The Story behind the Curtain

di Echoes of a VOice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Freedom ***
Capitolo 2: *** Halloween 1981. In memoriam ***



Capitolo 1
*** Freedom ***



Freedom

Il buio vuoto della cella non poteva di certo celare, così come faceva con le umide pareti, l'odore putrido del muschio marcescente che ne ricopriva le mura da chissà quanti anni; per non parlare degli squittii di alcuni roditori che, di sicuro, convolavano a nozze con quell'aria fetida.
Non era certo questo che Bellatrix Black si era immaginata quando, giovane e determinata, aveva deciso di affidarsi completamente e indissolubilmente al volere di Lord Voldemort, il suo Oscuro Signore. A ricordarle quel legame incancellabile -semmai ce ne fosse stato bisogno, cosa di cui si può facilmente dubitare, dato il soggetto-, un tatuaggio, marchiato a fuoco sulla sua pelle candida, pulsava pallido al ritmo del suo sangue, lento e irregolare.
Tuttavia, erano anni, troppi anni, che il Marchio Nero non appariva in vivido contrasto sull'avambraccio della Mangiamorte: il contorno appena visibile del teschio spettrale sembrava farsi beffe di un passato di glorie e di orrori, di tempi in cui il Signore Oscuro, prima della sua irreparabile sconfitta, richiamava i suoi temibili seguaci facendo palpitare sulle loro braccia quel segno inestirpabile.
E ogni chiamata significava torture, e morti soprattutto, che davano un piacere immenso alla Torturatrice per eccellenza, un piacere alquanto ambiguo, irrazionale.
Ma quel piacere era svanito: al suo posto, ora, solo la sensazione di sentirsi in gabbia, oppressa, immobilizzata da pesanti catene che erano, per così dire, il marchio concreto della sua condizione. Uno status che durava da ben quattordici anni.

Black, toujours pur recitava lo stemma di famiglia dei Black.
Nei suoi momenti di profondo sconforto, Bellatrix indirizzava i suoi pensieri a quell'arazzo di Grimmauld Place per compiacersi silenziosamente di essere stata una dei migliori elementi di quella nobile e antica casata. Sicuramente, lo era più del dannato cugino Sirius, sporco traditore del suo sangue, macchia che infangava il solo concetto di Purosangue, scarto della società magica.
Ti ucciderò, ti ucciderò, ti ucciderò... Sirius Black, ripeteva nei suoi deliri notturni, quando sogni malati le annebbiavano la mente, e di giorno, durante i suoi attacchi di pazzia, seguita da una sinistra risata acuta da bambina.
Tuttavia, al solo sentir pronunciare dalla sua stessa voce il nome del suo ripudiato parente, qualcosa in lei, nel suo vuoto oblio di sentimenti sbiaditi, si risvegliava: un indefinito senso di invidia (questo, Bellatrix non l'avrebbe mai ammesso neanche se sottoposta al Veritaserum) misto a rabbia e desiderio di rivalsa nei confronti di colui che, contro ogni previsione, era riuscito ad evadere da quel carcere di sofferenze.
«Ti farò fuori, caro Sirius! Stanne certo!». E dopo minacce del genere, urlate al buio della cella, la Mangiamorte scoppiava nella sua solita risata da far accapponare la pelle.
Non sapeva, però, che il momento tanto agognato in cui avrebbe finalmente messo fine al sangue del suo sangue si stava pericolosamente avvicinando: strisciava sinuosamente giorno dopo giorno, come scandito da una pendola; potevi quasi sentirlo, ad Azkaban, il lento scorrere del tempo.

E una notte, forse la peggiore di tutte quelle che Azkaban avesse mai visto, accadde l'irreparabile.
Fuori, la fortezza continuava a ergersi sinistra, colpita dalle onde che, altissime, si frangevano contro la scogliera, ma al suo interno qualcosa non andava...
Improvvisamente, nell'ala dove erano rinchiusi i più temibili tra i Mangiamorte, i prigionieri iniziarono a sentirsi diversi dal solito, come se un alito di aria calda stesse riempiendo le fredde celle del carcere.
Qualcuno di loro, tra cui Bellatrix, si trascinò fino alla grata per vedere che cosa stava succedendo...
Quando tutti videro che il lungo corridoio era vuoto e privo dello spettrale rantolio dei Dissennatori, la situazione fu subito chiara.
Fu Bellatrix la prima ad esultare, a comprendere che quell'assenza significava molto probabilmente libertà: la donna rideva istericamente, a più non posso, quasi a lasciarsi senza fiato, così tanto che il corridoio risuonò delle risate della Black e delle urla e delle imprecazioni degli altri Mangiamorte.
Fra tutte le cose che accaddero quella notte, però, solo una rimase davvero vivida nella memoria della spietata seguace dell'Oscuro Signore: quest'ultimo, infatti, quella notte aveva premuto un suo lungo e bianco dito sopra il Marchio di Codaliscia, cosicché tutti i Marchi dei Mangiamorte più intimi sarebbero riapparsi, più nitidi che mai dopo anni, per annunciare che egli necessitava della loro fatale presenza.
E fu così che Azkaban si squarciò da un lato, quella notte, lasciando ai Mangiamorte la possibilità di evaderne: costoro erano così euforici all'idea di ritornare in libertà -sempre che potesse essere definita tale la condizione che li legava Lord Voldemort- che non erano minimamente intimoriti dal mare in tempesta che infuriava sotto di loro.
E tantomeno Bellatrix lo era, essendo invasa da una potente scarica di adrenalina e dall'insensato desiderio di poter finalmente tornare a servire Lord Voldemort, l'Oscuro Signore, il più grande e terribile mago di tutti i tempi, con tutta la più profonda devozione che poteva offrirgli.

Ancora una volta quella notte, e per l'ultima volta, attutita soltanto dal fragore della tempesta, risuonò ad Azkaban la temibile risata di Bellatrix Black, la Mangiamorte per eccellenza, che ora sarebbe ritornata più spietata che mai.



* * * *

Ciao a tutti!
 Sono Manuel ma, in confidenza, chiamatemi Manu (cosi siamo tutti contenti e evitiamo di digitare troppo sulla tastiera!!).
 Scemenze a parte...Non è la prima volta che pubblico, o almeno ci provo, però questa volta mi sento davvero ispirato.
Sapete...pochi giorni fa, complice la noia di chi sta a casa ad agosto, io e i miei amici abbiamo fatto una maratona di Harry Potter: da matti quali siamo, ci siamo visti tutti e sei i film di seguito.
Beh, credetemi...penso che ogni vero fan di HP che si rispetti debba farlo, almeno una volta nella vita!
E mentre, con gli occhi sbarrati tentando di resistere al sonno, ripensando alla Burrobirra che abbiamo provato a fare (ehm...i risultati sono stati a dir poco orrendi, ma questa storia magari ve la racconterò un'altra volta!), guardavo tutti i film, mi è venuto in mente che sono davvero tante le storie, i momenti, gli episodi che Zia Row (sempre sia venerata, santa donna!) ha deciso di non raccontarci.
Intendiamoci, nessuna presunzione nel scriverli, eh...è solo che mi piace troppo!

Per quanto riguarda questo primo racconto, ho deciso di iniziare con Bellatrix, uno dei miei personaggi preferiti che, però, nel libro non è esplorato a fondo!!
 Volevo immaginarmi la sua fuga da Azkaban e...ecco fatto!!

Bene, spero di leggere qualche recensione...critiche, suggerimenti, complimenti sempre ben accetti!!

A presto, gente!! :)

edit del 10-08-11: dopo un anno dalla pubblicazione, "Freedom" si è classificata 11/20 al concorso "Cosa sceglierò? Fast Contest (PER EDITE)" indetto da Medusa Noir

giudzio: 

Grammatica e punteggiatura: 9.5/10 
Forma e stile: 9.4/10 
Originalità: 9/10 
Caratterizzazione: 10/10 
Gradimento personale: 9.5/10 

Totale: 47.4/50 

Prima di tutto, complimenti per lo stile! Hai una proprietà di linguaggio ottima, utilizzi termini che rendono la lettura piacevole, creando intorno al lettore l’ambiente descritto e riuscendo a caratterizzare un personaggio anche solo grazie alla scelta delle parole. 
Mi è dispiaciuto, quindi, averti dovuto togliere alcuni punti a causa delle ripetizioni: “vedere… videro”, “Bellatrix lo era, invasata com’era”, “di tutti i tempi, con tutta”. 
Per quanto riguarda la grammatica, ho tolto 0.20 per un punto e virgola che credo fosse una virgola, ma non sono sicura che sia un errore di distrazione (“al ritmo del suo sangue; lento e irregolare”), 0.10 per “cosicchè” scritto con l’accento sbagliato (di solito non faccio storie per questo tipo di errori, ma mi rendo conto che Word corregge) e 0.30 per “agoniato” invece di “agognato”; invece ho considerato errori di distrazione (che ti segno per correggerli, ma non ti ho tolto punti) “solo uno rimase davvero vivida” e “tantomento”. 
Non è originale parlare dell’evasione di Bellatrix, ma lo è come hai fatto tu, complimenti!


 

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Capitolo 2
*** Halloween 1981. In memoriam ***


2.
Halloween 1981. In memoriam

Godric's Hollow, 31 ottobre 1981.

I corpi morti di James Potter e di Lily Evans giacevano a pochi metri l'uno dall'altro: gli occhi sbarrati, vuoti; il viso contorto in un urlo, in una smorfia di sofferenza inaudita.
 Morti per sempre, ma combattendo. Cancellati in un attimo di pura follia omicida.
 «Avada Kedavra!»
Quell'urlo, caratterizzato da una sinistra vena isterica, risuonò nella casa dei Potter per la terza volta, la sera del 31 ottobre 1981.
 Un lampo di luce verde, solo uno, tremendamente imparziale.
 I ragazzini babbani che, quella sera, vagavano per le strade alla ricerca di qualche dolcetto o con la voglia di fare qualche piccolo scherzo, notarono l'insolita luce verde che uscì dalla casa dei Potter -"che care persone!", diceva qualcuno-, ma nessuno di loro poteva nemmeno lontanamente immaginare cosa era appena successo e, ancora più importante, cosa sarebbe successo di lì a poco. La luce fu quasi subito seguita da uno scoppio, potente, che distrusse il piano superiore della casa: tutto il vicinato ne fu scosso, ma nessuno, lì attorno, poteva far qualcosa.
 All'interno, tra le macerie, una culla era rimasta intatta: c'era un bambino terrorizzato, piangeva a dirotto...qualcosa sulla sua fronte, qualcosa che non aveva mai avuto fino ad allora, gli faceva tremendamente male. E poi quell'uomo... Il bimbo, dapprima, ne era rimasto affascinato, in un modo che andava ben oltre una semplice curiosità, ma quando quest'ultimo si tolse il cappuccio che gli ricopriva il viso il piccolo Harry Potter scoppiò in lacrime. Il volto dell'uomo, infatti, sembrava velato da un'ombra di cattiveria che si squarciava nel senso di profonda soddisfazione che gli provocava l'essere così vicino alla definitiva eliminazione del suo maggior pericolo; non era quasi umano, del resto: gli occhi iniettati di sangue, la pelle diafana e sottile sotto la quale palpitavano migliaia di venuzze violaceee, lo sguardo gelido e tagliente, euforico al solo pensiero di quanto stava per compiere.
 Ora quell'uomo, però, non esisteva più. Non un corpo, solo brandelli di anima persi nella notte.
C'è qualcuno che giura di aver sentito un urlo squarciare la notte, dopo lo scoppio: un urlo di dolore, segno della sofferenza di un' anima lacerata nel profondo.
 Un'anima persa, una vita acquistata. Tom Orvoloson Riddle e Harry Potter; il più grande mago oscuro di tutti i tempi, sconfitto da un bimbo di un anno.
 Il Ragazzo che è Sopravvissuto.


Ancora Godric's Hollow. Ancora il 31 ottobre. Anno 1993: 12 anni dopo.

"Nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive".
Erano passati oramai ben dodici anni dalla morte di James e di Lily. Dodici lunghi anni da quando depositò, più simile ad un fagotto che ad un neonato, il piccolo Harry Potter sulla porta di ingresso del numero 4 di Privet Drive.
 Albus Silente aveva vivuto con estremo rammarico tutti e dodici gli Halloween che lo separavano da quella notte fatale: un evento triste, certo, ma assai importante nella lotta contro Lord Voldemort. Fondamentale, forse.
 E ogni anno, quella frase sembrava riemergere in superficie, dalla spessa nebbia dei suoi pensieri, per pungolarlo fastidiosamente: come a ricordargli che, prima o poi, quel bambino che aveva tenuto in braccio la sera di dodici anni anni prima avrebbe affrontato l'assassino dei suoi genitori. L'avrebbe affrontato in un ultimo, determinante scontro. E insieme a questo fastidioso pensiero, ritornava anche lo strazio per la morte dei Potter: splendidi maghi, giovani rubati alla vita nel fiore degli anni, innocenti...si erano solo trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, traditi da colui che consideravano loro amico.
 Per questo, da undici anni a questa parte, Albus Silente abbandonava la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts per qualche ora la sera del 31 di ottobre; nessuno avrebbe notato la mancanza del vecchio Preside -o, per lo meno, era questo che lui pensava-.
 Quella precisa notte, infatti, Silente, solennemente parato a lutto nella sua veste viola e nero, gli orli bordati d'oro, si Smaterializzò nella piazza di Godric's Hollow.
 Al centro campeggiava, nascosta da un insospettabile monumento ai Caduti, una statua in memoriam di quella tragica notte: un ricordo perpetuo al sacrificio eroico dei Potter.
   Tutto taceva, nessuno si poteva vedere in giro e, se anche qualcuno avesse puntato il proprio sguardo al centro della piazza, avrebbe potuto soltanto vedere le case attorno ad essa: il vecchio Preside di Hogwarts, infatti, sapeva ben proteggersi da incontri indiscreti con un potente Incantesimo di Disillusione.
 Era anche quasi del tutto buio, d'altronde, fatta eccezione per l'unico lampione solitario, che emanava una soffusa luce bianca, e la flebile luce tremolante delle candele della chiesa visibile attraverso le vetrate colorate. E, come se non bastasse, tutti erano impegnati nei festeggiamenti di Halloween.

 Il vecchio Silente era sempre stato di casa, lì a Godric's Hollow...ma dopo i drammi famigliari e dopo la tragica fine dei Potter quella cittadina non era più stata la stessa. Lui non era più stato lo stesso.
La sua famiglia e i Potter: giacevano tutti sotto la stessa terra, lì a pochi passi, nel cimitero, non lontani gli uni dagli altri.
 Albus Silente aveva sempre avuto un'ambigua attrazione nei confronti dei cimitieri: solo in quei luoghi si poteva trovare, per davvero, un puro silenzio, rotto soltanto dal frusciare di qualche foglia, dal sibilare del vento, dallo scrosciare della pioggia. Solo là gli uomini potevano trovare l'assoluto riposo, addormentati per sempre lontani dagli eventi della vita.
 E Silente invidiava, in un certo senso, la tranquillità della morte: lui, infatti, sempre al centro dell'attenzione, non desiderava altro che restare da solo, riflettere...La sua lunga vita era stata tutta un susseguirsi di eventi che l'avevano travolto. Aveva bisogno di tranquillità.
 Tranquillità, sì...fu questo quello che provò al cospetto della tomba di James e di Lily Potter, ai quali, in un monologo, si mise a parlare.
 «Dovreste vederlo, Harry. Promettente il ragazzo, certo, ma James...lasciatelo dire, ha preso tutto da te: chissà come mai, chissà perché, é sempre invischiato in qualche guaio assieme ai suoi due amici. Oh, ma lo so: diventerà grande, un mago capace come te Lily, con poteri ben superiori e...», e qui Silente si interruppe.
 Sapeva, infatti, benissimo che la crescita di Harry avrebbe comportato cose terribili per il ragazzo e per chi gli stava accanto: avrebbe dovuto lasciarlo camminare da solo, un giorno, -e Silente sapeva che quel momento fatidico sarebbe arrivato presto- per avviarlo sulla sua propria strada, indirizzandolo contro forze e misteri incomprensibili ai più, contro avventure inimmaginabili.
 Ce l'avrebbe fatta, lui, Albus Silente, ad educarlo a dovere? Era proprio questo, ciò che temeva: il fallimento. Era vecchio, ormai, di sicuro un grande mago ancora, ma vecchio: quanto ancora sarebbe potuto rimanere al fianco di Harry Potter per condurlo lungo il cammino che l'avrebbe portato, un giorno, a sconfiggere definitivamente Lord Voldemort?
Era come sentirsi scavato nel profondo, nelle viscere: quei pensieri e quelle domande lo attanagliavano da anni. Ma ciò che intimoriva di più il mago erano le risposte...

 Lo sguardo ceruleo sotto gli occhiali a mezzaluna si fece più cupo, la fronte si corrugò, i respiri si fecero sempre più controllati e impercettibili: Silente era davvero pensieroso, quasi inquietato dall'idea che Harry avrebbe dovuto, così giovane, assumersi delle enormi responsabilità.
 Ma quella notte giurò sollenemente a se stesso che avrebbbe fatto tutto quanto era in suo potere affinché il figlio di James Potter e di Lily Evans potesse vendicarli e vendicare se stesso, segnato dalle orribili azioni dell'Oscuro Signore. Si, avrebbe portato a termine quel giuramento. Harry Potter doveva sconfiggere Lord Voldemort. Per se stesso, per vendicare i suoi genitori, per il mondo. "Nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive".

Promesso questo a se stesso, Silente sfoderò la bacchetta e l'agitò nell'aria fredda e pungente di quella notte: sulla lapide dei Potter si incisero magicamente queste parole:
"L'ultimo nemico che sarà sconfitto é la morte".
Tuttavia, prima che l'ultima parole si scolpisse nella pietra, la figura del vecchio mago si era persa nella notte, lasciando dietro di sé, come ricordo, un solo giglio bianco.



* * * *
Rieccomi lettori (sempre che ci siate...non si sa mai)!!
Proprio si vede che sono a casa a far niente: diciamo che di solito non sforno racconti così velocemente! E' quasi un miracolo che ne abbia scritti due a distanza di pochi giorni!!
Che dire...
Spero che quest'ultimo vi sia piaciuto, perché ho sempre voluto leggere qualcosa di più riguardo Silente, i suoi pensieri dopo la morte dei Potter, ecc...E' un mio vizio: vorrei sapere tutti i retroscena dei libri che leggo!!

Ringrazio, intanto, Malandrina94 per la recensione che mi hai lasciato: mi ha fatto davvero piacere, grazie 1000!!
E invito gli altri, invece, a lasciare come al solito critiche, commenti, saluti, e tutto quanto insomma...
Alla prossima con un nuovo racconto!! :)
Manu



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