Son of rage and love

di CloyingCyanide
(/viewuser.php?uid=101207)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Silence ends ***
Capitolo 2: *** Do you really want me dead or alive to torture for my sins? ***
Capitolo 3: *** Pleasure to meet you, but better to bleed ***
Capitolo 4: *** Lie awake in bed at night ***
Capitolo 5: *** Time to forget about the past ***
Capitolo 6: *** Here we are at the start ***
Capitolo 7: *** I can feel the beating of our hearts ***
Capitolo 8: *** No, I'm not saying I'm sorry ***
Capitolo 9: *** Some sweet violent urge ***
Capitolo 10: *** Were you ever a traitor? ***
Capitolo 11: *** Do you want to surrender? Or fight for victory? ***
Capitolo 12: *** Nothing seemed to change ***



Capitolo 1
*** Silence ends ***




“Mamma… mamma, ho fame”

Accarezzo la testolina bionda e riccioluta di Samuel, mentre finisco di apparecchiare. “Ecco, amore, è pronto. Va’ a chiamare papà così ci mettiamo a tavola.”

Sorride e saltella fuori dalla cucina. Che bello vedere il mio bambino così felice! Abbiamo sofferto tanto in passato, ma grazie a Chris abbiamo scoperto una bellissima nuova vita. Ah, Chris… è mio marito. Non è il padre biologico di Samuel, ma è come se lo fosse. E’ stato lui ad aiutarmi sempre, ad accogliermi a casa sua quando ero incinta, a tenermi la mano durante il parto o a cullare Sam. Prima eravamo semplicemente amici, entrambi soli al mondo ma consapevoli di essere importanti l’uno per l’altra. Poi… mesi dopo la nascita di Sam, abbiamo avuto il coraggio di confessarci quello che provavamo. Lo ricordo ancora, quel pomeriggio in cui piangevo sul divano, e Chris se n’è accorto.

“Corey… che succede?” mi aveva stretto tra le sue braccia. Non potevo dirglielo, e tremavo mentre avrei voluto regalargli tutto l’amore che segretamente nutrivo nei suoi confronti.

“Mi sono innamorata” piansi, facendomi forza per trovare le parole giuste.

“Ma è bellissimo, piccola! Perché piangi?” mi asciugò le lacrime, sorridendo con quelle labbra sofficissime che ancora non avevo potuto gustare.

“Perché… Sono innamorata del padre di mio figlio, Chris” mi strinsi a lui, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo. Mi sentivo così fragile, e solo con lui avrei potuto stare al sicuro.

Era devastato, non respirava più, ma aveva iniziato a piangere. “Corey… Corey, sono mesi che non lo vedi. Vedrai, andrà meglio col tempo”

“No, Chris, non hai capito” presi una sua mano passandomela su una guancia. “Io sono innamorata di te”

Pianse ancora di più, baciandomi la fronte. Non disse nulla, ma mi coccolò semplicemente come aveva sempre fatto. Sentivo di aver rovinato tutto, che avremmo perso la felicità che avevamo faticato a trovare… e tutto questo per colpa mia. Mia, di nessun altro.

“Perdonami, Chris”

Singhiozzò, affondando il suo naso nei miei capelli.

“Chris, ti prego, non piangere, mi fai star male…” gli accarezzai le guance umide.

“Non capisci?” mi prese il viso tra le mani. “Corey, non capisci che ti amo più della mia vita?”

Affogai nei suoi occhi color nocciola, sfumati al verde. E non ricordo altro se non un uragano di emozioni che mi invase, a contatto con le sue labbra bollenti. Non c’è mai stata cosa più bella, nello svegliarmi il mattino dopo accoccolata tra quelle braccia che non mi hanno lasciata più.

**

“Hey… Hey, Corey”

Ritorno al presente, abbagliata da un sorriso dolcissimo. “Amore…”

“A che pensavi?”

“A quanto ti amo” gli stringo il naso tra le dita, poi mi metto a sedere. “Su, uomini! Passatemi i piatti!”

Il piccolo Sam mi sorride, facendo brillare gli occhioni blu. “Io tre hamburger!”

“Tre? Ma non sono tanti?”

“No, papà. Io devo diventare grande e forte come te!”

“Bravo” gli versa dell’acqua nel bicchiere. “Corey, per me cosa c’è?”

Avere un marito vegetariano è un po’ problematico, quando si cucina, ma per lui lo faccio più che volentieri. “Tortino di patate. E’ quasi cotto.”

“Wa! Anche io un pezzetto, mamma! Anche io!”

“Sì, ne ho fatto abbastanza per tutti” spengo il forno, tirando fuori la teglia e poggiandola sul tavolo. “Sam, attento che ti bruci”

Subito stringe le manine al petto, impaurito. “A me un bel pezzone grande!”

Lo accontento subito, poi faccio anche il piatto a Chris, e un pezzettino che è avanzato lo lascio per me. “Buon appetito, amori”

“Buon appetito! Oh, mamma, hanno suonato alla porta”

Chris si alza in piedi. “Vado io, resta pure” e si allontana col suo passo pesante. Ma chi può essere a quest’ora?

“Inizia a mangiare, Sam, sennò si fredda”

Sorride, contentissimo di aver avuto il permesso di non aspettare il papà, e inforchetta il suo hamburger, facendolo a pezzettini. “Ho tanta fame!”

Ma quant’è bello il mio bimbo? L’ho amato sin dal primo istante, non mi sono mai pentita di quello che ho fatto, mai. Lo sto crescendo nel migliore dei modi, con tanto amore che a volte nasconde la rabbia. Rabbia per un padre naturale che non vedrà mai. Rabbia per un uomo che invece vuole essere suo padre a tutti gli effetti, anche se Sam non ha nemmeno una goccia del suo sangue. Amore e rabbia, rabbia e amore. Anche se la rabbia l’abbiamo cacciata da un pezzo.

“Ma perché ci mette così tanto?” Sam si guarda intorno, preoccupato.

“Chris!” lo chiamo. “Svelto, si fredda la cena!”

Non risponde. Forse è meglio che mi alzi e vada a vedere. “Vado da papà. Finisci di mangiare, intanto”

Annuisce, con la bocca piena, mentre mi alzo da tavola. Esco dalla cucina e attraverso il lungo corridoio. “Chris…” lo vedo alla porta. “Chris, chi è?”

Si gira. “Torna in cucina”

“Che succede?”

“Ti ho detto di tornare in cucina!” alza il tono. Non… non si è mai comportato così!

“Corinne… Corinne, sei te?” una voce insicura pronuncia il mio nome, oltre la porta. Ho paura, non può… Dio, no! Dopo tutti questi anni!

“Lasciala-in-pace” Chris mi difende. E se si comporta così duro c’è solo una ragione.

Improvvisamente, un uomo riesce ad entrare, sfuggendo a Chris. Mi sento morire. Mai avrei voluto rivedere quegli occhi azzurri, quel viso, quelle labbra. “Trè…” e su quel suono, che esce quasi come una bestemmia sulla mia lingua, mi sento morire. Vedo due braccia massicce che afferrano il suo corpo, sollevandolo. “Christopher, non fargli del male, ti prego…” piango, inginocchiandomi al suolo. “Lascialo”

Lo mette giù, suo malgrado. Il biondino si sistema la camicia, poi si guarda intorno. “Dov’è mio figlio?”

“Tuo figlio?” Chris lo sbatte al muro, ignorando le mie urla. “Non hai nessun diritto su di lui! Dove sei stato per cinque anni?” prende fiato. “Dov’eri, quando piangeva perché aveva paura del buio? O quando soffiava le candeline sulla torta? Dimmelo!”

Trè è impaurito. Cosa l’ha spinto, dopo tutto questo tempo, a venire a cercarmi? “Voglio… ricominciare” sussurra a stento.

“Tu non ci porterai via nostro figlio, hai capito?” lo tiene per il collo, ma non gli fa male. “E non toccare mia moglie… Sennò, Frank, parola mia, ti faccio a pezzi con le mie mani.”

C’è qualcuno che piange, ma non sono solo io. “Mamma…” il mio bambino è in lacrime, poco distante da me. Trema, ha tanta paura. Lui non merita di soffrire ancora. Mi alzo, con forze che non credevo di avere. “Samuel” lo prendo in braccio, stringendomelo al petto per non fargli vedere la scena. “Amore, non succede niente”

“Portalo via, Corey!” urla Chris.

“E’ mio figlio! Mio!” urla anche l’altro mentre cerca inutilmente di dimenarsi.

Sammy mi guarda, con occhi innocenti ma curiosi. “Mamma… Quel signore è il mio vero papà?”

Non ce la faccio. La mia mente gira vorticosamente, come un uragano. Voci, volti, nomi si mescolano, e mi fanno solo del male. Faccio appena in tempo a mettere il bambino a terra, prima di perdere i sensi ed accasciarmi sul freddo pavimento.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Do you really want me dead or alive to torture for my sins? ***



Sono distesa su un divano, credo. Vedo tutto nero, ma piano piano riesco a distinguere i contorni di una figura. Eccolo, seduto al mio fianco, con la barba leggermente incolta e gli occhi sempre vivaci. Sento che mi accarezza il viso chiamandomi per nome, ma non ce la faccio a rispondergli. Ho la gola secca e la lingua pietrificata e, per quanto possa sforzarmi, dalle mie labbra non esce alcun suono.
“Corey, ci sei?”
Lentamente poggio una mano sulla sua gamba, per dargli segni di vita. Di nuovo provo a parlare, ma senza successo.
“Amore bello…” si china su di me, baciandomi la fronte. “E’ tutto risolto. Trè è andato via e Sammy sta un attimino in bagno”
Vedo dei graffi sulle sue forti braccia. Quell’essere avrà cercato di ribellarsi, sicuro. Certo, se credeva di spuntarla a un pugile, era solo un povero illuso. O forse semplicemente non sapeva nemmeno della sua esistenza.
“Ti proteggo io dal mondo, Corey. Non avere paura” sorride, bellissimo, e mi fa sciogliere. “Ci sarò sempre.
Sempre” sussurra, e mi sento piccola e bisognosa d’affetto. Del SUO affetto, e di quella sicurezza che mi ha dato quando ne avevo più bisogno, e che continuo a ricevere ancora adesso.
Prendo fiato e raccolgo tutte le mie poche energie per riuscire a dire quello che sento. E’ il minimo che possa fare per lui. Le mie dita salgono sul suo viso dolce, accarezzandogli le labbra. “Ti amo, Chris”
Mi abbraccia, disarmato, stendendosi accanto a me. “Sei la mia vita, Corey. Te e anche Sammy.”
Nascondo il viso nella sua enorme felpa rossa, e mi lascio coccolare. Chi l’avrebbe mai immaginato? Avevo desiderato un futuro diverso ma ho ricevuto di molto meglio, sia per me che per il bambino. E intanto ripenso a quando il mio destino sembrava segnato.


**


Il concerto era appena finito. Il bambino dentro la mia pancia continuava a scalciare, divertito da quella musica che piaceva anche a lui. E come non avrebbe potuto, dopotutto? Mi feci forza, e riuscii a passare facilmente tra la folla.“Fatela passare, è incinta” diceva qualcuno, scostandosi. In altri momenti mi avrebbe dato fastidio sentirmi trattata così, quasi come se la gente si schifasse di vedere una ragazza della mia età essere già mamma, ma sapevo che avrei dovuto sopportare sofferenze ben più gravi e mi feci forza.
Presto riuscii ad arrivare sotto al palco, dove si stavano già smontando le attrezzature. Qualcuno urlava e dava le direttive perfino su come doveva essere messo a posto. Lo guardai, con gli occhi già affogati nelle lacrime. “Billie… Billie…”
“Gli autografi dopo” sentenziò senza nemmeno guardarmi.
“Sti cazzi dell’autografo, Billie! Volevo solo salutarti”
Si grattò la testa, mentre i suoi occhi mettevano a fuoco la mia immagine. “Corinne…” saltò giù e venne ad abbracciarmi. “Oddio, Corey, mi manchi!” mi diede un pizzicotto sulla guancia, come faceva sempre. Ci divertivamo un sacco, insieme, ma da quando io e Trè ci eravamo lasciati non l’avevo più visto.
“Anche tu, vecchio” gli confessai. Poi mi accarezzai la pancia, bella evidente: ero di sette mesi inoltrati, mancava poco.
“Cristo!” si batté una mano sulla fronte. “E… chi è il padre?”
Il mio cuore implose. Mi morsi il labbro inferiore, ma dovevo dirlo. “Trè”
Impallidì all’istante. “E’ un coglione! Me lo sentivo che non ti doveva lasciare! E adesso come fai, Corey, come cazzo fai? Con un demente del genere non puoi crescere un figlio!”
“Voglio… parlarci, intanto. Poi vedremo” insaccai la testa nelle spalle, illudendomi che ci fosse ancora qualche speranza di recupero.
“Aspetta, lo vado a chiamare” mosse pochi passi, poi tornò indietro e mi strinse il viso tra le mani. “Ti voglio un fottuto bene, lo sai.” I suoi occhi erano arrossati per la rabbia. “Se hai bisogno di me, io ci sto. Mi farò a pezzi, ma non ti abbandono, Corey.”
Chissà, forse ci avevo anche creduto, lì per lì. Sono io che non l’ho mai cercato, a dire il vero, perché non mi andava di disturbarlo. Fu quella l’ultima volta che lo vidi. Piansi, perché sapevo che mi aspettava una dura battaglia dalla quale sarei uscita solo perdente.


“Hey, bellissima!” sentii urlare da lontano. “Messo su qualche chiletto, eh?”
Sospirai, senza rispondere, mentre si avvicinava. “Ciao”
Saltò, quando si accorse della pancia. “Chi cazzo…?”
“Te” dissi, senza mezzi termini.
Scosse la testa, buttando a terra la sigaretta appena accesa.“E’ impossibile! Ci siamo lasciati cinque mesi fa!”
“Appunto. Sono al settimo mese.”
“Ah, io non sono stato” si tirò indietro, come per sfuggire a una verità troppo scomoda.
“E chi, allora, imbecille?”
“Io prenderei in considerazione lo spirito santo. E’ sempre in agguato, non si può mai sapere.”
“Cazzo, fai il serio!” urlai, minacciandolo con un indice. “Trè, questo bambino è tuo, e se tu non lo vuoi io me ne fotto perché non voglio dartelo!”
“E che sei venuta a fare?”
“A dirti che c’è un piccolo cuore che batte grazie a te” sentii scendere poche lacrime. “E’ nostro figlio, che ti piaccia o no. E ha bisogno anche di un papà.” Gli presi la mano, poggiandola sul pancione. “Non voglio tornare insieme a te. Voglio solo che il bambino sia felice, e possa stare col suo papà quando vuole.”
Sospirò, quando lo sentì muoversi. “Co… Non sono in grado”
“Non devi crescerlo, a quello ci penso io! Voglio che mio figlio nei momenti di bisogno abbia accanto a sé un papà che lo aiuti a diventare un uomo”
“Corey… ne ho già altri due! Se dovessi stare appresso a tutti i figli che ho, sparsi negli Stati Uniti, dovrei metter su un asilo nido” ridacchiò, decisamente fuori luogo.


A quelle parole, scappai. Pensai che il mio bambino non avrebbe potuto imparare nulla da un genitore così, e che avrei fatto meglio a rimanere a casa. Avevo anche litigato con Christopher, quella sera. Da poco mi aveva accolto a casa sua, più grande e comoda rispetto al monolocale dove vivevo prima, e si era completamente messo a disposizione per me. L’avevo conosciuto nella palestra dove lavoravo e lavoro tuttora, agli uffici. Lui… era solo l’istruttore di boxe col cuore d’oro, l’amico che mi aveva preso sotto la sua protezione perché non sopportava di vedermi soffrire. Però quella sera era diverso. Avevamo litigato per una sciocchezza prima che io uscissi, ma essendo molto permaloso ci era rimasto male. Quando tornai a casa lo trovai ancora sveglio, davanti alla tv.
“Ciao” lo salutai.
“Quel verme ti ha fatto soffrire abbastanza, per stasera?” rispose secco.
“E’ un fottuto imbecille. Non è cambiato per niente” iniziai di nuovo a piangere, sedendomi affianco a Chris. “Va beh, lasciamo perdere.” Mi asciugai le lacrime col pollice, poi cercai almeno di risolvere quel piccolo malinteso di qualche ora prima. “Mi… mi perdoni per come ti ho trattato, Chrissie?”
Mi cinse le spalle con un braccio, poi mi baciò la fronte. “Sono l’ultimo dei tuoi problemi adesso, micetta. Pensa al bimbo.”
“Sei la mia cura, te” mi strinsi a lui, arrendendomi a tutto il bene che gli volevo. “Perché se io e il bambino abbiamo un futuro, è tutto merito tuo.”
Sospirò mentre mi accarezzava il viso, guardandomi come se fossi la cosa più importante su questa terra, e mostrandomi un affetto sincero e smaliziato che era tutto quello di cui avevo bisogno. “Ascolta, Corey… io… Se tu vuoi, se te la senti davvero, se non ti fai problemi, io… Ecco, io vorrei crescere insieme a te il bambino”
Morii e risuscitai in un attimo solo. Chi altro avrebbe potuto farmi una proposta del genere, se non lui? “Chris…”
“Corey, se non vuoi… Come non detto!”
“Lo voglio con tutta l’anima!” lo abbracciai quasi da strangolarlo. Dio, non potevo chiedere di meglio. Gli presi le mani, mettendomele sulla pancia. “E’ felice anche lui, senti?”
Pianse, e non se ne vergognò. Con le dita cercava di inseguire i piedini del bambino,  che non stavano mai fermi. Mi lasciò un bacio poco sopra l’ombelico e sorrise. “Posso… posso chiamarlo ‘nostro figlio’?”
“No, non puoi. Devi.” Gli scompigliai i capelli. “Sei il suo papà.”
“Siete la mia felicità” pianse, tenendo la guancia appoggiata al pancione. Quello sì che era un atteggiamento da papà, e Chris l’ha sentito subito, dal momento in cui gli ho confessato di essere incinta. Era un amore innato, per un figlio che non aveva generato ma si sentiva in dovere di proteggere. E così è sempre stato, da allora fino ad oggi. Sì, ora che siamo sposati Sam porta il suo cognome: è come se Chris l’avesse adottato. Ma in realtà, l’ha adottato quando ancora era nel mio corpo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Pleasure to meet you, but better to bleed ***


Ringrazio di cuore Lizzie Black per le sue recensioni e l'interesse che ha per questa mia storia. Grazie mille davvero! E ora eccovi un altro nanocapitolo. Spero vi piaccia!

Guardo l’orologio. Sono le quattro meno cinque, tra pochissimo Sammy esce da scuola. Aspetto in cortile, insieme alle altre mamme: ci scambiamo chiacchiere e qualche sorriso, prima che i bambini ci raggiungano insieme.

“Micetta!” Sammy mi stringe le gambe, chiamandomi col soprannome che usa Chris.

“Hey,piccolo!” lo prendo in braccio. “Tutto bene a scuola?”

“Sì sì” si guarda intorno, a salutare i suoi amici. “Mammy, mi compri il gelato?”

“Certo, amore” lo metto giù, prendendolo per mano. Camminiamo lungo la strada che ci porta alla palestra dove io e Chris lavoriamo. Proprio poco lontano da qui c’è una gelateria, Sammy lo sa.

“Corey!” sento gridare dietro di me. “Corinne, cazzo, frena!” qualcuno si avvicina, col fiatone, mettendomi una mano sulle spalle.

Mi giro, impaurita da quella voce che ho riconosciuto subito. E’ Trè. Maledettissimo…

Sorride, accarezzandomi una guancia. “Cazzo, sei bella proprio come ricordavo” poi si china, fissando quegli occhi identici ai suoi. “Ciao, uomo!” scompiglia i capelli di Sam, abbracciandolo. “Come ti chiami?”

“Samuel” gli risponde, un po’ intimidito. “E tu?”

“Io… beh, io sono il tuo papà. Papà Trè.”

“Tu non sei proprio nessuno!” lo prendo per un orecchio, allontanandolo.  “Samuel ha già un padre, e lo sai. Piantala” continuo a camminare stringendo la manina di Sam.

“Oh, beh, se quel Rocky può essere considerato un padre…” si mette le mani in tasca, seguendoci.

“Punto primo: si chiama Cristopher…”

Mi fa il verso. Dio, lo scuoierei!

“Punto secondo: è suo padre e mio marito. Occhio a come ne parli.”

“Sì! E’ lui il mio papà! Perché io mi chiamo Samuel Joseph Hale, come lui!” interviene il bambino.

“Hey” Trè si abbassa di nuovo. “Ok, avete lo stesso cognome ma… non noti niente?” gli prende una mano passandosela sul viso. “Ci assomigliamo un pochino io e te, vero?”

Sammy è terrorizzato e si stringe alle mie gambe. “Mandalo via, mamma! Mandalo via!”

Lo prendo in braccio, cullandolo. “Trè… basta. E’ troppo tardi per chiedere scusa e ricominciare. Noi siamo già felici.”

“Ma con me andrà meglio, Corey! Perché non vuoi capire?”

“Meglio di così non potrei stare, guarda” proseguo per la mia strada. Eccoci, siamo arrivati davanti alla palestra. Credo che Sam dovrà rinunciare al suo gelato almeno finché non se ne andrà quest’essere. “Addio”

“Ma quale addio…” mi segue oltre la porta.

Vado a sedermi alla scrivania, mentre continuo a litigarci. “Trè, devo lavorare. Sparisci e non farti più vedere. Mi hai già fatto perdere troppo tempo ed ho un mucchio di cose importanti da fare”

“Corey, ti ho detto che voglio ricominciare! Con voi due!” allarga i suoi enormi e bellissimi occhi azzurri, scandendo bene le parole. “Ho sbagliato, e scusa se me ne rendo conto solo ora, ma… Voi avete bisogno di me, come io di voi!”

“Ma fammi il favore …” accomodo Sam sulle mie gambe, mentre vedo una figura familiare avvicinarsi, alle sue spalle. “Ah, se vuoi un consiglio ti conviene andartene.” Io lo avverto, poi sta a lui decidere. Il peggio è il suo, di certo non il mio.

“Corey, io non me ne vado da qui senza voi due!” batte una mano sul tavolo.

“Puoi ripetere?” una voce calda e ferma lo colpisce alle spalle.

Trè si gira verso quella massiccia presenza di cui non si era accorto. “N-non me ne vado da qui senza di loro, caro signor Rocky”

Chris si toglie i guantoni, calmo ma pungente. “Mi sembrava d’esser stato chiaro ieri sera”

“Io non mi arrendo!”

“Temo proprio che dovrai farlo” lo guarda dritto negli occhi. “Mia moglie e mio figlio non hanno bisogno di te. Spiacente di deluderti, Frank.”

“Samuel è mio figlio! Non lo vedi? Non lo vedi che abbiamo gli stessi occhi, lo stesso colore di capelli, lo stesso sorriso?”

Oh no, non doveva dirlo. Perché Chris diventa una bestia quando non può dire di riconoscere i suoi tratti in quelli di suo figlio, ed è difficile spiegarlo agli estranei.

“Sta’ calmo, Chris, ti prego” cerco in qualche maniera di evitare un disastro, però è molto più bravo a farlo da solo.

Gli stringe una mano sulla spalla e lo trascina verso l’uscita. “Fuori. E che sia l’ultima volta che ci vediamo”

A quel punto Trè si arrende e se ne va, mentre Chris ci raggiunge. Meno male, credevo di non liberarmene più.

“Sei il papà più bravo del mondo!” Sam batte le mani, mentre gli si aggrappa alle braccia.

Mi alzo, e abbraccio Chris anche io. E’ tutto sudato, e ha interrotto la lezione per venire ad aiutarci. “Grazie, amore” gli sussurro, accarezzandogli una guancia.

“Ve lo date un bacino? Eh? Eh, mamma? Mammina? Mammina, dai, per favore!”

Sorrido, e accontento quella richiesta innocente. Affido un bacio leggerissimo alle labbra di Chris, ma gustandomelo appieno.

“E bravi!!” Sam ci fa un applauso, poi scende dalle braccia del papà. “Adesso un altro!”

Chris mi guarda, con gli occhi lucidi e malinconici. Mi poggia le mani sui fianchi e mi tira a sé con forza. Sento il suo respiro sul mio collo, e mi fa impazzire. Lo amo con tutta me stessa, e non lo cambierei con nessun altro al mondo. E’ mio, solo mio, ed io solo sua. Lo bacio piano cingendogli il collo con le braccia, e sento un flusso d’amore che scorre dalle mie labbra oltre le sue, inondandolo. Mi stacco lentamente, ma rimango a pochissima distanza. Sorrido, e lo fa anche lui, poi schiude le labbra. Ma mi piace giocare, e così mi allontano pochissimo. Lui mi raggiunge e continuo a scappare piano, finché non mi prende il mento  con un dito e mi bacia di nuovo. Poi mi stringe al petto, quasi da non farmi respirare, come se volesse inglobarmi all’interno del suo cuore per avermi sempre con sé.

“Ok... basta adesso!” Sammy ci separa intrufolandosi tra di noi e sventolando i guantoni di Chris. “Papy, devi continuare la lezione!”

“Eh già” mi lascia andare, infilandosi i guantoni che Sam gli porge. “Ci vediamo dopo!”  ci dà un bacio a testa, poi si allontana e torna nella sua saletta.

“Aspetta, Chris!” lo rincorro, facendo rumore con i miei tacchi sul parquet.

“Che succede?”

Ma non rispondo: lo abbraccio semplicemente, tirando un sospiro di sollievo. Premo il naso contro la sua maglietta sudata, lasciandoci un bacio. “Ti amo tanto”

“Io di più” mi accarezza, con il dorso dei suoi guantoni rossi. “Non dimenticarlo mai.”

“Papàààà! Fai tardi!” lo rimprovera Sammy. “Forza!”

Ridiamo. “Vai, amore, su. Ci vediamo quando hai fatto”

“Ok” mi ruba un bacio e se ne va. Lo amo fottutamente. E’ scontato, l’avrò ripetuto decine di volte, ma non riesco a fare a meno di dirlo. Lo amo, lo amo, lo amo. E… che altro? Ah, sì, beh… Lo amo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Lie awake in bed at night ***


 

Avvolti nelle lenzuola, io e Chris ci teniamo stretti per non sentir freddo. Lui sta vedendo una partita di basket in tv, e io, con la testa poggiata al suo petto, mi faccio cullare dal suo respiro. Le sue dita giocherellano con i miei capelli, e ogni tanto mi arriva un bacio sulla testa.

“Micetto…”

“Sì?”

“Spegni la tv?”

“Mmm, ok” sorride, malizioso. Ha già capito tutto. Preme un tasto e ci ritroviamo nel buio pesto, squarciato solo dal suo sguardo che è luce pura. “Mi vuoi dentro di te?” sussurra. Ama sentirselo dire, non so perché.

“Sì” lascio che si accomodi sul mio corpo. “Sei tutto mio”

“Tutto tutto?”

“Tutto tutto, sì” rabbrividisco mentre mi bacia il collo. Sento le sue labbra scendere sempre più giù, a far nascere un piacere che non conosce simili. “Chris…” inizio ad ansimare il suo nome, mentre mi accarezza le gambe, stringendosele sulle spalle. Inarco la schiena, rabbrividisco e prendo fuoco mentre la sua leggera barba viene a stuzzicarmi. Sì, è questo il paradiso.

All’improvviso si interrompe e torna su. “Sei incandescente”

In effetti mi sento praticamente incendiata. “Tu sei un po’ troppo freddo, invece”

 “Freddo? Nah” sorride, tornando in basso. Sento le sue labbra percorrere la mia pelle, con un desiderio che brucia come l’inferno. Le sue mani impazienti stringono i miei fianchi e il respiro diventa sempre più affannoso, infrangendosi sul mio petto.

Ed eccolo. Sì, senza esitare. Si muove nel mio corpo a ritmi precisi e regolari, come sempre, deciso e passionale. Uno schizzo più abbondante e due più brevi sono più che sufficienti a farmi letteralmente sua. Vita che scorre e che viaggia da corpo a corpo, regalandoci gemiti mal trattenuti. E’ bello essere una cosa sola, confondersi l’uno dentro l’altra per condividere lo stesso piacere. L’amore è una guerra che si vince in due: insieme, alla conquista di un mondo tutto nostro.

 

**

Ancora accaldata, accarezzo il viso stanco e sudato di Chris. Dorme spensierato e felice, con una guancia premuta sul cuscino, e russa debolmente con la bocca socchiusa. Com’è bello…  bellissimo, -beh, almeno per me lo è- con i suoi trentadue anni quasi giunti alla scadenza. Io... ecco, io potrei far schifo al novanta percento di voi. Ho venticinque anni. Sì, sono rimasta incinta a vent’anni. E non me ne vergogno, perché è la cosa più bella che possa accadere ad una donna. Avevo un disperato bisogno d’aiuto, prima più di adesso,  ma da quando c’è Chris tutto è svanito: è lui la soluzione di tutti i miei mali, quell’uomo insignificante per il resto del mondo ma vitale per me e Sam. Della differenza d’età non mi è mai importato, dapprima perché eravamo solo amici e sarebbe stato stupido parlare di età, e successivamente ce ne siamo altamente fregati, perché quando ci si innamora non si fa caso a queste scemenze. In fin dei conti, sette anni non sono niente. Ed eccoci qui, a meno di un anno dal matrimonio, a vivere la nostra storia fino all’ultima goccia.

“Mamma!”

 Oddio. Sammy sta piangendo, nella sua stanza. Mi alzo al volo e mi infilo la maglietta di Chris che mi arriva fino al ginocchio, poi lo scuoto piano piano. “Amore… vestiti, Sammy è sveglio.” Forse non mi ha sentito, ma non fa niente. Corro in cameretta e accendo la luce. “Sam…”

“Mammy, ho fatto un sogno bruttissimo!” si nasconde sotto le coperte a cercare protezione, mentre mi avvicino. “C’era il signore cattivo che mi voleva portare via da te e papy!”

Sospiro. E’ una settimana che fa incubi di questo tipo, non può continuare così. Il ‘signore cattivo’ è Trè: certo, non che sia un sant’uomo, però non voglio nemmeno che traumatizzi mio figlio. Abbraccio Sam, coccolandolo pian piano per calmarlo. “Amore… Lui non è cattivo. Ha sbagliato tante volte nella sua vita, e forse se ne è reso conto solo adesso.”

“Ha sbagliato anche con noi?”

“Già.” Sam ha sempre saputo tutto: anche se è piccolo, non mi piace nascondergli la verità e farlo crescere in una bolla di bugie zuccherate. “Ascolta, amore, io non voglio che tu lo odi, anche se, beh, non è stato molto carino con noi. Un giorno crescerai e saprai deciderlo da solo, ma non dobbiamo influenzarti né io né papà. Perché, vedi Sam, se non fosse stato per lui tu oggi non esisteresti”

Probabilmente questo è un discorso un po’ troppo difficile da affrontare, per un bambino che non sa nemmeno come e per quale motivo è venuto al mondo. A dirla tutta, non lo so nemmeno io. O forse sì: lui è venuto al mondo perché lo amavo, e perché c’era Chris ad aiutarmi. Ecco tutto. Ma biologicamente suo padre è Trè, e niente cancellerà dai suoi geni questa scomoda verità.

 Sammy arriccia il naso, pensando. “Allora, mamma, visto che lui non è cattivo… Posso conoscerlo?”

E adesso che gli dico? Lascio da parte il mio orgoglio e il mio dolore, scegliendo l’opzione che fa più felice il mio bimbo. “Va bene”

Sorride, soddisfatto. “Grazie”

Grazie?? Piango. Piango perché ho liberato il mio bambino dai suoi incubi, piango perché gli sto regalando l’opportunità di crescere lontano dai pregiudizi, ma soprattutto piango perché non so cosa il futuro abbia in serbo per noi.

**

Sam si è addormentato col sorriso, abbracciato al suo adorato orsacchiotto Tom. Sospiro, sistemandomi i capelli, e mi alzo. E ora chi glielo dice a Chris? Si arrabbierà, sicuro, e quindi vedo già una ‘bella’ litigata all’orizzonte. Torno al mio letto, dove c’è lui spalmato a pancia in sotto. Sorrido: gli avevo detto di vestirsi, in caso Sammy fosse venuto a dormire da noi, e l’ha fatto. Beh, oddio, si è messo solo le mutande, ma meglio di niente. Mi siedo, accarezzandogli la schiena morbidissima. Al centro delle sue scapole, fa la sua porca figura un tatuaggio dai colori vivacissimi: la Terra, impressa sulla sua pelle, risalta e sembra quasi splendere di quel verde e quel blu che la compongono.

“Chris, devo parlarti” mi stendo affianco a lui, coprendolo con il lenzuolo per non farlo raffreddare. “Ti va di ascoltarmi, un attimo solo?”

Mugola, poi solleva la testa dal cuscino con un’espressione insonnolita che sembra dire: “Uffa… proprio adesso che stavo dormendo così bene?” Sorrido, accarezzandogli la testa. “Non fa niente, dormi pure. Te lo dico domani.”

Mugola di nuovo come per rispondermi, poi mi prende una mano e se la poggia sul viso, facendomi accarezzare le guance. E’ così dolce! “Notte, micetta” sussurra sempre tenendo gli occhi chiusi.

“Notte, vita mia” lo coccolo stringendolo al petto. Non voglio discuterci, ma so che è inevitabile. E mentre la notte continua a tenerci tra le sue braccia, anche noi ci stringiamo per non sentirci soli.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Time to forget about the past ***


 

“Non se ne parla”

“Chris, per favore…”

“Ho detto di no” morde il suo cornetto integrale, seduto davanti a me al tavolino del bar. “Ci soffrirete e basta”

“E’ stato Samuel a chiedermelo” gli pulisco il labbro inferiore, dov’è rimasta attaccata una briciolina.

“Appunto. Che vuoi che ne sappia un bambino?”

“Sì che lo sa, Chris. E proprio perché è un bambino sente la mancanza di suo padre”

Mi guarda dritto negli occhi, ma non parla più. Si alza e se ne va, mandandomi a quel paese. Ma cos’ho detto di tanto strano? Oh. Oh porca miseriaccia. Sono una deficiente. E dovrei sapere quant’è permaloso e preciso su certe cose! Come ho fatto a lasciarmi sfuggire quelle parole? Chiamare Trè ‘padre’, in presenza dell’uomo che sta crescendo mio figlio. Dio, che idiota.

“Christopher…” esco correndo dal bar, cercando di raggiungerlo. “Chris, sai che non lo penso davvero”

“Vattene”

“Dai, smettila di fare l’esagerato. Stavamo parlando tranquillamente”

“Esagerato io?” si pianta un indice nel petto. “Corinne, io mi sento preso per il culo! Non sono un tappabuchi, uno che serve a riempire un vuoto e poi viene buttato via quando non se ne ha più bisogno”

“Continui a fare l’esagerato, Christopher. Datti una calmata”

“Calmarmi? Come faccio a calmarmi? Amo te e amo Sam, è normale che mi agito se qualcuno vi porta via da me. Che discorsi…”

“Nessuno ti sta portando via nessuno, Chris. Ti sto solo chiedendo di dare a Samuel l’opportunità di conoscere la persona che l’ha messo al mondo insieme a me, tutto qua”

“Corey! Lui vi ha abbandonati! Te lo sei già dimenticato? Oh, bene, perdoniamolo. Poverino, dev’essere stata dura girare il mondo, e passare le giornate col culo appiccicato allo sgabello di una batteria! Ma per favore, Corinne… non essere ridicola”

“E tu piantala di fare l’egoista”

Solleva i suoi Rayban appoggiandoseli sulla testa. “Ti ricordo che l’egoista che hai di fronte è stato l’unico a starti vicino in questi cinque anni. Sì, proprio un lurido egoista” e se ne va, accendendosi una sigaretta.

Ho sbagliato pure stavolta. Che palle. Non ci sto capendo nulla nemmeno io! Va beh, pazienza. Lo lascio andare, ha bisogno di riflettere. E io? Io… devo andare a fare la spesa, come ogni brava moglie che si rispetti.

**

Apro la porta, poggiando a terra le buste. C’è la tv accesa, come sempre, e Chris è appisolato sul divano; ma non solo lui. Mi avvicino, cercando di non far rumore.

“Chris…” gli accarezzo un braccio, poi osservo quella testolina stretta stretta al suo petto. “Sammy…”

Nessuno dei due vuole svegliarsi. Ah, gli uomini… Vado in cucina a sistemare le cose che ho comprato, poi mi accorgo che sono solo le undici: che ci fa Sam a casa? Esce alle quattro! Bah, forse non si sentiva bene e Chris è andato a prenderlo. Cazzo, devo far pace con Chris, e pure chiarire la questione di Trè. L’ho chiamato poco fa per dirgli che Sam avrebbe voluto passare un po’ di tempo con lui, e ne è stato felicissimo. Ci siamo dati appuntamento per oggi alle cinque. Dovrò mancare al lavoro, ma non importa, c’è Jim che mi sostituisce. Credo che andremo al parco, oppure in spiaggia, non so bene. Ma conoscendo Sam, sicuramente si farà portare a Santa Monica a vedere la ruota panoramica. Quasi quasi vado a dirglielo. Sarà contentissimo, ne sono sicura. Torno in sala, dove i due angioletti dormono beatamente, stesi sui divani.

“Tesori…” do un bacio sulla testa di ognuno. “Devo dirvi una cosa”

“Sempre nei momenti meno opportuni, eh” farfuglia Christopher, ancora insonnolito.

“Scusami” gli accarezzo la barba. E’ sempre il solito…

Apre gli occhi, sorride e la rabbia in ognuno di noi si scioglie come neve al sole. “Sto proprio diventando un vecchio rompicoglioni” si gratta il collo. “Dimmi”

“Ho chiamato Trè” gli spiego, mentre cerca di mettersi seduto sempre tenendo Sam tra le braccia, senza svegliarlo.

“Ah, e… Che ha detto?”

“Era molto contento. Ci vediamo oggi alle cinque”

“Oggi? Di già?”

“Eh sì. Poi magari decideremo un giorno a settimana per stare insieme”

Annuisce. So che in realtà vorrebbe abbattere un muro a pugni, ma sa trattenersi. “Va bene” accarezza i capelli di Sam. “Corinne…” solleva lo sguardo verso di me. “Sinceramente... Sono un buon padre?”

“Certo, amore” gli asciugo gli occhi vagamente lucidi.

“Anche se non gli compro tutti i giocattoli che mi chiede, se a volte non ci sono, o sono troppo imbranato per cucinare le cose che piacciono a lui?”

Sospiro. Sta diventando pure complessato, adesso? “Ascoltami bene. Chi ha tenuto per primo Sam tra le braccia, quando è nato?”

“I-io”

“Chi è che si alzava la notte per cullarlo, per non farmi affaticare?”

Sorride. “Io”

“Chi gli ha insegnato a camminare, a contare e… ad assestare un destro?”

“Sempre io”

“E… chi gli insegnerà un domani a fare il nodo alla cravatta, o ad andare in moto, e lo aspetterà sulla porta di casa quando rientra dalla discoteca?”

“Io” si asciuga una lacrima.

“E allora lo vedi, sei un padre perfetto” lo bacio. “Sam ti adora. IO ti adoro” gli prendo il viso tra le mie mani. “Chris, noi siamo una famiglia a tutti gli effetti. E solo grazie a te”

Piange. Ebbene sì, i pugili piangono. E spesso, anche. O almeno, il mio sì. Con una mano imprigiona le mie, poggiate delicatamente sulle sue guance come per consolarlo e dargli forza al tempo stesso. So quanto sia difficile per lui accettare questa situazione, ma deve capire che non gli sto togliendo nulla. Il nostro amore non verrà compromesso, ma entrambi dobbiamo cedere qualcosa di nostro per dare un'opportunità importante a Sam. Questo passo indietro farà in modo che si possano fare molti passi in avanti nel futuro. Ma per una personalità fragile come quella di Chris forse è una rinuncia troppo importante. Lo sosterrò, gli starò accanto io ora che è lui a soffrire terribilmente per paura di essere abbandonato di nuovo, e per di più dalle uniche persone che ama su questa Terra. Senza di noi, lui sarebbe perso: esattamente come me e Sam se fosse lui a tirarsi indietro. Non si dovrà arrivare a questi livelli, lo sappiamo, ma so che, se sta accettando tutto questo, non lo sta di certo facendo a cuor leggero.

“Amore…” gli asciugo le lacrime. “Tu c’eri quando il resto del mondo mi voltava le spalle. Te, Chris, solo te. Mi hai accolto in casa tua, sei rimasto sempre al mio fianco e non te ne sei andato mai. Ti sei preso cura di me e del bambino, mettendo tutto il resto in secondo piano. E… Chris, ti giuro che mai nella mia vita avrei potuto sperare di incontrare una persona come te. Mai.”

Chiude gli occhi e prende un respiro, come se stesse fissando queste parole nella sua memoria, per esser sicuro di non dimenticarle nemmeno ora che ne ha un bisogno estremo. Si umetta le labbra, come fa sempre, con la lingua che fa capolino giusto per il tempo di un battito di ciglia. Sta pensando, lo leggo nella sua bocca che ora è leggermente schiusa, come se volesse dire qualcosa ma stesse cercando le parole giuste con cui plasmare l'idea che se ne è fatto nella mente. “Ti ho sempre amato, Corey, lo sai. Sì, proprio sempre. Anche se all’inizio era solo un’amicizia enorme, eri comunque la persona più importante per me, e io dovevo proteggerti, ad ogni costo”

Io mi sciolgo. Lo so, sono estremamente malleabile, ma come potrei non esserlo, in una situazione come questa? Entrambi siamo fragili, insufficienti a noi stessi se presi singolarmente, eppure insieme, uniti da un antico e tacito patto che si rinnova di giorno in giorno, troviamo la forza di fare qualsiasi cosa, anche di cambiare il mondo per nostro figlio. E un'energia del genere ha un solo nome, ed è la parola più bella che esita. Amore.

“Ti amo, micio”

“Ti amo anche io, pulce”

Ci abbracciamo, senza più bisogno di altro. E mentre le nostre labbra iniziano a cercarsi, scorgo un sorriso soddisfatto su quelle di Sam.

**

“Ti voglio bene, papà”

“Te ne voglio anch’io, cucciolo”

I miei due uomini si abbracciano. Chris mi ha detto che è andato a prendere Sam a scuola perché aveva semplicemente voglia di stare con lui, e di coccolarlo per farlo sentire amato. Non si lasciano, e anzi si stringono più forte.

Li osservo di nascosto dalla cucina: sono davvero dolcissimi. E mentre preparo il pranzo, penso che neanche l’incontro con Trè potrà spezzare un legame così solido.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Here we are at the start ***


“Non mi lasciare, Chris, non mi lasciare” sussurravo a mezza voce, stringendogli la mano.

“Sono qui”

“Ho paura, Chris”

“Ma no! Una mamma come te deve essere forte, sai?”

Sospirai, mentre i dolori non mi davano pace. Il bambino stava per nascere ed ero terrorizzata, non so bene da cosa.

“Respira, Corinne” mi invitò l’ostetrica. “Bravissima, così”

I dolori mi stavano sciogliendo il cervello, ma sapevo che non avrei potuto evitarlo. Strinsi ancora più forte la mano di Chris, che non si lamentava affatto.

“Dai, cuccioletta…” mi baciò la fronte sudatissima. “Coraggio”

Spinsi ancora con le poche energie che avevo. Lo sentivo uscire lentamente dal mio corpo, quel frutto purissimo di un amore maledetto.

“La testa è quasi fuori” farfugliò la vecchia ostetrica. “Complimenti, è un bambino bello grosso!”

Chris mi sorrise, con gli occhi lucidi. “Dai, Corey, manca poco!”

Gli strinsi la mano prima di un ultimo grande sforzo, ripagato da un pianto che invase la stanza.

“E’ nato” Chris piagnucolava sbaciucchiandomi una guancia. “Brava, tesoro mio, bravissima”

Piangevo anche io, tra la gioia che aveva soppiantato il dolore. “P-puoi prenderlo?”

Con mani esitanti, accolse quel corpicino ancora insanguinato che l’ostetrica gli porgeva. “Benvenuto, micetto numero tre. Io sono il tuo papà” lo guardava commosso. “Sei… o mio Dio, sei un batuffolo di ciccia! Vuoi andare da mamma, che ha faticato tanto per te?” e lo poggiò sul mio petto, facendo molta attenzione.

Fu un’emozione indescrivibile, sentire rannicchiarsi tra i miei seni un cucciolo alla ricerca del mio calore, di quello della sua mamma. Piangeva, o meglio, urlava, mentre con le dita gli sfioravo la pelle, pallidissima e morbida. “Ciao Samuel” gli accarezzai i pochissimi capelli chiari, poi mi voltai verso Christopher. “E’… bellissimo”

“Non poteva non esserlo, con una mamma così” mi accarezzò una guancia. Ci stringemmo tutti e tre: una vera famiglia, strana ma piena d’amore.

“Samuel Joseph Bédier. 16 luglio 2005, ore 03.09” disse ad alta voce un’infermiera, annotandolo su un foglio. Bédier. Gli avevo dato il mio cognome: così oltre ad essere il figlio di uno stronzo, sarebbe anche stato figlio di una francesina del cazzo scappata di casa per inseguire il suo sogno californiano. Povero bambino, che tristi origini ha avuto. Ma decisi che il suo futuro sarebbe stato speciale, e sapevo che non saremmo rimasti delusi: c’era Chris con noi, ed è questo il motivo per cui oggi siamo felici.

**

“Guarda quanto sono bello, mamma!”

Sollevo lo sguardo dal pavimento verso Sam che, radioso, mi mostra la camicetta bianca e i pantaloni blu. “Sei stupendo, amore mio”

“Li ha scelti papà i vestiti”

“Non avevo dubbi” sorrido, mentre mi si avvicina saltellando.

“E tu che ti metti?”

“Ancora non lo so” alzo le spalle. Chissà quante volte le ragazze della mia età si sono trovate in situazioni simili: di fronte all’armadio aperto, a cercare qualcosa di adatto per un appuntamento particolare. Ma il mio è DAVVERO particolare: io, mio figlio e… suo padre biologico che non vedo da anni.

“Metti questa!” Sammy tira fuori dal cassetto una maglia rossa. “E’ la preferita di papy!”

Sorrido. Non è una cattiva idea, in fin dei conti. Infilo la maglietta, poi mi specchio: sì, va benissimo. Forse è solo un po’ troppo scollata, ma chi se ne frega.

 “Wow, che bellissima ragazza abbiamo qui…” Chris mi guarda, appoggiato con un gomito allo stipite della porta. “Se non fossi sposato, ti chiederei di uscire” scherza, mordicchiandosi le labbra.

“Ma voi siete già sposati!” urla Sam che cerca di attirare l’attenzione.

Chris lo rincorre e lo solleva. “Ah sì?”

“Sì, vi siete sposati a marzo! E io vi ho pure portato le fedi all’altare! Non ti ricordi, papà?”

“Come potrei dimenticare il giorno più bello della mia vita?”

“Ah, beh” sorride. “Mi ci hai quasi fatto credere…”

Gli dà un bacio su una guancia, poi lo rimette giù. “Allora, Cocò, vi aspetto per cena?”

“Sì, non staremo via tanto tempo” mi infilo le scarpe, mentre Chris mi guarda arricciando il naso. “Che c’è?”

“Non ti metti gli stivali?”

“Fosse per me, uscirei in ciabatte” prendo un paio di scarpe comode. Chissà quanto cammineremo, mica mi posso giocare i piedi. “Ok, a posto. Adesso mi trucco e andiamo. Sammy, sei pronto te?”

“Sì sì. Giusto, papà?”

“Giusto” si gratta la pancia. “Oh, non fate tardi. Capito, Co?”

“Sì, ho capito” riposo il rossetto nella pochette dei trucchi. “Cucini te, oggi?”

“NO!! MAMMA NON LO FAR CUCINARE!! Lui mi fa sempre le zucchine lesse!”

Ridiamo, poi Chris scuote la testa. “Che ti cucino di buono, micetto?”

“Una bella bisteccona di brontosauro!”

“Non si mangiano gli animali!”

“E infatti il brontosauro è un dinosauro” gli risponde, zittendolo. “Mmm però mi sa che è un animale pure lui”

Chris ride, poi cede. “Va bene, oggi bistecca per voi due”

“Yeeee!”

Non so come farà, poverino. Si batterà il petto diecimila volte, prima di mettere la carne in padella. “Quando torno cucino io, non ti preoccupare”

“Scherzi? Mi fa piacere essere utile” e mi dà un pizzicotto sul sedere. E’ più agitato lui di me, adesso che devo uscire.

Oh, mi sta squillando il telefono. “Sì?”

“Andiamo, belli! Sto qua fuori”

“Eccoci, un minuto solo” riattacco. “Sam, Trè è arrivato. Usciamo?”

Annuisce, mentre Chris gli infila il giubbino. Vado ad aprire l’armadio, e tiro fuori il mio trench crema. Però mi sa che gli stivali ci stavano meglio, invece che queste scarpe basse… Ok, ora li metto.

“Pronta?”

“Prontissima” prendo Samuel per mano, scendendo al piano di sotto mentre Chris ci segue.

“Chiamatemi per qualsiasi cosa, mi raccomando”

“Va bene” lo bacio al volo. “Ci vediamo tra poco”

“Ciao amori belli”

“Ciao papà!”

Apro la porta,e oltre il cancello scorgo un suv nero parcheggiato in mezzo alla strada.

“Muovete quelle fottute chiappe!” urla Trè, con la testa fuori dal finestrino. “ Hey là, chi si vede! Ciao Rocky!” con la mano saluta Chris, che lo manda  a fanculo col dito medio. Oh, bene, mi sembra un ottimo inizio. Entriamo in macchina e ci salutiamo. “Sandy?”

Lo guardo stupita.“Che?!?!?”

“Sandy! Fatti vedere!”

“Ma fatti vedere te! Da uno bravo, però” mi sistemo i capelli, guardandomi dallo specchietto retrovisore. “Si chiama Sammy”

“Sammy!!!” si corregge subito, girando il volante senza nemmeno guardare la strada. Non è cambiato per niente, in questi cinque anni.  “Dove ti portano oggi mamma e papà, eh?”

“Papà? Papà è rimasto a casa.” Ah, che bravo bambino! Sa sempre come rispondere.

“Ok, ripetiamo la domanda. Dove ti portano oggi la mamma e lo zio Trè?”

“Zio? Io non ho zii” Sam continua a non capire: meglio così.

“Ho capito, va” accelera facendomi balzare il cuore in gola. “Andiamo a Santa Monica, che è già tardi”

E canticchiando ‘California sun’, guida come un pazzo verso l’autostrada. Chissà che serata che ci aspetta… So solo che diventerò pazza prima del tempo.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** I can feel the beating of our hearts ***


Anche stavolta ringrazio Lizzie Black che mi segue e mi recensisce sempre, puntualissima e fedelissima, ogni singolo capitolo.

 

Nella notte, piangevo. Mi dimenavo nel mio letto, cercando di dormire. Ma dai miei occhi chiusi le lacrime non cessavano di scorrere. Volevo urlare, e mi ero già trattenuta fin troppo. Sì, dovevo farlo. Cedetti, senza farmi troppi problemi. “TRE’!” urlavo, stringendo con un pugno un capo del lenzuolo. “TRE’, DOVE CAZZO SEI?” Sentivo caldo, caldissimo. Ma in quella nottata di fine giugno, il caldo era per me la cosa più facile da sopportare. “Trè… torna” sussurrai, arrendendomi ad una richiesta persa nel vuoto. Mi mancava, e non solo perché era il padre di mio figlio. Mi mancava sentirlo canticchiare, mi mancava sentire i suoi piedi che giocavano coi miei, mi mancava il suo profumo, i suoi versacci, i suoi capelli. Mi stavo innamorando? Come potevo innamorarmi di qualcuno di così crudele, che mi ha abbandonata nel momento del bisogno? Non ci siamo mai detti di amarci: sarebbe stato da ipocriti, perché la nostra era solo una storiella da quattro soldi. Lui era ancora sposato e con un bambino piccolo, senza contare Ramona che era già abbastanza grande. Da una persona del genere dovevo pure aspettarmelo, dopotutto. Eppure continuavo a piangere, con lo stesso perché di sempre, disperandomi e rotolandomi in un letto che qualcuno mi aveva gentilmente offerto:  lo stesso qualcuno che in quel momento entrò nella mia camera. O meglio, nella sua.

“Corinne”

“Chris…” farfugliai tra le lacrime.

“Tesoro mio, perché piangi tutte le notti?” mi si avvicinò asciugandomi il viso con le sue dita tozze e cicciottine. “Non ti fa bene. Né a te né al bambino”

“Ma che ci posso fare se Trè è un bastardo? Uno stupido bastardo! Fottuta testa di…”

“Calmati” riempì il bicchiere che avevo sul comodino con dell’acqua e me lo porse. “Bevi un po’”

Lo ringraziai e bevvi. Mi stavo davvero calmando, sapendo che accanto a me c’era la persona che amavo anche se ero ancora inconsapevole del mio sentimento. Ho sempre pensato fosse solo voglia di sentirsi legata a qualcuno: beh, non è proprio così. Se si è legati a qualcuno è una cosa bellissima, certo, ma vivere una storia è un rischio. Un rischio dolcissimo che entrambi abbiamo avuto il coraggio di affrontare. “Chris, mi fai compagnia?”

Si sciolse in un sorriso, poi si stese affianco a me. “Vieni” mi accolse tra le sue braccia, sistemandomi con cura per non schiacciare il pancione. “Come ti posso aiutare?”

“Mi aiuti già. Più di così si muore”

“Eh ma forse quello che faccio non è abbastanza” mi coccolò ancora. Le sue braccia si avvolgevano attorno a me, tenendomi come un neonato, e mi guardava negli occhi cercando la soluzione ai miei problemi. Ma si sbagliava: non era davanti a sé che doveva guardare. Perché la mia soluzione, oggi come allora, era lui.

“Sei perfetto, micio. Ti voglio bene”

“Anche io.”

Mi baciò la fronte e aspettò che mi addormentassi, poi mi accomodò bene tra le lenzuola. Immersa nel sonno, ma non del tutto, lo sentii sgattaiolare fuori da quella che, prima che arrivassi io, era la sua stanza, ma era poi diventata la mia. “Buonanotte, amore” sussurrò, sicuro che non potessi sentirlo. “Un giorno ti dirò tutto quello che provo per te, te lo prometto” e, socchiudendo la porta, mi lasciò col più bel brivido nel cuore che io abbia mai provato.

 

**

 

“Sammy Cool, mamma! Sono Sammy Cool!”

Guardo il faccino sorridente di mio figlio, con in testa un capello da cow boy. “Sammy Cool?”

“Eh!”

Annoiata e appena risvegliata da uno dei miei soliti viaggi mentali, rivolgo lo sguardo verso Trè. “Niente strane idee, te. Lui è Sammy Hale. Niente Sammy Cool o tantomeno Sammy Wright, per favore”

“E smettila di rompere il cazzo come sempre, Corinne! E’ un gioco!”

Lo guardo svogliata, accendendomi una sigaretta. “Da quanto hai un cazzo, di preciso?”

“Almeno da quando ti piaceva farmelo sparire e ricomparire magicamente. Ti ricordi?? Uh, che giochetti, ragazzina!”

“Stai zitto, idiota”

Mi guarda soddisfatto, ma non so di che. “Però è tutto merito suo se hai avuto questo bel regalino” con la testa indica Sam. “E’ proprio il caso di dire ‘grazie al cazzo’”

Gli darei fuoco con l’accendino per  vedere i suoi adorati capelli accendersi come una torcia e arrostirgli quegli ultimi due neuroni che gli sono rimasti. Non si deve permettere di parlare così, tantomeno di fronte a Sam. “Adesso piantala però”

“Ho preso l’aereo fino a qui proprio per venire a rompere le palle, e di certo non mi sto zitto nemmeno se sei te a dirmelo. Nossignora.”

Il solito ragazzino di sempre. Nessuno gli ha chiesto di venire fino da noi dopo tutti questi anni, ha fatto tutto di testa sua e adesso me lo devo pure subire come dice lui? “Non ho nessuna voglia di litigare”

“E meno male” tiene nostro figlio per mano, mentre passeggiamo. Nostro figlio. Ma è davvero suo, a parte il DNA?

“Guarda, Trè!” Sammy indica la ruota panoramica che gira, rischiarando la sera che sta scendendo. “Che bella!”

Lo è davvero. Le luci guizzano sulle lievi onde dell’oceano creando degli effetti mozzafiato. E noi siamo qui, sul molo di Santa Monica, ad osservare tutta questa meraviglia. Il cielo terso e di un azzurro carico va a fondersi con l’acqua sulla linea dell’orizzonte, come se non ci fosse nulla a separarli, cosicché le onde e le stelle sembrano dei preziosi ornamenti su un tessuto blu che avvolge la Città degli Angeli. Adoro questo posto. Adoro chiamarlo così. Dalle colline di Hollywood alla spiaggia gremita di surfisti, al suo clima caldo, al profumo di salsedine nell’aria, alle palme che contornano i viali.

“A-ah! Ho vinto!”

“Cattivo!”

“Yeeeee Sammy ha perso! Gne gne gne”

“Uffa però!”

Ma che stanno combinando? Oddio, ma sono impazziti? Neanche il tempo di distrarmi, che già combinano pasticci! Due ragazzini, mica uno solo. “TRE E SAMUEL, LA PIANTATE DI TIRARVI IL GELATO?”

Si fermano e mi guardano, allibiti. Trè sembra un indiano in guerra, con due strisciate di cioccolato fondente sotto gli occhi, e Sammy invece ha tutta la camicetta sporca di gelato ai mirtilli. “Sam…”

“E’ colpa sua, mamma!”

“Lo so, è lui che fa ‘sti giochetti stupidi” con una salviettina umidificata cerco di pulirlo, ma ormai la macchia c’è. “Trè, non insegnargli queste cose, per piacere”

Lui mi fa il verso, poi mi schiaccia il cono sul naso. “Oh, ecco qua! Tua madre è più bella con la panna sul naso, vero Sam? Magari si addolcisce un po’...”

“Imbecille” mi pulisco anche io, poi mi sento squillare il telefono in borsa. “Buttate i gelati e pulitevi, che mi stanno chiamando” prendo il cellulare e rispondo. “Sì?”

“Amore, come va?”

“Hey! Abbastanza bene qui. Sam si diverte, anche se sta facendo un po’ di pasticci”

“Pasticci?”

“Niente di grave, ha solo il gelato spalmato addosso”

“Ah. Tanto c’è mamma Corinne che lava…”

“Vero? Meno male che c’è lei!”

“Puoi dirlo forte. Senti una cosa: ma tornate… a che ora?”

Guardo l’orologio. “Sono quasi le sette. Per le otto cerco di stare a casa”

Muggisce. Lo fa quando deve per forza accontentarsi di qualcosa, anche se non vorrebbe. So cosa vuole.

“Vuoi che torniamo adesso?”

Due secondi di attesa, la cui fine è sancita da un sospiro. “Eh magari. Sto in ansia, che non ci siete. Mi mancate, Cristo santo, sto per diventare pazzo. Mi viene da prendere a pugni qualsiasi cosa e… Basta, cazzo, vengo a prendervi! State al molo, no?”

“Stai buono, dai, adesso veniamo noi” sorrido. Si scalda facilmente, quando si tratta di me e Sam.“Venti minuti e siamo lì, se non c’è traffico”

“Grazie”

“Figurati. Basta che stai tranquillo”

“Sì, se so che state tornando sono più che tranquillo, figurati! Va beh, magari vado anche a farmi una doccia mentre vi aspetto, sono sudatissimo”

“Perfetto. A dopo”

“Ciao amore mio” riattacca. Povero, mi fa così tenerezza! A volte non sa controllarsi, ma lo capisco pure. Geloso com’è!

“Ragazzi, andiamo? Chris ci aspetta”

“Di già?”

“Sì. E’ un papà premuroso, lui” guardo Trè di sottecchi mentre finisco di pulire la bocca a Sam. “A proposito, i tuoi figli come stanno?”

“Ramona sta diventando proprio grande. Wow, come sono vecchio. E Frankito… Cazzo, ha otto anni! Quanti ce ne ha Sam?”

“Quattro così” risponde lui sventolando una mano su cui ci sono altrettante dita aperte.

“Li hai fatti il 9 aprile, no?”

“No, il 16 luglio” rispondo io.

“Di chi cazzo era il compleanno, il 9 aprile, allora?”

Sicuramente di qualche altro bambino che ha abbandonato alla madre. “Ah, se non lo sai te…”

“Cristo, come sei acida!! E come cazzo fa a sopportarti quel Rocky della West Coast???”

“Di sicuro non t’interessa” cammino verso la sua macchina, tenendo Sam per mano. “Sbrigati, che andiamo di fretta”

“Un attimo, cazzo, ho le mutande nel culo” si infila una mano nei pantaloni.

“Potresti evitare di dire cazzo ogni volta che respiri?”

“Perché, cazzo?”

Va beh, lascio stare, farglielo notare peggiora solo la situazione. “Trè, muoviti e metti in moto la macchina”

“Ma senti un po’…” mi guarda, levando il freno a mano. “Lo sai che ti ci vorrebbe, a te? Una bella scopata. Così può darsi che diventi un tantino più dolce”

“Non è un tuo problema”

“Però quando stavamo insieme mi pare che ridevi pure troppo. Eh, t’ho viziato io, eeh! Hai visto Rocky, sì? Fa tanto il figo, ma alla fine nemmeno ce la fa la sera. Alzati, cazzo, alzati!!!” ride. “Già, ti ci vedo a fare i riti propiziatori…”

“TRE FATTI I CAZZI TUOI!”

“Hai detto cazzo. Anzi, cazzi. Che vale doppio perché sono due. Cazzo. Ecco, adesso stiamo due pari.”

Sam, da dietro, si è già addormentato per la stanchezza di un pomeriggio devastante. E io ormai non so più che dire e che fare, con un uomo così dannatamente imbecille. “Trè, potresti abbassare il volume della musica? Sam sta dormendo”

“Gli fa bene, fidati. HEY HO, LET’S GO! SHOOT ‘EM IN THE BACK NOW!” canta passando un semaforo rosso. Mi giro verso Sam: non si sveglia, ha il sonno profondo come sua madre.

“Che musica gli fa sentire Rocky?”

“Mah, in realtà non ne ascolta tanta”

“Lo sapevo: quell’uomo è tutto muscoli e niente cervello”

 “Già. Perché il cuore è un muscolo, Trè. E Chris ha un cuore enorme.”

“Aaah, te e le tue melensaggini di sempre” storce la bocca, schifato. “Va beh, ci penso io a punkificare il bambino allora!”

“Gira qui, piuttosto” gli indico il West San Vicente Boulevard.

Mi ubbidisce, senza smettere di cantare. “Posso dirti una cosa?”

“Certo”

“Non mi aspettavo che vivessi a Bel Air” mi sorride. “Sono felice che ve la passiate bene nonostante tutto”

“Economicamente?”

“Sì, anche. Beh, hai sposato un campione nazionale di boxe, c’era pure da aspettarselo”

“E’ una persona speciale”

“Lo so, altrimenti non vi avrebbe aiutati” mi guarda negli occhi, e sembra cambiato. “Corey, io lo invidio, ecco perché non lo sopporto. Lui ha te, ha Sam, vi vive giorno per giorno mentre io... mi devo accontentare di pensarvi, e non mi basta” già siamo a Chalon Road, nemmeno me n’ero accorta.

“Trè, già te l’ho detto. Ormai è tardi per chiedere scusa e ricominciare”

“Ed è questo che mi dà più fastidio.” Parcheggia davanti casa mia, al numero 2340. “Perdonami, Corey. Non meritavi di soffrire così, per me. Né te, né Sam” la sua mano destra scende dal volante, poggiandosi sulla mia.

Ma non mi ritraggo: tremo, col cervello in standby.

“Perdonami davvero, Corey, sono stato un coglione, un bastardo, un...” e non parla più. E come potrebbe farlo, se le sue labbra sono ormai preda delle mie? Non so cosa mi stia accadendo, so solo che lo voglio, adesso. E non solo per colmare il vuoto della sua assenza, ma perché lo desidero sul serio, pur avendo sempre nascosto e negato la voglia che avevo di lui. Gli accarezzo il viso morbido e rasato, i capelli lucenti, le mani calde, godendomi gli ultimi attimi di un bacio figlio dell’istinto.

“Mi sei mancato da morire”

“Anche tu” mi bacia lui stavolta, poi mi stringe a sé. “Ci sentiamo per decidere quando possiamo vederci, allora. Settimana prossima?”

Sorrido. “Va benissimo, tanto poi ci aggiorniamo” lo bacio di nuovo. “Ciao Trè”

“Ciao piccola” mi stringe le mani, mentre scendo. Anche lui scende, viene a prendere in braccio Sam che dorme sui sedili posteriori. “Aspetta, lo porto dentro io, non preoccuparti”

“Grazie” salgo i tre gradini che introducono alla veranda, e apro la porta. “Chr...”

“Non lo chiamare, che se mi vede qui mi spenna!” adagia Sammy sul divano, facendo attenzione a non svegliarlo e dandogli un bacio sulla fronte. “Corey... vieni qui” mi prende per mano, e mi porta di nuovo fuori. “Sono stato benissimo”

“Anche io. E scusami se ti tratto male”

“Me lo merito. Sono io che non devo trattare male te” mi prende il viso tra le mani, mi dà un bacio veloce e torna in strada. “Ti chiamo più tardi” urla. Spero solo che Chris non ci senta! Dovrebbe essere ancora a farsi la doccia, però. Pericolo scongiurato.

“A dopo, allora” e mentre lo saluto con la mano, aspetto che si allontani in direzione del tramonto prima di rientrare in casa.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** No, I'm not saying I'm sorry ***


“Amore!” Christopher scende le scale, avvolto nel suo accappatoio blu. “Non vi ho sentito entrare, ero in bagno”
“Siamo appena tornati” mi alzo dal divano, dov’ero seduta. Non mi sento assolutamente in colpa per aver baciato Trè. Era quello che volevo, e l’ho fatto, stop. Chris non c’entra nulla in tutto questo.
“Com’è andata?” mi si avvicina, preceduto dal suo profumo delizioso che mi incendia le sinapsi.
“Bene. Sam si è divertito, infatti è crollato dal sonno”
Si gira a guardarlo, e sorride. “Bello, lui” gli accarezza una guancia, rimanendo a guardarlo per alcuni secondi. “Avete avuto problemi?”
“Nah”
“Meglio così” torna vicino a me. “Non mi hai dato nemmeno un bacino da quando sei tornata, sai?”
“Sono tornata adesso!”
“Appunto” preme le sue labbra contro le mie, ma non mi va di baciarlo, quindi mi scanso. “Che succede, Co?”
“Niente, non...”
“C’è qualcosa che non va, si vede, sei strana”
“Non mi va di parlare”
“Posso aiutarti in qualche modo?”
“Christopher, lasciami in pace!” lo allontano con un gesto violento e deciso. “Non è niente, Chris, rilassati! Sei sempre il solito esagerato del cazzo! Basta!”
Ci sta male da morire, lo leggo nei suoi occhi nocciola. Ma, come sempre, evita qualsiasi discussione e se ne va in silenzio. Ed io, perché faccio così? Beh, il motivo lo so bene, ed è questo che mi fa più rabbia di tutto. Passa mezz’ora, e non cambia nulla: io e Sam sul divano; Chris che è appena andato su per vestirsi e sta riscendendo, correndo spedito in cucina.
“E’ pronta la cena” sento la sua voce. “Sveglia Samuel”
“Non ho fame” gli rispondo decisa.
Sento il rumore di una sedia che si sposta, e i suoi passi pesanti e veloci. Eccolo che arriva. So già che è arrabbiato, e tutto sommato ha pure ragione.
“Corinne, non so cosa ti sia successo, ma... Non mi va di discutere, intesi? Adesso tu vieni a tavola e ceniamo tutti insieme” prende in braccio Samuel, e avvicina le labbra al suo orecchio. “Hey, micetto...” lo sveglia dolcemente. “Papà ti ha fatto le crocchette di pollo”
 “Crocchette? Sì!!”
“So che ti avevo promesso la bistecca, però ho pensato che le crocchette ti piacciono di più”
“Bravo papy” si aggrappa meglio al suo collo. “Mammy, tu non vieni a cena?”
“S-sì, certo” li seguo, svogliata, fino alla cucina.
I piatti sono già pronti in tavola: per Sam le crocchette e dell’immancabile insalata verde; per me e Chris il mio piatto preferito, e cioè il risotto allo Champagne che lui sa fare alla perfezione.
“Grazie Chris” sussurro, sedendomi al mio posto. Tutta la mia rabbia sembra pian piano incrinarsi nelle fondamenta, di fronte a un gesto così semplice eppure fatto col cuore. “E’ stato molto... dolce da parte tua”
Lui si alza dalla sua sedia, e mi viene vicino. “Ho pensato di farti una cosa che ti facesse star bene”
“Sei tu che mi fai stare bene” crollo tra le sue braccia. “Scusami tanto, Chrissie”
“Shhh” mi bacia la testa. “E’ tutto a posto, sta’ tranquilla” sento il calore delle sue forti braccia avvolgermi e sostenermi. “Adesso ceniamo, poi andiamo a fare un giretto in spiaggia. Ti va?”
Annuisco, senza pensarci due volte.
“Te, Sam? Vuoi venire a fare due passi, quando finiamo di mangiare?”
“Sì! Wa, che bello, oggi tante passeggiate!” si pulisce la bocca. “Ma... avete mica litigato voi due?”
“No, no” Chris mi asciuga le lacrime, mi dà un bacino sul naso e torna a posto suo.
“E allora perché mamma piange?”
“Perché è commossa” Chris mette una scusa, che tutto sommato regge.
“Ed è commossa perché le mancava Trè?”
Silenzio.
“No, Sam, piango per tuo padre” e, con una frase che ha una doppia verità, mi illudo di aver risolto una questione forse troppo spinosa.

**


“Sono stanchissima” mi butto sul letto, al ritorno dalla nostra passeggiatina in spiaggia.
“Eh, per forza” Chris si toglie la maglia e mi raggiunge. “Io non sono stanco, ma non ho voglia di spogliarmi”
“E’ un giochetto per farti spogliare da me?”
Ride. “No, è che non mi va davvero”
“Sembri Sam quando fai così”
“Già” sospirando butta via scarpe, jeans e calzini e si tuffa sotto le lenzuola. “Vieni, Co?”
Mi spoglio anch’io e vado alla ricerca di quel grosso corpo caldissimo. “Eccomi”
“Bella, micetta” mi si aggrappa: certe volte è davvero troppo appiccicoso, però. “Devo dirti una cosa”
“Dimmi, ti ascolto”
“In primavera ci sono i campionati nazionali di boxe”
“Lo so, amore, hai superato le qualificazioni il mese scorso”
“Esatto, ma quello che volevo dirti è che... probabilmente per il 22 marzo non ci sarò”
Sospiro. Il nostro primo anniversario di matrimonio! “Dove andate stavolta?”
“A Seattle. E... Corey, vorrei che te e Sam veniste con me, se potete”
“Non so. C’è ancora tempo per decidere, siamo a ottobre”
“Come vuoi, però sappi che ci terrei ad avervi con me”
Mi vibra il cellulare, appoggiato al comodino.
“Chi è che ti cerca a quest’ora?”
Guardo lo schermo illuminato del mio Blackberry, su cui appaiono solo tre lettere. Rabbrividisco, non so se rispondere o meno. “P-pronto?”
“Puoi parlare o c’è l’energumeno con te?”
“La seconda”
“Merda. Ok, volevo solo sapere come state te e Sam”
“Bene” parlo pochissimo e a bassa voce, però mi sa che è meglio se mi alzo e vado di sotto. Chris non fiata e non si muove, tutto perso nei suoi pensieri: meglio così, non mi va nemmeno di guardarlo. Ecco, ora che sono sul divano sto più libera. “Sei arrivato a casa?”
“Sì, sto andando a fare un giro con Armstrong”
Billie! Quanto mi manca, lui, quanto? Per anni, l’unica cosa che mi è rimasta di lui è sentire la sua voce, quando sono da sola e inserisco i cd nel lettore. Ma ho bisogno dei suoi sorrisi, dei suoi consigli e, perché no?, anche delle sue prese per il culo. Era una bella amicizia, la nostra, non posso negarlo. “E’ lì con te? Me lo passi?”
“Sì, un secondo solo... Billie! Vuoi parlare con Corinne?”
“Chi cazzo è Corinne?” lo sento in sottofondo.
“Come chi cazzo è Corinne?? Corey!”
“Ah, Corey, cazzo!” gli strappa il telefono dalle mani. “Ciao baguette!”
Mi chiamava così perché sono francese, è perché a suo dire sono “calda, morbida e profumata, da prendere a morsi” proprio come una baguette. “Billie! Quanto tempo! Come stai, vecchio?”
“Non male, tutto sommato. E te?”
“Bene, bene”
“Ho saputo che ti sei sposata”
“Sì, qualche mese fa”
“E ho visto anche che Samuel è un bellissimo bambino. Trè mi ha fatto vedere una foto, quella dove state voi tre davanti a un... una ruota panoramica, credo”
“Sì, l’abbiamo fatta oggi”
“Tu non sei cambiata per niente. Quanti anni hai, adesso?”
“Venticinque”
“Così giovane, e già sei una brava mamma?”
“Ci provo”
“E ci riesci pure, mi dicono dalla regia”
Sorrido. “Spero di rivederti presto. E anche Adie, e i bambini e Mike, e tutti quanti. Dannazione, mi mancate da morire”
“Ci manchi anche tu. Vieni a trovarci ad un concerto, no?”
“Siete a Los Angeles? Quando?”
“A gennaio, il 9 se non ricordo male. Allo Staples Center. Ancora non è ufficiale però sì, ci saremo, a te posso dirlo”
“Verrò di sicuro”
“Porta il bambino, mi raccomando, sono curioso di conoscerlo”
“Certo! I tuoi invece come stanno?”
Continuiamo a parlare per chissà quanto, poi mi ripassa Trè.
“Corey?”
“Hey”
“Ti sei... pentita di quello che è successo prima?”
Sorrido, forse arrossendo anche. “Lo rifarei milioni di volte”
“Dici sul serio?”
“Sì, dico sul serio”
Ride. “Ok, allora... Venerdì vengo a LA e stiamo un po’ insieme, se ti va”
“Certo che mi va”
“Metti qualche scusa col gorillone e ce ne andiamo in giro per la città, noi due. E il bambino, quando esce da scuola”
“Guarda che non te la do”
“Cosa?” fa finta di non capire.
Quella cosa.” Qualche bacio ci può stare, ma non voglio fare una cosa del genere a Chris, non se lo merita. Lo amo troppo.
“E tu pensi che io voglia solo quella cosa?”
“Conoscendoti, direi proprio di sì”
“Mi conosci bene, allora” ridacchia. “Su, non fa niente, c’è tempo, ragazza mia! Ci sentiamo presto, ok?”
“Sì”
“Salutami Sammy e digli che gli voglio davvero tanto bene”
Sicuro di quello che dice? “Ok. A presto”
“Buonanotte, bella bambina” e riattacca. Mi guardo intorno: è tutto buio in casa, c’è solo una debole luce che proviene dalla nostra camera. Salgo le scale camminando in quella direzione.
“Chris...”
La tv è rimasta accesa, sintonizzata come sempre su un canale di sport. Chris sta dormendo: vedere un incontro di boxe in tv non l’ha aiutato a tenersi sveglio mentre mi aspettava. Mi stendo accanto a lui, spegnendo la tv e girandomi su un fianco, ma sento freddo. E’ strano dormire con Chris senza toccarci: abbiamo sempre bisogno di stare abbracciati, o tenerci per mano, e, quando mi gira bene, mi raggomitolo tutta sul suo petto riempiendolo di baci finché non si addormenta. Ma oggi non è così, e sento che mi manca quel contatto che abbiamo sempre avuto.
“Chrissie...” è spalmato a stella al centro del letto, con un piede di fuori. “Mi abbracci, Chrissie?”
Ma non risponde. E certo, russa! “Amore bello...” gioco con la sua pancia. Non ho mai capito perché, nonostante sia un pugile vegetariano (cosa che sembra un po’ contro natura), ha un fisico che non è esageratamente palestrato. E’ massiccio, sì, ma di costituzione: rimarrebbe una montagna anche se smettesse di fare sport. E un pizzico di ciccia ce l’ha, ma non so mica da dove la prende. “Hey, involtino primavera...” gli sussurro nelle orecchie. “Non mi abbracci neanche un po’?”
Silenzio. So cosa gli serve, per svegliarlo. Un morso su una coscia. Ecco fatto!
“Aaaah, cazzo!” urla, saltando.
Rido come una pazza. “Ciao amore! Come va la vita?”
“Tu stai fuori” mi sorride, scuotendo la testa e massaggiandosi la coscia. “Che c’è?”
“Voglio un po’ di coccole”
“E dillo subito, no?” sorride, sommergendomi con le sue braccia e mordicchiandomi una guancia. “Bella micetta”
Gli faccio il solletico e lui mi fa altrettanto, ridendo fino a star male. “Ah, adesso m’è proprio venuta una certa voglia...” sussurra, col naso schiacciato contro il mio collo.
“Io ho sonno, buonanotte!” chiudo gli occhi, per gioco.
“Sveglia, sveglia! Guarda che ti mordo anch’io una coscia, eh!”
Riapro gli occhi, imbattendomi nei suoi. Sono così belli, stasera, color nocciola velato di cioccolato, dalla forma felina e con ciglia lunghissime che qualsiasi donna gli invidierebbe, me compresa. “Mmm, non ricordavo di avere un marito così gnocco”
Ride ad alta voce, con quella risata contagiosa che è stata la mia cura sin dal primo istante. Come farei a fargli del male, a lui che vuole solo il mio bene?
“Ti amo, Chris”
“Anche io, pulce” e, con un abbraccio, torniamo a viaggiare su una nuvoletta di zucchero filato.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Some sweet violent urge ***


Questo è più che un nanocapitolo solito. Femtocapitolo, lo chiamerei, perchè è incredibilmente minuscolo, eppure è il mio preferito. Immaginate perchè... Buona lettura!

 

Grande giorno: oggi è venerdì, rivedo Trè. Sono emozionata oltre i limiti consentiti, anche se cerco di nasconderlo come se fosse una vergogna. Tremo un pochino, mentre tra le mie dita incerte stringo quelle, altrettanto emozionate, del nostro piccolo cucciolo, che mi chiede con impazienza quand’è che arriverà il suo nuovo amico. Dopo l’ennesima discussione con Chris, infatti, sono qui in aeroporto con Sam ad aspettare che ci raggiunga quella persona desiderata anche troppo, in ogni istante di questi anni in cui siamo stati divisi, lontani nel corpo ma mai nell’anima. Ed era proprio perché lo odiavo, che non mi lasciava in pace. Si era appropriato della mia testa, si era fermato lì, dando un volto nuovo ai frammenti di ricordi della nostra storia, mostrandosi in un’ombra dietro ogni mio singolo gesto, ogni mio sorriso, ogni mia lacrima.

Lui c’era.

Anche se solo nella mia mente.

E mi sarebbe bastato un semplice abbraccio, per perdonarlo.

Un abbraccio che da parte sua non c’è mai stato, dopo che mi ha lasciata.

Sostituito dall’abbraccio di un altro che ha riportato la luce nella mia vita.

“Papà, papà!” Sam mi sfugge di mano, correndo tra la gente appena uscita dal terminal. Ma che ci fa qui Chris? E’ in palestra! A parte che nemmeno lo vedo... Corro inseguendo il bambino: quante volte gliel’ho detto? Non voglio che mi scappi, per nessun motivo.

Eccolo, per fortuna. E... non sta con Chris. No, decisamente. Si è tuffato tra le stesse braccia candide che accoglievano me, anni fa.

“Mi sei mancato, papà Trè!” urla, stringendolo forte. E lui fa altrettanto, ridendo come un pazzo, spettinando quella testolina di morbidissimi boccoli biondi.

Ma perché l’ha chiamato papà? Nessuno di noi gliel’ha mai chiesto, e in realtà nemmeno mi piace che lo faccia. Suo padre è Christopher.

“Corey...” Trè riemerge dall’abbraccio, riportando Sammy a terra. “Come stai?”

“Bene, grazie” sorrido, un po’ timida. Non riesco a trattenere l’emozione di vederlo di nuovo: è vero, l’ho odiato a lungo ma... vi assicuro che, a trovarselo davanti, è impossibile non amarlo, a prescindere da tutto quello che ha fatto in passato. “Te, tutto ok?”

“Sempre e comunque” cerca di rubarmi un bacio, ma mi scanso appena in tempo.

“Non davanti al bambino, Trè” gli sussurro, poi gli strizzo l’occhio. Beh, comunque sia... ho una voglia di lui che mi infiamma il cervello.

“Mamma, posso far vedere a papà Trè la mia cameretta? Lui non l’ha mai vista, mamma, dai! E dai!! Tutti i miei dinosauri, mammy, non può non vederli! Per favore, mammy!!”

Ok, destinazione casa, a quanto ho capito. Sorrido, annuendo e cercando uno sguardo di approvazione in quegli stessi occhi blu che continuano a darmi scosse al cuore ogni volta che li incontro, nonostante li conosca alla perfezione. “Per te va bene, Trè?”

“Ma certo!” con un braccio mi cinge i fianchi e entriamo in macchina senza esitare: io mi metto alla guida, e Trè, al mio fianco, mi fissa mettendomi in imbarazzo. “Hai qualcosa di diverso, oggi, Co”

“N-no, non mi sembra, cioè...”

“Sì, invece” mi squadra le cosce, scoperte da sotto la minigonna di jeans. “Oh, Cristo. Mi è uscita la terza gamba, lo sapevo. Sbrigati, sbrigati, portaci a casa prima che faccio danni!”

 

**

Sam, dopo aver giocato un po’ con il suo nuovo amico e avergli presentato i suoi dinosauri di pelouche, era distrutto e voleva fare il riposino pomeridiano... ma voleva anche che fosse Trè a raccontargli una favola, e io sono venuta in salone, sul divano, a vedere la tv. Ah, eccolo che ritorna, il mio pazzoide preferito.“Dorme?”

“Oh yeah” scende le scale che conducono al piano superiore dove sono situate le camere da letto e quindi anche quella di Sam, per venire a sedersi accanto a me, prendendomi il telecomando dalle mani. “Che film c’è, bambolina?”

Film? Io e lui, soli, sul divano, con una voglia di fare l’amore che mezza basterebbe... vediamo un film?

“Ok, diciamo che ad essere sinceri la mia idea era un'altra” spegne la tv, lanciando il telecomando sul divanetto di fronte a quello su cui è seduto. Si gratta la pancia, sospira, poi punta i suoi occhi scintillanti contro i miei. “Scopami”

“Che?”

“Scopami. S-C-O-P-A-M-I” sussurra, quasi assatanato, le pupille dilatate sulle sue iridi azzurrine.

No. No, non posso farlo, io ho Chris. Ok, vorrei tanto e su questo non ci piove, ma.. “No, Trè. Amo Chris”

“Ami Chris?” ripete a denti stretti. “Vuoi farmi credere che tu ami… lui?”

Annuisco.

“Che lui è quello che ti fa battere il cuore, quello che è al centro dei tuoi pensieri, quello a cui regaleresti il mondo?”

Annuisco ancora.

“Non dire cazzate. Non si scherza su queste cose, Corinne!” è incazzato: si capisce dalla vena sulla fronte che si ingrossa e batte sempre più veloce. “Puoi prendere per il culo me, ma non te stessa”

“Io amo Christopher. Lui, nessun altro”

“CAZZATE!” si alza, urlando. Gira freneticamente attorno al tavolo, con la testa fra le mani. “Ascoltami bene. C’è un problema. Un problema grosso perché, vedi, io... beh, sì, io credo di amare te. Intesi?”

Che cosa???? “Cazzo dici?”

Come se fosse offeso da quelle parole, si volta di scatto fissandomi con uno sguardo a metà fra il pazzo e l’omicida. “Sono cinque fottutissimi anni che mi manchi, lo capisci?”

“Sei stato te a tirarti indietro! Prima hai lasciato me, poi ha rifiutato tuo figlio! Nostro figlio! Lo stesso a cui sei stato a raccontare le favole fino a due minuti fa!”

“Ma ti immagini che cazzo sarebbe successo, se Claudia avesse saputo che stavo con un'altra?”

“Eravate già separati e tu ti scopavi mezza America, testa di minchia. E poi Claudia non è stupida, lo sapeva perfettamente”

“Ma non che ti avessi messa incinta!”

“Dovevi prenderti le tue responsabilità, Trè! Non avevi quindici anni!” Beh, io ne avevo venti e mi sono rimboccata le maniche, per cui...

“Ti ho già chiesto scusa per questo”

“Non me ne faccio niente delle scuse!”

“E allora amami” batte una mano sul tavolo. “Amami, Corey. Come io amo te. So che non sono mai stato capace di dimostrarlo, ma...” tira su col naso. Dio, lo sto facendo pure piangere? Riesco a profanare così facilmente la natura di Trè Cool? “E’ tanto tempo che non provo un sentimento così forte”

Povero, mi fa quasi tenerezza: nessuno dovrebbe sentirsi abbandonato, mai. E per quanto lui possa esser contornato da moltissime persone, gliene manca una sola, quella a cui affidare il suo cuore.  Mi alzo, lo raggiungo e lo abbraccio, a limitare i danni che sono io a fare a lui, a sanare quelle ferite. Vittime e carnefici entrambi, noi due. Vittime di noi stessi, delle nostre scelte affrettate e sempre sbagliate, delle nostre parole sature di un rancore puramente immaginario.“Mi dispiace che tu stia così male per me, angioletto”

“Angioletto?” sorride, come un bambino di fronte a un regalo inaspettato. “Mi hai chiamato angioletto, come ai vecchi tempi...”

“E’ quello che sei, in fondo in fondo” gli do un bacino sul naso. Che sensazione strana, che sto provando... mi sembra di galleggiare sul mondo, tenendo lui tra le mie braccia, sapendo che niente può dividerci. Il suo sorriso trema in una scintilla di gioia, poi esplode premendosi contro la mia pelle. Forse... no, Corey, ragiona. Ecco, se devo ragionare, allora dico quello che penso. “Ti amo”

“Eh?” si riscuote, allontanandosi leggermente da me per riuscire a guardarmi meglio. Spalanca gli occhi, sorpreso, poi mi prende il viso tra le mani facendo rinascere quella scheggia di follia nel suo sguardo. “L’hai detto?”

Mi mordo un labbro e guardo a terra, lasciandomi sfuggire una lacrima ricolma di tutto ciò che il mio cuore ha tenuto assopito in sé, come in un lunghissimo letargo. “Sì”

A malapena mi fa finire di parlare, e subito mi bacia. Mi sei mancato, angioletto. Lo sai già. Tutte le notti ti pensavo, ti insultavo, ti maledicevo: eppure non ho mai avuto il coraggio di ammettere che ti desideravo. Ma adesso lo so: cinque anni sono come un secondo, ora che ti ho ritrovato. E niente mi ti ruberà.

Ora che ci sono.

Ora che ci siamo.

Ora che mi percorri con mani incerte, preda di una timidezza che non ti appartiene.

La mia pelle caldissima rabbrividisce a contatto con la fredda parete del salone. E’ qui che hai deciso di prendermi, e non mi oppongo. Scivoli dentro di me, abbandonandoti alla dolcezza che non hai avuto da chissà quanto. E non mi interessa di provare piacere fisico: se te lo dovessi dire, non sento proprio niente.

Sarà perché sono troppo emozionata dal tenerti tra le mie braccia, per distrarmi.

Sarà perché ho avuto di meglio.

Sarà perché aggiungere i miei gemiti ai tuoi sarebbe come sporcare la purezza del riscatto di una storia interrotta per colpa tua.

Devi pagarne il prezzo... ma non ti dispiacerà, non se il pagamento è in natura, come infatti è. Ma è pur vero che, guardandomi con quegli occhi grandi, tu sai già tutto, e non hai bisogno di spiegazioni.

E’ per questo che ti amo, Trè. Le parole tra noi due non servono: sono i cuori a parlarsi d’amore.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Were you ever a traitor? ***


Ennesimo ringraziamento alla fedelissima Lizzie Black e... cosa vedono i miei occhi? OrangeMochaFrappuccino, grazie di cuore anche a te! Sono contentissima che ti piaccia questa mia schifezzuola e che tu l'abbia recensita :)

Non chiedetemi come siamo finiti sul tavolo del salotto. Fatto sta che è qui che siamo, ansimanti e sudati, inevitabilmente appiccicosi dopo un incontro del genere. Trè, sopra di me, osserva compiaciuto la scia luccicante che mi ha lasciato attorno all’ombelico, poi commenta con qualche battutina infelice a cui non presto nemmeno attenzione.

“Signorina, io direi di andarci a fare una doccia prima che arrivi tuo marito”

“Vai prima te, ti raggiungo più tardi”

Mi guarda un po’ interrogativo, arricciando il nasone. “Eh? Da quando in qua ci si fa la doccia da soli?”

“E dai, Trè, fai presto...”

“Facciamo ancora prima insieme, scommetti?” salta giù dal tavolo con un balzo felino, e mi solleva per braccia e gambe. “Dov’è il bagno?”

Mi arrendo ormai. E che devo fare? Urlare: ‘Trè, mettimi giù’? Lo farei, ma Sam si sveglierebbe e allora sì che sarebbe un bel danno. “Dopo le scale sulla destra. No, non devi salire! Vai qua…  Passa le scale, ecco”

“Ah, e scusa” torna sui suoi passi, andando nella giusta direzione. “Però, che acidume! Manco la scopata t’ha fatto bene?”

“Quale scopata? Non era solo solletico?” lo prendo in giro, ma poi mi rendo conto che così facendo non combino nulla. “Scherzavo, angioletto. Sono stata bene”

“Ah, così mi piaci!” e mi mette giù, facendo poggiare i miei piedi contro il freddo pavimento del bagno, poi apre i pannelli del box doccia e incomincia a girare tutti i pomelli. “Come cazzo si apre l’acqua? Eh, Cor-AAAH, cazzo, brucia!” toglie immediatamente il braccio destro dal getto bollente che non ha avuto pietà di lui. “Ma che ci fate, ci ammazzate i polli con quest’acqua?”

“Sì, esattamente com’è appena successo”

“Simpatica, la ragazza” cerca di regolare la temperatura e, una volta soddisfatto, mi prende di nuovo in braccio ed entriamo. “Eccoci” sorride compiaciuto, stringendomi tra la parete e il suo corpo. Bene, ora non so dove scappare. Un attimo. Ma chi ha detto che devo scappare? Mi abbandono alla presa di quelle braccia forti e pallide che mi sommergono, e in mezzo secondo mi ritrovo il naso schiacciato contro un suo bicipite. Proprio come... sì, come accade con Chris. “Sei sveglia?”

“Più o meno” mi riscuoto da quel dolce letargo, lasciando un ultimo bacio sul suo petto. “Dici che dobbiamo darci una mossa, vero?”

“Credo di sì, altrimenti arriva il tuo scimmione e son danni” si mordicchia un labbro, forse temendo il peggio. “Ok, bambola, diamoci da fare” e, su queste parole, iniziamo una lotta di spugne, bagnoschiuma, risate e baci rubati.

**

“Bene, allora… io vado” indossa i suoi occhiali da sole, attraversando la soglia di casa. “Dai un altro bacione a Sammy da parte mia, quando si sveglia”

Gli sorrido, appoggiandomi delicatamente con le spalle allo stipite della porta. “Certo”

“E ti chiamo appena sono a casa” allunga una mano verso di me, sfiorandomi una guancia. “Ci vediamo il prossimo fine settimana”

“Sì, tanto poi ci sentiamo per telefono” schiudo le labbra schioccandole contro le sue. “Grazie di tutto, Trè”

“Ma figurati, grazie a te” e mi bacia lui stavolta, avvolgendomi entrambe le braccia attorno alla vita. Dio, quanto sa farmi stare bene con un gesto così semplice… “Ciao, piccolina”

“Ciao, amore”

E, istantaneamente, su quelle parole apre ancor meglio il sorriso, lasciando un risolino stretto tra i denti e facendo cadere un velo di commozione che lucida i suoi grandi occhi blu.

**

Il tepore dei pomeriggi dell’autunno californiano non riesce del tutto a mascherare la mia malinconia, mentre ripenso agli attimi appena passati, al calore ricevuto da quelle braccia, ai sorrisi che si trasformavano in baci. Proprio come cinque anni fa. E’ solo che il tempo scorre, inesorabile, e niente va come vorremmo. A dire la verità, io e Trè avevamo sempre saputo che la nostra non era una relazione seria, ma finché ci divertivamo, problemi non ce n’erano. Niente progetti per il futuro, niente di niente. Ecco perché quando lui mi ha lasciata io non ci sono stata poi così tanto male. Beh, ovvio, non sapevo ancora di essere incinta. Vivevamo troppo lontani e non ci vedevamo molto spesso, quindi sarebbe stato facile dimenticare, tra il lavoro, il minuscolo monolocale preso in affitto e le amicizie che andavo intessendo soprattutto in palestra, dove passavo intere giornate seduta dietro una scrivania, esattamente come ora. Rinnovare gli abbonamenti, gestire l’attrezzatura, rispondere al telefono, fare la contabilità, cose così. Ma mi piace, sapete? Ah, Dio, ricordo ancora il mio primo giorno lì.

Ero tutta impegnata a sistemare l’archivio e a familiarizzare con la mia nuova postazione quando qualcuno entrò dalla porta, di fronte alla mia scrivania. Non erano nemmeno le otto del mattino ed ero convinta di poter essere sola in palestra per far mente locale prima dell’arrivo degli istruttori, e invece qualcuno era giunto a farmi compagnia. Evidentemente, non ero l’unica mattiniera a cui piaceva iniziare le giornate da sola.

“Buongiorno” salutai, con una sorta di timore reverenziale.

“Ciao” mi sorrise il ragazzo, accomodandosi meglio l’enorme sacca sulle spalle. Si tolse i Ray Ban, infilandoli per una stecca all’interno dello scollo della sua larga canottiera grigia e svelandomi così, per la prima volta, tutto l’incanto dei suoi occhioni sempre cangianti. Quella volta erano di un verde scuro, quasi come il muschio, e gli davano un’aria talmente dolce che strideva quasi contro la massiccia portata del suo fisico imponente. “Sei la nuova segretaria, vero?”

“Sì” risposi, timida, tendendogli la mano oltre la scrivania. “Mi chiamo Corinne”

“Piacere di conoscerti” me la strinse con una presa salda ma gentile. “Io sono Christopher, insegno boxe”

Rimanemmo in silenzio per due secondi, non sapendo che altro dire. Ma fu lui a prendere iniziativa, rompendo quella bolla di imbarazzo reciproco.

“Ascolta, io… vengo sempre qui la mattina presto, per allenarmi un po’ nella mia sala mentre non c’è nessuno” gesticolava, con quel pizzico di timidezza che non fa male, quasi si sentisse un estraneo in casa sua. “Ti dispiace?”

“Assolutamente no, nessun problema” sorrisi. “A che ora hai le lezioni?”

“In realtà…” si grattò la testa, “dalle dieci a mezzogiorno e dalle due alle sette, ma passo qui tutta la giornata. A proposito, tu sai come sono distribuite le sale, no? Nel senso… com’è fatta la palestra”

“Più o meno”

“Mmm, ho capito. Lascia stare quei fogli, ti accompagno a fare un giro” mi strizzò l’occhio, facendomi un cenno con la testa. Senza esitare lo seguii.

“Allora, Corinne, questa a destra è la mia sala” aprì una porta che nascondeva un’immensa foresta di ring, sacchi, corde, pere veloci, guanti e asciugamani ripiegati sulle panchine. Il pavimento era morbido, rosso e blu come ora, e le pareti coperte lungo l’intera lunghezza da specchi.

“Bellissima”

“Già, lo penso anch’io” sorrise, guidandomi all’interno del suo regno. “E questo è quanto. Poi…” uscimmo. “Qui c’è la sala fitness, e quella dopo è la sala pesi” mi indicò delle stanze da cui si poteva tranquillamente sbirciare da fuori, senza entrare. “E lì si fa yoga. Tutta l’ala sinistra della palestra invece è dedicata alla scherma” mi fece vedere la sala d’armi, quella di allenamento e le dodici pedane nell’enorme salone dalle pareti bianche. “Qui ci sono gli spogliatoi per la scherma” tornammo indietro. “Spogliatoi per gli istruttori di ogni disciplina…” mi indico un’altra porta. “Spogliatoi per tutti gli altri, tranne per i pugili che ce l’hanno a fianco alla mia sala” mosse pochi passi avanti a me. “Qui. Poi c’è il bar qui di fronte, e questo è tutto. Ovviamente il tuo bagno sai dov’è” mi sorrise. “C’è qualcosa che vuoi chiedermi?”

“No, ti ringrazio, sei stato gentilissimo. Ora vai, non voglio trattenerti troppo” mossi la mano in cenno di saluto.

“Se hai bisogno di me, chiedi pure: sarò contento di aiutarti” e si allontanò, camminando a passi pesanti verso il suo spogliatoio, lasciando sulle mie labbra il sorriso di chi sa di aver trovato un amico.

**

Squilla il telefono, ridestandomi da quella piacevolissima valanga di ricordi. “Chi è?”

“Corey, sono Jimmy”

Jimmy si occupa delle armi degli schermidori, in palestra da me, e mi sostituisce quando io non ci sono. “Ciao Jim, tutto ok?”

“Insomma. Ho chiamato per dirti che Chris ha avuto un problema”

Rumore di vetri infranti nel mio petto. Mi alzo di scatto dal divano, immaginando tutto e niente. Conosco bene i rischi a cui un pugile è esposto, soprattutto se pratica quello sport da moltissimi anni. “Cosa è successo?”

“Ha… perso conoscenza. Sta arrivando l’ambulanza, non preoccuparti, vedrai che è una sciocchezza”

Sciocchezza? Ho il terrore che si tratti di un’emorragia cerebrale, e so che è facilissimo che possa succedere, in seguito ad un colpo ben assestato. “Jim, dimmi per filo e per segno com’è successo” corro verso la cameretta, prendendo in braccio Sam e correndo sul vialetto di casa, entrando nella mia Smart rossa, accomodando il bambino, ancora addormentato, sul sedile accanto al mio.

“Non lo so, Corey, non ero lì in quel momento”

“Respira?”

“Sì”

“Ha avuto difficoltà a parlare, si assentava mentalmente, o…?”

“Senti, Corinne, io so solo che tuo marito è bianco come un cencio, è a terra senza sensi da trenta secondi prima che io ti chiamassi ed è ancora lì. Non farmi domande: non sono un medico, e nemmeno tu. Lasciamo fare il proprio lavoro a chi ne ha competenza, per piacere. Sbrigati ad arrivare, o l’ambulanza lo porterà via prima che tu possa vederlo”

Una delle poche cose che apprezzo di me stessa è la lucidità nei momenti di emergenza. E anche oggi, succede così. Mio marito sta male e io lo sto raggiungendo, senza entrare nel panico. Premo l’acceleratore, scagliandomi come una freccia tra le strade di Los Angeles, con una pessima sensazione di schifo per me stessa: mentre io giacevo tra le braccia di un altro, Chris consumava i suoi ultimi respiri tra quelle quattro mura della sala boxe che, forse, sapeva accoglierlo meglio di me.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Do you want to surrender? Or fight for victory? ***


Nel parcheggio della palestra,  lascio la mia macchina con Sam che dorme dentro: non voglio che veda cosa sta succedendo, qualsiasi cosa sia. Corro verso la porta, già spalancata, illudendomi che il mio arrivo possa cambiare le cose.

“DOV’E? DOV’E’ CHRISTOPHER?” urlo, sapendo che è per forza in sala boxe, alla cui entrata si sono radunate alcune persone. “Chrissie…” mi faccio spazio, addentrandomi come una furia tra di loro. “Chris… Oddio” e lo vedo.

Il suo corpo è steso a terra, senza cura, come se fosse stato abbandonato. Perché in fondo è così, io l’ho abbandonato. Nessuno lo accarezza, nessuno gli tiene la mano, nessuno lo chiama per farlo svegliare. Come se… se non ci fosse più nulla da fare.

“Amore…” mi accuccio al suo fianco, sfiorandogli il viso con entrambe le mani. “Eccomi, sono qui con te. Mi senti? Chris…” gli afferro i polsi, per controllare il battito cardiaco. C’è. Grazie a quel Dio in cui non credo. “L’ambulanza è a momenti, piccolo, resisti. Andrà tutto bene, te lo prometto”

E intorno a me, il silenzio. Non percepisco la presenza di nessuno, sono solo concentrata su questo pallido e gelido volto stretto tra le mie mani. Mio marito… Quello a cui ho fatto il torto più grande che potessi, mentre si trovava in difficoltà. “Riesci a sentirmi, Chris? Sono Corey, sto qui a fianco a te” gli tolgo la canottiera bianca, zuppa di sudore, perché respiri meglio; poi gli rassetto i pantaloncini rossi sopra le cosce marmoree. E’ bello, il mio amore. Ed infinitamente dolce, ora che sembra addormentato, in pace col mondo, circondato dalle mie braccia. Come ho potuto farti una cosa del genere, Chris? Che diritto avevo di lasciarmi andare a Trè, quando tu, solo tu, mio piccolo sole, sei la mia unica fonte di calore?

“Non volevo, Chris, non volevo davvero. Perdonami, ti prego” continuo a ripetere, più che altro per convincere me stessa. “Io… io ti amo. E ti amerò sempre, lo sai, vero?” la mia vista si annebbia, offuscata dalle lacrime che non esitano ad accumularsi sull’orlo dei miei occhi. “Non dimenticarlo mai e poi mai, piccolo, io non ti lascio, sei solo mio” prendo un respiro profondo, pur sapendo perfettamente di non essere pronta ad una rinuncia così importante, ora che ho ritrovato Trè e hanno ripreso vita i miei vecchi sentimenti per lui. Il senso di colpa per il tradimento è forte, però, e vedere Chris in queste condizioni mi fa sentire la donna peggiore di questo pianeta. “Ti amo, Chris, tu sei la mia vita. Ti amo, ti amo, ti amo” continuo a ripetere, riscattandomi ma al tempo stesso dando voce alla parte del mio cuore per cui esiste solo lui.

E quelle labbra violacee sembrano spezzare la propria immobilità, schiudendosi leggermente. Ah, la mente fa brutti scherzi. Il mio desiderio di vederlo riprendersi mi distorce la realtà, e mi fa solo stare peggio.

“T-ti… amo… anche io, micetta”

Cosa? Mi blocco. Oh, sì, anche le allucinazioni, ora? E dire che non ho mai preso psicofarmaci…

“Perché… piangi, Corinne?”una mano si solleva verso il mio viso, sfiorandolo piano, con fatica, e i suoi occhioni di un vago color bronzo iniziano a muoversi e infondersi di quella vita che li aveva abbandonati per qualche minuto. Via la tristezza, ormai: non ho più bisogno di lacrime, se non di commozione.

Vorrei abbracciarlo, ma non posso, per paura di fargli male. “Chris! Oh, grazie al Cielo, Chris, ci sei!”

“Certo che ci sono, ma…” si rende conto di essere a terra, circondato da decine di altri visi spaventati. Torna a guardare me, impaurito, a cercare spiegazioni. “Cos’ho… combinato?”

“Non ne ho idea” sorrido, rassicurandolo di qualcosa di cui io stessa non ho certezza. Non era sul ring, visto che ora è sul pavimento e non è stato mosso, tanto per cominciare perché non poteva essere spostato, ma si doveva prestare soccorso direttamente sul luogo in cui giaceva, e in secondo luogo perché… chi ce l’avrebbe fatta a spostare una montagna come lui, a peso morto? “Sei svenuto mentre… non so cosa stessi facendo, ma non durante un incontro”

“Questo mi… mi rassicura moltissimo”

“Hey, egoman, non sia mai che venga ferito il tuo orgoglio di pugile!” gli sistemo i capelli, più corti sui lati, e la sottilissima frangettina che gli ricade sulla fronte. “Non porti nemmeno i guantoni, quindi probabilmente stavi, non so, prendendoti una pausa? Anzi no!” mi accorgo della corda, lasciata poco distante dal suo corpo. “Stavi saltando la corda, o forse avevi appena finito”

“Ah, sì, credo di ricordare qualcosa ora che me l’hai detto” e questo mi fa molto piacere, vedendo che il suo cervello sembra non aver subito danni e che ricomincia a parlare senza interrompersi. “Ottima ricostruzione, detective Bédier”

Gli occhi mi si lucidano: Chris è quello di sempre, non è cambiato, come se non fosse successo nulla. Perché probabilmente era solo una sciocchezza, un calo di zuccheri o roba simile. Certo che però mi sono messa una fifa matta. “Sono felicissima che tu stia bene, cucciolo”

Sorride con la faccia da matto, gongolante nel vedermi accanto a lui, e si lascia coccolare, senza timore degli altri che ci stanno intorno. Oh, quanto sei dolce. Ho avuto una paura tremenda, ma il mio dispiacere è doppio. Ho fatto l’amore con Trè, Chris. E mi dispiace, mi dispiace profondamente: voglio bene a entrambi, ma non so e non posso scegliere uno solo di voi, così diversi eppure così ugualmente pieni di voglia d’amarmi. Scegliere significa anche rinunciare, e io non sono pronta a privarmi di nessuno. Risolveremo tutto, non preoccuparti, ci vorrà del tempo. Ma l’ho fatto non perché non ti amo, Chris, ma perché amo anche lui e, lo sai, io sono fragile. Non credo te lo confesserò mai, come ho detto sarà il tempo a sistemare tutto e, se esiste un destino, farà il suo corso. Io però ho bisogno di te per affrontare tutto questo, Chris. Promettimi che ci sarai. Che ci sarai sempre, come ci siamo promessi, e come continuerò a credere.

“Fate largo, fate largo”

Cos’è? Sollevo il viso dal petto di Chris, dove l’avevo tenuto finora, ruotandolo verso quelle voci sconosciute: sono degli infermieri. Alla buonora! Ho fatto prima io ad arrivare e Chris a riprendersi, figuriamoci! Ottima tempistica, davvero. “Sta bene, ormai” spiego ad uno di loro, indicando con la testa Chris che mi stringe dolcemente due dita tra la sua mano, con un sorriso radioso, pacifico, come se non avesse necessità di nulla se non di affetto. “Giusto, Chris? Di’ come ti senti, se hai qualche problema, eventualmente…”

“Sto da favola, grazie”

“Lei forse non se ne rende conto, signore, ma potrebbero esserci dei danni e dobbiamo capire la causa del suo malore. Lasci che la portiamo in osp…”

“HO DETTO DI NO”

“Con la dovuta calma, eh, Chris.” Ok, posso appurare anch’io che sta benissimo: ha l’incazzatura facile e l’odio inspiegabile per medici e affini, come sempre. “Però, amore, vacci. Ti fanno dei controlli e stiamo tutti più tranquilli”

“Dio, Corinne, lo sai che odio gli ospedali! Sono il luogo perfetto per crepare, non per guarire!”

Scrollo le spalle: è irremovibile nelle sue decisioni, perciò è inutile stare a combattere. Torno a guardare gli infermieri, congedandoli con un sorriso. “Vi ringrazio, ma dice di non averne bisogno”

“Ad  ogni modo, prima di andarcene siamo obbligati a controllare che stia davvero bene” si avvicina. “Signore, se non le dispiace devo misurarle la pressione”

Sbuffa, e fa leva sui gomiti per mettersi seduto sul pavimento, poi gli tende il braccio sinistro, che l’infermiere va a stringere in una fascia blu scura, coprendo parte del coloratissimo tatuaggio astratto che Chris si è fatto fare a vent’anni, cioè secoli fa.

“Un po’ bassa, ma nulla di preoccupante. Faccia attenzione a non sforzarsi troppo e magari mangi qualcosa”

Grugnisce, blaterando parole che non riesco a comprendere. Si lascia fare tutto: gli controllano le pupille con una luce, si mette in piedi e fa il test dell’equilibrio, deciso a far vedere che sta bene.

“A posto, fatto, potete andare”

“No, signore, deve fare l’elettrocardiogramma”

Bestemmiando tra sé in turco, si stende su una panchina, impaziente che quella tortura finisca.

“Tutto bene anche qui. Però le consigliamo di fare una Tac in testa per controllare le piccole emorragie cerebrali che potrebbe avere accumulato in questi anni di boxe. Sa meglio di me che è facilissimo che succeda”

“Sì, ma non ho beccato nessun pugno in faccia, oggi, per cui…”

“Signore, potrebbe essere qualcosa di pregresso. So che, essendo un atleta, è molto controllato sotto questo punto di vista, ma… non lo sottovaluti”

“Sì, sì, ok, mi faccio scannerizzare il cervello al più presto. Adesso vi ringrazio, è stato un piacere immenso, ma scusatemi: ho gli allievi che mi stanno aspettando, devo fare lezione e ho già perso troppo tempo”

“Lezione?? Tu adesso te ne vieni a casa, Christopher, mica puoi…” mi intrometto. Ma che gli salta in testa?

“Va bene, va bene, niente lezione, Cocò, ma fammi stare qui, devo allenare Josh che settimana prossima ha un incontro importante” alza le mani in segno di difesa, mentre infermieri e medici se ne vanno.

“A patto che tu ti sieda su una panchina e ti limiti a dirgli quello che deve fare, ma senza urlare come al tuo solito”

“Ok, ci posso stare”

“E rimettiti la maglia, sennò sarà qualcun altro a sentirsi male”

“Non ho capito in che senso”

“Nel senso che ci sono le sciabolatrici che ti si stanno mangiando con gli occhi” gli indico con la testa il gruppetto di mie coetanee che, maschera in una mano e arma nell’altra, continuano a fissare sbalordite il mio uomo lasciandosi sfuggire ogni tanto qualche commento indecente. Ma so che lui ha occhi solo per me, quindi non mi preoccupo affatto.

Chris le guarda, sorride, agita le dita in cenno di saluto, come una rockstar che incontra i fan, sempre con quell’aria da playboy che gli è connaturata. “Wow, continuo a far colpo sulle donne anche da sposato”

“Gli uomini sposati hanno un certo fascino, fattelo dire da me che ne so qualcosa”

Ops. Allusione non voluta. Forse. Ma mi è sfuggita!

Mi guarda capendo esattamente a cosa, o meglio, a chi mi stessi riferendo, e con una mano mi sfiora il viso, stringendomi il mento nello spazio tra il pollice e l’indice, affossandomi le dita nelle guance. Pianta le sue iridi dorate, contornate di verde verso l’esterno, nelle mie, di un piatto marrone cioccolato tutto uniforme che è noioso, non cambia mai, è lo stesso tutti i giorni.

“Potrei incazzarmi come un picchio, Corinne, ma non lo faccio perché sono troppo impegnato a vedere quanto cazzo sei bella” mi stringe a sé con l’altra mano. “La rossa più sexy di Los Angeles è mia moglie, e io ancora stento a crederci”

“Non esagerare con i complimenti o finirò per arrossire”

“Mica è colpa mia se sei così fantastica” e mi solleva senza fatica con le sue braccia granitiche, stringendomi e baciandomi, bisognoso di coccole come al suo solito.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Nothing seemed to change ***


Sono passati più di due mesi, e vi chiedo scusa per questo super ritardo. Purtroppo o per fortuna la mia ispirazione sembra essersi rivolta altrove, anche se non ha ancora abbandonato del tutto questa FF (che è già abbastanza vecchietta, ha un anno e due mesi *-*). Questo è ciò che ne risulta. Non sarà perfetto e lo riconosco ma... voglio postarlo oggi per fare a modo mio un regalo a quell'adorabile pazzoide.
Tanti auguri Trè :D



Sam ancora dorme, tutto accucciato contro il finestrino della macchina: mi sa che è il caso di svegliarlo, sta dormendo troppo! Un altro dettaglio che ha preso dal papà...

“Piccolo… sveglia” gli accarezzo i boccoli dorati. “Dai, Sammy, sennò stanotte stai in piedi.”
Eccolo che si stropiccia gli occhi. Mi guarda, poi, spaesato, dà un’occhiata attorno a sé per sapere dove siamo finiti. “Dov’è papà Trè?”
“Trè? Trè è andato via già da un po’, doveva riprendere l’aereo” spiego, calcando bene la parola ‘Trè’, senza metterci ‘papà’ davanti come fa lui da oggi. Questo particolare è da chiarire perché non so cosa accadrebbe se Chris ne venisse a conoscenza. E onestamente anche a me quell’appellativo sembra poco adatto a chi si è fatto vivo da qualche giorno, a discapito di chi c’è sempre stato.
“Quando ci rivediamo?”
“Non abbiamo ancora deciso. E’ molto impegnato, tesoro, e non è facile che abbia giorni liberi da passare con noi. Lui ha anche altri due bambini con cui stare, lo sai.”
“Ma io mi diverto tanto con papà Trè!”

Concordo in pieno. Anch’io mi diverto tantissimo con papà Trè, cucciolo di mamma, non sai quanto!!! “Certo, tornerà presto. Adesso però vieni con me, andiamo da papà Chris, ché ci sta aspettando” e lo sollevo, stringendolo tra le mie braccia, mentre lui mi si aggrappa al collo come una scimmietta.
Ah, come pesa! Sta diventando grande, ormai, il mio ometto! Bene, eccoci qui in palestra. Metto giù il bambino e lo faccio sedere alla mia scrivania, come sempre. Il posto per lui non manca mai, tantomeno qui. “Cucciolo, vado un secondo da papà. Vuoi venire anche tu, o rimani qui?”
“No, io sto qui. Mi dai un foglio, mamma? Voglio disegnare.”
Accontento Sam: fogli, pennarelli, matite e tutto ciò che gli occorre. Ovviamente tolgo di mezzo i documenti, sennò chissà come li concerebbe. Una volta mi ha disegnato un t-rex sulla ricevuta di pagamento del parquet nuovo. Ovviamente la colpa era mia, dato che non ero stata abbastanza prudente da metter tutto da parte. “Tesoro, fa’ il bravo. Torno tra due secondi.”
“Va bene!” e mi saluta muovendo la manina, dando quel tocco in più al sorriso che mai si sbiadisce dal suo volto. Ho dato anima e corpo perché potesse essere un bambino felice, e vedere il mio sogno realizzato mi riempie di gioia e soddisfazione; mi spinge a fare di più; mi convince del fatto che, nonostante tutto, io sia una buona mamma che sta crescendo suo figlio come meglio può.


I miei passi, calcati ritmicamente uno dopo l’altro, mi portano in poco tempo in sala boxe. Ma cosa..?
“Christopher” lo rimprovero come faccio con Sam, mettendomi le mani sui fianchi e battendo i piedi a terra, in segno di impazienza. “Chris, cosa mi avevi promesso?”
“Tranquilla, bambola, è tutto sotto controllo” e continua a star fermo, le mani aperte davanti al viso, a parare i colpi di un suo allievo. Sì, fare il punching-ball umano per lui è una cosa ordinaria.
Mi va il sangue al cervello, cavolo. Gli avevo detto di non fare sforzi! Possibile che a trentadue anni suonati non sappia ancora gestirsi da solo? Cosa devo fare, legarlo ad una sedia e controllarlo a vista? “Chris, siediti. Ti sei appena sentito male, non facciamo scherzi!”
“Va beh, ho capito” e stringe le dita attorno ai guantoni del ragazzo, bloccandogli i pugni. “Per stasera abbiamo finito, Josh. Ottimo lavoro. Vai a cambiarti” e mentre il biondino se ne va, lui afferra un asciugamano e se lo piazza attorno al collo.

“Quanto sei sudato da 10 a 10?”
“Lo sai che sudo anche se sto fermo.”
“E vedi di beccarti pure un raffreddore, mi raccomando!”
“Ah, come sei apocalittica! Sembra sia successo chissà cosa” beve un po’ d’acqua dalla sua bottiglietta, lasciata sulla panchina. “Non devi spaventarti per ogni sciocchezza, Corinne, rilassati!”
“No, non… non è quello il problema. E’ che se c’è qualcosa che non va…”
“COSA? COSA C’E’ CHE NON VA, CORINNE? STO BENE, NON LO VEDI?”
“Ma io mi preoccupo a prescindere, Chris, quindi… dai ascolto a quello che ti dico, fammi questo favore. E smettila di urlare.”
“Scusa” si asciuga il viso, sudatissimo, ma la fronte è ancora imperlata di sudore. E’ il caso che io lo aiuti, come sempre.
“Adesso ce ne andiamo a casa, ti preparo la cena e ti metti subito a letto.”
“Altrimenti mamma Corinne si angoscia, non è vero?”
“Esattamente. Fatti la doccia, ché andiamo” vado a portare l’asciugamano nella piccola lavanderia della palestra, e mentre mi allontano mi rendo conto che il telefono sta vibrando nella mia tasca. “Pronto?”
“Ciao, bellissima.”
“Hey!” chiudo la porta della lavanderia alle mie spalle, mentre il petto mi si gonfia di gioia.

E’ Tré.

No, non l’avevo dimenticato, per quanto possa esser stata sconvolta da ciò che è successo a Chris. “Tutto bene?”
“Io sì, sono a casa già da un po’. Voi? E’ da una mezz’ora che provo a chiamare, ma non rispondi.”
“Davvero? Scusami, non ho proprio sentito, c’è stata confusione in palestra e...”
“Fa nulla. L’importante è che sia tutto ok. Come ti senti?”
“Io? Io benissimo! Cioè, in alcuni momenti mi sento un po’ in colpa, ma mi rendo conto che... che in realtà non aspettavo altro da anni” stringo forte le dita attorno al telefono, stritolandolo per lasciar defluire la tensione. “Trè, quello che è successo per me significa molto, e non posso... non posso sopportare di nuovo che tu scompaia dalla nostra vita. Quindi, ti prego, ora che ci sei, non mi abbandonare più” accosto il dorso di una mano al bordo dei miei occhi, appena in tempo per frenare un paio di lacrime. “Né me, né Sam. Abbiamo bisogno di te, specialmente ora che lui sta crescendo e sta iniziando a capire che gli manchi anche se non ci sei mai stato, perché io non gli basto, e Chris sotto molti punti di vista è troppo fragile per sostenerlo, e...”
“Respira, tesoro. Con calma. Lo sento che soffri: non sforzarti a parlare, è solo peggio. So già tutto quello che vuoi dirmi.”
“Anche che ti amo?”
“Sì, anche che mi ami.”
Mi mordicchio le unghie, imbarazzata, rintanandomi in un angolino di questa minuscola stanza.
“Tré...”
“Dimmi”
“Torna presto. Mi manchi già.”
“Certo che lo farò. Mi manchi anche tu, piccola.”

E piombiamo nel silenzio, quello denso d’imbarazzo, di timore di parlare per non dissacrare la magia del momento. Finché non sento una lacrima rigarmi il volto e rinfrescarmi le labbra.

“Stai piangendo, lo sento dal respiro.” Mi ha scoperta. Non che ci volesse molto, dopotutto. “Come faccio a farti felice ancora, senza fare l’idiota come al solito? Non so se l’hai notato ma stavo quasi provando a fare la persona seria! Non ho detto nemmeno una cosa stupida, da quando siamo al telefono! E se l’ho detta, non volevo! Mi sto facendo un mazzo quadrato per evitarlo!”
Sorrido amorevolmente, come faccio con Sam quando mi fa notare che si impegna a non far finire i Lego sotto al letto. “Non c’è bisogno, Trè, di’ quello che vuoi.”
“Tanto sei abituata a sentirmi delirare, giusto?”
“Giustissimo.”

Nuovo silenzio. Non è da noi, e soprattutto da lui, che non smette di parlare nemmeno se sedato!

“Che avete da fare te e Sammy, settimana prossima?” domanda poi senza paura, come se nulla fosse.
“In teoria niente.”
“E in pratica?”
“Nemmeno, credo.”
“Ti do un compito, allora. Prepara le valigie per te e per il nanetto, ce ne andiamo a sciare in Colorado.”

CHE COOOOOOOSA??? Mi vuole morta?

“Sammy c’è mai stato? Tu, ci sei mai stata? Vi porto ad Aspen! Ci divertiremo come pazzi!”
Oh, cavolo. Sarebbe bellissimo, il tipico quadretto da famigliola felice che passa l’inverno tra guerre a palle di neve e ettolitri di cioccolata calda. Peccato solo che... “Houston, abbiamo un problema.”
“Sì, sì, lo so, c’è Karate kid.  Ma chi se ne fotte! Vi lascerà partire, no?”
“Dubito fortemente, Trè, credimi.”
“Tu prova a chiederglielo, tanto per cominciare. E se ti dice di no, sfodera il tuo asso nella manica, il tuo  fidato amico Pokemon: Zia Franka, scelgo teeeee!”
Rido,e lui con me, e mi fa strano sentire le nostre voci unirsi anche se a distanza. “Ci lavorerò su, te lo prometto.”
“Brava, amore. E ricordati che Zietta è sempre a tua disposizione!”
“Va bene, Zia, ora ti lascio. Un bacione grande e grazie della chiamata!”
“Grazie a te, e salutami la piccola peste.”
“Lo farò. A presto.”
“Ciao, bellissima!”


Allontano il telefono dal mio orecchio, premo il tasto rosso e contemporaneamente lancio un sospiro. Sarebbe stupido e inutile negare quanto mi faccia star bene anche solo con una telefonata di poco conto. L’invito ad Aspen? Oh, beh, quello rimarrà praticamente inascoltato, io lo so, ma in fondo cosa mi vieta di provarci? A parte un marito geloso tanto da essere ossessivo, si intende. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=550529