La
decappottabile nera sfrecciava a tutta velocità per le
strade di New York, preziosa come il suo carico, un rubino grande come
la mano di un neonato che il guidatore aveva sottratto ad un incauto
collezionista.
Non esiste
nulla, che io non possa rubare. Quel rubino, poi, lasciato
così a sè stesso... poverino... Finalmente
avrà un po' di compagnia...
Al centro di New York esisteva un ufficio che non chiudeva mai.
Occupava un paio di piani in un grattacielo, di quelli così
alti che da Manhattan sembravano poter portare direttamente in paradiso.
La cabriolet nera si insinuò nel parcheggio sotterraneo
proprio di quel grattacielo, con i suoi 440cv di pura potenza italiana
che rimbombavano sulle pareti di cemento armato.
E anche per
oggi missone compiuta.
La portiera della Maserati si aprì lentamente, mentre dalla
macchina scendevano prima uno, poi due piedi calzati da alti stivali
col tacco, seguiti dalla più deliziosa bastarda mai vista in
circolazione. La sua minuscola borsetta Vuitton conteneva a stento la
sua preziosa refurtiva, così come la tuta aderente
mascherava a stento le sue generose rotondità.
Premette il telecomando sulla chiave e con uno scatto secco le portiere
della splendida vettura si chiusero, e infine con andatura morbida e
sicura si diresse verso l'ascensore, che, inaspettatamente non era al
piano sotterraneo dove lei l'aveva lasciato, ma al 66°, proprio
alla sua destinazione. Senza rifletterci troppo scrollò le
spalle e attese che arrivasse, pregustando già le lodi del
suo capo.
Approfittò dei minuti in ascensore per sciogliere dalla coda
i lunghi capelli castani e sistemarli. Si osservò allo
specchio soddisfatta e si sorrise, quasi a congratularsi con
sè stessa per l'ottimo lavoro svolto.
Le porte dell'ascensore si aprirono al sessantaseiesimo piano con un
TING!, che fu assorbito dal buio e dal silenzio della stanza, usata
come diversivo per nascondere le vere occupazioni che si svolgevano a
quel piano e ai due superiori. La targhetta sull'ascensore
diceva "Othello, investigazione privata"ma questa non era che la
copertura. Infondo erano un po' degli investigatori, tra le altre cose.
Quello che le era stato detto il suo primo giorno di lavoro, era stato:
"tu sei qui per risolvere i problemi dei nostri clienti. Non
è ammesso sbagliare, è ammesso solo portare a
termine le missioni con successo. Il fallimento non viene tollerato,
non solo, se sei qua non è nemmeno contemplato che tu
sbagli. O torni a missione compiuta, o puoi evitarti il disturbo."
E Giulietta, questo era il suo nome in codice, aveva preso molto
seriamente le parole del suo capo. Non solo non aveva mai fallito, ma
si era dimostrata sempre puntuale ed impeccabile alla scadenza del
compito affidatole. Nonostante la giovane età, non mancava
certo di serietà.
Stiracchiandosi si diresse all'angolo opposto della stanza buia, che
conosceva tanto bene da evitare ogni ostacolo, solo con la luce debole
proiettata dall'ascensore.
tac, tac, tac.
Poggiò l'indice destro nello spioncino della porta blindata
che le sbarrava la strada.
"Bentornata, Giulietta!" Eccheggiò una fredda voce metallica
proveniente dal microcitofono installato nella portaa.
Giulietta annuì, con grazia e noncuranza e non
appena la porta si aprì entrò a passo svelto in
un altro grande locale, illuminato da faretti e schermi di computer, un
mondo che viveva in un'assoluta penombra.
Un paio di colleghi le fecero cenno di saluto con la testa, altri,
sicuramente più in confidenza, accennarono un gesto con la
mano, mentre avanzava decisa tra le scrivanie per arrivare all'ufficio
del capo.
"Giulietta a rapporto, Othello. Missione compiuta." disse con voce
militaresca portandosi una mano alla fronte.
"Non che avessi molta scelta. Ad ogni modo ottimo lavoro, Giulietta. So
di poter sempre contare su di te. Tranne quando ti chiedo di non
guidare la maserati con i tacchi. Lo sai che mi rovini i tappeti. Hai
idea di quanto costino quei dannati tappetini, ma soprattutto quanto
costa ordinarli e farmeli arrivare dall'Italia? La prossima volta che
scopro che l'hai guidata con quelle dannate scarpe ti taglio
metà dello stipendio!"
Andiamo,
Othello. Sempre il solito tirchio.
"Se mi permetti, andrei a stilare il rapporto. Ho tutte le intenzioni
di andare a divertirmi un po', stasera. Fanno una bella serata in quel
localino nuovo tra la quinta e broadway. Che ne diresti di farmi
compagnia?"
"Per carità, Kagome, non ho la minima intenzione di farmi
maledire da tutti gli uomini che saranno presenti, visto che poi non
sarò nemmeno ricompensato da te per gli insulti che subirei.
Lascia perdere."
"Sempre simpatico come al solito. Per inciso, non illuderti che la
ragione per cui non ti ripagherei di tutte le maledizioni, come dici
tu, sia il fatto che tu sei il mio capo. Non ti ripagherei comunque,
probabilmente. Non è solo la bellezza che conta, lo sai che
certe cose vanno guadagnate..."
Detto ciò la giovane girò sui tacchi un po'
imbarazzata per la spavalderia con la quale aveva messo al suo posto il
suo capo, al quale sfuggì un sorriso.
stava per aprire la porta di vetro, quando il capo la
riportò alla realtà: "Ti stai dimenticando nulla,
Giulietta cara?" "Stavo andando a mettere il rubino nella cassaforte.
Secondo la procedura. No?" "Mmh, riprova. Sarai più
fortunata." disse indicando con lo sguardo alla sua mano destra, dove
teneva ancora strette le chiavi della macchina. "Mamma mia, Sesshomaru,
come la fai lunga per questa macchina. To'!" lanciò le
chiavi in direzione del suo capo, che le afferrò senza
apparentemente muoversi. << Mi mette sempre in soggezione
per quanto è veloce. >> "Però mi
presti l'Audi, vero? non mi lascerai andare a piedi... "
Sesshomaru sorrise, si scostò la lunga frangia argentata
dagli occhi di bronzo e appoggiò la testa alla mano. "Te la
meriti?" "Daaai, capo... lo so che ti piace quando ti chiamo
così... per favore!!!" giunse la mani la ragazza come per
pregarlo. "E va bene. Tieni le chiavi. Riportamela intera, e
domani cerca di ricordarti perlomeno chi sei e che hai una riunione qua
alle ottto di sera. In punto. Mi raccomando."
"Sì, certo, certo... a domani, boss...".
Terminate le operazioni di protocollazione e archiviamento della
missione appena compiuta, Kagome si cambiò per uscire,
mettendosi un corto vestito di paillettes verdi smeraldo e accessori
neri a contrasto, colorò gli occhi e le ciglia del medesimo
colore del vestito, e le labbra di rosso. Il sottile tacco delle sue
decolletè ticchettava sul marmo del pavimento mentre lei si
allontanava a passi decisi verso la sua nottata sfrenata.
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Il Piper era strapieno. Erano passati già alcuni mesi
dall'apertura, ma continuava ad andare disperatamente di moda. Come un
paio di Jimmy Choo, come una borsa Vuitton, come un tubino nero. Come
una Ferrari.
Si fece strada tra la gente, cercando visi familiari tra le persone
sedute ai tavolini. Qualche volto le sembrava familiare, ma non
abbastanza da avvicinarsi imponendo la propria compagnia. Qualcuno in
un angolo buio arrotolava una banconota da cento dollari, qualcuno
toccava corpi proibiti ma non meno desiderati, qualcuno fumava
sigarette, diciamo un po' corrette. Nessuno e niente sfuggiva agli
occhi acuti di colei che era conosciuta come Giulietta in tutto il
mondo del crimine e che ora, smessa la maschera lavorativa, cercava
divertimento.
Si scostò i capelli dagli occhi con un gesto automatico, si
sedette al bancone accavallando di lato le lunghissime gambe sinuose,
lasciate per la maggior parte scoperte dal vestito.
"Ehi, tu. Come ti chiami?"
"Josh, signorina. Come posso esserle utile?" Vide che il di lui sguardo
indugiava sul suo decolletè, e gli sorrise seducente.
Tirò fuori dalla borsa un biglietto da 20 dollari.
"Un Margarita, Josh. Bello carico. E' stata una giornata lunghissima."
"Josh, lascia perdere i soldi della signorina e preparacene due.."
Kagome si voltò, sospendendo il giudizio tra ringraziamento
e rifiuto. Rimase un'attimo interdetta, per un secondo credette di aver
di fronte il suo capo, che poco prima le aveva detto che non si sarebbe
presentato. Guardandolo meglio si accorse che non poteva essere lui, ma
che qualche parentela dovesse esserci, e che questo ipotetico parente
di Sesshomaru meritava assolutamente di offrirle un drink. Anche lui la
osservò per un secondo con un'espressione stranita, poi le
sorrise, mostrando uno di più bei sorrisi che la giovane
avesse mai visto, intrigante, malizioso e dolce al tempo stesso. E
soprattutto di gran classe. I lunghi capelli argentei dei giovane erano
legati in una coda bassa. Gli occhi, di bronzo come quelli di
Sesshomaru, erano però più grandi e meno
affilati, Nel compenso sembrava leggermente più giovane, ed
era un pochino più basso del suo capo. Decisa a non mostrare
la sua sorpresa, face cenno al suo ospite di sederlesi accanto.
Indossava una camicia grigia, probabilmente di sartoria, chiusa da
gemelli decorati di swarowsky neri. Oro bianco. I jeans a vita bassa
neri calzavano a pennello sul fisico asciutto e muscoloso del giovane,
e grazie al cielo per una volta vedeva un ragazzo con scarpe davvero
decenti. Temeva fossero una razza in via d'estinzione.
Josh aveva interrotto per un secondo lo scambio di sguardi tra i due
mentre serviva i due cocktail. Poi, ben remunerato dal biglietto da 50
dollari che il nuovo arrivato gli aveva fatto arrivare non si sa
come in tasca, lasciò a lui Kagome e
andò altrove a cercare avventori.
Mentre sorseggiavano il cocktail paglierino, Kagome si
appoggiò languidamente sul bancone. Lui aveva offerto, stava
a lei fare conversazione.
"Ti ringrazio ancora per il drink. Ma non conosco ancora il tuo nome,
nè tu il mio."
"Vero. Imperdonabile da parte mia. Piacere di conoscerti, il
mio nome è Inuyasha. Tu invece?"
"Kagome, lieta di conoscerti. Non ti avevo mai visto in giro."
gettò lì casualmente.
"Lavoro in California, a Los Angeles. Sono qui per un piccolo
lavoretto, e poi tornerò sulla west coast a crogiolarmi al
sole. Il freddo di New York non fa per me."
"Capisco... di cosa ti occupi, Inuyasha?"
"Manager. Sono manager in una compagnia di assicurazioni. Tu? "
"Mmh... sembra eccitante... Io sono una personal shopper. Shopping
advisor, come la vuoi mettere. Aiuto la gente a trovare quello che le
serve, che vuole. Il tutto per un prezzo assolutamente sproporzionato
in mio favore."
Il Margarita era già finito nei loro bicchieri. Ne
ordinarono un altro paio, concludendo la giornata con due bottiglie del
migliore champagne francese. Entrambi discretamente brilli, si
infilarono nell'Audi e lui si fece portare in stanza. Una
così propizia serata di conoscenza non poteva che fine nel
migliore dei modi. Nella suite presidenziale dello Sheraton di
Manhattan, la notte vide la loro passione consumarsi e l'alba li vide
addormentarsi l'uno tra le braccia dell'altra.
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"Caffè..." Kagome sorrise, sentendo l'aroma della sua
bevanda mattutina preferita fenderle le narici al risveglio.
Da quanto tempo non si svegliava con l'odore del caffè.
Si mise a sedere sul letto, constatando di essere sola su di
esso. Accanto a lei un vassoio con una tazza di caffè, un
croissant alla marmellata e un bicchiere di succo d'arancia
erano accompagnati da un biglietto.
L'eternità
era sui nostri occhi
e sulle nostre labbra,
la
felicità nell'arco delle ciglia;
e non v'era parte, anche misera,
di noi che non
fosse di natura celeste
(Antonio e Cleopatra atto I, scena III)
Guardò perplessa il biglietto. Che fosse un caso? Con
l'ossessione che il suo capo aveva per Shakespeare? E quel giovane con
il quale per una notte aveva condiviso il letto che somigliava
così tanto a lui... Decise di non interessarsene per ora.
Avrebbe chiesto più tardi a Sesshomaru stesso.
Sicura di non essersi tradita, consumò la colazione che lui
le aveva tanto premurosamente fatto trovare accanto al letto, e,
avvoltasi nel lenzuolo nel quale avevan giaciuto abbracciati per la
maggior parte della mattina, si avvicinò al bagno.
Sentì l'acqua scorrere dalla doccia, e aprì
lentamente la porta. Lui era lì, ad occhi chiusi, sotto la
doccia, con l'acqua che gli scivolava in rivoli sul petto, sull'addome
e sulle gambe. Ancora più bello di quanto non l'avesse visto
il giorno precedente. Si avvicinò, facendo attenzione a non
fare rumore. Nonostante lei avesse fatto del suo meglio, e del suo
meglio fosse veramente meglio, gli occhi metallici di lui si aprirono a
guardarla. Mantenne la testa reclinata, si riavviò i capelli
all'indietro e le porse la mano.
Lei non diede segno di scomporsi, nonostante fosse rimasta turbata.
Doveva avere udito fino e riflessi di ferro, l'amico qui presente.
Gli sorrise dolcemente, e lasciando cadere il lenzuolo in cui
si era avvolta si rivolse a lui: " Vuoi compagnia?" Lui non rispose, si
limitò ad annuire. Ancora una volta si unirono, sotto la
doccia, sapendo che, per quanto bella, stavolta sarebbe stata l'ultima.
Con un po' di nostalgia nel volto si scambiarono un'ultimo bacio, poi
si asciugarono e lei si rivestì, controllando di avere
tutto. Ad ultimo prese le chiavi della macchina, salutò
mimando con le mani di dargli un bacio, alla qual cosa lui rispose con
un mezzo sorriso ed un segno del capo. Si sorrisero, convinti di non
rivedersi mai più.
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Dopo essere andata a mangiare al suo ristorante preferito,
Kagome decise di coccolarsi indulgendo nello shopping. Andava
letteralmente pazza per le scarpe. dopo essere andata un po'
in su e in giù per la fifth avenue, riuscì a
scollare il naso dalle vetrine e a tornare a casa per prepararsi.
Alle 8 meno cinque, puntuale, attendeva l'ascensore al piano interrato
del grattacielo. Ting! alzò il piede calzato da
degli elegantissimi tronchetti, mosse il primo passo,poi un altro. Si
guardò con soddisfazione allo specchio. Il tailleur grigio
perla che indossava era davvero molto elegante. sembrava quasi una
donna in carriera. premette il bottone.
Improvvisamente, quando le porte si stavano per chiudere , un lampo
d'argento si insinuò nell'ascensore. Pensava fosse
Sesshomaru, ma alzando gli occhi vide che era invece il suo compagno di
una notte, in un abito meraviglioso, che la guardava sbigottito almeno
quanto doveva esserlo lei.
"Che ci fai qua?" si chiesero a vicenda all'unisono.
"Ecco, io..." iniziò Kagome, "io qui ci lavoro. a che piano
vai?"
"Sessantasei." "curioso." gli rispose Kagome. "anche io sto andando
là."
Rimasero a studiarsi. Kagome temeva fosse un cliente, e di aver mandato
a monte la transazione.
Inuyasha non riusciva a capire cosa ci facesse una personal shopper di
sabato mattina, in un ufficio che se era officialmente la sede di un
investigatore privato, in realtà non lo era affatto.
il solito sciagurato Ting che l'ascensore emetteva quando arrivava a
destinazione li fece sobbalzare. Sobbalzò ancora di
più quando si vide accogliere alla porta del suo stesso capo
Sesshomaru, che con un grosso sorriso stingeva la mano ad Inuyasha;
"Carissima Kagome, hai già avuto modo di conoscere mio
fratello e tuo futuro collega? "
"Sì Sesshomaru. Credo proprio di aver avuto il piacere",
disse sorridendo nervosamente.
tadaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!! ecco un tentativo di nuova fanfic... certo
che io le posto sempre d'estate che non mi si fila nessuno... xD
spero vi piacerà, leggete e commentate... buonanotte a tutti
e a presto con "Nome in codice:Giulietta"