Thinking Of You di milly92 (/viewuser.php?uid=28249)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Relax, Take It Easy ***
Capitolo 3: *** Material Girl ***
Capitolo 4: *** Il Sole Esiste Per Tutti ***
Capitolo 5: *** Innocence ***
Capitolo 6: *** E' Già Domenica ***
Capitolo 7: *** Fly Like You Do It ***
Capitolo 8: *** Cammina Nel Sole ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Un paio di
bottiglie vuote per terra, con al loro fianco due bicchieri di vetro
inutilizzati. Qualche candela ormai quasi consumata, che continuava a
diffondere per la stanza uno strano aroma. La mia borsa con i libri
dell’università al fianco delle buste di alcuni
negozi di vestiti comprate da lei…
Se i signori
Solari avessero visto tutto quel disordine nel soggiorno della casa che
avevano
ristrutturato e lasciato alle loro figlie di sicuro si sarebbero
arrabbiati
moltissimo, ma al momento non poteva fregarmene di meno visto che la
mia sfera
sensoriale era occupata da altri pensieri, e nemmeno le urla del signor
Solari
dovute al modo con cui sua figlia se ne stava addosso a me avrebbero
potuto
distrarmi.
Ti
prego, Luna, non smettere…
Come ho
fatto a resistere cinque mesi?
Guai a
chi prova a interromperci proprio ora, ce
lo meritiamo dopo tanta attesa e aver passato tutti gli esami
all’università…
Lentamente,
con una pacatezza che non credevo di poter ottenere al momento, feci
sì che la
mia ragazza si ritrovasse sotto di me prima di continuare a torturarla
con una
scia di baci dovunque, mentre lei faceva lo stesso con me. Potevo
sentire la
pelle delle sue gambe a contatto con le mie, e ciò non
poteva non mandarmi
ancora di più in tilt.
Chi aveva
inventato gli shorts? Dovevo fargli un momento, questo era poco ma
sicuro.
La fissai per
un momento; era bellissima con gli occhi socchiusi e una pura
espressione di
rilassamento totale dipinta su quel volto che tanto amavo in ogni suo
piccolo
particolare.
Avevo appena
iniziato a sbottonare la sua camicetta bianca che avvertii la sua mano
circondare il mio polso e bloccarlo.
“Marco, sai
quanto mi piacerebbe ma tra mezz’ora zia Kitty
sarà qui, vuole farmi vedere
l’album del matrimonio…”
sussurrò, tra il seccato e il dispiaciuto.
“Credimi,
me lo sono ricordato mezzo minuto fa” aggiunse, come se
volesse rassicurarmi
per il fatto che non dipendesse da lei.
Com’era dolce
quando faceva così! Non ce n’era bisogno, sapevo
perfettamente che mi
desiderava quanto io desideravo lei, me l’aveva fatto capire
ogni singolo
giorno degli ultimi due mesi, ma tra esami e fratelli rompiscatole non
eravamo
riusciti a creare l’atmosfera
e il
momento giusto per un evento simile e importante come la sua prima
volta, anzi,
la nostra prima volta.
“Va bene, non
c’è problema, ma almeno hai visto che non dipende
nemmeno da me, mi stavi
letteralmente facendo impazzire…” dichiarai a
bassa voce contro il suo
orecchio, facendola fremere lievemente.
Mi guardò con
rimprovero, prima di alzarsi e abbottonarsi l’unico bottone
che ero riuscito a
sbottonare. “Se fai così mi metti in
difficoltà…” mi fece notare,
sistemandosi
i capelli e sventolandosi con la mani, evidentemente per darsi una
calmata,
cosa che avrei fatto bene a fare anch’io dal momento che ero
ancora parecchio
su di giri. Non riuscivo a non guardarla e a soffermarmi sulle sue
gambe snelle
e sulle sue forme ben proporzionate…. Ormai la desideravo
troppo, non potevo
negarlo.
Il suono del
campanello annunciò la fine della nostra quiete,
così Luna mi fece segno di
togliere le bottiglie e tutto il resto da terra mentre andava ad aprire.
Obbedii,
sorridendo e ripensando al fantastico modo con cui avevamo festeggiato
la fine
della mia sessione di esami, dopo che lei aveva avuto
l’ultima prova due giorni
prima, con birra gelata, pasticcini e schifezze varie, e non potei non
pensare
con una fitta di rimpianto a come avremmo potuto completare
l’opera se qualcuno
non ci avesse disturbato…
“Buon
pomeriggio cognatino!”.
Avevo giusto
gettato tutto nella spazzatura che la voce squillante della mia
migliore amica
Stella, nonché gemella di Luna e ragazza di mio fratello mi
risvegliò da quei dolci
pensieri.
“Ciao Stella!”
la salutai, prima di fare un cenno a mio fratello Mario, alle sue
spalle.
“Sono venuta
per dirvi la novità del momento”
continuò lei, fissando la sua gemella che la
guardava attentamente.
“E sarebbe?”
domandammo in coro.
“Tra due
giorni andiamo a Firenze, mamma e papà ci vogliono parlare e
far conoscere una
persona, per cui ci soffermeremo qualche giorno
lì… Non è fantastico?”
dichiarò
entusiasta. “Ovviamente siete invitati anche voi
due”.
Cercai di non
scambiare uno sguardo d’intesa con la mia ragazza, ma fu
inutile: entrambi ci
guardammo rassegnati, come a dire “ciao ciao, mi sa che
riprenderemo quel
famoso e sempre incluso discorsetto
tra almeno una settimana”. Tutta colpa dei padri troppo
possessivi e gelosi di
una minima carezza, ma dico io… Possibile che non stesse mai
tranquillo al
cento per cento con un ragazzo così calmo e rispettoso come
me???
*°*°*°*
Ciao a tutti!
Ed eccomi qui
con il seguito di “Dillo Alla Luna”, che
rappresenta il punto vivo della
storia, dato che quella precedente può essere considerata
come una storta di parentesi
che ha sondato il terreno per gli eventi che succederanno qui. Il
titolo è
preso dalla canzone di Katy Perry, che vi consiglio di ascoltare e
leggere la
traduzione se vi và di comprendere un po’ come si
evolverà la storia. Chi non
ha seguito quella precedente, comunque, non deve farsi problemi visto
che
comunque spiegherò ogni singola cosa riscontrata nella parte
precedente.
Cosa dirvi,
spero che questo prologo vi sia piaciuto. Purtroppo per aggiornare ci
metterò
un po’, anche qualche mese, perché ultimamente
sono molto occupata e ho avuto
un calo d’ispirazione, ma ci tenevo a pubblicare il prologo
come “promessa” di un
seguito.
Detto ciò, vi
lascio una parte tratta da quel poco che ho scritto del primo capitolo:
Nonostante
la casa fosse abitata solo da me e
Stella, non avevamo mai un attimo di pace tra pulizie e parenti che
spesso
venivano a trovarci per controllare se andasse tutto bene, quindi per
me
staccare la spina e allontanarmi un po’ da tutti loro con un
viaggio dai miei
era una cosa positiva, comunque sempre c’era qualcuno che
rompeva le scatole,
tanto valeva che ciò fosse rappresentato dal mio paparino
che non vedevo da
settimane!
“Fa
come vuoi allora” mi arresi infine, conscia
del fatto che niente e nessuno avrebbe potuto dissuaderlo dalla sua
decisione
di organizzare questo viaggio. “Organizza un viaggio dove
vuoi, anzi, a questo
punto vedi se c’è qualche volo low cost per
Spagna, Francia e
giù di lì”.
S’illuminò
di botto, come se gli avessi detto
chissà che, e subito si fiondò sul mio portatile
di nuovo, cercando particolari
siti su cui speculare.
A presto!
La vostra milly92.
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Capitolo 2 *** Relax, Take It Easy ***
Relax, Take It Easy
“In
realtà no,
cioè ,
abbiamo riflettuto molto e abbiamo deciso che non è giusto
che stiate ancora
sulle spalle dei nonni e sapendo che non avreste lasciato di nuovo
Maddaloni” e
così dicendo papà lanciò uno sguardo
molto colloquiale ai due ragazzi, “Abbiamo
comprato di nuovo l’appartamento per consentirvi di viverci
da sole, visto che
noi, se per voi va bene, vorremmo vivere insieme a Firenze. Vostra
mamma mi ha
già trovato un lavoro in una redazione lì, la
stessa in cui lavoravo prima
della separazione….”.
“Ma se voi volete
ancora vostro padre vicino non ci sono problemi, verrò nei
week end….” aggiunse
subito mamma, vedendo che io e Stella non rispondevamo.
Alla fine ci guardammo
con un’occhiata eloquente, annuimmo e così dissi:
“Ormai siamo abbastanza
grandi per cavarcela da sole, no? Voi pensate a stare insieme e a
essere
felici, ve lo meritate. Semmai veniamo a trovarmi noi ogni
tanto…”.
“Dillo
Alla Luna”, capitolo 23
Capitolo
I
Relax,
Take It
Easy
Non avevo mai
adorato l’estate così tanto ad essere onesti. Ero
troppo impegnata con la mia
vita privata per potermi lasciarmi seccare da fattori scontati come il
caldo,
l’afa e la voglia di vacanze.
Mare? Sole?
Hotel, villaggi turistici, paesini nuovi da visitare? Non ne avevo
proprio
voglia, stremata dalle fatiche per l’ultimo esame del secondo
semestre del mio
primo anno all’università, la Facoltà
di Lingue presso l’Orientale di Napoli.
L’unica cosa importante e fondamentale per
quell’estate che si prospettava era
passarla tra le braccia di una certa
persona…
“Luna, amore,
senti qua che offerta! Due settimane all’Isola
d’Elba con pensione completa,
piscina e saune
incluse a solo… Oh, ma è
a inizio settembre, sembrava troppo bello per essere vero!”.
Sospirai,
avvicinandomi al mio ragazzo Marco che usufruiva liberamente del mio portatile nella mia
stanza mentre io me ne stavo incollata al ventilatore a pochi
metri da lui. Ok, era vero che fattori come il caldo non mi seccavano,
ma
perché rinunciare a qualche piccola comodità che
poteva aiutarmi a sentirmi
solo un po’ più fresca?
“Perché per
oggi non la smetti di giocare a fare l’impiegato di
un’agenzia di viaggi e non
impieghi il tuo tempo nel migliore dei modi?” domandai
sarcastica, obbligandolo
a voltarsi verso di me e indicandomi discretamente, guardando altrove.
“E’ proprio
perché voglio trascorrere del tempo con te nel migliore dei
modi che sto
cercando di organizzare una vacanza decente senza i nostri fratelli o
qualsiasi
essere umano tra i piedi dopo che saremmo andati dai tuoi a
Firenze…” rispose a
tono, usando una certa dose di sarcasmo a sua volta e fissandomi con i
suoi
occhioni blu, che, chissà perché, al solo fare certi pensieri scintillavano ancora di
più, tanto da sembrare
accesi da uno strano fervore.
Roteai gli occhi,
incrociai le braccia e
poi alzai il
mento. La visita a Firenze dai miei! Ormai non pensava ad
altro… Certo, nemmeno
a me andava di passare del tempo con papà che rompeva le
scatole e faceva
smorfie di disappunto per ogni nostro minimo gesto, oltre al fatto che
ci
seguiva dappertutto come un cane da guardia, ma poi quel paio di giorni
sarebbe
passato, invece restava il fatto che a Maddaloni non riuscivamo mai a
starcene
un po’ per conto nostro. Nonostante la casa fosse abitata
solo da me e Stella,
non avevamo mai un attimo di pace tra pulizie e parenti che spesso
venivano a
trovarci per controllare se andasse tutto bene, quindi per me staccare
la spina
e allontanarmi un po’ da tutti loro con un viaggio dai miei
era una cosa
positiva, comunque sempre c’era qualcuno che rompeva le
scatole, tanto valeva
che ciò fosse rappresentato dal mio paparino che non vedevo
da settimane!
“Fa come vuoi
allora” mi arresi infine, conscia del fatto che niente e
nessuno avrebbe potuto
dissuaderlo dalla sua decisione di organizzare questo viaggio.
“Organizza un
viaggio dove vuoi, anzi, a questo punto vedi se
c’è qualche volo low cost per
Spagna, Francia e
giù di lì”.
S’illuminò di
botto, come se gli avessi detto chissà che, e subito si
fiondò sul mio
portatile di nuovo, cercando particolari siti su cui speculare. Dal
canto mio
mi limitai a tornare vicino al mio amato ventilatore dato che la
temperatura di
quell’afosa giornata di luglio non accennava a voler
diminuire, e ci restai
finchè il mio cullare non iniziò a squillare,
rivelandomi una chiamata da parte
di mia cugina Miriam.
“Miri, dimmi!”
la incitai subito, visto che quello per lei era un giorno importante,
quello in
cui aveva gli orali dell’esame di maturità
classica. L’avevo aiutata a ripetere
nell’ultimo mese, e speravo
tanto che il
mio aiuto fosse servito a qualcosa.
“Mi hanno dato
ventisette su trenta, quindi facendo la somma di tutti i punti farebbe
ottantotto!” esclamò agitata. Conoscendola,
già la immaginavo mentre si
dimenava, appena uscita dalla sala dove aveva avuto il colloquio, con
la chioma
bruna come la mia legata in una coda, il top verde portafortuna che le
avevo
regalato e la faccia con delle belle occhiaie bluastre dovute
all’agitazione e
alla mancanza di sonno.
Marco si girò
verso di me, curioso.
“Ottantotto?
Bravissima, un voto in più a me!” le ricordai
ridendo, e così lui sorrise, contento
per Miriam. Le aveva dato una mano a sua volta con le sue perle di
saggezza di
storia dell’arte, materia che mia cugina non amava
chissà quanto.
“Oh, come sono
felice Lu! Mi sono tolta un macigno dallo stomaco! Ora vado, corro a
casa a
dirlo a mamma, conoscendola starà passeggiando ansiosa per
tutta la casa…” si
congedò.
“Certo,
salutamela e ricordale che avevo ragione sul fatto che non doveva
preoccuparsi
sulla bravura di mia cugina la genietta” dissi con una punta
di sarcasmo, visto
che la zia tendeva ad essere fin troppo ansiosa quando ci si metteva, e
così
staccai la chiamata.
Poco dopo, dal
canto suo, Marco chiuse di scatto il portatile, mentre me ne stavo
distesa sul
letto, intenta nel guardare il soffitto e a usufruire
dell’aria fresca emanata
dal ventilatore.
“Che
c’è, l’agenzia
di viaggi è fallita?” bofonchiai sarcastica,
alzandomi sui gomiti per guardarlo
in faccia.
Scosse il capo
con aria birbante, scuotendo i suoi ricci corvini. “No, mi
sono scocciato. Voglio
seguire un po’ il tuo consiglio di
prima…”.
“Quale?”
chiesi.
Per tutta
risposta, si impossessò delle mie labbra e, senza
esitazioni, iniziò ad
accarezzarmi la schiena sotto il top che indossavo. Presa alla
sprovvista,
realizzai dopo pochi secondi a cosa si riferisse, prima di iniziare a
provare
tutte quelle sensazioni fin troppo evidenti che provavo solo quando ci
spingevamo un po’ oltre. Era una magnifica tortura sentirlo
accarezzarmi sempre
più su, diretto verso il reggiseno che indossavo, e lo fu
ancora di più quando
iniziò a torturarmi il collo come solo lui sapeva fare.
Cercai di non
sospirare, e mi ci volle chissà quale sforzo per riuscirci.
“Quanto ci
scommetti che…” iniziò a dire, tra un
bacio e l’altro, prima
che, puntuale come un orologio svizzero,
il telefono di casa iniziasse a squillare insistentemente.
“Uffa! Che
palle, giuro che…” m’infervorai,
staccandomi di malavoglia da quel corpo così
sensuale e attraente per prendere il cordless.
“Amore, ormai
è matematico, qui non si può combinare
nulla… Perciò, lasciami trovare il
posto
per la vacanza e li
manderemo tutti a
quel paese…” sussurrò lui, sbuffando.
Annuii, dandogli
mentalmente ragione, e risposi al telefono, scoprendo che era mia nonna
che
faceva la sua telefonata giornaliera per sapere se filasse tutto
liscio.
Come tutte le
sere delle ultime settimane, zia Kitty e suo marito Michele,
nonché mio capo
nel locale in cui lavoravo, vennero a farmi visita, anche per augurarci
buon
viaggi visto che l’indomani saremmo andati a Firenze, ancora
più allegri del
solito. Non mi ero ancora abituata al fatto che la mia zia preferita si
fosse
sposata in così poco tempo, eppure ero felice per lei, anche
perché suo marito
era un uomo speciale che sapeva comprenderla nel suo essere un
po’ “pazza”
quando ci si metteva.
Marco era tornato
a casa per cena insieme a suo fratello Mario, visto che dovevano finire
di
preparare le valigie, ragion per cui, prima dell’arrivo degli
zii, io e Stella
stavamo guardando un film dopo aver ordinato la cucina.
“Nipotine, se
sapeste…” trillò la zia appena aprii la
porta. I capelli che fino a qualche
mese prima erano stati rossi, ora le scendevano lungo le spalle, ricci
e
castani, e i suoi occhi erano quasi dilatati da uno strano moto di
felicità, la
cui causa ci era ignota.
Guardai
interrogativa verso Michele, ma compresi che non avrei ricevuto
ulteriori
risposte, bensì ancora più domande, dal momento
che reggeva in mano una
bottiglia di spumante. “E’ ubriaca?”
dedussi scherzosamente, indicando la
bottiglia.
“No…”
sussurrò
lui, che sembrava quasi un bel po’ spaesato.
Curiosa, li
condussi come mio solito fuori all’ampio balcone del
soggiorno, su cui si stava
abbastanza freschi la sera nonostante la calda stagione. “E
allora che è
successo? Hai vinto alla lotteria?” le domandai mentre
prendeva posto su una
sedia.
“Infatti, che
è successo, zia?” insistè Stella.
“Aspetto un
bambino!” urlò, muovendo gioiosamente le mani. Al
suo fianco, Michele sorrise
bonariamente.
Ovviamente
spalancai la bocca per la sorpresa, proprio come la mia gemella che
però subito
si precipitò a stringere la zia tra le sue braccia, felice.
Appena mi passò il
momento di shock la imitai, e quando mi separai la donna aggiunse:
“Non lo
credevo possibile, sapete? Dopotutto ho quarantasei anni, e
invece…! Il dottore
ha detto che devo stare solo un po’ a riposo e tenere le dita
incrociate per
non correre rischi”.
“Quindi ora mi
tocca fare da uomo di casa al cento per cento”
borbottò Michele falsamente
rabbuiato, tanto che la zia lo spinse minacciosa prima di lasciarsi
sfiorare le
labbra con un tenero bacio.
“E così si
spiega la presenza della bottiglia di spumante! Dobbiamo brindare,
Mister!
Corro a prendere i bicchieri” dissi subito, ancora al settimo
cielo per la zia.
A breve mi sarebbe nato un altro cuginetto… Ero sicura che
sarei stata come una
sorella maggiore per quella creatura, quindi non potevo non dirmi
entusiasta.
Brindammo, ci
perdemmo in chiacchiere, finchè, quando ormai era quasi
mezzanotte, notai che
zia Kitty non faceva che lanciare occhiate sbrigative al mio capo, come
per
incitarlo a fare qualcosa. Li osservavo curiosamente, e attesi
finchè lui,
sospirando, non disse: “Luna, in realtà devo darti
un’altra notizia” con un
tono funereo. La donna annuì, a sua volta quasi dispiaciuta.
“Che cosa?”
domandai senza esitazioni, preoccupata dal loro modo di guardarmi e
parlare.
Cos’era successo di così negativo da suscitare
simili atteggiamenti?
“Vedi”
iniziò
Michele, grattandosi la nuca per poi iniziare a torturarsi le mani con
fare
frenetico, “Io e Kitty abbiamo ragionato e… E la
nascita del bambino porterà a
tanti doveri…”.
“Si…”
l’assecondai, senza capire dove volesse andare a parare.
“… Tanto
impegno….”.
“Si, e
allora?”.
“E soprattutto
tante spese…”.
Feci
l’ennesimo cenno affermativo col capo, mentre al mio fianco
Stella trattenne il
fiato. Che aveva? Aveva compreso forse qualcosa che a me sfuggiva?
“No, Michele,
non dirmi che è come ho capito!” disse subito,
togliendosi i lunghi capelli da
sopra la spalla e fissandolo. “Non dirmi che è
come diceva la signora Rosa!”.
“Beh,
si…”.
Ormai seguivo
quel discorso come se fosse stata una partita di pallavolo, fissando
prima mia
sorella, poi Michele, e infine la zia che aveva una faccia fin troppo
consapevole di ciò che sarebbe successo di lì a
poco. Che c’entrava la signora
Rosa, la proprietaria del negozio in cui lavorava Stella, quello di
fronte al
locale di Michele?
“No! Cioè,
Michele, capisco tutto ma…”.
“Ma si può
sapere che state blaterando voi due? Che succede?” chiesi
scocciata, rizzandomi
meglio sulla sedia, infastidita nel non capirci un tubo di quella
discussione.
“Succede che
ci dispiace ma Michele deve restringere le spese del negozio e visto
che tu hai
una situazione economica migliore di Antonio e Gianluca, Michele deve
licenziarti” disse in fretta zia Kitty, comprendendo che se
fosse stato per
Stella e suo marito non saremmo mai arrivati al nocciolo della
questione. Fece
un sorriso amaro, proprio come l’uomo al suo fianco.
“Si, Luna, mi
dispiace ma…”.
“Tranquillo, è
giusto che sia così, figurati” sussurrai. Wow,
ecco che sapevo come ci si
sentiva ad essere licenziati. Era una brutta sensazione, adoravo il mio
lavoro,
mi piaceva stare lì con Michele e i ragazzi, anche se quando
c’erano troppi
clienti mi sarebbe venuta voglia di evadere e sapere che non ci sarei
più
potuta tornare mi infondeva una gran tristezza, oltre alla
consapevolezza del
fatto che ormai il mio stipendio mi era indispensabile per poter
concedermi
qualche sfizio in più, dato che non amavo chiedere i soldi a
mamma e papà oltre
quelli delle bollette e del cibo.
Mi voltai vero
Stella, che sembrava quasi tramortita. “Sei stata gentile a
preoccuparti per
me, Stella, se ti fossi spiegata meglio…!” dissi
con sincerità.
Lei mi guardò
levando un sopracciglio, sbuffando. “Ma che hai capito, mi
dispiace perché sono
licenziata anche io dal momento che ho avuto la conferma che Michele,
oltre
licenziare te, farà affari con Rosa che ha intenzione di
togliere il negozio di
vestiti e di aprire un supermercato con cui farà affari.
Questo non lo dici
alla tua ex dipendente?” aggiunse rivolta verso Michele, che
annuì tristemente.
Oh, meraviglioso. Sia io che Stella eravamo state licenziate in un
battibaleno,senza
avere il tempo di rendercene conto o di aver commesso un atto per cui
valga la
pena non essere più assunte.
“Dobbiamo
trovare una soluzione!” avevo detto quella sera, appena zia
Kitty e Michele se
n’erano andati, ancora dispiaciuti, ed era stato
così che io e la mia gemella
avevamo passato una notte quasi insonne per cercare di rimediare ai
nostri
licenziamenti. Ormai era estate e quindi non lavoravamo più,
ma dovevamo
trovare una soluzione al nostro problema entro settembre, mese in cui i
nostri
risparmi sarebbero finiti. “Il prima possibile! E poi io e
Marco stiamo
programmando un viaggio e ho bisogno di sapere che i soldi che
spenderò li
recupererò” bofonchiai, nonostante il sonno,
sbadigliando.
Sedute a gambe
incrociate sul suo letto, alla luce di una lampada, ci guardavamo in
attesa
della cosiddetta lampadina che si accende nei cartoni animati quando un
personaggio aveva un’idea.
“Almeno tu non
li hai ancora spesi! Io ho già dato la mia quota per il week
end in montagna
con Mario, sua cugina e il suo ragazzo…” disse
tetra. “Insomma, cosa dobbiamo
fare? La signora Rosa mi pagava bene, certo, ma visto che sono stata
licenziata
voglio aspirare ad un lavoro migliore, tipo uno che mi faccia
guadagnare
abbastanza senza stare così tante ore al lavoro”.
Levai un
sopracciglio, scettica, prima di scuotere il capo con aria contrariata.
“Stella! E pensa che non studi nemmeno! Cosa dovrei dire io?
Non posso mai
dimenticare le due settimane che Michele è stato in viaggio
di nozze e me la
sono dovuta vedere da sola con Antonio e Gianluca con l’esame
in vista!” la
rimproverai severamente. Non la sopportavo quando faceva la fraccomoda
ad
essere onesti, dopotutto lei poteva permettersi di lavorare molto anche
perché
poi alla fine guadagnava molto più di me. Anzi, a causa del
suo eccessivo
“stress” qualche volta aveva fatto sì
che, tornata esausta dai corsi
all’università, dovevo anche fare le pulizie da
sola visto che se ne andava a
dormire subito dopo cena. Il solo pensiero di quei suoi atteggiamenti
mi faceva
ancora ribollire, se ci riflettevo.
“Ma che
c’entra! Insomma, il punto è che dobbiamo
approfittare di questo licenziamento
per migliorare la nostra situazione, trovare degli impieghi che ci
consentano
di gestire meglio la nostra vita….”
ribattè decisa, stringendo il pugno.
Mi accasciai
sul letto, fissando il soffitto appena illuminato dalla luce fioca
della
lampada, sospirando. “Si dice che la notte porta consiglio,
no? Perciò andiamo
a dormire, domani ci aspetta un’asfissiante viaggio in
auto” mi arresi infine,
alzandomi a fatica visto che sentivo il sonno invadermi e
l’ansia crescere nei
confronti di quelle interminabili ore da trascorre in macchina tra afa,
traffico e Mario e Stella che di sicuro litigavano perla canzone da
ascoltare.
Mia sorella
annuì, e così mi diressi nella mia stanza.
Guardando l’orologio mi accorsi che
erano le tre e mezza; il pensiero di dovermi svegliare tre ore e mezza
dopo era
terribile ma poi sorrisi dicendomi che avrei potuto riposare in auto,
tra le
braccia del mio Marco… Presi il cellulare per mettere la
sveglia quando notai
un messaggio di Marco di due ore prima.
Io vado
a dormire! Non vedo l’ora che questi
giorni passino in fretta perché ho una sorpresa…
Buonanotte piccola, ti amo.
Improvvisamente
sentii il sonno scemare, sia per il fatto che ogni volta che Marco mi
chiamava
“piccola” mi sentivo andare su di giri, sia per il
fatto che adoravo le sue
sorprese, e di certo quella non poteva essere negativa. Aveva trovato
il posto
giusto in cui andare in vacanza forse? Fatto sta che presi sonno alle
quattro
passate e il poche ore dopo, quando Stella venne a svegliarmi alle
sette, mi
sentivo come se fossi stata investita da un bus inglese a due piani.
“Sbrigati!
Insomma, i ragazzi stanno venendo, sbrigatiiii!” mi ripeteva
lei in
continuazione, ma io a stento l’ascoltavo. Nemmeno ascoltai
il campanello che
suonava, quindi per me fu una sorpresa ritrovarmi Marco riflesso alle
mie
spalle, mentre mi guardavo allo specchio per aggiustarmi i capelli.
Proprio
come poche ore prima, il solo saperlo al mio fianco sembrò
rinvigorirmi e così
mi sentii improvvisamente più sveglia, tanto che mi tuffai
tra le sue braccia
senza meditarci.
“Ehi, non ci
vediamo da dieci ore, che sarà mai!” ridacchio
lui, tuttavia stringendomi a sé
in risposta al mio abbraccio.
Alzai la
testa, guardandolo male. “Devi sempre rovinare tutto,
eh?” sbuffai,
allontanandomi e mettendo un po’ di profumo.
“E’ inutile
che fai così, lo so che un giorno senza di me per te sarebbe
deleterio…”
ridacchiò pavoneggiandosi, cacciando uno di quei sorrisi che
in altra sede,
magari di sera, al buio, senza i nostri fratelli in giro per casa, mi
avrebbe
fatto perdere la ragione.
Ma lì per lì,
appena sveglia, stanca e spossata, non avevo la testa per fargli vedere
l’effetto che poteva avere su di me, ragion per cui finii a
spruzzargli addosso
il profumo dopo essermi di nuovo stretta a lui, facendolo ritrarre
rapidamente
dopo aver compreso ciò che avevo fatto.
“Ah, così
impari a rompermi le scatole!” ridacchiai vittoriosa,
ritornando poi a
pettinarmi come se nulla fosse, con lui che si lamentava e faceva delle
smorfie
disgustate per il fatto che ora la sua camicia puzzasse
a causa di un profumo femminile. Non saremmo mai cambiati,
saremmo rimasti sempre i soliti rompiscatole, di questo ne ero certa.
Il viaggio fu
peggio di quello che mi aspettavo, onestamente. Mentre io cercavo di
trovare
una soluzione al fatto
di essere senza
lavoro, Stella aveva iniziato a discutere con Mario sul fatto che una
certa
Gemma lo aveva chiamato mentre percorrevamo l’autostrada,
più o meno verso
Roma, mentre Marco, da grande macho, si era addormentato dopo
mezz’ora di
viaggio.
“Troveremo una
soluzione al vostro problema, tranquille” aveva detto prima
di essere rapito da
Morfeo, e mi aveva lasciato così, sola,con l’unica
allettante prospettiva di subirmi
i litigi di quei
due.
Ragion per
cui, scorgere il cartello che indicava la città in cui avevo
abitato per anni
ed anni dopo numerose ore di viaggio e un paio di soste in qualche
affollato
autogrill fu un
vero e proprio sollievo.
“Siamo già
arrivati?” domandò Marco con voce assonnata quando
iniziai a scrollarlo, in un
modo causalmente violento,
così tanto
forse da fargli rimpiangere i momenti in cui a compiere quel gesto era
sua
madre per farlo svegliare e andare a scuola.
“Siamo appena
entrati a Firenze. Svegliati, su, non vorrai mica avere
l’aria da Pisolo quando
ti ritroverai faccia a faccia con i miei” risposi brevemente,
cercando di
sottolineare il mio disappunto per essere stata priva della sua
compagnia
durante il tragitto.
All’udire di
queste parole sgranò gli occhi, quasi come se gli avessi
detto qualcosa di
orrendamente blasfemo, e sbuffò, appoggiandosi ancora di
più contro lo
schienale del sedile. “Potevi
svegliarmi! Insomma, volevo avere tempo per…”.
“Per cosa?
Contare le auto dell’autostrada? Fare il calcolo matematico
dei chilometri che
mancavano? Tranquillo, le ho fatte io per te queste cose visto che
l’alternativa era ascoltare i dissidi amorosi di questi
due” ribattei, ancora
più irritata. Il signorino non solo si era riposato, non
solo mi aveva lasciata
sola e in preda alla noia e poi aveva anche il barbaro coraggio di
lamentarsi?
No, no, non doveva assolutamente funzionare così.
Eppure, la
cosa più bella fu vederlo sorridere e scuotere il capo,
prima di attirarmi
dolcemente a sé, infischiandosene dei nostri fratelli che
stavano protestando
per la mia frase nei loro confronti detta pochi secondi prima.
“Mi farò
perdonare per non averti fatto compagnia,
Lulù” disse con una dolcezza che avrebbe
fatto impazzire qualsiasi
adolescente ormonosa, baciandomi la tempia.
Arrossii come
una matta, ma semplicemente perché lui mi chiamava Lulù nei momenti
più… Intimi, se così si potevano
definire quelli
in cui ci lasciavamo prendere un po’ di più la
mano. Improvvisamente, come
c’era da aspettarselo, la mia acidità scomparve;
alzai lo sguardo, a pochi
centimetri dal suo viso, e dissi: “Allora sentiamo. Come ti
farai pedonare…?”.
“Con la
prospettiva di un bel soggiorno in Abruzzo appena torneremo da Firenze
visto
che Mario e Stella hanno voluto farci questo bel regalo”
rispose prontamente
piegando la testa di lato e sfiorando il mio naso con il suo.
Esitai, certa
di non aver udito bene. “Cosa?” domandai
esterrefatta, allontanandomi mio
malgrado da lui e voltandomi verso i due. Potevo vedere mia sorella
sorridere
dallo specchietto retrovisore con il suo solito sorrisetto soddisfatto.
“E’ impossibile,
cioè, state preparando tutto da un mese
e…”.
“…E Mario ha
avuto la bellissima idea di accettare di lavorare per una causa in
tribunale
che si terrà in quei giorni, quindi bye
bye Abruzzo e welcome Marco
e
Luna. Anche Giusy, la loro cugina, e il suo ragazzo hanno disdetto,
quindi
abbiamo pensato che vi avrebbe fatto piacere andare al posto
nostro” annunciò
Stella con il suo solito tono perentorio.
Sentii Mario
sbuffare. “Stella, smettila di rinfacciarmelo, già
è un miracolo che l’avvocato
Costanzi mi abbia assunto nel suo studio, non posso permettermi di fare
il
prezioso e rifiutare gli incarichi” sbottò, quasi
con aria annoiata, come se lo
avesse detto per la centeunesima volta.
Mia sorella
alzò gli occhi al cielo e fece un cenno affermativo.
“Si, si, amore, lo so,
quindi, morale della favola… Buon divertimento,
ragazzi!”.
Guardai Marco
senza sapere cosa dire, e lui mi fece comprendere che non dovevo dire
nulla con
un semplice cenno e la sua solita aria rassicurante.
“Allora è
fenomenale, amore!” decisi di dire alla fine, gettandogli le
braccia al collo
con slancio e baciandolo con enfasi.
“Mi piaci
quando mi ringrazi così” sussurrò con
la voce un po’ bassa , prima di
rispondere al bacio e rischiando di farmi perdere la ragione come solo
lui sapeva
fare, anche solo poggiando la mano sulla mia schiena coperta solo da un
sottile
top, facendomi
venire la pelle d’oca.
“Sarà una
settimana fantastica” aggiunsi, quando mi separai per
respirare.
“Puoi dirlo
forte” rispose, quasi come se ne avesse avuta la certezza
assoluta già da quel
momento.
Stella indicò
la strada giusto a Mario, e così dieci minuti dopo eravamo
di fronte la nostra
vecchia casa, dopo ben sette mesi.
Quante cose
erano successe dalla nostra ultima visita lì! Io avevo
scoperto di essere
innamorata di Marco e lui aveva segretamente comprato i biglietti per
il
concerto di Vasco, dopo aver saputo che il mio regalo ideale di Natale
sarebbe
stato riceverne uno… E pensare che poi era stato proprio il
giorno di quel
fatidico concerto, poco meno di due mesi dopo, che ci eravamo messi
insieme,
dopo tanto dubbi, incertezze e fraintendimenti, oltre che tante lotte
contro il
nostro stesso orgoglio, dovuto al fatto che prima di capire di amarci
eravamo
quasi convinti di provare odio allo stato puro nei confronti
dell’altro.
Mario suonò il
clacson e mentre stavamo prendendo i bagagli e papà si
affacciò subito dal
balcone della cucina, sorridendo.
“Benvenuti,
ragazzi! Vi serve una mano?” domandò cordiale.
“No, la
ringrazio” rispose subito Marco, che, chissà
perché, era il “prediletto” di
papà tra i due. “Ce la facciamo”.
“Ok, vi
aspetto sopra!”.
In un
battibaleno salimmo sopra, Marco con in mano la valigia mia e di mia
sorella e
Mario con quella sua e del fratello. Io e Stella sussurrammo qualche
parola
curiosa circa il motivo per cui i nostri genitori ci avessero invitato
lì, e
poi anche perché avevano detto di doverci presentare una
persona. Chi poteva
mai essere?
La risposta,
per mia sfortuna, la trovai nella mia ex camera, quando vi andai per
posare la
valigia, dopo aver
salutato papà.
Seduta dietro
la mia scrivania, intenta nel leggere un numero di “Top
girl”, con un abitino
rosso fuoco e dei sandali dal tacco vertiginoso, se ne stava una
ragazza che
non poteva essere più grande di me. Aveva i capelli castani
perfettamente
aggiustati, facendo si che all’estremità la sua
chioma fosse adornata da
perfetti boccoli setosi, degli occhi da gatta castani e una pelle molto
chiara,
che sembrava trattata con chissà quante creme costose.
La guardai
smarrita, chiedendomi cosa ci fosse quella che aveva le sembianze di
una
modella in vacanza in camera mia.
“Oh, hi! Are
you Luna or Stella? I’m Victoria, nice to meet you! Cristiana
always talk to me
about you and your twin!” disse con un
accento americano e una voce stranamente squillante, alzandosi e
abbracciandomi, lasciandomi totalmente spiazzata.
“Eh?” chiesi.
Ma che ci faceva un’americana nella mia stanza?
“Oh, sorry, but I know that you
study English and Spanish at the University and so…
Scusami, io
sono Victoria, ma tu puoi chiamarmi Vic se ti va” si
spiegò, con un accento
italiano ancora più cadenzato e fastidioso della sua vocina.
La guardai
irritata, per chi mi aveva preso? Pensava che non l’avessi
capita?
“I am Luna,
nice to meet you. It’s true, I study English and Spanish at
the University and
I have understood you, but I don’t understand who are and
what are you doing in
my room” risposi.
La cosiddetta
Victoria mi sorrise, e stavo per dire altro quando udii un urlo da
parte di mia
sorella.
“Che
cosa…?”
chiesi al nulla, precipitandomi verso il soggiorno, con quella Victoria
al
seguito.
Vi trovai
anche mia madre insieme al resto della combriccola. Stella era
sbiancata e
Marco e Mario avevano un’aria stranita.
“Mamma, ciao!”
dissi subito, prima di domandare a mia sorella la causa del suo urlo.
“Luna! N-Non
puoi c-capire, mamma, lei…” borbottò,
mettendomi ansia.
“Mamma cosa?”
chiesi senza continuare a capire, voltandomi verso mia madre, sempre
elegante
con dei pantaloni bianchi e una maglia nera a stile impero.
“Vedo che hai
conosciuto Vic, cara!” disse lei.
“Si, ma non
capisco cosa è successo!” ribadì,
iniziando ad innervosirmi. Guardai in
direzione di Marco che, come Mario, voltò lo sguardo.
“Insomma, cosa…”.
Le parole mi
morirono in gola e non credetti ai miei occhi. Probabilmente avrei
cacciato un
urlo anch’io se ne avessi avuto la forza…
Mamma si era
improvvisamente alzata la maglietta a stile impero per metà,
rivelando la sua
pancia che non era più quasi piatta, bensì
arrotondata di un bel po’, come
quella di una normale donna incinta che aspetta un bambino da almeno
tre-quattro
mesi.
Feci un passo
indietro, ancora incosciente, e non badai a Victoria che diceva:
“E’ wonderful,
no, Luna?”.
“Stella, se
puoi urla anche per me” farfugliai, sedendomi sul divano e
infischiandomene
delle face lievemente preoccupate dei miei. Sapevano che spettava loro una
partaccia per averci tenuto
nascosto la nascita di un fratellino per molti mesi, perché
di certo non era
quella mattina che mamma si era svegliata e si era ritrovata quel
pancione con
un bambino dentro!
*°*°*°*
Ed eccomi qui.
Innanzitutto, buona
festa delle donne a
tutte le donne! ^^
Avevo promesso
che sarei stata via un bel po’, e purtroppo questo cap non
è segno di un
ripensamento, bensì della ricerca di qualche conferma.
L’ho terminato qualche
giorno fa, dopo averci impiegato più di un mese per
scriverlo, e ovviamente
morivo dalla voglia di pubblicarlo per farvi comprendere più
o meno la
direzione che prenderà la storia in questo seguito, anche se
mancano tantissimi
indizi, e sapere se vi interessava, altrimenti avrei fatto bene a
modificarlo.
Non voglio cadere nella banalità,
e la
mia preoccupazione era che la nascita di un fratellino lo avrebbe
rappresentato… Non so, ditemi voi, qualsiasi consiglio
è ben accetto!
Un'altra cosa
che volevo farvi notare erano alcune somiglianze con la prima parte: se
prima
c’era un spagnolo, Feliz, ecco che ora spunta
un’americana, Victoria, se nel
primo cap della prima parte anche Stella abbandonava Firenze, ora
entrambe ci
ritornano…
Poi, il tema
delle canzoni di Vasco è ormai archiviato, ma ogni capitolo
avrà come titolo
una canzone di qualsiasi cantante.
Comunque, per
chi è curioso, ecco qui l’attrice che ho scelto
per Victoria, Sophia Bush:
Vi anticipo che
grazie a questo nuovo personaggio ci faremo un bel pò di
risate…… xD
Ora, passato
il momento noioso xD, eccomi qui con i ringraziamenti!
Grazie alle 12
persone che hanno messo la storia tra le seguite e le 18 che
l’hanno messa tra
le seguite… Grazie, grazie, grazie! Ne sono tantissime
considerando che è solo
il prologo! Mi potete fare un bellissimo regalo per la festa della
donna
facendomi sapere cosa ve ne sembra di questo primo cap? ^^ Vi ringrazio
in
anticipo!
Poi grazie
ovviamente a coloro che hanno recensito…:
Lola
SteP:
Tesoro! Ora sai chi è questa persona,
eheh, e conoscendoti forse inizialmente ti irriterà un (bel)
po’ ahahah! Dici
che anche i pensieri di Marco sono irresistibili come lui? Bravissima,
siamo
d’accordo sull’ennesima cosa! xD Un bacione,
tvttttttb!
95_angy_95: Ciao cara! Eh si, purtroppo la
canzone non promette niente di buono ma non posso rivelare nulla.. Solo
che
probabilmente quando proseguiremo con i cap inizierai a capire! ^^ Un bacio e grazie mille! =)
CriCri88: Ehi carissima! Lo sai che per me
è
una gioia leggerti anche qui, vero? ^^ Comunque in effetti hai ragione,
già c’è
un po’ di cattiveria ma non durerà molti cap,
diciamo che le cose negative per
cui varrà la pena stare sulle spine saranno ben
altre… xD Grazie mille, un
bacione! ^^
XXX_Ice_Princess_XXX: Grazie mille
cara, spero proprio che l’esame vada bene anche se
è a maggio… =) Diciamo che
li farò un po’ soffrire a Luna e a Marco, ma si sa
che alla fine sono sempre
buona, ahaha xD Un bacione e grazie mille, spero che anche questo
seguito ti
piaccia ^^
Grazie anche a Jessykiss85, Lola SteP,
CriCri88, Blair95, rossy97 e _Kairi_90 per aver recensito
l'epilogo di "Dillo Alla Luna" ^^
Purtroppo devo
dirvi che aggiornerò un bel po’, purtroppo il
secondo cap è tutto da scrivere,
ma spero che mi lascerete un commento per farmi sapere se secondo voi
va bene
va bene quest’idea o dovrei cambiare
“linea” da seguire… Mi affido a voi! ^^
Fatemi sapere,
un bacio,
la vostra
milly92.
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Capitolo 3 *** Material Girl ***
Material Girl
“Tesoro
della mamma, giuro che se fossi solo un pò più
estroversa e sorridente ogni
tanto ti prenderei come modella, sei una gioia per i miei
occhi!” esclamò mamma
entusiasta, vedendomi. “Dante, hai visto
com’è magnifica tua figlia?” aggiunse,
rivolto a papà che mi stava ancora squadrando.
“Certo,
sono senza parole” sussurrò lui, quasi ipnotizzato. “Sei magnifica,
piccolina”.
“Grazie
papà” biascicai, mentre al mio fianco Stella, con
il suo elegantissimo abito
nero un po’ ricamato e i capelli ribelli piastrati alla
perfezione sembrava non
accettare la mancanza di commenti nei suoi riguardi. “Anche
Stella è
fenomenale, vero?” domandai, notando il suo disappunto,
facendo si che lei mi
sorridesse apertamente.
“Si, si,
però, Stellina, di la verità, hai messo un altro
paio di chiletti, eh?” chiese
mamma, squadrando i suoi fianchi.
“Mamma!
Quando fai così ti strozzerei!” la
rimbeccò Stella, voltandosi e andando a
mettersi il soprabito.
“Dillo Alla
Luna” ,
Capitolo 18
Capitolo
II
Material
Girl
Luna P.O.V.
Non sapevo
cosa affollava il mio cervello onestamente, non riuscivo a distinguere
nulla
oltre ad una serie sfocate di immagini in cui, probabilmente, io e
Stella
giocavamo con un neonato dal volto sconosciuto. Era una cosa assurda,
di questo
ne ero certa: come poteva mia madre aspettare un figlio dopo che io e
la mia
gemella eravamo quasi vicine ai vent’anni? E poi lei e
papà come avevano potuto
non stare attenti? Non li credevo così stupidi, avevano
più di quarant’anni e
si lasciavano ancora trasportare da fattori come passione e voglia di
fregarsene di tutto, come due ventenni? Oppure…
“Luna, per
favore, non fare scenate! E poi io e tuo padre… Volevamo un altro figlio, ecco”.
Oh, certo. E
così si spiega l’arcano motivo!
“Siamo qui, da
soli, voi siete a Maddaloni e così abbiamo deciso di provare
ad avere un terzo
figlio, qualcuno a cui badare, crescere e che ci tenga
compagnia” l’appoggiò
papà, mettendole una mano sulla spalla e guardandoci molto
severamente.
“State
parlando di un figlio, non di una dama di compagnia!” gli
tenne presente
Stella, avvicinandosi a me. “Insomma, vi rendete conto?
Pappe, pannolini,
biberon, urla isteriche nel profondo della notte…”.
Entrambe
incrociammo le braccia e i nostri genitori sbuffarono spazientiti. Dal
canto
loro, Marco, Mario e quella “Vic” osservavano la
scena in silenzio,
probabilmente sentendosi di troppo.
“Fino a prova
contraria voi non dovrete essere disturbate dal bambino, se
è questo che vi
preoccupa, visto che starà qui con noi!”
ribattè mamma, in un modo che sfiorava
l’essere molto acida.
Sia io che mia
sorella tacemmo a quelle parole.
Mamma come
poteva pensare che il problema, almeno per quanto mi riguardava,
consistesse
nel non voler essere infastidita? Ci voleva tanto a capire che eravamo
solo
sconvolte, venendo a sapere che dopo diciannove anni e mezzo la nostra
famiglia, che per anni ed anni non era quasi esistita, deteriorata da
una
separazione e incomprensioni, si sarebbe allargata con
l’arrivo di un bambino?
Loro due erano ritornati insieme da poco più di quattro mesi e mezzo, e da quel momento io e mia
sorella
eravamo state lontane da loro, senza poter godere al meglio di una
normale
quiete e convivenza familiare come tutte le famiglie
normali… Come potevamo mai
sentirci nel sapere che erano passati dal ricongiungimento improvviso
al
programmare un altro figlio? E noi? Noi che a stento non ci eravamo
scannate in
quegli anni, come avremmo vissuto l’arrivo di un fratello? Ci
eravamo abituate
ad essere solo noi le figlie, le due gemelle…
“Io, e credo
anche Luna, non volevamo assolutamente obiettare su questo”
sussurrò Stella,
stringendomi forte il braccio.
Annuii con
vigore, ricambiando la stretta, per poi alzarmi per il nervosismo e
iniziare a
camminare per la stanza. “Siamo solo sconvolte, mamma, tutto
qui” cercai di
spiegare pacatamente.
Lei e papà
annuirono dopo qualche secondo, quasi convinti delle nostre parole.
“Comunque,
giusto per finire l’elenco delle sorprese, lì
dentro” domandai, indicando la
pancia di mamma, “Ci sono altri due gemelli?”.
“Oh, no, no,
non passeremo da due a quattro figli” rispose subito
papà, che, comunque,
sembrava sollevato al solo pensiero.
Ci fu un
momento di pausa, durante il quale ognuno sembrava immerso nelle
proprie
riflessioni, finchè mamma si ricompose in uno dei suoi
soliti sorrisi e disse:
“Comunque, ora però è meglio se parlate
un po’ con la nuova arrivata…”.
Stella parve
confusa, poi un suo piccolo cenno mi fece capire che aveva compreso a
chi si
riferisse, anche perché lei non aveva avuto modo di
presentarsi a Vic.
“Vado a
chiamarla insieme ai ragazzi” dissi, e senza aspettare alcuna
risposta uscii
dalla stanza e li trovai in cucina, dove una Victoria, apparentemente
nelle
vesti di buona padrona di casa, stava preparando il caffè a
Marco e Mario.
“Luna!
Do you want same coffee?”
chiese Victoria sorridendomi.
“No, thanks,
but I’d like to know why you are preparing coffee in my
kitchen as if you are
my house’s owner” ribattei
sarcasticamente.
“Because your
parents are hosting me…”.
I due ragazzi
ci fissavano, senza capire nulla, così Victoria decise di
passare al registro
italiano con il suo adorabile accento. “Non lo
sapevi?”.
“No, non
sapevo che i miei genitori avessero aperto un bed and
breakfast”. Ormai il
sarcasmo sembrava essere la mia unica arma visto che odiavo fare la
parte della
figlia a cui i genitori non dicono mai nulla.
“Hanno aperto
un bed and breakfast?” mi fece eco Marco, con
l’espressione che io solevo
utilizzare al liceo nelle ore di latino.
Lo guardai
torva, sbuffando. “Amore, la prossima volta studia inglese
invece di andare a
delle mostre stupide in cui non si capisce nulla”.
Lui fece per
rispondermi, offeso, quando l’entrata dei miei e Stella ci
interruppe.
“Ci avevi
detto che li andavi a chiamare, non che ti soffermavi a scambiare due
chiacchiere” mi riprese Stella. Il suo sguardo cadde sulla
macchinetta per fare
il caffè e aggrottò le sopracciglia, quando
notò che a prepararlo era Victoria.
“Perché lei…?”.
“Perché i
nostri genitori la ospitano” la anticipai. “Mamma,
papà, ci spiegate una volta
per tutte il ruolo definitivo di Victoria e perché ce
l’avete presentata?”.
“Perché la
settimana prossima verrà da voi a Maddaloni e voi la
ospiterete!” trillò mamma
entusiasta, avvicinandosi alla ragazza e cingendole affettuosamente le
spalle.
Victoria annuì
con giubilo, radiosa, mentre io e Stella ci guardavamo, incredule su
ciò che
avevamo appena sentito.
Victoria P.O.V.
“Anche tu sei
scappata di casa a diciott’anni?”.
Questa era
stata la prima domanda che Cristiana mi aveva rivolto la prima volta
che ci
eravamo incontrate, ad una festa di un’amica in comune, una
stilista emergente.
Era il 25 novembre scorso e eravamo appena state presentate da Claudia
Loretti,
sua cara amica e mia “talent scout” che mi aveva
portato a Firenze per farmi
lavorare per la sua linea quando era scaduto il contratto come modella
che
avevo firmato per una casa di moda di Milano.
Non avevo
capito ciò che aveva detto, “scappata”
non faceva ancora parte del mio
vocabolario italiano. Più che altro conoscevo bene parole
come “bello”,
“buono”, “foto”,
“calendario” e via dicendo, ragion per cui compresi
tutto
quando lei iniziò a tradurre la domanda con il suo inglese
elementare, ma di
certo dieci volte superiore al mio italiano.
Così avevo
annuito, senza aggiungere nulla, e nonostante tutto lei aveva aggiunto
che
anche le sue figlie, di diciotto anni e mezzo, erano andate via da
Firenze per
andare a vivere con il suo ex marito. Il modo in cui ne aveva parlato
mi aveva
assolutamente colpita, sembrava toccata dall’argomento, e
restai piacevolmente
sorpresa quando mi aveva lasciato l’indirizzo della sua
boutique e il numero di
telefono.
Andai a
trovarla il giorno dopo, e in un battibaleno Luna e Stella divennero
dei miti
per me, persone che avrei tanto voluto conoscere grazie agli amorevoli
dettagli
con cui la loro madre, una donna ormai sola che si pentiva di aver
fatto volare
le sue figlie lontano dal suo nido, descriveva il loro essere e le loro scaramucce quotidiane.
Poi, però,
giunse il momento in cui toccò parlare di me, della mia
storia, del perché
fossi venuta in Italia per fare la modella quando potevo avere ancora
più
successo e possibilità nella città in cui ero
nata e cresciuta, a Miami, in
Florida. Cristiana mi ascoltò con dolcezza e fu molto
comprensiva, tanto che da
quel momento in poi, anche se pochi giorni dopo partii per Parigi per
un
servizio fotografico, restammo sempre in contatto.
Tutto cambiò
poco dopo Natale, quando lei tornò da Maddaloni
perché era stata al matrimonio
di una delle sue nipoti e venne a sapere che Claudia Loretti aveva
trovato una
nuova modella per la sua linea ed era stata costretta a licenziarmi
perché
aveva investito quasi tutto su un nuovo contratto con dei milanesi.
“Vic, è dalla
prima volta che ci siamo incontrati che ti volevo come testimonial per
la mia
collezione primavera-estate 2010 solo che non ti ho mai chiesto nulla
per
rispetto verso Claudia, ma visto che si è dimostrata senza
cervello… Ti va di
rappresentare la mia linea?” mi aveva detto un freddo
pomeriggio di gennaio,
nel suo soggiorno.
Inutile dire
che ero rimasta senza parole per la sua offerta così
generosa, e mi ero
precipitata ad abbracciarla. “Sì! Of
course!!” avevo urlato euforica. “Solo
che, there is a problem…
Io abitavo con Claudia” avevo aggiunto in
seguito.
Lei aveva
sorriso e aveva scrollato le spalle. “E allora
d’ora in poi abiterai qui con
me, no? Sono sempre sola, Carlo viene a trovarmi ogni
tanto…”.
Detto fatto.
Già quella sera mi trasferii da lei, e subito mi fece vedere
il catalogo con i
vestiti che avrei indossato. Ero felice, anche se Cristiana poteva
essere mia
madre la sentivo come una mia cara amica; mi ricordava tantissimo
Alice, la mia
amica d’infanzia con cui avevo condiviso ogni singola
emozione fino al giorno
in cui non me n’ero andata da casa, momento in cui
probabilmente ero cambiata
molto, scacciando il mio lato introverso ed esternando quello
più simpatico,
forte e convincente. Se volevo essere scelta come modella per qualche
casa di
moda, dovevo mostrarmi sicura di me anche se non mi sentivo
così, no? Fu da
quel momento che capii che nella vita non dovevo permettere a nulla di
ostacolarmi e di impedirmi di raggiungere ciò che volevo
essere; mano a mano
avevo sempre più soddisfazioni, tanto che alla fine
riuscì a guadagnare
qualcosa in più rispetto ai primi miseri stipendi e potei
far uscire quella
parte di me un po’ “Material girl”, per
dirle con le parole di Madonna, visto
che fino ad allora ero stata costretta a privarmi di molte cose,
shopping prima
di tutto.
Ritornando
alla mia vita con Cristiana, dopo un po’ giunse il momento in
cui venne a
trovarci Dante, il suo ex marito, che l’aiutò a
lasciare Carlo perché aveva
capito che fosse inutile restare con lui ed io subito avevo capito che
tra i
due ci fosse stato un ritorno di fiamma.
“Cristiana,
come funziona qui in Italia? Ci si può risposare dopo la
separazione?”.
Lei aveva
accolto questa mia domanda con uno strano senso di stupore, ma non mi
aveva
risposto e, sorridendomi improvvisamente, era corsa nella stanza degli
ospiti
dove dormiva Dante e, miracolosamente, la mattina dopo
scoprì che erano tornati
insieme.
“Sai,
Victoria, ora nella nostra famiglia non c’è
più nessun single” aveva
cinguettato allegramente Cristiana a
colazione, mentre io mi sentivo un po’ in imbarazzo dato che
mi sentivo il
terzo incomodo.
Dante evitò di
strozzarsi per un pelo con un biscotto, e dopo che lei
iniziò a battergli
rumorosamente sulla spalla domandò: “E
perché mai?!”.
“Ho appena
chiamato Stella e mi ha detto che Luna si è finalmente messa
con Marco!”
annunciò, con gli occhi che le brillavano per la
contentezza.
“Che cosa?
Luna e… Marco?! Ma quelli si odiano, insomma,
cioè, è nostra figlia che lo
odia, lo so che lui non riesce a staccarle gli occhi di dosso, ci ho
fatto caso
ultimamente, ma… No, non è possibile!”.
L’indignazione
di Dante era palpabile, anzi, più che altro parlerei di una
normalissima
gelosia che alla fine è nutrita da tutti i padre verso le
loro figlie. Anzi, da
quasi tutti, pensai tristemente.
“Oh, Dante,
smettila di fare lo scemo e sii felice! Per una volta che Luna
è impazzita per
uno e lui la ricambia! Sai come sono difficili i gusti di tua
figlia!”.
Così da quel
momento Cristiana e Dante iniziarono a parlare del momento in cui
avrebbero
dato la notizia a Luna e Stella, ed io iniziai a posare per le sue
creazioni .
Vista la situazione che si era creata, a marzo decisi di andare a
vivere in un
monolocale, ma comunque restai a stretto contatto con Cristiana,
specialmente
quando seppe di aspettare un bambino, momento in cui decisi di tornare
a vivere
da lei per darle una mano in caso d’aiuto.
La novità,
però, giunse quando lei mi disse di voler aprire una
boutique nella città delle
sue figlie e mi propose di andare a vivere lì, dato che
aveva saputo che volevo
continuare gli studi e desideravo andare alla facoltà di
Lettere perché avevo
deciso di voler apprendere bene l’italiano e adoravo la sua
letteratura.
“Potresti
andare all’università a Napoli, dove va Luna, solo
che lei frequenta lingue, e
vivere con le mie figlie. Sai, una mia amica stilista ha visto dei tuoi
scatti
e sarebbe felice di averti come rappresentante della sua collezione per
i
prossimi due anni. La sua marca è molto famosa, e
guadagneresti molto di più
con lei…” mi aveva proposto con cautela a inizio
luglio. Il fatto era che lei
non poteva assicurarmi
un posto anche per quell’autunno visto che a causa della
gravidanza stava
facendo affari con una sua collega che aveva per diritto la
facoltà di gestire
fattori come modelle, tessuti e via dicendo, e quindi ovviamente lei
aveva
preso in considerazione un altro paio di ragazze italiane.
Ci meditai un
po’ su. “Ok, va bene. Credo sia giusto iniziare
l’Università, ormai ho
diciannove anni, e poi sai che per me sarebbe un piacere controllare
gli affari
nella tua nuova boutique” avevo detto infine.
Mi aveva
guardato sollevata e grata. “Va bene allora, però
ci resta una mission
impossibile da compiere prima che tu te ne vada con le mie figlie a
Maddaloni”.
“Cioè?”.
“Ti ricordi
Ivana, la modella che avevo scelto per le foto da fare per la mia
collezione di
costumi?”.
“Si…”.
“Si è rotta un
braccio giocando a pallavolo, e non ho tempo di firmare il contratto
con
un’altra modella, anzi, di cercarne una che vada bene, quindi
devi aiutarmi a
convincermi l’unica che secondo me è perfetta e
che posso agganciare senza
troppe difficoltà…”.
Luna P.O.V.
“Che cosa? La
gravidanza ti dà alla testa?” urlai incredula,
pensando di aver sentito fin
troppe idiozie in nemmeno mezz’ora, da quando ero tornata a
Firenze. Va bene
scoprire che tua madre è incinta, va bene venire a sapere
che ha legato molto
con un’americana che verrà a vivere da te, va bene
sapere che aprirà una
boutique nella tua città, ma questo era troppo per me. Fare
la modella e
mostrarmi in costume davanti a decine di milioni di italiani? Nemmeno
morta! E
poi, com’era che ora si era decisa a rivalutarmi? Lei aveva
sempre detto che
non andavo bene perché ero troppa mogia e non sorridevo mai,
me lo aveva anche
ribadito il giorno del matrimonio di Flavia…
“Oh, su, Luna,
smettila! Non ti ho mica chiesto di posare nuda per un
calendario?” ribattè
lei, sedendosi e sbuffando.
Papà la
guardò
male. “Non esageriamo! Io penso che se nostra figlia non se
la sente di posare
per una linea di costumi dovresti rispettare la sua scelta”
obiettò, dall’alto
della sua evidente gelosia di vedere sua figlia mezza nuda fotografata
e
mostrata davanti a milioni di persone.
“Ecco, bravo,
papà!” dissi battendo le mani. Guardai di sbieco
Marco: perché non diceva
qualcosa a mio favore, diamine? Probabilmente comprese quello che mi
passava
per la testa, perché scosse il capo e disse:
“Scusateci, posso parlare un
secondo con Luna in privato?”.
“Oh, non mi
dire che farai la parte del fidanzato geloso, Marco!” lo
riprese mamma.
“No, no,
affatto” la rassicurò lui, con il suo solito
sorriso che aveva imparato ad
usare per ottenere la sua approvazione, tanto che ottenne il suo
intento e così
mezzo minuto dopo ci ritrovammo nella mia stanza, anzi, in quella che
al
momento ospitava Victoria a quanto pareva, visto il poster di Johnny
Deep,
i trucchi esposti e la
valigia per
terra.
Guardai Marco
per qualche istante, in attesa di ciò che doveva dirmi, che,
chissà perché,
avevo l’impressione che non fosse nulla di buono.
“Luna, amore,
ascoltami…
Ricordi che sei stata licenziata dal tuo lavoro nemmeno un giorno fa,
vero?”
domandò con cautela.
Annuii, e tre
secondi dopo mi ritrovai schiacciata contro il muro, visto che lui
aveva
appoggiato un braccio ad esso e, di fronte a me, fece ritrovare il suo
viso
contro il mio.
“E quindi, fai
due più due… Fare da modella potrebbe aiutarti a
guadagnare un po’ e se le cose
vanno bene potrebbe diventare il tuo lavoro momentaneo, visto che tua
madre
aprirà una boutique a Maddaloni! Guadagneresti molto di
più… E sai che non c’è
niente di più eccitante che essere il ragazzo di una modella che tutti i ragazzi
osservano sui manifesti
pubblicitari, colmi d’invidia”
sussurrò nel mio orecchio, per poi afferrarmi con decisione
per la vita,
facendo aderire i nostri corpi.
Dire che in
quel momento mi sentii mancare il fiato era ben poco, ma cercai di
mantenere la
concentrazione, non dovevo mica lasciarmi abbindolare dai suoi discorsi
persuasivi che avrebbero fatto invidia ad un oratore!
“Pensavo fossi
almeno un po’ geloso di me, invece no, eh?”
risposi, cercando di allontanarlo
da me, ma senza esito data la sua forza.
Accennò uno
dei suoi ghigni da faccia da schiaffi prima di scuotere il capo e
avvicinarsi
ancora di più a me. “Sono geloso, ovvio, ma credo
che negare a tantissimi
ragazzi la possibilità di rifarsi un po’ gli occhi
con la mia sensualissima
ragazza sia una buona azione da compiere…”.
Ormai parlava
con una voce così bassa, roca e sensuale che nessuna ragazza
sana di mente
avrebbe dimenticato facilmente, e, soprattutto, non l’avrebbe
lasciata
indifferente.
Chiusi gli
occhi, scossa da una serie di brividi. “P-Perché
fai così? Mia madre ti ha
forse pagato..?” domandai, con l’ultimo briciolo di
lucidità che mi restava.
“Ma no, è solo
che secondo me non dovresti perdere questa possibilità visto
che le
potenzialità ce le hai” disse.
“Sicuro? Io mi
sentirei idiota nel posare per una linea di costumi” ammisi,
però stringendolo
più forte a me.
“Saresti tutto
tranne che idiota, fidati. Insomma, sei sempre così sensuale
in ogni gesto che
fai che non sai quante volte mi mandi in tilt, piccola,
perciò smettila e
accetta…”.
“Se lo dici
tu. Ma promettimi che verrai con me, assisterai al
servizio…”.
“Ovvio, devo
controllare che il fotografo non ne approfitti”
ridacchiò, prima di calarsi su
di me e suggellare quella decisione con un bacio che di casto non aveva
proprio
nulla. “Non vedo l’ora di stare da solo con te, in
Abruzzo” ammise, mentre io,
perdendo totalmente il controllo della situazione, avvinghiavo una
gamba contro
la sua.
Ma, udendo
quelle parole, non so come feci ma riuscii a tornare lucida, come se un
problema più grosso di un macigno si fosse improvvisamente
scaraventato su di
me e mi avesse riportato alla realtà.
“Cosa
c’è?”
domandò, notando la mia improvvisa freddezza.
“Niente…”
biascicai.
“Non prendermi
in giro, ho detto qualcosa di sbagliato...?’”
chiese preoccupato, prendendomi
per le spalle.
Scossi il
capo, girando poi lo sguardo, non riuscendo a fissare quelle pozze blu
che
tanto amavo. “E’ che… Ho sempre
immaginato la nostra prima volta come un
qualcosa di speciale ma soprattutto naturale, non programmata a
tavolino…
Capisci quello che voglio dire?” mormorai, convinta di
risultare assurda e
incomprensibile.
Lo sentii
sospirare, prima che mi prendesse il mento tra le mani e mi obbligasse
a
guardarlo. Vedere che mi stesse sorridendo amorevolmente mi
rilassò, per cui
cercai di calmarmi.
“La penso
anch’io così,per me non ci sono problemi se non ti
andrà” disse deciso.
“Oh, no, no!
Sarebbe un controsenso, ci lamentiamo sempre che non stiamo mai in
pace… Solo
che… Insomma, non vorrei che fosse quella cosa in stile
arriviamo, pranziamo,
usciamo e poi, puff!, la sera subito lo facessimo come se ce
l’avesse
prescritto il medico. Cioè, anche subito, appena arrivati,
andrebbe bene,
l’importante è che non sia una cosa fatta per
dovere nel momento sbagliato”
ironizzai alla fine.
Marco rise e
mi strinse a sé con una morse ferrea che però mi
ispirava tantissima sicurezza
e fiducia.
“Ecco perché
ti amo, perché fai discorsi assurdi ma alla fine riesco
sempre a capirti…”.
Ci baciammo di
nuovo, questa con più dolcezza, e così, avendo
deciso e messo in chiaro due
cose in una volta sola, ritornammo in cucina, dove, però,
trovammo una Stella
piuttosto arrabbiata che guardava torva mamma.
“Mamma mi ha
appena fatto notare per l’ennesima volta i miei sei chili e
mezzo in più a te,
senza che io dicessi né obbiettassi niente per il fatto che
avesse proposto
solo a te di fare da modella” mi informò subito,
e, senza aggiungere altro,
uscì dalla stanza con Mario alle calcagna che cercava di
calmarla.
Guardai male
nostra madre. “Mamma! Quando la smetterai? Ora mi fai sentire
in colpa…” dissi.
“Quindi vuol
dire che…”.
“Che accetto,
sì, ma solo perché sono senza lavoro”.
Ci impiegai un
quarto d’ora per spiegare la questione di Michele, e
così, poco dopo mi
ritrovai da sola con Victoria visto che mamma iniziò a
preparare il pranzo,
Stella era uscita con Mario per poter sbraitare più
tranquillamente su nostra
madre e Marco era stato invitato da papà a scendere nel
garage per vedere la
sua vecchia moto che usava verso i vent’anni.
“Sai, credo
che io non ti sto simpatica” disse senza giri di parole,
sedendosi sul mio letto. Mi
squadrò con i suoi occhi
da cerbiatta, ma sorrideva.
Esitai,
levando un sopracciglio, prima di sedermi a mia volta.
“E cosa te lo
fa dire?” chiesi.
“Tutto. Come
mi guardi, come mi parli… Invece tu mi sei troppo
simpatica!” annunciò, e mi
abbracciò improvvisamente con un trasporto mai visto.
“Ehi, ehi, Victoria,
senti…” tentai di attirare la sua attenzione, ma
invano.
“Sei
così… nice! E
anche io sono dell’acquario,
sai? Tua madre mi ha raccontato molto di te e Stella, so
I’lly try to become
likeable to you!” trillò, separandosi, sorridendomi apertamente in un modo
quasi diabetico.
“Tu sei
strana” disse subito, ma ridendo.
“Strana?”
chiese. “Cosa significa…?”.
“Strange”
tradussi subito, dicendomi che
dopotutto non parlava tanto male l’italiano.
“Ok! Strange
strano, strange
strano… Io imparò così le
parole!” spiegò, alzandosi e
iniziando a camminare per tutta la stanza.
“Beh, anche io
più o meno, anzi, quando non ho tempo…”.
“Puoi parlare
più piano, per favore?” mi chiese lentamente. Si
era fermata e mi guardava con
un’espressione un po’ confusa.
Risi, annuendo.
Onestamente, questa Vic iniziava ad acquistare un po’ di
punti in più!
“Si, certo,
scusami. Dicevo, anche io quando non riesco ad imparare alcuni vocaboli
me li
scrivo su un post-it e l’attacco da qualsiasi parte, tipo
l’armadio, il
frigorifero, così prima di aprirli devo prima
ripeterli” spiegai lentamente,
accennando a quell’abitudine che avevo preso negli ultimi
mesi sotto consiglio
di una mia amica di università.
“Oh, ok, understood.
A me piace molto italiano,
sai? E adoro un canto della Commedia di Dante, l’ho letto in
un tuo libro”
ammise, indicando la mia libreria alle sue spalle.
“E qual
è?”.
“Il numero
cinque dell’hell…
Come si dice.. In…
Inverno!”.
“Inferno,
Victoria, inferno! L’inverno è la
stagione! Winter!” dissi.
Allargò gli
occhi ed annuì. “Right! Oh,
I’m always so confused..!”.
“E come hai
fatto a capire per bene ciò che il canto diceva?
E’ molto complesso…” notai,
curiosa.
“Complesso?”
domandò, stranita.
“Si, si, vuol dire
difficile”.
“Oh! Beh, ho
visto su Internet… Amor
ch’nullo amato
amar perdona, mi prese di costui piacer sì forte
ch’ancor non m’abbandona!”
recitò con la sua tipica cadenza americana, tanto che mi
dissi che avrei
preferito avere lei che la leggeva al liceo invece che della mia noiosa
professoressa d’italiano. “E’ molto
romantico, e poi, poveri Paolo e
Francesca…”.
Non so quanto
tempo restammo a parlare di letteratura, tanto che passiamo da Dante a
Shakespeare, e scoprii che era molto colta e ben informata.
“Comunque io
ho fatto un piccolo regalo a te e Stella, per ringraziarvi
dell’ospitalità”
disse all’improvviso, dopo che avevamo finito di parlare
dell’’Otello.
Aprì l’armadio
e ne estrasse una busta dal fondo, mentre io la ringraziavo. Iniziai a
scartare, e restai sorpresa quando scoprii un completo intimo di
Victoria’s
Secret, nero con dei laccetti rosa.
“Non sapevo i
vostri gusti, così ho pensato che con l’intimo non
si sbaglia mai” ammise,
scrutando la mia reazione.
Ero un po’
imbarazzata ma comunque grata; non era da me comprare chissà
che cosa per
quanto riguardava l’intimo ma, in vista del viaggio in
Abruzzo, pensai che
avrei fatto bene a fare una scorta di quel tipo di capi…
Cercai di non
arrossire al solo pensiero.
Forse lei
comprese i miei pensieri,perché disse: “Io credo
che al tuo boyfriend piacerà”.
Arrossii, e lei
rise. “He’s an
handsome boy, isn’t he?”
domandò.
“Lo so meglio
di te” risposi, ed entrambe ridemmo. “Ma, sia
chiaro, d’ora in poi è meglio se
tieni gli occhi ben piantati su questo…” aggiunsi,
prendendo il mio vocabolario
di italiano in mano dalla libreria e porgendoglielo.
“E’ un regalo, ti sarà
utile all’università”.
“Piantato? Non
ho capito, come si fa a piantare gli occhi…?”
chiese, probabilmente non
cogliendo la mia ironia.
Sospirai,
conscia del fatto che con quella Victoria ne
avrei viste delle belle.
*°*°*°*
Ciao!
Eccomi qua con
il secondo capitolo… L’ho terminato qualche giorno
fa, ma visto che non ho
iniziato a scrivere il terzo mi sembrava inutile tenerlo
così, fermo nel
computer, senza farvelo leggere… Ormai ho deciso che anche
se molto piano,
continuerò a pubblicare, anzi, credo che una volta giunti ad
un certo punto e
passati i cap introduttivi sarò molto più veloce!
Comunque, nel prossimo
cap vedremo come se la cava Luna con il suo nuovo lavoro, ci faremo un
po’ di risate
con Vic e poi si parte tutti per l’Abruzzo ;-)
Riguardo
Vic,
cosa ne pensate del suo POV? Mano a mano la sua storia verrà
spiegata meglio… Il titolo del cap è dedicato a
lei,
preso dalla canzone di Madonna.
Comunque,
passando ai ringraziamenti, grazie di cuore a tutti coloro che hanno
messo la
storia tra i preferiti, le seguite, le storie da ricordare, che hanno
solo
letto e coloro che hanno recensito lo scorso cap:
alina_95:
Ciao
cara! Tranquilla, Vic non ci proverà con Marco, promesso! Ti
ringrazio per i
complimenti e sono felice di dirti che l’ispirazione
è tornata! ^^ Un bacione!
Giulietta7:
Ti
ringrazio mille cara per i tuoi complimenti! In effetti bisogna
abituarsi un po’
alla condizione della madre delle gemelle, ehehe! Invece riguardo Marco
e Luna,
beh, prima o poi riusciranno a starsene un po’ in pace,
promesso, e mi fa piacere
sapere che anche tu alla fine hai vissuto la loro stessa esperienza,
ciò vuol
dire che per fortuna non è una cosa che vivono solo loro in
questa fic ^^
Grazie mille, un bacio!
Lola
SteP: Tesoro
mio! Ti ringrazio con gli occhi a cuoricini come sempre, sul serio!
*___* Marco
migliora sempre di più, eh? xD in effetti le
novità sono molte, e spero che l’evolversi
delle cose ti piacerà! Un bacione e ancora grazie! ^^
CriCri88:
Ciao
carissima! No no, tranquilla, Vic non andrà in vacanza con
loro xD e non darà
nemmeno fastidio, strano ma vero, anche se Luna dovrà
abituarsi molto a lei, al
suo carattere e alle sue abitudini! Ancora garzie, un bacione! ^^
Lilyjuve:
Ciao, ti ringrazio tantissimo per aver messo la storia tra
le preferite *___*
No, le ragazze non si trasferiranno a Firenze, sono solo andate a
trovare i
genitori, dopo qualche giorno Stella e Mario torneranno a Maddaloni
mentre Luna
e Marco andranno in Abruzzo... E Vic le raggiungerà dopo un
po’ ^^ Non si
intrometterà tra le coppiette, promesso xD Ti ringrazio
tantissimo, anche sul
giudizio riguardo il fatto che secondo te va bene continuare su questa
linea!
Un bacione! ^^
BizzarreBiscuit:
Carissima, che bello risentirti! Appena ho un attimo di tempo rispondo
alla tua
e-mail, così parliamo un po’ ^^ Ti ringrazio per i
complimenti, e spero che la
storia continui a piacerti… Ancora grazie, un bacione!
Infine, ho
creato un account su facebook proprio per le ff, quindi se vi va di
aggiungermi
sono Mena Milly.. lì scriverò tutte le notizie
relative agli aggiornamenti, le
storie, posterò immagini e sarò disponibile per
vostre eventuali domande…. http://www.facebook.com/?ref=logo#!/profile.php?id=100000893863399
Lì a breve
caricherò anche la copertina di questo cap che non sono
riuscita a mettere,
quindi passate se vi và di vederla ^^
Detto ciò,
spero di aggiornare al più presto, anche se come sempre ci
impiegherò almeno
due settimane, ma almeno tra un po’ ci saranno le vacanze di
Pasqua e avrò
molto più tempo! Aggiungetemi su Facebook, vi aspetto,
oppure se vi va
lasciatemi il vostro contato via e-mail, recensione…
la vostra
milly92.
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Capitolo 4 *** Il Sole Esiste Per Tutti ***
3
Capitolo
III
Il Sole
Esiste
Per Tutti
“Ok, benissimo
Luna, ora sorridi e guarda verso sinistra…”.
Cercai di
stare agli ordini di Angelo, il fotografo di fiducia di mamma che ella
ingaggiava sempre per i servizi fotografici della sua linea di moda,
così
accennai un piccolo sorriso. Mi girai un po’ di
più nella direzione che mi
aveva indicato, ma mi sentivo ancora un po’ rigida, il che
poteva seriamente
essere giustificato dal fatto che stessi indossando un eccentrico
costume fatto
di paillettes dorate e che fossi truccata in un modo tale che mi
sentissi tutta
quell’enorme quantità di trucco che mi avevano
messo in faccia circa un’ora
prima. Finchè si era trattato di farsi fotografare di spalle
e leggermente di
profilo andava bene, ma ora iniziavo a sentirmi in imbarazzo.
“No, non va
bene, devi sorridere di più! Pensa a qualcosa di
bello…” mi spronò Angelo,
avvicinandosi con quell’enorme macchina fotografica nera.
Voleva forse mettermi
ancora più in soggezione? Complimenti, ci stava riuscendo
sul serio.
“E a che
cosa?” sbuffai, togliendomi una ciocca da davanti il viso.
“Tipo al mio
magnifico sorriso quando mamma vedrà questo servizio e
capirà che come modella
fai schifo” disse una voce poco distante.
Alzai lo
sguardo e notai, con una certa ira, che mia sorella se la stava godendo
un
mondo a squadrarmi dall’altra parte della stanza, vicino a
Marco che fino a
quel momento non aveva ancora detto mezza parola. Era venuto per
supportarmi
come gli avevo chiesto, e per fortuna non mi stava mettendo a disagio,
cosa che
invece mia sorella sembrava voler e saper fare egregiamente.
“Vieni tu qui
e mettiti in poso al mio posto, allora!” sbraitai.
Non ebbi il
tempo di finire di pronunciare la frase che Angelo fece un paio di
scatti.
“Devo dire che arrabbiata sei molto più
espressiva, Luna! Ma ora sorridi, su,
tesoro…!”.
Mi girai di
lato, sconsolata, senza sapere cosa fare visto che grazie alle parole
della mia
gemella mi sentivo ancora più a disagio, quando spalancai
gli occhi davanti
alla visione che mi si parava di fronte: Marco sorrideva in mia
direzione
mentre, con una lentezza degna dei migliori spogliarellisti, iniziava a
togliersi la sua maglietta azzurra.
Cosa volesse
fare lo capii poco dopo: alla vista di quella scena iniziai a ridere a
crepapelle,
riempiendo di gioia Angelo che ne approfittò
dell’occasione per fare più scatti
possibili.
“Luna, sei
stata bravissima dopo l’imbarazzo iniziale” si
congratulò Angelo un’ora e mezza
dopo, stringendomi la mano con vigore appena ebbi terminato di
indossare un
pareo che mi avevano passato.
Sorrisi,
soddisfatta di essere riuscita a migliorare un po’.
“Devo ringraziare quel
pagliaccio del mio ragazzo” dissi, ammiccando verso Marco che
mi aspettava
all’uscita della sala. Dopo il finto streap tease, aveva
combinato di tutto: aveva
indossato il cerchietto di Stella, aveva iniziato a fare una serie
idiota di
smorfie… Per fortuna, almeno, il
tutto
aveva funzionato visto che nelle foto risultavo più
sorridente e naturale che
mai.
Salutai il
fotografo e raggiunsi Marco, che mi scortò fino allo
spogliatoio.
“Sei un
cretino patentato, ecco quello che sei” lo rimproverai
affettuosamente mentre
prendevo i jeans e il top che avrebbero sostituito il costume che
indossavo.
“Senti chi
parla! Tu sei più cretina di me, insomma, avevi una faccia
da funerale! E non
sei nemmeno riuscita a cogliere che sono stato io a dire a Stella di
prenderti
in giro per spronarti di più” mi rispose,
avvicinandosi. “Ma ammetto che
rendermi ridicolo mi ha aiutato a distrarmi…”.
“Distrarti?”.
“Si, distrarmi
dall’eccessiva sensualità che mi ispira la mia
ragazza modella, so che non
risulterò fine, ma mi ci è voluto uno sforzo
madornale per non saltarti
addosso” spiegò, con un tono di voce basso ma
eccessivamente eccitante per i
miei gusti. Nella seconda parte della frase aveva totalmente
abbandonato il
tono scherzoso, anzi, era diventato più serio e deciso che
mai.
Quelle sue
parole mi aiutarono a sentirmi meglio, ma diciamo che è un
meglio un po’
relativo, perché al momento saltargli addosso e perdere
totalmente la ragione
non poteva essere qualcosa di positivo visto che ci trovavamo in uno
spogliatoio e mia sorella ci stava aspettando al piano di sotto.
Eppure,
infischiandomene, mi lasciai prendere dalla frenesia e lo baciai,
stringendomi
forte a lui, tanto che, non so come, mi ritrovai seduta su un banchetto
che si
trovava lì, con le gambe ancorate ai suoi fianchi e le
nostre braccia così
intrecciate che probabilmente non si sarebbe riuscito a capire quali
fossero le
mani dell’uno e dell’altra.
Fu solo in
quel momento che realizzai di essere sicura al diecimila per cento del
fatto di
voler sul serio vivere la mia prima volta con Marco e tutte le
successive a
venire, mi sentivo sicura di me, non imbarazzata come credevo, e le
sensazioni che
era capace di regalarmi anche solo sfiorandomi erano assurdamente
paradisiache.
Le sue mani percorrevano tutta la mia schiena nuda, le sue labbra
sfioravano il
mio collo, le spalle, lasciando, evidentemente, una serie di percorsi
ardenti
visto che mi sentivo andare totalmente a fuoco.
“Sul serio ti
ho fatto quest’effetto?” chiesi a mezza voce, quasi
affannata.
“Si, anzi,
sono stato fin troppo sintetico ad essere onesto…”
rispose, smettendo per un
istante di baciarmi.
“E
cioè?”.
“E
cioè…
Cercavo di immaginare cosa…”.
“Cosa?” lo
spronai.
“Cosa ci fosse
lì sotto” dichiarò infine, guardandomi
negli occhi e indicando il costume.
Sembrava quasi imbarazzato! Che faccia da cucciolo che aveva, non me la
sarei
mai dimenticata, era passato da sensuale a timido…
Però non
andava bene, assolutamente, a breve saremmo diventati un
tutt’uno e credevo che
sarebbe stato meglio abbattere qualche barriera per evitare imbarazzi e
ansie
inutili una volta arrivati in Abruzzo. Non ero in me, decisamente, ma
l’adrenalina ormai era l’unico costituente di tutto
il mio corpo e
così, dopo avergli fatto notare che non
dovevamo più essere imbarazzati come due bambini delle
elementari, presi una
decisione.
“Amore, che
fai?” domandò, quando vide che stavo scostando
leggermente le sue braccia e le
allontanavo da me.
Non risposi,
ma presi un sospiro decisivo e, portando le mani dietro alla schiena,
tremanti,
dopo mezzo minuto slacciai l’aggancio della parte superiore
del costume.
Marco era
stralunato, mi fissava tra l’incredulo e il desideroso, e
quasi sobbalzò quando
lasciai cadere le braccia dopo aver gettato il reggiseno per
l’aria. Eccomi,
per la prima volta mezza nuda di fronte ad un ragazzo, coperta solo da
un paio
di slip a vita bassa. Scesi dal banchetto e lo guardai incerta,
timorosa di un
suo eventuale giudizio negativo oltre che piena di vergogna. Ma sapevo
che
dovevo farlo, così l’imbarazzo che avrei provato
in seguito sarebbe stato molto
di meno.
“L-Luna…”
bofonchiò, con gli occhi quasi dilatati.
Feci un passo
indietro, senza sapere cosa dire o fare. Voltai lo sguardo altrove,
dicendomi
che probabilmente non avevo retto le sue aspettative.
“Ti aspettavi
di meglio, vero?” mormorai. Improvvisamente mi sentii
stupida: ma che cavolo ci
facevo lì, impalata come una deficiente che mostravo il mio
seno a qualcuno? La
vecchia Luna non avrebbe mai fatto una cosa simile!
“Scherzi?”.
Marco si
avvicinò ancora di più. “Sei stupenda,
credimi, e credo sia saggio che ora tu indossi
di nuovo il reggiseno del costume se non vuoi farmi morire”
disse con
sincerità, senza smettere di fissarmi.
“Non prendermi
in giro… Di certo sei abituato a standard più
alti”. Era ovvio, mi dicevo, sai
con quante ragazze era andato a letto in tutti quegli anni?
Lo sentii
sospirare, esasperato. “Piantala! Forse sarò stato
anche con qualcuna che aveva
il seno rifatto, ma tu vali più di tutte loro messe insieme
perché sai che ti
amo e ti desidero sopra ogni cosa! Per me è… Una
tortura… E te lo ripeto per
l’ennesima volta che quando faremo l’amore
sarò ancora più felice perché non
vedo l’ora” esclamò e, quasi come
conferma alle sue parole, tracciò una linea
invisibile che partiva dalla mia spalla fino ad arrivare al mio ventre,
passando per il seno sinistro, che sfiorò in un modo tale
che mi venne la pelle
d’oca.
Socchiusi gli
occhi e ripresi la sua mano, facendola ripassare sull’altro
seno. “Scusami, è
che sono sempre così insicura…” ammisi,
riaprendo gli occhi.
“Ed
io sono
qui per farti passare quest’insicurezza, anche
perché
quello che ti dico è
tutto vero. Ora, però, ti prego, rivestiti se non vuoi
perdere
qui la tua
verginità” dichiarò. “Vado a
prendere una
boccata d’aria” e così dicendo
uscì,
lasciandomi da sola ancora senza fiato per quello che avevo fatto.
Quando
tornammo a casa, trovammo mamma che si dava da fare davanti ai
fornelli.
Vederla così, con il grembiule bianco e azzurro che metteva
in evidenza la sua
pancia, mi fece sorridere.
“Lunaaaa!”.
Mi voltai di
scatto e vidi Vic la furia raggiungermi, correndo per tutto il
corridoio prima
di abbracciarmi con calore, come se fossi una sua vecchia parente che
non
vedeva da anni e che credeva essere morta in guerra. “Come
è andato il
servizio?”.
Esitai,
lanciando uno sguardo di sbieco sia a Stella che a Marco. Alla fine
decisi di
optare per un “Bene”, ma ovviamente
quell’idiota di mia sorella non perse
occasione per mettermi in ridicolo.
“Ma che bene!
Per farla sorridere decentemente ci è voluto Marco che
faceva il pagliaccio! Ho
cercato di spronare il suo orgoglio prendendola in giro, ma senza
successo,
figurati!” disse, con l’aria di chi la sapeva
lunga.
Tuttavia, Vic
la guardava attentamente, con un’aria un po’
indecifrabile. “Sorry,
Stella,ma puoi spiegarmi più
lentamente?”.
Io e Marco
ridemmo mentre Stella sbuffava, ma, per mia sfortuna, mia madre era fin
troppo
in grado di capire l’italiano.
“Cos’è
questa
storia, Luna?” domandò, vedendoci incontro con la
cucchiaia di legno in mano
che le rendeva un’aria un po’ inquietante.
“Ma niente,
Cristiana, all’inizio era solo un po’ a disagio ma
poi si è sciolta tantissimo”
mi difese Marco, e così dicendo mi lanciò
un’occhiata che il mio cervellino
bacato interpretò un po’ come una frase maliziosa.
Che volesse riferirsi a
quello che avevo fatto dopo, nello spogliatoio? Al solo pensiero, mi
veniva
ancora da arrossire come una matta e da domandarmi chi mi avesse dato
il
coraggio di fare una cosa simile così, senza meditarci e
senza che fosse
richiesto.
Probabilmente
lui comprese, perché dopo aver rassicurato mamma mi fece
segno di seguirlo nel
soggiorno nell’attesa che papà e Mario
ritornassero da un giro turistico per
Firenze e per poter pranzare.
Prendemmo
posto sul divano e mi accoccolai addosso a lui, chiedendomi se stesse
ancora
ripensando a ciò che avevo fatto.
“Oggi
pomeriggio si parte” disse all’improvviso,
accarezzandomi i capelli.
“Si…”.
“Sei
contenta?”.
“Ovvio, non ce
la faccio più con tutta questa gente tra i piedi”
risposi, stringendolo di più
a me.
“Anche io”
sussurrò. “Eppure ti vedo strana”
aggiunse, obbligandomi a guardarlo in faccia.
“Io? No, no, ripenso
solo a come verrà il servizio, ecco…”
mentii, cosa che invece non mi
preoccupava minimamente, ormai le foto me l’ero fatte
scattare e poco
m’importava del giudizio degli altri.
“Ti offendi se
ti dico che non ti credo? Ormai ti conosco bene, Lulù”
dichiarò. “E credo che ciò riguardi
quelli che…”.
“Quello che ho
fatto nel camerino, si! Non so cosa mi è preso, credimi,
volevo solo avere
qualche certezza in più…” sbottai,
conscia di essere stata scoperta sin
dall’inizio e che non servisse a nulla continuare a mentire
spudoratamente. Con
Marco mentire ormai era diventata una battaglia persa.
“Perché ti fai
tanti problemi? Non è successo nulla… Purtroppo”
aggiunse, con quello che sul
serio era il suo sorriso malizioso finalmente uscito allo scoperto.
“E anche
quando tra di noi succederà quello che succederà,
quell’immagine tua, così
ingenua, timida e perfetta, sarà quella che voglio
più portare scolpita nella
mia mente” disse con una sincerità così
palese che mi precipitai ad
abbracciarlo con tutto l’affetto e il sentimento che sentivo.
Era in momenti
come quelli che mi domandavo cosa avessi mai fatto di così
magnificamente buono
per potermi meritare un simile angelo al mio fianco, che mi amava per
quello
che ero.
Restammo così,
stretti, per svariati minuti, finchè quella zanzara
petulante di mia sorella
non entrò in soggiorno con Vic alle calcagna.
“Sorellina!
Dimmi che sono un genio” esordì, battendo le mani.
Sembrava fin troppo
entusiasta.
“E perché
dovrei dire una così grossa bugia?” risposi,
ancora offesa per il modo in cui
aveva cercato di spronarmi durante il servizio.
“Perché ti
ricrederai. Ho trovato un modo per avere più entrate visto
che siamo senza
lavoro, e mamma ha approvato” disse, sedendosi sul divano
accanto a me. Non
aspettò nemmeno che domandassi quale pazza idea le fosse
frullata in testa,
perché subito iniziò: “Mi è
venuto in mente vedendo Friends!
Visto che la nostra casa è grande, affittiamo le stanze a
due persone e così ci dividiamo il guadagno! Ora che vai in
Abruzzo metto
subito gli annunci nella bacheca della tua università, in
quella di Marco e
anche a quella di Giurisprudenza dove andava Mario, lui ha tanti amici
che sono
potenziali clienti…”.
“Amici?!”.
Marco la guardò come se fosse
impazzita. “A parte che conosco gli amici di Mario, ma non
permetterai mai ad
un ragazzo di vivere sotto lo stesso tetto con la mia
ragazza” disse deciso,
con un tono fin troppo autoritario.
Stella lo
guardò sprezzante. “Prima le fai fare delle foto
mezza nuda e poi fai la parte
del tipo geloso?!”.
“Ehi, calma”
m’intromisi, visto che la conversazione rischiava di
degenerare. “A parte che,
amore, di certo non ti tradirei col primo idiota a cui affitto la casa,
e poi
cercheremo di affittarla a delle ragazze, ok? Devo ammettere che
è una bella
idea” aggiunsi rivolta a mia sorella, che mi sorrise.
“Te l’avevo
detto che ero un genio!”.
Il viaggio
verso l’Abruzzo fu abbastanza divertente visto che io e Marco
facemmo amicizia
con una coppia Pisana che si era appena sposata. Avevamo salutato
mamma, con la
promessa che io e Stella saremmo tornate lì a settembre,
mese in cui avrebbe
saputo il sesso del bambino, quindi per accompagnarla alla visita
ginecologica
insieme a papà, e avevo cercato di tranquillizzare
papà che continuava a
guardare me e Marco in cagnesco per la settimana di vacanza che ci
concedevamo
da soli.
Vic mi aveva
stritolato per l’ennesima volta con uno dei suoi abbracci
ferrei e poi mi aveva
domandato sotto voce se avevo messo in valigia il
suo regalo, il completo di Victoria Secret. Al mio ritorno
l’avrei già trovata a Maddaloni, ma speravo che
per quel momento Stella non
avesse ancora trovato qualche coinquilino.
“Eccoci a
casa, madame”
annunciò Marco molte
ore dopo, quando ci trovammo davanti la casa che Mario e Stella avevano
affittato e che poi ci avevano ceduto. Nel progetto iniziale, quella
specie di
piccola villetta sarebbe stata abitata anche dalla cugina dei ragazzi
con il
suo fidanzato, quindi alla fine io e Marco avevamo dovuto rimborsare
solo loro
due visto che i nostri
fratelli ci
avevano fatto un piccolo regalo.
“In questa mattina
grigia
In questa casa che ora è veramente solo mia
Riconosco che sei l’unica persona che conosca
Che incontrando una persona la conosce
E guardandola le parla per la prima volta
Concedendosi una vera lunga sosta
Una sosta dai concetti e i preconcetti
Una sosta dalla prima impressione
Che rischiando di sbagliare
Prova a chiedersi per prima
Cosa sia quella persona veramente
Potrò mai volere bene
Tu che pensi solamente spinta dall’affetto
E non ne vuoi sapere di battaglie d’odio di ripicche e di
rancore
E t’intenerisci ad ogni mio difetto
Tu che ridi solamente insieme a me
Insieme a chi sa ridere ma ridere di cuore
Tu che ti metti da parte sempre troppo spesso
E che mi vuoi bene più di quanto faccia con me
stesso”
Era troppo
grande per noi, ne ero certa, ma lamentarmi era l’unica cosa
che dovevo fare
vista la situazione. Sette giorni di puro relax da sola con il mio
ragazzo…
“E’
bellissima! Solo che, ti prego, avvisiamo che siamo arrivati e poi
spegniamo i
telefoni, o mettiamo come minimo il silenzioso” decretai
decisa.
Marco sorrise.
“Certo, hai ragione”.
Prima che me
ne accorgessi, mi prese in braccio dopo aver posato le valigie
nell’ingresso, e
insieme facemmo il giro della casa.
La cucina era
enorme, molto rustica; il soggiorno aveva due divani con tanto di
camino,
ovviamente spento anche se, essendo sera, faceva un po’
freschetto; c’erano due
camere da letto, due bagni, un lungo corridoio e un grande ingresso e
fuori,
oltre al giardino, c’era un piccolo laghetto su cui ormai si
rifletteva la luna
piena.
Dopo aver
sistemato le nostre cose, cenammo e vedemmo un po’ di tv
prima di fare un giro
vicino al lago, ma io ero esausta per la giornata che avevo avuto e il
viaggio,
ragion per cui alle undici gli chiesi se potevamo andare a dormire.
“Si, andiamo,
sono stanco morto anch’io” acconsentì.
“Mi sa che per i primi giorni dobbiamo
recuperare per bene tutte le forze perse, e poi magari possiamo andare a fare un giro al centro”.
“Giusto, tanto
ce n’è di tempo e il centro non è molto
grande” osservai.
Quella sera
dormii per bene dopo tanto tempo; anche se già altre volte
avevamo dormito
insieme, quella sera fu diversa, e non ne sapevo nemmeno io il
perché.
Nonostante la
stanchezza, però, pensai se ci fosse rimasto male che subito
m ne fossi andata
a letto, ma poi ripensai al colloquio avuto nella mia stanza quando
mamma mi
aveva proposto di fare da modella e mi calmai, dicendomi che lui sapeva
che non
volevo che succedesse qualcosa tra da noi come se fosse stata
programmata.
In realtà,
però, non sapevo che il modo in cui sarebbe successo sul
serio sarebbe stato in
qualche circostanza diversa dal solito.
La mattina
dopo ci svegliammo alle undici passate, e così decidemmo di
fare un brunch.
“Ma il brunch
non era pranzo e cena insieme?” mi chiese lui quando glielo
proposi, un po’
stranito.
“Che? No! E’
colazione e pranzo insieme, asino! Devo istruirti per bene sulla
cultura
inglese…” ribattei.
“E in che
consiste? Latte e pasta?!” mi prese in giro.
Inutile dire
che le risate non erano mancate, proprio come quando erano venuti a
trovarci i
padroni di casa per vedere se fosse tutto ok e per avvisarci che
probabilmente
nei giorni seguenti ci sarebbe stato un piccolo blackout per alcuni
problemi
che c’erano in paese.
“Per cui vi
abbiamo portato delle candele che di sicuro vi saranno utili,
ragazzi” dichiarò
il padrone, il signor Rodolfo, un uomo sulla cinquantina
particolarmente
simpatico e bravo nel metterci a nostro agio.
“La ringrazio”
risposi, sorridendo. “E complimenti per la casa, sul serio,
se potessi ci
resterei per il resto dell’anno, qui riuscirei a studiare con
molta più
tranquillità”.
Eppure, le
candele ci furono utili subito dopo, verso le dieci, quando ero in
bagno per
una doccia. Improvvisamente, dopo aver indossato mutandine e reggiseno,
le luci
si spensero all’improvviso e rischiai di urtare contro il
mobiletto vicino al
lavandino, non conoscendo bene la stanza e quindi non potendo
orientarmi alla
perfezione. Grazie al cellulare che recupererai con un po’ di
difficoltà, però,
riuscii a farmi strada grazie alla luce del display.
“Luna, amore,
sto accendendo le candele, un secondo e ti raggiungo!” sentii
urlare Marco
dalla camera da letto in cui ci eravamo sistemati.
“Tranquillo,
sto già venendo” lo rassicurai, e fu
così che tre secondi dopo ci ritrovammo
faccia a faccia.
Manteneva in
mano una candela, in pantaloncini, e mi sorrise.
“Ecco
a cosa servono i cellulari” sussurrai,
posando l’oggetto sul comodino.
“Si, ma le candele
sono più romantiche, non trovi?”
domandò lui, poggiandola su un mobile e
continuando a scrutarmi.
Esitai un
secondo, non riuscendo a non
contemplare
quanto fosse ancora più bello grazie alla luce soffusa delle
candele. “Si, ma
se sono con te tutto è romantico” decretai. Poi,
improvvisamente, nella mia
mente folgorò l’immagine di due giorni prima, di
quello che avevo fatto nel
camerino. E, come se fosse una decisione già radicata dentro
di me da secoli,
mi avvicinai ancora di più a lui finchè il mio
corpo nudo in buona parte non si
trovasse a contatto con lui. Quella era la sera giusta, me lo sentivo,
proprio
come se qualcuno al di sopra di me l’avesse deciso e mi
avesse convinto con la
più grande delle arti oratorie…
“Marco, mi
vuoi?” dissi, senza meditarci, prendendo la sua mano e
facendola scendere lungo
la mia schiena.
Vidi il suo
sguardo un po’ sbigottito, prima sorpreso, poi
improvvisamente deciso e felice.
“Me lo domandi pure? E’ da quando ho capito di
amarti che ti voglio” dichiarò,
aggiungendo anche l’altra mano a quella che già
cingeva la mia schiena.
Ci sorridemmo,
prima di perderci in un bacio che superava il passionale di molto.
“Hai spento il
cellulare?” mi domandò, prima di ribaciarmi.
“Mmm, no, ma
al momento non ne avrei la forza. Ho il
silenzioso…” mormorai, prima di
lasciarmi stendere sul letto e sentirlo sopra di me, pelle contro
pelle,
sospiro contro sospiro. Ero certa che quella notte sarebbe stata la più bella della
mia vita, era poco
ma sicuro, perché ottenere una cosa attesa dopo tanto tempo
è ancora più
appagante, e le carezze e i baci impetuosi di Marco me ne fecero avere
un vago
sentore, anche se eravamo solo all’inizio…
*°*°*°*°
Buonasera a
tutti!
Rieccomi qui
con il terzo capitolo! Ammetto che è stato un po’
difficile da scrivere, ma
semplicemente perché ora si inizia a spiegare il rating
arancione e io non sono
abituata descrivere scene un
po’ più intime, quindi
credo che nel prossimo dovrò impegnarmi ancora di
più visto che verrà descritta
la tanto attesa prima volta dei nostri amati Marco e Luna xD
Purtroppo non
ho il tempo per dilungarmi molto, quindi come sempre ringrazio chi
segue la
storia e chi ha recensito, ovvero CriCri88, alina 95 e
Lola SteP per le loro recensioni!
Vi ringrazio di cuore e vi
chiedo di farmi
sapere osa ne pensate anche di questo capitolo, perché
vedendo così poche
recensioni inizio a domandarmi se questa storia vi stia annoiando e
quindi è
inutile continuarla, anche perché se sto sbagliando qualcosa
non so cosa visto
la mancanza di eventuali giudizi negativi. Anche quelli sono sempre
accettati,
anche se costruttivi ovviamente!
Comunque,
vi ripeto il mio account Facebook se vi
va di seguirmi anche lì visto che lì pubblico
notizie, spoiler e alcuni lavori
di Photoshop: Mena Milly.
VI AUGURO UNA
SERENA E DOLCE PASQUA!
la vostra
milly92.
|
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Capitolo 5 *** Innocence ***
112
Imbarazzo,
adrenalina, felicità, curiosità: queste erano le
emozioni che stavo vivendo
mentre sentivo le mani di Marco accarezzarmi con estrema dolcezza
dovunque.
Non smetteva
di avere un contatto diretto con il mio sguardo, che onestamente non
sapevo
cosa rispecchiasse: ce l’aveva uno sguardo adatto quel
turbine di emozioni
intense che stavo vivendo?
Quando lo
sentii arrivare al gancetto del reggiseno nero che indossavo, sorrisi.
“Ora tocca
a te slacciarlo” sussurrai, inarcando la schiena per
consentirgli al meglio
l’operazione.
Accennò un
mezzo sorriso, probabilmente ricordando la scena dello spogliatoio, e
annuì,
continuando ad accarezzarmi delicatamente la schiena durante tutto il
percorso
in un modo che mi faceva venire la pelle d’oca. Non so
perché ma all’improvviso
iniziai a tremare, sempre più frequentemente, e Marco si
bloccò nell’atto di
slacciare il gancetto.
“Amore, cosa
c’è? Ho fatto qualcosa di
sb….?”.
“No,
assolutamente no, continua” dissi,cercando di rassicurarlo.
Non sapevo perché
mi stessi comportando così, cosa mi stesse succedendo.
“Devo essere solo un po’
di ansia, è… Normale, credo” continuai,
cercando di calmarmi.
“Credo di si…
Rilassati, tranquilla” mormorò, baciandomi la
spalla con una dolcezza tale che
riuscì nel suo intento.
Chiusi gli
occhi e sorrisi sentendo il calore del suo corpo sul mio. Quando li
riaprii lo
vidi più rilassato a sua volta e un piccolo click mi fece
capire che aveva
sganciato il reggiseno. Mano a mano lo feci scivolare via, e mi sentii
meglio
quando lo vidi scrutarmi il seno con un qualcosa che era un misto tra
devozione
e desiderio, con gli occhi che per la luce soffusa delle candele
risultavano
ancora più scintillanti.
Si calò su di
me e iniziò a baciarmi di nuovo, questa volta scendendo
più giù. Mi regalava
emozioni fortissime, sentivo la voglia di essere sua farsi sempre
più viva
dentro di me, ma volevo fare qualcosa anche io, non volevo risultare
passiva.
Ragion per cui, prendendo mentalmente un
bel respiro, quando si staccò da me avvicinai le mani
all’elastico dei suo
pantaloncini e con la massima delicatezza mista a pura vergogna- che a
volte
sembrava essere scomparsa e a volte tornava più forte di
prima- glieli abbassai,
rivelando un paio di boxer scuri.
“Sei
bravissima” mi sussurrò all’orecchio,
“Sei nata per farmi impazzire, lo sai?”.
“Lo spero”
biascicai, chiedendomi se non lo stesse dicendo solo per farmi sentire
più
sicura. “E’ solo che mi sento impacciata
e…”.
“Shhh! Ti fidi
di me?”.
“Certo che si,
altrimenti non sarei qui” risposi decisa, annuendo con il
capo e stringendolo
più forte a me.
“E allora sai
che non devi sentirti impacciata e che qualsiasi cosa farai non devi
sentirti
in soggezione, io sono qui, pendo dalle tue labbra, voglio solo
renderti felice
e se credi che io non abbia un po’ di paura, beh, non
è così. Mi hai scelto,
sono la prima persona con cui ti appresti a fare l’amore e
questa è una cosa
che mi rende più felice di ogni altra cosa ma voglio fare di
tutto per renderla
speciale” dichiarò, questa volta sia serio che
dolce.
“Oh…”
sussurrai, poi, da quel momento, niente più fu come prima.
La passione che di
solito c’era tra noi ritornò più
impetuosa di sempre, ci catturò e ci avvolse
nella sua morsa dieci volte più forte del solito. Le sue
parole mi avevo
rinvigorita, rassicurata, e sentivo qualcosa di caldo nel cuore,
qualcosa che
mi faceva sentire più sicura di me e meno inibita, capace di
godermi il momento
nel migliore dei modi, senza pensare, senza domandarmi se fosse giusto
o
sbagliato qualsiasi mio movimento, parola o carezza. Marco mi amava per
quello
che ero e questo era l’importante.
Lo sentivo
eccitarsi sempre di più, proprio come io mi sentivo sempre
più in preda ad un
calore che si irradiava in tutto il mio corpo e non faceva altro che
farmi
desiderare di stare sempre più a contatto con
l’uomo che amavo.
Sussurri,
gemiti, mi sembrava tutto un insieme di cose che sembravano dirette da
un
direttore d’orchestra, avevano un loro ritmo, e tutto
culminò nel momento in
cui entrambi ci ritrovammo completamente nudi l’uno di fronte
all’altra.
“Wow”
commentò
lui, nel momento in cui i miei slip caddero sul pavimento, al fianco
dei suoi
boxer.
Sorrisi,
piegando la testa di lato, pur sentendo la testa intontita da quella
serie di
emozioni, che quasi mi sembrava impossibile potersi sentire in quel
modo visto
che era la prima volta che mi capitava.
“Marco…”
lo
chiamai flebilmente.
“Si?”.
“Volevo
ripeterti che ti amo”.
“Anche io,
Lulù, anche io”.
Quello fu il
momento decisivo, quello in cui, dopo un bacio, una carezza e un attimo
di
esitazione lo sentii per la prima volta dentro di me, quello in cui
cessai di
essere una diciannovenne priva di esperienza per diventare una donna a
tutti
gli effetti che da quel momento era diventata un tutt’uno con
l’uomo che amava
a che era certa che avrebbe amato per sempre. Nonostante tutto provai
molto
dolore, ma cercai di non farlo trapelare troppo al mio lui, stretta
contro il
suo petto e con il capo nell’incavo della sua spalla per
impedirgli di vedere
la mia espressione mentre cercava di muoversi con più
cautela possibile per
farmi meno male. Passavano i minuti e la morsa con cui lo stringevo a
me era
sempre più ferrea, per fargli capire che ero felice di
essere lì con lui, di
star condividendo insieme quella prima esperienza che mi stava
lasciando
letteralmente senza fiato.
Era tutto normale,
mi ripetevo per distrarmi, era la prima volta, doveva essere
così, alla fine la
vera prova stava proprio in quello, ma quando Marco si
accasciò al mio lato, dopo
avermi sussurrato decine di parole dolci per aiutarmi a distrarmi e a
non
sentire molto il dolore, gli sorrisi e fui felice di vedere che
sembrava
radioso. Era ancora più bello così, con i capelli
disordinati e l’aria quasi
beata.
“Fa ancora
male?” chiese premurosamente, accarezzandomi il viso per poi
stringermi a sé.
“No, no,
tranquillo, alla fine era molto di meno il dolore” risposi,
ricambiando la
stretta e baciandolo. “Ma ora aspetto con ansia la seconda
volta” aggiunsi
ridendo.
“Oh, stai
tranquilla che non mancherà” rise, prima di
ribaciarmi. “Sei ancora più bella,
sai?”.
“Ammetto che
anche io mi sento diversa” mormorai,chiedendo gli occhi.
“Ora sono a tutti gli
effetti la tua Luna, e tu sei solo mio, eh” ribattei, cercando di
ironizzare.
“No, tu sei la
mia Lulù, è
diverso” soffiò contro il
mio orecchio, e percorrendo con la mano destra il profilo del mio corpo
ancora
nudo. “E’ stato bellissimo, non avevo mai provato
sensazioni così intense, ma
mi è dispiaciuto che invece per te è stato
più…”.
“Zitto, è
stato bellissimo anche per me, l’importante era che ci fossi
tu con me” lo
zittii, tappandogli la bocca.
Waking up I see that everything is ok
The first time in my
life and now it's so great
Slowing down I look around and I am so amazed
I think about the little things that make life great
I wouldn't change a
thing about it
This is the best feeling
This innocence is brilliant,
I hope that it will stay
This moment is perfect, please don't go away, I
need you now
And I'll hold on to it, don't you let it pass you by
“Mmm,
preferisco che me la tappi con un bacio!” disse dolcemente,
prima di
ristringermi a sé. Era ufficiale, mi sentivo la donna
più felice del mondo.
Dormivo da
chissà quanto quando fui svegliata dalla vibrazione
insistente del mio
cellulare. Con un occhio ancora chiuso, constatando che la corrente era
tornata
visto che la luce del corridoio era accesa, allungai la mano sul
comodino per
vedere chi fosse, quando scoprì che si trattava di un sms.
Ti
aspetto al laghetto qui fuori.
Il mittente,
cosa assurda, era Marco. Mi voltai, e sobbalzai nel non trovarlo al mio
fianco.
Ma che ore erano? Ma, soprattutto, tutto quello che ricordavo di aver
vissuto
era successo o era solo frutto di un bellissimo sogno che avevo fatto? Il solo
pensiero mi fece rabbrividire; vidi che erano le due di notte e,
alzandomi,
feci una faccia stranita vedendo una macchia rossa al centro del letto,
prova
tangibile del fatto che ciò che era successo non era frutto
della mia
immaginazione.
Sorrisi,
togliendo le lenzuola e mettendole in lavatrice, prima di ricordare la
strana
richiesta di Marco. Perché mai dovevo andare al lago a
quell’ora di notte?
Forse un’idea ce l’avevo, ma volevo cercare di
risultare il meno spigliata
possibile dopo aver scoperto ciò che per tanti anni mi ero
persa… Sorrisi
maliziosamente, e venni colta da un’idea.
Rapidamente,
presi il completo intimo che Victoria mi aveva regalato e lo indossai,
per poi
mettermi una vestina a mezze maniche blu dopo aver fatto una doccia
rapida.
Continuavo a
sentirmi strana, leggera come una piuma, fin troppo gioiosa rispetto al
solito…
Uscii di casa,
rapidamente, e dopo pochi passi mi ritrovai di fronte Marco che mi
stava
aspettando seduto su un telo enorme con un cestino al suo fianco.
“Amore, ma
cosa…?”.
“Spuntino
delle due!” ridacchiò, alzandosi e venendomi
incontro. Mi prese le mani tra le
sue e mi condusse verso quella parte di terreno, facendomi sedere di
fronte a
lui per poi baciarmi. La luna piena si rifletteva nel lago, facendo
scintillare
magicamente tutta la superficie.
Marco mi
sembrava quasi divino a causa di tutto quel pallore che rendeva la sua
pelle
diafana, e gli occhi sembravano fatti quasi di cristallo. Dio, mi ci
sarei
persa in quel mare infinito!
“Spuntino?”
domandai, vedendo che nel cestino c’era tutto quello che di
certo non faceva
parte di ciò che in italiano si usava definire
spuntino: tramezzini, panini, frutta…
“Avevo fame e
non volevo ingozzarmi da solo, tutto qui. Anche tu avrai perso un bel
po’ di
calorie, qualche ora fa” aggiunse malizioso, squadrandomi e
facendomi un cenno,
prima di addentare un tramezzino.
“Ma che
gentile che sei, ma ti consiglio di rinforzarti per bene allora,
perché, visto
che mi hai svegliata, ho intenzione di utilizzare al meglio questa
notte”
risposi, prima di prendere una ciliegia e addentarla. Cavoli, ma cosa
mi stava
succedendo? Sembravo sul serio mia sorella, da quel poco che mi aveva
raccontato della sua vita amorosa;
mi
sentivo davvero più sicura di me e capace di fare battute
per cui poche ore
prima sarei arrossita come una furia.
Marco sembrava
sul serio pendere dalle mie labbra mentre compivo quel gesto.
Mangiammo, e
quando ripresi a mangiare le ciliegie lo vidi sorridere.
“Ho creato un
mostro” dichiarò, alzando gli occhi al cielo.
“Un mostro che
ti piace, però” ribattei, porgendogli a mia volta
un’altra ciliegia che addentò
nel più sensuale dei modi, prima di trattenermi a
sé e farmi perdere in un
indimenticabile bacio al gusto di ciliegia. Lo sentii spostare il
cestino ormai
vuoto dall’altra parte, mentre rispondeva
“Certo”, e, comprendendo tutto, mi
stesi su di lui, su quel telo che sembrava fin troppo grande per i
nostri corpi
ammassati l’uno sull’altro.
Ci scambiammo
qualche frase disconnessa, persi entrambi nel profumo e nella voglia di
risentire l’altro in tutto e per tutto, e poi per quella
volta fui io a prendere
l’iniziativa, a slacciargli la camicia, i pantaloni, cercando
di essere un po’
più attiva rispetto la prima volta.
Dopo un po’ fu
lui a ribaltarsi su di me, e quando la mia vestina raggiunse i suoi
abiti,
trattenne il fiato, vedendo il completo intimo che indossavo.
“Sapevi già
tutto, eh? Sapevi che sarebbe successo di
nuovo…” mi sfidò.
“No, ma sai,
per precauzione…” risposi, questa volta arrossendo
sul serio.
“Sei
fenomenale…” commentò, fiondandosi sul
mio collo.
“Me l’ha
regalato Vic” ammisi, prima di sentire il suo risolino che
però scomparve prima
di togliermi il completo con cura.
“Non hai
bisogno di questi stratagemmi per essere ancora più
apprezzata da me, sappilo”
soffiò sensualmente contro il mio orecchio.
“Lo terrò
presente…” biascicai, ormai decisamente persa nel
nostro mondo, dove tutto
parlava solo di noi e delle nostre sensazioni a
trecentosessanta gradi.
Di nuovo, ma
non nello stesso modo della volta precedente, anzi, in modo
più audace e
sicuro, tutto ridivenne un insieme di movimenti fusi, sussurri, fiati
sospesi,
e sul serio mi sentì decisamente appagata visto che il
dolore era quasi
decisamente scomparso. Tutti attorno a me era rappresentato da Marco,
in quei
momenti poteva succedere di tutto attorno a noi ma io non vi avrei
badato. Perché
avrei dovuto? Lo sapevo, il mio mondo, il centro della mia vita, ormai,
e per
fortuna, era rappresentato da quello splendido ragazzo…
Passò qualche
giorno, ed io e Marco riuscimmo a visitare il paesino che circondava la
nostra
casa solo verso il quarto giorno di permanenza visto che durante il
terzo non
eravamo riusciti a fare qualcosa che non c’entrasse con il
mangiare, vedere la
tv, lavarci e fare l’amore. Inutile negarlo, entrambi eravamo
così presi
dall’altro che ci domandavamo come avremmo fatto a non
condividere più il tetto,
e il letto, una volta ritornati a Maddaloni.
Il quinto
giorno, mentre eravamo a pranzo in una trattoria e
stavamo mangiando il gelato, il mio cellulare
iniziò a squillare e dopo più di trentasei ore
risentii la voce squillante
della mia gemella.
“Luna!”
esordì
entusiasta.
“Ehi, Stella,
come stai?” domandai.
“Bene, più che
altro quella che deve raccontarmi un po’ di cose sei
tu” disse con un
inconfondibile nota di ilarità e sarcasmo.
“Io?” chiesi,
con Marco che mi guardava curioso.
“Ovvio, non
dirmi che tu e Marco vi state guardando negli occhi da cinque
giorni…”.
“Mi avvalgo
della facoltà di non rispondere” ribattei, ma non
riuscì a non ridere e il mio
ragazzo capì tutto. “Comunque, a cosa devo la tua
chiamata?” cercai di cambiare
argomento.
“Non cambiare
argomento!”. Ecco, misero fallimento. “Ti lascio in
pace solo perché voglio un tete a
tete con i fiocchi, sappilo.
Comunque, sai che è arrivata Vic?”.
“Si?”.
“Si, ti saluta
tanto, è appena andata a vedere come procedono i lavori per
la boutique di
mamma ed oggi le ho fatto vedere l’Università,
sai, sono andata ad affiggere
l’annuncio, spero in qualche risposta al più
presto, ma aspettati qualche
chiamata visto che ho dato anche il tuo numero di cellulare”
mi informò.
Sbuffai,
accasciandomi contro lo schienale della sedia.
“Stella!” la ripresi. “Insomma,
sono in vacanza, non mi va di fare da centralinista con chi
vorrà sapere delle
informazioni!”.
Marco comprese
ciò che era successo, perché fece uno sguardo
seccato e un gesto associato verso
mia sorella.
“Non fare la
tragica, di sicuro non chiameranno subito…”
ribattè.
“Con la
fortuna che ho mi assedieranno!”.
“Sempre
tragica, eh? Comunque, chiama zia Kitty ogni tanto, vuole fare due
chiacchiere
con te, dice che si annoia a morte visto che Michele non le fa muovere
un dito
da quando ha scoperto di essere incinta”.
“Ok, ma ti
informo che tra due giorni sarò lì, non
c’è bisogno di farmi sentire da tutta
la famiglia per dire che sto bene come se fossi partita per la
guerra…”.
Marco annuì,
alzando il pollice, mentre mia sorella rise.
“E’ questo il
punto, sappiamo che stai troppo bene e dobbiamo
infastidirti!” dichiarò. Me la
immaginavo, magari seduta sul divano, con la tv che mandava in onda MTV
senza
volume e lei che mentre pronunciava quelle parole esibiva la
più sfacciata maliziosa
delle espressioni.
“Ahah, se
volessi infastidire te quando stai con Mario dovrei passare la vita al
telefono” la rimbeccai. “Ora ti saluto che mi si
sta sciogliendo il gelato
nella coppa” tagliai corto, e dopo un breve saluto staccai la
chiamata.
“A volte mi
domando se ci abbiano messo una microspia da qualche parte per
controllarci”
disse Marco un po’ scocciato, comprendendo la mia espressione
seccata viste
tutte le frecciatine e battutine che mi ero dovuta sorbire, che alla
lunga
iniziavano ad infastidire.
Ci meditai un
po’ su, poi, ripensando agli ultimi fantastici giorni, scossi
il capo. “No,
altrimenti mio padre sarebbe corso fin qui per spezzarmi le gambe e
ucciderti
visto quello che abbiamo fatto…” dissi con
nonchalance, strappandogli un
sorriso.
Prese le mie
mani tra le sue, dopo che ebbi finito il gelato. “Che ne dici
di un ultimo
giretto prima di tornare a casa?”.
“Si, ci vuole
per digerire, mi sento strapiena” convenni, annuendo, e
così, dopo aver pagato
il conto, ci ritrovammo di nuovo per le piazzetta del paesino.
Comprai delle
cartoline da inviare a mamma e papà, ai nonni, Miriam e zia
Kitty e Michele,
poi ci scattammo alcune foto, fermando anche delle persone per farcene
fare alcune
decenti.
“E’ proprio
vero che non importa dove sei ma con chi sei” commentai
quando ci ritrovammo
nel pullman che ci avrebbe ricondotto a casa, appoggiandomi sulla sua
spalla.
Passò un
braccio attorno ai miei fianchi e annuì, baciandomi una
tempia. “Si, hai
proprio ragione amore”.
Quella sera
chiamai la zia, che mi trattenne molto per raccontarmi il modo in cui
si stava
comportando Michele da quando sapeva che sarebbe diventato padre,
lamentandosi
ma riconoscendo che era davvero dolce, e si decise a lasciarmi solo
quando le
dissi che dovevo andare a preparare la cena, cosa assolutamente falsa
perché il
mio adorato Marco aveva già pensato a tutto, adornando la
tavola con candele e
fiori, oltre che con spaghetti al ragù e frittelle.
“Se un domani
ci sposeremo promettimi che continuerai a comportarti in modo
così
servizievole” ironizzai.
“Certo, anzi,
ti dirò, perché non veniamo a vivere qui in
estate? I nostri eventuali figli i
divertirebbero a giocare in giardino…” propose,
con un tono scherzoso che però
celava qualcosa di serio.
Ci riflettei
un po’ su. “No, ripensandoci no, ho paura che
qualcuno di loro potrebbe finire
nel lago in un momento di distrazione” ragionai.
“Oppure da
adolescenti potrebbero portarci qui le rispettive ragazze e ragazzi e fare uno
spuntino delle due in
riva al lago come i loro genitori…” aggiunse
sghignazzando.
“E immagino
che tu saresti geloso peggio di mio padre” lo provocai.
“Mmm, solo con
le figlie femmine”.
“Ma ti rendi
conto che sembriamo due vecchi con questi discorsi?” lo
interruppi
all’improvviso. Posai la forchetta e mi avvicinai a lui.
“Di solito cerco di
evitare questi discorsi, siamo così giovani e non sappiamo
cosa succederà, ma
ormai mi viene naturale pensarti al mio fianco finchè non
avremo entrambi i
capelli bianchi” ammisi, prendendo il suo viso tra le mie
mani.
Sarei rimasta
così per ore, era ancora più affascinate con
quell’espressione un po’
pensierosa e gli occhi lievemente socchiusi.
“Per me è
scontato pensarlo, credimi, non riuscirei ad immaginarmi qualcun altro
al mio fianco”
rispose, accarezzandomi i capelli.
Piegai la
testa di lato, e stavo tornando a mangiare quando il mio telefono
squillò per
l’ennesima volta nell’arco di quella giornata.
Sbuffando,
constatai che il numero chiamante fosse sconosciuto.
“Pronto?”
risposi, cercando di non risultare seccata.
“Buonasera,
parlo con Luna Solari?” domandò una voce cordiale
maschile.
Feci due più
due e compresi che fosse qualcuno per l’affitto della stanza.
Maledetta Stella,
maledetta, non poteva mettere che era vietato chiamare dopo le 21.00?
“Si, sono io,
con chi parlo?” domandai meccanicamente.
“Sono Tommaso
Di Maio, chiamo per informazioni sull’affitto di una stanza a
casa sua, ho già
chiamato sul numero di sua sorella ma è staccato”
rispose.
“Ah si?”.
Inveii mentalmente contro quell’idiota patentata che prima
metteva le cose in
mezzo e poi si concedeva il lusso di scaricare le cose addosso a me.
“Bene,
cosa vuole sapere?”.
“Beh, se
nell’affitto è inclusa solo la colazione o anche
la cena, perché di solito
pranzo in università e…”.
“In realtà non
le so dire perché questa cosa
l’ha messa
in mezzo mia sorella ed io sono in vacanza, ma non credo che le
negheremmo la
cena” risposi subito, sottolineando che ero in vacanza e che
quindi cercavo di
fargli comprendere che non volevo essere disturbata ulteriormente.
“Capisco. Ma
perché ci diamo del lei? Credo che siamo più o
meno coetanei, in realtà ti
conosco di vista”. Il tipo aveva perso il tono educato e
sembrava voler fare il
simpatico.
“Scusa ma il
tuo nome mi è nuovo” ammisi. “Comunque,
se vuoi più informazioni ti consiglio
di riprovare con mia sorella più tardi o domani”
aggiunsi.
“Va bene,
comunque, per informazione, ero seduto alla tua destra
all’ultimo esame scritto
di inglese e mi hai suggerito una domanda”
insisté.
Cercai di fare
mente locale, ma avevo solo un vago ricordo. “Scusami ma non
ricordo, ma,
cos’è, uno stratagemma per convincermi a darti
subito la stanza?”.
“Oh, no, no,
era così per dire. Allora scusa il disturbo,
proverò con tua sorella, ok? Buon
proseguimento di vacanza” disse.
“Grazie, ciao”
e subito staccai. “Amore, ho un’idea, non torniamo
a casa mai più!” dissi con
enfasi, guardando con apprensione i mie spaghetti ormai freddi.
Marco rise e
annuì. “Hai tutto il mio appoggio. Chi era a
telefono?”.
Glielo spiegai
e lo vidi un po’ stranito per il fatto che questo Tommaso
già mi conoscesse.
Non sapevo, in realtà, che quest’ultimo sarebbe
stato l’oggetto di gelosie e
piccole discussioni, nei mesi a seguire…
*°*°*°*°*
Rieccomi qui,
più in anticipo, non trovate? ^^
Sarà che la
versione hot di Marco mi ha ispirato, non so, ma ci ho impiegato due
giorni per
scriverlo.
E così i due
piccioncini si sono dati una bella mossa,e
posso dire che ora entriamo sul serio nel vivo della
storia. Non a caso
è spuntato questo Tommaso, e dal prossimo vedremo se
riuscirà ad avere la
stanza.
Vi
piace la "copertina" della storia? Per ogni capitolo inserirò un
immagine particolare che esprime ciò che capiterà nel
capitolo.
Comunque, come
sempre ringrazio di cuore tutti coloro che continuano a leggere e
aggiungere la
storia nelle varie categorie, ma soprattutto grazie anche a Lola
SteP che per la seconda ha proposto
“Dillo Alla Luna” tra le storie
scelte, tramite recensione. Grazie tesoro! ^^ Sono sempre
più lusingata dal tuo
affetto!
Ora, passando
alle risposte alle vostre recensioni:
XXX_Ice_Princess_XXX:
Spero
che tu
abbia passato una bella, e soprattutto dolce, anche grazie alla
cioccolata xD,
Pasqua, cara! Spero che questo capitolo abbia colmato la tua
curiosità, alla
fine era d’obbligo terminare il cap proprio in quel momento,
ma spero di
essermi fatta perdonare! Un bacione e grazie mille!
Alina
95:
Ciao tesoro! Innanzitutto devo ancora
ringraziarti per il tuo aiuto, ho trovato anche un altro attore da
prendere in
considerazione, poi appena ti trovo connessa su Facebook te lo faccio
vedere,
ok? Comunque al contrario delle aspettative ho aggiornato prima del
solito, e
spero ti sia piaciuto questo capitolo! Un bacione e ancora grazie per
la tua
disponibilità e dolcezza ^^
Red 76: Ma grazie, cara! Io continuo ad
attendere il continuo della tua storia, e specialmente nuovi sviluppi
tra i due
protagonisti, eheh! Mi raccomando aggiorna presto ;-) Spero che questo
capitolo
ti sia piaciuto =) Un bacione! ^^
MalyCullen: Ciao! Sono onorata dalle tue
parole,
davvero, e sono felicissima che le mie storie ti siano piaciute
così tanto! Comprendo
ciò che vuoi dire quando dici che ti piace leggere storie
già finite, e per il
momento ce la sto mettendo tutta per aggiornare il più
spesso possibile ma
purtroppo per leggere il 5 mi sa che ci vorrà un
po’ perché mi aspettano delle
settimane tremende a scuola, ma se ti va di aggiungermi su Facebook
lì metto
sempre spoiler e notizie sugli aggiornamenti ^^ E poi che bello sapere
che sei
Campana anche tu, ne siamo tantissime qui su Efp, ihih! E certo che
farebbe
piacere anche a me incontrarti, se fosse per me farei un meeting con
tutte le
Efp-dipendenti, e poi la settimana scorsa ho incontrato una mia cara
amica che
ho conosciuto qui su Efp quindi, perché no ^^ E
l’amato di Viola era Stefano,
si :D Ancora grazie di tutto, spero che ti sia piaciuto anche questo
cap! Un
bacione! ^^
pometina94:
Ma ciao cara! Che bello rileggerti! Non sai quanto ti
capisco, anche per
me questi mesi sono stati assurdi scolasticamente parlando, e non oso
immaginare
come sarà l’anno prossimo che ho la
maturità visto che già senza di questa ci
massacrano =S Ma spero che almeno leggere un po’ di Luna e
Marco ti abbia
tirato un po’ su (non sono mai così egocentrica,
credimi, sarà colpa delle
numerose uova di Pasqua che mi hanno regalato
xD). Riguardo Lulù immaginavo che ti saresti
commossa :D ci ho
riflettuto molto e alla fine era l’unico soprannome adatto al
suo nome, se vuoi
ti concedo i diritti di copyright :D Credo che mano a mano che andremo
avanti
Vic ti affascinerà ancora di più con i suoi
misteri, ma sappi che io adoro leggere
le varie congetture, quindi spara! xD Un bacione! ^^
Lola
SteP:
Amore, io devo farti una statua d’oro
decorata di diamanti per tutto quello che fai per me, sul serio!
Grazie,
grazie, grazie! Hai visto che ho aggiornato presto? Come hai visto
l’idea di
Stella al momento sta portando guai a Luna che vuole starsene in pace
(e a buon
ragione, ihih) con il suo Marcolì, poi vedremo…
Un bacione enorme tesoro, ti
voglio troppo bene!
stellababi: Grazie mille! Ecco il continuo,
spero
ti sia piaciuto e che non ti abbia deluso! Ancora grazie, un bacione! ^^
CriCri88: Ciao cara! Non ti so dire
perché sono
stata così generosa, sarà stata la troppa
cioccolata ingurgitata in questi
giorni xD… No, scherzi a parte, il motivo
c’è, e cioè che mi sembrava assurdo
prolungare questo fatto per molti cap, anche perché ora ci
sono tutti gli
elementi per entrare nel vivo della storia e credo che tra un
po’ i saranno
alcuni salti temporali che ci porteranno alla laurea di Marco, anche se
ovviamente prima ci sarà la nascita del fratellino delle
ragazze. Spero di aver
descritto bene la scena, anche perché non potevo osare
chissà quanto essendoci
il rating arancione, ma in tal caso fammi sapere se ho sbagliato
qualcosa
secondo te così in futuro farò di meglio :P
Grazie mille come sempre cara, un
bacione ^^
Prima
di lasciarvi, volevo spendere due parole sul
concorso che è stato lanciato qualche giorno fa. Nel bando
di concorso è
scritto : “… Agli autori
delle storie,
così come ai fan degli stessi, è permesso
esortare al voto, con alcuni limiti”,
quindi volevo semplicemente dirvi che se vi va di votare una
delle mie
storie se ritenete che ci siano personaggi originali che vi hanno
colpito, mi
farebbe molto piacere e ve ne sarei grata anche se mi rendo conto che
è
difficile sceglierne 5, io stessa sto ancora rimuginando su quale
votare :D
Come sempre, se
vi va di aggiungermi su Facebook, sono Mena Milly.
Detto questo,
vi saluto on un enorme bacio e vi auguro un buon rientro a scuola dopo
queste
vacanze che secondo me sono state troppo brevi! ^^
la vostra
milly92.
|
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Capitolo 6 *** E' Già Domenica ***
ll
Marco mi accompagnò dai
nonni, dove presi dei pantaloni neri e un maglioncino rosa,
l’unico che avevo,
giusto per farla vedere a Marco ricordando le sue parole di quella
notte.
“Nooo, ma sei tremenda,
amore” disse appena mi vide, dato che avevo aperto la
cerniera del giubbino per
mostrargliela causalmente.
Mi bloccai, presa da
un’improvvisa emozione che prese forma come al solito nel mio
stomaco e, non so
perché, mi sentii arrossire.
“Che
c’è?” domandò,
quando notò quello che poteva sembrare sconcerto.
Subito scossi
violentemente il capo e mi affrettai ad allacciare la cintura giusto
per fare
qualcosa. “Niente, è che mi hai
chiamata…”.
“Amore. E
allora?”
chiese, voltandosi verso di me.
“E’ bello
sentirsi
chiamare così, ecco, ed è la prima volta che mi
succede” sussurrai, prima di
sorridergli in modo rassicurante.
da “Dillo alla
Luna”,
capitolo 22
Marco’s
Pov.
Erano anni che
non mi svegliavo con il timore di vedere dalla sveglia che era
già ora di
alzarsi, probabilmente dal giorno in cui avevo avuto l’esame
di maturità,
eppure provai di nuovo la stessa sensazione quel giorno di fine luglio.
Non
potevano già essere le otto del settimo giorno di permanenza
in quella
magnifica casa in Abruzzo, diamine, il nostro settimo
giorno.
Chiusi per
qualche istante gli occhi, ancora disteso supino sul letto, e mi venne
da
sorridere vedendo l’unico volto che popolava la mia fantasia.
Ok, solo
all’inizio era un volto, dato che poi veniva accompagnato da
braccia, gambe,
seno e tutto il resto della mia ragazza, ma restava il fatto che
ciò dimostrava
quanto mi fosse rimasta impressa quella breve ma intensa vacanza, tutto
grazie
a colei che dormiva ancora serenamente al mio fianco.
Mi girai su un
fianco, riaprendo gli occhi, e non riuscii a non sorridere nel vederla
ancorata
al cuscino, con la faccia sognante e i capelli disordinati che le
incorniciavano il viso. Com’era bella, anzi, così,
semplice e naturale, lo era
ancora di più. Il solo pensiero di non averla più
al mio fianco le mattine
successive era quasi doloroso ad essere onesti, lei era uno dei validi
motivi
per cui valeva la pena risvegliarsi la mattina e abbandonare i sogni,
perché
era proprio lei il mio sogno che da cinque mesi si era realizzato.
Risi di me
stesso: da dove uscivano questi pensieri poetici? Che fine aveva fatto
quella
parte di me che, seppur sempre gentile e disponibile, era un
po’ fredda e
distaccata?
Ormai con Luna
mi ero lasciato andare completamente, le avevo mostrato ogni mia
singola
sfaccettatura ed ero felice che lei apprezzasse tutto di me, sia i lati
positivi che negativi.
Le accarezzai
il viso e si mosse con dolcezza, stringendo di più il
cuscino. Sarebbe sembrata
sul serio una bambina se non fosse stato per il completo merlettato
color rosa
pallido che indossava… Ricordai il primo giorno che ci
eravamo messi insieme,
quando, dopo aver dormito da me, era tornata a casa per cambiarsi e
aveva
indossato per la prima volta una maglia rosa esclusivamente per me, che
le
avevo detto di non averla mai vista con indosso quel colore. Ed ora
invece, a
distanza di mesi, eccola lì che dormiva con un completo
rosa…
“Mmm, è
già
mattina?” disse all’improvviso, aprendo gli occhi e
allungando il braccio verso
di me.
“Si, purtroppo
si” risposi, stringendo la sua mano.
Mi avvicinai
ancora di più verso di lei, facendola appoggiare sul mio
petto con dolcezza, e
la sentii sbuffare.
“Perché non
restiamo qualche altro giorno?” domandò.
“Perché
stasera arrivano i nuovi coinquilini, e lo sai, ne abbiamo
già parlato” risposi
pazientemente. Ovvio che anche a me andava di stare ancora un
po’ di giorni con
lei, al solo pensiero di quello che ci aspettava una volta ritornati a
casa:
sua zia Kitty che l’avrebbe chiamata in continuazione vista
la noia che le
procurava la gravidanza, Victoria che le avrebbe di sicuro chiesto una
mano per
apprendere meglio l’italiano, la
“selezione” dei coinquilini ch avrebbero
affittato la stanza, i nonni sempre a portata di mano… Addio
tranquillità, mi
dissi.
“Lo so, ma
provarci non costa nulla” dichiarò lei,
scostandosi da me e stiracchiandosi.
Le sorrisi,
restandola a guardare quasi imbambolato per la naturalezza dei suoi
gesti e per
il riuscire ad essere così sensuale anche compiendo un gesto
come quello.
“Che
c’è?”
domandò, piegando la testa di lato.
“Niente,
niente” dissi, scrollando le spalle e facendo per alzarmi.
“Eh no, ora me
lo dici!” esclamò, bloccandomi per le spalle.
“Ma niente,
cosa devo dirti?”.
In breve
finimmo in una lotta in cui cercavo di non esercitare la mia vera
forza,
altrimenti avrei finito per schiacciarla: con le braccia sule mie
spalle
cercava di farmi cadere sul letto mentre mi faceva il solletico per
indurmi a
“confessare”. Dal canto mio, mi divertivo a
starmene immobile, esercitando solo
un minimo di forza per non crollare, e cercavo di mantenere il
controllo e non
lasciarmi influenzare dal solletico.
“Uff, sei di
coccio, sei! Su, dimmelo!” urlò dopo cinque minuti
infruttuosi, ancora più
spettinata di prima e con il viso rosso per gli sforzi vani.
Levai un sopracciglio
e, con totale nonchalance, in cinque secondi la imitai e la schiacciai
contro
il materasso, sorridendo vittorioso mentre sbuffava, imbronciata per
aver
perso.
“Non pensavo a
niente di che, solo al fatto che riesci ad essere sensuale anche mentre
ti
stiracchi” ammisi, calandomi su di lei e soffiandole quelle
parole a pochi
centimetri dal suo naso.
“Sicuro?”
mormorò.
“Si, è vero
che quando sono con te mi fai un così brutto effetto che
dimentico tutto, ma
non siamo arrivati ancora al punto di non ricordare una cosa pensata
qualche
secondo prima” ironizzai, guadagnandomi una gomitata.
Per qualche
istante rimanemmo così, io che la guardavo sornione e lei
che faceva la finta
imbronciata, poi, improvvisamente, come se attorno a noi fosse
scoppiata
un’alchimia, una corrente di passione, ci trovammo
avvinghiati l’uno all’altra intenti
nel baciarci e stringere in un modo famelico, come se ci fossimo visti
dopo
anni ed anni.
Ecco, addio
lucidità. Ora non sarei riuscito ad andarmene da quel posto
senza avere un
ultimo meraviglioso ricordo di me e Luna, avrei continuato a pensarci,
l’avrei
sognata di notte e non avrei avuto pace visto che da quel che ci
aspettava a
Maddaloni non saremmo potuti restare un po’ da soli quando
volevamo noi come
succedeva lì.
“Quegli
attacchi improvvisi che avevamo noi di
sesso e tenerezza…”
canticchiai nel suo orecchio, per quel che mi permetteva la voce roca
che mi
ritrovavo al momento, mentre ero impegnato nell’accarezzare
le sue gambe.
Si bloccò un
attimo, scostandosi. “Ehi, come ti salta in mente cantare un
verso di “Bella
stronza” di Masini?!”.
“Così, ho
associato
la nostra immagine di ora a questa frase della
canzone…” ammisi. Non sapevo
nemmeno io come mi fosse venuto in mente, ad essere onesti. Poi, parole
di un’altra
canzone mi vennero in mente, ancora più adatte. “Per l'amore che dai e per come lo fai
resto qui e so che non voglio andar
via e che sia quel che sia ora che sono ormai schiavo di te”
canticchiai di
nuovo, guardandola negli occhi.
Questa volta
sorrise, piacevolmente colpita. “Ammetto che questa non la
conosco…”.
“Si chiama
“E’
già domenica”, degli Aram Quartet, non credo che
tu li conosca”.
“No, infatti.
Ma anche il titolo è azzeccato…. E’
già domenica, purtroppo”.
Si, era già
domenica, a breve saremmo dovuti tornare a casa, ma restava il fatto
che
nessuno dei due avrebbe mai dimenticato quella breve ma intensa
vacanza, che
sarebbe rimasta indelebile nei nostri animi in un modo tale che avremmo
potuto
perfettamente rivivere ogni singolo istante in qualsiasi momento. E
così, tra
questi pensieri, ci tuffammo nel nostro mondo fatto di emozioni e
turbinii di
piacere…
Luna’s P.O.V.
“Bentornatiiiii!”.
Oddio. No, non
poteva essere. Quello non era il soggiorno di casa mia, con dentro mia
sorella,
mia zia Kitty e Michele, Victoria, Miriam e… Antonio! Quel
piccolo particolare
mi fece dimenticare la stizza provocatami da quella atmosfera degna di
un primo
compleanno, visto che sulla tavola c’erano dei dolci e delle
bibite per un
degno benvenuto. Io e Antonio non ci vedevamo da quasi un mese, dato
che a fine
giugno era partito per andare a trovare alcuni parenti a Ferrara.
“Luna, da
quanto tempo, fatti salutare!” esclamò,
avvicinandosi. Sembrava diverso, con i
capelli scuri più
corti del solito e un po’
abbronzato.
“Ciao, Anto!”
dissi, posando il mio trolley e abbracciandolo con slancio. Quando ci
separammo
subito disse: “Ho appena finito di litigare con il tuo ex capo, mi ha detto di averti
licenziata” indicando il capo Michele
alle sue spalle.
Annuii, e
accennai un sorriso. “Tanto lo so che prima o poi si
pentirà, senza di me non
sarà la stessa cosa” ribadii.
“Lo so, lo è
già, e poi Luna sa che per me è stato un
sacrificio dovermi privare di lei”
spiegò Michele, rivolto ad Antonio.
“Ok, ok, ora
però basta, fatemi salutare la mia twin!”
s’intromise Stella, scostando Antonio e abbracciandomi.
“Hai visto, Vic mi sta
dando lezioni d’inglese!”.
“A te
dovrebbero dare lezioni di educazione” ribattei quando ci
separammo.
Sbuffai quando
mi guardò interrogativa. “Insomma, prima metti il
mio numero su quell’annuncio
sapendo che sono in vacanza e poi, dopo avermi assicurato che nessuno
mi
disturberà, mi chiama uno e mi dice che hai il telefono
spento? Ti sembra
normale?” .
Alle mie
spalle, Marco annuì vigorosamente, facendo qualche passo
avanti. Non avevamo
più parlato di quella telefonata, ma ogni volta che si
accennava solamente a quell’episodio,
sembrava preoccupato.
La mia gemella
mi guardò come se fossi impazzita. Scosse rigorosamente il
capo e incrociò le
braccia. “Io non ho mai spento il cellulare se non di notte
in questi giorni e
non ho mai ricevuto nessun messaggio in segreteria” disse
risoluta, con un tono
quasi tagliente.
“Ma quel tipo
mi ha detto così” dissi per difendermi.
“E’ ovvio che
quel tipo mentiva, fai due più due, Luna: ti conosce
già ed è ovvio che ha
preferito aggraziarsi te”
s’intromise
Marco, stranamente serio.
Mi voltai per
guardarlo quasi sconvolta da tutta quella perspicacia mista a un
po’ di
cattiveria.
“Dai, che
dici, insomma, può darsi che Stella non aveva campo e
basta…” provai, e
ringraziai Victoria che ci interruppe con una delle sue stramberie,
ponendo
fine a quella conversazione un po’ sciocca.
Insisté per
farmi vedere un nuovo vestito che si era comprata, e poi tornammo in
salotto
dove potei salutare per bene la zia e Miriam.
Quest’ultima
era tutta sorridente vista l’imminente vacanza in Grecia che
l’aspettava con
alcune compagne dell’ex classe del liceo.
Marco se ne
andò poco dopo, dicendo che aveva bisogno di riposarsi dopo
il viaggio, e la serata
passò tranquilla come una normale sera di fine luglio, a
parte i dettagliati
particolari di zia Kitty su tutti i sintomi che la gravidanza le stava
portando. Non osai immaginare cosa avrebbe iniziato a raccontare quando
si
sarebbe avvicinata al nono mese!
La mattina
dopo, mentre facevo colazione, notai che Stella mi fissava con
intensità dalla
sua tazza di caffèlatte e ogni tanto accennava un sorriso.
“Che
c’è?” le
domandai dopo un po’, stanca di tutte quelle occhiate.
Ridacchiò, e
dopo aver finito di bere tranquillamente il tutto, disse: “Si
vede lontano un
miglio che tu e Marco vi siete finalmente
dati una mossa”.
Arrossii di
botto, girando lo sguardo.
“Eddai, non
fare la timida! Mi fa piacere, insomma, se Marco è bravo
almeno la metà di suo
fratello…”.
“Stella!!!” la
rimproverai, sentendomi le orecchie andare a fuoco.
Ci mancava solo che iniziassimo a fare
paragoni…
“Uffa, pensavo
che ti saresti smossa un po’, e invece fai sempre la monaca
anche dopo averlo
fatto… Ma io ti ho capito, sai? Ora fai tutta la
santarellina, ma ti basta
appartarti con il tuo Marco per perdere ogni inibizione” mi
provocò maliziosa,
mentre si alzava per posare la tazza nel lavandino.
“Inibisione? What does it mean?” domandò una
Vic ancora assonnata mentre faceva il suo trionfale ingresso in cucina,
con
indosso una camicia da notte azzurra fin troppo corta, camminando come
se
stesse su una passerella.
Stella la
guardò come se avesse parlato cinese.
“Ti ho
regalato un dizionario, Vic, dopo vai lì e lo cerchi. E poi
è “Inibizione” con
la z, non con la s” risposi, lanciando ancora delle occhiate
di fuoco a mia
sorella.
“Ok, perfect.
Sorry, but I can’t speak immediately Italian when I wake up,
I need at least
thirty minutes”
mormorò sbadigliando.
“Ok,
it’s fine, so she can’t understand you in her
ignorance”
risposi malevola, indicando Stella e alzandomi.
“Ma che cavolo
le hai detto?”.
“Non è colpa
mia se capisci solo l’italiano e il puttanesco”
dichiarai, sorridendo
sarcastica e uscendo, lasciandola immobile e offesa.
Non sapevo perché
me l’ero presa così tanto ad essere onesti, e
decisi di chiarire con lei
proprio quando la vidi uscire di casa mezz’ora dopo,
sbattendo la porta.
“Perché avete
litigato?” domandò Vic, affacciandosi dalla cucina.
“Vedo che la
mezz’ora è passata” ironizzai.
“Comunque, le solite cose, ha iniziato a dire
che faccio la finta santarellina solo perché non sono
esplicita come lei quando
parlo di sesso”.
“Oh. A
proposito, hai usato il completino?” domandò, con
gli occhi castani accesi di
curiosità riferendosi al completo di Victoria Secret che mi
aveva regalato.
Sorrisi al
ricordo del momento in cui lo avevo indossato… Mi sembrava
quasi di sentire
ancora su di me la brezza che c’era il riva al lago, il
sapore delle ciliegie che
avevamo mangiato, il profumo del dopobarba di Marco…
“Si, grazie, è
stato fondamentale durante la mia… Seconda volta”
ammisi. Constatai che
parlarne con Vic non mi metteva assolutamente in imbarazzo,
probabilmente era
Stella che mi metteva a disagio con il suo essere così
sfacciata.
“I’m
so glad” disse, facendomi l’occhiolino.
Stavo per ribattere
quando squillò il telefono di casa. “Vado
io” dissi, e prendendo il cordless,
vidi che era il numero di casa di mamma e papà.
“Mamma!” dissi
subito, quando dall’altra parte ci sarebbe potuto essere
anche mio padre.
“Tesoro, come
stai? Com’è andata
la settimana in
Abruzzo?” disse lei. Per fortuna ci avevo azzeccato!
“Bene, grazie…
Tu, come stai? Il fratellino che dice?” domandai, sorridendo
chissà al perché
come ogni volta che ormai pensavo al fatto che tra qualche mese io e
Stella non
saremmo più state “figlie uniche”.
“Va tutto bene,
tra due settimane devo andare dal dottore per l’ecografia.
Comunque, ti ho
chiamato per dirti di accedere alla tua casella e-mail al
più presto”.
“Perché?”.
“Vedrai!”.
Parlammo un
altro po’, poi mi passò papà e mi
salutarono perché dovevano uscire, dicendomi
di salutare loro Stella, Marco, Mario e Vic.
Così mi avviai
nella mia stanza, accesi il portatile e, una volta aperta la mia
casella e-mail
vidi un messaggio di mamma. L’aprii e… Restai
sbalordita.
Ero davvero io
la ragazza che guardava verso l’obiettivo in un modo che
sembrava quasi esperto,
quella che in ogni foto indossava un costume diverso? Avevano usato
Photoshop,
non era possibile, le foto erano state di sicuro modificate, e non solo
perché sotto
ogni foto c’era il nome della linea e il titolo del
costume…
In alcune ero
seria, in altre sorridevo, e mi venne da ridere pensando che tutto quel
buon
umore era dovuto a quello scemo del mio ragazzo che si era messo a fare
il
deficiente per farmi sorridere.
Alla fine, c’era
un messaggio di mamma. “La
settimana
prossima ti vedrà tutta Firenze e dintorni,
contenta?”.
Sospirai. “Vic,
vieni a vedere!” la chiamai.
Non mi
rispose, così, domandomi dove fosse, andai in cucina e non
la trovai. Alla fine
la trovai fuori al balcone, mentre parlava al cellulare in americano
stretto,
tanto che non riuscivo a capire un’acca. Sembrava
infastidita, arrabbiata… E
quella telefonata probabilmente fu la causa del malumore che la
caratterizzò
nei giorni seguenti, anche se si rifiutò di spiegarmi cosa
fosse successo.
Nei giorni che
seguirono, come previsto, oltre ad una Vic musona, mi ritrovai
impegnata tra
vari impegni familiari e a stento avevo il tempo di uscire un
po’ con Marco la
sera.
Io e Stella
alla fine ci eravamo chiarite e lei mi aveva promesso che non sarebbe
mai stata
così sfacciata, anche se aveva ribadito che ero troppo
bambina quando facevo
così.
Restava il
fatto che, miracolosamente, il primo agosto riuscii ad avere casa
libera visto
che Vic aveva da fare e Stella sarebbe uscita con Mario.
Stasera
vieni da me,verso le otto, c’è casa
libera! ;-) avevo
scritto a Marco in un sms, e così subito mi fiondai in
cucina per preparare una
cena decente e decorai il tutto con alcune candele profumate come
nostro
solito, in modo che queste, poggiate per terra, tracciassero percorso
che ci
avrebbe condotti nella mia stanza.
Verso le sei il
mio cellulare squillò numerose volte, rivelandomi delle
chiamate da parte di
Stella che però, appena rispondevo, non si faceva sentire e
staccava la
telefonata.
Scocciata,
spensi sia il cellulare e staccai il telefono di casa per starmene in
pace onde
non essere disturbata quando sarebbe arrivato Marco.
Indossai un
semplice abito nero volutamente corto e aderente, alzai i capelli in
una
pettinatura semplice e mi truccai un po’, e quando alle sette
e mezzo suonarono
al citofono mi sentii emozionata, quasi come se fosse il nostro primo
appuntamento. Il solo pensiero di poterlo riabbracciare, averlo tutto
per me e perderci
con le nostre sane risate mi mandava in extasy.
Era strano che
si fosse anticipato e che suonasse il citofono visto che aveva una
copia delle
mie chiavi, ma non vi badai più di tanto.
Restai vicino
la porta, e appena suonarono la aprii con uno scatto deciso.
“Amoo…”.
Le parole mi
si bloccarono in gola. Quello davanti a me, il ragazzo con i capelli
castani un
lunghi e un’aria quasi da bad boy non era lui, assolutamente.
Mi guardò
confuso e sorrise.
“Immagino
stessi aspettando il tuo ragazzo, mi dispiace deluderti ma tua sorella
Stella
mi ha detto di dirti che lui ha chiamato lei visto che non riusciva a
rintracciarti per dirti che non poteva venire stasera e anche lei non
è
riuscita a contattarti per dirti della mia visita” disse
rapidamente, in un
modo che mi confuse ancora di più.
“Scusa, ma tu
chi sei?!” domandai.
“Tommaso di
Maio, quello della telefonata, non so se ricordi… Tua
sorella ha detto che
stasera potevo venire a visitare l’appartamento,
cioè, la stanza” rispose lui,
porgendomi la mano con cordialità. “Possibile che
non ti ricordi di me?”.
“Scusami se
non conosco a memoria tutta la gente
dell’università…” ribattei
seccata. Ma che
diavolo voleva quel tipo? Era troppo insistente,
nemmeno fosse stato un VIP che pretendeva di
essere riconosciuto e acclamato ovunque!
“Ma è diverso,
mi hai aiutato all’esame, dovresti conoscermi per poi
pretendere qualcosa in
cambio” ribattè ironico, sorridendo e rivelando
una dentatura bianchissima.
“Ok, perfetto,
quindi ora ti chiedo in cambio di sparire e tornare domani quando ci
sarà mia
sorella, ok? E’ lei che si occupa di questa faccenda, io non
saprei cosa fare e
devo contattare il mio ragazzo per vedere cos’è
successo” cercai di liquidarlo,
infischiandomene di risultare troppo maleducata. Da quand’era
che non ero così
acida? Da una delle ultime litigate con Marco prima che ci mettessimo
insieme,
probabilmente, o dalla litigata con Paola.
“Cosa? Ma
domani non posso, per favore, devo solo vedere la stanza, tutto qui, e
domani parlerò
con lei…” mi supplicò, impedendomi di
chiudere la porta e varcando la soglia
senza permesso. Il suo sguardo si soffermò curiosamente sul
percorso tracciato
dalle candele.
“Domani non
puoi? Di certo non perché devi studiare, sappi che non ti
aiuterò in futuro con
gli esami, ho deciso di imparare a vedere prima chi è che mi
chiede aiuto prima
di aiutarli” dissi.
“Ok, ok…
Scusami, non volevo essere maleducato, sul serio…”.
Sbuffai,
facendogli vedere la stanza e prendendo mentalmente nota di dire a
Stella di
trovare una scusa per dirgli che non poteva venire a vivere da noi. Ci
mancava
solo uno come lui in casa dopo Vic ed eravamo a posto!
*°*°*°*°
Ciao!
Non so quanti
di voi hanno letto l’avviso che pubblicai su Facebook sul
fatto che avevo
deciso di non pubblicare più fino a giugno, ma
riflettendoci, grazie alla
febbre sono rimasta a casa in questi giorni e oggi mi sono decisa a
finire
questo capitolo in modo da avere anche un pretesto per far sapere la
mia
decisione anche a chi non mi ha tra i contatti di facebook, non sarebbe
stato
giusto lasciarvi senza capitolo fino a giugno senza farvi conoscere la
motivazione.
Già
all’inizio avevo detto che avrei
pubblicato solo il prologo come “promessa” e che
l’avrei continuato in seguito,
poi non so come sono riuscita a pubblicare altri cap ma ora purtroppo
mi
ritrovo a dover prendermi una pausa fino a giugno visti gli impegni
scolastici
e quelli che mi porta il corso di teatro. Non riuscirei a dare il
meglio di me
e questo non mi piace per cui vi chiedo di pazientare un po’
per un mese prima
di scoprire cosa succederà, anche perché ora la
storia inizia ad entrare nel
vivo.
Per ulteriori informazioni,
vi lascio l’indirizzo del mio blog: http://milly92.splinder.com/
Comunque,
ringrazio di cuore piccola
stella senza cielo e lady_free per aver votato
questa storia nel concorso e chiara84
per aver votato “Dillo Alla
Luna”. Grazie ragazze, non sapete quanto mi abbia fatto
piacere vedere i vostri
voti! ^^
Ora, passando
alle recensioni:
Red76: Carissima, ammetto di non essere
stata rapidissima ad aggiornare e nemmeno a commentare la tua storia,
però,
come si dice, meglio tardi che mai xD Spero che anche questo capitolo
ti sia
piaciuto ^^ Un bacione!
pometina94: Ciao cara! Inizio col dirti che se
fossi una strega scriverei tutto con un colpo di bacchetta, aggiornerei
ogni
dodici ore e andrei alla scuola di Hogwarts che di sicuro è
molto meglio del mio
liceo U_U xD xD Anche tu fan di Harry Potter? (lo domando vista la
citazione
riguardo l’Amortentia ^^). In effetti Tommaso non
lascerà le cose tranquille,
si si, ma credimi se ti dico che in seguito non sarà poi
così male da accettare
(non ci credo nemmeno io ma è così xD). Mi fa
piacere sapere che il cap ti
aiutato a superare il trauma dovuto al rientro a scuola *___* E che la
scena
tra i due ti abbia fatto commuovere, così sei tu che fai
commuovere me però ^^ Ti
ringrazio per i complimenti, infinitamente…
Inizi ad avere qualche teoria su Vic? Sono curiosa,anche se per ora gli
elementi su cui lavorare sono vaghi =) Un bacione! ^^
alina
95:
Grazie mille tesoro, sono contenta
che la foto di Deb e le altre ti piaccia ^^ Ovviamente Tommaso
renderà geloso
Marco, anzi, già lo è xD ma vedremo meglio gli
sviluppi… Un bacione e ancora grazie!
^^
CriCri88: Ti ringrazio cara, sono contenta
che
la scena ti sia piaciuta, in effetti il rating arancione era
indispensabile
anche perché continuerò a farne uso durante il
corso della storia xD Ammetto
che Tommaso al momento incarna un po’ la mia cattiveria,
sì, ma credimi se ti
dico che tra qualche capitolo non sarà poi così
antipatico e forse riusciremo a
sopportarlo! ^^ Un bacione e
grazie come
sempre!
Lola
SteP:
Eheh tesoro, ormai Tommaso s trova al
centro dell’attenzione, ma ti dico solo che
vedremo… xD Sapere che hai sbavato sulla
tastiera non ha prezzo, credimi xD Sono felicissima che il cap ti sia
piaciuto,
e per quanto riguarda gli impegni non sai quanto ti capisco! =( Un
bacione,
tvttttttttttb!
Vi ringrazio
di cuore come sempre per il vostro sostegno,e
spero che a Giugno sarete tutte qui per leggere il
capitolo 6 se vi
andrà! ^^ Scusatemi ancora per la mia decisione ma era
necessaria purtroppo, al
momento non posso rischiare di prendere qualche insufficienza.
Come sempre
ricordo il mio contatto di Facebook, Mena Milly, a chi voglia
aggiungermi.
A giugno!
La vostra
milly92.
|
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Capitolo 7 *** Fly Like You Do It ***
Fly Like You Do It
Capitolo 6
Fly Like You Do
It
“Martina
Cristalli? Assolutamente no, la so di vista e all’Università ha la fama di una
maniaca dell’igiene… Lo faccio per te, non tollererebbe le condizioni del bagno
dopo che ti sei fatta doccia, shampoo e compagnia bella” dichiarai risoluta,
qualche giorno dopo la “visita” di quel Tommaso di Maio. Gli avevo detto che
gli avrei fatto sapere entro una settimana visto che avevamo già altre
richieste, cosa assolutamente non vera…. Fino a quel momento, almeno.
Infatti,
quella mattina del cinque agosto, Stella
aveva ricevuto una chiamata da parte di una studentessa del terzo anno della
mia stessa facoltà che si era proposta di diventare una nostra coinquilina, ma
le avevo detto di rifiutare dato che conoscevo i suoi “precedenti”.
Perciò Stella
sbuffò, guardandomi come se fossi un caso clinico disperato. “Luna! Insomma,
questa non va bene, Tommaso nemmeno… Dimmi tu! Non voglio perdere l’affitto di
agosto!” trillò con la voce petulante che sapeva fare quando era in crisi a
ccausa di shopping-astinenza.
Esitai,
sapendo che quando si metteva qualcosa in testa era difficile farle cambiare
idea. Guardai verso Vic, per conoscere la sua opinione visto che ormai era una
di noi, e lei colse la palla al balzo per dire la sua. Quella mattina sembrava
di buon’umore, cosa che ultimamente era molto insolita a dire la verità. Da
quando aveva ricevuto quella lettera non faceva altro che comportarsi in un modo
estremamente lunatico ed era capace di arrabbiarsi per ogni minima cosa.
“Per me dovremo dire di sì al ragazzo. It’s
better!” disse entusiasta con il suo solito sorriso, battendo le mani.
“E perché
mai?” domandai. Perfetto, ora ci mancava pure lei contro di me ed eravamo a
posto!
“Perché ha
sentito la sua voce al telefono e ne è rimasta affascinata…” rispose Stella,
vittoriosa.
“No, sentite,
a questo punto dì di sì a Martina, Stella” mi arresi.
“Ma perché?
Cos’hai contro Tommaso?” chiese esasperata mia sorella, e Vittoria annuì
fermamente.
“Quando si
parla di lui Marco fa una faccia che non mi piace” ammisi quasi con un
sussurro. “Sta ancora pensando alla questione della telefonata, ritiene che non
è vero che ha chiamato prima te e avevi il telefono staccato e che vuole venire
qui perché già mi conosce, e non voglio dargli preoccupazioni, tutto qui. Anzi,
a dirla tutta quel tipo non mi piace proprio” aggiunsi.
Dopo la famosa
cena saltata, a causa del fatto che Marco era dovuto rimanere a casa di sua nonna
perché non si era sentita bene, gli avevo raccontato della visita di Tommaso e
del suo atteggiamento e si era dimostrato ancora più infastidito. Non mi aveva
mai chiesto esplicitamente di non accettarlo come coinquilino perché sapeva che
io e Stella avevamo bisogno di un affittuario al momento, ma lo avevo capito e
non volevo dargli pretesti di gelosia o cose simili, ora che le cose tra noi si
erano modificate con ulteriori passi avanti e tutto procedeva per il
meglio.
Stella e Vic
mi scrutavano senza sapere cosa dire, poi, alla fine, la mia gemella fece un
cenno affermativo con la testa. “Vado a richiamare Martina… Speriamo solo che
non sia così fissata come dici!” disse, e si alzò, prima che l’abbracciassi,
sollevata.
Martina
sarebbe arrivata il giorno dopo, verso le dieci del mattino, e così ecco che
insieme a Vic, Stella e Antonio sistemai la casa alla perfezione, giusto per
ispirare alla nuova arrivata un senso di confortevole benvenuto, specialmente
se le voci sul suo conto si fossero rivelate vere.
“Scusatemi se
me ne vado, ma devo aiutare mia… Oh, non ve l’ho detto!”.
Tutte quante
ci voltammo verso Antonio, ancora intente nel sistemare le ultime cose nella
stanza che sarebbe diventata di Martina.
“Che cosa,
Anto?” domandai.
Aveva
l’espressione di chi si è dimenticato una cosa di vitale importanza, ad essere
onesti.
“Non vi ho
invitato alla mia festa di domani, compierò ventun’anni e mia madre ha voluto
organizzare una festa a casa mia” disse, ancora stupito dalla sua mancanza di
memoria. “Ci venite, vero?”.
Udendo quelle
parole, mi ricordai di non aver mai saputo la sua data di nascita.
“Ma certo che
ci veniamo, Antonio!” trillò Vic entusiasta, abbracciandolo e lasciandolo un
po’ spiazzato.
“Infatti, non
posso mancare!” esclamai, seguita a ruota da Stella.
“Perfetto!
Ovviamente portate anche Marco, Mario e Martina…”.
“Certo! Oh, ci
voleva una bella festa!” esclamò Stella.
Fu così che
oltre all’arrivo di Martina avevamo anche il pensiero del regalo da fare ad
Antonio. Ci stavo giusto meditando quando, alle dieci e un minuto, bussarono al
citofono.
“Oh! E’ lei! E’ lei! Vado io,
dopotutto al telefono ha parlato con me, si sentirà più rassicurata…” disse
Stella agitata, correndo verso il citofono.
“Guarda che
non siamo una clinica e lei non è venuta qui per ricoverarsi, perché mai
dovremmo rassicurarla?!” obiettai, sospirando.
“Non capisci
niente! Ehm ehm… Chi è? Oh, Martina, cara,
sali!”.
Inutile dire
che mi sentii nauseata, e già iniziai ad immaginarmi il continuo del
comportamento mieloso di mi sorella. Cosa non si farebbe per denaro…
Dopo una breve
attesa, durante la quale io me ne stavo nell’ingresso a braccia incrociate, Vic
continuava a fare gli affari suoi in bagno e Stella se ne stava rigida davanti
alla porta, il campanello bussò, facendo sussultare quest’ultima.
Contò a
bassissima voce fino a tre, poi, dopo avermi fatto segno di accendere la luce
nell’ingresso nonostante fosse pieno giorno, aprì la porta d’entrata.
“Ciao
Mar..Ti…Na…”.
Evidentemente
non era la coinquilina che si aspettava. Forse mia sorella si aspettava una
miss? Bocchèggiò un po’, sorpresa, dopo averla squadrata per bene. La ragazza
era fin troppo alta, con dei capelli un po’ crespi neri, degli occhiali enormi
e indossava dei bermuda a quadretti che mettevano in risalto le sue gambe bene
in carne.
“Ciao! Tu sei
Stella, vero?” disse lei, sorridendo.
“Si, si, sono
io, benvenuta! Entra pure…”.
Potevo
risultare perfida, ma per astenermi dal ridere mi ci volle un bello sforzo.
Perché diamine Stella era rimasta così?
“Ciao,
Martina, non so se ti ricordi di me, ci siamo viste qualche volta
all’Università…” la salutai, mentre le facevo strada nella sua stanza.
“Si, mi
ricordo, ho assistito ad un tuo esame!”
esclamò. In quell’istante mi accorsi che aveva un po’ la r moscia.
“Sul serio?”.
“Si, prendesti
trenta…”.
Il solo
ricordo di quel’esame mi fece aprire in un sorriso. Era il famoso esame per cui
studiai con il chiodo fisso di Marco in testa dopo che era sparito dalla
circolazione per stare dietro ad Elisabetta, una ragazza con cui aveva avuto
una storia estiva che aveva avuto dei problemi di anoressia.
“Ah,
ricordo,era febbraio. Comunque ecco la stanza” dichiarai, quando ci trovammo
sulla soglia della camera.
Martina
squadrò tutto per bene, poi fece un cenno soddisfatto.
“E’ molto
graziosa!”.
“Oh, che bello
che ti piaccia…” bofonchiò Stella alle nostre spalle.
Martina le
sorrise e la lasciammo da sola mentre sistemava la sua roba.
Quel giorno, a
pranzo, fu strano stare seduta a tavola
con Vic e Martina. Le due avevano subito fatto amicizia dato che ovviamente la
nostra americana non poteva non esibire il suo entusiasmo nei confronti della
nuova arrivata. Il momento più esilarante, almeno per me, dato che Stella lo
riteneva naturale, fu quello in cui annunciammo a Martina che era stata
invitata alla festa di Antonio e Vic subito si offrì disponibile per aiutarla a
darsi una sistematina per sembrare più elegante e adatta ad una festicciola.
“Vic, credo tu
sappia che l’Italia è un paese libero, vero? Ragion per cui non puoi imporre
alla gente come vestirsi” m’infervorai, mentre fingevo di essere impegnata nel
riempirmi il bicchiere d’acqua.
La diretta
interessata abbozzò un sorriso timido dopo aver mascherato una prima
espressione di disagio. “Ma no, anzi, grazie, io non sono mai stata brava con
vestiti e trucco…”.
Inutile
descrivere l’espressione di Stella, in stile “Non avevo dubbi”.
“You
belong to me, I belong to you, fire from my heart, burning just for you. When
you're far away I'm in love with you, feeling that so high… What can I do…”.
Le
note di “Fly like You do it” riempivano chiassosamente i miei timpani mentre
bevevo un po’ di birra accanto al tavolo del buffet, alla festa di Antonio.
Davanti a me c’erano decine di persone che si scatenavano in quel soggiorno che
ormai fungeva da pista da ballo e il festeggiato parlava con un gruppo di
ragazze che non avevo mai visto prima.
Io e Stella ci
eravamo recate alla festa prima di Vic e Martina dato che secondo l’americana
le occorreva un po’ di tempo in più per “aggiustare” l’amica e al momento io e
mia sorella aspettavamo la venuta di Marco e Mario.
“Se penso che
mesi fa mi piaceva Antonio…” borbottò mia sorella, squadrando il diretto
interessato nel suo completo fatto di pantaloni neri e camicia blu.
La guardai
interrogativa e lei scrollò le spalle. “Niente, così, non capisco come facesse
a piacermi!” ammise.
“Se non lo sai
tu” commentai, bevendo un altro sorso. “Io più che altro penso ai vari casini
che ci sono stati quando gli interessavo…” aggiunsi, pensierosa. Le settimane
in cui avevo scoperto che fosse interessato a me e quelle in cui Paola lo
accusava di pensarmi ancora dopo la
loro rottura sembravano remote per me. E’ proprio vero, quando ci si innamora
si perde la cognizione di molte cose e a furia di pensare al soggetto dei
propri pensieri si tende a dimenticare questioni che prima si trovavano al
centro dei nostri pensieri.
Persa nei
ricordi per qualche istante, a stento sentii delle braccia forti cingermi la
vita.
“L’ospite
della serata è qui!” sussurrò al mio orecchio la voce del mio ragazzo.
Sorrisi
entusiasta al solo pensiero di poter passare la serata con lui, dato che io,
anzi, i miei ormoni, non avevano digerito quella piccola buca che mi aveva dato
anche se per motivi serissimi, per carità.
Così mi girai
verso Marco, circondandogli il collo con le braccia e stringendolo a me.
“E’ proprio
vero che le persone importanti si fanno attendere” dichiarai, mentre al nostro
lato destro Stella e Mario discutevano a bassa voce, chissà perché, poi.
Ultimamente non facevano altro che battibeccare!
“Così mi fa
emozionare, signorina Solari” ironizzò, tuttavia non volendo accennare a
diminuire la presa attorno ai miei fianchi, fissandomi intensamente.
“E’ lei che mi
fa emozionare tutte le volte che mi guarda così, signor Valenti” ribattei,
trovando chissà dove la concentrazione necessaria per articolare quella
risposta dato che se fosse stato per me gli sarei letteralmente saltata
addosso. Un normale sintomo da astinenza,
tutto qui.
Senza che
riuscissi ad aggiungere qualsiasi altra cosa, mi ritrovai nel mezzo di un bacio
passionale. Sentivo le mani di Marco sulla mia schiena, il profumo inebriante
del suo dopobarba, le sue labbra calde e soffici che avevano imparato a
modellarsi perfettamente sulle mie…
Probabilmente
mezza sala ci stava guardando, ma onestamente non avevo né la minima intenzione
né la forza per oppormi a quello stato paradisiaco.
Quando ci
separammo, un audace Marco mi prese per mano- mentre tutti si giravano la loro
testa altrove per non far vedere che ci stessero guardando- e si avvicinò di
nuovo al mio orecchio per sussurrarmi: “Voglio stare un po’ da solo con te”.
Quella fu la
frase che mi fece arrivare al limite, facendomi battere il cuore all’impazzata
mentre un improvviso calore iniziava a propagarsi in tutto il mio corpo. Non so
come, ma in pochi secondi mi ritrovai fuori dall’appartamento di Antonio,
ancora mano nella mano con il mio ragazzo.
“Dove…?”
domandai.
“Seguimi.. So
che non sarà romantico ma di certo non possiamo usufruire della camera del festeggiato”
sussurrò.
Lo guardavo
senza capire, domandami cosa diavolo avesse in mente, ma decisi di non fare
domande quando mi fece segno di entrare nella sua auto.
“E’ tutta
colpa tua, Luna, non dovevi indossare un vestito così eccitante stasera” disse
all’improvviso, guardandomi maliziosamente con la coda dell’occhio mentre
guidava.
“Marco! Ma
posso capire che cosa hai in mente….?”. Mi spiego, sapevo cosa avesse in mente,
era lo stesso che avevo io, ovvio, che comprendeva noi due appartati in qualche
parte in santa pace impegnati in attività molto più che ludiche ma non sapevo
precisamente dove avesse in mente di andare, quale luogo avesse scelto come
location della nostra fuga.
Marco non mi
rispose subito, non prima di fermare la sua auto in posto desolato e scuro.
“Lo capirai
subito…” mormorò ad un centimetro dalle mie labbra, iniziandomi a baciare il
collo con una bella dose di frenesia allo stato puro che mi fece andare subito
su di giri. In realtà, dato che in quelle situazioni il mio cervello ci impiegava
sempre un bel po’ per comprendere, capii a cosa si riferisse quando, con un
unico scatto mentre era passato a baciarmi le labbra, fece abbassare totalmente
il sediolino dell’auto, facendo sì che si ritrovasse su di me mentre cercava la
cerniera del vestito blu che indossavo.
Facendo, con
difficoltà, due più due, mi bloccai e spalancai la bocca.
“Cosa?? Tu
vuoi fare l’amore con me in auto?!” sbottai, quasi indignata.
Lui smise di
affaticarsi con la cerniera e mi guardò, con un’aria logica dipinta in volto.
“Beh, sì, non credevo avresti fatto storie…”.
“Ma sei
impazzito?”.
“No!” disse
con un tono deciso, prima di sbuffare.
Levai un
sopracciglio, quasi come per invitarlo ad esprimersi meglio.
“Insomma, in
Abruzzo non ti sei mai fatta problemi a farlo in riva al lago, per terra, nella
doccia… Sul tavolo da cucina…” e qui
mi guardò proprio per sottolineare il tutto, “Quindi perché ora dovresti
prendertela? L’importante non è dove ma con chi, no?”.
“Ma che
c’entra! In auto è una cosa da…”.
“Da cosa?”
mi sfidò.
“Mi sentirei
una …”.
“Oh, Luna!” mi
interruppe, disperato. “Insomma, credevo che questa situazione ci avrebbe
aiutato a raggiungere una maggiore intimità, e poi secondo me sarebbe sul serio
eccitante…” aggiunse, e così dicendo fece salire la sua mano, fino a farla
salire casualmente fino al mio seno.
Non poteva
farmi questo no. Non poteva farmi ricordare tutti i nostri momenti più intimi
aggiungendo parole come “eccitante” e per di più sfiorando il mio corpo con un
tocco che di innocente non aveva assolutamente nulla.
Non dovevo
lasciarmi convincere così, diamine! Non subito, almeno.
Chiusi gli
occhi, per cercare di non lasciarmi prendere dal suo tocco, e dissi: “Accetterò
solo se sarai sincero con me. Quante te ne sei portate in auto?!”.
“Una, due anni
fa. Apprezzi la sincerità?” disse a bruciapelo, guardandomi con aria di sfida.
Esitai,
incerta su cosa fare. Il solo pensiero del fatto che si fosse trovato in quella
situazione già con un’altra mi faceva salire la rabbia e la gelosia a mille, ma
dovevo apprezzare la sua sincerità. Dopotutto, quante volte era andato a letto
con altre su un vero e proprio letto? Era la stessa cosa, e di certo non
pensavo a ciò quando ci trovavamo in posti più normali.
“Allora?
Dimmelo se non hai intenzion…” iniziò, ma non ne ebbe il tempo perché l’avevo
attirato verso di me e avevo condotto le sue mani su entrambi i miei seni dato
che aveva mollato la presa per mezzo minuto.
“Luna,
cosa…?”.
“Zitto che altrimenti
ci ripenso” sussurrai, cercando di non badare alla scomodità del posto.
Avevo troppa
voglia di lui, inutile negarlo, così mi lasciai andare, anche perché non mi ci
volle molto.
Era come se
dentro di me fosse scoppiato un enorme incendio, avevo caldo ma non potevo fare
a meno di sentire la pelle nuda di Marco contro la mia. Il “Burning just for you” della canzone che stavo ascoltando prima
alla festa era azzeccatissimo, mi venne da pensare. Stavo bruciando
letteralmente solo per lui, il mio lui che adoravo e amavo alla follia.
Il solo
sentire la sua pelle a contatto con la mia e le sue mani che sapevano come
farmi impazzire mi mandavano in extasy, e fu così che ci lasciammo andare in
preda al piacere e alla voglia di essere un tutt’uno il più possibile.
Quando
tornammo alla festa di Antonio, un’ora e quaranta minuti dopo- un po’ trafelati
e vestiti alla bell’è meglio- vi trovammo letteralmente il caos.
Nel momento in
cui entrammo nel soggiorno, quasi non fummo travolti da Martina che correva
verso l’ingresso, con indosso un abito nero molto largo, lasciandosi alle
spalle mia sorella e Mario che si guardavano infuriati.
Il tutto fu
accompagnato dal tonfo pesante della porta d’ingresso che veniva chiusa con una
particolare forza e da Antonio che irrompeva nella stanza, uscendo da una delle
camere con una ragazza mora particolarmente aggraziata e vestita in modo molto
disinibito.
“Che succede?”
mi domandò subito, quasi come se fossi io la colpevole, evidentemente
infastidito la l’interruzione.
“Vorrei
saperlo anch’io” dissi. Almeno non si era accorto della nostra assenza, pensai.
“Chiedilo a Stella!”.
La chiamata in
causa si voltò di scatto. “Fatevi gli affari vostri! Vieni, Mario, andiamo,
togliamo il disturbo così parliamo in pace!” strillò, prendendo per il polso il
suo ragazzo e lasciandoci, così, a corto di informazioni.
Martina non si
fece viva. Anzi, mi correggo: quando tornai a casa, all’una passata, di Martina
non c’era più traccia. Non c’erano più le sue cose nella stanza che aveva
affittato e Vic disse che quando era rincasata, mezz’ora prima di me, già se ne
era andata.
“Scommetto che
Stella l’ha offesa di brutto!” sbottai, seduta in soggiorno, rivolta a Vic e a
Marco, quella stessa notte. “E’ da quando è venuta che non fa che guardarla
come se fosse un mostro…”.
“Luna! Per
favore, mcredi che Stella sia così insensibile?!” mi riprese Marco
bonariamente, scuotendo il capo.
Non risposi,
sentendomi decisamente stupida. Mia sorella non poteva essere così cattiva,
dai.
La speranza di
saperne qualcosa in più si ampliò quando sentii le chiavi nella toppa e la voce
di Stella.
“Come credevo,
ecco di qui la Corte D’Assise” ci accolse lei, posando la borsa con nonchalance
sul divano, entrando nella sala. Alle sue spalle, Mario esibiva un’aria un bel
po’ sbattuta.
“Stella,
cos…?”.
“Zitta di
Luna, fammi parl…”.
“Martina se ne
è andata, non ci sono più le sue valige, ti rendi conto?!”.
Stella sbuffò,
mettendosi le mani ai fianchi, prima di guardare verso il povero Mario.
“Fammi
parlare, cavolo, Luna! Stasera ho scoperto che Martina non è nient’altro che
una delle ex di Mario” disse, infastidita.
Aggrottai le
sopracciglia, mentre Marco guardava confuso il fratello e Victoria emetteva
un’acuta risatina.
“No, fratello,
ora mi spieghi… Io non so niente di questa ex? Me la ricorderei, giuro” domandò
Marco, cercando di non ridere per la situazione che si era creata.
Mario emise un
verso di impazienza prima di sedersi con fare rassegnato su uno dei divani.
“Idiota, dovresti ricordare che qualche anno fa stavo con una di nome Martina
che non ti ho mai fatto consocere…”.
Marco ci
meditò su. “Oh, si! Ricordo! Quella dell’Orientale! Ora capisco perché non me
l’hai presentata, uno standard così alto, irraggiungibile direi…”.
Zittii la sua
presa in giro con una gomitata e Mario mi guardò grato. “Dicevo” continuò, “Le
cose tra noi non sono andate bene e ci siamo lasciati in un modo un po’
traumatico…”.
“Forse perché
l’ha mollata subito dopo esserci andato a letto. Ma dico io!” sbottò Stella.
Annuii,
guardando Mario, quello che per me era sempre stato come un santo da venerare,
in un modo incredulo. “Mario! Stella ha ragione!Ma dico io, come si può?!
Lasciare una subito dopo esserci andato a letto…”.
Stella mi
guardò come se fossi pazza. “Guarda che io intendevo dire… Come cavolo ha fatto
a andare a letto con quella?! Gli hai messo una busta in faccia?!”.
Tutti, Mario
compreso, scoppiammo a ridere senza sosta, anche se non era giusto giudicare
così Martina a causa del suo aspetto fisico.
“Comunque,
appena lei ha scoperto che lui stava con me e l’ha visto si è pietrificata, ha
detto qualche frase che non ho capito ed è fuggita via!” continuò Stella.
“Oh, Stella,
smettila di fare tante storie, e poi qualche tempo fa era molto meglio…” disse
dopo un po’ Mario.
Stella storse
il naso. “Se quelli sono i tuoi standard, ora stai con una dea” dichiarò,
togliendosi una ciocca di capelli da sopra la spalla con eleganza.
Di tutta
quella situazione io non ci capivo più nulla ad essere onesti. Avevamo fatto
tanto per trovare una coinquilina e alla fine tutto era andato in fumo di
nuovo.
Stella parve
leggermi nel pensiero perché all’improvviso si ridestò e disse: “Comunque,
resta il fatto che siamo di nuovo senza coinquilino”.
Sospirai.
“Lasciamo perdere tutto, Stella, e troviamoci un lavoro” dissi decisa. Quella
situazione mi stava sfinendo e con l’inizio delle lezioni all’Università non
avrei avuto tempo da perdere con tutti problemi che sembrava causare la
presenza di un’altra persona in casa dopo Vic.
“No,
assolutamente no! Girls, chiamate
Tommaso!” disse Vic, entrando per la prima volta nella conversazione.
“Vic, non
avrai mica una cotta per questo tipo?!” sbottai.
“Come sei
noiosa! Insomma, voi cercate anche il lavoro ma comunque fate venire anche
Tommaso così guadagnate di più… Così mi farà compagnia quando voi lavorerete”
ci implorò, pregando le mani in segno di preghiera e facendo gli occhi da
cucciola indifesa.
“A questo
punto assumi in baby-sitter, cara” ribattei acidamente. Quell’idea era assurda,
decisamente.
“Luna ha
ragione, ragazze, l’esempio di Martina vi ha fatto capire che è meglio non
avere nuove persone in casa…” mi sostenne Marco, ragion per cui lo guardai
amorevolmente per ringraziarlo.
Vic si alzò,
guardandolo torva. “Tu sei solo jelous! Non vuoi che in casa c’è
un altro
maschio! You’re so selfish!” sbottò
infuriata.
Al momento un
manicomio faceva un baffo alla nostra casa, ad essere onesti.
“Che significa
l’ultima frase?!” domandò Marco voltandosi verso di me.
“Che sei
egoista” risposi.
“Eh?!”. Marcò
si alzò a sua volta e fronteggiò Vic arrabbiato. “Io non sono egoista! Penso
solo al bene per voi tre ora che siete da sole e loro due hanno i genitori
lontani…”.
A quelle
parole, Vic sembrò bloccarsi. Si irrigidì, i suoi occhi divennero lucidi e il
suo labbro inferiore iniziò a tremare. “Ah, solo loro hanno i genitori lontani!
La verità è che ovviamente qui you care
only for them! Nobody cares about me, never!” e così dicendo se ne andò
nella sua stanza, imitando quasi Martina versione furia.
Tutti
fissavano il punto in cui era scomparsa, sbigottiti, e poi fissavano me.
“Ha detto che
nessuno se ne frega di lei” dissi a mezza voce, sapendo che mi avrebbero
chiesto di fare da traduttore.
E poi, non so
come, improvvisamente tutto prese senso. La sua solitudine, il suo venire qui
dall’America… Perché l’aveva fatto? Non sapevo nulla della sua vita prima di
venire in Italia e probabilmente il suo eccessivo affetto verso anche chi
conosceva da poco non era altro che dimostrazione di una mancanza di “coccole”
da parte di qualcuno.
Io avevo
Marco, Stella aveva Mario, ed era ovvio che trovandosi in una nuova città per
l’ennesima volta, Vic non desiderasse altro
che un po’ di compagnia in più dato che non conosceva nessuno. Poco
importava che conoscesse Tommaso solo telefonicamente… Se tutto ciò fosse
servito a tirarla su e a farle compagnia quando noi eravamo impegnato, andava
bene.
“Dobbiamo dare
retta a Vic. Chiamiamo Tommaso e facciamogli firmare il contratto d’affitto”
sospirai, tra le occhiate sbalordite di mia sorella e i due ragazzi, prima di
andare da Vic per annunciarle la bella
notizia.
***********
Spero che
vedendo l’aggiornamento non vi abbia preso un colpo! xD
Ironia a
parte, inizio scusandomi per l’enorme ritardo. So di non avere chissà quali
giustificazioni, è estate, ma ho finito la scuola il 12 giugno e per qualche
giorno ero ancora sotto shock e non avevo voglia di fare nulla a causa delle
nottate fatte a studiare, poi ci si sono messi i preparativi per la festa per i
miei 18 anni… Ora che è tutto finito e che mi hanno regalato un notebook con
cui posso scrivere in tutta comodità sarò molto più rapida, promesso. Ah, ed
ora che sono maggiorenne, stavo pensando di scrivere una one shot rossa circa
la prima volta di Marco e Luna XD
Spero che
questo capitolo vi sia piaciuto e che abbia compensato la mia assenza. Dal
prossimo cap in poi, le cose si faranno decisamente serie, gente! Iniziate a tremare XD
Ringrazio di
cuore tutti coloro che hanno recensito lo scorso cap e tutti coloro che mi
lasceranno un commento nonostante il ritardo.
SE VI VA DI
LEGGERE QUALCHE ALTRA MIA STORIA:
Tra Ieri e
Oggi, Storia Dei Miei Primi Due Amori (Originali-Romantico)
Hermione Vs Le
Situazioni Sentimentali E Le Leggi Di Facebook (Harry
Potter)
Grazie tutti,
mi siete mancati tantissimo!
La vostra
milly92.
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Capitolo 8 *** Cammina Nel Sole ***
7
Capitolo 7
Cammina Nel
Sole
Entrai nella
stanza di Vic, chiusi la porta alle mie spalle e restai in attesa a fissarla,
cercando di decifrare la sua espressione. Se ne stava seduta a gambe incrociate
sul letto , con lo sguardo perso nel vuoto e con i pugni serrati.
“Vic,
ascoltami solo un secondo” dissi. Non si girò, non fece nulla, come se non
fossi presente. Sbuffai. “Bel modo di ringraziarmi visto che sto per telefonare
a quel Tommaso Di Maio per dirgli che può venire a vivere qui” dissi acida.
Attesi per
un’altra manciata di secondi che dicesse qualcosa, ma invano, così riaprii la
porta e feci per andarmene quando udii un flebile: “Grazie, Luna”.
Non mi voltai,
non volevo metterla in soggezione nel caso avesse iniziato a piangere visto che
la sua voce tremava un po’, e scelsi come compromesso l’agitare la mano come a
dire che avevo recepito il messaggio.
Due giorni
dopo, il faccino strafottente di quel Tommaso irruppe in casa nostra di nuovo,
ma questa volta definitivamente.
“Sono certo
che ci divertiremo insieme!” fu la prima cosa che disse, guadagnandosi una mia
occhiataccia. I suoi occhi castani erano
euforici, e si posarono su di me.
“Guarda che
non sei qui per dei pigiama party” lo ripresi, ma la mia voce fu sovrastata da
quella stridula di Vic che diceva: “Si, lo credo anch’io! Piacere, io sono
Victoria, ma puoi chiamarmi Vic!”.
Le era passato
tutto, a quanto pareva. Non aveva voluto più parlare della crisi che le era
presa e improvvisamente era tornata la solita ragazza espansiva e sorridente di
sempre, come se non fosse accaduto nulla.
Tommaso la
guardò con tanto d’occhi, soffermandosi sulle sue lunghe gambe scoperte a causa
della minigonna, prima di sorriderle e presentarsi.
“Vieni, ti
mostro la tua camera e ti aiuto a sistemare le tue cose” continuò l’americana
cordiale, guadagnandosi un’altra delle mie occhiate torve. A me e Stella non
dava mai una mano con le faccende domestiche, ed ora eccola lì che si dilettava
come facchina con il nostro nuovo coinquilino.
Stella
ridacchiò, scrollando le spalle come a dire “Cosa vuoi farci”.
Sospirai. Era
ovvio che mia sorella fosse così di buon umore: aveva raggiunto il suo
obiettivo, quello di affittare una delle nostre stanze.
“Ricorda che
l’affitto non ci basta, quindi dobbiamo trovarci un nuovo lavoro entrambe” le
tenni presente, e mi fiondai dietro il tavolo della cucina per leggere gli
annunci dietro il giornale.
“In
realtà non ne abbiamo bisogno,
specialmente tu” mormorò Stella, un po’ più rabbuiata, sedendosi di fronte a
me.
“E perché? I
soldi che mi hanno dato per fare da modella non mi basteranno di certo per
sempre…”.
“Ecco, diciamo
che hai toppato. Mamma mi ha detto che vuole chiederti di fare da modella per
il negozio che sta aprendo qui e vuole che io faccia da commessa visto che
prima lavoravo in un negozio di abbigliamento” spiegò, cercando di sorridere.
“Che cosa? Ma
io non voglio continuare a fare da modella!” obiettai.
Mia sorella
sbuffò e mi guardò come se fossi impazzita.
“Ma piantala,
e poi ti pagano benissimo, che ti costa? Io credo che accetterò” aggiunse poi.
“Se devo fare la commessa, almeno lo faccio nella boutique di mia madre… E così
siamo tornate alle origini, io che lavoro per lei. Buffo no? Ma almeno tu ti
sei evoluta, e da cameriera passi a modella”.
Il suo tono si
sforzava di risultare ilare, ma conoscendola sapevo che non era così: negli
ultimi mesi il fatto che mamma mi avesse rivalutato e mi elogiasse a tal punto
di scegliermi come volto della sua linea l’aveva rabbuiata un bel po’, perché
si sentiva offuscata. Stella era sempre stata una tipa abituata a stare al
centro dell’attenzione e delle lodi, quindi per lei era dura vedere che la sua
gemella, vissuta per sempre nell’ombra, avesse avuto una sorta di rivincita.
“Stella, io…”.
“Ti prego,
accetta. Non puoi permetterti di fare la schizzinosa, abbiamo bisogno di soldi,
e lavorando per nostra madre avremo degli stipendi assicurati” disse in tono
definitivo, iniziando a sfogliare il giornale per celare la sua espressione.
“Ci penserò”
borbottai, e mi alzai per chiamare Marco e informarlo circa gli ultimi
avvenimenti.
“Stella ha
ragione, devi accettare” mi disse dopo che gli ebbi spiegato tutta la
situazione. “Come modella vai benissimo, lo sai…”.
“No, non lo so,
so solo che per fare un servizio decente ho avuto bisogno di te che facevi il
cretino e di mia sorella che mi insultava per spronami” ribattei.
“E se vuoi io
sarò lì a farti da clown quando vorrai” mi rassicurò. “Però devi accettare!”.
“Ma se mamma
non me lo ha ancora detto di persona!”.
“Starà
aspettando il momento giusto. Comunque, che dice il nuovo coinquilino?”
domandò, pronunciando le ultime due parole con un tono strano nonostante si
sforzasse di risultare neutrale.
“Per ora
nulla, è tra le grinfie di Vic, meno male” risposi, cercando di metterla
sull’ironia.
“Ah, bene.
Oggi usciamo?” chiese, cambiando argomento.
“Ma certo!
Andiamo al centro commerciale?”.
“Come vuoi, ai
suoi ordini, madame” rispose, e mi
sentii un po’ più rasserenata, con la prospettiva di passare il pomeriggio con
il mio ragazzo.
Camminavamo
mano nella mano, soffermandoci ogni tanto dinanzi a qualche vetrina
interessante, quando qualcuno batté improvvisamente sulla mia spalla, facendomi
voltare.
“Ciao, guys!” disse la voce inconfondibile di
Vic.
Io e Marco ci
voltammo e ce la ritrovammo davanti, rigorosamente a braccetto con un Tommaso
alquanto sorridente.
“Oh, ciao”
dissi.
“Ciao, Luna”
fece Tommaso, prima di guardare in direzione di Marco e verso le nostre mani
intrecciate. “Immagino che lui sia il tuo ragazzo…”.
“Si, lui è il suo ragazzo. Piacere, Marco”
disse il mio fidanzato, sorridendo osticamente e porgendogli la mano libera.
“Piacere,
Tommaso”.
“Eh si, è lui,
anche perché di solito cammino mano nella mano solo con il mio ragazzo, non
come certa gente che cammina a braccetto con persone conosciute da nemmeno
dodici ore” dissi candidamente, guardando disinvolta verso Vic, che però non mi
diede attenzione.
“We had
un’ idea, io e Tommaso” disse quest’ultima, emozionata.
“Ah si?”.
“Sì! Che ne
dite di andare in montagna domenica, per fare un bel pic nic? Così faremo a kind of Welcome Party for him!”.
“Sta
insistendo tanto, mi sembra una buona idea, giusto per cambiare un po’ aria..”
la appoggiò Tommaso, passandosi una mano tra i capelli castani un po’ lunghi e
fissandomi, come se volesse convincermi con il solo sguardo.
“Cambiare
aria? Ma se sei appena arrivato…” obiettai, cercando di metterla sull’ironico.
“Per me va
bene” disse invece Marco, “E poi con questo caldo la montagna è perfetta”.
Vic battè le
mani, entusiasta. “Bravo, Marco! You’re
great!”.
“Infatti, in
montagna staremo meglio, almeno per un giorno” asserì Tommaso, quasi come se
fosse incredulo di trovarsi d’accordo su una cosa con il mio ragazzo.
“Allora è
deciso, ok, amore?” domandò Marco, che per fortuna sembrava aver sotterrato
l’ostilità nei confronti dell’ultimo arrivato, forse perché, anche se con me
non voleva ammettere il fastidio che un maschio in casa mia gli avrebbe creato,
si sentiva rassicurato dal fatto che Vic lo avesse rapito tra le sue grinfie.
“Ok, ok”.
Si
soffermarono a parlare un altro po’ prima di continuare il giro, e poi andai a
casa di Marco visto che sua madre mi aveva invitato a cena.
Al mio
ritorno, alle undici passate, me ne
stavo nella mia stanza a leggere un po’ quando bussarono alla porta.
“Avanti”.
Mi ritrovai
davanti il nuovo coinquilino, con indosso una canotta verde e dei pantaloncini
bianchi che mi scrutava educatamente.
“Oh, Tommaso”
dissi, sedendomi composta sul letto e chiudendo il libro con uno scatto.
“Ehi, scusami,
disturbo?”.
“No, figurati,
in estate mi addormento almeno alle due” rivelai.
“Vale lo
stesso per me…”.
“Dovevi dirmi
qualcosa? Ti serve qualcosa e non sai dov’è?” azzardai, cercando di trovare un
motivo alla sua visita.
Scosse il
capo. “No, grazie, volevo solo fare due chiacchiere con te” ammise. “Posso?”
chiese, indicando la sedia delle mia scrivania.
Annuii e prese
posto.
“Ah,ok,
allora… Dimmi” lo spronai.
Esitò un
attimo, guardandosi intorno, prima di iniziare a parlare. “Vedi, volevo solo un
po’ chiarire con te… Cioè, il fatto è che mi sembra che non mi sopporti tanto e
volevo solo sapere il perché visto che ci siamo appena conosciuti e non mi
sembra di aver fatto niente di male” disse tutto d’un fiato, lasciandomi un po’
confusa prima di comprendere il tutto.
“Oh” feci poi.
Ed ora che cavolo gli dicevo? Aveva ragione, non ci conoscevamo affatto, ragion
per cui non poteva sapere che a volte mi capitava di non trovare simpatica una
persona senza motivo. E come facevo a dirgli che il mio comportamento era
dovuto anche un po’ a Marco, al fatto che inizialmente tendeva ad irrigidirsi
quando si parlava di lui dato che credeva che si fosse offerto come coinquilino
solo perché mi conosceva in precedenza?
“Vedi,
Tommaso, il fatto è che a pelle non mi hai dato una buona impressione, ed io
sono fatta un po’ così, pensa che fino a quasi un anno fa avevo un brutto
rapporto con Stella e con Marco stesso… Poi il fatto di averti trovato alla mia
porta quando aspettavo Marco…”.
“Ma c’è sempre
Marco in mezzo? Cioè, voglio capire che state insieme, ma a me sembra quasi che
non respiri se non te lo dice lui..!” m’interruppe Tommaso, con un’accentuata
vena critica nella voce che non mi piacque affatto.
“Ma come ti
permetti? Tu non mi conosci…”.
“E non ti
conoscerò mai se continui a lanciarmi frecciatine in presenza sua e a parlare
sempre e solo di lui!” ribattè.
Lo guardai
furente, alzandomi dal letto. “E dove sta scritto che devi conoscermi per
forza? Te lo ha prescritto il medico?”.
Tommaso si
alzò a sua volta, guardandomi con disprezzo. “E pensare che quando ti vedevo all’Università
mi ispiravi simpatia e dolcezza. Sei solo una vipera insicura che non vive
senza il suo cagnolino da guardia” disse.
“Eh? Come
osi?”urlai, fronteggiandolo.
“Se non
sbaglio in questo paese c’è libertà di parola, o no?” sbottò, alzando ancora di
più la voce per sovrastarmi.
“Ehi, che
succede qui?”. Stella e Vic erano sulla soglia, in pigiama, intente nel
guardare quella scenetta a bocca aperta.
“Niente,
niente. Chiedilo alla tua gemellina, qui, che ha un bel po’ di problemi ad
accettare qualcuno che non sia il suo fidanzatino” rispose Tommaso, e così
dicendo uscì, dopo avermi lanciato un ultima occhiata che esprimeva quasi
ribrezzo.
“Ma io a
quello lo…”.
“Calmati,
Luna!” disse Stella.
“Calmarmi? Ma
non hai sentito che ha detto?”.
Nessuna delle
due rispose, entrambe si scambiarono un’occhiata furtiva e dopo avermi ripetuto
di calmarmi se ne andarono, lasciandomi da sola nella mia stanza.
“Fatemi
capire, siete dalla sua parte?” urlai, senza ricevere una risposta per
l’ennesima volta.
A stento
trattenni una sorta di ringhio e battei un pugno contro il cuscino, dicendomi
che quel Tommaso si sarebbe rimangiato tutto e che avrebbe dovuto portarmi
rispetto dopo essersi scusato a lungo, visto che cacciarlo di casa era
impossibile: Stella e Vic sembravano stare dalla sua parte e non mi avrebbero permesso
di fare a meno dell’ennesimo coinquilino per un problema mio.
Poi, però, una
piccola e diabolica idea prese posto nella mia mente…
La mattina
dopo scrissi un sms a Marco, dicendogli che dovevo raccontargli un po’ di cose
e che mi sarebbe piaciuto fare una piccola gita da qualche parte nei dintorni
per starcene un po’ in pace, e, di buon’ora per essere estate, mi alzai dal
letto, mi sistemai indossando degli shorts di jeans e un top arancio e iniziai
a preparare la colazione, accendendo lo stereo a tutto volume e iniziando anche
a canticchiare. Le note di “Cammina Nel Sole” di Gianluca Grignani si diffusero
nella stanza, e sorrisi pensando che quella canzone faceva parte di un cd che
mi aveva regalato Marco. Lui adorava Grignani come io adoravo Vasco.
“Oggi tutto va cosi'
Siamo in una slot machine
Dove e' il caso sempre a vincere
Puoi far pace con gli dei
Ma ci riesci tu con i tuoi
Dimmi un po' a farti comprendere
E ti parlo come amico
Perche' so che sai che dico
Siamo sulla stessa strada
Che anche se non ti conosco
So che sei un tipo a posto”
Feci un sorriso ironico.
Non conoscevo Tommaso, ma per me di certo non era un tipo a
posto. Lui, i suoi pregiudizi e la sua convinzione mi facevano venire la
nausea. La mia sensazione a pelle era giusta: non lo sopportavo, e ancora
riuscivo a dimenticare il tono con cui mi aveva parlato la sera prima.
“Si potrebbe…
Oh”.
Mi voltai,
trovandomi davanti Tommaso che se ne stava fermo sulla soglia della cucina. Che
c’è, si era tagliato la lingua?
“Mi dispiace,
non posso abbassare il volume se è questo che mi stavi chiedendo. La musica a
tutto volume per me funziona meglio del caffè! A proposito, quanto zucchero ci
vuoi nel caffè?” dissi telegraficamente, facendo un sorriso ipocrita.
Lo vidi
trattenere uno sbuffo e alzare gli occhi al cielo prima di dire: “Uno e mezzo”.
“Ok…”.
Poco dopo
poggiai la tazzina sul tavolo e così prese posto mentre bevevo dalla mia,
all’impiedi vicino al lavandino.
Mi lanciò una
strana occhiata prima di portare la tazza alla bocca e…
“Bleah!” disse
schifato appena ebbe ingoiato il primo sorso. Corse vicino al lavandino per
sputare ciò che ormai aveva ingerito, facendo un chiasso madornale.
“Ma lì dentro non
c’era lo zucchero!” urlò.
“Sul serio?
Ops, che sbadata, potrei averlo confuso con il sale… Da domani ti prepari tu la
colazione, allora, nel contratto non era inclusa anche una cameriera” dissi
gaiamente, allontanandomi da lui e facendo per uscire dalla stanza,
soddisfatta.
Mi voltai,
giusto in tempo per godermi il modo assurdo in cui mi stava guardando.
“Preparati al
peggio in questa casa finchè non ti rimangerai le cazzate che ha sparato ieri
sera. E ringrazia che non ho cacciato il lato più aggressivo di me!”
sentenziai, guardandolo con puro odio prima di andare nella mia stanza per pettinarmi,
indossare i sandali ed uscire, ignorando le proteste delle altre due per la
musica ad alto volume.
Ecco il mio
piano: rendergli la vita un inferno finchè non si sarebbe deciso a scusarsi o,
ancora meglio, ad andarsene, visto che non potevo contare sulla collaborazione
di Stella e Vic.
Ed era solo
l’inizio, mi dissi, mentre mi sembrava di essere tornata indietro di mesi, alla
Luna un po’ acida e fredda.
*°*°*°*°*°*°*°*
Ciao a tutti e
buon fine luglio!
Finalmente
siamo giunti alla parte un po’ più “divertente”, che sarà molto più facile da
scrivere per me visto che ho già scritto tutto in testa.
La canzone del
capitolo è del mio amore Gianluca Grignani, e mi piaceva l’idea di farlo
diventare il cantante preferito di Marco ^^
E così questo
Tommaso rompe un po’ le scatole a Luna, ma credo ci faccia riflettere un po’:
non a caso nel capitolo la ragazza ha nominato Marco decine di volte. E se
Tommaso avesse ragione? Luna dipende un po’ troppo da Marco ormai, non avendo i
genitori che vivono con lei e quindi trovando nel suo ragazzo una figura che
compensi il tutto?
E Marco come
reagirà sapendo ciò che ha detto Tommaso?
Lo scopriremo
nel prossimo cap!
Come sempre ,
grazie di cuore a coloro che leggono, inseriscono le storie tra preferiti,
seguite e da ricordare e coloro che hanno recensito lo scorso capitolo:
Alina 95: Ah, Stella ormai ha fatto breccia nel
cuore di tutti, incluso nel mio xD Hai ragione, Marco resta sempre un maschio,
però anche Luna alla fine era d’accordo e il tutto è dovuto alla fase impetuosa
e passionale che il loro rapporto sta avendo dopo tanta attesa… Sono curiosa di
conoscere la sua opinione su Tommaso :P Baci!
pometina 94: Sei stata a Londra?? Non sai
quanto ti invidio, mi sa che dovrò aspettare l’anno prossimo per un altro
viaggio fuori dall’Italia nonostante sia ormai maggiorenne, uffi… Comunque,
sono felice che nonostante gli aggiornamenti lenti continui a seguire le
vicende di Luna&co, sul serio ^^ Per quanto riguarda Vic, ne scopriremo un po’
di più tra un po’, ora voglio continuare a nascondere il mistero senza indizi
xD Spero che il capitolo ti sia piaciuto :D Un bacione!
_Bec_Swan_: Nonostante ti abbia già ringraziata
su Facebook non posso non rinnovare i miei ringraziamenti, mi ha fatto
tantissimo piacere leggere la tua recensione =) Non sai quanto ti capisco, stare
vicino al pc quando fa caldo è una tortura ed è anche questo che mi ha
rallentato gli aggiornamenti anche se ultimamente il notebook mi sta salvando
^^’ Comunque, Martina è scomparsa e non darà fastidio… Cosa che invece, si è
capito, farà Tommaso. Avevi ragione, darà proprio dei problemi, ma più che alle
ragazze, solo a Luna visto che a Stella è indifferente e Vic lo adora da quando
ha sentito la sua voce per la prima volta ! Un bacio.
Come sempre vi
ricordo il mio account su Facebook : Mena Milly, se vi va aggiungetemi ^^
Cercherò di
aggiornare prima di partire, ma solo se vedrò un riscontro positivo con le
recensioni, anche se non mi piace “elemosinarle” mi piacerebbe vedere un
incremento di commenti anche per sapere eventuali critiche costruttive ^^
La vostra
milly92.
|
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