Non si ecciti! di Mo in Wonderland (/viewuser.php?uid=86607)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Watson ***
Capitolo 2: *** 2. Holmes ***
Capitolo 1 *** 1. Watson ***
Non si ecciti! 1. Watson
NdA:
Ok, io non so come mi sia
uscita. Mi è venuta l'ispirazione, mentre guardavo Sherlock
Holmes, di scrivere la parte dell'esplosione al molo dal punto di vista
di Watson. Doveva essere una drabble, poi ho scritto due facciate. E ne
ho scritte altre due per il Pov di Holmes.
In realtà è
solo un diversivo per farmi perdonare del fatto che sono in ritardo per
il nuovo capitolo di No More.
[HolmesxWatson accennata]
“Non si ecciti!”
Tanto facile per lui, vero? Lui, non ha Irene in crisi isterica sulle
spalle, lui non deve rincuorarla pur sapendo che comunque, se non
riuscissimo a fermare il tutto, l’unica a morire sarebbe lei. E
lui non ha nessuno che armeggia con i suoi pantaloni, dannatissimo
Holmes!
“Chiuda quella
valvola…” Lascio andare le gambe di Irene e corro a
chiuderla, senza nemmeno sforzarmi di capire perché. Dobbiamo
tentare il tutto per tutto ed è inutile stare a fare congetture:
devo fidarmi di Holmes - come sempre, d’altro canto. Le ossa che
ha buttato negli ingranaggi ormai non servono più, le sento
scricchiolare lontano, inghiottite nel macchinario. Mi volto e Holmes
è appeso con la mia cintura alla catena trasportatrice, Irene lo
guarda come se fosse la sua ultima salvezza - poi finalmente inizia a
gocciolare dal soffitto. Ma certo, che stupido, le condutture
dell’acqua, bisogna staccare la catena dal soffitto! Mi appendo
velocemente dietro Irene, in attesa, Holmes controlla che la valvola
sia chiusa e poi “E saltiamo, tre, due-” il suo berretto
vola via, scompigliandogli i capelli “uno!” Tiro, tiro con
tutte le mie forze e cadiamo scomposti sul pavimento umido, insieme ai
calcinacci. Vedo Irene scivolare verso la sega a nastro, è un
attimo e Holmes afferra la sua camicia e la ferma - siamo immobili e
silenziosi, solo il rumore sottile della sega che scorre mi riempie la
testa.
Siamo salvi. Irene è salva, Sherlock è salvo.
La aiuto a rialzarsi e lei
mi rivolge un “Grazie” sospirato e appiccicoso - dannata
donna, doveva metterci in questi casini? Non poteva starsene a casa,
invece di seguirci fin qui? E intanto quel traditore di Blackwood se ne
sarà già andato, già, “Vado a inseguire
Blackwood…” Mi volto, mentre Holmes sfila una forcina dai
capelli di Irene, li vedo con la coda dell’occhio. Lei
dovrà ringraziarlo adeguatamente, meglio non disturbare, giusto.
Il più velocemente possibile mi allontano, esco di nuovo dal
macello e l’aria della notte mi pizzica la pelle sudata. Eccolo
là sulla sua barca, che se ne va a largo con quello sguardo da
insolente stampato in viso. Senza nemmeno accorgermene lo inseguo lungo
il molo, se riesco a prenderlo-
- flip - tìn
Devo aver- no una trappola
era ovvio! Mi volto e Holmes mi corre incontro. No, esploderà
tutto, “Holmes!” Tutto il fiato che avevo in gola per
avvisarlo, deve andarsene, deve-
E poi esplode, come una
bomba, tanto che mi assorda l’orecchio destro e poi anche a
sinistra, tutte le botti si trasformano in fiamme.
E’ come essere in
Afghanistan, ancora una volta e sento il sapore amaro della bile in
bocca, prima di ritrovarmi a mezz’aria.
E poi il buio. Non sono in Afghanistan, non sono a Londra, non sono da nessuna parte.
La prima cosa che sento
è quella fitta lancinante sul collo, come se migliaia di artigli
ci si fossero conficcati - fa così male che non mi rendo conto
nemmeno di star respirando. E poi freddo, quasi ghiaccio, soprattutto
sulla ferita - dev’essere ancora scoperta e brucia, brucia come
le fiamme del molo di - quando? Ieri sera? Due giorni fa? La settimana
scorsa? Quanto ho dormito?
Prendo un respiro che mi riempie i polmoni e lo sento rimbombare in testa.
“John?” E’ appena un sussurro, un tocco fresco sul braccio, un po’ di sollievo.
Faccio per girarmi, ma sento un fitta nel collo che mi toglie il respiro e mi fa strizzare gli occhi.
“No, John, non
muoverti.” Ancora la stessa voce, la riconosco, dev’essere
Mary. Spalanco gli occhi, ma c’è solo un mobile di legno
scuro, così li socchiudo per proteggermi dalla luce.
“Mh - Mèi?” La lingua è pesante, la bocca impastata, ma lei mi sente lo stesso.
“Sì, John, sono
io.” Dev’essere alle mie spalle - un fruscio e dei
ticchettii leggeri sul pavimento di legno e poi qualcosa di scuro entra
nella mia visuale. “Devi stare fermo, il chirurgo arriverà
fra poco. Riposati.” Dev’essermi davanti, vedo solo la
stoffa blu del suo vestito.
“Hms?” Non mi interessa di come sto, resisterò, ce l’ho sempre fatta. Devo sapere di lui, lui come sta, Mary? Dov’è? Non è morto vero? Dimmi di no, ti prego, dimmi che è ancora vivo. Dimmi che non è morto.
“Cosa c‘è, John?”
“Homs-” Sussurro tra i denti, sopportando il dolore al collo ogni volta che cerco di dire qualcosa.
E’ un piccolo sospiro,
un sibilo quasi - Mary lo fa sempre: espira dal naso quando sorride.
“Holmes? Oh, è stato il primo a venire a vedere come
stavi.”
Vuol dire che è vivo, che sta bene, probabilmente non è nemmeno ferito.
E’ vivo. Espiro piano, stringendo i denti e abbozzo un sorriso, per quanto possa.
“Hanno emesso un
mandato di cattura nei suoi confronti, lo sa tutta Londra, è
ricercato-” E allora com’è venuto qui, in un
ospedale pubblico?
“- e anche un pessimo
medico.” Certo, si sarà travestito, come al suo solito.
Magari si sarà anche pettinato, per l’occasione, e
avrà rubato il mio camice - forse avrà messo anche quegli
occhialetti tondi che non indossa mai, li tiene per l’occasione
giusta, me lo dice sempre.
“Risolverà il caso. L‘ha promesso a me e a te. Ce la farà a tutti i costi.”
Stacco un braccio dal busto
e cerco di afferrare una mano di Mary, ma il dolore è
così forte che sono costretto a chiudere gli occhi e arricciare
le labbra. Le dita di Mary si intrecciano alle mie, ora è
più vicina, riesco a sentire il suo profumo leggero di violetta.
“Grazie-” Esce un po’ come un ringhio, ma so che lei capirà.
Devo rimettermi il più presto, devo guarire, devo andare da Sherlock.
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Capitolo 2 *** 2. Holmes ***
2. Holmes
“Non si ecciti!” Ma Watson guarda sempre avanti, senza
tradire un’emozione, terribilmente serio. Possibile che non si
possa sdrammatizzare un po’ l’atmosfera? “Chiuda
quella valvola…” Gliela indico - che si dia un po’
da fare, avanti!
Con la cintura di Watson mi
appendo alla catena, Irene mi guarda implorante, spaventata, forse
sull’orlo delle lacrime. Accidenti, non l’ho mai vista
piangere!
“Andrà tutto bene.” Sussurro piano, ma lei non sembra stare meglio.
Watson è subito
dietro di lei, mi guarda con i suoi occhi freddi, sembra quasi
contrariato. E‘ tutto a posto, è ora, “E saltiamo,
tre, due-” il berretto vola via, e sento l’aria spostata
dalla sega a nastro sulla nuca “uno!” E giù, Irene
mi frana addosso, istintivamente la afferro per la camicia, e il suo
viso si ferma a pochi centimetri dai denti della sega. E’
immobile, forse nemmeno respira.
La lascio andare e mi
rialzo, sistemandomi la giacca, mentre Watson, da vero signore, la
aiuta. Mentre lei lo guarda implorante, gli sussurra
“Grazie!” e lui cerca un qualsiasi posto su cui posare lo
sguardo che non sia lei o me, cerco qualcosa per aprire le manette -
chiave, chiave, chiave, forcina!
“Vado a inseguire Blackwood…” Se ne va, ancora con il fiato grosso.
Sfilo delicatamente la
forcina dai capelli di Irene che ricadono morbidi sulle spalle,
“Ecco…” “Grazie-” Pochi secondi e le
manette ricadono per terra. Mi sorride, mi abbraccia con la testa
attaccata al mio collo, un bacio sulla mandibola, “Grazie-”
Rimango un po’ rigido,
che si deve fare in questi casi? Con la donna per cui si ha un debole
attaccata al collo? - “Beh, dovremmo- aiutare il dottore.”
Batto un po’ sulla schiena per farle segno di staccarsi, ora devo
andare da Watson, sperando che non abbia già combinato qualche
casino.
E sono di nuovo di corsa,
verso il molo, con i passi leggeri di Irene dietro di me - e poi fuori
nella notte. Watson è lì, davanti ai miei occhi, ma
sembra preoccupato guarda per terra, allunga una mano,
“Holmes!”
La voce viene sovrastata
dall’esplosione - dovevo averci pensato prima, diamine. Mi riparo
gli occhi dalle scintille, ma Watson è ormai in mezzo alle
fiamme, come posso salvarlo? Vorrei fare qualcosa per lui - esplodono
anche le casse vicino a me, cado e vedo Irene sbalzata
dall’esplosione. Uno sguardo indietro, ma laggiù è
un inferno, non posso più tornarci, posso solo andare da lei,
posso proteggere lei, almeno. Mi rialzo, prendo la prima cosa che trovo
tra le mani, mi servirà per proteggermi un po’ dalle
esplosioni.
Ancora una carica, e poi
un’altra, il legno prende fuoco e scotta, tra le mani, lo getto
per terra. Irene è accovacciata per terra e la afferro per le
maniche, in piedi, forza! Un
braccio attorno alle spalle e lei si stringe a me, le esplosioni devono
essere finite, dobbiamo andare a controllare come sta Watson -
- e poi c’è
solo il fuoco, le fiamme che mi riempiono gli occhi e il selciato duro
su cui ricado sbattendo la testa.
Silenzio. Il mondo è in silenzio.
Sbatto le palpebre e vedo
solo macerie. Irene dev’essersela svignata e Watson, accidenti,
Waston dov’è?
Qualcuno mi prende, mi tira
in piedi, mi sorregge perché le mie gambe sembrano non esistere.
E’ Clarcy, ha gli occhi da topo spalancati, mi parla ma sento
solo un rumore, un boato che mi riempie le orecchie. Cado, e lui mi
riprende, la sua stretta sulle mie braccia è forte, mi blocca
quasi la circolazione e io mi aggrappo disperatamente alla sua giacca.
“Signore! Lord Coward
ha emesso un mandato per il suo arresto, signore.” Ora lo sento,
lo sento bene, ma quello che dice non mi interessa, le sue parole
svaniscono appena pronunciate. Che m‘interessa se sono ricercato?
Dov’è, dov’è Watson? Lo cerco con lo sguardo,
ma di lui nemmeno una traccia. “Watson è vivo!”
E’ vivo! Ma dov’è? Voglio vederlo, voglio parlargli-
“Se ne vada immediatamente, signore, via, scappi!” Mi spinge verso la fine del molo e io corro, per inerzia.
Mi giro un’ultima volta, lo cerco, non smetterò mai di cercarlo.
Royal Hospital of Veterans, terzo piano, ala sinistra, stanza 29.
Lo ho marchiato a fuoco in
mente. In tasca stropiccio nervosamente il foglietto su cui Mary -
probabilmente lei - ha scritto dove trovarlo, e che ho trovato al mio
ritorno, nella cassetta della posta. Incasso ancora di più la
testa nel colletto del cappotto scuro. Ho messo quella barba scura che
di solito uso per mescolarmi tra i malviventi dei bassifondi, gli
occhialetti tondi e piccoli, ancora nuovi e in custodia, e mi sono
pettinato ordinatamente con la riga precisa e un po’ di patina
grigio chiaro, per dare un tocco di vecchiaia. Il fagotto del camice mi
preme a sullo stomaco ma continuo a camminare, anche quando entro a
testa bassa nell’ingresso illuminato dell’ospedale.
Un passo dietro
l’altro, due gradini alla volta, accelero fino quasi a correre e
sguscio piano tra lo stipite e la porta. Lui è disteso su un
letto bianchissimon, che risalta in quella stanza scura e opprimente.
Mi avvicino in punta di piedi, mi tolgo il cappotto che butto
appallottolato in un angolo qualsiasi e indosso il camice, lo guardo.
Con le sopracciglia aggrottate, le palpebre tese e la bocca schiusa
è quasi… tenero. Vorrei davvero fare qualcosa ma non
posso, è sempre stato lui il medico, lui quello che si
preoccupava per la salute di entrambi, quello che cercava di farmi
stare zitto mentre mi bendava.
Non sanguina più,
certo, ma le ferita non è superficiale e anche le lenzuola sono
macchiate di sangue. Prendo un tampone e asciugo attorno alla ferita,
per darmi qualcosa da fare.
Leggeri ticchettii risuonano
ovattati al di là della porta che si schiude piano. Mentre
faccio il giro del letto a testa bassa, la vedo appoggiata allo stipite
- Mary, certo, non avrebbe tardato molto a venire dal suo amato. Si
avvicina, la sento alle mie spalle. Lo starà guardando
apprensiva, è ovvio.
“Il chirurgo arriva a
momenti.” Borbotto, cercando di dare un tono roco alla voce.
Prendo la cartella e la infilo sulla pediera in ferro battuto del letto
- Mary mi sta fissando, forse mi ha riconosciuto, accidenti.
“Deve riposare, adesso.” Mi allontano, tornerò
più tardi, forse, o aspetterò che si rimetta. Mi fa male
allontanarmi da lui, sapendolo ferito su un letto d’ospedale, ma
so di non poter fare altrimenti.
“Mi scusi, aspetti.” Oh, dannazione. Mi fermo di spalle. “Ha fatto il possibile per lui?”
Certo che ho fatto il
possibile, il mio migliore amico è ferito e tutto per colpa mia,
solo per colpa mia! “Ja, per ora. Devo occuparmi di altri
pazienti.”
Mi allontano, svolto l’angolo ma lei mi segue - sempre petulanti queste donne!
“Dottore!” Non
mi fermo. Ho altri pazienti, no? “Dottore… La
prego…” Cosa vuole, adesso? “So che tiene a lui
almeno quanto ci tengo io-” Cosa ne può sapere, lei, di
quanto io ci tenga a Watson? “Non deve sentirsi responsabile,
è stata una sua scelta.” Mi sfilo gli occhiali. Ha ragione
Mary, mi sento responsabile, perché sono
responsabile - così perennemente infantile, così incapace
di accettare che Watson abbia una vita, oltre a me. “Lui le
direbbe che ne è valsa la pena comunque…” Come
faccio ad esserne certo? Come faccio a sapere che Watson non mi
odierà?
Ho bisogno d’aria, devo andare.
“Risolva il caso. A
qualsiasi costo.” E’ una voce lontana, una volta svoltato
l’angolo, ma le sue parole mi rimangono in testa per tutto il
tragitto verso casa.
Non posso fare nulla per salvare la vita a Watson, ma posso salvare la sua reputazione, posso risolvere il caso.
E lo farò, lo farò per lui.
NdA^^
E con Holmes fine di questo delirio post-visone di Sherlock Holmes ^^
Grazie a Alchimista, aXce, dodo, Ilaria1993 e jadina94 che hanno messo la storia tra i preferiti, a Ilaria1993 per aver recensito Watson, e a chiunque abbia letto e leggerà, a chi commenterà (spero) questo capitolo e a- insomma a chi capita qui.
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