Thinking Of You

di milly92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Relax, Take It Easy ***
Capitolo 3: *** Material Girl ***
Capitolo 4: *** Il Sole Esiste Per Tutti ***
Capitolo 5: *** Innocence ***
Capitolo 6: *** E' Già Domenica ***
Capitolo 7: *** Fly Like You Do It ***
Capitolo 8: *** Cammina Nel Sole ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Prologo

Un paio di bottiglie vuote per terra, con al loro fianco due bicchieri di vetro inutilizzati. Qualche candela ormai quasi consumata, che continuava a diffondere per la stanza uno strano aroma. La mia borsa con i libri dell’università al fianco delle buste di alcuni negozi di vestiti comprate da lei

Se i signori Solari avessero visto tutto quel disordine nel soggiorno della casa che avevano ristrutturato e lasciato alle loro figlie di sicuro si sarebbero arrabbiati moltissimo, ma al momento non poteva fregarmene di meno visto che la mia sfera sensoriale era occupata da altri pensieri, e nemmeno le urla del signor Solari dovute al modo con cui sua figlia se ne stava addosso a me avrebbero potuto distrarmi.

Ti prego, Luna, non smettere…

Come ho fatto a resistere cinque mesi?

Guai a chi prova a interromperci proprio ora, ce lo meritiamo dopo tanta attesa e aver passato tutti gli esami all’università…

Lentamente, con una pacatezza che non credevo di poter ottenere al momento, feci sì che la mia ragazza si ritrovasse sotto di me prima di continuare a torturarla con una scia di baci dovunque, mentre lei faceva lo stesso con me. Potevo sentire la pelle delle sue gambe a contatto con le mie, e ciò non poteva non mandarmi ancora di più in tilt.

Chi aveva inventato gli shorts? Dovevo fargli un momento, questo era poco ma sicuro.

La fissai per un momento; era bellissima con gli occhi socchiusi e una pura espressione di rilassamento totale dipinta su quel volto che tanto amavo in ogni suo piccolo particolare.

Avevo appena iniziato a sbottonare la sua camicetta bianca che avvertii la sua mano circondare il mio polso e bloccarlo.

“Marco, sai quanto mi piacerebbe ma tra mezz’ora zia Kitty sarà qui, vuole farmi vedere l’album del matrimonio…” sussurrò, tra il seccato e il dispiaciuto. “Credimi, me lo sono ricordato mezzo minuto fa” aggiunse, come se volesse rassicurarmi per il fatto che non dipendesse da lei.

Com’era dolce quando faceva così! Non ce n’era bisogno, sapevo perfettamente che mi desiderava quanto io desideravo lei, me l’aveva fatto capire ogni singolo giorno degli ultimi due mesi, ma tra esami e fratelli rompiscatole non eravamo riusciti a creare l’atmosfera e il momento giusto per un evento simile e importante come la sua prima volta, anzi, la nostra prima volta.

“Va bene, non c’è problema, ma almeno hai visto che non dipende nemmeno da me, mi stavi letteralmente facendo impazzire…” dichiarai a bassa voce contro il suo orecchio, facendola fremere lievemente.

Mi guardò con rimprovero, prima di alzarsi e abbottonarsi l’unico bottone che ero riuscito a sbottonare. “Se fai così mi metti in difficoltà…” mi fece notare, sistemandosi i capelli e sventolandosi con la mani, evidentemente per darsi una calmata, cosa che avrei fatto bene a fare anch’io dal momento che ero ancora parecchio su di giri. Non riuscivo a non guardarla e a soffermarmi sulle sue gambe snelle e sulle sue forme ben proporzionate…. Ormai la desideravo troppo, non potevo negarlo.

Il suono del campanello annunciò la fine della nostra quiete, così Luna mi fece segno di togliere le bottiglie e tutto il resto da terra mentre andava ad aprire.

Obbedii, sorridendo e ripensando al fantastico modo con cui avevamo festeggiato la fine della mia sessione di esami, dopo che lei aveva avuto l’ultima prova due giorni prima, con birra gelata, pasticcini e schifezze varie, e non potei non pensare con una fitta di rimpianto a come avremmo potuto completare l’opera se qualcuno non ci avesse disturbato…

“Buon pomeriggio cognatino!”.

Avevo giusto gettato tutto nella spazzatura che la voce squillante della mia migliore amica Stella, nonché gemella di Luna e ragazza di mio fratello mi risvegliò da quei dolci pensieri.

“Ciao Stella!” la salutai, prima di fare un cenno a mio fratello Mario, alle sue spalle.

“Sono venuta per dirvi la novità del momento” continuò lei, fissando la sua gemella che la guardava attentamente.

“E sarebbe?” domandammo in coro.

“Tra due giorni andiamo a Firenze, mamma e papà ci vogliono parlare e far conoscere una persona, per cui ci soffermeremo qualche giorno lì… Non è fantastico?” dichiarò entusiasta. “Ovviamente siete invitati anche voi due”.

Cercai di non scambiare uno sguardo d’intesa con la mia ragazza, ma fu inutile: entrambi ci guardammo rassegnati, come a dire “ciao ciao, mi sa che riprenderemo quel famoso e sempre incluso discorsetto tra almeno una settimana”. Tutta colpa dei padri troppo possessivi e gelosi di una minima carezza, ma dico io… Possibile che non stesse mai tranquillo al cento per cento con un ragazzo così calmo e rispettoso come me???

*°*°*°*

Ciao a tutti!

Ed eccomi qui con il seguito di “Dillo Alla Luna”, che rappresenta il punto vivo della storia, dato che quella precedente può essere considerata come una storta di parentesi che ha sondato il terreno per gli eventi che succederanno qui. Il titolo è preso dalla canzone di Katy Perry, che vi consiglio di ascoltare e leggere la traduzione se vi và di comprendere un po’ come si evolverà la storia. Chi non ha seguito quella precedente, comunque, non deve farsi problemi visto che comunque spiegherò ogni singola cosa riscontrata nella parte precedente.

Cosa dirvi, spero che questo prologo vi sia piaciuto. Purtroppo per aggiornare ci metterò un po’, anche qualche mese, perché ultimamente sono molto occupata e ho avuto un calo d’ispirazione, ma ci tenevo a pubblicare il prologo come “promessa” di un seguito.

Detto ciò, vi lascio una parte tratta da quel poco che ho scritto del primo capitolo:

Nonostante la casa fosse abitata solo da me e Stella, non avevamo mai un attimo di pace tra pulizie e parenti che spesso venivano a trovarci per controllare se andasse tutto bene, quindi per me staccare la spina e allontanarmi un po’ da tutti loro con un viaggio dai miei era una cosa positiva, comunque sempre c’era qualcuno che rompeva le scatole, tanto valeva che ciò fosse rappresentato dal mio paparino che non vedevo da settimane!

“Fa come vuoi allora” mi arresi infine, conscia del fatto che niente e nessuno avrebbe potuto dissuaderlo dalla sua decisione di organizzare questo viaggio. “Organizza un viaggio dove vuoi, anzi, a questo punto vedi se c’è qualche volo low cost per Spagna, Francia e giù di lì”.

S’illuminò di botto, come se gli avessi detto chissà che, e subito si fiondò sul mio portatile di nuovo, cercando particolari siti su cui speculare.

A presto!

La vostra milly92.

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Capitolo 2
*** Relax, Take It Easy ***


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Relax, Take It Easy

“In realtà no, cioè , abbiamo riflettuto molto e abbiamo deciso che non è giusto che stiate ancora sulle spalle dei nonni e sapendo che non avreste lasciato di nuovo Maddaloni” e così dicendo papà lanciò uno sguardo molto colloquiale ai due ragazzi, “Abbiamo comprato di nuovo l’appartamento per consentirvi di viverci da sole, visto che noi, se per voi va bene, vorremmo vivere insieme a Firenze. Vostra mamma mi ha già trovato un lavoro in una redazione lì, la stessa in cui lavoravo prima della separazione….”.

“Ma se voi volete ancora vostro padre vicino non ci sono problemi, verrò nei week end….” aggiunse subito mamma, vedendo che io e Stella non rispondevamo.

Alla fine ci guardammo con un’occhiata eloquente, annuimmo e così dissi: “Ormai siamo abbastanza grandi per cavarcela da sole, no? Voi pensate a stare insieme e a essere felici, ve lo meritate. Semmai veniamo a trovarmi noi ogni tanto…”.

“Dillo Alla Luna”, capitolo 23

Capitolo I

Relax, Take It Easy

Non avevo mai adorato l’estate così tanto ad essere onesti. Ero troppo impegnata con la mia vita privata per potermi lasciarmi seccare da fattori scontati come il caldo, l’afa e la voglia di vacanze.

Mare? Sole? Hotel, villaggi turistici, paesini nuovi da visitare? Non ne avevo proprio voglia, stremata dalle fatiche per l’ultimo esame del secondo semestre del mio primo anno all’università, la Facoltà di Lingue presso l’Orientale di Napoli. L’unica cosa importante e fondamentale per quell’estate che si prospettava era passarla tra le braccia di una certa persona…

“Luna, amore, senti qua che offerta! Due settimane all’Isola d’Elba con pensione completa, piscina e saune incluse a solo… Oh, ma è a inizio settembre, sembrava troppo bello per essere vero!”.

Sospirai, avvicinandomi al mio ragazzo Marco che usufruiva liberamente del mio portatile nella mia stanza mentre io me ne stavo incollata al ventilatore a pochi metri da lui. Ok, era vero che fattori come il caldo non mi seccavano, ma perché rinunciare a qualche piccola comodità che poteva aiutarmi a sentirmi solo un po’ più fresca?

“Perché per oggi non la smetti di giocare a fare l’impiegato di un’agenzia di viaggi e non impieghi il tuo tempo nel migliore dei modi?” domandai sarcastica, obbligandolo a voltarsi verso di me e indicandomi discretamente, guardando altrove.

“E’ proprio perché voglio trascorrere del tempo con te nel migliore dei modi che sto cercando di organizzare una vacanza decente senza i nostri fratelli o qualsiasi essere umano tra i piedi dopo che saremmo andati dai tuoi a Firenze…” rispose a tono, usando una certa dose di sarcasmo a sua volta e fissandomi con i suoi occhioni blu, che, chissà perché, al solo fare certi pensieri scintillavano ancora di più, tanto da sembrare accesi da uno strano fervore.

Roteai gli occhi, incrociai le braccia e poi alzai il mento. La visita a Firenze dai miei! Ormai non pensava ad altro… Certo, nemmeno a me andava di passare del tempo con papà che rompeva le scatole e faceva smorfie di disappunto per ogni nostro minimo gesto, oltre al fatto che ci seguiva dappertutto come un cane da guardia, ma poi quel paio di giorni sarebbe passato, invece restava il fatto che a Maddaloni non riuscivamo mai a starcene un po’ per conto nostro. Nonostante la casa fosse abitata solo da me e Stella, non avevamo mai un attimo di pace tra pulizie e parenti che spesso venivano a trovarci per controllare se andasse tutto bene, quindi per me staccare la spina e allontanarmi un po’ da tutti loro con un viaggio dai miei era una cosa positiva, comunque sempre c’era qualcuno che rompeva le scatole, tanto valeva che ciò fosse rappresentato dal mio paparino che non vedevo da settimane!

“Fa come vuoi allora” mi arresi infine, conscia del fatto che niente e nessuno avrebbe potuto dissuaderlo dalla sua decisione di organizzare questo viaggio. “Organizza un viaggio dove vuoi, anzi, a questo punto vedi se c’è qualche volo low cost per Spagna, Francia e giù di lì”.

S’illuminò di botto, come se gli avessi detto chissà che, e subito si fiondò sul mio portatile di nuovo, cercando particolari siti su cui speculare. Dal canto mio mi limitai a tornare vicino al mio amato ventilatore dato che la temperatura di quell’afosa giornata di luglio non accennava a voler diminuire, e ci restai finchè il mio cullare non iniziò a squillare, rivelandomi una chiamata da parte di mia cugina Miriam.

“Miri, dimmi!” la incitai subito, visto che quello per lei era un giorno importante, quello in cui aveva gli orali dell’esame di maturità classica. L’avevo aiutata a ripetere nell’ultimo mese, e speravo tanto che il mio aiuto fosse servito a qualcosa.

“Mi hanno dato ventisette su trenta, quindi facendo la somma di tutti i punti farebbe ottantotto!” esclamò agitata. Conoscendola, già la immaginavo mentre si dimenava, appena uscita dalla sala dove aveva avuto il colloquio, con la chioma bruna come la mia legata in una coda, il top verde portafortuna che le avevo regalato e la faccia con delle belle occhiaie bluastre dovute all’agitazione e alla mancanza di sonno.

Marco si girò verso di me, curioso.

“Ottantotto? Bravissima, un voto in più a me!” le ricordai ridendo, e così lui sorrise, contento per Miriam. Le aveva dato una mano a sua volta con le sue perle di saggezza di storia dell’arte, materia che mia cugina non amava chissà quanto.

“Oh, come sono felice Lu! Mi sono tolta un macigno dallo stomaco! Ora vado, corro a casa a dirlo a mamma, conoscendola starà passeggiando ansiosa per tutta la casa…” si congedò.

“Certo, salutamela e ricordale che avevo ragione sul fatto che non doveva preoccuparsi sulla bravura di mia cugina la genietta” dissi con una punta di sarcasmo, visto che la zia tendeva ad essere fin troppo ansiosa quando ci si metteva, e così staccai la chiamata.

Poco dopo, dal canto suo, Marco chiuse di scatto il portatile, mentre me ne stavo distesa sul letto, intenta nel guardare il soffitto e a usufruire dell’aria fresca emanata dal ventilatore.

“Che c’è, l’agenzia di viaggi è fallita?” bofonchiai sarcastica, alzandomi sui gomiti per guardarlo in faccia.

Scosse il capo con aria birbante, scuotendo i suoi ricci corvini. “No, mi sono scocciato. Voglio seguire un po’ il tuo consiglio di prima…”.

“Quale?” chiesi.

Per tutta risposta, si impossessò delle mie labbra e, senza esitazioni, iniziò ad accarezzarmi la schiena sotto il top che indossavo. Presa alla sprovvista, realizzai dopo pochi secondi a cosa si riferisse, prima di iniziare a provare tutte quelle sensazioni fin troppo evidenti che provavo solo quando ci spingevamo un po’ oltre. Era una magnifica tortura sentirlo accarezzarmi sempre più su, diretto verso il reggiseno che indossavo, e lo fu ancora di più quando iniziò a torturarmi il collo come solo lui sapeva fare.

Cercai di non sospirare, e mi ci volle chissà quale sforzo per riuscirci.

“Quanto ci scommetti che…” iniziò a dire, tra un bacio e l’altro, prima che, puntuale come un orologio svizzero, il telefono di casa iniziasse a squillare insistentemente.

“Uffa! Che palle, giuro che…” m’infervorai, staccandomi di malavoglia da quel corpo così sensuale e attraente per prendere il cordless.

“Amore, ormai è matematico, qui non si può combinare nulla… Perciò, lasciami trovare il posto per la vacanza e li manderemo tutti a quel paese…” sussurrò lui, sbuffando.

Annuii, dandogli mentalmente ragione, e risposi al telefono, scoprendo che era mia nonna che faceva la sua telefonata giornaliera per sapere se filasse tutto liscio.

Come tutte le sere delle ultime settimane, zia Kitty e suo marito Michele, nonché mio capo nel locale in cui lavoravo, vennero a farmi visita, anche per augurarci buon viaggi visto che l’indomani saremmo andati a Firenze, ancora più allegri del solito. Non mi ero ancora abituata al fatto che la mia zia preferita si fosse sposata in così poco tempo, eppure ero felice per lei, anche perché suo marito era un uomo speciale che sapeva comprenderla nel suo essere un po’ “pazza” quando ci si metteva.

Marco era tornato a casa per cena insieme a suo fratello Mario, visto che dovevano finire di preparare le valigie, ragion per cui, prima dell’arrivo degli zii, io e Stella stavamo guardando un film dopo aver ordinato la cucina.

“Nipotine, se sapeste…” trillò la zia appena aprii la porta. I capelli che fino a qualche mese prima erano stati rossi, ora le scendevano lungo le spalle, ricci e castani, e i suoi occhi erano quasi dilatati da uno strano moto di felicità, la cui causa ci era ignota.

Guardai interrogativa verso Michele, ma compresi che non avrei ricevuto ulteriori risposte, bensì ancora più domande, dal momento che reggeva in mano una bottiglia di spumante. “E’ ubriaca?” dedussi scherzosamente, indicando la bottiglia.

“No…” sussurrò lui, che sembrava quasi un bel po’ spaesato.

Curiosa, li condussi come mio solito fuori all’ampio balcone del soggiorno, su cui si stava abbastanza freschi la sera nonostante la calda stagione. “E allora che è successo? Hai vinto alla lotteria?” le domandai mentre prendeva posto su una sedia.

“Infatti, che è successo, zia?” insistè Stella.

“Aspetto un bambino!” urlò, muovendo gioiosamente le mani. Al suo fianco, Michele sorrise bonariamente.

Ovviamente spalancai la bocca per la sorpresa, proprio come la mia gemella che però subito si precipitò a stringere la zia tra le sue braccia, felice. Appena mi passò il momento di shock la imitai, e quando mi separai la donna aggiunse: “Non lo credevo possibile, sapete? Dopotutto ho quarantasei anni, e invece…! Il dottore ha detto che devo stare solo un po’ a riposo e tenere le dita incrociate per non correre rischi”.

“Quindi ora mi tocca fare da uomo di casa al cento per cento” borbottò Michele falsamente rabbuiato, tanto che la zia lo spinse minacciosa prima di lasciarsi sfiorare le labbra con un tenero bacio.

“E così si spiega la presenza della bottiglia di spumante! Dobbiamo brindare, Mister! Corro a prendere i bicchieri” dissi subito, ancora al settimo cielo per la zia. A breve mi sarebbe nato un altro cuginetto… Ero sicura che sarei stata come una sorella maggiore per quella creatura, quindi non potevo non dirmi entusiasta.

Brindammo, ci perdemmo in chiacchiere, finchè, quando ormai era quasi mezzanotte, notai che zia Kitty non faceva che lanciare occhiate sbrigative al mio capo, come per incitarlo a fare qualcosa. Li osservavo curiosamente, e attesi finchè lui, sospirando, non disse: “Luna, in realtà devo darti un’altra notizia” con un tono funereo. La donna annuì, a sua volta quasi dispiaciuta.

“Che cosa?” domandai senza esitazioni, preoccupata dal loro modo di guardarmi e parlare. Cos’era successo di così negativo da suscitare simili atteggiamenti?

“Vedi” iniziò Michele, grattandosi la nuca per poi iniziare a torturarsi le mani con fare frenetico, “Io e Kitty abbiamo ragionato e… E la nascita del bambino porterà a tanti doveri…”.

“Si…” l’assecondai, senza capire dove volesse andare a parare.

“… Tanto impegno….”.

“Si, e allora?”.

“E soprattutto tante spese…”.

Feci l’ennesimo cenno affermativo col capo, mentre al mio fianco Stella trattenne il fiato. Che aveva? Aveva compreso forse qualcosa che a me sfuggiva?

“No, Michele, non dirmi che è come ho capito!” disse subito, togliendosi i lunghi capelli da sopra la spalla e fissandolo. “Non dirmi che è come diceva la signora Rosa!”.

“Beh, si…”.

Ormai seguivo quel discorso come se fosse stata una partita di pallavolo, fissando prima mia sorella, poi Michele, e infine la zia che aveva una faccia fin troppo consapevole di ciò che sarebbe successo di lì a poco. Che c’entrava la signora Rosa, la proprietaria del negozio in cui lavorava Stella, quello di fronte al locale di Michele?

“No! Cioè, Michele, capisco tutto ma…”.

“Ma si può sapere che state blaterando voi due? Che succede?” chiesi scocciata, rizzandomi meglio sulla sedia, infastidita nel non capirci un tubo di quella discussione.

“Succede che ci dispiace ma Michele deve restringere le spese del negozio e visto che tu hai una situazione economica migliore di Antonio e Gianluca, Michele deve licenziarti” disse in fretta zia Kitty, comprendendo che se fosse stato per Stella e suo marito non saremmo mai arrivati al nocciolo della questione. Fece un sorriso amaro, proprio come l’uomo al suo fianco.

“Si, Luna, mi dispiace ma…”.

“Tranquillo, è giusto che sia così, figurati” sussurrai. Wow, ecco che sapevo come ci si sentiva ad essere licenziati. Era una brutta sensazione, adoravo il mio lavoro, mi piaceva stare lì con Michele e i ragazzi, anche se quando c’erano troppi clienti mi sarebbe venuta voglia di evadere e sapere che non ci sarei più potuta tornare mi infondeva una gran tristezza, oltre alla consapevolezza del fatto che ormai il mio stipendio mi era indispensabile per poter concedermi qualche sfizio in più, dato che non amavo chiedere i soldi a mamma e papà oltre quelli delle bollette e del cibo.

Mi voltai vero Stella, che sembrava quasi tramortita. “Sei stata gentile a preoccuparti per me, Stella, se ti fossi spiegata meglio…!” dissi con sincerità.

Lei mi guardò levando un sopracciglio, sbuffando. “Ma che hai capito, mi dispiace perché sono licenziata anche io dal momento che ho avuto la conferma che Michele, oltre licenziare te, farà affari con Rosa che ha intenzione di togliere il negozio di vestiti e di aprire un supermercato con cui farà affari. Questo non lo dici alla tua ex dipendente?” aggiunse rivolta verso Michele, che annuì tristemente. Oh, meraviglioso. Sia io che Stella eravamo state licenziate in un battibaleno,senza avere il tempo di rendercene conto o di aver commesso un atto per cui valga la pena non essere più assunte.

“Dobbiamo trovare una soluzione!” avevo detto quella sera, appena zia Kitty e Michele se n’erano andati, ancora dispiaciuti, ed era stato così che io e la mia gemella avevamo passato una notte quasi insonne per cercare di rimediare ai nostri licenziamenti. Ormai era estate e quindi non lavoravamo più, ma dovevamo trovare una soluzione al nostro problema entro settembre, mese in cui i nostri risparmi sarebbero finiti. “Il prima possibile! E poi io e Marco stiamo programmando un viaggio e ho bisogno di sapere che i soldi che spenderò li recupererò” bofonchiai, nonostante il sonno, sbadigliando.

Sedute a gambe incrociate sul suo letto, alla luce di una lampada, ci guardavamo in attesa della cosiddetta lampadina che si accende nei cartoni animati quando un personaggio aveva un’idea.

“Almeno tu non li hai ancora spesi! Io ho già dato la mia quota per il week end in montagna con Mario, sua cugina e il suo ragazzo…” disse tetra. “Insomma, cosa dobbiamo fare? La signora Rosa mi pagava bene, certo, ma visto che sono stata licenziata voglio aspirare ad un lavoro migliore, tipo uno che mi faccia guadagnare abbastanza senza stare così tante ore al lavoro”.

Levai un sopracciglio, scettica, prima di scuotere il capo con aria contrariata. “Stella! E pensa che non studi nemmeno! Cosa dovrei dire io? Non posso mai dimenticare le due settimane che Michele è stato in viaggio di nozze e me la sono dovuta vedere da sola con Antonio e Gianluca con l’esame in vista!” la rimproverai severamente. Non la sopportavo quando faceva la fraccomoda ad essere onesti, dopotutto lei poteva permettersi di lavorare molto anche perché poi alla fine guadagnava molto più di me. Anzi, a causa del suo eccessivo “stress” qualche volta aveva fatto sì che, tornata esausta dai corsi all’università, dovevo anche fare le pulizie da sola visto che se ne andava a dormire subito dopo cena. Il solo pensiero di quei suoi atteggiamenti mi faceva ancora ribollire, se ci riflettevo.

“Ma che c’entra! Insomma, il punto è che dobbiamo approfittare di questo licenziamento per migliorare la nostra situazione, trovare degli impieghi che ci consentano di gestire meglio la nostra vita….” ribattè decisa, stringendo il pugno.

Mi accasciai sul letto, fissando il soffitto appena illuminato dalla luce fioca della lampada, sospirando. “Si dice che la notte porta consiglio, no? Perciò andiamo a dormire, domani ci aspetta un’asfissiante viaggio in auto” mi arresi infine, alzandomi a fatica visto che sentivo il sonno invadermi e l’ansia crescere nei confronti di quelle interminabili ore da trascorre in macchina tra afa, traffico e Mario e Stella che di sicuro litigavano perla canzone da ascoltare.

Mia sorella annuì, e così mi diressi nella mia stanza. Guardando l’orologio mi accorsi che erano le tre e mezza; il pensiero di dovermi svegliare tre ore e mezza dopo era terribile ma poi sorrisi dicendomi che avrei potuto riposare in auto, tra le braccia del mio Marco… Presi il cellulare per mettere la sveglia quando notai un messaggio di Marco di due ore prima.

Io vado a dormire! Non vedo l’ora che questi giorni passino in fretta perché ho una sorpresa… Buonanotte piccola, ti amo.

Improvvisamente sentii il sonno scemare, sia per il fatto che ogni volta che Marco mi chiamava “piccola” mi sentivo andare su di giri, sia per il fatto che adoravo le sue sorprese, e di certo quella non poteva essere negativa. Aveva trovato il posto giusto in cui andare in vacanza forse? Fatto sta che presi sonno alle quattro passate e il poche ore dopo, quando Stella venne a svegliarmi alle sette, mi sentivo come se fossi stata investita da un bus inglese a due piani.

“Sbrigati! Insomma, i ragazzi stanno venendo, sbrigatiiii!” mi ripeteva lei in continuazione, ma io a stento l’ascoltavo. Nemmeno ascoltai il campanello che suonava, quindi per me fu una sorpresa ritrovarmi Marco riflesso alle mie spalle, mentre mi guardavo allo specchio per aggiustarmi i capelli. Proprio come poche ore prima, il solo saperlo al mio fianco sembrò rinvigorirmi e così mi sentii improvvisamente più sveglia, tanto che mi tuffai tra le sue braccia senza meditarci.

“Ehi, non ci vediamo da dieci ore, che sarà mai!” ridacchio lui, tuttavia stringendomi a sé in risposta al mio abbraccio.

Alzai la testa, guardandolo male. “Devi sempre rovinare tutto, eh?” sbuffai, allontanandomi e mettendo un po’ di profumo.

“E’ inutile che fai così, lo so che un giorno senza di me per te sarebbe deleterio…” ridacchiò pavoneggiandosi, cacciando uno di quei sorrisi che in altra sede, magari di sera, al buio, senza i nostri fratelli in giro per casa, mi avrebbe fatto perdere la ragione.

Ma lì per lì, appena sveglia, stanca e spossata, non avevo la testa per fargli vedere l’effetto che poteva avere su di me, ragion per cui finii a spruzzargli addosso il profumo dopo essermi di nuovo stretta a lui, facendolo ritrarre rapidamente dopo aver compreso ciò che avevo fatto.

“Ah, così impari a rompermi le scatole!” ridacchiai vittoriosa, ritornando poi a pettinarmi come se nulla fosse, con lui che si lamentava e faceva delle smorfie disgustate per il fatto che ora la sua camicia puzzasse a causa di un profumo femminile. Non saremmo mai cambiati, saremmo rimasti sempre i soliti rompiscatole, di questo ne ero certa.

Il viaggio fu peggio di quello che mi aspettavo, onestamente. Mentre io cercavo di trovare una soluzione al fatto di essere senza lavoro, Stella aveva iniziato a discutere con Mario sul fatto che una certa Gemma lo aveva chiamato mentre percorrevamo l’autostrada, più o meno verso Roma, mentre Marco, da grande macho, si era addormentato dopo mezz’ora di viaggio.

“Troveremo una soluzione al vostro problema, tranquille” aveva detto prima di essere rapito da Morfeo, e mi aveva lasciato così, sola,con l’unica allettante prospettiva di subirmi i litigi di quei due.

Ragion per cui, scorgere il cartello che indicava la città in cui avevo abitato per anni ed anni dopo numerose ore di viaggio e un paio di soste in qualche affollato autogrill fu un vero e proprio sollievo.

“Siamo già arrivati?” domandò Marco con voce assonnata quando iniziai a scrollarlo, in un modo causalmente violento, così tanto forse da fargli rimpiangere i momenti in cui a compiere quel gesto era sua madre per farlo svegliare e andare a scuola.

“Siamo appena entrati a Firenze. Svegliati, su, non vorrai mica avere l’aria da Pisolo quando ti ritroverai faccia a faccia con i miei” risposi brevemente, cercando di sottolineare il mio disappunto per essere stata priva della sua compagnia durante il tragitto.

All’udire di queste parole sgranò gli occhi, quasi come se gli avessi detto qualcosa di orrendamente blasfemo, e sbuffò, appoggiandosi ancora di più contro lo schienale del sedile. “Potevi svegliarmi! Insomma, volevo avere tempo per…”.

“Per cosa? Contare le auto dell’autostrada? Fare il calcolo matematico dei chilometri che mancavano? Tranquillo, le ho fatte io per te queste cose visto che l’alternativa era ascoltare i dissidi amorosi di questi due” ribattei, ancora più irritata. Il signorino non solo si era riposato, non solo mi aveva lasciata sola e in preda alla noia e poi aveva anche il barbaro coraggio di lamentarsi? No, no, non doveva assolutamente funzionare così.

Eppure, la cosa più bella fu vederlo sorridere e scuotere il capo, prima di attirarmi dolcemente a sé, infischiandosene dei nostri fratelli che stavano protestando per la mia frase nei loro confronti detta pochi secondi prima. “Mi farò perdonare per non averti fatto compagnia, Lulù” disse con una dolcezza che avrebbe fatto impazzire qualsiasi adolescente ormonosa, baciandomi la tempia.

Arrossii come una matta, ma semplicemente perché lui mi chiamava Lulù nei momenti più… Intimi, se così si potevano definire quelli in cui ci lasciavamo prendere un po’ di più la mano. Improvvisamente, come c’era da aspettarselo, la mia acidità scomparve; alzai lo sguardo, a pochi centimetri dal suo viso, e dissi: “Allora sentiamo. Come ti farai pedonare…?”.

“Con la prospettiva di un bel soggiorno in Abruzzo appena torneremo da Firenze visto che Mario e Stella hanno voluto farci questo bel regalo” rispose prontamente piegando la testa di lato e sfiorando il mio naso con il suo.

Esitai, certa di non aver udito bene. “Cosa?” domandai esterrefatta, allontanandomi mio malgrado da lui e voltandomi verso i due. Potevo vedere mia sorella sorridere dallo specchietto retrovisore con il suo solito sorrisetto soddisfatto. “E’ impossibile, cioè, state preparando tutto da un mese e…”.

“…E Mario ha avuto la bellissima idea di accettare di lavorare per una causa in tribunale che si terrà in quei giorni, quindi bye bye Abruzzo e welcome Marco e Luna. Anche Giusy, la loro cugina, e il suo ragazzo hanno disdetto, quindi abbiamo pensato che vi avrebbe fatto piacere andare al posto nostro” annunciò Stella con il suo solito tono perentorio.

Sentii Mario sbuffare. “Stella, smettila di rinfacciarmelo, già è un miracolo che l’avvocato Costanzi mi abbia assunto nel suo studio, non posso permettermi di fare il prezioso e rifiutare gli incarichi” sbottò, quasi con aria annoiata, come se lo avesse detto per la centeunesima volta.

Mia sorella alzò gli occhi al cielo e fece un cenno affermativo. “Si, si, amore, lo so, quindi, morale della favola… Buon divertimento, ragazzi!”.

Guardai Marco senza sapere cosa dire, e lui mi fece comprendere che non dovevo dire nulla con un semplice cenno e la sua solita aria rassicurante.

“Allora è fenomenale, amore!” decisi di dire alla fine, gettandogli le braccia al collo con slancio e baciandolo con enfasi.

“Mi piaci quando mi ringrazi così” sussurrò con la voce un po’ bassa , prima di rispondere al bacio e rischiando di farmi perdere la ragione come solo lui sapeva fare, anche solo poggiando la mano sulla mia schiena coperta solo da un sottile top, facendomi venire la pelle d’oca.

“Sarà una settimana fantastica” aggiunsi, quando mi separai per respirare.

“Puoi dirlo forte” rispose, quasi come se ne avesse avuta la certezza assoluta già da quel momento.

Stella indicò la strada giusto a Mario, e così dieci minuti dopo eravamo di fronte la nostra vecchia casa, dopo ben sette mesi.

Quante cose erano successe dalla nostra ultima visita lì! Io avevo scoperto di essere innamorata di Marco e lui aveva segretamente comprato i biglietti per il concerto di Vasco, dopo aver saputo che il mio regalo ideale di Natale sarebbe stato riceverne uno… E pensare che poi era stato proprio il giorno di quel fatidico concerto, poco meno di due mesi dopo, che ci eravamo messi insieme, dopo tanto dubbi, incertezze e fraintendimenti, oltre che tante lotte contro il nostro stesso orgoglio, dovuto al fatto che prima di capire di amarci eravamo quasi convinti di provare odio allo stato puro nei confronti dell’altro.

Mario suonò il clacson e mentre stavamo prendendo i bagagli e papà si affacciò subito dal balcone della cucina, sorridendo.

“Benvenuti, ragazzi! Vi serve una mano?” domandò cordiale.

“No, la ringrazio” rispose subito Marco, che, chissà perché, era il “prediletto” di papà tra i due. “Ce la facciamo”.

“Ok, vi aspetto sopra!”.

In un battibaleno salimmo sopra, Marco con in mano la valigia mia e di mia sorella e Mario con quella sua e del fratello. Io e Stella sussurrammo qualche parola curiosa circa il motivo per cui i nostri genitori ci avessero invitato lì, e poi anche perché avevano detto di doverci presentare una persona. Chi poteva mai essere?

La risposta, per mia sfortuna, la trovai nella mia ex camera, quando vi andai per posare la valigia, dopo aver salutato papà.

Seduta dietro la mia scrivania, intenta nel leggere un numero di “Top girl”, con un abitino rosso fuoco e dei sandali dal tacco vertiginoso, se ne stava una ragazza che non poteva essere più grande di me. Aveva i capelli castani perfettamente aggiustati, facendo si che all’estremità la sua chioma fosse adornata da perfetti boccoli setosi, degli occhi da gatta castani e una pelle molto chiara, che sembrava trattata con chissà quante creme costose.

La guardai smarrita, chiedendomi cosa ci fosse quella che aveva le sembianze di una modella in vacanza in camera mia.

“Oh, hi! Are you Luna or Stella? I’m Victoria, nice to meet you! Cristiana always talk to me about you and your twin!” disse con un accento americano e una voce stranamente squillante, alzandosi e abbracciandomi, lasciandomi totalmente spiazzata.

“Eh?” chiesi. Ma che ci faceva un’americana nella mia stanza?

Oh, sorry, but I know that you study English and Spanish at the University and so… Scusami, io sono Victoria, ma tu puoi chiamarmi Vic se ti va” si spiegò, con un accento italiano ancora più cadenzato e fastidioso della sua vocina.

La guardai irritata, per chi mi aveva preso? Pensava che non l’avessi capita?

“I am Luna, nice to meet you. It’s true, I study English and Spanish at the University and I have understood you, but I don’t understand who are and what are you doing in my room” risposi.

La cosiddetta Victoria mi sorrise, e stavo per dire altro quando udii un urlo da parte di mia sorella.

“Che cosa…?” chiesi al nulla, precipitandomi verso il soggiorno, con quella Victoria al seguito.

Vi trovai anche mia madre insieme al resto della combriccola. Stella era sbiancata e Marco e Mario avevano un’aria stranita.

“Mamma, ciao!” dissi subito, prima di domandare a mia sorella la causa del suo urlo.

“Luna! N-Non puoi c-capire, mamma, lei…” borbottò, mettendomi ansia.

“Mamma cosa?” chiesi senza continuare a capire, voltandomi verso mia madre, sempre elegante con dei pantaloni bianchi e una maglia nera a stile impero.

“Vedo che hai conosciuto Vic, cara!” disse lei.

“Si, ma non capisco cosa è successo!” ribadì, iniziando ad innervosirmi. Guardai in direzione di Marco che, come Mario, voltò lo sguardo. “Insomma, cosa…”.

Le parole mi morirono in gola e non credetti ai miei occhi. Probabilmente avrei cacciato un urlo anch’io se ne avessi avuto la forza…

Mamma si era improvvisamente alzata la maglietta a stile impero per metà, rivelando la sua pancia che non era più quasi piatta, bensì arrotondata di un bel po’, come quella di una normale donna incinta che aspetta un bambino da almeno tre-quattro mesi.

Feci un passo indietro, ancora incosciente, e non badai a Victoria che diceva: “E’ wonderful, no, Luna?”.

“Stella, se puoi urla anche per me” farfugliai, sedendomi sul divano e infischiandomene delle face lievemente preoccupate dei miei. Sapevano che spettava loro una partaccia per averci tenuto nascosto la nascita di un fratellino per molti mesi, perché di certo non era quella mattina che mamma si era svegliata e si era ritrovata quel pancione con un bambino dentro!

*°*°*°*

Ed eccomi qui. Innanzitutto, buona festa delle donne a tutte le donne! ^^

Avevo promesso che sarei stata via un bel po’, e purtroppo questo cap non è segno di un ripensamento, bensì della ricerca di qualche conferma. L’ho terminato qualche giorno fa, dopo averci impiegato più di un mese per scriverlo, e ovviamente morivo dalla voglia di pubblicarlo per farvi comprendere più o meno la direzione che prenderà la storia in questo seguito, anche se mancano tantissimi indizi, e sapere se vi interessava, altrimenti avrei fatto bene a modificarlo. Non voglio cadere nella banalità, e la mia preoccupazione era che la nascita di un fratellino lo avrebbe rappresentato… Non so, ditemi voi, qualsiasi consiglio è ben accetto!

Un'altra cosa che volevo farvi notare erano alcune somiglianze con la prima parte: se prima c’era un spagnolo, Feliz, ecco che ora spunta un’americana, Victoria, se nel primo cap della prima parte anche Stella abbandonava Firenze, ora entrambe ci ritornano…

Poi, il tema delle canzoni di Vasco è ormai archiviato, ma ogni capitolo avrà come titolo una canzone di qualsiasi cantante.

Comunque, per chi è curioso, ecco qui l’attrice che ho scelto per Victoria, Sophia Bush:

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Vi anticipo che grazie a questo nuovo personaggio ci faremo un bel pò di risate…… xD

Ora, passato il momento noioso xD, eccomi qui con i ringraziamenti!

Grazie alle 12 persone che hanno messo la storia tra le seguite e le 18 che l’hanno messa tra le seguite… Grazie, grazie, grazie! Ne sono tantissime considerando che è solo il prologo! Mi potete fare un bellissimo regalo per la festa della donna facendomi sapere cosa ve ne sembra di questo primo cap? ^^ Vi ringrazio in anticipo!

Poi grazie ovviamente a coloro che hanno recensito…:

Lola SteP: Tesoro! Ora sai chi è questa persona, eheh, e conoscendoti forse inizialmente ti irriterà un (bel) po’ ahahah! Dici che anche i pensieri di Marco sono irresistibili come lui? Bravissima, siamo d’accordo sull’ennesima cosa! xD Un bacione, tvttttttb!

95_angy_95: Ciao cara! Eh si, purtroppo la canzone non promette niente di buono ma non posso rivelare nulla.. Solo che probabilmente quando proseguiremo con i cap inizierai a capire! ^^ Un bacio e grazie mille! =)

CriCri88: Ehi carissima! Lo sai che per me è una gioia leggerti anche qui, vero? ^^ Comunque in effetti hai ragione, già c’è un po’ di cattiveria ma non durerà molti cap, diciamo che le cose negative per cui varrà la pena stare sulle spine saranno ben altre… xD Grazie mille, un bacione! ^^

XXX_Ice_Princess_XXX: Grazie mille cara, spero proprio che l’esame vada bene anche se è a maggio… =) Diciamo che li farò un po’ soffrire a Luna e a Marco, ma si sa che alla fine sono sempre buona, ahaha xD Un bacione e grazie mille, spero che anche questo seguito ti piaccia ^^

Grazie anche a Jessykiss85, Lola SteP, CriCri88, Blair95, rossy97 e _Kairi_90 per aver recensito l'epilogo di "Dillo Alla Luna" ^^

Purtroppo devo dirvi che aggiornerò un bel po’, purtroppo il secondo cap è tutto da scrivere, ma spero che mi lascerete un commento per farmi sapere se secondo voi va bene va bene quest’idea o dovrei cambiare “linea” da seguire… Mi affido a voi! ^^

Fatemi sapere, un bacio,

la vostra milly92.

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Capitolo 3
*** Material Girl ***


Image and video hosting by TinyPic Material Girl

“Tesoro della mamma, giuro che se fossi solo un pò più estroversa e sorridente ogni tanto ti prenderei come modella, sei una gioia per i miei occhi!” esclamò mamma entusiasta, vedendomi. “Dante, hai visto com’è magnifica tua figlia?” aggiunse, rivolto a papà che mi stava ancora squadrando.

“Certo, sono senza parole” sussurrò lui, quasi ipnotizzato. “Sei magnifica, piccolina”.

“Grazie papà” biascicai, mentre al mio fianco Stella, con il suo elegantissimo abito nero un po’ ricamato e i capelli ribelli piastrati alla perfezione sembrava non accettare la mancanza di commenti nei suoi riguardi. “Anche Stella è fenomenale, vero?” domandai, notando il suo disappunto, facendo si che lei mi sorridesse apertamente.

“Si, si, però, Stellina, di la verità, hai messo un altro paio di chiletti, eh?” chiese mamma, squadrando i suoi fianchi.

“Mamma! Quando fai così ti strozzerei!” la rimbeccò Stella, voltandosi e andando a mettersi il soprabito.

“Dillo Alla Luna” , Capitolo 18

Capitolo II

Material Girl

Luna P.O.V.

Non sapevo cosa affollava il mio cervello onestamente, non riuscivo a distinguere nulla oltre ad una serie sfocate di immagini in cui, probabilmente, io e Stella giocavamo con un neonato dal volto sconosciuto. Era una cosa assurda, di questo ne ero certa: come poteva mia madre aspettare un figlio dopo che io e la mia gemella eravamo quasi vicine ai vent’anni? E poi lei e papà come avevano potuto non stare attenti? Non li credevo così stupidi, avevano più di quarant’anni e si lasciavano ancora trasportare da fattori come passione e voglia di fregarsene di tutto, come due ventenni? Oppure…

“Luna, per favore, non fare scenate! E poi io e tuo padre… Volevamo un altro figlio, ecco”.

Oh, certo. E così si spiega l’arcano motivo!

“Siamo qui, da soli, voi siete a Maddaloni e così abbiamo deciso di provare ad avere un terzo figlio, qualcuno a cui badare, crescere e che ci tenga compagnia” l’appoggiò papà, mettendole una mano sulla spalla e guardandoci molto severamente.

“State parlando di un figlio, non di una dama di compagnia!” gli tenne presente Stella, avvicinandosi a me. “Insomma, vi rendete conto? Pappe, pannolini, biberon, urla isteriche nel profondo della notte…”.

Entrambe incrociammo le braccia e i nostri genitori sbuffarono spazientiti. Dal canto loro, Marco, Mario e quella “Vic” osservavano la scena in silenzio, probabilmente sentendosi di troppo.

“Fino a prova contraria voi non dovrete essere disturbate dal bambino, se è questo che vi preoccupa, visto che starà qui con noi!” ribattè mamma, in un modo che sfiorava l’essere molto acida.

Sia io che mia sorella tacemmo a quelle parole.

Mamma come poteva pensare che il problema, almeno per quanto mi riguardava, consistesse nel non voler essere infastidita? Ci voleva tanto a capire che eravamo solo sconvolte, venendo a sapere che dopo diciannove anni e mezzo la nostra famiglia, che per anni ed anni non era quasi esistita, deteriorata da una separazione e incomprensioni, si sarebbe allargata con l’arrivo di un bambino? Loro due erano ritornati insieme da poco più di quattro mesi e mezzo, e da quel momento io e mia sorella eravamo state lontane da loro, senza poter godere al meglio di una normale quiete e convivenza familiare come tutte le famiglie normali… Come potevamo mai sentirci nel sapere che erano passati dal ricongiungimento improvviso al programmare un altro figlio? E noi? Noi che a stento non ci eravamo scannate in quegli anni, come avremmo vissuto l’arrivo di un fratello? Ci eravamo abituate ad essere solo noi le figlie, le due gemelle…

“Io, e credo anche Luna, non volevamo assolutamente obiettare su questo” sussurrò Stella, stringendomi forte il braccio.

Annuii con vigore, ricambiando la stretta, per poi alzarmi per il nervosismo e iniziare a camminare per la stanza. “Siamo solo sconvolte, mamma, tutto qui” cercai di spiegare pacatamente.

Lei e papà annuirono dopo qualche secondo, quasi convinti delle nostre parole.

“Comunque, giusto per finire l’elenco delle sorprese, lì dentro” domandai, indicando la pancia di mamma, “Ci sono altri due gemelli?”.

“Oh, no, no, non passeremo da due a quattro figli” rispose subito papà, che, comunque, sembrava sollevato al solo pensiero.

Ci fu un momento di pausa, durante il quale ognuno sembrava immerso nelle proprie riflessioni, finchè mamma si ricompose in uno dei suoi soliti sorrisi e disse: “Comunque, ora però è meglio se parlate un po’ con la nuova arrivata…”.

Stella parve confusa, poi un suo piccolo cenno mi fece capire che aveva compreso a chi si riferisse, anche perché lei non aveva avuto modo di presentarsi a Vic.

“Vado a chiamarla insieme ai ragazzi” dissi, e senza aspettare alcuna risposta uscii dalla stanza e li trovai in cucina, dove una Victoria, apparentemente nelle vesti di buona padrona di casa, stava preparando il caffè a Marco e Mario.

“Luna! Do you want same coffee?” chiese Victoria sorridendomi.

“No, thanks, but I’d like to know why you are preparing coffee in my kitchen as if you are my house’s owner” ribattei sarcasticamente.

“Because your parents are hosting me…”.

I due ragazzi ci fissavano, senza capire nulla, così Victoria decise di passare al registro italiano con il suo adorabile accento. “Non lo sapevi?”.

“No, non sapevo che i miei genitori avessero aperto un bed and breakfast”. Ormai il sarcasmo sembrava essere la mia unica arma visto che odiavo fare la parte della figlia a cui i genitori non dicono mai nulla.

“Hanno aperto un bed and breakfast?” mi fece eco Marco, con l’espressione che io solevo utilizzare al liceo nelle ore di latino.

Lo guardai torva, sbuffando. “Amore, la prossima volta studia inglese invece di andare a delle mostre stupide in cui non si capisce nulla”.

Lui fece per rispondermi, offeso, quando l’entrata dei miei e Stella ci interruppe.

“Ci avevi detto che li andavi a chiamare, non che ti soffermavi a scambiare due chiacchiere” mi riprese Stella. Il suo sguardo cadde sulla macchinetta per fare il caffè e aggrottò le sopracciglia, quando notò che a prepararlo era Victoria. “Perché lei…?”.

“Perché i nostri genitori la ospitano” la anticipai. “Mamma, papà, ci spiegate una volta per tutte il ruolo definitivo di Victoria e perché ce l’avete presentata?”.

“Perché la settimana prossima verrà da voi a Maddaloni e voi la ospiterete!” trillò mamma entusiasta, avvicinandosi alla ragazza e cingendole affettuosamente le spalle.

Victoria annuì con giubilo, radiosa, mentre io e Stella ci guardavamo, incredule su ciò che avevamo appena sentito.

Victoria P.O.V.

“Anche tu sei scappata di casa a diciott’anni?”.

Questa era stata la prima domanda che Cristiana mi aveva rivolto la prima volta che ci eravamo incontrate, ad una festa di un’amica in comune, una stilista emergente. Era il 25 novembre scorso e eravamo appena state presentate da Claudia Loretti, sua cara amica e mia “talent scout” che mi aveva portato a Firenze per farmi lavorare per la sua linea quando era scaduto il contratto come modella che avevo firmato per una casa di moda di Milano.

Non avevo capito ciò che aveva detto, “scappata” non faceva ancora parte del mio vocabolario italiano. Più che altro conoscevo bene parole come “bello”, “buono”, “foto”, “calendario” e via dicendo, ragion per cui compresi tutto quando lei iniziò a tradurre la domanda con il suo inglese elementare, ma di certo dieci volte superiore al mio italiano.

Così avevo annuito, senza aggiungere nulla, e nonostante tutto lei aveva aggiunto che anche le sue figlie, di diciotto anni e mezzo, erano andate via da Firenze per andare a vivere con il suo ex marito. Il modo in cui ne aveva parlato mi aveva assolutamente colpita, sembrava toccata dall’argomento, e restai piacevolmente sorpresa quando mi aveva lasciato l’indirizzo della sua boutique e il numero di telefono.

Andai a trovarla il giorno dopo, e in un battibaleno Luna e Stella divennero dei miti per me, persone che avrei tanto voluto conoscere grazie agli amorevoli dettagli con cui la loro madre, una donna ormai sola che si pentiva di aver fatto volare le sue figlie lontano dal suo nido, descriveva il loro essere e le loro scaramucce quotidiane.

Poi, però, giunse il momento in cui toccò parlare di me, della mia storia, del perché fossi venuta in Italia per fare la modella quando potevo avere ancora più successo e possibilità nella città in cui ero nata e cresciuta, a Miami, in Florida. Cristiana mi ascoltò con dolcezza e fu molto comprensiva, tanto che da quel momento in poi, anche se pochi giorni dopo partii per Parigi per un servizio fotografico, restammo sempre in contatto.

Tutto cambiò poco dopo Natale, quando lei tornò da Maddaloni perché era stata al matrimonio di una delle sue nipoti e venne a sapere che Claudia Loretti aveva trovato una nuova modella per la sua linea ed era stata costretta a licenziarmi perché aveva investito quasi tutto su un nuovo contratto con dei milanesi.

“Vic, è dalla prima volta che ci siamo incontrati che ti volevo come testimonial per la mia collezione primavera-estate 2010 solo che non ti ho mai chiesto nulla per rispetto verso Claudia, ma visto che si è dimostrata senza cervello… Ti va di rappresentare la mia linea?” mi aveva detto un freddo pomeriggio di gennaio, nel suo soggiorno.

Inutile dire che ero rimasta senza parole per la sua offerta così generosa, e mi ero precipitata ad abbracciarla. “Sì! Of course!!” avevo urlato euforica. “Solo che, there is a problem… Io abitavo con Claudia” avevo aggiunto in seguito.

Lei aveva sorriso e aveva scrollato le spalle. “E allora d’ora in poi abiterai qui con me, no? Sono sempre sola, Carlo viene a trovarmi ogni tanto…”.

Detto fatto. Già quella sera mi trasferii da lei, e subito mi fece vedere il catalogo con i vestiti che avrei indossato. Ero felice, anche se Cristiana poteva essere mia madre la sentivo come una mia cara amica; mi ricordava tantissimo Alice, la mia amica d’infanzia con cui avevo condiviso ogni singola emozione fino al giorno in cui non me n’ero andata da casa, momento in cui probabilmente ero cambiata molto, scacciando il mio lato introverso ed esternando quello più simpatico, forte e convincente. Se volevo essere scelta come modella per qualche casa di moda, dovevo mostrarmi sicura di me anche se non mi sentivo così, no? Fu da quel momento che capii che nella vita non dovevo permettere a nulla di ostacolarmi e di impedirmi di raggiungere ciò che volevo essere; mano a mano avevo sempre più soddisfazioni, tanto che alla fine riuscì a guadagnare qualcosa in più rispetto ai primi miseri stipendi e potei far uscire quella parte di me un po’ “Material girl”, per dirle con le parole di Madonna, visto che fino ad allora ero stata costretta a privarmi di molte cose, shopping prima di tutto.

Ritornando alla mia vita con Cristiana, dopo un po’ giunse il momento in cui venne a trovarci Dante, il suo ex marito, che l’aiutò a lasciare Carlo perché aveva capito che fosse inutile restare con lui ed io subito avevo capito che tra i due ci fosse stato un ritorno di fiamma.

“Cristiana, come funziona qui in Italia? Ci si può risposare dopo la separazione?”.

Lei aveva accolto questa mia domanda con uno strano senso di stupore, ma non mi aveva risposto e, sorridendomi improvvisamente, era corsa nella stanza degli ospiti dove dormiva Dante e, miracolosamente, la mattina dopo scoprì che erano tornati insieme.

“Sai, Victoria, ora nella nostra famiglia non c’è più nessun single” aveva cinguettato allegramente Cristiana a colazione, mentre io mi sentivo un po’ in imbarazzo dato che mi sentivo il terzo incomodo.

Dante evitò di strozzarsi per un pelo con un biscotto, e dopo che lei iniziò a battergli rumorosamente sulla spalla domandò: “E perché mai?!”.

“Ho appena chiamato Stella e mi ha detto che Luna si è finalmente messa con Marco!” annunciò, con gli occhi che le brillavano per la contentezza.

“Che cosa? Luna e… Marco?! Ma quelli si odiano, insomma, cioè, è nostra figlia che lo odia, lo so che lui non riesce a staccarle gli occhi di dosso, ci ho fatto caso ultimamente, ma… No, non è possibile!”.

L’indignazione di Dante era palpabile, anzi, più che altro parlerei di una normalissima gelosia che alla fine è nutrita da tutti i padre verso le loro figlie. Anzi, da quasi tutti, pensai tristemente.

“Oh, Dante, smettila di fare lo scemo e sii felice! Per una volta che Luna è impazzita per uno e lui la ricambia! Sai come sono difficili i gusti di tua figlia!”.

Così da quel momento Cristiana e Dante iniziarono a parlare del momento in cui avrebbero dato la notizia a Luna e Stella, ed io iniziai a posare per le sue creazioni . Vista la situazione che si era creata, a marzo decisi di andare a vivere in un monolocale, ma comunque restai a stretto contatto con Cristiana, specialmente quando seppe di aspettare un bambino, momento in cui decisi di tornare a vivere da lei per darle una mano in caso d’aiuto.

La novità, però, giunse quando lei mi disse di voler aprire una boutique nella città delle sue figlie e mi propose di andare a vivere lì, dato che aveva saputo che volevo continuare gli studi e desideravo andare alla facoltà di Lettere perché avevo deciso di voler apprendere bene l’italiano e adoravo la sua letteratura.

“Potresti andare all’università a Napoli, dove va Luna, solo che lei frequenta lingue, e vivere con le mie figlie. Sai, una mia amica stilista ha visto dei tuoi scatti e sarebbe felice di averti come rappresentante della sua collezione per i prossimi due anni. La sua marca è molto famosa, e guadagneresti molto di più con lei…” mi aveva proposto con cautela a inizio luglio. Il fatto era che lei non poteva assicurarmi un posto anche per quell’autunno visto che a causa della gravidanza stava facendo affari con una sua collega che aveva per diritto la facoltà di gestire fattori come modelle, tessuti e via dicendo, e quindi ovviamente lei aveva preso in considerazione un altro paio di ragazze italiane.

Ci meditai un po’ su. “Ok, va bene. Credo sia giusto iniziare l’Università, ormai ho diciannove anni, e poi sai che per me sarebbe un piacere controllare gli affari nella tua nuova boutique” avevo detto infine.

Mi aveva guardato sollevata e grata. “Va bene allora, però ci resta una mission impossibile da compiere prima che tu te ne vada con le mie figlie a Maddaloni”.

“Cioè?”.

“Ti ricordi Ivana, la modella che avevo scelto per le foto da fare per la mia collezione di costumi?”.

“Si…”.

“Si è rotta un braccio giocando a pallavolo, e non ho tempo di firmare il contratto con un’altra modella, anzi, di cercarne una che vada bene, quindi devi aiutarmi a convincermi l’unica che secondo me è perfetta e che posso agganciare senza troppe difficoltà…”.

Luna P.O.V.

“Che cosa? La gravidanza ti dà alla testa?” urlai incredula, pensando di aver sentito fin troppe idiozie in nemmeno mezz’ora, da quando ero tornata a Firenze. Va bene scoprire che tua madre è incinta, va bene venire a sapere che ha legato molto con un’americana che verrà a vivere da te, va bene sapere che aprirà una boutique nella tua città, ma questo era troppo per me. Fare la modella e mostrarmi in costume davanti a decine di milioni di italiani? Nemmeno morta! E poi, com’era che ora si era decisa a rivalutarmi? Lei aveva sempre detto che non andavo bene perché ero troppa mogia e non sorridevo mai, me lo aveva anche ribadito il giorno del matrimonio di Flavia…

“Oh, su, Luna, smettila! Non ti ho mica chiesto di posare nuda per un calendario?” ribattè lei, sedendosi e sbuffando.

Papà la guardò male. “Non esageriamo! Io penso che se nostra figlia non se la sente di posare per una linea di costumi dovresti rispettare la sua scelta” obiettò, dall’alto della sua evidente gelosia di vedere sua figlia mezza nuda fotografata e mostrata davanti a milioni di persone.

“Ecco, bravo, papà!” dissi battendo le mani. Guardai di sbieco Marco: perché non diceva qualcosa a mio favore, diamine? Probabilmente comprese quello che mi passava per la testa, perché scosse il capo e disse: “Scusateci, posso parlare un secondo con Luna in privato?”.

“Oh, non mi dire che farai la parte del fidanzato geloso, Marco!” lo riprese mamma.

“No, no, affatto” la rassicurò lui, con il suo solito sorriso che aveva imparato ad usare per ottenere la sua approvazione, tanto che ottenne il suo intento e così mezzo minuto dopo ci ritrovammo nella mia stanza, anzi, in quella che al momento ospitava Victoria a quanto pareva, visto il poster di Johnny Deep, i trucchi esposti e la valigia per terra.

Guardai Marco per qualche istante, in attesa di ciò che doveva dirmi, che, chissà perché, avevo l’impressione che non fosse nulla di buono.

“Luna, amore, ascoltami… Ricordi che sei stata licenziata dal tuo lavoro nemmeno un giorno fa, vero?” domandò con cautela.

Annuii, e tre secondi dopo mi ritrovai schiacciata contro il muro, visto che lui aveva appoggiato un braccio ad esso e, di fronte a me, fece ritrovare il suo viso contro il mio.

“E quindi, fai due più due… Fare da modella potrebbe aiutarti a guadagnare un po’ e se le cose vanno bene potrebbe diventare il tuo lavoro momentaneo, visto che tua madre aprirà una boutique a Maddaloni! Guadagneresti molto di più… E sai che non c’è niente di più eccitante che essere il ragazzo di una modella che tutti i ragazzi osservano sui manifesti pubblicitari, colmi d’invidia” sussurrò nel mio orecchio, per poi afferrarmi con decisione per la vita, facendo aderire i nostri corpi.

Dire che in quel momento mi sentii mancare il fiato era ben poco, ma cercai di mantenere la concentrazione, non dovevo mica lasciarmi abbindolare dai suoi discorsi persuasivi che avrebbero fatto invidia ad un oratore!

“Pensavo fossi almeno un po’ geloso di me, invece no, eh?” risposi, cercando di allontanarlo da me, ma senza esito data la sua forza.

Accennò uno dei suoi ghigni da faccia da schiaffi prima di scuotere il capo e avvicinarsi ancora di più a me. “Sono geloso, ovvio, ma credo che negare a tantissimi ragazzi la possibilità di rifarsi un po’ gli occhi con la mia sensualissima ragazza sia una buona azione da compiere…”.

Ormai parlava con una voce così bassa, roca e sensuale che nessuna ragazza sana di mente avrebbe dimenticato facilmente, e, soprattutto, non l’avrebbe lasciata indifferente.

Chiusi gli occhi, scossa da una serie di brividi. “P-Perché fai così? Mia madre ti ha forse pagato..?” domandai, con l’ultimo briciolo di lucidità che mi restava.

“Ma no, è solo che secondo me non dovresti perdere questa possibilità visto che le potenzialità ce le hai” disse.

“Sicuro? Io mi sentirei idiota nel posare per una linea di costumi” ammisi, però stringendolo più forte a me.

“Saresti tutto tranne che idiota, fidati. Insomma, sei sempre così sensuale in ogni gesto che fai che non sai quante volte mi mandi in tilt, piccola, perciò smettila e accetta…”.

“Se lo dici tu. Ma promettimi che verrai con me, assisterai al servizio…”.

“Ovvio, devo controllare che il fotografo non ne approfitti” ridacchiò, prima di calarsi su di me e suggellare quella decisione con un bacio che di casto non aveva proprio nulla. “Non vedo l’ora di stare da solo con te, in Abruzzo” ammise, mentre io, perdendo totalmente il controllo della situazione, avvinghiavo una gamba contro la sua.

Ma, udendo quelle parole, non so come feci ma riuscii a tornare lucida, come se un problema più grosso di un macigno si fosse improvvisamente scaraventato su di me e mi avesse riportato alla realtà.

“Cosa c’è?” domandò, notando la mia improvvisa freddezza.

“Niente…” biascicai.

“Non prendermi in giro, ho detto qualcosa di sbagliato...?’” chiese preoccupato, prendendomi per le spalle.

Scossi il capo, girando poi lo sguardo, non riuscendo a fissare quelle pozze blu che tanto amavo. “E’ che… Ho sempre immaginato la nostra prima volta come un qualcosa di speciale ma soprattutto naturale, non programmata a tavolino… Capisci quello che voglio dire?” mormorai, convinta di risultare assurda e incomprensibile.

Lo sentii sospirare, prima che mi prendesse il mento tra le mani e mi obbligasse a guardarlo. Vedere che mi stesse sorridendo amorevolmente mi rilassò, per cui cercai di calmarmi.

“La penso anch’io così,per me non ci sono problemi se non ti andrà” disse deciso.

“Oh, no, no! Sarebbe un controsenso, ci lamentiamo sempre che non stiamo mai in pace… Solo che… Insomma, non vorrei che fosse quella cosa in stile arriviamo, pranziamo, usciamo e poi, puff!, la sera subito lo facessimo come se ce l’avesse prescritto il medico. Cioè, anche subito, appena arrivati, andrebbe bene, l’importante è che non sia una cosa fatta per dovere nel momento sbagliato” ironizzai alla fine.

Marco rise e mi strinse a sé con una morse ferrea che però mi ispirava tantissima sicurezza e fiducia.

“Ecco perché ti amo, perché fai discorsi assurdi ma alla fine riesco sempre a capirti…”.

Ci baciammo di nuovo, questa con più dolcezza, e così, avendo deciso e messo in chiaro due cose in una volta sola, ritornammo in cucina, dove, però, trovammo una Stella piuttosto arrabbiata che guardava torva mamma.

“Mamma mi ha appena fatto notare per l’ennesima volta i miei sei chili e mezzo in più a te, senza che io dicessi né obbiettassi niente per il fatto che avesse proposto solo a te di fare da modella” mi informò subito, e, senza aggiungere altro, uscì dalla stanza con Mario alle calcagna che cercava di calmarla.

Guardai male nostra madre. “Mamma! Quando la smetterai? Ora mi fai sentire in colpa…” dissi.

“Quindi vuol dire che…”.

“Che accetto, sì, ma solo perché sono senza lavoro”.

Ci impiegai un quarto d’ora per spiegare la questione di Michele, e così, poco dopo mi ritrovai da sola con Victoria visto che mamma iniziò a preparare il pranzo, Stella era uscita con Mario per poter sbraitare più tranquillamente su nostra madre e Marco era stato invitato da papà a scendere nel garage per vedere la sua vecchia moto che usava verso i vent’anni.

“Sai, credo che io non ti sto simpatica” disse senza giri di parole, sedendosi sul mio letto. Mi squadrò con i suoi occhi da cerbiatta, ma sorrideva.

Esitai, levando un sopracciglio, prima di sedermi a mia volta.

“E cosa te lo fa dire?” chiesi.

“Tutto. Come mi guardi, come mi parli… Invece tu mi sei troppo simpatica!” annunciò, e mi abbracciò improvvisamente con un trasporto mai visto.

“Ehi, ehi, Victoria, senti…” tentai di attirare la sua attenzione, ma invano.

“Sei così… nice! E anche io sono dell’acquario, sai? Tua madre mi ha raccontato molto di te e Stella, so I’lly try to become likeable to you!” trillò, separandosi, sorridendomi apertamente in un modo quasi diabetico.

“Tu sei strana” disse subito, ma ridendo.

“Strana?” chiese. “Cosa significa…?”.

Strange” tradussi subito, dicendomi che dopotutto non parlava tanto male l’italiano.

“Ok! Strange strano, strange strano… Io imparò così le parole!” spiegò, alzandosi e iniziando a camminare per tutta la stanza.

“Beh, anche io più o meno, anzi, quando non ho tempo…”.

“Puoi parlare più piano, per favore?” mi chiese lentamente. Si era fermata e mi guardava con un’espressione un po’ confusa.

Risi, annuendo. Onestamente, questa Vic iniziava ad acquistare un po’ di punti in più!

“Si, certo, scusami. Dicevo, anche io quando non riesco ad imparare alcuni vocaboli me li scrivo su un post-it e l’attacco da qualsiasi parte, tipo l’armadio, il frigorifero, così prima di aprirli devo prima ripeterli” spiegai lentamente, accennando a quell’abitudine che avevo preso negli ultimi mesi sotto consiglio di una mia amica di università.

“Oh, ok, understood. A me piace molto italiano, sai? E adoro un canto della Commedia di Dante, l’ho letto in un tuo libro” ammise, indicando la mia libreria alle sue spalle.

“E qual è?”.

“Il numero cinque dell’hell… Come si dice.. In… Inverno!”.

“Inferno, Victoria, inferno! L’inverno è la stagione! Winter!” dissi.

Allargò gli occhi ed annuì. “Right! Oh, I’m always so confused..!”.

“E come hai fatto a capire per bene ciò che il canto diceva? E’ molto complesso…” notai, curiosa.

“Complesso?” domandò, stranita.

“Si, si, vuol dire difficile”.

“Oh! Beh, ho visto su Internet… Amor ch’nullo amato amar perdona, mi prese di costui piacer sì forte ch’ancor non m’abbandona!” recitò con la sua tipica cadenza americana, tanto che mi dissi che avrei preferito avere lei che la leggeva al liceo invece che della mia noiosa professoressa d’italiano. “E’ molto romantico, e poi, poveri Paolo e Francesca…”.

Non so quanto tempo restammo a parlare di letteratura, tanto che passiamo da Dante a Shakespeare, e scoprii che era molto colta e ben informata.

“Comunque io ho fatto un piccolo regalo a te e Stella, per ringraziarvi dell’ospitalità” disse all’improvviso, dopo che avevamo finito di parlare dell’’Otello.

Aprì l’armadio e ne estrasse una busta dal fondo, mentre io la ringraziavo. Iniziai a scartare, e restai sorpresa quando scoprii un completo intimo di Victoria’s Secret, nero con dei laccetti rosa.

“Non sapevo i vostri gusti, così ho pensato che con l’intimo non si sbaglia mai” ammise, scrutando la mia reazione.

Ero un po’ imbarazzata ma comunque grata; non era da me comprare chissà che cosa per quanto riguardava l’intimo ma, in vista del viaggio in Abruzzo, pensai che avrei fatto bene a fare una scorta di quel tipo di capi… Cercai di non arrossire al solo pensiero.

Forse lei comprese i miei pensieri,perché disse: “Io credo che al tuo boyfriend piacerà”.

Arrossii, e lei rise. “He’s an handsome boy, isn’t he?” domandò.

“Lo so meglio di te” risposi, ed entrambe ridemmo. “Ma, sia chiaro, d’ora in poi è meglio se tieni gli occhi ben piantati su questo…” aggiunsi, prendendo il mio vocabolario di italiano in mano dalla libreria e porgendoglielo. “E’ un regalo, ti sarà utile all’università”.

“Piantato? Non ho capito, come si fa a piantare gli occhi…?” chiese, probabilmente non cogliendo la mia ironia.

Sospirai, conscia del fatto che con quella Victoria ne avrei viste delle belle.

*°*°*°*

Ciao!

Eccomi qua con il secondo capitolo… L’ho terminato qualche giorno fa, ma visto che non ho iniziato a scrivere il terzo mi sembrava inutile tenerlo così, fermo nel computer, senza farvelo leggere… Ormai ho deciso che anche se molto piano, continuerò a pubblicare, anzi, credo che una volta giunti ad un certo punto e passati i cap introduttivi sarò molto più veloce!

Comunque, nel prossimo cap vedremo come se la cava Luna con il suo nuovo lavoro, ci faremo un po’ di risate con Vic e poi si parte tutti per l’Abruzzo ;-)

Riguardo Vic, cosa ne pensate del suo POV? Mano a mano la sua storia verrà spiegata meglio… Il titolo del cap è dedicato a lei, preso dalla canzone di Madonna.

Comunque, passando ai ringraziamenti, grazie di cuore a tutti coloro che hanno messo la storia tra i preferiti, le seguite, le storie da ricordare, che hanno solo letto e coloro che hanno recensito lo scorso cap:

alina_95: Ciao cara! Tranquilla, Vic non ci proverà con Marco, promesso! Ti ringrazio per i complimenti e sono felice di dirti che l’ispirazione è tornata! ^^ Un bacione!

Giulietta7: Ti ringrazio mille cara per i tuoi complimenti! In effetti bisogna abituarsi un po’ alla condizione della madre delle gemelle, ehehe! Invece riguardo Marco e Luna, beh, prima o poi riusciranno a starsene un po’ in pace, promesso, e mi fa piacere sapere che anche tu alla fine hai vissuto la loro stessa esperienza, ciò vuol dire che per fortuna non è una cosa che vivono solo loro in questa fic ^^ Grazie mille, un bacio!

Lola SteP: Tesoro mio! Ti ringrazio con gli occhi a cuoricini come sempre, sul serio! *___* Marco migliora sempre di più, eh? xD in effetti le novità sono molte, e spero che l’evolversi delle cose ti piacerà! Un bacione e ancora grazie! ^^

CriCri88: Ciao carissima! No no, tranquilla, Vic non andrà in vacanza con loro xD e non darà nemmeno fastidio, strano ma vero, anche se Luna dovrà abituarsi molto a lei, al suo carattere e alle sue abitudini! Ancora garzie, un bacione! ^^

Lilyjuve: Ciao, ti ringrazio tantissimo per aver messo la storia tra le preferite *___* No, le ragazze non si trasferiranno a Firenze, sono solo andate a trovare i genitori, dopo qualche giorno Stella e Mario torneranno a Maddaloni mentre Luna e Marco andranno in Abruzzo... E Vic le raggiungerà dopo un po’ ^^ Non si intrometterà tra le coppiette, promesso xD Ti ringrazio tantissimo, anche sul giudizio riguardo il fatto che secondo te va bene continuare su questa linea! Un bacione! ^^

BizzarreBiscuit: Carissima, che bello risentirti! Appena ho un attimo di tempo rispondo alla tua e-mail, così parliamo un po’ ^^ Ti ringrazio per i complimenti, e spero che la storia continui a piacerti… Ancora grazie, un bacione!

Infine, ho creato un account su facebook proprio per le ff, quindi se vi va di aggiungermi sono Mena Milly.. lì scriverò tutte le notizie relative agli aggiornamenti, le storie, posterò immagini e sarò disponibile per vostre eventuali domande…. http://www.facebook.com/?ref=logo#!/profile.php?id=100000893863399

Lì a breve caricherò anche la copertina di questo cap che non sono riuscita a mettere, quindi passate se vi và di vederla ^^

Detto ciò, spero di aggiornare al più presto, anche se come sempre ci impiegherò almeno due settimane, ma almeno tra un po’ ci saranno le vacanze di Pasqua e avrò molto più tempo! Aggiungetemi su Facebook, vi aspetto, oppure se vi va lasciatemi il vostro contato via e-mail, recensione…

la vostra milly92.

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Capitolo 4
*** Il Sole Esiste Per Tutti ***


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3

Capitolo III

Il Sole Esiste Per Tutti

“Ok, benissimo Luna, ora sorridi e guarda verso sinistra…”.

Cercai di stare agli ordini di Angelo, il fotografo di fiducia di mamma che ella ingaggiava sempre per i servizi fotografici della sua linea di moda, così accennai un piccolo sorriso. Mi girai un po’ di più nella direzione che mi aveva indicato, ma mi sentivo ancora un po’ rigida, il che poteva seriamente essere giustificato dal fatto che stessi indossando un eccentrico costume fatto di paillettes dorate e che fossi truccata in un modo tale che mi sentissi tutta quell’enorme quantità di trucco che mi avevano messo in faccia circa un’ora prima. Finchè si era trattato di farsi fotografare di spalle e leggermente di profilo andava bene, ma ora iniziavo a sentirmi in imbarazzo.

“No, non va bene, devi sorridere di più! Pensa a qualcosa di bello…” mi spronò Angelo, avvicinandosi con quell’enorme macchina fotografica nera. Voleva forse mettermi ancora più in soggezione? Complimenti, ci stava riuscendo sul serio.

“E a che cosa?” sbuffai, togliendomi una ciocca da davanti il viso.

“Tipo al mio magnifico sorriso quando mamma vedrà questo servizio e capirà che come modella fai schifo” disse una voce poco distante.

Alzai lo sguardo e notai, con una certa ira, che mia sorella se la stava godendo un mondo a squadrarmi dall’altra parte della stanza, vicino a Marco che fino a quel momento non aveva ancora detto mezza parola. Era venuto per supportarmi come gli avevo chiesto, e per fortuna non mi stava mettendo a disagio, cosa che invece mia sorella sembrava voler e saper fare egregiamente.

“Vieni tu qui e mettiti in poso al mio posto, allora!” sbraitai.

Non ebbi il tempo di finire di pronunciare la frase che Angelo fece un paio di scatti. “Devo dire che arrabbiata sei molto più espressiva, Luna! Ma ora sorridi, su, tesoro…!”.

Mi girai di lato, sconsolata, senza sapere cosa fare visto che grazie alle parole della mia gemella mi sentivo ancora più a disagio, quando spalancai gli occhi davanti alla visione che mi si parava di fronte: Marco sorrideva in mia direzione mentre, con una lentezza degna dei migliori spogliarellisti, iniziava a togliersi la sua maglietta azzurra.

Cosa volesse fare lo capii poco dopo: alla vista di quella scena iniziai a ridere a crepapelle, riempiendo di gioia Angelo che ne approfittò dell’occasione per fare più scatti possibili.

“Luna, sei stata bravissima dopo l’imbarazzo iniziale” si congratulò Angelo un’ora e mezza dopo, stringendomi la mano con vigore appena ebbi terminato di indossare un pareo che mi avevano passato.

Sorrisi, soddisfatta di essere riuscita a migliorare un po’. “Devo ringraziare quel pagliaccio del mio ragazzo” dissi, ammiccando verso Marco che mi aspettava all’uscita della sala. Dopo il finto streap tease, aveva combinato di tutto: aveva indossato il cerchietto di Stella, aveva iniziato a fare una serie idiota di smorfie… Per fortuna, almeno, il tutto aveva funzionato visto che nelle foto risultavo più sorridente e naturale che mai.

Salutai il fotografo e raggiunsi Marco, che mi scortò fino allo spogliatoio.

“Sei un cretino patentato, ecco quello che sei” lo rimproverai affettuosamente mentre prendevo i jeans e il top che avrebbero sostituito il costume che indossavo.

“Senti chi parla! Tu sei più cretina di me, insomma, avevi una faccia da funerale! E non sei nemmeno riuscita a cogliere che sono stato io a dire a Stella di prenderti in giro per spronarti di più” mi rispose, avvicinandosi. “Ma ammetto che rendermi ridicolo mi ha aiutato a distrarmi…”.

“Distrarti?”.

“Si, distrarmi dall’eccessiva sensualità che mi ispira la mia ragazza modella, so che non risulterò fine, ma mi ci è voluto uno sforzo madornale per non saltarti addosso” spiegò, con un tono di voce basso ma eccessivamente eccitante per i miei gusti. Nella seconda parte della frase aveva totalmente abbandonato il tono scherzoso, anzi, era diventato più serio e deciso che mai.

Quelle sue parole mi aiutarono a sentirmi meglio, ma diciamo che è un meglio un po’ relativo, perché al momento saltargli addosso e perdere totalmente la ragione non poteva essere qualcosa di positivo visto che ci trovavamo in uno spogliatoio e mia sorella ci stava aspettando al piano di sotto. Eppure, infischiandomene, mi lasciai prendere dalla frenesia e lo baciai, stringendomi forte a lui, tanto che, non so come, mi ritrovai seduta su un banchetto che si trovava lì, con le gambe ancorate ai suoi fianchi e le nostre braccia così intrecciate che probabilmente non si sarebbe riuscito a capire quali fossero le mani dell’uno e dell’altra.

Fu solo in quel momento che realizzai di essere sicura al diecimila per cento del fatto di voler sul serio vivere la mia prima volta con Marco e tutte le successive a venire, mi sentivo sicura di me, non imbarazzata come credevo, e le sensazioni che era capace di regalarmi anche solo sfiorandomi erano assurdamente paradisiache. Le sue mani percorrevano tutta la mia schiena nuda, le sue labbra sfioravano il mio collo, le spalle, lasciando, evidentemente, una serie di percorsi ardenti visto che mi sentivo andare totalmente a fuoco.

“Sul serio ti ho fatto quest’effetto?” chiesi a mezza voce, quasi affannata.

“Si, anzi, sono stato fin troppo sintetico ad essere onesto…” rispose, smettendo per un istante di baciarmi.

“E cioè?”.

“E cioè… Cercavo di immaginare cosa…”.

“Cosa?” lo spronai.

“Cosa ci fosse lì sotto” dichiarò infine, guardandomi negli occhi e indicando il costume. Sembrava quasi imbarazzato! Che faccia da cucciolo che aveva, non me la sarei mai dimenticata, era passato da sensuale a timido…

Però non andava bene, assolutamente, a breve saremmo diventati un tutt’uno e credevo che sarebbe stato meglio abbattere qualche barriera per evitare imbarazzi e ansie inutili una volta arrivati in Abruzzo. Non ero in me, decisamente, ma l’adrenalina ormai era l’unico costituente di tutto il mio corpo e così, dopo avergli fatto notare che non dovevamo più essere imbarazzati come due bambini delle elementari, presi una decisione.

“Amore, che fai?” domandò, quando vide che stavo scostando leggermente le sue braccia e le allontanavo da me.

Non risposi, ma presi un sospiro decisivo e, portando le mani dietro alla schiena, tremanti, dopo mezzo minuto slacciai l’aggancio della parte superiore del costume.

Marco era stralunato, mi fissava tra l’incredulo e il desideroso, e quasi sobbalzò quando lasciai cadere le braccia dopo aver gettato il reggiseno per l’aria. Eccomi, per la prima volta mezza nuda di fronte ad un ragazzo, coperta solo da un paio di slip a vita bassa. Scesi dal banchetto e lo guardai incerta, timorosa di un suo eventuale giudizio negativo oltre che piena di vergogna. Ma sapevo che dovevo farlo, così l’imbarazzo che avrei provato in seguito sarebbe stato molto di meno.

“L-Luna…” bofonchiò, con gli occhi quasi dilatati.

Feci un passo indietro, senza sapere cosa dire o fare. Voltai lo sguardo altrove, dicendomi che probabilmente non avevo retto le sue aspettative.

“Ti aspettavi di meglio, vero?” mormorai. Improvvisamente mi sentii stupida: ma che cavolo ci facevo lì, impalata come una deficiente che mostravo il mio seno a qualcuno? La vecchia Luna non avrebbe mai fatto una cosa simile!

“Scherzi?”.

Marco si avvicinò ancora di più. “Sei stupenda, credimi, e credo sia saggio che ora tu indossi di nuovo il reggiseno del costume se non vuoi farmi morire” disse con sincerità, senza smettere di fissarmi.

“Non prendermi in giro… Di certo sei abituato a standard più alti”. Era ovvio, mi dicevo, sai con quante ragazze era andato a letto in tutti quegli anni?

Lo sentii sospirare, esasperato. “Piantala! Forse sarò stato anche con qualcuna che aveva il seno rifatto, ma tu vali più di tutte loro messe insieme perché sai che ti amo e ti desidero sopra ogni cosa! Per me è… Una tortura… E te lo ripeto per l’ennesima volta che quando faremo l’amore sarò ancora più felice perché non vedo l’ora” esclamò e, quasi come conferma alle sue parole, tracciò una linea invisibile che partiva dalla mia spalla fino ad arrivare al mio ventre, passando per il seno sinistro, che sfiorò in un modo tale che mi venne la pelle d’oca.

Socchiusi gli occhi e ripresi la sua mano, facendola ripassare sull’altro seno. “Scusami, è che sono sempre così insicura…” ammisi, riaprendo gli occhi.

“Ed io sono qui per farti passare quest’insicurezza, anche perché quello che ti dico è tutto vero. Ora, però, ti prego, rivestiti se non vuoi perdere qui la tua verginità” dichiarò. “Vado a prendere una boccata d’aria” e così dicendo uscì, lasciandomi da sola ancora senza fiato per quello che avevo fatto.

Quando tornammo a casa, trovammo mamma che si dava da fare davanti ai fornelli. Vederla così, con il grembiule bianco e azzurro che metteva in evidenza la sua pancia, mi fece sorridere.

“Lunaaaa!”.

Mi voltai di scatto e vidi Vic la furia raggiungermi, correndo per tutto il corridoio prima di abbracciarmi con calore, come se fossi una sua vecchia parente che non vedeva da anni e che credeva essere morta in guerra. “Come è andato il servizio?”.

Esitai, lanciando uno sguardo di sbieco sia a Stella che a Marco. Alla fine decisi di optare per un “Bene”, ma ovviamente quell’idiota di mia sorella non perse occasione per mettermi in ridicolo.

“Ma che bene! Per farla sorridere decentemente ci è voluto Marco che faceva il pagliaccio! Ho cercato di spronare il suo orgoglio prendendola in giro, ma senza successo, figurati!” disse, con l’aria di chi la sapeva lunga.

Tuttavia, Vic la guardava attentamente, con un’aria un po’ indecifrabile. “Sorry, Stella,ma puoi spiegarmi più lentamente?”.

Io e Marco ridemmo mentre Stella sbuffava, ma, per mia sfortuna, mia madre era fin troppo in grado di capire l’italiano.

“Cos’è questa storia, Luna?” domandò, vedendoci incontro con la cucchiaia di legno in mano che le rendeva un’aria un po’ inquietante.

“Ma niente, Cristiana, all’inizio era solo un po’ a disagio ma poi si è sciolta tantissimo” mi difese Marco, e così dicendo mi lanciò un’occhiata che il mio cervellino bacato interpretò un po’ come una frase maliziosa. Che volesse riferirsi a quello che avevo fatto dopo, nello spogliatoio? Al solo pensiero, mi veniva ancora da arrossire come una matta e da domandarmi chi mi avesse dato il coraggio di fare una cosa simile così, senza meditarci e senza che fosse richiesto.

Probabilmente lui comprese, perché dopo aver rassicurato mamma mi fece segno di seguirlo nel soggiorno nell’attesa che papà e Mario ritornassero da un giro turistico per Firenze e per poter pranzare.

Prendemmo posto sul divano e mi accoccolai addosso a lui, chiedendomi se stesse ancora ripensando a ciò che avevo fatto.

“Oggi pomeriggio si parte” disse all’improvviso, accarezzandomi i capelli.

“Si…”.

“Sei contenta?”.

“Ovvio, non ce la faccio più con tutta questa gente tra i piedi” risposi, stringendolo di più a me.

“Anche io” sussurrò. “Eppure ti vedo strana” aggiunse, obbligandomi a guardarlo in faccia.

“Io? No, no, ripenso solo a come verrà il servizio, ecco…” mentii, cosa che invece non mi preoccupava minimamente, ormai le foto me l’ero fatte scattare e poco m’importava del giudizio degli altri.

“Ti offendi se ti dico che non ti credo? Ormai ti conosco bene, Lulù” dichiarò. “E credo che ciò riguardi quelli che…”.

“Quello che ho fatto nel camerino, si! Non so cosa mi è preso, credimi, volevo solo avere qualche certezza in più…” sbottai, conscia di essere stata scoperta sin dall’inizio e che non servisse a nulla continuare a mentire spudoratamente. Con Marco mentire ormai era diventata una battaglia persa.

“Perché ti fai tanti problemi? Non è successo nulla… Purtroppo” aggiunse, con quello che sul serio era il suo sorriso malizioso finalmente uscito allo scoperto. “E anche quando tra di noi succederà quello che succederà, quell’immagine tua, così ingenua, timida e perfetta, sarà quella che voglio più portare scolpita nella mia mente” disse con una sincerità così palese che mi precipitai ad abbracciarlo con tutto l’affetto e il sentimento che sentivo. Era in momenti come quelli che mi domandavo cosa avessi mai fatto di così magnificamente buono per potermi meritare un simile angelo al mio fianco, che mi amava per quello che ero.

Restammo così, stretti, per svariati minuti, finchè quella zanzara petulante di mia sorella non entrò in soggiorno con Vic alle calcagna.

“Sorellina! Dimmi che sono un genio” esordì, battendo le mani. Sembrava fin troppo entusiasta.

“E perché dovrei dire una così grossa bugia?” risposi, ancora offesa per il modo in cui aveva cercato di spronarmi durante il servizio.

“Perché ti ricrederai. Ho trovato un modo per avere più entrate visto che siamo senza lavoro, e mamma ha approvato” disse, sedendosi sul divano accanto a me. Non aspettò nemmeno che domandassi quale pazza idea le fosse frullata in testa, perché subito iniziò: “Mi è venuto in mente vedendo Friends! Visto che la nostra casa è grande, affittiamo le stanze a due persone e così ci dividiamo il guadagno! Ora che vai in Abruzzo metto subito gli annunci nella bacheca della tua università, in quella di Marco e anche a quella di Giurisprudenza dove andava Mario, lui ha tanti amici che sono potenziali clienti…”.

Amici?!”. Marco la guardò come se fosse impazzita. “A parte che conosco gli amici di Mario, ma non permetterai mai ad un ragazzo di vivere sotto lo stesso tetto con la mia ragazza” disse deciso, con un tono fin troppo autoritario.

Stella lo guardò sprezzante. “Prima le fai fare delle foto mezza nuda e poi fai la parte del tipo geloso?!”.

“Ehi, calma” m’intromisi, visto che la conversazione rischiava di degenerare. “A parte che, amore, di certo non ti tradirei col primo idiota a cui affitto la casa, e poi cercheremo di affittarla a delle ragazze, ok? Devo ammettere che è una bella idea” aggiunsi rivolta a mia sorella, che mi sorrise.

“Te l’avevo detto che ero un genio!”.

Il viaggio verso l’Abruzzo fu abbastanza divertente visto che io e Marco facemmo amicizia con una coppia Pisana che si era appena sposata. Avevamo salutato mamma, con la promessa che io e Stella saremmo tornate lì a settembre, mese in cui avrebbe saputo il sesso del bambino, quindi per accompagnarla alla visita ginecologica insieme a papà, e avevo cercato di tranquillizzare papà che continuava a guardare me e Marco in cagnesco per la settimana di vacanza che ci concedevamo da soli.

Vic mi aveva stritolato per l’ennesima volta con uno dei suoi abbracci ferrei e poi mi aveva domandato sotto voce se avevo messo in valigia il suo regalo, il completo di Victoria Secret. Al mio ritorno l’avrei già trovata a Maddaloni, ma speravo che per quel momento Stella non avesse ancora trovato qualche coinquilino.

“Eccoci a casa, madame” annunciò Marco molte ore dopo, quando ci trovammo davanti la casa che Mario e Stella avevano affittato e che poi ci avevano ceduto. Nel progetto iniziale, quella specie di piccola villetta sarebbe stata abitata anche dalla cugina dei ragazzi con il suo fidanzato, quindi alla fine io e Marco avevamo dovuto rimborsare solo loro due visto che i nostri fratelli ci avevano fatto un piccolo regalo.

“In questa mattina grigia
In questa casa che ora è veramente solo mia
Riconosco che sei l’unica persona che conosca
Che incontrando una persona la conosce
E guardandola le parla per la prima volta
Concedendosi una vera lunga sosta
Una sosta dai concetti e i preconcetti
Una sosta dalla prima impressione
Che rischiando di sbagliare
Prova a chiedersi per prima
Cosa sia quella persona veramente
Potrò mai volere bene

Tu che pensi solamente spinta dall’affetto
E non ne vuoi sapere di battaglie d’odio di ripicche e di rancore
E t’intenerisci ad ogni mio difetto
Tu che ridi solamente insieme a me
Insieme a chi sa ridere ma ridere di cuore
Tu che ti metti da parte sempre troppo spesso
E che mi vuoi bene più di quanto faccia con me stesso”

Era troppo grande per noi, ne ero certa, ma lamentarmi era l’unica cosa che dovevo fare vista la situazione. Sette giorni di puro relax da sola con il mio ragazzo…

“E’ bellissima! Solo che, ti prego, avvisiamo che siamo arrivati e poi spegniamo i telefoni, o mettiamo come minimo il silenzioso” decretai decisa.

Marco sorrise. “Certo, hai ragione”.

Prima che me ne accorgessi, mi prese in braccio dopo aver posato le valigie nell’ingresso, e insieme facemmo il giro della casa.

La cucina era enorme, molto rustica; il soggiorno aveva due divani con tanto di camino, ovviamente spento anche se, essendo sera, faceva un po’ freschetto; c’erano due camere da letto, due bagni, un lungo corridoio e un grande ingresso e fuori, oltre al giardino, c’era un piccolo laghetto su cui ormai si rifletteva la luna piena.

Dopo aver sistemato le nostre cose, cenammo e vedemmo un po’ di tv prima di fare un giro vicino al lago, ma io ero esausta per la giornata che avevo avuto e il viaggio, ragion per cui alle undici gli chiesi se potevamo andare a dormire.

“Si, andiamo, sono stanco morto anch’io” acconsentì. “Mi sa che per i primi giorni dobbiamo recuperare per bene tutte le forze perse, e poi magari possiamo andare a fare un giro al centro”.

“Giusto, tanto ce n’è di tempo e il centro non è molto grande” osservai.

Quella sera dormii per bene dopo tanto tempo; anche se già altre volte avevamo dormito insieme, quella sera fu diversa, e non ne sapevo nemmeno io il perché.

Nonostante la stanchezza, però, pensai se ci fosse rimasto male che subito m ne fossi andata a letto, ma poi ripensai al colloquio avuto nella mia stanza quando mamma mi aveva proposto di fare da modella e mi calmai, dicendomi che lui sapeva che non volevo che succedesse qualcosa tra da noi come se fosse stata programmata.

In realtà, però, non sapevo che il modo in cui sarebbe successo sul serio sarebbe stato in qualche circostanza diversa dal solito.

La mattina dopo ci svegliammo alle undici passate, e così decidemmo di fare un brunch.

“Ma il brunch non era pranzo e cena insieme?” mi chiese lui quando glielo proposi, un po’ stranito.

“Che? No! E’ colazione e pranzo insieme, asino! Devo istruirti per bene sulla cultura inglese…” ribattei.

“E in che consiste? Latte e pasta?!” mi prese in giro.

Inutile dire che le risate non erano mancate, proprio come quando erano venuti a trovarci i padroni di casa per vedere se fosse tutto ok e per avvisarci che probabilmente nei giorni seguenti ci sarebbe stato un piccolo blackout per alcuni problemi che c’erano in paese.

“Per cui vi abbiamo portato delle candele che di sicuro vi saranno utili, ragazzi” dichiarò il padrone, il signor Rodolfo, un uomo sulla cinquantina particolarmente simpatico e bravo nel metterci a nostro agio.

“La ringrazio” risposi, sorridendo. “E complimenti per la casa, sul serio, se potessi ci resterei per il resto dell’anno, qui riuscirei a studiare con molta più tranquillità”.

Eppure, le candele ci furono utili subito dopo, verso le dieci, quando ero in bagno per una doccia. Improvvisamente, dopo aver indossato mutandine e reggiseno, le luci si spensero all’improvviso e rischiai di urtare contro il mobiletto vicino al lavandino, non conoscendo bene la stanza e quindi non potendo orientarmi alla perfezione. Grazie al cellulare che recupererai con un po’ di difficoltà, però, riuscii a farmi strada grazie alla luce del display.

“Luna, amore, sto accendendo le candele, un secondo e ti raggiungo!” sentii urlare Marco dalla camera da letto in cui ci eravamo sistemati.

“Tranquillo, sto già venendo” lo rassicurai, e fu così che tre secondi dopo ci ritrovammo faccia a faccia.

Manteneva in mano una candela, in pantaloncini, e mi sorrise.

“Ecco a cosa servono i cellulari” sussurrai, posando l’oggetto sul comodino.

“Si, ma le candele sono più romantiche, non trovi?” domandò lui, poggiandola su un mobile e continuando a scrutarmi.

Esitai un secondo, non riuscendo a non contemplare quanto fosse ancora più bello grazie alla luce soffusa delle candele. “Si, ma se sono con te tutto è romantico” decretai. Poi, improvvisamente, nella mia mente folgorò l’immagine di due giorni prima, di quello che avevo fatto nel camerino. E, come se fosse una decisione già radicata dentro di me da secoli, mi avvicinai ancora di più a lui finchè il mio corpo nudo in buona parte non si trovasse a contatto con lui. Quella era la sera giusta, me lo sentivo, proprio come se qualcuno al di sopra di me l’avesse deciso e mi avesse convinto con la più grande delle arti oratorie…

“Marco, mi vuoi?” dissi, senza meditarci, prendendo la sua mano e facendola scendere lungo la mia schiena.

Vidi il suo sguardo un po’ sbigottito, prima sorpreso, poi improvvisamente deciso e felice. “Me lo domandi pure? E’ da quando ho capito di amarti che ti voglio” dichiarò, aggiungendo anche l’altra mano a quella che già cingeva la mia schiena.

Ci sorridemmo, prima di perderci in un bacio che superava il passionale di molto.

“Hai spento il cellulare?” mi domandò, prima di ribaciarmi.

“Mmm, no, ma al momento non ne avrei la forza. Ho il silenzioso…” mormorai, prima di lasciarmi stendere sul letto e sentirlo sopra di me, pelle contro pelle, sospiro contro sospiro. Ero certa che quella notte sarebbe stata la più bella della mia vita, era poco ma sicuro, perché ottenere una cosa attesa dopo tanto tempo è ancora più appagante, e le carezze e i baci impetuosi di Marco me ne fecero avere un vago sentore, anche se eravamo solo all’inizio…

*°*°*°*°

Buonasera a tutti!

Rieccomi qui con il terzo capitolo! Ammetto che è stato un po’ difficile da scrivere, ma semplicemente perché ora si inizia a spiegare il rating arancione e io non sono abituata descrivere scene un po’ più intime, quindi credo che nel prossimo dovrò impegnarmi ancora di più visto che verrà descritta la tanto attesa prima volta dei nostri amati Marco e Luna xD

Purtroppo non ho il tempo per dilungarmi molto, quindi come sempre ringrazio chi segue la storia e chi ha recensito, ovvero CriCri88, alina 95 e Lola SteP per le loro recensioni! Vi ringrazio di cuore e vi chiedo di farmi sapere osa ne pensate anche di questo capitolo, perché vedendo così poche recensioni inizio a domandarmi se questa storia vi stia annoiando e quindi è inutile continuarla, anche perché se sto sbagliando qualcosa non so cosa visto la mancanza di eventuali giudizi negativi. Anche quelli sono sempre accettati, anche se costruttivi ovviamente!

Comunque, vi ripeto il mio account Facebook se vi va di seguirmi anche lì visto che lì pubblico notizie, spoiler e alcuni lavori di Photoshop: Mena Milly.

VI AUGURO UNA SERENA E DOLCE PASQUA!

la vostra milly92.

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Capitolo 5
*** Innocence ***


112

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Imbarazzo, adrenalina, felicità, curiosità: queste erano le emozioni che stavo vivendo mentre sentivo le mani di Marco accarezzarmi con estrema dolcezza dovunque.

Non smetteva di avere un contatto diretto con il mio sguardo, che onestamente non sapevo cosa rispecchiasse: ce l’aveva uno sguardo adatto quel turbine di emozioni intense che stavo vivendo?

Quando lo sentii arrivare al gancetto del reggiseno nero che indossavo, sorrisi. “Ora tocca a te slacciarlo” sussurrai, inarcando la schiena per consentirgli al meglio l’operazione.

Accennò un mezzo sorriso, probabilmente ricordando la scena dello spogliatoio, e annuì, continuando ad accarezzarmi delicatamente la schiena durante tutto il percorso in un modo che mi faceva venire la pelle d’oca. Non so perché ma all’improvviso iniziai a tremare, sempre più frequentemente, e Marco si bloccò nell’atto di slacciare il gancetto.

“Amore, cosa c’è? Ho fatto qualcosa di sb….?”.

“No, assolutamente no, continua” dissi,cercando di rassicurarlo. Non sapevo perché mi stessi comportando così, cosa mi stesse succedendo. “Devo essere solo un po’ di ansia, è… Normale, credo” continuai, cercando di calmarmi.

“Credo di si… Rilassati, tranquilla” mormorò, baciandomi la spalla con una dolcezza tale che riuscì nel suo intento.

Chiusi gli occhi e sorrisi sentendo il calore del suo corpo sul mio. Quando li riaprii lo vidi più rilassato a sua volta e un piccolo click mi fece capire che aveva sganciato il reggiseno. Mano a mano lo feci scivolare via, e mi sentii meglio quando lo vidi scrutarmi il seno con un qualcosa che era un misto tra devozione e desiderio, con gli occhi che per la luce soffusa delle candele risultavano ancora più scintillanti.

Si calò su di me e iniziò a baciarmi di nuovo, questa volta scendendo più giù. Mi regalava emozioni fortissime, sentivo la voglia di essere sua farsi sempre più viva dentro di me, ma volevo fare qualcosa anche io, non volevo risultare passiva. Ragion per cui, prendendo mentalmente un bel respiro, quando si staccò da me avvicinai le mani all’elastico dei suo pantaloncini e con la massima delicatezza mista a pura vergogna- che a volte sembrava essere scomparsa e a volte tornava più forte di prima- glieli abbassai, rivelando un paio di boxer scuri.

“Sei bravissima” mi sussurrò all’orecchio, “Sei nata per farmi impazzire, lo sai?”.

“Lo spero” biascicai, chiedendomi se non lo stesse dicendo solo per farmi sentire più sicura. “E’ solo che mi sento impacciata e…”.

“Shhh! Ti fidi di me?”.

“Certo che si, altrimenti non sarei qui” risposi decisa, annuendo con il capo e stringendolo più forte a me.

“E allora sai che non devi sentirti impacciata e che qualsiasi cosa farai non devi sentirti in soggezione, io sono qui, pendo dalle tue labbra, voglio solo renderti felice e se credi che io non abbia un po’ di paura, beh, non è così. Mi hai scelto, sono la prima persona con cui ti appresti a fare l’amore e questa è una cosa che mi rende più felice di ogni altra cosa ma voglio fare di tutto per renderla speciale” dichiarò, questa volta sia serio che dolce.

“Oh…” sussurrai, poi, da quel momento, niente più fu come prima. La passione che di solito c’era tra noi ritornò più impetuosa di sempre, ci catturò e ci avvolse nella sua morsa dieci volte più forte del solito. Le sue parole mi avevo rinvigorita, rassicurata, e sentivo qualcosa di caldo nel cuore, qualcosa che mi faceva sentire più sicura di me e meno inibita, capace di godermi il momento nel migliore dei modi, senza pensare, senza domandarmi se fosse giusto o sbagliato qualsiasi mio movimento, parola o carezza. Marco mi amava per quello che ero e questo era l’importante.

Lo sentivo eccitarsi sempre di più, proprio come io mi sentivo sempre più in preda ad un calore che si irradiava in tutto il mio corpo e non faceva altro che farmi desiderare di stare sempre più a contatto con l’uomo che amavo.

Sussurri, gemiti, mi sembrava tutto un insieme di cose che sembravano dirette da un direttore d’orchestra, avevano un loro ritmo, e tutto culminò nel momento in cui entrambi ci ritrovammo completamente nudi l’uno di fronte all’altra.

“Wow” commentò lui, nel momento in cui i miei slip caddero sul pavimento, al fianco dei suoi boxer.

Sorrisi, piegando la testa di lato, pur sentendo la testa intontita da quella serie di emozioni, che quasi mi sembrava impossibile potersi sentire in quel modo visto che era la prima volta che mi capitava.

“Marco…” lo chiamai flebilmente.

“Si?”.

“Volevo ripeterti che ti amo”.

“Anche io, Lulù, anche io”.

Quello fu il momento decisivo, quello in cui, dopo un bacio, una carezza e un attimo di esitazione lo sentii per la prima volta dentro di me, quello in cui cessai di essere una diciannovenne priva di esperienza per diventare una donna a tutti gli effetti che da quel momento era diventata un tutt’uno con l’uomo che amava a che era certa che avrebbe amato per sempre. Nonostante tutto provai molto dolore, ma cercai di non farlo trapelare troppo al mio lui, stretta contro il suo petto e con il capo nell’incavo della sua spalla per impedirgli di vedere la mia espressione mentre cercava di muoversi con più cautela possibile per farmi meno male. Passavano i minuti e la morsa con cui lo stringevo a me era sempre più ferrea, per fargli capire che ero felice di essere lì con lui, di star condividendo insieme quella prima esperienza che mi stava lasciando letteralmente senza fiato.

Era tutto normale, mi ripetevo per distrarmi, era la prima volta, doveva essere così, alla fine la vera prova stava proprio in quello, ma quando Marco si accasciò al mio lato, dopo avermi sussurrato decine di parole dolci per aiutarmi a distrarmi e a non sentire molto il dolore, gli sorrisi e fui felice di vedere che sembrava radioso. Era ancora più bello così, con i capelli disordinati e l’aria quasi beata.

“Fa ancora male?” chiese premurosamente, accarezzandomi il viso per poi stringermi a sé.

“No, no, tranquillo, alla fine era molto di meno il dolore” risposi, ricambiando la stretta e baciandolo. “Ma ora aspetto con ansia la seconda volta” aggiunsi ridendo.

“Oh, stai tranquilla che non mancherà” rise, prima di ribaciarmi. “Sei ancora più bella, sai?”.

“Ammetto che anche io mi sento diversa” mormorai,chiedendo gli occhi. “Ora sono a tutti gli effetti la tua Luna,  e tu sei solo mio, eh” ribattei, cercando di ironizzare.

“No, tu sei la mia Lulù, è diverso” soffiò contro il mio orecchio, e percorrendo con la mano destra il profilo del mio corpo ancora nudo. “E’ stato bellissimo, non avevo mai provato sensazioni così intense, ma mi è dispiaciuto che invece per te è stato più…”.

“Zitto, è stato bellissimo anche per me, l’importante era che ci fossi tu con me” lo zittii, tappandogli la bocca.

Waking up I see that everything is ok
The first time in my life and now it's so great
Slowing down I look around and I am so amazed
I think about the little things that make life great
I wouldn't change a thing about it
This is the best feeling

This innocence is brilliant, I hope that it will stay
This moment is perfect, please don't go away, I need you now
And I'll hold on to it, don't you let it pass you by

“Mmm, preferisco che me la tappi con un bacio!” disse dolcemente, prima di ristringermi a sé. Era ufficiale, mi sentivo la donna più felice del mondo.

 

Dormivo da chissà quanto quando fui svegliata dalla vibrazione insistente del mio cellulare. Con un occhio ancora chiuso, constatando che la corrente era tornata visto che la luce del corridoio era accesa, allungai la mano sul comodino per vedere chi fosse, quando scoprì che si trattava di un sms.

Ti aspetto al laghetto qui fuori.

Il mittente, cosa assurda, era Marco. Mi voltai, e sobbalzai nel non trovarlo al mio fianco. Ma che ore erano? Ma, soprattutto, tutto quello che ricordavo di aver vissuto era successo o era solo frutto di un bellissimo sogno che avevo fatto? Il solo pensiero mi fece rabbrividire; vidi che erano le due di notte e, alzandomi, feci una faccia stranita vedendo una macchia rossa al centro del letto, prova tangibile del fatto che ciò che era successo non era frutto della mia immaginazione.

Sorrisi, togliendo le lenzuola e mettendole in lavatrice, prima di ricordare la strana richiesta di Marco. Perché mai dovevo andare al lago a quell’ora di notte? Forse un’idea ce l’avevo, ma volevo cercare di risultare il meno spigliata possibile dopo aver scoperto ciò che per tanti anni mi ero persa… Sorrisi maliziosamente, e venni colta da un’idea.

Rapidamente, presi il completo intimo che Victoria mi aveva regalato e lo indossai, per poi mettermi una vestina a mezze maniche blu dopo aver fatto una doccia rapida.

Continuavo a sentirmi strana, leggera come una piuma, fin troppo gioiosa rispetto al solito…

Uscii di casa, rapidamente, e dopo pochi passi mi ritrovai di fronte Marco che mi stava aspettando seduto su un telo enorme con un cestino al suo fianco.

“Amore, ma cosa…?”.

“Spuntino delle due!” ridacchiò, alzandosi e venendomi incontro. Mi prese le mani tra le sue e mi condusse verso quella parte di terreno, facendomi sedere di fronte a lui per poi baciarmi. La luna piena si rifletteva nel lago, facendo scintillare magicamente tutta la superficie.

Marco mi sembrava quasi divino a causa di tutto quel pallore che rendeva la sua pelle diafana, e gli occhi sembravano fatti quasi di cristallo. Dio, mi ci sarei persa in quel mare infinito!

“Spuntino?” domandai, vedendo che nel cestino c’era tutto quello che di certo non faceva parte di ciò che in italiano si usava definire spuntino: tramezzini, panini, frutta…

“Avevo fame e non volevo ingozzarmi da solo, tutto qui. Anche tu avrai perso un bel po’ di calorie, qualche ora fa” aggiunse malizioso, squadrandomi e facendomi un cenno, prima di addentare un tramezzino.

“Ma che gentile che sei, ma ti consiglio di rinforzarti per bene allora, perché, visto che mi hai svegliata, ho intenzione di utilizzare al meglio questa notte” risposi, prima di prendere una ciliegia e addentarla. Cavoli, ma cosa mi stava succedendo? Sembravo sul serio mia sorella, da quel poco che mi aveva raccontato della sua vita amorosa; mi sentivo davvero più sicura di me e capace di fare battute per cui poche ore prima sarei arrossita come una furia.

Marco sembrava sul serio pendere dalle mie labbra mentre compivo quel gesto. Mangiammo, e quando ripresi a mangiare le ciliegie lo vidi sorridere.

“Ho creato un mostro” dichiarò, alzando gli occhi al cielo.

“Un mostro che ti piace, però” ribattei, porgendogli a mia volta un’altra ciliegia che addentò nel più sensuale dei modi, prima di trattenermi a sé e farmi perdere in un indimenticabile bacio al gusto di ciliegia. Lo sentii spostare il cestino ormai vuoto dall’altra parte, mentre rispondeva “Certo”, e, comprendendo tutto, mi stesi su di lui, su quel telo che sembrava fin troppo grande per i nostri corpi ammassati l’uno sull’altro.

Ci scambiammo qualche frase disconnessa, persi entrambi nel profumo e nella voglia di risentire l’altro in tutto e per tutto, e poi per quella volta fui io a prendere l’iniziativa, a slacciargli la camicia, i pantaloni, cercando di essere un po’ più attiva rispetto la prima volta.

Dopo un po’ fu lui a ribaltarsi su di me, e quando la mia vestina raggiunse i suoi abiti, trattenne il fiato, vedendo il completo intimo che indossavo.

“Sapevi già tutto, eh? Sapevi che sarebbe successo di nuovo…” mi sfidò.

“No, ma sai, per precauzione…” risposi, questa volta arrossendo sul serio.

“Sei fenomenale…” commentò, fiondandosi sul mio collo.

“Me l’ha regalato Vic” ammisi, prima di sentire il suo risolino che però scomparve prima di togliermi il completo con cura.

“Non hai bisogno di questi stratagemmi per essere ancora più apprezzata da me, sappilo” soffiò sensualmente contro il mio orecchio.

“Lo terrò presente…” biascicai, ormai decisamente persa nel nostro mondo, dove tutto parlava solo di noi e delle nostre sensazioni a  trecentosessanta gradi.

Di nuovo, ma non nello stesso modo della volta precedente, anzi, in modo più audace e sicuro, tutto ridivenne un insieme di movimenti fusi, sussurri, fiati sospesi, e sul serio mi sentì decisamente appagata visto che il dolore era quasi decisamente scomparso. Tutti attorno a me era rappresentato da Marco, in quei momenti poteva succedere di tutto attorno a noi ma io non vi avrei badato. Perché avrei dovuto? Lo sapevo, il mio mondo, il centro della mia vita, ormai, e per fortuna, era rappresentato da quello splendido ragazzo…

 

Passò qualche giorno, ed io e Marco riuscimmo a visitare il paesino che circondava la nostra casa solo verso il quarto giorno di permanenza visto che durante il terzo non eravamo riusciti a fare qualcosa che non c’entrasse con il mangiare, vedere la tv, lavarci e fare l’amore. Inutile negarlo, entrambi eravamo così presi dall’altro che ci domandavamo come avremmo fatto a non condividere più il tetto, e il letto, una volta ritornati a Maddaloni.

Il quinto giorno, mentre eravamo a pranzo in una trattoria e  stavamo mangiando il gelato, il mio cellulare iniziò a squillare e dopo più di trentasei ore risentii la voce squillante della mia gemella.

“Luna!” esordì entusiasta.

“Ehi, Stella, come stai?” domandai.

“Bene, più che altro quella che deve raccontarmi un po’ di cose sei tu” disse con un inconfondibile nota di ilarità e sarcasmo.

“Io?” chiesi, con Marco che mi guardava curioso.

“Ovvio, non dirmi che tu e Marco vi state guardando negli occhi da cinque giorni…”.

“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere” ribattei, ma non riuscì a non ridere e il mio ragazzo capì tutto. “Comunque, a cosa devo la tua chiamata?” cercai di cambiare argomento.

“Non cambiare argomento!”. Ecco, misero fallimento. “Ti lascio in pace solo perché voglio un tete a tete con i fiocchi, sappilo. Comunque, sai che è arrivata Vic?”.

“Si?”.

“Si, ti saluta tanto, è appena andata a vedere come procedono i lavori per la boutique di mamma ed oggi le ho fatto vedere l’Università, sai, sono andata ad affiggere l’annuncio, spero in qualche risposta al più presto, ma aspettati qualche chiamata visto che ho dato anche il tuo numero di cellulare” mi informò.

Sbuffai, accasciandomi contro lo schienale della sedia. “Stella!” la ripresi. “Insomma, sono in vacanza, non mi va di fare da centralinista con chi vorrà sapere delle informazioni!”.

Marco comprese ciò che era successo, perché fece uno sguardo seccato e un gesto associato verso mia sorella.

“Non fare la tragica, di sicuro non chiameranno subito…” ribattè.

“Con la fortuna che ho mi assedieranno!”.

“Sempre tragica, eh? Comunque, chiama zia Kitty ogni tanto, vuole fare due chiacchiere con te, dice che si annoia a morte visto che Michele non le fa muovere un dito da quando ha scoperto di essere incinta”.

“Ok, ma ti informo che tra due giorni sarò lì, non c’è bisogno di farmi sentire da tutta la famiglia per dire che sto bene come se fossi partita per la guerra…”.

Marco annuì, alzando il pollice, mentre mia sorella rise.

“E’ questo il punto, sappiamo che stai troppo bene e dobbiamo infastidirti!” dichiarò. Me la immaginavo, magari seduta sul divano, con la tv che mandava in onda MTV senza volume e lei che mentre pronunciava quelle parole esibiva la più sfacciata  maliziosa delle espressioni.

“Ahah, se volessi infastidire te quando stai con Mario dovrei passare la vita al telefono” la rimbeccai. “Ora ti saluto che mi si sta sciogliendo il gelato nella coppa” tagliai corto, e dopo un breve saluto staccai la chiamata.

“A volte mi domando se ci abbiano messo una microspia da qualche parte per controllarci” disse Marco un po’ scocciato, comprendendo la mia espressione seccata viste tutte le frecciatine e battutine che mi ero dovuta sorbire, che alla lunga iniziavano ad infastidire.

Ci meditai un po’ su, poi, ripensando agli ultimi fantastici giorni, scossi il capo. “No, altrimenti mio padre sarebbe corso fin qui per spezzarmi le gambe e ucciderti visto quello che abbiamo fatto…” dissi con nonchalance, strappandogli un sorriso.

Prese le mie mani tra le sue, dopo che ebbi finito il gelato. “Che ne dici di un ultimo giretto prima di tornare a casa?”.

“Si, ci vuole per digerire, mi sento strapiena” convenni, annuendo, e così, dopo aver pagato il conto, ci ritrovammo di nuovo per le piazzetta del paesino.

Comprai delle cartoline da inviare a mamma e papà, ai nonni, Miriam e zia Kitty e Michele, poi ci scattammo alcune foto, fermando anche delle persone per farcene fare alcune decenti.

“E’ proprio vero che non importa dove sei ma con chi sei” commentai quando ci ritrovammo nel pullman che ci avrebbe ricondotto a casa, appoggiandomi sulla sua spalla.

Passò un braccio attorno ai miei fianchi e annuì, baciandomi una tempia. “Si, hai proprio ragione amore”.

 

 

Quella sera chiamai la zia, che mi trattenne molto per raccontarmi il modo in cui si stava comportando Michele da quando sapeva che sarebbe diventato padre, lamentandosi ma riconoscendo che era davvero dolce, e si decise a lasciarmi solo quando le dissi che dovevo andare a preparare la cena, cosa assolutamente falsa perché il mio adorato Marco aveva già pensato a tutto, adornando la tavola con candele e fiori, oltre che con spaghetti al ragù e frittelle.

“Se un domani ci sposeremo promettimi che continuerai a comportarti in modo così servizievole” ironizzai.

“Certo, anzi, ti dirò, perché non veniamo a vivere qui in estate? I nostri eventuali figli i divertirebbero a giocare in giardino…” propose, con un tono scherzoso che però celava qualcosa di serio.

Ci riflettei un po’ su. “No, ripensandoci no, ho paura che qualcuno di loro potrebbe finire nel lago in un momento di distrazione” ragionai.

“Oppure da adolescenti potrebbero portarci qui le rispettive ragazze  e ragazzi e fare uno spuntino delle due in riva al lago come i loro genitori…” aggiunse sghignazzando.

“E immagino che tu saresti geloso peggio di mio padre” lo provocai.

“Mmm, solo con le figlie femmine”.

“Ma ti rendi conto che sembriamo due vecchi con questi discorsi?” lo interruppi all’improvviso. Posai la forchetta e mi avvicinai a lui. “Di solito cerco di evitare questi discorsi, siamo così giovani e non sappiamo cosa succederà, ma ormai mi viene naturale pensarti al mio fianco finchè non avremo entrambi i capelli bianchi” ammisi, prendendo il suo viso tra le mie mani.

Sarei rimasta così per ore, era ancora più affascinate con quell’espressione un po’ pensierosa e gli occhi lievemente socchiusi.

“Per me è scontato pensarlo, credimi, non riuscirei ad immaginarmi qualcun altro al mio fianco” rispose, accarezzandomi i capelli.

Piegai la testa di lato, e stavo tornando a mangiare quando il mio telefono squillò per l’ennesima volta nell’arco di quella giornata.

Sbuffando, constatai che il numero chiamante fosse sconosciuto.

“Pronto?” risposi, cercando di non risultare seccata.

“Buonasera, parlo con Luna Solari?” domandò una voce cordiale maschile.

Feci due più due e compresi che fosse qualcuno per l’affitto della stanza. Maledetta Stella, maledetta, non poteva mettere che era vietato chiamare dopo le 21.00?

“Si, sono io, con chi parlo?” domandai meccanicamente.

“Sono Tommaso Di Maio, chiamo per informazioni sull’affitto di una stanza a casa sua, ho già chiamato sul numero di sua sorella ma è staccato” rispose.

“Ah si?”. Inveii mentalmente contro quell’idiota patentata che prima metteva le cose in mezzo e poi si concedeva il lusso di scaricare le cose addosso a me. “Bene, cosa vuole sapere?”.

“Beh, se nell’affitto è inclusa solo la colazione o anche la cena, perché di solito pranzo in università e…”.

“In realtà non le so dire perché questa cosa  l’ha messa in mezzo mia sorella ed io sono in vacanza, ma non credo che le negheremmo la cena” risposi subito, sottolineando che ero in vacanza e che quindi cercavo di fargli comprendere che non volevo essere disturbata ulteriormente.

“Capisco. Ma perché ci diamo del lei? Credo che siamo più o meno coetanei, in realtà ti conosco di vista”. Il tipo aveva perso il tono educato e sembrava voler fare il simpatico.

“Scusa ma il tuo nome mi è nuovo” ammisi. “Comunque, se vuoi più informazioni ti consiglio di riprovare con mia sorella più tardi o domani” aggiunsi.

“Va bene, comunque, per informazione, ero seduto alla tua destra all’ultimo esame scritto di inglese e mi hai suggerito una domanda” insisté.

Cercai di fare mente locale, ma avevo solo un vago ricordo. “Scusami ma non ricordo, ma, cos’è, uno stratagemma per convincermi a darti subito la stanza?”.

“Oh, no, no, era così per dire. Allora scusa il disturbo, proverò con tua sorella, ok? Buon proseguimento di vacanza” disse.

“Grazie, ciao” e subito staccai. “Amore, ho un’idea, non torniamo a casa mai più!” dissi con enfasi, guardando con apprensione i mie spaghetti ormai freddi.

Marco rise e annuì. “Hai tutto il mio appoggio. Chi era a telefono?”.

Glielo spiegai e lo vidi un po’ stranito per il fatto che questo Tommaso già mi conoscesse. Non sapevo, in realtà, che quest’ultimo sarebbe stato l’oggetto di gelosie e piccole discussioni, nei mesi a seguire…

 

*°*°*°*°*

Rieccomi qui, più in anticipo, non trovate? ^^

Sarà che la versione hot di Marco mi ha ispirato, non so, ma ci ho impiegato due giorni per scriverlo.

E così i due piccioncini si sono dati una bella mossa,e  posso dire che ora entriamo sul serio nel vivo della storia. Non a caso è spuntato questo Tommaso, e dal prossimo vedremo se riuscirà ad avere la stanza.

Vi piace la "copertina" della storia? Per ogni capitolo inserirò un immagine particolare che esprime ciò che capiterà nel capitolo.

Comunque, come sempre ringrazio di cuore tutti coloro che continuano a leggere e aggiungere la storia nelle varie categorie, ma soprattutto grazie anche a Lola SteP che per la seconda ha proposto “Dillo Alla Luna” tra le storie scelte, tramite recensione. Grazie tesoro! ^^ Sono sempre più lusingata dal tuo affetto!

Ora, passando alle risposte alle vostre recensioni:

XXX_Ice_Princess_XXX: Spero che tu abbia passato una bella, e soprattutto dolce, anche grazie alla cioccolata xD, Pasqua, cara! Spero che questo capitolo abbia colmato la tua curiosità, alla fine era d’obbligo terminare il cap proprio in quel momento, ma spero di essermi fatta perdonare! Un bacione e grazie mille!

Alina 95: Ciao tesoro! Innanzitutto devo ancora ringraziarti per il tuo aiuto, ho trovato anche un altro attore da prendere in considerazione, poi appena ti trovo connessa su Facebook te lo faccio vedere, ok? Comunque al contrario delle aspettative ho aggiornato prima del solito, e spero ti sia piaciuto questo capitolo! Un bacione e ancora grazie per la tua disponibilità e dolcezza ^^

Red 76: Ma grazie, cara! Io continuo ad attendere il continuo della tua storia, e specialmente nuovi sviluppi tra i due protagonisti, eheh! Mi raccomando aggiorna presto ;-) Spero che questo capitolo ti sia piaciuto =) Un bacione! ^^

MalyCullen: Ciao! Sono onorata dalle tue parole, davvero, e sono felicissima che le mie storie ti siano piaciute così tanto! Comprendo ciò che vuoi dire quando dici che ti piace leggere storie già finite, e per il momento ce la sto mettendo tutta per aggiornare il più spesso possibile ma purtroppo per leggere il 5 mi sa che ci vorrà un po’ perché mi aspettano delle settimane tremende a scuola, ma se ti va di aggiungermi su Facebook lì metto sempre spoiler e notizie sugli aggiornamenti ^^ E poi che bello sapere che sei Campana anche tu, ne siamo tantissime qui su Efp, ihih! E certo che farebbe piacere anche a me incontrarti, se fosse per me farei un meeting con tutte le Efp-dipendenti, e poi la settimana scorsa ho incontrato una mia cara amica che ho conosciuto qui su Efp quindi, perché no ^^ E l’amato di Viola era Stefano, si :D Ancora grazie di tutto, spero che ti sia piaciuto anche questo cap! Un bacione! ^^

pometina94:  Ma ciao cara! Che bello rileggerti! Non sai quanto ti capisco, anche per me questi mesi sono stati assurdi scolasticamente parlando, e non oso immaginare come sarà l’anno prossimo che ho la maturità visto che già senza di questa ci massacrano =S Ma spero che almeno leggere un po’ di Luna e Marco ti abbia tirato un po’ su (non sono mai così egocentrica, credimi, sarà colpa delle numerose uova di Pasqua che mi hanno regalato  xD). Riguardo Lulù immaginavo che ti saresti commossa :D ci ho riflettuto molto e alla fine era l’unico soprannome adatto al suo nome, se vuoi ti concedo i diritti di copyright :D Credo che mano a mano che andremo avanti Vic ti affascinerà ancora di più con i suoi misteri, ma sappi che io adoro leggere le varie congetture, quindi spara! xD Un bacione! ^^

Lola SteP: Amore, io devo farti una statua d’oro decorata di diamanti per tutto quello che fai per me, sul serio! Grazie, grazie, grazie! Hai visto che ho aggiornato presto? Come hai visto l’idea di Stella al momento sta portando guai a Luna che vuole starsene in pace (e a buon ragione, ihih) con il suo Marcolì, poi vedremo… Un bacione enorme tesoro, ti voglio troppo bene!

stellababi: Grazie mille! Ecco il continuo, spero ti sia piaciuto e che non ti abbia deluso! Ancora grazie, un bacione! ^^

CriCri88: Ciao cara! Non ti so dire perché sono stata così generosa, sarà stata la troppa cioccolata ingurgitata in questi giorni xD… No, scherzi a parte, il motivo c’è, e cioè che mi sembrava assurdo prolungare questo fatto per molti cap, anche perché ora ci sono tutti gli elementi per entrare nel vivo della storia e credo che tra un po’ i saranno alcuni salti temporali che ci porteranno alla laurea di Marco, anche se ovviamente prima ci sarà la nascita del fratellino delle ragazze. Spero di aver descritto bene la scena, anche perché non potevo osare chissà quanto essendoci il rating arancione, ma in tal caso fammi sapere se ho sbagliato qualcosa secondo te così in futuro farò di meglio :P Grazie mille come sempre cara, un bacione ^^

 

Prima di lasciarvi, volevo spendere due parole sul concorso che è stato lanciato qualche giorno fa. Nel bando di concorso è scritto : “… Agli autori delle storie, così come ai fan degli stessi, è permesso esortare al voto, con alcuni limiti”, quindi volevo semplicemente dirvi che se vi va di votare una delle mie storie se ritenete che ci siano personaggi originali che vi hanno colpito, mi farebbe molto piacere e ve ne sarei grata anche se mi rendo conto che è difficile sceglierne 5, io stessa sto ancora rimuginando su quale votare :D

 

Come sempre, se vi va di aggiungermi su Facebook, sono Mena Milly.

 

Detto questo, vi saluto on un enorme bacio e vi auguro un buon rientro a scuola dopo queste vacanze che secondo me sono state troppo brevi! ^^

la vostra milly92.

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Capitolo 6
*** E' Già Domenica ***


ll

Marco mi accompagnò dai nonni, dove presi dei pantaloni neri e un maglioncino rosa, l’unico che avevo, giusto per farla vedere a Marco ricordando le sue parole di quella notte.

“Nooo, ma sei tremenda, amore” disse appena mi vide, dato che avevo aperto la cerniera del giubbino per mostrargliela causalmente.

Mi bloccai, presa da un’improvvisa emozione che prese forma come al solito nel mio stomaco e, non so perché, mi sentii arrossire.

“Che c’è?” domandò, quando notò quello che poteva sembrare sconcerto.

Subito scossi violentemente il capo e mi affrettai ad allacciare la cintura giusto per fare qualcosa. “Niente, è che mi hai chiamata…”.

“Amore. E allora?” chiese, voltandosi verso di me.

“E’ bello sentirsi chiamare così, ecco, ed è la prima volta che mi succede” sussurrai, prima di sorridergli in modo rassicurante.

da “Dillo alla Luna”, capitolo 22

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Marco’s Pov.

Erano anni che non mi svegliavo con il timore di vedere dalla sveglia che era già ora di alzarsi, probabilmente dal giorno in cui avevo avuto l’esame di maturità, eppure provai di nuovo la stessa sensazione quel giorno di fine luglio. Non potevano già essere le otto del settimo giorno di permanenza in quella magnifica casa in Abruzzo, diamine, il nostro settimo giorno.

Chiusi per qualche istante gli occhi, ancora disteso supino sul letto, e mi venne da sorridere vedendo l’unico volto che popolava la mia fantasia. Ok, solo all’inizio era un volto, dato che poi veniva accompagnato da braccia, gambe, seno e tutto il resto della mia ragazza, ma restava il fatto che ciò dimostrava quanto mi fosse rimasta impressa quella breve ma intensa vacanza, tutto grazie a colei che dormiva ancora serenamente al mio fianco.

Mi girai su un fianco, riaprendo gli occhi, e non riuscii a non sorridere nel vederla ancorata al cuscino, con la faccia sognante e i capelli disordinati che le incorniciavano il viso. Com’era bella, anzi, così, semplice e naturale, lo era ancora di più. Il solo pensiero di non averla più al mio fianco le mattine successive era quasi doloroso ad essere onesti, lei era uno dei validi motivi per cui valeva la pena risvegliarsi la mattina e abbandonare i sogni, perché era proprio lei il mio sogno che da cinque mesi si era realizzato.

Risi di me stesso: da dove uscivano questi pensieri poetici? Che fine aveva fatto quella parte di me che, seppur sempre gentile e disponibile, era un po’ fredda e distaccata?

Ormai con Luna mi ero lasciato andare completamente, le avevo mostrato ogni mia singola sfaccettatura ed ero felice che lei apprezzasse tutto di me, sia i lati positivi che negativi.

Le accarezzai il viso e si mosse con dolcezza, stringendo di più il cuscino. Sarebbe sembrata sul serio una bambina se non fosse stato per il completo merlettato color rosa pallido che indossava… Ricordai il primo giorno che ci eravamo messi insieme, quando, dopo aver dormito da me, era tornata a casa per cambiarsi e aveva indossato per la prima volta una maglia rosa esclusivamente per me, che le avevo detto di non averla mai vista con indosso quel colore. Ed ora invece, a distanza di mesi, eccola lì che dormiva con un completo rosa…

“Mmm, è già mattina?” disse all’improvviso, aprendo gli occhi e allungando il braccio verso di me.

“Si, purtroppo si” risposi, stringendo la sua mano.

Mi avvicinai ancora di più verso di lei, facendola appoggiare sul mio petto con dolcezza, e la sentii sbuffare.

“Perché non restiamo qualche altro giorno?” domandò.

“Perché stasera arrivano i nuovi coinquilini, e lo sai, ne abbiamo già parlato” risposi pazientemente. Ovvio che anche a me andava di stare ancora un po’ di giorni con lei, al solo pensiero di quello che ci aspettava una volta ritornati a casa: sua zia Kitty che l’avrebbe chiamata in continuazione vista la noia che le procurava la gravidanza, Victoria che le avrebbe di sicuro chiesto una mano per apprendere meglio l’italiano, la “selezione” dei coinquilini ch avrebbero affittato la stanza, i nonni sempre a portata di mano… Addio tranquillità, mi dissi.

“Lo so, ma provarci non costa nulla” dichiarò lei, scostandosi da me e stiracchiandosi.

Le sorrisi, restandola a guardare quasi imbambolato per la naturalezza dei suoi gesti e per il riuscire ad essere così sensuale anche compiendo un gesto come quello.

“Che c’è?” domandò, piegando la testa di lato.

“Niente, niente” dissi, scrollando le spalle e facendo per alzarmi.

“Eh no, ora me lo dici!” esclamò, bloccandomi per le spalle.

“Ma niente, cosa devo dirti?”.

In breve finimmo in una lotta in cui cercavo di non esercitare la mia vera forza, altrimenti avrei finito per schiacciarla: con le braccia sule mie spalle cercava di farmi cadere sul letto mentre mi faceva il solletico per indurmi a “confessare”. Dal canto mio, mi divertivo a starmene immobile, esercitando solo un minimo di forza per non crollare, e cercavo di mantenere il controllo e non lasciarmi influenzare dal solletico.

“Uff, sei di coccio, sei! Su, dimmelo!” urlò dopo cinque minuti infruttuosi, ancora più spettinata di prima e con il viso rosso per gli sforzi vani. 

Levai un sopracciglio e, con totale nonchalance, in cinque secondi la imitai e la schiacciai contro il materasso, sorridendo vittorioso mentre sbuffava, imbronciata per aver perso.

“Non pensavo a niente di che, solo al fatto che riesci ad essere sensuale anche mentre ti stiracchi” ammisi, calandomi su di lei e soffiandole quelle parole a pochi centimetri dal suo naso.

“Sicuro?” mormorò.

“Si, è vero che quando sono con te mi fai un così brutto effetto che dimentico tutto, ma non siamo arrivati ancora al punto di non ricordare una cosa pensata qualche secondo prima” ironizzai, guadagnandomi una gomitata.

Per qualche istante rimanemmo così, io che la guardavo sornione e lei che faceva la finta imbronciata, poi, improvvisamente, come se attorno a noi fosse scoppiata un’alchimia, una corrente di passione, ci trovammo avvinghiati l’uno all’altra intenti nel baciarci e stringere in un modo famelico, come se ci fossimo visti dopo anni ed anni.

Ecco, addio lucidità. Ora non sarei riuscito ad andarmene da quel posto senza avere un ultimo meraviglioso ricordo di me e Luna, avrei continuato a pensarci, l’avrei sognata di notte e non avrei avuto pace visto che da quel che ci aspettava a Maddaloni non saremmo potuti restare un po’ da soli quando volevamo noi come succedeva lì.

“Quegli attacchi improvvisi che avevamo noi di sesso e tenerezza…” canticchiai nel suo orecchio, per quel che mi permetteva la voce roca che mi ritrovavo al momento, mentre ero impegnato nell’accarezzare le sue gambe.

Si bloccò un attimo, scostandosi. “Ehi, come ti salta in mente cantare un verso di “Bella stronza” di Masini?!”.

“Così, ho associato la nostra immagine di ora a questa frase della canzone…” ammisi. Non sapevo nemmeno io come mi fosse venuto in mente, ad essere onesti. Poi, parole di un’altra canzone mi vennero in mente, ancora più adatte. “Per l'amore che dai e per come lo fai resto qui e so che non voglio andar via e che sia quel che sia ora che sono ormai schiavo di te” canticchiai di nuovo, guardandola negli occhi.

Questa volta sorrise, piacevolmente colpita. “Ammetto che questa non la conosco…”.

“Si chiama “E’ già domenica”, degli Aram Quartet, non credo che tu li conosca”.

“No, infatti. Ma anche il titolo è azzeccato…. E’ già domenica, purtroppo”.

Si, era già domenica, a breve saremmo dovuti tornare a casa, ma restava il fatto che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato quella breve ma intensa vacanza, che sarebbe rimasta indelebile nei nostri animi in un modo tale che avremmo potuto perfettamente rivivere ogni singolo istante in qualsiasi momento. E così, tra questi pensieri, ci tuffammo nel nostro mondo fatto di emozioni e turbinii di piacere…

 

Luna’s P.O.V.

 
“Bentornatiiiii!”.

Oddio. No, non poteva essere. Quello non era il soggiorno di casa mia, con dentro mia sorella, mia zia Kitty e Michele, Victoria, Miriam e… Antonio! Quel piccolo particolare mi fece dimenticare la stizza provocatami da quella atmosfera degna di un primo compleanno, visto che sulla tavola c’erano dei dolci e delle bibite per un degno benvenuto. Io e Antonio non ci vedevamo da quasi un mese, dato che a fine giugno era partito per andare a trovare alcuni parenti a Ferrara.

“Luna, da quanto tempo, fatti salutare!” esclamò, avvicinandosi. Sembrava diverso, con i capelli scuri  più corti del solito e un po’ abbronzato.

“Ciao, Anto!” dissi, posando il mio trolley e abbracciandolo con slancio. Quando ci separammo subito disse: “Ho appena finito di litigare con il tuo ex capo, mi ha detto di averti licenziata” indicando il capo Michele alle sue spalle.

Annuii, e accennai un sorriso. “Tanto lo so che prima o poi si pentirà, senza di me non sarà la stessa cosa” ribadii.

“Lo so, lo è già, e poi Luna sa che per me è stato un sacrificio dovermi privare di lei” spiegò Michele, rivolto ad Antonio.

“Ok, ok, ora però basta, fatemi salutare la mia twin!” s’intromise Stella, scostando Antonio e abbracciandomi. “Hai visto, Vic mi sta dando lezioni d’inglese!”.

“A te dovrebbero dare lezioni di educazione” ribattei quando ci separammo.

Sbuffai quando mi guardò interrogativa. “Insomma, prima metti il mio numero su quell’annuncio sapendo che sono in vacanza e poi, dopo avermi assicurato che nessuno mi disturberà, mi chiama uno e mi dice che hai il telefono spento? Ti sembra normale?” .

Alle mie spalle, Marco annuì vigorosamente, facendo qualche passo avanti. Non avevamo più parlato di quella telefonata, ma ogni volta che si accennava solamente a quell’episodio, sembrava preoccupato.

La mia gemella mi guardò come se fossi impazzita. Scosse rigorosamente il capo e incrociò le braccia. “Io non ho mai spento il cellulare se non di notte in questi giorni e non ho mai ricevuto nessun messaggio in segreteria” disse risoluta, con un tono quasi tagliente.

“Ma quel tipo mi ha detto così” dissi per difendermi.

“E’ ovvio che quel tipo mentiva, fai due più due, Luna: ti conosce già ed è ovvio che ha preferito aggraziarsi te” s’intromise Marco, stranamente serio.

Mi voltai per guardarlo quasi sconvolta da tutta quella perspicacia mista a un po’ di cattiveria.

“Dai, che dici, insomma, può darsi che Stella non aveva campo e basta…” provai, e ringraziai Victoria che ci interruppe con una delle sue stramberie, ponendo fine a quella conversazione un po’ sciocca.

Insisté per farmi vedere un nuovo vestito che si era comprata, e poi tornammo in salotto dove potei salutare per bene la zia e Miriam.

Quest’ultima era tutta sorridente vista l’imminente vacanza in Grecia che l’aspettava con alcune compagne dell’ex classe del liceo.

Marco se ne andò poco dopo, dicendo che aveva bisogno di riposarsi dopo il viaggio, e la serata passò tranquilla come una normale sera di fine luglio, a parte i dettagliati particolari di zia Kitty su tutti i sintomi che la gravidanza le stava portando. Non osai immaginare cosa avrebbe iniziato a raccontare quando si sarebbe avvicinata al nono mese!

 

 

La mattina dopo, mentre facevo colazione, notai che Stella mi fissava con intensità dalla sua tazza di caffèlatte e ogni tanto accennava un sorriso.

“Che c’è?” le domandai dopo un po’, stanca di tutte quelle occhiate.

Ridacchiò, e dopo aver finito di bere tranquillamente il tutto, disse: “Si vede lontano un miglio che tu e Marco vi siete finalmente dati una mossa”.

Arrossii di botto, girando lo sguardo.

“Eddai, non fare la timida! Mi fa piacere, insomma, se Marco è bravo almeno la metà di suo fratello…”.

“Stella!!!” la rimproverai, sentendomi le orecchie andare a fuoco.  Ci mancava solo che iniziassimo a fare paragoni…

“Uffa, pensavo che ti saresti smossa un po’, e invece fai sempre la monaca anche dopo averlo fatto… Ma io ti ho capito, sai? Ora fai tutta la santarellina, ma ti basta appartarti con il tuo Marco per perdere ogni inibizione” mi provocò maliziosa, mentre si alzava per posare la tazza nel lavandino.

Inibisione? What does it mean?” domandò una Vic ancora assonnata mentre faceva il suo trionfale ingresso in cucina, con indosso una camicia da notte azzurra fin troppo corta, camminando come se stesse su una passerella.

Stella la guardò come se avesse parlato cinese.

“Ti ho regalato un dizionario, Vic, dopo vai lì e lo cerchi. E poi è “Inibizione” con la z, non con la s” risposi, lanciando ancora delle occhiate di fuoco a mia sorella.

“Ok, perfect. Sorry, but I can’t speak immediately Italian when I wake up, I need at least thirty minutes” mormorò sbadigliando.

“Ok, it’s fine, so she can’t understand you in her ignorance” risposi malevola, indicando Stella e alzandomi.

“Ma che cavolo le hai detto?”.

“Non è colpa mia se capisci solo l’italiano e il puttanesco” dichiarai, sorridendo sarcastica e uscendo, lasciandola immobile e offesa.

Non sapevo perché me l’ero presa così tanto ad essere onesti, e decisi di chiarire con lei proprio quando la vidi uscire di casa mezz’ora dopo, sbattendo la porta.

“Perché avete litigato?” domandò Vic, affacciandosi dalla cucina.

“Vedo che la mezz’ora è passata” ironizzai. “Comunque, le solite cose, ha iniziato a dire che faccio la finta santarellina solo perché non sono esplicita come lei quando parlo di sesso”.

“Oh. A proposito, hai usato il completino?” domandò, con gli occhi castani accesi di curiosità riferendosi al completo di Victoria Secret che mi aveva regalato.

Sorrisi al ricordo del momento in cui lo avevo indossato… Mi sembrava quasi di sentire ancora su di me la brezza che c’era il riva al lago, il sapore delle ciliegie che avevamo mangiato, il profumo del dopobarba di Marco…

“Si, grazie, è stato fondamentale durante la mia… Seconda volta” ammisi. Constatai che parlarne con Vic non mi metteva assolutamente in imbarazzo, probabilmente era Stella che mi metteva a disagio con il suo essere così sfacciata.

I’m so glad” disse, facendomi l’occhiolino.

Stavo per ribattere quando squillò il telefono di casa. “Vado io” dissi, e prendendo il cordless, vidi che era il numero di casa di mamma e papà.

“Mamma!” dissi subito, quando dall’altra parte ci sarebbe potuto essere anche mio padre.

“Tesoro, come stai? Com’è andata  la settimana in Abruzzo?” disse lei. Per fortuna ci avevo azzeccato!

“Bene, grazie… Tu, come stai? Il fratellino che dice?” domandai, sorridendo chissà al perché come ogni volta che ormai pensavo al fatto che tra qualche mese io e Stella non saremmo più state “figlie uniche”.

“Va tutto bene, tra due settimane devo andare dal dottore per l’ecografia. Comunque, ti ho chiamato per dirti di accedere alla tua casella e-mail al più presto”.

“Perché?”.

“Vedrai!”.

Parlammo un altro po’, poi mi passò papà e mi salutarono perché dovevano uscire, dicendomi di salutare loro Stella, Marco, Mario e Vic.

Così mi avviai nella mia stanza, accesi il portatile e, una volta aperta la mia casella e-mail vidi un messaggio di mamma. L’aprii e… Restai sbalordita.

Ero davvero io la ragazza che guardava verso l’obiettivo in un modo che sembrava quasi esperto, quella che in ogni foto indossava un costume diverso? Avevano usato Photoshop, non era possibile, le foto erano state di sicuro modificate, e non solo perché sotto ogni foto c’era il nome della linea e il titolo del costume…

In alcune ero seria, in altre sorridevo, e mi venne da ridere pensando che tutto quel buon umore era dovuto a quello scemo del mio ragazzo che si era messo a fare il deficiente per farmi sorridere.

Alla fine, c’era un messaggio di mamma. “La settimana prossima ti vedrà tutta Firenze e dintorni, contenta?”.

Sospirai. “Vic, vieni a vedere!” la chiamai.

Non mi rispose, così, domandomi dove fosse, andai in cucina e non la trovai. Alla fine la trovai fuori al balcone, mentre parlava al cellulare in americano stretto, tanto che non riuscivo a capire un’acca. Sembrava infastidita, arrabbiata… E quella telefonata probabilmente fu la causa del malumore che la caratterizzò nei giorni seguenti, anche se si rifiutò di spiegarmi cosa fosse successo.

 

Nei giorni che seguirono, come previsto, oltre ad una Vic musona, mi ritrovai impegnata tra vari impegni familiari e a stento avevo il tempo di uscire un po’ con Marco la sera.

Io e Stella alla fine ci eravamo chiarite e lei mi aveva promesso che non sarebbe mai stata così sfacciata, anche se aveva ribadito che ero troppo bambina quando facevo così.

Restava il fatto che, miracolosamente, il primo agosto riuscii ad avere casa libera visto che Vic aveva da fare e Stella sarebbe uscita con Mario.

Stasera vieni da me,verso le otto, c’è casa libera! ;-) avevo scritto a Marco in un sms, e così subito mi fiondai in cucina per preparare una cena decente e decorai il tutto con alcune candele profumate come nostro solito, in modo che queste, poggiate per terra, tracciassero percorso che ci avrebbe condotti nella mia stanza.

Verso le sei il mio cellulare squillò numerose volte, rivelandomi delle chiamate da parte di Stella che però, appena rispondevo, non si faceva sentire e staccava la telefonata.

Scocciata, spensi sia il cellulare e staccai il telefono di casa per starmene in pace onde non essere disturbata quando sarebbe arrivato Marco.

Indossai un semplice abito nero volutamente corto e aderente, alzai i capelli in una pettinatura semplice e mi truccai un po’, e quando alle sette e mezzo suonarono al citofono mi sentii emozionata, quasi come se fosse il nostro primo appuntamento. Il solo pensiero di poterlo riabbracciare, averlo tutto per me e perderci con le nostre sane risate mi mandava in extasy.

Era strano che si fosse anticipato e che suonasse il citofono visto che aveva una copia delle mie chiavi, ma non vi badai più di tanto.

Restai vicino la porta, e appena suonarono la aprii con uno scatto deciso.

“Amoo…”.

Le parole mi si bloccarono in gola. Quello davanti a me, il ragazzo con i capelli castani un lunghi e un’aria quasi da bad boy non era lui, assolutamente.

Mi guardò confuso e sorrise.

“Immagino stessi aspettando il tuo ragazzo, mi dispiace deluderti ma tua sorella Stella mi ha detto di dirti che lui ha chiamato lei visto che non riusciva a rintracciarti per dirti che non poteva venire stasera e anche lei non è riuscita a contattarti per dirti della mia visita” disse rapidamente, in un modo che mi confuse ancora di più.

“Scusa, ma tu chi sei?!” domandai.

“Tommaso di Maio, quello della telefonata, non so se ricordi… Tua sorella ha detto che stasera potevo venire a visitare l’appartamento, cioè, la stanza” rispose lui, porgendomi la mano con cordialità. “Possibile che non ti ricordi di me?”.

“Scusami se non conosco a memoria tutta la gente dell’università…” ribattei seccata. Ma che diavolo voleva quel tipo? Era troppo insistente,  nemmeno fosse stato un VIP che pretendeva di essere riconosciuto e acclamato ovunque!

“Ma è diverso, mi hai aiutato all’esame, dovresti conoscermi per poi pretendere qualcosa in cambio” ribattè ironico, sorridendo e rivelando una dentatura bianchissima.

“Ok, perfetto, quindi ora ti chiedo in cambio di sparire e tornare domani quando ci sarà mia sorella, ok? E’ lei che si occupa di questa faccenda, io non saprei cosa fare e devo contattare il mio ragazzo per vedere cos’è successo” cercai di liquidarlo, infischiandomene di risultare troppo maleducata. Da quand’era che non ero così acida? Da una delle ultime litigate con Marco prima che ci mettessimo insieme, probabilmente, o dalla litigata con Paola. 

“Cosa? Ma domani non posso, per favore, devo solo vedere la stanza, tutto qui, e domani parlerò con lei…” mi supplicò, impedendomi di chiudere la porta e varcando la soglia senza permesso. Il suo sguardo si soffermò curiosamente sul percorso tracciato dalle candele.

“Domani non puoi? Di certo non perché devi studiare, sappi che non ti aiuterò in futuro con gli esami, ho deciso di imparare a vedere prima chi è che mi chiede aiuto prima di aiutarli” dissi.

“Ok, ok… Scusami, non volevo essere maleducato, sul serio…”.

Sbuffai, facendogli vedere la stanza e prendendo mentalmente nota di dire a Stella di trovare una scusa per dirgli che non poteva venire a vivere da noi. Ci mancava solo uno come lui in casa dopo Vic ed eravamo a posto!

 

 

*°*°*°*°

Ciao!

Non so quanti di voi hanno letto l’avviso che pubblicai su Facebook sul fatto che avevo deciso di non pubblicare più fino a giugno, ma riflettendoci, grazie alla febbre sono rimasta a casa in questi giorni e oggi mi sono decisa a finire questo capitolo in modo da avere anche un pretesto per far sapere la mia decisione anche a chi non mi ha tra i contatti di facebook, non sarebbe stato giusto lasciarvi senza capitolo fino a giugno senza farvi conoscere la motivazione.  Già all’inizio avevo detto che avrei pubblicato solo il prologo come “promessa” e che l’avrei continuato in seguito, poi non so come sono riuscita a pubblicare altri cap ma ora purtroppo mi ritrovo a dover prendermi una pausa fino a giugno visti gli impegni scolastici e quelli che mi porta il corso di teatro. Non riuscirei a dare il meglio di me e questo non mi piace per cui vi chiedo di pazientare un po’ per un mese prima di scoprire cosa succederà, anche perché ora la storia inizia ad entrare nel vivo.

Per ulteriori informazioni, vi lascio l’indirizzo del mio blog: http://milly92.splinder.com/

 

Comunque, ringrazio di cuore piccola stella senza cielo e lady_free per aver votato questa storia nel concorso e chiara84 per aver votato “Dillo Alla Luna”. Grazie ragazze, non sapete quanto mi abbia fatto piacere vedere i vostri voti! ^^

 

Ora, passando alle recensioni:

Red76: Carissima, ammetto di non essere stata rapidissima ad aggiornare e nemmeno a commentare la tua storia, però, come si dice, meglio tardi che mai xD Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^^ Un bacione!

pometina94: Ciao cara! Inizio col dirti che se fossi una strega scriverei tutto con un colpo di bacchetta, aggiornerei ogni dodici ore e andrei alla scuola di Hogwarts che di sicuro è molto meglio del mio liceo U_U xD xD Anche tu fan di Harry Potter? (lo domando vista la citazione riguardo l’Amortentia ^^). In effetti Tommaso non lascerà le cose tranquille, si si, ma credimi se ti dico che in seguito non sarà poi così male da accettare (non ci credo nemmeno io ma è così xD). Mi fa piacere sapere che il cap ti aiutato a superare il trauma dovuto al rientro a scuola *___* E che la scena tra i due ti abbia fatto commuovere, così sei tu che fai commuovere me però ^^  Ti ringrazio per i complimenti, infinitamente… Inizi ad avere qualche teoria su Vic? Sono curiosa,anche se per ora gli elementi su cui lavorare sono vaghi =) Un bacione! ^^

alina 95: Grazie mille tesoro, sono contenta che la foto di Deb e le altre ti piaccia ^^ Ovviamente Tommaso renderà geloso Marco, anzi, già lo è xD ma vedremo meglio gli sviluppi… Un bacione e ancora grazie! ^^

CriCri88: Ti ringrazio cara, sono contenta che la scena ti sia piaciuta, in effetti il rating arancione era indispensabile anche perché continuerò a farne uso durante il corso della storia xD Ammetto che Tommaso al momento incarna un po’ la mia cattiveria, sì, ma credimi se ti dico che tra qualche capitolo non sarà poi così antipatico e forse riusciremo a sopportarlo! ^^ Un bacione  e grazie come sempre!

Lola SteP: Eheh tesoro, ormai Tommaso s trova al centro dell’attenzione, ma ti dico solo che vedremo… xD Sapere che hai sbavato sulla tastiera non ha prezzo, credimi xD Sono felicissima che il cap ti sia piaciuto, e per quanto riguarda gli impegni non sai quanto ti capisco! =( Un bacione, tvttttttttttb!

 

Vi ringrazio di cuore come sempre per il vostro sostegno,e  spero che a Giugno sarete tutte qui per leggere il capitolo 6 se vi andrà! ^^ Scusatemi ancora per la mia decisione ma era necessaria purtroppo, al momento non posso rischiare di prendere qualche insufficienza.

Come sempre ricordo il mio contatto di Facebook, Mena Milly, a chi voglia aggiungermi.

 

A giugno!

La vostra milly92.

 

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Capitolo 7
*** Fly Like You Do It ***


Fly Like You Do It

Capitolo 6

Fly Like You Do It

“Martina Cristalli? Assolutamente no, la so di vista e all’Università ha la fama di una maniaca dell’igiene… Lo faccio per te, non tollererebbe le condizioni del bagno dopo che ti sei fatta doccia, shampoo e compagnia bella” dichiarai risoluta, qualche giorno dopo la “visita” di quel Tommaso di Maio. Gli avevo detto che gli avrei fatto sapere entro una settimana visto che avevamo già altre richieste, cosa assolutamente non vera…. Fino a quel momento, almeno.

Infatti, quella mattina del  cinque agosto, Stella aveva ricevuto una chiamata da parte di una studentessa del terzo anno della mia stessa facoltà che si era proposta di diventare una nostra coinquilina, ma le avevo detto di rifiutare dato che conoscevo i suoi “precedenti”.

Perciò Stella sbuffò, guardandomi come se fossi un caso clinico disperato. “Luna! Insomma, questa non va bene, Tommaso nemmeno… Dimmi tu! Non voglio perdere l’affitto di agosto!” trillò con la voce petulante che sapeva fare quando era in crisi a ccausa di shopping-astinenza.

Esitai, sapendo che quando si metteva qualcosa in testa era difficile farle cambiare idea. Guardai verso Vic, per conoscere la sua opinione visto che ormai era una di noi, e lei colse la palla al balzo per dire la sua. Quella mattina sembrava di buon’umore, cosa che ultimamente era molto insolita a dire la verità. Da quando aveva ricevuto quella lettera non faceva altro che comportarsi in un modo estremamente lunatico ed era capace di arrabbiarsi per ogni minima cosa.

“Per me dovremo dire di sì al ragazzo. It’s better!” disse entusiasta con il suo solito sorriso, battendo le mani.

“E perché mai?” domandai. Perfetto, ora ci mancava pure lei contro di me ed eravamo a posto!

“Perché ha sentito la sua voce al telefono e ne è rimasta affascinata…” rispose Stella, vittoriosa.

“No, sentite, a questo punto dì di sì a Martina, Stella” mi arresi.

“Ma perché? Cos’hai contro Tommaso?” chiese esasperata mia sorella, e Vittoria annuì fermamente. 

“Quando si parla di lui Marco fa una faccia che non mi piace” ammisi quasi con un sussurro. “Sta ancora pensando alla questione della telefonata, ritiene che non è vero che ha chiamato prima te e avevi il telefono staccato e che vuole venire qui perché già mi conosce, e non voglio dargli preoccupazioni, tutto qui. Anzi, a dirla tutta quel tipo non mi piace proprio” aggiunsi.

Dopo la famosa cena saltata, a causa del fatto che Marco era dovuto rimanere a casa di sua nonna perché non si era sentita bene, gli avevo raccontato della visita di Tommaso e del suo atteggiamento e si era dimostrato ancora più infastidito. Non mi aveva mai chiesto esplicitamente di non accettarlo come coinquilino perché sapeva che io e Stella avevamo bisogno di un affittuario al momento, ma lo avevo capito e non volevo dargli pretesti di gelosia o cose simili, ora che le cose tra noi si erano modificate con ulteriori passi avanti e tutto procedeva per il meglio.  

Stella e Vic mi scrutavano senza sapere cosa dire, poi, alla fine, la mia gemella fece un cenno affermativo con la testa. “Vado a richiamare Martina… Speriamo solo che non sia così fissata come dici!” disse, e si alzò, prima che l’abbracciassi, sollevata.

 

Martina sarebbe arrivata il giorno dopo, verso le dieci del mattino, e così ecco che insieme a Vic, Stella e Antonio sistemai la casa alla perfezione, giusto per ispirare alla nuova arrivata un senso di confortevole benvenuto, specialmente se le voci sul suo conto si fossero rivelate vere.

“Scusatemi se me ne vado, ma devo aiutare mia… Oh, non ve l’ho detto!”.

Tutte quante ci voltammo verso Antonio, ancora intente nel sistemare le ultime cose nella stanza che sarebbe diventata di Martina.

“Che cosa, Anto?” domandai.

Aveva l’espressione di chi si è dimenticato una cosa di vitale importanza, ad essere onesti.

“Non vi ho invitato alla mia festa di domani, compierò ventun’anni e mia madre ha voluto organizzare una festa a casa mia” disse, ancora stupito dalla sua mancanza di memoria. “Ci venite, vero?”.

Udendo quelle parole, mi ricordai di non aver mai saputo la sua data di nascita.

“Ma certo che ci veniamo, Antonio!” trillò Vic entusiasta, abbracciandolo e lasciandolo un po’ spiazzato.

“Infatti, non posso mancare!” esclamai, seguita a ruota da Stella.

“Perfetto! Ovviamente portate anche Marco, Mario e Martina…”.

“Certo! Oh, ci voleva una bella festa!” esclamò Stella.

Fu così che oltre all’arrivo di Martina avevamo anche il pensiero del regalo da fare ad Antonio. Ci stavo giusto meditando quando, alle dieci e un minuto, bussarono al citofono.

“Oh! E’ lei! E’ lei! Vado io, dopotutto al telefono ha parlato con me, si sentirà più rassicurata…” disse Stella agitata, correndo verso il citofono.

“Guarda che non siamo una clinica e lei non è venuta qui per ricoverarsi, perché mai dovremmo rassicurarla?!” obiettai, sospirando.

“Non capisci niente! Ehm ehm… Chi è? Oh, Martina, cara, sali!”.

Inutile dire che mi sentii nauseata, e già iniziai ad immaginarmi il continuo del comportamento mieloso di mi sorella. Cosa non si farebbe per denaro…

Dopo una breve attesa, durante la quale io me ne stavo nell’ingresso a braccia incrociate, Vic continuava a fare gli affari suoi in bagno e Stella se ne stava rigida davanti alla porta, il campanello bussò, facendo sussultare quest’ultima.

Contò a bassissima voce fino a tre, poi, dopo avermi fatto segno di accendere la luce nell’ingresso nonostante fosse pieno giorno, aprì la porta d’entrata.

“Ciao Mar..Ti…Na…”.

Evidentemente non era la coinquilina che si aspettava. Forse mia sorella si aspettava una miss? Bocchèggiò un po’, sorpresa, dopo averla squadrata per bene. La ragazza era fin troppo alta, con dei capelli un po’ crespi neri, degli occhiali enormi e indossava dei bermuda a quadretti che mettevano in risalto le sue gambe bene in carne.

“Ciao! Tu sei Stella, vero?” disse lei, sorridendo.

“Si, si, sono io, benvenuta! Entra pure…”.

Potevo risultare perfida, ma per astenermi dal ridere mi ci volle un bello sforzo. Perché diamine Stella era rimasta  così?

“Ciao, Martina, non so se ti ricordi di me, ci siamo viste qualche volta all’Università…” la salutai, mentre le facevo strada nella sua stanza.

“Si, mi ricordo, ho assistito ad un tuo esame!”  esclamò. In quell’istante mi accorsi che aveva un po’ la r moscia.

“Sul serio?”.

“Si, prendesti trenta…”.

Il solo ricordo di quel’esame mi fece aprire in un sorriso. Era il famoso esame per cui studiai con il chiodo fisso di Marco in testa dopo che era sparito dalla circolazione per stare dietro ad Elisabetta, una ragazza con cui aveva avuto una storia estiva che aveva avuto dei problemi di anoressia.

“Ah, ricordo,era febbraio. Comunque ecco la stanza” dichiarai, quando ci trovammo sulla soglia della camera.

Martina squadrò tutto per bene, poi fece un cenno soddisfatto.

“E’ molto graziosa!”.

“Oh, che bello che ti piaccia…” bofonchiò Stella alle nostre spalle.

Martina le sorrise e la lasciammo da sola mentre sistemava la sua roba.

 

Quel giorno, a pranzo, fu strano stare  seduta a tavola con Vic e Martina. Le due avevano subito fatto amicizia dato che ovviamente la nostra americana non poteva non esibire il suo entusiasmo nei confronti della nuova arrivata. Il momento più esilarante, almeno per me, dato che Stella lo riteneva naturale, fu quello in cui annunciammo a Martina che era stata invitata alla festa di Antonio e Vic subito si offrì disponibile per aiutarla a darsi una sistematina per sembrare più elegante e adatta ad una festicciola.

“Vic, credo tu sappia che l’Italia è un paese libero, vero? Ragion per cui non puoi imporre alla gente come vestirsi” m’infervorai, mentre fingevo di essere impegnata nel riempirmi il bicchiere d’acqua.

La diretta interessata abbozzò un sorriso timido dopo aver mascherato una prima espressione di disagio. “Ma no, anzi, grazie, io non sono mai stata brava con vestiti e trucco…”.

Inutile descrivere l’espressione di Stella, in stile “Non avevo dubbi”.

 

“You belong to me, I belong to you, fire from my heart, burning just for you. When you're far away I'm in love with you, feeling that so high… What can I do…”.

Le note di “Fly like You do it” riempivano chiassosamente i miei timpani mentre bevevo un po’ di birra accanto al tavolo del buffet, alla festa di Antonio. Davanti a me c’erano decine di persone che si scatenavano in quel soggiorno che ormai fungeva da pista da ballo e il festeggiato parlava con un gruppo di ragazze che non avevo mai visto prima.

Io e Stella ci eravamo recate alla festa prima di Vic e Martina dato che secondo l’americana le occorreva un po’ di tempo in più per “aggiustare” l’amica e al momento io e mia sorella aspettavamo la venuta di Marco e Mario.

“Se penso che mesi fa mi piaceva Antonio…” borbottò mia sorella, squadrando il diretto interessato nel suo completo fatto di pantaloni neri e camicia blu.

La guardai interrogativa e lei scrollò le spalle. “Niente, così, non capisco come facesse a piacermi!” ammise.

“Se non lo sai tu” commentai, bevendo un altro sorso. “Io più che altro penso ai vari casini che ci sono stati quando gli interessavo…” aggiunsi, pensierosa. Le settimane in cui avevo scoperto che fosse interessato a me e quelle in cui Paola lo accusava di pensarmi ancora dopo la loro rottura sembravano remote per me. E’ proprio vero, quando ci si innamora si perde la cognizione di molte cose e a furia di pensare al soggetto dei propri pensieri si tende a dimenticare questioni che prima si trovavano al centro dei nostri pensieri.

Persa nei ricordi per qualche istante, a stento sentii delle braccia forti cingermi la vita.

“L’ospite della serata è qui!” sussurrò al mio orecchio la voce del mio ragazzo.

Sorrisi entusiasta al solo pensiero di poter passare la serata con lui, dato che io, anzi, i miei ormoni, non avevano digerito quella piccola buca che mi aveva dato anche se per motivi serissimi, per carità.

Così mi girai verso Marco, circondandogli il collo con le braccia e stringendolo a me.

“E’ proprio vero che le persone importanti si fanno attendere” dichiarai, mentre al nostro lato destro Stella e Mario discutevano a bassa voce, chissà perché, poi. Ultimamente non facevano altro che battibeccare!

“Così mi fa emozionare, signorina Solari” ironizzò, tuttavia non volendo accennare a diminuire la presa attorno ai miei fianchi, fissandomi intensamente.

“E’ lei che mi fa emozionare tutte le volte che mi guarda così, signor Valenti” ribattei, trovando chissà dove la concentrazione necessaria per articolare quella risposta dato che se fosse stato per me gli sarei letteralmente saltata addosso. Un normale sintomo da astinenza, tutto qui.

Senza che riuscissi ad aggiungere qualsiasi altra cosa, mi ritrovai nel mezzo di un bacio passionale. Sentivo le mani di Marco sulla mia schiena, il profumo inebriante del suo dopobarba, le sue labbra calde e soffici che avevano imparato a modellarsi perfettamente sulle mie…

Probabilmente mezza sala ci stava guardando, ma onestamente non avevo né la minima intenzione né la forza per oppormi a quello stato paradisiaco.

Quando ci separammo, un audace Marco mi prese per mano- mentre tutti si giravano la loro testa altrove per non far vedere che ci stessero guardando- e si avvicinò di nuovo al mio orecchio per sussurrarmi: “Voglio stare un po’ da solo con te”.

Quella fu la frase che mi fece arrivare al limite, facendomi battere il cuore all’impazzata mentre un improvviso calore iniziava a propagarsi in tutto il mio corpo. Non so come, ma in pochi secondi mi ritrovai fuori dall’appartamento di Antonio, ancora mano nella mano con il mio ragazzo.

“Dove…?” domandai.

“Seguimi.. So che non sarà romantico ma di certo non possiamo usufruire della camera del festeggiato” sussurrò.

Lo guardavo senza capire, domandami cosa diavolo avesse in mente, ma decisi di non fare domande quando mi fece segno di entrare nella sua auto.

“E’ tutta colpa tua, Luna, non dovevi indossare un vestito così eccitante stasera” disse all’improvviso, guardandomi maliziosamente con la coda dell’occhio mentre guidava.

“Marco! Ma posso capire che cosa hai in mente….?”. Mi spiego, sapevo cosa avesse in mente, era lo stesso che avevo io, ovvio, che comprendeva noi due appartati in qualche parte in santa pace impegnati in attività molto più che ludiche ma non sapevo precisamente dove avesse in mente di andare, quale luogo avesse scelto come location della nostra fuga.

Marco non mi rispose subito, non prima di fermare la sua auto in posto desolato e scuro.

“Lo capirai subito…” mormorò ad un centimetro dalle mie labbra, iniziandomi a baciare il collo con una bella dose di frenesia allo stato puro che mi fece andare subito su di giri. In realtà, dato che in quelle situazioni il mio cervello ci impiegava sempre un bel po’ per comprendere, capii a cosa si riferisse quando, con un unico scatto mentre era passato a baciarmi le labbra, fece abbassare totalmente il sediolino dell’auto, facendo sì che si ritrovasse su di me mentre cercava la cerniera del vestito blu che indossavo.

Facendo, con difficoltà, due più due, mi bloccai e spalancai la bocca.

“Cosa?? Tu vuoi fare l’amore con me in auto?!” sbottai, quasi indignata.

Lui smise di affaticarsi con la cerniera e mi guardò, con un’aria logica dipinta in volto. “Beh, sì, non credevo avresti fatto storie…”.

“Ma sei impazzito?”.

“No!” disse con un tono deciso, prima di sbuffare.

Levai un sopracciglio, quasi come per invitarlo ad esprimersi meglio.

“Insomma, in Abruzzo non ti sei mai fatta problemi a farlo in riva al lago, per terra, nella doccia… Sul tavolo da cucina…” e qui mi guardò proprio per sottolineare il tutto, “Quindi perché ora dovresti prendertela? L’importante non è dove ma con chi, no?”.

“Ma che c’entra! In auto è una cosa da…”.

“Da cosa?” mi  sfidò.

“Mi sentirei una …”.

“Oh, Luna!” mi interruppe, disperato. “Insomma, credevo che questa situazione ci avrebbe aiutato a raggiungere una maggiore intimità, e poi secondo me sarebbe sul serio eccitante…” aggiunse, e così dicendo fece salire la sua mano, fino a farla salire casualmente fino al mio seno.

Non poteva farmi questo no. Non poteva farmi ricordare tutti i nostri momenti più intimi aggiungendo parole come “eccitante” e per di più sfiorando il mio corpo con un tocco che di innocente non aveva assolutamente nulla.

Non dovevo lasciarmi convincere così, diamine! Non subito, almeno.

Chiusi gli occhi, per cercare di non lasciarmi prendere dal suo tocco, e dissi: “Accetterò solo se sarai sincero con me. Quante te ne sei portate in auto?!”.

“Una, due anni fa. Apprezzi la sincerità?” disse a bruciapelo, guardandomi con aria di sfida.

Esitai, incerta su cosa fare. Il solo pensiero del fatto che si fosse trovato in quella situazione già con un’altra mi faceva salire la rabbia e la gelosia a mille, ma dovevo apprezzare la sua sincerità. Dopotutto, quante volte era andato a letto con altre su un vero e proprio letto? Era la stessa cosa, e di certo non pensavo a ciò quando ci trovavamo in posti più normali.

“Allora? Dimmelo se non hai intenzion…” iniziò, ma non ne ebbe il tempo perché l’avevo attirato verso di me e avevo condotto le sue mani su entrambi i miei seni dato che aveva mollato la presa per mezzo minuto.

“Luna, cosa…?”.

“Zitto che altrimenti ci ripenso” sussurrai, cercando di non badare alla scomodità del posto.

Avevo troppa voglia di lui, inutile negarlo, così mi lasciai andare, anche perché non mi ci volle molto.

Era come se dentro di me fosse scoppiato un enorme incendio, avevo caldo ma non potevo fare a meno di sentire la pelle nuda di Marco contro la mia. Il “Burning just for you” della canzone che stavo ascoltando prima alla festa era azzeccatissimo, mi venne da pensare. Stavo bruciando letteralmente solo per lui, il mio lui che adoravo e amavo alla follia.

Il solo sentire la sua pelle a contatto con la mia e le sue mani che sapevano come farmi impazzire mi mandavano in extasy, e fu così che ci lasciammo andare in preda al piacere e alla voglia di essere un tutt’uno il più possibile.

 

Quando tornammo alla festa di Antonio, un’ora e quaranta minuti dopo- un po’ trafelati e vestiti alla bell’è meglio- vi trovammo letteralmente il caos.

Nel momento in cui entrammo nel soggiorno, quasi non fummo travolti da Martina che correva verso l’ingresso, con indosso un abito nero molto largo, lasciandosi alle spalle mia sorella e Mario che si guardavano infuriati.

Il tutto fu accompagnato dal tonfo pesante della porta d’ingresso che veniva chiusa con una particolare forza e da Antonio che irrompeva nella stanza, uscendo da una delle camere con una ragazza mora particolarmente aggraziata e vestita in modo molto disinibito.

“Che succede?” mi domandò subito, quasi come se fossi io la colpevole, evidentemente infastidito la l’interruzione.

“Vorrei saperlo anch’io” dissi. Almeno non si era accorto della nostra assenza, pensai. “Chiedilo a Stella!”.

La chiamata in causa si voltò di scatto. “Fatevi gli affari vostri! Vieni, Mario, andiamo, togliamo il disturbo così parliamo in pace!” strillò, prendendo per il polso il suo ragazzo e lasciandoci, così, a corto di informazioni.

 

Martina non si fece viva. Anzi, mi correggo: quando tornai a casa, all’una passata, di Martina non c’era più traccia. Non c’erano più le sue cose nella stanza che aveva affittato e Vic disse che quando era rincasata, mezz’ora prima di me, già se ne era andata.

“Scommetto che Stella l’ha offesa di brutto!” sbottai, seduta in soggiorno, rivolta a Vic e a Marco, quella stessa notte. “E’ da quando è venuta che non fa che guardarla come se fosse un mostro…”.

“Luna! Per favore, mcredi che Stella sia così insensibile?!” mi riprese Marco bonariamente, scuotendo il capo.

Non risposi, sentendomi decisamente stupida. Mia sorella non poteva essere così cattiva, dai.

La speranza di saperne qualcosa in più si ampliò quando sentii le chiavi nella toppa e la voce di Stella.

“Come credevo, ecco di qui la Corte D’Assise” ci accolse lei, posando la borsa con nonchalance sul divano, entrando nella sala. Alle sue spalle, Mario esibiva un’aria un bel po’ sbattuta.

“Stella, cos…?”.

“Zitta di Luna, fammi parl…”.

“Martina se ne è andata, non ci sono più le sue valige, ti rendi conto?!”.

Stella sbuffò, mettendosi le mani ai fianchi, prima di guardare verso il povero Mario.

“Fammi parlare, cavolo, Luna! Stasera ho scoperto che Martina non è nient’altro che una delle ex di Mario” disse, infastidita.

Aggrottai le sopracciglia, mentre Marco guardava confuso il fratello e Victoria emetteva un’acuta risatina.

“No, fratello, ora mi spieghi… Io non so niente di questa ex? Me la ricorderei, giuro” domandò Marco, cercando di non ridere per la situazione che si era creata.

Mario emise un verso di impazienza prima di sedersi con fare rassegnato su uno dei divani. “Idiota, dovresti ricordare che qualche anno fa stavo con una di nome Martina che non ti ho mai fatto consocere…”.

Marco ci meditò su. “Oh, si! Ricordo! Quella dell’Orientale! Ora capisco perché non me l’hai presentata, uno standard così alto, irraggiungibile direi…”.

Zittii la sua presa in giro con una gomitata e Mario mi guardò grato. “Dicevo” continuò, “Le cose tra noi non sono andate bene e ci siamo lasciati in un modo un po’ traumatico…”.

“Forse perché l’ha mollata subito dopo esserci andato a letto. Ma dico io!” sbottò Stella.

Annuii, guardando Mario, quello che per me era sempre stato come un santo da venerare, in un modo incredulo. “Mario! Stella ha ragione!Ma dico io, come si può?! Lasciare una subito dopo esserci andato a letto…”.

Stella mi guardò come se fossi pazza. “Guarda che io intendevo dire… Come cavolo ha fatto a andare a letto con quella?! Gli hai messo una busta in faccia?!”.

Tutti, Mario compreso, scoppiammo a ridere senza sosta, anche se non era giusto giudicare così Martina a causa del suo aspetto fisico.

“Comunque, appena lei ha scoperto che lui stava con me e l’ha visto si è pietrificata, ha detto qualche frase che non ho capito ed è fuggita via!” continuò Stella.

“Oh, Stella, smettila di fare tante storie, e poi qualche tempo fa era molto meglio…” disse dopo un po’ Mario.

Stella storse il naso. “Se quelli sono i tuoi standard, ora stai con una dea” dichiarò, togliendosi una ciocca di capelli da sopra la spalla con eleganza.

Di tutta quella situazione io non ci capivo più nulla ad essere onesti. Avevamo fatto tanto per trovare una coinquilina e alla fine tutto era andato in fumo di nuovo.

Stella parve leggermi nel pensiero perché all’improvviso si ridestò e disse: “Comunque, resta il fatto che siamo di nuovo senza coinquilino”.

Sospirai. “Lasciamo perdere tutto, Stella, e troviamoci un lavoro” dissi decisa. Quella situazione mi stava sfinendo e con l’inizio delle lezioni all’Università non avrei avuto tempo da perdere con tutti problemi che sembrava causare la presenza di un’altra persona in casa dopo Vic.

“No, assolutamente no! Girls, chiamate Tommaso!” disse Vic, entrando per la prima volta nella conversazione.

“Vic, non avrai mica una cotta per questo tipo?!” sbottai.

“Come sei noiosa! Insomma, voi cercate anche il lavoro ma comunque fate venire anche Tommaso così guadagnate di più… Così mi farà compagnia quando voi lavorerete” ci implorò, pregando le mani in segno di preghiera e facendo gli occhi da cucciola indifesa.

“A questo punto assumi in baby-sitter, cara” ribattei acidamente. Quell’idea era assurda, decisamente.

“Luna ha ragione, ragazze, l’esempio di Martina vi ha fatto capire che è meglio non avere nuove persone in casa…” mi sostenne Marco, ragion per cui lo guardai amorevolmente per ringraziarlo.

Vic si alzò, guardandolo torva. “Tu sei solo jelous!  Non vuoi che in casa c’è

un altro maschio! You’re so selfish!” sbottò infuriata.

Al momento un manicomio faceva un baffo alla nostra casa, ad essere onesti.

“Che significa l’ultima frase?!” domandò Marco voltandosi verso di me.

“Che sei egoista” risposi.

“Eh?!”. Marcò si alzò a sua volta e fronteggiò Vic arrabbiato. “Io non sono egoista! Penso solo al bene per voi tre ora che siete da sole e loro due hanno i genitori lontani…”.

A quelle parole, Vic sembrò bloccarsi. Si irrigidì, i suoi occhi divennero lucidi e il suo labbro inferiore iniziò a tremare. “Ah, solo loro hanno i genitori lontani! La verità è che ovviamente qui you care only for them! Nobody cares about me, never!” e così dicendo se ne andò nella sua stanza, imitando quasi Martina versione furia.

Tutti fissavano il punto in cui era scomparsa, sbigottiti, e poi fissavano me.

“Ha detto che nessuno se ne frega di lei” dissi a mezza voce, sapendo che mi avrebbero chiesto di fare da traduttore.

E poi, non so come, improvvisamente tutto prese senso. La sua solitudine, il suo venire qui dall’America… Perché l’aveva fatto? Non sapevo nulla della sua vita prima di venire in Italia e probabilmente il suo eccessivo affetto verso anche chi conosceva da poco non era altro che dimostrazione di una mancanza di “coccole” da parte di qualcuno.

Io avevo Marco, Stella aveva Mario, ed era ovvio che trovandosi in una nuova città per l’ennesima volta, Vic non desiderasse altro  che un po’ di compagnia in più dato che non conosceva nessuno. Poco importava che conoscesse Tommaso solo telefonicamente… Se tutto ciò fosse servito a tirarla su e a farle compagnia quando noi eravamo impegnato, andava bene.

“Dobbiamo dare retta a Vic. Chiamiamo Tommaso e facciamogli firmare il contratto d’affitto” sospirai, tra le occhiate sbalordite di mia sorella e i due ragazzi, prima di andare da Vic per annunciarle la bella notizia.

 

***********

Spero che vedendo l’aggiornamento non vi abbia preso un colpo! xD

Ironia a parte, inizio scusandomi per l’enorme ritardo. So di non avere chissà quali giustificazioni, è estate, ma ho finito la scuola il 12 giugno e per qualche giorno ero ancora sotto shock e non avevo voglia di fare nulla a causa delle nottate fatte a studiare, poi ci si sono messi i preparativi per la festa per i miei 18 anni… Ora che è tutto finito e che mi hanno regalato un notebook con cui posso scrivere in tutta comodità sarò molto più rapida, promesso. Ah, ed ora che sono maggiorenne, stavo pensando di scrivere una one shot rossa circa la prima volta di Marco e Luna XD

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbia compensato la mia assenza. Dal prossimo cap in poi, le cose si faranno decisamente serie, gente! Iniziate  a tremare XD

Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno recensito lo scorso cap e tutti coloro che mi lasceranno un commento nonostante il ritardo.

 

SE VI VA DI LEGGERE QUALCHE ALTRA MIA STORIA:

Tra Ieri e Oggi, Storia Dei Miei Primi Due Amori (Originali-Romantico)

Hermione Vs Le Situazioni Sentimentali E Le Leggi Di Facebook (Harry Potter)

Grazie tutti, mi siete mancati tantissimo!

La vostra milly92.

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Capitolo 8
*** Cammina Nel Sole ***


7

Capitolo 7

Cammina Nel Sole



Entrai nella stanza di Vic, chiusi la porta alle mie spalle e restai in attesa a fissarla, cercando di decifrare la sua espressione. Se ne stava seduta a gambe incrociate sul letto , con lo sguardo perso nel vuoto e con i pugni serrati.

“Vic, ascoltami solo un secondo” dissi. Non si girò, non fece nulla, come se non fossi presente. Sbuffai. “Bel modo di ringraziarmi visto che sto per telefonare a quel Tommaso Di Maio per dirgli che può venire a vivere qui” dissi acida.

Attesi per un’altra manciata di secondi che dicesse qualcosa, ma invano, così riaprii la porta e feci per andarmene quando udii un flebile: “Grazie, Luna”.

Non mi voltai, non volevo metterla in soggezione nel caso avesse iniziato a piangere visto che la sua voce tremava un po’, e scelsi come compromesso l’agitare la mano come a dire che avevo recepito il messaggio.

 

 

Due giorni dopo, il faccino strafottente di quel Tommaso irruppe in casa nostra di nuovo, ma questa volta definitivamente.

“Sono certo che ci divertiremo insieme!” fu la prima cosa che disse, guadagnandosi una mia occhiataccia.  I suoi occhi castani erano euforici, e si posarono su di me.

“Guarda che non sei qui per dei pigiama party” lo ripresi, ma la mia voce fu sovrastata da quella stridula di Vic che diceva: “Si, lo credo anch’io! Piacere, io sono Victoria, ma puoi chiamarmi Vic!”.

Le era passato tutto, a quanto pareva. Non aveva voluto più parlare della crisi che le era presa e improvvisamente era tornata la solita ragazza espansiva e sorridente di sempre, come se non fosse accaduto nulla.

Tommaso la guardò con tanto d’occhi, soffermandosi sulle sue lunghe gambe scoperte a causa della minigonna, prima di sorriderle e presentarsi.

“Vieni, ti mostro la tua camera e ti aiuto a sistemare le tue cose” continuò l’americana cordiale, guadagnandosi un’altra delle mie occhiate torve. A me e Stella non dava mai una mano con le faccende domestiche, ed ora eccola lì che si dilettava come facchina con il nostro nuovo coinquilino.

Stella ridacchiò, scrollando le spalle come a dire “Cosa vuoi farci”.

Sospirai. Era ovvio che mia sorella fosse così di buon umore: aveva raggiunto il suo obiettivo, quello di affittare una delle nostre stanze.

“Ricorda che l’affitto non ci basta, quindi dobbiamo trovarci un nuovo lavoro entrambe” le tenni presente, e mi fiondai dietro il tavolo della cucina per leggere gli annunci dietro il giornale.

“In realtà  non ne abbiamo bisogno, specialmente tu” mormorò Stella, un po’ più rabbuiata, sedendosi di fronte a me.

“E perché? I soldi che mi hanno dato per fare da modella non mi basteranno di certo per sempre…”.

“Ecco, diciamo che hai toppato. Mamma mi ha detto che vuole chiederti di fare da modella per il negozio che sta aprendo qui e vuole che io faccia da commessa visto che prima lavoravo in un negozio di abbigliamento” spiegò, cercando di sorridere.

“Che cosa? Ma io non voglio continuare a fare da modella!” obiettai.

Mia sorella sbuffò e mi guardò come se fossi impazzita.

“Ma piantala, e poi ti pagano benissimo, che ti costa? Io credo che accetterò” aggiunse poi. “Se devo fare la commessa, almeno lo faccio nella boutique di mia madre… E così siamo tornate alle origini, io che lavoro per lei. Buffo no? Ma almeno tu ti sei evoluta, e da cameriera passi a modella”.

Il suo tono si sforzava di risultare ilare, ma conoscendola sapevo che non era così: negli ultimi mesi il fatto che mamma mi avesse rivalutato e mi elogiasse a tal punto di scegliermi come volto della sua linea l’aveva rabbuiata un bel po’, perché si sentiva offuscata. Stella era sempre stata una tipa abituata a stare al centro dell’attenzione e delle lodi, quindi per lei era dura vedere che la sua gemella, vissuta per sempre nell’ombra, avesse avuto una sorta di rivincita.

“Stella, io…”.

“Ti prego, accetta. Non puoi permetterti di fare la schizzinosa, abbiamo bisogno di soldi, e lavorando per nostra madre avremo degli stipendi assicurati” disse in tono definitivo, iniziando a sfogliare il giornale per celare la sua espressione.

“Ci penserò” borbottai, e mi alzai per chiamare Marco e informarlo circa gli ultimi avvenimenti.

“Stella ha ragione, devi accettare” mi disse dopo che gli ebbi spiegato tutta la situazione. “Come modella vai benissimo, lo sai…”.

“No, non lo so, so solo che per fare un servizio decente ho avuto bisogno di te che facevi il cretino e di mia sorella che mi insultava per spronami” ribattei.

“E se vuoi io sarò lì a farti da clown quando vorrai” mi rassicurò. “Però devi accettare!”.

“Ma se mamma non me lo ha ancora detto di persona!”.

“Starà aspettando il momento giusto. Comunque, che dice il nuovo coinquilino?” domandò, pronunciando le ultime due parole con un tono strano nonostante si sforzasse di risultare neutrale.

“Per ora nulla, è tra le grinfie di Vic, meno male” risposi, cercando di metterla sull’ironia.

“Ah, bene. Oggi usciamo?” chiese, cambiando argomento.

“Ma certo! Andiamo al centro commerciale?”.

“Come vuoi, ai suoi ordini, madame” rispose, e  mi sentii un po’ più rasserenata, con la prospettiva di passare il pomeriggio con il mio ragazzo.

 

Camminavamo mano nella mano, soffermandoci ogni tanto dinanzi a qualche vetrina interessante, quando qualcuno batté improvvisamente sulla mia spalla, facendomi voltare.

“Ciao, guys!” disse la voce inconfondibile di Vic.

Io e Marco ci voltammo e ce la ritrovammo davanti, rigorosamente a braccetto con un Tommaso alquanto sorridente.

“Oh, ciao” dissi.

“Ciao, Luna” fece Tommaso, prima di guardare in direzione di Marco e verso le nostre mani intrecciate. “Immagino che lui sia il tuo ragazzo…”.

“Si, lui è il suo ragazzo. Piacere, Marco” disse il mio fidanzato, sorridendo osticamente e porgendogli la mano libera.

“Piacere, Tommaso”.

“Eh si, è lui, anche perché di solito cammino mano nella mano solo con il mio ragazzo, non come certa gente che cammina a braccetto con persone conosciute da nemmeno dodici ore” dissi candidamente, guardando disinvolta verso Vic, che però non mi diede attenzione.

We had  un’ idea, io e Tommaso” disse quest’ultima, emozionata.

“Ah si?”.

“Sì! Che ne dite di andare in montagna domenica, per fare un bel pic nic? Così faremo a kind of Welcome Party for him!”.

“Sta insistendo tanto, mi sembra una buona idea, giusto per cambiare un po’ aria..” la appoggiò Tommaso, passandosi una mano tra i capelli castani un po’ lunghi e fissandomi, come se volesse convincermi con il solo sguardo.

“Cambiare aria? Ma se sei appena arrivato…” obiettai, cercando di metterla sull’ironico.

“Per me va bene” disse invece Marco, “E poi con questo caldo la montagna è perfetta”.

Vic battè le mani, entusiasta. “Bravo, Marco! You’re great!”.

“Infatti, in montagna staremo meglio, almeno per un giorno” asserì Tommaso, quasi come se fosse incredulo di trovarsi d’accordo su una cosa con il mio ragazzo.

“Allora è deciso, ok, amore?” domandò Marco, che per fortuna sembrava aver sotterrato l’ostilità nei confronti dell’ultimo arrivato, forse perché, anche se con me non voleva ammettere il fastidio che un maschio in casa mia gli avrebbe creato, si sentiva rassicurato dal fatto che Vic lo avesse rapito tra le sue grinfie.

“Ok, ok”.

Si soffermarono a parlare un altro po’ prima di continuare il giro, e poi andai a casa di Marco visto che sua madre mi aveva invitato a cena.

Al mio ritorno, alle undici passate,  me ne stavo nella mia stanza a leggere un po’ quando bussarono alla porta.

“Avanti”.

Mi ritrovai davanti il nuovo coinquilino, con indosso una canotta verde e dei pantaloncini bianchi che mi scrutava educatamente.

“Oh, Tommaso” dissi, sedendomi composta sul letto e chiudendo il libro con uno scatto.

“Ehi, scusami, disturbo?”.

“No, figurati, in estate mi addormento almeno alle due” rivelai.

“Vale lo stesso per me…”.

“Dovevi dirmi qualcosa? Ti serve qualcosa e non sai dov’è?” azzardai, cercando di trovare un motivo alla sua visita.

Scosse il capo. “No, grazie, volevo solo fare due chiacchiere con te” ammise. “Posso?” chiese, indicando la sedia delle mia scrivania.

Annuii e prese posto.

“Ah,ok, allora… Dimmi” lo spronai.

Esitò un attimo, guardandosi intorno, prima di iniziare a parlare. “Vedi, volevo solo un po’ chiarire con te… Cioè, il fatto è che mi sembra che non mi sopporti tanto e volevo solo sapere il perché visto che ci siamo appena conosciuti e non mi sembra di aver fatto niente di male” disse tutto d’un fiato, lasciandomi un po’ confusa prima di comprendere il tutto.

“Oh” feci poi. Ed ora che cavolo gli dicevo? Aveva ragione, non ci conoscevamo affatto, ragion per cui non poteva sapere che a volte mi capitava di non trovare simpatica una persona senza motivo. E come facevo a dirgli che il mio comportamento era dovuto anche un po’ a Marco, al fatto che inizialmente tendeva ad irrigidirsi quando si parlava di lui dato che credeva che si fosse offerto come coinquilino solo perché mi conosceva in precedenza?

“Vedi, Tommaso, il fatto è che a pelle non mi hai dato una buona impressione, ed io sono fatta un po’ così, pensa che fino a quasi un anno fa avevo un brutto rapporto con Stella e con Marco stesso… Poi il fatto di averti trovato alla mia porta quando aspettavo Marco…”.

“Ma c’è sempre Marco in mezzo? Cioè, voglio capire che state insieme, ma a me sembra quasi che non respiri se non te lo dice lui..!” m’interruppe Tommaso, con un’accentuata vena critica nella voce che non mi piacque affatto.

“Ma come ti permetti? Tu non mi conosci…”.

“E non ti conoscerò mai se continui a lanciarmi frecciatine in presenza sua e a parlare sempre e solo di lui!” ribattè.

Lo guardai furente, alzandomi dal letto. “E dove sta scritto che devi conoscermi per forza? Te lo ha prescritto il medico?”.

Tommaso si alzò a sua volta, guardandomi con disprezzo. “E pensare che quando ti vedevo all’Università mi ispiravi simpatia e dolcezza. Sei solo una vipera insicura che non vive senza il suo cagnolino da guardia” disse.

“Eh? Come osi?”urlai, fronteggiandolo.

“Se non sbaglio in questo paese c’è libertà di parola, o no?” sbottò, alzando ancora di più la voce per sovrastarmi.

“Ehi, che succede qui?”. Stella e Vic erano sulla soglia, in pigiama, intente nel guardare quella scenetta a bocca aperta.

“Niente, niente. Chiedilo alla tua gemellina, qui, che ha un bel po’ di problemi ad accettare qualcuno che non sia il suo fidanzatino” rispose Tommaso, e così dicendo uscì, dopo avermi lanciato un ultima occhiata che esprimeva quasi ribrezzo.

“Ma io a quello lo…”.

“Calmati, Luna!” disse Stella.

“Calmarmi? Ma non hai sentito che ha detto?”.

Nessuna delle due rispose, entrambe si scambiarono un’occhiata furtiva e dopo avermi ripetuto di calmarmi se ne andarono, lasciandomi da sola nella mia stanza.

“Fatemi capire, siete dalla sua parte?” urlai, senza ricevere una risposta per l’ennesima volta.

A stento trattenni una sorta di ringhio e battei un pugno contro il cuscino, dicendomi che quel Tommaso si sarebbe rimangiato tutto e che avrebbe dovuto portarmi rispetto dopo essersi scusato a lungo, visto che cacciarlo di casa era impossibile: Stella e Vic sembravano stare dalla sua parte e non mi avrebbero permesso di fare a meno dell’ennesimo coinquilino per un problema mio.

Poi, però, una piccola e diabolica idea prese posto nella mia mente…

 

La mattina dopo scrissi un sms a Marco, dicendogli che dovevo raccontargli un po’ di cose e che mi sarebbe piaciuto fare una piccola gita da qualche parte nei dintorni per starcene un po’ in pace, e, di buon’ora per essere estate, mi alzai dal letto, mi sistemai indossando degli shorts di jeans e un top arancio e iniziai a preparare la colazione, accendendo lo stereo a tutto volume e iniziando anche a canticchiare. Le note di “Cammina Nel Sole” di Gianluca Grignani si diffusero nella stanza, e sorrisi pensando che quella canzone faceva parte di un cd che mi aveva regalato Marco. Lui adorava Grignani come io adoravo Vasco.

“Oggi tutto va cosi'
Siamo in una slot machine
Dove e' il caso sempre a vincere
Puoi far pace con gli dei
Ma ci riesci tu con i tuoi
Dimmi un po' a farti comprendere
E ti parlo come amico
Perche' so che sai che dico
Siamo sulla stessa strada
Che anche se non ti conosco
So che sei un tipo a posto

Feci un sorriso ironico.

Non conoscevo Tommaso, ma per me di certo non era un tipo a posto. Lui, i suoi pregiudizi e la sua convinzione mi facevano venire la nausea. La mia sensazione a pelle era giusta: non lo sopportavo, e ancora riuscivo a dimenticare il tono con cui mi aveva parlato la sera prima.

“Si potrebbe… Oh”.

Mi voltai, trovandomi davanti Tommaso che se ne stava fermo sulla soglia della cucina. Che c’è, si era tagliato la lingua?

“Mi dispiace, non posso abbassare il volume se è questo che mi stavi chiedendo. La musica a tutto volume per me funziona meglio del caffè! A proposito, quanto zucchero ci vuoi nel caffè?” dissi telegraficamente, facendo un sorriso ipocrita.

Lo vidi trattenere uno sbuffo e alzare gli occhi al cielo prima di dire: “Uno e mezzo”.

“Ok…”.

Poco dopo poggiai la tazzina sul tavolo e così prese posto mentre bevevo dalla mia, all’impiedi vicino al lavandino.

Mi lanciò una strana occhiata prima di portare la tazza alla bocca e…

“Bleah!” disse schifato appena ebbe ingoiato il primo sorso. Corse vicino al lavandino per sputare ciò che ormai aveva ingerito, facendo un chiasso madornale.

“Ma lì dentro non c’era lo zucchero!” urlò.

“Sul serio? Ops, che sbadata, potrei averlo confuso con il sale… Da domani ti prepari tu la colazione, allora, nel contratto non era inclusa anche una cameriera” dissi gaiamente, allontanandomi da lui e facendo per uscire dalla stanza, soddisfatta.

Mi voltai, giusto in tempo per godermi il modo assurdo in cui mi stava guardando.

“Preparati al peggio in questa casa finchè non ti rimangerai le cazzate che ha sparato ieri sera. E ringrazia che non ho cacciato il lato più aggressivo di me!” sentenziai, guardandolo con puro odio prima di andare nella mia stanza per pettinarmi, indossare i sandali ed uscire, ignorando le proteste delle altre due per la musica ad alto volume.

Ecco il mio piano: rendergli la vita un inferno finchè non si sarebbe deciso a scusarsi o, ancora meglio, ad andarsene, visto che non potevo contare sulla collaborazione di Stella e Vic.

Ed era solo l’inizio, mi dissi, mentre mi sembrava di essere tornata indietro di mesi, alla Luna un po’ acida e fredda.

 

*°*°*°*°*°*°*°*

Ciao a tutti e buon fine luglio!

Finalmente siamo giunti alla parte un po’ più “divertente”, che sarà molto più facile da scrivere per me visto che ho già scritto tutto in testa.

La canzone del capitolo è del mio amore Gianluca Grignani, e mi piaceva l’idea di farlo diventare il cantante preferito di Marco ^^

E così questo Tommaso rompe un po’ le scatole a Luna, ma credo ci faccia riflettere un po’: non a caso nel capitolo la ragazza ha nominato Marco decine di volte. E se Tommaso avesse ragione? Luna dipende un po’ troppo da Marco ormai, non avendo i genitori che vivono con lei e quindi trovando nel suo ragazzo una figura che compensi il tutto?

E Marco come reagirà sapendo ciò che ha detto Tommaso?

Lo scopriremo nel prossimo cap!

Come sempre , grazie di cuore a coloro che leggono, inseriscono le storie tra preferiti, seguite e da ricordare e coloro che hanno recensito lo scorso capitolo:

Alina 95: Ah, Stella ormai ha fatto breccia nel cuore di tutti, incluso nel mio xD Hai ragione, Marco resta sempre un maschio, però anche Luna alla fine era d’accordo e il tutto è dovuto alla fase impetuosa e passionale che il loro rapporto sta avendo dopo tanta attesa… Sono curiosa di conoscere la sua opinione su Tommaso :P Baci!

pometina 94: Sei stata a Londra?? Non sai quanto ti invidio, mi sa che dovrò aspettare l’anno prossimo per un altro viaggio fuori dall’Italia nonostante sia ormai maggiorenne, uffi… Comunque, sono felice che nonostante gli aggiornamenti lenti continui a seguire le vicende di Luna&co, sul serio ^^ Per quanto riguarda Vic, ne scopriremo un po’ di più tra un po’, ora voglio continuare a nascondere il mistero senza indizi xD Spero che il capitolo ti sia piaciuto :D Un bacione!

_Bec_Swan_: Nonostante ti abbia già ringraziata su Facebook non posso non rinnovare i miei ringraziamenti, mi ha fatto tantissimo piacere leggere la tua recensione =) Non sai quanto ti capisco, stare vicino al pc quando fa caldo è una tortura ed è anche questo che mi ha rallentato gli aggiornamenti anche se ultimamente il notebook mi sta salvando ^^’ Comunque, Martina è scomparsa e non darà fastidio… Cosa che invece, si è capito, farà Tommaso. Avevi ragione, darà proprio dei problemi, ma più che alle ragazze, solo a Luna visto che a Stella è indifferente e Vic lo adora da quando ha sentito la sua voce per la prima volta ! Un bacio.

 

Come sempre vi ricordo il mio account su Facebook : Mena Milly, se vi va aggiungetemi ^^

 

Cercherò di aggiornare prima di partire, ma solo se vedrò un riscontro positivo con le recensioni, anche se non mi piace “elemosinarle” mi piacerebbe vedere un incremento di commenti anche per sapere eventuali critiche costruttive ^^

La vostra milly92.

 

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