Nat, tutto finito..Sei al sicuro.- mormorò lui, sulla mia fronte, lasciandomi un caldo bacio. –Sono qui..-
-Non lasciarmi..ti prego..- singhiozzai, attaccandomi alla sua maglia. In quel momento, notai che non si era nemmeno messo il cappotto, e realizzai che dovesse essere congelato. Fuori faceva freddissimo.
Se c’era qualcosa che mi premesse di più, in quel momento, era la sua salute.
-A-Adam..avrai f-freddo..- parlai a fatica. In risposta lui mi strinse maggiormente.
-Mi importi di più tu.- quelle parole mi scaldarono il cuore. –Scusami, Natalie..-
Non riuscii a far altro che piangere ancora, ancora e ancora, finchè due fari puntati addosso, non mi accecarono. Due istanti dopo, Rosalie correva verso di me col viso sfigurato dalla paura.
-Natalie..cos’è successo?!-
-Quel verme..- Adam fece una smorfia e un cenno all’uomo ancora agonizzante sull’asfalto, e sbiancò.
-Oddio, Natalie..Nat..tranquilla, è tutto apposto..- si rivolse a Adam, -L’ha toccata?-
La presa di Adam s’intensificò, e così mi sentii ancor più protetta. –No. Sono intervenuto appena in tempo.- La sua voce era piatta: non osavo alzare lo sguardo per trovare il suo, sicuramente era furioso.
Rose si sporse verso di me, e mi toccò una spalla, facendomi sussultare. –Ti porto a casa..-
Tutto il terrore stava uscendo, tutto quello che avevo trattenuto fino a qualche minuto prima era esploso.
-Sh..non ti lascio.-mormorò al mio orecchio, per poi rivolgersi a mia sorella. –Vengo con voi, se permetti.- Evidentemente,Rose accettò, perché Adam mi sorresse fino alla macchina e s’infilò nei sedili posteriori, tenendomi sempre abbracciata a lui.
Nell’abitacolo c’era caldo grazie al riscaldamento al massimo, così almeno Adam non si sarebbe ammalato..ma io sentivo ancora freddo, ero gelata.
Ero terrorizzata.
Adam prese ad accarezzarmi i capelli, lentamente e dolcemente, cercando di infondermi calma.
-Nat, sei al sicuro ora..- ripetè, quando ormai avevamo raggiunto la camera di Rosalie. Adam cercò di allontanarmi, e un nuovo attacco d’isterismo e lacrime mi colpì. Ero spaesata e persa senza lui.
-Ehi, ehi, tranquilla..non me ne vado. Ma Rose deve metterti il pigiama, non puoi star vestita così.-
Lo lasciai uscire dalla camera, e mia sorella mi aiutò a mettermi comoda. Mi scoccò un bacio sulla guancia, uscì dalla stanza e ne entrò nuovamente Adam.
Rose aveva capito che era l’unico che mi avrebbe potuta aiutare, in quel momento.
Due passi, e mi ritrovai ancora stretta a lui. Ero così impegnata ad abbracciarlo, lieta di sentirmi nuovamente al sicuro, che non avevo fatto caso al fatto che si fosse cambiato.
Con me appolipata addosso, riuscì a scostare le coperte e trascinarmici sotto con lui, tenendomi sempre stretta a sé. Mi lasciò un bacio sulla tempia, delicato.
–Ora dormi Natalie..-
Stavo già crollando, ma trovai la forza per porre la domanda che mi stava rodendo da quando mi aveva stretta a sé. –Adam, perché lo fai se non sono..niente per te?-
-Non ti ho presa in giro Natalie..- mormorò sui miei capelli, ma l’effetto che fece sul mio cuore fu quello di una bomba atomica. –Sì, all’inizio Wilson mi aveva proposto di..conquistarti..ma mi sono rifiutato. Per questo abbiamo litigato, non volevo usarti..Mi sono avvicinato a te di mia spontanea volontà, volevo davvero conoscerti..esserti amico..però poi ti ho visto con Donagan e..sono uscito di testa, ero geloso, non sapevo più che pensare..- confessò. Il mio cuore aveva ripreso a battere, a sfarfallare scaldato dalle sue parole.
-Rick mi..ha proposto di ritentare, anche se io volevo dirgli di no..però tu hai cominciato a..stronzeggiare, non capivo perché e allora..ho detto di sì..- avevo rivelato fin troppo, mostrandogli una mia debolezza.
Adam sospirò. –Scusami..sono un cretino. Ma credimi, tengo davvero alla nostra amicizia.- stoccata al cuore. –Sei la mia amica più importante.- Altra stoccata.
Amica. Per Adam ero e sarei sempre stata solo un’amica.
Ripresi a singhiozzare, e lui, allarmato, mi strinse forte a sé. –Non pensare a prima, Nat..quello schifoso non oserà mai più nemmeno guardarti..- Ecco, aveva preso il mio pianto per la faccenda del verme..ma in realtà ero solo amareggiata.
Era un coglione, ed io un’illusa. Mi aveva baciata, ma ero solo un’amica.
Evidentemente, lui baciava le sue amiche. Stupendo. Non ci sarei mai, mai più ricascata.
Ora come mai, Rick avrebbe dovuto darsi una mossa a conquistarmi. Perché il mio sentimento per Adam stava crescendo a vista d’occhio, e io non potevo permettermelo.
-Sh..Tranquilla, Natalie..sh..- cercai di tranquillizzare il respiro, e Adam mi sfiorò i capelli in una carezza delicata. –Dormi..io starò qui accanto a te. Starò sempre accanto a te.- E quella suonava una promessa anche per l’indomani, fuori dal letto improvvisato nella camera di Rose.
-Ti voglio bene, Natalie.- E chiusi definitivamente gli occhi, per stoppare le lacrime che volevano di nuovo scendere. Ti amo, Adam.
*
Svegliarmi, quella mattina, fu qualcosa di particolarmente traumatizzante.
Avevo un mal di testa micidiale, pulsava dolorosamente, mi bruciava la gola e sentivo il collo indolenzito.
Quando alzai le palpebre pesanti, capii immediatamente il perché. La mia faccia era posata sul petto di Adam che avevo usato come guanciale.
Il mio nuovo cuscino respirava tranquillo, ma non pesantemente; non volevo muovere un muscolo per accertarmi che fosse sveglio, avevo il terrore che si alzasse e andasse via.
Sentii un fruscio, e il suo respiro solleticò la mia fronte. La sua mano prese ad accarezzarmi i capelli, e talvolta si rigirava una ciocca tra le dita.
-Buongiorno.- dal tono sereno che aveva usato, immaginai che stesse sorridendo.
-‘Giorno..- sospirai a malincuore, tanto ormai sapeva che ero sveglia. Alzai il viso dal suo petto, e incrociai i suoi occhi smeraldini, luminosi.
-Sei di buonumore.- dedussi, arcuando un sopracciglio.
Sorrise, di un sorriso caldo e sincero. Quando mi era mancato…
-Come non potrei esserlo?- fregò la mia ciocca sulla mia gota, che intanto si arrossava, -Non ne potevo più di quella farsa..mi sei mancata da morire, Nat.-
Sei semplici parole per farmi sciogliere come un ghiacciolo al sole. Come riusciva a dire sempre la cosa perfetta? Ero tentata di chiedergli se avesse un manuale segreto per conoscermi così bene.
-Anche tu..- confessai, in un sussurro.
-Mi dispiace solo che sia venuto fuori in un momento così spiacevole.- ed ecco il suo viso rabbuiarsi e i suoi occhi perdere quella vitalità, sostituita da qualcosa che non identificavo. –Se solo non ti avessi fatta scappare, Natalie..sono imperdonabile.- Al ricordo della sera precedente, mi sentii andare a fuoco.
Mi ero convinta che non avrei rammentato nulla, ma al contrario ricordavo tutto. Specie cos’avevo sentito baciandolo, le sue parole incomprensibili, le sue carezze nei miei capelli, il suo cuore battere forte all’unisono col mio..
Scrollai impercettibilmente, per lui, la testa, scacciando il pensiero, e mi feci seria. –Adam, non è stata colpa tua, quindi vedi di non auto-flagellarti con pensieri erronei e masochistici.- lo ripresi, guardandolo fisso negli occhi. Tentennò, e alla fine sospirò, annuendo.
Cercai di sorridergli. –Va tutto bene. Non è successo nulla.-
Sì, ero tranquilla fin tanto che lui era con me..ma poi come avrei reagito?
Dopotutto, era vero che non mi aveva fatto nulla. Però sentivo ancora l’angoscia annodarmi lo stomaco.
-Natalie..ti prego di non sminuire la cosa. Poi, ieri eri terrorizzata..- il suo respiro si spezzò, e nei suoi occhi passò la furia della sera precedente. –Non permetterò mai più che succeda, Nat..ti proteggerò sempre.- disse, solenne.
Prima che potessi rispondere, il mio cellulare prese a suonare. Adam allungò il braccio verso il comodino, e me lo passò. Era Kim.
-Pronto?-risposi, mentre mi scappava uno sbadiglio improvviso.
-Nat! Ma dov’eri finita ieri?!- deglutii a vuoto, mentre Adam stringeva il pugno che non mi sfiorava i capelli, nervoso. Evidentemente la voce squillante di Kimberly arrivava chiara anche a lui.
-Sono..tornata a casa prima..avevo il mal di testa. Sai quanto poco tollero il fracasso.- mentii, sotto lo sguardo severo di Adam.
-Ah, capisco..-
-Ehi!- cambiai discorso, prima che potesse indagare, -Con Jonhatan com’è andata?- Adam aprì la bocca, stupito, per poi stenderla in un sorrisetto.
-Oh..benissimo! Oggi pomeriggio usciremo insieme..sai che mi ha detto che sono davvero carina? E’ così dolce..il mio cucciolo..- A quel punto, Adam scoppiò a ridere, e io gli diedi un pugno sul torace definito.
-Un momento..perchè ho sentito la risata di quel cafone di Adam Brown?-
-Perché quel cafone di Adam Brown è accanto a me, e sta ascoltando.- ridacchiai, divertita, immaginando il viso paonazzo di Kim.
-Aspetta, rettifico: perché quel cafone di Adam Brown è nel tuo letto?-
Mi sentii avvampare. –Chi ti dice che è nel mio letto?- risposi, e la mia voce sfiorò lo stridulo. Adam continuava a ridere, e le mie occhiatacce non servirono a nulla. –Beh, innanzitutto perché sono le dieci..e tu il sabato mattina non ti alzi dal letto nemmeno se sei sveglia prima delle undici. Lui è più pigro di te per uscire dal letto e venirti a trovare. E poi la tua voce da gallina dice tutto.-
-Ehy!- mi lamentai indignata.
-Hai ragione, Kimmy. Stanotte io e Nat ci siamo dati da fare come conigli!- s’intromise Adam, con un tono solenne e un ghigno da infarto.
Scommettevo tutto che il mio viso ricordasse un semaforo rosso.
-Adam!- sibilai, imbarazzata, mentre dall’altro lato della cornetta Kim rideva come una cretina.
-Quindi avete fatto pace?-
-Sì.- dicemmo all’unisono, incrociando gli sguardi. Adam mi sorrise, in un modo definibile illegale, per quanto dolce e meraviglioso.
-Quindi, caro, ora mi spieghi cosa ti è preso!-
-Credo sia stato afflitto da coglionite.- lo precedetti, -Ma è rinsavito. Ora devo andare, Kim..ci sentiamo stasera, quando mi racconterai di Jonhatan.-
-Ovvio che sì!- trillò lei, allegra.
-Ohi, non strapazzare il mio amico!- l’ammonì Adam, divertito. Dopo gli ultimi saluti, riattaccai. -Sono felice per loro..John era quasi disperato perché pensava che Kim non l’avrebbe mai notato..assurdo!- rise Adam, e io lo guardai stupita.
Rimasi un attimo abbagliata dal suo sorriso, poi, con una notevole forza di volontà, mi riscossi. –Intendi dire che a Johnatan interessava già Kim?-
-Da un casino di tempo!- rispose concitato Adam, mentre riappoggiavo rilassata il capo al suo petto marmoreo.
In quel momento, la porta della mia stanza si aprì, rivelando la figura di Rose.
-Adam, tua madre è in crisi..ti conviene avvisarla.- Adam annuì. –Pensi di rimanere qui a pranzo?- continuò Rose, ma stavolta la risposta fu negativa, con mio sommo dispiacere. Disse che doveva spiegare con calma a Emma com’era andata la storia (speravo che saltasse la parte della molestia) e che non aveva fatto baldoria fino al mattino come sicuramente aveva pensato.
Quando Rose richiuse la porta, decretammo che fosse giunto il momento di alzarci.
-Ehi..il pigiama!- mi fece notare Adam, divertito, indicando la mia mise.
-Accidenti! Sei sfacciatamente fortunato!- mi lamentai, fintamente indignata.
-E sfacciatamente felice di esserlo!- ribattè, con un sorriso da infarto.
Mentre Adam recuperava la felpa della sua tuta, che aveva spogliato perché –sue parole- io ero una stufa con 50 gradi corporei, gli avevo raccontato le ultime novità.
-Hai seriamente fatto pace con Melanie?- Adam era stupito, e io gli feci una pappardella di considerazioni su quanto, in realtà, le apparenze ingannassero.
-Oh, lo so bene!- rispose Adam, con un sorrisetto. –E’ un po’ come la storia della suora che, all’occorrenza, sa diventare una vera pantera!- e mi lanciò uno sguardo malizioso che mi fece ribollire il sangue nelle vene.
Considerai, poi, mentre sistemavo le coperte del letto, che anche tra di noi c’erano sempre stati pregiudizi. Prima (cioè fino al giorno precedente) pensavo che Adam fosse un vile bastardo, invece..era il ragazzo più dolce, protettivo e meraviglioso dell’universo. E lo amavo anche per questo.
Anche se mi aveva mentito, perché ormai avevo conosciuto il suo vero io.
Oddio, quanto ero sdolcinata!
-Che scemo!- risi, scuotendo la testa.
Aprii la porta e uscimmo sul pianerottolo, e incrociammo Mel, che aveva deciso di rimanere ancora per qualche tempo, con gioia di mammà. L’aveva fatto solo per prendere ancora un po’ d’aria e avere il tempo di spiegare con calma ai nostri genitori la sua situazione complicata.
Ci riservò uno sguardo stupito, a cui ricambiai con uno che diceva “poi ti spiegherò tutto”. Mel sorrise. –Buongiorno!-
Adam ricambiò con nonchalance al saluto, conscio del fatto che nemmeno io avessi più problemi con mia sorella.
Quando entrammo in cucina, mamma si stupì di vedere Adam.
-Oh, mio caro!- trillò, -Che sbadata, non ho nemmeno sentito il campanello!- fece una risatina quasi da cavalla, -Stai bene ora?- chiese, poi, dolce. Evidentemente si riferiva a sabato scorso, quando la cena era saltata per il malore di Adam e la mia apatia immotivata. Che poi, era generato dalla stessa faccenda.
-Certo, ora è tutto okay.- e mi rivolse un sorriso che avrebbe potuto fermarmi il cuore senza troppi preamboli.
Le scelte erano due: o saltargli al collo e mangiarmelo di baci o cercare di sorridergli e assumere una parvenza di normalità.
Beh, è ovvio quale delle due scelte preferissi..però mi limitai a optare per la seconda, preservando la mia salute mentale.
-Ma sedetevi, ragazzi!- trillò ancora mia madre, indicando il tavolo. –Vi preparo una buonissima colazione, non temete! Melanie cara, cosa desideri?-
Melanie sorrise a mamma, e per la prima volta notai quanto fosse diverso quel sorriso da quello che aveva rivolto a me solo qualche giorno prima. –E’ uguale, per me.-
Adam rimase per la colazione, poi disse di dover andare a parlare con sua madre, e Emily lo strapazzò tutto, tra baci sulla guancia e pizzicotti.
Il resto della mattina lo passai a fare i compiti di matematica alla cavolo, mentre parlavo con Mel e Rose; pure loro sembravano aver ritrovato una certa affinità..ma dubitavo che Melanie avesse detto tutto a Rose.
-Però devo ancora capire perché Adam sia rimasto..cioè, pensavo che se ne sarebbe andato dopo..-
Ovviamente, Rosalie le aveva spiegato la storia, per questo Mel era si era accigliata, nell’affrontare il discorso.
-Dubito che sarebbe riuscito a scappare..Nat ha una presa da lottatrice di sumo.- ci scherzò su Rose, ma si vedeva che era tesa.
-Beh, ti ha fatto bene, intendo stare con Adam..Per tutta la settimana mi sei sembrata un automa. Ora hai ritrovato il sorriso.- commentò Mel, assumendo un’aria incuriosita. –Che è successo tra voi?-
Mi sentii avvampare, e ribollire il sangue nelle vene.
-Avevi ragione, era tutta una bugia perché era geloso di Rick..- rivelai, rossa d’imbarazzo.
Rose lasciò cadere la matita sul quaderno degli appunti, e battè un pugno sul tavolo. –Lo sapevo che era per lui! Te ne sei innamorata!- e si aprì in un sorriso soddisfatto, guardandomi attentamente. Arrossi ancor di più, se mai fosse possibile.
Deglutii a vuoto, -Sì, però..perchè abbiamo litigato..non ci siamo parlati per una settimana, dopo il nostro non-bacio..poi ieri ho bevuto un po’ troppo, e quando quel tizio mi ha presa di mira lui mi ha portata via e..- il mio cuore prese a battere all’impazzata, al ricordo della sera prima, -mi ha baciata..-
-Finalmente!- fu il commento delle mie sorelle, all’unisono.
-Però abbiamo litigato ancora..mi stava prendendo in giro!- sbottai, indignandomi. Continuavano a mettere in secondo piano quanto mi avesse fatto soffrire e che, putroppo, ero già impegnata. –Sono scappata via e..-
Rose intervenne, rabbuiandosi. –Saltiamo il pezzo.-
-Sì, e poi..stanotte mi ha detto che sono l’amica più importante che ha e che mi vuole bene.-
-Coglione..- dissero ancora, all’unisono, Rose e Melanie.
-Non ci posso credere, è ottuso bene il ragazzo!- sbottò Mel, indignata.
Rose fece un gesto come a scacciare un insetto. –Non credere, lui ha capito cent’anni fa cosa prova..solo che ha paura di essere rifiutato..-
Ma ormai non le stavo più ascoltando, troppo presa a rivivere quel bacio che non avrei dovuto ricordare davanti ai miei occhi.
Pazzesco, sentivo ancora i brividi.
Il pranzo arrivò fin troppo presto, per i miei gusti. Con Rose e Mel potevo perdermi a farmi i fattacci miei senza che m’interrompessero, ma a tavola con mia madre che notava ogni più piccolo dettaglio, ovviamente raggiungendo conclusioni sbagliate, era tutto un altro paio di maniche.
-Natalie, ti vedo un po’ pensierosa, oggi..- commentò Emily. Ecco, appunto.
-Chissà a chi gravitano i pensieri di Nat..- sentii ridacchiare Rose a Mel, che ghignò lanciandomi uno sguardo malizioso al quale arrossii. Che razza di sorelle che avevo! Incredibile!
Quando arrivammo al dolce, Mel si schiarì la gola, pallida come un cencio.
-Mamma, papà..vorrei dirvi una cosa.- annunciò, con voce incerta.
I miei genitori furono tutt’orecchi.
Non starò a dire che mamma svenne, che papà era diventato prima rosso, poi verde, poi viola, per poi tornare di nuovo rosso, quando Melanie disse che era incinta. Non starò a dire quanto Rose, malgrado tutto, fosse felice di diventare zia; non starò a dire che sostenni Melanie tutto il tempo, mentre mia madre la guardava delusa e rammaricata. Non starò a dire che Mel pianse tutte le sue lacrime, mentre spiegava come fosse successo tutto.
Però, per una volta nella mia vita, sentii la mia famiglia davvero unita, nonostante la situazione difficile, sebbene lo sguardo disilluso di Emily, la rabbia mal trattenuta di mio padre verso il non-ragazzo di Melanie, e il dolore di mia sorella.

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Capitolo 17
*** Nemici, amici, innamorati..Amore irrazionale! ***


  • Ok. Non è un miraggio, questo capitoletto..(capitolone, anzi) E' solo che tra la scuola, sport e qualche problema personale, mi è mancato il tempo di scrivere..ecco, che per me equivale ad un sacrilegio, ma sono dettagli ù.ù
  • Avevo intenzione di postare domani (** mio compleannooo) però non stavo più nella pelle, e mi son detta "o la va o la spacca". E spero che questo capitolo vada. Perchè questo non è un capitolo..questo è IL capitolo, ragazze mie. *Autrice saltella tutta felice ed elettrifrizzata* è ora che vada tutto bene.
    NB. Ecco. Mancano due/tre capitoli ancora, e al pensiero mi sento quasi persa. Perchè Nat e Adam hanno popolato i miei sogni e, soprattutto, i miei incubi (per vari momenti di panico da trama ^^"), e mi sono inevitabilmente entrati dentro.. e il pensiero che la storia sia quasi finita è..strano, ecco.
    Io, non so..sarei disposta a scrivere seguito e/o dei missing moments, non solo su Nat e Adam, ma anche su Melanie et fiancé, o Bryan e Rose. Però dovete dirmelo voi, se vi interessano..se no pace amen. XD
    Se non faccio il seguito, farò comunque dei capitoli extra sul loro futuro..di sicuro qualcosa faccio, ecco. Non sono ancora pronta a lasciarli andare XD I miei bambini..le mie creature...ç_ç
    Bene. Ora che ho finito la pappardella...vi dico, semplicemente, GRAZIE. :)
    E vi lascio alla lettura di questo capitolo, che, spero, sia almeno decente.
    Incrocio le ditaaa!
    Nemici, Amici, innamorati…Amore irrazionale!
    .

    .
    Okay, matematica era una materia inutile, difficile, e l’unica pecca nella mia carriera scolastica.
    Aggiungiamoci pure il fatto che in quel momento i miei pensieri gravitavano da tutt’altra parte: in sintesi, non consideravo minimamente l’idea di risolvere quelle stupidissime equazioni.
    Avevo il libro aperto sulle ginocchia, gli auricolari nelle orecchie, e stavo minuziosamente temperando la matita -tutto pur di non cominciare a fare i compiti.
    E, ad essere sincera, la mia totale incapacità in matematica non era l’unica scusante che mi facesse cincischiare. Dopotutto.. come avrei mai potuto pensare alla matematica, quando l’immagine, o meglio, il ricordo di Adam Brown- cioè, dico, Adam Brown!, il ragazzo per cui sarei stata capace di seppellire il mio spropositato orgoglio-mi stanziava davanti agli occhi, senza che potessi e volessi mandarla via? Era un insulto.
    Quei suoi occhi verdi, quel sorriso malizioso che solo pochi mesi fa avrei voluto cancellare dalla faccia della terra sembravano aver preso un posto fisso nella mia mente.
    Ringraziavo tutti i santi del Cielo per avermi trattenuta dall’ucciderlo tempo addietro, perché solo il Signore sapeva quanto adorassi quel sorriso malandrino.
    E chissene fregava se, con questo commento, sarei entrata a far parte del Brown Fan Club insieme a tutte quelle mie compagne che parlavano ventiquattro ore su ventiquattro di quanto fosse bello Adam; anche in questo futile contesto, sarei stata la ragazza con più dignità, più cervello, e soprattutto sarei stata la più sfegatata fan del soggetto in questione.
    Oddio, il mio cervello stava deragliando! Non seguiva più la giusta direzione..!
    E’ proprio vero, l’amore rende rincoglioniti..e probabilmente il mio era un caso patologico e irreversibile.
    Adam, che mi faceva dannare da quando eravamo nati, che era IL Nemico Per Eccellenza, che mi prendeva in giro come passatempo, mi aveva stregata; era riuscito a diventare un porto sicuro.
    O forse lo era da sempre, perché alla fin fine, mi ero sempre rifugiata nell’odio che provavo per lui, specie quando avevo sofferto per Rick. Avevo sfogato tutta la mia frustrazione su Adam, senza neanche rendermene conto. In un certo senso, era assurdo!
    Restava il fatto che sentivo la sua mancanza in modo malsano, nonostante fossi ben conscia del fatto che bastava affacciarmi alla finestra per vederlo.
    E non mi faceva molto onore, proprio no, accidenti!
    Adam Brown mi aveva sconvolto, più di quanto probabilmente intendesse fare quando ancora ci odiavamo. Non s’immaginava nemmeno che ormai la sua presenza fosse vitale per me.
    Non mi rimaneva che accogliere il suo ricordo, per sentirlo più vicino, anche quando non lo era.
    Avrei voluto che fosse sempre con me in ogni istante, perché era il mio sostegno. Senza di lui crollavo come un castello fatto con le carte.
    Avrei voluto semplicemente poterlo baciare ancora, ancora per una volta, solo per poterlo sentire mio per qualche istante.
    -I want you around, I hang on every word you say..I know it's not original or profound..but I want you around..- canticchiai. Casualmente, le parole della canzone che stavo ascoltando erano esattamente ciò che avrei voluto dirgli, già.
    Giusto per fargli venire le carie ai denti e il diabete, ecco.
    -E’ ovvio che pensi sempre al tuo adorato fidanzato, ma c’è posto anche per un amico, nel tuo mondo?-
    Il cuore mi scattò in gola, e mi voltai immediatamente per trucidare La Persona Che Volevo Al Mio Fianco con un’occhiataccia.
    Ma sì, entriamo nelle stanze delle sorelle altrui senza bussare e annunciandosi con cazzate bestiali, tanto per far prendere colpi al cuore della sottoscritta.
    E poi, era lui il mio mondo.. Era così difficile da intuire?
    -Idiota!- sibilai, lanciando fulmini e saette come neanche Zeus ci riusciva, -Mi hai fatto prendere un colpo!-
    Lui rise, della sua risata musicale e assolutamente perfetta. –Vorrei poterti dire che mi dispiace, ma non lo penso, quindi non te lo dirò.- infilò le mani nelle tasche dei jeans, e avanzò fino al letto di Rose per sbirciare cosa stavo facendo.
    Beh, il suo ragionamento non faceva una piega, tuttosommato.
    Adocchiò i compiti che, in teoria stavo facendo, e sciabolò le sopracciglia, con fare cospiratorio.
    -Problemi con la matematica?- ridacchiò, col suo tono volutamente ironico e pungente, nonché terribilmente irritante. Se non avessi adorato la sua voce, avrei estirpato le sue corde vocali con tanto, tanto sadismo.
    Grugnii. –Piuttosto che prendermi in giro, dammi una mano, no?-
    Gli occhi di Adam si accesero di soddisfazione, come se aspettasse quelle parole da quando era entrato nella stanza.
    Si sedette al mio fianco, e osservò l’esercizio con fare esperto.
    Da quando aveva cominciato ad applicarsi a scuola, avevo scoperto che Adam era davvero un asso nelle materie scientifiche, e che la matematica gli piaceva particolarmente. Era stato uno shock.
    E, siccome, al contrario suo, io ero una frana completa, il tizio al mio fianco non perdeva secondo per prendermi in giro e compiacersi come un pavone.
    Nel nostro rapporto erano cambiate tante cose, ma l’intelligenza e l’egocentrismo non erano migliorati per niente.
    -Non è così difficile, Natalie!- esclamò, afferrando la mia matita mangiucchiata e mostrandomi come si risolveva l’equazione.
    -Lo sai che sono negata in matematica, non ci capisco nulla.- borbottai, posando il mento sul palmo aperto della mano, guardandolo concentrarsi sull’esercizio e perdendomi a contare una a una, le lunghe ciglia chiare dei suoi occhi meravigliosi.
    Un maxi poster di Adam da appendere in camera era troppo esagerato?
    Ma sapeva di essere bellissimo, anche quando ragionava su una cosa così insulsa come la matematica?
    -Oh, lo so, lo so!- rise lui, senza distogliere lo sguardo dal quaderno.
    Ti prego dimmi che non l’ho detto ad alta voce…
    Non sarebbe stata la prima volta, dopotutto.
    -Eh?-
    Adam mi riservò un’occhiata divertita e confusa al contempo: -Lo so che sei una frana in matematica.-
    Ahh, beh, per fortuna!
    Mi lasciai scappare un sospiro di sollievo, a cui Adam fece caso purtroppo, e un guizzo di curiosità passò nelle sue iridi smeraldine.
    Il mio cervello ci mise qualche secondo a elaborare la frase di Adam, causa quegli occhi mozzafiato che dovevano essere assolutamente vietati.
    -Ehi, non avresti dovuto infierire‼- mi lamentai, indignata. Gli diedi un buffetto sul braccio, senza riuscire a trattenere un sorriso. –Dovevi dire “ma no Natalie, non sei così male!”-
    Adam scoppiò a ridere, -Sì, certo, certo..Cosa pensavi di aver detto?-
    Mi guardai le unghie, con finta nonchalance. –Mah, niente di che..!-
    Lui fece sporgere il labbro inferiore, e si avvicinò pericolosamente al mio viso.
    Com’è che i suoi occhi erano diventati così cucciolosi e lucidi?
    -Dai, me lo dici?-
    Inutile dire quanto fosse ingiusta la situazione e quanto sporco stesse giocando: Adam Brown non era un tipo che si faceva scrupoli, specie con la sottoscritta.
    Solo che qualche mese fa, non mi sarei fatta di certo intimorire: un ceffone, e gli facevo pure dimenticare come si chiamava.
    Ora, le cose erano un po’ cambiate; il fatto che da odio, il mio, si fosse trasformato, senza che neanche me ne accorgessi, in amore, era un inutile dettaglio.
    Tanto insignificante che mi faceva uscire frasi degne di quelle oche delle mie compagne, patetiche da farmi ridere -o piangere.
    Adam sbattè le lunghe ciglia chiare, e mi perforò l’anima con quei suoi dannati occhi verdi.
    Avrei tanto voluto picchiarlo, ma la mia forza di volontà si era sbriciolata.
    Mi respirava sul viso, sentivo il profumo di menta.
    Inutile dire che stavo maledendo in ogni lingua quei cinque centimetri che ci dividevano, è superfluo. Perché cavolo non mi baciava, già che c’era?
    Era chiedere tanto? A me non sembrava.
    Il suo sguardo, da tenero e coccoloso, era diventato improvvisamente intenso, come se si fosse accorto della situazione ravvicinata che si era cretata.
    -Mentadent?-
    Come se gli avessi tirato uno schiaffo, Adam si spostò con un’aria mortificata e sorpresa.
    -Mentadent?- ripetè, confuso.
    Mi sentii andare le guance in fiamme, ma cercai di non farci caso, sperando che non ci facesse caso nemmeno lui.
    -Che dentifricio usi? Il tuo respiro sa di menta..è buono-
    E il premio Nobel per la cazzata più grossa dell’universo va consegnato a Natalie Smith, per la sua capacità di tirare fuori le più insensate cretinate nei momenti meno opportuni!
    Adam sbattè un paio di volte le palpebre, rincretinito; o forse la rincretinita ero io, dopotutto quello dei due che chiedeva la marca della pasta dentifricia di certo non era Adam.
    Ecco, era uno di quei momenti dove avrei fatto una di quelle uscite idiote della serie “Il tuo respiro è vitale per me”, perché quell’aria contrita da cucciolo spaesato me le strappava di bocca quasi, queste cazzate da Bacio Perugina.
    -Sì, uso..uso Mentadent.- rispose Adam, probabilmente imbarazzato abbastanza per entrambi.
    -Bene, dirò a mia mamma di comprarlo.- annuii, e stavolta più convinta.
    Il mio cervellino ne aveva partorita un’altra. Avrei usato lo stesso dentifricio di Adam.
    Alè. Ma quanto ero patetica? Andiamo, nemmeno nelle Soap opere di serie Zeta tiravano fuori queste stronzate.
    E così, calò un silenzio piuttosto imbarazzante, che fu rotto, grazie al cielo, dal suonare insistente di un cellulare; la suoneria però non la riconobbi subito, non era del mio telefono, e dato che Adam non muoveva un muscolo, evidentemente non era nemmeno il suo.
    Mi guardai intorno per trovare la fonte della musica, che riconobbi come il telefono di Mel: l’aveva lasciato nella camera di Rose prima di andare dal ginecologo, probabilmente.
    Lo afferrai dal comodino, e guardai il mittente, ma era un numero sconosciuto.
    Lo fissai un po’ incerta su cosa fare, e ci pensò Adam a farmi dare una mossa: -Dai, rispondi!-
    Così, cliccai la cornetta verde, e portai il telefono all’orecchio.
    -Pronto?-
    -Melanie?!- Dall’altro lato veniva una voce maschile, abbastanza carica d’ansia.
    In quel momento, mi venne da starnutire, e cercai di trattenermi. In compenso, la voce mi uscì tremolante, quasi come se stessi piangendo o avessi un fortissimo raffreddore. -No, sono sua sorella Natalie.- biascicai, mentre lanciavo un’occhiata ammonitrice ad Adam, che sembrava divertirsi.
    -Melanie non c’è? Devo parlarle..- insistette il ragazzo (?) dall’altra parte.
    -E’ all’ospedale e..- clic. Aveva riattaccato, ma che razza di maleducato che era quel tipo, non mi aveva nemmeno fatto finire! Fissai piuttosto seccata il cellulare di mia sorella; che razza di amici aveva!
    -Chi era?- chiese incuriosito Adam. Mi strinsi nelle spalle, con una smorfia.
    -Non l’ha detto..- sbuffai, -mi ha riattaccato in faccia.-
    Adam sghignazzò. –Ohh ma che oltraggio, riattaccare in faccia a Natalie Smith!-
    Gli feci una linguaccia, stizzita come una bambina capricciosa. -Comunque..che dicevamo?- chiesi, indicando il mio quaderno di matematica.
    ***
    Il pomeriggio precedente, io e Adam ci avevamo messo circa un nanosecondo per cancellare l’imbarazzo post-situazione equivoca e conseguente uscita di cacca della sottoscritta grazie a quella strana conversazione con lo sconosciuto. Avevamo ricominciato a parlare tranquillamente; o meglio, Adam aveva ripreso a prendermi in giro per la mia inettitudine nelle materie scientifiche, mentre io m’indignavo e tentavo di fargli del male con mosse di karate fai-da-me.
    Così, tra una battuta e l’altra, il mio genio matematico aveva finito i miei compiti; io non ci avevo nemmeno provato, mi ero arresa immediatamente. Insomma, perché sforzare i miei neuroni già provati, se avevo una calcolatrice –anche piuttosto avvenente - che mi faceva le equazioni alla velocità della luce?
    Ora, mi accingevo a uscire dal cancello di casa per andare a quel pollaio che mi ostinavo a chiamare scuola, sperando che il mio adorabile vicino non ci mettesse tanto a raggiungermi.
    -Ehi!-
    Come chiamato,Adam sbucò dal cancelletto accanto al mio, e mi sorrise, accecandomi con la sua schiera di denti perfetti.
    -Buongiorno!- salutai, affiancandolo e ricambiando il sorriso.
    Sembrava di buonumore, ed era impossibile per me non esserne contagiata.
    Finchè il pensiero di affrontare il cortile e gli amici di Adam non mi attraversò la mente e mi fece venire l’ansia.
    Adam probabilmente se ne accorse, perché mi rivolse un sorriso smagliante, come a sottolineare il fatto che non ci fosse alcun motivo di cui preoccuparsi.
    Beh se lui era tranquillo..no, non era la stessa cosa! Parlavamo di una cintura blu di karate, non so se mi spiego, anch’io al posto suo non mi sarei fatta condizionare, se avessi avuto la capacità di abbattere un’orda di ragazzine urlanti con un calcio rotante alla Jackie Chan!
    Evidentemente, mi lesse il disappunto in faccia, e sghignazzò.
    -Natalie Smith che si fa condizionare dai pettegolezzi..questa è nuova!- commentò, con un’espressione che poteva solamente voler dire “picchiami”. Perché lui voleva essere picchiato, mutilato e ucciso, dato che mi stava stuzzicando su un argomento tabù volontariamente. Scellerato.
    -Non è divertente, Brown.- sibilai, lanciandogli un’occhiataccia. –Io sono indifesa, contro tutte quelle galline spennacchiate che mi fulmineranno con gli occhi solo per il fatto che abbiamo chiarito!-
    Lui, in risposta, rise. Rise nel suo modo così meraviglioso,e rimasi incantata a guardarlo per qualche secondo. Poi si schiaffeggiò una mano sulla fronte, e io cercai di riprendere un minimo di dignitoso contegno. Ci mancava che sbavassi così palesemente, anche se era ammesso e concesso davanti a cotanta bellezza.
    -Cacchio, stasera ho la prova dell’esame, non mi ricordavo più!-
    Lo fissai incuriosita. –Esame?
    Adam annuì distrattamente, guardando davanti a sé e infilando, in un gesto che ormai riconobbi automatico, le mani nelle tasche della tuta. –Sì, la settimana prossima ho l’esame per diventare cintura marrone, e stasera Sensei ci metterà sotto, poco ma sicuro.- spiegò tranquillo, senza alcuna inflessione nella voce, come se fosse una cosa da tutti i giorni.
    -Oh..è fantastico!- esclamai, stupita.
    Adam si strinse nelle spalle, e si voltò verso di me con il chiaro scopo di ammaliarmi con uno dei suoi sorrisetti sghembi. –Mi sono ripromesso che esulterò solo quando avrò in mano la mia cintura nera.-
    -Spaccone. E se non dovesse mai arrivare?- lo pungolai; chiaramente lo prendevo in giro, era ovvio che Adam ce l’avrebbe fatta. Era bravissimo nelle arti marziali, era..affascinante e micidiale.
    Lui fece spallucce. –Arriverà. Faccio karate da quando ero bambino, mi sono sempre fatto in quattro per imparare, per farmi valere dato che ero il più piccolo del gruppo. E’ una delle mie più grandi passioni, e una delle cose che mi esce meglio. Io otterrò quella cintura.- Il suo tono era strascicato, quasi noncurante, ma i suoi occhi..quelli scintillavano, brillavano di determinazione, di forza. Avrei voluto baciarlo solo per quell’espressione accorata.
    Intanto avevamo raggiunto il nostro liceo, ed eravamo entrati nel parcheggio.
    -Ehi Adam!- il richiamo di Wilson mi fece sobbalzare; Adam si voltò e gli fece un cenno, ma non si avvicinò a loro. Proseguì dritto, verso Kim e, con mia sorpresa, pure Johnatan.
    La sera prima, da quel che la mia migliore amica mi aveva detto tra un urletto e un sospiro, era andato tutto a gonfie vele. Si erano divertiti, avevano ballato, e si erano baciati; in sintesi, erano uscenti molto più vicini ad una relazione stabile.
    -Ehi!- salutammo io e Adam, con un sorriso.
    Johnatan fece un cenno con la mano e un enorme sorriso, e Kim mi lanciò uno sguardo estatico che valeva più di mille parole.
    -Ecco il malato di coglionite! Ben tornato tra noi!- scherzò, quella santa donna.
    Adam si grattò la nuca, un po’ imbarazzato. –Che ci vuoi fare? Capita di perdere la rotta!-
    Kim incrociò le braccia al petto. –Sì, sì..l’importante è che tu abbia ritrovato la luce.- e ammicò. Si scambiarono uno sguardo indecifrabile, loro ovviamente si capivano; sentii un moto di fastidio e gelosia serrarmi lo stomaco.
    Scossi la testa, e m’intimai di darmi una calmata.
    Rimanemmo a chiacchierare tranquillamente fino al suono della campanella; o meglio, Adam, Kim e John parlavano tra loro, io ero caduta in una sorta di mutismo immotivato.
    Mi sedetti al mio posto, sempre stando zitta zitta e imbronciata, tenendo la bocca sigillata.
    Ecco, almeno finchè al posto di Kim si sedette Adam, con il suo sorriso mozzafiato.
    -Che cavolo fai?- domandai, stupita.
    -Mi metto vicino a te, che domande.- sorrise, in un modo che avrebbe potuto ammazzare tutti i miei neuroni uno dopo l’altro, senza pietà. Per non parlare del mio cuore, quello era bello che schiattato.
    Ok, magari non serve dire che sul mio viso si era dipinto indelebilmente un sorriso idiota. E non serve nemmeno dire che non smisi di parlare e ridere con Adam un secondo, da quando erano cominciate le lezioni.
    Ma c’era qualcosa di diverso, nel modo in cui ci comportavamo adesso. Non capivo cosa fosse quella sensazione, sapevo solo che sentivo il cuore leggero leggero –mancamenti a parte per i suoi sorrisi sghembi- e che tutto mi sembrava giusto. Sensazione piuttosto ambigua, che tuttavia non mi abbandonava mai.
    -Dai, ultima lezione, ginnastica, e poi a casa!- esclamai, stiracchiandomi al suono della campanella. Adam rise, -Come se avessimo fatto scuola, oggi.- mi apostrofò, divertito.
    -Come no!- sghignazzai, raccogliendo le mie cose e trascinandomi verso la palestra come se fosse il patibolo. C’era da dire, però, che venivo accompagnata verso la mia fine da un angelo, il che faceva sembrare tutto molto più positivo.
    -E se saltassimo la lezione?-
    -Scherzi?- lo guardai attentamente, e no, non scherzava affatto. Certo, che se me lo chiedeva con un tale sguardo liquido, mi risultava perfino difficile respirare, figurarsi mantenere la mia coscienza da studente diligente.
    -Ci facciamo fare una giustifica, e tanti cari saluti.- disse, come se stesse parlando di caramelle e non di trasgredire le regole.
    Alzai un sopracciglio, un po’ perplessa. –E come avresti intenzione di occupare il tempo libero? Giocando a morra cinese?- feci, piuttosto ironica. Dopotutto, era solo un’ora di ginnastica!
    In quel momento, sentii il vibrare del mio telefonino, e guardai chi era: Rick.
    Evidentemente, dalla mia espressione, Adam intuì il mittente, e diventò nero in volto.
    Ancora dovevo capire perché di questi cambiamenti d’umore, ma Adam era peggio di una donna con la sindrome premestruale, dovevo rassegnarmi.
    Non feci in tempo a cliccare sul messaggio per leggerlo, che Adam, dopo essersi controllato intorno, prima che potessi batter ciglio e rendermi conto di quello che stava facendo, mi prese per un braccio e mi tirò verso un angolo della parete, costringendomi tra il suo petto e il muro.
    E, sempre con quell’aria grave, mi baciò.
    No, dico, mi aveva baciata, così, alla luce del sole; e stavolta ero sobria, vigile, e..beh, consenziente, quello sempre.
    Sbattei le ciglia un po’ sbigottita; era stato talmente inaspettato da disarmarmi, e lasciarmi lì come una rimbambita a fissarlo, mentre si allontanava di un passo.
    Ottima idea, almeno non lo avrei assaltato a mia volta; mantenere le distanze di sicurezza.
    -Questo a cosa lo devo?- Ok, questa domanda come cacchio mi era uscita?!
    Adam non fece una piega, con quell’aria nera come La Muerte.
    Fece spallucce,–Momento di debolezza..?-
    Incrociai le braccia al petto, e alzai un sopracciglio. –Momento di debolezza, eh?-
    Adam assunse un’aria spaventosamente maliziosa. –Preferisci che la chiami soddisfamento d’istinti primoridiali? Bisogno impellente di far qualcosa di sconcio con qualcuno? Pom..-
    -Ok, momento di debolezza!- lo interruppi, prima che dicesse qualche altra cazzata delle sue. Adam sorrise, ma non era un sorriso di quelli maliziosi. Era quasi amaro.
    -Lo era anche quello di venerdì?- Brava Natalie, dritta al sodo. Della serie “facciamoci male sempre un po’ di più”. Perché sì, ero masochista io. E per di più già impegnata con un altro. E continuavo a baciare Adam come se nulla fosse. Mi facevo schifo.
    -Sì.- fu la sua risposta, scandita lentamente.
    -E perché hai detto quelle cose prima di farlo?- insistetti, da brava idiota qual’ero, mentre Adam si passava una mano tra i suoi capelli impossibili. Poi, piantò i suoi occhi dannatamente verdi –ma perché dovevo adorarli così tanto?- nei miei, e bruciò nuovamente quelle poche spanne che ci dividevano, arrivando a pochi millimetri dal mio viso.
    -Indovina?- soffiò sulle mie labbra, per poi allontanarsi chissà dove.
    Con la testa confusa e affollata di pensieri, a ginnastica diedi il peggio di me negli sport proposti dal prof, e quando la campanella suonò fu un sollievo. Mi cambiai e salutai sbrigativa Kim, non vedevo seriamente l’ora di arrivare a casa e poter sprofondare nei miei pensieri senza essere disturbata.
    Adam dove si era cacciato?
    Cercai di accantonare il pensiero, e uscii dalla scuola cercando di contenere il mio muso lungo almeno finchè non fossi stata sola.
    -Natalie!-
    Un momento, com’è che avevo sentito la voce di Rick? Avevo le allucinazioni?
    Mi voltai, e trovai davvero il mio fantomatico fidanzato appoggiato alla sua auto, che mi salutava con un sorriso smagliante. Lo guardai stupita, e mi avvicinai a lui.
    -Ehi, ma non dovevi mica essere allo stage?-
    Rick mi sorrise: -Non hai letto il messaggio, vero?- Scossi la testa a disagio; diciamo che ero piuttosto presa da altro, in quel momento. Ma non era carino dirlo così.
    -Ho finito prima il corso, perciò ieri ho preso il primo volo per venirti a trovare!-
    Ecco, come farmi sentire una merda.
    Dovevo assolutamente parlargli.
    -Rick..- mormorai, a capo basso, -devo parlarti di una cosa.- Sbirciai velocemente la sua espressione, sembrava impassibile, quasi se lo aspettasse.
    -Spara.-
    -Ecco..credo sia meglio di finirla qui.- mormorai, con lo stomaco stretto in una morsa ferrea. –Voglio dire, io tengo a te, ma più come amico..nella testa ho qualcun altro, e non è giusto che ti usi così. Non è corretto, Rick. E..-
    -E’ successo qualcosa tra di voi?- domandò, spiccio.
    Non osai alzare gli occhi stavolta, nemmeno per controllare la sua espressione.
    -Mi ha baciata, venerdì sera, perché pensava che non mi sarei ricordata niente per la sbronza che mi sono presa..- confessai, in un sussurro. Meglio non citare il bacio di meno di un’ora fa, era ancora più squallido. –Mi sento uno schifo-
    Sorprendentemente, sentii una carezza delicata sul mio viso, e alzai gli occhi su Rick. Stranamente, sorrideva. –Sono stato uno stupido a lasciarti scappare, Nat. Ho sempre visto Brown come un rivale, quando in quei momenti tu non lo conoscevi ancora abbastanza perché ti piacesse.- scosse la testa, con un accenno amaro nell’espressione. Sorrise nuovamente. –Sii felice, ok? E non cambiare mai, perché sei fantastica.-
    Sarebbe stato così facile amare il nuovo Rick, più maturo, più uomo..se non fossi stata così innamorata di Adam Brown.
    Lo abbracciai forte, poggiando la testa sul suo petto. –Scusami, Rick.-
    -Lascia stare, e poi, diciamo che ero prevenuto.- disse, dandomi un buffetto sulla guancia, -il passaggio lo vuoi?- chiese. Beh, almeno non lo avevo illuso, dato che se lo aspettava già.
    Scossi la testa, -No, non preoccuparti..tra l’altro, ho bisogno di stare un po’ da sola.- mormorai, cercando di sorridergli.
    Con un peso in meno sul cuore, e mille pensieri per la testa, tornai a casa; il mio malumore sembrava aumentare a livelli esponenziali ad ogni passo, tutto per colpa di quel bambino di Adam. “Indovina?” cosa, porca miseria?! Lui e i suoi cavolo di momenti deboli! Mi faceva venire il mal di testa!
    Quando entrai in cucina, Mel e Rose mi guardarono sbattere violentemente lo zaino a terra, con un diavolo per capello. Dovevo sembrargli una teiera, mentre farfugliavo insulti a quel deficiente. Proprio con me, e in quel contesto, giocava a fare l’indovino?
    -Tutto ok?- chiese Rosalie, cauta. Melanie mi guardava con un sopracciglio talmente alzato che avrebbe sfiorato l’attaccatura dei capelli a momenti.
    -No! Non è tutto ok!- ringhiai, spogliandomi con foga il giacchetto, e rischiando di impiccarmi da sola con la sciarpa.
    Sbuffai, forse per la millesima volta nel breve arco di tempo del tragitto scuola-casa. Probabilmente avevo battuto il record mondiale di sbuffi e sospiri in dieci minuti.
    -Quel cretino mi ha baciato ancora!- sbraitai, sentendo le guance diventarmi rosse e bollenti. Evitai di guardare le espressioni sicuramente scettiche delle mie sorelle, e continuai a urlare come una matta, -E quando gli ho chiesto perché, lui ha detto che era un momento di debolezza, e dopo che gli ho chiesto perché ha detto quelle cose venerdì sera, lui mi ha detto indovina! INDOVINA?!- spostai la sedia, e mi ci lasciai cadere. Massaggiai le tempie con movimenti circolari, inspirando ed espirando per controllarmi. –Poi ho incontrato Rick, e gli ho parlato..-
    -Gli ha detto la verità?- Annuii lentamente.
    -E come l’ha presa?- incalzò Melanie.
    -Ha detto che era prevenuto. Se lo aspettava.- borbottai. –Ma non era arrabbiato.-
    -Dai Nat..- le mie sorelle si sporsero per prendermi le mani contemporaneamente, ma il trillo del campanello mi diede la scusa per scattare in piedi e non essere trattata come la vittima. Odiavo essere compatita, specie se nel torto.
    -Vado io.- Marciai alla porta, e l’aprii poco delicatamente per vedere chi fosse.
    -Melanie?- chiese, lo sconosciuto.
    E che sconosciuto! Un metro e ottanta di muscoli, viso d’angelo, incorniciato da splendidi ricci scuri: ma questo da dove spuntava?
    Poi riconobbi la voce, doveva essere il ragazzo maleducato che aveva telefonato ieri; tra l’altro si era annunciato con lo stesso tono-forse un po’ più ansioso- e il nome di mia sorella.
    Mi trattenni dall’alzare gli occhi al cielo e dirgli che era buona educazione presentarsi e salutare, ma evidentemente non sembrava nelle condizioni di farlo.
    -MEL‼- chiamai, dalla porta d’ingresso.
    Melanie arrivò con calma, yogurt alla mano, cucchiaino in bocca, pigiama muccato di rosso e capelli indomabili raccolti in una cipolla afflosciata: l’immagine del relax.
    Appena vide il tipo alla porta, la sua bocca si spalancò- come i suoi occhi- e il cucchiaino volò in terra.
    -Tim!-
    Ahhh adesso capivo tutto! Mio cognato era un gran pezzo di figo, complimenti a mia sorella!
    -Che cavolo ci fai qui?!- ululò Melanie, accigliandosi.
    Tim in due falcate entrò in casa (ma prego eh..) e prese il viso di mia sorella tra le mani.
    -Stai bene..- scandì lentamente, carezzandole le guance con i pollici.
    -Sarei dovuta stare male?- riuscì a blaterare lei, ancora spiazzata.
    -Ieri ti ho chiamata, volevo sentire la tua voce..ma mi hanno detto che eri all’ospedale, e allora..mi sono sentito morire, io..ho avuto paura..-
    Ops..
    Melanie abbassò il capo, arrossendo. –Dovrei dirti una cosa, Tim..-
    Lui sembrò essere tutt’orecchi.
    -Io..sono..- prese un profondo respiro, -Incinta,Tim.-
    Con sorpresa sia mia, che, palesemente, di mia sorella, Timothy la baciò con foga. E allora, decisi che era il momento di lasciarli da soli. Mi avvicinai a Mel e le sfilai lo yogurt dalle mani, per poi defilarmi in cucina e fare segno a Rose, che stava per lamentarsi, di fare silenzio.
    Bene, ora non mi rimaneva che sperare che tutto andasse bene.
    Sentimmo la porta chiudersi, dopodichè solo silenzio. Mel probabilmente aveva deciso di uscire per parlare con Timothy, e di non dare spettacolo davanti alla porta d’ingresso; probabilmente anche per non incappare nella furia di mamma e papà nel caso di un loro ritorno anticipato.
    Controllai l’orologio, e annunciai a Rose che mi sarei preparata per andare a Yoga.
    -Come mai così presto?- incalzò, sospettosa.
    Possibile che non le sfuggesse niente?
    -Così inganno il tempo.- tiè, sorella! Non mi metterai più alle strette!
    -Okay..- concesse, con un’occhiataccia palesemente diffidente.
    Cosa si aspettava che rispondessi? Che andavo presto alla palestra per vedere la prova dell’esame di Adam perché non potevo mancare? Ma per piacere..per chi mi aveva preso?
    Mi preparai velocemente indossando la mia tuta, legai i capelli in una crocchia, e afferrata la borsa e la giacca uscii di casa senza nemmeno guardare Rosalie.
    Probabilmente mi avrebbe letto in faccia quello che volevo fare, e per quanto fosse in buona fede e non ci fosse nulla di male in ciò, m’imbarazzava.
    Ero sempre stata indipendente, decisa, ed invece ora mi ritrovavo perennemente col cuore in mano, con frasi da Baci Perugina nella testa, e un bisogno impellente di vedere Adam almeno ogni secondo.
    In sintesi, mi faceva sentire fragile. Perché quando si trattava di Adam diventavo come cristallo.
    Arrivai alla palestra con largo, larghissimo anticipo rispetto al mio corso di yoga, e m’intrufolai per vedere il gruppo di Karate.
    In quel momento, si stavano fronteggiando due ragazzi sicuramente più giovani di Adam, e certamente non ci andavano giù piano.
    Quando uno dei due venne atterrato, vidi Adam e un altro ragazzone alzarsi in piedi. Si sistemarono sui materassini neri, si guardarono negli occhi, e dopo il saluto si misero in posizione.
    Sentivo il mio cuore in fibrillazione, un po’ perché la vista di Adam così concentrato era sempre destabilizzante, un po’ perché il suo avversario era molto più grosso e alto di lui. Cominciarono ad attaccarsi, e io mi spostai ancora, in modo da vedere meglio l’incontro.
    Non sapevo se essere più incantata dalla sua bellezza, o distratta dalla paura che provavo nel vederlo difendersi e schivare quelle mosse dall’aria micidiale.
    Successe in un secondo; Adam sembrò perdere la sua solita concentrazione nel duello, e l’energumeno lo atterrò.
    Il mio cuore aveva sussultato e si era fermato. Morto. Andato. Schiattato. Defunto. Non ripartiva più, come se quel ragazzo grosso avesse tirato quel pugno bestiale al mio cuore e non ad Adam.
    Lo stesso Adam che rimaneva appiattito di schiena al materassino, braccia e gambe aperte ad angelo, e lo sguardo fisso all’alto soffitto.
    Non muoveva un muscolo, e dopo un intero minuto che non emetteva verso né si rialzava, anche il suo maestro si accigliò, ansioso.
    -Adam, ci sei?- sentii dire, mentre si avvicinava.
    Lui finalmente voltò il capo verso il suo Sensei, e si mise seduto, con un’aria frastornata. Sembrava sperduto e sconvolto.
    -Tutto okay?- gli chiese il maestro, mentre una delle sue palpebre veniva presa da uno strano tic nervoso.
    -Mi sono distratto.- scandì lentamente, con un tono che sfiorava lo stridulo. Sembrava incredulo, basito. –Mi sono distratto.- ripetè.
    Pian piano, sentii il mio cuore riprendere a battere, anche se ancora leggermente a singhiozzo. Ok, Natalie..respira, bella, respira..sì così, braaava.
    Niente panico, sì.
    Sensei alzò un sopracciglio. –Ti stupisci per poco, ragazzo. Capita a tutti.-
    Sembrò che ad Adam avessero tirato un altro pugno, per la smorfia che sfigurò il suo viso. –Non a me! Io..mi sono distratto.-
    Il suo maestro ridacchiò, e gli diede una pacca sulla nuca. –Coraggio, alzati. Era solo una prova questa, lo sai, no? La settimana prossima andrà meglio.- poi si rivolse anche agli altri, -Bene, prova finita. Micheal, vedi di mettere un po’ di ghiaccio su quell’occhio..-
    In quel momento, Adam alzò gli occhi su di me. Aveva uno sguardo indecifrabile, mentre mi faceva segno di raggiungerlo.
    Fregandomene del fatto che avrei avuto una lezione di yoga tra meno di qualche minuto, lo raggiunsi e lo seguii, come una pera cotta, nel..bagno?
    Adam, appena entrai, chiuse la porta, e un brivido mi fece tremare la schiena.
    La situazione aveva un che d’inquietante.
    Adam mi fissò ancora con quello sguardo strano, e cominciò a parlare lentamente.
    -Devi sapere che la concentrazione, per un karateka, è essenziale. Una distrazione, può essere fatale..- disse, avvicinandosi di un passo.
    Io, dal mio canto,me ne stavo lì, con il batticuore, a fissarlo.
    -Ho cominciato a far Karate da bambino, ho dovuto farmi valere contro i miei compagni, perché ero il più piccolo del gruppo. Ho imparato a escludere il mondo, quando pratico questo sport. Siamo solo io, e il mio avversario. Il resto non conta, non riesce nemmeno a sfiorarmi l’esterno: se fossi davanti ad una platea, neanche ci farei caso.- E sorrise, di un sorriso ambiguo, veramente ambiguo. Ma non per questo meno bello. –E poi arrivi tu.- piantò i suoi occhi nei miei, ad una spanna dal mio viso. –Nemmeno ti ho vista, ma ho riconosciuto il tuo sguardo su di me, e, per un istante, ti ho fatto entrare nella mia bolla privata, mettendoti tra me e il mio avversario. E mi sono distratto.- scosse la testa, accennando una risatina incredula. –Io non mi distraggo mai, te l’ho detto, niente potrebbe catturare la mia attenzione mentre combatto..eccetto tu.-
    Credetti davvero che le mie gambe sarebbero cedute, quando mi accarezzò una guancia con le nocche della mano.
    -E’ una cosa frustrante.- disse, stringendo le labbra. –Come se non fossi nei miei pensieri praticamente ogni secondo.-
    Ok. Ora avevo il diritto di svenire?
    -Ovviamente, cerco di concentrarmi sui ricordi della festa..o sul tuo pigiama fantastico.- mi lanciò uno dei suoi sorrisetti maliziosi, e fui davvero tentata dal saltargli addosso. –Resta il fatto che così non va, Natalie..-
    Mi accigliai. –Cosa, non va?-
    Lui assunse un’aria pensierosa, -Mmh, vediamo..non mi va il fatto che tu stia con quel Rick, o che qualsiasi altro coglione come Wilson ti ronzi intorno.- Ero così presa dai suoi occhi, che non mi ero resa conto della sua vicinanza. Mi stava respirando sul viso, talmente era vicino.
    -Non mi va il fatto, che ti penso senza un diritto, senza un motivo ufficiale.- sorrise, in un modo dolce, ma quasi rassegnato, e nei suoi occhi passò un guizzo di tristezza. –Non mi va il fatto che tu non mi consideri importante quanto ti ritengo io..-
    Per quanto avrei voluto contraddirlo, prima avevo bisogno di capire. –Perché mi stai dicendo queste cose?- chiesi. Sinceramente, non sapevo dove trovai la forza per farlo. Il mio cuore sembrava scoppiare, e il magone mi stringeva la gola per il pianto isterico trattenuto. Non aveva idea di quanta speranza quelle parole mi stessero dando..il problema era la delusione che ne sarebbe derivata.
    Stava già facendo uno dei suoi sorrisetti bastardi che mi facevano schiattare, ed ero sicura che se ne sarebbe uscito nuovamente con “indovina?” perciò, giocai d’anticipo. –E, non dirmi “indovina?”.- Adam ridacchiò.
    -Vediamo..sei sempre nei miei pensieri, vorrei baciarti in ogni istante, sopporto i tuoi sbalzi d’umore da perenne crisi premestruale..è ovvio, no? Ti amo.-
    Oh.
    Rimasi completamente spiazzata, mentre le sue parole rimbalzavano nella mia testa, e raggiungevano il mio cuore alla velocità della luce.
    I suoi occhi erano di un verde talmente intenso che non riuscivo a credere che mi stesse prendendo in giro.
    Magari ero patetica, però riuscivo a leggere i suoi sentimenti nei suoi occhi.
    Gli occhi innamorati di Adam. Che erano così vicini, come il suo cuore.
    Io stessa non capii come mi ritrovai ancorata al suo collo, mentre lo baciavo con tutta me stessa. Ovviamente, lui non si lamentò, anzi..
    -Natalie..devo dire che sono un po’ deluso..-sghignazzò sulle mie labbra, allontanandosi poco dopo. Non di molto, eh, il minimo indispensabile per vederci in faccia. –Le ragazze normali, dopo una dichiarazione del genere, direbbero sicuramente qualcosa di stucchevole..tipo “sei tutta la mia vita, ora, non posso vivere senza di te” o robe simili. E tu..niente.-
    Non riuscii a trattenere un sorrisetto. –Prova a metterti nei miei panni, Adam..la ragazza di cui ti sei riscoperto innamorato, ti ha appena detto che ti ama..ed è a mezzo centimetro dalla tua faccia. Tu che faresti? Staresti lì a contartela, o useresti la bocca per qualcosa di più costruttivo?- incalzai.
    Lui ridacchiò, portando una mano sulla mia guancia e avvicinando il mio viso al suo. –Devo dire che il tuo ragionamento non fa una piega..- ammise, in un sussurro.
    -Ah!- mi ricordai, fissando alternativamente i suoi occhi e le sue labbra, -Rick non è più il mio ragazzo..e non dovresti preoccuparti degli altri, dato che da un po’ di tempo sei il mio pensiero fisso.-
    -Mi pare il minimo!- scherzò, un secondo prima di ricatturare le mie labbra in un bacio mozzafiato.

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    Capitolo 18
    *** Quando tutto sembra essere esattamente come deve essere ***


    Ok. Probabilmente questo capitolo vi sembrerà un miraggio, ma c'è. L' ho finito ieri ma non ho trovato il tempo per salire su efp, così lo metto ora.

    Ho fatto un ritardo assurdo, e lo so. Fa strano anche a me pensare di aver avuto un blocco così per questa storia. Ma, seriamente, sono andata in panico. Sono stata capace di scrivere una parola per sera, ma niente mi convinceva -e, francamente, questo capitolo non mi convince tutt'ora.

    Dopo tutti questi mesi, ho scritto un capitolo di passaggio, senza molto pathos, ecco. Spero comunque che vi piaccia.. ^^"

    Quindi, chiedo un milione di scusa a chi ha atteso questo capitolo, e ringrazio infinitamente chi leggerà.

    Al prossimo capitolo :P (che non sarà tra mesi!)

    ..

    Capitolo 18

    Quando tutto sembra essere esattamente come deve essere

    Probabilmente, se qualche mese fa mi avessero detto che mi sarei innamorata così pazzamente di Adam Brown, sarei morta per un eccesso di risate isteriche dettate dall'incredulità.

    E, probabilmente, avrei fatto internare chiunque potesse solo pensare una blasfemia del genere. Perché, insomma: Adam Brown era la mia nemesi, la piaga della mia vita, l'idiota che mi faceva dannare dalla nostra nascita. Era un individuo strafottente ed arrogante, profondo quanto una pozza d'acqua e sprovvisto della facoltà di amare.

    Obiettivamente, con che coraggio io, Natalie Smith, ragazza di sani principi morali e un orgoglio spropositato, sarei potuta cascare davanti agli occhi smeraldini di quell'Essere abominevole?

    Ed invece, eccomi qui, accoccolata al petto di quel ragazzo odioso, e, per la prima vera volta nella mia vita, mi sentivo esattamente completa.

    Non era una stronzata melensa da Bacio Perugina, no: stretta a Adam, con la guancia sul suo cuore e il ritmo nei suoi battiti a cullarmi, ero semplicemente felice. Sentivo il mio cuore gonfio per l'emozione, lo stomaco tutto uno sfarfallare, e la mia mente era completamente sgombra. Mi sembrava che niente, assolutamente niente, potesse andare storto, in quel momento.

    Sarebbe potuto finire il mondo, ma io ero dove dovevo essere.

    Per assurdo, Adam, che da sempre consideravo il mio opposto, era anche la mia perfetta metà. Era una certezza.

    Poco importa che, dopo questo pensiero, fossi diventata la maggior causa di carie ai denti e diabete nel mondo. Non me ne fregava un fico secco, anche perché Adam mi amava, ed io ero la persona più felice al mondo.

    «Tu non vieni alla gara, la settimana prossima, vero?»

    Ed ecco che la pace veniva rotta proprio dal mio ragazzo, con un'uscita davvero cretina.

    Mi allontanai dal suo petto giusto per scoccargli un'occhiataccia.

    «Certo che vengo, perché non dovrei?» sbottai, cupa.

    Adam non sembrò minimamente turbato dal mio cambio d'umore, e si lasciò scappare uno dei suoi maledetti sorrisetti sghembi, capaci di mandarmi cuore e testa in tilt. «Devo ricordarti il motivo per il quale ti ho portato in questo cesso puzzolente?»

    «Vuoi dire che non mi hai attirata qui per la dichiarazione?» incalzai, alzando un sopracciglio e trattenendo a stento un sorriso storto.

    Adam afferrò una mia ciocca di capelli, e mi sfiorò il viso delicatamente, facendomi leggermente il solletico. «Certo che no. All'inizio volevo solo sgridarti, poi mi sono fatto prendere dal momento e ti ho detto che ti amo.» Adam aggrottò la fronte, e fece il broncio.

    «Non sarò un inguaribile romantico, però diciamo che immaginavo pure io qualcosa di più carino, dove dirti quello che provo».

    Ridacchiai sommessamente, appoggiandomi di nuovo al suo petto caldo. «Ma dai, ha il suo perché questa “location”.» mimai.

    Adam sbuffò sui miei capelli, per poi lasciarvi un bacio.

    «Che dici, torniamo a casa?» domandò, in un sussurro.

    Fu il mio turno, di sospirare.

    Ad essere sincera, non avevo per niente voglia di tornare a casa, stavo da Dio con Adam in quel momento; non importava dove fossimo, se in un ristorante extra-lusso o nel cesso di una palestra.

    Mi bastava stare con lui, e godermi pacificamente la sua presenza.

    Anche perché a casa -sia mia, che sua- non c'era mai tranquillità.

    Le nostre famiglie erano numerose e chiassose, e non si poteva proprio stare soli ed avere privacy.

    E, per il momento, tutto ciò di cui avevo bisogno era stare sola con Adam.

    Per di più, fuori da quel bagno, il mio gruppo di yoga stava facendo lezione: cosa avrebbero pensato le mie compagne e la mia insegnante, vedendomi sbucare quasi alla fine della lezione?

    Alzai il viso a quello di Adam per argomentargli le mie illuminanti deduzioni, ma mi ritrovai tutto ad un tratto, con le labbra molto impegnate.

    Ecco perché adoravo Adam: riguardo queste cose, eravamo decisamente sulla stessa lunghezza d'onda.

    -

    «Ma tuo padre non ha mai avuto problemi con i ragazzi, vero?» incalzò Adam, piantandosi in mezzo al marciapiede e strattonandomi indietro.

    Alzai per la centesima volta gli occhi al cielo. «No, Adam. Mio padre non è assolutamente un tipo geloso o violento.» sibilai, accigliandomi. «Però io sì, e se non ci sbrighiamo ad arrivare a casa ti butto sotto un camion!»

    Nonostante l'aria vagamente preoccupata, Adam si lasciò scappare un sorrisetto divertito, e riprese a camminare mano nella mano con me.

    E, in quel momento, mi fu impossibile non chiedermi cosa avrebbero pensato i nostri professori, o i nostri compagni, sapendoci insieme.

    Dopo anni e anni di liti, risse e insulti, dopo aver fatto impazzire chiunque ci stesse attorno, era insolito – o, per meglio dire, incredibile- che stessimo vicini senza scannarci, perché, addirittura, eravamo innamorati l'uno dell'altra.

    A quel pensiero mi scappò un sorriso soddisfatto.

    «Ehi, perché sghignazzi?»

    Prima che potessi anche solo rendermene conto, la mano di Adam aveva lasciato la mia per far sì che il suo braccio potesse avvolgermi le spalle e stringermi al suo fianco, riparandomi anche dal vento sottile e freddo che si era alzato.

    «Stavo pensando ai nostri compagni, a cosa potrebbero pensare vedendoci insieme» soffiai, sentendo il mio cuore scalpitare.

    Lui sfoggiò il suo ghignetto insolente -e meno male che ero io, quella che sghignazzava!

    «Saranno invidiosi da morire.» disse, con nonchalance e un luccichio gongolante negli occhi. «Siamo la coppia più bella del mondo!»

    Io scrollai le spalle, cercando di non far trasparire quanto mi facesse piacere quell'affermazione.

    «Secondo me saranno sollevati, penseranno che non saranno più coinvolti nelle nostre risse.»

    Adam gettò la testa all'indietro, lasciando che la risata esplodesse fragorosa.

    Mi persi qualche istante ad osservarlo, perché sì, era un insulto non farlo. Ero dannatamente fortunata ad avere un ragazzo così al mio fianco. Certo, il suo ego avrebbe potuto soffocarmi, un giorno o l’altro, tanto era grande; ma se non altro il suo cuore era grande quanto se la tirava, e, visto gli ultimi riscontri, batteva solo per me.

    «Bei tempi, quelli delle risse a mensa!»

    «E chi dice che siano finiti?» incalzai, facendogli strabuzzare gli occhi.

    Ridacchiai, divertita dalla sua espressione stralunata.

    «Se ti meriti un ceffone, sappi che non sono nessuno per non dartelo.»

    Gli feci l'occhiolino, e lui scosse il capo, tra il divertito e l'esasperato.

    Il resto del tragitto verso casa lo passammo chiacchierando tranquillamente, e quei pochi minuti volarono come niente.

    «Ci vediamo tra poco. Io sarò quello affacciato alla finestra di fronte alla tua con il cuore in mano.» Adam mi sorrise, scoccandomi un bacio sulla guancia.

    «Che scemo!» commentai; con un sorriso ebete mi avvicinai alla porta d'ingresso, tenendo gli occhi incollati alla sua figura che entrava nel giardino di casa Brown e frugava nelle tasche per trovare le chiavi.

    Ancora facevo fatica ad accettare il fatto che Adam avesse questo ascendente su di me. Fino a qualche mese prima, mi consideravo l'unica ragazza al mondo capace di resistere al suo charme; peccato che ora fossi come creta nelle sue mani, ogni volta che, anche per sbaglio, i suoi occhi incrociavano i miei. Se poi era così avventato dal baciarmi anche solo la guancia, mi scioglievo manco un ghiacciolo sotto il sole di Luglio.

    Con un sospiro e le farfalle nello stomaco, mi decisi ad aprire la porta d'ingresso ed entrare in casa.

    La mia espressione beata mutò improvvisamente, appena mi accorsi che Tim-il mio fighissimo cognato- era inchiodato ad una sedia, con mio padre che gli puntava minacciosamente un dito al petto.

    Alzai un sopracciglio, sbatacchiando le palpebre: non potevo credere ai miei occhi.

    Cos’è che avevo appena detto a Adam riguardo a mio padre? Forse avrei dovuto rimangiarmi tutto; chissà che faccia avrebbe fatto il mio impavido playboy, davanti a quella scena. Probabilmente sarebbe svenuto.

    Solo all’idea, un sorrisetto divertito mi spuntò sulle labbra, che Rosalie, seduta sul divano, intercettò immediatamente.

    «Natalie, perché quel ghigno sadico? » incalzò, scrutandomi attentamente.

    Feci roteare gli occhi, cominciando a slacciarmi il cappotto e scoccando uno sguardo perplesso a mia madre, stesa sul divano accanto alle mie sorelle con una cera vagamente verdognola.

    Le guardai con un’espressione interrogativa piuttosto eloquente. «Che le prende? Ah, comunque ciao anche a voi, sorelle».

    Melanie ridacchiò. «Tutta colpa di Bryan»

    «Bryan?»

    Rosalie annuì, con una smorfia seccata. «Sì, prima era qui con noi e ha fatto una battuta su di una mia presunta gravidanza. E sai quanto ultimamente mamma sia suscettibile, riguardo le gravidanze: è svenuta»

    Scoppiai a ridere apertamente, piegandomi quasi in due, tanto che mio padre interruppe la sua paternale verso il futuro genero per scoccarmi uno sguardo severo. «Non c’è nulla da ridere, Nat. Rischia l’esaurimento nervoso. E poi chi deve placarla? Io.» fece, con un’espressione eloquente.

    Sorrisi al mio papà; non era difficile intuire perché lo adorassi tanto, era un uomo fantastico, e soprattutto gli assomigliavo mostruosamente. Avevamo la stessa ironia e modo di pensare, e tolleranza verso mia madre pari a zero: solo che lui, con anni e anni di convivenza, era riuscito a trovare un equilibrio per non tentare di ucciderla ogni qual volta apriva bocca.

    I grandi misteri dell’amore..

    Probabilmente avrei dovuto chiedere consiglio al mio papy, su come sopportare uno schizzato come Adam.

    «Comunque» continuò papà, voltandosi verso Tim, «Parliamo di te».

    «A-ancora?» balbettò il ragazzo, sempre più pallido. Era incredibile come riuscisse a mantenere l’aria da figo anche mentre sudava freddo ed era bianco come un cencio; chissà se Adam aveva la sua stessa capacità.

    Beh, in ogni caso, non volevo scoprirlo tanto presto.

    Un po’ stralunata, mi voltai verso Mel. «Ma non hai tentato di fermarlo? Sta interrogando il tuo fidanzato manco fosse un terrorista..»

    Melanie si strinse nelle spalle. «Ci ho provato, e mi ha messo in castigo»

    Rosalie si lasciò sfuggire una risatina, e Mel le riservò una gomitata nel fianco. «Ridi poco, tu, che sei nella mia stessa situazione!»

    «Punizione anche lei?» incalzai, con un sorrisetto. La smorfia di Rose fu una risposta eloquente; «E perché mai?»

    Fu Mel a ghignare, stavolta. «Ha un ragazzo che parla fin troppo a sproposito»

    Fortunatamente, l’inquisizione di mio padre non continuò ancora a lungo, e ben presto la faccia di Tim tornò del suo colore naturale. Nonostante il ragazzo di mia sorella avesse quel che di particolare che lo faceva piacere a tutti, mio padre continuò a guardarlo un po’ amareggiato per tutta la durata della cena, borbottando domande e commentando di tanto in tanto. Probabilmente era così abbattuto perché, dopotutto, quel ragazzo, per quanto adorabile fosse, gli stava portando via una delle sue bambine.

    Con tutte le probabilità, Richard lo stava maledicendo per non essere un teppista con tatuaggi e piercing in ogni dove, alcolizzato e maleducato.

    Emily, invece, dal canto suo, spiluccò appena il mangiare, senza levare gli occhi dal piatto in un silenzio alquanto insolito. Insomma, mia madre era famosa per la sua incapacità di tacere: perché lei aveva sempre qualcosa da dire- o meglio, di cui lamentarsi.

    Diciamo che fu un sollievo per le orecchie di tutti, quel mutismo, lasciandoci liberi di chiacchierare tranquillamente. O meglio, Rose, Mel e Tim parlarono allegramente, cercando di coinvolgere mio padre che borbottava risposte vaghe; io rimasi a giocherellare con la bistecca che avevo nel piatto, vedendoci –non so come, non so perché- il viso del mio ragazzo, con lo stomaco invaso di farfalle grandi quanto elefanti e un sorriso ebete stampato in faccia.

    Sorriso che, purtroppo, non passò inosservato, perché Rosalie e Melanie scattarono subito sull’attenti. «Nat.. come mai non ti sei ancora lamentata della minima cosa?» incalzò Rose, arcuando le sopracciglia; erano così oscenamente alte che avrebbero potuto mischiarsi con i suoi capelli: non andava per niente bene se Rosalie mi guardava in quel modo, come se attendesse la rivelazione dell’anno.

    Ma non bastava avere gli occhioni cristallini di Rose a farmi la radiografia, perché la secondogenita Smith decise di aggregarsi alla sorella maggiore, nello squadrarmi neanche stessi nascondendo un segreto d’importanza mondiale.

    Ovviamente, accendendo la curiosità di mio padre, che sapeva essere peggio di una vecchina dal parrucchiere. «Già, di solito, -e quel “di solito” si collocava nelle pause tra un soliloquio e l’altro di Emily- hai sempre qualcosa da dire!»

    Papà annuì con foga, come a sottolineare il concetto e sporgendosi più verso di me.

    E, mentre Richard, Rosalie e Melanie m’incalzavano con le loro espressioni da Jessica Fletcher, per un breve istante, pensai di adorare mia madre per il suo mutismo.

    Per un breve istante, da sottolineare.

    Poi rinsavii e assunsi l’espressione più neutra del mio repertorio. «Yoga, ragazzi. L’ho detto io, che mi avrebbe fatto bene».

    Rose alzò un sopracciglio, portandosi la forchetta alla bocca fissandomi attentamente; poi fece roteare la posata tra le dita, e me la puntò contro con fare causale. «Sai cos’è che ti farebbe altrettanto bene?»

    «Cosa?» domandai, portandomi il bicchiere alle labbra per bere un sorso d’acqua, sostenendo il suo sguardo; Rosalie scrollò le spalle con nonchalance, «Karate».

    Per poco non mi soffocai, a quelle parole, facendo scoppiare a ridere le mie care sorelline.

    «Rose! » gracchiai, «Ma che diavolo dici?»

    Rosalie mi rivolse un sorrisetto sornione. «Non so proprio perché, ma sono sempre stata sicura che tu avessi un debole per i kimono.»

    Era una brutta cosa, vero, voler squartare una sorella?

    Papà, ingenuamente, sorrise entusiasta. «Lo sai, Rose, che hai dato un’idea grandiosa? Dovresti seguire un corso di Karate per l’auto-difesa, dato che al momento-grazie al cielo- non hai ancora un ragazzo che ti protegga! » e, come per sottolineare il concetto, diede una pacca bella forte alla schiena di Tim; per poco, il mio povero cognato non vomitò un polmone.

    Io cercai di mordermi la lingua, trattenendo il mio istinto di ribattere a qualsiasi affermazione di chiunque e dire che, in realtà, un ragazzo ce l’avevo. E che faceva pure Karate.

    L’espressione di mio padre era ancora piuttosto ambigua, e sapevo che non era ancora finita; il suo cervello stava ancora macchinando qualche assurda teoria.

    «Eureka! Nat potresti chiederlo a Adam!» esclamò.

    Scoppiai in una fintissima risata. «Sì, come no! Figurati se si mette a spiegarmi come poterlo stendere con un calcio!»

    Papà fece un gesto stizzito con la mano. «Sciocchezze. Glielo chiederò domani, vedrai che mi dirà di sì!»

    «Vedrai che dirà di no» ribattei fermamente convinta.

    «Anche noi siamo convinte che dirà di sì» commentò Mel, con un ghignetto, «E anche che a Natalie farà molto piacere prendere lezioni di karate da Adam!»

    A quel punto, con le guance in fiamme e un livello di esasperazione a mille, mandai poco gentilmente a quel paese le mie sorelline e mi rifugiai in camera mia con la scusa di dover studiare.

    Appena accesi la luce, vidi dalla finestra che Adam aveva aperto la sua e si era affacciato con la chitarra al collo. Mi lanciò uno sguardo emozionato, e cominciò a suonare, passeggiando tranquillamente per la sua stanza.

    I'm sorry that I hurt you
    It's something I must live with everyday
    And all the pain I put you through
    I wish that I could take it all away
    And be the one who catches all your tears
    That’s why I need you to hear

    I've found out a reason for me
    To change who I used to be
    A reason to start over new
    and the reason is You..

    And the reason is You..

    And the reason is you..

    Un ultimo sguardo, un ultimo sorriso complice, e chiudemmo le finestre, lui con un sorriso imbarazzato, io con una lacrima che rotolava sulla mia guancia.

    «Buongiorno».

    Il sorriso caldo di Adam mi accolse appena misi piede fuori dal cancelletto di casa mia, e non potei che rimanere abbagliata da cotanta bellezza.

    Potevo essere più fortunata di così?

    «Buongiorno» risposi, mentre, con un sorriso sereno, afferravo la mano che mi porgeva con una semplicità disarmante.

    «Dormito bene?»

    «Da Dio. Tu? » Certo, come si poteva dormire male, se nei sogni c'era il proprio ragazzo che mi cantava una meravigliosa canzone d’amore? Canzone che, effettivamente, mi aveva scritto per davvero.

    Adam mi attirò a sé, e mi scoccò un bacio fior di labbra.

    «Ho impiegato un po' ad addormentarmi, sapendo che tu eri a pochi metri da me e non potevo stringerti. »

    Ridacchiai, afferrandogli di nuovo la mano e dandogli una leggera spallata, trascinandolo verso il marciapiede. «Sai, non credevo che Adam James Brown potesse essere così melenso! »

    Lui alzò un sopracciglio, quasi scettico; «Preferivi davvero i tempi delle risse, allora. »

    «E davvero tu sei già diventato dipendente dalla sottoscritta.» rimbeccai.

    Il sorriso che mi rivolse fu accecante: «Certo, ma è da un po’ che sono dipendente da te e dal tuo caratterino da donna in perenne sindrome premestruale!»

    Gli feci una linguaccia. «E pensare che, fino all’altro giorno, pensavo che fossi TU quello con i sintomi da donna con la sindrome. »

    «Ha. Ha. -fece Adam, tirandomi a sé. Il suo sorriso beato si trasformò pian piano in quello sghembo e malizioso, che mi fece avere uno scompenso cardiaco. –Questo però non ti ha impedito di innamorarti di me.»

    «Certo. È una delle cose che abbiamo in comune e che ci hanno avvicinato!» lo presi in giro, facendogli l’occhiolino e riprendendo a camminare trascinandomelo dietro. «E muoviti, altrimenti arriviamo in ritardo».

    «Wow, impaziente di buttarti nella gabbia di leoni!» fece, alzando gli occhi al cielo.

    «Hai paura della reazione dei nostri compagni? » chiesi, seccata. Stavo già per lasciargli la mano, ma lui la strinse più forte.

    Bizzarro: proprio ieri lui mi aveva fatto la stessa domanda, col suo sorrisetto sornione; ora era esattamente il contrario. Adam sembrava vittima di fifa acuta da pettegolezzo, ed io invece ero in pace con me stessa; forse il merito andava solo alla sua mano stretta forte alla mia, e alla consapevolezza che lui mi amasse, ma, in ogni caso, niente sembrava potermi scalfire.

    «No, ho solo paura della tua migliore amica.» replicò, come se fosse ovvio.

    E, altrettanto ovviamente, io scoppiai a ridere, mentre il sole scacciava la nuvoletta cupa che stava per oscurare il mio buon umore.

    Certo, che Kim minacciasse Adam di un’evirazione simultanea quando e se mi avesse fatta soffrire un’altra volta era quasi scontato, ma era pur vero che la mia migliore amica era la prima che tifava per la nostra coppia da.. beh, da quando il nostro odio reciproco era diventato meno reciproco. In ogni caso, in quei giorni era decisamente troppo presa da John anche solo per far caso a noi due.

    «Non c’è niente da ridere. » bofonchiò Adam, arricciando le labbra in una smorfia offesa e cucciolosa.

    «Stai tranquillo. » cercai di rassicurarlo, «Kim abbaia ma non morde, e soprattutto il suo mondo è Johnatan, ormai. Quindi, se non le sbatti in faccia chiaramente che stiamo insieme, lei è capace anche di non accorgersene. »

    Adam sorrise incerto, ed annui.

    Qualche minuto dopo, stavamo entrando nel cortile della nostra scuola.

    Avevo lasciato la mano di Adam per non rischiare di scatenare la rivolta delle oche; per il momento, almeno, volevo vivere questa storia in tranquillità.

    Dopo un’amicizia che non era mai stata tale, con baci di qui e di là, sbronze, ripicche e relazioni mai esistite, mi serviva decisamente fermarmi, respirare, e realizzare che, porca miseria, stavo con Adam Brown. Lo stesso ragazzino viziato che qualche mese prima mi aveva appiccicato una cicca nei capelli, lo stesso ragazzo con cui avevo fatto a pugni e varie guerre col cibo. Lo stesso ragazzo affascinante che tentava di cogliermi in fallo dopo una situazione particolarmente imbarazzante, e che, per assurdo, si era auto-incastrato.

    E magari agli occhi del mondo poteva sembrare impossibile, ma mi sembrava di non aver mai provato niente di così bello e giusto in vita mia.

    Due giorni che stavamo insieme, due giorni che me lo ripetevo: anche se ero ancora incredula, sentivo la sua presenza ancora più vicina, ogni istante che stavamo uno accanto all’altra.

    Ogni suo sorriso era una concretezza in più.

    Certo, la nostra era e sarebbe stata una storia insolita, e non sarebbe stato facile.

    Per quanto tenessimo l’un l’altra, eravamo pur sempre Adam e Natalie, le due teste calde che si scontravano dalla tenera età di quattro anni con i più crudeli dispetti.

    Ecco, il motivo principale per cui volevo tenerla tra noi: perché i pettegolezzi e le voci potevano rovinare tutto, e di gente che sparlava ce n’era fin troppa.

    Chiunque avrebbe potuto giudicare sbagliato o falso quello che c’era tra me e Adam: perché era arrivato in punta di piedi, in poco tempo, e aveva legato il mio cuore al suo. Perché c’eravamo innamorati senza partire dal via, saltando varie tappe o passandole velocemente.

    Stavamo insieme da due giorni, e non potevo dire che saremmo stati insieme per sempre. Però, per quel che valeva, Adam sapeva completarmi anche solo sorridendomi.

    E questo bastava per voler proteggere quello che avevamo.

    Non finii di fare quel pensiero, che Kimberly, neanche fosse un segugio, prese a squadrarci poco discretamente con un’aria inquietante.

    Sentii il corpo di Adam avvicinarsi di qualche centimetro più al mio, come se, da un momento all’altro, volesse usarmi come scudo e nascondersi dietro di me per proteggersi.

    Alzai gli occhi al cielo, e assunsi un’aria pacata, come se nulla fosse.

    Modestamente, avevo delle grandi doti da attrice.

    Raggiungemmo Kim e Jonhatan in poche falcate, sotto i loro sguardi concentrati.

    Speravo solo che Adam non cominciasse a impazzire per il nervosismo.

    «Buongiorno! » salutai, con un sorriso.

    Fortunatamente, Adam sembrava stesse riprendendo la sua solita spavalderia, oppure, semplicemente, gli stava tornando la vena artistica di attore.

    In ogni caso, sfoderò il più abbagliante e vanesio sorriso sghembo, e si passò la mano tra i capelli con fare ammaliante. «Giorno.»

    Si sentì distintamente un corpo-probabilmente di una ragazza- accasciarsi con un sospiro estasiato, dopo quel gesto.

    Ecco, bravo, amore: stermina un po’ di quelle galline che potrebbero minare alla mia salute mentale e fisica.

    Insomma: meno oche c’erano, meno difficoltà avevo io a difendere la mia proprietà, no?

    John sorrise incerto, scrollando le spalle con fare disinvolto, e abbracciò Kim con nonchalance.

    «Ciao, ragazzi.»

    La mia migliore amica, intanto, non aveva ancora finito di squadrare me e il mio ragazzo, con la sua classica espressione da Sharlock ormai collaudata.

    Quando assumeva le sembianze d’investigatrice, sembrava dimenticare persino le regole della buona educazione che, neanche a dirlo, ai Tempi d’Oro delle risse con Adam continuava a ribadirmi.

    «C’è qualcosa che non va. »La sua non era una domanda, era una pura constatazione.

    Come fosse giunta a tale riscontro, non mi era dato saperlo. Se c’era un cervello complicato da capire quanto quello del mio attuale ragazzo, era proprio quello di Kim: per questo, quei due andavano particolarmente d’accordo.

    «Che caso, io stavo per dire che tutto era perfetto. » la scimmiottò Adam, con un sorrisetto che, se non l’avesse fatto per non destare sospetti, mi avrebbe fatto prudere le mani dall’insana voglia di cancellarlo.

    «Dai, coraggio, bambini.- m’intromisi, sentendo la campanella suonare, «Dobbiamo andare in classe. »

    -

    La mia migliore amica e il mio ragazzo top secret, arrivati in classe, avevano deciso di scambiarsi di posto, cosicchè Kimberly potesse trastullarsi beatamente accanto al suo adorato fidanzato e io potessi –in gran segreto- fare lo stesso col mio. Perché, secondo i piani, Kim sarebbe stata troppo presa dal suo John vicino a lei, per far caso a me e ad Adam.

    Perciò, il fatto che, da quando eravamo entrati in classe, non ci aveva ancora levato gli occhi di dosso manco fossimo degli alieni, era un dettaglio irrilevante.

    Ed irritante, ad essere sincera.

    Adam si mosse inquieto sulla sedia, avvicinandosi un po’ a me per parlarmi piano. «Ma la tua amica non ha meglio da fare che fissarci? Sento che mi sta per bucare la schiena, talmente ci mette impegno. »

    A quelle parole non potei che ridacchiare. Mi lanciò un’occhiata esasperata, e cercai di rincuorarlo con un sorriso.

    Sorriso che fece il suo effetto e lo contagiò, illuminandogli gli occhi smeraldini e facendogli alzare un angolo delle labbra nel suo ghigno sghembo.

    E, in quei pochi istanti in cui rimanemmo a fissarci negli occhi, mi chiesi come avessi fatto a odiarlo, quel sorriso: era la cosa più bella che esistesse al mondo, specie se rivolta a me.

    «ODDIO! »

    A quell’urlo di Kim, quasi non mi venne un infarto.

    Sia io che Adam sussultammo, insieme al resto della classe, e ci voltammo a guardarla stralunati.

    La professoressa alzò lo sguardo dal libro di testo e la trucidò con un’occhiata glaciale, ma la mia migliore amica sembrava troppo presa a fissare me e il mio ragazzo segreto come se fossimo una rivelazione divina.

    «Stevenson, tutto bene?»

    -Johnatan le prese la manica della felpa, e tentò di farla sedere, sorridendo imbarazzato. «La scusi, prof, si è vista un insetto sul banco.»

    Kim si lasciò cadere sulla sedia; la sua espressione, che non era cambiata nemmeno di una virgola, sembrava voler dire “brutta stronza, ho capito tutto.”

    Con un sospiro mi voltai nuovamente verso la cattedra, lasciandomi scivolare contro lo schienale della seggiola. «Ha capito» borbottai con un fil di voce, sotto lo sguardo smarrito di Adam, la cui pelle del viso cominciò paurosamente a diventare pallida.

    «Cacca» fu la sua risposta, mentre si passava una mano tra i capelli spettinati.

    Alzai gli occhi al cielo, e storsi la bocca. «Fino a prova contraria sono io a doverlo dire.» sibilai piano, «E’ me, che ucciderà per non averglielo detto.»

    Davanti a quella prospettiva, il mio amato ragazzo sembrò improvvisamente rincuorato e divertito, perché ridacchiò.

    «Kim è sadica» disse; poi si fermò, colto da un’improvvisa illuminazione: «..ora capisco perché siete amiche» disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

    Gli scoccai un’occhiataccia. «Mi rincuora sapere che il mio ragazzo si preoccupa per me».

    Adam si aprì, contro ogni logica, in un sorriso luminoso: mi ricordava vagamente un bambino davanti alla neve, ed era impossibilmente adorabile. Adorabile, Adam Brown. Non pensavo che l’avrei mai detto.

    «Mi piace.»

    «Cosa?»

    Il suo sorriso, davanti alla mia perplessità, non si scalfì minimamente. «Che sono il tuo ragazzo. Mi piace quando lo dici.»

    Dopo quelle parole e il lucchichio estasiato nei suoi occhi, cercai con tutte le mie forze di non liquefarmi lì, in quel momento, e ridurmi in una poltiglia informe.

    L’unica cosa che mi fermò dallo scappare dalla classe trascinandomelo dietro con la prima scusa per saltargli addosso, fu l’ennesimo urletto-stavolta soffocato- di Kim.

    Come me, Adam aguzzò le orecchie.

    «No, ma hai visto come si sono guardati?!» la sentii sbattere il palmo sul banco, «Guardali! Natalie sembra pronta a saltargli addosso! »

    E, dopo quell’uscita, mi ripromisi di divorziare dalla mia migliore amica.

    Bontà celeste! Non avevo gli ormoni così sballati!

    …o forse sì?

    In ogni caso, non mi sembrava molto carino sbandierarlo ai quattro venti –ovvero, John-, partorendo congetture sulla mia presunta relazione con Adam.

    Ma poi, era così evidente? Non mi sembrava che ci fossimo comportati in modo diverso, anche perché avevamo accuratamente evitato gesti ambigui come abbracci, baci e mani intrecciate; e Dio solo sapeva quanto avrei voluto stare a stretto contatto con il corpo di Adam in ogni istante della mia giornata.

    Solo pensare ai baci del giorno prima, mi venivano i brividi.

    Adam mi diede un buffetto sul braccio per attirare la mia attenzione. «Che dici,glielo diciamo? Kim potrebbe sclerare e ammazzare John»

    Alzai un sopracciglio. «Ammazzare me, vorrai dire. Ma tu mica avevi paura di Kim? »

    «Sì, certo, ma ho capito che se lo scoprisse da sola sarebbe anche peggio la sua reazione» fece, saccente. «E io non voglio essere evirato! » soggiunse poco dopo, con un’espressione improvvisamente impaurita.

    Scoppiai a ridere, ma poi annuii. «Sì, forse hai ragione»

    ---

    «Stiamo insieme»

    Quasi automaticamente, mi feci più vicina a Adam, pronta all’esplosione.

    Appena erano finite le tre ore di storia, durante la pausa pranzo, avevamo trascinato John e Kim nel cortile della scuola.

    Non ero stata lì a girarci intorno, e avevo sganciato la bomba con nonchalance.

    Kim si voltò verso John, con un’espressione saccente e ci indicò.

    «Visto, cicci? Avevo ragione. » fece, pacata; davanti a quel tono e quella tranquillità, non mi permisi di sospirare di sollievo, come già stava facendo Adam.

    Perché Kim era una bomba a orologeria, e a certe notizie sclerava per forza.

    «Te l’avevo detto che stavan-- » Kim non finì la frase. Rimase per qualche istante immobile, lo sguardo fisso, e una ruga di perplessità in mezzo alla fronte, mentre Johnatan la guardava cautamente.

    Ci impiegò ancora qualche istante per realizzare l’informazione, e poi –sfortunatamente- esplose. «VOI STATE INSIEME?!? »

    L’espressione di Kim ebbe il potere di fare indietreggiare sia me che Adam.

    Io cercai di rivolgerle un sorrisetto; «Sì, da ieri sera.. »

    «DA IERI SERA?! » sbraitò. Poi, d’improvviso, si lanciò verso di me.

    Chiusi gli occhi, quasi involontariamente, pronta a sentire la mia testa staccata dal resto del corpo. Ma, a discapito di ogni mia esagerata previsione, Kim, semplicemente, mi abbracciò.

    «Sono così contenta per voi..! » mormorò dolcemente, stringendomi forte. Automaticamente i miei muscoli si rilassarono, e ricambiai l’abbraccio di Kim. «Anche io, davvero»

    «Anche se potevi chiamarmi e raccontarmelo, ieri sera» bofonchiò poi, sciogliendo la presa. «Scommetto che non ce l’avreste detto, se non aveste avuto paura di una mia brutta reazione».

    «Ma che dici! » esclamammo all’unisono; Kim alzò gli occhi al cielo, ma poi scosse la testa.

    «Lo so che non è il momento adatto, ma voglio sapere ogni dettaglio! Anche quello più scabroso!»

    «Non c’è nessun dettaglio scabroso, Kim! » esclamai, incrociando le braccia al petto.

    Intanto, Adam si era avvicinato e mi aveva abbracciata da dietro, poggiando teneramente il mento sulla mia spalla. Mi scoccò un bacio sulla guancia, e rivolse un sorriso a Kim. «Ehi, schizzata, è vero che hai sempre tifato per me? »

    Lei, in risposta, fece un gesto seccato con la mano. «Certo. Voi due testoni siete sempre stati fatti l’uno per l’altra.»

    John scrollò le spalle, come a darle atto. «Già dall’inizio facevate scintille, per quanta tensione c’era tra voi. » commentò, «Poi da dopo la festa sembravate sempre ad un passo dal saltarvi addosso! »

    A quell’uscita, sentii le guance andarmi a fuoco, mentre Adam sghignazzava tranquillamente.

    «In ogni caso» ricominciò Kim, puntando un dito contro Adam che mi strinse ancora un po’ più a sé. «Vedi di non farla soffrire, o ti faccio soffrire io. Nel modo più atroce che una mente macabra possa pensare.» L’occhiata sadica e ammonitrice che associò a quella minaccia ebbe il potere di far rabbrividire perfino me, insieme a Adam.

    «Stai tranquilla» fece lui, con leggerezza «ci tengo alla mia vita, io».

    Però sapevo che sotto quelle parole dette così, per scherzare e alleggerire la situazione, c’era sentimento; sapevo che Adam non mi avrebbe mai fatta soffrire, non volontariamente almeno, perché mi amava. E questo mi bastava.

    «Allora? » incalzò Kim , facendomi tornare coi piedi per terra.

    «Cosa allora? » domandò Adam. Dal tono di voce spaesato, probabilmente si era perso anche lui nei suoi pensieri. E, dallo sguardo accorato che mi lanciò subito dopo, capii che, per quanto diversi fossimo, eravamo sulla stessa lunghezza d’onda.

    «Organizziamo una cena a quattro. Stasera. E non voglio un no, come risposta»

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    Capitolo 19
    *** Capitolo 19. Quando bisogna solo lasciarsi andare ***


    Capitolo 19

    Quando bisogna solo lasciarsi andare

    .

    -Organizziamo una cena a quattro. Stasera. E non voglio un no, come risposta-

    Quando aveva detto quelle parole, non penavo che Kim fosse seria; credevo fosse solo una cosa buttata lì per dire, ed invece eccomi qui, davanti all'armadio, con una salvietta attorno al corpo e un'altra a turbante sulla testa,mentre mi corrucciavo pensando a cosa mettermi.
    Che poi, insomma, non dovevo mica mettermi in tiro per un'uscita con la mia migliore amica, e i nostri ragazzi. Eravamo tra noi, un paio di jeans e una felpa sarebbero andati più che bene, secondo il mio modesto parere.
    Fischiettando, agguantai il mio paio preferito di pantaloni, nello stesso momento in cui il mio cellulare cominciava a suonare.
    Zompettai fino al letto, e mi ci lasciai cadere sopra, facendo partire la chiamata.
    -Non stai per metterti uno sgualcito paio di jeans, vero?-
    Oh, eccola, l'organizzatrice d'eventi.
    -Ciao anche a te, tesoro. Sì, sono felice anch'io di sentirti. No, figurati, non stai disturbando- feci, sarcastica.
    -Seriamente, Natalie, stai per indossare i jeans, vero?-
    Fissai per qualche istante i pantaloni che tenevo tra le mani, e il mio silenzio fu una risposta eloquente per lei, che riprese immediatamente a parlare, animata.
    -Ci potevo scommettere. E non metterai una felpa della tuta, vero? Perché potrei picchiarti. -
    Storsi il naso. -La felpa della tuta l'avevo già esclusa, ma i jeans non ho intenzione di bocciarli. Non stiamo andando al gran galà, siamo solo noi quattro! - m'indignai.
    -Natalie, non ho intenzione di uscire con te vestita da barbona. Chiaro? Quindi, se esci con me, abbi la decenza di metterti qualcosa di carino. E magari anche i tacchi, e non guasterebbe nemmeno un po' di matita, mh?-
    -
    Cosa saresti, scusa, una versione mixata di Carla ed Enzo e Clio?- la beffeggiai, piccata, gettando i miei jeans sul letto poco gentilmente.
    -Ma quanto sei simpatica. Sindrome premestruale? - ribattè, con un tono acido.
    -Va a cagare, Kim, con tutto il cuore.- sibilai.
    -Non è colpa mia se non hai senso estetico.-
    -
    Se vai avanti così e ti do buca.-
    -Non oseresti! E poi non ci credo che rinunceresti a passare un po' di tempo con Adam. -
    -Al quale, tra parentesi, piaccio anche al naturale! - sottolineai, con un po' di stizza.
    Sentii uno sbuffo dall'altra parte, e m’immaginai Kim muovere la mano in un gesto molto teatrale. -Certo, dopo che ti ha vista mezza nuda, appena sveglia, durante una crisi di pianto isterico e completamente ubriaca, direi che "al naturale" per lui sei una strafiga.- fece, sarcastica.
    -Non so se hai presente la foto del mio scorso compleanno, quella dove tu avevi un foruncolo che chiamarlo "vulcano in eruzione" è un eufemismo..sai, CASUALMENTE John potrebbe vederla. Per pura casualità, ripeto. -
    -Strega-
    -
    Ti voglio bene anch'io-

    Un’ora dopo, vestita di tutto punto e pure con un filo di trucco, uscii di casa.

    Adam era già lì che mi aspettava, e appena incontrò la mia figura sorrise. E mi chiesi come una persona potesse avere un sorriso del genere, capace –soprattutto- di far sciogliere un cuore. Seriamente, come avevo fatto, in tutti quegli anni, a non subirne l’effetto?

    -Ehi, Miss Insalata- mi salutò, soccandomi un bacio sulla guancia, lento e dolce.

    -Ehi, Mister Perversione- scherzai, intrecciando le dita delle nostre mani e rivolgendogli un sorriso sincero.

    Ogni volta che lo vedevo rischiavo la paresi facciale per i troppi sorrisi zuccherosi; e il punto è che non mi dispiaceva il fatto che la sua presenza avesse questo ascendente su di me, se l’effetto era una sorta di pace con me stessa.

    Oddio. Sono veramente partita.

    **

    -..No, aspetta, fatemi capire. Le hai fatto una confessione del genere…in un cesso? - Kim sbattè le palpebre, fissandoci allibita; -Anzi, nel cesso di una palestra? -

    -..Sì- bofonchiò Adam, lasciatosi andare sullo schienale del divanetto, tutto imbronciato.

    Io trattenni un sorrisetto. Ora che avevamo raccontato tutto per filo e per segno –la mia migliore amica aveva chiesto perfino com’eravamo vestiti- a Kim e John, seduti comodamente davanti ad un tavolino di un locale, effettivamente la situazione poteva sembrare assurda. Conoscevo Kim e la sua natura romantica e soprattutto perfettina, e l’idea che io e Adam ci fossimo messi insieme in un bagno puzzolente non era proprio nella sua lista delle location preferite. Lei magari immaginava un’atmosfera magica, soffusa, con musica di sottofondo e profumo di rose e lillà, con Adam che s’inginocchiava di fronte a me inneggiando il suo amore nei miei confronti.

    Bhè, in quel bagno non c’era nessuna luce soffusa –in realtà, di luce proprio non ce n’era-, gli unici rumori che si sentivano erano quelli degli attrezzi e il chiacchiericcio soffuso nella palestra, di certo il profumo non era Chanel n°5, e se Adam si fosse inginocchiato, probabilmente sarebbe rimasto incollato, per quanto sporco c’era. Eppure, quel momento era stato perfetto. Non c’era una cosa che avrei voluto cambiare –beh, magari l’odore sì.

    -Mondieu! Questo sfiora il limite dell’assurdo!-

    Come volevasi dimostrare, Kim sfoggiò la sua indignazione. Ed era tanta, se infilava una parola in francese nella frase. Dal suo canto, Adam sembrò sprofondare ancora di più nel divanetto, con un’espressione sempre più contrita. Tanto per citare Kim: mondieu, come poteva essere così dannatamente tenero? Mi ricordava tanto Kate da arrabbiata; le sopracciglia aggrottate, le labbra arricciate e le guance gonfie e rosse per l’imbarazzo. In uno sprazzo di follia, desiderai prendergliele, quelle guanciotte, e pizzicargliele dolcemente. Ma poi probabilmente mi avrebbe incenerito con un’occhiataccia.

    Così, semplicemente, mi limitai ad allungare una mano per afferrare la sua e intrecciare le nostre dita. -Non ci crederai, Kim, ma è stato perfetto così-

    La presa di Adam si fece immediatamente più forte, tanto che il mio cuore perse un battito o due; poi ne perse un’altra decina, solo per lo sguardo magnetico in cui mi catturò.

    -No, okay, prendetevi una camera!-

    In risposta a quel commento, Johnatan ricevette tre occhiatacce contemporaneamente –da me e Adam, perché aveva rovinato il momento, e da Kim, che probabilmente si stava godendo la scenetta come se fosse al cinema.

    Adam si voltò di nuovo verso di me, e sfoggiò il suo sorrisetto malizioso.

    -Allora, Smith. Ti va di ballare?-

    Improvvisamente, sentii ogni sentore di benessere scivolare via da me, con quella proposta. Probabilmente il mio cuore aveva smesso di battere, perché non lo sentivo più da qualche secondo. In quell’arco di tempo, il mio cervello registrò le parole di Adam, ci associò il signifato, e elaborò la risposta: assolutamente no. Non avevo intenzione di mettermi di nuovo in ridicolo; l’altra volta ero ubriaca, non sapevo quello che facevo, e mi sentivo quasi leggiadra –eppure, avevo ancora la convinzione di essermi mossa come un bufalo in una cristalliera mentre ballavo con quel.. appena formulai pensiero, rabbrividii e lo scacciai. In ogni caso, ora ero sobria, razionale, e soprattutto consapevole dei miei limiti. Uno di quelli, era la mia incapacità di muovermi a ritmo di musica, tanto più se con un ragazzo.

    -Non accetto un no, tanto ti ho già vista ballare.- Adam scrollò le spalle, e si alzò in piedi tirandomi con sé. Le mie proteste non servirono a niente, nemmeno quando ci aggiunsi svariati epiteti poco carini e qualche tentativo di bucargli il braccio con le unghie.

    -Adam, non sono capace-

    -E quindi? Ti guido io-

    -No, ti prego! - quasi implorai, arrossendo fino alle punte dei capelli. Ma guarda a che razza di punto ero arrivata: stavo pregando Adam Brown.

    Questo era anche peggio di sciogliermi davanti al suo sorriso e di essermi innamorata irrazionalmente di lui. Non so se rendo l’idea della gravità della cosa.

    Lui mi fissò per qualche istante in faccia, e poi alzò un sopracciglio, in un’espressione imperscrutabile.

    -Okay, allora andiamo via-

    -Ma che--? -

    Prima che potessi ribattere, senza lasciarmi andare, mi tirò fino al tavolino dov’erano seduti ancora John e Kim, abbracciati.

    I due piccioncini ci fissarono incerti –e forse, la mia espressione non era tanto diversa da quella dei miei amici.

    -Io e Nat ce ne andiamo. Voi state qui, o venite con noi? -

    Kim analizzò attentamente il viso di Adam; non so cosa ci lesse, ma i suoi occhi brillarono.

    -Hai un’idea alternativa che spacca-

    Io mi accigliai, e con me pure Johnatan. A volte la telepatia tra Adam e Kim mi spaventava.

    Dal canto suo, il mio ragazzo accennò un sorrisetto furbo.

    -Certamente. Dico, hai presente con chi stai parlando? - fece, gonfiando il petto.

    -Abbassa la cresta, polletto- lo rimbeccò Kim, per poi scrollare le spalle. -Comunque, penso che rimarremo qua. Il mio fine l’ho raggiunto-

    -Dannata pettegola!-

    Al terzo dito di Kim indirizzato a me, tutti scoppiammo a ridere. Kim, con quell’espressione seccata, era così buffa che non riuscivo nemmeno a fingere di essermela presa per avermi mandato a quel paese.

    -Bhè, buon proseguimento di serata- commentò Adam, con un gesto del capo e un sorriso.

    Kim sciabolò le sopracciglia, alzandosi in piedi e afferrando le mani di John per far sì che lo seguisse. -Ci puoi giurare! A domani!- esclamò, spostandosi verso la pista.

    Io ridacchiai, davanti all’espressione fintamente sconsolata di Johnatan, che ci salutò con un cenno della testa.

    **

    -Dove stiamo andando?-

    -Non te lo dico-

    -Dove stiamo andando? -

    -Non te lo dico-

    -Eddai.. -

    -Ho la bocca cucita-

    -Ti prego, Addy..-

    -No-

    -ADAM.-

    -Natalie.- Il mio adorabile ragazzo sfoggiò un adorabile sorriso su quel suo adorabile faccino che avrei tanto voluto prendere a ceffoni.

    Era circa un quarto d’ora che vagavamo per le vie della nostra città, e, finché eravamo ancora vicino al centro, ero stata zitta, aspettando pazientemente di arrivare dove Adam mi stava trascinando. Ma quando avevamo cominciato ad allontanarci dalle strade affollate, per prendere quelle piuttosto isolate che neanche di giorno avrei preso, mi era sembrato come minimo d’obbligo sapere dove cacchio fossimo diretti.

    Purtroppo, il sopracitato adorabile ragazzo dall’adorabile viso sull’adorabile faccino che avrei tanto voluto prendere a schiaffi non era del mio stesso avviso. Si limitava a camminare con una mano nella tasca dei jeans, e l’altra stretta alla mia, senza mollare la presa nemmeno quando cercavo di scrollarla via. E sorrideva, quasi beato, mentre lo incalzavo di domande e mi rispondeva con pacatezza, ovviamente senza curarsi del mio prossimo attacco d’isterismo.

    -Oh, insomma! Si può sapere dov-mh! -

    All’ennesima domanda, Adam si piantò in mezzo alla via e mi tirò a sé, posando le sue labbra sulle mie per tapparmi la bocca. E, oddio, poteva zittirmi tutte le volte che voleva, se il metodo rimaneva quello.

    -’ei scorretto- bofonchiai, sulla sua bocca.

    Adam ridacchiò piano, facendomi sbuffare sconsolata. -Sei adorabile quando sei scocciata-

    Ecco, il modo più veloce di tutti per farmi dimenticare l’incazzatura.

    Seriamente, Adam come riusciva sempre ad incastrarmi? Rick in otto mesi di relazione non mi aveva conosciuto nemmeno un quarto di come Adam l’aveva fatto in sole poche settimane di amicizia.

    Chissà, magari mi aveva studiata bene ai tempi dell’odio funesto, tanto da conoscere ogni mio piccolo pensiero; solo che se prima trovava i modi più stravaganti per attaccarmi e portarmi alla follia, ora cercava ogni modo per tenermi buona e farmi crollare ai suoi piedi. E ci stava pure riuscendo.

    Non sapevo se essere felice, o se odiarlo.

    -In ogni caso- alitò, allontanandosi di poco dal mio viso, -Siamo arrivati-

    -Alleluia!-

    Adam rise, stringendomi la mano e trascinandomi fino alla fine della via. Appena svoltammo l’angolo, per poco la mascella non mi cadde a terra.

    -Oddio. Tu..Mi hai portato al Luna Park?-

    Adam sembrò rimpicciolirsi e rabbuiarsi, quando glielo chiesi.

    -Sì..pensavo fosse un’idea carina-

    Probabilmente fraintendeva il mio sconcerto. Evidentemente non era così bravo a capire i miei pensieri, altrimenti avrebbe capito che, se solo non avessi avuto il mal di piedi a causa delle ballerine, mi sarei messa a saltare dalla felicità.

    Oh, al diavolo.

    -Carina? Stai scherzando? - a quel punto, fu impossibile non sorridere come una bambina alle giostre –che effettivamente ero. -Muoviti, devo salire almeno su tre giostre! E prendere lo zucchero filato! -

    Adam ridacchiò, palesemente sollevato, e si lasciò trascinare nella mischia.

    Dopo un paio di giri sulle montagne russe, uno nella casa degli orrori e aver vinto un pupazzo a forma di panda che era più grande di me, ero così euforica da fare scintille. Probabilmente sulla mia faccia persisteva un sorriso da paresi, e i miei occhi erano fuori dalle orbite come quelli dei cartoni animati –e questo, forse, era anche per la mia incommensurabile soddisfazione nell’aver trovato un punto debole di Adam. Lui, che aveva fatto tanto lo sbruffone ad arrampicarsi sul muretto che divideva casa mia da casa sua, dicendo che “non era difficile”, soffriva di vertigini. Probabilmente, non l’avrei mai scoperto, se solo non avessi insistito per salire sulla ruota panoramica, e lui non fosse stato così orgoglioso da non ammettere prima il suo piccolo problema. Perciò Adam era salito con me sulla ruota; all’inizio fingeva indifferenza, ma, mano a mano che andavamo verso l’alto, il suo viso si faceva sempre più pallido.

    Così, mi sono guadagnata una scusa per accoccolarmi a lui, e posare il capo sul suo petto.

    -Non avere paura.

    -Non ho paura.- A quelle parole, che probabilmente risultavano incerte perfino alle sue stesse orecchie, zittii Adam con uno sguardo piuttosto eloquente. Lui mi sorrise, nel modo più semplice e adorabile possibile, guardandomi come se fossi la cosa più bella del mondo, e dopo avermi scoccato un bacio lieve tra i miei capelli, sembrò finalmente rilassarsi. -Com'è che tu hai paura di salire su un muretto e non di salire su questo coso?- mi sussurrò appena, la voce in un soffio. Era davvero spaventato!

    Io ridacchiai, scrollando le spalle. -Non lo so, questa giostra mi è sempre piaciuta così tanto che a salire qui sopra non sono mai stata male. La vista è mozzafiato.-

    -Oh, io preferisco non controllare se dici la verità.-

    Scoppiai a ridere, per poi schiarirmi la gola.

    -Mi spieghi come hai fatto ad arrampicarti sul muretto di casa tua per salire nella casetta, se soffri così tanto l’altezza?- incalzai, mentre la giostra si fermava. Sentii immediatamente Adam irrigidirsi, così cercai di distrarlo il più possibile. –Insomma, facevi tanto lo sbruffone!- scherzai, dandogli un pizzicotto al braccio che mi avvolgeva le spalle.

    -Lì ci salgo da quando sono piccolo, sono abituato. E poi non è che sia tanto alto il muretto- spiegò, cercando di sembrare tranquillo e scanzonato. Nonostante ciò, lo sentivo che era ancora un po’ teso.

    -Capito. Mi piacerebbe tornarci..- mormorai, per poi alzare lo sguardo ai suoi occhi e sorridendogli furba; -Ma sai cosa mi piacerebbe ancora di più?-

    Adam scosse la testa, un luccichio molto simile a quello che avevo io nelle iridi chiare: come sempre, eravamo sulla stessa lunghezza d’onda per certe cose. In ogni caso, decise di rimanere al gioco: -Non saprei. Cosa ti piacerebbe?-

    -Che mi baciassi mentre siamo ancora qui su, come in una classica fantasia da tredicenne innamorata.-

    -Mmh..Mi piace quest’idea- mormorò, allungandosi leggermente per posare la sua bocca sulla mia. Il bacio che ci scambiammo fu come prendere la scossa: non era stato quello romantico della dichiarazione, ma nemmeno bisognoso e disperato come quello della festa o in corridoio: fu lento e misurato, appena approfondito, ma ebbe la capacità di sconvolgermi. Il mio cuore non aveva mai battuto tanto forte, e lo sguardo di Adam non era stato mai tanto intenso -nemmeno quando mi aveva detto che era innamorato di me; I suoi occhi -normalmente verde smeraldo- avevano assunto un tono più cupo, simile al verde bottiglia: ed erano da mozzare il fiato. Se possibile, lo rendevano ancora più bello.

    Rimanemmo ancora per qualche secondo in silenzio, poi fu lui a spezzarlo. -Cavolo. Questo aggeggio infernale comincia a piacermi.-

    Io scoppiai a ridere, dandogli un leggero buffetto. In quel momento, la giostra si fermò per farci scendere, così afferrai la mano e lo trascinai giù.

    -E ora? - incalzò Adam, passando un braccio attorno alle mie spalle.

    Il sorriso che mi si allargò sulle labbra probabilmente sembrava quello dello Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, ma non riuscii proprio a trattenerlo: -Ora prendiamo lo zucchero filato!-

    Adam scosse la testa e ridacchiò, ciondolando e trascinandomi con sé sino al banchetto dei dolci. Mentre Adam si faceva preparare un'ipercalorica crèpe alla Nutella -dall'aria veramente invitante- io cominciai a spiluccare il mio gigantesco zucchero filato rosa con gusto e un sorriso ingolosito stampato in faccia. Probabilmente sembravo davvero una bambina, ma non me ne fregava nulla: portatemi al Luna Park e datemi un dolce, e divento o un agnellino o una cavalletta esagitata. In quel momento, probabilmente, sono più la seconda.

    -Non ti facevo così golosa- commentò Adam, con un sorrisetto divertito, guardandomi dall'alto del suo uno e ottanta. Mordicchiai un altro po' di zucchero, impiastrarmi un po' il viso. Era un’impresa per me mangiare un dolce senza ridurmi alla stregua di un bebè tutto sbrodolato di pappetta, ma ormai chi mi conosceva ci aveva preso l’abitudine –Kim, quando mangiavamo il gelato a casa sua, per rigirare il coltello nella piaga si divertiva sempre a darmi una bavaglia.

    -Mmm..i dolci sono il mio punto debole.- dissi, deglutendo. Mi portai una mano per pulirmi l'angolo della bocca dallo zucchero, ma Adam fu più veloce di me: si allungò verso il mio viso e lasciò un bacio lì dove ero impiastricciata, per poi sorridermi furbescamente.

    -E tu sei il mio.-

    -Oh, come siete carini!-

    Arrossii furiosamente, quando la donna dello zucchero filato fece quel commento; Adam, invece, ridacchiò: -Vero? Lo dico anch'io- scherzò, prendendo il dolce che la signora, scoppiata in una grassa risata, gli porgeva.

    -Grazie mille- fece Adam, prima di rimettermi il braccio sulle spalle.

    Sgranocchiammo i nostri dolci chiacchierando tranquillamente- il che era era piuttosto scandaloso, considerando chi eravamo- diretti verso casa.

    Era poco più di mezzanotte, ma la serata era stata così bella che non avevo voglia di staccarmi da Adam; non era uno di quei pensieri da ragazzina appiccicosa e ossessiva che non vuole separarsi dal suo fidanzato col terrore che sia stato tutto un sogno: semplicemente stare con lui era come vedersi un film comico alla tele, mangiare una bella fetta di torta al cioccolato, e leggersi un romanzo rosa, il tutto contemporaneamente. Adam aveva il potere di divertirmi e di farmi sciogliere con niente, proprio come era in grado di farmi imbestialire solo qualche mese prima.

    Non che non avremmo litigato più, certo; avevo come l'impressione che tra noi due ci sarebbe sempre stato quel piccolo vizio di battibeccare per ogni singola cosa, ma in quel momento ai miei occhi sembrava una cosa normalissima. Anzi, sarebbe stato più strano se non avessimo sempre sentito quel brivido mentre discutevamo: era una cosa terribilmente nostra, qualcosa che ci caratterizzava. E poi, era nel nostro DNA aver sempre qualcosa da ridire per il gusto di contraddirci a vicenda, o farci battutine pungenti.Non saremmo stati Natalie Smith e Adam Brown.

    -Allora- incalzai, svoltando nel nostro quartiere e stringendo un po' di più il mio Panda pupazzo, -Da uno a dieci com'è stata la serata?-

    -Per me è stata splendida, ma hai intenzione di concluderla così?- fu la risposta di Adam, che abbassò appena il capo per incrociare i miei occhi. Sorrisi appena, sentendo un familare calore scaldarmi le guance. Era da un po' che non arrossivo per l'eccesso di felicità -non con Adam, perlomeno.

    -Veramente no..- risposi sincera, accennando un sorrisetto e scrollando le spalle. -Sto bene con te.-

    -Kim non ha avuto una brutta idea a organizzare questa cena a quattro. Ma la mia di andare al Luna Park devi ammettere che era geniale.-

    Rimasi un po' perplessa dalla sua risposta, non c'entrava propriamente con il discorso precedente. Ma Adam aveva una mente piuttosto contorta, l'avevo imparato a mie spese, e la maggior parte delle volte o bisognava leggere tra le righe, o farlo direttamente proseguire con le spiegazioni.

    -Ammetto è stata una serata alternativa.- concessi, facendogli la linguaccia, -Ma con questo..?-

    -Con questo- proseguì lui, -vorrei che tu valutassi anche la mia nuova idea..-

    -Che sarebbe?- incalzai, curiosa. A meno che non fosse stato illegale, avrei probabilmente accettato qualunque cosa mi avrebbe proposto. -Ti va di dormire ancora nella casetta?- domandò fintamente tranquillo, guardando verso casa sua, come se avesse paura a guardarmi in faccia e leggerci una brutta espressione. Peccato che sulla mia faccia non ce ne fossero, di brutte espressioni: l'unica cosa che ci avrebbe trovato, probabilmente, era un sorriso sognante da ebete. Non avrei potuto domandare di meglio, sinceramente.

    -Sì, mi va.-

    Adam si voltò verso di me immediatamente, gli occhi verdi che mi fissavano sbalorditi. -Che c'è?- scherzai, -Pensavi che ti avrei preso a pugni dandoti del pazzo ?-

    Lui ridacchiò, passandosi una mano tra i capelli spettinati, -Sì, una cosa del genere.-

    -Quindi?- domandai. -Dormiamo lì?-

    -Se te l'ho chiesto!- fu il commento di Adam, con tanto di espressione ironica da schiaffi. Tuttavia, ahimé, non riuscii a non alzare gli occhi al cielo senza essere almeno un po' divertita. -Però forse è il caso di far credere ai nostri genitori che abbiamo dormito nei nostri letti.- riflettè, arricciando le labbra in una smorfietta assolutamente adorabile.

    No, seriamente. Presto o tardi sarei morta di diabete per i commenti zuccherosi che partoriva la mia mente, era completamente degenerata.

    -Molto saggio.- commentai, pensierosa. Se mio padre non mi avesse trovato nel mio letto, probabilmente avrebbe chiamato la CIA, pur di riportarmi a casa. Se poi mi avesse scoperta con Adam -perché oltre la CIA avrebbe chiamato Emma, e lei sapeva sempre tutto, anche quante volte andavamo in bagno io e Adam- non avrei più avuto un ragazzo.

    -Okay. Ora andiamo a casa, diamo la buonanotte a tutti e tu ti metti il pigiama con le mucche.- ragionò velocemente Adam, passandosi per l'ennesima volta la mano tra i capelli. Era normale adorare così tanto un dannato gesto? C'era da dire, però, che lo faceva con veramente tanta classe: i modelli delle pubblicità dei prodotti per pettinature maschili non riuscivano ad essere tanto incisivi dal portarmi ad adorare dei fottuti capelli come faceva Adam.

    -Intanto io preparo il sacco a pelo e un termos con qualcosa di caldo, non si sa mai. Quando è tutto pronto ti invio un sms, va bene?-

    Presa com'ero tra i miei pensieri -nei quali, ovviamente, lui e la sua chioma spettinata erano i protagonisti assoluti- impiegai qualche secondo a riconnettermi con la realtà e a seguire il filo del discorso del mio ragazzo. Mio ragazzo: ma quanto suonava bene? No, okay. Questo era penoso.

    Scossi la testa leggermente, come per riprendere coscienza di me stessa -me stessa?, non ero più nemmeno sicura di come mi chiamavo, da quando Adam aveva stravolto il mio mondo.

    -Okay. Va bene.- annuii, avviandomi verso il mio cancelletto.

    -Ehi, ma dove vai?- Adam mi afferrò e mi trascinò indietro da lui, abbracciandomi. -Non mi dai nemmeno un bacio per salutarmi?-

    Mi accigliai, leggermente inebetita -tutto regolare, insomma, dato che avevo a dieci centimetri dalla faccia quella di Adam. -Ma ci vediamo tra poco.-

    -Smith, ormai anche solo un minuto senza di te mi fa morire.- fece, con un tono quasi saccente.

    -E pensare che prima morivi se stavi più di un momento con me!-

    -La cosa era reciproca. Eppure, sai cosa? Ora stiamo assieme, e stasera dormiremo ancora nello stesso sacco a pelo.- detto ciò, Adam mi lasciò un bacio sulle labbra. -A dopo. Tieni sott'occhio il telefono!-

    Non appena entrai in casa, mi assicurai di salutare mio padre -seduto sul divano del salotto, le occhiaie per la stanchezza: stava crollando dal sonno, ma iperprotettivo com'era non sarebbe riuscito a dormire senza avermi vista rientrare.

    Non appena mi vide sana, salva, e con un sorriso tranquillo i muscoli del suo viso si rilassarono, tanto che pensai che da un momento all'altro avrebbe chiuso gli occhi cadendo beato tra le braccia di Morfeo -mamma, come sono poetica stasera.

    Gli scoccai un bacio sulla guancia, mormorandogli di andare a letto: Richard non se lo fece ripetere due volte, e dopo avermi dato la buonanotte ciondolò di sopra -con me dietro di lui per paura che si addormentasse in piedi sulle scale- per poi trascinarsi in camera da letto.

    Io mi spostai in camera di Rose silenziosamente: mia sorella sembrava beatamente persa nel mondo dei sogni, così non avrei avuto problemi a sgattaiolare via da lì.

    Presi il pigiama ripiegato sul letto e mi spostai in punta di piedi in bagno per darmi una sciaquata. Avevo appena infilato la mia mise da notte -mi chiedevo quanto sexy Adam mi avrebbe trovata, con quel coso addosso - da uno a dieci, forse zero- , quando il cellulare vibrò, segno che era pronto.

    Dovetti tornare in camera mia per infilarmi le ciabatte, ma quando stavo per uscire di nuovo, Rose si mosse. -Dove stai andando?- bofonchiò con voce impastata, passandosi una mano sull'occhio.

    -Vado a dormire con Adam.- le risposti, tanto non sarebbe stata lei a trattenermi. E, in ogni caso, se ne sarebbe accorta la mattina dopo.

    -Ah, okay. Usate il preservativo- commentò, per poi tornare a dormire.

    Ero basita, e impiegai qualche secondo a smuovermi dal mio shock temporaneo. Mia sorella non era in sé -grazie al cielo-, quindi era meglio soprassedere. Sicuramente, non appena l'avrei raggiunto, avrei raccontato questa cosa a Adam. Si sarebbe sicuramente squartato dalle risate - o forse no.

    Il cellulare vibrò ancora, così decisi di darmi una mossa. Quando uscii di casa, trovai Adam ad aspettarmi.

    -Finalmente!- commentò. Il suo sorriso sincero tradiva largamente il suo tono esasperato, ma gli feci comunque una boccaccia.

    -Sei tu che sei esageratamente veloce!-

    Adam ammiccò. -Avevo voglia di vederti.-

    -Anche se sono passati solo dieci minuti?-

    Quello scemo si portò una mano alla bocca, assumendo un'espressione sbalordita: -E' passato così tanto?

    Ridacchiai, scuotendo la testa: Adam era assurdo, veramente. Ma lo adoravo anche per questo. -Forza, idiota.-

    Adam ghignò, per poi precedermi mentre ci avviavamo nel giardino di casa sua. Stavolta, grazie al cielo, ebbe il buon gusto di farmi salire dalle scalette. Probabilmente la ruota panoramica lo aveva provato abbastanza, quella sera.

    Fu involontario, poi, pensare al bacio che ci eravamo scambiati su quella giostra; il mio cuore perse un battito, e il mio stomaco si contorse con una fitta.

    Evidentemente, anche Adam ci aveva appena pensato, perché non appena misi piede nella casetta mi attirò a sé per baciarmi. Senza fretta, con la consapevolezza di avere tutto il tempo del mondo solo per noi, quella sera.

    -Ho portato la cioccolta calda..- mormorò sulle mie labbra, staccandosi appena.

    Sorrisi: -Ottima scelta.-

    -Saremo così drogati di cioccolato che non riusciremo a dormire.-

    -Tanto lo sapevamo già che non avremmo dormito tanto.- ribattei, scrollando le spalle e allontanandomi da lui per sedermi sul sacco a pelo blu in cui avevamo dormito anche qualche settimana prima.

    Adam mi seguì poco dopo, accoccolandosi contro la mia schiena e abbracciandomi da dietro.

    -Lo so che non è passato molto dall'ultima volta che te l'ho detto, ma mi hai stravolto la vita, Nat.-

    Feci staccare il suo petto dalla mia schiena allontanandomi di un po', giusto per riuscire a guardarlo in faccia.

    -Non hai idea di come tu lo abbia fatto con la mia.- mormorai in risposta, per poi girarmi del tutto e abbracciarlo con forza. Adam sorrise sui miei capelli, lasciandosi andare all'indietro e facendo sì che mi accoccolassi più comodamente sul suo petto.

    -Ti amo, Adam..- sussurrai appena. Era la prima volta che glielo dicevo chiaro e tondo, e il mio cuore sembrava volermi uscire dal petto, nonostante temessi che non mi avesse sentita.

    Ma evidentemente avevo sottovalutato il suo udito da musicista.

    Perché Adam mi aveva sentita, e ci mise solo un secondo a coinvolgermi in un bacio mozzafiato, ancor più profondo e intenso di quello di quella sera, quello sulla ruota panoramica; le sensazioni erano le stesse, solo..moltiplicate all'ennesima potenza.

    Allo stesso modo, non ci impiegai molto per capire che mi sarebbe piaciuto andare oltre, quando il bacio si fece meno lento e più frenetico e passionale. Le mani di Adam avevano trovato posto sui miei fianchi scoperti, le mie alla base della sua schiena, mentre la sua bocca scendeva leggermente sul mio collo, facendomi sospirare e mugolare.

    Non era la mia prima volta in assoluto, ma sarebbe stata la prima volta con Adam, la prima con un ragazzo di cui ero veramente innamorata. E questo bastò per lasciarmi andare, nonostante il cuore quasi sembrava volesse sgusciarmi fuori dal petto, tanta era l'agitazione.

    Fare l'amore con Rick mi era piaciuto: lui era il mio primo ragazzo, ero stata bene e lui dolce e attento.

    Farlo con Adam, però, fu indescrivibile, sconvolgente, appagante. Ma soprattutto, mi sembrò di dividere veramente una parte d'anima con lui. E forse a rendere tutto più intenso erano stati i miei sentimenti per lui; perché con Rick ero sì presa, ma Adam lo amavo. Ed era stata tutta un'altra cosa.

    -Tutto okay?- mormorò dopo un po', rompendo il silenzio familiare che era caduto. Ero arrivata a pensare che che si fosse addormentato.

    -Mai stata meglio.- risposi semplicemente. Ero così..felice, che il sorriso non mi si sarebbe cancellato dalla faccia per i prossimi vent'anni, probabilmente.

    Poi il silenzio ricadde, e io chiusi gli occhi, ascoltando il ritmo cadenzato dei battiti del suo cuore, tenendo il capo appoggiato sul suo petto, proprio all'altezza del suo cuore. Era un qualcosa capace di rilassarmi terribilmente.

    -Sento il tuo cuore battere- mormorai, piano. Prima batteva più forte, ora stava cominciando a rallentare la sua corsa, come se si fosse abituato: o soffriva di tachicardia, oppure era la mia presenza a fargli quell’effetto. Sinceramente, non volevo saperlo: preferivo illudermi di fargli venire il batticuore solo abbracciandolo.

    Sentii la mano di Adam sfiorarmi i capelli, e d’istinto sospirai. Come il silenzio che era caduto, ormai mi era famigliare anche quel gesto. Mi piaceva quando giocava distrattamente con una ciocca dei miei capelli, quando li arricciava tra le dita o mi ci sfiorava il viso. Sapeva farmi rilassare, esattamente come il ritmo cadenzato del suo respiro.
    -Comincio a pensare che continui a battere solo per te- rispose, con calma. Al contrario, il mio povero cuore non reagì con altrettanta tranquillità, perdendo qualche battito. Poi mi accorsi che anche il suo era inciampato in qualche singhiozzo, mentre parlava

    Il sospiro di Adam mi sfiorò la fronte. -Cavolo, Nat, ma cosa mi hai fatto?- Non fiatai, era evidente che fosse una domanda retorica; infatti poco dopo proseguì. -Mi hai rincoglionito completamente.Hai perfino tirato fuori il meglio di me. Continuo a chiedermi come tu possa esserti veramente innamorata di me.-

    -Beh, non so nemmeno come, ma è così. E' stato ed è più forte di me, Adam. E potrei farti la stessa domanda, ma non te la farò. Mi basta sapere che davvero mi ami per essere felice.-
    Sentii le sue labbra posarmi un soffice bacio sui capelli, con cui prese di nuovo a giocchicchiare distrattamente.
    -Quindi non sei pentita..-
    Quella che doveva essere un'affermazione sussurrata di Adam, ma che invece sembrava più una domanda, mi lasciò per un attimo spiazzata. -No che non sono pentita, Adam. Tu..tu sì?-
    -No! No, certo che no, non pensarlo nemmeno!- rispose immediatamente, quasi fosse terrorizzato dal fatto che potessi davvero credere una cosa simile. Sentii l'enorme macigno appena comparso sul mio cuore dissolversi come si era posato in un secondo.
    -E' che..sei stata la prima, per me-
    -Oh.-
    -Già- No, no! Un momento, io non volevo uscirmene con uno stupido 'oh'! -Delusa?
    In quel momento non riuscivo a capire proprio il suo tono di voce, così mi sollevai appena per riuscire a guardarlo negli occhi. Scossi la testa, lentamente, osservandolo: aveva un'espressione indecifrabile.
    -Non delusa, solo..sopresa. -
    -Te l'avevo detto che ho avuto poche storie e che non sono un puttaniere- disse, scrollando le spalle.
    -La cosa mi lusinga- scherzai, allungandomi fino ad essere faccia a faccia con lui -E così, ho macchiato l'animo candido di Adam James Brown.- soffiai sulle sue labbra, con un sorriso.
    Anche Adam sembrò rilassarsi di più, ora. Speravo non avesse seriamente paura che lo sfottessi per questa cosa; stavo scherzando, ma lo facevo per farlo rilassare, non per metterlo a disagio.
    -Candido non troppo, però.- ripresi, continuando con lo stemperamento della tensione, -Magari color panna. E' un reato meno grave-
    Lui ridacchiò appena, per poi scoccarmi un bacio sulle labbra. -Tu sei pazza.-
    -Già. Penso di aver perso l'ultimo briciolo di ragione stanotte. Con lo zucchero filato, ovviamente.- commentai, facendogli una boccaccia.
    Adam scosse la testa, fintamente scandalizzato. -Hai portato via la mia innocenza, e continui a preferire i dolci a me. Potrei scegliere la crèpe alla Nutella invece che te.-
    -Fai pure, vorrà dire che mi metterò insieme al mio zucchero filato.-
    -Sì, ma con la velocità con cui lo divori rimarresti vedova molto presto!- ribatté Adam, facendomi ridere.
    Tranquillizzata dal sorriso sereno sul suo viso, mi accoccolai di nuovo sul suo petto, all'altezza del cuore, dove lasciai un bacio.

    **

    -Romeo, forse è meglio che torniamo a casa..- mormorai, accarezzandogli dolcemente i capelli.
    Quando mi ero svegliata, quella mattina, avevo scoperto che durante la notte i nostri ruoli si erano invertiti. Se prima io avevo usato Adam come cuscino, ora era lui che teneva la testa appoggiata dolcemente a me. E mentre lo svegliavo, era impossibile non liquefarmi come una gelatina: sarà stata l'atmosfera di quella notte che ancora permeava ogni angolo della casetta, sarà stato lui che era semplicemente magnifico, ma mi sembrava di fluttuare.
    -Adam..se non ci trovano sono guai..- riprovai, sfiorandogli la spalla per smuoverlo un po'.
    -Mmmh..non ho voglia di alzarmi e andare a casa..voglio stare qui con te.- borbottò, e, come per sottolineare il concetto, si abbarricò ancora di più a me.
    Sbuffai una risata: avrei voluto fare l'esasperata, ma la verità era che anch'io sarei stata volentieri tutto il giorno lì con lui.
    Mamma mia, avere un ragazzo mi rendeva la persona più melensa dell'universo. O per meglio dire: avere Adam come ragazzo mi rendeva la persona più melensa dell'universo.
    Il suddetto mi lasciò un bacio leggero sul collo, e ci sfregò dolcemente il naso, provocandomi uno scompenso cardiaco. -Ti trasferisci a casa mia? Così dormiamo tutte le notti insieme e ti uso come materasso.-
    -Sarebbe un'idea carina.- scherzai, -Ma se non torniamo a casa potrebbero venirci a cercare.-
    -Ma non sanno dove siamo.-
    -Adam, stai scordando chi è tua madre.- gli dissi, e lui ridacchiò, annuendo.
    -Forse hai ragione.- concesse, alzando il viso e baciandomi le labbra lievemente. Evviva i baci mattutini al fiato pesante che con Adam risultavano la cosa più bella del mondo, alè! -Buongiorno.- mormorò con voce carezzevole. Se fossi stata in piedi, le gambe mi sarebbero cedute, poco ma sicuro. Una voce come la sua, roca dal sonno, era da infarto.
    -'Giorno anche a te. Comunque, io ho sempre ragione.- e gli diedi un leggero colpetto alla spalla e per farlo spostare. Adam alzò gli occhi al cielo e rotolò al mio fianco, mettendosi seduto. -Okay. Spero solo che qualche vestito non sia volato giù dalla finestra.- scherzò, allungandosi per prendere la sua t-shirt.
    Io ridacchiai, tirandomi su a mia volta e perdendomi ad osservare la sua schiena. Avevo scoperto di avere un vero e proprio pallino per le sue spalle e le sue braccia: erano la cosa più sexy che io avessi mai avuto il piacere di vedere.
    Adam si voltò, cogliendomi sul fatto, e mi rivolse un sorriso malizioso. -Che c'è, ti sei incantata?-
    -Certo che no. Riflettevo.- ribattei con nonchalance, infilandomi velocemente la giacca del pigiama.
    -Continua pure a riflette sulla mia magnificenza.- mi prese in giro, facendomi sbuffare divertita.
    Adam Brown era la persona più bella -sia esteriormente che interiormente- che avessi mai visto, davvero. Ero felice di aver abbassato l'ascia di guerra, quel giorno in cui lui aveva la febbre, ed ero anche gelosamente orgogliosa e lusingata di poterlo ritenere mio. E poi, io ero stata la sua prima volta; sotto sotto, ero davvero sollevata di essere stata l'unica con cui aveva fatto l'amore. E per un momento avrei voluto essere anch'io vergine, e dargli tutta me stessa; ma era stato un pensiero veloce, perché avevo capito che era stata comunque la notte più bella della mia vita, e che probabilmente l'avrei ricordata per sempre.

    -Allora, Suor Panterona, sei pronta?-
    Il commento di Adam mi riscosse dai miei pensieri, così finii di vestirmi e lo aiutai ad arrotolare il sacco a pelo.
    -Questo lo prendo dopo, non vorrei che mamma facesse domande.- Piuttosto logico, Adam aveva ragione.
    Mi stavo avviando alla scaletta per scendere, già nella prospettiva di essere silenziosa, scattante e di non rompermi l'osso del collo, ma ovviamente, come se non potesse farne a meno, Adam mi riacciuffò da dietro e mi strinse a sé. -Oggi ci vediamo?-
    Ma era un vizio, quello di mormorarmi nell'orecchio? Non sapeva che rischiava uno stupro istantaneo, oppure, peggio, un mio collasso psico-fisico?
    Cavolo, avevo il cuore che scalpitava.
    Mi schiarii la gola, sentendo le sue labbra posarsi dolcemente sul mio collo. -Allora?
    -Non saprei. Abbiamo scuola domani, dovremmo anche studiare..-
    -Che ne dici se studiamo insieme?- incalzò lui. Credeva davvero che saremmo riusciti a studiare, io e lui nella stessa stanza? L'ultima volta che ci avevamo provato, eravamo finiti ad un millimetro dal baciarci e io gli avevo chiesto che dentifricio usava. Ora che avevamo il via libera dal baciarci, dubitavo ci saremmo fermati per fare quella futile cosa che era studiare.
    E forse fu proprio quella prospettiva allettante a farmi parlare: -Perché no. Ma studiamo per davvero.-
    -E certo. Che altro dovremmo fare?- fece Adam, retorico, con un sorrisetto che non preannunciava nulla di buono. O forse no.
    -Okay. Allora ci sentiamo dopo.- Gli diedi un veloce bacio sulla guancia, facendolo sorridere come un ebete. Poi sciolse la stretta e mi lasciò scendere, seguendomi immediatamente dopo. -Aspetto con ansia la tua chiamata!- scherzò, portandosi una mano al cuore e l'altra alla fronte, con fare drammatico.
    Che diva che era il mio ragazzo, pensai, mentre alzavo gli occhi al cielo e ridevo.
    -Contaci!- ribattei, facendogli un cenno prima di salutarlo.
    Quando entrai in casa, stavo ancora ridacchiando tra me e me.

    **

    AAP [Angolino Autrice Penitente]
    Innanzitutto, salve a tutti. Alla bellezza di mezzanotte e trendadue, sto riuscendo ad aggiornare. Penso ormai si sia capito che sono una ritardataria cronica, sia ad aggiornare, sia nella vita. Chiedo scusa per l'ora, ma sono appena tornata a casa. E chiedo scusa anche per l'assenza dal sito, solo per ribadire quello che ho detto oggi nell'avviso pre-postaggio. Insomma, tra crisi di trama, voglia e tempo, credo di essere tornata in me e sono pronta a ricominciare a scrivere come si deve. E, possibilmente, a postare con un ritmo accettabile.

    Allora. Che dire, capitolo bello lunghetto, eh? Diciamo che mi sono lasciata prendere la mano, quando è ritornara l'ispirazione -e si vede, direi.
    Credo che sia uscito proprio come lo volevo, anche se forse ci sono stati più momenti fluff tra Nat e Adam che altro (ma a voi non dispiace, nevvero?) Di solito nei miei capitoli c'è più spazio per la famiglia dei due e dei loro amici, ma questo era quasi interamente dedicato alle mie creaturine che avevo perso di vista in questa pausa dalle Originali. Un po' per farmi perdonare da voi, un po' perché lo dovevo a loro.
    E allora, direi che ci sono state anche delle sorpresine, no? L'avreste mai detto che Adam era vergine? (io no XD) Che poveretto, si fa anche dei patemi mentali -io lo so, ve lo assicuro u.u Mentre Natalie è praticamente in brodo di giuggiole.
    Non so, voi che ne pensate del fatto che li ho fatti andare a letto insieme? Era troppo presto, secondo voi? Io non saprei, secondo me ci stava. Non stanno insieme da tanto, è vero, ma dal momento che io -come tutte voi- sono convinta del fatto che loro siano fatti per stare insieme da 19 capitoli fa e che anche loro lo volevano intensamente..bhé. Ecco tutto. E poi sono grandi e vaccinati. E si amano tanto. E poi per Addy era la prima volta :3
    Okay. Io..stacco qui. Spero che leggerete questo capitolo, nonostante l'ora -magari domani ^^"- e nonostante la luuunga pausa -per cui vi chiedo ancora scusa.
    Spero non ne siate rimaste deluse.
    Un bacio enorme.

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    Capitolo 20
    *** LEGGETE, PER FAVORE. ***


    Sono piuttosto sicura che metà dei lettori di questa storia sia convinta che l’autrice di questa storia sia morta, mentre l’altra metà probabilmente mi odia perché sono sparita di nuovo e per così tanto tempo. So che più e più volte ho risposto in messaggi privati che sarei tornata con un nuovo capitolo, ma nonostante ciò sono passati ancora mesi e mesi e non è arrivato un tubo.

    Vi giuro, non stavo dicendo bugie quando ho detto che stavo scrivendo. STAVO scrivendo il capitolo, ed ero circa a quota 7 pagine. Ce l’ho ancora, è lì nella mia cartellina ‘Amore Irrazionale’ che aspetta di essere completato. Questo perché, nonostante la mia improvvisa scomparsa, non ho mai avuto intenzione di abbandonare la fan fiction. Non potrei mai farlo, perché la fic è la mia creatura e io non riesco ad abbandonare mai veramente le cose che ho amato. Infatti camera mia è ad uno stadio di accumulo che potrebbe fare concorrenza a quelli di ‘Sepolti in casa’, ma questo c’entra poco, vero?

    Quando ho iniziato questa fan fiction è stato esattamente come iniziare un viaggio. O una corsa sulle montagne russe, considerando gli alti e i bassi che ho avuto con essa. Ma è stata in assoluto una delle esperienze più belle e soddisfacenti della mia vita.

    So che la fan fiction in sé non è nulla di ché, che non è profonda o scritta da dio ( e diciamocelo, quando ho iniziato a scriverla non era di certo scritta bene ) e forse la storia è banale, ma la risposta è stata più di quanto mi sarei immaginata o di quanto avessi mai sperato. Ero una tredicenne sognatrice e un po’ illusa che sognava di diventare scrittrice e iniziava a fare i primi passi nella categoria delle fanfiction Originali; non mi sarei mai, mai aspettata che potesse essere seguita da tante persone. Certo il numero di seguito non era esorbitante, ma era di certo esorbitante e sconvolgente per me.

    Per di più, nello stesso periodo stavo iniziando le scuole superiori e vi confesso che la transizione per me è stata difficilissima e ho passato davvero un brutto anno scolastico dal punto di vista relazionale a causa dei miei compagni di classe. Vi basti sapere che la mattina non volevo alzarmi dal letto all’idea di entrare in classe con le persone che mi facevano sentire tanto a disagio con me stessa.

    Scrivere questa storia mi ha aiutato. Mi ha aiutato davvero. Scrivere mi aiutava a liberare la mente e rilassarmi, mettevo i miei sentimenti non corrisposti in quello che stavo facendo, e l’entusiasmo di voi lettori mi faceva sentire bene con me stessa, perché in qualche modo stavo facendo qualcosa di bello per gli altri e qualcosa di bello per me allo stesso tempo.

    Quindi, sono davvero legata ad Amore Irrazionale perché è la mia creatura, ma anche perché è stata il mio porto sicuro.

    Poi è successo che, per una serie di eventi nella mia vita, ho trovato un porto sicuro in altre cose e l’ispirazione per la storia è andata scemando. Non so perché, non è qualcosa che ho mai voluto. Ho scritto per un anno circa su Glee, ma nell’ultimo anno non sono riuscita più a scrivere niente. Non so perché. So di certo che dall’estate scorsa ho forse concluso due One Shot, ed entrambe le ho scritte per una mia amica.

    Non so perché, ma non sono soddisfatta di ciò che scrivo o come lo scrivo, quindi – anche se ho idee – finisco per abbandonare tutto per frustrazione. E questo è il motivo per cui l’estate scorsa non avete letto il ventesimo capitolo della storia, nonostante lo stessi veramente scrivendo.

    È parecchio irritante questa situazione. Non avete idea. È come quando ti viene da starnutire, tu cominci a fare smorfie oscene, sei già lì in posizione ma poi lo starnuto se ne va. Immaginate che lo starnuto sia l’ispirazione.

    Voi non lo sapete, ma Natalie e Adam mi hanno invaso i sogni per almeno due anni buoni. Non penso possiate immaginare la quantità di scenari che mi sono dipinta in mente, quanti altri capitoli ci sarebbero stati se avessi avuto la costanza e il tempo di scriverli. E magari, magari potrei scriverli. Ma non prometto nulla, perché, come avete potuto notare, quando si tratta di scrivere non posso permettermi di promettere un fico secco, nonostante le mie buone intenzioni.

    Sta di fatto che prima, mentre mi facevo il Silk Epil, ho cominciato a pensare a Natalie e Adam (non chiedetemi nemmeno il perché). E ho realizzato che voglio terminarla questa storia, voglio terminarla per rispetto a voi, ma anche per una sorta di dovere personale. Ve l’ho detto, la storia è la mia creatura e la porto in grembo dal 2010. E poi voglio terminarla anche perché l’ho iniziata l’estate prima di andare alle superiori come vi ho detto e, beh, vorrei terminarla prima della fine del mio quinto anno. Sapete, una sorta di chiusura simbolica di un’era. Di un periodo della mia vita. Quindi, sì, insomma. Vi sto dicendo che, non so esattamente quando, ma ho intenzione di finirla. Poi non so se qualcuno ci sarà a leggerla, spero almeno che leggiate questo avviso.

    In conclusione, volevo solo chiedervi scusa per essere sparita così, di punto in bianco e di non essere tornata quando promesso. E vi ringrazio anche per il sostegno che, comunque, avete continuato a darmi e l’interesse che avete dimostrato per la storia. E per tutto quello che avete fatto per me, specialmente all’inizio di questo ‘viaggio’.

    Spero di tornare presto, nel frattempo....perché no, vi metto un pezzettino di quello che ho scritto l'ultima volta. Non so se il prossimo capitolo inizierà effettivamente così, magari cambierò tutto, ma intanto vi do qualcosa perché ve lo devo.

    Vi mando un bacio immenso,

    Giorgia.

    ×××

    Dedicato a voi <3

    Io l'avevo detto che studiare insieme sarebbe stata una pessima idea. Non che il mio parere fosse necessario, era piuttosto ovvio che io e Adam insieme nella stessa stanza con le porte chiuse con la scusa di non voler essere disturbati non ci saremmo mai dedicati ai libri, nemmeno con l'imminente interrogazione di storia che incombeva su di noi il giorno dopo. Per di più, dopo ciò che era successo quella notte, eravamo ancora più sensibili alla vicinanza dell'altro.

    Infatti la porta della mia stanza non era ancora chiusa alle spalle di Adam, che lui mi ci aveva sbattuta contro - con tutta la delicatezza possibile, ovviamente, o gli avrei tranciato le palle - per aggredirmi le labbra in un bacio bisognoso. Un bacio che stava ormai continuando da un quarto d'ora mentre ce ne stavamo straiati sul letto di Rose, bacio che mi stava letteralmente fondendo i neuroni e che avrei lasciato deliberatamente degenerare, se non avessi avuto una fastidiosa coscienza a ricordarmi di voler passare l'anno e un padre di sotto a guardare la partita di football.

    "Adam.." mormorai tra i suoi baci, cercando di richiamare la sua attenzione.

    Adam scese con le labbra a baciarmi il collo, lasciando prendere una boccata d'aria sia ai miei polmoni che al mio cervello. Era così bello che non avrei mai voluto bloccarlo, ma avevamo davvero bisogno di fermarci per studiare. Tanto non ci correva dietro nessuno ed avevo decisamente intenzione di riprendere il discorso in un altro momento. "Adam, dobbiamo studiare.."

    "Abbiamo tutto il pomeriggio per farlo" fu la sua risposta, prima di sollevare il viso e tornare a baciarmi sulla bocca. Lo assecondai per qualche secondo - perché, ehy, chi rifiuta un bacio da Adam Brown? - prima di provare a premere i palmi delle mie mani sulle sue spalle per farlo staccare.

    "No, Adam, seriamente." Il tono della mia voce fu abbastanza deciso da attirare davvero la sua attenzione e si sollevò sui gomiti per guardarmi in faccia. "Dobbiamo prepararci entrambi. Io ho un brutto voto da recuperare, e tu una buona media da mantenere."

    Adam s'imbronciò tutto d'un botto. "Non puoi pretendere che io studi quando ho te così vicina."

    "Questo era esattamente il motivo per il quale pensavo che fosse un'idea stupida, ma tu volevi vedermi così tanto.." risposi, un sorrisetto che minacciava di spuntarmi nonostante cercassi di essere imbassibile. Adam era decisamente troppo adorabile così per la mia salute psico-fisica. Da quando era diventato così tenero? Giuro, mi sembrava di avere la versione maschile e adolescente di Kate, il che non aiutava decisamente. Non sarebbe stato male se avesse assunto di nuovo l'aria da faccia da culo che aveva quando mi incollava cicche nei capelli e mi tirava tranci di pizza: perlomeno avrei avuto l'impulso di staccarmelo di dosso.

    "Tu non volevi vedermi? Penso che il mio cuore si sia appena spezzato."

    Scoppiai a ridere di cuore, prima di baciare il suo broncio un'ultima volta. "Coraggio, alzati e prendi il libro di storia."

    Adam mi guardò con i suoi grandi occhioni verdi, tentando di impietosirmi con quello sguardo illegale, prima di sbuffare e sollevarsi del tutto. "Ti odio."

    "Anch'io ti odio, mister sono convinto che il mio cuore batta solo per te ormai." Lo presi in giro con un sorrisetto strafottente, mentre Adam mi scoccava un'occhiataccia in risposta.

    "Non prendermi in giro, ero trasportato dal momento. Una piccola défaillance." rimbrottò, puntandomi l'indice contro.

    Io ridacchiai. "Sì, una piccola défaillance che a momenti mi cariava tutti i denti."

    "L'hai detto tu che hai una passione per i dolci." Adam fece spallucce, prima di voltarsi verso il suo zaino che aveva lasciato cadere sul pavimento nella foga del bacio di prima. Lo raccolse e lo posò sulla scrivania di Rose, mentre io mi allungavo verso il pavimento per raccogliere il mio libro di storia precedentemente abbandonato e l'evidenziatore.

    "Ho una passione per i dolci, non per le carie!" specificai comunque, tornando seduta composta con le spalle contro al muro e le gambe incrociate.

    Adam grugnì. "Sai cosa?" disse, "A questo punto, per non farti peggiorare il male ai denti rimarrò zitto per tutto il pomeriggio e mi dedicherò al mio vero amore."

    "La storia?" chiesi, divertita.

    Adam annuì, impettito. "Sì. La nostra è una relazione stabile e duratura. Infinita, direi." Dopodiché, dopo avermi scoccato un'occhiata di sufficienza, mentre io cercavo di non ridergli in faccia, si gettò platealmente sul letto, facendomi rimbalzare e mordere la lingua. Sentii immediatamente il sapore rugginoso del sangue in bocca e deglutii esitante. Mi faceva davvero senso, e soprattutto ora avevo tutta la lingua indolenzita.

    "Mi hai fatto mordere la lingua, idiota!" ringhiai praticamente, tenendo la lingua sollevata e mezza fuori. Adam scoppiò a ridere e io lo guardai seriamente, seriamente male. Era una vita che non lo facevo con così tanto intento, probabilmente dall'ultimo dispetto antipatico prima che diventassimo effettivamente amici. Anche perché da quel momento in poi ero capitombolata in un circolo vizioso di occhi a cuore o occhi troppo appannati dalle lacrime per vedere qualcosa. E, dio, sembrava piuttosto patetico; le occhiatacce mi venivano decisamene meglio.

    Incurante dello sguardo furente che avrebbe potuto incenerirlo, Adam si sporse più vicino alla mia faccia, l'ilarità ancora presente sul suo viso. "Fa vedere?"

    "No." borbottai, cercando di voltarmi dall'altra parte. Adam, tuttavia, pensò bene di afferrarmi il mento e forzarmi il viso verso di sé. Sospirai pesantemente. "Fanguina?" domandai, la lingua ancora fuori come un'idiota. Adam si morse le labbra per non scoppiare a ridere. "No, non mi pare sanguini." mi rassicurò, "Dopo puoi ancora baciarmi, tranquilla."

    Lo guardai piuttosto scettica, non appena si allontanò quanto bastava per notare il mio sopracciglio alzato e il mio sguardo. "E chi ti ha detto che voglio?"

    "Io. Insomma, chi non vuole baciare Adam Brown?" disse, sorridendomi furbescamente.

    "Al momento, io." ribattei, aprendo finalmente il libro di storia sulle mie ginocchia.

    "Infatti io ho detto dopo."

    "Adam, studia la tua amata storia e taci, per favore." tagliai corto, cominciando a leggere l'introduzione al capitolo.

    Mi persi così a leggere, completamente immersa, fin quando non sentii la mano di Adam posarsi sulla mia per intrecciare le nostre dita sul copriletto. Ricambiai la stretta e sorrisi tra me e me, lasciando che la sensazione di serenità si facesse largo nel mio corpo, mentre proseguivo con lo studio.

    Incredibilmente, riuscii davvero a studiare. Nonostante non fossimo attaccati come sanguisughe l'uno alla bocca dell'altra - tra l'altro, la mia lingua ancora doleva - o non stessimo riempiendo il silenzio con chiacchiere futili, di imbarazzo non ce n'era. Era tutto terribilmente giusto; anche solo condividere il silenzio con Adam, stringendogli la mano e concentrandomi sui compiti, era piacevole. E il tempo decisamente volò, tanto che ci ritrovammo ad alzare la testa dal volume ormai nel tardo pomeriggio, quando mia madre spalancò la porta chiedendo ad Adam se avesse una preferenza particolare per la cena.

    Allontanammo alla velocità le nostre mani e non fu per niente piacevole. Avevo giusto appena scoperto quanto amassi veramente stringere la mano di Adam, anche solo nell'initimità di una stanza con la porta chiusa. Ma ovviamente mia madre era incredibilmente puntuale, quando si trattava di rovinare i momenti perfetti, era risaputo.

    "Io in realtà pensavo di andare a casa." rispose Adam, confuso e con le guance leggermente arrossate.

    "Sciocchezze, ho appena invitato anche i tuoi a cena. E' da parecchio che non facciamo le nostre cene tutti insieme!" rispose Emily, con una scrollata di spalle.

    "Oh" fece Adam, "Beh, allora mi affido alla tua cucina, Emily."

    Mia madre ridacchiò come una tredicenne in calore - certe volte mi chiedevo chi tra me e lei fosse più innamorata di Adam - prima di assicurargli che lo avrebbe stupito e richiudersi la porta della camera alle spalle. Il silenzio ricadde tra noi, ma come prima non fu imbarazzante, quando più avvolgente e caldo. Avevo la stessa sensazione che mi aveva avvolta quella mattina quando mi ero svegliata con i raggi del sole che filtravano nella casetta e facevano giochi d'ombre sulla schiena nuda di Adam; quel sentore di pace, di appartenenza e amore che stagnava in ogni angolo del nostro piccolo rifugio.

    "Mia madre ha un'imbarazzante cotta per te e non so se esserne gelosa." Fui io la prima a spezzarlo, alla fine; e il silenzio venne immediatamente riempito dalla risata di Adam.

    "Io credo che tu non debba esserlo." rispose, sporgendosi per lasciarmi un leggero bacio sulle labbra. Ricambiai dolcemente il sorriso che mi rivolse, prima di accoccolarmi sul suo petto.

    Prima che potessi fermarlo, sbadigliai. Mi sentii improvvisamente stanca, dopo le poche ore dormite quella notte e lo studio intensivo del pomeriggio, e il corpo di Adam era troppo confortevole per non tentarmi ad usarlo come perfetto cuscino per un pisolino.

    Probabilmente fu un pensiero piuttosto prevedibile, perché Adam prese a massaggiarmi dolcemente la cute - un vero invito ad addormentarmi tra le sue braccia - e a mormorare un motivetto che non conoscevo. "Mpf..che fai?" mugugnai, lasciando le palpebre chiudersi. Davvero, sarebbe stato un peccato capitale non cedervi.

    "Canto per te per farti addormentare."

    "Ma non voglio sprecare il tempo da sola che ho con te." bofonchiai, ed era così. Sebbene fosse davvero appetibile l'idea di farmi un pisolino abbracciata ad Adam, sapevo anche che quei pochi minuti insieme erano oro. Non avremmo avuto molti momenti da soli, con le famiglie rumorose e numerose che avevamo che riuscivano ad essere ovunque in ogni momento: l'episodio di prima con mia madre ne era solo un esempio. Per di più, avevamo deciso di volare basso almeno per i primi tempi, quindi avremmo dovuto evitare qualsiasi contatto equivoco in presenza dei nostri familiari, nonostante le mie sorelle probabilmente avessero visto lungo e sapessero già tutto.

    "Shh, non preoccuparti." mi zittì lui, continuando a massaggiarmi i capelli. S'interruppe solo per un secondo, quando mi fece sollevare dal suo petto per andare ad appoggiare il busto alla testiera del letto; dopodiché, aprì le gambe e mi fece cenno di avvicinarmi. Un po' intontita gattonai fino a lui; Adam avvolse immediatamente le sue braccia intorno ai suoi fianchi, mentre mi accoccolavo comodamente al suo petto caldo. "Facciamoci un pisolino, uno piccolo. Se no di questo passo ci addormentiamo a cena. Metto la sveglia tra un'oretta, okay?"

    Annuii solamente contro la sua t-shirt, le palpebre nuovamente pesanti. Sentii Adam trafficare col suo cellulare, poi la sua mano tornò tra i miei capelli. Riprese a canticchiare a bassa voce, cullandomi fino ad appisolarmi.

    Quando mi svegliai, non fu con l'allarme del telefono di Adam, bensì con uno strillo. Non appena lo sentii spalancai gli occhi e scattai seduta, voltandomi immediatamente verso la porta. A malapena recepii che Adam era sussultato a sua volta, sotto di me, e ora stavamo fissando stralunati e confusi Bryan che ci fissava a sua volta con l'aria di una moglie che ha beccato il marito con un uomo a letto. Non sapevo sinceramente se essere più scandalizzata per l'urlo terribilmente femminile che aveva cacciato il mio migliore amico o se esserlo per il fatto che ancora una volta ci avevano interrotti. Certo, in questo caso si trattava di un pisolino, ma cavolo. Un po' di privacy era cosa buona e giusta.

    "Si può sapere perché hai urlato?!" sbottò Adam. "C'è qualcuno che vuole dormire qui!"

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