Your Guardian Angel

di Celine_Falilith
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo e Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***



Capitolo 1
*** Prologo e Capitolo Primo ***


I Cap

Salve a tutti!
Dopo tanto, troppo tempo, torno su EFP, nel mio amato fandom di Harry Potter.
Iniziai questa song-fic nell’agosto dell’anno scorso, poi, come la maggior parte dei miei lavori, la lasciai incompleta.
Sono positivamente intenzionata a ristrutturarla e a finirla in maniera decorosa! >3<
Grazie a tutti quelli che leggeranno.

See ya! ^^

PS: dovete, dovete ascoltare Your Guardian Angel, dei Red Jumpsuite Apparatus. Su Youtube c’è un video dedicato proprio a Severus e Harry che ha come colonna sonora proprio questa canzone. Ovviamente è stato quel video a ispirarmi. 

 Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.

Primo Levi

 

 

 

Prologo 

* 

When I see your smile
Tears run down my face I can't replace
And now that I'm stronger I've figured out
How this world turns cold and breaks through my soul
And I know I'll find deep inside me I can be the one.
 
 

*

 

“Mamma, che cos’è un angelo custode?“
“È una persona buona che ti protegge, tesorino.”
“E dov’è, mamma? Voglio vederlo!”
“Non si può vedere, Diddino, anche se è sempre con te, piccolo mio.”
“E ce l’hanno tutti, mamma?”
“Certo, Diddy, tutti.”
“Ma… anche lui?” esclamò il bambino, puntando l’indice ciccione verso il cuginetto Harry che dormiva paciosamente sulla poltrona del salotto, vicino alla finestra: le labbra rosate erano socchiuse e leggermente arricciate sul volto beato.
Sognava.

 
“No, caro. Lui no” disse la donna duramente: “Ma adesso è l’ora della merenda, tesoro! Vieni.“
“Sììì” gridò Dudley felice.

 

 ~ YOUR GUARDIAN ANGEL ~

 

*

 

Londra – Luglio 1985

 

Capitolo Primo 

*

Severus Piton odiava l’estate.

Ah, se la odiava.
La odiava tanto, tantissimo. L’estate era calda, come lo era stato una volta il suo cuore.
Ma adesso… cosa pulsava nella sua gabbia toracica, vicino ai polmoni, fra le costole e le scapole?
Forse una cosa nera, offesa e incancrenita, che si era aperta una sola volta per una persona e che poi si era chiusa per sempre, appassendo.

 
Se Severus Piton odiava l’estate, di conseguenza odiava anche il sole.

Ah, se lo odiava.
Lo odiava tanto, tantissimo. Il sole… così luminoso e invadente.
Piton, abituato alla rassicurante oscurità dei sotterranei di Hogwarts, non tollerava i suoi benefici raggi teporosi. Proprio non li tollerava.

 
Se Severus Piton odiava il sole, di conseguenza odiava anche i bambini.

Che amavano il sole.
Che amavano l’estate.

 

Ovviamente, Severus Piton non odiava veramente nessuna di queste tre cose (a parte, forse, i bambini), ma a lui piaceva farsi vedere così.
Astioso, oscuro e antipatico.

E, forse, lui era così.

 

In ogni caso, se voleva far credere al mondo intero di odiare l’estate, il sole e i bambini, quella era l’occasione giusta per farlo.

 

L’uomo era infatti di ritorno da Diagon Alley, dove si era recato per acquistare i soliti ingredienti per quegli intrugli magici di cui andava tanto fiero. L’unica cosa che l’aveva spinto ad avventurarsi nel caos cittadino in una giornata così afosa era infatti il suo amore infinito per le pozioni, un sensuale amalgamare delle più disparate schifezze presenti in natura.

Piton uscì dal Paiolo Magico, orrendo bailamme di maghi della peggior specie, e subito i raggi crudeli del sole cocente presero a tamburellargli con insistenza sul cuoio capelluto.

 
L’uomo grugnì, infastidito e stordito.
In lui si era già avviato da parecchio tempo un lungo e irreversibile processo di abbruttimento, fisico ma soprattutto spirituale.
Ed è terribile notare come il senso comune percepisce e giudica persone di questo genere.

Come ci comportiamo di fronte a una manifestazione di apparente anormalità?

Semplice, la evitiamo. Perché affrontare il problema, soprattutto se è un problema degli altri?
Eppure, soffrire è caratteristico della maggior parte del genere umano. Solo in pochi possono vantarsi di aver sfiorato appena questa condizione.

 
Severus Piton sapeva di vivere in un mondo del genere, dove la solidarietà è caratteristica ben rara nelle persone. Non avrebbe mai rivelato a nessuno l’inferno che aveva dentro. E poi, a che sarebbe servito?

Nessuno sarebbe riuscito a spegnere quelle fiamme venefiche che ardevano da troppo tempo sulla sua anima, ormai consumata e ridotta in cenere.
Anima sulla quale era marcito un dolore perpetuo e distruttivo, che testimoniava attraverso il fisico scheletrico di Piton, nel pallore cadaverico del suo volto e nei suoi occhi senza più luce.
 

Per cui, Severus Piton non chiedeva di essere aiutato, perché nessuno l’avrebbe più salvato.
Chiedeva solo il rispetto che si deve a un uomo che ha sofferto tanto.

E forse non chiedeva nemmeno quello.

 

L’uomo, stavamo dicendo, era appena uscito dal Paiolo Magico: aveva grugnito, si era guardato intorno per pura consuetudine e si accingeva a tornare nell’oblio dei suoi appartamenti…

 

 

…e accadde in un attimo, inaspettatamente e irreversibilmente.

 

*

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


II Cap

Benvenuti al secondo capitolo!
Prima di tutto ringrazio le gentilissime Pervinca Potter, Ernil e Dedy94 che hanno recensito il chap precedente, e ringrazio le otto persone che hanno aggiunto la mia storia nei preferiti (fatevi sentire, mica vi mangio)! ^3^
Riguardo questo capitolo non ho molto da dire, se non che è un po’ più lungo del precedente (comunque non aspettatevi mai -MAI!- capitoli troppo ampi da me, veneranda scrittrice di Drabble e Flashfic) e che viene introdotto un personaggio un po’… particolare ;-) Spero solo che non vi irriti troppo XP (lo farà, ne sono certa).

 ~ YOUR GUARDIAN ANGEL ~

 

*

 

Londra – Luglio 1985

 

Capitolo Secondo 

*

It's ok. It's ok. It's ok. 
Seasons are changing 
And waves are crashing 
And stars are falling all for us 
Days grow longer and nights grow shorter 
I can show you I'll be the one
 

*

Qualcosa gli sfrecciò davanti ad altissima velocità.
Fu come un enorme e travolgente lampo viola, che provocò un incredibile spostamento d’aria.
La cosa continuò la sua folle corsa fino al termine della strada, evitando però una collisione con gli altri automezzi: infatti sembrava strisciasse fra questi, come un abile calciatore che schiva con eleganza gli avversari. 
Severus Piton quasi si spaventò, non sapendo bene cosa pensare del fenomeno a cui aveva appena assistito.
 

Osservò l’ambiente circostante, per osservarne gli effetti. Una cosa del genere non poteva passare inosservata.

 

 

 

 

 

 
Impossibile.

 

Nessuno si era accorto di niente.

 

I Babbani continuavano a percorrere pigramente i tristi marciapiedi delle soleggiate strade Londinesi. 
Le ragazze continuavano a ridacchiare in direzione di Severus. 
I vecchi continuavano a scuotere la testa sprezzanti verso Severus. 
I giovani continuavano a paragonare i loro muscoli cotti al sole con quelli inesistenti di Severus.


Nessuno si era accorto di quello che, con tutta probabilità, era un pirata della strada.
Piuttosto, tutti si erano accorti di un giovane strambo dai luridi capelli neri che fissava un punto lontano immerso nelle sue elucubrazioni.

Piton si riprese, e con un certo imbarazzo constatò di essere al centro dell’attenzione, al che decise di svicolare in una stradina limitrofa.
Questa era praticamente sgombra di passanti, se non qualche sporadico vecchietto in cerca di tranquillità.


Il posto giusto per riflettere su quanto aveva appena visto: Piton infatti era tutt’altro che insensibile all’unicità degli eventi. A un dato evento concorreva una data spiegazione, e porsi dei ‘perché’ era l’attività madre che aveva concesso agli antichi pozionisti nel corso dei secoli di evolversi.

Quindi la domanda era… come aveva fatto quel lampo viola a passare del tutto inosservato in una via trafficata di Londra?
O meglio… perché solo lui l’aveva visto?


Non fece in tempo a rispondersi che la risposta arrivò da sé.

 

Piton era infatti giunto all’uscita della stradina quando udì un terribile e prolungato stridio di freni, e improvvisamente comparve davanti a lui un altissimo muro.
Viola.

Ma non era un muro: alzando lo sguardo Severus capì finalmente per cosa avesse speso tempo e una buona parte della sua dignità.

 

 
Per un gigantesco autobus a tre piani.

 

 

Il Nottetempo, mezzo di trasporto per maghi e streghe in difficoltà.

 

 

 

 

 

 
Doveva andarsene.

 

 

 
Subito.

 

 

 

Severus Piton era salito sul Nottetempo solo una volta, tanto tempo fa…

 

Avvertì un senso di vuoto.
Conosceva bene quella sensazione: era solo il primo di una serie di sintomi che lo investivano quando, irrimediabilmente, nella sua testa si scatenava l’irrefrenabile flusso di coscienza.
In un attimo…

 

 

 

~

…tornò ad essere il piccolo e cupo quindicenne di dieci anni prima, 
piegato sotto il calore confortevole dell’astro diurno.
Era una giornata calda, ma non troppo, come piaceva a lui:
la giornata ideale per vedere il mare per la prima volta.
Ci sarebbe andato proprio col Nottetempo.
E con lei.
Ed era solo l’inizio di una giornata indimenticabile…

~

 

 

 

Fu come se ogni fibra del suo essere si fosse risvegliata da un lungo torpore.
La potenza dei ricordi lo investì con una violenza incredibile…

Ma non voleva ricordare.
Non voleva provare ancora una volta il dolore di chi rammenta qualcosa di bello, qualcosa di infinitamente speciale che in seguito, per un proprio errore, si è perduto per sempre.

Doveva fuggire. Tornare a Hogwarts, avvolto nelle tenebre.
Perché non aveva usato uno dei camini del Paiolo Magico? Perché non si era Smaterializzato subito?

 

“Hei, amico! Ho visto che ci guardavi e allora ho pensato bene di fermarmi!”

 
Amico?

 
La voce del bigliettaio era squillante e allegra, e Severus rabbrividì nonostante il caldo.
Cosa fare adesso?
Di certo non poteva salire sul Nottetempo, quel luogo gravido di ricordi…
Ma poteva benissimo congedarsi educatamente (o almeno, ci avrebbe provato) dal bigliettaio, appurando di non aver bisogno di un passaggio.
 

Severus si voltò per guardare l’uomo, suo malgrado: questo aveva all’incirca cinque anni in più di lui, capelli biondi spettinati e una simpatica faccia da pazzo.
Piton sospirò. “ Non vorrei sembrarle scortese, ma… “
 

“... ma non si preoccupi! Siamo qui apposta. Sa, visto che gli affari stanno andando così bene, ultimamente, abbiamo abbassato il prezzo dei servizi, e con una falce in più possiamo offrirle una coppa di gelato e con due una delle Cinque Magnifiche Spille Del Nottetempo: Collezionale Tutte!
esclamò il giovane con entusiasmo maniacale, indicandosi il petto nel quale rilucevano le Magnifiche Spille. 

“Beeelle, quanto costano?” fece un vecchietto sdentato che passava di lì.

“Basta una falce, signor mio” disse affabile il bigliettaio mentre Piton alzava un sopracciglio: quel vecchietto non era di certo un mago! Come poteva conoscere le falci?
Decise comunque di non intromettersi.

“Una falce? Ma è moneta corrente?” cercò di informarsi il vecchino, confuso.

“Certo che è moneta corrente! Ma da dove viene lei?” esclamò l’uomo con compassionevole gentilezza, come se parlasse a un demente. Si tolse una spilla dal petto e la mise con veemenza nella mano del vecchino.

“Ecco, tenga. Lei è davvero simpatico” aggiunse poi, e il vecchietto se ne andò contento.

“Eh, questi anziani. Terribili i vuoti di memoria, vero amico?” riprese rivolgendosi a Severus.

“Indubbiamente. Adesso, se vuole scusarmi…” tentò Piton girando sui tacchi.

“…approfitterò dei vostri servizi” concluse il giovane con enfasi.

Fu un attimo: con mano veloce artigliò la spalla di Piton, lo girò e lo spinse con forza all’interno dell’autobus a due piani, dove il ‘cliente’ andò a sbattere contro il vetro che delimitava la cabina dell’autista. Quest’ultimo, un omone con un paio di spessi occhialoni, lo salutò con un “Buondì” e un’espressione che suggeriva “Ci lasci lavorare. Ne abbiamo bisogno”.
Gli affari non dovevano andare così bene al Nottetempo, come sosteneva il bigliettaio, se il personale si sentiva in dovere di rapire i passanti. Tant’è che l’autobus era totalmente sgombro di clienti, a parte…


“Madama Paludeeee! [vi ricordate di lei, vero? No?! Beh, andate a rileggervi il Prigioniero di Azkaban, ignoranti! >.< *NDCeline] La prossima è la vostra! E si ricordi che il suo abbonamento decennale è ormai scaduto!“ sbraitò il bigliettaio in direzione del secondo piano, dove una strega dal viso verde chiaro fece capolino dalla rampa di scale.

“Puoi partire, Ern“ fece poi il giovane rivolto all’autista: “A proposito, questo è il signor… uh… come ha detto di chiamarsi?” domandò rivolto al professore di Pozioni.

Quest’ultimo ponderò se rispondere o meno potesse in qualche modo causargli danni in futuro, come essere rintracciato per la proposta di un abbonamento decennale o ritrovarsi con i sotterranei inondati di Magnifiche Spille, ma poi studiò il viso ingenuo del giovane bigliettaio e gli occhi malinconici dell’autista per assicurarsi che quei due, effettivamente, erano innocui.
Per cui rispose bruscamente: “Piton.”

“Ok, Piton! Io sono Jack Picchetto, lui è Ernie Urto e questo è mio figlio Stan!” trillò giulivo Jack estraendo dal taschino dell’uniforme una fotografia stropicciata esibendola poi davanti agli occhi neri di Severus.

“Piacere” fece Piton gelido alla foto del bambino, mentre si ripeteva mentalmente di stare calmo.

“Guardalo, il mio ometto! Proprio la settimana scorsa ha compiuto dieci anni. Non fa altro che ripetere di voler fare il mio lavoro da grande, sono così orgoglioso di lui!”

“Immagino” sussurrò Severus con un sopracciglio talmente inarcato da raggiungere l’attaccatura dei capelli.

 

Come ci era finito sul Nottetempo? Come aveva potuto permettere a quello sconsiderato Jack Picchetto di rapirlo per poi trascinarlo chissà dove, quando nemmeno Silente in persona poteva permettersi di riservargli un simile trattamento e pretendere di sopravvivere?
Che si fosse lasciato abbandonare di proposito alla corrente del destino, in modo da finire proprio in quel posto, proprio sul Nottetempo?
Nulla era cambiato in dieci anni.
Ogni centimetro di quel maledetto autobus era maledettamente uguale a dieci anni prima.
Forse c’era ancora quello sgabello in cui lei si era seduta quel giorno…

Meglio non chiederselo: la cosa migliore da fare era chiarire l’equivoco e andarsene immantinente.

Per cui prese fiato, sfoggiando il cipiglio minaccioso che tanto terrorizzava i suoi alunni (tranne quella sfacciatissima dodicenne di nome Ninfadora Tonks) e cominciò: “Adesso mi ascolti bene, Picchetto. Io non avevo nessuna intenzione di--- “


Ma non finì mai il suo discorso, per due semplici motivi.
Il primo era che nessuno lo stava ascoltando (se non Madama Palude dal secondo piano, che trovava il nostro Sev molto attraente), dato che Jack Picchetto era occupato a coccolare la foto di suo figlio e non aveva né occhi né orecchie per nient’altro.

Il secondo era che il Nottetempo era appena ripartito con un BANG assordante sfrecciando a un tot di chilometri all’ora, e la partenza improvvisa e repentina aveva scaraventato il povero Piton a gambe all’aria.

Proprio come allora…

 

 

 

~

“Maledizione!”
“Pff…”
“Guai a te se ridi, Lily!”
“E finiscila di brontolare, una volta tanto! Piuttosto, dammi la mano. Ti aiuto”
“Cadrei di nuovo! È impossibile mantenere l’equilibrio su questo accidente!”
“Beh, io ci riesco”
“Sì, ma tu sei…”
“… cosa?”
Agile? Bella, leggera e delicata come una farfalla?
“…non importa. Comunque faccio da solo”
“D’accordo. Vorrà dire che darò a Potter un altro pretesto per prenderti in giro ”
“…”
“Allora?”
“Non lo faresti”
“Beh, mettimi alla prova, no?”
“Ci puoi scommettere. Ma adesso aiutami ad alzarmi. Muoviti, che aspetti?”
“Bravo. E ricordati che io non ti lascerò mai cadere, Severus. Capito?”

~

 

 

 

Quasi si aspettò che fosse sua la mano che lo aiutò ad alzarsi.

“Succede, amico mio. Succede” disse Jack Picchetto con cordoglio: “Forza, siediti qui” gli indicò una sedia, e Severus ubbidì alzando poi lo sguardo al soffitto, dove dondolava un lampadario spento, enorme e brutto.

Piton seguì con gli occhi il suo dondolare, rinunciando a riprendere il discorso di prima: ormai il Nottetempo l’aveva portato lontano da Londra, diretto per chissà quale destinazione.

 
Piton non aveva mai creduto alla sorte. Semplicemente non si era mai soffermato a riflettere sull’argomento… spendere tempo in considerazioni su cose così astratte era semplicemente inutile e infruttuoso.

Ma allora cosa l’aveva condotto sul Nottetempo se non la sorte, che apparentemente voleva a tutti i costi impedirgli di dimenticare gli anni passati?

 

 

 

Impedirgli di dimenticare chi era…

 
…un uomo patetico che viveva di ricordi.

 

 

 

 

In ogni caso, meno restava su quell’autobus, meglio era.

“Ah, dimenticavo” esclamò improvvisamente Jack, che si era appartato nella sua sedia a dondolo vicino all’autista leggendo la Gazzetta del Profeta: “Dov’è che scende?”

“Alla prossima” constatò Severus.

“Abergavenny? Ma guarda un po’, è la stessa fermata di Madama Palude!” fece Jack stupito indicando la testolina verde della signora che li guardava da un bel pezzo. Fece l’occhiolino a Severus e poi scomparve.

 
“Rettifico” si affrettò Piton: “Devo scendere dopo Abergavenny”.

 

“Perfetto” sorrise Picchetto, tornando al suo giornale.

 

*

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Benvenuti nel terzo capitolo!
Questo è decisamente corto. E piatto, non accade praticamente nulla. T_T
Chiedo venia, ricordatevi che è pure la mia prima fiction a capitoli. U_U Vi prometto che il prossimo chap sarà più interessante.
Ringrazio infinitamente Ernil, Pervinca, Dedy e Allison per le loro recensioni che mi danno grande coraggio! TwT Ringrazio pure chi ha messo la mia storia fra i preferiti e chi legge senza commentare.
Buona lettura di questo (inutile) capitolo.

 

~ YOUR GUARDIAN ANGEL ~

 

*

 

Londra – Luglio 1985

 

Capitolo Terzo

*

File di alberi correvano veloci davanti agli occhi semichiusi dell’uomo, persi nell’infinità dei suoi pensieri.
Gli alberi finirono al limitare di un ponte che si ergeva sopra un fiume in piena: neanche il sole cocente era stato capace di prosciugare l’impetuosità delle sue acque, che si infrangevano potenti sui pilastri della costruzione.

L’uomo guardò lontano lontano, cercando l’origine del fiume, e trovò il profilo delle antiche montagne, una linea infinita che separava i rilievi rocciosi dall’altrettanto infinito azzurro del cielo, maculato di soffici nuvole solitarie.

Questa immagine di sconfinata bellezza fu brutalmente distrutta da una violenta frenata: il Nottetempo era giunto ad Abergavenny.


“Eccoci arrivati, Madama Palude!” flautò Jack Picchetto con puerile entusiasmo: Piton si chiese come facesse a svolgere un lavoro così insulso con tanta spensieratezza.
Madama Palude scese dall’autobus accompagnata a braccetto dal fedele bigliettaio, lanciando un’ultima occhiata golosa a Severus.

“A presto, squisitissima!” la salutò Jack con un gran sorriso prima che le porte del Nottetempo si richiudessero: “Puoi partire, Ern!”

 
Piton sgranò gli occhi mentre le braccia saettarono alla ricerca di un appiglio, disperate.

BANG! ruggì vigoroso l’autobus prima di ripartire per destinazioni ignote.

“Allora la prossima è la tua, amico” disse Jack stando perfettamente in equilibrio nonostante il Nottetempo procedesse in quel momento a zig zag.

Per tutta risposta Piton lo fissò truce dalla posizione in cui si trovava, ovvero disteso pateticamente sul pavimento.

 

 

Hmm. Disteso.

 

 

Si sarebbe potuto addormentare lì, immantinente. Questo se fosse stato un normale uomo con un normale bisogno di dormire, dopo una notte di veglia.

Ma non era solo una notte che Severus aveva passato senza quasi chiudere occhio. 
Erano settimane, forse mesi. Un’oscena sequela di notti insonni, di infinite battaglie coi propri rimorsi e rancori.

Una semplice pozione avrebbe risolto il problema… ma perché addormentarsi, quando sicuramente nel sonno lo attendevano incubi più orribili dell’insonnia stessa?
Non voleva rivedere i volti stravolti dal terrore degli innocenti che non aveva indugiato ad uccidere per quell’ideale marcio.

 

Ripensandoci, anche prima dello sconvolgimento totale della sua esistenza aveva passato molte notti senza dormire…

 

 

 

 ~

“Severus, perchè queste occhiaie?”
Piton si irrigidì quando il dito di lei andò a sfiorargli la zona sotto l’occhio.
“Sev, mi hai sentito?”
“C-cosa?”
“Ti ho chiesto il perché di queste occhiaie. Che ti è successo?”
Severus si rabbuiò, e la ragazza capì subito di cosa si trattasse.
“Tobias. Se n’è andato” disse semplicemente. Le raccontò di come
avesse passato la notte a consolare la madre:
le era sembrata così piccola fra le sue braccia.
Solo quando si era finalmente addormentata Severus si era concesso di piangere, 
silenziosamente e con discrezione,
con la furia che brillava negli occhi umidi.
Mentre raccontava quasi non si accorse delle dita di lei che si intrecciavano con le sue…

~

 

 

 

Quando Piton riemerse dai ricordi si ritrovò sulla sedia di prima: Jack lo guardava perplesso coi grandi occhi azzurri.

“Hei amico, tutto a posto?” chiese, sinceramente preoccupato: “È fino adesso che ti chiedo se lo vuoi” aggiunse mostrandogli una generosa coppa di gelato con vari gusti alla frutta.

Piton inarcò un sopracciglio, beffardo: l’aveva preso per un marmocchio forse? 
Trovava patetico che venisse offerto un gelato ad un uomo adulto, era assolutamente insensato, anche se non sapeva spiegarsi precisamente il perché.

Ma Picchetto sembrò non accorgersi dell’espressione indignata di Severus e ficcò prontamente il gelato fra le sue mani. “Sai, non ho mai visto una persona che avesse bisogno di un buon gelato quanto te, amico!” disse Jack con un sorriso adorabile: “Questo è speciale, sai? Anche con questo caldo non si scioglie. Lo prepara mia moglie, e Stan lo adora, e lo adorerà anche il suo fratellino! Ah, non ti ho detto che stiamo aspettando un altro bimbo, vero? Ormai manca poco, non vedo l’ora! E tu, che fai nella vita amico? Sei sposato? Hai figli? Dove lavori?”

 

 

Irritante.
Davvero molto. Molto. Irritante.

 

 

Ma Severus vide negli occhi cristallini di quell’uomo una cosa talmente estranea che avvertì un lontano senso di vuoto: una pura e sincera felicità.

Ebbe un velocissimo moto di intensa angoscia, nel quale concretizzò la certezza che lui mai, mai più avrebbe provato una sensazione simile, e che la vita semplice di quell’uomo non sarebbe stata mai la sua.

*

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Eccomi col quarto capitolo! ^-^
Beh, dove siete finiti tutti? T_T Perché non recensite, perchèèèè! 
Ok, basta coi piagnistei.
Ringrazio Pervinca ( 1] Mi fa piacere che ti abbia incuriosita questa cosa, a me ha toccato molto la situazione famigliare di Sev… purtroppo di uomini come Tobias ce ne sono molti in giro. 2] Sì, al litigio con Lily, ma poteva essere inteso anche come la sua morte. 3] Aww! *_* Grazie per aver citato quella frase, credo sia una delle poche frasi più significative che abbia mai scritto! Sono d’accordo con quello che ritieni abbia pensato Severus. Per concludere grazie, grazie davvero), Allison ( erg, mi dispiace deluderti, ma temo che la storia non andrà oltre i venticinque anni di Piton! ^^’’ Sorry… comunque grazie mille dei complimenti, mi fanno molto piacere! ) e le 20 persone che hanno messo YGA nei preferiti/seguite. 

Grazie a tutti! (_ _)
Well, vi auguro buona lettura! In questo capitolo ci sarà un personaggio che certamente amate…
  
 

~ YOUR GUARDIAN ANGEL ~

 

*

 

Londra – Luglio 1985

 

Capitolo Quarto

*

Cuz you're my, you're my, my, my true love, my whole heart
Please don't throw that away
Cuz I'm here for you
Please don't walk away and 
Please tell me you'll stay woah, stay woah

*

“Siamo arrivati, amico” disse Jack Picchetto mestamente: sembrava davvero dispiaciuto del fatto che Severus dovesse (finalmente) scendere dal Nottetempo.

Piton si alzò lentamente dalla scomodissima sedia sulla quale aveva passato l’intero viaggio, e con lo sguardo percorse ogni angolo dell’autobus, dandogli così l’addio.

 

 

Stava davvero diventando troppo sentimentale.
Scosse il capo, per esorcizzarsi da quei pensieri inopportuni.

Il silenzioso Ern lo salutò con un cenno della mano e un piccolo sorriso, mentre il bigliettaio gli chiese timidamente undici falci come compenso.
Severus ridusse gli occhi a due fessure mentre si frugava nelle tasche alla ricerca del denaro: porse poi le monete a Jack, che sembrava sull’orlo delle lacrime.

“Allora” disse quest’ultimo, intascando le falci: “Tornerai a trovarci, vero?”

“Non vedo perché no” rispose Severus soave, falso come Giuda: “Ora devo affrettarmi. Con permesso. Ah, può riprendersi il…”

Ma il Nottetempo stava già partendo, con Jack Picchetto che lo salutava dal finestrino sventolando un fazzoletto cremisi.

“… gelato” concluse Severus imbestialito.

 

***

 

Severus si rese conto di una cosa.
Jack Picchetto, troppo impegnato nella narrazione della sua radiosa vita famigliare, si era completamente dimenticato di dirgli il nome della tappa successiva ad Abergavenny.

In pratica, Piton non aveva la minima idea di dove si trovasse.

Dannazione. Poteva essere in pericolo.

Il pericolo… una sensazione quasi perpetua, che aveva aderito alla sua pelle insieme al Marchio Nero lo stesso giorno che questo gli era stato inciso nella carne. Da allora non se l’era mai scrollata di dosso, ogni cosa poteva rappresentare un insidia, un inganno.
Guardare in ogni direzione prima di procedere, essere veloci e scattanti in caso di attacco.
Essere pronti ad uccidere ed essere uccisi. 

Ma quel posto non sembrava nascondere nulla.
La cosa che gli balzò subito all’occhio era il perfetto, maniacale e in qualche modo inquietante… ordine
Case paurosamente uguali, balconi straripanti degli stessi identici fiori, alberi disposti a una distanza calcolata al millimetro. 
Severus Piton non riusciva a tollerare una manifestazione così palese di banale normalità.

Scosse nuovamente il capo, dandosi dell’idiota.
Cosa ci faceva ancora in quel posto? Si sarebbe dovuto Smaterializzare appena sceso dal Nottetempo. Fra una cosa e l’altra aveva sprecato quasi la metà del pomeriggio in emerite cretinate, e per di più aveva ancora quello stupido gelato in mano.

Eppure, c’era qualcosa che gli impediva di andarsene. Una strana sensazione di deja vu.

Di certo non era mai stato in quel quartiere, ma gli sembrava comunque famigliare: che qualcuno gliene avesse parlato?

“Hei, signore, ti togli dal marciapiede?” fece improvvisamente una vocina petulante dietro di lui.

Severus si voltò verso l’interlocutore.


Un bambino.


E con lui uno, due, tre, quattro bambini, di alcuni anni più grandi.
Cinque bambini in tutto.

 

Orrore.

 

In particolare gli faceva orrore quello che aveva parlato, l’unico che aveva il privilegio di deambulare con una biciclettina dall’aria molto costosa. 
Il bambino in questione, oltre ad essere grasso da far spavento, aveva la faccia di chi non ha ricevuto la benché minima educazione, che sia un rimprovero o una patacca sul sedere. 
La faccia di chi si crede al di sopra di tutto e tutti. La faccia di un bambino viziato e prepotente.
Insomma, una faccia da James Potter.

Incredibile come quasi tutti i pensieri sgradevoli di Piton sfociassero sempre in direzione di quel depravato di un Potter.

 
“Allora? Dobbiamo passare!” si lagnò il ragazzino con tono irrispettoso.

Troppo irrispettoso per Severus Piton.
Sul viso dell’uomo si aprì un ghigno sadico: sarebbe stato divertente umiliare quel surrogato di Potter davanti ai suoi amici.

“Che cosa hai detto, colesterolo?” chiese Piton con malignità, concentrando in quelle cinque parole tutta la bastardaggine della quale disponeva.

I compagni del bambino indietreggiarono. Uno sussurrò: “L’Uomo Nero dev’essere sordo”.

L’Uomo Nero?

 

“Ho… ho detto che dobbiamo passare” ripetè il bambino, le guance ciccione che tremolavano un po’ per il timore: “Spostati”.

Severus Piton non era un uomo di molte parole. Solitamente bastava il suo sguardo per ghiacciare il sangue nelle vene alle persone che lo infastidivano. Quindi, in pratica, tutte.

“Dud, andiamocene” fece un bambino in un bisbiglio terrorizzato.

Ma ‘Dud’ sembrava non sentirlo: abituato com’era ad averla sempre vinta, fissava shoccato lo sconosciuto. Eppure doveva saperlo che con l’Uomo Nero non si scherza.

Ma d’un tratto negli occhi del bambino si accese una scintilla di pura cattiveria. Smettendo di concentrarsi su Piton e guardando dietro di lui, cominciò a gridare a squarciagola: “POTTER! POTTER! POTTEEEEEER!”

In un lampo i ragazzini scattarono all’inseguimento di un bambino in lontananza e sparirono dietro una curva, lasciando basito il professore di Pozioni.

 

 

POTTER?!

 

 

 

Com’era possibile?

 

 

La prima cosa a cui Piton pensò fu: omonimia. Quanti Potter potevano esserci in Inghilterra?
Milioni?
Dopotutto lui non aveva visto in faccia il bambino, che era stato veloce a sparire dietro la curva.
O forse non c’era nessun Potter, e ‘Dud’ poteva aver urlato un nome qualsiasi a mo di diversivo.

C’era solo un modo per scoprire la verità.

Severus si mise a camminare in direzione dell’incrocio fra le due vie residenziali: dovevano pur esserci dei cartelli che indicassero la sua ubicazione…

L’unica certezza era che, ad ogni passo, quel luogo si faceva sempre più familiare…

Arrivò ai pressi del cartello.

Ora doveva solo alzare il volto verso la scritta, aprire lentamente gli occhi e constatare che si trovava precisamente a…

 

Privet Drive.

 

 

 

 

Privet Drive.

Privet Drive.

Privet Drive.

 

 

 

Dove Harry Potter viveva, protetto dall’Incanto Fidelius.

 

In un attimo i pezzi del puzzle si ricomposero mostrando la verità.

 

Sorte. Fato. Destino.

 

Cose alle quali Severus non aveva mai creduto.

Ma ora si sentiva come un burattino nelle mani di queste entità misteriose, un burattino in balia di una serie di eventi che l’avevano inevitabilmente condotto proprio a Privet Drive.

Un motivo ci doveva essere. Non poteva essere tutto casuale.

 

 

Erano passati quattro anni da quando aveva fatto a Silente quella promessa, e ne aveva fatto il suo scopo di vita: proteggere suo figlio. 
Cos’altro poteva fare?

 
E in quattro anni non c’era giorno in cui non pensava al momento in cui avrebbe incrociato di nuovo i suoi occhi, gli occhi di Lily Evans, incastonati nel viso dell’uomo che aveva odiato con tutto se stesso.

Oh, quegli occhi… un trionfo di verde incantevole, infinito, il ricordo più dolce che aveva e che avrebbe mai avuto. 
Non era pronto. Se quel momento era arrivato, lui non era pronto.

 

Perché sapeva che Harry non era lei.
Harry era il maledettissimo figlio di James Potter, con tutti i suoi infiniti difetti.
Era inutile cercare Lily in Harry.
Inutile e dannoso.
Ed era meglio così: meglio convincersi che di Lily non era rimasto niente, piuttosto che illudersi di rivederla negli occhi di suo figlio.

 

Per cui si guardò intorno, alla ricerca di sguardi indiscreti, accertandosi che non ci fosse nessuno.
Doveva Smaterializzarsi, e subito.

 
Guardò a destra, a sinistra, di fronte, dietro di se…

Guardò anche in alto.

E quando guardò in basso… fu investito da un bagliore verde.

 

 

 

~

“Allora? Ti piace qui?”
Severus occhieggiò la spiaggia affollata, la coda lunghissima al chiosco del gelato,
un gruppo di ragazzi dai fisici scolpiti che pedinavano due ragazzine ridacchianti,
il mare dalle acque cristalline dove galleggiavano sporadici rifiuti.
Poi osservò i capelli della ragazza danzare con la brezza marina,
e il sole scintillare nei suoi occhi.
 “Certo. Io… amo questo posto.”
Lily sorrise.
“Bene! Mi sentivo una rapitrice.”

~

*

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


V Cap

Quinto capitolo! °w°
Questo è stato forse il più arduo, siccome ce l’avevo già scritto da tanto tempo ho dovuto ‘solo’ perfezionarlo ed ampliarlo, ma non è stato così semplice. @_@
Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente, ovvero Pirate (vov, una fan dei Red Jumpsuite Apparatus! Your Guardian Angel è la mia canzone preferita in assoluto, di quel gruppo), Ernil (thanks! *.*), SnapEly (non molto cortesemente, temo), Dedy94 (ti perdono, ti perdono! XD *fa rialzare Dedy*), Pervinca (grazie per i complimenti cara! *.*) e Allison (no, non erano affatto rivolte alla spiaggia!XD Grazie per i complimenti! ^\\^).
E grazie alle 25 persone che hanno messo YGA nei preferiti senza recensire, che esorto nuovamente a farsi vivi! ò_ò 

Ah, ultima cosa... scusate se lascio sempre molti puntini di sospensione tra una frase e l'altra, è per dare l'idea della conflittualità fra i pensieri e i sentimenti di Severus. Se vi danno fastidio, ditemelo.

~ YOUR GUARDIAN ANGEL ~

 

*

 

Londra – Luglio 1985

 

Capitolo Quinto

*

 

Il gelato cadde a terra.

 

 

 

 
Severus Piton smise di respirare.

 

 

 

 
Verde. Verde. Tanto verde.
Quanto tempo senza vederlo… com’era potuto vivere senza?

Quel verde, che in quell’istante infinito gli stava evocando tutte le immagini, tutte le voci, tutti i profumi di lei… gli stava evocando una vita intera, una vita diversa, di quando aveva Lily Evans al suo fianco.

Gli stava evocando la loro storia.

Tutto perché in quel momento, davanti a lui, sudato e ansimante, c’era il piccolo Potter.
Oh, cielo. Il suo piccolo tormento.
Colui che, insieme al padre, era disposto a consegnare ad Signore Oscuro pur di aver salva la vita della donna che amava.

Com’era stato stupido… cosa pensava di ottenere in cambio della morte di Harry?
L’amore di Lily, forse?

Il piccolo Harry, per il quale Lily era stata uccisa.
Quante volte Severus aveva scaricato su di lui la colpa della morte della sua amata…
E quante volte si era pentito di aver pensato una cosa simile… il colpevole rimaneva sempre lui, Severus Piton. 
Avrebbe dovuto portarsi questo peso per sempre.


Era la sua condanna.

 

 

L’uomo deglutì, cercando di riacquistare un po’ di controllo.
Strinse le labbra con violenza, fremendo, e così anche i pugni, conficcandosi le unghie nella pelle, cercando in tutti i modi di nascondere quella tempesta di emozioni che si stava agitando nel suo povero e arido cuore.
Sopprimere i sentimenti, sempre.
Prima regola del buon Occlumante.

 

Ora, come doveva comportarsi col piccolo Potter?
Il piccolo Potter, che sembrava alquanto agitato: non riusciva a respirare normalmente e si guardava alle spalle in continuazione.
Di sicuro temeva di essere trovato dai suoi amichetti. Stavano di certo giocando a quell’idiozia infantile chiamata… nascondino?

 

Nascondino…

 

 

 

~

“Hei, Principe…”
“Hmm?” rispose Severus un po’ scocciato: 
erano dieci minuti buoni che aspettavano dal 
bagnino di sapere sotto quale ombrellone stare.
“Guarda quei bambini” sussurrò Lily indicando all’amico 
cinque ragazzini che giocavano a nascondersi 
dietro ai pochi rifugi disponibili.
Uno riuscì a raggiungere la tana prima di essere scoperto.
“Sì, li vedo...” disse il ragazzo, ma la voce gli morì in gola 
quando vide le iridi dell’amica.
In sette anni non le aveva mai viste così piene di dolore.
“Come avrei voluto… che Petunia avesse giocato con noi 
quando eravamo piccoli…”  disse la ragazza affranta.
Severus precipitò in un abisso di angoscia infinita.
Lily stava ancora soffrendo per sua sorella.
Aveva sofferto per tutti questi anni, e lui non se n’era mai accorto.
Come aveva potuto non vedere?
O meglio, quando aveva smesso di vedere?
Sentì l’impulso di stringere Lily a sé, ma la sola idea di farlo lo fece avvampare…
E avvampò ancora di più quando sentì le braccia di Lily attorno al suo collo, tremanti.

 ~

 

 

 

E poi, d’un tratto, Harry parlò.

 

 

“Signore” rantolò il bimbo preoccupato: “Ha visto qualcuno passare di qui, per caso?”

 

 

 

 
Piton sussultò.

 

 

 

 

 
Poi si irrigidì, guardando Harry come si guarda una pozione malriuscita.

 
 

 

 


 

 

 


 

Che sfacciato.
Nemmeno un ‘mi scusi’ o un ‘per favore’.
Quel bambino mancava completamente d’educazione. Proprio come ‘Dud’: non si sarebbe stupito se i due si fossero rivelati parenti. 

Severus studiò velocemente il volto del bimbo, evitando accuratamente gli occhi.
Tutto suo padre. Tutto.
E fu proprio per quel tutto che non gli disse dei suoi ‘amichetti’ in arrivo.

Tana per Potter.

‘Dud’ fu il primo a chiudere il pugno ciccione attorno all’esile braccino di Harry, che cercò di divincolarsi.

 
“Lasciami! Lasciamiii!” si disperava il bambino, accerchiato dagli altri ragazzini.


Evidentemente il piccolo Potter detestava perdere.
“Bene, Potter, sei nostro! Adesso ti… ti…” latrò ‘Dud’ minaccioso, ma la sua voce si affievolì quando si accorse da chi era accompagnato Potter.
Argh, l’Uomo Nero!

 

Rapidamente lasciò libero Harry, il quale si affrettò a sparire dietro Piton in cerca di protezione.

 

 

Severus sbiancò. 
Sentì manine calde di Potter appoggiate alla sua gamba, stringendo il tessuto dei pantaloni…
Per meno di un attimo percepì qualcosa fiorire nelle oscure profondità del suo essere, qualcosa che andava oltre all’antico odio nei confronti di quello scellerato Potter.
Ma scostò ugualmente la gamba dalla presa di Harry, infastidito da quel contatto.

 

 

‘Dud’, intanto, pensava.
Darla vinta a Potter sarebbe stata un onta che difficilmente avrebbe dimenticato, tuttavia non poteva nemmeno affrontare l’Uomo Nero.
Idea: semplicemente sarebbe allontanato, lasciando il cugino in balia del nemico.
L’Uomo Nero se lo sarebbe portato via.

Con un cenno sbrigativo della mano fece segno ai compagni di fare marcia indietro, e se ne andò pedalando veloce.

 

***

 

Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.

Non aveva idea come queste parole fossero entrate nella sua testa, ma Severus pensò che nessun’altra frase al mondo avrebbe potuto descrivere meglio di così la situazione nella quale era immerso.

In quattro anni aveva anestetizzato i suoi pensieri (o almeno, ci aveva provato), per scordarsi il più possibile di quella serie di eventi agghiaccianti che avrebbero condizionato per sempre il resto della sua vita.
Se non avesse fatto altrimenti, era certo che il dolore l’avrebbe spazzato via con la facilità con la quale il vento d’autunno strappa le foglie ingiallite dal loro amato albero.

E cosa aveva ottenuto, cercando di dimenticare (o meglio, fuggire) il suo passato?
Semplice. Quello tornava a galla, nel modo più imprevedibile e doloroso possibile.

Che beffa.
E dire che quella parte del suo passato era l’unica cosa che lo teneva ancora aggrappato alla vita.
Sì, perché per Severus l’unica cosa che dava un senso ai suoi giorni era la prospettiva di riuscire a mantenere quella promessa.
Proteggere Harry.
Senza di essa…

 

 

“Signore?”

 

 

Hmm, Potter aveva parlato.

Piccola pulce.

Se avesse potuto leggere la storia dell’Uomo Nero nei suoi occhi color pece, probabilmente avrebbe cambiato atteggiamento. Sicuramente non sarebbe stato così… così…
Così Potter.
In fondo, solo una era la colpa di Harry: essere figlio di James.
Per questo, non poteva perdonarlo.

 

“Cosa?” abbaiò Piton, scurrile.

 

Harry non era affatto intimidito dal tono del signore, abituato com’era agli urlacci di Zio Vernon. Tuttavia deglutì: doveva fare una domanda davvero molto importante.

“Lei… lei è davvero l’Uomo Nero?”

Piton sbuffò.
Proprio come aveva pensato: uno sfacciato. E pure impertinente.
Decise che spaventarlo un po’ non poteva nuocergli.

“Certo che lo sono. I tuoi compagni sono fuggiti davanti a me. Perché non li raggiungi?” chiese, sperando di allontanare dalla sua persona quell’insistente sguardo verde.

Questa volta fu Harry a trattenersi dal ridere. L’Uomo Nero era molto sciocco.
Compagni? Raggiungerli?
Si vedeva lontano un miglio che quei bambini lo stavano perseguitando! 

Comunque un Uomo Nero con un gelato (spiaccicato sul marciapiede) non doveva essere molto pericoloso.
“Perché, ecco, loro… loro volevano farmela pagare.”

Tipico Potter.

Chissà quale tiro mancino doveva aver giocato a quei poveri ragazzi, se ora cercavano vendetta.
“Ma davvero?” replicò Piton con un sorrisetto lezioso: “E per quale ragione volevano fartela pagare?”

Harry serrò un attimo gli occhioni. Sembrava si stesse concentrando.
“Sono entrato nella camera di Dudley, mio cugino” confessò Harry, sollevato di essersi tolto quella colpa dal cuore.

Severus annuì. Si sentiva solidale col povero Dudley.

Probabilmente Potter gli aveva nascosto una valanga di caccabombe dentro l’armadio (anche se non era certo che esistessero caccabombe nel mondo Babbano) oppure gli aveva riempito le lenzuola di Vermicoli striscianti. 
Caccabombe… Vermicoli… cose che ai tempi di Hogwarts finivano irrimediabilmente nelle sue mutande per mano di Potter Senior. Il figlio doveva aver ereditato la sua dimestichezza nel maneggiare simili nefandezze.

Ma… un attimo.


Aveva appena detto che suo cugino si chiamava Dudley?

‘Dud’… diminutivo di Dudley...

I due erano davvero parenti.

 

 

 

 

 

Che famiglia disastrata.
“E poi? Cos’hai combinato nella sua camera?” lo incitò bruscamente, curioso come non mai di scoprire ogni sfaccettatura del temibile piano di Potter contro l’indifeso cugino.

Harry alzò lo sguardo in cui riluceva una confusa innocenza.

“Niente signore” mormorò il bambino, sincero: “Sono entrato nella camera di Dudley” ribadì, facendo capire che il suo crimine consisteva unicamente in quello.

 

A quel punto Piton poteva scegliere fra due strade.

O credere in anni e anni di prese in giro e umiliazioni da parte di James Potter.

O credere nella purezza di quello sguardo, che cercava ostinatamente di evitare.

 

Scelse la prima.

Tanto la stava percorrendo già da molto tempo, la strada dell’odio.

 

*

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


VI Cap

Voov, otto recensioni! 
Ringrazio Lily483 (grazie, buone vacanze anche a te! ^3^), Ksanral (concordo pienamente con quello che hai detto, sono contentissima di esserti riuscita a trasmettere quello che pensa precisamente Piton secondo il mio punto di vista! Grazie, e continua a seguirmi!), Yelena (grazie tesoro, per tutto (-:), SailorUranus (maddai, è davvero la tua canzone preferita? *_* Non sapevo che ci fossero così tanti fans dei RJA… grazissimissime per i complimenti!), Ernil (grazie! çwç), Ashley Snape (grazie carissima, mi fa piacere che hai apprezzato! A presto!), Allison91 (sì infatti, sarebbe stato stupido se si fosse addolcito, anche perché non è proprio nella sua indole! Grazie come sempre! *_*) e Pervinca (oddio Vì, così mi commuovi… grazie davvero!^^).
Bene, spero di non aver dimenticato nessuno.
Ringrazio pure le 34 persone che hanno messo questa storia nei preferiti! ^3^
Well, vi lascio al sesto cap! A dire il vero non sono tanto soddisfatta (non ero soddisfatta nemmeno degli altri, ma vabbè)… ditemi cosa ne pensate!

 

~ YOUR GUARDIAN ANGEL ~

 

*

 

Londra – Luglio 1985

 

Capitolo Sesto

*

La strada dell’odio.
Quante persone aveva incontrato percorrendo quella via?


Suo padre Tobias.
Che nelle rare cene di famiglia lo umiliava davanti nonni, zii e nipoti, anche loro molto malcontenti di quel piccolo parente che non aveva niente in comune coi Piton.
Severus era il ritratto di sua madre Eileen. Era figlio di lei, e basta.


James Potter.
Quel disgraziato figlio di papà nato, morto e vissuto nella gloria senza meritarsene neanche una briciola.
Quello spudorato senza il minimo rispetto per le esigenze e i sentimenti altrui, coraggioso solo se scortato da quei tre lecchini anch’essi codardi fino al midollo.


Voldemort e i Mangiamorte.
Chi più di loro aveva incentivato il suo desiderio di sangue e vendetta? Vendetta sui Babbani, prima di tutto, capaci di etichettare una persona come ‘diversa’ e di metterla da parte con una velocità sorprendente, senza nemmeno conoscerla.


E infine, l’odio lo vedeva negli occhi dei suoi studenti mentre teneva lezione, negli occhi dei colleghi quando lo salutavano con finta gentilezza, negli occhi dei passanti che lo fissavano straniti.

Sì, Piton era sempre stato circondato dall’odio.
Era ovunque.
Erano tutti dei mostri pieni di odio, sia Maghi che Babbani.

 

Ma ora, davanti a Harry, questa convinzione sembrava vacillare. Tutte le sue convinzioni erano crollate, quel giorno.
Di certo quel piccolo bugiardo stava mentendo riguardo suo cugino, doveva mentire… ma come convincersene completamente, con quegli occhi puntati addosso?

 

 

 

Piton non sapeva che fare.

 

 

 

 

Non sapeva cosa dire.

 

 

 

 

Nemmeno cosa pensare.

 

 

 

 

Stava lì, rigido e inespressivo come una brutta statua di carbone.

 

 

 

 

 

E intanto Harry lo guardava.
L’Uomo Nero lo affascinava: prima sembrava interessatissimo a conoscere ogni cosa di Harry, poi improvvisamente non aveva più chiesto niente e non si era nemmeno più mosso. Sembrava che quasi non respirasse.

Poi Harry portò lo sguardo al gelato che se ne stava tristemente spappolato sull’asfalto.

Eureka! L’Uomo Nero era triste per quello… 
Si ricordò di una volta che Dudley aveva fatto cadere il suo, e aveva fatto i capricci finchè non gliene avevano portato un altro.

 

 

 

 

 

Piton non sembrava intenzionato a riemergere dal suo stato di tormentato torpore.
In quel giorno erano successe decisamente troppe cose.
Troppe cose che avevano sconvolto la sua solita routine, cosa non molto favorevole per il suo equilibrio mentale.

 

 

…cosa diavolo stava facendo quel Potter?

 

 

 

 

 

Ecco fatto.
Harry era molto soddisfatto del risultato: aveva sollevato con delicatezza la coppa di gelato, facendo attenzione a rimuovere tutte le parti sporche.
Harry sapeva che il gelato non era più bello come prima, ma una buona parte si era conservato ed era certo che fosse ancora buono.

E ora lo stava porgendo a un basito Uomo Nero, con un piccolo sorriso.

“Grazie per aver mandato via Dudley, signore”.

 

 

 

 

 

Piton guardò il bimbetto con un’espressione quasi simile allo sgomento.

 

Poi i tratti del suo viso si indurirono in una maschera di sarcasmo.
Cosa pensava di fare quel moccioso? Di corromperlo, forse?

 

“Signore, non lo vuole più?” miagolò Harry, dato che l’Uomo Nero non accennava a rispondergli.

Piton si accigliò ancora di più. “No ragazzino, non intendevo recuperarlo. Potevi lasciarlo dov’era” chiarì poi in un sibilo.

Harry sembrò deluso. Tanto lavoro per nulla.
Però… quel gelato sembrava davvero delizioso…

“Hem… signore?”

“Hmm?”

“Posso… possoassaggiarloperfavore?” domandò il bambino precipitosamente sperando che l’Uomo Nero non si arrabbiasse, come faceva solitamente zio Vernon quando Harry si azzardava a chiedergli qualcosa.

 

Piton gli dedicò uno dei suoi migliori sguardi torvi, cosa che non turbò affatto Harry.

 

“Puoi farne quello che vuoi, moccioso. Io sto per andarmene” borbottò l’uomo, ed era vero: era decisamente ora di tornare a Hogwarts.
Perdere tempo in questo modo… come gli era venuto in mente? Era tempo di porre fine a quel pomeriggio disastroso, a tutte quelle emozioni contrastanti e a quei conflitti che turbavano il suo nero animo distrutto.

 

Severus avrebbe dovuto dimenticare anche quel pomeriggio.

 

 

 

 

 

Ma Harry non voleva che l’Uomo Nero se ne andasse.
Nessuno prima di allora gli aveva parlato così a lungo.
E in un qualche modo sentiva di avere qualcosa in comune con l’Uomo Nero, altrimenti perché questo si era fermato a parlare con lui?
Gli zii gli ripetevano sempre di essere un peso, un impiccio, un ingrato, e che nessuno sarebbe stato mai bene in sua compagnia.
Però l’Uomo Nero sembrava diverso… o forse non lo era per niente, e anche lui odiava Harry come tutti gli altri e anche lui se ne sarebbe andato per non tornare più come i suoi genitori.
Però Harry aveva così bisogno di credere che l’Uomo Nero fosse diverso…
Harry non era un bambino felice. Proprio per niente.

 

Per cui, dopo aver lanciato un “NO!” disperato, si lanciò verso la gamba di Piton stringendola forte.

 

 

 

 

Severus vacillò.

Questo era davvero troppo.

 

 

 

~

“NO!” urlò Lily prima che Severus commettesse
lo sbaglio più imbarazzante della sua vita.
“ ‘No’ cosa?” chiese Severus un po’ irritato.
“Sev” fece lei irritata a sua volta: “Questo è lo spogliatoio 
delle ragazze! Non vedi?” disse indicando la donnina stilizzata
sulla porta della cabina.
“Ed è pure occupato! Ti avrebbero preso per un pervertito”.
“Io un pervertito?” brontolò Severus accigliato: “Vogliamo parlare
di Potter allora? Non hai visto come le guarda, le ragazze?”
Lily sbuffò. “Potter, Potter, sempre Potter. 
Sei innamorato di lui per caso?” lo canzonò
Lily, ridendo poi alla faccia disgustata dell’amico.
“Dai, ti porto nello spogliatoio giusto” disse la ragazza
 mettendo le mani sui fianchi di Severus e spingendolo da tutt’altra parte.
“Sicura che non è occupato?”
“Tranquillo, è libero… e, Principe?”  
“Hmm?” fece Severus guardando gli occhi di lei 
fare capolino dalla porta semichiusa.
Avevano un’espressione di intensa tenerezza,
ma quella volta c’era un qualcosa di più, 
una cosa completamente sconosciuta a Severus e che il ragazzo non riuscì a decifrare.
Forse Lily era semplicemente felice di trovarsi al mare col suo migliore amico…
“C-che c’è?” chiese timidamente Severus.
Il sorriso di Lily si spense.
“Nulla” sussurrò lei. Sembrava triste, delusa.
“Fa presto a cambiarti” concluse, andandosene.
Severus cominciò a spogliarsi, lentamente, 
con la terribile sensazione di essersi perso qualcosa.

~

*

 

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


VII Cap

Ok, non vi nascondo che provo una certa ansia nel tornare dopo così tanto tempo xD
Ma come ho già detto, non potevo lasciare questa fiction incompiuta. Non potevo assolutamente…
Vi chiedo immensamente scusa per il ritardo, e per lo ‘sfogo’ che ora ho rimosso… davvero poco professionale °__°’’ (anche se quelle cose le penso e continuerò a pensarle…).
Vi ringrazio di cuore per avermi letta anche durante la mia assenza, e per avermi incoraggiata nonostante la mia sparizione. Sappiate che ogni tanto tornavo a leggere le vostre parole… e… beh, GRAZIE. Solo questo.
In particolare a Purepura (tranquilla, come io ho espresso la mia opinione figurati se non lo puoi fare anche tu! :D Per ‘passatempo’ [in effetti non è il termine giusto per quello che intendevo dire, pardon] non intendo persone che scrivono per diletto o con poco talento, bensì chi scrive senza anima. Le ficcyne. Durante questi mesi di tanto in tanto tornavo nel fandom di HP e… boh, sarò stata sfortunata ma finivo sempre per cliccare in quel tipo di storie. C’è inoltre un uso sbagliato dell’OOC e del ‘nuovo personaggio’ [per intenderci, troppe Mary Sue], e di fiction appassionanti ne sono rimaste ben poche. Forse in futuro cambierò idea ma lo trovo difficile…), a DiraReal (cercherò di non farlo (=), a LilyDeepBlue (mi spiace per avervi fatto aspettare così tanto… prometto che questa fiction verrà conclusa al più presto (=), ZetaSev (grazie =) Mescolare presente e passato è un mio grande cruccio, ho sempre paura di non rendere bene i salti temporali…) e PiccolaVero (eccoti accontentata (=).
Bene, vi lascio al chap! Ditemi che ne pensate, come al solito non mi convince molto… *insicurezza mode on*  

~ YOUR GUARDIAN ANGEL ~

 

*

 

Londra – Luglio 1985

 

Capitolo Settimo

*

I will never let you fall
I'll sta
nd up with you forever
I'll be there for you through it all
Even if saving you sends me to heaven

*

“Hei, moccioso” ringhiò Piton minaccioso: “Chi ti ha dato il permesso di toccarmi?”

Harry non si mosse, rimanendo impassibilmente avvinghiato al ginocchio di Severus.
“Non se ne vada, signore. Non può restare un altro po’?” cinguettò implorante il bambino.

Piton alzò un sopracciglio, incredulo.

Dove voleva arrivare quel Potter?
Cosa lo spingeva a un gesto tanto estremo?

Era meglio non chiederselo, per il momento.

Piuttosto, meglio pensare a un modo non troppo violento per liberarsi dalla sua stretta.
Dopotutto era solo un bambino, e i bambini piangono con una facilità impressionante.
Anzi, ripensandoci, piangono quasi sempre.
E Severus odiava gli strepitii dei bambini viziati e capricciosi, come viziato e capriccioso doveva essere Potter.

Per cui afferrò piano uno di quei piccoli polsi e se lo scollò di dosso con una certa delicatezza, come se stesse maneggiando un ingrediente pericoloso.

Ma quel piccolo tentacolo, una volta libero dalla presa di Severus, tornava immediatamente ad avvinghiarsi al ginocchio tanto amato, vanificando tutta la penosa operazione.

 

La collera di Piton verso l’intera dinastia dei Potter cominciò a fermentare più furiosa di prima.

 

Basta, ci voleva una soluzione drastica: sollevò senza tanti complimenti il piccolo Harry prendendolo da sotto le ascelle e lo depose il più lontano possibile dalla sua persona, promettendosi di stare più attento ad altre eventuali molestie.
Si scostò da quella paffuta e minuscola minaccia di almeno un metro, cominciando a studiare le drammatiche conseguenze di quell’allontanamento.

Perché le conseguenze sarebbero arrivate, eccome.

I bambini sono patetici capricciosi sempre insoddisfatti, perché Potter avrebbe dovuto essere diverso?

‘Forse perché gli sono stati portati via i genitori, che non conoscerà mai?’ Gli disse una parte recondita della sua anima, l’unica rimasta pura. Continuò: ‘Forse perché vive nell’inferno di una famiglia che non lo ama e non l’amerà mai?’

Eppure, tu dovresti sapere cosa si prova…

 

 

 

~

“Severus, non sei ancora pronto?” si lamentò Lily scocciata
fuori dallo spogliatoio dell’amico.
Severus sobbalzò: era stata velocissima…
“Lily, un secondo…” disse lui, asciugandosi l’ultima lacrima.
Il pensiero di sua madre che gli singhiozzava sulla spalla
non si era ancora spento…
[*]
“Sev… ti chiedo scusa per prima”.
Lui sgranò gli occhi, perplesso.
“Mm?! Per cosa?”
“…per Petunia. Tu sei sempre disposto ad ascoltarmi quando
in realtà sei tu a soffrire di più, fra noi due”.
Severus soffocò un singhiozzo e una nuova ondata di lacrime.
Poi fu invaso dal desiderio.
Voleva Lily  fra le sue braccia.
Voleva stringerla.
Voleva SOLO stringerla ed essere stretto a sua volta.
Non pretendeva che quell’angelo incantevole l’amasse
(come avrebbe potuto, Lei, così luminosa?),
voleva solo bearsi del suo abbraccio,  
delle sue dita aggraziate che gli accarezzavano la schiena…
“Lily… 

 
La porta è aperta”.

~

 

 

 

Oh, l’Uomo Nero si era incantato un’altra volta…
Harry cominciò a pensare che quel signore era veramente buffo, e trattenne a stento una risatina.

Cercò di mascherare la sua espressione divertita.

“…non può restare un altro po’?” ripetè il bambino, audace.

 

Piton riprese il contatto col presente, abbandonando quell’ultimo ricordo.

 

 

Se c’era una cosa che odiava più dei bambini piagnucoloni erano i bambini testardi.
Il piccolo Potter a quanto pareva non era tipo dalla lacrima facile, ma Piton era certo che avrebbe continuato ad insistere fino al raggiungimento del suo scopo.

Meglio chiarire da subito le cose.

“No, nanerottolo. Non posso trattenermi, purtroppo. Sono stato catapultato in questo squallido quartiere per pura casualità, e non vedo perché la tua compagnia dovrebbe farmici restare più del dovuto” sentenziò con fermezza, riuscendo a divincolarsi da quella dolce trappola che rappresentavano quei grandi occhi smeraldo.

 
Harry non si scompose: era certo che l’Uomo Nero non l’avrebbe lasciato solo e che in fondo era gentile, altrimenti non gli avrebbe offerto quel gelato meraviglioso (che miracolosamente, nonostante il sole, non accennava a disfarsi).

 
Solo, doveva trovare un modo per farlo rimanere con sè… tuttavia zia Petunia e zio Vernon non facevano altro che ripetere ad Harry quanto fosse un bambino noioso e fastidioso, quindi non poteva biasimarlo se voleva andare via…

Perché Harry era davvero noioso e fastidioso.

E inoltre non aveva nulla da offrire al signor Uomo Nero, né qualcosa che potesse suscitare il suo interesse… era solo un bambino anonimo per quel signore. Un bambino che non sarebbe mai stato speciale per nessuno.


Per cui scelse di offrirgli l’unica cosa che possedeva e che avrebbe sempre posseduto: la verità.

 

 

 

“…la prego, signore. Dudley non gioca mai con me e tutti gli altri bambini non mi vogliono visto che io non piaccio a lui… Gli zii non mi vogliono bene e a Natale mentre a Dudley hanno regalato la bicicletta e tante altre cose a me hanno regalato dei calzini grigi come tutti gli anni… e domani a pranzo andremo da zia Marge e lei mi metterà a giocare con i suoi cani che però mi fanno tanta paura, sono grandi così e non fanno altro che abbaiare e ora che ci penso mi fa paura anche zia Marge, soprattutto quando mi viene vicino e mi dice tutte quelle cose brutte sulla mia mamma e il mio papà… che non mi volevano bene e che è meglio che al mondo loro non ci siano più, perché loro bevevano tanto e non facevano niente tutto il giorno. E poi ieri sera mi ero messo ad ascoltare la zia che leggeva una favola a Dudley prima di dormire, fuori dalla sua camera, e Dudley diceva che quella favola gli faceva schifo e invece a me piaceva tanto, ma mi piaceva anche la zia quando gliela raccontava perché anche se con me è cattiva in realtà è una persona buona perché leggere una favola a un bambino è una cosa bella, vero? E se a me non la legge nessuno vuol dire che sono veramente un bambino cattivo… quindi pensavo di leggermela da solo come mi ha insegnato la signora Figg, per questo sono entrato in camera di Dudley per cercare il libro ma poi lui mi ha visto e ha cominciato a rincorrermi ovunque quindi è tutto il giorno che scappo… però lei ha mandato via Dudley quindi… quindi almeno lei starà un po’ con me, vero signore?”

 

 

 

 

 

 

Severus non disse più nulla.

 

 

Sentì un pezzo d’anima creparsi (poteva forse sentirne persino il rumore) e sbriciolarsi in miasmatica cenere.

 

 

 

L’odio per James Potter non era mai parso così insignificante.

 

 

 

 

“…per favore, signore… mi porti via da qui”.

 

*

 

 

[*] Se non capite/ricordate di cosa si stia parlando rileggete il flashback del terzo capitolo =)

 

 

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