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-Vorrei parlarti.- gli aveva detto quel giorno di tanti anni
fa.
Lui si era voltato verso la sua figura, per poi scrutarla
con indifferenza. Infondo, era da lui
tutto questo. Forse era per un tale motivo che la giovane non sembrò turbata da
quel comportamento, e se ne stette lì impalata, sul ciglio del grosso portone
del caffè. Lo sguardo basso, quasi dovesse confessare un orribile delitto, la
voce fiebile, come se le parole che a poco avrebbe
pronunciato, fossero una confessione cruda e maledetta.
-Allora entra, e dimmi tutto.- aveva risposto, incrociando
le braccia, ed osservandola ancora. Gli piaceva tanto guardarla quando non
aveva Aoyama intorno, gli pareva addirittura più
bella. Forse però, erano semplici, stupide convinzioni portate da quel cuore
innamorato. Ichigo si sedette. Lo sguardo incollato
al tavolino bianco, il respiro interrotto da strane emozioni.
-Shirogane-kun…- si decise a
parlare. Il biondo si voltò verso di lei, osservandola con malcelata curiosità,
con quella brama di sapere che poche volte lo aveva colto. -Io… ho preso una
decisione.- disse ancora, chiudendo gli occhi. Il ragazzo le si fece vicino,
sedendosi di fronte a lei, quasi volesse in un qualche modo, incoraggiarla.
-Cosa?- una semplice parola, che sembrò far ripiombare Ichigo in quel crudele baratro.
-E’ difficile… ma non posso fare
altro.- un po’ più convinta, la rossina alzò il capo,
specchiandosi per qualche attimo, nelle iridi color ghiaccio di Ryou. Era infinitamente bello, e lei questo lo sapeva fin
troppo bene, una bellezza rara che purtroppo, non era mai riuscita a cogliere
sino in fondo. L’unica risposta del ragazzo fu un sospiro, sino a quando Ichigo, stremata, si decise a rivelare tutto -Ho deciso di
partire per Londra insieme ad Aoyama-kun.- proferì,
velocemente. Un proiettile che riuscì a perforare l’anima ed il cuore del
biondo che nonostante tutto, non si scompose. Si limitò ad aprire gli occhi, e
fissare ichigo dritta dritta
nelle sue iridi calde.
-Quindi, hai deciso di lasciarci.- poche parole, che fecero
stringere il cuore della ragazza. Sapeva che il giovane scienziato aveva
ragione, sapeva anche di lasciarli in una brutta situazione, ma che poteva
farci se voleva stare con l’unico amore della propria vita?
Già, unico. Allora perché il cuore aveva iniziato a batterle
non appena RyouShirogane
si era alzato, e posto davanti a lei? Perché ora che aveva avvicinato il
proprio sguardo a quello del biondo per gridargli in faccia le proprie ragioni,
non pensava ad altro che alle sue iridi di ghiaccio?
-Io non posso che dirti… che spero vi andrà tutto bene a
Londra.- sussurrò il biondo, quando Ichigo era
tornata alla posizione iniziale.
-Solo questo? Non vi mancherò e?- chiese, sarcastica. Sapeva
che se avesse detto la notizia a tutta la banda nello stesso momento, una serie
di schiamazzi e lacrime avrebbe inondato il caffè, ed il solo pensiero che a
breve sarebbe accaduto, le fece male. Ma aveva deciso di parlarne prima con Shirogane, perché almeno, si sarebbe potuto subito
aggiustare in altri modi, o architettare altri piani.
-Bè…- ci pensò sopra il ragazzo
-Più che altro i piatti della cucina potranno far festa, perché se ne andrà il
loro incubo peggiore.- un sorriso leggero, la mano appoggiata al mento. E le
gote di Ichigo che si tingevano di rosso, con rabbia
più che giustificata.
-Shirogane-kun!- tuonò,
riavvicinando il proprio volto a lui. Era talmente automatico; ogni volta che
le diceva qualcosa di poco carino, lei scattava sulle punte, e si avvicinava al
suo volto. Solo scuse? In quel momento non ci pensò.
-Sei davvero antipatico!- disse ancora, ferendolo con lo
sguardo. Ma lui sorrise ancora. Un gesto falso, data la sofferenza incredibile
che provava in quel momento.
-E cosa dovrei dirti?- freddò il momento il ragazzo. Lei
abbassò lo sguardo, riflettendo su quelle parole. In effetti, si era scaldata
per poco. Davvero, cosa si aspettava che dicesse Shirogane?
Che si disperasse? No, di certo non era da lui. Merda.
Che avrebbe fatto ora? Decise di optare per ilsilenzio,
e vedere cosa presto avrebbe fatto il giovane. Ma Shirogane
non le concesse nulla. Si limitò a sospirare, ed a sussurrare un:”sei proprio
una bambina.” Che la ferì ancora di più.
-La verità…- voce rotta, soffocata. Voce delusa, voce implorevole. -La verità è che… è che mi dispiace… mi
dispiace abbandonarvi Shirogane-kun…- gli occhi
lucidi, le parole interrotte da piccoli singhiozzi che lenti, si trasformavano
in un pianto incessante. E lui non resistette. Odiava da morire vederla
soffrire. E la propria mano sfiorò il piccolo mento di lei che non oppose
resistenza. Lo fissò. Si fissarono. Uno sguardo infinito che purtroppo presto,
sarebbe finito.
-Ichigo… io… cosa dovrei dirti?-
domandò, non sapendo davvero che fare. La realtà era che avrebbe voluto baciarla,
stringerla ed ordinarle di rimanere in Giappone a combattere con lui, per lui.
Ma sapeva che non sarebbe servito a nulla, e preferì di gran lunga evitare
quella figura da sentimentale. Purtroppo non era da lui, non era da RyouShirogane comportarsi
così.
-Forse… forse hai ragione…- riuscì a rispondergli,
accennando un lieve sorriso -Sono una sciocca… non so nemmeno perché sto
piangendo!- continuò, mentre le guance si riempivano di lacrime.
-Già… sei una sciocca.- ed un sorriso liev
e del ragazzo. Malinconia, amarezza si leggeva il quel gesto così raro per lui.
-Scusa… scusa se vi abbandono!- sensazioni forse troppo
forti, forse troppo brutali per lei che di quella vita, non ne poteva fare più
a meno. Ma non poteva fare più a meno neanche di Aoyama,
era diventato la sua fonte di libertà, di felicità. Era tutto ciò che si
potesse desiderare dalla vita, quell’amore infinito
che lei, conosceva bene.
Fu in quel modo che IchigoMomomiya aveva abbandonato il caffè Mewmew. Un luogo dove aveva avuto le sue esperienze
migliori, il luogo in cui un biondino speciale si era innamorato di lei. Ma era
tornata; er a tornata per l’ultima battaglia insieme
alla squadra mewmew, e la
nuova componente Berry. Era stato difficile, ma c’è
l’avevano fatta! Poi la decisione di lavorare per sempre al caffè. Di non
perdersi mai di vista, di rimanere sempre uniti. Tuttavia, dopo un intero anno,
Ryou e Key avevano deciso
di far ritorno in america per incominciare una nuova vita. Era tempo di
cambiamenti, e questo per Ichigo e le altre ragazze
fu parecchio traumatizzante. Perché Shirogane aveva
deciso di andar via? Odiava così tanto stare accanto a tutte loro? Quando lo
avevano domandato a Key lui aveva alzato le spalle,
per poi lanciare uno sguardo gentile verso di lei. Verso Ichigo.
Perché? Possibile che potesse essere lei la causa di quella fuga? Ma quale
fuga… chi aveva deciso di chiamarla così? Ah sì… lei stessa.
-Perché te ne vai?- gli aveva chiesto così, mentre lui
spegneva un computer del laboratorio. Si era voltato verso di lei. Lei con le
guance in fiamme, lei bella come il sole.
-Perché non ho più motivo di rimanere qua.-aveva risposto, per poi darle le spalle.
Bugiardo. Codardo. Fuggi da lei. Da loro.
-Ma…- un sospiro. Era stanco. Stanco di vederla con lui, di
non poterla stringerea sé.
-Ma niente Ichigo. Avete passato
un anno qua al caffè, ma io ho una mia vita da condurre, e la mia vita è a New
York.- terminò, avviandosi verso l’uscita. Una camminata leggera, lenta. Eppure
sapeva che non lo avrebbe fermato. O almeno questo credeva lui.
-Aspetta… Shirogane-kun!- si era
voltata, stringendogli forte il polso. Lui si dovette girare verso la giovane,
per osservare quegli occhi lucidi, occhi che poche volte aveva visto nella sua
giovane vita.
-Che vuoi?- freddo, glaciale. Perché diavolo era così?
-La vuoi smettere di essere così insensibile? Dici di avere
una vita da condurre in America… ma chi hai laggiù oltre ad Akasaka-san?
Credo nessuno no? Per una persona… il proprio mondo, la propria vita… sono gli
amici, coloro che gli stanno sempre vicino, che sono pronti ad aiutarti, che ti
vogliono bene!-
-Ichigo, tu mi vuoi bene?- la voce
fiebile, un sorriso falso stampato sulla faccia.
Voleva vederla. Voleva vedere quella nota d’insicurezza nel volto bianco.
Voleva vedere quello sguardo abbassarsi, quelle iridi chiedere aiuto. Ed in
fine quel no secco, che avrebbe segnato la morte definitiva del suo cuore.
Attendeva tutto questo Ryou, con una calma quasi
grottesca.
-Noi tutte… noi tutte proviamo molto affetto sia per te che
per Akasaka-san.- sussurrò così, dopo aver riflettuto
per qualche attimo. E solo in quell’istante ad Ichigo vennero in mente tutte le volte che quel biondino
antipatico, le aveva fatto battere il cuore, e ben presto capì di volergli
bene. Quel bene che forse si vuole solo agli amici, quelli importanti, quelli
fedeli. Ma di certo, non gli e lo avrebbe mai detto; o almeno questo credeva
lei.
-BèIchigo,
io voglio trovare altro. Mi dispiace, ma da domani il caffè mewmew sarà chiuso.- quelle parole spezzarono il cuore
della ragazza. E Ryou, capendo che non c’era più
altro da dire, iniziò ad avviarsi verso l’uscita, con calma, eleganza.
-Shirogane-kun!- un richiamo,
forse disperato, forse falso. Fatto sta che il biondo si voltò verso di lei.
Gli occhi ancora lucidi, i pugni ben stretti, mentre la penombra del
laboratorio l’avvolgeva tutta -Io ti voglio bene… per quanto ti possa
importare…- aveva sussurrato, pentendosi. E se lo avesse raccontato ad Aoyama? No, non ci sarebbe voluta. Il moro era sempre stato
geloso di Shirogane, per quanto la ragazza fosse
sicura di pensare solo ed esclusivamente ad Aoyama.Fu breve la risposta, breve ma tuttavia,
inutile. Un sorriso aveva incurvato le labbra fini di Ryou,
che piano, aprì la porta del laboratorio.
-Ti ringrazio.-
Fu il loro ultimo discorso. L’ultima volta in cui Ichigo e Ryou si parlarono
davvero. Ma… è sicuro che due anime non si possano rincontrare e… riscoprire?
E’ possibile debellare del tutto il passato? Dimenticare per sempre fredde
iridi color cielo?
Tali domande non avevano mai attraversato la testa di Ichigo. Mai, dopo la partenza di Shirogane,
le era balenata la possibilità di ricominciare da capo, con lui, per lui. E
forse Ryou, avrebbe nuovamente sconvolto la sua
giovane e bella vita.
Ciao a tutti! Sono qua con una nuova fanfiction
che spero sarà di vostro gradimento. Forse questo primo capitolo è un po’
noioso poiché non rispecchia pienamente il vero argomento di questa storia...
ma come dice il titolo di questo cap esso è un
“riepilogo” e come tale ha espresso ciò che accadde allora. Spero avrete voglia
di seguirmi anche più avanti, e di ricevere tanti consigli ed opinioni. Un bacione a tutti, Ichi-chan.
Il sole salutò leggero un nuovo mattino nella fredda città
di New Yorck. Le auto si muovevano agili per le grandi strade, un ragazzino
correva veloce con la propria biciclettaper consegnare i giornali. Si muoveva tra le villette poste poco fuori
città, in un ambiente così diverso da quello che solitamente avvolgeva la
grande Mela. Lanciò l’ultimo rotolo di pagine bianche, per poi passare una mano
sulla fronte colma di sudore. Subito dopo sbadigliò, pensando a quanta strada
avrebbe dovuto percorrere per raggiungere la propria dimora. Osservò il cielo.
Era meglio partire subito alla volta di casa, prima di sentire le strilla di
sua madre che lo incitava ad avviarsi verso la scuola il prima possibile.
Voltò la bicicletta verso la parte opposta, poggiando il
piede sinistro sul pedale. Poi sorrise. Un sorriso leggero, furbo, così tipico
per un ragazzino della sua età. E quell’ultimacopia di giornale poggiata dentro il cestino della bicicletta rosso
fiammante. Quell’articolo in prima pagina, che raccontava le vicende di quel
medico dalle capacità incredibili.Il
ragazzino sorrise. Quell’uomo aveva donato una vita normale al suo papà, e
chissà quante altre persone aveva aiutato. Un nuovo sorriso, e l’occhietto nero
a scrutare il titolo dell’articolo.
“Shirogane colpisce ancora.”
Ecco come si chiamava quel medico. Ryou Shirogane. Ridacchiò
divertito. Se a dodici anni aveva già problemi di memoria, sarebbe stato meglio
consultare subito uno specialista! Ed abbandonò quei pensieri, correndo libero
verso una salutare colazione, ed una vita sicuramente splendida.
Un rumore fastidioso lo fece catapultare al di fuori di quel
mondo fantastico, il mondo dei sogni. Si mosse appena, come per urlare la
propria protesta al mondo. Voleva solo un po’ di pace; ma purtroppo, non
sarebbe mai arrivata.
Decise che era venuto il momento di alzarsi, così, senza
distogliere il capo da sotto le coperte, portò una calda mano a cercare la
radio-sveglia posta sul comodino là accanto. Ben presto la trovò, interrompendo
quel fastidioso “bip” che lo aveva fatto svegliare. Successivamente fece
scivolare il lenzuolo più giù, sino a quando non sfiorò totalmente il bordo
inferiore del letto. Il ragazzo si alzò, rivelando un fisico statuario, coperto
solo da un paio di pantaloni bianchi, che ben presto avrebbe abbandonato
all’interno del proprio armadio. Raggiunse stancamente la finestra, per poi
tirare le tende che coprivano quel panorama malinconico. Guardò giù. E sperava
ogni maledetta mattina, di vedere un panorama diverso da quello che da otto
anni a quella parte, gli veniva proposto. Grigio. Grigie le strade, grigie le
auto, grigio il volto delle persone che stanche, attraversavano quelle vie
affollate. Chiuse gli occhi, respirando piano. E lo cercò. Cercò il calore
cheogni mattina, tanti anni prima,il dolce sole del Giappone gli aveva donato.
Quello dai raggi buoni, quello dal sapore sollevante. Sorrise, avviandosi verso
il bagno. Forse stava davvero impazzendo. No, sbagliato, sono diventato matto
da quando tu mi hai abbandonato. Da quando io sono scappato via da te.
E si abbandonò sotto la doccia, tentando di scacciare quei
pensieri che nemmeno nel sonno volevano saperne di lasciarlo. Tutto inutile,
orribilmente inutile. Strinse di più gli occhi, mentre quel volto d’angelo gli
inebriava il cuore. I battiti accelerarono, mentre il suono della sua risata
veniva sovrastato dal getto della calda doccia. Tutto inutile, ancora tutto
inutile. Pensieri sconnessi, pezzi di ricordi che mai verranno dimenticati. Ed
un paio di occhi color nocciola a ricordargli quanto inutile fosse quella sua
vita, apparentemente perfetta. Si vestì in fretta. Abiti piuttosto eleganti, ma
comunque comodi. Ricami di uno stilista famoso, e molto costoso. Ma se c’era
qualcosa che a Ryou Shirogane proprio non mancava, erano i soldi. Attraversò
malinconico il proprio appartamento, all’ultimo piano nel pieno centro della
città. Dopodichè si recò in cucina, accendendo la macchinetta del caffè, ed
estraendo un cartone del latte dal frigo. Ed in quell’esatto istante un
miagolio si fece udire da dietro le sue spalle. Sorrise appena. Si doveva
ancora abituare alla presenza di quel gatto in casa. Si voltò, osservando
quella piccola micetta nera, dagli occhi di ghiaccio. Somigliava
incredibilmente ad Ichigo in forma felina; anche se la propria gattina, non
aveva gli occhi striati di rosa. Si chinò per versare del latte all’interno
della ciotola della micina, che senza indugiare nemmeno un secondo, bevve avida
la propria colazione.
-Almeno tu sei soddisfatta.- sussurrò il biondo, riponendo
il latte all’interno del frigo. La gattina sembrò capire le parole del giovane,
andandosi a strusciare letteralmente contro il pantalone grigio. Non si mosse.
In fondo, quella era la sua unica compagnia. E si voltò verso il calendario
posto vicino alla finestra della cucina: 28 settembre. Cosa accadeva quel
giorno? Ci pensò un momento, per poi capire che era un giorno come gli altri.
Per Ryou era sempre un giorno come gli altri. Un ennesimo giorno di sconfitte,
di orribili sensazioni che rendevano sempre più cupo il proprio cuore. Chiuse
gli occhi, sorridendo amaramente. Eppure c’era chi la sua vita, l’invidiava da
sempre. Solo perché era un medico di fama intercontinentale. Solo perché era
bello, ed aveva tutto il popolo femminile della grande Mela ai suoi piedi. Solo
perché aveva soldi a volontà. Un nuovo sorriso. E se avessero saputo che
nonostante tutto questo, non aveva ottenuto l’amore dell’unica persona della
quale gli fosse maiimportato qualcosa?
La gente avrebbe avuto comunque quest’opinione di lui? Abbandonò quel pensiero,
avviandosi verso la porta di casa. L’aprì, lasciando quel teatro di sofferenza
e solitudine quale era la sua casa. Odiava la sua vita, e tutto ciò che la
componeva. Eppure, nonostante tutto questo, non avrebbe mai e poi mai potuto
farne a meno. Era diventato tutto ciò che il mondo voleva diventasse, e
purtroppo, così sarebbe rimasto.
Salì all’interno della propria Mercedes nuova di zecca. Se
c’era una cosa che davvero lo consolava a volte, erano i motori. Che fossero
moto o automobili non gli importava; bastava che salisse all’interno di una di
esse, per sfrecciare via, lontano, dove nessuno lo potesse disturbare. E così
faceva ogni mattina. Attraversava vie, si fermava ai semafori quando scattava il
rosso. Premeva l’accelleratore quando c’erabisogno, ma si dimenticava sempre di accendere quella auto-radio che gli
era costata un occhio della testa. Odiava dover ascoltare la musica da solo.
Gli metteva malinconia, e gli ricordava quanto vuota fosse la sua vita.
Premette l’accelleratore, per poi udire il vibro del cellulare all’interno
della tasca dei pantaloni. Guardò a destra, poi a sinistra per controllare che
non ci fossero vigili a fargli la multa. Subito dopo diede un’occhiata veloce
allo schermo del telefonino. Un sms, chi era?
“E bravo Shirogane… hai colpito di nuovo! Sapevo che non
avresti fallito neanche questa volta”
Se lo rimise in tasca. Non aveva bisogno di leggere il
mittente. Era stato ancora lui, ancora quello scapestrato di Richard che non
aveva mai voglia di farsi gli affaracci suoi.
Ben presto si fermò nel grande parcheggio di un enorme
ospedale dall’aria nuova e curata. Il S.Renè, dove lavorava ormai datre anni. Era molto rispettato da tutti i
colleghi, maschi o femmine, più anziani o più giovani. Era diventato primario
dopo soli due mesi, e mai un operazione era stata data come fallita se passata
dalle sue mani. Era un medico fantastico, per la precisione un cardiologo. Ed
ogni volta che stringeva la mano a qualcuno, ogni volta che ripeteva quale
fosse la sua professione nella vita, gli veniva da sorridere. Lui curava i mali
del cuore. All’ora com’era che non riusciva a curare il proprio di cuore? Quel
pensiero lo divertiva, ma lo rendeva triste allo stesso tempo. E quella parola rimbombava
nella sua mente quasi fosse un martello pneumatico.
Fallito. Stupido fallito.
-Shirogane! Buona giornata!- una voce squillante, ben
conosciuta da Ryou. Il giovane tuttavia non si voltò, infilandosi con tutta
calma, il proprio camice bianco.
-Buongiorno Smith.- sussurrò, con voce ferma. Ben presto la
porta dello studio si chiuse, mentre un ragazzo molto alto si voltava verso
Ryou. Ed egli rivelò profonde iridi verdi, circondate da folti e ben pettinati
capelli castani. Un fisico davvero niente male, scolpito dai tanti anni di
palestra che aveva alle spalle.
-Sempre impassibile tu. Ma non importa, dai, prima di
iniziare il turno vieni a prenderti un caffè con me!- disse il collega,
strizzando l’occhio. L’altro fece di no col capo, sedendosi alla scrivania, ed
andando ad osservare una lunga lista di appuntamenti.
-Tra meno di cinque minuti arriveranno i pazienti per
l’appuntamento delle dieci, non mi va di farliaspettare.- si spiegò. In realtà non aveva alcuna voglia di ascoltare le
storie infantili di quel medico che di professionale, non aveva proprio nulla.
-Oh Shirogane! In cinque minuti c’è ne prendiamo dieci di
caffè! Ma non importa, io dovevo parlarti… vorrà dire che lo farò qua!- disse,
sedendosi di fronte a lui. Le iridi azzurre di Shirogane si spostarono dal
foglio bianco, a quelle color smeraldo del collega, che sorrise furbo.
-Cosa dovresti dirmi?- disse il biondo, cercando di
velocizzare i tempi.
-Volevo semplicemente congratularmi con te!- sorrise
Richard, tirando fuori dalla tasca del camice, un pezzo di carta ben ripiegato.
-Lo hai ricevuto il mio sms?- domandò, aprendo il pezzo di carta. Ryou continuò
ad osservare la propria lista di appuntamenti, annuendo distrattamente.
-Sì.- asserì, senza dar peso alla reazione che di lì a poco,
avrebbe avuto il collega.
-E non ti chiedi perché? Shirogane… so che tu non compri mai
il giornale… sei troppo impegnato per queste cose! Così, ci ho pensato io, e
senti qua.- disse, con voce solenne. Il biondo fu costretto ad alzare lo
sguardo per vedere quale fosse il motivo di tutta quell’emozione, e ben presto
comprese.
-Ho capito…- sussurrò, poggiando il gomito sulla grossa
scrivania.
-Shirogane colpisce ancora! Il giovane cardiologo di soli 24
anni, ci dà nuovamente la conferma della sua infinita bravura. Nella sua ultima
operazione infatti, ha guarito la terribile malformazione del ventricolo
sinistro di una bambina di soli tre mesi. Ormai è sicuro che qualsiasi
operazione amministrata dal medico del cuore, andrà benissimo! Shirogane
colpirà ancora? Questa è una semplice domanda, ma probabilmente tutti sanno già
la risposta.- le iridi verdi di Richard osservarono per qualche istante quelle
turchesi del collega. Nulla, nessuna reazione.
-Shirogane… sei finito sul New Yorck Times… hai capito? Il
New Yorck Times!- ripetè il medico, sventolandogli davanti agli occhi
l’articolo di giornale. Shirogane lo prese al volo, gettandolo all’interno di
un cestino della spazzatura.
-Non è certo per la notorietà che faccio questo lavoro.-
proferì,piatto. L’altro sbuffò, incrociando le braccia, e facendo una faccia
poco convinta.
-Certe volte mi chiedo se tu non sia un alieno. Non te ne
frega niente di nulla. Le donne più belle e brillanti di tutta la città ti
sbavano dietro… e tu? Tu fai finta di niente! Certe volte mi chiedo come faccio
ad essere tuo amico!- asserì il medico, alzandosi in piedi. Shirogane non
rispose, afferrando una penna, e firmando un documento non molto importante. Se
solo Richard avesse conosciuto la sua storia, se solo avesse vissuto per un
solo istante ciò che provava ogni minuto della propria esistenza, forse avrebbe
cambiato idea. O forse no. Forse sarebbe rimasto il simpatico cardiologo
innamorato della bella vita e del denaro.
-Buona giornata Shirogane… ah un’ultima cosa.- proferì il
collega, facendo alzare il capo del biondo.
-Sì?- domandò l’altro, in risposta.
-Questa sera… ti è stata organizzata una festicciola al
Siranò… il locale poco lontano. Spero che verrai.- sorrise il moro, aprendo la
porta -Anche perchè… verrò io a prenderti, quindi ti consiglio di farti trovare
pronto alle 20 in
punto!-
-Ma…- e non ebbe il tempo di controbattere. La porta era già
stata chiusa, mentre il fischiettare del moro si spandeva per il grosso
corridoio ospedaliero.
Ryou cadde all’indietro sulla poltrona. Certo che avere un
amico come Richard era una sorpresa continua. Chiuse gli occhi. Eppure, era
l’unica persona che fosse riuscita a sopportare quella sua apparentemente
inspiegabile, glaciale freddezza.
-Ah… mi ero dimenticato di chiedertelo… come sta il gattino
che ti ho regalato?- Richard guidava tranquillo all’interno del Golf appena
acquistato. Accanto a lui un giovane dall’aspetto splendido, con fredde iridi
color ghiaccio, ed i capelli color dell’oro.
-Bene, comunque è una femmina.- spiegò il cardiologo,
spostando il proprio sguardo verso le lucenti insegne della città.
-Ah giusto… come l’avevi chiamata? Ah sì… Strawberry, strano
nome per un gatto.- proferì il moro, cambiando stazione radio. -Uffa non c’è
mai niente di decente.- spiegò, fermando tutto, e premendo play. -Dilettiamoci
con lo splendido rock anni 80!- tuonò, accelerando.
-Sei irrecuperabile.- disse in risposta Ryou, chiudendo
stancamente gli occhi, e sorridendo appena.
-Dici? Oh Shirogane… sta sera ho intenzione di fare
conquiste!- spiegò il collega, fermandosi ad un semaforo.
-E quando non avresti intenzione di fare conquiste?- chiese
Ryou, divertito.
-Il giorno in cui non sarò più interessato alle donne caro
collega… ti chiedo per favore di uccidermi!- proferì, dandogli una pacca sulla
spalla. Ryou lo fissò intensamente, capendo ben presto, che il suo collega, non
si era mai davvero innamorato. Lo vedeva in quelle iridi pulite, mai macchiate
da quella bellezza irresistibile, una bellezza che lo aveva imprigionato a soli
15 anni.
-Lo farò con piacere Smith.- sorrise il biondo, prima che la
Golf tornasse a sfrecciare tra le altre auto.
-E tu?-
-Cosa?-
-Hai intenzione di fare conquiste? In fondo… è una serata
organizzata a posta per te.- proferì, mandando avanti una traccia del CD che da
qualche minuto aveva iniziato a suonare.
-Non lo so.- spiegò il medico, conoscendo dentro di sé la
propria risposta.
-Sai Shirogane… mi chiedo spesso cosa ti spinga a non volere
rapporti con le donne. Sono venuto a sapere delle tue avventure con donne
molto, molto belle ma… non ti ho mai visto a pranzo con una di loro… fare un
giro in auto, o in moto.- affermò Richard, esprimendo dubbi cheda sempre, lo avevano interrogato. Shirogane
sospirò.
-Nessuna… nessuna ha ciò che voglio Smith.-
-E tu sai ciò che vuoi?- un nuovo sospiro.
-Purtroppo sì.- Richard si voltò a guardarlo, sgranando i
propri occhi color smeraldo.
-Sei innamorato e non me lo hai mai detto?- disse, sorpreso.
Shirogane lo fissò, sorridendo beffardo.
-Chissà.- detto ciò, scese dall’automobile che nel
frattempo, aveva trovato posteggio.
Una sala gremita di gente. Luci leggermente soffuse, a
conferire a quell’ambiente un’aria quasi calorosa. Ma lui di caloroso, non
sentiva proprio niente. Gente fredda, piena di cultura e traditrice dei propri
sentimenti. Vestiti eleganti, bicchieri di cristallo che qualche volta, si
scontravano per un brindisi a volte sincero, a volte bugiardo. Scrutò l’intera
sala, comprendendo ben presto, che non conosceva metà delle persone presenti.
Qualche infermiera, alcuni medici, addirittura un’attrice. Ci pensò un attimo.
Dove diavolo l’aveva conosciuta? Sorrise ad un ricordo di qualche mese prima.
-Rachel.- sussurrò, ripensando a quella notte passata con
lei. Poi più nulla. Né una telefonata, né un messaggio in segreteria. Lui era
sparito, così come aveva fatto lei che evidentemente, aveva brama solo del suo
corpo. Ed ora che lo aveva ottenuto si trovava là, ad accaparrarsi qualche
altro ricco dottore di fama internazionale.
-Ne hai già vista una che ti piace?- domandò Richard,
porgendogli un drink. Il biondo fece di no col capo, mentre il collega si
voltava verso un gruppo di persone.
-MMh… è venuta.- sussurrò, mentre Shirogane s’incuriosiva.
-Di chi parli?- chiese.
-Mary Watson… la giornalista che ha scritto il tuo articolo
sul New Yorck Times.- spiegò il cardiologo, abbassando la voce. Ryou si voltò a
fissarla per qualche istante, per capire chi fosse stato ad incatenare tutte
quelle parole a posta per lui. E là vide lunghi e lisci capelli neri, ben
pettinati e curati; un volto candido, dai lineamenti fieri e non troppo
marcati. Gli occhi profondi, di un blu intenso, e labbra rosse, belle e
fameliche. Una bella donna senza dubbio, e Ryou, non avrebbe mai potuto
definire la sua età.
-Bella e?- domandò Richard, osservandola a propria volta. Il
biondo distolse lo sguardo, facendo spallucce.
-C’è di meglio.- proferì, portandosi il bicchiere alle
labbra.
-Ma che diavolo dici! Guarda che bella…-
-Provaci tu.- propose il cardiologo, guardandolo di
sottecchi.
-E… magari…- rispose l’altro rassegnato. -Quella stravede
per te.- terminò, ammettendo una sconfitta.
-Bè… allora ci saranno due persone deluse questa sera, e tra
queste non ci sono io.- sorrise Ryou, agitando leggermente il bicchiere, e
facendone muovere appena il contenuto.
-Chi ti capisce è bravo… spero almeno che la donna di cui
sei innamorato sia bella anche solo la metà di Mary.- sostenne Richard,
allontanandosi. Ryou socchiuse gli occhi. Chissà com’era diventata Ichigo.
Quanti anni aveva ora? Fece un calcolo veloce. Già, 22 anni. Una piccola donna.
Magari i capelli erano più lunghi, oppure erano stati tagliati, magari i
lineamenti non erano diventati più adulti, magari quel seno non era aumentato
di alcuna taglia. Strinse più forte la presa sul bicchiere. Magari non stava
più con Aoyama.
-Buona sera.- una voce profonda, proprietà diuna donna dal
fascino travolgente.
-Buona sera.- rispose Ryou, osservando gli occhi profondi di
Mary Watson.
-Mi presento, il mio nome è Mary Watson, e sono stata la
scrittrice del recente articolo che la riguardava.- proferì, seria ma comunque
gentile. Ryou le strinse la mano, osservando quelle labbra rosse che si
muovevano ad ogni lettera. Labbra sensuali, labbra non certo proibite per lui.
Labbra così diverse da quelle innocenti e fini della piccola Ichigo, quelle sì
che erano proibite. Chiuse stancamente gli occhi, capendo che avrebbe dovuto
avviare al più presto un discorso.
-La ringrazio per le sue belle parole allora.- disse,
ricordando malamente le poche righe lette da Richard quella stessa mattina.
-Oh… lei non deve ringraziarmi. Un giornalista non dice
quello che pensa. Un giornalista racconta i fatti… l’importante è saper usare
le parole giuste.- spiegò, ridacchiando. Credeva davvero di essere seducente,
irresistibile di fronte a lui. Ma non attaccava.
-Drink?- domandò Ryou, non sapendo cos’altro dire.
-No grazie, evito di bere troppo a serate simili.- sorrise
appena la giornalista, per poi continuare -Se devo essere sincera…- si avvicinò
appena, per osservarlo meglio in volto -Ho dimenticato una cosa nel mio
articolo.- sorrise maliziosa, attendendo una qualche reazione dal giovane.
-Sarebbe?- domandò, poi non molto curioso.
-Ho scordato di dire quanto lei fosse bello ed
affascinante.- un nuovo sorriso tutt’altro che innocente -Sa Shirogane…
osservandola, lei sembra il principe delle favole. Alto. Biondo. Con profondi
occhi azzurri. Tutto ciò che una donna può desiderare.- rise Mary, socchiudendo
gli occhi -Scommetto che mai nessuna donna è scampata ai suoi tentativi di
seduzione.- disse ancora, osservandolo beffarda. Ryou sorrise malinconico,
terminando il proprio drink.
-Si sbaglia signorina Watson. Certe volte… certe volte non
si può contare solo sull’aspetto fisico.- disse, abbassando la voce. Le luci si
spensero, mentre una sola lampada al di sopra del palco posto al centro della
sala veniva lasciata accesa.
-Buona sera a tutti voi! Questa sera il Siranò vi offrirà
uno spettacolo molto, molto speciale!- un uomo non molto alto, dalla buffa
pettinatura era salito sul palco. -Vi presento la ballerina più bella, più vera
e più brava del mondo… Zakuro Fujiwara!- esclamò il presentatore, cedendo un
brivido a Ryou.
Zakuro?
Ben presto salirono sul palco un grande numero di ballerine
di tutte le età. Tutte belle e formose, dalle capacità notevoli. Ryou restò a
fissare quella al centro. Quella vestita di viola, dai capelli corvini e
l’espressione serena. Ballò come mai l’aveva vista fare. Con leggerezza, abili
movimenti. Più brava di una gazzella, più sola di un lupo.
-Dedico questo balletto al protagonista di questa serata.-
disse al microfono, trattenendo il fiato corto -Al cardiologo che ha salvato
tante vite: Ryou Shirogane!- terminò, sorridendo e cedendo il microfono al
presentatore che ringraziò gentile.
-Zakuro…- sorrise il giovane, mentre si allontanava
velocemente.
-Shirogane? Dove va?- domandò Mary, fissandolo strana.
-A trovare una vecchia amica.- sorrise Ryou, riacquistando
appena il buon umore.
Camminava per i grandi corridoi di quell’enorme locale.
Eppure la guardia gli aveva detto che i camerini erano vicini… ma non si vedeva
un bel niente! Osservò ancora un po’, sino a quando una porta non si aprì,
rivelando una splendida donna dai tratti leggermente orientali, ed i capelli
lunghi. Bella e seria la forte Zakuro, non troppo cambiata da allora.
-Shirogane!- disse, chiudendo la porta alle proprie spalle.
Lui si perse ad osservare quella figura. Ne registrò ogni cambiamento, notando
che i tratti del viso erano diventati leggermente più adulti, mentre lo
sguardo, accoglieva la solita patina di cupa malinconia.
-Forse sarebbe il momento di parlare.- gli disse, con un
sorriso leggero. Ryou annuì, socchiudendo gli occhi, e preparandosi ad un
doloroso e sofferente, tuffo nel passato.
Salve a tutti! Visto? Non ho tardato molto ad aggiornare! La
verità? Ho avuto talmente tanta voglia di scrivere questa storia che ho già
pronti il terzo ed il quarto capitolo! Naturalmente li vedrete solo fra un po’…
devo continuare anche le altre storie! (per chi la seguisse… il nuovo cap di
Rapper’s love è quasi terminato!) Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ed
ora ne approfitto per ringraziare!
anil13: Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, e
che le descrizioni siano state altrettanto esaurienti!
alisea89: Visto? Ho aggiornato presto come volevi! Ora posso
solo sperare che il capitolo ti sia piaciuto!
kashia: Hihi… anche io mi sarei nascosta nella valigia del
biondino per seguirlo!! Purtroppo sappiamo bene che la nostra Ichigo non è
molto “sveglia” in campo amoroso… soprattutto se si parla di Ryou! Bè, chissà,
magari avrà di che rifarsi! Spero che ti sia piaciuto anche questo cap, e che
commenterai nuovamente!
Aryuka: Grazie mille! Spero che anche questo capitolo sia
stato di tuo gradimento… fammi sapere!
Hatori: Hihi… facciamo tutti (o almeno io!) il tifo per
Ryou!! Ho aggiornato abbastanza presto… e spero che il cap ti sia piaciuto!
Aquarion89: Cara… purtroppo non ti posso dire in anticipo il
pairing… anche se penso che potrai capirlo molto presto!! Sarà una storia un
po’ particolare, forse anche un po’ strana e complessa… spero comunque che
sapraidarmi un tuo parere!
Ryanforever: Hihi… mi sembra di capire dal tuo nik che sei
una fiera sostenitrice di Ryou… vedremo, per ora ti ho dato questo secondo cap
che spero ti sia piaciuto, più si andrà avanti, più si saprà!
Salve a tuttii!! ^__^ ringrazio tutti voi per i vostri
meravigliosi commenti… e spero che anche questo capitolo sarà di vostro
gradimento! I prossimi aggiornamenti arriveranno un pelino più tardi… comunque
c’è la metterò tutta! Un bacione a tutti, e spero che continuerete a seguire
questo mio lavoretto!
Cap.3: Un cuore malato
Gli occhi osservavano confusi il vuoto. Le ginocchia strette
al petto, mentre il torace si alzava e si abbassava lentamente ad ogni respiro.
Forse troppo lentamente. Chiuse quelle finestre di sofferenza. Due iridi calde,
ma che da qualche giorno a quella parte, non facevano altro che piangere. Cosa
gli era successo? Perché era cambiato tanto? Reclinò il capo in avanti, mentre
una nuova lacrima violava quel volto candido.
-A... Aoyama-kun.- pianse, mentre ricordi troppo giovani si
facevano spazio nella sua mente. Ricordi gelidi, padroni di una sofferenza che
Ichigo Momomiya, non riusciva proprio a sopportare. Pianse ancora, ripensando a
tutte le volte che in quei giorni gli aveva telefonato. Aveva pensato a qualche
problema nella linea, tutto era passato per la sua testa, meno il fatto che
proprio lui, il suo unico amore, non le volesse parlare.
Sospirò malamente, mentre i lunghi capelli color rubino si
muovevano capricciosi, spostandosi a ciuffi sull’esile spalla. Perché non
voleva parlarle? Era addirittura andata a casa sua. Gli aveva suonato molte
volte, ma lui non le apriva. Le sembrava troppo avventato chiamare i suoi
genitori: Masaya era molto legato a quelle due figure, e non voleva dar loro
l’impressione della fidanzata troppo apprensiva ed ossessiva. Così aveva
lasciato perdere. Ma era una settimana. Un’intera settimana che Aoyama non si
faceva né vedere, né sentire.
-Che ti ho fatto?- domandò fra le lacrime. Una domanda che
purtroppo in quel momento non avrebbe avuto una risposta, mentre stanca, si
alzava dal comodo divano. Per fortuna i suoi non erano in casa, se nò chissà
che scenata avrebbe fatto suo padre nel vedere quello spettacolo così
malinconico. Così Ichigo si spostò nella sua camera, notando che era in
condizioni pietose. Rifece il letto, riordinò qua e là, ma senza quella
vitalità chel’aveva sempre distinta in
tutte le cose che faceva. Andava avanti e indietro, spazzava per terra,
convincendosi davvero del fatto che in questo modo avrebbe potuto pensare ad
altro. Ma non sarebbe stato sicuramente così.
Passò davantial
mobiletto posto vicino al letto, osservando una fotografia che vi era riposta
sopra. Lei e l’intera squadra mew mew. Avevano deciso di farla non appena
sconfitti gli alieni, per celebrare quel momento fantastico. C’erano tutti.
Minto, Purin, Retasu, Zakuro, Key ed anche lui, Ryou. Sorrise leggermente,
scrutando quelle iridi gelide, e chiedendosi se era davvero cambiato.
-Tu cosa faresti?- gli chiese, ben sicura di non ottenere
risposta. In fondo, Shirogane era un esperto in perdite. A soli dieci anni
aveva detto addioai suoi genitori,
eppure aveva continuato a vivere la propria vita. E lei? Lei non sentiva né vedeva
Aoyama da una settimana, e piangeva come una bambina! Posò la fotografia sul
mobile, osservando ancora i propri amici. Persone che vedeva ogni tanto,
togliendo naturalmente i due americani che da circa sette anni si erano
trasferiti negli Stati Uniti. Dio quante ne erano accadute, anche se molte
altre cose, erano rimaste invariate. Chiuse gli occhi, ripensando ai tempi da
mew mew. In realtà non passava giorno che non le tornassero alla mente le
battaglie, i lunghi pomeriggi passati al caffè, le lotte continue con Kisshu,
gli occhi di Ryou. Doveva ammetterlo: quelle iridi color ghiaccio non erano mai
uscite dalla sua mente. In fondo però, come biasimarla? Per quanto Shirogane
potesse dimostrarsi antipatico, cinico ed insopportabile, conservava un fascino
irresistibile, qualcosa che non si dimentica facilmente. Sospirò. Forse era
arrivato il momento di agire.
-E’ giusto così.- si disse, mentre si alzava dal letto sul
quale si era seduta in precedenza. Passò davanti allo specchio della camera
osservandosi: i capelli rossi erano cresciuti, sino a sfiorarle la metà della
schiena; era cresciuta di qualche centimetro, ma nonostante questo era rimasta
piuttosto bassa; il volto non era cambiato affatto, mentre i seni… quelli per
fortuna affioravano abbastanza dal di sotto della maglietta! Arrossì appena a
quel pensiero: in fondo quelle cose adAoyama non erano mai importate davvero, o almeno questo credeva lei.
Siavviò verso l’armadio, per poi
indossare una semplice gonna rossa, ed una camicetta bianca. Un filo di trucco,
ed era già fuori casa. Doveva ritentare, non poteva perderlo.
Camminò velocemente. Era impaziente di scoprire se sarebbe
riuscita ad entrare in casa sua, o per lo meno, di farsi aprire. Raggiunse un
grosso condominio non molto lontano dall’università di Tokyo: sia lei che
Aoyama infatti frequentavano due facoltà diverse, il giovane infatti, come
prevedibile, aveva scelto il campo dell’ecologia, mentre lei, aveva preferito
di gran lunga psicologia. Non era stata troppo a pensarci, ed ogni tanto, si
faceva anche dare una mano da Aoyama che in fondo, era bravo in quasi tutto.
Suonò il campanello. Una volta. Due volte. Tre volte.
-Aoyama-kun? Sei in casa? Sono io… Ichigo.- disse,
abbassando sempre più la voce. Erano giorni ormai che si ripeteva la stessa
patetica scenetta, ed ogni giorno, il finale era lo stesso.
-Aoyama-kun?- chiamò ancora, con le lacrime agli occhi.
Sbattè violentemente il pugno sulla porta, mentre stringeva a fatica gli occhi.
Non doveva piangere, non poteva. Se le avesse aperto, che figura ci avrebbe
fatto? Ma tanto, non accadde.Rimase dei
minuti là, davanti al suo appartamento, ma niente. Sospirò delusa, sino a
quando decise di tentare. Appoggiò la mano sulla maniglia, facendo una lieve
pressione. Non credeva che ci sarebbe riuscita, eppure accadde. La porta si
aprì, rivelando un appartamento più che disordinato.
Un luogo buio, con l’aria viziata, e mille cianfrusaglie
sparse qua e là. Non sembrava neanche quel luogo dove avevano fatto tante
cenette romantiche, dove per la prima volta lo aveva amato in tutti i sensi.
Ebbe un groppo in gola ripensandoci, E mentre si chiudeva la porta alle spalle,
si guardò appena intorno. Le faceva male quel panorama, e per qualche istante
credette di essere nel posto sbagliato. Ma non lo era, e se ne doveva fare una
ragione.
-Aoyama-kun?- chiamò, ma a voce più fiebile. In fondo, non
voleva farsi scoprire. Accese la luce del piccolo salotto, rendendosi conto che
quell’appartamento aveva davvero bisogno di una bella pulita. Strano per un
tipo attento e diligente come Masaya, tutto ciònon era normale.
Camminò adagio, scrutando ogni centimetro quadrato,
osservando cosa ci fosse appoggiato ai mobili. E quando raggiunse il tavolo,
una cartellina aperta attirò la sua attenzione. Si avvicinò, prendendo il primo
foglio che appariva nel mucchio. L’osservò, capendo con non poca sorpresa, che
si trattava di un documento ospedaliero.
-Risultati degli esamidel Dottor Sasume.- lesse, osservando il timbro posto alla cima del
documento. Appoggiò il foglio sul tavolo, prendendone poi un altro. -Dagli
esami risulta una forte ed inspiegabile incompatibilità tra il ventricolo
destro e quello sinistro;il paziente
non…- gelide lacrime avevano iniziato a trasparire dai suoi occhi, ma il rumore
di alcuni passi, non le diede la possibilità di terminare di leggere quel
documento tanto importante.
-Ichigo?- e sul ciglio della porta apparve lui. Aoyama. Gli
occhi sorpresi osservavano la figura della rossina; in dosso un pigiama
azzurro, i capelli arruffati, il volto incavato, come se non mangiasse da
giorni.
-A… Aoyama…- sussurrò la giovane, poggiando il documento sul
tavolo.
-Come hai fatto ad entrare?- domandò, freddo. In fondo però,
sembrava addirittura confuso. Aveva fatto alcuni passi in avanti, ed i suoi
occhi erano diventati privi di qualsiasi forma di vita, non appena avevano
visto la cartellina con i fogli sparsi.
-Li hai letti?- chiese, sperando di ricevere una risposta
negativa.
-Solo alcune righe. Aoyama-kun… cosa sta succedendo?-
domandò, osservandolo con fitta preoccupazione nello sguardo. Lui abbassò il
proprio, per poi prendere i fogli, ed inserirli in modo disordinato all’interno
della cartellina.
-Niente di importante, solo dei controlli.- disse, recitando
davvero male. Prese la cartellina tra le mani, stringendola forte, e
guardandosi intorno per trovare un posto migliore dove poggiarla. Ichigo si
sentì distrutta. Cosa cercava di nasconderle?
-Scusa Aoyama-kun… ma se erano solo dei controlli… perché ti
sei rivolto ad uno specialista?- chiese, confusa. Cercava dentro di sé di
credere a quella patetica scenetta, ma davvero, non ci riusciva. Lui alzò lo
sguardo, andandola ad osservare.
-Oh Ichigo… sei così bella.- proferì, scrutandola nella sua
semplicità. Lei arrossì violentemente: non era certo la prima volta che gli e
lo diceva, ma era sempre un emozione.
-Ti ringrazio ma…- l’interruppe il giovane.
-Tu… tu puoi trovare di meglio.- disse Masaya, con parole
che sapevano di sofferenza. Le si era avvicinato, e seduto con lei sul piccolo
divano del salotto.
-Ma cosa stai dicendo? Aoyama-kun… io amo solo te!- disse,
ingenua. Lui sorrise, scuotendo il capo, e sfiorandole leggero una guancia.
-Scusa se non mi sono fatto più vedere né sentire…- lei gli
prese quella stessa mano, stringendola forte. Le sembrava di parlare con un
estraneo, con un ragazzo che non aveva mai visto prima di quel momento. Dov’era
Aoyama? Dov’era l’unico amore della propria vita?
-Non importa amore mio.- sussurrò, capendo che c’era
qualcosa che non andava; qualcosa di serio che avrebbe dovuto scoprire al più
presto. -Ma ti prego… dimmi cosa ti turba.- un sorriso leggero le curvò le
labbra, mentre tentava di nascondere quella preoccupazione che cresceva sempre
più in lei.
Aoyama invece, abbassò lo sguardo. Si perse per qualche
istante nei propri pensieri, decidendo il dà farsi. Forse era brutto lasciarla
in quel modo, ma non poteva fare altro.
-Nulla Ichigo… è solo che… è solo che ci ho pensato, e sono
arrivato alla conclusione che noi… cioè, tu ed io ci dobbiamo lasciare.- un
attimo di esitazione, le lacrime che battevano copiose sugli occhi profondi di
lei. Ed un sospiro di Masaya, l’attesa incessante di quell’unica parola.
-Perché?- Eccola, era arrivata.Ichigo l’aveva detta con ingenuità, non
immaginando nemmeno quale sarebbe stato l’argomento che abreve, avrebbero
trattato., . Infatti tutto ciò che la ragazza poteva pensare, erase Aoyama la volesse davvero abbandonare. Ma
a quel punto, cosaavrebbe fatto senza
di lui? Perché la voleva lasciare? Dopo così tanti anni…
-Purtroppo, non c’è un perché a tutto Ichigo.- spiegò il ragazzo,
tentando di cercare sicurezza. Non la trovò. E per questo lo sguardo rimase
basso, alla ricerca di un minimo di coraggio.
-Ma Aoyama-kun…- ti prego non lo dire, Ichigo, non lo dire.
-Io ti amo!- disse, a mezza voce. Era un enorme verità, un sentimento
sicuramente corrisposto, la rossina se lo sentiva. Ed a quel punto, Masaya
Aoyama non potè fare altro che alzare le proprie iridi ambrate su di lei. Sulla
ragazza che non riusciva a non amare. Ci aveva provato. Aveva tentato di
renderla indifferente a i propri occhi, di non considerarla più; ma come
prevedibile, fu tutto quanto inutile. Era inutile cercare di cancellare anni di
puro e semplice amore, distogliere lo sguardo dal volto di colei per la quale
ci troviamo a vivere su questa terra. E per tutte queste ragioni, il moro
crollò. Violò quella promessa che aveva fatto a se stesso, cadendo nuovamente
nella fitta trappola dell’amore. La strinse a sé. Così forte da farle mancare
il respiro, così emozionato, da non poter lasciar scappare un singhiozzo.
-Ichigo…- sussurrò, all’orecchio della giovane.Lei socchiuse gli occhi, sospirando appena.
Cosa diavolo stava accadendo?
-Dimmi tutto quello che vuoi…- soggiunse la giovane,
iniziando ad accarezzare i lucenti capelli di Masaya. Ed il mondo sembrò scomparire
nell’attimo in cui il ragazzo, decise di aprirsi totalmente alla rossina.
-Ichigo… iosto
morendo.- sussurrò, rassegnato. Ichigo spalancò gli occhi, scostandosi piano,
ed andandolo ad osservare dritto in faccia. Gli occhi di entrambi lucidi, le labbra
socchiuse in una tremenda smorfia di dolore.
-Aoyama-kun… cosa stai dicendo?- chiese, ingenua. Non voleva
crederci, eppure stava accadendo. Lui chiuse gli occhi, vergognandosi per le
lacrime che gelide, attraversavano quelle guance incavate.
-Purtroppo abbiamo sbagliato i calcoli Ichigo.- sibilò, a
mezza voce. Lei rimase sbalordita a contemplarlo, ad osservare quelle labbra
tremanti, quel volto pallido. -Deep Blue si sta vendicando su di noi. Sta
lacerando piano piano gli organi principali del mio corpo, ed ha deciso di
iniziare dal cuore.- soffiò, mentre un fiume di lacrime inondava il volto della
giovane rossina.
Ed il mondo, cessò di girare intorno a lei. Cadde in un buco
nero dal quale, non avrebbe più fatto ritorno. La sua anima si spense, il suo
cuore cessò di battere. E mentre osservava quel sorriso tanto amato spegnersi,
capì che se Masaya Aoyama l’avesse lasciata, probabilmente lei stessa se ne
sarebbe andata con lui. Dunque l’amore era tutto questo. Non era solo un
concentrato di splendidi sentimenti; la festa di sguardi e parole dolci. Era
anche una variante della sofferenza, chi amava quindi, eraanche capace di
soffrire tanto da desiderare di lasciare questo mondo.E quando il mondo intorno a te diventa buio,
perdi la strada. Ti chiedi cosa fare, perché non sai da quale parte voltarti,
dove guardare. Tutto ti appare uguale, tutto sembra non avere un senso. Poi
però, ti fermi a riflettere. E capisci, in fondo al tuo cuore, che l’unica cosa
davvero importante, è riconquistare ciò che si ha amato per tanto tempo. E fu
in quel momento che Ichigo rivide la luce. Fiebile, debole, ma comunque
presente. Qualcosa che fece fermare quelle lacrime, qualcosa che le diede un
motivo per sperare.
-Troveremo una cura.- aveva esordito così, sfiorandogli una guancia.
Lui aveva aperto gli occhi, chiedendosi a cosa si stesse riferendo la bella
Ichigo. -Combatteremo. Siamo riusciti a sconfiggerlo una prima volta, allora
tenteremo una seconda. Basterà rivolgersi alle persone giuste.- un sorriso
leggero. La conferma che ciò che la giovane stava dicendo, poteva dare davvero
qualche speranza.
Si abbracciarono a lungo. Si baciarono, rendendo concreto
quell’amore profondo che purtroppo, aveva reso ciechi entrambi. E Masaya Aoyama
si convinse che forse, tutto quello che poteva desiderare lo aveva già, e che
avrebbe combattuto per mantenerlo.
-Ma è davvero sicuro? Magari il cognome è simile… magari…-
sussurrò una giovane donna, seduta davanti ad una grossa scrivania.
-No, mi dispiace. Ho visitato il signor Aoyama solo due
giorni fa, e purtroppo, come il resto dei miei colleghi, ho dato come
incurabile il suo male. Non riesco nemmeno a trovare delle medicine che possano
alleviare gli effetti di questa inspiegabile, quanto sconosciuta malattia.-
sibilò un uomo anziano, dai folti capelli grigi. Il capo chino, di chi
purtroppo, ha appena dato un’orrenda notizia.
Ichigo lo fissò un’ultima volta, prima di rendersi conto che
aveva perso davvero un’altra speranza; era il quarto medico che vedeva in due
giorni, ed aveva udito quattro volte la stessa sentenza. Una sentenza che la
ragazza considerava di morte, ma che dentro di sé, non voleva accettare.
-Capisco. E lei non ha dei colleghi che possano visitarlo?
Anche solo per avere un altro parere.- chiese la giovane, tentando di convincersi
che c’erano altre speranze. Tuttavia, pochi attimi dopo vide il capo grigio
accennare un assenso, ed il volto del medico crucciarsi.
-Purtroppo l’ho già mandato da tutti i colleghi che conosco.
Signorina, gli faccia vivere i suoi ultimi momenti in pace, senza portarlo da
un ospedale all’altro.- propose l’uomo, rinunciando a qualsiasi etica
professionale. Per quanto avesse giurato di tentare di guarire qualsiasi
malanno, quando aveva visitato Masaya Aoyama, si era reso conto che purtroppo,
non tutte le malattie hanno una cura.
-Come può dire una cosa simile! Lui può guarire, basta
rivolgersi alle persone competenti!- urlò Ichigo, mentre le lacrime le salivano
agli occhi. Quelle parole le avevano fatto male; non aveva mai nemmeno pensato
ad una possibile morte del giovane, non aveva neanche immaginato ad una tale
possibilità. E le mani colpirono la fredda scrivania, mentre gli occhi neri del
medico, la fissavano sconvolti. Odiava vedere una giovane donna in collera con
il mondo, soprattutto con lui. Era brutto, anche se non era certo la prima
volta che gli capitava.
-Ascolti signorina Momomiya.- disse, tentando di calmarla.
Un’idea gli era balenata in testa, ma certo non era sicuro che sarebbe andata
in porto. -All’estero la medicina è molto avanzata. Ci sono medici molto
qualificati, se proprio non vuole smettere di tentare… provi fuori dal
Giappone.- Ichigo si calmò appena, abbassando lo sguardo sull’uomo. Non lo vide
molto convinto, tuttavia decise di ascoltare le sue parole. Rimase quindi
qualche attimo a pensare, sino a quando la possibilità di andare davvero
all’estero non le solleticò l’ingegno.
-E dove mi consiglierebbe di andare?- chiese, interessata.
La mano al mento, gli occhi socchiusi. Sembrava un adolescente indaffarata con
un compito di matematica. Il medico la osservò un istante, riflettendo.
-Direi…- attese un minuto, infilandosi gli occhiali. -Direi
in America.- terminò, soddisfatto. Gli Stati Uniti erano sicuramente la
soluzione ideale.
Ichigo l’osservò un istante, infilandosi poi la giacca nera
che sino a quel momento, aveva riposto sullo schienale della poltrona.
-La ringrazio.- terminò, prendendo in mano la borsa.
-Dovere signorina Momomiya. Ma la prego, ascolti solo una
cosa.- pregò il medico, mentre la giovane afferrava la maniglia della porta.
-Dica pure.- disse, voltandosi verso di lui. Il medico
sospirò, non sarebbe stato molto semplice dire tutto.
-Se non trovate rimedio… lasciategli vivere i suoi ultimi
giorni in pace.- terminò, mentre la giovane ragazza posta di fronte a lui, non
accennava alcun movimento. Pochi attimi dopo sembrò risvegliarsi, e senza dire
niente, uscì dallo studio. Non le erano piaciute quelle ultime parole, e mai e
poi mai, le avrebbe tenute in considerazione. Dovevano lottare, fare in modo
che nulla venisse lasciato perduto; dovevano tentare tutte le vie, ogni più
minima strada per assicurare un futuro a Masaya.
Camminava veloce per le strade della sua bella città.
Parlare con quel medico non l’aveva messa di certo di buon umore, tuttavia,
doveva prepararsi a dare la brutta notizia ad Aoyama. Era stato un altro flop,
e sicuramente il moro non l’avrebbe presa nel migliore dei modi. Considerò la
possibilità di non parlargliene, accogliendola di buon grado. Perché non
tentare di evitargli altri dispiaceri? Decise di prendersi qualcosa da mangiare
in un caffè la vicino, tentando di non cadere nei ricordi. Ogni volta che
entrava in un luogo simile al caffè mew mew infatti, una marea di emozioni le
pervadevano il cuore. Ma da quando Masaya le aveva dato la brutta notizia,
tutti i pensieri che non fossero rivolti alla malattia del moro erano svaniti.
C’era solo lui, e la sua vita. Null’altro era da prendere in considerazione, e
di questo Ichigo, non se ne rendeva nemmeno conto.
-Un tè per favore.- ordinò, senza nemmeno alzare lo sguardo.
Era troppo presa dai propri pensieri per notare infatti, che ad averle chiesto
cosa volesse ordinare, era stata una sua vecchia amica.
-Ichigo Momomiya?- chiese la cameriera, facendo alzare il
volto della rossina. Ed ella rimase sconvolta non appena vide grandi iridi blu,
incorniciate da un paio di occhiali piuttosto spessi; i capelli lunghi, legati
nelle due solite trecce; e quell’aria imbronciata, che era sempre rimasta su
quel volto pallido.
-Retasu-chan!- esclamò, non credendo ai propri occhi.
L’altra sorrise, chiudendo le proprie iridi, contenta.
-Sei cambiata un sacco, però ti ho riconosciuta!- esclamò la
giovane, poggiando il blok-notes sopra il tavolino.
-Tu invece non sei cambiata affatto… e vedo che sei rimasta
nel mondo del bar!- disse la rossina, emozionata. Era da un sacco di tempo che
non vedeva Retasu, ed il fatto di averla rincontrata le fece molto piacere. Per
qualche secondo almeno, non aveva pensato ad Aoyama.
-Già, sai, lo faccio per pagarmi l’università!- esclamò
l’altra, sorridendo ampliamente. Ichigo la fissò per qualche istante,
rimpiangendo dentro di sé, di essere cresciuta. Quanto avrebbe voluto rimanere
all’età di tredici anni; andare a scuola tutte le mattine; innamorarsi, e
vivere felicemente, circondata da mille amiche. Anni dopo invece, era diventato
solo ed esclusivamente Aoyama il suo punto di riferimento: niente amiche,
niente lavoro; solo ed esclusivamente Aoyama. Ma non si pentì di questo,
ricordando anche solo per qualche istante, le mille emozioni che quel giovane
uomo le aveva donato.
-Allora racconta amica mia… come vanno le cose?- domandò
Retasu, facendola approdare nuovamente nel mondo terrestre. Ichigo alzò lo
sguardo, fissandola per qualche istante, ed assumendo un’espressione triste.
L’unica cosa che le venne da dire fu la tremenda esperienza che stava vivendo
insieme a Masaya, e non era certo una bella novità. Tuttavia non le venne da
dire altro, e sperò ardentemente che l’amica dagli occhi blu, le desse una
mano.
-E questo è tutto. Sono appena uscita dallo studio del
Dottor Misamy, ma naturalmente mi ha dato lo stesso responso. Ora però ho
pensato di andare all’estero… là le attrezzature sono più avanzate, e magari si
potrà trovare una soluzione.- disse la rossina, terminando il proprio racconto.
Retasu rimase sconvolta da una tale notizia, e le dispiacque davvero tanto per
la propria amica: aveva sempre compreso il grande amore che la legava a Masaya,
e non le sembrava giusto che dovesse finire male tra loro.
-Mi dispiace.- riuscì solo a dire, tentando di trovare una
possibile via di fuga da quella situazione. Era una persona molto riflessiva, e
dato il suo indirizzo di studi, si trovava spesso a dover leggere giornali
stranieri.
-Ti ringrazio.- sibilò Ichigo, abbassando lo sguardo. Una
mano a reggere il capo riverso in avanti, mentre la disperazione s’accendeva
nuovamente sul volto dai lineamenti delicati. Ma ben presto potè sentire una
mano sfiorar la propria, un tocco leggero, che le fece rialzare appena il capo
sulla figura della grande amica posta di fronte a lei.
-Hai detto di voler tentare all’estero giusto?- domandò
Retasu, sorridendo lievemente. Ichigo annuì, mostrando la propria curiosità.
-Aspetta solo un minuto, arrivo subito.- la giovane si
allontanò, avviandosi verso una collega, con la quale scambiò due parole. Poi
sparì dietro ad una porta, che sembrò catapultarla in un’altra dimensione.
Ichigo chiuse gli occhi: e se dietro a quella porta ci fosse stata la soluzione
ai propri problemi? Sorrise. Un sorriso malinconico, testimone di una
sofferenza che non voleva proprio saperne di abbandonare il proprio cuore.
Reclinò quindi il capo in avanti, attendendo che l’amica tornasse.
-Ecco, sapevo di averlo portato con me!- udì, mentre Retasu
si sedeva nuovamente di fronte a lei. Riaprì gli occhi nocciola, vedendo che
davanti a lei, era stato appoggiato un articolo di giornale, scritto in
inglese. Fissò per qualche istante le parole, che naturalmente non comprese,
chiedendosi cosa diavolo volessero dire; successivamente però, spostando lo
sguardo verso l’altro capo dell’articolo, vide distintamente due splendidi ed
inespressivi occhi. Occhi che conosceva bene, e che mai e poi mai, avrebbe
dimenticato.
-Shirogane?- domandò, chiedendosi cosa diavolo centrasse lui
in quella storia.
-Ichigo-chan… Shirogane è diventato un cardiologo di fama
internazionale! Questo è un articolo del New York Times, uno dei giornali più
importanti degli Stati Uniti.- sorrise Retasu, prendendo in mano il foglio, ed
iniziando a tradurre ciò che vi era scritto.
-Qua dice che è riuscito a guarire casi che si erano detti
impossibili. Poi c’è anche da contare che sa dell’influenza che può aver avuto
Deep Blue su Aoyama.- terminò la giovane, alzando il proprio sguardo su Ichigo.
L’altra sorrise ampliamente, vedendo la luce della speranza accendersi
nuovamente.
Non attese oltre. S’alzò di fretta in piedi, afferrando
l’articolo di giornale, e contemplando la figura di Shirogane ritrattavi sopra.
-Speriamo… Shirogane-kun… mi devi aiutare!- esclamò, urlando
un importante preghiera. Retasu l’osservò rapita, augurando dentro di sé, di
averle consigliato bene.
-Buona fortuna Ichigo-chan.-
SI salutarono così le due amiche di sempre; promettendosi
che una volta tornata, Ichigo le avrebbe detto come fosse finita con Aoyama. E
Retasu ci sperava, e sperava anche, che quella splendida storia d’amore, avesse
un lieto fine.
Un locale stracolmo di gente. Camerieri elegantissimi
portavano le ordinazioni ad ospiti importanti, che per la maggior parte delle
volte erano rappresentati da ricchi signori con le loro mogli. Proprio davanti
alla grande vetrata che affacciava sul panorama notturno della città, erano
poste due persone. Lui, dai capelli color dell’oro. Lei, con gli occhi azzurri
ed un fisico da modella. In effetti Zakuro Fujiwara era una modella; una delle
migliori, una delle più acclamate in tutto il mondo.
-Minto-chan si è fidanzata con un ricco finanziere amico di
suo padre. Sembrano felici insieme.- disse, agitando appena il bicchiere, e
quindi il suo contenuto. Shirogane la fissava con aria di sufficienza,
mascherando ulteriormente i propri sentimenti. Sentiva una lamaconficcata in pieno petto, ed ogni parola
pronunciata da Zakuro, o meglio, ogni parola che lo allontanava dal sapere come
stesse Ichigo, faceva roteare quella lama, dandogli un dolore incredibile,
lontano da ogni immaginazione.
-Mi fa molto piacere.- soffiò, sorseggiando il proprio
coctel. Gli occhi socchiusi, immersi nel fissare il liquido rossastro posto
all’interno del proprio bicchiere.
-Tu vuoi sapere di Ichigo vero?- sorrise la modella, mentre
Shirogane, sorpreso, sollevava il capo in sua direzione, puntando le proprie
iridi acquamarina su quelle profonde dell’interlocutrice. Zakuro sorrise: un
sorriso quasi maligno che fece nascere in Ryou un brivido glaciale.
-Se vuoi......- sussurrò.
-Oh Shirogane-san... nonostante gli anni sei rimasto sempre
lo stesso.- ridacchiò la modella, poggiando il bicchiere sul tavolo. -E da
quanto ho potuto notare neanche i tuoi sentimenti nei suoi confronti sono
mutati.- socchiuse gli occhi, mentre Shirogane si sentiva uno schiavo alla
mercè di ogni parola che avrebbe potuto pronunciare la modella. Chiedimi,
eioti risponderò senza mentire. Domandami ciò che vuoi, ma dimmi se Ichigo
sta ancora con Masaya. -E sì... stanno ancora insieme.-
Aprì gli occhi. Il fiato corto fuoriusciva veloce dalle
narici stanche. La fronte sudata, gli occhi persi nel vuoto. L’orologio segnava
l’una e quarantacinque minuti. Si inumidì le labbra,, poi si ritrovò seduto su
quello stesso letto. E quando si rese conto che ciò che l’aveva svegliato non
era solo un sogno, si maledì ulteriormente.
Ancora.
Ancora...
Sempre lei, sempre Ichigo.
Ricadde stancamente sul letto, affondando il capo biondo sul
cuscino. Maledizione. Non riusciva proprio a non pensare a lei. A ciò che pochi
giorni prima gli aveva confessato Zakuro. Sì, stavano ancora insieme; anzi...
avevano anche intenzione di sposarsi.
Ancora...
Ancora...
E la ferita sul petto si aprì ulteriormente, facendogli
sentire un dolore lancinante. Ed alcun gesto fu prodotto dal suo corpo. E si
chiese se quello stupido sogno gli avrebbe mai permesso di dormire la notte.
Sorrise stancamente, e rassegnato richiuse gli occhi. Aveva bisogno di dormire,
ma proprio non ci riusciva. Andava contro la sua volontà, e proprio non
riusciva a placare quel suo desiderio profondo di averla. E l’immaginò con il
vestito bianco, accanto ad Aoyama. Ed il moro che si voltava verso di lui,
sorridendo malignamente per via di quella vittoria che aveva avuto senza
lottare più di tanto. E mentre si asciugava un ennesimo rigagnolo di sudore
Ryou Shirogane si chiese se lui stesso avesse lottato abbastanza per averla; se
durante quegli anni avesse usato unghie e denti per ottenere il suo amore. Un
altro sorriso: la risposta era no.
-Dovevi vederla... era una bomba!- esclamò Richard premendo il
pulsante per chiamare l’ascensore.
-Bene...- sussurrò Shirogane, posto al suo fianco. Gli occhi
verdi di Smith si spostarono sulla sua figura, fissandolo malamente.
-Ryou... vuoi dirmi che ti prende in questi giorni? Sei
ancora più taciturno del solito!- disse il cardiologo, entrando con il compagno
all’interno dell’ascensore. Shirogane premette il tasto “3” e le porte si chiusero
rumorosamente, nascondendo un forte sospiro fuoriuscito dalle sue labbra.
-Nulla Smith, sei tu che ti fai strane idee...- disse,
voltandosi verso l’amico. E Richard Smith potè specchiarsi per la prima volta
in iridi davvero sofferenti, talmente azzurre che sembrava di potervi affogare
all’interno da un momento all’altro. Gli fecero male quegli occhi, ed il
cardiologo capì che mai alcuna parola sarebbe uscita dalla bocca del collega.
Shirogane era incredibilmente, irrimediabilmente chiuso in se stesso, ed era
infinitamente difficile che raccontasse qualcosa che lo riguardasse da vicino.
Socchiuse quindi gli occhi, capendo che l’unica cosa davvero concreta che
avrebbe potuto fare era quella di tirargli su il morale, nel solo modo che
conosceva.
-Ok, ti credo.- le porte dell’ascensore si spalancarono,
rivelando un corridoio tranquillo, ancora addormentato. -Allora ti stavo dicendo...
quella aveva un fondoschiena da favola! L’ho portata in un locale... sai, una
parola tira l’altra... e l’ho portata a casa mia!- esclamò Richard, riaffogando
nel proprio racconto. Shirogane non lo ascoltava, più che sicuro che il collega
non si fosse accorto del proprio stato d’animo. Ed ogni parola detta da Smith
era una speranza che il proprio collega potesse tornare a sorridere quel poco
che faceva in passato. Tuttavia, notando che i suoi tentativi non avevano alcun
successo, mentre entravano all’interno dello studio di Shirogane, una frase
sfuggì dalle sue labbra, facendo bloccare il collega. -Sai Ryou... vorrei
proprio sapere cosa ti turba. Ci ho pensato, e non credo che tu sia pensieroso
per via di un caso che non riesci a risolvere... il tuo sguardo triste...-
fissò bene il collega, un po’ sorpreso dalle parole appena udite. -Quello
sguardo mi dice che tu soffri per amore.-
Un corridoio stracolmo di gente. Strano, in fondo erano
appena le dieci del mattino! Percorsevelocemente la grande entrata, cercando con lo sguardo la reseption,
posta in un angolo. Vi arrivò subito, cercando di catturare l’attenzione della
segretaria. Purtroppo per lei là in mezzo era la più bassa, e sarebbe stato
difficile farsi notare in mezzo a quella folla.
-Emmh... scusi!- esclamò, alzando una manina per farsi
notare. La segretaria girò lo sguardo verso la sua direzione, assumendo un’aria
incredula non appena notò i lineamenti orientali della ragazza. Certo che i
medici di quell’ospedale erano diventati famosi in ogni angolo del mondo!
-Dica.- fece la donna, sistemandosi gli occhiali sul naso.
Ichigo prese dalla borsetta rossa una fotografia di qualche anno prima, sulla
quale era ritratto un ragazzo biondo.
-Avrei bisogno di Ryou Shirogane, è un cardiologo di questo
ospedale giusto?- disse, stentando molto l’inglese. La donna ci mise un po’ a
capirla veramente, e finalmente riuscì ad intuire ciò che voleva dirle quella
ragazzina con i capelli rossi.
-Ah sì... Shirogane! Terzo piano, primo corridoio a
sinistra.- Ichigo sbattè più volte le palpebre, tentando di interpretare ciò
che aveva detto la donna. Era una frana in inglese, e si era preparata alcune
frasi da dire là, in ospedale. Tuttavia non aveva pensato al fatto che avrebbe
dovuto tradurre le informazioni che avrebbe ricevuto.
-Scusi... può ripetere?- domandò, imbarazzata.
-Ok, terzo piano, primo corridoio a sinistra.- continuò la
donna, chiedendosi se mai quella signorina avrebbe compreso le sue parole.
Tuttavia l’aria smarrita della giovane la fece convincere del fatto che
purtroppo non sarebbero arrivate al traguardo tanto presto. Dopo vari tentativi
finalmente, Ichigo ebbe un’illuminazione. Tirò fuori dalla sua borsetta un
foglietto di carta ed una penna. Poco dopo pregò la donna di farle una cartina,
per permetterle di arrivare a destinazione. La signora accettò di buon grado,
capendo che forse avevano trovato una soluzione. Disegnò così l’ascensore, ed
il numero tre per indicare il piano. Poi creò un finto corridoio, indicandole
dove doveva girare per trovare il medico. Ichigo sorrise come una bambina nel
vedere che finalmente era riuscita a capirci qualcosa, e felice disegnò una
faccina (che doveva sembrare quella di Ryou) dietro alla porticina disegnata
dalla donna. La ringraziò felice, e con passo veloce si avviò verso
l’ascensore. Mentre si trovava all’interno del mezzo il cuore iniziò a battere.
Si chiese il motivo di tale ansia, e senza una reale spiegazione si voltò verso
il grande specchio presente nell’ascensore. Perché voleva essere perfetta? Forse
dopo tanti anni voleva dimostrare a Shirogane che anche lei era diventata una
donna, una donna da rispettare, rendere partecipe dei propri pensieri. Sorrise.
Perché voleva dargli quell’impressione? Tentò di non pensarci, convincendosi
del fatto che l’unica cosa alla quale doveva dare importanza in quel momento,
era Aoyama. Annuì a se stessa, mentre usciva dall’ascensore. Si fermò un solo
istante, tirando fuori dalla tasca la mappa disegnata dalla signora. La fissò
con mal celato interesse, mentre davanti ai propri occhi veniva proiettata
l’immagine di Ryou ormai adulto. Ora il medico aveva 24 anni, certo che era
proprio da tanto che non si vedevano. Chissà se si ricordava ancora di lei. Ma
che vai apensare sciocchina, certo che
si ricorda di te! Come non potrebbe? Pensa a quante cose vi hanno legato. Le
battaglie, il progetto, anche quei baci rubati. Arrossì. Doveva ammettere di
non aver mai dimenticato le labbra del biondo. E chi mai potrebbe? Sorrise fra
sé, mentre si rendeva conto di non aver capito bene. Quanti corridoi aveva già
attraversato? Si fermò in mezzo al corridoio principale, guardandosi in torno.
Come avrebbe fatto? Decise di rifare la strada nel verso opposto,poi avrebbe evitato di pensare a Shirogane, e
sicuramente avrebbe trovato il corridoio giusto. Felice per quella decisione
Ichigo allungò il passo, correndo quasi per quel grande ospedale. Shirogane si
meritava davvero tutto quel successo. Socchiuse gli occhi: ecco, stava pensando
ancora a lui! Non ebbe davvero il tempo di terminare quel pensiero che si
ritrovò per terra, poiché vittima di uno “scontro” con qualcuno. Si massaggiò
il fondoschiena, mentre si lamentava per via di quel suo essere così distratta.
-Hei... che bella sorpresa.- disse una voce sconosciuta.
Ichigo alzò lo sguardo, e si ritrovò di fronte la mano di un uomo molto alto,
che l’aiutò ad alzarsi. L’uomo dall’aspetto giovanile, aveva grandi occhi color
smeraldo, i capelli mori, ed un volto sbarazzino, di chi sa cos’è la bella
vita. Aveva un sorrisino ebete stampato sulla faccia, e nonostante il camice
bianco, non aveva per nulla l’aria da medico.
-Emmh... mi scusi.- biascicò, con quel suo solito inglese
stentato. Richard la guardò per qualche istante, osservando i suoi lineamenti
delicati, per nulla da attribuire ad una persona occidentale. Si soffermò poi
sui lunghi capelli rossi, le piccole labbra ed il fisico snello ma tuttavia
minuto. Era proprio una bella ragazza, niente da dire. Si chiese se avesse
potuto farle fare un “tour” dell’ospedale, tuttavia dovette abbandonare quel
pensiero, poiché vide il volto della ragazza farsi estremamente preoccupato.
-Hei signorina... cosa è successo?- chiese, tentando di
essere il più gentile possibile. La sentì dire qualcosa in una lingua che
pareva giapponese, ma naturalmente non riuscì a tradurla.
-La mappa! La mappa! Come farò a trovare Shirogane-kun?-
iniziò a saltellare da destra a sinistra, guardando in ogni angolino del
pavimento, convinta che non avrebbe mai potuto trovare il biondo. -Come farò!-
esclamava, in preda al panico. Richard la osservava stupito, chiedendosi da
dove venisse fuori tutta quella vitalità. Ma erano così tutte le ragazze del
sol levante? Sorrise nel chiederselo, mentre guardava in basso anche lui. E
sotto la propria scarpa, notò un pezzo di carta con sopra disegnata una specie
di mappa. La raccolse, notando che quello era il disegno che indicava il modo
per arrivare all’ufficio di Shirogane. I suoi occhi di smeraldo si spalancarono
nel pensiero che Ryou aveva trascorso la propria adolescenza in Giappone, e che
quindi quella doveva essere una sua vecchia conoscenza. Sorrise, e si mise il
foglietto in tasca.
-Signorina!- la chiamò, e finalmente Ichigo sembrò calmarsi.
Lo fissò con i grandi occhi da cerbiatta, e Smith si rese conto che quella
ragazzina doveva essere speciale. Che fosse lei la risposta ai problemi del
collega? Lo sperò, mentre con passo elegante si avvicinava alla rossina.
-Cerchi Shirogane?- chiese, mentre gli occhi di Ichigo si illuminavano.
-Sì!- esclamò, felice. Smith sorrise, prendendola per mano,
e stringendola forte. La fissò con aria affascinata, ed Ichigo perplessa, si
ritrovò a dover stare al gioco.
-Vieni con me!- esclamò il cardiologo, portandola con sé
verso l’ufficio di Shirogane.
Il ticchettio dell’orologio era l’unico rumore che si
potesse udire all’interno di quel buio studio. Ryou Scriveva un “rapporto”
riguardo un paziente appena arrivato, mentre impaziente, continuava a sperare
che il proprio turno terminasse. Così se ne sarebbe tornato a casa, si sarebbe
fatto una doccia e via, sotto le coperte a pensare ancora a lei. Che schifo di
vita che si era creato. Chissà, forse sarebbe stato meglio che seguisse Richard
in una delle sue scampagnate, od andasse a trovare Keiichiro. No. Era meglio
abbandonare quei pensieri. Sapeva che in qualsiasi caso non sarebbe riuscito a
non pensare a lei. Alei con Aoyama.
Chiuse gli occhi, mentre il bussare alla porta lo distoglieva ancora dai propri
pensieri. Sicuramente era Richard con qualche nuova notizia, oppure
un’infermiera che doveva portare il risultato di qualche esame.
-Sì?- domandò, talmente piano che sperò che non lo
sentissero.
-Shirogane? C’è una visita per te!- la voce di Richard si
spanse distintamente nella sua testa, mentre si disperava. Sicuramente parlava
di qualche infermiera avvenente o qualcosa di simile!
-Entra.- disse, con aria scocciata. Sentì la porta aprirsi,
ed il cigolio sembrò non terminare mai. Passi leggeri entrarono all’interno
dello studio, mentre la voce di Richard ricominciava a parlare.
-Questa dolce signorina ha fatto un lungo viaggio per
vederti.- sorrise Smith, mentre gli occhi di Shirogane diventavano grandi per
la sorpresa. Vide il suo sorriso. Il sorriso di Ichigo. Non ci mise molto a
registrare ogni cambiamento che fece la donna dei suoi sogni: i capelli più
lunghi, che leggeri le sfioravano metà della schiena, e davanti timidi,
toccavano il seno. Anche quello era cresciuto, donando più forme al fisico
snello; gli occhi grandi, velati da un trucco leggero. In dosso un paio di
scarpe nere con il tacco, una gonna rossa in coordinato con la borsetta, ed una
camicia color panna, che le donava un’aria candida e perfetta. Che fosse una
visione celestiale? La penna gli cadde di mano, e la ragazza gli cedette un
ennesimo sorriso di fragola.
-Shirogane-kun, sono contenta di rivederti.- disse, con
quella voce mai cambiata. Una bimba cresciuta sembrava essere apparsa nel suo
studio, e quello parve il sogno più bello.
-Credo di dover andare.- disse Richard, prendendo la mano di
Ichigo, e baciandola leggermente. -Spero di rivederti presto.- la ragazza
arrossì, annuendo a qualcosa che non aveva capito. -Noi ci vediamo dopo
Shirogane... spero!- richiuse alle proprie spalle la porta, mentre lo sguardo
di Ryou si posava nuovamente sulla ragazza. Non riusciva ancora a crederci.
Fermate il mondo: voglio scendere! Il cuore aveva fatto otto giri su se stesso,
lo stomaco si contorceva quasi stesse per esplodere, e lei era là: ferma
davanti allaporta ormai chiusa,
illuminata dal pallido sole d’ottobre, che lento penetrava dalla finestra.
-Anche io sono felice di vederti Ichigo.- soffiò, alzandosi
in piedi. Ichigo seguì ogni suo passo, notando il fisico perfetto che negli
anni era diventato qualcosa di indefinibile: i muscoli più marcati, ma tuttavia
in piena armonia con il tutto; la pelle chiara, quei capelli, quegli occhi. Si
soffermò un istante sulle iridi chiare del ragazzo. Le mancava perdersi al loro
interno. Domandò a Kami un solo attimoin più, per poterlo guardare a fondo. Un solo istante per potergli
domandare cosa pensasse ora di lei, ora che l’aveva vista dopo ben sette anni.
Pensieri sconnessi, che si bloccarono nel suo cuore non appena gli occhi di
Shirogane furono a stretto contatto con i propri. Ed a quel punto Masaya Aoyama
sparì totalmente dai suoi pensieri. Volò via, quasi non fosse mai esistito, e
tutto ciò che Ichigo Momomiya potè desiderare, fu di affondare le proprie
labbra su quelle del proprio interlocutore. Serrò gli occhi. Cosa diavolo
andava a pensare? Rimase zitta ancora per un secondo, e dopo aver riordinato le
idee tornò a fissarlo con aria più convinta.
-Come... come stai?- domandò, più per cortesia che per
altro. Lo vide portarsi entrambe le mani nelle tasche del camice bianco, un
indumento che gli conferiva gran fascino.
-Bene, tu?- entrambi consideravano quella conversazione
estremamente patetica: non si erano né visti né sentiti per ben sette anni, e
l’unica cosa che riuscivano a fare era di chiedersi celermente come stavano?
Ryou avrebbe sinceramente voluto urlarle in faccia che di fronte a lui c’era la
fonte di ogni suo tormento, ma al contempo di ogni sua speranza. Ichigo invece,
avrebbe voluto semplicemente spiegargli ogni cosa, senza chiedergli
nient’altro. Probabilmente sapeva che se il medico avesse avuto una fidanzata,
o quanto meno una moglie, si sarebbe comportata in maniera molto diversa nei
suoi confronti; la cosa più buffa però era che lei non sapeva il motivo. E non
appena immaginò la mano di Shirogane con un anello al dito una strana
sensazione la prese, facendole comprendere che forse, doveva smetterla di
essere così tremendamente “formale”.
-Oh Shirogane-kun...-lo strinse forte a sé. -Non sai quanto io sia felice di essere qua in
questo momento... tu sei la mia unica speranza!- esclamò la ragazza, ormai ben
avvinghiata al medico. Shirogane sentì distintamente il suo profumo di fragola,
ed il fiato leggero della ragazza percorrergli il collo. Le mani morbide gli
sfioravano le spalle, mentre quei capelli rosso passione erano l’unica cosa che
l’uomo riuscisse a notare. La strinse a propria volta, e Ryou Shirogane si
chiese se quello non fosse davvero uno dei suoi tanti, splendidi sogni. Forza,
tiratemi fuori da questo mondo fatto di sogni e certezze... donatemi il
risveglio, od arriverò davvero a pensare che questa sia davvero la realtà.
-Oh... Ichigo...- sussurrò, senza sapere che altro dire.
Sentì una lacrima della giovane bagnargli il collo, poi un leggero singhiozzo,
soffocato da un incessante fiume di emozioni. La rossina si scansò dalla presa,
asciugandosi quel piccolo lago salato dal volto. Successivamente spostò le
proprie iridi scure su quelle chiare dell’uomo fissandolo convinta, più che
presa da mille emozioni.
-Scusa, ma è l’emozione…- arrossì, poi sorrise. -Ho bisogno
di parlarti seriamente... di una cosa molto importante.-
-Sarebbe il motivo per il quale sei venuta fin qui?- domandò
Shirogane, mentre la rossina annuiva.
-Sì.- Shirogane sorrise, voltandosi.
-Ok Ichigo, ma come vedi sto lavorando. Dobbiamo vederci
dopo.- sussurrò, mostrando sfacciatamente alla ragazza la propria schiena.
-Ma Shirogane-kun... è importante!- ripetè la rossina,
facendo un passo in avanti.
-Riguarda il destino della Terra?- ammiccò Shirogane,
voltando appena il capo verso la propria interlocutrice. Ichigo strinse i
pugni, fissandolo con aria confusa.
-Bè... ecco...-
-No.- rispose per lei Shirogane sorridendo. Uno di quei
sorrisi che servivano solo a far irritare ancora di più Ichigo.
-Ho fatto milioni di Km per vederti, e tu mi accogli così?
Mi dispiace Shirogane, ma questo proprio non lo accetto, no, non lo accetto!-
Ryou le si avvicinò, poi poggiò una mano sulla sua spalla. Quel semplice gesto
la fece zittire, per poi farla perdere negli occhi acquamarina dell’uomo. Erano
terribilmente belli quegli occhi, di una bellezza sfacciata, ma al contempo
angelica. E non riuscì a scansare lo sguardo da quelle iridi ghiacciate neanche
quando le labbra del medico sfiorarono le proprie, in un bacio morbido e casto.
-A dopo Ichigo, ci vediamoalle 12 al caffè dell’ospedale. Non ritardare!- disse, a pochi
millimetri dalle labbra della ragazza. Ella si limitò ad annuire, cercando
ancora il fiato fresco dell’uomo. Inconsciamente, impercettibilmente. Ma sì,
avrebbe voluto ancora le sue labbra.
Quando Ichigo abbandonò silenziosamente lo studio, Shirogane
tornò alla propria scrivania. Inutile dire che la sua aria era sorpresa, felice
e curiosa. Già, curiosa perché avrebbe tanto voluto sapere cosa l’avesse
portata fino a lui, e soprattutto se la causa erano i sentimenti della giovane
nei suoi confronti. Sorrise amaramente. Erano solo sogni vani, ora non
esagerare, Shirogane! Già il fatto che sia arrivata sino a te dopo tanti anni è
una cosa straordinaria, ora devi essere tu ad agire, non ricapiterà mai
un’altra occasione per conquistarla! Il sorriso si spense, e tornò a firmare
qualche documento. No, doveva rimanere calmo, e comportarsi con lei esattamente
come sette anni prima. Cinico, freddo e calcolatore. Solo così le avrebbe
dimostrato di essere forte anche senza di lei. Sì, forte. Ed un nuovo sorriso si
accese nel suo volto non appena nella propria bocca sentì il gusto di fragola
della ragazza. Aveva contraccambiato quel bacio, e ciò lo aveva lasciato di
sasso. Zakuro era proprio sicura che Ichigo e Masaya stessero ancora insieme?
Sperò ardentemente di no, mentre nella propria mente si riprometteva di
ringraziare quello scapestrato di Smith, che per una volta gli aveva portato
davvero una bella sorpresa.
Un luogo gremito di gente. C’era chi ordinava un caffè ad
una cameriera un po’ innervosita, e chi invece, preferiva semplicemente leggere
il giornale. Sì, magari il New York times. Quel giornale che l’aveva portata
sino a lui. Sino ai suoi occhi, a quella speranza che pian piano si faceva
sempre più grande in lei. Ichigo bevve un sorso del proprio succo di frutta,
poi tornò a guardarsi intorno. Erano le 11,59 e si chiedeva se il biondo
l’avesse presa in giro. No, non era da Shirogane. Bè, certamente era da
Shirogane rubarle degli stupidi, inutili baci. Arrossì a quel pensiero.
Certo che era stato
proprio bello.
Scosse il capo.
Ma… era da anni che non sentiva un brivido tale.
Da... sì, dall’ultima volta che Shirogane aveva poggiato le
proprie labbra su quelle della rossina.
Brutti pensieri Ichigo, non dovresti farli!
Serrò gli occhi, rendendosi conto che forse tutte quelle ore
di aereo le avevano fatto troppo male. Poi quando sarebbe arrivata a casa
avrebbe dovuto rivelare a Masaya chi fosse il suo nuovo medico, e questo
sicuramente non sarebbe stata fonte di grande gioia per il moro. Shirogane ed
Aoyama non si erano stati mai particolarmente simpatici, ed il pensiero che il
biondo avrebbe dovuto salvare la vita del proprio fidanzato la fece sorridere.
Decise di dimenticare totalmente la storia di quel bacio rubato, e di
concentrarsi totalmente sulle cure che avrebbe dovuto ricevere Aoyama. Quando
Shirogane entrò nel bar tutti se ne accorsero: molti volti si voltarono verso
la sua direzione, facendo apprezzamenti e commenti positivi; molte donne
arrossivano, le più giovani perché affascinate dalla sua incredibile bellezza,
le più anziane sostenevano che sarebbe potuto essere un ottimo marito per le
loro figlie. In effetti avevano ragione. Shirogane era il partito ideale:
bello, ricco ed intelligente. Cosa si poteva chiedere di più? Fu in quell’istante
che Ichigo capì che Ryou doveva essere per forza sposato, o che avesse per lo
meno una fidanzata. Le si fermò davanti, osservandola con aria di sufficienza.
La rossina notò solo allora che l’uomo non indossava il camice bianco, e questo
la fece stupire. Che quella non fosse solo una pausa?
-Potremmo... uscire di qua?- chiese l’uomo, indicando il
gruppo di pettegole che assetate di notizie tentavano di capire chi fosse
quella ragazza dai tratti orientali. Lei annuì divertita, mantenendo lo sguardo
basso mentre camminava al fianco del biondo. -Allora, dove vorresti andare?-
chiese Shirogane, osservandola. Lei ci pensò un solo istante, portandosi una
mano al mento.
-In un posto tranquillo, non troppo affollato a quest’ora.-
-E Momomiya... chiedi un po’ troppo. Qua nella grande Mela è
difficile trovare un posto poco affollato.- soffiò l’uomo, iniziando a
camminare al fianco della rossina. Ella ripensò alla sua bella Tokyo, e si rese
conto che le usanze ed il modo di vivere del sol levante erano completamente diversi
da quelli occidentali.
-Ummh... Shirogane-kun, sei sempre così difficile! Fammi
pensare...- riflettè su tutti i film americani che aveva avuto occasione di
vedere, ed un solo luogo di New York le venne in mente. -Che ne dici di Central
Parck?- domandò, sorridendo. Shirogane si fermò in mezzo alla strada,
osservandola dritto dritto negli occhi.
-Non so cosa ti sia successo in questi anni Ichigo, ma per
una volta hai avuto un’idea brillante!-
-Shirogane-kun! Smettila!- lo rimbeccò, offesa. Iniziò a camminare
per il marciapiede, con le braccia incrociate, e il passo svelto.
-Ichigo?- la chiamò, sorpreso.
-Che vuoi!-
-Dove vai?- ella si fermò.
-Come dove vado... ma al Central Parck!- proferì, con aria
di sufficienza.
-A meno che non abbiano cambiato l’ubicazione del Central
Parck...- rise il biondo. -Lui si trova dall’altra parte!- indicò verso le
proprie spalle. La bocca di Ichigo si ingrandì talmente tanto che potè quasi
toccare il pavimento,ed ilvolto si colorò
di rosso.
-Dettagli!- urlò, tornandogli accanto.
-Se lo dici tu.- gli era mancata davvero tanto. Solo in
quell’istante si rese conto di aver perso davvero la connizione di quanto
Ichigo Momomiya fosse incredibile ed unica. Unica come nessuna, bella come
poche. Così particolare e vivace in qualunque situazione, che avrebbe potuto
donare felicità anche se lei stessa fosse stata triste, proprio come stava
accadendo in quell’esatto istante.
-Allora Ichigo, cosa ti ha portato fino a qua?- chiese il
medico, camminando. Ichigo assunse un’aria seria, decidendo di affrontare quel
discorso più avanti, quando sarebbe stata più tranquilla e rilassata.
-Non ho voglia di parlarne ora, dimmi piuttosto quali sono
stati i cambiamenti. Ed Akasaka-san? Non ho più avuto più sue notizie!- disse,
convinta.
-Come vedi io ora sono un medico... cardiologo per
l’esattezza. Key invece gestisce un famoso caffè nel pieno centro della città,
ed ora è sposato con una figlia.- Ichigo si stupì.
-Sposato? Incredibile!- esclamò, in preda alla contentezza.
-Voglio andarlo a trovare!- disse ancora, felice.
-Nessun problema.- rispose Shirogane.
-E tu?- chiese Ichigo, molto incuriosita. Dato il proprio
interesse rallentò il passo, cosa che stupì alquanto il ragazzo.
-“E tu” cosa?- chiese Shirogane, non comprendendo davvero le
parole della ragazza.
-Ma sì, sei sposato, fidanzato... zitello!- non seppe come
le fosse uscita quell’ultima parola. Forse perché era più che convinta che
Shirogane non fosse in quella situazione?
-...Zitello.- la voce bassissima, quasi roca. Ed Ichigo si
fermò in mezzo al marciapiede, proprio a pochi passi dall’entrata del Central
Parck.
-No... non ci credo!- rise di gusto. Non poteva credere che
un uomo come lui non avesse nessuna.
-Credici pure Ichigo.- sibilò l’uomo, sperando ardentemente
di sviare quell’assurdo discorso.
-Secondo me ti vergogni, e così non me lo vuoi dire!-
rincarò la dose la rossina, mentre un brivido gelido attraversava il cuore del
ragazzo.
-E’ così strano che io non abbia nessuna?- domandò, mentre
Ichigo si sedeva ad una panchina. La ragazza incrociò le gambe snelle, poi
portò una mano al mento.
-Ummh... fammi pensare... Shirogane, tu sei ricco... cosa
abbastanza importante a quanto sembra qua a New York.- spiegò. -...Per quanto
mi costi caro ammetterlo non sei neanche così malaccio d’aspetto.- Ichigo, di
pure che è bello da far paura! -...Senza contare che appari misterioso ed
affascinante.- si fermò un ultimo istante, andandolo poi ad osservare. -No,
direi che tu sei fidanzato, e non me lo vuoi dire!-
-Mi dispiace Ichigo, per sta volta le tue constatazioni da
Cupido in gonnella non hanno avuto successo.- le si fece più vicino. -You
lose!- Ichigo si stupì talmente tanto che i propri occhi si spalancarono: era
così strano! Eppure non appena vide le iridi convinte dell’uomo, uno strano
peso sembrò liberarle l’animo, quasi fosse molto sollevata.
Shirogane le si sedette accanto, incrociando le braccia.
-Allora Ichigo... vuoi dirmi perché sei qua?- sussurrò,
incuriosito.
-Va bene.- la ragazza fece scivolare le braccia lungo il busto,
iniziando a passare l’indice sul legno ruvido della panchina. Era difficile,
troppo difficile. -Circa un mese fa sono venuta a sapere che Aoyama-kun era
affetto da una brutta malattia al cuore. Inizialmente non voleva combattere, ma
se devo essere sincera sapevo che avrei solo dovuto convincerlo. E così è
stato. Sì Shirogane-kun, io ed Aoyama-kun stiamo ancora insieme, e prima che la
malattia ci “rovinasse” eravamo anche pronti al matrimonio.- una piccola fitta
colpì l’uomo, e non capì se di contentezza o di dispiacere. -Abbiamo consultato
tutti i medici più bravi del Giappone, ma ognuno di loro ci ha sempre dato lo
stesso responso: incurabile.- e no Ichigo, ti prego, non chiedermelo. -Ma poi
ho scoperto che tu eri diventato un cardiologo molto, molto famoso. Così ho
pensato...- no, ti prego! -Che avresti potuto visitarlo, per vedere se riesci a
salvargli la vita.- ecco, lo aveva fatto, gli e lo aveva chiesto. E Shirogane
non aveva fatto altro che sollevare il capo in sua direzione e leggere tanta, tanta
amarezza nel suo sguardo. Uno sguardo innamorato ma purtroppo, non di lui.
Pugni di vento gli trafissero il torace, rendendolo completamente alla mercè
dei propri sentimenti. Ecco, fatemi ciò che volete, tanto non vedo l’ora di
morire! Davvero la donna che amava gli stava chiedendo di salvare la vita
all’unica persona che avesse mai ostacolato la sua felicità? Masaya Aoyama gli
aveva rubato i genitori seppur in un’altra forma; gli aveva rubato l’amore,
schiavizzandolo ad una vita di tristezza. Ed ora? Ora doveva salvargli la vita?
Rimase zitto di fronte agli occhi di Ichigo, occhi tristi, così come quelle
labbra tremanti, che attendevano solamente che lui le desse il proprio
responso.
-Portalo all’ospedale domani mattina, e vedrò di visitarlo.-
sussurrò, facendo poi seguire un lungo sospiro. Era difficile tutto questo, ma
non poteva fare un torto all’unica persona che avesse mai amato nella propria
vita.
Gli occhi di Ichigo divennero lucidi di contentezza. Vedeva
speranza nel proprio futuro, tanta, tanta speranza.
-Grazie Shirogane-kun... grazie! Sono sicura che riuscirai a
guarirlo!- esclamò la ragazza, presa dalla gioia. Non riuscì a trattenersi: lo
strinse forte a sé urlandogli quanto fosse speranzosa e convinta che lui
riuscirà a dar loro una mano. Shirogane sentiva il profumo fresco della
giovane, e questo gli faceva male. Era strano: ciò che aveva desiderato da anni
era tra le sue braccia, e lui era sofferente. Sofferente perché Ichigo non lo
amava, incredibilmente incollerito con il mondo poiché lui stesso avrebbe
dovuto salvare la vita alla persona che più odiava a quel mondo. Poggiò quindi
entrambe le mani sulle spalle della rossina, scansandola piano. La guardò un
solo istante, poi si alzò in piedi, iniziando a camminare.
-Shirogane-kun, dove vai?- domandò Ichigo, alzandosi in
piedi. Il biondo si voltò in sua direzione, e con aria tranquilla le rispose.
-A casa. Ormai è l’ora di pranzo, ed oggi pomeriggio ho un
impegno.- proferì, ricominciando a camminare verso l’uscita del grande parco.
Ichigo lo guardò allontanarsi per qualche istante, poi presa dalla gioia, lo
rincorse, prendendogli una mano per farlo fermare.
-Shirogane-kun?- disse, dandogli appena il tempo di voltarsi
verso la sua direzione.
-Ummh?-
-Sarebbe questo il modo di salutarmi?- disse, dopo una breve
pausa. La verità era che quella “fine” scelta da Shirogane proprio non le era
piaciuta. Ormai aveva capito che quel ragazzo le era mancato davvero tanto, e
non sapendo che fare lo aveva rincorso, e messa alle strette aveva tirato fuori
quella “scusa” che tanto scusa non era.
-E che dovevo fare?- domandò il medico, stupito.
-E che ne so... Shirogane-kun, non ci vediamo da sette anni
e tu te ne vai così, senza dirmi neanche ciao!- s’infuriò, stringendo forte i
pugni.
-E va bene.- disse, prendendola per il polso. -Andiamo a
pranzo insieme.- propose, facendo accendere negli occhi dell’interlocutrice una
fitta fiamma di felicità. Era davvero una bella idea!
-Ok!- esclamò, camminando avanti a Ryou. Egli sorrise,
osservando il corpo della giovane che veloce avanzava nel grande parco di New
York. Quanto le era mancata, neanche lui sapeva davvero quanto. -Dove andiamo a
mangiare?- chiese la rossina, guardandosi intorno, per le grandi vie della
città.
-In un posto che conosco, fanno cucina italiana, dovrebbe
piacerti.- disse l’uomo, abbozzando poi un sorriso.
-Hei... come mai sorridi? A cosa devo l’onore?- chiese,
incuriosita.
-Niente... pensavo che non era un problema il tipo di
cucina... tanto tu mangi di tutto.- proferì, piatto. Quasi ciò che avevano
detto le sue labbra fosse la cosa più semplice del mondo.
-Shirogane-kun!- urlò Ichigo, molto impettita. Il biondo
aumentò il passo per la strada, mentre la rossina lo inseguiva. -Non mi
sfuggirai... ritira subito quello che hai detto!- tuonò ancora, mentre il
medico rideva di gusto. La sua vitalità, la sua gioia di vivere stavano
diventando per lui ancora il nettare più dolce del mondo.
Poco più avanti una donna dai lunghi capelli neri stava
guidando una macchina molto costosa. Ferma ad un semaforo aveva dato un
occhiata ad alcuni documenti importanti che aveva poggiato sul sedile accanto,
pensando a quanto sarebbe stato conveniente firmare quella proposta.
Successivamente però un urlo la fece destare. La donna spostò lo sguardo dal
foglio al marciapiede la accanto, e dovette abbassare i costosi occhiali da
sole che portava sul naso per capire bene cosa stesse succedendo. Una ragazza
dai lunghi capelli rossi stava inseguendo un uomo: alto, biondo e dal fisico
mozzafiato. Aguzzò lo sguardo: era Ryou Shirogane! Il semaforo ordinò di
ricominciare la marcia, mentre uno strano dubbio pervadeva la donna. Chi era
quella strana ragazza?
Dopo dieci minuti belli buoni di corsa, Ryou ed Ichigo erano
riusciti a trovare un accordo. Erano tornati a camminare in maniera
“tranquilla” discutendo ancora del più e del meno.
-Ma dov’è questo posto? Ho fame!- esclamava Ichigo,
scrutando ogni vetrina.
-Manca poco.-
-Uffa!- successivamente però, una visione la prese. Le sue
narici percepirono un odore molto invitante, che la stuzzicò a tal punto da
farla fermare.
-Che fai?- domandò Ryou, osservandola. La vide con gli occhi
socchiusi, l’aria quasi sognante. -Ichigo?- si preoccupò quasi.
-Shirogane-kun, che ne dici di mangiare qua?- chiese,
puntando l’indice verso l’entrata del luogo. Shirogane puntò le proprie iridi
azzurre verso il punto indicato dalla giovane: si trattava di un fast-food!
-Ma...-
-E dai... ho una fame da lupi, qua sicuramentei l mangiare è
ottimo...che ti costa?- chiese, facendo gli occhi dolci. Shirogane non potè che
annuire, e con un sospiro entrò nel grande locale. Ichigo dalla sua era
festante: non era mai stata in un vero fast-food americano, e si chiedeva come
fosse il cibo. Sicuramente era totalmente diverso da quello che era abituata a
mangiare,e questo la rendeva molto curiosa.
Il tempo trascorse così: con Ichigo che tentava di parlare
in maniera decente con i commessi e Shirogane che la guardava. Ichigo sorrideva
e di conseguenza il cuore del biondo si scioglieva comecioccolato fuso. Era bella, troppo bella per
appartenere a quel pazzo mondo. Troppo dolce e buona per dover affrontare tutte
le prove alle quali era stata messa a confronto. E mentre il pranzo si svolgeva
lui non faceva altro che opprimere quella voglia matta di prenderla tra le proprie
braccia e farla sua. Sua come non era mai stata, sua come secondo il suo
parere, non sarà mai.
Salve a tutti!!! Scusate per il tremendo ritardo… ma le
vacanze danno il tempo di scrivere… ma tolgono anche la voglia di lavorare!
^__^ spero commenterete… e che il capitolo sia stato di vostro gradimento! Vi
chiedo scusa se è un po’ troppo discorsivo… ma ho preferito dare più spazio ai
fatti che hai sentimenti. Sui sentimenti ci lavorerò nei prossimi capitoli… ve
lo prometto!^__^
Capitolo 5 *** Cap.5: Ecco: la mia storia d'amore ***
Salve a tutti ^__^ come faccio ormai già da un po’, eccomi ad allietare
i vostri pomeriggi con le mie storie (o a rovinarceli N
Salve a tutti ^__^ come faccio ormai già da un po’, eccomi
ad allietare i vostri pomeriggi con le mie storie (o a rovinarceli N.D Tutti)
(ç__ç N.D Me). Vabè...... quel che vi voglio dire è che questo che state per
leggere è un cap piuttosto introspettivo... non accade un granchè, ma direi che
importante soprattutto per capire al meglio il nostro biondino preferito! Un
bacione a tutti coloro che leggono, ma in modo particolare a chi commenta,
cioè:
BAby Dany94, kry333, Aquarion89, ECA90, anil13 eryanforever. Grazie mille, siete dolcissime!
Che altro dire? Leggete e recensite questo mio lavoretto
^__^
Cap.5: Ecco: la mia storia d’amore
-Buon giorno Shirogane, ha bisogno di aiuto?- un uomo non
molto alto e dai muscoli piuttosto evidenti sotto la maglietta si avvicinò. Un
sorriso ebete stampato in faccia, mentre osservava con aria d’ammirazione il
proprio cliente.
-No, grazie.- Ryou poggiò il borsone della palestra sul
grosso bancone, porgendo poi all’uomo una scheda. L’altro la compilò
velocemente, iniziando a parlare del tempo, o forse dell’alto tasso
d’immigrazione...fatto sta che
Shirogane non lo ascoltava. Vedeva solo un uomo privo di spina dorsale, che pur
di mantenere l’abbonamento di un cliente alla propria palestra avrebbe fatto
davvero di tutto.
-Spero avrà un ottima permanenza.- disse in fine l’uomo,
porgendogli la scheda ormai compilata. Ryou si limitò a guardarlo, poi recuperò
la borsa e con passo tranquillo si avviò verso gli spogliatoi. In pochi minuti
era già in compagnia dei propri attrezzi. Fece qualche sollevamento. Cinque,
otto, dieci Kg, e nonostante gli sforzi non indifferenti, quel ricordo
continuava ad affliggerlo. Quindici, venti Kg. Ancora lei, ancora lui. Il
sudore iniziò aaffluire sulla fronte
stanca, il fiato corto che veloce fuoriusciva dalle sue labbra. Ancora lei,
sempre lei. Aprì improvvisamente gli occhi, rendendosi conto che c’era anche un
altro strumento con cui scaricarsi. Lasciò il proprio attrezzo sull’apposito
ripiano, e successivamente, si avviò verso un altro bancone. Da lì estrasse dei
guantoni da box, che s’infilò subito. Pochi attimi dopo era già davanti
“All’avversario” composto da un ammasso di gomma piuma. Quel grosso
“salsicciotto” forse lo avrebbe aiutato a dimenticare tutto. Lei, lui. False
speranze? Forse. Tuttavia non poteva fare altro che crederci veramente dentro
di sé. Socchiuse gli occhi, infliggendo all’oggetto colpi duri e secchi.
Un pugno.
Un altro...
Ed Ichigo Momomiya sempre pronta a lacerargli cuore e mente.
-Merda!- imprecò fra sé, mentre il volto speranzoso della
persona che più amava gli si proponeva davanti.
Come un ricordo lontano. Come un soffio di vento portato via
dalla tua vita quasi fosse superfluo. Ma è superflua l’aria che respiriamo? Può
essere considerato di troppo l’ossigeno che mi permette di vivere, di pensarti?
Ancora un pugno.
Ancora sofferenza.
Ed un ricordo, uno solo ad affliggerlo.
-Dottor Shirogane?- un’infermiera piuttosto bassa entrò
all’interno dello studio. L’uomo alzò lo sguardo celeste su di lei, scrutandola
con mancato interesse.
-Sì?- disse, poggiando la penna sull’elegante scrivania.
-Sono arrivati due ragazzi... sembrano giapponesi, o magari
cinesi, sa non so distinguerli bene!- si portò una mano dietro alla nuca,
sorridendo leggermente. Shirogane fece una faccia strana, agitando poi la mano
per dirle di uscire.
-Dica loro di entrare.- sussurrò, tornando ad osservare
quello sciocco documento che aveva letto e riletto per minuti. Era nervoso,
sofferente. Come hai potuto chiedermi di fare una cosa simile? Di salvare la
vita alla persona che più odio al mondo? Serrò la mascella, poi si ripetè di
star calmo. Doveva essere tranquillo, professionale. Sì, era quella la cosa più
giusta da fare.
-Buon giorno.- disse una voce. Shirogane alzò lo sguardo, e
di fronte a sé vide Ichigo vestita di tutto punto. Era rimasta ferma sul ciglio
della porta, sorridente ma tuttavia estremamente seria, quasi avesse un segreto
con qualcuno, forse con sé stessa.
-Buon giorno. Prego, entra pure.- disse Shirogane,
invitandola ad entrare. Ella annuì, voltandosi poi verso destra, ed incitando
qualcuno là accanto a seguirla. Fece la propria introduzione nella stanza un
ragazzo non molto alto. I capelli neri e lucenti più corti di quanto potesse
ricordare. Gli occhi piccoli come fessure, sembravano nascondere una verità che
mai e poi mai avrebbero rivelato. Le labbra carnose, socchiuse in una smorfia
che pareva nascondere un improvviso dolore interno. Una cosa che Masaya Aoyama
non aveva perso negli anni tuttavia, era quel suo essere infinitamente perfetto
in tutto. I capelli ben pettinati, la postura ben conformata. Gli abiti ben
messi, di chi non ha voglia di far brutta figura. Ed accanto a lui la persona
che sicuramente mai e poi mai avrebbe voluto perdere. Ichigo. Una rossina fantastica,
che sicuramente l’amava a propria volta. Come non poterlo fare in fondo?
Shirogane li guardò. Non che stessero poi così bene insieme. Lei era troppo
bella per lui. Troppo sorridente, troppo naturale.
-Salve Shirogane-sama.- disse Masaya, facendo un passo in
avanti, e simulando poi un inchino.
-Salve Aoyama.- rispose, invitandoli poi a sedersi. Sembrava
tutto così inverosimile, tutto talmente strano. La donna che più amava e l’uomo
che più odiava erano seduti di fronte a lui, e non poteva fare nulla. Né urlare
adIchigo quanto l’amasse; né dire ad
Aoyama quanto avrebbe gioito nel vederlo soffrire, solo. Solo come era sempre
stato lui.
-Ti ringrazio ancora Shirogane-kun, per aver accettato di
visitare Aoyama-kun.- sussurrò la rossina, abbassando lo sguardo.
-E’ il mio lavoro.- precisò il biondo, porgendo un’occhiata
veloce nei confronti del moro. Quello resse la sfida piuttosto valorosamente,
sorridendo leggermente, quasi fosse l’unica cosa che gli fosse data fare. Che
strano Aoyama, così perfettino nei suoi sorrisi da bravo ragazzo, ma così
incapace a reggere le sfide della vita. Non si dilungarono in discorsi inutili;
ciò che importava sapere a Shirogane era ciò che gli aveva detto Ichigo il
giorno prima, quindi iniziò subito il proprio lavoro. Ichigo gli porse la
cartellina rossa che qualche mese prima, aveva trovato sul tavolo di casa di
Masaya. Shirogane l’aprì, scrutandone il contenuto. Lo lesse a mezza voce,
quasi stesse parlando con se stesso.
-E’ stato riscontrato un mal funzionamento dell’intero
apparato circolatorio. Cinque coronarie su sei sono quasi interamente chiuse,
da un materiale sconosciuto. Dalle analisi si è tuttavia compreso che il
materiale non ha la stessa struttura genetica del paziente, è quindi deducibile
che sia un corpo esterno.- Ryou voltò la pagina, immaginando quale potesse
essere l’operazione più fattibile. Alzò il capo verso Ichigo e Masaya,
scrutandoli bene. -Credo sia possibile asportare il materiale estraneo...-
riabbassò il capo sui documenti, non appena vide la rossina fare di no con il
capo.
-Shirogane-kun, il materiale è stato già esportato... il
fatto è che...- Shirogane lesse il foglio successivo.
-Una volta asportato... si riforma da solo.- stupito lasciò
cadere il documento sulla scrivania, lasciando che una nota di stupore gli
solcasse il volto. Nongli era mai
capitato di sentire di una patologia simile. Mai tra le tante malattie che gli
era capitato di dover curare, gli era stato chiesto di trovare una soluzione a
qualcosa di simile. Sembrava inverosimile, strano. -Come può del materiale nato
nel corpo di una persona... avere un DNA diverso?- iniziò a farsi delle ipotesi
interne. Ad analizzare tutti i documenti riguardanti il materiale ribonucleico,
sino ad arrivare ad ogni più piccola parte possibile da analizzare. Alzò il
capo sconfitto, chiedendosi se fare degli altri esami sarebbe stato più utile.
Bè, anche se non sarebbe servito a salvare Masaya, almeno Ichigo sarebbe
rimasta ancora un po’ con lui. Scosse il capo pensandoci, dicendosi che prima
di tutto era un medico, e doveva fare di tutto per salvare Aoyama. Pochi
istanti dopo gli occhi speranzosi della rossina si insinuarono in lui,
facendogli sentire una brutta fitta al cuore.
-Allora?- chiese. Aoyama le mise una mano sulla spalla,
sorridendole gentile.
-Su Momomiya-san, sicuramente Shirogane-sama non è ancora in
grado di dire qualcosa di sicuro.- si voltò a guardare il biondo, quasi
sperasse che le proprie parole fossero false. Il biondo annuì, non del tutto
sicuro. Purtroppo un responso c’era già, ma non solo per la propria etica
professionale, ma anche umanamente voleva essere totalmente sicuro.
-Desidero che voi facciate questi esami.- compilò delle
schede velocemente, firmandole una ad una. -Qua in America costano un po’, ma
se fate vedere questi fogli che ora vi preparo, dovrebbero farvi degli sconti
piuttosto importanti.- senza nemmeno pensarci Shirogane porse loro i fogli
firmati. Ichigo sorrise, ed in poco allungò la mano per prenderli. Tuttavia la
precedette Aoyama, che dopo averli presi dalle mani di Shirogane, gli e li
riporse, scuotendo il capo.
-Mi dispiace Shirogane-sama, ma non posso accettare.
Pagheremo ciò che c’è da pagare, non ti preoccupare.- si alzò in piedi, andando
poi a scrutare la propria ragazza. Ryou rimase piuttosto spiazzato da quella
reazione, e subito dopo andò a fissare Ichigo, che possedeva un’aria ancor più
sconcertata.
-Ma Aoyama-kun...- lo fissò un solo istante. Tuttavia la
ragazza non ebbe bisogno di risposte. Si alzò a propria volta in piedi, pronta
ad andar via. -Grazie ancora Shirogane-kun!- disse, facendo un cenno con la
mano.
-Di nulla.- un sorriso piuttosto accennato, ma che per
entrambi, parve eterno. Aoyama si schiarì la voce, infilandosi la giacca.
-Quando dobbiamo tornare?- domandò, fissando malamente il
medico.
-Non appena pronti gli esami. La tua è una situazione
critica, e prima agiamo e meglio sarà.- socchiuse gli occhi, prendendo in mano
una penna posta sulla scrivania. I due fidanzatini annuirono, salutando ancora
una volta il medico.
-Ciao a Te Ichigo.- disse sottovoce l’uomo, non avendo il
coraggio di guardare quella porta chiudersi.
Un pugno...
Ancora un altro...
Stanco? Sì. Ma non m’importa.
Ancora pugni...
Un altro...
Frustrato? Sì. Senza dubbio.
T’importa?
I pugni terminarono. Il volto di quella ragazza perennemente
incollato nei suoi pensieri.
Purtroppo sì... m’importa eccome!
Shirogane si preparò a lanciare un nuovo gancio destro al
proprio “avversario” d gomma, tuttavia una voce lo destò, sorprendendolo.
-Oh... chi non muore si rivede!- esclamò una voce. La voce
di un giovane e seducente medico americano. Shirogane lanciò un nuovo pugno,
decidendo di evitare il discorso che sicuramente presto Smith avrebbe tirato
fuori. -Ehi Shirogane! Parlo con te!- sospirò, capendo che purtroppo Richard Smith,
era la persona più insistente del mondo. Sbuffò visibilmente, portandosi un
piccolo asciugamano bianco intorno al collo.
-Dimmi Smith...- soffiò, voltandosi verso il proprio
interlocutore. Richard fece un sorriso a trentadue denti, notando che finalmente
il collega gli aveva dato corda.
-E’ possibile che tu sia sempre così scorbutico? Allora...
posso offrirti un caffè?- chiese Smith, puntando l’indice verso la porta
d’uscita. Shirogane ci pensò un solo istante, ed in poco comprese che
sicuramente il collega aveva intenzione di fargli il terzo grado su Ichigo.
Aveva tentato di evitarlo da più di ventiquattro ore, più precisamente da
quando aveva fatto entrare Ichigo nel suo studio.
-Mi dispiace Smith, ma sono appena arrivato, e voglio
finire.- disse il biondo, voltandosi nuovamente verso il proprio attrezzo.
Ricominciò a prenderlo a pugni, facendo finta di non udire i passi del collega
che piano, si avvicinava.
-Non ci posso credere...- riflettè il moro, iniziando a
girare intorno al proprio collega. -Allora è più grave di quanto potessi
immaginare!- esclamò il medico, fermandosi di fronte al biondo. Shirogane alzò
lo sguardo su di lui, incuriosendosi.
-Che intendi?- chiese, tirando un nuovo pugno. Era stanco,
ma non voleva smettere.
-Ma sì... lo sai...- sorrise, avvicinandosi al collega.
-Parlo di una dolce fanciulla dai lunghi capelli rossi... e due piccole labbra
da baciare!- il cuore di Shirogane iniziò a battere incessantemente, e più si
muoveva, più si diceva di dover chiudere all’istante quel discorso. -Ho colto
nel segno e? E’ lei la ragazza di cui sei innamorato...vero?- chiese Smith,
senza ottenere risposta. -Allora?- ma nulla, nessuna risposta. Solo un ragazzo
innamorato che infelice, tirava stupidi pugni ad un avversario immaginario.
-Shirogane!- Richard fermò con entrambe le mani il grosso attrezzo da palestra,
spostandolo. Il pugno di Ryou per poco non gli raggiunse la faccia. Tuttavia i
riflessi pronti del cardiologo avevano fatto sì che non accadesse nulla di
grave.
-Sei impazzito?- chiese Shirogane, guardandolo in cagnesco.
-No Shirogane, io credo proprio che qua quello pazzo sia
tu!- le mani di Smith raggiunsero i fianchi, facendogli assumere un aria da
maestro arrabbiato. -Non credevo che tu avessi un cuore in realtà... anzi, date
tutte le donne che ti vengono dietro e che tu non calcoli avevo addirittura
pensato che tu fossi gay.- sorrise, notando il tono sempre più arrabbiato di
Ryou.
-Smith!- esclamò, con il serio desiderio di tirargli davvero
un pugno in piena faccia.
-Da quando ti conosco non fai altro che passare sopra alle
cose. Ogni volta che ti compare davanti qualcosa di nuovo lo superi, o ancora
peggio non lo tieni in considerazione, e non parlo solo delle belle ragazze.-
Ryou non aveva mai visto Richard così serio, e questo quasi lo spaventò.
Ascoltò con attenzione quelle parole, frutto di un’attenta riflessione. -Il tuo
sguardo è sempre stato vuoto, così vuoto che è capace di mettere paura alla
gente. Ma sai una cosa Shirogane? Io non ho paura di te. Forse sono l’unico
capace di tenere testa ai tuoi occhi gelidi, l’unica persona che ha creduto
davvero che sotto a quello sguardo di ghiaccio ci fosse qualcosa. Bè, è da
quando sono tuo amico che tento di tirare fuori quelqualcosa, e l’unica volta in cui mi sono reso
conto che tu eri davvero umano è stata quando quella ragazza ha messo piede
dentro quello studio. La tua faccia era incredibilmente stupita, i tuoi occhi
esprimevano una gioia impossibile da manifestare a comando. Quella splendida
donna ti ha sorriso e tu per la prima volta mi sei sembrato vivo.- Smith
abbassò lo sguardo, stringendo forte un pugno. -Ryou, dopo questo discorso tu
puoi dirmi quel che vuoi, ma sappi che io desidero vederti felice... ed ho
capito che l’unico modo per farlo e lei.- un solo sorriso pieno di speranza. E
finalmente Ryou Shirogane capì di non essere davvero solo. Così il biondo si
portò una mano a riavviare i morbidi capelli scombinati dall’attività sportiva,
poi si sedette su una delle panche di legno della sala.
-Si chiama Ichigo.- cominciò, osservando il freddo
pavimento. -Ichigo Momomiya per l’esattezza. L’ho conosciuta in Giappone sette
anni fa, io avevo quindici anni, e lei tredici. Me ne innamorai praticamente
subito: in realtà non ne conosco il vero motivo, probabilmente perché era unica.
Di una spontaneità ed una semplicità incredibili, così gentile ed altruista da
farti pensare che non fosse neanche umana.- un sospiro, ed il ricordo di quanto
quella giovane rossina fosse straordinaria. -Quando la conobbi mi dissi che era
troppo presto per mettermi con lei, era meglio aspettare. Questo perché eravamo
impegnati in un progetto importante, che prendeva molte energie ad entrambi.
Questa sarebbe stata la scelta più stupida: Ichigo trovò l’amore in un ragazzo
della sua età, Masaya Aoyama, il ritratto del ragazzo perfetto. Quando me ne
andai dal Giappone per venire qua in America stavano ancora insieme, e tuttora
formano una coppia fantastica.- Richard si era ormai seduto al suo fianco, ed
incredulo lo guardava. -Ecco la storia del mio amore.- sussurrò il biondo,
alzandosi in piedi. -Spero tu sia soddisfatto.-
-E perché ora è qua?- chiese Smith, seguendolo.
-Devo salvare la vita al suo ragazzo.- socchiuse gli occhi,
pensando a quanto sarebbe stato facile sbagliare un possibile intervento e
toglierselo finalmente di torno. Scosse il capo pensandoci, mentre Smith gli si
faceva più vicino.
-Oh cavoli...- disse sottovoce il moro. Shirogane si voltò
verso di lui, entrando in doccia.
-Che c’è?- domandò, iniziando a far scendere il getto
d’acqua. Nella doccia vicina Smith non sapeva davvero cosa dire, forse aveva
combinato un bel guaio!
-Bè... non sapevo che Ichigo fosse fidanzata...- disse,
facendo un’aria piuttosto sperduta.
-Smith, che hai combinato?- chiese Ryou, arrabbiato.
-Ehi... non pensar male, non ci ho mica provato con lei!
Però... vedi, le ho proposto di uscire con noi questa sera... perché tu le
dovevi dire una cosa importante.- il getto d’acqua della doccia di Ryou cessò
di esistere, facendo poi udire al moro un sonoro pugno tirato al muro.
-Smith!- tuonò il biondo, non sapendo davvero che fare. -E
come diavolo hai fatto a comunicare con lei? Sa a mala pena tre o quattro
parole d’inglese!-
-L’ho incontrata oggi in ospedale, sembrava stesse
aspettando qualcuno... poi bè... attraverso i gesti ed il linguaggio del corpo
mi ha capito! Era molto felice quando le ho detto che volevi parlarle...
secondo me sospettava qualcosa.- disse Richard, soddisfatto. La doccia di Ryou
ricominciò a sputare acqua, mentre il biondo rifletteva.
-Stupido... ed ora?-
-Ed ora ci esci!-
-E no, vieni anche tu!-
-Oh Shirogane, smettila! Sembri una tredicenne al suo primo
appuntamento!- esclamò Smith, uscendo dalla doccia.
-Tredicenne un corno, tu vieni con noi.-
-Mi dispiace, ma questa sera io sono fuori con un’amichetta...
cinema, pub e... una festicciola a casa mia... solo io e lei!- proferì tutto
soddisfatto. -Mi raccomando Shirogane, questa sera... corona il tuo grande
sogno d’amore!- il moro gli diede una pacca sulla spalla, facendolo andare
avanti di un passo.
-Non rompere. Mi hai messo in un bel casino.- disse l’altro,
rivestendosi.
Capitolo 6 *** Cap.6: Un tuffo nel passato e... nel futuro ***
Salve a tutti ^___^ ecco a voi il nuovo cap di questa storia
Salve a tutti ^___^
ecco a voi il nuovo cap di questa storia. Vi chiedo scusa se vi ho fatto un po’
attendere, ma come vedete la lunghezza del capitolo fa notare quanto tempo ci
abbia messo per scriverlo! Spero vi piacerà... è piuttosto importante e spero
anche bello. Commentate per favore, mi fareste molto felice ^__^ un
bacio...
Cap.6: Un tuffo nel passato e... nel futuro
Forse era meglio aggiungere ancora un po’ di lucidalabbra.
Ma no Ichigo, così sembri una bambina delle elementari! Forse sarebbe meglio
optare per un bel rossetto. Ecco, proprio questo qua: rosso passione. Se lo
mise sulle labbra, facendo attenzione a non far sbavare niente. Non era una
maestra in queste cose, ma poteva dire di cavarsela almeno un pochino. Si
ammirò allo specchio: non poteva assolutamente lamentarsi. L’ombretto era
apposto, la cipria ok. Per non parlare del vestito: aveva scelto un semplice
abitino nero, che raggiungeva a mala pena il ginocchio. Al di sotto un paio di
decolté piuttosto alte, una scelta ardua anche perchè non sapeva dove Shirogane
e quel suo bizzarro amico la volessero portare. Tornò a guardare la propria
figura riflessa sul piccolo specchio del bagno. Perché era stata così attenta
al proprio aspetto fisico? Ci pensò un solo istante, e solo in quell’attimo le
venne in mente quanto avesse sempre fatto attenzione al modo in cui fosse stata
vista da Shirogane. La divisa del caffè era sempre stata messa di tutto punto;
per non parlare dei capelli, che non aveva mai mancato di legare in quelle due
buffe codine. Ora tuttavia sei cambiata Ichigo. Sei più grande, sei più donna.
Chiuse gli occhi, pensando a quanto la sua vita fosse cambiata da quando
Shirogane se ne era andato.
-Che egoista...- sussurrò, stringendo un pugno. -Prima
arrivi a sconvolgermi la vita... poi te ne vai via, come se nulla fosse.-
sussurrò ancora, sfiorando il lavandino con la punta delle dita. Quel freddo
contatto sembrò risvegliarla, mentre il rumore di alcuni passi alle sue spalle
la destavano.
-Sei bellissima.- disse Masaya, introducendosi nel bagno.
Ichigo si voltò, sorridendogli appena.
-Non esageriamo!- arrossì, facendo l’occhiolino. -Spero
davvero che mi dica qualcosa d’importante.- continuò, avvicinandosi al ragazzo.
Egli le sorrise, stringendola forte a sé.
-Lo spero anche io... ma qualunque cosa ti dica, che sia
bella o brutta... ti prego di rivelarmela subito al tuo ritorno...- la pregò,
baciandole dolcemente la nuca. Ichigo rimase parecchio spiazzata da
quell’affermazione, non intuendo subito le preoccupazioni del suo fidanzato.
-Cosa vuoi dire? E’ logico che ti racconterò ogni cosa che
mi dirà...-
-Lo so Momomiya-san ma...- la interruppe, scansandola
appena. La guardò fisso negli occhi, senza alcun timore. -Se ti ha voluto
vedere senza di me le motivazioni possono essere solo due: o ci vuole provare
con te, oppure deve dirti qualcosa che non vuole farmi sapere.- sentenziò,
chiudendo successivamente gli occhi. Ichigo rimase parecchio spiazzata da
quell’affermazione: nessuna delle due ipotesi le erano mai venute in mente, e
sinceramente il fatto che Masaya ci avesse riflettuto tanto stava a significare
che non vedeva di buon occhio quell’incontro.
-Aoyama-kun?- lo chiamò così, catturando la sua attenzione.
-Ummh?- fece quello. La ragazza gli portò una mano tra i
morbidi capelli scuri, assaporando a pieno quel momento.
-Vuoi che rimanga? Non c’è nessun problema...- gli sorrise.
Un sorriso sincero, di chi è davvero innamorato. E fu grazie a quel sorriso che
Masaya si convinse che di Ichigo si poteva davvero fidare.
-Vai amore... e speriamo in bene.- Ichigo si mise in punta
di piedi, baciandolo dolcemente sulle labbra. Non appena entrambi riaprirono
gli occhi la rossina si mise a ridere a crepapelle. -Che succede?- domandò, più
che stupito.
-Ti ho lasciato il rossetto sulle labbra!- esclamò, ridendo
ancora. Masaya si voltò verso lo specchio del bagno, osservandosi. Non potè
trattenere neanche lui una risata divertita, mentre andava alla ricerca di un
fazzoletto che lo aiutasse ad abbandonare quella “vergognosa” tenuta.
Quanto è grande New York. Quanto è bella, quanto è
misteriosa. Lo è ancora di più di notte. Quando nonostante l’ora tarda le luci
delle case e dei grattacieli rimangono accese, timorose di quel buio
improvviso. La notte in fondo è solo un intervallo che precede l’arrivo di un
nuovo giorno. Ma chissà quante belle cose possono accadere durante quel breve
intervallo. Sospirò, inserendo il cellulare all’interno della tasca dei jeans.
Il modo in cui Smith lo aveva liquidato era senza dubbio cattivo ed immorale. “Mia
nonna è all’ospedale.” aveva annunciato in quel semplice sms mandato senza
troppi problemi. Picchiettò appena le dita sul volante. Se, altro che nonna in
ospedale... sicuramente quella sera l’unica cosa che per Richard Smith avrebbe
avuto a che fare con un ospedale sarebbe stato il vestito da infermierina che
avrebbe fatto indossare a qualche sciocca donnicciola delle sue. Lasciò perdere
quel pensiero, chiedendosi se l’idea che gli era venuta in mente sarebbe andata
bene ad Ichigo. Avrebbe fatto davvero di tutto per starle sempre vicino. La
mercedes si fece largo tra le strade della città senza alcun problema. Il cielo
s’era già fatto buio, ed un leggero venticello preannunciava l’arrivo imminente
dell’autunno e quindi anche del freddo. New York cambiava tantissimo con
l’avvento del gelo. Quelle poche macchie verdi che si potevano intravedere
sulle punte degli alberi cadevano in terra, oppure s’ingiallivano, assumendo
colori caldi e per nulla vivaci ai suoi occhi. Le persone divenivano
improvvisamente scorbutiche e nervose; dimenticavano la spensieratezza
primaverile, oppure la sana gioia estiva. Sorrise a quel pensiero, chiedendosi
se mai sarebbe riuscito a trovare la via in cui Richard aveva dato appuntamento
ad Ichigo. Scosse il capo: sicuramente era più probabile che la rossina si
perdesse, non certo lui! Parcheggiò l’automobile a lato di una strada. Non
c’era ancora nessuno. Scese ed attese qualche secondo, osservando
distrattamente l’orologio che portava al polso. Avrebbe scommesso qualunque
cosa che sicuramente Ichigo sarebbe arrivata in ritardo. Sospirò, guardandosi
in torno. La città era già buia, in compenso i lampioni che si trovavano un po’
qua e un po’ di là per la strada donavano un po’ di visibilità. Non fu tuttavia
la luce dei lampioni a farlo accorgere dell’arrivo di Ichigo: bensì il rumore
di un paio di scarpe con il tacco, che gli fecero credere che quel passo
appartenesse a qualche ricca donna d’affari in ritardo per qualche
appuntamento. Tuttavia non appena gli occhi turchesi si staccarono dall’asfalto
dovette ricredersi: lunghi capelli rossi ciondolavano a causa del passo veloce
di quella donna fantastica; in dosso un vestitino nero piuttosto semplice, con
le spalline molto fini. Le gambe erano fasciate da un paio di calze a rete
molto chiare e fini; ai piedi un paio di scarpe molto alte, che avrebbero
dovuto farla sembrare più donna. Il volto velato dal trucco, ed Ichigo
camminava, Ichigo più donna, Ichigo sempre più bella. Le parole gli morirono in
gola, e solo quando quella dea dagli occhi di cioccolato gli si fece vicino
riuscì a connettere nuovamente il cervello. Si diceva semplicemente di reagire,
e di non tentare di affondare le proprie labbra nelle sue, piccole e fragili.
Notò che al collo portava una catenina d’oro, alla quale era appeso un ciondolo
che rappresentava l’ideogramma giapponese della speranza. Si chiese se fosse
riferito a Masaya, o più semplicemente fosse un caso che portasse un tale
ciondolo. Lasciò perdere, anche perché avrebbe fatto troppo male pensarci.
-Konnikiwa!- esordì la ragazza, chiudendo gli occhi e
mostrando un sincero sorriso.
-Ciao.- Ryou fece un cenno con la mano, sottolineando quel
suo poco essere tradizionalista. Tentò di non pensare a lei, di non pensare ad
Ichigo al chiaro di luna ma... era difficile!
-Ma... dov’è il tuo amico?- domandò la ragazza, piuttosto
stupita. Il biondo prese un gran sospiro, decidendo di usare la stessa scusa
che aveva utilizzato Richard con lui.
-Sua nonna è stata male poco fa, e lui è dovuto andare in
ospedale per aiutarla.- proferì semplicemente, recitando nel miglior modo che
poteva. Fortunatamente suonò credibile, mentre preoccupata, Ichigo guardava il
cielo notturno.
-Poveretta, qualcosa di grave?- domandò, portandosi l’indice
alle labbra.
-Non lo so...- Ryou la fissava, più che stupito che Ichigo
si fosse bevuta quella grandissima bugia.
-Che strano però... Smith non mi sembra davvero il tipo che
accompagna la nonna in ospedale! Però si sa...- lo fissò, con aria riflessiva.
-Le persone sono ricche di sfaccettature.- un sorriso, poi serrò gli occhi,
piena delle proprie riflessioni.
-Già... e ti posso assicurare che lui è pieno di
sfaccettature.- la voce parve piuttosto sconsolata, mentre si voltava dalla
parte opposta e percorreva pochi passi.
-Dove vai?- domandò Ichigo, seguendolo a fatica sui tacchi
alti.
-Alla macchina... così possiamo andare dove ti ho promesso.-
-Sarebbe?- domandò, curiosa. Lo vide fermarsi davanti ad una
bellissima mercedes nera, e poi voltarsi verso di lei. Nonostante i tacchi alti
era comunque molto più bassa in confronto a Shirogane, ma tentava sempre di non
mettere in evidenza una tale condizione.
-Non te lo posso dire...- salì in macchina, facendo cenno
anche ad Ichigo di fare la medesima cosa. Con un po’ di titubanza ella accettò,
e non appena salì all’interno dell’auto si rese conto di quanto denaro dovesse
possedere l’uomo al suo fianco. Arrossì pensando al fatto che se fosse stata la
signora Shirogane, a quest’ora si sarebbe potuta vestire di abiti ben più
costosi di quelli che portava, ed avrebbe potuto godere di una vita agiata e
senza problemi. Scosse il capo: non è certo questo che rende un matrimonio
felice. Ehi... matrimonio? Si meravigliò di se stessa, rendendosi conto di
quale discorso si stavano riempiendo i propri pensieri.
-Però me lo potresti dire.- proferì così, incrociando le
braccia. Shirogane accese il motore, sorridendo.
-E così che sorpresa sarebbe?- asserì lui, mentre entrava
tra le strade della città. Ichigo osservava fuori, rendendosi conto che mancava
qualcosa. Si guardò intorno, scorgendo poi l’alta figura dell’uomo che le stava
seduto accanto: bello, senza dubbio; intelligente, lo aveva dimostrato in mille
modi; che le voleva bene... forse. Arrossì per l’ennesima volta quella sera,
voltandosi poi ad osservare il panorama notturno di New York.
-Shirogane-kun?- lo chiamò poi, tentando di chiarire vecchi
dubbi.
-Sì?- fece quello, osservando semplicemente la strada.
-Come mai hai scelto proprio questo mestiere? Voglio dire...
tu avresti potuto fare qualunque lavoro... ed invece, hai optato proprio per la
medicina.- proferì, parecchio curiosa. Era da quando aveva letto quell’articolo
di giornale in cui era stato rivelato che Ryou Shirogane era un medico di fama
internazionale che la ragazza aveva quel quisito in testa, e voleva davvero
sapere.
-TU lavori ora?- chiese tuttavia il biondo, sospirando.
Ichigo si voltò a guardarlo, sorpresa: cosa centrava quella domanda?
-Non proprio... faccio dei lavoretti per pagarmi gli
studi...- sussurrò, chiedendosi dove volesse andare a parare.
-E che cosa studi?- domandò Shirogane, sempre più piatto.
-Psicologia...-
-Ecco...- fece Ryou, sorridendo.
-Ecco cosa?- Ichigo non capiva.
-Semplice: io faccio il cardiologo per lo stesso motivo per
cui tu hai scelto di studiare psicologia.-
-Tu non puoi sapere perché io ho scelto di studiare
psicologia...- fece Ichigo, incrociando le braccia.
-Perché vuoi stare con la gente... vuoi capirla, aiutarla.-
sussurrò, voltandosi poi in sua direzione. Quello scambio di sguardi durò pochissimo,
tuttavia per Ichigo parve eterno.
-Come...- sussurrò la ragazza, guardandolo
ininterrottamente. -Shirogane-kun, da quando sei diventato un veggente?-
domandò la rossina, osservandolo stranita. Non poteva crederci: aveva colto nel
segno.
-Non indaghiamo sulla mia persona... in fondo non ne sei
ancora in grado. Diciamo che io come te, voglio aiutare gli altri.- sorrise
Shirogane, pensando a quante cose stava scoprendo di lei. DI lei che tanto gli
era mancata, di lei che tanto aveva voluto rivedere.
-Tu è una vita che aiuti gli altri...- quella piccola frase
arrivò come un proiettile dall’angolo buio di quell’automobile. Proprio quando
Shirogane premette il freno, ed anche il suo cuore perse la facoltà di battere
per qualche istante. Gli occhi fissi verso la strada, le labbra serrate, quasi
non avesse sentito nulla. -...mi chiedo chi mai aiuterà te.- terminò là,
arrossendo poi per quella piccola rivelazione. Si voltò imbarazzata verso la
strada, sperando davvero di non essere stata udita: perché diavolo aveva detto
una cosa del genere? Con quali garanzie poi? Magari Shirogane non aveva davvero
bisogno di un aiuto, ma ora che l’aveva rivisto aveva la stramaledetta
impressione che fosse completamente ed irrimediabilmente solo.
-Siamo arrivati.- fortunatamente per lui Shirogane era un
ottimo attore: lasciò perdere quella frase sconnessa, dicendosi che non avrebbe
mai e poi mai dovuto toccare il discorso.
-Scendo!- Ichigo fu contenta del fatto che evidentemente,
Shirogane non aveva udito nulla. Pochi attimi dopo infatti, scese
dall’automobile, guardandosi intorno. La città buia non le dava molte
possibilità di comprendere dove fosse, ed il fatto di trovarsi circondata da
una serie di villette a schiera la rese molto curiosa. -Ma... dove siamo?-
domandò, osservando tutt’attorno.
-Siamo poco fuori città. Seguimi per favore.- proferì
quello, facendo un cenno con la mano. Ichigo lo seguì distrattamente, più che
incuriosita. Perché l’aveva portata in un posto simile? Non c’erano locali,
neanche uno straccio di luogo dove ci si potesse fermare a parlare. Arrossì
pensando che una di quelle villette potesse essere casa sua: che avesse optato
per la residenza Shirogane per parlarle? Fece di no con il capo, quando si
fermarono davanti ad una villetta bianca, circondata da un giardino ben curato.
All’interno del giardino erano state lasciate una corda per saltare, una
bicicletta rosa ed alcuni gessetti sparsi per il prato. Strabuzzò gli occhi nel
notare tali oggetti, chiedendosi a chi appartenesse quella casa.
-Shirogane-kun...-
-Zitta...- sussurrò lui, portandosi un dito davanti alle
labbra fini. Premette poi il campanello. Il buio non permetteva ad Ichigo di
leggere il cognome, tuttavia quando la porta si aprì, finalmente tutto le parve
molto più chiaro.
-Zio Ryou!- la porta fu aperta da una bimba che avrà avuto
sì e no sei anni. I capelli legati in due lunghe trecce, essi erano biondi come
il grano in primavera; gli occhi piccoli e mori, occhi che Ichigo aveva già
visto. Nonostante l’età la bimba era piuttosto alta, tenera nella sua salopette
di jeans.
-Ciao Katy.- disse Ryou, mentre la bambina gli si avvicinava
contenta. Si chinò su di lei, mentre imbarazzata, gli dava un bacio sulla
guancia. Si voltò poi verso Ichigo, guardandola con non poca perplessità.
-Lei è la tua fidanzata?- domandò, indicandola. Sia Ichigo
che Ryou arrossirono all’unisono, tuttavia ad interrompere quel colloquio
imbarazzante fu una voce maschile proveniente dall’interno della villa.
-Katy... che succede?- chiese la voce. La sua voce. Gli
occhi di Ichigo divennero lucidi non appena sul ciglio della porta, comparve
l’alta figura di Keiichiro. Nonostante gli anni non era cambiato poi molto:
alto e dal fisico ben messo, aveva tagliato i capelli mori; il solito sorriso
gentile gli incorniciava il volto, mentre emanava quella sua solita gentilezza
mai manifestata in nessun’altra persona.
-Akasaka-san!- esclamò Ichigo, facendosi più vicino.
-Non posso crederci... Ichigo, sei proprio tu?- disse l’uomo,
mentre la stringeva forte a sé. -Sei diventata proprio una splendida donna. Ma
fatti guardare: sì, sei proprio bellissima!- disse, guardandola nel suo abitino
nero. Ella arrossì: non si sarebbe mai e poi mai abituata ai commenti galanti
del pasticcere.
-Possiamo entrare?- domandò Ryou, immettendosi nel discorso.
Keiichiro aprì subito la porta, facendo loro cenno di entrare in casa.
-Non posso crederci, che sorpresa!- continuava a ripetere
l’uomo, mentre la piccola Katy girava loro intorno. Pregò i due ospiti di
sedersi in salotto. Ichigo rimase parecchio stupita dalla bella casa di
Keiichiro: non aveva mai visto una casa americana, ma avrebbe scommesso
qualsiasi cosa nel dire che quella doveva essere una delle più belle.
-Sara per piacere, vieni... devo presentarti una persona!-
esclamò Keiichiro, voltandosi verso la cucina. Da là ne uscì una donna
piuttosto minuta, i capelli biondi le raggiungevano appena le spalle, mentre
gli occhi azzurri catturavano l’attenzione di chiunque la guardasse. Era estremamente
bella, ed Ichigo sentiva che doveva essere anche molto simpatica e dolce.
-Mamma, lei è la fidanzata dello zio Ryou!- esclamò Katy,
indicando la rossina che naturalmente, s’imbarazzò nuovamente. Keiichiro di
rimando rise, sedendosi accanto al proprio amico.
-Oh... non sapevo che avessi una fidanzata. Complimenti,
molto bella.- sorrise la donna, sedendosi accanto ad Ichigo. Quella la guardò
imbarazzata, cercando poi aiuto negli occhi del biondo.
-Non è la mia fidanzata.- Ryou avrebbe voluto aggiungere un
“purtroppo” nella frase, ma evitò largamente di farlo.
-Ah no...- sussurrò Sara, non capendo fino in fondo la
situazione.
-Ricordi quando ti ho parlato del progetto?- domandò
Keiichiro, guardando la moglie.
-Sì.-
-Lei è stata la leader delle mew mew. Si chiama Ichigo.- gli
occhi di Sara s’illuminarono, mentre si voltava verso la ragazza al suo fianco.
Le strinse forte la mano, sorridendole dolcemente.
-Keiichiro mi parla sempre di te e delle tue compagne...
siete ragazze straordinarie!- esclamò, socchiudendo dolcemente gli occhi.
Ichigo sorrise a quell’affermazione, ringraziandola pacatamente.
-Ma cosa ti ha portata qua a New York?- domandò Keiichiro,
toccando un tasto piuttosto dolente.
-Problemi... di salute...- sussurrò, abbassando il capo. Il
moro notò quella nota di inspiegabile tristezza, osservando negli occhi scuri
della propria interlocutrice.
-Masaya ha avuto dei problemi e mi hanno chiesto un
consulto.- riassunse Shirogane, tentando in ogni modo di tagliare quel
discorso. -Ichigo mi ha chiesto subito di te, ed ho pensato che fosse giusto
farvi rincontrare.- aggiunse poi, osservando negli occhi del proprio migliore
amico. Ichigo annuì, sperando che Keiichiro non volesse parlare ulteriormente
della malattia di Aoyama. Fortunatamente accolse subito quel grido disperato,
intraprendendo un nuovo discorso.
-Bene... avete fatto benissimo a venire questa sera: erano
anni che non ci vedevamo, e dopo tutte le esperienze che ci hanno unito è
davvero un peccato che ci siamo persi di vista. E le altre ragazze come
stanno?-
-Benissimo. Purin si è trasferita in Cina da suo padre... le
mancava davvero tanto, tuttavia spesso ci mandiamo delle lettere. Minto si è
fidanzata con un ricco finanziere amico di suo padre... e Retasu l’ho vista
poco tempo fa, ora lavora per la concorrenza...- Ichigo gli strizzò l’occhio,
facendo ridere il pasticcere.
-E zakuro penso la vediate anche voi in televisione...-
suggerì Ichigo, notando i presenti annuire.
-La nostra Katy vorrebbe diventare come lei un giorno.-
sorrise Sara, poggiando una mano sulla nuca bionda della bimba.
-Ma davvero non sei la fidanzata dello zio?- chiese la
bambina, osservando bene negli occhi Ichigo. Le si fece davanti, osservandola.
-Emmh...- mugugnò la rossina, non sapendo davvero come
uscire da quel discorso.
-Tesoro, Ichigo è fidanzata da tempo con un altro
ragazzo...- la bambina si voltò verso il padre, poi verso Ryou. Lo squadrò per
qualche istante, poi gli si fece vicino, sedendosi sulle sue ginocchia. -Io
vorrei tanto una cuginetta...- sorrise, guardando quello che da sempre,
chiamava “zio”.
-Un giorno... forse...- Ryou abbassò lo sguardo, spostandolo
poi verso Ichigo. Aveva ancora le guance tinte di rosso, forse per via
dell’insistenza di quella bambina molto sveglia.
Passarono l’intera serata a parlare un po’ dei vecchi tempi,
un po’ di quel che era successo durante tutti quegli anni. Keiichiro raccontò
di aver conosciuto Sara pochi mesi dopo essersi trasferito a New York in
compagnia di Ryou. Raccontò che il loro era stato amore a prima vista,
alimentato dalla passione che avevano entrambi nei confronti della pasticceria.
Si erano sposati, poi era nata la piccola Katy. Una storia semplice che Ichigo
considerò molto romantica. Anche lei avrebbe voluto parlare semplicemente di
quegli anni lontana dai suoi amici. Tuttavia non le veniva in mente altro che
gli ultimi mesi: i pianti, i discorsi che l’avevano aiutata a tirare su il
morale del suo Aoyama. E quella stanchezza, la stessa che ti colora gli occhi
quando la sera non vedi l’ora di andare a dormire e non sognare assolutamente
nulla. Ma quando si fece tardi, e Sara mise a letto la piccola Katy, eccoli
tornare a parlare di ciò che era acaduto in passato. Di come le discussioni che
la vedevano protagonista assieme a Minto avessero sempre divertito tutti, come
fossero stati orgogliosi delle loro paladine.
-E’ stata la battaglia più sconvolgente che si possa
immaginare...- commentò Keiichiro, osservando dritto negli occhi della rossina.
Quella annuì, mentre i ricordi riaffioravano uno dopo l’altro.
-Sì. Anche se devo dire che rifarei tutto dall’inizio.
Voglio dire, questa esperienza mi ha cambiata, mi ha resa più matura e mi ha
fatto comprendere quanto preziosa fosse la vita.- disse la giovane, abbassando
lo sguardo. Era la prima volta che parlava così liberamente di ciò che aveva
provato riguardo al progetto, e questo fece battere forte il cuore di Ryou.
-In quanto a maturità... avrei da ridire.- sorrise, tentando
di scacciare tutte quelle emozioni. Ichigo alzò lo sguardo su di lui,
fulminandolo.
-Cosa vorresti dire?- chiese, portandosi entrambe le mani ai
fianchi.
-Nulla.- sussurrò quello, mentre un sorriso sincero faceva
capolino sul volto di Keiichiro.
-Oh ragazzi, quanto mi mancavano le vostre discussioni! Erano
la cosa più divertente dell’intera giornata al caffè.- ricordò il pasticcere,
osservando dritto negli occhi della ragazza. -Lo ricordo come fosse ora:
scattavi sulle punte e gli urlavi quanto fosse antipatico e cattivo nei tuoi
confronti...- raccontò il moro, mentre Ichigo rimembrava tutte quelle
discussioni che li avevano sempre caratterizzati.
-Poi ci dividavamo più arrabbiati che mai...- aggiunse Ryou,
più serio che mai.
-Poi ti chiedevo scusa.- aggiunse Ichigo, emozionandosi
senza un motivo apparente. Tra i due ci fu un intenso scambio di sguardi,
sguardi che nascondevano più di quanto entrambi volessero ammettere. C’era la
voglia di tornare indietro, di non commettere sbagli che probabilmente, erano
stati involontari; ma c’era anche quella voglia di chiedersi se, un bacio in
più, avrebbe fatto la differenza. E poi quella stramba consapevolezza che
probabilmente, fare un viaggio tra i fili del tempo non era stata davvero una
cattiva idea. E quando sia Ichigo che Ryou dovettero abbandonare quella casa,
Ichigo si sentì molto triste, perché sapeva che sarebbe dovuta tornare a
combattere.
-Ciao Akasaka-san, spero di poterti rivedere.- sorrise la
ragazza, dandogli un fugace bacio sulla guancia.
-Certamente, non posso mica perdermi quest’occasione!- soggiunse
lui, salutandola a propria volta. Keiichiro era rimasto davvero quella
splendida, incredibile persona che era stata un tempo.
Ormai il cielo era tinto del blu più scuro che c’è. Qualche
stella si intravedeva ogni tanto in uno squarcio di quell’immenso tappeto,
lasciando che Ichigo sognasse e capisse quanto bella fosse quella città.
Camminava al fianco di Ryou con gli occhi puntati verso quel cielo limpido, più
limpido di quanto lei stessa si potesse aspettare. Era strano come New York
riuscisse a mutare da un momento all’altro. Ichigo infatti, era più che sicura
che se fossero stati nel pieno della città, ad esempio dove si trova
l’ospedale, sicuramente non sarebbe riuscita a vedere quelle piccole stelle.
-Ti ringrazio Shirogane-kun.- affermò, salendo in auto. Il
ragazzo la guardò un solo istante, tenendo in mano le chiavi del mezzo.
-Per cosa?- chiese, senza capire davvero a cosa stesse
alludendo lei.
-Per avermi fatto rincontrare Akasaka-san.- sorrise,
talmente naturalmente che a Ryou non parve mai più bella di quell’istante. La
fissò intensamente: la pelle nivea accarezzata dai tiepidi raggi di luna; gli
occhi scuri sembravano due finestre aperte verso l’ignoto, uno splendido
ignoto. E quei capelli... morbida seta da accarezzare, così lunghi e folti che
sembravano semplicemente voler far diventare quella dea ancora più bella.
Dovette serrare gli occhi per contenere l’improvviso impulso di baciarla, per
poi sospirare affranto.
-Di nulla. Come ho già detto, lo trovavo giusto.- si voltò
verso la strada, accendendo il motore. Il solo pensiero di averla seduta
accanto a lui accendeva ogni suo senso. Per quanti anni aveva desiderato di
starle vicino? Ormai aveva perso il conto. Eppure sentiva che per quanto
potesse desiderarla, se non agiva i suoi, non potevano che rimanere semplici
sogni. Rimasero in silenzio per i primi minuti del viaggio, con Ichigo che
tornava in dietro con la memoria, e Ryou che tentava di non pensare a lei.
-Sai Shirogane-kun, sia io che Aoyama eravamo convinti che
questa sera tu volessi parlarmi della sua malattia.- sussurrò Ichigo, poggiando
il capo sul vetro dell’auto. Ryou non rimase scosso da una tale affermazione,
sorridendo appena.
-Non ho ancora abbastanza elementi per pronunciarmi...-
sussurrò, venendo interrotto da lei.
-Già, e probabilmente avresti invitato anche lui.- anche se
il biondo non si voltò a guardarla, poteva sentire lo sguardo indagatore della
ragazza. Uno sguardo che gli diceva: “Io so che tu mi ami.” Uno sguardo che
sapeva tutto. -Ed invece... invece mi hai fatto tornare in dietro nel tempo...
facendomi ricordare cose a cui neanche pensavo più. Sai che ti dico
Shirogane-kun? Ci voleva proprio...- sospirò prima di riprendere. -Erano mesi
che non passavo una serata così bella. Sai, da quando ho saputo della malattia
di Aoyama non faccio altro che pensare a lui... al modo per salvargli la vita,
a come sarebbe bello vedere la parola “fine” su questa faccenda. E per quanto
Aoyama s’impegni a cercare di farmi sentire a mio agio... devo ammettere che
quando sono in sua compagnia io divento rigida... rigida perché sento che da un
momento all’altro potrebbe abbandonarmi. E non sai quanto io mi sia sentita
un’egoista nel lasciarlo questa sera... ma ho sentito che era giusto così...
per me e per lui.- Shirogane rimase senza parole. Sentiva che mai prima di quel
momento, Ichigo gli era mai stata così vicina. La guardò un solo istante, più
che consapevole che il discorso di quella magica ragazza non si era ancora
concluso. -E purtroppo so che non appena scenderò da questa macchina... tutto
tornerà come prima...- alcune lacrime le rigarono il volto, ma la ragazza le
fece scendere senza alcun problema. -Tornerò a preoccuparmi per lui... a
pregare tutte le sere che non gli accada nulla che comprometta la sua vita.
Tornerò a sperare che lui non soffra...... a chiedermi perché sia successo a
lui e non a me.- la macchina si fermò, in un punto della città che Shirogane
non conosceva, ma non gli importava. -Non voglio...- altre lacrime, altra
sofferenza. -Non voglio che questa serata finisca.- pianse disperata,
passandosi entrambe le mani sugli occhi bagnati. Shirogane rimase interdetto
qualche secondo, chiedendosi se quell’inutile pioggia di sofferenza potesse
avere una fine.
E scappiamo. Scappiamo amore mio, dove niente è sbagliato.
Dove l’unica cosa giusta è amare, amare tanto come io amo te. Dove ti posso
stringere, dove tu non piangi e io non mi sento uno straccio ogni volta che mi
sveglio la notte dopo averti sognato. Perché tu sei il mio sogno. Ed il mio
sogno ora sta piangendo qua, al mio fianco... ed io non ho il coraggio di
voltarmi e stringerlo al mio petto.
Pensò questo, osservandola nel suo lago di lacrime. Scese
poi dalla macchina, aprendo la sua portiera. Un timido raggio di luna si
rifletteva sul volto della giovane che imbarazzata, si copriva gli occhi con le
piccole mani. Shirogane gli e le prese, osservandola dritta negli occhi.
-Scendi.- la incitò, vedendola più piccola e paurosa che
mai. Come è potuto accadere tutto questo? Come puoi tu, amore mio, essere
diventata così avversa alla vita? La guardò ancora un solo istante, prima che
finalmente mettesse piede fuori dal mezzo. La portiera fu chiusa alle loro
spalle, sino a quando il biondo le prese la mano, fissandola dritta negli
occhi. -Non è detto che questa serata finisca qua.- non se la sentiva di
consolarla: non voleva dirle parole confortanti come “non ti preoccupare,
Aoyama si riprenderà, e diventerà più forte di prima.” Non se la sentiva ed in
fondo non voleva. Era ingiusto metterle strane idee in testa, ed era anche vero
che la situazione del suo fidanzato era davvero critica. Le asciugò quindi una
lacrima, avviandosi con lei verso il marciapiede. New York era deserta, eppure
le luci continuavano ad imperversare luce sulle strade. Le luci erano loro
pensò Ichigo, tra un singhiozzo e l’altro.
-E cosa...- sussurrò, più che confusa.
-Che ne dici di fare una passeggiata?- le domandò,
premuroso. Si era reso conto di doverla proteggere, e dover fare in modo che
non soffrisse, almeno in sua compagnia.
-No...- disse lei, scuotendo il capo. -Ti chiedo scusa
Shirogane-kun, ma sicuramente domani dovrai alzarti presto, e io sto qua a
romperti le scatole. Ti chiedo davvero scusa...-
-Zitta...- l’interruppe lui, portandosi un dito davanti alle
labbra fini. Un solo sguardo li unì, poi di nuovo le loro mani intrecciate. -So
che ti trovi in una brutta situazione... quindi tenta di dimenticare tutto quel
che stai passando... almeno fino...- si osservò l’orologio a polso, notando cherano
le 23 in
punto. -Almeno fino a mezzanotte.- sussurrò, tornando ad osservarla. Ichigo
sorrise.
-Come Cenerentola.- disse, mentre si incamminavano per il
marciapiede, mano nella mano.
-Già, come Cenerentola.- sussurrò, mentre il silenzio di New
York li avvolgeva come un timido spettatore.
-Mi hai chiesto di dimenticare...- la ragazza socchiuse gli
occhi, osservando la strada davanti a sé. -Alloraaiutami a dimenticare...- si voltò a
guardarlo, poi sorrise. -Tu Shirogane... tu che sai sempre cosa dire e cosa
fare...- sussurrò, esprimendo il proprio pensiero.
-Io non so sempre cosa dire e cosa fare...- controbattè lui,
guadagnandosi una risata da parte di Ichigo.
-Va bene...-
-Domandami quel che vuoi...- tentò lui, provando a fare
quell’affermazione. Sapeva che ne sarebbe potuto nascere un giochetto da
adolescenti, ma in fondo non sapeva che altro dire.
-In effetti una domanda vorrei fartela.- Ichigo strinse la
presa sulla mano di Shirogane. -Perché non hai la ragazza?- disse, abbassando
lo sguardo. Shirogane rimase interdetto, deglutendo un po’ di saliva. La
risposta era piuttosto evidente ai propri occhi, ma non certo a quelli di
Ichigo.
-Sai... io l’amore lo avevo trovato...- Ichigo si fermò,
stupita da quelle parole. Lo sguardo del biondo rimase incollato alla strada,
mentre la rossina lo ascoltava, più che mai presa da un tale discorso.
-Tuttavia me lo sono fatto scappare...- sussurrò ancora, riprendendo a
camminare.
-Era bella?- chiese lei.
-Oh... sì.- disse ancora, divertito dal fatto che Ichigo non
si rendesse conto che stava parlando proprio di lei.
-E non puoi fare in modo di conquistarla?- Shirogane abbassò
lo sguardo, prima sulla strada, poi su di lei.
-Ci sto provando Ichigo, ci sto provando. Solo che è più
difficile di quanto sembri...- rispose, mentre Ichigo stringeva più forte la
sua mano.
-Sai Shirogane-kun, se ho imparato qualcosa dalle nostre
battaglie contro gli alieni... è che se vuoi davvero qualcosa, se la desideri
con tutto te stesso... prima o poi sarà tua, anche solo per un’ora...- disse
lei, sorridendo gentilmente.
-Anche solo per un’ora...- ripetè il giovane, rallentando il
passo.
Io invece, ti vorrei mia per tutta la vita. Ma se il buon
Dio vuole prendersi gioco di me, e cedermi anche solo un’ora di te... che
faccia pure. Lo considererò il regalo più bello che mi possa fare. Ma credo
proprio che tu non vorresti essere mia neanche per un minuto. Un’ora con me...
tu, Ichigo Momomiya, un’ora sola con me? Palle! Non accadrà mai. E anche se ora
stiamo percorrendo la strada verso il tuo appartamento, dove lui ti aspetta...
credo proprio che non avrò mai e poi mai il coraggio di chiederti di restare...
ma dentro di me te lo chiedo... resta Ichigo, resta!
La serata terminò così. Con Ichigo e Ryou che scoprivano
improvvisamente di essere più simili di quanto potessero aspettarsi. Di volersi
bene, più di quanto Ichigo avesse voluto.
-Chissà se dorme...- sussurrò Ichigo, entrando in casa.
Aveva salutato Shirogane con un semplice bacio sulla guancia, anche se tuttavia
quella scena romantica sembrava aspettarsi tutt’altro. Mise piede in camera
sua, notando che era interamente buia. Accese poi la luce del corridoio,
convinta che Masaya stesse dormendo.
-E’ tardi.- disse una voce. La prese di soprassalto, ed
Ichigo si spaventò parecchio. Fu sollevata tuttavia nel notare che si trattava
di Aoyama che non aveva messo piede a letto.
-Già... a furia di parlare dei vecchi tempi...-
-Hai il trucco sbavato.- constatò il ragazzo,
interrompendola. Passò una mano sulla guancia della sua fidanzata, osservandola
con aria sospettosa. -Cosa avete fatto?- domandò, avvicinandosi sempre di più.
-Nulla... sai dove mi ha portata Shirogane-kun?- domandò,
tutta contenta.
-Dove... a casa sua? Chissà cosa avete combinato...- Aoyama
iniziò a camminare avanti ed indietro per l’intero corridoio, portandosi
entrambe le mani alla testa.
-Ma cosa stai dicendo... mi ha portata...- esitò un istante,
notando l’occhiata gelida che le diede il suo fidanzato.
-Zitta! Sono stanco di essere preso in giro da te! Chi
diavolo ti ha detto di andare con lui? Chi ti ha detto di fare la sgualdrina?
Ecco cosa sei... una sgualdrina!- finì inginocchiato a terra, pieno di lacrime
in viso. -Sei andata a letto con lui... con lui...- continuò a ripetere,
disperato. Pianse con incredibile tristezza e confusione, tanto che Ichigo si
chiese se fosse davvero il suo Aoyama quello inginocchiato di fronte a lei.
-Tesoro... sei stato tu a darmi il permesso di uscire con
lui... ma ti posso assicurare amore mio... che non ti tradirei mai...- lo
rassicurò, alzandogli lo sguardo con due dita. Lesse confusione in quegli occhi
scuri, tanta inspiegabile confusione. Che gli stava accadendo? Cadde tra le sue
braccia, piangendo come un bambino. Ichigo dovette rimanere delle ore a
rassicurarlo ed ad accarezzargli i capelli, proprio come si fa con il proprio
bambino che ha fatto da poco un brutto sogno. Ma cosa significava quel
comportamento? Perché quest’improvviso cambio di personalità?
Salve! Oh
mamma da quant’era che non aggiornavo questa storia... ma come avete visto
ichi_chan è tornata! Spero tanto che il cap vi piaccia... in realtà è un
intermezzo... per questo non è che accada un granchè, ma ci sono parecchi
aneddoti che saranno importanti per la storia... e ci sarà anche una certa Mary
che metterà il dito nella piaga!
Che dire... spero che vi piaccia e che mi diciate la
vostra!
LETS STAY
HERE
Cap.7: Grandi rivelazioni
-Emmh... un caffè... per piacere!- quel suo inglese appena
stentato le aveva reso la vita impossibile in quella grande città. Non solo
aveva sempre odiato quella lingua, ma si era anche resa conto del fatto che il
suo cervello era impossibilitato ad impararla. Era più forte di lei: eppure
nonostante fosse stata a Londra per un po’ di tempo, nonostante pernottasse là
a New York da più di una settimana, neanche una parola di inglese le era
entrata in testa. Sbuffò osservando la faccia confusa della commessa posta
davanti a lei. Entrambe piegarono la testa su di un lato, confuse.
-Due caffè per piacere.- una mano gentile si posò sulla sua
spalla, mentre Masaya diceva quelle parole in un inglese perfetto. La commessa
sorrise al moro, capendo al volo l’ordinazione.
-Uffa... io non riuscirò mai a farmi capire qua in questa
città!- esclamò Ichigo, battendo un piede a terra. Masaya non potè trattenere
la propria risata spontanea, che lo portò a dare un lieve bacio sulla nuca
della rossina che, da parte sua, lo guardò confusa. -Che succede?- domandò.
-Oh Ichigo... mi fai morire dal ridere!- disse ancora il
ragazzo, ridendo senza freni. Ichigo incrociò le braccia al petto, fingendo
un’arrabbiatura che in realtà non aveva mai raggiunto il proprio cuore. Questo
perché non poteva essere tanto felice come in quel momento: il suo adorato
Masaya stava ridendo come non mai, e questo grazie a lei. A lei che nella vita,
non avrebbe voluto fare altro che farlo sentire in paradiso. Gli occhi si
spostarono poi al panorama di New York che si era disegnato al di fuori del
caffè in cui si erano fermati. Era da più di una settimana che si trovava in
quella città, e da più di una settimana che attendeva il responso da parte di
Shirogane. Il medico infatti aveva affermato che serviva un po’ di tempo prima
di poter avere i risultati: e quell’attesa stava diventando davvero snervante.
Senza contare che la rossina non aveva detto a Ryou dello strano comportamento
che aveva avuto Masaya al suo ritorno dall’appuntamento con il biondino: quelle
parole, quelle lacrime parevano esser state tirate fuori da un'altra persona,
non certo dal suo Aoyama. Prese ad osservare il contenuto scuro della sua
tazzina: tra l’altro il moronon
sembrava ricordare minimamente quel che era accaduto. Che fosse un effetto
della malattia? Si disse che solo Shirogane le avrebbe potuto dare tali
risposte, e solo quelle aspettava ormai.
-Ichigo-chan?- la chiamò poi il suo ragazzo, portandola a
pensieri totalmente diversi.
-Sì?- chiese, fingendo tranquillità.
-Che ne diresti di fare un giro per la città? Da quando
siamo qua non facciamo altro che girare per gli ospedali per fare gli esami...
oggi invece siamo liberi come l’aria!- un sorriso gentile, uno di quei suoi
meravigliosi sorrisi gentili. Ichigo lo guardò con aria ammirata, felice per
quell’affermazione.
-Sì, è un’ottima idea Aoyama-kun!- esclamò, battendo
contenta le mani.
E pareva tutto così semplice.
Tanto semplice che Sicuramente ogni persona che sarebbe
passata di là avrebbe pensato che erano una coppia normale.
Ma in realtà, normali non erano.
O meglio, lui non poteva essere normale.
Uscirono dal bar tranquillamente. Le mani intrecciate, i
sorrisi ben scolpiti sui loro volti.
Ma erano entrambi troppo codardi per ammettere che in fondo,
non c’era nulla per cui sorridere.
I passi di Ichigo se confrontati a quelli di Masaya erano
estremamente piccoli: la ragazza osservava la vetrina di ogni negozio, e Masaya
si stupì nel notare che tra quelle mille boutique ricche di vestiti all’ultima
moda, lei desiderasse un semplice, normalissimo gelato. La sua Ichigo era davvero
unica. E più visitava la bella New York con lei, più si rendeva conto che
sarebbe dovuto rimanere in vita semplicemente perché a renderla meravigliosa
c’era lei. Lei che dopo un paio di isolati si sentiva già stanca ed avrebbe
voluto sedersi. Lei, che aveva quei meravigliosi capelli rossi. Lei, così
ingenua. Lei, semplicemente Ichigo.
-Questo gelato è davvero ottimo!- esclamò, terminando il
proprio cono. Si leccò le labbra con la linguetta capricciosa, poi si voltò
verso quello che era il suo ragazzo ormai da anni. Era diventata un’abitudine
stargli accanto, e sapeva bene che senza Masaya Aoyama sarebbe stato tutto
totalmente diverso. Talmente diverso che non sapeva neanche immaginarselo.
Chiuse gli occhi a quel pensiero, pregando i Kami che non gli e lo strappassero
via.
-Ichigo?- disse ad un certo punto il ragazzo, camminandole
tranquillo accanto. Ichigo si voltò in sua direzione, osservandolo con mal
celata curiosità.
-Sì?-
-So che è strano che io te lo chieda in questo modo...- il
ragazzo si inginocchiò improvvisamente a terra, guardandola con aria solenne.
Le prese la mano sinistra, quella del cuore, poi le sorrise. -Ma se tornerò
vivo con te in Giappone... vorresti sposarmi?-
Urlò.
Era il minimo in quell’istante per lei.
Un urlo di gioia che le fece dimenticare totalmente tutta la
sofferenza che l’aveva sempre attanagliata sino a quel momento.
Urlò la sua contentezza, urlò la propria gioia a lui, lui
che era la sua gioia.
-Aoyama-kun... certo che ti sposo!- esclamò, stringendolo
forte. Tutti i passanti li guardavano stupefatti: chi sorridendo a quella scena
romantica, chi squotendo la testa per quell’ilarità troppo rumorosa.
Si strinsero. Si baciarono. Si amarono. Perché è questo che
fanno due persone che si ritrovano insieme e sanno che non potrebbero vivere
l’uno senza l’altra. Eppure Ichigo non pensava, non pensava a ciò che aveva
rivelato ad un biondino speciale solo qualche sera prima. Non pensava ai propri
timori, alle proprie scelte improvvise, alle proprie speranze distrutte. Non
pensava Ichigo, ed il suo cuore gli e l’avrebbe fatta pagare molto presto.
-Scusate?- quando stavano per entrare all’interno del
portone con il quale avrebbero raggiunto il loro appartamento, una donna
estremamente avvenente li fermò. Masaya non potè non notare i lunghi capelli
corvini della donna, il fisico scultoreo, le labbra carnose. Ella indossava un
paio di occhiali da sole estremamente scuri, che non riuscivano a far notare
gli occhi turchesi.
-Sì?- disse Masaya, l’unico che poteva intrattenere una
conversazione in inglese. La donna sorrise.
-Il mio nome è Mary Watson, e sono una giornalista del New
York times... conoscete?- disse. Ichigo assisteva alla scena senza fiatare:
tentava di carpire ogni minimo significato, ma riuscì ad intuire davvero poco.
-Certo è un giornale internazionale!- esclamò Masaya,
entusiasta di conoscere una persona così importante.
-Lei è un paziente del dottor Shirogane se non sbaglio...-
Masaya annuì, divenendo improvvisamente cupo: non gliera mai piaciuto parlare
di quel biondino dall’aria misteriosa. Gli era sempre parso tanto, troppo
interessato alla sua Ichigo.
-Sì, da circa una settimana. Infatti io e la mia ragazza
veniamo dal Giappone.- Mary Watson sorrise, prendendo dalla propria borsetta in
pelle un bigliettino.
-Ah bene! Ascolti, io sto preparando un insieme di
interviste che riguardino il dottor Shirogane. Vorrei molti pareri, e dato che
so che lei è un suo paziente desidero che partecipi. Anche la sua ragazza se
vuole.- sorrise ancora, mostrando poi finalmente gli occhi turchesi. -Allora...
che ne dice?-
Aoyama trattenne il fiato qualche secondo, stringendo forte
un pugno: con le sue domande la giornalista sarebbe sicuramente risalita al
passato del biondino, ed a quel punto per Ichigo sarebbe stato inevitabile
scavare nei suoi ricordi. Si abbassò quindi verso la rossina, esprimendo ciò
che aveva appena detto la giornalista. Ichigo fu entusiasta di tutto ciò, per
questo Masaya fu costretto ad accettare.
-Va bene, verremo con piacere.- afferrò il bigliettino sul
quale era stato scritto l’indirizzo e l’orario dell’incontro.
-Ci saranno anche altre persone, ho creato quest’intervista
come se fosse una sottospecie di party... spero vi piacerà!- un nuovo sorriso
estremamente sensuale, poi un cenno con la mano verso entrambi. E quando Mary
Watson salì in auto fece un sorriso totalmente diverso: un sorriso che sapeva
di curiosità, ma più di tutto di voglia di sedurre. Già di sedurre, ma non
certo Masaya Aoyama.
Lo studio medico pareva esser diventato più piccolo in una
sola settimana. Quell’orologio sembrava assordante con quel suo tremendo
ticchettio, la scrivania più vuota di quel che dovrebbe essere. Shirogane
distolse lo sguardo da quel documento che teneva tra le mani, lasciandolo poi
cadere sulla scrivania.
-Maledizione...- disse fra sé, squotendo la testa. Come
diavolo le avrebbe detto una cosa del genere? Serrò forte gli occhi azzurri,
cercando dentro di sé una soluzione che fosse anche solo lontanamente buona.
-Shiroganeee!- i suoi pensieri vennero interrotti
dall’entrata non proprio tranquilla di Smith. Ryou distolse lo sguardo dalla
scrivania, spostandolo poi verso il proprio collega che aveva un sorriso a
trentadue denti.
-Buon giorno Smith.- proferì semplicemente, portando gli
occhi al cielo: era possibile che Richard paresse un buffone anche indossando
un camice bianco da medico?
-Allora allora...- disse Smith, sedendosi di fronte al
proprio collega. -Brutto cattivone... sei sparito per una settimana senza dirmi
cosa è successo con la tua signorina... non si fa! Non puoi lasciare in sospeso
un amico!- esclamò il moro, esprimendo ogni suo dubbio. Shirogane si portò una
mano a reggere il capo, assumendo un’aria perplessa.
-Scusa un attimo Richard... quando mai ti avrei promesso di
raccontarti come sarebbe andata con Ichigo?- chiese, tranquillissimo. Smith da
parte sua, non ebbe la medesima reazione.
-Ma come! Era sottinteso no?- lo guardò, cercando conferma.
-A me non sembra.- un sorriso maligno da parte del biondino,
uno sguardo perplesso e distrutto da parte del moro. -Vabè, qualunque cosa tu
intendessi a me non importa... allora che avete combinato?- chiese il
cardiologo, andando più in avanti con la sedia. Shirogane da parte sua sospirò,
portando il busto in posizione più eretta.
-Cosa intendi?- chiese, angelico. Smith sbarrò gli occhi,
non dandosi scrupoli.
-Ma sì, hai capito...- fece qualche gesto con le mani, ma
Shirogane preferì continuare quel suo giochetto.
-Ma sì Shirogane... ti sto chiedendo se hai bagnato il biscotto
nel latte... se hai fatto il leone tutta la notte... insomma... te la sei
portata a letto sì o no?- e naturalmente, Richard Smith non si risparmiava mai
in tali affermazioni. Per lui, l’importante era solo “bagnare il biscotto nel
latte”. Shirogane sospirò, portandosi in dietro con la schiena.
-No. Te l’ho già detto che sta con un altro.-
-Ma quello mica è importante.-
Come no!
Certo che Smith aveva una concezione tutta sua dell’amore.
-Per Ichigo è importante invece.- socchiuse gli occhi
turchesi, iniziando a fissare incessantemente la porta alle spalle del suo
collega.
-Ma neanche un bacino?-
-No...-
-Una palpatina almeno!-
-Smith, ti sto dicendo che non ho combinato un bel niente!-
quelle parole fecero cessare la lista e l’immaginazione di Richard che deluso,
si alzò dalla propria sedia.
-Certo Shirogane che tu ti fai scappare le occasioni anche
quando ti vengono messe su di un piatto d’argento!-
Ed il verde smeraldino si specchiò ribelle sull’azzurro più
infinito del cielo.
Shirogane dovette abbassare lo sguardo, cedendo la vittoria
a Smith che era diventato improvvisamente serio.
-Amare non significa per forza arrivare al dunque in una
sera.- affermò poi, stupendosi di dire tali cose proprio a lui, proprio a
Richard Smith.
-Ma amare vuol dire anche tirare fuori le unghie e lottare.-
rispose l’altro, voltandosi verso la porta.
-Il suo ragazzo ha una malattia che non ha cura.- disse poi
freddamente Shirogane. Richard si fermò proprio davanti alla porta di legno,
sentendo ancora le parole del giovane. -E probabilmente neanche io sarò in
grado di salvarlo.-
Freddo. Glaciale. Quasi odioso. Più tagliente di una lama
affilata che viene conficcata nella schiena. Più disinteressato di un
assassino.
Era stato così Ryou Shirogane nel dire quelle parole che
segnavano la morte dell’unica persona che avesse davvero odiato nella sua vita.
Così freddo e pieno di sé che si fece quasi paura da solo. Richard per questo
non disse nulla, agguantando la maniglia ed uscendo dallo studio con il cuore
in gola: la situazione ormai si era fatta davvero insostenibile.
Quei turni in ospedale lo avevano lasciato davvero senza
respiro: bastavano due giorni in cui si tornava al lavoro e già non si riusciva
più a far nulla. Sospirò togliendosi il camice bianco: per quel giorno era
andata. Lo ripose quindi nell’apposito armadietto, chiudendolo poi con la
chiave. Ecco arrivare un’altra notte: una notte in cui si sarebbe chiesto come
rivelare ad Ichigo che il suo Aoyama presto li avrebbe lasciati. Che neanche
lui sarebbe stato in grado di dargli un futuro... e più di tutto che lui non
era davvero scontento di tutto questo. E non appena si rese conto di quel suo
crudele pensiero, ecco una morsa prenderlo all’altezza del cuore: non è umano
tutto questo Ryou, non è umano. Sospirò, poi si portò al di fuori degli
spogliatoi: finalmente se ne sarebbe tornato a casa. Ma non appena si voltò,
ecco una sorpresa davanti a lui. Una sorpresa dalle lunghe gambe abbronzate e
dalle labbra più rosse del fuoco. Mary si alzò dallo sgabello sul quale siera
posta pochi attimi prima, poi si portò davanti al medico.
-Salve dottor Shirogane.- disse la donna, osservandolo con
aria maliziosa. Ryou si chiese cosa ci facesse là, rimembrando nella propria
mente il ricordo del loro primo incontro. Sì, quella festa...
Come si chiamava?
Ah sì...
Mary Watson.
Ehi... certo è che è bella.
Si disse, più che convinto che non gli e lo avrebbe mai
detto. La donna si riavviò appena i folti e lunghissimi capelli neri, che
scivolarono come seta tra le dita affusolate.
-Salve.- le rispose semplicemente, mentre la donna faceva un
altro passo.
-Sto facendo un’inchiesta sui dipendenti di questo
ospedale... infermiere, addetti alle pulizie, medici.- si fermò un solo
istante, così vicina che Shirogane si chiese se avesse davvero l’intento di
fare quel che sembrava.
-Capisco...- affermò, senza avere davvero il tempo di dire
altro.
-Sono qua non solo per intervistarla... ma anche per darle
un invito.- la donna si mise sulle punte, incrociando per qualche istante il
respiro di Ryou. Ma non gli catturò solo il respiro: le labbra della donna si
unirono a quelle del cardiologo in un bacio appassionato e ricco di desiderio.
Un bacio così diverso da quelli che aveva dato alla sua Ichigo. -Guardi nel
taschino... ho invitato un po’ di gente... anche la sua amica, una certa...
Ichigo.- un sorriso, poi la lingua che percorre spavalda le labbra sensuali.
-Arrivedercidottore.-
-Arrivederci.- e Mary scappò via veloce così come era
arrivata. Con quella camminata sinuosa e sensuale, con quelle movenze che
lasciavano trasparire tutta quella voglia che aveva. Voglia di Ryou, è
evidente.
Shirogane si passò un dito sulle labbra umide ed arrossate.
Da quanto aveva desiderato un bacio simile?
Ah sì... da quando aveva incontrato per la prima volta
Ichigo. Ma quest’ultima non lo aveva mai accontentato. Sospirò affranto: non
era quella Mary la donna che voleva.
Si portò una mano al taschino del camice, notando il
biglietto d’invito. Lo osservò: ci sarebbe andata anche Ichigo. E non poteva
certo perdere un occasione per vederla!
Ringrazio...
kry333: hihi eggià sempre Aoyana a rompere e?? Anche in
questo cap non si è fatto scrupoli… ed ha pure chiesto alla nostra cara Ichigo
di sposarlo! Però non si può curare la sua malattia… non posso dirti come andrà
a finire ma spero che continuerai a seguire la storia!
ECA90: ti ringrazio ^_^ speravo davvero che consideraste
questa mia fanfiction ic… sai, è la cosa che ritengo più importante in una
fanfiction (a meno che io non cambi i caratteri dei personaggi per mia scelta
:p) comunque mi fa piacere che il cap precedente ti sia piaciuto, e spero anche
questo!
ryanforever: non sono riuscita ad aggiornare prima di adesso
ç__ç ma spero che tu non ti sia dimenticata di me! Comunque anche in questo cap
Masaya è tornato a rompere visto? Ma dai, capimolo… è pur sempre il fidanzatino
perfetto di Ichigo, non lo posso liquidare così, su due piedi!
BabiDany94: sei crudele con Masaya ^__^ sai io non lo odio
poi così tanto… o meglio… diciamo che cercho di non fargli fare troppo (e non
dico proprio troppo troppo ^__^) lafigura del fesso! Comunque spero che anche questo nuovo cap sia di tuo
gradimento… anche se non è altrettanto romantico!
Ciao a tutti! Non ho molto tempo… vi dico semplicemente che
in questo capitolo ci sono parecchi riferimenti all’episodio 6 dell’anime (le
fan di Ryou credo la conoscano bene XD) che altro dire… ringrazio voi che avete
commentato… un bacione!
LET’S STAY HERE
8-La festa (part.1)
-Questa sera devi essere come minimo sgargiante.- affermò
Richard Smith prendendo un soprammobile ed iniziando a scrutarlo con interesse.
Pareva un ladro che si chiedeva quale fosse l’oggetto più conveniente da rubare.
Quando udì i passi di Shirogane che lo raggiungeva in salotto posò subito il
soprammobile, portandosi poi verso il divano.
-Che te ne pare?- domandò Ryou mostrando una camicia bianca
con sotto un paio di pantaloni neri che non gli stavano affatto male.
-Humm...- mugugnò Richard guardandolo con aria pensierosa.
-Cosa c’è che non va?- chiese il biondo, guardandolo con gli
occhi socchiusi. Smith si alzò in piedi, poi fece un giro in torno all’amico.
-Così mi stai dicendo: sono un bravo ragazzo noioso e privo
di alcun interesse.- disse, poi guardò verso l’alto. -Sta sera c’è Ichigo,
quindi credo che tu le debba dare tutt’altra impressione!-
-Cioè? Che tipo d’impressione intendi...- domandò ancora
Ryou incuriosendosi. Smith ridacchiò.
-Sono il tuo uomo sexy pronto a farti godere!- esclamò,
meritandosi un’occhiataccia da parte dell’amico.
-Ecco, lo sapevo che non dovevo accettare il tuo aiuto!-
affermò Shirogane cambiando stanza. Smith lo seguì, notando l’amico che
trafficava davanti ad un armadio pieno di vestiti.
-Levati quella camicia bianca, e metti qualcosa di più
sportivo!- Ryou sospirò, chiedendosi dove diavolo lo avrebbero portato i
consigli di Richard. Ok, aveva bisogno d’aiuto per conquistare Ichigo... ma
questo non autorizzava l’amico a prendersi gioco di lui. Poco dopo optò per uno
stile molto più sportivo, che sembrò piacere molto di più al moro. Ryou infatti
indossava una camicia nera con sotto dei jeans chiari ed un paio di NIKE del
medesimo colore della camicia. Al collo una collana d’oro bianco elegante e
raffinata, proprio come il volto splendido dell’uomo. Richard sorrise. -Ecco,
così vai proprio bene! Sai Shirogane, se fossi una donna mi lancerei ai tuoi
piedi!- esclamò ancora Richard ridacchiando. -Ora andiamo, o ti perderai la tua
serata.- disse ancora, mentre l’amico lo seguiva. Spensero tutte le luci, poi
Ryou richiuse la porta alle proprie spalle.
-Speriamo in bene.- disse fra sé, mentre l’amico chiamava
l’ascensore.
-Questa sera ne vedremo delle belle.- sorrise Richard,
mentre le porte dell’ascensore si chiudevano. Ryou si voltò a guardarlo, più
che convinto di aver sentito male.
-Come?- domandò quindi. Richard fece un gesto di non
curanza.
-Nulla, nulla.- ma dopo pochi secondi di silenzio riprese.
-E’ che stavo pensando...- si interruppe ancora, conscio che ciò che avrebbe
detto non sarebbe rimasto indifferente all’amico biondo. -Che Mary Watson ha
preparato questa festa apposta per te... e questo è avvenuto sicuramente perché
tu non le sei indifferente.- le porte dell’ascensore si aprirono, ed i due
uscirono da esso con passo leggero e sicuro.
-Può darsi... e allora?- Richard non era certo il tipo al
quale bisognava cavare le parole di bocca, ma quella sera pareva parecchio
imbarazzato.
-E allora con Ichigo presente... io credo che ci sarà un bel
triangolo.- affermò il moro sedendosi in macchina. Ryou sospirò. Di certo non
era stato a pensare a Mary durante quei giorni. Sì, quel bacio appassionato che
gli aveva stampato sulle labbra non era semplice da dimenticare, ma il pensiero
di dover confessare ad Ichigo che l’unico ragazzo che avesse mai amato era
sicuramente incurabile... bè questo lo preoccupava molto di più. L’auto di Ryou
iniziò a viaggiare spavalda per le strade della bella New York. Il luogo
dell’incontro non era molto lontano, anzi: era casa di Mary Watson. La donna
era una giornalista del “New York times” di conseguenza il suo stipendio doveva
abbondare di zeri. E di conseguenza casa sua non doveva essere particolarmente
piccola. L’intero tragitto fu piuttosto silenzioso. Smith cambiava ogni tanto
stazione radiofonica, mentre Ryou osservava assente la strada. L’immagine di
Ichigo che piangeva gli era rimasta in testa da quella serata che, ora, gli
pareva così lontana. Ancora non poteva crederci: dopo sette anni non solo Ichigo
era andata da lui a posta per incontrarlo, ma erano anche usciti insieme. Nulla
di particolarmente “importante” questo era vero, ma erano dei grandi passi
avanti se si contava che dopo il progetto mew i loro contatti si erano ridotti
a zero. Ryou parcheggiò la macchina davanti ad un palazzo molto lussuoso,
talmente alto che sarebbe stato parecchio difficile contarvi i piani.
-Shirogane?- disse tuttavia Smith prima che potesse scendere
dal mezzo. Ryou si voltò a guardarlo, notando sulla faccia dell’amico
un’espressione talmente seria che quasi lo spaventò.
-Sì?- domandò.
-Glie lo dirai questa sera?- chiese, alludendo sicuramente
alla brutta notizia riguardante Aoyama. Ryou sospirò.
-Non lo so... sono consapevole del fatto che sarebbe la cosa
migliore ma non so se voglio rovinarle la serata.- aprì la portiera dell’auto.
-Credo che deciderò durante il corso della festa.-
L’appartamento di Mary Watson era posto all’ultimo piano di
un palazzo estremamente costoso e sofisticato nel pieno centro di New York.
Esso aveva parecchie stanze: un salone molto grande, due bagni ed un grosso
terrazzo dal quale si poteva ammirare gran parte della bella città.
L’arredamento era di stile moderno, con parecchi specchi e divani in pelle. I
pavimenti erano quasi esclusivamente di marmo, mentre per quanto riguardava
altre stanze si passava ad un tipo di piastrella di un nero lucido parecchio
bello. I muri, invece, erano quasi tutti bianchi. Un bel contrasto dato
l’arredamento per la maggior parte scuro. Ad aprire la porta a Ryou e Richard
fu una mari sorridente e bellissima. Indossava un abito da sera di seta nera,
con in dosso un paio di decoltè del medesimo colore. I lunghi e lisci capelli
neri erano stati lasciati sciolti lungo le spalle, mentre il volto ben truccato
dava in evidenza le labbra carnose e gli occhi di un azzurro intenso.
-Prego, entrate pure.- fece un sorriso. -Shirogane e Smith
sono sempre insieme e?- domandò, ridacchiando. Richard accolse la battuta,
portando poi un braccio intorno al collo dell’amico.
-Certo, io ed il mio amicone siamo inseparabili!- esclamò,
ridendo. Ryou si scansò quasi subito, guardandolo malamente. Non aveva molta
voglia di scherzare. Poi si voltò verso Mary: la sua bellezza non era certo da
lasciare per scontata. Una sensualità ed un’eleganza tali che quasi lo
stordirono. Chiuse subito gli occhi, mandando poi lo sguardo alla ricerca di
colei per la quale aveva partecipato alla festa. Vide delle infermiere del suo
reparto, dei medici dei quali non ricordava neanche il nome, e delle altre
facce sconosciute, probabilmente dei colleghi di Mary. Nulla sino a quel
momento. Cercò quei capelli rossi, quel volto giovanile e quegli occhi da
bambina. Ma niente da fare. Sospirò deluso, chiedendosi se Mary lo avesse preso
in giro: ma che motivo avrebbe avuto?
-Sono molto felice che tu partecipi a questo incontro.-
disse Mary avvicinandosi a Ryou che, ormai, era rimasto solo. Il ragazzo
infatti aveva visto Richard andare verso quella che doveva essere una nuova
“preda” della serata.
-Grazie a te per l’invito.- rispose il biondo, osservandola
con aria tranquilla. Mary sorrise.
-Mai nessuno osa dimenticarsi di un party organizzato da me,
soprattutto i festeggiati.- Ryou avrebbe voluto chiederle il motivo, ma lesse
negli occhi della donna che presto glie lo avrebbe detto lei stessa. -E dopo ne
capirai il motivo.- fece l’occhiolino, poi il rumore del campanello fece
distogliere l’attenzione d’entrambi. Ryou sospirò: la donna si era avvicinata
talmente tanto che sicuramente era presa dall’intento di baciarlo di nuovo.
Mary sorrise leggermente, poi si avviò verso la porta. Ryou sperò dentro di sé
che fosse Ichigo, ma sfortunatamente non fu così. Si avviò quindi stancamente
verso il terrazzo dove, sembrava esserci meno frastuono. In troppi avevano già tentato
di parlargli, e lui aveva risposto con un disinteressato “Buona sera” poi si
era volatilizzato. Non appena sul terrazzo l’uomo guardò davanti a sé. New York
vista da lassù gli faceva sempre mancare il fiato. Tante, tante luci che gli
accecavano il cuore. Troppe, troppe stelle ad incantare il cielo. E tante
persone che nonostante il cielo buio osavano camminare per la città, e da lassù
parevano piccole formiche pronte ad arraffare cibo per affrontare il freddo
inverno. Sospirò: sarebbe stato bellissimo guardare la città con Ichigo.
-E’ davvero bello il panorama, vero?-
Se questo è un sogno... non svegliatemi.
La sua voce gli attraversò le orecchie quasi fosse una
canzone meravigliosa, un regalo inaspettato. Sentì quella lingua orientale,
quel suono cristallino dei passi di una bambina ormai cresciuta.
-Già...- e non ebbe davvero il coraggio di voltarsi. Sarebbe
stata una delusione troppo grande se, una volta girato il capo, non avesse
incontrato i suoi occhi. Ma quella voce, quel passo leggero gli avevano
suggerito troppo. Chiuse gli occhi, raccogliendo un po’ di coraggio. E non
appena sentì quel profumo di fragola inondargli le narici, allora capì che
quella sera non sarebbe rimasto deluso.
E lo vide. Vide l’immenso di quegli occhi senza fine. Di quel
volto angelico. Di quelle labbra fini. Vide la donna più desiderabile che
avesse mai incontrato. Quella paladina di tanti anni fa, ma che tutt’ora gli
pare la stessa. Vide quei capelli rossi raccolti, chissà perché, in
un’acconciatura splendida. Vide quel volto truccato appena. Vide quel corpo
infantile racchiuso in uno splendido abito rosa pallido, ed al collo della
ragazza una collana meravigliosa, che mai ricordava di averle visto in dosso.
-Buona sera, Shirogane-kun.- un sorriso, poi gli occhi
serrati. Ryou fu dispiaciuto di non poter guardare più dentro quegli occhi da
favola.
“Se... potessi far tornare in dietro il mondo... farei
tornare poi senz’altro te. Per un attimo di eterno e di profondo dove tutto
sembra, sembra e niente è...”
E quanto avrei voluto baciarti in quell’istante. Stringerti
così forte che più niente ci avrebbe potuto dividere. Dio quant’eri bella,
Ichigo. Così donna, così vera. Così simile a quelle principesse descritte nei
libri di favole. Con quel vestito rosa che ti copriva appena sino alle ginocchia, e quelle scarpette nere, non
troppo alte né ricercate. Così semplice ed eterea nello stesso tempo che quasi
mi sono spaventato. Spaventato perché sapevo bene che mi sarebbe stato
difficile trattenere, per l’ennesima volta, i miei sentimenti.
-Sei molto bella.- dissi, ricordando una sera di tanto tempo
fa. Ricordi?
La musica aveva inondato la sala da ballo. Io e Key avevamo
organizzato una festa in onore di voi mew mew, anche se allora c’eravate solo
tu, Minto e Retasu, e Mary suonava al piano. Era evidente che dovevamo iniziare
a ballare.
-Ferma! Ho fatto un paio di lezioni di ballo a scuola ma con
il valzer non so proprio da che parte cominciare!- avevi detto, iniziando a
camminare con me al tuo fianco. Ti avevo presa per mano, costringendoti
letteralmente a ballare con me.
-Vieni, ti insegno io come si fa.- avevo detto con aria non
molto contenta. E dopo neanche un passo tu mi avevi già pestato un piede. Non
sai che male! Poi le mie braccia intorno al tuo corpicino esile, ed una frase
sussurrata al tuo orecchio che, potrei giurarlo, ti aveva fatta arrossire.
-Devi stare più vicina al cavaliere.- e ti strinsi a me, iniziando a ballare.
-Ecco, ora lasciati guidare da me.- Eri
brava, e dopo pochi attimi ti lasciasti guidare da me senza alcun problema. I
tuoi capelli erano incollati al mio petto, il tuo volto poggiato su di me. La
sensazione che provavo in quell’attimo era incredibile. Eravamo solo dei
ragazzini, ed io mi stavo appena rendendo conto di cosa fosse davvero l’amore. Di
chi fosse veramente Ichigo Momomiya.
E chissà perchè, tu la Ichigo grande, questa sera mi ricordavi un sacco la Ichigo tredicenne, che non
sapeva niente né del ballo, né dell’amore.
“Tenersi stretto stretto in tasca il mondo... per poi
ridarlo un giorno forse a te... a te che non sei parte dell’immenso, ma è
l’immenso che fa parte solo di te.”
Mi avevi guardato con la tua solita aria di sufficienza. Con
quegli occhi azzurri che tante volte mi avevano lasciata perplessa, ma che
altrettante mi avevano stregata. Ti avevo raggiunto con il solo intento di
salutarti, e poi urlare la mia contentezza perché Aoyama-kun mi aveva chiesto
di sposarlo. Ma ora ti guardavo e le parole mi erano morte in gola. La collana
che indossavi aveva iniziato a brillare, poiché accarezzata dai tiepidi raggi
di luna. La tua pelle era bianca e splendida, così come i tuoi occhi color del
cielo in primavera. Eri bello Ryou, e sarebbe stato difficile non ammetterlo.
Di una bellezza rara, così incredibile che quella sera avrei potuto paragonarti
ad uno di quei principi che si vedono solo nelle favole. Ma tu Shirogane eri un
principe solo all’apparenza. Troppo freddo ed in sensibile per avere
l’interesse di portare una principessa sul tuo cavallo bianco; troppo
sofferente, forse, per credere che l’amore esiste davvero. Abbassai il capo,
imbarazzata. Ed iniziai a giocherellare incessantemente con il bicchiere pieno
di succo di frutta all’albicocca che avevo in mano, proprio come quella sera.
Quella sera in cui mi ero ritrovata a pensare a te, una sera di esattamente 7
anni fa.
Quella sera eri stato particolarmente gentile con me,
talmente diverso dal solito che mi avevi lasciata completamente confusa.
Avevamo ballato insieme, e tu mi avevi addirittura stretta al tuo petto,
insegnandomi i passi del valzer. In quell’istante il cuore aveva iniziato a
battere incessantemente, e le guance mi si erano tinte di rosso. Sentivo una
sensazione strana nascere dentro di me, una sensazione che non avrei saputo
interpretare, o forse non volevo. i gomitisulla balconata del caffè, guardando fuori. Tu eri arrivato alle mie
spalle.
-Ehi... vuoi un succo di frutta?- quella sera eri davvero
elegantissimo. Indossavi un completo bianco ch’emetteva in risalto il tuo
fisico fantastico. E gli occhi... li ricordo ancora più profondi .
-Sì, molto volentieri.- risposi, sempre più confusa dalla
tua gentilezza. Poi esposi uno dei dubbi che mi avevano più presa in quella
sera. -Scusa, posso farti una domanda?- chiesi, imbarazzatissima. Tu mi
guardasti con quei tuoi occhi d’oceano.
-Sì, dimmi.- rispondesti, tranquillo. Così diverso dal
solito, gentile e premuroso.
-Come mai hai scelto per me proprio questo abito?- avevo
chiesto, sempre più imbarazzata. Ciò che mi aveva lasciata più perplessa,
infatti, era stato il fatto che il vestito era stato azzeccatissimo, quasi tu
ci avessi pensato e meditato tanto, sino a quando avevi scelto un abito giusto,
così giusto che mi era piaciuto davvero tanto.
-Ho pensato che ti sarebbe stato bene.- guardasti altrove.
-Ma se non ti piace puoi sempre cambiarti.- forse ti avevo punto nell’orgoglio.
Scossi il capo.
-No... se è per questo mi piace moltissimo!- tentai di
riparare subito, anche perché lo pensavo davvero. Non volevo offenderti, non
quella sera. Tuttavia successivamente vidi il tuo sguardo farsi sempre più
vicino. Non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso, ma la sensazione che
presto mi avresti baciato mi colorò il cuore. E la cosa che tutt’ora mi lascia
scossa è il fatto che non mi sarei mai spostata. Chiusi un solo occhio, chiedendomi
cosa avresti fatto. Successivamente tuttavia sentii la tua mano fra i miei
capelli, intento ad aggiustarli.
-Ferma.- mi accarezzavi la frangia, mettendola in ordine.
-Fatto, ora hai la frangetta a posto.- dicesti, facendomi perdere un battito al
cuore. Rimasi zitta e ferma, guardandoti probabilmente con l’aria da pesce
lesso. -Ti lascio. Devo salutare alcune persone.- ti voltasti dalla parte
opposta. Poi una raccomandazione che, non si sa perché, mi scaldò il cuore.
-Quando sei pronta torna dentro!- esclamasti.
E ciò che mi lasciò sempre con un gran punto interrogativo
fu: se tu mi avessi baciata quella sera... tra noi sarebbe cambiato qualcosa?
E anche ora, ora che eravamo a New York, ora che ci
guardavamo negli occhi, non riuscivo a dare una risposta alla mia domanda. Una
domanda che ora mi rendeva tanto, troppo confusa.
Ciao a tutti! Sisi lo so... è da tantissimo che non aggiorno... ma perchè ho avuto non solo seri problemi con il pc... ma anche seri problemi con il cap che ho riscritto tre volte! Vabè spero che vi piaccia... alla prossima!
LET'S STAY HERE!
Cap.8: La festa (part.2)
Silenzio. Silenzio grave. Silenzio che ti lacera l'anima, che la riduce una poltiglia. Silenzio pesante. Silenzio leggero come aria, ma confuso come nebbia. Silenzio imbarazzato, lo stesso che le colora le guance di rosso e le fa dire scotendo la testa che non c'è nessun problema e che potete parlare di tutto ciò che più ti aggrada. Silenzio d'amore. Quello di un sussurro leggero, talmente impercettibile che tu stesso ti chiedi se hai sentito quella preghiera dolceamara scivolare fuori dalle sue labbra.
Shirogane avrebbe voluto dire qualcosa. Qualunque cosa a dire la verità, bastava semplicemente che le proprie labbra si muovessero e che la sua voce uscisse dalla bocca con la stessa facilità di tutti i giorni. Non che gli fosse mai piaciuto parlare. Anzi, lui adorava il silenzio. Ma più stava là fuori con Ichigo, più si rendeva conto che lui l'amava. La sentì mentre si aggiustava alla meglio l'abito rosa che indossava. Pareva una bambina vestita da principessa, ma non glie lo avrebbe mai detto. Il ragazzo si voltò verso la ringhiera del terrazzo, ammirando il paesaggio. Avrebbe voluto raccontare ad Ichigo di tutte quelle volte in cui aveva trascorso la notte sul terrazzo di casa sua, ad ammirare New York così, senza motivo. Forse perchè quella città era bella. Forse perchè non conservava alcun ricordo troppo triste o troppo gioioso. Forse perchè era il semplice foglio bianco di una vita ancora tutta da disegnare con pennarelli colorati e pastelli infantili. La sentì fare un passo in avanti, poi bere un sorso della bibita analcolica che aveva portato là fuori.
-Shirogane-kun!- lo chiamò con quella voce dolce, con quel modo di fare ancora infantile ma al contempo estremamente sexy. Che poi a pensarci, Ichigo di sexy non aveva nulla. Ryou non si voltò. Si limitò a sospirare, dicendosi che forse avrebbe preferito prolungare quel silenzio. Per una vita intera, magari.
-Sì?- sapeva che se Ichigo non avesse ricevuto un suo accenno non avrebbe continuato il discorso. Sentiva di conoscerla ancora sotto certi aspetti, e di questo era molto orgoglioso.
-Emmh... ecco...- sospirò. E quando Ichigo sospirava, non era un buon segno. Ryou pensò bene di voltarsi verso di lei, tentando di carpire dalla sua espressione ciò che non riusciva a dirgli attraverso le parole. Piegò la testa da un lato, guardandola mentre giocherellava con un anellino portato al medio della mano sinistra. Da quanto ricordava Ichigo non era prettamente una tipa da anelli braccialetti e cose simili... quella per lei doveva essere una serata speciale, o più semplicemente, durante quegli anni era cambiata. Si schiarì la voce. Ryou credette di non averla mai sentita fare così. -Volevo sapere... ecco sì se sapevi qualcosa di Aoyama-kun...- l'ultima parte della frase l'aveva tirata fuori quasi fosse un proiettile letale. Letale per lei o per Shirogane? Il giovane non si seppe dare una risposta, tuttavia, si limitò a sospirare, dicendosi che doveva aspettarsi una domanda simile da lei. Da lei che era andata fino a là apposta per regalare la vita al proprio amore, ancora una volta. Shirogane si voltò nuovamente verso la città, osservando il cielo buio. Sapeva che era arrivato il momento della verità, e doveva ricordarsi che era meglio dire tutto e subito. Serrò gli occhi, poi sentì la mano leggera di Ichigo poggiata sulla sua. Quando le proprie iridi incrociarono quelle calde di lei il giovane ebbe un sussulto. La ragazza aveva gli occhi lucidi; lucidi di qualcosa che sapeva di lacrime, lucidi di sofferenza e di una voglia matta di scoprire la verità. -Ti prego Shirogane-kun... dimmi che puoi guarirlo...- sussurrò ancora la giovane, perdendosi in quelle iridi che tanto le erano mancate. Gli strinse ancor di più la mano, ascoltando quel silenzio assordante che stava lacerando l'anima d'entrambi. -Dimmi che potremo vivere in pace... una volta per tutte...- il viso si abbassò. E fu un attimo. Shirogane scostò la propria mano da quella di lei, con un movimento veloce ed inaspettato. E le iridi bagnate di Ichigo si specchiarono in quelle oltremare di un giovane che tante volte era riuscito a sconvolgerle la vita. Piccoli singhiozzi uscivano dalle labbra minute della rossina che tentava in ogni modo di trattenerli. L'altra mano del biondo le sfiorò i capelli, ed il volto si avvicinò sempre di più al viso della giovane. Ichigo non ne sapeva il motivo, ma non si riusciva a scansare. Quegli occhi l'avevano ipnotizzata, e sentiva un gran bruciore all'altezza dello stomaco. Il cervello urlava di fare un passo in dietro e chiedergli perchè diavolo la voleva baciare quando lei gli aveva fatto una domanda di importanza, manco a dirlo, vitale. -Shirogane...- sussurrò solo, incapace di fare un qualunque movimento. Tuttavia il volto del giovane si fermò non appena sentì dei passi ben diretti verso di loro. Fu proprio lui ad indietreggiare, trovando poi davanti ai propri occhi l'immagine di Mary Watson. Ichigo sentì un frenito, e non si seppe spiegare il motivo di quella delusione sorta nel cuore. Abbassò lo sguardo, presa dai sensi di colpa. Poi si disse che Shirogane non doveva avere grandi novità. Più che altro se ne convinse, e senza dir nulla tornò dentro.
Mary Watson guardò incuriosita il biondo che, con aria improvvisamente rilassata, stava di fronte a lei.
-Pare che in oriente non insegnino l'educazione...- commentò ridacchiando. Shirogane preferì non cogliere l'ironico commento alla mancanza del saluto di Ichigo, preferendo quindi di gran lunga il silenzio. -New York è proprio bella da qua su... non trovi?- domandò andandogli affianco. Ryou annuì semplicemente, sospirando. Era dubbioso per via del proprio comportamento con Ichigo: piuttosto che dirle la verità era pronto a rivelarle i propri sentimenti... stava impazzendo! Ed ora la presenza di Mary Watson non migliorava certo le cose. La donna si avvicinò ancor più al giovane, poi poggiò il capo sulla sua spalla. -Sai Shirogane, tra tutte le figure di spicco di questa grande metropoli tu sei senza dubbio quella più interessante. Sei bello eppure non si sente mai di tue possibili scampagnate o incontri con donne altrettanto belle... sei introverso nonostante la tua intelligenza... e nella storia della tua vita scopro che hai vissuto per ben tre anni in Giappone... cos'altro c'è dietro la maschera?- si scostò, poi lo guardò in faccia. Gli occhi d'entrambi erano di un sorprendente azzurro cielo, che avrebbe fatto invidia a qualunque attore di fama internazionale.
-Meno di quanto tu possa immaginare...- sussurrò lui abbandonando improvvisamente tutti i propri problemi legati alla piccola Ichigo. Mary gli poggiò una mano sulla spalla, accarezzando piano il tessuto della camicia. Chiuse entrambi gli occhi, respirando a pieni polmoni.
-Lo dici a tutte...- si mise sulle punte, poi lo baciò con una foga che mai Shirogane aveva potuto sentire in alcuna donna. -Ma io sono diversa... e voglio la verità.- gli fece l'occhiolino. -Io torno dentro... ti aspetto.- sussurrò avviandosi poi dentro casa. Shirogane si sfiorò pian piano le labbra, dicendosi che era un altro il sapore che avrebbe voluto sentire dentro la bocca.
La festa procedeva nel migliore dei modi. Cibo e vino non mancavano e la musica di sottofondo davano un ottimo panorama generale. Qualunque commentatore avrebbe detto che, come al solito, Mary Watson aveva fatto un ottimo lavoro. Tuttavia l'ospite d'onore era quello che si divertiva di meno. Ogni tanto si scambiava delle occhiate fugaci con Ichigo e sorrisi forzati con Mary; pareva che Richard avesse visto proprio giusto: all'interno di quelle mura si stava consumando un triangono non indifferente. Fu quasi verso mezzanotte che il giovane medico decise di allontanarsi un po' dalla folla. Si avviò verso il bagno dove si sciacquò appena la faccia. Ciò che vide allo specchio di quel bagno sconosciuto non gli piacque per niente: confusione. Tanta, troppa confusione. Confusione perchè non sapeva se quell'amore impossibile nei confronti di Ichigo poteva essere combattuto; confusione per le continue attenzioni di una donna dal fascino prorompente; e confusione perchè non si sentiva male al pensiero che Masaya, colui che più volte gli aveva rovinato la vita, stava per morire. Si guardò ancora. Possibile che tutto questo facesse parte della natura umana? Ma lui non era un uomo diverso? S'asciugò il viso in fretta, ed altrettanto in fretta attraversò il grande bagno. Non appena fuori tuttavia vide una sorpresa. Masaya Aoyama lo guardava con occhi cupi e pieni di un non-so-che che quasi lo spaventarono.
-Shirogane-san.- disse con quella sua voce leggera. Non troppo cambiata, ma comunque diversa da allora. Da quando avevano messo piede in America quella era la prima volta che si parlavano a quattr'occhi senza Ichigo che tenesse a freno una qualunque frase che forse era meglio tener imprigionata tra le labbra. Ryou chiuse la porta alle proprie spalle, e si sentì improvvisamente piccolo nonostante i 15 cm abbondanti che li separavano. Quegli occhi. Erano quegli occhi. Così tristi e cupi che gli fecero venire un brivido freddo alla schiena.
-Ciao Aoyama.- disse semplicemente. La voce ferma, il respiro regolare e la solita aria di sufficienza donavano alla sua figura un'espressione austera e tranquilla. Quasi quegli occhi d'ambra non provocassero in lui alcuna reazione. Aoyama abbassò il capo.
-Volevo chiederti... se sai qualcosa riguardo il mio stato di salute.- il volto si era contratto in una smorfia di dolore, quasi una fitta lo avesse appena colto. Shirogane fece un passo avanti, convincendosi che con lui non poteva davvero tener la bocca chiusa. -Ti resta poco da vivere... una sostanza sconosciuta ha iniziato a lacerarti il cuore ed ha già iniziato a distruggere parte dei restanti organi vitali. Anche se rimuovessimo la sostanza sarebbe inutile perchè si riformerebbe dal tuo corpo stesso.- Shirogane aveva messo le mani in tasca, e parola dopo parola poteva sentire l'anima di Masaya inginocchiarsi e piangere. Chiuse gli occhi.
-Capisco.- Aoyama lo guardò dritto negli occhi. -In fondo lo sapevo ma... Ichigo-chan voleva tentare in tutti i modi. Ti ringrazio.- fece per andarsene, ma Ryou gli poggiò una mano sulla spalla.
-Aspetta.- disse d'un colpo. Masaya si voltò, gli occhi appena bagnati dalle lacrime che avrebbero voluto uscire copiose. Masaya voleva nascondersi. Sì, nascondersi e piangere un fiume di lacrime. -Esiste una possibilità... è molto remota ma c'è una piccola percentuale di buona riuscita. L'operazione è applicata a casi diversi ma la si può adattare al tuo unico caso...-
-Quali sono le possibilità di riuscita?- chiese Masaya, una scintilla dipinta sul volto triste.
-Un 2%.- sussurrò Shirogane. Masaya scosse il capo.
-Preferisco passare i miei ultimi giorni accanto ad Ichigo in piedi... sulle mie gambe. Non costretto sul letto di un ospedale. Ti ringrazio...- camminò a passi lenti ed irregolari verso la sala. Shirogane lo seguì a ruota con un'ultima domanda sulla punta delle labbra.
-Quando partirete?-
-Il prima possibile.-
Tutto era perso. Aoyama non avrebbe detto della possibilità dell'operazione ad Ichigo e sarebbero partiti il prima possibile. Le braccia di Shirogane caddero lungo i fianchi, mentre un'espressione basita gli si dipingeva sul volto. Ogni minima possibilità con Ichigo stava scivolando via dalle dita come sabbia, e lui non aveva fatto niente per evitarlo. Si abbandonò sul muro bianco del corridoio, poggiando il capo sulla superfice fredda. Le ciocche bionde gli scivolarono sulla fronte bianca, mentre tanti e troppi dubbi gli riempivano il cervello. Richard gli avrebbe dato dello stupido, ne era sicuro. Ma che altro poteva fare? Ben presto sentì una mano sfiorargli il collo, poi spostarsi agile sul volto. In pochi attimi sentì le proprie labbra a contatto con quelle di Mary.
-Gli ospiti stanno andando via...- disse sotto voce la giornalista. -Ti voglio, sta notte.- un altro bacio. Un altra carezza e dei passi che si fermavano. Entrambi si voltarono verso la figura sconosciuta. Ichigo era ferma e basita osservava la scena. Mary assunse un'aria di superiorità mentre gli occhi di Shirogane si spalancarono.
Avrebbe voluto dirle tante cose... ma in quel momento non gli venne in mente nulla. Si limitò a guardarla andar via, e dirsi che forse quella sarebbe stata l'ultima volta.
Ringrazio...
ryanforever: carissima... so che mi segui fin dall'inizio e ti adoro per questo *_* e hai visto? No che non mollo questa fanfic... mi gira nella testa ormai da tempo e ti assicuro che non la lascerò mai incompleta... l'unico rischio è di avere dei tagli netti netti... e che io aggiorni molto raramente purtroppo ç__ç
demu: no come vedi nemmeno il tuo dubbio è fondato... non preoccuparti non la lascerò mai! Spero che il cap ti sia piaciuto ^_^
micina92: grazie mille!
hachi92: eheh (risata sadica) è mio compito lasciarvi con il fiato sospeso per giorni... che dico... mesi!! Ma ora sai come si è conclusa la conversazione... hihi spero che il cap sia stato di tuo gradimento!
kry333: ehilà!! In questo capitolo c'è di nuovo Masaya... ma poco poco ^__^ alla prossima!
Pioveva. Una pioggia strana, leggera e silenziosa. Però le piaceva. Ichigo alzò lo sguardo, osservando le piccole lacrime del cielo che cadevano senza una meta regolare. Libere e spensierate, ma anche tristi ed effimere. Le fissava seduta per terra, in quella piccola stanzetta dell'altrettanto piccolo appartamento che avevano affittato là a New York. Non sapeva quanto ancora ci sarebbero rimasti, però dentro di sè sperava che quel periodo non terminasse mai. Non ne comprendeva il motivo; e se il suo cuore lo conosceva bè, lei non voleva sapere nulla. Portò le ginocchia al petto, pensando al bacio appassionato che aveva legato Shirogane e Mary Watson. Sembravano molto affiatati, e questo le faceva supporre che non fosse il primo. Ebbe un brivido. Perchè durante quel periodo a New York aveva sentito che Shirogane provava qualcosa per lei? Scosse il capo dicendosi che probabilmente in quei giorni non doveva essere molto lucida. Rialzò lo sguardo sulla pioggia che cadeva al di là del vetro. Masaya era uscito poco dopo che erano rientrati dalla festa di Mary, senza dirle dove fosse diretto. Pensò al suo sguardo triste durante tutto il tragitto che li aveva portati a casa, ed alle pochissime parole che le aveva detto.
-Io esco.- aveva annunciato Masaya chiudendo la porta alle proprie spalle. Ichigo era rimasta in mezzo all'entrata del piccolo appartamento a fissare l'uscio, sentendo che il cuore piano piano si svuotava di qualcosa. Non sapeva bene cosa, e forse non voleva nemmeno saperlo. Era solo consapevole del fatto che non era riuscita nemmeno a chiedergli dove fosse diretto. Forse erano stati i suoi occhi, mai così freddi come in quel momento, o ancora quel volto tanto diverso da quello che lei era abituata a guardare ed amare. In poco aveva raggiunto la camera da letto e si era sdragliata fissando il soffitto. Forse si era addormentata, ma il suono della pioggia le aveva fatto allungare la mano verso la metà del letto, e la scoperta che esso era vuoto l'aveva spaventata non poco. Aveva guardato la radio-sveglia sul comodino là accanto e con somma sorpresa aveva visto che erano le 2 del mattino. Con gli occhi sbarrati e lucidi aveva raggiunto il sogiorno ed aveva telefonato ad Aoyama. Il primo pensiero era stato quello che il giovane si fosse sentito male nel bel mezzo delle strade buie e sconosciute della città. Ma la paura si fece ancora più grande quando assieme al "tu-tu" ripetitivo emesso dal suo cellulare, sentì vibrare là vicino quello di Aoyama, abbandonato nel centro del tavolo. Aveva allontanato l'apparecchio da sè, e piano piano le lacrime avevano iniziato a scendere giù per le guance.
-Aoyama-kun...- aveva iniziato a dire singhiozzando, alla ricerca di un filo di speranza. Il cuore aveva iniziato a battere forte forte e sentiva che presto sarebbe scoppiato. Il primo pensiero fu quello di chiamare Shirogane. Ma non appena visto il nome del medico scritto sul display del cellulare le venne subito in mente la scena del suo bacio appassionato con Mary Watson. Aveva premuto il tasto che l'avrebbe fatta togliere dal numero della rubrica, dicendosi che probabilmente se l'avesse chiamato l'avrebbe sicuramente disturbato.. Ed ora era là. Seduta dietro una finestra a guardare le lacrime del cielo infrangersi sul suolo di una terra sconosciuta. Avrebbe voluto fuggire. Ma non insieme ad Aoyama come aveva sempre voluto fare, ma da sola. Sola a casa sua, in mezzo alle sue cose ed ai suoi sogni. Pensò agli esami che non aveva affrontato per via del trasferimento momentaneo in America. Pensò ai bambini a cui dava una mano per fare i compiti nel centro dove faceva volontariato, pensò alle sue amiche con cui faceva quelle lunghe passeggiate in centro e beveva quelle fantastiche cioccolate calde d'inverno. Le mancava tutto questo. Le mancava così tanto che le lacrime cambiarono sapore, passando da quelle di tristezza per Aoyama, a quelle di sofferenza per ciò che le mancava così tanto da non poterne più fare a meno.
-Io proprio non ti capisco!- aveva esclamato Richard Smith aprendo la portiera della propria auto. Dalla sua Shirogane aveva sospirato, guardando il polso destro, dove un orologio costoso segnalava che erano le 2 del mattino. Non aveva risposto all'amico. Tanto sapeva che non c'è n'era il bisogno. -Voglio dire...- ricominciò Richard mettendo in moto. -Hai visto che sguardi si lanciavano quelle due sta sera? Ma poi dico... perchè non ti sei portato a letto la Watson? Era più arrapata di una phorno-star!- aveva continuato a dire. Shirogane era più che sicuro che se uno sconosciuto si fosse trovato all'interno di quella macchina non avrebbe mai pensato che i due interlocutori erano cardiologi di fama internazionale.
-Sai Smith, le cose non sono mai così semplici come credi tu...-
-Certo che non lo sono, perchè sei tu che te le complichi! Dimmi che problema avresti avuto a scopartela sta sera... dato che a quanto pare la tua Ichigo non fa altro che morire dietro a quel tizio... Ayma...-
-Si chiama Aoyama.- puntualizzò Shirogane.
-Ayma, Aoyama... non fa differenza! La verità è che gli occhi di Mary sta sera erano più che eloquenti e se fossi stato al tuo posto ne avrei approfittato. Tanto Ichigo non avrebbe scoperto nulla!-
-Ci ha visti.- l'auto si fermò per via di un semaforo rosso, mentre gli occhi di Smith ne approfittavano per spostarsi su quelli azzurri dell'amico.
-Come?- chiese.
-Ichigo ha visto me e Mary che ci baciavamo.- spiegò meglio il biondo, guardando fuori dal finestrino. Anche lo sguardo di Richard tornò sulla strada, ma la mente era nettamente altrove.
-E come ha reagito?- aveva domandato.
-In nessun modo, perchè è andata via.- Shirogane aveva chiuso gli occhi.
-Bè conoscerai meglio la sua reazione quando la vedrai...- disse saccentemente Richard.
-Sbagliato ancora...- silenzio. Richard questa volta non disse nulla, ma il silenzio parlava chiaramente. -Ho detto ad Aoyama che non ha possibilità se non un 2% dato dall'operazione che, come avevamo previsto, non vuole fare.-
-Quindi non sai quando la rivedrai...-
-Se la rivedrò...- nell'ammettere ad alta voce quella frase Shirogane ebbe un tuffo al cuore. Se con il ritorno di Ichigo quel muscolo così importante aveva ricominciato a battere scandito dall'amore, adesso si stava svuotando di nuovo, raffreddandosi e divenendo glaciale come una volta.
-Ma non può finire così!- l'auto si fermò davanti al grande palazzo in cui abitava Shirogane.
-Non è mai iniziato nulla... di conseguenza non c'è una fine.- Ryou fece per aprire la portiera, ma la mano di Richard sulla sua spalla lo fece esitare.
-Dentro di te è nato qualcosa... è questo direi che è più di un inizio!- Shirogane non rispose. -E ti assicuro che i tuoi sentimenti devono essere veramente forti se hai detto di no ad una passera figa come Mary Watson!- il biondo scosse il capo. Come faceva ad ascoltare ancora i suoi discorsi?
-Buona notte Smith.- disse, scendendo dall'auto.
-Buona notte Shirogane...- rimise in moto. -E mi raccomando, pensa a quel che ti ho detto!-
Alla fine non era riuscita a resistere. Fattesi le 3 del mattino aveva preso la giacca ed era corsa giù per le scale. Masaya non si era ancora fatto vivo, e la preoccupazione aveva fatto da sovrana dentro la sua testa. Si era sentita una sporca egoista nel pensare alle cose che aveva lasciato in Giappone anche solo per cinque minuti: aveva dimenticato di chiedersi dove fosse finito il suo Aoyama, ed ora chissà dove si era cacciato! Dentro la sua testa una vocina le continuava a dire di chiamare Shirogane. Ma il cuore ed una punta di orgoglio le impedivano di farlo. Faceva freddo. I piedi le dolevano dentro quelle scarpe scomode, e stringeva le braccia in torno al corpo minuto per darsi un po' di calore. Tutto inutile. Probabilmente se non avesse avuto la testa troppo occupata a pensare ad Aoyama essa le avrebbe ordinato di svenire per terra. Ad un certo punto vide un'ombra lontana. Così lontana che poteva parre un miraggio, ma abbastanza vicina per farle crescere un po' di speranza.
-Aoyama-kun!- aveva urlato in mezzo alla strada. DI fronte a lei, però, un individuo con la faccia cupa i vestiti lerci e gli occhi spalancati.
-Ciao bella...- aveva sorriso. -Che fortuna averti incontrata.- aveva sogghignato. Ichigo indietreggiò, gli occhi velati dalle lacrime e dalla paura. Ecco, ora avrebbe davvero perso tutto. Per colpa del suo stupido orgoglio era uscita da sola ed era andata in contro a dei pericoli più grandi di lei.
-Oddio...- aveva indietreggiato ancora, ma gli occhi di quel tizio sconosciuto e pericoloso le erano completamente addosso.
-Stai tranquilla piccola...- aveva allungato un braccio. -Se vuoi ci divertiamo!-
-No!- aveva urlato serrando gli occhi. Si era voltata dalla parte opposta ed aveva iniziato a correre così forte che i suoi piedi avevano smesso di sentire il dolore. Ma improvvisamente si ritrovò per terra, le ginocchia sbucciate e le mani sporche di polvere di città. Alcune lacrime caddero al suolo, confondendosi con il bagnato che c'era a terra. Alcune goccioline avevano iniziato a cadere nuovamente dal cielo, e forse avrebbero dato inizio ad un nuovo temporale come quello conclusosi poco prima. -Oh Kami-sama aiutami...- strinse gli occhi. Sentiva i passi dell'individuo che si facevano sempre più vicini, e le gambe che, nonostante si volessero muovere, non riuscivano a farlo.
-Vieni con me!- sentì una voce familiare. Due braccia forti l'avvolsero e un'imprecazione da parte del violentatore.
-Stai tranquilla bambolina... ti salvo io!- e finalmente riconobbe la voce di Richard Smith. In pochi secondi erano chiusi dentro una macchina confortevole, diretti chissà dove ad alta velocità.
-Oh Kami-sama!- piangeva Ichigo.
-Ichigo!- aveva svoltato un angolo con la vettura poi si era fermato. Il motore acceso, entrambi gli occhi puntati su quella piccola donna che piangeva. I capelli rossi abbandonati sulle spalle ribelli e delicati; il volto bagnato dalle lacrime lucenti e il piccolo seno visibile appena dall'abito rosa che Richard riconobbe come quello che aveva indossato quella stessa sera a casa di Mary Watson. E fu guardandola meglio che il medico si disse che forse Ryou non aveva tutti i torti per amarla così tanto. -Ichigo?- la chiamò ancora. Le mise una mano sulla spalla e lei sembrò svegliarsi. Gli si lanciò tra le braccia, piangendo così forte che Richard avrebbe fatto davvero di tutto pur di farla smettere. Le accarezzava piano i capelli, mentre lei gli sussurrava un delicato "Grazie" più sincero di quanto non sembrasse. Stettero così un po' mentre il medico cercava di carpire da quell'immagine se il criminale avesse avuto il tempo di abusare in un qualche modo della ragazza. -Ichigo... Ichigo... ti ha toccata?- lo disse in inglese, e si rese conto che forse non lo avrebbe capito. Ma straordinariamente la giovane si scansò e scosse il capo facendogli intendere che aveva compreso.
-Ma...- disse lei in giapponese. Poi si rese conto che Smith non avrebbe potuto capire le sue parole. -Ma...- questa volta lo disse in inglese. -Aoyama-kun è...- pensò il modo migliore per farsi capire. -Fuggito... scappato... perso!- nonostante la pronuncia stentata Smith riuscì ad intuire ciò che la giovane cercava di dire.
-E tu sei uscita per cercarlo...- scandì bene. Lei annuì. -Vieni con me.- premette l'acceleratore poi prese il cellulare dalla tasca. Esattamente in quell'istante Shirogane era appena uscito dalla doccia, e sulla sua faccia si era dipinta una grande espressione di sorpresa nel sentire squillare il cellulare. Guardò speranzoso il mittente, e rimase deluso nel vedere che si trattava di Richard.
-Pronto?- rispose.
-Shirogane, sto venendo da te.- aveva detto Smith con la voce tutta frettolosa e proccupata.
-Che è successo?- aveva domandato.
-Tu tieniti pronto. Sto venendo con Ichigo.- il cellulare quasi gli cadde di mano. E non ebbe nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni perchè l'amico dall'altra parte aveva già interrotto la comunicazione.
-Thanks...- aveva detto Ichigo sottovoce. Smith aveva poggiato una mano sotto il suo mento, sfiorandolo piano.
-Tu sei la sua vita...- aveva sussurrato impercettibilmente. Ichigo non sapeva se aveva intuito davvero le parole del medico, e quasi si emozionò nel ricondurle al biondino. Chiuse gli occhi: doveva pensare a tutt'altro.
Quando Shirogane aprì la porta del proprio appartamento l'orologio segnava le 3 e mezza del mattino. Sulla soglia c'erano Richard e Ichigo vestiti come poche ore prima, entrambi con la faccia sconvolta.
-Che è successo?- chiese Ryou in giapponese senza nemmeno rendersene conto. Richard fece strada ad Ichigo facendola sedere sul divano del grande salotto. Avevano entrambi lo sguardo fisso, ed il primo pensiero di Ryou fu quello che a Masaya fosse successo qualcosa di terribile. Ma ciò non spiegava la presenza di Smith in quel momento. -Allora?- non era da lui insistere tanto: ma la situazione gli aveva messo addosso un'ansia incontrollabile e, in effetti, non aveva tutti i torti.
-Ho incontrato Ichigo vicino all'ospedale... sai, è sulla strada per andare a casa mia.- aveva iniziato a dire Smith, voltatosi verso Shirogane che, quasi avesse paura, era rimasto sul ciglio della porta. Seduta dietro Richard c'era Ichigo che non riusciva a smettere di piangere. -Ed insieme a lei c'era uno scocciatore che non aveva belle intenzioni... quando l'ho aiutata a fuggire mi ha detto che Aoyama era scappato... o non so bene...- fu a quel punto che Shirogane attraversò la stanza a grandi falcate, sedendosi poi accanto ad Ichigo. -Vado a prenderle un bicchiere d'acqua.- aveva detto poi Smith, sparendo pochi secondi dopo. Ryou guardò fisso Ichigo, sfiorandole una spalla con la mano. Fu a quel punto che la giovane parve svegliarsi, e dopo averlo guardato solo un secondo negli occhi gli saltò al collo, piangendo ancora più forte di prima.
-Perchè... perchè sei uscita da sola?- sussurrava il giovane, accarezzandole i capelli bagnati appena dalla pioggia. Aveva un tono gentile, non il solito saccente che aveva sempre amato usare con lei.
-Aoyama-kun... è sparito!- gli occhi di Shirogane si spalancarono, ed il cuore iniziò a battere più forte.
-Sparito?-
-Sì... è andato via poco dopo che siamo rientrati dalla festa di... di quella donna...- Ichigo si era scansata e si era asciugata le nuove lacrime che avevano iniziato a scendere lungo le guance.
-E sei uscita a cercarlo...- constatò il biondo. Lei annuì. -E tu sei uscita da sola alle 3 del mattino nel bel mezzo di New York?- domandò ancora. Questa volta il tono era più accigliato.
-Ero preoccupata per lui!- aveva esclamato lei.
-Hai il mio numero di cellulare... ti costava tanto chiamarmi?- la guardava con occhi taglienti, quasi l'aver deciso di non usufruire del suo aiuto fosse stato un peccato mortale. Ichigo ebbe un morso al cuore nel notare quelle iridi così gelide, quell'azzurro che feriva, feriva tanto.
-Pensavo...-
-Cosa pensavi?- non lo aveva mai visto così arrabbiato. E questo, a dirla tutta, la faceva accigliare. Non aveva il diritto di trattarla così!
-Pensavo che fossi occupato con quella... quella donna! Già prima vi ho interrotti...- questa volta gli occhi più gelidi erano quelli color cioccolato di Ichigo. A Ryou parvero quasi tornare a quella fierezza felina che per un anno intero li aveva caratterizzati; taglienti, proprio come le unghie affilate dei felini. Ryou non rispose. E quasi ringraziò per l'entrata attesa di Smith che, gentile, porse un bicchiere d'acqua ad Ichigo.
-Ti sei fatto dire che ci faceva in giro a quest'ora di notte?- domandò il moro. Shirogane annuì, poi gli raccontò tutto. -Ho capito, allora tu rimani con lei. Falla riprendere e se se la sente andate a cercare Ayma. Io vado ora.- si voltò.
-Si chiama Aoyama!- puntualizzò Shirogane. Smith si voltò appena, un sorriso accennato sulle labbra.
-Lo sapevo, ma per me ora si chiama così. Bye...- fece ciao con la mano poi sparì dietro la porta del grande appartamento. Ora erano lì. Una giovane arrabbiata ed un ragazzo innamorato... di lei. Tornò in salotto, guardandola.
-Hai le ginocchia sbucciate.- disse indicandola. Lei si guardò.
-Non me n'ero nemmeno accorta...- arrossì appena. Shirogane si alzò lasciandola nuovamente da sola. Ichigo intanto guardava intorno a sè, forse per non pensare a ciò che realmente stava accadendo. L'appartamento di Shirogane era estremamente lussuoso, nonostante racchiudesse ancora quella strana sinteticità che aveva avuto la camera del giovane tanti anni prima. Il divano era in pelle, ed un tavolino di cristallo era messo al centro della stanza. Ichigo si disse che dentro quell'appartamento ci avrebbe potuto vivere senza alcun problema una famiglia intera. Invece Shirogane era solo. Solo con la sua vita piena di impegni ma, forse, più vuota di quanto non potesse sembrare. Il giovane tornò poco dopo con una cassetta con dei medicinali e delle bende all'interno. Si inginocchiò davanti ad Ichigo, guardandola con un occhio diverso da quello che lei aveva sempre visto.
-Stendi la gamba.- le disse. Ichigo obbedì subito, mentre le guance si tingevano di rosso. Ryou aveva preso una pezza bagnata e l'aveva passata sulla sbucciatura, delicatamente. Il tocco quasi impercettibile le piacque quasi, ma l'attenzione della ragazza era totalmente dedicata allo sguardo fisso del giovane.
-Sembri un dottore...- proferì lei quasi senza pensarci.
-Bè Ichigo, io sono un dottore.- allungò una mano verso la cassettina, dalla quale estrasse dei cerotti.
-Sì ma... i tuoi occhi...- le piaceva tanto guardarlo mentre la curava, le metteva addirittura serenità. Le venne quasi l'impulso di allungare una mano e toccargli i capelli. Quei filami d'oro che capricciosi avevano deciso di depositarsi troppo vicino ai suoi occhi. E lo fece. Gli sfiorò il viso, spostando le ciocche bionde. -Tì... ti davano fastidio.- sorrise. Anche lui lo fece, e Shirogane pensò di non essersi mai sentito così bene come in quel momento. Le prese l'altra gamba, e ripetè la stessa operazione. -Smith è andato a cercare Aoyama-kun?- domandò la ragazza. Shirogane si limitò ad annuire, terminando il proprio lavoro e richiudendo la cassettina.
-Appena ti sentirai meglio andremo anche noi... nella speranza che Smith lo trovi prima.- Ichigo si mise in piedi.
-Io sono già pronta!- ma non appena terminata la frase ella cadde in ginocchio a terra. Shirogane si precipitò accanto a lei, prendendole il polso.
-Hai la pressione troppo bassa...- sussurrò. La guardò dritta negli occhi.
-No... io riesco... voglio trovarlo!- Shirogane non disse niente in risposta. Si limitò ad alzarsi in piedi e prendere Ichigo in braccio. -Shirogane-kun! Fammi scendere!-
-No, da medico ti vieto di uscire da qua finchè la tua pressione non si sarà ristabilita!-
-No no no!- protestava lei, la vocina non squillante come al solito. L'adagiò sul letto. -Voglio andare a cercarlo!-
-Vuoi ammalarti anche tu per lui?- le domandò secco. Ichigo si zittì subito. Abbassò gli occhi, quasi avesse appena ricevuto un pugno in pieno stomaco. Potevano passare anni, potevano vivere a migliaia e migliaia di Km di distanza, ma gli occhi di Shirogane avevano sempre lo stesso effetto su di lei. Un effetto glaciale, che lasciava che le proprie parole morissero in gola, e che le iridi si bloccassero inermi su quelle azzurre del giovane. Rimase zitta. Zitta su quel letto sconosciuto, ma morbido come la seta. -Sdragliati.- le ordinò. Ma rimase ferma. Immobile. -Che c'è?-
-Io non riesco a rimanere immobile a riposare mentre so che la persona che amo è in pericolo...- aveva abbassato lo sguardo. Aveva paura, infatti, che Shirogane le lanciasse un'altra occhiata raggelante. Ma invece di un gesto freddo tipico del giovane, Ichigo sentì una calorosa mano sulla spalla, che le fece alzare nuovamente il viso.
-Stai tranquilla. Anche se Richard può apparire una testa calda... è un ragazzo in gamba. E' la persona migliore per queste ricerche... poiconosce New York come le sue tasche!- questa volta le iridi di Shirogane parvero calde come il fuoco di un caminetto. Sospirò. Ammetteva che quel discorso l'aveva tranquillizzata.
-Mi prometti che gli telefoni ogni 5 minuti?- Shirogane annuì.
-Dormi ora?- le chiese. Lei fece di no con il capo.
-No... mi sdraio qua... e ascolterò ogni telefonata che farai a Smith-san!- esclamò. Shirogane dovette sottostare agli ordini della giovane. La guardò mentre si stendeva sul grosso letto a due piazze, morbido e profumato. Non appena appoggiò la testa sul cuscino sentì distintamente la fresca fragranza che aveva sempre addosso Shirogane. Un concentrato di sapori che ricordavano la forza mascolina ma anche una certa eleganza. Socchiuse gli occhi perdendosi in quel così piacevole profumo. Shirogane invece la guardava quasi rapito. Aveva osservato il corpo della donna che più desiderava al mondo steso sul proprio letto. Sopra quelle lenzuola bianche che ora avrebbero conservato il suo profumo ed il suo ricordo. Osservò i lunghi capelli rossi sparsi sul cuscino che fino a qualche ora prima era stato teatro dei suoi respiri, osservò le gambe forse lasciate troppo scoperte da quel vestitino rosa. Po i trattenne lo sguardo sui suoi occhi: socchiusi, apparentemente sognanti.
Ma quant'era bella?
Parve stordito da quella visione. E si dispiacque di uscire dal proprio sogno proprio quando la giovane parlò.
-Io qua... comoda... e lui al freddo là fuori.- aveva gli occhi lucidi. Shirogane si mise al suo fianco, seduto sul grande letto. L'osservò singhiozzare per qualche istante, poi le disse parole che gli uscivano direttamente dal cuore.
-Quanto hai fatto per lui fin'ora? Quante lacrime hai buttato, quanti sorrisi ti sei negata? Non dico che sia stato sbagliato... ma hai consumato tutte le forze per lui. Tu non conosci New York... quindi sarebbe stata inutile la tua ricerca qua per l'intera città. Lascia che Smith lo soccorra, poi fai quel che hai sempre fatto per lui.- sussurrò.
-E cosa avrei sempre fatto per lui?- chiese lei tra i singhiozzi.
-L'hai sempre amato... e ti assicuro che non è poco.- le disse ancora. Avvicinò una mano al viso delicato, spostando poi una ciocca di capelli. Ichigo chiuse gli occhi, facendosi cullare da quelle morbide carezze.
-Shirogane-kun... ho bisogno di te...- pianse ancora, la piccola Ichigo. -Abbracciami forte forte...- allungò il braccio verso di lui, che in pochi attimi aveva stretto il suo corpo a sè. Sentiva il profumo delicato dei suoi capelli. La consistenza morbida del seno contro il proprio petto. E scavando tra i ricordi si disse che quello era il contatto più ampio che avesse mai avuto con lei. E Dio... non era mai stato così bene.
"E' egoista da parte mia, lo so. Ma desidero con tutto me stesso che questa notte non trascorra mai. Che il mio ossigeno venga sostituito dall'aroma leggero della tua pelle. Che questo letto diventi testimone unico del nostro abbraccio. Sì. Un semplice abbraccio, ma all'amore basta questo, no? Rimaniamo stretti amore mio, finchè il tempo c'è lo permetterà. Finchè la notte non trascorre, finchè il sole non ci ricorderà che io e te non siamo fatti per stare insieme. Lasciami una sola illusione. Un'illusione lunga una notte, ma che varrà una vita intera."
Solo tuo, Ryou.
Ciao ragazzi! Si si lo so che probabilmente vi sarete tutti dimenticati della mia storia :'( ma l'avevo detto che nonostante la tempistica che va più che a rilento la mia storia la portavo avanti!
Prometto che grazie al tempo libero che mi concede l'estate vi darò più capitoli...
Dò un ringraziamento a chi ha commentato lo scorso cap:
Sentiva un profumo fresco. Fresco e leggero, ma che le
faceva ricordare benissimo il suo profilo. Un profilo perfetto, che, se messo
in confronto al proprio, poteva essere quello di un Dio. Perché Shirogane la
aiutava tanto? Perché aveva sempre dedicato la propria vita a rendere felice
quella degli altri… ma non si era mai occupato della propria, di vita? Strinse
forte tra i pugni la camicia che il medico indossava, inalando ancora il suo
profumo. Aprì gli occhi, e vide Ryou addormentato come un bambino. Un sorriso
leggero gli colorava le labbra, ed Ichigo rimase
attimi immensi a fissarlo imbambolata, stupita e meravigliata di fronte a
quella visione. Non voleva svegliarlo. Anche se moriva dalla voglia di sapere
se Smith aveva delle novità, anche se voleva sapere dove fosse Masaya. Serrò
gli occhi, ed a malincuore si alzò dal letto,
slegandosi dalla tenera presa dell’abbraccio di Ryou. Sentiva il suo profumo
ovunque. Ne era impremiata, e straordinariamente non le dava fastidio. Poggiò i
piedi nudi per terra, cercando con lo sguardo il cellulare di Ryou. Lo trovò
sul comodino là accanto, notando che aveva una chiamata senza risposta. “Che
baka” pensò, dicendosi che quella chiamata doveva essere stata fatta tempo
prima. Premette il pulsante verde dopo aver notato che era stato proprio Smith
a chiamare, poi andò in un’altra stanza per non disturbare il sonno del
cardiologo. Vide che il sole era sorto, ma la luce era ancora leggera, quindi
doveva appena essere trascorsa l’alba. Dopo pochi squilli sentì la voce del
medico.
-Ehi Shirogane!- udì Ichigo. La voce squillante di Smith
quasi le forò i timpani.
-No… sono Ichigo.- disse poco convinta, tentando di
connettere il cervello per parlare in inglese.
-Ah Ichigo! Ti passo una persona, aspetta.- le parve di aver
capito, e dentro di sé sperò si trattasse di Masaya.
-Ichigo-chan.- udì la sua voce
calda, ma soprattutto tranquilla. Il cuore aveva accelerato i propri battiti,
sentendo una dolce sensazione di sollievo.
-Masaya-kun!- disse esultante,
rendendosi conto di aver alzato un po’ troppo la voce.
-Sì, sono io, ed è tutto ok.-
rispose lui. Ichigo tirò un ennesimo sospiro, dicendosi se doveva fargli una
ramanzina o semplicemente chiedergli spiegazioni in maniera gentile. Non sapeva
niente. Se il suo comportamento fosse stato dettato dalla malattia, se invece
era solo andato in crisi. Le venne in mente quella volta che era andata a
trovare Keiichirou, e tornata nel loro appartamento lui le aveva dato della
poco di buono, chiedendole poi scusa in lacrime. Trattenne il respiro, e
fortunatamente lui la precedette. –Ti chiedo scusa.- proferì così Masaya. –Non
sapevo cosa stavo facendo, ero in crisi… e poi mi sono sentito male. Per
fortuna un passante mi ha visto e ha chiamato il pronto soccorso.- Ichigo si
sentì male.
-Ti è capitato tutto questo… e io
non ero con te…- disse con gli occhi lucidi.
-No Ichigo-chan, non sentirti in colpa. Sono stato un
incosciente…- Masaya era visibilmente dispiaciuto, e la giovane ripose in un
angolino l’ipotesi di trattarlo male. Le tremavano le mani.
-E ora dove sei?-
-In ospedale. Smith ha chiamato qua proprio poco dopo che mi
avevano portato al pronto soccorso, e siè precipitato…- le lacrime le
scorrevano lungo le guance, ma lei era talmente felice che non trovava nemmeno
il tempo per ordinare al proprio cervello di fermarle.
-Dammi 10 minuti amore, e sono da
te.- non lo aveva mai chiamato amore. Mai perché non era una persona
particolarmente romantica, e poi aveva sempre avuto paura che lui la prendesse
come una persona che vuole affrettare i tempi.
-Va bene, amore.- lo sentì sorridere dall’altra parte del
filo. Lo salutò tranquilla, ora felice perché sapeva dov’era il suo amore.
Voltò il capo, e vide sulla soglia della porta del salotto Shirogane che, con
aria assonnata, si grattava il capo.
-Hai sentito Smith?- chiese. Ichigo annuì contenta, e fu
quando il giovane le si avvicinò e sentì il suo
profumo che si rese conto di non avere propriamente le idee chiare. Per questo
gettò lo sguardo altrove, sospirando piano.
-Masaya-kun si è sentito male, un
passante l’ha soccorso e ora è in ospedale con Smith…- disse.
-Va bene… dammi il tempo di vestirmi e arrivo. Vuoi farti
una doccia?- chiese poi andando verso il bagno. Ichigo voleva andare il più
presto via da quella casa: per troppo tempo quella notte aveva pensato ad una persona che non fosse Masaya, e più tempo stava con
lui, più sentiva il proprio amore messo in discussione. Le tremavano le labbra.
Ma non voleva darla vinta a quella strana sensazione
che le stava prendendo il cuore. Alzò il capo, e vide di fronte a sé una
gattina tutta nera, estremamente somigliante a lei
quando era stata trasformata in versione felina. La vide avvicinarsi, poi
miagolare. Le sorrise. E si disse che erano state solo tutte le emozioni di
quei giorni a farle nascere tutte quelle sensazioni nei confronti di Shirogane.
Si alzò in piedi. Ma ne era veramente sicura?
-Effettivamente una doccia prima di andare non sarebbe
male…- disse.
-Bene… meno male.- ridacchiò Shirogane.
-Perché?- il medico si tappò il naso.
-Perché non emani propriamente un buon odore…- rise ancora.
E lei lo inseguì, accigliata.
-Shirogane-kun!- tuonò, entrambe le
mani ai fianchi. Lui la fissò con aria tranquilla, quasi stesse riflettendo su
di lei.
-Certo che… sono passati sette anni, eppure sei rimasta la
stessa…-
-La stessa?- chiese lei, confusa.
-Sì, la stessa bambinetta permalosa…- fece un sorriso
leggero, che gli increspò appena le labbra.
-E tu sei rimasto il solito antipatico maleducato!- rispose
Ichigo. Lui si voltò dalla parte opposta, aprendo quello che doveva essere uno
sgabuzzino. Ne estrasse due asciugamani e li porse alla giovane.
-Buona doccia.- chiuse lì il
discorso.
-Ryou?- lo chiamò con il suo nome. Niente suffissi, niente
cognomi scomodi. Solo lei, lui e quella casa che conservava il suo profumo. Lo
vide voltarsi nella propria direzione, gli occhi preoccupati per il tono
improvvisamente tranquillo e serio della ragazza. –Grazie di tutto.- aveva gli
occhi leggermente lucidi, ma quelle lacrime preferì
scacciarle di tutta fretta, tirando poi su con il naso. Lo vide sorridere, poi
passarsi una mano tra i capelli un po’ scombinati per il sonno appena
trascorso.
-Non è niente a confronto di quel che hai saputo darmi tu.- l’aveva guardata seriamente. Con occhi così profondi
che Ichigoebbe
paura di affogarci dentro. La bocca le si prosciugò,
le labbra non furono in grado di muoversi. Rimase ferma ed
imbambolata, quasi avesse intuito a cosa alludesse Ryou.
-Co… cosa…- tentò di balbettare, ma lo vide solo voltarsi e
indicare una porta al centro del corridoio.
-Là c’è il bagno, io vado in quello di camera mia.- squoteva
il capo Ryou, confuso come non mai.
-Shirogane-kun…- fece un passo
avanti, ma lo vide sparire oltre la porta di camera sua. Non era stata in grado
di chiedergli chiaramente delle spiegazioni. Le braccia le caddero lungo i
fianchi, e la confusione più totale occupò la sua mente. Cosa gli aveva donato
di così importante? Parlava forse dell’aiuto che sette anni prima gli aveva
dato durante il progetto mew? Eppure non ne era così convinta. Entrò nel bagno,
appoggiandosi poi alla porta. Non si stupì nel vedere un mobilio bellissimo
come il resto della casa, essenziale ma stupefacente. La vasca conteneva anche
una cabina-doccia, tutta azzurra, con le mattonelle intorno del medesimo
colore. Al fondo del bagno oltre ai sanitari vi era un lavandino circondato di
marmo bianco. Lo sfiorò. Quel marmo freddo e bianco come la pelle splendida del
giovane. E lo immaginò tutte le mattine dentro quel bagno. Solo. Ma sarà stato poi così solo? Lo vide davanti a sé, pieno di
passione con le labbra a contatto di quelle di quella giornalista famosa ma
soprattutto bella. E le diede fastidio. Un fastidio che le attraversò il cuore
e le fece male. Si guardò allo specchio. E vide i capelli scombinati, delle
occhiaie leggere, frutto delle poche ore di sonno. E si arrabbiò. Si arrabbiò
perché non era bella come Mary Watson. E si arrabbiò ancor di più con se
stessa, perché dentro di sé sentiva una sensazione strana nei confronti del
biondino. Si spogliò. E ancora lui dentro i suoi pensieri. Non più Masaya con
la sua grave malattia, ma Ryou che nella stanza
affianco stava facendo la doccia. Lo immaginò. Nudo e bello, i capelli bagnati
di sapone e acqua, gli occhi chiusi verso il getto. E fece la stessa cosa.
Immaginò come sarebbe stato se, nuda com’era, fosse uscita da quella doccia e
senza alcun pudore si fosse infilata dentro quella del
biondo. L’avrebbe allontanata… oppure l’avrebbe toccata, baciata come sentiva
di volere in quel momento? E non appena si rese nitidamente conto di ciò che
stava pensando, si sentì un mostro. Un mostro terribile, perché stava pensando ad un uomo che non era il suo Aoyama. Pianse. Pianse
accucciata dentro quella doccia calda e accogliente, pareti che avevano
assistito tante volte alla visione di quel corpo nudo che ora lei desiderava, desiderava contro la propria volontà. E si stupì di piangere
non più per la malattia del suo amore, ma perché si era resa
conto di volere qualcun altro. Qualcuno che non era Masaya.
L’acqua calda lo attraversava interamente. Il solo pensiero
che là vicino si trovava Ichigo interamente nuda lo aveva fatto eccitare come
non mai. Un’eccitazione diversa da quella solita che prende gli uomini quando
vedono una bella donna, ma quella forte, inesauribile che ti fa fremare di
passione ogni volta che sai di incontrarla. Aveva sognato di spogliarla in
tanti, tanti suoi sogni. Quando l’aveva vista con qualche abito sexy la sua immaginazione aveva viaggiato come non mai, immaginando
le curve morbide del suo corpo, la linea perfetta dei fianchi e dei seni, le
spalle minute e le mani gentili che lo accarezzavano. Aveva sempre immaginato
un corpo sinuoso, di donna vera, ma circondato tuttavia da un’aura di purezza
infantile che mai l’avrebbe abbandonata. Chiuse il getto, girando la manopola
attaccata al muro. E squotendo il capo si disse che doveva calmarsi. E si
guardò allo specchio, chiedendosi se per caso prima o poi
Ichigo avrebbe ceduto anche solo per una notte. Se la giovane rossina, la
ragazza che ha salvato il mondo, avrebbe abbassato il capo di fronte alla
consapevolezza di avere la possibilità di baciare, toccare un uomo come lui.
Diverso da Masaya. Alzò la testa. E che diamine, era una donna con degli
istinti anche lei! Eppure pareva che la sua bellezza non la toccasse
minimamente. Si passò una mano sulla guancia sinistra, sentendo appena i peli
della barba. Decise di tagliarli, e poi si vestì in fretta. Quando uscì dal
bagno Ichigo non aveva ancora finito la propria doccia,
così mise del latte nella ciotolina di Strawberry. Quando Ichigo uscì dal bagno la vide un po’ triste ed imbarazzata. Indossava
l’abito della sera prima, naturalmente, e forse era questa la causa del suo
imbarazzo.
-Forse era meglio andare a comprare dei vestiti…- disse lui.
-No no… tanto poi torno a casa, non c’è problema.- disse lei
squotendo il capo. Ryou annuì, dando un’ultima carezza alla gattina.
-Bisogno di qualcosa?- chiese.
-No, andiamo.- lei parve recuperare un po’ di sicurezza, e
così uscirono dal bell’appartamento. Zitti arrivarono all’automobile di
Shirogane, bellissima e piena di accessori. –Sai Shirogane, mi chiedevo se
veramente non avete ancora i risultati degli esami…- rimase zitta. –Non è che
mi state nascondendo qualcosa?- domandò trattenendo i il
respiro.
-Sono esami molto particolari e che richiedono del tempo.
Comunque i risultati dovrebbero essere arrivati questa mattina…- mentì. Voleva
che fosse Masaya a parlarle, oppure se il moro gli avesse domandato di fare al
suo posto allora sarebbe stato Ryou a dirle tutto. Sicuramente quella mattina
si sarebbe deciso il da farsi. Ichigo guardava la
strada. New York quella mattina era particolarmente tranquilla, questo perché
era domenica. Ryou guidava tranquillo, forse un po’ troppo spericolato, ma non
aveva il coraggio di guardarlo e rimproverarlo. Ogni suo movimento le metteva
una tensione che non riusciva a spiegarsi. E non riusciva nemmeno a dare una
spiegazione al fatto che da quando si era resa conto di quest’attrazione
incredibile nei suoi confronti, si sentiva più leggera. Come se fosse rimasta
là, latente per tanto tempo, e che ora fosse esplosa in maniera fastidiosa. Si
poggiò sullo schienale. Il silenzio regnava sovrano, ed
il rumore del suo respiro caldo e leggero le dava alla testa.
-Posso accendere l’auto-radio?- domandò. Ryou allungò una
mano raggiungendo quella di Ichigo che arrossì violentemente. Le fece poggiare
il dito su un tasto dell’auto-radio che lei premette con forza. Un CD regalato
da Smith al medico fece risuonare le note di “Everything” di Michael Bublè. Lei
si mise a canticchiarla, e parve stare meglio. Guardò l’ospedale in lontananza,
e si disse che non appena visto Masaya sicuramente tutti quei dubbi sarebbero
passati. Quando varcarono la soglia dell’ospedale un
sacco di persone prima si fermarono a guardare lei, poi salutarono con
riverenza Shirogane, il grande cardiologo. –Certo che sei famoso qui…- disse
lei.
-Sì, diciamo di sì.- si informarono
su dove fosse Masaya, e finalmente lo raggiunsero. Lo videro sdragliato sul
letto, in dosso una maglietta bianca e tanti fili attaccati al braccio. La
guardò con occhi stanchi entrare al fianco del medico. E la vide diversa. Bella
uguale, ma forse qualche dubbio stava sorgendo anche per lui.
Ciao a tutti! Spero che il capitolo sia stato di vostro
gradimento… e che non vi siate dimenticati della mia storia! Il prossimocapitolo arriverà
presto…
Ciao a tutti!! Questo capitolo è estremamente importante per
la storia che, mio mal grado, volge al termine. Spero che vi piacerà questo undicesimo
capitolo ^_^ e avviso che la canzone sotto citata non appartiene a me (magari!)
ma ai Negramaro. Vi consiglio di ascoltarla durante
la lettura del capitolo. I ringraziamenti sono al fondo del capitolo!
LET’S STAY HERE!
***
Cap.11: Il mostro
“Tu come aria in vena sei…”
Era strano. Strano guardarlo, strano vederlo parlare. Era
difficile poter capire cosa stesse pensando, o forse era lei che non voleva
capire. Gli sedeva al fianco. Osservava i suoi capelli corvini poggiati sul
cuscino bianco. Il contrasto era notevole e lei lo notò subito. Lo notò perché
evitava di guardarlo negli occhi. Benchè non gli
avesse fatto niente, benché non lo avesse tradito, sentiva di averlo fatto. Perchè adesso che era davanti a lui, attaccato a delle
flebo e bianco per la stanchezza e la pressione bassa, stava pensando a cosa
stesse facendo Shirogane. Pareva che la notte
trascorsa assieme a lui l’avesse svegliata da un sonno dentro al quale aveva
dormito tranquilla per lungo tempo. E questo la faceva soffrire, soffrire
perché si rendeva conto di essere un mostro. Sentì la mano di Aoyama accarezzare la propria. Alzò lo sguardo sul suo,
stranamente irrequieto. Gli occhi scuri della persona che per anni aveva amato
parevano un temporale che non aveva alcuna intenzione di arrestare la propria
carica. Ichigo ebbe l’impulso di abbassare le
palpebre e non riaprirle mai più, ma si rendeva conto che sarebbe stato un
gesto colmo di vigliaccheria. Così mantenne lo sguardo alto, ad accarezzare
quello tempestoso di lui.
-Credo sia arrivato il momento di parlare…- disse con la
voce bassa Aoyama. Ichigo
sospirò, quasi sapesse dentro di sé qual’era la verità terrificante che presto
avrebbe saputo.
-Dimmi.- proferì piano, quasi lui non la dovesse sentire. Masaya infatti potè intuire la
sua risposta dal movimento leggero delle labbra, e per questo si mise a
parlare, schiarendosi prima la voce.
-Credo che sia sbagliato che io continui a tenertelo
nascosto…- chiuse gli occhi, affranto. Automaticamente la bocca di Ichigo divenne asciutta, mentre una mano si stringeva forte
a pugno. Rimase zitta. Zitta, senza chiedergli di spiegarsi meglio. Zitta
perché in fondo sapeva cosa presto le labbra di MasayaAoyama, unico amore della sua vita, avrebbero detto.
–Ieri sera Shirogane-sama mi ha detto i risultati
degli esami.- altro sospiro. –Pare che la mia malattia sia completamente
incurabile.- il cuore di Ichigo parve fermarsi mentre
sentiva, piano piano, quelle parole. Subito le
lacrime le inondarono il viso e non riuscì a trattenere i singhiozzi che,
furiosi, volevano uscire dalle labbra. Aoyama
rimaneva impassibile di fronte a quella scena, continuando il proprio discorso.
–Ma… c’è un’operazione. Un’operazione che potrebbe permettermi di vivere… ma
c’è una possibilità di riuscita che non supera il 4%.- disse chiudendo gli
occhi. Ichigo aprì d’istinto i propri, guardandolo da
dietro le lacrime. Tirò su con il naso.
-Dobbiamo provare!- disse avvicinando il proprio corpo al
suo, tentando di abbracciarlo. Bagnò il petto nudo del giovane con le proprie
lacrime mentre lui rimaneva immobile, impassibile.
-No, non voglio.- sussurrò il ragazzo nell’orecchio della
sua amata. Le accarezzò una ciocca scura, mentre lei interrompeva
improvvisamente il proprio pianto.
-Come? Avevamo detto che le avremmo tentate tutte…- disse
scostandosi. Masaya chiuse nuovamente gli occhi, non
riuscendo a guardarla in viso mentre diceva una cosa simile.
-Lo so, ma mi sono reso conto che non riuscirei a reggere
nulla. Preferisco andarmene piano piano, poter
trascorrere più tempo possibile al tuo fianco e a quello dei miei genitori. Io
credo che dovremmo aspettare che mi dimettano questa sera, poi prenotare
l’aereo per Tokyo.- Ichigo non poteva credere ai
propri occhi. Vide davanti a sé tutte le due settimane che aveva trascorso
nella magica New York, tutte le esperienze… le speranze. Poi pensò a lui. Ryou. Ed il solo pensare che sarebbe andata via da lui le
fece prendere un groppo in gola. E si sentì ancora più un mostro. Con le
lacrime agli occhi fece di no con il capo, mossa da mille motivi per voler
tentare ancora.
-No, ti prego!- disse. Era la prima volta che cercava di
intervenire in maniera così convinta nei confronti di una decisione di Aoyama e questo tuttavia non stupì il giovane. Masaya infatti strinse le labbra, prendendole nuovamente la
mano.
-Ichigo-chan, io ti amo. Ma sette
anni fa abbiamo sfidato qualcosa più grande di noi. Il destino aveva fatto una
scelta: io dovevo morire, salvando così la Terra. Invece tu ti
sei sacrificata per me, e se non fosse stato per l’intervento dell’acqua mew a quest’ora tu non saresti certo qua.- serrò gli occhi,
non avendo alcuna fatica a trovare le parole. Erano gli occhi della sua
fidanzata a preoccuparlo, più di tutto il resto. –In questi mesi ho potuto
riflettere molto. Ho riflettuto su di me, su di noi. Ed ho capito che tutto ci
è contro. Inoltre la malattia a quanto pare si sta diramando anche al cervello,
e quindi questo vorrebbe dire una nuova operazione anche lì. Non ti sei chiesta
il perché del mio brutto comportamento quando sei uscita quella sera con Shirogane? Era stato il mio cervello malato a farmi dire
cose che, tu sai bene, non pensavo. Io credo che dovremmo accettare il destino
così com’è. Credo che dovrei ringraziare Kami per la
possibilità che mi ha dato di trascorrere 22 anni su questa Terra con genitori
fantastici, ma soprattutto lo ringrazio di avermi fatto incontrare te.- le strinse più forte la mano, osservandola
intensamente. Osservò le sue lacrime copiose. Osservò le sue labbra sottili
bagnate di sofferenza. Osservò il naso minuto. Osservò le sopracciglia scure.
Osservò la frangetta e quei capelli che, cavoli, quanto amava accarezzarli. E
sentì di aver fatto il discorso più sincero della sua vita. Ed Ichigo dentro di sé, sapeva bene che aveva ragione. Eppure
non riusciva a dirlo. Non riusciva a smettere di piangere e a dirgli che
avevano sconfitto DeepBlue
con tutta la sua forza, e lo avrebbero fatto anche questa volta. Ma nessuna
parola uscì dalle sue labbra. –Inoltre.- disse ancora Masaya
senza che alcuna lacrima gli solcasse il viso. –In queste settimane ho
riflettuto anche su un’altra cosa.- diede un rapido
sguardo alla porta chiusa. –E cioè sul fatto che io vivo per renderti felice.
Mi sono reso conto di averlo fatto, ma ho anche abbandonato la mia ipocrita
convinzione di essere l’unico a poterti rendere contenta e amante della vita.
In queste due settimane ho potuto vedere un uomo che ti guarda come se ci fossi
solo tu su questa Terra, che pende dalle tue labbra e lotta con se stesso per
non fartelo capire.- Ichigo intuì subito di chi si
trattasse, la possibilità infatti era solo una. Masaya
disse con un po’ di durezza quelle parole. –Ho avuto la presunzione di credere
di essere l’unico che avrebbe dato, manco a dirlo, la propria vita per renderti
felice. In realtà Shirogane credo che lo farebbe
tanto quanto me.- le lasciò la mano, togliendole poi
dal dito l’anello di fidanzamento. –Io credo che dovrei rispettare la tua vita.
Credo che dovrei completare il mio compito: renderti felice.-
-No…- una parola soffocata, leggera ed incredula. Le uscì
dalle labbra come un tonfo improvviso, che le aveva preso il cuore con
incredibile acutezza. Ichigo smise di piangere. Non
riusciva assolutamente a poter concepire un discorso simile, fatto però con
estrema logica e tranquillità. Non potè immaginare MasayaAoyama, ragazzo con il
quale stava da quasi dieci anni, invitarla ad amare il suo eterno rivale, un
uomo più bello, più ricco e più intelligente di lui. Non poteva credere che
avesse guardato oltre, dove lei non era stata in grado di vedere. Non potè credere che lui stava morendo, e che lei stava
pensando ad un altro. E si sentì piccola e stupida perché non era riuscita a
rendersi conto dei sentimenti di Shirogane ai quali
faceva ancora fatica a credere. Si sentì incredibilmente cattiva, perché
pensava ad una persona, quando l’uomo che diceva di amare tanto le annunciava
che presto sarebbe morto. E più di tutto si rese conto che purtroppo MasayaAoyama la conosceva più di
quanto conoscesse se stessa, e che forse doveva dare ascolto alle sue parole.
Tremante però fece di no con il capo. –Nessun’altro potrà mai rendermi felice…-
disse.
-No…- Aoyama scosse il capo. –Stai
mentendo…- aveva chiuso gli occhi. –E non sai quanto tutto questo mi faccia
male. Ichigo, vorrei essere io l’uomo che ti
accompagnerà all’altare, che costruirà una famiglia con te e svegliarmi alla
mattina con il tuo corpo sdragliato accanto al mio.
Ma qualcosa, o qualcuno, ha deciso che non è così. E ringrazio comunque Kami-sama, perché sono sicuro che tu starai bene anche con
lui… tanto quanto stai bene con me.- chiuse gli
occhi.
-Tu mi staresti dicendo chi amare…- disse lei stringendo i
pugni, un po’ adirata. Era arrabbiata perché non era stata in grado di
comprendersi, e più Masaya le diceva quelle parole,
più si rendeva conto che aveva ragione.
-No, ti sto dando il permesso di amarlo, è diverso.- sorrise
Aoyama. –L’amore è sacrificio. L’amore è volere il
bene dell’altra persona. E, cavoli Ichigo, io ti amo
alla follia.- le strinse per l’ennesima volta la mano,ma lei non ricambiò il gesto, abbandonando la
stanza pochi secondi dopo. Doveva trovare il modo di convincerlo ad operarsi, o
era sicura che non avrebbe mai e poi mai dormito la notte. Uscì in fretta e
furia dalla porta, chiudendola rumorosamente alle proprie spalle. Alzando lo
sguardo notò un camice bianco, e alzando ancora gli occhi vide quelli di Shirogane. Le labbra le si strinsero, non riuscendo poi a
trattenersi.
-Stronzo!- tuonò, fuggendo poi via su quelle scarpe scomode.
Shirogane non riuscì a capire a ciò che aveva
scatenato quell’assurdo comportamento in Ichigo, ma
in breve si rese conto: Aoyama doveva aver deciso di
dirle dell’operazione, e ora lei stava fuggendo via arrabbiata perché lui non
glie l’aveva detto prima. Sospirò, poi decise che le avrebbe parlato, nella
speranza che Ichigo lo perdonasse.
Correva per quel corridoio sconosciuto. Gli occhi bagnati di
lacrime mentre desiderava solo di trovare un’uscita da quel maledetto edificio.
Era tutto troppo bianco, troppo perfetto, troppo pieno di gente. E correndo si
scontrò con una figura. Ma invece di cadere a terra si sentì intrappolata tra
le sue braccia, stringendola forte.
-Credo che tu abbia un istinto particolare per scontrarti
con me.- disse Richard Smith sorridendo. Parlò piano piano, cercando di farsi capire da Ichigo
che per fortuna intuì.
-Sì…- disse lei senza avere la forza di controbattere
ancora.
-Ehi…- la scostò leggermente osservando i suoi occhi bagnati
di lacrime. Che succede?- disse. Ichigo pensò a ciò
che aveva fatto per lei Smith la sera prima, e decise di fidarsi. Non pensò più
di tanto alle difficoltà di lingua e dopo aver guardato l’uscita dell’ospedale he si trovava poco lontano la indicò, chiedendogli con lo
sguardo di uscire. Smith non se lo fece ripetere due volte: e con gli occhi
curiosi ed entrambe le mani in tasca la seguì senza esitare.
-Hai incontrato Ichigo?- chiese Masaya vedendo Shirogane entrare
in camera sua. Il biondo lo osservò per qualche istante, ancora scosso per il
precedente incontro con la rossina. Annuì.
-Sì, e da quel che posso aver intuito le hai detto
dell’operazione.- Masaya lo guardò dritto negli
occhi, più convinto di quanto il cardiologo potesse aspettarsi. Lo vide
diverso, quasi più maturo. Pareva che sulle sue spalle di ventiduenne vi fosse
una traccia ben più grande, di anni più lunghi, più pesanti di quelli che in
realtà poteva aver vissuto.
-Sì, le ho chiesto di farmi un piacere.- disse Masaya. –Shirogane-kun, mi
permetti di chiederti delle cose?- domandò il moro, osservandolo ancora. Ryou puntò lo sguardo sulla sedia posta accanto al letto
del moro, e senza farselo ripetere due volte vi si sedette. Aggiustò alla
meglio il camice bianco, poi puntò i propri occhi in quelli del suo eterno
rivale. Stava per avere una conversazione importantissima con il suo peggior
nemico. Colui che, seppur involontariamente, aveva distrutto la sua famiglia.
Colui che con semplici sguardi languidi aveva conquistato il cuore dell’unica
donna che RyouShirogane
avesse mai amato. E colui che ora avrebbe deciso del suo destino. –Ho appena
parlato con Ichigo, e non le ho solo detto della mia
decisione di non operarmi.- chiuse gli occhi Masaya.
–Le ho anche spiegato di una cosa che ora, con molta franchezza, spiegherò
anche a te.- era maturo Masaya.
Più maturo di quanto suggerissero i suoi lineamenti leggeri e la sua voce
ancora un po’ infantile. Ryou parve notarlo solo in
quel momento e sentì un dispiacere così grande che era sicuro di non aver mai
provato per quel giovane. Si passò una mano bianca sul pantalone scuro,
annuendo.
-Ti ascolto.- disse. La voce piatta, che non tradiva alcun
sentimento.
-Sai Shirogane, ti ho sempre invidiato.
Perché alla fine sei sempre riuscito a trattenere i tuoi sentimenti nei
confronti di Ichigo.- ridacchiò. –Già allora, all’età
di 13 anni, quando gravava su di me il peso della salvaguardia degli umani, mi
dicevo che se avessi avuto anche solo la metà della tua intelligenza e del tuo
autocontrollo, DeepBlue
non si sarebbe mai nemmeno mostrato. Ma non è stato così. Io quella forza, Shirogane, non c’è l’avevo. Io quell’autocontrollo non sono
mai riuscito a manifestarlo. E ora come ora ho capito che invece è arrivato il
mio turno.- sospirò. –Te la cedo. E non come si fa con un pacco postale, ma
come si fa per una persona alla quale si vuole bene. In queste due settimane
l’ho osservata tanto. Ho pensato più a lei che alla mia malattia e sono
arrivato alla conclusione che anni fa quel tuo autocontrollo con lei non ha
giocato a tuo favore. Non avevi avuto il coraggio di mostrarti con lei, con il
solo risultato che si è innamorata di me ancora prima di notare te.- arrossì appena nel dire quelle parole e per la prima
volta in quella conversazione uscì il Masaya giovane,
quello vero con la sua timidezza e la sua gentilezza. –Qui a New York ho visto
un’Ichigo che ti voleva bene. Stupita di fronte ai
tuoi occhi, ma così innamorata della nostra storia d’amore da non avere il
coraggio di ammettere tutto ciò a se stessa. So bene che non mi ha tradito con
te. Lo so perché la conosco e sono consapevole che non lo farebbe mai
soprattutto nelle mie attuali condizioni.- Shirogane
non sapeva come rispondere: il suo eterno rivale lo stava invitando ad amare la
sua fidanzata, un invito che sapeva tanto di supplica. Vide una lacrima
rotolare per guance olivastre di Masaya, una lacrima
così malinconica e sofferente che anche il cardiologo dovette trattenersi nel
scoppiare in singhiozzi. Perché di sentimenti, in quel momento, se ne stavano
mettendo in gioco fin troppi. –Ti prego Ryou-kun,
accetta di amarla. Accetta di compiere il mio compito: cioè quello di renderla
felice.- piangevaa dirotto l’ormai iovaneMasaya. Un giovane innamorato
della vita che forse non gli apparteneva, ma così forte da decidere di
interromperla, perché era giusto così.
-Lei non accetterà mai. Sì, io vorrei renderla felice, lo
ammetto, ma non credo che accetterà mai di avermi al suo fianco.- rispose Shirogane con molta franchezza. Non aveva la minima idea
della anche solo remota possibilità di un ripensamento di Ichigo
sulla sua storia d’amore con il moro. Masaya fece di
no con il capo, asciugandosi una lacrima.
-Ho pensato a tutto.- disse. –Le dirai che mi sono operato,
mentre io farò ritorno in Giappone. Uscirai per finta dalla sala operatoria e
le dirai che io non ce l’ho fatta.- terminò.
-Allora ti hanno detto quanto ti rimane…- disse sottovoce Shirogane.
-Sì, il Dottor Smith è una persona estremamente franca e…
sincera.- trattenne un sorriso gentile il buon Masaya,
mentre con lo sguardo diceva addio alla propria vita, ed alla bella Ichigo. Shirogane gli porse il
suo fazzoletto di stoffa, chiudendo gli occhi, per la prima volta con il volto
realmente sofferente. Uscì dalla stanza senza dire niente, ammettendo che in
realtà anche i gegni si possono sbagliare: aveva
sbagliato tutto di MasayaAoyama
capendo che in realtà era una delle persone più mature, speciali e buone che
avesse mai incontrato nella propria vita.
Ringrazio…
clow4093: ti ringrazio molto per il tuo fantastico commento e
come puoi vedere ho postato il prima che ho potuto! Purtroppo il cuore di Masaya non ha il destino che speravi per lui =( ma non sempre
le cose vanno come speriamo, soprattutto sulla salute. Spero che leggerai anche
il prossimo capitolo, e che questo vi sia piaciuto tanto quanto l’altro!
Kry333: mi fa veramente molto piacere che il personaggio di Richard
ti piaccia tanto ^_^ mi piace molto, e credo che lo inserirò anche in mie future
fan fiction. Comunque grazie per il commento e spero che ti piacerà anche questo!
rianforever: ecco cara, il capitolo
è arrivato prima che ho potuto! Ed il prossimo è già in fase di lavorazione ^^ (nonostante
questo devo pensare anche alle altre mie fic… o gli altri
lettori mi prenderanno a sberle!!) comunque come hai potuto notare Masaya appoggia i sentimenti e di Ichigo,
e di Ryou. Ho voluto renderlo buono come effettivamente
si mostra anche nel manga/anime ma molto meno rompi scatole ^_^ alla prossima!
ECA90: grazie mille =) spero che anche questo capitolo sia stato
di tuo gradimento!
La pioggia aveva smesso di cadere su New York. La macchina
ferma sotto casa sua, un mare di pensieri a storcergli l’animo.
-Shirogane, devi assolutamente
parlarle… è arrabbiata con te per un motivo troppo stupido!- gli aveva detto
Richard Smith quando lo aveva incontrato nel bel mezzo del corridoio
dell’ospedale, quella mattina stessa.
-E ti sembra un motivo stupido? Le ho tenuto nascosto che il
suo fidanzato aveva pochissime possibilità di guarigione!- aveva esclamato Shirogane aprendo la porta del proprio studio. Smith aveva
appeso il proprio camice dietro la porta, poi si era passato
una mano tra i capelli mori: finalmente il suo turno di cardiologo era finito…
ma ora iniziava per lui il turno da consulente matrimoniale. O da amico? Bè,
probabilmente non c’era molta differenza! Si era seduto di fronte al suo
migliore amico, poi lo aveva guardato con aria estremamente
seria, cosa alquanto strana per lui che girava il mondo con il suo sorrisino
strafottente sempre stampato in faccia.
-Ryou, non avevi altra scelta! Era
stato Masa coso a chiederti di stare zitto, e tu
dovevi rispettare la sua volontà… Ichigo sarà anche
la sua fidanzata, ma non è della sua vita che si parla!- l’uomo incrociò le
braccia soddisfatto, poi notò che il suo amico aveva alzato lo sguardo
assumendo un’aria indecifrabile.
-In primo luogo si chiama MasayaAoyama, e non Masa coso o Ayma.- s’interruppe per schiarirsi
la voce. –In secondo luogo… Smith, come diavolo fai a
sapere che Ichigo è arrabbiata?- Richard si grattò il
collo con aria tranquilla e disinteressata, poi si morse il labbro inferiore.
-Bè… si dà il caso…- si voltò
dalla parte opposta, fischiettando una canzoncina dei Queen, di quelle che
suonava in spiaggia anni prima assieme ai suoi amici del college.
-Hai parlato con Ichigo?- Ryou si alzò in piedi. Smith lo fissò con aria stupita, poi
portò le mani davanti alla faccia.
-Ehi amico, tranquillo!-
-Le hai detto qualcosa di me?- chiese Shirogane.
Richard era consapevole di non averlo mai visto così interessato ad un discorso come in quel momento e per un istante gli
venne addirittura voglia di aumentare la sua curiosità. Tuttavia voleva tanto
bene a Shirogane e per questo gli risparmiò, per
quella volta, l’attesa.
-Ma certo che no!-
-E che le hai detto?- chiese Shirogane
questa volta più tranquillo.
-Le ho detto semplicemente che le vuoi bene, e che di certo
non faresti mai nulla che le facesse del male.- aveva
incrociato le braccia, soddisfatto. Ryou portò una
mano a reggersi il mento, socchiudendo gli occhi.
-E lei?-
-Lei è rimasta zitta, in realtà forse non ha capito metà
delle mie parole. Sai, a parlare l’inglese è piuttosto brava, ma a capirlo ci mette un po’! Mi dovresti insegnare il giapponese entro il
vostro matrimonio.- aveva riso poi Smith pensando agli occhi grandi della
piccola ragazzina nipponica. E si immaginò il suo
migliore amico che la stringeva a sé, e si disse che però quella situazione era
proprio strana: lui era mille volte più bello di lei, ma era Ryou a inseguirla come se fosse miss universo. Sbuffò
dietro a quel pensiero, poi si alzò in piedi. –Va a casa sua, e parlale.-
-Starà preparando i bagagli…- Smith si voltò verso l’amico,
poi recuperò il camice bianco.
-Bè, io la valigia la preparo
nudo.-
-E allora?- chiese il biondo, incredulo.
-Magari la tua amichetta ha le mie stesse abitudini e ti
accoglierà in biancheria sexy!- aprì la porta.
-Smith!- e sparì.
Ryou guardò per l’ennesima volta
la scritta sullo schermo dell’autoradio: everything
di Michael Bublè suonava forse per la decima volta
quella sera. Da quanto era sotto casa di Ichigo?
Un’ora? Due? Non lo sapeva nemmeno lui e non aveva il coraggio di guardare
l’orologio.
Al diavolo.
Gli vennero in mente gli occhi di Masaya.
Gli venne in mente quel cielo scuro in tempesta, così innamorato di Ichigo da arrivare a pregare un altro di renderla felice perchè lui non ne era più in grado.
E lui?
Lui non riusciva nemmeno a scendere da una maledetta
macchina per andare a parlarle!
E solo in quell’istante, mentre balzava giù dalla Mercedes,
si rese conto che era sempre stata la sua paura
dell’amore a frenarlo. A non cercare di conquistare Ichigo
già sette anni prima, quando c’era la salvezza del mondo ad
unirli.
Per questo riuscì a premere il campanello. Per questo quando
Ichigo chiese in giapponese chi ci fosse di sotto Ryou le rispose sempre in giapponese.
-Sono Ryou.-
Ryou, solo lui.
Quello senza i suffissi formali, senza un cognome e senza
bugie.
Salì le scale a due a
due. E pensò che non le avrebbe mentito ancora. La trovò con i capelli legati e
una semplice tuta addosso. Il pantalone nero non mostrava alcuna forma, mentre
la cannottierina aderente mostrava le curve perfette
del suo busto di donna. Shirogane scacciò subito
dalla testa il proprio discorso fatto quella mattina con Smith e quando lei lo
invitò ad entrare con aria scocciata si disse che non
aveva la minima idea di cosa affermare. Ora che era là
-Hai bisogno?- chiese la giovane guardandolo. Ryou rimase fermo davanti alla porta, fissandola con aria
assente. Ichigo aveva gli occhi stanchi. Così stanchi
che il giovane quasi non li riconobbe.
Per lei era stata una grande sorpresa vederlo là. Era
convinta che Smith gli avesse parlato e gli avesse rivelato che lei era estremamente arrabbiata con lui. E da lì la giovane si era
convinta che tutti i rapporti fra lei e RyouShirogane si sarebbero conclusi.
Bè, in realtà lo sperava.
Perché da quando Masaya le aveva
fatto quel discorso su di lui la giovane non riusciva
più a chiudere gli occhi senza vedere il profilo perfetto del biondo.
E come biasimarla?
Erano giorni che non faceva altro che cercare di comandare
il suo cuore che la pregava di andare da RyouShirogane e baciarlo, baciarlo e
baciarlo. Ed ora che addirittura Masaya
le aveva dato praticamente il permesso di farlo, l’autocontrollo si stava
andando a fare un giro.
-Ho bisogno di parlarti.-Ryou si passò una mano tra i capelli, sentendoli bagnati
per via della pioggia. Quel gesto parve per Ichigoestremamente sexy e cercando di controllarsi dovette voltarsi
ed invitare il giovane a seguirla.
-Va bene, ma fa presto… sto preparando i bagagli. Appena Aoyama-kunverrà fatto uscire
dall’ospedale partiremo.- disse la giovane sedendosi sul divano del piccolo
appartamento che i due giapponesi avevano affittato per quel periodo a New
York. Shirogane, invece, si sedette sulla poltrona là
accanto, guardandola.
-Va bene.- tanto lui era bravo ad
essere sintetico. Sì, talmente sintetico che ora le parole che voleva dire si erano volatilizzate, lasciando un oceano bianco
dentro la sua testa. Diamine, voleva solo avvicinarsi a lei e stringerla!
Un tuono sovrastò il momento, facendo destare Ichigo. E RyouShirogane capì che tutto ciò che doveva fare era di non
cadere più nell’errore che aveva commesso sette anni prima, ovvero
non rivelarle i propri sentimenti.
Perché l’amore più lo rimandi, più scappa lontano.
Si alzò in piedi. Quasi barcollò, stordito dall’emozione. Ichigo alzò lo sguardo, stringendo le labbra. Lui le fece
un cenno con l’indice, invitandola ad alzarsi in piedi. Così fece la rossina, che solo pochi istanti dopo sentì su di sé il
profumo di Shirogane.
Un abbraccio.
Il gesto più semplice che potesse esistere. Ichigo sentì su di sé le forti braccia del giovane che la
circondavano, ed il fiato fresco che le accarezzava la
pelle.
-Non ho parole.- sussurrò il ragazzo, mentre il respiro di Ichigo gli accarezzava il petto. –Anzi, ne ho solo due.- un singhiozzo lo colse, ripensando ai sette anni di
solitudine passati a pensarla. Anni in cui non aveva fatto altro che
desiderarla con tutto se stesso, mentre lei era lontana, troppo lontana. –Tiamo.-
e scoppiò in lacrime. Lacrime così sincere che Ryouebbe così male, che quasi gli parve di morire.
“Se piove non senti dolore…”
E sperò che la giovane non sentisse ilsuo
pianto. Con l’ingenuità di un bambino credette che la
pioggia, la fuori, potesse nascondere quello sgorgare di lacrime, forse l’unico
pianto della sua vita dopo la morte dei suoi genitori.
Potè sentire distintamente il
brivido che aveva colto Ichigo dopo le sue parole. E dopo aver bagnato la sua bianca spalla con le proprie lacrime
decise di andare via. –Scusami.- sussurrò,
convinto che non avrebbe avuto nulla da dirgli. Per questo non la guardò
nemmeno in faccia prima di uscire dall’appartamento.
Corse per le scale. E quando quel torrente di pioggia lo
inondò nemmeno sentì il freddo. Gli occhi lucidi, l’mmore che finalmente gli era
scoppiato in petto come non era riuscito a fare negli ultimi dieci anni in cui Ichigo era entrata a far parte della sua vita.
Ti odio,Ichigo.
Tu, la mia rovina ma al contempo la mia
gioia più grande.
Tu, l’unico senso che ho trovato in quest’inutile e vuota
vita.
Tu, il mio tutto.
-Ryou!- un urlo per la strada. E
nonostante fosse convinto di averla solo immaginata, videIchigo sul ciglio del portone, le lacrime che
sgorgavano dai suoi occhi, confondendosi con l’acqua. Lo guardò bagnato e indifeso,
la faccia più sconvolta ed innamorata che avesse mai
avuto modo di vedere nella sua vita. –Let’s stay… here…- forse lesse il labbiale,
forse la sentì con quella sua voce dolce. Ryou seppe
solo che fece pochi passi per raggiungerla e la strinse forte a sé. Fu solo un
secondo dopo che Ichigo strinse forte la sua
maglietta e lo baciò con la foga e la voglia che solo l’amore sa imprimere
sulle labbra di due persone.
Fu la notte più bella dell’intera vita d’entrambi.
Corpi che si univano, labbra che si
cercavano, braccia strette e pelle a contatto. A Ryou
pareva di fare l’amore per la prima volta. E pensò di sognare mentre le sue
labbra le inondavano il ventre, il petto, il viso. Quando la vide godere, lei
ora donna, lei bella come un fiore si sentì per la prima volta un uomo, così
felice che quasi gli parve d’impazzire.
Il desiderio di una vita che si realizzava. Il senso di vuoto
che pian piano scompariva mentre la sentiva sempre più parte di sé. E quando
entrò in lei si disse che non c’era più null’altro che
avrebbe voluto vedere nella sua vita, perché il suo tutto lo aveva già
ottenuto.
Amore. Amore che è una droga. Amore che non si capisce.
Amore impazzito. Amore senza limiti. Amore improvviso. Voluto. Cercato. Amore
di una notte. Amore che ti cambia la vita. Amore di lei che entra e ti guarda
semplice. Amore di lui che la sfiorava con lo sguardo. Amore con i suoi capelli
rossi. Amore con le mani intrecciate. Amore che supera ostacoli. Limiti.
Peripezie. Amore che ti distrugge. Amore prepotente. Amore che poi diventa il
paradiso.
“Ehi Ichigo, vorrei che questo
momento non finisse mai. Prendere l’orologio del tempo e decidere che questa
notte non terminerà più. Fermare le ore, i minuti, i secondi.
Decidere che non serviranno più mattine con il profumo di caffè e docce fatte
di fretta per andare al lavoro. Vrrei realizzare un
tempo in cui ci si deve solo amare. In cui non ci si deve alzare da questo
letto. Un letto testimone della notte più bella che possa esistere. Ichigo, ti ho avuta con me. Ichigo, ti amo come nessuno ha mai fatto. Ed ora che il mio sogno di tutte le notti si è realizzato
sai che ti dico? Se un tempo che scorre domani ci
sarà, lo voglio trascorrere con te, oppure non chiedermi nemmeno di
svegliarmi.”
Ciao a tutti!! Il capitolo più
importante di tutta la fico_o
ehi, avevo le lacrime agli occhi mentre lo scrivevo! Mi sono molto affezionata
a questa fic… ve lo giuro! Spero che a commentare
saranno anche coloro che, fin’ora, hanno deciso di
rimanere nell’ombra. Vorrei sapere cosa vi sta trasmettendo la mia storia,
perché da quanto ho capito, è diventata un po’ parte anche di voi.
Dormiva. Il respiro regolare che si depositava sul cuscino
morbido, i lunghi capelli rossi sparsi e disordinati. Non sapeva più da quanto
tempo la stesse osservando. Gli occhi socchiusi, le labbra asciutte a chiedere
ancora un suo bacio.
Che belli erano i baci di Ichigo.
Ne accarezzava il ricordo minuto dopo minuto, secondo dopo
secondo, assaporando ancora una volta il ricordo del suo corpo, della
consistenza morbida e fresca della sua pelle sulla sua. Non era stato come
l’aveva immaginato: addirittura meglio. Non pensava che Ichigo
potesse nascondere, dietro quell’aria innocente, tanta passione e tanto ardore.
Un ardore che aveva riservato a lui e a lui soltanto. Ryou
s’appoggiò su di un fianco, poi prese a guardare la parete di fronte a sé.
L’armadio aveva un grosso specchio al posto dell’anta ed esso rifletteva la
loro immagine: due amanti. Ryou si chiese se non
sarebbero stati altro che questo, o se anche lei ricambiava i suoi sentimenti. Ichigo l’aveva stretto a sé. L’aveva baciato. Ci aveva
fatto l’amore. Però non gli aveva detto che ricambiava i suoi sentimenti. E il
giovane medico si chiese se quell’ardore, quella passione e il suo nome
sussurrato centinaia e centinaia di volte quella notte non poteva che essere
frutto di un capriccio di quella dea dai capelli rossi. Tornò con il capo sul
cuscino. Sapeva bene che quella risposta non l’avrebbe avuta tanto presto.
Gettò l’occhio sulla radio-sveglia là accanto. Le sei del mattino. Non dormiva
esattamente da 24 ore eppure non era stanco. Sorrise tra sé, dicendosi che era
naturale che non avesse sonno: aveva appena realizzato il suo più grande sogno!
E più di tutto, non si sentiva più solo. Da quando aveva poggiato quella sera
le labbra su quelle di Ichigo un dolce sentimento gli
aveva inondato l’animo, senza permettergli di poter dare spazio a sentimenti
negativi dentro di sé.
Era stato straordinario, bello.
Dalla camera affianco il giovane sentì il vibrare di un
cellulare. Cercando di non fare rumore scese dal letto, rinunciando a cercare
la biancheria che doveva essere sparsa da qualche parte. Nudo si avviò verso la
cucina dove la sera prima lui e Ichigo avevano
abbandonato i suoi pantaloni. Cavoli, con che impeto glie li aveva slacciati!
Tirò fuori dalla tasca il suo cellulare che stava lampeggiando con il nome di
“Smith”. Rispose.
-Pronto?-
-Shirogane! Un urgenza, devi
venire subito in ospedale…- Ryou sbuffò: ecco, si
tornava alla realtà.
-Che cosa è successo?- disse, guardandosi intorno per vedere
se, per caso, trovava la sua biancheria.
-Aoyama è stato male. Ed ora
sostiene di volersi operare… non ci capisco più niente!- Ryou
sbarrò gli occhi, non credendo davvero alle parole appena sentite: Aoyama era stato il primo a non volere quell’operazione! E Ryou pensò che la paura di morire porta veramente a fare di
tutto. Puntò gli occhi al soffitto, poi tornò alla realtà.
-Sto arrivando.- interruppe così la conversazione, poi si
vestì in fretta. Passò accanto ad Ichigo dormiente,
poi le diede un bacio a fior di labbra. E si disse che doveva comunque fare di
tutto per salvare Masaya, perché lei voleva così.
Perché quando si ama,
si farebbe di tutto per l’altra persona. Anche se quel “tutto” ti fa male,
tanto male.
New York la mattina presto conservava dentro di sé una punta
di malinconia che Ryou aveva sempre percepito
perfettamente. Gente mezza addormentata che andava a lavorare, barboni che
aprivano gli occhi agli angoli delle strade, infastiditi da quell’improvviso
raggio di sole, saracinesche che s’alzavano e puttane che smettevano di
lavorare. Era un’ora particolare per la città, che segnava il momento di
confine tra il giorno e la notte. Ryou poggiò il
gomito fuori dal finestrino, l’altra mano poggiata sul volante. Gli occhi
socchiusi e la preoccupazione che trasudava dalle sue membra. Aveva paura. E
sapeva bene che non l’avrebbe mai detto a nessuno. Quando raggiunse il suo
reparto, camice bianco in dosso, una miriade di infermieri e colleghi lo
inondò.
-Aspettate!- tuonò Smith sventolando la cartella clinica di MasayaAoyama.
-Vuole essere operato?- chiese Ryou
introducendosi nella camera del paziente accompagnato da Richard. Sapeva bene
che da quel momento non poteva fare altro che indossare le vesti di medico e
non di uomo innamorato della ragazza di MasayaAoyama, nonché suo paziente. Vide il ragazzo giapponese
attaccato ad una miriade di macchine, il viso pallido e gli occhi spenti.
-Voglio… voglio essere operato…- disse MasayaAoyama con un fil di voce, come se ogni parola
pronunciata fosse uno sforzo immane.
-Riflettici bene.- disse Ryou. Una
lacrima solcò il volto di Masaya, mentre i suoi
singhiozzi fuoriuscivano dalle labbra stanche.
-Io non voglio perderla… voglio… voglio tentarle tutte!- il
medico sapeva bene che stava parlando di Ichigo. E
per quanto si fosse imposto di indossare i panni di medico una morsa al cuore
non potè che coglierlo.
Senso di colpa.
Se Ichigo avesse assistito a
quella scena sicuramente non si sarebbe mai perdonata ciò che era successo
quella notte. Ma Ryou in quel momento non potè fare altro che accogliere la richiesta del suo
paziente.
-In queste condizioni le possibilità di riuscita sono ancora
più basse…- Masaya scosse il capo.
-Non m’importa.- Ryou si voltò
verso Smith che aveva una faccia incredula.
-Preparate la sala operatoria.- affermò Shirogane
poi uscì dalla camera. Smith lo seguì a ruota poggiandogli una mano sulla
spalla. Era sicuro che quell’aria assorta e ancora più taciturna di Ryou fosse dovuta alle condizioni di Masaya,
ma era sicuro che c’era dell’altro dietro.
-Dov’è Ichigo?-
domandò allora il medico americano osservando negli occhi il suo più grande
amico. Shirogane distolse lo sguardo, osservando
fuori dallo studio. Una miriade di infermieri e addetti ai lavori si muovevano
da una parte all’altra del corridoio per preparare in fretta e furia la sala
operatoria.
-Dorme… a casa sua.- Smith annuì tranquillo, poi
improvvisamente parve rendersi davvero conto di ciò che aveva sentito.
-Ah… cosa?- gli si mise davanti, lo sguardo acceso. –Tu e
lei… tu ed Ichigo…- quasi le lacrime gli raggiunsero
gli occhi, lacrime di contentezza. Shirogane non
disse nulla, si limitò ad annuire e poi si voltò dalla parte opposta.
-Andiamo, cerchiamo di salvargli la vita.-
La vita è ciò che di più importante abbiamo. Ciò che dà un
senso a tutto e quando trovi il significato della tua vita allora diventi la
persona più felice del mondo. Potresti subire qualunque sofferenza, però
faresti di tutto per riuscire a vivere solo per quel “qualcosa” che ti dà la
voglia di alzarti tutte le mattine, di camminare, di respirare. MasayaAoyama era sempre stato
una persona felice: perché a soli tredici anni aveva compreso il senso della
sua vita e quel “qualcosa” lo aveva avuto al suo fianco giorno dopo giorno.
Nonostante le delusioni, nonostante le sfide giornaliere Masaya
la mattina si alzava solo perché sapeva che avrebbe visto il sorriso di Ichigo. Vivere per un’altra persona è un qualcosa di
assolutamente avvolgente, straordinario. Vivere per ogni suo respiro, amarla
così tanto che preferiresti soffrire tu stesso piuttosto che vedere una lacrima
di dispiacere attraversarle il viso. E Masaya era
stato così male in quei mesi, perché era stato lui il motivo della tristezza di
Ichigo. Ma in quelle settimane la visione di Shirogane era stato per lui un’illuminazione. Tutti si
erano resi conto dei sentimenti del biondo nei confronti di Ichigo,
meno l’interessata. Accecata totalmente, cuore e mente, dall’amore che provava
per Masaya; non aveva notato nemmeno per un secondo
gli sguardi avvolgenti e innamorati di RyouShirogane, uno degli uomini più ricchi, affascinanti ed
intelligenti del pianeta. Ma Masaya quegli sguardi li
aveva percepiti perfettamente. Ne aveva compreso il significato ed aveva
imparato a rispettarli, perché Shirogane aveva avuto
rispetto per la sua storia con Ichigo rimanendo in
ombra. Per questo con uno sforzo immane aveva ordinato ad entrambi di essere
felici ed aveva deciso di sacrificarsi. Ma quando quella notte era stato così
male da non vedere più nulla e da sentirgli il petto scoppiare aveva lasciato
che la paura lo invadesse. Un sentimento umano dentro di lui che, in fondo,
umano non era. Aveva deciso che avrebbe tentato l’ultima spiaggia. Che se no
non si sarebbe mai perdonato, nemmeno all’altro mondo, di non averci provato.
Provato a rivedere ancora il suo sorriso, il sorriso di Ichigo.
Ma nonostante la bravura del suo medico Masaya
non c’è la fece. Si spense dopo ore interminabili di sala operatoria, facendosi
travolgere dal suo destino. Quando Shirogane uscì
dalla sala operatoria con la faccia sconvolta e il camice sporco di sangue Ichigo comprese subito dai suoi occhi qual’era stata la
fine di quello che non era più stato l’unico amore della sua vita. Gli occhi
già gonfi le si erano riempiti di lacrime e la giovane era svenuta, dopo aver
cacciato un urlo che aveva inondato l’intero reparto. Si era risvegliata sul
letto dell’ospedale, con un’infermiera gentile che provvedeva a lei.
-Non… non è successo vero?- aveva domandato tra sé,
osservando il vuoto. Quando notò gli occhi lucidi dell’infermiera gentile anche
i suoi le si riempirono di nuovo e scoppiò a piangere. Fu poco dopo che sentì i
passi di Shirogane. E quando aprì gli occhi e si rese
conto che il biondo era l’unica persona che aveva voluto in quel momento il
senso di colpa l’inondò tutta perché si era resa conto di amare profondamente RyouShirogane anche se quello
che aveva creduto l’unico amore della sua vita se n’era andato solo poche ore
prima.
-Shirogane-kun…- si lasciò cullare
dal suo abbraccio. Pianse per un tempo che nemmeno lei seppe definire con
precisione confondendo ore, minuti e secondi. Tremava dietro al pensiero che
non avrebbe mai più rivisto il suo Aoyama e che non
sarebbe mai più stata in grado di essere felice. Ed il fatto che lei stesse
meglio quando stringeva a sé Shirogane la faceva
stare ancora peggio.
Tornarono a casa di Ryou. E sempre
a casa di Ryou fecero l’amore per la seconda volta,
senza dire una parola. A Ryou il tutto parve freddo,
privo di sentimenti. Ma Ichigo voleva farlo ancora,
ancora ed ancora.
-Credo che dovremmo parlare.- le disse Ryou
ad un certo punto, il giorno dopo la morte di Masaya.
Ichigo era appena uscita dalla doccia, la faccia
triste ed un asciugamano avvolto intorno al corpo snello. Annuì tranquilla,
sedendosi sul letto dove aveva dormito assieme al biondo.
–So che è egoistico da parte mia, ma vorrei sapere… cosa
siamo noi.- disse il biondo ben convinto che non avrebbe mai fatto un discorso
simile con nessun’altra.
-Non lo so.- disse Ichigo sapendo bene di mentire. Avrebbe voluto dirgli che
non vedeva l’ora di abbandonare il passato alle spalle, di costruire una
famiglia assieme a lui e di vivere per sempre là, nella meravigliosa New York.
Voleva solo questo Ichigo ma i dieci anni passati al
fianco di MasayaAoyama la
frenavano.
-E’ una cosa grande… almeno da parte mia e nonostante la
situazione in cui ti trovi credo che dovresti rifletterci.- Ryou
chiuse gli occhi proferendo quelle parole, ben convinto che quel discorso non
sarebbe terminato molto bene. Ma il suo cuore aveva bisogno di parlarne perché
aveva un dolore fisico che lo attanagliava dentro, fino a sfinirlo.
-Perché pensi che da parte mia non sia grande? Pensi che io
finisca a letto tradendo il mio fidanzato con il primo che capita?- chiese lei,
indignata. Ryou rimase gelato dallo sguardo di Ichigo per la prima volta tagliente come una lama affilata.
-No, non dico questo.- chiuse gli occhi.
-Invece sì. So cosa pensi… lo so… che sono una poco di
buono.- e scoppiò a piangere. –Ryou, io ti amo… ti
amo con tutta me stessa… e mi sento un mostro da quando ti ho visto dopo la
morte di Masaya… e stavo bene tra le tue braccia
nonostante la perdita!- esclamò irata, manco fosse colpa di Ryou
tutto ciò che stava accadendo. Il giovane trattenne le lacrime, poi la strinse
a sé. Ma Ichigo ben presto si volle divincolare,
osservandolo con occhi pieni di lacrime.
-Credo che… credo che non dovremmo più vederci.- tirò su con
il naso. –I miei genitori mi hanno prenotato un volo subito dopo che hanno
saputo del lutto… e credo che lo prenderò.- prese i vestiti che erano sul letto
ed iniziò a vestirsi. Ryou immobile la osservava non
credendo a ciò che stava sentendo. Gli aveva detto una cosa bellissima, ma
subito dopo aveva distrutto tutti i suoi sogni. Possibile che la dolcezza e
l’amore di quelle ultime due notti fossero niente di fronte al senso di colpa?
Ma Ryou, ti sei innamorato
dell’essere più generoso sulla faccia della terra.
E ci aveva provato. Aveva provato a convincerla a restare,
ma Ichigo se n’era voluta andare. Avevano pianto
assieme in aereoporto. L’amore che provava per lui
l’aveva spinta a farsi abbracciare ancora una volta per respirare il suo
profumo e registrarne il ricordo dentro la testa. Sicura che ormai non lo
avrebbe più sentito né tanto meno visto.
“Amore dato, amore preso, amore mai reso… amore grande come
il tempo che non si è preso. Amore che ti guarda con quegli occhi qui di
fronte… sei tu”
(Tiziano Ferro-Il regalo più
grande)
E si ragazzi, questo era l’ultimo capitolo. Ringrazio tutti
voi, ma manca ancora l’epilogo e quindi non mi dilungo troppo. Si spiegheranno
un sacco di cose nell’epilogo per questo vi dico solo di leggere anche quello!!
Per ora vi chiedo di dirmi che ne pensate di quest’ultimo capitolo… che
emozione!!
Ringrazio…
-ValittaMomo: ma grazie mille!! Eh
il tempismo con i tuoni è veramente meraviglioso *_* che dire… anche io vorrei
continuarla all’infinito, ma le storie come hanno un inizio hanno anche una
fine… anche io avrei voluto leggere altri capitoli della tua meravigliosa!
Comunque spero che questo capitolo ti sia piaciuto quanto gli altri… e spero
che mi dirai la tua… baci baci!!
-ryanforever: ma che bello
ricevere tutti questi bei complimenti da te! Eh sì quel “Let’s
stay here” era azzeccato… studio questa scenada quando è nata la fic,
anche se inizialmente doveva dirglie lo quando erano
in casa di Ryou, ma per come si sonosvolti gli eventi della storia ho dovuto
lasciar perdere e cambiare… adoro le rivelazioni d’amore sotto la pioggia!! Bè che dire, spero che mi dirai la tua anche in questo
capitolo sicuramente meno positivo per la coppia RyouxIchigo.
-EKA90: ma grazie mille *_* spero che anche questo capitolo
ti sia piaciuto come l’altro e che leggerai l’epilogo!!
-kry333: bè il sorriso di Ryou penso e spero di averlo descritto abbastanza bene…
anche se vederlo nell’anime sicuramente è un’altra cosa!! Però l’importante è
che tra loro sia sbocciato l’amore… anche se in questo capitolo è già finito!
Però spero che seguirai comunque l’epilogo!
Scusa se ti chiamo per nome così, senza nemmeno chiederti il
permesso; ma ho deciso da sola che tu non avresti scosso la testa se non avessi
usato il cognome per cominciare questa lettera. In fondo a convincermi sono
stati i dieci anni che ci hanno legati indissolubilmente sin da quando eravamo
dei piccoli tredicenni inesperti di vita e d’amore. In realtà, ora che ci
penso, l’unica inesperta tra i due ero io: sempre impacciata, con la testa tra le
nuvole e sempre impegnata a sognare piuttosto che a fare qualcosa che avesse a
che fare con la vita vera. Forse è per questo che hai richiamato subito la mia
attenzione quando ti ho visto farti spazio all’interno della nostra scuola come
studente modello, ottimo giocatore di kempo e
interessato di argomenti difficili e poco attribuibili a ragazzini come
l’ecologia o la salvaguardia dell’ambiente. In realtà il vero motivo per cui mi
sono innamorata così di te non lo conosco, ma non me ne pento assolutamente. Ho
trascorso con te gli anni più belli che una ragazza possa vivere. Mi hai
insegnato tante cose, mi hai protetta mettendo in repentaglio la tua stessa
vita e abbiamo fatto progetti come due veri e propri adulti. Ma forse le
esperienze precoci, forse questo amore troppo grande per due tredicenni ci
hanno fatto dimenticare che, in fondo, eravamo solo due adolescenti.
Ragazzini.
Che hanno salvato il mondo, che hanno dovuto guardare in
faccia la morte e hanno avuto tra le mani il destino di troppe persone. Tra una
guerra piena di lacrime e tristezza e nato e cresciuto il nostro amore. E devo
essere sincera: i primi dubbi ho iniziato ad averli sin da allora. Quando ho
scoperto che eri DeepBlue
non ho guardato in faccia nessuno, tu eri MasayaAoyama, la persona che amavo e niente e nessuno avrebbe mai
distrutto il grandissimo amore che mi legava a te. Nemmeno la duplice identità
che dormiva nel tuo corpo. Sapevo che eri buono e da lì mi sono convinta che
era il destino a volere la nostra unione. Un destino che, a quanto pare, aveva
costruito la nostra storia come se fosse la più bella e perfetta del mondo:
pensaci, mai un litigio, sempre d’accordo in qualunque discorso, assecondavamo
ogni nostro capriccio, anche se l’unica ad averne ero io, ma soprattutto non avevamo
mai desiderio di stare con altre persone. Non ho mai desiderato, in questi
dieci anni, di posare le labbra su quelle di qualcun altro o di accarezzare la
pelle di un ragazzo che non fosse MasayaAoyama: il mio uomo e compagno.
Ti sei mai chiesto come fosse possibile?
Io un sacco di volte. Eppure notavo che per strada quando
passavano delle bellissime ragazze tu non avevi occhi che per me, quasi fossi
io l’unico essere di sesso femminile presente sulla faccia della Terra. Ma il
fatto che fossi immersa anche io in questa sorta d’incantesimo mi ha resa sorda
per un mucchio di tempo. Dieci anni, su per giù.
La pulce nell’orecchio me l’aveva messa un biondino che mi
aveva catapultata all’interno del progetto mew. Con
il passare del tempo, anche dopo la sua partenza per gli Stati Uniti, avevo
pensato a lui, come l’unico uomo che mi aveva distolto da te anche solo per
pochi istanti. E me ne sono convinta ancora di più quando sono approdata
assieme a te a New York e l’ho visto seduto alla scrivania. E stato in
quell’istante che ho capito un mucchio di cose.
Masaya, io non sono una veggente,
non ho tutte le risposte e non voglio nemmeno avere la presunzione di averle,
però sto imparando ad esplorare dentro al mio cuore ed ho capito cosa siamo
stati io e te e cos’è RyouShirogane
per me.
Ho compreso, con il nostro soggiorno di speranza a New York,
che tu eri un essere vivente che non avrebbe dovuto vivere sulla terra. Quando
nasciamo ognuno di noi ha un destino ben scritto fatto a volte di felicità, a
volte di tristezza. Quando hai iniziato a vivere qui, tra gli umani, ti è stato
dato un destino ben intrecciato al mio. Tu, essere perfetto, avevi con me un
amore perfetto, così come ti meritavi. Un amore “celeste” ben diverso da un
tipico amore umano fatto di difetti e litigi. Ecco doveentra in gioco Ryou:
io lo amo con tutta me stessa, ma di un amore ben diverso da quello che mi ha
legato a te per tanti anni. Il nostro amore, quello mio e tuo, così puro, così
gentile ed etereo voluto da un Dio, DeepBlue. Un amore che di umano ha ben poco e che, per mia
fortuna, mi ha vista protagonista per tanto tempo assieme a te. Ma un amore che
avrebbe dovuto cessare di esistere quando anche DeepBlue è morto e, forse, avrebbe dovuto trascinare anche te
già allora. Non sono cattiva, lo sai, ma vederti su quel letto d’ospedale per
me è stata un’agonia che va oltre il semplice dolore umano. Il mio cuore ha
cessato di battere esattamente quando anche il tuo si è fermato e la mia
esistenza, l’IchigoMomomiya
che conoscevi ed amavi è cambiata. Cambiata perché ha compreso qual è il legame
che la intrecciava indissolubilmente a RyouShirogane. Il nostro amore,
quello mio e di Ryou, è perfettamente umano: fatto di
litigi, incomprensioni, occhiate ad altre donne o uomini, progetti fattie rifatti ed un mucchio di urla che nemmeno
te ne fai un idea. Molto meno etereo e puro, ma contornato in continuazione di
passione bruciante e, come direbbe qualcuno, peccaminosa. Un amore anche
carnale, un’attrazione fisica molto più vicina a quella degli animali che a
quella di un Dio sommo come quello che ha occupato il tuo corpo.
Insomma, io e Ryou di celestiale
abbiamo ben poco.
Ma è lui la persona che avrei dovuto avere al mio fianco per
il resto della mia vita. Sono profondamente convinta che anche senza progetto mew io e lui ci saremmo incontrati ed avremmo dato vita a
quell’amore così strano ma, in fondo, profondamente perfetto.
Chissà se comprendi il mio discorso.
Ma penso che tu ci sia arrivato ancor prima di me quando hai
pregato sia me che Ryou di stare insieme. Lo ricordo
bene quel giorno, ma io non avevo voluto capire. Per questo ho ammesso i miei
sentimenti verso di lui ma, mangiata dal senso di colpa, sono fuggita via. Dopo
la tua morte sono andata a Tokyo per incominciare una nuova vita.
Ma senza Ryou non era più vita.
Ora ti scrivo come se fossi un mio amico di penna e non il
mio storico fidanzato, ma ti conosco e so che volevi tutto questo.
Quando ho vissuto per ben sei mesi a Tokyo lontana da Ryou il senso di colpa che avevo nei tuoi confronti e
l’amore bruciante che mi voleva vicina a lui mi stavano divorando. Ero
depressa, priva di ogni qualunque desiderio. Mangiavo perché dovevo mangiare,
respiravo perché dovevo respirare. Restare senza cibo o ossigeno per me non
faceva la minima differenza. Il vero cambiamento l’ho avuto esattamente un anno
fa. Era il 29 gennaio. Nevicava proprio come in questo momento, guardando fuori
ricordavo che da quattro giorni Ryou aveva compiuto
25 anni. La neve aveva ricoperto interamente il giardino di casa mia e nessuna
automobile osava percorrere le strade. Solo una richiamò la mia attenzione: i
fari accesi, i vetri lucidi. Non guardai all’interno perché non m’interessava,
ma il fatto che fosse una Mercedes come quella di Ryou
fece si che il cuore mi si stringesse nel petto. Con sommo stupore notai che la
vettura si era fermata esattamente di fronte casa mia. Vi era sceso un uomo
biondo, in dosso un lungo cappotto nero di pelle. Aguzzai lo sguardo e gli
occhi mi si riempirono di lacrime quando notai il suo sguardo. Non gli diedi
nemmeno il tempo di suonare al campanello perché avevo già aperto la porta di
casa. Era lì davanti, uno stupido mazzo di fiori in mano e in faccia tanta
voglia di ricominciare da capo. E solo una frase mi era venuta in mente in quel
momento:
-Ryou, let’s
stay here.- tutta quella sofferenza di quei mesi mi
aveva dato la possibilità di decidere subito cosa volevo: volevo un amore
imperfetto, pieno di litigi e bruciante passione con Ryou.
Ed ora l’ho ottenuto.
Sono perfettamente sicura che Ryou
ed io siamo fatti per stare insieme. E’ stato un destino meno etereo e
celestiale a volerlo, ma non potremmo mai vivere l’uno senza l’altra. Sai che
per tutti gli anni che ha vissuto a New York senza vederci non ha fatto altro
che pensare a me? Questo me l’ha riferito Richard Smith, quel medico così
strano che ora vuole imparare il giapponese. Sono due mesi che ha intrecciato
una relazione con quella giornalista dalle gambe lunghe come autostrade: Mary
Watson, se non sbaglio.
Ma ora forse è meglio che ti spieghi il senso di questa
lettera. In queste righe (scusa se mi sono dilungata!) ho cercato di spiegarti
ciò che ho provato, ciò che mi hai donato e ciò che desidero ora. E’ una
lettera di ringraziamento per tutto quello che hai saputo dare al mio cuore
riempiendolo più di quanto avrebbe fatto qualunque altra persona speciale.
Perché Masaya, nessuno è speciale come te.
Questo pomeriggio Ryou verrà a
prendermi con la sua auto e verremo a trovarti al cimitero. Sai, vengo almeno
una volta alla settimana. La lettera starà simbolicamente appoggiata dove
riposi tu, assieme a tutti quei fiori sempre rigogliosi e alla pianta che
abbiamo deciso di piantare in pieno accordo con i tuoi genitori. Ti comunico,
così, le mie nozze. Domani arriverò all’altare con Ryou.
Una cerimonia assolutamente intima, come voleva lui e come penso sia doveroso
fare per rispettarti. Poi partirò per New York. Ci sono tante vite che Ryou può salvare laggiù e tante cose che mi daranno la
possibilità di allontanare la mia mente da te.
Non per dimenticarti, assolutamente, ma per vivere più
serenamente la mia vita con Ryou.
Ti prometto, Masaya, che ti
penserò sempre. Che questa mia nuova vita e questo mio nuovo amore non ti
escluderanno mai, perché se sono quel che sono lo devo a te.
Grazie di tutto.
IchigoMomomiya.
“Capita a volte di conoscere una persona e subito diciamo ti
ci affezioni. Insomma, ti piace, ti prende. Ecco, questa va a te… […] capirai…
grazie di tutto…”
[OlliVincent-L’unica
fra tante]
Eh si il finale è quello che penso abbiate voluto tutte ma
mi sembrava doveroso dare una parte importante anche al povero Masaya che in questa fic ho
letteralmente torturato! Let’s stay here è finita e non posso fare altro che ringraziarvi uno
per uno. Vi ho sentiti tutti vicini, appassionati e sinceramente commossi di
fronte ad ogni capitolo di questa storia che fra poco compirà ben tre anni. Tra
l’altro è la prima long-fic che concludo su efp e per me questa è una gran cosa.
Ma non voglio dilungarmi troppo, perché sapete tutti quanto
vi voglio bene e quanto mi abbia fatto piacere ogni vostra critica o
considerazione bella o brutta che sia stata. Ringrazio quindi le fanciulle che
hanno commentato:
In fine ringrazio coloro che l’hanno inserita tra le
seguite:
ChibiRoby, clow4093, dubhe93,
ECA90, mini ichigo fine, Serenity_Moon,
Siby, _ire_.
E chi si è limitato a leggere nell’ombra!
Credo di aver terminato con i ringraziamenti! Come al solito
chiedo a tutti coloro che hanno seguito la mia storia di dire la loro, anche
chi non l’ha mai fatto… per me è molto importante! In anteprima vi dico che
potrei aggiungere dei capitoli esterni riguardanti i vari personaggi e momenti
che li hanno coinvolti da vicino durante la fic ma
che non sono stati descritti abbastanza per questioni di tempo e di trama.
Riguarderanno soprattutto personaggi secondari. Ma non le ho ancora scritte e
con il quinto anno di liceo non so quando le scriverò… questa era solo una
piccola anteprima!
Grazie ancora a tutti, e spero di ritrovarvi nelle mie
prossime fic. Un bacione grande, Ichi_chan.