Wonderland - The Return

di malfoy _
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Predizione ***
Capitolo 2: *** Le Sbarre del Bianconiglio ***
Capitolo 3: *** Il Lago d'Argento ***
Capitolo 4: *** La disperazione di Mallymkun ***
Capitolo 5: *** Un incarico per lo Stregatto ***
Capitolo 6: *** Dopo le Lacrime ***



Capitolo 1
*** La Predizione ***


Con le lunghe dita ornate di anelli picchettava nervosamente sul bracciolo del grande trono.

Le unghie erano lunghe e perfettamente limate, e uno smalto rosso luccicava alla luce che entrava dalle finestre.

Sul rosso dello smalto c’erano vari segni, picche, cuori, fiori, quadri, tutti neri.

Intanto l’impazienza della ragazza cresceva sempre di più. Aveva fretta di agire, e non dovevano esserci contrattempi.

Attorno al nero trono della regina c’erano i suoi soldati, con le armi alzate e in un religioso silenzio.

Il tempo sembrava non passare mai, e il cupo silenzio rendeva l’attesa ancora più orribile.

Gli unici rumori percepibili erano il ticchettio della regina e il lento muoversi della lancetta di chissà quale orologio.

Tic, Toc…

Tic, Toc…

Tic, Toc…

Tic…

Toc, Toc

Non era l’orologio.

La regina si raddrizzò la schiena, che fino a quel momento era stata ricurva.

«Finalmente!» disse ad alta voce, segno che gli individui che stavano bussando erano invitati ad entrare.

«Mia Regina, l’abbiamo preso!»

Due tipi molto curiosi entrarono nella sala del trono.

Uno sembrava un gatto, anzi, era un gatto. Piccolino, con degli occhioni grandi e –strano a dirsi- rosa. Il gattino era nero e sul dorso si trovavano un paio di piccole ali bianche.

L’altro era un uomo, alto e dai capelli chiari; davanti un occhio vi era un simbolo: picche, il segno della Regina.

Entrambi gli individui si fecero avanti nella stanza.

Il micio si posizionò subito alla destra della donna, l’uomo fece un inchino profondo e posò a terra un rotolo di pergamena.

«Bravissimi» sussurrò più a se stessa accarezzando il gatto, che dal canto suo si era sdraiato su un bracciolo, per accogliere le coccole al meglio.

«Che aspetti? Srotolalo!» ordinò all’uomo.

All’istante due soldati si fecero avanti trasportando un tavolino, su cui l’uomo aprì la pergamena.

A quel punto la regina scattò in piedi e si avvicinò al tavolo, guardando con occhi spalancati ciò che il foglio raffigurava.

C’erano date, nomi e disegni. L’Oraculum era una specie di calendario, che mostrava tutta la storia di Sottomondo. Bè… quasi tutta.

Infatti c’era solo una storia che quella pergamena non raffigurava, una storia sconosciuta a tutti, una storia che solo l’attuale Regina sapeva, una storia che la sovrana custodiva gelosamente.

«Ecco, questo è stato il primo giorno Gioiglorioso, quando Alice ha sconfitto il Ciciarampa…» disse l’uomo indicando un disegno di una ragazza che tagliava la testa ad una specie di drago gigante. «E questo… è il secondo giorno Gioiglorioso» indicò un altro punto, su cui però c’era una sola scritta che riportava il nome della ricorrenza.

«Quindi Alice tornerà» disse la Regina, ma non era una domanda.

«Esatto» l’uomo deglutì prima di continuare, sembrava incerto. «Ehm… e secondo l’Oraculum la ragazza riuscirà a fare fuori un'altra Regina…»

La sovrana lo guardò con occhi crudeli e ritornò al suo trono.

Era passato solo poco più di un anno da quando Alice aveva sconfitto la Regina Rossa, com’era possibile che ritornasse per sconfiggerne un'altra?

«Fante, dobbiamo fare qualcosa per impedire che la ragazzina distrugga ciò che ho creato» disse con voce stranamente calma per il suo volto truce.

Il Fante schioccò le dita e i due soldati ritornarono per portare spostare il tavolino con l’Oraculum ancora aperto sopra.

Ne seguirono dei minuti di silenzio. Tutti ragionavano su come impedire che Alice ritornasse, ma ogni idea svaniva velocemente come arrivava, per un motivo o per un altro.

Dopo circa cinque minuti di totale silenzio il gattino si alzò in volo e con un aria per niente dolce –ma cattiva e meschina- si rivolse alla sua padrona.

«Potrebbe esserci un modo per non far arrivare Alice qui…»

Un sorriso maligno come quello del gatto si disegnò sul volto della Regina.

«Dimmi, Jamie»

Il gatto continuò il discorso assecondando il sorriso della ragazza.

«C’è solo una via che Alice ha usato per raggiungere Sottomondo, solo una sempre, ed è stato sempre lo stesso personaggio a indicargliela, sempre»

Il sorriso della Regina si allargò così tanto che sembrò avesse una paralisi facciale.

Poi sempre con occhi maligni prese ad accarezzare Jamie, che era tornato da lei soddisfatto, e si rivolse al Fante.

«Raduna i soldati» ordinò. «Credo sia da un po’ di tempo che io e McTwisp non ci facciamo una bella chiacchierata…»

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Capitolo 2
*** Le Sbarre del Bianconiglio ***


Sbarre. Sbarre, sbarre e solo sbarre.

Ecco cosa riusciva a vedere il Bianconiglio.

Si muoveva avanti e indietro per quella minuscola gabbietta, e osservava tutto intorno a se con minuziosa attenzione.

Quella sala del castello era davvero fantastica, come tutte le altre stanze, nonostante vi abitasse una regina crudele.

La sala in cui McTwisp si trovava era lunga e dal soffitto alto. Sembrava camminare sugli specchi di quanto era splendente e lucente il pavimento.

Le finestre erano alte, ma filtrava poca luce a causa delle tende nere e piene di drappeggi rossi.

Alla fine della sala, stava imponente il trono della Regina.

McTwisp stava osservando tutto, quando cadde sul pavimento della gabbia.

«Maledizione!» imprecò fra se e se toccandosi la testa.

Tra il morbido pelo bianco risaltava una ferita rossa non ancora rimarginata.

«Credo che guarirai presto, McTwisp»

Il coniglio si girò e vide la regina entrare altezzosa dalla porta e dirigersi svelta verso il suo trono, seguita a ruota da Jamie.

La Regina di Picche era una sovrana bellissima.

Aveva i capelli castano chiaro, lisci e lunghi. Un bel fisico e un portamento regale. Ma la cosa che più colpiva erano sicuramente gli occhi.

Glaciali. Proprio come il suo carattere.

Ma c’era un’altra cosa che colpiva: l’età.

Era forse la più giovane regina che Sottomondo aveva mai visto. Aveva ventidue anni non ancora compiuti, ma nessuno ne era a conoscenza.

Si fece conoscere dagli abitanti di Sottomondo come il loro “tempo”. In poche parole, era immortale.

«Credo che mi dovresti dire perché mi hai fatto venire qui!» rispose scocciato il coniglio.

«Suvvia, non possiamo farci una bella chiacchierata?»

McTwisp la guardò di sottecchi. «Allora potrei sapere perché i tuoi soldati mi hanno stordito per portarmi da te?»

«Perché ti rifiutavi di venire, credevo che a questo ci saresti arrivato»

Il Binconiglio si sedette e, tastandosi ancora la ferita sanguinante, fissò malamente la Regina.

«Andiamo, Cler, dimmi tutto e facciamola finita!»

Si conoscevano da tempo McTwisp e la Regina, e infatti si davano del tu e si chiamavano per nome.

Molti sono insospettiti del loro strano comportamento, c’è addirittura chi ha supposto che entrambi nascondessero un segreto, e questa voce, a quanto si sa, non è stata mai smentita.

Cler iniziò ad accarezzare il suo gattino e con aria impassibile scrutò il suo ospite, come se fosse indecisa se parlare o no.

«Ho saputo recentemente, che Alice ha intenzione di tornare qui»

Per poco McTwisp non svenne. I suoi occhi si erano illuminati come lampioni nella notte.

«Oh per tutti gli orologi!» esclamò allegro «Ma come l’hai saputo?»

«L’Oraculum»

La gioia del Bianconiglio si frenò di colpo.

«Tu non hai il diritto di leggere l’Oraculum!» sbraitò con gli occhi rossi più della sua ferita «Appartiene al Brucaliffo!»

Cler fece un gesto con la mano come per scacciare quello che l’ospite aveva appena detto. «Credo che saprà stare per un po’ senza, non credi?»

Il Bianconiglio si risedette di nuovo, per ascoltare il resto della storia.

«Ma il destino può essere cambiato» la Regina si alzò dal trono con tutta la sua imponenza «Alice non metterà più piede qui»

«Si può sapere che vuoi da me?» ripetè il coniglio.

«Bè, se stai qui con me non potrai guidare Alice a Sottomondo come hai sempre fatto» rispose la Regina avvicinandosi alla gabbia.

McTwisp la guardò intensamente negli occhi.

«Tu hai paura di lei…» disse a bassa voce.

Cler rimase in silenzio come paralizzata.

«Dimmi, perché ti importa tanto che Alice non torni? Cos’è che nascondi?»

La Regina aprì la bocca piano, come se volesse rispondere, ma poi fece un sospiro profondo e si allontanò bruscamente.

«Non sono affari tuoi!» urlò con tutta la voce che aveva in corpo.

Jamie sembrò essere soddisfatto della reazione della sua padrona, poiché soffiò contro il povero coniglio e con le zampette posteriori spinse la gabbia.

«Intanto resterai con me per un bel po’ di tempo, quindi abituati a quelle sbarre!» Cler cacciò una risata malefica e riprese con un perfido ghigno ad accarezzare il gatto.

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Capitolo 3
*** Il Lago d'Argento ***


I capelli biondi svolazzavano al vento e coprivano il volto sorridente di Alice.

Correva veloce, e chissà come era riuscita a non cadere, senza inciampare nei sassolini e nei rami del boschetto.

Si sentiva veramente felice, finalmente poteva staccare dalla quotidianità della sua vita.

Aveva quasi ventidue anni, ma non se li sentiva.

Ormai era sempre torturata da sua sorella, che le diceva in continuazione che era ora di sposarsi e la invitava continuamente a feste in casa di nobili aristocratici.

Alice non ne poteva davvero più, e poi chissà perché non riusciva a trovare l’uomo giusto, nessuno che rispecchiasse ciò che lei cercava davvero.

Tutti gli uomini erano così tanto barbosi, noiosi. Avevano tutti quel fare altezzoso da “io sono superiore a tutti” che lei non riusciva ad accettare.

Nei suoi sogni il suo uomo ideale sarebbe stato diverso da tutti loro. Simpatico, che la facesse stare bene, che la capisse e che fosse anche un po’ matto, proprio come lo era suo padre, per ridere insieme della vita e di tutte le cose che sarebbero sembrate impossibili.

Quando pensava a ciò un brivido le percorreva la schiena, e la sua mente vagava lontana, raggiungendo ricordi di un luogo magico e meraviglioso.

Immaginava un coniglio bianco, una lepre che lanciava tazze, una regina dalla testa grande, un ghiro femmina che sguainava la spada e tante altre creature stranissime, che solo a parlarne con sua sorella, l’avrebbero mandata in un manicomio.

Si fermò davanti un lago immerso completamente nel verde.

Si inginocchiò davanti la riva e affondò le mani nell’acqua fresca, poi le uscì e bagnò il viso.

«Vedi di non allontanarti» le aveva detto la sorella.

Alice aveva percorso solo qualche metro.

Dopo essersi sciacquata si sedette sull’erba fresca.

Allora Alice, pensò fra sé, devi immaginare sei cose impossibili, come facevi una volta.

Chiuse gli occhi azzurri e iniziò a pensare.

Tanti pensieri sovraffollarono i pensieri di Alice, ma nessuno dei quali era una cosa impossibile.

Pensava soprattutto alla società di suoi padre, ai commerci che già da tempo aveva avviato con la Cina e a quelli che voleva avviare con la Russia.

Si alzò di scatto. «No!» strillò.

Iniziò a muoversi come se fosse stata punta da una tarantola, tenendosi la testa fra le mani.

«Perché non ci riesco più, perché?» si chiese con una voce che preannunciava un pianto.

Scosse la testa, completamente disperata.

Cose impossibili…

I minuti passavano veloci e la povera Alice era sempre più disperata.

Si inginocchiò davanti al laghetto e portò le mani in faccia per fermare le lacrime.

Ma non ci fu verso, scendevano ripide e rigandole le guancie e arrossendole gli occhi.

Quando, singhiozzando, riuscì ad alzare lo sguardo, uno strano evento la colse di sorpresa.

Il pianto cessò, e al posto delle lacrime, sul volo di Alice si disegnò un espressione sorpresa e spaventata al tempo stesso.

Era il lago. Non era più blu, ma argentato.

Incuriosita, la ragazza allungò una mano e toccò la superficie scintillante di quel meraviglioso laghetto.

Ma non appena la sua mano entrò nell’acqua una strana forza la trattenne.

«Aiuto!» urlò Alice tentando invano di togliere la mano dall’acqua argentata.

Ma nessuno la sentì, nessuno accorse, e Alice, in pochi secondi, fu spinta da una misteriosa forza in fondo al lago.

Non aveva appigli e si ritrovò a sprofondare lentamente nelle oscure profondità del lago d’argento.

 

 

Grazie dei complimenti, spero che vi piaccia anche questo capitolo ^-*

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Capitolo 4
*** La disperazione di Mallymkun ***


Non riusciva a capire niente.

Né dove fosse né cosa le stesse succedendo.

Stava precipitando nelle profondità del laghetto argentato ad una velocità incredibile. I capelli le frustavano il volto, gli occhi riuscivano a vedere solo colori, e la bocca era spalancata per poter permettere ad un urlo di venir fuori.

Chissà perché sentiva una sensazione di deja-vu, come se non fosse la prima volta che precipitava in quel modo.

Scendeva in picchiata troppo veloce per poter vedere bene cosa la circondasse.

Finalmente dopo minuti che sembravano interminabili, la povera Alice atterrò su una superficie umida.

Spaventata, si guardò in giro per cercare di riconoscere qualcosa di familiare, ma niente.

Si trovava in un luogo buio, l’unica cosa che si poteva vedere bene era il pavimento blu completamente bagnato.

In alto non c’era un tetto, quindi non si trovava in un abitazione, ma non c’era nemmeno uno spiffero di luce, quindi non si trovava all’aperto. Ma allora dov’era?

«Alice!»

Sentendosi chiamare la ragazza scattò in piedi come una molla e si girò a destra e a sinistra per capire da dove venisse la voce.

«Chi c’è qui?» domandò Alice spaventata.

«Sei tu!» continuò la voce.

Sentendosi ancora chiamare, Alice arretrò spaventata.

«No non andare via, ti prego! Sono io!»

Dall’oscurità uscì un ghiro femmina. Sembrava ridotta malissimo, era piena di tagli e ferite, e fissava Alice come se vedesse la luce per la prima volta.

Alice e il ghiro si fissarono intensamente per un minuto circa, e poi corsero spediti una verso l’altra.

Il ghiro femmina saltò sulla mano della ragazza, che la avvicinò al viso per permettere all’animale di carezzarla.

«Oh, Alice!» disse il ghiro piangendo.

«Tu sei…» iniziò Alice non capendo perché mai era così felice di incontrare il povero animale.

«Non… non ti ricordi di me?» chiese disperata il ghiro, guardando la ragazza negli occhi.

«Tu sei Mallymkun!» esclamò alla fine. «Ma come faccio a conoscerti?»

Disperata, Mallymkun scese a terra, piangendo a dirotto. «Perché hai lasciato Sottomondo, Alice? Perché? Se fossi rimasta si sarebbero risparmiate vite innocenti! E… e non ti ricordi più di noi!»

Alice non capiva. Però sapeva di aver già visto quel ghiro.

Alcune immagini arrivarono veloci nella sua mente: tagliava la testa a una specie di drago, e un gruppo di personaggi –tra cui il ghiro- la acclamavano.

«Aspetta… sono a Sottomondo?»

«Stai ricordando?»

«Vagamente… ma un po’ si! Perché ricordo così poco?» chiese.

«Sarà che ogni volta che lasci Sottomondo rinunci anche ai tuoi ricordi…» ipotizzò Mallymkun.

Alice era sempre più agitata.

Più passavano i minuti più ricordi le arrivavano rapidissimi alla mente.

«Mally… perché sei ridotta così? Dove sono tutti gli altri?»

Il ghiro iniziò a singhiozzare senza sosta, disperata come non mai.

«Dimmi cos’è successo, Mally!» urlò Alice accasciandosi al suolo.

Mallymkun si asciugò le lacrime con una manina e lentamente iniziò a parlare ad Alice. «Quando te ne sei andata una nuova regina ha preso il comando di Sottomondo, la Regina di Picche, che brutale riuscì ad avere il favore del popolo prendendo il posto della Regina Bianca. L’unico suo obiettivo da quando è salita al trono è stato cercare di impedire che tu potessi ritornare. Ovviamente tutti noi volevamo che tu tornassi per riportarci la pace e abbiamo formato la resistenza alla Regina di Picche. La regina però, convinta che ti avremmo riportata qui, ci ha attaccati con il suo esercito» il respiro di Mallymkun si fece più lento, e Alice immaginò il continuo. «Ha… ha fatto una strage…» altre lacrime rigarono il soffice pelo del ghiro. «C’è chi come me è riuscito ad uscirne, anche se ferito, e chi…»

Alice fece un grande sospiro. «Mally… chi è morto?»

«La Regina Bianca, il Leprotto Marzolino, Panco Pinco e…» il modo in cui il ghiro disse i nomi fu straziante, ogni lettera corrispondeva ad una lacrima e un singhiozzo.

Nuove lacrime scesero, però dagli occhi di Alice, che straziata immaginava già di sapere l'ultimo nome che il povero ghiro non riusciva a dire.

«E chi?» urlò la ragazza disperata.

Mallymkun la guardò. «Il Cappellaio Matto»

 

Capitolo molto disperato XD Spero vi piaccia. Non sapete quanto mi fa piacere leggere i vostri commenti, quindi ne aspetto altri ^-^

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Capitolo 5
*** Un incarico per lo Stregatto ***


Un soldato di picche si avvicinò alla gabbia del Bianconiglio e infilò una ciotola al suo interno.

McTwisp saltellò verso la ciotola e ne uscì una carota.

Era quello il suo sostentamento: quattro carote al giorno, non una di più.

Iniziò a mordicchiarla sedendosi. Si sentiva abbattuto e non sapeva più che fare: l’Oraculum diceva che Alice sarebbe tornata, ma senza lui che gli indicava la strada… la profezia non si sarebbe avverata.

«Ma cosa vedo… il Bianconiglio è per caso un po’ abbattuto?»

McTwisp alzò lo sguardo e vide una testa sospesa a mezz’aria; era un gatto dalla faccia tonda e un sorriso enorme.

«Nemmeno tu mi sembri in piena forma, Stregatto»

In effetti non era per niente in forma, nonostante il sorriso, che c’era sempre e comunque, aveva piccole ferite e dagli occhi si leggeva frustrazione.

«Sicuramente non sono nel mio stato migliore» disse lo Stregatto, a cui comparì il resto del corpo.

«Dovresti andartene, la Regina di Picche ti crede in esilio» il Bianconiglio non si degnava nemmeno di guardare il gatto, pensava a mangiare la carota.

«Uscire dalle profondità del Lago d’Argento è davvero semplicissimo, non capisco come possano chiamarlo “esilio”» lo Stregatto sembrava avesse voglia di intrattenere una conversazione con il coniglio.

Passarono alcuni minuti in silenzio, il tempo per il Bianconiglio di finire la misera carota.

«So cosa ti preoccupa» disse ad un tratto il gatto.

Il Bianconiglio non gli dava ancora retta, era intento a bere la poca acqua che c’era nella ciotola.

«Non sai come far tornare Alice…» ancora il gatto parlò ma il coniglio fece finta di non sentirlo. «…ma Alice è tornata!»

Tanta fu la sorpresa delle parole dello Stregatto che McTwisp fece rivoltare la ciotola con uno scatto della coda bianca e pelosa.

«É… è… tornata?» chiese respirando profondamente.

«Si, si trova con Mallymkun nel Lago d’Argento»

Il Bianconiglio deglutì. «E… Mally le ha raccontato… del Cappellaio?»

Lo Stregatto annuì e scomparve.

L’argomento dei caduti, e del Cappellaio in particolare, lo faceva star male, e lo Stregatto non era tipo da mostrare le sue emozioni in pubblico.

Ma McTwisp sapeva che il gatto era ancora lì, si era solo reso invisibile grazie ai suoi poteri evaporativi.

«Stregatto… devi farmi un favore» disse piano McTwisp.

Il gatto non ricomparve, ma il coniglio aveva l’assoluta certezza che non fosse andato via. Era cambiato, lo Stregatto.

«Ho bisogno che tu vada da Alice e che insieme a Mally la porti qui da me»

Finalmente lo Stregatto riapparve.

«Vuoi gettarla tra le grinfie della Regina?» domandò completamente scettico sul piano di McTwisp.

«No, ma devo parlarle» era sicuro che la Regina di Picche non si sarebbe accorta della presenza al castello di Alice. «Ti prego, fai in modo che non le accada niente, proteggila a tutti i costi!»

Lo Stregatto fissò il Bianconiglio, ma dopo un po’ annuì, si voltò e scomparve nell’aria.

«Aspetta!» urlò McTwisp allungando un braccio oltre le sbarre.

Il gatto ritornò in pochi secondi, aspettando che il coniglio parlasse.

«Non è colpa tua quello che è successo al Cappellaio…» disse il Bianconiglio con voce strozzata. «E… forse tempo fa non l’avrei detto, ma oggi mi sento in dovere di farlo… sei un eroe»

Il corpo del gatto cominciò a sparire. «Non abbastanza» e scomparve anche la testa.

 

Grazie dei commenti, mi fa molto piacere leggerli!

Ho visto che a tutte è dispiaciuta la morte del Cappellaio, ma nel Paese delle Meraviglie tutto può succedere ^-*  

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Capitolo 6
*** Dopo le Lacrime ***


Alice era distesa a terra. Non sapeva per quanto tempo aveva pianto né quante lacrime le erano venute fuori dagli occhi azzurri, stava di fatto che non riusciva a farne uscire più nemmeno una. Forse le aveva sprecate tutte.

Però i singhiozzi non cessavano. Riusciva a respirare a malapena e di tanto in tanto sussultava così forte da far venire un colpo al cuore a Mallymkun.

Il ghiro era lì accanto a lei, non si era mosso di un millimetro e le carezzava dolcemente la nuca bionda e scompigliata, nemmeno Mally sapeva dire con certezza quanto tempo fosse passato, forse ore.

«Alice…» disse piano, quando i singhiozzi della ragazza finalmente rallentarono.

Lei non rispose.

«Sono disperata quanto te, ma non serve a niente stare qui a piangere» in fondo al cuore Alice sapeva che il ghiro aveva ragione, ma non aveva la forza per spiccare parola.

Che cosa poteva dire la povera Mally?

Dovevano uscire al più presto dal Lago d’Argento e cercare un modo per sconfiggere quella dannata Regina di Picche.

Ecco che un piano balenò in mente al ghiro.

«Non vuoi vendetta, Alice?» chiese piano. Forse in quel modo si sarebbe convinta.

E infatti Alice alzò la testa, come per incitare Mallymkun a continuare.

«Lei ha ucciso le persone a cui tenevi di più, lei ha ucciso il Cappellaio. Non vuoi vendetta? Non vuoi farle provare ciò che lei ha fatto provare a te?»

Alice si sedette. Aveva gli occhi spalancati e quasi fuori dalle orbite, e digrignava i denti minacciosamente.

«Deve pentirsi di quello che ha fatto!» disse la ragazza a denti serrati.

Mally sospirò di sollievo. Ce l’aveva fatta a far reagire Alice, ma ora doveva trovare un modo per uscire dal Lago.

Proprio mentre si stava alzando una grande testa con il muso e le orecchie da gatto comparve davanti Mally, che strillando si buttò all’indietro.

«Stregatto!» gli urlò contro il ghiro.

«Ciao, Alice» disse il gatto comparendo del tutto.

«Ciao, Stregatto» lo salutò lei. Era un po’ più calma, non aveva gli occhi fuori dalle orbite, né digrignava i denti, ma le era tornata l’aria afflitta e disperata di prima.

«Che sei venuto a fare brutto gatto pulcioso che non sei altro?!? Vuoi far morire qualcun altro?» Mallymkun sprizzava rabbia da tutti i pori, era arrabbiata con lo Stregatto per quello che credeva avesse fatto al Cappellaio.

«In realtà sono venuto qui per liberarvi» il gatto era calmissimo «e a portarvi sani e salvi al castello della Regina»

Alice sgranò nuovamente gli occhi, ma nessuno se ne accorse.

«Sei passato dalla sua parte, vero?» urlò ancora il ghiro.

«No. Il Bianconiglio mi ha chiesto di portarvi da lui. La Regina lo ha catturato, però deve a tutti i costi parlare con Alice»

Mally non seppe più che dire. Il discorso dello Stregatto gli sembrava ragionevole.

«No, io non porterò Alice dalla Regina di Picche, e non lo farai nemmeno tu, perché lei la ucciderà! E Alice è la nostra unica speranza! E poi come facciamo a uscire dal Lago d’Argento?»

«A questo ho una soluzione» lo Stregatto tirò fuori una chiave d’oro, con incastonate delle pietre azzurre.

«Hai… una chiave? Come… come hai fatto?» Alice non capiva, eppure Mally era completamente sconvolta.

Proprio in quel momento una porta d’oro piena di fronzoli comparve davanti alle tre creature che discutevano.

Il gatto sfoggiò uno dei suoi più bei sorrisi e infilò la chiave nella toppa.

«È la chiave che la Regina ha tenuto con sé, comunque non l’ho rubata… lo definirei un prestito» disse e girò la chiave.

Il ghiro era veramente stupita, ma comunque era anche cocciuta come sempre.

«Okay, non mi interessa che tu hai una chiave, ma Alice non verrà dalla Regina, e su questo argomento c’è un punto fermo!»

Lo Stregatto stava per ribattere di nuovo, ma per lui lo fece Alice, che si alzò, carica come non mai e disse con voce rotta: «Portatemi da lei»

 

Spero vi piaccia anche questo capitolo.

Aspetto i vostri commenti!!

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