Il Lupo e La Ninfa

di DarkElectra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 0: una fiaba...per cominciare ***
Capitolo 2: *** capitolo 1: svegliarsi ***
Capitolo 3: *** Preludio alla tragedia pt.I ***
Capitolo 4: *** Tutto in una mattinata (preludio alla tragedia pt. II) ***
Capitolo 5: *** Le Cose Non Vanno Mai Come Credi (capitolo IV) ***
Capitolo 6: *** Riflettere (capitolo V) ***
Capitolo 7: *** L'Altro Remus (capitolo VI) ***
Capitolo 8: *** Insomnia ***
Capitolo 9: *** VIII. Solo e Pensoso... ***
Capitolo 10: *** L'Effetto Domino (capitolo IX) ***



Capitolo 1
*** Capitolo 0: una fiaba...per cominciare ***


La Ninfa e Il Lupo

La Ninfa e Il Lupo

 

1.      Una favola…per cominciare

 

dc
Il Lupo riusciva sentire i passi delle proprie zampe.

Scivolò tra l’erba fino a che si ritrovò davanti uno stagno. Si avvicinò tra le piante finché non riuscì a vedere una ragazza che si lavava.

L’acqua si infrangeva sul suo corpo, riversandosi sui seni, luccicando tra i capelli. Era la Ninfa.

Il Lupo percepì i suoi istinti umani verso la Ninfa, e si mosse tra le foglie.

La Ninfa sussultò alla vista del Lupo e nuotò lontano da quel punto.

Si nascose tra le rocce e si coprì gli occhi. Il Lupo si mosse verso di Lei, e Lei non poté scappare. Allungandosi verso la Ninfa,

il Lupo le leccò la spalla mentre Lei si acquattava contro le pietre.

Lei accarezzò la pelliccia del Lupo e massaggiò il suo muso.

Si rannicchiò contro il Lupo, ed il Lupo divenne il suo compagno fedele e libero.

dc

 

 

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Capitolo 2
*** capitolo 1: svegliarsi ***


Svegliarsi

Svegliarsi

Giaccio accanto a te

                                                                                           Ascoltandoti respirare

La luce che scorre in te brucia dentro di me

(understanding – evanescence)

 

 

Non voleva svegliarsi.

Stava sognando, ed era per giunta un bel sogno, cosa che non le capitava …oh, da mesi ormai. Era un sogno che profumava di pergamena, aveva il sapore dolce del cioccolato e regalava il tepore morbido del muschio. Sorrise lievemente al ricordo, sospirando. Era decisamente un gran bel sogno…ma era un sogno. E se si fosse svegliata sarebbe svanito. Nelle sue narici sarebbe entrato prepotentemente l’odore forte del caffè nero, odiato ma indispensabile; i piedi nudi avrebbero poggiato sul marmo freddo e duro…e accanto a lei non ci sarebbe stato nessuno. Strinse più forte le palpebre, mugugnando qualcosa senza senso, e stringendosi di più al corpo steso nel letto con lei.

Ma…un momento. Corrugò le sopracciglia, tastando ciò che sentiva sotto le dita senza osare aprire gli occhi, mentre i suoi pensieri cercavano di uscire da quella palude che era la fase REM. Lei aveva sognato. Aveva sognato ciò che più desiderava avere al mondo, e che, come le era ormai chiaro, non avrebbe avuto mai se non appunto nei sogni. E quello della notte scorsa era stato un bel sogno. Molto vivido e realistico, ma solo un sogno.

…O no?

Non osava sperare, sapeva che una volta completamente lucida avrebbe realizzato di star stringendo un cuscino o qualcosa del genere, e che si sarebbe sentita un’emerita idiota illusa.

Sospirò pesantemente, meglio che affronti subito la realtà e basta…

Aprì gli occhi. Molto lentamente.

E allora morì e risorse.

Ciò a cui era stretta non era riempito di piume, ma di ossa e sangue, e di quest’ultimo poteva sentire lo scorrere che si condensava in un punto centrale, proprio sotto il suo orecchio… Il battito di un cuore.

Il battito del suo cuore.

Tum, tum, tum, colpi regolari, tranquilli, dannatamente reali.

Sollevò la testa quel tanto che bastava da posizionare un lieve bacio lì dove il battito era più forte, mentre un sorriso le esplodeva incontenibile sul volto.

Mai risveglio era stato così perfetto.

Si sollevò un altro po’, avvicinando il proprio viso a quello di lui, per contemplarne i lineamenti, e…Dio, quanto era bello. I capelli castani sparsi sul cuscino, stravolti dalla nottata; la bocca appena dischiusa, il respiro…oh, non avrebbe mai dimenticato quel suono…il respiro così pacato e lieve, coronamento dell’espressione di serenità perfetta sul suo viso. L’espressione con cui lo aveva conosciuto tempo addietro, ma che gli affanni degli ultimi tempi sembravano avergli strappato. Un momento dopo, realizzò che era per lei, per il suo amore, per ciò che era successo quella notte, che lui adesso dormiva così lieto; ed il suo cuore si riempì e traboccò di una gioia pura e forte, come non ne aveva mai provata prima.

Cercò di sollevarsi in posizione seduta, per accarezzargli i capelli, e forse lo avrebbe anche svegliato, ma c’era qualcosa che la teneva così saldamente ancorata al materasso...

Voltò la testa e solo allora notò il braccio di lui, stretto intorno al suo bacino, come per legarla a sé, per non lasciarla allontanare di un soffio.

E se quello era il suo volere, perché contraddirlo?

Lo baciò ancora una volta sulle labbra, poi riappoggiò la testa sul suo petto, lasciandosi cullare dal suono di quel cuore che adesso batteva per lei. Felice di una felicità indistruttibile…

...

……

 

Mi rincresce dire che questo non è l’inizio della storia che state per leggere.Se doveste chiedervi allora perché sia stato messo lì,non ho la facoltà di rispondervi.Forse è l’inizio di un’altra storia, raccontata da qualcun altro… Ma la storia che IO sto per narrarvi è estremamente triste. E per favore, non chiedetemi chi sia quell’“io”. Il mio nome non deve interessarvi, sono il Narratore, e nulla più. E in qualità di Narratore, è mio triste compito avvertirvi che in questa storia non ci saranno dolci sorprese al risveglio, né sogni di felicità realizzati all’improvviso, né suggestioni da fiaba… Perciò, se è questo ciò che cercate, abbandonate adesso il racconto. Ce ne sarà sicuramente un altro di vostro gradimento sullo scaffale accanto. Tuttavia, se vi piacciono le storie di ragazze caparbie e ragionevolmente piacevoli, di uomini troppo nobili per ammettere un amore, di lunghi

pomeriggi di pioggia, e di tragicomiche liti, allora restate. Riflettete bene, adesso…

Siete ancora qui?

Allora prestate attenzione, poiché ciò che sto per dire non è facile da credere, e ancor meno da capire, ma se vorrete ascoltarmi, se vorrete avere fiducia, allora forse, alla fine, vedrete la bellezza in questa storia estremamente triste.

E questa volta, si inizia da dove la conosco io.

 

 

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Capitolo 3
*** Preludio alla tragedia pt.I ***


Così inizia, se vi pare

Apoteosi di una giornata Grigia (preludio alla tragedia pt.I)

 

…Un fatto curioso è come gli avvenimenti più grandiosi, i cambiamenti più significativi, non preannuncino mai il loro arrivo. Essi spesso nascono in silenzio, inosservati, e quando alla fine accadono, nessuno è in grado di determinare con precisione quando siano iniziati. Forse nascono nei nostri cuori nello stesso istante in cui nasciamo noi, e lì rimangono, si scavano una nicchia e restano dormienti, cosicché noi li percepiamo, ma non riusciamo a dar loro un nome, a meno che non si destino in tutta la loro grandezza.

Un altro fatto curioso è come, spesso, un’ottima sveglia per questi avvenimenti grandiosi sia la noia.

                                                                                                             

 

La noia era un demone ben noto all’ex galeotto Sirius Black.

Lo tormentava fin da ragazzo. E con che accanimento! Sirius doveva avere qualcosa da fare ogni minuto di ogni ora di ogni sua giornata, per tenerla alla larga. Se appena si fermava un attimo, eccola che tornava a ghermirlo coi suoi artigli mollicci fatti di fango e fumo stantio, per narcotizzarlo, per affogarlo meglio. Da giovane, Sirius era stato un maestro nel tenersi occupato h24 per fugare la vecchia megera. Era facile, quando il tuo migliore amico si chiamava James “Ramoso” Potter, e l’altro miglior amico era un lupo mannaro, e tu eri uno studente di magia. Era facile, sì, ma a volte capitavano comunque, inevitabilmente, pomeriggi di stasi totale. Per esempio, durante gli allenamenti di quidditch di James o quando Remus decideva che anche i Malandrini dovevano studiare.Niente scherzi. Niente chiacchierate. Niente battute. Niente passeggiate senza meta. Niente di niente. Solo lui e forse un cumulo di compiti troppo elementari per il grande cervello che a quel tempo Black credeva di possedere.

Quelli erano pomeriggi dannati. Pomeriggi in cui Sirius si buttava a pesce sul proprio letto affetto da un’apatia insopportabile. Stava lì fermo, ore ed ore, cercando di pensare a qualcosa da fare, trovando ogni opzione banale in maniera deprimente. E più stava in quello stato, cercando passivamente di trovare un modo per liberarsi dalla palude dell’ipocondria, più ci sprofondava, finché quella non gli infettava tutto il cervello.

E allora cominciava a dare i numeri.

Il primo sintomo di un’imminente catastrofe era lo sbuffare che raggiungeva frequenze pericolose. Iniziava con qualche leggero sbuffo ogni dieci o cinque minuti, ma raggiungeva presto la velocità della canna fumaria di una locomotiva. A questo punto, lo sbuffo iniziava ad alternarsi a mugolii e versi gutturali più o meno definibili. Poco dopo, ai mugolii si aggiungevano imprecazioni, di solito Merlino che palle o qualche variante molto simile. Dopo un tempo che variava dai cinque ai quindici minuti, Sirius iniziava ad aggiungere ai suoni anche dei movimenti. Faceva ballonzolare le gambe su e giù dal bordo del letto. Faceva false capriole. Scuoteva il bacino come in preda alle convulsioni. Questo, di solito, era conosciuto tra i suoi amici come il punto di non ritorno. Era il momento in cui di solito James faceva in modo di tornare dagli allenamenti, o Remus chiudeva il libro, e trovavano subito il modo di riportare il loro amico alla sanità mentale.

Di solito.

Ma a volte, James non c’era, e non c’era Remus, e Sirius superava il punto di non ritorno da solo. E allora succedevano i peggiori disastri della sua vita. Si annoiava da morire il pomeriggio in cui aveva detto a Severus Piton come raggiungere il tunnel sotto il platano picchiatore. E quella era stata davvero una brutta storia.Da allora, Sirius si era impegnato a non sprofondare mai più così in basso. Aveva aguzzato l’ingegno per trovare nuovi sfoghi, Remus lo aveva aiutato trasmettendogli la passione per i cruciverba, poi via via aveva intuito che il trucco era semplicemente non rilassarsi mai. Fare una serie di cose, anche banali, ma senza fermarsi. Scappare e non dare tempo alla noia di guadagnare terreno. Correre per battere il Diavolo, come diceva il saggio.

E negli anni rimanenti della sua gioventù, Sirius Black aveva pensato di esser diventato un discreto podista.

Ma questa, sfortunatamente, era acqua passata da molto tempo; perché il trentottenne Sirius Black, solo nella vecchia casa dei suoi defunti (grazie a Dio) genitori, si annoiava eccome.

Erano mesi che stava chiuso lì dentro, da solo con quell’impiastro di Kreacher l’elfo domestico. Aveva abbandonato una prigione per ritrovarsi in un’altra. E non era sicuro su quale delle due fosse la peggiore.

Ad ogni modo, aveva cercato di tenere a freno i bollenti spiriti, godendo dei pochi attimi di compagnia con i compagni dell’Ordine, e distraendosi nel tempo restante con lavoretti vari.

Ma quell’uggiosa mattinata di aprile stava mettendo a dura prova la sua buona volontà.

Aveva fatto davvero DI TUTTO.

Si era messo una bandana tra i capelli, un vecchio grembiule e un paio di guantoni di gomma e aveva lucidato uno per uno tutti i pavimenti dell’enorme casa.

Aveva tolto secoli di polvere dalle suppellettili.

Aveva disinfestato la soffitta.

Aveva cercato invano un modo per distruggere il dipinto di sua madre.

Aveva urlato per mezz’ora contro Kreacher e i suoi sproloqui da mentecatto.

Aveva dato da mangiare a Fierobecco l’ippogrifo.

Aveva letto qualsiasi pezzo di carta si trovasse in casa.

Eppure, incredibilmente, erano ancora solo le dieci, e Sirius iniziava ad annoiarsi di brutto.

Effettivamente, Black aveva anche i suoi bei diritti per sprofondare nell’apatia e di sentirsi stizzito, e per svariate ragioni.

Intanto non vedeva un’anima viva da tre settimane, erano tutti presi dai loro casini, avevano tutti qualcosa di molto importante da fare fuori e lui invece, lui, il reietto, doveva rimanere dentro da solo a fare la calza, letteralmente. E questa era una cosa.

Erano quattro giorni che pioveva. E lui, come ogni buon Sagittario, era terribilmente metereopatico.  Era solo in quella casa senza niente di importante da fare e gli dei gli avevano tolto anche la gioia di guardare il sole. E questa era un’altra cosa.

Aveva finito il caffè. No, GLI avevano finito il caffè. Durante l’ultima riunione tre settimane prima. Tonks aveva promesso che avrebbe fatto la spesa e glielo avrebbe portato di corsa, ma era sparita, o se ne era dimenticata, cosa molto probabile visto quanto era svampita quella benedetta ragazza. E questa era l’ultima goccia. Sirius aveva bisogno di assumere caffeina. La caffeina, anche in casi estremi, era quella che impediva alla noia di far fare a Sirius qualche emerita idiozia. Senza caffè, Sirius avrebbe presto combinato qualcosa, per lo stato in cui si trovava. D’accordo, questo Tonks non poteva saperlo, ma Remus lo sapeva eccome. E avrebbe anche potuto degnarsi di informarla, visto che quei due sembravano trovarsi sempre insieme.

 

…quei due sembravano trovarsi sempre insieme…

             

…Trovarsi sempre insieme…

 

…Sempre insieme….

            

 …Insieme…

                          

 …Insieme…

 

Sirius poté praticamente sentire il leggero –click– nella sua testa. Forse, forse, in un recondito angolino oscuro del suo cervello c’era stata una coscienza che aveva suonato un campanello d’allarme, assolutamente invano.

Adesso Sirius aveva qualcosa da fare.

 

 

 

v                       

 

 

Avevo promesso a me stessa che in questa fic vi avrei fatto patire, rifiutandomi di rispondere alle recensioni o di lasciare qualsivoglia altro commento riguardo la storia.

E’ chiaro che ho fallito.^.^

Perciò, lasciatemi spendere due parole su questo capitolo. Ho riflettuto molto prima di scriverlo, ho riflettuto mentre lo scrivevo, ed ho riflettuto tantissimo prima di pubblicarlo. Non è il mio capitolo meglio riuscito, forse. Va detto che mi sono divertita molto descrivendo le crisi di Sirius (più che altro perché sono affetta dallo stesso disturbo con gli stessi sintomi…) e avevo bisogno di un pretesto e di una spiegazione per poi far succedere…quello che succederà ^.^. In verità, come avrete notato leggendo il titolo, questo capitolo è “incompleto”, ovvero c’è un’altra metà, una parte seconda. In questa parte seconda si vedranno le conseguenze di quanto descritto nella parte prima. In un primo momento, parte prima e parte seconda dovevano essere congiunte in un unico capitolo, ma poi ho pensato fosse meglio separarle.

Solo, non sono niente affatto sicura che voi abbiate apprezzato la mia scelta. Forse preferivate vedere subito loro e di Sirius non ve ne importa proprio nulla. Mi rammarico comunque nel dire che prima di entrare nel vivo della storia dovranno passare ancora uno o due capitoletti introduttivi. I due per adesso neanche sanno cosa potrebbe succedere tra loro. E diamogli il tempo di rendersene conto, no?

 Io ho semplicemente pensato di introdurre una parentesi comica (si spera -.-) prima di sprofondare nella “serie di sfortunati eventi” che costituiranno il corpo principale della storia.

Consideriamola una mia scelta stilistica molto azzardata e sono pronta a ricevere pomodori e ortaggi vari (evitate però le carote, per favore, sono appuntite e fanno male…)  e per fino a riscrivere il cap nel caso in cui non doveste gradirla.

Se poi doveste gradirla, allora…

Passiamo alle recensioni!

Klaretta: Grande Capa, ma ciau! Spero che la storia continui a piacerti, e che non ti troverai mai a rimproverarmi per avertela dedicata…

Mokarta: Accidenti, mi hai beccata! Ahah, e già…quella frase nell’introduzione l’ho presa proprio dal meraviglioso libro di Levy…lo tengo sulla scrivania come una Bibbia, mentre scrivo…spero di essere all’altezza!

Nisi Corvonero: Sono felice di averti incuriosito, spero di non deluderti, e che le dita continuino a pruderti per lasciarmi recensioni! Sono il mio pane e la mia acqua, la mia linfa vitale…^^

AleLupin: Beh, che posso dire…prego! Ma Remus e Tonks meritano davvero…E veramente dovrei essere io a ringraziare te, per il semplice fatto di aver lasciato una recensione tanto carina…continua a seguirmi!!

Kishal: accidenti, la tua soggezione ha messo in soggezione ME! Tutti i problemi di cui ho parlato nelle note sopra mi sono venuti dopo aver letto la tua recensione! E se dopo il primo capitolo che ti è piaciuto così tanto dovessi deluderti?? Aaaah, il disonore! Ma devo ringraziarti, perché così sono spronata a fare sempre il massimo. Cerca solo di non farmi perdere il sonno un’altra volta, con la prossima recensione! (che aspetto con estrema ansia ^.^) Ciaoooo!

 

Basini fatati a tutti, anche a quelli che leggono e non recensiscono…purtroppo ç.ç

 

RECENSITE!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Tutto in una mattinata (preludio alla tragedia pt. II) ***


Londra, sobborghi della città

Tutto in una mattinata (Preludio alla tragedia pt. II)

 

Me la ricordo bene,

la prima volta che ti vidi…

Me la ricordo bene,

c’era dell’umido tra i tuoi capelli,

eri in piedi sulle scale.

Ed il tempo smise di muoversi…

(I Remember – Damien Rice)

 

 

Londra, sobborghi della città. Sobborghi fumosi, avviluppati tra sigarette, oppio e nebbia. Sobborghi bagnati, a Londra dopotutto piove sempre. Sobborghi spenti, sobborghi inosservati…Sobborghi dalle piccole case, dalle piccole strade, dalle piccole genti. Sobborghi dove rintanarti.

E’ qui dove, da ventuno anni, si svegliava Remus John Lupin. E’ qui dove, quell’uggiosa mattinata d’aprile, si svegliò Remus John Lupin. Aprì gli occhi d’ambra, fissando per pochi momenti il soffitto, aspettando che i muscoli si sciogliessero. Rabbrividì poi posando i piedi nudi sulla fredda pietra del pavimento, e si affrettò a ritrovare pantofole e calze.Si alzò, notando marginalmente il mal di schiena che il suo materasso sgangherato gli procurava.Non poteva comunque cambiarlo, quindi perché lamentarsi.

In silenzio si diresse verso il cucinino, dove mise a scaldare un po’ di latte. Aspettando che la bevanda fosse pronta, aprì la piccola finestra della camera, respirando con piacere l’ozono, osservando con disinteresse le gocce che cadevano scroscianti mentre rifaceva il letto. Accompagnato solo dal sommesso blblblbl del latte che sobbolliva, entrò nel suo microscopico bagno e iniziò a lavarsi e vestirsi. Cercò di completare ogni operazione senza guardarsi nello specchio, ma il nuovo profondo taglio sulla guancia destra bruciava in maniera sospetta. Si costrinse a confrontarsi con la lastra di vetro, cercando di guardare solo la parte del viso coperta dall’abrasione. Era molto fresca, ancora rosso vivo, ed effettivamente un po’ troppo nera lungo i margini. Si dedicò a pulirla e disinfettarla, finchè il bruciore non si calmò quasi del tutto. Intanto, il borbottio del pentolino sul fuoco si era fatto un po’ troppo forte, perciò spense la fiammella, e pochi secondi dopo bevve il latte bollente. Infine, richiuse la finestra, infilò il cappotto e uscì dall’appartamento, pronto a farsi inghiottire dal mondo. Scese le tre rampe di scale lentamente, la gamba sinistra gli faceva parecchio male in quei giorni. Sull’ultima rampa incontrò Fathmira, la figlia dell’albanese a cui apparteneva il palazzo, intenta a lavare le scale. La ragazza biascicò timidamente un saluto, e lui le rispose con un fugace sorriso.

In fondo alle scale sostavano già Mrs.Higgins e Mrs.Pitch, col suo adorato volpino spelacchiato in braccio, tutte intente nei loro pettegolezzi da vecchie zitelle bigotte. Vedendolo arrivare, Mrs.Higgins battè con la mano sul braccio della sua cara compagna, facendo saettare gli occhi di lato, verso di lui. Fecero finta di ignorarlo finchè non fu vicinissimo, poi Mrs Pitch scandì un “Buongiorno, signor Lupin, tutto bene?” con aria sfrontata e sgarbata, come a sfidarlo a non rispondere, o a sgarrare un minimo comportamento. Remus tirò le labbra in un sorriso amaro e rispose, tranquillo come sempre “Buon giorno, signore. Tutto bene, sì.” Si costrinse ad aggiungere un “E voi?”. Mrs Higgins sputò un “tutto bene” a labbra strette. Sembrò non dover aggiungere niente, e Remus fece per andarsene. “Anche se…” La frase lasciata a metà arrivò come uno stiletto tra le costole di Remus che si voltò fingendo interesse. “…Certo gli acciacchi dell’età si fanno sentire, con quest’umidità, e una povera signora anziana e sola ha i suoi bei problemucci…”

“…Non si riesce più neanche a sollevare la sporta della spesa…”

“…Certo, non ci sono più neanche i gentiluomini di una volta. Nessuno aiuterebbe più una vecchia signora, neanche avesse la schiena di un toro…”

Occhi avidi e critici sul suo profilo troppo magro. Braccia incrociate poco sotto il petto, bocca torta in un ghigno di perversa aspettativa. Remus sospira mentalmente, e mentalmente le insulta, ma esteriormente sorride e mite si offre di aiutare le donne. False espressioni di grata sorpresa, poi su, di nuovo per le scale, Fathmira non c’è più, ma la si sente cantare in albanese sulla rampa superiore, le buste pesanti e ricolme vengono lasciate vicino alle porte. Finito. Remus aveva superato la sua prova giornaliera, forse, e aveva certamente donato un momento di divertimento a due vecchie idiote, il che è una buona azione, forse, e se l’era cavata bene, forse, ma questo non impedì a MrsHiggins di sussurrare all’orecchio di mrsPitch, non troppo piano“…Che gentaglia, con cui siamo finite, Eveline, cara…guarda questo qui, che fa tanto il santo, ma chissà come se li fa quei tagli, e dove è stato in queste due settimane, nessuno l’ha visto…e i suoi vestiti, poi…”

E sicuramente avrà continuato, ma Remus non ascoltava più, Remus ormai era lontano, e anche se non lo fosse stato, non gliene sarebbe importato. Cosa ne sapevano loro, dopotutto? Cosa ne sapevano della bacchetta nascosta nel suo cappotto frusto? Cosa ne sapevano di due settimane passate in Romania e di un lupo mannaro di nome Ripper che gli aveva quasi staccato la faccia con una zampa? Cosa ne sapevano di un Ordine che lavorava anche per la loro salvezza? A volte Remus si chiedeva se davvero ne valesse la pena.

Scosse la testa, un po’ per disappunto, un po’ per scrollarsi i capelli che nonostante l’ombrello si erano bagnati.

Voleva vedere Sirius. Ne aveva voglia da quando era tornato, tre giorni prima. Sirius avrebbe ascoltato con avidità il suo racconto della missione, bramoso dei particolari di un’azione che avrebbe voluto vivere lui, e soprattutto, Sirius avrebbe parlato. Si sarebbe dilungato nei suoi melodrammatici discorsi da attore consumato, parlando di quanto si sentisse costretto in quella casa, di quanto fosse ingiusto che lo tenessero chiuso lì dentro, di quanto gli pesasse non poter combattere, non poter vegliare su Harry, non poter dare la caccia a Peter…avrebbe tirato fuori un elenco interminabile, e alla fine, avrebbe sortito il doppio effetto di convicere Remus che sì, ne valeva eccome la pena e che, incredibile ma vero, c’era qualcuno che stava messo peggio di lui.

S’incamminò perciò tra le strade di Londra, scivolando tra la gente, silenzioso e inosservato come un’ombra. Grimmauld Place era ben lontana, e di certo la sua acciaccata gamba sinistra avrebbe preferito una Materializzazione diretta, ma qualcosa diceva a Remus che una lunga camminata gli avrebbe fatto bene.

Si lasciò portare dai piedi, prestando poca attenzione alle strade che percorreva, pensando a quali argomenti avrebbe toccato la conversazione con Sirius. Il suo istinto di lupo gli avrebbe impedito comunque di perdersi.

 

Un’ora e mezza dopo era a metà strada, dalle parti del Ministero. Camminava a capo chino, l’ombrello gli nascondeva alla visuale buona parte di quello che gli succedeva davanti, ed era completamente perso nei suoi viaggi mentali.

Forse, quando si ritrovò steso in una pozzanghera col naso dolorante, la colpa non fu proprio tutta della ragazza che aveva aperto come una furia la porta della cabina telefonica.

-          Oh caspiterolaggine, si è fatto male? Mi dispiace, io…Remus?!

-          Eh…ciao Tonks…

La ragazza si affrettò a chinarsi su di lui, aiutandolo ad alzarsi. Continuava a ripetere “scusa” e “oddio” e “ma guarda che disastro”. Aveva un’aria così dolcemente dispiaciuta, che Remus non se la sentì proprio di rimproverarla. Invece, disse : - Oh, beh…tanto mi serviva comunque un completo color fango.

Tonks arrischiò una risata, e le guance le si colorarono di lampone.

-          Dì un po’; da quand’è che gli impiegati del ministero usano l’uscita di servizio?

-          Ehm…Da quando ho perso la mia scheda di riconoscimento?

Remus rise di gusto, scuotendo piano la testa.

-          …Sono proprio un disastro completo, eh?

-          Beh…effettivamente sei quasi peggio di Mr Bean…ma non è una cosa malvagia, sai?

-          Ah no?

-          No davvero.

Rise ancora, e Tonks lo fissò un attimo. Non c’era scherno nella sua risata, né compassione, né stizza. Remus era solo piacevolmente divertito dal suo essere una calamità naturale. Non era una risata che la faceva sentire un’emerita idiota. Era un suono piacevole, e Tonks si ritrovò a pensare che avrebbe voluto sentirla più spesso. Continuando a osservare il volto dell’uomo notò il grande taglio sulla guancia.

-          Oddio…che ti è successo?- sfiorò la ferita con la punta delle dita, rabbrividendo impercettibilmente.

-          Beh sai quando sono caduto…-  Tonks spalancò gli occhi –Ma no, scherzo… è solo un souvenir dalla Romania.

-          Mi dispiace.

-          Beh, questo non è colpa tua…a differenza del mio naso, che mi fa un male della malora, se lo vuoi sapere.

La ragazza rise, in imbarazzo, e si portò la mano davanti alla bocca. – Scusa…te l’ho rotto?

-          No, credo di no…non c’è sangue…e non fa niente, comunque. Non fa così male.

Tonks lo guardò piegando la testa di lato, un’abitudine in comune con Sirius, poi fece una smorfia.

-          Beh, ma è gonfio… mi dispiace…Il taglio chi te lo ha fatto?

-          E’ una storia molto lunga. Hai tempo?

-          Uhm…no, purtroppo no. Ho solo due ore libere, e devo andare da Felpato…Devo portargli il caffè.

Indicò la sporta che aveva in mano come per confermare le sue parole. Alzando lo sguardo, vide che Remus non sembrava scontento.

-          Bene allora, anch’io stavo andando da lui. Facciamo la strada insieme?

-          Se te la senti di girare con un pericolo pubblico come me…

-          Ah-ah, sì, credo di poter sopravvivere.

Ripresero la strada insieme, parlando del più e del meno, senza immaginare lontanamente le trame che, intanto, Sirius stava tessendo per loro.

 

v              

 

Sirius Black aveva davvero molti difetti. Tanto per cominciare, era impulsivo e si tuffava a capo fitto nelle sue idee senza riflettere. A salvarlo c’era però il fatto che i suoi “tuffi” erano spesso perfettamente eseguiti, da medaglia d’oro.

Sì, Sirius Black era uno stratega eccellente, e benché mancasse di qualsivoglia forma di raziocinio e considerazione, riusciva a fare in modo che qualunque sua idea, per quanto strampalata, fosse perfettamente eseguita.

Perciò, quando quella mattina aveva scoperto la gioia di improvvisarsi Agente Matrimoniale, non aveva risparmiato energie nell’architettare un Geniale Piano.

Non era stata un’impresa eccessivamente ardua, dopotutto. In mezz’ora era riuscito a prepararsi un copione più o meno dettagliato per stimolare il giusto tipo di conversazione, e aveva in mente alcuni “incidenti” che sarebbero potuti perfettamente capitare…con un piccolo aiuto.

Per amor del vero, va detto anche che Sirius Black non era un uomo completamente sconsiderato. Anche nel suo cervello c’era un piccolo, minuscolo grillo verdastro che friniva, e gli suggeriva di assicurarsi che il terreno fosse effettivamente fertile, prima di seminare qualunque cosa.

Una volta tanto, Sirius aveva dato ascolto alla sua coscienza. Non poteva rischiare di combinare un disastro apocalittico. E indurre due persone che magari non c’entravano nulla l’una con l’altra a mettersi insieme, ecco, quello era un disastro apocalittico. Bisognava sondare il terreno.

E Sirius Black si era preparato anche per quello. Molto accuratamente. “Sondare Il Terreno” era la “Fase Uno” del “Geniale Piano”.

Adesso era tutto pronto, perfettamente architettato, pressoché infallibile. Mancava solo una cosa: le vittime.

Fosse stato per lui, avrebbe riempito i due di Strillettere, o sarebbe andato a prenderli direttamente con la MetroPolvere, ma una vocina nella sua testa gli ripeteva che il Grande Cacciatore aspettava la sua preda con pazienza stoica.

Sirius aveva scoperto presto che era tremendamente noioso essere stoici.

Grazie a Dio, qualcuno lo amava lassù.

Aveva appena cominciato ad annoiarsi, quando il campanello trillò, seguito dal solito urlo lacerante di sua madre. Sirius si concesse il suo miglior sorriso da squalo bianco: c’era una sola persona che ancora si ostinasse a suonare quello stramaledetto campanello.

Mutò in fretta il sorriso da squalo affamato in uno da cucciolo scodinzolante, e aprì la porta. Incredibile ma vero, davanti a lui c’erano tutti e due!! Non poteva sperare in un colpo di fortuna migliore, la sorte lo favoriva! Un secondo dopo, si rese conto di star fissando i due con un sorriso ebete in faccia e gli occhi fissi. Si riscosse, liberando l’uscio e dicendo - Ehi, salve, ragazzi…finalmente vi siete ricordati di me, eh…venite, venite…entrate, accomodatevi…- aveva una voglia matta di strofinarsi le mani una nell’altra.

Tonks gli consegnò il caffè, scusandosi mille volte per il ritardo. Lui la ringraziò, dicendole che in realtà non avere caffè lo aveva aiutato molto a riflettere. Poi si sedettero insieme al tavolo in salotto, Sirius prese tre burrobirre e una bottiglia di Wiskey Incendiario, e iniziarono a chiacchierare con naturalezza. Regola numero Uno:far apparire sempre tutto casuale. Tonks era seduta accanto a lui, e ciacolava sugli ultimi danni che aveva combinato Caramell nel suo dipartimento. Remus non staccava gli occhi un attimo dalla faccia della ragazza, rideva spesso ai commenti di lei, e ne aggiungeva di suoi. Uhm uhm, interessante, signor Lunastorta… Come al solito, Sirius si stava dondolando sulla sedia. Facendo finta di star perdendo l’equilibrio, mulinò le braccia per aria, colpendo accidentalmente la bottiglia di Burrobirra di Tonks, mandando tutto il contenuto sui jeans della giovane Auror.

-Ops accidenti che sbadato! Tonks, ho lo smacchiatore di Nonna Acetonella in bagno, vatti a pulire…

Lei si alzò e sparì di corsa su per le scale.

Remus la seguì con lo sguardo, poi tornò a dedicarsi alla sua birra. Sirius lo fissava in modo strano, inquisitorio lo avrebbe definito. Lo metteva in soggezione, lo faceva sentire colpevole senza alcun motivo.

-          Allora…

La temuta parola. Quando Sirius diceva “allora” e lasciava la frase in sospeso, era pericoloso. Quando lo diceva con quel sorrisetto da satiro, era una condanna a morte.

Remus fece finta di niente, senza sapere esattamente cosa aspettarsi.

-          Allora…

Ripetè Sirius, e sollevò il sopracciglio guardando fisso il suo amico. Era un eccellente interrogatore. Ti faceva venire voglia di ammettere qualsiasi cosa, purchè la smettesse con quella faccia e quell’allora inquisitore.

-          Allora…cosa?

Meglio assecondarlo. Sarebbe stato più breve

-          Oh, avanti, io so che tu sai che io so quello che tu fingi di non sapere.

La situazione si stava facendo kafkiana. Era chiaro che Sirius stava giocando con lui. Aveva un fine preciso, ma Remus non riusciva a capire quale. Si voltò a guardarlo inarcando le sopracciglia e allargando le iridi, in attesa di spiegazione. Evidentemente Black considerò la sua espressione di ignara aspettativa come una di stupita ammissione

-          Massì, non mi ci è voluto molto, è palese…chi ha occhi per vedere se ne accorgerebbe lontano un miglio.

-          Sirius…

-          E hai tutta la mia approvazione, è un’ottima cosa…

-          Sirius…

-          Non devi cercare di giustificarti, va benissimo…

-          Sirius.

-          Eh?

-          …Di che diavolo stai parlando?

-          Ma come? Di te…e Tonks!

Il cuore di Remus perse un battito. Questo era il colmo. Sirius era totalmente partito. Patologicamente irrecuperabile. Sì, Tonks era carina e piacevole da avere intorno, ma poteva essere sua figlia, e poi lui era un lupo mannaro, ed era povero, e non era assolutamente attraente, e comunque non provava nulla per lei, se non una sincera amicizia, e non voleva assolutamente che questo rapporto fosse rovinato da malelingue di sorta. Cercò di spiegare a Sirius questi suoi pensieri, ma tutto ciò che riuscì a dire fu

-          Sei completamente pazzo.

Sirius si fece una risata, col suo tipico suono canino.

-          Ah, il pazzo sarei io? E tu, che non ti accorgi neanche dei tuoi stessi sentimenti? Lo capirebbe anche uno scemo che sei cotto.

-          Ma davvero?

-          Sì. Si vede. Lontano un miglio.

-          Questo l’hai già detto…Da cos’è che si vedrebbe?

Remus sembrava sulla difensiva. Bene. Voleva dire che aveva paura di essere scoperto.Probabilmente da se stesso. Sirius si grattò il mento, riflettendo.

-          Mah… è tutta una serie di cose… come ti comporti con lei, come la guardi…

-          Come la guardo?

-          Sì…come…come se fosse una Spider Biturbo, ecco.

Remus si concesse una risata. Sirius Black, il padrone dei paragoni infelici.

-          Una Spider Biturbo? Perché, come si guarda una Spider Biturbo?

-          Con una faccia che dice “quanto vorrei farci un giro quanto vorrei farci un giro quanto vorrei farci un giro…”

Il Licantropo gli mollò un pugno scherzoso (ma non troppo) sull’omero. Rideva, ma era piuttosto arrossito.

-          Sirius, ma ti rendi conto di quello che dici? Sei pazzo davvero! Potrebbe…potrebbe essere mia figlia, razza di demente…

Sirius sembrò pensarci su un attimo. Storse la bocca e arricciò il naso.

-          Tua figlia? Nah, non ti somiglia per niente…

-          Sirius, non è da scherzarci. E’ una ragazzina. E io sono un lupo mannaro. E supponendo che io possa provare qualcosa per lei in un prossimo futuro, come credi che potrebbe funzionare?

-          Non sto scherzando. Mai stato così serio. Intanto ’Dora non è una ragazzina. Alla sua età Lily era già incinta. E Tonks è anche Auror. Un Auror impiastra, ma sempre Auror. Sa badare a se stessa. E tu sei un uomo intelligente e colto, con un piccolo problema che non ha mai causato più di tanti guai. E ammettendo che tu provi qualcosa per lei nell’attuale presente, come potrebbe non funzionare?

-          Io non provo niente per lei. E lei non prova niente per me.Siamo amici. E’ una ragazza simpatica e in gamba, e la ammiro. Punto. Non cercare significati nascosti.

Incrociò le braccia al petto e sporse leggermente in fuori il labbro inferiore, espressione che James aveva a suo tempo battezzato “da Prefetto”: Remus la tirava fuori quando voleva farli sentire in colpa per qualcosa.

Sirius sospirò, e decise di fare marcia indietro.

-          Oh, Lunastorta, non fare quel broncio…Stavo solo giocando con te. Che vuoi, tutto il tempo chiuso qui dentro, uno deve cercare distrazioni…

L’espressione sul volto di Remus si rilassò un po’.

-          ..E ti prometto che non toccherò più l’argomento, se ti dà fastidio…

-          Di che parlate, ragazzi?

Tonks era spuntata all’improvviso sull’uscio, facendoli saltare entrambi sulla sedia.

-          Di lavoro.

-          Di amici.

-          Di amici di lavoro.

La ragazza potè praticamente vedere le aureole sulle teste dei due che aveva davanti, come in quei cartoni animati che piacevano tanto a suo padre, ma decise di far finta di niente. Uomini.

Si risedette al suo posto, e ripresero la precedente conversazione. All’inizio i due sembravano lievemente incartati, e Sirius continuava a lanciare occhiatine a Remus, come se lo stesse studiando, ma poi la discussione si rifece vivace e le stranezze dei due smisero, o se continuarono, Tonks non le notò più.

Trascorsero insieme ancora un’ora, poi Remus si alzò dicendo di dover passare da Silente, che ancora aspettava il suo rapporto sulla missione. Salutò i due amici e lasciò il quartier generale, promettendo a Sirius di farsi vivo al più presto.

Tonks lo seguì con lo sguardo fino alla porta della vecchia casa, sentendosi in un certo senso…svuotata, come se le mancasse qualcosa di essenziale, mentre guardava la sua schiena scomparire oltre la cornice della porta. Era una sensazione alquanto bizzarra, e la giovane Auror fece in modo di respingerla sul nascere. Qualcosa nel suo atteggiamento però doveva aver tradito i suoi pensieri, perché sentiva lo sguardo di Sirius puntato fisso contro la sua schiena. Possibile che avesse capito…Ma cosa c’era da capire, poi? Proprio niente, ecco! Non c’era niente da capire, e lei era dispiaciuta perché Remus non aveva raccontato della sua missione e lei voleva sapere come era andata, e lo voleva sapere perché era nell’interesse dell’Ordine, e non c’era niente di niente da capire.

E allora perché Sirius continuava a fissarla?

E soprattutto, perché lei era momentaneamente incapace di fissarlo di rimando?

Si costrinse a voltarsi, guardando prima il muro, poi le sue scarpe, poi la bottiglia mezza vuota che era rimasta sul tavolo. Si mise a giocherellare col contenitore di vetro, passando il pollice in cerchi concentrici sull’apertura del collo. Non riusciva a pensare a niente. Nel mondo ormai esistevano solo lei e lo sguardo impietoso di Sirius e una vaga consapevolezza, accuratamente reclusa nelle segrete della sua mente ma comunque fastidiosa, che Sirius poteva effettivamente avere un motivo valido per fissarla in quel modo.

Cercò di ignorarlo quanto potè, sperando che si stancasse, ma suo cugino aveva una tenacia ferrea.

Alla fine, prima ancora di rendersene conto, aveva sbottato

-…E che vuoi?- riuscendo infine a sollevare lo sguardo.

Sirius fece spallucce, ma aveva un sorriso decisamente bastardo in faccia, e non le piaceva per niente, perchè anche sua madre sorrideva così a volte, ed era pericoloso.

-Ma niente.Sai…- disse con tono casuale -…è solo che sembri…uhm…delusa?

Beh, almeno non aveva detto imbarazzata o qualcosa di peggio. Fece finta di non capire:

-Delusa?…Ahah…e…da cosa?

-Beh…per esempio dal fatto che lui se ne è andato…

Si costrinse a ridere, come se Sirius avesse appena detto una cosa assurda. Che poi effettivamente era vero, ma chissà perché, lei stessa trovava lievemente difficile crederlo. Sperò che la sua risata fosse bastata a convincere Sirius, ma quando riaprì gli occhi suo cugino la guardava col sopracciglio destro sollevato e quel sorriso bastardo sulla bocca.

-Ma che cosa dici, Sirius?…Perché mai dovrei essere delusa…eh…no?-

Cercò di mantenere il tono il più normale possibile, ma dal calore che sentiva sulle guance doveva essere diventata molto simile a una fragola matura.

Sirius fece di nuovo spallucce, con un’aria innocente così palesemente falsa da risultarle più spaventosa del vecchio caro sorriso bastardo.

Aveva bisogno di fuggire, Sirius con le sue insinuazioni velate le stava mettendo in testa strane idee. Cercò la salvezza in giro nella stanza, e la trovò nella vecchia pendola a muro. Saltò all’improvviso su dalla sedia come morsa da un ragno

-Oh Merlino! Caspiterolaggine, quanto è tardi! Scrimgeour mi farà a pezzi! Ciao Sirius scusa devo andare è stato un piacere ci vediamo presto baci ciao!

Non diede a suo cugino neanche il tempo di aprire la bocca, era già fuori nelle strade di Londra.

Sirius rimase un attimo interdetto, poi scoppiò a ridere, fragorosamente, battendosi le mani sulle ginocchia.

Bene, il dado era tratto.Senza margine di errore.

Oh, sì. Un mese alla lunga. Un mese, e avrebbe fatto finire quei due tra le rispettive braccia. Era fin troppo facile. Salì in camera sua, ancora ridendo.

 

 

*Electra si asciuga il sudore dalla fronte con un fazzoletto* Fiuuuu…ce l’ho fatta. E’ stata dura, ma ce l’ho fatta. Vi giuro, questo capitolo è stato UN PARTO, quando l’ho finito il computer ha fatto comparire sullo schermo “Brava signora, è un maschietto!”…Cose da incubo. Venti giorni, anzi di più, per un capitolo. Dovrei vergognarmi di me stessa. Di solito non faccio così. Beh, abbiate pietà, è un capitolo bello lungo…e sinceramente, credo sia valso la fatica che ho fatto ( a parte il titolo…quello è da dementi ma davvero non ho trovato di meglio -.- Si accettano consigli!). A me piace abbastanza, il che è raro considerata la mia inesistente autostima XD. Ora spetta a voi dirmi cosa ne pensate!! E fatelo in molti, mi raccomando!

 

Passiamo alla mia linfa vitale…

 

Calliope89: grazie, sono davvero contenta che ti sembri interessante! Prometto che posterò più in fretta, d’ora in poi…

AleLupin: Grazie mille per i complimenti, e ancora di più per avermi detto di aspettare il seguito! Ma…ehm…credo che il periodo carico di impegni Sirius non lo avrà proprio, visto che… *electra scappa via piangendo*

Kishal: Ahaha, ciao! Sono tornata finalmente! Spero che quel qualcuno che una volta disse: Oh caspiterolaggine! Non mi chieda i diritti di copyright XD perché è un’espressione davvero troppo…Tonks, per essere ignorata! Quindi grazie per questo. Grazie anche per avermi detto che hai intenzione di continuare imperterrita a seguirmi e recensirmi. E grazie soprattutto per non avermi ancora trasformato in un minestrone (oddio aiuto le Carote Assassine!! Salvateeeemiiiiii) XDXD Spero che tu abbia avuto la presenza di spirito di conservare gli ortaggi vari nel frigo, mentre sono stata via…anche se non ti serviranno…Vero?! Bene, ti ho ringraziata tre volte, quindi puoi considerarti perdonata per non aver intuito subito un…dettaglino insignificante come “di chi parla la storia”…XDXD Beh dopotutto anch’io me la sono andata a cercare mettendo “sorpresa” tra i personaggi, quindi siamo pari. Adesso interrompo la mia “altrettanto nonsense” risposta alla tua recensione, perché credo di star leggermente sproloquiando ^.^ Aspetto con ansia il tuo parere su questo capitolo! E non preoccuparti, in queste notti ho dormito come un pupo…

Klaretta: ciao ciccia!! ^^ grazie mille per il commentuccio, mi ha fatto tantissimo piacere, ma lo sai già, perché ci siamo appena salutate! XD Si, lo confesso, pensavo alle nostre vite spericolate mentre scrivevo quell’introduzione…Volevo ringraziarti per tutto l’aiuto che mi hai dato durante la stesura di questa bomba, visto che non sono proprio sicura di averlo fatto precedentemente…spero di non doverti mai più assillare in tal fatta maniera!! Aspetto una recensione cattiva e dettagliata per questo cap quanto prima…salutami i pesci simili alle sardine e le versioni di greco con cui so che stai impazzendo! …Sei sempre mitica, ciaoooo

 

RECENSITE!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Le Cose Non Vanno Mai Come Credi (capitolo IV) ***


A questo punto, vi starete aspettando la messa in atto dell’ingegno di Sirius Black…sì, tutti voi non vedete certamente l’ora
A questo punto, vi starete aspettando la messa in atto dell’ingegno di Sirius Black…sì, tutti voi non vedete certamente l’ora di sapere quali astruse macchinazioni avesse architettato l’uomo per perseguire il suo romantico scopo…avete già dimenticato di star leggendo una storia estremamente triste, e pregustate un racconto dolce e buffo a base di equivoci e piani perfetti, non è vero forse?…Oh, come sarebbe incredibilmente più piacevole, più semplice, per il sottoscritto, esaudire questo vostro desiderio. Frugare tra i pensieri di Sirius Black e spacciarveli per reali. Narrarvi del Geniale Piano, descrivervi l’episodio dell’Ippogrifo Imbizzarrito, svelarvi in cosa consistesse l’Operazione Ahuu… sì, sia io che voi troveremmo grande diletto nel narrare e leggere una storia del genere.
Ma ahimè, una divagazione simile non mi sarà mai concessa. In qualità di Narratore è mio sgradito dovere attenermi ai fatti strettamente reali, e mi duole affermare che qualunque cosa possa essere definita dolce e buffa non sarai mai reale in questa storia. D’ora in poi, scordate i fugaci sorrisi che forse vi ha regalato il Preludio. Non ci sarà più sole in questa storia per molto molto, molto tempo. Se non credete di farcela, fermatevi qui, lasciatevi la fantasia di un finale diverso, in cui le cose si sono risolte felicemente in un mese grazie agli sforzi di Sirius Black; oppure correte a cercare una storia dolce e buffa e piena di sole. Non è ancora troppo tardi…

 

 

Le Cose Non Vanno Mai Come Credi (Addio all’eroe)

 

 

 

 

Era cominciata come una giornata normale, tutto sommato.

Sirius si era svegliato da solo a Grimmauld Place, aveva bevuto tre tazze di caffè e si era trastullato col suo geniale piano, che era proseguito a meraviglia in quelle due settimane (almeno nella sua mente).

Tonks si era svegliata da sola nel suo appartamento in centro fornitole dal Ministero, aveva rimosso dalla mente i ricordi di un sogno che la sua coscienza avrebbe catalogato come “scomodo”, era scivolata scendendo le scale ed era andata in ufficio.

Remus si era svegliato da solo nel suo bilocale in periferia, non aveva fatto colazione ed era rimasto in casa a leggere.

Era cominciata come una giornata normale. Una giornata che tutti si aspettavano di finire così come l’avevano cominciata. Nessuno di loro tre si immaginava che entro ventiquattro ore il loro piccolo mondo imperfetto ma dannatamente ordinario sarebbe stato rivoltato. Che Tonks si sarebbe svegliata in un letto del San Mungo con un trauma cranico e varie ossa spezzate. Che Remus si sarebbe ritrovato, ancora una volta e forse definitivamente, solo col suo fardello. Che Sirius sarebbe…caduto.

Nessuno di loro l’avrebbe immaginato, nessuno di loro l’avrebbe creduto, ma fu così che andò.

L’impulsività di un ragazzo.

Il rancore di un uomo.

La voglia di riscatto di un altro.

L’idiozia saggia di un vecchio.

Una battaglia che si poteva evitare.

Un lampo di luce.

E prima ancora che se ne rendessero conto era finita.

All’inizio Remus sembrò non aver incassato il colpo. Era come se la sua mente avesse innalzato muri contro la presa di coscienza di quanto avvenuto, una specie di meccanismo di autodifesa, forse. Finchè durò la battaglia, finchè si trattò di trattenere Harry che aveva molto più diritto di lui di dare di matto, finchè ci fu da fare qualcosa che richiedesse la sua razionalità intatta, il debole fortino di Remus resistette. Era successo tutto così in fretta, che il suo cervello semplicemente non afferrava la situazione.

Sirius era morto.

Era ancora solo una frase, per lui. Una serie di parole che non significavano nulla.

Sirius era morto. Ma che voleva dire?

Fu quando entrò nella vecchia casa dei Black, che il crudo significato di quelle tre parole investì Remus in pieno. Con la potenza di un treno merci.

Sirius era morto.

I corridoi erano vuoti e silenti.

Nessuno scalpiccio di passi affrettati verso la porta.

Nessuna voce squillante seppur vagamente rauca ad accoglierli.

Non c’era allora e non ci sarebbe stata mai più. Non ci sarebbe stata perché Sirius, Sirius, Sirius il suo vecchio amico, il suo ultimo amico, lui…era morto. Ecco cosa significava. Sirius era morto. Sirius non c’era. Sirius non tornava. Non più. Sirius non avrebbe mai più preparato il suo terribile caffè nero. Sirius non sarebbe mai più andato su e giù per le scale a Natale cantando a squarciagola. Sirius non gli sarebbe mai più stato accanto in quelle notti. Sirius non lo avrebbe mai più invitato a casa sua per far diventare compagnia la loro reciproca solitudine. Sirius non lo avrebbe mai più sostenuto con i suoi discorsi da cavaliere epico quando la sua sicurezza di propositi vacillava. Sirius non sarebbe stato mai più lì ad infondergli quel coraggio di pensieri e azioni che di solito Remus teneva nascosto. Sirius non sarebbe stato mai più…niente. Non più il suo amico fedele. Non più l’anima impulsiva ed eroica dell’Ordine. Non più l’uomo orgoglioso ma dolce che era stato. Non più i suoi puntigli infantili. Non più i suoi lampi di genio. Non più i suoi piani assurdi.

Sirius era tutto questo un’ora prima e adesso non era più niente. Tutto irreversibilmente finito. Perduto.

Per sempre.

Sempre era un concetto così enorme che il solo tentare di misurarlo mozzava il fiato al povero Remus. C’era una morsa terribile che gli stringeva il petto, ed era come affogare. Si, era questo che faceva il dolore puro: ti affogava. Si infiltrava tra i polmoni e il cuore come acqua, occupando ogni spazio libero, finchè quelli non avevano più neanche la forza di muoversi. E se provavi a riprendere fiato scoprivi solo che non potevi farlo, semplicemente perché intorno a te non c’era più aria. Remus si strinse la mano sul petto, proprio in direzione del cuore, come a voler bloccare il dolore che opprimeva il muscolo. Sirius Sirius Sirius.

Remus aveva bisogno di sedersi, un bisogno disperato di non rimanere li fermo davanti alla porta come un ciocco, bisogno di rientrare in contatto con qualcosa di materiale. Si diresse come un automa in soggiorno e si sedette su una delle due poltrone accanto al camino, quella di destra, badate bene, perchè Remus si sedeva sempre sulla poltrona a destra quando era a Grimmauld Place, la poltrona di sinistra era la preferita di Sirius, una cosa che aveva a che fare con la parte canina del suo amico, la poltrona sinistra era la sua e si sarebbe risentito molto se avesse trovato Remus seduto lì…

Sto impazzendo.

Doveva smetterla. Remus sapeva di dover smetterla. Doveva lasciar andar via il pensiero di Sirius. Doveva liberarsi. Ma era così difficile dire Addio. Il volto bello e gioviale del suo amico continuava a tornargli in mente, atteggiato nella sua inconfondibile risata. Remus avrebbe avuto voglia di chiedergli Ma di che ridi, razza di demente, non lo sai di essere morto? E Sirius semplicemente continuava a ridere. Sirius aveva sempre riso nei momenti meno opportuni. Quando si era presentato a casa di James in pigiama con il baule al fianco. Quando Piton era quasi morto. Anche quando lo stavano portando ad Azkaban. Era un esorcismo, la sua risata. Un Patronus sonoro. La gente lo credeva pazzo per questo e per altro, quante volte Remus per primo lo aveva chiamato demente, pur sapendo benissimo di essere solo mortalmente invidioso, perché Sirius era un grande. Un grande amico, un grande stratega, un grande bastardo, un grande idiota, un grande eroe…Un grande. Nessuno però glielo aveva mai detto. Remus non glielo aveva mai detto. E…

Basta. Basta,Lupin, smettila.

Remus si spostò la mano dal petto alla fronte, passandola più volte sugli occhi, stanco, distrutto. Erano lucidi, i suoi occhi. Lucidi di stanchezza, di paura, di dolore e nostalgia. E tuttavia Remus non piangeva. Stava lì seduto sulla poltrona da un minuto che forse era un’ora, gli altri compagni avevano avuto il tatto di lasciarlo solo, eppure non riusciva a piangere. Non aveva il diritto di piangere. Perché Sirius aveva avuto la morte che voleva da quando erano ragazzi. Morto in battaglia. Morto per mano di un nemico che fosse al suo pari. Morto da eroe. Morto ma immortale nei racconti dei sopravvissuti, come Achille. Sirius si sarebbe detto soddisfatto della sua fine, se avesse potuto commentarla. Quindi il pianto, in quel caso, non sarebbe significato dolore per il proprio amico, ma dolore per aver perso il proprio amico. Anche se magari quest’ultimo era felice così. Molto egoistico, almeno per Remus.

-          Remus, caro…-

La mano morbida e calda di Molly Weasley sulla sua spalla lo fece sussultare come una secchiata gelida. Non l’aveva nemmeno vista entrare. Si riscosse e la guardò in viso, cercando di parlare normalmente.

-          Sì, Molly, perdonami, ero distratto. Cosa posso fare?

Molly assunse quell’espressione da chioccia protettiva, e sorrise amaramente.

-          Ma assolutamente niente, caro, niente. E’ solo che Kingsley ci ha raccontato e…ecco…

La voce le si spense in gola, e si capiva che non sapeva come proseguire. Remus sapeva cosa stava per venire. I soliti convenevoli. Avevano parlato alle sue spalle in cucina, avevano deciso che doveva essere li li per suicidarsi, e avevano mandato Molly, che non sapeva neanche di cosa stava parlando per il semplice fatto che lei non era stata lì, a consolarlo coi suoi modi da mamma orsa. Era una commedia messa sul palco molte volte. Quando era morto suo padre, quando era toccata a Lily e James. Era un copione vecchio e collaudato. E Remus non potè far altro che tirare un lungo sospiro tremulo e rispondere rispettando la sua parte:

-          Grazie, Molly, non preoccupatevi…sto bene.

-          Sei sicuro? Hai…bisogno di qualcosa? Un bicchiere di brandy? O del thè…

-          No, Molly, davvero. Sei sempre gentilissima, ma va bene così.

E disse quest’ultima frase tirando le labbra nel suo solito sorriso dolceamaro. Era un sorriso microscopico, e riuscire a farlo gli costò più che sollevare un elefante, ma almeno sortì l’effetto desiderato. Se sorridevi, allora non stavi per suicidarti, e se non stavi per suicidarti potevi sopravvivere anche senza l’aiuto di mamme orse. Molly tentò l’ultima battuta della commedia che era durata molto meno del previsto, tirando fuori una faccia tutta contrita. E Remus si sentì anche un po’ in colpa, perché forse in lei c’era un briciolo di sincerità.

-          Beh, come vuoi allora…ma se hai bisogno di qualsiasi cosa o…se vuoi parlarne con qualcuno…

Ecco, la parte dello psicologo improvvisato. Remus ne stava davvero sentendo la mancanza.

 -…so che posso contare su di te. Certo. Grazie Molly.

Lei sembrava essere sul punto di aggiungere qualcos’altro, ma proprio in quel momento entrò nel salotto la nera figura di Severus Piton.

-          Molly, mi pare lampante che Lupin non abbia bisogno del tuo compatimento adesso. Tuttavia Malocchio ha perso il suo occhio di vetro. Puoi andare a consolare lui, se proprio ci tieni…

Molly assunse un’aria indignata, e guardò Remus, aspettandosi di trovarlo offeso quanto lei, se non di più. Severus era stato brutale, secondo lei. Come al solito, aveva dimostrato lo stesso tatto di una pietra calcarea. Paragonare un lutto a un occhio di vetro… Uscì col naso per aria e la faccia rossa di imbarazzo.

Al contrario, Remus era quasi grato a Severus. Sapeva che a lui non importava assolutamente nulla dei suoi sentimenti, tanto meno gliene importava della vita di Sirius, ma almeno lui era schietto. Non si era fatto scrupoli a smascherare la commedia degli altri con quel paragone davvero spietato, e non avrebbe perso tempo in false espressioni di cordoglio. Al momento, era forse la persona più indicata come compagnia per Remus.

-          Lupin, gli altri si stanno radunando fuori per andare dal Preside.Ora che il Signore Oscuro si è mostrato pubblicamente, dovremo cambiare i nostri piani. Silente ha richiesto anche la tua presenza…se te la senti…

Remus seguì Severus fuori della porta senza una parola, e con Kingsely e Malocchio afferrarono la PassaPorta portata da Piton. E così era finito tutto. Tutto ciò che l’Ordine aveva speso per Sirius erano state due parole affettate dette da una povera donna. Bisognava già tornare al “lavoro”. C’erano cose più importanti a cui pensare che ad un eroe perso per sempre. Bisognava salvare un mondo di bestie violente ed ignoranti, che non avrebbero mai detto grazie. O sì, uao, era un compito che ti rendeva fiero. Addio, Sirius, Achille senza poema, eroe senza tomba e senz’altare. Almeno tu ci credevi ancora.

 

 

 

Il Carrozzone

va avanti da sé,

con le regine, i suoi fanti, i suoi re.

Ridi buffone,

per scaramanzia,

così la morte va via…

Musica, gente, cantate che poi

uno alla volta, si scende anche noi…

Sotto a chi tocca, in doppiopetto blu

Una mattina, sei sceso anche tu.

 

Bella la vita, che se ne va…

un fiore un cielo la tua ricca povertà,

il pane caldo, la tua poesia,

tu che stringevi la tua mano nella mia…

Bella la vita, dicevi tu,

E’ un po’ mignotta e va con tutti, sì però…

però, però…proprio sul meglio…t’ha detto no.

 

E il Carrozzone riprende la via,

facce truccate di malinconia…

Tempo per piangere, no, non ce n’è,

tutto continua, anche senza di te…

 

Bella la vita, che se ne va…

vecchi cortili dove il tempo non ha età,

i nostri sogni, la fantasia,

Ridevi forte e la paura era allegria!

Bella la vita! Dicevi tu…

E t’ha imbrogliato, e t’ha fottuto, proprio tu…

 

Con le regine, con i suoi re,

il carrozzone, va avanti da sé…

 

 

 

ç.ç ç.ç ç.ç povero sirius…e soprattutto povero remus…ç.ç… ok, basta,sto bene. Posso superare questo momento. Non sono morta di tisi mentre scrivevo e non morirò adesso che ho finito e sto per postare.  Sto bene sto bene sto benissimo. Sì. Allora,dov’eravamo? Ah, già…il capitolo. Commenti dell’autrice. Allora…ho finito una cinquantina di pacchetti di kleenex mentre scrivevo, per non parlare del quantitativo di cioccolatini vari; ed ho terminato il capitolo in tre ore dopo essermi semplicemente rifiutata di scriverlo per due settimane. Mi scuso per il ritardo, ma cercate di mettervi nei miei panni. Non ho mai scritto una storia romantica, non ho mai scritto una long fic, e per farla procedere mi tocca anche fare l’epitaffio al mio personaggio preferito! Non è una bella situazione…In ogni caso,sono arrivata qui, e posso dire di essere piuttosto soddisfatta del capitolo…Sto iniziando ad odiare cordialmente il narratore, e mi da ai nervi perché non è un personaggio che ho voluto io. Si è presentato prepotentemente nel primo capitolo e ogni tanto ricompare. Ha vita e volontà proprie, non posso neanche cacciarlo. A parte quello, è dark e deprimente esattamente nella maniera in cui volevo io. Forse è un po’ troppo prolisso, ma questo lo lascio giudicare a voi. Spendo ancora due parole sulla scelta della canzone, poi torno al grigio della realtà…

Non sono una fan sfegatata di Renato Zero, ma mi è capitato di ascoltare questa canzone mentre ero nelle due settimane di “sciopero della penna” e qualcosa ha fatto click. L’ho ascoltata a ciclo continuo finchè non ho finito di scrivere il capitolo (quindi se fa schifo sapete a chi dare la colpa! XD)e mi è stata di grande aiuto. Se ci sono slashiste tra le mie commentatrici/lettrici, potrebbero aver notato una lieve nota omo nella canzone (e dopotutto, mettere Renato Zero in un discorso che riguarda Sirius e Remus…-.-), me ne sono accorta anch’io. Beh, mettiamola così. Anche se per me sono entrambi perfettamente eterosessuali, non nego che non ho mai inquadrato perfettamente il loro rapporto,e credo che comunque ci fosse qualcosa di più profondo, di più complicato di una semplice amicizia. Meno di amore, ma più di amicizia. Questo è tutto. Se siete arrivati (vivi e senza ragnatele) fin qui, siete davvero grandiosi. Passo alle risposte ai vostri commenti, e poi scompaio (accidenti, il commento è quasi più lungo del capitolo! @.@)

 

Call: mi dispiace se vi faccio aspettare tanto, ma ho spiegato prima i miei motivi…comunque, grazie mille per i complimenti! Mi sono meritata addirittura uno uaaau?! Queste sono soddisfazioni per una scrittrice!! Spero che tu continui a leggermi…a presto!^.^

Nisi Corvonero: Oh, e qui ci vuole una doppia risposta! Allora, per il secondo capitolo: mi rende felice sapere che la descrizione di Sirius ti sia piaciuta così tanto, in verità è stato molto semplice scriverla, è praticamente autobiografica XD.Un po’ meno felice mi rende sapere che detesti cordialmente Sirius, sia perché sinceramente io lo adoro, sia perché temo che questo capitolo non ti sia piaciuto troppissimo…Per quanto riguarda il terzo capitolo, sono d’accordo con te sulle agenzie matrimoniali, ma come vedi, il problema non si pone più (ç.ç). Ah, e pare che siamo due belle ignoranti XD infatti non si scrive né meteREOpatico come avevo scritto io né meteOpatico, come mi avevi corretta tu. Il Professor Dizio qui mi dice che il termine corretto è meteOROpatico…complimenti a entrambe! XDXD

AleLupin: oddea, tesoro, calma! Il tuo entusiasmo mi ha letteralmente travolta! Sono felice come una pasqua, non avrei mai creduto di poter fare un effetto del genere ^.- grazie grazie grazieeeeeeeeeeeeeee! Non smettere mai di recensire, perché mi dai uno sprone incredibile a continuare e soprattutto a spicciarmi! Grazie ancora!! A prestissimo!

Devichild: Grazie ^-^ continuerò di certo, lenta lenta ma ehy…il vino più è buono più si aspetta! Ps: anch’io ho amato il sorriso bastardo di Sirius, è proprio una cosa da lui, no? Poooovero siry…(electra scappa piangendo)

Klaretta: buongiorno principessa!! Come vedi, non ti ho tormentata AFFATTO con questo capi (se non contiamo ieri sera…ma mi ero impallata…)…oggi non ci siamo ancora sentite e tu non sai niente! XD ti ho fatto una soppresa, hai vitto?? Adesso però voglio un commentone luuuungo lungo lungo….CHIARO? (si nota che non sto tanto bene, vero?) ciao, sorella mia adorata, ci sentiamo dopo…E spero che tu possa risolvere i problemi che intuisco tu stia avendo, anche se non ne abbiamo ancora parlato. Che tutto possa risolversi per il meglio sempre e comunque...e io sarò sempre al tuo fianco. xXx

Lilyback: Beh, nemmeno io mi immagino il VERO remus come quello del film. Per non parlare di Sirius…Ma grazie comunque per i complimenti. Spero di ritrovarti nella prossima recensione! ^-^

Tonks&Remus4ever: wow, ecco una ragazza che non si perde in chiacchiere. Eppure in…sei parole, mi hai scritto una bella recensione. Grazie. Alla prossima! ^-^

 

 

Come sempre grazie di cuore a TUTTI i recensori, e anche ai poveri analfabeti/dislessici che leggono, ma per motivi ovvi, non possono recensire…

 

RECENSITE!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Riflettere (capitolo V) ***


Riflettere

Riflettere

Ti sembrerò incoerente

Poco affidabile inconsistente

Ti sembrerò un’emerita idiota

Facili entusiasmi improvvisi avvilimenti

Domandami ancora una volta se piango

Se ogni equilibrio si è rotto nuovamente

(Carmen Consoli – Novembre ’99)

 

Dal Diario di Nymphadora Tonks.

Caro Diario,

che poi diario non sei…. No, mi dispiace per te, ho troncato le tue ambizioni? Non sei un Diario. Mai posseduti diari io. Né segreti né pubblici . E’ un cosa troppo impegnativa per me un diario. Bisogna prestare attenzione a ciò che ti succede ogni giorno, ricordarsi di scrivere puntualmente qualche riga ogni sera…troppe responsabilità. Non è assolutamente una cosa da me. Se fossi una persona come…Remus, ecco, lui sì che avrà un Diario. Pile di diari accatastati in casa. Memorie di se stesso da sfogliare nei momenti di nostalgia, molto romantico, molto fascinosamente antiquato, molto Remus. Non deprimerti, come vedi qualcuno che apprezza la categoria c’è ancora. Però io non sono fra questi, te l’ho spiegato prima. Quindi mi dispiace, ma non puoi essere un diario. Vediamo di ricominciare allora…

 

Caro Foglietto che Ho Trovato sul Tavolino,

come detto prima, non dovrei neanche star scrivendoti, ma sono chiusa qui dentro da una settimana, non posso uscire, non posso avere contatti col mondo esterno a parte tra le cinque e le otto, e la Guaritrice Professionale Ester non mi concede neanche di respirare rumorosamente.

La cosa mi sta tirando scema e quindi ho deciso di mettere per iscritto le cazzate che spara il mio cervello, così almeno quando sarò guarita potrò rileggere il tutto e forse ci riderò sopra (se non ti perdo prima, mio caro foglietto…). Iniziamo col dire che ho un mal di testa atroce e mentre scrivo le ossa mi scricchiolano in maniera preoccupante. Mi sento come se fossi stata sbattuta con uno Schiantesimo giù per una scala; il che probabilmente dipende dal fatto che io SONO stata sbattuta con uno Schiantesimo giù per una scala.

E questo mi costringe a trangugiare pozioni su pozioni che hanno il colore del vomito e anche il sapore del vomito. E’ la Guaritrice Professionale Ester che me le dà, due volte al giorno. Dice che mi faranno passare tutti i dolori. Io dico che mi faranno passare tutti i dolori perché a furia di berle morirò, ma alla Guaritrice Professionale Ester non l’ho detto e non ho neanche mai fatto storie per berle. Ha la stazza di un Greezly quella donna, e ha anche il comportamento di un Greezly. Mi fa paura. C’era un vecchietto accanto a me fino a due sere fa che continuava a lamentarsi del cibo, del servizio, dei medicinali,del colore delle pareti, di tutto, e ieri mattina è semplicemente sparito.

Secondo me se l’è mangiato.

…E poi dicono che quelli pericolosi sono i Lupi Mannari. Si vede che non hanno mai conosciuto a Guaritrice Professionale Ester.

L’uomo è una creatura stupida, caro foglietto, me ne rendo conto sempre di più da quando io e Remus siamo “colleghi”. Mettono una come la Guaritrice Professionale Ester in un ospedale, e un uomo sensibile e intelligente e colto e spigliato e raro come lui deve vivere di stenti. Neanche fosse colpa sua se è stato morso. Neanche si divertisse ogni plenilunio. Che razza di idioti. Se io potessi scegliere a chi affidare la mia guarigione, ma che dico, la mia vita, tra la Guaritrice Professionale Ester e Remus, non avrei alcun dubbio su chi scegliere.

Ma sto divagando! Pare che qualunque discorso io faccia finisca col parlare di Remus. E’ strana questa cosa, e ultimamente mi succede sempre più spesso…Mah.

Adesso però, davvero basta a parlare di lui, foglietto, perché pensargli mi collega inevitabilmente a notizie troppo tristi da lasciar girovagare in testa…vediamo allora, stavamo parlando…della Guaritrice Professionale Ester e…oh, al diavolo. Troppo tardi. Adesso non riuscirò a scrivere più niente che non sia deprimente e patetico. Perciò addio a te, Foglietto che Ho Trovato sul Tavolino, la tua carriera si conclude qui, è stato un vero piacere.

N.T.

 

Ripensandoci, anche parlare di avvenimenti patetici e deprimenti è meglio che fissare il soffitto bianco e aspettare che si facciano le cinque, ora in cui arriva Kingsley e si siede accanto al mio letto, e mi dice che non è successo niente di eclatante e poi piomba in un profondo silenzio e rimane più o meno così fino alle otto. Sì, foglietto, credo di essermi affezionata a te, e sono tornata per mettere per iscritto i miei dolori. Lo dice anche il dottor Fredd. Lui lavora qui, è un tipo dall’aria stitica con occhiali enormi e un beccuccio appuntito da capra. Ha studiato la pizzicologia (una forma di medicina mentale babbana), e sostiene che devo elaborare il lutto, devo parlarne fino a sviscerarlo, e poi mi sentirò molto meglio. Si, si, SI: il lutto. Santo Cielo. “Il lutto per la venuta a mancare del mio beneamato cugino di secondo grado”. Uso le parole di Rufus Scrimgeour (è venuto tre giorni fa a portarmi una bandiera e recitare due frasi di circostanza, fingendo un grande cordoglio da parte del ministero per tutti gli errori di dodici anni passati. Una bella cerimonia, foglietto, sì sì. Per poco non vomitavo.) perché non sono ancora capace di scrivere quelle tre parole. Gli eufemismi sono incredibilmente comodi, lo sai? Non sono bugie, ma ti nascondono la verità. Comodissimi. E se il dottor Fredd sa che continuo a usarli mi spacca il cranio col suo bastone da passeggio, perché sono nemici dell’elaborazione. Ma che importa? Io non lo metto per iscritto che Sirius . non c’è più. Non sono capace. Dare a quella frase il permesso di esistere, di sporcare il foglio…no, la renderebbe troppo reale.

Incredibile. L’ho saputo una settimana fa, e ancora non lo accetto. Eppure non dovrebbe essere così. Voglio dire…lo conoscevo appena, in fin dei conti. E’…Gesù…era mio cugino, sì, dovrei essere triste, ma non dovrei piangere ancora dopo una settimana. E’ solo che…se non fossi così impiastra. IO avrei potuto evitare che succedesse. Stavo combattendo prima di lui con la sua assassina. Se solo non mi fossi lasciata colpire… Il dottor Fredd la chiama sindrome del sopravvissuto, dice che è normale in questi casi ma che devo cercare di superarla. Anche Remus la pensa così.

E’ stato lui a darmi la notizia. L’ho trovato accanto al mio letto quando mi sono svegliata (la Guaritrice Professionale Ester ha detto che nei giorni in cui ero in coma veniva ogni giorno, anche per pochi minuti, a stare con me) e benchè all’inizio non volesse, l’ho costretto a dirmi come fosse finita la battaglia. Quando, dieci minuti dopo, finito il suo racconto, mi sono ritrovata a piangere e singhiozzare come un cucciolo abbandonato ho capito perché non volesse dirmelo. Aveva previsto che mi sarei sentita come se il mondo mi stesse crollando sotto i piedi. Forse non aveva previsto che quando si precipita si cerca subito un appiglio, perché l’ho sentito sussultare lievemente quando mi sono stretta forte a lui. Sì, foglietto, hai capito bene, in circostanze normali non lo avrei mai fatto, non siamo amici così intimi, ma in quel momento mi è sembrata semplicemente la cosa più naturale del mondo, stare lì con la testa affondata tra le pieghe della sua camicia, le sue mani poggiate sulle mie spalle e il suo mento tra i miei capelli. Lui è speciale, foglietto…

Quando ho riacquistato un barlume di lucidità e contegno mi sono allontanata subito. Gli ho detto di vergognarmi moltissimo, perché dovevo essere sembrata una bambinetta e perché gli avevo sporcato la camincia. Ha risposto di non pensarci nemmeno, che non c’è niente di cui vergognarsi a piangere, a mostrare i propri sentimenti, e che per la camicia…beh, avrebbe fatto pendant con il pantalone infangato di quella mattina davanti al ministero. Non so come abbia fatto, ma è riuscito anche a strapparmi un sorriso, molto molto piccolo ed effimero, perché poi mi è venuta in mente un’altra cosa. Gli ho detto che era troppo buono con me, quando invece avrebbe dovuto odiarmi perché sono una catastrofe ambulante, perché era colpa mia se il suo migliore amico non c’era più. Lui mi ha guardata un attimo come se fossi pazza, poi si è fatto serissimo, mi ha preso le mani tra le sue e ha detto che non vuole mai più sentirmi dire una cosa del genere, perchè moltissime persone, a cominciare da Silente per finire con Harry passando da Piton e probabilmente anche da lui stesso, avevano colpe in quanto era successo ma io proprio no. Ha detto che io sono stata coraggiosa, che mi sono battuta contro un’avversaria palesemente più esperta, più forte e più feroce di me, e che avrei potuto morire anch’io. E ha detto che lui, altro che odiarmi, lui non avrebbe saputo che fare se avesse perso anche me.

Questo mi ha lasciata di sasso. Credo che neanche lui avesse programmato di dirlo, perché ha scosso subito la testa, stupito dalle sue stesse parole, e per qualche secondo non mi ha più guardata negli occhi mentre parlava. Ma poi ha ripreso a consolarmi dolcemente e normalmente, con tanta convinzione che credo entrambi ci siamo dimenticati di quella frase almeno momentaneamente. Se ne è andato solo quando è riuscito a calmarmi. Mi ha salutata dicendo che doveva essere al Quartier Generale mezz’ora prima, ed ha fatto un commento su come Alastor dovesse star dando di matto. Non me lo ricordo bene, ma ancora una volta mi ha fatto accennare un sorriso. Ha anche promesso che sarebbe tornato a trovarmi, ma da allora non l’ho più visto. Mi manca moltissimo.

Merlino, foglietto, che fiume di parole…e siamo inevitabilmente tornati a parlare di Remus. Vorrei sapere perché non riesco a togliermelo dalla testa. Vorrei sapere perché non voglio togliermelo dalla testa… Veramente ne ho un’idea piuttosto precisa, ma non la scriverò qui: mi fa paura. Meglio chiuderla a doppia mandata e tenerla sotto stretta osservazione. Forse un giorno ti riprenderò in mano e ti racconterò gli eventuali sviluppi, ma ora basta. Sono stanca, su di te rimane poco spazio, e sono quasi le cinque. Addio Foglietto, sei stato un confidente simpatico.

 

 

Domandina facile facile: cosa c’è che non va in questo capitolo? Ditemelo voi, perché io proprio non lo so. So solo che più lo rileggo, più mi fa SCHIFO. Lo trovo superficiale, sopra le righe, scontato, melenso…insomma è carta straccia. Senza contare che ci ho messo davvero TROPPO a scriverlo, ed ho odiato ogni singola parola, perché ho dovuto strapparla con le unghie e con i denti dal Paese Delle Parole, e il risultato è ai miei occhi un decoupage di termini alquanto pacchiano.

Ma Clara sostiene che il capitolo è geniale (o almeno l’ha sostenuto per la metà che le ho fatto leggere) quindi forse la domandina di prima doveva essere “cosa c’è che non va in me?” perché ho questo senso di rigetto più o meno verso TUTTI i miei capitoli (anche se mai come questa volta)…Beh, come direbbe Manzoni “ai recensori l’ardua sentenza…” fa schifo, è geniale, o è semplicemente “un capitolo tra i capitoli”??

Rispondo alle recensioni, ma ragazze, sarò brevissima, ho una marea di cose da fare e devo postare!!!

 

Call: e questa volta credo proprio che un altro “uaao” me lo sogno, eh? Comunque, sei stata gentilissima nella recensione precedente, e spero davvero di non aver deluso (troppo) le tue aspettative! Grazie

Tonks&Remus4Ever: No, non era una critica, mi dispiace se ti ho offeso perchè non era mia intenzione. Volevo dire solo quello che ho detto, cioè che mi hai lasciato un commento carino, che mi ha fatto sorridere, senza scriverci un romanzo. Spero che continuerai a recensire!

LilyBlack: oddea, non è facile liberarsi di te? devo preoccuparmi?? XD scherzo…grazie per la comprensione e per aver continuato a recensire…spero di trovarti ancora! E a proposito, ho notato le tue fic, sembrano tutte molto interessanti! Appena avrò un po’ di tempo correrò a leggerle, promesso (adesso sono in un mare di mer…avigliose quantità di pagine di storia da studiare ed esami da reparare -.-)

Klaretta: amore non offenderti ma visto che ci si sente ogni giorno, quello che ho da dirti te lo dico a voce alta, non ho proprio tempo di rileggermi il papiro che mi hai scritto per l’ultimo capitolo e di pensare un risposta degna della mia Grande Capa adorata!! Un bacione, ti adorissimo.

AleLupin: oddea, e qui Electra comincia a piangere. Come faccio a rispondere alla recensione di una persona che con le sue parole mi fa diventare ogni volta color rosso semaforo dopo aver scritto un obbrobrio del genere? Ti prego perdonami, giuro che il prossimo capitolo sarà migliore…

Elbereth: intuisco dalle tue parole che le Remus/Tonks non sono proprio tra le tue fic preferite…il che mi fa dubitare della tua sanità mentale XD scherzo, ovviamente, e anzi grazie per i bellissimi complimenti. Ci metto molto impegno, almeno per quanto riguarda gli stravolgimenti di carattere (la sintassi è solo un caso XDXD), e sentirsi gratificata per tanto sforo è un piacere immenso. Grazie ancora, e spero di non aver distrutto la tua opinione della mia fic con questo capitolo.

 

Grazie come sempre anche a chi non recensisce perché farlo va contro i suoi principi religiosi,

 

BUON    NATALE

 

RECENSITE!

 

 

 

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Capitolo 7
*** L'Altro Remus (capitolo VI) ***


L’altro Remus

L’Altro Remus

 

Seduto in un angolo da solo
Osserva dal profondo della sua anima
Guardando la notte entrare dalla finestra…
Tutto crollerà stanotte,

 la Luna Piena è di nuovo qui.

 

(FullMoon – Sonata Arctica)

 

Tic. Tac. Tic. Tac.

Le lancette del vecchio orologio nel salotto di Casa Black svolgevano il loro lavoro con dedizione come avevano sempre fatto per centocinquanta gloriosi anni: ticchettavano e scandivano il passare (lento, inesorabile, terribile) del tempo. Di certo, erano ignare del rumore che provocavano in quel salotto (così desolatamente vuoto e silenzioso), ed erano assolutamente inconsapevoli della figura umana seduta sulla poltrona accanto al camino (la poltrona di destra). Se avessero avuto occhi per vederla lì, se avessero avuto un’anima per percepire la sua pena crescente, probabilmente perfino loro avrebbero fatto finta di essere troppo arrugginite per ticchettare, quel pomeriggio. Se.

Tic. Tac. Tic. Tac.

Remus Lupin fissava le fiamme crepitanti nel caminetto, le lunghe lingue di fuoco che ardevano riflesse nelle sue pupille, senza tuttavia davvero vederle, né percepirne il calore.

Non avrebbe dovuto essere così nervoso. Dopo trentatré anni, sarebbe dovuta essere poco più che routine. Cosa che in effetti era, riflettè, fino al mese scorso.

Ma quel giorno Remus stava affondato nella vecchia poltrona praticamente da tre ore senza neanche aver cambiato posizione, e le mani posate in grembo tremavano tanto che non riusciva a reggere la tazza del the, ormai freddo. Forse, la colpa era della pendola. Il ticchettio gli risuonava nelle orecchie impedendogli di distrarsi, di far finta di non sapere che Lei stava arrivando.

Tic. Tac. Tic. Tac.

Si chiese perchè, tutt’a un tratto, il ticchettio fosse diventato talmente forte da diventare quasi assordante. Probabilmente, era a causa dei sensi del lupo, già acutissimi quella mattina. Oppure, giunse una voce maligna nella sua mente, è solo che prima c’era la voce di Sirius a coprirlo.

Scosse subito la testa, cercando di scacciare quel pensiero. Quella notte sarebbe stata già abbastanza dura senza che la nostalgia per Sirius lo indebolisse prima. Sospirò, e finalmente riuscì ad alzarsi ed a trascinarsi fino al lavandino, dove posò la tazza semivuota. Tornando in salotto si soffermò davanti alla finestra, spostando le pesanti cortine verde scuro. Rimase un attimo ad osservare il panorama di tegole e ciminiere, illuminate dalla luce arancio del sole al tramonto.

Mancava poco, ormai.

fop fop fop

 

Canta ancora una volta con me

Il nostro strano duetto

Il mio potere su di te

Cresce più forte ancora

 

(The Phantom of the Opera – NightWish)

 

Dolore.

Le ossa gli facevano male. Quasi non riusciva a camminare. Doveva essere perché…

…durante la trasf …

                                 qualcuno lo aveva colpito.

Rabbia.

Chi aveva osato? Nessuno poteva colpire lui.

        le zampe raspano il pavimento, graffiano il legno, il muso scatta a destra e a manca, il naso freme.

Ricerca. –

Un altro cane. C’era un altro cane nella casa. Ne sentiva l’odore. Lo conosceva. Era l’odore di un…

…Amico…

                      …nel branco. Il grosso cane nero che stava con lui. Il suo compagno.

 

Non era stato lui…Ma dov’era? Potevano cacciare insieme chi lo aveva colpito. Potevano fargli male. Potevano mangiarlo.

Il pensiero è “amico, vieni da me” il suono “Grauuwhl…

Nessuna risposta.

-          il naso cerca ancora. Interroga la polvere, fruga tra le impronte –

 

L’odore è troppo vecchio. Il cane è andato. Non adesso. Prima. Quando Lei ancora non lo aveva svegliato.

 

Sconcerto.

 

Perché? Dov’era il cane? Dov’era il suo compagno? 

 

…E’ morto.

 

No.

 

…S…sì…

 

NO.

 

…Sì…Tu lo…lo sai…

 

ZITTO!

 

“Grooowuul!

 

Paura.

 

Era così? Era così?

 

- il naso aspira informazioni con frenesia. Le zampe scattano, graffiano, spaccano. La gola ringhia, uggiola. Chiama. -

 

Inutile. Nessuno riposava più in quella tana da molte lune. Troppe lune. Il Compagno era perduto.

 

Dolore. Di nuovo.

 

“Aaaaaaaauuuuuuuuh

 

Urla perché soffre. Urla perché Lei lo senta e aiuti il suo Figlio. Ed eccola, Lei, donna eterna ed eterna seduttrice, cerone bianco sul viso, capelli neri di notte e labbra rosso sangue.

 

Puttan…

                Dea. 

 

-          Lascia che la luce d’argento lo accarezzi. Lascia che Lei lo guidi. Che sussurri. –

 

Lei gli canta. Canta per lui e solo per lui. Sussurra nelle sue orecchie, voce di cristallo che solo lui può sentire, nenia ammorbante che zittisce l’umano. Madre consolatoria, la sua carezza guarisce il dolore. Condottiera e padrona feroce, le sue parole alimentano l’ira. Lui è il Servo, lui è il Lupo. Lui non piange, lui combatte.

 

“Graaaaaaaaauuuuuuh

 

Cessa l’urlo, e un altro ne parte. Alle sue spalle. La voce è di un’umana, ma l’odore? Non ha odore. Eppure continua a urlare, più forte di lui. Qualunque cosa sia, deve smetterla. 

 

SBAM

 

Legno. Troppo antico, troppo forte. Lo chiude dentro, lontano dal suono.

 

Barriere. Sempre barriere.

 

Vuole uscire. Lei lo chiama, Lei vuole che lui la guardi e che cantino insieme, che corrano insieme.

 

…Correre…

 

Dove? Dov’era il bosco? Il cielo? Le prede il sangue la caccia il terreno dove?

 

-          Corre, travolge tutto, ostacoli sempre ostacoli davanti a lui. Distrutti. Ma l’uscita? –

 

Frustrazione.

 

Lo tengono rinchiuso come una bestia da serraglio. Si vendicherà dei suoi rapitori. Dopo. Ora vuole uscire.

 

-          Cerca, carica, batte e si rialza, ricerca, morde, ringhia. Si ferma. –

 

Cosa c’è lì?

 

Un altro Lupo.

 

…Specchio…

 

Intruso. Nel suo territorio. Neanche lui ha odore. Chi è?

 

Guarda…un mostro.

 

Vergogna.

 

Feccia.

 

Vergogna.

 

Mostro.

 

…Nemico.

 

CRASH!

 

Dolore. Ancora.

 

L’altro lo ha colpito. Era stato lui anche prima, allora, forse. Ma è sparito. Non aveva odore, il naso lo cerca a vuoto. Sparito il desiderio di correre, ora vuole solo combattere. Vuole sangue.

 

Niente nemico, niente sangue.

 

No. Falso. Il naso lo sente. Gli occhi lo cercano. Per terra. Dove è stato colpito. Rosso. Acre. C’è sangue.

 

…E’ il suo stesso.

 

Meglio di niente.

 

Dolore. Per sempre.

 

fop fop fop

 

Ah, caro amico io ricordo quella notte

La luna ed i sogni che condividemmo

La tua zampa tremante nella mia mano

Sognando quelle terre del Nord

Toccandomi con il bacio di una bestia…

 

(NightWish – Beauty and the Beast)

 

Fu il profumo a svegliarlo.

Non fu l’alba, no, le dita affusolate di Aurora non lo avevano ancora accarezzato quella mattina; e non fu il dolore, quello semmai lo avrebbe convinto a dormire ancora, possibilmente per sempre, pur di non affrontare la vista del proprio corpo scempiato. Non fu nemmeno il tocco lieve sulla sua fronte, né la sensazione di morbidezza e calore, bizzarra, visto che di solito dopo il plenilunio si risvegliava sul pavimento. Tutte quelle cose le notò dopo: a destarlo fu solo il profumo. I sensi del Lupo cercarono d’identificarlo, ma non ottennero informazioni. Eppure era così confortante, cosi familiare, che gli sembrava di respirarlo da sempre, e che mai avrebbe voluto smettere di riempirsene le narici. Lo inalò a fondo, riempiendosene i polmoni, ma farlo gli causò un dolore lancinante alle costole. Non riuscì ad espirare e tossì, la gola arsa. Sentì allora la leggera pressione sulla sua fronte spostarsi al petto, sostandovi e carezzandolo lentamente finché il respiro non si fu calmato.

Non era sicuro di capire cosa stesse succedendo. Il profumo, il tepore, il tocco sul suo corpo…non erano normali. Forse, pensò, sto morendo. E ansimò lentamente, non desiderando altro che abbandonarsi, lasciar perdere tutto, tutto cosa poi, non aveva nulla…scivolare nell’oblio…

-          Remus?

Fu come una scossa elettrica. Un elettroshock che lo riportò nel mondo dei vivi, risvegliandogli i sensi tutti in un colpo. Il Lupo dentro di lui drizzò le orecchie e sollevò il muso. Chi lo stava chiamando? Forse lo aveva solo sognato. Ma no, qualcuno continuava a ripetere il suo nome, una voce dolce e rassicurante che lo invitava a svegliarsi, e i sensi del Lupo assimilarono subito la voce al profumo, le sensazioni che gli suggeriva erano uguali. Provò ad aprire gli occhi; la luce dell’alba, seppur molto flebile, gli ferì le pupille. Riuscì solo a cogliere l’ombra di un viso dolce a forma di cuore e il luccichio di due enormi occhi scuri, prima di richiuderli..

-          Remus…?

Disse ancora chi era con lui, col tono più dolce e leggero possibile, eppure la testa gli rimbombò come se avesse urlato forte. Ormai sapeva a chi apparteneva la voce, e volle pronunciarne il nome, farle sapere che era sveglio, ma la sua gola secca non riuscì ad articolare alcun suono, tranne un rantolo sofferente e sommesso. La mano di lei era di nuovo sulla sua fronte, fresca e leggera; lui ne cercò l’altra e la trovò posata accanto al suo braccio destro. Tentò di stringerla, giusto per darle un qualsiasi segno di vita, ma fallì miseramente. Il dolore gli permise solo di tendere le dita verso di lei. Il movimento fu comunque sufficiente, perché fu lei ad afferrare la sua mano, intrecciandovi le dita.

- Remus…Remus, sei sveglio? Apri gli occhi, avanti…

Lui decise di riprovare. Sbatté le palpebre, una, due volte, prima di aprirle molto lentamente.

- Buongiorno, Remus. - gli sorrise.

- Nin…Ninfadora?

- No, Remus…- disse lei, ancora sorridendo, col tono di una mamma che corregga un bambino piccolo – è Tonks, e tu lo sai… - ammiccò giocosamente. Lui tentò di rispondere al sorriso, nonostante sentisse aprirsi le piaghe sulle labbra secche, e tossì ancora. Lei gli tolse nuovamente la mano dalla fronte, allungandola verso il comodino, da dove prese un bicchiere e un fazzoletto imbevuto d’acqua. Lo fece bere e gli umettò le labbra.

- Sei un angelo di misericordia… - le disse lui con voce un po’ più chiara. La vide arrossire lievemente mentre si voltava a rimettere a posto il bicchiere.

- Beh, che vuol dire…anche tu ti sei preso cura di me mentre ero in ospedale, no…

Ah, quindi gliel’avevano detto. Cercò di scrollare le spalle, per dirle che non aveva fatto niente di speciale, e la fitta che ottenne gli ricordò perché era ridotto così.

- Ma io non sono di certo un angelo, ’Dora.

- Ah, no? - fece lei con fare confidenziale, senza dare alcun segno di aver colto l’allusione – Secondo me invece potresti esserlo…una volta, sai, ti ho visto anche una specie di aura luminosa intorno alla testa…lì per lì ho pensato che fosse solo il riflesso del sole dalla finestra, però… - E inarcò le sopracciglia, come a dire “chissà”. Lui riuscì ad abbozzare una risata roca.

- E poi da quel che so sei l’unico che sia stato con me durante il coma- rincarò – gli altri, mi hanno detto i guaritori, si sono fatti vivi solo dopo che mi ero svegliata. Come a dire “l’importante è che veda che siamo andati da lei…perchè sprecarsi a visitare una che dorme?” –  adesso c’era una nota amara nel suo tono, un rimpianto più che giustificato, ma aggiunse in fretta -Tu invece sei venuto anche se io non potevo neanche sentirti o vederti…- e gli sorrise di nuovo.

Remus non disse nulla per un attimo. Gli erano riaffiorati in mente i ricordi di quei giorni accampato in ospedale. Erano stati giorni strani, in un certo senso. Non è che potesse fare molto per lei, lì: la Guaritrice Professionale gli permetteva solo di tenerle la mano (dopo essersi accuratamente lavato le sue in una pozione particolare) e il fatto che poi si piazzasse accanto alla porta come una guardia carceraria gli toglieva anche la possibilità di parlarle. Eppure, per tutto il tempo della sua degenza aveva provato il desiderio di esserle accanto, di vederla, anche se solo per pochi minuti. Aveva dovuto convincersi, a dispetto di quanto ne pensasse l’alter ego di Sirius nella sua mente, che ciò accadeva solo ed esclusivamente perché era ancora sotto shock per la perdita del suo amico e perché era stato lui a scortarla in ospedale, quindi questo lo faceva sentire responsabile della sua guarigione, in un certo senso.

Adesso, sdraiato lì con lei affianco, Remus si ripeteva come un mantra quelle motivazioni, ma credervi gli risultò più difficile che mai. Decise di far finta di niente…non era importante. Qualsiasi fossero state le ragioni, fatto stava che Ninfadora l’aveva sopravvalutato, perché…

- Seriamente, non sono questo gran santo. Se ci fosse stato chiunque altro al tuo posto, credo che mi sarei comportato come tutti gli altri, ma te…avevo voglia di vedere come stavi.

Le parole gli erano scivolate direttamente dal cervello alla bocca, prima che potesse anche rendersene conto, e adesso avrebbe tanto voluto tagliarsi la lingua. Sentì lo sguardo di Dora fissare un punto indistinto sulla sua nuca per qualche secondo, poi lei che diceva col tono di sempre, forse anche più gaio

- Lo vedi che avevo ragione? Devi essere il mio angelo custode. Quindi… - e si voltò nuovamente per prendere un vasetto dal comodino -…non mi ringraziare adesso, perché se io non mi prendo cura di te, poi non avrò più nessuno a proteggermi, no? – gli strizzò l’occhio e iniziò a spalmargli una pasta gelatinosa verde smeraldo sui tagli più profondi, sulla fronte e sul petto. Usava una mano sola, perché l’altra la teneva ancora stretta nella sua, e operava con lenti movimenti circolari alternati a vigorose strofinate.

Remus pensò di doversi sentire in qualche modo in imbarazzo: l’unica che gli fosse mai stata accanto subito dopo una trasformazione era stata Madama Chips, e giusto perché Silente l’aveva ordinato. Sua madre prima, e Sirius e James poi, si erano offerti molte volte, ma lui aveva sempre rifiutato per imbarazzo e vergogna. Quindi, in una situazione del genere, sarebbe stato logico che fosse in imbarazzo. Almeno un po’. Almeno perché lei gli aveva poggiato la testa, e lo notava solo ora, sulle sue gambe invece che sul cuscino. Almeno perché lei…perché lui…perché lei era…lei. Si sforzò quasi di sentirsi in imbarazzo. E invece era semplicemente felice. Felice di aver visto il suo volto giovane e solare prima dell’intonaco scrostato sul muro, di aver sentito la sua voce prima delle strilla laceranti di Mrs Black, felice, insomma, di averla lì, accanto a sé, una mano stretta nella sua, e l’altra impegnata a combattere il dolore con lui. Il Lupo stesso, che di solito rimaneva sveglio e violento almeno per alcune ore dopo l’alba, si era ammansito e acquattato nel retro della sua mente faceva le fusa come un bravo animaletto, in attesa di riaddormentarsi. Remus chiuse gli occhi, sospirando, piuttosto spaventato dai suoi stessi sentimenti, mentre lei continuava ad applicare la crema sulle ferite.

- Ah! – fece quando la sua mano passò su un taglio particolarmente profondo sull’anca destra. Lei la ritrasse subito – Perdonami… - lui scosse la testa –Non è stata colpa tua. E’ inevitabile che bruci…Non me lo aspettavo, tutto qui. – e le sorrise. Lei riprese a lavorare, con ancora maggior leggerezza nel tocco – Spero solo che questo unguento funzioni… - gli disse – me lo ha dato la Guaritrice Professionale Ester quando mi hanno dimessa, sai, nel caso dovessero riaprirsi i tagli che ho sulle gambe…Non credo che potrà rimarginarti le ferite, ma dovrebbe far passare il dolore…so che non è molto ma… -

- Grazie, Dora, è fin troppo. - la rassicurò lui, stringendole con più forza la mano -…Ma non dovresti sprecare la tua lozione per me, davvero.

- Che? Scherzi… Quelle piaghe non si riapriranno, stanne certo…e anche se fosse, tu ne hai più bisogno di me. Ecco fatto. – guardò critica il taglio che sembrava essersi finalmente arreso all’unguento – Dovrebbe andare…Sono delle brutte ferite, ma almeno non sono così terribili come pensavo.Stamattina mi sono spaventata da morire, quando sono entrata.

- Immagino…di aver fatto molti danni…

- Beh, sì. Cioè…- fece l’atto di contare sulle dita - hai rotto uno specchio, piegato e quasi divelto la porta di quercia, massacrato un paio di sedie e qualcos’altro del genere, e Kreacher ha avuto una crisi di nervi, ho dovuto Schiantarlo per farlo smettere…ma io non mi riferivo mica a quello!…Volevo dire…quando sono entrata e…ti ho visto…lì per terra, tutto…pieno di sangue, sai…Mi sono spaventata.

- Mi hai trovato così per terra e mi hai trasportato fino qui? – le chiese lui, scioccamente, ma gli era venuto in mente che, dopo la trasformazione, lui…

- Sì, in braccio per due rampe di scale. Questo perché la Guaritrice Professionale Ester mi aveva detto di star lontana dagli sforzi… - rise complice –E non fare quella faccia: so a cosa stai pensando. Ma in salotto era buio, e poi ti eri tirato addosso una tenda. Non ho visto…niente… - cosa che non le impedì di diventare color porpora. – E comunque ero troppo preoccupata per notare altro. Hai perso davvero tanto sangue, e ansimavi, e non ti svegliavi…credevo che saresti morto.-

- Peccato tu ti sia sbagliata, ’Dora…- disse in un sussurro rivolto più a se stesso. Lei rimase con la mano impiastricciata di gelatina a mezz’aria. –Ma che sciocchezze dici?

Distolse gli occhi, e con un sorriso dolceamaro rispose – Niente…Sciocchezze da vecchio, appunto. Mi è solo capitato di chiedermi…Non ho un motivo per andare avanti. Non ho qualcuno a cui importerebbe se me ne andassi.

Tonks riprese ad applicare l’unguento, ma con foga un po’ troppo eccessiva, e quando parlò, c’era una nota dura nella sua voce, come se Remus l’avesse personalmente offesa. – Tu non sei vecchio, Remus, affatto, e sono sicura che se ti guardassi intorno troveresti qualcu..qualcosa per cui valga la pena combattere, magari molto più vicino di quanto pensi. Devi solo cercare. – Lui la guardò scettico – Ne sono sicura. E poi…non è vero neanche che…beh, a me importerebbe se tu non ci fossi più. A me mancheresti. Tanto. – La sua espressione si era incupita, e corrucciata continuava a medicare l’ultimo lungo squarcio rimasto, vicino al cuore. – Grazie, Dora – Remus le sorrise, e lei sembrò tornare quella di pochi minuti prima. Rimasero qualche minuto in silenzio, Tonks concentrata sul suo lavoro, Remus steso con gli occhi chiusi, mano nella mano.

- Ecco fatto. – disse infine lei, con aria soddisfatta. – Finito. Ho fatto tutto il possibile.

- Hai fatto molto più del necessario, Dora. Il petto non mi fa praticamente più male…Grazie.

- Figurati…Sei sicuro di star bene? – lui annuì, convinto. Lei sollevò il capo per osservare la stanza. La luce del sole ormai la inondava completamente, dovevano essere le sette passate –Allora…forse è meglio che vada al Ministero.

- Ti hanno dimessa da poco e già torni a lavoro?

- Sì…assurdo eh? Ma Scrimgeour si è messo in testa di diventare il nuovo Ministro, vuol far vedere che le cose nel suo dipartimento funzionano…non farmi commentare.

 Gli sollevò dolcemente la testa dal grembo, posandola sul cuscino, in modo da alzarsi, ma non gli lasciò la mano. Sospirò, come se avrebbe voluto tutto tranne che andar via. Invece disse – Si sta facendo tardi…Devo davvero andare.

Remus non disse niente, e rimase steso. Il Lupo dentro di lui era irrequieto, e Remus una volta tanto d’accordo con lui: non voleva che lei lo lasciasse solo.

Lei si chinò accanto al suo capezzale – Torno a trovarti oggi pomeriggio, vedi di non fare l’eroe tragico e rimani a letto, ok?- Gli diede un bacio sulla guancia.

Mentre si voltava, Remus le strinse con più forza la mano. Quasi non si era accorto del suo stesso gesto, fatto sta che lei ricadde all’indietro, su di lui, che senza pensare la attirò più vicino a sé, stringendosi a lei come un naufrago alla boa. Tonks non provò neanche a liberarsi. Al contrario si lasciò andare al suo abbraccio, andando incontro alla bocca di lui che cercava la sua, accompagnando il bacio che seguì come se non stesse aspettando altro. Remus non riusciva a pensare più a nulla che non fosse il profumo di lei, il tepore del suo corpo. La bocca si fece fervente, le mani corsero verso il seno…

Che cosa sto facendo? Si staccò da lei di botto, rosso in viso, indietreggiando fino a toccare il muro con la schiena. Riuscì a guardarla solo per una frazione di secondo, quanto bastò per notare l’aria di lei, che sembrava sconvolta non tanto dal bacio quanto dalla sua brusca interruzione. Remus si vergognava come un cane, non sarebbe stato mai, mai, mai più in grado di guardarla.

- Perdonami- mormorò.

Lei si portò le dita sulle labbra, sfiorando il punto dove fino a un attimo prima erano congiunti, poi sembrò riscuotersi –Devo andare – ripetè, senza un senso preciso, e un attimo dopo era sparita fuori della porta.

 

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Non dite niente. Vi prego, non dite niente. Giuro su quello che volete che NON è stata colpa mia. E poi…beh, ne è valsa la pena di aspettarlo questo capitolo, è vero? Ci è voluto quel che ci è voluto, ma per la prima volta sono pienamente SODDISFATTA del mio lavoro (e infatti qui a Bari diluvia -.-). Su, forza, non c’è altro tempo da perdere, via con le risposte!

 

Elbereth: beh, io e te non saremo mai d’accordo sulla questione Remus/Tonks/Rowling…ma se continui a lasciarmi recensioni così belle non ci saranno problemi XD… Sì, tonksina non pare proprio il tipo intimista…però io me la vedevo bene, frustrata, a sfogarsi con un foglietto. Vedo che ti ho trovata d’accordo. Grazie ancora, spero di non averti persa con questo ritardo immane!

Call: mi dispiace tantissimo per il font! Anche perché non sei l’unica che me lo ha contestato…L’idea era quella di scegliere una scrittura che facesse pensare alla calligrafia di Dora…ma si vede che non è stata un’idea felice. Beh…vedrò di cambiarlo ^-^ grazie, alla proxima recensione!!

Ale Lupin: ecco io arrivo a parlare con te e mi sale la vergogna. Come ho potuto far aspettare tanto una persona che ogni volta con le sue recensioni mi fa vedere il mondo tutto rosa per tre ore? Grazie, grazie mille, ti prego continua a recensire…alla prossima!!

Neve272: ehi, una nuova! Beh, grazie per il complimento, ci tengo molto a che i miei personaggi siano simili a quelli ”veri”…^-^ ciao ciao!

Suzako: un’altra nuova! Grazie cara, come dico a tutti, ci metto l’anima perché i personaggi risultino IC, dirmi che ci riesco per me è il complimento più grande! Oh, e ho visto anche la recensione per “seriamente annoiato”. Grazie!!

Interlunium: Grazie per il complimento…e chi ti dice che non hai anche tu uno stile impeccabile? (che tra l’altro IO non ho…) vorrei leggere qualcosa di tuo, e se hai problemi di sicurezza, io sono sempre disponibile come beta! Ciao ciao…

Nisi: ammora ma ciao! Grazie, grazie, grazie, grazie per i commenti! Ecco…sono preoccupata, perchè pare che i capitoli che considero schifezze piacciano al pubblico…e questo che invece piace a Me allora? Paura…Beh aspetto con ansia di sapere il tuo parere! Ciauz!

Lenne88: non sai quanto vorrei poter dire che sì, aggiornerò presto…peccato che non mi chiamo Pinocchio…XD. Grazie, grazie mille, spero di aver soddisfatto la tua curiosità…a presto ^.-

 

RECENSITE!!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Insomnia ***


Remus Lupin non riusciva a dormire

NdA: Potrei raccontarvi una marea di scuse, le prime che mi vengono in mente, tanto per fare un esempio, sono che sono stata in coma, che mi hanno rapita, che sono entrata a far parte di una setta ed ho dovuto passare un anno completamente tagliata fuori dal mondo. Oppure potrei stare zitta  e chiedervi perdono in silenzio, e sperare, che nonostante un anno di oblio qualcuno abbia ancora la volontà di leggere questa storia.

Non mi aspetto di raggiungere mai più le diciassette recensioni del capitolo precedente (per cui non smetterò mai di essere grata), ma ho comunque intenzione di riprendere a scrivere.Da qui.

 

Insomnia

 

 

Sono corsa su per la porta, ho chiuso le scale,

ho detto il pigiama, infilato le mie preghiere,

spento il letto e mi sono infilata nella luce…

tutto perché tu mi hai baciato.

*Quizilla*

 

 

Tonks si rivoltava nel letto, stanchissima ma insonne, nell’invano tentativo di trovare una posizione che le conciliasse il sonno. Sospirò, e rigirandosi ancora una volta sul lato destro, scese dal letto. O per meglio dire, rotolò giù come un sacco di patate, trascinandosi appresso le lenzuola lilla e battendo il gomito per terra. Emise un altro sospiro, pericolosamente simile ad uno sbuffo, e calciando si liberò delle lenzuola che la incastravano per terra. Gattonò fino al bordo del letto e vi poggiò le braccia sopra, con tutto l’intento di arrampicarcisi e tornare a…a cosa, in effetti? Non aveva dormito neanche un minuto da quando era tornata a casa, il che doveva essere stato parecchio tempo prima, e dubitava ci fossero speranze di riuscirci adesso. Invece decise di prepararsi una tazza di cioccolata calda, sua unica capacità culinaria, con la speranza che il calore e la dolcezza le conciliassero il sonno e la calmassero un po’. Ma a pensarci bene, tra tutti gli alimenti proprio il cioccolato (o qualunque cosa vi fosse strettamente connessa) forse non era proprio quello più adatto a distoglierle la mente da certi pensieri. Forse una camomilla sarebbe stata meglio. Sì, decisamente, una camomilla, calda e innocente, era perfetta. Si sollevò dal pavimento, sbadigliando con la stessa grazia di un ippopotamo, e si diresse verso la cucina. Nel tragitto pensò bene di stropicciarsi gli occhi e contemporaneamente massaggiarsi il gomito, col risultato che non vide affatto la veste gettata davanti alla porta tra tutto il resto del caos. Miracolosamente riuscì a non cadere aggrappandosi allo stipite della porta, ma non poté evitare una storta alla caviglia. Saltellando su una gamba raggiunse infine il tavolo, e afferrò la veste strattonandola nel tentativo di districarla dal piede. Nel farlo, incontrò con le dita un pezzo di carta sul fondo della tasca. Incuriosita, lo tirò fuori: sembrava semplicemente un foglietto piuttosto stropicciato...poteva essere una lista della spesa, o un appunto, o qualcosa di simile. Stava per appallottolarlo e buttarselo alle spalle quando lo riconobbe.  Per la foga di prenderlo prima che finisse fuori dalla finestra, o peggio, si perdesse nei meandri del caos sul suo pavimento, perse l’equilibrio sulla sedia che aveva raggiunto con tanta fatica e atterrò sul sedere, ritrovandosi per terra per la terza volta in sette minuti. Ma stringeva IL foglietto in mano, e si sentiva come Artù dopo aver estratto Excalibur dalla roccia. E i suoi capelli, che per tutto il giorno avevano caparbiamente indugiato su un brutto giallo semaforo (colore che da sempre aveva indicato stato di confusione e dubbio) stavano tornando rosa, almeno sulle punte. Avrebbe dovuto tenere sotto controllo le reazioni del suo umore, questa peculiarità dei suoi capelli di cambiare a loro piacimento un giorno avrebbero potuto metterla nei guai. Ma per il momento, pensava di aver in mano la soluzione ai suoi patemi, e col morale decisamente (o almeno un pochino) risollevato, si risedette massaggiandosi la chiappa dolorante, e iniziò a scrivere.

 

Bella* Foglietto,

lo so, sembra impossibile che non ti abbia perso, e sinceramente credevo che non ti avrei scritto mai più, ma sono contenta di averti ancora una volta tra le mani…sei stato un ottimo consulente quando ero in ospedale, e chissà, potresti ripetere il miracolo. Le premesse ci sono tutte: come l’altra volta ho un discreto mal di testa, come l’altra volta ho varie contusioni sul corpo, come l’altra volta non ho nessuno a cui poter confidare i miei sproloqui mentali, e soprattutto mi trovo in una situazione molto più incasinata della volta scorsa, anche se meno tragica. Forse.

Non riesco a dormire, Foglietto. E’ l’una di notte, o le due, o magari le tre, che ne so, l’orologio l’ho abbandonato…sotto il letto?… e comunque non è che me ne importi molto, sinceramente, sono troppo stanca fisicamente e troppo isterica mentalmente per preoccuparmi del tempo. Qualunque sia l’ora, fatto sta che da quando sono tornata a casa l’unica cosa che ho fatto è stato girarmi e rigirarmi nel letto come un’anima in pena. Cosa che, ora che ci penso, non sono proprio. Al massimo sono un’anima incasinata e incredula, ma non in pena…non è una cosa che mi procura dolore, a tenermi sveglia.

Ad ogni modo, il problema principale per cui ti scrivo è che non riesco a dormire. O meglio, il problema è il motivo per cui non riesco a dormire… non credo di essermi mai sentita così nervosa in vita mia, e per di più non sembra esserci modo possibile in cui riesca a calmarmi. Prima di coricarmi avrò bevuto una decina di tisane, ma niente. Oh, non è che sia nervosa nel senso di irritata, ma nervosa…febbricitante. Ho caldissimo e freddissimo allo stesso tempo, e non mi reggo in piedi dalla stanchezza, ma contemporaneamente non riesco a rimanere ferma, il mio corpo ha bisogno di continuare a muoversi, anche se il massimo che riesce a fare è rivoltarsi nel letto.Sono frenetica. E’ come…come avere un migliaio di fuochi d’artificio nel cervello, oppure un branco di porcospini a passeggio tra lo stomaco e la spina dorsale. Lo so che è ridicolo…

Ma non sono mai stata così per un bacio.

Bacio? Ma come, quale bacio? Eh sì, Foglietto, proprio così, un bacio.Un bacio, che mi ha dato Remus Lupin. Un bacio con la lin  piuttosto passionale, che mi ha dato Remus Lupin.  Un bacio piuttosto passionale che mi ha dato Remus Lupin steso nudo in un letto dopo che io avevo passato la mattinata a medicargli le ferite del plenilunio. Un bacio al quale IO non mi sono sottratta.

Un bacio su cui sto ancora rimuginando e che al solo ricordo mi fa impazzire il cuore.

Ma dico, ma tu ti rendi conto di quanto tutta questa situazione sia assurda? Incredibile, oltre che assurda. Ma soprattutto assurda. E ovviamente, una cosa assurda capitata nella mia vita non può neanche prendersi il lusso di essere assurda e basta, no, perché se tu metti una situazione assurda nella mia vita assurda e ci aggiungi una reazione altrettanto assurda, vedi che si arriva ad un’assurdità tre volte assurda… E io sono talmente isterica che sembro sbronza e sto parlando di cose che nemmeno ho idea di che cavolo significhino, e i miei capelli sono di nuovo gialli. E grazie a Merlino tu non sei una persona reale ma sei solo Il Foglietto e non puoi chiamare il San Mungo e farmi internare d’urgenza.

Dunque…Respiro profondo, signorina Tonks…Si parlava della situazione assurda in cui mi trovo. E che è tre volte assurda. Come minimo. Ti do anche i motivi, guarda:

1.Remus Lupin non bacia le ragazze a tradimento, e soprattutto sono sicura che non bacia in quel modo le ragazze a tradimento. A meno che non sia posseduto dallo spirito di Sirius,certo… Ma in ogni caso Sirius non bacerebbe me.

2.Io non dovrei stare così per quel bacio. Io non sto mai così per un bacio, neanche uno desiderato, figuriamoci uno a tradimento…Sarebbe logico se fossi infuriata, magari, se volessi andare da Remus e tirargli un ceffone, oppure si potrebbe anche capire se fossi felice e volessi correre da Remus e riprendere da dove avevamo lasciato, il che a dirla tutta non mi dispiacerebbe, ma non è assolutamente normale che io stia qui a preoccuparmi dei perché e percome di quel bacio, a domandarmi se lui prova qualcosa per me… Davvero, io non sono così. Non lo sono mai stata. Non fino ad ora, almeno.

3.Io non dovrei stare così per un bacio, che peraltro, davvero, non significa niente.

Ma sul serio, Foglietto, lo stato d’animo in cui mi trovo è tanto più assurdo proprio perché, alla fine, quel bacio non poteva significare proprio un bel niente, è anche inutile sperarci preoccuparsene.

Voglio dire, io e Remus, siamo entrambi appena usciti da un lutto, siamo emotivamente fragili…e entrambi ci siamo trovati a prenderci cura l’uno dell’altro…complesso del Buon Samaritano eccetera…sono incidenti che capitano a tutti in situazioni del genere, no? Heh…certo.

E poi, anche il modo in cui io ho reagito sul momento a ben pensarci è comprensibile e assolutamente insignificante.

Sì, ok, ammetto che il cuore mi è schizzato quasi fuori dal petto, ma che vuoi, è stato perché lui mi ha colta di sorpresa, senza che me lo aspettassi…No, Foglietto, io non me lo aspettavo e tanto meno lo speravo…la sensazione di gioia e trionfo devo essermele semplicemente immaginate. E infine, non mi sono staccata subito dal contatto, mollandogli anche un bel ceffone come avrei fatto con qualunque altro screanzato, semplicemente perché so, come ho già detto, che Remus a mente lucida non avrebbe mai fatto una cosa del genere, che era con tutte le probabilità ancora sotto l’influsso della Luna, che non sarebbe stato giusto colpirlo per una cosa che lui, come me bada bene, sicuramente non voleva davvero fare e sì, ho fatto tutte queste considerazioni nei tre secondi che ho impiegato a cadergli tra le braccia, penso molto in fretta, qualche problema? E poi ho capito anche, con certezza assoluta, che lui non si sarebbe spinto oltre il bacio, per questo non mi sono staccata subito, perché sapevo che lui non sarebbe andato oltre…perché se lo avesse fatto, allora mi sarei ribellata, logicamente…sì…E considerando tutto questo, non c’è assolutamente motivo perché io stia qui insonne a farmi i vermi nel cervello, giusto? E’ stata una parentesi, una debolezza reciproca, praticamente non è mai esistita. E oggi gli avevo promesso che sarei tornata a trovarlo, ma non l’ho fatto, ed è stato semplicemente perché ho dovuto, e lo ripeto, dovuto, rimanere in ufficio, non perché fossi troppo in imbarazzo. Domani ci rivedremo al Quartier Generale, magari un pelino appena di imbarazzo ci sarà, credo sia ovvio, e Remus tenterà forse di rinnovarmi le sue scuse che io declinerò gentilmente perché tanto non è successo niente. Quindi chiariremo e tutto tornerà come prima. Per l’ora del tè staremo già parlando insieme della prossima missione dell’Ordine. Sicuro.

Bene, Foglietto, direi proprio che hai finito la tua missione. Sto molto meglio. Mi sono sfogata, ho blaterato, ti ho allungato con la magia per avere più spazio per scrivere, e sono arrivata a una conclusione soddisfacente. Grazie. Adesso me ne vado finalmente a dormire, e sarà un sonno serenissimo, lo so, perché tanto quel bacio, per lui e anche soprattutto per me, non era niente.

Tonks

 

Tonks sospirò, posò la piuma, chiuse gli occhi e sorrise rilassata. Era convinta di quello che aveva scritto. Davvero.  Davvero davvero. Sospirò nuovamente, ancora ad occhi chiusi, completando il gesto con un sorriso disteso. Era convinta. Bene. Ora di farsi quella benedetta camomilla, e poi a nanna. Si alzò dalla sedia, continuando a sorridere come un’ebete. Raggiunse il cucinino senza inciampare né rompere niente (visto, le cose iniziano già ad andare per il verso giusto! Coraggio, Tonks!) e iniziò a cercare il pentolino per far bollire l’acqua. Si mise perfino a fischiettare l’ultimo pezzo delle Fatidiche Sorelle** . Trovato il pentolino, accese il fornello e lo riempì d’acqua, aspettando che bollisse prima di infonderci la bustina di camomilla. Blblbl faceva l’acqua, mentre le bolle iniziavano a formarsi e subito a esplodere, sempre più veloci, sempre più grandi, sempre più caotiche. Tonks le paragonò allo stato dei suoi pensieri su Remus. Fino a pochi minuti prima, si capisce. Perché adesso non c’era più nessun caos nella sua testa. Adesso aveva chiarito con se stessa e domani avrebbe chiarito anche con lui. Non c’era niente per cui i suoi pensieri dovessero ribollire. Niente di niente. Andava tutto bene. Bene bene be…

Tonks schizzò in soggiorno abbandonando a se stesso il pentolino, raggiunse la sedia mandandone a gambe all’aria altre tre, e schizzando inchiostro blu tutto intorno, riprese a scrivere sul Foglietto tutto d’un fiato.

 

 

Mezz’ora dopo il pentolino, sentendosi solo, decollò dal fornello con un sonoro Wiiiii e andò a schiantarsi sul soffitto.

 

 

* Il mio solito dilemma. Nella versione inglese, Tonks ha un saluto caratteristico, Wotcher, che quel genio della traduttrice ha ben pensato di tradurre con un semplice e anonimo Ciao. Il mio fido dizio mi informa invece che wotcher è un saluto dello slang informale giovanile, e in italiano non ho trovato di meglio che Bella. Che mi fa piuttosto schifo. Si accettano suggerimenti!

**Stessa storia di prima, più o meno. Le Sorelle Stravagarie in inglese si chiamano Weird Sisters. Le Weird Sisters erano le tre streghe del Macbeth, passate alla storia in italiano col nome di Fatidiche Sorelle. Io sarò pignola, ma la traduttrice è ignorante…

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** VIII. Solo e Pensoso... ***


Ma chi voglio prendere in giro, Foglietto

Solo e Pensoso…

 

Con il passare degli anni,

 il principe cadde in preda allo sconforto,

e perse ogni speranza:

chi avrebbe mai potuto amare…una Bestia?

(Walt Disney – La Bella & La Bestia)

 

Vorrei essere speciale,

tu sei così dannatamente speciale…

ma io sono un mostro, sono uno strambo,

che diavolo ci faccio qui?

Non è qui il mio posto.

(Radiohead – Creep)

 

Dall’altra parte di Londra, Remus Lupin non riusciva a dormire. Non ci aveva neanche provato, a dirla tutta. Lo scalcinato orologio da parete appeso nel suo studio (che era anche il soggiorno e la cucina) gli faceva presente che erano le due e mezza di notte, ma per quello che gliene importava, poteva anche essersi fermato. Aveva passato tutta la serata, per non dire tutto il giorno, in uno stato di collasso psicologico, perlopiù seduto con la testa fra le mani a piangersi addosso. Aveva anche provato a scriverle, certo, per quasi tutto il pomeriggio, ma quando la quantità di fogli accartocciati aveva superato quella delle parole effettivamente scritte, aveva desistito. L’idea fondamentale doveva essere stata quella di chiederle scusa, spiegarle quanto fosse rammaricato per il proprio comportamento e di come subito dopo il Plenilunio fosse praticamente ancora il Lupo ad avere il controllo, e chiederle scusa di nuovo. Ma gli mancavano le parole.

Remus non era bravo con le bugie,era stato costretto a raccontarne per tutta la vita,ma non le amava affatto. E una lettera del genere sarebbe stata un simposio di bugie, rivolte a se stesso prima ancora che a lei.

La verità era che non poteva chiederle scusa, perché non sentiva di aver fatto qualcosa di sbagliato, anche se razionalmente sapeva benissimo che era così. La verità era che non poteva incolpare il Lupo e la Luna, non questa volta, non poteva nascondersi dietro di loro…L’unica cosa imputabile al Plenilunio era forse quella di avergli fatto abbassare il controllo sui propri impulsi, ma era stato lui, la sua bocca che l’aveva baciata, e il suo cuore che aveva desiderato quel bacio.

La verità era che, inaspettatamente, incredibilmente, assurdamente, provava qualcosa per Ninfadora.

Aveva sempre dato per scontato di dover trascorrere la propria vita da solo, ed era abituato a non aspettarsi dalle sue conoscenze di sesso femminile rapporti più profondi di quelli che intratteneva con amici maschi, ma…Quella giovane donna sbadata e bizzarra gli era entrata nel cuore, in sordina, giorno per giorno. Aveva giurato e spergiurato a Sirius il contrario, decidendo deliberatamente di essere cieco e sordo di fronte ai propri stessi sentimenti, ma da quella notte al Ministero ci credeva sempre meno, e aveva d’altra parte continuato a tenere per sé, per la parte più intima di sé, i propri sentimenti. Aveva pensato di poter gestire la situazione, come sempre. Remus era abituato alla solitudine, una coinquilina onnipresente pur se detestata, e non sarebbe dovuto essere un grande problema per lui. Dopotutto, potevano sempre essere amici, a Remus sarebbe bastato avere Tonks intorno come collega, poterla vedere, parlarle. Questo era il modo in cui le cose DOVEVANO andare. Ma Ninfadora lo sorprendeva sempre, esattamente come durante le riunioni dell’Ordine, quando sembrava svagata e distratta, per poi uscirsene con L’Idea che poteva risolvere un punto morto a cui loro immancabilmente arrivavano. Come la trovata del Premio Per il Prato Suburbano Meglio Tenuto d’Inghilterra. Remus si sorprese a incurvare le labbra in un sorriso brevissimo, ricordando la serata, che sembrava lontana secoli. Piccola adorabile furbissima strega. E Tonks ancora una volta lo aveva preso in contropiede, e gli aveva fatto perdere il suo stesso gioco. Lo aveva colto di sorpresa, nel momento in cui era più debole, nel momento in cui aveva abbassato la guardia…e lei era così gentile, era così bella… e alla fine l’Uomo e il Lupo si erano trovati d’accordo nell’adorarla, nel desiderarla. Il suo super-ego, per quanto forte e allenato, poteva tener testa agli istinti di UN Remus per volta, ma non era stato leale affrontarlo in due. Così Remus aveva perso. Aveva rovinato tutto.

Passeggiando per la stanza, si morse forte il labbro, fino a farsi male, fino a sentire il sangue. L’aveva persa, per sempre, di sicuro. Lei era stata buona, era stata un’amica, si era preoccupata per lui, non aveva mostrato paura né ribrezzo verso la sua condizione, e lui, come l’aveva ripagata lui? L’aveva toccata, senza permesso, aveva violato le sue labbra, e quasi per poco anche il suo corpo, aveva dato ad intendere un sentimento che non poteva esistere, che non doveva esistere…E di sicuro adesso ce l’avrebbe avuta a morte con lui, non avrebbe voluto parlargli mai più.

Ma Ninfadora non si è ribellata.

Qualcuno, che poteva essere tanto il Lupo quanto Sirius, iniziò a pungolargli la mente con quella frase. In effetti, Tonks non sembrava davvero arrabbiata per quello che era successo, solo…stupita. Il che era normale, vista l’inaspettatezza del gesto. E poi, lei era venuta da lui, a cercarlo, e si era presa cura di lui mentre era svenuto, e gli aveva appoggiato la testa sulle ginocchia e…Remus scosse la testa forte, e poco mancò che iniziasse a sbatterla contro il muro per la rabbia. Questo era semplicemente ridicolo. Ai limiti del patetico. Non c’erano possibilità, non c’era alcuna possibilità, era assolutamente, totalmente, definitivamente, insindacabilmente fuori discussione che Tonks potesse mai, in nessun caso, provare qualcosa per lui. Ma cosa andava a pensare? Il dolore per la morte di Sirius doveva averlo fatto ammattire completamente. Lei era giovane, sprizzava felicità e voglia di vivere da tutti i pori; lui era vecchio, ingrigito e stanco. Lei aveva sicuramente belle speranze, grandi aspettative, come tutti i giovani, lui era povero e assolutamente non in grado di soddisfarla. E poi, anche soprassedendo a tutto questo, che già non era poco, restava sempre il fatto che lui era…quello che era. Chi mai avrebbe potuto desiderare uno come lui come compagno? Chi avrebbe mai potuto accettare una vita del genere, con lui che spariva una volta al mese, che aveva bisogno di cure, che non aveva e probabilmente non avrebbe mai potuto avere un lavoro, con lui che era pericoloso? Neanche a Tonks poteva chiedere un miracolo del genere. Da lei poteva aspettarsi simpatia, comprensione, sperava non pena, ma di certo non amore. E alla fine, pensò guardando fuori dalla finestra, dove la luna splendeva ancora alta in cielo, è meglio così.

Se, per assurdo, Tonks avesse davvero provato qualcosa per lui, se fosse stata disposta ad accettarlo così com’era…cosa che comunque non era possibile…non poteva finire bene. Avrebbero sofferto entrambi. Lui, per il poco, troppo poco, che poteva offrirle e per la costante paura di farle del male; e anche lei, alla fine, per le troppe difficoltà che una vita con lui avrebbe comportato. No, meglio così, meglio addirittura se lo odiava, come probabilmente era. Almeno avrebbe sofferto solo lui.

Eppure, eppure quella vocina fastidiosa nella sua testa continuava a stuzzicarlo, continuava a ripetergli che era in errore, che Ninfadora poteva sorprenderlo ancora una volta, poteva accettarlo e volerlo, se solo lui avesse osato. No. Remus scosse di nuovo la testa, e si trascinò fino al tinello per sciacquarsi il volto dalla stanchezza e tristezza. La voce era in errore, doveva essere in errore. Non doveva sperare, se se lo fosse concesso avrebbe finito solo col farsi ancora più male. Non era possibile, non era giusto che ci potesse essere un futuro tra loro due. E tuttavia, il modo in cui Tonks arrossiva e sorrideva quando la guardava, il suo affetto, il calore di lei quella mattina contro il suo corpo stanco…si ritrovò, contro la sua stessa volontà, a desiderare queste cose intimamente, e gli sembravano così vicine…ma poteva davvero osare? No, non avrebbe neanche dovuto pensare a quel genere di cose.

Cosa gli stava succedendo? Si stava concedendo un volo pindarico molto pericoloso, se ne rendeva conto. Doveva fermarsi in fretta. Aveva bisogno che qualcuno lo riportasse alla realtà, alla sua realtà, grigia e disperata. Eppure, ancora, la speranza…

“Remus.” la voce improvvisa dietro di lui lo fece sobbalzare.

Si voltò per incontrare il volto di Silente, la cui testa era appena sbucata dal camino.

“Professore?” il tono gli venne fuori molto più allarmato di quanto non avesse voluto, ma gli era venuto un groppo in gola al pensiero che fosse successo qualcosa di grave, e che fosse successo a Tonks.

“Perdonami quest’intrusione inaspettata, nonché ad un orario che definirei imbarazzante, Remus, ma ho dei gufi che devono partire prima dell’alba, e il contenuto delle loro lettere dipenderà da come risponderai a ciò che sto per chiederti.” Silente aveva un tono tranquillo, anche se non esattamente allegro, e il cuore di Remus riprese a battere regolarmente.

“Non si preoccupi, Professore…ero comunque sveglio.”

“Certo, certo…lo credo bene.” Il tono dell’anziano mago era comprensivo, il tono di chi sapeva esattamente perché mai il proprio interlocutore dovesse essere sveglio alle tre di notte. Il che era impossibile. Remus si obbligò a smetterla di fare l’idiota e a calmarsi.

“Di cosa…di cosa voleva parlarmi, Professore?…Vuole un tazza di the, nel frattempo?”

“No, Remus, grazie, non c’è bisogno che ti disturbi. Devo chiederti un grande favore, non personale, certo, riguarda l’Ordine, ma vorrei che fosse chiaro che non devi sentirti obbligato ad accettare.”

La cosa iniziava ad inquietarlo. Silente sembrava esitante, se non addirittura imbarazzato, ad arrivare al punto della questione. Questo costrinse Remus a rivestirsi del suo solito sé, quello attento e sempre razionale.

Lo esortò, educatamente, a spiegargli di cosa si trattasse.

“Abbiamo ricevuto notizia che Voldemort sta inviando gruppi di MangiaMorte alle comunità di Licantropi in Inghilterra. Cerca di volgerli alla propria causa, come ha fatto già con i Giganti e i Vampiri. E, temo, ha gioco piuttosto facile, visto il malcontento causato dalle…abili manovre del nostro Ministero nei vostri confronti.”

Remus iniziò a capire che cosa ci si aspettava da lui.

“Quindi… vorreste che io faccia da intermediario, come Hagrid tra i giganti, vero?”

Silente annuì greve. “Sì, in effetti. Con la speranza che tu abbia più fortuna…”

Dunque era questo. Remus distolse lo sguardo un attimo da Silente, in un misto di amara soddisfazione e disappunto. Era stato esaudito, aveva avuto la doccia fredda che voleva. Questo era lui, nient’altro. Lui era un Licantropo, lo sarebbe sempre stato, e doveva servire l’Ordine da quello che era. Gli stava venendo offerta la possibilità di andare tra i suoi pari, di riappropriarsi della giusta prospettiva delle cose, e infine, di smetterla di abbandonarsi in sogni in cui non aveva indugiato neanche da ragazzino.

Si volse nuovamente verso il Preside e annuì. “Lo farò”, disse semplicemente.

Silente non parve particolarmente contento della risposta “Non devi accettare così in fretta, Remus, e non devi accettare per forza. La tua missione è molto più difficile di quella di Hagrid, devo ammettere. Per avere una speranza di essere ascoltato non ti basterà portar loro dei regali e un po’ di magia, dovrai fare in modo che ti accettino. E, mi rincresce dire, in un ambiente dove la leadership di…persone…come Fenrir Greyback è totalmente riconosciuta, non v’è molto posto per gente civile e razionale. Non mi sento sinceramente in diritto di costringerti a vivere, seppur fingendo, ciò che hai rifuggito per tutta la vita.”

Non gli stava dicendo niente di nuovo. Remus ci aveva pensato, aveva considerato tutto questo. Sapeva che sarebbe stata dura, sapeva che con tutta la probabilità avrebbe rivisto Greyback, e il solo pensiero gli faceva accapponare la pelle…ma Hagrid lo aveva fatto con i Giganti, Piton lo faceva tutt’ora tra i Mangiamorte, rischiando la sua vita ogni giorno, lui non poteva essere da meno. Decidendo di far parte dell’Ordine aveva preso un impegno solenne, e adesso c’era bisogno di lui. Senza contare che, dopotutto, quanto poteva essere difficile? Stava andando dove era il suo posto. Con la sua razza. Questo era quello che in molti avrebbero pensato, anche tra gli altri membri dell’Ordine, questa era la verità. Inoltre, questa missione avrebbe messo una distanza, fisica e temporale, tra quanto successo tra lui e Ninfadora, permettendo a entrambi di dimenticare, andare avanti e far finta di niente. Non che questo fosse importante, certo. Non si trattava di quello. Non stava scappando…Era la guerra, l’Ordine. Solo quello.

“Ma io sono l’unico che può farlo. E’ importante per l’Ordine, è giusto che io lo faccia.”

Silente annuì ancora “Certo, certo. Ma temo che ciò che è giusto per gli altri, o addirittura quello che è giusto in generale, non sempre corrisponda a ciò che è meglio per noi. Sei sempre stato un alleato e un amico più che fedele e rispettoso degli ordini, Remus, cosa di cui ti sono immensamente grato, ma non puoi pensare per sempre solo al Bene Comune, e continuare a caricarti di fardelli che non puoi sopportare da solo.

Ma stavano ancora parlando solo della sua futura missione? Remus non ne era più molto sicuro, e volse di nuovo lo sguardo fuori, oltre la finestra, verso la Luna. Ad ogni modo, in cuor suo aveva già deciso, per entrambe le questioni, e per entrambe rispose

“…Farò ciò che è giusto.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** L'Effetto Domino (capitolo IX) ***


Me lo ricordo bene, ero così vicina a te,

L’Effetto Domino

Credevo che saremmo stati solo amici,

le cose non saranno mai più le stesse…

Non è un segreto ora non più,

da stasera e d’ora in poi, noi non saremo,

non saremo mai più gli stessi

(Mel C. – Never Be The Same Again)

 

 

 

Ninfadora Tonks era profondamente concentrata.

Piton le aveva consegnato alcune delle sue preziosissime ampolle (col chiaro intento di procurarsi un movente per ucciderla) dicendole di portarle nello studio al terzo piano, e mettendo particolare enfasi su quanto si sarebbe rammaricato se ad una sola di esse fosse capitato qualsiasi cosa.

Pertanto, Ninfadora camminava a piccoli passi, guardando attentamente davanti a sé, sforzandosi di non distrarsi neanche un po’, per esempio pensando a Remus.

Ecco. Pensando di non pensare a Remus, inevitabilmente ci aveva pensato e adesso, lo sapeva, non avrebbe più potuto fermarsi. Dopo la confessione fatta al Foglietto due sere prima, aveva deciso di smetterla di comportarsi come un’adolescente isterica, e affrontare la situazione da donna adulta, confessando i propri sentimenti a Remus subito. O almeno quanto prima. Alla prima occasione in cui si fossero incontrati, insomma. E l’occasione era arrivata: consegnandole le ampolle, Piton l’aveva anche informata che Remus sarebbe passato quel pomeriggio a prendere dei documenti da parte di Silente, e lei, che era nel suo turno di guardia, doveva consegnarglieli. Era terribilmente nervosa, ma se voleva arrivarci viva, a quel pomeriggio, adesso doveva portar su quelle ampolle sane e salve. Si fermò un attimo e prese un respiro profondo. Non servì a niente.  Ne tirò un altro. Questa volta andò meglio. Riaprì gli occhi e riprese a marciare, piano piano, sentendo di aver riacquistato un po’ di equilibrio. Dopotutto, non valeva la pena pensarci adesso, Remus sarebbe arrivato molto più tar…

“Ninfadora?”

Tonks cacciò un urlo allucinante, perse l’equilibrio, e cadde all’indietro mandando per aria gambe, braccia e ampolle. Lei fu fortunata, perché lui la prese al volo, come sempre, ma una sorte meno favorevole attendeva le ampolle. Terrificata, le osservò descrivere una traiettoria perfettamente arcuata fin quasi a toccare il soffitto e…fermarsi a mezz’aria.  Immaginò che cosa fosse successo e, estasiata, si voltò a guardare la mano destra dell’uomo dove, come volevasi dimostrare, c’era una bacchetta sguainata. Per quanto la riguardava, le aveva appena salvato due volte la vita, e avrebbe tanto voluto ringraziarlo con un bacio. Qualcosa però le diceva che sarebbe stato sconveniente, almeno per il momento, e così dovette invece staccarsi da lui e rimettersi in piedi.

Remus, dal canto suo, si affrettò a raggiungere le ampolle, raccogliendole e posandole per terra contro il muro, fuori pericolo. Non la guardava, e solo quando ebbe finito con quell’operazione si decise a voltarsi verso di lei, che lo fissava estatica.

“Speravo che…nonostante tutto…la mia vista non ti avrebbe spaventata così tanto.”

Eh? Tonks non capiva. Stava scherzando? No. Sfoggiava un sorriso, ma era alquanto mesto, e possibile che fosse rossore quello sulle sue guance?

“Cosa? No…scusa, Remus, non mi hai fatto paura! Io…ero soprappensiero.” Adesso fu il suo turno di arrossire.

“Oh.” Remus annuì, e sembrò rilassarsi pochissimo. Comunque, continuava ad evitare il suo sguardo. Tonks sapeva di dover essere lei a dire qualcosa, ma al momento era troppo impegnata a fissarlo per formulare un pensiero coerente.

“Allora…” lo dissero quasi insieme, e in un’altra epoca sarebbe stato uno spunto per farsi una risata, ma in quell’occasione servì solo a zittirli di nuovo, ognuno in attesa che l’altro completasse la propria frase. Tonks da sempre passava alla storia come la sfacciata della situazione, in ogni contesto, e sentì di dover tenere onore al proprio titolo. Così, sforzandosi, riuscì a dire in un’unica tirata

“…Volevi dirmi qualcosa?”

Aveva senso, dopotutto. Lui l’aveva chiamata attraverso il corridoio…

“Uh?No!” Le rispose un po’ troppo in fretta, e con un po’ troppa veemenza. Sembrò rendersene conto lui stesso, e aggiunse subito dopo, in tono molto più pacato “Cioè…io ero passato solo per prendere…dei documenti…”

Oh!Sì, certo, i documenti. Se ne era completamente dimenticata, ma erano un’ottima ancora a cui aggrapparsi.

“Ah già! Che sciocca, sì, Piton mi aveva avvisata…ce li ho qui”, infilò la mano in una tasca del mantello, tirandone fuori un plico. Glielo passò, sperando che la pelle d’oca sul suo braccio non fosse troppo evidente. Lui lo prese dalle sue mani, e Tonks fu sicura di sentire su di lui lo stesso fremito che aveva attraversato lei, quando le loro mani si sfiorarono. Si sentiva le gambe come budini, e tentò di riprendere un po’ di dignità continuando a parlare

“…Ma sei in anticipo, mi aveva detto di non aspettarti prima del tardo pomeriggio…”

Lui sembrava assorto in qualcosa di molto distante, e continuava a parlare senza guardarla.

“Come?…Veramente sono in ritardo, avevo avvisato che sarei passato stamattina presto…Severus si deve…essere confuso, immagino.”

“Oh. Certo.” E come no. Bastardo.

Altri attimi di silenzio. Tonks continuava a ripetersi il discorso che aveva preparato quella mattina, aspettando il momento buono per cominciare. Ma quel momento non sembrava aver intenzione di presentarsi.

“Allora…” disse di nuovo Remus, finalmente alzando lo sguardo. Tonks lo guardò piena di speranza. Stava per prendere l’iniziativa?

“…Allora io andrei. Grazie per avermi tenuto i documenti, Tonks.”

Pfffft. E il palloncino della sua speranza si sgonfiò. Senza dire che la stava chiamando per cognome. E Remus non la chiamava mai per cognome. La faceva arrabbiare da morire, ma la chiamava Ninfadora. Di solito.

“Ehm…figurati. Grazie, grazie a te…per avermi, sai…evitato un altro trauma cranico! Eheh…”

Ma era rimbecillita del tutto? Ma si sentiva?

“Di niente Tonks, di niente. Allora…arrivederci.”

“Sì…ciao, Remus.”

Lui si voltò e fece per andarsene. Tonks lo vide allontanarsi passo a passo, consapevole di star perdendo l’Occasione che si era ripromessa di sfruttare.

“Remus!” urlò, quando lui ormai aveva voltato l’angolo. Probabilmente non l’avrebbe neanche sentita.

Invece, con sua immensa gioia, pochi istanti dopo lo vide ricomparire.

“Sì, Ninfadora?”

Era un’idea sua oppure era un po’ impallidito? Non aveva tempo né voglia di chiederselo. Aspettò che la raggiungesse raccogliendo il coraggio, determinata a svuotare il sacco una volta per tutte.

“Remus, scusami, lo so che magari non è il momento più opportuno, però ti devo parlare. Io…io ti volevo dire, che per quello che è successo, sai, la mattina dopo il Plen…” Remus alzò una mano, interrompendola. “Tonks, so quello che vuoi dirmi. E hai…hai perfettamente ragione. Sono stato imperdonabile, e adesso che ti ho rivista me ne vado senza neanche provare a chiederti scusa…”

“Oh, ma non è questo, io… non voglio le tue scuse.”

Le guance di lui sembrarono riacquistare un po’ di colore. “Ah…no?” Le chiese esitante.

“No! Anzi per la verità…”

Ma lui non la faceva parlare. “Allora, per fortuna, non ti ho sopravvalutata, pensando che…che avresti capito. Voglio dire, dopo il Plenilunio rimango per molte ore in uno stato di…di semi-ubriachezza, direi, e non sono ancora perfettamente padrone delle mie azioni. Se fossi stato sobrio, non avrei mai osato fare una cosa del genere…tu lo capisci, vero?”

“Ma sì, sì…! E’…è proprio quello che volevo dirti io, Remus. Ti, ti volevo…rassicurare, ecco.”

“Grazie, Tonks. Sei un’amica. Mi sarebbe dispiaciuto perdere il tuo affetto in una maniera così…”

“…sciocca…” …imbecille illusa che non sono altro…

sì…sciocca, ecco.  Davvero, quel bacio non…non era importante.”

“Lo so, Remus, lo so….tranquillo…come se non fosse mai successo…!”

“Va…tutto bene, allora?”

“Eh…ma certo, Remus. Amici come prima, figurati!”

Lui sembrava davvero risollevato, lei sperò di reggere la farsa, e che la mascella non le si slogasse per il sorriso che mostrava.

“D’accordo, Tonks. Grazie per avermi compreso. Arrivederci, allora.”

“Di nulla, figurati…ciao ciao, Remus.”

Si salutarono con un sorriso. Questa volta, Tonks aspettò davvero che Remus fosse sparito ben oltre l’angolo, contò in più quindici secondi per dargli il tempo di scendere la rampa di scale e altri trenta per percorrere il corridoio fino al portone di quercia.

“Oh, sono proprio un’imbecille!!” urlò, e fece per mollare un calcio a mezz’aria. Al che il suo piede, invece di colpire solo l’aria, appunto, andò a cozzare contro la prima delle ampolle ordinatamente disposte una di fianco all’altra contro il muro. La quale ampolla, poi, oscillò brevemente a destra e sinistra, pensierosa, decidendo infine di spingere la seconda ampolla, che cadde sulla terza, che si schiantò sulla quarta, che crollò sulla quinta, finché non finirono tutte sfracellate per terra con un sonoro crash.

 

 

 

 

Nd DarkElectra: Uh…capitolo corto cortissimo, ma che a me sinceramente è piaciuto tanto! Tecnicamente, doveva essere molto più lungo, ma non so, mi pareva giusto che finisse così, senza contare che ho deciso di smettere di scrivere capitoli troppo lunghi e complicati che richiedono mesi per essere completati. Tranquilli, tutte le parti tagliate saranno prontamente aggiunte nel prossimo capitolo! Ora, passiamo alla parte più piacevole del mio lavoro! I miei lettori! Non so come ho potuto osare dimenticarmi di rispondere alle recensioni del settimo capitolo! Perdonatemi, ero troppo impaziente di postare “Solo e pensoso…”. Rimedio subito!

 

x Rue Meridien: contentissima che ti sia piaciuta così tanto! Sì, descrivere i pensieri dei personaggi è la parte che mi riesce meglio…anzi, temo a volte di trascurare troppo l’azione per perdermi nella riflessione…ma almeno piace anche a voi, sembra! ^-^ Grazie ancora, e spero che continuerai a leggermi!!

 

x Faith Sun: mille grazie per il ben tornata. Io sinceramente spero di metterci qualcosina in meno di un decennio, ma non si può mai sapere ^-^ Felice comunque di sapere che tu mi seguirai!!

 

x lenne88: cara lenne, del ripassino ho avuto bisogno anch’io prima di ricominciare a scrivere! E hai detto giusto, l’ispirazione se ne era proprio andata…ma pare sia tornata, e godiamocela finchè dura! (con la speranza che duri il più a lungo possibile)

 

e infine, per l’unica anima buona che ha commentato l’ultimo capitolo

 

x Tabita: siii! Sono tornata! …Vero che il pentolino è una comparsa di grande talento? Qualche regista dovrebbe scritturarlo XD Scherzi a parte, sono davvero contenta che i capitoli ti siano piaciuti…per quello su Remus ero un po’ preoccupata, credevo fosse esagerato…ma stiamo parlando di Remus, dopotutto…il signor Ti Preoccupi Troppo per eccellenza! Grazie ancora per aver commentato…a presto!

 

 

Baciotti ciotti a tutti e…

 

 

RECENSITE!!!

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