Ten Days - Dieci Giorni

di MartyCullen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Tanzania's Bar ***
Capitolo 3: *** Incontro ***
Capitolo 4: *** Presentazioni ***
Capitolo 5: *** Occhi ***
Capitolo 6: *** Rivelazione ***
Capitolo 7: *** Storia ***
Capitolo 8: *** Sorpresa ***
Capitolo 9: *** Evasione ***
Capitolo 10: *** Fuggitivi ***
Capitolo 11: *** Rinuncia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Non avrei mai pensato di potermi innamorare in dieci giorni.

Non avrei mai pensato di potermi innamorare a quattordici anni.

Non avrei mai pensato di potermi innamorare proprio di lui.

E neanche quando lui mi rivelò la sua vera natura smisi di amarlo.

Perché ormai lui era tutta la mia vita.

Questa è la mia prima fanfiction. Ho già iniziato a scriverla, ma prima di pubblicarla vorrei sapere se la trama e il prologo vi hanno incuriositi, per evitare di aggiungere una storia noiosa. Quindi, chiedo cortesemente se potreste recensirla, così da farmi un'idea.

Infine vorrei ringraziare immensamente la mia amica @lice_90 che mi ha appoggiata durante la stesura della mia storia, ma che soprattutto mi ha fatto conoscere il forum di EPF.

Tanti saluti.

Marty96

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Capitolo 2
*** Tanzania's Bar ***


Era l'ennesima litigata con mia madre. Non la sopportavo più. Il nostro rapporto non era mai stato uno dei migliori, ma negli ultimi mesi la situazione era peggiorata molto. Da quando mio padre se n'era andato lei non era più come prima.

Forse perché sentiva la sua mancanza o, forse, perché non capiva il motivo della sua scelta di abbandonarci così, all'improvviso…

Comunque non era più la donna di prima. Ormai erano passati tre anni, e lei doveva farsene una ragione. E magari avrebbe potuto evitare di scaricare tutto lo stress addosso a me, che avevo già i miei bei problemi.

- Ma mi stai ascoltando? - chiese lei arrabbiata, interrompendo i miei pensieri che andavano rivangando le belle giornate trascorse con la mia famiglia, quando ancora mio padre era a casa.

- No! E non ho alcuna intenzione di continuare a stare qui a sentire le tue cazzate! - dissi io correndo in camera mia.

Se devo essere sincera, non ricordo neanche il motivo che fede scoppiare la milionesima discussione con lei, ma non m'importava più di tanto.

Il mio nome era Kristie, Kristie McLian; avevo quattordici anni. Non ero una ragazza particolare, sia dal punto di vista fisico che caratteriale: occhi e capelli scuri, pelle chiara, non tanto alta… Introversa, questo molto, ma se avessi potuto avrei cambiato questo aspetto del mio carattere.

Avrei tanto voluto essere una di quelle ragazze che riescono ad attaccare bottone con chiunque, a ridere e a scherzare per ogni cosa. Non mi interessavano i capelli biondo platino o gli occhi azzurro mare o un metro e ottanta di altezza; avrei voluto essere più aperta e avere degli amici veri.

Veri. Perché gli amici che avevo io erano solo degli approfittatori, che si interessavano a me solo quando avevano bisogno di qualcosa.

Comunque, in quel momento erano loro a far comodo a me. Ero stufa di sentire le grida di mia madre, così presi il cellulare e un po' di spiccioli che avevo nel salvadanaio a forma di porcellino ( un regalo della mia nonna materna Betty per il mio sesto compleanno) e uscii di casa, con l'intenzione di raggiungerli al solito locale dove ci incontravamo durante i freddi pomeriggi invernali.

Quei pomeriggi in cui non c'è nulla da fare, quando l'unica alternativa sembra andare ad annoiarsi in un piccolo bar nel centro di Liverpool, la città più noiosa del mondo.

Ormai era arrivata l'estate, e nel mese di giugno quel locale sembrava un po' più allegro e movimentato del solito.

Uscii in strada e, dopo aver percorso un centinaio di metri, svoltai a destra e proseguii per la 34th Street. In fondo c'era un vicolo. Svoltai di nuovo a destra e vidi l'insegna familiare che di sera era illuminata dalle luci al neon: "Tanzania's Bar".

Riconobbi l'odore familiare di fumo e birra e le voci dei miei compagni di classe Jeremy, Raven e Sally, così decisi di raggiungerli.

- Ciao, siete solo voi tre? - domandai io arrivando.

- Stasera sì. - rispose Raven - Jake e gli altri hanno pensato di andare a ballare, mentre Stephanie e Josh sono a casa con la febbre. -

- Beh, allora troviamoci qualche cosa da fare - proposi io - Cosa avevate in mente? -

- Noi avevamo pensato di divertirci con un po' di Vodka, un po' di fumo. Che ne pensi? - disse Jeremy, con un sorrisino un po' strano che mi mise a disagio.

- Voi fate pure, - dissi io ancora un po' turbata per l'espressione sul volto di lui - io per questa sera passo -.

- Fa' come vuoi - mi provocò Jeremy in tono arrogante.

Così mi lasciarono sola al bancone del bar, mentre li guardavo allontanarsi ridendo come tre idioti, pronti a godersi una serata che per me sarebbe stata una noia mortale.

Questo è il primo capitolo ufficiale della mia storia. Lo so, magari ad alcune persono potrà sembrare noioso, ma ciò perchè la storia è solamente agli inizi. Sono sicura che i prossimi capitoli vi piaceranno molto di più.
Vorrei ancora ringraziare la mia amica Alice_90, e Tredici 13
, che ha recensito il mio prologo e  mi ha incitata a pubblicare un nuovo capitolo.
Comunque grazie a tutti.
Saluti e abbracci.
Marty96

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Capitolo 3
*** Incontro ***


L'orologio del locale segnava ormai le 23.23. Non ero mai stata superstiziosa, ma provai comunque ad esprimere un desiderio.

Desiderai che finalmente, dopo tanto tanto tempo, potessi ritrovare finalmente la felicità, un cosa che per me era diventata quasi sconosciuta.

Ma, tanto, sapevo benissimo che non sarebbe accaduto nulla.

E invece non fu così.

Uscii dal bar con l'intenzione di tornarmene a casa. Non ce la facevo più a stare là dentro con tutto quel tanfo di fumo misto a sudore e alcool, così decisi di tagliare la corda.

Ripercorsi tranquillamente il vialetto che si apriva sulla 34th Street, ma non ero del tutto tranquilla. Avevo un brutto presentimento.

Sentivo delle risate e degli schiamazzi dietro le mie spalle, quando riconobbi la voce di Jeremy. Doveva aver bevuto davvero troppo. Raven e Sally non c'erano più, ma quel deficiente non era solo.

Con lui c'erano altri ragazzi, tutti più grandi, che non avevano certo un'aria amichevole. Così aumentai la velocità della mia camminata.

- Dove vai? - mi chiese uno di loro.

Li guardai appena con la coda dell'occhio, poi mi voltai e proseguii sui miei passi.

- Vieni qui con noi! - disse un'altra voce. Più che un invito sembrava un ordine.

Nonostante la rabbia e l'irritazione stessero crescendo in me, ignorai del tutto quei richiami e, sempre più convinta, girai e mi ritrovai nella 34th Street. Ma una mano mi strinse con forza il braccio e mi trascinò nuovamente nel vicolo.

Era un ragazzo, uno di loro, ma non riuscii a guardarlo bene in faccia. Era alto, bruno, e non aveva un accento inglese: sembrava piuttosto latino-americano.

Mi ribellai, cercai di liberarmi con tutte le forze che avevo in corpo, ma gli altri ragazzi ci raggiunsero, Jeremy compreso.

Iniziai a gridare, ma ormai nel "Tanzania's Bar" non c'era più nessuno e il vicolo, ad eccezione della nostra presenza, era deserto.

- Lasciatemi andare? Che volete? Vi supplico! Per favore! - li implorai, ma invano.

Mi buttarono a terra, e Jeremy disse con fare provocatorio:

- Non ti faremo nulla di male, tu devi stare zitta e buona, ok? -

Puzzavano parecchio di alcool. Non erano affatto lucidi, ma conoscevo bene le loro intenzioni; sapevo ciò che volevano farmi.

Udii altri passi dietro di me, ma non era un altro venuto in loro aiuto. Quella persona era lì per me.

Si avvicinò con fare curioso, poi capì quello che stava accadendo e urlò: - Cosa diamine state facendo? Ehi, che fate?! Ascoltatemi! Lasciate andare immediatamente questa povera ragazza! -.

Uno del gruppo si avvicinò al nuovo arrivato. - E tu chi saresti? Chi sei per dirmi cosa devo o no devo fare, eh? Si può sapere? -.

- E' meglio che tu non sappia… - disse in tono misterioso, ma allo stesso tempo alquanto minaccioso.

In quel momento io, come i ragazzi che stavano per aggredirmi, ebbi un senso di totale rispetto, ma soprattutto di paura. Mi sentii come raggelare di fronte a quella frase lasciata in sospeso, che dietro di sé nascondeva un che di terrificante.

Però io sapevo benissimo che la sua intenzione non era quella di spaventare me. Era quella di spaventare loro.

- Dai, andiamocene! - incitò Jeremy.

- Neanche per idea! Sei matto?! Non mi lascerò di certo comandare dal primo che passa - rispose con tono di sfida il ragazzo che aveva provocato quello che, a quanto pareva, era il mio salvatore.

- Per favore! Ci troveremo qualcos'altro da fare. -

- D'accordo. Ma questa è l'ultima volta che capita una cosa del genere. E tu, vedi di non farti più vedere nei paraggi, chiaro?! - disse, riferito al ragazzo misterioso venuto in mio aiuto.

- Sarà fatto, ma ora levate le tende. - ribatté in tono tranquillo. Un tono che era poco adatto al momento.

Così, loro malgrado, dovettero andarsene. Quel giovane aveva proprio un'aria minacciosa; aveva qualche cosa di particolare. Non saprei proprio come spiegarlo. Ma era così.

Non ero ancora riuscita a vederlo bene in viso, ma ero riuscita a dedurre che fosse un ragazzo alto sul metro e ottantacinque, abbastanza muscoloso, che si muoveva in modo molto elegante. Tanto sinuoso da sembrare sovrumano.

Si avvicinò a me, che in quel momento ero talmente stordita da non capire quasi più niente; mi aiutò ad alzarmi, mi prese tra le sue braccia, e proprio in quell'istante persi i sensi.

 

Scusate se ho ritardato ad aggiornare il secondo capitolo della mia ff. Avevo intenzione di pubblicarne uno a settimana, ma ho parlato con una mia amica (alice90cullen) che è iscritta a questo sito da sei mesi, e ho pensato di aggiornare più velocemente.

Comunque, vorrei ringraziare nuovamente alice90cullen e Tredici 13 per aver aggiunto la mia storia alle seguite.

Vi prego, recensite in tanti! Ho bisogno di qualche parere esterno per sapere cosa ne pensate della mia ff e se scrivo bene.

Bacioni! u.u

Marty96

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Capitolo 4
*** Presentazioni ***


Quando mi risvegliai, mi ritrovai distesa su un letto matrimoniale. Sembrava nuovo. O forse non era mai stato utilizzato da nessuno, il che era più probabile.

Mi misi seduta, e quando mi guardai attorno per capire dove fossi finita, mi accorsi che lui era seduto su una sedia a dondolo di fronte al mio letto. Mi guardava, curioso. E fu proprio quando, per la prima volta, i nostri sguardi si incontrarono, che vidi quanto fosse bello. Oltre ad avere un fisico perfetto, aveva un viso da angelo: era bianco, bianchissimo, ed era stupendo; era tanto bello da non sembrare vero. Era mozzafiato.

Aveva i capelli biondi, leggermente mossi, con qualche ciuffo qua e là che ricadeva sulla fronte e sugli occhi.

Tutto di lui mi attraeva; persino il suo odore era magnifico. Ma c'era una cosa molto strana in lui: aveva due occhi rossi. Rosso rubino. Rosso sangue.

- Buongiorno. Anzi dovrei dire buona notte, visto che sono le tre del mattino. - disse lui, con una voce tanto bella da incantare chiunque.

- Dove sono finita? - chiesi io, che in confronto a lui avevo una voce orrenda e goffa.

- Qui sei al sicuro, non vedi preoccuparti - disse lui cauto, vedendo che stavo iniziando a preoccuparmi.

- Sì, ma intendo dire: dove sono? Dove mi hai portata? - domandai in preda all'agitazione.

- Questo è il mio appartamento; ti ho portata qui quando, poche ore fa, hai perso i sensi. Non sapendo dove abitassi, ho pensato che sarebbe stata la soluzione migliore. -

- Grazie. Non avresti dovuto. Perché lo hai fatto?

- Fatto cosa? 

- Perché ti sei preoccupato per me? Non mi conosci nemmeno. Avresti potuto benissimo lasciarmi nelle mani di quei vandali.

- Perché sono una persona come si deve. E perché non avrei mai lasciato che una ragazza venisse violentata mentre io sarei stato lì a guardare, ti pare?

- Non credevo che ci fossero persone tanto gentili, a questo mondo. Credevo che fossero tutti come quelli là, ma a quanto pare mi sbagliavo.

- Qual è il tuo nome?

- Kristie, McLian. Il tuo?

- Luke. Sembri giovane, quanti hanno hai?

- Quattordici appena compiuti. Tu?

- Diciotto. Compiuti da un po'. Sembri una ragazza in gamba. La scuola?

- Non me ne parlare, se sono stata promossa e stato proprio per miracolo. E tu che mi dici?

- Non c'è male.

- Ma…

- Li conoscevi quei bifolchi? - mi interruppe lui all'improvviso.

- No. Cioè sì. Uno di loro è un mio compagno di classe delle scuole medie. Per fortuna non lo vedrò più al liceo. Ma perché?

- Perché se avessi potuto li avrei ammazzati uno per uno. Ma sono riuscito a controllarmi. Per fortuna.

- Bene. Allora, che si fa?

- Vuoi che ti riaccompagni a casa? Anche se mi sembra un po' insensato, visto che probabilmente i tuoi staranno ancora dormendo. Vale la pena aspettare fino a domattina.

- No, ti prego. A casa no! Non ci voglio più tornare.

- Sappi che puoi restare qui tutto il tempo che vuoi, ok?

- Grazie. Non avevo mai incontrato una persona tanto gentile in vita mia. Mi sembra quasi assurdo. Non è da tutti preoccuparsi per una ragazza trovata in mezzo alla strada che neanche conosci. Ma ti comporti così con tutti?

- No, non con tutti. Solo con le persone che m'interessano.

Continuammo a parlare per tutta la notte, fino all'alba, e probabilmente anche tutta la mattina.

Non ero mai stata così bene in vita mia, mai. Parlare con Luke era la cosa più bella che avessi fatto. Forse non era la chiacchierata che mi faceva stare bene, ma era la sua presenza. Non solo era bellissimo, ma era anche gentile e simpatico, anche se un po' misterioso.

Era come... speciale.

Scusate se i primi capitoli sono un po' corti, ma sono solo all'inizio e non ci ho ancora preso la mano...
Vorrei ringraziare nuovamente Alice90cullen e Tredici 13 per avermi sostenuto nella pubblicazione di questa storia e dei suoi vari capitoli, ma soprattutto per aver recensito e avermi fatto capire ciò che pensavano di questo racconto.
Vi prego recensite in tanti! Ho assolutamente bisogno di sapere cosa ne pensiate.
Mi raccomando recensite!
Baci.
Marty96

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Capitolo 5
*** Occhi ***


Scusate se ho ritardato con l'aggiornamento di questo capitolo, ma ho avuto molti contrattempi.

Comunque vi lascio a questo capitolo.

Spero che vi piaccia!

Era ormai una giornata intera che ero a casa di Luke. Ed era stata la giornata più bella di tutta la mia vita. Avevamo chiacchierato per ore…

Parlammo di me, della mia famiglia, della mia vita, di tutto ciò che mi era capitato negli ultimi tre anni.

- Fammi capire. Quindi, tuo padre vi ha lasciate tre anni fa, giusto? - chiese Luke con parecchia curiosità.

- In poche parole sì.

- Ma non vi siete più sentiti? L'hai più visto? Ma per quale ragione?

- Non l'ho più né sentito né visto. Abbiamo perso completamente i contatti. Il motivo? E chi lo sa… Credo che non lo sappia nemmeno lui. Forse aveva troppe responsabilità, troppi problemi. Forse non ci voleva più bene come prima. Forse aveva un'altra. O forse era semplicemente un codardo.

- E ti manca?

- Sì. E tanto. Mi manca essere amata da lui. Da quando non c'è, credo di aver totalmente scordato il significato della parola "amore".

- Non credo che il motivo per il quale se ne sia andato fosse perché non ti amasse più. Insomma, come si fa a non amare una ragazza come te? Un ragazza così dolce, così gentile, così unica… Ma anche così ingenua.

Rimasi esterrefatta dalla visione che aveva lui di me. Ma non colsi fino in fondo il significato di "ingenua". Così aspettai un po' per fare chiarezza nella mia mente, e poi chiesi: - Perché dovrei essere ingenua?

Ma non rispose.

Restammo in silenzio per un'ora.

Non ci guardammo più negli occhi.

Fino a quando mi decisi, alzai lo sguardo e finalmente incrociai il suo. Stavo per dirgli: "Ma ho detto qualcosa che non va?". Poi notai che i suoi occhi erano cambiati. Erano neri.

- Ma… i tuoi… i… tuoi occhi… - dissi balbettando; mi fermai, presi fiato e domandai senza fermarmi per respirare:

- Ma perché i tuoi occhi sono neri?

- Neri?

- Sì. Neri. Sono nerissimi, come la pece.

- E cosa ci dovrebbe essere di strano?

- Niente. A parte il fatto che la scorsa notte erano rossi.

- Devi averci visto male. Sai, eri un po' frastornata, è normale che fossi confusa. Senti, che ne dici se io andassi a fare la spesa, a prendere qualche cosa da mangiare?

- Come vuoi… Comunque io sono sicura di aver visto i tuoi occhi rossi.

- Beh, io vado.

Disse, e uscì di casa senza neanche salutare.

C'era qualcosa di molto strano in lui, qualcosa che non voleva dirmi. Io sapevo ciò che avevo visto, non ero ubriaca o poco lucida. Ero sveglia e avevo visto i suoi occhi rossi. Ma non era questo l'importante, perché c'era qualche cosa di molto più importante che Luke non voleva dirmi.

Io, però, preferivo non parlare di lui con questi miei dubbi; anche perché ora che avevo trovato un vero amico, una persona con cui parlare, che nel giro di poche ore era riuscito a dimostrarmi di tenere a me, non avevo alcuna intenzione di perderlo. E poi, per quale ragione? Un mio dubbio sciocco e insensato?

Passò parecchio tempo, forse tre o quattro ore, e Luke non era ancora tornato a casa. Forse aveva trovato traffico, ma ormai erano già le 17.00 e la cosa era un po' ambigua. Insomma, chi impiega quattro ore per comprare due cose da mangiare?

Proprio mentre ero totalmente immersa nei miei pensieri e nelle mie riflessioni, la porta si aprì e comparve Luke, con due borse pesanti in mano.

La prima cosa che feci fu quella di guardarlo negli occhi. Erano di nuovo rossi. non potevo crederci, ma decisi di lasciar perdere per evitare inutili discussioni.

- Ci hai impiegato parecchio! - dissi io, sforzandomi di sorridere e di far apparire la mia affermazione come una battuta.

- Sì, hai ragione. Ho trovato traffico e come se non bastasse al supermercato c'era un sacco di gente.

Lo guardai ancora, attentamente (come potevo non stare ad osservarlo, era bellissimo) e mi accorsi che nel mese di giugno, con 25 °C all'ombra Luke era vestito con giacca, sciarpa e berretto. Quando era uscito di casa non me n'ero neanche accorta, dato che ero ancora scossa per la storia degli occhi. Certo, l'Inghilterra non è uno dei Paesi più caldi del mondo, ma quella giornata era particolarmente calda e soleggiata, il che era alquanto strano.

- Perché ti sei vestito in questo modo?

- Come sono vestito?

- Beh, hai giusto un look un po' invernale, non trovi anche tu?

- In effetti hai ragione, ma io sono una persona molto freddolosa. Comunque, vuoi che ti prepari qualche cosa da mangiare? Sai, è una giorno intero che non mangi.

- D'accordo, come vuoi.

Si mise a preparare un sandwich, con una grazia impeccabile. A quanto pareva, ogni azione, ogni minimo gesto da lui era eseguito con la massima eleganza e sinuosità.

Ci sedemmo insieme a tavola, in cucina.

Era già un giorno che mi trovavo lì e ancora non avevo esplorato l'appartamento. ma non m'importava un gran che.

- Sicura di non voler chiamare tua madre per dirle che stai bene?

- Non ora. Magari più tardi.

- Come preferisci.

Notai che aveva preparato da mangiare solo per me.

- Tu non mangi? - domandai.

- Ho già mangiato prima. Scusa se non ho pensato di mangiare con te, ma avevo fame, ti dispiace?

- Non c'è problema.

Finii velocemente il mio sandwich, e poi presi coraggio e gli dissi ciò che avevo pensato di chiedergli durante le ore che era stato fuori di casa.

- Non vorrei sembrarti indiscreta, ma c'è una cosa che vorrei chiederti.

- Spara!

- Io e te abbiamo solamente parlato di me e della mia vita, ma io di te non so proprio nulla. Ti va di parlarmi un po' di questo misterioso Luke?

- Meglio di no?

- E perché?

- Perché… Perché io sono diverso.

- In che senso?

Non rispose. Di nuovo mi aveva lasciata con mille domande, e nessuna risposta plausibile o perlomeno sensata.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ora, finalmente, le cose iniziano a farsi un po' più interessanti.

Vorrei ringraziare, come sempre, la mia carissima amica Alice90cullen, l'unica che mi ha appoggiata e ha sempre recensito i capitoli della mia storia.

Come sempre, vi chiedo cortesemente di recensire il mio racconto: vorrei sapere cosa ne pensate dei vari capitoli.

Grazie di cuore.

MartyCullen

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Capitolo 6
*** Rivelazione ***


Erano ormai tre giorni che stavo a casa di Luke. Tre lunghissimi giorni.

La prima giornata la passammo chiacchierando. Ma le altre due le trascorremmo come due perfetti sconosciuti, due coinquilini che condividono l'appartamento perché da soli non riuscirebbero a pagarlo.

Trascorrevamo il tempo senza parlare, a volte neanche ci salutavamo. Lui non usciva quasi mai di casa, ma per me era come se non fosse presente.

Ogni tanto osavo voltarmi a guardarlo, più che altro ad ammirarlo, nella speranza di incrociare il suo sguardo o, magari, di attirare la sua attenzione. Ma non riuscivo mai ad ottenere nulla.

Così ci rinunciavo e iniziavo ad osservare l'appartamento, molto elegante, probabilmente parecchio costoso, assorta nei miei inutili ragionamenti.

La situazione andava avanti così da quando chiesi a Luke di parlarmi di lui. Forse avevo toccato un tasto dolente; ma io che potevo saperne?

- Scusa - mi disse lui interrompendo bruscamente i miei pensieri.

- Di che?

- Di tutto. Insomma, prima mi sono reso ospitale e gentile e tutto ad un tratto non ti rivolgo neanche più la parola. Non è giusto nei tuoi confronti. Ma il punto è che…

- Non c'è problema. - lo interruppi io - Se per te sono un peso posso anche andarmene, non preoccuparti.

- Ma io non voglio che tu te ne vada.

- Se il problema è la domanda che ti ho fatto due giorni fa, d'accordo. Non ti chiederò più nulla. Se non vuoi raccontarmi la tua storia, ti capisco. E' normale. C'è gente che è un po' più riservata, e io rispetterò la tua privacy; se la tua intenzione è quella di farmi rimanere, sappi che io non ti farò più domande e non mi impiccerò, e…

- No. E' giusto che tu sappia. - ora era stato lui a interrompere me. Aveva utilizzato un tono strano, misterioso, ma diverso dal solito.

- E' giusto che io sappia cosa?

- Un attimo. Ci vorrà un po' per spiegare tutto. Devo… Devo usare le parole giuste per… Per dirti… Che…

- Dirmi cosa?! - domandai io in tono un po' aggressivo. Tutta quella suspense stava cominciando a darmi sui nervi.

- Scusa. Hai tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiata con me. Insomma, io ti ho evitata, ti ho allontanata da me, ma solo per la tua incolumità.

- Cosa vorresti dire con questo? - continuavo ad usare quel tono sgarbato che solitamente avevo nelle discussioni con mia madre. Con lei le liti e le discussioni erano più che frequenti, erano all'ordine del giorno. Non che volessi trattarla male, ma io ero orgogliosa per natura, e quando volevo avere ragione e far passare il mio avversario dalla parte del torto, assumevo quell'aria prepotente, che probabilmente avevo adottato anche con Luke.

Volevo sembrare arrogante ai suoi occhi, volevo farmi valere. Perché di fronte ad una creatura così bella e perfetta, se fossi stata me stessa, se mi fossi lasciata andare anche minimamente, sarei parsa debole. Invece io volevo essere come lui, volevo mantenere quel tono controllato e pacato, magari un po' aggressivo, per essere alla pari di quel ragazzo che sembrava un angelo.

- Io non sono una compagnia sicura. - riprese Luke.

- E per quale motivo, perché sei molto più grande di me? - domandai io, che però questa volta avevo un velo di paura nella voce. La paura di perderlo.

- Non è questa la ragione. Io… - iniziava a balbettare.

- Io, sin dalla prima volta che ti ho vista, ho capito che tu sei una ragazza speciale, che non sei come tutte le altre. Certo, le circostanze in cui ci siamo conosciuti non erano delle migliori, ma per me tu sei speciale. -

Di fronte a quelle parole, sentii una lacrima cadere dal mio occhio sinistro e rigarmi il volto asciutto.

- E' vero che io e te ci conosciamo solamente da tre giorni - riprese Luke - ma a me non importa. Ormai ci sono dentro. Mi sono legato troppo a te. E' una cosa inspiegabile; non c'è una ragione logica. Dal primo istante che ti ho vista mi sono come sentito aggrappato a te, e adesso sei parte di me. Ed è per questo che tu devi sapere la verità. -

Stavo ancora piangendo per le sue parole. Le lacrime scendevano lungo il mio viso veloci, una dopo l'altra.

Perché nessuno aveva mai parlato di me in quel modo. Nessuno.

- Quale verità? - domandai tra i singhiozzi.

- Kristie… Io… E' difficile da credere, e probabilmente mi prenderai per matto, ma…

- Dimmi pure.

Ci fu un attimo, un istante di silenzio. Poi si decise a parlare.

- Sono un vampiro. - mi disse, lasciandomi senza parole.

Scusate se ho ritardato nuovamente con l'aggiornamento della mia storia, ma ho avuto dei problemi in famiglia e quindi non ho avuto il tempo di postare precedentemente.

Come al solito, ringrazio la mia BEST Alice90cullen, per aver sempre seguito con interesse il mio racconto e per aver recensito ogni capitolo della mia ff.

Inoltre, come sempre, chiedo cortesemente di recensire la mia storia. Vorrei sapere cosa ne pensate e sarebbe gratificante per me sapere che c'è gente che s'impegna a criticare il mio racconto.

Grazie.

MartyCullen

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Capitolo 7
*** Storia ***


Ero ancora frastornata. Non riuscivo a credere alle parole di Luke.

Eppure c'era qualcosa di strano nella sua voce. Era come se non mi stesse mentendo.

Una persona sana di mente lo avrebbe preso per pazzo, oppure per un comune bugiardo. Ma io no. Io sapevo che non stava mentendo.

E non era per i suoi atteggiamenti strani, che aveva avuto durante quei tre giorni trascorsi assieme. Era perché io mi fidavo di lui. Io credevo a Luke.

E come lui, non m'importava se ci conoscevamo da appena tre giorni. Gli credevo.

- So che può sembrare assurdo, ma… - disse Luke.

- No. - lo interruppi prontamente io - Ti credo.

- Cosa?

- Mi fido di te, so che non menti.

- Wow. E' stato più facile del previsto.

Restammo in silenzio per un po' di minuti. Ero ancora un po' "sotto shock".

- Hai paura? - mi chiese, vedendo che mi ero improvvisamente ammutolita.

- Sì.

- Lo sapevo. Dovevo immaginarlo. Forse non avrei dovuto dirti niente.

- No. Hai fatto bene. Ma ci vorrà un po' di tempo prima che riesca ad abituarmi all'idea…

- Ad abituarti all'idea che io sia un mostro. - disse Luke, con un filo di tristezza nella voce.

- Ad abituarmi all'idea che tu sia diverso.

A quelle parole riuscì finalmente ad alzare lo sguardo e a guardarmi dritto negli occhi. Erano ancora rossi.

Stranamente quella situazione mise un po' in imbarazzo entrambi. E così, scoppiammo a ridere tutti e due; un po' come due vecchi amici che scherzano e si divertono, ripensando alle lontane giornate trascorse insieme, rivangando i  ricordi, le esperienze passate…

- Ora però sono un po' curiosa. - ammisi interrompendo la nostra fragorosa ristata che andava avanti da parecchio.

- Cosa vorresti sapere? - mi domandò Luke.

- Tutto. Tutto di te. Della tua vita da… - Quella parola era ancora molto difficile da pronunciare.

- Vampiro - Ci pensò lui a concludere la mia frase incompleta.

- Beh - continuò - Prima vorrei fartela io una domanda.

- Domandami pure quello che vuoi.

- Perché mi hai creduto subito, quando ti ho detto di essere… diverso?

- Perché io di te mi fido ciecamente. Anche se ci conosciamo da poco, so che tu ci tieni a me e non avrebbe alcun senso prendermi in giro. Altro?

- No.

- Ora tocca a te rispondere alla mia domanda.

- Allora. Era il 1943. Germania. Eravamo nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale. Avevo solo diciotto anni allora, ma il simpatico Adolf Hitler costringeva anche quelli giovani come me a partire per il fronte. Noi eravamo ingenui e inesperti, quindi ci lasciavano a combattere, o meglio a morire, nelle trincee. Io e un mio compagno di battaglia eravamo stanchi di tutta quella situazione, avevamo una paura terribile della morte; ma se avessimo saputo a cosa saremmo andati incontro, sono sicuro che saremmo rimasti in quella cazzo di trincea. - Un filo di amarezza gli attraversò la voce. - Così decidemmo di fuggire; non sapevamo dove andare e come fare, ma qualunque cosa ci sembrava migliore di rischiare la vita per niente. Non eravamo quel genere di persone fanatiche e patriote. Noi amavamo la nostra nazione, certo, ma amavamo di più la nostra vita, e volevamo viverla al meglio. Per questo motivo fuggimmo verso l'Inghilterra, ma durante il viaggio fummo attirati da una bellissima giovane; era perfetta: bianca come la neve, si muoveva come nessuna persone al mondo avrebbe saputo fare, e aveva due bellissimi occhi neri. Decidemmo di presentarci a lei, di provare ad attaccare bottone, quando lei ci chiese: "Vi va di venire con me a bere qualcosa? Più avanti c'è un'osteria". C'era qualcosa di strano nella sua voce, qualcosa di maligno, ma la seguimmo comunque. Ci guidò in un luogo isolato, sembrava un bosco. Ora non ricordo bene, è tutto sfocato. Il mio compagno, Jack, le si avvicinò con aria interrogativa, quando lei gli saltò addosso, mordendolo all'altezza del collo, e succhiandogli tutto il sangue che aveva in corpo. - A quelle parole, mi sentii male.

- Cercai di fuggire, ma lei era veloce come la luce, e mi raggiunse. Riuscì a mordermi la gamba, quando arrivò un altro di loro. Un certo Carlisle. Lui non era come loro; si nutriva del sangue degli animali, era un uomo che aveva rispetto per la vita, per qualunque creatura. - Sorrise.

- Così, rimasi solo con lui. Stavo male, mi sentivo bruciare la ferita, era come se stesse ardendo. Poi, il foci si propagò per tutto il mio corpo, e caddi in una specie di sonno per tre giorni. Per chi mi vedeva da fuori, sarei potuto sembrare morto, ma dentro bruciavo. Era come se fossi schiacciato da un peso enorme e non potessi più liberarmi. - Al pensiero, rabbrividì.

- Tutto ciò durò all' incirca tre giorni, ma a me sembrò durare un'eternità. E io che avevo paura della guerra! Non avrei mai pensato che ci fosse qualcosa peggio delle trincee, o della paura della morte. Perché il peggio arrivò dopo. - Un'altra pausa per prendere fiato; sembrava quasi che stesse rivivendo ogni singolo istante di quella tortura.

- Il fuoco si stava spegnendo, e quando finalmente mi svegliai, mi trovai accanto Carlisle. Mi alzai di scatto: ero più forte, veloce e potente che mai. Gli ringhiai contro, non so perché, forse era istinto di sopravvivenza; poi iniziai a sentire un nuovo bruciore, un nuovo fuoco che si stava impossessando della mia gola secca. Avevo sete. Così fuggii in cerca di qualcuno da mangiare, lasciandomi Carlisle alle spalle. Lui mi raggiunse, e prontamente mi fermò. Mi fece sedere, e mi spiegò come viveva lui, come si nutriva, e che c'era un'alternativa all'omicidio. Ma a me non importava niente; volevo solamente bere, costasse quel che costasse. Così fuggii di nuovo, e da quella volta non lo rividi mai più. -

- E ti dispiace? Cioè, avresti voluto rivederlo' - domandai io incuriosita.

- Sì. Ora sono pentito di ciò che ho fatto. Ma ero giovane, e per me il sangue umano era l'unica cosa che contasse. Ora penso che avrei potuto seguirlo, che se l'avessi fatto non avrei ucciso tanta gente e che ora sarebbe tutto più facile, anche con te. - Mi guardò intensamente, come se cercasse di capire cosa stessi pensando.

- E comunque - continuò - Ora non potrei più raggiungerlo; vive a Forks, una piccola cittadina del nord degli Stati Uniti, e ha un suo clan di vampiri vegetariani.

- Clan?

- Un gruppo. Sai, i vampiri sono spesso nomadi, e viaggiano in piccoli gruppi; ma a volte sono soli, come me.

- E perché tu non ti sei unito a qualche… come si dice? Clan?

- Perché sto bene da solo. Per me è più facile nutrirmi.

- E che mi dici degli occhi rossi e neri, o della tua bellezza innaturale?

- Per quanto riguarda gli occhi, sono rossi quando sono sazio, e neri quando sono assetato. Per quanto riguarda la bellezza, beh, serve solo ed esclusivamente ad attirare le prede, cioè voi umani.

- Sappi che con me ha funzionato - dissi senza volerlo. Era come se avessi detto ad alta voce quello che invece avrei dovuto solamente pensare.

- Posso chiederti una cosa?

- Che cosa?

- Ma dopo tutto quello che ti ho raccontato tu non hai un briciolo di paura?

- No. Perché tu hai detto di tenere a me, e io di te mi fido ciecamente. Inoltre, non mi hai uccisa in questi tre giorni, e che motivo avresti per farlo adesso?

Mi guardò nuovamente. Sorrideva. Si avvicinò lentamente a me, quasi avesse paura di farmi del male. Si sedette accanto a me, mi strinse in un abbracciò e avvicinò il suo volto al mio.

Chiusi gli occhi. Sapevo quello che voleva e stava per fare, e non mi tirai indietro, perché anche io lo volevo.

Certo, dare il primo bacio ad un vampiro non era una cosa molto comune, ma non m'importava: sapevo che era la cosa giusta.

Così, finalmente, le sue labbra toccarono le mie, ed iniziarono a muoversi dolcemente.

Era la sensazione più bella che avessi mai provato. E non era il tipico sentimento che si prova con il primo bacio. No. Quello era totalmente diverso. Perché era Luke ad essere lì con me; era lui che mi stava baciando.

Piaciuto?!

Spero proprio che siate soddisfatte del mio nuovo capitolo.

Comunque vorrei ringraziare tutte coloro che seguono la mia storia per aver pazientato così a lungo in attesa del mio aggiornamento.

Inoltre, come di consueto, ringrazio la mia migliore amica Alice90cullen e vampiretta96 per aver recensito il mio precedente capitolo.

Infine vi invito, come sempre, a recensire cortesemente i vari aggiornamenti, cosicchè io possa sapere cosa ne pensate del mio racconto.

Baci.

MartyCullen

 

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Capitolo 8
*** Sorpresa ***


 

Da quando Luke mi aveva confessato quale fosse la sua vera natura, le giornate presero a trascorrere molto meglio, direi più dolcemente. A volte iniziavamo a parlare, ed eravamo capaci di continuare per ore; altre, preferivamo stare sdraiati sul suo letto enorme, uno di fronte all'altra, a guardarci in silenzio, un silenzio pieno di rumore.

Le giornate passavano così bene, che quasi persi la cognizione del tempo; mi scordai addirittura di avere una casa, una madre che probabilmente stava soffrendo moltissimo per la mia mancanza, e che pensava continuamente a me.

Io le volevo ancora bene, ma ormai ero troppo attaccata a Luke e non volevo andarmene da lui. Avevo paura di perderlo; avevo come la sensazione che, dato le nostre immense diversità, anche la minima cosa avrebbe potuto dividerci.

Erano sei giorni che stavo a casa di Luke. Erano sei giorni che ci conoscevamo. Ed erano stati i più bei giorni dei miei quattordici anni di vita.

Era tardo pomeriggio, e stranamente a Liverpool le condizioni meteorologiche erano favorevoli: 27°C e un sole splendente. Io e Luke, per la prima volta, decidemmo di uscire di casa, di fare una bella passeggiata, solo noi due.

Così prendemmo la metro, e ci recammo al parco più vicino.

Arrivammo in un luogo piuttosto piacevole; era un enorme distesa erbosa, con decine di alberi e piante di ogni genere. Io non mi ero mai interessata alla natura, non sono mai stata particolarmente attaccata a questo genere di argomenti. Ma riuscii a riconoscere alcune querce, vari ciliegi e numerosi salici piangenti, che riversavano i lunghi rami cadenti nel laghetto al centro del parco.

C'erano parecchi animali, scoiattoli e uccelli di ogni tipo, ma la cosa che mi stupiva di più era che c'erano veramente poche persone.

Iniziammo a camminare lungo il vialetto principale che attraversava quel meraviglioso ed immenso parco, e per la prima volta, di fronte ad altra gente, passeggiammo mano nella mano, proprio come due innamorati, due semplici persone che si amano.

Ma la nostra situazione era molto, davvero molto più complicata; e questo non solo a causa della sua natura di vampiro (cosa che ormai ero riuscita ad accettare pienamente), ma anche a causa della mia situazione familiare.

Insomma, non si può proprio dire che io sia una ragazza come tutte le altre: ho quattordici anni, non vedo mio padre da anni per chissà quale ragione a me sconosciuta ed ho un pessimo rapporto con mia madre, l'unica persona che dovrebbe appoggiarmi e sostenermi nelle mie scelte, e che in quel preciso istante non immaginava neanche lontanamente dove mi trovassi.

- Kristie - mi chiamò Luke, interrompendo il flusso dei miei pensieri.

- Dimmi. C'è qualcosa che non va?

- Sediamoci qui - disse titubante, indicando una panchina poco lontana.

Mi sistemai accanto a lui, forse un po' troppo vicina, mentre la curiosità e la paura iniziavano a farsi spazio nella mia mente. Chissà che cosa voleva dirmi? Magari non mi voleva già più?

- Forse sarà più difficile dirti questo e accettare la tua reazione rispetto a quando di ho detto di essere un vampiro - ora dire quella parola sembrava più facile anche per lui.

- Cosa c'è? Mi preoccupi.

- Kristie. Come ti ho già detto ormai troppe volte, io e te ci conosciamo da poco. Ma a me, come a te, non importa, giusto?

- Giusto.

- Insomma, la nostra non è una situazione facile. Io sono un vampiro, tu hai già i tuoi bei problemi. Inoltre io ho diciotto anni, tu solo quattordici, e magari ti senti ancora una bambina sotto certi aspetti. - Prese fiato e proseguì.

- Beh, in teoria io sono più vecchio di te di quasi un secolo, ma ormai siamo nel ventunesimo secolo, e l'età non conta. O almeno non dovrebbe contare, e…

- Calmati. Che succede? Mi spaventi?

- Kristie, io mi sono innamorato di te. Io ti amo. Non mi era mai capitata una cosa del genere, nei miei circa cento anni di vita. Credevo che l'unica cosa che contasse a questo mondo fosse il sangue umano, ma mi sbagliavo. Ora tu sei la mia unica ragione di vita, e non vorrei perderti per nulla al mondo. Perché tu sei imparagonabile al sangue umano, sei speciale. E per te inizierò a vivere come quel Carlisle di cui di avevo parlato, ricordi? D'ora in poi mi nutrirò solo ed esclusivamente grazie al sangue degli animali, e questo solo per te, e…

In quel momento non osai interromperlo parlando, ma preferii saltargli al collo, abbracciarlo baciarlo dolcemente.

Perché in quell'istante, non c'erano più confini tra umano e vampiro. Eravamo due ragazzi che si amavano.

E non c'erano, non ci sono e non ci saranno mai parole per descrivere una sensazione del genere.

Quando, mio malgrado, ci allontanammo l'uno dall'altra, lo guardai negli occhi e gli dissi - Anch'io ti amo -, con tutta la sincerità del mondo.

Era la prima volta che dicevo quella parola a qualcuno, ma quel qualcuno era speciale, e con lui le parole "ti amo" prendevano totalmente un altro significato.

Restammo non so per quanto tempo seduti su quella panchina, la nostra panchina, abbracciati l'uno all'altra senza parlare, come facevamo quando eravamo nel suo appartamento, distesi sul suo enorme letto matrimoniale, sprofondati in un silenzio immenso.

Noi non eravamo proprio come tutti gli altri. No, non lo eravamo. A volte esageravamo con le parole, altre esaltavamo il silenzio.

Non amavamo perderci in coccole superflue, o in bacetti stupidi e inutili, che spesso non hanno alcun significato. A noi bastava uno sguardo, un semplice sorriso, per trovare la felicità.

Ero ancora immersa nel suo caloroso abbraccio, nel colore nero dei suoi occhi, che forse una volta erano di un colore azzurro mare.

Improvvisamente, mi sentii strattonare un braccio, con forza, ma non mi girai. Avvertivo la presenza di una figura, di una persona che conoscevo benissimo dietro di me.

- Tu ora vieni a casa con me, signorina - disse quella persona.

Anche se non avessi sentito quelle parole, avrei capito benissimo chi avessi alle spalle. Riconobbi il suo profumo: Chanel n°5. Un regalo di papà.

- No mamma. Io con te non ci vengo. - dissi acidamente, rivolta a quella donna che iniziavo a non considerare più come un genitore.

Ehi, che ne dite?!

Piaciuto?

Come vi avevo anticipato nello scorso capitolo, ho preso la decisione di aggiornare più spesso. Questo anche, e soprattutto, perché come tutte sapete sta per ricominciare la scuola, e sicuramente non avrò il tempo di scrivere. :(

Comunque ringrazio ancora Alice90cullen e vampiretta96 per aver recensito lo scorso capitolo ed essersi impegnate a commentare e dare un giudizio su ciò che scrivo.

A proposito, vi chiedo nuovamente di recensire in tanti. So che può essere una cosa un po' "noiosetta", ma mi farebbe molto piacere.

Baci.

MartyCullen

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Capitolo 9
*** Evasione ***


Alla fine mia madre era riuscita a portarmi a casa, quasi con la forza.

Luke avrebbe potuto fermarla senza neanche dover compiere il minimo sforzo, ma non poteva dare spettacolo di sé in mezzo a tutti (nonostante le persone fossero molto poche).

A quanto pareva, il mondo dei vampiri sarebbe dovuto restare segreto a quello degli umani, nonostante entrambe le specie convivessero sullo stesso pianeta.

Mi madre stava seduta sulla poltrona di fronte al divano che avevamo nel soggiorno di casa nostra. Mi fissava.

Dopo avermi sgridata e rimproverata per quasi due ore (e non esagero), si era calmata.

- Mi hai fatta stare in pensiero, lo sai? - mi disse interrompendo quel silenzio carico di tensione.

Non risposi.

- Hai qualcosa da dire? Non hai neanche il coraggio di scusarti?

- E per cosa?! Per essere sfuggita da una situazione del cazzo? Per essere scappata da una madre che è solo capace di scaricare addosso a me i suoi problemi di merda, eh?! Ora capisco perché papà se ne è andato.

- Non osare mai più parlare di tuo padre! - urlò lei. Avevo colpito nel segno. Quell'argomento era il suo punto debole.

- Bene! Allora non oserò mai più parlare con te! - ribattei io, correndo nella mia stanza e preparando le mie cose.

Avevo intenzione di andarmene un'altra volta, di tornare dalla persona più importante della mia vita.

Infatti, quella fu l'ultima volta che vidi mia madre, l'ultima volta che litigai con lei. Però, quando ora ripenso a lei, al suo viso e ai suoi modi di fare, mi viene in mente solo questa scena, con eccessiva chiarezza, per essere un qualunque ricordo.

Posso ancora vedere la sua espressione arrabbiata e allo stesso tempo stupita, quando mi vide sfuggire nuovamente da lei, per poi non tornare mai più.

Non ho più notizie di lei. Non ne ho mai volute. Spero solo che stia bene e che sia felice, anche senza di me.

Mi chiusi nella mia stanza. Era rimasta uguale. A quanto pareva mia madre non aveva toccato nulla, non era nemmeno entrata. Forse solo una volta per cercarmi.

Così, in preda all'euforia, fuggi di nuovo dalla finestra, quasi fosse un'abitudine per me. Presi fiato e corsi a casa di Luke; avevo troppa e voglia e troppo bisogno di vederlo. Troppo.

Erano più o meno le sette di sera, quando piombai nel suo appartamento.

Se ne stava tutto solo seduto sulla sua sedia a dondolo, mentre fissava il muro, con un volto privo di espressione.

Sembrava quasi morto.

Quando entrai improvvisamente dalla porta ci mise qualche secondo a riprendersi. Si giro di scatto quando probabilmente riconobbe il mio odore.

Sembra strano, ma Luke mi aveva raccontato che i vampiri hanno tutti i sensi più sviluppati, e di conseguenza anche l'olfatto. Per questo motivo lui poteva riconoscere il mio odore da distanze impensabili.

Ma erra tanto assorto nei suoi pensieri, che inizialmente sembrò non accorgersi della mia presenza.

- Kristie! - esclamò Luke con gli occhi scintillanti.

- Sei… Sei tornata da me? - domando con una voce piena di gioia.

- Sì. Non potrei mai vivere senza di te! - era la prima volta che dicevo una frase del genere.

Infatti non sono mai stata una gran romanticona, ma queste parole erano vere dalla prima all'ultima.

- Ma tua madre… - non gli lasciai finire la frase.

- Non voglio più parlare di lei. Sono scappata di casa per la seconda volta. La prima era per causa sua; la seconda è perché ho bisogno di te.

E corsi verso di lui saltandogli al collo.

Era duro come la pietra, freddo come il ghiaccio, bianco come la neve. E bello da perdifiato.

- Ti amo, Kristie.

- Ti amo, Luke.

Quella sera ci chiudemmo in casa a parlare, come nostro solito. Non c'era nulla di più bello che passare del tempo con lui. Con Luke. Il mio amato Luke.

Una persona qualunque potrebbe pensare che una ragazzina di quattordici anni non si potrebbe mai innamorare; è una cosa quasi inconcepibile. Tanto meno di un ragazzo ormai diciottenne (diciamo di quasi cento anni, no?).

Ma era così. Tutta la mia vita ora dipendeva da lui, dalla sua presenza. E anche per lui era così.

Erano quasi le due del mattino, e noi eravamo ancora svegli a parlare. Per Luke era una cosa normale, perché i vampiri non dormono.

Questo me lo aveva detto giorni prima, e mi aveva anche detto che mentre io dormivo lui amava guardarmi. Non ho mai capito che cosa ci trovasse di tanto divertente, ma a volte l'amore porta a fare cose molto strane.

Ragazze, siamo a metà della mia storia! Sembra quasi ieri che ho iniziato a scrivere su questo forum... :(

Comunque, dato che come già sapete ho deciso di aumentare la frequenza dei vari aggiornamenti, prevedo di concludere la mia storia per la fine della prossima settimana, o comunque entro poco tempo.

Come sempre ringrazio tutte le ragazze che seguono il mio racconto, e Alice90cullen e vampiretta96  per aver recensito lo scorso capitolo.

E, per favore, vi chiedo di recensire in tante; sapete che ci tengo ad avere un parere su ciò che scrivo.

Baci.

MartyCullen

 

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Capitolo 10
*** Fuggitivi ***


Probabilmente quel giorno mi addormentai molto tardi, perché la mattina seguente mi sveglia alle undici.

Il mio risveglio fu graziato dalla presenza di Luke, che mi fece iniziare la giornata con un sorriso ammagliante che mi fece girare la testa.

Ma la sua espressione cambiò all'improvviso, divenendo cupa e preoccupata, particolarmente pensierosa.

- Dobbiamo andarcene da qui - mi disse Luke all'improvviso.

- Cosa? Non capisco cosa vuoi dirmi. - Credevo di non aver capito bene, dato che ero ancora insonnolita.

- Voglio dire che se non vuoi che tua madre provi a chiamare la polizia, o peggio, per trovarti, dobbiamo andarcene da qui.

- Giusto. - Dissi poco convinta. Non perché la questione non mi interessasse, ma perché non riuscivo ancora ad afferrare pienamente il concetto.

- Io so che tu sei nata e cresciuta qua. Ovviamente non sei abituata agli spostamenti frequenti come me. Infatti io ogni tre o quattro anni devo cambiare residenza, perché non invecchio e non invecchierò mai, e la gente si pone molte, troppe domande.

- Per te farei qualunque cosa.

- Ma non è per me che voglio fare questo. E' per noi due, per poter vivere serenamente come una coppia qualunque.

- D'accordo. Se è l'unico modo per fuggire da mia madre e per poter stare con te, lo farò.

Mi sorrise, e mi strinse in un forte abbraccio.

- Ah! - gemetti piano io.

- Scusa. Non sono riuscito a dosare la mia forza.

- Non c'è problema. - dissi io ridendo.

Iniziammo a ridere, non so per quale motivo. Non c'era una ragione precisa, e non era la prima volta che scoppiavamo in una risata fragorosa. Ma questa volta era diverso.

Avevamo paura, non sapevamo cosa ci aspettava e dove saremmo andati a finire; l'unico modo per superare quell'ansia era ridere.

Quella giornata passò in fretta. Ci sedemmo al tavolo della cucina per decidere dove andare, quando partire e come trovare un'abitazione.

Impiegammo tutto il pomeriggio e a fine giornata era già tutto pronto.

Saremmo andati in Italia, un qualunque Paese europeo. Io avevo proposto di andare in Germania, ma Luke non voleva tornare nella sua nazione natale, dove aveva passato i peggiori anni della sua vita umana.

Per noi era facile: parlavamo la lingua inglese e ci avrebbero capiti ovunque, per nostra fortuna.

Saremmo partiti il giorno seguente, ma l'ora non l'avevamo ancora decisa.

L'unica cosa che ci rimaneva da fare era quella di confermare tutto andando in un'agenzia di viaggi e prenotare tutto. Sarebbe stato più comodo utilizzare Internet, ma Luke non disponeva di una connessione e non sarebbe stato possibile riuscirci.

Per l'appartamento non ci sarebbero stati problemi; Luke infatti aveva da parte un bel po' di soldi, e saremmo riusciti a sistemarci in un posto carino. Non avevamo bisogno di un luogo sofisticato e lussuoso, o troppo spazioso; a noi bastava una casetta carina dove vivere per sempre.

Sì, perché sentivo che saremmo rimasti insieme per tutta la vita. Beh, la mia vita.

Lui sarebbe vissuto per sempre, a meno che non fosse stato ucciso prima; perché i vampiri non muoiono di morte naturale.

Ma come si uccide un vampiro?

Questa domanda mi tormentava da un po'. Luke non aveva mai toccato l'argomento, e sembrava intenzionato a non farlo.

Stavamo finendo di sistemare un po' di cose quando gli chiesi: - Posso farti una domanda?

- Certo. Un attimo… Fatto. Dicevi?

- Beh, tu mi hai detto che un vampiro non può morire di vecchiaia, di malattia o semplicemente di morte naturale, giusto?

- Giusto. - Era un po' preso dai suoi pensieri, perché stava finendo di compilare delle carte che avrebbe spedito ad un suo conoscente esperto nel falsificare le carte d'identità.

Era proprio quello che ci serviva. Una carta d'identità falsa.

Ci saremmo dichiarati fratello e sorella, Dylan e Susan Stewart, orfani sia di padre che di madre.

Non volevamo lasciar uscire troppo allo scoperto la nostra relazione, così avremmo finto di essere ciò che rimaneva di un'allegra e normale famiglia.

- Insomma, - continuai - vado dritta al punto. Vorrei sapere come si uccide un vampiro?

Improvvisamente, Luke fece cadere a terra la penna che teneva in mano. A quanto pareva la mia domanda lo aveva parecchio turbato. Non capivo se fosse a causa della parola "vampiro" che era uscita dalla mia bocca, o forse era per il contesto della mia richiesta.

- E' un po' complicato da spiegare. Ma è meglio che tu lo sappia. Insomma, prima o poi dovrai conoscere tutto del mondo da cui provengo.

Fece un respiro profondo, prese fiato e iniziò a parlare.

Si stava comportando esattamente come quando mi aveva parlato della sua trasformazione, della sua storia.

Faticava a parlare di questi argomenti con me. Era un po' come se volesse lasciarmi fuori da tutta questa storia, come se volesse proteggere la mia incolumità.

Come se avesse paura di qualcosa che prima o poi sarebbe dovuto accadere.

Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento! E spero anche di essere riuscita a mantenere segreto il finale: ci tengo a realizzare un bell' "effetto sorpresa". ;)

Come sempre ringrazio Alice90cullen e vampiretta96 per le recensioni dello scorso e dei precedenti capitoli, e tutte le ragazze che hanno aggiunto la mia storia alle seguite o a quelle da ricordare.

Al prossimo aggiornamento.

Baci.

MartyCullen

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Capitolo 11
*** Rinuncia ***


Ciao a tutti!!
So che ho ritardato molto e per questo vi chiedo immensamente scusa, ma la scuola è ricominciata e non ho più un attimo di tregua!
Voi tutto bene?
Vi lascio al capitolo^^

Rinuncia


- Un vampiro, per essere ucciso… E' un po' cruenta come cosa, sei sicura di voler…

- Non preoccuparti! Continua.

- Insomma, un vampiro per morire deve essere fatto a pezzi.

- Cosa? Davvero? Cioè, dici sul serio?

- Sì. E non è tutto. Pensa che tutto questo non è abbastanza. Se i pezzi del corpo di un vampiro vengono lasciati dove si trovano, questi possono ricomporsi. Ehi, tutto bene?

Probabilmente Luke mi fece questa domanda perché il mio volto doveva aver assunto un'espressione un po' troppo stupita, o un po' troppo spaventata. 

Fin da piccola sono sempre stata una persona particolarmente schizzinosa, molto sensibile al sangue e facilmente impressionabile. Per questo motivo non mi stupisce affatto il fatto che Luke stesse iniziando a preoccuparsi.

- Sì sì, continua.

- Quindi, l'unico modo e fare a pezzi il corpo e in un secondo tempo bruciarne ciò che rimane.

Non tornammo più sull'argomento. Non ce n'era bisogno.

Avvertivo la difficoltà che aveva Luke a trattare certi argomenti con me, e probabilmente anche lui aveva intuito quel lato "sensibile" del mio carattere.

Per quanto riguardava la nostra "fuga d'amore" (se si può definire in questo modo), l'unica cosa che ci rimaneva da fare era andare all'agenzia di viaggi. 

Ci pensò Luke, che preferiva non farmi uscire dall'appartamento prima della nostra partenza. Giustamente, riteneva che sarei stata più al sicuro, al riparo da qualunque pericolo. Volevamo evitare un eventuale incontro con mia madre, o con chiunque avesse voluto ostacolare la nostra fuga.

Era ormai giunta la sera, la giornata era volata, letteralmente.

Eravamo talmente presi dall'eccitazione per la partenza, e da tutte quelle faccende che avevamo perso totalmente la cognizione del tempo; anche se per me era così da ormai otto giorni, otto giorni passati con Luke.

Il volo per l'Italia era previsto tre giorni dopo, a fine giugno.

A noi quella sembrava un vacanza, con una permanenza che sarebbe durata per sempre.

Avevamo trovato anche un appartamento carino nei pressi di Milano, città che io ho sempre amato e desiderato visitare.

per quanto riguarda i documenti falsi, sarebbero dovuti arrivare due giorni dopo. Anche se non sarebbero serviti a niente.

Come al solito, mi andai a sdraiare sul suo enorme letto matrimoniale e, come consueto, Luke venne a sdraiarsi accanto a me.

Non so il perché; magari eravamo presi dall'euforia, o forse il nostro rapporto si stava consolidando ancora di più.

Ma non m'importava. Quella notte, a differenza delle altre restai sveglia fino a notte fonda, e invece di chiacchierare io e Luke ci lasciammo travolgere dalla passione.

Ci baciammo per ore, come non avevamo mai fatto. Eravamo un corpo solo, una cosa sola. Non avevo mai provato una cosa del genere per nessuno nella mia vita, nessuno.

Tra di noi, in quelle ore, si era come formata un'energia, un'attrazione molto forte, destinata a legarci per sempre.

E fu proprio quella notte, che stavo per cedere alla tentazione.

Luke mi fece mettere a cavalcioni sul suo corpo, e cominciò a sbottonare il colletto della mia polo. Me la sfilò di dosso delicatamente, quasi volesse evitare di rovinarla.

Lo stesso feci io, ma con più rabbia rispetto a lui.

Dopo poco, pochissimo tempo, io e Luke ci trovavamo stesi su un enorme letto matrimoniale, seminudi a baciarci con passione. Non mi sembrava quasi vero.

Sapevo cosa stavo per fare, ne ero pienamente consapevole.

E lo volevo, lo volevo con tutta me stessa. E sapevo che anche lui la pensava allo stesso modo.

Non lo stavo facendo perché volessi provare nuove esperienze troppo presto, o perché volevo diventare sessualmente attiva.

No.

Lo stavo facendo solo ed esclusivamente per amore di Luke. Lui era vergine, e lo era stato per quasi cento anni, in attesa della ragazza giusta con la quale condividere questi bei momenti che stava trascorrendo proprio con me in quegli istanti.

Lo amavo così tanto, e volevo che finalmente il nostro amore culminasse in un gesto che ci avrebbe legati per sempre.

Il problema era che, in fondo in fondo, una parte di me, anche se relativamente piccola, non era ancora pronta, voleva aspettare ancora un po', aveva bisogno di tempo.

- No, Luke. Fermati. Non posso.

Mi guardò con un'espressione triste in volto, quasi avesse paura di avermi fatto qualcosa di male.

- Kristie, ti sto facendo troppo male? Se vuoi, riesco a controllarmi…

- Non è questo, - lo interruppi io - è solo che… non… non sono ancora pronta. Mi dispiace. Non è colpa tua.

- Ah. D'accordo. Ehi, non piangere. Non devi farne un problema, ti capisco benissimo. Senti Kristie, ricordati che abbiamo ancora una vita lunghissima da trascorrere insieme, non devi preoccuparti. Abbiamo ancora un sacco di tempo. Prendila pure con calma.

Le lacrime scorrevano lente sul mio volto, rigandomi delicatamente le guance arrossate.

- Grazie. - dissi con tutta la dolcezza a me possibile.

Gli sorrisi, e lui rispose delicatamente a quel sorriso dolce e pieno d'amore.

Lui era l'unico che riusciva a capirmi. Aveva rinunciato al momento che aspettava da tanto, troppo tempo, e doveva rinunciarvi a causa mia. Era proprio una persona speciale.

Quella notte ci addormentammo dolcemente, sdraiati vicini e abbracciati. Beh, io mi addormentai. Lui restò immobile a guardarmi durante il mio lungo sonno.


Spero che vi sia piaciuto...
Ringrazio molto le persone che hanno recensito lasciandomi parole stupende...
Vi chiedo nuovamente di lasciare un piccolo commentino, per favore, per me è molto importante...
Kisses
MartyCullen

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