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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Una nuova vita *** Capitolo 2: *** Si comincia! *** Capitolo 3: *** La prima svolta: nuove conoscenze *** Capitolo 4: *** Incontro o scontro? *** Capitolo 5: *** La seconda svolta: nuove amicizie ad Avonlea *** Capitolo 6: *** Una bella amicizia *** Capitolo 7: *** Sentimenti *** Capitolo 8: *** La terza svolta: amicizie, amori, gelosie. - Parte 1^ *** Capitolo 9: *** La terza svolta: amicizie, amori, gelosie. - Parte 2^ *** Capitolo 10: *** Incontri... *** Capitolo 11: *** In attesa di... *** Capitolo 12: *** Quando sboccia un'amore... *** Capitolo 13: *** Un matrimonio, un fidanzamento e... *** Capitolo 14: *** Rivelazioni, ricordi e... *** Capitolo 15: *** Il giusto epilogo... ***
Questo pensava Diana Barry ora che Anna Shirley, la sua
amica del cuore dall’età di undici anni, era partita alla volta dell’accademia
di Queen’s.
Perché non sono andata anch’io con lei! Continuava a ripetersi
una sempre e più triste Diana continuando il suo triste cammino verso casa.
Una settimana prima, i ragazzi con la signora Stacy erano
partiti per l’accademia e non sarebbero tornati che per le festività natalizie,
cioè tra quasi quattro mesi.
Anna non era stata l’unica a lasciare Avonlea, anche Ruby,
Jane e Josy, Gilbert, Moody e Charlie erano andati all’accademia. Già, tutti
avevano deciso di continuare a studiare, tranne lei.
E pensare che Anna aveva faticato le proverbiali sette
camice per far si che lei ci ripensasse, poi si era dovuta arrendere
all’evidenza: Diana era stanca di studiare e non ci sarebbe stato verso di
farla desistere dal suo proposito.
Anche i suoi genitori avevano provato a convincerla, ma
senza risultato. Ed adesso era sola…
“Devo reagire!” disse Diana emergendo dal torpore che
l’aveva colta da quando Anna e gli altri erano partiti “Devo trovare qualcosa
da fare, che mi faccia passare il tempo e… sì, perché no… guadagnare qualcosa.
Potrei chiedere alla signora Allan… Farò così” finalmente un bel sorriso
comparve sul viso di Diana: non c’era più traccia della tristezza che l’aveva
accompagnata da quando aveva salutato i suoi amici.
Nel pomeriggio si recò a casa del reverendo Allan, dove
fortunatamente c’era anche la moglie.
I tre parlarono del più e del meno per quasi un’ora, poi il
reverendo fu costretto, da impegni, a lasciar sole le due donne.
“Cosa c’è Diana?” disse, appena rimasero sole, la signora
Allan dolcemente. Aveva intuito che, dietro quella visita c’era dell’altro.
“Mi dispiace, non pensi male, mi fa piacere parlare con
lei, ma…” disse timidamente Diana. Qualche ora prima l’idea di parlare con la
signora Allan le sembrava tanto bella e facile da mettere in pratica, mentre
ora... non sapeva da che parte cominciare.
“Vediamo se indovino…” disse la signora Allan con un dolce
sorriso “ti senti sola. Non sai cosa fare e vorresti impiegare il tuo tempo in
modo… costruttivo… Giusto? ” terminò la frase con l’aria di chi la sa lunga…
Diana era sbalordita ed impiegò qualche secondo a
riprendersi “Come l’avete capito…” disse arrossendo: non pensava che il suo
disagio fosse così evidente!
La signora Allan osservò Diana “Mia cara Diana, non devi
vergognarti di questo. E’ normale… Adesso ti senti diversa. Stare a casa ti
farebbe rimpiangere di non essere andata all’accademia.” continuò la donna
dolcemente “Forse ho quello che fa per te!” concluse allegramente.
Diana era incredula ma felice mentre sorseggiava il suo
the, in neppure dieci minuti la signora Allan aveva capito il suo “problema” ed
aveva addirittura la soluzione. Non sapeva ancora cos’avesse in mente, ma
avrebbe accettato.
“Mi sono accorta” riprese a parlare la signora dopo aver
posato la tazzina sul piattino “che ad Avonlea manca un asilo. Mi spiego
meglio. I padri sono giustamente impegnati a lavorare e le madri tra tenere in ordine la casa, cucinare e badare ai neonati... Bhe, meritano un pò di riposo. I bambini rischiano di rimanere senza controllo. Io pensava che potremmo adibire la scuola domenicale ad
asilo per bambini. Ovviamente l’asilo sarebbe tale solo nei giorni lavorativi,
mentre la domenica ci sarebbe la scuola domenicale. Cosa ne pensi della mia
idea?” Diana era a dir poco entusiasta “Sarebbe meraviglioso!” disse con
trasporto.
“Anche il reverendo la pensa come te. E poi i bambini
saranno tenuti sott’occhio da una persona adulta” disse la signora Allan.
“Dovrei occuparmi dell’asilo da sola?” chiese Diana un po’
spaventata “No, stai tranquilla” la rassicurò prontamente la sua interlocutrice
“i primi tempi ti darò una mano io, ma poi la cosa, se ti farà piacere
s’intende, te la gestirai da sola. Sono sicura che riuscirai benissimo,
Inoltre…” disse guardandola negli occhi “sarebbe un’occupazione che non ti
lascerebbe il tempo di pensare. E poi mi pare di capire che ti piacciono i
bambini… Oppure sbaglio?”
“Io adoro i bambini, ma…” disse Diana.
“Il mio non è un obbligo, se non te la senti posso capirlo…
Vedrò di affidare la gestione dell’asilo a qualcun altro” rispose la signora
Allan, già sapendo cosa Diana Barry avrebbe risposto…
“Accetto!” disse di getto Diana.
“Benissimo. Alla funzione di domenica il reverendo annuncerà
l’apertura dell’asilo e gli orari, noi pensavamo dalle otto di mattina alle sei
del pomeriggio. Cosa ne pensi?” chiese dolcemente la signora Allan ad una Diana
alquanto determinata.
“Certamente e magari potrei accompagnarli io a casa alla
fine, facendo una passeggiata insieme a tutti gli altri bambini” propose Diana
meditabonda.
“Ottima idea, Diana! Io non ci avevo pensato…” sorrise la
sua interlocutrice “perfetto! Io direi di riprendere questo discorso domenica
mattina, subito dopo la messa, così vedremo il numero d’iscritti e valuteremo
il da farsi” terminò la signora Allan felice.
Parlarono per un’altra oretta. Diana era molto più serena
adesso ed anzi non vedeva l’ora di parlare con i suoi genitori. Sapeva che non
le avrebbero negato il consenso, dopotutto la signora Allan godeva della stima
di tutti i cittadini di Avonlea, ed i suoi genitori non erano da meno.
Rientrò a casa. Aiutò sua madre a preparare la cena e, una
volta a tavola, parlò della proposta fattale dalla signora Allan.
I suoi rimasero stupiti della cosa, ma approvarono la
scelta della figlia di rendersi utile alla comunità. Inoltre pensavano che
questa occupazione avrebbe distolto la loro adorata figlia dal pensiero fisso
dell’assenza dei suoi amici.
Finì di riordinare la cucina e, dopo aver dato la buona
notte ai suoi genitori, salì in camera sua.
Come d’abitudine osservò il paesaggio, e più precisamente
la casa che si scorgeva oltre il lago dalle acque splendenti… Il Tetto Verde…
“Oh, Anna, perché mi hai lasciato sola! Oh, perché sono rimasta!” scoppiò a
piangere Diana.
Quando riuscì a riprendersi un po’ si preparò per la notte
e, appena si infilò sotto le coperte, cadde in un profondo sonno ristoratore
senza sogni.
Finalmente la domenica tanto attesa era giunta, pensava
sorridendo Diana, mentre si preparava per la funzione domenicale. Stava finendo
di pettinarsi e si osservò attentamente allo specchio: nonostante le costanti
critiche della vecchia zia Atossa, zia di suo padre zitella e molto acida (chi
con quel nome non lo sarebbe stata?), poteva definirsi una bella ragazza. Il
viso era a forma di cuore, la pelle bianca come porcellana ed i capelli neri
come la notte le conferivano un’aria eterea, almeno era questo che le diceva
Anna.
Inoltre era riuscita a perdere qualche chilo che fin da
bambina le aveva dato l’aria perennemente paffutella, cosa da lei odiata.
Certo, non aveva l’invidiabile figurino di Anna, doveva stare attenta a quello
che mangiava, però era carina nel senso più classico del termine.
Prese la borsetta ed il cappellino coordinato al vestito ed
andò a vedere come se la cavava Minnie May, la sua adorata sorellina.
Purtroppo appena aprì la porta notò che la sua sorellina
non aveva indossato l’abito della domenica, e quindi impiegò venti minuti a
rivestirla, pettinarla ed acconciarle i capelli nella sua solita pettinatura.
Scesero al pian terreno giusto in tempo.
La signora Barry osservò attentamente le figlie e, dopo
aver dato il suo consenso, salirono sul calesse.
Giunsero in chiesa e Diana non riuscì a non cercare con lo sguardo la
signora Allan
Giunsero in chiesa e Diana
non riuscì a non cercare, con lo sguardo, la signora Allan. Quando la trovò
sorrise rassicurata: allora non è un sogno, da lunedì inizierò a lavorare!
pensava felice.
I fedeli entrarono in
chiesa, la funzione s’apprestava ad iniziare. Diana era emozionata ed avrebbe
voluto che la funzione terminasse per poter sentire la notizia che tanto
aspettava.
Ma si sa, più si vuole che
qualcosa termini in fretta più questa sembra non avere mai fine.
Così, quando finalmente la
funzione finì per Diana fu come se fosse passata un’eternità.
Era arrivato il momento
tanto atteso. Il reverendo, terminata la funzione, attirò l’attenzione dei
fedeli “Carissimi, ho un’ultima notizia da comunicarvi” disse con aria solenne
“da domani, lunedì, presso la scuola domenicale, per tutti i bambini sarà
inaugurato l’asilo di Avonlea” continuò sicuro “tutti i bambini sono invitati a
partecipare. E’ un luogo sicuro dove poter far giocare i vostri figli, sotto lo
sguardo vigile di persone competenti. E poi è gratuito. Se volete iscrivere i
vostri figli potete dare il loro nome a mia moglie. Grazie per l’attenzione.”
concluse il reverendo.
Un brusio si diffuse tra i
fedeli. Diana sbiancò: non era possibile, il suo lavoro terminato prima ancora
di iniziare! Stava per scoppiare a piangere quando osservò la signora Allan,
sembrava tranquilla. Ma non le importa! Si chiese sconsolata.
La signora Allan fu la
prima ad uscire, cosa alquanto insolita per lei. Il brusio sembrò aumentare.
Diana ed i suoi genitori si alzarono ed uscirono. Diana credeva di non riuscire
ad arrivare alla porta invece, forse anche grazie all’aiuto di Dio o molto più
semplicemente per il fatto che conosceva la chiesa alla perfezione, ci riuscì e
nessuno dei suoi compaesani parve accorgersi dello stato d’animo in cui si
trovava Diana.
Salutò distrattamente
qualche conoscente ed attese con sua madre e sua sorella che il padre giungesse
con il calesse per il rientro a casa.
“Diana Barry, non ti fermi
a prendere le iscrizioni?” chiese dolcemente la signora Allan con un dolce
sorriso.
“Non verrà nessuno, non ha
sentito il brusio che ha accolto la notizia?” disse prossima alle lacrime.
“Dovresti avere più fiducia
nei tuoi compaesani. Sai, devi dar loro il tempo di digerire la notizia. Vedi…”
concluse la signora Allan guardando la gente uscire e fermarsi sul sagrato in
sua attesa.
Diana era sbigottita. Tanti
genitori aspettavano che lei e la signora Allan terminassero di parlare per
poter iscrivere i loro figli. Guardò sua madre che sorrise e fece un cenno di
approvazione. Un nuovo sorriso era tornato ad illuminare il suo bel viso.
Seguì con gioia la signora
Allan ed iniziarono a scrivere i nomi dei bambini che sarebbero andati
all’asilo.
Verso mezzogiorno e mezzo
Diana riuscì, dopo aver salutato il reverendo e la moglie, ad andare a casa.
Che giornata! Un sali e scendi di emozioni non indifferente e poi… Oh mio Dio
chissà cos’avrà pensato di me la signora Allan si chiese d’improvviso Diana.
Avrà pensato che sono volubile! Oh povera me!
Con questi cupi pensieri
fece rientro a casa.
“Diana, come sono andate le
iscrizioni?” le chiesero apprensivi i suoi genitori.
“Bene, avremo un gran
numero di bambini” disse avvilita.
“Dovresti essere contenta
allora? Cos’è successo? Perché sei triste?” insisté sua madre.
“Non è l’asilo a
preoccuparmi, ma la figuraccia che avrò fatto con la signora Allan. La stavo
abbandonando! Avrà pensato che sono una vigliacca volubile! Oh, mamma, lo sono
davvero?” chiese con gli occhi lucidi Diana.
“Non fare così. Sai, penso
sia normale che una ragazza alla sua prima esperienza lavorativa sia timorosa.
Secondo me la signora Allan non pensa affatto che tu sia volubile e vigliacca.
Sa che sei giovane e questo giustifica molte cose. E poi, se vuoi avere
conferma di quanto ti ho detto, chiediglielo domani. Vedrai. La signora Allan è
superiore a certe cose. Fidati!” concluse sua madre.
Diana trascorse tutto il
pomeriggio a casa e meditò su quanto detto da sua madre. Forse ha ragione,
comunque domani mattina come prima cosa mi scuso per il mio comportamento
infantile, pensò Diana e con questi propositi si preparò ad affrontare il suo
nuovo lavoro.
Il momento della verità è
finalmente arrivato, pensò quella mattina appena aprì gli occhi. Era infatti il
giunto il lunedì da lei tanto atteso.
Erano appena le sei quando
Diana, non riuscendo più a stare a letto, si era alzata. Aveva sistemato la sua
camera ed aveva scelto con cura tra i suoi vestiti quello più idoneo per
iniziare una giornata lavorativa, ma nessuno sembrava andare bene. Poi optò per
un vestito blu scuro, che le stava particolarmente bene e che, nel caso
l’avesse sporcato, non si sarebbe notato molto.
Alle sette era pronta e
decise di scendere.
Potrei preparare la
colazione, pensò mentre scendeva gli ultimi gradini.
Arrivata in cucina iniziò a
preparare la colazione per tutta la sua famiglia, che ebbero un gradito
risveglio.
Arrivò alla scuola di
catechismo con largo anticipo, prima ancora della signora Allan.
Quando la vide arrivare le
corse incontro “Mi dispiace per come mi sono comportata ieri” disse Diana “avrà
pensato che sono una bambina.” Terminò.
“Ho visto di peggio…” disse
la signora Allan poi scoppiò a ridere lasciando atterrita la povera Diana
“perdonami” continuò quando si fu ripresa “tu ed Anna Shirley siete le uniche a
farmi ridere come una bambina. Non hai nulla da farti perdonare, quando ho
detto che avevo visto di peggio mi riferivo a me stessa. Sai, quando ebbi il
mio primo lavoro, avevo circa la tua età, dissero a voce alta il mio nome, ed
io, come una sciocca, mi alzai in piedi in mezzo alla chiesa gremita di fedeli:
tutti si chiesero perché mai mi fossi alzata in piedi. I miei compagni risero
ed io mi sentii sprofondare… Ma non pensiamoci più, è passato. Entriamo?”
propose la signora Allan.
Come vorrei, crescendo, diventare
come lei. Sorride sempre, non l’ho mai vista arrabbiata. È incredibile. Sa
mettere tutti a suo agio: ne sarò mai capace? Pensava Diana seguendola.
Alle otto in punto tutti i
bambini iscritti erano arrivati ed iniziarono ad essere divisi a seconda dell’età:
all’asilo univano utile e dilettevole, si facevano attività didattiche ed
attività ricreative. I bambini erano molto curiosi ma nessuno era
eccessivamente vivace. A pranzo fecero un picnic e nel pomeriggio esplorarono i
boschi ed, a seconda dei gruppi, venivano fatte domande sull’ambiente
circostante.
Al termine della giornata
la signora Allan chiese a Diana se voleva una mano a riaccompagnare a casa i
bambini: Diana rifiutò cortesemente.
Aveva notato infatti che la
signora Allan sembrava affaticata da quella lunga giornata e non voleva che
fosse colta da un malore durante la passeggiata del rientro.
La signora Allan parve
leggerle nel pensiero e sorrise, ringraziandola tacitamente per la premura
dimostratale.
Diana fece il giro lungo e
riaccompagnò tutti i bambini alle loro abitazioni. Rientrò a casa ed aiutò la
madre con la cena.
Dopo cena salì in camera e
decise di scrivere una lettera ad Anna. Voleva metterla subito al corrente
della novità, per poter esprimere al meglio le emozioni che si alternavano nel
suo cuore.
Scrisse una lunga lettera,
la rilesse e la mise nella busta che aveva preparato. Domani l’avrebbe
affrancata e spedita.
Una buona dormita era
quello che ci voleva per smaltire la prima giornata di lavoro.
Ciao! Cosa ve ne pare di questo secondo capitolo? Ammetto
sono stata cattivella e del amico Fred ancora non si svelo niente. Cosa ne dite
di lasciarmi una bella recensione (anche negativa, non mi arrabbio). Ok, ci
leggiamo al prossimo capitolo. Ciao!!
Capitolo 3 *** La prima svolta: nuove conoscenze ***
La prima svolta e nuove conoscenze
Era passato un mese ed il lavoro procedeva per il meglio:
Diana era soddisfatta.
Le capitava, oramai sempre più spesso, d’esser avvicinata
dai suoi compaesani che le facevano i complimenti per quanto era riuscita a
fare con i bambini in così poco tempo.
Diana e la signora Allan si fermavano, ogni domenica al
termine della suola domenicale, per discutere del programma settimanale
dell’asilo.
E molto spesso, oltre a parlare di lavoro, si confidavano.
Già, in assenza di Anna, era alla signora Allan che Diana confidava le sue
ansie ed i suoi dubbi.
Da due settimane oramai gestiva l’asilo da sola. La signora
Allan aveva notato che Diana era diventata più sicura di se e che ce la faceva
benissimo da sola. La domenica si erano quindi incontrate per la solita
riunione.
“Diana, sei molto maturata in questo ultimo periodo. Penso
che tu sia pronta per occuparti dell’asilo da sola. Sappi che, in caso di dubbi
o timori, troverai la mia porta sempre aperta” disse la signora Allan con dolcezza.
Diana rimase inizialmente stupita della decisione, ma poi
si era resa conto che già le ultime settimane era stata lei a gestire il tutto,
soprattutto per non affaticare la signora Allan.
“Va bene, però le riunioni domenicali le manteniamo? Mi
piace sapere cosa ne pensa del programma della settimana.” disse Diana con
sguardo implorante, accompagnato da un sorriso.
“E va bene.” concesse la signora Allan.
In quei giorni arrivò una lettera di Anna.
Diana aveva dovuto aspettare la sera per poterla leggere,
in quanto lavorava durante il giorno.
Appena arrivata a casa, andò in camera e iniziò a leggere
la lettera: Anna sembrava trovarsi bene all’accademia e si era già fatta
qualche altra amica oltre a Jane e Ruby.
Questo non le dette il fastidio che aveva pensato di
provare fin dall’inizio: certo, sapeva che essendo in una nuova scuola non
poteva rimanere sola, non sarebbe stato giusto.
Anna era e sarebbe stata sempre per Diana la sua migliore
amica ed Anna pensava la stessa cosa.
Diana era serena. Una serenità data dalla consapevolezza
che, nonostante avessero intrapreso strade diverse, non si sarebbero mai perse.
L’una avrebbe sempre potuto contare sull’amicizia e sull’affetto dell’altra,
ovunque il destino le avesse portate.
Continuò con la lettura: “Oh, Anna! Sono felice che tu mi
approvi” disse come se avesse Anna accanto a se “Temevo un po’ il tuo giudizio,
ma in fondo sapevo che quando io sono felice tu lo sei per me… Con me. Ti
voglio bene Anna!” disse con gli occhi umidi.
La lettera continuava parlando della sistemazione
dell’amica, della differenza tra la città e la piccola e graziosa Avonlea,
delle amiche e degli amici. Di tutto insomma. A Diana sembrava quasi d’essere
lì con loro. Non provò invidia, come s’era aspettata. Terminò di leggere la lettera
e si preparò per la notte.
Giunse l’ora del risveglio e, dopo essersi preparata con
cura, Diana iniziò a scrivere la risposta per Anna: ieri sera aveva fatto
troppo tardi ed oggi avendo a disposizione un po’ di tempo decise di
approfittarne.
Sentì l’odore della colazione e capì che era meglio
scendere, se non voleva arrivare in ritardo al lavoro.
Quella mattina Diana ebbe una sgradita sorpresa: le scale
d’ingresso dell’asilo si erano rotte, forse a causa del tempo e dell’usura o
forse a causa dei temporali notturni che, durante l’ultimo mese, avevano
imperversato nella zona.
Con molta attenzione si riusciva ad entrare ed uscire, ma
non era il caso di rischiare, quindi decise di far entrare ed uscire i bambini
dalla porta della chiesa.
Riaccompagnò a casa i bambini e, sulla via del rientro a
casa, decise di passare ad avvisare il reverendo affinché mandasse qualcuno ad
effettuare le riparazioni del caso.
Si avviò con passo sicuro verso la canonica.
Giunse a pochi metri dalla casa del reverendo e di sua
moglie quando notò un calesse.
Lo guardò, “Hanno gente, forse non è il caso di disturbarli
ora…” si disse parlando tra se…
“Diana, che gioia vederti, come mai da queste parti?” le
chiese cordialmente la signora Allan.
Diana non l’aveva vista in giardino. “Ero venuta a parlare
con lei ed il reverendo… ma se avete ospiti, non vorrei disturbare… Anzi potrei
dirglielo a lei” disse dopo un esitazione iniziale.
“Accomodati Diana, tu non disturbi mai, e poi mio marito è
in casa. Sono sicura che se sei venuta fin qua un motivo dev’esserci” disse
apprensiva
Le due donne entrarono in casa e videro il reverendo in
compagnia di un uomo sui quarant’anni, molto distinto.
Diana l’osservò di sottecchi: era vestito in modo elegante
e curato, senza ostentare l’agio che lo contraddistingueva, aveva i capelli
folti, corti e ben curati e sembrava essere a suo agio in casa Allan.
Chissà chi è… fu il pensiero di Diana.
“Caro, posso interromperti? Diana è venuta per parlarti…”
disse dolcemente al marito
“Grazie reverendo, penso che non ci sia altro da
aggiungere. Inizieremo il trasloco il mese prossimo…” disse l’interlocutore del
reverendo.
Che bella voce profonda pensò Diana osservandolo.
“Dimmi pure Diana, ci sono problemi con l’asilo?” chiese il
reverendo scrutando Diana.
“Le scale d’ingresso si sono rotte: oggi ho fatto entrare i
bambini dalla porta della chiesa” disse timidamente Diana.
“Reverendo, lei è stato così gentile con me… Posso mandare
mio figlio a prender visione dei danni domattina e nel pomeriggio od al più
tardi domani, potrebbe iniziare le riparazioni se siete d’accordo… Sa ho una
segheria ed una falegnameria” disse l’uomo del calesse all’indirizzo della
signora Allan e di Diana che lo guardavano.
Diana non stava capendo molto, ma la decisione non sarebbe
spettata a lei e quindi si limitò ad attendere.
“Scusate sono un maleducato, non mi sono presentato, mi
chiamo Thomas Wright. A mia discolpa posso solo dire che sono rimasto
affascinato da due dame belle come voi” disse il signor Wright con un sorriso
cordiale.
“Va bene allora.
Diana, potresti domani mostrare le scale da riparare al figlio del signor
Wright?” chiese il reverendo.
“Certamente” rispose prontamente la giovane.
Quando il signor Wright se ne andò Diana era prossima a
fare altrettanto quando il reverendo le chiese “Scusami se ti ho costretto a
prendere il mio posto domani con il giovane Wright, ma avevo già preso impegni
che non potevo rimandare così su due piedi…” disse il reverendo con aria
colpevole.
“Non si preoccupi. E poi mi è sembrato di capire che si
trasferiranno ad Avonlea. Sto solo facendo la buona compaesana” disse
sorridendo.
“Allora farai la buona vicina. Sai hanno acquistato la
vecchia casa degli Hamilton” aggiunse il reverendo vedendo il visino stupido
della ragazza.
“Finalmente è stata comprata quella casa! Era troppo bella
per essere lasciata chiusa.” disse Diana.
Parlarono un altro po’, poi Diana salutò cordialmente il
reverendo e la moglie e si avviò verso casa.
Peccato! pensò la ragazza, mi mancheranno le passeggiate
che facevo lungo il fiume. Però sono felice, già… è una casa troppo bella per
essere lasciata chiusa.
Potrei fare una piccola deviazione e vederla per l’ultima
volta…
Detto fatto, Diana s’incamminò verso la vecchia casa degli
Hamilton.
Dopo dieci minuti arrivò a destinazione e poté ammirare lo
splendido tramonto che si rifletteva lungo il fiume accanto alla casa.
La casa era in stile coloniale di colore bianca, con una
deliziosa veranda sul lato sinistro, accanto al fiume. Dei glicini si erano
insediati sul pergolato d’ingresso e, benché da quasi un anno nessuno li
curasse, crescevano rigogliosi.
Il portone era sormontato da un’arcata dove un tempo, non
molto lontano, c’erano state delle rose che davano un’aria vivace all’ambiente,
mentre ora c’erano rametti secchi ed avvizziti poco propensi a lasciarsi cadere
nel vuoto. Un boschetto di aceri incorniciava la casa sul retro.
Diana fissava il panorama incantata quando un rumore
catturò la sua attenzione.
S’incamminò nella direzione dove aveva sentito il rumore…
Anzi da dove continuava a sentire rumori…
Un
altro capitolo è finito… Sono stata gentile, avete conosciuto il padre di Fred.
Nel prossimo capitolo, se magari lasciate qualche recensioncina… vi faccio
conoscere Fred.
Ok,
fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo.
Diana era arrivata dietro la casa: era infatti da lì che sentiva i
rumori che l’avevano insospettita
Diana era arrivata dietro la casa: era infatti da lì che
sentiva i rumori che l’avevano insospettita.
Vide un uomo che armeggiava con la porta sul retro della
casa.
Essendo Avonlea un paese, tutti conoscevano tutti e ci si
aiutava. Siccome aveva conosciuto, seppure non direttamente, il proprietario
della casa, il signor Wright, decise di intervenire. Era impensabile che ci
fosse un ladro tra i suoi compaesani!
“Ehi tu! Cosa stai facendo” gridò Diana all’indirizzo del
uomo, facendo nel contempo qualche passo avanti per meglio vedere il ladro.
Il ladro, capendo di non essere più solo, si voltò
di scatto “Ragazzina, mi hai fatto prendere un colpo…” disse passandosi una
mano tra i capelli.
Era un ragazzo… Diana lo osservò meglio. Era alto, e ben
proporzionato. Aveva i capelli scuri e corti.
“Guarda che questa è una proprietà privata se non lo
sapessi…?” disse la ragazza alquanto arrabbiata.
“Ah, sì? Sembrava una casa disabitata…” disse il ladro
con voce roca.
Che bella voce, pensò Diana stupendosi per prima dei
pensieri che le passavano per la mente.
“Non mi dire che è casa tua…” iniziò il ragazzo “perché se
lo fosse dovresti preoccuparti di chi ti sposa…” terminò il ladro con aria
saggia.
Diana, non violenta per sua natura, iniziò a comprendere
Anna quando, qualche anno prima, aveva rotto in testa la lavagnetta a Gilbert.
“Non è casa mia, ma non penso sia casa tua dato che,
qualunque padrone di casa degno di tale nome, ha una chiave di casa sua…” disse
acida Diana.
“Colpito.” disse il ragazzo sorridendo.
Diana, sapendo ormai di essere in vantaggio, continuò “Ti
do cinque minuti. Vattene e fingerò che tu non sia mai stato qui… Altrimenti
dovrai pagarne le conseguenze.” disse quasi a voler concedere un grosso favore.
“Hai ragione, però… Non ho una casa e pensavo di fermarmi
per la notte…” disse il ragazzo supplichevole.
Diana lo osservò meglio: indossava una salopette blu scura
ed una camicia a scacchi rossa e bianca, il viso era abbronzato ed aveva un
filo di barba, segno che quella mattina non se l’era fatta. Non le sembrava un
vagabondo.
“Ti ho detto che non puoi restare. Il padrone di casa è un
mio amico e non sarebbe felice di trovarti qui al suo rientro” inventò Diana su
due piedi.
“Ah, non lo sapevo” disse il giovane inarcando un sopracciglio
“Già” continuò Diana “E proprio oggi mi ha chiesto di
passare a controllare la sua proprietà” aggiunse con aria di superiorità.
Fred osservò quella ragazzina, già secondo lui Diana non
poteva avere più di quattordici anni, una bambina, eppure si era fatta avanti
con molto coraggio. Strano, quando quella mattina era partito da Charlottetown
con suo padre, questi gli aveva dato una mano a portare dentro alcune scatole e
poi era andato a presentarsi al reverendo di Avonlea, com’era consuetudine
fare.
Un’ora prima era ripassato “Domani dovresti fare delle
riparazioni alla chiesa di Avonlea. Sai dov’è, vero?” chiese e, al cenno
affermativo del figlio, proseguì “Ti fermi qui? Sai per non correre su e giù…
Ti lascio un cavallo così puoi muoverti nella zona” gli aveva detto.
Aggiungendo subito dopo “Domani avrai una bella ragazza che ti mostrerà dove
dovrai lavorare. Quindi cerca di comportarti bene…” aveva detto queste ultime
parole accompagnandole con uno sguardo truce.
“D’accordo… farò il bravo…” disse Fred osservando il padre
“anche Nerone rassicurò tutti così, peccato che poi ha bruciato Roma…” disse il
padre scotendo la testa mestamente.
Tornò al presente ed osservò la ragazzina, era davvero
carina e nel senso classico del termine: capelli neri, occhi scuri o forse era
la rabbia a renderli così?, pelle chiara come porcellana… Davvero bella, nulla
da ridire, da grande suo padre avrebbe avuto il suo bel da fare a proteggerla…
E adesso cos’ha da guardare? Pensò Diana vedendo che il
giovane la osservava. O mio Dio, e se mi avesse scoperta? Io non conosco il
proprietario… Bhe, però neppure lui… E poi io il signor Wright l’ho visto e
conosciuto, lui… No, non credo…
“Sei proprio deciso a rimanere, eh?” insinuò Diana.
“Se fossi una brava cristiana mi lasceresti fermarmi per la
notte…” disse Fred con aria avvilita
“Questa poi! Forse proprio perché sono una brava cristiana
cerco di riportarti sulla retta via!” gli ritorse Diana.
In lontananza si sentirono i rintocchi del campanile: le
otto.
Sono in ritardo per la cena, pensò Diana. “Fa come vuoi!”
concesse alla fine, anche se le pesava molto ammetterlo “Per domani non ti
voglio qui!” e iniziò ad andarsene.
“Come siete gentile signorina …? Non conosco il vostro
nome?” chiese Fred piuttosto incuriosito.
“Se è per questo, neppure io so il vostro…” ribatté
prontamente Diana.
Erano tornati a darsi addirittura del voi. Se non fosse
stata così arrabbiata, avrebbe riso della scena alla quale stava partecipando.
“Comunque per me s’è fatto tardi… Per stasera può restare,
ma domani verrò a controllare… Veda di non farsi trovare!” ingiunse al ragazzo
prima d’andarsene.
Che tipo orribile! pensò Diana, e per colpa sua arriverò
tardi a cena.
Che tipo, con lei di sicuro non rischi di annoiarti…
Peccato però, non so il suo nome…
pensava Fred osservando Diana andarsene.
Il giorno dopo Diana si alzò con apparente calma: la sera
prima aveva impiegato un’ora a giustificare il ritardo con i suoi genitori. Già
sapeva che come minimo avrebbe dovuto attendere un mese per rientrare nelle grazie
dei suoi genitori “E tutto per un ladro!” sussurro ancora arrabbiata. Il
solo ricordo le faceva riemergere la rabbia provata il giorno prima.
Si preparò con calma. Scese e fece colazione con i suoi
genitori.
Uscì e passò dall’ufficio postale: ieri sera aveva
terminato la lettera per Anna e voleva spedirla.
Arrivò in anticipo all’asilo. Erano trascorsi quasi due
mesi e Diana aveva letteralmente trasformato le stanze adibite a scuola
domenicale.
Se prima erano due stanzoni bianchi e spogli, lei, con il prezioso
aiuto della signora Allan, aveva tinteggiato le pareti con un dolce color
giallo. Aveva appeso molti disegni dei bambini. Mentre sulle grandi vetrate
erano state appese, alcune cartine colorate che davano un tocco di allegria. Si
ricordava di quella volta che, con Anna nel viale delle delizie avevano giocato
a guardare il mondo attraverso le cartine dei cioccolatini. Aveva pensato che,
se si erano divertite loro, figurarsi dei bambini.
Infatti i bambini avevano apprezzato i tocchi di colore
sparsi qua e là.
Sentì dei passi, ed alla porta si affacciò la piccola Mary
Anne Davis. Aveva quattro anni e capelli biondi come il grano maturo che le
scendevano liberi lungo la schiena. Occhi azzurri, nasino all’insù e visino
furbo. Aveva un sacco di fantasia e Diana pensava spesso che fosse la degna
erede di Anna. Come d’abitudine, la piccola si avvicinò a Diana che la prese in
braccio: era il loro rituale.
Mary Anne arrivava cinque minuti prima e si faceva prendere
in braccio. Quando poi sentivano arrivare gli altri scendeva e, sorridendole,
andava al suo posto.
Il secondo ad arrivare era Paul Irving: cinque anni,
capelli castani ed occhi vispi, immaginava sempre posti e cose nuove.
Lui e Mary Anne erano grandi amici, si erano conosciuti
all’asilo, infatti Paul abitava lungo la costa e Mary Anne vicino al fiume:
erano ai due opposti.
C’era poi Robbie Pie: il più indisciplinato tra tutti i
bambini, ma d’altronde era un Pie…
Persino la signora Allan non era riuscita a placare l’animo
selvaggio ed ostinato del bambino. Diana lo trattava come meglio poteva ma… A
volte era molto difficile.
Erano arrivati tutti i bambini. La ragazza poté così
iniziare la lezione.
Aveva da poco iniziato la lezione che, un rumore attrasse
la sua attenzione…
Vide che i bambini erano impegnati a disegnare e, dopo
averli avvisati che usciva un attimo e di rimanere al loro posto, andò alla
ricerca del rumore sospetto.
Sembra d’esser ieri, penso Diana mentre procedeva sicura
lungo il corridoio in legno della chiesa.
Vide un ragazzo chinato: dev’essere il giovane Wright
venuto ad effettuare le riparazioni pensò la ragazza.
Non notò la salopette blu scuro e la camicia a scacchi
rossi e bianchi: troppo desiderosa di conoscere il suo futuro vicino…
“Salve, sono Diana Barry. Lei dev’essere il signor Wright.”
disse presentandosi garbatamente e tendendo la mano.
“Salve! Esatto sono Fred Wright…” iniziò il ragazzo
arrestandosi di botto nel vedere e riconoscere la ragazza
“Tu?!” dissero all’unisono
Allora, cosa pensate di questo quarto capitolo? Finalmente i nostri
protagonisti si sono conosciuti.. Ok, vado ad iniziare il prossimo capitolo.
Penso che non riuscirò a metterlo online alla stessa velocità. Però se magari
lasciate qualche recensione.. Potrei fare il miracolo. Grazie ancora a chi
legge.
Capitolo 5 *** La seconda svolta: nuove amicizie ad Avonlea ***
La seconda svolta: nuove e vecchie amicizie ad Avonlea
Oh mio Dio! pensò Diana rossa d’imbarazzo per la figuraccia
appena fatta…
Oh santo cielo, altro che bambina! pensò Fred…
Osservò Diana e poi… fece, forse, l’unica cosa da non fare
mai in presenza di una fanciulla in difficoltà, rise…
Una risata calda e profonda, di gusto si potrebbe dire. Non
c’era traccia di scherno nella sua risata.
“Cos’hai da ridere?!” sbottò Diana, ancora paonazza in
viso.
“Niente, niente” le rispose Fred tra una risata e l’altra…
“Allora smettila! Perché non è educato… Non è gentile da
parte tua nei miei confronti!” tuonò ancora cercando di recuperare il
controllo: che figuraccia! pensava atterrita, con che coraggio, quando lo
rivedrò, lo guarderò in faccia!
Si osservò intorno e vide che i bambini la stavano
osservando con interesse ed il perfido Robbie Pie stava già illustrando ai suoi
compagni una storia che la vedeva di sicuro come protagonista femminile.
Oh mio Dio, devo fermarlo! pensò disperata.
Iniziò a salire i gradini dell’asilo con non molta
attenzione: era la via più breve.
La fretta, come si sa, è cattiva consigliera: era arrivata
al penultimo gradino e purtroppo, l’asse, già da prima danneggiata, cedette con
un rumore sordo sotto i piedi della giovane. A poco valse il “Stai attenta!”
dettole da Fred ed il suo tentativo di fermarla. Riuscì a sorreggerla,
evitandole forse di farsi ancor più male, ma la caviglia rimase intrappolata
nel gradino.
Una fitta lancinante le fece inumidire gli occhi: si
osservò cercando con lo sguardo un modo per uscire, senza purtroppo trovarlo.
“Stai ferma. Adesso ti sollevo. Se ti faccio male dillo…”
disse Fred tornato improvvisamente serio.
Dio mio! Non pensavo se la prendesse così facilmente!
pensava ragazzo sentendosi colpevole mentre cercava di aiutare la ragazza.
Senza passare dai gradini, alzò, con molta facilità, una
sempre più prossima alle lacrime Diana.
La mise a terra ed osservò e tastò il piede della ragazza.
“Ho due notizie: una bella ed una brutta. Quale vuoi
sentire per prima?” disse il ragazzo cercando di sembrare allegro.
“La brutta, almeno so il peggio…” disse Diana sconsolata.
“La brutta è che dovrai tenere il piede a riposo per una
settimana in quanto l’hai storto, la bella è che fortunatamente il piede non ha
subito altri danni e, dopo il periodo di riposo, tornerai come nuova” disse
Fred “Non sono un medico, quindi faresti meglio a farti visitare, comunque sono
pratico di questi incidenti…” soggiunse il ragazzo massaggiandole
delicatamente la parte infortunata.
“Certo che sei scappata come se avessi il diavolo alle
calcagna…” disse ridacchiando “sono così brutto?” terminò guardandola di
sottecchi.
Diana dal canto suo era imbarazzata per l’incidente appena
avvenuto e per il fatto che, nonostante la figuraccia, lui si stesse prendendo
cura di lei.
Certo non doveva essere un bello spettacolo: la sottoveste
si era strappata e la calza aveva seguito l’esempio di quest’ultima.
La scarpa era solo infangata, ma quel giorno per fare bella
figura, aveva indossato le scarpe in capretto ed adesso erano da buttare. Che
disastro! pensava Diana, dopo essersi osservata per qualche attimo.
“Devo andare dai bambini adesso…” disse lei in un sussurro,
rossa d’imbarazzo.
“Non potrai lavorare con questa gamba…” disse il giovane
“potrei darti una mano! Se non ti avessi fatta arrabbiare non saresti scappata
via e non ti saresti fatta male. Non obiettare!” disse in tono deciso Fred
quando vide che lei cercava di ribattere.
La sollevò agilmente e, senza sforzo, la portò in classe.
Diana sapeva che di sicuro qualche bambino avrebbe parlato
di quanto accaduto oggi con i genitori e non sapeva come giustificare
l’accaduto.
Il mio lavoro è finito! pensava avvilita Diana.
“Come mai così seria?” chiese il ragazzo, facendola
accomodare con molta attenzione
“I bambini… diranno tutto ai loro genitori… ed io perderò
il posto…” disse prossima alle lacrime.
Decisamente a questa ragazza non donano le lacrime, pensò
Fred.
Prima che potesse dire qualcosa per farla tornare a
sorridere, Robbie Pie intervenne “Mia sorella Josie aveva ragione… Fai di tutto
per tenerti gli uomini stretti… Ecco perché non sei andata all’accademia come
loro…” disse con cattiveria il bambino.
Diana arrossì: come avrebbe fatto a farsi rispettare dagli
altri bambini se Robbie insinuava storie così assurde ma così altrettanto
credibili? Aveva perso, non solo il lavoro, ma anche il rispetto e la stima dei
suoi piccoli allievi.
“Pensò che i bambini non dovrebbero parlare di cose più
grandi di loro. Mia nonna diceva: ogni cosa alla sua stagione” disse Fred
guardando il piccolo Pie dritto negli occhi.
Il piccolo osservò il ragazzo “E’ ovvio che tu la difenda…
E comunque io so molte cose…” disse con aria di superiorità tipica della sua
famiglia.
“Mi fa piacere…” iniziò Fred “lo sanno i tuoi genitori che
la costante ed improvvisa morte delle vostre galline dipende da un grazioso e
simpatico quadrupede di tua proprietà?” buttò lì Fred con noncuranza.
Il bambino arrossì di rabbia repressa e di vergogna: era
stato scoperto.
“Non iniziare un gioco se non sei in grado di portarlo a
termine…” disse al bambino con voce più amichevole.
Diana lo guardò con ammirazione: era il primo che riusciva
a tener testa ad un Pie.
La lezione ricominciò tranquillamente. Diana spiegò ai
bambini quanto era accaduto.
Un’altra giornata era finita e Diana si apprestava a
salutare i bambini quando Fred la stupì nuovamente “Se tu sali a cavallo, io mi
occupo dei bambini…” propose il ragazzo.
“Grazie. Sei davvero molto gentile” disse sorridendo.
Iniziò quindi il rientro dei piccoli allievi. A turno,
tutti i bambini, rassicuravano la loro maestra che si erano divertiti e che
erano molto dispiaciuti di quanto accadutole.
“Maestra, cerca di guarire presto. Nessuno di noi crede a
quello che ha detto Robbie. Tu sei brava e buona, come la crostata di fragola
che fa la mia mamma!” le disse con affetto la piccola Mary Anne.
Lei li ringraziò tutti e lì abbracciò con dolcezza e
riservò alla piccola Mary Anne un bacio, datole senza farsi scorgere dagli
altri bambini.
Quando tutti i bambini furono a casa, Fred osservò Diana.
Era davvero dolce e gentile con quei bambini.
“Senti…” iniziò timidamente Fred.
“Dimmi…” rispose gentilmente Diana che, pian piano stava
cambiando opinione sul suo futuro vicino di casa.
“Mi dispiace per come ci siamo conosciuti. Non volevo
mentirti, ne lasciarti credere nulla. Mi è sembrato di capire che la casa dove
andrò a stare sia accanto alla tua…” continuò il giovane “siamo amici. Non
conosco nessuno qui ad Avonlea.” terminò Fred.
Di sicuro dirà di no... Vabbè almeno ci ho provato pensò
cupamente il giovane.
“D’accordo” disse invece Diana “e poi oggi sei stato fin
troppo buono con me. Ho un caratteraccio, scusami.” disse regalando al ragazzo
un sorriso dolcissimo.
“Allora… Amici?” disse Fred tendendo la mano a Diana che,
senza indugio, gliela strinse.
“Amici” disse felice.
Arrivarono a casa Barry, ed i genitori di Diana corsero
fuori a vedere cosa fosse accaduto alla loro figlia. Fred si presentò e, dopo
aver affidato la ragazza alle amorevoli cure dei genitori, se ne andò.
“Davvero un bel tipo Fred Wright, non trovi Diana?” disse
sua madre osservando la figura del ragazzo che si allontanava in sella al suo
cavallo.
“Già…” le rispose la figlia.
Ciao! Cosa ve ne
pare di questo capitolo? Fatemi sapere, magari con un commentino piccolo
piccolo.. Grazie!!
Ringraziamenti:
Ringrazio tutti
quelli che leggono ed in particolare:
Daphne: grazie stellina! Mi fa piacere che questa mia
storia ti piaccia, fammi sapere anche delle altre cosa ne pensi.
Nisi Corvonero:
fammi sapere cosa ne pensi mitica!!
Quella sera stessa il signor Barry andò a prendere il
dottore.
Questi, appena arrivò a casa Barry, visitò Diana e
controllò le fasciature che la madre le aveva fatto: “Riposo assoluto per una
settimana. E ti assicuro Diana che tornerai a correre come prima” disse il
dottore.
Detto ciò scese al piano di sotto e se ne andò.
Aveva ragione Fred allora… pensò la ragazza osservando il
cielo che iniziava ad illuminarsi di stelle.
Già, mancava poco più di un mese a Natale. Avrebbe
finalmente rivisto Anna… Quanto le era mancata! Nell’ultima lettera le aveva
scritto che le vacanza natalizie sarebbero iniziate il venti dicembre e
sarebbero terminate il sette gennaio.
Non vedeva l’ora di raccontarle personalmente tutte le cose
accadute in quel periodo, e magari raccontarle di Fred… Fred? Cosa ci faceva
sempre nei suoi pensieri?
Si erano conosciuti da neanche due giorni ed entrambi gli
incontri non erano stati dei migliori… Già soprattutto per colpa sua… Era
proprio una bambina, altro che matura! pensava avvilita la giovane seduta sul
letto guardando fuori dalla finestra il cielo che, pian piano, andava a
tingendosi dei colori notturni.
Però… mi ha detto che possiamo essere amici se io lo
voglio… quindi… forse… pensava Diana, però potrebbe averlo detto per gentilezza
oppure per educazione… Oh Dio mio! Perché sono così dubbiosa! Oggi quando mi ha
fatto salire sul suo cavallo, mi sono sentita come una principessa delle storie
che Anna si divertiva ad inventare quando eravamo piccole… Nonostante sia
autunno… ieri mi è sembrato che i colori si accendessero al nostro avanzare
lungo il sentiero…
Sembrava che addirittura il viale stregato, che abbiamo
attraversato ieri per accompagnare a casa Sarah, si fosse trasformato nel viale
delle delizie…
Diana, Diana! Adesso inizio a parlare come Anna! Eppure… mi
sono trovata bene con lui, anche se non abbiamo parlato…
Un leggero bussare alla porta la distolse dai suoi
pensieri: era sua madre con la cena.
Terminato il leggero pasto si preparò per la notte e, poco
dopo aver spento la candela si addormentò.
Che strano non doversi alzare pensò Diana quella mattina
osservando il cielo azzurro ed il sole che giocava tra i rami degli alberi.
“Non è giusto che in una così bella giornata io debba per
forza stare chiusa in casa!” disse Diana imbronciata.
Sua madre, molto probabilmente la sera prima, le aveva
messo accanto al letto alcuni libri.
Lesse distrattamente qualche titolo: nessuno la convinceva…
“Se solo non fossi costretta a letto!” Diana era al culmine
della disperazione.
“Non è ripetendolo che migliorerai la situazione” disse sua
madre entrando con la colazione “Ho bussato, ma tu chissà dove avevi la testa!”
disse in risposta all’occhiata della figlia.
Appena la madre fu uscita, osservò la sua camera: era
rimasta invariata con gli anni…
Sempre la stessa bambola sulla mensola in noce accanto alla
scrivania, i pupazzi alla base del letto, la trapunta in pizzo…
“Appena mi rimetto, cambio l’arredamento! Ormai ho sedici
anni!” disse frustrata la ragazza.
Erano quasi le nove quando un leggero bussare alla porta la
fece sussultare “Avanti” disse alquanto sorpresa, chi mai può essere? pensò
curiosa Diana, che per far passare il tempo aveva iniziato a disegnare.
“Diana, hai visite” disse la madre comparendo sulla porta.
“ti aiuto a vestirti ed a scendere…” disse sorridendo la donna.
“Chi è?” chiese stupita dal mistero sull’identità dei
visitatori.
“Che vestito ti vuoi mettere?” le chiese la madre
apprensiva, ignorando la domanda della figlia.
“Quello giallo… Allora? Chi è venuto a trovarmi?” chiese
ancora Diana.
“Scendiamo e lo saprai…” disse sorniona la donna una volta
che la figlia si fu vestita.
Il padre, dietro invito della moglie, entrò e, presa in
braccio la figlia, scese la scala che conduceva al piano di sotto.
Entrarono in salotto e… “Oh mio Dio!” disse Diana con le
lacrime agli occhi.
Tutti i bambini dell’asilo erano andati a trovarla ed era
stato Fred ad accompagnarli, dato che era anche lui con loro.
“Sapete… stavo riparando le scale dell’asilo…” iniziò il
giovane “quando li ho visti arrivare, in piccoli gruppetti” continuò indicando,
con un cenno del capo i bambini “mi sono venuti vicino e mi hanno chiesto se
sapevo dove abitavi. Avendoti riaccompagnata a casa ieri ho detto sì: mi hanno
quindi chiesto se potevo spiegargliela. Ed io ho fatto di più, li ho
accompagnati.” disse Fred con orgoglio. Nonostante tutto sembrava in imbarazzo,
notò Diana, decise comunque di non darci peso. Osservò i bambini con affetto…
“Manca uno…” disse Fred con indifferenza.
Diana osservò prima il giovane e poi tornò a guardare i
bambini: Mary Anne, Paul, John, Sarah, … “Robbie…” disse in un sussurro la
ragazza.
“Mi dispiace…” disse Fred.
“Non importa!” disse la ragazza con un dolcissimo sorriso
che le illuminò il volto, solo un osservatore attento avrebbe scorto il velo di
tristezza dei suoi occhi.
Fred lo notò. Non sapeva spiegarsi il perché, ma voleva
vedere quella ragazza felice.
I bambini la inondarono di domande e di abbracci.
Ovviamente i più espansivi furono Mary Anne e Paul, ma anche gli altri non
furono da meno e, soprattutto, dimostrarono d’aver già dimenticato quanto
accaduto il giorno prima.
Con il permesso dei genitori di Diana, Fred ed i bambini
portarono Diana a fare un picnic nel boschetto dei Barry, situato ad una decina
di metri dalla casa e vicinissimo al lago dalle acque splendenti.
I ragazzi si misero seduti e tennero d’occhio i bambini che
si divertivano a giocare.
Novembre quell’anno era ancora tiepido e permetteva di star
fuori senza paura di ammalarsi.
“Non ti ho ancora ringraziato per avermi portato i
bambini…” disse Diana per rompere il silenzio che si era creato tra loro.
“Non devi ringraziarmi. E’ stata colpa mia se ti sei fatta
male, quindi questo è il minimo che io potessi fare per te” disse Fred.
“Non è vero… Sono stata una sciocca. Adesso non ricordo
nemmeno più perché stavo scappando…” confessò con un sorriso birichino sul bel
viso d’angelo.
“Però ieri non hai risposto alla mia domanda…” disse Fred
guardandola.
“Quale domanda?” chiese Diana
“Ti avevo chiesto se ero davvero così brutto…” rispose il
ragazzo.
“Maestra, maestra!” la chiamò Mary Anne correndole incontro
con un bel mazzo di fiori selvatici “Tieni, li ho colti per te!” disse tra un
affanno e l’altro la piccola
“Grazie piccolina!” disse Diana, grata soprattutto per non dover
rispondere a Fred.
La piccola si sedette accanto ai due e, dopo poco, la
stanchezza della giornata fece sprofondare la piccola in un sonno profondo,
cullata dalle braccia di Diana.
“Sembra un angelo” disse la ragazza guardando Mary Anne,
accarezzandole di tanto in tanto i capelli dolcemente.
“Già” disse semplicemente Fred guardando Diana.
Venne, purtroppo, l’ora del rientro. Fred accompagnò Diana
a casa e, dopo aver salutato lei ed i genitori, se ne andò con i bambini.
Per tutta la settimana Fred andò a trovare Diana.
Molto spesso era accompagnato dai bambini e dalla signora
Allan, che sostituiva Diana alla conduzione dell’asilo, altre volte andava da
solo.
Si sedevano in salotto, una stanza molto grande e
tinteggiata di un tenue color crema. Alle pareti c’erano dei quadri che aveva
dipinto lei stessa, anche se non l’avrebbe confessato a nessuno, lo sapevano
solo i suoi genitori ed Anna.
I mobili erano in mogano chiaro e profumavano di gelsomino.
Attorno ad un tavolino, rotondo e basso, facevano bella mostra un divano e tre
poltroncine disposte a semicerchio. Nell’unica parete libera c’era la libreria,
l’orgoglio del signor Barry.
Il salotto era il loro punto di ritrovo e, tacitamente,
occupavano sempre ai soliti posti: lei il divano, poteva così allungare la
gamba sotto una calda coperta, e lui la poltrona di fronte a lei. Sulle pareti
del salotto facevano bella mostra alcuni quadri ed alcuni disegni: molti
bambini, infatti, quando passavano a trovarla le lasciavano un disegno di
pronta guarigione e lei li appendeva.
“Il salotto è la stanza che più preferisco. Ha dei colori
caldi, ti rilassano. Da piccola, invece, sia io che Anna adoravamo la camera
degli ospiti…” disse ridacchiando Diana. E spiegò ad uno stupito Fred quanto
era accaduto alla povera zia Giuseppina il giorno di San Silvestro di tre anni
prima. Scoppiarono entrambi a ridere.
La loro amicizia era cresciuta in quei giorni e si
ritrovavano spesso a parlare dei più svariati argomenti: stagioni, ricordi
dell’uno o dell’altra, hobbies, sogni ed aspettative per il futuro.
Diana gli parlò di Anna, di Gilbert e di tutti gli altri
suoi amici che sarebbero presto rientrati per le vacanze natalizie.
Fred l’ascoltava attento e si divertiva ad osservare
l’alternarsi delle emozioni sul suo viso.
Gli piaceva ascoltarla, aveva una voce dolce e melodiosa.
“Sei venuto qui tutti i giorni. Non dovevi… sarai rimasto
indietro con il lavoro e con il trasloco…” disse dispiaciuta la ragazza al
termine della settimana.
“Non ti preoccupare, mi fa piacere venire a trovarti, e
poi, siamo amici, non dimenticarlo…” disse Fred dolcemente.
Poco prima di cena passò il dottore, che trovò Diana
decisamente migliorata. “Lunedì potrai ricominciare a lavorare.” le disse
sicuro di darle una lieta notizia.
“Dice davvero dottore?” chiese Diana felice.
“Certamente!” assicurò l’interpellato.
Fred, che aveva assistito alla scena con i genitori di lei,
sorrise felice: finalmente era guarita!
Dopo aver salutato Diana ed i suoi genitori, Fred
s’incamminò verso casa.
Cosa mi sta succedendo… Perché voglio vedere Diana felice?
Perché è così importante per me che lo sia? queste erano le domande che
assillavano il povero ragazzo dacché aveva lasciato casa Barry.
Dopo quasi un quarto d’ora arrivò a casa. Entrò ed andò in
cucina: come d’abitudine, sua madre era ai fornelli.
“Ciao mamma, sono rientrato” disse dandole un bacio sulla
guancia.
“Ciao figliolo, tra un’ora si cena” disse dolcemente la
donna, dando un’occhiata alla pendola appesa al muro.
Fred guardò la madre: era una donna piccola aveva i capelli
castani e profondi occhi nocciola. Nonostante avesse appena quarant’anni, era
riuscita a mantenere una forma fisica perfetta ed invidiabile. I capelli erano
legati in una crocchia, ma qualche ciocca tendeva sempre a scapparle,
ingentilendole i lineamenti, resi severi dalla pettinatura.
I pensieri del giovane iniziarono a vorticare verso
un’altra direzione… Una casa… delle pentole sulla stufa…una ragazza con i
capelli neri come la notte e gli occhi dello stesso colore… intenta a preparare
la cena… per lui… per loro… Diana…
“Fred? Ehi Fred? Sei sicuro di stare bene?” disse la madre
apprensiva vedendo il figlio tornare in sé solo dopo numerosi richiami.
“Scusa mamma… Ero soprappensiero…” disse il giovane per
giustificarsi.
“C’è tempo per la cena… Se vuoi puoi andare a riposare… Ti
vengo a chiamare quando è pronto in tavola…” disse la donna
“Seguirò il tuo consiglio. Grazie.” disse Fred stava per
andarsene quando, osservando meglio la cucina “Ma… hai messo mano anche qui?”
chiese facendo fatica a trattenere un sorriso.
“Fredrerick Wright! Ho solo migliorato la cucina, che ti
ricordo è il mio regno!” disse la donna, assumendo un’aria battagliera.
“Va bene! Non agitarti…” si arrese Fred.
La cucina aveva mantenuto solo il tinteggio che gli era
stato dato all’inizio del trasloco. Se si escludeva l’acquaio che, per ovvie
ragioni, non era possibile spostare, il resto del mobilio era stato spostato.
Doveva ammetterlo: sua madre era riuscita a rendere ancor
più pratica una già pratica cucina.
Aveva anche aggiunto alle pareti delle mensole, sopra le
quali ci aveva messo dei barattoli contenenti spezie e biscotti, e delle
pentole in rame che davano un tocco di colore e di decoro alla sala.
“Vado in camera prima di rischiare di rimanere senza cena…
E non mi sembra il caso visto il buon odorino che proviene da quelle pentole”
disse il giovane con aria furba.
“Ti conviene giovanotto!” disse la donna minacciando il
figlio con il mestolo e scoppiando a ridere subito dopo.
Arrivato in camera, si stese sul letto e tornò a perdersi
nei suoi pensieri.
Adesso non ho più la scusa per andarla a trovare, come
farò?… sospirò il giovane.
Si avvicinò alla finestra ed osservò la casa che
s’intravedeva accanto al lago “Diana… Cosa mi hai fatto…” sussurrò.
Che sia amore? pensò Fred. Amore per una ragazza che ho
incontrato meno di dieci giorni fa… Non può essere… E se così fosse?
Un leggero bussare alla porta lo distolse dai suoi
pensieri. Andò ad aprire la porta e trovò sua sorella minore Katherine.
Katherine era l’ultima nata in casa Wright: aveva undici
anni, capelli castani, raccolti in una morbida treccia, e dolci occhi castani:
era la copia in miniatura della madre, ma, fortunatamente, non
caratterialmente. Nulla, infatti, sembrava farla arrabbiare ed era la
gentilezza fatta persona.
“La cena è pronta” disse sorridendo, ed insieme
s’incamminarono al piano di sotto.
Tutti fecero onore alla cena. La signora Wright però
osservava, senza farsi troppo notare, il figlio. Era da qualche giorno che lo
vedeva strano, migliorava solo a sera. Ne aveva dedotto che, a farlo felice,
era qualcosa che accadeva nel pomeriggio, ma cosa? si domandava la donna
apprensiva.
Ormai la cena era finita. Mentre stava rigovernando le
stoviglie, iniziò a pensare al figlio ed al suo strano comportamento.
Fred era il classico figlio perfetto, ovviamente aveva
combinato anche lui le sue marachelle da piccolo, ma crescendo era diventato un
ragazzo dolce e premuroso.
Era alto, fortunatamente non aveva preso dalla sua
famiglia, ed aveva i capelli castani, come i suoi, gli occhi erano color
nocciola, aveva un viso squadrato ma ciò non gli toglieva fascino anzi. Poteva
essere di parte, in quanto era sempre la madre, ma a Charlottetown le era
capitato spesso di sentire brusii di ammirazione rivolti all’indirizzo di suo
figlio e, come madre, ne era orgogliosa.
Eppure da qualche tempo era cambiato… E più precisamente
dal giorno in cui suo marito era andato a presentarsi al reverendo di Avonlea…
Che ci fosse dietro una ragazza? Anche a Charlottetown Fred aveva avuto delle
simpatie ma nessuna l’aveva ridotto così. E se fosse una crisi passeggera,
dovuta al trasloco? Magari il cambiamento dalla città ad un paese l’aveva reso
malinconico… Meglio lasciar passare ancora qualche tempo. Già, solo il tempo le
avrebbe dato ragione o torto…
Fred, dopo essersi preparato per la notte, osservò
un’ultima volta casa Barry “Buonanotte Diana” disse mettendosi a letto. Fisso il
soffitto per un po’, dicendosi che non poteva essere amore, in quanto l’amore a
prima vista non esiste e se esiste non dura. Con questi tristi pensieri scivolò
in un sonno profondo.
Diana non se la passava molto meglio di Fred. Purtroppo,
con il suo lavoro, non le sarebbe stato facile trovare il modo d’incontrarlo.
Una bella amicizia già finita, pensava tristemente la ragazza mentre aiutava
sua madre a rigovernare la cucina.
Un aiuto insperato venne dalla signora Barry “Diana, stavo
pensando… Se non hai impegni, domani pomeriggio potremmo passare dalla famiglia
Wright, sai sono nostri vicini, ed ho saputo, giusto oggi dalla signora Lynde,
che hanno ultimato il trasloco… E poi Fred è stato così gentile con te! Pensa
che è venuto a trovarti ogni pomeriggio questa settimana…” disse la signora
Barry guardando la figlia.
“Certo! Per domani non ho impegni” disse la giovane, ed un
meraviglioso sorriso le illuminò il viso.
“Potremo andare verso le 15.00 cosa ne pensi?” propose la
madre.
“Benissimo!” disse felice.
Finito di riordinare augurò la buonanotte ai suoi genitori
ed andò in camera sua a prepararsi per la notte. Si avvicinò alla finestra ed,
anziché volgere il suo sguardo verso il Tetto Verde, com’era sua abitudine
dacché Anna era andata all’accademia, guardò verso la Casa sul Fiume: così ai
tempi era chiamata casa Hamilton.
Perché si sentiva così strana, pensava la ragazza cercando
di fare chiarezza nel suo cuore, ogni volta che accanto a me c’è Fred… mi sento
così… bene. Ho la sensazione che mi ascolti davvero e con interesse. Beh! Come
dice la signora Allan… Se sono rose fioriranno! pensò fissando la casa di Fred.
“Buonanotte Fred” sussurrò Diana prima di infilarsi sotto
le coperte ed addormentarsi.
Un raggio di sole svegliò Diana che, lentamente, aprì gli
occhi: oggi l’avrebbe rivisto! pensava felice.
Si vestì e si preparò a scendere al piano di sotto a fare
colazione con i suoi genitori.
Aiutò sua madre nelle faccende domestiche.
“Portiamo un dolce ai Wright questo pomeriggio? Magari
potrei preparare una crostata di fragole” ricordando quanto accaduto qualche
giorno fa, in occasione del picnic.
Mary Anne aveva interrotto la loro conversazione per
portarle dei fiori selvatici ed aveva detto che Diana era buona come la
crostata di fragole che faceva sua madre… Fred non aveva replicato, ma l’aveva
guardata senza capire.
“Per questa crostata ti dovrai accontentare di marmellata
anziché di fragole fresche caro Fred” disse un po’ dispiaciuta Diana stando
attenta a non farsi sentire dalla madre.
Era molto brava in cucina, specie nel preparare i dolci, e
poco dopo aver trovato tutto l’occorrente, iniziò ad impastare gli ingredienti.
Quando la crostata fu pronta, riordinarono e prepararono il
pranzo.
“Non stancare troppo il piede Diana. Finisco io qui” disse
la madre dopo pranzato.
“Va bene allora. Ne approfitto per andare a prepararmi” le
rispose
Salì in camera e si avvicinò all’armadio, pensando a cosa
mettersi: voleva essere bellissima per Fred quel pomeriggio.
Passò in rassegna l’armadio da cima a fondo per ben due
volte senza decidersi, poi optò per un vestito rosso, regalo di zia Giuseppina,
ed iniziò a prepararsi con cura.
Si pettinò e si acconciò i capelli, come al solito,
cambiando solo il colore dei due nastri, che si intonavano con il vestito.
Si mise gli stivaletti e si osservò con occhio critico
allo specchio: era perfetta.
Scese al piano di sotto, dove sua madre sembrò approvare
l’abbigliamento della figlia.
“Stai davvero bene Diana!” disse sua madre con trasporto.
Quando furono pronti, salirono sul calesse e si diressero
verso la Casa sul Fiume.
Cosa
ne dite di questo capitolo? Mi raccomando fatemi sapere. Non pensate che la
storia sia già al temine, perché ne accadranno ancora delle belle.
Ringraziamenti (in ordine alfabetico):
Daphne: grazie stellina! Non ti preoccupare, lascia un commentino
quando puoi, magari fammi sapere cosa ne pensi anche delle altre mie storie. Il
capriccioso dovrebbe essere Robbie Pie: sta sulle scatole anche a me, ma ad
Avonlea ci sono parecchi Pie e non potevo non metterne qualcuno a tormentare la
dolce Diana. Però ho anche messo Fred a difenderla. Penso che quella risposta
si farà parecchio attendere… Povero Fred… come sono cattiva con lui… Ma sappi
fin d’ora che farà grandi cose in questa fanfiction. Non aggiungo altro per non
svelare di più… Ciao stellina!
Nisi Corvonero: grazie a te che mi lasci costantemente un commento e mi
correggi dove sbaglio, ho riletto il capitolo incriminato e l’ho corretto:
spero di non aver fatto altri danni. Non so se per la Montgomery Fred era un
diminutivo o meno. Io l’ho fatto diventare tale. Fammi sapere cosa ne pensi di
questo. Ciao bella!
Zebrona: ciao tesorino, mi fai arrossire! Addirittura due recensioni
una dopo l’altra. Wow! Cosa dirti se non GRAZIE!! Magari fammi sapere cosa ne
pensi delle altre mie storie. Aggiorna presto anche la tua fanfiction: voglio
sapere cosa succede e se anche gli altri sogni si avverano… O se è stato un
semplice caso… Ma mi sa tanto di no… Ciao tesorino!
Capitolo 8 *** La terza svolta: amicizie, amori, gelosie. - Parte 1^ ***
Arrivarono dopo poco
Arrivarono dopo poco. A Diana quel breve tragitto era
sembrato un’eternità. Teneva la crostata sulle ginocchia, stando bene attenta
che nulla rovinasse la sua deliziosa creazione.
Scesero dal calesse e, avvicinandosi alla porta, suonarono.
“Sono arrivate! Julia, Katherine! Mi raccomando…” disse
apprensiva la signora Wright.
“Sì mamma…” dissero in coro le figlie.
Sapevano quanto la madre tenesse a quell’incontro. Era
importante avere buoni rapporti con i vicini. Ed i Barry erano i loro vicini
più prossimi.
Fred aveva parlato molto bene dei Barry a casa, ma un conto
era sentirne parlare un altro era poterlo appurare personalmente.
La signora Wright osservò le figlie: Katherine indossava
uno splendido vestito azzurro cielo ornato con dei nastri di colore blu; mentre
Julia indossava un abito lilla dal taglio semplice e senza ornamenti, unico
vezzo un fiocco leggermente più scuro appuntato sul petto.
Julia, la terzogenita di casa Wright, aveva sedici anni,
era alta ed aveva folti capelli biondi che era solita acconciare in una treccia
che scendeva fino a metà schiena, aveva il viso di un ovale perfetto, e
profondi occhi azzurri.
La signora Wright, dopo aver respirato profondamente, aprì
la porta sorridente “Ben arrivate. Signora Barry… Signorina Barry… accomodatevi
prego…” disse cordialmente la donna “io sono Margareth Wright” continuò facendo
accomodare le due ospiti in salotto “queste sono le mie figlie… Julia, la più
grande… e Katherine, la più piccola della famiglia…” concluse la donna.
“Molto lieta” disse la signora Barry “io sono Paula Barry e
lei è mia figlia Diana” disse indicando la ragazza al suo fianco “Mio marito
purtroppo non è potuto venire e neppure mia figlia minore: sono entrambi a casa
influenzati” terminò la signora Barry
“Mi dispiace, spero si riprendano presto entrambi” disse la
signora Wright con simpatia
Il salotto era una sala molto ampia: le pareti erano
rivestite da pannelli in legno di noce chiaro mentre un grande tappeto, con
colori che variavano dal giallo chiaro all’oro con qualche disegno rosso sparso
qua là, occupava tutto il pavimento. Alle pareti c’erano dei quadri
raffiguranti alcuni paesaggi di mare.
Un’ampia finestra permetteva, a chi stava seduto sul
divano, di ammirare il giardino ed il fiume che scorreva lì accanto. Un
tavolino basso era posto davanti al divano, e due poltrone erano state messe di
fronte al divano. La parete a sinistra del divano era riservata ad un caminetto
alquanto imponente che rendeva la sala intima. Dei soprammobili erano stati
appoggiati nella mensola del camino.
Julia e Katherine salutarono gli ospiti educatamente.
Diana offrì il dolce alla signora Wright “potremmo
accompagnarla al the, se siete d’accordo… Sapete, per quell’ora dovrebbero
rientrare gli uomini” disse “purtroppo sono dovuti andare a risolvere un
problema alla segheria di Charlottetown” informò la padrona di casa.
“Li attenderemo molto volentieri…” disse la signora Barry.
Diana parlò molto con le figlie della signora Wright, ed in
particolar modo con Julia: trovava la ragazza molto simpatica e divertente.
“Domani ricomincio a lavorare all’asilo di Avonlea. La
settimana scorsa mi sono fatta male ad un piede ed il medico mi ha consigliato
di riposare per una settimana. Non vedo l’ora di rivedere i bambini. Sai mi
sono venuti a trovare molto spesso!” disse Diana con entusiasmo
“Lo vedo che sei felice, ti brillano gli occhi dalla gioia!
Sai, io non conosco ancora nessuno qui. Non ho amiche e mi piacerebbe che io e
te lo diventassimo… Sempre che a te faccia piacere…” disse Julia, dimostrando
di ricambiare la simpatia di Diana.
“Stavo per proportelo io. E quando arriveranno i miei amici
dell’accademia ti presenterò anche a loro: sono sicura che li troverai
simpatici. Senti… Ti andrebbe di lavorare all’asilo con me? Sai prima con me
c’era la signora Allan, la moglie del reverendo, ma adesso sono sola. I bambini
li adoro, però… Mi piacerebbe avere qualche adulto con cui ogni tanto scambiare
quattro chiacchiere… Cosa ne pensi?” propose Diana trattenendo quasi il
respiro.
Julia sembrò pensarci su, poi guardò sua madre “Per me non
ci sono problemi” disse l’osservata.
“Allora accetto!” disse felice come una ragazzina.
Diana era doppiamente felice: aveva finalmente trovato
qualcuno che l’aiutasse con l’asilo, cosa che la signora Allan non poteva più
fare essendo in attesa di un bambino per la prossima primavera; e poteva
frequentare casa Wright e vedere Fred… Già il suo Fred… Da quando dico mio?
pensò la ragazza arrossendo a colpo.
Sentirono il rumore di un calesse “Sono arrivati gli
uomini… Katherine, puoi avvisarli che abbiamo ospiti?” disse la madre
accompagnando tale richiesta con un sorriso.
“Certo mamma… con permesso…” disse la ragazzina ed uscì.
“Il the sarà pronto entro breve” disse la signora Wright alle
sue ospiti.
“Papà! Fred! Abbiamo ospiti…” disse Katherine appena gli
uomini scesero dal calesse.
“Ah… I Barry se non ricordo male…” disse il signor Wright
pensieroso.
Diana è qui! Pensò Fred al colmo della gioia “Beh… Allora
dobbiamo cambiarci d’abito, altrimenti la mamma chi la sente dopo…” disse
sornione all’indirizzo del padre.
“Già, figliolo. E dovremmo avvisare tua madre che stasera
assieme a James arriverà Alice, con Martin e sua sorella Janet” disse rivolto
al figlio che aveva cambiato letteralmente espressione.
“Ma Alice aveva detto che Janet restava a Charlottetown?”
disse con un filo di voce il giovane.
“Povero Fred… Braccato da una donna…” scoppiò a ridere
Katherine.
“Hai poco da ridere signorina…” disse il fratello
inorridendo al solo pensiero della ragazza.
“Avrà cambiato idea” disse il padre “e poi… sapendo che non
resti a Charlottetown…” terminò il padre.
“Andiamo dai Barry” disse Fred.
Dopo quella che per la signora Wright e Diana fu
un’eternità, finalmente gli uomini fecero il loro ingresso in salotto.
Diana osservava di sottecchi Fred: aveva indossato un paio
di pantaloni neri ed una camicia bianca che metteva in risalto il fisico del
ragazzo.
Continuò a parlare con Julia, per non dare troppo
nell’occhio dell’asilo affinché l’amica sapesse cosa aspettarsi e magari cosa
cambiare.
Anche Fred osservò Diana, colei che deteneva il suo cuore:
il vestito che indossava era e le stava benissimo, le metteva in risalto la
pelle di porcellana ed i capelli neri come la notte.
Ormai lui ne era sicuro: era amore. Amore con la A
maiuscola.
Però temeva, non sapeva come dichiararsi e come lei avrebbe
accettato il suo amore.
E se lei non ricambiasse i miei sentimenti? Non so se
riuscirei a vederla pur sapendo che lei non ricambia il mio amore… pensò il ragazzo.
Venne servito il the e la crostata di fragole.
“Sapete, da lunedì inizierò a lavorare all’asilo con Diana”
annunciò Julia rivolta a tutti i presenti.
“Congratulazioni sorellina” disse Fred sorseggiando il the
“e complimenti per la crostata mamma!” aggiunse poi.
Diana arrossì “Veramente dovresti ringraziare la signorina
Barry…” disse la madre guardando prima l’artefice del dolce e poi il figlio.
Bingo! pensò soddisfatta. Ecco spiegato tutto: era Diana
Barry la ragazza che faceva battere il cuore al suo Fred. Però ha buon gusto,
come suo padre del resto… pensò senza modestia la donna. E secondo me anche la
signorina Diana Barry prova qualcosa… pensò soddisfatta.
“L’hai fatta tu?” chiese sorpreso Fred guardandola.
“Già” disse lei arrossendo.
Entrambi ripensarono al giorno in cui, insieme ai bambini
erano andati a fare il picnic e la piccola Mary Anne aveva portato a Diana un
mazzo di fiori selvatici dicendole, con l’innocenza dei bambini, che lei era
buona come la crostata di fragole. Si sorrisero.
“E’ squisita!” disse il signor Wright.
E quello fu il parere generale dei presenti.
Avevano da poco terminato il the, quando il rumore di un
calesse attirò l’attenzione dei presenti.
“Devono essere Martin, James, Alice e Janet” disse il
signor Wright rispondendo all’occhiata curiosa della moglie.
Qualche minuto dopo fecero il loro ingresso nel salotto
Martin con Alice, James e Janet.
“Buonasera” dissero i nuovi arrivati.
I presenti si alzarono in piedi “Fred! Quanto mi sei
mancato!” disse Janet correndogli incontro felice.
Diana ci rimase di malissimo: Fred è fidanzato! pensò
sconvolta la ragazza. Se prima aveva fatto di tutto per poter visitare più
spesso casa Wright, adesso voleva andarsene il più presto ed il più lontano
possibile!
“Vi presento i miei due figli: Martin e James” iniziò la
donna lanciando un’occhiata colma di disapprovazione all’indirizzo di Fred.
“Mentre la ragazza in azzurro è Alice, la fidanzata di
Martin e l’altra è Janet, sua sorella” concluse la donna.
Allora non è la sua fidanzata… pensò Diana.
“Janet… mi stai soffocando…” disse Fred educatamente.
La ragazza mollò, a malincuore, la presa, ma si avvinghiò
al braccio del giovane guardandolo con occhi adoranti.
Janet era una ragazza di sedici anni, era alta ed aveva i
capelli castani. Gli occhi erano azzurri. Era molto carina, ma Fred non provava
assolutamente nulla per lei.
Lei però non la pensava allo stesso modo, lo considerava
l’uomo della sua vita.
Diana osservò i due fratelli di Fred. Si somigliavano
molto.
Martin, il primogenito, visto di schiena era identico a
Fred, guardandoli in faccia si notava che il primo aveva occhi azzurri e corti
baffi, mentre il secondo aveva occhi nocciola e non aveva ne barba ne baffi.
James, il quartogenito, aveva quattordici anni, come Julia
aveva i capelli biondi ed occhi azzurri. Era già molto alto per la sua età, e
prometteva di raggiungere la stessa altezza dei fratelli.
Alice, la fidanzata di Martin, aveva diciotto anni, i
capelli castani e degli splendidi occhi verdi. Aveva il viso a forma di cuore e
la pelle color pesca, segno che le piaceva stare all’aria aperta. Insegnava
nella scuola di Charlottetown.
“Ci dispiace avervi disturbato…” disse Alice rivolgendosi
ai presenti.
“Non ti preoccupare cara, non disturbate affatto…” disse la
signora Wright.
“Penso che sia ora di andare, vi abbiamo trattenuto fin
troppo…” disse la signora Barry guardando la pendola del salotto: si erano
trattenute fin troppo.
“Grazie dell’ospitalità” disse Diana.
“Siccome si è fatto tardi, posso accompagnarvi?” chiese
Fred, sperando che Janet mollasse la presa.
Diana e sua madre si guardarono. “Accettate, vi prego”
disse la signora Wright.
“Va bene allora” disse la signora Barry.
Ciao
a tutti!! Ve l’avevo detto che avevo in mente grandi cose per il caro Fred.
Allora, cosa ne pensate??
Questo
capitolo sarà un po’ piatto forse però mi serviva per introdurre i personaggi
che “complicheranno” questa storia. Devo confessare che pensavo di finire
questa fanfiction in pochi capitoli, invece grazie alle vostre recensioni, ho
deciso di continuarla, almeno finchè continueranno a venirmi idee.
Ringraziamenti
(come di consuetudine):
Daphne: grazie infinite stellina
dei tuoi commenti. Sono felice che questa storia ti piaccia. Ti dico solo che
nel prossimo capitolo capirai perché la crostata è di marmellata e non di
fragole fresche, chiamiamole così. Cosa mi dici dei personaggi?? Fammi sapere.
Ciao stellina!
NisiCorvonero: ciao
bella, allora cosa te ne pare?? Siccome Josie è all’accademia, mi serviva
qualcuno qua… Fammi sapere. Grazie mille per i complimenti che non so se
merito, però me li tengo stretti!!
Zebrona: ciao tesoro grazie dei
complimenti. Diciamo che per il capitolo precedente mi sono ispirata a me
stessa e soprattutto ai miei sentimenti. Fammi sapere cosa ne pensi di questo
capitolo.
Un
grazie a chi legge questa fanfiction anche senza commentarla.
Capitolo 9 *** La terza svolta: amicizie, amori, gelosie. - Parte 2^ ***
Terza svolta: amicizia, amore e gelosia - Parte 2^
Dopo aver salutato ed augurato a tutti i presenti la
buonanotte, la signora Barry e Diana salirono sul loro calesse aiutate da Fred.
Janet osservò la scena con molto astio: Fredrerick Wright
sarai mio! E non sarà una campagnola qualunque a portarti via da me! pensava la
ragazza guardando con disprezzo Diana.
Intanto sul calesse…
“Mi dispiace averti costretto ad uscire di casa a quest’ora
e soprattutto con ospiti…” disse Diana cercando di fare conversazione.
“Non ti preoccupare, sono felice di averlo fatto. Alice e
Martin si fermeranno qua una settimana. Domenica prossima, a Charlottetown,
celebreranno il loro matrimonio… E si sistemeranno definitivamente là” disse
Fred ad entrambe le donne.
“Non abbiamo fatto le nostre congratulazione ai futuri
sposi” disse la signora Barry dispiaciuta.
“Non vi preoccupate, le farò io al vostro posto” Fred
avrebbe voluto continuare a parlare, ma l’arrivo a casa Barry non gli permise
d’andar oltre.
Scesero dal calesse lentamente, quasi a voler ritardare il
più possibile il momento della separazione…
“Diana, io vado a controllare tuo padre e tua sorella,
porti tu il cavallo nella stalla? Domani ci penserà il fattore a mettere a
posto il calesse” disse la madre e, dopo aver visto il cenno d’assenso della
figlia, entrò in casa.
“Ti posso aiutare?” le chiese gentilmente Fred.
“Grazie” acconsentì gentilmente Diana.
“Riguardo ad oggi pomeriggio… Ecco… Janet è solo la sorella
di Alice. Non c’è niente tra noi…” Fred non sapeva come continuare, si limitava
ad osservare Diana.
Dacché erano partiti da casa Wright aveva visto la ragazza
farsi sempre più triste: aveva pensato che il motivo fosse Janet, ed aveva
deciso di parlarle.
“Non devi giustificarti Fred” disse Diana “noi siamo amici.
Non posso pretendere altro…” terminò la ragazza senza incontrare gli occhi del
giovane. Oh mio Dio! Cosa ho detto! si rese conto troppo tardi Diana.
“Non puoi o non vuoi? E poi ti ricordo che c’è ancora una
domanda in sospeso tra noi…” disse Fred.
Forse Diana aveva avuto una svista nel dire quella frase,
ma adesso Fred voleva andare fino in fondo e capire quali erano i sentimenti
della ragazza nei suoi confronti e soprattutto se tali sentimenti c’erano.
“Fred, ci conosciamo da poco tempo…” cercò di cambiare
argomento la ragazza.
Ormai erano giunti nella stalla: Fred liberò il cavallo dal
calesse e Diana lo accompagnò suo posto.
“Non era la mia domanda… Sono così brutto da farti scappare
ogni volta? Perché lo stai facendo anche adesso…” chiese il ragazzo scrutandola
nell’oscurità.
“Fred, questo non è ne il posto ne l’ora più adatta per
parlarne…” disse la ragazza guardando per terra. Accidenti alla mia timidezza!
pensò tristemente.
“Va bene. Domani, dopo la funzione, al lago dei Barry.”
disse deciso Fred.
“Ma…” fece per obbiettare la ragazza.
“Niente ma Diana. Io ti aspetterò… A domani” disse
uscendo dalla stalla ed incamminandosi verso casa.
Diana osservò Fred andarsene. Oh Fred… Perché quando sono
con te il mio cuore accelera come se corressi? Perché, quando mi guardi, sento
il mio cuore perdere un battito? Perché non sopporto quando Janet ti è vicina e
ti abbraccia? Che sia gelosa? Gelosa di Janet? Ma se l’ho vista per poco tempo…
Quando anche l’ombra di Fred fu scomparsa Diana rientrò in
casa.
“Fred mi ha aiutato a mettere a posto il calesse” disse
Diana alla madre, che era indaffarata in cucina a preparare la cena.
“E’ stato gentile…” disse la madre guardando la figlia.
“Già…” disse quest’ultima.
“Cosa c’è Diana? Sei strana da qualche tempo… Prima pensavo
che fosse dovuto al fatto che Anna era andata all’accademia, ma ora mi sembra
che tu l’abbia superato…” disse guardando con apprensione la figlia.
“Sono solo confusa… credo…” disse Diana guardando sua madre
con gli occhi lucidi.
“Confusa… riguarda, per caso, Fred” disse la madre
guardandola attentamente.
“No… Sì…” disse scoppiando a piangere.
“Era questione di tempo… Ma sapevo che sarebbe giunto
questo momento” disse la madre quando la figlia si fu calmata.
“Cosa intendi dire?” chiese stupita Diana.
“Ti sei innamorata Diana” disse la madre guardandola
dolcemente, solo il silenzio accolse la sua affermazione.
“Se non dici niente vuol dire che ho ragione…” continuò
allora la signora Barry.
“Oh, mamma! Non so cosa fare… E poi hai visto Janet? E’
bella e sofisticata… Lui è un ragazzo di città! Non ho speranze…” disse prima
di scoppiare a piangere.
“Ma stasera lui ha chiesto di poter accompagnare te a casa,
non l’ha chiesto a Janet…” disse la madre cercando di calmare le lacrime che
scorrevano copiose sul bel viso della ragazza.
“Cosa devo fare mamma?” chiese Diana con la voce incrinata
dalle lacrime.
“Sii te stessa” disse semplicemente la donna accarezzandole
i capelli.
Diana sembrò rifletterci su qualche minuto “Grazie mamma!”
disse abbracciando la madre.
“Sei uno stupido Fred!” si disse per l’ennesima volta il
ragazzo.
“Adesso l’ho persa… Altro che Janet… Ho fatto tutto da
solo… Bravo Fred!” continuò il ragazzo.
Entrò in casa ed andò in cucina, convinto di trovare la
madre, ma non trovò nessuno.
Decise di andare in salotto, dove trovò i suoi parenti e le
due ospiti.
“Fred, sei tornato!” disse Janet andandogli incontro
felice.
“Ciao Janet…” disse con indifferenza.
“Bene, adesso possiamo metterci a tavola…” disse il signor
Wright scambiando un’occhiata d’intesa con la moglie.
Cenarono e come dolce terminarono la crostata di fragole.
“Signora Wright questa crostata è buonissima! Dovrà darmi
la ricetta!” disse Janet gustando la seconda fetta di crostata.
“Veramente l’ha fatta Diana…” disse Julia sorridendo soddisfatta.
Era risaputo che Julia e Janet non andavano d’accordo. Nessuna delle due
l’aveva mai ammesso apertamente, ne aveva mai voluto dire il motivo.
“Ah… Però si vede che non è fatta con fragole fresche…
Magari l’avrà acquistata per fare bella figura…” buttò lì Janet con astio: non
avrebbe vinto quella sempliciotta! pensò tra sé.
“Avresti detto lo stesso anche se la crostata l’avesse
fatta mia madre?” chiese Julia irritata. Aveva da poco conosciuto Diana, ma le
era sembrata una brava persona, inoltre l’aveva accettata senza riserve. Era
suo dovere difenderla. Era convinta che anche Diana avrebbe fatto lo stesso per
lei.
“Basta Julia” disse la madre con sguardo severo. Anche se
tollerava poco Janet non era giusto trattarla male, era pur sempre ospite in
casa loro.
“Scusami mamma” disse la richiamata all’ordine.
Janet gongolava felice… “Smettila Janet!” le intimò in un
sussurro la Alice.
Terminata la cena, Julia e Katherine aiutarono la madre a
rigovernare. Gli uomini rimasero in salotto con le due ospiti.
“Janet vieni di sopra a disfare i bagagli?” propose Alice
alla sorella.
“Sono troppo stanca per mettere a posto i vestiti, non lo
possiamo fare domani?” disse vedendo Fred avvicinarsi alla porta per uscire.
Janet approfittò dell’occasione che le veniva offerta
“Fred, caro, mi mostreresti i dintorni? ”
Fred guardò Janet “Non sei troppostanca?” le
disse con ironia.
Janet ammutolì di colpo “Vado a sistemare i bagagli!” disse
risentita la ragazza.
Poco dopo la Casa sul Fiume era buia e silenziosa, segno
evidente che i suoi occupanti erano tutti andati a riposare.
Un nuovo giorno… e che giorno pensò Diana svegliandosi.
Scese dal letto ed aprì la finestra, ormai era dicembre ed
il sole, che faceva presagire una bella giornata, non riusciva a scaldare la
fredda giornata.
Richiuse la finestra cercando di scaldarsi le braccia ed il
corpo intirizziti dal freddo.
Si avvicinò all’armadio e prese il vestito della domenica:
era un vestito in velluto blu scuro con il colletto alto al centro del quale
faceva bella mostra di sé un fiocco dello stesso tessuto e colore. Si pettinò
accuratamente e, dopo aver indossato il vestito e preso cappellino e borsetta,
scese al piano di sotto dove indossò gli stivaletti.
Sua madre era in cucina.
“Buongiorno mamma, dormito bene? Papà e Minnie May come
stanno?” chiese Diana.
“Buongiorno Diana. Papà sta un po’ meglio, non ha la
febbre, ma per oggi non lo farei uscire. Tua sorella invece ha ancora la
febbre. Non ho dormito molto, ma meglio dei giorni scorsi…” le rispose
sorridendo.
Essendo entrambe pronte, uscirono per recarsi alla
funzione.
Arrivarono in chiesa in anticipo, e trovarono la signora
Lynde e la signorina Cuthbert con le quali si fermarono a parlare un po’.
Stavano entrando a prender posto quando Diana, vide
arrivare Fred e la sua famiglia.
C’erano tutti, persino Alice. Mancava solo Janet.
Chissà come mai non è venuta? pensò Diana prendendo posto.
I Wright presero posto tre file più indietro.
Terminata la funzione, Diana e la signora Allan si
avvicinarono ai Wright.
Julia, che fu la prima a vederli, la salutò calorosamente.
“Ciao Julia. Signor Wright, Signora…” disse compitamente
Diana “Vorrei presentarvi la signora Allan” aggiunse voltandosi verso
quest’ultima.
“Buongiorno” disse gentilmente la moglie del reverendo
regalando ai presenti un dolcissimo sorriso.
“Ho saputo che aiuterai Diana nella conduzione dell’asilo…”
disse rivolgendosi a Julia “Mi fa piacere, io adesso non le posso più essere
molto d’aiuto” disse accarezzandosi il pancione piuttosto prominente.
“Sono felice che Diana me l’abbia chiesto e farò del mio
meglio per aiutarla!” disse Julia con convinzione.
Molti altri abitanti si unirono alla conversazione del
gruppetto, soprattutto per conoscere i nuovi abitanti di Avonlea. La signora
Allan si congedò all’arrivo del marito, che non voleva si stancasse troppo
nelle sue condizioni.
Fred guardò Diana e, con una scusa se ne andò.
Diana lo osservò di sottecchi: avrebbe avuto il coraggio di
andare all’appuntamento? se lo stava chiedendo dall’inizio della funzione. Ed
ancora non sapeva cosa fare.
Non sono sofisticata… Cosa posso offrire ad un ragazzo
bello e meraviglioso come Fred io, una semplice ragazza di paese? Niente… Però…
Lui ha dimostrato che ci tiene a me, dopotutto è passato ogni giorno a
trovarmi… Ha ragione la mamma! Non lo lascio a Janet! pensò Diana: ormai la
decisione era presa.
Salutò i presenti e, dopo aver fissato un orario ed un
luogo d’incontro con Julia per l’indomani, s’incamminò verso il calesse dove
l’attendeva la madre.
“Mamma, posso uscire?” chiese Diana appena rientrate a
casa.
“Veramente siamo appena rientrate… Va bene! Ma non stare
tanto. Rientra prima di mezzogiorno” disse vedendo la figlia guardarla con fare
supplichevole.
“Grazie mamma!” disse Diana correndo fuori.
“E’ proprio innamorata…” disse al vuoto la donna.
Fred, già arrivato all’appuntamento, fissava il paesaggio senza vederlo
“Chissà se verrai Diana…” chiedeva al vento Fred.
Eccoci
qua! Finalmente la terza svolta è finita.
Il
prossimo capitolo lo volete romantico oppure travagliato?? Fatemi sapere perché
ho due idee per la testa e non so decidermi.
Ringraziamenti:
Daphne: ciao stellina! Sì, sei la prima…
Neppure a me è simpatica Janet, ma mi serviva l’antagonista, altrimenti questa
storia sarebbe già finita.Avrai notato
che anche la madre di Diana ha scoperto che la figlia è innamorata. Ti annuncio
che nel prossimo capitolo ritorneranno i nostri amici partiti per l’accademia.
Mi dispiace ma non sarà Alice che formerà il trio, ma qualcun’altra… Non ti
svelo altro. Ciao e fammi sapere!!
Terza svolta: amicizia, amore e gelosia - Parte 2^
Dei passi affrettati attirarono l’attenzione del giovane
che si voltò in attesa di veder comparire la figura tanto amata di Diana.
Fa che sia lei… pensava il giovane. D’altronde chi altri
sapeva del loro incontro? si chiedeva il giovane dubbioso.
Finalmente la vide: aveva i capelli in disordine, segno che
aveva corso per gran parte del tragitto. Il viso arrossato e gli occhi
scintillanti… E’ bellissima… pensò semplicemente Fred guardandola.
Anche Diana si accorse di lui. La stava aspettando accanto
all’albero dove, due settimane prima, avevano fatto il picnic… Il vento, che
aveva iniziato a soffiare subito dopo la funzione, sembrava giocare con i
capelli di Fred.
Mi ha aspettata… pensò arrossendo Diana. Aveva corso per
tutto il tragitto, non voleva ammetterlo, ma aveva paura… Paura che nonostante
tutto lui avesse preferito andarsene… magari con Janet…
Salì la collinetta che li separava e si appoggiò all’albero
e cercò di riprender fiato.
“Ciao…” le disse lui guardandola con tenerezza.
“Ciao…” riuscì a dire lei, dopo aver regolarizzato il ritmo
del respiro, i battiti furiosi del suo cuore non volevano saperne di calmarsi:
era tesa ed emozionata.
“Temevo che non venissi…” le disse in un soffio Fred non
riuscendo a smettere di guardarla.
“Anch’io…” disse lei non riuscendo a sostenere il suo
sguardo.
“Non volevi venire?” le chiese sorpreso Fred.
Ieri non aveva badato molto alle parole che aveva detto a
Diana, ma ora… temeva di aver fatto troppe pressioni sulla ragazza.
“No” disse invece lei scotendo la testa “non sapevo se… si
insomma… se mi avresti… aspettato…” disse cercando di guardarlo.
“Te l’avevo detto…” le rispose lui “Ci sediamo?” propose
togliendosi la giacca e mettendola per terra, affinché Diana sedendosi non si
sporcasse il vestito.
“Grazie” disse arrossendo maggiormente. Non era abituata a
simili premure. Certo, Ruby le aveva detto infinite volte che i ragazzi si
comportano in modo gentile e premuroso nei confronti delle ragazze carine ed,
ancor di più, quando queste interessano loro.
Ma un conto era sentirlo dire o vederlo su altri, ben
diverso era essere protagonista.
Diana non sapeva come comportarsi. Era emozionata, temeva
di rovinare il momento magico che si era creato tra loro.
“Avevamo iniziato un discorso ieri sera…” disse lui
rompendo il silenzio che si era creato.
Ci siamo… pensai non sapendo cosa dire o
fare…
Attendevo trepidante che tu facessi una
qualche mossa. Certo, sapevo che non mi avevi fatta venire fin lì per stare a
guardare il paesaggio, ma l’avevi fatto per continuare un discorso. Già il
discorso per essere precisi. Quello che la notte precedente mi aveva tenuta
sveglia a fissare il soffitto chiedendomi cosa dovevo fare, e soprattutto se
facevo la cosa giusta. Ma qual’era la cosa giusta?
Questa mattina mi sono alzata risoluta… Avevo
deciso: non vado all’appuntamento. Appuntamento i miei unici
appuntamenti erano con Anna.
Ma quando sono arrivata in chiesa e ti ho
visto… tutta la mia risolutezza è scomparsa. Il dubbio si è impadronito di me.
Cosa fare? Andare o non andare?
Il colpo di grazia alla mia risolutezza è
stata data dall’occhiata che mi hai riservato al termine della funzione, quando
parlavo con Julia.
Lì ho capito che non ti avrei deluso… Che non
volevo deluderti.
Non hai un carattere facile, sempre pronto a
scherzare su di me… A prendermi in giro…
Come al nostro primo incontro… quando, per
me, tu eri solo un vagabondo o un ladro: il ladro che mi ha rubato il cuore.
Ma sai essere dolce e gentile, premuroso e
sensibile.
Sono venuta all’appuntamento, per concludere
il discorso iniziato e non finito ieri… Ed adesso era arrivato il momento quel
momento…
Mio Dio, Diana, sei così bella. Stanotte non ho
quasi chiuso occhio pensando a te, a cosa dirti se fossi venuta a questa specie
di appuntamento, perché fino all’ultimo temevo che di rimanere solo su
questa collina… Solo in compagnia del vento che si faceva beffe di me… Mentre
tu, ignara del mio tormento, decidevi di dimenticarti di me e del nostro
incontro, di noi… Già, parlo ancora di un noi… Può esistere un amore
così? Ci conosciamo da due settimane, eppure io già so che non riuscirei a
starti lontano…
Mia madre mi raccontava spesso, da piccolo, di
come aveva conosciuto mio padre, di come si era innamorata follemente di lui,
del loro matrimonio e dell’amore che ancora oggi saldamente li univa. Il
nostro, Diana, sarà in grado di fare altrettanto?
Quando ci siamo conosciuti… Mi hai colpito al
cuore… Eri così arrabbiata… Avevi le guance imporporate… Gli occhi ti
brillavano… Ti avevo scambiato per una bambina, e come tale mi divertivo a
prenderti in giro… Quale errore ho fatto… Ed il giorno dopo tu ne hai pagato le
conseguenze… Per colpa mia ti sei fatta male… Come sono stato sciocco…
Ringrazio Dio e te per avermi concesso una seconda possibilità.
Non la voglio sciupare, dolce Diana, ma non
posso andare avanti senza sapere cosa provi per me… Vorrei invitarti ad
assistere al matrimonio di mio fratello… vorrei poterti vedere più spesso… Sono
stanco di vorrei… Adesso voglio.
“Già” disse semplicemente lei voltando un po’ la testa.
“Sono così brutto da farti scappare ogni volta?” chiese lui
senza parafrasare, guardandola.
Dritto al punto, pensò lei. “No…” sussurrò “No, non lo sei
affatto, anzi…” disse con voce normale, evitando di guardarlo. Sapeva che se
l’avesse guardato non avrebbe più avuto il coraggio di proseguire.
“Allora perché sembri sempre scappare? Eviti i miei
sguardi… Non mi guardi mai…” cercò di capire il giovane.
“Io non scappo!” disse Diana guardandolo per la prima
volta.
“Non lo fai nel vero senso della parola, però sei
sfuggente. Vorrei conoscerti meglio… Mi piaci…” disse arrossendo Fred,
distogliendo per un attimo lo sguardo da lei.
“Anche a me piaci…” disse in un sussurro Diana.
Sussurro che il vento portò alle orecchie del giovane Fred…
Nessuno dei due parlò per un’attimo.
“Vuoi venire al matrimonio di mio fratello con me?” chiese
Fred guardandola.
Il rossore sul viso della ragazza aumentò “Mi piacerebbe…
ma cosa penseranno i tuoi genitori? E Janet?” chiese lanciando un’occhiata
furtiva al ragazzo che le stava accanto.
“Beh, sei amica mia e di Julia. Non penso che abbiano nulla
in contrario. Come ti ho già detto ieri, Janet è solo la sorella della sposa.
Tra me e lei non c’è e non ci sarà mai nulla. Almeno da parte mia. Credimi!”
disse prendendole inconsapevolmente la mano.
Diana, a quel gesto, arrossì ancor di più “Ti credo” disse
sorridendo senza ritrarre la mano.
“Allora… Sabato pomeriggio passo a prenderti?” chiese
speranzoso il ragazzo continuando a tenerle la mano.
“Devo chiedere ai miei genitori prima… Penso di sì
comunque” disse esitante Diana.
“Se vuoi posso passare da te martedì e chiederglielo io…”
disse Fred.
“Grazie” disse sorridendo dolcemente.
I rintocchi di mezzogiorno fecero sobbalzare i due ragazzi:
avevano parlato per più di un’ora e non se n’erano accorti.
Si salutarono e decisero d’incontrarsi il giorno successivo
dopo il lavoro.
Diana rientrò a casa felice. Aveva tanto temuto
quell’incontro, ed alla fine…
“Diana, iniziavo a preoccuparmi” disse la madre guardando
prima l’orologio e poi la figlia.
“Scusami” iniziò dispiaciuta “mi sono fermata a parlare e
non mi sono accorta del tempo che passava” disse la ragazza.
“Va bene… Mettiti a tavola” disse la madre comprensiva.
Fred rientrò a casa felice. Era soddisfatto di come si
erano sistemate le cose.
Non voleva mettere fretta a Diana, però era stato felice di
sapere che anche lei provava i suoi stessi sentimenti.
Non l’aveva ammesso con le parole, ma l’aveva fatto con i
gesti. E secondo lui i gesti molto spesso erano più efficaci di mille parole.
Non aveva ritratto la mano, quando lui parlando gliel’aveva
afferrata dolcemente.
Andò in soggiorno dove trovò tutta la sua famiglia a
tavola.
“Figliolo… Sei in ritardo…” disse il padre guardando prima
il figlio, poi la pendola e di nuovo il figlio, in attesa di una risposta.
“Scusatemi, mi sono trattenuto a parlare e non mi sono
accorto dell’ora” disse alquanto vago.
Avrebbe spiegato ai suoi genitori tutto, ma in un secondo
tempo.
Janet era livida di rabbia. Sua sorella non l’aveva
svegliata quella mattina e, di conseguenza, non era potuta andare in chiesa
insieme agli altri.
Aveva saputo da Julia che in chiesa c’era Diana Barry:
quella campagnola è sempre tra i piedi… aveva pensato.
Ed ora Fred tornava a casa con quell’aria soddisfatta… Di
sicuro era stato trattenuto dalla campagnola Diana…
La campagnola non voleva cedere, anzi persisteva nel
ronzare attorno al suoFred…
Avrebbero dovuto fare una chiacchierata loro due… Magari quello stesso
pomeriggio.
“Vorrei visitare i dintorni” disse Janet poco dopo aver pranzato.
“Certo Janet, potresti chiedere a qualcuno di
accompagnarti…” aveva proposto la signora Wright.
“Preferirei andare da sola signora Wright, sa riesco ad
immergermi meglio nella natura se sono sola. E poi Avonlea è un paesino, non
posso perdermi, ne potrà accadermi nulla di male…” disse Janet sorridendo alla
sua interlocutrice.
“D’accordo” dissero i coniugi Wright.
Janet, dopo aver indossato un vestito blu con cappellino e
borsetta in coordinato, salutò i presenti ed uscì.
Era sua intenzione recarsi a casa Barry e fare quattro
chiacchiere con Diana.
Intanto a casa Wright…
“Marting, Alice, volevo chiedervi… Posso invitare Diana al
vostro matrimonio?” chiese Fred ai due futuri sposi che si trovavano in salotto
a discutere degli ultimi dettagli del matrimonio.
“Non vedo perché no…” disse Martin, guardando la sua
fidanzata che non poneva obiezioni.
“Grazie! A tutti e due!” disse il Fred abbracciando prima
il fratello e poi la ragazza.
Andò in soggiorno: sapeva che i suoi genitori volevano
delle spiegazioni riguardo al ritardo con il quale si era presentato a pranzo,
e lui era pronto a darle ma senza orecchie di estranei a sentire.
“Janet non la prenderà bene…” disse Alice sospirando
tristemente, appena Fred uscì.
“Fred non l’ha mai presa in giro. E’ lei che si è creata
qualche illusione su di lui, lo sai anche tu… Se ne farà una ragione prima o
poi” disse Martin dolcemente.
“Ne sono sicura, tuttavia… Forse hai ragione tu” disse
cambiando argomento.
Un’insistente bussare alla porta costrinse Diana a smettere
di impastare la torta che stava facendo per i suoi allievi.
Pulendosi le mani aprì la porta: la sua sorpresa fu totale.
Di fronte a lei c’era Janet.
“Non mi fai entrare?” chiese la ragazza guardando Diana
dall’alto in basso.
“Accomodati prego…” disse Diana osservando la sua inattesa
ospite.
Sua madre era andata a trovare zia Atossa e, se si
escludevano il padre e la sorella al piano di sopra, era sola.
Sentiva su di sé lo sguardo implacabile di Janet: perché mi
sono messa a fare la torta… pensava la ragazza confrontando il suo abito e
quello della sua ospite.
Diana indossava un vestito giallo con le maniche a sbuffo
ed un grembiule bianco, sporco di farina e di marmellata di mele.
Fece accomodare la sua ospite in salotto e, dopo averle
chiesto se gradiva qualcosa, offerta rifiutata altezzosamente, si sedette in
attesa di sentire cosa aveva da dirle.
“Una casa piuttosto piccola… Quanti siete in famiglia?”
chiese osservando con noia l’ambiente.
“Siamo in quattro: i miei genitori, io e mia sorella…”
disse Diana osservando con occhi critici il salotto.
“Immagino non abbiate domestici… D’altronde abitate in un
paesino…” continuò astiosa l’ospite.
“Io e mia madre riusciamo a tenere pulita la casa anche da
sole e poi… non ci piace l’idea che un’estranea tocchi le nostre cose…” disse
vedendo Janet giocherellare con un centrino.
“Veniamo al motivo della mia visita: lascia stare Fred.
Smettila di ronzargli intorno. Lui è il mio fidanzato!” disse con cattiveria
Janet.
“A me non pare” trovò il coraggio di replicare Diana.
“Vuoi la verità?” le chiese Janet ed al cenno affermativo
di Diana continuò “Devi sapere che a Charlottetown io e lui eravamo fidanzati.
Poi i suoi genitori si sono trasferiti… lui mi aveva chiesto di seguirlo e di
sposarci. Io ho stupidamente rifiutato. Sai la città è sempre la città e lui…
beh non l’ha presa bene… Mi capisci? Abbiamo litigato… Io ho capito il mio
errore… Lui, dopo pranzo, mi ha detto che mi ama ancora… Solo che, per farmi
ingelosire, ha finto con te… Ed adesso non ha il coraggio di venire lui qui a
scusarsi…” disse la ragazza, guardando Diana con comprensione.
Mi ha preso in giro… pensò con gli occhi lucidi.
Ce l’ho fatta! E’ stato più semplice di quanto pensassi…
pensò Janet.
Credimi! D’un tratto quella parola squarciò la delusione
che l’aveva colta.
Fred le aveva detto che tra loro non c’era nulla e lei
voleva fidarsi di lui.
“Fred non è un bugiardo! E se lo pensi non lo meriti!”
disse Diana guardando Janet con occhi scintillanti.
“Mah…” iniziò Janet.
“Ed adesso se hai finito di dire cattiverie su Fred, puoi
anche andartene!” disse alzandosi ed accompagnando la sua ospite alla porta.
“Te ne pentirai Diana Barry” disse uscendo Janet.
“Vedremo” disse prima di chiudere la porta.
Salve
a tutti! Ecco qua un nuovo capitolo di questa saga (ok, saga è forse una parola
grossa… concedetemela per favore).
Allora
ringrazio ovviamente tutti quelli che leggono questa fanfiction ed in
particolare:
Daphne: grazie tesorino! Spero con questo
capitolo di averti accontentato. Ho lasciato un po’ di mistero, però adesso i
due sono a conoscenza dei rispettivi sentimenti… Non credo di essere caduta
nella mielosità, se sì perdono. Romantico? Io direi di sì. Ironico… Qui ho dato
buca… Sorry! Spero che anche questo capitolo tipiaccia, tanto da lasciarmi un commentino. Anche più di uno se
credi. Grazie mille dei complimenti che mi fai. Sei troppo buona. Sappi che mi
fanno troppo piacere…
Simple
Plan's Fan!!!:
ciao! Grazie anche a te, spero che continuerai a leggere questa storia e che mi
farai sapere la tua opinione.
Ringrazio
ancora tutti quelli che leggono e quelli che commentano.
Terza svolta: amicizia, amore e gelosia - Parte 2^
Diana si appoggiò alla porta, ancora stordita dall’incontro
appena avuto con Janet.
Non pensava di ricevere una sua visita, ne tantomeno a casa
sua.
Si appoggiò stancamente alla porta chiudendo gli occhi,
quasi a voler scacciare i ricordi di quell’ultima ora.
Si era appena ripresa quando, un leggero bussare alla
porta, la fece sobbalzare: che fosse tornata Janet? pensò Diana sorpresa.
Aprì la porta decisa e… “Anna! Sei tornata! Come sono
felice di rivederti” disse abbracciando la sua amica del cuore.
“Ti ho voluto fare una sorpresa. Vedo che ci sono riuscita”
disse sorridendo la rossa.
“Accomodati, non stare sulla porta” disse facendola
accomodare.
“Quanto mi sei mancata! Sapessi quante cose sono successe!”
disse Diana all’amica.
Si accomodarono in salotto e, davanti ad una tazzina di the
e con una fetta di torta di mele, parlarono di tutte le cose accadute
all’altra.
Diana raccontò ad Anna di Fred: sapeva che se non l’avesse
fatto lei ci avrebbe pensato la signora Lynde, magari aggiungendo fatti non
veri.
Anna fu sorpresa, ma non molto: era questione di tempo, ma
presto o tardi Diana avrebbe conosciuto qualcuno e si sarebbe innamorata.
La consolava il fatto che almeno questo Fred era di
Avonlea, quindi se Diana l’avesse sposato non l’avrebbe lasciata sola.
“Cosa ne diresti domani di venire con me all’asilo?”
propose Diana inaspettatamente.
“Mi farebbe piacere!” disse Anna sinceramente felice per la
proposta.
Decisero d’incontrasi direttamente in chiesa, parlarono
qualche altro minuto, poi si salutarono.
Janet era furibonda: era rientrata a casa Wright due ore
prima, salendo subito in camera.
Come aveva osato quella campagnola trattarla in quel modo…
pensava furibonda la ragazza.
I Wright dal canto loro erano rimasti stupiti vedendo Janet
rientrare: anche ad un osservatore inesperto non poteva sfuggire la rabbia
della ragazza.
Fred rimase stupito: chissà cos’era capitato a Janet per
farla rincasare così furibonda. Questo pensiero fu subito sostituito da un
altro più piacevole: domani avrebbe visto Diana.
Questo dolce pensiero accompagnò Fred fino al momento di
andare a dormire.
Un violento acquazzone accompagnato da forti raffiche di
vento svegliò gli abitanti di Avonlea.
Diana, alquanto triste, osservò il cielo plumbeo, che
sembrava non voler smettere di piovere.
Quel giorno aveva indossato un delizioso vestito verde
muschio, stretto in vita da un fiocco della stessa tonalità del collo e dei
polsini. Indossò i guanti ed il cappotto, prese l’ombrello ed uscì di casa
diretta all’asilo.
Magari oggi non verrà nessuno, così potrò parlare con Anna
e Julia… pensava la ragazza sorridendo.
Arrivò puntuale ed accese la stufa: l’ombrello era servito
a ben poco perchè, a metà del tragitto, la pioggia era aumentata.
Dopo qualche minuto dei passi annunciarono l’arrivo di qualcuno.
Anna comparve sulla porta bagnata come un pulcino.
“Vieni a scaldarti, Anna…” disse Diana vedendo l’amica
intirizzita dal freddo.
“L’ombrello mi si è rotto a metà strada, colpa del vento”
disse cercando di asciugarsi un po’.
Altri passi annunciarono l’arrivo di una terza persona:
Julia entrò nella sala spalancando la porta.
Dopo essersi guardata attorno vide Diana ed un’altra
ragazza accanto alla stufa.
“Scusami per il ritardo Diana…” disse Julia.
“Non sei affatto in ritardo, siamo noi ad essere troppo in
anticipo, non ti preoccupare. Lei è Anna Shirley, una mia carissima amica.
Studia all’accademia ed è tornata ad Avonlea” iniziò Diana “Mentre lei, Anna”
continuò indicando Julia “è Julia Wright. Lei e la sua famiglia si sono
trasferiti da poco ad Avonlea, abitavano a Charlottetown” concluse Diana.
Anna e Julia si sorrisero e si strinsero la mano
scambiandosi un reciproco “Piacere di conoscerti”.
Wright… questo cognome mi è familiare… l’ho già sentito… Un
momento… Fred… si chiama Wright… e Julia… si chiama Wright… sono fratelli!
pensò Anna.
Arrivarono i bambini e Diana presentò Julia come nuova
maestra mentre Anna avrebbe assistito a qualche lezione.
Tutti i piccoli allievi osservarono Julia, mentre lei
sorrideva loro e, con voce dolce propose “Cosa ne dite di fare un bel disegno
per rallegrare questa giornata grigia?”
Diana ed Anna si osservarono: entrambe erano sicure che
Julia avrebbe avuto successo con i bambini.
Verso mezzogiorno finalmente la pioggia smise di cadere ed
un pallido sole fece capolino tra le nuvole.
Diana ebbe un idea e decise di parlarne con Julia ed Anna
“Cosa ne dite di far fare ai bambini una recita?” chiese alle sue ascoltatrici.
“Ottima idea! Potremo organizzare qualcosa che abbia come
tema il natale… Cosa ne pensate?” propose Julia.
“Con qualche canto?” suggerì Anna.
“Magnifico! Dopo proporremo la cosa ai bambini e sentiremo
al loro opinione” disse Diana.
I bambini furono entusiasti della proposta delle due
insegnanti e si misero subito all’opera per decidere chi avrebbe fatto cosa e
la tempistica della recita.
Il tempo era letteralmente volato. Rimasero tutte e tre
molto sorprese di sentire un rumore di cavalli provenire dall’esterno.
Diana si avvicinò alla finestra e vide Fred.
“Julia… Cosa ci fa tuo fratello qua fuori?” chiese Diana
dopo qualche minuto guardando la ragazza bionda che era impegnata in una
discussione con Anna.
“Mio fratello …? Ma che ore sono?” chiese Julia tornando
alla realtà.
“Sono quasi le sette…” disse Fred entrando.
“Oh mio Dio…” disse Diana.
“I preparativi per la recita ci hanno fatto perdere la
nozione del tempo” disse Anna.
“Fred, ti presento Anna Shirley…” disse Julia, vedendo il
fratello guardare la terza ragazza.
“Piacere, sono Fred Wright, fratello di Julia…” disse
rivolto alla ragazza che sorrise, presentandosi a sua volta “Io sono Anna
Shirley, vivo al Tetto Verde. Sono ad Avonlea per trascorrere le vacanze
natalizie. Durante l’anno studio all’accademia” specificò vedendo Fred
pensieroso.
“Infatti, non ti ho mai visto dacché ci siamo trasferiti”
disse il ragazzo “Se volete do un passaggio a tutti quanti, cosa ne dite?”
propose.
“D’accordo” dissero le tre ragazze.
Fecero salire i bambini sul carro e li accompagnarono a
casa.
Anna fu la prima delle tre ragazze ad essere riaccompagnata
a casa. Dopo aver preso accordi con Diana e Julia salutò tutti e ringraziò
Fred.
“Potrei chiedere oggi ai tuoi genitori se puoi venire al
matrimonio di Alice e Martin” propose Fred a Diana.
“Diana verrà al matrimonio di Alice e Martin? Ma è
meraviglioso!” disse Julia, felice della notizia appena ricevuta.
“Non vorrei darti troppo disturbo… E poi saranno le otto
passate… Non vorrei farvi arrivare tardi a cena…” disse rivolta ad entrambi i
Wright.
“Julia può precedermi a casa ed avvisare la mamma che entro
breve sarò lì… Vero Julia” disse rivolto alla sorella.
“Certo! Nessun problema. Lasciami qui” disse Julia appena
il carro arrivò al bivio.
Julia scese dal
carro e salutò Diana che ricambiò dandole appuntamento per l’indomani.
“Julia ha fatto un’ottima impressione ai bambini” disse
Diana rompendo il silenzio che si era creato dacché la sorella di Fred aveva
lasciato il carro.
“Sono felice di saperlo… Vedo con piacere che non ti faccio
più tanta paura…” disse Fred deciso a punzecchiarla un po’.
“Guarda che non mi hai mai fatto paura… Cosa te l’ha fatto
pensare?” chiese la ragazza guardandolo.
Benedetta oscurità! pensò Diana felice di poterlo guardare
senza essere vista.
“Non l’hai mai fatto… Eccoci arrivati” disse il giovane
“Aspetta… Ti aiuto…” scese dal carro ed aiutò Diana a fare altrettanto.
L’afferrò per la vita e, sollevandola un po’ la rimise a
terra, vicino a sé, senza allontanare le mani dalla ragazza.
“Grazie…” sussurrò Diana alzando il viso verso quello di
Fred.
Si guardarono negli occhi… Catene invisibili sembravano
averli uniti…
“Meglio andare a parlare con i tuoi genitori, altrimenti
temo che non ti faranno più venire al matrimonio… almeno non con me” disse
sorridendo Fred.
Diana arrossì vistosamente. Fred, a malincuore, si
allontanò da Diana.
Entrarono in casa.
“Diana! Finalmente sei rientrata! Iniziavamo a
preoccuparci! Oh, Fred!” disse la madre appena i due entrarono in casa.
“Hai ragione mamma. Mi dispiace. Io, Julia ed Anna ci siamo
attardate dietro ad un lavoro e se non fosse stato per Fred a quest’ora saremmo
ancora all’asilo…” disse Diana.
“Grazie Fred. Diana ha sedici anni, ma a volte si comporta
ancora come una bambina…” disse la madre rivolta al ragazzo
“Non la sgridi, ero di strada… comunque ero venuta per
chiedere a lei ed a suo marito se Diana poteva assistere al matrimonio di mio
fratello Martin ed Alice a Charlottetown domenica…” disse Fred.
Diana tratteneva il respiro… Accidenti! Proprio oggi dovevo
fare tardi! pensò avvilita.
“Non vorrei che Diana disturbasse…” iniziò sua madre.
E’ no… pensò Diana.
“Nessun disturbo, e poi mia sorella Julia ne sarebbe tanto
felice. Sa, mia sorella è molto timida e non lega mai con nessuno. Solo con sua
figlia sembra aver instaurato un rapporto d’amicizia… La prego…” disse il
ragazzo con aria convincente.
“Ne discuterò con mio marito. Non posso prendere decisioni
da sola…” disse la donna.
“E’ giusto. Grazie fin da adesso signora Barry…” disse
Fred.
“Figurati Fred… per così poco…” disse la signora Barry,
colpita da tanta gentilezza.
“Ora è meglio che vada… Buonasera signora Barry… Diana…”
disse rivolto alle due donne.
“Accompagnalo Diana… Io vado a parlare con tuo padre Diana”
disse la signora Barry.
Diana accompagnò Fred al carro “Grazie… di tutto…” disse
arrossendo.
Era spuntata la luna ed il cielo era punteggiato da una
miriade di stelle, il vento aveva spazzato via le nubi che avevano affollato il
cielo quel pomeriggio.
“Non ringraziarmi… Per te questo ed altro… Buonanotte
Diana…” disse salendo sul calesse.
“Buonanotte Fred…” disse Diana salutandolo “Buonanotte
amore mio…” sussurrò.
Ciao
a tutti!! Allora cosa ve ne pare di questo capitolo?? Fatemelo sapere con una
bella recensione, mi raccomando.
Ringraziamenti
speciali:
Daphne: ciao stellina, una janet appena
accennata, ti anticipo che nel prossimo capitolo, sarà più presente e più
rompiscatole che mai: ma sappi che ne varrà la pena. Fammi sapere cosa ne
pensi.
Nisicorvonero: ciao tesorino,
addirittura tre recensioni in un colpo solo, wow! Mi gaso proprio. Mi
raccomando fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo. Diciamo che per fred
mi sono ispirata al gilbert tuo e di emmy… ma solo un po’… quando aggiorni le
tue fanfiction?? Un bacio e grazie per le costanti recensioni.
simple
plan's fan: ciao
anche a te, sono felice che la storia continui a piacerti. Mi raccomando fammi
sapere cosa ne pensi di questo nuovo capitolo.
Grazie
anche a chi legge ma non lascia recensioni…
Terza svolta: amicizia, amore e gelosia - Parte 2^
Finalmente è arrivato sabato! pensò Diana aprendo gli occhi
quella mattina: un bel sorriso illuminava il suo viso.
Tra poco arriveranno Fred e Julia ed insieme andremo a
Charlottetown… Non mi sembra ancora vero… Grazie Dio! pensò ancora la giovane.
La settimana era trascorsa all’insegna dell’incertezza fino
a mercoledì sera: era stato dopo cena che i suoi genitori le avevano comunicato
la loro decisione.
La ragazza ripensò alla settimana appena trascorsa e fu
catturata nel vortice dei ricordi...
Martedì era passato velocemente lei, Anna e Julia avevano
parlato, insieme ai bambini, della recita, dei costumi, delle parti da
assegnare e dei canti da fare.
Verso sera, dopo aver riaccompagnato a casa i bambini, si
erano salutate al bivio ed ognuna era rientrata a casa.
“Sono a casa!” disse Diana come al solito appena entrata in
cucina.
“Ciao cara… com’è andata la giornata?” le rispose la madre.
“Bene. Vado a cambiarmi…” disse avviandosi verso le scale
che conducevano al piano di sopra.
Neppure oggi mi diranno la risposta che aspetto con ansia,
pensò avvilita la ragazza salendo lentamente le scale.
Si cambiò d’abito e scese in cucina ad aiutare sua madre a
preparare la cena.
Cenarono in silenzio: lei non osava parlare, temeva di dire
qualcosa di inopportuno, rischiando così di far cambiare idea, i suoi genitori
non parlarono, persi chissà in quali pensieri e la piccola Minnie May osservava
gli adulti chiedendosi il perché tanto silenzio.
Dopo aver aiutato sua madre a rigovernare, salì in camera
dove pregò Dio affinché i suoi genitori le permettessero di andare al
matrimonio.
Il giorno successivo, mercoledì, non iniziò nel migliore
dei modi.
Durante la notte aveva piovuto e solo verso le prime luci
dell’alba la pioggia si era placata, concedendo un po’ di tregua, lasciando
uscire qua e là qualche raggio di sole.
Diana uscì di casa ed osservò il cielo: grossi nuvoloni
carichi di pioggia venivano spinti dal vento coprendo spesso il sole che,
nonostante tutto, si sforzava di risplendere.
Arrivò all’asilo in orario ed accese subito la stufa.
Anna e Julia arrivarono poco dopo.
“Saputo qualcosa per sabato?” chiese Julia a Diana con la
speranza negli occhi.
“Purtroppo no…” disse quest’ultima chinando il capo.
“Cosa succede sabato?” chiese Anna guardando le due in
attesa che, almeno una, rispondesse.
“Vedi Anna, sabato si sposa mio fratello maggiore, Martin,
con una ragazza di Charlottetown. Fred ha chiesto agli sposi se poteva invitare
anche Diana…” iniziò Julia guardando Anna in modo che capisse che, secondo lei,
tra Diana e Fred c’era qualcosa di più di una semplice amicizia “Siccome Diana
non se la sentiva di chiedere il permesso da sola ai suoi genitori, lunedì Fred
è andato a casa con Diana e l’ha chiesto lui il permesso… Adesso attendiamo
solo la decisione dei genitori di Diana…” concluse Julia guardando la sua amica
che, durante il monologo era arrossita.
Verso mezzogiorno, Anna notando Diana tesa le si avvicinò
“Stai tranquilla, vedrai che tutto andrà per il meglio. Guarda il cielo
adesso…” disse guardando verso l’alto “stamattina il cielo era carico di grossi
nuvoloni grigi ed il sole sembrava destinato ad essere coperto dalle nubi,
mentre adesso… beh guarda tu stessa… ” concluse la rossa con gli occhi fissi al
cielo.
In cielo splendeva il sole e la pioggia sembrava un vago
ricordo, solo le pozzanghere erano rimaste a ricordare che c’era stata.
“Grazie Anna!” disse abbracciandola con trasporto.
La giornata passò veloce e tra disegni e passeggiate venne
l’ora di accompagnare i bambini alle loro case.
Dopo aver accompagnato anche l’ultimo bambino, le tre
amiche si avviarono al bivio che le avrebbe condotte a casa.
Diana era più serena, grazie soprattutto alle parole di
Anna: Anna è proprio un’amica! disse con il cuore colmo di gioia.
“Sono a casa!” disse entrando in casa.
“Ciao Diana, com’è andata la giornata?” chiese la madre
intenta a preparare la cena.
“Bene, salgo a cambiarmi così ti do una mano…” disse
avviandosi verso le scale.
Salita in camera, si cambiò d’abito e scese nuovamente ad
aiutare la madre.
Cenarono in silenzio come la sera prima, Diana era però più
ottimista rispetto al giorno prima, non notò quindi le occhiate che si
scambiavano i suoi genitori.
Dopo cena Diana aiutò la madre a rigovernare e, una volta
terminato…
“Io vado a dormire, buonanotte…” disse ai suoi genitori
avviandosi verso la sua camera.
“Diana potresti restare ancora qualche minuto? Volevamo
parlarti del matrimonio Wright…” disse il padre guardando prima la moglie e poi
la figlia.
Ci siamo! pensò la ragazza tornando sui suoi passi e
sedendosi di fronte al padre.
“Abbiamo riflettuto a lungo e pensiamo che tu possa
andarci: sei grande a sufficienza…” disse il padre sorridendo.
Ci vado… Mi lasciano andare al matrimonio… pensò Diana
“Grazie… grazie!” disse finalmente la ragazza trovando la voce per esternare i
suoi sentimenti.
Abbracciò i genitori, felice per la notizia che le avevano
dato.
“Domani alle cinque la signora Danes porterà degli abiti:
magari potresti invitare Julia ed Anna a cena e chiedere loro un parere sui
vestiti…” disse la signora Barry.
“Grazie mamma! E’ un’idea fantastica… Vi voglio bene” disse
Diana con le lacrime agli occhi.
“Adesso vai pure a dormire…” le disse il padre sorridendo
felice.
“Buonanotte… e grazie!” disse ancora prima di salire in
camera sua.
Giovedì era una giornata meravigliosa. In cielo splendeva
il sole e prometteva una giornata soleggiata anche se fredda.
Diana si svegliò felice: non è un sogno… pensò ricordando
gli avvenimenti della sera precedente.
Si alzò e, dopo essersi lavata e vestita, riassettò la
camera.
Scese di sotto, felice come non mai.
“Buongiorno mamma!” disse facendo colazione.
“Buongiorno Diana, dormito bene?” le chiese sorridendo la
donna.
“Mai dormito meglio” rispose la ragazza.
“Ci vediamo dopo” disse dopo aver terminato la colazione.
Arrivò all’asilo puntuale ed accese la stufa, poi felice
iniziò a ballare nella stanza.
Anna e Julia la trovarono che danzava felice e dopo essersi
scambiate un’occhiata stupita l’abbracciarono.
“Allora?” le chiese Julia “Ti hanno detto di sì?” le chiese
Anna “Su, rispondi?” le chiesero in coro.
“Calma! Sì, mi hanno detto sì e poi stasera verrà la
signora Danes che mi porterà dei vestiti tra i quali scegliere quello che
indosserò al matrimonio, voi mi aiuterete… Vero?” chiese speranzosa rivolta
alle due “Certamente” le risposero in coro “Perfetto! Vi fermerete a cena da me
allora…” propose raggiante Diana.
Arrivarono i bambini e le ragazze dovettero concludere la
loro conversazione.
“Diana, vado ad avvisare Matthew e Marilla che stasera mi
fermo a cena da te” disse Anna nel primo pomeriggio.
“Va bene” disse la ragazza sorridendo.
Dopo mezz’ora Anna rientrò con il viso arrossato per la
corsa che aveva sicuramente fatto per tornare all’asilo.
“Tutto a posto” disse cercando di riprender fiato “Marilla
mi ha detto di sì!” terminò dopo essersi ripresa.
“Diana?” chiese Julia.
“Vai pure… Ci vediamo dopo…” disse Diana e poco dopo anche
Julia andò ad avvisare i suoi genitori.
Julia, appena entrata in casa, andò in cucina “Mamma! Sono
io!” disse la ragazza cercando la madre.
“Sono qui!” disse l’interpellata sbucando dalla dispensa.
“Posso fermarmi a cena da Diana stasera? Sai, i suoi le
hanno dato il permesso di partecipare al matrimonio e vuole che io ed Anna la
consigliamo… Posso?” chiese speranzosa la figlia.
“Certo, però ti verrà a prendere tuo fratello, lo sai che
se non vede Diana dopo due giorni diventa intrattabile…” disse ridendo la
madre. Julia si unì all’ilarità materna.
“Perché ridete?” chiese Fred entrando in quel mentre.
“Niente” disse Julia.
“Stasera puoi andare a prendere tua sorella?” chiese la
donna rivolta al ragazzo smettendo di ridere.
“Non può tornare a casa da sola… Sono stanco!” protestò
Fred.
“D’accordo. Peccato, pensavo ti potesse servire una scusa
per vedere Diana…” disse la madre sorniona.
“Vai dai Barry?” chiese a Julia, senza prestare attenzione
alla madre.
“Sì, Diana verrà al matrimonio ed oggi sceglierà il
vestito… Oh quant’è tardi, scappo! Ciao!” disse correndo fuori dopo aver
sentito la pendola suonare le quattro.
“Meglio non dirlo a Janet…” disse la donna guardando la
porta che si chiudeva.
“Già…” concordò Fred.
Janet dal canto suo era felice: un week end intero senza la
campagnola rompiscatole.
E poi, grazie ai suoi nonni, avrebbe convinto Fred a
fidanzarsi con lei… “Diana… Hai vita breve nel cuore del mio Fred!” disse
sorridendo con cattiveria.
Julia era arrivata all’asilo paonazza, Anna e Diana la
guardarono preoccupate, subito quest’ultima le portò un bicchiere d’acqua.
“Sei sicura di stare bene?” le stava chiedendo Anna con
voce preoccupata.
“Sono andata… a casa… di corsa,… ho detto… a mia… madre…
della cena… poi è arrivato… Fred: lui mi riaccompagnerà… a casa…” disse
cercando di riprender fiato.
I bambini osservavano la maestra Julia, rossa per la corsa,
senza sapere cosa fare, ne perché fosse così.
“Bambini, continuate il disegno, qui è tutto sotto
controllo…” disse Diana cercando di sviare l’attenzione dei piccoli allievi da
Julia.
Dopo dieci minuti Julia era in forma smagliante e le
lezioni ripresero normalmente.
Alle sei le tre accompagnarono i bambini a casa e si
diressero ridendo e scherzando a casa Barry.
“Buonasera…” dissero le due ospiti entrando in casa.
“Ciao mamma” disse Diana.
“Ciao Anna, Julia, come stai? Accomodatevi” disse la
padrona di casa alle ospiti.
“Diana i vestiti sono in camera tua. La cena è alle otto,
quindi puoi iniziare subito a provare quelli che più ti piacciono e scendi a
mostrarceli” continuò la donna.
“D’accordo, scusatemi…” disse rivolta alle due ospiti.
Salì di corsa le scale ed entrò in camera. Sul letto erano
appoggiati cinque meravigliosi vestiti.
Indossò il primo: era di color rosa corallo, lungo fino ai
piedi e leggermente svasato, con delle piccole maniche a sbuffo con delle balze
che arrivavano fino al gomito, il fiocco dello stesso colore dell’abito andava
fatto sul fianco sinistro e scendeva per buona parte del vestito. La foggia del
vestito era molto semplice e Diana ne era già innamorata.
Scese al piano di sotto e si mostrò alla madre ed alle sue
amiche.
“Sei bellissima Diana” fu il commento unanime delle tre
donne.
“Piace un sacco anche a me quest’abito” disse Diana
arrossendo per i complimenti ricevuti.
“Vai a provarti gli altri, poi ne discutiamo…” disse la
signora Barry.
Tornò di sopra e si cambiò d’abito.
Il secondo era color oro, svasato e lungo fino ai piedi. Le
maniche a sbuffo erano classiche e sul collo il vestito si arricciava. Il
fiocco era sul davanti e scendeva fino alla fine dell’abito.
Anche quest’abito era davvero bello e le stava a
meraviglia.
Scese al piano di sotto e si fece ammirare.
“Questo vestito ti sta ancor meglio” disse Anna osservando
incantata Diana.
“Il giallo è il tuo colore!” disse Julia convinta.
“Questo vestito è davvero molto bello, ma anche l’altro ti
stava d’incanto… Avanti con il terzo” disse la signora Barry.
Diana tornò in camera e si cambiò nuovamente d’abito.
Il terzo era color pesca, aveva la gonna a campana ed era
lungo fino ai piedi. Le maniche a sbuffo ed il collo arricciato lo facevano
assomigliare molto all’abito precedente, ma la diversità stava nelle balze che
componevano la gonna.
Scese al piano di sotto per sentire cosa ne pensavano.
Appena la videro il giudizio fu unanime “Bocciato!” dissero
tutte le presenti.
“Va bene, questo non va… Non piaceva neppure a me!” disse
sorridendo Diana.
Salì in camera e si cambiò d’abito.
Il quarto era azzurro e lungo fino alle caviglie. Come il
precedente aveva le maniche a sbuffo e le balze sulla gonna. Il fiocco era
classico sulla schiena e ne aveva un altro sul davanti all’altezza del cuore.
Scese al pian terreno, sapeva che sicuramente questo non
sarebbe piaciuto, non piaceva molto neppure a lei.
Arrivò in cucina e si mostrò alle astanti. Anche in questo
caso il giudizio fu unanime: “Bocciato!” dissero in coro.
“Ora provo l’ultimo e poi dobbiamo decidere…” disse avviandosi
di sopra.
L’ultimo vestito era color lilla ed era simile al secondo
solo il collo alla coreana ed l’incrocio sul davanti dava all’abito quel
‘qualcosa’ che non convinceva Diana.
Lo indossò tenendo i suoi giudizi per sé e scese di sotto.
Tutte la guardarono per un minuto buono, poi “E’ bello, ma
ha qualcosa…” disse Anna avvicinandosi per osservare meglio il vestito.
“Già… Forse l’incrocio sul davanti?” disse Julia osservando
attentamente il punto in questione.
“Allora è deciso o il primo oppure il secondo. A te la
scelta Diana” disse la signora Barry
“A me piacciono entrambi, però… Quello oro” disse alla fine
non senza qualche esitazione Diana.
“Hai fatto bene. Ti sta d’incanto ed è un colore
meraviglioso!” disse Anna estasiata.
“Ha ragione. Farà un figurone al matrimonio domenica!”
disse Julia felice, aggiungendo mentalmente: Fred non avrà occhi che per lei, e
questo farà morire Janet d’invidia!
Diana tornò in camera ed indossò il vestito di tutti i
giorni. Era felice.
Appese il vestito, che avrebbe indossato per il matrimonio,
nell’armadio e tornò di sotto a far compagnia alle ospiti.
La signora Barry stava preparando la cena, mentre le tre
ragazze erano in salotto a parlare.
Alle otto arrivò il signor Barry, che era stato a Carmody
per delle commissioni e così si misero tutti a tavola.
Avevano finito di mangiare da poco più di dieci minuti,
quando il rumore di un calesse catturò l’attenzione dei presenti.
“Chi sarà a quest’ora?” chiese la signora Barry sorpresa.
“Dovrebbe essere mio fratello Fred, è venuto a prendermi…”
disse Julia.
La signora Barry aprì la porta e, come Julia aveva detto,
dietro c’era Fred.
“Buonasera signora Barry, buonasera signor Barry, Diana,
Anna…” disse Fred gentilmente.
“Buonasera Fred, entra, non stare a prendere freddo” disse
la signora Barry apprensiva facendolo accomodare.
“Grazie” disse il giovane entrando “sono solo passato a
recuperare Julia…” disse guardando la sorella.
“Penso sia ora di andare allora…” disse Julia guardando la
pendola: erano quasi le nove.
“Già… meglio che mi avvii anch’io” disse Anna.
“Se vuoi ti accompagniamo noi a casa” propose Fred.
“Non vorrei disturbare… e poi sono a dieci minuti di
cammino. Farò una passeggiata. Grazie per l’offerta” e, dopo aver salutato i
presenti, uscì per tornare al Tetto Verde.
“E’ ora di andare anche per noi” disse Fred rivolto ai
presenti.
“Vi accompagno…” disse Diana seguendo i due Wright
all’aperto “Grazie per l’aiuto Julia!” disse appena questa si fu seduta sul
calesse.
“Di niente Diana, grazie a te dell’ospitalità e… Ci vediamo
domani allora!” disse Julia felice.
“Ciao Diana a sabato allora…” disse Fred.
“A sabato…” ripeté Diana.
Dopo un ultimo saluto Fred spronò il cavallo che partì
scomparendo poco dopo alla vista.
Venerdì era letteralmente volato, tra la preparazione della
recita e le prove dei canti.
Diana stentava a credere che l’indomani sarebbe andata con
Fred e Julia a Charlottetown. La giornata passò in fretta e le tre ragazze si
ritrovarono alle sei a riaccompagnare a casa i bambini ed a rientrare, a loro
volta, nelle rispettive case.
“Diana? … Sei sveglia? Sbrigati o farai tardi. Tra un’ora
Fred e Julia passeranno a prenderti” disse la signora Barry bussando alla porta
della camera della figlia.
Bastò questo a destare Diana dai ricordi della settimana
appena trascorsa.
“Arrivo!” disse alzandosi dal letto in fretta e
preparandosi.
Dopo dieci minuti era lavata e vestita ed aveva sistemato
la camera.
Preparò la valigia e piegò con cura il vestito che avrebbe
indossato al matrimonio.
Scese al pian terreno dove fece colazione ed attese
l’arrivo dei Wright.
Il rumore provocato dalle ruote del calesse sul ghiaino
d’ingresso avvisò i Barry dell’arrivo dei Wright.
Diana si avvicinò alla finestra e vide che c’era solo Fred:
il cuore le mancò un battito.
Che bello che è… pensò guardandolo.
Il ragazzo era vestito senza eccessiva eleganza, un paio di
pantaloni neri ed una camicia a scacchi rossi e neri, ed una giacca nel caso
facesse più freddo.
Scese dal calesse e bussò alla porta.
“Ciao Fred… prego… accomodati” disse Diana aprendo la
porta.
“Ciao Diana” disse entrando il ragazzo “Signora Barry,
Signor Barry…” disse salutando cordialmente.
“E’ quella la tua valigia?” chiese il ragazzo vedendo
l’oggetto in questione accanto alla porta.
“Si, non pesa molto…” disse Diana.
“La sistemo sul calesse” disse Fred guardando la pendola
per verificare di essere in orario.
“Non vogliamo trattenervi oltre…” disse il signor Barry.
“Fai la brava Diana…” disse la signora Barry guardando la
figlia negli occhi.
“Sì mamma…” disse la ragazza.
“Ci vediamo domenica allora, divertiti al matrimonio. Ciao
tesoro” disse il signor Barry.
“Ciao Diana” disse la signora Barry.
“Ciao” disse abbracciandoli “vi voglio bene” disse
avviandosi verso il calesse.
“Anche noi” dissero in coro.
Fred aiutò Diana a salire sul calesse e dopo un ultimo
saluto con la mano partirono verso la Casa sul Fiume.
“Julia non è venuta?” chiese Diana notando l’assenza
dell’amica.
“Stava finendo di preparare le valigie…” disse Fred
guardandola di sottecchi.
“Capisco…” disse semplicemente.
“Hai paura di stare sola con me?” chiese il ragazzo
osservando Diana apertamente.
“No…” ma non poté finire la frase perché una buca la fece
finire tra le braccia del ragazzo che, prontamente, la strinse a sé fermando il
cavallo.
“Mi spieghi come fai?” disse Fred dolcemente.
“Come faccio cosa?” disse in un sussurro Diana guardandolo
negli occhi.
“Come fai a farmi sentire così” disse, con lo stesso tono,
accarezzandole una guancia.
“Così… come?” chiese lei perdendosi in quei meravigliosi
occhi nocciola.
“Così…” disse avvicinando le sue labbra a quelle della
giovane.
Diana chiuse gli occhi, schiudendo le labbra.
Si baciarono. Un bacio dolce e tenero che sembrò durare
ore.
Fred strinse a sé Diana e lei appoggio le mani sul petto
del ragazzo.
Il ragazzo sembrò assaggiare le dolci labbra della ragazza
senza riuscire a saziarsi.
Anche la ragazza era in preda alle stesse sensazioni,
sensazioni peraltro molto piacevoli.
Un leggero rollio riportò i due innamorati alla realtà: il
cavallo si era stancato di stare fermo ed aveva iniziato a brucare un po’
d’erba.
I due, seppur a malincuore si staccarono.
“Mi piaci Diana Barry, mi piaci molto…” disse Fred
guardando la ragazza con dolcezza.
“Anche tu… mi piaci… Fred” disse Diana mentre un soffuso
rossore le imporporava le guance.
“Dopo il matrimonio di mio fratello vorrei parlarti…” disse
calmo riprendendo il viaggio verso casa Wright.
Diana era emozionata: Fred l’aveva baciata, e che bacio!
pensava felice. Era stato dolcissimo ed era felice di aver dato il suo primo
bacio a Fred.
Cari
lettori e care lettrici, avete visto che capitolone che è uscito? Non l’avrei mai
detto. Insomma oggi è il mio ultimo giorno di lavoro e siccome rientrerò solo
il 29 agosto, mi sembrava giusto lasciarvi con un capitolo “pengio”.
Spero di
aver accontentato tutti quelli che seguono questa fanfiction. Magari, se l’ho
fatto, potreste
lasciarmi una bella recensione in modo che io capisca che avete apprezzato.
Ringraziamenti:
Daphne: ciao stellina! Janet mi serve
ancora per un po’ dopo cercherò di accontentarti facendola sparire. Non posso
gettarla nel pozzo, altrimenti mi diventa come Samara di “The Ring” e magari
salta fuori da un libro, dato che le vhs non erano ancora state inventate… Un
abbraccio e fammi sapere cosa ne pensi. Ciao stellina.
Capitolo 13 *** Un matrimonio, un fidanzamento e... ***
Arrivarono alla Casa sul fiume dove trovarono i coniugi Wright,
Katherine e Julia sul piazzale antistante la casa con i bagagl
Arrivarono alla Casa sul fiume dove trovarono i coniugi
Wright, Katherine e Julia sul piazzale antistante la casa con i bagagli, pronti
per essere caricati sul carro.
“Sei arrivata finalmente! Pensavo che ieri non ti fosse
arrivato il messaggio!” disse Julia preoccupata avvicinandosi al calesse.
La sera prima, il fattore dei Wright, era passato a casa
Barry ed aveva consegnato un biglietto per Diana. Il biglietto diceva
semplicemente che la partenza era stata anticipata alla mattina. Diana non si
era preoccupata, perché aveva già preparato i bagagli.
“Scusami se non sono venuta con Fred a prenderti…” iniziò
Julia abbracciando Diana “ma ieri sera non ho preparato i bagagli e l’ho dovuto
fare stamattina…” concluse la bionda.
“Sai…” le sussurrò “Alice, Martin, James e Janet sono già
partiti alla volta di Charlottetown” le disse Julia con aria da cospiratrice
sciogliendo l’abbraccio.
“Ma Janet è al corrente della mia presenza al matrimonio
della sorella?” chiese titubante Diana.
“Io non gliel’ho detto…” ammise Julia riluttante “e non
penso l’abbia fatto nessuno” aggiunse con aria leggermente colpevole.
Julia provava un sincero affetto per Diana e le dispiaceva
vederla triste per colpa di Janet.
Si ricordava di quando Janet non era così… Ma questo era
accaduto anni prima…
“Forse è meglio che io non venga… Non vorrei rovinare la
festa a nessuno…” disse Diana.
Sapeva di non essere simpatica a Janet, specie dopo il loro
ultimo incontro, ma non le sembrava giusto rovinare la festa di matrimonio
della sorella con la sua presenza.
“Ti hanno invitato gli sposi! Janet se ne farà una ragione!
E poi… se ci sarai tu… Janet mi starà lontano!” disse Fred, con aria furba,
guardando Diana che, colta alla sprovvista, arrossì come un pomodoro maturo.
“Diana… sei sicura di star bene?” chiese Julia apprensiva
guardando ora la sua amica ora suo fratello.
“Certamente… Mai stata meglio! Cioè… sì… sto bene” disse
confusa l’interpellata arrossendo ancor di più, se mai fosse stato possibile.
Fred, che l’aveva osservata durante il loro breve scambio
di battute, non riuscì a trattenere un sorriso rivolto alla sua amata.
Diana è strana e Fred è più felice del solito… Troppo
felice oserei dire… pensava Julia osservando i due ragazzi.
Della stessa opinione era la signora Wright.
Chissà cos’è successo tra quei due durante il tragitto per
arrivare fin qua… pensava la donna.
“Se siamo tutti pronti, proporrei di partire dato che, per
arrivare a Charlottetown, ci vogliono quattro ore…” disse il signor Wright
guardando i presenti.
“Allora… il carro ha quattro posti ed il calesse due… Chi
va con il calesse?” chiese l’uomo aspettando una risposta.
“Siccome sopra ci sono già i bagagli di Diana… beh… penso
che sia lei a dover salire sul calesse…” propose Fred.
“Diana cosa ne pensi?” chiese la signora Wright apprensiva.
“Va benissimo” disse l’interpellata non senza arrossire.
“Fred… comportati bene, mi raccomando…” disse il signor
Wright all’indirizzo del figlio accompagnando la frase con un occhiataccia
alquanto eloquente.
“Come sempre papà…” gli rispose il figlio.
“Bene allora… possiamo partire…” disse la signora Wright
invitando tutti a prender posto.
Il viaggio verso Charlottetown si svolse tranquillamente
per Diana e Fred che parlarono di molte cose tra cui i rispettivi lavori, le
ambizioni per il futuro ed i loro desideri.
Diana riuscì a vincere la sua abituale timidezza, che era
tornata prepotentemente dopo il bacio che si erano scambiati, si ritrovò spesso
a ridere e scherzare con il ragazzo che si accorgeva, chilometro dopo
chilometro d’amare sempre di più.
Le era capitato di parlare con altri suoi coetanei di
Avonlea o con degli amici dei suoi cugini di Carmody: nessuno le aveva prestato
mai la stessa attenzione che le riservava Fred.
Lui sembrava sempre interessato a quello che diceva e,
soprattutto, a come lo diceva, in un’unica parola la faceva sentire speciale.
Ed anche lei aveva imparato a riservare al ragazzo la
stessa attenzione e premura.
Arrivarono a Charlottetown poco dopo le tredici.
La casa, situata poco fuori dalla cittadina, era meravigliosa
nella sua semplicità e Diana si trovò a contemplarla.
Era un’adorabile casa su tre piani con un giardino curato e
pieno di aiuole di varie forme. Una siepe circondava la casa mostrando il
sentiero costeggiato da alcuni pioppi purtroppo spogli, vista la stagione.
Una deliziosa fontana sormontata da un delfino guizzante
era stata posta sulla destra rispetto alla casa ed i suoi zampilli
scintillavano alla luce del sole.
La casa era di mattoncini rossi ed un piccolo colonnato
bianco accompagnava gli ospiti ai gradini ed alla porta di casa. Ampie finestre
permettevano, a chi stava dentro casa, di ammirare l’esterno.
Diana si fece aiutare a scendere dato che era completamente
rapita dalla casa dei Wright.
“Se vuoi dopo te la mostro…” propose Fred osservando il
viso rapito di Diana.
“E’ bellissima…” disse soltanto la giovane cercando di
memorizzare quanti più dettagli potesse della splendida costruzione.
Entrarono in casa. La signora Wright si scusò e corse
subito ai fornelli per preparare un pranzo improvvisato, mentre gli altri
aiutarono a portar dentro i bagagli.
Se l’esterno l’aveva conquistata, l’interno l’avrebbe
lasciata senza fiato, pensava Fred osservando di sottecchi Diana.
L’ingresso era un corridoio avente uno spesso e lungo
tappeto color ocra, mentre le pareti erano bianche con delle linee blu, dalle
quali ogni tanto si “arrampicava” un delicato fiore azzurro. Sulla sinistra un
appendiabiti in mogano occupava la parete, al centro del quale c’era uno
specchio molto ampio e deliziosamente intarsiato. Superato l’ingresso si
arrivava in una saletta dove si poteva ammirare due ampie scalinate in noce
scuro che s’incontravano in un ballatoio in cima al primo piano, mentre a
destra ed a sinistra c’erano due corridoi che presumibilmente portavano al salotto
ed alla biblioteca.
“Saliamo?” propose Julia vedendo Diana guardarsi attorno
frastornata.
“Sì…” disse semplicemente l’ospite cercando punti di
riferimenti, alquanto difficili da trovare viste le meraviglie che le capitava
di guardare.
Di sicuro stasera mi sarò persa… Questa casa è immensa e
siamo solo al piano terra! pensava Diana osservando tutto con ammirazione.
Salirono lentamente le scale dove, lungo il muro, era
possibile ammirare splendidi quadri che raffiguravano paesaggi marini e
montagne innevate.
Diana era alquanto stupita per quei quadri, però non osava
chiedere nulla a Julia, dopotutto lei era loro ospite e non era educato fare
domande.
Julia, avendo notato lo sguardo sorpreso della sua amica,
decise di darle una spiegazione.
“Questa era la casa dei miei nonni. Loro non approvavano la
scelta di mio padre di sposare mia madre e così mio nonno disse a mio padre solo
quando il mare e la neve s’incontreranno in una stanza noi daremo il nostro
consenso a queste nozze! ” disse Jullia cercando di imitare il tono del
burbero avo.
“Capirai quindi che mio padre acquistò questi quadri e li
mise in bella mostra, chiamò i miei nonni e mia madre e disse il mare e la
neve si sono incontrati… Posso ora avere la vostra benedizione? Mio nonno
disse molto semplicemente fa come vuoi, non venire a piangere da me poi…”
disse Julia sorridendo.
“Riesco ad immaginarmi la scena… Dev’essere stato
romantico…” disse Diana con gli occhi rapiti.
“Gli uomini Wright sono capaci di fare grandi pazzie per le
donne che amano…” disse Julia guardando Diana seriamente.
Diana preferì non rispondere, anche se il soffuso rossore
che le aveva imporporato il viso parlava da sé.
Mentre parlavano, erano salite al secondo piano. Si
fermarono dinnanzi ad una porta in noce scuro.
“Questa è la tua camera. Per ogni necessità io sono nella
camera di fronte a te” disse Julia aprendo la porta.
“Grazie mille Julia” disse semplicemente Diana.
“Figurati, per così poco!” disse Julia con naturalezza,
andando in camera sua.
Appena Diana entrò nella stanza vide subito la sua valigia,
decise di ammirare prima la camera e poi avrebbe sistemato i suoi vestiti.
Era una camera molto ampia color pesca, i mobili di
squisita fattura, erano bianchi con intarsi dorati. I pomelli della ante erano
color perla e raffiguravano dei mazzetti di fiori, mentre il letto era ampio e
sembrava soffice ed invitante con il suo copriletto color crema. Vicino alla
testata del letto c’erano tre cuscini ricamati con motivi floreali. A destra,
rispetto la letto, c’era una specchiera, con alcune boccette ed una spazzola,
ed un comò. Di fronte alla specchiera c’era una porta-finestra che dava su di
una terrazza dalla quale si poteva ammirare lo splendido paesaggio. Un ampio
armadio occupava la parete libera della stanza.
Che splendida camera! pensò Diana ruotando su se stessa
ammirando l’insieme.
“Forza Diana, è ora di disfare i bagagli!” si disse
risoluta la ragazza appoggiando la valigia sul piccolo mobiletto accanto al
letto.
Con cura, la ragazza aprì la valigia e tirò fuori, uno alla
volta i vestiti che si era portata.
Aprì l’armadio e ci mise gli abiti. Svuotata la valigia, la
ripose anch’essa con cura nell’armadio. Aprì le altre ante dell’armadio e vide
che c’erano degli abiti meravigliosi appesi alle grucce.
“Di chi saranno?” si chiese la ragazza accarezzandoli
dolcemente con la mano. Le stoffe erano morbide contro la mano della ragazza.
Un leggero bussare alla porta la riscosse dai suoi
pensieri.
“Avanti…” disse chiudendo le ante dell’armadio e sentendosi
colpevole per aver curiosato troppo.
“Ti disturbo? Sai la mamma ha preparato il pranzo, anche se
ormai è quasi ora di merenda… E poi stasera c’è una piccola festicciola con dei
nostri parenti… A ti avviso subito… Ci sarà anche Janet…” disse Julia entrando
nella camera “allora… la camera ti piace?” chiese provando a guardare la stanza
con gli occhi della ragazza.
“E’ una camera semplicemente meravigliosa!” disse Diana
evitando di pensare alla festa ed al prossimo incontro con Janet.
“Non ti preoccupare, non sarai sola stasera.” disse Julia
avendo compreso lo stato d’animo di Diana.
“Ora però scendiamo, altrimenti chi la sente la mamma!”
disse Julia ridacchiando, riuscendo a far ridere Diana.
Scesero al pian terreno e girarono nel corridoio a destra
Diana si guardava intorno ammirata.
La sala da pranzo era bellissima nella sua semplicità.
Questa era tinteggiata color crema, il pavimento era in noce chiaro e due ampie
finestre la illuminavano. Un ampio tavolo in mogano era posto al centro della
sala, mentre un caminetto bianco occupava la parete senza finestre, riscaldando
l’ambiente. Una credenza in mogano con delle vetrinette occupava lo spazio
vuoto tra le due finestre.
La sala era vuota solo un rumore di passi in avvicinamento
fece capire alle due ragazze l’arrivo imminente dei commensali.
“Bene! Ci siamo tutti. Ora possiamo metterci a tavola”
disse la signora Wright guardando i presenti.
Avvicinò al tavolo un carrellino sopra il quale erano
posati dei piatti lisci e fondi ed una zuppiera. Julia e Katherine si alzarono
subito per aiutare la madre.
Tutti fecero onore al pranzo, facendo numerosi complimenti
alla padrona di casa.
Dopo pranzato, come promesso al loro arrivo, Fred chiese a
Diana se le andava di fare un giretto per vedere la casa.
“Guarda che stasera alle otto ci sarà la festa…” ricordò
gentilmente la signora Wright al figlio ed alla loro ospite.
“Va bene mamma… Te la riporto sana e salva tra un’oretta…?”
disse il ragazzo portando Diana in giardino.
“Avete una casa bellissima!” disse Diana appena furono
soli.
“A me piace di più la Casa sul Fiume… E’ grazie a lei se ho
potuto conoscerti…” disse prendendole dolcemente la mano.
La ragazza arrossì, compiaciuta del complimento inatteso
appena ricevuto.
“Quando ci siamo visti la prima volta non so se la pensavi
così però…” disse la ragazza guardandolo di sottecchi.
“E già… Però neppure tu mi hai reso le cose facili…
Ragazzina…” disse Fred sempre più divertito dalla piega che stava prendendo la
conversazione.
“Io però il signor Wright lo conoscevo…” ribattè
prontamente Diana.
“Anch’io…” disse il ragazzo scoppiando a ridere. Anche
Diana si fece contagiare dalla risata calda e profonda del ragazzo che le stava
accanto, scoppiando a ridere.
Erano arrivati sul retro della casa, vicino ad un boschetto
di pini.
“Lo sai… Quando ridi diventi ancor più bella…” disse il
ragazzo fattosi improvvisamente serio.
“Grazie…” disse Diana non sapendo cos’altro aggiungere.
“Tu sei sempre bella…” continuò baciandole dolcemente la
mano che ancora teneva tra le sue.
“Mi fai arrossire…” disse la ragazza già paonazza in viso.
“E’ la verità…” disse Fred serio passandole delicatamente
una mano sulla guancia.
“Fred io…” cercò di dire lei.
“Ti prego Diana, lo so… Dovrei chiederlo ai tuoi genitori
prima ma… Vuoi essere la mia fidanzata?” chiese il ragazzo guardandola
teneramente negli occhi.
“Io… Sì…” disse in un soffio guardando il ragazzo con tutto
l’amore che provava dentro di sé.
Poi non ci furono altre parole, ma solo un dolcissimo bacio
che suggellò il loro amore e che li rese dimentichi di tutto e di tutti.
Rientrarono in casa poco dopo, entrambi avevano gli occhi
scintillanti.
Consumarono un piccolo spuntino, poi le ragazze salirono
nelle loro camere per prepararsi.
Diana e Julia salirono le scale parlando della festa e dei
loro vestiti e di altre frivolezze femminili. Sulla porta si salutarono dandosi
appuntamento di lì ad un ora.
Diana si chiuse la porta alle spalle e sorrise felice
buttandosi sul letto “non ci credo! Fred mi ama… Ora sono la sua fidanzata!”
Si alzò felice ed andò ad aprire le ante dell’armadio.
Guardò i suoi vestiti: per fortuna che mamma ha insistito
affinché portassi anche un vestito da sera oltre ai due vestiti per la
cerimonia di domani! pensò felice la ragazza.
Tirò fuori il vestito da sera ed andò a rinfrescarsi un
po’. Dopo essersi sistemata indossò l’abito.
Era uno splendido vestito azzurro cielo, leggermente
scollato con due fiocchi ai lati delle spalle ed un fiocco leggermente più
grande sul petto di un azzurro più scuro. Le maniche del vestito scendevano
fino al gomiti mentre la gonna scendeva lunga e svasata fino ai piedi.
All’altezza del ginocchio sinistro la gonna era fermata da un fiocco, dello
stesso colore dei precedenti,che
faceva vedere la seconda parte della gonna di colore blu.
Indossò una fascetta di raso dello stesso colore del
vestito sul collo.
Mentre si pettinava i lunghi capelli neri pensava alla
pettinatura.
“Peccato! Un raccolto ci stava benissimo!” disse provando
varie pettinature.
“Ok, Diana! Qua ci vuole fantasia!” pensò la ragazza
iniziando ad acconciarsi i capelli.
Finalmente dopo quasi un’ora si guardò soddisfatta allo
specchio: perfetta!
I capelli erano stati divisi in quattro trecce, due
componevano la sua solita pettinatura, mentre l’altre due si attorcigliavano
alle altre due dando uno strano effetto. Effetto accentuato dal nastro blu che
univa le due trecce da entrambi i lati.
Dopo un ultimo sguardo allo specchio uscì.
Di fronte a Diana c’era Julia che stava chiudendo la porta
della sua camera.
Si guardarono “che tempismo!” dissero e poi scoppiarono a
ridere.
Quando le risate si spensero un po’ si osservarono.
Julia indossava un vestito scarlatto con una scollatura
rotonda. I capelli erano legati in una morbida treccia appoggiata alla spalla
sinistra della ragazza.
“Il rosso è proprio il tuo colore Julia!” disse Diana
guardando l’amica.
“Grazie, però tutti non avranno occhi che per te!” disse la
bionda ridendo felice.
Scesero le scale parlando dell’imminente inizio della
festa.
Diana era talmente felice per gli sviluppi accaduti quel
pomeriggio che neppure il rivedere Janet l’avrebbe resa triste… Se c’è Fred con
me posso affrontare tutti! pensò la ragazza ottimista.
Arrivarono al piano terra dove trovarono gli uomini Wright
ad attenderle.
Fred era semplicemente divino, indossava un completo giacca
e pantaloni neri ed una camicia bianca. Un papillon nero completava l’opera.
Fred dal canto suo era ammaliato dalla bellezza di Diana,
ora intenta a parlare con James.
Diana sei bellissima… E non te ne accorgi nemmeno…
Poco dopo scese anche la padrona di casa.
Katherine non partecipava, perché troppo piccola.
Alle otto la sala delle feste era gremita di persone. Diana
si guardava intorno spaesata.
“Mi concede l’onore di questo ballo, mia principessa?”
chiese Fred alle spalle di Diana.
“Certamente, o mio nobile principe!” disse sorridendo al
ragazzo che tanto amava.
Iniziarono a ballare il primo di una lunga serie di balli.
Molti iniziarono ad ammirare la bella coppia che
volteggiava sicura sulla pista da ballo.
L’arrivo di Janet non si fece attendere ma si fece notare,
soprattutto grazie al vestito ed al suo accompagnatore.
La ragazza per l’occasione aveva indossato un vestito da
sera color crema molto scollato che scendeva morbidamente fino ai piedi. I
capelli erano spostati a sinistra e lasciati sciolti in morbide onde. Sul lato
destro del viso una rosa bianca completava l’acconciatura.
Il suo accompagnatore era alto quasi quanto Fred, era
biondo ed un leggero pizzetto gli incorniciava il viso. Era vestito con un
completo blu scuro ed una camicia bianca. Un papillon blu completava il suo
abbigliamento.
Appena Janet vide Fred e Diana ballare la sua espressione
cambiò: cosa diavolo ci faceva quella contadina in casa Wright! pensava
stizzita la ragazza.
“Viktor? Andiamo a ballare…” disse la ragazza avanzando
verso la pista da ballo.
Viktor Poldfiel accennò un sì con la testa ed accompagnò la
ragazza.
Conosceva Janet da dieci anni e da nove ne era innamorato.
Sapeva che Janet non lo amava ma, era convinto che, non appena il grande
amore di Janet Fred Wright si fosse sposato, lei lo avrebbe notato e si
sarebbe innamorata di lui.
E’ solo questione di tempo, si ripeteva il giovane Viktor.
Questa convinzione gli era data dai nonni della ragazza
alla quale lui aveva già espresso i suoi sentimenti, ottenendo il consenso di
entrambi.
Fu molto felice di vedere il suo rivale ballare con una
ragazza, pensava che questo convincesse Janet.
Fred e Diana, troppo presi nella danza, non notarono Janet
se non al buffet.
Diana appena vide Janet avvicinarsi s’irrigidì e si avvicinò
inconsapevolmente di più a Fred che, prontamente la strinse a sé.
“Diana Barry! Sei venuta in città!” disse Janet affabile
come un ghiacciolo.
“Già…” disse Diana vittima della sua timidezza che l’aveva
assalita non appena Janet aveva parlato.
“Conoscete già il mio accompagnatore…? No? Rimediamo
subito… Viktor? Loro sono Fred Wright e Diana Barry di Avonlea… Fred, Diana…
Lui è Viktor Poldfiel…” disse Janet melliflua.
“Lieta di conoscerla signor Poldfield” disse Diana compita.
“Piacere” disse Fred ricambiato dall’altro.
“Su, su Diana! Quante formalità!” disse poco dopo
allungando la mano verso quella di Diana che aveva in mano un bicchiere con del
succo di lampone.
Fu un attimo: il bicchiere si rovesciò ma anziché macchiare
il vestito di Diana rovinò su quello di Janet.
Questa furibonda e dimentica di trovarsi ad una festa urlò
“Mi hai rovinato il vestito! Ma… Ti rendi conto di quanto l’ho pagato sciocca
campagnola?! Io mica mi faccio i vestiti da sola come te! Io li compro nelle
boutique!” le urlò inviperita Janet.
“Mi dispiace… Io… non volevo…” tentò di giustificarsi Diana
prossima alle lacrime.
“Tu l’hai fatto apposta!” continuò Janet “solo per
allontanarmi da Fred!” tuonò ancora Janet.
“Non vedo come ciò possa essere possibile, dato che io e
Diana siamo fidanzati!” rispose Fred stanco delle lamentele di Janet.
“Cosa?! Tu… lei… non è possibile! Tu ami me!” disse Janet.
“Non credo proprio. E poi… perché dovrei mentirti?” disse
Fred.
“Janet… Andiamo a casa…” disse Viktor vedendo la sua amata
distrutta.
Questa non disse nulla e si fece accompagnare verso la
porta di casa.
Solo quando sentirono chiudersi la porta di casa si
accorsero che nella sala era calato il silenzio.
“Bene. Signore e Signori vi presento la mia fidanzata,
Diana Barry” disse Fred guardando dolcemente Diana.
Un applauso ruppe il silenzio che aveva accolto la notizia.
Tutti si avvicinarono alla coppia per congratularsi con i due e la musica
finalmente riprese a suonare.
La festa terminò due ore dopo. I coniugi Wright decisero di
attendere l’indomani per le spiegazioni, meglio se dopo il matrimonio. Dopo
essersi augurati la buonanotte, ognuno salì nella propria stanza.
Un raggio di sole svegliò Diana che, dopo aver abituato gli
occhi alla luce, cercò di ricordare gli eventi della sera precedente.
“Oh mio Dio!” disse solo la ragazza chiudendo gli occhi,
quasi fosse un sogno dal quale potersi risvegliare.
“Stare a letto non migliorerà la situazione. Direi che è
ora di prepararsi” disse alzandosi dal letto.
Mezz’ora dopo era pronta. Scese al pian terreno ed andò in
sala da pranzo.
“Buongiorno Diana, ti sei alzata. Hai dormito bene?” chiese
dolcemente la signora Wright.
“Buongiorno signora Wright, ho dormito benissimo, grazie.
Posso darle una mano?” propose la ragazza volendo rendersi utile.
“No, stai tranquilla sei la prima. Cosa ti posso portare?”
chiese la padrona di casa.
“Quello che prende lei andrà benissimo” rispose Diana non
volendo disturbare.
Fecero colazione parlando del più e del meno, come se si
conoscessero da tempo.
“Buongiorno mamma, Diana…” dissero Fred e Julia entrando in
sala da pranzo.
“Buongiorno a voi” risposero le due donne in coro,
ridacchiando subito dopo.
Julia e Fred si guardarono sorpresi.
Poco dopo scesero il signor Wright, Martin, James e
Katherine.
Dopo colazione tutti tornarono nelle loro stanze per
prepararsi.
Diana indossò l’abito color oro. Si acconciò i capelli come
la sera precedente e, dopo essersi data un’ultima occhiata allo specchio, scese
al pian terreno.
Ad attenderla trovò Fred con indosso un completo nero con
camicia e papillon bianchi.
“Per ieri sera…” esordì il ragazzo guardando la ragazza che
tanto amava “spero di non averti messo in imbarazzo…” disse il giovane.
“Diciamo che non me l’aspettavo… Però… No, non mi hai messo
in imbarazzo” disse Diana sorridendo.
“Ne sono felice” disse abbracciandola.
“Se siamo tutti pronti…” esordì il signor Wright
all’indirizzo dei due piccioncini.
“Sembrerebbe di sì…” rispose Fred sorridendo.
Il matrimonio si svolse senza intoppi di alcun genere.
Janet, compita nel ruolo di damigella, nel suo abito lilla
ignorò Fred e Diana che, dal canto loro, erano ben felici di non dover
discutere con la ragazza.
Alice era splendida nel suo vestito d’organza bianco e con
Martin, vestito con un completo grigio, camicia bianca e papillon grigio,
formavano una coppia perfetta.
A metà rinfresco, Alice si avvicinò al cognato ed a Diana.
“Mi scuso per il comportamento di mia sorella…” disse
dispiaciuta per il comportamento della sorella.
“Tu non hai colpe Alice, non scusarti” disse Fred.
“Martin mi ha detto che vi siete fidanzati. Sono felice per
voi. Vi auguro tutta la mia gioia” disse la ragazza sorridendo al neomarito che
era venuto a chiamarla per il consueto lancio del bouquet.
“Non vai ad attendere il bouquet?” chiese Fred a Diana.
“Meglio di no…” rispose questa vedendo Janet prendere posto
accanto alla sorella che era prossima ad effettuare il lancio.
“Va bene…” disse il ragazzo stringendole la mano.
“Tre… due… uno… lancio!” disse Alice felice come una
ragazzina.
Quando tante persone vogliono qualcosa… la qualcosa va a
finire tra le mani di chi non la vuole…
Troppe mani si alzarono senza direzione ed il bouquet finì
nelle mani di… Diana.
Janet, livida di rabbia, preferì ritirarsi.
Il rinfresco era ufficialmente finito e tutti tornarono
alle proprie abitazioni.
Dopo essere passati a casa Wright a ritirare le valigie,
preparate quella mattina, i suoi occupanti uscirono per lasciare la casa nelle
mani dei nuovi coniugi Wright che di lì a poco l’avrebbero occupata.
Salve a tutti cari lettori, finalmente sono riuscita a
scrivere il capitolo che già da un po’ mi ronzava in testa.
Allora, cosa ve ne pare? Come al solito vi chiedo di
lasciarmi un piccolo commentino, giusto per farmi capire se il capitolo vi
piace o no.
Veniamo ai ringraziamenti:
Daphne:
ciao stellina! Scusa se mi sono fatta attendere ma la mancanza di recensioni
aveva un po’ fiaccato la mia creatività. Ho cercato di accontentarti, Janet in
teoria è fuori… Vediamo cosa partorirà ancora la mia mente malata. Tu mi
raccomando fammi sapere.
Ringrazio anche tutti quelli che leggono ma non lasciano
recensioni.
Arrivarono alla Casa sul fiume dove trovarono i coniugi Wright,
Katherine e Julia sul piazzale antistante la casa con i bagagl
Il viaggio di ritorno fu tranquillo.
Diana si interrogava su cosa fare appena rientrata a casa:
non capitava tutti i giorni di fidanzarsi!
La ragazza era molto contenta, ma allo stesso tempo
spaventata.
Chissà come reagiranno i miei genitori pensava
la ragazza, un pochino triste mentre vedeva avvicinarsi sempre di più il paese.
Fred aveva intuito che qualcosa tormentava la sua amata, ma
non osava parlare: doveva essere lei a confidarsi con lui.
Il ragazzo stava combattendo una dura battaglia contro se
stesso, da un lato voleva che Diana si confidasse, mentre dall’altra non voleva
forzarla.
Voleva che sapesse che lui ci sarebbe sempre stato per lei.
Sei rintocchi non troppo lontani informarono i viaggiatori
che Avonlea era sempre più vicina.
“Fred… ecco io…” disse Diana titubante abbassando lo
sguardo.
Fred la osservò senza parlare, in attesa che continuasse.
Che si sia pentita del nostro fidanzamento? Ieri
era felice… Ed anche oggi al matrimonio… pensava intanto il giovane senza
parlare.
“Ecco… io non… non so…” esitò Diana rimproverandosi per
l’eccessiva timidezza che non accennava a sparire.
Santo cielo, è il mio fidanzato! pensò
infuriata con se stessa.
“Non so come dirlo ai miei genitori!” disse d’un fiato la
ragazza rossa come un pomodoro maturo.
Nella foga di esternare quello che l’angustiava aveva
alzato un po’ troppo la voce tanto che persino Julia, che era nel carro avanti
di qualche metro, l’aveva sentita e si era voltata.
Fred ridacchiò, pensando a quanto dolce fosse Diana.
“Guarda che c’è ben poco da ridere!” borbottò offesa la
ragazza, intenta a lisciare una piega inesistente dell’abito da viaggio.
“Scusami…” disse il ragazzo cercando di ricomporsi “E’ che
tu non hai mezze misure: o sussurri o urli…” disse prima di scoppiare
nuovamente a ridere.
“Non è vero…” disse imbronciata Diana.
“Allora questo è un trattamento speciale che riservi solo a
me? Solo per sapere…” disse il ragazzo guardando di sottecchi la fanciulla
sempre più imbronciata.
“Non è colpa mia se mi fai quest’effetto…” borbottò
contrita, arrossendo poco dopo rendendosi conto di quanto detto.
“Beh… Viva la sincerità… Deduco sia un miglioramento… Prima
scappavi…” disse il ragazzo fingendosi meditabondo.
“Sei impossibile!” disse voltando la testa dall’altra parte
ed incrociando le braccia sul petto, chiaro segno che era non avrebbe raccolto
ulteriori provocazioni.
Peccato che non avesse fatto i conti con la strada
sconnessa che stavano percorrendo.
Bastò una buca a spingere l’arrabbiata Diana tra le forti
braccia di Fred che, fingendo indifferenza, l’abbracciò felice di quel
contatto.
“Veramente quando si è arrabbiati non ci si avvicina alla
persona impossibile ” disse continuando ad abbracciarla.
“Non è colpa mia se la strada e sconnessa!” disse senza
allontanarsi dalle calde braccia di lui.
“Già… Vedo la sofferenza che questo contatto forzato ti sta
provocando…” disse prima di scoppiare in una calda risata.
“Sei impossibile…” disse solo prima di ridere anche lei.
“Comunque stasera potrei chiederlo io ufficialmente ai tuoi
genitori…” disse Fred poco dopo, quando entrambi smisero di ridere.
“Grazie” disse semplicemente Diana scoccandogli un bacio
sulla guancia.
Fred fu felice, ma preferì non dire nulla, sapeva che Diana
era timida e non voleva rischiare di farla tornare nel suo guscio.
Certo che quando ci siamo conosciuti… aveva ben
poco di timido... pensò il ragazzo
sbirciandola di sottecchi.
Erano finalmente arrivati ad Avonlea.
Arrivarono uniti al bivio: la famiglia Wright proseguì poi
a sinistra verso la Casa sul Fiume, mentre Diana e Fred proseguirono verso
destra, diretti alla dimora di quest’ultima.
Diana ad ogni metro si faceva pensierosa.
Fred vide l’altalena di emozioni negli occhi della ragazza
e, come aveva fatto lei poco prima, le dette un bacio sulla guancia.
Diana a quel contatto sembrò tornare in sé e gli sorrise
dolcemente.
Il resto del tragitto proseguì in silenzio ma in assoluta
serenità.
Dopo una qualche minuto arrivarono di fronte a casa Barry.
Diana respirò profondamente e lentamente si alzò dal
calesse.
Fred la osservava. E’
incredibile! Quando ci siamo conosciuti era così agguerrita… Mentre ora sembra
così indifesa… E pensare che deve solo parlare con i suoi genitori… O meglio…
Io devo parlare con i suoi genitori… Ma lo faccio volentieri… tutto per te, mia
dolce Diana.
E pensare che quando i miei genitori hanno
deciso di trasferirsi ad Avonlea… beh non ne ero affatto entusiasta… Mi sono
dovuto ricredere molto in fretta… Specie dopo averti conosciuto… sembra passato
tantissimo tempo, invece…
Fred scese dal calesse e tirò giù il bagaglio di Diana.
Si avvicinarono alla porta lentamente, quasi a voler
ritardare il momento fatidico.
“Diana… Fred… Siete rientrati presto…” disse il signor
Barry arrivando alle spalle dei due.
Diana non riuscì ad impedirsi di sussultare.
“Papà!” disse solo la ragazza guardando il padre.
“Signor Barry… Già… il matrimonio è finito pesto, e poi
avevamo già preparato i bagagli…” disse Fred affabilmente.
“Entrate, non state fuori o vi ammalerete…” disse facendoli
entrare in casa.
“Diana! Fred! Siete rientrati! Com’è andato il matrimonio?”
chiese la signora Barry.
“Mamma! Il matrimonio è andato bene e la sposa era
bellissima!” disse Diana d’un fiato.
“Accomodati Fred…” disse il signor Barry, indicando la
poltrona accanto al ragazzo.
“Grazie” disse l’interpellato sedendosi.
Diana gli si avvicinò. Dopotutto lui si era offerto di
aiutarla e lei voleva dargli supporto.
“Signor Barry… Signora Barry… vorrei parlarvi…” disse il
ragazzo con tono di voce normale.
I due coniugi si guardarono e si sedettero di fronte al giovane.
“Parla pure…” disse il Signor Barry attendendo il seguito.
“So che non è da molto che conosco vostra figlia… e so che
voi non conoscete me da molto tempo… ma vi posso assicurare che mi sono
innamorato di vostra figlia fin dalla prima volta che l’ho vista…” disse il
giovane guardando i coniugi Wright.
“Anch’io lo amo…” disse Diana, arrossendo quando tre paia
d’occhi la guardarono curiosi.
“Vorrei chiedervi ufficialmente il permesso di poter
frequentare vostra figlia Diana” terminò il ragazzo.
“Cosa ci state chiedendo?” finse di non capire il signor
Barry, guardando entrambi.
“Le sto chiedendo il permesso di potermi considerare il
fidanzato di sua figlia Diana…” disse il ragazzo deciso.
“Diciamo che non pensavo a te come possibile fidanzato di
mia figlia…” iniziò il signor Barry guardando entrambi “Ma voglio vedere mia
figlia felice… E se tu rappresenti quella felicità… Beh… Benvenuto in casa
Barry figliolo!” terminò sorridendo l’uomo.
“E’ sì?…” chiese titubante il giovane.
“Sì Fred, è sì…” disse la signora Barry guardando i due
ragazzi.
“Grazie papà, grazie mamma!” disse la ragazza abbracciando
Fred.
“Devono essere proprio innamorati… Diana ringrazia noi ma
abbraccia lui…” disse il signor Barry un po’ geloso del fidanzato della figlia.
“I figli crescono… Pensa che diciassette anni fa eravamo
come loro…” disse sognante la signora Barry abbracciando il marito.
“Ti fermi a cena Fred?” chiese il signor Barry.
“Non posso… Anche se mi piacerebbe molto… Magari un’altra
volta, ora devo proprio andare. Arrivederci signor Barry, signora Barry” disse
il giovane.
“Ti accompagno…” disse Diana accompagnando il ragazzo fuori
dalla porta.
“Che si sia già dimenticato la strada?” chiese il marito
rivolto alla consorte che già scuoteva mestamente la testa.
“E’ giusto che sia così…” disse solo prima di andare in
cucina a terminare la preparazione della cena.
Diana rientrò con gli occhi scintillanti come stelle.
“Diana… Vai a prendere Minnie May da zia Atossa?” chiese
la signora Barry alla figlia.
“Sì mamma…” disse la ragazza sognante tornando ad uscire…
“Il cappotto…” disse al nulla la signora Barry “speriamo
che torni presto con i piedi per terra…” disse solo la donna.
Diana era arrivata da zia Atossa, felice come non mai.
Mi
sono fatta tanti problemi con i miei genitori… Invece loro hanno preso la
notizia meglio di quanto pensassi… Sono così felice! Tutto è andato per il
meglio. Mio Dio, fa freddo però… Oh santo cielo! Ho dimenticato il cappotto a
casa! Che sbadata… Cerchiamo di fare in fretta, così ho la scusa per non fermarmi
molto.
Felice la ragazza bussò alla porta della poco simpatica zia
Atossa.
“Permesso…” disse entrando nel salotto dove c’era zia
Atossa seduta su una poltrona di un orribile color ocra.
“Buonasera Diana… Sei passata a prendere Minnie May?”
chiese con tono acido la matrona indicando la bambina già infagottata nel suo
cappottino rosso pronta per andarsene.
“Buonasera zia Atossa. Esatto, la mamma mi ha mandato a
prenderla…” disse Diana compita.
Minnie May si alzò pronta e si avvicinò alla sorella.
“Ho saputo che sei stata al matrimonio Wright…” disse la
vecchietta poco propensa a lasciarsi sfuggire la nipote.
“E’ vero, sono tornata una mezz’oretta fa…” disse Diana non
capendo dove l’anziana matrona volesse andare a parare.
“Ti sei divertita?” indagò l’anziana con malcelato
disprezzo.
“Molto… Ma non capisco…?” chiese Diana confusa.
“Diciamo che ho saputo… da fonti attendibili bada… Che hai
dato scandalo” disse soddisfatta la donnina.
“Non mi pare zia Atossa…” disse Diana cercando di non
perdere il controllo.
“Hai offeso la povera Janet… Che male ti aveva fatto quella
povera ragazza! E non contenta le hai pure rovinato il vestito! L’hai
allontanata dal suo fidanzato e, come se non bastasse, le hai rubato il
ragazzo… Sei uguale a tua madre!” disse la vecchietta faticando a trattenere la
cattiveria che pareva voler uscire da ogni suo poro.
“Non è vero! Il vestito non gliel’ho rovinato io… E’ stato
un incidente! Fred non è il suo fidanzato! Ti hanno mentito!” disse Diana
cercando di perorare la sua causa.
“Oseresti dire che Mary Thompson mente?! Lei è una timorata
di Dio! Non sa che cosa sia la menzogna! Sei una serpe! Vergognati! E non
tornare più qua fino a che non sarai pronta a chiedere scusa alla cara Janet!”
disse con odio la vecchietta.
Diana, con gli occhi colmi di lacrime, afferrò la mano
della sorellina ed uscì di corsa dalla casa.
Le hanno mentito!
Perché non vuole credermi?! Io sono sua nipote! E come se non bastasse lo dirà
a mio padre… Ed io non potrò più vedere Fred! pensò la
ragazza in lacrime.
“Buonasera Diana… Ci rivediamo…” disse Janet con un sorriso
cattivo sul viso.
“Janet? Cosa ci fai tu qui?” chiese Diana attonita.
“Beh… hai vinto una battaglia… non la guerra… Te l’avevo
detto che Fred sarebbe stato mio e così sarà…” disse Janet.
“Ah… mi stavo dimenticando… Tua zia è stata tanto gentile
da ospitarmi… Sai… la città mormora ed io ho convinto la mia adorata nonnina a
mandarmi in campagna per un po’… Ci vediamo in giro Diana…” terminò Janet
allontanandosi ridendo felice.
Perché non posso
essere felice? si chiese la ragazza con gli occhi lucidi.
Buonasera
a tutti! Vi sono mancata? Ok, non voglio sentire la risposta… Eccomi qua con un
nuovo capitolo della mia storia. Mi scuso per il ritardo, ma ero un po’ in
crisi con la storia ed ho impiegato un po’ a tornare in carreggiata.
Ringraziamenti:
Nisicorvonero: ciao Mitica! Grazie per le
tue recensioni, presenti sempre in ogni capitolo, mi riempiono di gioia. Ecco
qua il nuovo capitolo, come avevo detto nel precedente, Janet era in teoria
fuori gioco, ma i giochi possono sempre riaprirsi… Sono malata… di testa, lo
so, ma che ci posso fare?
Grazie
a tutti quelli che leggono ma che non recensiscono.
Arrivarono alla Casa sul fiume dove trovarono i coniugi Wright,
Katherine e Julia sul piazzale antistante la casa con i bagagl
Diana rientrò a casa con il morale a terra.
“Diana… ti eri dimenticata il cappotto prima!” disse la
madre appena la vide entrare in casa.
“Diana… Stai bene?” disse avvicinandosi a lei ed
osservandola meglio.
“Oh mamma!” disse solo la ragazza prima di scoppiare in un
pianto a dirotto.
“Diana… Cos’è successo?” chiese abbracciandola e guardando
Minnie May alla ricerca di una spiegazione.
La piccola la osservò senza proferire parola, in quanto non
aveva capito bene cos’avesse combinato la sorella maggiore.
“Diana adesso calmati e raccontami tutto…” disse la signora
Barry una volta che la figlia sembrò calmarsi.
Non posso dirglielo, altrimenti non mi farà
più vedere Fred!pensò la ragazza cercando di
calmarsi.
“Non è niente mamma… troppe emozioni…” disse allontanandosi
da lei.
“Sicura?” le chiese guardandola negli occhi.
Un semplice cenno affermativo rispose a quella domanda.
Aiutò la madre ad apparecchiare e, si sedette a tavola.
Dopo aver pregato, tutti fecero onore all’arrosto della
signora Barry, tutti tranne Diana che osservava distrattamente quello che aveva
nel piatto.
“Diana? Non hai fame?” chiese la signora Barry dopo aver
scambiato un’occhiata d’intesa con il marito.
“Non ho appetito mamma… Posso salire in camera?” chiese la
ragazza con un sorriso tirato.
“D’accordo… magari dopo ti porto un bicchiere di latte
caldo…” propose premurosa la donna.
“Paula… mi sono ricordato che domani pomeriggio devo andare
a riparare la staccionata di Zia Atossa…” disse il signor Barry alla moglie.
Diana, a sentire quella notizia, sbiancò visibilmente ma
continuò il tragitto verso la camera.
Appena ebbe chiuso la porta, la ragazza si buttò sul letto
e pianse, pianse calde lacrime.
Pensava di averle esaurite, ma si dovette ricredere.
Pianse per quasi mezz’ora poi, vinta dal sonno,
s’addormentò.
Un’ora dopo la madre salì in camera con una tazza di latte
fumante e vide che la figlia si era addormentata.
Il dolce viso della ragazza rigato dalle lacrime; tornò
quindi sui suoi passi.
Non volendo disturbare il sonno della figlia, sperando che
la notte portasse la pace nell’animo della ragazza.
I pallidi raggi del sole svegliarono Diana da un sonno
alquanto agitato.
“Neppure nei sogni Janet mi da tregua” mormorò la ragazza
alzandosi dal letto.
Dopo essersi lavata il viso si vestì con un semplice abito
verde muschio.
Dopo essersi osservata allo specchio, scese lentamente in
cucina.
“Buongiorno mamma…” disse la ragazza alla donna, già
affaccendata in cucina.
“Buongiorno Diana… Stai un po’ meglio?” chiese la donna
apprensiva.
“Sì… non ti preoccupare” disse la ragazza, ma il tono di
voce non era il solito allegro e la madre lo percepì.
“Mi sembri stanca…” disse la donna osservando attentamente
la figlia.
“E’ solo apparenza… Sto benissimo, non ti preoccupare”
disse la ragazza con più enfasi tranquillizzando, almeno in parte, la donna.
Dopo aver fatto colazione uscì diretta all’asilo.
“Diana? Ehi Diana… Aspetta!” la chiamò Fred.
“Fred? Ciao” disse sorridendo.
“Non stai bene? Hai una faccia…” le disse il ragazzo
accarezzandole dolcemente una guancia.
“Va tutto bene… dev’essere la stanchezza accumulata durante
il viaggio” rispose la ragazza.
“Se lo dici tu… ti accompagno?” propose il ragazzo felice
dell’occasione appena capitatagli.
“Sì, grazie” disse Diana tornando ad essere, almeno
esteriormente, la ragazza felice del giorno prima.
Parlarono della recita che si sarebbe tenuta la vigilia di
natale e dei vari lavori che la segheria del padre di lui aveva in procinto di
svolgere.
Arrivarono all’asilo ed i due si separarono.
Diana entrò all’interno dell’edificio e Fred rimase un
attimo a guardarla, non convinto della tristezza che aveva letto negli occhi
della ragazza.
I bambini iniziarono pian piano ad arrivare. Mary Anne,
come d’abitudine fu la prima, ed appena vide la maestra le corse addirittura incontro.
“Maestra? Perché sei triste?” chiese ansiosa la bambina
vedendo il viso triste della ragazza.
“Non è niente Mary Anne… Non è niente” disse abbracciandola
dolcemente, mentre una lacrima solitaria le rigava il bel viso.
Arrivarono Anna e Julia e, soprattutto la prima, capirono
che non era la solita Diana quella che avevano di fronte.
Discussero con i bambini dell’imminente recita e delle
parti di ognuno.
Mary Anne ottenne la parte dell’angelo mentre Toby e Lucy
ottennero la parte di Giuseppe e Maria. Paul avrebbe fatto la parte
dell’asinello e Bob quella del bue.
Avrebbero anche cantato alcune canzoni e, dopo averle
scelte, decisero di provarle quello stesso pomeriggio.
Poco prima di pranzo Anna chiese a Diana di poterle parlare
in privato.
“Cosa c’è Diana? Sei strana. E’ lampante che è accaduto
qualcosa… Dimmelo, dopotutto siamo amiche!” disse Anna cercando di smuovere
Diana.
“Oh Anna… Sapessi… Ieri ero così felice…” iniziò Diana non
riuscendo più a tacere.
Raccontò all’amica cos’era accaduto, dal fidanzamento
ufficioso con Fred, al fidanzamento ufficiale. Alla gioia provata ed al baratro
in cui era caduta dopo l’incontro con Zia Atossa per prima e con Janet
successivamente.
“Devi dirlo a Fred. Non puoi tacerglielo. Se ti ama si sarà
accorto che qualcosa non va…” suggerì Anna stringendo le mani a Diana.
“Lo pensi davvero?” sussurrò Diana.
“Ne sono convintissima” disse sorridendo la rossa.
“Va bene… stasera dirò tutto sia a Fred sia ai miei
genitori” acconsentì Diana.
Finalmente un bel sorriso illuminava il suo bel viso, non
più segnato dall’ansia.
Rientrarono al termine della pausa e Julia notò il viso
disteso di Diana.
“Scusami Julia se non mi sono confidata con te…” disse
abbracciando l’amica.
“Non importa… Quando sarai pronta lo farai anche con me” disse
la ragazza, felice di vedere la sua amica del solito umore allegro e
spensierato.
Il pomeriggio volò letteralmente. I bambini si divertirono
un sacco a provare le loro parti.
Tutti sbagliarono qualcosa, ma dopotutto mancavano ancora
due settimane a natale ed il tempo per migliorarsi c’era.
Al termine della giornata, Diana, Anna e Julia
controllarono i bambini, non volevano che prendessero un malanno.
Una volta pronti uscirono, diretti verso la casa del primo
bambino, ma la vista di Fred, appoggiato ad una quercia, fece capire a Diana
che quella sera non avrebbe accompagnato i bambini come al solito.
Salutò tutti ed andò verso il ragazzo.
“Buonasera Diana…” disse il ragazzo, sorridendo
gentilmente.
“Buonasera Fred…” rispose Diana.
“Posso accompagnarti a casa?” chiese il giovane osservando
la ragazza.
Era strano, ma la tristezza di quella mattina era sparita.
“Certamente… però facciamo il giro lungo… devo parlarti…”
disse lei incamminandosi verso il sentiero.
Fred la seguì, curioso soprattutto di sapere cosa Diana
voleva dirle.
Dopo quella che per Fred fu un’eternità finalmente la
ragazza si decise a raccontare quanto accaduto il giorno prima a casa di Zia
Atossa.
Il ragazzo ascoltò in silenzio, ma i pugni stretti, fecero
capire alla ragazza il nervosismo crescente del ragazzo.
“… e poi… beh poi ci si è messa Janet…” disse in un soffio.
“Janet è ad Avonlea?!” chiese alquanto stupito il giovane.
“Già… da quanto mi ha detto è stata lei a sobillare sua
nonna e poi mia zia… Scusa se non te l’ho detto prima…” disse lei chinando il
capo.
“L’importante è che tu l’abbia fatto. Ricordami di
ringraziare Anna per il consiglio che ti ha dato…” disse abbracciandola
teneramente.
“Me ne ricorderò…” rispose Diana sorridendo.
“Adesso sei tornata la Diana che conosco e che amo con
tutto me stesso…” disse lui dandole un buffetto sulla guancia.
Erano intanto giunti a casa Barry. Si salutarono e Diana
rientrò in casa.
“Già a casa Diana?” le chiese la madre.
“Sì… è passato Fred a prendermi… Mamma… Ti ricordi ieri
sera?” chiese Diana.
“Sì… perché?” chiese la donna osservando la figlia.
“Ecco… c’è qualcosa che devo dirti…” iniziò la ragazza.
Dopo aver raccontato tutto si sentì meglio. Osservò di
sottecchi sua madre che era rimasta silenziosa durante tutto il suo racconto.
“Non ti preoccupare… Zia Atossa è fatta a suo modo…
Ricordati che noi saremo sempre dalla tua parte…” disse la donna comprensiva.
“Scusami se non mi sono confidata prima con te, ma avevo
paura” sussurrò la giovane.
“Anch’io l’avrei fatto al tuo posto, non ti preoccupare e
mettiamoci una pietra sopra… Tuo padre non ascolta mia Zia Atossa, e se
stavolta volesse ascoltarla… Ci penserò io a fargli cambiare idea… Ricorda
figlia mia, gli uomini sono la testa… ma la donna è il collo…” disse
sorridendole.
La settimana volò letteralmente, Diana, Anna e Julia erano
molto prese dai preparativi per la recita e tutti i bambini erano eccitati alla
sola idea che, tra quasi una settimana, avrebbero recitato come i grandi.
Janet non si era più fatta vedere, ma Diana non era
preoccupata: ora era certa dell’amore di Fred e soprattutto del suo.
Nessun ostacolo sarebbe stato insormontabile se al suo
fianco c’era Fred.
Giunse la domenica. Le insegnanti dell’asilo avevano
parlato il giorno prima con il reverendo, chiedendogli se potevano annunciare
la recita che si sarebbe tenuta la vigilia.
Il reverendo Allan era stato ben contento di aiutarle ed
aveva garantito tutta la pubblicità del caso. Era importante che i bambini
avessero vicino l’intera comunità.
Diana quel giorno si alzò di ottimo umore, nonostante il
cielo carico di nuvoloni grigi che minacciavano pioggia o, nel peggiore dei
casi, una nevicata.
Si vestì con cura, la domenica era il suo giorno preferito.
Fin dall’infanzia quel giorno era tutto per lei.
E’ strano… qualche anno fa la domenica la
trascorrevo con Anna. Quanto ci siamo divertite. Era così bella e spensierata
la vita allora… Sembrano passati secoli, anziché anni… Si cresce… E poi… adesso
c’è Fred… Già… Fred pensò la ragazza sorridendo felice.
Dopo essersi osservata un’ultima volta ed aver preso il
cappellino ed il cappotto coordinati, andò a vedere come se la stava cavando
Minnie May.
Ovviamente era ancora rintanata sotto le coperte. Dopo
qualche supplica e qualche minaccia non molto velata, la piccola si alzò ed
andò a lavarsi il visino.
Diana osservò il cielo: non voleva saperne di lasciar
uscire il sole.
A tempo di record Diana vestì la sorella, la pettinò e le
acconciò i capelli.
“Perfetta Minnie May… Andiamo, o mamma e papà ci daranno
per disperse…” disse avviandosi verso le scale.
Sua madre, accanto le scale attendeva l’arrivo delle
figlie.
“Diana! Minnie May! E’ questa
l’ora di scendere?!” disse severa la donna.
“Scusaci…” dissero le figlie contrite.
“Solo per stavolta… Andiamo…” disse la signora Barry
facendo strada alle figlie.
Salirono sul calesse e si avviarono verso la chiesa.
Arrivarono dopo circa dieci minuti. Quasi tutte le persone
erano già entrate.
Sapevano di non essere in ritardo, ma era abitudine
ritrovarsi qualche minuto dinnanzi alla chiesa per parlare.
Stavolta non sarebbe stato possibile, ma la signora Barry
non intendeva crucciarsi per così poco.
Entrarono in chiesa e presero posto al loro solito banco.
Diana vide Anna e Julia, nella fila accanto alla sua e vide
Fred: era bellissimo.
L’arrivo di Janet nella piccola chiesa di Avonlea non passò
inosservato. Il vestito scelto era rosso ed alquanto scollato per una chiesa.
Tutti la osservarono, le matrone e tutte le donne presenti
alquanto contrariate da un simile spettacolo, mentre gli uomini ed i ragazzi la
osservavano rapiti da tanta bellezza.
Vari mormorii si alzarono. Diana lanciò una rapida occhiata
a Janet, arrossendo subito.
Janet infatti non era sola, era accompagnata dalla signora
Thompson e da Zia Atossa.
La signora Lynde cambiò colore, e molti pensarono che
sarebbe morta in quello stesso istante.
Janet, ignorando i sussurri e le occhiate, prese posto una
fila davanti a quella dei Wright.
Il reverendo salì
sul pulpito, pronto ad officiare la funzione. Ma i continui mormorii lo
costrinsero ad intervenire “Fratelli… sorelle… questa è la casa del Signore… un
po’ di rispetto!” nessuno seppe dire se quelle parole erano per i mormorii
oppure per Janet soltanto.
Il reverendo, una volta ottenuto il silenzio assoluto,
iniziò la funzione.
Appena terminata la funzione, il reverendo attirò
nuovamente l’attenzione dei fedeli.
“Un’ultima cosa fratelli e sorelle… Vi ricordo che la
vigilia di natale in questa chiesa avrà luogo la recita dei bambini dell’asilo…
Vi ringrazio fin d’ora per la vostra partecipazione, che spero sarà numerosa…”
disse il reverendo Allan guardando i fedeli.
Tutti i presenti annuirono, assicurando al vicino la loro
presenza.
“Un attimo ancora… un nostro concittadino ha chiesto di
poter parlare pubblicamente… ed io ho acconsentito… do quindi la parola a Fred
Wright…” disse il reverendo andandosi a sedere.
“Grazie reverendo…” disse il giovane dopo essere salito sul
pulpito.
“mi scuso per il modo inconsueto con cui ho deciso di
parlarvi, ma non voglio che ci siano più dubbi in proposito…” l’attenzione ora
era tutta per il ragazzo. Persino Diana e Janet osservavano il giovane, curiose
di ascoltare quello che aveva da dire.
“Vi informo ufficialmente che sono il fidanzato di Diana
Barry e… se lei mi farà l’onore… tra due anni… il 25 maggio… se per lei andrà
bene… vorrei diventasse la mia sposa…” terminò il giovane, rimanendo in attesa
della risposta di Diana.
Questa, rossa come un pomodoro, era seduta incapace di
staccare gli occhi di dosso dal giovane.
“Penso stia aspettando una risposta Diana…” disse la
signora Barry guardando di sottecchi la figlia.
“Sì…” sussurrò restando seduta.
“Non ti sente…” disse ancora la madre “Alzati…” insisté.
“Sì… con immensa gioia…” disse lei a voce alta.
Un applauso esplose appena lei ebbe pronunciato quelle
parole.
Il ragazzo scese dal pulpito e si avviò verso la ragazza.
“Pensi che sia stato sufficientemente chiaro?” chiese
guardandola negli occhi.
“Secondo me… sì…” disse sorridendogli dolcemente.
Tutti i cittadini andarono a congratularsi con i futuri
sposi, non era mai accaduto che una proposta di matrimonio fosse fatta così
pubblicamente, almeno non ad Avonlea.
Janet uscì furibonda dalla chiesa, seguita poco dopo dalla
signora Thompson.
Erano trascorsi due anni e mezzo…
Era il 25 maggio, il giorno del suo matrimonio.
Diana era bellissima nell’abito d’organza svasato, che
scendeva morbido fino ai piedi. Un velo delicato ed impalpabile scendeva fino a
terra.
Dei gigli selvatici ornavano la sua testa ed il bouquet,
opera di Anna che aveva mosso mari e monti affinché i fiori fossero perfetti,
faceva bella mostra di se tra le mani bianche della sposa.
Anna e Julia, in due meravigliosi abiti azzurri, erano le
sue damigelle d’onore, mentre il figlio del reverendo Allan era il paggetto.
Casa Barry era ricolma di invitati.
Fortunatamente quel giorno c’era il sole, aveva piovuto per
un’intera settimana, cosa che aveva irritato profondamente Diana.
C’era voluto tutto l’ottimismo di Anna e Julia per far si
che si calmasse.
La notte precedente le due ragazze erano rimaste a dormire
a casa Barry ed avevano discusso un’infinità di volte sull’indomani: desideri,
sogni, aspettative, dubbi, emozioni, sospiri, risatine e qualche lacrima aveva
allietato quella notte. Ed alla fine il giorno era arrivato.
Il giorno in cui due anime sarebbero state unite per
sempre.
Diana arrivò in chiesa, dove Fred già l’attendeva innanzi
all’altare.
Il vestito nero che indossava lo rendeva ancor più alto ed
attraente.
Dal canto suo, anche il ragazzo era incantato dalla vista
di Diana in abito da sposa.
La vide avanzare lentamente, al braccio del padre: sembrava
incredibile che entro breve sarebbero stati ufficialmente marito e moglie.
La cerimonia si svolse come in un sogno, le donne presenti
versarono qualche lacrima, com’è d’obbligo, mentre gli uomini cercavano di
consolarle come potevano.
Pronunciarono i loro voti guardandosi negli occhi.
“Puoi baciare la sposa…” disse il reverendo Allan,
osservando con dolcezza i due ragazzi.
“Signore e Signori, vi presento i signori Diana e Fred
Wright” disse appena i due si staccarono dal tenero bacio che aveva suggellato
il loro amore.
Vari cori inneggianti gli sposi giunsero da più punti.
Il rinfresco si svolse senza intoppi e ben presto la casa
dei Barry.
Diana era felice. Felice come non era mai stata in vita sua.
Aveva coronato il suo sogno.
Aveva lasciato il rinfresco per prendere una boccata
d’aria.
Sentì la porta sul retro chiudersi e dei passi
avvicinarlesi.
“Sapevo di trovarti qui…” disse Fred abbracciandola.
“Già… è così bello il tramonto…” disse la neosposina
accoccolandosi meglio tra le braccia del marito.
“Sai… a distanza di anni… ho una domanda da farti…” disse
Fred all’orecchio della sua amata.
“Dimmi…” lo invitò lei dolcemente.
“Perché Mary Anne ti definì come una crostata di fragole?”
chiese lui osservando i giochi di luce che si alternavano sul visino della sua
sposa.
“Le fragole ti avvolgono con il loro gusto… Ma non è facile
togliere tutti i semini che ti lasciano in bocca…” rispose la ragazza
ridacchiando.
“Vuoi dire che Mary Anne già sapeva?” chiese lui alquanto
sorpreso.
“Beh… era palese mio caro…” disse Diana sibillina.
“Te l’ho già detto che ti amo, signora Wright?” chiese lui
scrollando le spalle.
“No… non ancora, signor Wright… Ma può sempre rimediare…”
propose lei.
“Ti amo Diana…” disse lui.
“Ti amo Fred…” sussurrò lei.
Il tramonto fu l’unico a vedere il bacio dolcissimo che i
due si scambiarono.
Fine
Ecco la fine della mia fanfiction.
Ringrazio tutti quelli che l’hanno seguita
fin dall’inizio.
Un grazie particolare va a Nisicorvonero:
grazie mille per avermi incoraggiato e corretto. Questo capitolo è tutto per
te.