21: The dark side of birthday di Youko (/viewuser.php?uid=86149)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prima parte ***
Capitolo 2: *** seconda parte ***
Capitolo 3: *** parte terza ***
Capitolo 4: *** parte quarta ***
Capitolo 1 *** prima parte ***
parte uno tdob
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
T. Inoue; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di
lucro
Approfitto per ringraziare e rispondere alle persone che hanno commentato la precedente shot
Yuyu:Grazie sono contenta che
pur trovandola molto romantica il carattere di Kaede non sia stato
traviato^^. Eccoti accontentata ogni mistero viene svelato. Ciao!!
Krikka86: Citarti era il minimo dato che l’idea succulenta è stata tua quindi grazie ancora .
Kae è un tenerone però evita di mostrarlo Xd. Il dubbio
è rimasto lo so ma ora verrà chiarito ^^. Alla prossima .
Camus: Ciao cara, sono felice
che ti sia piaciuta. Hai perfettamente ragione mi sono lasciata
prendere la mano con la scena sul treno ehhehe, cercherò di non
strafare e grazie per avermelo fatto notare ci tengo molto alla tua
opinione. Se io fossi stata in Yo avrei fatto fuoco e fiamme lui
è proprio un angelo( a volte ihihihi). Grazie alla prossima.
Lua: Ma ciao Xd, è
vero Kae solo per Hana si dà una svegliata e per il basket
ma quella non è una novità, sono contenta che ti sia
piaciuta e che ti abbiano colpito parecchi passaggi. Un bacio alla
prossima.
Moirainesedai: Le idee di Hana
sono troppo geniali eheheh, è vero la nostra volpe è
stata un po’ cattivella con Yo ma c’è un
perché e lo scoprirai presto ^^
Non ti è piaciuto il costume da panda di Yohei? Ma come io
l’ho trovato tenerissimo, me lo immagino mentre distribuisce
volantini e cammina ballonzolando per il parco e poi lancia delle bombe
a mano, tira fuori una semiautomatica e… No aspé, niente
armi fa troppo sergente Sagara Xd
L’accenno alla SenMito ha fatto rabbrividire parecchi? Davvero? Ops ehheheh.
Per le altre risposte ti lascio alla lettura, baci^^
Dato che questa shot si svolge tra il compleanno di Kaede e quello di
Hana, per far comprendere lo scorrere del tempo ho utilizzato le date.
Purtroppo io posseggo delle scan del manga in cui non sono presenti
nessuna scheda ai personaggi, dopo una piccola ricerca ho trovato
questo sito, di cui vi lascio il link
(http://slamdunk.it/team-shohoku), dove schede accurate ce ne
sodo solo alcune.
Ovviamente di Yohei non si sa nulla vabbè… sperando nella ristampa mi sono basata su queste informazioni.
Il comple di Ru cade il1 Gennaio, quello del tensai il1 Aprile e in
mezzo ci sta quello di Sendoh che guarda te cade il 14 Febbraio.
Durante la lettura troverete “delle frasi con le virgolette dei dialoghi in corsivo” sono riprese dalle prime due storie.
In altri punti vi imbatterete ‘nell’apostrofo e alcune frasi in corsivo’ sono i pensieri di uno o altro personaggio.
Mi piaceva l’idea di vedere una stessa situazione
analizzandola da entrambi i punti di vista dei due protagonisti,
perciò in alcuni punti il soggetto cambierà spesso. Ho
cercato di rendere il più semplice possibile il tutto, spero di
non aver combinato casini.
La divido in due parti per facilitarne la lettura.
Buona lettura^^
21: l’altra storia
30 Dicembre
Akira alzò dietro la testa il braccio destro mentre con la mano
sinistra poggiata sul gomito tendeva l’arto qualche secondo, la
giornata era splendida benché il sole s’intravedesse a
sprazzi coperto ogni tanto da nuvole passeggere.
Le prime due ore di lezione erano state di diritto amministrativo e
aveva faticato a tenere gli occhi aperti, non perché la materia
fosse più di tanto ostica, era la voce atona e petulante del
professore il problema.
Tirò un profondo respiro valutando che forse avrebbe fatto
meglio a prendersi un caffè alla macchinetta prima della lezione
successiva.
“Ehi porcospino!” quella voce e quel nomignolo
catturarono l’attenzione di Akira che si voltò indietro.
A pochi metri di distanza in mezzo al corridoio Sakuragi lo fissava con
un ghigno poco rassicurante, Sendoh alzò la mano e la mosse
allegramente in segno di saluto.
Adorava Hanamichi, trovava la sua allegria e la sua vitalità
contagiose, per non parlare di quanto si divertisse ad assistere ai
battibecchi che il ragazzo dai capelli rossi aveva con Rukawa o Ryota.
Lo aspettò, vedendo che si era mosso per raggiungerlo, domandosi
cosa volesse, dato che sapeva che frequentava un altro indirizzo e che
quindi era capitato nel suo edificio per una ragione specifica e non
per caso.
“Ho bisogno di te” esordì Hana quando si trovò a pochi passi da lui.
“Che bello sentirtelo dire” ribatté aumentando il
sorriso, come previsto Hana lo fissò un secondo confuso prima di
sbattere gli occhi un paio di volte.
“Ma di che cavolo parli?- Akira ridacchiò apertamente, si
divertiva un mondo ad osservare le reazioni di Sakuragi, era talmente
genuino da far tenerezza. – Ah lasciamo stare, apri le orecchie e
ascoltami bene porcospino – riprese la sua aria minacciosa
Hanamichi – Tu farai quello che ti dico senza discutere”
Fu la volta di Akira di fissarlo confuso “Devo preoccuparmi?”
“Mh no, in caso solo se non accetti” lo rassicurò e
minacciò al tempo stesso Sakuragi prendendogli a spiegare cosa
volesse da lui.
“Ho capito, quindi non devo far altro che intrattenere Rukawa un paio d’ore” riassunse il tutto Akira.
“Esatto e dargli un biglietto che poi ti faccio avere e venire
alla festa logico-fece a sua volta – Allora ci stai?”
“Ad una condizione-aumentò il sorriso Sendoh facendo
alzare un sopracciglio al compagno di squadra- devi presentarmi una
persona” annunciò festante.
“Tutto qui? – se ne uscì dopo un secondo Hanamichi
– Ti presento l’intera università, basta che mi fai
questo favore” esclamò togliendosi un peso dallo stomaco.
“Naturalmente sarò ben felice di aiutarti, in più
mi divertirò a giocare con Rukawa perciò nessun
problema”
“Sì non divertitevi troppo senza il tensai però
– si imbronciò un poco- Piuttosto chi dovrei
presentarti?” domandò curioso, Akira gli fece cenno di
avvicinarsi e si appartò in un angolo del corridoio
allontanandosi dagli altri studenti presenti.
“Prima vorrei chiederti una cosa” fece a bassa voce tanto che Hana dovette sporgersi per udirlo.
“Spara”
“Tu e Rukawa… è vero che state insieme?”
chiese diretto e non gli sfuggì lo sguardo di Sakuragi che si
assottigliò pericolosamente diventando minaccioso e scuro.
“E se anche fosse?” rispose questo con un'altra domanda.
“Sarebbe una cosa molto bella, il fatto che vi vogliate bene intendo”
“E allora fatti gli affari tuoi” disse scontroso arrossendo però un poco.
“Non volevo essere indiscreto” ci tenne a precisare Akira,
aveva sentito un giorno in palestra uno stralcio di conversazione tra
Ayako e Ryota che parlavano tra loro riferendosi ai due ex compagni di
scuola come ad una coppia, però una volta che l’avevano
scorto i due si erano affrettati a cambiare argomento perciò non
poteva essere sicuro di aver capito bene.
“Comunque – riprese il discorso Sendoh abbassando di nuovo
la voce – C’è una persona che ci terrei a conoscere
e visto che l’ho intravista spesso in tua compagnia, mi sembra
più carino se me la presentassi tu invece che farlo direttamente
io” spiegò con un sorriso un po’ imbarazzato.
“Vuoi usarmi per rompere il ghiaccio – esclamò Hana
incrociando le braccia al petto e ghignando – Non ti facevo
così timido porcospino e dire che hai un fan club che fa
concorrenza a quello di Kae” ridacchiò divertito. Akira
sospirò pesantemente, era sempre la stessa storia.
Per il semplice fatto che avesse uno stuolo di ammiratrici con cui era
gentile, si limitava a sorridere alle ragazze ringraziandole del loro
tifo niente di più, la gente credeva automaticamente che fosse
un ruba cuori incallito.
“Tranquillo – continuò a dire Sakuragi con
l’aria dell’uomo navigato – il tensai ti
aiuterà a conoscere questa tipa, dunque oltre ad Ayako in genere
chiacchiero con un paio di compagne di classe, più che altro
una, Midori” rifletté.
“Ecco Hanamichi – interruppe i suoi ragionamenti Akira
– veramente non è una ragazza ma un ragazzo”
chiarì con un sorriso, Hana non rispose per alcuni secondi.
“Cioè tu sei…” esalò piano mentre iniziava a comprendere.
“Eh già”
“Ah…”
“Nessun problema, vero?” tentennò un secondo, forse
dopo tutto Sakuragi e Rukawa non erano affatto una coppia e tanto meno
gay.
“No, no solo che non me lo aspettavo ecco…- fece un
istante dopo Hana riprendendosi dalla notizia inaspettata – e
questo ragazzo chi sarebbe?” indagò ora quanto mai
più che curioso.
“Non conosco il suo nome, l’ho visto spesso in giro per il
campus con te e con altri tre tipi : un ragazzo biondo, uno coi
baffetti e uno piuttosto in carne”
“Yo? Tu stai parlando di Yo?” domandò afferrando Akira per il giacchetto di jeans.
“Suppongo di sì se è il suo nome, Hanamichi mi stai
strozzando” gli fece notare ridacchiando un po’ per
mascherare la confusione, non si era aspettato una simile reazione.
Sakuragi lo lasciò andare quasi subito rimanendo a fissarlo come
se lo stesse soppesando, tanto che Sendoh si sentì un po’
a disagio e per dissimulare la cosa si sistemò la sciarpa.
“Mi spieghi come fa a piacerti una persona di cui non sai neanche
il nome?” gli domandò a brucia pelo, Sakuragi sembrava
molto arrabbiato.
“Per questo vorrei conoscerlo – affermò Akira di
getto, Hanamichi continuava a guardarlo in quel modo astioso senza la
solita ilarità che lo contraddistingueva e la cosa non piacque a
Sendoh che si sentiva come fosse in attesa di giudizio per qualche
tremendo crimine – L’ho notato un giorno che era venuto a
spiare gli allenamenti insieme a quei tre – si ritrovò a
raccontare – Il mister li cacciò fuori quasi subito
perché erano piuttosto chiassosi, è molto carino e ha un
bello sguardo” ammise contraccambiando l’occhiata del
compagno di squadra.
“Verrà al karaoke quindi te lo presenterò alla
festa” esclamò dopo un po’ Sakuragi ficcandosi le
mani in tasca deciso ad allontanarsi, ma la voce di Sendoh lo
bloccò.
“Aspetta – Hana si voltò appena e poi gli
ritornò vicino aspettando di sentire cos’altro aveva da
dirgli – Tu lo conosci bene questo tuo amico?”
Hanamichi si prese qualche secondo prima di rispondere senza togliersi
dalla faccia quell’aria seria e scura da teppista, che usava in
genere per avvertire i balordi attaccabrighe di stargli lontano se non
volevano avere noie.
“E’ il mio migliore amico” svelò catturando l’interesse di Akira.
“Quindi sai se gli piacciono i ragazzi? Voglio dire se è etero mi fa piacere conoscerlo ma evito di provarci”
Akira era un ragazzo riservato, tranquillo, gentile, socievole e per
nulla timido non era per quella ragione che aveva chiesto
l’intercessione di Sakuragi, ma solo per prudenza.
“Spiacente porcospino dovrai cavartela da solo – fece Hana
con un’alzata di spalle – Non ne abbiamo mai parlato quindi
non so che dirti, posso assicurarti che non sta con nessuno, ma se sia
etero, omo o bisex non ne ho proprio idea”
Akira rimase in silenzio ponderando, quanto sentito gli sembrava tutto
un contro senso, se erano grandi amici come aveva affermato non
avrebbero dovuto parlare di tutto? Si chiese esprimendo anche ad
Hanamichi il suo piccolo dubbio.
“Senti porcospino- disse Sakuragi lanciando un’occhiata
lungo il corridoio, un gruppo di studenti era fermo a chiacchierare
poco più giù dei fatti propri senza badare a loro –
Yohei non si sbottona e io di sicuro non mi vado ad impicciare degli
affari suoi” annunciò battagliero.
“Comunque lo trovo strano” insistette ancora Sendoh.
“Prima di entrare alle superiori ero famoso per aver ricevuto
cinquanta rifiuti da altrettante ragazze e al primo anno di liceo persi
la testa per una, Haruko la sorella di Akagi, poi… beh ora
sto con Kaede – soffiò Hana mentre arrossiva un po’
– Però a Mito non gliel’ho detto se non dopo otto
mesi. Ridiamo, scherziamo e facciamo casino insieme e sono sicuro che
se c’è da menare le mani posso contare sull’aiuto di
Yo, questo è tutto quello che posso dirti” disse prima di
voltarsi e avviarsi all’uscita.
Akira lo seguì con lo sguardo finché non lo vide scendere le scale, allora si avviò in aula.
Prese posto al solito banco dopo aver rivolto un saluto ad alcuni
compagni di corso, tirò fuori dalla borsa il quaderno e una
matita, il professore entrò in aula e iniziò a spiegare
tracciando sulla lavagna alcuni schemi e Akira li ricopiò
svogliatamente.
Dopo tutto, prese a pensare, non era stata una grande idea chiedere a
Sakuragi di presentargli quel ragazzo. Ricordava perfettamente la prima
volta che si era accorto di lui ed era stato prima che il coach
buttasse fuori dalla palestra i quattro ragazzi.
Si stava allenando con un altro compagno di squadra in un uno contro
uno, Akira aveva il possesso di palla e l’altro giocatore lo
stoppava serratamente, sentiva la presa sulla sfera, il rimbalzo
ritmato nelle orecchie, i muscoli tesi pronti per lo scatto, era
concentrato nel gioco e poi quella sensazione si era insinuata chiara e
forte.
Qualcuno lo stava fissando come mai gli era capitato prima, uno sguardo
che non lo lasciava, che lo seguiva attentamente, si era voltato in
cerca di quel qualcuno e allora li aveva visti: due occhi neri,
profondi e insondabili piantati su di lui.
Era stato solo un attimo, il tempo di un rimbalzo e poi la palla che gli veniva sottratta.
La sua attenzione si era focalizzata di nuovo sull’altro
giocatore che scattava a canestro e lui lo inseguì senza
riuscire a fermarlo, quando poi si era girato di nuovo quegli occhi
stavano guardando qualcun’altro.
Si era detto che doveva essersi sbagliato che quel ragazzo stava
osservando il suo gioco e non lui, aveva scrollato il capo e aveva
ripreso a correre sul parquet cacciando via quei pensieri assurdi.
Sendoh si era ritrovato oggetto di tante occhiate, soprattutto da
quando la sorella di Hikoichi aveva iniziato a scrivere su di lui:
curiosi, invidiosi, adoranti di ogni genere però la sensazione
che quegli occhi gli avevano trasmesso non voleva lasciarlo, per una
frazione di secondo una sottile scarica elettrica lo aveva
attraversato, un brivido che gli serpeggiava ancora lungo la schiena.
Per quanto si fosse sforzato di non pensarci, di non voltarsi in quella
direzione non era riuscito a toglierselo dalla testa ed aveva provato
quasi una punta di fastidio quando l’allenatore aveva cacciato
via i quattro visitatori.
Durante gli allenamenti successivi si era ritrovato a lanciare occhiate
veloci e frequenti alla porta della palestra nella speranza di vederlo
ancora, di sentire quello sguardo che lo bruciava, ma il ragazzo dagli
occhi scuri non era più tornato. Il tempo era passato e Akira se
lo era tolto quasi del tutto dalla testa, finché non lo aveva
rivisto di nuovo.
Era un giorno come tutti gli altri una normale pausa tra una lezione e
l’altra come tante volte gli era capitato, si stava recando con
alcuni compagni di corso alla caffetteria, il vento si era alzato e il
freddo invernale si era insinuato tra le pieghe degli abiti, ma
ugualmente le vie del campus erano affollate di studenti vocianti.
Akira ascoltava distrattamente le lamentele degli amici sul
risultato dell’ultimo test poi con la coda
dell’occhio aveva intravisto una figura familiare, alle orecchie
gli era giunta la voce squillante di Sakuragi e si era voltato nella
sua direzione, Hanamichi tutto infervorato stava sgridando tre ragazzi
per una battuta poco felice che gli avevano rivolto, Sendoh li aveva
riconosciuti e la sua attenzione fu subito catturata dalla quinta
persona.
Chiudeva il gruppo camminando con calma, le mani infilate nelle tasche
del giubbotto nero segnato dalla tracolla blu della borsa, una sciarpa
di lana grigia arrotolata intorno al collo, sorrideva e ridacchiava di
fronte al battibecco che si stava svolgendo davanti a lui.
Akira si era fermato a seguirlo con lo sguardo non visto perché
si trovava piuttosto lontano, poi una mano gli si era poggiata sulla
spalla richiamando la sua attenzione, i compagni di corso lo
aspettavano sfregandosi le dita intirizzite e muovendo il peso da un
piede all’altro non desiderando altro che una tazza di tè
caldo.
Sendoh ritornò alla realtà del momento quando uno
scroscio di risa scosse l’intera scolaresca, il professore aveva
fatto una battuta delle sue e Akira si accorse che la lavagna si era
ricoperta di tabelle e annotazioni, riportò lo sguardo sul
quaderno deciso a ricopiarle, solo allora si accorse di ciò che
aveva scritto soprapensiero.
Prese la gomma dall’astuccio che sporgeva dallo zaino lasciato
aperto e cancellò quel nome tracciato inconsciamente, le labbra
gli si curvarono all’insù trovando la situazione
estremamente buffa.
Quel giorno si stava comportando irrazionalmente, prima con Sakuragi e
ora ci mancava solo che disegnasse cuoricini intorno al nome di un
ragazzo che neanche conosceva e tutto a causa della sensazione
lasciatagli addosso da un semplice sguardo, non era da lui agire in
maniera simile.
01 Gennaio
Yohei afferrò la sveglia spegnendola con un gesto secco, rimase
steso a pancia in su’ sul futon sbadigliando e allungandosi, dopo
alcuni minuti si decise ad aprire gli occhi maledicendosi per essersi
fatto coinvolgere per l’ennesima volta da Hanamichi nelle sue
pazze idee.
La sera prima era andato fuori con Noma, Okusu e Takamiya, il risultato
come era prevedibile era stato che fosse rincasato poche ore prima
dell’alba, si mise a sedere passandosi una mano sul viso e
fissò con astio le buste lasciategli da Sakuragi il pomeriggio
precedente, l’amico aveva bussato alla sua porta affidandogli il
prezioso carico e ricordandogli di essere puntuale, poi era sparito di
corsa.
Si alzò e dribblando alcune riviste, testi scolastici, un paio
di videogiochi e qualche altra cianfrusaglia disseminata sul pavimento
iniziò a prepararsi.
La festa al karaoke era l’unica nota positiva nel piano geniale
del tensai e Yohei non vedeva l’ora che fosse già
pomeriggio per potersi lanciare nei festeggiamenti.
Come era logico e Mito lo aveva previsto, Hanamichi non solo lo aveva
sgridato per un ritardo inesistente ma gli aveva anche ficcato in mano
l’aspirapolvere mettendolo subito al lavoro. Yo iniziò a
passare svogliatamente l’aggeggio sul tatami sbadigliando e
ascoltando le chiacchiere dell’amico.
“Hana di un po’, come lo hai convinto?”
domandò Yohei poggiando le braccia sull’asta
dell’elettrodomestico e lasciandosi scappare l’ennesimo
sbadiglio,chiedere quell’informazione era stato un grande errore
e lo capì quando dopo qualche minuto, che aveva impiegato per
riportato la conversazione dove desiderava, Hanamichi aveva finalmente
soddisfatto la sua curiosità.
“Vuole che gli presenti qualcuno con cui mi ha visto parlare all’università”
Quella giornata era iniziata nella maniera sbagliata e se aveva sperato
in una conclusione piacevole Yo dovette ricredersi, Sendoh voleva che
Hana gli presentasse qualcuno, per qualcuno era ovvio a chi si riferisse.
“Ho capito, qualche tua compagna di corso” tirò le somme dopo un secondo, una ragazza logico, prevedibile e del tutto naturale.
Riaccese l’aspirapolvere continuando a pulire, non che non se lo
aspettasse sia chiaro, anzi evitava proprio per questo di andare in
palestra, sapeva che Akira non stava con nessuna o almeno non
all’università, ma poteva benissimo avere una ragazza a
Kanagawa o chissà dove. Invece a quanto sembrava il giocatore
era interessato a qualche studentessa proprio della classe di
Hanamichi.
Continuò a pensarci tutto il giorno cercando di capire chi fosse
la ragazza in questione e il fatto che dovesse distribuire
palloncini colorati al parco; per la pubblicità che faceva al
ristorante in cui lavorava qualche volta come sostituto cameriere, non
lo aveva di certo aiutato.
Vedersi passare di fronte coppiette felici che si scambiavano stucchevoli sguardi colmi di amore lo stava facendo impazzire.
Non aveva capito come fosse successo ma un giorno Mito aveva visto
Sendoh, nel senso che lo aveva guardato vedendolo per la prima volta e
rimanendone folgorato.
Aveva seguito innumerevoli volte la figura del giocatore alle partite
Shohoku contro Ryonan e per ben due anni di liceo non ci aveva mai
fatto caso. Akira era un giocatore come tutti gli altri, seppur di
grande talento e al di sopra della norma, ma vederlo rincorrere la
palla arancione sul parquet del campo di basket non gli aveva trasmesso
nessuna sensazione particolare, nessun brivido, nessun batticuore,
niente di niente.
Per questo la prima volta che si ritrovò impossibilitato a
distogliere lo sguardo da ogni minimo movimento di Sendoh ne rimase
sconvolto, oltre al fatto di aver capito che la stretta che gli serrava
lo stomaco e la mancanza di fiato nel petto gliela stesse causando la
vista di un ragazzo.
Yohei si era infatuato una sola volta nella sua vita gli era successo
al primo anno di liceo e nessuno dei suoi amici ne sapeva niente,
questo perché inizialmente voleva evitare di fare la fine di
Hana ed essere preso in giro vita natural durante se avesse avuto un
colossale rifiuto, secondo la scuola non era iniziata che da pochi mesi
e il suo nome compariva già fra i primi cinque posti di una
delle liste dello Shohoku e voleva evitare quanto più gli era
possibile che finisse anche in altre.
Gli anni del liceo possono essere un vero inferno perché i demoni peggiori sono gli adolescenti annoiati.
Allo Shohoku, come un po’ in qualsiasi altra scuola, circolavano
liste per tutto: i migliori studenti, i peggiori, i ritardatari
cronici, i tipi da cui tenersi alla larga, i cocchi dei professori, i
tipi strani, le ragazze più carine, gli sfigati tutti venivano
catalogati ed etichettati.
Lui ed Hana grazie alla fama che si portavano dietro erano finiti nella
lista nera dei teppisti, il nome di Sakuragi però, dopo aver
conquistato il quarto posto grazie all’influenza del basket, era
stato tolto, quello di Yohei da quinto aveva scalato la classifica dopo
la sospensione per la rissa in palestra.
Non gli era mai importato di comparire in uno dei libri neri della
scuola, però decisamente voleva evitare di contendersi il posto
con Hana e Miyagi per il numero maggiore di scaricamenti ricevuti.
Per questo quando aveva capito che gli piaceva Nanako se lo era tenuto per sé.
Sakuragi era impegnato in palestra con gli allenamenti completamente
assorbito dal basket e da Haruko, lui si era ritrovato a seguire i tre
maniaci che aveva per amici, il quale sport preferito era spiare le
ragazze del club di ginnastica, fu allora che l’aveva vista
Nanako Ichighara anni sedici primo anno sezione D.
Yohei ne era rimasto conquistato e aveva iniziato a prendere ogni tipo
d’informazione sulla ragazza, reputata a ragione fra le
più carine della scuola, fino a quando un giorno l’aveva
incontrata per strada.
Era un sabato mattina e Nanako stava guardando la vetrina di un
negozio, Mito capì che quella era la sua occasione di
avvicinarla e scambiare qualche frase con lei e magari con un po’
di fortuna invitarla a bere qualcosa.
La ragazza si era voltata verso di lui e aveva ascoltato attentamente;
quando le aveva detto che frequentavano lo stesso liceo e che le loro
classi erano vicine, lei gli aveva sorriso gentile scusandosi
perché non le sembrava di averlo mai visto prima, una
chiacchiera dopo l’altra e Nanako infine aveva accettato di bere
un succo al bar lì a fianco.
Avevano passato insieme un’ora seduti a quel tavolino
confrontando le loro esperienze sulla scuola e con i vari professori.
Quando poi erano usciti di nuovo in strada si erano salutati allegramente come buoni amici.
Il successivo lunedì Yohei, la mattina prima di entrare in
classe, aveva fatto recapitare a Nanako un biglietto chiedendole di
incontrarlo sul tetto nella pausa pranzo perché aveva bisogno di
parlarle, voleva chiederle un appuntamento.
Mito non si sarebbe lanciato così spudoratamente se la
conversazione al bar non fosse risultata tanto scorrevole, se Nanako
non avesse riso alle sue battute e non gli avesse rivolto quei sorrisi
caldi, tutto gli aveva fatto supporre di aver dato una buona
impressione di sé e di aver fatto colpo, perciò non si
era aspettato quello che successe.
Lei lo aveva raggiunto con tre compagne di classe al seguito, sfuggiva
il suo sguardo e sebbene Yohei la avesse notato la cosa, la
catalogò come semplice timidezza e imbarazzo così lui a
bassa voce le aveva chiesto di uscire insieme.
Lei lo aveva fissato interdetta poi si era inchinata scusandosi per
ciò che stava per dire, ma affermando che preferiva essere
sincera, dicendogli in seguito che uscire insieme non le sembrava
affatto una buona idea.
Yohei non aveva risposto nulla perché quella svolta lo aveva preso in contro piede.
Era stata una delle amiche della liceale a dirgli chiaramente di
lasciare in pace Nanako, che la ragazza non era interessata e che anzi
si era annoiata con lui, ma che però si era sforzata di essere
gentile e ridere alle sue battute solo perché conosceva la sua
reputazione.
Yohei quel pomeriggio non era ritornato in classe era rimasto sul tetto
a rimuginare sul primo rifiuto della sua vita, benché avesse una
notevole esperienza indiretta in quel campo forte di aver assistito a
tutti i non mi interessa ricevuti da Hana ne era rimasto spiazzato.
Per i successivi anni di liceo Mito non si era più interessato a
nessuna, non si era invaghito neanche per sbaglio fino a che i suoi
occhi non si erano catalizzati su Akira Sendoh, quello sfortunato
giorno che si era intrufolato con i tre amici nella palestra del campus.
Non riusciva a spiegarsi perché avesse provato quel balzo al
cuore o il fatto che non riuscisse a togliersi il giocatore dalla
testa, per questo aveva evitato di incontrarlo ancora sperando che
qualsiasi cosa gli fosse successa passasse in fretta.
Perdere la testa per un ragazzo era problematico già di per
sé, infatuarsi di uno dei compagni di squadra di Hana era un
guaio bello grosso, ma che fosse addirittura Sendoh voleva dire volersi
proprio far male.
'Quante possibilità potevano esserci che Akira Sendoh, uno fra i ragazzi più gettonati, fosse gay?'
Si era posto quella semplice domanda una notte che non riusciva a dormire.
Una su un milione, si era risposto.
Ammettendo che per una volta nella vita Yohei avesse una gran botta di fortuna e che Sendoh fosse gay, quante possibilità aveva lui, Yohei Mito, di potergli interessare?
“Zero” aveva esalato nel buio, prima di schiacciarsi il cuscino sulla faccia.
Doveva toglierselo dalla testa aveva deciso, prima che finisse per
soffrire per un amore non corrisposto o peggio ancora di combinare
qualcosa e rendersi ridicolo.
Eppure benché se lo fosse ripromesso con tanta convinzione
Sendoh era sempre presente nei suoi pensieri e se all’inizio di
quella giornata si era svegliato felice perché lo avrebbe visto
alla festa di Rukawa , dopo la visita a casa di Hanamichi non lo era
più.
Varcò la soglia della stanza del karaoke con il solito sorriso
tranquillo e s’immerse nella bolgia di festaioli e canterini
cercando d’individuare con lo sguardo gli amici e il festeggiato,
con sgomento trovò Hana, Kaede e Sendoh seduti a chiacchierare
sul divanetto.
Prima che potesse indugiare troppo nell’osservare ogni dettaglio
dell’abbigliamento del giocatore dalla capigliatura
antigravità, Noma gli coprì il campo visivo.
“Ah ce l’hai fatta ad arrivare” trillò felice l’amico.
“Ho staccato poco fa” confessò.
“Abbiamo già dato il regalo a Rukawa, non sapevamo quando saresti venuto”
“Avete fatto bene” lo rassicurò prontamente con un
sorriso iniziando a liberarsi del giacchetto e della sciarpa, non solo
il riscaldamento era fin troppo alto, ma la confusione e il numero dei
presenti toglieva ossigeno o forse la causa era un’altra, Yohei
preferì non indagare.
“Okusu immaginava lo avresti detto” ridacchiò l’amico battendogli una mano sulla spalla.
“Vado a salutare Hana” annunciò, sarebbe sembrato strano se non ci fosse andato.
“Ti accompagno”
Yohei si avvicinò come se nulla al mondo lo stesse turbando,
salutò Hanamichi, fece gli auguri a Rukawa e lanciò una
piccola occhiata al sorridente Akira.
“Hana, quando hanno finito quei tre ci esibiamo noi” disse
Noma al suo fianco, riferendosi con quei tre all’esibizione
canora di Kogure, Mitsui e Miyagi, posando un braccio sulle sue spalle,
come fosse un mobile a cui appoggiarsi.
Yo lo lasciò fare e intervenne nel discorso facendo volgere
l’attenzione di tutti verso Okusu e Takamiya, e scatenando la
battutina prevedibile di Sakuragi, poi la voce di una ragazza
l’interruppe :“Ragazzi allora che canzone avete scelto?”
Mito la conosceva, era Yumi una compagna di classe di Hanamichi con cui
l’amico aveva legato e che spesso lo aiutava passandogli gli
appunti decisamente più chiari ed accurati, Yo le rivolse un
sorriso e si mise a scorrere la lista delle canzoni del karaoke.
“La numero tre”
rispose dopo un secondo e volgendosi verso Sakuragi non poté
sfuggirgli il piccolo cenno che Akira rivolse all’amico, quello
era un segnale e ne ebbe conferma quando l’istante seguente Hana
prese a fare le presentazioni del caso.
Mito rimase imperturbabile mentre un sapore leggermente amaro gli si
diffondeva in bocca, intuendo chi fosse la ragazza che Sendoh voleva
conoscere, la probabilità che fosse Midori gli aveva
sfiorato la mente quello stesso giorno e dal modo in cui Akira le
sorrideva non poteva avere più dubbi.
“Con Yo, Noma, Okusu e Takamya invece ci conosciamo da un bel po’” stava dicendo in quel momento Hanamichi.
“Certe volte mi sembra anche da troppo”
affermò scherzosamente per cercare di nascondere la piccola
delusione che stava provando. Se l’aspettava, ma ritrovarsi in
prima fila ad assistere alla diretta del primo approccio di Sendoh
faceva leggermente male.
“Venite sempre alle partite e qualche volta anche agli allenamenti, vero?” ricordò Akira guardando proprio lui.
“Quando possiamo”
rispose telegrafico Yohei prima di volgere la sua attenzione alla
fine dell’esibizione. Quanto aveva desiderato che Akira si
accorgesse che esistesse, che sapesse chi fosse, che lo guardasse e ora
che aveva puntato gli occhi proprio su di lui Yohei desiderò non
essere mai andato a quella festa.
Richiamò gli amici e si avviò deciso ad allontanarsi dal
divano, non voleva sentire o assistere oltre allo scambio di battute
tra Sendoh e Midori, gli augurò in cuor suo tanta
felicità e figli maschi e con uno scatto un po’ brusco
afferrò il microfono che Kogure gli porgeva.
Per tutto il tempo dell’esecuzione della canzone Mito
cercò di evitare di guardare nel punto della sala in cui aveva
lasciato Akira e Yumi a scambiarsi battutine, ma i suoi occhi non
volevano ubbidirgli e si ostinavano a catturare immagini dei due che
chiacchieravano affabilmente ridacchiando e lanciandosi sorrisi.
Fu con un grande sollievo che accolse il termine dell’esibizione
per potersi allontanare e mettersi in un angolo, da dove il divano non
era visibile.
Sakuragi prese a intonare una canzone d’amore, Yo notò il
modo in cui fissava in direzione di Kaede e di come i suoi occhi
brillassero felici, la cosa non sfuggì neanche ad alcuni
compagni di squadra del tensai, alle orecchie di Mito giunse qualche
stralcio di conversazione pieni di perplessità e dubbi che fra i
due giocatori ci fosse un rapporto più stretto ed intimo.
Individuò i soggetti, non poco distanti da lui, si sporse in
modo da essere sicuro che lo vedessero e gli piantò addosso
un’occhiata chiaramente ammonitrice e minacciosa, i due si
zittirono all’istante e dopo un secondo sgusciarono via tra gli
altri presenti.
“Yo, tutto bene?” s’informò Okusu arrivatogli vicino con gli altri due amici.
“Sì nessun problema” annunciò festante schiaffandosi in faccia un sorriso birbante.
“Muovetevi, avviciniamoci al buffet” li spinse Takamiya in avanti.
Mito si aggregò ai tre ridendo, scherzando e prendendo in giro
Taka e la sua ingordigia costringendosi a non guardare da
nessun’altra parte.
***
Akira era un ragazzo molto socievole e accettava sempre volentieri
di uscire con i compagni di scuola o di squadra, però quella
sera prese in seria considerazione l’idea di diventare
un’eremita asociale.
La stanza era troppo affollata, benché fosse notevolmente
capiente, appena si era alzato dal divanetto non riuscì a fare
che pochi passi senza essere fermato da qualcuno intenzionato a
fraternizzare, perfino Akagi si era messo in testa di intavolare una
conversazione sul mondo del basket universitario, sembrava che ce
l’avessero con lui e dire che si era anche sforzato di arrivare
puntuale per non lasciarsi sfuggire nessuna occasione.
In realtà aveva fatto tardi ugualmente, si era appisolato
davanti al televisore dopo pranzo e quando si era svegliato aveva perso
tantissimo tempo a prepararsi, fortunatamente Yohei non era ancora
arrivato e lui aveva tirato un sospiro di sollievo. Akira tenne
d’occhio la porta e finalmente dopo una mezz’ora
l’unico motivo per cui non vedeva l’ora di partecipare a
quella festa si materializzò.
Prese ad osservarlo con calma studiando attentamente i caratteri del
suo viso mentre Yohei chiacchierava con Noma: lineamenti regolari e
dolci, profondi occhi scuri, capelli neri resi lucidi dal gel,
carnagione candida come la neve, fisico ben proporzionato.
Era proprio carino, valutò portandosi alle labbra il bicchiere
d’aranciata sorridendo, un po’ basso forse, ma in fin dei
conti non era un problema anzi, Akira preferiva i ragazzi non molto
alti, primo perché era più facile coccolarli, secondo
data la sua di statura doveva essere realista.
Attese pazientemente che Sakuragi glielo presentasse come aveva
promesso, ascoltando la voce calda di Mito scherzare con i due amici,
quando però con una punta di leggera invidia e gelosia aveva
osservato con disappunto Noma circondare le spalle di Yohei decise, che
era venuto il momento.
Sendoh sapeva che l’intervento di Hanamichi non era necessario,
però non voleva passare per un egocentrico che interviene a
forza nelle conversazioni altrui imponendo la propria presenza,
desiderava fare la migliore impressione possibile.
Così aveva potuto scambiare qualche frase di circostanza con
Mito ma era durato troppo poco, purtroppo il fato ci aveva messo lo
zampino e il ragazzo si era presto allontanato con gli amici per
esibirsi.
Akira trovò provvidenziale la presenza di Midori, la compagna di
classe di Sakuragi, grazie al fatto che si mise a parlare con lei su
come avesse conosciuto Hanamichi riuscì a non fissare per tutta
l’esibizione Yohei, non che non volesse fare altro, però
Akira voleva procedere con cautela.
Il suo piano consisteva nel frequentare Mito per qualche tempo
instaurando possibilmente un bel rapporto di amicizia, cercare di
conoscerlo meglio mentre tentava di scoprire i suoi gusti sessuali solo
allora e se avesse avuto fortuna avrebbe iniziato a flirtare
apertamente.
Per ora non doveva fargli sospettare minimamente l’interesse che
sentiva per lui, nel caso Mito fosse risultato un etero convinto Akira
si sarebbe messo il cuore in pace, avrebbe taciuto e l’amicizia
sarebbe rimasta.
Per il momento però decise che doveva agire, si alzò dal
divano scusandosi con Midori e ascoltando casualmente la voce di
Hanamichi, intonare le prime strofe di una canzone romantica ed
individuò Mito.
Il ghiaccio era ormai rotto per cui ora poteva benissimo andargli
vicino e intavolare un po’ di conversazione senza correre il
rischio di apparire strano .
Però sembrava che tutti i convitati alla festa volessero
mettergli i bastoni fra le ruote, non seppe più da quante
persone era sfuggito inventando scuse.
Rivolse l’ennesimo sorriso di circostanza ad Akagi senza
aver realmente ascoltato una sola parola di quel che gli stava dicendo,
il suo sguardo era rivolto oltre il massiccio universitario e fissava
il viso di Mito ridacchiare con gli amici lanciando occhiate frequenti
al quadrante dell’orologio.
‘Che abbia un appuntamento?’ si
ritrovò a chiedersi mentalmente Sendoh mentre il sorriso si
appannava leggermente, non poteva perdere altro tempo, se Yohei fosse
andato via avrebbe sprecato un’ottima occasione.
“Ho una gran fame, vado a prendere qualcosa”
annunciò interrompendo Takenori e senza aspettare una risposta
sgusciò via.
Mito si trovava poco discosto dal ripiano in cui il personale del
karaoke aveva lasciato gli stuzzichini, come se non lo avesse neanche
visto si avvicinò al banco indeciso su cosa prendere intento
invece ad ascoltare le chiacchiere dei quattro ragazzi, con la coda
dell’occhio vide i tre amici allontanarsi verso alcune
studentesse che si stavano servendo di alcuni spicchi di tramezzini.
Sendoh si voltò con un bel sorriso sul volto verso… il nulla, Yohei si era allontanato.
Lo cercò con lo sguardo e lo individuò dopo qualche secondo.
***
Yohei non smise neanche per un attimo di lanciare occhiatine
all’orologio, aveva promesso ad Hanamichi di aiutarlo a preparare
l’ultima sorpresa per Rukawa e per quanto se ne fosse lamentato
non vedeva l’ora di andarsene.
Appena i tre amici si allontanarono per attaccare bottone con alcune
ragazze reputò che non avesse ragione di rimandare oltre,
agguantò con una mano giacchetto e sciarpa e conquistò
l’uscita, una volta nel corridoio si beò qualche istante
dell’assenza di rumori, ma il silenzio venne squarciato un attimo.
Il vociare allegro degli studenti e le note di una canzone inondarono il corridoio poi più nulla .
“Stai andando già via?” il cuore di Yohei
accelerò e con una lentezza spaventosa si voltò ad
incrociare il volto sorridente di Sendoh.
“Esatto” si ritrovò ad affermare prima di rimanere
muto come un’idiota, Yo non sapeva che dirgli così per
dissimulare l’agitazione che gli palpitava in petto iniziò
a infilarsi il giacchetto.
“Ah…” constatò semplicemente Akira non si era
aspettato una risposta tanto lapidaria, prese a riflettere velocemente
su qualcos’altro da dire per fermarlo o almeno provarci.
“Deve essere un impegno molto importante” Yohei finì
di sistemarsi la sciarpa al collo decidendosi ad alzare gli occhi su
Sendoh.
“Devo fare un favore ad Hana” esalò piano rimanendo
immobile, doveva andarsene, bastava che si girasse e che prendesse a
camminare verso l’uscita però il corpo di Mito decise di
fare sciopero e rimanere fermo come uno stoccafisso.
“Che tipo di favore?- indagò Akira ringraziando il cielo
perché per un istante aveva temuto che la voce di Mito stesse
per pronunciare una frase spaventosa, ossia: Ho un appuntamento.
Si accorse però che lo sguardo di Yohei, per quanto il ragazzo
sorridesse leggermente, si era fatto più sottile e guardingo e
resosi conto che la sua domanda poteva essere interpretata in maniera
negativa si affrettò ad aggiungere – No, sai te lo chiedo
perché so delle lettere e la trovo un’idea davvero
simpatica”
I muscoli di Yohei si rilassarono e ricambiò il sorriso aperto di Sendoh.
“E’ qualcosa di simile… più o meno”
affermò non dicendogli altro, non sapeva come il giocatore la
pensasse riguardo a certi argomenti e non gli andava di essere lui a
rivelare il rapporto che intercorreva fra Hana e Rukawa.
“Ho capito – esalò Sendoh avvicinandosi
perché soltanto Mito potesse sentire le sue parole, non che ce
ne fosse bisogno il corridoio era vuoto, ma diminuire le distanze gli
sembrò una buona idea in quel momento – Sakuragi ha
escogitato un qualche tipo di sorpresa romantica per Rukawa, giusto?-
domandò allegro a bassa voce – Me lo ha detto un paio di
giorni fa”
Yohei lo fissò incredulo per un secondo e poi indispettito
ripensando a come Sakuragi avesse minacciato lui e l’armata di
tener chiusa la bocca sulla sua relazione con Kaede, l’amico
poteva anche avvertirlo di aver iniziato a confidarsi con i compagni di
squadra.
“Già, devo far trovare la torta con le candeline accese
per il ritorno di Rukawa” annunciò non facendosi
più alcun problema e rivelandogli anche il resto della sorpresa
che doveva preparare.
Akira ascoltò attentamente tutto ciò che Mito gli disse e
il sorriso aumentò maggiormente mentre gli occhi brillavano per
l’idea favolosa che gli era venuta in mente.
“Se vuoi ti accompagno – se ne uscì festante –
devi accendere tutte quelle candele in pochi minuti, non ce la farai
mai, se siamo in due invece saremo fuori dall’appartamento prima
che arrivino”
Yohei si accorse di essere rimasto con la bocca aperta e si
affrettò a chiuderla, mentre il suo cervello iniziava a
mandargli immagini non richieste.
Lui e Sendoh sul suo motorino le braccia di Akira che avvolgevano la
sua vita, poi loro due da soli a lume di candela si portò una
mano al mento fingendo di rifletterci su’ ma in realtà,
solo per coprire il ghigno che gli stava spuntando sulle labbra.
Accettare quell’offerta di aiuto gli avrebbe permesso di stare un
po’ con lui e la cosa non gli dispiaceva più di tanto
anzi, semmai tutto l’opposto.
“Sicuro di non voler rimanere alla festa?” domandò a
bruciapelo quando il pensiero di Midori si materializzò
smorzandogli qualsiasi ilarità.
“Non sono un tipo particolarmente festaiolo” ammise una mezza verità Akira.
‘E poi che ci rimango a fare se non ci sei tu?’
avrebbe tanto voluto dirgli, ma si tenne quel pensiero per sé,
aveva già sfidato troppo la sorte autoinvitandosi a casa di
Sakuragi con il rischio di passare per un impiccione.
“Se è così allora accetto il tuo aiuto” fece
Mito regalandogli un sorriso meraviglioso, o almeno Akira lo
trovò tale, il giocatore gli chiese di aspettarlo un secondo
mentre recuperava la giacca.
Il cuore di Yo batteva a mille quando infilò la chiave nel quadro aspettando di vedere la figura di Sendoh
uscire dal karaoke, quella giornata iniziata male dopotutto gli stava
per regalare dei bei momenti, non che Yohei sperasse in qualcosa
d’impossibile.
Gli era dolorosamente chiaro, fin troppo, che non sarebbe accaduto
nulla però anche poter passare qualche minuto da solo con Akira
lo rendeva felice.
Ma si sa’ la realtà è sempre diversa
dall’immaginazione e Mito si pentì di aver accettato la
compagnia di Sendoh, pochi minuti dopo che partirono alla volta
dell’abitazione di Hanamichi e Kaede.
Il corpo del giocatore scivolò di un poco in avanti al secondo
semaforo rosso a cui si fermarono, il contatto seppur lieve lo stava
mettendo in agitazione, le dita di Akira erano poggiate saldamente ai
suoi fianchi e benché avesse un gran numero di indumenti addosso
sentiva la pelle formicolare e pizzicare.
Mito approfittò dell’attesa del verde per alzarsi
leggermente e sfuggire al leggero contatto del bacino di Sendoh sulle
sue natiche, si diede mentalmente dello stupido e cercò di
ricordarsi chi interessava al giocatore di basket, così
riuscì a riappropriarsi dell’autocontrollo.
“Scusa stai scomodo?” esordì Akira aderendo con il
petto alla schiena di Yohei e poggiando il mento sulla sua spalla.
Avrebbe tanto voluto circondargli il corpo con le braccia e stringersi
maggiormente a lui magari con la scusa che sentiva freddo, ma
evitò di comportarsi in maniera tanto intima e pericolosamente
rivelatrice, però era così difficile controllarsi.
Era da tanto che non gli piaceva qualcuno e Yohei aveva un profumo
buonissimo e la sua mente aveva iniziato a formulare pensieri poco
casti alla faccia della sua prudenza.
Non gli era sfuggito il modo in cui il ragazzo si fosse sporto in
avanti sul sellino aumentando la distanza fra loro, Akira era scivolato
in avanti casualmente, ma felice di potergli stare così vicino
non si era scostato, quando Mito si era allontanato però aveva
ipotizzato che quel contatto lo infastidisse.
“Scusa non vado mai in motorino e non so bene come tenermi”
spiegò subito sollevandosi un poco e riacquistando la posizione
iniziale, non voleva infastidire Mito né rovinare
quell’opportunità di conoscerlo meglio soltanto
perché i suoi ormoni non riuscivano a starsene buoni.
“Non preoccuparti, siamo quasi arrivati” lo avvertì
Yohei, gioendo del fatto che non potesse guardarlo in faccia altrimenti
dubitava che sarebbe riuscito a mostrarsi impassibile.
Richiamò a sé tutto il suo sangue freddo imponendosi di
essere logico e razionale, non doveva lasciarsi andare a sciocche
fantasticherie o a balzi di cuore improvvisi, Sendoh era fuori della
sua portata non doveva dimenticarlo.
Parcheggiò poco distante dall’entrata della palazzina, si
avviarono salendo le scale in silenzio e quando entrarono
nell’appartamento Mito fece scattare l’interruttore della
luce.
“Non sapevo abitassero insieme”gli giunse la voce di Akira
che si guardava intorno aspettando che recuperasse le buste nascoste da
Hana quella mattina.
A dire il vero Sendoh non sapeva molto sui due giocatori: Rukawa era
piuttosto riservato, ma anche Sakuragi lo era a modo suo, per quanto
fosse un tipo chiassoso e scoppiettante vitalità da tutti i pori
non parlava molto di sé, ma in fondo neanche Akira si comportava
in maniera tanto diversa da loro.
Yohei spiegò a Sendoh che i due compagni di squadra avevano le
loro ragioni e che non ci tenevano a rendere pubbliche le loro faccende
personali, benché qualcosa per forza di cose si capisse.
“Se Hana te lo ha detto vuol dire che lo avevi intuito,
no?” gli chiese poggiando le buste sul tavolo e iniziando a
tirare fuori i vasetti con le candele.
“Ho sentito qualche mozzicone di conversazione in palestra e ne
ho chiesto conferma a Sakuragi” spiegò sbirciando la
reazione di Mito a quelle parole, non sapeva se credere del tutto alle
parole di Hanamichi quando aveva affermato che non si immischiava negli
affari dell’amico.
Il giocatore dai capelli rossi poteva benissimo aver accennato a Yohei
qualcosa, se non tutto, della loro conversazione e in quel caso non
voleva fare la figura dell’idiota, preferiva saper subito se
doveva fare marcia indietro.
Ma la sua paura venne definitivamente messa da parte quando Mito gli
confidò: “Non mi ha detto niente, però ora mi
spiego perché te ne abbia parlato. Hana, anche se non sembra,
s’imbarazza facilmente nel parlare di certe cose”
Sì, Akira se ne era accorto da come Sakuragi quella mattina
fosse leggermente arrossito o di come avesse sfuggito il suo sguardo,
si rassicurò tirando un sospiro di sollievo.
Mito finì di deporre le candele sul tavolo, mise via la busta e aiutò Akira a disporre i vasetti a terra.
“Questa è davvero un’idea molto carina non credevo
che Hanamichi fosse così romantico” ruppe il silenzio
Sendoh rivolgendogli un sorriso.
“Già” esalò semplicemente Yohei terminando il
lavoro. Guardare Akira lo faceva sentire strano, si ritrovò a
desiderare ardentemente che quei sorrisi che gli rivolgeva fossero
‘speciali’ che non fossero come quelli che elargiva a tutti.
Si avvicinò al frigo e ne tirò fuori la torta liberandola dal cartone e applicandovi sopra le candeline.
“Sembra proprio buona” constatò la voce di Sendoh
pericolosamente vicina al suo orecchio, il giocatore si era messo alle
sue spalle per sbirciarne il lavoro, il cellulare di Yohei prese a
squillargli in tasca ed entrambi i ragazzi sobbalzarono.
“Stanno arrivando!” quasi strillò Yo
allungando un accendino a Sendoh e per una frazione di secondo le sue
dita sfiorarono quelle del giocatore, ma non ci fece caso troppo preso
dallo sbrigarsi.
I due ragazzi fecero appena in tempo a uscire dall’appartamento
che le voci di Sakuragi e Rukawa gli giunsero alle orecchie, non
potevano scendere le scale così Yohei fece segno all’altro
di seguirlo.
Si nascosero dietro l’angolo delle mura, Akira poggiò un
ginocchio a terra mentre Mito fletté appena le gambe sbirciando
oltre la svolta, un istante dopo si sentì tirare giù da
una mano.
“Abbassati o finirai per farti scoprire” sussurrò vicino a lui Akira.
“Quello troppo alto sei tu” lo sgridò porgendo ascoltò alle parole di Sakuragi.
“Troppo alto?- ripeté Sendoh – Pensi che sia troppo
alto?” s’informò mentre un forte senso di disagio lo
invadeva, non aveva mai avuto il complesso dell’altezza a dir la
verità non ne aveva proprio nessuno.
“E’ che con quei capelli devi stare attento a sporgerti o
ti vedono subito” gli chiarì Yohei ridacchiando un
po’.
“Senti chi parla, quello che si pettina alla John Travolta”
‘Oh ma bravo Yo! L’hai offeso, certo che sei proprio una frana’ si rimproverò Mito nella propria testa, si voltò appena incrociando lo sguardo di Akira nella penombra.
“Non volevo…- si bloccò appena lo sentì ridacchiare – Mi stai prendendo in giro?”
“Hai iniziato tu per primo”puntualizzò Sendoh
continuando a ridere divertito, non gli era sfuggito
l’irrigidimento di Yo né il suo sguardo dispiaciuto.
‘E’ proprio carino’
sospirò mentalmente, le sue dita stringevano ancora la manica
del giacchetto di Yohei lì dove l’aveva afferrato per
tirarlo giù.
“Maledetta kitsune avrai
dimenticato di girare la chiave, che c’è hai paura dei
ladri? Ma chi vuoi che venga a rubarci in casa? E cosa vorrei proprio
sapere, forza entra” giunse chiaro lo strepito di
Hanamichi e Mito si picchiò la fronte col palmo della mano,
nella fretta aveva dimenticato di chiudere la porta.
“Tranquillo non è successo niente” lo rincuorò Akira.
‘Quanto è dolce’ si ritrovò a pensare Yo.
“Poco male poteva andare peggio” alzò le spalle
fregandosene e sporse un poco la testa oltre il muro valutando che
ormai i due non sarebbero più riapparsi.
“Credo possiamo andarcene”
‘Di già? Che cavolo si stava così bene’ si
lamentò mentalmente Sendoh, con un sorriso invece annuì
prima di sentire una serratura scattare ed essere investito da uno
spiraglio di luce dalla porta poco più in là, che si
apriva alle sue spalle.
I suoi occhi catturarono l’immagine di un paio di ciabatte rosa e
l’istante dopo si ritrovò a correre dietro Yohei a rotta
di collo giù dalle scale, mentre una signora gridava spaventata.
“Sali!” ordinò Yohei mettendo in moto e Akira
obbedì prontamente, i riflessi di Mito erano scattati prima
ancora di realizzare quanto stava accadendo.
Quello era il risultato per aver combinato troppe bricconate insieme al
guntai, agiva ancor prima di riflettere sentendosi sempre colpevole, in
fondo non stavano facendo nulla di male, ma non era il caso di mettersi
a dare spiegazioni.
La risata di Sendoh gli arrivò chiara alle orecchie e solo
allora si rese conto che le braccia del giocatore di basket gli
circondavano strette la vita.
“Che hai da ridere?” chiese sovrastando il rombo della marmitta.
“Non ero mai stato scambiato per un ladro di appartamenti prima d’ora, è stato troppo divertente”
Yohei si ritrovò a ridere a sua volta contagiato dalla sua ilarità.
Akira non si era mai divertito tanto, forse perché in genere non
aveva amici tanto scalmanati da ritrovarsi in quel genere di situazioni
o perché solitamente preferiva dedicarsi al suo hobby preferito
e molto più tranquillo: la pesca.
Per questo quando gli giunsero nel vento le parole di Yohei si intristì parecchio.
“Dimmi dove devo lasciarti, non so dove abiti”
La serata in sua compagnia era già finita, non che avessero
passato poi chissà quanto tempo insieme stavano appena iniziando
a conoscersi che già dovevano lasciarsi, una vera sfortuna per
Sendoh, che comunque non poteva lamentarsi.
“Dove vuoi” gli disse allentando la presa delle braccia e
scostandosi, lo aveva stretto inconsciamente dimenticandosi dei suoi
propositi di prudenza, Mito non gli aveva detto nulla trattandolo come
avrebbe fatto con chiunque dei suoi amici senza infastidirsi di quella
confidenza presa da un ragazzo appena conosciuto.
Sendoh si ritrovò a sorridere fra sé felice che Yohei lo
stesse trattando come Sakuragi o uno dei ragazzi con cui stava
sempre, forse dopo tutto il poco tempo trascorso insieme aveva dato
buoni frutti.
“Dimmi dove abiti che ti accompagno, tanto ho il motorino”
propose Mito ascoltando poi le indicazioni che Akira gli diede
ringraziandolo e accettando il passaggio.
A Yohei dispiaceva che avesse smesso di appoggiarsi alla sua schiena o
che le mani di Sendoh non fossero più allacciate alla sua vita,
così se poteva passare qualche altro minuto con lui non voleva
rinunciarci tanto presto, accompagnarlo a casa poi non era un disagio
così grande.
Gli occhi di Mito si velarono un poco riflettendo sulla decisione presa pochi minuti prima.
Per il proprio bene sarebbe stato lontano da Akira Sendoh il più
possibile dopo quella sera, quando si erano ritrovati accucciati dietro
il muro al buio si era reso conto che se la vicina di casa di Hana non
avesse deciso di uscire lui avrebbe commesso qualche stupidaggine.
Quando aveva visto come la scarsa luce illuminasse il volto di Akira,
le labbra piegate all’insù in un sorriso gentile che stava
rivolgendo soltanto a lui, il cuore di Yohei aveva preso a battere
impazzito, il respiro gli si era mozzato in petto e la mano non si era
protesa per afferrargli il polso e trascinarlo via di corsa .
No, le sue dita si erano allungate perché avrebbero voluto intrecciarsi alle sue.
Quando lo spicchio di luce aveva iniziato a illuminarli l’istinto
di Mito aveva prevalso e solo quello l’aveva salvato da una
colossale figuraccia.
Si risvegliò da quei pensieri quando la mano e la voce di Sendoh
gli indicarono il punto in cui accostare il veicolo, Mito si
fermò lasciandolo scendere, ma senza spegnere il motore.
“Grazie dell’aiuto” lo ringraziò riacquistando la solita aria allegra.
Akira rivolse a Yohei un semplice sorriso scuotendo la testa:
“Grazie a te, mi sono divertito parecchio- ammise sincero
–Ti và di venire a bere qualcosa? Abito da solo
perciò se non fai caso a un po’ di disordine vorrei
sdebitarmi del passaggio offrendoti una birra” spiegò la
sua proposta, non c’era nulla di male nel bersi una birra in
compagnia.
“Preferisco andare a casa, sono piuttosto stanco” Sendoh
rimase un po’ deluso aveva sperato tanto che accettasse la sua
proposta, avrebbero potuto chiacchierare tranquilli e conoscersi meglio
fra il karaoke, il viaggio in motorino e la fuga da casa di Sakuragi e
Rukawa non sapeva ancora nulla di lui.
“Beh ci si vede in giro per l’università” lo
sentì dire prima di vederlo partire, Akira rimase a fissare la
strada ormai vuota per qualche secondo, poi un sorriso gli
illuminò il volto, l’avrebbe rincontrato presto a costo di
dover vagare per l’intero campus.
Ma le cose non andarono come Akira aveva sperato.
Qualche settimana dopo…
La palla rimbalzò una, due, tre volte poi la velocità del
palleggiò aumentò e con uno scatto improvviso il
giocatore si diresse verso il canestro, scartò i due avversari
posti dinnanzi a lui con un paio di semplici finte, richiuse la sfera
fra le mani mentre univa i piedi e spiccava un balzo.
L’istante dopo la rete del canestro ondeggiava smossa dal passaggio della palla.
“E con questo per oggi abbiamo finito!- decretò allegra la
voce di Akira rivolgendo un sorriso ai compagni di squadra, poi
lanciò un’occhiatina a Rukawa l’esecutore dello
splendido canestro appena compiuto- Sei davvero in forma, non sono
riuscito neanche ad avvicinarmi”
Kaede arrestò il passo mentre stava per superarlo e gli
regalò uno sguardo intenso cosa che fece alzare un sopracciglio
a Sendoh.
“Hai giocato da schifo” affermò lapidario il ragazzo
prima di continuare e oltrepassarlo raggiungendo gli altri negli
spogliatoi.
“Non montarti troppo la testa kitsune! Se il tensai fosse stato
in campo non avresti combinato nulla” giunse alta e squillante la
voce di Sakuragi alle orecchie di Akira, il ragazzo dai capelli a punta
sorrise lieve prima di avviarsi dietro agli altri.
Rukawa aveva perfettamente ragione ,quel giorno, e non solo, aveva
giocato in maniera pessima e questo gli capitava ormai da qualche
tempo, il problema era che la testa di Akira non era concentrata su
ciò che avveniva in campo, bensì continuava a distrarsi
lanciando occhiatine fugaci all’indirizzo della porta della
palestra.
Aveva cercato d’incontrare nuovamente Mito, ma sembrava che Yohei
fosse irreperibile. Akira aveva saltato parecchie lezioni in quella
settimana per poter andare in cerca dell’oggetto del suo
interesse ma appena riusciva a localizzarlo, cosa già di per
sé difficile, Mito si dileguava nel nulla e lui perdeva ogni
occasione di poter attaccare bottone.
Si faceva vedere in palestra insieme ai tre amici solo ad
allenamenti iniziati e neanche sempre, solo sporadicamente, Sendoh non
poteva mollare tutto per andare a salutarlo sarebbe sembrato troppo
anomalo perciò, ogni volta attendeva paziente il termine della
sessione di esercizi ma quando si voltava Mito se n’era
già andato.
Ormai Akira non sapeva più che pesci prendere, voltò il
viso ad osservare il battibecco tra Sakuragi e Rukawa o meglio quello
che si stava scaldando era Hanamichi il compagno continuava a cambiarsi
indifferente e sordo ai suoi urli.
Sendoh aveva valutato spesso l’ipotesi di fare un paio di
chiacchiere con Hana, ma il ragazzo dai capelli rossi gli aveva
espressamente detto di cavarsela da solo, in più la mente di
Akira, si stava affollando di numerosi dubbi e alla fine vi rinunciava.
Il comportamento di Yohei poteva benissimo essere casuale, le sue
lezioni potevano tenersi proprio negli orari degli allenamenti per
questo faceva solo una piccola capatina in palestra e si dileguava
subito dopo, inoltre non era poi così strano non riuscire a
incontrarsi, l’università era piuttosto grande e
frequentata.
Però a ogni spiegazione logica se ne contrapponeva una dettata
dai suoi timori, Sakuragi contrariamente a ciò che gli aveva
detto poteva benissimo aver informato l’amico
dell’interesse che Akira sentiva per lui e per questa ragione
Mito lo evitava.
Sendoh sospirò scuotendo il capo per togliersi quei pensieri
funesti dalla testa, non era il tipo da farsi tante paranoie mentali.
“Porcospino ma che hai?” domandò la voce di Sakuragi.
Akira si girò verso destra per incrociare il volto indagatore
del giocatore, gli spogliatoi erano quasi del tutto vuoti a parte loro
due, Rukawa seduto su una panchina intento ad allacciarsi le scarpe e
un paio di matricole che stavano riponendo in un angolo il cesto con le
palle da basket prima di afferrare gli strofinacci e dedicarsi alle
pulizie della palestra.
“Io? Assolutamente nulla Hana” rispose Sendoh con un uno
smagliante sorriso, perso com’era nei suoi pensieri era rimasto
imbambolato a fissare l’interno della sacca sportiva poggiata ai
suoi piedi.
Afferrò l’occorrente della doccia prima di alzarsi dalla
panca e superare i compagni rimasti che ora lo fissavano con sguardi
indagatori.
“Kitsune non sei ancora pronto?”si riscosse Sakuragi per primo con un’alzata di spalle.
Sendoh si crogiolò a lungo sotto il getto di acqua tiepida,
decisamente non era da lui perdersi nei labirinti della mente
arrovellandosi fra supposizioni prive di un concreto fondamento.
'Perché Hanamichi avrebbe dovuto mentirmi?'
Prese a chiedersi mentre goccioline gli scivolavano sul viso.
'Sakuragi non è il tipo di persona che gode nel veder soffrire il prossimo e poi non gli ho fatto nulla di male.
Basta ho deciso! Devo incontrare
ancora Mito e parlare con lui, così capirò se devo
continuare ad andargli dietro o togliermelo dalla testa e passare
oltre.'
Akira prese la sua decisione chiudendo con un gesto secco il miscelatore.
Lasciò la palestra incamminandosi nei viali del campus, il sole
stava già tramontando data la stagione invernale incrociò
alcune studentesse che si erano attardate negli edifici e stavano
rincasando.
“Ciao!” si fermò riconoscendo la ragazza che si era voltata a salutarlo con un sorriso cordiale e gentile.
“Ciao… Midori giusto?” tentennò cercando di rammentare il cognome.
“Esattamente – confermò lei aspettando che il
giocatore le si accostasse- Hai fatto degli allenamenti
supplementari?” s’informò notando da che direzione
fosse uscito.
“Non proprio, ho soltanto perso tempo- ammise ridacchiando- E tu?”
***
Yohei si aggiustò la tracolla della borsa sulla spalla affrettandosi a scendere gli scalini dell’edificio di scienze e tecniche della comunicazione grafica
in cui si era attardato fino a quell’ora, stava seriamente
rivalutando la scelta di essersi iscritto al corso di grafica
multimediale, il professore era un vero e proprio aguzzino.
Anche quel giorno aveva fatto tardi e tutto per tentare di completare
il progetto assurdo assegnatogli da quel demone dalle sembianze umane,
che si fregiava del titolo di docente, e che mai avrebbe consegnato
entro la scadenza fissata.
“Maledizione è tardissimo” biascicò a denti
stretti constatando l’ora e tirando fuori le chiavi del motorino,
si mise a correre fra i viali quasi deserti, cercando di recuperare il
ritardo accumulato immaginandosi la sgridata, che certamente lo
attendeva, del capo cameriere.
Mentre sfrecciava verso l’uscita un immagine catturò la
sua attenzione tanto da farlo arrestare e immobilizzare pochi passi
dopo, Sendoh stava chiacchierando in compagnia di Midori.
Le chiavi scivolarono a terra dalle sue dita e solo il rumore del
tintinnio dell’acciaio del portachiavi che cozzava contro i
mattoni, lo destò.
Rimase a fissare le due figure per qualche secondo, che sebbene in
lontananza, era chiaro stessero ridacchiando allegramente fra loro.
Appena li vide muoversi e incamminarsi nella sua direzione, veloce
Yohei si abbassò, riagguantò le chiavi e spiccò la
corsa oltrepassando il cancello d’entrata pochi secondi dopo.
Mise in moto e partì senza perdere altro tempo, domandandosi
perché anche se aveva fatto tutta quella fatica per evitare il
giocatore dovesse beccarlo proprio quando aveva un appuntamento con la
compagna di classe di Hanamichi.
Per Yohei ciò che aveva visto era fin troppo chiaro.
Dandosi mentalmente dello stupido per la sua reazione esagerata spinse
l’acceleratore, perché infondo in cuor suo lo aveva sempre
saputo, si era detto tante volte che prima o poi avrebbe assistito a
una scena simile, 'quindi perché sono scappato in quel modo?'
'Semplice perché sono in ritardo per il lavoro part-time',
si rispose di getto mentendo a sé stesso ed evitando di
chiedersi perché stringesse tanto forte le mani o per quale
ragione si sentisse tanto triste e al tempo stesso arrabbiato.
Per quanto desiderasse cacciare quell’immagine dai suoi occhi
Yohei continuò a rivedere per tutto il resto del giorno Sendoh e
Midori che chiacchieravano e ridevano sotto gli alberi, inizialmente la
visione si mantenne fedele alla realtà, ma con il trascorrere
delle ore iniziò a mutare e l’immaginazione ebbe il
sopravvento.
Gli alberi spogli, dato il periodo invernale, si appesantirono di
boccioli, petali colorati iniziarono a vorticare avvolgendo le due
figure ora più vicine, gli occhi della ragazza brillavano colmi
di amore e imbarazzo il giocatore sorrideva affettuoso, poi le dita di
Yumi e Akira si tendevano uno verso l’altro per allacciarsi fra
di loro.
Successivamente la studentessa si appoggiava al petto dell’alto
ragazzo che premuroso le avvolgeva le braccia intorno alla vita, quando
poi le due figure presero a correre mano nella mano ad un rallenty
estremo Mito, esasperato cacciò un urlo squarciando il silenzio
della notte, ficcandosi le mani nei capelli e rigirandosi nel futon.
14 febbraio
Akira sorrise maggiormente sistemandosi il borsone sportivo sulla
spalla, generalmente amava il giorno di San Valentino visto che
coincideva con il suo compleanno, ma quell’anno era arrivato
addirittura ad adorarlo e ad attenderlo con trepidazione.
Questo perché il giocatore dopo settimane infruttuose in cui non
era riuscito che a incontrare neanche fuggevolmente Mito, ora si
ritrovava una splendida occasione fra le mani per poter approfondire la
sua conoscenza.
Sendoh alcuni giorni prima durante uno degli allenamenti in palestra
aveva invitato tutti i compagni di squadra a festeggiare fuori il suo
compleanno, poi come niente fosse si era rivolto verso il quartetto che
assisteva in disparte e aveva proposto anche a loro di aggregarsi.
Poche ore ormai lo separava dall’evento e poi avrebbe finalmente
avuto l’opportunità di poter trascorrere qualche altro
istante con Yohei, già pregustava il momento in cui avrebbe
potuto scambiare quattro chiacchiere con il ragazzo e sentire
nuovamente la sua voce, decisamente non stava più nella pelle.
Questa volta non si sarebbe fatto intralciare da niente e nessuno, era
intenzionato a instaurare un rapporto più saldo con Mito questo
perché non voleva aspettare un’altra occasione per
rivederlo, doveva trovare una buona scusa per chiedergli il numero di
telefono o magari poteva invitarlo direttamente a uscire.
Subito Akira scartò quella ipotesi per quel poco che sapeva
dell’altro non avevano nulla in comune dopo tutto non erano che
semplici conoscenti, era vero che avevano trascorso qualche ora insieme
al compleanno di Rukawa ma poi la cosa era finita lì,
perciò chiedergli di andare a mangiare qualcosa fuori soltanto
loro due significava scoprirsi troppo.
Sbuffò sonoramente aprendo il portone della palestra e
maledicendo il fatto di essere cresciuto, rimpiangeva il periodo in cui
era un moccioso dell’asilo dove per fare amicizia bastava
avvicinarsi e chiedere a un altro bambino di giocare insieme, era anche
vero però che i giochi che aveva in mente di fare lui con Mito
non avevano niente a che vedere con macchinine e castelli di sabbia .
“Sendoh sei in ritardo!” gli giunse la sgridata di Ayako
che lo attendeva al varco con le braccia conserte battendo un piede
innervosita, la manager che si era fatta carico di estirpare la sua
brutta abitudine di ritardatario cronico non si era ancora arresa di
fronte ai ripetuti insuccessi.
“Buongiorno Ayako… vuoi un cioccolatino?”
affermò cercando in quel modo di rabbonirla allungandole sotto
il naso la busta colma di pacchettini di cioccolata che teneva in una
mano.
La ragazza sgranò gli occhi notando la quantità esagerata
di dolci che straboccava dai bordi di carta anche ad alcuni compagni di
squadra non sfuggì la cosa, ma non ne erano stupiti.
“E’ così tutti gli anni, ogni ragazza
dell’università lo riempie di cioccolata per san Valentino
e lui come niente fosse ci sbatte sotto il naso quanto sia popolare,
sei il solito egocentrico Sendoh” affermò un giocatore
iniziando a ridacchiare.
“Ah non prendermi in giro Takuchi o non la dividerò con
nessuno di voi” rispose Akira massaggiandosi la nuca scherzando a
sua volta.
“Io quest’anno ho ricevuto la cioccolata dalla mia ragazza
quindi quella dividetevela fra voi sfigati” intervenne un altro
mentre alcuni compagni chiedevano informazioni su quando e come fosse
riuscito a far breccia nel cuore della sua bella.
“Aya… - s’intromise la vocina di Ryota ottenendo che
tutti si voltassero verso di lui scoprendo così i suoi occhi
lucidi e colmi di lacrime – perché non mi hai dato ancora
la cioccolata?”
La manager prima arrossì un secondo, poi quando il ragazzo
si riprese dalla sua tristezza e con un ghigno saccente esclamava ad
alta voce di aver capito che in realtà la ragazza voleva
aspettare che fossero soli per dichiararsi Ayako esplose.
Tirò fuori il ventaglio e dopo averlo colpito sonoramente due
volte gli ingiunse di chiudere il becco e di tornare ad allenarsi, poi
come nulla fosse si voltò verso Sendoh e con un sorriso
splendente affermò che accettava la sua offerta e tuffò
una mano nella busta.
Mentre la manager era indaffarata a scegliere fra la cioccolata
fondente, al latte o alle nocciole dallo spogliatoio arrivarono
Sakuragi e Rukawa con indosso la tuta e pronti ad iniziare gli
allenamenti.
Kaede si era portato gli indici alle orecchie così da non
sentire le urla stridule di Hana che gli inveiva contro con le braccia
ficcate dentro i pantaloncini.
“Kitsune non ignorarmi !” esclamò Hanamichi mettendo
su un broncio scuro e indispettito, poi notò Sendoh e Ayako a
bordo campo e si diresse a passo di marcia verso di loro, senza dire
una parola strappò dalle mani del giocatore dai capelli
svettanti il sacchetto di carta e vi guardò dentro rimanendo
immobile mentre un leggero tremore gli scuoteva le spalle.
“Perché hai ricevuto così poca cioccolata?”
gli domandò furioso lasciando tutti allibiti, Akira aprì
la bocca ma la richiuse subito dopo non sapendo che rispondere e si
limitò a rivolgergli un sorriso, buono per ogni occasione.
“Anche quest’anno ad Hanamichi nessuno ha regalato la
cioccolata” s’intromise una voce canzonatoria alle spalle
del trio, dall’entrata della palestra si materializzò
l’affiatato quartetto di amici del tensai.
“Perché avevate dei dubbi?” chiese Mito divertito
agli altri tre che prontamente scossero il capo, il sorriso di Sendoh
aumentò felice come non mai.
“Ah chiudete il becco branco di sfigati!”ingiunse Hana alzando minaccioso i pugni nella loro direzione.
“Su Hanamichi non prendertela tanto in fondo lo sai che le fan di
Sendoh sono più numerose delle tue” gli ricordò
Noma.
“Beh non che ci voglia molto, anche Taka ha più fan
rispetto a Sakuragi. Se confronti lo zero assoluto col nulla il
risultato è sempre il niente” esalò Okusu con un
ghigno divertito.
“Che vorresti dire?” ringhiò fra i denti Hanamichi,
ma venne bellamente ignorato dai tre che si misero a disquisire su
formule matematiche improbabili.
“Questo perché lo zero è il nulla” convenne Noma.
“Tzs siete delle capre senza speranze – esordì
Takamiya sistemandosi gli occhiali – Lo zero è il numero
più importante, quello da cui tutto ha inizio senza il quale non
si può fare nessun conto- fece mentre rideva sotto i baffi del
suo intelletto superiore. – Questo significa che io sono
superiore a tutti voi”
“Imbecille mica inizi a contare da zero, no?” controbatté Noma
“E guarda che il mio non voleva essere un complimento” aggiunse Okusu.
“Siete tre cretini” esalò Mito alzando gli occhi al cielo.
“Esatto tre idioti assoluti!- urlò furioso Sakuragi
– Ve lo faccio vedere io lo zero ora vi stendo con tre
testate” annunciò avanzando verso i tre.
“Su Hanamichi non prendertela così e poi non
c’è bisogno di essere gelosi di Sendoh se ha ricevuto
più cioccolata di te” continuò a pungolarlo Okusu
nascondendosi dietro la schiena di Yohei.
“Chi sarebbe geloso del porcospino? Questo qui si è fatto
battere da Rukawa!- esclamò prima di lanciare un urlo di
frustrazione e infilarsi le mani nei capelli e voltarsi verso Akira
–Si può sapere perché la kitsune ha ricevuto
più cioccolata di te quest’anno? Non sei tu quello su cui
sbavano dietro tutte le ragazze?”
“Ammetto di essere un po’ confuso”
sussurrò Sendoh sbattendo un paio di volte le palpebre
ritrovandosi ad essere l’oggetto della rabbia di Sakuragi.
Da quando era in competizione con Rukawa per una simile cosa? Non riusciva a capire.
“Anch’io non riesco a trovare nessuna logica” ammise Takuchi.
“Ma che logica pretendete di trovare nei discorsi di questo cretino?” scattò Ryota.
“Chi hai chiamato cretino tappo!”
“Tu idiota”
“Ma io ti distruggo!”
“Do’hao” intervenne Rukawa palleggiando indifferente, gli stavano facendo perdere tempo prezioso.
“Baka kitsune tu sta zitto è tutta colpa tua!” gli puntò un dito accusatorio contro Hana.
“Hn?”
“Ora basta Sakuragi, lo sai che l’invidia non è un
bel sentimento da coltivare…” s’intromise il
capitano della squadra Iashigara Ryuchi, ma le sue sagge parole vennero
interrotte dagli strepiti di Hanamichi.
“E chi è invidioso? E di chi poi? Di quelle quattro galline spelacchiate che gli sbavano dietro?”
“Do’hao!” lo rimproverò Kaede sonoramente.
“Zitto kitsune! E spiegami perché hai accettato tutta quella cioccolata?”
“Era gratis” esalò con la sua pragmatica razionalità.
“Baka! Sei il mio ragazzo te lo vuoi mettere in testa?”
“Nh? Do’hao! Che dovevo fare ignorarle? Già lo faccio ma mi vengo dietro il doppio”
“E allora digli chiaramente che non ti interessano”
“Lo farei ma sei stato tu a insistere per non dire di noi”
“Che c’entra questo adesso? Non cambiare discorso!”
Nel frattempo tutti i presenti, o quasi, ammutolirono ascoltando quello
scambio di battute, alle orecchie di Sendoh non sfuggì il
flebile commento di Ayako: “Sono due imbecilli” mentre si
portava una mano alla fronte o le frasi dei ragazzi del guntai.
“Tipico di Hanamichi” sbuffò Okusu incrociando le braccia dietro la nuca
“C’era da aspettarselo” convenne Noma.
“Sapevamo già che Hana non avrebbe resistito a lungo nel mantenere il segreto” ricordò loro Mito.
“Piuttosto secondo la nostra scommessa…” prese a dire Takamiya tirando fuori dalla tasca un libricino nero.
“Do’hao!” Rukawa diede le spalle ad Hanamichi e prese
a palleggiare con più convinzione decidendo di non prestargli
più ascolto.
“Non osare ignorarmi!” gridò ancor più forte Sakuragi.
***
Yohei sospirò disperato, Hana era sempre il solito
casinista, lanciò un’occhiata ai ragazzi della squadra.
Sendoh osservava il bisticcio dei due compagni con un sorriso divertito
sulle labbra.
“Hai visto te lo dicevo che erano strani quei due”
“Ma quindi stanno… insieme?”
“Già”
“Ma tu lo sapevi?”
“Insieme, insieme? Cioè una… coppia? Vuoi dire che…”
Yo ascoltò quelle frasi incredule e colme di sorpresa e quando
sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla si voltò appena.
Incrociò il sorriso divertito ma pericoloso di Okusu, scorse il
pugno destro di Noma che si abbatteva sul palmo della sinistra con fare
battagliero e Takamiya che messo via il libro delle scommesse, che
riguardavano tutte Hana, si sistemava gli occhiali sul naso mentre un
angolo delle labbra si alzava pregustando già la rissa.
***
Akira non poté fare a meno di sorridere di fronte al
bisticcio di Sakuragi e Rukawa a dire il vero un poco li invidiava,
quei due erano così felici insieme si completavano appieno anche
Sendoh desiderava poter aver un rapporto simile e istintivamente si
voltò a guardare in direzione di Mito.
Il sorriso che gli aveva increspato le labbra tremò appena
notando lo sguardo del ragazzo che gli piaceva, Yohei aveva
assottigliato le iridi scure che ora apparivano affilate e minacciose,
il suo volto aveva perso ogni traccia di gentilezza e tranquilla
pacatezza che solitamente lo contraddistinguevano, teneva le mani
ficcate in tasca con un atteggiamento da pericoloso bullo.
Sendoh percepì un brivido percorrergli la schiena, lo
osservò muovere qualche passo con al seguito gli altri tre amici
che avevano assunto un pari atteggiamento e posizionarsi di fronte ai
componenti del club di basket.
“Avete forse qualche problema?” esalò Yohei con una finta ironia sfidandoli a controbattere.
I giocatori si guardarono l’un l’altro non sapendo che dire
e quando anche Sakuragi e Rukawa resisi finalmente conto della
situazione, prestarono loro attenzione, distolsero lo sguardo
imbarazzati.
Akira rimase a fissare Mito vedendolo per la prima volta e in un certo
senso era così, in quell’istante si rese conto che davvero
non sapeva nulla di quel ragazzo il cui sguardo lo aveva attirato come
una calamita e non perché non conoscesse i suoi hobby, che
musica ascoltasse, che cibi preferiva o quali fossero i suoi pensieri e
i suoi sogni.
Aveva erroneamente supposto che Yohei fosse un ragazzo pacato e
tranquillo, ma in realtà dentro di lui celava molto di
più e invece che lasciar perdere quella piccola infatuazione
Sendoh si ritrovò a desiderare, più determinato che
mai, di scoprire ogni cosa lo riguardasse.
Gli occhi che Mito aveva in quel momento gli stavano facendo battere forte il cuore.
“Ormai lo avete scoperto…” l’attenzione di Akira venne catturata dalle parole di Sakuragi.
“Do’hao, praticamente glielo hai detto tu” lo riprese
Rukawa scatenando l’indisposizione del ragazzo dai capelli rossi
che prese a inveirgli contro.
Sendoh non riuscì a trattenersi di fronte all’indignazione
del viso di Hanamichi e scoppiò a ridere, molti compagni di
squadra lo seguirono imitandolo immediatamente.
“Non possiamo dire di non esserne sorpresi – prese a dire
il capitano – però qualcosa l’avevamo
sospettata”
“Già”
“Ora basta! – intervenne Ayako tirando fuori il ventaglio
– Solo perché oggi non c’è il mister non
mettetevi in testa di continuare a perdere tempo. Forza iniziate gli
allenamenti”
I giocatori si diressero entusiasti a prendere posizione nel campo e
prima di seguirli Sakuragi lanciò un breve sguardo agli amici
come a ringraziarli del loro intervento e Yohei gli rispose con un
piccolo ghigno divertito.
“Tu hai intenzione di fare sciopero?” Sendoh si voltò verso la manager che lo scrutava intensamente.
“Non sia mai” le disse ridacchiando, ma prima di avviarsi nello spogliatoio si avvicinò al quartetto.
“Ragazzi vi và di prendere un po’ di cioccolata? Me
ne hanno regalata troppa” propose allungandogli il sacchetto di
carta che l’istante successivo gli venne tolto dalle mani leste
di Takamiya.
“Se proprio insisti”
“Ehi razza d’ingordo molla!” protestò Noma
ingaggiando battaglia con l’amico per il possesso dei dolci.
“Come siamo ridotti male” esalò Okusu tuffando le dita nel sacchetto e recuperando un paio di pacchetti.
Mito non si era servito dei dolciumi, ma anzi era rimasto con la
schiena poggiata alla parete indifferente alla piccola disputa e ad
Akira ovviamente non era sfuggito.
“Non ti piace la coccolata?” gli domandò con un
sorriso contento di avere una piccola scusa per poter parlare con lui.
“La detesto”
Le labbra di Sendoh tremarono impercettibilmente, una simile risposta diretta e gelida non se l’era aspettata.
Osservandolo meglio sembrava che Mito fosse adirato, il suo sguardo non
era ritornato mite e placido come sempre ma manteneva quella sottile
aria di diffidenza e scontrosità.
In quel frangente sembrava un’altra persona, diametralmente
opposta a quella sorridente e allegra che aveva conosciuto la sera del
primo gennaio.
Trasmetteva la stessa sensazione che potrebbe dare un cane randagio quando viene avvicinato e si sente minacciato.
“Ah… capisco” esalò non sapendo che altro
dire, pensando che forse non doveva avere tutte le rotelle al posto
giusto perché ad Akira, l’espressione che Yohei gli stava
mostrando in quel momento aveva mozzato il fiato in petto.
Gli piaceva da impazzire essere vagliato da quelle tenebre cariche di
forza e ostilità, perdersi nelle acque scure di quegli occhi che
esprimevano mille sensazioni diverse.
Quello sconosciuto ragazzo lo intrigava sempre di più e in
quell’istante, l’unica cosa che desiderasse davvero era
scoprire perché fosse tanto arrabbiato.
“Sendoh! Vuoi darti una mossa?” gli urlò
direttamente nelle orecchie la manager richiamandolo all’ordine,
Akira si allontanò ridacchiando e chiedendo scusa verso gli
spogliatoi, mentre si domandava cosa potesse aver scatenato un simile
cambiamento in Mito.
Escluse che fosse a causa della rivelazione di Sakuragi per quanto
Yohei e i ragazzi dell’armata avessero assunto l’aria da
teppisti; per difendere prontamente l’amico da qualsiasi commento
offensivo, la situazione si era risolta senza nessun problema.
I giocatori che avevano già da tempo dei sospetti, si erano
dimostrati ragazzi dalla mentalità aperta mettendo al primo
posto l’amicizia e il senso di squadra che li legava tutti,
perciò non poteva essere questo.
Mille pensieri iniziarono a turbinargli in testa era chiaro che Yohei
avesse reagito negativamente alla sua domanda, forse nella sua vita era
accaduto qualcosa di tanto spiacevole che lo aveva portato a detestare
profondamente San Valentino.
Quel pensiero agghiacciò Akira che immobilizzò le braccia
già protese in avanti nell’atto d’infilarsi la
maglia sportiva, per qualche strana ragione il fatto d’ipotizzare
che Mito avesse e stesse soffrendo tutt’ora per un amore non
ricambiato lo aveva intristito.
'E’ possibile che non sia una semplice infatuazione?
E’ possibile che abbia perso totalmente la testa per una persona che conosco superficialmente?
E’ possibile che mi sia
innamorato a tal punto di quegli occhi, da star male al pensiero che
lui abbia nel cuore qualcun altro?'
Con quella serie di domande Akira Sendoh raggiunse gli altri membri del club di basket per i consueti esercizi.
***
Yohei si maledisse per la trentesima volta mentre si mordicchiava
l’angolo interno del labbro inferiore, si era lasciato
indispettire dal comportamento di Akira e gli aveva risposto in maniera
fredda e scostante.
Per un attimo, piuttosto lungo a dire il vero, aveva perso il sangue
freddo di cui andava tanto fiero eppure, quando il giocatore gli si era
avvicinato e gli aveva posto quella semplice e innocua domanda non era
riuscito a trattenersi.
Per tante ragazze regalare della cioccolata il giorno degli innamorati
a un ragazzo non era una semplice questione commerciale o un abitudine
significava dichiararsi, raccogliere tutto il proprio coraggio e
tentare di trasmettere i propri sentimenti alla persona che ti piace
sperando che questi lo raggiungano.
Per questo motivo non poteva soffrire l’atteggiamento menefreghista di Akira.
Mito strinse con maggior forza i pugni infilati nelle tasche del
giacchetto, Sendoh aveva prima accettato quei doni tanto significativi
e poi con una leggerezza incredibile se ne stava liberando offrendoli
agli altri.
Yo si rendeva conto di star un po’ esagerando, ma ugualmente non
riusciva a trattenere la propria delusione. In realtà quella era
semplicemente una scusa che stava propinando a sé stesso.
Se era così arrabbiato non era perché si stava facendo
paladino dei sentimenti d’amore delle coetanee, in quel caso
avrebbe dovuto prendersela in egual modo con un gran numero di soggetti
maschili, ma semplicemente perché la prima cosa che gli era
saltata in mente era l’immagine di Akira e Midori.
Il suo cervello non aveva mai lavorato tanto in fretta come in quel
frammento di tempo: l’idea che Sendoh si stesse liberando di
quella cioccolata superflua, perché era soltanto una quella che
aveva accettato con entusiasmo gli aveva trafitto il cuore tanto da
renderlo cattivo.
Si rese conto di essere un idiota senza via di uscita, da quando aveva
intravisto i due in quello che era chiaramente un appuntamento invece
di farsene una ragione e liberarsi di quel sentimento insensato per
Sendoh non faceva altro che stare male.
Per quella ragione capiva e appoggiava lo sfogo di gelosia di Hana,
vedere la persona che sta con te accettare il regalo di qualcun altro
era davvero orribile, ma almeno l’amico poteva dirglielo e
giustamente infuriarsi.
La situazione in cui si trovava lui era totalmente diversa, se da una
parte Yohei razionalmente comprendeva che non aveva nessun diritto di
reagire in quel modo, da un altro lato non poteva fare a meno di
sentirsi deluso.
Era così frustrante ritrovarsi in balia di quelle sensazioni sgradevoli.
“Dì un po’ Yo- richiamò la sua attenzione a
bassa voce Okusu, avvolgendogli le spalle con un braccio e
sgranocchiando quello che aveva tutto l’apparenza di un
bastoncino di cioccolata – Da quando in qua rifiuti del cibo che
arriva gratis?”
“Sai che non impazzisco per le cose dolci” sbuffò evitando il suo sguardo indagatore.
“Sì però questo non ti ha mai fermato
dall’approfittare di una buona occasione”
controbatté giustamente l’amico.
“Non sono poi così tanto scroccone come voi tre”
tentò di liquidare la faccenda con quella battuta e
un’alzata di spalle, ma l’altro ragazzo non si fece
ingannare e continuò a scrutarlo con attenzione, fin troppa per
i gusti di Mito.
“Dì un po’ Yo- ripeté Okusu imperterrito poco
dopo – non è che ti è andata buca?- Mito lo
degnò di una semplice occhiatina trasversale rimanendo
impassibile a quel commento e non gli sfuggì il ghigno che si
stava allungando sul volto dell’altro – E’
così ci ho preso vero? Speravi che oggi qualche ragazza ti
regalasse un cuore di cioccolata fondente e invece lo ha dato a un
altro. Dai dimmi chi è la tipa, sai che con me ti puoi
confidare”
Terminò aumentando la stretta intorno al suo collo e leccandosi
le labbra sporche di dolce come un gatto con l’acquolina in bocca
di fronte a un bocconcino prelibato.
I suoi amici avevano la brutta abitudine di crogiolarsi nei
pettegolezzi e nelle disgrazie altrui, generalmente il soggetto che
prediligevano era Hana, ma ultimamente le cose al tensai andavano
troppo bene.
Mito non si scompose altrimenti avrebbe decretato la sua fine,
diede una lunga occhiata seria all’amico e poi sorrise
tranquillamente.
“Parli per esperienza vero?”
Gli occhi di Okusu si dilatarono, le spalle si irrigidirono:
‘Colpito e affondato’ esultò internamente
Yohei quando lo vide liberarlo dall’abbraccio da boa constrictor
e puntare gli occhi sul campo con aria indifferente.
‘Mai impicciarsi degli affari degli altri, se non si è disposti a parlare dei propri’
Era stato un po’ scorretto da parte di Mito rigirare il coltello
in una ferita evidentemente aperta, ma in fondo Okusu se l’era
cercata.
***
Prima di uscire dalla doccia Akira chiuse l’acqua calda e si
lasciò avvolgere il corpo da quella fredda, con quel piccolo
gesto decise che avrebbe scacciato dalla mente qualsiasi pensiero
triste o malinconico che lo aveva assillato per tutto
l’allenamento.
Qualsiasi cosa racchiudesse il cuore di Mito per il momento non
aveva importanza per lui, avrebbe proseguito con i suoi propositi e se
la fortuna lo avesse assistito, forse, avrebbe blandito lui la
sofferenza di Yohei.
Non era mai stato il tipo di persona che si fasciava la testa prima
ancora di rompersela, se aveva anche una minima speranza
l’avrebbe coltivata e portata avanti fino alla fine.
Con quella determinazione raggiunse i compagni che si erano attardati
negli spogliatoi e prese a prepararsi per la serata programmata,
avevano deciso di andare a festeggiare in un locale lì vicino
che serviva anche ottime pietanze per una spesa piuttosto economica.
I giocatori che erano impegnati sentimentalmente e avevano appuntamento
con le proprie ragazze promisero di raggiungerli appena possibile
accompagnati dalle loro dolci metà, così da poter
festeggiare sia il compleanno del compagno di squadra che la ricorrenza
romantica.
Sendoh tirò fuori dalla sacca sportiva il cambio che si era
portato dietro da casa: indossò i jeans chiari che gli
fasciavano strettamente le lunghe gambe e i glutei, allacciò le
stringhe degli stivaletti scuri, infilò la semplice maglietta
nera dentro i pantaloni e dopo aver messo la felpa procedette a
sistemarsi i capelli.
Afferrò il tubetto di gel e si posizionò di fronte al
piccolo specchio quadrato che aveva assicurato all’anta interna
del suo armadietto.
“Ti stai mettendo proprio in tiro oggi” proferì
accanto a lui una voce ben nota, Akira si voltò con un grande
sorriso verso Sakuragi.
“E’ il mio compleanno d'altronde”
Hana non replicò si limitò a dargli un’occhiata
criptica e richiudendo il proprio armadio si avvicinò a Kaede.
Sendoh continuò a sistemarsi un ciuffetto ribelle decidendo di
non chiedersi se le parole del compagno di squadra volessero alludere
ad altro o meno, però non riuscì a non riportare alla
mente la risposta fredda o lo sguardo che Mito gli aveva rivolto poco
prima.
Ripose il pettine e il gel afferrando il profumo, aveva deciso di non tormentarsi più con stupidi dubbi.
***
Il chiasso delle risate e delle voci dei ragazzi si alzava allegramente dal lungo tavolo a cui avevano preso posto.
Yohei si era seduto accanto agli amici dell’armata, ad Hanamichi
e a Rukawa che si trovavano molti posti più giù rispetto
al festeggiato, così poté tirare un sospiro di sollievo.
Si sentiva in colpa per il modo sgarbato in cui aveva parlato a
Sendoh, ma al tempo stesso era nervoso perché si domandava
come mai non ci fosse Midori, quando si erano riuniti per avviarsi e
aveva capito senza ombra di dubbio che la ragazza non si sarebbe unita
a loro, non aveva potuto non notare che la cosa fosse strana.
“Yo ma che hai?” gli chiese Hana lanciandogli un’occhiata lievemente preoccupata.
“Niente perché?”
“Sei strano, sei silenzioso e a volte sembri incavolato nero
mentre in altre appari preoccupato” fece scrutandolo intensamente.
“E’ che sono indietro con un progetto- mentì o
meglio gli disse una verità di cui però non poteva
importargliene nulla – Il fatto è che senza avere un
computer a casa devo utilizzare quelli a disposizione
all’università, che ovviamente sono pezzi da museo e non
sono mai liberi oltretutto, di questo passo non finirò mai entro
la data di scadenza”
“Mh… capito- sussurrò Sakuragi rivolgendogli poi
uno smagliante sorriso e una sonora pacca sulla schiena – Dai non
pensarci troppo in fondo è per questa ragione che ti sei messo a
lavorare, no? Per risparmiare per poterti comprare un pc”
“Già” rispose Yohei non capendo come
quell’affermazione potesse risollevargli il morale, alzò
il proprio bicchiere e si scolò tutto d’un fiato la
restante birra, poi fece slittare la sedia all’indietro e si
diresse in bagno.
Oltre a lui non c’era nessun’altro, poggiò le mani
sul bordo del lavandino e rimase a fissare la propria immagine allo
specchio.
La persona che stava osservando era lui senza ombra di dubbio, eppure
da un po’ di tempo non riusciva più a riconoscersi. Fece
scorrere l’acqua e si sciacquò il viso, ma non trovando
nessun refrigerio decise che aveva bisogno di una boccata d’aria
fresca.
Uscì dal bagno e senza preoccuparsi di recuperare il giacchetto
uscì all’esterno e respirò a pieni polmoni, il
locale si trovava in una stradina poco frequentata da veicoli e
passanti così si crogiolò nei flebili rumori che
sopraggiungevano dalle finestre chiuse della cucina del locale.
“Ti stai annoiando?” il cuore di Yohei si fermò un
secondo al suono di quella voce gentile e suadente, prima che il petto
fosse attraversato da una fitta dolorosa.
Akira mosse un paio di passi e gli si affiancò mantenendo il
sorriso cordiale e allegro, al contrario di Yo indossava il giubbotto e
aveva la sciarpa arrotolata intorno al collo.
“Sono solo uscito a prendere una boccata d’aria”
soffiò nella sua direzione prima di riportare lo sguardo in
direzione del cielo.
Yo aveva sperato con tutto sé stesso di poter evitare un nuovo
contatto con Sendoh, benché conscio del fatto che fosse alquanto
difficile dato che si trovava in quel locale proprio per festeggiarlo.
Era impossibile che riuscisse per tutta la durata della serata a non
rivolgergli parola, per quanto avesse tentato in ogni modo di non
incrociare lo sguardo del giocatore.
“Ti capisco anch’io avevo bisogno di allontanarmi da tutto
quel caos” replicò Akira ridacchiando un poco e
appoggiando la schiena al muro.
“Già, sono piuttosto rumorosi” convenne con lui Mito
cercando di non far caso al fatto che il braccio di Sendoh fosse
distante solo pochi centimetri dal suo.
“Non senti freddo senza giacca?”
“No, sto bene… piuttosto – rispose Yo volgendosi dalla sua parte – auguri!”
“Grazie- e il sorriso che Akira gli rivolse fece mancare un
battito al suo cuore – Sono contento che tu e gli altri siate
venuti”
“Beh grazie a te per averci invitati”
“Ah non dirlo nemmeno”
‘Sono davvero patetico’
si disse Yohei mentre abbassava lo sguardo sulle proprie scarpe e le
labbra s’increspavano in una smorfia carica di amarezza e
disgusto per sé stesso, aveva fatto di tutto per stargli
lontano, per cercare di non avvicinarsi troppo, eppure in quel momento
era felice di quell’istante che solo loro due stavano
condividendo.
Per quanto provasse a mentire a sé stesso era tutto inutile.
Desiderava ardentemente poter godere ancora della sua compagnia proprio come quella volta.
Mito si sentiva irrimediabilmente attratto da Akira proprio come una
falena lo era dalla luce calda e brillante della fiamma di una candela
sebbene questa la porterà alla morte, ugualmente anche lui,
proprio come quello stupido insetto, non poteva resistere
dall’avvicinarsi e avrebbe finito per bruciarsi.
Per quanto avesse provato a toglierselo dalla testa, per quanto sapesse
che nel cuore dell’altro ci fosse un’altra persona, per
quanto tentasse di rammentare a sé stesso che quel che provava
era una strada a senso unico, voleva stargli vicino anche se
significava soffrire.
Sendoh non si era lasciato scoraggiare dal fatto che fossero seduti
tanto distanti da non potersi nemmeno vedere, lasciò che il
tempo trascorresse tra le ordinazioni di alcune pietanze e i primi
bicchieri di birra, le battute e gli auguri che gli rivolgevano.
Quando la maggior parte dei membri dell’allegra combriccola
iniziò ad essere vivacemente su di giri e il tono e il volume
delle voci ad aumentare la sua occasione si presentò.
Seguì Mito con lo sguardo dirigersi in bagno, attese qualche
istante prima di alzarsi per seguirlo; avrebbe cercato di bloccarlo con
qualche parola all’uscita della toilette e invece la fortuna era
dalla sua perché in quel momento, lo aveva scorto dirigersi
all’esterno del locale, aveva afferrato il giubbotto ed era
uscito dicendo ad Ayako che tornava subito.
Non poteva sperare in niente di meglio, la strada era deserta e il
chiasso del locale giungeva attutito, finalmente avrebbero potuto
parlare un po’ senza nessuno intorno.
Ma l’euforia iniziale di Akira si era incrinata quando dopo poche
frasi aveva scorto l’espressione melanconica di Yohei, era durato
solo un attimo il tempo che Mito impiegò a reclinare il capo
verso il basso per nascondere quello sguardo colmo di tristezza.
‘Allora è così… stai soffrendo per qualcuno’
L’impulso di allungare le braccia e aprirle per avvolgerlo in un
abbraccio stretto si fece sentire forte, Akira avrebbe voluto poggiare
la guancia contro la sua e sussurragli all’orecchio che avrebbe
pensato lui a curare la ferita del suo cuore.
Lo desiderò così intensamente che si scostò dal
muro e gli si mise di fronte, fu solo per il fatto che Yohei
alzò il viso e gli rivolse uno sguardo interrogativo a fermarlo
dal commettere un simile gesto.
“Sicuro di non aver freddo?” chiese ancora felice
dall’essere rinsavito in tempo, se avesse portato a termine la
sua intenzione come minimo si sarebbe ritrovato steso a terra con un
pugno in faccia.
“Guarda che non sono un tipo così delicato come sembra” gli rispose Yo alzando un angolo della bocca.
“Mmm non so se devo crederti – finse di pensarci seriamente
sopra – Non vorrei sentirmi in colpa se finissi per prenderti la
febbre. Senti facciamo così, mettiti la mia sciarpa”
“Cos’è una sciarpa ipertecnologica anti influenza?” lo prese in giro Yohei osservandolo sfilarla.
“Oh cavolo l’hai scoperto! Beh pazienza tanto avevo
intenzione di diffondere gratuitamente al mondo la mia splendida
invenzione”
La risata sincera e cristallina di Yohei riscaldò il cuore di
Akira, contento di avergli fatto ritornare il buon umore. Senza
pensarci prese ad avvolgere la stoffa di lana intorno al suo collo
candido, le sue dita indugiarono un secondo di troppo nello scivolare
su quella pelle infreddolita e quando Mito raddrizzò la schiena
allontanandosi le ritrasse come se avesse preso la scossa.
“L’hai stretta troppo, cos’è volevi strozzarmi
per eliminarmi?” scherzò ancora Yohei allentando un poco
il capo.
“Ovviamente, così potevo vendere il progetto della
realizzazione della sciarpa anti influenza contemporaneamente alle
nazioni unite e alla Russia, ma ho fallito miseramente ora dovrò
dividere parte degli introiti con te” stette al gioco
strappandogli una nuova risatina.
“Tu sei tutto matto, sembravi una persona normale e invece anche Akira Sendoh si è rivelato fuori di testa”
“Eh mai giudicare dalle apparenze” rispose saggiamente riappoggiandosi al muro.
‘A
dire il vero questo è l’effetto che mi fa stare vicino a
te, evidentemente mi piaci proprio parecchio’
Yohei scoppiò a ridere per la seconda volta, fino a pochi
istanti prima si sentiva uno straccio e ora era di nuovo allegro e
proprio per merito di Akira.
'Sei al tempo stesso la mia gioia e la mia disperazione’ valutò appoggiando la schiena alla parete.
“Sai volevo chiederti una cosa, ma dopo quella sera non ti ho
più visto, nel senso che ti ho incrociato solo di sfuggita in
palestra” disse catturando la sua attenzione Sendoh.
“Intendi dopo il compleanno di Rukawa?”
“Esatto, volevo sapere come è andata con Sakuragi sai per
il fatto che hai dimenticato di chiudere la porta di casa” si
spiegò meglio il giocatore di fronte al suo viso confuso.
“Tutto bene. Ha urlato un po’, sai com’è il
solito esagerato, ma gli è passata quasi subito”
“Ero proprio curioso però non potevo chiederlo a lui,
insomma praticamente mi sono intrufolato in casa loro senza
invito”
“Mh… beh Hana non si fa problemi del genere, però non so Rukawa”
“Quindi tutto sommato ho fatto bene a starmene zitto”
Rimasero in silenzio non sapendo che altro dirsi.
Nessuno dei due ragazzi voleva rientrare e porre così termine a
quel momento magico, ma al tempo stesso sentivano un fastidioso groppo
in gola che gli impediva di aprir bocca come se temessero che,
spezzando la quiete serale la realtà si sarebbe riaffacciata con
crudeltà e avrebbe infranto quel piccolo sogno.
Akira spostò il peso da un piede all’altro e poi
staccò gli occhi dalla volta celeste per poggiarli con dolcezza
sul viso di Mito, era lì con lui completamente soli in quel
vicolo deserto e scarsamente illuminato dalla fievole luce dei lampioni.
Sapeva che quella pausa non sarebbe durata a lungo e che probabilmente
non avrebbe avuto una nuova occasione per stargli tanto vicino,
così arcuando maggiormente le labbra si voltò verso di
lui facendo aderire la spalla destra al muro.
“Sai che oltre al tuo nome e al fatto che sei un amico di
Sakuragi non so praticamente nient’altro di te?” gli fece
notare in un sussurro.
Gli occhi di Yohei catturarono quel movimento e senza pensarci
ascoltò la sua domanda perdendosi nell’osservare i
lineamenti del volto dell’altro universitario.
‘Non
sorridermi così, non guardarmi in quel modo o non
riuscirò mai più a strapparti dai miei pensieri’
Implorò disperato dentro di sé, mentre un languore e
una dolcezza mai provata prima si diffondevano all’interno del
suo petto.
“Beh questo perché essendo un comune mortale non rientro
nell’olimpo di voi giocatori di basket- ironizzò –
E’ poi non è che ci sia molto altro da sapere su di
me” ammise Yo dopo qualche secondo d’esitazione, ponderando
che quella fosse l’unica risposta sensata da dare.
Era logico che Sendoh non lo conoscesse, a dire il vero se non fosse
stato per Hana lui avrebbe continuato ad essere uno dei tanti volti
anonimi e sconosciuti a bordo campo.
“Niente altro dici?- ripeté Akira soprapensiero per poi
regalargli un nuovo entusiastico sorriso -Beh questo lascialo giudicare
a me e poi guarda che anche io sono una persona come le altre”
Il sopracciglio di Mito scattò dubbioso verso l’alto.
“Comune? Tu? Ma se non passa settimana senza che esca un articolo su di te”
“Ah non me lo ricordare… è tutta colpa della
sorella di un mio kohai del liceo, è una giornalista e non so
perché si è fissata con me”
“Forse perché sei un giocatore pieno di talento? E magari
il fatto che tu non faccia schifo e che anzi quando escono delle tue
foto i giornali vanno a ruba secondo te non c’entra?” gli
fece notare ridacchiando del suo sguardo velato dal disappunto.
“Mmm… ok ritiro quel che ho detto- esalò Akira
crogiolandosi nelle sue parole.- Allora visto che praticamente di me
sai tutto- Yohei sgranò gli occhi mentre impercettibilmente si
irrigidiva – che ne dici di raccontarmi qualcosa su di te?”
Le labbra di Sendoh si stirarono maggiormente nella penombra, Mito
aveva affondato una mano nei capelli con fare pensieroso e leggermente
imbarazzato: ‘E’ proprio carino’ valutò.
“Cavolo non so che dire. Che vuoi sapere?”
“Tutto! – esordì Akira troppo in fretta mordendosi
subito la lingua mentre si dava del cretino – Volevo dire le
solite cose di quando si fa conoscenza”tentò di recuperare
alla piccola gaffe.
“Vediamo… frequentiamo la stessa università questo lo sai”
“Che corso?” intervenne Sendoh curioso e soprattutto molto
interessato a quella informazione, avrebbe saputo in che zona del
campus dirigersi per incontrarlo più facilmente.
“Informatica avevo intenzione di diventare un programmatore, ma
ci sto ripensando, credo che mi specializzerò in grafica
multimediale. Mi piacerebbe lavorare in campo pubblicitario, ma non so
bene”
“Davvero? Sembra fantastico!”
Gli occhi di Akira brillavano di puro entusiasmo e Yohei non seppe
perché ma si ritrovò a parlare a ruota libera delle
proprie aspirazioni, delle difficoltà che aveva incontrato e che
tutt’ora lo angustiavano.
Il giocatore ascoltò attentamente ogni parola perdendosi nella
contemplazione del volto di Mito che si era animato, mentre snocciolava
una gran quantità di termini a lui incomprensibili e il sorriso
si addolcì ancor di più.
Akira era felice che Yohei avesse preso a chiacchierare con lui in quel
modo tanto tranquillo e amichevole, gli era bastato davvero poco per
dimenticarsi della sgradevole sensazione avuta pochi minuti prima.
“Ehi ma si può sapere che fate qui fuori?” giunse la
voce di Ryota a spezzare la melodia delle parole di Mito, Sakuragi si
trovava alle spalle del compagno di squadra il braccio poggiato con
noncuranza alla cornice della porta d’ingresso del locale
lasciata aperta e lo sguardo che rivolse a Sendoh non piacque molto al
giocatore.
“Stavamo prendendo un po’ di aria fresca poi ci siamo messi
a chiacchierare e non abbiamo fatto caso al tempo che passava”
diede la sua giustificazione Akira, anche se non doveva darne era pur
sempre il festeggiato.
Yo si staccò dal suo appoggio e si avviò a rientrare al
seguito degli altri due ascoltando le lamentele di Ryota, che a quanto
sembrava era venuto a cercarli solo su richiesta esplicita di Ayako.
Una volta messo piede all’interno della struttura il rumore e il
calore lo investirono sottolineando la differenza con l’esterno,
allungò una mano e si liberò della sciarpa e prima di
avvicinarsi troppo al chiassoso tavolo si voltò appena porgendo
il capo al legittimo proprietario.
“Grazie” esalò brevemente ficcandogliela velocemente
in mano e senza aspettare risposta procedette a riprendere il suo posto
e a dare la sua attenzione agli amici.
Akira rimase a fissare la schiena di Yohei stringendo la lana fra le
dita, incapace di trovare una logica o una coerenza
nell’espressione o nello sguardo dell’altro.
Fino a pochi istanti prima Mito gli aveva sorriso affabilmente
chiacchierando con lui come fossero amici di vecchia data e ora gli
aveva appena rivolto un impercettibile sguardo indifferente,
restituendogli la sciarpa come fosse stata una scocciatura.
Decisamente Sendoh si sentiva alquanto confuso, appoggiato al muro del
locale aveva esultato pensando di essere riuscito a gettare le basi per
instaurare l’amicizia con Yohei, ma ora gli sembrava fossero
ancora due perfetti estranei.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** seconda parte ***
parte due tdob
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
T. Inoue; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di
lucro
15 febbraio
Una volta rientrati nel locale Mito aveva ripreso le distanze da Akira,
trincerandosi ostinatamente dietro le barricate dell’indifferenza
e del disinteresse che aveva eretto per proteggersi.
Evitò di voltare il capo nella direzione del giocatore e solo a
fine serata quando dovettero salutarsi, si concesse di guardarlo ancora
una volta.
Non che gli sarebbe dispiaciuto annoverare Akira Sendoh fra le fila dei
suoi amici, ma sarebbe stato doloroso e controproducente.
In fondo non necessitava di averne altri, Hana e quei tre scalmanati
dell’armata erano più che sufficienti per complicargli la
vita, ma soprattutto non aveva bisogno di averne accanto uno che gli
piaceva così tanto.
Continuare ad essere un perfetto sconosciuto per il giocatore gli
sembrò la soluzione migliore e l’unica sensata. Prima o
poi quell’infatuazione sarebbe scomparsa dal suo cuore e fino a
quando non avrebbe potuto guardarlo senza che il respiro gli mancasse o
che il batticuore lo accompagnasse, stare lontano da Sendoh era la sola
opzione possibile.
Continuò a ripetersi mentalmente la propria decisione come fosse
un mantra per tutto il resto della notte, rigirandosi nel futon caldo e
accogliente, sperando che in quel modo la sua determinazione non
avrebbe più vacillato.
Era stato così pericolosamente facile parlare con Akira, Yohei
era stato catturato dalla tenerezza dei suoi occhi, si era lasciato
avvolgere dal calore di quel sorriso, si era sentito così
stupidamente felice tanto da ingannarsi e perdersi in un sogno.
Per un momento si era cullato nell’illusione che Akira fosse
lì per lui, che lo avesse seguito appositamente
all’esterno, non era forse proprio con quella piccola speranza
che era fuggito fuori dal locale?
Per un fragile istante Yo aveva assecondato la sua fantasia dimenticandosi completamente di Midori.
Ma alla fine quando il mondo reale si era affacciato mostrandogli la
verità lui si era destato, sentendosi un completo idiota per
essersi perso dietro a stupide fantasticherie.
Ma la sua idiozia, per quanto faticosamente cercasse di scacciarla,
aveva attecchito in profondità nella sua mente mettendo radici
salde e robuste difficili da sradicare con una semplice imposizione di
volontà, così alla fine di una nottata insonne e di una
mattinata in cui aveva vegetato a letto aveva chinato il capo sconfitto.
Dichiararsi non era di per sé una cosa facile se in più
ci si aggiungeva il fatto che il soggetto del proprio interesse
appartiene allo stesso sesso la cosa risulta di gran lunga più
complicata.
Eppure Yohei che si era sempre vantato di possedere un quoziente
intellettivo superiore; almeno rispetto all’armata, e una mente
pragmatica e razionale; al contrario di Hanamichi, trovava l’idea
che gli era balzata in testa stranamente geniale per quanto in realtà comprendesse bene che fosse una colossale scemenza.
La verità nuda e cruda era che semplicemente aveva paura.
Il terrore di essere respinto seppur garbatamente; perché Yo di
questo era più che sicuro, Akira non lo avrebbe preso in giro
per la sua infatuazione né gli avrebbe rivolto
un’espressione di disgusto o parole offensive, lo pietrificavano.
L’unica alternativa era continuare a tacere su quel sentimento
che gli devastava l’animo attendendo che prima o poi si
affievolisse e scomparisse fino a ridursi a un tenero ricordo.
Ma a discapito di ciò che si ostinava a ripetersi, il suo corpo
tendeva ad avere la deprecabile abitudine di agire per conto proprio.
Per l’ultima volta, si
ripromise con fermezza mentre muoveva un passo dietro l’altro in
direzione dell’abitazione di Sendoh, dopo di ché non
avrebbe più prestato ascoltato al diavoletto che gli sussurrava
nelle orecchie né avrebbe più ripensato al giocatore.
La sua mente traviata da sogni d’amore adolescenziali si era
fatta convincere dell’innocenza del gesto che stava per compiere,
adducendo a spiegazione logica e razionale che solo esprimendo in
qualche maniera quel sentimento se ne sarebbe potuto completamente
scordare.
***
Akira tirò la linguetta della lattina di succo che aveva
acquistato al supermarket in cui si era fermato per rimpinguare un
po’ le scorte del frigorifero che ormai piangeva desolazione e
miseria.
Sia le lezioni che gli allenamenti si erano svolti regolarmente anche per quel giorno senza nessuna sorpresa
piacevole, poco prima della pausa pranzo si era recato nei dintorni
dell’edificio che ospitava la facoltà d’informatica
e con suo sommo dispiacere non aveva incrociato la figura di Mito.
Aveva anche saltato l’ora successiva per addentrarsi nei corridoi
dell’istituto senza avere alcuna fortuna, neanche in palestra il
giovane si era visto, al contrario dei suoi tre amici che avevano fatto
una capatina veloce.
Sendoh aveva ripensato a lungo alla stranezza del comportamento di
Yohei giungendo ad unica soluzione possibile, ossia che non ci fosse
assolutamente nulla di anomalo.
Sicuramente la sensazione di freddezza doveva essere stata una sua
semplice sensazione dettata dai suoi sentimenti,dall’insicurezza
dettata dal fatto non conoscere bene l’altro e dal non sapere
bene come doversi muovere lo facevano dubitare e preoccupare per ogni
minima inezia.
Diede un altro lungo sorso e rallentò leggermente
l’andatura quando vide la figura in lontananza socchiudendo
leggermente gli occhi per acutizzare la vista.
Non si era sbagliato o confuso, quello fermo in direzione del suo
cammino era proprio un panda, non un vero animale ma un uomo vestito da
tale esemplare.
Se ne vedevano spesso molti in giro per il centro, solitamente
sponsorizzavano con costumi più o meno fantasiosi; per qualche
strana regola riconducibile al marketing, vari esercizi commerciali, ma
era strano vederne uno lì.
Quella era un quartiere scarsamente movimentato e frequentato, forse il
dipendente non conosceva bene la zona e si era smarrito o semplicemente
abitava da quella parti e stava rincasando, anche se certo vestito in
quel modo dava nell’occhio.
Sendoh procedette indifferente, non voleva rischiare di imbarazzare
l’uomo, magari era un povero disoccupato padre di famiglia che
per mantenere e sfamare i suoi numerosissimi figli si era abbassato a
un simile lavoro.
Dicendosi che doveva smetterla di vedere certi film strappalacrime alla
tv procedette a superare l’orso gigante, ma proprio mentre stava
per scostarsi a destra per non finirgli addosso, il peluche a grandezza
uomo slittò su un piede bloccandolo.
Akira fissò la testa bianca con le macchie circolari nere
rimanendo immobile e perplesso provò a spostarsi a sinistra per
superarlo ma nuovamente il panda arrestò il suo cammino.
Stava per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa e cortesemente di
lasciarlo passare quando un braccio dell’uomo orso scattò
in avanti verso di lui con il palmo aperto proteso verso l’alto.
Fra la pelliccia sintetica era adagiato una scatolina quadrata avvolta con carta rossa e oro chiusa da un bel fiocchetto dorato.
Sendoh fissò il regalo e poi la testa inespressiva poi
nuovamente il pacchetto, la zampa pelosa si agitò nella sua
direzione, in un chiaro segno silenzioso di afferrare il dono.
“Emh dunque…” tentò di dire, ma ancora
l’arto si mosse sotto il suo naso in un gesto ancor più
pressante, Akira pensò bene di non contrariare lo strano
sconosciuto e allungò due dita e lentamente sfiorò il
nastro.
Sembrava non corresse pericoli di farlo imbestialire e così si
azzardò a prendere il piccolo regalo, il panda lo superò
senza dire una parola o voltarsi nella sua direzione.
Sendoh rimase a fissare la bizzarra creatura uomo- animale
allontanarsi, infine staccò gli occhi dalla pelliccia e
fissò il pacchetto indeciso sul da farsi, lo smosse un poco
alzandolo fino all’orecchio e ascoltando il rumore di qualcosa
che sbatteva al suo interno.
Si avviò a casa rigirandosi lo strano regalo fra le mani e anche
una volta all’interno dell’appartamento lo scrutò
pensieroso, poi si decise e lo scartò.
La scatolina era di una pasticceria alquanto rinomata del centro e al
suo interno giaceva un unico cioccolatino a forma di cuore, ovviamente
Akira era un ragazzo assennato e non si fidò a ingurgitare un
singolo pezzetto del dolce.
Il panda poteva essere un folle serial killer che regalava cuori al
cianuro o alla stricnina, richiuse la scatolina e la gettò nel
cestino dei rifiuti, dimenticandosene due ore dopo.
***
Mito fermò i piedi e con un sospiro si voltò per tornare indietro di qualche metro per la quinta volta.
Come ogni venerdì dopo le lezioni si era diretto al lavoro
part-time aveva indossato il costume noleggiato dal gestore del
ristorante in occasione dell’apertura del ristorante, aveva
afferrato il cartellone, i palloncini e i volantini che avrebbe
distribuito fino a sera.
Una volta però che il sole aveva iniziato a compiere la sua
discesa Yohei non si era diretto a liberarsi di quella fastidiosa e
bizzarra divisa come solitamente faceva, ma si era invece recato nella
direzione opposta.
Inutile dire che il suo corpo lo aveva condotto sotto casa del
giocatore dietro cui sospirava in silenzio, come aveva supposto le
finestre del suo appartamento non avevano le tendine tirate e la luce
in casa non era stata ancora accesa.
Akira non era ancora rincasato come era logico che fosse, dato che
sicuramente stava ritornando dalla palestra dove si era allenato fino
ad allora.
Come aveva giustamente previsto lo vide avvicinarsi con la sacca
sportiva a tracolla e la busta di un minimarket, sfiorò con le
dita rinchiuse nella pelliccia il cioccolatino acquistato il giorno
prima in pasticceria.
Si sentiva tanto una ragazzina delle medie alla sua prima cotta che
tremante e rossa di vergogna voleva donare la cioccolata di san
Valentino al ragazzo che gli piaceva, ancora non capiva dove avesse
trovato il coraggio di varcare la soglia del negozio di dolciumi,
mettersi in fila e silenziosamente indicare il cuore di cioccolata al
latte.
E ora benché fosse totalmente irriconoscibile dentro la pelle di
un finto panda made in Taiwan si sentiva tremare ogni fibra di corpo e
pelliccia sintetica.
Dopo che Akira ebbe afferrato il pacchetto stranamente lui
riuscì ad allontanarsi mantenendo un’andatura regolare, si
era aspettato di scappare a gambe levate e invece così non era
stato, alla fine era stato meno traumatico del previsto.
Una volta rincasato si tolse il costume a nolo e si fiondò sotto
la doccia e rimase sotto il getto dell’acqua tiepida a lungo.
Ora poteva togliersi Akira Sendoh una volta per tutte dalla testa,
decise sorridendo vittorioso alla sua immagine che si rifletteva nello
specchio opacizzato dal vapore.
Più o meno a metà Marzo
Akira si rigirò la matita fra l’indice e il pollice mentre
la testa si reclinava di più a sinistra sul palmo
dell’altra,
fissava il professore senza ascoltare neanche una parola di quel che stava dicendo.
A lezione si lasciava vincere sempre da quella specie di apatia ormai
da molti giorni e più nello specifico da quando, due settimane
dopo il suo compleanno, Mito non si era più fatto vedere in
palestra.
Aveva provato a incrociarlo casualmente per il campus, ma Yo sembrava
dotato di radar e forse così era visto che Akira incontrava
tutti tranne che lui.
Ormai stava finendo anche Marzo e il giocatore non aveva concluso
proprio un bel niente, chiedere a Sakuragi era un’idea scartata
già da tanto tempo, perciò stava valutando seriamente di
lasciar perdere quello sfuggente ragazzo.
Oltre tutto, se mai le cose avessero dovute finire come sperava, non
voleva ritrovarsi a iniziare una storia con uno spirito libero.
Praticamente Yohei era un fantasma non si sapeva mai dove o con chi fosse.
‘Ma sì, meglio metterci
una bella pietra sopra e passare ad altro non so neanche se sia libero
o quanto meno gay’ rifletté incrociando e afflosciando le braccia sul banco adagiandovi subito il capo.
Però il vecchio adagio gli turbinava sempre in testa ogni qual volta prendeva la decisione di lasciar perdere:
‘Tra dire e il fare c’è di mezzo il mare’ e lui non riusciva a dimenticarsi di Mito.
Probabilmente era perché rimaneva con troppi dubbi, se fosse
stato possibile un approccio normale e Akira avesse avuto la
possibilità di esporsi chiaramente ed essere respinto, non
avrebbe continuato a rimuginarci sopra così tanto.
Il fatto di non essere riuscito ad andare oltre qualche semplice frase
scambiata occasionalmente, non gli permetteva di arrendersi
definitivamente.
In cuor suo bruciava ancora viva la speranza.
Sebbene non fosse altro che una futile illusione la sua, non aveva
nulla di concreto a cui aggrapparsi, non voleva rinunciare tanto
facilmente.
Era sempre stato un tipo molto determinato, ma in quel caso rasentava,
una testardaggine che non sapeva di possedere, si stava incaponendo
oltre il dovuto.
***
“Ehi Yo!”
Mito si voltò verso quel richiamo riconoscendo subito la voce di
Hanamichi, l’amico lo raggiunse eliminando con poche falcate la
distanza che li separava poggiandogli poi una mano sulla spalla a modo
di saluto.
“Ciao Hana, come mai da queste parti?” gli chiese con un
sorrisetto impertinente, la biblioteca non era uno dei luoghi che
Sakuragi frequentava solitamente se non proprio quando vi era costretto.
“Cercavo te – gli spiegò non curandosi degli sguardi
infastiditi, dal tono alto della sua voce, degli studenti che sedevano
a uno dei grandi tavoli messi a disposizione e che cercavano con
solerzia di studiare. –E’ da parecchio che non riesco
più a vederti” continuò Hana.
“Te l’ho detto anche l’altro giorno al telefono, sono
piuttosto impegnato con i corsi e poi con il lavoro part
time”
Il giocatore lo fissò per qualche secondo senza dire nulla poi
chinò il capo per far sì che i loro occhi si trovassero
alla stessa altezza.
“Le lezioni non si tengono tutto il giorno e ora hai smesso di
distribuire volantini e lavori qualche volta la sera come cameriere,
perciò non inventarti scuse – riassunse Hana le
attività dell’amico - Non è che mi stai
evitando?” domandò diretto a brucia pelo.
Yohei sbatté le palpebre un paio di volte prima di scoppiare a
ridacchiare “Scusa e perché dovrei?” chiese di
rimando.
“E che ne so? Altrimenti mica ti venivo a cercare per
chiedertelo” scattò Sakuragi ritornando al consueto tono
di voce e meritandosi alcune occhiatacce ammonitrici.
“Ah così sei venuto solo per questo? E io che credevo che
venissi a cercarmi solo per chiedermi un prestito però devo
ricredermi” gli occhi di Hana si dilatarono e le guance si
imporporarono leggermente.
“Che cavolo dici? Mi stai dando del parassita? Ritieniti
fortunato di avere il tensai come amico, vuoi una testata?”
s’infervorò piccato perché Yo non aveva poi tutti i
torti.
“Ma insomma volete fare silenzio?”
“In biblioteca non si urla!”
“Se volete chiacchierare andate fuori”
Si lamentarono alcuni studenti e un paio di docenti, Hana trafisse gli
scocciatori con uno sguardo al vetriolo digrignando i denti e prima che
potesse rispondere a tono Mito lo trascinò per un braccio nel
corridoio esterno.
“Non le sopporto le biblioteche” si lamentò Sakuragi
fumando d’irritazione per non aver potuto inveire come avrebbe
voluto.
“Sei il solito casinista”esalò Yo per prenderlo in giro.
“Piantala o ti stendo- lo bloccò Sakuragi - Allora mi dici
che ti prende?” insistette incrociando le braccia al petto con
fare battagliero.
“Troppo studio e mi si sta fondendo il cervello dato che,
diciamocelo, non è che i miei neuroni siano tanto abituati a
lavorare” la buttò sullo scherzo Mito evitando di
rispondere.
“Dico sul serio Yo – fece Hana con una nota di
preoccupazione – Non pranziamo più insieme, hai sempre da
fare e non usciamo da un sacco di tempo, non vieni neanche in
palestra” si lamentò visibilmente contrariato della sua
costante assenza.
Yohei socchiuse leggermente gli occhi corrugando appena la fronte, indispettito da quella paternale che gli veniva proprio dall’amico.
“Si può sapere da quando mi devo giustificare con te dei
miei impegni?- esalò a bassa voce – E poi parli proprio
tu? Che in primo liceo ti è bastato vedere la gonna di Haruko e
una palla da basket per dimenticarti completamente di noi? Per
non rinvangare il fatto che quando ti sei messo con Rukawa sei
completamente sparito…”
“Sì vedo come non vuoi più ricordare
l’accaduto – sbuffò Hana messo in difficoltà
dal sentirsi ricordare i propri errori – Senti Yo proprio
perché mi sono comportato in quel modo tenendo te e i ragazzi a
distanza, ma soprattutto te, sono venuto a chiederti se ho combinato
qualcosa che ti ha fatto arrabbiare” spiegò mettendo da
parte ogni rammarico.
“Ma no, sono solo… molto impegnato” lo
rassicurò Mito mentre il senso di colpo iniziava a pungolarlo
fastidiosamente.
Era vero che lo stava evitando, ma non per colpa di Sakuragi o dei
ragazzi dell’armata, semplicemente cercava di non incontrare
Sendoh.
Aveva preso la decisione di restare il più lontano possibile da
Akira finché il suo cervello non avesse smesso di pensare a lui,
però ovunque si voltasse finiva per incrociarne la strada per
questo motivo preferiva rintanarsi nel laboratorio d’informatica
nelle ore di buco e non andare più a spiare gli allenamenti di
Hanamichi.
“Yo se hai qualche problema…” disse Sakuragi con un
filo di voce ed evitando di guardarlo negli occhi, in difficoltà
su come esprimersi.
“Lo so Hana, tu ci sei sempre – lo trasse d’impiccio,
fra loro non c’era mai stato bisogno di dirsi certe cose sapevano
perfettamente che ognuno poteva contare sull’aiuto
dell’altro – Ma davvero non ho nessun problema… beh
a parte che sono incasinato per il test della settimana prossima”
“Mh per quello arrangiati da solo, devo già studiare per due esami e non ho ancora aperto un libro”
“Chissà perché non avevo dubbi in merito”
“Che vorresti dire?” chiese Hanamichi avvolgendo un braccio intorno al suo collo e stringendo pericolosamente.
La tensione di pochi minuti prima si era dissolta, così
scherzarono per qualche minuto prendendosi in giro bonariamente a
vicenda poi Hanamichi propose all’amico un’uscita
pomeridiana. Insistette talmente tanto che Yohei, spinto anche dal
volersi scusare per le parole dette prima, accettò .
Si misero d’accordo per il giorno seguente dato che Mito non
doveva lavorare e acconsentì non molto entusiasticamente ad
incontrarsi fuori della palestra alla fine degli allenamenti del club
di basket.
Il giorno dopo…
Ad Akira non era sfuggito l’arrivo di Yohei né il fatto
che Sakuragi, al termine degli allenamenti, avesse gridato
all’amico che si sarebbe sbrigato subito a cambiarsi né
tanto meno che Mito, gli avesse sorriso e indicato con l’indice
la porta della palestra come a dirgli: Ti aspetto fuori.
Per qualche strana e oscura ragione, non più di tanto se si
fosse soffermato a pensarci un attimo, tutto ciò
indispettì Sendoh.
Il giocatore avrebbe voluto avvicinarsi e salutare il ragazzo che non
vedeva da parecchio, ma venne bloccato da Ayako e dall’allenatore
che lo ripresero aspramente per i continui ritardi.
Con la coda dell’occhio e senza prestare minimamente ascolto a
ciò che gli veniva detto, Akira osservò la figura di Mito
oltrepassare la porta.
Aveva sperato, invano, che Yohei si voltasse dalla sua parte
così che lui avrebbe potuto sorridergli e salutarlo e invece
nulla, appena la manager e il mister ritennero di essere soddisfatti lo
lasciarono andare negli spogliatoi.
Varcando la soglia anche se soprapensiero colse uno stralcio di
conversazione fra Rukawa e Sakuragi, che gli confermava quanto aveva
giustamente ipotizzato, ciò che però catturò la
sua attenzione fu lo sguardo pensieroso di Kaede.
Aprì il proprio armadietto recuperando con molta lentezza
l’occorrente per la doccia, facendo finta di nulla e fingendo
indifferenza totale Akira prese a chiacchierare con Kaede portando la
conversazione dove voleva.
“Tu e Hana oggi non andate a casa insieme, giusto?” domandò Sendoh innocente come un angioletto.
“Nh, esce con un suo amico”
“E la cosa ti scoccia?” perché a dire tutta la verità ad Akira dava fastidio un bel po’, non che fosse geloso sia ben chiaro.
Lui non era il tipo da attacchi isterici e scenate teatrali se il suo
ragazzo aveva un amico con cui usciva senza di lui figurarsi,
Sendoh era superiore a quelle cose.
‘Anche perché Mito non è il mio ragazzo’ si ricordò con fastidio spiegando alla faccia scura di Rukawa cosa intendesse dire.
“Sai essere gelosi è del tutto normale” fece ancora Akira con accondiscendenza cercando di mettersi nei suoi panni.
“Tzs è solo Mito, figurati se sono geloso di un tipo simile”
Nel sentire quelle parole Akira s’indispettì non poco, era
vero che Yohei non era appariscente e non catalizzasse
l’attenzione con la sua sola presenza come invece capitava a
Rukawa, però dire ‘è solo Mito’ con quel tono
di sufficienza liquidando così la faccenda non gli andò
proprio giù.
“Ah sì? Mi sembra che Sakuragi passi un sacco di tempo con quel ragazzo” lo pungolò mettendo più malizia del dovuto nel tono della voce.
‘
Se fossi in te staccherei gli occhi dalla palla da basket ogni tanto e
mi guarderei attorno, non sai che bel panorama ti perdi…
Pensandoci bene è meglio di no, non sia mai che Rukawa dovesse
mettersi in testa di lasciare Sakuragi e provarci col mio Yohei ’
Il successivo sguardo, la risposta e il tono della voce di Kaede staccarono Akira da quei pensieri un po’ bizzarri: “Sono soltanto amici, tutto qui”
"Non volevo mica insinuare altro” mentì
spudoratamente, anche se Rukawa non sembrò bersela evitò
di continuare quella discussione e invece inaspettatamente prese a
confidarsi con lui su ciò che realmente lo impensieriva.
Sendoh lo ascoltò con attenzione, inizialmente aveva attaccato
bottone con l’intenzione di scoprire qualcosa sull’uscita
di Mito e Sakuragi poi saputo il motivo della sua difficoltà il
sincero desiderio di essergli di aiuto ne aveva preso il posto.
Fu così che scoprì qualcosa che prima lo lasciò confuso e poi lo rese estremamente felice.
“Un’idea mi è
venuta in mente però: primo non ho molti soldi e secondo
l’idiota che si veste da panda…”
Akira neanche ascoltò il resto della frase.
Appena il suo udito ebbe captato la parola panda aveva preso a riportargli alla memoria l’incontro bizzarro avvenuto in febbraio, quando poi una seconda parola amico si scolpì con kanji di fuoco nel suo cervello il cuore di Sendoh ebbe un sussulto.
Con un’agitazione che non era da lui chiese a Kaede maggiori
delucidazioni in merito, una volta scoperto che la persona con tendenze
zoofile fosse Mito, al giocatore dai capelli a punta sembrò di
star toccando il cielo con un dito.
Ascoltò il resto del discorso di Rukawa e alla fine Akira gli
rivolse il sorriso più scoppiettante di gioia e felicità
che mai aveva provato prima affermando che lui possedeva la soluzione
al suo dilemma.
Dopo ciò che aveva scoperto si sentiva magnanimo e con entusiasmo decise che avrebbe aiutato Kaede.
Non fece altro che pensare a quanto saputo per tutto il resto del
pomeriggio, della sera e della notte, più rifletteva al fatto
che fosse Mito ad avergli regalato quel cuore di cioccolata e
più il cuore di Akira batteva forte, se lo avesse anche
minimamente sospettato non avrebbe buttato via il dono in quel modo.
Mai neanche per un secondo il dubbio che il gesto compiuto da Yohei non
avesse nessun legame con sentimenti romantici e amorosi lo
sfiorò, anzi tutt’altro Akira si sentiva finalmente
tranquillo in merito.
Per Akira quanto aveva fatto Mito era una chiara dimostrazione che il ragazzo provasse la stessa simpatia che nutriva anche lui.
Si sentì motivato a non arrendersi e prese la decisione che
avrebbe prima messo Mito davanti al fatto che lui sapeva; Sendoh era
più che sicuro che avrebbe visto gli occhi di Yohei sgranarsi e
tingersi di stupore e imbarazzo, a quel punto Akira lo avrebbe
rassicurato affermando a sua volta di provare per lui gli stessi
sentimenti.
Immaginandosi le guance di Mito tingersi di un leggero rossore
verginale, il giocatore si recò all’università non
riuscendo a smettere di sorridere come un cretino.
Come era accaduto nei giorni precedenti Sendoh non riuscì a
incontrare Mito e quindi il suo piano non poté essere attuato in
breve tempo, al contrario di come aveva ipotizzato, l’occasione
gli si presentò solo alcuni giorni dopo.
26 Marzo
Akira aveva proposto a Kaede di regalare a Sakuragi un romantico fine
settimana fuori città organizzando lui il tutto, approfittando
del fatto che avesse degli zii che gestivano un onsen era
riuscito a fargli avere uno sconto molto vantaggioso.
La sera prima aveva preso gli ultimi accordi con lo zio fornendogli i
nomi degli amici e il giorno di arrivo, ora si stava recando a
raggiungere l’edificio in cui Rukawa seguiva le lezioni per
confermargli l’avvenuta prenotazione.
Una volta giunto chiese ad un paio di studenti fermi a chiacchierare
davanti ad una delle macchinette dell’androne, quale fosse il
piano in cui si trovava il laboratorio d’inglese in cui sapeva
Kaede lo stava aspettando.
Fu una piacevole sorpresa quindi per lui intravedere nell’aula
non solo il compagno di squadra, seduto ad una delle postazioni che si
utilizzavano per l’ascolto dei cd di lingua, ma anche Mito in
piedi di fronte a Kaede.
I sensi di Sendoh si allertarono notando il modo in cui i due si
stavano guardando senza dirsi nulla, gli era chiaro che qualcosa di
grave doveva essere accaduto fra i due.
Ipotizzando che fosse capitato in mezzo a un bisticcio salutò
allegramente richiamando la loro attenzione, sperando così di
smorzare la tensione che aleggiava nella stanza vuota a parte loro tre.
Capì di non aver preso una saggia decisione quando gli occhi di
Mito si staccarono da Rukawa per posarsi un secondo su di lui, sembrava
oltre modo scocciato anche se forse i termini più indicati per
esprimere la sensazione che ebbe erano innervosito e infastidito.
Yohei senza dire neanche un ciao si incamminò verso l’uscita.
“E’ da un bel po’ che non ci vediamo”
tentò di fermarlo in quel modo Akira spostandosi in maniera da
mettersi sulla sua strada, Yohei non lo degnò né di
risposta né di uno sguardo.
Il giocatore rimase confuso una volta di più da
quell’atteggiamento così in contrasto con il carattere
sempre allegro che Yo aveva dimostrato di possedere.
Lo osservò lasciare il laboratorio e quando lo vide scomparire
in corridoio si voltò verso Kaede che era rimasto indifferente
seduto al banco e stava svolgendo il filo di un paio di cuffie.
“E’ successo qualcosa?” gli domandò
avvicinandosi, intuendo che la reazione di Mito dipendesse da quanto
era capitato prima del suo arrivo.
“No, niente”
“Però Mito aveva una faccia e quando sono entrato sembrava
che steste per saltarvi al collo da un momento all’altro”
insistette deciso a scoprire cosa fosse accaduto.
Non poteva credere ed accettare tanto facilmente le parole di Kaede
perché in quel caso l’unica spiegazione logica era che
Yohei soffrisse di doppia personalità: una gentile, allegra e
tranquilla l’altra diffidente, scostante e cupa.
Attesa la risposta di Rukawa mentre considerava comunque quella
eventualità prendendo a riflettere, che si sarebbe iscritto alla
facoltà di psicologia sperando di poter recuperare in fretta la
maggior parte degli esami.
“Mh quell’idiota si è offerto di aiutarmi a
organizzare una festa a sorpresa per il do’hao”
esalò Rukawa mentre Akira poggiava le sue borse nella postazione
accanto.
“Beh è stato gentile”
“Tzs poteva offrirmi il suo aiuto quando glielo chiesi tempo fa” controbatté sbuffando Kaede.
“Quindi avete discusso per questo?” indagò ancora
Akira pazientemente, non escludendo di cambiare ramo di studi
constatando che quella specializzazione poteva tornargli utile con
più soggetti.
“No, gli ho detto di non azzardarsi a fare niente o gliel’avrei fatta pagare”
Sendoh prese un profondo respiro prima di chiedere ancora: “Quindi è per questo che avete discusso?”
Kaede lo fissò un secondo alzando un sopracciglio leggermente
scocciato dalla sua insistenza, ma poi gli spiegò a grandi linee
cosa fosse accaduto.
“Quindi se ho capito bene è venuto a cercarti per sapere
se avevi escogitato qualcosa per il compleanno di Hanamichi e tu gli
hai dato ad intendere che non avevi organizzato nulla, al che Mito si
è offerto di aiutarti a preparare una festa a sorpresa e tu gli
hai detto di non azzardarsi a fare nulla o gliel’avresti fatta
pagare. Esatto?” ricapitolò a sua volta ottenendo un cenno
affermativo dall’altro giocatore.
Akira rimase in silenzio per alcuni secondi ponderando quanto saputo.
“Non gli hai detto niente perché te la sei presa per il
fatto che quando gli hai chiesto un consiglio Mito ti ha risposto in
quel modo, vero?”
“Tzs no! E’ amico del do’hao quindi cretino a sua
volta, se glielo dicevo di sicuro spifferava tutto ad Hana”
rispose Kaede dando la sua giustificazione in quella mezza
verità, non avrebbe mai ammesso ad Akira Sendoh che ci aveva
preso in pieno, aveva agito in quel modo per semplice ripicca.
“Mh… capisco- fece Akira non credendo neanche ad una
parola- Tu e Mito non siete in buoni rapporti da quel che mi pare di
capire”
Non sapeva bene il perché, ma a Sendoh dispiaceva, forse
perché a lui Yo piaceva così tanto, anche se lo conosceva
poco, da desiderare che tutti vedessero ciò che aveva intravisto
lui.
“Mh non è che parliamo molto, ma neanche ci ignoriamo, ci siamo indifferenti tutto qui ”
“Però è il migliore amico di Sakuragi e di sicuro
ci sarà rimasto male ora per quel che gli hai detto, credo che
dovresti fare uno sforzo anche se capisco che col tuo
carattere…”
Akira bloccò le successive parole quando si accorse che Rukawa
lo stava fissando con gli occhi socchiusi, non capì se in
maniera minacciosa o meno.
“E a te che importa se io e Mito non andiamo d’accordo? Mica sono affari tuoi”
“E’ vero però immagino che a Sakuragi dispiacerebbe
scoprire che il suo ragazzo e il suo migliore amico si detestano”
“Vedi di non immaginare proprio un bel niente sul do’hao”
Le labbra di Akira tremarono un istante poi il ragazzo scoppio a ridere di gusto.
“Accidenti come sei geloso, pensavo fosse Sakuragi la testa calda fra voi due e invece”
“Tzs, dimmi quel che devi e poi vattene!” esalò Kaede tirando fuori dallo zaino un libro di testo inglese.
01 Aprile
“Dai Yo, ormai vi ho scoperto”
“Hana davvero lo giuro, non so
di nessuna festa. Se Rukawa ha organizzato qualcosa a me non l’ha
detto e neanche agli altri lo sai come sono fatti quei tre, non
riescono a tenere la bocca chiusa”
Yohei osservò gli occhi nocciola dell’amico riempirsi di
tristezza e di dispiacere, strinse un pugno mentre sentiva la rabbia
montargli dentro, era proprio per evitare di dover vedere il
quell’espressione sul viso di Hana che si era deciso ad andare a
parlare con Rukawa in merito al compleanno di Sakuragi.
Già quella mattina, quando aveva capito che Rukawa si era
dimenticato di fare gli auguri ad Hanamichi, si era preoccupato un
poco, conosceva l’amico e aveva intuito come si aspettasse
qualcosa di speciale e infatti non aveva avuto torto.
Hana aveva atteso l’ora di buco per venirlo a cercare e tutto scoppiettante ed entusiasta gli aveva chiesto di rivelargli
cosa avesse in mente la kitsune, a Yo si era spezzato il cuore dovergli
ripetere più volte che lui non ne sapeva davvero nulla.
Certo non credeva possibile che Kaede fosse tanto smemorato o che non
avesse organizzato niente, proprio per questa ragione c’era
rimasto male quando Rukawa si era rifiutato di dirgli qualcosa.
La reazione di Kaede nell’intimargli di non preparare nessuna
festa era stata troppo definitiva e violenta perché non fosse
sospetta, nascondeva qualcosa che voleva tener nascosto anche a Mito e
questo per Yo era stato un brutto colpo.
Si era sentito messo da parte, escluso dalla vita di Hanamichi,
allontanato dal suo migliore amico, perciò si era tanto
risentito tanto che quando era arrivato Sendoh, Yo, aveva scaricato
anche sull’altro giocatore il suo risentimento.
Akira non c’entrava nulla in quel piccolo battibecco, però
si era ritrovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Mito in quell’istante ce l’aveva solo con Kaede ed era
particolarmente nervoso, in più il rendersi conto che
nonostante tentasse di sopprimerlo con tutte le sue forze il semplice
vedere Akira gli aveva fatto mancare il respiro, non aveva giovato e
anzi lo aveva irritato maggiormente.
Si rese conto che nella testa di Hanamichi non stessero passando bei
pensieri e cercò una soluzione logica per rassicurarlo e
restituirgli il buonumore.
“Rukawa ti conosce bene, sa
quanto sei curioso e come ti rovini sempre le sorprese per questo.
Sicuramente ha pensato che saresti venuto a minacciarmi per farmi
parlare, quindi non mi avrà detto nulla appositamente”
Sakuragi si riprese subito come si era aspettato, Hana era davvero
innamoratissimo della sua volpe e aveva una fiducia totale in lui, per
questo Yo volle concedere la stessa fiducia a Kaede per quanto gli
ultimi avvenimenti fossero contro di lui.
Rukawa ricambiava i sentimenti di Sakuragi e non lo avrebbe mai e poi
mai fatto soffrire, probabilmente voleva portarlo a cena in qualche bel
posticino, soltanto loro due, Yo si convinse che fosse quella la
ragione delle sue parole.
***
Akira si appoggiò al muro con le braccia incrociate al petto
rimanendo a fissare Ryota con un sorriso entusiasta sul viso, Miyagi
era accucciato sui talloni e dopo un secondo gli rivolse un ghigno
divertito.
“Ci sto! Mi piace l’idea cha ha avuto Rukawa di far stare
Hana sulle spine fino all’ultimo minuto. Certo però non
credevo avrebbe chiesto proprio a te di aiutarlo”
“Perché no?” chiese Akira confuso, lui era un tipo affidabile e molto organizzato… se voleva.
“Mi aspettavo si rivolgesse a Mito o lo avrei capito di
più se lo avesse domandato ad Ayako, insomma parliamoci chiaro a
te non è che ti sopporta tanto” spiegò
schietto Ryota.
“La nostra è solo una tensione sportiva che si scatena esclusivamente sul campo da basket”
“Mh sarà così per te, ma non per Rukawa, fidati, il
suo mondo è solo il campo da basket, non esiste
nient’altro anche quando non è sul parquet ”
“Beh in effetti – convenne Akira con lui- No dai non
è vero, c’è anche Sakuragi. Comunque abbiamo
pensato a te Ryo perché sei quello più legato ad
Hanamichi in squadra e sei il tipo di persona che farebbe una proposta
simile senza pensarci sopra due volte ”
“Avete fatto bene io e Hana siamo piuttosto in sintonia, non
c’è problema e poi verrà anche la mia
Ayakuccia” prese a gongolare tutto allegro, Akira sorrise
scuotendo la testa ammirando la sua costanza e tenacia, fosse stato in
lui si sarebbe già arreso dopo il primo anno di corte
infruttuosa.
“Allora intesi, nasconditi dietro la palestra ed entra dopo
Sakuragi, così poi negli spogliatoi puoi chiedergli della
serata” riassunse il compito affidato a Ryota.
“Eh no!- lo interruppe Miyagi con un ghigno – Ci
nascondiamo, non crederai che aspetti da solo? Se conosco Hanamichi
verrà in ritardo per fare un’entrata trionfale da
tensai”
“Ma io arrivo sempre tardi” gli ricordò Sendoh con un sorriso.
“Perciò oggi vedi di essere puntuale o vi scordate il mio aiuto e poi te la vedi tu con Rukawa”
Come aveva ipotizzato Ryota il giocatore dai capelli rossi arrivò in ritardo.
Per il fatto che Myagi lo aveva costretto a fargli compagnia ad Akira
non sfuggì l’espressione triste e molto delusa di
Hanamichi quando l’amico gli chiese come avessero in mente di
festeggiare lui e Kaede.
Fu per quella ragione che durante la partita di allenamento Sendoh si fece stoppare volutamente da Rukawa.
“Hai portato con te il regalo per Sakuragi?” gli chiese in
un bisbiglio mentre faceva sgusciare la palla fra le gambe cambiando
mano.
“Nh” fece Kaede distogliendo per un secondo lo sguardo dalla sfera.
“Allora ti consiglio di darglielo subito e di non aspettare, Sakuragi ci è rimasto proprio male”
“L’idea era proprio questa” esalò Kaede lasciandolo basito.
Era vero che il regalo effettivo
che Hanamichi avrebbe ricevuto due giorni dopo lo avrebbe ripagato di
quel piccolo dolore, però la sua espressione triste aveva molto
colpito Sendoh.
“Sì però così si rovinerà la
ser… Ehi!” fece ad alta voce quando la palla gli venne
sottratta e Kaede corse a canestro indifferente a quel che
diceva.
Akira non riuscì più a terminare la frase e quando
l’allenamento finì non ce ne fu più alcun
bisogno,quando vide Ruawa porgere il pacchettino ad Hanamichi e poi il
volto del ragazzo risplendere di felicità prima di buttarsi fra
le braccia della sua amata volpe tutto felice.
“Mito?”
s’informò la manager e Sendoh tese le orecchie anche lui
voleva sapere quando sarebbe arrivato, quella sera era la sua occasione
d’oro.
“Non può venire, se ce la fa ci raggiunge dopo”
rispose la voce di Hanamichi infrangendo la sua illusione, ma non si
perse d’animo e prese a pregare con fervore perché il
ragazzo facesse in tempo e li raggiungesse, ma così non accadde.
“Ehi porcospino- fece Sakuragi avvicinandosi a lui quando
uscirono dal locale e si ritrovarono in strada.- Non sembri giù
di morale”
“Mh in che senso?” domandò cercando di capire a cosa alludesse in particolare.
Hanamichi si ficcò le mani in tasca e lo squadrò a lungo
in maniera un po’ minacciosa mentre intorno a loro, i compagni di
squadra uscivano dal locale e li raggiungevano chiacchierando ad alta
voce.
Hana smise di squadrarlo e non gli rispose voltandosi con un sorriso a
salutare alcuni dei ragazzi, che dovevano andare nella direzione
opposta alla loro per rincasare.
Sendoh corrucciò appena la fronte non capendo che cosa fosse
appena successo né che cosa volesse Sakuragi di preciso,
però uno sguardo simile Hanamichi glielo aveva già
rivolto.
Era accaduto la sera del suo compleanno quando Hana e Ryota avevano
interrotto la chiacchierata di lui e Mito, in quell’occasione
Sakuragi gli aveva rivolto la stessa occhiata e come questa volta ad
Akira non era piaciuto affatto.
Ripromettendosi d’indagare e chiarire qualsiasi cosa stesse
succedendo col compagno di squadra Sendoh augurò la buonanotte
al restante gruppo e si avviò a casa.
02 Aprile
Yohei era quanto meno furibondo si sentiva così dal pomeriggio
prima e la causa era Kaede Rukawa e il grave torto che gli aveva fatto.
Kaede non solo aveva avuto il coraggio di non organizzare nemmeno una
misera cena al fast food per il compleanno di Hanamichi, ma aveva anche
vietato a lui, rabbiosamente a suo dire, di preparagli una bella festa a sorpresa.
Il risultato era stato che Mito quando aveva ricevuto la telefonata dal
ristorante in cui gli chiedevano di sostituire un cameriere aveva
accettato mancando così il festeggiamento di Hana. La cosa che
gli faceva più rabbia era che lui fosse l’unico ad essere risultato assente.
Quando aveva incontrato i ragazzi dell’armata quella mattina gli
avevano riferito della serata divertente e splendida che lui si era
perso, infierendo ancor di più, informandolo che erano presenti
anche alcuni compagni di classe di Hanamichi.
Inevitabilmente anche il nome di Midori era spuntato fuori acutizzando il suo nervosismo.
Da una parte si era sentito felice di non aver partecipato
all’uscita; vedere Sendoh e la studentessa tubare di fronte a lui
era l’ultima scena a cui avrebbe voluto assistere, ma quella in
caso doveva essere una sua scelta non di Rukawa.
Yo capiva di essere estremamente irrazionale in quel momento ,era ovvio
che Kaede non l’avesse fatto apposta, era solo un caso che lui
avesse accettato di andare al lavoro, nessuno lo aveva costretto.
Certo c’era da dire però che se Yo avesse saputo che
Rukawa non aveva organizzato nulla si sarebbe tenuto libero, alle
brutte lui e i ragazzi dell’armata potevano presentarsi a casa
dei due giocatori con qualche bibita e una torta e festeggiare Hana.
Invece era andata diversamente e in più poche ore prima aveva
dovuto osservare la delusione e la tristezza sul volto
dell’amico, se già aveva un buon motivo per avercela con
Kaede ora il giocatore lo aveva definitivamente contro.
Yohei aveva chiesto ad Hanamichi di saltare un’ora di lezione per
incontrarlo non solo perché voleva scusarsi di non essere stato
presente la sera prima, ma soprattutto perché conoscendo bene
l’amico sapeva come si sentisse in quel momento.
Hana aveva subito una cocente delusione, questo perché aveva
sperato fino all’ultimo che Kaede avesse organizzato qualcosa di speciale
per festeggiarlo, all’amico non interessava il gesto, in
sé per sé qualsiasi cosa la volpe avesse escogitato gli
sarebbe andata bene e l’avrebbe apprezzata dal profondo del cuore.
Il fatto che Rukawa non avesse mosso neanche un dito per lui aveva
ferito Sakuragi che per quanto si sforzasse di non darlo a vedere non
poteva nascondere la cosa a Mito.
Per questo motivo Yohei lo aveva voluto incontrare e sempre per la
stessa ragione aveva cercato di tirarlo su di morale mettendo da parte
l’irritazione che sentiva facendo notare all’amico, che
comunque Kaede aveva fatto qualcosa per lui.
Yohei aveva convinto Hanamichi ad uscire con lui quella sera per
rifarsi di essere mancato la sera prima e si misero d’accordo per
incontrarsi al termine degli allenamenti.
Yo si recò in palestra deciso anche a dirne quattro come si
doveva a Rukawa, dimenticò completamente il suo proposito di non
recarsi più in palestra per non incontrare Sendoh e si
avviò stringendo i pugni.
Neanche vide Akira che si allenava in campo con gli altri giocatori
troppo concentrato a lanciare occhiatine fulminanti alla schiena di
Kaede, quando l’allenatore mandò i ragazzi a farsi la
doccia Yo decise di approfittare dell’assenza dell’amico e
del fatto che Rukawa fosse rimasto ad eseguire una serie di tiri liberi
per mettere le cose in chiaro.
Non voleva litigare col il ragazzo del suo migliore amico né
impicciarsi dei loro affari privati, ma neanche Rukawa doveva
intromettersi nella sua amicizia con Hana né azzardarsi a farlo
soffrire.
Dire che Mito fosse nero era estremamente riduttivo.
Era riuscito a contenersi e a mantenere la sua solita aria tranquilla
per tutto il tempo in cui Hana era rimasto presente, ma una volta che
l’amico era sparito dietro la porta degli spogliatoi, Yohei aveva
lasciato che sul viso trasparissero i suoi reali sentimenti.
Non dovette neanche aprire bocca per chiamare Kaede che il giocatore si avvicinò a lui di sua spontanea volontà.
“So che stasera esci col do’hao – aveva preso a dire Rukawa continuando senza aspettare risposta - fallo dormire da te e domani alle nove rimandalo a casa, che c’è una lettera”
Yohei rimase un secondo interdetto e non ebbe il tempo di replicare che Rukawa si era già allontanato di corsa.
“Ehi!” lo richiamò indignato da quella frase che
sapeva di ordine assoluto, il giocatore neanche si voltò e
sparì negli spogliatoi.
Mito rimase a fissare la porta un secondo in più poi
s’infilò le mani in tasca e stringendo le labbra
uscì all’esterno.
“Mh vedo guai in vista” esalò la voce di Ayako al fianco di Akira.
Sendoh si era trattenuto qualche minuto in campo volendo approfittare
della presenza di Mito per parlargli, era stato però preceduto
da Kaede, ma quel che lo aveva in realtà fermato era stato lo
sguardo di Yohei.
“Sembrava piuttosto arrabbiato” convenne il giocatore con
la ragazza che stava terminando di scrivere qualcosa su un blocco.
“I tipi come Mito quando s’infuriano sono anche più
spaventosi di quelli che perdono regolarmente le staffe”
affermò la manager.
“Che vuoi dire?” chiese lui che sapeva che la ragazza lo conoscesse dal liceo.
“Beh Yohei è il tipo di ragazzo che ha un bel carattere
allegro, solare, compagnone ma non eccessivamente, tranquillo e
piuttosto assennato, quindi non ti aspetti che possa arrabbiarsi
facilmente perciò quando un tipo calmo e mite come lui perde la
pazienza risulta più…”
“Spaventoso” terminò per lei Sendoh.
Anche lui era rimasto colpito dalla rabbia del suo sguardo, senza
perdere tempo si recò negli spogliatoi. Sakuragi stava
terminando di vestirsi mentre Rukawa era già sotto la doccia,
attese perdendo tempo cercando nel borsone che il primo salutasse e
uscisse e il secondo terminasse di lavarsi.
“Senti Rukawa che è successo poco fa con Mito?” chiese diretto a bassa voce accostandosi al suo armadietto.
“Nh?” domandò di rimando Kaede non capendo.
“Prima ti sei avvicinato a Mito e gli hai parlato”
“Stasera il do’hao esce con lui, così gli ho detto
che non doveva far rientrare Hana stanotte e che domani mattina alle
nove deve rispedirlo a casa”
Sendoh rimase a fissarlo a bocca aperta “Ma lui conosce il
motivo? Voglio dire Rukawa, hai detto a Mito quello che hai organizzato
a Sakuragi?” si spiegò meglio.
“No” Akira sbatté le palpebre un paio di volte.
“Ci credo che ti guardava in quel modo”
“Nh?”
“Sì insomma era chiaro che fosse furioso”
Rukawa non si era accorto di nulla o quanto meno non gli aveva fatto
nessun effetto, Kaede non si impressionava facilmente per qualche
semplice occhiata storta.
“Oh santo cielo, tu vuoi proprio litigare con lui” si arrese Sendoh di fronte all’evidenza inconfutabile.
“Nh?”
“Insomma non ti sembra di esserti comportato male nei suoi confronti?” chiese dispiaciuto per Yohei.
“Parli di Mito?” Kaede sembrava incredulo.
“Sì- esalò Akira alzando un secondo gli occhi al
cielo- Insomma è il miglior amico del tuo ragazzo e non gli hai
detto niente di quello che stai organizzando per Sakurag,i
benché lui te l’abbia esplicitamente chiesto” Rukawa
lo fissò dal basso, dato che era seduto sulla panca, con le mani
immobili sul grembo che stringevano fra le dita i pantaloncini che
stava piegando.
“Dì un po’, ma a te com’è che interessa
tanto?” quella domanda Sendoh non se l’aspettava, ma
fortunatamente era un tipo che sapeva dissimulare benissimo.
“Semplice curiosità, mi sembra più che chiaro che
qualcosa ti spinge a comportarti così con lui mi domandavo se
non fosse davvero gelosia- le dita di Kaede si fermarono di nuovo e il
giocatore lo fissò socchiudendo gli occhi, Akira gli
sorrise spiegandosi meglio – E’ piuttosto evidente che Mito
e Sakuragi hanno un rapporto molto forte che li lega e stavo
ipotizzando che magari tu potessi sentirti…”
“Non ho quel tipo di paura, sono solo amici te l’ho già detto”
“E allora perché vuoi discutere a tutti i costi con Mito?”
“Nh? Ma che t’inventi?”
“Beh mi sembra che gli stai facendo i dispetti”
“Nh? Ma siete tutti do’hao allora- sbuffò Rukawa
spazientito – Se dico a Mito quel che voglio fare di sicuro si fa
scappare qualcosa con Hana, li conosco gli amici del do’hao tutti
inaffidabili”
“Mito non mi sembra inaffidabile – rispose prima di potersi
mordere la lingua, ma gli era venuto spontaneo prendere le difese di
Yohei - Piuttosto sei sicuro che ora Mito farà come gli hai
detto? Insomma visto che non gli hai detto per quale ragione deve
rimandare a casa Saku…”
“Lo farà” disse semplicemente Rukawa convinto e sicuro.
“Scusa posso chiederti come mai ne sei tanto sicuro?”
indagò colpito dalla sua tranquillità, Kaede che nel
frattempo si era rivestito, terminò di allacciarsi le scarpe e
prima di iniziare a riporre la propria roba diede un fugace sguardo al
giocatore in piedi accanto a lui.
“Perché Mito lo ha capito che sto preparando qualcosa per Hana”
“Mh… - fece poco convinto Akira, non che non avesse
fiducia nella perspicacia di Yohei – Non vorrei insistere Rukawa,
ma non credi sia meglio avvertire Mito e informarlo? Secondo, il
biglietto del treno, Sakuragi non ha a disposizione molte ore e se Mito
non lo accompagna col motorino…” constatò la
semplice realtà, ma venne interrotto una seconda volta.
“Tzs ora è col do’hao quindi anche volendo non posso
dirgli nulla e comunque lo farà anche se non gli dico niente. Ho
già in mente un messaggio da mandargli domani mattina e non
potrà non rifiutarsi di aiutare Hana”
Akira era davvero colpito, non sapeva esattamente che rapporto
intercorresse fra loro ma era fuor di dubbio che Kaede conoscesse bene
sia il suo ragazzo che i suoi amici per avere tutta quella sicurezza
nel fatto che si sarebbero aiutati in quel modo.
“E che messaggio è?” indagò curioso di saperne di più.
Kaede tirò fuori il cellulare dallo zaino e cercò in
rubrica, dopo un secondo gli porse il telefonino perché leggesse
da sé il testo che aveva già scritto, Akira non ci
impiegò che un secondo.
Si sedette accanto all’altro giocatore e lo fissò
sorridendo “Mi stai prendendo in giro, vero?” chiese
ridacchiando.
“No” lapidario, conciso e del tutto naturale Kaede non stava mentendo.
“Vuoi dire che hai davvero intenzione di inviargli questo?-
Sendoh era allibito non poteva crederci – Se io ricevessi un
simile messaggio ti manderei al diavolo e non farei quel che mi chiedi
tanto gentilmente. Al do’hao serve un passaggio ma che messaggio è? Non gli spieghi nulla”
“Fortuna che Mito non è te ed è un’idiota, vedrai che lo farà” controbatté Kaede.
Akira sgranò gli occhi e gli ficcò il cellulare nelle mani “Non è un idiota”
“Tzs non lo conosci”
“E’ vero non lo conosco, ma non mi sembra uno stupido,
comunque affari tuoi ma ti consiglio di frequentare un corso sulle
relazioni interpersonali ” lo prese in giro scuotendo il capo.
“Non sono una persona che mente, se considero qualcuno idiota lo
dico chiaramente e poi…” Rukawa s’interruppe e
finì di infilare le ultime cose nella sacca prima di chiudere la
zip.
“E poi?” lo spronò Akira a continuare rimanendo in attesa.
“E poi conoscendo Mito non serve scrivergli altro, basta dirgli
che al do’hao serve una mano e lui si precipita, Hana è
fatto allo stesso modo”
“Però sono davvero uniti – valutò piano Akira
sentendosi un po’ invidioso – Sicuro che non ti dia
fastidio?”
“A me no e a te?” esalò Kaede.
Sendoh lo fissò sorridendo allegro mentre gli rispondeva: “A me no di sicuro, il ragazzo è tuo”
Kaede lo fissò a lungo senza fare una piega tanto che Sendoh
decise di alzarsi per andarsene in doccia prima che il discorso
peggiorasse.
“Sendoh dì un po’, ma a te Mito piace si o no?”
Il flacone del bagno schiuma scivolò un poco dalle dita che
persero la presa per una frazione di secondo “Te lo ha detto
Sakuragi e io che credevo che avesse tenuto la bocca chiusa”
ridacchiò sentendosi un completo imbecille, Rukawa lo aveva
fregato.
“Tzs non c’è niente che il do’hao non mi
dica” sentenziò con orgoglio Kaede che andava molto fiero
del rapporto che aveva con Hanamichi.
Sendoh riprese posto sulla panca accanto all’altro giocatore
tirando un profondo respiro : “Sì, mi piace” ammise
felice di poterlo dire ad alta voce.
“Mh lo avevo capito”
“Eh? E’ così evidente?”
“Tzs ti sei arrabbiato tanto solo perché ho detto che Mito è idiota”
“Non è vero non mi sono… - Akira preferì non
continuare, si era scaldato eccome, non troppo, ma per i suoi standard
era già molto – Così mi stavi stuzzicando
apposta?”
“Mh, eri divertente - affermò tranquillo, mentre
l’altro giocatore ridacchiava divertito – Ti do il numero
di Mito così domani lo chiami e gli spieghi perché non
gli ho detto niente” gli disse senza nessuna espressione
particolare sul volto.
“Eh che dovrei dirgli? Non che non vorrei chiamarlo sia ben
chiaro” chiarì subito quell’idea gli piaceva
parecchio.
“Gli racconti dove sto portando il do’hao e gli spieghi che
non gli ho detto niente perché altrimenti Hana lo scopriva”
“E che volevi fargliela pagare per non averti aiutato” lo pungolò Sendoh ricevendo una sua occhiataccia.
“E che ti dovevo un favore e che in questo modo ricambio” terminò Rukawa
“Mh mi costerà parecchio di telefono”
“Tzs lo inviti fuori, siete tutti do’hao” sputò con saccenza malcelata Kaede.
“Certo e secondo te Mito non ha nient’altro da fare
che uscire con me. Non che sarebbe splendido ma è
improbabile”
“L’unico impegno che hanno gli amici del do’hao
è uno solo, quello di ricordarsi di respirare”
Akira rimase in silenzio prima di scoppiare a ridere, sarebbe stato
bello chiamare Mito e incontrarlo da qualche parte e finalmente
potergli parlare solo loro due senza nessuna interruzione, quella era
l’occasione che stava aspettando con ansia avrebbe finalmente
potuto capire cosa pensasse e provasse Yohei per lui.
“Dì un po’ – esalò ancora Rukawa – ma vuoi provarci con Mito, si o no?”
“Sì ” ammise sincero.
Kaede si piegò verso la borsa e ne tirò fuori dal taschino un foglietto di carta che gli porse.
“Allora datti una mossa – fece mentre raccoglieva le
proprie cose, però prima di avviarsi all’uscita gli disse
ancora – Non so che ne pensi Mito di te però so che se lo
prendi in giro o lo fai soffrire per te è finita”
“Eh? Come siamo minacciosi, Rukawa non pensavo ci tenessi così tanto a Mito”
“Tzs non io, Hanamichi” fece prima di oltrepassare la porta.
Akira comprese con quella semplice frase perché aveva avuto
quella strana sensazione tanto spiacevole quando in due occasioni
Sakuragi lo aveva fissato, ma ad Akira piaceva davvero Yohei per quanto
fosse una cosa talmente irrazionale da dire.
Non si conoscevano e avevano scambiato troppe poche frasi, tanto
da potersi dire che non avessero avuto una conversazione intera, eppure
l’affetto che sentiva per lui non l’aveva mai provato prima
di allora.
03 Aprile
Yohei sbadigliò per la quarta volta fissando Hanamichi salire
gli scalini del tempio due alla volta, la sera prima aveva fatto
tardissimo e lui aveva troppo sonno e un inizio di incipiente mal di
testa prese a farsi sentire.
Puntò bene i piedi a terra allargando un po’ le gambe,
piegò le braccia sul manubrio e vi poggiò sopra il mento
socchiudendo gli occhi, il telefonino prese a trillare disturbandolo
nel semi riposo che si stava concedendo, con uno sbuffò
contrariato tirò il cellulare fuori dalla tasca del giacchetto.
Il numero che compariva sul display gli era sconosciuto, ma rispose
ugualmente, poteva essere qualcuno del ristorante che lo cercava con
urgenza benché per quella settimana non dovesse lavorare.
“Pronto?” fece cercando di reprimere un nuovo sbadiglio.
“Ciao Mito, sono Akira Sendoh”
Yo rimase in silenzio mentre pensando che stesse sognando e trovando
assai grave il fatto che ora addirittura sognasse il giocatore, quella
situazione invece che soffocarsi si stava aggravando.
“Emh Mito? Ci sei?”
Yohei raddrizzò la schiena e per sicurezza, dato che non si
fidava, si pizzicò una coscia il dolore era reale e tangibile.
“Pronto Mito?” chiamò ancora la voce di Sendoh
“Sì, sono io… cioè ci sono” si
corresse dandosi dell’imbranato, la risatina di Akira gli
accarezzò l’orecchio.
“Ciao, scusa forse ti disturbo?”
“Mh no”
“Puoi parlare? Voglio dire in questo momento sei solo?”
Yo ci mise qualche secondo prima di rispondere : “Sì” confermò titubante.
“Ecco volevo chiederti se potevamo incontrarci avrei bisogno di parlarti”
Mito continuò a rimanere in silenzio mentre quelle parole
continuavano a vorticargli in mente ripentendosi in un eco infinito.
“Mito?” la voce di Sendoh era un sussurrò incerto.
“Ci sono… scusa, ma di cosa devi parlarmi, ma soprattutto come hai avuto il mio numero?”
Si complimentò con sé stesso i pochi neuroni che ancora possedeva avevano ripreso a funzionare.
“In effetti le due cose sono collegate. Il tuo numero me lo ha
dato Rukawa ed è per una cosa che riguarda lui e indirettamente
Sakuragi che ti vorrei incontrare per parlare”
“E lui non poteva chiamarmi direttamente?”
“No- una pausa di silenzio poi la voce di Akira ritornò
allegra e vitale come sempre – Mi sembra di capire che sei
impegnato perciò non fa nulla. Te ne parlerà lui quando
torna”
“Non sono impegnato! – lo bloccò temendo che stesse
per riattaccare – Cioè in realtà lo sono, ma non so
per quanto ancora, voglio dire che sto facendo l’autista per Hana
e di preciso non saprei dire quando mi libererò, però non
ho impegni”
‘Ma che cavolo sto dicendo? Ci manca solo che mi metta a balbettare’
“Ah benissimo allora fra un’ora avrai finito, se per
te va bene ti và di incontrarci in un caffè vicino alla
stazione centrale?”
“Ah? Sì, nessun problema ma tu…”
“Perfetto segnati il nome non so se lo conosci - riprese a dire
Sendoh dandogli le indicazioni del caso, Yo conosceva il locale non
c’era mai entrato ma ci era passato spesso davanti. - Bene ti
aspetto fra un’ora allora. A dopo”
Akira riattaccò senza dargli il tempo di replicare e Mito si
ritrovò a fissare il display chiedendosi come facesse Sendoh ad
essere tanto sicuro che fra un’ora sarebbe stato libero, dato che
nemmeno Hana aveva la più pallida idea di quanto sarebbe
durata la sua ricerca.
Come se il pensiero dell’amico lo avesse richiamato sentì
la voce di Sakuragi chiamarlo a gran voce e con sgomento lo vide
fiondarsi giù dalla scalinata del tempio.
“Metti in moto, sbrigati! – e poi gridare direttamente nel suo orecchio quando si sedette pesantemente dietro di lui - Alla stazione! Vuoi mettere in moto?”
“Ma che…”
‘Come faceva Sendoh a saperlo?’ Si chiese Mito sempre più confuso.
“Parti! Ti spiego per strada” urlò Sakuragi controllando l’orologio con ansia.
***
Akira arrivò con qualche minuto di anticipo
sull’appuntamento fissato, così decise di aspettare Mito
all’interno del locale comodamente seduto ad uno dei tavolini.
Ne scelse uno libero sull’angolo di fondo e sul lato opposto alle
vetrate, in modo tale da non dover avere il sole mattutino in faccia.
Si tolse il giacchetto ripiegandolo in due e lo adagiò nella
parte libera del divanetto su cui era seduto, ordinò una tazza
di caffè e si mise ad aspettare paziente.
Non aveva voluto sperare che Yohei acconsentisse a vederlo e contro
ogni sua più funesta previsione aveva un appuntamento proprio
con lui, certo non era un appuntamento vero e proprio, ma per il momento decise di accontentarsi.
Se le cose si fossero svolte nel migliore dei modi quello poteva essere
il primo di numerosi e piacevoli incontri che Akira già
pregustava.
Nel punto in cui si era messo poteva tener d’occhio chi entrava e
usciva dal locale così da poter intercettare Yohei al suo arrivo
e fargli un cenno, come fece alcuni minuti dopo quando il ragazzo
giunse accostando e fermando il motorino al marciapiede.
Mito lo individuò notando il braccio del giocatore levato a
mezz’aria mentre sventolava la mano in segno di saluto sorridendo
allegramente, lo raggiunse al tavolino camminando con calma e
salutandolo a sua volta con un mezzo sorriso.
Si accomodò di fronte a lui sfilandosi la sciarpa dal collo, che
lasciò cadere in un angolo, aprendo successivamente i bottoni
del giubbino ad uno ad uno.
“Mi fa piacere che tu sia potuto venire” lo accolse Akira
felice come non mai, finalmente dopo mesi di tortura in cui si era
ritrovato a braccarlo senza alcun successo degno di nota avevano la
possibilità di poter fare due chiacchiere in santa pace.
“Non avevo impegni – lo raggelò un poco Mito, ma
Sendoh non fece caso al tono secco né al suo sguardo troppo
serio e un po’ diffidente – Allora dimmi come mai Rukawa ha
mandato te al suo posto per parlarmi e cosa c’entra Hana?”
chiese diretto senza mezzi termini.
Yo era da un po’ di giorni che ce l’aveva con Kaede
perciò, quando aveva sentito la motivazione che aveva spinto
Akira a contattarlo si era indispettito ancor di più.
Il sorriso del giocatore universitario s’incrinò aveva
intuito, a ragione, che l’atteggiamento tenuto dal compagno di
squadra in quelle settimane non fosse andato a genio a Mito e ora lui
rischiava di pagarne lo scotto, però Akira non era tipo da
lasciarsi scoraggiare facilmente.
Attese che Yohei ordinasse un’aranciata alla solerte cameriera
che era sopraggiunta e quando la ragazza si allontanò,
poggiò i gomiti sul tavolo sporgendosi un poco verso di lui e
iniziò a parlare a bassa voce perché nessuno li udisse.
“Rukawa è una persona dal carattere molto complesso non
c’è bisogno che sia io a dirtelo lo sai di certo meglio di
me visto che, frequentavate lo stesso istituto superiore ed è
non solo compagno di squadra di un tuo caro amico, ma anche il suo
ragazzo”
Yohei appoggiò a sua volta gli arti superiori sul piano lucido
ascoltando attentamente le parole di Sendoh curioso di sapere dove
volesse andare a finire.
“Tempo addietro, per uno strano caso, sono stato
l’ascoltatore occasionale di uno sfogo personale di Rukawa
– continuò Akira omettendo di specificare come era giunto
a quella condivisione da parte del compagno di squadra – Era
alquanto corrucciato ed impensierito per via dello sforzo estenuante
delle sue meningi di architettare qualcosa di speciale – calcò volutamente su quella parola – per il compleanno di Sakuragi”
Il giocatore lasciò in sospeso la sua lunga spiegazione il tempo
necessario perché la cameriera servisse l’aranciata a
Yohei e si allontanasse per ritornare alle proprie faccende dietro il
bancone.
“Quel giorno, e ne ho avuto conferma anche di recente, ho intuito
che Kaede sia rimasto alquanto… infastidito diciamo dal tuo
mancato aiuto”
“Eh?” esclamò Yohei alzando un sopracciglio giocherellando con la cannuccia e i cubetti di ghiaccio.
“Da quel che mi ha detto Rukawa ti ha chiesto consiglio su cosa
potesse piacere a Sakuragi e tu gli hai risposto qualcosa di molto
vago, del tipo: gli piacciono le sorprese.”
Mito si portò una mano dietro la nuca lasciandosi cadere all’indietro sullo schienale del divanetto.
“E lui visto che gli ho detto così si è offeso, giusto?”
“Esattamente” convenne Akira con un’alzata di spalle
prima di perdersi nell’osservare le labbra di Yohei che si
allungavano in un ghigno divertito.
“Che tipo permaloso” soffiò Mito riportando la sua attenzione al bicchiere di fronte a sé.
“Sì è vero” convenne con lui Sendoh allegramente.
“Però ancora non mi hai spiegato cosa c’entri tu
– riprese a dire Yohei – non credo che solo perché
avete parlato una volta Rukawa ti abbia eletto a suo miglior amico o
confidente” obiettò giustamente conoscendo bene la
rivalità che scorreva fra i due in campo.
“Il fatto è che gli ho dato una mano a risolvere il suo
problema” ammise Akira prima d’iniziare a spiegargli
dell’attività dello zio e di come aveva aiutato
l’altro giocatore nella prenotazione del fine settimana alle
terme.
Yohei ascoltò in silenzio sorseggiando la bibita attraverso la
cannuccia rilassando infine i lineamenti del viso in un sorriso al
termine del racconto, sentendosi sollevato nello scoprire che Rukawa
non aveva ignorato il compleanno dell’amico come aveva fatto
credere a tutti.
“Le terme eh? Beato Hana vorrei andarci anch’io”
sbuffò con finta invidia, ma in realtà felice di scoprire
che il tensai stava per ricevere un bellissimo regalo.
“Beh io sono a disposizione, posso organizzarti una vacanza quando desideri” si offrì prontamente Akira.
“Mh grazie, ma anche con un bello sconto per il momento non posso
permettermelo” declinò Mito ridacchiando a come si fosse
volatilizzato in un’ora il denaro accumulato in mesi.
Aveva appena speso tutto il compenso dei lavoretti part time per
acquistare un personal computer di ultima generazione e una piccola
suite di programmi base necessari per il corso di grafica che stava
frequentando.
Sendoh avrebbe voluto indagare di più su quella frase che faceva
supporre che Yohei avesse dei problemi economici, ma preferì non
essere troppo indiscreto e tralasciare per il momento l’argomento
per poterlo affrontare una volta che il rapporto fra loro fosse
divenuto più stretto.
“Però ancora non capisco perché Rukawa ti abbia
mandato a dirmi queste cose – riprese a dire Mito riacquistando
un’aria seria e pensierosa –Poteva dirmele lui giorni fa o
addirittura ieri”
Il tono della sua voce era più che chiaro per Akira che non
aveva smesso per un secondo di osservarlo con attenzione dal suo arrivo
nel locale, Mito non era più semplicemente indispettito o
infastidito dal comportamento di Kaede, si leggeva certamente un velo
di trattenuta seccatura nelle sue parole, ma sembrava che ci fosse
più dispiacere che rabbia.
“Vedi Rukawa sa perfettamente quanto tu e Sakuragi siate amici e
ha creduto che tenerti all’oscuro fosse la soluzione migliore per
non rovinare la sorpresa” cercò in qualche modo
d’intervenire Akira per risollevarlo e spezzare una lancia in
favore di Kaede.
“Avrebbe comunque potuto dirmelo lui di persona non trovi? E poi
crede che sia tanto inaffidabile? Ah scusa, tu non c’entri niente
in questa faccenda e ora ti sto annoiando con delle polemiche
infantili”
Quelle parole provocarono al giocatore una grande tristezza, era vero
lui non aveva nulla a che fare in quella storia, ma era proprio per
questo che si era dato tanto fare, certo anche per aiutare un compagno
di squadra, ma soprattutto per poter far parte della vita di Yohei.
“Non penso che tu sia infantile – annunciò subito
puntandogli gli occhi addosso con un’espressione seria e
determinata – è normale che tu ti sia risentito. Rukawa ti
ha praticamente messo da parte, ti ha escluso da tutta questa faccenda,
ma non per una reale cattiva intenzione. Ok un po’ sì,
l’ha fatto per ripicca, ma lui vuole bene ad Hanamichi e sa
perfettamente quanto per Sakuragi i suoi amici siano
importanti…”
“Questo lo so – lo interruppe Mito – e sono davvero
contento che abbia fatto tutto questo per Hana, per stupirlo e renderlo
felice e razionalmente capisco anche che non è che Rukawa mi
abbia fatto chissà mai quale enorme torto
però…”
“Ti fa star male” concluse per lui Akira con un piccolo sorriso triste.
“Beh ora non esageriamo, diciamo che mi ha fatto incavolare un bel po’ ” mise i puntini sulle i Yohei.
“Questo perché sei una persona gentile” disse Sendoh.
Yohei rimase a fissarlo confuso e imbarazzato senza riuscire a
rispondere, quella piccola frase gli faceva immensamente piacere, non
solo perché era un complimento, ma principalmente perché
gliel’aveva rivolta Akira.
Per trarsi d’impaccio scrollò le spalle in un gesto di
sufficienza e racchiuse fra le labbra la cannuccia sorseggiando il
resto della bibita, senza staccare gli occhi dalle venature del tavolo.
In quel modo l’unica cosa che riuscisse a vedere era una mano del
giocatore adagiata sul piano e le dita dell’altra che giocavano
col cucchiaino facendogli compiere piccole piroette.
Erano lunghe, affusolate e sicuramente morbide e piacevoli da
accarezzare, avrebbe tanto voluto allungare la proprie, togliere
l’utensile d’acciaio lucido e intrecciarle assieme a quelle
del giocatore, quanto desiderava afferrare e stringere la mano di
Sendoh.
Chiuse i pugni non solo per impedirsi di realizzare la sua fantasia ma
perché il pensiero successivo l’aveva riportato alla
realtà delle cose, la mano che si univa a quella di Akira non
era e non sarebbe mai stata la sua, ma quella più piccola e
delicata di una ragazza quasi sicuramente quella di Midori.
Sendoh rimase in silenzio giocherellando soprapensiero col cucchiaino
mentre osservava beatamente tranquillo Mito finire l’aranciata,
aveva notato deliziato il suo imbarazzo gli era sembrato che Yohei non
fosse molto abituato a sentirsi rivolgere dei complimenti e quello gli
fece piacere, perché voleva essere lui l’unico a fargliene.
Oramai quel che doveva dirgli per conto di Rukawa era stato detto
perciò Akira si fece coraggio, era giunto il momento di
scoprirsi un poco e fare la prima mossa, ma non fece in tempo ad aprire
la bocca per parlare che Mito lo batté sul tempo.
“Bene ho ricevuto il messaggio perciò ti saluto. Ci
vediamo” disse lasciandolo sbigottito indicando il bicchiere in
cui ora giacevano solo i cubetti di ghiaccio.
“In realtà c’è un altro motivo per cui ti ho
chiesto di venire qui – esclamò velocemente Sendoh
riuscendo a bloccarlo mentre, già recuperata la sciarpa, Yo si
stava alzando –Vedi in questo locale servono delle torte molto
buone e anche se siamo ad aprile e il White day è passato vorrei
offrirti una fetta di dolce per ringraziarti del regalo di San
Valentino”
Yohei rimase immobile così come quelle parole lo avevano
raggiunto: la mano sinistra appoggiata al piano del tavolo,il corpo
fermo a mezz’aria con le gambe flesse nell’atto di tirarsi
del tutto in piedi, il capo girato per tre quarti verso Sendoh e sul
viso un’espressione che non esprimeva assolutamente nulla.
Era rimasto talmente basito da ciò che aveva udito fuoriuscire
dalle labbra del giocatore che non ebbe nessuna reazione, il suo
cervello andò completamente in black out per alcuni lunghi
infiniti secondi prima che le rotelle degli ingranaggi ricominciassero
a girare correttamente.
Il suo primo pensiero fu: ‘Come cavolo lo ha scoperto?’
Il secondo : ‘Allora lui sa’
Il successivo: ‘Oh Kami!’
L’ultimo: ‘Aspetta…
ha detto White day e ringraziarmi? Che significa? Che si sente in
dovere di contraccambiare il dono per cortesia? Cos’è un
contentino come il biscottino per i cani? Vuol dire che lo fa con
chiunque gli dia la cioccolata per San Valentino? Così non sono
altro che uno dei tanti nomi da spuntare in una lista, non dirmi che mi
ha messo sullo stesso piano di quelle galline urlatrici isteriche che
gli vanno dietro’
Appena ebbe formulato quel pensiero il panico momentaneo si dissolse
socchiuse gli occhi e appoggiò anche l’altra mano, quella
in cui stringeva la sciarpa fra le dita, al tavolo e si chinò
leggermente su di lui imponendosi di restare calmo.
Akira restò a fissarlo comodamente seduto con un sorriso che
pian piano sbiadiva sulle labbra, mentre rifletteva che forse poteva
uscirsene con qualcosa di meglio di quello.
Era molto probabile che a Mito i dolci non piacessero in generale e non
che detestasse solo ed esclusivamente la cioccolata, in fin dei conti
non conosceva i suoi gusti gastronomici, o cosa più probabile
che stesse pensando che fosse un cretino totale.
Dal modo in cui continuava a fissarlo senza battere ciglio doveva
proprio essere così, prese a pensare a qualcosa di molto
più intelligente da dire quando Yohei si mosse e parlò
questa volta fu lui a rimanere congelato.
“Scusa Sendoh, ma di che stai parlando?” domandò
Yohei con l’aria più incredula ed innocente del mondo,
complimentandosi con sé stesso per aver reagito in quel modo e
non aver ceduto al panico.
Nessuno sapeva cosa avesse fatto perciò Akira non poteva avere
la certezza assoluta che a nascondersi nel costume ci fosse proprio
lui, nel caso contrario invece avrebbe negato fino alla morte
l’evidenza, si sentiva già abbastanza idiota per aver
compiuto un simile gesto ed essere stato scoperto e compatito.
Sì perché Yohei era più che sicuro che Sendoh lo
stesse compatendo per la sua infatuazione quel volerlo invitare fuori,
offrirgli una fetta di torta non era altro che il suo modo gentile e
cortese di dirgli: ‘Scusami ma non posso accettare né contraccambiare i tuoi sentimenti.’
Mito non aveva bisogno di sentirselo dire né di farsi dare una
virtuale pacca sulle spalle dal ragazzo che non riusciva a togliersi
dalla testa, lo sapeva benissimo da sé che era un vicolo cieco,
che aveva imboccato una strada a senso unico,per quanto negli ultimi
tempi sembrava esserselo dimenticato, lui aveva un orgoglio e non lo
avrebbe calpestato per qualcosa di ovvio.
Akira non si era aspettato quella domanda perché lui era
più che sicuro che fosse Yohei, per quanto fosse una semplice
supposizione, si era convinto che non potesse essersi trattato di
un’assurda coincidenza.
‘Insomma quanta gente esiste che conosco che si veste da
Panda?’ si era detto saputo quale tipo di lavoro part-time
svolgesse Mito.
“Il quindici di febbraio… casa mia… il
panda… la scatolina… tu, non eri tu?”
balbettò incoerentemente osservando il sopracciglio di Yohei
scattare verso l’alto confuso e perplesso, quella reazione era
troppo genuina per essere finta constatò con un crescente orrore.
Aveva atteso tutto quel tempo, agendo con i piedi di piombo solo per
ritrovarsi a fare una simile figuraccia alla faccia del suo monito di
agire con estrema prudenza.
“Non so proprio di che stai parlando Sendoh” fece Yohei
scrollando il capo e piegando un po’ le labbra in un piccolo
sorriso, si era sentito sollevato nell’osservare la sicurezza di
Akira crollare, il suo segreto imbarazzante era al sicuro.
“Ah… - soffiò Sendoh prima di ridacchiare
lasciandosi ricadere sullo schienale del divanetto – Scusami sono
proprio un’imbecille, ho saputo che per un certo periodo lavoravi
indossando il costume da panda per distribuire dei volantini e
così ti ho collegato a quel che mi era capitato”
“Ah non preoccuparti errori che possono capitare a tutti”
“Beh non proprio a tutti” soffiò Akira a bassa voce,
ma non così tanto perché Mito lo aveva udito e ora lo
scrutava intensamente, tanto che il giocatore s’intristì
intuendo cosa stesse pensando.
“Che vuoi dire?” indagò Yohei rimettendosi seduto,
valutò che non era il caso di filarsela se non prima di aver
dissipato ogni dubbio. Se Sendoh aveva sospettato che fosse lui
l’artefice di quel regalo voleva dire che qualcosa lo aveva
insospettito, se era così Mito non era stato tanto bravo a
fingere indifferenza come aveva creduto e significava che i suoi
sentimenti lo avevano raggiunto.
Doveva fargli credere ad ogni costo che era stata tutta una sua
impressione o non avrebbe più avuto il coraggio di guardarlo in
faccia o tanto meno rimettere piede in palestra, non che ci fosse
qualcosa di cui vergognarsi in quel che sentiva, ma non sopportava
l’idea che Sendoh sapesse e lo trattasse con condiscendenza.
“Beh ho pensato a te perché… - iniziò a dire
il giocatore abbassando un secondo lo sguardo sulla tazzina ormai vuota
prima di riportarlo su Yohei – perché volevo pensare che
fossi tu”
Il silenzio ridiscese fra loro, ma venne presto spezzato
dall’arrivo della cameriera che domandò ai ragazzi se
poteva portargli altro.
Akira la fissò ricambiando il sorrise gentile della giovane
indeciso se ordinare altro oppure no, poi lo riportò su Mito
supponendo che era molto probabile che lo avrebbe osservato alzarsi e
allontanarsi da lì a pochi secondi, invece lo vide continuare a
fissarlo senza muovere un muscolo.
‘Accidenti è rimasto proprio scioccato’ valutò ordinando un altro caffè giusto perché la cameriera stava aspettando una risposta.
Perché volevo pensare che fossi tu,
quelle parole continuavano a riecheggiare nella mente di Yo come se le
avesse registrate, non fece neanche caso all’arrivo della ragazza
né si degno di ascoltarla e risponderle, continuava a
riascoltare quella voce che in sussurro quasi con rimpianto e
melanconia gli dicevano: volevo pensare che fossi tu.
‘Ma che vuol dire? Non è quel che credo, vero? Ma allora perché l’ha detto?’ prese a domandarsi Yohei senza trovare una soluzione concreta a risolvere l’enigma.
“Che intendevi dire? Che significa volevi pensare che fossi
io?” chiese incurante della ragazza che in piedi accanto al
tavolo aspettava la sua ordinazione mentre il cuore prendeva a
battergli veloce in petto.
Non voleva lasciarsi andare ad inutili fantasticherie eppure non poteva
far a meno di sperare con tutto sé stesso di aver intuito il
significato di quella frase.
“Emh… ci porti due caffè grazie”
liquidò la cameriera Sendoh con un sorriso evitando così
per il momento di rispondere a Mito, ma sapeva che non poteva farlo in
eterno.
Dopo tutto se si era giunti a quello era a causa del suo madornale
errore ed in fondo poteva essere un bene, meglio essere sinceri e
togliersi ogni pensiero affrontando le conseguenze che continuare a
rimuginare su quel che potrebbe o non accadere.
“Oramai ho fatto una bella figuraccia perciò è
inutile girarci troppo attorno – prese a dire una volta che
rimasero soli – Tu mi piaci, ecco l’ho
detto”
Mito sbarrò gli occhi per la sorpresa e
l’incredulità di udire le paroline magiche che tanto
agognava sentire, però un pensiero si affacciò
inopportuno non permettendogli di lasciarsi prendere
dall’euforia.
“Stai dicendo sul serio? – chiese di getto – Non lo
stai dicendo per farmi confessare? E che mi dici di Midori?”
“Confessare?... Chi?” fece Akira ora maggiormente confuso.
“Come chi, la compagna di classe di Hana la ragazza che gli hai chiesto di presentarti mesi fa”
“Eh? Io?”
“Sì tu, non fare finta di niente, guarda che Hana mi ha
detto tutto. So che per fargli quel favore al compleanno di Rukawa
tu…”
Yohei interruppe la sua spiegazione perché lo scoppio della
risata di Sendoh lo aveva lasciato senza parole, continuò a
fissarlo ridere di gusto sbattendo gli occhi non capendo il
perché di quella reazione per qualche secondo, poi quando Sendoh
si piegò in avanti tenendosi la pancia Mito incrociò le
braccia al petto e corrugò infastidito la fronte.
Akira continuò a sganasciarsi senza riuscire a capacitarsi da
quanto sentito, trovando quel malinteso una situazione assolutamente
assurda.
Anche quando la cameriera li raggiunse con le loro ordinazioni
continuò imperterrito nel suo eccesso d’ilarità,
scorgendo l’occhiatina perplessa che la ragazza gli lanciò
si coprì la bocca con una mano continuando a sghignazzare,
tentando senza successo di smettere.
“Hai finito?” gli domandò Yo una volta rimasti solo
con i caffè fumanti, il suo tono di voce risultava insofferente
e teneva un gomito appoggiato al piano così da sorreggersi il
mento, mentre l’altra mano era impegnata a versare lo zucchero
nella tazzina per poi girarlo.
“Scusa – disse Sendoh tentando di darsi un contegno,
fortunatamente quella zona del bar non era affollata così non
aveva attirato troppo l’attenzione – Rido perché non
capisco come ti sia venuta in mente una simile idea. E’ vero ho
chiesto a Sakuragi di presentarmi una persona, ma eri tu” si
spiegò godendosi la reazione di Yohei a quella rivelazione
mentre a sua volta procedeva a zuccherarsi la bevanda.
“Come io…” chiese incredulo Mito sbarrando gli
occhi, mentre il cucchiaino interrompeva bruscamente il suo giro.
“Sì, proprio tu. Un pomeriggio sei venuto in palestra e mi
hai colpito così volevo conoscerti, lo trovi tanto strano?”
Yohei non lo trovava strano, ma inconcepibile.
Aveva catturato il suo interesse, lui piaceva ad Akira Sendoh proprio
lui che non era mai spiccato per nessuna abilità, talento
o dote particolare, proprio lui che era un ragazzo come tanti altri
comune e banale nel carattere e nell’aspetto.
“E ora cosa pensi di me?” si ritrovò a chiedere con una punta di ansia.
Akira gli rivolse un sorriso gentile poggiò gli avambracci sul
piano e si sporse verso di lui per sussurrare: “Che sei molto
carino, simpatico, un buon amico, ma che in te c’è molto
di più e io vorrei proprio tanto avere il modo e
l’occasione per scoprirlo, se me ne darai la
possibilità”
Mito rimase colpito da quelle parole e sfuggì il suo sguardo
rifugiandosi nel liquido scuro contenuto nella porcellana bianca,
Sendoh parlava sul serio.
“Sono stato sincero e ti ho detto ciò che sento – continuò a dire il giocatore – ora tocca a te confessare.- Aveva
indugiato volutamente su quella parola che aveva captato pochi minuti
prima fuoriuscire dalle labbra di Yohei - Eri tu il ragazzo
panda, è così?” sorrise appena constatando come lo
sguardo di Mito si spostasse imbarazzato dal suo, sembrava fosse
pentito dell’azione compiuta.
“E’ troppo tardi? – esalò in soffio Akira
– C’è qualcun altro?” espresse il proprio
timore a voce un poco più alta riflettendo che poteva benissimo
essere così, dato che quello a cui si riferiva era un fatto
avvenuto mesi prima. Il cuore di Yohei poteva già averlo
dimenticato.
“No, tu mi piaci- rivelò Mito e con un leggero imbarazzo
disse ancora – Ed ero io quel giorno, ho fatto una cosa molto
stupida”ammise sentendosi un imbecille per la figuraccia.
“Niente affatto è stato molto carino, solo avrei
preferito sapere che eri tu- lo rassicurò prontamente
osservandolo giocare con la tazzina ormai vuota. – Che carino sei
arrossito” lo prese un poco in giro e come aveva sperato la
reazione di Yohei fu immediata.
“Non è vero, non dire cavolate”
“Scusa – ridacchiò per nulla dispiaciuto –
però avevi messo su una faccia tanto seria” spiegò
il motivo della sua burla.
“Beh ho appena ammesso di essermi vestito come un’idiota”
La leggera tensione che si era creata tra loro si era dissolta grazie a
quello scambio di battute, ora però un altro genere
d’imbarazzo s’intromise fra i due ragazzi. Si erano
reciprocamente dichiarati i loro sentimenti e ora non sapevano come
comportarsi uno con l’altro né quale fosse la giusta
reazione, fu Akira a sciogliere ogni dubbio.
Si sporse un poco verso Mito sorridendo gentilmente e in maniera rassicurante.
“Non mi hai più risposto – annunciò facendo
inarcare un sopracciglio a Yohei – Mi darai la possibilità
di conoscerti meglio?”
Yohei ci pensò un secondo su, poi annuì “Se ci
tieni proprio” dichiarò con finta indifferenza prima di
ricambiare apertamente il suo sorriso.
05 Aprile
Sakuragi si sentiva al settimo cielo, non solo la sua volpetta lo aveva
stupito organizzando per lui una piccola caccia al tesoro, ma gli aveva
anche regalato un fine settimana alle terme. La piccola gita era ormai
finita e si era ritornati al solito e monotono tram tram della vita
quotidiana.
Lui e Kaede anche quel lunedì mattina si alzarono, si
prepararono e fecero una veloce colazione per ingranare prima di
dirigersi all’università, varcarono il cancello del campus
mettendosi d’accordo per incontrarsi e pranzare insieme alla
mensa.
Fra le figure degli altri studenti che come loro si recavano a lezione,
Hana scorse Yohei fermo accanto ad un albero della zona verde e
indicandolo anche a Kaede richiamò l’attenzione
dell’amico salutandolo a gran voce.
Afferrò una manica del giacchetto di Rukawa e senza prestare
ascolto ai suoi sbuffi lo trascinò con sé a raggiungere
Mito.
“Yo! – trillò entusiasta e scoppiettante gioia
– Non indovinerai mai dove sono stato” lo sfidò
allegramente certo che lo ignorasse, visto che Kaede gli aveva
sequestrato il cellulare così non aveva potuto chiamarlo e
informarlo.
“Alle terme” annunciò Yohei rovinando la sorpresa a Sakuragi.
“Eh? Ma come allora lo sapevi? Baka kitsune potevi dirmelo”
protestò veementemente contro il compagno che alzò
soltanto gli occhi al cielo esalando uno stanco
“Do’hao” e dopo qualche secondo in cui il suo ragazzo
si stava agitando protestando riuscì a distrarlo dicendo
un’unica parola “Biscotti”
“Ah sì, li ho messi in borsa – dimenticò la
sua sfuriata Hanamichi ficcando una mano nello zaino per trarla dopo
avervi frugato dentro, accompagnandola con un pacchetto di biscotti
secchi fatti in casa. – La signora che gestiva l’albergo ce
li ha fatti per il viaggio e te ne ho portati un po’”
spiegò allungando il dono all’amico.
“Grazie, sembrano proprio buoni” constatò ammirando la doratura perfetta dei dolci.
“Mia zia è famosa per fare dei biscotti squisiti”
intervenne una voce alle loro spalle, Akira li raggiunse sbirciando il
pacchetto nelle mani di Mito prima di salutare tutti e informarsi con i
due viaggiatori appena rientrati se si fossero trovati bene.
“Sì è andato tutto alla grande, il posto è
davvero spettacolare, la camera era magnifica e la cucina di tua zia
superba”
“Sono proprio contento” ridacchiò Sendoh fregando
uno dei biscotti di Yohei quando il ragazzo finì di aprire la
confezione.
“Ehi potresti chiedere prima” lo sgridò lanciandogli un’occhiatina torva.
“Ah come sei permaloso, ti sei alzato male?” s’informò per nulla turbato Akira sgranocchiando il dolce.
“Mh non ho dormito granché dovevo finire un progetto” chiarì Mito servendosi a sua volta.
“Quello per il corso di grafica, il lavoro per cui sei già in ritardo di due settimane?”
“Ah non me lo ricordare, il professore mi ha dato una proroga e scade oggi”
“Yo– interruppe Hanamichi il discorso fra Sendoh e Mito
richiamando l’attenzione dell’amico, li scrutava con le
braccia conserte e con una leggera tensione negli occhi- Se hai
finito di chiacchierare è meglio che andiamo o facciamo
tardi.”
Detto questo Sakuragi avvolse un braccio intorno al collo
dell’amico e lo trascinò via, dato che i loro edifici
erano vicini spesso facevano quel tratto di strada insieme.
“Ma non ho lezione adesso, Hana mi ascolti? Voglio andare in
biblioteca” Hanamichi ignorò bellamente le parole di
Mito e continuò ad allontanarsi con lui.
***
“Senti Yo - fece Sakuragi dopo molto lasciando finalmente
libero l’amico e arrestandosi, si erano allontanati di parecchio
ed erano quasi vicini alle sedi dei rispettivi indirizzi di studi
– E’ successo qualcosa? Insomma da quand’è che
tu e Sendoh siete tanto amici?”
“Da sabato, quando mi ha chiamato per dirmi cosa aveva combinato
il tuo ragazzo e che non dovevo prendermela se Rukawa non mi aveva
informato”
“Mh… ho capito” sussurrò Sakuragi che
però aveva quell’espressione tipica di chi vuol aggiungere
altro ma è indeciso se farlo, non del tutto convinto che sia una
saggia decisione.
“Perché non mi hai detto che ero io la persona che Sendoh
voleva che gli presentassi?” domandò Yohei assumendo
un’aria seria.
“Non erano affari miei, dopo tutto, voglio dire, era una cosa
sua, personale e tu… io non sapevo che fare- ammise sincero Hana
balbettando un poco.- Yo, ma a te lui piace?” si decise infine a
chiedere.
“Sì”
***
“Ho il sospetto che Sakuragi ce l’abbia un po’ con
me, mi ha guardato in un modo” notò Sendoh rivolgendosi a
Rukawa che impassibile continuava ad osservare gli altri due che si
allontanavano fra gli altri studenti.
Quella mattina Akira benché non avesse corsi fino alle undici,
si era recato ugualmente presto all’università proprio per
poter andare in biblioteca con Yohei.
“Gliel’hai detto vero?- domandò Kaede ricevendo un
sorriso e un segno di assenso. – E
lui?”s’informò ancora.
“Gli piaccio – annunciò Sendoh felice – per il
momento ci conosceremo meglio e poi… beh vedremo”
“Mh… auguri – fece Kaede e prima
d’incamminarsi nella sua direzione si girò verso
l’altro giocatore per dirgli – Non farti spaventare”
Sendoh rimase un po’ perplesso da quelle parole che sapevano di
avvertimento e consiglio, ne scoprì il significato solo quel
pomeriggio al termine degli allenamenti del
club.
Akira aveva aperto il proprio armadietto tirandone fuori la sacca
sportiva con una grande aria felice sul volto, Yohei quel pomeriggio
era arrivato in palestra facendogli una gradita sorpresa.
Quando l’allenatore aveva decretato che potessero ritirarsi a farsi la doccia lui era corso da Mito.
“Non pensavo saresti venuto” sapeva infatti che il ragazzo doveva frequentare un corso pomeridiano.
“Mi sono liberato prima, senti che ne dici di venire da me? Passiamo al supermarket e ceniamo insieme ”
Gli propose e Sendoh accettò con entusiasmo, trascorrere il
tempo con Yohei aveva scoperto gli piaceva davvero molto.
Mentre tirava fuori il doccia schiuma un braccio si protese al lato del
suo viso e poi una mano andò ad appoggiarsi con un rumore cupo,
all’anta di metallo del suo armadietto. Akira si voltò
incrociando gli occhi nocciola di Sakuragi resi affilati
dall’espressione belligerante.
“Ti avverto porcospino – esalò vicinissimo al suo
orecchio in un bisbiglio carico di minaccia – Se osi prenderti
gioco di Yo, se lo fai soffrire o lo tratti male di te non
resterà niente” terminato il suo annuncio Sakuragi
girò i tacchi e si avviò alle docce stringendo con forza
l’asciugamano fra le dita.
Akira si rese conto di avere la bocca spalancata e la richiuse con uno
scatto secco non si era aspettato ne quelle parole ne
quell’atteggiamento, che il compagno di squadra avesse qualche
problema con lui lo aveva intuito, ma non pensava fosse quello il
motivo.
“Tzs te l’avevo detto” esalò con sufficienza
la voce di Rukawa a qualche metro da lui, Kaede era appoggiato con la
schiena alla fila opposta di armadietti e teneva le braccia conserte e
si era goduto tutta la scena.
“Però Sakuragi è molto protettivo” constatò Akira piegando le labbra in su.
“Mito fece lo stesso con me a suo tempo – rivelò con
uno sbuffo Rukawa - E ancora non lo sanno gli altri tre idioti”
aggiunse prima di cambiarsi.
Sendoh finì di recuperare gli oggetti che gli occorrevano per la
doccia ridacchiando da solo per quanto successo, avrebbe continuato a
frequentare Mito, di sicuro a stare con lui non si sarebbe di certo
annoiato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** parte terza ***
terza parte
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
T. Inoue; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di
lucro
Questa storia doveva finire lo scorso capitolo ma poi qualcuno, di cui
non farò il nome ma solo il numero86, mi ha messo una pulce
nell’orecchio, perciò ho deciso di riaprirla per darle un
degno finale sperando che vi piaccia.
Non avendo la data del compleanno di Yohei ho scelto un giorno a caso.
Krikka86: Sappi che ti ho
eletto a mia musa ispiratrice Xd, a parte gli scherzi spero che questi
capitoli ti soddisfino. Per il San Valentino di Hana e Ru per il
momento non ho belle idee, per il compleanno di Yo spero invece che tu
gradisca quel che mi è venuto in mente anche se non è
molto romantico .
La coppia Sendoh e Mito non è molto gettonata ma qualcosina si
trova, ti segnalo qui su Efp la long di Dea73 ‘Guarda che ti
servo’dove ce ne è un accenno non so se ce ne sono altre
in questo archivio.
Hai ragione quel pezzo che mi hai segnalato sono tutte frasi dette dai vari giocatori.
Susyko: Grazie per i complimenti, anche per la altre recensioni, ecco il seguito spero ti piaccia. Baci anche a te^^
Moirainesedai: Tranquilla anzi
devo farti i miei complimenti e ringraziarti perché dai una
possibilità a qualsiasi cosa io scriva a prescindere dalle
coppie, quindi è normale che tu segua quelle che ti attirano di
più.
Grazie per le ricerche sei stata carinissima^^. Hai ragione Akira
compie ventidue anni quindi con la serie del 21 non ci azzecca molto
però compie gli anni nel mezzo dei compleanni di Hana e Ru
perciò non potevo non sfruttarlo XD
Grazie a tutte le persone che hanno messo la storia tra le seguite,
preferite o ricordate e a tutte quelli che l’hanno letta.
19 Aprile
La giornata era splendida, il sole brillava alto nel cielo terso, la
leggera brezza che spirava era piacevole e aveva portato con sé
numerosi petali di ciliegio, che ora tempestavano i viali del campus
come fossero tante piccole pietre preziose rallegrando il grigiore
dell’asfalto con il loro colore.
La maggior parte degli studenti però era immune a una simile
vista, troppo intenti a chiacchierare allegramente fra loro o a
dirigersi con fretta da un edificio all’altro.
Yohei e Hanamichi in questo non si distinguevano dalla massa studentesca.
I due amici stavano passeggiando uno accanto all’altro con calma:
il primo sbadigliando sonoramente e il secondo; con le mani ficcate in
tasca lanciava occhiatine all’indirizzo dell’amico, Hana
aveva l’aria di chi ha qualcosa sulla punta della lingua, che
muore dalla voglia di dire qualcosa ma si trattiene dal farlo.
Alla fine Sakuragi aprì bocca e come se stesse parlando del
tempo chiese: “Ultimamente vieni spesso in palestra” gli
fece notare.
“Già” esalò Yohei stropicciandosi un occhio,
sebbene fosse tarda mattinata e si fosse alzato già da parecchie
ore, quella sonnolenza, causata dal non aver dormito a sufficienza, non
voleva abbandonarlo.
“Non hai i corsi pomeridiani da seguire?” domandò Hana fissandolo di sbieco.
“Terminati” spiegò l’amico tenendo invece il proprio sguardo ben dritto davanti a sé.
“E non vai più a rintanarti in biblioteca o al laboratorio d’informatica?” chiese ancora Hanamichi.
“Ora ho il mio computer su cui posso lavorare a casa e al momento
non ho bisogno di andare a spulciare i libri della biblioteca”
Mito sapeva benissimo dove volesse andare a finire l’amico con quella serie di domande.
Quando Yohei aveva creduto che a Sendoh interessasse una compagna di
corso di Hanamichi aveva fatto di tutto per non assistere più
agli allenamenti della squadra, ora che però conosceva a chi
realmente era rivolta l’attenzione del giocatore non mancava mai
di presentarsi e la cosa era stata notata da Sakuragi.
Non poteva farci nulla, a Yohei piaceva troppo stare in un angolino a
fissare Akira in maglietta e pantaloncini scattare sul parquet, ad
ammirare quel sorrisino beffardo che gli compariva in faccia ogni qual
volta stava per fregare la difesa, lo mandava in estasi, per non
parlare del mistero dei suoi capelli.
Yo non riusciva a capacitarsi di come la capigliatura del giocatore
riuscisse a mantenersi svettante dopo ore di allenamenti estenuanti.
“E dimmi – intervenne la voce di Sakuragi a riportarlo con
i piedi sul pianeta terra – come và fra te e il
porcospino?”
‘Lo sapevo’ esalò mentalmente Mito prima di dire un semplice e snervante: “Và”
Hanamichi si fermò lungo il viale che stavano percorrendo,
stringendo i pugni selvaggiamente e tremando letteralmente di rabbia,
per buona educazione aveva mantenuto la calma fino a quel momento ma
ora non ce la faceva più.
Detestava essere ignorato e odiava quando riceveva risposte tanto brevi e concise che non lo soddisfacevano.
“Yo – esalò prima di alzare il capo di scatto
– o apri quella stramaledetta bocca per dirmi qualcosa di
più o preparati a subire la furia del tensai”
Mito, che si era arrestato quando aveva sentito pronunciare il suo nome
con quel particolare tono che preannunciava guai, sventura e
catastrofi si voltò alzando gli occhi al cielo con
rassegnazione prima di sospirare e riaccostarsi all’amico.
“Che vuoi che ti dica Hana, le cose vanno”
“In che senso? E dove vanno di preciso?” urlò
afferrandolo per il colletto del giacchetto di jeans e strattonandolo
un poco.
“Ma da nessuna parte, che domande fai? Oh al diavolo se vuoi
chiedermi qualcosa di preciso fallo, ma non è detto che io ti
risponda” ci tenne a precisare riaggiustandosi il giubbino una
volta che venne lasciato libero.
Hana lo squadrò un attimo pensieroso poi lanciò
un’occhiataccia ad alcuni studenti che si erano fermati ad
osservarli incuriositi dai suoi strepiti, quando gli inopportuni si
allontanarono frettolosamente ed impauriti allungò un braccio e
arpionò il collo di Yohei.
“Allora dimmi come vanno le cose fra voi due”
Mito a quelle parole bisbigliate al suo orecchio smise di tentare di allentare la presa ferrea.
“Te l’ho detto procedono”
“L’ho capito imbecille! – gridò Hana
direttamente nel suo padiglione auricolare prima di riacquistare il
controllo e stringere maggiormente – Siete usciti parecchie volte
non è così?” fece sapendolo per certo, li aveva
visti lasciare l’università insieme spesso nelle ultime
settimane.
“Mh sì” ammise titubante.
“E…” lo spronò a continuare.
“E niente, Hana che vuoi sapere di preciso?”
“Cavolo Yo state insieme sì o no? Sono il tuo migliore
amico ho il diritto di saperlo” si alterò ancor di
più alla sua reticenza nel confidarsi.
Yohei alzò uno sguardo indecifrabile verso di lui, poggiò
le mani sul suo braccio e premendo le dita glielo fece scostare.
“Non stiamo insieme, ogni tanto usciamo a mangiare qualcosa o a
berci un caffè e un paio di volte sono andato a casa sua per
aiutarlo col computer. Ci stiamo conoscendo, tutto qui e se fossi in te
non farei altre domande visto che tu sei il primo a non esserti
confidato” chiarì una volta per tutte.
Non è che non gli facesse piacere l’interessamento di
Sakuragi, erano le sue pretese a dargli un po’ fastidio,
soprattutto visto che Hana per parecchio tempo si era ben guardato dal
dirgli che usciva con Rukawa.
Sakuragi ingoiò a vuoto leggermente in colpa per il suo passato comportamento.
“Che vuol dire? Eravamo al liceo quando ho iniziato a uscire con la kitsune e…”
“Sì tranquillo, dai andiamo che ho fame e gli altri ci stanno aspettando per pranzare in mensa”
Lo rassicurò battendogli una mano sulla spalla.
***
Akira guardò l’orologio sbuffando sonoramente, in
quel momento avrebbe voluto raggiungere la mensa scolastica sperando di
pranzare in compagnia di Mito e degli altri, invece aveva un
appuntamento nello studio del professor Idhejì, il suo
consulente universitario.
Bussò all’uscio e attese di sentire il consenso prima di
girare la maniglia, dietro la piccola scrivania, sempre ingombra di
carte e libri, vi era l’insegnante e con suo stupore seduto su
una delle sedie poste di fronte vi trovò l’allenatore
della squadra di basket.
“Ah sei puntuale, bene accomodati pure Sendoh” lo accolse
l’insegnante con il classico sorriso increspato dalle rughe
poggiando i gomiti sul piano e intrecciando le dita fra loro.
Akira salutò entrambi gli uomini e si sedette al fianco del coach, che ricambiò con un gesto del capo.
Il mister sembrava molto pensieroso, dato che teneva le braccia
incrociate sul petto e si tamburellava le labbra con l’indice.
“C’è qualche problema?” domandò il
giocatore preoccupato, forse stava succedendo quello che gli
preannunciava sempre Ayako: i suoi numerosi ritardi gli stavano
costando una sospensione forzata dal club.
“Non preoccuparti Sendoh – lo rassicurò il
professore Idhejì sistemandosi gli occhiali, dalla montatura
antiquata, sul naso – Non ti sei cacciato in nessun guaio.
L’allenatore Murata è qui perché dobbiamo chiederti
una cosa importante e vorremo che tu ci riflettessi per bene prima di
darci una risposta”
A quelle parole il coach rivolse la propria attenzione al suo giocatore
fissandolo intensamente come spesso faceva quando i suoi ragazzi si
allenavano con poca convinzione o stavano disputando una partita
difficile.
“Hai appena iniziato il penultimo anno
dell’università – riprese a dire il docente
più anziano – e l’anno venturo dovrai affrontare lo
stage che ti immetterà nel mondo lavorativo- fece una piccola
pausa abbandonando il suo appiglio alla scrivania e adagiando
completamente la schiena sulla sedia girevole – Ora ti
consegnerò un foglio, è un semplice questionario che
dovrai compilare con calma e consegnarmi quando sarà pronto,
questo mi servirà per poterti indirizzare verso
l’occupazione migliore per le tue capacità”
Akira sorrise impercettibilmente, aveva sospettato che il suo
consigliere scolastico volesse vederlo in merito al questionario pre
curriculum che tutti gli studenti del quarto anno erano tenuti a
compilarlo, ma la presenza dell’allenatore gli aveva fatto temere
una sgridata colossale, in realtà non capiva perché ci
fosse anche lui.
Generalmente era una questione che riguardava solo lo studente e il
professore designato come responsabile del corso di studi che seguiva,
agli universitari che ottenevano i risultati migliori durante gli anni
di studi veniva automaticamente proposto un periodo formativo presso
qualche società importante e spesso al conseguimento della
laurea venivano assunti in pianta stabile.
Tutti gli altri invece dovevano inviare curriculum su curriculum sperando di essere presi da qualche parte.
“I tuoi voti sono sempre stati molto buoni – riprese il
consulente e Akira aumentò il sorriso, era sempre stato un bravo
studente anche se ritardatario – e anche nelle attività
extrascolastiche il tuo impegno è lodevole, anche se
l’allenatore Murata è un po’ preoccupato dalla tua,
come dire…”
“Incapacità di saper leggere l’ora”
s’intromise la voce del mister rivolgendo a Sendoh un sorrisino e
strappando una risatina al docente.
“Sei piuttosto famoso per la tua mancanza di puntualità” constatò il professore.
“Però arrivo sempre in tempo anche se per il rotto della cuffia” si schernì Akira.
Solo perché varcava la soglia dell’aula al suono della
campanella o per il fatto di presentarsi in campo pochi minuti prima
del fischio d’inizio della partita, non si poteva etichettarlo
come ritardatario cronico o almeno così credeva lui.
“E’ proprio questa la mia preoccupazione” esalò il mister sistemandosi sulla sedia.
“Vedi Sendoh – riprese il professor Idhejì
riportandosi in avanti e assumendo un tono di voce serio e profondo
– la preoccupazione dell’allenatore Murata riguarda la
struttura della squadra dell’anno venturo, molti altri titolari
sono all’ultimo anno ad esempio il capitano Ryuchi, che
benché non frequenti più nessun corso e stia lavorando in
una società come impiegato si presenta puntualmente agli
allenamenti ogni pomeriggio” gli fece notare il suo consulente
scolastico dimostrando di conoscere molto bene la situazione dei
giocatori del club.
“Quindi mi avete chiamato per dirmi che il prossimo anno devo
lasciare la squadra?” ipotizzò Akira non riuscendo a
capire dove volessero andare a finire.
“Assolutamente no, se pensi di riuscire a mantenere
l’impegno che ti sei assunto fino in fondo” intervenne
l’allenatore.
“Ciò che Murata vuole semplicemente farti capire è
che questo sarà l’ultimo anno in cui i tuoi ritardi
verranno tollerati Sendoh – riprese la parola il professore
– Alla fine di quest’anno scolastico che tu lo voglia o
meno o che te ne renda conto oppure no, dovrai assumerti appieno la
responsabilità delle tue azioni come uomo adulto e maturo che
inizierà a far parte attivamente della società
giapponese”
“Quindi se ti renderai conto che non riuscirai ad essere un
giocatore titolare puntuale ed affidabile per i tuoi compagni, sono
convinto che sarai il primo ad ammettere la tua difficoltà per
il bene della squadra- continuò il coach Murata con un tono
più severo e senza il sorriso di poco prima. –Sei un
giocatore di grande talento, ma questo non m’interessa, se non
sarai puntuale o non potrai partecipare al torneo darò il tuo
posto a qualcun’altro ”
“Ho capito – fece Sendoh con un sorriso per nulla turbato,
giocare gli piaceva e lo rendeva felice, ma non era tanto orgoglioso da
voler partecipare a tutti i costi ad ogni partita - cercherò di
essere puntuale. L’anno termina a Marzo quindi prima di allora
penserò attentamente se continuare a far parte del club di
basket anche l’anno venturo o meno. Non è mia intenzione
creare problemi alla squadra, perciò non si preoccupi mister se
capirò di non poter essere un giocatore su cui i miei compagni
possono contare lascerò il mio posto da titolare e andrò
in panchina senza nessun
problema”
Murata lo fissò attentamente e poi annuì, sapeva che
Sendoh avrebbe reagito in quel modo e avrebbe potuto benissimo
affrontare quel discorso con lui anche in palestra, ma quando arrivava
la consegna del test di indirizzo professionale bisognava seguire la
politica del preside, il quale richiedeva sempre la presenza degli
allenatori dei vari club sportivi per ogni studente che ne frequentasse
attivamente uno.
“Ecco tieni Sendoh – fece il docente più anziano
allungando al ragazzo un foglio – puoi andare e per scusarci del
tono duro che abbiamo usato con te ti offriamo un biscotto”
annunciò tirando fuori da un cassetto una confezione di plastica
e porgendogli alcuni dolci fatti in casa con un sorriso allegro.
Akira ne prese uno prima di alzarsi, salutare e avviarsi fuori.
Il professor Idhejì non si smentiva mai, aveva sempre i biscotti
che gli preparava la moglie ogni giorno, per gli studenti che andavano
nel suo ufficio.
Una volta in corridoio Sendoh guardò il quadrante
dell’orologio e affrettò il passo, faceva ancora in tempo.
Alla fin fine la sgridata l’aveva ricevuta lo stesso, diede
un’occhiata veloce al foglio che teneva in mano prima di aprire
lo zaino e infilarlo nel libro di diritto commerciale.
Fino a quel momento non ci aveva riflettuto seriamente, ma quello in
definitiva si poteva considerare l’ultimo anno che frequentava
l’università.
Come succedeva per gli studenti più anziani di lui, l’anno
venturo non si sarebbero più svegliati la mattina per recarsi al
campus a seguire le lezioni, ma bensì per rinchiudersi in
qualche azienda davanti un computer o a fare fotocopie.
Quella prospettiva non lo spaventava né lo angosciava più
di tanto, fu un’altra presa di coscienza a renderlo pensieroso,
comprese che quando l’anno scolastico in corso si sarebbe
concluso lui avrebbe visto Mito ancor meno di quel che accadeva
normalmente.
Ogni volta che desiderava incontrare il ragazzo gli bastava saltare una
lezione e raggiungere il suo edificio e incrociarlo in corridoio nel
cambio di ora, spesso sfruttavano la pausa pranzo per mangiare insieme
nella mensa scolastica oppure andavano in biblioteca a cercare dei
testi utili e poi c’erano i pomeriggi in cui Yohei veniva alla
palestra e lo aspettava fino al termine degli allenamenti per lasciare
l’università insieme.
Ma la situazione sarebbe cambiata il prossimo anno, tutto quello
sarebbe scomparso e non avrebbero più potuto fare niente di
tutto ciò.
Certo potevano sempre vedersi la sera e nei fine settimana e ovviamente
telefonarsi ogni giorno, non era poi la fine del mondo, inoltre era
anche vero che al momento non stavano insieme e il problema era proprio
quello.
Non poteva pretendere d’incontrare ogni sera Mito o tempestarlo di telefonate se continuavano ad essere semplici amici.
Anche se provavano qualcosa di più l’uno per l’altro
avevano stabilito tacitamente di non sbilanciarsi, preferendo
conoscersi meglio e procedere con calma, ma se Akira non fosse riuscito
a conquistare il cuore di Yohei rischiava di vederselo portare via da
qualche studente intraprendente quando lui non guardava, ossia il
prossimo anno.
Ma per ovviare alla cosa aveva molti mesi davanti a sé e decise che non avrebbe perso tempo.
***
“La cucina della mensa fa ogni giorno sempre più
schifo” esalò Okusu guardando male il curry nel proprio
piatto.
“Ma che dici è squisito, si vede che non hai proprio
gusto- lo riprese Takamiya mentre ripuliva il proprio cucchiaio –
se quello non lo mangi… ” fece allungando la mano per
impossessarsi del piatto dell’amico, ma Okusu la bloccò
colpendola prontamente con la propria posata di plastica.
“Certo che oggi voi non siete di gran compagnia –
intervenne Noma sventolando il panino piccante ad indicare Sakuragi,
Rukawa e Mito seduti di fronte a loro sul lungo tavolo della mensa.
– Non che di Rukawa mi stupisca certo, però voi due
sembrate strani. Avete litigato?” continuò il ragazzo non
curandosi dell’occhiata glaciale della volpe che ancora si
domandava chi glielo facesse fare di dover dividere i suoi pasti con
quei tizi, la ragione sedeva accanto a lui e si stava strafogando di
onigiri.
“Chiudi il becco” ringhiò Sakuragi sputacchiando un paio di chicchi di riso.
“Hai fatto centro” convenne Okusu rivolto all’amico
con i baffetti e senza guardare spostò il piatto prima che il
cucchiaio di Taka ci finisse casualmente dentro.
“Non abbiamo litigato e per il vostro bene non dite altre
scemenze” gli consigliò Yohei afferrando un pezzo di
frittata.
“E’ logico che non abbiamo litigato, come si fa a discutere
con qualcuno che non apre bocca?” sussurrò Hana
afferrando un secondo triangolino bianco e nero.
Rukawa inarcò un sopracciglio e fissò il do’hao,
che fosse nervoso gli era parso chiaro da quando aveva visto come era
entrato a passo di marcia e da come aveva sbattuto il proprio vassoio
con poca grazia, ora intuì che era Mito il motivo del suo
malumore e tirò un piccolo sospiro di sollievo.
Generalmente era lui a fare quell’effetto ad Hanamichi.
“Forse perché non c’è niente da dire? –
rispose ironicamente Yohei a cui non era sfuggito il commento
dell’amico – E poi chi per primo non apre bocca non
dovrebbe lamentarsi degli altri” affondò il coltello nella
schiena di Sakuragi per la seconda volta in poche ore.
“Va bene ho capito, ho capito.”
Ringhiò ancora il tensai afferrando la confezione di succo in
scatola e inserendovi la cannuccia prima di sorseggiare rumorosamente
in direzione dell’orecchio di Mito, quella era una cosa che
mandava Yohei al manicomio e lui lo sapeva benissimo.
“Ciao ragazzi!- squillò allegra la voce di Akira
avvicinatosi al loro tavolo con un vassoio fra le mani – Mi siedo
con voi vi dispiace?” domandò per pura formalità
adagiando il cibo sul tavolo, posando lo zaino in una delle sedie vuote
e accomodandosi in quella accanto a Yohei.
“Sì” soffiò Hanamichi, ma nessuno, a parte Kaede, lo sentì.
“Certo” lo invitò Mito rivolgendogli un sorriso
luminoso mentre gli amici salutavano il giocatore, tranne Hana che
continuò a succhiare rumorosamente.
“Dì un po’ mangi tutto?”
s’informò Takamiya adocchiando il riso al curry, la
confezione di macedonia, la scatoletta di latte e fragola e il budino
al cioccolato disposti ordinatamente sul vassoietto di plastica di
Sendoh.
“Quella era l’idea” ridacchiò Akira iniziando
ad aprire la confezione delle posate usa e getta fornite dalla mensa.
“Sei in ritardo” sussurrò al suo indirizzo Yohei approfittando del battibecco in corso fra Taka e Okusu.
“Un contrattempo…” stava rispondendo Sendoh a sua volta a bassa voce.
“Che c’è lo controlli Yo? Non mi sembra che tu lo
faccia con tutti i tuoi amici o sbaglio?” s’intromise
Sakuragi, che aveva ascoltato quello scambio di battute, catturando
l’attenzione degli altri commensali.
Yohei fulminò l’amico con lo sguardo ed evitò di rispondere.
“Questo perché da un po’ di tempo becchiamo
spesso Sendoh a mensa” notò distrattamente Okusu ripulendo
il piatto spiegando in che modo aveva inteso le parole appena dette da
Mito.
“Però Yo ha ragione, di solito arriva insieme a noi-
constatò Noma che sentiva puzza di pettegolezzo.
–Dì un po’ ti ha trattenuto qualche bella
studentessa?” domandò ghignando al giocatore.
“Ma no, avevo un appuntamento con un professore tutto qui ”
si spiegò Akira prima che Yohei potesse fraintendere, non che
avesse notato una particolare reazione da parte sua, aveva continuato a
mangiare come non avesse sentito nulla.
Non che la cosa gli dispiacesse, anzi, significava che Mito aveva
fiducia in lui e che credeva a ciò che gli aveva detto quel
giorno alla sala da tè vicino alla stazione, ne era davvero
felice.
In realtà Sendoh non aveva notato come Yo aveva infilzato la
frittata con brutalità altrimenti avrebbe rivisto le sue
considerazioni, a qualcuno invece l’arpionamento del rotolino di
uova e verdure non era sfuggito.
“Che pizza, mi aspettano tre ore interminabili con un professore
che mi odia” si lamentò Noma spostando di lato il vassoio
ormai vuoto.
“Forse il fatto che gli hai dato dell’idiota incompetente
perché ti ha messo un votaccio all’ultimo compito non ha
giovato” Takamiya gli ricordò il motivo
dell’astio del docente nei confronti dell’altro rubando un
po’ di frutta dalla porzione di Akira, che ormai era abituato ai
suoi modi e non disse nulla.
“Noi invece abbiamo la professoressa Chikasa, è davvero
bellissima: giovane, sexy, un sorriso dolcissimo, ha la voce di un
angelo e poi è così gentile, per non parlare delle sue
curve perfette, vero Yo?” sospirò Okusu che era iscritto
alla stessa facoltà dell’amico.
“Già davvero carina” convenne con lui Mito
terminando di mangiare e fissando la forchetta di Taka che si allungava
continuando a servirsi impunemente, prima che Sendoh gli mettesse di
fronte la coppetta quasi vuota.
“Sei sempre il solito Taka e a te conviene dirgli qualcosa o non
te lo toglierai più dai piedi” disse Yo prima
rivolto all’ingordo amico e poi al giocatore.
“Ah nessun problema, tanto non mi andava la frutta” lo
rassicurò Akira trovando le attenzioni di Yohei nei suoi
confronti molto dolci.
“Vedi? Gli ho fatto un favore altrimenti si sarebbe sforzato di
mangiarla” affermò Takamiya ingoiando un acino d’uva.
“Beh ragazzi io mi avvio” li interruppe Noma recuperando
borsa, giacchetto e il vassoio con gli incarti vuoti dei panini.
“Aspetta vengo con te” lo seguì a ruota Takamiya imitandolo.
“Ah dobbiamo andare anche noi Yo o faremo tardi per prendere i
posti migliori in prima fila. Quando la professoressa spiega passeggia
sempre avanti e indietro e da lì riesco a sentire il profumo del
suo shampoo” fece Okusu con un magnifico sorriso raccogliendo
tutto.
“Sembri un maniaco” fece una smorfia disgustata Sakuragi di fronte alle perversioni dell’altro.
“Guarda che lo è - lo corresse Mito alzandosi a sua volta-
Ha passato un intero pomeriggio ad annusare bottiglie di shampoo e
balsamo come un cane da tartufi, finché non ha trovato quello
che usa la professoressa”
“Certo, così quando mi faccio la doccia e sento quel
profumo paradisiaco, posso immaginare che lei sia con me…
Beh? Perché mi guardate in quel modo?” chiese il ragazzo
dalla chioma bionda perplesso dalle facce sconvolte e un po’
schifate di Sakuragi, Sendoh e Mito.
Rukawa aveva gli auricolari infilati nelle orecchie e si era perso la notizia, per sua fortuna.
“Dovrebbero rinchiuderti” disse Hana
“Credo che gli estremi per farlo ci siano tutti” ponderò Akira, afferrando il budino.
“Andiamo forza. A dopo, ciao!” intervenne Yohei incamminandosi.
“Ah oggi venite agli allenamenti ragazzi?” chiese Sendoh prima che i due si allontanassero troppo.
“Certo, come sempre” affermò Okusu, mentre Yohei
neanche si voltò, consapevole degli occhi di Sakuragi piantati
sulla sua schiena.
Una volta rimasti loro tre Rukawa si liberò delle cuffiette, i
casinisti se n’erano andati, Akira era impegnato a ingozzarsi col
budino quindi aveva la bocca impegnata e il do’hao aveva finito
di fare le bollicine con il succo, visto che la scatoletta vuota era
stata accartocciata sul vassoio.
Ad Hana non andava proprio giù di non sapere che stesse
succedendo fra Yo e Sendoh quindi visto che non aveva avuto fortuna con
l’amico tentò una nuova strategia.
“Porcospino – fece battendo una mano sulla schiena di Akira
– Yo mi ha detto tutto” annunciò aspettando che
l’altro cadesse nella sua geniale trappola.
“Eh? Che ti ha detto?” domandò Sendoh raschiando il vasetto di plastica.
“Tutto di voi due” affermò.
“Beh ma te l’ho detto anch’io tempo fa”
“Non fare finta di niente- lo interruppe Sakuragi togliendogli il
vasetto e il cucchiaino dalle mani perché gli prestasse tutta la
sua attenzione – io so” fece come fosse un Dio onnipotente
sceso in terra.
“Temo di aver perso qualche passaggio” ammise Sendoh sbattendo le palpebre perplesso.
“Mh do’hao- sbuffò Kaede più avvezzo a
districarsi con le uscite del suo ragazzo – Mito ha detto al
do’hao che tu e lui uscite solo come amici e il do’hao non
ci crede. Pensa che stiate insieme, ma che non glielo diciate”
ricapitolò l’intera situazione ignorando il ringhio basso
e soffuso che proveniva dal suo amorevole compagno.
“Ah ma è vero” Akira si affrettò a confermare
per distrarre Sakuragi prima che scoppiasse in una furia omicida.
“Ma non prendermi in giro porcospino! So che lo hai invitato a casa tua”
“E allora? Una volta sono stato anche io da lui –
annunciò lasciando basito Hana che non sapeva nulla di quello -
Io e Yohei ci siamo visti spesso nelle ultime settimane, ma come
amici e qualche volta l’ho invitato a casa per aiutarmi col
computer”
“Non capisco, ma a te Yo piace sì o no?- domandò
diretto Hana, era evidentemente confuso – Perché tu a lui
piaci”
“Davvero? E ti ha detto qualcosa di preciso oppure è una
tua impressione? No perché so di interessarlo ma se ti
ha…” patì a ruota libera Akira gongolando di pura
gioia.
“Non distrarti porcospino” lo riportò in carreggiata Sakuragi che aspettava una risposta.
“Mi piace molto, ma per quanto sentiamo un’attrazione
reciproca ci stiamo frequentando prima di metterci insieme.
Praticamente non sappiamo niente l’uno dell’altro”
spiegò.
Sia Hanamichi che Rukawa lo fissarono senza dir nulla, il primo
visibilmente confuso e il secondo indifferente all’ intera
faccenda.
“Scusa ma lo trovi tanto strano?” chiese Sendoh al giocatore dai capelli rossi perplesso dalla sua espressione.
“Mah non saprei, forse è meglio così –
rispose Hana dopo averci riflettuto un secondo - in fondo se Yo dovesse
capire che non sei il suo tipo è meglio che non stiate
insieme”
“Grazie sei molto incoraggiante” esalò Akira, però le parole di Sakuragi rispecchiavano le sue paure.
“Do’hao” lo sgridò Kaede sistemando lo
zaino sul tavolo prima di poggiarci la testa sopra e abbracciarlo come
fosse un cuscino.
“ Beh è così!” puntualizzò veemente Hanamichi.
“Ha ragione Sakuragi – intervenne Sendoh –
Fosse per me gli chiederei di metterci insieme anche ora, però
mi sembra che lui non sia sicuro”
“Forse è una tua sensazione” ipotizzò Kaede.
“Mh forse- convenne Akira non molto sicuro – Beh ragazzi
ora vi lascio o faccio di nuovo tardi. Ci vediamo oggi pomeriggio”
Si alzò riacquistando il buon umore e recuperate le proprie cose
si avviò ad uno dei cestini dei rifiuti svuotandovi dentro il
vassoio che poi lasciò impilandolo sopra ad altri prima di
prendere l’uscita.
La prima e per ora unica volta che Akira era andato a casa di Yohei,
avevano trascorso la serata seduti sul tatami a chiacchierare e ridere,
mangiando zuppa precotta direttamente dalla scatola.
Si era divertito molto e si era sentito a proprio agio dopo i primi
minuti di imbarazzo iniziali, avevano preso a domandarsi reciprocamente
quello che gli saltava in mente sui propri gusti, hobby e passioni e
poi Sendoh aveva toccato un argomento più personale: le loro
precedenti esperienze amorose.
Inizialmente Yohei era stato un po’ reticente
nell’affrontare l’argomento e lui aveva temuto che avesse
una tragica storia d’amore alle spalle che lo aveva fatto
soffrire e a cui forse pensava ancora, non era niente di simile.
Semplicemente Mito si vergognava nell’ammettere che non era mai stato con nessuno e che quindi non aveva mai fatto niente.
Akira aveva così saputo della cotta di Yohei durante il periodo
del liceo ed era stata quella storia, oltre al fatto che comprese che
Mito era vergine, a fargli prendere la decisione di andarci con le
dovute cautele.
Al contrario di Yo lui non aveva mai avuto dubbi sulla propria
sessualità, gli erano sempre piaciuti i ragazzi e aveva
già delle esperienze, invece Mito aveva perso la testa prima per
una ragazza e poi per lui e non aveva mai baciato nessuno, né
uomo né donna.
Per quanto l’idea di essere lui a insegnargli come si baciava
poteva essere molto esaltante, per Sendoh quello era anche un pensiero
che gli creava molte preoccupazioni, lui interessava a Yo e di questo
era più che sicuro, ma non era altrettanto certo che a Yohei
interessassero le sue labbra.
***
“Senti Yo – richiamò la sua attenzione Okusu
mentre si avviavano a lezione – Mi spieghi perché Hana se
ne è uscito a quel modo poco fa?”
“Mah niente, sai come è fatto, chissà che
aveva” liquidò la faccenda Yohei senza dargli importanza.
“Mh sarà, però sembrava che ce l’avesse con te”
“Non mi è sembrato” mentì spudoratamente di
fronte all’evidenza. Okusu si incrociò le braccia
dietro la nuca sorridendo beffardo.
“Ah no? Comunque non ti sembra strano che ultimamente Sendoh
capiti sempre in mensa quando ci siamo noi e che si sieda quasi sempre
al nostro tavolo?”
“Non più di tanto, la pausa pranzo è comune a tanti
indirizzi e poi lui Hana e Rukawa sono in squadra insieme”
“Sì però Sendoh non si autoinvita al tavolo degli
altri giocatori né si unisce a quello dei suoi compagni di
corso. Non lo trovi anomalo?” continuò Okusu imperterrito
nel suo ragionamento.
“Che vuoi che ti dica? Avrà i suoi motivi, magari ha
litigato con qualcuno. Se comunque ti scoccia dillo a lui non a
me”
Yohei si stava irritando, Akira non si intrometteva nei loro discorsi
né aveva mai fatto commenti o battute antipatiche quindi non
capiva perché all’amico desse tanto fastidio che si unisse
a loro.
“No lo dico a te perché sembrava che foste d’accordo
per pranzare insieme” Okusu scoccò la freccia mortale
dritta al cuore di Mito.
“Ma che t’inventi?” si schernì Yo continuando a fingere indifferenza.
“Hai detto tu che era in ritardo, no?” gli ricordò il biondino allegramente.
“E allora? E’ come hai detto tu prima, visto che lo incrociamo spesso ho notato che era…”
“Quello l’ho detto per gli altri, soprattutto per Hana che
sembrava sul piede di guerra – gli chiarì fermandosi e
facendo in modo che anche Mito si bloccasse lungo il corridoio –
Per mesi ci hai dato buca ogni volta che andavamo in palestra a vedere
gli allenamenti, ora vieni tutti i giorni e guarda caso ultimamente ti
becco spesso in compagnia di Sendoh: la mattina prima che le lezioni
inizino, in biblioteca e un paio di volte la sera sul tuo motorino che
andavate chissà dove”
Yohei socchiuse gli occhi indispettito che ci si mettesse anche lui a fargli il terzo grado dopo Hana.
“L’ho beccato qualche volta in biblioteca e allora? Non
è mica strano, sai quanti studenti ci vanno? Ci sei capitato
dentro perfino tu. Chiacchierando ha saputo che cosa studio e mi ha
chiesto aiuto un paio di volte per sistemargli il computer, ecco
perché ci hai visti insieme sul motorino. Comunque: primo che
fai? Mi spii? Secondo da quando parlare con qualcuno è un
reato?”
Okusu piegò le labbra in un sorriso prima di ridacchiare alzando
le spalle, Mito si era indispettito parecchio proprio come poco prima
in mensa davanti all’allusione di Noma, ad Okusu infatti non era
sfuggita la sua aggressività mostrata nei confronti
dell’indifesa frittata .
“E chi ti dice niente? Ti ho beccato per caso e mi è
sembrato strano tutto qui, però ti sei scaldato un po’
troppo non ti pare?”
“No, proprio per niente” rispose asciutto superandolo, ma
una mano di Okusu lo bloccò afferrandogli il gomito.
“Dai Yo non te la prendere”
“E chi se la prende? Dai facciamo tardi, non vuoi sbavare in prima fila sulla tua professoressa?”
“Sbavo anche nell’ultima”
“Chissà perché non avevo dubbi”
Varcarono la soglia dell’aula dopo qualche minuto facendo il resto della strada in silenzio.
Era vero, si era scaldato troppo valutò Yohei e questo non gli
andava giù, gli dava fastidio aver perso il sangue freddo, ma la
colpa era di Hanamichi che lo aveva stressato non solo prima ma anche
durante il pranzo.
L’aula era già affollata così i due ragazzi si
dovettero accontentare, per il dispiacere di Okusu, di alcuni posti in
quarta fila, si sedettero salutando alcuni compagni e tirando fuori
tutto l’occorrente prima del sopraggiungere della docente.
“Comunque Yo – riprese a dire Okusu sussurrando,
sporgendosi al contempo sul banco verso di lui e coprendosi la bocca
con un braccio- Mi sa che Sendoh ti muore dietro”
Le mani di Mito si bloccarono a mezz’aria e il libro di testo precipitò con un tonfo sulla superficie lucida.
“Perché dici così?” chiese spalmandosi a sua volta verso l’altro ragazzo.
“Perché ho visto come ti guarda – Perché come mi guarda? Trillò
la mente di Yohei. – Ed è lo stesso modo in cui tu guardi
lui” concluse la voce di Okusu enormemente divertito.
Oh cavolo esalò il cervello di Yohei sotto choc.
“Ma che…”
“Yo se non vuoi dirlo mi sta bene, ma almeno non negare. Non è carino mentire ai propri amici”
Mito rimase a fissare gli occhi scuri di Okusu e la sua faccia seria.
L’amico aveva ragione così annuì e riprese la
posizione iniziale, ma l’altro lo afferrò per la manica e
lo ricondusse ad abbassare braccia e testa sul banco.
“Beh allora? Non mi racconti niente?”
“Hai detto che potevo non dire nulla” gli fece notare imbronciandosi.
“Vale per gli altri, dai dimmi che succede” lo
punzecchiò con la matita che aveva in mano ficcandogliela in un
fianco.
“Niente…” iniziò a dire un po’ imbarazzato.
“Gli piaci te ne sei accorto? - Yohei annuì sempre
più a disagio – E tu? Ti piace vero? Ci ho preso eh?”
“Sì bravo, ora lasciami il braccio e finiscila con quella
matita o te la faccio ingoiare” lo minacciò Mito
massaggiandosi il fianco dolorante, che era stato colpito ad ogni
domanda, Okusu iniziò a
ridacchiare.
“State insieme?” fece la fatidica domanda.
“No, a volte andiamo a mangiare qualche cosa insieme tutto qui” ammise con uno sbuffo.
“Eh? E perché no?”
“Perché no, non c’è nessun motivo particolare ci stiamo ancora frequentando per il momento”
Okusu mise su una faccia pensierosa e a Yohei sembrava di poter
percepire il rumore dei suoi neuroni mentre si sforzavano di riflettere.
“Gli hanno spezzato il cuore? O sei tu che non ti butti per paura
che ti pianti?” indagò Okusu dopo qualche minuto.
Yohei prese un sospiro profondo maledicendosi per non aver saputo evitare quella catastrofe.
“No, niente del genere solo ci andiamo piano. Lui mi piace e
sembra che anch’io gli piaccia per ora, però magari col
tempo più cose scopriamo uno dell’altro… insomma
potremmo capire che poi tutta questa attrazione non è motivata.
Quindi ci prendiamo un po’ di tempo per…”
“Per evitare di soffrire dopo – concluse per lui
l’amico – Sai che hai detto una cretinata vero Yo? Questa
idea di chi è stata tua o sua?- indagò ancora Okusu ora
tremendamente serio. - Non mi rispondere ho già capito, sei tu
che lo tieni lontano”
“Eh? Io? Ma che cavolo dici?”
“Si capisce lontano un miglio che hai paura che Sendoh ci ripensi”
Yohei aprì la bocca per rispondere ma dato che non sapeva che ribattere la richiuse.
“Guarda che se una persona ti piace non dipende da quanto la
conosci, è una questione di primo impatto come si dice si sente
a pelle”
“Sì però lui…”l’arrivo della
docente in aula e il seguente silenzio che si creò interruppero
le parole di Mito ma solo le sue perché dopo qualche secondo
Okusu si appiattì sul banco e gli fece segno di avvicinarsi, Yo
roteò un secondo gli occhi con sofferenza e poi come nulla fosse
si spalmò a sua volta.
“Lui cosa?” chiese l’amico.
“E’ già stato con qualcuno, io no”
“Ah... spiacente in materia di sesso non posso aiutarti, fosse
stata una ragazza ti potevo fornire del supporto audiovisivo
ma…”
“Sei un cretino- fece disperato Yohei chiedendosi perché
si stesse confidando proprio con lui – Non mi riferivo a
quello”
“Sesso, prova a dirlo, è facile, non ti morde mica a meno
che non ti piaccia, ma questo è un altro…”
“O va al diavolo!” scattò Yohei a voce talmente alta
che tutti si voltarono verso di lui compresa la docente che stava
spiegando.
“Come ha detto prego?” domandò la professoressa furibonda dopo il primo istante di perplessità.
“Non diceva a lei ma a me” intervenne Okusu prontamente per
spiegare l’equivoco mentre Mito recuperava le proprie cose e si
avviava all’uscita.
“Dove crede di andare?” domandò l’insegnate
confusa nel vedere Yohei abbandonare l’aula senza dire niente per
scusarsi.
“Scusi professoressa – intervenne Okusu alzandosi in piedi
e infilando i libri nello zainetto – il mio amico non si sente
bene vado con lui, scusi ancora” urlò fiondandosi
attraverso la porta all’inseguimento di Yohei.
Lo raggiunse dopo pochi metri nel corridoio affiancandolo e
sbirciandone il volto, Mito non sembrava arrabbiato quanto più
imbarazzato.
“Ehi Yo certo che hai fatto una bella figuraccia in classe” gli fece notare.
“Vuoi chiudere la bocca e connettere il cervello per qualche secondo?” gli chiese sbuffando disperato.
“Mh siamo nervosetti”
“Già, chissà come mai”
“Avrei un’idea, ma non credo vorrai sentirla, piuttosto
– Okusu riassunse il tono più serio –
ritornando al problema Sendoh… ”
“Non ho nessun problema con lui” chiarì prontamente
Yohei prima che l’altro si mettesse strane idee in testa.
“Ok scusa allora al tuo problema, meglio? E comunque qual è esattamente perché non l’ho capito”
“Mi sarei stupito del contrario” esalò Yo
avvicinandosi al distributore del piano e tirando fuori le monetine
dalla tasca.
“Allora che problema hai?” insistette Okusu inserendo una moneta e pigiando il tasto per un caffè.
“Che non sono mai stato con nessuno” soffiò
Yohei servendosi di una bottiglietta di tè da quella a
fianco.
“E allora? Non capisco davvero”
Yohei tirò la linguetta della lattina valutando il volto
dell’amico che si era seduto a terra poggiando la schiena contro
il muro, lo raggiunse posizionandosi accanto a lui.
“Che forse hai ragione tu, forse ho paura di volergli bene,
magari sono terrorizzato tanto da star male al pensiero che quando si
accorgerà che non sono poi così interessante
deciderà di lasciarmi”
“Beh primo potresti essere tu a mollare lui, secondo se ti lascia
è un imbecille e verrà punito dal guntai, terzo se Hana
scopre che ti ha fatto soffrire possiamo prepararci ad andare al
funerale del porcospino e quarto secondo me hai un po’ paura
anche del sesso” ricapitolò prima di dare un lungo sorso
al caffè.
“Sì, forse anche di quello- ammise ridacchiando Mito.
– So che quello che sto per dire sono parole al vento-
continuò dopo qualche secondo – però ci provo lo
stesso, eviti di dire questa cosa agli altri? Almeno per il
momento”
“Nessun problema però ti avverto che Taka ha qualche sospetto”
“So già che mi renderete la vita un inferno” si lamentò Yohei.
“Naaa, lo sai che quello è un privilegio esclusivo di Hanamichi”
***
Alla fine Mito quel pomeriggio si era presentato in palestra
insieme alla combriccola di amici, ignorando volutamente le occhiatine
di Sakuragi.
Per lui quella situazione era già abbastanza complicata e
difficile da capire e non gli serviva certo che il suo migliore amico
non gli credesse solo perché riteneva impossibile che due
persone, che hanno ammesso di provare un certo affetto l’una per
l’altra, preferiscano frequentarsi come amici per qualche tempo
prima di passare al livello successivo.
Anche ad Okusu però la cosa era risultata strana e Yohei
iniziava a pensare che effettivamente qualcosa non andasse,
probabilmente era per colpa sua come aveva ipotizzato l’amico.
Iniziò a riflettere sul suo comportamento valutando se facesse o
dicesse qualcosa che teneva Sendoh a distanza, così non si
accorse della fine degli allenamenti né di Akira che gli si
avvicinava fino a quando non fu destato dalla sua voce.
“Ehi ciao!” lo salutò Aki allegramente con un po’ di fiatone.
Quel giorno l’allenatore li aveva fatti correre parecchio e Yohei
rimase ipnotizzato dalle goccioline di sudore che scendevano lungo il
collo del giocatore o dal suo petto ansante.
“Hai da fare stasera?” domandò Sendoh con un sorriso gentile.
“No niente”
“Ti andrebbe di venire a casa mia? Devo inserire un grafico e
alcune tabelle in una ricerca, ma non ho capito come si creano, non
è che ti và di spiegarmelo?” propose congiungendo
le mani in un gesto di supplica.
“Accidenti Sendoh sei davvero impedito col computer, quante volte
è che Yo viene a casa tua a spiegarti le cose?”
s’intromise la voce di Sakuragi avvicinandosi ai due e
richiamando l’attenzione anche dei ragazzi dell’armata poco
distanti.
“Do’hao” esalò Rukawa continuando a palleggiare.
“Già forse ti sto scocciando troppo” convenne Akira
in realtà lui non aveva nessuna difficoltà, però
quella era una scusa come un’altra per vedere Yohei più
spesso.
“Beh almeno lui sa come si accende, al contrario di te
Hanamichi” lo prese in giro Okusu scatenando la risata degli
altri e la rispostaccia di Sakuragi.
“Non ho problemi, vengo a patto che tu mi offra la cena” ne
approfittò Yohei per dare concedere il proprio aiuto ad Akira.
“Nessun problema ho il frigo pieno”
“Allora ti aspetto, così andiamo insieme”decise Mito.
“Mi sbrigo in due secondi” promise Akira avviandosi negli spogliatoi.
“Fai con calma” gli urlò dietro Yohei prima di
voltarsi verso il gruppo di amici che ora, si accorse, lo stavano
fissando.
“Ok che sta succedendo? - chiese Noma- Gli dai lezioni e lui ti
paga ho indovinato? Però non dite niente altrimenti Hana ti
chiede un prestito, vero?” ipotizzò ignaro della faccia di
Sakuragi.
“Gli do una mano ogni tanto e lui mi offre la cena, niente di
che” liquidò la cosa Yohei con un’alzata di spalle.
“Mh non ci vedo chiaro- gli si mise di fronte Takamiya
aggiustandosi gli occhiali sul naso – E’ da qualche
settimana che noto uno strano comportamento fra te e Sendoh, sembrate
essere diventati piuttosto amici e pare che lo incontriamo piuttosto
frequentemente rispetto agli scorsi anni”
“Se non ci vedi pulisciti gli occhiali – intervenne la voce
di Hanamichi con tono minaccioso – Gliel’ho detto io al
porcospino di chiedere aiuto a Yo con il computer. Era piuttosto
incasinato e mi ha fatto
pena”
“Già lo sapete come è fatto Hana ha il cuore tenero” gli diede man forte Okusu.
“Ma da quando?” controbatterono in coro Noma e Taka prima
di fuggire fuori della palestra per scampare alle testate del tensai,
Okusu si avviò al loro seguito dopo aver lanciato a Yo un
sorrisetto criptico.
“Grazie” fece Yohei ad Hanamichi una volta rimasti soli
“Fai con calma” gli fece il verso Hana con voce smielata prima di andarsene incavolato.
“Mh è un do’hao”soffiò Rukawa verso
Mito palleggiando mentre lo superava e si avviava a sua volta agli
spogliatoi.
***
L’appartamento in cui Sendoh abitava era di grandezza simile
a quello di Mito solo che a differenza del suo era tenuto in ordine ed
arredato all’occidentale.
Il pavimento era sgombro da impicci, non c’erano pile di
giornaletti, videogiochi o i fili della play che ti capitavano fra i
piedi e rischiavano di farti cadere, l’angolo cottura era sempre
pulito e mai un piatto o un bicchiere giacevano nel lavello in attesa
di essere lavati.
Decisamente dopo aver visto quella casa Yo si era ben guardato dall’invitare nuovamente Akira nella propria.
Quel che Mito ignorava era che Sendoh non era un maniaco
dell’ordine ma passava ogni volta la sera precedente, a sistemare
e riordinare prima di inventarsi qualche problema col computer.
“Ecco poi una volta che hai selezionato questo ritorni alla
schermata principale e lo inserisci” terminò di dare le
proprie indicazioni Yohei cliccando col mouse.
Erano seduti al tavolino che fungeva da porta computer e scrivania
messo in un angolo della stanza vicino alla finestra, Akira aveva preso
una sedia e si era accomodato di fianco a Mito osservando
distrattamente il monitor e ben più attentamente il ragazzo.
Erano tanto vicini che spesso i loro gomiti si sfioravano e quando
questo accadeva Yohei interrompeva le proprie spiegazioni per qualche
secondo, quando la mano di Akira afferrò il mouse per eseguire
l’operazione da capo, per vedere se ricordasse tutti i passaggi,
fu tentato di sovrapporvi sopra la sua.
“Con te sembra così facile” gongolò Sendoh
“Basta solo un po’ di pratica” gli assicurò Mito.
“Mh però se non ci fossi stato tu ad aiutarmi, non saprei
proprio come avrei fatto” lo ringraziò ancora, in
realtà aveva già completato la ricerca e quella non era
altro che una bozza creata per l’occasione.
“Preparo la cena” esordì Akira decisamente di buon umore
“Ti aiuto?” si offrì Mito
“Non c’è bisogno, devo soltanto aprire un paio di
scatolette e mettere una padella sul fuoco, faccio subito”
annunciò avviandosi al piano cottura.
“Ti spiace se intanto usufruisco della tua connessione per
cercare una cosa?” domandò Yohei osservandolo trafficare
nei pensili.
“Fa pure come fosse casa tua”
‘Magari’ pensarono entrambi all’unisono.
Mito si mise a cercare in rete il nome di un locale di cui aveva
sentito parlare a scuola, stava tentando di visualizzare una cartina
che gli indicasse la sua esatta ubicazione, aveva intenzione
infatti di invitare Akira quel sabato sera. Trovandola dopo qualche
minuto di navigazione decise di salvarla per poterla stampare
usufruendo di quel congegno che a lui mancava ma che Sendoh possedeva.
“Faccio una stampa se non ti dispiace”
“Fai pure”
Una volta accesa la periferica e inserita la carta si mise a cercare la
cartella in cui era stato salvato il file, fu così che
l’occhio gli cadde su una cartellina denominata ricerche
università.
Akira non poteva che essere più che felice ogni qual volta Mito
accettava di buon grado di venire a casa sua per aiutarlo, non solo
potevano passare la serata insieme, ma aveva anche l’occasione di
stargli vicino fingendo di sporgersi per vedere meglio il monitor.
Certo prima o poi avrebbe dovuto finirla con quel giochetto del non
saper come si apre un file zippato o come si crea un grafico, rischiava
di passare per un incompetente totale oltre che imbecille visto che la
maggior parte delle indicazioni erano piuttosto semplici.
Però Mito sembrava molto felice di fargli da insegnate e chi era lui per poter togliere al suo tesoro quella gioia?
Aprì la confezione di cibo precotto e ne versò tutto il
contenuto nella padella lasciando che si riscaldasse a dovere.
“Sai Mito stavo pensando che vorrei preparati il sukiyaki una
sera di queste per ringraziarti delle lezioni che mi dai, ti andrebbe?
O forse preferiresti qualcos’altro?” domandò
voltandosi verso la scrivania, Yohei era intento a fissare lo schermo
mentre la stampante terminava di effettuare la copia avviata.
“Ti ringrazio, ma non credo che dovresti offrirmi una cena per
insegnarti ciò che è evidente già sai fare”
annunciò Yo alzandosi dalla sedia e avvicinandosi.
“Ops sembra che mi hai scoperto” ridacchiò Sendoh un po’ imbarazzato.
“Si può sapere perché mi hai detto che non ci capivi niente?” domandò Mito leggermente triste.
“Perché così avevo la scusa per vederti e
perché sei tanto carino e dolce quando mi spieghi le cose”
Yohei arrossì un poco a quelle parole e sfuggì lo sguardo
di Akira però al tempo stesso era risentito col giocatore, lo
aveva preso in giro.
“Ho fatto la figura dell’imbecille, vero?” chiese Yohei in un soffio.
“No, il cretino sono stato io che non ti ho invitato semplicemente a cena come avrei dovuto fare”
“Beh non c’è bisogno d’inventarti scuse,
voglio dire che se ti và di uscire basta dirlo e si organizza
qualcosa” gli disse ancora Mito mentre ritornava al computer e lo
spegneva.
“Mi piace andare a bere qualcosa fuori o in giro per
locali, ma mi piace anche quando siamo io e te da soli a casa,
anzi, a dire il vero lo preferisco” rivelò Sendoh
sinceramente.
Yohei recuperò lo zaino e il giacchetto e si avviò all’uscita.
“Scusa adesso devo andare” fece infilandosi le scarpe
da ginnastica, Akira corse a bloccare la porta poggiandovi i palmi
contro.
“Aspetta! Mi dispiace ma non prendertela così per…”
“Non sono arrabbiato – lo interruppe Mito rivolgendogli un
sorriso – Solo devo andare a casa a studiare. Ci vediamo
domani”
Sendoh liberò la porta e lo lasciò uscire nel
pianerottolo, il sorriso di Yohei gli aveva procurato una fitta allo
stomaco.
20 Aprile
Mito non aveva gradito la farsa e le bugie del giocatore, anche se
aveva capito le buone intenzioni di Akira ma ugualmente quel
comportamento non gli era piaciuto.
Yohei non si era fatto nessun problema ad invitare Sendoh a
mangiare cibo in scatola sul pavimento di casa propria; che oltretutto
era una bettola quindi qualche problemino forse era il caso che se lo
facesse,
Quindi non capiva perché Akira non poteva fare altrettanto ed invece si era inventato quella scusa.
Inoltre la sua frase finale lo aveva lasciato piuttosto perplesso.
Perciò aveva preferito ritornarsene a casa, per non correre il
rischio di fargli vedere quanto ci fosse rimasto male, si era
comportato come un vigliacco e la cosa non gli andava giù.
“Senti Okusu – bisbigliò chiamando l’amico
dandogli una botta col gomito e facendogli fare una lunga riga sul
quaderno. Il biondo si abbassò dopo averlo squadrato con
cattiveria – Se una ragazza ti dice che preferisce stare in casa
soli voi due invece che uscire e andare per locali secondo te che vuol
dire?”
“Ci sono due possibilità o sono morto e sono finito in
paradiso oppure che sto sognando” esalò l’amico
aumentando la sua disperazione.
“Parlo sul serio idiota” fece tenendo il tono di voce basso per non farsi sentire dal professore.
“Mh allora vuole fare quello” rispose sicuro Okusu.
“Quello? Cioè intendi…?” chiese Mito
sgranando gli occhi e domandandosi se fosse possibile che Sendoh avesse
proprio quello in mente.
“Sì Yo, sesso. Quella parola che non riesci a pronunciare” lo sfotté l’amico.
“Io non ho nessun problema a dire sesso. Guarda sesso, s-e-s-s-o” scandì lentamente.
“Sono felice signor Mito che sappia fare lo spelling
correttamente di quella parola e ora che ne dice di provare a seguire
la mia lezione?” domandò Il professor Hikagi
dall’alto del suo banco.
L’intera aula scoppiò in una sonora risata e Yohei Mito si
ritrovò a fare una seconda figuraccia per colpa di Okusu.
Durante la pausa pranzo Yohei non fece altro che lanciare occhiate
verso la porta della mensa, ma Sendoh non si fece vedere, suppose che
si fosse risentito per il modo in cui era scappato da casa sua.
Yohei era letteralmente fuggito facendo così una figuraccia e
dimostrandogli di essere un ragazzino infantile che se l’era
presa troppo per quella che in fondo era una sciocchezza.
Mangiò svogliatamente prestando poca attenzione alle conversazioni degli amici.
Quando sia Noma, Takamiya che Rukawa si alzarono per raggiungere le
proprie aule lui si apprestò ad alzarsi per recarsi in
biblioteca, aveva due ore libere e voleva approfittarne per studiare un
po’.
“Vado a fare un salto nel laboratorio d’informatica, ci
vediamo dopo” salutò Okusu avviandosi all’uscita e
lasciando da soli i due amici.
“Yo che hai?” chiese Sakuragi fissandolo attentamente.
“Senti Hana – iniziò Yohei parlando a bassa voce
– se mettiamo il caso che Rukawa ti dicesse che preferisce
restare il sabato a casa con te invece che uscire e andare per locali
tu che penseresti?”
“Che è normale, mi stupirei se dicesse il contrario”
espresse la pura e limpida verità, Yohei intuì che non si
era rivolto alla persona più indicata.
“Mettiamola in questo modo. Se un ragazzo che ti piace ti dicesse
che vuole stare in casa solo con te invece che uscire e andare per
locali a divertirvi, tu che penseresti?” tentò ancora.
“Yo – sibilò Hanamichi dopo qualche minuto di
silenzio – mi stai dicendo che il porcospino ti ha fatto qualche
proposta indecente?”
“Perché dici indecente? Pensi che intendesse quello?”
“A che altro poteva riferirsi? E’ chiaro cosa volesse fare,
a ma quando lo becco gli faccio passare io i bollenti spiriti a quel
pervertito” s’infuriò Hana.
“Primo non credo intendesse quello, secondo si può sapere perché te la prendi tanto?” chiese giustamente Mito.
“Come perché? Perché… perché - Hana
sembrava in difficoltà - Non lo so di preciso, ma non mi
và giù”
“Oh Kami salvami ti prego- implorò Yohei portandosi una
mano sugli occhi e chiedendosi perché non potesse avere un amico
normale e sano di mente- Stai facendo tardi sbrigati” gli
ricordò prima di avviarsi verso la biblioteca.
***
Akira non aveva fatto altro che pensare tutta la notte al volto
triste di Yohei rivolgendosi i peggiori insulti che conoscesse per aver
combinato un simile guaio.
Alla fine si era addormentato quasi all’alba e aveva finito per
dormire troppo e non sentire la sveglia, col risultato di arrivare
all’università giusto in tempo per l’inizio degli
allenamenti di basket.
Varcò la soglia della palestra trafelato e con sua somma gioia scoprì che il mister non era presente.
“Hai fatto tardi eh Sendoh?” lo prese in giro Ryota
ghignando allegramente della sua faccia sconvolta e del fiatone prima
che Ayako gli desse una sventagliata sulla testa.
“Vatti a cambiare Akira” ordinò la manager.
“Non mi sgridi?” chiese Sendoh incredulo, forse la ragazza si era infine arresa.
“Per oggi ti grazio, hai la faccia di chi ha passato la notte in
bianco, però non ti ci abituare” lo sorprese Ayako.
Akira la ringraziò e si avviò verso gli spogliatoi
sbirciando l’angolo dove Mito e i ragazzi dell’armata erano
seduti a chiacchierare fra loro.
Yohei non si era voltato dalla sua parte, segno per Akira che ce
l’aveva ancora con lui, avrebbe tanto voluto andargli vicino e
chiedergli nuovamente scusa, ma preferì posticipare alla fine
degli allenamenti quando la palestra fosse stata sgombra dei compagni.
Sendoh ben presto scoprì di avere un altro problema più preoccupante in quel momento: ossia Hanamichi.
Quando raggiunse i compagni di squadra in campo Akira non fece caso
alle occhiate penetranti e piene di astio che il giocatore dai capelli
rossi gli rivolgeva, si mise in fila e prese a compiere i giri di
riscaldamento intorno al perimetro della palestra.
Ogni volta che passava di fronte alla panchina in cui i ragazzi erano
accomodati vicino al blocco di Ayako, Sendoh teneva il volto diretto
verso di loro al primo giro salutò ottenendo risposta solo da
Noma, Okusu e Takamiya ma da Yohei nulla perché stava cercando
qualcosa nel proprio zaino.
“Ehi Yo – lo chiamò Okusu dandogli una
gomitata nel fianco – Tira fuori la testa che Sendoh ti cerca con
lo sguardo” lo avvertì.
Mito restò indeciso su cosa fare, ma poi richiuse la borsa e si mise ad osservare il campo e in particolare un giocatore.
Al secondo giro Akira sorrise sventolando la mano e ricevendo in cambio
un gesto secco del capo da parte di Mito, non era propriamente
esaltante, ma gli bastò per tirarlo su di morale.
Yohei continuò a fissare il volto di Sendoh che per tutti i
restanti nove giri di campo continuò a sorridergli ogni volta
che gli passava di fronte, inizialmente gli aveva risposto mantenendo
il volto serio e scuro ma alla fine non aveva potuto impedire alle sue
labbra di arcuarsi un po’.
“Yo – chiamò Taka sporgendosi per guardarlo oltre Okusu – Ma Sendoh ce l’ha con te?”
Mito rimase impassibile pensando in fretta qualcosa da dire, udendo un
risolino si sporse verso l’amico e gli disse: “Guarda
dietro, sugli spalti”
“Ah quando sono arrivate quelle ragazze?” domandò
Okusu voltando la testa in alto, tre studentesse erano affacciate al
corrimano della tribuna degli spettatori.
Spesso capitavano degli studenti più o meno numerosi ad
assistere alle partite di allenamento, il coach li faceva restare
purché fossero silenziosi e non deconcentrassero i suoi
giocatori.
Ayako fischiò la fine dei giri di campo e il capitano divise i
giocatori in due squadre per una partita amichevole, mentre le
matricole si sarebbero allenate nei fondamentali sotto la supervisione
della manager.
Akira finì in squadra con Rukawa mentre Hanamichi in quella
avversaria, il giocatore dai capelli a punta capì che
c’era qualcosa che non andava quando Sakuragi gli si parò
di fronte.
Solitamente se si trovavano in squadre diverse l’avversario
prediletto di Hanamichi era Kaede, ma quel giorno ignorò
totalmente Rukawa concentrandosi a marcare Sendoh, il quale non se ne
preoccupò subito ipotizzando che forse i due innamorati avessero
avuto qualche piccolo screzio.
Akira ritrovatosi in possesso di palla prese a palleggiare mentre il
compagno lo stoppava agguerrito, forse un po’ troppo agguerrito
valutò quando Hana commise fallo e lui finì lungo disteso.
Al quarto fallo consecutivo Akira capì che Hanamichi ce l’aveva proprio con lui.
“Sakuragi si può sapere che ti prende?” gridò
Ayako da bordo campo che ne aveva visti soltanto due, dato che Sakuragi
era stato bravo a coprire gli altri.
“Non è colpa mia se il porcospino oggi basta sfiorarlo
perché cada” si difese il ragazzo lanciando però ad
Akira uno sguardo per nulla dispiaciuto.
“Do’hao !” gli urlò contro Kaede quando non
poté non vedere la gomitata in pieno stomaco che rifilò
all’altro.
“Ora basta! – urlò la voce del capitano che fungeva da arbitro – Sakuragi sei fuori”
“Guarda che non l’ho fatto apposta” spiegò avviandosi però ubbidiente verso la panchina.
Akira si massaggiò lo stomaco chiedendosi che avesse mai fatto
per farlo infuriare e quando vide Sakuragi sedersi accanto a Mito tutto
gli fu chiaro.
“Non credi di aver esagerato?” gli domandò in un sussurro Yohei allungandogli l’asciugamano.
“Però che bel gioco scorretto, era da un bel po’ di
tempo che non ti vedevamo commettere tanti falli” ghignò
Noma andandosi ad affiancare sul lato opposto di Sakuragi.
“Già, ma come mai ce l’avevi tanto con
Sendoh?” indagò Takamiya scrutando il tensai che si
detergeva il sudore.
“Il porcospino è più lento del solito” esalò Hana come spiegazione.
“In effetti ha una faccia, non sembra che stia molto bene” convenne Noma rivolgendo la sua attenzione alla partita.
Al termine degli allenamenti Sakuragi si beccò una solenne
lavata di capo sia dal capitano che da Ayako, Hana ascoltò
indifferente la paternale evitando di rispondere, poi in silenzio si
avviò agli spogliatoi quando gli diedero il consenso.
Kaede fissò Hanamichi varcare la porta e dirigersi al proprio
armadietto visibilmente imbronciato, ma il do’hao era arrabbiato
già dal suo arrivo in palestra e per quanto lui gli avesse
chiesto quale fosse il motivo del suo umore nero Hana aveva negato
ostinatamente.
“Do’hao si può sapere che…”
s’interruppe quando lo sguardo di Sakuragi fu catturato dalla
figura di Sendoh che fuoriuscito dalle docce raggiunse il proprio
borsone passando di fronte a loro.
Hanamichi lasciò Kaede lì dove si trovava senza dirgli
nulla e si diresse verso l’altro compagno di squadra, che solo
con i boxer indosso si stava tamponando i capelli con un telo, del
tutto ignaro di quanto stava per accadergli.
“Ascoltami bene – gli ringhiò Hana sulla faccia
afferrando Akira per una spalla e spintonandolo contro la parete.
Rukawa si spaventò per la forza con la quale il do’hao lo
aveva strattonato e si avvicinò veloce per bloccarlo temendo che
stesse per colpirlo, ma Hanamichi aveva alzato la mano libera solo per
puntare l’indice sotto il naso di Sendoh – Non so che
intenzioni hai, ma tieni le tue mani da pervertito giù da
Yohei”
Non solo Akira anche Kaede era alquanto confuso.
“Che cosa?” domandò Sendoh esterrefatto mentre si chiedeva che cosa avesse raccontato Mito all’amico.
“Hn?” fece a sua volta Rukawa perplesso quanto il primo.
“Yo mi ha detto tutto. Ti avverto porcospino non ti avvicinare a lui” lo minacciò ancora Sakuragi
“Non so che ti ha detto Mito ma non gli ho fatto niente” si
difese Akira cercando di liberarsi inutilmente dalla mano di Hanamichi
che ancora lo teneva inchiodato al muro.
“E poi non sarebbero affari tuoi, do’hao!” se ne uscì Kaede ora era lui alquanto alterato.
Hanamichi rivolse a Rukawa i grandi occhi nocciola colmi d’incredulità per quanto gli aveva appena osato dire.
“Kitsune ma come puoi dire una cosa simile. Questo maniaco fa le
proposte indecenti a Yo e io dovrei starmene zitto?”
protestò allibito.
“Mito si sa difendere benissimo da solo, non sono affari tuoi
do’hao o forse sì?” domandò Kaede ora furioso.
“Certo che sono affari miei, c’è da chiederlo?
E’ di Yo che stiamo parlando mica di uno qualsiasi”
snocciolò tutta la logica del suo pensiero Hanamichi per
l’orrore di Kaede.
“Hn? Do’hao ma ti rendi conto di quel che dici?”
chiese Rukawa non volendo dar voce alle idee che gli stavano saltando
in testa in quel frangente.
“Kitsune ma che hai da fare quella faccia?” chiese Hana non
capendo perché la volpe lo stesse interrompendo mentre stava per
dare una bella lezione al porcospino.
“Lascialo do’hao- fece Kaede dopo un secondo cercando di
riacquistare la calma, doveva esserci sicuramente una logica, strana e
assurda tipica del do’hao per quanto stava dicendo e facendo.
– Dimmi perché ce l’hai con lui”
domandò sedendosi sulla panca dopo aver spostato il borsone di
Sendoh.
Sakuargi dopo un minuto molto lungo acconsentì a lasciare Akira
libero e si posizionò di fronte alla volpe con le braccia
conserte.
Fortunatamente i compagni di squadra erano ancora sotto le docce oppure
si erano già cambiati e usciti così nessuno aveva
assistito a quella piccola aggressione.
“Oggi dopo pranzo, Yo, mi ha fatto una domanda strana dicendo che
era una proposta del porcospino ovviamente lui non ha capito che fosse
una proposta indecente, ma io sì” snocciolò
confusamente Hanamichi.
“Eh?” fece Akira massaggiandosi la spalla mentre Kaede sbuffava stropicciandosi le tempie.
“Per bene do’hao” chiese Rukawa in un soffio simile
all’ultimo respiro di un moribondo, Hana corrugò la fronte
indispettito e spazientito che non lo capissero, ma poi prese a
spiegarsi.
“Yo mi ha detto ‘se un ragazzo ti dicesse che vuole restare a casa con te invece che andare a divertirsi fuori tu che penseresti?’ Mi pare ovvio che cosa aveva in mente questo pervertito di porcospino” indicò accusatorio Sendoh.
“Non è andata così, gli ho detto che preferisco
restare in casa che girare per locali, ma solo perché
così possiamo parlare in tranquillità” si difese
Akira, non che disdegnasse l’altra ipotesi sia ben chiaro, ma
sapeva che Mito non era ancora pronto per nessuna avance.
“Che vuoi dire? Che non ci proveresti con Yo?”
“Certo che sì” si lasciò scappare
Sendoh, dopo tutto era umano, un ragazzo di ventidue anni nel
pieno della giovinezza, mica era un Santo.
“Ecco lo vedi kitsune? E’ un maniaco pervertito!”
“Do’hao! – lo sgridò Kaede – Se anche fosse che centri tu?”
“Come che centro? Io devo difendere Yo”
Rukawa ebbe un piccolo tuffo al cuore ma decise di resistere.
“A Mito piace Sendoh che a sua volta ricambia, prima o poi Mito
lo farà non ci hai pensato do’hao? O vuoi
impedirglielo? Non è che è per questo che sei incavolato
con Mito invece che per il fatto che non credi che… - Kaede
s’interruppe chiudendo gli occhi – Do’hao –
chiamò in un sussurro – non è che a te piace
Mito?” lo aveva chiesto, Rukawa non poteva crederci ma alla fine
aveva dato voce a quello spaventoso pensiero, eppure non aveva nessun
rimpianto preferiva sapere, riaprì gli occhi e li volse verso
Hana.
Il volto di Sakuragi rimase impassibile poi gli occhi si sgranarono e
la bocca si spalancò, un suono simile a un respiro asmatico
fuoriuscì dalla sua gola prima che l’urlo giungesse.
“Ma sei scema volpe? – tuonò incredulo di fronte a
quanto sentito – Ma che schifo! Tu ti innamoreresti di tuo
fratello? Ma che mente perversa hai?”
Rukawa rimase impassibile : “Do’hao – soffiò
rincuorandosi non poco, al momento non correva pericolo di perdere
Hanamichi. – Mito non è tuo fratello” gli fece
notare pazientemente.
“E’ lo stesso” controbatté Hana squadrandolo ancora per quanto sentito.
“Sei tu che fai tante storie do’hao”
“Bene sentite – s’intromise Sendoh che nel frattempo
aveva allungato la mano recuperando i pantaloni e la maglietta e si
stava sommariamente rivestendo – se è questo il motivo per
cui ce l’hai con me Sakuragi mi spiace, ma è un problema
tuo non mio. Mito mi piace e se non ti sta bene non so che farci, puoi
anche massacrarmi di botte, ma io non gli starò lontano
perché sei tu a dirmelo e ora se volete scusarmi vado a chiarire
con lui” detto questo Akira s’infilò le scarpe senza
neanche allacciarle e senza recuperare la borsa o il giacchetto e con i
capelli umidi che gli ricadevano sul viso schizzò fuori dagli
spogliatoi.
“Mh bella risposta” fece Hana sedendosi accanto a Rukawa
con un sorrisetto divertito e tenero, prima di allungarsi a sfiorargli
la guancia con le labbra.
“Che volpina stupida e paurosa che sei Kae” lo prese in giro con una dolcezza infinita nella voce.
Gli occhi di Kaede si dilatarono man mano che un’atroce e terribile dubbio si faceva strada nella sua comprensione.
“Do’hao era tutta una finta?”
“Non proprio tutto, mi sono incavolato davvero e le gomitate
glielo ho rifilate sul serio” ammise con un ghigno soddisfatto,
massacrare un po’ il porcospino lo aveva fatto sentire meglio.
“Mi spieghi perché ti sei tanto arrabbiato?” gli
domandò Rukawa non riuscendo a capire quella sua reazione, la
trovava esagerata e fuori misura degna di lui senza dubbio ma comunque
eccesiva.
“Beh scusa Kae metti caso che il porcospino allungasse le mani
sul tuo fratellino tu non ti arrabbieresti? Non andresti a dirgliene
quattro?” gli chiese a sua volta.
“Mito non è il tuo fratellino e non è un ragazzino
che bisogna difendere, ti ricordo che è un teppista che ti ha
aiutato in numerose risse” gli rammentò il suo passato
burrascoso.
“Kae ti ricordo che ti ho preso a pugni parecchie volte,
neanche io ho bisogno di essere difeso, però quando ci siamo
messi insieme e Yo lo ha saputo non è venuto a minacciarti? Lui
si preoccupa per me e io per lui, ci guardiamo le spalle a vicenda,
semplice. Lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo”
“E’ una cosa assurda” sussurro non riuscendo a capirli.
“Forse per te volpe, ma non per noi, se Sendoh non mi avesse
tenuto testa si poteva anche scordare di avvicinarsi a Yo. Ora invece
sono tranquillo”
“Allora non ti dispiace se allunga le mani?” gli chiese Kaede non fidandosi del tutto.
“Ora no, perché ho capito che ci tiene sul serio a Yo, non
è solo per divertirsi che gli và dietro” gli disse
ancora.
“Quindi se Mito a suo tempo avesse capito che io volevo solo una
storia di sesso…” iniziò a capire Kaede.
“Ti avrebbe spaccato la faccia probabilmente e poi avrebbe
picchiato me per farmi smettere di pensare a te” ipotizzò
Hana.
“Tzs come se fosse facile riuscire a buttarmi giù”
esalò Kaede, non era un tipo che andasse a cercarsi i guai ma se
lo disturbavano reagiva.
“Sai Kae? Eri proprio carino tutto preoccupato che mi piacesse
Yo” sghignazzò Hanamichi abbracciandolo stretto a
sé quando Rukawa si sporse a nascondere il viso nel suo collo,
Kaede si era spaventato davvero tanto e per un attimo aveva temuto di
perderlo.
***
Akira corse in palestra, facendo balzare per lo spavento le
matricole che stavano pulendo il pavimento per il modo in cui
spalancò la porta degli spogliatoi.
Non trovando la figura di Mito in nessun angolo si precipitò
all’esterno, si era deciso giusto in tempo a correre a cercarlo,
lo individuò nel viale a molti metri di distanza.
Si mise a correre spiccando un balzo in avanti incurante del venticello
invernale che gli accarezzava la pelle delle braccia scoperte e il
collo bagnato.
Quando vide il quartetto svoltare l’angolo raggiungendo il
cancello d’entrata chiamò il nome di Mito con quanto fiato
aveva in gola, riuscendo a farli fermare.
“Ehi Sendoh, ma che succede?” chiese Noma una volta che il
giocatore li ebbe raggiunti.
“E’ successo qualcosa di grave?” domandò subito a sua volta Takamiya.
“Hana sta bene?” disse Yohei ottenendo che Akira annuisse.
“Sì, ho solo bisogno di parlarti un secondo” bloccò altre nuove domande.
“Bene allora noi andiamo, ciao Yo” salutò Okusu
intuendo si trattasse di qualcosa di personale e afferrò gli
altri due amici per un braccio ciascuno conducendoli oltre il cancello
del campus.
Akira non sapeva come iniziare il discorso e si sentiva anche parecchio
imbarazzato, allungò una mano per spostarsi una ciocca che
stillava acqua dagli occhi.
“Ti prenderai qualcosa a stare così, va bene che è
aprile e siamo in primavera ma la sera è un po’ freschino
per uscire con i capelli zuppi” gli fece notare Mito.
“Già è vero ma dovevo parlarti subito”
“Senti, se è per ieri sera…” ma le parole di Yohei vennero presto interrotte dalla voce di Sendoh
“Mi dispiace Mito, non avrei dovuto raccontarti una frottola, ma
mi sembrava così stupido dirti: Vieni a casa mia? Perché
sai quando sei con me mi sento davvero bene” snocciolò
tutto insieme.
“No è carina come cosa, un po’ sdolcinata
forse” lo prese in giro Yo ridacchiando della sua occhiata
perplessa.
“Mi piaci Mito, davvero tanto e se voglio stare a casa da solo
con te, invece che girare per locali è perché mi piace
sentire la tua voce”
“Che dici se torniamo in palestra così ti asciughi i
capelli e finisci di vestirti?” gli propose Yohei rivolgendogli
un sorriso, era felice che gli fosse corso dietro in quello stato per
dirgli quelle cose.
“Direi che è una buona idea, inizio ad aver freddo”
convenne Sendoh che si era tolto un peso dallo stomaco ed ora era
tornato sereno e spensierato come sempre e s’incamminò al
fianco di Mito.
“Mi spiace di averti lasciato in quel modo” ora toccava a Yohei scusarsi.
“A me è dispiaciuto di più di averti visto
triste” soffiò piano Akira, Yo lo scrutò appena ma
non replicò nulla
“Se vuoi ti do un passaggio col motorino” gli propose invece.
“Solo se ti fermi a mangiare”
“Hai fatto il sukiyaki?”
“Tagliolini in scatola basta aggiungere acqua calda e sono subito
pronti” lo informò Akira recitando il testo della
pubblicità.
“Bah mi accontenterò” ridacchiò Mito.
22 Aprile
Yohei varcò il cancello dell’università e
parcheggiò il motorino nel solito angolo, stava tirando fuori la
catena quando qualcuno arrivò di corsa a sbattergli una mano o
meglio due, una ciascuno, sulla schiena.
“Buongiorno Yo!” trillarono in coro Noma e Okusu, il secondo sventolando uno degli arti che lo avevano colpito.
“Imbecilli mi volevate spezzare la schiena?” si
lamentò piegandosi leggermente in avanti e mugolando di dolore.
“Ah esagerato” soffiò Noma ridacchiando prima di fare l’occhiolino a una studentessa che passava.
“La conosci?” s’informò con lui il biondo.
“Non ancora” annunciò l’amico lisciandosi i
baffetti con l’indice e ghignando prima di lanciarsi
all’inseguimento della fanciulla, che orripilata si voltò
sbarrando gli occhi al suo grido: “Signorina sa che è una
bellezza?”
“Buongiorno!” salutò la voce di Sendoh rivolgendo un
sorriso a Yohei che ricambiò mentre era inchinato ad assicurare
la catena al mezzo.
“Giorno!” ricambiò il saluto drizzandosi in piedi prontamente.
“Ah per favore contenetevi” esalò Okusu con una smorfia disgustata.
“Eh?” fece Akira non capendo.
“Niente non farci caso” lo rassicurò Yohei trafiggendo Okusu con un’occhiataccia.
“Mh vado a godermi lo schiaffo che si beccherà Noma, ci
vediamo in classe Yo” si eclissò l’amico prima che
rischiasse sul serio la vita.
“Sì prendimi il posto”
“Sembri piuttosto allegro stamani” notò Akira, lui lo era e solo perché lo aveva incrociato.
“Dici? In effetti è vero guarda – Yohei
afferrò lo zaino e lo aprì rovistandovi qualche secondo
dentro prima di tirar fuori un paio di biglietti colorati – Me li
ha regalati il padrone del ristorante” annunciò festante.
“Ah… e cosa sono?” s’informò Sendoh prendendone uno e leggendovi sopra Cyber space cowboy con tanto di immagine di quel che sembrava un robot munito di spada laser.
“Sono i biglietti per il nuovo video gioco che esce sabato. Con
questi si può andare al punto vendita del centro commerciale e
acquistarne una copia a metà prezzo” spiegò felice
come una Pasqua, Akira aumentò il sorriso ma sinceramente non la
trovava un’idea tanto esaltante.
“Ah capisco sembra magnifico” mentì spudoratamente.
“Bugiardo a te non piacciono i video giochi” lo riprese
Mito sorridendo, avevano imparato molte cose uno dell’altro.
“Sì è vero” ammise sincero il giocatore.
“Ehi Hana guarda! ” urlò Yohei sventolando in aria i due biglietti.
Sakuragi si trovava poco più giù e li stava raggiungendo
al fianco di Kaede, appena vide i foglietti colorati, che da quella
distanza non erano altro che una macchietta scura si bloccò in
mezzo al viale.
“Non dirmi che è quello che penso Yo” urlò a squarciagola.
“Sì, sono proprio loro” rispose di rimando Mito.
Sakuragi spiccò la corsa eliminando la distanza che li separava,
afferrò i biglietti e se li ammirò per bene quando Rukawa
li raggiunse sbadigliando vistosamente Hana glieli sventolò
sotto il naso.
“Kitsune hai visto? Hai visto?”
“Do’hao no, se non fermi la mano” lo sgridò,
inutilmente perché Hanamichi non lo stava più ascoltando.
“Ma come li hai rimediati?” indagò Hana con l’amico a cui aveva ridato completa attenzione.
“Me li ha dati il padrone del ristorante che li ha avuti da un
cliente che lavora nel negozio – spiegò Mito il giro fatto
dai rettangoli colorati per poi continuare nel racconto –
Me ne stava dando uno solo ma io l’ho pregato così tanto
che sono riuscito a rimediarne uno anche per te” spiegò
ottenendo di venir soffocato da un abbraccio entusiasta
dell’amico.
“Ma io ti amo Yo!” esplose Hanamichi stritolandolo.
“Do’hao!” protestò Kaede assottigliando pericolosamente lo sguardo.
“Ah kitsune sei sveglia?- chiese Hana ridacchiando divertito
della sua faccia scura prima di girarsi verso Yohei e proporgli - Beh
allora sabato andiamo a prenderlo che dici?”
“Sì, nessun problema” acconsentì
“Kae dove vai?”csi rivolse Hanamichi alla sua volpe che li aveva superati proseguendo verso il viale.
“In classe, è tardi” fece Rukawa sventolando una mano.
“Aspettami! Ci vediamo a pranzo Yo, ah ciao porcospino” si degnò di vedere finalmente anche Akira.
“Allora sabato sei impegnato da quel che ho capito”
notò Sendoh distrattamente dopo qualche secondo un po’
dispiaciuto dato che voleva invitarlo a uscire.
“Solo di mattina, perché non vieni anche tu? Magari dopo
andiamo da qualche parte appena abbiamo fatto al negozio”
lo invitò Yohei la quale intenzione a dire il vero era proprio
quella fin dall’inizio.
“Sicuro che a Sakuragi vada bene?”
“Tranquillo, di certo verrà anche Rukawa e neanche a lui
piacciono i videogiochi a parte tetris che gli causa un effetto
soporifero quindi vi terrete buona compagnia” lo rassicurò
prontamente.
“Sai mi avevi convinto già al vieni anche tu” gli rivelò Akira facendolo sorridere.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** parte quarta ***
quarta parte
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
T. Inoue; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di
lucro
24 aprile
Sendoh non si era mai pentito tanto di una cosa in vita sua come quella di aver accettato quell’invito.
Mai aveva detestato le persone, un negozio, dei rumori o la folla di ragazzini urlanti come quel sabato mattina.
La giornata era iniziata nella maniera più positiva possibile
Mito si era offerto di andarlo a prendere a casa, quindi benché
si fosse dovuto destare alle sette di sabato vedere il visino del suo
Yohei lo ripagò dell’alzataccia.
Il motivo di un risveglio tanto folle fu la spiegazione che gli
propinò Mito al telefono quando lo aveva avvertito
dell’ora in cui sarebbe passato a prenderlo causandogli una
risata, pensando che scherzasse.
“Giochi come questo che sono
tanto attesi e dove c’è una promozione finiscono entro le
prime due ore, perciò bisogna andare presto”
Akira aveva puntato la sveglia domandandosi se Yohei fosse il ragazzo
giusto per lui, Sendoh si alzava a certi orari solo per andare a pesca
non nei centri commerciali.
Mito però aveva bussato alla porta di casa sua con una bustina
di ciambelle acquistate durante il tragitto e questo aiutò il
giocatore ad addolcire di più quel risveglio.
“Per fare colazione, mi hai detto che ti piacciono” gli aveva detto Yohei allungandogli il pacchettino.
Akira si era sentito felice come un bambino a Natale, erano semplici
dolci, eppure sembrava che Yo gli avesse portato chissà cosa.
Lo aveva così invitato ad entrare avviandosi a preparare il tè dicendogli di non far caso al disordine.
Mito rimase a fissare il letto occidentale messo contro una parete
disfatto e con numerosi vestiti gettati a casaccio sopra il materasso,
due paia di scarpe che giacevano scompostamente nell’ingresso, il
tavolino ingombro dello zainetto e sparpagliati sopra alla rinfusa
libri, quaderni e i piatti della cena della sera prima. A terra in un
angolo c’erano anche gli asciugamani e la tuta usati per il club.
“Allora non sei un fissato dell’ordine, meno
male” ridacchiò Yo osservando il giocatore riporre i
piatti sporchi nel lavello già pieno.
“Non sono un tipo ordinato ma mi sforzavo di sembrarlo per quando venivi tu” gli spiegò.
“Mica dovevi mettere in ordine per me”
“Dopo il tuo meno male ho capito il mio errore, in futuro non mi farò problemi”
Mito si morse un labbro aveva parlato troppo e lo aveva offeso.
‘Sei un cretino ha fatto tanta fatica per te’
“Prego siediti, l’acqua dovrebbe bollire a secondi”
Akira lo invitò ad accomodarsi al tavolo nel frattempo che lui
tirava fuori delle tazze pulite, un piattino in cui mise le ciambelle,
zucchero e cucchiaini.
Quando il bollitore iniziò a fischiare lo tolse dalla fiamma e lo portò a tavola poggiandolo su un canovaccio.
“Ho perso le presine dovrebbero essere da qualche parte,
credo” annunciò non capendo dove fossero sparite,
aprì due bustine di tè e le infilò della teiera
lasciando che l’infuso riposasse per qualche minuto.
“Scusa per prima, intendevo dire che è bello scoprire che
sei disordinato, io non riesco proprio a riordinare, ho troppi impicci
per casa. Beh l’hai vista” approfittò Yohei della
quiete momentanea per rimediare alla gaffe fatta poco prima.
Sendoh che si era seduto di fronte a lui osservò la sua
espressione, seppur sorridente era dispiaciuta e sentì il petto
riempirsi di un calore piacevole, allungò una mano prima che se
ne rendesse conto e gli accarezzò una guancia.
“Che dolce che sei, guarda che non me la sono mica presa”
lo rassicurò godendo di quell’attimo, la pelle di Yohei
era fredda al tatto sicuramente a causa del vento preso sul motorino.
“Ah bene” esalò Mito un po’ imbarazzato per quella carezza a cui non sapeva come rispondere.
Afferrargli la mano?
Strusciare la guancia contro il suo palmo?
Rimase immobile finché Akira non interruppe quel contatto.
Fecero colazione mangiucchiando in silenzio per i primi minuti e poi chiacchierando del più e del meno.
Una volta finito si avviarono fuori e si diressero al centro
commerciale e quando lo raggiunsero il paradiso di Sendoh
terminò e venne catapultato in una bolgia infernale:
precisamente in quella degli otaku dei videogiochi.
Sakuragi e Rukawa li raggiunsero dopo una ventina di minuti, il negozio
non aveva ancora aperto la saracinesca e già una piccola folla
di clienti si era radunata al suo esterno, quando le luci si accesero
all’interno dell’esercizio iniziò la lotta per il
posto in fila.
Sendoh si sentì strattonare per una manica all’indietro e
quando incrociò gli occhi e il viso di Kaede che gli faceva
segno di rimanere indietro lui obbedì per nulla desideroso di
beccarsi altre gomitate nello sterno.
“Lascia che se la sbrighino loro” soffiò Rukawa e
quando la testa rossa di Sakuragi sparì oltre la porta del
negozio, Kaede si allontanò per andarsi a sedere su una delle
panchine del centro.
Akira aveva perso le tracce di Mito da un bel pezzo perciò preferì raggiungere il compagno di squadra.
“Secondo te ci metteranno molto?” domandò Akira
ottenendo in risposta un’alzata di spalle che sapeva un po’
di rassegnazione stoica.
Sendoh sospirò rimpiangendo il suo letto o il pezzettino di banchina in cui andava a pescare.
“Come và con Mito?” la domanda di Kaede lo sorprese
perché non se l’aspettava, Rukawa solitamente era un tipo
molto discreto.
“Bene grazie”
“L’hai già baciato?” Sendoh lo fissò con gli occhi sgranati. ‘Però com’è diretto’
“Mh stamattina gli ho fatto una carezza sulla guancia e mi ha
guardato come un cuccioletto spaurito, non credo sia pronto per un
bacio”
“Tutt’al più ti becchi un pugno” Kaede gli
fece notare saggiamente quel che rischiava, le parole cuccioletto e
Mito lui proprio non riusciva a immaginarsele nella stessa frase .
“Vorrei evitare di farmi picchiare dal ragazzo che mi piace”
“Tzs fifone, con Hana ci pestavamo un giorno sì e l’altro pure”
“Io non amo quel genere di rapporti”
“Allora non dovevi sceglierti un teppista”
“Come teppista?” chiese Akira.
Mito gli aveva detto di non essere mai stato uno studente modello e che
in genere non era mai andato d’accordo con la disciplina, ma
definirlo teppista gli sembrava un po’ troppo.
Kaede fissò Sendoh assottigliando lo sguardo, intuendo che il
compagno di squadra non sapesse nulla e quindi di averla combinata
veramente grossa la volpe evitò di rispondere e fissò la
ressa davanti al negozio.
“Ora tu e Mito vi conoscete già da un po’ –
cambiò discorso Rukawa – Che ne pensi ti piace
sempre?”
“Non abbiamo molto in comune, a dire il vero molto poco però sì, mi piace”
“Eh allora che aspettate?” chiese ancora.
“Mito al liceo si era innamorato di una ragazza –
esalò Akira catturando l’attenzione di Kaede che lui di
quella storia non sapeva niente - non andò bene, non è
sceso nei particolari, ma mi ha detto di non essere stato
ricambiato”
“Hai paura che i ragazzi non facciano per lui, è
così?- Kaede capiva quel che temeva forse meglio di quanto
potesse immaginare - Gli piaci e se lo ha detto è perché
è così, non farti problemi, se vuoi accarezzargli una
guancia fallo, se vuoi baciarlo bacialo - sentenziò –
E’ come il basket, in campo non pensi troppo ai se e ai forse, ma
valuti la strategia più giusta e agisci. Fa’ lo stesso con
Mito”
“Grazie del consiglio Rukawa, mi fiderò di te, lo conosci da più tempo”
“Mh credo che lo conosca sul serio solo il do’hao”
“Ancora geloso?” chiese divertito Sendoh perché in quella versione Kaede era delizioso.
“Tzs figurati”
Akira scoppiò a ridere di gusto di fronte alla sua faccia tosta.
***
Sakuragi rimase a fissare la copertina del videogioco che
stringeva tra le mani con un espressione estasiata, era stata una dura
lotta combattuta a suon di gomitate, spintoni, occhiatacce e sgambetti,
ma alla fine era riuscito a guadagnare un posto vantaggioso al bancone.
Non aveva perso tempo e appena il commesso gli era passato accanto lo
aveva afferrato per il bavero della divisa e gli aveva sventolato il
biglietto sotto il naso, Yohei invece aveva seguito la classica
tattica: lasciar fare a lui tutto il lavoro sporco e seguirlo
tranquillamente senza neanche stropicciarsi i vestiti.
Una volta all’esterno del negozio Hanamichi stillante entusiasmo
e gioia da tutti i pori mostrò orgoglioso ciò che aveva
conquistato a Kaede, che osservò la scatola avvolta nella
plastica con espressione indifferente.
“Non vedo l’ora di andare a casa per provarlo” esordì vivace Sakuragi.
“Mh andiamo allora” propose Rukawa il quale desiderava intrufolarsi sotto le coperte e ritornare a dormire.
“Eh no volpe malefica, come se non ti conoscessi, non si torna a
casa si resta fuori tutto il giorno” decise Hana con un ghigno
diabolico.
“Hn?”
“Che dite se ci facciamo un giro per il centro visto che siamo
qui?” propose Yohei per la disperazione di Kaede, la gioia di
Hana e l’entusiasmo di Akira.
Trascorsero la mattina visitando un negozio dietro l’altro,
mangiando al fast food interno e poi il primo pomeriggio decisero di
recarsi al cinema per la contentezza di Rukawa che avrebbe finalmente
potuto mettersi comodo e dormire.
Presero i biglietti per l’ultimo film d’azione uscito e di cui tutti e quattro avevano visto il trailer.
Yohei si ritrovò seduto tra Hanamichi da una parte e Sendoh dall’altra.
Kaede non aspettò neanche che le luci si abbassassero, si tolse
il giacchetto che si mise addosso come una copertina e poggiò il
capo sulla spalla del do’hao chiudendo gli occhi l’istante
successivo.
“Però che velocità” constatò Akira stupito.
“Lui è fatto così” lo informò Mito.
“Manca ancora un po’, vado a prendere i pop corn voi ne
volete?” continuò Sendoh alzandosi e posizionando la
giacca sul sedile in modo da tenere il posto occupato.
“Prendimi un pacco gigante porcospino” fece Hana accarezzando distrattamente i capelli di Kaede.
“Bene, per te Mito?”
“Niente grazie”
Una volta che il giocatore si fu allontanato Yohei ebbe la netta
sensazione di essere fissato, Sakuragi lo stava scrutando intensamente
mentre le dita giocavano con le ciocche seriche del volpino.
“Che c’è?” domandò Yo sperando che la
smettesse, conosceva quel particolare sguardo, Hana stava pensando a
qualcosa di pericoloso.
“Vi chiamate ancora per cognome” stranamente era solo una constatazione e non gli sembrava molto pericolosa.
“Ci conosciamo da poco” esalò Mito mentre le labbra si tingevano di un sorriso triste.
Ormai non era più del tutto vero, in quel periodo si erano
frequentati spesso e avevano appreso molte cose uno dell’altro e
Yohei aveva capito una cosa fondamentale.
Sendoh era uno studente diligente, un giocatore talentuoso, era il
classico bravo ragazzo che non si era mai messo nei guai, che non
cercava lo scontro se non sul campo da basket e sarebbe diventato un
uomo maturo, serio ed affidabile.
Lui e Akira erano diversi, troppo perché potessero stare insieme.
Eppure quando i polpastrelli di Sendoh avevano sfiorato la sua guancia
il suo cuore aveva iniziato a battere impetuoso e si era sentito tanto
felice.
Il giocatore dai capelli dritti ritornò portando due cestini di
carta colmi di fiocchi bianchi e fragranti, ne porse uno a Sakuragi e
si sistemò al suo posto, dopo qualche secondo le luci si
abbassarono prima di spegnersi del tutto e sul grande monitor
iniziarono a comparire le immagini degli sponsor del film.
“Se vuoi qualche pop corn serviti pure” sussurrò
Akira allungandosi ad accarezzare l’orecchio di Yohei con il
fiato caldo e la voce morbida, Mito represse un brivido e annuì
impercettibilmente convinto di non essere capace di riuscire ad
emettere suoni comprensibili.
La sala buia del cinema è un luogo ritenuto da chiunque
romantico da che mondo e mondo così Akira aveva approfittato di
quella atmosfera particolare creata dalle luci verdognole delle lampade
di emergenza e dal lieve brusio delle chiacchiere degli
spettatori.
Si era solo sporto un po’ verso di lui, tanto vicino da poter
aspirare il profumo della sua pelle, tanto vicino che se si fosse
lasciato andare avrebbe potuto accarezzargli il collo con la punta del
naso prima di poggiarvi sopra le labbra.
Ma Akira si era trattenuto e aveva solo soffiato quelle parole, poi era
ritornato composto nel suo perimetro e le distanze erano state
ristabilite senza che nessun confine fosse violato.
Non voleva forzare Mito.
Quella mattina gli era parso più che evidente come Yohei fosse
incerto e confuso su di loro, probabilmente si disse Akira osservando
il profilo di Mito rischiarato dalla luce dello schermo, il ragazzo
stava rivalutando i propri sentimenti.
Per questo Sendoh rimase a bocca aperta per ciò che accadde venti minuti dopo.
Stava seguendo la storia del film sgranocchiando pop corn uno dietro
l’altro come fossero gustose ciliegie, il braccio sinistro era
adagiato sul comodo bracciolo della poltroncina del cinema e accanto a
lui poteva percepire il calore sprigionato da quello di Mito.
Pochi infinitesimali millimetri li separavano dallo sfiorarsi, poi le dita di Akira vennero raggiunte da quelle di Yohei.
Dapprima un contatto banale quasi casuale a cui infatti lui non
attribuì una reale intenzione, ma dovette ricredersi quando in
seguito le falangi di Mito si fecero coraggio e scattarono a catturare
le sue e i loro palmi si ritrovarono a combaciare perfettamente.
Sendoh osservò le loro mani stringersi e alzò lo sguardo
per guardare il volto di Mito, che era rapito dalle scene che si
susseguivano sulla parete di fronte a loro, le labbra di Akira si
piegarono in un sorriso felice e continuando a mangiucchiare pop corn e
serrando un po’ di più la presa, ridiede la sua attenzione
alle rocambolesche avventure del protagonista.
Il cuore di Yohei batteva impazzito, aveva deglutito a vuote tre volte
e solo per aver accostato le dita a quelle del giocatore, dopo una
lunga estenuante lotta con sé stesso si era ricordato chi era.
Non si era mai fatto spaventare da niente e da nessuno e ora era
lì incerto e tremante come un ragazzino di due anni che ha paura
del buio.
Così riacquistando il coraggio che aveva sempre avuto,
afferrò la mano di Akira e si era sentito stupidamente felice
quando Sendoh aveva aumentato la stretta accettando e mantenendo quel
contatto.
Si diede dell’imbecille per averci messo tanto a fare una cosa
tanto semplice e stupida e per essersi agitato solo per una semplice e
innocua stretta di mano.
Rimasero così mano nella mano per tutta la durata del primo
tempo, ma quando le luci si accesero per la consueta pausa ferendo loro
gli occhi, Mito ritrasse la mano sfuggendo a quella di Akira.
Sendoh era rimasto un secondo perplesso, ma vedendo il ragazzo
stiracchiarsi non si era preoccupato e invece con un sorriso si sporse
sulla seggiola, per constatare che Rukawa dormiva ancora placidamente
sulla spalla del compagno.
“Come vi sembra il film?” chiese per fare un po’ di
conversazione continuando a scrutare il volto di Yohei, appariva
leggermente imbarazzato anche se era chiaro che cercasse di nascondere
la cosa.
“Gli effetti sono spettacolari, si vede che è una grande
produzione” diede il suo parere Hana scrollando la spalla per
svegliare la volpe.
“La trama sembra interessante” esalò Yo, non aveva
fatto troppa attenzione al film la sua testa era stata invasa da altri
pensieri, il fiato gli mancava e si sforzava di non distogliere lo
sguardo da quello di Akira come invece si sentiva di fare.
Quando la luce era tornata e aveva illuminato le loro mani legate
insieme si era reso conto di ciò che aveva fatto, non si era
pentito, tutt’altro, era felice di aver compiuto quel gesto
però l’imbarazzo era stato più forte di lui.
“Volpe su alzati andiamo a prendere da bere- fece Hana tirandosi
in piedi. Rukawa sbattendo gli occhi insonnoliti lo imitò
obbediente – Che vi portiamo?” domandò agli altri
due.
“Un’aranciata” chiese Yohei.
“Anche per me” si aggregò Sendoh.
Una volta rimasti soli fra loro calò un piccolo silenzio carico di tensione.
“Sicuro di non volere i pop corn?” ruppe il ghiaccio Akira
indicando la confezione decimata, Yo ghigno e scosse il capo.
Quando il film riprese e le luci si spensero, questa volta furono le
dita di Akira ad allungarsi cercando quelle di Mito per tenerle strette
a loro e non lasciarle fino alla fine dello spettacolo.
13 Maggio
Akira aveva deciso di smettere di porsi tanti se, forse e ma e di agire ascoltando soltanto il suo cuore.
La mano di Mito aveva cercato la sua.
La mano di Mito aveva afferrato la sua.
La mano di Mito aveva stretto la sua.
La mano di Mito aveva scelto di allacciarsi alla sua e questo era un dato di fatto.
Come allo stesso modo era innegabile che lui si fosse innamorato dello
sguardo di un ragazzo sconosciuto, perché ciò che aveva
sentito e sentiva tutt’ora per Yohei non era semplice attrazione,
non era un’infatuazione momentanea.
Più tempo trascorreva in compagnia di Mito e più
desiderava stare con lui, più cose scopriva e più voleva
conoscerne.
Perciò smise di preoccuparsi e si adoperò per far
sì che quel che c’era fra lui e Yohei culminasse in una
relazione vera e propria.
Akira non aveva bisogno di sapere nient’altro se non che desiderava dal profondo del cuore mettersi con Yohei.
Così Iniziò a invitarlo quasi ogni giorno ad uscire con
lui e quando ciò non era possibile; a causa degli impegni di
lavoro di Mito, il giocatore non mancava mai di fargli una telefonata
quando sapeva che era rincasato dal turno al ristorante.
Ogni qual volta poteva andava a cercarlo per l’università,
anche se era solo per incontrarlo un breve minuto; giusto il tempo di
un fuggevole saluto, non mancava mai di cogliere l’occasione.
Il ritrovarsi in sala mensa per pranzare insieme era ormai diventato un
appuntamento di routine, nessuno si stupiva più per la presenza
di Sendoh né dell’intesa evidente che correva fra lui e
Yohei.
Né Akira si faceva più alcun problema se quando invitava
Mito a cena a casa sua durante la serata allungava una mano per
carezzargli una guancia o se mentre guardavano la tv; seduti sul
pavimento con la schiene poggiate al bordo del letto, avvolgeva le sue
spalle con un braccio e lo stringeva un poco a sé.
Al contrario chi si trovava combattuto fra sentimenti contrastanti in quella situazione era Mito.
Yohei era felice ogni qual volta poteva stare con Akira anche se si
trattava di un secondo, come allo stesso modo non vedeva l’ora
che il lavoro terminasse per poter correre ad accendere il cellulare e
sentirlo.
Non avrebbe potuto dire quante sere avesse fatto la mezzanotte a
chiacchierare con l’aggeggio attaccato all’orecchio tanto
da farlo diventare rosso.
Né poteva quantificare la gioia che provava quando Sendoh lo
sfiorava per caso con un braccio o una spalla, né i brividi che
gli percorrevano la schiena quando le dita lunghe e affusolate del
giocatore sfioravano la sua pelle.
Però per quanto tutto quello lo rendesse felice c’era una
parte del suo animo che gli ricordava che loro due non avevano niente
che li accomunasse, erano ognuno il rovescio della medaglia
dell’altro ed era innegabile che Yohei fosse il retro.
Lui era la parte che si teneva nascosta che non veniva mai mostrata perché macchiata e non risplendeva come la gemella.
Era a causa di questa consapevolezza che non riusciva a gioire
completamente di quegli istanti di felicità, che non lo faceva
rilassare quando Akira lo sfiorava, il motivo per cui si irrigidiva
quando il suo braccio lo avvolgeva, la ragione per cui non si lasciasse
andare ma si scherniva, si scostava e ritraeva come un cane randagio,
perché infondo lui non era altro che quello.
“Yohei tutto bene?” gli giunse la voce di Sendoh a riscuoterlo dai suoi pensieri tristi.
“Sì, scusa ero soprapensiero” rispose con un sorriso
riportando la propria attenzione alle verdure che aspettavano di essere
affettate.
“Quale pensiero? Forse qualche problema
all’università?” indagò Akira avvicinandosi
al piano della cucina.
‘Si preoccupa sempre per me’ ponderò Mito trovando piacevoli quelle attenzioni solo per lui.
“Tutto bene sono solo un po’ stanco per il lavoro di questa settimana, mi sono toccati un sacco di turni”
“Se sei stanco e vuoi riposarti posso pensarci io
a…” si affrettò a dire Akira ma Yohei lo
bloccò subito
“Ma no, nessun problema”
“Sono un vero idiota a non aver pensato che dopo una simile
settimana volessi solo passare una serata tranquilla, mi dispiace di
aver insistito tanto a farti venire” si affrettò a
scusarsi Akira mortificato di essere stato tanto egoista.
Quella settimana si erano visti solo alla mensa
dell’università, il ristorante era incappato in una
piccola emergenza, un licenziamento e una malattia, così Mito
era stato chiamato e lui e gli altri camerieri avevano dovuto coprire i
due mancanti.
Appena terminavano le lezioni Yohei scappava al lavoro e la sera
tornava tanto esausto che restavano pochissimo tempo al telefono,
questo perché un paio di volte Akira si era accorto che
l’altro stava per addormentarsi.
“Guarda che non mi hai mica costretto, se volevo restare a casa
ti dicevo di no” gli ricordò Yohei per tranquillizzarlo.
Sapeva che Sendoh si sentiva in colpa perché era sempre Mito a
doversi spostare, questo perché lui aveva il motorino con il
quale poteva rincasare senza il problema di dover tener in conto
gli orari del treno.
“Però io ti ho tentato col sukiyaki” scherzò Akira
“Sarei venuto anche per la solita zuppa in scatola” si
lasciò scappare Yohei rendendo immensamente felice Sendoh, che
infatti gli regalò uno splendido sorriso e gli avvolse la vita
fra le braccia.
“Ah come sei tenero” ridacchiò prima di scoccargli un bacio su una guancia.
Akira si rese conto immediatamente di essersi spinto un po’
troppo in là già da quando afferrando la vita di Yohei
aveva percepito ogni suo muscolo tendersi come una corda di violino,
però si era ripromesso che non avrebbe represso né
soppesato ogni gesto, stava solo facendo ciò che il cuore gli
suggeriva.
Gli occhi di Yohei si dilatarono per la sorpresa sentiva il petto di
Sendoh aderire contro la sua schiena, le sue braccia che gli
stringevano la vita, il respiro che gli carezzava il collo e il punto
della guancia lì dove le sue labbra lo avevano sfiorato bruciare
e pizzicare.
“Ti dispiace se resto così? – gli chiese il
giocatore con voce gentile, prima che Mito potesse pensare a cosa
rispondere Akira continuò - Sai finché non finisci
con le verdure non ho niente altro da fare”
Yohei si accorse che la lama del coltello nella sua mano tremava lieve,
chiuse gli occhi e prese un piccolo respiro, quando li riaprì
ricominciò ad affettare senza alcun tentennamento.
“Senti Sendoh – fece con voce sicura – ormai è
da un po’ che ci frequentiamo e volevo chiederti che cosa ne
pensi”
“Intendi dire su di noi?”
“Su di me. Cosa pensi di me?” chiese diretto era da un bel
po’ che voleva domandarglielo e fino a quel momento non aveva
trovato il momento adatto.
“Ti sei stancato di me?” fece Akira invece di rispondere
mentre il timore che gli confermasse la sua paura lo assaliva.
“No, mi piace stare con te”
“Meno male – sospirò Sendoh con un sorriso
abbassando il viso fino a strofinare la guancia contro il collo e i
capelli di Mito – perché anche a me piace stare con te,
non sai come mi sento triste ogni qual volta ti vedo uscire da quella
porta, osservarti salire sul motorino e andartene” nel dire
quelle parole strinse di più le braccia come se volesse
trattenerlo con quel semplice abbraccio.
“Non ti annoi con me?” indagò Mito in cerca di
maggiori conferme. La risatina di Akira gli accarezzò la pelle.
“Scherzi?”
“No, ora smettila di ridere e rispondi” fece un po’ piccato colpendogli la fronte con l’indice.
“Non mi annoio affatto- ammise sincero mentre il sorriso scompariva – Hai paura che mi stanchi di te Mito?”
“Non è questo – tentennò un secondo –
è che so che prima o poi capirai quanto sono sbagliato per te,
è quel momento che mi spaventa”
Le braccia di Akira si strinsero a lui come se Yohei stesse per cadere.
“Perché credi una cosa simile? Potrebbe succedere il
contrario non ci hai pensato? Potresti essere tu a…”
“Perché io mi conosco e so quanto valgo” esalò Mito in un soffio.
“E’ tutto sbagliato. Sono felice e sto bene con te come non
mi era mai capitato prima, forse non abbiamo gli stessi gusti o
interessi simili, ma non importa”
“Non è solo questo – lo interruppe Yohei – Io
sono una di quelle persone da cui la gente si tiene alla larga
indicandola come un tipo poco raccomandabile e che crea solo guai e
semina zizzania, una di quelle che non combinerà mai niente
nella vita. Tu invece…”
“Sono solo un mare di stupidaggini!- bloccò le sue parole
la voce di Akira – Non m’importa di quel che credono e
dicono gli altri o del tuo passato. Voglio stare con te finché
me lo permetterai, solo questo m’interessa”
Akira aveva parlato con voce sicura colma di determinazione, imprimendo forza e decisione ad ogni singola sillaba.
Terminato quel piccolo sfogo scostò il viso dal collo di Yohei
raddrizzò la schiena e allentò la presa delle braccia
facendo scivolare gli arti sul suo stomaco, poggiò le mani ai
fianchi di Mito e imprimendo una semplice pressione lo convinse a
voltarsi verso di lui.
“Ascoltami Mito anzi Yohei, posso chiamarti per nome?” domandò con un sorriso speranzoso.
“Sì, Akira” concordò con la sua idea alzando un angolo della bocca.
“Non avevo mai fatto caso che il mio nome suonasse così bene”
“Che scemo che sei” lo prese un poco in giro.
“Ascolta Yohei- Akira riassunse un tono più serio
abbandonando quello scherzoso per qualche istante – io ti voglio
bene proprio perché sei tu. Perché hai sempre un sorriso
allegro e un po’ beffardo in faccia, perché ami divertirti
e scherzare, perché sai prendere la vita con leggerezza e non ti
angusti e non ti deprimi per ogni minima inezia, perché i tuoi
occhi sanno esprimere mille emozioni diverse, perché per un
amico sei disposto a fare di tutto, perché osservi il mondo e le
persone dal tuo angolino e riesci a vederli per quello che sono,
perché su di te si può fare affidamento, perché
dentro di te custodisci una forza incredibile. Per queste e per mille
altre ragioni tu mi piaci, perciò vorrei che ci mettessimo
insieme anche se ora la cosa che vorrei fare è darti un
bacio” concluse quel lungo discorso in cui aveva snocciolato
tante ragioni per le quali voleva stargli accanto.
Mito non sapeva che rispondere a ciò che gli era stato detto.
Era rimasto in silenzio a fissarlo incapace di aprir bocca
piacevolmente imbarazzato, non solo per il significato di quelle parole
ma per l’intensità dello sguardo di Sendoh, per la
dolcezza della sua voce, dalla gentilezza con cui gli stava sorridendo
in attesa di una sua replica.
‘Qual’era la cosa giusta da dire o fare?’
Era quello che si chiedeva, nessuno prima del giocatore aveva
visto quello che nascondeva, quello che era, così Yohei rispose
nell’unico modo che ritenne più giusto.
Sollevò le braccia, le poggiò sulle spalle di Akira
mentre si alzava sulle punte dei piedi e adagiava la sua bocca
sulla sua.
Non seppe dire quanto durò quel leggero sfiorarsi, ma
percepì chiaramente le mani di Sendoh premergli sulla schiena e
le sue braccia stringerlo forte.
Quando poi le labbra del giocatore si dischiusero per catturargli il
labbro superiore e la lingua iniziò a lambirgli quello
inferiore, Mito perse completamente il contatto con la realtà.
Akira si rese conto di aver sempre desiderato baciare Yohei forse fin
dalla prima volta che ne aveva incrociato lo sguardo, quando poi si
erano confidati sulle loro esperienze amorose e aveva scoperto che
quelle labbra non era mai state toccate il desiderio di essere lui a
iniziarlo a quell’attività si era fatto più forte.
Ciò che Sendoh non si era minimamente immaginato era che gli sarebbe piaciuto così tanto.
Si era aspettato che Yohei fosse impacciato, titubante, incerto, che
avrebbe dovuto blandire a lungo le sue labbra per convincerlo a
socchiudere la bocca per permettergli d’inserire la lingua ad
accarezzare la sua e invece Mito lo aveva stupito ancora una volta.
Si era affidato completamente a lui, gli aveva permesso di entrare
senza alcuna riserva e quando aveva sentito le sue umide carezze aveva
risposto con impeto ed ardore.
La mani di Akira scivolarono sui fianchi di Yohei e premettero un poco per costringerlo a scostarsi.
“Avevo capito che non avessi mai baciato nessuno” disse
mentre prendeva aria, perdendosi negli occhi scuri di Mito lucidi e
brillanti.
“E’ così” gli confermò.
“Mh sei davvero bravo a baciare sai? – gli disse con un
ghigno furbo - Questo vuol dire che ti sei esercitato parecchio,
è come se ti vedessi davanti lo specchio a baciarti il braccio
mentre ti chiedi se vada bene”
“Guarda che non sono un ragazzino di tredici anni” s’indispettì Yohei.
“Ah lo facevi già da pre adolescente? Che piccolo maniaco
dovevi essere” scherzò Akira scoppiando a ridere della sua
faccia scocciata.
“Ah ah ah davvero spiritoso, Sendoh” lo allontanò Yo
calcando volutamente sul suo cognome voltandosi poi dalle verdure.
“No chiamami Akira, mi piace tanto quando dici il mio nome”
pigolò cercando di riabbracciarlo, ma il coltello impugnato da
Mito lo fece desistere.
“Guarda che la pentola è sul fuoco e bolle” gli ricordò Yohei prima di sorridere felice.
20 Maggio
Akira varcò la soglia della mensa e si avviò a prendere
un vassoio, prima di mettersi in fila per servirsi il pranzo si
guardò in giro, fino a che non scorse chi cercava intento ad
occupare un tavolo al piano rialzato.
Mito adagiò il vassoio sul piano e depositò lo zaino su
una sedia, ma invece di imitare gli amici e sedersi si diresse alla
balaustra d’acciaio, per scrutare la folla di studenti e alcuni
docenti che si aggiravano con il cibo in mano in cerca di un posto
libero.
“L’hai trovato?” gli chiese la voce di Hanamichi una
volta raggiuntolo e affacciatosi anch’egli ad osservare il basso.
“Non ancora” rispose Yohei continuando a vagare con lo sguardo.
“E dire che il porcospino si dovrebbe vedere lontano un miglio
per come si pettina” constatò Hana continuando a cercare a
sua volta.
Mito gli diede una leggera gomitata con un sorriso divertito in faccia, i capelli di Akira erano un mistero anche per lui.
“Ah eccolo” indicò la figura del giocatore in fila
al bancone del self service, Akira teneva un braccio alzato e lo stava
salutando smise solo quando Yo rispose a sua volta prima di andare a
sedersi seguito da Hanamichi.
“Hai trovato il tuo ragazzo Yo?” s’informò Okusu scartando un panino.
Mito annuì semplicemente, gli dava una strana sensazione sentir dire tuo e ragazzo insieme ed ovviamente gli amici lo avevano capito e non perdevano occasione di sfoggiare il termine.
Come gli aveva accennato Okusu a suo tempo, anche gli altri due ragazzi
dell’armata non si erano stupiti nell’apprendere la natura
dell’amicizia nata fra lui e Sendoh.
Takamiya, che già da tempo aveva iniziato a sospettare qualcosa,
aveva speso molto tempo per osservarli giungendo a quella conclusione
da solo e trovando conferma dei suoi sospetti nell’annuncio di
Mito.
Noma era rimasto in silenzio e non aveva espresso nessun parere accettando la cosa con un cenno del capo.
“Ciao a tutti! - salutò Akira accomodandosi al fianco di
Yohei – Ciao Yo” salutò il proprio ragazzo.
“Ciao passerotto adorato” uggiolò Noma rivolto ad
Okusu il quale congiungendo le mani e voltandosi verso l’amico
coi baffi rispose prontamente: “Ciao tesorino, adorato zuccherino
della mia vita” poi i due presero a lanciarsi bacetti con le mani.
“La finite di sfottere idioti?” chiese Yohei rivolgendogli occhiate sottili e penetranti.
“Guardate che interviene il tensai altrimenti” li minacciò Hana con la forchetta a mezz’aria.
Akira ridacchiò divertito, quella scenetta con qualche
variazione del caso gli veniva propinata ogni volta che salutava Yohei
davanti all’armata e lui la trovava divertente.
“Oggi non lavori vero?” chiese a Mito quando la calma e la semi serietà fu tornata al tavolo.
“No, però non posso venire in palestra”
“Ah, come mai?” domandò incuriosito.
“Eh guai in vista Sendoh - intervenne Taka – Se il tuo ragazzo ti dà buca vuol dire che ha un altro”
“Eh?” fece Akira sgranando gli occhi.
“Non lo ascoltare – lo rassicurò Yohei senza far
caso alle parole dell’altro – Devo andare al centro
commerciale a comprare uno specchietto per il motorino”
“Come mai? Si è rotto?”
“Ieri sera all’uscita del locale- prese a spiegare Yohei -
ho trovato lo scooter ribaltato a terra su un fianco; qualcuno deve
esserci finito contro oppure qualche scherzo idiota non so. Comunque si
è spaccato uno specchietto, è saltato un pezzo di carena
e un po’ di vernice, un bel po’ a dire il vero ma
pazienza” esalò affranto Mito.
“Scusa Yohei ma non ti conviene portarlo ad aggiustare e a riverniciare?” disse Sendoh .
“Sì ma sono squattrinato, appena ho qualche soldo da parte ce lo porto”
“Secondo me ti conviene buttarlo e prenderne uno nuovo” gli consigliò Hana.
“Finché cammina va bene questo” dichiarò spicciolo
“Appunto comprane uno nuovo Yo” diede il suo parere Okusu.
“Già, mi sembra di andare più veloce a piedi che
quando salgo su quel trabiccolo” convenne con lui Noma.
“Ingrati! Il prossimo che mi chiede un passaggio so io cosa
rispondergli” annunciò Yohei scatenando un coro di
proteste.
3 Giugno
La luce del televisore rischiarava appena la stanza, le immagini
continuavano a susseguirsi sullo schermo ma nessuno le stava guardando,
il volume era stato posizionato al minimo perché le voci degli
attori non li distraessero.
Akira si puntellò con un gomito sul materasso per sollevarsi un
poco così da osservare il volto di Mito steso accanto a lui,
sopra il suo letto all’occidentale.
Allungò una mano e passò due dita a descrivere il
contorno delle labbra che aveva baciato per tutta la sera con devozione.
Non si erano spinti oltre quello, per quanto Sendoh ormai non avesse
più dubbi sull’affetto di Yohei, preferiva non forzargli
la mano e aspettare prima di far evolvere la loro relazione allo stadio
successivo e più intimo.
“Che c’è?” domandò Mito.
“Niente, mi ero semplicemente perso nel guardarti” ammise Akira sincero ridacchiando per la smorfia di Yo.
“Sì,certo” ribatté questo incredulo
sporgendosi per catturargli il volto fra le mani e le labbra con le
proprie, il giocatore rispose con entusiasmo prima di allontanarsi
nuovamente.
“Oggi in palestra – iniziò a raccontare Sendoh
– Sakuragi mi ha annunciato che ti organizza lui la festa per il
compleanno”
Il compagno di squadra dai capelli rossi gli aveva dato la notizia
salendo su una delle panche degli spogliatoi invitando
entusiasticamente tutta la squadra, poi una volta sceso si era
affiancato ad Akira dicendogli a bassa voce che avrebbe pensato a tutto
lui.
“Ad Hana piacciono queste cose, guai a togliergli un simile
divertimento – ghignò Yohei accarezzandogli una guancia
– Ci sei rimasto male perché non ti ha coinvolto?”
Akira ridacchiò un secondo prima di scoccargli un sonoro bacio.
“Un po’, dopo tutto sono il tuo ragazzo. Per questa volta
lascerò le cose così, ma il prossimo anno Sakuragi mi
sentirà” lo avvertì ridacchiando e facendo un
po’ la voce grossa.
“Che scemo”
“Ma come? Non sei felice di sapere che il tuo ragazzo sia…”
“Ah smettila di ripeterlo” protestò Yohei dandogli una piccola spinta.
“Perché?”
“Si capisce che lo dici per gioco” gli chiarì l’ovvietà.
“Bene tornerò serio, parliamo del tuo regalo dimmi cosa vuoi”
Sendoh aveva numerose idee in mente e non avrebbe certo faticato a
trovare un bel dono, però preferiva realizzare un suo desiderio,
avrebbe avuto altre occasioni per organizzargli qualche sorpresa
romantica che decisamente erano le sue preferite.
“Non mi serve niente” rispose Yohei senza bisogno di
pensarci, Akira arcuò un sopracciglio leggermente incredulo e
poi sorrise furbamente.
“Va bene, se non vuoi nulla non ti regalerò niente”
Yohei rimase impassibile annuì semplicemente e le labbra del
giocatore si allungarono maggiormente, Mito era davvero in gamba a non
far capire quel che gli passava per la testa però lui non
faticò a intuire che non gli avesse minimamente creduto.
8 Giugno
Ci aveva pensato tanto e alla fine Akira aveva preso una decisione su quale tipo di regalo fare a Yohei.
Gli avrebbe donato qualcosa di utile, qualcosa per dimostrare a Mito
che lui, Akira, non era semplicemente il suo ragazzo ma una persona su
cui poteva sempre contare, che lo avrebbe aiutato in ogni situazione e
circostanza.
Aveva vagliato numerose possibilità e alla fine aveva optato per
la riverniciatura del motorino, Yohei usava moltissimo il mezzo che gli
era indispensabile per recarsi al lavoro in tempo e soprattutto per
andare a casa del giocatore.
Perciò mantenerlo in buono stato era una priorità fondamentale per Sendoh.
Il problema era come impossessarsi delle chiavi senza chiederle
direttamente a Mito, primo perché voleva fargli una sorpresa
secondo, perché il giocatore aveva intuito che Yohei non avrebbe
accettato di sua spontanea volontà, doveva metterlo davanti al
fatto compiuto per evitare proteste di sorta.
Inizialmente Akira aveva valutato l’idea di rivolgersi a Sakuragi
e chiedere il suo aiuto, ma quella ipotesi era stata subito scartata,
ricordava ancora bene ciò che era successo al compleanno del
giocatore dai capelli rossi e il motivo per cui Rukawa avesse mantenuto
riserbo totale anche con Mito.
Hanamichi non si poteva definire la classica persona che riesce a
mantenere un segreto, era troppo genuino e spontaneo per mentire o per
non lasciarsi scappare qualche parola di troppo.
Non aveva chiuso occhio per giorni per trovare una soluzione e poi alla
fine gli si era presentata spontaneamente quella mattina durante un
cambio d’ora.
Okusu si era affacciato nell’aula di diritto commerciale e una
volta che lo aveva individuato salutandolo con un cenno del capo gli si
era affiancato velocemente.
“Ciao come mai da queste parti?” domandò Akira sbirciando alle sua spalle.
“Yo non c’è, è inutile che lo cerchi –
aveva affermato il ragazzo ridacchiando della sua faccia delusa –
Sono venuto a cercarti proprio per parlarti del regalo di Yo –
disse sedendosi sul banco –Io e i ragazzi dell’armata non
sappiamo che prendergli, perciò abbiamo pensato di aggregarci al
tuo di regalo” annunciò con un sorriso, in realtà
non avevano la minima voglia di andarsene in giro a cercargli qualcosa
di adatto, con il passare degli anni la fantasia iniziava a
scarseggiare.
La loro prima intenzione era quella di cavarsela come facevano ogni
anno, lasciando fare tutto ad Hanamichi, ma l’amico quella volta
si era già organizzato diversamente.
Hana e Rukawa gli avrebbero regalato un videogioco.
Al che i tre ragazzi avevano pensato di cavarsela contribuendo alle
spese per la festa, ma sempre il tensai aveva infranto la loro
speranza.
Hana stava già facendo una colletta tra i ragazzi della squadra
e i compagni di corso di Mito che aveva invitato per l’affitto
della sala del karaoke, le cibarie e tutto il resto quindi i tre
dovevano trovare un altro modo.
Ayako, che ormai li conosceva bene, si era rifiutata di aiutarli e
così la loro ultima speranza; per evitarsi una giornata al
centro commerciale in cerca di qualcosa che potesse piacere a Yo, era
Sendoh.
“Mh non saprei che dirti” aveva risposto incerto Akira,
certo se i tre ragazzi contribuivano la spesa sarebbe stata meno
gravosa, ma avrebbe perso un po’ di significato, spiegò ad
Okusu la sua idea e il perché non poteva accettare il loro
contributo.
“Ah, ma non c’è nessun problema – aveva
trillato il ragazzo ghignando felice – Da quel che ho capito hai
qualche difficoltà nell’attuare l’intera faccenda,
ti daremo una mano noi e questo sarà il nostro regalo per
Yohei”
Meglio di così non poteva andare ad Okusu da una parte evitava
di spendere soldi, dall’altra pregustava già di divertirsi
e tutto risolvendo la questione regalo.
“In effetti mi servirebbe proprio e i tuoi amici?” Akira
accettò la sua offerta ma non voleva creare problemi nel gruppo.
“Ah tranquillo” lo rassicurò ancora il biondino
prima d’iniziare a buttar giù un piano d’azione col
giocatore.
11 Giugno
Le ruote del motorino si bloccarono e il motore venne spento.
“Scendi” esalò Yohei con uno sbadiglio al
passeggero, Okusu scese agilmente dal mezzo e attese che Mito
abbassasse il cavalletto prima di fare altrettanto e allungargli i
rispettivi zaini che aveva messo sulla pedana.
Okusu si era presentato a casa di Mito la sera precedente la scusa
ufficiale era che si trovava in giro da quelle parti e non avendo
voglia di ritornarsene a casa, data anche l’ora piuttosto tarda,
aveva ben pensato di chiedergli ospitalità per una notte.
In realtà il ragazzo aveva messo su quella messinscena per poter
pernottare a casa dell’altro per impadronirsi del doppione della
chiave dello scooter alla prima occasione utile.
“Giorno!- salutò Sakuragi allegramente sopraggiungendo in
compagnia di Kaede – Cavolo Yo hai una faccia”
constatò di fronte alle profonde occhiaie dell’amico.
“Dillo a quest’idiota, non mi ha fatto chiudere occhio” rimproverò il biondo.
“Non è colpa mia se casa tua è minuscola” si difese prontamente.
“E’ colpa tua invece che ti agiti quando dormi, diamine mi
rimarranno i lividi dei tuoi calci per settimane” si
lamentò massaggiandosi la schiena.
Okusu alzò le spalle indifferente e guardò
l’orologio “Andiamo sta per iniziare la lezione o qualcuno
deve aspettare l’arrivo del suo ragazzo?” prese in giro
Yohei.
“No, oggi arriva più tardi” esalò dandogli un’occhiataccia.
“I due imbecilli?” chiese Hana riferendosi a Noma e Takamiya.
“Arrivano dopo” l’informò Okusu avviandosi per primo.
La lezione della professoressa Chikasa non era ancora iniziata,
così i due ragazzi si accomodarono stravaccandosi sulle sedie,
salutando e ascoltando i discorsi dei compagni di corso. Dopo qualche
secondo Okusu si alzò per dirigersi in corridoio avvertendo
Yohei che andava in bagno e tornava subito, una volta
all’esterno dell’aula però il ragazzo non si
recò verso la toilette ma bensì all’atrio del
piano, lì dove c’erano i distributori automatici.
Come si erano messi d’accordo Sendoh lo aspettava in un angolo.
“Hai corso?” domandò Okusu al giocatore notando che aveva il fiatone.
“Sì, stavo rischiando di far tardi”
“Ecco la chiave e questa più piccola è della catena” gli indicò porgendogli i due oggetti.
“Benissimo, allora io porto subito il motorino al carrozziere, me
lo restituisce domani mattina, tu sei sicuro che andrà tutto
bene?” gli chiese Akira titubante.
“Tranquillo, te l’ho detto, terrò Yohei lontano dal parcheggio per tutto il giorno”
“Sì ma come farai a non…”
“Non preoccuparti Sendoh mi sono messo d’accordo con i
ragazzi dell’armata e alle brutte chiederò l’aiuto
di Hana per convincere Yohei a tornare a casa senza lo scooter;
tranquillo per un paio d’ore Hanamichi riuscirà a non
farsi scappare nulla. Mito non si accorgerà della sparizione e
tu domani potrai fargli il regalo in tempo per augurargli buon
compleanno”
“Non sono molto tranquillo – sussurrò Akira –
Non vorrei che Yohei sospettasse qualcosa o peggio ancora pensasse a un
furto, insomma mi dispiacerebbe se…”
“Avanti vai, sbrigati o non farai in tempo e non pensarci
andrà tutto benissimo fidati di me” lo sospinse Okusu
verso le scale ridacchiando.
Akira decise di fidarsi del ragazzo, sembravano tutti dei tipi in gamba
e capaci di destreggiarsi benissimo in situazioni difficili
perciò fischiettando si avviò al parcheggio liberò
la ruota dalla catena, mise in moto e sparì oltre il cancello
del campus. Non poteva far aspettare il carrozziere dopo che lo aveva
pregato di riuscire a verniciare e sostituire il pezzo danneggiato in
un solo giorno.
“Perfetto è andato” sussurrò Noma nascosto dietro i cespugli al fianco di Takamiya.
“Allora che aspettiamo iniziamo a preparare la scena” ghignò il secondo aprendo lo zainetto.
Lo stesso giorno un’ora più tardi…
Sakuragi stiracchiò le lunghe braccia per poi sistemarsi lo
zainetto su una spalla, la prima lezione era appena terminata e lui si
stava recando a cambiare aula.
“Hanamichi ciao” lo salutò la voce di Taka fermandolo nel corridoio.
“Ciao, come mai da queste parti?” gli chiese sapendo che non era il suo edificio.
“Ho un paio di ore di buco ed ero passato a salutare – fece
il ragazzo – Dì un po’ come mai Yo non è
venuto all’università?”
“Guarda che è già in classe” lo corresse Hana.
“Ah davvero? Non ho visto il motorino parcheggiato al solito
posto e così pensavo non fosse venuto” spiegò con
aria indifferente Takamiya.
“Ma che dici? L’ho visto io mettercelo stamattina, non
è che devi cambiare gli occhiali?”domandò Hana
aggrottando la fronte.
“Ci vedo benissimo, il motorino di Yohei non c’è e
se non mi credi puoi chiederlo a Noma siamo venuti insieme ora è
andato da Okusu” rispose piccato.
Hanamichi sbatte le palpebre un paio di volte perplesso.
“Non c’è?” sussurrò incredulo prima di
avviarsi alle scale lasciando l’amico nel corridoio.
Takamiya gli si accodò ghignando non visto alle spalle del giocatore.
Più o meno nello stesso momento…
“Ah Noma sei arrivato” Okusu salutò l’amico
vedendolo salire le scale, i due studenti d’informatica avevano
deciso di recarsi a prendere qualcosa al distributore una volta
terminata la lezione visto che la prossima non sarebbe iniziata prima
di venti minuti.
“Ciao… Ah Yohei allora ci sei anche tu” notò Noma avvicinandosi.
“Diciamo che il mio corpo contuso è qui, la mia mente
invece è ancora nel mondo dei sogni” scherzò Mito
sbadigliando.
“Ma come mai non sei venuto col motorino?” s’informò Noma.
“Guarda che è venuto con lo scooter, mi ha dato anche un
passaggio” s’intromise Okusu sorseggiando un succo
d’arancia.
“Ah allora devi aver parcheggiato sul retro” fece ancora Noma servendosi di un panino dolce alla macchinetta.
“No, lo ha posteggiato al solito posto” intervenne ancora Okusu.
“Perché pensi che l’abbia messo dietro?”
indagò Yohei mentre un terribile presentimento si faceva strada
nella sua testa e un brivido di terrore s’impadroniva di lui.
“Perché al solito parcheggio non c’è”
esalò Noma prima di vedere schizzare il ragazzo giù per
le scale.
Mito con al seguito gli altri due arrivò nel parcheggio dell’università poco dopo Sakuragi e Takamiya.
“Ok dove lo avete messo?” domandò Yo osservando il posto vuoto.
“Guarda che nessuno di noi te lo ha spostato” chiarì Noma.
“Se è uno scherzo non è divertente ragazzi”
fece la sua parte Okusu trattenendosi dallo scoppiare a ridere.
“Infatti non lo è guarda che abbiamo trovato per
terra” intervenne Takamiya mostrando la catena ancora chiusa con
il lucchetto ed evidentemente forzata.
Quella era la prova del delitto, un puro tocco di classe, non per nulla l’idea era stata sua.
Avevano rimediato una catena simile a quella che usava Mito e Noma si
era preso la briga di forzarla con delle tenaglie, l’avevano
lasciata sul luogo una volta che Sendoh era andato via così che
la scena del crimine fosse perfetta.
“No! Non può essere, non può essere, non può
essere” prese a ripetere sempre più agitato Mito iniziando
a scorrere avanti e indietro fra le file di mezzi a due ruote in sosta.
“Yo sta calmo vedrai che lo ritroviamo- cercò di
tranquillizzarlo Hanamichi – e ti prometto che la pagheranno
cara” giurò assottigliando lo sguardo e stringendo i pugni.
“Chissà chi sarà stato” fece Noma meditabondo.
“Mh, io avrei un’idea” disse Taka sistemandosi gli occhiali sul viso
“Forza parla che il tensai và a dargli subito una bella lezione” si infervorò Sakuragi.
“Ultimamente si sono verificati numerosi furti nel parcheggio del
campus – prese a dire il ragazzo– Sembra che questa zona
sia stata presa di mira da una banda di teppisti che compie furti del
genere per guadagnarci dalla vendita di ricambi” non era
assolutamente vero Takamiya stava inventando tutto di sana pianta, ma
dato che era famoso per essere quello più informato del gruppo,
sia Hana che Yohei gli prestarono ascolto pendendo dalle sue labbra.
“Che cosa? Vogliono smontare il mio motorino? No, dico il mio
motorino? Ma io li uccido se ci provano” scattò Mito per
il quale il suo automezzo era sacro, soprattutto dopo che non erano
passati neanche due mesi da che gli aveva cambiato candele, batteria e
marmitta, stava ancora piangendo per il conto del meccanico e per
ultimo si era aggiunto il prezzo dello specchietto alla lista.
“Sai dove trovare questi tizi?” domandò Sakuragi.
“Certo” affermò Taka sorridendo.
“Bene ragazzi andiamo a fargli una visita” e senza
aggiungere altro Hana s’incamminò al fianco di Yohei.
“Oh oggi è giorno di festa” sussurrò gongolante Noma.
“Shh parla piano idiota o ci scoprono” lo sgridò Okusu.
“Naaa quei due sono completamenti persi nei loro propositi di
vendetta – lo tranquillizzò Takamiya tirando fuori il
libricino delle scommesse- Perfetto ragazzi dopo anni di risse
solitarie, finalmente oggi ci godremo una bella scazzottata in
compagnia di Hanamichi. Bene chi inizia?” domandò agli
amici
“Secondo voi Hana prima chiederà informazioni dello
scooter scomparso oppure li stenderà direttamente?” chiese
Noma, avviandosi con gli altri due dietro il tensai e al suo braccio
destro, dando così il via alle scommesse.
***
Sendoh arrivò in sala mensa puntuale come sempre, volse lo
sguardo per la stanza ma non intravide né Yohei né i
ragazzi dell’armata, l’unico presente era Rukawa seduto ad
un tavolino ad angolo con la faccia imbronciata.
“Ciao, gli altri?” gli chiese una volta che si fu servito il pranzo accomodandosi di fronte a lui.
“Nh non lo so” esalò scocciato Kaede.
“Che strano” sussurrò Akira, aveva appuntamento con
Yohei come tutti i giorni ,però non vedendo nessuno dei suoi
amici non se ne preoccupò, evidentemente Okusu stava tenendo lontano
Mito come aveva promesso, però per raggiungere la sala
mensa non si passava di fronte al parcheggio valutò
corrucciandosi un poco di non poter incontrare Yohei.
“Io vado” fece Rukawa andandosene senza aver toccato cibo, ce l’aveva col do’hao.
Kaede se l’era presa perché Hana non lo aveva avvertito di
avere altri impegni per pranzo,nella fattispecie qualcosa
d’indefinito da fare con quegli idioti di amici che si ritrovava,
di questo era sicuro dato che mancavano anche loro, poteva anche
dirglielo invece di lasciarlo lì ad aspettare come
un’anima in pena.
Il fatto era che in quel momento Sakuragi aveva ben altro per la testa per far caso a che ore fossero.
***
“Allora lo ripeto per l’ultima volta,
dov’è il motorino del mio amico?” esalò Hana
in un soffio basso e minaccioso direttamente sul viso del capo banda
mentre serrava le dita intorno al colletto della giacca di questo.
“Non… so di che parli” balbettò l’uomo
con un sapore di sangue in bocca, i suoi compagni erano stesi a
terra lamentandosi sonoramente e non potevano aiutarlo.
Una volta raggiunto il luogo di ritrovo dei teppisti Sakuragi era
comparso nel vano della porta con al fianco Mito, le mani ficcate in
tasca e l’espressione dei bei tempi in cui era conosciuto e
temuto da tutti i peggiori individui di Kanagawa.
Quei tizi non avevano neanche fatto in tempo a capire chi fossero e
cosa volessero quei pivellini che si erano ritrovati a piegarsi in due
per i pugni allo stomaco a sputare denti e sangue.
Noma aveva vinto la scommessa, Hana non si era lanciato a dare testate
a destra e a manca aveva aspettato che Yohei chiedesse del proprio
mezzo e quando in risposta avevano ottenuto degli improperi, minacce e
prese in giro i due erano scattati all’unisono.
“Dove avete messo il mio motorino?” chiese Yo poggiando un
piede e premendo sulla schiena di uno dei teppisti stesi a terra.
“Non sappiamo di che…” tentò di dire il capo
banda, ma Hanamichi lo scrollò urlando: “Non fare finta di
niente! Vogliamo che ci restituita il motorino che avete rubato
stamattina all’università”
“Non abbiamo prelevato nessun mezzo
all’università” confessò uno degli uomini
appoggiato con la schiena alla parete mentre si teneva lo stomaco con
un braccio.
“E’ vero non è la nostra zona” affermò un altro.
“Cosa?”domandò Mito.
“E allora chi è stato?” urlò Hana lasciando
andare il colletto del capo che rovinò sulle ginocchia.
“I teppisti della zona est, una banda che si chiama le fiamme nere” esalò un altro.
“Fiamme nere? Ma che razza di nome da sfigati è?” constatò Sakuragi perplesso.
“Li riconoscerete subito hanno delle fiamme nere sui giacchetti”
“E dove li trovo?” indagò Yohei che per quanto
poteva interessargli potevano anche aver tatuato in fronte un demone,
l’importante era ritrovare il suo motorino.
I teppisti che ancora riuscivano a rispondere diedero ai ragazzi le
indicazioni per raggiungere il luogo in cui la banda si radunava,
quando i cinque universitari se ne andarono tirarono un sospiro di
sollievo.
***
Rukawa non sapeva più che pensare, il do’hao era sparito.
Non vedendolo per pranzo si era deciso a fare una capatina
nell’edificio dove si svolgevano le lezioni del corso di Hana, ma
di lui nessuna traccia.
Lo aveva cercato dappertutto ma niente, così si era deciso a
cercare uno dei quattro idioti per scoprire che fine avesse fatto il
do’hao, il problema era che erano spariti anche loro.
Kaede ovviamente aveva provato più volte a telefonare a Sakuragi
ma gli rispondeva sempre la voce irritante della signorina della
compagnia.
***
I cinque ragazzi si erano diretti al covo delle fiamme nere che altro non era che un vecchio magazzino abbandonato.
Come gli avevano detto i membri dell’altra banda a cui avevano
fatto visita li riconobbero subito grazie al disegno stampato sulle
loro giacche.
“Che sfigati” aveva sussurrato Noma vedendone quattro,
quelli che intuirono fossero le sentinelle, che piegati sui talloni
giocavano a dadi in un angolo della strada.
I quattro teppisti li videro subito ma voltarono solo il capo dalla
loro parte con aria da gran duri e senza degnarsi di alzarsi in piedi
gli intimarono di sparire, quello fu il loro più grande errore.
Si ritrovarono stesi a terra a lamentarsi per i pugni di Mito e le
testate di Sakuragi che avevano ricevuto senza neanche accorgersene.
“Wow sono partiti nello stesso istante però”
esalò Okusu ammirato, era rimasto indietro con gli altri due a
godersi la scena.
“Sai com’è Hana, detesta essere trattato in quel
modo e Yo beh mi sembra un po’ nervoso oggi” diede il suo
parere Noma mentre si chinava a raccogliere i soldi delle scommesse che
uno dei quattro sfortunati aveva perso dalle mani durante la punizione
del tensai.
Takamiya nel frattempo stava scrivendo freneticamente sul suo taccuino.
“Dov’è il mio motorino?” gridò Mito
spalancando la porta di ferro mezzo arrugginito del magazzino con un
sonoro calcio.
I membri restanti della banda, una ventina in tutto, si voltarono verso
l’uscio ammirando le figure dei due ragazzi stagliarsi nella luce
esterna.
“Mmm Taka – chiamò Okusu dando una leggera gomitata
all’altro e destandolo così dalla compilazione di una
pagina – sono di più di quelli di prima metti via il
blocco delle scommesse che c’è da menare le mani”
gli consigliò con un sorrisetto impunito sulla faccia.
“Bene prima però ditemi quanti secondo voi ne faranno
fuori” lanciò l’ultima scommessa ignorando gli
insulti che provenivano dalla banda al di là della porta del
magazzino.
“Cavolo questa è difficile – si lamentò Noma
contando alcune banconote – Una decina il tensai è
piuttosto in forma, Yohei diciamo sette”
“Secondo me Yo si prende il capo e continua a tartassarlo
finché non gli dice dov’è lo scooter perciò,
uno lui e Hana - Okusu si grattò un secondo la testa
riflessivo - dodici”
“Dieci e dieci” annunciò Taka richiudendo il quadernino e facendolo sparire nella divisa.
Circa un’oretta dopo nessuno dei tre ci era andato vicino.
Era vero che Yohei si era sì lanciato addosso al capo dei
teppisti continuando a ringhiargli in faccia di tirar subito fuori il
suo mezzo, ma visto che i compagni dell’uomo cercarono di
aiutarlo si ritrovò a perdere la preda per sbarazzarsi degli
inopportuni scocciatori.
Il leader delle fiamme nere fu riacciuffato da Sakuragi che dopo aver
ricevuto una poderosa testata crollò svenuto a terra e rimase
tale fino alla fine dello scontro.
“Dove è il mio motorino?” urlò scandendo
parola per parola Mito mentre il petto si alzava e abbassava veloce,
nel locale avevano sì trovato parecchi automezzi ma tutte auto,
la maggior parte per di più erano solo scheletri erano state
tutte già fatte a pezzi per venderne le singole parti, la sua
adorata due ruote non c’era.
“Ehi! Ehi! Svegliati!” Hanamichi prese a sberle il capo cercando di svegliarlo.
“Non ci occupiamo di motorini” esalò un membro della banda in quel momento catturando la loro attenzione.
“Come… no?” sbatté un paio di volte gli occhi Sakuragi incredulo.
“Lo sanno tutti che siamo specializzati in auto di un certo
valore” continuò il tizio premendosi il petto e giungendo
alla conclusione di avere una costola rotta.
“Ma allora… quei bastardi” ringhiò Hanamichi.
Scoprirono così di essere stati usati.
I primi teppisti che avevano picchiato vedendo il modo in cui erano
stati sgominati dagli universitari aveva ben pensato di mandarli dai
loro nemici storici.
Se Hana e gli amici fossero stati sconfitti loro si sarebbero presi una
piccola soddisfazione delle botte avute se invece i cinque avessero
avuto la meglio sulla banda rivale, come poi era accaduto, avrebbero
goduto di una vendetta desiderata da lungo tempo.
“Ora torno indietro e gliela faccio vedere io” aveva
ringhiato Hanamichi inviperito e deciso a ritornare a far visita ai
primi teppisti, deciso a insegnargli che a prendersi gioco del tensai
ci si rimetteva.
“A me non importa niente delle vostre dispute territoriali
– esordì Mito dopo aver ascoltato tutto ciò –
Voglio sapere chi è stato a rubare il mio motorino dal
parcheggio dell’università!” si fece ben udire da
tutti.
“Potrebbero essere stati gli shinigami” propose sempre quel membro della banda che aveva raccontato loro ogni cosa.
“No, gli shinigami sono
passati ai negozi, non si occupano più di automezzi” lo
avvisò un altro che si stava mettendo seduto anche se a fatica.
“Già è vero hanno fatto il salto di
qualità” convenne il primo rammentando il nuovo settore
lavorativo preso dai colleghi.
“Forse i punizione divina”
intervenne il loro capo finalmente destatosi, chissà quando,
aveva ascoltato la discussione dei suoi uomini che ora anche se
acciaccati e doloranti apparivano tutti meditabondi nel cercare di
risolvere il mistero dello scooter rubato.
“Sì, è probabile, per le due ruote loro sono degli
specialisti e se anche non hanno preso loro il vostro motorino di
sicuro sapranno chi è stato” convenne sempre il primo
teppista.
“Diteci dove li troviamo, ma vi avverto – sussurrò
Mito minaccioso – se pensate di mandarci a dare una lezione a
qualche vostro nemico il mio amico dai capelli rossi non la
prenderà molto bene”
I teppisti si affrettarono, notando gli occhi di Sakuaragi e ricordando
le sue testate, a tranquillizzarli negando che avessero un doppio fine,
con un po’ troppa velocità forse, ma la loro agitazione
era ben giustificata dai lividi che iniziavano a comparire sulle loro
facce.
Noma aveva convinto Mito e Sakuragi a far visita anche alla banda che
si diceva fosse passata ad occuparsi esclusivamente di negozi;
giusto per escludere ogni dubbio e per essere sicuri che i teppisti non
avessero avuto una ricaduta, ovviamente fu un buco nell’acqua.
Le ore passavano ma né Yohei né Hanamichi ci avevano fatto caso.
Il primo troppo intento a disperarsi per la perdita subita, nel
frattempo che il suo cervello ponderava quanti mesi di lavoro part time
gli sarebbero occorsi per acquistare un secondo motorino.
Il secondo troppo furioso e adirato che non solo qualcuno avesse osato
sferrare un tiro mancino a un suo amico, ma che ogni volta che si
presentavano a chiedere informazioni ai vari delinquenti, questi
avessero l’ardire di scoppiare a ridergli in faccia chiamandolo
ragazzino e a prendere in giro la sua magnifica chioma.
Così il quintetto passò il resto della mattinata a girare da un capo all’altro della città.
“Credo sia più probabile che si tratti di
qualcun’uno che lavora da solo” se ne uscì a un
certo punto Okusu che si era stancato di tutte quelle risse, anche
perché le sue nocche ne stavano risentendo parecchio.
“Bisogna andare nelle officine del giro è
l’unica” lo spalleggiò Noma a una sua occhiatina.
“E che facciamo? Ci mettiamo a girare tutti i meccanici della
città? Ma siete cretini?” esplose Sakuragi irritato
perché si era schizzato di sangue, non suo, la maglietta nuova.
“Ma no Hanamichi – intervenne Takamiya mentre un sinistro
bagliore luccicava nei suoi occhi e si rifletteva sulle lenti –
basterà recarsi solo in quelli che acquistano veicoli di incerta
provenienza”
“E dove li troviamo?” domandò Mito in un
soffio disperato con le mani fra i capelli mentre orribili immagini del
suo motorino fatto a pezzi gli passavano davanti agli occhi.
“Guarda caso ho qui una lista” se ne uscì innocentemente il ragazzo paffuto.
***
Akira una volta varcata la soglia della palestra si guardò intorno, ma Yohei non c’era.
Prese a mordicchiarsi l’interno del labbro inferiore preoccupato
perché non lo aveva visto tutto il giorno, era vero che aveva
chiesto proprio lui ad Okusu di tener lontano il suo ragazzo, ma dal
parcheggio dell’università non da lui.
Iniziò ad avviarsi agli spogliatoi salutando l’allenatore, la manager e i primi compagni già pronti in tuta.
“Scusate il disturbo” esordì la voce di un uomo che lui conosceva bene.
“Quello non è il professor Idhejì?” sussurrò un suo compagno di squadra ad un altro.
Sendoh si voltò verso l’uscio il docente era fermo in esso
con le braccia dietro la schiena e la sua solita aria pacifica e
sorridente in faccia.
Alzò un braccio in direzione di Akira e gli fece cenno con la
mano di avvicinarsi come dovesse bisbigliargli qualche segreto.
Il giocatore si avvicinò lanciando un sorriso al mister e
domandandosi che cosa volesse da lui il suo consulente scolastico.
“Professore” salutò cortesemente l’uomo.
“Sono passato di qua per dirti Akira, che domani mattina alle
nove ti aspetto nel mio ufficio. Porta il foglio che ti diedi tempo fa
compilato, prenderemo una tazza di tè e discuteremo insieme del
tuo futuro”
Fece il docente con il tono del nonnino affettuoso e gentile che tutti i bambini adorano.
“Domani alle nove?- ripeté Sendoh quello era un guaio per
lui, a quell’ora doveva ritirare il motorino e non poteva
presentarsi in ritardo. Il carrozziere era un tipo piuttosto burbero ma
chissà come Akira era riuscito a convincerlo ad eseguire il
lavoro in poco tempo e non solo, l’uomo avrebbe aperto nel suo
giorno di riposo solo per consegnargli lo scooter, non poteva mancare o
arrivare in ritardo – Non potremmo fare alle dieci?” chiese
al professore sperando che accettasse, di norma l’uomo era sempre
affabile e accondiscendente.
“Assolutamente no! – decretò questo infrangendo le
speranze e le convinzioni del ragazzo – Ho un appuntamento con il
direttore di facoltà alle nove e trenta per cui se non sarai
puntuale, Akira, mi vedrò costretto ad agire di conseguenza -
Akira si domandò che tipo di provvedimenti fossero quelli
che l’uomo poteva attuare nei suoi confronti – Non vorrai
che faccia tardi col direttore vero? E sono sicuro che non è
come si dice in giro che tu sia un ritardatario” terminò
rivolgendo lo sguardo e un sorriso all’allenatore.
Sendoh capì che doveva essere puntuale, sorrise e
assicurò al consulente che si sarebbero rivisti
l’indomani, detto questo salutò e si avviò a
cambiarsi.
Doveva trovare una soluzione per riuscire a destreggiarsi fra i due
appuntamenti non poteva rinviare nessuno dei due, ponderò
l’idea di chiedere aiuto a qualcuno che andasse al suo posto a
ritirare lo scooter.
Il problema era chi, doveva essere qualcuno di affidabile e che soprattutto non gli rifiutasse il piccolo favore.
Trovò la persona giusta seduta su una panca che con le scarpe da
ginnastica ancora slacciate, stava minacciando con lo sguardo il
telefonino che teneva in mano.
“Rukawa” esordì Akira con uno smagliante sorriso.
“Kaede ma Hanamichi che fine ha fatto?” gli chiese Ayako
una volta che il ragazzo uscito dallo spogliatoio aveva raggiunto il
resto dei compagni di squadra per unirsi a loro negli allenamenti.
“Mh ha detto che è impegnato e non può venire” ringhiò a denti stretti Kaede.
Era furibondo con Sakuragi che dopo averlo fatto stare in pena per
tutta la giornata; in realtà solo mezza e neanche piena e a
dirla proprio tutta non si era angosciato più di tanto,
più che altro si era irritato, il do’hao lo aveva chiamato
al cellulare dicendogli che non poteva venire agli allenamenti e
d’inventarsi qualche scusa per coprirlo con l’allenatore.
***
“Ragazzi – richiamò l’attenzione degli
amici Mito, le mani ficcate in tasca e il capo chino, si era fermato
dal procedere lungo la strada arrossita dal tramonto – E’
inutile continuare a cercarlo, il motorino ormai è andato”
affermò prima di voltarsi e incamminarsi verso la stazione.
“Yo ma…” iniziò a dire Sakuragi, ma capendo
che avesse perfettamente ragione non proseguì e invece si
affrettò ad affiancarlo.
“Ti spiace se vengo a casa tua a darmi una ripulita?” gli
domandò Hana mostrando all’amico la maglia macchiata e le
mani sbucciate e ferite e il labbro inferiore contuso.
“Nessun problema” soffiò Yohei con un’alzata di spalle.
Sakuragi gli aveva chiesto di accompagnarlo non solo perché non
voleva far vedere alla kitsune lo stato in cui si trovava; Kaede non
avrebbe gradito scoprire che aveva passato la giornata a fare a pugni
saltando addirittura l’allenamento, ma anche perché voleva
tirare un po’ su di morale Mito.
Anche gli altri tre ragazzi si aggregarono a loro, ma per motivi ben diversi.
Stavano pensando febbrilmente a un modo per non far parlare Yohei con
Akira ben consci del fatto che, se il giocatore avesse appreso del
furto del motorino avrebbe spifferato la verità e questo i tre
dovevano impedirlo almeno finché non avessero trovato un modo
per fuggire all’estero.
Non solo Mito, ma anche Sakuragi avrebbe dato loro una bella lezione,
sul momento mentre buttavano giù il piano d’azione non se
n’erano preoccupati più di tanto rinviando il pensarci a
tempo debito e quell’istante era giunto.
“Ehi che facciamo adesso?” domandò Noma in un bisbiglio rivolto agli altri due.
“Che ne dite di espatriare? Magari al polo sud” propose Okusu.
“Non agitatevi imbecilli – li sgridò Takamiya
– ho un’idea per distrarli per questa sera, sarà
anche piuttosto divertente” ghignò malignamente.
“Mh va bene, ma come facciamo domani quando Sendoh ridarà
lo scooter a Yo?” si preoccupò giustamente Noma.
“Semplice eviteremo di farci vedere in giro finché non gli
passerà, tanto sapete come è fatto Hana, non riesce a
rimanere incavolato troppo a lungo e Yo sarà troppo preso dalla
bella sorpresa di Sendoh per punirci” spiegò ancora Taka.
“Ma sì dai, capiranno lo scherzo e andrà tutto bene
e poi al massimo Hana ci darà una testata capirai che
novità ormai ci siamo abituati” si rasserenò Okusu.
Una volta giunti nell’appartamentino di Yohei il ragazzo
tirò fuori il disinfettante e una confezione di cotone
perché tutti potessero curarsi le ferite che avevano riportato
durante le risse della giornata, Takamiya accompagnato da Noma si
recò al supermarket non molto distante annunciando di andare a
prendere qualcosa per cena così da mangiare tutti insieme.
“Yo ti spiace se dormo da te stasera?” chiese Hanamichi osservando la maglietta macchiata.
“Guarda che non ho bisogno che tu mi faccia compagnia, mi hanno
rubato il motorino e mi girano alquanto ma non è poi questa
grande tragedia” rispose il ragazzo aprendo la scatole di
cerotti pensando che l’amico fosse preoccupato per lui.
“Lo so, è che non posso tornare a casa conciato
così. La volpe di sicuro si arrabbierà se scopre quel che
ho fatto” spiegò la sua reale motivazione.
“Scusa Hana, ma secondo te Rukawa non noterà il livido che
hai sulla faccia?” obiettò giustamente Yohei mentre Okusu
sghignazzava facendo zapping.
“Non subito, appena si sveglia la kitsune non connette molto e
questo stato gli dura più o meno fino all’ora di pranzo,
inoltre ho già pensato a tutto. Aspetterò che vada
all’università come tutti i giorni e ritornerò a
casa per cambiarmi e farò sparire questi – indicò
la maglietta e i jeans, strappati durante la colluttazione, che
indossava – poi quando si accorgerà del livido sulla
faccia gli dirò che mi hai dato una gomitata mentre dormivi, ci
crederà perché sa che abiti in un buco”
terminò soddisfatto della sua geniale trovata indifferente
dell’occhiate poco convinte degli amici.
“Se ne sei convinto” soffiò Mito prima di passare a incerottarsi una guancia.
“Ora chiamo la volpe così l’avverto che non
torno” annunciò Sakuragi prendendo il cellulare, Mito si
ricordò che anche lui doveva chiamare qualcuno, tutto il giorno
era stato preso da altri pensieri e non aveva pensato ad Akira e con un
po’ di disappunto notò che il suo cellulare non era mai
squillato.
‘Certo che Sendoh poteva farmela una telefonata, giusto per
sapere se ero vivo o morto’ pensò voltando lo sguardo
nella stanza in cerca del suo zaino così da poter recuperare il
telefono.
“Dov’è il mio zaino?” chiese a nessuno dei due
in particolare, Sakuragi neanche lo sentì visto che stava
parlando con Kaede o meglio inveiva.
“All’università insieme al mio” gli ricordò Okusu.
In quel momento Yohei rammentò di aver lasciato lo zaino in
aula, imitato dall’altro, quando si erano diretti alle
macchinette portandosi dietro solo il portafogli infilato nelle tasche
dei pantaloni, poi Mito era schizzato giù per le scale
dell’edificio scolastico diretto al parcheggio e dopo ciò
che aveva scoperto si era completamente dimenticato di andare a
recuperarlo.
“Non preoccuparti domani andiamo a recuperarli nella stanza del custode” lo informò l’amico.
“Cavolo avevo il cellulare dentro” si lamentò Yohei
sperando di non doversi ricomprare anche quello oltre ai libri, no
probabilmente i testi scolastici non avrebbero interessato nessun ladro.
“Stupida volpe” esalò Hanamichi spegnendo sedendosi a gambe incrociate al fianco dei due.
“Cos’è litigio fra innamorati?” domandò ridacchiando Okusu.
“Ah chiudi il becco” ringhiò Hana alquanto alterato.
“Mi presti il telefono Hana?” provò a scroccare una telefonata Yohei, voleva chiamare Akira.
“Spiacente ho finito il credito proprio adesso mentre parlavo con
la volpe che poi è il motivo per cui abbiamo litigato. Mi ha
richiamato accusandomi di avergli attaccato il telefono in faccia e
senza darmi modo di spiegarmi sai che ha fatto la volpe? Ha attaccato!
E poi osa anche accusarmi a ma domani mi sente” si lamentò
arrabbiato.
Mito lasciò che Hanamichi continuasse a inveire contro Rukawa non degnandosi di ascoltarlo e si rivolse ad Okusu.
“Mi fai fare una telefonata?”
“Anche il mio cellulare è a scuola” lo informò .
“Allora dopo chiedo agli altri” fece Yohei mettendo via il disinfettante.
Okusu ritornò a guardare il programma televisivo su cui si era fermato non preoccupandosi.
Lui sapeva benissimo che Yo teneva Il cellulare nella tasca anteriore
dello zainetto a cui toglieva la suoneria quando entrava in classe, lui
al contrario il suo se lo portava sempre dietro infilato nella tasca
del giacchetto ma come aveva suggerito Noma tutti e tre li avevano
spenti e nascosti proprio nel caso si fosse presentata
quell’eventualità.
L’unica incognita era Hanamichi, ma la fortuna a quanto sembrava era dalla loro.
Takamiya e Noma tornarono dopo venti minuti portando la cena, qualche pacco di stuzzichini e parecchie birre.
“Avete intenzione di dare una festa?” chiese Yohei
assottigliando lo sguardo verso la prima confezione da sei che venne
poggiata a terra fra loro.
“Yohei, tu oggi hai subito un forte choc – iniziò a
dire il ragazzo coi baffetti con aria tremendamente seria - noi da
buoni amici ti aiuteremo a superare questo trauma” terminò
con aria solenne mentre Takamiya annuiva aprendo il pacchetto di
patatine.
“Volete solo fare casino” riassunse il concetto Yohei
afferrando però la lattina che Okusu gli porgeva invitandolo a
rilassarsi.
Si rilassarono tutti talmente tanto da collassare, parecchie ore
dopo, ronfando scompostamente sul pavimento senza neanche avere
la briga di tirar fuori i futon o una coperta.
***
“Ciao kitsune” aveva esordito la voce di Hanamichi all’altro capo del telefono.
“Do’hao ma che…”
“Senti Kae non torno a casa
stasera, mi fermo a dormire da Yohei ci vediamo domani, direttamente
all’università”
“Eh? Ma dove sei stato si può sapere?” chiese prima di rendersi conto che la conversazione era terminata.
Rukawa era dir poco contrariato con il do’hao, non solo aveva
avuto la faccia tosta di non farsi sentire per tutto il giorno ma
quando finalmente si era degnato di accendere il cellulare e chiamarlo,
aveva attaccato senza aggiungere altro.
Kaede indispettito aveva composto il numero del ragazzo dai capelli
fulvi e aveva ben messo in chiaro di non osare mai più a
chiudergli in faccia il telefono in quel modo, poi senza aspettare
risposta gli aveva reso pan per focaccia pigiando deciso il tasto di
fine comunicazione.
Per questo quando pochi minuti dopo il suo telefonino aveva squillato
una seconda volta Kaede aveva lasciato che trillasse qualche istante di
più prima di degnarsi a rispondere con aria soddisfatta sicuro
che fosse il do’hao che gli chiedeva scusa.
“Ciao Rukawa sono Sendoh – giunse la voce di Akira con
disappunto di Kaede – Scusa se ti disturbo volevo sapere se tu o
meglio Hanamichi sappiate dove sia Yohei”
“A casa sua” esalò conciso.
“Ah no vedi lo sto chiamando da molto e il telefonino squilla ma non mi risponde sai se stia…”
“Tzs lui e il do’hao si staranno divertendo così
tanto che non avrà tempo di risponderti” ringhiò
inviperito contro Hanamichi.
“Ah quindi Sakuragi è da Yohei ho capito. Rukawa scusa se
sono un po’… ansioso, ma sei proprio sicuro di
riuscire ad alzarti per andare a prendere il motorino domani? No sai
Hanamichi diceva che…”
“Ti ho detto che lo farò e ora non scocciare
più” esalò Kaede prima di chiudere, decisamente era
alquanto nervoso.
Rukawa aveva acconsentito ad aiutarlo solo dopo che il giocatore gli
aveva sfacciatamente ricordato come lui lo aveva aiutato a suo tempo e
che quindi gli doveva un favore, ma Kaede non avrebbe sopportato le sue
ansie.
Avrebbe ritirato lo scooter e lo avrebbe portato all’università, non era una cosa tanto complicata.
12 Giugno
Quando Akira aprì gli occhi quella mattina la prima cosa che
fece fu di afferrare il telefonino sul comodino e guardare il display.
Non risultavano telefonate perse né nessun messaggio constatò tristemente.
Aveva chiamato incessantemente Mito per tutta la serata sperando in una
risposta che però non era mai giunta, finché il cellulare
non era risultato irraggiungibile, a quel punto Akira aveva atteso che
fosse Yohei a richiamarlo finendo per addormentarsi in quella lunga
attesa.
Si alzò chiedendosi cosa potesse aver distratto Yohei,
perché il giocatore non poteva credere che Mito non avesse
voluto parlargli, sperando che non fosse accaduto niente al ragazzo;
anche se una leggera preoccupazione si era insinuata nel suo petto, si
avviò in bagno.
Uscì di casa dopo quaranta minuti per recarsi
all’università e all’appuntamento con il consulente
scolastico, vagliò l’idea di chiamare Rukawa, giusto per
tranquillizzarsi sul fatto che fosse già per strada ma
ricordando come il compagno di squadra gli aveva risposto decise di
aver fiducia.
***
Hanamichi si svegliò con un gran mal di testa e ci mise
alcuni lunghi minuti per rammentarsi che non era a casa propria
né che il piede che gli pesava sullo stomaco non era di Rukawa
ma bensì di Noma.
Si sedette scostando l’arto dell’amico con un gesto secco e
massaggiandosi le tempie mentre con gli occhi socchiusi tentava di
mettere a fuoco le figure russanti e addormentate dell’armata.
Cercò di recuperare un orologio e quando vide l’ora sul quadrante si avvicinò carponi al corpo di Mito.
“Yo, ehi Yo” lo chiamò scrollandolo per una spalla,
l’amico mugugnò qualcosa d’incomprensibile e si
voltò dalla parte opposta, allora Sakuragi si diresse in bagno
ne uscì dopo lunghi minuti trovandosi a fissare lo sguardo
inespressivo e poco lucido di Mito.
“Ah ti sei svegliato alla fine… più o meno”
constatò Hana affiancando il ragazzo che stava in piedi accanto
al cucinino.
“Giorno” esalò aprendo un’anta e rimanendovi a
fissare l’interno dopo molto riuscì a focalizzare, fra le
brume del sonno, il tè.
“Ehi Yo – lo chiamò l’amico perché si
girasse, una volta ricevuta la sua attenzione Hanamichi lo
abbracciò sussurrandogli –Buon compleanno”
Mito sbatté un paio di volte le palpebre rammentandosi infine
che giorno fosse, causa la sbornia e tutto quel che era successo il
giorno prima gli era completamente passato di mente che compiva gli
anni.
“Grazie” fece con un sorriso una volta scostatosi dall’altro.
“Vado a casa, la kitsune dovrebbe già essere uscita ci
vediamo all’università?” s’informò Hana.
“Per forza, devo recuperare lo zaino” Yohei avrebbe tanto
preferito restarsene a casa visto il mal di testa che aveva.
“Dai allora ci vediamo a mensa così ci mettiamo
d’accordo per stasera” annunciò Sakuragi recuperando
le proprie cose prima di avviarsi alla porta.
“Ah la festa è vero” esalò Mito mentre
l’uscio si richiudeva alle spalle di Hanamichi, aveva proprio
bisogno di festeggiare in maniera allegra e spensierata il suo
compleanno, altrimenti avrebbe per sempre accostato il ricordo al furto
del suo automezzo.
Con una smorfia di disappunto procedette a prepararsi la colazione
prima di dedicarsi ad altro, sentiva l’impellente bisogno di
prendersi ancora qualche minuto per svegliarsi completamente.
***
Sakuragi aveva raggiunto il proprio appartamento pochi minuti dopo
aver lasciato quello di Yohei, come si era aspettato Kaede non
c’era.
Dopo essersi preparato recuperò i libri che gli servivano per quel giorno e si diresse all’università.
Aveva quasi raggiunto il cancello d’entrata quando il suo
sguardo, che vagava nel traffico di auto che passavano sulla strada, fu
catturato da una strana immagine.
Si bloccò corrucciando la fronte nel fissare la figura che
veloce scompariva oltre l’entrata del campus, pensò che
doveva aver visto male, si rammentò la bevuta della sera prima e
del mal di testa che lo pervadeva.
Si disse che stava sognando ad occhi aperti perché quel che
credeva di aver visto non poteva essere altro che frutto della sua
immaginazione, valutò che la sua mente cosciente o meno fosse
sempre pregna di immagini volpine.
Eppure la scena era stata troppo reale per essere solo frutto della sua
fantasia, quello era proprio Kaede non qualcuno che gli somigliava e
quello che stava guidando la kitsune sembrava proprio il motorino di
Yohei.
Corse eliminando la distanza che lo separava dall’entrata, fra
gli studenti che si aggiravano scorse la figura motorizzata dirigersi
al parcheggio principale, aumentò l’andatura per poter
scoprire se stesse ancora dormendo oppure no.
Hanamichi non ebbe più alcun dubbio una volta che si
avvicinò quel tanto che consentiva alla sua vista di distinguere
con chiarezza i contorni del viso di Kaede.
***
Sendoh aveva terminato il colloquio con il docente alle nove e
venticinque minuti e si era subito diretto al parcheggio del campus,
così come si erano messi d’accordo il giorno prima e
attese l’arrivo di Rukawa.
Sapeva per certo che Yohei non sarebbe arrivato prima delle undici,
dato che il venerdì non aveva lezioni precedenti a
quell’orario quindi aveva tutto il tempo: di sistemare lo scooter
dove lo aveva prelevato, legare allo specchietto un bel fiocco rosso e
aspettare l’arrivo del suo ragazzo per poi godersi la sua faccia
stupita e meravigliata.
Certo il fatto che Mito non lo avesse ancora chiamato né gli
avesse inviato il consueto messaggino per augurargli il buongiorno lo
impensieriva parecchio, ma decise di non fasciarsi la testa prima di
essersela rotta con stupide ansie.
Rukawa gli aveva detto che Sakuragi era a casa di Yohei la sera prima
quindi suppose che i due amici avessero trascorso il tempo in una fitta
e piacevole conversazione fino a tardi, motivo per cui non aveva
risposto ieri e quest’oggi avesse ancora il cellulare staccato.
Iniziò invece a preoccuparsi per lo scooter quando alle dieci
meno cinque minuti il compagno di squadra ancora non si decideva a
farsi vedere, stava valutando di chiamarlo per accertarsi che non
stesse ancora dormendo, quando il veicolo con a bordo Kaede gli si
fermò accanto.
“Ah meno male – esalò con un sospiro di sollievo
prima di riprendersi di fronte allo sguardo corrucciato di Rukawa,
Akira rivolse allora la sua attenzione al mezzo riverniciato di fresco
– ha fatto un ottimo lavoro non credi?”
“Hn” convenne distrattamente spegnendo il motore.
“Ci sono stati problemi? Sei un po’ in ritardo” gli
fece notare con un sorriso, era innegabile che il carrozziere fosse
poco distante.
“Mh ci ho messo un po’ a liberarmi di un tizio”
annunciò a spiegazione facendo alzare un sopracciglio ad Akira.
“In che senso?” indagò curioso nel frattempo che la
sua mente stava dando vita a un film in cui Kaede, che era il
protagonista, si ritrovava a dover sfuggire alle molestie di uno
sconosciuto passante che folgorato dalla sua bellezza aveva preso a
importunarlo con inviti a cena decantando poesie struggenti.
“Tzs pretendeva gli estremi dell’assicurazione, come se il
motorino fosse mio, visto che non la smetteva di urlare gli ho dato un
pugno”
Sendoh rimase impassibile per alcuni secondi fissando l’altro, poi in fretta girò intorno al mezzo.
Non apparivano né ammaccature né graffi e Kaede era in perfetta forma.
“Non capisco non mi sembra che tu abbia avuto un incidente” ammise la propria confusione.
“Appunto è quel che dicevo a quel tale, mi sono svegliato
prima di finire addosso alla sua auto parcheggiata, ma lui niente, ha
fatto una marea di storie perché per riprendere
l’equilibrio ho dato un calcio alla portiera, non si è
neanche ammaccata che idiota” esalò con disgusto.
“Svegliato? Ti sei addormentato mentre guida…” Akira
non riuscì a terminare che una voce altisonante lo interruppe.
“Kitsune! – gridò Hanamichi a pochi metri di
distanza dai due – Kitsune dimmi che quello non è il
motorino di Yo”
“Hn do’hao” si voltò Kaede verso il ragazzo.
“Non posso crederci kitsune, tu proprio tu sei…
sei…” i due giocatori fissarono Sakuragi perplessi mentre
lo vedevano balbettare, era paonazzo in volto, tremava e stringeva i
pugni convulsamente.
“Kaede! Tu! – Hanamichi puntò un dito accusatorio
sul volpino continuando ad urlare, cosa che attrasse più di uno
sguardo – Hai rubato il motorino a Yo per farti un giro? Potrei
anche passare sopra il fatto che prendi le cose senza chiedere, ma sai
quello che ho passato per colpa tua? Ho saltato la scuola e gli
allenamenti baka kitsune per niente. E dove cavolo sei andato si
può sapere? ”
“Hn?”
“Ah sto con una volpe ladra non posso crederci, tu hai una doppia
vita e non mi hai mai detto niente” prese a sbraitare infilandosi
le mani nei capelli e volgendo lo sguardo al cielo mentre Kaede lo
guardava sempre più incredulo e basito dalle sue parole.
“Dicevi che non dovevamo avere segreti fra noi e io come un
cretino ti ho creduto e invece scopro che non solo hai l’hobby
dell’appropriazione indebita, ma che te ne vai chissà
dove. Magari hai anche un’amante con cui mi tradisci o una moglie
e un figlio, forse anche più di uno. Probabilmente ci sono
volpini sparsi per tutto il Giappone. Kaede io mi fidavo e tu mi hai
sempre mentito! ”
“Do’hao! – intervenne la voce di Rukawa con tono imperioso – Sei andato in paranoia, finiscila!”
Hanamichi gli si avvicinò furente afferrandolo per la maglietta e puntandogli gli occhi luccicanti addosso.
“Kaede! – lo chiamò in un soffio minaccioso –
Posso passare sopra a tutto ma se mi hai tradito…”
“Sei sempre un do’hao! – lo bloccò dal
continuare e prima che Sakuragi potesse rispondergli per le rime
aggiunse – Non ho rubato niente, non sono andato da nessuna parte
, non ti ho mai tradito, non ho una moglie e non ho figli. Piuttosto
sei tu che ieri sei sparito tutto il giorno e mi hai anche attaccato il
telefono in faccia. Si può sapere che cosa hai fatto tutto il
tempo con quegli idioti per non chiamarmi mai?” esalò
vicinissimo al suo volto socchiudendo pericolosamente gli occhi.
“Ho preso a pugni tutte le bande di teppisti della città,
ecco cosa ho fatto! E non ti ho attaccato, ho finito il credito, ma
come sempre tu non mi dai modo di spiegare e no, tanto io ho sempre
torto vero? Io sono il do’hao che combina guai, vero
kitsune?” urlò continuando a stringere la sua maglietta
fra le dita.
“Certo che lo sei, sei un do’hao sempre e comunque. Se
avessi ricaricato il credito del cellulare come ti avevo detto non
sarebbe successo niente e non avremmo litigato” rispose pungente
Kaede.
Akira rimase a fissare i due che stavano bisticciando indifferenti di
lui o della piccola folla che richiamata dalle loro grida li stava
osservando.
“Ora basta! – s’impose Akira mettendosi fra i due
innamorati, staccando prima con forza le mani di Hana dalla maglietta,
ora stropicciata, di Kaede – Finite subito di litigare! Sakuragi
dimmi che è successo ieri, che centrano i teppisti, Yo sta bene?
E’ ferito?” domandò subito, la frase detta prima dal
compagno di squadra dai capelli rossi lo aveva messo in agitazione.
Hanamichi riassunse la giornata precedente poi fu la volta di Akira di
spiegarsi così da scagionare anche Kaede e alla fine tutti e tre
i ragazzi convennero che la colpa di tutti quei malintesi fosse del
trio a delinquere che si fregiava del nome di ‘armata
Sakuragi’.
Hana stava già escogitando una serie di terribili punizioni per
vendicarsi dei tre amici e stava per partire per metterle subito in
atto, quando la voce di Mito lo distrasse dal suo proposito.
“Non posso crederci lo avete ritrovato!- esclamò
entusiasticamente notando la targa e riconoscendola – Ma aspetta,
è un altro” fece subito titubante osservando la vernice
brillante e l’assenza di ammaccature, graffi e pezzi rotti.
“Non è mai stato rubato Yo” annunciò battagliero Hanamichi.
“Ora ti spiego tutto” intervenne Sendoh iniziando un lungo
racconto, mentre in sottofondo si udivano i soffusi improperi di Hana.
“Che dirti Yohei la sorpresa ha preso una piega diversa da quella
che avevo previsto” terminò Akira scusandosi della
giornata infernale che indirettamente gli aveva causato.
Yohei aveva ascoltato tutto dapprima con sguardo furioso poi truce e
infine affettuoso, si era commosso nello scoprire quanto aveva
architettato, per lui, Akira con buone intenzioni.
“Ti sei fidato delle persone sbagliate, è colpa mia che
dovevo metterti in guardia su Okusu e gli altri” soffiò
sorridendogli per rassicurarlo.
“Mh do’hao andiamo” catturò
l’attenzione generale Kaede avviandosi per primo e seguito da
Sakuragi l’istante dopo, che ebbe salutato e promesso a Mito che
i ragazzi dell’armata gliel’avrebbero pagata cara.
Una volta rimasti soli Akira si diede una veloce occhiata in giro, la
folla di curiosi che si era fermata poco prima ad assistere al
bisticcio dei due giocatori si era dileguata e ora c’erano solo
un paio di studenti che chiacchieravano in lontananza.
Veloce Sendoh approfittò di quella piccola frazione
d’intimità per sporgersi e sfiorare la guancia contusa di
Yohei con un piccolo bacio, “Tanti auguri di buon
compleanno” gli disse con un sorriso allegro ma dispiaciuto al
tempo stesso perciò che il ragazzo aveva passato.
“Grazie e non preoccuparti per questo” lo rassicurò prontamente indicandosi la ferita.
“Mi dispiace non posso fare a meno di preoccuparmi per te come
ugualmente non posso non sentirmi sollevato nello scoprire
perché non rispondevi alle mie chiamate”
“Mh credo che quando riaccenderò il cellulare, se
riuscirò a recuperarlo, troverò un bel po’ di
telefonate perse col tuo numero” previde saggiamente.
“Sì, penso anch’io – convenne con lui Akira
– che dici andiamo a recuperare il tuo zaino?” propose
restituendogli le chiavi di riserva dello scooter.
***
Mani ficcate in tasca e con passo indolente Okusu si affiancò ai due amici fermi sul marciapiedi.
“Sapevo che sareste venuti” fece catturando l’attenzione di Noma e Takamiya.
“Beh una festa è una festa” constatò Taka volgendo lo sguardo alla porta del locale.
“Secondo voi c’è ancora pericolo?” indagò Okusu.
“Stiamo parlando di Hana c’è sempre pericolo –
gli rammentò Noma – il problema questa volta è
Yohei”
“Già” gli diede man forte Takamiya.
“Ha Telefonato anche a voi?” s’informò ancora
il ragazzo dai capelli biondi riferendosi a Mito, il quale lo aveva
chiamato per informarlo che non vedeva l’ora di vederlo per
dimostrare quanto avesse apprezzato lo scherzo che lui e gli amici gli
avevano fatto .
“Tre volte” risposero in coro.
“Allora che si fa? Facciamo finta di niente e speriamo che
se la bevano, chiediamo perdono e ci becchiamo una testata di Hana
oppure ce la filiamo?” chiese Noma, mentre i tre stavano pensando
quale fosse la scelta migliore una voce li raggiunse alle spalle.
“Ma guarda chi si vede”
I tre si voltarono verso Hanamichi che ghignava sfregandosi le mani, mentre Kaede al suo fianco li squadrava minaccioso.
I ragazzi dell’armata deglutirono a vuoto, Okusu
indietreggiò di qualche passo tentando di sfuggire ma si
ritrovò ad urtare la schiena contro qualcosa.
“Dove pensi di andare?” gli domandò Yohei alzando l’angolo destro della bocca.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=537481
|