Lo specchio della luna

di Mia
(/viewuser.php?uid=2448)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Greed is a bad color on a person ***
Capitolo 2: *** Beware the fury of a patient guy ***
Capitolo 3: *** The apathy of despair ***
Capitolo 4: *** The belly has no ears ***
Capitolo 5: *** The mask of one's own faults ***
Capitolo 6: *** Envy shoots at others and wounds itself ***
Capitolo 7: *** Love forgives the lover even his lust ***



Capitolo 1
*** Greed is a bad color on a person ***


Greed is a bad color on a person
Il colore dell'avidità non si addice a una persona

Viviamo in un'epoca in cui il superfluo è la nostra unica necessità.

Oscar Wilde

« Quil, 'acoiamo le conchje? »
« Altre?! Claire, ne hai già un sacchetto pieno! » esclamò il ragazzo, scoppiando a ridere.
« Ma io ne vojo anco'a... » ribatté, imbronciata.
Seduta sulle gambe di Jacob, Renesmee studiava con curiosità il sacchettino di cuoio che l'amica scuoteva, producendo un leggero acciottolio.
« Anche io voglio delle conchiglie, Jake. » disse, con aria compita, tirandogli dolcemente i capelli.
« Ma piove... – osservò Quil, indicando il cielo – è meglio se le cerchiamo un'altra volta. Intanto Claire, perché non fai vedere a Nessie come sono belle le tue conchiglie? »
Un sorriso compiaciuto illuminò il visetto ovale della piccola, che vuotò il suo prezioso sacchettino. Con un rumore sonoro, numerose conchiglie si sparsero davanti agli occhi delle bambine. Claire le guardava come una madre osserva il figlio.
Ce n'erano di ogni tipo: molte erano piccole e piatte, dai colori terrei, simili a sassolini, altre allungate e bluastre. Se ne contava anche un discreto numero dalla forma arrotondata, a righe panna e cioccolato o con disegni simili a impronte digitali.
Una sola però aveva catturato lo sguardo di Nessie: aveva una forma ellittica allungata, di colore scuro, quasi nera, costellata di puntini di un rosso ramato, che con una certa luce sembravano fluorescenti.
« Che bella! – esclamò la bimba – Ne voglio anche io una! »
« Sai, questo tipo di conchiglie è molto difficile da trovare. – disse Quil, estremamente compiaciuto – Ho dovuto affrontare un sacco di pericoli per prenderle: le onde, il vento...! »
« Ma smettila! » disse Jacob, scoppiando a ridere.
« Io... io ne voglio una... » ripeté la bambina, il mentino sporgente e gli occhi pieni di lacrime.
Jacob alzò di scatto gli occhi su Quil, con sguardo eloquente, ma l'amico sembrava combattuto.
« Clairuccia... ehm... che ne dici se... ne regaliamo una a Nessie? Eh, che ne dici? »
La bambina lo guardò e il ragazzo poté scorgere nei suoi occhi una profonda sofferenza.
« No... »
« Dai Claire, tu ne hai tre... perché non ne regali una a Nessie? Ti prometto che ne troveremo altre... »
« No! Non vojo! » urlò la bambina, e, mentre grandi lacrimoni le inondavano le guance, afferrò le conchiglie riponendole nel sacchetto, che strinse al petto come il più grande dei tesori. Renesmee osservava impassibile Claire: cercò di avvicinarsi, ma l'altra si ritrasse, stringendo convulsamente il sacchetto.
Le manine di Nessie si posarono sul visetto dell'altra.
… erano ancora lì, sotto il portico, ma tutto aveva un altro colore. Il verde degli alberi non era offuscato dal cielo grigio, ma splendente come smeraldo, i tetti delle case non più color ruggine, ma di un rosso acceso e allegro, il cielo, nonostante la pioggia, era blu.
Jacob e Quil erano sempre gli stessi, ma apparivano diversi: Jacob sembrava emanare una luce calda e confortevole.
Solo un particolare stonava con il resto: Claire vide la propria immagine, ma era sbiadita, priva di colore. Era solo una sagoma in bianco e nero.
Spaventata, la bambina si ritrasse e la visione si dissolse.
Le bimbe si guardarono negli occhi per un istante e scoppiarono a piangere.

Note: La flashfiction è ambientata dopo gli eventi di Breaking Dawn, come si può intuire da contesto. Le conchiglie da me descritte sono tutte reperibili nei pressi di La Push (Washington State) e anche circa il loro grado di rarità mi sono documentata.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Beware the fury of a patient guy ***


Beware the fury of a patient guy
Temi la collera dell'uomo paziente

Chi ha il cuore pien di polvere, non vi accosti la fiaccola dell'ira.

Proverbio Popolare


Le domande che per tanto tempo avevo cercato di ignorare sono riaffiorate e ora mi riempiono la testa.
Mi domando chi sia mio padre, che aspetto abbia, se gli somiglio... anche se tutti dicono che sono il ritratto di mia madre. Mia madre...
Come ha potuto tenermi nascosta una cosa del genere?
… forse sperava che non l'avrei mai scoperto.
Eccolo... quell'orribile fremito mi scuote il corpo e spero di non esplodere.
Afferro il vecchio walkman e mi copro le orecchie con le cuffie per non sentire i miei pensieri, né la rabbia per questo schifo di situazione!
Il suono frusciante del nastro mi placa, mentre la voce di Tom Petty intona Free Fallin', rovinata dagli anni e dai molti ascolti. Mia madre piange sempre quando ascolta questa canzone...

She's a good girl: loves her mama, loves Jesus and America too...


Piange perché le ricorda la sua vita, prima che venisse rovinata. A sedici anni, incinta di un uomo sposato, si era ritrovata da sola, con un figlio sconosciuto e indesiderato. Un peso estraneo e sgradito, che l'ha strappata ad una vita di ragazzina, le cui uniche preoccupazioni dovevano essere andare bene a scuola, uscire con le amiche e ascoltare Bon Jovi, sognando il giorno in cui avrebbe avuto un marito e un figlio... un figlio che non sarei stato io... Un nuovo tremito, più violento, seguito da un dolore lancinante, mi piega in due.

… and I'm a bad boy, 'cause I don't even miss her, I'm a bad boy for breakin' her heart...



Vorrei solo tornare ad una vita normale: rivedere i miei amici, parlare con mia madre, far sbollire la rabbia per questa nuova verità, senza la paura di poterle fare del male... ma non lo posso fare e la rabbia non fa che accumularsi, costringendomi a stare lontano da tutti, il volto sfregiato di Emily che non vuole uscirmi di mente...

… and all the bad boys are standing in the shadows and the good girls are home with broken hearts...



Il nastro gracchia e la nota decade, come sempre in questo punto: abbasso gli occhi sul walkman. E' vecchio e polveroso, il vano per le cassette fatica a chiudersi e i nastri sono rovinati. Era di mia madre, l'unico che abbia avuto: non abbiamo mai potuto permetterci nulla di meglio.
Premo il tasto del fast forward e sulla superficie traslucida scorgo il riflesso dei miei occhi, così simili a quelli di mia madre... Come ha potuto tenermi nascosta una cosa simile? In questi sedici anni ho visto mio padre tutti i giorni, senza sapere chi fosse...
Avrei voluto davvero saperlo? Forse no, ma la rabbia aumenta: rabbia e delusione per la fiducia che mia madre non ha voluto accordarmi, forse per non farmi soffrire o per non sentirsi giudicata...
Le mie mani tremano irrimediabilmente e ormai non posso più controllarmi.
Getto via il walkman, mi tolgo i vestiti e fuggo nella foresta, mentre un ululato inumano squarcia la notte.

Note: La storia è ambientata durante gli eventi di New Moon; infatti Embry è il quarto ragazzo a trasformarsi in licantropo, e la sua trasformazione avviene prima di quelle dei suoi amici, Jacob e Quil. Essa risale presumibilmente al gennaio del 2006 e né Jacob né Quil né la madre di Embry ne sanno nulla.

Le informazioni che abbiamo sulla madre di Embry sono estremamente scarse, perciò tutto quanto ho detto su di lei è pura invenzione, frutto della mia fantasia. Probabilmente non avrà avuto Embry così giovane, ma ho trovavo accattivante la vicenda e io Mrs Call me la sono sempre immaginata come una ragazza madre e da qui l'idea sia per questa storia, che per un'altra da me pubblicata, dedicata a lei, che si può dire mi abbia molto ispirato per la stesura di questa flashfic.

La canzone è Free Fallin' di Tom Petty. La scelta di tale canzone non è casuale, né dettata da gusto personale; difatti, prima di scrivere questa storia non la conoscevo. Poiché la madre di Embry, quando si scopre incinta, è una ragazzina di sedici anni, i cui interessi sono, presumibilmente, quelli di una ragazza della sua età, ho deciso di cercare una canzone che conciliasse i due aspetti contraddittori della sua vita di ragazza madre.
Ho perciò cercato le canzoni che, nel 1989 (anno in cui la madre di Embry si è scoperta incinta) erano in cima alle top ten e ho trovato questa. Il titolo mi ha incuriosito, poiché sembrava conciliarsi con la storia; quando poi ho letto il testo sono rimasta folgorata e mi sono detta "E' la canzone che cercavo". Questi sono i motivi che mi hanno portato a scegliere proprio questa canzone, fra tante, forse più famose, che il 1989 ci ha regalato. La traduzione dei brani di testo da me utilizzati è la seguente:

She's a good girl: loves her mama,/ loves Jesus and America too...
Lei è una brava ragazza, ama sua madre, / ama Gesù e l'America...

… and I'm a bad boy, 'cause I don't even miss her, / I'm a bad boy for breakin' her heart...
… e io sono un ragazzo cattivo, perché non mi è mancata, / sono un ragazzo cattivo perché le ho spezzato il cuore...

… and all the bad boys are standing in the shadows / and the good girls are home with broken hearts...
… e tutti i ragazzi cattivi rimangono nell'ombra / e le brave ragazze sono a casa con il cuore spezzato...

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** The apathy of despair ***


The apathy of despair
L'apatia della disperazione

E quella che l'affanno non sofferse [...] sé stessa a vita sanza gloria offerse...

Dante Alighieri


Da bambina tutti dicevano che ero molto tranquilla; Rebecca è sempre stata più vivace: parlava, rideva con tutti ed era sempre lei a rispondere per entrambe. Un'abitudine consolidata, cui nessuno faceva più caso, ormai; tutti l'avevano accettata e anch'io non pensavo ci fosse nulla di più naturale.
Avevo tre anni quando mi resi conto che, pur essendo identiche, eravamo persone completamente diverse: ci avevano invitato ad una festa e Jeremy Brown non aveva fatto altro che prendermi in giro. Tornate a casa la mamma aveva chiesto se ci fossimo divertite e Beck aveva risposto, entusiasta, che era stata una bellissima festa. Questo mi colpì, era forse la prima volta che il nostro pensiero non coincideva; quando mamma chiese se mi fossi divertita, chinai il capo e annuii. Non ho mai contraddetto ciò che Rebecca diceva per conto di entrambe, perché eravamo una sola anima e io ero felice così.
Poi è arrivato Kai: è troppo abbronzato, ha un sorriso troppo cordiale, modi troppo educati, una bellezza troppo marcata e io lo detesto. Lo detesto perché giorno dopo giorno si è introdotto nella nostra vita, portandosi via l'altra metà di me stessa. Avevo sempre fatto buon viso a cattivo gioco, non avevo mai detto nulla. Avevo paura di esprimere un'opinione che fosse solo e unicamente mia. Beck è sempre stata testarda e non ho tentato di farle cambiare idea.... speravo si rendesse conto che sposarsi a diciotto anni, con un ragazzo come Kai, che si diverte a girare il mondo con una tavola da surf sottobraccio, era irresponsabile; ma a nulla è valso il mio muto rimprovero e le valigie di Rebecca hanno sostato pochissimi giorni sotto il nostro letto, piene di vestiti troppo pesanti per il clima delle Hawaii, prima di portarsi via mia sorella.
Mio padre non le ha impedito di commettere questa sciocchezza, ma io non ho detto nulla, perché temevo la sua reazione. Avrebbe cominciato a piangere, ripetendo che la mamma sicuramente avrebbe saputo cosa fare.
Io no.
Ora che Rebecca se n'è andata, mi sento perduta, inutile, muta...
Non ho mai pensato di andare al College senza Beck... credevo che nulla avrebbe potuto abbattermi se lei fosse stata con me. Fisso le mie valigie con la stessa angoscia con la quale avevo fissato quelle di Rebecca, prima che partisse per la sua nuova vita senza di me. Rimango immobile, incapace di riempirle, incapace di scegliere da sola la mia strada. Non ho la forza di alzarmi e di guardarmi allo specchio perché, senza Rebecca accanto, vedrei solo la metà di me stessa.

Note: Storia ambientata prima delle vicende narrate dalla Meyer in Twilight. Difatti sappiamo che le sorelle di Jacob sono di un anno più grandi rispetto a Bella e che, dopo la morte della madre, se ne sono andate entrambe di casa a diciotto anni, una per studiare al College, l'altra perché si era sposata con un surfista samoano ed era andata a vivere alle Hawaii. Tutti questi elementi sono reperibili nella flashfiction.

Jeremy Brown è un personaggio di mia invenzione: il nome biblico, Jeremy, deriva dal fatto che nel 1882, AW Smith, giunto a La Push per insegnare ai bambini indigeni, abbia cominciato a cambiare i nomi delle persone dai nomi tribali a quelle della Bibbia. Infatti, come si può notare, tutti i nomi dei personaggi Quileute della Meyer hanno nomi ebraici.
Brown invece l'ho preso perché era un cognome molto comune, simile a Black, dato che si tratta in entrambi i casi di un colore.

Il nome del marito di Rebecca non viene mai citato nella saga; io ho scelto Kai sia perché è un nome Hawaiiano, sia perché ha un significato che si conciliava perfettamente con il suo mestiere; infatti, secondo alcune fonti, il nome Kai significa mare.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** The belly has no ears ***


The belly has no ears
Il ventre non ha orecchi

Vidi accader talvolta alle persone, disgrazie fra la bocca e il boccone.

Proverbio Popolare


Da quando le figlie l'avevano trascinato in quel maledetto ospedale, la vita era diventata un inferno. Solo una stupida parola e tutte le sue abitudini erano andate a farsi benedire, ma la cosa peggiore era che le gemelle si erano schierate contro di lui, in una strenua battaglia.
Aveva sperato di essere appoggiato da Jacob; il suo unico figlio maschio: lui gli avrebbe dato il giusto supporto contro quelle femmine tiranniche. Invece lo aveva tradito e tanti cari saluti alla sua ultima speranza, che lo avrebbe portato almeno in una situazione di parità numerica...
E adesso lui, Billy Black, membro del Consiglio, uomo rispettabile e rispettato, era prigioniero in casa sua, sorvegliato a vista dalle figlie diciassettenni.
Si avviò a passi pesanti verso il salotto, dove si lasciò cadere sul divano a guardare i Seattle Mariners, unica distrazione in quel momento di sconforto.
La porta della camera delle gemelle si aprì, lasciando uscire la voce di Rebecca.
-Papà!-
Billy si voltò verso le figlie: -Sì?-
-Io e Rachel usciamo. Torneremo per cena, ok?-
-Va bene.- rispose il padre, tornando a concentrarsi sul lancio di Jeff Nelson.
-Grazie papà: ci vediamo più tardi.-
-Ciao ragazze, divertitevi.-
La porta si aprì pochi minuti dopo ed entrò Jacob, seguito da Embry e Quil. Indossavano una canottiera nera e avevano i capelli legati, segno che stavano lavorando all'automobile.
-Non c'è bisogno di dire nulla – lo anticipò Billy – So che ti hanno detto di controllarmi. Non sono un bambino! Vai forza, smettiamola con questa farsa. Puoi chiudere la porta a chiave: non mi muoverò da qui.-
Visibilmente sollevato, Jacob uscì e si chiuse la porta alle spalle.
Quando i loro passi non furono più udibili, Billy si alzò di scatto dal divano e corse verso la sua camera, per quanto glielo permettevano le gambe, di giorno in giorno più deboli e doloranti.
Dopo essersi gettato un'occhiata alle spalle, chiuse la porta e tirò le tende.
Aprì l'armadio e ne estrasse una vecchia scatola da scarpe; la aprì, rivelando una seconda scatola di biscotti al cioccolato, quelli che mangiava sempre a colazione e che le gemelle, quando gli era stato diagnosticato quel maledetto diabete, avevano fatto sparire; o almeno questo era ciò che credevano. Era stata gelosamente custodita nell'armadio, in attesa del giorno in cui i suoi carcerieri avrebbero abbassato la guardia. Giorno che era finalmente giunto!
Con immensa gioia aprì la scatola e addentò un biscotto: il sapore dolce del cioccolato gli riempì la bocca e gli sembrò la cosa più deliziosa del mondo.
Ne mangiò un altro, e un altro, e un altro e un altro ancora finché perse il conto.
La luce che filtrava attraverso le tende si faceva sempre più fioca. Ad un tratto una parola, pronunciata da tre bocche diverse, lo bloccò: -Papà!-
Alzò lo sguardo e vide se stesso riflesso nello specchio, con in mano un grosso biscotto; dietro di lui i suoi figli, che lo fissavano con occhi spalancati.
-Che c'è? Adesso un pover uomo non può neanche più mangiare in pace?-

Note: La flashfiction è ambientata prima delle vicende di Twilight, difatti le gemelle Black hanno ancora diciassette anni e non se ne sono andate ancora via di casa.

La ff ha toni più spiritosi e leggeri delle precedenti, difatti è stata messa in mezzo, per spezzare e sdrammatizzare i toni della raccolta.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** The mask of one's own faults ***


The mask of one's own faults
La maschera della propria colpa

… ed el s'ergea col petto e con la fronte com'avesse l'inferno a gran dispitto.

Dante Alighieri


Il pensiero del lupo ramato ruppe il silenzio della sera.
Lei non mi vuole. Questo è tutto ciò che so, il resto non conta.
Un movimento di stizza scosse il corpo del lupo grigio argenteo.
Sei solo un egoista. Come puoi considerarti parte del branco se del branco non ti importa nulla? Mentre questo pensiero prendeva forma, un'altra sensazione lo rese consapevole che ciò che stava accadendo era insolito... non era un pensiero di branco, era una conversazione telepatica tra due individui. Gli giunse chiaro il pensiero di Jacob: non gli importava più nulla del branco, non era più parte di esso.
Il lupo grigio digrignò i denti.
Il branco è la tua famiglia. Sei solo un ingrato!
Non avrebbe mai creduto di poter provare tanto disprezzo e tanta rabbia. Mandava all'aria tutto: la tribù, la riserva, il branco, le tradizioni centenarie per una donna che lo aveva rifiutato.
Un uggiolio di dolore, seguito da un'imprecazione, ruppe il silenzio.
Ti diverti a vedermi... così... Ammettilo e non venirmi a parlare del branco.
Forse era vero. In quel momento la sofferenza di Jacob lo faceva sentire più forte, in qualche modo superiore a colui al quale avrebbe sempre dovuto sentirsi sottomesso per nascita.
Tu avresti dovuto essere il nostro capobranco...
Si interruppe, ma il pensiero non poteva essere fermato. Come poteva accettare un capobranco il cui unico interesse era la felicità di una donna schierata coi loro nemici? Perché Sam si sentiva così in soggezione davanti a quel ragazzino? Perché si sentiva un usurpatore? Quando Paul lo vedeva così sottomesso faticava ad accettarlo come capobranco... se fosse stato lui l'Alfa, non avrebbe mai tollerato un tale comportamento, neppure se Isabella Swan fosse stata l'imprinting di Jacob.
E così... adesso ti credi superiore anche a Sam...?
No, non si riteneva superiore a Sam... si riteneva superiore a Jacob. Questa era la verità e non ebbe problemi a lasciar trapelare questo suo pensiero. Paul non riusciva a capire come il cromosoma alfa potesse tramandarsi di padre in figlio, rischiando di cadere nelle mani di uno come Jacob Black, pronto a gettare al vento tutto quello che l'Alfa aveva sempre rappresentato per la tribù. L'Alfa doveva incarnare i valori profondi dei Quileute.
Paul alzò gli occhi, li fissò in quelli di Jacob e capì che non sarebbero mai giunti ad un accordo. Era sempre stato così: entrambi erano troppo testardi, troppo orgogliosi per cedere. Come in uno specchio, potevano rivedere i propri difetti e mascheravano dietro le colpe dell'altro la propria colpa.

Note: La storia è ambientata a cavallo fra gli eventi di Eclipse e Breaking Dawn. Infatti Jacob si è ritirato nella foresta in seguito alla notizia del matrimonio fra Bella e Edward.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Envy shoots at others and wounds itself ***


Envy shoots at others and wounds itself
L'invidia mira agli altri e colpisce se stessa

Il viaggiatore riconosce il poco che è suo,
scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà.

Italo Calvino


I nostri occhi si incontrano per un istante solo e vedemmo l'una il riflesso dell'altra. Il nostro era stato uno sguardo di intesa, come di due persone che condividono la stessa sorte. Quando avevo deciso di entrare in quella casa dall'odore nauseabondo, mai mi sarei immaginata di scoprirmi a condividere un sentimento così profondo con uno di loro, tanto meno con quella succhiasangue bionda, che stava sempre appiccicata alla Swan come un'ombra.
Abbasso gli occhi... raramente in vita mia mi è capitato di farlo e maledico il succhiasangue che riesce a leggere nel pensiero, perché ora sarà sicuramente a conoscenza di questo mio attimo di debolezza.
Taccio e sento lo sguardo di Isabella Swan che mi indaga, mi soppesa. Probabilmente le mie parole dure hanno fatto effetto, l'hanno colpita, ma in questo momento non riesco a gioirne.
Alzo gli occhi e li fisso nei suoi, non riesco più a parlare.
La vedo, distesa lì, su quel divano, sorvegliata a vista da quella assassina bionda; è sudata e pallida, il ventre sporgente, livido e coperto di ematomi bluastri.
Non avevo mai capito cosa ci trovasse Jacob in una ragazza così scialba e squallida come la Swan, ma vedendola in quel momento mi ricredo: Isabella Swan così livida, sfinita, esausta è bella. I capelli appiccicaticci tirati indietro e gli occhi appannati dalla stanchezza. Una bellezza unica, struggente... che io non potrò mai avere...
Guardo di nuovo Rosalie: – così si chiama la succhiasangue bionda – capisco che anche lei, alta, stupenda e per sempre giovane, non potrà mai avere quel tipo di bellezza e questo la fa soffrire più di ogni cosa al mondo, come fa soffrire me.
Poso di nuovo lo sguardo su Isabella Swan, sul suo volto sereno e la odio ancora di più.
Vorrei trasformarmi e dilaniarla, ferirla, farle del male, far scomparire la gioia dai suoi occhi.
In questo io e la bionda siamo molto diverse: lei ucciderebbe pur di far nascere il figlio di Bella Swan; io morire pur di non vederlo nascere.
Ancora una volta non riesco a parlare; fisso quel ventre gonfio, portando istintivamente le mani al mio, piatto e sterile...
Lei ha messo in pericolo la nostra tribù, ha diviso il nostro branco, ci ha portati a combattere al fianco dei nostri peggiori nemici... eppure sono qui, a sorvegliare la casa per proteggere qualcosa che non è mio e che io non potrò mai avere...
Vorrei trovare parole dure da vomitarle addosso con tutto il mio odio e la mia rabbia, ma non ne trovo... resto immobile, impotente.
Mi volto di scatto, mi allontano da lei, dai succhiasangue e la loro casa nauseante, mi strappo i vestiti di dosso e mi trasformo, cominciando a correre nella foresta, senza meta.
Un vuoto mi esplode dentro, un vuoto che non potrò mai colmare.
Mi fermo e, per la prima volta dopo anni, i miei occhi si bagnano di lacrime.

Note: La vicenda si svolge durante gli eventi di Breaking Dawn. La storia in particolare è un missing moment del quarto libro della saga. Quando Jacob prende una delle automobili di Edward per andare a “cercare il suo imprinting”, Leah, da quanto poi riferirà Edward, è entrata in casa Cullen e ha “rimproverato” Bella per ciò che aveva fatto patire a Jacob e al branco. Le parole esatte di lei non vengono riferite, ma si capisce che l'argomento del rimprovero era questo. Io ho pensato di descrivere gli attimi immediatamente successivi a questa vicenda avvenuta in casa Cullen.

Non vorrei risultare didascalica con questa nota, ma ciò di cui Leah è invidiosa – che poi è anche quello che la accomuna a Rosalie – è la maternità di Bella. Difatti, come Leah dice a Jacob in Breaking Dawn, i licantropi femmina sono sterili, esattamente come i vampiri donna. Leah vede perciò in Bella un tipo di bellezza che lei non avrà mai, per il fatto che non potrà mai essere madre.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Love forgives the lover even his lust ***


Love forgives the lover even his lust
Chi ama perdona l'amato e le sue passioni

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Dante Alighieri


Ricordo il limitare del bosco e la pioggia estiva... ma soprattutto ricordo di aver pianto insieme all'uomo che aveva confessato di amarmi. Non era un pianto di gioia il nostro, ma di dolore per il senso di colpa che ci dilaniava. Avevamo tradito. Ormai non potevo più tirarmi indietro: anche io lo amavo più della mia stessa vita e avrei rinunciato a tutto per lui... anche a Leah, che amavo come una sorella, sì, anche a lei.
Il cielo piangeva con noi, lavando via le nostre lacrime con le sue, e ci compiangeva, perché non potevamo in alcun modo impedire ciò che stava accadendo fra noi.
Sentivo il tremendo calore del suo corpo sulla mia pelle e questo mi faceva sentire protetta, amata... desiderata... Piangevo ancora quando Sam mi sollevò la testa e mi baciò le labbra. Lo fece più volte e ogni volta desideravo lo facesse ancora. Avrei voluto non smettesse mai, avrei voluto sentire per sempre i suoi capelli fra le mie dita, le sue labbra sul mio collo...
Giocava con i miei capelli e mi baciava , sempre più insistentemente, quasi disperatamente, mentre la pioggia ci appiccicava i vestiti al corpo...
E la mia mente si svuotò di ogni pensiero: quel momento era nostro, al mondo esistevamo solo io e lui. Non pensai a Leah, non pensai al dolore che tutto questo avrebbe potuto generare; continuai a ricambiare i suoi baci e quando mi trovai adagiata sull'erba umida non mi sorpresi e in quell'attimo lo desiderai con tutta me stessa, in una brama quasi dolorosa e mi strinsi a lui; e anche lui, lo vidi, mi voleva e nient'altro aveva importanza. Solo allora notai che tremava convulsamente, ma non volli lasciarlo andare. Il tremore aumentò e Sam, con uno scatto, cercò di allontanarsi da me, ma io mi aggrappai a lui con maggior forza, quasi con disperazione.
-...no...!- gemetti.
Avevo paura che si fosse pentito, che se ne andasse, che rinunciasse a me...
Lo strinsi più forte contro di me e il tremore aumentò; rimasi immobile, a fissare quegli occhi in cui si specchiava il mio stesso sgomento. Gli occhi di Sam erano irriconoscibili: colmi di sofferenza e iniettati di sangue, simili a quelli di una bestia.
Non vi scorsi più amore, non vi scorsi più lo stesso desiderio che io provavo per lui, ma solo dolore. -No, Emily!- queste furono le ultime parole che udii dalla sua voce umana, quel giorno.
Poi più nulla... solo il sangue caldo che mi colava sul viso e degli occhi di animale... pieni di lacrime.
Ora osservo il mio volto, riflesso nel vetro della cucina, con i segni profondi delle cicatrici e solo la metà di esso somiglia a ciò che ero. Ma quando lui mi accarezza, nulla ha più importanza, perché per lui sono sempre la stessa. Ciò che è successo non ha cambiato niente: Sam è il mio uomo e ancora oggi, quando lo guardo, provo per lui lo stesso desiderio e la stessa passione che, da quel giorno, mi hanno unita a lui per sempre.

Note: Vicenda che si svolge poco prima di Twilight e che ha come oggetto l'imprinting di Sam nei confronti di Emily e il conseguente tradimento di entrambi verso Leah.
Da quanto apprendiamo in New Moon, infatti, Sam e Emily dovrebbero stare insieme da circa un anno, ovvero da poco prima dell'arrivo di Bella a Forks.

In questa flashfic ho voluto paragonare l'eccitazione sessuale con la rabbia necessaria alla metamorfosi dei Quileute. Non che le due cose siano analoghe, ma mi è sempre risultato difficile pensare che Sam avesse sfregiato Emily in seguito ad un litigio, ovvero ad un moto di rabbia. Invece mi sembrava più facile e affascinante pensare che le avesse lasciato quel grosso graffio in seguito ad un momento di forte tensione ed eccitazione sessuale, la quale poi, a pensarci, ha delle ripercussioni psicofisiche notevoli, proprio come la rabbia. Ho perciò visto nell'eccitazione sessuale e nel moto di rabbia un'analogia abbastanza marcata da permettermi di prendermi questa licenza, o reinterpretazione, che dir si voglia, di una vicenda che la Meyer non si è mai degnata di chiarire.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=490500