My sentence

di Dita d_Inchiostro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


My sentence



Per un istante le nostre vite si sono incontrate… le nostre anime si sono sfiorate. (Oscar Wilde)


Isabella Swan non aveva mai pensato molto a come sarebbe morta.

Ma morire al posto di qualcuno che amava, morire al posto di Renesmee, di sua figlia (e nonostante fosse in punto di morte l’espressione le risultava ancora strana) era decisamente un buon modo per andarsene.

Sorrise Bella Swan, mentre esalava l’ultimo respiro.

Ti amo, Edward.


Bella! Bella, no!”

Non poteva finire così. Non doveva finire così. Dopo tutto quello che avevamo passato, quello che avevamo affrontato… lei non poteva andarsene così, per colpa di quella cosa.

Bella!”

Lei sorrise. Il volto si distese, l’espressione di dolore che l’aveva caratterizzata nelle ultime settimane scomparve. Ormai era solo Bella.

Bella…” No… lei non poteva essere davvero…

Posai la mano sul suo petto. Il cuore non batteva più.

No! NO!”

Doveva esserci una soluzione, potevo ancora fare qualcosa. Se Carlisle era riuscito a trasformare Esme quando ormai si era persa ogni speranza potevo fare lo stesso anch’io.

Avvicinai il suo polso alla mia bocca e vi affondai i denti. Sapevo bene che non aveva più senso, ormai. Era inutile provare a trasformarla, il suo cuore si era fermato definitivamente, nemmeno il mio veleno l’avrebbe salvata. Era tutto finito.

Lasciai andare il suo polso, che ricadde sul tavolo metallico, freddo.

Osservai il corpo, perché ormai era questo che era rimasto della ragazza che amavo. Un corpo distrutto, martoriato, disumano. E solo per colpa di quella cosa.

Guardai le mie mani. Erano sporche del suo sangue. Sangue che fino all’anno precedente desideravo con tutto me stesso. Desideravo ucciderla, addirittura.

E ora l’avevo uccisa, c’ero riuscito, perché non ero stato abbastanza bravo, abbastanza pronto, abbastanza forte.

Solo in quel momento mi resi conto che era finita davvero, che lei non sarebbe mai più tornata indietro.

Lei era morta.

Nonostante gli ultimi novant’anni avessi pensato diverse volte alla morte, il pensiero non era mai stato così vivido come in quell’istante.


Precipitavo. Stavo cadendo, era ovvio, altrimenti come si poteva spiegare quella sensazione? Precipitavo in un abisso senza fine, n’ero certo.

E allo stesso tempo era come… come se non esistessi più. Come se ogni più piccola cellula del mio corpo fosse stata disintegrata, distrutta.

Non avevo più un corpo. Non avvertivo più niente. I sensi di un vampiro dovrebbero essere amplificati… in quell’istante sembrava che i miei fossero stati annullati del tutto. Non esistevo più. Ero solo un pensiero, un ammasso di ricordi, un’ombra inesistente.

Poi arrivò il dolore. Forte, intenso. Come se fossi stato colpito in pieno petto da un blocco di cemento. Anzi no, il cemento non avrebbe scalfito minimamente la mia pelle. Non trovo paragoni adatti a descrivere quel momento. Non credevo che anche un vampiro potesse provare un dolore così intenso.

Aprì la bocca. Ma non ne uscì alcun urlo o ringhio. Solo un singhiozzo, che mi squassò la gola.

La stanza pareva girare intorno a me, ruotava e ruotava. Niente aveva più un proprio posto.

Mi girava la testa. Caddi in ginocchio, incapace di mantenermi in piedi nonostante la mia resistenza inumana me lo permettesse. Ma a cosa serve la nostra forza, la nostra resistenza quando ciò che ti tiene in vita scompare.

Bella.”

Pronunciare il suo nome rese tutto più reale. Vivido. E doloroso.

Lei non sarebbe tornata. Mai più.

Non avrebbe più respirato la stessa aria che respiravo io, non avrebbe più goduto degli stessi raggi del sole… non l’avrei più potuta accogliere tra le mie braccia, accarezzarle i capelli, baciarla. Perché io l’avevo uccisa.

Io ero ancora vivo, nonostante secondo la natura sarei dovuto morire diversi decenni fa. Mentre lei no, lei era morta quando stava per iniziare una nuova vita. E tutto questo per colpa mia. Non ero riuscita a salvarla, nonostante tutti i miei sforzi, le mie precauzioni, nonostante tutte le mie promesse lei, fragile umana, era morta lo stesso.

Ma non era colpa mia. Lei era morta a causa di quel mostro. Mia figlia. Facevo un’immensa fatica a definirla così. Lei non era mia figlia, era solo un mostro che aveva distrutto tutto ciò che c’era di bello nella mia vita.

Singhiozzando mi avvicinai al corpo esanime di Bella, ancora adagiato sul tavolo.

Il volto era ancora il suo, era ancora la stessa Bella che avevo conosciuto, che mi aveva tormentato con il dolce odore del suo sangue e di cui mi ero innamorato. Nonostante le occhiaie violacee sotto gli occhi e il viso pallido era ancora lei, era ancora la mia Bella.

Eppure eravamo stati assieme così poco… appena più di un anno, una nullità per un vampiro. Un anno passa in un soffio per uno come me. E’ un attimo, un istante, come un battito di ciglia. Lei invece aveva saputo rendere quei momenti eterni. E sapevo che non li avrei mai dimenticati.

Appoggiai la mano sul suo viso. Era fredda, fredda come la mia pelle. Fredda come desiderava diventare, come avrebbe dovuto essere.

Rimasi così, immobile, non so per quanto tempo.

Un uomo, un vampiro, accanto al cadavere, ormai freddo, di ciò che era stata l’unica ragione della sua vita.

E in quel momento desiderai poter piangere.

 

 


Angolo Autrice:

Ecco qua. Primo capitolo di una fanfiction nata così, per caso. Un finale diverso di Breaking Dawn, un po' crudele per il povero Edward, certo, però mi incuriosiva sapere cosa sarebbe successo se qualcosa fosse andato storto. Lascio a voi il giudizio!
Ele

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


Capitolo secondo


Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta.


Vidi il sole tramontare e sorgere di nuovo. Diverse volte.

Non so quanto tempo rimasi lì, fermo e immobile, accanto al corpo di Bella. Forse un mese, forse, a causa di uno scherzo della mia immaginazione solo pochi minuti.

Ricordo che fu portato via il corpo, per il funerale. Non reagii quando Emmett e Jasper la portarono via. Rimasi immobile, seduto sul pavimento, lo sguardo perso nel vuoto; la morte negli occhi. Un nuovo inquietante dettaglio si aggiunse al mio incubo: non avrei più rivisto il suo viso.

Non andai al funerale. Sapevo bene che nessuno sarebbe riuscito a spiegare l’assenza del marito ma non avevo la forza di andarci. Vedere il dolore della sua famiglia, dei suoi amici, la rabbia di Charlie perché non ero stato in grado di proteggerla… sarebbe stato troppo.

Nei giorni seguenti rimasi fermo in quella stanza, la stanza dov’era morta Bella e dove potevo ancora avvertire il suo odore, sebbene Esme avesse provveduto ad eliminarne ogni traccia. Lo facevano per me, era chiaro, volevano che dimenticassi in fretta. Ma sapevano che non l’avrei mai dimenticata.

Non mi muovevo, non mi nutrivo; a dire la verità non sentivo nemmeno il bisogno di bere sangue. Avvertivo Carlisle entrare nella stanza ad intervalli regolari, per controllare le mie condizioni. Ma non disse mai niente; nonostante la sua esperienza non sapeva quali parole utilizzare. E io, sebbene volessi restare solo, non avevo la forza di scacciarlo.

Non vedevo un motivo per fare qualcosa che non fosse restare seduto a terra, a pensare, nonostante fosse doloroso, ai momenti in cui eravamo stati assieme. Ogni singolo momento, dalla prima volta che l’avevo vista, nella mensa della scuola, al nostro primo bacio, quel giorno che lei non era voluta andare al ballo di primavera. E poi la prima volta che avevo assaggiato il suo sangue, a Phoenix, per salvarla. E quando l’avevo abbandonata, l’errore più grande della mia vita; e quando poi l’avevo vista di nuovo, ed ogni cosa era tornata al proprio posto. I mesi passati senza di lei non erano nulla rispetto a ciò che stavo passando in quel momento.


Fu Alice a risvegliarmi dal torpore in cui ero caduto.

Edward…”

Avvertii appena la sua presenza. La stanza era immersa nella penombra, rischiarata solo dalla debole luce della luna che trapelava dalle tende.
Non alzai nemmeno lo sguardo, non m’interessava sapere cosa aveva da dirmi.

Lei mosse qualche passo incerto verso di me. “Edward, io penso che… tu dovresti conoscere tua figlia.”

Furono queste le prime parole che udii dopo la morte di Bella. Non una parola di conforto, di consolazione. I miei familiari sapevano bene che non sarebbe servito a nulla.

Ma conoscere mia figlia… conoscere il mostro che aveva ucciso il mio amore, no, questo non potevo accettarlo. Sebbene non avessi ancora visto la creatura, sapevo che sarebbe stato qualcosa di mostruoso, disumano.

Confesso che il mio primo pensiero dopo le parole di Alice fu quello di prenotare un volo per l’Italia e dirigermi dai Volturi. Sapevo che anche supplicandoli non mi avrebbero concesso di morire, Aro mi considerava un esemplare troppo prezioso, ma dopo la precedente esperienza sapevo come agire. Era strano pensare che solo qualche mese prima avevo avuto, e messo in pratica, lo stesso pensiero. Ma era stato soltanto un malinteso: Bella era venuta, per salvarmi, fino in Italia. Mentre ora non si trattava affatto di un malinteso.

Edward, no.” Pronunciò Alice, decisa e autoritaria. Alzai lentamente gli occhi. La sguardo color onice di mia sorella era alterato da un’ombra di paura. Naturale, come potevo programmare la mia morte con Alice accanto?

Alice.” la mia voce risuonava strana, dopo tutti quei giorni di silenzio. Ricordo che Bella la definiva vellutata, celestiale, semplicemente perfetta. Ora assomigliava solo ad un pianoforte scordato “Per favore, non opporti.” mormorai con un tono roco.

So che stai soffrendo, Edward.” Sentirlo dire da lei ebbe solo l’effetto di rendere il dolore più intenso. “Ma non puoi lasciarti andare così; so che lei era importante per te…”

Non l’ascoltai più, ero disgustato dalla compassione di Alice. Ora gli facevo pena, addirittura. Lei sapeva bene quanto odiassi tutto questo.

“… Ma hai ancora delle ragioni per vivere, per esempio…”

Per esempio mia figlia?!” sbottai, alzandomi in piedi. Non avevo bisogno di leggere i suoi pensieri per conoscere le sue intenzioni. Alice, spaventata dal mio repentino cambio d’umore, arretrò. Ma il suo viso, al pensiero della bambina, parve illuminarsi.

Renesmee,” Renesmee… avevano usato per la bambina il nome che aveva scelto Bella “è una creatura davvero straordinaria, una bambina meravigliosa. E poi dovresti vedere di cosa è capace e…”

Lei ha ucciso Bella!” ringhiai, liberando la mia frustrazione.

Ma perché, perché nessuno nella mia famiglia riusciva a comprenderlo? Perché tutti vedevano quella creatura, qualsiasi cosa fosse, come qualcosa di straordinario, come un angelo? Possibile che non capissero che era quella la causa della morte di Bella, la causa del mio dolore?

Edward, cerca di capire…” cercò di farmi ragionare lei.

Non devo essere io a capire!”

Strinsi i pugni, per trattenere la tensione, fino a conficcarmi le unghie nella carne. La disperazione che portavo nel cuore da ormai diverse settimane si stava rapidamente tramutando in rabbia. Cercai di contenermi, Alice era pur sempre mia sorella.

Oppure… si, doveva essere così: a loro, alla mia famiglia non importava nulla di me. A loro interessava solo che quella cosa crescesse felice, nella sua famiglia e circondata da tutto l’amore possibile.

Trema, improvvisamente mi sentii circondato da estranei, in una casa non più mia. Persino il dolce viso di Alice, contornato dal caschetto scuro, mi apparve ostile.

Dovevo andarmene, immediatamente.

Ma qualcosa mi fermò.

Un cuore, il palpitare di un piccolo cuore, al piano inferiore. Non era quello del licantropo, che nelle settimane precedenti alla morte di Bella avevo visto girare troppo spesso per casa. No, era qualcosa di diverso, qualcosa di non del tutto umano. Alice intuì il mio pensiero.

E’ lei, è la bambina… il suo cuore batte come quello di un’umana, però…”

Le sue parole continuarono a scivolare fluide dalla sua bocca ma io non ascoltai altro. Un’idea, una pazza idea si era fatta strada nella mia mente. Mi precipitai fuori dalla stanza, ignorando lo sguardo stupefatto di Alice.

Scivolai giù dalle scale; non mi parve nemmeno di correre, tanto ero veloce.

Pazzo Edward, sei pazzo.

Eppure dovevo vedere… quella bambina era umana, o perlomeno aveva qualcosa di umano e doveva pur assomigliare in qualche modo alla madre. L’idea di poter rivedere Bella, nonostante fosse un pensiero infantile, mi riempì di gioia.

Mi ritrovai in salotto. Rosalie era seduta sul divano, con un fagottino in braccio.

Edward!” esclamò sorridente. Non avevo mai visto Rosalie così felice, così luminosa, nemmeno quando l’anno precedente eravamo andati via da Forks.

Cercai di contenere la mia rabbia. Aveva dimenticato in fretta la morte di Bella, lei. Era felice, finalmente aveva il suo bambino da coccolare come fosse suo figlio. Ma non era il momento di pensare all’egoismo di Rosalie. La mia attenzione era attirata da ciò che aveva tra le braccia. Il battito del cuore era regolare, il sangue fluiva nelle vene… poteva benissimo essere scambiata per un’umana.

Fammi vedere…” mormorai, incapace di dire altro.

Rosalie, sempre sorridendo, mi avvicinò il fagottino, scostando la coperta.

E ciò che vidi mi lasciò sconvolto.


Innanzitutto sembrava molto più grande della sua età.

Nonostante nell’ultimo periodo non avessi avuto una grande percezione del tempo sapevo che non doveva essere passato più di un mese dalla morte di Bella, mentre la bambina dimostrava circa sei mesi.

Il volto era pallido come quello di un vampiro, ma le guance rosee. Intuii che anche Bella avesse avuto lo stesso aspetto da bambina. I capelli erano ramati, esattamente della stessa sfumatura dei miei, e disegnavano piccoli boccoli intorno al viso a forma di cuore della bambina. Era bella, della bellezza innaturale dei vampiri. I tratti del viso erano dolci, rotondi, come quelli di tutti i bambini, ma allo stesso tempo avevano anche qualcosa di adulto, di maturo.

Ma ciò che mi colpì davvero, ciò che mi strinse il petto in una morsa d’acciaio furono gli occhi. Erano castani. Ma non solo castani, piatti e anonimi ma di una precisa gradazione castana tendente al cioccolato, dunque un marrone molto intenso, e screziati d’oro attorno alla pupilla. Profondi, intelligenti, ma anche timidi e dolci. I suoi occhi.

Quella bambina era lei. Era la mia Bella. E allo stesso tempo era ciò che l’aveva portata alla morte.

Edward, anche lei è speciale come te, possiede un grande potere! Avanti, toccala!” esclamò Rosalie, come se stesse mostrando il suo nuovo animaletto.

No, io…” balbettavo frasi sconnesse, non capivo più nulla. Tutto pareva girare attorno a me, il dolore al petto si era fatto più forte, così forte da dovermi piegare in due, per non cadere a terra.

Io, non posso… Lei è… è come…” le mie parole erano poco più di un bisbiglio. Nemmeno Rosalie fu in grado di sentirle. Poi, incontrai di nuovo lo sguardo della bambina.

NO!” urlai.

E allora feci la cosa che in quel momento mi parve più sensata.

Mi avventai sulla bambina.

 


Angolo autrice:

Ciao!! Ecco qua un nuovo capitolo, spero possa piacervi. Ringrazio moltissimo patatapiccolina per aver commentato!! Wow, non pensavo che la ff potesse adirittura essere considerata la migliore, grazie!!!!

Ringrazio anche NarutoCullen per aver inserito la storia tra le preferite e Moon Light e shashley94 per averla inserita tra le seguite!

E grazie mille anche alle persone che hanno letto questa storia senza recensire!!! <3 Un bacione, alla prossima!



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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


Capitolo terzo


Possiamo facilmente perdonare un bambino che ha paura del buio; la vera tragedia della vita è quando gli uomini hanno paura della luce.

(Platone)


Fu un attimo. Rosalie, con un balzo, atterrò dall’altra parte della stanza, rovesciando una poltrona. Renesmee era sempre tra le sue braccia e non sembrava aver risentito del repentino spostamento.

Con gli occhi accecati dalla rabbia e le mani tremanti mi lanciai nuovamente contro mia sorella. Questa volta non fu abbastanza rapida: riuscii a colpire la bambina.

Non era nulla, chiaro; quello che avevo scatenato su di lei era solo un centesimo della mia forza sovrumana. E poi la sua pelle era dura, sarebbe guarita in poco tempo.

Tutto per convincermi che non le avevo fatto nulla di male.

Prima che potessi compiere un qualsiasi altro movimento fui bloccato da Emmett e Jasper, che mi strinsero le braccia in una presa ferrea. Ringhiai, più per la sorpresa che per la rabbia.

Rosalie teneva lo sguardo fisso su di me, nel timore di una nuova mossa. Era furibonda, lo vedevo bene dai suoi occhi e dalla presa febbrile delle sue mani intorno alla creatura che teneva tra le braccia. Quando capì che non mi sarei avventato di nuovo su di lei, spostò rapidamente l’attenzione sulla bambina, che aveva iniziato a piangere.

Feci un respiro profondo, per contenere l’odio che provavo verso me stesso; non potevo credere che stesse piangendo per colpa mia.

Nel frattempo erano apparsi anche Carlisle, Esme ed Alice. Osservavano la scena sconvolti, senza riuscire a comprendere. Jasper ed Emmett, capendo che ormai ero innocuo, mi lasciarono andare.

Avanzai di qualche passo, anche se non capivo minimamente cosa stava accadendo. Portai le mani davanti al mio viso, osservandole sconvolto. Mi occorse qualche istante prima di comprendere che avevo compiuto il gesto più orribile della mia lunga esistenza.

Rosalie, temendo che volessi nuovamente attaccarla, si ritrasse, nascondendo la bambina con le sue braccia dure, mentre l’attenzione di Emmett e Jasper si concentrava nuovamente sui miei movimenti. Un ringhio sfuggì dalle labbra di mia sorella.

La guardai con occhi sbarrati. Poi guardai la bambina. L’avevo attaccata. Io, Edward Cullen, avevo attaccato mia figlia, sangue del mio sangue. Incosciente di ciò che avrei potuto causare. Non sapevo fino a che punto era vampira… avrebbe potuto avere la pelle fragile come quella degli umani, come quella di Bella. Fragile come le ali di una farfalla. Scaccia rapidamente la visione della bambina con il cranio fracassato a causa di una mia carezza.

Eppure se non ci fosse stata la prontezza di Rosalie io sarei riuscito ad ucciderla. Il pensiero di rubare la vita ad un essere vivente, non ad un essere vivente qualsiasi ma a mia figlia, mi tolse fiato.

Avevo già ucciso in passato ma non così, non per impulsività o istinto. Uccidere una bambina, l’essere più puro del mondo… come avevo anche solo potuto pensare ad un atto simile?

Mi guardai intorno. I membri della mia famiglia erano tutti intorno a me, con un’espressione stupefatta sul viso. Dalla rabbia cieca di Rosalie, alla delusione dipinta sul volto di Carlisle, all’espressione indecifrabile di Alice. Tutti mi vedevano come un mostro. Vedevo nei loro occhi che non mi consideravano più come un membro della famiglia. Frugai nelle loro menti.

Non toccarla, non ti avvicinare… Rosalie era ancora sulla difensiva.

Edward, no… non puoi averlo fatto… Esme, la sua incredulità davanti ad un atto simile mi riempì di disgusto verso me stesso.

Secondo Emmett ero un mostro, un selvaggio; nemmeno Jasper, che nel suo tormentato passato aveva ucciso più e più volte riuscì a concepire il mio gesto. Alice invece, come sempre, era riuscita a chiudere la sua mente alle mie intrusioni.

Ma ciò che mi colpì di più fu il senso di colpa che scovai nella mente di Carlisle. Ho fallito… ho trasformato mio figlio in un mostro… E’ colpa mia.

Era incredibile: addossava a se stesso la colpa di ciò che avevo fatto, di ciò che ero diventato. Volevo andare da lui, rincuorarlo, rassicurarlo che non era colpa sua, che era solo ed unicamente colpa mia se ero diventato un mostro ma… non ne avevo il coraggio. I rapporti con Carlisle, nell’ultimo periodo, si erano fatti più difficili di quanto avrei mai potuto immaginare.

E poi guardai la bambina. Aveva smesso di piangere. Sulla guancia rosea vi era un segno rosso, simile ad un graffio, che andava dalla tempia al mento, senza fortunatamente aver colpito l’occhio. La cosa mi riempì d’orrore. Non mi ero reso conto che il mio attacco fosse stato così potente. Era colpa mia se ora Renesmee aveva quel marchio sulla guancia… sperai con tutto il cuore che non rimanessero cicatrici.

Renesmee non piangeva, ma il suo sguardo profondo così simile a quello di Bella, fu come uno schiaffo in faccia. I suoi occhi indagatori riuscivano a vedere sin dentro di me… riuscivano a vedere cosa mi aveva spinto a quel gesto.

E poi la sentii, sentii sua voce nella mia mente.

Mi hai deluso Edward, mi davvero deluso.

Ne rimasi di sasso. La sua voce. Quante volte avevo desiderato udirla, da quando si era spenta per sempre. Ed era così meravigliosa, così familiare.

Poi, però presi coscienza del tono che aveva usato, delle parole che aveva detto.

Deluso. Io l’avevo deluso. Fu come un pugno in pieno petto. Mai, durante i mesi passati assieme, aveva parlato di delusione. Anche quando l’avevo lasciata lei mi aveva sempre compreso. Sempre. Sebbene molto spesso non lo meritassi. Ora che non c’era più, invece, io l’avevo deluso.

La testa iniziò a girarmi. I volti dei miei familiari, della bambina, i loro occhi, i loro tratti si confondevano l’uno con l’altro, vedevo solo un unico viso nitido: quello di Bella.

Ti credevo più forte… mi hai deluso… l’hai attaccata… è tua figlia… è Renesmee, la nostra bambina!… Tu non sei niente…

BASTA!” urlai, e il mio urlo risuonò più forte dei miei pensieri, più forte della stessa voce di Bella.

E un attimo dopo mi ritrovai nella foresta, a correre.

A scappare dal mostro che ero diventato.

 

 

Angolo autrice:

Ecco qua, il nuovo capitolo! So che è un po' corto ma spero possiate apprezzarlo lo stesso. Ringrazio poc per aver commentato l'ultimo capitolo. Sono davvero felice che la mia ff ti piaccia!!! Se non aggiorno la storia molto spesso è perché preferisco ricontrollare bene il capitolo... Ringrazio ancora NarutoCullen per aver inserito la ff tra le preferite, ChiccaCullen e poc per averla inserita tra le seguite e Kattiva97, Moon Light e shasley94 per averla inserita tra le storie da ricordare.

Un bacio a tutti!! Ele


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Capitolo 4
*** Capitolo quarto ***


Capitolo quarto


La morte può essere l’espiazione delle colpe, ma non può mai ripararle.

(Napoleone Bonaparte)


Trascorsi parecchi giorni nella foresta. Ricominciai a nutrirmi, cacciando qualche cervo. Nonostante fossi affamato, però, il sangue non mi saziava affatto. Mi lasciava insoddisfatto, vuoto.

Sapevo bene cosa significava: volevo del sangue umano.

L’idea di assaggiarlo di nuovo era decisamente allettante. Immaginare quel liquido, così caldo e dissetante scendere nella mia gola, stuzzicava terribilmente la mia sete.

Un umano, uno solo… non farà male a nessuno… Mormorava la mia parte più famelica.

Ma non potevo, non dovevo farlo. La bestia che albergava dentro di me era già abbastanza potente senza che uccidessi un essere umano. Un unico assassinio mi avrebbe sopraffatto, avrebbe dato il via ad una catena di omicidi senza fine. Avrei perso davvero me stesso.

Ero già un vampiro, un mostro, una bestia… non volevo perdere quel poco di umano che restava in me.


I giorni si trasformarono rapidamente in settimane. Non avevo una destinazione esatta, vagavo semplicemente tra i boschi, attraversavo le rare pianure; a volte mi spingevo addirittura in Canada. Bastava però la presenza di un mio simile a farmi retrocedere.

Ma in realtà una meta precisa l’avevo. Italia, Volterra.

Era tutto così semplice: il primo volo per l’Italia avrebbe finalmente messo fine alle mie sofferenze. Valutai anche l’idea di attraversare l’Atlantico a nuoto ma capii che l’impresa avrebbe impiegato troppo tempo. Un aereo sarebbe stato decisamente più rapido. In pochi istanti tutto sarebbe finito. E di quello che mi attendeva dopo non m’importava, sicuramente non poteva essere peggio di quello che stavo passando.

Avevo ben poche possibilità di riuscire a partire prima che Alice vedesse le mie scelte: la mia famiglia sarebbe intervenuta prima. Che scocciatura avere una sorella come Alice!

Oppure… oppure no. Forse non sarebbero neppure venuti a fermarmi. Ripensai a ciò che avevo letto nelle loro menti l’ultima volta che li avevo visti: non facevo più parte della famiglia, per loro non ero più nulla. Ero solo una specie di… rinnegato.

Quindi avevo via libera, potevo andare dai Volturi a chiedere di morire.

La morte: il nulla, il non esistere e allo stesso tempo una fuga dal dolore. Si, era la soluzione migliore, come avevo fatto a non pensarci prima?

Anche per Edward Cullen, dopo 110 anni di esistenza era giunto il momento di morire.


Ma nonostante tutto, non partii. Sebbene avessi programmato ogni più piccolo dettaglio, sebbene il senso di colpa mi rodesse l’anima non presi l’aereo.

Ero stupito di me stesso. Da dove nasceva questa… voglia di vivere? Perché volevo ancora vivere?

E sapevo bene qual’era la risposta, il motivo, la causa che mi teneva ancora lì, infischiandosene dei miei desideri: Renesmee. Era assurdo naturalmente, ma colpa sua. Strano… nemmeno Bella aveva mai avuto un tale ascendente su di me.

Eppure per quella creatura iniziavo a provare uno strano tipo di… affetto, se così si può dire, sebbene le cose tra di noi non fossero iniziate affatto bene.

Poteva essere tutto così semplice: lei era la mia unica ragione di vita, dopo la morte di Bella, il mio unico motivo per andare avanti… E invece no, c’era qualcosa che mi fermava.

Volevo che lei fosse al sicuro, protetta, che crescesse felice circondata dalla sua famiglia; desideravo che la sua vita fosse lunga (e forse eterna) e bella… E allo stesso tempo non volevo farne parte. Esattamente com’era successo appena un anno prima con Bella. Sapevo che con lei era stato un errore: come avrebbe potuto Bella rinunciare a me, e soprattutto io rinunciare a lei, dopo tutto il tempo passato insieme?

Adesso invece, era tutto più semplice. Renesmee non mi conosceva, non si sarebbe mai ricordata di me. Non avrebbe compreso, certo. Perché mai suo padre voleva restare lontano da lei?

Ma sarebbe stato decisamente più semplice. Era la cosa migliore per lei. Fin dall’inizio non mi ero dimostrato un buon padre, facevo ancora fatica a digerire la parola, ed ero certo che con il passare del tempo le cose non sarebbero migliorate.

Lei sarebbe cresciuta, sarebbe diventata bella come la madre ed io sarei rimasto lontano da lei, come doveva essere.

Senza rendermene conto stavo ripetendo lo stesso errore che avevo commesso in passato con Bella.

 

 

Angolo autrice:

Buonsalve a tutti!! Ecco il nuovo capitolo e scusate il ritardo! E' un po' corto lo so, ma diciamo che è un capitolo di passaggio; il prossimo sarà migliore, ve lo prometto!                                                                                                                                                 E ora passiamo ai ringraziamenti:

- patatapiccolina: ti ringrazio, non mi merito tutti questi complimenti *.* Per quanto riguarda la faccenda di Emmett, invece, è semplicemente sconvolto, come tutti gli altri d'altronde, del comportamento di Edward. Ripensandoci poi, si renderà conto che è pur sempre suo fratello ma in quell'istante il suo primo pensiero è stato quello.

- poc: ma grazie!! Tutti i vostri complimenti mi commuovono ç.ç  Si, l'idea di incentrare il racconto su una Nessie un po' più grande mi piace molto... magari però lo utilizzerò per un probabile seguito, adesso preferisco concentrarmi su Edward nei primi mesi dopo la morte di Bella. Grazie comunque per il consiglio!!

- Nina960: Oh che bello! Una nuova lettrice!!! Grazie mille Nina!! Per quanto riguarda le tue domande invece... scusa, ma preferisco non svelare nulla :p!!! Grazie ancora!!

Grazie ancora a: Darlin_Dayi, Eca Cullen, NarutoCullen e Nina960 per aver inserito la storia tra le preferite. A Kattiva97, LuNa1312, Moon Light, shashley94, twilightina92 e VeronicaCullen per averla inserita tra le seguite e ChiccaCullen e poc per averla inserita tra le storie da ricordare.

Baci a tutti!! <3

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto ***


Capitolo quinto


A volte è più difficile privarsi di un dolore che di un piacere.

(Francis Scott Fitzgerald)


Il cielo era terso quella sera, a Seattle. A dispetto delle medie stagionali dello stato di Whashington non pioveva.

Alzai lentamente lo sguardo da terra. In lontananza intravedevo le luci dei negozi, del centro della città. Ma non era quella la mia meta. Al momento stavo benissimo in quel vecchio quartiere di periferia di Seattle. Mi guardai intorno. La zona era totalmente buia: i pochi lampioni erano spenti e i rari negozi chiusi.
Trascinando i piedi mi avvicinai ad una vetrina. “Agenzia immobiliare”, lessi. All’interno vi erano annunci di case in affitto e in vendita ma non era quello che m’interessava. Ero più incuriosito dallo strano sconosciuto che mi fissava nel riflesso nel vetro. Mi avvicinai, strabuzzando gli occhi. Quello… quello ero io?

Si sa, la pelle dei vampiri è bianca come il gesso. La mia invece, aveva una strana sfumatura bluastra e creava un brutto contrasto con il viola delle labbra. Le occhiaie erano più di semplici ombre sotto gli occhi, somigliavano di più a profonde ustioni che avevano consumato nel profondo la pelle. Gli occhi erano dorati, grazie alla battuta di caccia di quello stesso pomeriggio, ma tuttavia non avevano un aspetto sano. Erano spenti, vuoti, accecati dal dolore. I capelli spettinati e la camicia trasandata, infine, completavano l’aspetto da tossicodipendente. Un ghigno mostruoso comparve sulla mia bocca: la patetica imitazione di un sorriso. Ero ridotto proprio male. Scossi la testa. Che importava tanto? Certo, non era mai sembrato così… inumano, ma tanto non c’era nessuno nei dintorni.

Non sapevo nemmeno cosa mi aveva spinto a tornare in una città. Non volevo assassinare nessuno, di questo ero certo. Sebbene non provassi alcun piacere nell’assaggiare il sangue animale, non avevo intenzione di cibarmi di nessun umano.

Forse… forse volevo solo vedere come andava avanti il mondo. Sembra sciocco, ma rimasi stupito quando scoprii che il mondo continuava a girare anche dopo la sua morte. Il mio universo personale era stato distrutto, annientato. Non c’era più niente che mi teneva ancorato a terra. E invece questo pianeta, come se nulla fosse, continuava a vivere. Buffo no?

Per tutta risposta il ghigno sulla mia bocca si allargò ancora di più.


Improvvisamente una folata di vento portò alle mie narici un odore particolare, diverso dal puzzo di fogna che sentivo in quel luogo. L’odore del sangue umano. Avvertii un bruciore profondo nella gola, il mio corpo fu colto da uno spasmo. Trattenni il respiro.

Ero fuori allenamento, tutto qui; il sangue di quell’umano non era nemmeno così invitante. Lentamente, ripresi a respirare. Ma il vento portò con se, oltre all’odore del sangue, anche qualcos’altro. Pensieri.

Ucciderla… si, poi la ucciderò… quella ragazza è così… dopo, dopo la ucciderò… prima mi divertirò…

Serrai i denti. I pensieri, i programmi di quell’individuo erano così orrendi che fui costretto a scacciarli dalla mia mente.

E improvvisamente un flashback: quella sera, a Port Angeles. Quei ragazzi, no quei mostri, e i loro sporchi pensieri. E Bella, la piccola fragile Bella, in balia delle loro mani. Allontanai rapidamente anche quella visione. Non era il momento di perdersi nei ricordi.

Nella penombra, dall’altra parte della via, vidi l’uomo che aveva elaborato quei pensieri. Era piuttosto basso, tarchiato, sulla cinquantina. Strisciava lungo i muri, credendo di non essere visto. Stranamente, sebbene il mio aspetto fosse piuttosto appariscente, non si accorse di me. E poi la vidi, l’oggetto dei suoi pensieri crudeli. Era una ragazzina, non poteva avere più di quindici anni. I lunghi capelli scuri ondeggiavano sospinti dal vento. La vidi stringersi nel giubbotto di pelle, mentre le pulsazioni del suo cuore acceleravano. Incuriosito, entrai nella sua mente.

Era terrorizzata, chiaramente. Chissà chi temeva di più? Il vampiro che la spiava nell’ombra o lo stupratore che la seguiva? Sorrisi, al paragone.

La vidi intrufolarsi in un vicoletto. L’uomo la seguì. Ma era pazza? Che stava facendo? Doveva tornare immediatamente in centro, tra la gente, dove lui non avrebbe potuto farle nulla di male.

Forse fu per istinto, ma mi avventurai anch’io nel vicolo. La mente dell’uomo era ancora sintonizzata sulle stesse idee. Quella della ragazza anche. Lei sarebbe morta, se non avessi fatto qualcosa subito.

Respirai profondamente. Era sbagliato certo, ma non potevo permettere che avvenisse quello scempio. Non volevo avere sul cuore anche la morte di quella ragazzina.

Prima che l’uomo avesse il tempo di metterle le mani addosso mi avventai su di lui. Non dovevo rivelare la mia natura, perciò mi limitai a spezzargli il collo. Anche un umano ce l’avrebbe fatta… forse.

L’assassino (o forse a quel punto ero io l’assassino?) rantolò; poi cadde a terra, ai miei piedi. Restai qualche istante senza fiato. Da quanto tempo era che non uccidevo un umano? Ma forse questo non valeva come assassinio… al suo posto sarebbe morta la ragazza e sarebbe stato come se l’avessi uccisa io no? Avevo fatto solo una buona azione.

Finalmente potei vedere in faccia la giovane. Era carina, né bella né brutta. La carnagione aveva una tinta olivastra e gli occhi erano di un verde militare. Minuta, non troppo alta. Ordinaria, insomma. Eppure anche in lei riuscii a trovare qualcosa di Bella: le proporzioni del corpo, la sfumatura di paura negli occhi, la linea del naso.

Sospirai. La ragazza non le assomigliava per niente, ma ormai mi ero abituato a vederla in ogni cosa.

La ragazza era ancora spaventata. Con un sospiro allungai una mano verso di lei. Trasalì.

Stai tranquilla, è tutto finito.”

Era incerta se fidarsi di me oppure no.

Non ti farò del male.” Ribadii.

Anche il sapore del suo sangue non era particolarmente attraente. Era piuttosto buono, certo, ma nulla di paragonabile a… okay, lasciamo stare.

G-grazie.” Mormorò la ragazzina.

Figurati.” Dissi, mentre afferrava la mia mano. Trasalì di nuovo quando percepì la temperatura gelida del mio corpo. Fortunatamente la scambiò per una reazione alla temperatura esterna, che stava rapidamente calando.

La aiutai ad uscire dal vicolo, dato che a stento si reggeva in piedi.

Grazie, io… veramente, non so come ringraziarti, se non ci fossi stato tu…” balbettava incerta.

Stai tranquilla, è quello che avrebbe fatto chiunque.” Dissi, cercando di stendere le mie labbra in un sorriso.

Lei non parve approvare il mio sforzo: era ancora spaventata da me. Beh, non potevo darle torto, sebbene l’avessi salvata non avevo certamente un aspetto rassicurante. Speravo solo che non sospettasse nulla sulla mia natura… sarebbe stata la fine.

Oddio, forse avevo sbagliato a salvarla, avevo fatto un grosso errore. Avevo messo in pericolo la mia intera specie, la mia famiglia e per cosa? Per salvare un’umana! Ma come sei diventato generoso ed altruista (io? Altruista? Cercai di trattenere una risata) Edward Cullen! Stupido, stupido, stupido!

Bene, sarà meglio che vada.” Dissi, cercando di salvarmi da quell’incresciosa situazione. Lentamente cercai di allontanarmi, ma lei mi bloccò.

Aspetta. Io… posso parlarti?”

Ecco, ci risiamo. Come ogni essere umano di sesso femminile era rimasta colpita dal mio aspetto. Ma era possibile che apparissi così attraente anche in quello stato?

Ecco… io…” Ma la sua domanda mi lasciò basito. “Perché… perché sei così triste?”


Co-cosa?” domandai. Non provai nemmeno a leggere nella sua mente cos’aveva scatenato quella domanda. Volevo sentirmelo dire da lei.

Ecco…” si stropicciò le mani, visibilmente nervosa. “So che non sono affari miei ma… appena ti ho visto mi ha colpito la tua espressione, mi sei sembrato così triste… E poi lo vedo dai tuoi occhi e…”

Non potevo crederci. Se n’era accorta. Era davvero così visibile la mia sofferenza? Così visibile da scatenare la curiosità di una semplice umana? Ero davvero così… triste?

Vedendo che non davo alcun segno di voler rispondere, lasciò perdere.

Scusa, non dovevo chiedertelo.” Sbirciai rapidamente nella sua testa: era tremendamente imbarazzata e si dava della stupida.

Prima che potesse andarsene però, la fermai.

No, aspetta. Posso… posso spiegartelo.”

Ancora stupito di me stesso, feci sedere la ragazza su una panchina.

E le raccontai tutto.

Beh, naturalmente omettendo la faccenda dei vampiri, dei licantropi e tutto il resto. Trasformai la mia storia in quella di un semplice umano che ha perso la moglie, ma nonostante tutto… mi fece bene. Fu una sorta di sfogo, insomma. Era questo il segreto: parlarne con qualcuno. Non dico che mi fece sentire meglio, ma mi tolse un grosso peso dal cuore. Lei ascoltò, comprensiva, senza interrompermi neanche una volta. Saltai la parte in cui attaccavo Renesmee e raccontai semplicemente che mi ero allontanato da casa perché mi sentivo inadeguato a crescere la bambina.

Mi dispiace tanto.” Annuì, quando ebbi finito. E vedevo nella sua testa che era davvero così.

Ma non devi ridurti in questo modo sai? Non ce n’è ragione. Capisco che tua moglie è morta, ed hai perfettamente ragione a starci male, ma non per questo significa che è finita. Non ha senso crogiolarsi per l’eternità – e mai parola mi parve più adeguata – nel dolore. Hai ancora tua figlia, che a quanto mi hai descritto è il ritratto di Bella, e mi sembra un’ottima ragione per andare avanti. Lei è tutto ciò che ti è rimasto, insieme alla tua famiglia. Il tuo universo è andato distrutto? E allora? Puoi ricrearne uno nuovo, uno in cui il centro di tutto, il tuo sole, ciò che ti tiene attaccato a terra è tua figlia. Tu le vuoi bene, e lo sai. Non è vero che per lei sarai inutile. Quando sarà grande e chiederà dov’è suo padre, cosa potranno rispondere i tuoi fratelli? Che se n’è andato via perché non poteva sopportare la sua vista? E’ questo che vuoi? Edward non c’è persona migliore di te che possa crescere la tua bambina.”

Si fermò, aspettando un mio commento, ma vedendo la mia espressione assorta riprese il suo monologo. “Solo perché tua moglie è morta non significa che la tua vita è finita, e poi sono sicura che lei non vorrebbe vederti così…”
La interruppi. “Ma io… io mi sento in colpa a dimenticarla.” Mormorai.

Ma smettere di soffrire non significa dimenticarla, anzi!” esclamò lei. “Significa essere forti, trovare il coraggio di andare avanti. E sai quel coraggio da dove lo attingerai?”

Scossi la testa.

Da qui.” E puntò l’indice contro il mio cuore.

Sussultai, temendo che potesse accorgersi dell’immobilità del mio muscolo cardiaco, ma lei continuò tranquilla a parlare.

Provaci Edward, davvero. Hai tua figlia, hai la tua famiglia ed una vita intera davanti. Non sprecarla così.” Sorrise. Poi si rialzò.

Mi ha fatto molto piacere conoscerti, Edward Cullen e ti ringrazio immensamente per avermi salvata. Spero che il nostro incontro abbia fatto bene anche a te… in qualche modo.” E, sempre sorridendo, si allontanò, verso le luci della città, lasciandomi seduto su quella panchina a riflettere sulle sue parole.

E in quel momento quell’ingenua ragazzina di quindici anni che non sapeva nemmeno con chi aveva avuto a che fare, mi apparve molto più matura di me, un vecchio vampiro che non ha ancora capito niente della vita.

 

 

Angolo autrice: 
Ma salve!!! Vi chiedo immensamente scusa per il ritardo, spero mi possiate perdonare. Ed ecco qua il quinto capitolo, spero tanto che vi sia piaciuto! Per il sesto temo che dovrete aspettare un po' di piu': al momento sono un po' impegnata con alcuni contest. Vi ringrazio comunque per continuare a seguire la mia fanfiction!!

- poc: ti ringrazio di nuovo per i complimenti!!! *.*  Beh si, il legame tra e Edward e Renesmee c'è ed è anche piuttosto forte... e ben presto verrà fuori. Per quanto riguarda la nuova compagna di Edward non credo che accadrà: per ora è ancora troppo legato al ricordo di Bella.

E naturalmente grazie anche a Darlin_Dayi, Eca Cullen, NarutoCullen e Nina960 per aver inserito la storia tra le preferite. Kattiva97, lovegirl96, LuNa1312, mary_alice_on, Moon Light, raf, shashley94, twilightina92, valy90 e VeronicaCullen per averla inserita tra le seguite e, infine, ChiccaCullen, lovegirl96 e poc per aver inserito la ff tra le storie da ricordare.

Bacioni a tutti!! Ele


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