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PARTE SECONDA
Il silenzio che aleggiava nella
stanza era quanto di più sgradevole si potesse immaginare, interrotto solo dal
debole e ovattato zampettare del ragno.
Greg rifletteva preoccupato circa l’opzione
migliore per salvare la pelle dall’ira crescente del suo supervisore, che
sobbolliva lentamente davanti a lui, come un grosso e fumante calderone pronto
ad esplodere.
Ora Grissom avrebbe chiesto delle
spiegazioni, anzi no… Le avrebbe senza alcun dubbio pretese e lui si rese
improvvisamente conto che non era poi così certo di essere in grado di
dargliele. Sara non avrebbe voluto che quelle spiegazioni fossero concesse a
Grissom, e se fosse stata presente in quel momento, probabilmente avrebbe
strangolato il ragazzo per il guaio in cui era andato a ficcarsi.
Nel frattempo le guance di
Grissom stavano recuperando una leggera tonalità rosata, cha contribuiva a
renderlo meno spettrale, Greg lo osservò di sottecchi mentre con la lingua si
inumidiva le labbra secche e deglutiva il nulla con gran fatica, come se un
grosso rospo fosse bloccato nella sua gola.
“Suppongo…” iniziò poi
bloccandosi subito, stupito egli stesso della voce quasi stridula che usciva
dalla sua bocca, si schiarì rapidamente la gola. “Suppongo che dovremmo
parlarne…” riuscì infine a dire.
-Io invece suppongo che dovrei
scappare subito di qui, prima di fare una brutta fine- pensò Greg tra sé e sé.-
ma era totalmente incapace di fare qualunque cosa. Se ne stava lì, immobile e
non riusciva a mettere insieme nessuna frase, dotata di una minima parvenza di
intelligenza, con cui rispondere a Grissom.
“Greg!”
“Lasciamo perdere.” Si alzò di
scatto, con l’idea di infilare la porta socchiusa dietro di lui.
“Tu non ti muovi di qui!”
sentenziò Grissom ad alta voce, alzandosi nervosamente, tanto da ribaltare la
sedia, e avviandosi a grandi falcate verso la porta. Dopo che l’ebbe chiusa con
violenza, facendo sobbalzare Greg, che era rimasto in piedi immobile, aggrappato
al bordo della scrivania, tornò tranquillamente alla sua sedia, la rimise a
posto con sufficienza e vi si
accomodò; appoggiò i gomiti sul tavolo e il mento sulle nocche delle mani,
fissando con i suoi occhi chiari, e ora ritornati imperturbabili, il ragazzo
seduto di fronte a lui.
“Ora noi ne parleremo, Greg… e
non è una richiesta.”
Per tutta risposta lo vide
portarsi alla bocca la tazza di caffè, che prima aveva appena assaggiato, e
scolarselo fino all’ultima goccia, nonostante fosse ormai freddo.
Grissom non smetteva di fissarlo,
attendendo la sua spiegazione, con una pazienza che aveva tutta l’aria di non
essere infinita, tanto che Greg si schiarì la voce e cercò di mettere insieme un
periodo dotato di senso logico e coerenza.
“Sono stato a trovare Sara ieri
sera…”
“Questo lo avevo capito.”
“Dopo che tu te ne eri
andato…”
Gill piegò leggermente la testa
da un lato, cercando di capire dove Greg volesse andare a parare.
“Ebbene?”
“Stava piangendo…”
Grissom sospirò, cercando una
posizione meno scomoda sulla sedia… Greg era un bravo ragazzo, si stava solo
preoccupando per Sara e la sua sfuriata di poco prima poteva essere facilmente
attribuita alla giovane età e alla sua classica irruenza. Ma quello non era
decisamente il momento adatto per inoltrarsi in una conversazione del genere. E
poi lui non si sentiva pronto per parlare di Sara con Greg… Anzi, a dir la
verità non si sentiva pronto a parlare di Sara con nessuno, lui non era pronto
ad affrontare tutto questo. Stava ancora cercando di assorbire la conversazione
avuta la sera precedente con la ragazza, quella brutta storia dei suoi genitori,
la sua disperazione che sembrava senza fondo. Già… Persino Greg se ne era
accorto.
Grissom fece per versarsi altro
caffè, ricordandosi poi che era ormai gelato e bloccandosi con la caraffa a
mezz’aria, mordicchiandosi il labbro inferiore e cercando le parole più adatte,
sperando di trovare qualcosa da dire.
“Greg…” riappoggiò la caraffa
sulla scrivania. “La situazione di
Sara è…come dire… complicata, ecco.”
“Questo l’avevo capito” Greg si
sentiva la bocca secca, come se la lingua gli si incollasse al palato. Era
giusto scoprire le carte con Grissom? Confessargli che lui sapeva?
“Il fatto che Sara pianga… beh,
stava piangendo anche quando me ne sono andato…”
“Motivo in più per non andarsene,
forse.” suggerì Greg, ironizzando volutamente in modo non eccessivamente
velato.
“Cosa vuoi dirmi? Ci stai girando
intorno, Greg.” sentenziò Grissom, senza smettere di tenere gli occhi fissi in
quelli del ragazzo e riempiendosi
di nuovo in modo automatico la tazza di caffè, dimenticandosi che era ormai
imbevibile. Si rendeva conto che Greg aveva qualcosa da dirgli, ma allo stesso
tempo non riusciva a trovare il coraggio per farlo. Solo non capiva quanto Greg
sapesse effettivamente di tutta la situazione di Sara.
“No…”mormorò Greg “Questa è la
tua specialità!”
“Prego?” A Grissom andò di
traverso il caffè gelato, mentre veniva assalito da un dubbio: forse Greg sapeva
molto di più di quanto lui sperasse…
“Io non ho bisogno di girarci
intorno…” ribatté Greg, a cui probabilmente il nuovo pallore di Grissom stava
infondendo un po’ di coraggio. “Pensi di essere l’unico a conoscere quello che
Sara cerca di nascondere da sempre? Il suo passato? Mi ha detto che ti ha
parlato dei suoi genitori, non c’è bisogno che fingi con me, Grissom, lo so già
da un po’ di tempo…”
Grissom rimase ammutolito, con la
bocca semi-aperta nell’atto di rispondere al ragazzo, ma senza sapere cosa dire.
Francamente non si aspettava che Greg fosse a conoscenza di quel lato oscuro di
Sara… Credeva, o forse si era illuso, di essere il primo a raccogliere tale
confidenza. Forse era ora di iniziare a ricredersi su alcune cose, in primo
luogo sulla presunta superficialità di Greg.
“Francamente non pensavo te ne
avesse parlato.” ammise poi, fissando con ostinazione la tarantola zampettante
davanti a lui. “Ma visto che lo sai, dovresti renderti conto con maggior
facilità delle motivazioni che stanno dietro al comportamento di Sara…Era ancora
molto piccola quando è successo.”
“Non farmi la predica Grissom! Lo
so da prima di te, così come molte altre cose. Capisco bene come si sente Sara e
non ho bisogno di aiuto per sapere come affrontare il discorso o cosa aspettarmi
da lei.”
Greg tacque, pur senza perdere
l’espressione di sfida che portava dipinta in volto. Grissom si decise a
proseguire, sentendosi libero di parlare con chiarezza della situazione,
probabilmente Greg sapeva tutto, era inutile cercare di proteggere i segreti di
Sara da una persona a cui lei stessa aveva deciso di rivelarli.
“Sara ha molti problemi, problemi
che purtroppo tendono di frequente a sovrapporsi e a farle perdere il controllo.
Il suo carattere la porta spesso a fare dei parallelismi, ad associare le
situazioni che affronta sul lavoro a quelle che a vissuto da piccola…e questo
non l’aiuta, anzi, le fa molto male. Penso che non abbia mai superato il
trauma”
“Beh, credo sia un po’
difficile!” sentenziò acido Greg “D’altra parte sua madre ha ammazzato suo
padre, non si è limitata a sbatterlo fuori di casa!”
“Io purtroppo, prima di ieri
sera, non ho mai saputo nulla di questa storia.” ammise Grissom con rammarico.
“Altrimenti avrei cercato di aiutarla, di fare qualcosa. Ho fatto un enorme
errore nel credere che quella malinconia che sempre l’accompagna fosse parte del
suo carattere, se solo ne avesse parlato prima.... Avrei voluto davvero
aiutarla.”
“Grissom…” Greg sembrava molto
incerto su cosa dire, come se non fosse in grado di formulare le parole. “Ho
sempre pensato che fossi un uomo molto perspicace, ma probabilmente mi sono
sbagliato… Non credo che Sara voglia il tuo aiuto, non è questo che cerca, non è
ciò di cui ha bisogno da te.”
Grissom emise uno sbuffo
seccato.
“Senti, Greg, non credo che
spetti a te…”
“Cosa, Grissom?” lo interruppe
bruscamente il ragazzo “Non credi che spetti a me illuminarti circa i sentimenti
di Sara? Già, forse potresti anche aver ragione, sai…” si atteggiò con falsa perplessità, “Forse
sarebbe ora che tu ti rendessi conto da solo che quella ragazza è follemente
innamorata di te!”
Grissom alzò gli occhi al
cielo.
“Greg… questo discorso è
completamente privo di senso.”
“No che non lo è! Perché ti
comporti in questo modo? Ti costa così tanto ammettere almeno che lei ti ama?
Qualunque altro uomo sarebbe felice di essere al tuo posto, di sapere che una
ragazza come lei è li che ti aspetta, che attende solo una tua parola, un tuo
gesto… Come fai a startene qui senza far nulla?”
“Penso sia eccessivo definire
l’infatuazione di Sara come amore… E comunque, cosa dovrei fare secondo te?”
ribatté seccamente l’altro “Non è esattamente una situazione semplice….”
“Cosa c’è di così complicato in
un uomo e una donna che si amano? Perché se anche cerchi di nasconderlo, tu
provi la stessa cosa che prova lei… sareste perfetti. E non hai idea di quanto
mi costi ammetterlo.” Aggiunse poi abbassando lo sguardo.
“Posso capirlo…” mormorò Gil.
“No! Non puoi… All’inizio ti
invidiavo, perché avrei voluto essere al tuo posto, di certo una ragazza così
non me la sarei lasciata scappare… Poi però ho cominciato ad essere pieno di
rabbia, perché vedo Sara stare sempre peggio e vedo te non fare nulla per lei.
Ha un sacco di problemi, è vero, ma l’alcol e la storia della sua famiglia sono
nulla in confronto al problema che tu rappresenti per lei, credimi. Ieri sera,
quando tu l’hai lasciata, piangeva per i brutti ricordi di quando era bambina,
ma quando sono arrivato io piangeva per te, perché ancora una volta l’avevi
lasciata sola.”
“Quanti anni hai Greg?”
“Cosa c’entra adesso? Chiese con
stizza, a volte trovava odioso questo lato del carattere di Grissom, come se
volesse spostare altrove il discorso.
“Rispondi.”
“Ne avrò trenta tra pochi mesi,
soddisfatto?”
“Io ne ho quarantanove Greg. E
permettimi di dire che questo fa una gran differenza.”
“Beh… quarantanove non sono
ottanta e quindici anni tra te e Sara non sono poi così scandalosi… Quindi
risparmiati l’idiozia e ammetti piuttosto che hai paura.”
Gil ribolliva per la brutta piega
che il discorso aveva preso e anche per il fatto che un ragazzo come Greg, molto
più giovane di lui, lo stava mettendo a nudo in quel modo.
“Questo discorso non mi piace!”
sibilò poi rivolto al suo interlocutore.
“Nemmeno a me! Ho la faccia di
uno che si sta divertendo?” abbaiò Greg agitandosi sulla sedia come se fosse
cosparsa di puntine da disegno.
“Insomma, cosa vorresti da me?
Che pretendi?” il tono di Grissom era stanco, rassegnato e in quel momento il
ragazzo non poté fare a meno d notare che il suo superiore sembrava vecchio,
molto più vecchio dei suoi quasi cinquant’anni.
“Io? Io da te non voglio niente.
Mi piacerebbe soltanto veder sorridere Sara, sapere che con te è felice, on
immaginarla sempre da sola nel suo appartamento. Purtroppo non dipende da
me”
Si alzò demoralizzato, ma
comunque mantenendo la sua aria spigliata e decisa, e si avviò verso la porta,
che aprì con un gesto seccato.
“Greg…”
“Cosa?” rispose senza nemmeno
voltarsi, come se non potesse sopportare di dover osservare nuovamente Grissom
negli occhi.
“Io… vedrò… cercherò di parlarne
con lei…”
“Mi sembra il minimo!” e uscì
sbattendo con malgarbo la porta.
Un piccolo diploma incorniciato e
sottovetro, che stava appeso accanto all’uscio, si schiantò a terra finendo in
mille pezzi.
Gill Grissom sospirò e si prese
la testa tra le mani, rimanendo immobile e pensieroso nella stanza scura e
silenziosa.
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