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Un
prologo e nove frammenti della vita di Severus Snape legati
da un filo molto particolare.
Disclaimer: è tutto
"suo", nel caso ci fossero dubbi.
Ancora
grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix, e a tutti coloro che
vorranno lasciarmi un messaggio.
...
Prologo ...
"Benvenuto,
Severus Snape," disse una voce piena di tenerezza.
Avvolta in
un'aura di indescrivibile luminosità, la creatura
dischiuse le labbra in un sorriso di ineffabile splendore.
L'intensità della
luce che la circondava era così vivida da risultare quasi
intollerabile per le
pupille indebolite dell'uomo che la contemplava stupito.
Esausto,
confuso, la mente annebbiata da un dolore che non
riusciva più a controllare, il corpo in preda a un torpore
mortale che
lentamente ne paralizzava le membra, Severus sentì la sua
anima tremare
incontrollabilmente.
No. Non
sono queste le parole.
...
1 ...
"Severus! Severus! SEVERUS!"
Il bambino
entrò in casa e si avvicinò alla madre, guardingo
e
risentito. Non sopportava di sentirsi chiamare col suo nome quando
giocava con
i suoi (pochi) amici. Sapeva che lo faceva sembrare ancor
più diverso dagli
altri. Gli era stato molto difficile farsi accettare con la pessima
fama che
aveva la sua famiglia e con gli strani vestiti che era costretto a
indossare.
Ma poi i suoi compagni, così inizialmente diffidenti,
avevano finito per
apprezzare la sua sottile astuzia, che li aveva portati a prevalere
più di una
volta sulle bande di monelli rivali. E soprattutto ad evitare le
punizioni che
sarebbero inevitabilmente arrivate senza la sua inesauribile furbizia.
Eppure, ecco che
le sue risorse, la sua inventiva naufragavano
miseramente non appena rientrava in quella casa. Lì non era
protetto. Lì aveva
paura. Paura della furia gelida e manesca di suo padre. Paura dello
sguardo
disfatto e accusatore della madre. Lo stesso sguardo con cui lo fissava
adesso.
"Severus!"
A quel tono, il
bambino si spaventò. Capì che anche sua madre
aveva paura, e il panico gli attanagliò le viscere,
facendogli salire l'acido
alla bocca. Lei gli si fece vicino.
"La mia
bacchetta..." sussurrò concitata. "Hai visto dove l'ha
nascosta papà questa volta?"
Lui
rimase per un attimo a bocca aperta, e lei lo afferrò per un
braccio e lo scrollò con forza. "Sei diventato sordo?" Lo
sgridò rabbiosamente. "Dobbiamo trovarla subito! Sai che non
so
cucinare senza di quella...e se tuo
padre arriva e non c'è cena, io... io..."
Atterrito, il
bambino si liberò con uno strattone e corse via, non
prima di aver ricevuto un ceffone per quel suo scatto improvviso che la
madre
aveva interpretato come una fuga vigliacca.
Invece, un
momento dopo, Severus era di ritorno, stringendo la
preziosa bacchetta tra le dita, lacrime amare raggelate sulle ciglia
ancora
prima di scendere.
"Eccola, mamma,"
mormorò, e chiuse gli occhi, aspettando.
"L'hai trovata!"
esultò lei, dimenticando tutto nella gioia
selvaggia del suo sollievo. Afferrò la sottile asta di legno
– così
bella, così lucida, così incredibilmente potente:
Severus lo sapeva che faceva
magie, anche se lui non poteva ancora usarla – e si
girò verso la cucina
in disordine.
"Adesso vattene
di là, e se vedi arrivare tuo padre, vieni subito
ad avvisarmi."
"Mamma,"
sussurrò lui, mentre un disperato bisogno gli stringeva
la gola. Per un attimo, lei sembrò ammorbidirsi, e la sua
mano passò leggera
sui capelli neri e lisci di lui, in un'incerta carezza. Poi l'ansia
riprese il
sopravvento.
"Vai, vai, che
non ho tempo. Sono già fin troppo in ritardo."
Severus vide la
scura forma angolosa della madre chinarsi sul
forno e mormorare parole misteriose, vide la fiamma alzarsi e
modellarsi in
morbide volute, vide i tegami avvicinarsi obbedienti a mezz'aria...
Poi
chinò la testa e scappò via, lasciando finalmente
libere le
lacrime di scorrere.
No.
Soffocò i suoi singhiozzi nel silenzio del loro misero
ingresso buio. No,non
sono queste le parole.
(continua)
NOTA:
Poichè,
a differenza di altri archivi, non è possibile rispondere
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commenti sul sito, prego coloro che eventualmente volessero una mia
risposta di
indicarlo nella loro recensione. Grazie.
Disclaimer: è tutto
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...
2 ...
La bambina lo
guardava sorridendo, e Severus sentì vibrare in
petto qualcosa di immenso. Nessuno l'aveva mai guardato con tanta
fiducia,
nessuno gli aveva mai fatto capire che valeva davvero qualcosa. Per un
attimo,
sorrise anche lui, ricambiando sinceramente ciò che
sinceramente gli veniva
offerto. E sperò, con tutta la forza della sua mente
infantile, che quel che
aveva sognato si avverasse.
Poi
aprì la mano e presentò il suo dono. Era una
foto, ma la sua
peculiarità era data dal fatto che le persone al suo interno
si muovevano.
La ragazzina la
guardò incuriosita. "Oh!" disse poi con un sospiro
di sorpresa ed arrossì lievemente, emozionata. "Ma... ma
queste figure si
muovono, sono vive!"
Lui sorrise
ancora di più, sentendosi molto importante. Quante
cose ancora non sapeva Lily! Gliele avrebbe insegnate tutte lui, prima
di
andare ad Hogwarts, così lei gliene sarebbe stata grata e
avrebbe continuato a
sorridergli e ad essergli amica.
Al pensiero, il
petto gli si dilatò in un ampio respiro di gioia.
Hogwarts! Non era incredibile?
Eppure lui e
Lily sarebbero andati lì insieme. Tutti i giorni
Severus riviveva con la mente il momento in cui le aveva svelato il
segreto che
li accomunava, loro due così diversi eppure così
unici e speciali. E ogni
giorno Severus ringraziava il destino che li aveva resi simili,
incredulo e
riconoscente di fronte a tanta fortuna. Come avrebbe altrimenti osato
lui
accostarsi a quella meravigliosa bambina, come avrebbe potuto anche
solo
pensare di parlarle?
Sentì
le piccole dita calde sfiorare le sue per prendere la foto.
Stava accadendo adesso.
L'emozione di
quel tocco gli mozzò il respiro. Non capiva bene
perchè, ma la forza dei suoi sentimenti era qualcosa di
dolcissimo e, allo
stesso tempo, di inesorabile. Non poteva più sfuggirle. Da
quando l'aveva vista
la prima volta, Lily era diventata tutto il suo mondo. Non cercava
altri che
lei, non desiderava che stare con lei, voleva solo che lei gli parlasse
e lo
guardasse con quei suoi occhi ridenti e affettuosi, così
incredibilmente
sereni. Il sole non faceva mai capolino negli inverni a Spinner's End,
e il
cielo era perennemente grigio come le brutte case scure appiattite
sotto di
lui. Ma quando Lily sorrideva, a lui sembrava che la luce si
diffondesse
magicamente ovunque, fino ad arrivargli nel cuore.
Ora la bambina
aggrottava la fronte nello sforzo di interpretare
il mistero che aveva tra le mani.
"E' magia
questa, vero?" disse poi con un altro sospiro,
riconoscendo la superiorità del ragazzo che le stava di
fronte. "Ma come si fa
a farle muovere? Possono parlare? Possono... vedermi?"
Lui sorrise,
divertito e felice di essere lui a spiegarle,
orgoglioso di essere diventato piano piano più importante
dei genitori di lei,
che in fin dei conti, con tutti i loro soldi, non erano che miserabili
Babbani
come suo padre. Lui invece era un mago. Come sua madre. Come i suoi
nonni
materni, che peraltro non aveva mai conosciuto e non avrebbe conosciuto
mai;
scomparsi da tempo, lasciando figlia e nipote soli a districarsi nei
guai di
quella loro piccola, meschina esistenza.
Ma... c'era un
unico "ma", in tutta questa faccenda della foto. Lui
non aveva una spiegazione effettiva. Lui non sapeva cosa facesse
muovere e
agitare le mani e sorridere tutta quella gente rinchiusa in quella
cornice
bianca e lucida. Sapeva solo che era così, doveva essere
così, perciò mantenne
quella sua irritante aria di superiorità per impedirle di
indagare troppo.
"Sì,
è una foto magica. Imparerai a farle anche tu, quando saremo
a scuola," disse, e inclinò la testa, mordicchiandosi il
labbro, finchè decise
che il momento era arrivato. Cautamente, pronunciò la frase.
"Non so se loro ci
vedono veramente, però. Io preferirei di no."
"Perchè?"
chiese subito lei, curiosa come lui aveva sperato.
"Non vorrei che
ci vedessero adesso... sai, tu e io... da soli."
Il viso gli si
imporporò. Ecco, l'aveva detto, molto
maldestramente, ma le aveva offerto un pezzetto di sè,
qualcosa di segretissimo
che pure premeva per uscire. La guardò, speranzoso e
intimidito. Quella bambina
così bella, così solare, così potente
e così inconsapevole del suo potere,
così... così "magica". Lui avrebbe fatto
qualsiasi cosa per lei, se solo lei
gliel'avesse fatto capire... qualsiasi cosa.
Aspettò,
tremando dentro di sè. Lei guardò di nuovo la
foto e
scoppiò a ridere. "Scusami, non volevo offenderti," disse
subito dopo, con aria
contrita. "E' tuo padre questo signore, vero? Ha un'aria
così buffa qui, con
questo vestito... Anche tua mamma..."
Lui si
vergognò immediatamente. Ecco, aveva sbagliato tutto di
nuovo, e anche quell'occasione era andata sprecata. Ma lui aveva solo
quello di
magico, una stupida foto di famiglia che avevano fatto un paio di anni
prima,
quando erano venuti in visita i lontani cugini di sua madre. Erano
persone
importanti, potevano essere d'aiuto, e suo padre aveva voluto riceverli
con
tutti gli onori, sperando forse di far loro buona impressione. Dopo,
finita la
festa, avevano posato tutti insieme per una foto, per avere un ricordo
di
quell'incontro; almeno così avevano detto i parenti... ma
poi non si erano più
fatti sentire. Disgustati o delusi anche loro, sicuramente. O forse era
stata
una velata canzonatura, o una bugia compassionevole, come quella che
avrebbe
detto Lily adesso. Si irrigidì, aspettando il peggio,
perchè, spontanea e
impetuosa com'era, la bambina non sapeva trattenersi dal commentare.
"Anche tu hai
una faccia strana, qui..."
Lui
abbassò la testa, sentendo montare le lacrime.
Perchè piangeva
così facilmente di fronte a lei? Perchè si
sentiva così inadeguato? Eppure era
un mago, e un giorno... sì, un giorno sarebbe diventato
potente e famoso!
La fronte gli si
increspò nello sforzo di controllarsi. Lei lo
guardò in silenzio. Poi mormorò, "Severus..."
Lui
rialzò il viso con aria di sfida e mise le mani in tasca,
alzando le spalle come se non fosse successo niente, come se non gli
importasse
nulla. Poi diede un calcio alla polvere, perchè sassi
lì non ce n'erano, per
sfogare la sua amarezza.
Lentamente, gli
occhi di Lily si fecero tristi e comprensivi,
irradiando di nuovo quel potere così forte e così
incredibilmente ammaliante.
"Mi spiace,"
mormorò lei, stringendogli il braccio, e il ragazzo
si irrigidì di nuovo nella gioia di quel contatto,
sentendosi morire in un
vortice di tenerezza. Lei lo guardò sorpresa.
"Spero che tu
non ti sia offeso," disse poi, stupita nel vedere
come prodigiosamente il sangue gli affluiva al viso pallido,
accendendolo di
vita. Troppo emozionato per potersi esprimere coerentemente, lui
scrollò la
testa per farle capire che era tutto a posto.
Allora, con un
gesto esitante, lei gli restituì la foto.
"Meglio che vada, adesso. Petunia mi
starà aspettando, e non voglio
che dica alla mamma che ero in ritardo," disse in tono pratico,
ravviandosi i
capelli.
Lui annuì in silenzio e lei
arrossì.
"Sai, tu... tu sei simpatico,"
concluse imbarazzata. Poi si girò e
scappò via.
Con in mano la foto ancora calda delle
dita di lei, Severus la
guardò correre e allontanarsi per il sentiero,
così adorabile nella grazia dei
lunghi capelli rossi che le ondeggiavano sulle spalle.
"No",
sussurrò poi, e lacrime amare fecero nuovamente capolino, in
tempo per essere
ricacciate giù con forza. "Non sono queste le parole."
Disclaimer: è tutto
suo, nel caso ci fossero dubbi.
Ancora
grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix. E a tutti coloro che
vorranno lasciarmi un messaggio.
Nota
(che forse avrei dovuto lasciare prima): chiedo scusa per
quello che potrebbe essere interpretato come
snobismo esterofilo, ma non mi sono mai piaciute le traduzioni italiane
dei
nomi dei personaggi di Harry Potter. Perciò ho scelto di
lasciarli in originale
...
3 ...
"Come
ci riesci?"
Hogwarts.
L'aula degli incantesimi, vuota in un pomeriggio piovoso. Severus
alzò la testa
e fissò il ragazzo di fronte a lui con un lievissimo sorriso
di scherno. Poi
alzò la bacchetta e il ragno che aveva messo sul banco
camminò prima avanti e
poi indietro sulla stessa linea, come un automa.
L'altro
ragazzo fischiò piano e chiese di nuovo, "Come fai a farlo?"
Si
avvicinò di un passo, fissando il ragno che adesso marciava
obbedientemente,
disegnando quadrati perfetti sul legno chiaro.
"Stai
usando una maledizione proibita?"
Ancora
una volta, Severus lo guardò in silenzio. Privo di guida, il
ragno si fermò,
dondolandosi sul posto. Il nuovo arrivato ansimò, e gli si
illuminarono gli
occhi di gioia crudele.
"E'
la maledizione Imperius, di' la verità!"
Severus
sbuffò.
Mulciber.
Di tutti quelli che potevano capitargli, proprio Mulciber. Grosso,
limitato, e
col cervello delle dimensioni di una noce, oltre ad avere un irritante
tendenza
a mettere le mani addosso a quelli più piccoli di lui.
Più che un mago sembrava
un teppista, di quelli che Severus aveva visto girare a Spinner's End
taglieggiando i negozianti. Suo padre ne aveva un sacro terrore, da
quella
volta che un paio di loro l'avevano buttato a terra dopo una rapina,
intimandogli di stare zitto se non voleva aver grane, lui e quel
moccioso che
gli stava accanto e che li guardava ad occhi sgranati. Ma quei due
teppisti
avevano fatto un grande favore a Severus. Lui non avrebbe mai osato
alzare le
mani su suo padre; era quindi grato che qualcun altro lo avesse fatto
per lui.
Tornò
a considerare Mulciber in silenzio. Quell'idiota stava praticamente
sbavando
per l'eccitazione; però cominciava anche a innervosirsi, e
Severus sapeva che
aveva una pazienza limitatissima.
"Ti
decidi a parlarmi, Snape? Guarda che-"
Severus
non lo lasciò finire. "Non è la maledizione
Imperius," disse piano,
trattenendosi a stento dall'aggiungere "Stupido!". Come poteva pensare
quel
grosso imbecille che Severus avrebbe corso un rischio simile dentro la
scuola?
Non voleva certo farsi espellere.
"E'
una mia invenzione," spiegò invece stancamente. "Funziona
solo sugli insetti e
sui piccoli animali."
Il
bruto lo fissava a bocca aperta.
"Vuoi
dire che non hai mai provato sulle persone?"
Severus
si strinse nelle spalle. "Non so se funzionerebbe, e poi sarebbe troppo
pericoloso."
A
Mulciber luccicarono gli occhi. "Ah, allora non l'hai provato!"
Poi
un nuovo pensiero parve penetrare nella spessa corteccia del suo
cervello.
"Aspettami
qui!" comandò col tono di chi è sicuro di essere
ubbidito. Severus lo vide
andar via di corsa e aggrottò le sopracciglia. Il piano che
aveva messo
pazientemente in atto forse avrebbe finalmente dato i suoi frutti.
Erano giorni
che si esercitava, sperando di essere sorpreso dalle persone giuste
prima o poi.
Certo, non si aspettava Mulciber, ma se lo conosceva bene, non sarebbe
tornato
solo.
Dieci
minuti dopo infatti, il bestione rientrava nell'aula, seguito da un
altro
ragazzo dai lineamenti fini e dall'espressione lievemente annoiata. Avery, pensò Severus, e
si irrigidì. Avery era
tutt'altra storia. Aveva cervello e una insospettata abilità
a manipolare gli
adulti intorno a lui con le sue chiacchiere educate. Ed era anche
sottilmente
crudele.
Mulciber
tagliò corto come era sua abitudine.
"Fagli
vedere ancora, Snape!" ordinò, e si dispose a godersi lo
spettacolo. Il ragno
adesso camminava libero, seguendo i bordi del banco che Severus faceva
levitare
per impedire che fuggisse sul pavimento. Con un sospiro seccato, tanto
per non
dare proprio l'impressione di una passiva condiscendenza, il ragazzo
riportò a
terra il banco. Seguendo ubbidiente il muoversi della bacchetta, il
ragno
cominciò a camminare, disegnando cerchi che da piccoli
diventavano
progressivamente più grandi.
"Questa è la
maledizione Imperius!" esclamò Avery con un misto di
delusione e di
eccitazione.
"No,"
si affrettò a rispondere Severus. "E' una mia invenzione.
Una variazione
dell'incantesimo Confundus."
I
due ragazzi lo guardarono stupiti e lui spiegò ancora. "In
realtà, lo sto
guidando con la bacchetta. La segue come se fosse un cane al
guinzaglio."
Avery
si mordicchiò il labbro inferiore.
"Interessante,
Snape," disse poi, cercando di non sembrare impressionato. "Conosci
altri di
questi trucchetti?"
Severus
alzò la bacchetta e fece fermare il ragno.
"Dipende,"
disse poi,e
fissò i suoi due
compagni come ad invitarli a scoprire le proprie carte. Mulciber
reagì
d'istinto.
"Fammi
vedere che altro sai far fare a quel ragno," ordinò subito.
"Il
ragno non è un soggetto adatto," disse Severus, incrociando
le braccia e
rischiando il tutto per tutto. Se avesse permesso a Mulciber di dargli
degli
ordini, non sarebbe mai più stato libero.
Alzò
la bacchetta e ordinò, "Levicorpus!"
Di colpo, Mulciber si
trovò sospeso a mezz'aria,
fluttuando a testa in giù. Il viso gli si arrossò
e cominciò a gridare ordini e
insulti, quasi strangolandosi in quella posizione innaturale.
Poi
avvenne quello che Severus sperava. Avery si rilassò ed
esplose in una risata.
"Ma è fantastico!"
esclamò, e si girò verso il suo amico. "Dai, non
te la prendere.
E' uno scherzo stupendo, dobbiamo sfruttarlo subito!"
Poi
guardò di nuovo Severus. "Ti spiace farlo scendere adesso?"
disse con calma.
Severus riportò a terra Mulciber che continuava a sbraitare
e ad urlare improperi.
Eppure, chissà come mai, le sue minacce adesso parevano
vuote e prive di un
effettivo potere intimidatorio.
"Esecizio
notevole," disse allora gentilmente Avery, poggiando la mano sulla
spalla di
Mulciber per frenarne l'ira. "Io credo che abbiamo sempre sottovalutato
il
nostro Snape. Uno come lui ci farebbe comodo in squadra, non
è vero, Mulciber?"
Il
bestione guardò alternativamente i due ragazzi di fronte a
sè e borbottò,
irritato dall'atteggiamento amichevole di Avery, "Io non l'ho trovato
divertente."
"Perchè
non hai immaginazione," Avery mormorò con occhi scintillanti
di piacere ferino.
Poi si girò verso Severus e gli tese la mano. "Vuoi essere
dei nostri, Snape?"
Severus
sentì una specie di dolore acuto ma piacevole alla bocca
dello stomaco. I
Serpeverde avevano i loro circoli interni, e appartenere ad uno
piuttosto che a
un altro poteva significare molto. Avery e Mulciber facevano parte di
un gruppo
molto ambito, che era legato all'ex prefetto Lucius Malfoy. Solo i
Purosangue
erano ammessi o quelli che potevano vantare almeno una cospicua
ricchezza o
interessanti connessioni. Lui non apparteneva a nessuna di queste
categorie.
Fino a quel momento era stato un paria tra i suoi compagni.
Incrociò
le braccia e guardò Avery da pari a pari.
"Stai
parlando sul serio?"
"Io
non scherzo mai su queste cose," rispose freddamente l'altro ragazzo.
"E ti
suggerirei di non scherzarci neanche tu."
Severus
lo sapeva fin troppo bene. Quell'invito era un onore insperato, che non
si
sarebbe ripetuto se solo lui avesse esitato ancora un secondo.
"Sono
onorato," disse quindi pianamente, utilizzando parole volutamente
formali.
Compiaciuto, Avery ritrovò il suo sorriso mellifluo.
"Vieni,
andiamo a parlarne agli altri," disse cordialmente. "Sono sicuro che
saranno
tutti d'accordo."
"Aspetta,
non ho ancora finito," sbottò Mulciber e si
guardò attorno come cercando
qualcosa. Libero dall'incantesimo di Severus, il ragno era fermo sul
bordo del
banco di legno, e stendeva esitante una zampina dinanzi a
sè, come a saggiare
il vuoto. La mano di Mulciber lo schiacciò senza
pietà, lasciando una macchia
scura sulla venatura del legno.
"Adesso
possiamo andare," concluse il ragazzo con un sorriso cattivo. Severus
non
reagì. Avery si strinse nelle spalle. Ed un attimo dopo, il
gruppetto era in
marcia verso i sotterranei e la sala comune dei Serpeverde.
Subito
dopo cena, Severus ritornò alla chetichella nell'aula.
Cautamente, si avvicinò
al tavolo. La macchia era ancora lì, e forse ci sarebbe
rimasta per sempre. Per
qualche oscura ragione, la coscienza gli rimordeva. Non sapeva bene
perchè, ma
provava un'oscura sensazione di ansietà. Eppure non avrebbe
dovuto. Ora
apparteneva ad un gruppo esclusivo e soprattutto segreto, i cui membri
erano
vincolati al reciproco aiuto. Nuove importanti rivelazioni gli
sarebbero state
fatte quando Lucius Malfoy fosse passato ad Hogwarts per un'altra
visita, e gli
avevano assicurato che non avrebbe dovuto aspettare molto.
Di
punto in bianco, Severus era cambiato, pur restando sempre lo stesso. Fino a quel giorno, i suoi compagni di
scuola lo avevano
temuto, disprezzato o educatamente ignorato, a seconda della Casa a cui
appartenevano. Nessuno finora lo avevamai considerato davvero un amico. Forse nemmeno Lily, che
passava sempre
più tempo con la cricca dei Grifondoro, rifugiandosi nella
sala comune della
sua Casa come ad evitarlo...
Severus si
incupì. Lui invece avrebbe desiderato essere amico di
qualcuno. Ma alle ingenue speranze dei suoi primi anni si erano
sovrapposti il
disincanto, l'amarezza, la delusione e, infine, la consapevolezza che
le sue
origini l'avrebbero marchiato ovunque andasse. Spesso, quando lui era
presente,
gli altri usavano quel velato tono di superiorità, quelle
occhiate
condiscendenti appena accennate...
Bene, ora tutto
questo apparteneva al passato. Per un lunghissimo
minuto, Severus si incantò, ripensando al suo momento di
gloria. L'esercizio
col ragno, ripetuto più volte a grande richiesta, aveva
esaltato tutti, anche i
ragazzi più grandi. Barty Crouch, figlio di un
importantissimo personaggio del
ministero, si era personalmente congratulato con lui ed aveva
collaborato
attivamente con un incantesimo di ingrossamento. Ingrandito alle
dimensioni di
una palla da biliardo, il ragno faceva tutt'altro effetto, e Crouch
aveva strizzato
l'occhio a Severus, commentando che quella era una dimostrazione da
ricordare.
Vivamente
impressionato, Rockwood aveva detto che un simile
talento sarebbe stato indiscutibilmente utile. Avery, che aveva fatto
da
padrino a Severus nella presentazione al gruppo, aveva alzato le
sopracciglia
con un sorrisetto saputo, mentre Mulciber aveva borbottato qualcosa a
proposito
di Mary Macdonald, sostenendo che quella stupida l'aveva preso in giro,
ma ora
che aveva imparato quel bel trucchetto anche lui... poi non aveva
finito la
frase.
E allora
perchè Severus adesso abbassava la testa, guardando la
chiazza scura ormai secca sul legno? Perchè sentiva un
dolore sordo stringergli
il petto? Non era che un ragno, dopotutto. Ma forse quel ragno
intrappolato
dalla sorte gli ricordava qualcosa. O qualcuno. Un prigioniero che non
aveva
potuto scappare, nonostante avesse avuto davanti a sè la
libertà. Un condannato
che il destino aveva deriso ed illuso per un momento, ben sapendo
invece di
tenerlo strettamente in pugno.
Stancamente,
Severus sedette su una sedia e nascose il viso tra le
mani. Non avrebbe dovuto sperare, lo sapeva. Eppure, per un attimo, in
quella
ridda di voci, aveva creduto di percepire qualcosa. Poi, deluso, aveva
rinunciato ad ascoltare, e la sua anima si era nuovamente rinchiusa in
sè
stessa, mentre un pensiero desolato prendeva forma nuovamente. No. Non sono queste
le parole.
Disclaimer: è tutto
suo, nel caso ci fossero dubbi.
Ancora
grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix. E a tutti coloro che
vorranno lasciarmi un messaggio.
...
4 ...
Il ragazzo
alzò gli occhi ad incontrare quelli del grande mago
davanti a lui. Tremava ancora tutto, dopo l'orribile avventura nel
tunnel.
Sconvolto, considerava i suoi vestiti sporchi di fango, le sue dita
ferite
nello sforzo di strisciare, di correre, di fuggire, di mettere
più distanza
possibile tra sè e la creatura da incubo che aveva
intravisto in fondo al
passaggio.
Severus chiuse
gli occhi, e un sussulto lo scosse. Il sudore gli
si raggelava addosso facendolo rabbrividire incontrollabilmente, mentre
riviveva ogni dettaglio con sorprendente chiarezza, inchiodato dal
terrore
nella stretta di quel budello sepolto sotto la terra.
L'ululato, il
ringhio sordo della belva in cerca di preda, il
luccichìo bramoso e giallastro delle pupille quando il
mostro l'aveva scorto...
Avrebbe potuto
essere lì in quel momento, sbranato, lacerato,
fatto a pezzi da quei canini orridi, se Potter non l'avesse trascinato
via,
strattonandolo in malo modo e risvegliandolo così da quel
terrore paralizzante.
Potter.
Potter l'aveva
salvato. Il ragazzo trasse un respiro tremante e
sentì nuove emozioni mescolarglisi in petto.
Odio.
Odio per Sirius
Black, che l'aveva così ignominiosamente beffato.
Odio per James Potter, che aveva visto la sua paura e al quale era
ormai legato
da un vergognoso debito per la vita. E disprezzo per Remus Lupin,
ibrida
creatura la cui doppia natura - umana e animalesca insieme - lo
inorridiva e lo
repelleva infinitamente.
E poi rabbia,
vergogna, risentimento, orrore. Nel suo cuore e
nella sua mente passò una girandola di sentimenti crudeli,
che lo spinsero a
rialzare la testa e ad incrociare lo sguardo con Albus Dumbledore,
sfidandolo
apertamente.
E,
incredibilmente, il grande mago non si ritrasse, ma rimase
immobile davanti al ragazzo, ricambiandone lo sguardo senza difendersi,
quasi
invitandolo ad andare avanti. Sorpreso, Severus sprofondò
nell'azzurro quieto
di quegli occhi, e arrivò giù, giù,
giù, sempre più giù, fin quasi a
raggiungere l'anima che gli si apriva davanti.
Dumbledore
incrociò le braccia, continuando a fissarlo.
"Tu sei un
Legilimens," dichiarò poi con uno strano sorriso. "Hai
una qualità rara e preziosa in questo nostro mondo magico,
un dono naturale che
forse non sapevi di possedere. Credo che potresti diventare un ottimo
Occlumens, il giorno che dovessi decidere di applicarti a queste
discipline.
Potrebbero esserti molto utili... se indirizzate correttamente."
Severus
soffocò la sua rabbia in uno stupore incredulo. Era la
prima volta che sentiva il preside esprimersi con tanto apprezzamento
nei suoi
confronti. Tornò a scrutare nei vecchi occhi azzurri, ora
velati da una strana
emozione. Dumbledore stava forse cercando di blandirlo? E
perchè no, dopo
tutto? Non erano forse in gioco il buon nome della sua Casa e l'onore
dei suoi
preziosi Grifondoro?
Severus si
incupì, ricordando le tante volte in cui Potter e la
sua banda si erano scontrati con lui, accanendosi in piccole ma
continue e
brutali angherie. Bastardi privi di scrupoli! Da quel loro primo
incontro in
treno, si erano subito detestati, e il disprezzo e l'antipatia erano
aumentati
col passare degli anni. Ma quello che faceva più male, era
vedere come piano
piano gli stavano rubando Lily...
Strinse
inconsciamente i pugni, mentre le sue emozioni fluivano
senza controllo. Dumbledore ora lo fissava in silenzio, come se
leggesse nella
sua anima, come se percepisse il suo tormento. In quello sguardo
vibrava una
forza immensa, e improvvisamente Severus desiderò che
quell'uomo così potente
gli fosse amico, che gli fosse padre e protettore, come lo era con
Potter,
Black e Lupin... Non erano forse ragazzi come lui? E allora
perchè lui non poteva
essere come loro?
Ricordò.
Ricordò quando aveva incontrato Dumbledore per la prima
volta, appena arrivato dal treno, mortificato per essere stato deriso
proprio
di fronte a Lily, acutamente conscio di essere già
– almeno nelle vesti -
un gradino più sotto gli altri, così chiaramente
curati da genitori amorosi o
quantomeno agiati.
Ricordò
ancora. L'alta statura e l'aspetto severo del preside lo
avevano dapprima intimorito; ma poi quegli occhi così
allegri dietro le
mezzelune delle lenti l'avevano rassicurato e affascinato, e un
desiderio quasi
doloroso gli aveva stretto l'anima. Quel mago così potente
che persino
Voi-sapete-Chi ne aveva avuto paura... Forse quel vecchio saggio
conosceva il
segreto, forse lui avrebbe saputo trovare le parole.
Quattro anni
dopo quel primo incontro, Severus sentì la stessa
speranza riempirgli il petto. Tremante di una nuova emozione,
sollevò allora
leggermente la testa, invitando colui che aveva davanti a leggergli in
cuore la
domanda che vi era nascosta.
Dumbledore
scosse il capo con rassegnata fermezza.
"So cosa mi vuoi
chiedere, Severus," disse poi, e il ragazzo
attese, il respiro corto tra i denti. "Ma non posso accettare la tua
richiesta.
Vedi, sono stato io ad ammettere Remus a scuola. Sono io responsabile
di fronte
al mondo di quel che è accaduto qui, di quel che poteva
accadere. Remus non ne
ha colpa. Tu l'hai visto e sai che, in quello stato, non è
in grado di
controllare nè le sue azioni nè i suoi pensieri.
Perchè punirlo per qualcosa
che non sapeva di fare? Perchè punirlo per qualcosa che non
ha fatto?"
Severus impallidì. Non
era questa la sua domanda, non era
questo quello che voleva sentire.La delusione e la rabbia lo stordirono, mentre brandelli
di pensieri
razionali si facevano largo faticosamente tra quelle emozioni, nel
tentativo di
seguire il filo logico che Dumbledore gli presentava. Remus non aveva
colpa,
d'accordo. Remus non aveva colpa, ma avrebbe sbranato Severus senza
esitare, o
l'avrebbe trasformato in un mostro orribile per il resto della sua
vita. Remus
non aveva colpa, va bene... ma ancor meno l'aveva Severus! E se loro
non avevano
colpe, a chi si doveva imputare una simile folle trascuratezza?
Come intuendo il
suo pensiero, Dumbledore si fece grave e ripetè
nuovamente le scuse che gli aveva già offerto, variandone
leggermente il tono e
la forma.
"Mi dispiace.
Hai corso davvero un rischio orribile. Ma tu conosci
Sirius. E' uno sbruffone e un incosciente, però non ha un
animo crudele. Non ha
pensato che la storia poteva finire ben peggio. Comunque,
sarà punito come
merita, puoi starne certo."
Tacque di nuovo.
Severus lo contemplò, incredulo, ancora smarrito
in quelle sensazioni contrastanti, ma sperando sempre in qualcosa che
poteva,
che doveva arrivare. Dumbledore chinò la testa e lo
scrutò sopra le mezzelune
degli occhiali.
"Ti devo
chiedere una cosa importante, adesso, Severus. Vedi
quanta fiducia ripongo in te. So che tu la meriti, so che posso
fidarmi, dopo
quel che ho visto nei tuoi occhi."
Il ragazzo
strinse di nuovo i pugni davanti a quella richiesta che
non prometteva niente di buono. Il vecchio sorrise gentilmente e
alzò il lungo
indice, come per ammonirlo.
"Vedi, potrei
Obliviarti, e tu non avresti più ricordi."
Un ombra scese
sul suo volto, e la stanza si fece subitamente
fredda. "Ma i ricordi sono parte di noi, sono importanti. I ricordi ci
aiutano
a crescere. Di più, ci aiutano a capire. Per questo, io non
cancellerò dalla
tua mente queste memorie, per quanto spiacevoli possano essere. Ma devo
chiederti di darmi la tua parola, il tuo giuramento solenne, che non ne
parlerai con nessuno qui a scuola. Remus non merita questo. Non deve
essere
punito lui per la colpa di un altro."
Severus trasse
un profondo respiro. Adesso era calmo dinuovo. Anche questa volta aveva sperato
invano. Si informò freddamente, "Capisco. E di Potter e
Black cosa farà? Non
vorrà chiedermi di salvare anche loro, spero."
Almeno che Lily
capisse con chi aveva a che fare. Che almeno in
questo lui fosse vendicato...
"Questo
è affar mio, Severus," rispose Dumbledore. "Ti basti
sapere che sono in debito con te, e che saprò rispettare il
mio impegno. Il
giorno che vorrai, potrai chiedermi di onorare la mia promessa."
No,
pensò Severus, e sentì il freddo della stanza
passargli nel cuore. Non sono
queste le parole.
Disclaimer: è tutto
suo, nel caso ci fossero dubbi.
Ancora
grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix. E a tutti coloro che
vorranno lasciarmi un messaggio.
...
5 ...
L'uomo e il
ragazzo si stavano ancora fissando mutamente quando la
porta si aprì, e la professoressa McGonagall si
stagliò in controluce sulla
soglia. Aveva l'espressione tesa e tirata di chi ha visto
materializzarsi un
incubo. Le labbra erano strette, le sopracciglia corrugate. Come
sempre, andò
dritta al suo scopo. Senza preamboli, si rivolse al preside con la voce
ferma
di chi sta semplicemente aspettando un pretesto per esplodere.
"Albus, tu l'hai
visto. Questa sera abbiamo passato il limite."
"Minerva, ti
prego," rispose il vecchio mago, alzando le
sopracciglia con un'occhiata espressiva, come per invitarla a
controllarsi.
Ma l'anziana
donna non raccolse l'avvertimento e si avvicinò con
passo deciso.
"Mi dispiace, ma
non posso tacere," disse poi col tono severo che
la contraddistingueva, diretto come era diretta lei. "Non quando i
colpevoli
sono della mia casa, o meglio, della nostra casa,
perchè so quanto tu sia
orgoglioso di appartenervi. Fino ad oggi era anche il mio orgoglio. Ma
quello
che è successo stasera è ingiustificabile."
Aveva raggiunto
la scrivania del preside, sempre tenendo gli occhi
fissi su di lui, quando improvvisamente notò che,
raggomitolato nella sedia di
fronte, nascosto dalla gigantesca spalliera, c'era un ragazzo pallido e
sottile, dagli untuosi capelli neri e dal respiro ansimante.
"Signor Snape!",
esclamò lei, e la sorpresa le arrossò il volto:
aveva capito infatti - e ahimè, troppo tardi - il senso
dell'occhiata che il
preside le aveva diretto. Ma nascose l'imbarazzo, e si rivolse di nuovo
a
Dumbledore.
"Il ragazzo
è sotto shock. Dovrebbe essere in infermeria. Quando
te l'ho portato, non credevo che l'avresti trattenuto così a
lungo."
Si
fermò e incrociò le braccia risolutamente.
"Di qualunque
cosa tu volessi parlargli, credo che ormai sia ora
di interrompere. E' notte fonda, e Poppy lo sta aspettando."
Di nuovo,
guardò Dumbledore con fare accusatorio, poi si
girò
verso Severus e parve chiedergli silenziosamente scusa di quel che era
accaduto.
Severus chiuse
gli occhi, grato per quello sguardo. Minerva
McGonagall era adirata con i ragazzi che avevano gettato fango sulla
sua Casa.
Minerva McGonagall si vergognava di quello che era successo. Ma, ancor
più
incredibile, Minerva McGonagall era sinceramente preoccupata per lui,
preoccupata tanto da rimproverare addirittura il preside. Era
più di quel che
Severus si aspettasse, e questo pensiero lo rincuorò. La
professoressa
McGonagall era una Grifondoro, e luinon l'aveva mai avuta in particolare simpatia.
Però ne apprezzava
l'onestà e la schiettezza. E adesso, la leale presa di
posizione nei suoi
confronti. L'animo del ragazzo si aprì alla speranza.
"Signor Snape,"
Minerva disse con calma, quasi a sfidare
Dumbledore. "E' ora di andare a letto."
Senza
una parola, lui si alzò dalla sedia.
"Buona
notte, signor Preside," salutò con tutto il sarcasmo che
riuscì ad esprimere
senza essere offensivo. Dumbledore lo guardò senza
rispondere, i vecchi occhi
azzurri dolorosamente stanchi, come se un peso immenso gli stesse
gravando
sulle spalle.
Bugiardo, pensò il ragazzo
dentro di sè, ma quasi senza
collera. come un dato di fatto, accettando l'ingiustizia che da sempre
modellava il suo destino; poi si girò e seguì la
donna fuori dalla stanza,
lottando contro la vertigine che lo assaliva ad ogni passo.
Aveva
chiesto troppo al suo corpo. Appena chiusa la porta, Severus
vacillò, cercò di
reagire e non ci riuscì. Allora si fermò e
appoggiò la fronte alla parete del
corridoio, sentendosi svanire in un gorgo buio. Subito le mani di
Minerva lo
afferrarono e lo tennero stretto in una presa protettiva e sicura,
mentre la
voce calma di lei gli parlava, morbida e rassicurante. Il calore di
quel gesto
penetrò dentro di lui come una vampata, e lo
restituì alla vita. Gli occhi si
aprirono; braccia e gambe ritrovarono nuova forza. E Severus
sollevò il volto
dal muro per incontrare lo sguardo preoccupato di Minerva.
Soli
sotto la luce tremolante delle torce, la donna e il ragazzo si
guardarono negli
occhi, e Severus sperò. Sperò con tutta la forza
del suo animo ferito, sperò
tremando in attesa, sperò pregando dentro di sè
perchè gli fosse data una
risposta, perchè almeno lei potesse finalmente dire le
parole che lui aspettava
da sempre.
Ma poi lei
sollevò il viso verso il soffitto, come a chiedere
aiuto, ed una scintilla le attraversò le pupille. Con la
nuova percettività che
aveva appena scoperto di avere, Severus comprese. Era inquieta per
essersi
lasciata sfuggire ammissioni così compromettenti di fronte
ad uno studente.
Adesso che si
era accorta di chi altri l'aveva ascoltata, la
verità che aveva così apertamente ammesso con
Dumbledore veniva in qualche modo
frenata e distorta dalla lealtà verso la sua Casa e verso la
scuola. Il ragazzo
seduto su quella sedia aveva udito parole che non avrebbe dovuto udire.
Spaventato,
Severus spalancò gli occhi, come per invitarla a leggervi
dentro. Minerva
l'aveva difeso, non doveva pensare che lui l'avrebbe tradita.
Ma
lei abbassò lo sguardo e mormorò, a disagio,
"Andiamo in infermeria."
Il freddo
tornò a serrare il cuore del ragazzo. Severus inspirò a
fatica. Qualcosa si era rotto in
modo irreparabile dentro di lui, e le punte laceranti di quel
sentimento
sembravano ferirlo ad ogni respiro.
Seguendo
obbedientemente Minerva su per le scale, il ragazzo chiuse la mente al
dolore e
si rifugiò nell'apatia che aveva imparato a coltivare. Poi
Madam Pomfrey aprì
la porta, il viso rotondo indignato per l'ora e per le condizioni dello
studente che aveva davanti. Minerva spiegò in poche parole
cos'era accaduto.
Dall'espressione preoccupata dell'infermiera, che ascoltava continuando
a
lanciare sguardi ansiosi a tutti e due i visitatori, ma soprattutto
dalla sua
completa mancanza di sorpresa, Severus capì che il segreto
di cui lui era
venuto a conoscenza a rischio della vita era condiviso da
più persone. Nessuno
ne aveva intravisto i potenziali rischi, nessuno si era mai chiesto
cosa
sarebbe potuto accadere se qualcosa fosse andato storto.
E
adesso, sembrava quasi che la preoccupazione maggiore di tutti gli
adulti fosse
solo l'incolumità di Remus. La professoressa McGonagall si
era accommiatata in
fretta, augurando a Severus una pronta ripresa e dicendosi sicura che
il
mattino avrebbe certamente presentato le cose sotto una luce diversa,
mentre
accennava vagamente a provvedimenti futuri.
Madam
Pomfrey l'aveva visitato,le
labbra serrate in una linea sottile e i pensieri evidentemente altrove,
nonostante la professionalità dei suoi gesti. Poi gli aveva
offerto un pigiama
pulito e l'aveva invitato a bere una pozione calmante, per evitare
brutti
sogni. Come se fosse stato un bambino che soffriva di incubi e vedeva
mostri
dappertutto. Come se a pochi metri da loro, sottoterra, non fosse
nascosto un
vero mostro, acquattato nell'ombra. E nessuno degli studenti lo sapeva,
nessun
altro avrebbe dovuto saperlo... tranne lui e la banda di Potter. Gli
amici del
mostro.
Non
sarebbe più riuscito a passare davanti al Platano
Picchiatore senza una
sensazione di orrore. Non sarebbe più riuscito a guardareRemus Lupin senza vedere
la belva che
celava in cuore. E soprattutto, non avrebbe più creduto a
Dumbledore. Nè a
Minerva McGonagall. Nè a Madam Pomfrey. Nè a
nessuno altro dei suoi professori.
Rabbrividì
convulsamente,
e Madam Pomfrey gli appoggiò una mano sulla fronte; nel
torpore che lo stava
avvolgendo, la sentì mormorare suoni rilassanti e
indecifrabili. Il mondo stava
sparendo di nuovo in un vortice oscuro, e la sua anima gridò
silenziosamente al
buio di fronte a lui.No.
Non
sono queste le parole.
Disclaimer: è tutto
suo, nel caso ci fossero dubbi.
Ancora
grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix. E a tutti coloro che
vorranno lasciarmi un messaggio.
...
6 ...
Lucius
Malfoy sedeva in una poltrona accanto al fuoco, e teneva le mani
intrecciate in
grembo, mentre le fiamme che guizzavano nel caminetto gli illuminavano
i
capelli chiarissimi. Come sempre, era vestito molto elegantemente. Quel
pomeriggio in particolare indossava un completo di ottimo taglio, la
cui giacca
si apriva su uno jabot di seta candida che metteva ancor più
in risalto i
tratti aristocratici del viso.
Seduto
di fronte a lui, Severus invece era acutamente conscio dei suoi abiti
lisi, dei
suoi lineamenti spigolosi e del suo naso ingombrante. Imbarazzato,
chinò la
testa come a cercare qualcosa sul pavimento, velando i suoi occhi e i
suoi
sentimenti dietro la cortina dei capelli untuosi.
"Allora,
Severus," disse amichevolmente Lucius, "ho sentito cose davvero
interessanti su
di te. Gli altri ragazzi dicono che sei bravissimo a inventare
incantesimi."
Severus
arrossì. Nonostante il tono strascicato dall'accento
vagamente snob, Malfoy non
sembrava ironico, ma sinceramente incuriosito.
Lucius
accavallò le gambe e si rilassò sullo schienale.
"E' buffo," disse poi, "ma non
mi ricordo molto di te qui ad Hogwarts."
E
come potresti? pensò Severus amaramente. L'ex-prefetto era
ben più grande di
lui, e le loro vite si erano incrociate solo per un paio d'anni a
scuola.
Eppure, ogni volta che Malfoy veniva ad Hogwarts – e
ultimamente sembrava
trovare continui pretesti per una visita – il suo sguardo si
posava su
Severus con un'attenzione che il ragazzo trovava lusinghiera e, allo
stesso
tempo,inquietante.
I freddi occhi
grigi di Lucius e quel sorriso sarcastico davano un sapore di sfida ad
ogni suo
gesto.
Ed
ecco, oggi Lucius l'aveva fatto chiamare per un colloquio privato. Gli
altri
Serpeverde erano sembrati debitamente impressionati e gli avevano fatto
capire
che doveva considerarlo un grande onore. Poi l'avevano accompagnato
nella
saletta riservata ai visitatori, dove l'illustre ospite l'aveva
invitato a
sedersi. Ora, dopo quell'ultima battuta, Lucius lo stava scrutando di
sottecchi, aspettando una reazione. Severus capì di essere
sottoposto ad un
esame, e il suo disagio aumentò.
"Io
invece mi ricordo molto bene di te," rispose con voce resa leggermente
roca
dall'ansia. "Sei stato tu ad accogliermi al tavolo dei Serpeverde,
subito dopo
lo Smistamento. E mi hai fatto sedere accanto a te."
Il
ragazzo più grande ebbe un sorriso divertito. "Ma guarda,
è vero," mormorò con
un luccichìo freddo negli occhi, e di nuovo Severus comprese
che in realtˆ
ricordava tutto perfettamente.
Poi
Lucius inclinò la testa annuendo, e Severus capì
di aver passato l'esame. Come,
non lo sapeva, ma il giovane davanti a lui adesso sembrava decisamente
più
affabile.
"Allora,
visto che siamo amici di vecchia data," disse Lucius, abbandonando i
convenevoli, "parliamo di cose serie."
Quel
che Malfoy aveva da dire non arrivò completamente
inaspettato a Severus. Un
nuovo potere si stava manifestando, e sempre più persone nel
mondo magico
seguivano con timore o con speranza questa rivelazione. Era comparso un
mago
possente, un uomo dai poteri immensi e meravigliosi, di antico
lignaggio
– la sua ascendenza poteva essere ricollegata addirittura a
Salazar
Serpeverde – e dai progetti incredibilmente ambiziosi.
Quest'uomo, che
aveva scelto per sè il nome di Lord Voldemort, voleva
purificare il mondo della
magia da tutte le aberrazioni che vi si erano raccolte nei secoli.
Voleva
ridare onore agli appartenenti alle più antiche stirpi del
creato. E – ma
questo era solo sussurrato con stupore, reverenza o terrore –
correva
voce che aspirasse addirittura a superare le barriere della natura,
fino a far
cadere quell'ultimo pauroso vincolo che lega gli umani al loro destino:
voleva
sconfiggere la morte.
Severus
aveva già ascoltato frammenti di queste rivelazioni
circolare nei dormitori e
nella sala comune dei Serpeverde. Queste idee bruciavano il sangue ma
davano
anche un senso al suo tormento, uno scopo alla sua esistenza, una
speranza alla
sua rabbia. Ormai non si chiedeva più se questo nuovo
potente signore potesse
conoscere le parole. Quel desiderio lui l'aveva seppellito nel suo
cuore,
confinandolo nel limbo dei sogni perduti, quelli che si hanno da
bambini e che
poi vengono infranti come bolle di sapone dalle asperità
della vita. Fantasie
da sconfitto, illusioni da perdente, simboli di un futuro che per lui
doveva
essere diverso.
Guardandolo
con quel suo sconcertante sorriso, Lucius gli spiegò che
valutava e sceglieva
nuovi adepti ad ogni sua visita, muovendosi con cautela per non esporsi
e per
non esporre la sua famiglia; si stava infatti profilando il matrimonio
con
Narcissa Black, la cui sorella Bellatrix sembrava invece non aver tanti
scrupoli nel proclamarsi apertamente purosangue e nel guardare chi non
apparteneva alla sua stessa casta con un sorriso beffardo delle labbra
sottili.
Ma non era questo il momento di mettersi in mostra, spiegò
Lucius con
alterigia. Il piano richiedeva astuzia e segretezza. Presto il nuovo
signore e
i suoi seguaci avrebbero avuto modo di dimostrare al mondo quali erano
le loro
doti. Quel che Lucius faceva, era preparare un piccolo esercito scelto
per il
suo signore.
E
su queste parole era arrivata la domanda. La domanda che Severus ormai
si
aspettava: non diretta, perchè Lucius non era mai diretto
nelle sue
affermazioni, e sembrava negare l'attimo dopo quello che aveva
dichiarato
l'attimo prima. Ma infine la domanda era lì, e brillava
sospesa sopra di loro.
La domanda che avrebbe potuto cambiare il destino di Severus... se lui
avesse
accettato.
Per
un attimo, Severus aveva esitato. Non tutto gli piaceva di quel che gli
veniva
offerto, e non sapeva risolversi. Ma soprattutto, aveva esitato per
amore di
Lily, perchè se lui era mezzosangue, lei invece era di
estrazione Babbana. Che
fine avrebbero fatto quelli come lei nel nuovo mondo proclamato da Lord
Voldemort?
Severus
aveva pensato molte volte alle occasioni che la nuova situazione
avrebbe potuto
creare. Già si vedeva, finita una guerra nella quale lui si
sarebbe comportato
da eroe, presentarsi davanti a lei esausto e fiero. Naturalmente,
Potter in
questi sogni non c'era mai, era sparito, scomparso, risucchiato da una
forza
oscura che l'aveva divorato in qualche modo orribile, non senza che
Severus
avesse tentato vanamente di salvarlo, memore del contratto infame che
li
legava.
Il
sogno finiva sempre allo stesso modo e vedeva Severus poggiare
protettivamente
una mano sui capelli fiammanti di Lily, attirandola a sè
mentre lei
singhiozzava. Quello era il momento supremo, l'attimo in cui lei
avrebbe capito
tutto: avrebbe capito lo sbaglio che aveva fatto, avrebbe capito di
quale amore
l'amava Severus, e lo avrebbe stretto tra le braccia, e l'avrebbe
baciato e...
A
questo punto, il ragazzo si doveva fermare, sopraffatto dai suoi stessi
sentimenti, invaso da sensazioni di una potenza così
devastante da sentirsi
liquefare i sensi. Chiudeva gli occhi che aveva tenuti aperti mentre
sognava,
per vedere la scena crearsi di fronte a sè; poi respirava
profondamente,
assaporando le ondate di orgoglio, gioia, ebbrezza, puro piacere
fisico, che
gli invadevano la mente. Infine, lentamente, la marea si ritirava come
la risacca
sulla spiaggia e solo allora Severus ritrovava la sua compostezza, e il
suo
volto scarno e angoloso si faceva di nuovo pallido, mentre gli occhi
gli
luccicavano ardenti a tradire l'intimo tumulto.
In
silenzio, il ragazzo assaporò dentro di sè ancora
una volta tutte quelle
sensazioni esaltanti, rinforzate dalle immagini di gloria che Lucius
aveva
saputo suscitare. Poi il ricordo che aveva cercato di cancellare
tornò, vivido,
feroce, lacerante.
Quel
pomeriggio di qualche giorno prima, appeso a testa in giù,
umiliato, furioso,
impotente, esposto in tutta la sua vulnerabilità di fronte a
lei... Il rombo del
sangue nelle orecchie, la disperazione che lo soffocava, l'odio che
aveva
sentito dilatarsi dentro di lui con una furia che non avrebbe mai
immaginato di
poter provare: tutto l'aveva forzato a reagire con una violenza
incontrollabile.
E
anche se lei l'aveva difeso, lui non l'aveva accettato. Le parole gli
erano
sfuggite spietate, cariche di un risentimento amaro e desiderose di
ferire. Lei
era impallidita e l'aveva abbandonato alla cattiveria degli altri.
Severus
l'aveva sentita usare lo stesso insulto dei suoi tormentatori prima di
girarsi
e andarsene, mentre lui si torceva impotente sotto gli occhi degli
altri
studenti. Il suo sogno si era lacerato in mille pezzi tra i fischi e le
risate
impietose attorno a lui.
Dopo,
l'aveva aspettata tutta la sera, smarrito, quasi impazzito di rimorso
per lo
sbaglio che aveva commesso, per l'atto irrimediabile che il suo
orgoglio gli
aveva estorto. Adesso era pronto anche a chiedere pietà,
dimenticando i suoi
folli progetti di gloria, il suo desiderio di vendicarsi di Potter e di
tuttii Grifondoro
in generale... Qualsiasi
cosa,
pensava disperato, qualsiasi
cosa,
ricordando quel lontano
pomeriggio invernale e lei bambina con la foto tra le mani. Rivedeva
quel
sorriso fiducioso e si sentiva letteralmente morire dentro, goccia a
goccia,
mentre aspettava davanti al ritratto della Signora Grassa.
Poi
non c'era stato più nulla. Solo il silenzio, il vuoto, ed un
lungo corridoio
oscuro.
Perso
in quella visione d'orrore, immemore di chi aveva di fronte, Severus si
risvegliò a fatica dal suo incubo ad occhi aperti. Lucius lo
guardava,
beffardo.
"So
quel che è accaduto," disse, e Severus si sentì
il viso in fiamme per l'imbarazzo.
Ma Lucius non parve farci caso.
"Eri
solo," continuò invece. "Eri in pericolo, ma gli altri
ragazzi non sono venuti
ad aiutarti. Ti hanno visto, ma non si sono mossi. Come mai hanno agito
così,
ti sarai chiesto? Te lo dico io. L'hanno fatto su mio ordine."
Severus
si raddrizzò bruscamente e fissò Malfoy.
"Perchè?"
chiese. La sua voce vibrava con tale feroce intensità che
Lucius sorrise.
"Per
dimostrarti che da solo non sei nessuno. Da solo non vali niente. Da
solo anche
un bastardo come Potter e i suoi amici possono farsi beffe di te. Anche
se tu
conosci mille incantesimi."
Lasciò
che il ragazzo più giovane digerisse quelle frasi
sprezzanti. Severus inspirò
profondamente, cercando di dominare il dolore e la rabbia. Si sentiva
tradito.
Stava odiando Lucius Malfoy con la stessa intensità con cui
aveva odiato Potter
e gli altri.
Lucius
sembrava capire quei sentimenti inespressi.
"E'
stato per il tuo bene, Severus," dichiarò, e i suoi occhi si
fecero duri. "Tu
sei un ragazzo intelligente, e noi ti vogliamo dalla nostra parte."
La
voce si fece morbida e insinuante. "Quello che è accaduto,
non ti accadrà mai
più. Pensaci. Un grande destino ti aspetta. Con noi, tu
sarai temuto. Con noi,
tu sarai rispettato."
Si
chinò verso di lui. "Con noi, tu sarai potente."
Ancora
sconvolto dalle
sensazioni contrastanti che gli confondevano la mente, Severus ebbe un
improvviso pensiero. No. Non sono queste le parole.
Disclaimer: è tutto
suo, nel caso ci fossero dubbi.
Ancora
grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix. E a tutti coloro che
vorranno lasciarmi un messaggio.
...
7 ...
Invece
non si era avverato nulla di quello che Malfoy aveva profetizzato con
quella
sua arrogante sicumera, nonostante Severus ora facesse parte di
quell'armata
scelta che avrebbe dovuto cambiare le sorti del mondo. Il destino
ancora una
volta aveva giocato le sue carte, imbrogliandole proprio quando Severus
credeva
di aver vinto.
La
profezia che aveva sentito e che si era affrettato a riferire al
Signore Oscuro
si era rivelata una trappola spaventosa per Lily e per il bambino che
Lily
aveva avuto da James Potter. La donna che Severus aveva sperato di
proteggere
correva ora un pericolo mortale, dal quale difficilmente si sarebbe
potuta
salvare senza l'aiuto di qualcuno molto potente, decisamente
più potente di
quel che Severus si era illuso di essere. E il ragazzo adesso era
lì, in ginocchio
davanti a Dumbledore, mentre le prove della sua colpevolezza e della
sua
stupidità gli uscivano in frasi smozzicate dalle labbra.
Vide
gli occhi dell'anziano mago farsi freddi di disprezzo, ma questo non lo
fermò.
Avrebbe consegnato in quelle vecchie mani rugose anche la sua anima,
così
giovane e già così macchiata, purchè
Lily si salvasse. Ascoltò in silenzio la
sentenza che lo condannava ad un destino di doppiezza e si
preparò a
distruggere tutto ciò per cui aveva lottato sino a quel
momento, a tradire
coloro che aveva deciso di chiamare amici, e a vivere nel sospetto e
nel
disprezzo, sconosciuto a tutti fuorchè all'uomo che lo stava
così
inesorabilmente spingendo verso il baratro. Nulla importava, se questo
poteva
salvare Lily, e a quell'incontro ben presto ne seguirono altri.
"Il
Signore Oscuro vuole una spia. Bene, ne avrà due," gli aveva
annunciato
tranquillamente Dumbledore un pomeriggio, fissandolo con quegli occhi
azzurri
che parevano trapassarlo da parte a parte.
Severus
lo aveva guardato senza capire.
"Il
Professor Slughorn si ritira dall'insegnamento. Dice di essere troppo
vecchio e
stanco. La verità è che ha troppa paura," aveva
spiegato Dumbledore
freddamente, aggiungendo poi con un sorriso scaltro, "Ma questo viene a
proposito. Il posto è tuo."
"Ma
io... io sono solo un ragazzo!" aveva protestato Severus, atterrito
all'idea di
rientrare ad Hogwarts con una simile posizione. C'erano ancora tanti
suoi ex
compagni che ricordavano la sua umiliazione, quel maledetto giorno di
fianco al
lago. Come avrebbe potuto sperare che lo rispettassero?
"Un
ragazzo, ma con un notevole talento in Pozioni." Dumbledore aveva
incrociato le
braccia, e il viso gli si era indurito in quella espressione
inflessibile che
Severus aveva imparato a temere. "E soprattutto, questo è il
travestimento
perfetto per esercitare le tue doti di spia."
Smarrito,
il ragazzo aveva chiuso gli occhi, mentre Dumbledore proseguiva con un
tono che
non ammetteva replica. "Spierai il preside di Hogwarts per Lord
Voldemort. Non è questo quello che il Signore Oscuro vuole
da
te? E contemporaneamente,
spierai Lord Voldemort per me."
"Ma
questo non è possibile!" gridò Severus. "Il
Signore Oscuro non crederà mai ad
una coincidenza così fortunata."
"Oh,
invece lo crederà," aveva risposto Dumbledore, e i suoi
occhi si
erano fatti
improvvisamente vecchi, vecchi e stanchi come di chi ha visto anche
troppo. "Lo
crederà perchè va a compimento dei suoi piani e
nessuno,
tanto meno Tom Riddle, è capace di andare contro a
ciò
che più desidera. E soprattutto, lo crederà
perchè non sa, non immagina, non può pensare che
tu possa
avere dei desideri
diversi dai suoi."
L'anziano
mago aveva aggiustato gli occhiali a mezzaluna sul naso sottile.
"Vedi,
Severus," aveva detto con calma, "a Lord Voldemort non importa nulla
delle
persone. Tu non sei che un mezzo per raggiungere i suoi fini. E lui
è convinto
di essere talmente superiore a qualunque altra creatura vivente da non
curarsi
assolutamente di chi gli sta intorno."
Il
ragazzo aveva chinato il capo, ferito dal tono lento e sdegnoso del
vecchio
mago. Poi l'angoscia aveva prevalso sull'orgoglio, l'amore per Lily
sulla
paura, ed aveva accettato. Il più giovane professore di
Hogwarts, da tempi
immemorabili.
Ma
non era passato poi molto tempo perchè anche quel sacrificio
risultasse vano.
Il Signore Oscuro era riuscito a trovare i Potter e li aveva uccisi,
nonostante
la sua promessa di risparmiare Lily per offrirla a Severus in
ricompensa della
sua dedizione. Falsità chiama falsità, e il
traditore era stato tradito. E poco
importava se, nel tentativo di ucidere il piccolo Harry, la maledizione
orribile che Voldemort aveva scagliato si fosse ritorta contro di lui,
cancellandolo dalla faccia della terra.
Dumbledore
aveva chiamato Severus nel suo ufficio per dargli l'annuncio, e il
ragazzo
aveva sentito la sua anima gridare silenziosamente e poi bruciare e
torcersi e
incenerirsi in una sofferenza indicibile, implorando il corpo di
lasciarla
libera.
Stranamente
invece, l'anziano mago di fronte a lui non sembrava poi così
addolorato. Stava
già calcolando in termini di risultati e previsioni, stava
già scrutando il
futuro, stava anticipando gli anni che sarebbero venuti e mettendo sul
piatto
della bilancia due vite, quella di Severus e quella del bambino rimasto
orfano
per colpa sua. E usava ancora Lily per costringerlo ad accettare.
Intontito
dal rimorso e dal dolore, Severus aveva faticato a capire che
Dumbledore stava
continuando a parlargli, e ancor più aveva faticato ad
accettare il senso di
quelle parole. Il bambino... Il bambino di Lily era vivo e, secondo il
grande
mago, presto sarebbe stato in pericolo anche lui come sua madre. Harry
Potter,
che univa le odiose fattezze del padre ai luminosi occhi verdi di Lily,
avrebbe
avuto bisogno di un aiuto, di un difensore.
Il
patto di sangue aveva superato la sua fine ed esteso le sue ali
sull'intera
esistenza di Severus Snape. Quel bambino così
miracolosamente scampato alla
morte inchiodava il suo riluttante protettore alla vita, lo costringeva
ad
esistere nonostante sè stesso. E soprattutto, gli presentava
di nuovo la
prospettiva di confrontarsi ancora con Lily, attraverso quegli occhi
così
simili a quelli di lei.
Severus
Snape ritornò nella sua stanza nei sotterranei e
sprofondò nella sedia accanto
al fuoco. Tremava ancora tutto, malato di un dolore che non poteva
mostrare,
mentre il mondo dei suoi simili impazzava e faceva festa, esultante per
la
scomparsa di un mostro che era sembrato invincibile, ed incurante del
prezzo di
sangue che questa vittoria era costata.
Piccoli
singhiozzi ansimanti si fecero strada nel suo petto e tra le sue
labbra. Vinto,
disfatto, smarrito, Severus chinò il capo tra le mani,
mentre le lacrime
lentamente gli scivolavano sul viso, seguendo gli angoli aspri delle
sue
guance.
I ricordi erano
attorno a lui e si insinuavano pungenti,
rammentandogli ciò che era stato e ciò che
sarebbe dovuto essere. Tutto era
ancora così incredibile, così orribilmente
doloroso... Questa volta, non un
gesto, non una parola dovevano tradire un impegno che avrebbe potuto
costare
nuovamente una vita. Non avrebbe deluso Lily di nuovo. E soprattutto,
non
avrebbe più esposto sè stesso alla
vulnerabilità delle sue emozioni. Severus
Snape era morto al mondo, e questo valeva per Dumbledore prima ancora
che per
gli altri. Per tutte queste ragioni, prima di andarsene dall'ufficio
del
preside, aveva chiesto al preside che venisse mantenuto il segreto sul
ruolo
futuro che avrebbe dovuto ricoprire.
"Vuoi
la mia parola, Severus, che non rivelerò mai la parte
migliore di te?" Dumbledore
aveva sospirato stancamente, come se la richiesta di quell'uomo
annientato che
gli sedeva davanti fosse un capriccio incomprensibile. "Se proprio
insisti..."
Ora,
solo nella sua
stanza, i bagliori del fuoco ad irritargli gli occhi arrossati dal
pianto,
Severus risentì quella voce e strinse i pugni,
abbandonandosi alla sua
disperazione. No. Non sono queste le parole.
(continua)
-------------
Nota per JuliaSnape:
innanzitutto, ti ringrazio molto per il tuo messaggio; sei veramente
gentile, e sono contenta di sapere che la mia storia ti piace. Poi
rispondo alla tua domanda. No, non sto traducendo, anche
perchè
in tal caso avrei sicuramente citato il vero autore per
correttezza.
Ma adesso sono curiosa io: come mai hai pensato che fosse una
traduzione?
Azzardo alcune ipotesi, e vediamo se ci azzecco (mi piace
giocare, come puoi vedere):
Per il mio disclaimer? Il “tutto suo” si riferiva
alla Rowling, naturalmente.
Oppure per lo stile in cui è scritta? Così
barocco e ornamentale, quello purtroppo è tutto mio ;)
Oppure per il soggetto? Moltissime delle tematiche trattate in questa
storia si trovano in altre mie storie, che però sono state
scritte in inglese e pubblicate in siti di lingua inglese. Diciamo che
questa volta ho fatto un cambio, per il piacere di scrivere finalmente
qualcosa in italiano. Il che è mooooooolto meno faticoso! :D
Bene, io ci ho provato, adesso spero di risentirti con la soluzione.
Intanto ancora tantissime grazie.
E con l'occasione, grazie anche a Berenike
e LiTtLe_MissGiuly_
per avermi lasciato un graditissimo commento.
Disclaimer: è tutto
suo, nel caso ci fossero dubbi.
Ancora
grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix. E a tutti coloro che
vorranno lasciarmi un messaggio.
...
8 ...
Era la sera del
giorno dopo Natale, e Severus vagava senza meta
per il castello.
Il momento si
avvicinava sempre di più, e la situazione sembrava
precipitare. Dumbledore era morto, ucciso da Severus su ordine di
Dumbledore
stesso, e l'Oscuro Signore aveva steso il suo manto tenebroso sulle
attività
della comunità magica, instaurando un regime di terrore
senza neanche dover
combattere una battaglia. La paura aveva compiuto il suo lavoro
subdolo, e
sempre più maghi preferivano cedere ed accettare il nuovo
corso, piuttosto che
mettere in pericolo le loro vite e quelle dei loro cari.
Perso nei suoi
pensieri, Severus continuava a camminare nel
castello, dimentico di ciò che lo circondava e del percorso
che stava seguendo.
La sua irrequietezza lo portava comunque a ripercorrere un cammino che
gli era
familiare, perchè alla fine si trovò, quasi senza
sapere come, nel corridoio
che portava all'ufficio del Preside.
Quel luogo era
diventato il suo rifugio nelle ore più buie,
perchè
da quell'anno il Preside era lui. Così aveva stabilito il
Signore Oscuro, e
così era stato fatto, nonostante sulla testa di Severus
pendesse ancora
un'accusa di omicidio. Ma nella stanza che sapeva di occupare
abusivamente,
tutto ancora parlava di Dumbledore e gli rammentava come il suo destino
era
stato foggiato lì dentro. Quella sera non si
sentì di entrarvi: non aveva altre
notizie da riportare, nè azioni da intraprendere,
nè ordini da ascoltare. Aveva
seguito quasi ciecamente il cammino che gli aveva tracciato Albus,
cercando
riscatto fino all'ultimo, ma ormai sentiva di aver perso la speranza.
Stancamente, si avvicinò ad una finestra e guardò
fuori.
La neve cadeva
candida in larghe volute, cancellando le tracce che
aveva lasciato quando era sgattaiolato furtivamente fuori dai portoni
di
Hogwarts, per cercare un luogo adatto dove smaterializzarsi non visto.
Faceva
tanto freddo nella campagna circostante e nel suo cuore, ma ne era
valsa la
pena. Il ragazzo lassù nel Nord ora aveva la spada.
Chissà se avrebbe saputo
usarla. Chissà a cosa pensava adesso. Chissà se
avrebbe mai saputo con quale
ansia gli occhi di Severus Snape, il suo più odiato
professore, guardavano
lontano nel buio, cercando di indovinare e di prevenire ogni possibile
pericolo. Chissà se sapeva che, a rischio della vita,
Severus mentiva ogni
giorno a coloro che lo circondavano, per proteggerlo e per proteggerli
dal
rischio che il suo legame con Voldemort rappresentava.
Rinnegato, assassino,
traditore...
I suoi colleghi
lo guardavano con malcelato disprezzo. Solo
Slughorn cercava inutilmente di giustificarlo in nome dell'appartenenza
alla
stessa Casa, ma Severus vedeva il timore e la delusione apparire sempre
più
spesso in quei vecchi occhi tristi e desolati.
Il cuore gli
batteva dolorosamente. Perso nella sua meditazione,
Severus ricordò ancora una volta il ragno della sua
infanzia, fermo sul banco
in attesa della libertà, un attimo prima di essere
schiacciato dalla mano di
Mulciber. Allora, mortalmente stanco, appoggiò la fronte
contro il freddo della
vetrata del corridoio e rimase immobile, incapace di muoversi e di
pensare,
sprofondando in un nulla benedetto.
Poi
sentì i passi lievi alle sue spalle.
Li riconobbe
subito. Minerva. Ultimamente utilizzava spesso la sua
forma di Animagus per andare in giro senza farsi notare, e poi
compariva
inaspettatamente a sorprenderlo. Era come la sua coscienza. Non lo
lasciava mai
solo. Si girò di scatto e cercò di assumere
un'aria sprezzante.
Lei lo guardava,
inclinando la testa con quell'espressione strana
che era diventata una sua caratteristica negli ultimi tempi. Lui le
sorrise
freddamente.
"Stavi andando
dal Preside, Minerva?" chiese, incrociando le
braccia.
La domanda era
stata uno sbaglio, se ne rese conto subito, ma
Severus, dopo tutti quesi mesi, pensava ancora a Dumbledore come al
legittimo
direttore della scuola. L'anziana donna strinse le labbra come faceva
sempre
quando si preparava ad attaccare. Ma questa volta, le parole le
uscirono lente
e sdegnose.
"Non cercavo il Preside, Severus.
Speravo di parlare con te."
Lui aveva
inghiottito l'amarezza di quel distinguo, ma non era
riuscito ad impedirsi di abbassare la testa per nascondere gli occhi.
Come
avrebbe voluto dividere il suo carico con qualcuno più
vecchio e più saggio di
lui! Aveva sempre invidiato la fermezza e la rettitudine di Minerva, ma
sapeva
fin troppo bene che non avrebbe mai potuto chiederle conforto.
L'anziana strega
aveva sposato Hogwarts e le sue istituzioni, e sarebbe stata felice di
donare
la sua vita per la salvezza dei suoi studenti. Ma non per Severus
Snape,
vincolato al segreto e impossibilitato a difendersi di fronte a lei.
Le lesse in
volto delusione e tristezza: stanco di combattere,
rimase in silenzio, aspettando di sentire le sue accuse. Voldemort o
no,
Minerva sapeva che non l'avrebbe toccata con un dito. Mai.
La donna
continuava a fissarlo, altera.
"Non avrei mai
creduto di passare un Natale così orribile,
Severus," disse infine sdegnosamente. Stava cercando le parole per
ferirlo e,
per un momento, lui sentì un moto di ribellione a quelle
accuse ingiuste. I
Carrow erano aguzzini spietati, non lui! Non lui, che deviava ogni
punizione e
cercava di ridurne gli effetti fingendo di inasprirli! Ma a cosa
serviva
parlare? Severus scosse la testa, come per scacciare un insetto molesto.
"Mi spiace,
Minerva," commentò piano. "Gli elfi hanno fatto tutto
il possibile per preparare un banchetto degno di questo nome."
"Come se avesse
importanza!" scattò lei, visibilmente infuriata e
delusa per quella risposta elusiva. "A cosa serve riempire lo stomaco
quando il
cuore è vuoto?"
Lui si
irrigidì. Il dolore lo stava riprendendo, sordo,
implacabile, continuo.
"A cosa serve
addobbare di luci la Sala Grande quando le nostre
anime annaspano nel buio?" continuò lei amaramente. "Abbiamo
tradito la nostra
missione e coloro che credevano in noi. Nessuno studente ha voluto
rimanere a
Hogwarts durante le feste. Ed è giusto così.
Ormai qui si respirano solo odio e
tradimento."
Severus strinse
i pugni, protetto dall'oscurità del corridoio.
"Basta!"
pensò. "Basta, ti prego! Non torturarmi oltre!"
Ma Minerva
continuava a guardarlo. Lentamente gli si avvicinò,
come a sfidarlo, poi il viso le si alterò di pena.
"Non avrei mai
pensato di vedere un Natale come questo," sussurrò,
e improvvisamente una lacrima le rigò la guancia. "Il giorno
in cui dovrebbero
regnare pace e felicità trasformato in un incubo grottesco."
La voce le si
incrinò. "Come hai potuto, Severus? Dopo tutto quel
che Albus ha fatto per te, come hai potuto tradirlo... come hai potuto
tradirci
tutti?"
La domanda si
spense in un singhiozzo desolato. Ma l'anima di lui
si protese dolorosamente verso di lei, verso quegli occhi che cercavano
i suoi
con tanto ostinato desiderio di credergli.
"Minerva,"
Severus mormorò piano, e la sofferenza che vibrava in
quella voce colpì l'anziana donna, tanto più
fortemente in quanto inaspettata.
Il sospetto, il dubbio, la speranza di essersi sbagliata, la
costrinsero a
rialzare il capo e a guardarlo fissamente.
"Non sono sicura
di volerti ascoltare." Minerva si strofinò il
viso quasi con rabbia, asciugandosi le lacrime che continuavano a venir
fuori
quietamente. ""Eppure devo provare: se hai qualcosa da dirmi, dimmela
adesso
che siamo qui da soli."
Lui chiuse gli
occhi.
"Severus, ti
prego..." Minerva supplicò a bassa voce. Aveva usato le
stesse parole di Dumbledore, e lui sentì una fitta
trapassargli il cuore. Ecco,
l'occasione gli veniva offerta, ma non poteva accettarla, anche se il
suo
spirito implorava una tregua. Non poteva tradire la sua missione. E,
per non
tradire la sua missione, doveva tradire la fiducia della donna di
fronte a lui.
"Non capisco,
Minerva," rispose quindi col suo odioso tono
sarcastico. "Mi rendo conto che il pranzo forse non era all'altezza
delle tue
aspettative. O è la mancanza di studenti che frustra i tuoi
istinti materni
delusi? Ti prego comunque di considerare con chi stai parlando. Il
Signore
Oscuro non sarebbe felice di sapere quello che stai pensando. Lo
troverebbe
oltremodo... ingrato."
Lei
sgranò gli occhi a quelle parole. Le labbra le tremarono e
le
iridi si accesero di un bagliore pericoloso dietro gli occhiali; ma poi
-
ferita, delusa, adirata - strinse i pugni, controllando la sua ira.
"Avrei dovuto
immaginarlo, Severus. Eppure, per un attimo mi sono
illusa. Che sciocca sono stata! Credevo di parlare con un uomo e con un
amico.
Invece..."
La voce le
vibrò di nuovo, minacciando di spezzarsi, ma subito si
riprese e concluse con fredda cortesia, "Buona notte allora, signor
preside.
Domani tu e i fratelli Carrow, i tuoi degni compari, vi troverete
intorno al
tavolo per festeggiare questa finzione di festa. E gli elfi, poveri
schiavi
creduloni, ancora una volta si daranno da fare."
La sua amarezza
bruciava come una fiamma, mentre concludeva con
sarcasmo. "Divertitevi pure, vi prego: ma non mi aspettate per il
brindisi,
perchè io non ci sarò."
Si
girò di scatto e si avviò a passi decisi verso le
scale, poi si
fermò e si rivolse di nuovo a lui, con rabbia feroce. "Sei
libero di riferire
le mie parole a chi credi meglio, Severus. Una volta avevo stima di te,
ma
adesso... adesso mi disgusti."
Chinando la
testa per nascondere le lacrime che, ancora un volta,
fluivano senza controllo, l'anziana donna uscì barcollando
dalla galleria, si
appoggiò per un attimo contro il muro soffocando un
singhiozzo, poi rialzò il
capo orgogliosamente e proseguì senza più
voltarsi indietro.
Il buio e il
freddo invasero l'animo di Severus. Solo
nell'immensità di quel tunnel oscuro, guardò la
sottile figura di Minerva
scomparire in lontananza, camminando dritta e severa.
La speranza aveva abbandonato anche
lui. Come poteva
esserci perdono per le sofferenze che era costretto a infliggere? Come
poteva
esserci sollievo per il tormento che lo scavava dentro e che non poteva
in
alcun modo manifestare?
Sentì
la voce di Albus sussurrare nella sua mente. In qualche
modo, i ricordi parlavano dentro di lui, offrendogli ragioni e
speranze. Ma
Severus era troppo amareggiato. Per la prima volta nella sua vita,
chiuse
ostinatamente il suo cuore e rifiutò di ascoltare la voce
che cercava di
consolarlo. No. Non sono queste le parole.
Disclaimer: è tutto
suo, nel caso ci fossero dubbi.
Ancora
grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix e a tutti coloro che
mi hanno letto e mi leggeranno. Mi scuso per il ritardo, ma ho dovuto
lottare parecchio per sistemare quei fastidiosi codici errati che
continuavano a saltare fuori. Ringrazio SnapEly per avermelo
detto (io ho un Mac e sul mio browser non si notavano). Ringrazio
inoltre sempre SnapEly e JuliaSnape per i loro gentili commenti.
...
9 ...
Il ragazzo era
di fronte a lui adesso, vicino come non era mai
stato prima. E Severus era ormai indifeso ed esposto come non si
sarebbe mai
aspettato di essere.
Il morso del
serpente era stato feroce, un'infusione di veleno che
scorreva nel sangue come un torrente di fuoco, incendiandogli il corpo
di
dolore. Non si era aspettato riconoscenza dal mostro inumano che aveva
servito
in tutti quegli anni solo per riuscire a trovare l'occasione di
tradirlo. Ma,
se doveva morire, aveva sperato almeno in una morte da uomo, non
dimenticato in
una sudicia tana sotterranea.
Eppure, in tutto
questo, una consolazione c'era. Il ragazzo era
riuscito ad arrivare fin lì. Guidato da qualche potere
misterioso, era apparso
inaspettatamente da sotto il Mantello dell'Invisibilità, e
il buio della
caverna era sembrato illuminarsi di colpo. Severus non sarebbe morto
solo.
Il ragazzo
percepiva i pensieri di Voldemort. E chissà, forse il
ragazzo sarebbe riuscito a percepire anche quello che le labbra
tremanti di
Severus non riuscivano a dire. Immobile nel suo sangue, Severus lo
guardò,
mettendo tutta la sua disperazione in quello sguardo.
Il ragazzo
esitava. Non si fidava, ovviamente. Severus aveva
lavorato fin troppo bene contro sè stesso. Forse, un domani,
il ritratto di
Albus avrebbe spiegato tutto al ragazzo... se il domani fosse arrivato
e il
ragazzo fosse riuscito a sopravvivere. Severus sentì un moto
di rabbia. Il
ragazzo doveva sopravvivere! Anche se Albus l'aveva condannato, il
ragazzo
doveva sopravvivere per portare a termine il compito che in tutti
quegli anni
Severus aveva ritenuto suo, la sua espiazione in memoria di Lily e la
sua
vendetta contro colui che l'aveva uccisa. Il ragazzo doveva
sopravvivere perchè
era l'ultima parte di Lily che ancora viveva sulla terra. E forse,
chissà, un
giorno si sarebbero ritrovati tutti insieme...
I suoi pensieri
si fecero incoerenti. Poi, con uno sforzo
terribile, Severus ritornò nella stanza buia.
Il ragazzo era
curvo accanto a lui, adesso, e continuava a
fissarlo senza parlare. Questo... questo non era giusto. Le pupille
morenti di
Severus si sforzarono di mandare un messaggio. Il ragazzo doveva
capire. Il
ragazzo doveva sapere. Morto Severus, non avrebbe più avuto
un protettore.
Avrebbe dovuto decidere da solo. Per un'unica, ultima volta, Severus si
ribellò
al suo vero padrone e decise di rivelare ciò che Dumbledore
aveva nascosto
sotto il sigillo della segretezza. Il ragazzo doveva vivere, questo
solo
contava.
E soprattutto,
il ragazzo doveva sapere.
Severus non
poteva abbandonare il mondo senza la speranza che almeno
qualcuno conoscesse la verità. Tentò ancora di
radunare i suoi pensieri. Sì,
aveva ancora un mezzo per supplire alla sua mancanza di forze.
Affannosamente,
in un rantolo quasi inintellegibile, mormorò, "Prendi...
prendi..."
La sua mano si
aggrappò al bavero del ragazzo. In fretta, doveva
fare in fretta, finchè aveva ancora un barlume di
lucidità, finchè il dolore
non...
I ricordi
fluivano copiosi. Perso nel verde luminoso di quegli
occhi, Severus concentrò la sua memoria sull'unico essere
che avesse mai
contato nella sua vita. Lasciava al ragazzo il suo tesoro, un tesoro
che
apparteneva ad entrambi. Da adesso in poi, Lily sarebbe vissuta nella
mente di
suo figlio. E tuttavia, una disperazione struggente lo avvolgeva,
attirandolo
verso il buio: il ragazzo non parlava.
Il ragazzo
reagiva in silenzio, prendendo una fiala apparsa dal
nulla per riempirla di quelle ultime ombre preziose, ma il suo sguardo
era
ancora diffidente, e la sua bocca era chiusa.
Perchè
non chiedeva? Non capiva che presto sarebbe finito tutto?
Perchè non... una parola... nemmeno adesso... il freddo...
era così freddo... dove era
il...
Gli occhi si
velavano nel passaggio supremo. Il verde luminoso che
gli aveva fatto da guida fino a quel giorno sbiadiva inesorabilmente
nelle
nebbie dell'agonia. Disperato, Severustentò per l'ultima volta.
"Guar...da...mi",
sussurrò.
E poi parlarono
solo i suoi occhi.
Guardami.
Lascia che la mia anima si manifesti a te.
Spasmodicamente,la sua mano
strinse ancora la stoffa del bavero, come a cercarne
il calore.
Aiutami.
Dimmi che non sto morendo invano.
Stupito per la
forza di quelle dita esangui, il ragazzo si
accigliò e concentrò il suo sguardo nell'abisso
di quelle pupille senza luce
che fissavano le sue.
Parlami...
Ti prego: almeno tu, dimmi le parole che aspettavo da
sempre.
Ma nessuna
risposta giunse a confortare il morente, e Severus
lasciò ricadere il capo, deluso, sconfitto, spaventosamente
solo. Il silenzio
non era mai stato così pauroso, nè il buio
più oscuro o la sua angoscia più
grande.
Ed ecco, una
luce parve manifestarsi, erompendo trionfante dalle
tenebre sempre più fitte.
"Benvenuto,
Severus Snape," disse una voce sconosciuta, ma piena
di tenerezza.
Avvolta in
un'aura di indescrivibile luminosità, una creatura di
incomparabile splendore lo guardava sorridendo. L'intensità
della luce che la
circondava era così vivida da risultare quasi intollerabile
per le pupille
indebolite dell'uomo che la contemplava stupito.
Il ragazzo era
scomparso, cancellato da quella luminosità
sconcertante, così come le pareti terrose che lo avevano
sovrastato fino a quel
momento. Esausto, confuso, la mente annebbiata da un dolore che non
riusciva
più a controllare, il corpo in preda a un torpore mortale,
Severus cercò di
dare forma ai suoi pensieri.
"Chi
sei?" chiesero le sue
labbra senza muoversi. La creatura sorrise il suo
ineffabile sorriso luminoso.
"Nessuno che tu
conosca," mutamente gli rispose, e Severus annuì,
perdendosi in quello sguardo raggiante.
Ma i battiti del
suo cuore stavano ormai rallentando e la sua
anima tremò, trovandosi vicina a sciogliere gli ultimi
legami col corpo.
L'orrore lo
assalì.
"Dimmi
tu le parole,"
implorò allora con le sue ultime forze, sentendo il suo
spirito
sparire in un gorgo buio.
La creatura
sconosciuta sembrò esultare di gioia immensa. Raggi
sfolgoranti avvolsero l'uomo morente e lo sollevarono in un abbraccio
di luce.
"Non aver
più paura," la voce mormorò. "Sono qui per te."
E con un ultimo
scintillante respiro, "Ti voglio bene."
"Ti
voglio bene",
ripetè la mente di Severus Snape, abbandonandosi alle
sensazioni dolcissime che lo avvolgevano, e ad una felicità
mai provata prima. "Sì.
Queste sono le parole. Le parole che nessuno mi ha detto."
"Allora
vieni con me,
Severus Snape. Ti stavamo aspettando."
La mano che stringeva il ragazzo
abbandonò la presa, e il
buio avvolse misericordioso la figura immobile a terra. Nel silenzio,
tre
piccole forme oscure lasciarono la stanza senza voltarsi indietro.