Il Pentasecolare

di 4frg
(/viewuser.php?uid=103479)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - Nascita - Parte I ***
Capitolo 3: *** Capitolo I - Nascita - Parte II ***
Capitolo 4: *** Capitolo II - Risveglio - Parte Prima ***
Capitolo 5: *** Capitolo II - Risveglio - Parte Seconda ***
Capitolo 6: *** Capitolo III - Cambiato - Parte Prima ***
Capitolo 7: *** Capitolo III - Cambiato - Parte Seconda ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Prologo

 

Maledetto, maledetto, maledetto. Era un cavaliere maledetto…

Maledetto dal suo stesso padre al momento della nascita; maledetto dal suo servo fedele e in seguito suo più grande nemico; maledetto nell’amore. Costretto ad una esistenza errabonda e senza fine, nella morte alcun rifugio, nella vita tormento e dolore. Colpito durante il cammino di redenzione, obbligato a deviare dalla giusta via, abbandonato ad un triste destino dalle persone a lui care, portate via dall’impietoso scorrere del tempo, dagli inevitabili eventi della vita..

 

Cinque secoli erano passati, cinquecento lunghi anni, trascorsi a vagare per il mondo tra mille avventure da quando, in quel fatidico giorno, era stato ucciso e la sua saga ebbe inizio.

 

Ed ora, esattamente come quasi mezzo millennio prima, si trovava a cospetto dell’artefice di tutto, in quella stessa stanza dove aveva avuto inizio e forse finalmente avrebbe avuto termine la sua avventura..

<< E così, infine, sei riuscito a tornare. L’ora dell’epilogo sta dunque per scoccare? >> chiese l’uomo, seduto sullo scranno che un tempo era stato del cavaliere. Poi si alzò, lentamente, senza attendere la risposta e con fare tranquillo si diresse verso di lui.

<< Epilogo? Spero di si. Desidero che questa lunga storia si concluda. Naturalmente nel peggiore dei casi per te. >> rispose il cavaliere maledetto mentre, mano sulla spada e sguardo fermo, si preparava mentalmente.

 

Si fissarono a lungo, studiandosi attentamente, consci che un errore avrebbe significato la scomparsa entrambi, o l’oblio senza fine, cercando di capire quale sarebbe stata la prima mossa dell’avversario. Erano sguardi profondi, insicuri, tesi e minacciosi, nascondevano tenebre eppure erano uno specchio carico di promesse nascoste, di pensieri insidiosi, di domande irrisolte e risposte celate…

Un dubbio li colse, un attimo di esitazione, forse dovuto ad un ricordo passato o ad un pensiero improvviso, poi giunse il momento e scattarono, all’attacco, come ballerini aggraziati di un balletto preparato a lungo.

 

E lo scontro finale ebbe inizio.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo I - Nascita - Parte I ***


Capitolo I - Nascita - Parte prima

Capitolo I

Nascita

 

“Ei nacque nei secoli futuri

carico dei mali che recherà,

sventura nel suo destino;

solo pochi lo benediranno

illuminando la sua vita,

speranza di redenzione

in essi dovrà credere.”

Frammento della “Tavola dei Destini”      

 

   

 

 

Le origini delle sue tristi vicende, quelle del cavaliere maledetto, ebbero inizio la sera del tredicesimo giorno del terzo mese nell’ottantaseiesimo anno dell’Era Metallica (ridefinita in seguito Epoca Nera), in una casa solitaria ai margini di un bosco, quando una vecchia strega e uno strano uomo si incontrarono.

La vecchia catapecchia, una semplice casa di legno, pietra e paglia, sembrava reggersi in piedi solo per miracolo; le pareti erano così ricoperte di piante, che a malapena si intravedeva il muro e l’intonaco cadeva a pezzi per colpa della muffa. La porta, in legno massiccio, era l’unica cosa che appariva ancora in buone condizioni; incassata nella facciata della casa sembrava una bocca aperta e sdentata in attesa di ingoiare gli strani e coraggiosi visitatori che osavano oltrepassarla.

Una volta varcata la soglia ci si trovava subito nell’ambiente principale, illuminato solo dal semplice fuoco del camino, la cui luce gettava lugubri ombre sui già mostruosi contenuti dei barattoli e delle misteriose attrezzature della strega; collane di fiori secchi ed erbe appassite ammorbavano la calda aria dell’ambiente, rendendo ancora più opprimente la misera stanza.

<< Allora, vostra Maestà, siete soddisfatto del  mio incantesimo? >> chiese la vecchia, togliendosi ciocche untuose di capelli bianchi, che continuando a spostarsi nascondevano un viso martoriato dall’età e da qualche altra cosa, di cui era meglio non sapere.

<< Abbastanza Maestra Gea, abbastanza. >> rispose l’uomo, distogliendo lo sguardo. Disgustato dal viso decrepito e rugoso dell’anziana megera sperava di concludere al più presto la tediosa discussione.

<< Sono stato ben lieto di accertare che la maledizione assoggetta completamente la volontà del cavallo, e lo renda al contempo anche più violento. In effetti è stato un risultato che va al di la della mia immaginazione e ciò renderà più temibile il mio esercito. >>fece una pausa, in cerca delle giuste parole, soppesando quanto poteva dire.

<< Tuttavia, mi chiedevo se è possibile sottoporre un soggetto ben diverso a tale maleficio. >> era ancora dubbioso su quanto dovesse rivelare.

<< E a cosa state mirando? Un bue? Un toro? Un lupo forse? Vi garantisco che funzionerà perfettamente e avrete un esercito di bestie al vostro servizio. >> il tono di voce si era fatto curioso, e la vecchia guardava con attenzione negli occhi del re.

<< Ecco, io pensavo ad una persona, invero… >> si fermò in attesa.

<< Cosa?! Ma vi rendete conto di cosa chiedete? E’ già abbastanza mostruoso rivolgere un tale incantesimo su una bestia, ma su una persona! Si rischia di ucciderlo se non di annullare completamente la sua esistenza stessa!

<< Mi rincresce vostra Maestà, ma in questo caso vi prego di restituirmi la pergamena e di dimenticare l’esistenza di questo incantesimo. >>

<< Voi non capite! Con questa maledizione potrò creare il guerriero perfetto, l’uomo più forte ed egli ubbidirà solo a me… Sarà sangue, carne e anima legato a me e… >> si interruppe, rendendosi contro di essersi spinto troppo in la, preso dalla sua fantasia. Guardò la donna con sospetto, muovendo lentamente una mano verso la propria schiena.

<< Non so chi avete in mente, ma non posso permettervelo. Datemi la pergamena ora! >> disse Gea tendendo la mano verso il re.

<< Avevate ragione, stavo delirando… eccovi la pergamena. >> e porse il sottile rotolo verso la mano della vecchia.

Ma, mentre essa si apprestava a prendere il foglio, il re, con un rapido gesto, le piantò un pugnale nello stomaco.

Nel tempo in cui la guardò accasciarsi, nessuno sentimento passò nella gelida mente dell’uomo, eppure la vecchia riuscì a scorgere nei suoi occhi il vago riflesso nascosto della pura pazzia.

E finalmente comprese qual era il piano dell’uomo, quanto fosse terribile e folle la sua ambizione: la sconvolgente verità le crollò addosso, come un immenso muro, schiacciandola ancor di più della sua imminente morte. Doveva avvertirla, doveva avvertire la regina, in qualsiasi modo e a qualsiasi prezzo.

Mentre la verità si dipanava davanti agli occhi della vecchia, il re si accertò che non fossero presenti altre persone nella casa, quindi ne uscì e ne chiuse tutte le porte. Poi ordinò alle sue guardie di incendiarla, e di controllare che nessuno ne uscisse o entrasse, avvisandolo di eventuali individui o conoscenti in cerca della vecchia.

continua... (per questioni di assenza-vacanze il prossimo capitolo potrebbe uscire ad Agosto)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo I - Nascita - Parte II ***


Capitolo I - Nascita - Parte 2

Mentre le prime fiamme incominciavano a lambire le stanze, Gea si trascinò a fatica verso uno scaffale, fece scattare un interruttore e aprì un passaggio segreto, dal quale ne uscì rapido un giovane preoccupato.

<< Maestra! >> urlò il ragazzo, poco più che decenne. << Non preoccupatevi. Adesso vi porto in salvo. >>

<< Ormai per me c’è poco da fare. Stanotte una più importante vita bisogna salvare. Devi andare subito dalla regina, avvertirla del pericolo che corre, deve sapere il piano del re. Ella deve vivere, poiché è la sola luce in questo regno di sangue. >> alzò lo sguardo e imprecò:

<< Maledetti i miei occhi per non aver capito, maledetta me stessa per non aver inteso. >>

<< Oh maestra, non dite così. >>le si avvicinò cercando di sollevarla.

<< No! Ti prego no… >>  rispose lei, riappoggiandosi alla parete. Tremava e sentiva stranamente freddo, nonostante le fiamme si stessero avvicinando.

<< Va! Avverti la regina, riferiscigli ciò che hai sentito, saprà cosa fare, è stata mia allieva. Speriamo in Phatos, che la dea la assista. >> e con le ultime forze lo spinse nel passaggio, chiudendolo col proprio corpo.

Osservando le fiamme danzare sulle superfici degli scaffali non poté far altro che ammirare il terribile spettacolo della distruzione, immagini di rara bellezza che solo chi sta per morire può vedere. Con in mente un solo pensiero, la speranza che il messaggio arrivasse alla regina, rimase immobile, in attesa, fino a quando una trave non le crollò addosso e Gea non ci fu più.

 

*****

 

“ Presto ” pensò Mennor, mentre correva a perdifiato lungo il tunnel segreto.“ Presto ” era ormai l’unico pensiero che lo spingeva ad andare avanti. Nel tetro corridoio poteva udire il forte pulsare del suo cuore, un ritmo martellante coperto a tratti dal suo ansimare senza sosta, una ricerca d’aria che non arrivava. Era solo. La maestra non c’era più. Lacrime incominciarono a rigargli il viso.

Minuti trascorrevano silenziosi, tempo tiranno che lo spingeva a tirare fuori tutta l’energia che aveva, per arrivare alla fine del condotto. Li lo attendeva una porta, nascosta dietro uno specchio, che usciva in uno dei tanti corridoi del castello reale. Uscì fuori per poi scomparire in un altro passaggio, dietro una tenda; un ultima corsa,un attimo di riposo per riprendere fiato e poi, scostato un altro finto specchio, entrò nella camera della regina, dirigendosi vero l’immenso letto a baldacchino che troneggiava al centro della stanza.

 

I grandi drappi rossi risaltavano il flebile volto della donna, bianco come le ossa in mezzo al sangue. Le continue contrazioni scavavano dolore nel suo viso, coperto da capelli neri come la pece e bagnati dal sudore, ed occhi neri come la notte fissavano il proprio ventre ingravidato, in attesa del fatidico momento.

La giovine donna doveva essere stata un fiore di rara bellezza in passato, ma ora appariva uno straccio in mezzo alla seta. La sfiorita bellezza emergeva ancora quando, con un tenero gesto, accarezzava il proprio ventre e pensava alla nuova vita che portava. Non era ancora conscia dei pericoli che lentamente strisciavano verso di lei, già così provata, così stanca e indebolita. Mennor avrebbe volentieri evitato di portare le disgraziate notizie, ma per il suo bene doveva farlo.

Gli occhi stanchi di lei si posarono sul ragazzo, sorpresi dell’apparizione improvvisa di una persona in mezzo alla stanza.

Riconosciutolo fece segno di avvicinarsi, poiché poco era il fiato in corpo.

<< Nobile Regina, voi siete in pericolo! >> esclamò Mennor.<< Mi ha mandato Gea per avvertirvi.

<< Il re, vostro marito, ha intenzione di usare una Maledizione della Maestra su vostro figlio. >> il suo sguardo vagava tra le ombre della stanza mentre riassumeva quello che era successo.<< Ella è morta, il re l’ha uccisa a tradimento e ora vuole venire qua a prendere anche la vostra vita. Io non so che fare, mi sento perduto, perduto ed inutile. >> concluse, poi incominciò a piangere.

Il caldo abbraccio della regina lo riscosse, cinto al petto della donna si sentì pervadere da una nuova forze e si calmò.

<< Non preoccuparti, ora mi hai avvertito, mi hai dato una speranza, anche se questa esigerà molto, e quello che hai fatto non è inutile. >>

Lo guardò negli occhi e disse:

<< Ho un immenso favore da chiederti: qualunque cosa vedrai, qualunque cosa succederà non dovrai intervenire in alcun modo, te ne prego. Molte vite si perdono e la tua non ha ancora finito il suo cammino. Inoltre ti devo ordinare un grosso sacrificio: veglia su mio figlio, seguilo, perché le vie che prenderà potranno essere sbagliate, ma non dovrà mai perdersi completamente. Sii la sua guida. >> la sua voce era debole e tremante, eppure in essa c’era un tono rassicurante.

Mennor riprese a piangere, aveva compreso cosa sarebbe accaduto e si sentiva nuovamente inutile, un guscio vuoto in balia delle correnti che portavano dolore e solitudine. Ancora una volta il calore della regina, che gli aveva posato una mano sul capo, gli ridiede la volontà di andare avanti.

<< Non sarà per vostro ordine che io lo proteggerò, lo farò perché due volte non ho potuto salvare una persona cara, lo farò perché vi devo molto e perché io lo desidero. >> fu consapevole delle sue scelte, nonostante aleggiasse ancora in lui lo spirito dello sconforto.

Poi giunsero dei rumori di passi in avvicinamento e corse a nascondersi dietro lo specchio, in attesa di un destino che non avrebbe potuto cambiare, in attesa che la falce della morte si prendesse un’altra vita.

                                                                          *****

Finalmente avrebbe avuto la sua rivincita, finalmente si sarebbe ripreso ciò che gli spettava e che gli era stato sottratto con l’inganno. Finalmente avrebbe avuto il controllo sul proprio figlio, il secondo, dopo che il primo si era dimostrato un inutile letterato, amante dei libri e della filosofia. “Quali inutili attività, e che disgrazia di uomo”si trovò momentaneamente a pensare. Questo nuovo figlio lo avrebbe trasformato in un guerriero forte e controllabile.

<< Si finalmente Solana non partorirà un inutile burattino nelle sue mani, ma pagherà con la vita la sua insolenza! >> più parlava tra se e se e più si convinceva nella sua follia. La pergamena nella sua mano gli dava quella sicurezza. La sua stessa forza gli dava sicurezza.

Con la morte della Regina, sua moglie, la bramosia di conquistare, l’avere quella macchina da guerra tanto desiderata, il suo grande desiderio si sarebbe realizzato.

Quasi trasalì quando si trovò di fronte alla camera da letto della moglie. Non aveva nessuna incertezza, nei suoi occhi non c’era alcun pentimento, nessun segno di ripensamento, solo una tenue luce, requiescenza della pazzia nascosta della sua mente. Entrò.

 

Sul letto c’era lei, quella malefica donna che lo aveva irretito tempo fa, lusingandolo d’amore, ammaliandolo con la sua bellezza e cancellando in lui la sete di potere, la strega che l’aveva incatenato all’inattività, al passivo scorrere del tempo di una vita serena. Disgrazia!

Era in preda alle contrazioni e gli spasmi di dolore sulla sua faccia lo inebriavano. Assaporava ogni suo grido di dolore, era come la prima volta che aveva ucciso, l’estasi assoluta. Si avvicinò e la guardò dritta negli occhi, dove vi lesse solo un atteggiamento di sfida, nessuna paura, nessun odio.

Oltre a lui era presente solo la levatrice, ma lei non contava, sarebbe sparita presto.

Srotolò la pergamena, facendone fluire la magia dalle righe incantate, tessendone le trame, catene invisibili che lo legarono alla regina, invisibili eppur indissolubili.

<< Siete pronta a restituirmi quello che mi dovete, mia Regina? >> chiese con tono imperioso.

<< Voi volete prendervi la mia vita, e quella di nostro figlio, ma non sarà facile come credete. >> la flebile voce lo scosse.

Una debole reazione di contrasto incominciava a provenire da lei, la magia rallentava e lentamente si fermò. Fu sorpreso dalla forza del tentativo, ma lo aveva previsto e cominciò a concentrare le sue energie.

Pian piano i fili che tramite la pergamena lo legavano alla regina ripresero il cammino, dirigendosi verso il suo ventre, fulcro di tutto.

 

Come aveva temuto, la regina, non riusciva a vincere la sfida, sarebbe morta come prezzo per la riuscita del piano del re: in cambio della sua vita egli avrebbe avuto il controllo del bimbo e ne avrebbe accresciuto le energie, magiche e vitali. Sapeva che la fine era prossima, ma non si sarebbe arresa invano: aveva in serbo un ultima carta, una scommessa col destino.

Pregò la dea Pathos, perché la sorreggesse e l’aiutasse, quindi con le ultime energie evocò l’ultimo potere rimasto e, con un pensiero al felice passato con il re, si lasciò andare.

 

“E’ morta! Finalmente quella tessitrice di inganni è morta.” pensò. Aveva realizzato la maledizione, ed ora, quel misero bimbo imbrattato di sangue, sarebbe divenuto il suo strumento, la sua macchina da guerra. Stava piangendo, una gioia incredibile.

<< Benvenuto figlio di Abikay, re di Skaeer, tu sarai Kaynes, Kay da tuo padre e Nes come potente. Benvenuto mio nuovo guerriero, il cui destino sarà da me disegnato. >> e battezzò l’infante col sangue della madre.

In quella sera di dolore, mentre lo sconforto serpeggiava tra i servitori alla notizia della morte della regina, una risata tenebrosa risuonava tra i tetri corridoi del castello.

continua... (per questioni di assenza-vacanze il prossimo capitolo potrebbe uscire ad Agosto)

mi scuso per la "cortezza" del capitolo precendente, sono ancora alle prime armi

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo II - Risveglio - Parte Prima ***


Capitolo II - Risveglio - Parte Prima

 

 

Capitolo II

Risveglio

 

“Intorno all’anno 96 il Regno di Skaeer raggiunse uno dei punti più alti

della sua espansione, inglobando i piccoli regni vicini dopo innumerevoli e

sanguinose battaglie. Dai pochi sopravvissuti ai cruenti scontri giungevano

voci terribili: soldati a cavallo di grossi lupo grigi, comandati da un giovane su un lupo nero.

Pare che questi plotoni fossero tra i più pericolosi e crudeli, poiché dilaniavano con

immensa ferocia tutti i nemici sul proprio cammino. Molte furono le vittime di tale squadra.”

Tratto dal “Libro delle Guerre”, biblioteca reale di Gerbentrudia

 

L’influenza della maledizione sulla crescita del piccolo Kaynes fu subito evidente: a soli 3 mesi già pronunciava le prime parole, a 6 mesi sapeva già camminare, ad un 1 anno parlava tranquillo e coerente, a 2 mangiava già con le posate e a 3 iniziò ad apprendere i rudimenti del combattimento.

Sotto l’occhio attento del padre, che ne seguiva attentamente l’addestramento, si allenava e si temprava per diventare il combattente più forte; il re comunque continuava a mandare impulsi mentali perché rimanesse sotto il suo controllo e aumentasse il desiderio combattivo, anche se questo provocava in lui un certo spossamento: da quando aveva lanciato la maledizione si sentiva come se qualcosa gli togliesse un po’ di energie, ma siccome non lo provava molto non se ne preoccupava.

Ma non solo gli occhi del re ne seguivano la crescita: altre due persone valutavano il percorso del giovane principe.

Primo tra i due, inconsapevoli l’uno dell’altro, era il fratello maggiore Abyel, di dieci anni più grande, primo figlio di Solana e considerato pecora nera dal padre, data la sua passione per la cultura più che per il combattimento.

Anzi era proprio negato per la lotta in generale, perché amava discorrere di filosofia, studiare e capire il mondo, cosa che non gli era stata concessa fino alla nascita del fratello. Ancora piangeva la morte della madre, perita nel dare alla luce quel fratello-marionetta: anche per lui versava lacrime nella notte, quasi consapevole del triste destino che gravava sulle sue spalle.

L’altra persona che lo seguiva, più attentamente, era Mennor, l’ex-apprendista della strega Gea, che per rispettare le ultime volontà della regina si era sottoposto ad allenamenti durissimi pur di diventare soldato del re. Rinunciando alla sua adolescenza, combattendo lo sconforto e  resistendo alle angherie dei suoi superiori, continuò temprarsi e a lottare fino a divenire infine Capitano della Guardia Personale del principe.

Così lo accompagnava sempre, quando partivano alla conquista di un nuovo regno, durante gli scontri nemici o quando cavalcava il grosso Lupo Nero, a capo del plotone dei Lupi Grigi. In quei frangenti erano seguiti anche dal fratello, costretto dal padre nella assurda speranza che si convertisse allo spirito combattivo.

Gli anni passavano, le guerre si susseguivano e il sangue si versava, vite venivano stroncate e persone diventavano schiavi, il regno allargava le sue grinfie e il destino preparava le sue carte.

 

*****

 

Giunse l’anno 102, e con esso il sedicesimo compleanno di Kaynes, età che avrebbe segnato il suo ingresso nell’età adulta. Il re decise che, quale miglior regalo, la conquista di un nuovo regno avrebbe celebrato degnamente l’evento, pertanto, circa una settimana prima dell’attesa data, partirono in guerra contro il vicino reame di Qanat.

La mattina presto una lunga colonna di soldati si avviò in marcia: il re, i due principi e la guardia reale, Mennor compreso, cavalcavano in testa, seguiti da circa diecimila tra fanti e cavalleria; nelle retrovie i carri con le provviste e le tende chiudevano la fila. Per un giorno intero marciarono, arrivando ai confini del regno dove finalmente sostarono. Seguirono altri due giorni di marcia per arrivare alla piana di Palnakia, luogo in cui, secondo gli esploratori, l’esercito nemico avrebbe dato loro battaglia. Quando finalmente vi giunsero, all’alba, si prepararono a montare il campo.

La piana di Palnakia era un immensa prateria leggermente in discesa, quasi completamente libera da fosse o ripari per tutta la sua lunghezza, come un immenso lenzuolo verde, disteso ad asciugare al sole. Dalla cima della prateria si riusciva a scorgere a sud il lontano villaggio di Palnak, situato vicino alla rive dell’unico affluente del fiume, il Rio Par. Unica sporgenza era un dosso largo quindici metri e altro tre, che nascondeva in parte il sentiero per le vicine colline a sud-est e veniva chiamato “Incudine” proprio per la sua somiglianza all’oggetto da cui prendeva il nome. Ad ovest era completamente circondata dal Bosco di Garuf, i cui confini partivano dal villaggio e arrivavano fino all’inizio della piana a nord, costeggiandola come un muro: all’interno del bosco scorreva il grande fiume Garrad, unico sentiero percorribile per attraversare in modo sicuro la boscaglia, dove secondo alcune voci, vivevano strane creature. Infine, ad est, le basse colline di Carag potevano nascondere qualche insidia, ma il fosso profondo che ne seguiva eliminava ogni possibile ritirata sicura. A nord, c’era la Grande Via, una delle lunghe strade commerciali e unico collegamento tra i vari paesi.

La capitale del regno, la celebre città di Quasar, famosa per i grandi pittori che ospitava, si trovava oltre la piana, ad oltre un giorno di marcia, ma tutti sapevano che il punto migliore per uno scontro era lì, nella vasta distesa d’erba.

 

<< Mio signore Abikay, siamo giunti in prossimità della piana. Stiamo aspettando le sue disposizioni per la costruzione del campo e quelle strategiche. >>fece uno dei tanti capitani e altri generali, tra cui Mennor, che si erano riuniti vicino al re, in attesa di ordini.

<< Fate montare il campo verso la parte medio centrale della piana, più vicino al Bosco di Garuf, in modo che sia ben visibile dal villaggio e abbastanza vicino alle colline. Voglio anche una palizzata che lo circondi completamente, anche se può coprirci la visuale. Inoltre voglio che un messaggero raggiunga le truppe rimaste indietro e le faccia deviare a ovest. >> rispose.

<< Ma maestà, con tutto il rispetto, è una pazzia immane! Le colline ad est, seppur precedute da un fosso, ci lasciano completamente scoperti da quel lato. Inoltre stare così lontani dalla via a nord potrebbe essere rischioso, dato che il Bosco non ci darebbe nessuna via di fuga. E perché lasciare indietro quasi quattromila fanti? >> disse uno dei generali.

<< Non vi preoccupate di questo, miei generali. Se avrete la pazienza di ascoltare vi illustrerò il resto del mio piano, e voglio sperare che voi e i vostri soldati lo seguiate attentamente: chi dovesse malauguratamente disobbedire verrà passato alle armi. Vi ricordo che se siamo arrivati a questo punto è soprattutto grazie alle mie geniali strategie e al mio fedele figlio. Ma ora basta indugiare, ci aspetta una dura battaglia, e fremo dalla voglia di combattere. >> si erse in tutta la sua altezza, emanando un’aura di timore e spiegò infine la sua strategia.

 

“Pazzesco.” pensò Mennor “Incredibilmente pazzesco. Nonostante io veda in lui il riflesso della pazzia, non si può che lodare la sua mente strategica” mentre ascoltava sorpreso il piano del re. Poi si riprese e si affrettò a dare gli ordini relativi ai suoi sottoposti. Quella notte non sarebbe stata tranquilla. Di sicuro!

 

*****

 

“Idioti! Stupidi e pazzi…” pensò il comandante Seka mentre osservava l’accampamento nemico. “Come possono montare un campo in tale posizione? Sarà vero che il loro re è folle allora. Anche se mi chiedo come possa aver vinto tante battaglie.” Si girò e tornò verso il suo campo, situato oltre il fosso dietro le colline. L’esercito Skaeeriano non lo sapeva, ma i Qanatiani avevano da tempo costruito un passaggio segreto mobile, per permettere alle loro truppe di passare facilmente e in modo rapido da una parte all’altra dell’immensa voragine dietro le colline e sfruttarne la protezione per eventuali attacchi a sorpresa.

 

Attraversato l’accampamento fino alla tenda dei generali entrò e si preparò a esporre la situazione.

<<  Il nemico ha montato il suo campo qui. >> indicò la posizione su una mappa, << La sua visuale è coperta ad est dalle colline, dove ci troviamo noi; a sud il dosso gli nasconde il sentiero di Carag e la vicinanza al bosco gli impedisce facili ritirate su un campo così aperto da un attacco frontale se colpiti da questo punto. >> concluse Seka.

<< Quale assurda pazzia scorre nelle vene del loro re! Egli gioca con le vite dei suoi soldati senza preoccupazione. Saremo noi a dargli la lezione che si merita. E ben venga se la sua follia ci aiuta! >> esclamò un uomo basso ma muscoloso, capitano delle truppe d’assalto.

<< Hai ragione Jonhascon, ma prima consideriamo bene la situazione. Io direi che la cosa migliore sia posizionare gli arcieri dietro la collina, qui, in modo che una volta pronti e in posizione gli altri, possano lanciare un attacco mirato verso il campo dove, grazie alla recinzione e alla posizione sopraelevata, potranno tirare con precisione senza essere visti. Appena partita la seconda salva di frecce, le truppe di Seka e quelle d’assalto di Jonhascon caricheranno dalle colline per sferrare un attacco diretto da nord-est, mentre le truppe di Venice rimarranno nascoste dietro al sentiero di Carag, a coprire eventuali fughe a sud o a dare manforte in caso di bisogno. La cavalleria di Peltor si è nascosta da tempo nel villaggio vuoto, pronte a caricare il colpo finale: il vostro attacco sarà il loro segnale. Vista la distanza immagino che ci vorranno un paio di minuti prima che possano giungere sul campo, ma se tutto va bene non incontreranno problemi se il nemico sarà ingaggiato in battaglia. Domattina avremo decimato l’esercito nemico, in modo che con i rinforzi in arrivo potremo combattere in pari numero. Domande? >> finì Kaize, re e abile stratega.

<< Nessuna vostra maestà. >> risposero gli ufficiali.

<< Allora rassicurate i vostri soldati e dategli il vostro coraggio, la dea Phatos veglierà su di noi. Andate adesso, perchè attaccheremo stanotte. >>

 

 




continua... (per questioni di assenza-vacanze il prossimo capitolo potrebbe uscire ad Agosto, se possibile posterò i successivi)
ps: preciso che sono un autore. grazie per i vostri commenti, mi sono molto d'aiuto

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo II - Risveglio - Parte Seconda ***


Capitolo II - Risveglio - Parte Seconda

La prima salva di frecce calò con precisione all’interno dell’accampamento e grida di dolore si levarono dalle tende dei soldati. Mentre la seconda salva si scaricava sulle altre tende e tra le ombre vicino ai fuochi di guardia, facendo alzare nuove urla, le truppe di Seka e di Jonhascon caricarono l’assalto, travolgendo la debole palizzata di recinzione e penetrando nell’accampamento.

“Strano” si trovò a pensare Seka. Una strana apprensione gli attanagliava lo stomaco mentre si infiltrava nel campo senza incontrare nessuna resistenza. Fece ancora una decina di passi poi si fermò.

“Ma certo!” pensò “ Maledizione, è impossibile che non ci sia nessuna risposta: è una trappola!”

<< Fermi! Fermi! Soldati a me, è una trappola >> gridò con forza.

Ma nonostante l’avvertimento molti soldati continuavano a penetrare, soltanto i suoi uomini lo avevano sentito e si erano raccolti introno a lui, gli altri proseguivano e ormai si trovavano al centro esatto del campo. Nessuno finora aveva notato che le figure attorno al fuoco, le guardie e i soldati non erano altro che manichini di paglia!

Una colonna di fumo si levò nel cielo notturno, una tetra linea grigio-violacea rischiarata dal fuoco: il villaggio vicino era in fiamme, dove c’era la cavalleria Qanatiana, in preda alla più totale confusione.

Mentre si guardava intorno alla ricerca dei nemici senti di nuovo le grida dei soldati colpiti a morte dalle frecce, e si chiese “Da dove diamine vengono?” .

Poi li vide, mimetizzati col terreno, alcuni arcieri si erano alzati e decimavano i soldati con tiri rapidi e letali, era un massacro senza scampo.

“Ecco chi aveva gridato. Lo avevano fatto di proposito, per indurci a credere che li avevamo colpiti, e invece erano protetti e pronti ad attaccare.”

Un altro coro di grida si levò nell’aria, più forte e terrificante: dal vicino bosco usciva la Fanteria di Skaeer, una marea di ferro e carne che travolgeva ogni ostacolo.

Lo scontro fu violento, metà dei Fanti in prima linea finì trafitto dalle spade dei difensori, ma la carica penetrò come una diga, senza fermarsi, poiché i soldati erano sparsi nel campo. Solo l’avanguardia di Seka era rimasta compatta e rispondeva rapida all’attacco, falciando i nemici con rapidi colpi.

Quando sentirono il grido nemico, e compresa la situazione, le truppe di Venice partirono in soccorso delle altre, seguite dalla guardia reale e dal re in persona.

Intanto la cavalleria di Peltor era alle prese con enormi problemi: dopo essere riusciti a domare i cavalli spaventati dal fuoco avevano subito l’attacco della cavalleria di Skaeer e di un reparto di Lupi Grigi, anch’essa giunta dal bosco, che li aveva colti completamente impreparati. Gli immensi lupi cavalcati dai soldati avevano dilaniato e ucciso chiunque avessero di fronte.

Risuonò nell’aria un lungo ululato, che catturò l’attenzione di tutti verso il bosco: il re Abikay e i principi stavano entrando in campo, seguiti dalla fedele Guardia Reale di Seka.

Rinvigoriti dal suono, i soldati Skaeeriani ripresero a combattere con più furia di prima. La mattanza era ormai incominciata.

 

Il gruppo del re avanzava rapido verso il gruppo di Seka, poiché aveva intuito che la resistenza principale veniva da loro. Il principe Kaynes caricava in testa, in preda ad una furia bestiale, devastando le file nemiche come fossero semplici fuscelli; il fratello Abyel era costretto a seguirlo, osservando disperato il truce spettacolo.

Lo sguardo di Seka incontrò quello di Kaynes: il primo vi lesse morte e dolore, il secondo una grande determinazione e una fiamma ardente di coraggio. Si corsero uno incontro all’altro, quindi incrociarono le spade e cominciarono a combattere. Nessuno riusciva a prevalere sull’altro: la differenza fisica non era poca, tuttavia Seka equilibrava con altrettanta esperienza il dislivello. Si fermarono a studiarsi, attorno a loro la battaglia infuriava ma sembrava evitarli.

Ma mentre erano presi nella loro sfida personale, uno dei soldati Qanatiani aveva notato che il principe Kaynes era senza Guardie e, pensando che fosse una grande occasione per lui, decise di colpirlo alle spalle. Nessuno si era reso contro del vile attacco a tradimento che si stava per compiere, nessuno tranne Abyel, che con un estremo gesto si era posto sulla scia del soldato, finendo trafitto al petto.

Nello stesso momento risuonò la ritirata per i Qanatiani, che in file disordinate si dirigevano verso le sicure colline.

Accortosi del drammatico fatto, Seka si fermò ad osservare a breve distanza la triste scena, poi si allontanò rapido verso le colline.

 

Avvicinatosi al fratello, Kaynes depose la spada, gli alzò la testa e guardandolo negli occhi gli chiese con tono arrabbiato: << Perché lo hai fatto? >>

<< Perché l’ho fatto? Perché un uomo non può salvare suo fratello? Io non sono come nostro padre. E da quando nostra madre è morta… Cought >> incominciò a tossire sangue<< …tu sei l’unica persona a cui avrei potuto volere bene, perché per te nostra madre ha dato la sua vita. Coff >> rivoli di sangue uscivano dalla sua bocca.<< Non ti ho mai odiato per questo, anzi ho sempre compatito il tuo triste destino, guidato da quel pazzo uomo che è il re, nostro padre. >> Si fermò. Guardò in faccia il fratello. << Fratello! E’ forse una lacrima quella che io vedo scendere sul tuo viso? >> e alzò la mano per prendere la piccola goccia. Dopo averla portata davanti ai suoi occhi, li chiuse per non aprirli mai più. Abyel, il principe filosofo morì felice tra le braccia del fratello.

 

Kaynes non aveva mai provato nessun altro sentimento che fosse odio o sete di potere, non aveva mai pianto, suo padre non gliene aveva mai dato il permesso. Ma nonostante ciò si sentiva strano, qualcosa stava germogliando il lui e non riusciva a comprendere cosa fosse, non lo sapeva e ciò lo spaventava. Lasciato il corpo esanime del fratello incominciò a correre verso il bosco urlando come un pazzo, poi prese a colpire gli alberi. I pochi che osarono avvicinarsi a lui finirono trafitti dalla sua spada.

Quella notte, quando finalmente crollò esausto per il sonno, strane immagini si formarono nelle sua mente, turbando ancor di più il suo animo.

Non solo il principe ebbe sogni agitati quella notte. Anche il re ebbe un sono tormentato, ma non per certo per la morte del figlio: era contento che Abyel fosse morto salvando il fratello, anzi gioiva della sua scomparsa da “eroe”.

In realtà il re era agitato perché non riusciva a riprendere il controllo mentale del figlio, anzi, più tentava e più si sentiva debole e stanco; quando alla fine ci rinunciò i suoi soldati lo guardarono spaventati e stupiti: aveva i capelli completamente bianchi e profonde rughe incidevano quel volto che un tempo era fiero e affilato. Aveva l’aspetto di un vecchio, appassito dallo scorrere del tempo e consumato dalla vita. Quando finalmente si addormentò senti di nuovo quella sensazione di forza vitale portata via, e pertanto si agitò di continuo.

 

L’indomani mattina, mentre il principe riposava tranquillo ci fu un secondo scontro con l’esercito nemico, comandate da Seka, poiché il re era stato ferito e versava in gravi condizioni. Durante la battaglia Abikay era costretto a stare nelle retrovie perché era ancora debole; ad un certo punto cadde da cavallo e furono costretti a portarlo in barella all’accampamento.

Quella sera non avevano ancora sconfitto gli avversari nonostante essi fossero in inferiorità, inoltre si trovavano con un principe morto, uno delirante e un re senza forze.

Mennor decise il mattino successivo, se il re non si fosse ripreso, o anche il principe, avrebbe tenuto una riunione per decidere su un eventuale accordo con il nemico, per ritornare poi a casa.

 

La seconda alba in quella pianura fu segnata da un’altra morte importante: Abikay, re del regno di Skaeer, abile stratega, temuto guerriero e terribile uomo, corroso dalla pazzia e divorato dallo spirito della guerra, al sorgere del sole spirò, senza alcun motivo apparente se non quello di essere invecchiato di colpo. Quella stessa mattina il principe, o meglio, il nuovo re Kaynes si alzò, di nuovo forte e con una nuova coscienza, entrato da poco nell’età adulta, ma con un enorme carico sulle spalle.

Ora sono sicuro, il prossimo capitolo sarà ad agosto

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo III - Cambiato - Parte Prima ***


Capitolo III - Risveglio - Parte Prima

Cambiato

“L’anno 103 fu uno dei più tranquilli di tutta l’Epoca Nera. In seguito venne chiamato l’Anno Bianco per la quasi completa assenza dei conflitti che caratterizzarono quel periodo, cosa mai più avvenuta per il resto dell’era. Preavviso di tale periodo fu la morte di uno dei terribili fautori di guerre e terrore, il re Abikay di Skaeer. Anche se tale decesso portò questo momento di pace, in seguito fu causa di nuovi conflitti, che negli anni successivi portarono allo scoperto il protagonista assoluto del Buio Solenne. Raccontano le storie che...”

Tratto dal “Libro delle Guerre”, biblioteca reale di Gerbentrudia

  

 

La seduta di pace si tenne verso mezzogiorno, poche ore dopo una breve riunione tra i vari generali Skaeriani e il nuovo re. Si svolse in una grande tenda bianca esattamente a metà tra i due eserciti e vi parteciparono i pochi ufficiali rimasti; erano tutti riuniti intorno ad un immensa tavola ovale, da una parte i Qanatiani guidati da Seka e dall’altra gli Skaeeriani con Kaynes, seguito da Mennor che faceva da mediatore. Quest’ultimo stava appunto iniziando a parlare ai presenti:

<< Signori! Soldati e uomini coraggiosi, siamo qui seduti per discutere e trovare un accordo di pace. Nonostante siano da poco cessate le ostilità, ringrazio tutti voi per aver accettato immediatamente questo incontro nonostante il breve preavviso. Conosciamo tutti il significato della guerra  per un popolo e siamo consapevoli che protrarre questo conflitto non porterà vantaggi al vostro, e noi non intendiamo sacrificare altri uomini per una causa senza senso.

Abbiamo perso entrambi il nostro re e, sebbene noi lo abbiamo ritrovato in nuovo uomo. >> si fermò ad indicare Kaynes al proprio fianco,<<  voi siete rimasti senza una guida salda che vi mostri il percorso giusto. Ora noi vorremmo mostrarvene uno. >>

<< Sembra che in pratica voglia chiederci una resa, perché siamo senza re e loro no? Ma chi si credono di essere? >> sussurrò uno degli ufficiali Qanatiani a Seka.

<< Aspetta, non avere fretta e ascolta con calma. Se non riesci a comprendere il significato delle parole non parlare. Non ha ancora fatto nessuna richiesta e io aspetterei prima di protestare. >> rispose Seka.

<< Spero siate tutti d’accordo nel fatto che le nostre forze sono al momento superiori alle vostre, pertanto sapete quanto questa trattativa sia importante per voi, ma spero che la nostra soluzione, per quanto impari possa sembrare, non venga fraintesa o messa in dubbio. >> continuò Mennor.

<< Ecco! Lo sapevo! Non accetterò mai nessun compromesso da dei sanguinosi guerrafondai. >> esclamò Venice, alzatosi in piedi e subito seguito da altre persone.

<< Venice e voi compagni, vi prego di calmarvi e attendere l’offerta prima di saltare a conclusioni affrettate.>> intervenne Seka << Vi ricordo che siamo seduti al tavolo della pace, la legge e l’onore ci obbligano ad ascoltare, e non solo quello. Se abbandoniamo adesso rinunciamo ad una possibilità che potrebbe non ripresentarsi più, ed in questi tempi di guerra ogni possibilità è una speranza. >>.

Vari uomini Qanatiani si girarono a guardarlo: da quando il loro re era morto (una complicazione di una ferita in battaglia) molti lo vedevano come la loro nuova guida, con quel suo spirito ardito e la calma che emanava durante i discorsi sembrava naturale affidargli la propria fiducia.

Quando tutti si furono seduti nuovamente Mennor riprese il discorso:

<< Quello che vi proponevamo non è una richiesta di resa, ne la richiesta di diventare nostri vassalli o qualcosa di simile. No, quello che vi offriamo è molto di più. E’ qualcosa che non abbiamo mai offerto a nessun altro regno, vi concediamo un posto al nostro senato come regno alleato secondo il Trattato di Fede >>.

Stupore e sbigottimento si allargò sulle facce dei presenti, perfino i comandanti Skaeriani ne furono sorpresi. Fu uno di questi, Trassor,che alzatosi in piedi esclamò la sua incredulità rivolgendosi a Kaynes:

<<  Maestà, come potete offrire un simile patto a codesta gente? Come può il fiero capo di Skaeer offrire il Trattato di Fede? Non è che Mennor sta approfittando della vostra debolezza? >>

<< Trassor, non crederai che il tuo re non sia consapevole delle cose che propone? >> rispose Mennor.

<< Mennor, siediti. >> Kaynes si alzò con fatica dal suo scranno, quindi si rivolse verso i suoi generali: << Dopo la morte del re mio padre e di mio fratello >> fece scorrere lo sguardo verso Seka << sono cambiate molte cose in me. So che questo repentino cambio di potere potrebbe non lasciarvi soddisfatti. Non abbiamo avuto il tempo di discutere con calma, ma spero comunque che la vostra fiducia nelle decisioni del sovrano non vacilli mai >> e indurì lo sguardo verso i suoi uomini << perché sono prese nel bene del nostro popolo, soppesando ogni possibile eventualità. >> Col suo tono di voce, gravo ed autoritario, e quel suo aspetto stanco, sembrava che molti anni si fossero posati sulle sue spalle, pesi e responsabilità che egli aveva ereditato ma che portava stoicamente, conscio dei suoi doveri.

<< Come voi sapete il Trattato prevede l’obbligo di aiuto reciproco in qualsiasi conflitto, la carica di un senatore del regno nel consiglio reale e agevolazioni nei commerci e negli scambi? Voi ci offrite veramente più di quanto ci aspettavamo. Ma io mi sento incerto. Voi mi lasciate in dubbio .>>

Disse Venice, che era ora in piedi dietro Seka.

<< Siamo consci dei vostri dubbi, ma spero che la vostra voglia di pace sia superiore al vostro sospetto, perché questo è quello che ci auguriamo: la pace.

Per quanto riguarda il posto di senatore noi chiediamo e offriamo al comandante Seka il posto di Senatore Reale, sempre che lui sia d’accordo. >> Ora era Mennor ad essersi avvicinato a Seka.

Di nuovo gli uomini Qanatiani si alzarono sbigottiti, in un borbottio continuo di proteste.

Questa volta fu Jonhascon a prendere la parola:

<< Come tutti ormai ben sanno il nostro re è morto in mattinata, il principe suo figlio è ancora troppo giovane per salire al trono. Inoltre è lontano dai campi di battaglia. Spetta quindi al Consiglio dei Generali scegliere un Reggente in attesa del nuovo re, e noi abbiamo scelto. Si tratta proprio del comandante Seka, che sia sul campo che in patria gode del favore del popolo, e ora voi ce lo volete portare via, confinarlo in un regno che non è il suo. Mi dispiace ma io sono contrario. >> si fermò dietro Seka, poggiandogli una mano sulla spalla, per evitare ciò che comunque accadde: l’uomo si alzò di scatto, irato in volto.

<< Voi! Voi non mi avreste informato di nulla fino a cosa fatta! Non mi avete chiamato ne chiesto nulla. Anche se sospettavo di questa vostra idea non pensavate che il mio parere contasse qualcosa? Non volevate sentire che cosa io ne pensassi? No! Grazie, ma non voglio diventare reggente. >> Volse il suo sguardo verso Kaynes, uno sguardo limpido e sicuro: << Accetto il mandato di senatore. Partirò al più presto con voi per stipulare tutti gli accordi necessari, in attesa del Trattato definivo firmato dal vero re. >>

Per la terza volta ci fu un vociare di protesta. Venice in testa urlava contro Mennor accusandolo di aver rubato loro un importante uomo, Jonhascon e Trassor quasi vennero alle mani, ma alla fine l’accordo venne accettato: Qanat e Skaeer avevano intrecciato i loro destini.

 

                                                               *****

Poco più tardi dal termine della riunione Seka si diresse verso la tenda del re Kaynes, chiedendosi per quale motivo lo avessero invitato lì, era ancora troppo presto per discutere del suo posto di senatore.

Mentre scostava le tende dell’entrata non riusciva a togliersi di testa la sensazione che qualcosa non tornava, in quella assurda situazione, ma non giungeva a nessuna soluzione logica. Eppure il suo sesto senso non lo aveva mai tradito.

Lo fecero accomodare nell’ala principale, mentre Kaynes si affaccendava a dare alcuni ultimi ordini e organizzava il ritorno al regno.

Passò alcuni istanti in silenzio ad osservarlo, stupito di come quel giovane con cui aveva combattuto non molto tempo prima ora sembrasse più adulto, una sensazione avuta durante la riunione.

La fronte, ampia, risaltava quel semplice viso da ragazzo, una leggera barba giovanile stava crescendo, a indicare il pieno raggiungimento della sua età virile. Due occhi neri come il carbone si muovevano rapidi, fissando le persone come braci ardenti. I capelli corti, e neri anch’essi, erano tagliati secondo lo stile militare e la mascella era leggermente squadrata, nel complesso risultava attraente.

Incassata in un corpo ben lavorato, quella fisionomia trasformava il semplice ragazzo in un uomo in sviluppo, rapido e pericoloso, ma sveglio e intelligente.

Fu interrotto nelle sue riflessioni da Mennor, avvicinatosi per avvertirlo che il re poteva riceverlo.

Si trasferirono in una ala più appartata, accomodandosi su degli scranni più confortevoli del semplice sgabello di prima.

 


Ringrazio chiunque commenterà, ogni critica servirà per migliorarmi

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo III - Cambiato - Parte Seconda ***


Capitolo III - Cambiato - Parte Seconda

<< Allora, Maestà, per quale motivo mi avete fatto chiamare? Ma, prima ancora, se permettete, vorrei sapere perché avete scelto me per questo ruolo di senatore. >> esordì Seka.

<< Prima di rispondere a queste tue domande, dobbiamo chiarirti un paio di cose su un argomento che potrà sembrarti avulso e innaturale. >> disse Mennor.

<< Ti sembrerà assurdo, ma dobbiamo iniziare con la nascita del qui presente Kaynes, figlio di Abikay, avvenuta per la precisione la notte di 16 anni fa esattamente in questo stesso giorno.

 

<< Tutto ebbe inizio quando il nostro re Abikay, corroso da una strana pazzia, aveva lanciato una maledizione alla propria moglie in attesa del figlio Kaynes, incantesimo fatto con lo scopo di controllare la crescita del nascituro, di comandarlo e potenziarne lo spirito guerriero. Tale maledizione consumò la vita della donna per creare il legame tra il figlio e colui che lanciò il maleficio, il re, ottenendo così il pieno controllo sul bambino e uccidendo la moglie, la regina Solana.

Tralasciando per il momento quella parte della storia sulla pazzia del re, bisogna dire che tale incantesimo porta uno sviluppo accelerato delle facoltà del maledetto: cresce più velocemente, più forte e più intelligente, anche se rimane strettamente sotto il controllo mentale di chi lo comanda, e in parte è costretto ad assimilare le sue emozioni, questo per quanto ho scoperto in questi anni. >>

<< E questo cosa c’entra con me e questa guerra? >>interruppe Seka.

<< Ti riguarda particolarmente perché eri presente e in parte sei responsabile della mia liberazione da questo maleficio. Per essere precisi, è stato un vostro uomo che ha dato il via alla distruzione del vincolo, della catena che mi legava a mio padre. >>Questa volta su Kaynes a parlare.

Sempre più curioso, egli chiese:<< Davvero? E come è accaduto? Io non ricordo nulla di particolare che possa ave.. >>

<< E’ stato quando il vostro soldato, quello che cercava di colpirmi a tradimento, fu fermato dal sacrificio di mio fratello Abyel. >> il suo tono di voce era sereno, ma celava una nota di lieve tristezza.<< Un sacrificio inaspettato, ma che ha permesso la nascita in me di nuove emozioni, l’amaro pagamento di una libertà che mi porta grandi responsabilità e altrettanto dolore. >>

<< Abbiamo arrestato quell’uomo. Nel nostro esercito non sono permessi attacchi a tradimento tra generali in combattimento, ne va dell’onore delle truppe. E’ in attesa di un giudizio, anche se la pena prevista è l’amputazione del braccio della spada. >> attese serio fissando il volto del giovane.

<< Seppur riteniamo deplorevole un tale comportamento, riteniamo che, se fosse possibile intercedere, la pena venga ridotta… diciamo all’amputazione della mano non dominante. In fondo riteniamo che sia stata la grande Dea Phatos a guidarla, l’altra. >>

Rimasero per un po’ in silenzio.

<< E’ per questo motivo che mi avete chiamato e raccontato questa storia? >>

<< Questo dovrebbe essere quello ufficiale, se mai ti dovessero chiedere qualcosa… ovviamente omettendo la storia che ti abbiamo raccontato prima… Abbiamo apprezzato il tuo comportamento sul campo, con i tuoi soldati e con gli ufficiali, e per questo vorremmo chiederti un grosso favore. >>

<< Lusinghe a parte, vi devo comunque qualcosa per il comportamento di quell’uomo e per la carica che mi offrite. Ditemi quindi cosa volete. >>

<< In parole povere, poiché hai accettato il ruolo di senatore e che quindi sarai costantemente a contatto con il nostro mondo politico, tu sia i nostri occhi e le nostre orecchie nel nostro parlamento, un uomo fidato e insospettabile da cui avere notizie certe. Purtroppo la politica del regno, soprattutto data la sua vastità e stata suddivisa tra varie cariche e regolamentata tramite il senato, che naturalmente ha attirato il marciume di ogni tipo. Con questa ultima guerra abbiamo avuto il sentore di grossi movimenti contrari e non potendo indagare di persona dobbiamo affidarci ad altre persone. Il re mio padre ha sempre preferito il campo di battaglia che gli intrighi politici, lasciando senza controllo il senato. Ovviamente se accetti anche questo incarico ti daremo tutto ciò che ci chiederai, nei limiti del possibile, ovviamente. >>

<< Mmmh. Io accetto, e come anticipo del mio compenso desidero da voi la totale sincerità. Sono convinto che non mi abbiate detto tutto, soprattutto su questo accordo di pace, che in fin dei conti non è molto vantaggioso per voi.> >

<< Quale miglior dimostrazione di classe, se non un quesito veramente intelligente. Vedo che hai subito sospettato che qualcosa non tornasse. Ebbene, come avrai certamente saputo, il nostro pazzo re era un grande guerriero dalla fama di abile stratega, una figura che dilagava terrore tra i popoli vicini. Con la sua morte probabilmente alcuni di questi regni alzeranno la cresta e proveranno ad attaccarci, in cerca di una fetta di potere. Magari su consiglio di qualche senatore avido di potere. >>

<< E se vi attaccano noi dovremo aiutarvi. Ma appunto il patto non insinuerà il dubbio ai vostri nemici che vi siete indeboliti? >>

<< Per chi non fosse molto furbo, si. Ma dopo il nostro esercito, il vostro sistema militare è il migliore del continente, lo avete dimostrato in questa battaglia. Inoltre molti dei reami più fastidiosi sono vostri confinanti, pertanto oltre a dover attraversare il vostro territorio per giungere da noi, rischiano di lasciare incustoditi i loro regni e farli preda del vostro.

Infine ci assicuriamo che un altro nemico non si aggiunga alla lunga lista. >>

<< A dir la verità, in parte lo immaginavo, ma ho preferito non parlarne alla seduta, perché probabilmente avrebbero potuto contestare lo statuto di pace. Meglio la pace che continuare questa stupida guerra. Solo un ultima cosa. Come siete riusciti a preparare la trappola dell’accampamento? Le nostre sentinelle non ci hanno segnalato strani movimenti. >>

<< Il piano di Abikay prevedeva che nella costruzione della palizzata gli uomini si alternassero vicino alla foresta per prendere il legname, è stato facile far sparire un paio di uomini dentro la foresta tra un viaggio e l’altro, inoltre con l’arrivo della sera tale spostamento è stato più facile da nascondere. I nostri lupi inoltre, per evitare disagi viaggiano sempre tra i boschi per non farsi notare. Infine c’era una parte di esercito che era rimasta indietro apposta. Ti stiamo rivelando queste informazioni quale pegno di fiducia.

<< Ora che abbiamo chiarito tutto, ti chiederei anche di non fare parola di questi ultimi discorsi con nessuno fino alla firma dell’accordo. Per il momento ci congediamo, prima che una tua lunga assenza desti troppe domande.

<< Ti affido inoltre questo speciale cristallo, è una pietra magica estremamente rare che permette di comunicare mentalmente tra persone. In particolare questo fa parte di una serie di 3 cristalli che comunicano tra loro, uno ce l’ho io e l’ultimo Kaynes. Si riscalda leggermente se qualcuno vuole comunicare con te e se lo poggi sulla fronte potrai ricevere un immagine mentale e sentirai la nostra voce, se invece vuoi contattarci devi concentrarti su di esso e la persona che vuoi contattare, quindi pensare fortemente a quello che vuoi dire. Usalo ogni volta che hai qualche informazione importante. Ti consiglio anche di allenarti a chiudere e concentrare la mente, perché seppur difficile le comunicazioni mentali potrebbero essere spiate. >> detto questo gli diede un piccolo cristallo trasparente non più grande di un mignolo, che sprigionò una piccola luce gialla non appena lo toccò. Seka lo prese e lo fece sparire in una tasca, poi uscì per fare ritorno al suo accampamento.

 

 

                                                          ******

 

<< Alla fine non gli hai detto veramente tutto, lo sai. Non ti fidi ancora pienamente di lui? >> chiese Mennor.

<< No, credo che sia la persona giusta e sono convinto che alla fine si rivelerà la scelta migliore. Quello che non ho voluto aggiungere dovrà rimanere un segreto solo tra noi due, soprattutto per evitare problemi. L’hai visto come ha reagito di fronte alla storia della maledizione. >>

<< Hai ragione. Anche io faccio ancora fatica… Se non lo avessi vissuto personalmente e non sapessi come eri prima, non ci avrei creduto. Soprattutto la parte relativa alla regina Solana e al suo risveglio, è stato tutto così improvviso. >>

<< Dopo la morte di mio fratello qualcosa è cambiato in me, ho sentito come una catena allentarsi, la morsa in cui mi stringeva si scioglieva, lasciandomi sempre più libero dal controllo di mio padre; una parte di me lottava per liberarsi, mentre l’altra riceveva emozioni su emozioni. Non riuscivo a capire niente, stavo impazzendo. La prima notte è stato un susseguirsi di sogni cupi, dove mio padre urlava tirando catene incrinate, avvolte in fiamme di due colori diversi: una di un colore violaceo si spegneva lentamente, l’altra pian piano si rafforzava e pareva che dentro quella fulgente luce gialla ne nascondesse un’altra.

Al mattino la catena era riuscita di nuovo a stringere la sua dura morsa, ma io ne vedevo gli anelli incrinati, così la sera successiva combattei con più vigore e vidi gli anelli rompersi uno dietro l’altro. Ad ogni schianto vedevo apparire un viso di donna, sempre più nitido, un volto che mi sembrava aver già visto, un dolce sorriso avvolto da occhi neri e capelli corvini. Non riuscivo a sentire la sua voce, volevo sentire quella voce, impiegai ogni briciolo di me per spezzare gli ultimi legami. Quando ce la feci la fiammella viola era sparita e ovunque c’era una abbagliante luce gialla, infine riuscii a sentire quello che la voce voleva dirmi, e scoprii che era mia madre, Solana, rimasta dentro di me come spirito in questi lunghi anni per vegliarmi e proteggermi, in attesa del momento propizio. >>

<< Quale immensa gioia sapere che essa vive ancora, seppure non appartenga più al mondo terreno. In qualche modo è riuscita a difenderti dalla maledizione di tuo padre. >>

<< Senza di lei non sarei stato capace di liberarmi, poiché è stata lei a evitare che Abikay avesse un controllo assoluto su di me, instillando un po’ alla volta quei sentimenti che mi mancavano. Purtroppo ora è di nuovo rinchiusa nelle profondità del mio animo, ha avuto solo il tempo di dirmi poche parole: << Il tempo è poco, tante sono le cose che vorrei dirti ma le energie che ho usato per liberarti sono state enormi. Quando tuo padre ha iniziato la maledizione ho legato a te il mio spirito, creando un contrasto nella sottomissione, ma la volontà di tuo padre era troppo forte, così sono rimasta relegata dentro il tuo cuore. Quando tuo fratello si è sacrificato, quale dolore per me in quel istante, una parte di te ha iniziato a contrastare il maleficio, permettendomi di uscire. Ora dovrò tornare nel profondo del tuo animo, ma primo ti darò due messaggi: ringrazia Mennor, sono fiera di quello che ha fatto, e chiedigli di diventare tuo mentore nella magia, perché dentro di te c’è ne tanta e lui ricorda ancora la maestra Gea; l’altro messaggio è per te, poiché anche se hai sconfitto la maledizione essa è ancora dentro di te, e finche non riuscirai a controllarla io non potrò ricomparire.

Ora devo andare, mio adorato figlio >> quindi sparì e sentii dentro di me affievolirsi un calore. Il dolore di quella perdita mi fece svegliare, finalmente cosciente, finalmente libero. >>

<< Fiero di me…Quale giubilo sentire tali parole. Essa potrà contare sempre su di me, e anche tu, se lo vorrai, se mi accetterai come mentore. Ma prima di tutto vorrei essere il tuo più grande amico. >>

<< Lo sei, Mennor, lo sei >> disse Kaynes stringendogli il polso nell’universale segno degli amici.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=530949