Salve benvenuti nella mia FanFiction, oh viaggiatori ... voi che saltate sulle parole rincorrendole per mari e monti, per vie e città, inseguendo avventure e storie d'amore.

Ah come vi invidio, ogni persona che legge è più piena di qualcosa, ha qualcosa in più, vede il mondo da angolazioni diverse, sa sognare!

Non sono modesta, non dico che la mia storia sarà migliore delle altre, anzi, magari sarà la peggiore, ma che ci volete fare, la mia fantasia leggendo, galoppa, e come la vostra sogna, e talvolta i sogni vogliono diventare parole, scritte su carta, post-it, tovaglioli del pranzo, oggi lo è diventata sui tasti del mio pc, domani chissà.

Per chi inizia a leggere non prometto niente, non so nemmeno come finirà, se finirà, quando posterò, so solo che mi è uscita dalla mente e non ho saputo trattenerla, e questa volta non è finita sul tovagliolo, che per sbaglio è stato buttato via...Prima un pensiero, breve ma così intenso e vero.

Ungaretti - Soldati

Si sta come

d'autunno

sugli alberi

le foglie

Prologo

Pov Bella

Stavo vagando per le strade di New York, ma non stavo facendo shopping, ne stavo andando a lavoro...stavo andando.

Non avevo una meta precisa, ne camminavo sapendo cosa fare.

Io e il branco camminavamo intere giornate percorrendo le lunghissime vie della grande città, da cima a fondo, se ci andava svoltavamo, se ci attirava qualcosa ci fermavamo.

Ok ancora non dice niente, ma è un classico logorio da prologo!

Ciao, ok eccomi di nuovo qui, cominciamo a sviluppare questa storia, vediamo di capirci qualcosa, avanti Bella dicci qualcosa di te!!...su non fare la timida!

Pov Bella

La mia maglia nera mi stava troppo larga, aveva uno strappo sulla manica e per non farla sembrare strappata, avevo cercato di fare lo stesso strappo nell'altra. Non che avessi concluso molto, era pur sempre una maglia nera, sporca, polverosa, macchiata e doppiamente strappata. I jeans che portavo, corti fino al ginocchio, fino a due mesi fa erano lunghi anche quelli li ho tagliati, si notano dei fili che spuntano dal bordo, e per il caldo sole di luglio diventeranno ancora più corti, la sera fa ancora un po' fresco, e non posso coprirmi molto, però almeno di giorno sto bene, ai piedi porto una paio di sgangherate scarpe blu di tela, ho fatto chilometri con queste e temo il giorno il cui si romperanno.

Questo era il mio abbigliamento oggi, e lo sarebbe stato anche domani e il giorno dopo ancora, almeno che non fossimo incappati in qualcosa di vecchio, abbandonato ma utilizzabile, qualche volta dovevamo trovarli nei rifiuti, qualche volta andavamo alla casa dei senza tetto a vedere se era rimasto qualcosa, e qualche volta ancora avevamo rubato, si l'avevamo fatto, ma cercavamo sempre piccoli posti, niente di costoso o troppo sgargiante, comodi, riutilizzabili e nel caso dei pantaloni accorciabili.

Così mi ero procurata la borsa a sacco che portavo a tracolla, qui stava il mio mondo, un paio di forbici, delle forcine, fazzoletti, assorbenti, una specie di maglia(un cencio più che altro), due aghi con filo, una grossa calamita e l'unica cosa importante che per me non aveva valore, il mio documento di identità.

Vivevo con il branco da un anno e mezzo, da quando ormai sedicenne, l'orfanotrofio sovraffollato decise di sbarazzarsi di me, nessuno avrebbe mai adottato una ragazza così grande, tutti volevano i piccoli bambini, dall'aspetto angelico quelli biondi e sorridenti, io avevo sedici anni, ero castana e una pelle così bianca che le direttrici dicevano farmi sembrare perennemente malata, non facevo per loro. Inoltre avevano paura che a reclamarmi fosse qualche persona "sbagliata", e ce ne erano stati di casi come quelli, qualche anno prima, quando avevo solo sette anni la polizia aveva riportato una ragazza di 15 anni che era stata adottata da “due coniugi”, purtroppo lì trovò il suo inferno e subì violenze di ogni tipo, ricordo ancora il suo volto ferito, lo sguardo e i suoi occhi sembravano morti, era come se non ci fosse mai veramente. Mi giurai quel giorno che mai sarebbe successo a me, qualunque cosa il destino avesse avuto in serbo, io sarei stata padrona della mia vita, nessuno me l'avrebbe tolta, non sapevo al tempo quanto mi sbagliassi, anche se ad oggi dopo tutto quello che mi è capitato, mai, ho perso la mia voglia di vivere, di lottare.

La vicenda spaventò molto le responsabili dell'orfanotrofio, che decisero bellamente di scaricarsi le responsabilità prima che ricapitasse nuovamente, come? Lasciando per strada i ragazzi che sembravano abbastanza grandi per cavarsela, in realtà succedeva spesso la stessa cosa, solo che così avevano la coscienza pulita, mentre i ragazzi finivano in brutti giri, o andavano a ingrossare le fila delle Gang di strada.

Grazie di averci concesso alcuni dei suoi minuti Bella, ci vedremo la prossima volta per continuare questa interessante intervista, a presto e si riguardi! La vedo pallida!

Ok sto delirando, ma abbiate pietà son fatta così, sono un po' grulla!

Ringrazio la temeraria:

vanderbit per aver postato alle due misere righe di ieri, molto gentile, quello che ti dico è che si, si svolge a New York, e Bella non ha i genitori, almeno così mi ha detto all'intervista (-_-?!?) il branco, lo conosceremo un pochino di più nel prossimo capitolo, sono amici, conoscenti e compagni di sventura più che altro.

Grazie un bacione e buona serata da FunnyPink

Ciao!! la storia fugge ancora dalla mia mente e si riversa ancora qui, mi dispiace per voi che ve la sorbite!

Dopo l'intervista di ieri a Bella e la sua vita, ne abbiamo ancora e questa volta non solo su di lei, ma anche del branco! Mi dispiace per chi vuole la storia tutta e subito, ma mi piace spiegare bene le cose come le immagino e quando vengono fuori dal cervellino bacato che mi trovo.

Pov Bella

Avevo quasi diciotto anni, mancavano solo otto giorni, al mio diciottesimo compleanno, ero la più piccola del branco, e la più diversa. Gli altri erano ragazzi dai tratti dei nativi, discendenti di qualche antica tribù indiana, si erano "trovati" anche loro, fuori da questa città non avevano niente, qualcuno aveva dei genitori, che vivevano in squallide roulotte, troppo piccole anche per una persona, altri venivano da sobborghi decadenti e vivevano in topaie puzzolenti, erano sei ragazzi e una ragazza. Leah la ragazza, veniva da un sobborgo/topaia di Brooklyn, era scappata di casa a 17 anni quando suo padre aveva cominciato ad abusare di lei, era scappata insieme a suo fratello Seth, e un suo amico Paul, gli altri ragazzi erano Sam, il capo, Ambry, Quill e Jared. Erano tutti ragazzoni, Sam aveva 24 anni, anche lui a breve avrebbe compiuti 25, Ambry, Jared e Paul ne avevano 23, 22 Leah e Quill, e Seth solo 20.

Si definivano il branco, e lo sembravano, a volte per chiamarsi si ululavano.

Non erano una di quelle bande che si buttavano in alcool e droga, non sprecavamo mai niente e se avevamo dei soldi li dividevamo fra tutti i componenti, quasi niente era personale, i ragazzi stavano sempre attenti alle esigenze di noi donne, più volte Sam aveva rubato assorbenti per me e Leah.

Ero stata fortunata, una ragazzina sola, avrebbe potuto trovarmi chiunque, invece avevo incontrato Sam e Leah in ricognizione, erano due giorni che non bevevo ne mangiavo nulla e stavo puntando una bottiglietta dell'acqua mezza piena abbandonata sul tavolino di una bar, avevo paura, non avevo mai rubato e temevo il giudizio della gente, ma la sete era tanta. Sam quel giorno deve avermi visto, e una volta capite le mie intenzioni, aveva fatto finta di avvicinarsi al menù esposto dal bar per leggere insieme a Leah, aveva allungato la mano e preso la bottiglia in un attimo, quando si erano spostati e avevo visto il tavolo vuoto, stavo per piangere, poi i due che sembravano ancora una coppia a braccetto, si erano avvicinati e lui aveva teso la bottiglietta dell'acqua verso di me dicendomi

"tieni" io ero rimasta titubante fissando l'acqua, poi con coraggio e disperazione l'avevo presa e avevo bevuto tutto in un sorso, mi ero schizzata un po' la maglietta e il viso, i ragazzi erano rimasti lì e io a occhi bassi e voce fievole avevo ringraziato.

"io, grazie"

"di niente"

"ma devi imparare farti bastare quello che hai, devi razionare l'acqua quando ne possiedi un po', anche se la sete è tanta devi sforzarti"

ricordo di averlo guardato storto, lui aveva tolto il bracciò da quello di Leah, e lo aveva teso

"Io sono Sam, piacere" titubante avevo stretto la mano

"non devi essere così ingenua, quando incontri un estraneo, soprattutto un uomo"

feci un passo indietro spaventata -cosa intendeva?- mi ero chiesta, cominciando ad avere paura.

"oh Sam" aveva detto la ragazza rimproverandolo "non ti preoccupare non vogliamo farti nulla, non abbiamo brutte intenzioni, te lo giuro, quello che Sam intende è che non devi dare confidenza a gli sconosciuti, vivi sulla strada?" lentamente e impaurita, scombussolata dalla città in cui mi trovavo avevo annuito "anche noi, e sappiamo cosa vuol dire non avere acqua per un certo tempo, la prima cosa da imparare è farsi bastare quello che si ha il più lungo possibile, quell'acqua avrebbe potuto arrivare a stasera, sono cose che si imparano" aveva detto con un triste sorriso, sempre fissandomi, il suo volto non era molto espressivo, anche se i lineamenti non erano duri, entrambi avevano gli occhi molto scuri, come i capelli e la pelle olivastra, bronzea con il sole, ma sembravano innocui.

Quel giorno non li seguii, avevo ancora paura, il giorno dopo tornarono e c'erano due ragazzi in più Seth, il più giovane, due anni più grande di me e Quill, mi avevano portato un panino morbido e friabile, a cui era stato tolto un angolino e poi sicuramente buttato con immenso spreco. Avevo mangiato dei piccoli morsi e resistendo, avevo lasciato il resto per più tardi, infilandolo nella tasca dei pantaloni, ricordo il sorriso di Sam, che annuiva, quasi fiero che avessi capito l'insegnamento.

Quei giorni vivevo in un vicolo piccolissimo che dava sulle cucine di una pizzeria, quando chiudeva, io mi rintanavo dietro, dove nel muro c'era una piccola nicchia, spostavo un bidone dei rifiuti di cartone e mi paravo da ogni visuale, rimasi lì per cinque notti, in quel tempo conobbi meglio Sam e il Branco che tornavano sempre, alla fine mi chiesero di far parte del loro gruppo, del loro branco, assicurandomi che mi avrebbero protetta, aiutata e istruita, ma avrei dovuto fare la mia parte.

In verità, in questo tempo, non avevo dovuto fare molto, mi avevano spesso preservata, il grosso del lavoro lo facevano loro, ma comunque avevo buon occhio, quando si faceva quella vita bisognava osservare tutti, ogni mossa, ogni azione, quello che dicevano, quello che gettavano soprattutto, riuscivo a intuire le azioni, ero comunque utile.

Dopo un po' che ero entrata nel branco, i ragazzi presero più confidenza con me, qualcuno anche troppa, Seth mi ronzava spesso intorno, non faceva nulla di male, ma mi si avvicinava spesso e a volte mi guardava, avevo notato anche altri sguardi, non erano maliziosi, ma erano acuti quasi interessati, io non me ne accorgevo, piccola e ingenua, in ogni caso ogni volta venivano tutti rimproverati soprattutto da Sam, e qualche volta da Leah.

Lei era diversa, lei era giovane, ma sembrava molto più grande, quasi più vecchia, quando a volte i ragazzi le lanciavano sguardi maliziosi lei rispondeva, si scambiavano baci e carezze ardite, talvolta sparivano, andandosi a rifugiare in qualche angolo della struttura dove quel giorno avremmo dormito, ma era difficile non sentirli, i gemiti delle nottate di sesso, arrivavano fino a noi.

Grazie all'autorità di Sam gli sguardi, anche quelli di Seth, l'unico che non aveva "sfoghi" erano diminuiti e poi scomparsi.

La nostra vita era un continuo movimento per le strade, ricognizioni, un continuo osservare la gente, meticolosamente, ogni dettaglio, movimento era captato da uno di noi, per questo non avevamo un posto fisso, vicoli, palazzi abbandonati e ponti. Di solito ci muovevamo a tre o quattro persone, se c'era da avvicinare qualcuno, o per occasioni particolari andavamo a coppie, "sembrare" una coppia di fidanzatini ti rendeva più innocuo agli occhi della gente, lo stesso se erano due ragazze intente a spulciare dei vestiti.

Alla fine ci si fa l'abitudine...un po'.

Grazie grazissime a chi ha voluto gentilmente lasciare un commento, molto gentili.

MoonLight_95: ti avevo già risposto nella tua storia, comunque ringrazio tutti quelli che leggendo vogliono dire la loro, sono ben accetti, ma quello che cerco non son certo un elenco di bei commenti, mi va di scrivere...e comunque brava che tu che scrivi, non smettere mai, se hai qualcosa da dire, dilla! Se hai qualcosa da raccontare, scrivila!

Come ho detto nell'introduzione, noi abbiamo qualcosa in più!

Giova71: ciao, hai ragione povera Bella, il fato è stato cattivo con lei, e ancora non è finita, e lei non ha detto tutto, non c'è fine alla cattiveria dell'uomo, Bella è come la foglia dell'albero in autunno, spero si capisca un po' è il collegamento della poesia, lei è fragile, e attaccata alla vita per un filo, però magari un giorno il vento si placa o gira in modo diverso e anche lei troverà il modo di fiorire su quell'albero.

vanderbit: ancora qui? Che onore! La sua età come hai visto è quasi di diciotto, quando è stata buttata nella strada aveva poco più di sedici anni, e un anno e mezzo dopo circa, eccola qui, poi non è che ha un calendario poverina, quel che conta sono il giorno e la notte, non se domani è sabato o mercoledì, però andando per la città si può incappare in particolari che ti ricordano che giorno è, che tra poco è il tuo compleanno, la scuola non l'ha finita, anche perché non ci è mai andata, l'istruzione veniva fatta all'interno dell'orfanotrofio, in ogni caso, lo spiegherà anche lei tra qualche capitolo, quando studiavano prendevano un gruppo di ragazzi con età simili e gli insegnavano via via, varie materie come fossero della stessa età.

Ciao! si ricomincia, in questi giorni ho avuto fortuna e tempo per postare poi chissà, intanto siamo all'ingresso della storia, il primo atto, sempre di Bella.

Pov Bella

Quel giorno ricordo ancora che stavo camminando, quando sentii un suono, pensai potesse essere benissimo un gatto randagio che si fosse intrufolato nei bidoni della spazzatura, ma mi avvicinai a controllare. Ero in ricognizione con Quill e Paul ci eravamo divisi in vie diverse. Loro rallentarono, guardandomi mentre mi avvicinavo a quei bidoni maleodoranti e strapieni, anche se noi eravamo abituati ad avere a che fare con i cestini, d'estate il tanfo aumentava e il cibo si decomponeva prima, rendendolo quasi insopportabile.

Il rumore continuava, sembrava ripetersi a brevi tratti, pensai potesse essere un cellulare, d'altronde le persone buttavano via qualsiasi cosa e avevano le suonerie più bizzarre, rivendendo un cellulare anche se usato ci si poteva fare dei soldi, era già successo, erano le volte che ci andava molto bene...per un po'. Ma il suono sembrava forte come se fosse vivo, sentivo muovere? Forse era una vibrazione, o ancora un gatto...speravo non un topo quelli grossi mi fanno quasi paura e se ti mordono rischi qualche malattia.

Frugai ancora, e vidi una borsa dentro uno scatolone, era colorata e per metà la cerniera era aperta, era una di quelle borse termiche che si utilizza per portare il cibo e mantenere la freschezza degli alimenti, anche se ormai avevo appurato che non fosse ciò che pensavo allungai la mano per afferrare la borsa, e la trovai molto pesante, feci un grande sforzo per sollevarla, ma ce la feci, il lamento era intenso seppur fioco, tirai la cerniera.

E URLAI

Dentro la borsa c'era si qualcosa di vivo, ma non era un gatto.

"Bella stai bene?" chiese Quill guardandomi preoccupato dall'angolo del vicolo.

Lo fissai un attimo terrorizzata, poi andai alla borsa e guardai ancora dentro, si lamentava, era ancora vivo, ma si muoveva poco e i gemiti erano bassi

"Quill, Paul venite presto!" urlai toccando la sua piccola fronte

"che succede?"chiese Paul

"un...un bambino, hanno gettato un bambino nella spazz-zatura" avevo la voce strozzata, non osavo immaginare chi avesse potuto fare una cosa del genere!

Davanti ai miei occhi, stava un neonato piccolo, non avevo la più pallida idea di quanti giorni o mesi potesse avere, era molto pallido aveva una tutina sbracciata e portava sotto un pannolino e sembrava sofferente.

Si sa tutte le donne hanno innato un senso materno, e il mio dovette venir fuori in quel momento e non resistetti, vedendolo, lo presi velocemente in braccio, sapevo come fare, non era il primo neonato che vedevo, ne passavano molti al collegio.

"cazzo Bella non possiamo, rimettilo-"

"mai sei scemo? morirà se lo rimetto lì"

"e che vuoi fare, diventare la sua mamma?" disse sarcastico Paul, l'avrei voluto prendere a schiaffi.

Ci pensai un attimo

"chiamo un'ambulanza"

"NO" dissero in coro "no Bella non lo fare, faranno un indagine e ci andremo di mezzo"

"allora andatevene via adesso così nessuno vi ricollegherà, levatevi dai piedi, io non lo lascio qui" fecero per andarsene,

"Bella ripensaci, se ci dividiamo, non sarà facile ritrovarci, potrebbe non succedere più..."

"non mi importa"avevo deciso, la mia vita non valeva un cazzo, ma avrei potuto cercare di salvare la sua, almeno qualcosa di buono potevo fare, magari era destino, magari qualcosa mi diceva che era la cosa giusta, lo diceva il cuore e lo diceva la testa "andate su, via dai piedi sto per andare a chiamarli" loro lo fecero, si allontanarono, io uscii dal vicolo, vidi che si voltavano di tanto in tanto, avevano ragione sarebbe stato difficilissimo ritrovarli, non avevamo un posto fisso ne un numero di telefono.

Proprio questo mi serviva adesso, cercai con gli occhi una cabina telefonica, la fortuna volle che fosse dall'altra parte della strada, al giorno d'oggi chi ne aveva più bisogno con tutti quei cellulari.

Tenni ancor più stretto il piccolo, così morbido e indifeso nelle mie braccia, saremmo dovuti uscire nella via, ero sola in questo momento, ma non ci pensai molto, dovevo provare a chiamare aiuto.

Eccomi qua, che brutto momento non pensate?

E purtroppo per quanto questa sia solo fantasia è terribile che certe cose succedano davvero, quei piccoli e bellissimi esserini, dono di vita, gettati come rifiuti...che mondo!

Comunque la storia è partita e ringrazio ancora chi, anche stavolta si è prodigato in recensioni:

MoonLight_95: ciao brava continua, sto leggendo la tua ff!!

giova71 :grazie! Già il branco è stata la sua fortuna e la sua ancora nel buio, in particolare Sam, che l'ha sempre preservata e trattata con cura e affetto.

Vanessa_91_ come dicevo nell'introduzione, sono tutti umani, naturalmente Edward è un Cullen, come non potrebbe esserlo, incontreremo presto anche loro, premurosi come sempre

Grazie anche a chi ha letto la storia, chi l'ha inserita nelle seguite.

Con affetto FunnyPink

Salve ragazzi, spero stiate tutti bene. Oggi è stata una giornata incredibilmente difficile a lavoro, spero per voi sia stata migliore ho proprio voglia di riposo!

Anche il nostro Edward mi sa, poverino, che oggi è protagonista del capitolo.

Ho voluto introdurre anche lui, utilizzando il suo punto di vista, il principale rimarrà sempre quello di Bella.

Pov Edward

Il centro delle ambulanze dell'ospedale di New York è oggi abbastanza tranquillo, in 10 minuti sono usciti solo due mezzi, certe volte non si capisce più niente e tutti corrono, tutti scappano, mezzi in fila per uscire dai garage, paramedici e dottori che si scontrano, mentre corrono da una parte all'altra, la serata di capodanno, complice il gran freddo, fu sconvolgente, mi ci vollero diversi giorni per riprendermi, vidi cose che non potrò mai dimenticare, morirono non so quanti pazienti tra le mie mani. Ma questo è il mio lavoro.

Sono un paramedico, ancora pochi esami e potrò essere dottore a tutti gli effetti, Carlisle sarà così fiero di me, nonostante tutto, lui sarebbe felice anche se fossi un panettiere, ma in parte sto seguendo le sue orme.

Mi manca, spesso, tanto come mia madre, è stato un gran dolore allontanarsi da loro, io sono cresciuto a Portland, con i miei ci siamo poi trasferiti a New York, ma qualche anno fa mio padre ha ricevuto l'offerta come primario in un piccolo paese, Forks. La carica era così prestigiosa per lui, che ha dedicato un'intera vita agli altri, che ha accettato, in più il posto era tranquillo, lontano dal caos. Purtroppo noi ragazzi già lavoravamo o studiavamo qui, e con il cuore in mano ci siamo divisi, non mi vergogno di dire che il giorno in cui sono partiti per Forks, ho pianto come un bambino. Non sono realmente i miei genitori, come i miei quattro fratelli non lo sono veramente, ma questa è solo una sottigliezza, un padre è qualcuno che ti cresce, ti istruisce, ti sgrida e ti aiuta a rialzarti, una madre è colei che ti accarezza la mattina, che ti bacia facendoti imbarazzare, che ti prepara la colazione; questi sono Esme e Carlisle, non ho mai provato ne curiosità ne interesse per chi ero prima, non ho ricordi, sono stato adottato che avevo due anni e mezzo e non serbo ricordi precedenti, alcuni come mio fratello Jasper ricordano bene il prima, ma anche lui ha deciso di tagliare col passato guardando avanti, e concentrandosi sul suo futuro.

So esattamente che questo torpore e relax durerà poco, altri dieci secondi ... nove... otto ... sette ... sei ... cinque ... quattro ... tre ... due ...uno ... "MEZZO NUMERO TRE, CULLEN E BLACK IN MAIN STREET, NEONATO CON POSSIBILE CRISI RESPIRATORIA" cazzo! neanche fossi un indovino.

Alzo il mio fondoschiena, balzando in piedi, afferro tutto ciò che mi serve, comprese le chiavi del mezzo (da quando un ubriaco entrò nel garage e rubò uno dei mezzi dobbiamo portarle sempre via) e corro, mi giro un attimo e vedo, quel maledetto ragazzino di Black ancora seduto sul divano, con un joystick della play station ancora in mano, -ma è scemo?- È il mio unico pensiero. Corro verso di lui, e gli stacco il cavo della periferica, lui comincia a inveire verso di me "mancava solo qualche punto al mio record", e li mi incazzo "non me ne frega niente dei tuoi stupidi record, se devi stare a giocare rimani a casa, o vai a lavorare in uno stramaledetto negozio di giocattoli, se non fosse per il tuo paparino, non saresti neanche qui, neanche un anno di università finito e già piazzato in prima fila, qui la gente MUORE hai capito? " gli punto minaccioso l'indice sul petto, guardandolo fisso negli occhi, 1,90 di imbecillità, un ragazzone grande grosso, e figlio di papà, capo del reparto chirurgico dell'ospedale, che è stato piazzato qui da due mesi e "affidato"a me dopo che il precedente compagno, l'ha scaricato. E mi chiedo anche perché?

Dopo averlo afferrato per la casacca corro verso il nostro mezzo, dovrebbe essere lui a guidare, ma ancora non ha preso la patente speciale, con calma anche quella. Quindi tocca sempre a me.

Ci fiondiamo dentro e accendo la sirena uscendo rapidamente.

Il traffico newyorkese non è sempre d'aiuto ai mezzi di soccorso, c'è chi suona, chi impreca, ormai sono abituato a questa inciviltà.

Mi appresto ad arrivare sul luogo segnalato, mi è stato indicato all'auricolare una cabina telefonica come riferimento, e un bar con un tendone esterno.

Non è molto lungo ma diciamo l'ho buttato giù in poco tempo, sicuramente ci sarà qualche errore, perdonatemi ogni volta per questi!

Allora vediamo, Edward giovane aspirante dottore, (gli manca la specialistica) a cui hanno affibbiato un "figlio di papà" Black, senza una famiglia di origine ma adottato dai Cullen, che vivono a Forks, mentre lui con tutti i fratelli è rimasto a New York.

Grazie ancora a tutti quelli che hanno letto e che continuano, gentilissimi

ringrazio ulteriormente i ragazzi che postano recensioni, ormai sono "fidati" sembra quasi che ci diamo appuntamento!

tom angel: ciao! Si in effetti non è un bello stare, ma non stanno a compiangersi, sono tutti molto orgogliosi, infatti come molti di strada non si perdono in alcool o schifezze del genere, quello che hanno è di tutti.

Giova71: sera, è orribile non è vero? Mi faceva un po' pena anche mentre scrivevo

spero non succeda niente!

 MoonLight_95: ciao cara,bentrovata, non preoccuparti, se non scrivi in tempo, mi fanno piacere le tue risposte, e si andrò a leggere sicuramente.

 Vanderbit: l'istinto di bella l'ho ammirato molto, è stato materno e altruista, non si è data per persa, ne fatta prendere dal panico, per quanto sia fragile, per la sua storia, ha sviluppato una forza interiore che l'ha aiutata a sopravvivere, nel mondo che l'ha fatta crescere troppo presto.

 Valli: ciao, non scusarti, ammiro molto anche i lettori silenziosi, non è obbligatorio rispondere qualcosa, certe volte mi troverei a scrivere cose troppo banali e quindi evito anche io. Son contenta che ti piaccia, Bella è una creatura strana. Vorrei sottolineare che il Branco non è cattivo, ma loro che da molto più tempo di Bella stanno sulla strada hanno un istinto di sopravvivenza più forte, quella situazione gli faceva gridare una voce in testa e questa era - scappa!- non è che se ne fregano degli altri, è che non sapevano che pesci prendere( e neanche come prendere un bambino in braccio suppongo) magari pensavano che non avesse chance di sopravvivere e avevano paura della polizia.

A presto!Grazie

Salve ragazzi, che giornata piovosa oggi! tuoni, lampi, fulmini è venuta così tanta pioggia in un sol giorno che in un mese intero!

A proposito di bambini gettati avete letto che atrocità è successa in Francia?

Neonati partoriti e subito dopo uccisi e sotterrati in giardino, e si pensa possano essere ben dodici, UN ABOMINIO!!! UNA ATROCITÀ' NON SI PUÒ COMMENTARE ALTRIMENTI.

Comunque dopo una giornataccia a lavoro eccomi qui a scrivere, ma sono stanchissima!spero sia venuto decente.

Pov Bella

La cabina telefonica è un buco, entro dentro di questa, stringendo a me il piccolo, che ha il respiro sempre più accelerato.

Porto la cornetta sulla spalla, tenendola con una parte del viso, e all'interno sento un fruscio, ma non il noto tu tu tu ...arrabbiata prendo lo strumento e lo batto violentemente contro il telefono, facendo un gran frastuono, lo riporto all'orecchio e incredibilmente funziona!

Compongo il 911

"911, mi dica"

"ho bisogno di aiuto ho trovato un bambino, un neonato, sta male credo, non respira bene è urgente" la voce mi esce sempre più fioca, ho paura, per lui, per me

"mi dica dove si trova e da dove sta chiamando"

"una cabina telefonica, e sono in main street mi sembra di leggere" notai il cartello su un muro del palazzo

"non sa dirmi a che altezza, c'è qualcosa che può essere di riferimento?"

"la cabina telefonica, e davanti a me c'è un bar con un tendone rosso e dei tavolini fuori, non credo ce ne siano altri, ma fate presto!"

"non si preoccupi signora, arriveremo in fretta" e la telefonata si chiude.

Faccio per uscire dalla cabina telefonica, ma mi blocco, un sacco di gente cammina, in fretta e furia, con borse e borsette, valigette e sacchetti, tutto si muove veloce, un fattorino con un porta pacchi sfreccia davanti alla cabina, qualche taxi e diverse auto, nere per lo più con vetri oscurati, passano sulla strada.

Decido di rimanere dentro la cabina, è un buco, è sudicia, ma almeno è sicura, ho paura!

Stringo a me il corpicino del piccolo, non è molto caldo, provo a frizionare con leggerezza la sua pelle delicata, ma non penso serva, non è molto coperto.

Sento poco lontano un rumore del clacson, e poi lo squillo della sirena. Il primo istinto è quello di scappare, ma poi individuo al di sopra delle auto l'ambulanza, sicuramente quella che ho chiamato io.

Cerco di regolarizzare il respiro, sono agitata e sto sudando freddo.

"andrà tutto bene piccolino"

quando vedo l'ambulanza rallentare, prendo un respiro e mi butto fuori.

Comincio a sventolare una mano in aria, per farmi vedere, e pare mi abbiano vista, perché il mezzo si ferma del tutto, spegne la sirena e due uomini scendono di corsa venendomi in contro.

Ho ancora più paura, sono due uomini, grossi, alti, anche se noto ora sono giovani, avranno pochi anni più di me. Ma ho ugualmente paura, non ho interagito con nessuno se non i ragazzi del branco da quando sono per strada, e soprattutto sono sola.

Il ragazzo che guidava mi si avvicina velocemente, riconosco la divisa del soccorso

"hai chiamato tu?" e io annuisco

"bene, che succede?" chiede guardando subito il bambino

"lui respira male, ansima e credo abbia freddo, io non so che abbia" balbetto a bassa voce, mentre i nervi son tesissimi.

"sei sua madre? Una parente?" chiede il ragazzo sfilando uno stetoscopio e avvicinandolo al cuore del bambino.

"no, io ... no, non sono, nessuno io l'ho trovato"

"viaggia come una trottola, il respiro e il battito sono molto accelerati ... Black prendi il termometro pediatrico, scaffale in basso"grida all'altro che è rimasto indietro, poi torna a guardare me.

"ok...aspetta! COSA??"lo fisso leggermente terrorizzata, ha usato un tono alto, ma non rispondo

"in che senso lo hai trovato?"mi faccio forza, e rispondo con la mia solita vocina, impaurita

"qualcuno lo aveva gettato nei bidoni della spazzatura là, come un straccio vecchio, io ho sentito un rumore" mi fissa attentamente sembra volermi leggere la mente, poi una smorfia di rabbia pronunciata gli sfigura il volto, e io non posso che indietreggiare stavolta.

Intanto arriva l'altro ragazzo con lo strumento, lo porge al ragazzo, che lo prende e lo infila nell'orecchio, poco dopo, legge la temperatura.

"E' troppo bassa!" esclama "bisogna portarlo subito in ospedale"

solo io che sono vicino lo sento borbottare "che bastardo, figlio di puttana, non meriterebbe di vivere certa gente" poi più normale mi chiede"stava gettato tra i rifiuti?"

"no in una scatola c'era una borsa termica colorata e lui stava li, ho sentito mugolare e mi sono avvicinata, credevo fosse un cellulare ma..." mi bloccai, lui annuì

"Black prendi il bambino, e andiamo in ospedale"

"COSA?"urlò l'altro e il ragazzo vicino a me sospirò

"prendilo, andiamo è un bambino" l'altro scosse la testa agitato

"no io non lo prendo, mi rifiuto" ma che razza di dottori sono?

"ma guarda te...se dovevano proprio affibbiarlo a me....Tu! puoi darci una mano? Io devo guidare, mi serve il tuo aiuto" mi dice, questa volta usando un tono più cortese e gentile, lo osservo un attimo e poi guardo il bambino, per poi annuire.

"ok vieni" mi porta sul retro del mezzo e spalanca i portelloni, mi prende il bambino dalla braccia e mi dice "sali su", con un po' di fatica salgo, mi ripassa il bambino e mi siedo sulla panca laterale, lui si avvicina, troppo, penso in un attimo e divento tesa, lui incurante prende un qualcosa vicino alla mia vita,e uno dall'altra, e poi li unisce, quando si scosta noto di avere la cintura di sicurezza, e riprendo a respirare, mi passa una coperta, e con questa copro il bambino, lui velocemente scende e rimette in moto. Il suono della sirena sopra di noi, mi fa quasi sobbalzare e il mezzo riparte, con me dentro, sempre più lontano dal branco.

Mi aggrappo al bambino "ce la faremo" sussurro, accarezzandogli la testolina.

Ciaoo!!! è un po' veloce come capitolo, non mi soffermo molto su di loro, perché neanche loro lo fanno, è tutto di sfuggita, devono correre, per far stare bene il piccolo.

Neanche hanno il tempo di guardarsi, e fanno bene la priorità è il piccolo.

Black è il solito incapace, non avrà un gran ruolo.

Ok ringrazio ancora una volta i lettori silenziosi, e quelli attivi vediamo di rispondere:

vanderbit, ciao, grazie, allora, alla fine non mi discosto molto dai personaggi reali, sono così perfetti, il mondo della mayer è perfetto, doveva andare così, è ciò che mi ripeto ognuna delle milioni di volte che leggo la sua storia,come detto Jacob, tornerà un paio di volte ma non sarà importante. Bella non si è mai sentita del tutto del branco, per lei, loro erano il branco e lei bella, salavata da loro, che l'hanno istruita e curata, il suo legame maggiore è con Sam.

Giova71: ciao! Come hai visto niente scintilla improvvisa, per dire il vero non si son neanche guardati bene in faccia, avevano altre priorità non ti sembra? Jake si purtroppo per lui è molto incapace e figlio di papà.

MoonLight_95 ciao cara, sono felice di averti stupita, alla fine Edward ha un istinto da crocerossino, la sua indole è quella, e il fatto di seguire le orme del padre, anche se non quello reale, è molto bella a parer mio.

VI INVITO SE VI VA A LEGGERE LE MIE ALTRE ONE-SHOT

che potete trovare sul mio profilo, non sono gran che ma se avete un po' di tempo, si dividono, come le mie passioni tra Harry Potter e Twilight ;)

ciao FunnyPink

Ciao!! ho dovuto saltare qualche giorno per postare, ho avuto qualche impegno, ma nei ritagli ho scritto e questo per quanto sia venuto un po' spezzettato, in quanto l'ho scritto in più momenti, è il risultato. Si parla ancora della storia ormai iniziata e ancora è il punto di vista di bella che ci descrive tutto.

Bella Pov

Quando l'ambulanza spense la sirena e rallentò, mi capacitai che eravamo arrivati, il viaggio non era durato molto, il portellone si aprì e ne entrò subito il ragazzo che guidava slacciandomi la cintura, e stavolta non ebbi paura del gesto, neanche quando mi diede una mano a scendere stringendomi il braccio, capivo l'intenzione e conoscevo il fine, voleva solo aiutarmi, sembrava una buona persona.

Mi fece avvicinare nel pronto soccorso, si avvicinò subito un'infermiera a noi e il ragazzo partì con la sua diagnosi

"neonato, pochi mesi, principio di ipotermia e ventilazione irregolare, deve essere portato subito in un'incubatrice e tenuto al caldo, non sappiamo niente di lui, sarà opportuna un'analisi del sangue, questa ragazza lo ha trovato in un cassonetto"

concluse, l'infermiera, anch'essa aveva uno sguardo stupito, e si era portata una mano alla bocca, poi si volse e fece per prendere il bambino dalle mie braccia, all'inizio mi ritirai, non volevo lasciarlo, lui era la mia salvezza e io la sua.

"Starà bene, non ti preoccupare, Maria è una brava infermiera sarà gentile e se ne occuperà personalmente" annuii, lo guardai nel suo musino dolce e gli diedi una bacetto sulla guancia, come portafortuna, forse il suo destino sarebbe stato migliore.

"ciao piccolo Sam" mi ritrovai a dire

"Sam?" mi chiese il ragazzo

"scusate, ho improvvisato" risposi in imbarazzo, cedendo il bambino

"hai fatto bene invece, per adesso non ha un nome, gli verrò assegnato un numero, ma potremo chiamarlo Sam"intervenne l'infermiera che si allontanò.

Io e il ragazzo rimanemmo un attimo lì, guardando la donna allontanarsi, quando varcò delle porte, sentii sussurrare

"auguri piccolo Sam" si volse nuovamente verso di me

"vuoi qualcosa alle macchinette automatiche?"

"no grazie, non ho soldi" mi sentii subito in imbarazzo

"offro io, volevo prendere un pacchettino di ringo, ho un buco nello stomaco" titubante, e ignara di cosa fosse un ringo, lo seguii, c'era molta gente in giro, molti camici e vicino alle macchinette anche quelli che erano sicuramente parenti e pazienti. Mi offrì un sacchettino, lo aprii e ci trovai dentro dei biscottini, 6 diceva il pacchetto, ne mangiai uno era buonissimo, pensai di conservare il resto ma il ragazzo che aveva praticamente già finito e si era praticamente ingozzato, mi chiese

"non ti piacciono? Non conosco nessuno che non ami i ringo!"

"oh no sono molto buoni, grazie, non dovevi" e dovetti mangiarne così anche gli altri.

"fa niente, ti ho praticamente portato via a causa di quello stupido del mio collega, non siamo tutti così imbranati" si guardava continuamente intorno, stava cercando qualcuno forse, buttò via il pacchetto vuoto nel cestino, e poi mi rifissò.

"adesso mi occupo di te, seguimi"

"co-cosa?" mi gelai, lui si volse a guardarmi

"non ti lascio con quel ginocchio, dai devo solo ripulire la ferita non ci vorrà molto" e mi fece cenno di seguirlo, sulle prime non lo feci, ma mi guardai intorno, e rividi nuovamente tutto il viavai delle persone della strada, chi correva a destra chi a sinistra, persone, abiti, suoni, e in un secondo, gli corsi dietro. L'altro giorno ero quasi stata investita, e ero caduta malamente sull'asfalto, grattugiandomi tutta la pelle, ma si notava che era un po' bianco forse si era infettata.

Lo vidi entrare in una stanza, e lo seguii.

Appena entrata però mi bloccai, lui dietro di me chiuse la porta.

L'ansia crebbe in un attimo, la stanza era piccola, c'era un lettino e degli strumenti medici che non conoscevo, studiai tutto in un attimo, non c'erano altre porte se non quella che il ragazzo aveva chiuso, mi volsi immediatamente per non dargli le spalle, sulle prime non mi stava guardando, quando alzò finalmente lo sguardo e incontrò il mio sfigurato dalla paura, si bloccò e il suo divenne di stupore.

Mi allontanai camminando all'indietro e mi scontrai con il bancone delle attrezzature.

"stai bene?ti senti bene?"mi chiese, non mi sembrava pericoloso, ma continuavo a stare all'erta, era l'istinto.

"hai...hai paura di me?" chiese sembrava altamente stupito e pensieroso. Io non mi mossi da lì.

" hei non devi aver paura di me non ti faccio nulla di male, voglio solo pulirti la ferita al ginocchio, vedi il bianco? È pus, vuol dire che si è infettato, te lo pulisco, lo disinfetto e magari lo fasciamo, non voglio farti altro giuro" disse stavolta alzando le mani, come una persona che si arrende.

"Anzi guarda" tornò indietro e riaprì la porta "vedi la porta è aperta, non siamo chiusi, sono un dottore, il mio nome è Edward Cullen ho 23 anni e sono un paramedico dell'ospedale, abito fuori New York, in Bordout Street 54, in una villetta insieme a mia sorella Alice, e l'altro mio fratello, nonché suo fidanzato Jasper, ho altri due fratelli loro sono sposati, ma non pensare male! Non c'è un incesto, non siamo veramente fratelli, siamo stati tutti adottati."

Non so perché, ma in meno di un minuto, mi aveva detto praticamente la storia della sua vita, rimasi stupita per quella specie di dichiarazione, e non potei fare a meno di alleggerire la tensione e avvicinarmi al lettino. Lui aveva raccontato a me, una sconosciuta praticamente, la sua vita, lui si fidava della gente, forse a lui la vita era andata meglio, forse lui aveva conosciuto la felicità anche se adottato.

"Ah giusto abbiamo avuto anche un gatto, adottato da mia sorella, ma veniva sempre a dare a me il tormento in camera ma non so perché, e si chiamava, indovina un po' principessa " alzò gli occhi al cielo, era una cosa simpatica, per quanto fosse sarcastica, mi spunto un leggero sorriso "solo lei poteva mettere questo nome a un gatto, aveva pure un collarino nero con dei brillantini, era rosso e col un bel pelo morbido, talvolta lo scambiavo per un peluche"sorrise e mi guardò di sottecchi, "allora vogliamo curare il ginocchio miss?"

Mi fidai, non potevo fare altro, i suoi occhi erano chiari e sinceri, si era aperto e io mi fidavo, come non succedeva mai. Raggiunsi il lettino e mi issai a sedere, notai il suo sorriso compiaciuto, mentre prendeva degli strumenti dal mobiletto al muro, guardai brevemente mentre mi puliva e curava il ginocchio. La mia attenzione fu rapita da un'altra cosa. Lui.

Le sue mani grandi e calde, si muovevano delicate sulla mia ferita, mentre il volto, sereno, ma concentrato era fisso su questo, e non potevo fare a meno di fissarlo.

Non ce n'era stato tempo, non era stata la mia priorità, ma non lo avevo visto bene, di solito sono una buona osservatrice, ma non sono abituata a VEDERE questo genere di cose. Non potetti, dopo pochi secondi di osservazione, che definirlo, Bello.

Era davvero bello, capelli corti e sopra un po' scompigliati, castano forse un po' rossicci, lineamenti maschili e mascella un po' squadrata, il naso dritto, un velo di barba, e labbra carnose, insolite per un uomo, Edward possedeva un fascino particolare, al limite dall'essere etereo, quasi finto, come quello di un angelo di qualche pittore famoso.

"Ecco qua" disse mentre faceva un ultimo giro con la fascia e la fermava.

Alzò lo sguardo e ci fissammo un attimo ancora, poi sorrise brevemente e riabbassò il volto, come fosse imbarazzato, lui.

Riportò al suo posto, tutto ciò che aveva utilizzato, e lo guardai ancora, se prima mi ero soffermata sul suo volto...beh adesso vedevo anche altro. Era molto alto e robusto, ma non sembrava un tipo da palestra, l'altro ragazzo quello imbranato sembrava più gonfio di muscoli, arrossii quando per un attimo, mi soffermai sul suo lato B, ma distolsi lo sguardo per non farmi trovare imbarazzata.

"Bene Miss il suo ginocchio è come nuovo, sarà un po' complicato piegarlo, ma almeno la ferita non si infetterà di nuovo, tra qualche giorno cambia la fascia, e lascialo un pochino all'aria, così guarirà anche più in fretta, quando avrai la crosta cerca di non prenderci il sole e potrai stare tranquilla non resteranno cicatrici e potrai portare gonne e pantaloncini senza problemi di mostra le tue...insomma non si vedrà nulla" finì grattandosi la nuca con una mano, e sorrise, distogliendo lo sguardo, poi continuò cambiando discorso "che caldo oggi, vuoi qualcos'altro dalle macchinette? Un succo, una coca-cola...oppure vieni guardiamo cosa c'è" mi invitò a tornare nella sala di prima, quella piena di gente, qui c'era sempre questa confusione, parole una sopra l'altra, comprese quelle amplificate che chiamavano un dottore, tutto si muoveva frenetico, c'era delle persone che piangevano, qualcuno che fissava il vuoto, e altri che parlavano tranquillamente, fui distratta da tutto ciò dalla sua mano che mi sfiorò il braccio e mi chiese ancora "vuoi qualcosa?"

- Si, voglio aiuto-.

Che dite? Chi ha occhi per guardare dia una sbirciatina, direi!! XD

Apparte gli scherzi, spero si capisca la tensione di Bella, per le persone sconosciute, e l'altrettanto gesto importante di Edward, che in mezzo secondo gli snocciola informazioni su di lui, per farla stare tranquilla, diciamo che era più Edward quello stupito della situazione, del fatto che lei avesse paura di lui, e di come ha sputato tutte quelle cose su di lui a un'estranea in fondo.

Inoltre vorrei dire GRAZIE A TUTTI!!!

MoonLight_95:come vedi non è proprio una scintilla, è qualcosa che deve essere alimentato, soprattutto per lei, che ha paura delle persone ha paura di fidarsi, ma si accorge comunque di lui, insomma ha gli occhi e li usa ;)

vanderbit:ciao, sono daccordo con te per quello che è successo in francia, il piccolo Sam, della storia, credo che lo ritroveremo sicuramente,ancora non so quanto importante sarà la sua parte, ma ha già in mente una cosetta.

Giova71:e menomale che c'era Edward, si notaquanto edward sia molto più portato di Jake per quel lavoro, ciao e grazie ti aspetto per questo capitolo

Bene cambia lo sguardo della visione, si passa al bel fic...ehm al paramedico, a Edward. Mi scuso se non aggiorno sempre, ma è difficile quando torno da lavoro è tardi e sono stracotta!

Comunque vorrei chiarivi che alla fine del capitolo precedente il – Si, voglio Aiuto – non è tra virgolette è un semplice pensiero non espresso!

Pov Edward

Vedere una ragazza, così fragile e giovane, così impaurita da me mi strinse il cuore!

Se ne stava rannicchiata contro il mobile, l'espressione di terrore. Ero stupito e impaurito io stesso della situazione, mi pareva surreale che lei avesse paura di me, non avevo fatto nulla di avventato, ne detto qualcosa di sconveniente nei suoi confronti, da poterla terrorizzare in tal modo. Istintivamente portai le mani in alto, per mostrarle che non avevo niente di pericoloso in mano, anche se mi sentii stupido, ma non volevo farla fuggire, non volevo che scappasse, né che odiasse la mia presenza, nonostante il suo aspetto scomposto e un po' sporco, sembrava poco più giovane di me, come poteva una giovane fidarsi così poco degli altri?

L'unica cosa che mi venne in mente fu parlarle di me, dirle come di Edward Cullen ci si poteva fidare... prima di far questo riaprii anche la porta "vedi la porta è aperta, non siamo chiusi, sono un dottore, il mio nome è Edward Cullen ho 23 anni e sono un paramedico dell'ospedale, abito fuori New York, in Bordout Street 54, in una villetta insieme a mia sorella Alice, e l'altro mio fratello, nonché suo fidanzato Jasper, ho altri due fratelli loro sono sposati, ma non pensare male! Non c'è un incesto, non siamo veramente fratelli, siamo stati tutti adottati."

Vidi qualcosa nei suoi occhi, c'era stupore, una scintilla illuminò il volto per queste ultime parole ma non seppi spiegarmela, mi scrutò vidi la tensione delle braccia allentarsi, e il suo corpo spingere meno contro il mobiletto, stava funzionando, così continuai raccontando una cosa altamente stupida come che avevo avuto un gatto, che gliene importava se avevo o no un gatto vanesio? Niente, ma mi sorrise e questo mi piacque molto. Ero riuscito a farla sorridere, e dentro di me gongolavo tutto, soddisfatto e orgoglioso, lo avrei dovuto raccontare a Jasper, lei intanto si mosse verso il lettino per sedercisi sopra.

E finalmente la notai, le lanciai un'occhiata prima di prendere quello che mi serviva, finora avevo pensato solo al mio ruolo e non l'avevo vista veramente, era giovane e castana, i capelli leggermente ondulati e un po' sporchi, stavano annodati dietro la nuca. Quando tornai da lei per curarle il ginocchio, notai altri aspetti, come una forte magrezza, pensai potesse essere un'amante della dieta ossessionata dal peso, ma non sembrava il tipo anche dai vestiti che portava...di solito erano ragazze che tenevano al proprio aspetto, lei sembrava più...come dire, sciupata! Nonostante tutto aveva un bel corpicino dritto per la magrezza ma aveva le sue piccole forme, il volto era un po' affilato, ma aveva la forma a cuore, e quando rideva avevo notato due guanciotte tonte molto carine, la bocca era asimmetrica ma dalla bella forma e gli occhi, nonostante fossero castani, semplicemente castani, sembravano grandi e luminosi, un marrone intenso, un'occhiata da vicino mi disse che il contorno della sua iride era nero e ben definito e questo li risaltava tantissimo, li faceva sembrare più profondi del normale.

Ma da bravo dottore non avevo tentato nessun tipo di approccio, rimasi professionale, dopo lo spavento che aveva avuto prima non avevo arrischiato a chiederle nulla su di lei, non volevo turbarla, e poi perché fosse così turbata? avevo anche un brutto presentimento.

Lasciai stare, e dopo averle medicato la gamba, la invitai a prendere qualcos'altro alle macchinette, purtroppo non potevo offrire di meglio, e il fatto che fossi ancora in servizio, significava che entro poco sarei dovuto scappare, la portai nella stanza di accoglienza, che era ora abbastanza affollata, mi si teneva molto vicina e si stava guardando tutto attorno molto spaesata, per richiamare la sua attenzione la avvicinai ancora di più chiedendole ancora "vuoi qualcosa?"

Quando si volse aveva un'espressione contratta, mi fissò intensamente, sembrava volermi trasmettere qualcosa telepaticamente, ebbi nuovamente quella brutta sensazione, e inghiottii nervoso, era turbata, e il suo respiro era un po' veloce, anche se dopo poco si tranquillizzò, continuò a fissarmi. Come fai a chiedere a una persona sconosciuta, che aveva pure paura di farsi medicare un ginocchio da te, di stare nella tua stessa stanza, fino a poco fa se ha bisogno di protezione?

"posso...posso fare qualcosa per te?" gli chiesi titubante, la vidi sospirare affranta forse, non sapevo leggere bene il suo comportamento, fece un passo indietro, e si guardò ancora intorno, più frettolosamente "una barretta" disse

"cosa?" risposi confuso

"la barretta al cioccolato andrà bene" oh, allora collegai la risposta alla mia precedente domanda, mi voltai prendendole la barretta che mi aveva chiesto, le presi anche dell'acqua. Mi ringraziò con un sorriso senza più fissarmi negli occhi. Mi sembrò tutto molto strano. Ma non potei chiedermi molto altro, il telefono vibrò e mi richiamò al lavoro, il dovere che non potevo certo lasciare nelle mani di Black.

"devo scappare, credo che dovrò ripartire con l'ambulanza" lei annuì

"mi dispiace averti trascinato fin qui, hai i soldi per un taxi o per l'autobus?...giusto non li avevi neanche per la macchinetta, senti...ecco a te la fermata dell'autobus è in fondo alla strada sulla sinistra, non devi dirmi grazie, è il minimo ti ho trascinata fin qui" le avevo dato cinque dollari, tutto quello che avevo in tasca, sperai che per dove abitasse le fossero bastati, sperai le andasse tutto bene, che stesse bene, che lo sguardo di prima fosse solo la mia immaginazione, accettò timida, ringraziandomi lo stesso.

"ok, allora io vado, mi ha fatto piacere incontrarti, anche se per una brutta faccenda, mi raccomando il ginocchio, medicalo eeeeh....niente ciao!" sollevai la mano sorridendole e feci per andarmene, ma dopo un paio di passi mi fermai e voltandomi la trovai ancora lì e non resistetti, così le chiesi a voce un po' alta per il frastuono "posso sapere il tuo nome?", sorrise "Isabella, mi chiamo Isabella, Bella per gli amici" sorrisi" spero di rivederti Bella!" e andai davvero a lavoro, verso il garage delle ambulanze, il nostro centro di comando, ma non avrei smesso di pensarla quel giorno.

Ciao!Che ne dite? mi dispiace sia in parte ripetitivo dello scorso, di solito non amo questo genere, ma volevo arrivare al "vuoi qualcosa?" un po' per gradi e mostrarvi Bella da altri occhi.

GRAZIE ANCORA A TUTTI!!

vanderbit come dicevo all'inizio, la richiesta di aiuto rimane muta!sono felice ti piaccia, però hai capito cosa intendevo nell'interazione dei due personaggi!

tom angel troppo gentile, e troppi complimenti, non me li merito, ci sono molti scrittori così bravi qui nel sito!in ogni caso buone vacanze ti aspettiamo al tuo ritorno!

MoonLight_95 grazie mille, sono così sempre di fretta che ho sempre paura di scrivere un orrore

giova71 mi dispiace non lo chiede aiuto, lo pensa ma non riesce ad esprimerlo, anche se, hai notato alla fine le dice il suo nomignolo, una cosa molto familiare, che presuppone una certa fiducia o conoscenza! Speriamo!

Questo capitolo non mi piace per nulla, oggi non ero ispirata, chiedo venia mi dispiace, magari domani viene meglio!

Sarà un po' lungo perchè è di passaggio e non volevo dividere questi eventi arrivare a quello dopo!

Pov Bella

"Eccola è lei la signorina, che ha portato il bambino" disse una voce dietro di me, mi bloccai sul posto, paura, mi si gelò il sangue.

"cara? cara....scusa?" l'infermiera a cui avevo affidato il bambino mi stava chiamando ero sicura fosse lei, mi voltai.

Un agente della polizia con tanto di distintivo stava vicino all'infermiera che sventolava la mano per attirare la mia attenzione, sorrideva, entrambi a pochi metri da me.

Guardai un attimo attorno, la porta di uscita era troppo lontana e stavano, tra me e questa un sacco di persone, sarebbero state d'intralcio per una fuga, ma era l'unica porta presente, inoltre non potevo arrivare lontano, il fatto di avere un ginocchio che non potevo neanche piegare, non aiutava per niente. Sospirai, che dovevo fare? provare almeno a convincere la polizia... in fin dei conti non avevo fatto nulla di male non c'era da temere, speravo che le domande non diventassero troppo personali.

Mi feci coraggio e gli andai incontro a passo incerto, mi fermai almeno un metro di distanza, mettendo tra me e il poliziotto, l'infermiera.

"Eccoti cara, purtroppo visto che il bambino è stato abbandonato come da prassi abbiamo dovuto rilasciare una denuncia per abbandono di minore, il signore della polizia vuole sapere i particolari". Annuii cauta. Scrutai l'uomo, si stava guardando intorno e riportò lo sguardo a me solo quando finì di parlare l'infermiera.

"bene, si avrei qualche domanda da porle signorina"prese un taccuino "dove ha trovato il bambino?"

"era in Main Street, non so bene che numero fosse il viuzzino in cui l'ho trovato, era un vicolo cieco, c'erano solo due porte e uno era l'uscita della cucina del bar col tendone rosso" lui scrisse tutto

"può dirmi come l'ha trovato, perché ha guardato nei rifiuti?", sperai non avesse un secondo senso questa domanda, ancora nessuno aveva capito che vivevo sulla strada, ma i miei abiti e il mio aspetto magari a chi più abituato potevano mostrare quello che in realtà ero.

"Ho sentito un rumore, un suono...strano ho pensato fosse un cellulare e mi sono avvicinata, ma il rumore non smetteva, un cellulare non può suonare all'infinito e poi era come se fosse forte, o vibrante, come se fosse vivo"

"e non ha pensato che potesse essere un animale?"

"si ho avuto paura potesse uscire un grosso ratto, ma non era un rumore da topo"

"poteva essere un gatto"ripeté lui

"poteva essere, c'è gente che abbandona anche gli animali nei rifiuti"

"che ingrati" disse l'infermiera

"quindi lei nonostante avesse paura del topo ha frugato ugualmente nei rifiuti?"

stava insistendo troppo, e io ero sempre più tesa, fortunatamente non dovevo mentire, non ero molto brava in questo

"non erano rifiuti puzzolenti era un bidone della carta, più che altro credo fossero scatoloni del bar, e comunque la scatola era quasi sopra tutto, ho aperto i lembi di cartone e ho visto una borsa"

"ah, quindi il bidone era della carta, la scatola era sopra, quindi non era molto tempo che stava la?"

"non lo so, penso di no, il bambino era freddo ma ancora cosciente, si lamentava"

"ah ragione, il bambino stava in condizione discrete nonostante tutto, può darsi sia per la temperatura comunque alta anche la mattina, ma sicuramente non ci stava da più di 12h"precisò l'infermiera

"capisco e mi dica della borsa"

"era una borsa termica, di quelle dove si porta il cibo, marrone con delle righe o dei cerchi, l'ho tirata fuori dalla scatola mi sembrava strano era pesante, quando l'ho aperta ho trovato il bambino"

"cosa ha fatto?"

"l'ho preso in braccio e sono corsa fuori dal vicolo, ho visto la cabina telefonica e l'ho usata per chiamare il 911"

"non aveva un cellulare?"non risposi subito, lo guardai mentre finiva di scrivere quello che avevo detto prima

"no" dissi solo

"credevo lo avessero tutti al tempo d'oggi" non era una domanda non dovevo rispondere, quindi attesi.

"mi servirebbe un suo documento"

"perché?" l'ansia mi fece uscire le parole un po' troppo in fretta, volevo mordermi la lingua

"formalità del caso, lei è una testimone e quindi prenderemo i suoi dati" non sapevo che fare, dovevo mostrare quel documento? mi avrebbero schedato o qualcosa del genere?forse non mi credeva?

Non sapevo che pensare, ma tirai fuori il documento di identità, quel pezzettino di cartoncino plastificato, che neanche sapevo se fosse vero, se i dati riportati fossero un'invenzione delle direttrici dell'orfanotrofio, o se sapessero realmente qualcosa più di me, che in ogni caso non volevo sapere"

"signorina Isabella Swan....nata a Phoenix il...signorina lei ancora non è maggiorenne?"

"per poco ancora" risposi in fretta, mi stava fissando, non mi piaceva

" e cosa ci fa a New York, i suoi genitori sono con lei?"

" no sono ospite da una mia amica"

"da sola?"

"no c'è lei e i suoi genitori" cercai di essere spontanea

" e dove sta la sua amica?"

"ehm non ricordo il nome della via, mi pare due traverse prima di main street"

"non ricorda l'indirizzo?"

"no"

"e non sa neanche il numero di telefono della casa?"uffa mi stava incastrando

"no, non lo ricordo a memoria, ero uscita per fare due passi non credevo succedesse tutto questo" provai a inventare con aria desolata

"come farà per tornare la"

"chiederò agli autisti dei bus quale linea mi riporta là e poi farò la strada a ritroso" cercai di dirlo con un tono stanco, come se volessi sottolineare qualcosa di ovvio.

E forse per la prima volta in vita mia fui convincente, o al poliziotto non fregava nulla di dove stavo, perché aveva il mio nome. Mi ridiede il documento. E ringraziandomi, appena se ne andò l'infermiera mi salutò e anche lei mi lasciò.

Me l'ero cavata benino, avevo detto la verità, il branco aveva troppa paura, in fin dei conti non era successo nulla.

Il fatto peggiore era che ora io mi trovavo sola.

Mi girai intorno, ovunque guardassi c'erano facce e volti sconosciuti e io non sapevo che fare, il volume del vociare sembrò aumentare alle mie orecchie, e quasi tremante scappai fuori dalla porta.

Le porte scorrevoli si aprirono portandomi l'aria, la confusione diminuì, anche se comunque i rumori del traffico e della vita di New York erano intensi, guardai la via davanti a me, non c'era altro che si affacciava qui, se non due strade vuote e una tavola calda, scommetto frequentatissima dai medici e infermieri dell'ospedale.

Arrivò un'ambulanza, con la sua rumorosa sirena, ed entrò in un tunnel affiancato alla porte d'ingresso, sentii i portelloni aprirsi e scendere qualcuno, arrivarono entro poco anche due macchine e io mi allontanai, seguendo il marciapiede andai verso la fine della strada, svoltai a sinistra e trovai il casottino dell'autobus, che mi aveva segnalato Edward.

Mi sedetti sulla panchina e mi guardai attorno.

La via era piena di vita, doveva essere una via dello shopping, perché vedevo grandi insegne colorate di negozi, e tante persone con sacchetti e buste in mano, chiacchierare da sole o in gruppo. Ridevano, scherzavano, qualcuna si teneva per mano, una coppia si stava sbaciucchiando, un altra ancora si stava urlando dietro.

La voce adirata di lui, mi fece anche sobbalzare e d'istinto mi rannicchiai, stringendo le gambe al corpo, mi riportava a galla brutti ricordi.

Le persone passavano e nessuno faceva caso a me.

Per fortuna.

Quando arrivò un autobus, aspettai che il conducente fosse libero e gli chiesi

"scusi per andare in Main Street?"

"questo non ci va, anzi da qui nessuno ci va" ci pensò su "ne devi prendere un paio devi cambiare almeno una volta, credo tu debba prendere il 60 fino alla stazione e 120 poi la fermata che ti serve"

ripeté tutto come una macchinetta che aveva imparato a memoria dei copioni, sembrava stanco e molto indifferente, ma almeno aveva risposto

"grazie" dissi e tornai a sedere.

Cominciai a pensare se davvero dovevo andare in Main Street, se la polizia avesse indagato, e sicuramente lo avrebbe fatto, quello sarebbe stato l'ultimo posto dove trovare i ragazzi del branco, la sera prima aveva dormito in un capannone un po' lontano, l'orario d'incontro ormai era passato da tempo e loro non sarebbero sicuramente più stati lì, era la loro regola mai stare fermi nello stesso posto e mai stabilirsi, volevamo evitare di intralciare o dar fastidio alle bande che controllavano ogni metro della città, e anche se non eravamo criminali, stare lontani da ogni divisa.

Dove devo andare adesso?

Era ricominciata davvero da zero la mia vita? come il primo giorno, quando mi avevano scaricato da quella macchina e tanti saluti?Forse aveva ragione Paul, dovevo starmene al mio posto, non fare niente, lasciare il bambino e non interpretare la parte dell'eroina, avevano ragione e io ero stupida...ma ero più felice che il bambino fosse salvo.

Che dovevo fare adesso, ero sola in un mondo fatto di lupi, alla mercé del mondo che non ti risparmia niente, al più basso gradino che potesse esistere. I miei pensieri andarono a Sam, chissà se fosse triste, chissà se avrebbe sentito la mia mancanza e se fosse stato preoccupato per me, al ricordo di lui, i miei occhi si inumidirono in fretta, non ero solita piangere, e non volevo farlo, ma l'emozione era tanta.

Quando davanti a me passò un gruppo di ragazzi giovani, vocianti e sgangherati, trasalii nuovamente, uno di loro fu spintonato all'interno da un suo compagno, che rideva sguaiatamente, questo cadde a sedere, ridendo, gli amici, lo guardavano come se fosse un giullare

"hei ciao!" mi disse uno di loro, ma io rimasi immobile, come se potessi non esistere e nessuno di loro si fosse rivolto a me, per fortuna erano così "divertiti" dalle loro sbandate, da non insistere e occuparsi ancora del caduto e che però si rialzò e dopo un paio di giri intono al palo ripartirono.

Io mollai la mano dalla panchina, che avevo stretto spasmodicamente fino ad allora, e mi alzai correndo via, nell'unico posto che conoscevo, ossia nuovamente all'ospedale. Mi sedetti all'interno in una seggiolina isolata vicino al muro.

la confusione non era diminuita, ma all'improvviso mi sembrava un posto noto e sicuro, con quattro mura, mi rannicchiai sulla sedia, rimanendo in quella posizione per quelle che furono ore.

Mi ero appisolata con la testa sulla spalla, e quando mi svegliai non mi meravigliai di trovare la stessa confusione, erano cambiate le persone, ma le situazioni erano simili. Decisi di sgranchirmi le gambe, notai alcuni infermieri guardarmi strano mentre camminavo, si notava che non avevo una meta, dovevo trovarne una, e l'unico paziente che sapevo stesse qui, era il bambino, così cominciai a girare per i reparti cercando quello giusto, alla fine notai un uomo con un enorme pupazzo rosa, e lo seguii, fu la mossa giusta perché trovai neonatologia, fortunatamente doveva essere l'orario delle visite, perché un portone che portava ai grandi vetri dove stavano tutti i bambini era aperto, e dentro c'era un mare di gente, cercai di sporgermi, ma non trovai varco. Ci rinunciai ma feci appena qualche passo e vidi un altro vetro e oltre questo stavano delle incubatrici, e non so come, vidi Sam, lo riconobbi subito, stavolta era stato cambiato, i capelli però erano tutti ritti, e le guanciotte erano rosse, lo stavano riscaldando o lo avevano appena fatto, era placido adesso e dormiva, era di una tenerezza incredibile.

La porta si aprì e una bellissima infermiera bionda mi sorrise, venendomi incontro

"E' carino vero?" chiese, con voce tenera, non mi spaventò la sua presenza

" si molto"

"sei una parente?"

"no, io l'ho trovato"

"oh sei stata tu?povero piccolo, non si parla d'altro nel reparto che orrore, sei stata coraggiosa a prenderti cura di lui, povero piccolo ha da poco visto la luce e già deve soffrire così" mi disse, rimanemmo qualche secondo in silenzio, guardandolo, quando una voce che riconobbi irruppe

"Rosalie, muoviti siamo in ritardissimo, lo sai che Alice mi ammazza, ma che fai ancora qui, dai non stare a -" mi voltai verso il volto di Edward, che mi vide stupito

"Bella! Che ci fai ancora qui?"

"vi conoscete?"chiese la bionda

"si abbiamo portato noi il bambino, ah! ecco perché sei qui, hai aspettato il passo per vederlo" mi sorrise in un modo così tenero che credetti di incantarmi, aveva un modo di fare così gentile...

"hai conosciuto mia sorella Rosalie vedo, mi dispiace ma dobbiamo scappare, mi piacerebbe parlare ancora con te, ma se non corriamo alla cena l'altra mia sorella ci staccherà il collo, e non sarebbe solo un modo di dire" rise la bionda, mentre si infilava una giacca

"ciao" dissero in coro, Edward si volse ancora una volta prima di uscire e mi sorrise.

Perché non l'avevo fatto di nuovo? Perché ero rimasta in silenzio, stupido orgoglio?In parte si sicuramente, in parte perché lui non era niente per me, era il tipo che mi aveva fasciato un ginocchio, che aiuto avrebbe potuto darmi? Acqua, cibo, una casa, una famiglia, protezione? Arano così tante le cose che mi mancavano che non sapevo neanche io cosa dovevo chiedere, era tutto confuso.

Rimasi davanti al vetro finché non furono sgombrati i corridoi, e il passo non finì. Me ne tornai all'ingresso, accorgendomi solo adesso che fuori si era già fatto buio.

Cercai di confondermi e me ne tornai nel mio angolino, ci rimasi ancora molto, avevo preso un libro dal tavolo e cominciato a leggerlo.

Non mi ero accorta che la sala si era pian piano svuotata, non fin quando un uomo, non mi distrasse avvicinandosi.

"scusa.. il pronto soccorso sta chiudendo, devi uscire"lo guardai un attimo, titubante sulle sue intenzioni "non puoi stare qui, forse non ti sei accorta ma è mezzanotte passata, possono entrare solo le ambulanze e i malati, dovrai tornare domattina"

vide forse la mia indecisione, o il panico negli occhi,

"mi dispiace ma questo non è un ostello, non ci puoi vivere, il ritrovo per i senzatetto è a due isolati da qua" lui aveva capito, non volevo lasciare quel posto

"non posso rimanere sulla sedia stanotte, prometto che non faccio nulla, io non rubo, solo stanotte! domani con la luce, vado al ritrovo, perfavore non mi lasci fuori" lui sembrò tentennare, quando mi rispose sentii il tono realmente dispiaciuto, ma in fin dei conti non era colpa sua

"mi dispiace, ma se facessimo un eccezione con te, dovremmo farla anche con altri, e poi abbiamo il servizio di controllo che passa a una cert'ora la notte, farebbero domande, potrebbero denunciarmi sai, mi dispiace non possiamo"

"capito"risposi, aspettò che mi alzassi, presi quello straccio che era la mia maglia e me lo infilai

" la seconda strada sulla sinistra, dopo un paio di svolte, porta al garage delle ambulanze, quella zona è tranquilla, perché laggiù c'è sempre qualcuno che fa il turno di notte, se trovi riparo li vicino magari" mi suggerii, gli fui molto grata, e gli sorrisi ringraziandolo ancora. Uscii dalla porta principale, mentre gli infermieri rientrarono e andarono verso l'interno della struttura.

Fuori sulla strada principale c'erano solo un taxi e qualche auto che si muoveva, ogni tanto passava qualche gruppo di persone, vidi dei ragazzi eleganti passare in cima alla strada e andare dritto, poi più niente. Silenzio per un po'.

Fu per quello che quasi feci un salto dalla paura, quando la porta della tavola calda si aprì di scatto, sbattendo e ne uscirono quattro persone ridendo sguaiatamente , sembrando più delle iene che degli ubriachi, purtroppo furono più veloci di me, prima che potessi correre nella strada che mi aveva segnalo l'infermiere, loro erano già nel mezzo che barcollavano, come quei ragazzini che avevo visto questo pomeriggio, perché la gente si ubriaca di continuo?non feci a tempo a scansarli e scappare, qualcuno mi prese per un braccio

"hei!".

Ciao ragazzi!

Come avevo detto non era il massimo, e ci ha lasciati un po' in ansia per bella.

Non dico nulla ma so già che il prossimo non mi/ci piacerà.

MoonLight_95 una specie di scintilla, non le è indifferente, ma è una ragazzo serio!

Vanderbit vorrebbe tornare al branco, ma dov'è?non hanno certo il cellulare, non ha una casa si muovono di continuo...

giova71 difficile da dire, secondo me il fato li farà soffrire ancora un po', ma li farà ancora rincontrare

Ciao a tutti ragazzi, scusate il ritardo, ma quando si inizia le ferie non so perchè spuntano fuori un sacco di cose da fare! Mia madre ovviamente mi convolge, vai a comprare questo, portami in città, al mercato, c'è da risistemare questa stanza, da imbiancare....ma dove stavano tutte queste cose durante l'anno O_O

Mi dispiace alcuni di voi speravano che tutto andasse per il meglio, sinceramente anche io, ma il mondo non va mai come voglio io....quindi leggete, comunque credo che adesso abbiamo toccato il fondo.

Pov Bella

Dolore, solo dolore, l'unica cosa che provavo o sentivo fuori e dentro di me.

Avevo una fitta alla testa fortissima, non capivo ne ricordavo nulla di dove stessi dormendo.

I miei sensi mi portarono un rumore ovattato di auto, clacson, classica vita di New York. Ma i rumori che mi arrivavano erano strani, come sentissi male da un'orecchio, come se fossi dentro una campana, cercai di aprire gli occhi e lo trovai più difficle del solito.

Poggiavo su un terreno freddo e duro, troppo duro, ancora non riuscivo a riprendere i sensi, era tutto confuso, strano, non riuscivo a muovere niente, volevo muovere un braccio, alzarlo, ma non riuscivo, non avevo le forze, non riuscivo a mandare quell'impulso per dire -alzati braccio!- ,quindi rimasi ferma, lentamente riaprii anche gli occhi, era tutto offuscato, mi ci vollero vari minuti per riuscire a mettere a fuoco, quel tanto che serviva per distinguerla, una carta appallottolata accanto a me, molto vicina al volto. Man mano che rimasi là stesa crebbe in me un'ansia, mentre il mio corpo e il mio cervello prendevano conscienza di se, cercai di ricordare dove mi fossi addormentata il giorno prima, ma non riuscivo a concentrarmi, non ricordavo. Cercai allora di sollevare la testa, trovai la forza, ma questa mi abbandonò all'istante quando ebbi una forte fitta alla fronte, penetrò come una scheggia, abbagliandomi e togliendomi la vista in un istante, mi riappoggiai sull'asfalto, impaurita e dolorante. Avevo sempre più paura.

Sarà stato il panico, ma avevo sempre più voglia di alzarmi di la, di volermi muovere, mossi un braccio grattandolo sull'asfalto, e lo alzai, stavolta ce la feci, cercai di osservarlo, era graffiato, e aveva dei lividi, non ricordavo di avermeli fatti, erano tondi sull'avambraccio e sul polso, e la mano...le unghie erano rotte e c'era del sangue.

Il mio respiro era sempre più accellerato, avevo paura della verità, di sapere le mie condizioni, ma volevo alzarmi di li, come a cancellare qualcosa, come se il mio malessere venisse da quel buco di strada dove mi trovavo, tra i rifiuti e l'asfalto sporco.

Mi passai inquieta la mano sulla maglia, ma trovai un lembo di pelle scoperta, lo passai ancora e trovai ancora lembi di pelle, un pezzettino di stoffa e ancora pelle, volevo piangere ancora non avevo realizzato ma sapevo che volevo piangere, ma non lo feci, ma gemetti, anzi mugulai di paura. Cercai al volo di alzarmi a sedere, ma non appena feci per alzarmi, ebbi ancora delle fitte, stavolta a lamentarmi fu sia la testa che lo sterno, le costole, bucava tutto, un fianco iniziò a pulsarmi, il fiato quasi mi mancò di nuovo, e mi raggomitolai un attimo per cercare di riprendermi.

Sentii, sempre con quel suono ovattato il rumore di una sirena, e questo, mi scosse, dovevo chiedere aiuto, contemporaneamente ricordai anche che il giorno prima stavo all'ospedale, mi serviva il loro aiuto, ma non avevo le forze per gridare, non ne avevo neanche per piangere o gemere più forte.

Ma l'adrenalina la paura e la voglia di scappare mi aiutarono non so come a trovare delle forze, il dolore mi arrivò come prima ma ero preparata e riuscii a alzarmi quel poco che mi consentì di tenermi sui gomiti. Allora mi vidi.

Sentii come se mi trovassi senza aria, adesso capivo cosa provava un asmatico, una persona che sta annegando, affannavo, ma non riuscivo a distogliere gli occhi.

Ero seminuda, e piena di sangue. Solo allora riuscii a farlo e gridai.

Il mio stesso urlo mi scosse, colta non so da quale forza cercai di tirarmi su i pantaloni, non avevano più il bottone, ma non me ne accorsi, erano rossi, e puzzavano di sangue secco, non potevo preoccuparmi dell'intimo, non c'era non volevo neanche cercarlo, ne vederlo. La mia pancia era semi scoperta, il mio reggiseno ovviamente non stava al suo posto, mi chiusi così buona parte del lembo della maglia con la mano.

Tutto faceva male, tutto era confuso, ma mi tirai su in ginocchio e non so con quale forza anche in piedi, anche se mi abbandonai al muro, dal dolore e dai giramenti, mi toccai la testa nel punto che faceva più male, e vi trovai del sangue, ormai secco, ma sicuramente avevo la testa ferita. I pantaloni stavano su con la cerniera, così con una mano ai lembi della t-shirt e una al muro camminai, reggendomi a questo, cercai di seguire i rumori più forti, auto, voci e un'altra ambulanza, zoppicavo e rimanevo piegata su un fianco, non riuscivo a drizzarmi.

Arrivai a una via più ampia, macchine e persone andavano verso una porta a vetri, era l'ospedale. Sentivo solo il rumore del miei respiri, lunghi e rumorosi, ma anche incrinati dal dolore. Altri ricordi del giorno prima mi arrivarono mentre cercavo con le forze che avevo di varcare la seconda porta a vetri, sentii esclamazioni varie intorno a me, ma non capivo e non sentivo bene, andavo dritta verso il bancone, non vidi bene neanche la figura terrorizzata davanti a me, che gridò e chiamò forse altre persone, ma questo aumentò solo il mio terrore, altre persone mi si avvicinarono, ma io gridai, non so neanche da quale parte di me questo uscii, ma cominciai ad arretrare e urlare, non volevo quelle persone, vedevo mani alzate, voci, teste, non le volevo, gridai ancora, strillavo, mi scontrai contro qualcosa, era un carrello, vidi della roba scintillante, forse qualche strumento dei dottori, e afferrai qualcosa, forse un coltellino, non aveva importavanza, lo puntai verso quella gente, che si farmarono, io arretrai ancora e trovai il muro, strillai, gemetti, non sapevo neanche io cosa volevo, volevo aiuto, ma non di loro, avevo paura di loro, delle loro mani. Fu allora che ricordai, l'unico che potevo fidarmi.

"Edward Cullen bordout street 54, Edward Cullen bordout street 54" dissi, ma quelle persone non fecero niente, ne lui venne, anzi una mano, sembrò allungarsi verso di me, strillai impaurita e agitai quella specie di arma, penso che si ritrasse ma io cominciai a gridare

"EDWARD CULLEN BORDOUT STREET 54, EDWARD CULLEN BORDOUT STREET 54, EDWARD CULLEN..."

ero un disco continuo, un disco rotto.

Edward Pov

Ero appena arrivato agli spoiatoi, mi stavo infilando la divisa e agganciando i bottoni, salutai malamente quello stronzo di Newton, che mi doveva quasi un mese in ore, per tutte le volte che mi aveva chiesto un favore, o di coprire le sue uscite clandestine, i suoi forfet a lavoro avevo fatto turni anche di 24h con il pericolo di non essere lesto e lucido, uno stronzo, e io troppo buono.

In quel momento suonò il mio cellulare privato, avevo dimenticato di mettere il silenzioso, il mio turno stava per iniziare, lo presi in mano, quasi tentato di riattaccare, ma appena lessi il nome, ebbi un sussulto, era mia sorella Rosalie, anche lei aveva appena iniziato il turno, l'avevo portata io dato che avevamo oggi gli stessi orari, non mi chiamerebbe mai per qualcosa di stupido, quindi premetti la cornetta e risposi

"Rose" dissi

"EDWARD" urlò lei, e mi preoccupai

"Rose, Rose, stai bene che c'è?"

"EDWARD DEVI VENIRE AL PRONTO SOCCORSO, DEVI CORRERE TI PREGO" urlò ancora, c'era urgenza nella voce, e questo mi spaventò

"CALMATI ROSE! Stai bene, è Emmett? Alice, che succede ?" chiesi ormai in ansia

"no sto bene, ma tu devi correre"

"sto iniziando il turno io non so..."

"VIENI! ORA!" mi voltai allora con un senso d'ansia nello spogliatoio e vidi Newton ancora intento a rimettersi la camicia, aveva finito il turno, ma adesso era il momento di ricambiare i favori

"TU! Newton mi devi fare il turno adesso, non c'è tempo devo scappare"

"hei amico io ho finito adesso, non ci penso propr-"mi avvicinai a una spanna dal suo viso, ero dieci centimetri più alto di lui, e il mio volto dovette impressionarlo

"senti stronzo, mi devi venti giorni e più di lavoro arretrato, adesso fai il mio cazzo di turno perchè ho un'emergenza! Intesi??" annuì, quieto e muto, e io corsi fuori della stanza, uscendo dal garage, ripresi il cellulare portando all'orecchio

"ROSE CHE SUCCEDE, CHI...?"

"la ragazza di ieri, quella del bambino ti prego CORRI !!"

"BELLA"gridai, più volte chiamandola, corsi verso le porte dell'ospedale infilando in tasca il cellulare.

"BELLA" gridai una volta dentro, ma c'era solo una gran trambusto, vidi degli infermieri e dei dottori fare capannello, intravidi Rosalie, agitare una mano, freneticamente e senti un grido, uno strillo, terribile, angosciante. Andai verso le persone sentendo gridare una voce

"EDWARD C-CULLEN, EDWARD CULLEN BORDOUT STREET, STREET 54, EDWARD, EDWARD" gridava, la voce l'avevo riconosciuta a malapena e ebbi paura.

"fatemi passare VIA, LARGO! Devo passare" e passai, ma quello che vidi, mi gelò il sangue.

Una figura stava vicino al muro, piccola e agitata e terribilmente indifesa, cercava di allontanare tutti da se agitando quello che pareva un bisturi, era un'immagine di dolore. Dovetti fare un grande sforzo per non distogliere lo sguardo, disgustato da tanto dolore, mi sentii impotente. Quella fragila creatura, stava li, era scalza e le gambe le tremavano, non reggendole bene il peso, la fasciatura che le avevo fatto era piena di sangue, i pantaloni avevo l'impressione che stessero su solo perchè aderenti, erano slacciati e pieni di sangue, sentivo l'odore anche a quella distanza, la pancia era quasi del tutto scoperta e notai un grosso ematoma su un fianco, la maglia era strappata quasi del tutto, e un suo braccio la teneva su al petto, per pararsi il seno, il volto era graffiato e una lunga linea di sangue raffermo le cadeva dalla fronte, dai capelli, sporchi e appiccicati dal sangue, le braccia erano nere, e sporche di sangue anche queste. Era l'immagine peggiore che avessi mai visto, viva e in piedi, cosciente, la sua bellissima figura così...così turbata e così maltrattata, ebbi quasi un conato di vomito, realizzando quasi sicuramente cosa fosse successo, e portai una mano alla bocca e una allo stomaco, per trattenermi.

Stava ancora ripetendo il mio nome e la mia via, impaurita e completamente impazzita, così lo feci, un passo, due, nella sua direzione...

"Bella! Bella sono io Edward" gridò ancora e strinsi gli occhi, il dolore era in quelle urla, e parlai ancora più forte "BELLA, SONO EDWARD, piccola, sono io, ricordi, guardami, guardami Bella, sono Edward, sono Edward, sono Edward" continuò agitanto il bisturi, ma mi avvicinai lo stesso, quando fui abbastanza vicino, forse riuscì a mettermi a fuoco, aveva le pupille un po' dilatate, quei suoi bellisssimi occhi, rimanevano sempre gli stessi anche in questo momento, e li cercai, per farmi riconoscere, forse ci riuscii perchè non agitò più la sua arma, e mi fissò un paio di secondi, poi il bisturi le cadde di mano, ma rimase immobile.

"E-edw-ard" biascicò, la voce roca e disperata, sentii, la voglia di piangere io stesso, la mia voce suonò incrinata quasi come la sua.

"si so-no io Bella"abbassò il braccio, e sentii nuovamente il suo sguardo forte, come se nuovamente mi volesse parlare con gli occhi, mi travolse, mi restituì tutto il dolore che provava, e come una bambina che non si regge bene sulle gambe, fece un passo avanti, poi un'altro e io le andai in contro frettolosamente, quando ci scontrammo, si butto tra le mie braccia, sul mio petto, e d'istinto l'abbracciai forte, cercando di tenerla più vicina a me possibile, di proteggerla, anche se era ormai tardi, la sentii scoppiare a piangere, e gemere, lamentarsi, ma non la lasciai, stava crollando.

Sentii le sue braccia intorno al mio busto, aggrapparsi con la poca forza che aveva, la tenni stretta, e abbassai il volto sui suoi capelli, strinsi forte gli occhi, ma una lacrima mi scese ugualmente, quanto dolore, quanto dolore, poggiai le labbra sui capelli, anche se sporchi, anche se appiccicosi. Dopo qualche secondo la sua voce mi arrivò agli orecchi

"aiutami, ti prego, Edward, aiutami"

Crollò, le sue gambe cedettero, e sentii, il suo peso scivolare giù, le feci forza sul suo corpo tenendola, in un attimo mi ero chinato, e le avevo passato un braccio dietro i ginocchi, la sua testa stava appoggiata di lato al mio braccio, senza forze, ma sveglia, sentivo il respiro e lievi gemiti

"Edward, ti prego"

"ci sono io, non ti preoccupare ci sono, io, ti aiuto io" alcuni dottori mi vennero incontro, delle infermiere "noo-o, no, no" ripeté lei con quella poca voce che aveva e cercò di portare il braccio verso di loro

"fermi, non vi avvicinate, statele lontano" dissi a tutti quelli intorno a me, stringendo il suo corpo e allontanandola dagli altri, sentii delle proteste, e mi guardai intorno, vedendo la figura, avanti a gli altri, di mia sorella col suo camice rosa,e gli occhi, pieni di lacrime non cadute, ma lucidi, "Rosalie, Rose"escamai, poi guardai bella "Bella ti ricordi di mia sorella, Rosalie, la ragazza bionda che stava col bambino, ti ricordi di lei? Lei è buona Bella, puoi fidarti di lei, è buona, vuole solo aiutarti, può farlo?può avvicinarsi lei Bella?" chiesi cercando di convincerla, avevo bisogno di aiuto "si-i" disse con un filo di voce, gli occhi sempre chiusi e poggiata a me.

"Rose, vieni, aiutami, solo te! gli altri statemi lontani, ce ne occupiamo noi" cominciai a correre verso una stanza vuota, la trovai, dietro di me entrò Rose, anche lei correndo, chiuse la porta e le tapparelle del vetro, intanto io stesi il corpo di bella, sul lettino, non voleva lasciare la mia maglia, con la mano si teneva stretta "bella sono qui, non ti lascio"presi la sua mano con la mia sinistra, stringendola e lei mi rispose, teneva sempre gli occhi chiusi, sicuramente era per lei meno doloroso. Vidi Rose, prendere una siringa e metterci dentro della morfina, per il dolore e tornare da noi

"Bella, ciao Bella, sono Rosalie, ti devo fare una punturina per il dolore, ti farà stare meglio, ok, poi ti do qualcosa anche per dormire, va bene?così riposi tranquilla e noi ti curiamo i tagli ok, non ti faremo del male puoi fidarti" si avvicinò piano, prima palesandole la sua presenza sul suo braccio, l'accarezzò, poi delicatamente le avvicinò la siringa e le fece la puntura, io rimasi ad aspettare, intanto Rose, continuava ad affaccendarsi intorno, le stava preparando una soluzione per farla dormire, e stava per attaccarle la flebo.

Ad un certo punto sentii Bella emettere un forte sospiro e regolarizzare il respiro, la morfina stava avendo effetto "grazie" disse, mi avvicinai al suo volto, le accarezzai la forte allontanandole i capelli "non dirlo neanche Bella, adesso dormirai tranquilla" la sua mano fece forza sulla mia "non andare, non andatevene" disse, "non mi muovo di qui, dormi, dormi e fai bei sogni, sogna un'immensa radura nel verde, con tanti fiori colorati, il rumore dell'acqua del ruscello, l'aria fresca e frizzantina, pura, niente smog, niente odori, se non quello della rugiada fresca del mattino sui tronchi, sogna il silenzio della natura, la tranquillità, la pace, sogna Bella, sogna" dissi cercando di tranquillizzarla, mentre anche la soluzione per dormire fece effetto. Sospirai affaticato.

Spostai un attimo lo sguardo al suo corpo sciupato e martoriato, poco importa che fosse mezza nuda e che la maglia fosse quasi del tutto strappata, incontrai lo sguardo di Rose "puoi cambiarla? Metterle il camice? Dovremo farle la visita...la... lo sai in questi casi va fatta prima...e la denuncia, ma devi farla tu, puoi farlo Rose, so che è dura per te, ma io non ce la faccio, non...non so neanche se voglio saperlo"le chiesi, lei annuì, io mi voltai, un attimo aspettando che mia sorella la svestisse, la sentii gemere, non mi voltai finchè non mi chiamò "Edward" voltandomi, vidi rose che teneva il camice di bella alzato, la ragazza aveva degli slip di carta, ma il suo addome scoperto evidenziava degli ematomi estesi all'altezza delle costole, e mi fece pensare che potesse averne incrinate se non rotte, un ematoma al fianco, e tanti lividi e graffi, spostai lo sguardo giù, e trattenni il fiato, intravedendo uno degli interni coscia, era martoriato, graffiato, insanguinato e rosso, stavo per urlare di rabbia ma mi trattenni, tornai a stringere la mano della ragazza, mentre mia sorella le sistemava le gambe fermandogliele in modo da poterle fare una visita ginecologica, lei che pur avendo studiato ginecologia e ostetricia, ma seguendo anche i corsi di neonatologia, aveva subito la stessa visita.

Mentre aspettavo, pensai a Bella e al fatto che non sapessi nulla di lei, era un'estranea praticamente, ma era così familiare la sua presenza, quasi la conoscessi da sempre, mi aveva dato un gran dolore la sua vista, ma ero stato così felice volesse proprio il mio aiuto. Non so quanto tempo passò quando la voce rotta di mia sorella disse "ho, fa-fatto", la risistemò con cura, ma vidi i suoi occhi, piangeva, "Rose" dissi solo, lei mi fissò intensamente "si edward, si l'hanno, l'hanno..." non riuscì a dirlo ma capii e scoppiai.

Mi alzai di scatto, andando verso la finestra, diedi un calcio alla poltrona e al tavolo, tornai indietro piegandomi sui ginocchi, mi coprii il viso, strinsi i capelli e gridai con rabbia "AAAAAARRAAAAAAAHHHH, CAZZO, NOOOO.....PERCHE'? DIO..." urlai ancora e piansia anche io, stringendo mia sorella, che piangeva con me, mi risedetti poi sulla sedia vicino al letto di Bella a stringendole nuovamente la mano.

Oddio,mi credete se vi dico che ho quasi le lacrime agli occhi??

Ovviamente, non ha un pizzico di realismo, e non può neanche minimamente raccontare cosa prova una donna in quei momenti orribili, spero e prego che nessuno di noi debba mai passarci, è davvero troppo...

Sperando che comunque tutto,vi sia piaciuto, torno a ringraziare tutti quelli che leggono e rimangono in silenzio, siete più di duecento e mi fa molto piacere, grazie a chi ha inserito la storia tra i preferiti e chi tra le storie che ha deciso di seguire, anche troppo a parer mio, in ogni caso GRAZIE.

Vediamo invece quelli che mi hanno chiesto e si sono espressi con recensioni, ormai fisse, siete davvero cari, grazie molte.

micol_cullen1997: grazie del suggerimento, anche io speravo.

MoonLight_95: grazie per anche a te per il suggerimento, anche io porto gli occhiali, grazie per la rassicurazione ;)

giova71 : già ha conosciuto Rose, e già l'ha reincontrata

vanderbit: ciao, il branco in questo momento è andato, ha pensato bene bella, loro sono scappati dal luogo dell'incontro, si muovono, mai nello stesso posto, quindi ha fatto bene a non tornare sul luogo in fin dei conti, però lo ritroveremo, credo che si reincontreranno più avanti però non subito.

Ciao ragazzi, vorrei subito ringraziarvi, per le vostre recensioni, e per l'apprezzamento dello scorso capitolo, era abbastanza difficile scrivere di un fatto del genere, perché realmente non possiamo capire quanto sia immenso il dolore non solamente fisico di chi prova certe cose, e per quanto sia inutile, AMMIRO E RISPETTO TUTTE QUELLE DONNE CHE RIESCONO A FARCELA E ANDARE AVANTI, e provo immane dispiacere, nel sentire che giornalmente la nostra cronaca è piena di questi eventi, mentre la giustizia italiana non fa niente.

Pov Edward

Ho quindici anni, sono un ragazzino, come tutti un po' stupido, che gli piace fare il galletto quando passano le mie coetanee, che si alza la cresta con chili di gel( cosa inutile dato che i miei capelli sono disordinati continuamente), che fa le gare con la moto, che si diverte a truccarla, ho provato la mia prima sigaretta, per quanto mi abbia fatto schifo, mi sono ubriacato almeno due volte e ho avuto le mie conquiste. Normalissimo teenager, per quanto il mio tipo di sballo, sia molto al disotto degli standard di New York.

Mi sto avvicinando alla facoltà di medicina, devo passare a prendere Rose, che esce da l'università, oggi ha dovuto rinunciare alla sua BMW, con cui veniamo di solito, così l'ho portata io in moto, la mia scuola è a due isolati dalla facoltà, così che in breve tempo sono già qui, mi dirigo verso un angolo del parco, vicino al chiosco del caffé e stranamente ancora lei non c'è. Mi fermo nell'abituale posto in cui di solito ci aspettiamo, e' strano è sempre puntualissima, almeno quando non deve uscire la sera, potrebbe far concorrenza a un orologio svizzero. Ma invece oggi non c'è.

Smonto così dalla moto, togliendo il casco, saluto l'uomo del banchino, che vedo ormai tutti i giorni, e faccio due passi, cercando di intravedere la chioma bionda di mia sorella, ma niente. Comincio a preoccuparmi, scorro la via con gli occhi e faccio per attraversare dall'altra parta, quando sento strozzato ma ben definibile un grido di aiuto, e poi uno strillo.

"AIUTAAAAAAH" mi blocco a metà delle strisce pedonali e un ragazzo più grande, un universitario, accanto a me che deve aver sentito anche lui, si volta, guardandomi come a conferma di quello che abbiamo udito, e poi entrambe schizziamo nella strada più vicina, sentiamo un'imprecazione di una voce maschile e un rumore sordo, seguendo questi segnali ci troviamo in breve un'immagine orribile davanti a gli occhi.

Mia sorella seminuda e bloccata da un tizio, sul sudicio selciato di una strada, mentre un altro le tiene ferme le mani, quello sopra le tiene una mano sulla bocca e l'altra mano sta su di lei. Orripilati, entrambi schizziamo verso i due, che presi alla sprovvista non rispondono immediatamente, e che quindi riusciamo ad allontanare da lei. Non ricordo molto di quei momenti, non ricordo il volto di mia sorella, non ricordo di come abbia fatto, io, un ragazzino un po' gracilino ad abbattere un bestione di 1.80 ben piazzato, sarà stata la rabbia, l'adrenalina o la provvidenza, fatto sta che l'ho quasi mandato al creatore, prima che mi fermassi, per portarmi verso mia sorella...la mia sorellona, slacciandomi poi la camicia per avvolgere il suo corpo, mentre lei piangeva e si stringeva a me come fossi un'ancora e come se la sua vita dipendesse da me. Quel giorno mia sorella non fu violentata, arrivai in tempo, io e quel ragazzo arrivammo prima che fosse troppo tardi, ma questo è un ricordo, io ho già vissuto queste scene, tante, troppe volte, anzi questo è un sogno, perché vedo la figura tra le mie braccia cambiare aspetto e diventare castana, prendere le sembianze di Bella e sussurrarmi piano"aiutami, ti prego, Edward, aiutami", e scomparire.

Quando riapro gli occhi vedo qualcosa di bianco, un tessuto bianco, muovo la testa e scopro di essere poggiato su un lenzuolo, devo essermi addormentato sul letto di Bella ieri sera, dopo una giornata intensa. E' stata mantenuta sedata tutto il tempo, mentre i dottori la visitavano, le facevano le analisi e le prestavano le cure. Le hanno dovuto fare una Tac completa, perché le lesioni erano praticamente su ogni parte del corpo, ha pure un dito del piede slogato, in seguito ne hanno fatta una specifica alla testa, per visionare meglio il trauma cranico e escludere danni permanenti al cervello o emorragie. In compenso ha una grossa ferita vicino alla tempia, che deve aver sbattuto su qualcosa di molto duro e anche sulla nuca, uno zigomo è gonfiato e quello è visibilmente il segno di uno schiaffo una sberla molto forte, forse è stato a causa di quello che si è procurata le lesioni al cranio, se inseguito è sbattuta. Poi braccia, gambe, due costole incrinate, è fasciata ovunque, il suo gracile e delicato corpo ha retto, non si sa come, a tutto, eppure sembra così piccola.

Mi accorgo di non avere più la mano nella sua, come quando mi sono addormentato, per riposarmi dopo la giornata intensa. Rose l'ho mandata a casa, per lei è difficile vivere certi ricordi, è già stata abbastanza coraggiosa e le ho promesso che le avrei dato notizie, mentre io son rimasto qui, ho il sospetto che non verrà nessuno, che nessuno la chiamerà, non ho frugato nella sua borsa, ma non è mai squillato niente, e l'ho sempre tenuta con me.

Mi volto verso di lei per cercare la sua mano da stringere ancora, e sento un singhiozzo, vedo la sua mano raggiungere il suo volto e mi alzo di scatto.

"Bella!" riesco ora a vedere i suoi occhi rossi di lacrime.

"E-edward" tira su col naso "scusa, ti...ti ho svegliato non-"

"BELLA! Che stai dicendo, stai bene? senti male?Ti chiamo un'infermiera? Tu non ti muovere!"

"NO...fermo sto bene, non sento dolore"incrina il viso in una smorfia, si morde il labbro, e capisco.

"Scusa, io sono un vero idiota" le prendo istintivamente la mano, rigiro le sue dita stranamente familiari tra le mie e prendo fiato.

"Bella, senti è una cosa stupida, ma posso fare qualcosa per te? Qualsiasi cosa, avvisare qualcuno, dare da mangiare al tuo gatto, prenderti i vestiti in tintoria, o andare a sfissare al ristorante" cerco di buttarla sul ridere, e mi sento...bene...soddisfatto quando vedo il sorriso appena accennato nascere sulle sue labbra, e si strofina un'ultima volta il naso

"grazie, ma non devi, è l'alba perché non sei a casa tua a dormire su un bel letto comodo invece che spaccarti la schiena qui?"

"perché.....perché mi andava e non volevo lasciarti sola, non ha chiamato nessuno e non so dove stanno i tuoi..." sbuffa

"non troverai mai i miei genitori, non li ho, potrebbero essere morti e non lo saprei" che vuol dire?

"in che senso?sono partiti?"

"diciamo di si, almeno mia madre, mi lasciò all'orfanotrofio che avevo appena un anno e di mio padre non so niente"

"oh, quindi stai la all'orfanotrofio?"la vedo abbassare gli occhi, sfila delicatamente la mano dalla mia e ci gioca

"senti Edward è meglio se vai, sei stanco, la tua famiglia numerosa ti starà aspettando, tu...tu è meglio se non stai vicino a una come me" che, cosa?

"aspetta, mi stai scaricando in un modo carino?o è per paura? Lo sai che puoi fidarti di me, cioè non lo sai, non ci conosciamo neanche però puoi farlo, posso aiutarti, dimmi come e lo faccio, sul serio, non devi aver paura di me"

"non sei tu, oddio, sono io il problema, tu sei così gentile, ti ho portato in questa storia e mi dispiace ma eri l'unica persona di cui mi fidavo non conoscevo nessuno, scusa"

"non devi farlo, Bella, basta chiedere scusa, ti ho aiutato e continuerò a farlo, dimmi cosa c'è che ti spaventa, perché dovrei andarmene" sbuffa, si morde nuovamente il labbro, e si guarda le mani

"accidenti Edward quanto sei ostinato, tu non devi stare vicino a me, perché...perché io non ho una casa...io vivo nella strada, sono quello che tanti di voi definirebbero una barbona"

Rimango in silenzio, devo elaborare, questa bella ragazza qui davanti a me non ha una casa, non ha una famiglia, non ha una vita e forse a malapena degli amici e adesso le è stato tolto anche la dignità di donna, può un destino accanirsi contro qualcuno?

"Ma Bella, non hai detto che stavi all'orfanotrofio? Quanti anni hai, dovrebbero essere tenuti ad aiutarti con il lavoro prima di -" ride istericamente, e è brutto, non so come definirlo ma sicuramente triste.

"l'orfanotrofio, già...mi hanno scaricato, tu non sei arrivato ad avere 15 anni prima di essere adottato vero? No immagino, bé sai negli orfanotrofi troppo affollati di New York, usa disfarsi di chi, raggiunti i 14-16 anni, può essere "autonomo" e sicuramente non verrebbe adottato da qualcuno, almeno che non abbia cattive intenzioni con noi ragazze, e allora mi son trovata così quando ancora non avevo 17 anni a zonzo da sola per New York"

...

potrei ironicamente dire che la mia mascella sta toccando terra, ma purtroppo non c'è niente su cui scherzare, non posso credere che si possano fare cose del genere, che sia permesso, che la polizia non intervenga, io vedo questa ragazza davanti a me e non riesco neanche a immaginare quante ne abbia passate per essere qui.

"Bella io..."

"non c'è nulla da dire Edward, tranquillo puoi andare io starò bene, andrò avanti, sono abituata a vivere alla giornata, domani è un altro giorno, vai pure io starò bene"

"NO, cosa? no che dici, io non me ne vado di qui, DIO ISABELLA, che cazzo stai dicendo, dovrai prendermi a calci in culo per buttarmi fuori, e conciata come sei non puoi neanche fare un passo, io non ti mollo qui, con quello che è successo ieri, con quello che è successo prima, non me ne frega nulla se vivevi in strada o su uno vascello, per me puoi anche venire da Marte, io rimango qua, io voglio aiutarti, ma ti prego lasciati aiutare" ero partito completamente innervosito dalle sue parole, dalla situazione, che stavo urlando e dicendo parolacce, poi rendendomi conto ho alleggerito il tono, e beh credo di aver colpito adesso è lei quella completamente stupita, mi guarda, mi scruta e ancora una volta mi legge dentro.

Provare, fidarsi...quanti interrogativi ha Bella e quanti ne deve sciogliere ancora, sarà capace di leggere bene Edward, per farsi aiutare una volta veramente?Uno sconosciuto alla fine, ma l'unica persona che conosce.

GRAZIE PER I COMPLIMENTI DELLO SCORSO CAPITOLO, E' STATO DIFFICILE, MA RINNOVO LA MIA SOLIDARIETA' A TUTTE LE DONNE!!

MoonLight_95: grazie, giuro non era mia intenzione commuovervi, ma farvi entrare nella storia, purtroppo certi eventi come è successo con me scuotono parecchio.

Giova71: già il destino gioca sporco con lei, fortuna che l'ospedale era vicino, se avesse dovuto chiedere aiuto per strada, non so se ce l'avrebbe fatta.

micol_cullen1997: ti quoto in pieno, non c'è da dire altro.

Vanderbit: ciao, non sai quanto la tua recensione non mi faccia crescere anche se di poco, una nota di orgoglio, grazie. Diciamo che era inutile raccontare una violenza in prima persona, perchè non esiste un modo per narrarla, non ci sono parole abbastanza crude, per definire qualcosa del genere, quindi sono arrivata direttamente al dopo, per quanto anche questo sia orribile, perchè l'andare avanti non è mai facile, ne il chiedere aiuto, vedremo, ancora la maggior parte degli interrogativi rimane aperta nel prossimo parleranno ancora i due. Rose è stata svelata in questo capitolo, anche stavolta non in diretta, bella si è fidata di lei, perchè si fidava del giudizio di Edward, e non è che fosse gran che cosciente in quel momento.

Il bello delle tue storie è che decidi tu come farle andare, sei tu che fai seguire il loro corso, sei tu che gli doni una vita, per quanto la storia venga fuori dalla tua testa senza volerne, e la bellezza delle storie è che solitamente hanno questi bellissimi lieti fini, da vissero felici e contenti, non so ancora come si articolerà la storia se soffriranno ancora, chi incontrerà chi, ma so che il finale non sarà brutto. Peccato che spesso la realtà non gli corrisponda, una persona reale magari alle parole di Bella si sarebbe ritratta, pensando con paura e disgusto a una essere che vive nel sudicio e che sicuramente fa una cosa sbagliatissima come rubare, senza considerare che sono persone perfettamente normali a costringere quest'ultima senza un tetto sulla testa. Questo di solito vale anche per altri lavori degradanti e altamente umilianti come chi chiede elemosina e chi si prostituisce, spesso costretti e ricattati con familiari in pericolo. Con questo non voglio fare morale, c'è tanti stupidi che non avrebbero bisogni di rubare, ma potrebbero benissimo cercarsi un lavoro, come tutti noi, invece che prendere ciò che la gente onesta accumula con tanti sforzi!

Vorrei solo ricordare, purtroppo, che questa è una storia, il mondo normale è diverso.

Pov Bella

Sentirlo dire queste cose mi lasciò stordita diversi minuti, la mia mente frullava e lavorava come un macinino, se quello che avevo inteso era vero, lui stava offrendomi un appoggio, un aiuto, non era schifato da me, questo cambiava un po' le cose e anche se non ero del tutto in me ancora, sentivo nascere un pizzico di speranza, ma non volevo sbilanciarmi.

Rimanemmo in silenzio per parecchio tempo e quel silenzio mi riempì la testa, i ricordi che poco fa mi affollavano la mente erano ancora li, tutto il dolore del fisico, del corpo e il dolore di ciò che non ricordavo, perché per fortuna o no ancora non ero in grado di dirlo, non avevo ricordi, mi appesantirono il cuore, ero consapevole, anche se nessuno aveva ancora accennato al fatto, di cosa mi fosse successo, era evidente e ancora non riuscivo a capacitarmi, a realizzare tutto quello che mi era stato portato via, non ero una bambina, non ero stupida.

Adesso che la mia mente, stava ricominciando a viaggiare trovavo un solo aggettivo:

UMILIATA

Ecco quello che sentivo, mi sentivo come se non fossi più perfetta, con due occhi, due braccia, due gambe, e tutto il mondo sapesse di questa mancanza, ero stata presa con una brutalità che neanche si confà a un animale bastardo, picchiata e usata per i piaceri di qualche uomo, non abbastanza uomo da riuscire semplicemente a conquistare una donna.

Un improvviso senso di nausea mi fece lamentare

“Che c'è senti di nuovo male?”

“no è un po' di nausea”

“saranno i medicinali, aspetta chiamo l'infermiera per sapere le dosi”

“no Edward, non sono le medicine, tranquillo, diciamo che sto assimilando la cosa, e mi sento alquanto schifata e...emm non lo so come dirtelo è imbarazzante.”

“magari ti servirebbe un consulto psicologico”mi sentii alquanto offesa e gli risposi un po' duramente.

“Hei senti, io non sono pazza, ne diventerò schizofrenica, il fatto che mi sia difficile parlarne con uno che conosco da 24h, o boh non so neanche io quanto tempo è passato, non vuol dire che io abbia bisogno dello strizzacervelli!”

Lui rise, scuotendo la testa

“no Bella, un errore comune è pensare che gli psicologi servano solo a chi è pazzo, soffre di personalità multipla, o parla con i morti” rise ancora della sua battuta “ ma non è così, quando succede qualcosa di brutto, di solito si tende a chiudere o eliminare il problema, andando subito avanti e facendo finta di nulla, ma non c'è nulla di più sbagliato. Sarà inevitabile poi ritrovarsi a combattere i propri fantasmi, spesso lo facciamo la notte con incubi, o con piccole cose, che faranno saltare fuori i ricordi, facendoci scoppiare all'improvviso, e ti giuro ne ho viste di persone, non c'è niente di peggio, mentalmente che scoppiare”

Non risposi, rimanendo a riflettere delle sue parole.

“Posso consigliarti mio fratello? giuro non sto cercando di affibbiarti tutta la mia famiglia, ma lui lavora per questo ospedale è uno psicologo, bravo, onesto e non fa tutti quei giochetti con la mente, più che altro cerca di farti parlare e aprire, e fidarti delle persone. Prima l'ho avvisato che forse avremmo avuto bisogno del suo aiuto, ma tranquilla non gli ho detto niente di specifico, solo che se quando attaccava a lavoro veniva da me, non sei obbligata a farlo, magari ci puoi parlare una volta vendere se ti va a genio, Jasper non si offenderebbe, e sempre se vuoi posso rimanere con te”.

L'offerta non era cattiva, non mi fidavo comunque degli strizzace....emm degli psicologi, ma non era detto che parlassimo più di cinque minuti, se io volevo, tutto doveva essere in mano a me, dovevo decidere io questo era l'importante, quindi annuii in silenzio, mi sorrise.

“Per la nausea, guardiamo un po' i tasti qui che alziamo lo schienale, siamo avanti qui all'ospedale è tutto tecnologico, non ti preoccupare se mi avvicino cerco solo un tasto” era premuroso, si era avvicinato al lato del mio letto, ma aveva messo le mani avanti tranquillizzandomi, deve essere un bravo dottore, pensai. Ben presto anche se inizialmente un po' dolorante mi ritrovai un po' più eretta, posizione migliore per poter parlare, e diciamo anche per poterlo ammirare, era comunque un bel ragazzo.

“Bene, ti senti meglio così?”

“si grazie”

“di niente, però ti devo chiedere una cosa, mi hanno lasciato dei fogli da farti compilare, dovrò farti il terzo grado, ci sono così tante cose... potrebbe essere l'occasione buona per presentarci, tu dici qualcosa a me e io a te, anche se io ho già cominciato ieri”.

Uno scambio equo, ripeto, questo ragazzo sa proprio come far sentire le persone a proprio agio! Annuii convinta, anche se supponevo di non poter rispondere a metà delle domande.

“Bene, benvenuti signori e signore all'intervista della signorina Isabella...”

risi divertita “Swan”

“la signorina Swan risponderà per noi ad alcune domande, ma prima ammiriamo un suo bellissimo documento, a proposito ce l'hai?”

“guarda nella mia borsa c'è una busta marrone dove lo tengo”.

Prese la mia borsa e facendomi un cenno ne frugò dentro estraendo due pezzi di carta, due buste, la vista di una di queste mi innervosì molto

“ok, hai detto quella marrone vero, ma quest'altra non è neanche aperta?”

“no, non ho voglia di aprirla, o il coraggio...è di mia madre, mia madre naturale, me l'ha inviata qualche anno fa quando ancora stavo all'orfanotrofio, ma mi è stata data solo dopo che mi hanno sfrattata per strada”

mi guardò pensieroso e osservò la lettera, piegata in due e con gli angoli consumati, per poi riporla nuovamente nella borsa.

“Non so se sono vere le cose che sono state scritte nel documento, me lo hanno dato poco prima di lasciarmi per strada e io non so se sono nata davvero nello stato di Washington e se quello è davvero il mio cognome originale, forse alcune delle risposte sono in quella lettera, ma hai visto non...”

“bèh per fare un documento bisogna avere dei dati certi credo, quindi noi atteniamoci a questo, poi vedremo, allora nome I-s-a-b-e-l-l-a, poi cognome S-w-a-n, sai questo nome mi ricorda qualcuno che mi ha messo nei guai, comunque... nata a Washington il 5 maggio 198- COSA? Bella non sei maggiorenne? Hai solo diciassette anni?”

Mi stava guardando con gli occhi spalancati dallo stupore, fissandomi intensamente

“sono quasi diciotto, tra sei giorni mi pare? Ho perso la cognizione del tempo, e comunque che differenza fa?”

“fa molta differenza Bella, hai diciassette anni, hanno abusato di una ragazzina che schifo”

“HEI, non sono una ragazzina io”

“no che non lo sei, con quello che hai passato sei una donna, ma non volevo dire questo, cioè ti rendi conto, la cosa è più grave, se riusciamo davvero a trovare quel bastardo, possiamo fargliela davvero pagare...anche se...per la denuncia forse è meglio aspettare che passino questi giorni che ti separano alla maggiore età credo che la burocrazia in caso tu fossi minorenne sarebbe troppo complicata e non vorrei ti trasferissero da qualche altra parte” stava ragionando a macchinetta, pensieroso e massaggiandosi il mento, io capii solo in parte quello che intendeva, e lo lasciai fare mi fidavo di lui qualsiasi cosa decidesse, io ancora non ero in grado.

Quando finì le sue congetture, tornò al mio questionario, come previsto non sapevo metà delle cose e non potetti rispondere, la cosa che mi colpì, quando chiese un recapito telefonico da contattare in caso di emergenza fu “Recapito telefonico per le emergenze, allora ci lascio il mio numero di casa, o solo il cellulare? boh facciamo tutti e due dai..”

Non dissi niente lasciai che scrivesse, ogni tanto mi chiedeva qualcosa, altezza, peso, malattie avute, se avessi fatto i vaccini, se avevo allergie, se avessi mai fatto il test AIDS, ma notavo che ogni tanto scriveva da solo, chissà come stava riempiendo la mia cartella. Aspettai.

“Ok, signore e signori l'intervista è finita ci vediamo alla prossima puntata” disse alzandosi tenendo la cartella in mano come un presentatore e chiudendo teatralmente con un -clic- la penna che portava in mano, mi strappò un altro sorriso quando andò a riportare i moduli compilati.

“Ok Bella, burocrazia completata, mamma mia quante domande e per la cronaca...non hai una residenza, ma il tuo domicilio sta in Bordout Street 54” e mi fece l'occhiolino sorridendo, mentre si risedeva vicino a me.

“cosa? Ma io non....ASPETTA MA E' CASA TUA”

“ma dai? Guarda un po' che coincidenza!” e rise, mentre io rimanevo immobile a fissarlo, la bocca spalancata per lo stupore.

Eccomi, ciao di nuovo, come vi sentite? Io bene sono felice, che dico stra-felice, ho appena visto delle foto altamente ROBSTEN, e sono entusiasta!

Apparte questo, sono contenta perché mi sono piaciute le reazioni di Edward, me lo vedevo li intento a completare quei moduli, mentre scriveva i dati...e il suo indirizzo!”

Sarà interessante il seguito, anche per me che devo ancora crearlo! ;)

GRAZIE ANCORA, vedo che vi sta piacendo la storia, e ne sono alquanto stupita, non sono una dalla grande considerazione di se:

micol_cullen1997: già si sta fidando e questa fiducia la sta travolgendo, non è abituata a questo, ma credo che anche Edward sia stranito di se stesso.

Giova71: spero che questo seguito ti sia gradito, Bella non è abituata a parlare con le persone e per questo non le riesce dire bugie, ne di far finta di nulla, in un certo senso quando parla la si può definire abbastanza sincera e schietta.

MoonLight_95, bella si sente sempre sbagliata, vive nella strada, lo ha coinvolto in questa cosa, chiedendogli aiuto, poveraè alquanto confusa mentre il dio grec...Edward, lui sta reagendo d'istinto.

Mine: grazie sono molto felice del tua apprezzamento, quella scena che segnalato è stata davvero triste ma emozionante anche da scrivere, lo so che sembra una cavolata, ma anche scrivere mette ansia, e non da prestazioni, perché rimani coinvolto nella storia.

Vanderbit, grazie, si ho voluto mantenere in parte la storia di Rose, del libro, la nostra bibbia in fondo, per poi salvarla, nonostante quello che ha passato sia già molto grave.

Keska, non so che dirti, sono imbarazzata, so di non mettere molti punti, so che è sbagliato, mala storia nei momenti, specialmente i racconti, la vedo andare così veloce che non vedo quella pausa che mi rappresenta il punto, e li sbaglio. Lo so mi dispiace se non si legge bene, non son una grande”scrittrice” lo faccio per piacere personale, ma ti ringrazio tantissimissimo per le piccole critiche, vuol dire che le persone non lo leggono tanto per fare, ma ci postano attenzione, e questo mi fa piacere, molto!Grazie.

Ciao! Allora si inverte il Pov, ma il succo non cambia, siamo sempre sul letto dell'ospedale e quel gran pezzo di Edward l'ha praticamente invitata a casa, cioè non l'ha invitata ha fatto tutto lui!

Sapete che ci c'è un hotel, anche sulla costa adriatica che d'inverno è disposti a dare ospitalità per una settimana a quasi 200 senzatetto?

Immaginate una persona che vive tutto l'anno su un marciapiede, in un cartone o in uno straccio, dormire un paio di notti in letto vero, con un cuscino vero e delle coperte, e soprattutto immaginate la possibilità di fare un vero bagno!

Pov Edward

Bella stava ancora fissandomi, come se avessi fatto una magia avanti ai suoi occhi. Provavo per lei uno strano affetto, mi sentivo...non saprei dirlo con precisione, ma protettivo nei suoi confronti, anche prima di sapere cosa fosse successo, non era mai stata pietà Con l'episodio della stanza e la sua paura, avevo capito che era strano tutto ciò, che il suo comportamento così ostile verso, si un estraneo, ma un dottore era una paura radicale per tutte le persone.

Non so perché proprio lei, con tutte le persone che incontro ogni giorno, non lo so è stato istintivo, e ho fatto bene, me ne rendo conto adesso, per quanto sappia poco di lei, non è una persona che se ne approfitterà. E' una ragazza che ha avuto troppo poco dalla vita per poterne dare ancora, ma io spero di aiutarla, intanto le offrirò un posto a casa. Alice ne andrà pazza, Jasper spero capisca, gli affideremo il camerino, sperando sia abbastanza confortevole, le donerei con piacere una delle due camere matrimoniali, ma sono piene di oggetti dei miei genitori e di Rose e Emmett, che verranno da noi tra un paio di settimane.

Non so quando la dimetteranno, ma se ci sarà ancora la mia famiglia non vorrei turbarla, scommetto che non vorrebbe mai occupare le loro stanze, quindi il camerino andrà più che bene, infondo non è neanche troppo -ino.

“Allora Bella” esordisco per rompere il silenzio “raccontami ancora di te, cosa hai fatto all'orfanotrofio, studiavi? cosa ti piace fare?”

“All'orfanotrofio non è che succedesse molto, una volta sono stata adottata anche io, ma è durata una settimana e è stato molto brutto, mi hanno subito riportato indietro. Non avevo grandi amiche, c'erano solo un ragazzo e una bambina con cui ero più legata, una bimba più piccola di me, credo che vedesse in me una sorella, veniva sempre a rifugiarsi e a farmi compagnia in silenzio, e io le leggevo delle storie. Il ragazzo aveva qualche anno più di me, si è dimostrato gentile e carino, mi ha aiutato contro quelli più grandi e tosti, che non facevano che prendermi di mira per un certo periodo, mi chiamava sempre Bell, è stato come avere un fratello, anche se è arrivato dopo rispetto a molti di noi, ha avuto fortuna e è stato adottato, non l'ho più visto.

Vediamo... ho un diploma! Sembra strano ma è vero ho studiato all'orfanotrofio nel gruppo con i più grandi, non erano molti i ragazzi di quelle età e ci raggruppavano per farci studiare, dato che ero sveglia e studiosa, a sedici anni, un ispettore è venuto a farci l'esame e mi sono diplomata, nella bustina che hai aperto prima c'è anche quel pezzo di carta. Poi vediamo cosa mi piace...ah si mi piaceva leggere, ma adesso non lo faccio più perché è ovvio non ho molti libri, amavo molto i classici, e amo passeggiare nei parchi, uno dei pochi svaghi che mi sono sempre potuta concedere, camminare a piedi nudi a Central Park, distendermi lungo la riva, sotto le fronde di un salice”.

Si ferma pensosa e sognante a quel bellissimo ricordo, non l'ho mai interrotta, ma adesso lo devo fare “bé allora ti troverai bene a casa mia, soprattutto nella mia stanza...cioè, oddio non pensare male, solo che la mia camera ha una parete che è quasi per intero ricoperta di libri, classici, fantasy, thriller e volumi storici, anche io amo leggere!” le sorrisi entusiasta e lei rispose altrettanto felice al pensiero.

Mentre stavamo ancora qui a rimuginare ai nostri ricordi, pensai che tra sei giorni era il suo compleanno, e le avrei voluto fare un regalo, visto che amava molto i classici, potrei fargli una raccolta di qualche scrittore, avevo già una mezza idea, chissà...

“Edward” mi chiamò intimidita, chissà per cosa

“Dimmi”

“ecco, non vorrei, cioè tu mi hai già detto qualcosa di te ma perché non mi racconti qualcos'altro, cioè solo se vuoi!”sorrisi, aveva sempre paura di essere impicciona, ma saremmo stati coinquilini, quindi volevo che si fidasse e si sentisse in completo agio con me

“Certo, allora sai il nome mio e dei miei fratelli, vediamo sono stato adottato che avevo quasi due anni, ero un soldo di cacio, quindi non ho ricordi del prima, sono stato adottato per secondo il primo è stato Emmett, io dopo due anni e quello stesso anno, hanno adottato anche Rosalie, poi è venuta Alice, la piccola di casa e qualche anno dopo Jasper lui era già un ragazzino, siamo sempre stati una bella squadra, assortiti, di caratteri somatici e personalità diversa. Nostra madre non ha mai potuto avere figli, ma aveva così tanto amore da donare, che hanno preferito adottare dei bambini, e visto che i soldi non gli mancavano si sono riempiti la casa, ma non hanno mai fatto mancare niente a nessuno, tantomeno l'affetto, è davvero una persona fantastica, te la presenterò.

Poi c'è mio padre, è un dottore sai Carlisle, un primario in un paesino di Washington, è una persona che ammiro, mi ha insegnato tanto, e mi ha ispirato la mia carriera, come vedi.” feci una pausa

“che bella storia” sospirò Bella, capivo la mia fortuna, e non replicai.

“Vediamo qualcosa di me... già ti ho detto che amo leggere, sono dottore, mi sono laureato in tempo di record, prima del tempo, non mi chiedere come ho fatto, so solo che mi son buttato nello studio tutto mi viene facile e eccomi qui, mi manca un'ultima specializzazione, ma sinceramente amo anche quello che faccio adesso. A 23 anni, mi sento realizzato, non è da molti, ma aiutare gli altri mi soddisfa e il lavoro alle ambulanze mi piace, ma continuerò ormai fino alla fine il prossimo anno, e poi si vedrà, non ti nascondo che mi piacerebbe andare in un paesino tranquillo come ha fatto mio padre... dimmi poi tu che altro vuoi sapere”

“Ti sei laureato in fretta, devi essere molto intelligente a 23 anni e ti manca solo un anno quanti anni di studio hai fatto?”

“sei, mi manca il settimo, la mia fortuna è stata che ho iniziato le scuole un pochino prima, i miei genitori lavoravano e come te ero molto sveglio, volevo in tutti i modi andare a scuola!” risi “vedi abbiamo qualcosa in comune abbiamo fatto tutto in fretta con la scuola” lei annuì e sorrise.

“dimmi oltre a leggere che ti piace fare?”

“suonare, io suono il pianoforte e un pochino la chitarra, ho composto anche qualcosa per i miei e le mie sorelle, niente di che però mi rilassa, la musica è ottima dopo una giornata di studio, poi vediamo mi piace mangiare il cioccolato, ma quello non conta vero?” sorrisi

“non saprei, sai non ho mai mangiato molto cioccolato”

“giusto! Cavolo rimedieremo quando saremo a casa mia!”.

“A proposito di questo Edward, io non vorrei disturbare, cioè non posso neanche ripagarti in qualche modo, non mi conosci neanche, sono un'estranea e ci sono i tuoi fratelli, non voglio scomodarti, forse non è il caso, te l'ho detto io vivevo nella strada, non sono abituata neanche a un cuscino, mi sentirei fuori posto, ti farei fare figure bruttine e poi...”

“hei, hei ferma il treno” sorrisi “il disturbo non c'è, il posto non manca abbiamo un casone grandissimo, e puoi stare per conto tuo, oppure con noi. Ma non si discute che sarà nella nostra casa, ti abituerai in fretta, ti insegneremo noi, non devi vergognarti. Siamo giovani e non ci scandalizziamo di nulla, ne abbiamo combinate noi all'inizio, pensa che a casa nostra Alice l'unica ragazza, l'unica cosa che fa è pulire, a cucinare ci penso io, a lavare e stirare Jasper, ognuno di noi pensa alle proprie stanze e alle due vuote dei miei e degli altri miei fratelli, a proposito per te abbiamo la stanza degli ospiti”.

Non sembrò trovare ancora altri protesti, in quel momento mi arrivò una chiamata

“scusa Bella....Pronto?”

“Hei Ed, sono arrivato all'ospedale adesso, sto attaccando il turno, vuoi che venga prima da te, mi hai detto che una ragazza avrebbe bisogno di me?”

“Si è così, potresti passare subito, noi stiamo parlando qui da un po', poi cercheremo di convincerla, ah e ti devo dire una novità”

“ok dimmi stanza e piano”

“terzo piano, stanza 308 mi pare”

“salgo” riattaccai, ricambiando lo sguardo di Bella che mi fissava ora seria.

“Ti avevo parlato di mio fratello Jasper, lo psicologo, ecco sta arrivando, come ti ho detto non devi per forza fare qualcosa che non vuoi, parlaci e dopo mi dirai se è degno di fiducia, e per la cronaca quando è a casa non filosofeggia, quindi tranquilla” le sorrisi incoraggiante, ma la vidi muoversi un po' a disagio sul letto, si era spostata tutta su un lato del materasso, più lontano della porta possibile, aveva ancora molta strada da fare per fidarsi degli altri.

“Hei Edward, sono qui, ciao!”disse la figura di Jasper appena arrivato sulla cornice della porta, nello stesso momento mi ero sentito afferrare un braccio, la morsa di Bella era ferrea, una mano mi teneva la manica, mentre l'altra l'avambraccio, e era volta verso la porta, cercai di fare il disinvolto.

“Ciao Jasper, buongiorno, spero che Alice non abbia mandato a fuoco la cucina stamani” rise

“Tranquillo ho fatto io il caffè!”lo vidi ancora fissare la ragazza, assottigliava in modo strano gli occhi, anche lei non era da meno lo fissava in modo strano, ma magari lo stava studiando. Interruppi il tutto cercando di farli sentire a loro agio

“Jasper, ti presento una mia amica Isabella, Bella questo è mio fratello Jasper”.

“E' incredibile somigli... no non è possibile, è che... scusa ti sembrerò pazzo”disse a disagio, non capii che volesse dire, la fissava e lei ricambiava, in silenzio. Poi Jasper fece qualche passo nella stanza, “hai il neo proprio come...non è possibile, oh mio Dio! Sei tu è impossibile, sei...sei... BELL!”

c'era qualcosa che non afferravo, la conosceva? la vidi rilassarsi un po', non mollò la presa sull'avambraccio, ma lasciò la manica, mi guardò sorridendo e poi si volse nuovamente verso di lui.

“Jazz, sei Jazz vero? È tuo fratello? Edward è lui! Il mio amico dell'orfanotrofio, incredibile trovarlo dopo...dopo...”.

Finalmente capii anche io qualcosa, il suo caro amico, mio fratello. Che cosa strana, che caso incredibile, magari sarebbe stava nuovamente felice e c'era qualcosa di fantastico in questo, il fato stava girando nel senso giusto finalmente per lei.

Lui le si avvicinò di qualche passo, anche lei era veramente felice di vederlo, si vedeva che voleva salutarlo come si deve, ma non riuscì a lasciarsi andare, e si strinse ancora pi verso di me, praticamente mi stava quasi in collo, perché stava per scendere dal letto. Mi dispiaceva per quello che provava ma ero felice che si fidasse così di me. In ogni caso Jasper da persona con occhio quale che è si fermò e cercando di mantenere sempre lo sguardo disinvolto, si guardò e adocchio una poltrona al muro, dove ieri sera era seduta Rosalie.

“posso sedermi?” chiese, Bella annuì e lui prese posto accavallando la gamba, si guardò attorno, fisso un po' la sua mano arpionata a me, e la mia che le massaggiava la spalla e il braccio a momenti per farla rilassare, ma distolse subito lo sguardo, e poi portò gli occhi a Bella.

“Qui c'è qualcuno che ha bisogno di me, forse” Guardai Bella negli occhi, era titubante il sorriso si era un po' spento. Sperando di non farla innervosire presi parola.

“E' per Bella, è successo, ecco una cosa brutta, non ricorda ancora niente, ieri ci siamo conosciuti qui, ha trovato un bambino abbandonato e io con l'ambulanza l'ho accompagnata qui col bambino e dopo le ho curato il ginocchio, e abbiamo parlato un pochino, ieri mattina Bella è venuta all'ospedale, era coperta di ferite e chiedeva il mio aiuto, Rose mi ha aiutato, lei ecco era in pessime condizioni è crollata tra le mie braccia, e non voleva nessun altro non si fidava di altri, lei vedi, qualcuno l'ha toccata, l'hanno...l'hanno”come posso dire una cosa del genere, le parole non mi uscivano, mi innervosivo solo al pensiero, sentii la sua mano afferrarmi la mia, la stringeva, la rigirava, la lasciai fare, quando strinse e ricambiai, sospirò e capii in quel momento quanto fosse forte quella ragazza, l'avrebbe detto, da sola.

“sono...sono stata violentata Jasper” disse con voce abbastanza forte da farsi sentire anche se incrinata dal timore. Non vidi la smorfia di rabbia che si dipinse sul volto di mio fratello, continuavo a fissarla, mentre lei giocava con la mia mano, seria e imbarazzata. In quel momento se avevo ancora dubbi seppi che avevo fatto la scelta giusta, erano scivolati via. Bella era si bellissima, e con un passato triste, ma aveva anche una forza dentro che io non potevo immaginarmi, nessuno meritava più di lei ed ero fiero di esser stato io la persona che aveva scelto, e fiero di poter in qualche modo aiutarla, perché lo farò, e con convinzione, ci metterò il cuore.

Allora! Come vi sembra? Sono in vacanza in montagna, approposito vi saluto da Lizzano Belvedere! E il tempo per scrivere diminuisce, qui si fanno passeggiate, scarpinate e puntatine nei paesini, che sono davvero fantastici.

Perdonatemi se non è un gran che, vi ho già detto che non sono una gran pretenziosa, è solo la mia piccola storia, che è venuta così, come tante altre che però non pubblico.

Jasper conosce Bella, un altro pezzo del suo passato. Avete notato come Bella, abbia sempre cercato appoggio in figure maschili, di solito più grandi di lei? Ha sempre avuto bisogno di un riferimento importante, perché è si forte, lo notiamo nella sua ultima frase, nonostante la paura riesce ad ammettere cosa le è successo, non è da tutti, dopo un trauma, ma ha bisogno di punti fermi forti, che sono degli amici, dei protettori, dei fratelli, ma adesso che cresce cosa saranno questi punti di riferimento?

Grazie a MoonLight_95

micol_cullen1997

giova71

keska

vanderbit

Questo capitolo E' molto corto, mi dispiace è solo un'ulteriore conferma di quello che succede in ospedale, visto da Bella stessa, ma voglio sottolineare questa cosa, la forza che Bella trova non so come per andare avanti, buona lettura.

Pov Jasper

Dovevo essere amico, o dovevo essere psicologo?

Anche io porto i miei dilemmi, l'amico in me, mi diceva non pensare a niente, prendi qualcosa e sfascialo dalla rabbia, quella bambina, carina, sempre calma ma così sveglia, sempre così dolce con gli altri, sempre sui libri, assetata di leggere e sapere, quella ragazzina che ho lasciato nell'orfanotrofio, quella bambina, oggi è una donna e qualcuno ha osato farle del male nel peggiore dei modi.

Ma forse non ha bisogno di un amico, ha Edward, non capisco in che modo siano legati, ma lei si è buttata su di lui come fosse la sua ancora più forte, aggrappandosi e fidandosi di lui, e io so che in questi casi è difficile cercare appoggio su qualcuno, soprattutto un uomo, credo che sia il mio compito fare lo psicologo. Questa è la parte peggiore del mio lavoro, lavorare nei traumi è una cosa terribilmente angosciante per chi come me è molto sensibile agli stati d'animo, e io sono un bravo lettore.

Prima cosa da fare in caso di trauma, accettarlo, far si che la vittima lo ammetta ad alta voce.

Ho sempre saputo che Bella fosse forte, senza di me lei l'ha già fatta, l'ha già ammesso.

Seconda cosa farle ritrovare la fiducia negli altri, trovare un appoggio da cui rialzarsi, e lei ha già trovato qualcuno cui fidarsi, lei ce la farà, lei è Isabella ce la può fare.

Pov Isabella

Sento dei brividi corrermi lungo la schiena, l'ho detto? L'ho detto davvero ad alta voce?Non so se riuscirò a ripeterlo ancora, sto prendendo consapevolezza anche io adesso di quello che è accaduto, tutto quel dolore quella mattina, le ferite.

Però che vergogna sapere che due uomini, sono a conoscenza di una cosa così intima, qualcuno mi ha usato, ha usato il mio corpo, qualcuno l'ha toccato, spogliato e magari ci ha fatto i suoi giochini e i suoi comodi, mentre io non ricordo niente. Brividi, potenti tanto da scuotermi passano per gli arti e il corpo.

Due mani, grandi ma gentili, le sento strofinare sulla spalla, come a volermi riscaldare, mentre l'altra tiene forte la mia mano. Lo guardo in volto è Edward, non è lui di cui devo aver paura, lui è buono, lui è gentile delicato e si sta offrendo come amico e come spalla, è il mio angelo.

Mi sorride gentile quando lo fisso in volto, la stanza è silenziosa, non dice niente, non mi incoraggia con parole a lasciarmi andare, continua però a tenermi la mano, e è come volesse dirmi -ehi io sono qui qualunque cosa farai-, ricambiando la stretta, mi voltai verso l'altra persona nella stanza.

Jasper è comodamente seduto sulla poltrona, è molto serio in volto, si nota che non sta realmente fissando con interesse il quadro vicino a lui, sta cercando solo di darmi tempo, chissà quali pensieri orribili stanno passando dalla sua mente, sarà schifato da me? Del mio essere sporca, oggetto di divertimento altrui? Magari sarà anche offeso del mio comportamento di prima, cavolo mi sono scansata quando si è avvicinato per salutarmi, eravamo amici andavamo al lago insieme, leggevamo insieme, qualche volta dormivamo anche insieme, quando avevo gli incubi.

Però era ancora qui, non se ne era andato, e poi adesso era uno psicologo, magari ne aveva già viste come me, magari poteva aiutarmi ad aprirmi con le persone, ad accettare, magari potevamo essere ancora amici, non mi sarebbe dispiaciuto, dato che avrei vissuto anche nella stessa casa.

“Jasper” soffiai appena, la mia voce uscì come un pigolio, Edward si fece vicino, e mi accarezzo la schiena, guardandomi ancora con sguardo incoraggiante, un leggero sorriso. Mi schiarii la gola.

“Jasper” ripetei un po' più forte, lui si voltò

“Jasper, puoi rimanere?” lui sorrise tranquillo

“Io sono qui per restare, posso rimanere tutto il tempo che voglio...o che vuoi” annuii, era difficile dirlo, ammetterlo ad alta voce.

“io, vorrei che restassi e...e...e che... mi dispiace se prima mi sono ritratta?” Aggiunsi all'improvviso, anche se non era proprio quello che volevo.

“Nessun problema Bella, so che Edward è più bello di me!” disse ridacchiando

“UH, no!” oddio mi sentii avvampare “cioè non è quello, io, lui mi aiuta, mi fido io, non lo so...”

“tranquilla Bella, sta scherzando, mio fratello mi ha sempre preso in giro perché avevo sempre una discreta fila di pretendenti” disse ridendo

“gli cadevano dietro, e lui manco le guardava”ridacchiò ancora Jasper

“no io Jasper...” presi un respiro grosso “vorrei che mi aiutassi”la mia voce era rotta e più simile a un sussurro, ma tanto bastò.

“sono fiero di te”mi disse la sua voce, vicina al mio orecchio, e ricevetti un dolcissimo bacio sui capelli, che mi fece arrossire ancora.

Jasper si mosse a sedere, mi sorrise entusiasta e alzatosi fece dei lenti passi verso il mio letto, uno per volta, arrivò ai miei piedi e allungò la mano nella mia direzione, continuando a fissarmi negli occhi, fece un altro passo, uno dopo l'altro mi arrivò molto vicino, aspettando la mia mossa.

Con quel gesto simbolico, le offriva la sua mano e il suo aiuto, e io ero decisa adesso ad accettarlo, forte anche del sostegno di Edward.

Presi la mano di Jasper, e lui la strinse, ne accarezzo il dorso.

“Tranquilla Bella, non sai quanto quello che hai fatto sia già un bel passo avanti, sono stupito e ammirato davvero, ma ricorda che io ci sono sempre!”

“E anche io, e ti darò una mano ad andare avanti, me lo sono promesso, e io le promesse le rispetto” mi disse Edward prima che potessi ribattere.

ALLORA...ripeto e mi scuso per la sua cortezza, ma come vi avevo detto sono in montagna, scrivo nei ritagli di tempo, e poi volevo assolutamente specificare questa cosa, la forza di Bella, so che in realtà la fase di accettazione è molto più lunga, ma mi piace pensare che Bella sia forte abbastanza per fare in fretta il primo passo, almeno quello, ne ha passate tante e se ricordate si era ripromessa di essere sempre padrona della sua vita, non è riuscita ad esserlo del tutto, ma vuole riprenderla in mano, d'altronde è l'unica vera cosa che possiede, la sua vita.

Vorrei anche scusarmi per non aver risposto alle scorse recensioni, spero non vi siate offesi, ma ero di fretta e volevo almeno postare.

MoonLight_95 grazie sempre delle recensioni, avevo pensato fin dall'inizio di legare Jasper a bella, è uno dei personaggi che amo di più della saga e amo anche il suo potere.

vanderbit grazie, tantissimo davvero, per quanto riguarda le storie, molto son nella mia testa che ronzano da tempo, purtroppo non ho molto tempo per questa, non credo di averne per altre. Però qualche One-shot l'ho già pubblicata.

vittoriaKf non esiste mai un troppo tardi per leggere qualcosa, anche i libri da bambini :P

apparte gli scherzi, ti ringrazio degli apprezzamenti e delle tue considerazioni, la mia bella è un'eroina, senza armi e armatura, anzi non ha proprio nulla, è la mia eroina che riesce ad andare avanti nel mondo di cattiverie, mostri e menefreghismo.

Giova71 grazie, anche a me è piaciuta l'ultima battuta, l'ultimo pensiero di Edward.

Gattino Bianco contento gattino?, grazie mille sei e siete tutti troppo gentili.

Grazie tantissimo anche a micol_cullen1997 e fabiiiiiiiii e Keska che invece aveva recensito lo scorso capitolo e che è sempre così gentile con i suoi consigli.

Purtroppo sono di rientro dalle vacanze, che peccato stavo così bene in montagna, fresco, aria pura, passeggiate, montagne, funghi! Ci credete ho trovato dei porcini, sono una fungaiola provetta!

Apparte gli scherzi, il capitolo è un mix Edward e Bella e di emozioni diverse, spero non vi annoi troppo.

Pov Edward

Quello che aveva fatto era solo un piccolo passo, adesso sarebbe venuto il difficile. Dimenticare sarebbe stato difficile e terribilmente sbagliato come aveva detto Jasper, ma bisognava andare avanti, superare la paura e denunciare l'accaduto, provare a rifarsi una vita. Ma era una via stretta e piena di curve, per quanto potessimo aiutarla, era lei che doveva percorrerla.

Ancora le ferite erano troppo fresche per fare tutto ciò, qualche volta schizzava dallo spavento se non si accorgeva che ero io a toccarla, farla visitare da altri dottori era stato una difficoltà immane, voleva solo me. Per fortuna arrivò qualche piccola buona notizia in serata, il dottore disse:

“Signorina Swan, abbiamo i risultati delle analisi di ieri”

lei mi guardò interrogativa e spaventata, non sapeva, lei non era cosciente.

“mentre ti facevamo dormire, abbiamo fatto delle analisi Bella, un prelievo di sangue, e una visita ginecologica...no no tranquilla, io ho fatto il prelievo e controllato gli ematomi, su alcuni ho applicato un soluzione unguente, mentre la visita l'ha fatta Rosalie, poi mentre facevi le analisi son rimasto sempre con te”. Si era già allarmata all'idea che qualcun altro avesse potuto sfiorarla, la verità era che mi avevano aiutato a muoverla per curarla, altri dottori avevano tastato le sue ferite e una dottoressa aveva rifatto la visita precedente di Rosalie, ma non volevo turbarla e poi eravamo sempre stati presenti.

Il dottore sembrava volesse ribattere in qualche modo, e gli avrei rifilato un pugno in faccia se l'avesse fatto, ma lui sensibilità zero? È noto che molti dottori non ne hanno, ma stiamo parlando di una ragazza che ha subito una violenza, perdiana. Lo guardai voltandomi verso di lui, e credo si accorse del mio aspetto minaccioso, infatti se non ringhiai fu un miracolo, e non aggiunse niente.

“Beh ecco, si le analisi sono andate bene, quelle del sangue, presentano dei valori sballati, ma in voi giovani è molto frequente, dovrebbe cercare di mangiare un po' di più e variare la sua dieta. E' carente di molte vitamine, e scommetto che a volte salta direttamente i pasti, il che è sbagliatissimo, piuttosto della frutta o delle barrette, in ogni caso le stiamo somministrando anche vitamine, calcio, magnesio e altre sostanze utili al suo organismo nel suo flebo, questo tanto per informarla su cosa sta assumendo”.

Ci credo poverina non mangiava sano, chissà di cosa si fosse dovuta accontentare in tutto questo tempo, mentre io andavo ad abbuffarmi da mia madre o mangiavo quelle schifezze del McDonald.

“Le visite hanno evidenziato come già le anno detto lesioni al costato, e due costole inclinate, il dito di un piede slogato, e varie infiammazioni di alcuni muscoli, del polso e dell'avambraccio. Gli ematomi, sono estesi e nei prossimi giorni diverranno gialli, per poi scomparire, lo stesso la guancia, già pare più sgonfia, mentre per la tempia dovrà tenere i punti ancora un po'. La testa ha subito un trauma cranico, e non è sottovalutare, in ogni caso, non ci sono problemi interni, e perora sembra che non ci sia nausea, il problema sarà alzarsi, tra qualche giorno, proveremo a farle poggiare i piedi per terra”.

Era un po' presto per farla alzare, con un trauma cranico e le costole soprattutto non del tutto risaldate, ma qui andavano di fretta, già la mattina avevo litigato con i dottori.

Quale era il problema? il problema è quello americano ossia la copertura sanitaria!

Bella non era coperta da nessuna assicurazione, quindi i medici non potevano assicurarle niente di più di una più-breve-possibile degenza. L'avrebbero messa in piedi e buttata fuori in fretta e furia, con il rischio di aggravare la situazione. Io stesso ero andato a protestare, offrendo la mia assicurazione e insistendo di voler pagare, ma non era una clinica privata, e Bella non avrebbe acconsentito in nessun modo che io utilizzassi i miei soldi. Fortunatamente dopo questi 10gg sarebbe venuta a casa mia, e avrei potuto darle tutto il mio supporto e prolungato la sua degenza.

“Per le altre analisi, quelle della visita ginecologica, la informiamo, che non abbiamo riscontrato positività in nessuna delle malattie sessualmente trasmissibili, come l'AIDS per esempio, ha una contusione brutta al collo dell'utero, non possiamo intervenirci e può darsi si deformi leggermente, ma ancora non si preoccupi, le rifaremo analisi più avanti, mentre il test di gravidanza è negativo, e basta... mi pare tutto qui, adesso la lascio, che oggi c'è molta...”

Potei essere solo contento della sua fuga, ero scioccato e spaventato, la sentivo vicino a me, l'irrigidita del corpo di Bella. Non sapevo cosa sarebbe potuto succedere. Mi voltai verso di lei, stava guardando avanti a se la parete, ma non la stava guardando veramente, fissava il vuoto, in silenzio. Mi spaventai quando fece un ansimo molto forte, come se stesse annaspando nell'aria

“Bella...” cercai di chiamarla, ero costernato e spaventato

“NO” disse, lo fece ancora, tirò la testa all'indietro

“Per piacere Edward...po-potresti uscire un attimo”

“ma Bella sei sicura, io voglio aiutarti, tu non devi vergognarti di me” gli chiesi disperato, avevo paura a lasciarla sola.

“per favore” disse la sua vocina sempre più fievole “E-dward” insistette incrinata. Non volevo costringerla alla mia presenza, così maledicendomi uscii lentamente dalla stanza. Quando stavo chiudendomi la porta dietro sentii delle voci venirmi incontro dei miei fratelli.

“Hei fratellone” la piccola Alice

“Hei Edward” la voce era di Jasper “hei che hai? Perché sei fuori?”

li sentii a malapena, stavo ascoltando i singhiozzi dietro la porta.

“Che è successo?” si distinse un singhiozzo più forte degli altri che mi strinse il cuore, poi lamenti, e un grido di rabbia, di dolore. Mi volsi verso gli altri per poggiare la testa alla porta, e notai la presenza di Rosalie insieme agli altri due, guardava nervosa la porta.

“Edward” disse delicata la voce di Alice e si sporse verso di me, e mi asciugò una lacrima che non sapevo di aver versato. Un grido più forte di altri, un senso di inadeguatezza e la mano che istintiva si porta alla maniglia, ma non la apre. Osservo mia sorella, strizzare gli occhi e guardarmi e in un attimo me la ritrovai tra le braccia che si aggrappa a me. E' ancora difficile per lei, un problema che non si supera mai del tutto, quel dolore le ricorda il suo nonostante ora stia bene e abbia Emmett, quando aveva quel genere di attacchi spesso cercava me, lo ha sempre fatto anche quando ero ragazzino, ma in quel momento non volevo stesse male ancora.

“Jasper, perché...perché non porti Rose, a bere qualcosa, non qui” lui annuì e prese la sorella tra le braccia e la portò via. Le grida erano ancora alte, anche se adesso sembrava più esserci un lamento continuo, e singhiozzi. Mi sedetti sulla sedia più vicina, chiudendo gli occhi e tirandomi con forza i capelli, respiravo affannosamente, e fui grato a quelle mani quando cominciarono ad accarezzarmi la testa con fare gentile, presto mi ritrovai poggiato contro il suo ventre, mentre mi calmava con le sue carezze, la mia piccola sorellina.

I ragazzi erano tornati via, io sarei rimasto l'ennesima notte nella sua stanza, il lettino accanto era il mio ormai. Rientrai da lei dopo due ore, sperando che si fosse calmata, e bussando prima alla porta. Mi fece entrare e senza dire niente recuperai il guanciale nell'angolo della stanza aiutandola a infilarlo nuovamente sulla schiena, rialzai le coperte, re-infilai la flebo, che si era staccato e controllai la fasciature, tutto con disinvoltura, non chiedendole nulla.

Quando fu tutto sistemato, tirai fuori il regalo.

“Bella ti avevo detto che volevo iniziarti alla cioccolata...ebbene ti ho portato questo, è uno degli snack che preferisco, è un kitkat”

La sentii sbuffare e voltandomi la vidi sorridere lievemente, ma anche se non era un gran sorriso, era una mia vittoria.

“Mi dispiace, però dovrai dividerlo con me era l'ultimo e io non resisto”

“Ok” mi rispose soltanto, ci mangiammo la nostra cioccolata.

Pov Bella

Il giorno seguente, stavo guardando la tv, erano quasi le dieci, ed Edward dormiva ancora, ho l'impressione che la sera prima avesse fatto tardi anche se non so come, non lo credevo un gran dormiglione, arrivò una ragazza chiamandolo.

Quando si affacciò con la testa dalla porta, mi vide e sorrise

“Ciao, hai visto Edward?” non sapevo bene chi fosse, ma gli indicai il lettino vicino al mio, lei lo fisso stupita e ridacchiò.

“posso fare una cosa?”mi chiese ancora, io non capendo nulla annuii, lei entrò nel bagno della stanza, e la vidi uscire con una panno zuppo in mano che lasciava qualche gocciolina in terra, arrivata vicino ad Edward, mi stupii molto mando la vidi mettersi sopra di lui, ridacchiare, e strizzare il panno sopra la faccia.

Inutile ripetere le sue imprecazioni e le parolacce che gli uscirono di bocca, si divincolò della sua coperta, cercando di prendere la ragazzina.

“Accidenti a te Alice sei un mostriciattolo” le disse infine,lisciandosi i capelli. Ma lei non sembrava prendersela ridacchiava ancora. Ecco chi era la ragazza, ricordai il nome e capii che fosse sua sorella.

Quando si voltò, lo osservai sbalordita, complice il fatto che si fosse appena svegliato, e l'acqua in testa... aveva una cresta di capelli, completamente alzata, sembrava più un pappagallo.

“oh, ah Bella sei sveglia, buongiorno”

Ma invece di rispondergli non potei trattenermi, e scoppiai a ridere, una risata di puro divertimento, a cui si aggiunse quella di Alice e quella di Jasper che stava sulla porta, Edward sembrava offeso, si alzò specchiandosi nel bagno.

“Ma porca...” imprecò abbassandosi il ciuffo, lo vidi fermarsi e guardarmi un attimo, me la stavo ancora ridendo, sorrise appena, non riuscendo a tenere il broncio, scattò invece ed afferrò la sorella caricandosela in spalla come un sacco di patate, era piccola e magrolina e suppongo che fosse facile caricarsela. Lei ovviamente cominciò a dibattersi.

“No, dai mollami” lui fece finta di lasciarla cadere, lei gridò “no! Mettimi giù per bene, ti prego, Jasper, amore ti prego aiutami” lui rideva

“non ho visto quello che è successo, ma ho il sospetto che te lo sia guadagnato” lei fece una smorfia, arrabbiata, stavo ridendo di nuovo, lei si volse verso di me

“ti prego Bella, aiutami tuuuu” si lamentò, io indicai il lettino cui ero costretta e lei sbuffò, “me la pagherete”. Stranamente, questa minaccia mi piaceva, era una cosa divertente, suppongo familiare, e la ragazza non si era preoccupata per niente a coinvolgermi subito, era strano, almeno per me non avevo grandi amiche, l'unica simile era stata Leah.

“Allora Bella, stai conoscendo tutta la mia famiglia, dopo Rose e Jasper...questo mostriciattolo è la mia sorellina Alice”

“Edward secondo te come faccio a presentarmi, la mia faccia sta qua dietro” lui ridacchiò ma lei lo bloccò “NON PROVARE a fare battute che c'entrino con la mia faccia e il mio culo, perché divento violenta”

“si signor signora”disse lui mollandola giù, lei si ricompose e cercò di dargli un pestone, ma lui continuava a ridere, allora sbuffò e si avvicinò a me, e stranamente non glielo impedii, era già una figura familiare? Non lo so ma il teatrino era riuscito.

“ciao Bella, mi hanno detto che ti piace essere chiamata così, ma se vuoi ti chiamo Isabella, anche se pure io preferisco Bella, è carino, comunque io sono Alice, la sorella di questi due stronzi, purtroppo quello alla porta è anche il mio fidanzato, ma ancora per poco, se non impara a difendere la sua ragazza, e questa volta parlo sul serio, Jasper non ridacchiare o prendo a botte pure te quando ho finito con Edward” si volse e fece la linguaccia a Jazz, che rise ancora, io invece ero ancora bloccata per la parlantina a macchinetta di poco fa.

“solo Bella va bene, lo preferisco”mi sorrise

“Mi hanno detto che conosci Jasper da molto”

“Si eravamo molto amici da bambini all'orfanotrofio, io lo chiamavo Jazz” le risposi, lei sorrise e rivolgendosi al suo ragazzo “amore ma sai che è un bel nomignolo davvero, Bella ti dispiace se lo uso anche io, non era una cosa solo vostra?”che domanda strana, era il suo ragazzo, poteva chiamarlo come voleva “certo Alice, era una cosa tra bambini, eravamo gli unici che avevamo legato un po' di più”

“Lei era Bell” disse Jasper

“Che carino che vi siate re-incontrati” sorrise, poi parve ricordarsi di qualcosa “dimenticavo Edward questi sono per te” e gli lanciò una maglia e un paio di Jeans “ma dove...eccoli, anche questi” e vidi volare anche un paio di boxer “Alice insomma!” disse lui imbarazzato e nascondendoli nel pugno, ma lei non ci fece caso “questo invece è per te Bella, supponevo ti volessi cambiare sono una paio di pantaloni di una tuta e un paio di magliette e dell'intimo pulito per un paio di giorni” sperai che non tirasse fuori anche quello, ero già imbarazzata per il gesto.

“Alice non dovevi”

“certo che dovevo, sono venuta apposta, anzi ora scacciamo questi due maschiacci, e facciamo cose di donne, qui bisogna darsi una bella pulita e voglio lavare i tuoi bei capelli, ho dei prodotti buonissimi, la robaccia dell'ospedale li sfibrerà tutti se non intervengo”.

Alice, aveva fatto tutto da sola, e non potei tirarmi indietro.

Aveva qualcosa in comune col fratello, con Edward, era riuscita a mettermi a proprio agio, in un modo tutto suo, un modo un po' esuberante, ma gentile e sincero.

Allora che ne dite, l'entrata in scena alla Alice, è degna di lei? Adoro la sua energia, vorrei essere sempre così, piena di vita, spero non vi dispiaccia questo capitolo più lungo l'ho intriso di sentimenti contrastanti, può sembrarvi una bischerata (termine toscano), ma i muse che stanno in sottofondo mi hanno aiutato, con i loro suoni contrastanti le parole a momenti romantiche a momenti arrabbiate con il mondo intero!

Grazie a tutti i lettori, siete tanti, non credevo che potessero leggerlo così tante persone, per quanto molti sicuramente non apprezzeranno, ringrazio anche chi ha lasciato le sue note:

Gattino Bianco, grazie, in effetti avevo già pensato a un Jazz Pov per quelle parole e i dubbi che ha ma visto che lo hai chiesto, ho pensato che forse male non ci stava nello scorso capitolo, dato che era corto

VittoriaKf sono felice che riescano a trasparire i sentimenti che intendo mostrare!

Fabiiiiiiiii non lo so realmente, per fortuna, ma penso che per sopravvivere in certi modi e a dei traumi, bisogna essere forti, trovare la forza da qualche parte.

Giova71 Jazz è uno specialista, ma soprattutto è anche una spalla in più un amico e qualcosa di familiare e bello della sua vita, la aiuterà a rendere più tranquilla e a suo agio la nuova vita.

Lullaby89 ciao,benvenuta e grazie per i complimenti continuo a pensare che esagerate sempre.

Vanderbit grazie, come ho detto Jazz è una presenza familiare e e importante, anche solo il saperlo presente. Il rapporto con Edward è strano ma forte.

Ciao a tutti, spero non troviate la mia storia noiosa, solo che per guarire la strada è lunga e ancora i periodi iniziali sono brevi, devono succedere un sacco di cose, prima che una persona trovi stabilità, ci sarà spazio anche per l'amore, la paura, l'odio magari, l'entusiasmo. Ma perora il sentimento che prevale è l'affetto e la voglia di ricominciare, aiutare, sentirsi utili. Un bel mix in effetti. Confido nuovamente di esser riuscita a esprimere Bella in questo capitolo, non sono neanche una psicologa, ma questo è quello che farei e che mi immagino, spero anche non vi disturbi, se viene spesso ripetuta “quella parola” o ripeto qualche parolaccia.

Pov Bella

I due giorni seguenti furono molto tranquilli, Edward rimase sempre con me, nonostante volessi in tutti modi che tornasse a casa, non potevo scendere dal letto e prenderlo a calci, quindi mi limitavo a sgridarlo, mi fece anche arrossire quando sorridendo mi disse che sembravo sua madre quando lo sgridava. Il terzo giorno lo convincemmo infine, gli stavamo dicendo un po' tutti che cominciava a puzzare, non era una cosa carina da dire, e io non potevo certo parlare, non facevo una doccia vera da molti mesi, e se non fosse per Alice che mi aveva aiutato a lavarmi con spugne e panni sarei ancora puzzolente.

Era stato un po' traumatico quella volta, ero completamente in imbarazzo, non mi ero mai spogliata davanti a qualcuno nemmeno una ragazza, in più non ero un bello spettacolo. Ma lei non disse nulla a proposito, se non qualche scusa, quando mi sentiva mugolare, il resto del tempo parlò a macchinetta, parlava di tutto e niente, il tempo, New York, dei pantaloni nuovi che voleva ma che non riusciva a trovare, cose stupide ma che ebbero il fine di distrarmi. Dopo molto tempo mi sentii quasi profumare, non posso dire pulita, perché c'era sempre quel senso di inadeguatezza che provavo verso di me e chi mi stava attorno.

Quando Edward tornò a casa, fu strano salutarlo, e lo fu anche per lui, si comportava in modo eccentrico, era premuroso, sistemò il tasto per chiamare le infermiere in modo che fosse vicino e lo legò in modo che non cadesse, mi fece portare anche dei fiori, una cosa imbarazzatissima, e rannicchiò sul mio tavolino un numero incredibile di cose cui potevo aver bisogno: lasciò dei cruciverba(e non sapevo neanche come si facessero, ma non lo dissi), si fece portare due libri da sua sorella assicurandomi che mi sarebbero piaciuti, lasciò anche delle riviste, c'era una di gossip, una di politica (non sapevo neanche chi era il sindaco o i ministri del governo...),una di viaggi, dei fumetti, un quaderno e lapis e biro a volontà, e un numero imprecisato di KitKat, gli avessi mai detto che mi piaceva, tutto stipato in una montagna sul tavolino. Avevo il terrore che se avessi toccato qualcosa sarebbe crollato come la torre di babele.

Tutto sommato stetti bene, i medicinali che prendevo davano ancora sonnolenza e senza qualcuno con cui parlare prendevo sonno in fretta. La mattina dopo mi svegliai prestissimo, come sempre, e tranquilla feci colazione, iniziando a leggere uno dei libri, lo conoscevo era un classico per ragazzi, una storiella, ma ricordavo quanto fosse divertente “Tom Sowyer”. Sentii bussare alla mia porta e mi volsi, stupendomi di vedere il volto sereno di Jasper già qui, erano passate da poco le 7 di mattina.

“Jazz è successo qualcosa?”

“nono, mi sono solo svegliato presto, e ho pensato di venire a trovarti, posso...” indicò la stanza

“certo vieni” gli feci cenno, in questi giorni era sempre stato tranquillo e discreto, era sempre stato così anche da bambino, prima di agire valutava sempre le conseguenze, quindi aveva questa abitudine di chiedere prima di fare qualunque cosa. Si era avvicinato cauto, per poi fermarsi a un paio di passi da me, a osservare i fiori e aggiustarli. Era evidente che voleva darmi il mio spazio, ma proprio per questo suo modo rassicurante, lo invitai

“siediti Jazz” gli indicai la poltroncina, più vicina al letto. Si sedette e mi guardò, considerando qualcosa, “dimmi”

“non so valutare se sia il momento adatto, eppure ho aspettato proprio questo, scusami, non voglio che tu soffra di più, ma tu mi hai chiesto un aiuto e anche se sei mia amica, devo dirti e chiederti delle cose adesso, adesso che non hai mio fratello accanto”.

Non capii molto quello che intendeva, però mi inquietava in fatto che volesse parlare senza Edward.

“lo so che ti sembra strano e il fatto che tu abbia trovato il lui un appoggio, come ti ho detto è fantastico, ma ci sono delle considerazioni che devi fare da sola, delle parole che devi dire da sola”. Sospirò, sapevo che sarebbe venuto questo momento, avevo paura, ma avevo capito che era per me, per riprendermi quella vita che volevo mia, ma che da qualche giorno non sentivo più così tanto. Mi guardò serio.

“forse non sono la persona giusta per affrontare questa cosa, sono coinvolto in parte, tu sei una mia amica, un estraneo agirebbe con più decisione, sarebbe più salubre”

“per favore...mi fido di te, so che darai il meglio, so che vuoi che io guarisca” cercai di sembrare decisa, ma dentro di me cresceva anche del timore. Lo vidi annuire. Si passò le mani sul volto, fece dei grandi respiri, come un attore che si concentra prima di entrare in scena. Quando si tolse le mani era più serio. -Ecco il mio psicologo!- Pensai.

Mi sistemai meglio per come potevo muovermi, sullo schienale del lettino che avevo alzato, afferrai la maglia che mi ero tolta per il caldo, con la sensazione che avrei avuto bisogno presto di qualcosa da stringere.

“Bella che è successo quella notte” partì subito chiedendomi

“non lo ricordo, non ho memoria”

“cosa è successo quella notte”richiese nuovamente, lo guardai stranita e ripetei

“non me lo ricordo”

“che è successo”ma che intendeva, io non ricordo davvero

“non lo so Jasper, credo di aver battuto la testa, dico il vero quando dico che non ricordo”

“quella notte Bella che è successo? che ti è successo” incalzò in fretta

“non è che non voglio dirlo, cazzo Jasper non lo so, mi sono svegliata così in una strada...”ero quasi isterica stavolta, ma non mi diede nuovamente tempo di finire, mi fissava intensamente e era seduto sulla punta della poltroncina

“cosa ti è successo quella sera?” questa volta parlò con voce più forte scandendo bene ogni parola, e capii.

Capii finalmente cosa voleva che dicessi, e lo trovai terribile da pronunciare, era vero, era più duro da dire senza la mano che teneva la mia, guardai il posto dove era solito sedere Edward cercando conforto, ma non c'era, c'era solo il vuoto, tornai a fissare Jasper lui era fermo e fisso come prima, gli occhi a cercare i miei, vedendomi titubare si ripeté.

“cosa ti è successo quella sera?” lo stato d'ansia cominciò a crescere in me, non mi accorsi del mio respiro accelerato, cosi come quello del battito, sapevo cosa dovevo dire, ma non mi veniva, e lui continuava a chiedermelo.

“cosa ti è successo quella sera” cazzo avevo le parole sulla lingua, ma ogni volta che volevo aprirla, rimanevano li

“cosa ti...” non lo lasciai finire, isterica riuscii a farmi uscire delle parole, anche se forse non erano quelle giuste, le sussurrai, ma visto che si era fermato, le aveva sentite.

“mi hanno toccata”

“che ti hanno fatto quella sera”

“mi hanno...”

“cosa ti è successo quella sera”

“mi hanno preso con la forza” sussurrai ancora

“che ti hanno fatto”

“mi hanno usato e buttato come uno straccio vecchio” la voce era cresciuta ma ancora non c'ero

“che è successo”

“mi hanno fatto del male”dissi più forte

“COME? che ti hanno fatto”

“mi hanno picchiata, mi hanno rotto”la mia voce era ormai alta

“CHE TI E' SUCCESSO BELLA!” disse anche lui urlando, e io gridai come lui

“MI HANNO VIOLENTATA CAZZO” era questo che voleva sentirsi dire, perché rimase in silenzio, ma era quello che io non volevo sentire, la prima volta era stato facile, adesso non seppi perché fu così catastrofico, ma sentire la mia stessa voce urlare quelle parole mi sconvolse.

Urlai, gridai e strillai, mi agitai convulsamente non so quanto forte o per quanto, ma sentii finalmente una voce riportarmi sulla terra e una mano afferrare il polso.

“BELLA, GUARDAMI, BELLA”ripeteva, mi stavo ancora divincolando, quando i miei occhi si posarono su Jasper, era vicino era agitato e aveva gli occhi lucidi. Rimasi immobile, ansimando, sentendo finalmente le mie lacrime che cadevano. Pian piano mi lasciò e tornò indietro, entrambi ci dovemmo calmare. Anche lui tirò in su col naso, piangeva, questa cosa mi distrasse e mi colpì, lo lasciai fare, mentre si ricomponeva, io guardai giù e trovai la maglietta, aveva una cucitura un po' strappata e la stoffa slargata, dovevo averla torturata parecchio.

“vuoi?” disse la sua voce, alzando il volto vidi che tendeva un bicchiere, lo presi grata, quello strillare mi aveva prosciugata insieme alle lacrime. Passammo ancora del tempo in silenzio, fu un bene, sentivo di non avere più voce.

Quando Jasper riprese a parlare la sua voce era di nuovo calma e cauta.

“Ascoltami Bella, per favore ascolta le mie parole: Bella quella sera tu stavi uscendo dall'ospedale, e non avevi dove andare, vagando per strada hai incontrato qualcuno, che ha usato violenza su di te, ti ha fatto del male tanto male e ti ha violentato” fece una pausa, ogni volta era un macigno sentire quelle parole “il mattino ti sei svegliata e anche se dolorante sei venuta all'ospedale a cercare Edward e lui e Rosalie, ti hanno aiutato, ti hanno curata, e insieme ad altri dottori stanno cercando di rimetterti in sesto, poi all'ospedale hai incontrato un vecchio amico, una persona di cui ti puoi fidare, hai conosciuto poi Alice e parlato meglio con Rosalie, ti manca ancora un pezzo, forse sarà un po' più problematico con lui, ma anche lui sarà un tuo amico, è impossibile non diventargli amico.” rimase di nuovo in pausa e io non potei non pensare ai volti di quelle persone.

“la vedi la differenza Bella, lo vedi cosa è cambiato? hai capito che ci sono persone che vogliono, che sperano che tu ti rimetta presto, hai capito la differenza tra queste persone e quella che ti ha violentato?” altra pausa, certo che c'era differenza, mi dissi dentro di me, ripensai al tocco delicato delle mani di Edward e alle mani gentili di Alice che mi faceva un massaggio con lo shampoo.

“ti stai ricordando di come fossero gentili queste persone? Sai non so se sia un bene che tu non ricordi proprio niente, non te lo auguro, ma potresti capire con più facilità la differenza, tra chi vuole e chi non vuole farti del male”.

“Qualcuno ti ha violentato Bella, e non lo sto ripetendo perché voglio che tu stia male al solo sentire quella parola, ne voglio che tu ti abitui a sentirla, è troppo brutta. Ti posso assicurare che per quanto tu vorrai non riuscirai mai a dimenticarlo. Ti farò parlare con qualcuno che ci è passato, e te lo può confermare, ma non vuol dire che ti sentirai sempre così, quello che devi fare è prenderne coscienza, e capire che questa cosa non ti cambia, sei sempre tu Bella, non sei diversa, se la gente ti fisserà per strada non sarà perché sa cosa ti è successo, ma perché vede te e penserà che sei una bella ragazza, perché gli piace la maglia che indossi o la borsa che porti. La gente guarda tutti, ma non vede nessuno. Loro non sanno cosa ti è successo. Quando uscirai di qui ti sembrerà che tutti ti osservano, ma solo noi e qualche infermiere sappiamo la verità”.

Riflettei a lungo su quelle parole, in effetti nessuno sapeva, milioni e milioni di persone ignoravano.

“Bella dimmi qualcosa dimmi come ti senti, cosa provi al ricordo, che tipo di dolore senti dentro, quali sono le tue paure” facile a dirsi, neanche io sono in grado di spiegarle, lo fissai cercandole, volevo farlo, volevo spiegarlo.

“io sto...male, mi sento come come...”non trovavo le parole “ti senti sporca ?” suggerì lui “si diciamo di si, e come se avessi qualcosa che non riesco a togliermi di dosso, forse è anche colpa mia forse ho fatto qualcosa e non lo ricordo, però mi sento anche usata” che discorso contorto, mi sentivo stupida non sapevo neanche parlare, strinsi ancora quel pezzo di stoffa tirandolo ancora, volevo quasi si strappasse “mi hanno u-usata e buttata, gettata nella strada, ho paura che qualcuno provi ancora a usarmi, cerchi di approfittarsi di me, in tutti i modi possibili, ho paura che Edward provi pietà, che le persone provino pietà per me e non la voglio, piuttosto che mi disprezzino. Ho paura di rimanere sola, di non vedere nessuna faccia nota nella folla, ho paura del buio, della notte, ho paura delle strade con troppa gente e di quelle troppo vuote, ho paura di non essere adeguata a niente. Ho paura...ho paura delle mie paure, che mi facciano perdere il senno, il controllo di me stessa, io voglio potere su me stessa, me stessa è l'unica cosa che possiedo, la mia vita e voglio deciderne io. Non...non voglio che altri la usino, che strappino ancora di più le cuciture, sono tutte tirate e ci sono tutti i fili che calano, ho paura che mi vedano rotta che non si può aggiustare, che mi usino per spolverare e poi buttino nel cassonetto e non voglio io n-non so-no come questo straccio Jasper”balbettavo, ma almeno avevo parlato, col cuore in mano. Impugnavo quella maglietta di cotone con forza quasi da farmi male alle dita. Jasper aveva nuovamente gli occhi lucidi e sorrideva leggermente, e sincero “non vogliamo buttarti via, noi vogliamo darti una mano, tenere i due lati della stoffa uniti, ma solo tu puoi ricucirli, l'unica persona che può farlo sei tu, non lasciarti mai andare, soffrirai, ricorderai sempre ma non arrenderti, tu sei forte, ce la puoi fare”.

Scoppiai nuovamente a piangere più forte, volevo sfogarmi e quello sembrava il modo migliore, ero distrutta, mi sentivo ancora un nodo allo stomaco, ma aver condiviso con qualcuno quelle cose, rendeva il tutto più leggero, io stessa capivo più lucidamente i miei problemi dopo che ero riuscita a renderli chiari e a esprimerli a parole.

In quel momento sentii bussare

“Bella posso entrare...”riconobbi la voce che però entrò da sola.

“BELLA” gridò forte, per poi corrermi appresso, lo sentii accarezzarmi i capelli e un braccio. Fu stupido forse, e molto egoista, ma il sentirlo vicino mi rassicurò e io volevo sentirmi così, ero stanca dopo quella mattinata e mi gettai addosso a lui, ignorando i dolori alle costole, o la sua volontà e lo strinsi. E lui fece lo stesso, rispose e mi tenne vicina a lui, continuando ad accarezzarmi la schiena e la testa “tranquilla Bella, ci sono io, ci sono io”sentii ripetermi vicino all'orecchio e ne fui grata, riuscii a rilassarmi.

“Jasper che le hai fatto? che le hai detto? non potevi aspettare che io tornassi, invece di farla stare male così?” gli rimproverò Edward, non li vedevo, l'unica cosa che potevo vedere da quella prospettiva era il blu della maglia di Edward e le tende.

“No Edward, doveva fare e dire delle cose da sola, trovarle e tirarle fuori, con te accanto sarebbe stato diverso. Doveva fare chiarezza e trovare il coraggio, lei è molto coraggiosa e forte, più di quanto immaginiamo e è stata bravissima, anche se adesso è un pochino stanca. In effetti lo siamo tutti e due, non sai quanto sia stato difficile anche per me”.

Rimasero fermi per un po', e io stessa non mi mossi da quella posizione, finché non mi decisi e tornai a stendermi sul lettino. I due ragazzi premurosi mi porsero l'acqua e mi risistemarono il letto e i capelli scompigliati, Edward insistette anche che mangiassi.

“ci vuole cioccolata, lo sai che la cioccolata mette il buon umore”

non è che ci mettemmo a saltare di gioia dopo, ma condividere quelle barrette di cioccolata in tre non fu mai tanto bello.

Che ne dite? E' stupido secondo voi come ha agito Jasper?

Non volevo che fosse banale, ne troppo facile.

Forse è troppo filosofico e discorsivo mi dispiace a chi non piace il genere ma credo in questi casi debba andare così almeno all'inizio debba esserlo.

Intanto non smetterò mai di sorprendermi, su quanti di voi leggano la storia, non credevo fosse possibile. ADESSO FARO' QUALCHE SPECIFICAZIONE COSI' RISPONDO ANCHE A MARCO CHE LE HA CHIESTE.

Marco, ciao grazie di aver lasciato le tue considerazioni, e le critiche, è impossibile che Edward abbia già finito, almeno quasi per tutti... diciamo che è un cervellone, che la sua mente viaggia più veloce, pur sembrando un ragazzo normale. Ti stupiresti se ti dicessi che un ragazzo all'università con me ha finito i tre anni in un anno e mezzo, e nel mentre ha anche mangiato,dormito,vissuto e uscito con gli amici? E non era neanche lontanamente lo stereotipo del secchione, con gli occhiali, mal vestito o grasso (peraltro stupido stereotipo), ma tutto gli veniva facile, una volta letto memorizzava tutto, non doveva neanche ripetere come facevano tutti i comuni mortali, aveva iniziato la scuola elementare un anno prima perché iscritto col fratello, stava in un paesino, inoltre era nato verso settembre e quindi era sempre più giovane, non aveva neanche la macchina al diploma. Ha bruciato quasi tutte le tappe, ogni volta che penso a Edward e alla mente dei vampiri penso alla sua, e quindi diciamo che mi sono ispirata a lui con tanta invidia. Alla fine non è comunque strano Edward ha iniziato l'università a 18 anni e ora ne ha 23, 24 che compie tra poco, sono passati sei anni e se lui è così sveglio e svelto può aver fatto i 5+1 manca il settimo. Per guidare le ambulanze non so se serve la specializzazione dei 7 anni ma supponevo di no(magari faccio male non lo so). Jasper è molto più grande non so se ho mai detto la sua età, ma lo immagino di 26 anni, quando fu adottato dai Cullen dissi che era grande, non era un amichetto di giochi di Bella, era quasi il suo protettore, un fratellone, parlavano leggevano, c'era affetto. Non so neanche io quanti anni debbano fare per praticare nell'ospedale in America, e se tutti i calcoli son sbagliati mi dispiace.

Dopo questo, spero di non avervi ingarbugliato più la mente, tanto sono cose che verranno ripetute, Edward parlerà del suo diploma con Bella quando saranno a casa, anche il diploma di bella sarà oggetto di discussioni lei era ancora più piccola, ma diciamo che quelli dell'orfanotrofio, hanno un valore relativo. Spiegherò ancora.

Grazie a MoonLight_95, vittoriaKf, fabiiiiiiiii, giova71, vanderbit, Gattino Bianco, marco, Lullaby89. Sono contenta che amiate Alice e la sua personalità esuberante, non poteva entrare in scena cautamente, ma neanche con troppa confusione, anche lei sa di Bella e la storia e non vuole ferirla o turbarla. Sempre in riferimento a Marco e al cuore d'oro di Edward, ripeto che la bellezza delle storie è che le fai andare come ti pare, purtroppo nella realtà si sarebbero voltati tutti dall'altra parte, ma mi piace sognare che qualcuno di buono ci sia, che Edward abbia sentito il bisogno di aiutarla, ricorda che lui aveva avuto una brutta sensazione prima di lasciarla, si sente un pochino anche in colpa.

Salve, scusate la lentezza, ma è difficile tornando a lavoro, ritrovare un ritmo, mi sento ancora più stanca del solito.

Questo è un capitolo di passaggio, è un passaggio in tutti i sensi, non sarà molto importante, ma serviva.

Pov Edward

Il giorno seguente fui chiamato da lavoro, ci fu un brutto incendio in un palazzo vicino Manhattan, servirono molte ambulanze, quindi mi richiamarono in servizio ma feci in modo che Bella non stesse molto tempo sola, nonostante Jasper dicesse che un po' di privacy le serviva ogni tanto, la mattina passò proprio lui per alcune ore, mentre nel pomeriggio andò Alice a trovarla. La sera appena fatto una doccia giù negli spogliatoi, tornai da lei.

Arrivato sulla porta, bussai, sentivo un suono forte dall'interno e sicuramente non mi avrebbero sentito. Quando aprii la porta, scoprii che Bella non era sul lettino, era in piedi, poggiata al muro, vicino alla finestra.

Restai fermo a guardarla non so per quanto tempo.

I capelli belli e puliti erano lasciati sciolti sul viso e sulle spalle, invece della solita coda di cavallo, il suo corpo era rilassato sul muro, indossava una vestaglia di seta blu legata in vita fin sotto il ginocchio e sotto spuntavano due gambe nude e due piedi scalzi. Il volto era rivolto fuori al paesaggio, e la luce del tramonto che veniva da fuori le illuminava tutto il volto e la veste che riluceva. Lo sguardo era rilassato, e le labbra leggermene volte verso l'alto, gli occhi luccicavano per la luce erano sereni.

Non so se fu quella luce gialla rossastra a renderla meravigliosa, o il mio pensiero, so solo che pensai immediatamente al paradiso. Ero morto. Ero morto e adesso vedevo un angelo lì, in quella stanza, con la sua eterea aura di luce, era perfetta. Mi sentii piccolo, inutile al limite di un insetto mentre la osservavo immobile.

Era bella, lo sapevo già, ma era bella e io non ne ero mai stato così consapevole, chissà di quante cose non mi ero ancora accorto.

La forte musica si attenuò, Bella distolse lo sguardo dalla finestra e mi notò, voltandosi verso di me, e regalandomi un splendido sorriso di benvenuto, al quale dopo poco risposi con altrettanto affetto.

“sei in piedi!” esclamai

“sono in piedi” confermò lei, si volse ancora indecisa sui piedi, si girò, sempre poggiata al muro

“mi hanno messo in piedi in tarda mattinata, un fisioterapista- notai una smorfia nel volto, e stranamente ne fui contento- mi ha detto di essere questo, mi ha fatto fare della ginnastica, e poi mi ha alzato. Ho barcollato a lungo ma ce l'ho fatta” sorrise ancora e notavo un certo orgoglio in questa frase.

“complimenti, se fossi tornato qualche ora più tardi ti avrei trovato anche a ballare per la stanza vero?”chiesi ridendo. Lei assottigliò gli occhi, intenta a scrutarmi, forse non le piaceva che scherzassi su qualcosa di cui andava fiera.

“Ehi scherzavo, complimenti mi meraviglio di te anzi, io avrei aspettato ancora a metterti in piedi, però qui si fa tutto di fretta, arriverà un giorno che al ferito gli daranno una pacca sulla spalla e lo rimanderanno a casa, che cosa assurda” mi persi in questi pensieri alquanto sgraditi, io che ci credevo nella medicina e in quel mestiere, perché conoscevo persone come mio padre cui dedicava tanta devozione.

“ma non ci pensiamo, dimmi, quanto è che sei li in piedi?” arrossì

“mezzora penso, ho visto tutto il tramonto, non ho l'orologio”

“come mezzora? Non devi stancarti così tanto Bella, non guarirai se ti sforzi troppo” la rimproverai, ma lei era sempre in imbarazzo e sussurro senza guardarmi negli occhi.

“Io...ecco...vedi non riuscivo a muovermi perdevo l'equilibrio e non riesco a sedermi fa tutto male e cado all'indietro, non so se...”

“Oh Bella” le dissi andandole incontro “vieni ti riaccompagno io, tu appoggiati a me” le passai una mano sulla schiena e cercai dove appigliarmi per tenerla, avevo paura di farle male alle costole se le tenevo il costato e ricordavo il grosso ematoma sul fianco, sperando di non turbarla e non farle male mi aggrappai sul fianco un po' più in basso, ma non strinsi, doveva essere più lei a tenersi alle mie spalle. Tremò un attimo, poverina ancora non aveva stabilità. Per fortuna così fece, i suoi passi erano incerti e non aveva molto equilibrio e soprattutto non appoggiava bene il piede con il dito fasciato, ma arrivò al letto. Quando dovette sedersi, fu molto difficile, l'avevo afferrata e accompagnata giù tenendola sotto le ascelle, tenevo quasi tutto il suo peso. Chinato verso di lei non potei sottrarmi al profumo dei suoi capelli puliti che forte arrivò verso di me. Non era un profumo deciso, ma sapeva di fiori di campagna. Mi maledissi all'istante per i pensieri, non era luogo e momento per mettermi ad annusare Bella. Vicino come ero notai le smorfie sul suo viso, che cercava di nascondere e sentii anche che tratteneva un gemito di dolore. Si vergognava di mostrarsi debole, mi dispiaceva che non mi dicesse tutto, ma pensandoci bene l'orgoglio è di tutti, e soprattutto lei, fragile e quasi bambina non poteva fare a meno di sottrarsi dal mostrare tutto.

“Grazie” soffiò, l'aiutai ancora a sistemarsi vicino e meglio sul cuscino, poi mi venne in mente che avrebbe dovuto esserci mia sorella con lei.

“scusa Bella ma Alice dove sta?”la vidi sorridere e rispose

“non ha resistito” sbuffai

“non dirmi che è andata da Jasper?”ridacchiò “ma dai doveva stare con te, ti ha mollata sulla finestra mezzora Bella”

“Oh andiamo Edward è innamorata, la vedevo tormentata, mi ha detto che doveva andare in bagno, ma era evidente che gli occhi le brillavano non per l'idea del bagno” scossi la testa.

“Se non viene entro un'ora scendiamo noi a mangiare e non le offro neanche un caffè”.Vidi Bella rabbuiarsi un po' e annuire. Il giorno prima mi ero offerto di invitare Bella e Alice al ristorante al pian terreno, in pratica era il bar dell'ospedale ma facevano anche pasti caldi, non era il massimo, ma diciamo che era buono.

C'erano anche vari motivi per cui volevo portarle giù, innanzi tutto Jasper mi aveva suggerito di farla uscire di camera, doveva vedere altra gente, posti un po' affollati, e inoltre speravo che con il cibo del bar Bella si lasciasse un po' andare. I cibi dei pazienti non erano mai il massimo e Bella mangiava sempre il minimo, non finiva mai neanche un pasto, sapevo che mangiare troppo le avrebbe fatto molto male dato che non era abituata, ma speravo che le stuzzicasse l'appetito. Adesso afferrandola avevo sentito ancora una volta la leggerezza e la fragilità del suo corpo.

Alice fu di ritorno dopo poco e si prese una mia sgridata, rimase con aria colpevole nella stanza.

Quando decisi che era ora di scendere, un po' più tardi del solito per evitare l'orario in cui tutto lo staff aveva pausa. Notai l'indecisione di Bella e il suo nervosismo, si sistemò i capelli e la vestaglia, era a disagio a dover uscire dalla sua stanzetta. Feci così come mi aveva detto Jasper, mentre spingevo la sua carrozzina fuori dalla porta mi avvicinai a lei per dirle:

“tranquilla Bella, ci siamo noi, nessuno vuole farti del male, nessuno ti guarderà storto, ricorda loro non sanno e non possono sapere”Alice continuava a saltellare e la ringraziai mentalmente quando per distrarre Bella cominciò a parlarle di capelli e di quale taglio nuovo voleva farsi.

Nella grande sala, notai Bella farsi rigida, nonostante cercasse ancora di dare tutta la sua attenzione a mia sorella, ma la vedevo scrutare la gente. Come previsto non c'erano molte persone, qualche paziente e alcuni parenti. Ogni tanto quando mi parve che Bella incontrasse qualche sguardo verso di noi si volgeva guardando dalla parte opposta, anche Alice se ne accorse e quando si sedettero e avvicinai la carrozzina al tavolo, proprio lei la rassicurò.

“tranquilla non guardano noi, è Edward che attira tutti gli sguardi, non so se te ne sei accorta ma è proprio un bel bocconcino, guarda qua...” disse indicandomi, entrambe si volsero d'istinto, e io mi sentii in fiamme.

“Alice, non dire cavolate” le mie mani già stavano nei miei capelli scompigliandoli nel mio solito gesto di nervosismo “uffa...vado a prendere qualcosa da mangiare, voi occupate il tavolo”.

Presi due vassoi in cui caricai tre primi, tre secondi e tre dolcetti diversi. Ero sicuro che parte del pasto sarebbe rimasto intatto ma volevo provare, in due mandate portai tutto al tavolo.

“Cosa è questa?” chiese Bella con mio sommo stupore indicando il primo piatto

“hem...quella è una lasagna, è un piatto italiano per eccellenza”

“oh lasagna, si ho capito una volta l'ho assaggiato” continuò tranquilla, dentro di me era scioccato ma cercai di non darlo a vedere, lo assaggiò e ne prese più di qualche morso per fortuna, ma non lo finì, arrivò appena a metà, almeno era qualcosa di sostanzioso, invece della verdurina al vapore senza sale della stanza.

Non toccò la carne, mentre mangiò alcune delle patate al forno, che erano buonissime qui, piene di spezie e rosmarino erano molto saporite.

“Queste patate sono buonissime, ho sempre adorato le patate al forno” mi appuntai mentalmente di riempirla di patate al forno una volta a casa, almeno avrebbe mangiato qualcosa. Del dolce non toccò niente lamentandosi di essere troppo piena, così mangiai io il suo. Si rilassò nuovamente solo quando tornammo in camera, era rimasta sempre molto rigida, e aveva lanciato molte occhiate, ma era andata meglio delle mie aspettative, speravo non si fosse impaurita troppo.

Il mattino dopo mi ridestai come sempre sul lettino accanto a quello di Bella, come sempre lei era già sveglia e stava leggendo un libro.

“buongiorno” mi disse notando i miei movimenti

“bu-on-giorno” bofonchiai facendola ridere. Rimasi del tempo a fissare un angolo del pavimento, per poi decidermi ad andare in bagno a lavarmi il volto per svegliarmi. L'acqua fredda a quanto pare fece il suo lavoro, perché a un certo punto, mi ricordai di qualcosa, e urlai “BELLA” correndo fuori del bagno verso la ragazza, lei forse si impaurì e mi guardò sconcertata, risi e toccandole una spalla le dissi

“oddio ho capito adesso che giorno è!” scossi il capo

“AUGURI BELLA! da oggi sei maggiorenne e vacc...in realtà non so se sei vaccinata, di solito si dice così, comunque....complimenti!” non so se potevo abbracciarla, se lei voleva, e così le presi la mano e le baciai il dorso, sperando che non lo considerasse troppo azzardato, in effetti divenne un po' rossa ma non si ritrasse.

“Oddio, bè grazie, wow che entusiasmo, non è che amo molto festeggiare i miei compleanni, però ti ringrazio, sei molto gentile, sei sempre molto gentile”sorrisi soddisfatto, mi piaceva sentire che non trovava le mie attenzioni troppo eccessive, era sempre una ragazzina aveva passato momenti atroci, era strano che si fidasse così tanto di me.

“meglio se torni in bagno però, la cresta richiede la tua attenzione” mi ricordò, sorridendo al ciuffo, il classico ciuffo di prima mattina.

Quel giorno scorse tranquillo, fece i suoi esercizi con il fisioterapista, si alzò camminando per la stanza, con me che gli stavo appresso, pronto ad aiutarla ad ogni barcollamento. La sera la lasciai con Rosalie, mentre io feci alcune ore alle ambulanze, tornando poi la notte.

Il giorno seguente mi svegliai che era quasi mezzogiorno, Bella non mi svegliava mai ed era sempre molto silenziosa, e poi la stanchezza del turno notturno mi aveva mandato proprio in coma, non avevo sentito neanche il fisioterapista e Bella che camminava. Un po' mi rimproverai perché non ero li in caso cadesse, ma non potevo farci nulla.

Quando fummo lasciati soli, mi decisi di affrontare un argomento spinoso, avevo deciso, e in seguito avevo avuto l'appoggio di Jasper a convincere medici e infermieri a non sporgere denuncia fino ai suoi 18 anni, per precauzione, non volevo la trasferissero o la postassero lontano, da maggiorenne non potevano invece obbligarla a fare nulla per la legge era autonoma.

Stavo spilluzzicando il mio panino mentre cercavo il modo di iniziare il discorso. Sorprendendomi fu lei ad accorgersi di qualcosa.

“Edward che succede?” mi chiese

“Ecco, volevo parlarti di una cosa, ma non so come iniziare”mi guardò pensierosa e tesa

“se devi andare puoi farlo, non devi...non sei obbligato a fare niente, e la casa...”

“nono Bella, non centra l'aiutarti, lo sai te l'ho detto più volte che mi fa piacere, è una cosa diversa, sulla quale mi son permesso di intervenire al tuo posto” dissi cauto, lei aggrottò le sopracciglia.

“Ecco vedi Bella è una questione delicata, i dottori in caso di...violenza sono obbligati per legge a sporgere subito denuncia” la vidi impallidire e spalancare gli occhi “ma ho convenuto...abbiamo convenuto insieme ai medici ad aspettare i tuoi diciotto anni, tutta la parte burocratica è complicata e avevo paura potessero portarti chissà dove, mentre adesso che sei maggiorenne per legge puoi decidere tutto da sola e rifiutare ogni spostamento, mi dispiace essere intervenuto non erano affari miei, ma non volevo neanche turbarti, so che non ne volevi parlare ancora, ma ecco dopo il compleanno saranno partite le denunce, e può darsi che venga la polizia”. Rimasi in silenzio, aspettando una sua reazione. Non rispose subito, ci pensò molto e si osservò la mano posata sul lenzuolo.

“ok” disse solo, fece un grosso respiro.

“Scusa se ho deciso per te, so quanto è importante per te poter fare di testa tua, ma non sapevamo se era il caso, se ne volevi parlare”

“non importa Edward, l'avete fatto per me è ok, solo che-”

“non ti preoccupare è la prima e unica volta, che decidiamo, ho deciso per te, scusa”

“ok, bene, ma anche se viene la polizia, io non ricordo nulla”

“digli questo non preoccuparti”.

E la polizia venne, quel pomeriggio si presentò con la denuncia del giorno prima facendo domande a Bella, era molto nervosa, ma per fortuna avevano mandato anche un poliziotto donna, che ebbe molto tatto da far rimanere almeno mia sorella con lei durante l'interrogatorio, anche a me furono fatte molte domande, su come conoscessi la ragazza, i nostri rapporti, quello che sapevo ecc. Fu un pomeriggio molto lungo e stancante per tutti quanti, mia sorella perse la sua lezione per stare accanto a Bella, ma disse che questo era più importante.

L'ultimo giorno di degenza di Bella, prima che l'ospedale la rimandasse con tutta fretta a casa, passò quasi tutto il tempo facendo analisi: sangue, urine, tac, radiografie ovunque. I risultati furono abbastanza buoni, il trauma cranico era quasi del tutto riassorbito, le costole si stavano rifissando bene, il piede stava molto meglio, alcuni dei lividi più superflui erano già spariti mentre quelli più grandi rimanevano gialli e dolenti, le furono tolti i punti alla fronte, anche se rimase la cicatrice, così come al ginocchio. Quello che più mi preoccupava era la lesione all'utero, dissero che non era una cosa su cui non si poteva intervenire, dicendo che con il tempo sarebbe migliorato.

La giornata fu molto stancante per lei, dissi agli altri che era quasi inutile che venissero a trovarla non era quasi mai nella stanza, quando finimmo crollò dal sonno.

La mattina seguente la svegliarono presto, finirono gli ultimi controlli e quando tornammo nella stanza trovammo Rosalie e Jasper che ci aspettavano, con la nostra sedia a rotelle, quella comprata quando Emmett si ruppe una gamba nel bosco, ce la siamo fatta spedire dai nostri genitori.

Nonostante tutti questi giorni passati in mezzo ad altri dottori ed infermiere, Bella era sempre restia alla presenza di altre persone, e continuava a chiedere sempre a me una mano quando serviva, così l'aiutai ad alzarsi e risedersi.

“Oddio è imbarazzante potrei camminare da sola, d'altronde devo fare pratica lo dicono anche i dottori”.

“niente storie Bella, vorresti fare di corsa tutte le scale? Nono, andremo così, ti sta bene la mia maglia, i pantaloni sono di Alice vero? sono così piccoli, guardiamo di mettere su qualche kg adesso” le disse Rosalie.

Lo speravo, era ancora un giunco, e non essendo bassa la sua magrezza si notava molto.

“Bene, Bella hai preso tutto, hai messo tutto nel borsone vero? Ok in marcia andiamo a casa”

Pov Bella

Quante novità!

Una maglia e un paio di pantaloni nuovi, niente strappi, niente toppe.

Un paio di occhiali da sole riciclati di Alice.

Un borsone pieno di pigiami e tute.

Una cartellina di esami mediche e copie di documenti che attestano la mia presenza, la mia nascita, che dicono “hei, io esisto!”.

Degli amici, vecchi e nuovi.

Un posto da poter chiamare Casa.

E soprattutto un nuovo futuro...

Fossi maligna potrei far finire qui la storia. Sarebbe un degno finale, dalla vissero felici e contenti. Ma diciamo c'è ancora tanta strada da fare no??

se avete suggerimenti fate pure, io già la mia idea sui prossimi capitoli, ma se mi lanciate qualche buona idea ben venga, però ripeto ho già una mia idea, quindi non è detto che la metta in atto.

MI SCUSO PER I CONTINUI ERRORI DI BATTITURA E GRAMMATICALI, NON LO FACCIO A POSTA E NEMMENO SONO UNA SOMARA, MA MI SCAPPANO INVOLONTARIAMENTE, MAGARI VOLEVO PRIMA SCRIVERE QUALCOSA DI DIVERSO, POI CAMBIO IDEA ED ECCO CHE RIMANE UNO SGORBIO, SCUSATE!

Comunque come avevo accennato all'inizio questo è un passaggio, non è così importante, anche se ci tenevo a scrivere che Edward era intervenuto sul fatto della denuncia, che la situazione fisica stava migliorando, almeno quella! E che bella si appresta ad una nuova avventura, un salto nel buio con questi sconosciuti, diventati poco a poco la sua ancora.

GRAZIE A TUTTI E 8 I COMMENTATORI:

vittoriaKf grazie speravo fosse buono, come dialogo!

SarettaCullenWriter, ciao grazie e felice di conoscerti

giova71 grazie 10000000 un bacione anche a te!

micol_cullen1997 chi lo sa...ma se condo me.... ;)

fabiiiiiiiii grazzzzzieeeeee =D

marco non preoccuparti non mi abituerò a tante parole! Non sentitevi mai in obbligo a scrivere, altrimenti uno alla fine va cadere nel banale succede a me, scusa per gli errori lo so.

Lullaby89 grazie sono felice ti sia sembrato adeguato!

Vanderbit hai capito perfettamente quello che cercavo di trasmettere.

Siete davvero assidui e precisi, mi fa pensare che non faccia proprio schifo. Rileggendo un vecchio commento ho notato che mi era stato detto che la storia somigliava ad un'altra, ebbene io non la conosco l'altra mi dispiace se gli assomiglia, e mi dispiace anche per l'altro scrittore, ma gli assicuro che non ho letto la sua storia, non perché non mi interessi, ma perché non riesco a stare dietro tutte.

Salve son riuscita a buttar giù il seguito, come avevate immaginato, la casa dei Cullen è la casa dei sogni, Carlisle e Esme vengono entrambe da famiglie benestanti, e Carlisle nonostante non fosse primario all'epoca stava prima in un'ospedale privato ed aveva un ottima fama e soprattutto un gran bel stipendio. Insomma tanto da potersi comprare quella specie di castello che ora leggerete, che poi è rimasto ai ragazzi, prima tutti e cinque, poi solo agli ultimi tre, ma come avete capito spesso si ritrovano insieme. Adesso buona lettura.

Pov Bella

Sto seduta comodamente sul sedile posteriore di una bella macchina nera, che credo sia di Jasper, dato che è lui il nostro pilota, accanto a lui Edward, mentre vicino a me Rosalie, io sono poggiata allo sportello e il mio viso è rivolto a ciò che vedo fuori. La città inizialmente abbastanza familiare è pian piano scemata fino al ponte di Brooklyn, adesso la zona che stiamo attraversando è molto più da stile “casetta con giardino” non ci sono più i palazzoni immensi, solo casette distribuite lungo immense e dritte vie, con auto parcheggiate nel vialetto, i bambini che giocano davanti, uomini che tosano il prato e donne intente a curare le rose, direi il classico stereotipo di sogno americano.

L'auto scivola fluida per i viali senza ancora fermarsi, la zona sembra tutta molto simile, noto poi delle case diverse, coperte da un'immensa siepe una e l'altra da un muro più alto a circondarla. Sento la macchina rallentare, e vedo il cancello della villa con siepe aprirsi per noi. Lentamente facciamo qualche metro di strada sterrata, e davanti a una casa dalle dimensioni immense ci fermiamo.

“Eccoci qua”, esordisce Jasper, uscendo dal suo posto guida. Vedo tutti scendere, Rosalie scarica il mio borsone, Jasper la sedia a rotelle e Edward viene ad aiutarmi. Una volta scesa, noto il vialetto sterrato dirigersi verso un lato della recinzione dove sotto una tettoia di legno coperta da alberi e siepi stanno almeno quattro macchine, ma potrebbero starcene altre ancora è molto ampio, mentre nel resto dello spazio antistante si estende un prato verde e alberi curati. Dall'altra parte un ampio marciapiede e un portone in legno, sembra in stile spagnolo, come tutta la casa, le finestre grandi ma con cornicioni e decorazioni in legno. Edward mi accompagna tenendomi leggermente, è sempre delicato e per questo lo ringrazio, fa solo più forza quando devo sedermi o alzarmi, ossia quando devo sforzare un po' più gli addominali. All'ingresso trovo un grande armadio e un lungo tavolo con appoggiati, chiavi e borse dei ragazzi, mi accompagnano lungo il corridoio e attraverso un grande arco in legno entriamo in sala. Credo di non aver mai visto una stanza di queste dimensioni è gigantesca. I muri sono limpidamente bianchi e lo sembrano anche di più per il mobilio di legno molto scuro, che come l'esterno è in stile coloniale.

Una parete che da sul retro della casa, e un grande patio pieno di sdrai e sedie è interamente in vetro e illumina tutta la stanza, ai muri librerie, mobili e quadri dei ragazzi. Nel centro due scalini scendono verso tre divani molto lunghi e bianchi, al centro un tavolino e sul quarto lato un bel camino. Qui in piedi vedo la figura di Alice sorridermi, abbracciata a un ragazzo che non conosco. Il ragazzo è moro e molto grande o è la differenza con Alice a farlo risaltare, ma soprattutto è grosso, ha un fisico possente e molto muscoloso, sorride, ma c'è qualcosa di lui che mi intimorisce. “Benvenuta Isabella” mi dice, lo ringrazio

“Bella lui è mio marito Emmett, l'ultimo dei fratelli Cullen”.

“Bella finalmente, sono felice che tua sia arrivata, ho preparato tutto, ho pulito tutto, la tua stanza è perfetta ci ho aggiunto anche le tende, poi vedremo di riempire anche l'armadio con calma, intanto ci ho messo qualcosa di mio, anche se ti starà corto ma sei così magra, che-”

“Alice spegniti un pochino, calma, riprendi fiato ogni tanto”Alice alza gli occhi al cielo, “E' come una bambina, si eccita sempre alle cose nuove...anzi forse è sempre così” dice Edward, e tutti ridacchiano, ma Jasper scende gli scalini si avvicina a lei e abbracciandola lo vedo dirgli -la mia bambina- e lasciarle un bacio. Distolgo lo sguardo e continuo a guardarmi intorno.

“Andiamo in cucina dai” esordisce Rosalie e tutti e quattro si avviano verso questa. Io rimango immobile sto ancora guardando le foto dei ragazzi e di quelli che intuisco essere i loro genitori, in fondo alla stanza vedo una nicchia isolata dalla sala, ma non troppo, all'interno sta un bel pianoforte nero, e anch'esso risalta molto nella stanza e vicino a questo una poltrona. Edward non mi sprona a muovermi aspetta i miei tempi e intuendo il mio sguardo, mi suggerisce.

“Quello è mio, anche Rosalie e mio padre Carlisle sanno suonarlo, ma io sono l'appassionato di casa, mia madre amava sentirmi suonare e ci ha portato la poltrona, poi un giorno se vuoi ti farò sentire”

“mi piacerebbe, non ho mai sentito un pianoforte dal vivo” rispondo imbarazzata, e con lo sguardo cerco di abbracciare tutta l'immensa stanza. Non c'è niente che sia fuori posto, neanche il giornale abbandonato sul divano sfigura, o il cuscino in terra vicino a telecomandi, i libri impilati e caduti di lato nella libreria, o un bicchiere vuoto su un tavolino. Fanno tutti parte di una casa che vive, è una sensazione strana, per quando sia immensa e io fuori posto in una reggia come questa, c'è un'aria familiare.

Senza pensarci inspiro profondamente e noto un'altra cosa che mi stupisce. Ero abituata a tanti odori, quando stavo per strada molti odori erano terribili, aspri, o nauseanti, oppure così appetitosi da venire dalle cucine dei locali. I locali dell'orfanotrofio invece non avevano odore, eravamo noi stessi ragazzi a pulire i saloni, ma lo facevamo la maggior parte con acqua, non c'erano note di saponi. Quei giorni passati in quella famiglia, per quanto abbia dimenticato il più possibile tutto, avevano un odore strano, di vecchio e polvere. Questo luogo aveva invece un odore particolare, c'era il profumo dei fiori sul tavolo vicino a me, c'era spray da ambiente, c'era profumo di detersivo per pavimenti, profumo di pelle dei divani, grazie alla brezza anche di piante del giardino e mescolata con questi floreali, odore di cibo dalla cucina. Non so come ma questo mix mi ero sempre immaginata nei miei sogni essere l'odore di Casa.

“Andiamo ragazzi stiamo aspettando voi” ci arrivò l'urlo di Jasper.

Mi riscossi dai pensieri, e il braccio di Edward, che mi era sempre stato accanto nonostante mi stessi quasi dimenticando della sua presenza, mi esortò a muovermi, guidandomi verso l'ingresso e la porta dall'altra parte.

In questa stanza dalle dimensioni eccessive come la sala, stava una lunga cucina scura, una grande finestra era incastrata tra i pensili e un'isola interna intorno alla quale stavano tutti radunati i Cullen. Non feci in tempo a notare la torta davanti a loro con delle candeline sopra, che partì uno stonatissimo coro di voci:

“tanti auguri a te....” mi sentii avvampare, e portai il mio sguardo sulla spalla di Edward al mio fianco, che piano canticchiava pure lui, scossi la testa quando la canzoncina finì con l'applauso.

“Io, siete pazzi, io non...che vi salta...è troppo per... oh al diavolo”esplosi alla fine, troppe emozioni insieme, gli occhi erano lucidi, e una lacrima scappò, non li guardai continuavo a fissare in terra. Non dissero nulla, solo Edward che sfregava piano la mia spalla sopra la manica, mi disse:

“avanti quelle candeline devono essere spente o la cera colerà sciupando tutto quel cioccolato” sorrisi, il solito goloso di cioccolata, e carino nel togliermi dall'impaccio “esprimi un desiderio e soffia” mi disse ancora.

In quel momento mi sembrava quasi di avere tutto, però formulai mentalmente il mio desiderio ad occhi chiusi e soffiai forte sulla torta.

Un altro applauso e la distribuzione delle fette, mi fecero accomodare nell'immenso tavolone in fondo alla sala, che dubito riuscissero mai a riempire, nemmeno con ricevimento degno di un re. Ebbi anche io il mio pezzo di torta, pan di spagna e cioccolato, Edward accanto a me lo stava divorando, mugolando a ogni morso, mi fece ridere tutto il tempo. Quando finì e alzò il volto notai il lungo baffo di cioccolata, e gli risi in faccia.

“che c'è?” chiese ingenuamente

“hai un lungo baffo di cioccolata vicino alla bocca” si apprestò subito a pulirsi, ma dalla parte sbagliata, “ no qua..”gli dissi ancora allungando una mano e togliendogli il cioccolato con il pollice. Lo guardai nuovamente negli occhi e sorridendomi mi disse

“grazie”rimasi a fissarlo, cioè entrambi ci fissavamo. Ogni volta che lo guardavo non capivo come mai, un ragazzo così bello, così educato, così gentile facesse tutto questo. Sembrava irreale, uno di quei personaggi che leggi solo nei libri, o che vivono nella tua fantasia. Eppure lui era seduto qui davanti a me, e lui aveva fatto si che tutto questo non fosse il mio sogno, fosse una nuova realtà della quale non riuscivo a convincermi. Aspettavo ancora il momento in cui mi sarei svegliata in una puzzolente baracca o dietro una fila di cartoni. E lui continuava a dirmi grazie, ed era assurdo, perché dovevo essere io a dirlo, per ogni cosa, per ogni mano ad alzarmi e ad abbassarmi, per i loro vestiti, gli occhiali, per avermi dato la loro amicizia, il loro tempo, il loro lavoro, la loro casa.

Dopo anche il secondo giro di torta che purtroppo rifiutai, anche se l'avevo trovata davvero buona, era stata cucinata da Rosalie, ripartì il tour della casa.

Sempre al pian terreno mi mostrarono il bagno e lo studio, quest'ultimo era pieno di libri e la libreria era così alta che aveva pure la scala, i volumi mi dissero essere quasi tutti scolastici e alcuni comuni, c'era inoltre una scrivania con due computer portatili e un tavolone con una distesa di volumi giganteschi dell'università.

Le scale erano su un lato della casa e continuavano per altri due piani, nel primo piano mi dissero esserci le loro stanze, mi mostrarono la camera di Alice e Jasper dai toni di bianco e nero, era stretta, ma solo rispetto alle dimensioni delle altre stanze, e solo perché Alice aveva ricavato una stanza extra come cabina armadio accanto al bagno personale, anche nella stanza c'era una scrivania, dei quadri e fotografie. La stanza opposta nel corridoio era quella prima usata da Rosalie ed Emmett, rimasta però intatta perché i ragazzi spesso tornavano qui, soprattutto mi dissero quando tornavano i loro genitori a fargli visita e allora amavano stare tutti insieme. La stanza aveva toni bianchi e rossi, era molto grande e aveva tantissime foto della coppia, abbracciati e in pose simpatiche.

Trovai poi la stanza di Edward, che invece era molto verde e nera, non mi stupii di trovare un'immensa libreria di volumi, e mi fece molto entusiasmare la sua vista, incastrata in questa stava la sua scrivania. Anche lui aveva un grande armadio, una grande finestra e una porta a vetri che dava dietro la casa su un balcone. La cosa che mi stupì fu il bellissimo letto in ferro battuto a baldacchino, era strano non facevo Edward da letto a baldacchino, mi sembrava più una cosa da ragazza, lui capì anche stavolta i miei pensieri e mi disse:

“E' fondamentale un baldacchino se sei il bersaglio preferito delle zanzare” immaginai Edward grande e grosso perseguitato dalle zanzare, in effetti non poteva esser strano con tutta la cioccolata che mangiava, aveva sicuramente un sangue appetitoso, e ridacchiai “hei non ridere di me, sono un tormento, ho dovuto mettere questo e la notte mi chiudo dentro, tu hai fortuna, scommetto che le zanzare manco ti si avvicinano, non ci sarebbe niente da mangiare, un vampiro morirebbe di fame con te” e rise, mi venne spontaneo e gli feci la linguaccia, e i ragazzi con noi si unirono alle nostre risate.

Lasciata anche questa stanza, mi portarono nell'ultima, più semplice. Qui stava un armadio in legno blu-azzurro, un grande letto blu, una scrivania , una libreria vuota e una porticina in fondo.

“Beh non è grande come le nostre, però è tutta tua, e pensavamo ti saresti sentita a più a tuo agio con qualcosa di...modesto, spero che ti piaccia il colore e le tende” disse Alice indicando le tende azzurre alla grande finestra tutta di vetro. Non sapevo come dire quanto fosse bellissima.

“Perfetta, è incredibile e bellissima, i colori mi piacciono un sacco, è tutto perfetto, troppo, davvero io, non so come...”non sapevo mai che parole usare con loro.

“non devi ringraziarci, a noi fa piacere in più non abbiamo scomodato nessuno, questa stanza era vuota, e tu non disturbi affatto”disse Jasper.

“Bella il bagno è più piccolo e la doccia un po' stretta forse, ogni volta che vorrai fare un bagno, vai pure nel nostro, è sempre inutilizzato, e fai pure come fosse tuo, non devi chiedere il permesso”mi disse Rosalie allacciata ad Emmett che annuiva con lei. Mi veniva quasi da ridere, avevo un bagno mio, una stanza mia pensare alle dimensioni della doccia era l'ultimo dei miei pensieri. Jasper che aveva portato il mio borsone lo depositò nella stanza.

“vieni ti facciamo vedere l'ultimo piano” esortò Edward.

Salimmo tutti insieme in cima alle scale dove stavano due porte quella destra portava in una bella stanza col soffitto leggermente inclinato, molto bianca e con soffici coperte e anch'essa con il baldacchino molto vaporoso, questa era la stanza dei loro genitori, prima che si trasferissero a Forks, e continuava ad esserlo quando venivano da loro. Sopra il letto stava un grande quadro di tutta la famiglia e sui mobili molte foto della coppia. La stanza accanto diciamo che era quella dello svago.

Appena entrai mi colpì subito l'immenso lucernario che dava sul cielo, stava sul soffitto molto più inclinato. La sala era abbastanza spoglia ai muri, ma conteneva molti strumenti ginnici, il pavimento era tutto in parquet. C'erano molti strumenti per la corsa, il movimento, alcuni pesi e dei materassini in terra, un grande impianto stereo e un divano. La parete più grande aveva un enorme specchio e una sbarra poggiata vicino a questo.

“Questa è la stanza di ginnastica, Emmett è quello più impegnato e si vede penso, però vedi anche lo specchio serve per la musica, Alice e Esme hanno fatto danza classica e amavano stare qui, in ogni caso un po' tutti amiamo ballare, una volta abbiamo fatto un corso di hip pop tutti insieme, ci siamo divertiti anche se non eravamo delle cime, ma non sai quanto ti aiuta a sfogarti ballare con la musica a palla, un giorno organizzeremo qualcosa e ti insegnieremo”. Ero imbarazzata all'idea, ma annuii. Avevano già in mente di coinvolgermi in tutto ciò che facevano. Con tutte queste proposte come facevo a non sentirmi benvoluta.

Finimmo il tour in giardino, immenso, pieno di alberi e un'erbolina verde morbidissima, come potevo immaginare dopo la casa, avevano una piscina e un idromassaggio, era incredibile. Non avevo niente nemmeno una coperta prima di venire qui e adesso intorno a me c'era tutto questo.

Non voglio svegliarmi mai più.

Ciao, avete sbavato anche voi pensando a questa casa? Avevo provato a prepararvi al commento iniziale...

Bellissimo, ancora non si capiscono bene le sensazioni di bella, per quanto penso si capisca che si sente già fuori luogo, ma l'entusiasmo dei suoi coinquilini è davvero speciale. Ci sono così tante cosa da poter fare in quella casa. Spero anche come voi che bella trovi il suo posto, ancora chi lo sa... ;)

Riporto nuovamente l'invito a criticare, suggerire quello che volete, nessun problema, e mi scuso già se avete trovato errori grammaticali.

Grazie a chi legge, chi ha inserito la storia nei preferiti, o nelle storie seguite e a coloro che troppo gentili commentano ogni volta:

MoonLight_95 grazie cara!è vero alla fine con le migliaia di storie pubblicate sicuramente più di una si assomiglierà, anche tutte diciamo, alla fine ci rifacciamo a una solita origine.

VittoriaKf mi dispiace che invece vi ho fatto aspettare, però non ho tutto questo tempo, per quanto sia strano data la mia vita sociale al minimo, ma con il lavoro e qualche impegno trovo poco tempo, spero ti piaccia anche questo capitolo.

Giova71 ricominciare è difficile, immagina adesso bella buttata in una realtà che non sembra neanche reale, si trova ad avere tutto e a non sapere nulla, servirà ancora molto aiuto.

vanderbit infatti, era un po' il capitolo di varco verso la nuova vita.

Lullaby89 hai inteso bene, i sentimenti di Edward non sono chiari nemmeno per lui, perora prevale l'affetto, anche ora che si è accorto della bella persona che ha davanti, vediamo poi se si scoprono, ricorda che una persona sempre chiusa può essere difficile per quanto bella si fidi di lui.

SarettaCullenWriter sono contenta che ti piaccia anche se i complimenti sono eccessivi, non mi reputo così brava, però speri provochi qualche emozione, sia in bene che in male era questa la mia idea.

Gattino Bianco sono una ragazza estremamente animalista, non picchierei mai nessun animale, e apparte gli scherzi, non dovete per forza recensire tutto, non vi chiedo di essere miei fedeli, anzi sono io che spero che a voi piaccia leggere.

Oria71 infatti, sarà difficile, lei lo sa ma anche gli altri, essendo ragazzi intelligenti lo hanno capito, faranno del loro meglio come la stessa bella, ricorda lei si è promessa che la sua vita sarà sempre sua non permetterà agli altri di strappargliela, e nonostante quello che è accaduto la sua convinzione resterà forte.

Marco l'amore, l'amore quello è una cosa difficile se non sei abituato ad avere rapporti e a darti a qualcuno, perché alla fine in amore bisogna concedersi e fidarsi in un modo particolare dell'altro. Di Edward si fida come un protettore, inizialmente come l'unica persona che conosceva in quella vastità di estranei, e anche se adesso sta imparando a conoscerlo è lontana dal darsi a lui, ma imparerà secondo me... .

Dopo quel bel popò di casa che abbiamo visto, degna delle case dei ragazzini viziati viste su mtv, qui passiamo sempre a narrare ciò che succede in casa. Per la cronaca non so dirvi se questa casa è assolutamente così gigantesca, ricordatevi che il punto di vista è quello di Bella, quanti metri di confronto ha secondo voi? Potrebbe essere modesta e per lei sempre grandissima, anche se suppongo che le dimensioni sia comunque molto elevate, hanno soldi! Questo capitolo ricoprirà ancora un breve lasso di tempo, però ci tenevo e capirete perché, buona lettura e ci vediamo in fondo! ;)

Edward Pov

Restammo ancora un po' in giardino dopo il giro della casa, i miei fratelli le stavano spiegando la storia di quasi ogni albero, quelli piantati da noi tutti stantii e mezzi secchi e quelli di nostra madre, della romantica incisione di nostro padre sulla quercia, sul fatto che io sia una frana con l'amaca e cadevo sempre, sull'altalena di Rosalie, distrutta subito e su quella che noi avevamo ricostruito per lei, dell'abete di natale che un anno avevamo deciso di piantare e delle mani impresse nel muretto di fondo del giardino. Una cosa che la incuriosì molto e volle sapere tutta la storia.

In pratica Alice, tanto per cambiare lei, aveva un giorno da ragazzina visto le celebrità lasciare le loro impronte in delle mattonelle e lasciare una firma incisa, aveva deciso che anche lei doveva fare lo stesso; prese della tinta ci immerse le mani e lasciò le sue impronte sul muro della sua camera firmando con il dito. Non sappiamo come, ma quando Rosalie, con cui ancora divideva la camera lo vide, riuscì a farsi convincere, e anche lei lasciò le sue impronte. Quello che non avevano messo in conto fu la reazione dei nostri genitori per nulla contenti, i quali neanche Alice riuscì a convincere. Dovettero ridipingere da sole la loro camera, ma Alice ci era rimasta molto male e a noi dispiacque un sacco, era la più piccola anche se aveva già 12 anni e tutti avevamo un debole per lei. Grazie alla geniale (strano ma vero) idea di Emmett, convincemmo i nostri a creare il nostro muro delle celebrità. Facemmo un nuovo strato di calce sul muro esistente nel giardino. Uno a uno, genitori compresi lasciammo il nostro segno. Fu uno dei giorni più felici, avevamo fatto felice Alice, distratto Rose che ancora risentiva del trauma, e finimmo il tutto con una lotta alla “carezza” più sporca, strano a dirsi ma chi ne uscì peggio fu nostro padre contro cui ci eravamo coalizzati, mentre chi ne uscì meglio fu Alice non solo per aver realizzato il suo desiderio, anche perché scoprì dei sentimenti nuovi per Jasper.

Il nostro tour durò tutta la mattinata e oltre, era già tardi quando finalmente andammo a pranzare, avevamo della carne a fette, che Bella quasi non tocco, immaginavo che il dolce le avesse quasi del tutto tolto l'appetito, ma la convinsi a qualche boccone soltanto, senza però obbligarla. Notavo che voleva mangiare per farci contenti, ma il suo limite era ancora basso e non andava spinto troppo altrimenti poi si sarebbe trovata a rigettare, ed era peggio.

Un po' intimorita chiese di poter distendersi a letto, era abituata ai tempi dell'ospedale e non stava mai tanto in piedi, in più le faceva male esagerare.

L'accompagnai nella sua stanza, venne anche Rosalie, che le sistemò i pochi abiti nel guardaroba.

“ci vediamo Bella io vado a lavoro adesso, però domani parliamo ok, è un cosa seria, ciao” e ci buttò un bacio, uscendo di corsa.

Bella rimase un attimo stranita e in evidente imbarazzo, e per quanto mi trattenni, sorrisi di lei

“Se quello che ti rende imbarazzata è il bacio, ti avverto che è una cosa affettuosa, le amiche lo fanno, i fratelli lo fanno”

“uh, no io no, è così strano, ci conosciamo da dieci giorni, te, i ragazzi e guardami adesso sono nella vostra casa, mi fate mangiare nella vostra cucina, mi date una stanza, vi occupate di me e tu mi segui ovunque, mi dai una mano a muovermi ogni volta, stai saltando anche il lavoro, Edward capisco che non abbiate problemi di denaro, ma è anche per principio che mi sento in imbarazzo”

Alzai gli occhi al cielo, ma capii comunque cosa voleva dirmi, anche io sarei stato in imbarazzo senza poter ricambiare.

“facciamo così! Tu adesso pensi a guarire, e non intendo solo camminare eretta senza traballare, intendo finché il più piccolo graffio non sarà sparito, e poi ti aiuteremo a trovare un buon lavoro, sono sicura che con il nostro aiuto troverai qualcosa di carino e decente. Solo allora quando avrai riempito a dovere l'armadio e la libreria ti concederemo....di riempire anche il barattolo della spesa”vidi il dubbio sorgerle in volto

“il barattolo dove ogni tanto buttiamo qualche decina di dollaro, poi una volta settimana uno di noi, di solito io visto che cucino, va a fare spesa per tutti” la vidi storcere un po' la bocca, sicuramente avrebbe insistito ancora però, e disse:

“va bene, perora va bene, ma conto di poter riempire altri barattoli e non solo contribuire al cibo appena avrò qualche soldo” non protestai, alzando le mani

“lo vedremo quando starai meglio, adesso devi rimetterti e riposare, a proposito ho una cosa per te” gli sorrisi e scappai in camera.

Aprii il cassetto della scrivania trovando il pacchettino viola con il fiocco e lo portai di la, nascondendolo dietro la schiena. Bella era distesa supina sul suo nuovo letto accarezzando la coperta leggera e blu, e sorrideva.

“Ecco io, anche se in ritardo -Buon Compleanno- questo è per te”

appena vide il pacco, rimase paralizzata, poi arrossì di colpo, e cominciò a toccarsi i capelli guardandomi in volto.

“Oh Edward, così però non aiuti i miei sensi di colpa” risi “ti dico che mi trovo in imbarazzo in mezzo a tutte questi gesti per me e voi mi fate una festa con tanto di torta, e per la cronaca io odio le feste, non amo stare al centro dell'attenzione, ah!... Aspetta fammi finire e tu ti presenti pure con un regalo per me, e tutto questo non è già abbastanza come regalo?” scossi la testa era inutile discuterne.

“Questa era una festa di benvenuto e di compleanno, la torta la facevamo comunque, a Rose piace farle e sa che il suo fratellino caro adorato ne è goloso” feci un sorrisone di compiacimento a trentadue denti che la fece ridere “E il regalo fidati ti piacerà è solo una cosetta”

“mi piacerebbe anche se fosse un misero foglio di giornale, ma guarda tu che teste calde di amici, dai qua, via il dente...” stava acquisendo anche senso dell'umorismo insieme al buon umore e alla familiarità con noi, mi faceva piacere che si sentisse tanto a suo agio.

Prese il pacco e lo rigirò un paio di volte, lo soppesò e poi strappò la carta, e ne uscì fuori un grosso librone.

“Mi avevi detto che quando eri all'orfanotrofio ti piaceva leggere anche classici, questo è una raccolta di classici di una scrittrice donna, sono romanzi rosa di secoli fa, a ma sono molto attuali e molto ben scritti”

“Jane Austen? Ma ho letto un libro suo Orgoglio e....”

“Orgoglio e pregiudizio” le suggerii

“si quello, eccolo! C'è anche quello, wao! Edward non dovevi è...bello è troppo, grazie”

“prego, ma comunque scherziamo? Non è assolutamente troppo e adesso potrai cominciare a riempire la tua libreria” le presi il volume dalle mani depositandolo in un angolo a metà degli scaffali era abbastanza grande e occupava un bello spazio, Bella lo fissava.

“Il mio primo libro” la sentii dire piano, era emozionata per un libro. Per me era strano, a volte dimenticavo che le piccole cose a possono avere un grande valore, fortunatamente mi avevano cresciuto con dei principi in famiglia e il fatto che fossimo numerosi non ha fatto che incoraggiarli, provavo affetto per tanti oggetti che mi ricordavano momenti o persone, però c'era anche il fatto che per me oggetti come il cellulare cambiavano a seconda delle mode o delle nuove tecnologie. Mi fece piacere che al mio regalo attribuisse affetto e la emozionasse.

Mi sedetti vicino a lei sul letto “che ne dici ci sta bene?”

“sono felicissima, grazie”

“prego, comunque ne hai già altri, quelli che ti ho portato in ospedale sono tuoi se ti piacciono”

“ grazie, ma dici davvero, sei sicuro?”

“certo Bella, io ne ho tanti” la vidi aprire bocca

“Ah ah! non dire grazie un'altra volta, ho capito mi sarai riconoscente e diventeranno i tuoi libri preferiti, ma basta dire grazie su, mi sono rotto di dire sempre prego” non disse nulla ma rimase a fissarmi serena.

E' incredibile quanto due occhi potessero essere tanto espressivi e riuscissero a comunicare tanto solo fissandoti, gli occhi di Bella erano castani, marroni, ma non solo marroni, definirli marroni sembrava anonimo, comune, ma non lo erano, bensì li trovai così luminosi e profondi, che credetti di caderci dentro, di potermi perdere, non so quanto tempo ci fissammo, ma mi resi conto di trattenere il respiro, e di essermi emozionato, il cuore batteva più veloce del normale.

Le proibii di dirmi grazie a parole, ma lo fece ugualmente con gli occhi.

Quando infine mi sorrise inarcando all'insù le labbra, mi sentii tornare al mio posto, seduto sul bordo del suo letto, nella sua stanza, nel mio corpo.

“Bene io torno giù che devo rimettere a posto la cucina e ripulire la mia camera, spazzare... queste cose qui, tu riposa un po' e se hai bisogno, prendi il cordless, il telefono del comodino e pigia -I- ossia interno e risponderà qualcuno giù o io, non farti problemi, ok? Buon riposino!” presi la sua mano le bacia in fretta in dorso, lo avevo già fatto altre volte, e corsi fuori della stanza.

Ero confuso, non trovavo altro aggettivo mentre uscivo dalla sua stanza e facevo qualche passo incerto per il corridoio. In qual momento la porta di una camera si aprì e vidi Jasper farmi cenno con la testa di entrare.

“Come sta?”mi chiese

“bene, era solo stanca non aveva dolori, l'ho vista serena nonostante sia in continuo imbarazzo per tutto questo, ma sta prendendo familiarità con noi e si sente sempre più a suo agio”

“non mi sembrava si sentisse a disagio con te, cercava sempre la tua presenza, anche toccarti un braccio”

“la mia presenza credo le dia conforto e forse sicurezza, ma la familiarità a parlare la sta acquisendo adesso, ogni tanto fa battutine e umorismo, si sta sciogliendo” mio fratello rise

“E' sempre stato così per lei fare amicizia, era un disastro, ma era sveglia e simpatica”

“lo è ancora Jasper, è intelligente e acuta e mi rammarico che abbia avuto finora questa vita” feci una smorfia di disgusto a pensare a tutto quello che aveva passato.

“già”rispose solo Jasper, Edward si sforzava di guardare in terra, ma sentiva lo sguardo del fratello che lo fissava.

“Edward posso dirti una cosa senza che tu ti arrabbi?”mi fissò negli occhi quando alzai finalmente lo sguardo “E' un mio pensiero, ma sai che sono bravo a capire le persone e vabbé ci vuole poco guardandoti a capirlo...ma a te piace Bella”

Attesi in silenzio “non so se te ne sei reso conto di questa cosa, ma è così, ci tieni a lei, provi pietà e affetto, ma ti stai legando di più, ogni tanto ti perdi a guardarla e rimugini su qualcosa, a te piace” sospirò come se fosse stanco “tu sei mio fratello, ma ecco non dico che lei non ricambi o che tu debba lasciar fare, ma non credo che sia quello di cui ha bisogno adesso”concluse guardandomi di sbieco, forse temendo una mia risposta.

Soppesai bene quello che dire, anche perché neanche io sapevo fare chiarezza.

“Jasper io non lo so se mi piace, ancora non riesco a capirlo, provo affetto come hai detto tu, ed è una bella ragazza, nonostante sia sciupata, e poi è dolce e intelligente. Prima nella stanza a un certo punto mi ha fissato e mi sono sentito strano, non so come spiegartelo ho perso un attimo la cognizione del tempo guardandola negli occhi, come se stessi svolazzando non so dove e a un tratto fossi ri-atterrato sulla sedia, stavo trattenendo il respiro, ed era così strano che sono quasi scappato di camera, non lo so Jasper cosa provo ma è strano” mi stavo spettinando tutto dal nervoso, e Jasper non rispose ma attese “in ogni caso voglio che stia bene, non ho intenzione di provare se mi piace o se io piaccio a lei, mi sta a cuore che guarisca, e so che le ferite esterne sono niente a confronto, non voglio turbarla” mio fratello sorrise annuendo.

“Sapevo che avresti capito, Bella è incredibile in ogni caso non ho mai visto tanta forza di volontà, non dico che si rimetterà al a volo, ma dico che ce la farà e ricostruirà una vita, e questa volta grazie a te qualcosa di davvero degno di esser vissuto -ad un certo punto ghignò e mi pose una mano sulla spalla- bé ho già sentito le ragazze parlare su come farle capire ed emergere il suo essere donna, e fratello... se già così ti affascina mio caro sei in trappola, mi raccomando solo dalle tempo, e non pensare al fatto che sia una ragazzina, primo la differenza di età non conta Alice è più piccola di me, secondo ne ha passate più lei che un adulto come noi” picchiò sulla spalla con fare comprensivo e fece per uscire, tenendomi aperta la porta. Mentre scendevamo continuai a rifletterci.

Mi piaceva o no? E se si come potevo non turbarla?.

Eccomi dadaaan. Addio adesso comincia a fumare il cervellino di Edward?? Speriamo di no, comunque era importante che Edward si scoprisse per primo, come è ovvio, Bella per molti versi è ancora una bambina, non ha avuto un ragazzo, magari ha dato qualche bacio magari per gioco chi lo sa, ma non si è mai impegnata in qualcosa che coinvolgesse molto di più i sentimenti.

Avete notato cosa dice Rose?diciamo può essere lo spoiler del prossimo capitolo.

SCUSATE GLI ORRORI DEL TESTO SE CI SONO!

GRAZIE A CHI LEGGE E COMMENTA/CRITICA LA STORIA!

vittoriaKf grazie, lo penso anche io!

Oria71 grazie mille troppo gentile!

Lullaby89 Edward è perfetto in questo momento, è la spalla forte, la sua ancora e il suo scudo, deve cercare di mantenere questo tono anche dopo le considerazioni di oggi

giova71 credo che la vorremmo un po tutti!!! XD

Gattino Bianco grazie adoro sentirvi dire che vi sentite come nella storia.

Fabiiiiiiiii grazie tantissimo

vanderbit si è accorto anche lui come puoi vedere che qualcosa cambia.

Ciao ragazzi, so che ce l'avrete a morte, fortuna che non vi ho lasciato niente in sospeso. Purtroppo son state settimane orribili, sono dovuta partire all'improvviso, perché una persona che conoscevo da 4 anni, ma che avevo visto solo una volta è morta. Sembra assurdo da dirsi ma frequentando da anni un forum di HarryPotter di cui ero molto fanatica, avevo stretto amicizie incredibili, che poi molte volte ho avuto il piacere di conoscere dal vivo nei numerosi raduni, ma restavamo sempre tutti in contatto via msn e facebook, questi amici sono le persone migliori che ho mai incontrato in vita mia, gli amici migliori che purtroppo vedo 3-4 volte l'anno se riusciamo ad organizzarci e l'andarsene di una di queste persone mi ha fatto star malissimo. Confesso che son passata spesso a leggere, ma sinceramente non avevo molta voglia di scrivere, e ancora insomma non è passata, quindi mi dispiace se non troverete soddisfacente quello che ho scritto, non vi chiedo di essere fedeli, quindi mi dispiace.

Tutto qui.

Pov Bella

Rimasi un bel po' in camera, quel letto era comodissimo, dormii qualche oretta, e poi tornò Alice a farmi compagnia, mi raccontò dell'esame che doveva dare e del suo lavoro, lavorava negli uffici di una importante catena mondiale di negozi, gli uffici ovviamente stavano qua a New York sopra uno dei negozi più grandi che la catena possedeva. Non so come da semplice commessa era riuscita a farsi notare sempre più in alto, allestendo prima le coreografie interne, la vetrina e arrivando in breve negli uffici, dove si occupava della parte fotografica del negozio dépliant e delle foto delle presentazioni, abbinamenti...in pratica non le serviva a nulla la laurea che doveva dare, un triennale sull'impresa e il marketing, era già in ballo, ma diceva di non voler deludere i suoi e anche se più lentamente ce l'avrebbe fatta. Alice è curiosa sempre così esuberante, all'inizio ho pensato potesse essere un po' frivola, shopping, bei vestiti e troppo attenta all'apparenza.

Però poi ho pensato a Jasper, l'ho ritrovato e scoperto da poco ma non è cambiato molto, si veste un po' meglio adesso, ma non è sicuramente un ragazzo espansivo, ne un fanatico del look, anzi lui è il classico introverso, intelligente, che prima di parlare analizza tutto e tutti, non per nulla fa lo psicologo adesso. Se ci si fermasse all'apparenza si direbbe un bel ragazzo, ma abbastanza comune, se ci si scambiasse due parole lo diresti freddino e scontroso, ma solo se lo conosci nel profondo e ti guadagni il suo rispetto e la sua amicizia scopri che grande cuore ha. Alice deve aver osservato e letto questo suo carattere, sono in pochi a saper leggere Jasper, e lui allo stesso modo deve aver visto in lei più di un abitino carino e un taglio perfetto.

La serata è finita bene, non sono rimasta molto e non volevo dar fastidio dato che sia Edward che Alice stavano studiando, era strano, avevo visto Edward così poche volte sopra i libri che spesso mi dimenticavo che studiasse ancora, anche se non posso giudicare visto che ci conosciamo da circa dieci miseri giorni. Assurdo, ma a questo punto non so neanche io che pensare ho smesso di chiedermelo per la mia salute mentale, cosa ci faccio in casa di una persona che conosco così da poco e di cui mi fido così tanto.

La mattina seguente vengo svegliata presto da una voce gentile

“Hei Bella, ciao piccola, senti devo andare all'università, un esame mi attende, faccio veloce però non durerà molto, poi torno subito, in casa ci sono Rosalie e Emmett, stanno lavorando alla macchina, anzi lo sta facendo Rose, è lei il meccanico, per qualsiasi cosa chiedi a loro, ok? Intanto puoi tornare a dormire è veramente troppo presto, ti lascio questo mp3 con un po' di musica all'interno, devi cliccare sul triangolino e parte, ti ho anche posato il libro e ricorda per qualsiasi cosa chiama i ragazzi” si china e mi lascia un bacio sui capelli, per poi rialzarsi dal bordo letto, sento sparire il suo peso “risposa Bella” e la porta si chiude. I miei pensieri sono ancora un po' ingarbugliati, non sono proprio sveglia: Rosalie, mp3, meccanico, triangolino e libro si alternano, finché non mi assopisco.

Devono esser passate un po' di ore, noto intorno alle tende scuse un forte alone di luce, la stanza è molto rischiarata. Le mie occhiate finiscono in ogni angolo della stanza, scruto la libreria, le due porte, fisso la scrivania, l'armadio, le chiavi, il borsone, cercando di imprimere ad ognuno di questi oggetti la parola -mio-. Ancora è difficile crederci.

Dopo un po' stanca di rimanere distesa, cerco di alzarmi un po' con il busto per stare almeno seduta. In quel momento sento qualcuno bussare.

“Avanti”

“Bella sono io volevo sapere se hai voglia di fare colazione sono già le dieci...ma volevi alzarti? perché non ci hai chiamati?”disse Rosalie, entrando nella stanza per aiutarla.

“no Rose, volevo solo sedermi, e non è che abbia un gran che fame, credo che tutto il cibo di ieri sia ancora troppo pesante per me” feci una smorfia avevo ancora lo stomaco pieno, e la voglia di cibo era l'ultimo mio pensiero “però visto che sei qui se mi dessi una mano andrei un attimo in bagno” si fece pensierosa.

“forse è meglio se chiamassi Emmett, potrebbe sollevarti lui”ma risposi in fretta “ti prego Rose, serve solo una spinta poi faccio da sola, mi lavo il volto, e bevo un sorso” aveva una smorfia in volto, e il dubbio che non ce la facessi, ma accettò e bloccandomi piedi mi tirò su per le braccia.

Non avevo mai percepito, tutte le volte che Edward mi aiutava ad alzarmi o sedermi, quanto del mio peso gravasse su di lui, pur di non farmi soffrire. Ma quando mi trovai ad alzarmi da sola e con la poca forza in confronto di cui disponeva la sorella, lo capii. Sentii gli addominali irrigidirsi, quando la pressione e lo sterno si piegarono e premettero nel movimento che serve per alzarsi, sentii fuoco e dolore, capii quando Edward sostenesse tutto il mio peso e mi sollevasse quasi solo con le sue forze pur di non farmi male. Irrigidii la mascella per non far uscire lamenti e smorfie, e chiusi gli occhi, cercando di non far trapelare nulla, rimasi in silenzio finché non mi accompagnò al wc, e mi lasciò la mia privacy.

Una volta sola chiusi gli occhi e rilasciai andare a un sospiro, lo sforzo era stato notevole per le mie poche forze, per fortuna il bagno era pieno di appigli e riuscii a tenermi e camminare in equilibrio anche se il tappetino attentò più di una volta. Quando infine bevvi un sorso e mi rinfrescai il viso, chiamai Rosalie e mi preparai allo stesso sforzo per tornare a letto.

Le sorrisi fintamente ringraziandola, e presi al volo quello che Edward aveva lasciato per me sul comodino, sperando che Rosalie capisse il mio bisogno di rimanere sola.

“Torno giù alla mia macchina, ricorda di chiamarci la prossima volta”

e uscì, rilasciai nuovamente lo stesso sospiro stanco toccandomi leggermente l'addome, e chiudendo gli occhi.

Lo strumento che mi aveva lasciato sul comodino, era piccolo e con due auricolari strani che entravano all'interno del padiglione, ma che decisi di provare subito, tra il sonno stamani avevo capito si e no qualche parola, ma almeno avevo compreso come funzionasse, premetti il tastino indicatomi e l'mp3 si accese, lo schermo si illuminò e cominciarono a muoversi delle scritte, e dopo poco cominciai a sentire la musica, credevo di non conoscere niente di ciò che avrei trovato dentro, non è che avevo questa gran conoscenza della musica moderna, in orfanotrofio non ti regalano CD, la musica presente per quanto l'apprezzi era solo classica e qualche vecchio disco in vinile di belli si, ma vecchi successi. In strada avevo avuto solo qualche accenno di musica. Per questo il mio stupore si fece sentire quando accendendo la prima canzone, le sue parole nacquero subito in me, e non potei fare a meno di canticchiarla.

Non era una canzone recente, ma era bella molto bella

Yesterday all the trouble since far away or I believe Oh Yesterday...

Questa era una novità non sapevo che cosa aspettarmi qui dentro, ma ne fui felice, ascoltai la bellissima canzone dei Beatles, carica di significato.

Seguita da una canzone che lessi essere degli “Aerosmith - Dream on”

la musica scorreva e con essa le diverse voci e così le scritte del display, lessi: “Deep Purple – Smoke on the water”, “Depeche Mode - Enjoy the silence”, “Goo goo dolls -Iiris” , “Guns And Roses - Knocking on heavens doors” , “Leona Lewis - Bleeding Love”.

E' proprio mentre sto ascoltando questa ultima canzone ad occhi chiusi che sento qualcuno carezzarmi un braccio. Istintivamente faccio un salto di paura e spalanco gli occhi ritraendomi. Sento già il cuore a mille, prima di individuare la figura a me nota, e rilassarmi mentre sul suo volto nasce un sorriso divertito e storto, sghembo direi, che un po' mi irrita, si siede accanto a me, prende uno degli auricolare e ascolta cosa aveva catturato la mia attenzione tanto da distrarmi dal suo ingresso. Sento delle parole e voltandomi lo vedo pronunciare piano le parole della cantante:

“Keep bleading...keep bleading in love”

La canzone seguente inizia e non faccio a tempo che a leggere “SmashMouth - I'm a Believer” che l'mp3 mi viene tolto dalle mani, Edward pigia non so quale tasto e sento in stereo aleggiare nella stanza la musica alzo lo sguardo in alto e vedo che Edward sta cantando, ma ciò che è assurdo è che sta cantando con un microfono immaginario passandoselo da una mano all'altra e comincia a ballare muovendo le gambe e la testa, ondeggiando, le mani passano davanti agli occhi in una perfetta imitazione della febbre del sabato sera. Una scena esilarante, completamente opposta del posato e sensibile Edward che ho sempre avuto, se ben con momenti di divertimento soprattutto con sua sorella, questo Edward è alquanto inedito. Cerco di coprire la risata con la mano davanti alla bocca, ma quando mi si avvicina facendo l'ennesima mossa con la testa e il suo immaginario microfono, lo assecondo e comincio a muovermi da seduta, imitando i suoi gesti con le mani, molto anni sessanta. E' felice e spensierato e per un attimo lo sono anche io, quando la canzone finisce e si butta seduto con un sospiro sul letto, faccio un divertito applauso, lui si alza e si inchina.

“Adoro la musica, avevo proprio bisogno di sfogarmi. Nonostante sapessi tutto, modestamente, alla fine ero un po' nervoso, ma è andata perfettamente, ho preso il massimo”

“bravo, complimenti”

“credevo dormissi, ho bussato ma non hai sentito, ma quando ho aperto lo spiraglio ti ho visto con gli auricolari e ti ho chiamato non mi hai ulteriormente sentito” sorride “esiste anche il volume sai, comunque ti piace?” chiede indicandomi con lo sguardo l'mp3

“Oh si molto! Sono tutte molto belle, e cosa incredibile ne conosco alcune” sorride

“immaginavo, bene te ne farò sentire qualcun altra poi, adesso ho bisogno di una bella doccia, quelle aule strapiene di gente son terribilmente puzzolenti e poi dopo mia performance...” sorrido

“E' già tardi tra poco pranziamo, quindi preparati e guardiamo di finire qualcosa oggi” mi intima prima di uscire, sento la porta della sua camera aprirsi e richiudersi. Certo che è proprio strano anche lui, un dottore cantante e ballerino improvvisato, scuoto la testa sorridendo. Faccio a tempo a sentire la canzone successiva che stavolta percepisco il bussare alla porta.

“avanti” alla porta mi appare la figura serena di Emmett che mi sorride. Non c'è una ragione, una spiegazione per il mio irrigidirmi alla sua vista, ieri l'ho conosciuto, ho mangiato con lui e i fratelli, ho scherzato con loro, ma non so neanche io, sarà la sua mole, ancor più grande di Edward soprattutto come tutti quei muscoli, gli occhi di un color marrone chiaro quasi giallo...il cuore batte più veloce per l'agitazione.

“Bella sono venuto a dirti che il pranzo è quasi pronto, ti serve una mano?” che dire?cosa rispondere?

“Ecco io, ma...ehm presto, Edward è appena andato nella doccia”

“si l'ho sentito adesso dice che ha quasi finito, posso darti una mano?”

“si, no ecco io, volevo, devo, finisco la canzone e scendo...un attimo” farfuglio senza avere il coraggio di guardarlo in volto, capisce forse il mio imbarazzo

“oh, ok finisci...la canzone ti aspettiamo tra poco” ed esce, mentre io annuisco con la testa giochicchiando con quel piccolo oggetto elettronico. Mi mordo il labbro per l'imbarazzo e per il nervoso, mi succedeva a volte anche con i medici e gli infermieri....

Devo cercare di calmarmi, non c'è nessun motivo di agitarmi no? E' solo un ragazzo come gli altri è il fratello di Edward tra l'altro di cui...-

“Hei Bella!” proprio lui interrompe i miei pensieri, e mi volto “non sei scesa?Emmett aveva detto..”inarca un sopracciglio dubbioso

“stavo...” alzo l'mp3 che tra l'altro è spento, cercando di far credergli che stavo ascoltando la musica.

“Oh beh, dobbiamo scendere adesso, vieni” mi dice avvicinandosi, io faccio sporgere le gambe dal bordo del letto, e lui mi prende sotto le braccia, tirando su con apparente semplicità il mio corpo. Stavolta mi è servito 1/5 dello sforzo della mattina con Rose.

Perché con lui non ho nessun timore, non ho palpiti, ne fremiti, se mi tocca il braccio, il fianco non mi irrigidisco, perché preferirei stare tutto il tempo con lui, perché mi fido così tanto, e perché lui fa lo stesso?

“Bella?” mi volto a guardarlo, che mi fissa “stai bene?”

“si, io, si” ma guardo in basso, in un certo senso ho anche paura di questa fiducia, questo feeling reciproco, e talvolta quando mi guarda sembra che mi voglia leggere nella mente, la cosa da un po' il terrore, nessuno cerca mai di leggermi dentro, nessuno mi presta mai troppa attenzione, almeno è quello che ho sempre sperato, adesso non so neanche io più cosa voglio.

“Posso...posso portarlo con me?” chiedo indicando l'mp3 sul letto, cercando di distrarre la sua attenzione da me.

“certo” lo prende e me lo porge, io lo infilo in tasca della tuta, e aiutata da lui scendiamo al piano inferiore. Ignaro di tutto Edward mi fa sedere accanto a lui. In breve tempo arrivano anche Rosalie e Emmett che ridono tra loro portando da bere e una teglia del forno che contiene uno sformato.

Emmett mi lancia un fugace sguardo e si rabbuia, questo mi fa stare male e cerco per tutto il resto del pranzo di non fissarlo, neanche quando parla raccontando ad Edward cosa stavano combinando alla macchina, dove lui era l'assistente e la bionda e bellissima ragazza, l'infermiera di pediatria, era la meccanica? Questa famiglia è piena di controsensi, come con Edward prima. Finito il pranzo Edward approfittando del sole mi porta in giardino e ci sediamo ad un tavolino in ferro battuto.

“Edward ti prego prestami questo cappello, ti prego è troppo figo e non te l'ho mai visto, tanto tu non te lo metti, ti prego” davanti a noi si piazza ancora una volta la figura gigantesca di Emmett con indosso un cappello all'italiana, credo sia una coppola a quanto pare di proprietà di Edward, che non ce lo vedo proprio ad indossarlo. Discutono un po', alla fine Edward esasperato “Oddio, fai quello che vuoi è tuo, te lo regalo, ma togliti dai piedi” L'altro sghignazza soddisfatto. In quel momento mi guarda un attimo in volto, e io mi aggrappo con le mani ai manici della sedia, prima che se ne vada via, cupo in volto? Era una mia impressione?

“fortunata te che non hai fratelli” esclama Edward ridendo, accenno a un sorriso non entusiasta, e mi volgo verso la fonte di calore che mi trasmette il sole, chiudendo gli occhi e godendomi per un attimo il silenzio.

Rimaniamo qua ancora del tempo, Rosalie ed Emmett credo si siano messi a curare il giardino, li ho visti discutere parecchio, ma non gli ho prestato attenzione. Attenzione che invece viene richiamata da Jasper quando lui e Alice tornano.

“Bella come stai? Giornata tranquilla?” mi chiede sorridendomi

“abbastanza grazie la tua?”

“terribile, il mio lavoro è terribile un giorno servirà a me lo psicologo...senti volevo chiederti se potevi concedermi un'oretta ora o prima di cena, dovremmo parlare di alcune cose in privato” lo fisso attentamente.

“Come Jasper o come mio psicologo?”noto che anche per lui è dura, aggrotta la fronte e storce il naso, deve essere una cosa che neanche lui non gradisce

“come Jasper lo psicologo?” propone cercando di dirmi che è del mio problema che parliamo ma che cercheremo di affrontarlo da amici. Mi piace questa sua risposta e lentamente annuisco.

“Edward potresti darle una mano?”Edward si alza immediatamente e aiuta me a fare la stessa cosa. Una volta su vedo Jasper fare un cenno con la testa a Rosalie, che risponde con gesto simile, lei stranamente si butta su suo marito abbracciandolo con forza, mentre Alice li vicino le accarezza la testa bionda. Quando si dividono lui le accarezza il volto in un bel gesto e si baciano sulle labbra. Rosalie si dirige verso di noi, arrivata davanti fissa un attimo Edward, che come me ha seguito tutta la scena, li vedo guardarsi in modo grave, la presa sul mio fianco di Edward farsi più forte, prima che tutti e quattro ci dirigiamo nella mia stanza.

Mi fanno sedere sul letto, anche Rosalie si toglie le scarpe e si accomoda sopra, incrociando le gambe, dopo un attimo il fratello la imita sedendosi dietro di lei e circondandola. Siamo ancora tutti in silenzio, quando Jasper chiede,

“Edward per favore...”

“ma Jasper e Rose...?” lei gli accenna a un sorriso prendendogli la mano

“Ce la faccio fratellino”gli dice solamente, poi lui mi guarda sempre con quella espressione grave che non mi piace per nulla.

“Io rimango qui fuori se serve...”ed esce. Tutto questo mi ha fatto entrare un certa tensione, sono già aggrappata alla coperta.

“Bella...so che per te è doloroso tutto questo, però parlare ti aiuterà ad affrontare i problemi e le paure, e questo non te lo dico perché sono uno psicologo e ho letto un manuale che lo raccomanda. Lo dico perché purtroppo con il mio lavoro ci passo spesso e sempre spesso vedo giovani donne che si chiudono dentro, lasciandosi andare e perdendo completamente il controllo di se: dolore fisico, paura, ansia, incubi, perdita della parola, perdita del senno, ho visto donne allontanare tutto il mondo, gli amici, i parenti, i fidanzati e anche i mariti, donne che hanno dimenticato di avere un figlio abbandonandolo!”riprende fiato mentre ascolto queste sue testimonianze. “Tu Bella sei stata eccezionale, la prima cosa che hai fatto è stata cercare un'ancora per non andare alla deriva, e questo farà si che tu ce la farai, però devi tenere duro, perché se anche il grosso sembra passato, non è vero, e se anche tu hai reagito in modo diverso da quelle donne io voglio tu sia preparata. Bella voglio che tu ascolti qualcun altro, qualcuno che sa veramente cosa provi cosa senti o cosa sentirai perché c'è già passato” In quel momento mi fissa intensamente, per poi inclinare la testa di lato e fissare il volto della sorella. Non sono mai stata lenta nel capire le cose, ma da quel discorso ad arrivare ad accettare il fatto che la ragazza davanti a me sia quel -qualcuno che c'è passato- ne passano di secondi, e di sicuro lo stupore si è affacciato sul mio volto.

“Già io! Ti sembra strano immagino, non ci siamo mai raccontate la nostra vita come migliori amiche, ma forse ti aspettavi una pacca sulla spalla e un -ci sono passata anche io, fatti coraggio, che tutto passa-” mi guarda finalmente negli occhi “ma io non sono una bugiarda e non è vero, non è vero che passa” le mani di Jasper le accarezzano le braccia.

“Dopo che è successo a te ho riavuto nuovamente gli incubi, ancora oggi se vengo toccata da un estraneo all'improvviso sobbalzo, e ancora oggi rivedo nella gente per strada le facce di quei ragazzi”si prende delle lunghe pause di interminabili secondi, si vede che ha problemi a parlarne.

“quel giorno stavo aspettando Edward fuori dall'università, la sua scuola era vicina e spesso venivamo insieme, e visto che la mia auto era dal meccanico doveva passare lui con la moto. Ero uscita anche qualche minuto prima della fine della lezione non volevo farlo aspettare... non riuscii a raggiungere l'angolo del parco dove mi avrebbe aspettato Edward, pochi passi dopo l'uscita posteriore dell'università, qualcuno mi ha colpito, e mi ha messo una mano davanti alla bocca, aiutato....da un complice mi hanno trascinato con la forza per una strada e nessuno ha visto nulla. Io...io ho cercato di gridare ma la mano era davanti e avevo paura, ansimavo e non capivo...non capivo più nulla.” La sento tirare su col naso e la sua voce è sempre più malferma, il mio magone è sempre più grande e anche io comincio a far fatica a respirare. “però io sono stata più fortunata di te, loro non...non sono riusciti, ecco loro, non sono riusciti a violentarmi, richiamati da un urlo che ero riuscita a emettere quando si erano scambiati di posto, sono arrivati all'improvviso il mio fratellino e un altro ragazzo, li hanno colti di sorpresa e son riusciti a picchiarli...però io a differenza di te ero cosciente, io ricordo ancora loro, le loro mani che mi toccavano...ma io non volevo e ho provato, ho graffiato, ho tirati calci, ma non sono riuscita, non potevo...mi...mi ...nuda sull'asfalto e-e poi Edward il mio fratellino” sembra voler ridere di qualcosa “Deve aver qualcosa di speciale quel ragazzo, anche per me è stato la mia ancora, lui mi ha salvato, il mio fratellino quindicenne, è stato il mio punto fermo, quando i ricordi, gli incubi venivano a cercarmi. Però sono riuscita a ricostruire la mia vita, a fidarmi di nuovo, non a dimenticare quello no, ma è bello riuscire a darsi ad un'altra persona. Non ero riuscita più a farlo, voler fare l'amore con il proprio ragazzo ma temere le sue carezze... e vedere che ci stava male poi erano come pugnalate al cuore. Ma poi grazie alla pazienza e alla sua dedizione siamo riusciti a scoprire che quelle carezze, le sue, erano il miglior antidoto”tirò ancora in su col naso. Mentre mi asciugavo gli occhi, sentii la voce delicata e dolce di Jasper sussurrarle “Brava tesoro, ce l'hai fatta, sono fiero di te sai” le diede un bacio sulla tempia, e lei sorrise, forse fiera anche lei di se stessa.

Quando Rosalie uscì, e spalancò la porta vidi che erano tutti lì, fuori della porta in attesa. Edward e Emmett appoggiati alle pareti, e Alice seduta sul pavimento. Rose si fermò sulla soglia e si avvicinò al “fratellino” e gli schioccò un affettuosissimo bacio sulla guancia, un ringraziamento ulteriore a quello che aveva fatto anni addietro, lui le sorrise baciandole la fronte, prima che lei si buttasse su suo marito, per reclamare il suo antidoto, un intenso bacio”. In quel momento Jasper mi passò un fazzoletto, per asciugarmi le lacrime e soffiarmi il naso decisamente grondanti per l'emozione. Edward si era avvicinato, e in silenzio si sedette dall'altro lato del letto, poggiandosi ai cuscini del letto. Jasper se ne andò chiudendo la porta dietro di se e il corridoio si fece in breve silenzioso.

“hai fame?” chiese dopo un po'

“no” dissi solo. Tornammo in silenzio ognuno perso nei propri pensieri.

Ciao eccoci qua, spero che non abbiate sbuffato per quello che ho scritto all'inizio, posso capire che pensiate...e chi se ne frega! Vi capirei..però volevo Dedicare con affetto a questa persona il Capitolo, anche se non centra nulla con twilight, con la storia e tutto. Volevo solo dirgli che già mi manca.

Domandatemi pure tutto quello che volete, chiarimenti e altro e ripeto che se volete dare suggerimenti sulla storia come ha fatto marco (che tra l'altro mi sa che è un hacker e ha letto i miei appunti) io son disponibile a leggerli e a rispondervi se posso.

Baci

Ciao ragazzi, vi ringrazio per le vostre parole, e ringrazio il fatto che abbiate accettato la mia dedica. Ho scritto un altro pezzo, come per il precedente non è un gran che, mi scuso, ma io non ho mai affermato di essere un'esperta scrittrice, solo un'appassionata.

Spero solo solo non annoi.

Pov Edward

L'avevo lasciata che si era finalmente addormentata, non aveva appetito e non l'avevo neanche svegliata per scendere. Prima di andare a dormire avevo bussato piano, e visto che non rispondeva avevo aperto nuovamente lo spiraglio per vedere se dormiva. Dormiva placida a pancia in su ma il volto rivolto verso di me, le braccia erano scomposte sopra il lenzuolo, e i capelli scompigliati per tutto il cuscino. Era davvero bella, quando dormiva traspariva di più il suo essere giovane donna, mentre quando ti fissava con i suoi occhi ti appariva sempre più grande come se solo lo sguardo ti raccontasse delle sue sofferenze, dei suoi drammi e della vita non facile.

Era ancora buio quando mi svegliai, non capii perché avevo aperto gli occhi, così nervoso ributtai il volto sul cuscino, cercando di riprendere al più presto sonno. Mi arrivò all'orecchio un suono, pensai fosse qualche uccello notturno che avesse fatto il nido fuori della finestra. Però appena lo risentii intuii che questo suono, non era solo un suono sembravano parole, qualcuno parlava a quell'ora di notte. Stavo già per maledire Alice e il fatto che non finisse mai di parlare anche la notte, quando colpito da un'intuizione balzai a sedere. Mi districai dal lenzuolo con il quale mi ero riuscito a legare e balzai giù dal letto, correndo fuori della stanza, e aprendo immediatamente la porta davanti alla mia bloccandomi sullo stipite.

Bella era in posizione fetale, rannicchiata per essere ancora più piccola, il lenzuolo era caduto quasi del tutto, ma un lembo era stretto spasmodicamente da una delle mani, mentre l'altra artigliava il polso così forte che le nocche erano bianche e la carne graffiata stava quasi per sanguinare. Il volto era una maschera di dolore e le lacrime lo riempivano, ma gli occhi erano ancora chiusi. Singhiozzava, lamentandosi, un lamento straziante e terribile anche per il mio cuore.

“no ti prego, basta dolore...ti prego basta fa male, ti prego, basta, basta, BASTA!” le ultime parole erano acute e stridule e strinse ancora più la sua presa. Trovando la forza per reagire, mi fiondai su di lei

“Bella svegliati è un sogno, è solo un sogno Bella, mi senti? Bella” la scuotevo piano, mentre le parlavo, ma lei sentì la presa della mie dita sul corpo, le spinse via con la mano mulinando con le braccia, ricevetti un ceffone tra il collo e l'orecchio.

“ahi, merda!...Bella sono Edward...Bella svegliati su!” dissi con più vigore, afferrandogli i polsi” lanciò uno stridulo urlo, ma cominciò a muovere le palpebre

“JASPER!” Chiamai con voce alta.

“Bella sono io guardami, ehi guardami sono io, ehi Eccoti! Guardami Bella, calmati non è successo nulla” aveva appena aperto gli occhi davanti a se e mi aveva visto. Era immobile e ansimava, era confusa, ma teneva gli occhi sui miei.

“JASPER!” Chiamai ancora. “Sono io non ti faccio del male stai tranquilla, era solo un incubo, gli incubi non fanno male” Le accarezzavo il braccio, e la testa, lentamente per cercare di calmarla, continuavo a ripetere le stesse parole.

“Edward, che è successo?” chiese Jasper entrando nella stanza di filata, mentre la figura di Alice faceva capolino dalla porta.

“Ha avuto gli incubi, ripeteva delle parole e si stava facendo male”

le presi il polso ferito a sangue dalle sue unghie che stringevano.

“f-faceva male...c'èra male io...”

“tranquilla Bella non era nulla” mi chinai su di lei “non era reale, era un incubo”

“io...io” si guardava intorno impaurita forse di trovare qualcosa o qualcuno che la spaventasse, poi d'istinto mi tirò per la maglia, fortuna che ero ben piantato con i palmi sul materasso, altrimenti le sarei caduto addosso. Bella si aggrappò a me abbracciandomi stretto, così spasmodicamente che mi ricordava dolorosamente il giorno in cui la trovammo, anzi quando mi venne a cercare, chiedendo il mio aiuto.

“si sta rilassando?” chiese piano Jasper

“si” sospirai, e ancora l'accarezzavo “Bella è tutto apposto era solo un incubo, nessuno ti farà male qui dentro”aspettammo ancora qualche minuto. Alla fine la sua presa si allentò e anche il corpo si rilassò.

“Bella, posso...cosa è successo, ti va di raccontarmi il tuo incubo?”chiese ancora Jasper, ma lei non rispose subito, nessuno però si azzardò a dire niente attendendo.

“Io non lo so, era buio, era come se non fosse un ricordo, o forse si non so se me lo sono immaginato era tutto buio, e sentivo, dolore, ma non c'era nessuno o almeno penso, avevo la sensazione di provare dolore ovunque, braccia gambe, allo sterno non sapevo...che fare era tutto nero” singhiozzò di nuovo agitandosi.

“Shh, calma adesso c'è la luce e ci siamo solo io e Jasper visto” le dissi piano, “Jasper può darsi che sia un ricordo di quel giorno, che stia riaffiorando qualcosa?”Bella li osservava con gli occhi lucidi

“Non lo so, può darsi che dato che era incosciente quello che ricorda è solo il dolore dei colpi ricevuti, ma non è detto potrebbe anche essere frutto della sua immaginazione, oggi Rosalie le ha raccontato la sua esperienza dolorosa, e lei potrebbe averla immaginata, ma non avendo ricordi, ha visto tutto buio senza immagini, succede come quando ti raccontano una storia di paura”.

“quindi potrebbe essere solo frutto di fantasia, dici che non ricorderà?”

“non lo so Edward potrebbe, adesso è confusa, tra realtà e racconto non so quanto sia possibile...Bella se ti capitano altri sogni come questi me lo racconterai vero? Sai che io non ti giudicherò ne ti considererò pazza, io ti voglio aiutare ma tu devi aiutarmi, intesi? Prometti”

“Era la prima volta, ma te lo prometto”gracchiò la ragazza.

“ok, bene” Jasper sospirò alzandosi in piedi dal letto, lo stesso feci anche io, che mi ero appena liberato della presa della ragazza. Questa alzò subito lo sguardo spalancando gli occhini lucidi.

“Dove andate? No aspettate non potete rimanere qui? Se ritornano, no per favore, devo alzarmi” fece per scendere dal letto ma la bloccai

“no ferma Bella, non preoccuparti, rimango io finché non ti addormenti...guarda – presi la poltrona e l'avvicinai al letto – ecco vedi? io sto qua e ti controllo tu stai tranquilla non succederà nulla, era solo un brutto incubo, sei a casa al sicuro” sussurrò qualcosa che non riuscii a sentire e si ridistese a pancia in su, osservando il soffitto. Io la controllai un po' spaparanzato sulla poltrona.

“Bella devi chiudere gli occhi per provare a dormire, avanti, tranquilla sono qui io nessuno ti farà del male”

Bella si voltò su un lato fissandolo, cominciò a chiudere gli occhi, anche se a momenti li riapriva per controllarlo, finché non lo fece più e il suo respiro si fece più lento. Io mi sistemai con i piedi posati sul letto, sempre più comodo, finché anche io mi addormentai.

Quando ripresi nuovamente i sensi, trovai la stanza quasi buia, non ricordai inizialmente cosa fosse successo e mi guardai intorno non riconoscendo la stanza, per poi focalizzare Bella distesa e rannicchiata ma tranquilla sul letto. Ricordandomi improvvisamente una cosa che dovevo fare quella mattina, cercai di controllare l'orologio, era buio ma riuscii a leggere le 7.15. Era tardi dovevo essere alle 8 in facoltà. Cercai di alzarmi in fretta, non considerai però le ciabatte che in terra mi fecero inciampare e per poco anche finire in terra. Quella confusione fu a quanto pare sufficiente a Bella per svegliarsi.

“Edward? Sei tu? Stai bene ho sentito..”

“Tutto bene si sono io, sono inciampato, scusa non volevo svegliarti, è presto e puoi dormire, io devo essere all'università in 40 min devo seguire una lezione importante, devo chiarire una cosa con il professore e devo scappare”

“oh...ehm Edward” disse prima che uscissi dalla porta, mi fermai in ascolto “Non è che potresti darmi una mano a scendere?”

“non vuoi tornare a dormire un po'? È ancora presto Bella” la vidi mordersi il labbro “sono abbastanza riposata, poi posso stendermi sul divano se non è un problema” la paura degli incubi l'aveva sicuramente preoccupata

“ok Bella dammi un attimo che corro in bagno e mi vesto, e dopo vengo a prenderti”. Corsi in camera presi i vestiti e feci una doccia voltante e fredda, dato che l'acqua non aveva avuto il tempo di scaldarsi, dopo essermi vestito, afferrai la tracolla e tornai da Bella.

La alzai come sempre con facilità dati i suoi pochi chili, la aiutai a indossare la vestaglia sopra il pigiama e l'accompagnai giù. Appena varcammo la soglia della cucina ci trovammo davanti ad Jasper e Alice che amoreggiavano, sbaciucchiandosi e ridendo, mentre mia sorella era seduta sull'isola della cucina.

“No! vi prego di prima mattina no! E si da il caso che io in quel balcone ci prepari da mangiare, quindi siete pregati di farlo solo nella vostra camera”

I due risero e Alice scese, accorgendosi dopo di Bella che al mio fianco era decisamente rossa e in imbarazzo per la scenetta. Lasciai Bella a uno degli sgabelli, mentre io mi fiondai sulla brocca del caffè riempiendo una tazza, afferrai una di quelle pastine risecchite e confezionate che vendono al supermercato e cercando di non ingozzarmi mandai tutto giù, mentre mia sorella stava proponendo a Bella di aiutarla con il bagno.

“Vai all'università Edward? Si vede quando vai lì sembri sempre un figlio di papà, con il dolcevita a rombi addirittura”rise Alice. Alzai gli occhi.

“se intendi fare bella figura con i professori ad un esame per avere almeno il 30 devi vestire come un manichino, altrimenti quei soggetti pieni di sé non ti considerano nemmeno, un branco di babbioni” dissi pulendomi le mani e lavando la tazza. “Ho solo due ore di lezione, se arrivo in tempo per l'appello...voi che dovete..”

“Io lavoro fino alle 14, ma Alice sta a casa, tanto deve solo lavorare al pc, e inviare il progetto.” Annuisco.

“allora a più tardi, per qualsiasi cosa chiamate, posso uscire dall'aula” mi chinai a baciare la mia sorellina sulla guancia, che si allungò sulle punte, baciai anche Bella, che arrossì, e mio fratello.

“Blah che schifo Edward, so di essere un gran fico, ma sono etero!” mi disse, mentre stavo correndo fuori ridendo dei suoi versacci.

Anche io ero etero, ma non avevo una ragazza fissa da due anni ormai, avevo avuto diciamo un'avventura da un paio di notti con una compagna di università un anno fa, ma niente di serio. Le mie precedenti storie erano finite perché non avevo dedicato abbastanza tempo alle fidanzate mettendo prima lo studio e il lavoro, non ero insensibile ne freddo, anzi, solo che volevo raggiungere il mio traguardo più di quanto non volessi stare con loro, non mi ero mai trovato preso del tutto da una donna.

A dire il vero queste settimane erano le prime da molto tempo che non ero fisso a lavoro. Il lavoro mi aiutava a raggiungere prima la laurea, dato che ne ricavavo dei crediti extra, e potevo escludere alcuni dei corsi più ripetitivi e noiosi, ma alla fine ero apparso come quello fesso che si faceva usare dagli altri quando avevano delle scappatine. Non volevo neanche ammetterlo ma stavo diventando anche un po' stressato, e in questi ultimi giorni anche se la situazione non era per niente felice, stanotte mi ero anche preoccupato, avevo recuperato un po'.

All'università filò tutto liscio, ogni tanto controllavo il cellulare per vedere se tutto andava a bene. La lezione non era un gran che, molte delle cose già le conoscevo, sia grazie alla pratica, ai tirocini, sia perché alcuni corsi ripetevano sempre le solite cose, ma era richiesto un tot di ore di presenza per questo professore, forse uno dei migliori e più giovani, avevo già quasi letto tutto il suo manuale avvantaggiandomi, dovevo solo chiarire alcuni concetti, cosa che feci a fine lezione.

Tornando a casa trovai un incidente, e rimasi bloccato diversi minuti, quando mi girai da un lato, notai un fioraio. Così colto all'improvviso abbassai il finestrino e chiesi a voce alta.

“scusi, scusi! Ha delle margherite di quelle grandi e bianche?”

“si certo”mi rispose lui notandomi nella macchina

“me ne darebbe due?” lui annuì mi diede i due fiori e pagai. Comprai anche il New York Times, dall'uomo che vendeva i giornali lungo la strada e che approfittava della coda per fare affari.

Quando finalmente tornai a casa c'era un bel sole. Entrai ma la trovai vuota, poi dal vetro del salotto, le vidi entrambe al tavolo in legno al giardino a discutere su qualcosa al computer.

“Hei donne! Come state? Vi ho portato qualcosa..” e consegnai il fiorellino, un po' misero ma carino, che le lasciò stupite. Alice all'inizio fissò il fiore poi si alzò e mi saltò letteralmente in collo, come una scimmietta, era aggrappata con le braccia e gambe, e mi schioccò un lunghissimo bacio sulla guancia.

“Bella ma quanto è dolce il mio fratellino” risi divertito, anche Bella lo era

“E' solo una margherita Aly” le dissi rimettendola a sedere

“si ma è il gesto del tutto spontaneo, Jasper mi regala i fiori per tutte le ricorrenze, ma così è più bello” mi disse facendo il broncio, mentre mentalmente mi aspettai un rimprovero da mio fratello. Bella faceva girare la margherita e la osservava

“grazie” mi disse solo, ma era felice, o almeno lo sembrava e anche serena, diversamente dalla notte sembrava tutto superato.

“Hei Edward sai che Bella è fortissima! ho dovuto richiamare il negozio, perché stavano per mettere su una vetrina da spavento, poi Bella mi ha aiutato con degli abbinamenti mi ha suggerito delle cose davvero forti, per essere una che non si intende di moda....ehm”si bloccò voltandosi, per paura di averla offesa

“E' vero non ho mai avuto abbastanza vestiti per intendermene io ho suggerito a caso però”disse tranquilla

“ma era forte, cioè potresti fare strada, potresti entrare nella moda insieme a me...oooh e quando andremo a fare shopping wow, ci divertiremo un sacco!” Alice stava già fantasticando ad occhi aperti entusiasta. Amava la moda e fare shopping, il suo lavoro le veniva così spontaneo. Ma dubitavo dallo sguardo preoccupato di Bella che fosse una fanatica dello shopping, mi guardò un attimo e non resistetti a ridere.

“Ehi Alice dubito che nessuno sarà mai pronto per il tuo tipo di shopping, soprattutto Bella, sai che dobbiamo andarci piano” sbuffò

“lo so, lo so solo che vedo che ha idee e immaginazione, è un potenziale no? Tutti gli stilisti che abbiamo noi in sede sono nati tutti così tanto per fare, li scelgo io personalmente e quindi so quello dico!” sorrisi, avevo paura che Alice si facesse un po' prendere la mano, dalla sua nuova amica, erano quasi coetanee alla fine diciotto Bella, venti Alice. Però ero felice che la coinvolgesse in qualche attività, avrebbe dovuto trovare un lavoro quindi insomma se trovava ispirazione nel lavoro di Alice magari poteva essere un buon inizio, per poi trovare magari quello che davvero desiderava fare in seguito.

Nel mentre ero tornato in cucina, era quasi ora di pranzo, e dato il caldo, avrei fatto un'insalatone ricco, con olive, e avrei piastrato del pollo per metterlo a dadini.

Il pomeriggio lo passai con Bella e Alice. Alice stava insegnando di tutto sul computer a Bella. Non sapeva niente, quindi ne aveva di cose da imparare, sperai solo che mia sorella con la sua parlantina non la confondesse, talvolta le davo una mano, quando vedevo Bella in difficoltà, il resto del tempo continuai ad analizzare quel volume del professore, trascrivendo qualche appunto. Jasper era rimasto più del dovuto all'ospedale per un'emergenza.

Quella sera non vedemmo Rosalie e Emmett, spiegai a Bella che sarebbe rimasta con loro e Alice il giorno seguente, perché io dovevo assolutamente fare qualche ora a lavoro, Mike si stava già stancando, e il figlio di papà Black stava solo facendo confusione.

Quella sera mi riaddormentai nuovamente sulla poltrona in camera di Bella nonostante mi fossi ripromesso di uscire una volta che lei si fosse addormentata. Il suo sonno fu tranquillo, e credetti davvero che fosse un caso isolato quello del giorno precedente, ma forse mi sbagliavo.

Eccoci in fondo. C'era da immaginarselo che i sogni si turbassero, resta da capire se sono un ricordo, o l'immaginazione del triste racconto di Rosalie. In ogni caso saranno dolorosi, ci sono alcuni indizi sul futuro in questo capitolo.

Grazie ancora a chi legge e si interessa della storia, siete davvero tantissimi che avete salvato la storia tra i preferiti, o tra le storie seguite, quan ho visto la lista sono quasi impallidita.

Mentre per voi che recensite, cavolo! Abbiamo superato le 100!!

urca, non me lo sarei mai aspettato.

Un bacione e scusate se attendete molto.

Ciao a tutti. Anche questa settimana vorrei rivolgere nuovamente una dedica, stavolta meno interessata della precedente, ma comunque significativa spero anche per voi. Vorrei dedicare questo capitolo a tutte le donne vittime di Abuso, violenza o stolking, perché qualcuno finalmente le ascolti e possano avere una giustizia che ultimamente non hanno.

Lo dedico inoltre anche a tutti gli operatori, personale medico, paramedico e volontari delle ambulanze.

Pov Bella

Sentii qualcuno sussurrare e cercare di non farsi sentire.

“Edward alzati, andiamo o facciamo tardi”

“arrivo un attimo non trovo la ciabatta, cavolo!”

Aprii gli occhi capendo che i ragazzi stavano andando a lavoro. Ricordai le sue raccomandazioni del giorno precedente.

“Edward” dissi un po' roca dal sonno, lo vidi fare una smorfia

“dormi Bella”

“no aspetta, non andare, dammi una mano”

“no stai giù è presto, più tardi ti daranno una mano i ragazzi a scendere”

“no!” dissi più decisa “per favore Edward, voglio scendere adesso”

“ma è presto, Alice dorme e Emmett e Rosalie non sono ancora arrivati”

mi sentii agitata, a trovarmi al cospetto di Emmett, non volevo giudicarlo senza conoscerlo, ma mi sentivo sempre a disagio.

“fa lo stesso guarderò la tv, poi ho il tuo mp3, se ricordo dove l'ho messo” feci per scendere con i piedi, ma Edward mi blocco, guardandomi in volto, con sguardo fisso stava nuovamente cercando di leggermi, fremevo quando lo faceva.

“Perché? Perché vuoi sempre scendere con me?”non potevo dirgli di suo fratello, cercai di inventare qualcosa.

“voglio stare giù, c'è più spazio è aperto”mi interruppe

“lo sapevo la stanza è troppo piccola dovevamo prepararti una di quelle grandi”

“no, cosa? No! La stanza è anche troppo per me io...se sono sveglia io posso controllare posso tenermi occupata, tu vai via...” stavo farfugliando parole senza senso non mi avrebbe mai creduto ma

“tu non vuoi stare qui in camera quando non ci sono? hai paura che ti lasci sola?”suggerì lui, non era proprio questa la verità certo ero sempre più tranquilla con lui, ma non pensavo potesse lasciarmi qui. Però annuii. E fece una cosa che mi lasciò senza fiato.

Mi abbracciò. Ma non era uno di quelli abbracci forti di conforto, mi teneva con tenerezza, morbido nella sua stretta, mi sentii quasi arrossire, perché trasmetteva affetto, e io gli avevo in parte appena mentito.

“Bella sei una sciocchina...sai che di noi ti devi fidare, in questa casa non hai nulla da temere, tutti ti adorano, guarda mia sorella, Alice non aveva una compagna di giochi dalla quinta elementare, era troppo esigente per le bambine, troppo agitata anche per loro, e l'hanno sempre isolata”.

Questa sembrava un'assurdità, Alice così entusiasta, così spontanea avere problemi di amicizie...

“invece con te si è subito aperta, Jasper ti adora dice sempre che sei una delle persone più pure e belle che ha mai conosciuto, Rosalie...Rose ti ha quasi adottato, mi chiede sempre di te, rivedete in te il suo dramma e ti ammira, sei più forte di lei, questo quello che mi dice sempre, Emmett...ehehe, Emmett poverino non riesce nemmeno a prenderti in braccio dice che sembri una bambolina di ceramica, tanto sei fragile, ha paura di romperti, ma ti vuole bene.”

Adesso si che mi sentivo in colpa, ma ero anche così colpita dalle sue parole che le lacrime mi salirono prima che potessi fermarle.

“E io...io ti adoro, sei sei... davvero anche io penso tu sia davvero coraggiosa, sei così semplice e delicata, ma così forte, sei davvero un esempio di vita Bella...e io non posso fare a meno di ammirarti per la tua caparbietà, e poi sei una ragazza bellis-...Hei, ma stai piangendo?”

Mannaggia alla mia emotività, mi asciugai in fretta le lacrime che stavano per debordare.

“Tutto ok, anche io vi voglio bene, davvero, ma per favore posso scendere lo stesso?” mi sorrise

“ok, vieni qui principessa che il suo destriero la porta giù?” risi

“non era il principe?”

“visto che ti trasporto sempre a spasso sono direttamente il nobile destriero”scherzò lui, smorzando ancora l'angoscia e facendomi nuovamente ridere. In salotto trovammo Jasper ad aspettare

“Hei Bells che fai in piedi?” chiese corrucciato

“non volevo più stare in camera, ormai ero sveglia” dissi svogliatamente, lui fece una smorfia, e cambiando discorso si rivolse nuovamente al fratello.

“Edward siamo già in ritardo e ancora non ti sei vestito”

“arrivo, arrivo fratellone mi infilo pantaloni e la giacca, poi colazione la faccio laggiù no problem” l'altro sospirò.

“stasera parliamo eh? non mi sfuggi” mi disse sottovoce prima di dirigersi all'ingresso, mentre Edward scendeva di corsa le scale, con un braccio infilato nella giacca e l'altro alla ricerca dell'altro buco, preso dalla fretta quasi non cadde.

Mi si avvicinò, correndo e mi accarezzò dolcemente la guancia sorridendomi, un “a stasera” e scappando verso la porta tenuta aperta da Jasper.

Ero da sola sul divano, la casa era immersa in un enorme silenzio. Ultimamente avevo un po' timore dei silenzi, paura che scatenassero i miei pensieri o i miei ricordi, come due notti prima, ancora non avevo capito neanche io cosa era successo, però era una sensazione orribile e disgustosa, che mi dava ancora i brividi a pensarci.

Quando all'improvviso squillò il telefono su un tavolino poco distante ebbi così spavento che credetti che il cuore mi fosse saltato in gola. Il telefono aveva distrutto l'immenso silenzio.

Che dovevo fare? Non era casa mia, anche se i ragazzi continuavano a dirmi il contrario, però non volevo che questa persona si preoccupasse, magari potevo avvertire che non erano in casa o che dormivano e basta, per cortesia verso i ragazzi. Avrei fatto così. Mi allungai prendendo il cordless, lo premetti all'orecchio, ma quello squillò ancora, facendomi ancora spaventare, allora guardando i tasti, ne vidi uno verde che lampeggiava, e lo premetti sperando di non riattaccargli in faccia.

“pronto..”dissi piano e titubante

“Alice tesoro?” chiese una donna.

“No, ehm, non sono Alice”

“Scusa Rose non volevo...”

“Ehm no signora non sono neanche Rose, vede-”

“Ho sbagliato numero? scusi il disturbo signorina”

“No, no signora il numero è giusto, ma Alice sta dormendo ancora, e Rosalie deve ancora arrivare, dovrebbe chiamare più tardi...o...se vuole lasciare un messaggio” silenzio, sentivo però ancora la persona respirare, quindi doveva essere ancora alla cornetta, attesi.

“Scusami cara, ma se tu non sei ne Alice e Rosalie chi sei?” eh bella domanda! Che ci facevo io in casa loro?

“Isabella Swan, signora, un'amica di Edward, signora” quante volte ripetevo signora?

“che-che genere di amica? Non sarai la fidanzata di Edward vero? Non mi ha detto nulla, oddio!” Oddio dovevo dirlo io, mi sentii andare nel panico.

“no, no non sono la fidanzata di Edward”la sentii borbottare qualcosa come spaventata o stupita, e invocare qualche santo

“ se mio figlio...oddio non si porterà mica qualche amichetta a casa, scusa cara ma non-” non ero ferrata in materia ma avevo capito il discorso, oddio mi sentivo una lampadina incandescente dall'imbarazzo

“signora, sono un'amica e basta, mi stanno ospitando per un po', se non ci crede può chiederlo lei stessa, tra poco verranno Rosalie e Emmett, e Alice tra poco si alzerà, mentre se vuole Jasper e Edward sono appena usciti da casa e torneranno stasera dopo il lavoro”che situazione imbarazzante “posso dire che ha chiamato signora, se mi dice chi è”

“Io sono la loro madre, Esme Cullen, e si grazie potresti dire loro di richiamarmi per favore, e ehm, scusa per gli equivoci, non vedo molto i miei figli e non volevo...”

“scusi lei signora, non dovevo rispondere io, ma dato che ero sveglia”

“ehm, grazie Isabella, il tuo cognome mi è familiare conosco i tuoi genitori?”non credo proprio

“non credo signora, non li conosco neanche io”silenzio

“Ah, ok scusa, beh dica che ho chiamato arrivederci” e riattaccò.

Figura di cacca, figura di cacca, figura di cacca...

Oddio proprio la madre doveva essere, ma chiama sempre così presto?

Che figura, credeva che fossi la ragazza di Edward!

I loro genitori non sapevano di me. Questo un po' mi dispiacque, ma non sapevo come prendere la cosa, cioè neanche io sapevo quanto fossi di passaggio, non avevamo parlato di tempi, sicuramente appena trovato un lavoro e qualche soldo, sarei dovuta andarmene, ma quanto veloce doveva essere questo periodo, se non avevano neanche raccontato di me ai loro genitori, a cui avevo capito, volevano molto bene, questa cosa doveva essere a breve termine. Doveva essere così, e dovevo farmene una ragione.

Però dopo le parole di Edward di stamani, credevo di contare di più per loro. Non so neanche io, c'era un po' di delusione e cercando di sviare i pensieri, accesi la televisione. Ma non servì molto a distrarmi.

Quando Alice scese con passo strascicato, andò fino in cucina, prima di tornare sui suoi passi, e accorgersi di me.

“Bella? Che ci fai? Come sei arrivata giù?”

“Ho chiesto un passaggio a Edward quando sono partiti stamani e mi son messa a guardare la tv”

“ma è parecchio che sei sveglia? Perché non hai svegliato pure me, sei rimasta sola”

“oh non fa niente Alice sono abituata e non volevo certo svegliarti, non è così tanto che sono qui”

“non mi ha dato neanche il bacio del buongiorno” borbotto riferendosi sicuramente a Jasper prima di entrare in cucina.

Dopo alcuni minuti e qualche imprecazione Alice tornò in salotto, ma non fece a tempo a sedersi su una delle poltrone che la porta venne aperta, e dopo poco ne entrarono due sorridenti Rosalie e Emmett.

Rosalie portava alcuni fogli e una cartellina, mentre Emmett si teneva dietro una valigetta e dei volumi dall'aria pesante.

“Buongiorno ragazze, portiamo questa roba nello studio e torniamo subito” Disse Rose e scomparirono per poi tornare poco dopo.

In tv intanto stava scorrendo una serie a me sconosciuta, con una donna che parlava tanto e sembrava alquanto esagitata (**).

“allora come va ragazze?” chiese Rosalie sedendosi elegantemente sul divano e accavallando una gamba, portava un vestitino molto semplice e svolazzante, Bella la invidiò per la sua eleganza. Emmett le si sedette accanto mettendo subito il braccio dietro di lei. Bella cercò come sempre di non incontrare il suo sguardo. Alice li stava invece fissando con sguardo curioso, aveva le sopracciglia aggrottate.

Approfittai del silenzio per dare la notizia della chiamata.

“Non vorrei essere stata scortese, ma mentre dormivi è squillato il telefono, non volevo ecco approfittare ma dato che non c'era più nessuno ho risposto, se fosse stato importante...”

“hai fatto Bella non ti preoccupare è anche casa tua” mi sorrise Alice “chi era?”

“Era, era vostra madre, mi ha detto di essere Esme Cullen” risposi dubbiosa

“MAMMA! Vero quanto tempo che non la sentiamo” disse per la prima volta da quando era entrato Emmett.

“Già che figli sciagurati siamo, non ci facciamo sentire da un bel po'”

Li osservai un po' non sembravano disturbati dal fatto che io avessi parlato con la loro madre.

“Ecco, lei non sapeva chi fossi...” buttai lì, loro mi guardarono pensierosi

“Edward non aveva detto nulla a mamma?” chiese Alice

“non credo che siano riusciti neanche sentirsi di recente non c'era mai, credo pensasse che lo avresti fatto tu” ribatté Rosalie

“Io? perché lo pensava?”chiese l'altra

“Perché tu parli con mamma spesso, e gli racconti sempre ogni minimo particolare” rispose Rose

“Giusto gli hai raccontato anche quando ho rotto per sbaglio il suo vaso, mi fece una parte..” la accusò Emmett, Alice mise su un broncio.

“mi è scappato! E poi credevo lo avrebbero detto Edward o Jasper che la conoscevano...e anche tu Rose l'hai conosciuta prima di me”.

Osservai dubbiosa quello scambio di... accuse? Non sapevo giudicare, provando a intervenire.

“Ragazzi dai, non importa, magari...magari non doveva sapere di me”

Mi guardarono straniti tutti e tre e io abbassai lo sguardo

“E perché scusa? Stai in famiglia ormai”disse semplicemente Alice

attesi un attimo prima di raccontare il resto.

“quando gli ho detto che non ero né Alice né Rosalie, e che ero solo un'amica, mi è sembrata un po' agitata e mi ha chiesto se non fossi stata la...ragazza di Edward” dissi cercando di controllare l'imbarazzo.

Emmett sghignazzava, mentre Alice e Rosalie erano stupite e avevano una mano alla bocca “E tu che le hai risposto”

“che vuoi che gli abbia detto? gli ho detto di no, ero solo amica, però...”

oddio imbarazzo,

“però?” chiesero tutti e tre in contemporanea

“mi ha chiesto se fossi una...una...come dire un'amichetta di...di Edward”

“Oddio!” disse Alice. Rosalie ridacchiava con Emmett. “scusa Bella dovevamo proprio avvertire mamma e papà, poverina non immagino che imbarazzo, Edward stasera mi sente. Facciamo così stasera li richiamiamo tutti insieme, così chiariamo, scusaci Bella” disse ancora Alice

“ok, fa niente”

Passai la mattina e il pomeriggio sempre attaccata ad Alice, lei non faceva che spiegarmi cose nuove e chiedermi consigli, era divertente in un certo senso. Il computer non era una cosa così complicata una volta imparato le cose base, non ero ancora così sciolta con il mouse, e per scrivere una parola ci mettevo un anno a trovare le lettere, ma ero in grado di aprire una cartella, scrive su word, spegnere e accendere un computer, sapevo muovere gli abiti nel simpatico programma di Alice. Era niente ma a cominciare da zero sembrava chissà cosa per me. Continuava a dirmi che avevo stile, ma sinceramente non sapevo neanche che cosa era lo stile, però avevo occhio, osservavo di continuo la gente, e magari questo poteva avermi influenzato.

Rosalie aveva passato la mattina dietro a dei fogli che stava leggendo, mentre Emmett nello studio stava compilando delle carte di lavoro, riempiva dati su dati, e controllava qualcosa in quegli enormi libroni.

Quando per due volte andai in bagno, entrambe le volte Rose propose che Emmett mi accompagnasse, entrambe le volte non so come, traballai un bel po' ma arrivai da sola. Fui anche sgridata da Rosalie che credeva facessi tutto questo sforzo solo per mostrami autosufficiente. Emmett forse era l'unico ad aver capito, non mi guardava mai in volto, anche mentre Rose discuteva con me lui sembrava sempre così preso dalle sue carte.

Ad Alice arrivava sempre un sacco di posta elettronica, non capivo molto di internet, ma ci era continuamente collegata, e entrava sempre in diversi siti, cliccava si muoveva sempre così velocemente che per quella parte non riuscii a seguirla molto.

Più tardi invece grazie a Rosalie, aiutai per la prima volta a fare un dolce. Era divertente, soprattutto quando mi disse di mettere le mani nella pasta, era una sensazione strana, era morbida e umida, ridemmo insieme della mia espressione stupita e divertita.

Una volta infornato il tutto, mi tolsi il grembiule floreale che mi era stato prestato e lo posai sul bancone. Rosalie osservava con me in silenzio il vetro del forno. Eravamo entrambe appoggiate al bordo della cucina, quando mi diede una bella notizia.

“Sai che ieri abbiamo tolto Sam dall'incubatrice?” mi volsi stupita, avevo pensato più volte al piccolo in quei giorni, ed ero felice che finalmente stesse meglio.

“Sono felice che stia bene, nessuno è venuto a cercarlo?”

“No purtroppo nessuno è venuto, ha quattro mesi e mezzo all'incirca secondo le stime, è diventato l'idolo di pediatria, è così bello, che tutte gli muoiono dietro, sai ha gli occhi azzurri ancora, l'incarnato molto chiaro, e anche i pochi capellini sembrano biondi, sta acquisendo peso ed è davvero un bambolotto tenero e buonissimo. Più volte le altre madri hanno invidiato la sua madre, per la sua calma e la sua bellezza. Non sanno che quella madre ha rinunciato a quella fantastica creatura”.

La voce di Rosalie mentre mi parlava di questo era bassa e delicata, e insieme alla sua espressione dimostrava una delicatezza impressionante, era davvero una ragazza fatta per pediatria, era davvero perfetta per i bambini, se non sapessi che anche lei come gli altri era stata adottata avrei detto che era tutta sua madre, da come Edward la descriveva.

Il dolce fu pronto per il ritorno dei due lavoratori, preparando anche la cena.

Eravamo tutti sulla soglia ad accoglierli. Appena entrato Jasper abbracciò subito Alice, baciandola e accarezzandole la testa, poi tornò indietro aspettando il fratello sulla soglia che era rimasto a parcheggiare l'auto.

Gli mise una mano sulla spalla battendola più volte. Edward entrò guardando in terra, aveva i capelli più dissestati del solito e l'aria molto stanca.

“Edward?” chiese Rosalie avvicinandosi preoccupata, affiancandosi a lui e posandogli una mano sul braccio. Tutti erano rimasti immobili e impensieriti, io stessa ero molto preoccupata. Quando alzò il volto notai la sua espressione triste e sofferente, guardò un attimo Rosalie in faccia e poi cercò qualcuno. A quanto pare lo trovò quando mi vide. Legò i suoi magnifici occhi verdi ai miei, ora più luminosi del solito per una patina umida che gli rendeva lucidi, mi fissò un attimo e poi inaspettatamente mi venne incontro e mi abbracciò. Lo fece con più forza rispetto a quella mattina, sembrava quasi si aggrappasse a me. Io rimasi spiazzata, poi riprendendomi e capendo che stava silenziosamente piangendo sulla mia spalla, gli accarezzai con una mano la schiena, cercando di dare conforto, anche se sinceramente non sapevo come fare, non avevo mai avuto nessuno da confortare, nessuno aveva mai chiesto il mio aiuto.

Tutti erano rimasti finora in silenzio, fissandoci con sguardi gravi, finché Jasper non spiegò. “Ha avuto una giornataccia orribile” disse scuotendo la testa. “L'hanno chiamato per una sparatoria, uno dei ragazzi è morto prima che potesse caricarlo sull'ambulanza, il secondo a metà del viaggio, per la perdita di troppo sangue. Nel pomeriggio ha trasportato un uomo che aveva appena avuto un infarto e anche lui è perito nel viaggio tra le braccia della moglie che gridava, hanno mandato la donna da me che ancora gemeva. E stasera, bé quella è stata ancora peggio, hanno chiamato per un corpo di donna avvistato vicino a un cassonetto” ebbi un fremito mentre lo disse e la presa di Edward si fece più forte sulla mia schiena “Era...era stata violentata, accoltellata e gettata come un, un...vicino ai rifiuti, credo sia stato il colpo di grazia, di questa orribile giornata”.

Nessuno parlò, erano tutti scossi e sofferenti solo per la notizia di queste morti, immagino quanto fosse difficile per Edward che le aveva vissute, e per le persone che gli erano morte tra le braccia. Mi domandai come facesse a sopportare quel lavoro, Edward era un animo troppo delicato per quel dolore, era gentile, disponibile, e sempre pronto ad aiutare gli altri come aveva fatto con me, ma ognuna di quelle morti sicuramente lo segnava, tanto.

Era una cosa stupida ma volevo aiutarlo, lui aveva fatto tanto per me:

“Ho fatto una torta” dissi rompendo nuovamente il silenzio. Edward tirò su col naso, recuperò un po' la voce e lentamente mi sciolse dal suo abbraccio.

“Tu hai fatto una torta?” la sua voce non era limpida ma sembrava curiosa.

“Si l'ho fatta io, Rosalie mi ha guidata, quindi dovrebbe essere commestibile” fece una smorfietta, lo avevo quasi fatto ridere.

“E' al cioccolato proprio come piace a te! Vieni ti faccio vedere” aiutandomi a camminare fu più lui a guidare me, aprii il forno e tirai fuori la teglia. Vidi i suoi occhi illuminarsi alla sua vista, e ne fui orgogliosa.

“posso averne un pezzettino?”

“no adesso ceniamo, dopo”

“piccolo, piccolo”

“vai a tavola che stiamo per scolare le paste, Rose mi sa che il fornello è da spegnere”

“oh si certo! voi tutti a tavola, forza”ordinò ai ragazzi, Jasper, Alice e Emmett si diressero verso il tavolo, Edward invece rimase vicino a me. Quando gli altri si allontanarono mi si avvicinò, dicendomi piano “grazie”

io gli sorrisi per conforto, e d'istinto gli carezzai la guancia

“grazie a te”.

Aiutai Rosalie a mettere il sugo nelle paste, stranamente la vidi con un sorrisetto in volto. Portammo poi tutti in tavola.

Il resto della cena fu tranquilla, lasciammo che Alice intrattenesse con l'incompetenze dell'ufficio, Edward non parlò ma si era ripreso. Arrivato al dolce non sapevo se essere impaziente o angustiata dal giudizio degli altri. Prima di mangiare il mio pezzo attesi per osservare le loro espressioni, Alice e Emmett mangiavano gustandoselo, Jasper diede un morso, poi fece un'espressione strana, quasi stesse soffocando, mi spaventai ma lui scoppiò a ridere. Capii che mi aveva preso in giro e gli lanciai il tovagliolo, scatenando le risate dei fratelli. Attesi infine anche il giudizio di Edward, era lui l'esperto della cioccolata, quando mangiò anche le briciole e mi guardò era stupito, ma sorrideva! Finalmente sorrideva.

“come hai fatto? Solo alla mamma e a Rosalie vengono così buoni, ne prendo un'altra fetta” entusiasta si servì ancora, e allora soddisfatta mangiai anche io il mio pezzo.

“Tutto sta nel lavoro di mano, bisogna avere un tocco speciale, complimenti Bella” mi disse Rose.

Quel dolce mi sembrava ad ogni morso sempre più buono.

Avevo fatto qualcosa per loro, per la prima volta, era solo un dolce, ma era qualcosa di grande per me.

(**)Indovinate quale telefilm è? Purtroppo è una serie finita qualche anno fa. ;)

Lo so la serata ancora non è finita ma quello che deve succedere avrà bisogno di essere trattato a se, non volevo fosse troppo lungo. Troppe informazioni.

Un bacione e un ringraziamento ai sei che hanno recensito:

Ricordo sono sempre qui per critiche chiarimenti e suggerimenti.

Vi ringrazio tanto per l'appoggio.

Ciao ragazzi, ho un nuovo capitolo, che è il seguito dello scorso.

Abbiamo visto Edward tornare da lavoro distrutto dopo quella giornataccia, immagino per un dottore ogni vita persa sia un dolore, talvolta una mancata riuscita.

Edward quando ha visto quella donna, che aveva subito una sorte simile a Bella, credo abbia pensato a lei, e a quanto sia fortunato che lei sia viva, mentre l'altra donna aveva avuto la peggio, per questo le va incontro.

Abbiamo anche visto la prima cosa fatta da Bella per gli altri, una banale torta, ma il loro apprezzamento le darà sicuramente il coraggio per fare ancora qualcosa, perora è sempre rimasta intimorita, ha paura di fare o toccare le cose, perché non le appartengono, non arriva ancora a considerarla casa sua, ha paura sempre di sbagliare. Spero che capiate cosa intendo.

Dopo aver sparecchiato e riempito la lavastoviglie, ci accomodammo tutti in salotto come richiesto da Alice. Sedetti sul divano facendo accomodare Bella accanto a me.

“Edward tu non hai detto a mamma e papà di Bella!” esordì subito lei.

In effetti non ci avevo pensato, ero stato molto preso in questo ultimo periodo ed era proprio Bella che occupava il mio tempo. Ero diventato il suo infermiere personale, più con il lavoro e l'università, non avevo sinceramente neanche pensato di chiamare i miei. Mi sentii subito in colpa per averli trascurati.

“in effetti è un bel po' che non li sento” feci una smorfia, “nessuno di voi li ha sentiti ultimamente?” tutti scossero il capo, come me nessuno li aveva chiamati.

“stamattina ha chiamato mamma” spiegò Rosalie

“allora tu l'hai sentita?” le chiesi

“Ho-ho risposto io, scusate”disse delicatamente Bella, tutti ci volgemmo verso di lei, che imbarazzata abbassò lo sguardo.

“Ti ho detto Bella che non devi scusarti, hai fatto bene anzi, in pratica io stavo ancora dormendo, e Bella pensando che potesse essere importante ha risposto, soltanto che mamma non sapeva di Bella” dev'essere stato un po' imbarazzante per lei.

“Grazie Bella, e non scusarti è colpa mia tra una cosa e l'altra non ho avuto il tempo di chiamarli, mi sento un po' in colpa con mamma e papà, e scusami se non gli ho detto di te dovevo fare le presentazioni ufficiali adesso che stai qui con noi a casa, è stato un po' imbarazzante scommetto?” le dissi cercando di stemperare conoscendola, però vidi le sue guancia diventare belle rosate dalla vergogna, e allora mi incuriosii, cosa si erano dette? Prima che potessi chiederlo fu lei a spiegarmelo.

“Ecco vedi tua madre...quando ha capito che non ero una delle sue figlie, ha ...ha pensato che fossi, che tu...ecco che io fossi la tua fidanzata” sussurrò quasi le ultime sillabe, ma capii lo stesso. Rosalie e Emmett sorridevano, Alice mi guardava in cagnesco con le braccia incrociate, Jasper aveva le sopracciglia in cima alla fronte dallo stupore e Bella avrebbe fatto una buchetta dalla vergogna. E io? Io ero senza parole, certo che la prima donna che c'è in casa nostra subito mia madre raggiunge certe conclusioni, povera Bella ci credo sia imbarazzata.

“ehm, da quando mamma è così curiosa? scusami Bella io-”

“E non è tutto!” mi interrompe Alice, puntandomi l'indice contro “quando le ha detto di no, mamma non so come le è venuto in mente che potesse essere una tua...tua..che parola ha usato esattamente?”

“a-amichetta” sussurrò Bella

“Giusto! Devi chiarire con mamma”

Ero un uomo, ma ci misi qualche secondo per elaborare quel -Amichetta- di mia madre.

“Oddio” dissi soltanto e mi coprii il volto con le mani, strofinando la fronte. Calma Edward, d'altronde tua madre pensa solo che tu abbia amichette, Dio che vergogna, e come la chiamo adesso. Rimasi in quella posizione finché Alice non mi intimò,

“Beh non hai niente da dire?”sospirai, ma non mi mossi

“Scusa Bella...non so dove mia madre abbia trovato dei termini come questi...non” levai le mani dal volto cercandola con lo sguardo, anche se mi sentivo terribilmente in imbarazzo “non volevo fossi definita una, una ragazza superficiale, tu meno di tutti te lo meriti, appena raccolgo un po' di coraggio per riparare questa figura di me-”

“EDWARD” gridò Rosalie

“CHE C'è? Mia madre pensa che abbia le donnine per casa, non posso raccogliere un attimo le idee?” Sentii Emmett e Jasper scoppiare a ridere.

Ok devo fare questa cosa, riparare al danno, almeno per Bella, così visto che siamo tutti salutiamo mamma.

Presi tutto il telefono e tendendo il cavo, lo portai sul tavolino davanti ai divani dove eravamo tutti sistemati comodamente. Composi il numero di casa, e pigiando su un tasto sulla base del telefono, il rumore del telefono che squillava si diffuse in tutta la stanza. Aspettammo un paio di squilli prima che una voce di donna rispondesse

“pronto?”

“Si salve abita qui una bella donna?” dissi scherzando, rimase un attimo in silenzio...poi

“Edward...sei tu?”

“Ciao mamma” sorrisi mi aveva riconosciuto subito

“oh tesoro ma non potresti rispondere come tutti al mondo, mi hai fatto prendere un colpo all'inizio”ridacchiammo tutti

“Era quello il mio intento, come stai?”

“ma che figlio gentile, prima ti dimentichi anche di avere una madre e poi le fai prendere un colpo...”

“dai mamma scusa, come stai? E papà? È in casa?”

“sto bene tesoro, il polso che mi ero slogata è tornato in sesto, il resto è la vecchiaia”

“che dici mamma se sei una ragazzina”le risposi

“certo certo, vostro padre deve ancora tornare, sta facendo più tardi come al solito, dobbiamo ancora mangiare dalle nostre parti”

“mamy!” disse Alice intervenendo all'improvviso

“Alice? Tesoro!”la sua voce era sempre più dolce

“Ciao mamma” disse anche Jasper

“Oh Jasper anche tu!”

“anche noi mamma” disse Rosalie

“oh Rosalie, piccola”

“Mammina” disse invece Emmett

“Oh Emmett piccolo ci sei anche tu?”tutti scoppiammo a ridere, Emmett, non era il preferito, ma è sempre stato il piccolo, in fondo è stato con lui che hanno iniziato a fare i genitori, il primo arrivato e a lui non ha mai dato fastidio queste attenzioni.

“Ci siamo tutti mamma sei in viva-voce in salotto” disse Alice

“ Allora ogni tanto vi ricordate di noi”come sempre ci voleva far sentire in colpa.

“Scusaci mamma, siamo stati un po' impegnati non volevamo far passare tanto tempo”

“Beh io sono stata in pensiero, vi ho promesso di non assillarvi ma voi vi fate sentire troppo poco, si stava preoccupando pure vostro padre” ripeto, mamma sapeva come farci sentire in colpa.

“Papà è anche più apprensivo di te mamma”disse Rosalie

“E' lo stesso, abbiamo abolito il giorno fisso della chiamata ma almeno ogni tanto ricordatevi dei vostri vecchi”

“Scusaci mamma, stai tranquilla”trillò Alice

“Alice tesoro, come stai? stai mangiando? Edward cucina abbastanza?” ridemmo

“certo mamma non ti preoccupare, quando non può Edward ci pensa Jasper, non distruggerò mai la tua preziosa cucina, e non ho intenzione di diventare anoressica mangio come sempre”

“Rose da voi tutto bene?”

“si mamma anche noi stiamo benissimo, e prima che tu me lo chieda il bambinone mangia abbastanza e bene, ogni volta devo cucinare lo faccio per tre, così son sicura che non si sciupa, e poi stiamo più insieme agli altri che a casa nostra ultimamente, quindi le dosi sono per un esercito!”

sentiamo mamma ridere di gusto.

“Oh ragazzi mi manca un sacco cucinare per tutti, in queste ultime sere mangio sempre da sola o devo riscaldare tutto, Carlisle o fa la notte o fa più tardi” ci rattristammo tutti sapevamo che il lavoro di nostro padre era duro e i turni erano sfiancanti ma quando eravamo tutti insieme nessuno mangiava mai solo.

“vuoi che sgridiamo papà?” chiese Jasper, nostra madre rise

“no, grazie tesoro, ci ho già pensato io”ridemmo nuovamente tutti

“a proposito, che programmi avete tra due settimane?”

Lo immaginavo, quando arrivava un compleanno eccoli apparire alla porta, non potevano stare così lontani a lungo

“vediamo tra due settimane...un viaggio alle Bahamas, la notte degli oscar, e un giretto in Europa...perché?” si inventò Emmett

“sai papà sta facendo dei turni extra per prendere una settimana di ferie, e ci piacerebbe venirvi a trovare, ne abbiamo parlato ieri sera”

“ah ho capito, per il compleanno del vostro bambino venite un week-end, mentre per il rosso un'intera settimana? Mi ritengo offeso” scherzò Emmett, che ridacchiava anche

“Rosso chiami qualcun altro, e si vede che stai perdendo il primato di preferito” ridemmo tutti e sentii ridacchiare per la prima volta anche Bella accanto a me che mi sorrise, mentre io scossi la testa, tanto avevo già capito che banda eravamo.

“ok vi aspettiamo tra due settimane allora, qualche richiesta particolare?” chiesi ancora

“solo che vi liberiate, che ho tanta voglia di riabbracciarvi”

“sarà fatto”dissero alcuni.

Doveva ancora venir fuori il discorso Bella stranamente mamma non ne aveva fatto ancora accenno. Dovetti decidermi.

“Ehm mamma, sappiamo che stamani avevi chiamato, ci dispiace ma eravamo appena usciti io e Jasper, e Alice l'abbiamo lasciata dormire...” non sapevo come entrare nell'argomento

“non fa niente tesoro”

“no, volevamo ecco parlarti, so che hai conosciuto Isabella”

“Edward non voglio...entrare nei tuoi affari personali quindi le tue amiche non voglio sentirne parlare-”la bloccai nuovamente

“no mamma, te lo ha detto anche lei stamani, non è quel genere di amica, per favore non pensare male di lei, anche se abbiamo più di venti anni non vuol dire che non possiamo avere amici, che siano quello e basta”

“tesoro non sono nata ieri, era mattina presto e lei era a casa vostra”

“certo perché le abbiamo offerto di restare qui, dorme nella stanza degli ospiti davanti alla mia, e stamani si è svegliata presto insieme a me e Jasper così è scesa giù”

“ha risposto al telefono”

“certo, e ha fatto bene, pensava potesse essere importante mamma, adesso abita qui, e può usare il telefono quando vuole” volevo mettere in chiaro che Bella abitasse qui adesso.

“Ma tesoro questa Isabella, cioè la conosci bene?”

“mamma non preoccuparti di Bella, è un'amica di cui ci fidiamo”dissi voltandomi verso di lei per sorriderle.

“Bella?”

“si è il suo nomignolo, si chiama così, la conosciamo tutti”

“Edward da quanto la conosci?” Bhè questo poteva essere un problema per chi non conosceva lei direttamente

“Da una decina di giorni mamma ma-”

“Edward hai portato una sconosciuta in casa, dopo dieci giorni non puoi pensare una conoscere qualcuno”mi rimproverò lei, ma mi innervosii

“ma la conosco mamma, la conosciamo e ci fidiamo, non è che invitiamo tutti i senza tetto a casa adesso”

“cosa?” disse lei, ups! mi sono fatto scappare. Sentii Bella irrigidirsi accanto a me, le misi un braccio sulle spalle per farla tranquillizzare “Edward dimmi che ho sentito male”.

Sbuffai innervosito ancora di più, lei non sapeva e non poteva giudicare Bella.

“No mamma hai sentito benissimo”risposi un po' brusco forse ma non mi pentii

“non ha una casa, non so un altro posto, un ospizio, dei parenti...”

“mamma secondo te se aveva dei parenti era senza tetto? Stava all'orfanotrofio prima che...prima, insomma e non la lasceremo andare certo in un ospizio, non è prudente, mamma ha solo diciotto anni, non la lasceremo certo per strada di nuovo, è pericoloso”

“ma potrebbe essere lei pericolosa, non la conoscete”

“MAMMA! Basta non parlare così di Bella per favore” intervenne Rosalie

“ti sbagli su di lei”disse anche Alice.

“ragazzi capisco che vogliate fare del bene ad una persona, ma non potete fidarvi di una-”

“BASTA” urlai bloccandola “non osare continuare questa frase per favore, non...” mi bloccai io stavolta quando sentii un singhiozzo accanto a me

“Bella, no non piangere, non preoccuparti noi ci fidiamo di te, no aspetta” mentre cercavo di accarezzarle il capo per tranquillizzarla, lei si aggrappò al poggiamano alzandosi goffamente, cercai di aiutarla prendendola per i fianchi, ma allontanò la mia mano, rischiando comunque di cadere

“per favore lasciatemi un attimo sola” ancora piangeva e traballante si diresse verso un'altra stanza, forse verso il bagno. Io rimasi in piedi, prendendomi i capelli in una mano

“fantastico mamma davvero un bel lavoro, Bella era qui con noi, sicuramente starà meglio adesso che è stata insultata”ero arrabbiato, era la prima volta che litigavo con mia madre e io odio litigare

“mi dispiace ma è quello che penso, non voglio che stia nella nostra casa”

“NO, adesso è la nostra casa mamma, voi avete voluto andare a vivere in quel buco di mondo”

“Edward!! non azzardare a rivolgerti a me così, devo redarguirvi se diventate irresponsabili, non è questo quello che vi ho insegnato”

“certo perché ci hai insegnato ad offendere le persone! le hai dato quasi della puttana e della pericolosa, non ti sembra abbastanza, non puoi fidarti di noi ovviamente”

“viene dalla strada potrebbe, che ne so... fingere” non riuscivo più a parlare un'altra parola e avrei usato parole che non intendevo contro mia madre

“io me ne vado” dissi

“no Edward aspetta”mi disse Jasper trattenendomi “mamma, Bella è una persona fragile e sicuramente non ha secondi fini, era all'orfanotrofio con me, la conosco fin da bambina ci possiamo fidare di lei”

“E' una brava ragazza mamma davvero”disse Emmett intervenendo finalmente

“non puoi giudicarla mamma senza conoscerla” disse anche Rosalie

“ma siete tutti impazziti, Dio santo ha vissuto nella strada, io mi preoccupo solo per voi, perché vi voglio bene, ma non credo che vi possiate fidare di qualcuno così in fretta, in questo tempo potrebbe che ne so rubare o ingannarvi”

“magari anche uno dei tuoi figli poteva essere pazzo, ci hai messo un mese per conoscerci, però ci hai accolti”

“eravate bambini”

“Jasper era grande però poteva avere una doppia personalità o essere il figlio illegittimo di un killer, però dopo 15 giorni l'hai accolto in casa, mamma non devi giudicare” strattonai il braccio e corsi verso il bagno.

Non volevo più sentire una parola, sentii gli altri discutere ancora e qualcun altro parlare ad alta voce. Bussai alla porta.

“Bella? Sono io Aprimi”sentii singhiozzare “per favore aprimi” provai a girare la maniglia e la trovai già aperta così con cautela mi affacciai.

Vidi Bella seduta in terra sul tappetino color panna che si teneva l'addome

“Bella!”mi accucciai accanto a lei “che hai fatto? senti male?”

“sto bene, sono scivolata a sedere, e fa un po' male ma è già passato”mi sistemai a gambe incrociate davanti a lei. La guardai in volto, poche ore fa era stata lei a consolarmi, vedere il corpo di quella donna straziato, mi aveva fatto venire in mente Bella, se il suo aguzzino, o più di uno l'avessero finita, quel mattino avrei potuto essere nuovamente io a trovarla, a raccogliere il suo corpo, non potevo neanche immaginare una cosa del genere, era un abominio. Quando ero tornato non ci avevo pensato un attimo e l'avevo cercata, per esser sicuro che fosse viva, che non fosse lei quella sfortunata donna.

Non riuscivo neanche a pensare che mia madre avesse detto certe cose, avevo sempre pensato a mia madre come la migliore, come una persona caritatevole, che aiuta gli altri, che prende con se dei ragazzi sfortunati, un esempio, sempre.

“Bella mi dispiace per quello che ha detto mia madre, lei non ti conosce”

“ma ha ...ha ragione insomma potrei essere una, una, insomma io nella mia vita ho rubato Edward”mi fissò negli occhi, i suoi erano ancora lucidi, mentre mi confessava i suoi crimini, ma me l'ero aspettavo, immaginavo già che lo avesse fatto.

“Io stavo con un gruppo di ragazzi nativi, erano Sam il capo, poi c'era Paul, Jared, Ambry, Quill, Seth e Leah, l'unica altra ragazza. Non abbiamo mai rubato roba costosa, ne mai rapinato qualcuno, niente portafogli, cellulare o borse, ne tantomeno rapine, non avevamo armi, tranne un coltellino svizzero. Abbiamo rubato magliette pantaloni e scarpe, assorbenti e cibo, niente di particolare ma lo abbiamo fatto” non me lo aveva mai detto prima, aveva accennato al suo “branco” ma non aveva mai fatto nomi, ne aveva accennato ai furti.

“Non sono grandi crimini Bella, immaginavo qualcosa del genere, dovevate sopravvivere, lo avrei fatto anche io al vostro posto, non ti giudico male per questo, e non cambia il fatto che mia madre si sbagli di grosso, è la prima volta che la sento così...così...”non sapevo neanche io come definirla

“ma io no, Edward ci sono abituata, quando cammini per strada, la gente si scansa, fanno battutine, prendono i bambini per mano e camminano dalla parte opposta della strada, stringono le borse più forti” abbassò gli occhi, potevo immaginare perfettamente questi comportamenti.

“io non voglio dire di conoscerti perfettamente, ma mi fido Bella, e non voglio che tu ti senta in colpa, ne che tu provi a convincermi del contrario, mia mamma ha sbagliato, non deve giudicarti e tu rimarrai in questa casa, dovessi legarti al letto, niente storie” sorrise finalmente sempre con lo sguardo basso, stretta tra le spalle, sembrava ancora più piccola e tenera, quella sua parte ancora bambina. Talvolta ti veniva ancor più voglia di tenerla e proteggerla, non so se fossi solo io a sentirmi così protettivo, ma non mi vergognavo di esserlo, mia madre avrebbe potuto dire quello che voleva. Per la prima volta non mi importava niente.

“Andiamo Bella che mi sta venendo il fondo-schiena quadrato stare seduto su queste piastrelle e i bambini devono andare a letto” scherzai e lei rise

“E' vero scusa ti ho fatto fare tardi” disse mentre l'avevo appena fatta alzare, prendendomi in giro

“ma che impertinente...” mi avvicinai al lavandino alzai il miscelatore, e con le mani passai sotto il getto, spruzzando l'acqua in faccia a Bella, che gridò presa alla sprovvista, passò anche lei le mani sotto l'acqua, e con queste umide le strofinò al mio viso, chiusi gli occhi mentre lo fece, e la schizzai ancora e ancora mi bagnò.

“Basta basta stop...hai vinto” beh io l'avevo schizzata parecchio ma lei mi aveva bagnato direttamente, ci guardammo allo specchio e cominciammo a ridere. Bella aveva la maglia con una grande chiazza umida e anche qualche ciuffo di capelli bagnati, io avevo il volto umido insieme al bordo maglia intono al collo e i capelli sparati e umidi da rendermi un pazzo.

Mi rassettai e aprii la porta per uscire. In salotto trovammo ancora tutti li ad attenderci, si voltarono appena ci videro tornare, e assunsero un'aria curiosa per il nostro stato.

“Edward ti saluta la mamma” feci cenno di si col capo ma non volevo aggiungere niente.

“forse dovreste parlarvi ancora e-”

“no Alice non ho niente da dire, ne ho intenzione di scusarmi con lei...l'unica cosa che mi dispiace di aver detto sono quelle cose su Jasper davvero io non-”

“ehi fratello tranquillo, non me la son certo presa”

“comunque tra due settimane verranno qui” disse Rosalie e io annuii

“Bella a noi dispiace non pensiamo quelle cose”

“no, va bene, la penso anche io come vostra madre, e non ringrazierò mai abbastanza per quello che state facendo, non me lo sarei mai aspettata da nessuno, e farò in modo che vostra madre capisca che non voglio danneggiarvi in nessun modo”

“Come ti senti?”mi chiese Jasper

“meglio, molto meglio”strinsi leggermente la presa sulla sua maglia, ero felice di esser ancora una volta responsabile di questo “meglio”.

Dopo la buonanotte a Rosalie e Emmett, che uscirono, Alice e Jasper si sistemarono invece sul divano e io portai su Bella nella sua stanza, la lasciai nel bagno, aspettai che avesse finito e la feci risedere a letto, ma fece una buffa smorfia.

“che c'è?”

“la lotta con l'acqua mi tolto il sonno” risi in effetti...

“ti devo leggere una favola della buonanotte?” sorrise, scommetto che nessun altro le aveva mai fatto questo prima, all'ospedale mi era già capitato ma li leggevo e lei si addormentava per sbaglio, mi alzai dal letto e corsi in camera mia, presi un libro e tornai da lei, voleva una favola?questa lo era sicuramente, era un sogno ad occhi aperti e chiunque poteva tornare bambino e avere 11 anni.

“Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui ci si aspettava che avessero a che fare con cose strane e misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano.

Il signor Dursley era il direttore di una ditta di nome Grunnings, che fabbricava trapani. Era un uomo corpulento, nerboruto, quasi senza collo e con un grosso paio di baffi. […] A scuola, Harry non aveva amici. Tutti sapevano che la ghenga di Dudley odiava quello strano Harry Potter, infagottato nei suoi vestiti smessi e con gli occhiali rotti, e a nessuno piaceva mettersi contro la ghenga di Dudley.”

Alzai gli occhi, erano bastati due capitoli per farla cedere, forse un po' di sonno in realtà ce l'aveva.

Le sistemai la coperta, coprendole anche la spalla e stavolta tornai nella mia stanza.

Mi misi nel letto osservando il soffitto, da piccolo avevo appiccicato le stelle che si illuminano al buio, e ogni sera mi addormentavo osservandole. Anche se ultimamente il mio pensiero volava dalle stelle... a Bella.

Pov Bella

Era tutto buio, ma c'erano voci, una rideva, una urlava ma era come se fosse stata in una lingua strana non la capivo, finché qualcuno non disse molto vicino a me, “Ladra!” mi volsi ma non c'era niente, perdetti quasi l'equilibrio niente aveva senso, non sapevo dove stava il su e giù, dove stava la destra, “Puttana!” mi volsi ancora, ma la voce non veniva da nessuna parte in particolare, perché non c'era una parte: tutto era tutto, o tutto era niente. Feci qualche passo incerta “Bugiarda” ancora “Pazza”, una parola mi fece male più delle altre “Sporca” e nonostante il buio non so come la voce capì e continuò “Sudicia”, “Insipida”, “Sbagliata”.

“NOO” cercai di gridare, ma stavolta persi l'equilibrio e forse caddi, ma non sapevo come e da dove, quando finalmente sentii una superficie dura.

Qualcosa di duro mi colpisce lo stomaco, non lo vedo e forse non lo sento neanche non ne sono sicura, ma sento fiato mancarmi, mentre dalla bocca mi esce un lamento, sento nuovamente una fitta al piede, e stavolta grido, ritirandolo verso il mio corpo.

Poi più forte sul fianco e stavolta non emetto niente.

Non ce la faccio, non riesco più a inspirare e espirare, io vorrei l'aria ma non arriva, mi agito e sento le lacrime, ho paura, voglio l'aria!

Mugolo è l'unico suono che riesco a emettere, mentre le mie mani raggiungono la mia gola, brucia la gola, brucia il fianco anche se non ho più il dolore, sento caldo e tutto intorno torna il silenzio, e tutto torna immobile e perdo anche l'ultimo senso che mi era rimasto.

Ciao. Che ne pensate, ho un sacco di dubbi su quello che ho scritto, è stato stranamente più difficile di altri, spero non ce l'abbiate con Esme non è cattiva, ma vuole proteggere i suoi figli, e il non avergli vicino, costantemente, sgridarli, accarezzarli, vederli giorno dopo giorno, credo la renda anche più apprensiva.

Vi avevo chiesto nell'altro capitolo se avevate capito che telefilm era...era “una mamma per amica”. Il riferimento a Harry Potter è casuale, è il primo libro che ho visto sulla libreria voltandomi, penso comunque che sia una storia, una favola, adatta per uscire dal mondo “babbano” problemi, tristezze e dilemmi e rifugiarsi tra incantesimi e bacchette magiche.

GRAZIE a tutti chiunque leggerà questo grazie, sappia che è per lui/lei perchè vuol dire che ha letto la storia, sia che l'abbia trovata orribilante, senza inventiva, e pensasse che io debba andare a fare qualcosa di più utile, sia che pensi che sia carina.

FunnyPink.

Salve ragazzi, buona serata a tutti. Credo che più o meno abbiate apprezzato gli scorsi e lo scorso capitolo, e vi ringrazio.

Questo capitolo inizialmente dovevano essere due, vedrete infatti la seconda parte quella che si svolge all'ospedale passare molto in fratta, sarà più brutta sicuramente, mancheranno i soliti particolari, ma non prevedevo succedesse molto, quindi mi son limitata a una cronaca giornalistica e a spiegarvi che EDWARD MANTIENE LA PROMESSA A BELLA, non vi dico quale leggetela, ma insomma è abbastanza ovvia.

Ci vediamo in fondo!

Pov Edward

“Edward svegliati...subito...EDWARD”

sento lentamente la voce di Alice arrivare fino a me, sempre più forte mentre torno dal mondo dei sogni

“Alice” dico mentre riacquisto un minimo di coscienza, e apro gli occhi “che-”

“Bella sta male, ha avuto un attacco o un incubo, abbiamo sentito un tonfo e Jasper è corso da lei e io son venuta qui”

quando Alice arrivò a pronunciare le parole sta male ero già saltato dal letto e corso nella stanza avanti alla mia, la porta era aperta.

Vidi subito Jasper inginocchiato alla base del letto.

Bella era a terra ingarbugliata in un nodo di coperte e lenzuoli, il volto era molto pallido e sudato, Jasper le teneva una guancia con il palmo, e non appena mi accostai a lui mi disse agitato

“non si sveglia Edward” sentii l'agitazione crescere in me mentre mi buttai sulle ginocchia, mi chinai con l'orecchio vicino al suo suo volto, sentii debole e un po' veloce il suo respiro, mi rassicurai ma afferrai velocemente anche il polso, anche questo era un po' accelerato. Mi avvicinai invece al suo volto e le sollevai una palpebra, non reagiva, ma notai la pupilla leggermente dilatata.

“E' svenuta...forse ha fatto un incubo, non ho sentito-”

“ho sentito un grido...poi il tonfo, credo quando sia caduta dal letto” mi maledii di non aver sentito niente e di aver dormito più sodo del solito, mentre le testavo la testa e i capelli, non sentii bernoccoli, ne ferite. Non doveva aver colpito la testa. Così presi il groviglio delle coperte e le scansai, presi il corpo di Bella e delicatamente lo riposai sulle coperte, volgendomi verso mio fratello

“Jasper prendi un panno e bagnalo con dell'acqua fredda”

Mentre mio fratello usciva, io presi in cucino e appallottolandolo lo misi dietro la testa, presi poi l'altro e glielo misi dietro le ginocchia, sollevandole un po' le gambe.

Accarezzai leggermente la sua guancia, ancora pallida, attendevo con ansia questi secondi e sperai con tutto me stesso che fosse questione di attimi prima che si riprendesse.

Jasper tornò con la pezza bagnata. La misi immediatamente sulla sua fronte, e delicatamente le detersi anche il volto e le guance, le bagnai le labbra, e mi chinai a spostare un ciuffo di capelli

“Bella, hei Bella”dissi piano, la bagnai ancora, e vidi un movimento sotto le palpebre, trattenni quasi il fiato, e con me mio fratello aggrappato al letto. Vidi le ciglia tremolare, si stava riprendendo.

Quando finalmente aprì gli occhi, battendoli più volte, entrambi rilasciammo un sospiro. Si guardò intorno un attimo.

“Edward”

“Shhh...aspetta” le passai ancora una volta sul volto il panno umido.

“Edward, Jasper che è successo?”

“hai avuto un incubo, forse” disse Jasper, la vidi aggrottare le sopracciglia

“sei svenuta Bella, però stai calma è tutto ok, capita insomma”

ci fissò ancora un po' negli occhi e disse “mi dispiace”

non capii questa affermazione e accarezzandole i capelli glielo chiesi

“di cosa?”

“Di avervi svegliato...ancora” sbuffai ridacchiando.

“Bella sei assurda e cerca di non dispiacerti, se ti fossi fatta male allora avresti dovuto dispiacerti, perché ci avresti fatto venire un colpo”le risposi.

“Bella non devi sentirti a disagio ogni volta che facciamo qualcosa per te, se a me cade una penna e qualcuno me la raccoglie non devo sentirmi in debito con questa persona a vita, se cado ed Edward mi da una mano ad alzarmi, io sentirò gratitudine verso di lui, e quando cadrà lui io sarò pronto a tendere la mia mano, se avrà bisogno di una spalla avrà la mia, se vuole un consiglio glielo darò” disse Jasper “sarò legato a lui per il gesto ma non vivrò di questo, la mia vita continuerà, nella vita di ogni giorno abbiamo tanti dare ed avere, alcuni hanno un corrispettivo, come se compri un panino dai i soldi al commesso, ma se chiedi un indicazione e questa ti viene data, tu puoi ripagare quella persona ringraziandola con un sorriso, se cedi un posto nell'autobus a una donna o un'anziana e questa ti dice grazie, sarai soddisfatto, se aiuti una persona in difficoltà, il massimo che ti aspetti è un grazie, non pretendi la sua gratitudine a vita Bella, magari tu hai avuto poco dalla vita ma aspettati anche questo non sono tutti mostri là fuori, non devi avere paura del mondo, ci sono anche persone come Alice che ti lava i capelli e la rendi felice solo per averle concesso di poterlo fare, o come Rosalie che vorrebbe tu non avessi mai vissuto tutto questo, tifa per te chiedendomi sempre come stai anche tante volte al giorno ma senza farlo direttamente perché non vuole turbarti, o come Edward che soffre quando ti vede soffrire e ride quando ti vede ridere e gli basta questo, che tu stia bene.”

Dopo questo lungo discorso rimase il silenzio, avevo una voglia immensa di abbracciare sia Bella che mio fratello per le sue bellissime parole, sperai che entrassero nel suo cuore e capisse che non volevamo niente per quello che facevamo per lei.

“E' passato, il sogno brutto è passato?”chiese lui

“si è passato, era strano c'era qualcuno che mi urlava e”

“ti insultava immagino...è una reazione a quello che è successo ieri sera, Bella non voglio che tu pensi che mia madre ti odi, lei protegge noi e basta, non voleva offenderti ne ha mai usato direttamente aggettivi su di te, anche se tu penso ti sia sentita offesa, voglio che tu stia attenta alle parole, non ha mai detto Bella sei una donnaccia o una ladra, non si è mai rivolta a te ricordi? E cosa più importante nessuno di noi lo pensa, capisci?”le disse ancora, lei lo fissava e annuì

“si, dopo era tutto buio non so ho sentito delle fitte, allo stomaco e al fianco, ho avuto la sensazione di cadere”

“sei caduta dal letto” le dissi, e raccattai il piumone da cui caddero il libro e la lampadina del comodino “E forse i colpi che hai sentito erano questi” alzai i due oggetti “erano ingarbugliati in terra tra la coperta”.

Sentii Bella sospirare, sicuramente sollevata dal constatare che la sua immaginazione avesse potuto crearle immagini false. Sentii ancora in me un po' di rabbia verso mia madre, buona parte del suo star male era dovuto anche alle sue parole. Ripensai ancora al bel discorso di Jasper, e proprio in quel momento Bella ci prese ad entrambi le mani stringendocele.

“Quindi se adesso, sorriso e dico grazie, a voi basterà per il disturbo di avervi fatto alzare nel cuore della notte e fattovi spaventare?” chiese

e entrambi rispondemmo “certo” lo fece ci ringraziò e sorrise. Come aveva detto Jasper se lei sorrideva lo facevo anche io, e le risposi quindi allo stesso modo.

Jasper uscì dalla stanza, per tornare dalla sua donna, e mi alzai anche io.

“Aspetta un attimo torno subito” dissi a Bella

Uscii e vidi che Jasper aveva appena baciato Alice, e che stava tornando ad appoggiare i talloni. Quando mi vide si volse.

E io gli andai incontro e lo abbracciai, forte. Lui ricambiò e mi diede qualche pacca sulla schiena. Questo era il mio modo per dire grazie, per dirgli che il suo discorso aveva toccato anche me, un grazie per aver prestato soccorso a Bella e averla fatta sorridere di nuovo, o semplicemente per essere mio fratello e volermi bene.

“torna da Bella, non vorrei avesse altri incubi” disse.

Lo feci tornai da lei, la risistemai nel letto, coperta e lenzuolo compresi e mi sedetti sulla poltrona, presi nuovamente il libro dal comodino e lo lessi ancora per lei. Era interessata, non conosceva Harry Potter, e faceva degli strani sguardi quando succedevano cose strane, ma poi si addormentò e dopo poco lo feci anche io.

Pov Alice

“Ho sentito quello che hai detto a Bella.”dissi a Jasper mentre rientravamo nelle coperte del nostro letto, abbassai gli occhi, a disagio perché mi fissò intensamente, e sapevo che lui poteva capire ogni volta quello che provavo, ed adesso mi vergognavo.

“si ecco, anche io mi sentivo un po'... a disagio, inutile” le sue mani toccarono gentili i miei fianchi, avvicinandomi a lui con dolcezza.

“Che vuoi dire?” chiese a bassa voce e in modo molto dolce, mi sembrò ancora più stupido quello che pensavo, se lui usava quel tono.

“nel senso che non posso far nulla, tu sei il suo psicologo, tu la fai ragionare, Edward è la sua spalla, le sua gambe, le sua braccia e anche lui l'aiuta, Rosie le ha raccontato la sua esperienza e le dice come fare ad andare avanti, ma io...quando successe a Rosalie e aveva i suoi attacchi di panico, io rimanevo sempre fuori della stanza, anche oggi e l'altra notte son rimasta sempre fuori dalla stanza, io non riesco mai ad aiutarla, non riesco ad entrare, ho paura...di...del...dolore”

Mi attirò a se con più forza mantenendo la sua presa forte sui miei fianchi, lo abbracciai, mettendo le mie braccia attorno al suo collo. Lui mi baciò delicato e caldo sul collo, rimase li con la testa e mi sussurrò

“e voglio che tu rimanga la Alice, il dolore non è bello, ogni volta che vedo un paziente soffrire, soffro un po' con loro, e vedere una persona che ami soffrire è ancora peggio, il dolore è sempre più tuo” si portò davanti al mio volto, guardandomi, mi prese il mento tra le dita

“se tu vedi il dolore e soffri io soffro anche per te, io voglio che tu sia sempre felice Alice, tu sei solare, sei allegra, sei una stella brillante e non voglio che queste cose offuschino il tuo splendore” mi lasciò un bacio a fior di labbra, tornando a pochi centimetri da me

“ma io riesco solo a distrarla, l'unica cosa che ho fatto è insegnarle a usare un computer”

“Ed è quello che devi fare, distrarre una persona che ha subito qualcosa di brutto come Bella, è una cosa importante, tanti non ci riuscirebbero, è importante che non rimugini sul suo dolore tutto il giorno, potrebbe non riuscire ad uscirne, invece tu la distrai, le racconti del lavoro, la coinvolgi, la fai sentire utile, e le insegni cose nuove, il computer potrebbe essere un'importante conoscenza per lei, oggi come oggi per trovare un lavoro...”

“si è utile”

“tu la fai sorridere, non ti senti bene ogni volta che la vedi sorridere?”

Ripensai ad oggi, e il giorno prima quando avevamo creato insieme un abbinamento orribile ed eravamo scoppiate a ridere, mi era piaciuto che ridesse, che lo facesse con me, e che fosse contenta, era come avere finalmente un'amica.

“si sono felice quando sorride” e mi rasserenai.

“Anche io sono felice quando sorridi tu, adoro le tue labbra quando si piegano all'insù” mi si avvicinò mentre ancora pronunciava queste parole, finché non le disse sulle mie labbra, e mi baciò. Stavolta in un modo più intenso, accarezzando anche la mia lingua.

“come fai, a farmi stare sempre così bene?”sorrise, sfiorandomi con il naso la guancia.

“quando sei triste lo sono anche io, quando stai bene sto bene anche io, ti amo e voglio sempre il meglio, se tu stai bene vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro, non ci riuscirò sempre e non sono infallibile, ma darò sempre il massimo per chi conta nella mia vita, tu mi dai qualcosa ogni giorno e io faccio lo stesso come posso... dare e avere”.

E mi ribaciò dolcemente, assaporando il mio labbro inferiore, gustandolo come fosse cibo da cui nutrirsi, e mi baciò ancora, stringendosi a me, mentre tornavamo sotto le coltri del nostro letto.

Edward Pov

“Bella? Ehi Bella, mi dispiace piccola ma devi alzarti”

“hmmmm”mugolò

“si lo penso anche io...ma dobbiamo andare alla visita all'ospedale, ricordi era fissata per oggi!” le dissi dolcemente.

Mi ero svegliato di buon'ora, avevo pulito casa, la mia camera e fatto un po' il bucato. Non era stato facile dopo la nottataccia, però ero abituato a turni difficili soprattutto quando coprivo quei coglioni dei miei colleghi, spesso tornavo da Bella a controllare che fosse tutto a posto, ma anche se avevo fatto in modo che dormisse il più possibile, avevo dovuto tirarla giù dal letto alle 10 avevamo la visita di controllo. Quello che mi impauriva di più era la vista ginecologica, non so se fosse riuscita...in ogni caso avevo chiesto a Rosalie di venire appena si liberava, magari di lei si fidava di più.

Presi le coperte e le tolsi, Bella si scompose e alla fine aprì gli occhi, mi avvicinai e la tirai a sedere, si era mossa parecchio anche quando c'ero io, e si notava dall'ammasso di capelli, l'alzai in piedi, e l'accompagnai a prendere un ricambio, la portai fino al bagno, e si chiuse dentro. Mentre era in bagno aprii camera sua, rifeci il letto, facendo entrare aria fresca.

Bella uscì più composta con una tuta da ginnastica, perora erano più semplici e comode e l'avevamo riempita con completi di tutti i colori, oggi le andava il marrone.

Si imbronciò guardando la camera e il letto, e non capii finché a braccia incrociate non venne traballando verso di me, camminava abbastanza bene adesso, purtroppo non aveva dalla sua un gran equilibrio.

“Non so fare quasi niente ma un letto ci riesco anche io” mi accusò, non potei fare a meno di ridere sembrava una bambina impuntata, per una cosa così banale poi, sbuffò ancora.

“Sul serio Edward, non sto scherzando, credi che non sappia piegare un lenzuolo, non sono una lattante, non saprò come funziona un frullatore o come si cuoce una frittata ma non sono stupida” cominciava a essere un po' velenosa la sua voce, non volevo che pensasse questo, aggirai il letto,

“Ehi, sei un po' nervosa per l'ospedale? Non devi esserlo ci sono io con te, credo di aver il permesso di stare con te, altrimenti farò di testa mia lo sai. E comunque non penso che tu non sappia rifare un letto, sto solo guadagnando tempo, che adesso stiamo nuovamente perdendo, perché ti ho tenuta a dormire davvero fino all'ultimo momento, sei pronta vero?” guardando l'orologio mi accorsi che eravamo quasi in ritardo, arrivare fino in centro a New York con il suo traffico avrebbe richiesto molto tempo, soprattutto il parcheggio. “ok, hai tutto documenti, fogli dell'ospedale...andiamo” dissi imboccando il corridoio, ma non vedendola tornai indietro la trovai ancora ferma accanto al suo letto. “Ehi Bella....” le levai i capelli dal viso, facendola voltare verso di me mi fissò un po' e disse:

“Avevo rimosso la visita, l'avevo dimenticata”

“io l'avevo annotata sull'agenda dl cellulare, te ne comprerò uno dai” aprì bocca per dire qualcosa, ma non pronunciò niente, così avvicinai ancora.

“Ehi Bella, senti so che hai paura dei dottori, e anche delle persone, ti ricordi quello che ti dissi prima di uscire? Nessuno sa cosa ti è successo, solo i dottori che ti faranno le analisi, semplici analisi, e ti assicuro che saranno professionali, ti puoi fidare di loro perché ti puoi fidare di me, e io non ti mento ok? Ci sarò sempre, ma tu devi fidarti di me, non sarà facile, ma ti do il permesso di stritolarmi il braccio che ne dici?” sorrise leggermente a queste ultime parole e io con lei.

Pian piano scendemmo al piano inferiore. La aiutai a saliere in macchina, quando aprii il cancello la sentii prendere un grosso respiro. Come dovesse andare in apnea. Doveva essere dura per lei, ma era curiosa guardava fuori dal finestrino, osservava, fissava e guardava il mondo. Osservarlo da una macchina è sempre diverso secondo me, quando stai fermo in un punto tutto ti passa accanto, tutti corrono e non capisci niente, ma se ti muovi anche tu con la macchina, li osservi meglio, ti senti come loro perché ti muovi, però vedi anche dove sono diretti, vedi con chi stanno parlando, riesce a leggere le insegne dei negozi dove entrano, e notare i negozi dove hanno fatto acquisti sui sacchetti che portano in mano.

“Ci siamo quasi” le dissi mentre mi dirigevo dopo verso il parcheggio sotto l'ospedale.

Mi strinse forte il braccio quando entrammo nella strada vicino alla struttura, eravamo molto vicini alla strada dove mi aveva detto essersi risvegliata, e suppongo questo la spaventasse. Era una prova.

Scesi al piano inferiore, il primo piano era dei dipendenti e quel giorno non avrei potuto entrarci.

Fermai la macchina vicino alla porta, e spensi il motore. Bella stringeva sempre la mia manica. Ci siamo.

Aprii la mia portiera e scesi, feci il giro della macchina e aprii anche la sua. Bella si mordeva spasmodicamente il labbro. Le presi lentamente un braccio e facendo forza l'aiutai anche se riluttante a mettersi in piedi.

Come immaginavo si aggrappò subito allo sportello, aveva lo sguardo spaventato, e guardava ovunque con la paura che ci fosse qualcun altro, attesi un attimo per vedere se si calmava. Ci fu però un cigolio forte di ruote, e Bella fece quasi un salto, ma la bloccai prima che potesse tornare in macchina. Le presi le spalle, un po' forte, sperando di non spaventarla e cercai di fissarla in volto. Era spaventata.

“Bella questa è la tua prova del fuoco, sarà difficile ma ce la devi fare per te, non è una cosa che fai per me, ma solo per te, per non rimanere prigioniera della tua paura. Tu stessa mi hai detto che vuoi tenere in mano la tua vita, che non permetterai ad altri di utilizzarla, bene! Questa è la tua occasione, la paura ti possiede ma tu devi riprenderla in pugno, non è facile, ma ti starò vicino, devi farlo Bella”le dissi, mi guardò, stava raccogliendo le forze, potevo vedere la sua mente elaborare e cercare di convincersi.

“posso tenere la tua mano?” sorrisi raggiante, l'avrei anche portata a cavalluccio, se fosse servito a farla venire. Ma se mi chiedeva questo voleva dire che si era decisa, era spaventata ma voleva farlo!

E mi sentivo così orgoglioso di lei.

All'interno dell'ospedale, rimase molto rigida per tutto il tempo, a momenti se si avvicinava qualcuno si fermava del tutto, cercava quasi di stritolarmi la mano, anche se non ce l'avrebbe mai fatta. Mentre quando venne il nostro turno di incontrare il dottore, si aggrappò letteralmente al braccio. Non era neanche il dottore di quando era stata in cura. Però aveva un'espressione amichevole e fiduciosa.

Nella stanza in cui venne portata riconobbi un mio collega dell'università, doveva esser lui a fare il prelievo a Bella, ma lei era terrorizzata, si dibatteva, e mi pregava di evitare.

“ok facciamo così, te lo faccio io il prelievo, tu continua a guardare me, guarda il mio volto, gli occhi, ma dobbiamo farlo per forza, ok?” sempre preoccupata annuì.

Feci tutto da manuale, per cercare di distrarla, cominciai a canticchiare una canzone dei Beatles, non so neanche io cosa c'entrava -Hei Jude-, ma lei mi ascoltò mentre trafficavo con laccio, cotone e poi ago, spesso alzavo gli occhi, per incontrare i suoi che mi fissavano, era tesa ma andò bene.

Il dottore sorridendomi, forse perché avevo canticchiato o perché alla fine avevo fatto io ci accompagnò in una stanza in cui fecero mettere il camice a Bella dietro un separé, ci accompagnarono poi per le radiografie, anche qui il dottore fu molto clemente con lei, mi fece entrare dopo avermi dato la giusta protezione, come si fa con i bambini, in quanto Bella non ne voleva sapere di stare sola, mi fece anche vedere le radiografie, dove notai con felicità le sue costole erano quasi tornate finalmente nella posizione giusta. Gli spiegai che ancora aveva dolori nei movimenti, e che barcollava ancora un po', quindi vollero accertarsi anche con una tac del precedente trauma cranico.

Le vennero controllati anche il fianco, il piede, il braccio, e tolti i punti dalla fronte. Il precario equilibrio ci dissero potesse essere a causa del trauma che aveva lasciato danni anche all'organo che si trova nell'orecchio.

Vennero aggiunte altre analisi, e nuovi controlli, passavamo da un reparto all'altro continuamente. La parte peggiore venne tenuta alla fine, Bella venne condotta in una stanza, e quando le venne detto che doveva fare una visita ginecologica, cominciò ad andare nel panico, soprattutto perché i dottori volevano che io rimanessi fuori nella stanza. Mentre stavo cercando di convincerla non so quale santo ringraziare ma arrivò appena in tempo Rosalie. Le permisero solo se assistita di fare a lei la visita e sembrò per questo più distesa, ma voleva e continuava a chiedere la mia presenza, io continuai a sentirmi in colpa oltre che in imbarazzo.

Alla fine il dottore di Bella, quel giorno davvero benevolo con noi, mi fece entrare, io mi sistemai vicino al suo volto, seduto, dando le spalle agli altri nella stanza ma guardando Bella negli occhi.

Era abbastanza terrorizzata, nonostante la presenza di Rosalie che credo fece la differenza dallo scappare letteralmente dalla stanza.

Riconobbi il momento in cui la toccarono per la prima volta perché Bella sobbalzò, e cedette quasi alle lacrime, io le strinsi la mano e cantai nuovamente Hei Jude, dopo poco, sentii unirsi alla mia voce anche Rosalie. Allora capii perché avevo scelto quella canzone. Quando si trovò Rosalie proprio in questa stessa situazione, ogni volta che veniva da me terrorizzata io le cantavo i Beatles, e lei si rilassava. Mi voltai, e mi sorrise un attimo.

Finita anche questa, quando le dissero che finalmente questo incubo era finito, chiese di stare sola un attimo, in bagno.

Finalmente potei sospirare anche io, mi gettai sulla poltrona della stanza vuota che aveva ospitato Bella, e nel cui bagno stava la mia amica. Buttai la testa all'indietro, ero stanco, affamato, e non mi ero accorto di esser tanto teso finché non avevo rilasciato quel sospiro. La schiena scricchiolava e il collo mi doleva.

Le mie mani erano tra i capelli, avevo bisogno proprio di relax e silenzio.

Bella uscì solo dopo parecchi minuti, come sospettavo aveva gli occhi rossi e lucidi, ma feci finta di nulla.

“Bene siamo pronti per tornare casa?” le chiesi, ma la vidi mordersi il labbro,

“Ecco, posso chiederti un favore?” annuii curioso “io, ecco, credi che potremo andare a vedere Sam” era una idea fantastica, io non avevo avuto molto tempo per poter venire a trovarlo, anche se ci avevo pensato, e l'idea che lei stessa volesse prolungare questa sofferente gita, perché per lei lo era, per vedere il bambino mi entusiasmò e mi commosse.

“Io credo proprio di si, muoviamoci, prima che finisca il passo” velocemente ci avviammo ai piani superiori. Magari era solo una mia impressione ma mi pareva che Bella fosse un po' più distesa e tranquilla, anche in presenza di molte persone.

La sala era piena di parenti dei piccoli, tutti appiccati ai vetri, nessuno fece caso a noi che invece passammo dietro di loro, per andare nella stanza accanto quella dove stavano i bambini in incubatrici, molto più silenziosa.

A una di queste stava Rosalie, controllava dei valori e sistemava dei tubicini, che arrivavano a quella piccola creatura rannicchiata in una copertina. Quando ci vide rimase sbalordita e venne ad aprire la porta.

“Voi che fate qui?”

“Bella voleva venire a trovare una persona” le dissi, mentre Bella abbassava il volto imbarazzata. Rose continuava ad essere sbalordita.

“Certo, vi faccio passare io, Sam sta qua, è tranquillissimo, è quasi ricoperto di peluche, l'idolo delle infermiere”.

In un angolo della stanza stava il piccolo, stava tranquillo, era sveglio e aveva un giocattolino di gomma in mano, che teneva con la sua manina, era dolcissimo.

Rosalie, gli carezzò il capo con delicatezza, e lisciandogli i suoi pochi capelli chiari.

“dovrebbe mangiare vorresti dargli il biberon Bella?” rimasi stupito della richiesta e con me Bella che balbettò

“Io? sei sicura che posso?”

“se sai tenerlo in braccio...”

“sisi ho fatto pratica con i più piccoli in orfanotrofio”

“bene allora prendilo e siediti sulla poltroncina, che ti prendo un bavaglietto e il biberon che già avevo preparato”.

Bella prese il bambino con semplicità come se sapesse farlo da sempre, dondolandolo un attimo tra le sue braccia, gli sorrise, portando una mano a toccarle le guanciotte. Finché non si volse a guardarmi, ero rimasto impalato e incantato.

“Edward vieni a vedere” mi disse Bella, come se dovesse dare a me coraggio stavolta.

Mi avvicinai proprio mentre le porse il biberon, avvicinandolo alla bocca del piccolo, Rosalie la istruiva su come piegarlo. Quando Rose si allontanò per tornare ad occuparsi dei gli altri piccoli nella stanza, finalmente mi avvicinai anche io, mi accucciai acconto a loro e presi la sua mano, piccola con quei ditini minuscoli, che però si aggrapparono al mio dito con forza che mi sorprese

“E' ancora un po' presto per fare a braccio di ferro campione! Lo so che ti devi far notare da tutte queste belle donne, ma mi hanno detto che già stai facendo strage di cuori, quindi vacci piano” scherzai e le ragazze risero con me. Poco dopo entrò un'altra infermiera, aiutò Rosalie a cambiare dei pannolini e riposizionarli nelle strutture. Quando si volse verso di noi sorrise raddolcita.

“E' il vostro primo figlio?”restammo tutti perplessi, non risposi per l'imbarazzo guardai Bella, che invece le disse,

“veramente noi non siamo i genitori” lei ci guardò curiosa

“Quello è Sam, Lola non lo riconoscevi?” le disse Rosalie

“oh, già non avevo visto...credevo, ma voi chi siete?”

“loro sono mio fratello e una nostra amica, sono loro che lo hanno trovato e portato in ospedale, sono venuti a trovarlo”sorrise anche Lola

“oh, capisco un bel gesto il vostro”e uscì. Rimanemmo in quel modo fin quando Sam non mangiò abbastanza e non fece il ruttino, allora lo lasciammo dormire, salutando Rosalie. Bella continuava a sorridere, era più distesa e tranquilla.

Una volta in macchina, però avevo una domanda che mi ronzava in testa da un po', ma che non sapevo se fosse stata opportuna, o magari troppo personale, ma visto l'ambiente intimo dell'abitacolo volli provare a chiedere:

“Senti Bella volevo chiederti da un po'... come mai hai chiamato il bambino così? Cioè c'entra qualcosa il ragazzo del gruppo, quello che chiami Branco?Quel Sam” mi guardò curiosa, ma rimase serena, mi volsi per ricambiare un attimo il suo sguardo.

“Si l'ho chiamato in questo modo per quel Sam, non credevo che saresti riuscito a collegarli”

“ehi io ti ascolto quando parli mica faccio finta, e comunque...come mai, cioè c'era un rapporto particolare...ehm...cioè era il tuo ragazzo o il tuo-”

“no, no niente ragazzo, però era una persona importante, gli devo molto, ed è grazie a lui se oggi sono ancora qui”

“in che senso scusa”

“lui era il capobranco, tanto per definirlo, lui sapeva tenere testa a tutti, sapeva prendere le decisioni, sapeva dove andare, sapeva cosa fare, ma non ha mai alzato un dito su nessuno, non ne ha mai avuto bisogno, tutti abbiamo sempre riconosciuto in lui il leader, senza imposizioni, senza una designazione ufficiale, lui comandava era così”

“ma cosa centra con il riconoscimento che hai per lui”

“A Sam devo molto perché furono lui e Leah a trovarmi, sarei morta per strada se non mi avessero presa con loro e mi avessero insegnato come sopravvivere. Si sono guadagnati la mia fiducia e io la loro, non ho mai avuto un rapporto particolare con lui, non abbiamo mai parlato della nostra vita precedente, ne confidato niente. Però ha sempre avuto un riguardo nei miei confronti. Non pensare male non mi ha mai sfiorato, però faceva in modo che neanche gli altri lo facessero, niente di che ma non sono stupida riconosco se qualcuno fa un po' il galletto, all'inizio diciamo che alcuni dei ragazzi facevano un po' i galletti e lui li riprese fino a scoraggiarli del tutto, se qualcuno si voleva divertire ecco, non so se ne fosse felice o no ma ecco c'era Leah per quello, io ero piccola...

Mi ha sempre tenuta fuori il più possibile, facevo meno sforzi, facevo meno missioni, più che altro dovevo osservare, in quello ero brava”

“Ti ha protetto insomma come un fratello”

“si protetto, ma non c'era un'esternazione di affetto come con un fratello. Ho dato quel nome a Sam, con la speranza che abbia il suo stesso spirito e la sua stessa forza, ho sempre ammirato quel Sam e ho pensato potesse essere giusto”mi soffermai a pensare a questo Sam, come potesse essere fisicamente e caratterialmente, ringraziandolo mentalmente per quello che aveva fatto finora.

“E' stato un bel gesto, davvero, se questo Sam è come lo descrivi tu hai fatto un bel regalo sia al ragazzo che al bambino”.

Arrivati in cortile a casa, quando finalmente scendemmo di macchina, Bella rilasciò un gran sospiro, sembrava che avesse cominciato a trattenere il respiro una volta usciti dal cancello e lo avesse rilasciato solo adesso.

Una volta sulla porta però mi rivelò una cosa che mi stupì,

“Non credevo che lo avrei mai detto ma...adesso ho fame”mi sorrise e io risi di lei.

“anche io non sai quanto, vieni dentro che ti insegno a cucinare qualcosa di pronto e dopo pensiamo a preparare qualcosa per stasera e ti insegno come maneggiare una cucina!” entusiasta mi accompagnò dentro.

Allora, rieccoci di nuovo, spero non vi abbia annoiato troppo la parte all'interno dell'ospedale. Ci sono solo poche informazioni importanti.

Bella affronta la paura delle persone, Edward mantiene la sua promessa e le resta sempre vicina, e Bella sta migliorando molto fisicamente.

Poi volevo segnalarvi se non lo aveste notato un particolare delle parole che Jasper dice di suo fratello, che vengono, guarda caso, quasi ripetute da lui nei confronti di Alice. Tutto questo dimostra la sensibilità di Jasper e dimostra che dagli altri l'entusiasmo di Edward per Bella non è proprio Invisibile, nonostante non venga evidenziato dai due.

Come mi aspettavo ce l'avete con Esme, ma ripeto è solo in pena con loro.

Grazie in particolare a:

fabiiiiiiiii

Cuore

giova71

baby2080

Ginna3

vally80

Gattino Bianco

marco

vanderbit

robsten 4 ever

Un'ultima cosa Complimenti Per l'originalità dei “nickname”, tra tutti coloro che hanno aggiunto tra preferiti e i seguiti, ne ho letti molti, non sto scherzando, alcuni son davvero curiosi!

FunnyPink

Ciao, nuovo capitolo, diciamo altro doppio capitolo, più lungo per giustificare la mia lunga assenza, racchiude nuovamente due parti distinte.

Ci vediamo in basso.

Pov Bella

Quello che mi insegnò Edward fu decisamente facile, prese un sacchetto dal congelatore, lo lasciò un po' sul lavello perché si scongelasse, in seguito lo mise in una padella, in pochi minuti avemmo una doppia porzione di ravioli ai funghi.

Se fosse stato sempre così, non avrei mai avuto problemi neanche io in cucina, ma lui subito puntualizzò che quel tipo di cucina non era così salubre e neanche così buona come sarebbe stata cucinando noi il sugo dei funghi, e mi spiegò brevemente come si faceva, e utilizzando ravioli freschi.

A tavola ci sedemmo vicini ad una delle due estremità.

Scoprii una cosa interessante, adoravo i ravioli ai funghi! Ne gustavo una dopo l'altro sotto lo sguardo stupito e compiaciuto di Edward.

Avevo il piatto quasi vuoto, mentre Edward stava ancora iniziando, la sua forchetta stava quasi sempre sospesa sopra il pranzo, e i suoi occhi puntati su di me. Cercai di non guardarlo ma alla fine glielo feci notare.

“Edward per favore mangia, non eri anche tu affamato?”

“Mi sto godendo la visione”

“cosa?”

“tu che mangi con gusto” mi sentii in imbarazzo

“se dici così smetterò di mangiare per favore non mi fissare” rise

“ma mi fa piacere vederti mangiare”

“l'ho capito...è una delle poche volte che mangiamo noi due insieme, non farmi mangiare da sola ti prego, lo sai che mi imbarazzo” mi fissò ancora un attimo poi non so quale pensiero gli balenò, e come se fosse lui adesso in imbarazzato abbassò lo sguardo e tornò a mangiare.

Eravamo noi e nessun altro, mi mancava passare del tempo solo con lui, non che odiassi gli altri, erano una compagnia assortita e simpaticissima, Alice poi sembrava speciale, però con lui stavo bene, in silenzio o a parlare a leggere e il tempo che passavamo in silenzio all'ospedale, era...bello.

Mangiai un altro raviolo e non resistetti.

“perché mi hai fatto venire a casa tua?” lui sollevò il volto con espressione interrogativa.

“Perché mi hai portata qui? A casa tua?”

“tu non avevi altro posto dove andare, non potevo certo riportarti ne per strada, ne in un ospizio, tantomeno in un orfanotrofio hai già diciott'anni”

“tu... ma tu ti sei offerto subito, cioè hai già deciso che questa sarà anche casa mia, quasi fossi adottata da tutti voi...”

“credevo ti piacesse qua...”

“Edward è fantastico, hai una villa immensa e bellissima”

“non ho capito il punto, dove sta il problema?”

“non c'è un problema mi chiedevo perché, perché mi hai accolta così, perché fai tutto questo per me, potevo essere come diceva tua madre, una ladruncola”

“Ehi ferma, ferma, abbiamo già risposto a queste cazzate, tu non sei così, noi ne eravamo sicuri altrimenti non ti avremmo portata qui, non devi preoccupati di cosa pensano gli altri poi”

“no lo so, ho capito che voi non lo pensate, ma avrei potuto. Perché tutto questo per me, tu non vai a lavoro, fai poche lezioni all'università, ti segni i miei appuntamenti, perché?”

“Io non lo so, cioè tu sei venuta da me, mi hai cercato, hai chiesto il mio aiuto...tu sei così piccola e... e graziosa il mondo è stato così cattivo con te...”

“E' stato per pietà?”

“NO, cosa, no Bella, non ho pietà di te, la pietà la provi per uno sconosciuto, ma tu mi hai colpito, c'è qualcosa di te...io...non. Quel giorno che mi sei venuta tra le braccia, ferita, sporca sanguinante, non so, mi è scattato qualcosa e ho deciso che ti avrei protetto, mi sarei presa cura di te, non sapevo che ti avrei portato a casa o tutto quello che è venuto dopo, io non lo sapevo, è successo è venuto da se, eri sola e sono rimasto con te, abbiamo parlato, ci siamo conosciuti meglio, e mi son fidato, ho capito che potevo farlo, perché non sono andato a lavoro invece sono rimasto con te? Perché tu ne avevi bisogno, ti serviva sostegno e io avevo deciso di aiutarti, quando decido una cosa non torno sui miei passi, spesso lo faccio anche quando è sbagliata purtroppo l'orgoglio è una brutta bestia. Ma l'averti aiutata è una cosa che mi ha fatto star bene e che ho capito esser la cosa giusta.”

“ma dedicarmi del tempo e portarmi a casa è una cosa diversa, la casa è il privato, è una cosa personale”

“Ti avevo già fatto conoscere la mia famiglia, più privata di quella non credo...e poi te l'ho detto ci siamo conosciuti i ragazzi pure, e io cominciato a provare...”lo vedo cercare le parole “affetto per te, sei un'amica a cui voglio bene, avevi bisogno di aiuto e io ho cercato di fare il più possibile, la casa non è stata chissà quale decisione sofferta, abbiamo la stanza in più, non occupi spazio, mangi a malapena, non è cambiato molto”

“forse per voi, per me ha fatto una differenza grandissima”mi sorrise, e poi sembrò pensare a qualcosa, sembrava anche lui un po' in imbarazzo.

“E tu? Perché ti sei fidata così tanto di me? Di un ragazzo, invece che una donna, hai scelto di chiedere il mio aiuto”

“Tu eri l'unico che conoscevo, cioè io all'inizio avevo paura mi dispiace di essermi ritirata in quel modo da te quel giorno, però io non ti avevo visto”

“in che senso?”

“nel senso che non avevo fatto caso a te, so che eri li accanto a me, ma non ti avevo osservato o studiato come sono solita fare, avevo terrore della situazione, io mi ero appena staccata dai ragazzi, e sapevo non sarei più riuscita a ritrovare, c'erano migliaia di persone che mi passavano accanto, e in quel momento mi son ritrovata sola con te in una stanza chiusa, ho dato di matto, avrai pensato che ero di fuori?”

“no non è vero, non l'ho mai pensato, ho pensato perché una ragazza quasi mia coetanea avesse così paura di un dottore, o della situazione, e ho cercato di metterti a tuo agio, dicendoti chi ero”

“E' stato in quel momento che ti ho guardato per la prima volta, tu mi hai detto quelle cose...così private di te, non ho fatto altro che fidarmi.

Quando mi sono svegliata, sinceramente non ricordavo molto e non capivo molto, so solo che non volevo quelle persone senza nome mi si avvicinassero, e l'unico nome che avevo era il tuo, perché tu e non una donna?”mi scappò un singhiozzo, tirai su con il naso, e cercai di trattenere le lacrime “in quel momento avevo bisogno di braccia, due braccia forti, che mi sostenessero e mi proteggessero da quello o quelli che mi avevano fatto del male, e tu...tu eri lì o almeno lo eri il giorno prima” mi asciugai la prima lacrima che debordò, ma sorrisi anche se debolmente “eri lì per aiutarmi, non so come hai fatto ad esserci proprio in quel momento”

“Rosalie era appena arrivata ed era al pronto soccorso, quando ti ha sentito urlare il mio nome mi ha chiamato sul cellulare stavo entrando a lavoro proprio in quel momento e sono corso da te”

“beh ricordami di ringraziare ancora Rosalie, e grazie a te per aver mollato tutto” mi si avvicinò ancor di più, mettendomi una mano sulla guancia, accarezzandomi lentamente. Io piegai appena il volto, poggiandolo sulla mano, era piacevole.

“Ehi non devi neanche dirlo, lo rifarei altre mille volte, però cerca di non spaventarmi come quel giorno, ok?” Gli presi la mano tra le mie, e sorrisi

“grazie” e gli lasciai un bacio sul palmo, stringendolo ancora tra le mie mani. Rimanemmo qualche secondo a fissarci, lui era rimasto immobile come una statua, ma non aveva ritratto la mano, e continuava a fissarmi come fosse incantato, ma il suo sguardo non mi turbò, non aveva niente di sconveniente, ne di critico, poi sembrò riprendersi, si schiarì la voce e si alzò velocemente da tavola.

“Direi che è venuto il momento del dolce, è rimasta ancora una fetta della tua torta, facciamo a metà?”

“no mangiala pure, io sono strapiena”

“sicura, era davvero buona”

“ne sono contenta, te ne farò altre”

“mmmmm”mugolò entusiasta all'idea, e io risi del suo sguardo da bambino goloso.

Mi passò però la fetta davanti al naso

“ma è così buona sicura che non ne vuoi...”

“sicurissima” ma lui continuò a farla volteggiare

“guardala dice mangiami...mangiami” e allora lo feci, un balzo e diedi un mordo alla sua fetta, sembrò sorpreso pure lui

“Ehi, la mia fetta!!”

“sei tu che dicevi che la fetta diceva mangiami, ma continuavi a farla svolazzare davanti al naso”

“ma tu non la volevi”

“no ma tu hai insistito”

“non ti avvicinerò più alla mia cioccolata, è una minaccia” mi minacciò severamente puntandomi un dito sporco di cioccolata -che paura!-.

Dopo aver pulito tutto, era ormai pomeriggio inoltrato visto che tra il pranzo tardo e la discussione ci eravamo dilungati.

“Allora adesso ti insegnerò qualcos'altro in cucina, pollo ripieno, Jasper ne va pazzo per il mio pollo ripieno, modestamente anche mamma, ma cerco di non vantarmene”

“mi pareva lo avessi appena fatto”

“non si critica il cuoco in cucina, metti il grembiule, che dobbiamo riempire il pollo di ogni ben di dio. Prendi gli ingredienti in frigorifero, e poi facciamo anche del brodo, così insaporiamo il pollo, e domani facciamo i tortellini”

Mi sentivo molto l'apprendista della cucina, ma mi divertii: lui mi insegnava come si tritano le verdure, quale mestolo usare per il brodo, come non litigare con il coperchio della pentola a pressione, come diminuire l'effetto della cipolla, come pelare patate, sbattere un uovo, fare una frittata (finalmente avevo imparato a fare la frittata) e come cercare di dosare il sale, forse la cosa più difficile. Erano tante informazioni, ma io assorbivo tutto, volevo imparare, volevo riuscire a fare qualcosa da me, avrei voluto un giorno che i ragazzi sarebbero tornati a casa, far trovare loro una cena già pronta. All'interno del pollo ci mettemmo così tante cose che ne scordai sicuramente un po', mi sorprese il metterci il prosciutto cotto e la frittata e tutte le verdure, ma Edward mi rassicurò sull'accostamento di tutto quel cibo, non sembrava una cena molto leggera, questo no!

Quando tornarono tutti, ci trovarono che ancora stavamo pulendo il frullatore, che Edward mi aveva appena tolto di mano per paura che mi tagliassi con le lame.

“Ehi, ehi, c'è un nuovo cuoco in cucina?”chiese Rosalie, avvicinandomi e mettendo una mano sulla mia spalla.

“solo un'umile apprendista, il modesto cuoco è sempre Edward”mi arrivò una spruzzatina d'acqua dal lavandino.

“con cosa ci delizierete?” chiese Emmett

“Pollo ripieno dalle graziose dita della signorina” annunciò Edward

“Ohhh, questo mi fa molto contento”Jasper già si leccava i baffi.

“spero per il pollo..”

“anche” ridemmo, poi i ragazzi ci lasciarono per andare a fare una doccia.

“se dicono che non è buono darò la colpa a lei signorina apprendista”

“davvero un gentiluomo signor Chef”

“La cucina è il mio regno, solo Rosalie può toccarla”mi disse abbracciandomi di lato

“l'ho notato sei proprio una donnina di casa”

“sei in vena di battutine oggi eh” se vuoi ridere ci penso io. Finì con un lotta di solletico, mi aveva chiusa nell'angolo del bancone, cercavo di proteggermi, alzare i ginocchi, ma lui insisteva, quando arrivarono i ragazzi ancora continuava.

“aiutatemi, non ce la faccio più, lo sterno è tutto indolenzito, basta Edward, oddio le costole, mi si staccano di nuovo” mollò allora la presa, e cercai di riprendere il fiato.

In quel momento mi sentii sollevare, urlai, e mi accorsi di Edward che mi aveva preso in vita, sollevato e mi stava portando alla tavola, mi mollò direttamente sulla mia sedia,

“la grande comica adesso sta a tavola, mentre il grande Chef porta la sua creazione” disse dandosi ancora finte aree, io gli risposi con una linguaccia, mentre i ragazzi si sedevano accanto a noi, vidi di sfuggita, Alice e Emmett darsi una strana occhiata d'intesa, mentre ancora ridevano.

Rosalie lasciò sulla tovaglia, due sottopentola, e ben presto Edward ci lasciò sopra la teglia, tra il pollo il ripieno e tutto il contorno di verdure nella teglia era venuta fuori una cena imponente.

“Ehi come mai questa cena, si festeggia qualcosa?”

“E' stata l'occasione per insegnare a Bella un bel po' di cose sulla cucina e ci siamo divertiti no?” annuii contenta, mentre addentavo il primo morso del pollo “E poi dobbiamo festeggiare perché oggi siamo stati all'ospedale e Bella ha fatto tutte le analisi e le visite, i dottori dicono che è migliorata tantissimo, e che le ferite son tutte quasi riassorbite, quindi è quasi guarita”sembrava più entusiasta di me dicendolo, mi tornarono in mente le sue parole di prima, quando mi diceva che mi voleva bene e che provava affetto per me. Ero sicurissima, mai come in quel momento che anche io gli volevo molto bene, che mi ero così affezionata alla sua famiglia e in particolare a lui che avrei fatto di tutto.

Alzammo tutti il bicchiere, con il vino bianco che avevamo aperto (anche se io l'avevo annacquato) e brindammo alla mia guarigione

“A Bella” “Alla guarigione di Bella” anche Emmett mi sorrise benevolo e si unì agli altri. Ero sicura di lui e volevo sforzarmi per far passare questa assurda paura, lo dovevo a quella splendida famiglia.

Due giorni dopo, fui svegliata nuovamente dai rumori di Edward che si alzava per andare a lavoro. Quando notò i miei occhi aperti, ridacchiò.

“Fammi immaginare vuoi scendere con me?”

“Mi serve solo una mano per stare in piedi, le scale posso farle da sola al poggiamano”

“no no o servizio completo o nulla, dai vieni che altrimenti Jasper si lamenta ancora” mi diede una mano ad alzarmi, andai in bagno, facendo velocemente mi vestii, e prima di scendere presi il mio libro.

Jasper aveva lasciato come sempre la caffettiera piena di caffè, così quando ci avvicinammo con due tazze potemmo servirci, quando proprio il ragazzo entrò in cucina, mi salutò gioviale,

“buongiorno Bella, sei già pronta, hai fatto prima di Alice...”

“Mai lei deve uscire e farsi bella, io devo poltrire ancora sono indecisa sul divano o il dondolo fuori, che ha un aspetto comodissimo per leggere”

“Che leggi?”

“me lo ha letto Edward queste sere, Harry Potter”

“Harry Potter? Come mai questa lettura fantastica?”

“mi piace un sacco, vorrei finire nel mondo dei maghi e schiantare qualcuno”

“uh interessante, vorrei stare qui a psicoanalizzare con te ma dobbiamo scappare, sei pronto Edward?” lui si ridestò come se fosse stato incantato finora, nonostante il caffè...

“Hhm si, io sono pronto, prendo lo zaino, che abbiamo una riunione nella prima mattinata, mi è toccato vestirmi serio”

in effetti mi stavo chiedendo perché indossasse, camicia e giacca, stava però molto bene, con quei suoi capelli un po' meno sparati in aria era quasi buffo.

“ma non hai mangiato niente?” lo rimproverai, rise

“senti da che pulpito”

“ma io devo ancora iniziare, tieni prendi un cornetto e mangialo in macchina almeno” gli passai il dolce, e lui mi sorrise tenero.

“grazie piccola”mi schioccò un bacio sulla guancia e andò verso la porta, mi sentivo un po' imbarazzata anche se non capivo il motivo.

Mi ricordai però di una cosa in tempo, sulla soglia Jasper stava lasciando un bacio da film ad Alice appena scesa,

“Edward” lo chiamai, e quando si volse gli andai in contro.

Mi allungai verso il collo, afferrai il colletto della camicia...ecco adesso era perfetto. Aveva il colletto tutto storto e mezzo alzato dietro.

“Apposto buon lavoro” lui mi guardò stranamente, negli occhi non so se stupore o cos'altro, ma uscì di casa al volo con Jasper, erano nuovamente in ritardo.

“Buon giorno Bella, mi dispiace ma devo scappare pure io” torse la testa di lato, molto dispiaciuta.

“Non preoccuparti Alice, hai detto che tra poco arriva Rosalie, e più tardi Emmett no?”

“già...ma..”

“Hei tranquilla posso sopravvivere, mi metto in giardino se a voi va bene”

“BELLA”

“Ok, ok” devo ricordarmi di non chiedere il permesso ogni volta, altrimenti mi rimproveravano.

Presi un cornetto anche io, mentre mi sistemai sul dondolo.

Poche ore e arrivò Rosalie

“Bella buon giorno, devo sistemare della roba nell'armadio su e cercare una maglia che non trovo più, faccio veloce poi ti raggiungo”

“fai con calma intanto vado a fare una corsettina per l'isolato” gli risposi ironicamente, e la sentii ridere mentre andava nella sua stanza.

Mentre io tornavo al mio libro, era strano, era una favoletta ma mi attirava così tanto, Edward me lo aveva già letto tutto, era corto e molto scorrevole, ma prima di iniziare il secondo mi aveva raccomandato di rileggerlo per trovare nuovi particolari, e in effetti...

Verso le undici finalmente scese anche Rose e venne a sedersi con me.

Entrambe eravamo sedute da un lato con i piedi vicini nel mezzo, io leggevo, e lei si godeva il sole.

“che bella giornata oggi, se fosse sabato sarebbe perfetta per un pic nic; potremmo farlo, intendo sabato o domenica, dovrebbe esser bel tempo”

l'idea di uscire non mi allettava per nulla, non avevo voglia di incontrare persone, anche se all'ospedale era andata discretamente bene, avevo il sospetto di aver stritolato la mano ad Edward soprattutto all'inizio.

Avevo notato una cosa, Rosalie mi guardava spesso, sembrava sempre sul punto di dirmi qualcosa, ma poi tornava indietro, si corrucciava e tornava a guardare il sole. Quando fu sul punto di parlare fece per schiarirsi la voce,

“Hem Bella...io vorr-”

“Hei belle donne!”

“Emmett!” disse la bionda prima di scendere e andare ad abbracciare il marito, lasciandogli un appassionato bacio, io mi volsi imbarazzata dal trasporto dei due.

“scusaci Bella, ci siamo lasciati un po' prendere, ti abbiamo messa in imbarazzo”

“Oh ma fate bene così, non sono così sensibile” per quanto mi sentissi strana con Emmett, non si poteva pensare che con Rose non fosse un buon marito e un compagno perfetto. Avevano spesso un contatto fra di loro, a tavola si tenevano la mano sotto il tavolo e sul divano Rose era sempre seduta su di lui.

Alice e Jasper erano diversi ancora, loro non sembravano avere bisogno di stare attaccati, spesso Alice stava seduta accanto a me e Jasper accanto a Edward, non avevano questo magnetismo, però non si poteva ignorare il fatto che i loro occhi si cercavano sempre, se erano in stanze diverse vedevi spesso uno dei due cercare qualcosa con foga, mentre quando erano insieme si fissavano con una dolcezza indescrivibile per me. Non avevo mai visto l'amore così.

Emmett si andò a vestire più comodo con una tuta, mentre io e Rosalie andammo in cucina. La ragazza aveva portato il resto della cena di casa sua un timballo e della verdura grigliata. Imparai ad usare un altro impressionante strumento tecnologico, il microonde.

Il pranzo fu abbastanza silenzioso. Io non avevo molta voglia di parlare, la mia mente era impegnata a convincersi quanto Emmett fosse adorabile, un marito perfetto, il figlio prediletto di una mamma, un fratello gentile e una persona discreta. Emmett era tutto questo. E me ne stavo convincendo ma c'era qualcosa di lui che ancora mi terrorizzava, non prestai neanche ai discorsi che i due si scambiarono sul lavoro del ragazzo di quella mattina.

Subito dopo sparecchiato Rosalie tirò fuori dai cassetti del salotto un album fotografico con le foto del suo matrimonio. Me le mostrò emozionata, tra pochi giorni avrebbero festeggiato un anno dalle nozze.

Le foto erano magnifiche soprattutto grazie ai soggetti, la famiglia Cullen non sarà stata una famiglia di sangue, ma avevano in comune una bellezza ammaliante, anche attraverso l'occhio della macchia fotografica.

“Senti Bella ti dispiace se vado a farmi una doccia e una dormitina, stasera ho il turno di notte e vorrei riposare un po', ma non vorrei lasciarti qui...”

“di notte? oddio, certo che puoi andare a dormire, anzi devi! Non è che deve sempre stare qui qualcuno, non ho bisogno della balia 24h al giorno” rise del mio quasi sfogo, mi diede un bacio veloce sulla guancia, e lasciandomi sul divano il telecomando (come se non dovessi sforzarmi fino al tavolino) scappo' su. Io rimasi sul divano morbido, poggiata su uno dei guanciali e iniziai a vedere un film, una storia dove due persone si “incontravano” e conoscevano via mail, mi sembrava così strano, conoscersi attraverso un cavo, uno schermo insomma, forse ero io no ancora abituata a questa tecnologia.

“Oh, scusa ...dov'è Rosalie?”

Mi ero completamente dimenticata della presenza di Emmett in casa. Subito dopo mangiato era sparito, e adesso era appena entrato in sala con indosso una t-shirt, una tuta e un asciugamano dietro il collo, forse aveva fatto sport. Fatto sta che risposi alla sua presenza al solito modo, mi irrigidii, ma cercai di sembrare svogliata nel rispondergli.

“Si, lei è andata a riposare, ha detto che aveva il turno di notte”

“Oh già il turno di notte si, me l'ero scordato”

Rimanemmo entrambe in silenzio, l'unico rumore erano le voci della televisione

“stai guardando -c'è posta per te- è carino come film” sembrò sforzarsi per trovare qualcosa da dire, un commento sul film sembrava la sua via di fuga.

“già è carino, non sapevo che il computer servisse per parlare”cercai di far finta di instaurare un dialogo, il mio piede si muoveva freneticamente sul tappeto e le mie dita sfregavano il tessuto della tuta dei pantaloni in maniera non proprio normale.

La tensione crebbe quando si avvicinò, sentii i suoi passi farsi più forti, si fermò sul bordo degli scalini, forse indeciso, non so che espressione avesse, non lo guardavo facevo finta di seguire la trama.

Pov Emmett

Dovevo farlo, dovevo decidermi una volta per tutte, anche se era doloroso.

Tanto per me quanto per lei.

Doveva guardarmi in faccia e riconoscermi.

Bella osservava lo schermo come rapita dal film, ma i suoi occhi erano fissi e la sua attenzione era palesemente fuori dal film, la postura era così rigida poi, solo il piede si muoveva con frenesia, tanto da aumentare anche la mia di agitazione.

Mi ero seduto sul divano, lentamente, cercando di tenere anche io lo sguardo sulla trama, la conoscevo a memoria era un vecchio film ormai.

In verità stavo cercando il momento giusto.

Non volevo che continuasse così, era straziante per lei, ma non sapeva quanto lo fosse anche per me.

Sospirai triste e abbassai lo sguardo sul tappeto, mi sedetti più avanti sul divano, poggiando i gomiti sui ginocchi e fissai un attimo l'altra persona della stanza. Vidi i suoi occhi notare i miei movimenti, e cercare qualcosa dalla parte opposta.

“Isabella” dissi piano

Non fece movimenti bruschi, fece solo finta di non avermi sentito.

“Bella per favore”

Forse il fatto che avessi parlato a voce più alta, che avessi usato il suo nomignolo o che l'avessi pregata, ma stavolta si voltò verso di me.

Ancora una volta vidi quello sguardo che incontrava il mio e ancora una volta fu una pugnalata.

Era stupido, ero stupido!

Ero grande e grosso, non dovevo lasciarmi andare a certe cose. Abbassai il volto, passandomi una mano a coprire gli occhi, la tenni li finché non recuperai un minimo di controllo.

Quando rialzai il volto, notai Bella ancora rigida, ma anche stupita.

“Emm...tu stai piangendo?” non volevo se ne accorgesse ma sentivo gli occhi lucidi ed era inevitabile ormai.

“scusa” le dissi

“non...” non capiva?

“vedi è che...il tuo sguardo... rivedere quello sguardo mi ha fatto stare male, è come una pugnalata” sfregai i palmi sulle gambe, continuai

“so...capisco che tu possa avere...paura di me, io non sono Jasper non sono ...Edward, sono un estraneo, magari posso fisicamente assomigliare a uno di quei bastardi” Dio se non volevo assomigliare a loro!

“Ma tu non sai...non sai come è doloroso vedere questo sguardo, il tuo sguardo il tuo terrore negli occhi della persona che ami”

notai subito stupore, sgranò gli occhi e inarcò poi i sopraccigli, era ancora spaventata ma pure confusa. Continuai così a raccontarle, d'altronde dovevo aprirmi con qualcuno e avrei dovuto farlo prima, magari con Jasper.

“Quando mi hai guardato in quel modo qualche giorno fa, ho associato per un attimo il tuo volto a quello di Rosalie, ho rivisto lei spaventata da me dopo...dopo quel giorno. Non si faceva più avvicinare da me, scappava sempre tra le braccia di Edward e io stavo male. Odiavo quella situazione, ebbi crisi di rabbia e riversai quasi tutto su Edward, lo accusai anche di approfittare della situazione per tenere Rose tra le braccia” sbuffai per l'assurdità di quello che dissi un tempo “Era un ragazzino, aveva quindici anni e io me la presi con lui come uno stupido. Ma a quel tempo stavo con Rosalie da poco più di un anno, ci era voluto un bel po' per farla venire da me, e anche insieme siamo stati molto cauti, dopo un anno eravamo sempre alla fase baci carezze e tante coccole, ma stavamo raggiungendo un po' di intimità, era bello. Ovviamente quello che avvenne cambiò tutto, non tornò come prima ma peggiorò lei aveva paura di me, la donna che amavo aveva paura di me. Il suo sguardo mi provocava....fui più volte sul punto di scappare di casa. Mi prenderesti in giro se ti dicessi che a venti anni dormii una notte intera con i miei genitori? Avevano paura che me ne andassi, rimasero una notte intera abbracciandomi e dicendomi di aspettare, di essere forte e di aiutarla. Piansero tutte e due, mio padre stringeva le mie braccia, mentre mia madre era abbracciata a me, sentimmo l'ennesima crisi di Rosalie la notte, Edward che correva nella sua stanza e Jasper che lo aiutava, ma quella volta i miei genitori aiutarono me e mi fecero cambiare idea sulla fuga, mi misi d'impegno e fu dura, lunga, ma riacquistai la sua fiducia e fu fantastico, come rinascere di nuovo.”

Rimasi in silenzio, Bella guardava in terra sul tappeto, nel suo sguardo vidi turbamento.

“Scusa” disse rialzando lo sguardo, sembrava veramente dispiaciuta.

“non devi non è colpa tua, io volevo solo...non lo so non vorrei che tu avessi più paura di me”

“mi dispiace intendo per aver riaperto vecchie ferite, e averti fatto piangere non so neanche perché ho timore di te, non mi hai fatto niente, e non mi ricordi nessuno, io non...ecco non ricordo nulla, neanche i volti”

non volevo però che si sentisse in colpa per niente non hai fatto nulla, non era colpa sua e stavo per dirglielo quando riprese a parlare

“forse non è per te, cioè io ho sempre avuto paura di tutti, per strada, la gente, il mio capobranco mi ha insegnato a non fidarmi mai di nessuno”

“capobranco?” sorrise lievemente

“si quando mi hanno buttato fuori dall'orfanotrofio a 16 anni ho girovagato un po' e ho incontrato Sam, il leader di un gruppo di ragazzi nativi, che anche loro vivevano per strada, ce n'è voluto per fidarmi di loro, ma mi hanno aiutata e insegnato un po' di cose, mi fidavo sempre e solo di loro, per strada poi è più dura e pericolosa ed ero solo...”

“una bambina” finii per lei, era incredibile, io non sapevo quasi nulla della sua storia, ma detta così era sconvolgente, non sapevo che l'avessero -buttata fuori- dell'orfanotrofio, sapevo che aveva vissuto per strada, ma non potevo neanche immaginare come fosse per una ragazzina, quanto fosse pericoloso.

“grazie” le dissi

“per cosa?”

“per avermi confidato qualcosa di te, io non lo sapevo, so che sicuramente ad Edward avrai detto un sacco di cose, ma lui non le ha dette a noi e di te so vagamente qualche particolare, e tu mi hai raccontato qualcosa di te, ti sei aperta” sembrava stupita

“tu lo avevi appena fatto con me”

“ma non dovevi per forza, non sentirti in dovere di dirmi o dirci di te”scosse il capo

“forse vostra madre ha ragione, voi non mi conoscete sono una sconosciuta che è entrata nella vostra casa”

“Bella” sospirai “credo che ogni singolo membro ti abbia già fatto questo discorsetto, tu sei la benvenuta, non siamo sprovveduti e mi fido di mio fratello, non ti temo e mia madre si sbaglia, lei non sa, lei ha paura per noi, non siamo ancora genitori credo che ancora non possiamo capire, ma non ti preoccupare non ti vuole male, e dopo averti conosciuta ti adorerà stanne certa.”

“grazie” disse, rimanemmo un po' in silenzio.

“Emmett io ci provo giuro ci sto provando, e ci metterò ancora più impegno, però mi serve tempo”

“tutto il tempo che vuoi Bella, io sono qui e non mi muovo, cercherò di aiutarti e di facilitarti le cose, ma ho intenzione di guadagnare la tua fiducia e mi troverai spesso tra i piedi” mi sorrise un po' imbarazzata e io le sorrisi in ricambio speranzoso.

Tadaaaaan, scusate il ritardo, alla fine ho scritto due capitoli e li ho montati insieme, pero abbiate di nuovo apprezzato l'extra Pov, come quello di Alla fine l'avvento di bella ha sconvolto un po' gli animi di tutti.

Emmett è un personaggio bello, sono sicura che sia un gran giocherellone, ma risente di questa situazione è turbato perchè rivive vecchi dolori, e anche perché non può intervenire, è al margine della vicenda, almeno si sente così.

Mentre Edward... è un altro bel paio di maniche, che confusione poverino deve avere in testa, comunque quello che ha detto che prova Affetto credo sia la cosa più vera e sincera. Dopo aver scritto quella cosa mi era venuta voglia di ravioli ai funghi pure a me!! ^^

Un ringraziamento speciale per:

bellad93

vanderbit (grazie mille)

fabiiiiiiiii

giova71

vally80 (grazie di avermi detto che non era noioso)

marco (come vedi qui si parla delle paura per Emmett, come non solo conseguenza della violenza, ma del suo timore delle persone in generale)

Gattino Bianco (quello che vede è tutto un po' lei non ricorda visivi di quei momenti, può darsi che abbia però sentito qualcosa, i sogni sono un mix tra questi, tra i ricordi di Rosalie, le parole di Esme, e la sua paura del mondo)

Cuore (grazie, no non ho studiato mai psicologia, ho fatto un po' di sociologia all'università, ma niente di che, il discorsi sono un po' buttati li nel momento, non sono cose filosofiche o da manuali, sinceramente non so cosa direbbe uno psicologo, quello è semplicemente quello che le direi io, per consolare le due donne)

Betta_Masen (non è scocciante tranquilla come vedi pian piano qualcosa spunta)

Baby77

Ciao scusate l'assenza ma ho approfittato del ponte per partire qualche giorno. Spero stiate tutti bene, il tempo in questi giorni è stato proprio d'inferno. Peccato.

Pov Bella

Le giornate erano sempre tranquille e solari, mi dissero era in arrivo una perturbazione per la prossima settimana, una cosa veloce, ma chissà come lo avevo già intuito. L'arrivo dei genitori dei ragazzi mi turbava non poco, quello sarebbe stato il mio temporale ne avevo il sentore. Speravo solo di poter riportare presto il sole.

So che i ragazzi avevano parlato nuovamente con i genitori, e che stavolta aveva chiamato il padre, non so se avessero affrontato nuovamente l'argomento, erano questioni private, io dovevo solo fare il mio quando sarebbero arrivati. Quella settimana avevano lavorato tutti molto, fatto doppi turni, e io li avevo più volte convinti a lasciarmi sola a casa. D'altronde stavo veramente guarendo, ormai potevo anche alzarmi da letto da sola, mi sentivo solo indolenzita, non avevo più le fitte all'addome, e l'equilibrio era leggermente migliorato. Edward però mi chiedeva sempre di fare attenzione, voleva spesso aiutarmi a scendere le scale e a sollevarmi. Dormiva sempre nella mia stanza, ma lo avevo convinto a mettere una brandina, quando una mattina si era alzato tutto incriccato e ci era voluto un, a quanto pare dolorosissimo, massaggio di Rosalie per scioglierlo. Avevo avuto un altro incubo, ma era stato bloccato sul nascere da Edward che mi aveva svegliato, mi ero riaddormentata poi con lui che mi rassicurava, quella volta anche lui si era assopito sul mio letto.

Con Emmett le cose erano un po' migliorate entrambi cercavamo di venirci incontro, lui non mi stava mai troppo vicino, e cercava ogni volta che incontrava il mio sguardo di sorridermi, lo apprezzavo molto, era gentile, e non capivo ancora perché il mio corpo reagiva a questo modo. Io lo salutavo ogni volta che lo incontravo in una stanza, provavo più volte a rivolgermi a lui e chiedergli qualcosa, tipo come fosse andata la giornata, imprevisti a lavoro, era strano pensarlo in uno studio, non sembrava il tipo anche se lo vedevo ogni volta in camicia e completo non sembrava mai nei suoi abiti.

Un altro problema spinoso era dovuto al fatto che avevo scoperto che l'arrivo dei Cullen era dovuto proprio al compleanno di Edward.

Sapevo dai discorsi di Alice che lei e la sorella, stavano cercando il loro regalo perfetto che secondo il loro parere era un orologio. Mi avevano fatto vedere alcuni modelli, alcuni in acciaio, e altri più strani, uno addirittura era tondo e aveva un buco nel mezzo, non avevo idea di come potesse segnalare l'ora, ma a quanto pare doveva funzionare. Alice era propensa per l'acciaio, mentre Rose diceva che non lo avrebbe portato, e anche io quando avevo espresso la mia opinione avevo consigliato qualcosa in gomma o pelle, anche di quelli più strani, ma in acciaio no, visto che portava sempre lo stesso orologio Swach di gomma credo da sempre. I ragazzi stavano pensando invece a un regalo loro, li avevo sentiti parlare all'inizio di vibratori e abbonamenti, ma date le risate isteriche non volevo proprio sapere cosa fossero, in ogni caso dovevano essere solo scherzi, in quanto Jasper mi disse che gli sarebbe piaciuto creare qualcosa con il PC e le foto, Emmett stavano scansionando album fotografici di famiglia da parecchio tempo, per creare una selezione, con protagonista Edward da quando era nato ad oggi. Emmett mi aveva spiegato che sarebbe venuto come un video, con le musiche e l'audio inseriti da loro e le foto che scorrevano sullo schermo, una cosa molto bella, e soprattutto preziosa perché nascondeva molto affetto, anche le ragazze stavano partecipando nell'aiutarli, ma lasciavano il merito ai ragazzi che facevano il lavoro tecnologico.

Entrambi i due gruppi mi avevano chiesto se volessi partecipare con loro al regalo, ma sarebbe consistito nell'inserire semplicemente il mio nome e mi sembrava alquanto ingiusto, sia perché erano regali fatti col cuore, sia perché erano fatti dalla sua famiglia e io non c'entravo nulla.

Il mio problema è che non possedevo un dollaro in tasca, quindi non potevo comprargli nulla. Al momento la mia idea era creargli un biglietto, che per quanto misero, sarebbe stato mio, fatto col cuore, lo avrei ringraziato con le parole per quello che aveva fatto per me.

Il venerdì prima del week-end, stranamente i ragazzi furono tutti a cena insieme. I tanti impegni li avevano fatto lavorare fino a tardi e alcuni non avevano neanche cenato a casa, mentre Rosalie e Emmett passavano per i saluti, ma non restavano mai molto.

Finita la cena Rosalie si trovò a proporre a alla famiglia l'idea che mi aveva espressa qualche giorno prima.

“Ragazzi, io e Bella avremo avuto un'idea, cioè io l'avrei avuta e avrei costretto Bella, però dato che domenica era l'anniversario di matrimonio, e vorrei stare anche con voi, sarebbe stato carino organizzare un picnic, che ne dite?” Rosalie stava come sempre in braccio al marito, mentre parlava gli accarezzava il collo, e dalla faccia sognante di lui, credo proprio che il gesto gli piacesse molto. Alice e Jasper sembrarono subito entusiasti dell'idea del picnic.

“Un po' d'aria fresca, e potremmo portare il pallone fare qualche partita a calcio o a pallavolo”esclamò Jasper

“anche la musica...uno stereo”disse Alice

“già perché non ho pensato all'orchestra portatile” disse ironico Emmett

“Ehi basta prendere quello vecchio con le pile, e poi sarebbe romantico, insomma festeggiamo il tuo matrimonio mio caro” lui sollevò le mani come se si arrendesse.

“per me va bene” disse infine Edward “Bella...te la senti?”

Non volevo rompere l'entusiasmo dei ragazzi, non ero così euforica, sarei stata in ogni caso con loro, e dovevo cercare di scrollarmi quelle mura di dosso, come per andare all'ospedale.

“Si se siete con me si” Edward mi sorrise

“perfetto che ne dite di un posto nostro, vi ricordate dove andavamo in campeggio quando eravamo ragazzi? Lì era carino c'era delle radure piene d'erba molto comode, c'erano tavoli in legno e anche griglie per arrosti”

“Oddio si, che figata erano i week-end in tenda, come ti è venuto in mente?”Chiese Emmett divertito.

“Ho buona memoria, mi piaceva stare laggiù in tenda”

“Uh, io mi ricordo solo che una volta mi sono persa”disse Alice pensierosa

“Certo perché sei fuggita rincorrendo un cervo, un daino o cosa era, nel mezzo al bosco, un tantino incosciente...” le ricordò Rosalie

“Oddio che paura quel giorno, mi ricordo che promettemmo di metterti un sonaglietto come ai gatti” scherzò Jasper, lei gli rispose con la linguaccia.

Organizzammo la lista delle cose da portare quella sera, dalla carne, per fare arrostita, ma nel dubbio che non ci fosse più le strutture avremmo portato anche i panini, ai teli, palloni, racchette e la musica.

Sembrava una cosa da niente, eppure io non avevo mai fatto un picnic.

Il sabato lavorarono di nuovo tutti tranne Alice che invece rimase con me. Il giorno prima era tornata da lavoro con due mega sacchetti di carta, non ci avevo fatto molto caso, finché quella mattina Alice non mi trascinò in camera, portando poi con se i due mega sacchetti.

“Tadaaaan” disse aprendomi i lembi dei sacchi, stracolmi di vestiti, io sbirciai dentro, e vidi sopra una maglietta nera, poi tornai a guardare Alice in volto, senza capire “vestiti”esclamò entusiasta.

“grazie Alice avevo capito anche io che erano vestiti, ti serve una mano per lavoro?” chiesi, pensando agli abbinamenti e a tutti i complimenti sulla mia “idea di stile”, qualunque cosa volesse dire, io andavo a caso!

“ma nooo, sono vestiti da indossare, sono i tuoi vestiti” io non avevo vestiti, almeno che...

“No, Alice, non puoi avermi comprato tutta questa roba!”

“certo che l'ho fatto, non ti sarai aspettata di andare a giro tutta la vita con le tute?” disse con ironia.

“Alice, ma per ora sarebbero andate più che bene ancora le tute, non voglio che compriate tutte queste cose per me” lei sbuffò.

“Finito? Cosa credi questo è solo l'inizio, in ogni caso sono tutti della marca di dove lavoro, non è molto originale, ma non avevo molto tempo, in ogni caso essendo io dipendente alto della società ho diritto a uno sconto, in poche parole mi danno tutta questa roba quasi gratis, e alcune cose completamente gratis, ci sono due ballerine per esempio...” scappò dalla stanza e tornò con un sacco di stoffa anche quello pieno “queste vedi, noti nulla di strano? In apparenza no, le ho trovate in magazzino tra gli scarti, perché vedi queste applicazioni, ne manca una qui a forma di mezza luna, ma noi che importa insomma non si vede nemmeno, i vestiti invece me li hanno quasi tirati dietro, sono rimanenze di magazzino...per i pantaloni spero ti stiano, sei più magra di tutti ma sei anche alta, dovrai provarli prima”.

Vestiti regalati, mi sembrava quasi assurdo, chissà se era vero o era stata una storia inventata, guardai ancora le scarpe...erano state scartate per un difetto che non si notava, l'applicazione mancante era laterale, e dire che molti di noi facevano fatica ad avere un paio di scarpe, ricordai le scarpe di Paul, più volte rattoppate con dei giri di scotch.

Dovevo smettere di lamentarmi, un giorno con dei miei soldi, avrei ricomprato tutto ad Alice, intanto devo accettare tutto questo, è difficile e imbarazzante...ma spero darà i suoi frutti.

“Alice, grazie” lei mi guardò piegando la testa per poi abbracciarmi “Bella”.

“Allora ci sono delle cose davvero carine, qualcosa più formale ma carino, voglio tu faccia un figurone con i miei, non che a loro importa come uno si veste, ma se sarai carina e perfetta sarà più facile vedrai”

Cominciò a tirare fuori: magliette a mezze maniche con scritte, strass o brillantini, camicette semplice o le maniche a palloncino, gilet, gonne larghe, strette, dei pantaloni, dei jeans, e molti vestitini, alcuni sembravano tallieur stile quelli che mettono le donne per andare a lavoro, altri svolazzanti. Poi tanto intimo, calze e calzini, e oltre alle ballerine, un altro paio di scarpe da ginnastica e un paio di scarpe col tacco, non tanto alto, ma rimasi a guardarle per molto tempo, non avevo mai avuto scarpe col tacco. Sistemammo tutto dell'armadio, che finalmente si stava riempiendo. Alice mi aiutò a organizzarlo, le cose estive, gli abiti per ogni stagione, fu divertente.

Preparammo anche i cestini e i panini in frigo, insieme alle bottiglie, ai teli e quello che avevamo deciso di portare.

La mattina seguente fui svegliata nuovamente e come sempre da Edward,

“Hei Bella...sveglia dobbiamo prepararci e andare nel bosco”

“mmmh” dissi cominciando a muovermi e stiracchiarmi, lui rise

“forza Indiana Jones dobbiamo partire all'avventura” e uscì per andare in camera sua a vestirsi. Io su consiglio di Alice avevo messo gli shorts marroni con le tasche, e avevo preso una t-shirt rosa, e le scarpe da ginnastica, mentre mi stavo spazzolando entrò Alice nel mio bagno, mi guardò e disse “perfetta! Ottimo abbinamento il rosa e il marrone li adoro, ora stai ferma e non lamentarti per tre minuti”

aprì la bustina e vidi dei trucchi

“Ma Alice stiamo andando nel bosco”

“silenzio da oggi inizia la settimana dello -saremo strafighe-” risi allo slogan, era proprio da Alice

“ti do un po' di rosa sulle guance leggero leggero, hai una così bella pelle, candida, un po' di ombretto marrone...ecco qui, e il mascara alle ciglia”

“no aspetta, fermati per favore, andiamo nel bosco...”

“uff va bene, sei strafiga lo stesso oggi passiamo, ihih, io come sto?” fece un giro su se stessa, Alice era piccola ma molto carina, come poteva stare?

“ stai benissimo come sempre, carini i pantaloncini di jeans”

“grazie” diventò rossa “ehm li avevo presi per te, ma me ne sono innamorata” risi di gusto alla sua affermazione

“andiamo, vivrò anche senza” uscimmo dal bagno finalmente andando a fare colazione in cucina i ragazzi stavano già bevendo il caffè.

Sentimmo qualcuno fischiare quando entrammo, rimasi tra il basito e l'imbarazzato prima di avvicinarmi, Alice invece mi guardò

“missione compiuta” risi distesa

“complimenti ragazze, che gambe!” disse Jasper

“già e brava Bella, guarda che gambine” disse Emmett entrato da all'ora nella stanza, imbarazzandomi di più ancora,

“Già sembrano due gambe di una modella lunghe e dritte, pagherei per averle anche io” sentivo ormai le guance in fiamme

“Scusate potete smettere di guardare le mie gambe, sai com'è mi sento un tantino in imbarazzo, e poi Rose anche tu hai delle gambe fantastiche”

“ma tesoro tu sei più alta e longilinea, io ho delle cosce grandi”

“io adoro le tue cosce, tesoro” gli disse Emmett e i due cominciarono a tubare, iniziammo a ridere noi, non potevamo neanche dirgli niente era il loro anniversario.

Emmett caricò la roba nella Jeep, mentre noi quattro montammo nella Mercedes sotto la guida di Jasper. Alice accanto a me, non la smise un minuto di chiacchierare, sinceramente io non capii quasi niente, ogni tanto sentivo spuntare il mio nome e dicevo “si, già” sperando di non fare danni, intanto io guardavo fuori dal finestrino dove si alternavano quartieri residenziali, a villette sparse e poi paesini e il bosco. Qualche ora dopo proprio una strada di queste che entrava nel bosco, asfaltata ma stretta ci condusse per un po' nella fitta vegetazione, fino a uno spiazzo sassoso, e qui scendemmo.

Mi guardai intorno non ero mai stata tanto lontano dalla città, qui era diverso, non si sentiva niente se non le voci dei ragazzi, il fruscio delle foglie e il canto di qualche uccello. L'aria era così leggera che credetti di poter lievitare e raggiungere la cima dei grandi alberi. Neanche il mio parco era così...vivo ma silenzioso.

Questa era la vera vita, quella che cresce piano piano, quella che vive secondo il tempo, quella che segue il corso delle stagioni.

Non mi accorsi che i ragazzi si erano già avviati verso l'interno sotto gli alberi quando mi riscossi dai pensieri mi ritrovai sola. O quasi.

“Ma guarda che disgraziati, portano una baracca di roba e poi mollano tutto a me” Emmett spuntava da dietro lo sportello della Jeep.

Titubante mi sporsi verso di lui affacciandomi, vidi che c'era tutta la roba da portare fino ai tavoli.

“ehm se vuoi posso darti io una mano”

lui si volse stupito verso di me, e mi sorrise sincero, si notava fosse entusiasta della mia vicinanza.

“Certo!” feci per prendere il cesto con il cibo “No aspetta Bella, quello è troppo pesante, prendi le coperte” prese un rotolo di coperte per poi posarmelo tra le braccia, e un altro ancora “ci vedi, ce la fai?” avevo avuto un fremito nel sentirlo così vicino, però era passato, io cercai di far finta di nulla e a sforzarmi a non abbandonare le distanze “no ce la faccio” avevo due grosse coperte in braccio, erano ingombranti, non ci vedevo molto, però volevo dare una mano. Emmett prese un pesante cesto e lo stereo nell'altra. A metà del prato rischiai subito di inciampare e far cadere subito una coperta, Edward “stranamente” venne subito in mio soccorso.

“Aspetta vieni che ti do una mano” mi prese una delle coperte

“a proposito, stai davvero molto bene” si complimentò e mi fece l'occhiolino. Io mi bloccai un attimo e mi sentii in imbarazzo, come non lo ero stata prima in cucina, ma scuotendo il capo cercai di non pensare e farmi troppe domande, portando la coperta vicino a quella che Edward aveva appena steso sotto un grande tronco.

La radura era proprio come i ragazzi avevano descritto, verde e rigogliosa, piena di erba e contornata da grandi alberi, sotto gli alberi stavano due grandi tavoli in legno per il picnic e un fornello in pietra con tanto di gratella per arrosti.

“Io mi occupo dell'arrosto!” dichiarò Emmett

“Io sistemo lo stereo” disse invece Rosalie che era già alle prese con una pila di CD, stesa su una coperta

“ho capito vado io a recuperare il resto dalla macchina” disse Jasper

“bene allora io vado a cercare qualcosa da mangiare nel bosco”

“ehm tesoro è meglio di no”

“Alice non ho voglia di stare un pomeriggio a cercarti” la rimbeccò Rose

“Giusto non ti abbiamo messo nemmeno il sonaglino, e poi se proprio devi prendi del pane e lascia delle briciole sul tuo percorso” le disse Edward

“AH AH AH” fece ironica Alice guardando male il fratello, “sempre gentile” sbuffò la ragazza ma si avviò dietro Jasper, che le cinse i fianchi e la strinse come a consolarla.

Edward stava stravaccato sulle coperte, l'espressione serena e le mani dietro la nuca. Io invece me ne stavo ancora in piedi, raggiunsi il centro del prato, sotto il sole, sentendo la consistenza soffice dell'erba e l'intenso profumo di questa, e volse il viso alla luce come un girasole, era caldo e rilassante li in quel magico posto, tornando a guardare il prato, mi accorsi di un' apertura tra i rami e mi avviai a vederla. Da quel punto iniziava una stradina battuta e un po' ciottolosa ma tenuta rigorosamente, tanto che gli alberi vicini erano segnati per indicare la presenza del sentiero. Dubito che perfino Alice potesse perdersi seguendo un sentiero del genere.

“Neanche tu hai il sonaglino” disse una voce dietro a me facendomi sobbalzare

“ma sei pazzo! Vuoi farmi venire un colpo ad apparire così all'improvviso” Edward rise

“comunque è vero, stai attenta ad allontanarti”

“sinceramente posso vantarmi di un ottimo orientamento, perché so osservare i particolari e riconoscerli bene, e comunque, hai visto questo sentiero, è impossibile perderci, anche Alice mettendosi d'impegno non potrebbe farlo”

“In effetti è segnato bene, vieni ti faccio vedere un posto” come se fosse un gesto naturale, mi prese la mano e mi portò con lui, seguimmo sempre il sentiero, a passo tranquillo, ci guardavamo attorno, per vedere il bosco, gli alberi e gli animali che volavano alti. Arrivati a un bivio, Edward percorse sicuro la strada a sinistra, senza darmi tempo di leggere il cartello attaccato al tronco centrale, ma non protestai, continuammo sempre in silenzio. Non so se l'ho detto ma adoravo i silenzi di Edward.

Capii forse dove eravamo diretti, quando il rumore in lontananza del ruscello si era fatto sempre più vicino. Difatti quando Edward mi disse

“Ci siamo” svoltando l'angolo ci trovammo davanti a un grazioso laghetto, quasi uno stagno, creatosi in un punto più largo del ruscello, che scorreva da monte a valle di questo, c'era persino un ponticello fatto con dei legni

“questo l'hanno messo da poco, prima passavamo sopra i sassi per guadare il fiume” mi indicò dei grossi sassi nel mezzo all'acqua.

“ti piace?”

“e' molto bello, non avevo mai visto un luogo così carino se non nei libri”

“sento com'è fresca l'acqua” Edward si avvicinò vi immerse la mano, poi prese una manciata e si bagnò completamente il volto

“aaaah, oddio, però è uno schiaffo di vita! prova anche te”

“ihih non posso tua sorella mi ha truccato” lui si volse guardandola stranito

“non chiedermi perché mi è piombata in bagno, e ha detto qualcosa a proposito della settimana delle strafighe o che ne so io...” rise della mi espressione

“si è tipico di Alice, ma per la per la cronaca...a te non serve fidati” si alzò a cominciò a saltare sui sassi, allontanandosi un po'.

Io rimasi lì ad aspettare, accarezzai l'acqua fresca e trasparente. Sapevo dentro di me che tutti quei complimenti volevano dire qualcosa, ma nello stesso tempo non lo sapevo, o non lo pensavo realmente.

“E' proprio come quando venivamo qui anni fa, c'è sempre l'asse di legno che avevamo legato per fare una panca, qui di sotto, è incredibile come certe cose non cambiano mai...per fortuna.”

Saltò nuovamente da me

“Allora vuoi rimanere ancora qua, o vuoi vedere qualcos'altro?”

“sono aperta ad ogni esperienza, ci sono altri posti così?”

“non così, ma c'è un posticino, dove andavo sempre io, non so se mostrartelo i ragazzi...credo...non ci siano mai stati” faceva il finto pensieroso massaggiandosi il mento

“wow e lo vorresti far vedere a me?” in realtà ero colpita davvero

“beh ho sempre pensato che se ci avessi portato gli altri sarebbero venuti qui solo per...insomma hai capito per stare da soli, ma di te mi posso fidare, ma non è niente di particolare insomma...”

“andiamo dai fammi vedere questo posto misterioso” Sorrise e mi ricondusse lungo il sentiero, ad un certo punto prima ancora di arrivare al bivio si fermò

“guarda!” mi disse indicandomi di osservare in terra. Qui vidi solo lungo il bordo strada una fila di sassi bianchi sparire dietro alla boscaglia e a delle frasche

“questi sassi li ho messi io, per ricordarmi come arrivarci, seguimi e attenta ai piedi” ci incamminammo seguendo il percorso, spostammo le frasche e i sassi continuarono, ancora qualche metro ed Edward si fermò.

“Vediamo se è ancora come in passato” e si inoltrò dietro un cespuglio, lo seguii e mi trovai un bellissimo spettacolo.

“E' esattamente come nei miei ricordi, anzi forse ancora di più, guarda Bella, guarda quanto può essere fantastica la natura”.

Non avevo parole per ribattere.

Era una radura, più piccola, ma questa era completamente circondata da alberi alti, a lato stava un grande tronco caduto che sembrava fatto a posta per essere una panca e nel centro, illuminati dal sole stavano una miriade di fiori di tutti i colori, viola, bianchi, gialli, blu, rossi e di colori che neanche immaginavo potessero esistere. Era piccola ma chiusa tra le alte fronde. Avanzai cauta nel centro, il tappeto sembrava fatto a posta per potersi buttare sopra e non seppi resistere a tale richiamo.

Nel momento che toccai l'erba mi ci buttai prona, sentivo il profumo dei fiori e dell'erba ancora più forte e il calore del sole sulla pelle. Se esisteva un posto in cui fare pace col mondo era proprio quello.

Non ero la ragazza sfortunata senza una famiglia.

Non ero la poveraccia senza un soldo.

Non ero quella che aveva subito l'umiliazione peggiore per una donna.

Ero io Isabella.

“Ehi, ne deduco che il posto ti piaccia”

aprii appena gli occhi, accecata dalla luce, accanto a me seduto sull'erba stava Edward che mi fissava,

“è bellissimo, grazie per avermelo mostrato...sembra....sembra l'Eden”

Edward rise “Mi dispiace allora interromperti mia cara Eva, ma è tardi e gli altri ci staranno cercando per mangiare se non hanno già finito tutto”

controvoglia accettai una mano per rialzarmi, e lanciai uno sguardo prima di lasciare questo incantevole posto.

Quando finalmente ritornammo dagli altri e sbucammo dal bosco subito Rosalie ci sgridò:

“Ehi finalmente qualcuno si è degnato di tornare, la carne sarebbe pronta da un po'”

“Dovremmo essere io e Rose quelli che dovrebbero rimpiattarsi visto che festeggiamo, invece tuo fratello e tua sorella sono spariti a “prendere la roba in macchina” ore fa, voi vi siete imboscati nella macchia altrettante ore fa...Bella hai ancora l'erba tra i capelli, almeno nascondi le prove”.

Mi sentii infuocare il volto, mentre mi scuotevo i capelli

“come sempre Emmett tu sai proprio come far sentire a tuo agio le persone” scosse la testa Edward rassegnato lui alle battute del fratello.

Io andai con Rosalie che stava apparecchiando il tavolo con i piatti di carta

“Bella?”

“si?”

“non vi siete imboscati davvero?”

“oddio NO! Siamo andati fino al fiume e mi son distesa sul prato, e basta”

“uh ok” Rosalie continuava ad essere tranquilla, io invece rimasi nervosa e imbarazzata che i fratelli pensassero davvero questo.

Fortunatamente tornarono anche gli ultimi due, prima che iniziassimo a mangiare, o che dovessimo interrompere qualcosa di imbarazzante.

Inutile dire che le battutine sul “richiamo della natura” si sprecarono, e che dagli sguardi decisamente languidi che i due si lanciavano ogni volta, lasciavano intendere quante delle battute fossero...vere!

Mangiammo decisamente con gusto, purtroppo avrei voluto assaggiare un po' di tutto, ma come sempre mi riempii in fretta con un po' di manzo, del maiale e due foglie d'insalata, però ci pensò qualcun altro a spazzolare i vassoi.

Dopo mangiato decisamente pieni e soddisfatti ci buttammo sulle coperte sotto l'albero. Alice e Jasper abbracciati e sonnecchianti, Emmett poggiato al tronco aveva tra le braccia la sua Rose e si sussurravano qualcosa, io stavo semplicemente distesa accanto ad Edward. Dopo un'oretta di quel tranquillo torpore, decidemmo di far qualcosa.

“Edward la strada fino al ponte è ancora segnata vero?”

“sisi certo” rispose lui alla sorella Rose

“Bene allora io e Rose andiamo a fare due passi” decretò Emmett

“si certo come no, l'avete presi i preservativi?” gli disse con sorriso malizioso Edward

“Già per fare i gavettoni!”rincarò la dose Jasper, che però fece scoppiare a ridere tutti compresi i due colpevoli. Avevo capito ormai che in questa famiglia i doppi sensi si sprecavano.

Ben presto Edward e Jasper si misero a fare dei palleggi col pallone, erano davvero bravi, però avevo anche io voglia di giocare, se c'era una cosa che non mancava mai nello zaino di Jared era proprio un pallone, l'unico passatempo che abbiamo sempre avuto.

“Posso giocare con voi?”

“tu sai giocare a calcio?” mi chiese dubbioso Edward

“che vorresti dire? Diciamo che me la cavo”

“E da quando sei diventata brava col pallone?”chiese invece Jasper che conosceva il mio astio da bambina

“da quando era l'unico gioco che si poteva fare col branco, posso?”

“ah...eh ok” mi passarono il pallone e feci qualche palleggio anche io

“siamo dispari però”

“Alice? Tesoro ti va di giocare?”

“A me va sempre di giocare, non sono un gran che però, basta che non vogliate giocare maschi contro femmine”

Giocammo un po' a coppie io con Edward e Alice con Jasper, ovviamente vincemmo ogni volta io e Edward e segnai diversi Gol.

“Voglio giocare anche io un po' con Bella” disse Jasper, si ripeté il copione, decisamente Alice non era una gran giocatrice, fece un gol ma non era molto brava, però ci rideva sopra con i fratelli.

Quando persero di nuovo e io e Jasper festeggiavamo, tornarono finalmente i due sposini

“Hei anche noi vogliamo giocare! ...Io sto con Jasper!”Disse Emmett raggiungendo il fratello

“Allora io con Bella!” disse Edward

“ovviamente come poteva stare senza la sua Bella!” la solita battutina

“ridi, ridi, Rose sei con noi?”disse ancora Edward

“Certo” disse la ragazza affiancandoci

“Beato fra le donne Edward” gli disse Alice

“E che donne!” disse Rosalie affiancando il fratello e muovendo un ciuffo di capelli teatralmente, suscitando l'ilarità di tutti.

“vabbè a noi rimane la mia nanetta preferita!”disse Emmett prendendo il braccio la sorellina e sollevandola di peso

“Ehi, montagna mettimi giù” disse però quella che non la smetteva di ridere.

Lasciammo Rosalie in porta, mentre i ragazzi Alice e iniziammo a giocare.

Non ricordo di essermi mai divertita tanto.

Ci mettemmo a giocare e non esisteva più nulla, i miei problemi fisici, l'imbarazzo a sfiorarmi con Emmett...tutti i problemi del mondo.

Non andò affatto male, per quanto i due ragazzi fossero più forti, io ed Edward ci intendevamo bene, e con dei passaggi davvero ad effetto, facemmo anche dei bei gol. Alla fine eravamo così distrutti che non riuscivamo più a correre e per fermarmi Jasper cercò di placcarmi con le braccia.

Io Edward e Rosalie perdemmo però di soli due Gol di scarto.

Accendemmo un po' lo stereo per riposarci, Rosalie mise la canzone del matrimonio, e ballò con lui quel lento. Osservarli era una gioia per gli occhi, erano davvero belli, sembravano un principe e una principessa, come nelle favole. Era strano avevo pensato raramente all'amore, al significato a cosa fosse, ma in quel momento se mi avessero chiesto cos'è l'amore? avrei risposto Emmett e Rosalie.

“sono belli vero?” disse Edward

“si molto”

“a Emmett piace Rosalie dal giorno che portarono quella bambolina bionda a casa, così mi ha sempre detto. Le è sempre piaciuta ma non ha mai fatto nulla ne detto nulla tranne darle tante attenzioni. Quando stavamo crescendo, beh allora li diventò più difficile Rose è una bella ragazza e attirava sguardi e ragazzi come api al miele, giuro che vedere Emmett piangere perché Rose usciva con un ragazzo mi faceva stringere il cuore, eppure ero un bambinetto, in seguito quando venne anche Jasper, entrambi cercammo di convincerlo a dichiararsi, senza successo. Mamma e papà lo capirono ad un certo punto, ma non erano molto felici, erano preoccupati per gli eventuali effetti, e dovemmo spiegargli che era proprio cotto e non era una cosa brutta. Un giorno Emmett deve aver beccato Rose con un ragazzo, erano grandi ormai, quel giorno non si trattenne più e dette un pugno al tipo, litigò con Rose, ma tra le urla lui le confesso finalmente che era innamorato di lei dal primo giorno, da quel giorno cominciarono ad evitarsi”.

“Cosa?”

“già era imbarazzante, ma si dovevano vedere ogni giorno, sempre, lui si vergognava e si era quasi rassegnato di aver perso anche una sorella, mentre lei era spaventata, un giorno non so come si chiarirono e si riavvicinarono, ma ormai si guardavano con occhi diversi, senza muri davanti, Emmett tornò ad essere apprensivo e pieno di riguardo, e lei stavolta ci fece attenzione, gli diede una possibilità e uscirono insieme, ci vollero un paio di mesi per il bacio. Mio fratello piombò nella notte in camera mia e di Jasper, facendoci saltare di paura tra l'altro, e abbracciandoci di colpo mentre mi stritolava ci disse che si erano finalmente baciati. Emmett ha sempre fatto così ha sempre condiviso con noi i suoi momenti speciali, tornò da noi per dirci della prima sessione di lunghi baci, le prime coccolo audaci, quando fecero quasi l'amore e quando lo fecero, con dettagli che si poteva anche risparmiare, visto che comunque Rose era anche mia sorella.”

Risi, addolcita però dal racconto, erano bellissimi.

“Già però Jasper e Alice sono ancora di più, sono due anime complementari ma affini. Alice non ha mai avuto un vero ragazzo che io sappia, se non Jasper.” mi disse ancora Edward, i due stavano ancora a sedere e si dondolavano a ritmo delle canzoni.

“Mi dispiace ragazzi ma sono già le sei e mezzo e dovremmo proprio tornare a casa ormai, tra poco farà anche buio”

con un po' di tristezza lasciammo quell'incantevole posto.

Edward si mise spontaneamente alla guida e io lo seguii davanti, lasciando i due oggi in fase “coppietta” dietro. Nel paese prima di arrivare a casa Edward si fermò in una pizzeria e prese delle pizze a taglio da portare a casa, a nessuno andava di cucinare stasera.

Gli sposini tornarono a casa loro, mentre noi quattro mangiarono la pizza casa, l'indomani mattina ci organizzammo per pulire casa da cima a fondo, e convinsi tutti di voler partecipare.

Quella sera mi addormentai stanca ma tranquilla, e non feci alcun incubo.

Sinceramente, so che è venuto fuori un po' frettoloso, spero non lo sembri troppo. E altrettanto sinceramente è davvero un brutto capitolo dopo averlo riletto.

Avevo in mente questa gita fuori porta.

Una cosa che adoro, avete mai fatto picnic, o lunghe passeggiate nei boschi??? Sono magnifiche, è rilassante e ti sembra davvero di respirare meglio rispetto alla città, poi se ci andate di mattina c'è quell'odore di erba fresca, oppure di rugiada degli alberi, quell'aria frizzantina...

Piccolo particolare il giorno in cui Bella arriva all'ospedale, quando Edward e la sorella la portano in una stanza e le danno qualcosa per dormire, Edward descrive un bellissimo posto nel bosco pieno di fiori e dell'aria pura, beh, come avrete capito è la sua radura.

Grazie Immenso agli 8 ragazzi che hanno lasciato le recensioni:

((Mi chiedo una cosa, perché lo chiamate tutti quel povero Emmett emmy-pooh?? Cioè non è che assomiglia ad un orso, nel libro Rose lo chiama scimmione non orso, a lui piace mangiare gli orsi, visto che loro volevano mangiare lui, inoltre … ma vi piace proprio winnie-pooh?

Io l'ho sempre trovato un orsetto abbastanza stupido? o_O ))

Ovviamente son gusti!

-fabiiiiiiiii

-giova71

-Baby77

-Gattino Bianco

-vally80: grazie molto gentile quello che hai scritto!

-vanderbit

-Cuore

-RenEsmee_Carlie_Cullen

27 -Eccomi questo capitolo mi è venuto meglio dello scorso, lo so non ho dei tempi prefissati, capisco che siate curiosi, ma purtroppo, gli impegni come voi avete la scuola e le vostre attività, anche a me il lavoro porta via tempo, in questi giorni son pure raffreddata, ma lavoro uguale purtroppo, anche se non è proprio una goduria, stare fissa con il fazzoletto in mano.

Eccolo.

Pov Bella

Mi sentivo un po' come cenerentola...

Anzi forse non è giusto dire cenerentola, d'altronde non avevo certo le sorellastre cattive che mi imponevano di pulire casa, mi ero proposta volontariamente di dare una mano.

Forse più che cenerentola ero uno dei topini che le davano una mano, quelli che cantavano e ballavano, col grembiule e la pezzuola.

In effetti è proprio così che sembriamo, i ragazzi hanno messo pantaloncini da mare e delle vecchie t-shirt sbiadite, io ed Alice i pantaloni della tuta e una magliettina...e abbiamo la fatidica pezzuola per tenere i capelli.

Stamani appena svegli sembravamo un esercito con tanto di armi e Jasper che comandava come attaccare, suonava un po' così:

“Edward, spugna, anti-calcare, brillante per acciaio, rendi la cucina così brillante da abbagliare tutti, vai!”

“Si, signore!”

“Bella, scopa, cassetta del sudicio, detersivo per pavimenti, spazzolone e secchio, tu pulirai le superfici terrene, voglio che sembri uno specchio tanto da camminarci scalzo”

“Si, signore”

“Alice, spray, pezza e anti-polvere, voglio un salotto immacolato nessun soprammobile, mobile o ripiano deve contenere un granello di polvere”

“Si, signore”

“quanto a me mi occuperò di togliere tutte le tende, lavarle, e pulire tutti i vetri”

“siete pronti, ai posti di combattimento....all'attacco!!”

Ok....forse non era andata così, nessun -si, signore- e nessun combattimento, anzi nonostante la stanchezza già dopo qualche minuto, avevano acceso la radio molto alta e questa teneva compagnia, soprattutto quando cantavano i ragazzi, io non conoscevo neanche una canzone.

Poche ore dopo erano arrivati anche Emmett e Rosalie che erano stati spediti subito a pulire subito la palestra e la camera che avrebbe ospitato i loro genitori.

Mentre i ragazzi finirono via via i loro compiti, prima Alice e Edward andarono a ripulire anche il bagno e lo studio al pian terreno, le uniche stanze a quel piano ancora non toccate.

In breve li raggiunsi, lo studio era strano, senza tutti i libri ammonticchiati sui tavoli che gli davano un'aria più vissuta. Edward era sulla scala che puliva con uno spolverino sopra i libri e Alice puliva tutte le altre superfici, quando finirono di spolverare spazzai e passai lo spazzolone in terra.

Intanto Emmett girava la casa con un bastone lunghissimo, che credo servisse per eliminare eventuali ragnatele dal soffitto, Rose puliva il corrimano delle scale, Alice era corsa in camera sua a rimettere a posto.

All'ora di pranzo Emmett e Jasper andarono alla rosticceria a prendere qualcosa di pronto.

Mangiammo in fretta e finimmo di pulire subito dopo le nostre stanze, per poi finalmente farci un bagno.

I signori Cullen sarebbero arrivati circa alle quattro, avevo una mezz'oretta circa per vestirmi e provare a curarmi. Ero estremamente nervosa, non avevo mai sperimentato l'ansia prima di un appuntamento ma supponevo si avvicinasse alla mia. Pantaloni grigi e una camicetta bianca, capelli sciolti e un incontro ravvicinato con lo specchio.

Come mi immaginavo Alice venne da me per controllarmi, ormai avevo capito che fosse il mio supervisore. Gli piacqui, e confermò il mio “stile”.

Sempre costretta da lei mi truccai, lei lo faceva su se stessa e io la copiai, certo rischiai di accecarmi più volte ma riuscii in un risultato decente.

Anche Rose mi venne incontro chiedendo se avessi bisogno di una mano,

“Evidentemente no, complimenti Bella stai una favola, Alice sei stata tu?”

“oh no tutto merito suo” Rose sembrava soddisfatta, “Adesso scendiamo belle”

Anche i ragazzi si erano fatti carini, abbandonate le t-shirt sbiadite, erano passati a dolcevita, più “Perbene” e si erano sbarbati.

Volevano davvero fare una bella accoglienza ai loro genitori.

“Complimenti ragazze” ci accolse Jasper.

Si accomodarono nell'attesa sul divano e chi come me sulle poltrone.  Giocherellavo con il ciondolo a forma di stella, ogni momento sempre più nervosa. Sentii la voce di Edward sedutosi sul bracciolo della mia poltrona provare a rassicurarmi.

“Stai tranquilla non devi temere niente e nessuno, non cambierà niente tu sii Isabella Swan e stai serena, sorridi un po' mi piace quando sorridi”

Edward mi aveva bloccato la mano sul ciondolo e mi sorrideva tranquillo, sentii quasi la sua calma confortarmi. Mi guardai in giro e incontrai lo sguardo di Jasper anche lui sorridente e quello di Emmett che mi fece l'occhiolino. Era davvero piacevole ricevere tanti sguardi entusiasti e tanti sorrisi, d'altronde non avevo fatto nulla di male, dopo una vita di disprezzo meritavo anche io una dose di sorrisi.

Sentimmo un'auto fermarsi non lontano da casa, ma fu il campanello a farci alzare tutti in piedi. Alice corse a premere il tasto di apertura automatica del cancello. Il rumore delle ruote nel vialetto sassoso risuonò più forte e alla fine l'auto si fermò, quando il portone di casa si aprì, fuori di questo stava la nota figura di un taxi giallo acceso, una figura sconosciuta, l'autista era sceso e stava già scaricando dal baule dell'auto una serie di valigie blu.

Davanti alla porta si era appena aperto lo sportello e da questo ne era scesa una figura sconosciuta ma familiare, per le migliaia di foto che la ritraevano nella casa insieme al marito e ai figli adottivi.

Esme Cullen era bella, i capelli sciolti erano color caramello, indossava una camicia grigia fumo e una gonna nera, era poco più alta di Rosalie, forse grazie ai tacchi, anche se poco alti ma era più bassa di me, che raggiungevo Jasper in altezza.

Quando si volse il suo volto si trasformò subito in un enorme sorriso alla vista dei suoi ragazzi, e Emmett non perse tempo nell'abbracciarla.

“Mamma, mamma” sembrava un piccolo corpo rispetto ad Emmett, ma per come lo avvolse tra le sue braccia, cullandolo e strofinando le sue mani sulla schiena, si capiva chi fosse il bambino.

Mi dimenticai all'istante qualsiasi astio ci potesse essere con quella donna, quando sciolse l'abbraccio, accarezzò più volte il volto del suo bambino, riempiendolo di baci, che lui accettava senza vergognarsi ma col sorriso.

Quando sentii una portiera battere, e il taxi ripartire notai anche la figura dell'uomo vicino ai bagagli, che stava rimettendo in tasca il borsellino, sicuramente dopo aver pagato il tassista. L'uomo sembrava sulla cinquantina, i capelli biondi e bianchi, qualche ruga sul volto, ma un fisico che faceva invidia quasi ai figli, tanto era asciutto e prestante. Ben presto anche le sue braccia furono occupate da un caldo abbraccio, nella quale Alice ci si era letteralmente tuffata, facendosi sollevare come una bambina.

“Ah la mia piccolina, stai attenta che non son più giovane come una volta” le disse dopo riaverla appoggiata in terra e baciato la fronte. L'uomo si riavvicinò alla moglie, che stava adesso stritolando Jasper in egual modo del fratello, il quale però era un po' in imbarazzo dalle dimostrazioni d'affetto, come potei notare.