I tuoi occhi lontani di _ninive_ (/viewuser.php?uid=79444)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il bracciale ***
Capitolo 2: *** incontri e ricordi ***
Capitolo 3: *** Notizie e... incontri ***
Capitolo 4: *** Scommesse ***
Capitolo 5: *** Chi sa fare meglio il sesso ***
Capitolo 6: *** La situazione è... ***
Capitolo 7: *** Fuggi da me ***
Capitolo 8: *** Le mille cose che si tengono dentro ***
Capitolo 9: *** Due settimane con te ***
Capitolo 10: *** Il matrimonio ***
Capitolo 11: *** Dove sono i colori? ***
Capitolo 12: *** Abbandonare ***
Capitolo 13: *** Svegliare chi dorme è un sacrilegio ***
Capitolo 14: *** In mezzo all'uragano ***
Capitolo 1 *** Il bracciale ***
abcaubvcoauedbcCapelli corti tagliati da poco, leggermente più alto, ma sempre gli stessi occhi, azzurri, che mettono a disagio.
“Ray, guarda che non è un regalo. Solo un prestito.” Stefano si siede
accanto a me, sul sedile. Si mette la cintura, da bravo guidatore.
“Certo, Ste. Fidati di me.”
“Mi piacerebbe tanto poterlo fare. Accendi, dai.”
Non se lo fa ripetere. La macchina si guida che una meraviglia.
“Vedi, sto andando benissimo, no?”
“Siamo solo nel cortile di casa, Ray. Sei appena uscito dal garage.”
“Si ma è l’inizio che conta…”
“Attenta, La Maddalena. Il ciclone Ray ha preso la patente!”
“Shh, mi deconcentri. Questo cos’è?”
“Il freno!”
“Dai, fratello, scherzo!”
“Ray, non ci credo.”
Fabio azzanna la pizza, rimane con un metro di mozzarella tra le dita,
le lecca, e Ray sta seduto scomposto sul gradino in piazza, e guarda la
gente che passa, felice che l’estate sia arrivata.
“Devi invece.”
“Ragionaci un po’ su. È passato più di un anno. Un anno intero, più di trecentosessanta giorni…”
“Trecentosettantotto, a dire la verità, da quando l’ho incontrata.”
“Quelli che sono. Comunque, non puoi pensare ancora a lei, devi vivere amico!”
“Ma io sto vivendo”
“Non ti si vede più in giro, non esci più con le donne, non ti diverti più. Sempre con Marty, e a noi ci snobbi.”
“Ma no, che cazzate dici. È che non mi va di uscire sempre, punto.”
“Domani è il primo giorno della tua nuova vita, capito? E se non
ritorni il Ray di un tempo ti taglio le gambe. Non mi va di girare con
un tipo perbene!”
“Io non sono un tipo perbene.”
“Questo lo dici tu, Ray, lo dici tu…”
Ray si sveglia di soprassalto, come se gli avessero buttato addosso un
secchio d’acqua. Ha fatto di nuovo quel sogno, terribile.
Visto che ormai è sveglio, si alza. Sono solo le sette del mattino,
quasi l’alba per lui. Suo fratello è già sveglio in camera sua, e
inscatola le ultime cose.
“Ray, ti ho svegliato?”
“No, Ste. Hai finito qui?”
Ray guarda la camera vuota, il letto e l’armadio. Finalmente suo
fratello aveva deciso di andare a vivere con la ragazza, lasciando
l’appartamento a Ray. Ci aveva messo un intero mese per decidere,
convinto che il fratello avrebbe trasformato la casa in una discoteca
permanente.
Ora portava via le sue ultime camicie.
Stefano non voleva davvero andarsene, e Ray lo sapeva bene. Si era
preso la responsabilità dei suoi fratelli quando i genitori avevano
trovato lavoro in America, li aveva visti crescere, e benché non glielo
avesse mai detto era molto orgoglioso di loro. Sapere che la sorella
Serena abitava a Roma da quattro anni gli rattristava il cuore… e ora
avrebbe abbandonato pure Ray. Pensò che “abbandonare” era una parola
grossa, dato che abitavano nello stesso paese, ma comunque non
avrebbero più condiviso le cose di tutti i giorni. Gli aveva lasciato
la macchina, e se ne era comprato una nuova.
Lasciava la sua prima famiglia per crearne una nuova.
“Beh, io vado. Non sprecare troppa elettricità e pulisci, per favore.”
“Si, si fratello, fidati.”
Stefano sorride, abituato a quella risposta falsa. Guarda il fratello,
appoggiato allo stipite della porta, viso pulito in contrasto con la
sua sfacciataggine. Poi sembra ricordare qualcosa.
“Oh, ecco…” fruga nella scatola e lancia qualcosa a Ray. “Questi non sono miei.”
Si chiude la porta alle spalle. Ray sorride, rigirandosi tra le mani la
scatola di preservativi. Chissà quando l’aveva lasciata in camera del
fratello…
Sogna, di nuovo. Quegli occhi castani, sorriso bellissimo. La vede
salire sul traghetto e partire, mentre lui rimane lì, imbambolato, coi
piedi ancorati al terreno.
Il campanello. Ora che si era rimesso a dormire. Ma non aprirà, nemmeno se avesse suonato il papa in persona.
“Ma che cazzo…”
Al terzo scampanellare si alza e cerca una pantofola, ma l’altra non la trova. Fanculo.
Sperando che sia suo fratello che ha dimenticato qualcosa, o Fabio che
rompe le palle per potergli dare un pugno, apre con forza la porta.
Sua sorella Serena gli sorride, raggiante. Ray stenta quasi a riconoscerla. È dimagrita e… bionda.
“Beh, scemotto non mi fai entrare?”
Ray si sposta e l’aiuta a portare dentro tre immense valigie rosa. Lo abbraccia e si butta nel divano.
“Casa mia!”
“No, no, che tua! Mi sono appena liberato di Stefano e ti piazzi tu?”
“Che gentile! Beh, tanto meglio, così ho la camera più bella.”
Ride e si alza. È una ragazza solare, come il fratello. “Ho una fame, che c’è in questo posto?”
Apre il frigo, ma è vuoto. “Sere ma che ci fai qui?”
“Si Ray, pure io sono felice di vederti, e mi sei mancato un sacco…”
“Spiritosa!!!”
“Dai, scherzo!” Si siede su una sedia sul tavolo, proprio di fronte a Ray. “Mi sono licenziata, ecco tutto.”
“Licenziata?” Ray sgrana gli occhi. “Perché?”
“Quel lavoro era una noia, e poi sono stata quattro anni lontana dalla
mia famiglia… insomma, parliamo chiaro: vedere quelle coppie destinate
al matrimonio, tutti i giorni, e io senza uno straccio di ragazzo, sai
che palle!”
“E i tuoi capelli? Che fine hanno fatto?”
“Neri mi davano un’aria spenta, e io voglio essere allegra! Bionda sono
più carina, e assomiglio sempre più a te, anche così, me lo dicono
tutti!”
Gli fa l’occhiolino e si alza per spostare le valigie da mezzo alla
cucina, e allora Ray si accorge del suo abbigliamento. Indossa un
vestito a fiori, rosa, attraverso il quale si capisce benissimo che
intimo porta. Serena si volta e nota l’espressione del fratello. “So
cosa stai pensando del mio look” Gioca un po’ con l’ultima parola e ridacchia. “Ma ho cambiato tutto. Vita nuova, vestiti nuovi.”
“A me piacevano i tuoi vestiti.”
“Tu sei mio fratello e io mi sono stancata di stare sempre sola.”
E con quest’ultima enigmatica frase si allontana in camera, canticchiando.
“Sere, io esco!”
Sere, cantando a squarciagola sotto la doccia non sente un fico secco.
Fabio lo aspetta giù, le mani in tasca, i capelli biondi scompigliati
dal vento. Erano rimasti amici, dopotutto. Una ragazza non può rovinare
diciotto anni di amicizia.
“Finalmente, ce l’hai fatta a scendere!”
“Oh, ma che vuoi se tu sei sempre in ritardo.”
“Ti confondi con Nikko. Io sono quello che è sempre dietro la porta di casa tua.”
“Molto spiritoso.”
Si siedono in piazza. Solito gradino, soliti discorsi. La gelosia di
Fabio per Fede, la nuova tipa di Ray, commenti alle ragazze che
passano, ecc.
Una macchina rossa li chiama da lontano. È Keffo.
“Oh, vecchi, venite?”
“Dove?”
“Ad una discoteca, il Chico, giù a Moneta. C’è un sacco di bella roba, ragazze fighe… ci sono stato pure ieri.”
“Io passo. Magari esco con Fede.”
Keffo sbuffa e gli fa il ghigno. “Fai come ti pare. Noi andiamo a prendere Nikko.”
“Preferisco stare con la mia ragazza che con mille altre sconosciute.”
Mentre partono Ray abbassa la testa. La verità è il più duro dei pugni.
La musica è fortissima, e le luci abbagliano. Ragazze ballano sensuali
sui tavoli, tutte coperta da una maschera. Ray, Holly, Keffo e Nikko si
siedono su un divanetto, soddisfatti alla vista di tanta bellezza. Si
avvicina una cameriera, anche lei stretta come le altre in un mini
completo lucido e nero. Li squadra tutti, e i suoi occhi si fermano,
come sempre, su Ray, ma lui ha la testa da un’altra parte.
I ragazzi indicano una ballerina di un tavolo vicino.
“Quella è la ragazza più gnocca che abbia mai visto!”
Nikko è molto chiaro su cosa ci farebbe. Holly chiede alla cameriera l’età, e Ray si alza.
“Ma dove vai?”
“Prendo un po’ d’aria. soffoco.”
La realtà è che non aveva molta voglia di sentirsi le ragazze
appiccicate a lui come cozze, situazione che in altri momenti non
poteva fargli altro che piacere. Ma oggi non gli andava di essere
trapassato dagli sguardi di invidia degli amici.
Mentre si divincola dalle ragazze che gli chiedono di ballare con lui
vede il cartello della terrazza panoramica, e il più velocemente
possibile prende l’ascensore per raggiungerla. Le porte stanno per
chiudersi di fronte a lui, quando una mano guantata le blocca, ed entra
una delle ballerine. Ha i capelli rossi, una maschera nera a coprirle
la parte superiore del volto. Ma due occhi chiari, di un indefinibile
grigio-azzurro, risplendono bellissimi.
Indossa lo stesso vestito delle altre ballerine, e Ray non può fare a
meno di notare che il commento di Nikko rispecchia la realtà. È
bellissima.
Respira forte, come se le mancasse l’aria, ed è la stessa sensazione che prova Ray, guardandola.
Appena le porte si aprono esce fuori in tutta fretta, e Ray la segue.
Si appoggia al bordo del terrazzo, prende tutto l’ossigeno possibile,
ad occhi chiusi, e finalmente sembra stare meglio.
Ray la guarda, mentre il vento lo spettina leggermente. Il mare di
fonte a lui inarca le sue onde bianche, una lotta col vento, senza
fine.
“Ti senti bene?”
Lei si volta, stupita. Sgrana gli occhi, a labbra socchiuse. Ray si
avvicina, e lei appoggia la schiena al terrazzo, da le spalle al mare,
per trovarsi di fronte a lui, e fare pochi passi in sue direzione.
Ora sono uno di fronte all’altro, senza dire nulla. Ray, per una volta così indeciso sul da farsi, e lei.
La luna si nasconde dietro una nuvola, e cede il posto all’oscurità. I rumori sono lontani, seduti accanto ai ricordi.
Ray sente il suo respiro vicino, e le sue mani sul petto, scivolare
verso il collo. Mosso da chissà quale impulso, la stringe a sé.
Riconosce la sagoma del suo volto nell’oscurità, come un’ombra.
Si può essere attratti da qualcuno in maniera così incondizionata da non preoccuparsi delle conseguenze?
Le sue labbra cercano quelle di Ray, le trovano, le stringono, le
mordono, dolci. Le lingue lottano, indomabili, al tempo coi respiri,
coi profumi, con la voglia…
Poi, veloce come era arrivata, si allontana da lui, corre via. Lui
cerca di afferrarla per un polso, ma il suo braccio scivola via.
La vede sparire dietro le porte di un ascensore, rivolgergli un ultimo sguardo d’argento oltre i buchi della maschera.
Ray non ricorda di aver mai visto occhi così belli, eppure così tremendamente lontani.
Sul pavimento, qualcosa. Un bracciale fine, dorato, con un ciondolo a forma di delfino.
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Capitolo 2 *** incontri e ricordi ***
incontri e ricordi
Decido di andarmene, dopo
aver avvisato gli altri. Ho provato a cercarla tra la folla, ma è scomparsa.
Occhi grigi, oltre le porte
dell’ascensore.
Che palle, già prima pensavo
sempre a Maya, adesso pure questa doveva entrarmi in testa. E per un bacio, poi!
Però bello eh, ammettiamolo.
Tornao a casa a prendere la mia macchina, ho voglia di farmi un giro sulla costa. Corro un po’ sulla strada
libera, la macchina si guida benissimo, e la notte è mia complice… quando vedo
in lontananza qualcosa che mi sfreccia davanti. Un secondo, un botto, uno
sguardo spaventato.
“Ma
sei coglione???”
Scendo dalla macchina in
tutta fretta, per vedere sdraiato a terra un ragazzo, incazzato nero, ma
illeso, e il suo skateboard, lontano, semidistrutto.
“Oh cazzo, ti sei fatto
male?”
I fari lo abbagliano, si
copre il viso con una mano. Indossa una felpa lunghissima, jeans stretti, quasi
da donna, e un cappello blu con la visiera.
“No, pezzo di idiota, ma poco
ci mancava. Ma che ti passa in testa, per guidare così veloce vicino agli
incroci?”
“Scusa, seriamente, non
volevo. Sicuro di stare bene?”
Gli tendo una mano per
alzarsi, ma lui la sposta via con un colpo secco e si alza senza fatica.
Alzandosi, il cappello gli si sfila dalla testa. Finalmente lo vedo, o meglio, la vedo. Una massa di lunghi capelli
biondi si libera, e lei li sposta dalle spalle con un colpo.
“Ma…
sei una ragazza!”
“Ma
che bravo, sai riconoscere i maschietti dalle femminucce.”
Si riprende il cappello da
terra e lo pulisce, poi ci rificca i capelli dentro e si mette il cappuccio.
Vedendola così sembra proprio un ragazzo.
“Scusa, io credevo che tu
fossi…”
“Si lo so, e non sei il primo
idiota che lo pensa.”
I suoi occhi chiari si
incastrano ai miei, e cambia tono di voce. “Io sto bene, e tu? Sembri
sconvolto. Scusa, non volevo attraversare di botto, è che credevo andassi più
piano. Sei pallido come un cadavere.”
“No, io… tutto ok. Scusami.”
“Basta
scuse! Non ho nulla, a parte qualche livido…”
Alza la maglietta e si scopre
la pancia piatta. “Ecco, mi fa un po’ male il fianco, e il sedere, l’ho
pestato.”
Mi sorride, finalmente. È
comunque molto carina, anche così sconvolta. Non posso fare a meno di pensarlo.
“Ho rotto lo skateboard,
domani te ne compro un altro.”
“Figurati, era vecchissimo.
Spero di non averti ammaccato la macchina.”
La guarda, preoccupata. La
mia (di Ste) bellissima Mito nera.
“Tanto è di mio fratello.
Gliel’ho ammaccata parecchie altre volte, botta più, botta meno…”
“Beh, ora devo andare. Grazie di tutto.”
“Di averti investita?”
“Beh, non mi sono fatta
nulla, no? Quindi è ok.”
“Vuoi un passaggio?”
“No, grazie!”
Mi
vergogno un po’. “Non guido sempre male, sai…”
“Dicono tutti così.” Sorride,
raccoglie lo zaino da terra, i pezzi dello skateboard e si allontana.
Mi sembra in qualche modo di
averla già vista, ma chissà dove…
Rientro a casa, stranamente
presto. Sere sta seduta di fronte alla Tv, e guarda un film.
“Ehi, Ray. Come mai già a
casa?”
Poggio le chiavi della
macchina sul tavolo e mi stravacco sul divano, vicino a mia sorella. “Non ho
molta voglia oggi. Non so perché.”
Lei sorride e poggia la testa
sulla mia spalla. “Io lo so perché. Eccome se lo so… è l’estate.”
“Ma che c’entra l’estate?”
“Beh, quest’anno ti sei
finalmente diplomato e devi trovarti un lavoro. Stai entrando nell’età adulta…
non puoi più passare l’estate a bighellonare e non fare nulla. Vedi Marty, lei
ha un lavoro…”
“Marty lavora perché si
annoia! Il negozio è suo, è ricca! Io non ho problemi di soldi…”
“Non puoi vivere sulle spalle
di Stefano per tutta la vita, Ray. Devi trovarti un lavoro serio. So che questo
ti spaventa, è successo anche a me.”
Sospiro, leggermente triste.
“Hai ragione. Mi sento un idiota a pensare di poter vivere alla leggera a
diciannove anni.”
“E in più, c’è un’altra
cosa.”
La guardo, interrogativo. Lei
si solleva e mi guarda negli occhi, determinata. “Tu speri che Maya torni.”
Io non rispondo, e penso. Ho
passato tutti quei mesi, dall’estate a oggi, senza pensare a lei. Perché è un
ricordo estivo. Ed ora che è giugno, la mia speranza si è riaccesa.
“Dovrei smettere di
pensarci.”
“Non ti ho mai visto provare
nulla per nessuna ragazza con cui sei uscito. Non ti ho nemmeno mai sentito
dire che ti eri messo con qualcuna seriamente! Avevo pensato che ti fossi
innamorato di Nora, perché lei è stata la prima che ti ha fatto fremere, la
prima con cui sei stato a letto. Ma lei ha smesso di piacerti quando ti sei
impegnato seriamente con Maya. Perché lei ti è rimasta così impressa? Non era
forse una ragazza come tante altre?”
“Avevo detto a Fabio che
avevo smesso di uscire con le ragazze tanto per. E lei mi piaceva seriamente,
perché era diversa, semplice, dolce. Sono andato a letto con Nora, ma lei mi ha
perdonato. Poi sono successi casini vari e… mi ha tradito con Fabio. Poi se ne
andata.”
“E tu l’amavi?”
Non rispondo. Perché
seriamente non so che dire. In fondo, com’è l’amore? Che ne so io?
Lei sorride e mi da un bacio
sulla guancia. “Mi piace quando sei così cuccioloso.”
“Ma, la notte so che pensi a
me, amore… nel buio cerchi sempre le mie mani…”
Marty canticchia, come fa
sempre lei. Non cambierà mai. Capelli cortissimi, tagliati da poco, per fare un
dispetto a chi diceva che non aveva personalità, tonalità scura, riflessi
rossi. Non mi sono ancora abituato bene a vederla coi capelli così corti e il
pearcing al labbro, ma è sempre lei, spensierata, allegra, indistruttibile. È
l’unica persona con cui voglio avere ancora dei rapporti profondi. Con tutti
gli altri, Fabio compreso, è solo un’amicizia di facciata.
Sono nel suo negozio, perché
ho voglia di parlarle di quello che è successo ieri. Ormai è come se ci vivessi,
dato che ha notato che quando ci sono io le ragazze comprano il doppio. Sorrido
al pensiero. Dopotutto sono sempre io, no? Ray, il conquistatore, che per
consiglio di Marty si è dato una calmata con le ragazze, (“Rimango superstite
solo io su quest’isola!” aveva commentato Marty con un sorriso furbetto!), ma
adesso che l’estate era di nuovo cominciata erano aumentate di parecchio le
turiste carine. E poi c’era lei, Maya, indimenticabile.
Mi guardo nella vetrina del
negozio, e il mio riflesso mi rende lo sguardo: alto, capelli neri, occhi
azzurri, fisico atletico. Marty mi guarda e scuote la testa dietro di me, e mi
sillaba la parola “Vanitoso”.
Entra un ragazzo che le
chiede di provare dei costumi, ma in realtà lo so che è entrato solo per
flirtare con lei. Oggi indossa una magliettina viola trasparente, e una
gonnellina in jeans che le mette in mostra le gambe dorate dal sole. Il mio
istinto di protezione si attiva e sono leggermente infastidito dagli sguardi
che il cliente le lancia. Quando alla fine si decide, paga e si dilegua, una sfilza
di ragazze entra, guardandomi fisso, sbuffo e dico a Marty che vado a farmi un
giro. Lei annuisce e mi fa l’occhiolino, e uscendo mi scontro con una
spettinata Vale e un’imbronciata Lucia.
“Proprio te cercavo!” mi urla
Vale.
Lucia sbuffa e mi fa le spallucce.
“Me? Ma che è successo?”
chiedo io, curioso.
“Dove eravate ieri con
Nikko?”
Vale mi guarda truce, braccia
incrociate, piuttosto arrabbiata. Non so che dire e Marty mi salva, quasi
cacciando via le clienti: “Ray, che dovevi dirmi? Oh, ciao Lucy e Vale… ma ti
sei pettinata stamattina? Dai entrate!”
Vale è furiosa. “Al Chico???
Oh, Ray, pensavo che fossi mio amico, o almeno di Marty! Quello là mi ha messo
le corna, vero? Adesso vado a cercarlo e gli strappo le p…”
“Vale, calmati! Mio fratello
sarà beato a letto ora, sono le undici del mattino, quindi dovrai aspettare.”
Io rido e mi siedo dietro il
banco della cassa, e questo fa arrabbiare ancora di più Vale.
“Ma che fai? Ridi? Ti sembra
una cosa bella? Gli avevo detto che non poteva andarci, e lui che fa?? Ci
va!!!”
Lucia non sembra contenta di
stare lì a perdere tempo. “Oh, insomma, ti sei messa con uno che fa sempre
conquiste, abituato a un ragazza diversa ogni giorno, un po’ come Ray…”
“Ehi!!!”
“Scusa, ma è vero! Comunque
che pretendi, che un ragazzo abituato ad essere libero si ritrovi tutto
all’improvviso ingabbiato come lo tieni tu?”
“Io non lo tengo ingabbiato…”
“Sei pallosa! È un anno che
va avanti questa storia, un anno che ti mette le corna e tu te ne freghi, anzi
sei gelosa quando sai la verità.”
Io non dico nulla, guardo
Marty che fa finta di mettere apposto la merce. Lucia sbuffa forte e fa
ondeggiare i lunghi capelli neri. “E ora smetti di lagnarti che devo andare a
comprare un regalo per Marco!”
La prende per un braccio e la
trascina fuori, ma Vale fa in tempo a lanciarmi un ultimo sguardo d’odio prima
di dileguarsi.
“Ti ha baciato così senza
motivo?”
Annuisco, piano. Marty mi
guarda col viso corrucciato, ma canticchia.
“Ma ti sembra il momento?”
“Scusa, Ray, non posso farne
a meno. Ma ci sei uscito?”
“Marty ma hai capito si o no?
Non ci sono uscito! Mi ha baciato, all’improvviso, senza ragione, ed è stato
fantastico, cazzo, non riesco a smettere di pensare a lei, e non so nemmeno
come si chiama!”
“Ma sei sicuro che non ci sei
già uscito? Voglio dire, non conosco nessuna che baci così, all’improvviso,
senza pensare…”
Capisce di aver detto una
frase sbagliata, deve aver letto nella mia faccia i ricordi. Io la conosco una
ragazza così, solare, irriverente, senza pensieri, impulsiva, capace di buttare
un ragazzo che neanche conosce prima nella fontana, poi nel porto, e baciarlo
nell’acqua putrida e puzzolente…
“Ray, torna qui, sulla
terra.” Mi guarda, seria. “Non è lei, e lo sai. Non tornerà quest’anno.
Rassegnati e torna quello di prima. Ti preferivo tutto fighetto e irritante che
adesso, col muso che ti ritrovi.”
“Quale muso?”
“Quello che hai sempre. Che
fastidio, insopportabile. Il mio ragazzo mi ha lasciata, e mi vedi cambiata?
Sono sempre io, morto un papa se ne fa un altro!”
Rido e la spingo. “Fai tutto
facile, tu! Nulla ti spaventa! Poi, da quand’è che la odi?”
Marty mi fulmina coi suoi
occhi verde chiaro.
“Ti ha messo le corna, hai
presente?”
“Ma
io l’ho fatto prima di lei! E lei è tornata da me…”
“Certo, con quella faccia che
ti ritrovi venderesti la manna a Dio! Smettila, è meglio così, non ho voglia di
vederla.”
Marty mette il muso. Io
sbuffo, mentre Nikko entra nel negozio.
“Ah sei qui? Spero solo,
perché non mi va di vederti attaccato come una cozza a qualche tipa.”
Nikko sorride, compiaciuto
dalla frase della sorella. “Ora che Ray non si sta dando da fare le ragazze
vengono a piangere sulla mia spalla, e io le consolo.” Lancia uno sguardo breve
in mia direzione. Noto che ha cominciato a vestirsi come me, e questo mi
infastidisce.
“Fai schifo. Schifo.”
“Oh, basta voi due. E che
palle, sempre a litigare! Marty che hai contro di lei?” chiedo, impaziente,
sperando che Nikko se ne vada.
“Devo ripetertelo? Non mi
piace, sai quanto tengo a te… se la vedo le spacco la faccia.”
“Marty quanto la fai lunga…
prima eravate pure amiche! Come cambiate voi donne...” dice Nikko, controllando
i costumi.
“Oh, ma che ne vuoi capire tu
di amicizia o donne! Sai solo portartele a letto e neppure ci parli.
Comunque…Ray, io e lei abbiamo litigato. Però si sente spesso con Lucia e
Vale.”
“E con te?”
“Ma se ti ho detto che
abbiamo litigato! Non la sento e non voglio sentirla. Punto, a capo, lettera
maiuscola.”
Nikko rimane con noi ancora
una mezz’oretta, prende un paio di costumi e se ne va, finalmente.
Non parlo del braccialetto,
non so perché. Forse ho paura che Marty lo riconosca e mi dica a chi
appartiene… è quasi una sfida, per me, rincontrare quegli occhi grigi…
“Non è che resterai deluso di
questa cosa, Ray? Cioè… e se fosse una tua ex? Mi hanno detto che Nora è
tornata dalla Puglia, magari era lei.”
“Aveva gli occhi chiari, e
poi conosco Nora, come bacia, come si comporta. Non era lei. Non l’ho mai
vista.”
Marty sembra pensierosa.
“Potremmo andare al Chico, a chiedere… magari la trovi subito. Ma Ray, te lo
ripeto. Non vorrei restassi deluso… ti sei come creato una ragazza perfetta,
ideale, misteriosa. Non rischiare così tanto.”
“Marty ma tu che faresti? Non
vorresti cercare chi ti ha fatto emozionare con un gesto semplice come un
bacio? E poi vorrei sapere perché l’ha fatto, quale impulso l’ha spinta a
farlo, non mi piace lasciare in sospeso le cose, lo sai.”
Mi sembra assurdo che lei non
riesca a capire cosa ho provato, e perché sono così desideroso di rivederla. Mi
sembra di aver perso qualcosa di importante su quella terrazza, e ora l’abbia
lei. Dopotutto anch’io possiedo qualcosa di suo. Vale la pena cercarla, anche
solo per restituirglielo.
“Allora ok, Ray. Stasera,
verso le sette?”
“Grazie, Marty.”
“Di nulla. Farei di tutto per
farti felice.”
Il sole si leva alto, quella
mattina.
Lei lo fissa, placida e
serena. Le piace il calore dei raggi sulla pelle, la brezza sul viso. È facile
lasciarsi trasportare da quelle sensazioni forti.
Ma chiude gli occhi e abbassa
la testa. Non può abbandonarsi, smettere si sentire ogni parte di sé. Infila le
dita dei piedi tra i granelli di sabbia.
Lei ama la vita, quando si
intreccia al caso, al destino, sinuosa come un serpente, inafferrabile come
l’aria. Si paragona spesso a lei, la immagina coi capelli chiari, come i suoi,
e i suoi stessi occhi grigi, le labbra, il naso…
Sposta il viso verso il mare,
leggermente mosso, e poi verso la strada. Prende le scarpe e le infila ai
piedi.
Poi, comincia a correre.
Rientra a casa dopo due ore,
stanca. Sono le nove, e suo fratello è sveglio. Si mette a frugare nei cassetti
della sorella, in fretta.
“Andros, che cosa fai?”
“Niente, niente…”
Lei lo guarda, insistente,
mentre si sdraia sul letto.
“Lo so cosa stavi cercando.
Non hai uno stipendio tuo? La droga non te la compri da solo?”
Andros evita di guardarla per
un secondo. Sono così diversi, anche nell’aspetto. Lui è più scuro sia di
capelli che di occhi. Sua sorella è così bella… potrebbe fare qualsiasi cosa. E
invece perde le sue sere in un locale notturno. Lo fa anche per lui. Ma lui ne
ha bisogno. Ha bisogno di soldi. Lei è così dolce, e buona. E lui sa che sta
soffrendo. Ma non può aiutarla. Non ora.
Un paio di occhi azzurri la
squadrano a testa in giù, ma molto più tristi e stanchi di quanto i suoi siano
mai stati, benché molto simili. “Non so, dove trovi la forza. Io non ce la
farei.”
“Siamo diversi. E io non mi
stanco mai, lo sai.”
Andros si siede accanto a lei
sul letto. Stende bene il copriletto che aveva formato delle pieghe, poi dice:
“Dov’è finito il regalo della mamma?”
“L’ho perso ieri notte.”
“Ah… non me lo sarei
aspettato da te. Sei sempre stata attenta.”
Lei si siede, per guardarlo,
sprezzante. “Tu che mi fai la
predica.”
“Non è una predica, ma sono
rimasto stupit…”
“Lo ritroverò, per certo. Di
sicuro non l’avrei mai potuto rivendere come hai fatto tu. Tu e i tuoi
segreti…”
“Ecco, ci risiamo.”
Lei si alza in piedi e
sbuffa. “I soldi ci sono. Io ho un lavoro.”
“Ne hai un paio a dire la
verità.”
Lei rovescia il contenuto
dello zaino accanto al fratello. Un completino nero e argento, lucido, un paio
di scarpe altissime, una maschera, una parrucca rossa, sembrano ardere nella
stanza come rivestiti da mille fiamme.
Andros tocca con un dito il
corpetto.
“Sembri una prostituta se vai
in giro così…”
Silenzio.
“Mi dai un passaggio in
macchina, stasera verso le sette?”
Anche questa volta Andros non
la guarda. Lei invece si.
“Non dirmi che non hai più la
macchina.”
“L’ho solo prestata. Tre
giorni e la riprendo. Te lo giuro.”
La sorella prende il completo
dal suo letto e lo mette in una borsa.
“Non giurare, non sai nemmeno
cosa significa.”
Esce dalla stanza. Andros
rimane sul letto, seduto accanto al senso di colpa.
Ecco il secondo capitolo…
Grazie mille a chi ha letto, aggiunto la storia tra le preferite, o seguite, ecc, ma sopratutto chi ha commentato, Alina95 e TheDreamerMagic... sembra brutto da dire ma sono i commenti che mi spingono ad andare avanti con la scrittura, sapere che qualcuno legge... Bacioni... <3 Marty <3
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Capitolo 3 *** Notizie e... incontri ***
notizie e incontriIl Chico visto di giorno non sembra così fantastico. Marty scende veloce e si dirige verso l’entrata. La porta è chiusa.
“Ehi, voi due, è chiuso adesso. Tornate tra due ore.”
Un vecchio signore, sicuramente il proprietario del locale. Si avvicina a noi a passo sbilenco, un sigaro tra le dita.
“Scusi, stiamo cercando una ragazza…”
“Sì, come tutti quelli che vengono qua ogni giorno… ehi, ma tu sei quella che canta?”
Indica Marty con un dito dall’unghia nera. “Sì, sono io.”
“Ah, ecco, si ti conosco… entrate dai, e spiegatemi… non siete della polizia, vero?”
“Le sembra che abbiamo l’età?”
Ci squadra, il viso pieno di rughe. “Mm…”
Apre la porta con un mazzo di chiavi legato alla cintura. “Muovetevi, avanti…”
La ragazza si guarda allo specchio illuminato. I capelli le ricadono
sulle spalle, mentre ripensa a quegli occhi azzurri. Si guarda il polso
così stranamente vuoto, sapendo che per riavere quel regalo dovrà
rivelarsi. Lo considera perso. Sbuffa.
Katy, alle sue spalle, fuma una sigaretta appoggiata alla finestra
aperta. Le altre ragazze arrivano più tardi, ognuna secondo i propri
orari. La maggior parte sono sfortunate e hanno bisogno di soldi, come
la ragazza che si specchia di fronte a lei. Katy lo fa perché sa di
essere bella, perché le piace ballare e mettersi in mostra.
La guarda truccarsi gli occhi, pesantemente. “Non esagerare, che poi non ti dico che sembri.”
La ragazza sospira e la guarda attraverso lo specchio. “Perché non lo sembriamo già anche senza trucco?”
Raccoglie i capelli e li infila sotto la parrucca rossa. Sembra
un’altra persona, se non fosse per gli occhi. Si prova la maschera
poggiandola al viso. Poi pensa che quando indossa quella maschera è
un’altra persona.
“Cosa volete? Qualche vostra parente lavora qui?”
Si siede su un divanetto e ci invita ad accomodarci. “No, in realtà…”
“Beh, allora non posso aiutarvi.”
Marty non si rassegna. “Vede questo mio amico qui?” mi indica. “Ecco, è
cotto di una delle sue ragazze, ma non sa neppure chi è. Vorrebbe
almeno parlarci…”
Il vecchio ride e aspira dal sigaro. Una nuvola di fumo acre si
sprigiona dalla sua bocca. “Caro mio… questo è lo scopo del mio locale!
Belle ragazze, mistero… magari una di quelle che vedi ballare è tua
sorella…”
Tossisce e si tocca il petto. Io penso che per fortuna mia sorella è addormentata nel suo letto in questo momento…
“E poi, detto tra noi, la maggior parte vogliono stare segrete.”
“Perché?”
“Beh…” Si appoggia più comodo sullo schienale del divano, e aspira di
nuovo. “Molte hanno appena diciotto anni. Altre nemmeno. Capite, i
genitori non lo sanno, e chi lo sa non è favorevole. Insomma, chi
vorrebbe che propria figlia ballasse in un locale notturno? Va beh,
mica sono nude…”
Poco ci manca che lo siano.
“Il capo parla con due persone. Che palle, speriamo non siano parenti incazzati.”
Katy si affaccia piano dalla porta. “No, sono giovani. Magari la tipa vuole lavorare qui.”
La ragazza allo specchio si alza e si avvicina a Katy. “Ma chi sono?”
“Quella là è quella che canta in qualsiasi occasione qui a Maddalena.
L’hanno messa sotto l’anno scorso, per poco non ci rimetteva la pelle.
E l’altro, non so chi sia… gran bel fico però.”
“Fa’ vedere…”
Le basta un’occhiata per riconoscerlo. Il cuore comincia a batterle
forte. Si appoggia alla parete, allontanandosi dalla porta, e si lascia
scivolare giù, sul pavimento.
“Ma che ti prende?”
“Nulla, Katy, tranquilla. Chiudi la porta, per favore.”
“Ok, ok… ma li conosci?”
“No. Per nulla.”
La consapevolezza di saperlo così vicino e irraggiungibile la squarcia
dentro. Ripensa alle sue labbra, a tutte le parole che avrebbe dovuto
dirgli… Ma perché l’aveva baciato?!
“Sei sicura di stare bene? Vuoi andare a casa? Glielo dico io al capo.”
“No, no. È tutto ok. Tutto ok.”
Il suo respiro torna regolare e Katy riapre la porta. “Stanno andando
via. Quello là merita una medaglia per il bel sedere che si ritrova.”
La ragazza ride e finalmente si sente in salvo.
“Grazie comunque” dice Marty al proprietario del locale.
“Piccola, ma di che? Tra parentesi, se vuoi venire a lavorare qui… le porte per te sono aperte.”
Marty non risponde, leggermente schifata.
Tiro fuori dalla tasca il bracciale. Ultima spiaggia. “Sa a chi appartiene questo?”
Il vecchio lo prende tra le dita ingiallite dal tabacco. Lo fa
splendere alla luce del sole. “Mai visto, ma sembra d’oro. Proverò a
chiedere.”
Quando risaliamo in macchina Marty non dice nulla. Canticchia qualcosa
di indefinibile, ma sembra pensierosa. Poi: “Non ti arrenderai, vero
Ray?”
“Non so cosa fare.”
“Forse la soluzione verrà da te senza che tu la cerchi.”
Annuisco.
Lei alza il volume della radio e mi chiede: “Devi uscire con qualcuno stasera?”
“Una certa Alina. È di origini polacche. Una bomba.”
Marty ride e mi dice che non cambierò mai.
Rumori di risate e piatti infranti dalla cucina. Che palle, ma che ore sono?
Guardo la sveglia, ed è quasi mezzogiorno. Mi alzo, controvoglia. Proprio oggi che stavo sognando qualcosa di bello…
Mi vesto e do una rapida occhiata al mio riflesso nello specchio. Ho un
brutto paio di occhiaie profonde, i capelli spettinati. Me ne frego e
vado in cucina.
Sere raccoglie i cocci di un piatto dal tappeto, mentre Ste è dietro ai fornelli, e canticchia. Samu apparecchia la tavola.
“Il principino si è svegliato! Buongiorno!”
“Ciao Samu. Che ci fate qui?”
Sere si alza dal pavimento, i pezzi taglienti tra le mani. “Li ho invitati io, visto che erano mesi che non li vedevo.”
“Ma Sere, è il servizio buono!”
“Era il servizio buono, Ste.” Lo correggo. “E poi non è più tuo, posso
pure buttarli tutti dalla finestra, assieme al resto del mobilio. Nulla
qui ti appartiene più!”
“Allora pure le bollette!”
“No, quelle no, eh…”
Mangiamo tranquilli le pietanze preparate da Ste, che cucina benissimo.
Alla fine del secondo Samu non sembra stare più nella pelle, si alza in
piedi e annuncia, con fare da prima della classe: “Io e Stefano ci
sposiamo. Il 22 Luglio!”
Ci sorride compiaciuta, aspettando grida e strilli di felicità
(comportamento tipico delle ragazze quando si ricevono notizie
importanti), che non arrivano. “Che bello…!” dico io, alla fine.
Vocetta per nulla convincente, ma Samu non se ne accorge. Va a prendere
una torta fatta da lei in frigo, sorriso stampato sul volto.
“Ma Ste, come fate? Manca poco meno di un mese!”
“Sere, tranquilla, abbiamo tutto pronto tranne le partecipazioni. Siamo in perfetto orario.”
Sere fa le spallucce e rifiuta con gentilezza una fetta di torta per nulla invitante, simile ad un mattoncino.
“Ray, tu la vuoi? Ehi… tutto ok?”
Mi perdo un secondo. Samuela inviterà i suoi parenti… ed ecco che una
fila di denti bianchi prendono forma in un meraviglioso sorriso, il
suo, e gli occhi castani, ridenti, e leggeri, i capelli né ricci né
lisci… in un baleno sento il suo profumo, quello che mi faceva perdere
in lei, e le mie mani sulla pelle. Sbatto le palpebre e tutto scompare.
“Sì, scusa Ste.”
“Samu, ma verrà anche quella tua cugina, col nome strano…? Quella che l’anno scorso stava con Ray…”
Sere per poco non si strozza con l’acqua. Tossisce forte, e qualcosa mi colpisce la gamba.
“Ahia!!!”
“Scusa Ray…”
Sere arrossisce e squadra truce Stefano. “Ma che ho dett…?”
Un altro calcio, più forte del primo, sempre nello stesso punto. “Sere, cazzo!”
Mia sorella mi sibila: “Scusa…” con la faccia colpevole.
“No, non ci sarà” risponde Samu, che non si è accorta del piccolo
sceneggiato alle sue spalle, intenta a caricare la lavastoviglie,
seriamente delusa. “Ha trovato un lavoro che la tiene occupata per
tutta l’estate, quindi… che peccato. È stata una bella estate l’anno
scorso con lei…”
Sere ci guarda, io stralunato, Stefano rosso come un pomodoro. Forse
pensa che la situazione non può essere peggiore di com’è. “Visto che
siamo in vena di confidenze… mi sono licenziata e resto a vivere qui.
Voi non lo sapevate, ma Ray si.”
Stefano, che non sembrava nemmeno abituato al cambiamento fisico, rimane sbalordito. “Lic…enziata?”
Sere si sbagliava.
“Sì! Ma ho già trovato lavoro come modella qui! Contenti?”
Samu fa un sorriso tirato, per niente felice. Non le era mai andata a
genio Serena, forse per il suo carattere spensierato. O perché hanno la
stessa età e Samu sta per sposarsi, mentre Sere è ancora liberissima.
Sere sembra compiaciuta del mio sorriso, incurante delle facce a bocca
aperta degli altri due. La torta non le sembra più così male: ci ficca
dentro il cucchiaino a fatica, ma quando non riesce più a tirarlo fuori
ci rinuncia, leggermente delusa.
Parlo al telefono con Marty, che vuole sapere di ieri notte.
“Come è andata con la tizia polacca?”
“Bene. Siamo andati a casa sua.”
“Solita storia quindi. Una botta e via.”
“Minchia come sei volgare!”
Rido, e mi friziono i capelli con l’asciugamano. Guardo il mio corpo
allo specchio e mi dico che devo assolutamente riprendere a fare
movimento.
“Macché volgare! Sono genuina e spontanea. Lo sai che quell’idiota di
mio fratello ha lasciato Vale? È venuta a casa mia in lacrime. Sai che
palle.”
“Sul serio?”
Cerco di vestirmi con una mano sola, ma è piuttosto difficile. Metto Marty in vivavoce e cerco una maglietta nell’armadio.
“No, per finta! Ma mi stai ascoltando? Comunque sì, è vero! E tra Fede
e Fabio c’è gelo… ma questo dovresti saperlo più tu di me, visto che
Fabio è il tuo migliore amico. Ahia, mi sono bruciata nel forno…”
Abbandona il cellulare e si lascia andare in una serie di imprecazioni non proprio da principessa.
“Marty? Sei viva?”
“Si, cazzo. Stavo tirando fuori la torta e…”
“Torta? Un’altra???”
“L’altra, come dici tu, risale a una settimana fa.”
Mi metto i jeans e riprendo il telefono all’orecchio. “Con Fabio non parliamo più tanto. È… diverso, ora.”
“In inverno andava tutto bene!”
“Mia sorella ha ragione, l’estate mi fa male.”
Marty non dice nulla per un po’, sicuramente assaggia la torta. Infatti
mi dice, con la bocca piena: “Hai già il vestito per il matrimonio di
tuo fratello?”
“Jeans e maglietta? Ma aspetta, tu come lo sai?”
Mi metto apposto i capelli allo specchio.
“Lo so e basta! E non provare a presentarti vestito così! Domani vieni
assolutamente con me in un negozio decente e ti compri un abito!”
“Da pinguino?”
“Sì! Sono così sexy gli uomini in smoking…”
Rido. Frase tipica di Marty.
“Ogni volta che sono con te spendo soldi!”
“E io ogni volta che sono con te mi devo sorbire gli sguardi d’odio delle ragazze, perciò taci e mano al portafoglio!!!”
Esco di casa per andare da Fabio, con una canzone in testa. Niente più di me,
di Marco Carta. Ma perchè, visto che non mi piace??? Con Fabio
voglio recuperare il rapporto. E poi, se ha problemi con la ragazza
vorrà qualcuno con cui parlarne. Vado a piedi, perché tanto non c’è
parcheggio sotto casa sua. Ma penso di aver fatto una cazzata perché
comincia a piovere a dirotto, e io sono senza ombrello. Coglione.
Cerco riparo il più velocemente possibile sotto la vetrina di un negozio, quando mi scontro con qualcuno violentemente.
“Cazzo!”
Un paio di occhi chiari, tra il grigio e l’azzurro, proprio di fronte
ai miei, in orizzontale. Le sono caduto addosso, e blocco il suo corpo
col mio.
“Sei comodo?” una frase sprezzante, in contrasto con il suo viso pulito e l’espressione angelica.
“Beh, si.” Sfodero il mio migliore sorriso. È troppo carina.
“Io no. Scrostati.”
Carina almeno quanto è pungente.
Mi sposto e si rialza veloce. Mi guarda, incazzatissima. La
guardo pure io, e mi accorgo che è la stessa ragazza che ho quasi
ucciso l’altra notte. Anche lei mi riconosce.
“Oh, di nuovo tu!” mi dice, furente. “Ti sto così sulle palle?”
Io rido, mi strizzo la maglietta bagnata. Inutilmente, perché continua a piovere. “Sei tu che mi sei venuta addosso!”
“Certo, adesso è colpa mia. Ma và, stronzo…”
Si guarda i vestiti zuppi, e si preme il cappello, che si era spostato, di nuovo sulla testa.
“Ma mica è colpa mia, scusa!”
La sua maglietta bianca è diventata trasparente. Mi sento in colpa. “Forse è il caso che ti metti vestiti asciutti.”
“Forse è il caso, ma io abito lontanissimo da qui, perciò…”
“Io no, però.”
Mi rivolge uno sguardo sprezzante, ma dice: “Muoviti.”
Camminiamo veloci verso casa mia, di nuovo. Fabio aspetterà. Lei mi
cammina affianco e io non riesco quasi a vederle il viso, per colpa di
quello stupido cappello. Oggi sembra un po’ più femmina, sarà che non
indossa la felpa enorme che aveva quando stavo per ucciderla.
“Siamo arrivati.”
Guarda la zona. “Sei ricco, quindi.”
Saliamo le scale e entriamo in casa. “Benestante, diciamo.”
Lei osserva il mio salotto, la Tv al plasma, lo stereo, i divani
bianchi come i muri, i quadri appesi alle pareti. Fa finta di crederci,
ma dice: “Sei ricco.”
“Non so quale sia il tuo concetto di ricchezza. Comunque questo è il
mio salotto, di là la cucina, il bagno, e dall’altra parte le camere da
letto.”
Lei si dirige in cucina e poggia il cappello sul tavolo. Libera i capelli bagnati. “Una signora cucina.”
“Una cucina” dico io, anche se so che è piuttosto bella. Dopotutto era
il vanto più grande di mio fratello. Apro le persiane e il sole inonda
la stanza, benché continui a piovere. “Così è molto meglio. Adoro la
luce.”
Sorrido pensando alla sua frase sincera. “Si, in effetti. Comunque vieni, ti do la roba per cambiarti.”
“Dov’è il resto della famiglia? Mamma, papà, fratelli… cose del genere.”
“Genitori all’estero per lavoro. Fratello grande in procinto di
sposarsi, a casa sua. Sorella grande in giro, probabilmente a svuotare
carte di credito.”
Mi volto per la prima volta per guardarla bene. Ha gli occhi grandi,
molto espressivi. Hanno una forma particolare, quasi asiatica, ma con
le ciglia lunghe e arcuate. Le labbra grandi e scure, sensuali, la
pelle dorata. Ha un viso bellissimo. Mi sembra di averla già vista da
qualche parte tempo prima… ma chissà dove. Ha uno sguardo attento per
tutto ciò che la circonda, è seria. Mi guarda, perplessa, chiedendosi
forse perché la sto fissando.
La porto in camera di Serena, la più disordinata della casa. Se fossi
stato in me, probabilmente ci avrei provato all’istante, visto che ho
l’occasione… invece mi limito a dirle: “Scegli qualcosa dall’armadio.
Tanto è piena di vestiti.”
Lei apre le ante e controlla ogni indumento brevemente. È vestita molto
semplice, ma non si può dire che sia femminile. Difatti non le piace
nulla di quello che trova.
“Tua sorella si veste troppo da…”
“Da?”
Mi avvicino a lei e controllo. Nell’armadio tutto regolare. Per un
secondo ho pensato che avesse trovato qualche completino sconcio…
“Da donna!”
Rido. “Ma è una donna! Cosa pretendevi?”
Lei sbuffa e cerca qualcosa di indefinito. Mi fa ridere, mai conosciuta
una così. Però… mi sento strano. Forse è perché non ci ho provato dal
primo secondo che l’ho vista. Cioè, è carina, molto. Ma non è il mio
tipo. Troppo maschiaccio. E a me la donna piace donna.
“Ma tua sorella non ne ha jeans lunghi?”
“Solo gonne e pantaloncini. Mi dispiace. Provati questo.”
Le passo il vestito a fiori che aveva Sere quando è arrivata. Lei mi guarda, arricciando il naso. “Sei fuori? È trasparente!”
“Macché, è solo l’impressione!”
“Allora tengo i jeans anche se sono bagnati… e prendo solo una
maglietta. Possibilmente non scollata o attillata in nessun punto,
grazie.”
“Guarda che è l’armadio di mia sorella, mica un negozio!”
“Scusa, ma io mi vesto così.”
Fa le spallucce e ricomincia a cercare. Non trovo nulla che corrisponda
alla descrizione. Certo che Sere è cambiata proprio di gusti!
“Niente…”
“Dai allora resto così.”
Chiude l’armadio e si guarda nello specchio. Si tocca i lunchi capelli
biondi, miracolosamente asciutti. “Caspita, sembra mi sia passato
addosso un tir.”
“Non sei l’unica. Vieni, mi cambio la maglietta.”
Mi segue in camera mia. “Carina come stanza. Mi piace il blu.”
“Pure a me.”
Le sorrido, per la prima volta. Mi tolgo la maglietta bagnata e la
butto in terra. Poi mi rendo conto che ho di fronte una ragazza, e noto
che i suoi occhi si fermano sulle linee del mio corpo, ma prende a
guardare fuori, per nulla in imbarazzo. Cerco un’altra maglietta
nell’armadio.
“Ehi, quella mi piace!”
Indica la maglia che ho tra le mani, una canottiera nera. Gliela lancio. “Se vuoi usala tu. Che gusti strani hai, però…”
Lei va in camera di Sere a cambiarsi, e ne ritorna poco dopo. La
maglietta le sta un po’ aderente, le mette in mostra le forme. E io che
pensavo fosse piatta come una tavola da surf! Invece ha tutto al posto
giusto.
“Hai tutto di marca. L’avevo detto che sei ricco.”
“Ma ti ho detto di no. Una mia amica, lei si che è ricca…”
Ma lei non ha sentito. Guarda le foto appese alle pareti. Ritratti di
Marty, mia sorella, paesaggi. “Caspita, che belle. Le hai fatte tu?”
“Sì. Ma è un po’ che non ne faccio più.”
“Perché?”
Aspetto un po’ prima di rispondere, perché non c’è un motivo preciso per cui ho smesso.
“Beh… non lo so. Non ci trovo soddisfazione.”
Cerco nell’armadio una scatola, e ne rovescio il contenuto sul letto.
Migliaia di foto cadono come coriandoli. Non so perché gliele faccio
vedere, visto che di solito non le vede nessuno. Lei si siede sul
letto, raggiante. Le prende e le guarda, una per una, ride, e le spiego
il significato di ogni foto, anche la più banale.
“Preferisco fotografare persone, che paesaggi. Mi danno più emozioni.”
Lei ha in mano una foto di Marty, quando aveva 16 anni. Era strana, si
vestiva sempre di nero, in quel periodo. Ne ho milioni sue, è il mio
soggetto preferito. “Ma è Marty!”
“La conosci?”
“Certo, eravamo insieme alle elementari e alle medie. Poi però lei ha
scelto il classico, e io il linguistico. Peccato… però siamo sempre
amiche. Questa è tua sorella? Ti assomiglia parecchio. E questo
scommetto che è tuo fratello, anche lui è uguale a te. Ma sembra molto
più serio. Ehi, ma hai la terrazza panoramica!”
Si alza e esce in balcone. Io prendo la mia reflex tra le mani, regalo
dei diciotto anni di mio fratello. Non la ricordavo così pesante. Mi
sento quasi di nuovo me stesso, non mi ricordo nemmeno più perché ho
smesso. Ci voleva una sconosciuta per farmi ricredere sulle mie scelte.
Giusto, una sconosciuta…
La seguo. Guarda il mare, assorta. “Cosa farei per avere una vista così… è fantastico.”
“Bello, vero?” Poi mi ricordo le sue parole, chiare e limpide come se fosse stato ieri.
"Non ridere, però”
“D’accordo”
“Me lo prometti?”
“Te lo giuro”
Ci crede. Guarda il cielo. “Quando
ero piccola, i miei hanno comprato una casa. Era di fronte al mare,
proprio come ora. E io rimanevo ore, attaccata alla finestra. E mia
madre mi chiamava e mi chiedeva dove fossi. Io le rispondevo che ero
tra… mare e cielo. Come ora. Io sono tra mare e cielo. Puoi perderti
nell’immensità del cielo, o nelle profondità del mare.”
“Io sono tra mare e cielo.”
“Che hai detto?” chiede lei.
“Nulla. Una frase così…”
“Lo diceva sempre anche mio padre. Che strano che anche tu lo dica, ora.”
Non so niente di te lo sento quando mi rispondi così…
Non so niente di te né tu di me…
Riprende a guardare davanti a sé. “Sei sempre così seria?”
“Io non sono seria.”
“Si che lo sei. Sorridi poco. Sei malinconica più che altro.”
“Ma come fai a dirlo? Manco mi conosci.”
“Giusto. Pensandoci, non so nemmeno come ti chiami.”
“Morena.”
Perseguitato da nomi strani. Mi tende la mano e gliela stringo. “Io Ray.”
Finalmente mi sorride, e ne approfitto per farle una foto.
Lasciami una fotografia che mi racconti un po' di te…
Lei da un’occhiata all’orologio al mio polso. “Porca puttana! Sono le sei! Devo andare a lavoro!”
“Ti porto io.”
Morena rimane immobile. “Non so se mi fido.”
Rido. “Non posso investirti se vieni in macchina con me.”
Non so niente di te lo sento quando mi rispondi così
Non so niente di te né tu di me
È una continua agonia lasciarsi vivere e non crederci più
Questa distanza non è possibile
Lasciami una fotografia che mi racconti un po' di te
Fammi sentire come a casa mia al tuo silenzio dico no
Prova a gridarmi come stai manda un segnale che non si sa mai
Come se non ci fosse al mondo niente più di me…
Note: in molti miei capitoli
successivi ci saranno delle canzoni. Non è la musica che ascolto
spesso, ma quella che mi ha ispirato nello scrivere il capitolo…
Bene… =) questo è il
terzo capitolo, un po’ lungo… spero che qualcuno stia leggendo, e che
vi piaccia! XD Fatemi sapere… bacioni <3 _ninive_
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Capitolo 4 *** Scommesse ***
Scommesse“E quando avrai davanti agli occhi, altri due occhi da guardare, il mio silenzio lo sentirai gridareeee…”
Sere canta sotto la doccia, e qualcuno suona al campanello. Si mette un
asciugamano attorno al corpo, imprecando. Sicuro è Ray che non ha le
chiavi.
Apre la porta, ma è il fattorino. Sere rimane a bocca aperta, boccheggia come un pesce rosso. Poi si riprende: “Ehm, salve.”
Guarda il destinatario scritto al rovescio. “Oh, è per mio fratello Stefano. Lo lasci pure qui, sul tavolo.”
Il ragazzo entra senza dire una parola, stupito di trovare una ragazza
praticamente nuda alla porta, lascia il pacco sul tavolo e le porge una
carta da firmare.
“Può aspettare un attimo? Vado a vestirmi e ritorno subito.”
“Faccia con comodo, ho finito il turno con lei per oggi.”
Le sorride, e Sere si scioglie. “Beh, allora torno in un lampo.”
Sere si veste in un baleno, poi si affaccia dalla sua camera e vede il
ragazzo guardarsi intorno. È piuttosto bello, con gli occhi azzurri e i
tratti leggermente duri, alto e biondo.
“Sei stanca di rimanere sola, vero? Bene, allora prendi un po’ da tuo
fratellino e sii intraprendente, Serena!!!” pensa, e senza nemmeno
respirare dice, entrando in cucina: “Sifidnztprcs?”
Lui rimane un po’ basito. “Scusa. Voglio dire, che visto che hai finito
il turno e se non hai nessuna donna a casa che ti aspetta, magari ti va
di bere qualcosa con me, stasera…”
Arrossisce un secondo dopo averlo detto, sentendosi una perfetta
idiota. Ma lui sorride e sembra felice. “Con piacere. Io sono Andros,
comunque.”
Le tende una mano, e lei la stringe, paonazza. “Già, faccio sempre le
cose al contrario, sono un po’ fuori di testa. Serena. Piacere.”
“Beh, allora a stasera! Passo a prenderti alle nove?”
“Perfetto! A dopo, e scusa!”
“Ma per cosa?! Ora puoi firmare, per favore?”
Sere ride e firma, decisa.
“Lavori qui?”
Non sono mai stato in quel ristorante, La Tartaruga, proprio di fronte
al porto. Di solito noi andiamo al Vera Napoli, dove fanno la pizza
migliore.
“Eh già. Ha aperto da poco, e non pagano tanto, ma per sopravvivere…”
Mi sorride e fa le spallucce. Si volta e vede il proprietario che la chiama.
“Morena! Poltrona di una ragazza!”
“Oh, no, non dirmi che non c’è Francesco e devo apparecchiare io, ti prego…”
“Muoviti, Francesco non c’è!”
Sbuffa, contrariata. “Torno tra dieci minuti. Vado a cambiarmi, ok? Ti prego non andare via…”
Scappa via verso il bagno, e io guardo le barche ondeggiare, placide.
Un ragazzo e una ragazza camminano a mano presa vicino a dove
attraccano le navi. Lui finge di spingerla e lei un po’ spaventata si
regge forte a lui, per non cadere in acqua, quella stessa acqua dove
per la prima volta l’ho baciata, e mi sembra di sentire il suo profumo,
e il suono della sua risata, e il colore dei suoi capelli…
È incredibile come certi particolari rimangano impressi nella tua
mente. Quella piccola ruga che le solcava le guance, quando rideva, o
le macchioline sulle unghie un po’ mangiucchiate, la forma delle sue
labbra, e tante altre cose che non vogliono andarsene dalla mia mente.
E un po’ rifletto… Maya, anche tu pensi ancora a me, dopo un anno di
distanza? Sono stato con altre ragazze, ho provato a tornare quello di
prima, ma non è servito a niente. Il mio chiodo fisso, sempre lei. E
quante volte avrei voluto prendere il telefono e chiamarla, sentire la
sua voce, capire se davvero provo ancora qualcosa per lei. Sorrido,
mentre il sole attraversa l’orizzonte e colora il mare di uno strano
arancione. Non so neanche se l’ho amata davvero.
Una ragazza mi si piazza davanti. “Ray, ci sei?”
Mi risveglio dal mio torpore, per accorgermi che la ragazza è Morena.
Indossa un paio di pantaloni neri attillati, che le mettono in mostra
proprio un bel sedere (bisogna essere obbiettivi), una camicia bianca e
ha i capelli legati in una coda alta.
Vi ricordate quando ho detto che aveva un viso bellissimo? Ecco, espandete il complimento anche al corpo.
“Mi aiuti, vero? È colpa tua se sono in ritardo!”
“Dai, d’accordo. Ma solo perché non ho nulla da fare.”
Morena sistema i piatti della pila tra le mie braccia al posto giusto
nei tavoli, e nel frattempo parla degli inciuci tra proprietario e
cameriere varie, sottovoce.
“Vedi quella ragazza, la bionda? Ha trovato il lavoro al ragazzo
andando a letto col capo, e il ragazzo, quello laggiù, non sa proprio
un fico secco ed è convinto che ha ottenuto la promozione grazie alle
sue capacità… mentre la moglie del capo, Adelaide, gestisce il bar la
mattina, e lo fa solo per soldi, e sa benissimo le manie sessuali del
marito. E quella donna alla cassa, è l’amante ufficiale del capo da più
di tre anni ormai, ed è lei che gestisce tutto in realtà… e quello là è
il figlio e ci prova fisso con me, ma chi se ne frega, mi fa schifo.
Invece Francesco è il nipote del capo, è gay e innamorato del ragazzo
della ragazza che è andata a letto col capo. Hai capito tutto?”
“Si, quasi… ma dimmi, tu come hai ottenuto il lavoro?”
Lei sorride e risponde: “Sono andata a letto col capo! Ehi, che faccia!
Scherzo! Normalmente, mi sono presentata e mi hanno assunto. Ma stiamo
parlando solo di me, e questo mi scoccia. Tu che fai nella vita? Il
latin lover?”
Sistemo l’ultimo piatto e le passo le posate. Rimango leggermente
stupito. “Beh, effettivamente ho avuto molte ragazze… però non pensavo
fosse così evidente!”
Lei mi fissa coi suoi occhi chiari. “Jeans di marca, canottiera super
sexy alla Ryan di O.C. Manipolo di ragazze che ci seguono. È più che
evidente, te l’assicuro.”
“Sei una brava osservatrice, lo ammetto. Ora devo andare però. La cena
mi aspetta. Ma prima…” Mi guardo intorno. “Qual è il tipo che ci prova
con te?”
Morena indica il ragazzo alla cassa. Stranamente non lo conosco. Continua a fissarla come se volesse mangiarla.
“Cazzo, che schifoso maniaco. Devo andare a parlarci?”
“Ray, non sei mio padre, ce la posso fare da sola a rifiutarlo. Grazie comunque, sei molto dolce.”
Mi da un bacio sulla guancia, forse per ringraziarmi, forse per dar
fastidio al tipo che la vuole. Io rido e la saluto sulla porta. Fa per
andarsene ma l’afferro per un braccio. Mi avvicino al suo viso e la
bacio sulle labbra, leggero. Salgo in macchina e le faccio
l’occhiolino. Lei rimane lì per alcuni secondi, poi mi sorride e
rientra nel ristorante.
Carina è carina. Particolare è particolare. E allora perché non mi
piace? Forse per la prima volta nella mia vita non ci provo con una
bella ragazza. Guardo il cellulare. Mi ha chiamato Marty, mio fratello
e anche Alina. Sai che palle, mi ero anche dimenticato che esistesse.
Rientro a casa e trovo Ste e la ragazza seduti al tavolo intenti a fare
qualcosa che non mi interessa.
“Ciao, voi due. Come se non esistessi, eh…!”
“Scusa Ray, ti ho telefonato, ma non hai risposto. A casa nostra stanno
imbiancando, e noi stiamo facendo le partecipazioni, ti va di aiut…”
Non lo faccio nemmeno finire, e gli chiedo: “Ma Sere?”
“Ha un appuntamento, si sta preparando.”
“Appuntamento? Ma è arrivata ieri!!!” Samu dice ciò che stavo pensando.
Ste fa le spallucce, e continua a scrivere, mentre Samu scuote la testa.“Sta prendendo da te, Ray.”
“Ma che dici?”
“Sì, adesso esce pure con tizi sconosciuti vestita come una… ehm…” dice Ste, paonazzo.
“Esagerato! Tua sorella non arriverebbe a quel punto. Comunque gli
invitati sono più di duecento, non faremo in tempo a mandarle a tutti!”
esclama Samu, in preda allo sconforto.
“Tesoro, ce la faremo…”
Io alzo gli occhi al cielo e vado a farmi la doccia. Ne esco
rinvigorito dal getto di acqua fredda, mi vesto veloce e entro in
camera di Sere. È intenta a prepararsi, indossa un vestito nero
cortissimo, ha i capelli sciolti, un occhio truccato e uno no.
“Hai frugato nella mia roba per caso?”
“Sì, ma non per vestirmi da donna. Dovevo rivestire una ragazza.”
Sere fa le spallucce. Ormai è abituata alle mie frasi coi doppi sensi.
Si guarda allo specchio, raggiante. “Come sto?” Fa una giravolta su se
stessa per farsi ammirare dai miei occhi protettivi.
“Bene, Sere. Ma perché sei così felice?”
“Finalmente ho un appuntamento!!! E con uno carino, si chiama Andros, è
un nuovo fattorino. Gli ho chiesto di uscire oggi pomeriggio e ha
accettato, viene alle nove! Finalmente esco di nuovo con qualcunooo!”
Fa un saltino sul posto mi da un bacio sulla guancia. Mi sono sempre
chiesto perché non fosse mai fidanzata. È una ragazza dolce e
simpatica, a anche molto carina. Anzi, secondo i miei amici è bona da
paura. Dopotutto, è mia sorella…
“Ray, vieni un po’ qui!”
Ste mi chiama dalla cucina, e lo raggiungo. “Sì?”
“Lasciamo qui le partecipazioni. Per favore non toccare nulla. Torniamo domani a prenderle. Di a Sere di non fare cazzate…”
Mio fratello è seriamente preoccupato.
“Che palle, Ste. Non stavi andando via?”
Mi lancia uno sguardo di rimprovero ed esce di casa assieme a Samu.
Io controllo le partecipazioni, elimino quelle di qualche zia strappa
guance e mi preparo ad una cena solitaria. Vivere da solo ha i suoi
lati negativi, come dover cucinare. Io sono una frana ai fornelli, non
so fare nemmeno un uovo. In più, lo ammetto, sono viziato dai
manicaretti di mio fratello, vero uomo di casa. Ma per fortuna mia
sorella è peggio di me e ha comprato un sacco di piatti pronti.
Il campanello. So già chi è.
“Ma non dovevi venire da me?”
Un imbronciato Fabio entra in casa. Certe cose non cambieranno mai.
“Scusa, è successo un casino…”
Si siede sul divano. “Che palle, potevi avvisare però.”
“Tanto non dovevi fare nulla, no? Sei tornato single.”
“Almeno non rimanevo a casa a deprimermi. Poi tu come lo sai? Mica te l’ho detto.”
“Marty. E non chiedermi come l’ha saputo.”
Fabio sbuffa e appoggia la testa al pugno chiuso. “Beh, comunque non è
che mi ha lasciato. Non proprio. Diciamo che è una situazione di… bah,
non so nemmeno come definirla. Non mi cerca, non le interessa… nulla.”
Io comincio ad apparecchiare e metto anche il piatto per Fabio. Tanto
dal mio divano non si schioda. Dopotutto, in una situazione del genere
non posso pretendere nulla di diverso.
“Ma avete litigato o…?”
“Dice che sono geloso. Troppo. Siamo tre anni assieme, e io non sono mai cambiato.”
Mi guarda e si alza, nervoso. “Solo che lei… è diversa, vuole più libertà. Prima nessuno ci provava, mentre ora ha la fila.”
“Esagerato. Fede è cambiata, si, ma non ha così tanti ammiratori.”
Fede è passata in un anno da brutto anatroccolo a cigno. Ha fatto duri
allenamenti in palestra e un salto dall’estetista. Lui ha sempre tenuto
a lei, dall’inizio. È stata la sua prima ragazza seria, dato che con la
maggior parte ci sono finito a letto pure io. In quel periodo però non
pensavamo ancora alle ragazze seriamente, ci volevamo solo divertire.
Ed eravamo degli stronzi, tutti e due.
“La realtà è che è cambiata profondamente, anche negli atteggiamenti.
Probabilmente sono mesi che sta cercando una scusa per lasciarmi. E io
coglione che le corro ancora dietro.”
Io non so che dire. Non mi è mai successo. Lui continua. È quasi un soliloquio.
“Poi ci sono cose che l’hanno ferita, lo so. Non me le perdonerà mai. Dopo l’estate scorsa poi…”
Si interrompe, pensando a ciò che stava per dire, guardando i miei
movimenti più lenti nell’apparecchiare. Il campanello ci salva da quel
silenzio denso. Vado ad aprire.
“Ciao… sto cercando Serena.”
Un tizio alto e massiccio, biondo. “Sì, ora la chiamo.”
Lo faccio sedere e gli tendo la mano. “Io sono Ray, il fratello.”
“Andros.”
Perseguitato dai nomi strani, ancora.
Sere si precipita in cucina, sfoderando il suo migliore sorriso. “Ciao! Vogliamo andare?”
Lui annuisce e si appresta ad uscire. Sere prima di chiudere la porta mi fa l’occhiolino e incrocia le dita.
“Certo che tua sorella…” dice Fabio, pensieroso.
“Che cosa?”
“È troppo bona!”
L’avevo detto.
“Fabio…”
“Che c’è?”
“Piantala.”
Mi sveglio presto, vorrei aver dormito di più. Rificco la testa sotto
il cuscino, sbuffando. Tutta colpa di Fabio e la sua parlantina. È
andato via tardissimo ieri. Stupidi problemi degli altri. Quando uno
non ne ha si deve sempre sorbire quelli degli amici.
Il mio telefono squilla, allungo una mano per cercarlo sul comodino, ma
sbatto contro qualcosa che cade sul tappeto con un tonfo sordo. Me ne
frego e continuo a cercare. Trovo il telefono e me lo porto
all’orecchio senza nemmeno guardare chi è.
“Pronto?”
“Ciao tesoro.”
Il mio cervello ci mette un po’ a collegare la voce alla persona. “Ciao mamma.”
Mi sollevo dal letto e raccolgo quello che è caduto. È una scatolina con dentro bracciali e anelli.
“Tutto ok? Ho trovato dieci minuti per chiamare, ma avevo paura di non trovarti sveglio.”
“Sei stata fortunata. Allora, riuscirete a venire per il matrimonio di Ste?”
“Tuo padre ha trovato un volo. Non è stato proprio un affare, ma per i
figli… ma dimmi tu, cosa mi racconti? Tutto bene? Come si vive soli?”
“Mamma mi sono goduto la libertà per dieci minuti, dato che Serena si è accampata qui.”
Il bracciale dorato, tra i miei. Quasi dimenticato. Lo poggio sul comodino.
“Già, è vero, quanto è pazza tua sorella. Tesoro, devo andare che tra
poco il cellulare non prende più. Ti saluto papà, ok? Non combinare
troppi casini, eh! A presto.”
“Ciao mamma.”
Chiudo e riprendo il bracciale tra le mani, sedendomi sul letto. Chissà chi sei…
Butto un occhio all’orologio appeso alla parete. Ho un appuntamento con Marty, e quasi me ne dimenticavo.
Lei viene a prendermi sotto casa, in macchina, una delle due che ha.
Oggi ha la Mini blu. Da quando ha preso la patente non usa più le
gambe, o meglio, le usa solo per guidare.
“Dove si va?”
“Andiamo in via Garibaldi. Devi comprarti assolutamente qualcosa di
decente per questo benedetto matrimonio. Che bello, non vedo l’ora…”
“Come non vedi l’ora?”
“Sì! Te lo immagini, in mezzo alla sala, un’enorme fontana di
cioccolato, che scende, e gli ospiti possono ficcarci il dito e
leccare… e poi una gigantesca torta ripiena di cioccolato, al latte, lo
metti in bocca e si scioglie, e sopra panna e cioccolato bianco…”
Guarda con occhi sognanti la strada di fronte a sé, ma sembra vedere
tutto un mondo a parte. Cioccolato è la sua parola preferita.
“Si, certo… e poi scommetto che pure il vestito della sposa è fatto di cioccolato, così tutti lo potranno mangiare.”
“Esagerato! Però, non è male come idea… pensandoci, io a casa, ho un
paio di mutandine fatte di zucchero. Nel caso di un abbassamento
pressione…”
Morena cammina con le sue amiche in via Garibaldi. Chiara, coi suoi
capelli lisci perfetti e scuri, i suoi occhi verdi e l’aria di una che
sta sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato, non ha smesso un
attimo di parlare. Gesticola pure, infogata, e a un certo punto batte
un pugno sul palmo dell’altra mano aperta, i suoi bracciali fanno
casino e Morena e Chiara sembrano svegliarsi da una trance.
“E così, ho chiuso con Filippo, per sempre, per sempre, per sempre!!!”
Lo ripete più volte, per evitare di far capire alle amiche che è insicura, anche se in realtà non è sicura.
Vera sbuffa. “E siamo a otto volte che vi siete lasciati, basta! O ci
dai un taglio a questa relazione o ti taglio io, le vene però!”
“Beh, tu non puoi capire!” dice Chiara, incrociando le braccia e guardando da un’altra parte.
“Perché? Perché non ho mai avuto una storia seria?”
Chiara non sa che dire e si limita a sbuffare. Vera, occhi
azzurri-sorriso smagliante-capelli biondi e ricci-ragazza perfetta,
sorride compiaciuta e si butta alla ricerca della prossima vittima da
ammaliare, in giro per i negozi.
Morena continua a non dire niente. Sarà che a lei lo shopping la
annoia… È sempre stata una ragazza tranquilla, abbastanza sicura di sé,
non quanto Vera, è ovvio. Si dice di Vera che sia andata a letto con
moltissima gente, da quando aveva tredici anni. Quando il ragazzo
l’aveva tradita, lei si era fatta tutti i suoi amici. Ma queste
sono storie che risalgono a prima dell’amicizia con Morena e Chiara. E
lei è abbastanza riservata su questi argomenti.
“Chia, c’è Ray!”
Chiara si risveglia dai suoi pensieri su Filippo sentendo la frase di Vera. “Dove?”
“Dentro quel negozio!”
Vera e Chiara camminano più veloci verso la vetrina. Morena ride e
scuote la testa, pensando a quanto possono essere assurde le ragazze, e
le segue.
Giriamo per i negozi, ma non trovo nulla che mi piaccia. Non sono di
gusti difficili di solito, ma la roba elegante non mi attira. Nemmeno
Marty trova nulla, e dire che lei comprerebbe anche l’aria.
Fino all’ultima boutique. Si ferma a bocca aperta di fronte alla
vetrina, sembra quasi abbia trovato il Santo Graal. Due manichini,
immobili in una posa statica. Il primo indossa un abito bianco e corto
al ginocchio, semplice, ma molto carino. L’altro uno blu, luccicante.
“Li voglio.”
Entra e li prova entrambi. Si guarda allo specchio soddisfatta. Le stanno benissimo.
“Capperi, questo mi sta un po’ stretto” dice, quando ha indosso quello bianco.
“Marty hai troppe curve” le rispondo io, ridendo.
“Non è vero, uffa!!!”
Li compra. Mille euro. Poi mi guarda. “Provati qualcosa pure tu!”
“Hai presente quanto è caro questo negozio?”
Marty nemmeno mi ascolta, scegliendo la roba per conto mio.
Le tre ragazze guardano dentro il negozio, facendo finta di ammirare
gli abiti attraverso la vetrina, proprio quando Ray esce dal camerino.
Indossa un paio di jeans bianchi e una camicia nera. Morena pensa che
Chiara vorrebbe mangiarselo, a giudicare da come si morde il labbro,
mentre l’immaginazione di Vera galoppa chissà dove. E la commessa non è
da meno, lo guarda con espressione sognante attaccata alla porta. Lui
rientra nel camerino e lei trascina via le sue amiche.
Si siedono al tavolo di un bar, da dove si può vedere il negozio.
“Tutto questo per un ragazzo…”
Usciamo dal negozio e decidiamo di andare al bar. Marty tutta
soddisfatta dei suoi acquisti, io a mani vuote. Ci sediamo, Marty va ad
ordinare qualcosa. In me tornano i ricordi, come una cascata… quella
ragazza, sola al tavolo di un bar, che gira la granita, che canticchia
una canzone. Maya. Sbatto le palpebre e il ricordo scompare. Sarebbe
bello riaverti qui, con la tua goffaggine, la semplicità. Ma al suo
posto ci sono tre ragazze. Una delle tre è carina, ha i capelli ricci,
gli occhi azzurri. Mi sorride, io le rispondo. Un’altra è appena
passabile, mentre la terza, persa nei suoi pensieri, la riconosco. È
Morena, la tipa di ieri, col suo solito look da maschiaccio.
“Morena, Ray ti sta decisamente puntando…”
Morena guarda l’amica. “Ma che dici…”
“Guardalo senza farti vedere.”
Morena sbuffa pensando a questi atteggiamenti da tredicenni e cerca Ray
tra i tavoli. Lo vede, poco lontano, e in effetti la guarda, ma solo
per salutarla con la mano e sorriderle.
Vera rimane incredula. “Perché ti ha salutato?”
“Tu perché saluti la gente? Perché lo conosco!”
Chiara, che stava bevendo un sorso d’acqua, sputa rumorosamente sul tavolo.
“E ce lo dici ora? E perché lo conosci? Come? Dove? Perché?”
“Vuoi puntarmi anche una lampada contro? Che schifo, Chia…”
Morena si pulisce il braccio che purtroppo aveva appoggiato al tavolo,
e continua: “Un paio di giorni fa mi ha investito, ma non mi sono fatta
nulla. E ieri… beh, mi è venuto addosso in strada, mentre pioveva, e io
sono andata in casa sua a cambiarmi dato che ero tutta bagnata e…”
“No, no, aspetta. Sei andata a casa di Ray???”
“Si, ci siamo cambiati, e no, prima che me lo chiediate, non l’ho visto
nudo, né tantomeno ci ho fatto qualcosa. Poi mi ha accompagnato a
lavoro, mi ha aiutata coi tavoli e poi…”
Mi ha dato un bacio, pensa Morena. Forse non è il caso di dirglielo questo.
“Poi se ne è andato. Tutto qui. Nulla di eccezionale, nulla degno di nota.”
“Devi assolutamente conoscerlo meglio. Devi.”
“Vera lo conoscerai lo stesso, perché devo essere io a…”
“Ma io non lo faccio per me.” dice Vera, ammiccando. “Lo faccio per te. È ora che ti trovi un ragazzo.”
“A me non interessa. Se vuoi puoi anche sposartelo.”
“Secondo me un po’ ti piace…” dice Chiara, spingendo Morena con un gomito, la faccia furbetta.
“Ma non è vero! Potete farci quello che volete!
“Io sono con Filippo.”
“Ma se hai detto che avevate chiuso!”
Chiara arrossisce. “Dai, lo sai come sono, Vera. La gara è tra te e More.”
“Quale gara? Io non faccio nulla!” Morena mette le mani avanti, decisa.
“Quindi tu non ti arrabbierai se ci vado a letto?”
“No.”
“Quindi nemmeno io mi arrabbierò.”
“Ma io non ci andrò a letto!”
“Scommettiamo? Cinquanta euro.”
Vera guarda l’amica, aspettando una risposta. Morena sorride e le stringe la mano.
“Chi guardi?”
Marty la curiosona. Segue il mio sguardo e sorride.
“Perché quella faccia?”
“Era da un po’ che non ti vedevo fissare una ragazza in quella maniera. Così la consumi.”
“Non la sto fissando.”
“No, certo, nega pure.”
Per una volta sono sincero. “Davvero, Marty. Non mi piace.”
“Certo, perché la vedi vestita così. Se si vestisse come me saresti già ai suoi piedi a chiederle di uscire.”
Marty beve il suo bicchiere d’acqua, e anche il mio.
“E da quando io devo pregare una ragazza? Di solito è il contrario. Comunque l’ho conosciuta ieri…”
Le racconto tutto di ieri, e anche del giorno che l’ho investita.
“Comunque è una fortuna che non ti piaccia.”
“Perché?”
“Non è alla tua portata.”
“Tutte le ragazze sono alla mia portata.”
Marty ride e mi lancia un’occhiataccia. “Ti ha forse fatto capire che le farebbe piacere intrufolarsi tra le tue lenzuola?”
Ci penso, e mi stupisco. Marty mi legge in faccia e prende il suo cipiglio soddisfatto.
“Esatto. Perché è diversa! Ed era ora che non ti facessi una ragazza
dal primo secondo che la conosci! Almeno avrai qualche amica.”
“Io ho amiche.”
“Oltre a me?” Marty ride forte. “Chi?”
Ci penso. “Beh…”
“Aspetta, aspetta. Riformulo la domanda. Qualche amica che non ti sei portato a letto?”
“Questa è più difficile…Va beh, Lucia?”
“Ci sei uscito l’anno scorso e tre mesi fa quando l’ha lasciata il ragazzo l’hai consolata tu. Ricordi?”
“Non proprio…”
“Lei si, non ne parla perché non lo sa nessuno, visto che poi è tornata
col ragazzo. E poi con Lucia non vi parlate quasi mai, non potete
definirvi amici!”
“Beh, allora… Vale!”
“Febbraio della terza superiore. Ci hai fatto sesso negli spogliatoi della palestra.”
Sorrido, pensando a tutti i posti della scuola dove l’ho fatto. “Mi mancherà la scuola…”
“Ma è possibile che non ti ricordi le tipe con cui sei stato a letto!?
Va beh che sei l’unico uomo al mondo che non ha bisogno di masturbarsi
per il tanto che lo fa…”
“Ma che volgare! E comunque mi sono dato una calmata, no? Vediamo un po’… amiche… le tue compagne della palestra!”
“Non siete amici! E poi te le sei fatte tutte tranne Veronica, che è bruttina.”
“Marty ma che palle, hai ragione! Va beh, io e te non siamo mai stati assieme, no?”
“Certo che no! Mi ricordo con chi vado a letto, io. Pochi ma buoni.
Comunque, tornando al discorso, non ci hai fatto nulla con Morena, no?”
“No. Nulla.”
A parte un bacio leggero dato per gioco.
“E non hai intenzione di farci nulla?”
“Se capiterà…”
“Ray, mi hai detto che non ti piace! Scommetto che non riusciresti ad esserci amico.”
“È una sfida? La accetto.”
“Cinquecento euro.”
“Va bene.”
“E non puoi andarci a letto!”
“Vedremo chi vincerà, Marty!”
Marty ride e mi passa una delle sue buste. “Questo è per te. Ti ho comprato il completo.”
“Marty sei pazza?”
“Ti stava troppo bene. E poi siamo amici, anzi, di più. Sei mio fratello!”
La bacio sulla guancia e l’abbraccio. “Ti adoro, polpetta!”
“Scemo! Ricordati che mi devi cinquecento euro!”
“Si vedrà!”
Riuscirà Ray a vincere la scommessa? O sarà Marty? XD lo scoprirete nei prossimi capitoli!!!Vi sta incuriosendo la storia? =) Bacioni!!! <3 _ninive_
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Capitolo 5 *** Chi sa fare meglio il sesso ***
5Rientro a casa, affamato. Ma il frigo è vuoto. “Sere? Ci sei?”
Mia sorella esce dal bagno, i capelli bagnati. “Ciao Ray. Ma dov’eri?”
“Sono andato a fare acquisti con Marty.”
Poggio la busta con la mia roba in un angolo della cucina. “Allora, che mi dici di questo ragazzo?”
Sere si illumina. “Oh, Ray! È bellissimo, fantastico, gentile, unico, mitico…”
“Ok, ok. Ho capito è perfetto, ecc, ecc. Solita roba.”
Lei nemmeno mi ascolta e continua a declamare le immense qualità di
questo Andros. Io mi siedo al computer e entro su Facebook. Ventinove
richieste di amicizia. Tutte donne. Che palle, devo cambiare l’immagine
del profilo. Ne accetto alcune, finché la freccetta sullo schermo
rimane immobile. Incredulo, accetto la richiesta. Maya Mura. Ne visito
il profilo, infilandosi tra i suoi momenti e ricordi come un serpente.
Foto con amiche, amici, parenti. Foto artistiche, gioiose, tristi. Ma
lei è sempre bella, sorridente in ogni foto. Molti le fanno i
complimenti, e hanno ragione. Poi mi blocco, pensieroso. Perché mi ha
chiesto l’amicizia, se ha passato un anno senza sentirmi, vedermi,
cercarmi? Mi sento un idiota. Ho accettato di averla come amica in un
sito che odio, pieno di persone che non contano nulla.
Una tipa, Alice, mi scrive un messaggio in posta, mi chiede se ho
impegni stasera. La riconosco, eravamo insieme alle medie. Si è fatta
carina, ma non mi interessa. Ecco, ragazze come lei non sono neanche
paragonabili a Maya. Loro sono solo apparenza, neanche si curano di
avere un minimo di tatto, si donano a te come regali già scartati. Le
scrivo che possiamo uscire, alle nove, tanto per. Non mi sento neppure
più io, che prima ero sempre contento di conoscere qualcuna, curioso di
assaporare le labbra e la pelle di ogni nuova ragazza, scegliendo con
cura le mosse, i gesti, per lasciare in ognuna il migliore ricordo di
me. E ora, completamente incurante di ogni cosa, accetto solo per non
lasciarmi abbandonare alla noia. Ma Maya, io cosa ho contato per te?
Sono vere quelle due parole che mi hai sussurrato prima di andartene?
“Ray, mi ascolti?”
“No, Sere.”
“Andros ha una sorella. Magari potresti conoscerla.”
Mi ritornano in mente le parole di Ste. “Samu ha una cugina, ci devi uscire assieme.”
“No, grazie. Non uscirò più coi parenti dei consorti dei miei fratelli.”
Sere non sembra capire, un punto di domanda sulla sua testa. “Come ti
pare. Domani non ci sono, ho una sfilata a Nuoro. Riesci ad arrangiarti
per pranzo?”
“In qualche modo ce la farò.”
Poi penso che mia sorella non ha mai preparato il pranzo, e mi viene da ridere.
“Odio questo posto, Ray. È ancora peggio di notte.”
“Marty non ti sento!”
La musica altissima copre la mia risposta. Ci sediamo sul divanetto che
avevano occupato assieme al proprietario il giorno precedente. Il
Chico, pieno di gente fino a scoppiare.
Le ballerine si muovono sopra i tavoli, e più di mille tra ragazzi e ragazze ballano sotto la pedana del dj.
“Scusa se ti ho portato qui, ma voglio solo vedere se c’è.”
Quasi glielo urlo nelle orecchie. Marty mi capisce al volo e mi fa segno di andare a ballare.
“Non capisco perché mi avete trascinata qui… e lo sapete quanto odio le discoteche!”
“More, zitta e entriamo!”
Vera sembra sprizzare di gioia, Chiara si guarda intorno alla ricerca
di Federico, Morena sbuffa e si lascia cadere su un divanetto appena
lasciato libero.
Una cameriera si avvicina, e Vera ordina due Sex on the Beach, ma
Morena fa segno di no deciso con la mano, guardando i ragazzi che
ballano.
“Morena metti in tasca quel muso e divertiti! L’estate è cominciata e io sto a secco di ragazzi, e pure tu!”
Morena non risponde, e forse è meglio così.
“Chiara, quello è Federico?”
“Si, cazzo! Ragazze posso andare da lui?”
“Vacci, a tuo rischio e pericolo!”
Chiara si fionda da lui, e cominciano a ballare assieme, avvinghiati.
“Guarda ho visto Ray laggiù, quello che ti fissava stamattina. Quanto è bello…”
“Vai da lui, Vera. È solo.”
“Mica ti lascio qui.”
“A me non dispiace.” Morena le sorride, incoraggiante. “Spicciati o te lo fregano.”
Vera le da un bacio sulla guancia e si dilegua.
Morena resta al tavolo, girando il drink di Vera, distratta.
Marty se l’è filata con un tipo, dicendo di chiamarla quando volevo
andare via. Peccato che il mio cellulare ce l’abbia lei nella sua
borsa.
Cerco di scozzarmi di dosso mani di ragazze infilate in ogni dove, senza volto né nome.
E poi, davanti a me, due occhi azzurri, capelli ricci, sorriso
smagliante. Alla sua vista, le altre ragazze si dileguano, cancellate
dal colore del suo sguardo incomparabile, dalla determinazione di
avermi suo.
Balliamo, e mi sussurra all’orecchio il suo nome. Vera. L’ho vista
stamattina, al bar. Si attacca a me come se fossimo una cosa sola.
Si avvicina a me per essere baciata e io l’accontento. La mia voglia sale. La prendo la mano e ci spostiamo da quella baraonda.
Lei è là, e lo vede stretto ad un’altra. Sente il suo cuore che
sovrasta la musica. Sbuffa, pensando che lui non è tornato lì per lei,
ragazza sconosciuta e inutile, sogno del momento. Dimenticata. Chiude
gli occhi per ricacciare indietro le lacrime, le sistema dove ha messo
tutte le cose impossibili, che gli altri non dovrebbero mai vedere.
Cieli aperti, ricordi tristi e felici, rimembranze di canzoni, la
sensazione delle labbra calde di lui sulle sue…
Vera ci sa fare, quasi più di me. Si spoglia e mi spoglia, febbrile,
divorando con la lingua ogni centimetro di pelle. E diventa un
gioco, chi sa fare meglio il sesso, divorandoci a morsi, a graffi,
quando la sento respirare forte sotto di me, guardandomi con gli occhi
sgranati, nel buio di quella stanza, avvinghiata alla mia schiena.
Sorrido sentendola gemere, e capisco di aver vinto.
Spero che la storia vi stia incuriosendo... grazie mille a chi commenta o mette le mia storia tra le seguite, le preferite o le ricordate. Mi rendete immensamente felice. =) Fatemi sapere cosa ne pensate... Vi avviso: la storia comincerà a svilupparsi tra due capitoli.......
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Capitolo 6 *** La situazione è... ***
capitolo 6Vera
si sveglia, e quasi contemporaneamente anche Chiara. Il letto dove
Morena avrebbe dovuto dormire è vuoto. Come sempre. Sanno dove trovarla.
Chiara pronuncia un “'Giorno” non tanto convinto, e Vera spalanca le finestre. La luce inonda la stanza.
“Cazzo, Vera! Vuoi accecarmi?”
Chiara rificca la testa sotto il lenzuolo e Vera sbuffa. “Ma che dici! È una giornata di sole splendida!”
“Hai dormito bene, vedo... sei tutta allegra.”
Vera fa un sorriso furbetto guardando l'amica nascosta sotto il lenzuolo. “Ieri notte è stato bellissimo...”
Chiara fa capolino di nuovo dalle lenzuola, i capelli sconvolti, un bel
paio di occhiaie sotto l'espressione curiosa. Vera non fa in tempo a
dire nulla di ciò che non vedeva l’ora di sputare fuori, perché dalla
cucina arriva la voce di Morena che canticchia, e un profumo delicato
di thé.
Morena si muove tra gli utensili e gli sportelli di casa di Vera con
disinvoltura. Ha aperto la porta-finestra e il vento solleva le tende
bianche formando ombre suggestive alle pareti.
“Ho preparato the verde e biscotti al cioccolato per Vera, caffèlatte e
muffins per Chiara, spremuta d’arancia e brioches alla crema per me… e
per tuo fratello, quando si alza il caffè, già nella caffettiera.”
Morena sorride alle amiche, vestita e pettinata di tutto punto.
“Ma da quanto sei sveglia?”
“Da un po’… ma ho aspettato voi per fare colazione.”
Chiara si siede a tavola e comincia a divorare tutto ciò che le piace. “Graffie Mose… Scei sempe gentie.”
Vera si siede accanto a Chiara e di fronte a Morena. “Che hai detto?
Chia fai schifo! Ingoia quei cinque muffins che hai in bocca!”
“Scusate… ma sono troppo buoni. Dovresti aprire un bar, More!”
Morena ride e guarda fuori, senza rispondere alla domanda, ma dice:
“Allora, Vera…” I suoi occhi si incastrano a quelli dell’amica. “Come è
andata ieri con Ray?”
“Shh scema! Leo potrebbe essere sveglio!”
“Ma se lo si sente russare da qui!”
Chiara si mangia l’ultimo muffin e ride della sua battuta. Vera addenta
un biscotto e comincia a raccontare, persa nei suoi ricordi recenti.
“Ragazze, Ray è più bravo di me… è stata la volta migliore della mia
vita! Sa perfettamente quello che senti, come muoversi, e… non so
spiegarlo!”
“Vera dai non venire qui!”
“More ma che dici? Dai cavolo capitemi… ho scopato col più sexy dell’isola…”
“Non raccontare i dettagli!” esclama Chiara, rubando un biscotto dal piatto di Vera.
“Sì, invece, così posso fare un resoconto di quello che fa mia sorella quando esce con le amiche.”
Vera, Chiara e Morena si voltano verso la porta. Appoggiato allo stipite, un ragazzo biondo, ghignante, a petto nudo.
“Che palle ti sei svegliato…comunque fatti i fatti tuoi fratello rompiballe.”
Vera riprende a mangiare ciò che rimane dei suoi biscotti rubati da Chiara.
“Buongiorno Leo!” dice Chiara con una vocina. Ha sempre avuto un debole
per il fratello di Vera. L’ha sempre paragonato a una specie di dio
greco. Morena non può che darle ragione…
Leo va verso la cucina e accende il gas alla caffettiera, dando le
spalle al tavolo. Morena fissa la sua schiena perfetta, la parte del corpo che l'ha sempre ammaliata dei ragazzi. “Dovresti venire più spesso a dormire a casa, Morena.
Svegliarsi quando ci sei tu è un piacere.”
Morena ride. “Solo perché ti preparo la colazione?”
“Non stavo parlando di quello.” Si volta e le sorride. Morena arrossisce e riprende a bere dalla tazza vuota.
Leo si beve il suo caffè e torna in camera, salutando tutte con la
mano. Ma non senza lanciare un’occhiata significativa a Morena, sempre
più rossa, quasi del colore della tazza che regge tra le mani.
“Mio fratello è pienamente cotto di te…”
“Non dire cazzate.”
Morena si alza e si mette a riordinare la cucina, seria. “Siamo solo
amici. È più grande di me,chissà tutte quelle che ha intorno.”
“Sempre le solite scuse. Appendi la chiave della cintura di castità, Morena! Ieri notte sei stata l’unica che non ha…”
Vera fa un gesto con la mano che spigherebbe più di mille parole. “Sei
ancora in tempo con mio fratello. E poi c’è sempre la scommessa Ray.”
Morena si volta verso Vera che fa finta di guardarsi le unghie. “Mi
prendi in giro spero! Pensavo che scherzaste… Io non voglio fare nulla
con lui… tantomeno dopo che ci sei stata tu!”
“Ma pensi che a lui freghi qualcosa di quello che è successo? Gli sarà piaciuto e basta. Una in più alla lunghissima lista.”
Chiara mangia l’ultimo biscotto di Vera. “Sai, forse è il caso che vi facciate una storia seria entrambe! Come me e Filippo…”
Sia Vera che Morena la fulminano con gli occhi. Poi Morena si mette a ridere pensando a lei e Ray insieme. Impossibile.
Qualcuno suona al campanello.
“Ma chi cazzo è?”
Ray rificca la testa sotto il cuscino, giurando a se stesso di non aprire. Tanto è Fabio. Sicuro.
Il telefono squilla. “Ma me lo fate apposta?”
Si alza e va verso camera della sorella. Serena è addormentata come un ghiro.
“Pronto?”
“Cavolo Ray… è mezz’ora che sto suonando alla porta. Aprimi dai…”
“Che rompicoglioni.”
Gli sbatte il telefono in faccia e apre la porta.
“Grazie, molto gentile.”
Stefano lo guarda truce e si chiude la porta alle spalle. “Sono le
undici, ma è possibile? Un po’ di responsabilità, cavolo, hai
diciannove anni, sarebbe bene che mettessi la testa apposto…”
“Ste ma perché urli?”
Serena esce da camera sua, stropicciandosi gli occhi.
Stefano alza gli occhi al cielo chiedendosi per quale dei suoi fratelli
sia il discorsetto. Ray nemmeno lo guarda e Serena è mezzo
addormentata. Sbuffa e mette una pietra sopra ai suoi propositi di
rimprovero. Una pietra sopra mille altre.
“Sono venuto a chiedervi chi volevate invitare al matrimonio tra i vostri amici e se avete già un’idea di cosa mettervi.”
Serena si butta a faccia in giù sul divano, bofonchiando qualcosa di incomprensibile tra i cuscini.
“Ho un completo apposta.”
“Spero sia decente.”
“L’ha scelto Marty. E l’ha pagato lei.”
Stefano sembra rincuorato. “Benissimo direi. Mi fido di lei. E per Sere…”
La guarda, si è addormentata a faccia in giù. Stefano sembra in
procinto di ricominciare il discorso, ma chissà con quale sforzo si
trattiene.
“Si comprerà qualcosa, Ste. Per gli amici… boh, quelli che conoscete voi. Marty, Fabio, Nikko…”
Maya.
“Ray ci sei?”
“Sì, scusa.”
Stefano lo guarda, pensieroso. Poi continua. “Fammi sapere che devo
prenotare i posti in ristorante. Ho bisogno che mi fai dei favori,
però.”
“Favori? Perché?”
“Perché vivi a casa mia e io devo lavorare.”
“E Samu?”
“Ma che ti frega! Ti sto dicendo che mi aiuterai, e così sarà.”
Ray guarda il fratello e pensa che non vale la pena rovinare anche il
giorno più bello della sua vita. Dopotutto Ste ha fatto molto per lui.
“Va bene.”
Stefano gli passa una lista di cose da fare. Ray le da una rapida occhiata e si pente di aver accettato. È pressoché infinita.
“Tu sei fuori.”
“Ray, è solo la metà di tutto ciò che c’è da fare. Lo capirai meglio quando ti sposerai anche tu.”
“Io non mi sposerò.”
Stefano ride e mette una mano sulla maniglia della porta. “Lo dicevo anche io. E ora guardami…”
Ray nota in lui una luce che non gli aveva mai visto negli occhi, e gli
sorride. Si sente felice per suo fratello maggiore, sempre così carico
di responsabilità per la sua famiglia, che fa il grande passo per
crearne una nuova. Un po’ lo invidia, perché ha la strada già spianata,
mentre lui ne ha ancora mille da scegliere.
“Mi accompagni?”
“Tesoro non posso. Sto facendo la valigia.”
“Perché, dove vai?”
Cammino in Via Garibaldi, al telefono con Marty. Mi appoggio a un muro, osservando la folla di persone che passeggia.
“Ma non ti ricordi? Sveglio! Devo andare due settimane a Berlino!”
“Perché?”
“Per testare il mio tedesco! No, scherzo… con i miei. Lo sapevi, dai te l’avevo detto! Stiamo da mia nonna.”
“Dopo passo a salutarti. Che palle e io come faccio ora? Devo fare un sacco di cose da donna!”
“Trovati un’altra accompagnatrice paziente e di buon gusto come me! So che è impossibile ma…”
Stacco un secondo il cervello nella parte dell’udito per concentrarmi
sulla vista, e lascio Marty a blaterale sulle sue doti. Una ragazza col
cappello cammina tutta sola andando chissà dove.
“Marty, lascia perdere. Ho trovato la tua degna sostituta…”
“Come hai fatto in fretta!”
“E mi farò anche cinquecento euro…”
Morena cammina sotto il sole, pensando a cosa fare del resto del
giorno. Vorrebbe essere come le sue amiche, capaci passare giorni
interi a letto o a non far nulla. Lei non è così. È attiva,
instancabile. E ha bisogno si un nuovo skateboard.
Entra nel negozio per guardarli. Troppo cari per le sue finanze minime.
“Non so quanto ti convenga uno di quei cosi. Potrei investirti di nuovo.”
Si volta e incontra un paio di occhi azzurri, una faccia pulita e da
schiaffi, barba da due giorni ma comunque molto sexy. Per un secondo
rimane senza fiato. Poi si riprende e si ricorda che per colpa sua
stava per morire.
“Ehi! Stranamente non mi sei venuto addosso… dovrò segnarlo sul calendario!”
Ray ride e guarda lo skateboard di fronte a Morena. “Ti piace?”
“Un casino. Ma è caro.”
Ray fa una faccia come a dire: io non ho di questi problemi. Gironzola
ancora un po’ per il negozio e si dirige verso la porta. Le fa un segno
leggero con la testa per far capire di seguirlo.
“Devi accompagnarmi in alcuni posti.”
“Devo?”
“Devi.”
“E se avessi impegni?”
Rido e cammino un po’ più vicino a lei, che quasi ci tocchiamo.
“Non potresti dirmi comunque di no” le sussurro.
Lei sorride sotto la visiera del cappello. “Come siamo umili, vedo.
Comunque bastava chiedere. Tanto non devo fare nulla oggi fino alle
sei. E i patti sono: tu mi porti dove ti pare, tu mi aiuti a lavoro.”
“Morena la ricattatrice.”
“Più o meno.”
Ha un carattere strano, è seria. Però non troppo. Il tanto che basta.
“Abbiamo una lunga lista di cose da vedere. La prima cosa è scegliere i fiori.”
“Fiori?”
“Per il matrimonio.”
“Ti sposi?”
Morena ride e si ferma di fronte al fioraio.
“Certo! A diciannove anni.”
“C’è gente che lo fa.”
“Tipo?”
“Mia madre l’avrebbe fatto se avesse incontrato l’uomo giusto. Ma ce ne sono pochi al mondo.”
Sembra seria. Io non dico nulla e le faccio segno di entrare. Tra me e
me penso che sono un quarto d’ora in sua compagnia e non ci ho ancora
provato. Cazzo, è un record…
Morena ha un bel paio di occhi chiari, l’espressione pulita e sincera.
È vestita da maschio come sempre, coi capelli dentro il cappello. Io la
osservo mentre sceglie i fiori al posto mio.
Usciamo e facciamo tappa in pasticceria. Anche questa volta è lei ad
assaggiare le torte varie e pasticcini di tutti i tipi. Tanto io non
mangio dolci…
Andiamo in almeno altri cinque negozi per scegliere menù, decorazioni e
cose varie. Scopro che Morena è più che piacevole, è sarcastica,
solare, gentile, ma mantenendo sempre quell’alone di serietà che la
caratterizza. Finiamo le commissioni molto prima del previsto, e
rimaniamo un po’ in giro a chiacchierare.
Non parla mai di lei, nemmeno per sbaglio. Mi fa domande, a raffica
sulle cose più svariate. È strano quando ti accorgi di conoscere
tantissima gente, ma nessuno conosce te veramente. Nessuno mi ha mai
fatto un interrogatorio così approfondito.
“Quindi ti piace il mare o no?”
“Mah… mi piace molto, ma detesto la gente che ci va. Vorrei una spiaggia tutta per me.”
“Magari solo con una ragazza, eh…”
Mi sorride e mi da una gomitata leggera.
“Magari” ammetto.
Ci sediamo in una panchina all’ombra. Mi guarda, pensierosa, seduta
scomposta. Io vorrei leggere nei suoi occhi mille cose, e invece nulla.
Imperscrutabile.
Mi chiede milioni di cose, finché non mi fa la domanda che più detesto.
“Ma tu mica ti chiami Ray, no? È un soprannome?”
“No. È il diminutivo del mio nome.”
“Che è…”
Io non rispondo. Mi sento arrossare leggermente le guancie.
“Dai, dimmelo… Non rido, promesso.”
Sembra sincera. “Ok, ma che palle… Raymond.”
“Non fa tanto schifo.”
“Gentile. Ehi, signorina domandina, viene a pranzo a casa mia?”
“A casa tua? Nemmeno ti conosco!”
“Prima scegli tutto tu per il matrimonio di mio fratello, poi…”
“Ok, ok. Vengo. Ma ad una condizione.”
“Sempre questi ricatti…”
Andiamo verso casa mia. Lei vorrebbe continuare a farmi domande, ma io la blocco.
“Eh, no… ora tocca a me.”
“Spara.”
“Perché ti vesti così?”
“Così come?”
“Da maschio! Ti nascondi…”
Lei si incupisce. “Non mi piace essere guardata. Stare con te ha i suoi privilegi, sai? Tipo… tutti guardano te, e non me.”
“Mica ti mangiano.”
“Lo so. Ma è una fobia.”
“Vediamo di superarla. Drasticamente.”
Mi fermo e anche lei. Mi avvicino al suo viso e le tolgo il cappello. I
suoi capelli biondi si liberano. Vederla così vicino mi fa uno strano
effetto. Mi piacciono un sacco gli occhi, perché sono velati da una
patina di insicurezza che la rende così… fragile. E anche le labbra,
sono perfette, sembrano disegnate.
Morena non dice nulla, ma si vede che è a disagio a starmi così vicino,
a un centimetro dal viso. Allora le prendo la mano, e le sussurro:
“Andiamo per gradi.”
Mi allontano da lei e riprendo a camminare, tenendole la mano.
“Ray, mi stanno guardando…”
“Lo so. E tu non ti curar di loro, ma guarda e passa.”
Lei ride per quella citazione dantesca e si rilassa.
Ray, controllati. Giusto. Controllarmi. Ancora un secondo e la baciavo.
E questo non deve succedere. Primo perché non mi piace veramente, e ho
promesso a me stesso di smettere di uscire con le ragazze tanto per
fare. Secondo perché… perché so come finirebbe. E non voglio perdere la
scommessa. Marty non vincerai stavolta!
Morena si mette a cucinare. Le brillano gli occhi quasi perché è nella
cucina più bella del mondo. Io sono contento perché è dai tempo in cui
Ste viveva con me che non mangio una pietanza decente. Sere nemmeno c’è.
“Ma tu non hai una ragazza che ti piace? Dico… tutti hanno qualcuno di inconquistabile, che bramano…”
“Io no. Di solito ottengo ciò che voglio…”
Lei gira le patate nel forno. Sembra pensare a quello che ho detto. È riflessiva.
Prendo la macchina fotografica poggiata in salotto e le faccio una
foto. Lei se ne accorge e cerca di mettersi di spalle. Arrossisce.
“Ti vergogni?”
“Sì. Di te.”
“Perché?”
“Ma che ne so…”
Mi sorride e le faccio un’altra foto. “Dai, Ray! O devo chiamarti…”
“No, ti prego. Ok, la smetto.”
Morena ride e controlla il sugo che ha preparato. “A te piace qualcuno, invece?”
“Nessuno di particolare.”
“Ti sei mai innamorata?”
“No.” Risposta secca.
“Come fai ad esserne sicura?”
“Lo so. Queste cose si sentono.”
Si siede sul piano da lavoro. Di fronte a me. “E cosa… cioè…”
“Vuoi sapere se ho fatto l’amore?”
“Perché lo chiami così?”
“Cosa?”
Lei sembra non capire un concetto che nemmeno io riesco totalmente ad assimilare.
“Il… sesso.”
“So che tu sei un esperto… di sesso. Però l’amore è diverso. L’amore si
vive, si fa con la persona che si ama. E io non l’ho mai fatto.”
“Mai?”
“Non ho mai fatto l’amore.”
Non sembra vergognarsene. “E il sesso?”
“Tu lo fai troppo spesso secondo me… almeno usi le precauzioni?”
Noto che ha evitato la domanda a piè pari, e non indago.
“Certo che le uso. Sempre. È capitato poche volte di non usarle…”
Morena scende dalla cucina, mi passa accanto sfiorandomi, senza guardarmi, e riprende a girare il sugo.
Non sembra interessata a me. Non le faccio nessun effetto. Ma io voglio giocare…
“Me lo fai assaggiare?”
Lei annuisce e mi passa un cucchiaino. “Com’è?”
“Non ha sale…” mento.
“Strano.” Morena infila piano l’indice nel sugo, fa per portarselo alla
bocca, ma io le blocco il polso. Riassaggio il sugo direttamente dalla
sua mano, lentamente.
“Così è perfetto.”
Morena non dice nulla, attonita, e io le mollo il polso. Mi viene
voglia di baciarla per sentire come sarebbe, per gustare anche il suo
sapore…
La porta d’ingresso si apre, e sembriamo entrambi risvegliarci da una
trance. Lei mi da le spalle e controlla di nuovo le patate, come se
nulla fosse successo.
Ste entra in salotto, seguito da Sere e Samu. Io chiudo la porta della cucina e li raggiungo.
“Oh, ciao Ray,… che buon profumino.”
“Ciao Ste…”
“Andiamo via subito, Sere deve portare Samu a provarsi il vestito. Ma hai cucinato tu?”
“No, c’è una mia… amica.”
“Capisco. Dai, a dopo…”
Se ne vanno e io ritorno in cucina.
La situazione è peggiore del previsto.
Che ve ne pare? Grazie a chi legge, spero che la mia storia vi stia piacendo... =) dal prossimo capitolo dovrebbe cambiare qualcosa......
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Capitolo 7 *** Fuggi da me ***
Morena ha un vero talento per i fornelli. Anche meglio di mio fratello.
“Cazzo che buono” dico, mangiando l’ultimo boccone dal mio piatto.
Lei ride e sembra soddisfatta. Si guarda intorno. Sembra quasi una bambina alle giostre. Una bambina seria e malinconica.
“Quanto è bella casa tua. Vorrei viverci. C’è un sacco di luce.”
Le rubo un pennetta dal piatto. “E ci sono io.” Ammicco un po’.
“La prendo senza di te se me la regali.”
Io faccio finta di offendermi. Ma non resisto. “Non ci credo che non mi vorresti. Tutte mi vogliono.”
Morena alza gli occhi al cielo e mi fissa. “Ceeerto che ti voglio! In un’altra vita.”
Io sporgo sul tavolo per guardarla meglio, ma lei si alza e comincia a sparecchiare.
Mi schiva, forse perché vuole evitare un contatto troppo diretto con me. Previdente la ragazza.
“Comunque…”Mi lancia una rapida occhiata, tra i capelli biondi che la nascondono e continua:
“Io non capisco come fanno certe tipe a non saperti resistere. Voglio
dire, non ci vuole mica molto… e poi dove le trovi tutte queste ragazze
da portarti a letto? Secondo me sono tutte cazzate. Mica siamo così
sceme noi donne…”
Morena armeggia coi piatti nel lavandino. Da le spalle a Ray e non lo
sente neppure arrivare dietro di lei finché non la tocca, spostandole i
capelli su una spalla sola, leggerissimo, appoggiando il petto alla
schiena di lei.
Morena trattiene il respiro e non sa bene che fare. La cinge per i
fianchi prima che lei possa pensare qualcosa di sensato, e comincia a
baciarle il collo, lentamente, sensuale. Morena sente i brividi
percorrerle la schiena, abbandona il piatto nel lavandino; la mano
calda di Ray finisce sotto la maglietta, le accarezza la pelle, e
contemporaneamente continua a percorrerla con le labbra e arriva vicino
all’attaccatura dei capelli, ne assapora il profumo.
La volta deciso, e lei se lo trova a un centimetro dal viso, i corpi
che si toccano. Si perde per un secondo nei suoi occhi, che la fissano,
cercando qualcosa che lei non riesce ad identificare. Morena percorre
con una mano il petto sopra la maglietta, ogni solco ben marcato, fino
a fermarsi sul cuore. Ray riprende a baciarle la pelle nuda, questa
volta più passionale, attaccando il suo corpo a quello di Morena che
più vicino non si può, le mani sulla schiena, poi più giù, sul sedere,
determinato a farle perdere la testa. Lei lo sente avvicinarsi sempre
più alle sue labbra, e gliele sfiora con le sue, per farla desiderare
ancora.
Ma non la bacia. Si accosta all’orecchio e le sussurra: “Piccolina, ti ha salvato il campanello.”
Morena riapre gli occhi che nemmeno credeva di aver chiuso. Ray le da
una pacca sul sedere, e si allontana verso la porta, con una risata
soddisfatta sul viso.
Che stronzo che sono. Lo so, lo so. Però ho una scommessa in corso. E
comunque non mi sento attratto così tanto da lei per perdere
cinquecento euro. È troppo maschiaccio, l’ho già detto. Anche se è
bella, cazzo. C’è stato un punto in cui non credevo nemmeno di potermi
controllare. La sua mano, dritta lì, sopra i battiti del mio cuore. Che
cosa strana.
Apro la porta e mi trovo Fabio. “Ehi, fraté”
“Che ci fai qui?”
“Ma che gentile, sono venuto a farti una proposta e tu mi mandi via!”
“Non ti sto mandando via. Infatti…”
M sposto e quasi mi inchino per fargli segno di entrare.
“Spero che la tua proposta non sia indecente.”
Faccio segno a Fabio di seguirmi in cucina. “Fabio, lei è Morena.”
Morena sorride senza nemmeno guardarmi e gli tende la mano. È
incredibile la sua capacità di fare finta di nulla. Fabio guarda me con
lo sguardo tipico di quando vuol chiedermi se me la sono portata a
letto, perché se non l’ho fatto è un vero peccato.
“More lascia i piatti, dai. Li fa Sere stasera. Devo già ringraziarti se ho mangiato oggi.”
Lei mi sorride e si siede sul tavolo. È proprio un maschiaccio. Peccato.
Fabio si stravacca come sempre sul divano. “Belle notizie. Partiamo!”
“Chi?”
“Io te e gli altri.”
“E dove scusa?”
“In montagna. Trentino. Tre settimane.”
“Ma chi l’ha deciso? E chi sono gli altri?”
“Oh, che palle queste domande. E io che credevo che avresti saltato
dalla gioia! Comunque tutti noi della comitiva, i maschi e le
rispettive ragazze. Fede non ci sarà sicuro, visto che sono giorni che
non mi cerca, e Nikko porta una tipa nuova. Quindi io e te saremo gli
unici scapoli. Ci divertiremo.”
“Tutto questo divertimento quando sarebbe? Non mi piace molto la sagra della salsiccia, lo sai.”
Morena ridacchia, poi cerca di trattenersi. Fabio sbuffa e le lancia un’occhiataccia. “Partiamo il 22.”
“Agosto?”
“Luglio.”
“Sono fuori.”
“Perché?”
“Mio fratello si sposa! Eri invitato pure tu ma visto che non ci sei… fottiti.”
Porto un braccio dietro le spalle di Morena e la spingo verso di me. “Sei invitata anche tu al matrimonio, piccolina.”
Morena mi sorride e annuisce. Tra me e me mi chiedo se riuscirà a vestirsi da donna…
Guido tranquillo, fino a casa di Morena. Lei è una frana con le indicazioni.
“Ecco alla prossima giri a sinistra. L’altra sinistra!”
“More, cazzo, ce n’è una sola!”
“Eh, dai un po’ di inventiva… comunque metti la freccia da questa parte.”
Con un braccio indica a destra. “Ecco siamo arrivati.”
Parcheggio e scendo. La zona non è per nulla paragonabile a quella dove
vivo io. Il mare è lontanissimo. Ora capisco perché le piace casa mia...
Entro a casa sua da un vecchio portone marrone. La prima stanza è la
cucina, che fa anche da salotto. Sul tavolo ci sono rimasugli di un
pranzo al volo, molto diverso da quello che abbiamo fatto noi.
Sopra le mensole diverse foto. Una bambina piccola e bionda sul
triciclo, sempre la stessa più grande sopra una giostra. Sembrano fatte
da una persona dalla mano non molto ferma, perché luci e movimenti si
sovrappongono, sfuocati entrambi. La bambina non sorride quasi mai
sinceramente, ma in maniera timida, come la Morena cresciuta che sta
accanto a me. Sembra che abbia paura di essere troppo felice.
“Sei figlia unica?”
“No, ma mio fratello odia essere fotografato. Le sue uniche foto sono in camera di mia madre. Non c’è nessuno ora però…”
Lei indica un primo piano di una donna. All’inizio l’avevo scambiata
per Morena, ma guardandola meglio è più grande, e il colore degli occhi
è diverso, le labbra sono più sottili. È molto bella.
“Questo chi è?”
Indico un tizio vestito di bianco vicino al mare di chissà quale
spiaggia. Sorride quasi forzatamente, o forse è solo il sole che lo
acceca.
“Mio padre.”
“Ma mi avevi detto che…”
“Infatti mia mamma non si è mai sposata. Ma questo non impedisce mica di avere un uomo. Dai, ho preso tutto. Andiamo.”
La accompagno a lavoro, il solito ristorante. Mi saluta con un bacio
sulla guancia e io con una pacca sul sedere. Lei ride e mi fa il ghigno.
A questo punto la scommessa la vincerò sicuro…
“Morena che fai stanotte?”
“Che palle, Vera! Sono stanca morta, ho finito ora di lavorare…”
“Cavolo è vero che lavori tre giorni a settimana in quella merda di ristorante!”
Morena passa il telefono da un orecchio all’altro cercando di mettersi
il pigiama. Per un secondo è tentata di dire all’amica con chi ha
passato tutto il giorno, però bloccata da chissà cosa non lo fa. Saluta
Vera che sbuffa.
Si lava i denti e si pettina i capelli, canticchiando una canzoncina in
francese che le cantava la madre quando era piccola. Entra nella sua
stanza e nota un pacco blu sul letto che non c’era al pomeriggio e che
prima non aveva notato, forse perché non aveva acceso la luce. Si
avvicina e lo apre. Dentro trova lo skateboard che le piaceva, e un
biglietto con su scritta solo la lettera R. Pensa a Ray e al fatto che
sia completamente pazzo. E dolce anche.
Si affaccia alla porta e urla verso la cucina: “Vado a letto, a domani!”
Nessuno le risponde. Non fa nulla. Tanto ormai c’è abituata.
Entro in camera di Marty e la trovo seduta su una valigia più grande di
lei. La aiuto a chiuderla, e sembra soddisfatta, ma dobbiamo riaprirla
perché per sbaglio c’è finito dentro il suo cellulare. Sempre la solita
Marty.
Rivede la lista delle sue cose da portare, sembra tutto apposto. Tanto
dimenticherà qualcosa, sono più che sicuro. Che palle, mi mancherà,
odio doverlo ammettere.
Le racconto un po’ della mia giornata con Morena, tralasciando dettagli importanti come il fatto che stavo per baciarla.
Una nostra foto, mia e di Marty, ricopre tutta quanta una parete.
“Le ho comprato lo skateboard, quello che le piaceva, e gliel’ho fatto
consegnare dalla tizia del negozio. Dopotutto mi ha aiutato, e l’ho
invitata al matrimonio, tanto vi conoscete, no?”
Marty nemmeno mi ascolta, visto che canta guardandosi allo specchio. “Tanto non ci riuscirai a fartela amica! Perderai, Ray!”
Mi ascoltava. Ma non vincerà.
Corro sull’asfalto. Non so perché mi è venuta in mente Maya. Perché
sempre tu in testa? Mi ricordo di aver anche dato buca ad una ragazza.
Che figura di merda. Ma chi se ne frega dopotutto. Raggiungo la
spiaggia dove con Maya ci eravamo baciati, dopo aver litigato, dopo che
l’avevo tradita, abbastanza vicino al Chico. Sono quasi le due. Decido
di farci un salto, anche se sono solo, tanto per vedere se c’è quella
ragazza dalla maschera d’argento. Il bracciale nella mia tasca, come
sempre.
La musica impazza. Mi viene subito il mal di testa. Vedo il gruppo dei
miei amici dall’altra parte della sala, ma non ho voglia di
raggiungerli.
Mi sento apatico, malinconico. Da un lato voglio Maya, o almeno credo,
e dall’altro voglio dimenticarla. Ma sono ricordi tristi o gioiosi quei
momenti passati assieme?
E finalmente vedo la ragazza. È quella che balla più sensuale tra
tutte, la più bella. Nel piedistallo più alto, con tutto il mondo
intorno. La canzone finisce ed è rimpiazzata da un’altra …e si perde
tra la folla.
Lei scende dalla postazione, e Katy prende il suo posto. Dopotutto non
vedeva l’ora. Ammira Katy per il suo modo di comportarsi, di
fregarsene, di ballare per il gusto di farlo e sentirsi bella. Lei non
si guarda mai allo specchio se non per motivi pratici. Lo fa ogni sera
prima di lavorare, ma si vede con occhi diversi, come se fosse
affacciata ad una finestra e quello che vede la ripugnasse. Lei bella
non si è mai sentita. Cerca con gli occhi quel ragazzo tra mille
persone, e finalmente lo trova, ma sembra cercare qualcuno anche lui,
qualcuno che sicuramente non è lei. Gli passa davanti facendo finta di
nulla, ma è bloccata per la mano. Si volta, pronta a dimenarsi,
quando si accorge che è proprio lui che l’ha fermata, quel dio greco
dagli occhi azzurri.
La musica sembra cessare, le persone dileguarsi. Lui le sillaba la
parola “Finalmente” senza emettere suono, e le fa segno di seguirlo. Il
suo cuore è l’unico rumore che sente. Si allontanano dalla folla, in un
posto dove potersi guardare in silenzio.
Lui si avvicina a lei, ma non le toglie la maschera, sicuramente per
paura di un suo rifiuto. Le accarezza le labbra, piano, la fissa nei
suo occhi chiari sfuggenti, lontani. La bacia, senza paura, dolcemente,
e lei… lo guarda, e gli dice “Addio”.
Poi si allontana. Scappa da lui e da tutto quello che comporterebbe
stargli vicino. Può solo continuare a desiderarlo da lontano, vivere
dei ricordi e delle fantasie accumulate in un cassetto. Lei non merita
quella perfezione, quel ragazzo che sembra averla scelta. Non sarebbe
dovuto andare così.
Lui è tutto quello che ha sempre voluto. Ed è totalmente irraggiungibile.
EUEUEUEE
GRAZIE MILLE A CHI LEGGERà E APPREZZERà QUESTO CAPITOLO. SPERO VI SIA PIACIUTO...FATEMI SAPERE... =) _NINIVE_
P.S. VI RICORDO IL GRUPPO SU FACEBOOK: CON GLI OCCHI DI RAY. <3
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Capitolo 8 *** Le mille cose che si tengono dentro ***
f4f4f4NOTA
DELL’AUTRICE: I capitoli che avete letto fino ad ora, eccetto il primo,
sono stati scritti diverso tempo fa. Anni fa. Mi sono presa la libertà
di riportare alcune cose al presente.
E ora torno al presente. Definitivamente.
You said this could only get better,
There's no rush, 'cause we have each other.
You said this would last forever,
but now I doubt if I was your only lover.
Are we just lost in time?
I wonder if your love's the same.
'Cause I'm not over you
Ray cammina in piazza. Solo, come sempre. A volte gli da fastidio
sapere che gli altri pensino che sia cambiato. Più solitario, più
malinconico. In realtà lui è sempre stato così. Nascosto da una
maschera. Come quella che portava la ragazza che l’ha rifiutato. Da un
calcio alla pietra di fronte a sé e la butta nell’acqua del porto.
Esattamente nel punto in cui un anno prima si era baciato con Maya.
Lui non l’aveva mai capita veramente, ma lei non si era nemmeno
avvicinata a comprenderlo. Poche sono state le ragazze che avevano
provato a sfiorarlo. E erano fuggite.
Are we just lost in time?
I wonder if your love's the same.
'Cause I'm not over you
Spesso è la musica a parlargli. Ma lui non sa mai che risponderle. Si
volta e riprende a camminare. Alza il volume e si isola completamente
dalla piazza chiassosa. Ray, ma dove sei finito?
Baby, don't talk to me.
I'm trying to let go
Not loving you is harder then you know.
'Cause girl you're driving me so crazy…
Un pomeriggio nuvoloso. Troppo per essere giugno. Ogni tanto saluto
qualcuno, ma non mi fermo. Esiste davvero la condizione di
invisibilità? Vorrei essere risucchiato all’interno delle cuffie,
perdermi da qualche parte.
Perché tu non ci sei e non dovrei pensarti.
Perché tu mi hai rifiutato dopo che mi hai baciato.
Perché non ho voglia di pensare.
Perché…
How can i miss you if you never would stay?
If you need time i guess I'll go away.
Inside me now there's only heartache and pain.
So where's the fire?
You've become the rain.
La pioggia. Rende tutto più facile. Soprattutto quella che arriva
all’improvviso. Sembra che ci ho fatto l’abbonamento. Rimango immobile
mentre tutti cercano riparo, e ogni goccia sembra scivolarmi addosso
come un ricordo, bello o brutto che sia. Penso a quanto ogni giorno sia
più solo, e che Maya mi manchi, e quasi non respiro…
Mi sento toccare ad un braccio, e due occhi chiari mi guardano,
bellissimi come chi li possiede. Morena, cappello blu, enormi cuffie
alle orecchie. Sorride senza motivo, per la prima volta veramente,
priva di filtri. Anche lei è isolata nel suo mondo di musica. Mi prende
per mano, con tutta la perfezione possibile in quel gesto.
Sarà la pioggia, ma la seguo.
Are we just lost in time?
I wonder if your love's the same
'cause I'm not over you.
Ci ripariamo sotto un portico, dove la pioggia non arriva. Morena
abbassa le sue cuffie e le lascia sul collo, poi prende un auricolare
di Ray e se lo porta all’orecchio.
“Ehi, Ray… Non è possibile.”
Mi passa le sue cuffie e sento la stessa canzone che ascoltavo io cinque secondi prima.
A volte la musica parla. E io davvero non so che dire.
La pioggia passa come era venuta e ci ritroviamo a camminare. Il sole fa capolino da qualche nuvola.
“Sei stato esagerato a regalarmi lo skate.”
Morena sembra scocciata. Avrei dovuto capirlo. Tipica ragazza “non farmi regali costosi che mi sento in colpa.”
Poi invece si ferma. Mi abbraccia forte come se mi conoscesse da sempre e mi sussurra: “Grazie.”
Che cazzata che ho detto. Morena non è nessun tipo di ragazza. È solo Morena.
Sembra più femminile oggi, anche se come sempre è vestita
semplicemente, canottiera, jeans e cappello. Forse è perché ha i
capelli sciolti sulle spalle. È la prima ragazza che conosco che non fa
di tutto per mettersi in mostra di fronte ai miei occhi.
E allora perché mi stai vicina?
“Ma dove stavi andando, Ray?”
“Da nessuna parte e dappertutto.”
“Bene, è anche la mia destinazione.”
Le nostre mani si incontrano, naturalmente, senza malizia. Riprendiamo
a camminare, così, vicini ma distanti, ognuno nei propri pensieri.
Chissà perché con Morena è tutto più facile.
Ci fermiamo di fronte alla fontana, e mi viene da sorridere. Maya, che pazza che sei stata…
“Ehi, tutto ok?”
“Sì, perché? Che ho fatto?”
“Non sono abituata a vederti fare sorrisi del genere. A che pensavi?”
Mi volto verso di lei. Tengo la mano di una ragazza che nemmeno conosco. Ma nemmeno Maya conoscevo.
“Storia lunga.”
“Ho tutto il tempo, se vuoi.”
Ci sediamo su due gradini della piazza, io più in alto, e le racconto
tutto. “L’anno scorso… beh. Una ragazza è piombata letteralmente nella
mia vita…”
Le dico tutto quello che ho sentito, provato in quei pochi mesi che
l’ho vissuta. La sensazione di benessere di quando ero con lei, i suoi
sorrisi, i giochi, l’amore… tutto quello che mi viene in mente, e sono
un fiume in piena per la foga di raccontare, tanto che lei non segue
più l’ordine dei miei pensieri.
“Aspetta, non ho capito. Prima tu le hai messo le corna, e poi… lei le ha messe a te? Col tuo migliore amico?”
“Sì.”
“Cazzo. Porca puttana.”
Rido. Morena la camionista.
“E ti sei innamorato di lei?”
Morena che legge nei miei occhi.
“Ma che ne so…”
“Ray, ma certe cose si sentono! Tutto quello che mi hai detto di aver provato… era vero?”
“Sì. Ma… penso che l’avessi amata davvero non l’avrei tradita.”
“Ma lei ha tradito te.”
“Ma io ho baciato un’altra.”
“Questo non la giustifica.”
“Questo mi ha fatto capire quanto io sia stronzo.”
“Stronzo è un aggettivo che ti sei messo tu stesso addosso. Tu non sei stronzo.”
Sorrido tra me e me. Scendo di un gradino e metto le gambe intorno alla
sua vita. Lei appoggia la sua schiena al mio petto, vicina, ma lontana.
“Piccolina, tu che cosa sai di me?” le sussurro, quasi impercettibile, all’orecchio.
Morena non risponde, chissà a cosa pensa. Circondo il suo corpo con le braccia, e lei poggia le sue mani sulle mie.
“Lo so, Ray. Tu non sei stronzo.”
Le do un bacio sulla guancia e la stringo forte. “Spero tu abbia ragione, piccolina.”
Per una volta mi sento strano. Non irriverente, non sfacciato. Sono
seduto su un gradino, ad abbracciare una sconosciuta a cui mi sono già
affezionato.
Per una volta, mi sento fragile.
Morena suona il campanello di casa di Vera. Ha addosso il profumo di
Ray, ma non le dispiace. Ha fatto tardi all’appuntamento, quasi un’ora
di ritardo. Vera sarà incazzatissima. La porta si apre e Morena spera
che l’amica sia già uscita senza di lei.
Un paio di occhi chiari, bellissimi come chi li possiede. Non è Vera, per fortuna.
Morena sgrana gli occhi e non dice nulla. Di sicuro non credeva di
trovarsi davanti Leo mezzo nudo, con addosso solo un paio di boxer blu.
Si perde per un secondo sul suo corpo assurdamente perfetto, gli
addominali, le spalle. Poi si riprende e dice: “Ehi” a mezza voce. Morena hai davanti un dio greco…
“Ehi.” Risponde lui, sorridendole. Di sicuro l’ha svegliato, visto che è spettinato e assonnato.
“Dormivi?”
Lui annuisce e si stiracchia. Non sembra per nulla a disagio per il
fatto di non essere vestito. Morena pensa che quel corpo perfetto è
stato studiato da un numero non precisabile di ragazze, mentre per
altre rimarrà solo un sogno. Lei ce l’ha davanti. Che condizione
anomala. Un po’ come quando è andata a casa di Ray per cambiarsi… ma
che palle, perché c’è sempre lui in mezzo?
“Piccolina ma che ci fai qui?”
Ecco, ma perché anche lui mi chiama così? Morena fa finta di nulla e cerca di guardare altrove. Ovunque ma non posare gli occhi sul suo corpo… Troppo tardi.
“Dovevo andare a fare shopping con Vera.”
“Ah, si… Vera ha detto qualcosa a proposito di uccisioni di amiche e cose varie.”
Le sorride (oh mio Dio…) e le fa segno di sedersi .“Vado a vestirmi, ok? Torno subito.”
Morena si siede al tavolo mentre guarda il fondoschiena perfetto di Leo allontanarsi.
Sono da sola con Leo…adesso prendi i piedi e te ne vai. Ma che faccio? Mi prendo in giro da sola?
Leo rientra in cucina. “Che fai, la aspetti?”
“Ehm… no, magari la chiamo.” Morena si alza in tutta fretta, ma in un
secondo lui è di fronte a lei, che fa un passo indietro, ma trova il
muro. Cazzo.
Leo la blocca contro la parete. Le sfila il cappello deciso. I capelli si liberano, arruffati. “Vuoi scappare?”
Vorrei ma non posso…anzi. Potrei ma non voglio…
Il cuore di Morena comincia a battere forte, e lui si avvicina sempre
più al suo viso. Con una mano la cinge in vita, mentre l’altra le
scosta i capelli dagli occhi. Poi scende più giù, sulle sue labbra, le
ridisegna dolcemente, guardandola.
“Sei proprio bella quando hai paura. Ma che dico, sei bella sempre.”
La stringe a sé, e comincia a baciarla piano, sul collo.
Oh, Dio… no, riprenditi Morena! Non devi… oh, cavolo se ci sa fare…
Morena si lascia sfuggire un sospiro. Lui sorride e ne approfitta per
attaccare il suo corpo al suo, deciso, con forza, per farle capire che
la desidera e in maniera implicita le lascia immaginare tutto quello
che le farebbe.
“Leo, Leo, ti prego… aspetta.”
Lui la guarda serio, tra il divertito e l’arrabbiato. Le punta i suoi occhi azzurri addosso.
“Mi sono trattenuto fin troppo. Tanto è inutile che fai finta di nulla,
lo vedo che mi vuoi. Te lo leggo in faccia. Mi sono stufato di tenermi
tutto dentro. Adesso sei qui, e ti voglio. Forza, dimostrami che non te
ne frega nulla. ”
Forza, Morena, dimostraglielo! Ma che dico, io gli farei di tutto a questo qua!
Morena incastra le dita tra i capelli di Leo e lo bacia, con foga e
passione e tutto quello che prova in quel momento. Gli morde le labbra
e lotta con la sua lingua, con le sue mani che le percorrono il corpo,
vogliose. Lui sembrava aspettare quell’incontro da secoli,
quell’istante in cui l’avrebbe avuta solo sua.
Era successo altre volte, molte altre. Si vedevano di nascosto, nei
ritagli in cui erano soli. Era stata Morena a baciarlo la prima volta,
e poi tutto il resto era venuto da sé…
Leo non resiste più. La prende di peso la fa sedere sul tavolo.
Le infila le mani sotto la maglia e cerca di spogliarla, febbrile.
“Leo, sei pazzo? E se ritorna Vera?” gli sussurra lei, cercando di
fermarlo.
“More.” Le prende il viso tra le mani e incastra i suoi occhi a quelli
di lei. “Io sono pazzo, si, di te… non ce la faccio a vederti così di
nascosto, a baciarti e averti come se stessimo facendo qualcosa di
proibito. Ho voglia di te, ora! Sai quanto mi frega di Vera?”
Riprende a toccarla, ma lei gli ferma le mani, e lo guarda, serissima. “Lo sai che non è per Vera.”
Lui in tutta risposta la bacia con più foga.
“Leo, Leo… mi fai morire così.”
“Ora sai cosa provo.”
Morena percorre con le mani tutto il suo petto, fino all’orlo della
maglia, gliela sfila, mossa da un impulso che si trova in un punto
imprecisato dello stomaco. “Molto più facile se collabori…”
Lei sorride e lo stringe forte, le mani sulle spalle nude, Leo riprende
a baciarla; scende più in basso con la mano, fino ad arrivare al
bottone dei jeans. Lo sgancia, piano, con una mano.
Questo è pazzo.
“Vuoi farlo qui?”
“Non mi interessa dove. Basta che…”
Leo si blocca, guardando la porta.
“Leo…?”
Lui le fa segno di stare zitta. “Cazzo, è rientrata Vera.”
In una mossa fulminea si allontana da Morena e si rinfila la maglia. Vera apre la porta d’ingresso, parlando con Chiara.
“Ehi, eccola qui… More, cazzo ma dov’eri? Potevi avvisare!”
“Scusami… ho avuto un contrattempo.”
Un contrattempo di nome Ray.
Sembra una papera rauca. Ha ancora addosso il tono di voce usato con
Leo. Si schiarisce la gola e guarda le sue mani come se fossero la cosa
più bella del mondo.
Leo si appoggia alla cucina, fingendo indifferenza. Lancia una breve
occhiata a Morena mentre Chiara va in bagno e Vera in camera a
cambiarsi.
“Cos’è, hai avuto paura? Sai cosa mi frega di Vera!” gli sussurra Morena, impercettibile, facendogli il verso.
Leo sbuffa e la tira verso di sé. “Possiamo dirglielo ora se vuoi. Ehi,
Vera, lo sai che da un po’ di mesi vado a letto con la tua migliore
amica?”
“Shh, idiota, ci sente…”
La bacia, di nuovo, sensuale e profondo. Lei ride e lo morde.
“E comunque non finisce così questa storia. Sei mia More, qualunque cosa tu faccia.”
Morena rientra a casa, affamata. Ha rifiutato l’offerta di Vera di
restare a pranzo, perché non avrebbe retto gli sguardi di Leo
dall’altra parte del tavolo, o le sue mani che si infilano in ogni dove
mentre mangia. L’ultima volta aveva quasi fatto cadere un piatto…quel
ragazzo è fuori di testa.
“C’è nessuno?”
Zero risposte. Di nuovo sola. Prepara un pranzo veloce cha sarebbe stato molto più buono se consumato in due.
Non fa in tempo a sedersi a mangiare che le squilla il telefono.
“Pronto?” dice, con un po’ troppa enfasi.
“Ciao, piccolina.”
Riconosce subito la voce, bassa e calda. Ray.
“Ehi…”
“Chiamo per farti una proposta…”
Ma come l’ha avuto il mio numero di telefono?
Morena ridacchia. “Basta che non sia troppo indecente.”
“Lo sai che non sono così.” Lo sente sorridere dall’altro capo della
cornetta. Giusto… tu lo fai e basta. “Stanotte devi fare qualcosa? Se
si, annulla tutti gli appuntamenti, se no…”
“Se no?”
“Vieni con me al mare.”
Morena si siede sul mobiletto del telefono, pensierosa.
“Al mare? Di notte?”
“Non mi sembri la tipa che va al mare di giorno, visto che ti nascondi dietro la visiera di un cappello. Quindi?”
“Forse.”
“Come forse? Allora lo chiedo a un’altra.”
Scommetto che sei pieno di ragazze che verrebbero al mare con te di notte. E che farebbero anche altro.
“Dai, posso dirti un si al settantacinque percento.”
“Novanta.”
“Ottantacinque.”
“Cento.”
“Novanta.”
“Bene, quindi è si. Passo a prenderti alle dieci.”
Che palle, perdo sempre a questo giochetto delle percentuali.
“Ma non dobbiamo fare il bagno, vero?”
“Se non vuoi no. Volevo solo parlare.”
Morena non dice nulla, e lui aggiunge. “Se vuoi però posso fare tutto quello che vuoi.”
Lo sapevo. Lei ride e lo saluta.
“Ciao, piccolina.”
Scende dal mobile e si siede di nuovo a tavola. In due giorni è stata
quasi baciata da uno, e con un altro ci ha quasi… beh, diciamo che sono
situazioni diverse.
Rimescola il riso con la forchetta, ma non ha più voglia di mangiarlo.
Ci gioca ancora un po’, poi lo butta tutto nella spazzatura. Si vede
anche lei precipitare lungo la busta nera, cercando di aggrapparsi come
tutti quei chicchi a qualcosa di scivoloso.
“Fratè, lo sai che stanno dicendo che ti sei fidanzato con una tipa?”
“Ma chi è che lo dice?”
“Boh, tutti.”
Ray aggrappa il telefono tra la spalla e la guancia e cerca di lavarsi
i denti. Sputa nel lavandino e risponde a Fabio: “E chi sarebbe questa?”
“Una certa Morena.”
Ride e si mette a posto i capelli. “Siamo solo amici.”
“Ma è la ragazza che era ieri a casa tua?”
“Sì.”
“E te la sei…”
“No, Fabio. Siamo solo amici.”
Fabio non dice nulla per un po’, e Ray pensa sia caduta la linea, ma poi esplode in una risata.
“Si, solo amici… mi fai morire.”
“C’è qualcosa di strano?”
Ray pensa che Fabio sia, come Marty, del pensiero che lui non possa avere un’amica. Sbuffa e prende le chiavi della macchina.
“Non riuscirai a non portartela a letto.”
“Vedremo. Comunque, perché hai chiamato?”
“Un amico non può chiamarti solo per sentirti parlare?”
“Sembri innamorato di me così. Dimmi la verità, bugiardo.”
Ray sale in macchina e mette in moto.
“Volevo sapere se ti andava di uscire con noi del gruppo, almeno in questo periodo che non c’è Marty.”
“Mi dispiace, ho già un impegno.”
“Beh, ci ho provato. Ma con chi, se posso saperlo?”
“Morena naturalmente” dice Ray, come se la risposta fosse scontata.
Fabio sospira come a dire: “L’abbiamo perso” e riattacca.
Morena scende dalla macchina già scalza. Ray pensa che per una volta
sembra tranquilla, non mossa dalla fretta o dalla vergogna. Finalmente
un’ombra di femminilità si affaccia sul suo corpo. Niente cappello,
niente magliette larghe. Solo capelli biondi, mossi, un viso splendido
e un paio di occhi velati dalla malinconia.
La spiaggia è vuota e quasi totalmente al buio. Le uniche luci che si
vedono sono quelle riflesse sull’acqua da barche lontane, e la luna e
le stelle.
Non poteva scegliere serata migliore. Prende la macchina fotografica
dal sedile posteriore, sentendola troppo pesante. Ha quasi paura di
avvicinarsi all’obbiettivo, di premere il pulsante per scattare la
foto. Ma con Morena è al sicuro, perché lei non lo giudicherà. Si sente
rilassato, seguendo il moto perpetuo delle onde che toccano la riva e
scappano di nuovo, ma pronte già a ritornare.
“Adoro il mare.”
Lui la cinge in vita, senza sapere cosa risponderle. Basta il suo
silenzio. Morena si bagna i piedi nell’acqua calda, voltandosi verso
Ray.
Dove sei Ray?
Vorrei dirmi che non sono mai andato da nessuna parte, sono sempre
rimasto qui, coi piedi per terra. È il mio pensiero che è corso via,
lontano, ha seguito la scia di quella ragazza andata via. è davvero
così difficile dire a qualcuno che lo ami? Solo se davvero sei
innamorato, forse.
Morena si volta verso di me, mi guarda, e la trovo bellissima. Ha
qualcosa negli occhi che tiene nascosto, che non riesco a raggiungere,
ma non in questo momento, dove sembra fissarmi senza barriere, come se
fosse nuda di fronte ai miei occhi. A che pensi, Morena?
Le scatto una foto. Lei sembra risvegliarsi da un incantesimo che non
credeva di avere addosso. Si avvicina a me e ci sediamo sulla sabbia.
“Ti manca?”
“Chi?”
“Lei.”
Morena poggia la testa sulle ginocchia e sembra non aspettare una risposta. Che invece arriva.
“Sì.”
Mi sdraio sulla sabbia, a osservare il cielo. Dove sei, Maya?
Lei non dice nulla per un po’, poi la sento stendersi accanto a me. “Un
giorno, se capirai di esserti innamorato, prometti di cercarmi per
dirmelo. Voglio capire se sarai diverso.”
“E tu farai la stessa cosa con me?”
“Ovviamente.”
“Scappiamo via da qui? Voglio andare in un posto dove sentire la mancanza della mia isola, del mare, del vento.”
Lei poggia la testa sul mio petto, e io la stringo.
“More, tu vuoi scappare?”
“Dalla mia vita, a volte. Da me stessa. Da gli altri.”
“Da me?”
Morena sembra rifletterci su, soppesare la risposta. “Quando mi guardi
in maniera strana, come se cercassi di raggiungermi all’interno, dove
mi sono nascosta. Ho paura di me stessa e voglio scappare da te. Ho
paura dei tuoi occhi blu.”
Penso che la conosco poco, da poco tempo, ma… c’è qualcosa tra noi, un
filo che ci lega, che possediamo anche quando siamo lontani, senza
saperlo. Ci esploriamo a vicenda, anche se io so poco della sua vita,
ma conosco perfettamente i tratti, le espressioni, i gesti. I pensieri
però, velati dal segreto, rimangono solo suoi, incomprensibili.
Sento la sua mano sul mio petto, scendere piano, solcando con le dita
ogni centimetro di quel percorso che sta tracciando, risalire, e
fermarsi sul cuore, di nuovo. Le do un bacio tra i capelli, senza
sapere bene la logica di quel gesto insolito, automatico, come le
nostre mani intrecciate.
“Vorrei che qualcuno mi dedicasse una canzone. Non alla radio, o…”
Io non le dico nulla, aspetto che riempia i puntini che ha lasciato.
Sorride e si tocca la fronte, come a dire: “Lascia perdere.”
“Dai, continua.”
“Mi prendi in giro.”
“Macché. Fidati di me, More.”
“Vorrei… una canzone fatta apposta per me. Cantata mentre si pensa a me. Mi piacerebbe sentirmi importante per qualcuno.”
“Per me sei importante.”
“Non in quel senso però.”
Già, quel senso.
“Strano come desiderio.”
“Ma è l’unico che ho.”
La stringo più forte, di nuovo. “Tu sai cos’è l’amore? E non parlo di quello tra parenti e familiari.”
“Non ne sono sicura. Non come è descritto nelle canzoni e nei film,
almeno. Dicono che ti batte il cuore in maniera differente… solo che a
me batte violentemente anche in questo momento, ora che sono qui con
te. E non credo possa bastare.”
Poggio la mia mano sulla sua, proprio sopra al mio petto. “E il mio come batte?”
“Forte.”
Le accarezzo i capelli e non capisco più nulla. Non so cosa provo, né
cosa ho provato. So solo che c’è un vuoto che devo riempire, ma non so
come, non so con chi.
Percorro la strada vuota, verso casa sua. Lei guarda fuori dal finestrino, la vedo riflessa sul vetro, perfettamente.
“Grazie, Ray. Anche se siamo così diversi, e ci conosciamo da poco, sto benissimo con te, sul serio.”
Le sorrido e accelero.
“Morena tu hai qualcuno che si avvicina all’amore?”
“Sì, ma non potrebbe mai diventare nulla di più.”
“Perché?”
Lei si volta verso di me, lo noto con la coda dell’occhio. Guarda le
mie mani sul volante. “Avere una relazione comporta milioni di cose
che… non sono disposta ad affrontare. Ho paura, Ray. Non so nemmeno io
di cosa. Sono…”
“Sei fragile, piccolina.”
Ma cosa nascondi oltre le ciglia?
“Lasciami qui, vado a dormire da una mia amica.”
Posteggio al lato della strada. “Grazie per la serata.”
“Grazie a te per avermi pensato.”
Uno strano silenzio è seduto tra di noi, in attesa di qualcosa.
Lei sorride e si sporge verso di me, per salutarmi.
Morena, la ragazza fragile.
Le accarezzo il viso, dolcemente. I suoi occhi grandi e particolari,
sgranati, le sue labbra grandi, non voglio che si allontanino da me,
perché ne sentirei la mancanza. Non capisco che mi prende, perché mi
senta così desideroso di stringerla, forte, fortissimo, baciarla e
crederci davvero. Mi avvicino al suo volto, una mano tra i capelli.
Sento il suo respiro sulla mia bocca vicina alla sua, e vedo le leggere
lentiggini sulle guance, ma non la bacio. Non come nella mia cucina per
non perdere la scommessa. Respingo indietro tutte le emozioni, perché
non voglio rovinare tutto.
Le sto ancora vicino, la accarezzo piano. Morena trattiene il respiro e mi prende la mano che la sfiora.
“Vado” mi sussurra, timidamente.
“Sì” rispondo io a mezza voce.
Scende dalla macchina, resta ferma sul marciapiede. Mi allontano,
guardando quella ragazza speciale diventare sempre più piccola e
scomparire appena svoltato l’angolo.
“Cavolo, mi hai spaventato.”
“Scusami.”
Morena si infila tra le lenzuola, poggiandosi al petto nudo di Leo.
“Tu e le tue entrate dalle finestre… non mi abituerò mai.”
“Se vuoi la prossima volta suono il campanello” risponde Morena, ironica.
“Semplicemente vorrei che fossimo una coppia normale, alla luce del
sole. Mi piacerebbe stare con te di fronte a tutti, viverti
apertamente. Non mi basta ciò che abbiamo ora.”
“Zitto e baciami, Leo.”
Leo la bacia, dolce, perché non può resistere a quella ragazza che lo fa impazzire.
Grazie a te che hai letto! Come ti sembra stia procedendo la storia?
Ricordo il gruppo su Facebook "Con gli occhi di Ray." Un bacione, _ninive_
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Capitolo 9 *** Due settimane con te ***
DAOSBCDOQEBCInfilo la chiave nella toppa e giro velocemente, poi mi sbatto la porta alle spalle. Perché questa sensazione di...? Di cosa?
Lancio le chiavi sul tavolo e scaravento le scarpe lontano, rabbioso.
Dopo due settimane passate con Morena, sempre e solo con lei, qualcosa
si è mosso in me. Ricordi, sensazioni e... un gusto sulle labbra che mi
manca, che non capisco.
Mi spoglio, apro la finestra della mia stanza e faccio entrare il vento
fresco d'estate. Estate, estate... che cosa ha portato il tuo vento in
me? Perché mi sento così diverso?
Scaravento il mio corpo sul letto, come se non avesse peso, e lascio
che la mia mente torni indietro nel tempo, a quei giorni vicini che mi
sembrano lontani, a quei momenti che ho impressi negli occhi come
poster dai colori accesi...
Morena, che mi sorride oltre il vetro della finestra.
“More, cazzo... sono le tre di notte!”
“Shh, Ray. Fammi entrare, dai.”
Le apro e lei entra. “Come hai fatto ad arrampicarti?”
“Facile, con l'albero di fronte. Scusa, non volevo romperti le palle. È
che non riuscivo a dormire, sono andata a fare un giro con lo skate e
casualmente sono arrivata qui, senza neanche accorgermene.”
Le do un bacio sulla guancia, per dirle che non fa nulla. Tanto non
dormivo nemmeno io. Che fastidio l'insonnia, per un paio di occhi
castani che si insinuano tra i pensieri.
Mi siedo sul letto, incurante del fatto che indosso solo i boxer. Tanto
non succederà nulla tra di noi. È come un rapporto tra bambini, che non
conoscono il senso del pudore e non si giudicano. Una cosa molto
strana.
Morena si staglia contro il cielo e il mare, dello stesso colore, oltre
il vetro della finestra. Indossa una canottiera blu, e un paio di jeans
stretti; porta i capelli sciolti sulle spalle, e ha un'espressione
dolce e allo stesso tempo malinconica, che adoro. Le faccio segno di
sedersi sul letto accanto a me e lei si avvicina, cauta. Vorrei
chiederle se ha paura di me, delle mie possibili reazioni, anche se non
dovrebbe averne.
“Non oso immaginare quante ragazze in questo letto tu abbia... insomma, hai capito.”
Le sorrido e lei si sdraia sulle lenzuola sfatte. Fissa il soffitto a
cui è appesa la stessa gigantografia che c'è in camera di Marty.
Mi sporgo verso di lei, il mio viso proprio sopra il suo.
“Veramente, nessuna.”
“Nessuna? Nemmeno... Lei?”
“Non ci abbiamo fatto nulla se è questo che vuoi sapere. Nulla di particolare.”
“Non ci credo.”
“Devi.”
“Perché?”
“Il mio letto è sacro. Lo farò con chi se l'è guadagnato.”
Lei ridacchia e io mi sdraio accanto a lei, le mani sotto la testa, intrecciate.
“Ma tu cosa fai alle ragazze? Dopo che ti conoscono si rincoglioniscono.”
Io rido, e evito di ricordarle la sua reazione in cucina.
“Cioè?”
“Tutte diventano pazze di te. Tipo...”
“Tipo?”
“Su di te ne ho sentite di belle, ma forse sono solo leggende. Ad
esempio... che 'l'innamoramento' per te ha diverse fasi: perdersi nei
tuoi occhi, sognarti, negare l'evidenza, finire a letto con te, venire
scaricate senza nessun tipo di tatto, continuare a pensarti e
disperarsi.”
Mi sollevo e la guardo, perplesso. “Ma chi te le dice queste cose?”
“Te l'ho detto, lo sanno tutti! Ed è per questo che tutte ti vogliono.”
“E anche perché sono bello da morire?”
Lei mi incastra i suoi occhi nei miei, e mi sorride.
“Forse.”
Penso che non riesco a leggere dentro di lei, che si nasconde nelle più
buie parti di se stessa. Le accarezzo il collo, piano. “E tu a che fase
sei?”
“Nessuna fase!”
“Stai negando l'evidenza?”
“No!”
“Allora... ti perdi nei miei occhi?”
“Sei uno scemo, Ray...”
Mi da un colpo di cuscino e mi abbraccia, ridendo. Però non risponde,
come al solito. Mi sdraio di nuovo, fissando il volto di Marty che
sorride.
“More, tu scopri un sacco di cose su di me, e io non riesco a scavarti nemmeno in superficie.”
Morena si avvicina di pochi centimetri, e io mi volto verso il suo viso
pulito che mi fissa. “Piccolina, chissà perché sei così lontana” le
sussurro, e lei lentamente avvicina una mano al mio petto nudo, come fa
sempre, per sentire il cuore battere. La sento respirare, forte, mentre
accarezza piano la mia pelle calda.
“Sono qui, Ray.”
“No, non è vero.”
“Sì, invece. Proprio di fronte ai tuoi occhi.
“Sei lontana.”
Morena sorride e si avvicina un po’. “E ora?”
Io la afferro e la attacco al mio petto, stretta, e lei trattiene il fiato. “Ora si.”
Mi stringe anche lei, silenziosa. Io le accarezzo la schiena, in
silenzio, perchè non so che dire. Sento il suo respiro farsi regolare.
“More?”
Ma lei è già nel mondo dei sogni. Ridacchio. Un'altra cosa strana,
Morena addormentata nella mia stanza, nel mio letto. “Piccola Morena.
Non ti capirò mai…”
La mattina dopo, quando mi sveglio, lei non c’è più. Sempre la solita storia, Morena che fugge.
Morena, che vuole guidare la mia macchina.
“Sogna, al massimo ti faccio toccare lo scooter o la moto.”
“Hai tutti e due?”
“Certo.”
“Dimentico che sei ricco.”
La spingo, leggero, verso la strada vuota. Ci incontriamo sempre di notte, perché lei deve lavorare.
“Non sono ricco! Mio fratello… beh, risparmia.”
“E tu spendi.”
“Esatto. Ma neanche tanto, eh.”
“Allora mi porti a fare un giro in moto.”
Apro il garage e le lancio il casco. Lei lo afferra al volo.
Salgo sulla moto, e la faccio uscire sul marciapiede. La accendo,
sentendo il rombo del motore che scorre anche dentro me come una linfa.
“Sali, piccolina.”
Morena si infila il casco e si siede dietro di me, aggrappandosi forte.
Guardo i suoi occhi, tutto ciò che si vede di lei, dallo specchietto, e
sembra determinata.
Parto, veloce, e vedo la strada farsi una striscia nera davanti a me,
correre insieme a me e nascondermi dal mondo. Morena stringe forte, ma
io so che non ha paura. Accelero di più, costeggiando la strada che da
sul mare illuminato da mille luci.
Rallento e accosto, di fronte a un sentiero che porta alla spiaggia.
Morena scende dalla moto, e libera i capelli imprigionati dal casco, per una volta raggiante, contenta.
“Guidi assurdamente bene, Ray. Sei da delirio.”
Scendo anch’io e le sorrido, poggiando il casco sul sedile.
“E tu sei pazza.”
La stringo e la sollevo da terra. Lei ride, e io sono felice di saperla felice.
“Vieni, andiamo in spiaggia.”
Mi prende per mano e camminiamo verso il mare, calmo e caldo, come piace a me. E lei? Morena? Mi piace? Ma che ne so…
La schizzo e lei risponde, inseguendomi, scalza, buttandosi sopra di
me. E me la trovo di fronte agli occhi, come il giorno che ci siamo
scontrati, sotto la pioggia. Mi sposto, veloce, anche se non vorrei,
perché vorrei baciarla.
Morena si siede sulla sabbia, liberando i capelli dai granelli. Io la affianco, guardando la luna seminascosta dalle nuvole.
“Ray, che hai lì?”
Indica il mio polso, quello fasciato da una benda blu.
“Nulla.”
“Bugiardo. È un tatuaggio, vero?”
“Se sei fortunata, un giorno lo vedrai.”
Morena mi da un bacio sulla guancia, dolce. Vorrei chiederle se prova
qualcosa per me, ma mi trattengo. Forse perché non vorrei sentire la
possibile risposta negativa. È la prima ragazza che mi fa venire dei
dubbi, a me, che non ne ho mai avuto.
Mi guarda, e ha gli occhi grandi, chiari, quell’espressione dolce e
malinconica che adoro di lei. Le poggio una mano sul collo, leggero, e
lei si bagna le labbra, quelle che vorrei baciare io in questo momento.
Mi avvicino al suo viso, sfiorandola. Chiude gli occhi, e capisco che
anche lei ha voglia di baciarmi, ma… Non lo faccio, di nuovo. Sempre
quella sensazione di paura che mi blocca. “Scusami, piccolina.”
Lei apre gli occhi e mi fissa, vicina. “Sarebbe tutto molto più facile.”
“O più difficile.”
Morena non dice nulla, e si alza.
“Andiamo.”
La riporto a casa, correndo veloce, facendo a gara con i miei pensieri.
Morena scende e mi passa il casco. La saluto con un bacio sulla
guancia, ma lei mi abbraccia, le mani sulle mie spalle, decisa a non
lasciarmi andare.
“Grazie, Ray.”
Le accarezzo il collo con le labbra, senza poterle dire milioni di
cose. Del tipo: non so cosa provo per te, ma qualcosa la provo. Oppure:
per la prima volta mi sento diverso, ma ho paura di rovinare tutto,
anche se so che mi desideri.
Invece me ne sto zitto, a stringerla.
E poi, l’ultimo ricordo, fresco di giornata.
“Ray, oggi è domenica.”
“E quindi?”
“Quindi pranziamo insieme. Sei solo, no?”
“Si, solissimo.”
“Bene, allora… passo da te tra dieci minuti. Fatti trovare vestito.”
“Tanto mica ti dispiace, no?”
“Sogna.”
Ma so che non è vero.
“Ti aspetto.”
Chiude la comunicazione senza salutare, come fa sempre.
Puntuale, suona il campanello, le apro la porta e si catapulta dentro.
“Ehi, piccolina!”
“Ciao, Ray... che facciamo?”
“Non lo so. Per una volta il frigo è pieno, e puoi dar sfogo a tutta la tua inventiva.”
Lei sorride e curiosa sugli scaffali.
Mezz'ora dopo il pranzo è pronto, e lo mangiamo uno di fronte
all’altra, come la prima volta, solo che ora ci conosciamo molto di
più. E io adoro stare con lei, che oltretutto cucina benissimo.
La guardo, mentre cerca il burro per fare una torta. È cambiata, in due
settimane che abbiamo trascorso assieme, tutti i giorni. Sembra più
serena, più aperta, come se ogni giorno avesse fatto un passo verso di
me, timidamente. E ora è tanto vicina che potrei toccarla, se
allungassi il braccio.
Morena sistema tutti gli ingredienti sul tavolo, e li guarda pensando al procedimento per la torta. “Adesso lo fai tu.”
“Che?”
“Dai, io t guido, e tu lo fai. Allora, metti qui la scorza dell'arancia... e lo zucchero.”
Io obbedisco, perché per lei sembra importante. Ecco, ora il burro e le uov... piano, Ray!”
“Scusa... non sono pratico, lo sai.” Comincio a mescolare con la frusta, piano. “Sto andando bene?”
“Si può sempre migliorare.”
“Sempre la solita, mai un complimento.”
Lei ridacchia e si lega i capelli. “Allora diventerai uno chef.”
“Voglio imparare a cucinare, ma non così tanto, piccolina. Dopotutto ci sei sempre tu.”
Morena guarda altrove, lontano da me. “Pensi che rimarremo amici per tanto tempo?”
“Beh, spero. Non ho mai avuto una vera amica, oltre a Marty. Ed è per questo che...”
Mi trattengo, perché sto per dirle della scommessa. Faccio finta di nulla, e continuo a girare.
“Ecco, ora ci metti la farina.”
Una nuvola bianca si solleva tra di noi, e lei tossisce, agitando la mano davanti al volto.
“Scusa, cazzo...”
Mi avvicino a lei, completamente ricoperta di farina. Sbatte le palpebre, ridendo. “Aiuto, ce l'ho dappertutto!”
Le pulisco le guance, e rido anch'io. “Sei carina, però, eh...”
Mi giro, verso la busta della farina, e gliene lancio ancora addosso.
“Ehi! Stronzo!”
“Così sei perfetta!”
Ne prende una manciata anche lei e mi ritrovo completamente pieno.
“Cazzo!”
“Così impari!”
Cominciamo una lotta all'ultimo sangue, ridendo come pazzi, scappando, riempendo la cucina, camera mia e il salotto.
“Vieni qui!”
“Non mi prederai mai!”
Lei salta a piè pari il divano, e la catturo, attaccandola al muro.
Morena respira forte, per la corsa. O perché le sono vicino?
È completamente ricoperta di farina.
“Ne hai anche nei capelli!”
“Anche tu, eh... però sei carino.”
Io le sorrido, e vorrei tanto sapere cosa pensa di me.
“Adoro quando mi guardi così” mi dice, sottovoce.
“Così come?”
“Come se mi volessi. Come se volessi baciarmi.”
Lei continua a guardarmi, mentre io non riesco ad allontanarmi da lei.
Perché anch'io adoro quando mi guarda, quasi spaventata, dolce e
malinconica allo stesso tempo.
“Morena...”
Sussurro il suo nome dolcemente, ma con desiderio. Lei schiude le
labbra, quasi tremando. Io la stringo per la vita, e lei poggia le mani
sulle mie spalle, senza distogliere gli occhi da me. Ancora una volta
mi avvicino a lei, spingendola verso di me, sentendola fremere al tocco
delle mie mani. Chiude gli occhi, e io ripenso alle fasi che mi aveva
detto, chiedendosi se anche lei si sta innamorando di me, e che potrei
mandare tutto a puttane tra noi, ma anche che se non la bacio subito
potrei impazzire, quando invece vorrei morire di lei...
Sento il suo respiro sulle mie labbra, ma ho paura di sfiorarle.
“Baciami, Ray.”
Il suo sussurro mi accarezza piano, come se fossi un gatto, e capisco che non me ne frega più nulla delle conseguenze.
Appoggio appena le mie labbra sulle sue, ma lei scivola oltre le mie mani.
Non capisco più nulla, finché non sento la porta aprirsi e vedo mia sorella e mio fratello entrare.
“Ray, ma che... oh, ciao.”
Morena ridacchia, in imbarazzo, e stringe la mano a Ste, sconvolto per
il casino con la farina, e a Sere, che sembra più divertita che
preoccupata.
Il telefono di Morena squilla, e lei risponde, rientrando in cucina.
“Sì?... Oh, d'accordo. Arrivo.”
Mi guarda, mettendosi il telefono in tasca. “Devo andare, Ray.”
Morena mi da un bacio sulla guancia, molto vicino alle labbra, e la
accompagno alla porta. Lei prende lo skate poggiato sul pavimento, e
senza guardarmi si chiude la porta alle spalle.
“Ma, Ray...”
Sere da un colpo di gomito (visibilissimo) a mio fratello, che stava
parlando. Tra me e me la ringrazio, mentre entro in bagno per farmi la
doccia.
Poi nulla. Il resto della serata l'ho passato all'aereoporto, ad
aspettare Marty, finalmente. È dimagrita, e non si ricorda più i
termini in italiano, solo in tedesco. Mi chiede cosa ho fatto in sua
assenza. Vorrei raccontarle di Morena, ma non lo faccio, perché ci sarà
tempo.
Rientro a casa, e ora sono qui, a guardare il nostro poster. Mando un messaggio a Morena, poi poggio la testa sul cuscino.
Morena rientra a casa, cercando di non fare rumore.
“Eccoti qui.”
“Nonna, sei sveglia?”
La nonna si stiracchia, seduta nella poltrona di fronte alla Tv.
“No, tesoro. Mi sono addormentata qui, come sempre. Fa' silenzio, tua madre è a letto.”
Morena poggia lo skate e lo zaino sul pavimento, sospirando. “Vieni qui, tesoro.”
Morena si avvicina alla nonna, nella penombra. Si siede sul tappeto, e
le prende la mano. “Allora, una bella chiaccherata tra donne...” Morena
sorride, e la lasci proseguire. La nonna si mette apposto i capelli
bianchi, appiattiti dal contatto con la poltrona. “Parlami di questo
ragazzo.”
“Quale ragazzo?”
“Sono vecchia, non rincoglionita, tesoro! Quello bello, con gli occhi celesti.”
“E tu che ne sai?”
“Non ne hai parlato con nessuno, ma io ti ho visto con lui, un giorno.
Aveva una bella moto, il tipo. E non sembra male neanche lui, visto da
lontano e con gli occhi di un'anziana.”
Morena sorride di nuovo, e sente la mano della nonna stringere più
forte la sua. La guarda negli occhi, dello stesso colore dei suoi.
“Dimmi un po'... che c'è tra voi?”
“Siamo amici.”
“Ma ti piace? Dico, quel tipo di ti piace...”
“Si, molto.”
“E... avete fatto qualcosa? Insomma, ci vai a letto?”
“Nonna!”
“Che c'è! Sono ancora giovane, le capisco queste cose!”
Le sorride, e sospira, sentendo ridere la nipote.
“Sei così bella tesoro mio, come tua madre. Non fare le sue cazzate,
scegli bene. Metti prima la tua felicità di quella degli altri. Fa ciò
che ti rende felice.”
“Ve bene, nonna.”
“E scopa, che fa sempre bene!”
“Nonna!!!”
“Tesoro, ma che c'è di male? Hai diciott'anni, certe cose si fanno solo ora, mica alla mia età!”
Morena si alza e le da un bacio, poi va in camera sua. Si cambia al
buio, come sempre. Prende il cellulare e lo guarda. Un messaggio, di
Ray.
“Passo a prenderti domattina, alle 9. Se solo penso che mio fratello,
quel rompipalle, si sposa, mi scende la depressione. Invece penso a te,
e non so perché. Scusami, vorrei essere come vuoi, invece... ti voglio
bene, Morena, non te l'ho mai detto. Sono contento di averti
conosciuto. Dolce notte, piccolina.”
Morena guarda lo schermo del cellulare. Si era dimenticata del
matrimonio. Non ha neanche un vestito. Risponde a Ray, col cuore che le
batte forte, e gli scrive l'unica cosa sensata che riesce a pensare.
“Non vedo l'ora di vederti.”
Poi fa un altro numero.
Come procede la storia? Fatemi sapere... Baci... _ninive_
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Capitolo 10 *** Il matrimonio ***
bcoabcoqucouMorena
abbassa il private glass e si passa il mascara sulle ciglia già lunghe.
Indossa un vestito bianco perlato che le stringe dolcemente in vita,
scollato e corto. Mi sembra di averlo già visto da qualche parte.
Chiude il mascara e lo butta in una borsa ai suoi piedi. Da una
ravvivata ai capelli, se li lega alti sopra la testa e ci infila un
elastico bianco con un fiore.
Io continuo a guidare, ma ogni tanto la guardo. È molto bella. Ma
quello lo è sempre. “Accelera, Ray, siamo in fottutissimo ritardo. In
chiesa avranno già cominciato. Cavolo, sei il testimone!”
Si toglie le scarpe da tennis e le lancia dietro.
“Ehi, attenta, ancora un po’ e spacchi i finestrini!”
“Shh!”
Si infila un paio di scarpe nere, col tacco vertiginoso.
“Ma ci sai camminare su quelle?”
Lei non risponde. Cerca disperata nella borsa. Trova una forcina celeste e se le mette per fermare la coda.
“Non mi hai detto neanche se sto bene o male, vestito così!”
“Sembri persino serio” dice, guardandomi. Indosso il completo che mi ha
regalato Marty, con una giacca nera e un fiore bianco nel taschino.
“Sembro un pinguino?”
“Che dici! Sei molto carino, ti sta benissimo la camicia.”
“Le camicie sono il mio forte. Adoro sganciarle.”
“Spiritoso…”
Prende un grosso pennello da trucco e del phard dalla borsa, e si passa
il pennello sulle guance già rosse. Io lancio un’occhiata alle sue
gambe perfette, e rischio di investire una signora. È assurdo quanto
possa essere camaleontica. È due facce della stessa medaglia: da un
lato, il maschiaccio col cappello, dall’altro la ragazza sexy.
Arriviamo alla chiesa, e tutti sono già dentro. “Cazzo, muoviti Ray.”
Scende dall’auto in un baleno. Corre più veloce di me anche se ha i
tacchi. Cavolo, per essere una che non li usa mai, ci cammina benissimo.
Entriamo in chiesa, e le nostre mani si cercano, come sempre.
“Vai, Ray, manchi solo tu” mi sussurra lei, poi mi da un bacio sulla
guancia e mi spinge avanti. Io mi posiziono, sperando, invano, che
nessuno abbia notato il mio ritardo. Lo sguardo infuriato di Ste mi
trafigge, io gli faccio l’occhiolino e si scioglie, riprendendo
l’espressione orgogliosa e felice che aveva prima. Indossa uno smoking
bianco panna. Samu è raggiante, con le lacrime agli occhi. Il suo
vestito bianco è molto semplice, come è lei, con un leggero riflesso
azzurro. È molto bella.
Sere al mio fianco non smette di piangere, stretta in un abitino rosa.
In prima fila noto mia madre, vestita di blu, in lacrime, che mi saluta
con la mano, e mio padre, sorridente e orgoglioso, mi lancia
un’occhiata di rimprovero per il mio ritardo, ma che poi mi saluta.
Chissà a che ora sono arrivati. Marty, seduta accanto a lui, indossa il
vestito blu che ha comprato con me, e ha piccole roselline tra i
capelli corti arricciati. Il resto dei miei amici non c’è, è in
viaggio, come avevano detto. Scorgo un sacco di persone che mi
salutano, ognuno di loro messo in tiro, felice di un giorno speciale
per mio fratello e Samu. I testimoni di Samu sono due cugini francesi,
venuti appositamente per il matrimonio, gemelli, alti e biondi, che non
capiscono una mazza di quello che dice il prete. Il mio sguardo si
perde oltre la folla, per vedere lei, Morena, che mi sorride,
illuminata da un raggio di sole che entra dalla vetrata, splendente
sopra tutti gli altri. Ricambio il sorriso, e penso che oggi è il
giorno giusto per fare chiarezza, per dirle quello che penso.
Firmo, deciso, dove mi fanno segno, e attendo che finisca la cerimonia.
Gli sposi si scambiano un bacio, e, finalmente, escono fuori dalla
chiesa sotto una pioggia di riso, e auguri, tenendosi per mano e
sorridendosi a vicenda, felici. Io mi metto da parte, e una fila si
forma davanti a loro, pronta a fare milioni di auguri sinceri.
“Ehi, principe, aspetta qualcuno?”
Riconosco la voce di Morena, e sorrido. Mi volto e le do un bacio sulla guancia. “Si, la mia principessa.”
“Allora la lascio in pace.”
“E chi le dice che non è qui, davanti ai miei occhi?”
Lei ride e non fa in tempo a dire nulla, che le squilla il telefono.
“Scusa, torno subito.”
Io la guardo allontanarsi nella piazza, e Marty si avvicina.
“Sento i soldi tintinnare nel mio portafoglio” mi dice, in un tono cantilenante.
“Ma che dici, tu non hai un portafoglio, usi solo carte di credito.”
“Ma Ray, è metaforico!”
“E comunque, non so se vincerò la scommessa.”
“Perché?”
“Marty, guardala. È bella, simpatica, intelligente, un po’ malinconica,
è vero, ma la sto scoprendo giorno per giorno. Io… non so più cosa
voglio, davvero.”
“Te lo leggo negli occhi cosa vuoi. Tu vuoi lei, ma… c’è qualcosa che ti blocca.”
“E non so nemmeno io cos’è.”
Marty sorride e mi abbraccia. “Fai quello che ti dice il cuore, tesoro. Io ti starò vicino, comunque.”
“Lo so, Marty. È per questo che ti adoro.”
“Morena indossa uno dei miei vestiti, l’ho comprato con te.”
“Cavolo, è vero!”
“Mi ha chiamato ieri notte, sul tardi. All’inizio non lo voleva, perché ha detto che costava più di tutto il suo guardaroba…”
Morena risponde al cellulare, scocciata.
“Pronto?”
“Morena…”
“Ciao, Leo.”
“Sei ancora viva quindi?”
“Si, scusa se non mi sono fatta sentire, è solo che…”
“Che?”
Vorrebbe spiegargli tutto, ogni singolo sentimento per Ray, e invece si
limita a sospirare, triste. “Non possiamo più vederci, Leo.”
Leo sta zitto, dall’altra parte della cornetta. Poi: “Perché? Hai trovato qualcun altro da usare?”
“Non dire cazzate, lo sai che non ti ho usato. Io sono sbagliata per te, tu meriti qualcuno di più…”
“Non tirarmi fuori queste storie patetiche, per favore. Non sono stupido, lo sai. Sii sincera.”
Ma Morena è sincera. E sa anche che lui non le crederà mai.
“Tu ti accontenti di baci rubati. Prendimi sul serio, lo sai che non
posso essere una persona diversa, lo sai che sono così. Scusami, tu…
sei una delle cose migliori che mi sia mai capitata, ma… non posso.”
“Ho sempre cercato di capirti, Morena. Mi basta averti accanto, lo sai.”
“Ti accontenti, te lo ripeto.”
“Tu mi basti.”
“Io non basto neanche a me stessa, come posso soddisfare te? Leo, ti prego, non arrabbiarti e non insistere.”
“Io sono qui. Qualsiasi scelta tu faccia.”
“Non devi.”
“Almeno questo posso farlo. Devo farlo.”
Morena si siede su una panchina, aspettando quella frase, aspettando la
catastrofe. Che arriva. “Morena, io mi sono innamorato di te.”
“Oh, Leo, ti prego… scusami. Non parlare più, per favore. Mi dispiace di non... scusami. Ora devo andare.”
“Ciao, More.”
“Ciao, Leo.”
Morena chiude la chiamata e guarda la piazza gremita di gente in festa.
I suoi occhi trovano lui, quel ragazzo bellissimo, col sorriso
mozzafiato, col fisico perfetto, solare, intelligente, mordace, ma
anche serio, che le ha rubato il cuore. Avrebbe voluto parlare a Leo di
lui, sarebbe stato un ottimo amico. Ma la colpa era sua, che l’aveva
baciato, che si era infilata nelle sue lenzuola come un serpente, in
una rete fitta di segreti e frasi non dette. Rimette il cellulare in
borsa e si avvicina a Ray, sentendo dopo ogni passo svanire quel peso
che le attanaglia il cuore.
“Tutto ok, piccolina?”
“Si, tutto bene, grazie.”
“Vieni, ti presento i miei.”
Morena segue Ray, che le prende la mano. Lei pensa che la gente
potrebbe pensare che ci sia qualcosa tra loro due, ma a lei non
dispiace. Sente il suo cuore battere forte, troppo forte.
“More, lei è mia Mamma, Adele, e mio padre, quello che parla al telefono là in fondo, Andrea.”
Morena sorride, educata, a una donna bionda, con gli occhi celesti,
spiccicata a Stefano, il fratello di Ray, molto bella. Lei abbraccia il
figlio e stringe la mano a Morena. “Ciao, cara. Sei la ragazza di Ray?”
“No, mamma, e non metterla in imbarazzo.”
Adele ride. “Scusate, sia me che mio marito. È un bel po’ impegnato, lo
sai, Ray. Siamo stanchissimi, siamo arrivati col volo delle sei
dall’Australia.”
“Caspita, che figo.”
Ray stringe la mano a Morena, che ridacchia. Vorrebbe allontanarsi da
tutto quel casino di mani e auguri, rifugiarsi in qualche posto e stare
da solo con lei, ma deve fare la bella faccia e aspettare.
“Eh si, ma piuttosto logorante, stare lontano dalla famiglia nove mesi all’anno. A proposito, Ray, sei diventato più muscoloso!”
Morena ridacchia per quel piccolo ritratto familiare. Il padre, capelli
neri e occhi azzurri, si avvicina e abbraccia Ray, poi domanda: “ E
questa bellissima ragazza chi è?”
“Tesoro non è la ragazza di Ray, se è questo che stavi pensando. Si chiama Morena.”
“Ma che bel nome…”
“Mia madre è per metà spagnola, era il nome di sua nonna.”
Ray si stupisce, perché non conosce questo particolare della vita di
Morena. Rimangono a parlare altri dieci minuti, poi si avviano insieme
verso il ristorante.
Morena risale in macchina con Ray, si aggancia la cintura e sorride. “Sai, tuo padre è in versione te tra vent’anni.”
“Me lo dicono tutti. Allora non sarò tanto male.”
Ray guida e canticchia la canzone alla radio, Fare a meno di te di Neffa e J-Ax.
“Un giorno è come vuoi, un giorno non è facile, avermi sempre accanto a
te… fortuna che tu sei, più avanti dei miei limiti, e che sei saggia
più di me… mmm… non dire mai bye bye non dire mai vai via, resta
insieme a me io non chiedo di meglio, tanto oramai già sai che sei e
sarai mia, davanti a noi un mondo di strade che si aprono… e anche se
io sto cercando ancora mille scuse… è chiaro che ora io non posso più
fare a meno di te… io non voglio più bruciare nella cenere di una
sconosciuta anche fosse Venere, non ne voglio più saperne io non posso
più… fare a meno di te… ogni giorno farsi una ragazza facile, non ha
reso mai un uomo meno fragile, non le voglio più vedere, io non posso
più fare a meno di te…”
Morena ride, immaginando che quella canzone sia dedicata a lei, senza
sapere che è così. Ray continua a canticchiare. “Tipe mezze nude, e
mezze Gucci e Prada, sgamano i ricconi manco avessero il radar, altre
tipe invece fan le bigotte, se c’hai la tipa arrivano a frotte tutta la
notte… ma queste pensano che non le vedo, ‘ste reginette dell’eros,sanno di plastica peggio che il Lego, ci stavo dentro e non nego, in pieno trip del mio
ego schiavo del piacere e di un placebo… c’è ancora gente che, parla di
sesso debole, ma non ha conosciuto te… mmm…”
Ray lascia la canzone a metà, perché sono arrivati.
“Cazzo, tuo fratello si tiene bene.”
Ray ride, sentendo Morena stupirsi della bellezza del ristorante. “Regalo di mio padre.”
Entrano e fanno un giro intorno alla piscina, ridendo.
“Ti rendi conto che non siamo mai andati al mare di giorno? Solo di notte. Non ci abbronzeremo mai!”
“Ma se sei tu che non ci vuoi andare!”
“Ray, ma chi te lo dice? Sono riuscita a vestirmi così,” indica il suo
vestito bianco, che secondo Ray le sta magnificamente bene, con aria
stralunata “posso benissimo mettermi in costume. Sempre che la spiaggia
sia vuota!”
Ray la prende in braccio e fa finta di buttarla nella piscina, lei si
tiene forte a lui, ridendo come lui non l’aveva mai vista ridere. E
sono di nuovo vicini. Lui le da un bacio sul naso, sorridendole, dolce,
e Morena arrossisce, col cuore che batte di nuovo a mille.
“Vieni, andiamo a sederci a tavola.”
Si posizionano vicino agli sposi, di fronte ai genitori di Ray. Marty
saluta al tavolo vicino, e fa la linguaccia a Ray, che risponde con un
ghigno senza farsi vedere. Poi sente la mano di Morena posizionarsi sul
suo ginocchio, sotto la tovaglia, e lui gliela stringe, dandole un
bacio sul collo.
Mangiano gli antipasti e il primo, e Ray ride perché Morena non riesce
ad aprire una cozza con la forchetta e il coltello. Allora lo fa lui
per lei, servendogliela, amorevole.
Finiscono il dolce, che per una volta sia Ray che Serena mangiano,
probabilmente ripromettendosi di digiunare il giorno dopo, quando fuori
il sole è quasi calato.
Cominciano a cantare al karaoke. Tutti si tappano le orecchie mentre
Stefano canta Gianna, e applaudono quando è Marty a cantare Cambiare.
Poi cominciano a ballare nella sala accanto al ristorante. Dopo due
giri con sua madre e sua sorella, prende la mano a Morena, e le chiede
di ballare. La canzone è lenta, e Ray pensa che non ci sia nulla di
meglio per stringerla a sé.
Ballano vicini, lentamente, mentre Ray la bacia sul collo, delicato, come se fosse una bambola di cristallo, fragile.
Morena sente il suo respiro sulla pelle, le mani intorno alla vita, si sente bene, al sicuro, protetta, serena.
“Vieni, usciamo.”
Escono e si siedono sui gradini, a guardare i fuochi d’artificio,
mentre Marty flirta con uno dei due gemelli francesi, parlandogli un
po’ in inglese, un po’ in francese e un po’ in tedesco, lasciandolo
frastornato.
Andrea da un colpetto leggero ad Adele, e le fa segno di guardare in direzione di Ray e Morena.
“Secondo te c’è qualcosa?”
“Sicuro qualcosa c’è. Di molto indefinito, coi contorni sfumati, certo.
Però è percepibile. È strano vedere Ray che ha così tante attenzioni
per una ragazza. La tratta come se fosse un tesoro prezioso, è dolce.”
“Già, di solito le usa come pezze da piedi.”
“Andre, di cosa ti lamenti? È la tua copia alla sua età.”
Andrea sorride e mette una mano sotto il mento alla moglie. “Finché qualcuno non mi ha cambiato la vita.”
Adele gli da un bacio, guardando Samuela e Stefano ballare in mezzo alla pista.
“La tua benedizione, questo paio di occhi azzurri.”
Marty si avvicina a me e a Morena. Sono le ventuno, e penso si aver passato una giornata bellissima.
“Ray, ti rubo Morena. Dobbiamo fare un gioco tra donne! A dopo!”
“E io che faccio?”
“Ma che ne so!”
Morena se ne va via, trascinata da Marty, dopo avermi lanciato uno
sguardo interrogativo. Mi siedo fuori, su delle panchine, le cuffie
nelle orecchie, per non pensare.
Una macchina nera si ferma di fronte a me, nel parcheggio.
Un paio di gambe perfette fanno capolino dal sedile di dietro, seguite dal resto del corpo.
Una ragazza si materializza di fronte a me. Capelli lunghi, né lisci né
ricci, frangetta che va sugli occhi castani, bellissimi. Labbra grandi,
zigomi alti, sopraciglia arcuate.
Mi sorride, stretta in un vestito nero che mette in risalto le curve perfette.
“Ciao, Ray.”
Leggermente abbronzata, esattamente come la ricordavo, ma molto più donna.
“Maya.”
Lei ride, mettendo in mostra i denti bianchi e perfetti. “Sono tornata.”
Che ve ne pare? Grazie a chi ha letto e messo nelle storie
seguite/preferite/da ricordare la mia storia.... VI AMO! XD Grazie a
chi commenta... Fatemi sapere.. =) _ninive_
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Capitolo 11 *** Dove sono i colori? ***
capitoloooApro gli occhi, e nemmeno mi sembra di aver dormito. Una sensazione di nausea mi pervade, e non so il perché.
Guardo l’orologio e mi accorgo di essere in fottuto ritardo per il
pranzo, ma rimango alcuni minuti tra le lenzuola. È successo davvero?
Maya, Morena… che confusione. Una ritorna, bella più che mai, e
l’altra, che… che? È innamorata di me? E io l’ho capito solo ora. Ma
che dico, è tutta una bugia. Io lo sapevo già. Quello che non so è ciò che provo io.
Chiudo di nuovo gli occhi e tre volti mi appaiono davanti. Il primo è
quello di Maya, che mi sorride, solare come sempre. Il secondo
appartiene a Morena, coi suoi occhi chiari e l’aria malinconica. Il
terzo, alla ragazza mascherata del Chico, ricordo ormai sbiadito.
Mi lavo veloce e vado verso la cucina. Sere apparecchia, canticchiando.
Non sono poi così in ritardo, dai. “Buongiorno, principino.”
“Ciao Sere.”
Il campanello suona e io vado ad aprire. I miei genitori fanno capolino
dalla porta, abbandonano tra le mie braccia vari (e pesanti) vassoi,
poi entrano Ste, Samu e… lei, bellissima, Maya.
Poggio i vassoi sul tavolo e la bacio di fronte a tutti, fregandomene
altamente degli sguardi imbarazzati dei miei parenti, perché lei è
l’unica cosa che voglio, ora. Dopo tanti mesi di distanza, finalmente,
di nuovo tra le mie braccia.
Mangiano, e i genitori di Ray raccontano tutto ciò che hanno fatto nei
trecento giorni che non hanno visto il resto della famiglia.
“E il cameriere mi porta il piatto. L'animale sembrava coniglio! E invece, cos'era??? Un cane!”
“Un cane???”chiede Sere, incredula. A Ste va quasi di traverso l'acqua.
“Carlino, precisamente” aggiunge Andrea, ridendo. “Era anche buono!”
“Che schifo, papà, ti prego!” esclama Ste, allontanando il proprio
piatto. Il coniglio alla cacciatora non gli sembra più così invitante.
“E tu, Ray? Che ci dici? Tanti auguri per il diploma, comunque! Che se
l'aspettava il tuo bel novantacinque!” si congratula Andrea, ridendo.
“Ehi! Che fiducia in me!” ribatte Ray, incrociando le braccia e facendo il finto offeso.
“Tesoro, io credo in te” dice Adele, accarezzando il braccio di Ray con fare amorevole.
“Per fortuna ci sei tu, mamma. Comunque... nulla, ho preso la patente, mi sono diplomato...”
Ray racconta a grandi linee l’andamento dell’intero anno, poi…
“E quella ragazza...?”
Il calcio di Stefano diretto ad Adele colpisce Ray al ginocchio.
“Ehi!”
“Scusa, Ray...” dice Ste, arrossendo. Il suo sguardo percorre il tavolo
e raggiunge Maya, che invece sembra piuttosto incuriosita.
“Parlate di...” comincia, gli occhi che guizzano da Adele a Ray.
“Morena, sì, quella SPLENDIDA ragazza di origini spagnole che ci hai
presentato, ricordi?” ribatte Adele, guardando Ray dritto negli occhi.
Ray capisce al volo. Ai suoi genitori non piace Maya. Ste e Sere si
scambiano un'espressione di puro terrore, ma Samu, che come al solito
non ha capito nulla, cerca conforto in qualcuno, ma trova solo
Maya, infastidita, che invece ha capito tutto.
“Senta, Adele. Non so che impressione può averle fatto Morena, ma le
assicuro che non è come sembra, per niente” dice Maya, con fare acido.
Ray non capisce. “Maya, che…?”
“Quello che posso dire di Morena è che non bacia il primo che le capita
dopo due minuti che gli è vicino, a differenza di qualcun'altra” sibila
Adele, senza guardare Maya.
“Qualcuno vuole una fetta di torta?” esclama Sere a voce esageratamente
alta, cercando di far cambiare argomento alla tavolata silenziosa e a
disagio.
“Mamma, non mi sembra il caso di attaccare Maya, che ti prende?” chiede Ray, incredulo.
“Lascia perdere, Ray. Tua madre pensa che io sia una puttana solo perché ho baciato...” continua Maya, furente.
“Allora, la fetta di torta? Qualcuno ne...?”
“NO!” urlano all'unisono Ray, Adele, Maya e Samu (che ha finalmente capito di che si parla e pronta a difendere sua cugina).
Sere si risiede al suo posto, in silenzio.
“Non azzardarti a usare certe parole con me, signorinella!”
“Cosa le da fastidio, che io dica la parola puttana o che per lei lo
sia? Non ho cinque anni, sono maggiorenne e posso dire quello che mi
pare, baciare chi mi pare senza che una sconosciuta mi faccia la
ramanzina!”
Adele si alza in piedi, facendo ondeggiare i capelli biondi. Il tavolo trema.
“Mamma, calmati, ti prego...” dice Ste, paonazzo, senza capire come una
discussione allegra sia potuta divenire uno scontro a fuoco vivo tra
sua madre, donna notoriamente tranquilla ma senza peli sulla lingua, e
Maya, una ragazza che non si era mai dimostrata maleducata o scontrosa,
anzi.
“Zitto tu! Tanto lo so che lo pensi anche tu e non dici nulla solo per tua moglie...”
“Adele, calmati, non mi sembra il caso di...” si mette in mezzo Andrea, cercando di rimettere le cose apposto. Senza successo.
“La sconosciuta in questione è madre del ragazzo seduto accanto a te, cara… e io voglio solo il bene per mio figlio.”
Maya torna alla carica: “Sì, proprio il bene! Tanto che gli fa visita
due volte l’anno! E comunque, per sua informazione, io e Ray siamo
stati insieme l'anno scorso, quindi non può permettersi di dire cose
del genere di una persona che neanche conosce! Scusate, vado in camera.”
Detto questo, Maya si alza e si dirige in camera sua, sbattendo la porta.
Adele si risiede, furente e rossa in viso. “Mamma, ma che…”
“Non mi interessa quello che pensi, Ray. Non mi piace quella ragazza.”
“Non c’era bisogno di attaccarla. Ha ragione lei.”
“Su cosa?”
“Tutto.”
Stefano si blocca, reggendo in mano quattro bicchieri
contemporaneamente; Samu sgrana gli occhi a quella parola che non si
aspettava; Andrea si copre gli occhi con la mano, Sere diventa
bordeaux.
“Ray, ma…” sussurra Sere, incredula. Non può credere che Ray abbia detto questo alla madre.
“Mamma, non sono affari tuoi quello che faccio io, o Maya” dice Ray,
ignorando Sere. “Preoccupati della tua vita. Sei più soddisfatta del
tuo lavoro che dei tuoi figli.”
Ray raggiunge Maya in camera, furente e deluso, senza neanche guardare
il resto della sua famiglia. Lei sta sdraiata a pancia in giù sul
letto, e dalle scie nere sulla federa del cuscino si dice che ha
pianto.
“Scusa, Maya, per questo casino...”
“Non preoccuparti, Ray” sussurra lei con voce soffocata, la faccia nel cuscino.
Ray si avvicina a lei, le sposta i capelli dal collo e la bacia, piano.
Maya si gira e gli sorride, triste. “L'importante è che sto con te.”
Lui la bacia, dolce. “Maya, ma...”
“Sì?”
“Vuoi stare con me? Davvero?”
“Sì, Ray. E lo so che ho sbagliato, e capisco che tu non voglia più...”
In tutta risposta Ray la bacia di nuovo sulle labbra morbide e dolci. “Io voglio te. Te, Maya.”
“E Morena?” chiede lei, in un sussurro, guardandolo intensamente.
Ray trattiene il respiro, trafitto da mille aghi. Non sa bene che dire, e decide per la verità.
“Io e lei non abbiamo mai... avuto nulla. Non so cosa prova per me, anche se posso immaginarlo. Siamo solo amici, Maya.”
Maya sorride e lo bacia di nuovo. “Sai, credevo mi avresti rifiutata, e invece…”
“E invece ero qui ad attenderti”
Ray le sorride, ma le nasconde tutto quello che ha sacrificato per
l’attesa. La bacia ancora, per non pensare a un paio di occhi chiari.
Una settimana dopo. Morena, Chiara e Vera sedute nei gradini della
piazza. Vera mescola la sua granita e racconta alle amiche tutti i
pettegolezzi che è riuscita a racimolare nei giorni che non si erano
viste.
“Mio fratello sembra caduto in depressione.”
“Cioè?” chiede Chiara, preoccupata.
“Non mangia, non esce. È sempre a letto. Secondo me era innamorato e non me l’ha mai detto.”
Morena percepisce le viscere contrarsi e si torce le mani. Si sente in
colpa da morire. Ma non dice nulla. In fondo era il loro segreto.
“Tuo fratello rimane il mio desiderio nascosto” sospira Chiara, guardando il vuoto.
“Beh, nascosto non proprio… comunque spero si riprenda perché non ce la faccio a vederlo così. E poi…”
Gli occhi di Vera analizzano una coppia che passeggia per la piazza,
lontano da loro. Aspira ciò che rimane della sua granita e finché non
sente la cannuccia gracchiare contro il fondo del bicchiere.
“Ma è Ray?” chiede, quasi strozzandosi.
Anche Morena alza gli occhi, ma li riabbassa subito.
“Si, Vera, è lui. A mano presa con una ragazza. Ma ci pensi, Ray in
pubblico con una ragazza! Ho sentito dire che questa volta è seria la
storia. Che ha messo la testa a posto ed è innamorato.”
Morena poggia le mani sugli occhi. Non vuole vedere. Non deve vedere.
Sente il suo cuore farsi in frantumi, pensa a quello che ha costruito
con lui, a tutte le volte che l’ha respinta e lei come un’idiota che
tornava sempre, che ci riprovava.
“More, tutto ok?” chiede Vera. Ma Morena non la vede, perché ha gli occhi chiusi.
E tutto quello che avrebbero potuto essere assieme? Cambiare i colori del mondo, renderli brillanti, perfetti per loro.
Ora non c’era più nulla, solo grigio profondo.
Dove sono i colori?
Morena sullo skateboard, la cuffia nelle orecchie. È una bella serata.
Sente il solito venticello leggero scompigliarle i capelli, ma non le
importa.
Non le importa più di nulla.
Si allontana da casa sua, verso la piazza. In cielo brillano le stelle,
stranamente luminose, in contrasto con come lei si sente dentro,
completamente oscurata da nuvole nere cariche di pioggia.
Per la prima volta sa cosa vuol dire star male per se stessa. Di solito
ha sofferto per il dolore che ha provocato agli altri, per non essere
la persona che tutti si aspettavano, per mille altre ragioni. Ma quando
poi chiudeva gli occhi, riusciva a pensare ad altro, sentiva ancora la
voglia di andare avanti.
Ora… cosa le rimane? Nulla. Sente solo il vuoto, profondo e denso,
dentro sé. Non c’è gioia. Non c’è sofferenza. Solo una forte e costante
apatia, che non ti permette di pensare, di agire; agisce su di lei come
la morfina, una dose massiccia che annulla tutti i sensi. E anche
camminare è diventato difficile.
Non ha più nulla.
Eppure lui è stato qualcosa, talmente importante che la mancanza, se
solo si manifestasse oltre l’inettitudine la soffocherebbe.
Gira l’angolo, e immagina Ray ad attenderla, come ogni giorno,
appoggiato al muro, che sorride, con quell’espressione irriverente e
dolce, e la parvenza di felicità di passare un po’ di tempo con lei.
O almeno così aveva creduto Morena. Ma lui non c’è, e lei deve
appoggiarsi al muro per eliminare quel fantasma della sua testa, quel
ricordo che la colpisce in pieno petto come un calcio.
Scende dallo skateboard e continua a piedi, senza pensare. Quando alza
la testa si accorge di essere in piazza, ed è troppo tardi per tornare
indietro.
La folla passeggia tra le bancarelle, incurante di Morena ferma al
centro della piazza. Lontana. I colori esplodono in cielo in una
cascata di fuochi d’artificio. E i nostri colori, dove sono, Ray?
Morena chiude gli occhi, e ripensa a tutto ciò che hanno fatto insieme,
le chiacchierate per tutta la notte e poi fare colazione insieme, come
se abitassero insieme, per lei che cucina per lui, gli abbracci, le
frasi non dette, quel modo particolare di completarsi a vicenda… e poi
lui ha scelto lei, l’altra.
Ray, dove sono i colori? Bianco, come i raggi al mattino, dalla tua
finestra… Rosso come la passione celata, verde come la speranza, giallo
come i sorrisi, blu, come i tuoi occhi…
Morena si volta, e gli stessi occhi che ha nella testa le appaiono,
reali, bellissimi. I suoi ricordi non rendono mai giustizia alla
bellezza di quel ragazzo, immobile, di fronte a lei.
Una folata di vento forte pare risvegliarli dalla trance, e una mano
sembra comparire dal nulla, intrecciarsi a quella di Ray con un
movimento fluido, naturale e disinvolto. Maya compare accanto a lui.
L’antitesi di Morena, la squadra con occhi grandi, scuri,
interrogativi, leggermente infastiditi.
Morena guarda Ray per l’ultima volta, poi si allontana.
Dove sono i colori?
“Morena, stai bene?”
“Sì, nonna, tutto ok.”
Morena continua a sbucciare le carote, senza alzare gli occhi. Anche preparare il pranzo è diventato faticoso.
“Eppure non mi sembra, sai.”
“Invece è così.”
La nonna si avvicina a lei, le blocca le mani.
“Colpa di quel ragazzo?”
Al silenzio di Morena lei capisce. “Sono vecchia, ma so ancora capire
quando la mia nipotina sta male. E tu sei squarciata dentro.”
Morena non dice nulla, continua a tagliare. La nonna si allontana,
afflitta e sconfitta dal muro che Morena ha costruito intorno a sé.
“Se ti può far stare meglio, io sono qui, sempre e comunque, e anche
tua madre” sussurra la nonna, ed esce dalla cucina. Morena butta le
verdure nell'acqua e accende il fornello. Poggia la lama del coltello
sul palmo della mano, poi si sposta sul polpastrello. Il metallo
affonda delicato nella sua carne, bruciante. Morena si porta un dito in
bocca, e l'odore del sangue la rassicura, dicendosi che un taglio,
anche se profondo, non è nulla in paragone alla voragine dentro.
E passa una settimana. I rapporti tra mia madre a Maya sembrano
congelati: fanno di tutto pur di non parlarsi. Anche Samu sembra
intollerante a mia madre, per via dell'istinto di protezione
verso sua cugina; ma è anche infuriata con Maya per aver spezzato il
cuore a sua suocera. Mio padre non si esprime, come sempre, e Sere si
sente in colpa per non aver risolto la situazione.
Io sto bene, benissimo anzi. Ho di nuovo la ragazza che ho desiderato
ardentemente, che questa volta vuole solo me. Ho chiesto scusa a mia
mamma, perché non se lo merita, e non penso quelle cose.
Solo una cosa mi manca, anzi due. La prima è la presenza costante
Marty, misteriosamente dileguata dal giorno matrimonio, probabilmente
furiosa perché ho scelto Maya; la seconda è Morena, che ha le sue buoni
ragioni per scomparire. Dentro di me mi sento incredibilmente in colpa
nei suoi confronti, ma non posso farci nulla. Se le fa meno male starmi
lontana...
Io e Maya siamo ufficialmente assieme. E non c'è nessuno nell'isola che non parli di noi.
“Tesoro, sei pronto ad andare?” mi chiede Maya, guardandosi allo
specchio attentamente per notare se ha qualcosa fuori posto. Indossa un
vestito nero, cortissimo, e i capelli lisci e lunghi sulle spalle. Si
mette apposto la frangetta e sorride allo specchio. Mi sembra strana
questa mania. Non è mai stata attenta al capello, al vestito, anzi. Ma
mi dico che dopo un anno certe cose devono per forza cambiare.
“Si, Maya. Pronto. Come sto?” faccio una giravolta di fronte a lei, ridendo.
Lei mi afferra per la maglietta, seria. “Sei un figo, come sempre.”
Mi bacia e mi morde. Diciamo che la serata è cominciata bene...
Lei odia quel lavoro, eppure è l’unica cosa che le permette di vivere.
Katy ondeggia sul cubo, felice. Non c’è nulla che possa andare male per
lei. Si muove sensuale al ritmo di Bad Romance.
Il capo, il signor Montali, dice sempre che Katy si impegna ma lei… lei
ha una marcia in più. Perché ha una presenza scenica portentosa, perché
gli occhi di tutti si voltano verso di lei quando entra in una stanza.
Guarda Alice, che annuisce per darle coraggio.
“Lo vedo dalla tua faccia, oggi non ce la fai” le urla, per sovrastare la musica assordante del Chico.
Lei tende la mano e una piccola pastiglia le cade nel palmo.
Alice le sorride e si mette la maschera. “Vedrai, sarà tutto più facile… prendila.”
Si allontana per ballare, ridendo. Un’altra che ama quel lavoro…
un’altra che vuole mettersi in mostra. Ma purtroppo, lei sa che non c’è
storia, che come salirà sulla pedana più alta per ballare tutti gli
occhi saranno su di lei, che vorrebbe essere invisibile. Non ha bisogno
di droghe però.
Lui entra, a mano presa la ragazza mora, bellissima, sua fidanzata ufficiale.
Lei si porta la mano alla bocca a occhi chiusi e deglutisce.
Il Chico non mi ha fatto una bella impressione la prima volta, ma con
Maya tutto sembra migliore. Balliamo e lei oscilla la testa, i capelli
si scompigliano. Mi sorride e continua a ballare. La mia testa vola
altrove, quando vedo chi sale sul piedistallo a ballare.
Bella, ma che dico, bellissima, stretta nel solito completino
argentato, la maschera sul volto, la parrucca rossa. I suoi occhi di
ghiaccio mi trafiggono, mentre oscilla a tempo di musica, senza
smettere di fissarmi. Scende dalla postazione e si mette a camminare
tra la folla, dritta verso di me.
Molte mani la toccano, ma lei le ignora. Si ferma a dieci centimetri da
me, e Maya osserva la scena, incredula e furente. La ragazza allunga
una mano, e mi tocca il petto, proprio sopra il cuore. Poi mi sorride,
fa retrofront e risale sulla pedana, riprende a ballare, più sensuale
di prima.
“Ma che cazzo voleva?” mi urla Maya nell’orecchio.
Io guardo la ragazza e le dico: “Non ne ho idea.”
Maya fa le spallucce e riprende a ballare, questa volta addosso a me, avvinghiata, come a dire che sono di sua proprietà.
Ma all’improvviso le mani prepotenti di Maya mi infastidiscono. E il mio pensiero vola dove mai mi sarei aspettato. Morena.
“Adesso mi spieghi che ti è preso. E che cazzo voleva quella.”
“Scusa, Maya. Non lo so, te l’ho già detto. Non mi piace quel posto.”
“Potevi dirmelo prima, al posto di farmi fare una figuraccia di fronte a tutti.”
Maya mette il broncio, io continuo a guidare.
“Non ci ha visto nessuno.”
“Lei si.”
“Lei non ha un nome. Non è nessuno.”
Accelero un po’, sulla strada libera. Poi penso che quello è il punto in cui ho investito Morena, e mi viene da sorridere.
“A cosa pensi?”
“A nulla” mento, prontamente. Con la coda dell’occhio vedo Maya che scuote la testa.
“Che bugiardo che sei. Pensi a Morena. Te lo leggo in faccia.”
Sospiro e decido di essere sincero. “Ok, lo ammetto. Ma… nulla di che, cioè… te l’ho detto siamo amici, e basta.”
Maya incrocia le braccia, e sbuffa, forte.
“Dai, Maya, ti prego… cerca di capirmi. Ti sto parlando sinceramente.
Io voglio solo te. Se sto con te è significativo, no? Forza, fammi un
sorriso.”
Le do un colpetto sulle gambe, e lei sorride, finalmente. È carina,
illuminata a intermittenza dalle luci dei lampioni in strada.
“Oh, finalmente. E poi dai, stai tranquilla. Non sopporto che tu sia gelosa.”
“Neanche un po’?”
“No, More, neanche un po’.”
Le sorrido, ma lei mi guarda truce. “Accosta.”
“Come?”
“Accosta! Subito!”
Parcheggio in un vicolo, senza capire.
“Che succede?”
Lei non dice una parola, ma apre lo sportello e scende dalla macchina.
“Ma…”
La seguo, veloce. Afferro il suo braccio e la volto.
“Non capisco…”
“Non può funzionare, Ray. Non se continui a confondermi con lei.”
“Lei? Chi?”
“Morena! Non ti sei accorto di come mi hai chiamato? Pensi sempre a lei, sei inn…”
“No, Maya. Semplicemente siamo amici. Siamo stati amici” mi correggo,
pensando alla distanza che ci separa, ora. “Solo questo. Abbiamo
passato assieme tanto tempo, e… non puoi pretendere che mi disabitui a
lei all’improvviso.”
Maya si stringe a me, gli occhi lucidi. “Dimmi che hai scelto me” mi sussurra, la testa nascosta nell’incavo della mia spalla.
La abbraccio forte e respiro tra i suoi capelli scuri. “Se sono qui con
te, è ovvio che ti ho scelto. Scusami, Maya. Vorrei essere quello di un
tempo, ma… è proprio il tempo che mi ha cambiato. Anche tu sei
cambiata, e…”
“Ray, voglio far funzionare la nostra storia. Farò di tutto.”
La bacio, piano, e lei risponde, seducente e vogliosa di me.
Leo non riesce a dormire. Fissa il soffitto bianco, respira
profondamente. Cerca un modo per non pensare a lei, ma non ci riesce.
Come è possibile? Sente una sensazione strana, come se un albero si
fosse impiantato tra le pareti del cuore, e abbia messo radici.
Un fruscio, debole. Chiude gli occhi, per evitare di immaginare lei che
si intrufola nella sua stanza. Un paio di labbra morbide sfiorano
dolcemente le sue, e il suo profumo gli accarezza i sensi.
“Shh, sono io, Leo. Non aprire gli occhi.”
“Ti avrei riconosciuto tra mille altre” sussurra lui, stringendola a sé.
Morena percorre con le labbra il petto abbronzato di Leo, baciandolo
piano. Lui la spoglia, dolcemente, come desiderava fare da tempo,
prendendosi il tempo di amarla, di scoprirla, esplorarla. Guarda i suoi
occhi chiusi al buio, sente i suoi gemiti leggeri, la sua bellezza
inesplicabile.
Tempo dopo, lui si sdraia accanto a lei. Poggia il suo petto alla
schiena di Morena, la stringe forte. “Sapevo che saresti tornata.”
“Lo sapevi?”
“Sì.”
Le accarezza le spalle. Quella ragazza, desiderata, amata più di qualsiasi altra. Che non è mai stata sua nemmeno un attimo.
“Perché?”
“Perché tu non avresti mai avuto il coraggio di dire a lui quello che senti.”
Morena si volta, si accoccola al suo petto. Leo la stringe forte,
proteggendola con le sue braccia da tutti i mali del mondo esterno.
Quelli all’interno continuano a corroderla come soda caustica.
Quando Leo si sveglia, la mattina, non trova nessuno al suo fianco;
allunga una mano sul letto matrimoniale, tra le lenzuola bianche, anche
se sa che non la troverà. Perché Morena è così. Morena fugge. Sbatte un
pugno sul cuscino accanto al suo, dove avrebbe dovuto esserci la testa
di Morena.
Lei si era intrufolata parecchie volte nelle sue lenzuola, ma lui non
l’aveva mai vista dormire. La conosce bene, sa che fa parte del suo
essere il non voler mostrare troppo di se, soprattutto le sue parti più
vulnerabili. Ecco perché non l’ha mai vista piangere. Morena non si
fida di nessuno.
Neanche di se stessa.
Scusate l'assenza, ma la preparazione all'esame mi ha sfiancato, e
diversi problemi di cuore hanno alimentato il mio blocco da scrittrice.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto... fatemi sapere! =) un
bacione... _ninive_
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Capitolo 12 *** Abbandonare ***
eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeAbbandonare: lasciare per necessità, per irresponsabilità; rinunciare; lasciar andare; lasciar cadere; lasciar perdere.
Una parola, diverse interpretazioni. Ma mi rispecchiano tutte quante.
Ho abbandonato Morena: per necessità, quella di farla stare bene. Per
irresponsabilità: ho scelto un’altra. Ho rinunciato a lei, o forse non
ci ho mai provato davvero. L’ho lasciata andare, ad amare qualcuno che
possa darle quello che avrei dovuto darle io. L’ho lasciata cadere,
sprofondare in un baratro. Ho lasciato perdere, ma non solo lei. Ho
lasciato perdere tutto quanto.
L’ho abbandonata e sto male, perché vorrei poter tornare indietro e
fare tutto ciò che ho trattenuto, e vedere come sarebbe andata.
Maya parla al telefono con Lucia. “Sono preoccupata.”
“Per cosa?”
Pensa che benché abbiano litigato le manca Marty, coi suoi consigli saggi e la schiettezza.
“Il mio rapporto con Ray. Mi sta evitando, lo so, lo conosco.”
“Ma Maya, perché dovrebbe? State bene insieme e non avete mai litigato.”
“Ma neanche parliamo. Siamo come due contenitori vuoti uno vicino
all’altro. Aspettiamo di essere riempiti, e invece…” Sospira, triste.
“Sai, Lu… è stata colpa mia. Perché sono andata a letto con Fabio. Non
si fida più di me.”
“Conosco Ray. Ti ha perdonato. Se non ti fidasse non starebbe con te.
Sicuramente ha qualcos’altro che gli frulla in testa. Maya sai quando
l’ho visto sereno? Quando passava del tempo con quella tipa, come si
chiama…”
“Morena?”
Maya si chiede come mai ci sia sempre lei in mezzo ai piedi a rovinarle la vita.
“Credo sia lei. Stavano bene insieme. Tutti hanno pensato che ci fosse
qualcosa, e invece nulla. Solo molto amici. Infatti lei sta con Leo,
ora.”
“Chi?”
Lucia ridacchia nella cornetta. “Leo Viviani. Uno dei ragazzi più belli
dell’Isola. È innamorato di Morena, questo lo sanno tutti, da un secolo
ormai. Conosco questi fatti con certezza perché Marco esce con lui a
volte, sono amici. Potresti proporre un’uscita a quattro….”
Si stupisce della capacità di Lucia di mettere assieme milioni di pettegolezzi.
“Che?”
“Maya, svegliati! Tu e Ray, Morena e Leo. Magari Ray si scioglie un po’ e si sente a suo agio. E tutto si sistema.”
“Sei un genio, Lu!”
“Oh, che gentile, ma come farai a chiedere a quella ragazza una cosa simile, neanche vi conosc… ehi, Maya, ci sei ancora?”
Ma Maya ha riattaccato.
Morena scende le scale, lo skateboard sottobraccio, guardando per
terra, come sempre. Raggiunge il portoncino, lo apre, esce e lo chiude
alle sue spalle. I suoi occhi si posano su un paio di scarpe nere, col
tacco. Risale con lo sguardo lungo una figura snella, capelli scuri,
occhi castani. Per una volta non ha un’espressione di disprezzo sul
volto, ma probabilmente si sta trattenendo.
“Maya. Cosa vuoi?”
Morena guarda attentamente la sua rivale, chiedendosi cos’abbia Maya che lei non possa avere.
“Scusami.”
“Che?” Maya ha detto l’unica parola che Morena non si sarebbe mai aspettata.
“Sono seria. Scusami Morena. È colpa mia se…”
Se io e Ray non ci parliamo più e
abbiamo deciso di evitarci? È colpa tua se ho perso una delle persone
migliori che abbia conosciuto? Beh, si.
“Volevo proporti una tregua. So che i rapporti tra noi non sono mai stati, come dire…”
“Civili?”
“Sì, anche. E ora vorrei recuperare ciò che ho perso del nostro rapporto.”
Morena sbuffa, alzando gli occhi al cielo, e poi li incastra in quelli
di Maya, per metterla a disagio. E ci riesce. Abbassa lo sguardo, in
imbarazzo.
“Che bugiarda. Tra noi non c’è mai stato nulla, se non disprezzo. Se
vuoi qualcosa da me devi essere sincera. Non hai ancora imparato quanto
odio le bugie?”
“Sì, lo so. Credi che per me la questione sia diversa?”
“Appunto per quello. Non lo è. Sii sincera.”
“D’accordo, ma non giudicarmi.”
“Non l’ho mai fatto. Neanche quando tutti gli altri ti hanno puntato il dito contro. Ti ho sempre difesa.”
E questo è stato il risultato. Sofferenza.
Maya fa un lungo respiro e si torce le mani. “È Ray.”
Sentire il suo nome provoca a Morena un brivido lungo la schiena e una
fitta di dolore, ma Maya non se ne accorge, e continua. “Non va più. Il
nostro rapporto è logoro. Non siamo più gli stessi, cerchiamo di
riconoscerci in quelli che eravamo e invece dobbiamo scoprirci da capo.
E io non voglio perderlo.”
“Io cosa c’entro in tutto questo?”
“Tu… lui… quando Ray è vicino a te è felice. Voi siete amici.”
Amici. Che brutta parola quando si prova un sentimento così forte.
Al silenzio di Morena, Maya chiede, alzando finalmente gli occhi: “Siete amici, no?”
“Lo siamo stati” risponde Morena, con la voce leggermente incrinata. Si
dice che forse sarebbe meglio abbandonare questo discorso, voltare le
spalle a Maya e andarsene.
“Allora possiamo provare a… uscire. Tu e il tuo ragazzo, io e Ray. Come amici. Come se fossimo amici.”
Io e te non saremo mai amiche.
Morena guarda la strada oltre le spalle di Maya, poi sospira. Le sue
due parti stanno lottando: vorrebbe che il rapporto tra Ray e Maya
cadesse come un castello di sabbia, e invece Maya le sta chiedendo
aiuto per renderlo più saldo. Ma la voglia di passare ancora del tempo
con Ray è allettante, anche se questo vuol dire vederlo con un’altra.
“Va bene.”
Maya sorride, contenta, e Morena si pente subito di aver accettato.
“Allora, domani?”
“Domani. Centro commerciale. Ora puoi andartene.” Non sopporta più la sua espressione compiaciuta.
“Grazie, Morena. Davvero. Posso farti una domanda?”
“Dimmi.”
Tanto, oramai. Complicarsi l’esistenza è diventato normale.
“Ray ha… mai parlato di me?”
“Sì, l’ha fatto.”
“E che diceva?”
Tirare fuori quei ricordi è abbastanza doloroso, ma le ferite sono talmente estese che non si ricorda più com’è essere sereni.
“Gli mancavi. E non sapeva se… si era innamorato di te.”
“Io mi sono innamorata di lui” sussurra Maya, più a se stessa che a Morena.
“Lo so, Maya. Ora vai via, per favore.”
Marty chiude la serranda del suo negozio con un tonfo sonoro. Controlla
che tutto sia a posto e si volta per andarsene. Si stupisce di trovare
un paio di occhi grigi a pochi centimetri dal suo viso.
“Eris, mi hai spaventata.”
Eris ride e si tocca la lunga treccia, portandosela oltre le spalle. “Spero non tanto da aver voglia di scappare.”
Marty sente le viscere attorcigliarsi ed è segretamente contenta di riuscire a trattenere il vomito.
“Non scapperei mai da te.”
Eris osserva il volto di Marty, gli occhi verdi, i capelli corti, il
piercing al labbro. La trova bella e vorrebbe tanto dirglielo.
“Parliamo, ti va?”
“Ora?”
“Sì. Come ben sai, sono interessata a te. Tu mi piaci, e non poco, davvero.”
La franchezza di Eris spiazza Marty.
“Ma io sono etero, Eris.”
“E allora perché non riesci a togliermi gli occhi di dosso?” le sussurra Eris, guardandola seria e intensa.
Marty deglutisce vistosamente e si guarda le scarpe. “Non lo so. Non mi
era mai successo di… insomma… con una donna. Mai. E tu...”
“Non è difficile innamorarsi di me. Ne sono consapevole. Non saresti la
prima affascinata dal mondo di Saffo e che vuole sperimentare. Ma so
che non è così, non può essere così. Io ti piaccio davvero, e tu piaci
a me.”
Marty sorride e annuisce, ma non dice nulla.
“Hai paura di me?” chiede Eris, con gli occhi che brillano.
“Ho paura di innamorarmi di te.”
“Allora sei sulla buona strada” commenta lei, ridacchiando. “Facciamo
così. Domani passo a prenderti alle dieci e usciamo assieme. Non devi
essere spaventata, lasciati vivere. Ciò che sarà sarà.”
La saluta con un bacio sulla guancia e non le lascia neanche il tempo di rispondere. Poi si allontana, ancheggiando.
“Odio le uscite a quattro, Maya.”
“Dopo oggi non le odierai più, tesoro mio.”
Sbuffo e continuo a camminare, entrando nel centro commerciale. Maya
continua a sorridere, quasi saltella. Oggi indossa una gonna blu e una
magliettina nera. Stranamente troppo semplice rispetto a come si veste
di solito. Ha sfoderato una serie di vestitini da far invidia a mia
sorella.
Guardo verso destra e vedo Leo Viviani, a mano presa con una ragazza,
con indosso un paio di shorts sfilacciati e una canottiera bianca
legata da un lato, i capelli stretti in una coda. Morena, più bella che
mai, per una volta il viso acqua e sapone in bella mostra.
“Ciao Ray” saluta Leo, sorridendo. Poi si presenta a Maya, che come tutte le ragazze non rimane indifferente al suo fascino.
Morena mi sorride, piano, come sempre, e la saluto con la mano. Le
nostre discussioni sembrano non esserci mai state ora che è vicino a
me. Anche se tiene la mano a uno che non sono io.
Qualcosa sembra mordermi le viscere. Cos’è? Gelosia?
“Andiamo? Ho visto un negozietto carino vicino alla gelateria” dice Maya, trascinandomi con lei.
Morena cammina vicino a Leo, che sembra felicissimo di averla accanto.
Talmente tanto da non accorgersi della sua espressione triste e
rassegnata
Giriamo praticamente per tutti i negozi di vestiti. Leo e Maya sembrano
condividere la stessa passione per lo shopping, e prendono subito
confidenza. Alla fine ci abbandonano fuori dall’ennesimo negozio per
non doverci sorbire coi musi lunghi.
Morena si appoggia alla vetrina, con le braccia conserte.
“Tutto ok?” le chiedo, avvicinandomi.
“Potrebbe andare meglio, questo è certo.”
Evita di guardarmi, e sa che non lo sopporto. Le dirigo il volto verso
di me, ma mi pento subito. È troppo bella, più della Morena nei miei
recenti ricordi, e ho voglia di baciarla.
“Ray, fai un passo indietro” mi sussurra lei, con quegli occhi intensi, chiari e lontani.
“Perché?” le chiedo, visto che è l’ultima cosa che desidero.
“Siamo troppo vicini.”
Mi accorgo di essere a un centimetro dalle sue labbra. “Scusa.”
Lei sorride e mi fa le spallucce, come a dire non fa nulla. Ma non mi sposto.
“Chissà perché Maya ha avuto questa idea dell’uscita a quattro” chiedo, più a me stesso che a lei.
“Vuole recuperare il rapporto con te.”
“E tu hai accettato?” chiedo, quasi incredulo.
“A me basta che tu sia felice.”
La sua risposta sincera mi spiazza, e avrei voglia di abbracciarla, ma sarebbe sbagliato e fuori luogo.
“E tu… sei felice con Leo?”
“No. Ma ciò che provo per lui è un sentimento vicino all’amore.”
Mi chiedo tra me e me se sia finita tra le sue lenzuola, e anche tra quante altre.
“Continuo a dirti che mi dispiace, More.”
“Se ti dispiacesse davvero saresti qui di fronte a me, come sei ora, ma mi baceresti.”
Percorre con un dito le mie labbra, fino a scendere sul collo. Ma poi
incrocia le braccia e mi squadra. “E in quel caso saremmo soli, e tu
avresti scelto me e non lei.” Con una mano indica il negozio in cui si
è infilata Maya.
“Queste cose non si scelgono, lo sai anche tu. Per lo stesso motivo per cui con Leo non sei felice.”
“Anche ora però continui a scegliere razionalmente. Continui a lottare
con la voglia di baciarmi. Lo vedo sai, come guardi le mie labbra. Io
mi lascio trasportare dai sentimenti, ma per soddisfarli dovrei
scavalcare un muro gigantesco, e ci sarebbe la diavolessa a
distruggermi.” Indica di nuovo il negozio e io sorrido.
“Lo sai cosa provo per te, More.”
“In realtà non lo so. Non me l’hai mai detto.” Mi accorgo che siamo di nuovo vicini, e che stiamo sussurrando.
“Perché non c’è un modo per definirlo.”
Le passo una mano sul volto pulito e limpido, accarezzandola piano, tenendola dolcemente.
“Prova a cercare le parole. Mi basterebbe questo.”
“E se ti baciassi? Sarebbe più facile. Capiresti subito cosa sento.”
“Io sono qui.” Il suo sussurro è quasi impercettibile, lento e
scandito. “Ma non puoi baciarmi” dice, sollevando di nuovo la voce. Si
allontana dalla vetrina passando sotto le mie braccia. “Io non sono la
seconda scelta.”
“Tu non sei la seconda scelta!” confermo io, con fervore.
“No?” Mi guarda, e nei suoi occhi leggo la sfida. “Allora prendimi per
mano e andiamo via. Dì a Maya che vuoi stare con me, stare con me
davvero. Allora ti crederò.”
“Ma…” rimango spiazzato, a metà tra la voglia di andare davvero e restare per non ferire Maya.
“Vedi. Non è vero che mi vuoi.”
Fa pochi passi e superandomi tenta di entrare nel negozio, ma io la
afferro e la tiro verso me. “Non fuggire. Ascoltami. Non puoi
pretendere che io abbia le idee chiare. Non so cosa provo, né per te né
per lei. Devi lasciarmi tempo.”
“Ray guarda che ho compr… ehi, che state facendo?”
Lo sguardo di Maya, prima raggiante per il costume che tiene tra le
mani, è ardente di gelosia. I suoi occhi trafiggono il punto in cui la
mia mano ha afferrato il braccio di Morena. Leo fa la sua comparsa
dietro Maya, con sguardo interrogativo.
“Nulla” dice Morena, ritraendosi dalla mia presa con uno strattone. Si avvicina a Leo e gli prende la mano.
Maya fa due passi verso me e mi guarda sospettosa. Rimane talmente
attaccata a me per la mezz’ora seguente che è un miracolo che mi faccia
andare in bagno da solo.
“Sentite, ci prendiamo un caffè?” Indico un bar proprio di fronte a
noi. Ci sediamo in un tavolo e la situazione è surreale. Nessuno di noi
sembra essere nel posto giusto.
Si avvicina una cameriera e i suoi occhi si fermano, come sempre, su di me. Non mi stupisco.
“Allora… io prendo un caffè lungo” i miei occhi corrono verso Morena e la indico. “Lei un’aranciata senza ghiaccio e… voi?”
Mi ricordo anche di Maya e Leo, che mi guardano strabuzzando gli occhi.
Morena arrossisce, e capisco il perché: so cosa prende. La conosco così
bene… meglio di Maya.
“Io un bicchiere d’acqua” dice Maya, scocciata da morire, e Leo prende un caffè macchiato, un po’ deluso.
Morena mi sorride, compiaciuta e imbarazzata. Poi alza la testa e ascolta la canzone trasmessa nel bar..
“Te la ricordi, Ray?”
Certo che me la ricordo. Harder than you know. La ascoltavamo contemporaneamente senza saperlo, un giorno che ci siamo incontrati. Uno di quei momenti magici e inverosimili.
“Io vado in bagno” dice Maya, leggermente inacidita per quella
complicità. Si alza e mi da un bacio profondo e inappropriato per un
luogo affollato di gente come quel bar. Sicuramente sta mostrando a
Morena che sono suo. “Morena, vieni con me?” chiede, con un tono che
non ammette rifiuti.
Morena sgrana gli occhi, perché di solito in bagno ci va da sola. Ho
sempre pensato che non fosse una ragazza normale: indifferente al
fascino di una borsetta o di un vestito, niente trucco, perennemente
sullo skateboard e piena di lividi a causa delle cadute. No, non è per
nulla normale. È straordinaria.
Si alza e segue Maya verso il bagno, facendo le spallucce. Il sole
penetra da una finestra e fa brillare d’oro e di rame i capelli delle
due ragazze.
“Quanto è bella” dico, senza pensarci.
“Ti piace molto, vedo.”
Mi accordo di aver detto a voce alta un pensiero. Leo mi sta guardando.
Il mio commento non era per Maya, benché anche lei sia bellissima,
particolare, con quel sorriso da togliere il fiato. Ma se allungo una
mano… dov’è la Maya che conosco?
“Ehm… sì, Maya è…”
Ma non mi viene nessun aggettivo.
“Non parlavo di Maya.”
“Oh.”
Leo mi guarda, ma non sembra arrabbiato.
“Sì, così sembra” ammetto, alla fine. “Ma anche tu…”
“Morena non mi ama. Mai lo farà.”
Rimango spiazzato da quella frase sincera e tristissima. Non dico
nulla, perché so che ha ragione. Lui continua, seguendo il profilo di
Morena che gira l’angolo e scompare. Si volta verso me.
“Lei è innamorata di te, da impazzire. Sei stato un’idiota ad averla
lasciata andare. Ma lei è sempre stata mia, e io la amo abbastanza per
tutti e due.”
“Io non l’ho lasciata andare. Ho…”
“Fatto una scelta. Una scelta sbagliata. Non sai che ti perdi. Maya è
bella, e da quel poco che ho notato stasera, è molto simpatica, solare,
divertente… Ma Morena… Lei è un tesoro da scoprire, un diamante
incastrato in metri di roccia. Tu sei l’unico che ha scavato a fondo in
lei, e quando sarà il momento la lascerò andare. Farei di tutto per
lei. A me basta solo che sia felice.”
Penso che è la stessa frase che mi ha detto Morena diversi minuti prima.
“Ti invidio. Ti invidio un sacco, Ray.”
Abbasso lo sguardo, imbarazzato. “Perché? Perché è innamorata di me?”
“Anche. Ma soprattutto perché lei con te abbassa la guardia. Non tanto,
ma mi basterebbe. Darei tutto l’oro del mondo per poterle leggere
dentro come fai tu, perché lei si mettesse a nudo.”
Ripenso a quanto ha paura di mostrarsi vulnerabile, e leggo il dolore negli occhi azzurri di Leo.
“So che è una persona meravigliosa. Ma io sono confuso.”
“Devi solo fare ciò che ti dice il cuore. Io non ce l’ho con te. Io me
la prendo col destino. Magari se lei non ti avesse incontrato… ma è
successo. E il suo sorriso è l’unica cosa che conta. Se tu dovessi un
giorno stare con lei, beh… sarai felice.”
Che livelli può raggiungere l’amore, se sei disposto a lasciar andare la persona che ti completa? E io, cosa provo?
Maya trascina Morena in bagno e la guarda, furiosa.
“So cosa stai facendo.”
“Scusa?” chiede Morena, senza capire.
“Stai cercando di rubarmi Ray, l’ho capito. Tutte quelle frasi che
completate a vicenda quando vi parlate, e la complicità, gli sguardi…”
Morena ride e si appoggia al muro del bagno. “Assolutamente no. Sei tu
che dovresti darti una calmata e toglierti dalla faccia
quell’espressione di sufficienza. Ti rende brutta.”
Maya sbuffa e si controlla allo specchio, come se davvero potesse
essere imbruttita. Poi si calma. “Scusa se ti ho attaccato. Non…
volevo.”
“Non dovevi, visto che sono qui per farti un favore.”
“E continuo a non capire perché lo fai, Morena.” Maya si volta e fissa
Morena, cercando di leggerle negli occhi, con scarso successo. “So che
sei innamorata di Ray, e…”
“Devi mantenere il segreto.”
“Quale? Che noi…” Indica prima lei, poi Morena, che per una volta appare spaventata.
“Sì. Non devi dirglielo.”
Maya sembra pensarci su, guardando nella sua testa qualcosa che Morena non può vedere.
“Maya.” Morena pronuncia il suo nome come se fosse una supplica.
Maya sospira e annuisce.
Sento il mio cellulare vibrare e lo cerco in tasca. È Marty.
“Scusa, vado a rispondere” dico a Leo, che mi fa segno di non
preoccuparmi. Vedo con la coda dell’occhio che le ragazze stanno
tornado.
“Ehi, Marty.”
“Ciao cucciolo. Domani ho bisogno che mi accompagni in un posto.”
Scusate di nuovo l'assenza prolungata, ma mi sono goduta le vacanze...
Mi sto affezzionando a Leo, non so perché ma tengo tantissimo a questo
personaggio, mi ricorda me, e mi dispiace vederlo soffrire... Comunque
spero che questo capitolo vi piaccia, fatemi sapere =) un bacione,
_ninive_
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Capitolo 13 *** Svegliare chi dorme è un sacrilegio ***
svegliare“Piccola, va tutto bene?”
Morena guarda il fotografo, smarrita.
“Non lo so. Non mi sento a mio agio.”
Cerca di coprire il suo corpo con le braccia.
Io sto in un angolo, al buio. Marty è passata a prendermi con la sua Ka
rosa senza dirmi dove eravamo diretti. Poi ho riconosciuto la via di
Morena, e lei, col solito cappello blu, fuori dal portone di casa sua,
in attesa. A Marty non è sfuggito il mio sorriso.
Abbiamo guidato per una buona mezz’ora dopo aver preso il traghetto, e
raggiunto uno studio fotografico. Io ancora non capivo. Poi siamo
arrivati in uno stabile, abbiamo incontrato il fotografo, e Morena è
uscita dai camerini dopo un quarto d’ora. Indossava un completino
intimo, nero. Come far rimanere di sasso Ray, lezione uno.
Ora capisco quando diceva che era appariscente, e anche perché si
nasconde dietro abiti sformati. È la ragazza più bella che abbia mai
visto.
Ma ha problemi nel sembrare naturale dietro la macchina fotografica. Si tocca i capelli sciolti e li sposta dal viso.
“Ma non c’è nessuno qui, a parte me, i tuoi amici e i tecnici. Abbiamo mandato via tutti!” esclama il fotografo, spazientito.
“Non è per la gente. È perché…”
Il suo sguardo corre verso Marty, in cerca di aiuto.
“Mino, senti un po’…” dice Marty, al fotografo. Gli sussurra qualcosa
all’orecchio, e lui guarda me. “Ne parliamo fuori un attimo?” chiede
lui, scettico.
Si spostano fuori, in un’altra stanza, e io e Morena restiamo soli.
Il silenzio che cala tra noi è imbarazzante, dopo tutte quelle ore a
parlare come se ci conoscessimo da sempre, leggendoci i pensieri a
vicenda. È strano vederla in intimo, illuminata da luci, di fronte a
me. È davvero bella, una di quelle ragazze per cui perdi la testa.
Nascosta sotto magliette lunghissime e dietro la visiera di un
cappello. Sembra lontana la Morena maschiaccio, sullo skateboard,
seduta scomposta su una panchina.
Morena si poggia alla parete rosa alle sue spalle, come fa sempre,
senza guardarmi, gli occhi chiari luminosi, i capelli sulle spalle,
leggermente ondulati, le forme perfette e la pelle dorata.
Si volta e incontra i miei occhi. sembra volermi dire qualcosa.
La porta riapre e rientrano Marty e il fotografo. “Beh, mi fido, Marty”
dice lui, avvicinandosi a me, la macchina fotografica tra le mani.
“Vado a vedere le foto in diretta, sul computer.”
Abbandona la macchina a me, che non capisco. Guardo Marty, sconvolto.
“Tu sei il fotografo” mi dice, incurante, come se parlasse del tempo.
“Che???”
La macchina sembra diecimila volte più pesante, ora.
“Tu-fai-le-fo-to” scandisce. Poi abbassa la voce. “Per favore, Ray. È
per questo che ti ho portato. Avevo paura che non ce la facesse.”
Indica Morena, senza farsi vedere da lei. “E questo è un lavoro
importante, non può buttare tutto all’aria.”
“Appunto perché è importante, non può farlo uno senza esperienza.”
“Fai quello che sai fare. Sono sicura andrà bene. Per favore.”
Marty sfoggia il suo sguardo-supplica, e non posso dirle di no.
Ho sempre avuto un buon rapporto con la macchina fotografica, da quando
ho scoperto questa passione. La mia famiglia è stata entusiasta e fiera
di me, qualunque cosa avessi in testa, ma avevano capito che per me la
fotografia era importante davvero. E leggere la delusione nei loro
volti quando ho mollato, senza motivo apparente, più di un anno fa…
sono state diverse le cose che ho mollato. Non pensarci, Ray.
Ora, dietro l’obbiettivo, mi sento di nuovo al sicuro, protetto, me stesso.
Morena si mette in posa, prima timidamente, leggermente impacciata. Poi
sempre più sicura, bellissima, cambiando set e completini. In alcuni
scatti mi guarda, fiera, come se mi volesse davvero, e mi accorgo di
quello che ho perso, di quanto desidero che stia con me davvero, non
per gioco, di quanto soffro a saperla tra le braccia di un altro che
non sono io.
Ma dove sei stata tutto questo tempo? penso, mentre continuo a
scattare. Non ha nemmeno bisogno di suggerimenti, perché sa esattamente
come muoversi.
Dove hai nascosto quei capelli biondi, quelle labbra chiare e morbide,
il tuo viso, la pelle, quella dote naturale di brillare anche al buio,
di spiccare tra tutti gli esseri del mondo?
Come mi vedi, dietro queste lenti? Un idiota? Un bastardo?
Le scatto un’altra foto, e un’altra ancora, e i miei pensieri si riordinano uno dopo l’altro come una sequenza di immagini.
E tutte le mie scelte si sgretolano davanti ai miei occhi, come foto antiche.
Morena va a cambiarsi, e con Marty e Mino guardiamo le foto. Lui sembra
più che soddisfatto, e mi fa i complimenti per il talento naturale.
“Guarda questa.” Mi indica una foto, in cui Morena è quasi in primo
piano. “Sembra che ti desideri davvero. Ha colto veramente il senso.
Dovete avere un rapporto speciale per ottenere questa complicità. E
lei… beh, Marty avevi ragione, è fantastica. Insegue la luce come se
fosse nata per fare questo lavoro, ci gioca. Sono davvero contento.”
Marty sorride e appena Mino si allontana mi da un colpo forte al braccio.
“Vuoi toglierti di dosso quel sorrisetto da ebete, per favore?” mi chiede, spassandosela.
“Quale?”
“Quello che hai. Dai, non dirmi che vedere Morena mezza nuda non ti ha fatto nessun effetto.”
Io rido, imbarazzato. Morena ritorna dai camerini nei suoi panni abituali, senza trucco.
“Secondo me a mio fratello verrà un colpo quando vedrà la pubblicità. Se non mi ammazza, vi farò sapere che ne pensa.”
Rientriamo a casa, in macchina. Marty parla fitto fitto di ciò che ha
fatto in Germania, e Morena le fa domande sul cibo. Tutto sembra
tornato normale, sereno.
Il mio cellulare squilla. La voce di Maya dall’altro capo del telefono.
“Tesoro ma dove sei?” mi chiede. Sembra felice, per una volta la Maya di un tempo.
“Sono con Marty, Maya. Ci vediamo stasera?”
Morena si accorge che non l’ho nominata e si incupisce, lo vedo dallo
specchietto retrovisore. Marty sbuffa e alza la radio, dispettosa.
Quasi mi viene da ridere, perché non sento più un tubo.
“Ma che casino, sei in una discoteca? Allora alle dieci sotto casa di mia cugina, che poi è anche quella di tuo fratello!”
“A dopo, Maya. Un bacio.”
Sorrido, chiudendo la chiamata. Marty finge di vomitare fuori dal finestrino. Sbarchiamo dal traghetto.
“Marty, lasciami qui. Vado a piedi” dice Morena, intristita.
“Sicura?”
“Sì, tranquilla. Grazie mille. Senti, domani devi accompagnarmi a fare quella cosa…”
“Sì, passo alle otto.”
Le sorride e scende senza salutarmi.
“Muoviti, idiota!” esclama Marty, affibbiandomi un colpo doloroso al ginocchio. Il secondo in poco tempo.
“Che?”
“Scendi e accompagnala!”
“Oh…”
Le do un bacio e seguo Morena di volata. Lei se ne accorge e si volta. La bellezza dei suoi occhi mi lascia senza fiato.
“Che vuoi?” mi chiede, glaciale.
“Ti accompagno.”
“Conosco la strada.”
“Per favore. Voglio parlarti.”
Quasi la supplico, e so che non può resistere al mio fascino.
“Muoviti” mi dice, e mi ricorda il giorno che ci siamo scontrati, sotto la pioggia.
Le cammino vicino, indeciso su cosa dirle, e lei mi anticipa.
“Grazie per le foto. Non ce l’avrei mai fatta senza te.”
“Grazie a te. Dovresti fare la modella, seriamente.”
Svolta in un vicolo.
“Mi sono sentita ridicola prima che ci fossi tu dietro l’obbiettivo.”
“Ti ho fatto sentire a tuo agio?”
“Io sto sempre bene quando mi sei vicino.”
La solita sincerità, una cosa che adoro di Morena. Poi mi chiede,
piano: “Ray, tu pensi che io sia… carina? Non… non è per sembrare
presuntuosa, ma… io non mi vedo adatta per fare questo mestiere.” Mi
stupisco della domanda, perché non ho mai avuto la percezione che le
importasse.
“No. Io penso che tu sia bella.”
Mi accorgo che è la prima volta che lo dico a voce alta dopo tutte le volte che l’ho pensato.
Lei accenna un sorriso, e riprende a camminare a testa bassa.
Camminiamo ancora un po’ in silenzio, e questo muro di parole non dette
mi spaventa. Ci sono davvero state le serate e le notti a ridere e a
parlare, e i sorrisi e quelle mille cose tra di noi?
Arriviamo sotto casa sua e lei si volta per salutarmi.
“Grazie Ray. Per le foto, per avermi accompagnata. Io vado…”
Rimane ancora ferma di fronte al portone, aspettando qualcosa che non
arriva. Sospira, guardandomi. Apre la porta e la afferro per un
braccio, dolcemente, ma deciso.
Gocce pensanti di pioggia cominciano a cadere su di noi, come il primo
giorno che siamo stati assieme. Guardo i suoi occhi oltre la visiera
del cappello e la mia testa si svuota.
“Mi manchi, More. Le nostre giornate, la tua semplicità, le risate, le
confidenze. Mi manca il tuo profumo la notte, quando mi tolgo le
magliette, e trovare un tuo capello nel letto quando entri in camera
mia arrampicandoti dall’albero. Mi manca averti accanto, e lo so che
sembra stupido dirti questo dopo le altre mie parole. Ma mi manchi
davvero.”
Lei non risponde, e mi guarda, bagnata da capo a piedi, impenetrabile.
Mi aspetto una sfuriata, o che se ne vada urlandomi che sono un idiota.
“Anche tu mi manchi, Ray. Ma continui a fare altre scelte e le tue
parole non corrispondono ai fatti. Non puoi dirmi questo, davvero, dopo
che stai con…”
Non finisce la frase. Scuote la testa, mi rivolge un’occhiata triste e varca la porta di casa.
Io rimango a fissare il legno scuro e rovinato, aspettando sotto la pioggia che lei esca di nuovo e…
Cammino verso casa, ma ho fatto appena due passi che mi sento chiamare, piano.
“Ray.”
Morena, completamente bagnata, mi fissa. Ha abbassato tutte le
barriere, e mi guarda davvero, e anche io posso vederla. Ha i capelli
liberi dal cappello, sciolti, il viso bagnato, gocce di pioggia appese
alle ciglia.
“Anche tu mi manchi. Mi mancano i tuoi occhi azzurri di fronte ai miei,
la tua risata così… sensuale, la tua faccia da schiaffi, il fatto che
mi prendi in giro per farmi arrabbiare, i disastri in cucina… poterti
parlare apertamente perché sapevo non mi avresti giudicato, anche se
ciò che provo per te non te l’ho mai detto, era già alla luce del sole.
Sei fantastico, Ray. Solare, irriverente, perfetto, gentile,
disponibile, sincero. Sei bello, davvero, dentro e fuori. E io vorrei
lanciarti addosso quello che provo, per farti sentire quanto mi fa
male, quanto sono gelosa di tutti coloro che ti sono accanto e non si
godono il momento, e quanto mi batte il cuore ogni volta che ti
avvicini a me! E sei l’unico che mi fa fremere così, l’unico che mi sia
mai interessato! Dal primo momento che ti ho visto non ho fatto altro
che pensarti, e il giorno che mi hai quasi ucciso mettendomi sotto con
la macchina ero talmente felice che avrei potuto volare, solo perché ti
avevo parlato! Sono pazza di te, sei in ogni cosa che faccio o vedo… e
vorrei provassi ciò che provo io, ma continuo a sentirmi una
stupida sotto la pioggia, che…”
Si blocca, si porta una mano tra i capelli.
“Scusami, dimentica quello che ho detto.”
La guardo un ultimo istante, bella e fradicia, sincera, completamente vulnerabile.
Le prendo il volto tra le mani e la bacio come non ho mai baciato
nessuna, come se esistesse solo lei, perfetta in ogni istante, perfetta
per me. Respiro il suo profumo mischiato all’odore di pioggia.
Mi sembra di averla sempre aspettata, voluta, desiderata.
Le scosto i capelli dal viso, la guardo, raggiante, felice, e la bacio,
ancora e ancora, perché potrei non stancarmi mai di lei, di sentire le
sue labbra incastrarsi con le mie, le sue mani, una tra i capelli
bagnati e l’altra sul petto, proprio sopra il cuore.
Poi, come da milioni di anni luce lontano, mi sento chiamare. Mi allontano dal suo volto.
Accanto a noi si è parcheggiata un’auto.
“Cazzo.”
Ste mi fissa, furioso, oltre il finestrino. Mi fa segno di avvicinarmi e salire in macchina.
Guardo Morena, e le accarezzo il volto.
“Devo andare” dico, a malincuore, anche se vorrei rimanere per ore a fissarla, anche in silenzio.
Lei annuisce e io salgo in macchina. Mio fratello parte, ed è incazzato.
“Che stavi facendo, Ray???”
“Secondo te?” chiedo, ridacchiando.
“Non fare tanto lo spiritoso. Ti trovo sotto la pioggia, a baciare una
ragazza che non è Maya. Credevo fossi cresciuto e avessi lasciato alle
spalle certe cose!”
Maya. Già. Con la sua risata e i capelli scuri. Il senso di colpa
comincia ad assalirmi, mordendomi le viscere. Giusto, che stavo
facendo??? Di nuovo questa storia. Io sto con Maya, e sono felice con
lei. No, no. Mi piacciono tutte e due. Che situazione del cazzo.
“Hai ragione” ammetto, sprofondando nel sedile.
“Non cercare di giustificarti, sai. Questa volta hai… che hai detto?”
Mio fratello mi guarda, incredulo.
“Hai ragione. Ho fatto una cazzata. Ma non dirlo a Maya, ok? Me la risolvo da solo.”
“Io… d’accordo.”
Mi lascia sotto casa. Apro la portiera e scendo. “Ray?”
“Sì?”
“Forse è il caso che prendi una decisione, no?” mi chiede Ste, preoccupato.
“Sì, è il caso.”
Passo da Maya alle dieci, ed è quasi pronta.
“Devo solo prendere le scarpe” mi annuncia, trionfante. È un record, Maya quasi in orario.
Si volta e mi sorride. Poi il suo sguardo cambia, e mi squadra sensuale.
“Sai, tuo fratello è a cena fuori con la sua sposina… e… noi potremmo…”
Percorre con la mano il mio petto, raggiunge l’orlo della maglia e la
solleva, poi si insinua sotto. Comincia a baciarmi, con passione. La
sua voglia sale e mi trascina sul letto.
Lei ride riprende a baciarmi. Si toglie il vestito e lo lancia sul
pavimento con noncuranza. Indossa un intimo nero, per niente casto.
Rimpiango i bei tempo in cui usava semplici mutande di cotone. Quante
cose sono cambiate.
“Maya, non offenderti, ma stasera non mi va.”
Lei si blocca, le mani dietro la schiena a cercare di sganciare il reggiseno.
“Che vuoi dire?”
“Stasera non voglio fare sesso.”
“Ma…”
Le blocco le mani e la guardo con dolcezza. “Scusami, ma non è stata una bella giornata.”
Maya sembra delusa e io la stringo a me. “Scusami” le sussurro nuovamente tra i capelli.
“È colpa mia?” mi chiede, con voce rotta.
“No. Non farti seghe mentali, per favore. È colpa mia.”
La sento piangere e la stringo più forte.
“Dai, non fare così, Maya, per favore…”
“E allora perché non mi vuoi?”
“Non stasera. Non ti voglio rifiutare, ma… capiscimi. Maya, per favore.”
Le asciugo le lacrime e le do un bacio leggero. Lei risponde, tra le
lacrime. Sale sopra di me e riprende a baciarmi. Capisco che questa
sera non posso vincere io.
Sere non è ancora rientrata. Chissà dov’è. Lei e il suo Andros. L’ha
presentato anche ai miei, che sono stati contenti di vedere,
finalmente, la propria figlia così felice. È ancora presto, ma è
probabile che resti a dormire fuori.
Scaravento le scarpe in un angolo del bagno, poi mi infilo in doccia per togliermi di dosso l’odore insistente di Maya.
Mi infilo i boxer e un paio di pantaloncini, poi mi asciugo i capelli.
Ripenso alla mia apatia, e mi stupisco che Maya non se ne sia accorta.
Praticamente sono fuggito.
Morena è ancora nella mia testa. Apro la porta finestra, esco in
terrazza e assaporo l’aria notturna. La luna splende nel cielo, il mare
ondeggia placido in lontananza. Silenzio. Percorro la strada con lo
sguardo e vedo Morena, seduta sul marciapiede accanto allo skateboard,
che guarda verso al mia finestra.
Rimango stupito, poi le faccio segno di salire.
Due minuti dopo si ritrova in terrazza, e la faccio entrare in camera.
Lei si appoggia alla parete, guardandomi, in piedi di fronte a lei,
illuminato dalla luna. Indossa un paio di pantaloncini scuri, e una
canottiera blu. Niente cappello, ma capelli sciolti.
Aspetto che sia lei a parlare, incastrando i miei occhi nei suoi.
“Ray perché l’hai fatto? Perché mi hai baciata? Ti facevo pena?”
“Non dire cazzate.”
Si sposta e mi da le spalle, appoggiata alla porta finestra. “Non so
neanche perché sono venuta qui” sussurra, osservandomi con la coda
dell’occhio.
Mi avvicino a lei. “Non puoi resistere senza di me.”
“Forse è vero. Che idiota che sono. Continuo a rincorrerti come un cagnolino, mentre tu…”
La abbraccio da dietro, per zittirla. Le sposto i capelli dal collo e
comincio a baciarla piano, come so che le piace. La sento fremere e
sospirare, leggerissima. Si allontana, o almeno ci prova, perché non la
faccio andare via. Si volta, e poggia le mani sul mio petto nudo, ma
non mi guarda.
“Hai fatto una cazzata stamattina. Non peggiorare la situazione.”
Mi avvicino di più a lei perché so che effetto le fa stare così a contatto col mio corpo.
“Voglio peggiorarla. Voglio finire in un baratro di agonia.”
“Per cosa? Niente di me vale tutto ciò.”
“Per un minuto con te, a respirare la tua pelle.”
“Non ragioni più” mi dice, ma si avvicina, percorrendo il mio corpo con le mani.
“Non sfuggirmi” le sussurro, sul collo, dove comincio a baciarla di nuovo.
“Non posso, anche se mi faccio del male.”
“Io non voglio farti del male.”
“Per me quel minuto con te è il paradiso, ma dopo è l’inferno.”
“Allora stai con me in paradiso” le dico. Lei scuote la testa e capisco
che non mi crede. Le afferro una mano e gliela poggio sul cuore.
“Senti come batte. Ti ricordi quando avevamo detto che non bastava che
il cuore battesse forte? Invece sì, basta. Perché mi batte così, come
se volesse uscirmi dal petto, solo per te. Con te. Non c’è migliore
verità di questa.”
Guardo i suoi occhi chiari e per l’ennesima volta mi stupisco della
loro bellezza, della loro forma, dei tratti particolari del suo viso,
con quelle labbra grandi che le danno una forte carica sensuale.
Percorro il suo corpo con le mani e le sollevo la maglietta,
lasciandola cadere sul pavimento.
Si lascia attraversare dalle mie mani, dalla mia bocca, fin quasi a perdersi, lontana.
Entro in lei come in un tempio, osservando ogni minimo cambiamento dei
suoi occhi incastrati ai miei, il respiro. In silenzio, perché ci
diciamo tutto senza parlare, solo guardandoci.
Sento le sue mani sulla schiena, e vedo gli occhi chiudersi, le labbra
aprirsi. Assaporo ogni millimetro del suo viso, per poter poi in un
secondo momento tirare fuori quei frammenti e riviverli. E vorrei stare
con lei all’infinito, coi corpi intrecciati, le mani che si cercano e
mille cose che ci scivolano addosso.
Minuti, ore, giorni, mesi o anni. Che importa del tempo.
“More, sei sveglia?”
Sta rannicchiata contro il mio petto, respirando piano. Le accarezzo la schiena nuda e lei annuisce, a occhi chiusi.
Rimango in silenzio per un po’, guardandola.
“Credo di essermi innamorato di te” le sussurro.
Lei non risponde, ma si stringe di più a me. “Mi senti?”
Ma Morena dorme, e il suo respiro regolare me lo conferma.
Allora chiudo gli occhi anche io e la abbraccio.
Allungo una mano ancora prima di aprire gli occhi, sapendo già che non la troverò.
Un biglietto sul cuscino, e accanto la macchina fotografica. Svegliare chi dorme è un sacrilegio. Accendo la reflex e guarda l’ultima foto. Sono io che dormo, e ho un’espressione beata e tranquilla. Neanche mi riconosco.
Come un flash mi torna in mente quando l’avevo già incontrata:
all’ospedale, quando Marty aveva avuto l’incidente. Capisco che c’è
sempre stata, che abbiamo percorso due strade parallele che si
incrociavano solo a volte, quando il destino voleva giocare con noi. Lei è sempre stata mia.
Finalmente mi sono decisa a pubblicare questo capitolo, che aspettavo
da quando ho cominciato a scrivere "Tra mare e cielo". Posso ritenermi
abbastanza soddisfatta :) Spero comunque che stiate leggendo e che i
fatti procedano al meglio. I prossimi capitoli saranno un po'
turbolenti! :) FATEMI SAPERE! _ninive_
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Capitolo 14 *** In mezzo all'uragano ***
a casa di marty
Suono il campanello di casa di Marty. Lei apre due secondi dopo, in pigiama. Dopotutto è domenica pomeriggio.
“Ehi, non ti aspettavo!”
“C'è tuo fratello?”
Sa che non entro neanche se ci sono lui e il suo atteggiamento fastidioso.
“No, grazie a tutti i santi del paradiso. Vieni, accomodati.”
Si sposta per lasciarmi entrare e si riposiziona al suo posto: sul
divano, di fronte al maxi schermo che occupa la parete di fronte, con
accanto una vaschetta di gelato grande come un secchio. Stava guardando
Dirty dancing.
Mi guarda, aspettando qualcosa. Io mi stravacco sul divano, senza sapere da dove iniziare a raccontarle di ieri.
“Marty, beh...”
“Mi devi cinquecento euro.”
Marty si posiziona meglio nel divano, le gambe incrociate e la
vaschetta di gelato tra le braccia. Ci ficca dentro un cucchiaio
enorme. Mi ricordo della scommessa e di come clamorosamente ho perso.
Ehi, ma come fa a saperlo???
“Te l'ha detto lei?” chiedo, incredulo.
“Lo vedo dalla tua faccia furbetta. E poi sono stata con Morena per
otto ore stamattina, e lei non ha detto una parola. Nulla. Muta come un
pesce. Neanche ‘ciao’. È significativo.”
“Otto ore? Ma che...”
“Tatuaggio” biascica Marty, leccando il gelato che cola dal cucchiaio.
“Un tatuaggio? Morena?” Mai l'avrei detto.
“Sì, smettila di farmi ripetere le cose. Non ti dico nient'altro, mi
dispiace. Voglio i cinquecento euro entro dodici ore, caro Ray. È
inutile, sono una maga, e ti conosco benissimo, so leggere la conquista
sul tuo volto.”
“Vaffanculo, Marty.” Odio che riesca a capirmi così bene, mentre lei è riservatissima.
“Vuoi gelato? Ma che dico, tu e lo zucchero...”
“Non dovresti ingozzarti, o finirai all'ingrasso e non ti vorrà più nessuno.”
Mi allungo per afferrarle la pancia, ma schiaffeggia la mia mano.
“Prendimi in giro tu, fai pure. Le tue critiche mi scivolano addosso
come burro fuso. Io, intanto a differenza tua, ho le idee ben chiare.”
“Ovvero?”
“Bocca cucita.”
Faccio un balzo verso di lei e le salto addosso, bloccandola sul divano con le gambe.
“Parla o non ti lascio andare.”
“Mollami! NOOOOO!!!”
Lottiamo sul divano per un po', finché vinco io e si decide a vuotare il sacco.
“D'accordo, sciocco salutista, ti dirò tutto! Sono uscita con una
persona molto attraente... capelli rossi, occhi grigi... ti dice
qualcosa?”
“Come ben sai non mi piacciono i ragazzi, cosa ne posso saper... oh.”
Mi viene in mente, così all'improvviso. Eris.
“Sei lesbica???”
“Al massimo bisessuale.”
Mi sorride e mi fa segno di spostarmi. “E... ora?”
“Nulla, non posso uscire con una persona? Deve per forza significare qualcosa?”
“No, certo che no... però è strano. La mia amica che esce con una donna.”
Lei mi sorride, ancora più felice di prima. “Sì, si... tutto ciò è
molto interessante e ho fatto dello straordinario sesso lesbico per
tutta la notte, ma... domani vieni alla mia festa, sì?”
“Festa? Per cosa? Il tuo compleanno è a Gennaio! Tutta la notte?”
“Per il diploma, ovvio.”
“Ma ne hai già fatto due!”
“Una per festeggiare l'ammissione, un'altra prima della prima prova e ora... per il diploma vero e proprio!”
“Tu e la tua mania di far festa, giusto un modo per spendere soldi...”
“Tanto ho tutti i soldi che voglio, e papà ha detto che ha un regalo speciale per me!”
Può essere una casa, come un viaggio, una villa o un auto. Di sicuro
non è il classico orologio come quello che sfoggio io al polso. A meno
che non sia completamente fatto d’oro.
“La tua festa mi aiuterà a schiarirmi le idee?”
“Perché, cosa non ti è chiaro?”
Io la guardo, stralunato, e cerco di capire come mai lei non capisca.
“Sono tra due fuochi. Maya e Morena!”
“Vorresti dirmi che dopo che hai fatto sesso con Morena non hai mollato Maya?”
“Perché dovrei?”
Marty mi punta contro il cucchiaio colante di gelato con fare minaccioso. “TU L’HAI TRADITA!”
“Marty, io voglio stare con Maya. Per lei ho rinunciato a tutto…”
“Se con tutto intendi la tua felicità, sì, sono d’accordo.”
“Non capisco perché tu vuoi per forza che io stia con Morena. È colpa tua se sono in questa situazione del cazzo.”
“Vuoi stare con entrambe? Con Maya ufficialmente e con Morena solo tra
le lenzuola? Morena non accetterà mai. Sei cresciuto per questi
giochetti.”
“Ma io non so cosa voglio. Io non lo so. Ieri…” ripenso alle mie
parole, a Morena, a quanto ho creduto nei miei sentimenti. Ma ora, alla
luce del giorno, le cose sembrano diverse. La ragione regna di nuovo
sovrana. “Ieri ero sicuro. Ora non più. Non posso lasciare Maya, né
posso stare con Morena. More è una forza della natura, un’eterna
scommessa, ma mi sfugge come sabbia tra le dita, tra i suoi mille
segreti e muri. Maya è una certezza, sempre che non faccia qualche
cazzata col tuo migliore amico, beh, allora…”
“Ray, tu pensi troppo.”
“E tu troppo poco.”
“Ed è per questo che non mi vedi mai abbattuta, mai triste.”
Mi sorride anche ora, benché sia arrabbiata con me. “E non puoi
prendere in giro né Maya né Morena. Anche se di Maya non me ne sbatte
nulla. Non è comunque giusto.”
“Ho bisogno di tempo. Per riflettere. E smetti di mangiare!” le dico,
mentre infila per la decima volta il cucchiaio nel gelato.
“Questa è una cosa che non capirete mai. Il gelato ci aiuta a pensare,
a superare i problemi. Noi li anneghiamo nel gelato. E stiamo meglio. E
organizziamo feste.”
“Quella sei solo tu. Spero non ci siano duecento persone come l’altra volta.”
“Macché, solo intimi.”
Immagino gli “intimi” di Marty, visto che conosce tutta l’isola.
“E non Maya” aggiunge, perché sa che stavo per chiederglielo.
Detto questo, si sdraia meglio sul divano e riprende a guardare il film.
“Tesoro passi da me stanotte?” mi chiede Maya, al telefono.
“Sono alla festa di Marty, Maya.”
“Oh.”
Non so se sia delusione perché non l’ha invitata o perché non passiamo la notte assieme.
“E stasera?”
“Devo andare in palestra, come tutti i pomeriggi. Tu? Vai al mare con Samu?”
“Sì, si gode un po’ di relax.”
“Divertiti, cucciola.”
“Grazie, amore.”
Amore. Qualcosa si spezza, si spacca in me.
“Adesso devo andare.”
Chiudo la telefonata senza darle il tempo di ribattere e scaravento il
cellulare sul letto. Mi accorgo che in realtà ho paura. Dell’amore, di
una relazione seria, in particolare con Maya, che mi ha promesso di
restare. Ma io volevo davvero questa promessa?
Lucia si mette il mascara e guarda il risultato allo specchio. Cerca di
imitare Maya, ma senza successo. Ha i capelli troppo lisci per ottenere
delle onde morbide.
“Pensi che ci sarà Nikko alla festa con quella puttanella della sua
nuova fiamma?” le chiede Vale, chiudendo con troppa furia un ombretto
rosa che la fa sembrare volgare. Lucia non le dice nulla, perché sono
in fottuto ritardo per la festa di Marty.
“Certo che c’è, è il fratello di Marty.”
“Uff, speravo di non vederlo. Che odio.”
“E smettila, sei innamoratissima. Ehi, un messaggio di Maya. Dice di tenere d’occhio Ray.”
“Maya non si fiderà mai di lui.”
Lucia lancia un’occhiataccia a Vera dallo specchio. “Certo, lui non è
il tipico ragazzo affidabile! Insomma, chi non è stata a letto con lui?”
Le due si guardano, arrossendo. Di sicuro loro ci sono state. E non l’hanno di certo dimenticato.
“Sì, ma è cambiato. Si è dato una calmata, è più maturo, insomma…”
“Fidarsi è bene…”
“…non fidarsi è meglio.”
“Poi, tu che critichi. Sei stata gelosa di Nikko costantemente, durante il vostro anno di tira e molla.”
“Avevo le mie ragioni” risponde Vale, acida.
“E lei le sue” ribatte Lucia, con lo stesso tono.
Il campanello le fa sobbalzare. “Oh, è arrivata Fede. Andiamo.”
Marty non ha idea del concetto di “intimi”. Casa sua è diventata una
discoteca luminosa e rumorosa, ci saranno almeno trecento persone. Lei
canta su un tavolo una canzone che non conosco, poco vestita, come
sempre.
“Ehi, Ray!”
Mi volto, e Lucia mi sorride. Assomiglia leggermente a Maya. Mi viene
da ridere. Vale si guarda intorno, sicuramente alla ricerca di Nikko.
Fede mi fa ciao con la mano, scocciata senza motivo apparente.
“Ciao, ragazze. Tutto a posto?”
Lucia ondeggia i capelli neri e sposta dagli occhi la frangia. “Sì, anche se la nostra migliore amica non è stata invitata…”
Noto il risentimento che ha per Marty, e mi infastidisco. Non faccio in
tempo a rispondere che Lucia prosegue, urlando per sovrastare la
musica. “Insomma, ha invitato tutta questa gente e non invita Maya…”
Non l’ascolto più. I miei occhi si posano su una figura che si
allontana dalla folla. Esce dalla villa da una porta finestra che la
condurrà alla spiaggia.
La seguo a ruota, superando Eris e Marty che si baciano come se non
avessero futuro, finché arrivo nella parte più settentrionale della
villa di Marty, dove la musica non arriva quasi più. È la stessa
spiaggia dove avevo fatto sesso con Maya l’anno scorso. Mi sembra sia
passato un secolo.
Morena si è tolta le scarpe col tacco e le ha abbandonate sulla
spiaggia, vicino all’acqua. Le onde le sfiorano, dello stesso colore,
blu. Finalmente si ferma, coi piedi dentro l’acqua, guarda lontano
qualcosa che solo lei può vedere. Percepisco il muro che si è costruita
attorno da metri di distanza.
Mi avvicino, silenzioso. Le uniche luci sono la luna e i faretti a casa di Marty, a diversi metri di distanza.
“Ciao, Ray.”
Non si gira, continua a fissare il mare. Rimango abbagliato dalla sua
bellezza, dal suo profilo perfetto. Indossa un abito blu, corto, e ha i
capelli biondi stretti in una lunga treccia alla francese che le scende
sulla schiena scoperta. Grazie alla poca luce della luna vedo l’inizio
di un cerotto bianco sul fianco, per coprire un tatuaggio ignoto.
E io sono qui per lei. Non per Marty, non per festeggiare. Solo per
lei. Il resto svanisce. E ho voglia di prenderle il volto, guardarla
intensamente e baciarla come se fosse l’ultima volta, smettere e
ricominciare ancora. Ma il muro la difende, impenetrabile.
“Avevi bisogno di allontanarti anche tu da quella folla?” mi chiede,
senza nessuna inclinazione della voce, sempre senza voltarsi.
“Sì, odio il casino.”
I suoi occhi glaciali mi squadrano. Per un secondo mi ricordano quelli
della ragazza misteriosa del Chico, e mi chiedo se… ma no, non può
essere Morena.
“Perché mi segui? Avevi detto che mi avresti lasciato stare.”
“Non riesco a starti lontano. E poi, come posso abbandonarti dopo che ieri…”
Non mi fa finire la frase per evitare parole che le fanno male.
“Non cambia le cose, Ray.”
Abbassa gli occhi per non farmi vedere che soffre. “Non cambia le cose, te lo ripeto. Tu stai con lei.”
“Sono confuso, More. Non capisco cosa voglio.”
“Non possiamo sottostare ai tuoi giochetti. Non hai idea di quanto teniamo a te. Noi la decisione l’abbiamo presa.”
Mi passo una mano tra i capelli per calmare la rabbia. “Dici “noi”. Parli anche di Maya. Come se ti importasse qualcosa di lei.”
“La invidio e sono gelosa, questo sì. Ma non posso falsificarmi la
coscienza e dirmi che è giusto, perché non lo è. Benché abbia ottenuto
l’unica cosa che desideravo.”
Mi guarda di nuovo, e abbassa la voce. “Prendi una decisione, Ray. Sai quello che provavo.”
“Perché usi l’imperfetto?”
“Ha senso che io usi il presente, se tu…?”
Mi avvicino e la afferro per i polsi, dolcemente. “Per me ha senso.
Lascia perdere Maya, lascia perdere tutto. Lei non è qui ora. Io sì. Io
sono qui per te.”
“Solo quando non hai il cagnolino dietro. Per il resto non ti interessa.”
“Che dici? Stavo per baciarti in quel centro commerciale, lo sai anche
tu. E poi, non puoi farmi questi discorsi. Stai ancora con Leo, no?”
La vedo arrossire nella penombra. “Lo sai che voglio te.”
“Però non l’hai lasciato.”
“No, non l’ho fatto. Perché avrei dovuto?” mi chiede, sfidandomi con gli occhi.
“Perché sei innamorata di me.”
Morena dischiude le labbra e arrossisce ancora di più. Non risponde.
“Perché lei non è con te ora?”
“Ha litigato con Marty l’anno scorso. Colpa sua.”
Senza che lei se ne accorga scendo dai polsi alle mani, e intreccio le mie dita alle sue.
“Forse è meglio se restiamo amici, Ray. Stiamo solo complicando le cose.”
“Amici? Che parola scema, More. Io non voglio essere tuo amico, non se
provo un’attrazione così forte per te. Se chiudo gli occhi penso a te,
e anche ora che sei di fronte a me ho voglia di baciarti. Sono geloso,
e non lo sono mai stato con nessuna. Ho il terrore di perderti.”
“Le tue parole non corrispondono ai fatti, come sempre. Non mi bastano più le tue frasi. Io me ne vado.”
“Fuggi?” le chiedo, sfidandola io questa volta.
“Sì. È più facile starti lontano, anche se…”
“Se?” le sussurro, vicino al suo volto. I suoi occhi grandi e impauriti mi ricordano le sensazioni della notte precedente.
“Anche se mi manca l’aria quando non ci sei. Non hai idea di quanto sto bene vicino a te. Anche ora che stiamo litigando.”
Le sorrido e la stringo a me. Ma lei mi respinge. “Hai idea del male che mi fai? Non riesco a difendermi da te.”
La guardo, così bella, unica, splendente. Ripenso a tutte le cose ci siamo detti, e al suo corpo nudo tra le mie lenzuola.
“Avevi promesso che mi avresti lasciata stare. Ti prego.”
Sembra più una minaccia che una supplica.
“Sarà così, allora. Faremo finta di non esserci mai conosciuti. Due estranei. Da ora.”
“Bene” dice lei, risoluta.
“Bene” ripeto io, convinto.
Cerca di superarmi per tornare alla festa, ma non fa neanche due passi
che la afferro e la abbraccio, stringendola forte a me. “Non ce la
faccio” le sussurro tra i capelli. “Non ce la faccio senza te. Dimmi
che non vuoi.”
“Non voglio” dice lei. “Ma devi scegliere.”
Alza gli occhi, e la distanza metaforica che ci separa si affievolisce appena incontra il mio sguardo.
Annuisco, mentre lei infila le dita tra i miei capelli.
“Nel frattempo che decidi, ti lascio qualcosa a cui pensare…” mi sussurra, e mi bacia, forte e passionale, come piace a me.
“Dove cazzo è finito?” dice Lucia. Stanno sulla terrazza panoramica di
Marty, quella che da sul mare. Lucia osserva il panorama col binocolo
di Marty, alla ricerca di Ray.
“Passalo a me”
Vale osserva tutta la spiaggia, fino a fermarsi sui contorni di due persone.
“Cazzo.”
“Che c’è?”
“Guarda lì.”
Vera indica sulla spiaggia un punto impreciso. “Non vedo nulla! Passami
il binocolo! Oh, ma… è Ray. Sta abbracciato ad una ragazza bionda con
la treccia.”
“Lo so! Dimmi che fanno.”
“Lei l’ha baciato!”
“Sul serio?”
Vale strappa di mano il binocolo a Lucia e guarda la scena coi suoi occhi.
“Avevi ragione, cavolo. E ora chi lo dice a Maya? Non abbiamo prove.”
“Non c’è bisogno di prove, lei ci crederà. Che stronzo, sapevo che non era cambiato.”
Un’ora dopo torniamo alla festa. Tengo la mano a Morena come se avessi
paura che mi scappi, ma anche con naturalezza, come sempre.
“Ehi, Ray. Marty ti stava cercando” mi urla Eris, per sovrastare il
frastuono della musica. Annuisco e cerco Marty, trascinandomi dietro
Morena. Noto gli sguardi di tutti su di me, stupiti, in particolare
Fabio. Lucia e Vale non ci sono, per fortuna. Almeno non lo diranno a
Maya.
Vera e Chiara, le amiche di Morena, ci guardano con gli occhi sgranati.
Vera addirittura ha lasciato cadere un bicchiere. Leo più lontano
scuote la testa, ma non dice nulla. Sa cosa prova Morena per me. Mi
chiedo come faccia a sopportarlo.
Poi vedo Marty che mi sorride e mi fa segno di seguirla fuori.
Morena raggiunge le amiche, ma le supera, per arrivare da Leo e parlargli.
“Sapevo sarebbe successo” la anticipa lui, con un sorriso. “Non devi dirmi nulla, More. Non mi devi nessuna spiegazione.”
“Scusa” dice lei, sincera.
Leo le prende la mano e la stringe. “E non mi devi nessuna scusa. Nulla
di nulla. Io voglio solo il meglio per te, lo sai. Mi capisci, vero? Io
capisco te. Ora hai da affrontare cose più grosse, ad esempio… la tua
migliore amica che sta arrivando qui armata di mitragliatrice.”
“Caspita…”
Morena si volta e vede arrivare Vera e Chiara, furenti. “Da quanto dura questa storia??”
“Un po’…” ammette Morena, arrossendo.
“E cosa aspettavi a dircelo? Vogliamo sapere tutto.”
Morena ride e abbraccia le amiche. “Certo.”
Povere illuse.
“Ray! Guarda il regalo di papà!” mi urla Marty, portandomi fuori. Sventola in aria una chiave.
“Un’auto?”
“Sì! Ma non una qualsiasi…”
Con un gesto teatrale mi conduce in garage. Un’Audi R8 bianca. Un sogno.
“Cazzo…”
“Sì, è stata la mia reazione!”
“Posso provarla?”
“Certo che no!”
“Stronza!”
Lei ride e si volta verso la casa. “Sento dei rumori strani…” mormora, con aria sospettosa. Rabbrividisce, spaventata.
“Dove?”
“In giardino. Vai a vedere?”
Mi sposto sotto gli alberi, ed effettivamente sento qualcosa di strano anche io. Sussurri convulsi.
“Lasciami, per favore…”
“Dai, un bacio… solo un bacio, che ti costa.”
“Non voglio. Mollami.”
Nikko afferra Morena per i polsi, facendole male, e cerca di baciarla.
Io con uno strattone allontano Nikko e proteggo Morena, mettendola
dietro di me.
“Che cazzo fai, Nikko?”
“E tu? Perché non ti fai i cazzi tuoi?”
“Le stavi facendo male, lo capisci o sei troppo rincoglionito?”
“Ma vaffanculo, sempre il solito stronzo.”
“Se ti becco ancora a meno di venti metri di distanza da lei, giuro che ti spacco la faccia.”
Faccio per allontanarmi con Morena, che lo sento dire: “Ma bravo, Ray…
volevi la puttanella solo per te. Lo sanno che la da a tutti.”
Succedono diverse cose contemporaneamente. Il mio pugno colpisce Nikko
in pieno volto, e una ginocchiata subito dopo gli arriva in pancia. Si
accascia a terra e comincio a colpire a calci ogni parte del corpo che
riesco a raggiungere. Morena urla e cerca di trattenermi, ma io per
sbaglio nella furia la colpisco, e anche lei cade a terra, andando a
finire su un faretto, che si spacca. Si tocca la mano, completamente
piena di sangue.
“Cazzo, More…” Corro verso di lei, terrorizzato alla vista del sangue.
“Sto bene, Ray.”
Cerca di alzarsi, mentre Nikko alle mie spalle non trova la forza per
farlo. Ma in un secondo è di nuovo a terra, mentre il sangue sgorga dal
suo polso. La afferro prima che cada, e la porto dentro tra le mie
braccia.
“Scusa, Marty, ho distrutto un faretto. E la festa è finita.”
L’infermiere sorride alla frase di Morena. Tutti sono andati via,
cacciati in malo modo da Marty, in lacrime, e siamo corsi in ospedale
guidando L’R8. Una pessima occasione per provare la macchina dei miei
sogni.
“Ma smettila. Tutta colpa di mio fratello.”
Gli lancia un’occhiata che appiccherebbe un incendio. Nikko sta
sdraiato su un letto, mentre un altro infermiere gli medica le ferite
provocate da me.
“Il taglio non è profondo, e non ha danneggiato nessun nervo. Ora lo
disinfetto e ci metto i punti. Certo che sei stata sfortunata ad aver
infilato la mano proprio lì.”
“La sfortuna mi perseguita” sussurra Morena, con gli occhi chiusi per
non vedere i pezzi di vetro sfilarsi dalla sua pelle. Io le tengo
l’altra mano, ma vorrei scappare. È colpa mia. Solo mia. E poteva farsi
male sul serio.
“Scusami, More. Non…”
“Piantala, Ray, per favore” mi dice Morena, accennando un sorriso.
“Ecco fatto. Tieni a riposo la mano e cambia le bende domani. Puoi tornare a casa, se te la senti.”
“La accompagno io” si propone Marty, asciugandosi le lacrime. Eris al
suo fianco la aiuta a soccorrere Morena. Lei si alza. Noto che non ha
pianto. Morena non piange mai.
“E tuo fratello?” chiede Eris, lanciando un’occhiata preoccupata verso
di lui. Nessuno sa che è successo, o chi l’ha ridotto così.
“Che bruci all’inferno.”
“Non puoi lasciarlo qui.”
“Mando mio padre.”
Sentiamo dei passi in corridoio e vediamo Fede, ansante, correre verso di noi, traballante sui tacchi, piangendo.
“Dov’è Nikko?” chiede, con voce rotta.
Marty sgrana gli occhi e indica il suo letto, con espressione disgustata. Fede si fionda lì. “Amore mio, che è successo?”
Nikko mugugna qualcosa, ma le labbra sono rotte e probabilmente gli
fanno troppo male per parlare. Adesso un po’ mi dispiace, ma… un
attimo, che c’entra Fede?
Faccio la stessa domanda a Marty con lo sguardo, e lei alza le spalle, a farmi capire che non sa nulla.
Cinque secondi dopo arriva anche Vale, seguita da Lucia. Vede il letto occupato da Fede e diventa paonazza.
“Avevo dei sospetti, ma…”
Faccio segno a Marty e Morena di andarcene per evitare l’uragano Vale.
Passo accanto a Lucia che mi rivolge un’occhiata cattiva. Quasi
rabbrividisco.
Mentre lasciamo il corridoio sentiamo le urla di Fede e Vale che si sovrappongono. Sono grato di essermene andato.
Raggiungiamo l’R8 e Morena sale in macchina. “Ti chiamo dopo, ok?” le dico, dal finestrino aperto.
Lei annuisce e chiude gli occhi, stanca.
“Ciao, Ray” mi saluta Marty, provata.
“Scusa, Marty. Io torno a piedi, casa mia è qui vicino.”
“Smettila. Comunque… Ehm…”
“Che c’è?”
“Maya.”
“Che c’entra ora?”
“Dietro di te.”
Mi volto. Lei è davvero lì, i capelli raccolti in una coda, lo sguardo arrabbiato.
“Dobbiamo parlare” mi dice, con un tono che preannuncia tempeste. Marty sgomma via. Rimpiango la sfuriata tra Vale e Fede.
“Hai ragione. Senti…”
“So che mi hai tradito. Ancora.”
Non so cosa dire. E lei continua. “Io non so più cosa fare. Non sono abbastanza per te? Che ho fatto per meritare tutto questo?”
Attacca a piangere. Probabilmente vorrebbe essere consolata, ma io sto
fermo, impettito davanti a lei. Non ho la forza, la voglia, il motivo
per consolarla. Ho voglia di chiudere gli occhi e abbandonarmi al
sonno. Ma so che prima devo affrontare Maya.
“Avrei dovuto parlartene. Non l’ho fatto, è stato un mio errore. Non
volevo far soffrire né te né Morena, non ve lo meritate. Maya… devo
prendere una decisione. O te o lei. Non ho idea di cosa provo. O
meglio, lo so, ma sono due sentimenti diversi e intensi. Ti giuro, non
ti sto mentendo. Ho bisogno di tempo per decidere.”
“Queste cose non si decidono, Ray. Guardami. Cos’ha lei che io non ho?”
“Maya non è questo! È che… non lo so, non so come spiegartelo. Lasciami tempo.”
Detto questo, le volto le spalle e mi dirigo verso casa.
Morena esce di casa che sono solo le otto. Il braccio le fa male, ma
decide comunque di prendere lo skate. Nulla può fermarla. Sua nonna si
era spaventata da morire, e aveva dovuto darle delle pillole per
calmarla. Suo fratello è rientrato un’ora dopo, senza degnarla di uno
sguardo. Comincia a sentire la mancanza della droga, non fa che dormire
tutto il tempo.
“Morena.”
Maya sta di fronte a lei, con gli occhi rossi. Per un secondo Morena si sente in colpa.
“Aspetti da molto?” le chiede Morena, cercando di essere gentile.
“Da troppo. Devo parlarti.”
“Se riguarda Ray non voglio saperlo.”
“No, riguarda te.”
Morena si stupisce, e contemporaneamente non vuole ascoltare.
“Dimmi” dice, però.
“Tu mi hai rovinato la vita. E credo che ciò valga anche per te. Ma… io…”
Maya non sa bene che dire. Cerca le parole più adatte dentro la sua
testa, forse non vuole farle male, ma Morena non ha tempo per queste
cose.
“Arriva al punto.”
“Voglio che ti fai da parte.”
“Stiamo parlando di Ray, non di me.”
“No, stiamo parlando di te. Io voglio… vorrei, che…”
“Che?”
“D’accordo. Ti parlerò chiaramente. Ti ho chiesto di aiutarmi con Ray,
e lui ieri mi ha lasciato. Se tu lo convinci che non sei innamorata di
lui, ritornerà da me. Ti prego, è l’unica cosa che desidero.”
“Vale anche per me. E tu me l’hai portato via. Vuoi davvero che lui
stia con te solo come ruota di scorta? Solo perché sei l’unica scelta?”
“Sono arrivata prima di te. È mio di diritto.”
“No, tu te ne sei andata. E al tuo ritorno ti sei presa l’unica cosa che per me contava davvero.”
Maya sbuffa, spazientita. “Quanto sei stata sincera con lui? Dimmi, gli hai detto tutto di te?”
“Questi non sono affari tuoi.”
Dal rossore di Morena, Maya capisce di aver colto nel segno. “Vuoi sul
serio costruire un rapporto basato sulla menzogna? Davvero?”
“No.”
“E allora?”
“Non mi farò da parte. E tu hai promesso di non dirgli nulla. Troverò il momento per parlargli, ma non mi tirerò indietro.”
“Tu hai scopato col mio ragazzo!”
“E tu col suo migliore amico. Non hai nulla da biasimarmi. E ora vattene. Abbiamo chiuso.”
“Tutto ok, Ray? Ti vedo spento.”
Sere mi capisce al volo. Mi prepara la colazione, una cosa che adoro, perché è un gesto disinteressato, carico d’affetto.
“No. Mi sono lasciato con Maya.”
“Per colpa di quella ragazza bionda?”
“Non è colpa sua. È colpa mia e delle mie indecisioni.”
Mi passa la tazzina col caffè e si siede di fronte a me sul tavolo.
“Sai che ti dico? È ora che pensi a te stesso.”
Non capisco. “Ho sempre pensato a me stesso. Mi hanno detto tutti che sono un egoista.”
“La maschera che ti sei creato lo è, sì. Non mio fratello. Lui è buono,
generoso, altruista. E fa di tutto affinché le persone che ama siano
felici, persino a costo di sacrificare se stesso. Finalmente lo rivedo,
qui, di fronte ai miei occhi, dopo tanto tempo che l’avevo perso di
vista. Ha ripreso a coltivare quasi tutte le sue passioni, comincia a
farsi strada nel mondo adulto a testa alta. Ha abbandonato gli
infantilismi, le ragazze di una notte sola per concentrarsi sui suoi
sentimenti. E continua a pensare troppo. Questo fratello mi assomiglia
molto.”
Mi sorride e sorseggia il suo thé. “Sai, Ray… prima dell’anno scorso io
non ero felice. Vivevo in una bolla di vetro, costretta da mille fili
di ruoli imposti. Non conoscevo l’amore, e facevo un lavoro che non mi
soddisfaceva, lontano dalla mia terra e da tutte le persone a cui
volevo bene.”
Scosta i capelli biondi dal viso, poggia la tazza sul tavolo e si
sporge verso di me. “Guardami ora. Sono innamorata, a casa mia con la
mia famiglia, e c’è un enorme cartellone con la mia faccia al centro
commerciale. Io sono felice, e voglio la stessa cosa per te.”
“Un cartellone al centro commerciale?”
“No, idiota. Voglio vederti sereno. Segui il tuo cuore e fregatene
degli altri. I brutti momenti si superano sempre, ma i bei momenti sono
rari e bisogna coglierli appena si presentano. Pensa a te.”
“Grazie, Sere. Aspetterò un segno che mi faccia capire che scelta fare.”
Sere annuisce e mette la tazza vuota in lavastoviglie. “Te l’ho detto
che Marty ha procurato i biglietti a me e Andros per un concerto
stasera? Era tutto esaurito… A quanto pare il padre di Marty è amico
del cantante…”
“Sì, ne ho uno anche io. Ma non credo di andarci.”
Mi alzo e in quel momento suonano al campanello.
“Vado io” dico, senza nessuna voglia.
Il postino ha due pacchetti per me. Firmo dove mi indica e rientro in casa.
Il primo è piatto e quadrato, duro. L’altro è una busta rettangolare, gonfia.
Li apro, uno dopo l’altro.
Ecco il segnale. Prendo il cellulare e faccio il numero di Marty.
“Ho bisogno di un favore. Uno bello grande però.”
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