Miracolo

di Stupid Lamb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


“Edward, la colazione è pronta

Il neurone viaggia da solo. L’unico modo per tenerlo a freno è quello di mettergli un limite in termini di parole. Questa flash-fic ne contiene solo mille.

Una volta arrivata alla fine è stato difficile fermarmi, non lo nego.

 

Mi auguro che questo nuovo delirio piaccia a voi così come piace a me.

 

Buona lettura.

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Miracolo

 

Edward

 

“Edward, la colazione è pronta!”

Sono sveglio da mezzora, ma il mio corpo non vuole saperne di alzarsi. Fa freddo, le nuvole coprono gran parte del cielo, e non ho voglia di andare a scuola.

Un’altra fantastica giornata al liceo di Forks, evviva.

“Edward, muoviti!” ripete mia madre.

Untoc toc’ leggero sulla porta, che si apre prima che io possa impedirlo.

“Ehi, che ti prende stamattina?” Jasper, mio fratello, è già pronto per andare a scuola. “Hai intenzione di rimanere a casa?”

“L’idea è quella.”

“Andiamo,” dice avvicinandosi al letto. “Non hai quel progetto da consegnare? Sbrigati o faremo tardi.”

“Edward! Tesoro, scendi!”

“Va bene, va bene! Arrivo!” Sollevo il piumone e mi metto a sedere. “Potrei avere un po’ di privacy?”

“Come vuoi,” risponde Jasper. “Nervosetti, eh?” Evito di ribattere e lo accompagno fuori.

Se potessi, eviterei di mettere piede in quella scuola.

Ogni giorno diventa sempre più difficile: entrare in classe, sedermi accanto a lei, sopportare che non mi degni di uno sguardo.

Sono uno stupido. Uno stupido ciccione con i capelli rossi.

Guardo il mio corpo attraverso allo specchio ed abbasso gli occhi. Sono disgustoso.

Lo so io, lo sanno gli altri. Lo sa anche Bella.

 

 

Bella è la ragazza di cui sono innamorato. Non ho mai avuto il coraggio di dichiararmi, né di parlarle per più di cinque minuti, sempre e solo nell’aula di biologia.

Lei è bellissima. Gentile, simpatica, intelligente.

Proprio per questo non vorrebbe mai avere nulla a che fare con un ciccione disadattato come me.

A mensa siede sempre con un ragazzo dell’ultimo anno, Riley, ma non li ho mai visti in atteggiamenti intimi. Se io fossi Riley le chiederei di uscire. Andremmo a Port Angeles, mangeremmo un gelato. Proverei a farla sorridere e poi la inviterei a cena.

E le direi che da quando è arrivata a Forks non ho occhi che per lei.

Ho anche provato a perdere peso per essere più carino, ma solo un miracolo potrebbe rendermi magro e attraente.

Quando arriviamo a scuola lei è già lì, appoggiata al suo pick up rosso in compagnia di Angela Weber.

“Eccola.”

“Lasciami perdere,” rispondo a Jasper. Non ho voglia di ascoltare i suoi consigli su come far colpo. Lui non è obeso, non ha mai avuto problemi con le ragazze. Per lui è tutto facile.

Per me è complicato anche passare fra due auto parcheggiate.

Mi odio. Mi odio.

 

 

Il professor Connor è soddisfatto del mio progetto. Guadagno una A ed un sorriso da parte di Emmett. Con certe persone riesco ad essere abbastanza socievole. Ho impiegato diverso tempo per inserirmi a scuola, e per alcuni di loro sarò sempre il ciccione con i capelli rossi, ma con un paio di ragazzi ho un buon rapporto. Emmett e Ben, ad esempio.

Per loro il mio aspetto fisico non conta, e in loro compagnia riesco quasi ad essere me stesso.

Con gli altri è più difficile perché, quando mi guardano, la prima cosa che vedono è il grasso. Poco importa che la mia famiglia sia benvista, poco importa che io non faccia male a nessuno.

Il mio peso mi imprigiona, impedendomi di essere chi vorrei. E’ una zavorra eterna. E’ un limite che non supererò mai. E’ ciò che mi separa da Bella.

Abbiamo molte cose in comune, io e lei. Potremmo essere amici. Bella non mi prenderebbe mai in giro a causa del mio peso, ma non voglio rischiare che diventi mia amica per pietà, come hanno fatto tanti in passato. Non potrei sopportarlo.

Darei tutto pur di passare qualche ora con lei, pur di dimostrarle chi sono davvero.

 

 

Faccio la fila per conto di Jasper, impegnato a parlare con una ragazza dai capelli neri. Non ho ancora avuto modo di adocchiare Bella, ma so che è qui. Quando siamo vicini posso sentirlo. Il suo profumo è ovunque.

Riempio il vassoio e cammino verso il tavolo, facendo attenzione a non farlo cadere. Non sono particolarmente aggraziato.

“Edward.” Rischio di inciamparle addosso quando si avvicina e mi rivolge la parola.

“Ciao,” rispondo abbassando gli occhi sul vassoio. “Ciao, Bella.”

“Io… umh… posso farti una domanda?”

Alzo la testa e vedo i suoi occhi marroni. Brillano. Le guance sono color porpora. “Sì.”

“Ecco… io… vorresti… ti andrebbe di…” Solitamente non ha difficoltà a parlare. Non è insicura come me. “Ti andrebbe di sederti con me oggi? Al mio tavolo?”

“Come, scusa?”

Devo aver detto qualcosa di sbagliato, perché il suo sorriso scompare. “Io... beh… niente, non importa… non…”

Prova a girarsi per andare via, ma riesco a fermarla facendo due passi e mettendomi dinanzi a lei.

Sento di non voler perdere questa occasione.

“Sì,” rispondo meravigliandomi della mia audacia. “Voglio sedere al tuo tavolo.”

“Davvero?” chiede.

“Davvero.”

“Grazie, Edward” mi dice arrossendo. “Aspettavo questo momento da quando sono arrivata a Forks.”

 

 

“Non credevo che avresti mai accettato.”

Deglutisco a fatica. “Perché non avrei dovuto?”

“Perché non mi hai mai rivolto la parola all’infuori dell’aula di biologia.”

Non so cosa dire. Non so come spiegarle che dal primo giorno in cui l’ho vista non faccio che sognarla.

“Non so se è perché sono nuova o se forse non sono… non sono il tuo… il tuo… tipo.”

“No,” dico con il cuore in gola. “Non è… non è così.”

“Ogni giorno… ogni giorno spero sempre che… che tu…

“Che io?”

“Che tu ti accorga di me. Mi siedo qui sperando che tu mi chieda di farti compagnia, ma non lo fai mai, non mi vedi mai… e poi Riley viene a darmi noia e…

“Io ti vedo,” le dico. “Ogni giorno, da quando sei arrivata. Ti vedo qui, in classe, nel parcheggio. Ti vedo sempre, Bella. Sempre.”

“Davvero?”

“Davvero.”

“Ma allora perché non hai mai…”

Abbasso gli occhi. La mia pancia tocca il bordo del tavolo.

Sono un ciccione pieno di insicurezze, e non so come dirglielo.

“Edward… vorresti essere… mio amico?”

“Come?”

“Ti va di essere mio amico?”

Forse i miracoli esistono. Forse questo è il mio miracolo.

“Sì, Bella. Sì.”

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


I vostri commenti mi hanno emozionata tantissimo, in particolare quelli di coloro che si sono rivisti in questo Edward così diverso dal solito

I vostri commenti mi hanno emozionata tantissimo, in particolare quelli di coloro che si sono rivisti in questo Edward così diverso dal solito. Grazie per tutti i commenti, anche per quelli privati.

Ho deciso di allungare la flash fic e di farne una mini ff di pochi capitoli. Come ringraziamento per voi, e come desiderio mio personale.

 

Grazie a lele-cullen, che mi ha dato la sua benedizione.

Grazie anche a chi ha segnalato questa storia per l’inserimento fra le scelte.

 

Buona lettura.

 

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Capitolo 2

 

Edward

 

Il mattino dopo mi sveglio prima di tutti. Apro gli occhi e sorrido.

Faccio la doccia e scelgo con cura ciò che indosserò a scuola. Il mio armadio è pieno di baggy jeans e di felpe extralarge. Non sono in condizione di andare in giro con delle t-shirt o con delle camicie. Sarebbero aderenti, e si vedrebbe tutto.

Cerco sempre di coprire il grasso, di mimetizzarlo sotto capi enormi, in cui a volte io stesso mi perdo. Nella maggior parte dei casi evito anche di guardarmi allo specchio, per evitare di vedere la ciccia e le smagliature sull’addome.

“Ehi, Edward… sei… Wow, ti sei tirato a lucido!”

“Lasciami perdere,” dico a Jasper fermo sulla porta.

Ieri Bella mi ha chiesto di essere suo amico, e so che è da stupidi essere felici per una cosa simile, ma io sono stupido quindi sono felice.

Ho cercato di rimanere calmo durante l’ora di biologia, l’ho salutata all’uscita e le ho detto “Ci vediamo domani”. Lei ha sorriso ed il mio cuore ha pompato più sangue. Per un attimo mi sono sentito come tutti gli altri. Per un attimo mi sono sentito normale.

Non diventerà mai la mia ragazza, però possiamo essere amici.

 

Piove fitto. Il parcheggio della scuola è pieno di gente sotto gli ombrelli. Io non uso mai il mio. Il giubbotto che indosso ha un cappuccio piuttosto grande.

Di solito non mi fermo mai qui prima del suono della campanella: non ho molti amici con cui chiacchierare, e non mi va di essere un peso per Jasper o Emmett.

“Pranzerai di nuovo con lei?”

“Non lo so,” rispondo a Jasper guardandomi attorno per cercare di vederla.

“In bocca al lupo.”

“Crepi.”

Bella è appoggiata al pick up con Angela. Mi vede non appena scendo dall’auto e il suo sorriso fa ritornare il sole, almeno per me.

“Edward.”

“Ciao, Bella.” Mi piace il suo nome. Le dona.

“Vieni sotto il mio ombrello o ti bagnerai tutto.”

Il cuore batte forte quando iniziamo a camminare vicini. Avverto il suo calore.

Mi sento felice… fino a quando mi accorgo che per riparare me, il ciccione, Bella si becca tutta la pioggia addosso.

“Ho dimenticato una cosa in macchina… continua pure,” le dico con gli occhi bassi ed il cuore spento.

“Ti aspetto,” dice.

“No,” insisto. “Non ce n’è bisogno. A dopo.”

Non possiamo neppure camminare sotto lo stesso ombrello. Come potremo essere amici?

 

“Ehi, ti ho visto con la nuova arrivata,” dice Emmett all’uscita della lezione di fotografia.

“Sì,” dico scrollando le spalle.

Non faccio che pensare all’episodio di questa mattina. Mi dispiace averla lasciata da sola, ma cos’avrei potuto fare? Dirle che sono così grasso che non posso camminare sotto lo stesso ombrello con lei?

“E’ carina,” dice colpendomi con un gomito. “Pensi di dichiararti?”

“Come?”

“Oh, andiamo. Solo un imbecille non si accorgerebbe di quanto ti piace. Non le stacchi gli occhi da dosso dal giorno in cui è arrivata qui. Allora, pensi di dichiararti?” chiede con un’altra gomitata scherzosa.

Ci fermiamo agli armadietti per prendere i libri per la lezione successiva.

“No, non lo farò.”

“Perché? Ha già un ragazzo?”

“Non lo so, ma la cosa non mi stupirebbe.”

Emmett chiude il suo armadietto e mi guarda. “Provaci. Non hai da perdere nulla, no?”

Per lui è tutto facile, come per Jasper. Fa parte della squadra di football, e le ragazze fanno la fila per uscire con lui. Emmett è simpatico, allegro, sicuro di sé. Tutto il contrario di me.

“Per adesso siamo amici…”

“E a te basta?”

No. Vorrei darle un bacio, tenerle la mano.

“Me lo farò bastare.”

 

Riley fa la fila per il cibo. Andrà a sedere con lei? Perché ieri non l’ha fatto? E perché Bella ha detto che lui le dà noia?

Vorrei essere abbastanza coraggioso per andarle accanto. Ma se fosse arrabbiata dopo l’episodio di stamattina? E se volesse pranzare con Angela o proprio con Riley?

“Cullen, ti si sono incollati i piedi a terra? Muoviti.”

Felix, un ragazzo della mia età che somiglia ad un muro di pietra e con il quale è meglio non scherzare, mi dà una spallata e mi costringe ad avanzare.

“Scusa,” dico prendendo un piatto di patate. “Non ti avevo visto.”

“Lo immagino bene,” dice al suo amico Dimitri. “All’ora di pranzo gli occhi di Cullen sono tutti per il cibo.”

“Solo all’ora di pranzo?” risponde l’altro.

Ridono dandosi pacche sulle spalle, e non sono i soli.

E’ normale ridere del ciccione. E’ divertente ridere del ciccione coi capelli rossi.

Lascio il vassoio con le patate e vado al mio tavolo. Jasper è in compagnia della ragazza di ieri, quella bassa e con i capelli neri.

Prendo lo zaino e mi avvio all’uscita senza parlare.

Bella mi guarda come se avesse visto tutto.

Non sorride. Non le sorrido.

 

Il suo profumo riempie l’aula di biologia. Sono l’unico a sentirlo? Sono l’unico ad esserne innamorato?.

Il professore Banner spiega, Bella prende appunti. E’ attenta, diligente. E’ brava.

E vuole essere mia amica.

Ma io non sono neppure capace di camminarle accanto… come posso essere suo amico?

Lei è così angelica, così candida. Io fatico a trovare le parole per esprimermi due volte su tre, e mi faccio prendere in giro da Felix e dal suo amico perché in fondo hanno ragione, sono un grassone. L’anno scorso mi chiamavano ‘pallina’, e anche in quel caso non erano i soli.

“Stai bene?” bisbiglia Bella mentre il professore è alla lavagna.

Il cuore fa le capriole quando lei si avvicina. Vorrei accarezzarle i capelli e le guance.

“Sì,” dico abbassando gli occhi sul quaderno.

Vorrei raccontarle tutto, spiegarle che se parlo poco è solo perché mi vergogno e mi sento inferiore e stupido. Ma non ci riesco.

Bella non dice altro, sembra quasi offesa dal mio comportamento.

Come posso essere suo amico? Come?

Quando la campanella suona, mi alzo prima di lei facendo strusciare lo sgabello.

“Bella?”

“Sì, Edward?”

“Non possiamo essere amici.”

“Perché?!” chiede subito.

“Perché no. E’ meglio così. Scusa.”

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Non ho parole per dirvi quanto i vostri commenti mi rendano gongolante

Non ho parole per dirvi quanto i vostri commenti mi rendano gongolante. Li leggo tutti, e vi ringrazio per aver trovato il tempo di leggere e di lasciare un messaggio.

Grazie anche a coloro che preferiscono commentare privatamente, e a coloro che hanno approfittato di questa occasione per raccontarmi le proprie vicende private.

 

Buona lettura.

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Capitolo 3

 

Edward

 

E’ passata una settimana da quando ho detto a Bella che non possiamo essere amici.

Da allora non abbiamo più parlato, neanche durante l’ora di biologia.

Lei non è andata oltre quel “Perché!?” e io non le ho più rivolto la parola.

Dio solo sa quanto mi manca la sua voce.

Non ho più messo piede nella mensa, neanche quando Jasper ha cercato di trascinarmi per farmi conoscere la sua nuova ragazza, Alice.

Non voglio rivedere Felix e Dimitri. Non voglio vedere Riley seduto al tavolo con Bella.

A scuola passo il tempo da solo, in biblioteca, o nei corridoi fra una lezione e l’altra.

Emmett è impegnato con gli allenamenti, e Ben ha finalmente fatto colpo su Angela Weber.

Sono tutti felici. Hanno tutti qualcosa da fare, qualcuno con cui parlare o con cui divertirsi.

Io invece sono il ciccione con i capelli rossi e le lentiggini.

Il pianoforte è il mio unico amico. Riesce a consolarmi e a farmi compagnia sempre, anche quando io stesso non vorrei.

“Edward, tesoro. La colazione è pronta!” La voce di mia madre arriva dal piano di sotto.

Non ho voglia di alzarmi per andare a scuola. Non ho voglia di fare nulla.

 

Sei muto?” mi chiede Jasper mentre torniamo a casa. “Perché non vieni a mensa? Alice pensa che tu sia un fantasma.”

“Dille che peso 140 kg, è impossibile che sia un fantasma.”

Sbuffa e scuote il capo, esasperato. “E’ per Bella? E’ successo qualcosa con lei? Vuoi che le parli?”

“No! Non farlo, Jasper. No.”

“Va bene, va bene.”

Completiamo il tragitto in silenzio. Lui è concentrato sulla guida, io sui miei pensieri.

Oggi, durante l’ora di biologia, Bella si è voltata verso di me ed è rimasta a guardarmi per qualche secondo. Ho lottato contro il desiderio di incrociare il suo sguardo, e ho mantenuto la testa sul foglio degli appunti.

Voleva parlarmi? Voleva guardare il mio viso come io vorrei guardare il suo?

Se potessi, passerei giornate intere a memorizzare ogni dettaglio delle sue labbra e dei suoi occhi marroni. Non farei altro.

“Edward, siamo arrivati.”

Jasper spegne il motore ma non apre la portiera.

“Oggi Bella non ha fatto che guardare verso il nostro tavolo. Cercava te.”

“Non è vero,” sbotto.

“E’ vero. Lo fa da una settimana, da quando tu non vieni più.

“Non è vero,” ripeto.

In camera mia, mi chiudo in bagno e piango.

 

Nella mia famiglia sono l’unico ad essere obeso. I miei genitori sono magri, e lo stesso vale per Jasper. Praticano numerosi sport, e mio padre – essendo medico – conduce uno stile di vita salutare ed equilibrato.

Sono stato magro anch’io, a dire il vero. Fino ad undici anni.

Poi, a seguito della prima delusione d’amore (la prima di tante) ho iniziato a mangiare più del solito. Ho scoperto che il cibo riusciva a curare facilmente la tristezza, e così mi sono trasformato.

La mia prima delusione d’amore è stata Tanya, la figlia di un ex collega di mio padre.

Mi proposi con una lettera ed una canzone, e lei rise di me. Davanti alle sue amiche.

Avevo undici anni, lei quattordici. Era bella e magica. Volevo conquistarla, dimostrarle il mio amore.

Da allora sono diventato obeso, e nessuna dieta ha fatto effetto. Ho provato di tutto, ho fatto sport, ma al più piccolo stress riprendo a mangiare. Quando provo a trattenermi dal toccare il cibo, vado in crisi e mangio di più.

Vorrei essere magro come Jasper. Vorrei indossare le maglie che indossa lui. Vorrei andare al mare ed essere in grado di mettermi in costume come tutti. Vorrei essere carino.

 

Sono passate altre due settimane. Continuo a rimanere lontano dalla mensa, ma ciò non mi ha impedito di conoscere la nuova ragazza di Jasper. Alice è un tornado. Parla alla velocità della luce, ed è piccola come un folletto. Viene spesso a casa nostra, e mi ha fatto i complimenti per la mia collezione di cd.

Quando mi guarda non vede il ciccione coi capelli rossi, ma vede me.

Mi ha prestato uno dei suoi libri di cucina (a me piace cucinare) e lo scorso fine settimana abbiamo preparato una torta alla frutta.

Sono a mio agio con lei. Quando cammino ed ho bisogno di più spazio, per Alice non è un problema. Quando ho fatto cadere una spatola lei si è alzata dalla sedia e l’ha raccolta ancor prima che potessi capire dov’era finita. E’ simpatica e generosa.

Vorrei che con Bella fosse così, ma con lei le cose sono più difficili.

Quando vedo Alice, vedo un’amica… vedo quasi una sorella.

Quando vedo Bella, vedo l’angelo meraviglioso per il quale vorrei preparare un dolce. Quando vedo Bella, vedo la ragazza che non sarà mai e poi mai mia, perché io non riuscirò mai ad essere abbastanza normale per lei.

 

Il professore Banner sta disegnando le eliche del DNA alla lavagna.

In molti ne approfittano per chiacchierare, tranne io e Bella. Prima (prima che mi chiedesse di essere suo amico) scambiavamo qualche parola. Adesso non più. Adesso siamo lontani.

Gli unici momenti in cui siamo nello stesso luogo sono le ore di biologia e gli attimi nel parcheggio, quando io scendo dall’auto di Jasper e Bella è appoggiata al pick up.

Cerco di osservarla senza che lei mi veda, e a volte ci riesco. Lo fa anche lei? Quando cammino nei corridoi… lei è lì? Mi cerca con gli occhi come faccio io quando arrivo a scuola? Mi pensa quando è a casa?

No, penso proprio di no.

Perché dovrebbe interessarsi a me? Ho chiuso ogni porta che poteva aprirsi fra di noi e anche se me ne pento ogni giorno mi dico che l’alternativa sarebbe stata di gran lunga peggiore. Avevo detto che mi sarei fatto bastare la sua amicizia, ma non sono stato in grado di esserle amico neppure per due giorni.

Alla fine della lezione, raccolgo i miei libri e mi alzo per andarmene, ma Bella mi ferma con una mano sul braccio. “Aspetta, Edward. Devo parlarti.”

 

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Io stessa ho avuto problemi di peso dai 10 ai 13 anni. Per intenderci, sul mini autobus che mi portava a scuola ero costretta a sedere da sola, visto che lo occupavo praticamente tutto.

Non sono mai stata vittima di prese in giro pubbliche e meschine come quelle capitate a Edward, ma certe cose possono far male come e più delle parole.

Ero praticamente una bambina, ma dovevo obbligatoriamente indossare vestiti per adulti. Ero irrimediabilmente cotta del ragazzo più carino della scuola, e lui non mi filava di striscio perché ero bassa, grassa, con i capelli unti, gli occhiali e i brufoli.

Quando uscivo con le mie amiche e loro compravano da mangiare io mi limitavo perché, nonostante avessi fame, non volevo fare la figura dell’ippopotamo.

Col passare del tempo i problemi di peso sono svaniti (quei pochi kg in più che ho oggi sono dovuti al fatto che sono troppo pigra per fare sport seriamente e al fatto che ho imparato a fregarmene: I’M AWESOME), ma dentro è rimasta una piccola cicatrice. Quel senso di inadeguatezza, quell’insicurezza che ti spinge a mangiare per riempire determinati vuoti. Quelle cose sono ancora lì, e a volte tornano a galla (quando ciò accade, mi ricordo che sono AWESOME a tutto passa).

Ho imparato ad accettarmi e ad amarmi per come sono: polpacci orribili, culone e smagliature compresi. Ogni episodio della mia vita mi ha resa ciò che sono adesso, e non credo di essere da buttare, anzi.

Il mio corpo è mio, così come il vostro è vostro. Siamo noi a doverci amare per primi, a doverci accettare e valorizzare, perché non lo farà nessun altro.

 

Tutto questo papiro per rispondere a chi si chiedeva come mai riuscissi a descrivere in maniera così realistica la storia di Edward.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Buona lettura.

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Capitolo 4

 

Edward

 

Gli occhi di Bella sono grandi e pieni di paura. Non voglio che abbia paura, per questo mi fermo e appoggio i libri sul tavolo.

Lei allontana la mano dal braccio, e da stupido quale sono ne sento subito la mancanza.

I nostri compagni escono assieme al professore, lasciandoci soli.

Bella se ne rende conto ed arrossisce.

“Grazie per essere rimasto. Anche se non… se non vuoi essere mio… amico.

“Bella, io…” Iniziare è più facile che proseguire. La mente elabora i pensieri che la bocca poi non riesce ad esprimere. Ho paura che si offenda, che si arrabbi.

Non ho paura che rida di me, so che non lo farebbe mai.

Ho paura di perdere anche ciò che ho adesso, ovvero niente.

“Ti ho visto,” dice guardandomi negli occhi. “A mensa, l’ultima volta che sei venuto. Ti ho visto… con quei ragazzi.”

La mia prima reazione è quella di scappare, perché la vergogna è tanta.

Mi ha visto mentre Dimitri e Felix si prendevano gioco di me.

Mi ha visto ed ha provato pietà. E ora vuole dirmelo.

“A cosa pensi?” chiede a bassa voce.

“Penso che… penso che… penso che non devi dispiacerti per me. Felix e Dimitri hanno sempre fatto così, e non è colpa loro se-

“Edward, io non sono dispiaciuta per te. Voglio dire… mi dispiace per il modo in cui ti hanno trattato, ma più di tutto sono dispiaciuta per me stessa. E’ a causa loro che non vuoi più essere mio amico? Pensi che anche io… pensi che sia come loro?

“No, no!” Arrossisco e scuoto la testa. “Tu non sei come quei due, no.”

“E allora perché… perché non vuoi la mia amicizia?”

Continuo a scuotere la testa, non sapendo cosa dire. Sono imbarazzato, mi vergogno così tanto. Cosa posso dirle?

“Bella… non è colpa tua se io… e se loro… tu non c’entri nulla, ma io… tu… tu non sai come ci si sente ad essere me.” Deglutisco a fatica, ritrovandomi all’improvviso senza fiato. Inizio a parlare, guardandomi le mani per paura di leggere lo sdegno nei suoi occhi. “Io sono grasso, e non riesco a cambiare. Non ho molti amici, e non sono simpatico. Sono bravo a scuola e non mi caccio nei guai… tutto qui. Non possiamo essere amici perché io non sono adatto per te. Tu sei… tu sei… e io sono… io non sono speciale come te.

Con la coda dell’occhio, quasi al rallentatore, vedo la mano di Bella raggiungere il mio viso. L’appoggia sulla guancia, e lì rimane immobile.

Lei, Bella Swan, mi sta accarezzando.

Ho paura di alzare la testa e di interrompere questo momento, ma lo faccio e la guardo.

E’ talmente vicina che il suo profumo è uguale all’aria che respiro.

I suoi occhi sono pieni di lacrime.

“Tu sei speciale, Edward e non voglio che cambi. So che sei adatto a me e posso capire come ti senti. Posso capirlo benissimo.” Mi accarezza la guancia per un ultimo secondo e poi intreccia le dita. Guarda in basso e fa un grosso respiro. “Negli ultimi cinque anni ho perso quasi trentacinque kg. Ho dovuto farlo perché la mia salute era in pericolo. So come ci si sente ad essere goffi e brutti. Lo so perché fino a poco tempo fa mi sentivo così. Sono venuta a Forks per ricominciare a vivere, e quando ho visto te… quando ti ho visto… Tu sei speciale per me, vuoi capirlo? E’ possibile che non ti accorga di come ti guardo? Ogni giorno aspetto questa lezione per starti accanto e per-

“No… no.” Scuoto il capo con forza e mi allontano, perché le sue parole sono belle e dolorose al tempo stesso. “Non è vero.”

“Sì che lo è. Tu sei carino, Edward. Per me lo sei. Io voglio essere tua amica, voglio parlarti, conoscerti.

“Perché?” chiedo con il cuore in gola e gli occhi sui miei piedi. “Perché?”

“Perché… perché… perché per me sei importante.”

Allunga di nuovo la mano, stavolta verso le mie. Le sfiora, e senza pensarci due volte la imito. Le sue dita sono più piccole e più sottili delle mie, ma voglio accarezzarle, sentirle, stringerle. Per la prima volta.

Lo faccio e, senza che me ne renda conto, una lacrima cade sulle nostre mani intrecciate.

Bella le stringe con più forza, e mi sorride. “Non piangere,” dice asciugando una lacrima. “I tuoi sono occhi troppo belli per sprecarli con il pianto.”

“Come fai… come fai … come fai ad essere così?”

Lei sorride di nuovo. “Ho imparato.” E mi abbraccia.

Bella non riesce a cingermi completamente, ed una parte di me si vergogna per questo, ma io ci riesco. Io riesco ad abbracciarla come voglio, come ho voluto fare fin dal primo giorno in cui l’ho vista entrare in questa stessa classe. E quando lo faccio, quando il mio corpo enorme è vicino al suo delicato e minuscolo, sento svanire le lacrime, la paura e la vergogna. Almeno per un minuto.

Quando ci allontaniamo, sono il primo a parlare. “Pensi davvero che… che io sia degno di te e della tua amicizia?”

“Sì,” risponde Bella. “Mi permetterai di fartelo capire una volta per tutte?” aggiunge con un sorriso.

Annuisco anch’io, arrossendo. “Ok.”

 

Sono passati due anni da quel giorno.

Bella ed io siamo al college; lei è diventata da poco la mia ragazza.

Ho perso quasi venti kg in questi due anni, mangiando cose salutari e facendo tanto sport.

Non è stato e non è semplice.

Parte del merito è di Bella. Lei dice che tutto dipende da me, ma so che senza la sua amicizia ed il suo amore non ce l’avrei mai fatta.

Sono più sicuro di me, adesso, e non solo perché ho perso peso.

Grazie a Bella sto imparando che ciò che sono non dipende da ciò che indosso, da ciò che mangio o da ciò che gli altri vedono in me.

Grazie a Bella, grazie anche al suo aiuto, sto imparando finalmente a sentirmi un ragazzo normale.

 

Fine

 

---

 

Quella che ho scritto è una storia. Una storia che ha un lieto fine.

Sarebbe bello poter dire che ogni storia di questo tipo finisce in egual modo, ma so bene come vanno queste cose.

Molto spesso è più facile fermarsi all’apparenza e all’aspetto esteriore invece che andare oltre e cercare di conoscere ed apprezzare una persona per quello che è davvero, per il modo in cui ragiona, per ciò che non dice. Gli occhi guardano, ma spesso non vedono.

 

Di recente sono stata a dieta forzata a causa di alcuni problemi fisici, ed è stato orribile. Un conto è dosare il cibo per affrontare la prova costume (nessuno ci obbliga, in fin dei conti: la decisione è nostra), un conto è farlo perché devi guarire. In quel caso l’obbligo è reale, perché la necessità di rimetterti in sesto è concreta.

Mangiare e gustare il cibo è importante, ma lo è ancora di più essere in salute. Per questa ragione mi sento di dire a tutti di tener sempre presente l’obiettivo davvero importante, ovvero stare bene fisicamente. Il sovrappeso e l’obesità possono portare complicazioni spiacevoli, molto più spiacevoli di un paio di jeans che non entrano. Fine papiro informativo, passiamo al resto.

 

Tempo fa un caro amico mi ha detto: il 90% delle persone che si mettono a dieta ha bisogno dello psicologo e non del dietologo. Questo per dire che molto spesso il problema è interiore ancor prima di essere esteriore.

Personalmente non credo che perdere peso aiuti a migliorare la propria autostima, almeno nel lungo periodo. Conosco ragazze magre che pensano di essere un disastro, e conosco ragazze in carne orgogliose dei loro kg in più ed in pace con se stesse. Ciò che voglio dire è che con la giusta dose di autostima e di sicurezza il peso superfluo non è un problema. Bisogna lavorare su questo, secondo me, ancor prima di lavorare sul proprio corpo.

 

Il nostro Edward ha iniziato a perdere peso quando si è sentito accettato da Bella, e con il tempo ha capito cosa conta davvero: ciò che è, e non quanto pesa. Mi piace pensare che il loro sia un lavoro di squadra, e che insieme si stiano aiutando a vicenda per superare difficoltà mentali e fisiche.

 

Questa storia è nata per puro caso, ed è stata una piccola-grande benedizione, per voi (spero) e per me. Sono stra-felice della risposta che Miracolo ha avuto, e sono piena di gioia e di orgoglio nel sapere che alcuni di voi hanno approfittato di questa occasione per aprirsi e parlarmi. Grazie per aver letto e commentato, grazie per avermi confidato le vostre storie. Grazie anche a chi non ha lasciato un commento ma ha comunque letto ogni capitolo, e grazie a lele-cullen che mi ha assistito in questo mini-viaggio.

 

Ho scritto una nota finale quasi più lunga del capitolo stesso. Sorry, ma era necessario.

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