Revenge

di Haydee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lettera di un padre ***
Capitolo 2: *** Six years later ***
Capitolo 3: *** Serpe velenosa ***
Capitolo 4: *** Pervinca ***
Capitolo 5: *** Scorcio di vita di una vittima ***



Capitolo 1
*** Lettera di un padre ***


Lettera di un padre

Lettera di un padre

 

 

Mia piccola Pearl,

se stai leggendo questa lettera significa che finalmente ho avuto il coraggio di portare a termine un progetto al quale lavoravo da tempo. Significa che finalmente tu e tua madre non dovrete più sopportare il peso della vergogna che ho gettato sui vostri nomi, oltre che sul mio.

In quest’ultimo anno non ho desiderato altro che questo: riuscire a cancellare l’onta da me creata e che purtroppo aveva finito col ricadere su di voi. Spero con questo gesto di riuscire a lenire la morsa dello scandalo che in questi mesi non si era mai allentata.

Lo so bambina mia, so che in questo momento mi stai odiando perché hai sempre creduto di potermi aiutare e io non te ne ho dato la possibilità. Ma la verità è che nessuno poteva fare nulla per me. Nemmeno tu, mio dolce angelo.

Prosegui i tuoi studi Pearl, arriva ad essere quello che hai sempre sognato, la donna che avrebbe riabilitato il mio nome agli occhi del mondo, e fallo per tua madre. Ridonale la gioia e l’orgoglio che le ho tolto, e sii forte anche per lei. Puoi essere tutto quello che vuoi, bambina mia, la tua determinazione e la tua intelligenza saranno la tua salvezza e quella della mia amata Martha.

Non smettere mai di sognare Pearl, e lotta tutta la vita per realizzare i tuoi sogni. Non lasciare che qualcuno si metta sulla tua strada e blocchi le tue ali, sei libera come un’aquila, figlia mia. Queste sono le poche cose che ho imparato da mio padre, e che con mia immensa vergogna non sono riuscito a realizzare.

Tu sai la verità, e fa in modo che sia questa a vincere. Non lasciare che i miei errori influenzino la tua vita, in nessun modo, bada bene. Guarda avanti, il futuro potrà essere splendente se solo non ti lasci travolgere dal buio del tuo passato. Io non ne sono stato capace, la vita mi aveva beffato troppo in profondità perché potessi riuscire a risalire dal baratro.

Ma tu Pearl hai tutta una vita davanti a te, hai l’energia della gioventù e la bellezza di una ninfa. Risplendi!

Perdonami se puoi, e ricorda che l’ho fatto per il vostro bene. Se mai dovessi crearti una famiglia, proteggila con tutte le tue forze, non lasciare che qualcosa, qualsiasi cosa, possa danneggiarla.

Buona fortuna bambina mia, e ricordati ogni tanto del tuo papà, che ti ha amata più della sua stessa vita.

 

Vincent

 

~~~~~

 

La ragazza rilesse la lettera più volte prima di riuscire ad afferrarne fino in fondo il significato. Era tutto troppo surreale.

 

Mio padre ha progettato la sua morte.

Questo era l’unico pensiero razionale che la sua mente riusciva ad articolare.

 

Volse il capo verso l’avvocato vecchio amico di suo padre che le aveva portato il plico e la lettera.

L’uomo si passava un fazzoletto sugli occhi umidi ed era evidentemente impacciato tra gli occhiali, la valigetta di cuoio e il cappello bagnato.

 

Tornò ad osservare il plico che aveva in grembo: la lettera per lei, una busta voluminosa per sua madre e una serie di buste e fogli tenuti insieme da una cordicella di spago.

Ancora faticava a connettere.

 

Si alzò macchinalmente e si affacciò al vetro della stanza d’ospedale. Sua madre era china su un letto bianco e piangeva spandendo una tristezza inconsolabile attorno a sé.

Distolse gli occhi dall’altra figura adagiata sul letto e tornò guardare la lettera che stringeva ancora convulsamente.

 

Improvvisamente vide una goccia cadere sulle lettere e confonderle leggermente.

Stava piangendo e non se n’era accorta.

 

Spostò nuovamente lo sguardo nella stanza e attraverso le lacrime osservò li corpo esamine di suo padre, la mascherina per l’ossigeno che gli copriva quasi tutto il viso, i tubicini che aveva infilati nelle braccia e l’elettrocardiogramma.

Suo padre non era morto come avrebbe desiderato.

 

Si era schiantato contro un guardrail ed era finito in una scarpata, ma l’ennesima beffa del destino gli aveva nuovamente rovinato i programmi.

Era sopravvissuto per vivere una non-vita.

Suo padre, l’energico signor Garner, era in coma irreversibile.

 

Tornò a sedersi strascicando i piedi, era strano come non sentisse nulla.

Avevano chiamato lei e sua madre diverse ore prima, comunicando che l’auto di suo padre era stata trovata in fondo a una scarpata e che l’uomo era ancora in vita.

Immediatamente erano corse lì, raggiunte poco dopo dal migliore amico di suo padre, e lo avevano trovato sotto i ferri.

Quando i dottori erano usciti comunicando l’esito dell’operazione sua madre era svenuta, poi l’avevano fatta riprendere e da allora singhiozzava sulla figura immobile del marito.

 

Una volta aveva letto in un libro che quando ti sparano senti soltanto un colpo, il dolore vero arriva più tardi, quando l’aria raggiunge la ferita.

Beh, poteva dire con certezza che era vero. L’aria stava arrivando alla sua ferita.

Sentiva un desiderio irrefrenabile di scoppiare a piangere, aveva bisogno di un momento di debolezza per riuscire a trovare la forza di cui parlava suo padre.

Raggiunse sua madre e insieme piansero tutte le loro lacrime.

 

Dopo un tempo che le parve infinito uscì dalla stanza, aveva fatto stendere sua madre sul lettino d’ospedale accanto a quello di suo padre e voleva andare a lavarsi il viso, ne aveva bisogno.

Una volta lungo il corridoio però trovò ancora il vecchio avvocato:

- Signor Wright, è ancora qui? – ma più che una domanda era una constatazione:

- Sì Pearl, non potevo andarmene e lasciare te e tua madre. In qualche modo mi sento responsabile. – la ragazza sgranò gli occhi:

- Per quale motivo? – l’uomo chinò il capo vergognoso:

- Beh, credo che avrei dovuto avvertirvi del plico che mi aveva consegnato. Purtroppo mi aveva fatto promettere di non dirvi niente e di farvelo avere solo se gli fosse successo qualcosa. Non potevo immaginare che lui stesso si sarebbe fatto del male, ora cedo bene che avrei dovuto infrangere la promessa che gli ho fatto. – Pearl si commosse vedendo una lacrima scendere lungo la guancia ispida dell’uomo, e d’istinto gli prese una mano:

- No, signor Wright, lei non è in alcun modo responsabile di quello che è accaduto a mio padre. Quelle da biasimare siamo io e mia madre che non ci siamo accorte di nulla. Eppure siamo la sua famiglia! Ora torni a casa da sua moglie, sarà in pensiero per lei. Noi ce la caveremo! – lo disse con un sorriso talmente rassicurante che l’uomo per un attimo le credette, cedendo alla richiesta della ragazza:

- Hai ragione Pearl, la mia signora sarà in pensiero. Tornerò domani mattina, coraggio piccola! – poi se ne andò calcandosi il cappello sui radi capelli argentati.

Il sorriso svanì dalle labbra della ragazza e tornò a guardare la stanza dove si trovavano i suoi.

I responsabili di tutto questo la pagheranno.

Tornò ancora un volta nella stanza e depositò un bacio sulla fronte dei suoi genitori, poi si diresse risoluta all’uscita.

 

~~~~~

 

- Ma dove diamine è finito… eppure stava qui… - Pearl borbottava tra sé mentre si aggirava frettolosamente per lo studio di suo padre, rovistando dentro tutti i cassetti.

Dopo un’ora di ricerche finalmente trovò quello che cercava, e si sedette trionfante nella poltrona preferita dal padre.

 

Quello che leggeva rapidamente era la copia dell’atto costitutivo di una società finanziaria della quale suo padre era stato socio.

E che gli aveva rovinato l’esistenza.

- Trovati!! – esclamò con un sorrisetto amaro, poi prese un foglietto e scribacchiò tre nomi:

Alfred Pitman

Bart Cohen

Damon Rush

Eccoli lì, i tre responsabili della situazione.

Sapeva esattamente cos’avevano fatto, aveva sentito suo padre raccontarlo all’avvocato alcuni mesi prima, i suoi genitori non immaginavano che lei conosceva quella verità. Le avevano raccontato una versione soft della vicenda sperando che se la sarebbe bevuta, probabilmente per non sconvolgere eccessivamente la sua vita, ma lei non era così stupida.

 

Rigirò il foglietto tra le dita tremanti di sdegno per la situazione e di paura per suo padre.

Avrebbero pagato tutto, giurò a sé stessa, e con gli interessi anche. La sua vendetta cominciava quello stesso giorno.

Poi si rilassò sulla sedia, volgendo il capo di lato per sentire il profumo lasciato da suo padre, e le lacrime ripresero a scorrere lente e inesorabili.

 

 

Allora?!?

Che ne pensate??

Lo so che non si capisce ancora niente, o poco, ma le spiegazioni arriveranno nei prossimi capitoli. Ah, non credo che aggiornerò tanto rapidamente, come sapete sto lavorando ad altro ma volevo vedere cosa ne pensavate.

Ciao a tutti/e e commentate, mi farà molto piacere! ;)

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Capitolo 2
*** Six years later ***


Six years later

Six years later

 

“Perciò noi dichiariamo il signor Alfred Pitman COLPEVOLE dei reati a lui imputati da questa corte, riguardanti la frode fiscale, il riciclaggio di denaro sporco, il falso in bilancio…”

 

La voce del presidente della giuria proseguì l’elencazione dei capi d’accusa contro l’uomo, ormai accasciato sul banco degli imputati col volto cinereo e gli occhi spenti, ma alla giovane non importava.

Si alzò altera e uscì dall’aula di tribunale a testa alta, gli occhi immediatamente nascosti da un paio di lenti scure e un sorriso che aveva ben poco di allegro le aleggiava sulle labbra.

Non si preoccupò di fare silenzio e di evitare che i tacchi delle sue eleganti decolleté non producessero rumore, con tutto il chiasso che i giornalisti stavano facendo nessuno si sarebbe accorto di lei.

 

Eh già, l’aula era zeppa di giornalisti.

Perché?

Semplice: Alfred Pitman era l’imputato numero uno del processo dell’anno, l’uomo d’affari più in vista della città era appena stato schiacciato dal peso delle sue responsabilità.

Fino a un mese prima si vociferava che fosse tra i primi dieci uomini più ricchi del paese, miliardo più miliardo meno. Adesso stava per fare una lunghissima visita, pagata fior di multe, nelle patrie galere.

 

Ora vi starete chiedendo cosa c’entra la ragazza di cui sopra, giusto?

È una storia lunga, ma tenterò di abbreviarla: diciamo che ha dato il via alle indagini sul signor Pitman.

Dovete sapere che questo signore sguazza nell’alta finanza già da tempo, in sostanza è uno di quegli “squali” di cui tanto si parla. Orbene, quest’uomo da una vita ricicla il denaro della malavita locale in cambio di un’esosa percentuale che molti suoi clienti definiscono “da strozzino”, ma nessuno si è mai sognato di dirglielo. Dopotutto lavorava in monopolio, nessun altro oltre a lui voleva farsi carico di denaro così mal reperito, quindi il nostro signor Pitman ha proseguito indisturbato le sue attività, più o meno losche, fino a qualche mese fa.

Cioè fino a che il rappresentante dei soci di minoranza della società di cui è fondatore, dietro avvertimento da parte di un piccolo azionista di cui non si è mai capito il nome, non ha convocato un’assemblea straordinaria per alcune questioni poco chiare riguardanti l’ultimo bilancio redatto.

Ebbene, non lo indovinerete mai: ne è uscita una storia infinita, più si andava a scavare più si scopriva del marcio, tra somme incalcolabili provenienti dal nulla e ammanchi sempre più grandi nelle casse sociali.

 

Perché forse voi non sapete che se investite i soldi di questi signori malavitosi e sbagliate completamente investimento, perdendo fior di quattrini, il gentile mafioso non si accontenta di un cesto di frutta accompagnato da un elegante biglietto di scuse.

Eh, no!

L’ometto in questione rivuole indietro tutto, e con gli utili stellari che gli avevate promesso anche!

Quindi se voi foste nei panni di questo Alfred Pitman che fareste? Tirereste fuori i soldini di tasca vostra?! Ma quando mai??! Naturalmente prelevereste contanti dalle casse sociali, tanto chi se ne accorge? Basta far falsificare i bilanci da un revisore dei conti al quale pagate una nutrita parcella non prevista dagli accordi assembleari e tutto fila liscio!

Sì, ma solo fino a quando il revisore in questione non viene scoperto con una valigetta piena di contante non autorizzato, e soprattutto quando a pescarlo in flagrante sono due agenti delle finanze dello stato, giunti alla sede della società su richiesta dei soci di minoranza di cui sopra per un controllo sugli ammanchi di cassa.

 

Vedete com’è facile far saltare un’intera società finanziaria? Basta una stupida richiesta da parte di un azionista anonimo…

Beh, anonimo secondo gli inquirenti, ma io posso tranquillamente dare un nome a questo fantomatico soggetto.

Lo indovinereste?

Vi facilito il compito confessandovi un piccolo segreto: Gill Porter.

Non vi dice nulla, eh?

E se io aggiungessi che è un nome falso?

 

Dall’inizio: la signorina Porter ha acquistato le azioni della società finanziaria A.P. (gli economisti sono gente poco fantasiosa) tramite una postazione bancaria in collegamento diretto con la borsa, naturalmente non a nome suo ma di una fantomatica micro-società ubicata in una cittadina non meglio identificata; alcuni dicono che si trovi all’ovest, ma niente di certo.

Comunque, la signorina ha acquistato le azioni e immediatamente ha richiesto tutti i bilanci degli anni precedenti, dopotutto era diritto della società che rappresentava vederli in quando consociata. Nel giro di pochi mesi della A.F. ne sapeva più la ragazza di tutti i soci storici messi insieme, compreso il vecchio Pitman!

Fatto sta che un bel giorno il rappresentante dei soci detentori di una minima parte delle quote azionarie si è visto recapitare una busta bianca contenente un lungo fascicolo da parte della società sconosciuta, che parlava tramite Gill, e gettando un’occhiata ha subito capito il valore esplosivo di quelle rivelazioni.

Un mese dopo era stata convocata l’assemblea che aveva dato il via al patatrac.

 

Ma ancora non vi ho detto il vero nome della Porter.

Con calma, che impazienti! Non siete curiosi di sapere come ha fatto la signorina a capire che c’era qualcosa di losco sotto la copertura della sana società finanziaria?

La risposta a questa domanda richiede che vi narri una lunga storia, cominciata una decina di anni fa, quando un certo Vincent Garner ha stipulato il contratto costitutivo di una società finanziaria insieme ad altri tre personaggi, tra cui Alfred Pitman.

Questa società in poco tempo, grazie alla competenza e bravura dei quattro soci fondatori, nonché detentori della maggioranza delle azioni, spadroneggiava sul mercato borsistico accaparrandosi le migliori occasioni di investimento e moltiplicando il proprio capitale a vista d’occhio.

 

I quattro soci sembravano andare d’amore e d’accordo, ma naturalmente il destino, bestia subdola e meschina, c’ha infilato la zampaccia.

Buoni, adesso arrivo al dunque!

 

Dunque, i quattro soci un brutto giorno (mi spiace ma non trovo termine migliore, anche se fa tanto favola della buonanotte) hanno avuto un grosso dissidio: si trattava dell’acquisizione di una piccola società in fallimento, loro avrebbero dovuto risanarla e rivenderla al miglior offerente guadagnandoci fior di quattrini, e fin qui nulla di anomalo direte voi.

Il fatto è che la società in questione non godeva di una buona nomea, nel senso che nell’ambiente circolavano strane voci su affari poco leciti e su debiti incalcolabili con qualche criminale.

Insomma, la verità è che la società da anni riciclava il denaro dei grossi commercianti di droga e simili, poi un regolamento di conti andato male ha coinvolto i soci e i sopravvissuti se la sono squagliata, lasciando tutto in pasto alla finanza.

 

Tornando ai nostri diretti interessati, Pitman già allora cominciava ad interessarsi di “finanziamenti alternativi” e aveva creduto di poter facilmente convincere i suoi soci a fare l’acquisizione, allargando così i suoi… orizzonti, o come li volete chiamare.

Purtroppo il caro Alfred aveva fatto i conti senza l’onestà di Vincent, che fin dalla prima volta in cui aveva sentito parlare dell’acquisizione era stato più che contrario al mischiare la loro reputazione irreprensibile con quella pessima della piccola società.

A Pitman naturalmente quell’opposizione non era piaciuta per niente, lui era abituato ad ottenere sempre quello che voleva, e se questo voleva dire eliminare Garner, beh… peggio per lui!

 

Conclusione: dopo aver pagato profumatamente un contabile, Pitman ha fatto in modo che qualcuno si accorgesse di un ammanco di cassa, e da un’indagine da lui stesso pilotata ha fatto in modo che risultasse che Vincent rubava regolarmente denaro alla società da quando era stata costituita.

Tutto questo in accordo con un altro socio di cui ancora non vi ho parlato, tale Bart Cohen, che lo aveva sempre seguito come un cagnolino, esaudendo ogni suo desiderio.

Una volta indetta un’assemblea e fatti sbucare chissà come i registri falsificati il gioco era fatto. Garner venne accusato da tutti i soci di essere un ladro e un approfittatore, venne sbattuto fuori dalla società e la sua faccia apparve su tutti i quotidiani economici per almeno i due mesi successivi.

Tutto questo sotto gli occhi del quarto socio di maggioranza, Damon Rush, un giovane arrampicatore fresco di università, all’epoca dello scandalo Garner infatti non aveva che 27 anni.

Pare che lui non sia stato coinvolto direttamente nel piano per liberarsi di Vincent, ma in ogni caso non ha fatto nulla per aiutarlo e per questo la figlia di Garner ritiene anche lui responsabile del tentato suicidio del padre, un anno dopo essere stato buttato fuori.

 

Adesso voi mi chiederete: cosa diamine c’entra la figlia di Garner?

Ma come, ancora non l’avevate capito?! È lei Gill Porter!

Quanto siete lenti di comprendonio, Pearl Garner non poteva usare il suo vero nome per vendicarsi di quello che hanno fatto a suo padre, così si è inventata uno pseudonimo!

 

Cos’è successo a Vincent? Ha tentato il suicidio gettandosi in una scarpata con la sua auto, ma gli è andata male.

È finito in coma, fortunatamente ne è uscito dopo vari mesi ma non è più l’uomo energico e tuttofare di prima. L’unico lato positivo è che non pensa più a morire, ha capito di doversi lasciare tutto alle spalle e ora si gode il tempo che passa con sua moglie e sua figlia. La sua invalidità (cammina a fatica, preferisce usare la sedia a rotelle) però è motivo di grande rabbia per Pearl.

 

Se voi foste sua figlia ve ne sareste stati lì a guardare?

Io, probabilmente, no. Forse anch’io sarei impegnata in una vendetta terribile come quella di Pearl: far fare ai tre ex soci di suo padre la stessa fine.

Inutile dite? Forse, ma a lei non sembra per niente così. Lei ne ha fatto la sua personale crociata.

 

Soprattutto ora che sono passati 6 anni da quel terribile incidente, e che suo padre non è più riuscito a riacquistare l’energia e la vitalità, è sempre più convinta che il suo compito è di rendere giustizia a suo padre e che lo deve portare a termine.

 

Per raggiungere il suo scopo si è laureata in economia a pieni voti e con 6 mesi di anticipo, ha seguito un master in alta finanza per entrare nel mercato con tutte le carte in regola e ha cambiato nome, Gill Porter per l’appunto. Beh, non è che l’ha proprio cambiato, la sua situazione è un pelino strana… in sostanza ha due identità, una palese e una occulta. Non so se sia lecito, anzi probabilmente non lo è, ma tanto è Gill solo sul lavoro.

 

Comunque, tornando a Pearl, il secondo anno di università ha deciso che aveva bisogno di un hacker per potersela cavare in ogni situazione, e per questo motivo un giorno si è presentata davanti alla facoltà di ingegneria informatica.

Ha bazzicato le aule computer per giorni, andando a osservare anche i ragazzi nelle sale studio con i portatili, poi ha selezionato il soggetto che faceva per lei.

 

Tarik O’Connor, il classico ragazzo che credete sia frutto di una vostra fantasia proibita: bello, simpatico e intelligente a livelli eccelsi, il miglior hacker della facoltà di informatica.

 

Quel giorno d’autunno Pearl gli si è piantata davanti con una mano in tasca e l’altra a stringere il mento:

- Mi hanno detto che sei il migliore del tuo corso, è vero? – lui le ha fatto un sorriso da svenimento istantaneo che l’ha lasciata impassibile:

- Certo bella che è vero! Io sono Tarik, e ho l’onore di parlare con… - lei gli ha stretto la mano con forza insospettabile:

- Pearl Garner. Ho bisogno del tuo aiuto Tarik. – il ragazzo non si è lasciato scoraggiare e ha rinnovato lo spettacolo sulla sua dentatura perfetta:

- Tutto quello che vuoi, bellissima! – ma per quanto da allora si sia impegnato ronzandole attorno fino allo sfinimento non è mai riuscito ad arrivare a qualcosa di più affettuoso che non fossero gli auguri di Natale. Tosta la ragazza!

 

Dobbiamo aggiungere che Tarik ha una sorella gemella, la dolce e simpatica Aileen, a quel tempo studentessa di economia come la nostra eroina.

Le due ragazze si sono conosciute tramite Tarik e da allora sono amiche per la pelle, tanto che Pearl in un momento di particolare depressione le ha raccontato la sua storia e il motivo per il quale ha bisogno di Tarik.

Aileen naturalmente ha deciso di entrare a far parte del piccolo gruppetto di vendicatori, così da 5 anni collaborano per aiutare Pearl a farsi giustizia.

Questi giovani d’oggi, quanta poca fiducia ripongono nella giustizia degli uomini e nei tribunali!

 

Dunque, mi sembra di avervi dato tutte le informazioni del caso…

Ah, no! Ho dimenticato di dirvi che dopo l’incidente occorso a Vincent la vecchia società alla quale partecipava si è smembrata.

Pitman ha proseguito su quella strada facendo la fine che ormai ben sapete.

Cohen è già nel mirino di Gill, gestisce una piccola società finanziaria ma con solo fondi di sicura provenienza.

Rush invece è al timone di una società di intermediazione mobiliare, ma di questo parleremo più avanti.

 

Quello che adesso mi preme farvi sapere è la destinazione di Gill/Pearl.

 

La ragazza ha parcheggiato davanti ad una palazzina di nuova costruzione, nel centro della città.

Una volta scesa si è avvicinata al portone di ingresso ed è entrata con le sue chiavi, dovete sapere che la sede operativa dei suoi affari è esattamente qui, in casa di Aileen:

- Aileen ci sei? – ha urlato dall’ingresso appena infilato dentro il suo bel nasino alla francese. Una voce lontana le ha risposto un assenso squillante, così si è diretta con decisione ad una stanzetta in fondo ad un corridoio. Una volta sulla soglia si è trovata di fronte un macello pauroso:

- Che diavolo è successo qua dentro? – la biondina al computer si è girata con un sospiro:

- Tarik: aveva bisogno del mio programma di contabilità e in meno di due ore ha ordinato da mangiare almeno tre volte, tra pizze e take-away. Quel ragazzo è un pozzo senza fondo! – Pearl annusò l’aria disgustata:

- Già… e che buongustaio! Cos’ha mangiato, ratti in decomposizione?! – Aileen sghignazzò divertita:

- Può darsi, adesso mi disfo subito di quella roba prima che mi contamini la casa… il processo com’è andato? – vide il viso di Pearl contrarsi in una smorfia soddisfatta:

- Come volevo, credo che il caro Pitman avrà tutto quello che si merita! – Aileen annuì:

- Anche il virus da inserire nel sistema informatico della società di Cohen è a buon punto, Tarik sta facendo un ottimo lavoro… spero che finiremo presto… - mormorò assorta:

- Perché? – chiese la mora sorpresa:

- Perché è ora che tu pensi a qualcosa di diverso che alla vendetta! Non puoi buttare la tua vita così! – esclamò piantandosi le mani sui fianchi:

- Ma davvero… e a cosa dovrei pensare secondo te? -

- Che ne so, a quello che ti pare!! A trovarti un lavoro vero, a qualche hobby… e perché no, ai ragazzi! – Pearl roteò gli occhi scocciata:

- Ma per favore… - borbottò uscendo dalla stanza e ponendo fine alla loro conversazione.

 

 

Many thanks to:

 

Lady Aria: Grazie dell’incoraggiamento, spero che continuerai a seguirmi! ;)

 

Devil_90: Grazie anche a te, farò del mio meglio perché continui a piacerti!

 

Elenim: Oh, che carina, quasi mi commuovo!! Beh certo, forse sono stata un pelino dittatrice, scusami! Non so perché, ma vista la mia storia precedente ho come l’impressione che questa sarà un fiasco…

 

Earine: Grazie di essere passata, e scusami anche tu non volevo essere così drastica! Farò del mio meglio, e i suggerimenti sono sempre ben accetti!

 

Damynex: lo so, è una storia parecchio triste… non so perché ma mi vengono tutte disastrate le protagoniste! Bah… ah, dovrei cambiare rating?

 

AyLa: eccomi qua, ti avevo detto che aveva qualcosina in mente!! Speriamo che venga bene, ma è difficile con tutte le buone idee che ho messo nell’altra! Anche per te, e comunque per tutte vale il discorso: se volete collaborare con qualche suggerimento contattatemi via mail!

Sempre: tarn5@libero.it

 

 

 

 

 

 

Ditemi quello che non capite, nel prossimo capitolo avrete tutte le spiegazioni che volete.

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Capitolo 3
*** Serpe velenosa ***


Serpe velenosa

Serpe velenosa

 

Una settimana dopo

 

- Te l’ho detto la prima volta che l’ho visto che non mi piaceva, Martha, ma tu no! Hai voluto fare di testa tua! E lo vedi ora come sei finita? Con un uomo che non riesce neanche più a guidare un’auto normalmente… - la signora proseguì a lungo il suo logorante monologo, ormai Martha lo sapeva. Era inutile tentare di ribattere o di farla smettere, non avrebbe capito e non avrebbe taciuto.

Pearl entrò in quel momento, captando alla perfezione l’ultima frase:

- Piantala nonna, sono discorsi che sanno di marcio! Non ci interessa la tua opinione su mio padre, perché ti ricordo che è di lui che stai parlando, è chiaro? Adesso smettila, hai stancato anche i muri ormai. – la signora la guardò storto:

- Dì, come ti permetti di parlare così a tua nonna?! Guarda come sono ridotta, e tocca ancora a me venirti a trovare! Mai una volta che vieni tu a farmi compagnia… - la ragazza la interruppe esasperata:

- Basta Louise!! Sei più un gamba di noi due messe insieme. – sbraitò indicando sé stessa e sua madre: - E come ti ho già detto mille volte, io non ti vengo a trovare per non darti la soddisfazione di caricarmi di insulti su mio padre, capito?! – la donna trattenne la lingua biforcuta dietro ai denti. Sapeva che quando Pearl la chiamava per nome tirava una brutta aria, così si limitò a chiederle di riaccompagnarla a casa in auto, adducendo come scusa il fatto che lei era troppo vecchia per prendere il tram.

Si noti che la gentilissima nonnetta il viaggio d’andata l’aveva fatto proprio in tram…

 

Pearl caricò la nonna in auto per poi tornare un istante da sua madre.

Come da copione, la trovò in lacrime. Immediatamente la abbracciò, poi la scostò da sé per guardarla:

- Basta ascoltarla mamma, sai bene che non ha ragione e che papà è il migliore marito e padre del mondo! – la donna tirò su col naso:

- Sì, ma lei va avanti così da anni… non ce la faccio più a sentirla insultare di continuo tuo padre! Lei non sa cos’ha passato, non sa quanto siamo uniti… - Pearl sospirò. Sua madre era così fragile da quando era successo quel maledetto incidente, sembrava indifesa come una bambina quando le dicevano qualcosa di storto sul marito, che il quel momento era chiuso nel suo studio tutto esaltato per una nuova occupazione. Ora dava qualche consulenza finanziaria a domicilio, per lo più a vecchi amici abitanti del vicinato, robette da poco in ogni caso ma che servivano comunque a riempirgli la vita e a farlo sentire meno inutile.

- Adesso me ne libero mamma, per almeno due settimane non la rivedrai più. Cercherò di convincerla a non venire, e se serve a farti stare meglio andrò davvero a trovarla così non sentirà più il bisogno di “sacrificarsi” per me. Andiamo, smettila di piangere, è una vecchiaccia sclerotica, lo sai meglio di me! – Martha e sua madre non erano mai andate d’accordo, fin da quando era bambina l’aveva trattata come una sciocchina, approfittando del suo carattere dolce e gentile, e ora che era invecchiata era diventata anche più dispotica. La donna annuì, ridacchiando:

- Hai ragione bambina, allora và, stai attenta e torna presto! – disse riprendendosi:

- Non posso tornare subito, volevo fermarmi da Aileen. Ti dispiace? – sua madre scosse il capo:

- Oh no cara, vai, vai pure! Sarai a casa per cena? – Pearl annuì col sorriso. Sua madre era sempre più bella quando sorrideva:

- Sì mamma, non preoccuparti. Ci vediamo per cena allora! – fece allontanandosi per infilarsi un paio di scarpe sportive.

 

Mente riportava sua nonna a casa, in assoluto silenzio, pensava che era decisamente ora di finirla con tutto quello stress. Su madre era troppo debole per occuparsene, doveva farlo lei.

Una volta parcheggiato sotto il condominio dove abitava Louise si volse a guardarla duramente:

- È ora di finirla nonna. – la donna la guardò senza capire:

- Che stai dicendo Pearl? Avanti, aiutami a scendere da questo trabiccolo che chiami automobile! – la ragazza la trattenne per un braccio:

- Sto parlando sul serio. Devi smetterla di tormentarla con quei discorsi su mio padre. La mamma è debole, stressata e stanca, e non voglio che le accada niente di male, o ne risponderai tu direttamente. Questo è un avvertimento nonna, bada a quello che ti fai uscire da quella ciabatta! – borbottò acidamente lasciandola e uscendo dall’abitacolo. Se pensava che da bambina aveva voluto bene a quella nonna che la riempiva di regali…

 

Quando finalmente riuscì a liberarsi della vecchia dalla lingua tropo lunga e carica di veleno se ne andò in direzione dell’appartamento della sua migliore amica.

L’aveva chiamata proprio prima di entrare e sorprendere sua nonna in “piacevole” conversazione con sua madre, e le aveva chiesto di raggiungerla.

Il virus che Tarik si era impegnato a creare era pronto, almeno così sembrava.

 

~~~~~

 

Appartamento di Aileen

 

- Quanto sei cretino Tarik, ti ho detto almeno un miliardo di volte che non puoi detrarre dalle tasse gli scontrini della spesa al supermercato! – il ragazzo si spettinò i capelli biondi con una smorfia divertita:

- Perché mai scusa?! Io non ho un’attività individuale come programmatore e riparatore di computer? – Aileen lo guardo sorpresa:

- Sì, e allora? – lui allargò la bocca in un sorriso:

- Come e allora!! I soldi che spendo al supermercato sono per il mio sostentamento! Se muoio di fame chi la gestisce l’attività?! Quindi i soldi della spesa sono costi aziendali! E più in specifico, costi di sostentamento del titolare dell’attività! -

- Beh, certo ha ragione… la sua logica non fa una piega… - commentò divertita Pearl sgranocchiando del pop-corn, procurato da Tarik naturalmente:

- Per carità, non ti ci mettere anche tu a dargli corda!! Ma guarda tu che roba, ho un fratello che poco poco si inventa l’atterraggio degli alieni per evadere e un’amica che si diverte a vedermi disperare… siete due pazzoidi, tutti e due! A volte mi sembrate fatti l’uno per l’altra… - borbottò arrabbiata facendo dei segnacci sulla dichiarazione del gemello. Tarik prese le sue parole al volo e guardò Pearl con occhi brillanti:

- Visto? È destino!! Che ne dici di uscire insieme sabato? – la ragazza scosse il capo divertita:

- Niente da fare Tarik, sai bene che con me non attacca! – lui si avvicinò, sedendole accanto sul divano:

- E dai… Pearl, luce dei miei occhi! – esclamò comicamente posando un ginocchio a terra e prendendole una mano. La ragazza rise:

- Altro che hacker, l’attore dovevi fare! Avresti avuto anche un discreto successo, sai? – lui si inorgoglì:

- Ma certo! Soprattutto con le donne mia cara! – lei scosse il capo allontanandosi:

- Certo, come no… tira fuori il virus piuttosto, voglio capire bene come funziona. – fece alzandosi e avviandosi al bagno.

Tarik la guardò mentre il sorriso gli svaniva dalle labbra.

 

La conosceva da anni ormai, ma non era mai riuscito ad avvicinarla più di così. Era distante e inafferrabile, come un sogno.

Forse era lui a sbagliare, finiva sempre per fare il cretino e lei non lo aveva mai preso sul serio.

 

Vedendolo così pensoso sua sorella si preoccupò:

- Che hai Tarik? Non ti ho mai visto così serio, sicuro di non avere la febbre? – lui la guardò e tornò ad avere la solita faccia scema:

- Niente di preoccupante sorellina, credo solo di aver capito perché non devo detrarre la spesa dalle tasse! – esclamò facendola preoccupare sul serio:

- Oh mamma, ma allora sei gravemente malato! Dio ce ne scampi e liberi, spero che tu non ci capisca mai niente di imposizione fiscale, non sei per niente portato per l’argomento! – borbottò facendolo ridere di gusto.

 

Quando Pearl tornò dal bagno si appostarono tutti davanti al computer e finalmente Tarik poté fare sfoggio delle sue doti di informatico.

Infilò un cd nel cassettino apposito e cominciò a spiegare in termini semplici come avrebbe funzionato la sua “creazione”.

- Dunque, questo programma si nasconde all’interno del sistema operativo ed è impossibile da scovare per qualunque antivirus. È una specie di programma fantasma, c’è ma non si vede, insomma. Deve essere inserito in un qualsiasi computer dell’azienda di Cohen. A quanto ho saputo da chi ha installato il loro sistema informatico, sono tutti computer collegati tra loro, quindi in pratica si tratta di infettare un’unica rete interna. Sarà sufficiente inserirla in un computer, vi dicevo, poi man mano che altri utenti si collegheranno o scambieranno informazioni con questa postazione, il virus si diffonderà senza far sorgere il minimo sospetto negli utenti. – Pearl annuì, ormai dal tempo che lo conosceva capiva piuttosto bene il funzionamento dei suoi programmini illeciti:

- Ok, ma che funzione avrà più in specifico. – Tarik ridacchiò puntando su di lei i suoi occhi verdi:

- Esattamente quella che mi avevi chiesto tu: all’inizio nessuno si renderà conto della sua presenza. Cambierà di qualche punto i dati che arrivano dalla borsa, o quelli elaborati dai dipendenti stessi della nostra vittima, poi col passare delle settimane comincerà a fare sul serio, rovesciando completamente le informazioni e distorcendole anche solo da una postazione all’altra. Insomma, farà scivolare l’azienda nel caos più totale, ma prima che possano rendersi conto della causa del malfunzionamento avranno già accumulato una caterva di proteste per investimenti sbagliati, oltre che di debiti per investimenti finiti più che male… - Pearl proseguì per lui:

- E anche se riusciranno a individuare la causa del disastro e ad eliminarla il gioco sarà ormai fatto: i debiti avranno raggiunto cifre astronomiche e la loro credibilità di società di investimento solida e sicura sarà già sfumata, così come la speranza di poter proseguire l’attività. Giusto? – Tarik le sorrideva soddisfatto:

- Giusto. La signora è sufficientemente colpita dal mio lavoro o devo dare un’ulteriore prova di affidabilità? – scherzò sporgendosi verso di lei:

- Sono abbastanza colpita… - mormorò lei divertita:

- Come sarebbe a dire “abbastanza”?! – disse facendole il verso, scherzoso come sempre: - Io perdo delle notti su questa cosa e lei mi dice “abbastanza”?!? – Aileen lo guardò ridendo:

- Non ci hai ancora detto come farai a inserirlo nel loro sistema operativo… non è così facile avere accesso ai loro computer, vige la massima sicurezza là dentro! – il ragazzo alzò un indice con fare saccente:

- Ottima domanda sorellina, qualcosa in comune dovevamo pur averla io e te… dunque, l’idea è questa. Questo mio amico che ha installato tutto il programma mi ha detto che ogni mese un loro tecnico va a fare una piccola manutenzione al sistema. Insomma, verifica il buon funzionamento, toglie eventuali inghippi e cosucce del genere. Mi ha chiesto ancora, come un anno fa, se voglio entrare a far parte della squadra, e io ho accettato. – Pearl sgranò gli occhi:

- Ma… e la tua attività?! Sei davvero disposto a chiudere il tuo laboratorio per diventare un dipendente?! – il ragazzo le sorrise dolcemente:

- Ma certo! Per aiutarti ad avere giustizia questo e altro… - mormorò, per una volta seriamente:

- No Tarik, non posso accettarlo! Davvero, è troppo! Mi farò assumere io come segretaria o qualcosa del genere, o magari cercherò qualcuno che possa manomettere un computer durante la notte, ma non voglio assolutamente che tu ti sacrifichi per… - non poté continuare, Tarik le aveva posato l’indice sulle labbra:

- Niente da fare, ormai ho accettato. Sono venuto qui anche per chiedere ad Aileen come chiudere la mia attività. È già tutto stabilito, non posso più tirarmi indietro! – le disse rassicurante. Pearl sospirò, sconfitta:

- E va bene… mi dispiace averti coinvolto così direttamente però, davvero io non volevo… - era evidentemente preoccupata che potessero scoprirlo. Le accarezzò una guancia col dorso delle dita:

- Eddai, non sono un principiante!! Me la caverò egregiamente, nessuno si accorgerà di niente, te lo posso assicurare! – esclamò sicuro di sé. Pearl annuì imbronciata, poi si alzò dicendo che doveva raggiungere sua madre e che si sarebbero visti il giorno dopo per stabilire i particolari della faccenda, lasciando soli i due fratelli.

 

Aileen guardò Tarik con un sorriso dolce:

- Che c’è, non ti sei ancora arreso? – lui scosse il capo, circondandole le spalle con un braccio:

- Eh no, Pearl è una malattia dalla quale non si riesce a guarire… Ehi, sorellina, ti ha mai detto nessuno che sei sprecata come commercialista? Dovresti fare la strizzacervelli… - ridacchiò spettinandola scherzoso:

- Piantala Tarik!! Guarda che ti aumento le tasse da pagare se non lasci in pace i miei capelli! – lui la lasciò andare all’istante, spaventato dalla prospettiva:

- Non è giusto però, tu mi ricatti sempre… - brontolò, mentre sua sorella si dava una sistemata.

 

~~~~~

 

Il mattino successivo

 

Pearl salì le scale due a due. Quella notte l’aveva passata insonne e aveva ripensato alle parole di Aileen di una settimana prima.

Forse la sua amica aveva ragione, era ora che cominciasse ad avere una vita sua, se non altro per tranquillizzare i suoi.

Non passava giorno infatti che suo padre o sua madre, a turno, le chiedessero quando avrebbe presentato loro un ragazzo , come andava il lavoro e che progetti aveva per il futuro.

Non se la sentiva più di mentire o schivare il discorso, doveva chiudere quella faccenda al più presto e incominciare finalmente una vita normale.

Ma prima doveva sistemare tutto, non poteva venire meno alla parola che si era data 6 anni prima, e lei non era il tipo da rompere un giuramento.

Perciò, visto che Bart Cohen era vicino all’essere colpito, doveva mettersi subito in modo per la sua terza preda: Damon Rush.

 

Ripeté quel discorso alla sua amica che naturalmente ne fu entusiasta, ma lei e suo fratello si rabbuiarono sentendo quali erano i suoi progetti per Rush:

- Ti vuoi esporre in prima persona?! E se lui ti riconoscesse? – Pearl agitò una mano:

- Impossibile, non ha mai incontrato mia madre, alla quale assomiglio, e non ha mai visto me. Solo io l’ho visto circa 8 anni fa, di sfuggita, mentre ero con mio padre nel suo ufficio. Non capirà mai chi sono! – Tarik incrociò le braccia pensoso:

- Ok, ma se dovessero capire che sei tu a modificare le relazioni sull’andamento dei titoli? Hai pensato a cosa ti faranno? – lei lo guardò imbronciata:

- E tu hai pensato a cosa ti succederebbe se capissero che è stato l’innocuo programmatore a inserire il virus che creerà loro una marea di problemi? – i due ragazzi si guardarono a lungo, sfidandosi con lo sguardo.

Alla fine Tarik sbuffò spazientito:

- Accidenti a te, mi metti sempre in difficoltà! – borbottò poco soddisfatto. Pearl esultò internamente, aveva vinto la battaglia ancora una volta:

- Perfetto! – esclamò con un sorriso disteso: - Allora faremo così: io cercherò di avere le relazioni sugli acquisti e vendite mobiliari prima che vengano consegnati al capo, li manderò ad Aileen tramite posta elettronica, li modificheremo e poi li faremo tornare in circolazione nella società, confondendo le idee e creando il caos. Che ve ne pare? – Aileen mise il broncio:

- Tutta questa storia mi piace sempre meno, ho come l’impressione che ne verrà fuori un casino pazzesco! – mormorò mentre gli altri due si guardavano ancora in cagnesco.

 

 

 

Damynex: Non direi… no, non volevo farlo tipo ‘Madian 2, il ritorno del figaccio’. È diverso, ma lo scoprirai andando avanti! Temevo fosse un fiasco, ma se comincia a piacere allora vado alla grande!

 

AyLa: Darling, ma io sono mostruosamente vendicativa! Brava prenditi tutto il tempo che ti serve, tanto non lo so nemmeno io con chi la farò finire! Non è un modo di dire, davvero non ci ho ancora pensato… sarà una sorpresa anche per me, devo solo aspettare che uno dei tipi che ho in mente la faccia da padrone e mi diventi più simpatico degli altri. Sono pazza, lo so!

 

Clover: Quale onore, una delle mie autrici preferite… Sono felice che ti piaccia, ma non aggiornerò tanto spesso perché sono presa da un’altra storia, se ti va di farci un salto si intitola “Se una notte d’estate, un ladro”. Spero che continuerai a seguirmi!

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Capitolo 4
*** Pervinca ***


Nota: chi ha letto quella storiella che mi è successa sull’altra storia lo sa, non ho saputo resistere

Nota: chi ha letto quella storiella che mi è successa sull’altra storia lo sa, non ho saputo resistere!!

 

Pervinca

 

Diversi giorni dopo, al parco

 

Pearl fece un paio di piegamenti e sbuffò, pensierosa.

Aveva esposto un piano niente male ai fratelli O’Connor, ma ancora non era certa se sarebbe riuscita ad attuarlo.

Innanzitutto doveva riuscire a farsi assumere, e quello era un bel problema. Aveva già mandato la domanda di assunzione e il curriculum, ma non aveva ricevuto alcuna risposta.

Che fosse meglio presentarsi e chiedere un colloquio a qualcuno, che so, magari a qualche collaboratore di Rush? Oppure al presidente stesso?

Non ne aveva idea, era un bel problema!

 

Cominciò a camminare svelta, poi gradualmente si mise a correre, badando a respirare a tempo coi suoi passi.

Le piaceva correre, riusciva a sfogarsi e a non pensare a niente, ma non quel giorno.

Non riusciva a togliersi dalla testa la sua terza e ultima impresa, come faceva a entrare nella società del terzo ex socio di suo padre?

 

Un grido improvviso a una cinquantina di metri da lei la distolse bruscamente dai suoi ragionamenti. Si volse di scatto e vide una donna seduta a terra che indicava un uomo che correva via veloce:

- Aiuto!! La mia borsetta, al ladro!! – urlava a squarcia gola.

 

Senza pensarci su Pearl si gettò all’inseguimento, correndo a perdifiato dietro al malvivente.

Era un tipo robusto e anche piuttosto rapido, ma lei era più magra e leggera, più allenata e perciò più svelta.

Dopo qualche centinaio di metri lo aveva raggiunto e con un balzo veloce lo placcò, bloccandogli la fuga e rotolando nell’erba insieme a lui.

 

Cominciarono una lotta furibonda, strattonandosi e pestandosi, poi la forza dell’uomo prevalse e riuscì a scaraventarla a terra.

Si alzò per scappare, trafelato e confuso, ma non riuscì a fare più di 5-6 passi che venne di nuovo agguantato e sbattuto contro il tronco di un albero da un tipo alto e più robusto di lui:

- Sta’ fermo… - borbottò nervosamente una voce bassa.

 

Pearl si tirò a sedere massaggiandosi una spalla, cadendo aveva urtato violentemente il terreno e ora sentiva un leggero fastidio. Imprecò immaginando che l’indomani avrebbe avuto un bel livido in quella zona:

- Tutto bene ragazzo? – la voce bassa di prima ora si rivolgeva a lei. Ragazzo a chi?!

Poi ci ripensò, in effetti poteva essere scambiata per un maschio: indossava una tuta di almeno due taglie in più, scarpe comode e mezze distrutte e un berrettino sportivo, con la visiera calata sugli occhi e i capelli neri raccolti nel cappellino, praticamente invisibili.

Si volse di scatto, guardandolo con un occhio solo e tenendo l’altro nascosto sotto la visiera, poi inarcò un sopracciglio sorpresa.

 

L’uomo che teneva fermo lo scippatore era… affascinante…

Alto, fisico atletico fasciato in un abito elegante grigio scuro. Camicia bianca con i primi bottoni slacciati e cravatta allentata. Indubbiamente sensuale.

Il viso era serio, dai lineamenti regolari e marcati. Capelli castano scuro corti e occhi scuri, espressivi, profondi e… caldi.

Sì, caldi era il termine esatto.

Per quanto ne sapeva, poteva essere il diavolo tentatore in persona con quello sguardo.

 

Pearl si riscosse dal suo attimo di osservazione e si alzò, borbottando un assenso senza tradire il proprio sesso e pulendosi alla bell’è meglio da polvere e fili d’erba:

- Prendi il cellulare che ho nel taschino interno della giacca e chiama la polizia, io ho le mani impegnate. – le ordinò mentre aumentava la stretta sulle braccia del ladruncolo che protestava e tentava di liberarsi.

La ragazza si mosse lentamente, avvicinandosi e lanciando di quando in quando brevi occhiate al viso dell’uomo, alle quali lui rispondeva quasi confuso. Lo aveva capito dalle sopracciglia aggrottate che non afferrava esattamente quello che stava succedendo.

Scostò il lato sinistro della giacca e insinuò una mano, ritrovandosi ben presto a contatto con i suoi pettorali. Mmh… probabilmente fa palestra…

Pensò movendo lentamente le dita mentre lui la guardava. Che avesse capito che era una donna?

 

Quando finalmente il corridore ritirò la mano e il cellulare lui deglutì, sorpreso.

Che gli era preso? Lo innervosiva essere toccato da un ragazzino?! Che assurdità!!

Osservò la figura del ragazzo e aggrottò nuovamente le sopracciglia: aveva delle mani piccole, sottili e curate per essere un ragazzo, non è che magari…

Ma no!! Non poteva essersi sbagliato! Una donna non andrebbe in giro con delle scarpe ridotte in quello stato, e con una tuta che non sia attillata!

O almeno le donne che aveva frequentato lui.

 

- Fatto. – borbottò Pearl chiudendo il cellulare con uno scatto e rimettendoglielo in tasca. Ma non nel taschino interno, semplicemente lo fece scivolare in una delle tasche esterne:

- Arrivano? -

- Sì, hanno una macchina qui vicino. 10 minuti. – rispose telegrafica.

Si stava divertendo a fare la parte del ragazzo, anche perché lo vedeva sempre più confuso.

 

Quando arrivarono i poliziotti l’uomo raccontò loro l’accaduto e indicò Pearl come colui che era riuscito a fermare il borseggiatore. Poi lo lasciarono in pace mentre prendevano le generalità della donna scippata e ne approfittò per presentarsi al corridore:

- Sei stato coraggioso ragazzo, ti ho osservato e corri molto veloce, complimenti! Molto piacere, il mio nome è Damon Rush, con chi ho avuto l’onore di collaborare? – fece con un sorriso malandrino.

Pearl guardò la mano che le veniva porta mentre sentiva la terra mancarle sotto i piedi, poi alzò lo sguardo leggermente di sbieco su quell’uomo attraente che si era appena presentato come la sua terza vittima e vacillò. Ecco perché le sembrava di averlo già visto da qualche parte!!

Oddio, e adesso che gli dico?!?

 

Un poliziotto venne in suo aiuto, richiamando l’attenzione di Rush:

- Mi scusi signore, avremmo bisogno delle sue generalità e di quelle del ragazzo. – Damon si era voltato per guardarlo e per dirgli che sarebbero arrivati immediatamente, ma quando si volse per finire le presentazioni davanti a lui non c’era più nessuno.

Si guardò attorno rapidamente, poi borbottò:

- Ma è sparito… - il poliziotto lo richiamò nuovamente e dovette seguirlo, ma continuava a lanciare occhiate al parco nel tentativo di rivedere il misterioso corridore.

Tutto inutile.

 

Pearl, una volta colta al balzo la sua unica opportunità di fuga, era corsa via con tutto il fiato che le rimaneva e si era nascosta dietro a un grosso cespuglio a una certa distanza dal centro della scena.

Aveva osservato Rush discutere con i poliziotti e indicare il parco. Probabilmente stavano parlando della sua misteriosa fuga.

Decise che non era il caso di rimanere oltre ad osservare col rischio di essere scoperta, perciò si volse e riprese a correre, fermandosi solo una volta arrivata all’appartamento di Aileen.

 

~~~~~

 

Entrò sbatacchiando la porta e facendo accorrere Aileen, che alla vista del suo colorito si preoccupò:

- Si può sapere che ti è successo, sei cianotica!! Tu e la tua mania per la corsa, quanti chilometri hai fatto senza mai fermarti? – Pearl ansimava incontrollatamente, senza fiato:

- Dovevo…anf… dal… parco… anf anf… Rush!… anf… - la biondina la guardò sorpresa di sentire quel nome:

- Mi stai dicendo che sei venuta di corsa dal parco? – ma Pearl non era ancora in grado di rispondere, continuava ad ansimare: - Lascia perdere e stenditi un po’, magari riesci a riprenderti! – brontolò andando a prenderle dell’acqua, che venne immediatamente tracannata.

 

Dopo pochi minuti Pearl riuscì a connettere e a spiegarsi:

- Sono venuta di corsa… dal parco… - Aileen incrociò le braccia:

- Questo si era capito, stavi per farmi una sincope!! Adesso spiegami perché hai nominato Rush. – la mora chiuse gli occhi e prese fiato:

- L’ho incontrato al parco. – l’altra ne voleva sapere di più:

- Come? Così, per caso? L’hai visto e l’hai riconosciuto o hai sentito qualcuno chiamarlo? – Pearl negò col capo:

- Ho rincorso uno scippatore, l’ho placcato ma stava per scapparmi, allora è arrivato lui e l’ha bloccato. -

- Sapevi che era lui? L’hai riconosciuto subito? – l’altra negò:

- No, non avevo idea che fosse lui, non me lo ricordavo così. Quando l’ho visto io era un ragazzo, adesso è… un uomo. – mormorò con lo sguardo perso nel ricordo di due occhi scuri e…

- E ti credo! L’hai visto quanto… 8 anni fa? Beh allora doveva avere… vediamo, se è entrato nella società che aveva 23 anni… però, un piccolo genio, si è laureato con un anno di anticipo? – Pearl scosse il capo:

- Mio padre mi aveva detto che era intelligente, ma ha finito nei tempi normali. Solo che quando era bambino i suoi gli hanno fatto cominciare le scuole un anno prima… comunque, quando l’ho visto aveva 25 anni. -

- Uhmm… quindi adesso ne ha 33… interessante, e com’è? – a quella domanda però non giunse risposta, solo uno sguardo fisso nel vuoto: - Pearl?! Ti ho chiesto com’è!? – finalmente si riscosse:

- Ah, sì… beh, è… affascinante. Alto, atletico… moro. – disse semplicemente alzandosi e togliendosi il cappellino:

- E lui che ti ha detto? Ti ha riconosciuta? – Pearl dimenticò per un po’ l’effetto che aveva avuto su di lei il loro incontro ravvicinato e ridacchiò:

- Scherzi?! Mi ha scambiata per un ragazzo!! – esclamò divertita. Aileen sgranò gli occhi:

- Nooo… ma dove diavolo ha gli occhi?! Si vede lontano un miglio che sei una ragazza, anche conciata così!! Ah ah!! Tropo divertente, peccato essersi persi la scena! – fece ridacchiando:

- Già… il problema è che sono dovuta scappare perché la polizia non mi chiedesse le generalità, altrimenti sai il casino che avrei combinato?! Sarebbe andato tutto a monte! – fece pensosa.

Aileen la guardò attentamente:

- Pearl… sei proprio sicura di volerti vendicare anche di lui, vero? – l’altra alzò lo sguardo oltraggiata:

- Certo che sì!! Perché non dovrei?! Si è arricchito anche lui grazie a mio padre, non lo dimenticare! – la bionda la osservò attentamente:

- Niente… è solo che… beh, è solo un impressione… ma sembra che questo incontro ti abbia particolarmente colpita… - la mora roteò gli occhi:

- Ehi, non ricominciare con le tue analisi da psicologa mancata, ho solo detto che è affascinante, nient’altro! – borbottò ficcandosi nuovamente il berrettino sulla testa:

- Adesso sarà meglio che me ne torni a casa, tu invece evita di far fare troppi pensiero stupidi a quel cervellino bacato! Ciao. – fece chiudendosi la porta alle spalle e correndo nuovamente via.

Aileen guardò la porta sospirando. Ne era sempre più certa, di lì a poco si sarebbe scatenato il putiferio!

 

~~~~~

 

Due giorni dopo, sede della società di intermediazione mobiliare Rush

 

Pearl scese dall’auto e sistemò la giacca del suo tailleur e la camicetta che portava sotto.

Voleva essere impeccabile, doveva a tutti i costi essere assunta!

Prese la borsa e una cartellina contenente il curriculum e altri dati personali, di pura fantasia naturalmente, e si avviò con fare altero all’entrata della palazzina del centro che ospitava la società del suo terzo obiettivo.

Nell’ingresso trovò una signora cortese:

- Salve, sono qui per una domanda di assunzione, con chi crede che potrei parlare? – la donna le sorrise:

- Salve a lei signorina, beh, dovrebbe parlare direttamente col presidente, è lui stesso che si occupa delle nuove assunzioni. Il suo ufficio è in fondo al corridoio di destra, al primo piano. Si può accomodare in sala d’attesa, intanto se mi vuole lasciare il suo nome avvertirò il signor Rush della sua presenza. Dovrebbe farmi la cortesia di pazientare però, in questo momento è impegnato… - fece maliziosamente, ma Pearl non ci fece caso:

- La ringrazio, allora aspetterò. – fece col sorriso allontanandosi e ringraziando la sua buona stella per quel piccolo ritardo. Almeno aveva tutto il tempo per prepararsi un piano di attacco…

 

Un quarto d’ora più tardi era completamente immersa nella lettura di una rivista di alta finanza,dimentica del colloquio che la attendeva. Erano letture notevolmente impegnative, scritte da esperti dei vari settori, ma le servivano molto per tenersi aggiornata e per avere sempre ben presente cosa poteva fare per raggiungere il suo scopo.

Non si accorse che pochi minuti dopo una donna alta, bionda ed elegantissima era uscita di botto dall’ufficio di Rush, allontanandosi rapidamente e con passo altero:

- Aspetta Miriam, dove stai andando? – era Damon, apparso sulla porta dello studio:

- A casa!! E vedi di venirci anche tu al più presto. Dobbiamo parlare!! – sbraitò la donna inacidita, infilandosi un paio di occhiali da sole e svanendo lungo il corridoio.

Rush sospirò, passandosi una mano tra i capelli e tornando verso il suo ufficio col capo chino.

Odiava gli isterismi delle donne, e proprio non riusciva a mandare giù il comportamento della sua quasi ex compagna.

Stava per rientrare nel suo ufficio quando si accorse di una figuretta in sala d’aspetto, e in quel momento si ricordò che la signora giù in entrata lo aveva chiamato per dirgli che c’era una ragazza per un colloquio.

Sbuffò sfregandosi gli occhi, ma quando posò lo sguardo sulla giovane rimase bloccato dov’era.

 

Era giovane, forse sui 24-25 anni. Era seduta per cui non poteva stabilirne l’altezza, ma poteva apprezzare tranquillamente le gambe accavallate lasciate scoperte dalla gonna del tailleur: affusolate ed eleganti, veramente perfette con quelle scarpe nere dal tacco vertiginoso.

Agitava nervosamente un piede e mordeva un dito mentre era completamente assorta nella lettura di una rivista finanziaria.

I capelli neri, lisci e lucidi, le arrivavano alle spalle e li portava sciolti.

Teneva lo sguardo basso quindi non le vedeva gli occhi, ma il viso era veramente straordinario: la pelle candida contrastava con i capelli e le sopracciglia scure, perfettamente arcuate, il naso era ben proporzionato e la bocca… beh, quella era tutto un programma.

Piccola, visibilmente morbida, leggermente carnosa, era di un colore perfetto, vicino a quello delle rose. Chissà dove aveva sentito quei paragono sdolcinati! Ma dovette ammettere che erano perfetti.

Constatò anche, e con una certa sorpresa, che era truccata il minimo indispensabile. Si capiva dal colore della pelle, non era quel colore artificiale di chi usa fondotinta e altre cose simili, delle quali non ci aveva mai capito nulla.

Senza rendersene conto era accanto a lei e la osservava con le mani affondate nelle tasche:

- Signorina? – la chiamò. Non ricevette risposta, e si stupì ancora di più. Aveva visto poche persone concentrate così su quegli articoli incomprensibili, e di queste poche nessuna era donna: - Signorina, mi sente? – tentò nuovamente, ma senza alcun risultato.

A quel punto si chinò su di lei, arrivandole a poca distanza:

- Signorina! – fece più forte. La ragazza trasalì leggermente e alzò di scatto lo sguardo su di lui, sbalordendolo:

- Sì? – fece lei incerta, stupendosi di trovarselo così vicino.

Damon non riuscì a connettere per diverso tempo, incantato dai suoi occhi: erano semplicemente meravigliosi, di un azzurro cupo, tendente al violetto… come si chiamava quel colore… pervinca!! Esatto, erano color pervinca!

Cristo, che occhi…

- Signor Rush? – la voce della ragazza lo riportò alla realtà, e gli fece realizzare che era a una decina di centimetri dal suo viso.

Immediatamente si ritrasse, tossicchiando imbarazzato e tentando di riprendere il controllo della situazione:

- Ehm… lei era qui… per un colloqui, se non sbaglio… - borbottò imbarazzato di essersi fatto pescare ad ammirarla apertamente.

Tentò di non divorarla con lo sguardo mentre si alzava, ma si stava rivelando un’impresa difficile toglierle gli occhi di dosso:

- Esatto! Mi scusi se non l’ho sentita immediatamente, quando leggo mi accade spesso di non accorgermi di quello che mi succede attorno! – spiegò con un sorriso, alzandosi e dandosi una rapidissima sistemata. Non sapeva cosa pensare però: Rush la guardava in modo strano, e per un attimo temette che lui sapesse chi era:

- Già… comunque io sono Damon Rush, come lei ha già saggiamente intuito, e ho il grandissimo piacere di parlare con… - fece porgendole la mano:

- Gill Porter, molto piacere! – rispose stringendo quella mano forte, al confronto con la quale la sua sembrava piccola come quella di una bambola:

- Bene, credo che ci troveremmo meglio a parlare nel mio ufficio, prego. – fece precedendola e appostandosi sulla soglia.

Pearl notò con un notevole disappunto che in quel modo le restringeva di parecchio lo spazio per entrare, e lanciandogli una breve occhiata capì che quell’espediente era voluto.

Infatti le sorrideva sornione.

Fece un profondo respiro e gli passò accanto rapidamente, senza riuscire a non sfiorarlo e provocando un attimo di imbarazzo.

Rush sembrava volerla trafiggere con lo sguardo, tanto la guardava intensamente.

 

In realtà Damon pensava a ben altro che a trafiggerla, il suo desiderio era molto meno poetico.

Quando aveva sentito il suo profumo aveva deciso che la cosa migliore da fare con quel tailleur era strapparglielo di dosso, insieme a tutto quello che poteva esserci sotto, ma da perfetto cavaliere quale era seppe trattenersi, limitandosi a lanciarle un sorrisetto sensuale.

Pearl non poteva sapere che l’assunzione che tanto desiderava era stata decisa quando l’aveva vista.

 

 

Earinë: Louise è liberamente ispirata a due donne della mia famiglia: mia mamma e sua madre, in un mix micidiale di acidità che rivaleggia con quella dell’acido muriatico. Ho i brividi solo a pensarci… Pearl ha qualcosa di mio, questo risentimento perenne nei confronti di mezzo mondo e di nessuno, una sensibilità troppo disarmante e la forza di ridere e di combattere in ogni caso. Allegra e triste, dolce e dura, sognatrice e concreta tutto in una volta, e non porta alcuna maschera.

 

Damynex: Eh, non posso dire niente! Ma aspetta almeno di conoscerlo il povero Damon, potresti cambiare idea… Mi piacciono le persone col senso dell’umorismo!

 

AyLa: Tutto inventato, potrei scrivere degli strafalcioni assurdi o delle cose vere, non ne ho idea! Tutto frutto della mia immaginazione, anche se qualche nozione l’ho imparata da un amico informatico, ma lui si occupa della progettazione di siti internet (ha fatto quello dei jeans Diesel). Grazie per i complimenti, ma le appena 35 letture mi scoraggiano non poco…

 

Clover: Nessun problema, tanto nemmeno io aggiorno spesso questa storia. Che peccato che hai dovuto sospendere una storia, scrivi bene! Ti capisco, anch’io allungherò i tempi a causa dello studio, penso che sia così per tutti! Grazie, mi farà piacere un tuo parere, ciao! ^_-

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Capitolo 5
*** Scorcio di vita di una vittima ***


Scorcio di vita di una vittima

Scorcio di vita di una vittima

 

Ancora alla sede della società di intermediazione mobiliare Rush

 

- Prego, si accomodi. – le disse una volta superato il momento di imbarazzo mentre si dirigeva alla sua poltrona.

Quando si sedette aveva già curriculum e altri documenti sotto il naso.

Li prese con aria fintamente grave e prese a sfogliarli.

La prima cosa che guardò fu l’età della ragazza… Nata nel 1979, quindi ha 26 anni… sembra più giovane… pensò lanciandole una fugace occhiata e vedendola rigida sulla poltroncina.

Mise una mano davanti alla bocca per nascondere un sorriso e proseguì la sua indagine.

Laurea in economia… massimo dei voti… master in finanza… sembra il mio stesso percorso formativo!

La guardò ancora. Era strano, gli sembrava di averla già vista… qualcosa gli diceva che doveva conoscerla. Gill Porter… Porter… molto strano, non riusciva a figurarsela con quel nome.

Aveva come l’impressione che si facesse chiamare in un modo diverso, eppure tutti i suoi dati erano lì, sotto i suoi occhi, con indirizzo e tutto!

E questo? I suoi hobby?! Interessante… le piace leggere, e si era capito, e adora il tennis. Beh, ma allora è la donna della mia vita!

Pensò sorridendo nuovamente, mentre Pearl davanti a lui lo guardava sorpresa. Che aveva da ridere quel tizio?!

- Bene signorina, il suo curriculum è notevole, devo ammetterlo. Mi chiedevo se le andrebbero bene 15 giorni di prova, intendo rinnovare la sezione contabile e ho bisogno di qualcuno di giovane e dinamico. Le interessa? – chiese prendendo in mano una stilografica e rigirandola nervosamente tra le dita forti. Pearl tornò a guardarlo dopo un istante:

- Certamente! Spero che sarà soddisfatto del mio lavoro e che deciderà di assumermi stabilmente. – lui puntò gli occhi scuri nei suoi, guardandola intensamente:

- Ne sono certo signorina Porter… allora può cominciare domattina, la aspetto per le 9 per mostrarle le sue mansioni. – fece alzandosi e porgendole la mano.

Lei la strinse con decisione, guardandolo con occhi brillanti:

- Benissimo. Allora a domani signor Rush! – esclamò soddisfatta. E chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato così facile?!

Damon la accompagnò alla porta, e le sorrise:

- Non vedo l’ora che arrivi domattina… - mormorò divertito facendola sobbalzare. E questo cosa significava?!

- A-arrivederci signor Rush. – balbettò affrettandosi ad allontanarsi da quel tipo, consapevole che due occhi scuri e penetranti studiavano attentamente ogni sua mossa.

 

Damon la guardava con un sorriso enigmatico dipinto sulle labbra. Gli piaceva quel suo modo di camminare così altero, la faceva sembrare una regina dei tempi andati. Indugiò sulla figura della ragazza finché questa non svanì lungo le scale, poi si richiuse nel suo studio con un’espressione indecifrabile.

Si sedette sulla sua poltrona e la volse verso la vetrata che gli garantiva una vista perfetta sull’ingresso.

Dopo pochi istanti la vide uscire, camminava svelta e un po’ meno rigida di prima, quindi probabilmente sapeva di essere osservata quando era uscita dal colloquio.

La vide frugare nella borsetta ed estrarne le chiavi dell’auto sempre senza fermarsi, poi fare un gesto aggraziato per scostarsi i capelli dal viso. Era l’eleganza fatta persona, non aveva mai incontrato una ragazza così di classe, oltre che bella.

Una lieve ruga gli solcò la fronte quando la vide rallentare e osservare un’auto scura, alla quale stava appoggiato un ragazzo biondo.

 

Pearl sbatté le palpebre per vedere meglio. Tarik?

- Ciao! Allora, ti hanno assunta?! – le chiese a voce alta, tanto che anche Damon lo sentì. La ragazza annuì:

- Sì, per un periodo di prova… e tu che cosa ci fai qui? – chiese riprendendo ad avvicinarsi. Tarik con un paio di lunghe falcate le era accanto, le circondò la vita con le braccia e la sollevò da terra:

- Sono venuto per festeggiare!! Ero sicuro che ti avrebbero presa, perciò sono venuto per essere il primo a congratularmi! – fece girando su sé stesso e ridendo allegro. Pearl non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere:

- Che fai?! Mettimi giù, pazzoide! – fece dandogli dei leggeri pugnetti sulle spalle. Lui la lasciò andare, ma non prima di averle dato un bacio veloce sulla fronte.

Pearl alzò lentamente lo sguardo su di lui:

- Tarik, che cosa stai… - ma lui la zittì mettendole l’indice sulle labbra:

- Ssst! Non sta bene che una bella ragazza come te non abbia il ragazzo, così sono qui per fare la parte del fidanzatino premuroso! Non ti sta bene? – chiese divertito. La ragazza scosse il capo sorridendo:

- E va bene, ma non prenderti troppe libertà! Ho un’immagine seria da difendere io! – esclamò come una brava maestrina avvicinandosi alla sua auto. Tarik la seguì:

- Sissignora!! Fai guidare me, ti porto in un bel posticino per fare bisboccia! -

- Sei pazzo, guarda che è mattina! – lui scosse le spalle ridendo:

- E allora?! Andiamo in qualche bel ristorante e ci facciamo una mangiata di quelle da cenone di Natale! Che mi dici, ti va? – la ragazza lo guardò un istante, poi scosse il capo:

- Fa un po’ quello che ti pare, tanto non credo proprio che riuscirò a farti cambiare idea! – fece porgendogli le chiavi. Lui le prese divertito e la spinse dal lato del passeggero, aprendole lo sportello e mettendosi serio:

- Prego madame… - fece in tono di sussiego mentre lei scoppiava in una risata allegra:

- Pagliaccio! – gli urlò mentre lui le sbatteva galantemente la portiera in faccia.

Partirono rapidamente e se ne andarono tranquilli, mentre Rush sprofondava nello schienale della poltrona con i muscoli della mascella contratti e lo sguardo pensoso.

 

~~~~~

 

Ore 21:00, appartamento in centro

 

L’uomo entrò senza accendere la luce.

Depositò la ventiquattrore su un tavolino nell’entrata e si avvicinò lentamente a un divano in pelle nera, allentando il nodo della cravatta e sbottonando i primi bottoni della camicia.

Si sentiva soffocare, ma sapeva bene che non era solo dovuto ai vestiti che indossava, infatti anche dopo essersi liberato di qualsiasi impaccio continuava a sentire il desiderio di aria fresca, diversa e nuova.

Tentò di rilassarsi contro lo schienale, arrovesciando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi.

Miriam non era in casa, per la milionesima volta gli aveva dato appuntamento e non si era fatta trovare.

Per fortuna che avrebbero dovuto parlare…

 

Stare seduto però lo faceva pensare troppo, quindi si alzò e sfilandosi la giacca con un fruscio si avviò al mini-bar, versandosi una dose più che generosa di un amaro.

Tracannò il liquido scuro d’un fiato, stringendo le labbra mentre il liquore gli bruciava la gola, poi sospirò stanco.

 

“Dedichi più tempo alla tua stupida società che a me!”

La voce petulante che gli urlava nella testa era quella della sua ormai quasi ex compagna, durante la lite di quel mattino.

Forse non aveva tutti i torti, ma d’altra parte come poteva mettere al primo posto una donna che lo aveva tradito?

 

Già, Miriam lo aveva tradito, anche se forse non fino in fondo, ma questo era un particolare che voleva risparmiarsi a tutti i costi.

Alcuni mesi prima.

Era tornato a casa prima del previsto, quel giorno aveva un mal di testa terrificante e non era riuscito a proseguire la giornata in ufficio.

Era tornato all’ora di pranzo, stupito di non trovare la donna visto che non lavorava. Non ci aveva fatto troppo caso, sapeva che era un patita dello shopping sfrenato quindi non aveva ritenuto necessario preoccuparsi.

Poche ore dopo, mentre vagava per la casa come uno zombie alla ricerca di qualcosa che lo facesse stare meglio, la porta d’ingresso si era aperta e Miriam aveva fatto il suo ingresso avvinghiata a un uomo.

Era talmente impegnata a baciarlo e a togliergli la giacca che si era accorta di lui solo quando le aveva lanciato una battuta acida sulle sue occupazioni mentre lui era al lavoro.

 

Naturalmente il terzo incomodo non aveva aspettato nemmeno un minuto a battere in ritirata, evidentemente poco deliziato dall’idea di finire male con quel tipo tutto muscoli che conviveva con la signorina frivola.

Quindi aveva lasciato i due “piccioncini” a sbrigarsela da soli.

 

Lei aveva piagnucolato per ore, singhiozzando che si sentiva sola e ignorata, che lui non la portava mai a cena e altre balle del genere.

Diceva che non era successo niente con quel tipo, si erano solo baciati e lei non si era rifiutata, si sentiva troppo persa. Damon l’aveva guardata ironicamente:

- Ma certo: è stato lui a portarti fin qui, tu di certo non gli hai indicato la strada, vero cara? E poi si sa, questo è il modo migliore per affrontare i problemi, il tradimento! Fammi il piacere Miriam… - aveva sbottato deluso e amareggiato.

La discussione era andata avanti per le lunghe, poi il suo mal di testa era andato aumentando perciò si era infilato nel letto senza proseguire quel colloquio assurdo.

 

Il mattino dopo Miriam era ancora lì, gli aveva chiesto scusa con mille fusa e lui aveva deciso di perdonarla, cosciente nel profondo che se ne sarebbe pentito, ma deciso a ignorare quella vocetta insistente. Era ancora interessato da lei, ma non aveva capito che era solo attrazione fisica.

In realtà le cose da quel giorno sembrarono migliorare, Miriam voleva accompagnarlo quando aveva degli affari fuori città e lui la accontentava: faceva colpo sui clienti con quella sua aria civettuola, era un’ottima spalla da quel punto di vista.

 

La settimana precedente però era successo il fattaccio: la donna lo aveva accolto con una sottoveste di pizzo praticamente inesistente, aveva cominciato a spogliarlo sulla soglia dell’appartamento e lui era rimasto impassibile, poi aveva cominciato a rispondere ai suoi baci e si era lasciato travolgere.

 

Si erano appena gettati sul letto quando con voce rauca Miriam gli aveva detto che voleva un bambino.

Immediatamente si era staccato da lei, guardandola come se fosse impazzita:

- Che cosa?! Un… bambino!? – aveva balbettato con voce strozzata. Lei aveva sorriso sensualmente, accarezzandogli il petto attraverso la camicia quasi del tutto sbottonata:

- Sì amore, perché? – Damon si era tirato indietro sgomento:

- Io non voglio un figlio… non da te!! – si era ritrovato ad esclamare.

 

Sul momento non sapeva esattamente nemmeno lui perché le aveva detto una cosa del genere.

Era stato colto di sorpresa e poteva essere stato lo shock, certo, ma quando più tardi ci aveva ripensato con calma aveva capito il vero motivo per il quale le aveva detto quella cattiveria: non voleva veramente avere dei figli da lei.

Gli ripugnava addirittura l’idea che i suoi figli sarebbero dovuti crescere con una madre del genere, con una donna che per noia era capace di tradire, che non sapeva pensare ad altro che a comprare scarpe alla moda e che non aveva la minima idea di come cucinare un uovo.

Lui era cresciuto con una madre casalinga, in un caldo nido familiare, e Miriam non era assolutamente la donna che immaginava di sposare per mettere su famiglia.

 

Immaginava una brava ragazza, di certo non casalinga, ma se la figurava dolce, premurosa e amorevole, ma allo stesso tempo indipendente e forte.

Di certo per una del genere avrebbe lavorato come le persone normali, non anche il giorno di Natale e Pasqua. Anzi, avrebbe anche potuto chiudere quella società che ormai gli procurava più grattacapi che soddisfazioni e trovarsi un lavoretto stipendiato. Non era certo a corto di soldi…

L’avrebbe portata in vacanza in qualche bel posticino in montagna, che lui amava particolarmente, e si vedeva seduto sotto a un pino in un praticello fiorito, mentre lei canticchiava a occhi chiusi respirando le fragranze nell’aria, abbracciata a lui.

Poi apriva gli occhi e gli sorrideva dolcemente, avvicinandosi per dargli un bacio leggero e morbido…

Il problema era che questa donna meravigliosa non aveva un viso. Era, e temeva che avrebbe continuato a rimanere per sempre, un suo sogno.

Sapeva solo una cosa: che il suo profumo sarebbe stato simile a quello del miele, dolce e fragrante. Non sapeva dire il perché, ma era sempre stata la sua fissazione.

 

Potete immaginare la sua sorpresa quando quel mattino Pearl, che lui conosceva come Gill, gli era passata accanto e lo aveva inondato dell’esatto profumo che lui aveva sempre cercato.

In un primo momento non ci aveva creduto, aveva pensato di esserselo sognato perché desiderava sentirlo, poi con il passare delle ore la sensazione di aver trovato finalmente quel qualcuno di particolare aveva cominciato a farsi sempre più chiara e decisa nella sua mente.

Ora fremeva al pensiero che l’avrebbe rivista l’indomani, e così via per chissà quanto tempo.

Però era una pessima idea farla lavorare in contabilità, non sapeva neanche che faccia avesse il contabile da quanto poco lo vedeva!!

No, le serviva un incarico che la tenesse sempre al suo fianco.

 

Gli tornò alla mente il biondino del parcheggio solo quando la porta si aprì di scatto, lasciando entrare Miriam:

- Ah, sei qui. Bene, ho bisogno di parlarti. – esordì gelidamente.

Damon si sistemò sul divano, infastidito che i suoi pensieri fossero stati interrotti:

- Dimmi pure… - mormorò distratto. Lei gli sedette di fronte, accavallando le belle gambe messe in vetrina dalla minigonna:

- Voglio l’appartamento. -

 

Damon la guardò una volta, poi osservò il bicchierino di amaro che teneva ancora tra le dita e tornò nuovamente a osservarla, quasi incredulo:

- Sei pazza? È casa mia e non siamo sposati! Non puoi pretendere nulla, non stiamo divorziando! – sibilò con un sorriso sinistro. Lei fece un gesto noncurante:

- Beh, sei tu a lasciarmi: qualcosa mi devi. E siccome sei stato tu a offendermi dicendomi che da me un figlio non lo vorrai mai, mi sembra che lasciarmi l’appartamento non sia un grande sforzo, anche perché di soldi ne hai. – osservò con la massima calma.

Rush osservò la donna davanti a lui con un misto di odio e ammirazione.

Odio perché le sue richieste erano assurde, oltre che sproporzionate come… “risarcimento”, neanche fossero sposati.

Ammirazione perché era certo che nemmeno il più profittatore degli scrocconi avrebbe mai avuto la faccia tosta di fare una proposta del genere in una situazione simile.

 

Alla fine si alzò e le sorrise gelidamente:

- Come vuoi, è tutto tuo. – mormorò depositando il bicchiere su un basso tavolino di cristallo e allontanandosi.

E chi voleva restare a vivere nell’appartamento che aveva diviso con quella strega?!? Probabilmente di lì a qualche giorno lo avrebbe cambiato comunque, perciò non era poi un grande sforzo spostarsi subito.

 

~~~~~

 

Circa due ore dopo era in auto, aveva tutte le sue cose ed era diretto all’albergo più costoso ed elegante della città.

Avrebbe alloggiato lì finché non avesse trovato un appartamento che gli piacesse, e soprattutto che non gli ricordasse in nessun modo l’abitazione che aveva lasciato a Miriam.

 

Sorrise tra sé: da quel giorno aveva inizio una nuova vita.

Magari poteva abbandonare tutto, dopotutto chi gli ordinava di restare a fare il grande manager?

Aveva studiato tanto per far piacere a suo padre, il vecchio dispotico lo aveva praticamente obbligato a seguire le sue orme e a diventare un esperto di alta finanza.

Gli aveva fatto un lavaggio del cervello talmente accurato che non ricordava nemmeno più se aveva o meno avuto un sogno da bambino.

Che so, tutti i maschietti sognano di fare il pompiere, il poliziotto, o magari il capitano di una nave!

Lui che aveva sognato quando aveva 4-5 anni?

Di ottenere il massimo rendimento dalla vendita di stock-option in difficoltà?

Non poteva essere così… magari aveva sognato di diventare un grande musicista, o un pittore… o addirittura di avere una fattoria con animali di ogni tipo!

Rise immaginandosi alle prese con la mungitura all’alba: chissà, magari gli avrebbe fatto veramente bene una vita del genere.

 

Magari sarebbe riuscito a riavere i suoi sentimenti.

Già, perché doveva averglieli presi qualcuno per sbaglio e rinchiusi in un qualche cassettino dimenticato.

Di certo lui la chiave non ce l’aveva.

O meglio, l’aveva anni prima, ma da quando sentiva gravare sulla sua coscienza l’esistenza infelice di un uomo non era più riuscito a essere sereno, soprattutto ripensando alla famiglia di quest’ultimo.

 

Proprio così, signore e signori, il ricchissimo Damon Rush, giovane presidente di una società di intermediazione mobiliare tra le più potenti del paese, aveva uno storpio e la sua disgraziata famiglia sulla coscienza.

Non era ancora stato capace di cancellare o quantomeno alleviare il senso di vergogna che aveva provato alla notizia dell’incidente di Garner.

 

Si era affezionato al suo vecchio collega, in un certo senso era stata la figura paterna affettuosa che non aveva mai avuto.

Ma proprio quando Vincent aveva avuto bisogno di lui, proprio quando era lui a doverlo aiutare, si era comportato in un modo che ancora lo faceva svegliare alla notte con i sudori freddi.

Era stato un vigliacco.

Aveva lasciato che l’ingiustizia e la cattiveria consumassero la vita del suo mentore e che lo spingessero a un gesto estremo quanto folle.

Ma chi al suo posto non avrebbe fatto lo stesso? Lui probabilmente avrebbe preferito darsi una revolverata. Più sicura e infallibile di un aleatorio incidente d’auto.

Aveva messo la sua carriera, e il desiderio di dimostrare a suo padre che poteva essere uno spietato uomo d’affari quanto lui, davanti alla vera amicizia che Vincent gli aveva dimostrato… aveva ribrezzo di sé!

 

Scosse il capo chiudendo gli occhi per un istante, tanto era fermo al semaforo con il rosso.

Non doveva pensare a quella storia, non quella sera.

Avrebbe finito col pentirsi di aver lasciato Miriam, e di certo quella era una delle cose peggiori che potesse fare.

 

Tornò col pensiero al discorso dell’amore, e ricordò che un paio di anni prima Laura… o Lisa… beh, una sua ex, mentre lo mandava al diavolo, gli aveva detto che non sapeva amare. Forse era vero.

O forse è tutta opera del Rimorso.

 

 

Earinë: Allora è deciso: le spedisco tutte al ministero della salute e le faccio brevettare come l’ultimo ritrovato della chimica nella lotta contro al raffreddore, faresti da testimone per l’utilità del medicamento? Grazie! E grazie anche per i complimenti ai miei personaggi femminili, avevi intuito giusto! Sono la prova vivente e sfigata che gli scippi vanno a finire sempre o comunque spesso al contrario.

 

AyLa: Forse ho aspettato un po’ troppo a inserire questo personaggio, o anche solo a dare la descrizione di Pearl… bah, vedremo se le cose miglioreranno, in ogni caso finirò anche questa… non appena mi verrà in mente una fine naturalmente…;p Ho notato anch’io che siamo tutte donne, ma d’altra parte nella sezione “Romantico”mi farebbe strano trovare un maschio, per definizione loro odiano le sdolcinatezze, almeno nella maggior parte dei casi! Poi naturalmente non si deve generalizzare, ma sai il mio Arkel mi spinge a pensarla così! Speravo che Damon sarebbe piaciuto, da quando ho cominciato a pensarlo è sempre piaciuto molto anche a me. Adesso però devo stendere un bel profilo psicologico, vedremo come fare.

 

Jennifer: Non c’è bisogno di scusarsi, sono io che ti ringrazio per aver letto anche questa mia storiella! E grazie di trovarla carina, farò del mio meglio anche qui!

 

Antheameiko: Ah, volevo dirti che le risposte alle tue recensioni non sono state inserite a caso. Sono pignola in certe cose (sottolineo “certe cose”) e le ho inserite guardando l’orario in cui le hai scritte e infilandole tra quelle scritte nella sezione recensioni… lo so, sono pazza! MA COME?!? L’ho appena inserito e tu me lo lapidi così, alla sua prima comparsa?!! Vi state rivoltando contro i miei personaggi maschili donne ,la cosa mi preoccupa assai… Ripeto che dovete conoscerlo prima, potrebbe non essere poi così malaccio… già da questo capitolo spero tu lo abbia rivalutato! E comunque volevo precisare che il padre di Pearl non è morto, non si era capito? È semplicemente disabile. Un’ultima cosa: non posso dirti se si innamoreranno, l’unica cosa certa è che non lo so nemmeno io!

 

Damynex: E io che ti avevo detto?! Me lo sentivo che avresti cambiato idea su di lui, basta saper aspettare!

 

Elenim: Ma ciao!! Farò del mio meglio, e sono la prima ad essermi accorta che questa storia non sta nemmeno a un anno luce di distanza dall’altra… mi sa che ho già esaurito la mia vena artistica folle… sign!

 

Clover: Onorata che ti interessi, è felice della tua recensione e chiede di poter approfondire la tua conoscenza… ^_^

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