ON THE ROAD

di gemini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La partenza ***
Capitolo 2: *** La scoperta ***
Capitolo 3: *** Pensieri ***
Capitolo 4: *** Incontri ***
Capitolo 5: *** Imprevisti ***
Capitolo 6: *** Scelte ***
Capitolo 7: *** Passioni ***
Capitolo 8: *** La partita ***
Capitolo 9: *** Sorprese ***
Capitolo 10: *** Emozioni ***
Capitolo 11: *** Tentazioni ***
Capitolo 12: *** Chiarimenti ***
Capitolo 13: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 14: *** Capitolo finale ***



Capitolo 1
*** La partenza ***


p class=MsoBodyText>Intro: Non so come mi sia venuta l’ispirazione per questa fic, che tra l’altro si preannuncia lunghissima(poveri voi…e povera me J ) e che non so quanto mi ci vorrà a finirla…So solo che me la sono sentita nascere e crescere dentro,e che man mano che scrivevo mi ritrovavo a vivere in prima persona i pensieri dei vari personaggi.Spero che vi piaccia…aspetto come sempre opinioni,e anche critiche J

Grazie a tutti e buona lettura!! Gemini

 

CAPITOLO PRIMO:LA PARTENZA

 

Fujisawa,21 giugno,ore 9. Primo giorno d’estate.Infilo l’ultima maglia nel mio borsone da viaggio,e lo richiudo.Fuori dalla finestra il sole è altissimo e cocente,gli uccellini cinguettano e i bambini corrono per strada rincorrendo un pallone.Li osservo,e per un istante ripercorro con la memoria gli ultimi anni della mia vita,e penso a quanto quel piccolo,insignificante pallone abbia avuto tanta importanza anche per me.E’ soltanto un oggetto,ma che sono arrivata prima ad amare e poi ad odiare con tutte le mie forze.Mi siedo un attimo sul letto,di nuovo in preda ad un attacco di confusione e di ansia.Guardo l’orologio:stanotte non ho chiuso occhio,il pensiero di quello che stavo per fare non mi lasciava pace.Continuavo a chiedermi e richiedermi se fosse la scelta giusta,se non ci fosse davvero un’altra via di uscita.Ma non c’era,semplicemente.Era giunto il momento di riprendere in mano la mia vita,tutto qui.Mi sono alzata dal letto all’alba,e ho fatto una doccia,sperando che potesse aiutarmi a rilassarmi un po’:ma niente da fare,i miei muscoli non volevano saperne di sciogliersi,e il mio cuore era sempre in tumulto.Ho disfatto e rifatto le valige almeno un milione di volte,come se dovessi andare via per sempre.

Ai miei genitori ho detto che andavo a fare un viaggetto con le mie amiche.Si sono un po’ meravigliati,ma non hanno fatto molte domande.Del resto,visto dall’esterno è proprio quello che sto per fare:un semplice viaggio di qualche giorno con delle amiche.In realtà,più che un viaggio è una fuga.Forse usare il termine fuga è esagerato,anche perché non c’è nulla da cui fuggire,non c’è nessuno che vuole farci del male,e poi se si potesse scappare dai propri sentimenti,forse me ne sarei andata via già tanto tempo fa.

Qualcuno potrebbe pensare che sono una stupida:ho spasimato dietro a lui per tutti questi anni,e adesso che finalmente posso dirlo mio,me ne vado alla ricerca…di non so nemmeno io cosa.Ma posso veramente dirlo mio?Posso veramente dirmi una ragazza felice e soddisfatta?

No,altrimenti non me ne andrei.

Guardo la fotografia che tengo sul comodino,in cui siamo ritratti insieme dopo la finale di Parigi:lui con in mano la coppa del mondo,e il sorriso più raggiante che gli abbia mai visto in volto,ed io altrettanto felice ed emozionata,con l’immancabile bandiera da tifosa.Poi apro il cassetto,e osservo per un istante l’anello che mi ha regalato,nel momento più bello della mia vita,quando credevo di vivere in un sogno e credevo di morire per la troppa felicità.Ho riflettuto a lungo se portarlo con me,ma alla fine ho deciso che non era il caso:non potevo pensare serenamente al mio presente,e soprattutto al mio futuro,con qualcosa che mi ricordava lui ogni istante della giornata.

L’unica certezza che ho è che il mio amore non è diminuito:i miei sentimenti sono rimasti gli stessi di quel giorno ormai così lontano in cui lo incontrai per la prima volta e mi chiese la strada per arrivare al campo da calcio,semmai sono cresciuti,sono diventati più forti,più intensi.Ma certo non si sono affievoliti.Non me ne vado per domandarmi se lo amo ancora:non ho bisogno di chiedermelo.

Quello su cui devo riflettere è se sono soddisfatta della vita che sto conducendo.Lui adesso è qui,a Fujisawa,ma presto ripartirà per il Brasile.Forse mi chiederà di andare con lui.Non so se sono pronta per un passo simile:per abbandonare il mio paese,la mia famiglia,i miei amici,tutta la vita a cui sono abituata.Ma potrei farlo,se solo fossi certa…

Non so nemmeno io di cosa vorrei essere certa.So solo che mi sono resa conto di non aver fatto niente per me stessa in tutti questi anni.Ho vissuto con lui e per lui,gioendo per i suoi successi e soffrendo per le sue delusioni.L’unico lavoro che ho fatto è stato per avere i soldi per andare da lui,in Brasile.L’unico obiettivo che mi ponevo era farmi amare da lui.

Chi sono io?

Chi sono io? La tifosa scatenata,la manager efficiente,la fidanzata devota.Certo,io sono tutte queste cose.Ma lo sono in relazione a lui.Al di fuori di lui,io non sono niente.

Lui invece è tante cose,tante cose in cui io non faccio minimamente parte.E questo è sbagliato.

Devo scoprire chi sono,trovare la mia identità.Scoprire chi è Sanae,ma non come tifosa o altro,come Sanae.Come persona.Come donna.E per fare questo devo andarmene,in un posto lontano dove non ci sia niente e nessuno che mi ricordi il passato.Andarmene per tornare,quando finalmente avrò scoperto chi sono.

Ho pensato a lungo se fosse il caso di lasciargli una lettera,in cui spiegare come mi sento e perché ho deciso di partire.Ho provato tante volte a parlargli dei miei sentimenti,nell’ultimo periodo.Speravo che adesso che si trova qui a Fujisawa avremmo potuto starcene un po’ insieme da soli,invece è tutto preso dagli allenamenti.Praticamente passa più tempo con Misaki e gli altri che con me,e questo mi è insopportabile.Ogni volta mi rendo conto che il calcio è tutto per lui,mentre io rappresento solo un optional di scarsa importanza.E questo mi fa male,perché invece io ho fatto di lui il centro della mia esistenza.

Basta,devo smetterla di rimuginare.Rischio di arrivare in ritardo all’appuntamento con le altre.Anche se non c’è nessuna importanza di essere puntuali:non ci aspetta nessuno,non abbiamo né una meta né una destinazione precisa,solo tanta voglia di allontanarci,e di stare sole a pensare.

Prendo la mia borsa,saluto i miei genitori ed esco di casa.Lì mi aspetta la mia auto,che i miei mi hanno regalato per il diploma:è un’automobile usata,e anche un po’ scassata,ma per me va benissimo.Metto la borsa nel bagagliaio,salgo al volante e accendo il motore.Saranno i miei genitori a dirgli che sono partita.Ho chiesto loro di riferirgli che tornerò presto,e che comunque mi farò viva con lui prima possibile.

Comincia il mio viaggio.

 

Sapporo,21 giugno,ore 9.

Questo maledetto aereo proprio non vuole saperne di arrivare.Ha già due ore di ritardo,e l’appuntamento con le altre è fissato tra un’ora e mezza.Ma del resto,di cosa mi preoccupo?Non abbiamo nessun posto in mente in cui andare,e partire un’ora prima o un’ora dopo non fa differenza.

Quest’attesa però mi distrugge,mi logora l’anima.Ogni attimo che passa mi assale il dubbio di aver preso una decisione assurda,di stare commettendo un’enorme sciocchezza,e mi viene voglia di risalire sul primo treno e tornarmene a casa,a Furano.Ma non servirebbe a niente farlo,non risolverebbe i miei problemi.Continuerei a comportarmi come ho fatto fin ora,a fingere che tutto vada bene e che la mia vita sia perfettamente felice,e me li trascinerei dietro fino ad arrivare al punto di rottura:e certamente questo non è quello che voglio.

E’ buffo,ma fino a non molto tempo fa credevo veramente di essere felice,di avere tutto quello che desideravo dalla vita,anzi,di avere molto di più di quello che avrei mai potuto aspettarmi, o meritarmi.Finalmente ero riuscita a tornare a casa,nel paese che non avevo mai dimenticato e in cui avevo lasciato la parte più importante del mio cuore,nel paese dove c’era il ragazzo che amavo,il ragazzo che per me rappresentava tutto.In quei lunghi,infiniti anni negli Stati Uniti credevo di morire,ero convinta che prima o poi sarei diventata pazza.Mia madre e mio padre continuavano a ripetere che era solo questione di tempo,che mi sarei ambientata prestissimo e avrei fatto a New York una vita meravigliosa,con tanti nuovi amici,tante nuove esperienze.Io invece non avevo voglia di vedere nessuno,di conoscere nessuno,avevo solo voglia di piangere e di sfogliare il mio album di fotografie,desiderando fino allo spasimo di poter entrare dentro una di loro,solo per poterlo riabbracciare almeno una volta.Solo a ripensarci mi sembra di ritornare in quel tunnel senza fine,nel quale non vedevo uno spiraglio di luce.I miei genitori erano preoccupatissimi per me,visto che mangiavo pochissimo e passavo quasi tutto il tempo chiusa nella mia stanza a piangere.Piano piano riuscii a farmene una ragione,ma non trovai mai la serenità.Non ricordo di aver vissuto un solo giorno sereno a New York,un solo giorno di tregua da quel dolore che mi distruggeva l’anima.Ricominciai a vivere solo quando mi dissero che saremmo tornati a casa,in Giappone.Piansi,ma per la prima volta erano lacrime di gioia.Credevo di impazzire per la felicità quando finalmente lo rividi.Era come se finalmente avessi ritrovato l’aria che mi serviva per respirare.Da allora fu tutto perfetto,meraviglioso,incomparabile….fino al giorno dell’incidente.

Solo chi ci è passato può comprendere cosa significa.Trovarsi improvvisamente faccia a faccia con la morte ti porta a riconsiderare tutta la tua vita con occhi diversi,anche se lì per lì non te ne rendi conto.Quando mi sono svegliata dal coma ho visto un infinito sollievo nei suoi occhi,e mi sono sentita amata come forse mai prima di allora.Anche se ero incosciente,potevo percepire la sua disperazione all’idea di perdermi,e sicuramente era stato proprio questo a tenermi attaccata alla vita.Ma poi,qualcosa dentro di me è cambiato.Insomma,mi guardavo intorno e pensavo “ma accidenti,a quest’ora potevo essere morta…non avrei più potuto fare questo,o quello,e nemmeno quest’altro”,e quest’idea mi atterriva.Mi rendevo conto che potevo essere morta senza aver concluso niente nella mia vita,senza aver lasciato alcuna traccia di me nel mondo tranne una fascetta con un numero 10 ricamato,e il dolore di un ragazzo che mi amava.

Non ci dormivo la notte a questo pensiero.Tutti si sono accorti del fatto che ero strana.Mia madre ha persino pensato di portarmi da uno psicologo,ma poi mio padre le ha detto che era una reazione normale visto quello che avevo passato,e allora ha lasciato perdere.Io continuavo a pensare e ripensare,pensavo alla mia vita e a quanto poco avessi concluso,a quanto poco avessi realizzato.E anche il mio rapporto con Hikaru ne risentiva,perché guardavo anche lui con occhi diversi.In altre parole,quello che avevo,e che fino a poco tempo fa mi sembrava tutto quello che potevo mai desiderare,non mi bastava più.

E’ per questo che ho accettato quando Sanae mi ha chiamato,e mi ha proposto di partire per un breve viaggio,per riflettere.Non sto scappando,sarebbe assurdo.Ho solo bisogno di stare da sola con me stessa,di capire cosa voglio veramente,per quale motivo mi sento insoddisfatta di me stessa,della mia vita.

E’ arrivata la chiamata per il mio volo,e lentamente mi avvio all’imbarco.Gli ho lasciato una lettera.Spero che capirà,anche se le mie spiegazioni sono sicuramente un po’ confuse,perché nemmeno io capisco bene cosa mi sta succedendo.

 

Tokyo,21 giugno,ore 9.

Mi guardo allo specchio,e stento a riconoscermi nell’immagine che esso mi rimanda.Quella ragazza pallida,ansiosa,con profonde occhiaie che le cerchiano il volto,sono io?

Sono qui seduta davanti allo specchio,tremando di paura all’idea che si svegli e che mi veda mentre vado via di nascosto,senza una spiegazione,come una ladra.

Non sarei dovuta rimanere a dormire qui stanotte.E’ stato l’ultimo di una lunga serie di errori.

Suo padre è partito per uno dei suoi soliti viaggi di lavoro,e anche sua madre è andata con lui.Jun è rimasto solo a casa e,come capita sempre quando i suoi genitori sono via,mi ha invitato a passare la notte a casa sua.Era una cosa talmente normale e scontata che non sapevo nemmeno a cosa aggrapparmi per rifiutare.E,cosa ancora più grave forse(e penso purtroppo il vero motivo per cui sono rimasta),non avevo nessuna voglia di rifiutare.Anche se sapevo che stamattina sarei partita.Anche se non sapevo come avrei giustificato questa mia decisione,cosa avrei potuto dirgli.

Adesso mi sento terribilmente in colpa,come se questa notte gli avessi mentito.In fondo non è quello che ho fatto?

Ho cercato di soffocare il mio tormento buttandomi tra le sue braccia,facendogli credere che tutto andava bene,che era tutto come al solito,quando invece tutto sta cambiando,dentro di me.

Ho usato il suo corpo,i suoi baci,le sue carezze,come una droga,per tenere addormentata quella vocina che mi domandava dentro se non stessi facendo un clamoroso errore ad andarmene via da sola anziché tentare di spiegargli come mi sentivo dentro.

Non ho chiuso occhio tutta la notte.Lui dormiva tranquillo vicino a me e io lo guardavo,domandandomi dove ci avrebbe portato tutto questo.Era sicuramente ignaro di quello che si stava agitando nella mia testa…quante volte,invece,avrei desiderato che si rendesse conto che qualcosa non andava,che io ero strana,non ero quella di sempre.Ma dei due,ero sempre io quella a preoccuparmi,ad angosciarmi,a domandargli in continuazione se tutto andasse bene.E così ho cominciato a sentirmi data per scontata,come se per lui fossi una presenza immutabile che non si allontanerà mai,che ci sarà sempre,su cui potrà contare in ogni momento.

E’ sempre stato così:c’ero per affrontare i suoi problemi,per soffrire per le sue sofferenze e per gioire dei suoi successi.Mi preoccupavo più di lui che di me stessa.E di me invece,chi si prendeva cura di me?Quando stavo male,quando soffrivo,quando ero angosciata,affrontavo tutto da sola,tenendo tutto dentro di me,perché non volevo angustiarlo addossandogli anche i miei problemi.Ma ho sbagliato,perché in fondo in un rapporto bisogna saper condividere tutto,ed io della mia vita non gli ho fatto condividere niente:anche perché,a voler ben guardare,io non avevo una mia vita,visto che esistevo solamente in funzione di lui.

Forse sto sbagliando ancora,ma ho provato mille volte a iniziare il discorso,mi sono sforzata di trovare le parole adatte per spiegargli come mi sentivo,ma non ci sono mai riuscita.Alla fine sopraggiungeva sempre un problema suo,e io mi sentivo quasi in colpa per aver pensato a me stessa trascurando le sue esigenze.Ma così non posso più andare avanti,faccio del male a me stessa e in fondo è come se lo stessi ingannando,perché quella che ha al suo fianco non sono io,è solo un’immagine che mi sono costruita e che continuo a mostrare agli altri.Qualche giorno fa Sanae mi ha telefonato:era piuttosto giù,e mi ha proposto di partire per un viaggetto per rilassarci e riflettere un po’ sui nostri problemi.Io,lei e Yoshiko.

Inizialmente ero dubbiosa,mi sembrava di scappare anziché affrontare di petto la situazione,ma poi ho capito che restando qui non risolvevo niente,perché semplicemente non trovavo il coraggio di spezzare la catena di dubbi in cui mi trovo.E allora ho accettato.Forse servirà a dare una scossa alla situazione,e sia io che lui ci renderemo finalmente conto di cosa non va.Ma ancora una volta mi sono comportata da vigliacca:non gli ho detto niente,e me ne sto andando di nascosto come se la mia fosse veramente una fuga.Sono molto delusa da me stessa…

Gli ho scritto una lettera,e ora la lascio sul comodino.Troverà quella al mio posto,quando si sveglierà.Lo guardo ancora…Dio,quanto lo amo…delle volte mi sembra perfino troppo…e mi sembra di impazzire al solo pensiero che potrei perderlo,un giorno.

Vorrei restare,e dargli il buongiorno con un bacio,ma poi mi sentirei di nuovo peggio.Devo andare…apro la porta,e la richiudo lentamente alle mie spalle,cercando di non fare rumore.

 

Per strada,ore 10.15

Sanae abbassò il finestrino dell’auto,e lasciò che il vento le scompigliasse i capelli.Tra poco sarebbe arrivata all’aeroporto di Narita(in realtà non ho la minima idea di quanto ci voglia da Fujisawa a Tokyo…) dove l’aspettava Yoshiko,e poi sarebbe andata a casa di Yayoi a prenderla.Era sicura che anche le due amiche si sentissero tese e nervose esattamente come lei.Mille volte durante quella prima ora di viaggio aveva avuto la tentazione di lasciar perdere tutto,e tornare indietro,ma poi si era chiesta cosa sarebbe successo dopo.E la risposta era stata ovvia:assolutamente niente,tutto sarebbe rimasto identico a prima.Tsubasa ad allenarsi con Misaki e gli altri,a dedicarsi al suo amico pallone anima e corpo,e lei a tormentarsi chiedendosi se era davvero felice così e se quello che lui le stava dando le bastava.

“Caspita!Ho il cellulare spento!”,si ricordò solo in quell’istante.Accostò un attimo l’auto,prese la borsa e accese il cellulare.U messaggio sul display l’avvisava che c’erano messaggi per lei nella segreteria telefonica.Per un secondo il cuore le balzò in gola,temendo che fosse Tsubasa a cercarla,o magari una delle amiche che l’avvisava di aver cambiato idea.

Il messaggio era di Yoshiko,che l’avvisava che l’aereo che doveva prendere a Sapporo era in ritardo,e che quindi sarebbe arrivata circa un’ora dopo l’orario previsto.Sanae sospirò con disappunto,ma poi pensò “In fondo,non c’è nessuno che ci aspetta,partire un’ora dopo non ci cambia nulla”,e si rilassò.Rimise l’auto in moto e svoltò in direzione della casa di Yayoi.

Trovò l’amica ad attenderla davanti al cancello,con una valigia in mano e il volto tirato.Gli occhi erano cerchiati da profonde occhiaie e l’espressione decisamente abbattuta,e anche lei dava l’impressione di non aver dormito molto quella notte.

-Dov’è Yoshiko?Non è venuta?-,chiese ansiosamente quando vide che Sanae era sola.

-L’aereo è in ritardo,sarà a Narita tra un’ora-,la tranquillizzò l’amica scendendo dalla macchina.

Prese il borsone di Yayoi e lo mise nel bagagliaio,poi aprì la portiera di fianco al suo sedile,e la ragazza si accomodò.

-Non hai un gran bell’aspetto-,le fece notare Sanae.

-Nemmeno tu-,rispose l’amica in tono incolore,tenendo lo sguardo fisso verso il basso.

-Non ho chiuso occhio stanotte-,ammise Sanae.

Yayoi annuì.-Non sei la sola,allora-.

-Ho provato a chiamarti ieri sera,ma a casa tua non rispondeva nessuno.Dimmi la verità…-

L’amica la interruppe.-Vuoi sapere se ho passato la notte con Jun?-.

Sanae annuì.

-Sì,sono stata a casa sua-,ammise la ragazza un po’ imbarazzata.

Sanae rimase in silenzio per un lungo istante.-Sei sicura di aver fatto la cosa giusta?-,le chiese dopo aver riflettuto.

-A cosa ti riferisci?A stanotte o al nostro viaggio?-

-Veramente,a tutti e due-

Yayoi si passò nervosamente le dita tra i capelli,poi iniziò a giocherellare con una ciocca.-Sinceramente,non so cosa dirti.Mi sono sentita in colpa per essere stata con lui stanotte,mi è sembrato…di averlo ingannato,ecco.Ma non ho saputo dire di no.Penso che tu possa capirmi…-

L’amica la guardò con aria un po’ sconsolata.-Non fino in fondo…sai che io e Tsubasa non siamo mai arrivati a fare certe cose…-,disse un po’ imbarazzata.

La ragazza arrossì.-Non intendevo in quel senso…ti fa stare male?-

-Cosa?-

-Che non ti abbia mai chiesto di fare l’amore con lui-

Sanae divenne rossa come un gambero,ma la sua espressione era sempre triste.-Beh ecco…insomma,non pensare chissà cosa di me,ma….sì,un po’ mi dispiace.Voglio dire…non è che poi abbia per me tutta questa importanza ma…in fondo,sarebbe stato un modo per dimostrarmi che ci tiene a me,che gli interesso….che mi ama-,disse malinconicamente.

Yayoi annuì tutta seria.-Non preoccuparti,non c’è niente di male.E’ una cosa perfettamente naturale-

-Per te,forse.Per lui purtroppo non lo è affatto-

L’amica si mise a ridere.-Probabilmente si tratta solo di timidezza…forse avresti dovuto spronarlo un po’ tu-

-E credi che non ci abbia provato?-,esclamò Sanae non riuscendo a trattenere un sorriso.-Cos’altro potevo fare,violentarlo?-

-E perché no?-,fece l’amica serissima.

Le due ragazze si guardarono con espressione stupita,e poi scoppiarono in una fragorosa risata.

-Se me lo davi prima questo consiglio,forse non eravamo qui-,disse Sanae senza smettere di ridere.

-Da retta a me,non sarebbe stato quello a risolvere i tuoi problemi-,replicò Yayoi tornando seria.

-Lo so,la mia era soltanto una battuta.Comunque….senti,per quel discorso….non so,forse è l’ennesima prova che in fondo di me non gliene importa nulla…capisco la timidezza,l’imbarazzo e tutto il resto ma…-

-Vedi,per un ragazzo secondo me è più difficile che per una ragazza,perché da lui ci si aspetta che prenda l’iniziativa.Probabilmente Tsubasa non sapeva nemmeno da che parte cominciare,poverino….-,insistette l’amica.

-Ma solo per lui è un problema?Tu non hai avuto casini di questo genere-,replicò l’altra ragazza.

-Beh ecco…boh,non so cosa dirti.Per me è stata una cosa assolutamente naturale,posso dirti solamente questo.E’ successo come se fosse la cosa più ovvia e normale di questo mondo-,disse Yayoi arrossendo un po’ imbarazzata.

Sanae sospirò profondamente.-E così deve essere per due persone che si vogliono bene,almeno credo.Ma questo è solo una minima parte del problema.Due sere fa l’ho invitato ad uscire…io e lui da soli.Sai cosa mi ha risposto?-

-No-,disse l’amica.

-Aveva un impegno con Misaki e gli altri.Avevano un’amichevole con la squadra di Nitta,e poi sarebbero andati tutti insieme a festeggiare.La sera prima,stessa cosa.Capisco che non vede gli amici da un sacco di tempo e che vuole stare con loro,ma non vedeva nemmeno me da un sacco di tempo.Sta tutto il santo giorno a quel dannato campo di calcio,e per me rimangono solo le briciole-,raccontò la ragazza tristemente,tormentandosi una ciocca di capelli.

-Dev’essere durissimo per te-,commentò tristemente Yayoi.

-Mi sento…una nullità capisci?Come se non contassi niente.Tante belle parole e poi….poi,alla prova dei fatti,il calcio è sempre davanti a me.Mi sentirei quasi meglio se il mio rivale fosse un’altra ragazza….almeno saprei come comportarmi.Ma come diavolo faccio contro la passione della sua vita?-,sbottò.

-Hai provato a parlargli?-

-E credi che non l’abbia fatto?Ma poi lui si scusa,mi dice che tiene a me,che mi ama,e che sono l’unica ragazza della sua vita.E che non devo sentirmi trascurata dal calcio,perché so quanto conta per lui,ma siamo due cose distinte.Ed entrambe importanti allo stesso modo,da quello che dice.Ma dai fatti non si direbbe proprio-,rispose Sanae.

L’amica sospirò.-Come credi che reagirà quando saprà che te ne sei andata?Gli hai lasciato una lettera?-

Sanae scosse il capo.-No,non sapevo cosa scrivergli,e ho preferito non fare nulla.Quando,e se mi cercherà,i miei genitori gli diranno che sono partita-.

Yayoi la guardò meravigliata.-Non gli hai lasciato nemmeno due righe?-

-No,te l’ho detto.Tu invece?-

La ragazza tirò un respiro profondo.-Gli ho scritto una lettera.Ho detto che mi sento in crisi,che non so più chi sono.Che ho bisogno di starmene un po’ da sola a riflettere,e che mi sarei fatta viva io.Sanae,mi sento una vigliacca-

L’amica la guardò intensamente.-Davvero?-

-Sì-,mormorò Yayoi con un filo di voce.-So di aver tentato di parlargli dei miei problemi,senza però trovare mai il coraggio di andare fino in fondo.Mi sono chiusa in me stessa,ho indossato una maschera fingendo che andasse tutto bene.In questi ultimi tempi non ho fatto altro che fingere,e mentire.E anche stanotte….anche stanotte l’ho ingannato,e poi sono sgattaiolata via come una ladra.Mi vergogno tantissimo-,disse scoppiando in lacrime.

Sanae le accarezzò lievemente i capelli.-Su,non fare così.Avevamo bisogno di andare via a riflettere.Ma comunque…se ti sei pentita,puoi anche tornare indietro-.

L’amica sollevò la testa.-No.Continuerei a ingannarlo,e non voglio.Stanotte non dovevo rimanere lì,è stato l’ultimo atto di una farsa assurda-.

-E’ inutile piangere sul latte versato,Yayoi.Se sei rimasta,vuol dire che lo desideravi-.

La ragazza annuì,senza riuscire a frenare le lacrime.-E questo dimostra che sono una vigliacca-,insistette.

-No,questo dimostra soltanto che lo ami-,cercò di tranquillizzarla Sanae.

-No,io sono una vigliacca e un’egoista.E forse mi manderà al diavolo quando tornerò a casa.Ma non posso tornare indietro,non posso….-,mormorò con voce rotta dai singhiozzi.

Sanae la lasciò sfogare,limitandosi ad accarezzarle dolcemente la testa.Anche lei si sentiva il cuore stretto in una morsa di angoscia e profonda tristezza.

-Chissà cosa sta facendo lui in questo momento….-,non poté trattenersi dal pensare.

 

Cosa accadrà alle nostre amiche?Torneranno a casa o proseguiranno con il loro viaggio?E,in fondo,cosa stanno cercando veramente?E come reagiranno Tsubasa,Hikaru e Jun quando scopriranno cos’è accaduto?

L’appuntamento è al secondo capitolo di “ON THE ROAD”! J

 

 

 

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Capitolo 2
*** La scoperta ***


ON THE ROAD

 

CAPITOLO DUE: LA SCOPERTA

 

Tokyo, ore 10.30

La luce sta invadendo la stanza attraverso le persiane semichiuse.Cerco di evitarla stringendo gli occhi, ma mi rendo conto di essere ormai completamente sveglio.Istintivamente allungo una mano verso l’altra parte del letto, cercando Yayoi, ma con stupore mi rendo conto che non c’è.Mi sollevo sui gomiti. Niente, evidentemente si è già alzata.Strano però….di solito quando mi sveglio la trovo ancora di fianco a me che dorme…

Decido di alzarmi, probabilmente si starà facendo la doccia.Niente nemmeno in bagno.

Scendo di sotto, chiamando il suo nome, ma nessuno mi risponde.La casa sembra assolutamente deserta.Non capisco dove diavolo possa essersi andata a cacciare.

In cucina. Niente, vuota, con i piatti della cena di ieri sera ancora abbandonati nel lavello.

Non è da nessuna parte, e inizio a preoccuparmi. Com’è possibile che se ne sia andata così, senza dire niente?

Poi mi tranquillizzo.Probabilmente è in giardino.Ma no, non è nemmeno lì.Forse è uscita a comperare qualcosa, ma mi sembra strano.

Torno di sopra in camera da letto, per vedere se abbia portato via qualcosa con sé.Mi viene quasi un colpo quando mi accorgo che ha portato via tutte le sue cose.Non riesco a capire….

Mi siedo sul letto cercando di riflettere, e vedo qualcosa sul comodino che colpisce la mia attenzione.E’ una busta, e sopra c’è scritto il mio nome.Riconosco immediatamente la sua calligrafia.

La apro, il cuore mi batte fortissimo, come se avessi corso per una partita intera.Non riesco a capire….

 

Caro Jun,

rimarrai sicuramente sorpreso quando troverai questa lettera, e forse ti sentirai ferito, e ti giuro che mi dispiace.Non puoi immaginare come mi sento in questo momento.Forse sono solo un’egoista e una vigliacca ma….ho deciso di andarmene per un po’.Mi dispiace di non avertene parlato, e mi sento terribilmente in colpa per essere rimasta qui stanotte nonostante la decisione che avevo già preso. Credimi, non l’ho fatto per farti soffrire. L’ho fatto perché avevo bisogno di te, stanotte più che mai.

Vado via per qualche giorno con Sanae e Yoshiko.Non so dove andremo, mi farò viva io.Abbiamo bisogno di stare un po’ per conto nostro e riflettere.

Non so più chi sono, cosa voglio dalla vita.Mi sono trascinata finora in un’esistenza passiva, senza compiere una sola scelta autonoma, senza fare progetti per il futuro, senza chiedermi niente.Mi sono dedicata solamente a te, ma adesso dentro di me qualcosa si è spezzato.Ho bisogno di pensare un po’ anche a me stessa.

Non è assolutamente colpa tua.Sono io che non sono mai riuscita a parlarti dei miei problemi.Ho preteso di farmi carico di tutti i tuoi problemi e le tue sofferenze, di prendermi cura di te, ma non ti ho permesso di fare altrettanto. C’erano le tue esigenze prima di tutto, io venivo dopo.Per te, e soprattutto per me stessa.Mi sono annullata.E facendo così, è come se non ti avessi dato nulla di me.Hai amato un involucro, perché la persona dentro si è nascosta chissà dove e da chissà quanto tempo. E io voglio ritrovarla.Solo così potrò darti quello che meriti, e potrò finalmente ricevere quello che anch’io merito.

Non pretendo che capirai le mie motivazioni, nemmeno io capisco cosa mi sta succedendo.Buffo…sono la prima a non sapere cosa voglio e cosa cerco.Sono davvero una stupida, e una vigliacca.Forse non mi merito il tuo amore.

Solo una cosa ti prego di credere, e di non dimenticare mai: io ti amo.Non ho mai amato nessuno in vita mia quanto amo te, e non amerò mai nessuno in questo modo. Mai, mai più, qualunque cosa il destino possa riservarci.Vivo sempre con la paura di perderti, perché non saprei vivere senza di te.

E c’è dell’altro.Io per te sono diventata un’abitudine.Sai che potrai sempre contare su di me, che ci sarò in ogni momento e per qualsiasi necessità.Un giorno diventerò un peso per te. Sì, forse ora non te ne rendi conto, ma se continuerà così, se io continuerò ad essere la tua ombra senza personalità, alla fine ti stancherai.Vorrai avere al tuo fianco una donna diversa, più stimolante, più vera.Smetterai di amarmi, di desiderarmi, di volermi accanto a te a condividere la tua vita. E io ho paura, non voglio che venga questo momento, ne morirei.Devo trovare me stessa, per me e per te.

Spero che quando tornerò, sarò una persona nuova.E spero che amerai la nuova Yayoi quanto e più della vecchia.Il mio amore per te rimarrà immutato.

Ti prego, perdonami.

Con amore, Yayoi.

 

Sento il cuore stretto in una morsa.Continuo a leggere e rileggere la lettera, e stento ancora a credere a quello che c’è scritto.Se n’è andata…alla ricerca di se stessa….si sente annullata…

In tutti questi anni lei mi è sempre stata accanto, come un’ombra vigile e affettuosa.Si è sempre presa cura di me, nella buona e nella cattiva sorte. C’era nei momenti belli, e in quelli brutti.Mi ha dato forza, coraggio, appoggio incondizionato.Mi ha dato l’energia e la voglia di lottare, di vivere, anche nei momenti più bui e tristi.Sapevo di poter contare su di lei in qualunque momento, e per qualunque cosa.Sapevo che era sempre lì, al mio fianco, pronta ad ascoltarmi, ad aiutarmi, a gioire e soffrire con me. Un’ombra senza personalità….un’abitudine….

No, non ho mai pensato queste cose di lei.Anche se so che lei c’è sempre, non l’ho mai data per scontata.Ogni volta che ho un problema, e ne parlo con lei, provo una grandissima gioia nel vedere che lei è disponibile a sostenermi e starmi accanto.

Sono stato un cretino….

Avevo paura che prima o poi sarebbe stata lei a stancarsi di me. A stancarsi di essere la mia infermiera personale, a stancarsi di prendersi cura di me e di accollarsi i miei problemi, a stancarsi delle continue angosce che, io lo so bene, provava sempre per me, ogni volta che giocavo, che subivo un intervento, che dovevo fare degli esami medici.Temevo che prima o poi mi avrebbe sentito come un peso,e che avrebbe voluto liberarsi di me. E invece….invece lei pensava proprio il contrario…temeva che fossi io a stancarmi di lei,a sentirla come una palla al piede. A desiderare un’altra donna.

Se siamo arrivati entrambi a questo punto…vuol dire che qualcosa nel nostro rapporto non va.

Se solo le avessi parlato…le avessi rivelato le mie paure…i miei pensieri….Magari lei avrebbe fatto lo stesso,e ci saremmo chiariti,senza che dovesse andarsene.Ma dove,poi,dove maledizione?

E se alla fine,dopo aver riflettuto,decidesse di troncare?Sì,ha scritto che mi ama,e che il suo amore per me rimarrà immutato ma…ma forse….oh,maledizione!

Dice che non potrebbe vivere senza di me.Forse crede che io invece potrei cavarmela lo stesso senza di lei.Non c’è niente di più falso di questo.Senza di lei io non sarei più nulla,non riuscirei più a muovere un passo.E’ lei a darmi la forza,la voglia di vivere,di lottare,di andare avanti ogni giorno nonostante i problemi,i timori,le difficoltà.Lei è indispensabile per me,è la mia guida,il mio sostegno,è la mia amante,è la mia amica,è tutto.E’ il faro che mi guida attraverso la nebbia.

E’ l’unica donna che voglio e che potrei mai volere al mio fianco.E’ l’aria stessa che respiro.

Devo trovarla….devo trovarla assolutamente.Ma come,dannazione?

Dice che è andata via con Sanae e Yoshiko.Forse Tsubasa sa qualcosa….mmm,ne dubito,lui non è mai stato sveglio per queste cose.Forse potrei provare a chiamare Hikaru…

 

Furano,ore 10.40

Sono pronto per la mia solita corsetta mattutina.Mi serve per tenermi in allenamento,in attesa delle prossime partite.Poi passerò a salutare Yoshiko,ieri sera mi è sembrata un po’ depressa. A pensarci bene,è da quando è successo quel maledetto incidente che è strana,anche se si rifiuta di ammettere che c’è qualcosa che non va.Ma forse è normale,dopo quello che ha passato…Il suono del telefono mi distrae dai miei pensieri.Non c’è nessuno in casa,e quindi tocca a me rispondere.Rimango stupito nel sentire la voce di Misugi,decisamente sconvolto e alterato.

 

Conversazione telefonica

-Ehi,amico,cosa ti succede?Qualche problema?-

-Non dirmi che ancora non sai niente-

-Ma di cosa stai parlando?Ti senti male per caso?E’ successo qualcosa di grave?-

Ci fu una lunga pausa dall’altro capo del filo.

-Vuoi dirmi che Yoshiko non ti ha detto nulla?-

Matsuyama rimase spiazzato per un istante.Cosa c’entrava la ragazza adesso?

-Vuoi spiegarmi cosa è successo,e soprattutto,cosa c’entra Yoshiko?-

-Si tratta di Yayoi…stamattina ho trovato una lettera…se n’è andata…dice che ha bisogno di riflettere qualche giorno,di ritrovare se stessa…sono sconvolto,credimi-

-Accidenti,lo immagino…ma cosa c’entra Yoshiko?-

-C’ entra eccome,perché Yayoi ha scritto che è partita insieme a Yoshiko e Sanae-

-Cooooosa?-,esclamò Hikaru sbigottito.

-Ti assicuro che è la verità.Dice che hanno bisogno di riflettere da sole per qualche giorno-

-Ma è impossibile,te lo assicuro…ho parlato con Yoshiko ieri sera e non mi ha detto nulla-

-Cavolo,Yayoi ha dormito a casa mia e l’ho saputo solo stamattina,quando mi sono svegliato e anziché lei ho trovato quella lettera-,ribatté Jun.

-Ma è impossibile-,insistette il ragazzo ancora interdetto.

-Sembra assurdo anche a me…quindi non hai idea di dove possano essere andate?-

-No,assolutamente.Ma …io non posso crederci….-

-Senti,non hai notato niente di strano in Yoshiko negli ultimi giorni?-,indagò Misugi con circospezione.

-Se devo essere sincero,è da quando è successo l’incidente che si comporta in modo strano.Non saprei spiegarti….è sempre tesa,pensierosa,sfuggente,come se avesse qualcosa che la tormenta.Ma quando provo a chiederle qualcosa nega,dice che va tutto bene e si rifiuta di confidarsi-,ammise il ragazzo.

-Ma dove possono essere andate?-,ripeta Jun.

-Non ne ho la più pallida idea….senti,non può essere andata via così,deve avermi lasciato una lettera,un messaggio.Voglio provare ad andare a vedere a casa sua-,insistette Hikaru.

-Mi sembra un’ottima idea.Richiamami quando sai qualcosa,mi raccomando-

-Certo,certo-,disse l’amico,ancora incredulo.

-E senti…credi sia il caso di avvertire Tsubasa?-

Matsuyama rimase in silenzio per un attimo.-Credo di sì….magari Sanae gli ha detto qualcosa-.

-Ok.Allora adesso lo chiamo. -

 

Rimetto giù la cornetta.Devo sedermi,le gambe sembrano non voler più reggere il peso del mio corpo.Stento ancora a credere a quello che è successo,è come se tutto mi stesse crollando di nuovo addosso.Continuo a ripetere dentro di me che non è possibile,che è assurdo….che non può essere andata via così,senza dirmi nulla,senza confidarsi prima con me.Ma che razza di idiota sono?La mia ragazza sta male,è in crisi,e preferisce andarsene lontano,di nascosto,piuttosto che venire da me e raccontarmi i suoi problemi…vuol dire che proprio non sono stato in grado di conquistarmi la sua fiducia,di farmi sentire da lei come un sostegno.

Non ho capito un bel nulla….quando lei si è ripresa fisicamente,dopo quel dannato incidente,ho pensato che fosse tutto finito lì. Insomma,il peggio era passato,quel terribile incubo era finalmente finito,e pensavo che sarebbe tornato tutto come prima.Certo non ho tenuto in minimo conto quelle che potevano essere le conseguenze psicologiche.In fondo non ero stato io a vivere quella terribile esperienza,era stata lei.

Ho avuto una dannata paura di perderla per sempre,credo che sarei impazzito sicuramente se non si fosse più svegliata dal coma. A vederla così,inerme,su quel letto,sentivo il cuore stringersi in una morsa…avrei dato la mia vita per trovarmi lì,al suo posto.Ancora adesso,tutte le volte che ci ripenso,mi sembra di uscire di senno….se penso che a quest’ora….

Ma poi lei si è svegliata,ha parlato,si è ripresa,e nel mio immenso sollievo ho pensato che fosse tornato tutto a posto.Continuavo a ripetermi che era viva e stava bene come se fosse un ritornello,era salva e non c’era più niente di cui avere paura.Sarebbe tornato tutto perfetto,come era prima,come era da quando lei era finalmente ritornata da New York.Certo che,fin dall’inizio,non ne ho mai combinata una giusta con lei….Innanzitutto sono stato l’unico a non accorgermi dei suoi sentimenti,quando tutti quanti,a partire dai miei compagni di squadra della Furano,si erano perfettamente resi conto che lei era innamorata di me…e,ancora peggio,non mi ero reso conto nemmeno dei miei sentimenti,non avevo capito quanto la sua presenza fosse importante per me,quanto fosse forte e intenso l’affetto che sentivo nei suoi confronti.Mi ero svegliato solamente quando avevo letto quell’ “I love you” ricamato sulla mia fascetta…in quel momento è stato come se il velo che oscurava i miei occhi fosse caduto,e ho capito…ho capito che ero uno sciocco,e che se non mi sbrigavo a dirle quello che provavo l’avrei persa per sempre.Lei ha avuto molto più coraggio di me,in fondo.Vederla salire su quell’aereo che la portava così lontano da me è stato straziante,non avrei mai pensato di poter sentire così tanto la sua mancanza.In fondo,avevo considerato così ovvia,così scontata la sua silenziosa,quasi invisibile,presenza nella mia vita,che avevo dovuto perderla per rendermi conto di cosa significasse realmente. I suoi occhi erano sempre stati rivolti su di me,senza dirmi niente,senza chiedermi niente…e io non avevo idea di quanto contasse per me sapere che in ogni momento potevo voltarmi e trovarla lì,sorridente e dolce come sempre.Quando giocavo a calcio riuscivo un po’ meglio a sopportare il peso della sua assenza…anche se,a volte,dopo aver segnato un gol,rivolgevo il mio sguardo verso la panchina per vedere la gioia e l’esultanza dipinte sul suo volto,e poi mi accorgevo che lei non c’era,che non era lì accanto a me.

Dopo che è tornata,è stato tutto bellissimo.Ed io ero veramente convinto di essere riuscito a renderla felice,a darle quella stessa felicità che lei dava a me ogni giorno.Invece…invece non mi sono accorto che aveva dei problemi,non mi sono accorto del suo disagio,e lei ha preferito andarsene anziché confidarsi con me e chiedermi aiuto.Sono davvero un fallimento,non c’è che dire.Ora però è inutile starsene qui a rimuginare,e piangere sul latte versato.Devo sapere dove è andata.Forse ha lasciato detto qualcosa ai suoi genitori,o forse mi ha lasciato una lettera. Andrò subito a casa sua,e durante il tragitto chiamerò Tsubasa…sperando che magari Sanae gli abbia detto qualcosa.

 

Fujisawa,casa Ozora,ore 11.

Il telefono squillò insistentemente.Il piccolo Daichi si avvicinò all’apparecchio per rispondere,ma venne anticipato da sua madre,che sorridendogli dolcemente sollevò la cornetta,mentre il bambino,un po’ deluso,tornava a giocare con il suo pallone(ma allora è un vizio di famiglia!!).

-Pronto,qui casa Ozora-,disse la donna continuando a osservare il figlioletto che palleggiava con sorprendente abilità.

-Buongiorno signora,è in casa Tsubasa?-,domandò piuttosto ansiosamente Matsuyama dall’altra parte del filo.

-Mi dispiace,è andato al campo di calcio con Misaki e gli altri.E’ partito piuttosto presto stamattina-,rispose la signora.

-Capisco…-,fece il ragazzo deluso.

-Se mi lasci il tuo nome e il tuo numero ti farò richiamare appena torna-

-Non importa,signora,grazie comunque-,rispose Hikaru,e chiuse il telefono.

“Maledizione!”,pensò piuttosto alterato,”E ti pareva che quello stupido non era già andato al campo di calcio?Evidentemente ancora non sa nulla.Certo che non è mai stato molto sveglio per le cose che non riguardano il calcio,ma questa è una cosa seria accidenti!”.Poi si ricordò che poco tempo prima l’amico aveva acquistato un cellulare. Controllò nella rubrica,e infatti gli comparve subito il numero.Premette il tasto per effettuare la chiamata e attese.

 

Campo da calcio della Nankatsu,ore 11.

Oggi è una bellissima giornata,è caldo e il sole è alto nel cielo.La giornata ideale per una bella partita di pallone.(perché,se nevicasse cambierebbe qualcosa?).Stamattina mi sono svegliato prestissimo,non erano nemmeno le sette,e dopo la mia abituale corsetta mattutina ho deciso di andare a chiamare Misaki e gli altri per fare una partitella al campo.Taro era già in piedi,mentre gli altri li abbiamo praticamente buttati giù dal letto(poveri!),ma sono stati ben felici di venire con noi(seee,ci credi solo tu).Ishizaki si è un po’ lamentato come suo solito,ma si vedeva che non vedeva l’ora di tirare quattro calci al pallone.Alle otto circa eravamo già tutti al campo,e abbiamo iniziato subito a giocare.Mi sento in perfetta forma,e sono sicuro che quando tornerò in Brasile potrò far subito faville al campionato carioca.Non vedo l’ora di giocare nuovamente contro Carlos Santana,la finale del campionato mondiale è stata davvero emozionantissima!

Pensando al Brasile mi è venuta in mente Sanae.Non la sento ormai da un paio di giorni,spero solo che non si sia offesa per l’altra sera.Non è che non avessi voglia di uscire con lei e starcene un po’ in pace da soli,ma ormai erano alcuni giorni che avevamo progettato quella partita con la squadra di Nitta…presto io ripartirò per il Brasile,e anche Taro mi ha detto che andrà in un centro di riabilitazione per completare la fisioterapia.La sua gamba va già molto meglio,ma ovviamente sta ben attento a non sforzarla troppo,vuole riprendersi completamente per tornare nuovamente ai massimi livelli.Immagino quanto debba essere stata dura per lui starsene fuori per quasi tutto il campionato,senza sapere se avrebbe potuto giocare almeno la finale.Ma per fortuna è potuto scendere in campo,e con lui al mio fianco è davvero tutta un’altra cosa!Grazie a lui e Shingo so sempre di potermi esprimere ai massimi livelli.

Chissà come sta Shingo…se n’è tornato subito in Italia,e sono sicuro che nell’Inter sta facendo vedere di cosa è capace.Mi sento davvero fiero ed onorato di essere il suo idolo,e anche di essere stato io a fargli nascere la passione per il calcio.

Comunque,è stato bello tornare qui a casa,e poter giocare di nuovo con i miei vecchi compagni della Nankatsu,come non succedeva da tantissimo tempo.Mi rendo conto di essere stato talmente preso da aver trascurato un po’ Sanae…ma non penso che si possa essere arrabbiata per un motivo del genere,lei sa benissimo che il calcio per me è importantissimo,è la cosa che da un significato alla mia vita.Ma sa benissimo che anche lei è importantissima per me,che è l’unica ragazza a cui tengo e che desidero avere al mio fianco,e sicuramente non si sente in competizione con il pallone.Sono due cose diverse,per me,e altrettanto importanti(anche a questo ci credi solo tu).Non ne abbiamo ancora parlato,ma quando ripartirò per il Brasile mi piacerebbe che lei venisse con me.Immagino che si sia sentita molto sola durante la mia assenza,e anche a me è mancato il suo sostegno,il suo tifo scatenato…riesce sempre a rendermi sereno e a cancellare la tensione pre-partita.Sono sicuro che accetterà di venire con me.Probabilmente mi terrà il muso per qualche giorno per la faccenda dell’altra sera,ma faremo sicuramente la pace.Non riesce mai a rimanere arrabbiata con me a lungo. Anzi,magari stasera la chiamo e ce ne andiamo da qualche parte insieme,così mi faccio perdonare.

-Sei pensieroso,eh?-,sento improvvisamente la voce di Misaki dietro di me.Stiamo facendo una breve pausa,visto che Ishizaki si lamentava a gran voce di non poterne più.

-Pensavo a Sanae,sicuramente mi sta tenendo il muso per l’altra sera-.

-In effetti…non hai trascorso molto tempo con lei da quando sei tornato in città-,mi fa notare Taro con il suo solito sorriso.

-Beh,forse hai ragione…ma sai…-

-Quando vedi un pallone e un campo non capisci più niente!-,mi risponde,e scoppiamo entrambi a ridere.In quel momento sento una suoneria nota….è il mio cellulare.Probabilmente è proprio Sanae…visto,non riesce a tenermi a lungo il muso!

Ma appena prendo in mano l’apparecchio mi accorgo che non è affatto il numero di Sanae.Chi può essere?

-Pronto?-

-Ciao Tsubasa,sono Matsuyama-.

-Matsuyama,che sorpresa!-,rispondo allegramente,ma poi mi rendo conto che la sua voce è insolitamente seria.Che sia successo qualcosa di brutto?

-Senti,devo parlarti di una cosa molto importante.Hai un minuto?-

Deve essere proprio successo qualcosa.-Certo ,dimmi.E’ successo qualcosa di grave?-

-Diciamo di sì.Mi ha telefonato Misugi pochi minuti fa-

-Per caso ha avuto dei problemi di salute?-,domando ansiosamente.

-No,no lui sta benissimo.Si tratta di Yayoi-

-Le è accaduto qualcosa?-

-E’ sparita.Gli ha lasciato una lettera dove dice che parte per qualche giorno perché si sente in crisi e ha bisogno di ritrovare se stessa-,mi informa.

Rimango decisamente sorpreso.Conosco Yayoi da quando eravamo piccoli,e l’ho sempre considerata una ragazza tranquilla ed equilibrata.E’ sempre serena,sorridente,e lei e Misugi formano una bellissima coppia.Si vede subito quanto sono affiatati ed innamorati,e mi sembra veramente strano che lei se ne sia andata così,di punto in bianco.

-Un atteggiamento davvero strano,da parte sua-.Continuo però a non capire cosa c’entro io.Non vedo e non sento Yayoi dalla fine del mondiale.Ma certo,forse Misugi pensa che Sanae possa sapere qualcosa,in fondo lei e Yayoi sono diventate buone amiche negli ultimi tempi.Ma perché non mi ha chiamato lui personalmente,allora?

-Ma non è solo questo.Non è andata via da sola. Senti,Sanae non ti ha accennato a dove avevano intenzione di andare?-

Avevano?Avevano chi?

-Scusa Matsuyama,cosa c’entra Sanae?-,domando un po’ spaesato,senza capire bene la situazione.

-Quindi nemmeno tu sai niente…-,commenta Matsuyama,e avverto una nota di delusione nella sua voce.

-Ma si può sapere di cosa parli?Cosa dovrei sapere?-.Vedo Taro e gli altri che mi guardano interrogativamente.

-Yayoi ha lasciato detto nella lettera che andava via per qualche giorno con Sanae e Yoshiko-.

E’ come se mi fosse caduta una tegola in testa. Sanae…andata via…per qualche giorno?Senza dirmi niente?Allora la sua era ben più di una semplice arrabbiatura. C’era qualcosa di serio di cui lei non mi ha mai parlato. Insomma,non può aver preso una decisione simile per un motivo tanto sciocco!(hai mai sentito parlare della classica goccia che fa traboccare il vaso?!).

-Coome?Ecco vedi…io e Sanae non ci siamo sentiti negli ultimi giorni…pensavo che lei mi stesse tenendo il muso…-,inizio a dire confusamente.

-Avete avuto dei problemi?-,indaga cautamente Matsuyama.

-No,niente di serio…diciamo che qualche sera fa le ho tirato una specie di bidone e lei se l’è presa un po’, tutto qui…pensavo che fosse per quello che non si faceva viva.Non sapevo niente di questa partenza….Tu sapevi qualcosa?Yoshiko te ne aveva parlato?-

-Macchè!L’ho vista ieri sera,e non mi ha detto nulla.Ho notato che era un po’ strana…ma è da quando siamo tornati da Parigi che si comporta in modo insolito,è sempre pensierosa,sfuggente…Io non so cosa devo pensare,Tsubasa.Speravamo che Sanae ti avesse lasciato detto qualcosa-.

Dalla voce si capisce chiaramente che anche lui è a pezzi.Non riesco a capire cosa sia successo…non è un comportamento da Sanae,decisamente.Lei non è mai stata il tipo che fa le cose di nascosto,senza un valido motivo.Doveva veramente soffrire parecchio per arrivare a prendere una decisione del genere…e io,da bravo idiota,non avevo capito un tubo!

-Senti,Matsuyama,proverò a chiamare Sanae nel cellulare.Magari riesco a farmi dare delle spiegazioni-,propongo,sperando con tutto il cuore che mi risponda.

-D’accordo.Allora ci risentiamo-.

-Perfetto-.Chiudo la conversazione sentendomi l’anima pesare come il piombo,e eludendo le domande di Misaki e degli altri ragazzi compongo immediatamente il numero di Sanae.

 

Aeroporto di Narita,ore 11.30

-Il volo 5149 proveniente da Sapporo è in arrivo al cancello 14-,disse una voce all’altoparlante.

-Finalmente-,dissero insieme Yayoi e Sanae,che erano sedute su un divanetto nell’atrio dell’aeroporto e stavano aspettando da circa mezz’ora l’arrivo del volo di Yoshiko.Le due ragazze erano silenziose,ciascuna immersa nei propri pensieri.Non vedevano l’ora che l’amica arrivasse,almeno sarebbero potute partire,anche se ancora non avevano neppure pensato a una possibile meta.

In quel momento il telefonino di Sanae squillò.La ragazza lo tirò fuori dalla borsetta,e quando vide il nome che lampeggiava sul display rimase scioccata:Tsubasa.

-Ehi,perché non rispondi?-,le domandò Yayoi,vedendo che l’amica era rimasta immobile a guardare il telefonino come ipnotizzata.

-E’ Tsubasa-,mormorò Sanae ancora sotto shock.

-Vuoi che ci parli io?-,le chiese l’amica.

Sanae la guardò.-Io…io non ce la faccio a parlargli…non ancora-,disse un po’ agitata,e porse il telefonino all’amica. Yayoi tirò un profondo sospiro e schiacciò il tasto per accettare la chiamata.

-Pronto?-,disse sforzandosi di parlare con tono naturale.

-Sanae?-,chiese titubante la voce di Tsubasa dall’altra parte.

-No,sono Yayoi. Sanae in questo momento non può rispondere-,disse la ragazza,lanciando un’occhiata all’amica,che era ancora pallida e tesa.

-Ah…senti,Yayoi,posso sapere dove siete?-,domandò il ragazzo.

-Mi dispiace,questo non posso dirtelo-,fece la giovane con decisione.

-Ma perché?-

Yayoi rimase sorpresa.In tanti anni che conosceva Tsubasa non gli aveva mai sentito un tono di voce così alterato.

-Mi dispiace,non posso-,ripeta imperterrita.

-Senti,noi siamo tutti preoccupati per voi.Ve ne siete andate così all’improvviso,senza dire nulla-,proseguì Tsubasa.

La voce di Yayoi si fece fredda.-Abbiamo bisogno di starcene un po’ per conto nostro.Spero che vogliate rispettare la nostra decisione-.

-Ma perché senza dire nulla?-,insistette il ragazzo.

La ragazza sospirò.Quella conversazione stava diventando molto difficile da sostenere.-Tsubasa,ti prego…-,mormorò.

-Per favore,passami Sanae,è assolutamente necessario che io parli con lei-.

Yayoi guardò interrogativamente Sanae,che però scosse vigorosamente la testa.

-Mi dispiace,purtroppo in questo momento è impossibile.Non può venire a rispondere-.

-Maledizione!-,imprecò Tsubasa. -Riesci a immaginare come ci stiamo sentendo noi in questo momento?-

La ragazza divenne pallidissima,come se avesse ricevuto una botta,ma poi la sua espressione divenne severa.-So che state soffrendo.Ma credete che noi ci stiamo divertendo?Credete che abbiamo preso questa decisione per farci quattro risate alle vostre spalle?Cosa credi che abbiamo provato nell’ultimo periodo,tutte e tre,per arrivare a fare una scelta simile?-,disse,con un tono duro e dolente che lasciò il ragazzo sorpreso.

Tsubasa non credeva alle proprie orecchie.Non si sarebbe mai aspettato da Yayoi una tale aggressività,era evidente che le tre ragazze stavano veramente soffrendo,ma non riusciva ancora a capire. D’accordo,non poteva parlare per gli altri due,ma era convinto di non aver mai fatto nulla di talmente grave da far soffrire Sanae così tanto.

-Yayoi,è inutile che discutiamo io e te,non siamo noi due ad avere problemi.Quindi ti prego,passami Sanae-,insistette.

-Allora se vuoi te la dico schietta,ma poi non prendertela con me. Sanae non vuole parlarti-,disse Yayoi seccamente.

Il ragazzo rimase immobile come se lo avesse colpito un fulmine.Per un attimo non trovò le parole adatte per rispondere,il suo cervello rifiutava di elaborare quanto l’amica gli aveva appena detto.-Come…cosa significa che Sanae non vuole parlarmi?-,domandò ancora inebetito.

-Esattamente quello che ho detto. Sanae sta soffrendo moltissimo,e la cosa peggiore è che tu non te ne sei mai accorto-,continuò la ragazza,mentre Sanae la guardava con stupore.

Altra tegola sulla testa del povero Tsubasa. -Ma io….-,balbettò ancora sconvolto.

-Tu pensi solo al tuo dannato pallone,ecco la verità. E Sanae…lasciamo perdere,non sta a me dirtelo-,tagliò corto Yayoi cogliendo lo sguardo implorante di Sanae.

-Esatto,non sta a te parlarmi dei problemi di Sanae-,ribatté bruscamente Tsubasa,riprendendo pian piano colore.-Quindi…-

-Tsubasa,è inutile,lei non vuole parlare con te-,lo interruppe la ragazza,che iniziava a innervosirsi.

-Io…io non ti riconosco più,Yayoi,veramente.Non è da te comportarti così-,fece il ragazzo,sempre più sconcertato dal comportamento dell’amica.-Sei sempre stata una ragazza tranquilla,serena,pronta a consigliarmi…-

-Basta!Basta con queste sciocchezze!-,disse Yayoi a voce altissima,facendo voltare nella sua direzione tutta la sala d’attesa di Narita. -Sono stufa!Non sta a te giudicarmi,dirmi come sono. Basta!Nessuno sa chi sono,come sono veramente,a nessuno importa.Come ti permetti di dire quale comportamento è o non è da me?-.

Sanae guardò l’amica un po’ meravigliata,ma riusciva a comprendere benissimo il suo stato d’animo. Solo,le dispiaceva un po’ per Tsubasa,che magari non si meritava quella sfuriata in piena regola.

-Scusami,io…mi dispiace-,disse Tsubasa,sempre più incredulo.Era evidente che c’era qualcosa che non andava.

-Io….non so nemmeno io cosa voglio dire,Tsubasa,scusami.Non è giusto che me la prenda con te per un problema che è solo mio,e non ti riguarda-,disse la ragazza calmandosi un po’,e sforzandosi di trattenere le lacrime.

-Yayoi….perché non tornate a casa?Forse,parlandone…tutti insieme…potremmo superare tutto,non credete?-,disse Tsubasa,che ancora non riusciva ad afferrare appieno la situazione.

-No,dobbiamo stare un po’ da sole prima di…di poter affrontare con voi la situazione.Parlo anche a nome delle altre.Quindi vi prego…dillo anche a Matsuyama…e a Jun…non cercateci per un po’.Promettiamo che…quando ci sentiremo pronte…ci faremo vive noi-,rispose la ragazza con voce rotta,mentre le lacrime iniziavano a scorrerle sulle guance.

-Ma come…ma…-,cercò di farle cambiare idea Tsubasa,ma Yayoi chiuse il telefono,e lo riconsegnò a Sanae senza guardarla in faccia.

-Mi dispiace,Sanae-,disse guardando distrattamente verso il tabellone degli arrivi,-forse ho esagerato-.

L’amica le passò un braccio intorno alle spalle.-No,sta tranquilla.Non avrei saputo comportarmi meglio,al tuo posto-,la rassicurò.

-Grazie-,sussurrò la ragazza.

-Senti,non abbiamo ancora pensato a dove andare,quando finalmente Yoshiko sarà qui.Hai qualche posto in mente?-,domandò Sanae,pur rendendosi conto che qualunque meta avessero scelto,non sarebbe poi cambiato molto.Il peso che avevano nel cuore sarebbe rimasto,anche se fossero andate fino in capo al mondo.

-Mi piacerebbe vedere il mare-,disse Yayoi in tono bassissimo,continuando a guardare un punto imprecisato della stanza.

-Già…il mare-,sussurrò Sanae di rimando.-Potremmo andare a Okinawa,a salutare Maki-,propose.

L’amica rimase in silenzio per un attimo.-Già,potrebbe essere un’idea-,disse poi in tono incolore.

-Ragazze!-,le richiamò una voce alle loro spalle.Le due ragazze si alzarono dal divanetto e videro Yoshiko che si stava avviando verso di loro,con un borsone in mano e sforzandosi di abbozzare un sorriso.Sorriso che svanì immediatamente nel vedere le espressioni serie,quasi accigliate,delle due amiche.

-Qualcosa non va?-,domandò preoccupata.

-Ha appena chiamato Tsubasa. A quanto pare,hanno già scoperto che ce ne siamo andate-,le spiegò Sanae.

-Ah. E cosa gli avete detto?-,chiese ancora Yoshiko,poggiando la borsa a terra.

-Che non devono cercarci,e che saremo noi a farci vive quando ci sentiremo pronte ad affrontarli-,intervenne Yayoi.

-Mi sembra la cosa più giusta….-,disse la ragazza,rimanendo poi in silenzio con espressione malinconica.-Come l’ hanno presa?-,chiese poi.

-Non so…mi sembra che Tsubasa non abbia capito il motivo del nostro viaggio-,disse Yayoi,guardando Sanae.

-Non gli ho lasciato nessuna lettera in cui gliene parlavo-,aggiunse quest’ultima in tono serio.

-Capisco…beh,ormai è andata,no?Possiamo solo proseguire sulla nostra strada…-,fece Yoshiko cercando di mantenersi calma,-o preferite tornare indietro?-.

Sanae scosse la testa.-No,questo non è possibile-,disse in tono convinto.

Le due ragazze guardarono contemporaneamente Yayoi.

-La penso così anch’io-,le rassicurò,abbozzando un sorriso di circostanza.

-Senti,Yoshiko,che te ne pare di Okinawa come meta?-,domandò Sanae,mentre si avviavano verso il parcheggio.

-E’ una buona idea,ho voglia di vedere il mare-,approvò la ragazza.

-D’accordo,allora come prima tappa andiamo lì-,decisero,sforzandosi di sentirsi più tranquille e di scacciare i pensieri tristi.

 

Furano,21 giugno,ore 11.30

Il colloquio con Tsubasa non mi ha affatto tranquillizzato.Nemmeno lui sapeva niente,e dubito che parlando con Sanae riuscirà a cavare un ragno dal buco.Ho la sensazione che le ragazze siano determinate ad andare fino in fondo.Quello che mi tormenta è non sapere qual è il problema,non riuscire a capire cosa possa aver spinto Yoshiko ad andarsene. E questo mi fa sentire così dannatamente impotente che mi metterei a urlare.Sono arrivato davanti alla porta di casa sua,ma non ho il coraggio di bussare.Con che faccia posso presentarmi davanti ai suoi genitori?Con la faccia dell’imbecille che fa soffrire la loro figlia e nemmeno se ne rende conto?

Eppure…se lei avesse lasciato una lettera per me…anche solo due righe…due righe per capire cosa ha dentro,cosa l’ ha spinta ad allontanarsi da me,forse…forse saprei cosa devo fare,se devo partire per andare a cercarla chissà dove,o se devo rimanere qui con le mani in mano ad aspettare il suo ritorno.

Mi apre la porta sua madre,e con sguardo inespressivo mi dice che Yoshiko non c’è,che ha deciso di andare via per qualche giorno con una sua amica.Cerco di essere disinvolto,e le dico che lo sapevo già,e volevo solo vedere se per caso aveva lasciato qualcosa per me.Sua madre ci pensa su un attimo,e poi sparisce di là.Quando torna ha in mano una busta con su scritto il mio nome.

-Questa è per te-,mi dice in tono piatto e incolore.

La ringrazio e me ne vado da quella casa quasi correndo.Non mi sono mai sentito troppo a suo agio con i suoi genitori,forse inconsciamente ho sempre paura che vogliano portarmela via come è successo quando partirono per New York.Arrivato nel parco mi fermo,e mi siedo su una panchina,continuando a rigirarmi la busta tra le mani senza avere il coraggio di aprirla.Ho paura,come se stessi attendendo un verdetto che potrebbe cambiare per sempre la mia vita. E se avesse deciso di lasciarmi?Se avesse deciso che,in fin dei conti,starebbe meglio senza di me?No,non potrei sopportare di rimanere di nuovo senza di lei,solo l’idea di perderla potrebbe farmi impazzire.

Apro la busta ed estraggo il foglio lentamente,come se potesse mordermi.Mi sento un idiota,ma non posso fare niente contro questa orribile sensazione di angoscia che mi attanaglia il cuore.

 

Le parole servono a ben poco in circostanze come questa,e ad ogni modo non riesco,per quanto mi sforzi,a trovare il modo adatto per dire come mi sento.Ho deciso di andare via per qualche giorno.Forse ti stupirà che non te ne abbia parlato prima,e ti sentirai ferito dal mio comportamento.Ma sappi che per me è stata una decisione molto difficile e dolorosa,e se non ti ho detto nulla è solo perché non sopportavo l’idea di vedere la preoccupazione e il dolore nei tuoi occhi.Non è giusto che ti scarichi addosso i miei problemi,devo riuscire ad affrontarli da sola,e posso farcela solo allontanandomi da te per un po’, perché è giusto che impari a camminare con le mie gambe.

Mi sento smarrita in questo ultimo periodo,faccio fatica a riconoscermi.Dal giorno dell’incidente sento che qualcosa è cambiato:non intorno a me,perché tutto è rimasto uguale a se stesso,ma dentro di me.Io non sono più la stessa,e questo mi spaventa.Perché non so più nemmeno io chi sono e cosa voglio,e perché mi sento così insoddisfatta quando ripenso alla mia vita,e al fatto che non ho concluso praticamente niente.Tu sei stata l’unica cosa bella che ho avuto dalla vita,l’unica soddisfazione,un premio che non avrei mai pensato di meritare.Ma non posso affidarti la responsabilità di rendermi felice e soddisfatta,io non voglio essere un peso per te,e soprattutto non voglio essere un peso per me stessa.Tu conosci la tua strada,e la stai percorrendo,io devo ancora trovare la mia.  E per farlo devo prima capire chi sono,cosa voglio e cosa c’è che non va.So che la mia spiegazione è poco chiara,ma in questo momento ho in testa una confusione tale…non so nemmeno io cosa ti voglio dire,scusami.Adesso mi sento anche in colpa,perché so che ti preoccuperai per me.Ma ricordati sempre una cosa:l’unica certezza che mi è rimasta in questo momento sono i miei sentimenti per te,e quelli non cambieranno mai.Io sarò sempre e soltanto tua,finchè avrò vita,e di questo non dubiterò mai.Per favore,non cercarmi.Mi farò viva io.Fino a quel momento,ti prego,ricordati solo che ti amo,e che non potrei stare senza di te.Scusami se mi comporto come una ragazzina egoista. Yoshiko.

 

Finita di leggere questa lettera,mi sento ancora più idiota. Perché?Perché ha preferito andarsene lontano da me,da sola,a cercare se stessa,anziché confidarsi con me,dirmi cosa provava,farmi partecipe dei suoi problemi?

Non si fida di me?Pensa che non potrei aiutarla,darle il mio appoggio?

Ma no,me lo dice chiaramente.Non vuole essere un peso per me,non vuole accollarmi la responsabilità di renderla felice.

“Tu hai già trovato la tua strada e la stai percorrendo”.Sono stato talmente preso da me stesso,dalla mia soddisfazione,dalla mia felicità,da non capire che lei aveva dei problemi,che soffriva,che si sentiva confusa e smarrita.Io ero tranquillo,sereno,pienamente realizzato dalla vita che stavo conducendo:il calcio mi riempiva di soddisfazioni,avevo vinto il campionato del mondo con la nazionale realizzando ancora così giovane il sogno più grande della mia vita,e avevo sempre accanto a me,in ogni momento,la ragazza che amo.Come potevo pensare che lei non si sentisse altrettanto serena,altrettanto realizzata?Lo davo praticamente per scontato.Invece adesso mi rendo conto…quelle erano le mie soddisfazioni,le mie gratificazioni,i miei successi.Lei viveva di riflesso la mia felicità.Invece voleva costruire qualcosa di suo. E,anche se non lo dice chiaramente,voleva costruirla con me,mentre io ero talmente sereno e soddisfatto che non mi preoccupavo di costruire qualcosa,avevo già tutto quello che potevo desiderare dalla vita.

“Scusami se mi comporto come una ragazzina egoista”.No,Yoshiko,tu non sei mai stata egoista,e soprattutto sei sempre stata più matura e più saggia di me.Mi hai sempre sostenuto e appoggiato in ogni istante,quando avevo bisogno di te. E io…io invece non sono mai stato capace di accorgermi di quando eri tu ad avere bisogno di me.Sono stato io il vero egoista,sono stato io a pensare solo a me stesso.Se adesso mi sento così triste e deluso di me stesso,è perché posso vedermi attraverso i tuoi occhi,e non è un bello spettacolo.Mi vergogno di me stesso,in questo momento.Che imbecille sono stato…ero convinto che quello che ti davo fosse abbastanza,ma ora mi rendo conto di non averti dato nemmeno la metà di quello che meritavi,e che tu hai dato a me.Ma devo assolutamente rimediare ai miei sbagli,fosse l’ultima cosa che faccio.Anche se questo significasse non rispettare il tuo desiderio,quello di non essere cercata,di riflettere da sola lontano da me.Devo cercarti,devo trovarti,devo farlo.Ho un bisogno disperato di dirti tutto quello che sento dentro in questo momento,di dirti quanto ti amo e quanto ho bisogno di te,e di chiederti cosa devo fare per vederti finalmente felice.Ho bisogno di chiederti scusa per essere stato così sciocco ed egoista,e per non essermi accorto che stavi soffrendo.Sempre che tu possa perdonarmi…

Te ne sei andata per non darmi una preoccupazione,per non farmi soffrire,hai pensato a me anche in quest’occasione.Hai preferito affrontare i tuoi problemi da sola per non pesare su di me.Ma non è questo che voglio…io voglio che tu condivida con me i tuoi problemi,perché solo insieme possiamo trovare una soluzione,solo insieme possiamo trovare la strada da percorrere per essere felici.Devo assolutamente dirti tutto questo,devo trovarti.Non posso starmene qui con le mani in mano ad aspettare il tuo ritorno,mentre tu sei chissà dove.Non posso farlo,non lo sopporterei.

Ma cosa devo fare?Cosa?Come devo fare a trovarti?

 

Autostrada,21 giugno,ore 11.30

Non so se è la decisione giusta,ma non potevo più restarmene a casa a lambiccarmi il cervello,nell’attesa che qualcuno mi telefonasse per darmi notizie,o che fosse finalmente lei a farsi viva.Ho preso la macchina di mia madre dal garage e sono partito.Lì per lì non sapevo nemmeno dove sarei dovuto andare,ma alla fine ho deciso di andare in Hokkaido,da Matsuyama.Sono sicuro che vorrà accompagnarmi,forse in due possiamo avere più speranze di ritrovare le ragazze.So che la mia è un’idea assolutamente folle,il Giappone è grande e noi non abbiamo la minima idea di dove possano essere andate,ci vorrebbe un miracolo per riuscire a ritrovarle.Ma qualunque cosa,anche una ricerca inutile e senza la minima speranza di riuscita,è da preferirsi allo stillicidio di rimanere a casa senza sapere niente,senza poter far niente,a tormentarmi chiedendomi dov’è,se sta bene,se sta soffrendo.Io devo trovarla,devo parlarle…Sono soltanto poche ore che è andata via,e già mi manca in modo insopportabile…è come se mi avessero tolto l’aria.

Ho portato con me la lettera che mi ha scritto,e che ho riletto ormai così tante volte da consumare il foglio.Ancora non riesco a farmi una ragione di quello che è accaduto,ancora non riesco a capire.Sembrava tutto così perfetto,eppure non sono riuscito a vedere la realtà nascosta dietro le apparenze.Siamo stati due stupidi,e ci siamo entrambi nascosti dietro una maschera di apparente serenità per nascondere le nostre paure più profonde,quelle che ci tormentavano.Se solo ripenso a quante volte,nei miei incubi,Yayoi mi diceva che si era stancata di me,che era stufa di fare l’infermiera personale di un povero malato e che aveva deciso di andarsene,di lasciarmi per qualcun altro.Il dolore che provavo in quei sogni era indescrivibile,come lo era il sollievo che provavo quando invece mi svegliavo e vedevo che era lì,accanto a me,che sorrideva nel sonno e mi teneva abbracciato stretto.Non le ho mai raccontato questi sogni,non volevo addossarle il peso di un altro mio problema. E ora scopro che anche lei faceva gli stessi brutti pensieri,e sognava che ero io a stancarmi di lei e a decidere di lasciarla.Se forse ci fossimo raccontati questi timori…avremmo potuto rassicurarci a vicenda…ma è inutile starsene a piangere sul latte versato,e poi commiserarmi è una cosa che non mi è mai piaciuta.La vita mi ha insegnato che se voglio ottenere qualcosa devo sempre essere forte,e non ho certo intenzione di iniziare in questa occasione con le recriminazioni e le lamentele.Ma nonostante questo,non riesco a soffocare l’enorme tristezza che provo….quel senso di vuoto che mi assale se soltanto penso che poche ore fa era tra le mie braccia,e adesso non so nemmeno dov’è.

Lo squillo del cellulare mi distrae dai miei pensieri.Per un istante mi illudo che possa essere lei,ma poi riconosco la voce di Matsuyama.

-Ho parlato con Tsubasa-,mi dice in tono molto triste,-ha detto che proverà a chiamare Sanae,ma ho paura che sia un tentativo inutile-.

Dalla sua voce capisco che sta provando la stessa sensazione di sofferenza e di vuoto che sento io dentro di me.

-Lo temo anch’io.Se hanno deciso di andarsene,non sarà certo Tsubasa a farle tornare sui propri passi-.

Lo sento sospirare pesantemente.-Comunque,nemmeno lui sapeva niente.E’ letteralmente cascato dalle nuvole.Ha detto che era qualche giorno che non sentiva Sanae per via di un litigio,ma credeva fosse una cosa da niente,che gli stesse semplicemente tenendo il muso-.

-Hanno litigato?-,domando incuriosito. Chissà,forse proprio da Sanae è partita la decisione di partire.In fondo,molte volte mi sono domandato come fosse il rapporto tra lei e Tsubasa.Lui era da sempre “innamorato” del pallone,ma negli ultimi tempi sembrava essersi reso conto dell’importanza che Sanae aveva per lui,dei sentimenti che lei aveva sempre provato nei suoi confronti,e che avesse deciso di darle il giusto spazio nella sua vita. Yayoi però,che si è sempre mantenuta in costante contatto con Sanae,parecchie volte mi ha raccontato che lei si lamentava perché si sentiva sempre seconda al pallone,e trascurata in virtù del calcio,il vero grande amore di Tsubasa. Yayoi questo lo sapeva bene,perché,come mi aveva raccontato tanti anni fa,anche lei da bambina era stata innamorata di Tsubasa ma lui,talmente preso dal pallone,non se ne era nemmeno accorto.

-Non mi ha spiegato molto bene la situazione,ma ha detto che le ha tirato una specie di bidone,o qualcosa del genere,e lei si è arrabbiata. Ma,per quanto grave possa essere stato questo bidone,non penso possa essere stato un motivo sufficiente per decidere addirittura di andarsene-,mi spiega Matsuyama.

-No,certamente.Sicuramente è stato l’evento che ha fatto precipitare una situazione già critica-.

-Già. Sai,ho trovato una lettera di Yoshiko-,aggiunge poi,e la sua voce diventa ancora più bassa e triste.

-Davvero?-.

-Sì. E ora mi sento in colpa.Lei si sente smarrita,confusa,e per non farmi preoccupare per lei ha preferito decidere di affrontare tutto quanto da sola-,mi dice,e sento la sua voce tremare impercettibilmente.

-Matsuyama,dobbiamo trovarle-.Mi stupisco io stesso di quanto sia deciso il tono della mia voce.

-Lo so.Ma come?-.

-Sto venendo da te,sono in autostrada-.

-Cooooooosa?-,esclama meravigliato.

-Conto di essere a Sapporo tra tre ore al massimo.Pensi di riuscire a farti trovare lì?-,gli chiedo.

-Certo,posso prendere il primo treno.Ma…ma….-.

-Forse è una follia,non abbiamo la minima idea di dove siano dirette,e per trovarle ci vorrebbe un miracolo.Ma non potevo più sopportare di starmene a casa con le mani in mano-.

Silenzio per un attimo.-Sì,hai ragione tu.Mi faccio trovare a Sapporo tra tre ore-,mi dice.

-Perfetto.Adesso chiamo Tsubasa,per sapere se ha avuto qualche notizia. E gli dirò se vuole essere dei nostri-.

-D’accordo.Ci vediamo dopo allora-,dice prima di riattaccare,ancora stupito.

Rimango un attimo immobile,con gli occhi fissi sulla strada,senza pensare a nulla.Poi accosto un attimo in una piazzola d’emergenza,e compongo il numero di cellulare di Tsubasa.

 

Fujisawa,21 giugno,ore 11.45

Sono ancora sconvolto,non riesco a credere a quello che è appena successo,e continuo a domandarmi se sia tutto vero o se stia facendo un terribile,assurdo sogno.

Yayoi è stata così strana al telefono,non sembrava nemmeno lei.Era sconvolta,nervosa,un’altra persona rispetto alla ragazza dolce e sorridente che ho sempre conosciuto. E il modo in cui mi ha aggredito…ma,a pensarci bene,non è stato questo ciò che mi ha sconvolto di più.E’ stato il fatto che Sanae non volesse parlarmi.

“Tu pensi solo al tuo dannato pallone,ecco la verità”.Le parole di Yayoi,così secche e dure,continuavano a ronzarmi per la testa.Le aveva dette con rabbia,è vero,ma se fosse stato questo ciò che Sanae pensava?Ciò che Sanae pensava di me?Ciò che la faceva soffrire così tanto e che l’aveva spinta ad allontanarsi da me?

Il pallone….Il pallone è il mio migliore amico,e mi ha dato tante cose,fin da quando ero piccolo.Il pallone mi da la voglia di vivere e di sognare,di lottare per realizzare i miei desideri.E’ al pallone che sono legati i miei ricordi più belli,e le mie soddisfazioni più grandi…gli allenamenti con Roberto,i campionati nazionali vinti con la Nankatsu,le sfide vissute con i miei amici,i duri allenamenti in Brasile,le vittorie mondiali con la nazionale.E’ una cosa importantissima per me.E’ sempre stato così e lo sarà per sempre,non potrei mai vivere senza il calcio.Questo Sanae lo sa,l’ ha sempre saputo.Il calcio è la mia vita.

Ma anche Sanae è la mia vita.Una parte importantissima della mia vita.Il suo sostegno,il suo affetto,hanno sempre significato molto per me,non potrò mai dimenticare quanto mi è stata vicina in tutte le occasioni più importanti e cruciali.Il saperla sempre al mio fianco,a condividere tutte le mie battaglie,a sostenermi con tutta la sua energia e la sua vitalità mi dava una carica pazzesca.Non ho mai considerato Sanae e il pallone come due cose in rivalità tra loro,non ho mai pensato di trascurare il pallone per Sanae,ma nemmeno di trascurare Sanae per il pallone.

Non l’ ho mai pensato,certo….ma l’ ho fatto.Gli appuntamenti rimandati per giocare una partita di pallone…le occasioni di starcene da soli io e lei sfumate per andare ad allenarmi con Misaki e gli altri ragazzi…Sì,mi rendo conto che ho trascurato Sanae,in tante,troppe occasioni.Ho dato per scontato il fatto che lei sapesse quanto era importante per me,e che questo le bastasse.Ho sempre pensato che fosse perfettamente contenta e soddisfatta di starsene a bordo campo ad osservare le partite e gli allenamenti e a fare il tifo,e non ho mai immaginato che avrebbe potuto invece desiderare qualcosa di diverso,qualcosa che riguardasse soltanto lei e me.Anche perché….beh,mi sento un po’ stupido a riconoscerlo,ma mi sono sempre sentito un po’ a disagio,un po’ intimidito quando sono da solo con lei.Non so mai come devo comportarmi,non so che cosa lei si aspetti da me.Non ho la minima idea di cosa debba fare un uomo per rendere felice una ragazza.

E per farmi capire che non era soddisfatta Sanae ha dovuto arrivare a un’azione drastica come andare via,partire,senza dirmi niente,dove andava,quando sarebbe tornata.Senza darmi spiegazioni.Sicuramente si è stancata di cercare inutilmente di farmi capire che qualcosa tra noi non funziona.Ho vissuto con le fette di prosciutto sugli occhi,ecco la verità.

Suona il mio telefonino. Oh,ti prego,fa che sia Sanae che ha cambiato idea e ha deciso di parlarmi.Anche solo per mandarmi al diavolo,lo preferisco al silenzio,al rifiuto.

-Pronto?-,chiedo subito ansiosamente.

-Ciao,Tsubasa,sono Misugi- .

-Oh-,faccio io,vagamente deluso.

-Sei riuscito a parlare con Sanae?-,mi chiede andando direttamente al nocciolo della questione.

-No,purtroppo.Si è rifiutata di parlarmi,e ha lasciato parlare con me Yayoi-.

-Davvero?Hai parlato con Yayoi?Cosa ti ha detto?Dove sono?-,mi domanda agitatissimo.

-Ecco…non so come spiegarti. L’ ho trovata molto strana,praticamente mi ha aggredito.Era sconvolta,nervosa,dura…sembrava un’altra persona,credimi-.

Sento un lungo silenzio.Immagino come debba sentirsi in questo momento,e mi dispiace.

-Ma almeno ti ha detto dove sono?-,mi chiede infine.

-Purtroppo no.Si è rifiutata di dirmelo.Ha detto che…che non dobbiamo cercarle,e che si faranno vive loro quando…quando si sentiranno pronte. E poi ha chiuso il telefono.Ha detto che ancora non se la sentono di parlare con noi,hanno bisogno prima di riflettere da sole-.

Altro lungo,triste silenzio da parte di Misugi.

-Maledizione!-,impreca poi con rabbia.

-Mi dispiace-,dico mortificato,sentendomi una vera nullità.

-La colpa non è solo tua-,mi rassicura.-Senti…io sto andando a Hokkaido,a prendere Matsuyama.Abbiamo deciso di andare a cercare le ragazze,anche se non sappiamo nemmeno da dove cominciare.Ma non ce la facevo più a stare a casa ad aspettare e a tormentarmi.Sei anche tu dei nostri?-,mi dice.

Rifletto per un attimo.Cercare le ragazze…un’impresa ardua,se non impossibile.Ma sarebbe altrettanto impossibile stare a casa ad aspettare,come dice lui,e a continuare a rimuginare in eterno sui miei stupidi errori.-Certo-,rispondo convinto.

-Perfetto-,dice Misugi,un po’ sollevato.

-Senti,io posso raggiungervi a metà strada…che ne dici di Iwate?-.

-Benissimo.Passo a prendere Matsuyama a Sapporo e poi vengo da te a Iwate. All’aeroporto,ok?-.

-Sì,d’accordo.Ci vediamo lì tra tre o quattro ore-.

Chiudo il telefono e scendo per avvertire mia madre,prima di fare le valigie e recarmi in aeroporto a prendere il primo volo per Iwate.Magari riuscissimo a trovarle…magari…..

 

I ragazzi hanno deciso di partire anche loro alla ricerca delle loro amate…riusciranno a trovarle?Intanto  le loro dolci metà,sulla spiaggia di Okinawa,fanno un incontro destinate a metterle in crisi…soprattutto Yayoi!!

Per saperne di più…non perdetevi il terzo capitolo di “ON THE ROAD”!!! J

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Capitolo 3
*** Pensieri ***


ON THE ROAD

 

CAPITOLO TRE: PENSIERI

 

Autostrada, 21 giugno ore 12

Sto guidando in direzione di Kyushu, da dove poi prenderemo l’aereo che ci condurrà ad Okinawa. Lascerò la mia auto in aeroporto, tanto abbiamo intenzione di trattenerci ad Okinawa solo per un paio di giorni.Giusto il tempo di salutare Maki e di starcene un po’ al mare, poi torneremo a Kyushu e riprenderemo la macchina per dirigerci verso una nuova meta.Abbiamo deciso di girare così, senza fermarci troppo a lungo in un posto, perché così sarà più difficile che ci trovino, se verranno a cercarci.Inizialmente avevamo pensato di rimanere tutto il tempo ad Okinawa, ma poi c’è venuto il timore che Maki si lasciasse sfuggire con Hiyuga che eravamo lì da lei, e poi lui sarebbe andato a dire tutto a Tsubasa.

Sto ancora pensando a quello che è successo a Narita.Forse sarebbe stato meglio se avessi parlato con Tsubasa, ma proprio non me la sentivo.Non avrei saputo cosa dirgli, e forse sentire la sua voce avrebbe fatto vacillare tutte le mie convinzioni e dissolvere tutta la mia volontà.Lui ha sempre avuto un potere enorme su di me, un potere che mi spaventa, perché ogni volta mi rendo conto di quanto io sia dipendente da lui, di quanto abbia bisogno di lui.Basta solo un suo sguardo, un sussurro, per mandarmi nella confusione più completa, per farmi dubitare di tutte le mie decisioni.Sicuramente parlargli e sentirlo preoccupato per me, per la mia partenza così improvvisa, mi avrebbe spinta a tormentarmi ancora di più chiedendomi se la mia scelta sia quella giusta.Capisco che questa è una manifestazione di debolezza da parte mia, e anche di scarsa convinzione delle mie decisioni, perché se veramente fossi certa di quello che voglio fare non mi farei certo problemi per la sua possibile reazione.

Mi è montata addosso una gran tristezza, e un gran nervosismo.Mi sento ancora più tesa, preoccupata, credo di non essere mai stata fragile come in questo momento.Avrei tanto bisogno di appoggiarmi a qualcuno, di sfogare in qualche modo queste sensazioni negative che mi pervadono l’anima, ma questo non sarebbe giusto, perché sono in viaggio proprio per imparare a camminare con le mie gambe, a contare sulle mie sole forze. A tratti rivolgo lo sguardo alle mie compagne di viaggio. Yoshiko, nel sedile posteriore, tiene gli occhi chiusi, forse sta dormendo, oppure sta semplicemente pensando.Ha cercato di mostrarsi tranquilla, ma basta guardarla negli occhi per capire che dentro si sente profondamente nervosa.Si comporta come faccio anch’io, sforzandosi di sorridere e di fingersi serena per non caricarci anche dei suoi problemi, della sua sofferenza.Siamo consapevoli del fatto che stiamo vivendo tutte e tre una situazione difficile, ognuna per motivi diversi e ognuna in modo diverso. Yayoi è seduta accanto a me, e sta guardando fuori dal finestrino, persa in chissà quali pensieri.Ha sul viso un’espressione triste che non le ho mai visto, un’espressione di profonda sofferenza.Mi sono meravigliata anch’io quando l’ ho sentita parlare con Tsubasa con un tono così secco e duro, lei che è sempre stata così pacifica, dolce e disponibile.Evidentemente sta soffrendo veramente moltissimo.Vorrei fare qualcosa di più per lei, se fosse possibile.Certo che sono incorreggibile…per quanto possa stare male, non riesco a fare a meno di preoccuparmi per gli altri.Spero con tutto il cuore che questo viaggio serva a qualcosa…per tutte e tre.Subito mi ritorna alla mente Tsubasa, evidentemente non riesco a stare senza pensare a lui per un periodo che superi i cinque minuti. Chissà come ha reagito, come si sta sentendo in questo momento, se si sta domandando quali sono i motivi che mi hanno spinto a questa decisione. Chissà se sta ripensando ai momenti trascorsi insieme, soprattutto nell’ultimo periodo, chiedendosi cosa ha sbagliato, cosa non ha funzionato. Chissà se gli manco…almeno la metà di quanto lui manca a me.Mi manca già tantissimo…come quando è partito per il Brasile.Quanto mi sono sentita sola in quel momento.Talmente sola che non so nemmeno io dove ho trovato la forza di andare avanti.Forse me l’ ha data quel “mi piaci” detto così spontaneamente prima della sua partenza, quelle due semplici, innocenti parole che per me erano state la realizzazione di un sogno, del sogno che cullavo dentro di me da talmente tanto tempo che ormai avevo smesso di sperarci.Un sogno che credevo si fosse realizzato….ma è davvero questo quello che volevo?Tsubasa è veramente il ragazzo giusto per me, può veramente rendermi felice?O sarà per sempre talmente preso dal pallone da lasciarmi sempre in secondo piano?Questo è il dubbio che non mi fa più vivere, il dubbio che mi mette in crisi.Che si contrappone al mio immenso e fortissimo amore per lui, e al mio desiderio di vivergli accanto per il resto della mia vita.Sono io che devo cambiare, e riuscire ad accontentarmi di quello che può darmi, oppure è lui che deve imparare a tenere più in considerazione me e le mie esigenze?Devo mostrarmi più esigente, io che finora non gli ho chiesto niente ed ho accettato tutto senza riserve?E’ a questo che devo trovare una risposta.E’ questo che devo riuscire a capire.

 

 

Il paesaggio che compare fuori dal finestrino è sempre uguale e sempre diverso.Mi viene da pensare che assomiglia moltissimo a quello che c’è dentro di me…sempre uguale, ma soggetto a mutamenti continui.I miei sentimenti non sono cambiati, ma sono cambiata io. O forse non sono nemmeno io a essere cambiata.Forse ho semplicemente deciso di smettere di fingere di essere quella che non ero.Faccio fatica anch’io a capire cosa mi sta succedendo.Mi dispiace moltissimo di essere stata così aggressiva con Tsubasa prima, al telefono, di avergli parlato così duramente.Certo non se lo meritava, ma anche se lo avesse meritato per come si è comportato con Sanae, non spettava in ogni caso a me rimproverarlo.Mi sento così stupida, e anche in colpa.Non faccio altro che sentirmi in colpa, da questa mattina.E’ come se mi sentissi colpevole di fronte al mondo intero, e che tutti quanti fossero i miei giudici.Se chiudo gli occhi li vedo tutti davanti a me pronti a rinfacciarmi le mie colpe una a una e a condannarmi.E’ una sensazione terribile, che mi lacera dentro.Ma l’immagine che più mi tormenta è il suo sguardo accusatore.Me lo immagino in piedi davanti a me, con il viso segnato dalla sofferenza e dal rancore, che mi accusa di averlo preso in giro.E’ una visione che mi distrugge, come se fosse reale, come se veramente Jun si trovasse di fronte a me pronto a condannarmi per sempre, per tutte le mie colpe, prima di tutte per come mi sono comportata stanotte.

Non dovevo restare, non dovevo…ma è inutile starsene qui a pentirsi, a recriminare.Ero perfettamente capace di intendere e di volere in quel momento e di fare le mie scelte liberamente, quindi la responsabilità è mia e soltanto mia.Nessuno mi ha costretto.Sono io che l’ ho voluto.La verità è che io sono una drogata, e lui è la mia droga…già in questo momento, dopo appena poche ore, sta iniziando a tormentarmi un terribile senso di vuoto, d’assenza….come se avessi perso una parte di me.Devo smettere di pensare, smettere. Così continuo a farmi solo del male, e non arrivo a capo di niente.Sicuramente avrà parlato con Tsubasa….sicuramente anche lui sarà rimasto stupito dal mio comportamento.Come ho fatto ad arrivare a questo punto, come?Non vedo l’ora di essere ad Okinawa.Di vedere il mare, sdraiarmi sulla sabbia, crogiolarmi al sole e cercare di non pensare più a niente e a nessuno.Ho bisogno prima di tutto di rilassarmi, di lasciarmi alle spalle le angosce e i cattivi pensieri, devo riuscire a guardare le cose sotto una luce diversa. Okinawa….quanto manca ancora ad Okinawa?(eheh…immagino che ve lo starete chiedendo tutti J )

 

 

Ho dormito, anche se solo per pochi minuti.Ho fatto un sogno…ho sognato di camminare nel vuoto. I miei piedi non riuscivano a trovare la terra su cui poggiarsi, e io cercavo di proseguire, ma precipitavo sempre più verso il basso, verso un precipizio senza fondo. Precipitavo, ma non arrivavo mai a toccare il fondo.Sentivo una voce che mi diceva “non cadere, non devi cadere”, una voce sconosciuta, ma dolce, carezzevole, una voce che mi dava tanta sicurezza.”Puoi volare…muovi le ali, muovile”, diceva la voce, e io mi accorgevo di avere delle ali bianche e larghe sulla schiena, e movendole riuscivo a volare. Volavo, e quello che vedevo sotto di me era la mia vita.Mi rivedevo bambina, quando giocavo con le amichette nel giardinetto di casa.Mi rivedevo manager della Furano, mentre pulivo un pallone e guardavo con la coda dell’occhio i ragazzi che si allenavano sotto la neve.Mi rivedevo, sola e in lacrime, a New York.Mi rivedevo con Hikaru, finalmente serena e allegra, mentre mano nella mano andavamo in giro per negozi a fare i regali di Natale.Mi rivedevo anche a Parigi, su quel letto d’ospedale, dopo l’incidente. E infine…infine potevo vedermi adesso, addormentata sul sedile posteriore dell’auto di Sanae.Mi sono svegliata con una stranissima, inspiegabile sensazione di pace.Non capisco il significato del mio sogno.Forse voleva dirmi che devo ripartire dal passato per costruire un nuovo futuro.Il passato…ripercorrendo con la mente il passato, posso ritrovare momenti di tristezza e angoscia, ma anche tanti momenti felici, sereni, spensierati. E ripercorrendo il mio passato con Hikaru, vedo solo momenti belli.Lui ha saputo regalarmi tanta felicità, tanto affetto.E’ il punto fermo da cui devo ripartire per ritrovare me stessa, questo lo so, ma…ma sono lo stesso venuta via da lui.Perché non devo addossargli il peso delle mie preoccupazioni, delle mie ansie, delle mie piccole e grandi insicurezze, anche se magari il mio potrà sembrargli un gesto egoista, anche se gli sembrerà che voglio tagliarlo fuori dalla mia vita.Eppure mi manca già così tanto….Sono sicura che anche le altre stanno provando la stessa sensazione di vuoto che sento ora dentro di me, un vuoto che mi toglie l’aria, e mi stringe il cuore.Ma non devo lasciarmi abbattere, non devo farmi prendere dallo sconforto.Vedo la sagoma dell’aeroporto davanti a noi.Siamo arrivate, tra poco saremo ad Okinawa.

 

Okinawa, 21 giugno, ore 15.

 

Le ragazze erano arrivate ad Okinawa nel primo pomeriggio, e la prima cosa che avevano fatto, una volta scese dall’aereo, era stata fermarsi in un bar a fare uno spuntino.Erano affamate, anche se fino a quel momento erano state talmente prese dai propri pensieri da non accorgersene.Durante il pranzo avevano cercato di conversare allegramente d’argomenti futili, evitando accuratamente di nominare i tre ragazzi. L’aria di mare le aveva subito un po’ rasserenate, si sentivano meglio, più leggere, meno angosciate rispetto a quando erano partite.

Finito lo spuntino avevano raggiunto con un taxi la casa di Maki. L’amica era stata molto sorpresa di vederle, e aveva ascoltato attentamente il loro racconto.

-Ma certo, potete fermarvi tutto il tempo che volete, fate come se foste a casa vostra-, disse poi sorridendo.-Domani dovrebbe arrivare anche Kojiro, ma state tranquille, gli dirò di non dire nulla a Tsubasa e agli altri-.

Le tre ragazze le sorrisero riconoscenti.-Grazie, Maki, sei davvero un’amica-.

-Figuratevi!-, rispose l’amica, mostrando loro la stanza in cui le avrebbe ospitate.

Subito dopo aver sistemato i bagagli, le ragazze indossarono il costume da bagno e andarono in spiaggia.Andarono a distendersi in riva al mare, osservando con un sorriso i bambini che giocavano a costruire castelli di sabbia.

-Anche a me, da piccola, piaceva moltissimo costruire castelli di sabbia-, disse Yayoi pensierosa, sollevandosi a sedere.

-Mi sento molto meglio, ora che siamo qui-, osservò Sanae.

Le due amiche annuirono.

-Non so spiegare…mi sento più leggera, più rilassata…non che abbia dimenticato i miei problemi, ma credo di sentirmi più ottimista-, proseguì la ragazza.

-E’ stata una buona idea cambiare aria e venire qua-, approvò Yoshiko.

-Eppure…eppure qualcosa dentro di me continua a dirmi che sto sbagliando-, disse Yayoi, assumendo un’espressione triste e corrucciata.

-Ti senti ancora in colpa per ieri sera?-, chiese cautamente Sanae.

L’amica annuì.-Sì, ma non è solo questo.Non so, forse sono solo nostalgica-, disse la ragazza.

Lo sguardo di Sanae cadde su una coppietta che si stava baciando sotto un ombrellone proprio di fronte a loro.Per un attimo il suo cuore fu attraversato da una violenta fitta di nostalgia.-Sì, ti capisco benissimo. Anch’io sento una sorta di vuoto dentro di me. E questo vuoto mi spaventa.E’ come se mi mancasse una parte di me-, mormorò.

-Sentite, ragazze, io penso che parlando apertamente, sfogandoci tra di noi forse potremo trovare una soluzione, o perlomeno sentirci meglio.Che ne pensate?-, disse Yoshiko, giocherellando distrattamente con un granello di sabbia.

-Sono d’accordo-, disse Sanae, e si sollevò a sedere, rivolgendo lo sguardo verso il mare.-Per quanto mi riguarda, sapete benissimo qual è il mio problema. All’inizio ero così felice che ricambiasse i miei sentimenti, che pensavo di poter affrontare qualunque cosa.In fondo, sapevo fin dall’inizio che amava il calcio molto più di quanto amasse me.Ma saperlo non rende meno facile sopportarlo.Mi sento messa da parte in continuazione, nella sua vita c’è sempre qualcosa di più importante di quanto non lo sia io.Il pallone viene sempre al primo posto, sempre.Come se per me non ci fosse spazio nella sua vita, tanto che certe volte mi domando se ci tenga davvero a me-, disse in tono triste.

-Ma se non ti volesse bene, non ci terrebbe ad averti sempre al suo fianco, no?-, intervenne Yoshiko.

-Tu pensi che il comportamento di Tsubasa sia quello di una persona che mi vuole bene?-, domandò Sanae esitante.

-Il calcio è la vita di Tsubasa, e su questo non c’è ombra di dubbio.Però…io vedo nei suoi occhi una luce particolare, una felicità particolare quando è insieme a te.Vedo che quando segna un gol guarda sempre dalla tua parte per vederti esultare, e che sei la prima persona a cui pensa quando finisce una partita-, rispose l’amica.

-Però non ha esitato a rinunciare ad un appuntamento con me per giocare una partita-, disse amaramente Sanae.

-Questo è vero, e immagino che per te sia una cosa molto spiacevole.Ma cerca di metterti nei suoi panni per un attimo.E’ stato lontano dai suoi amici per tantissimo tempo, ed è normale che voglia trascorrere un po’ di tempo con loro prima di tornare in Brasile-, insistette Yoshiko.

-E’ stato lontano tantissimo tempo anche da me!-, ribatté Sanae imperterrita.

-Ma io sono sicura che voglia chiederti di andare con lui in Brasile, quando partirà-, disse l’amica.

-E come fai a dirlo con tanta sicurezza?-

-Ti ha chiesto di sposarlo no?Quindi è ovvio che voglia chiederti di seguirlo-, osservò Yoshiko con naturalezza.

-Se ti chiedesse di andare in Brasile con lui, tu lo faresti?-, intervenne Yayoi.

L’espressione di Sanae cambiò.-Non lo so.Fino a pochi mesi fa ero convinta che l’avrei seguito in capo al mondo, pur di stare con lui.Ma ora….andare in Brasile per me significherebbe lasciare tutto.Il mio paese, la mia famiglia, i miei amici, le mie abitudini. E in questo momento, che non mi sento neppure certa dei suoi sentimenti……non lo so-, disse esitante.

-Cosa dovrebbe fare o dirti per rassicurarti sui suoi sentimenti?-, le chiese Yoshiko.

-Ti sembrerà assurdo, ma non lo so nemmeno io.Forse vorrei sentirmi dire che sono più importante del calcio, o che non potrebbe vivere senza di me…-, sussurrò la ragazza.

-Quando sei con lui non ti senti amata?-, chiese ancora l’amica.

Sanae abbassò lo sguardo.-E’ sempre impacciato quando è con me.Quando siamo soli lo vedo imbarazzato, intimidito, non è per niente naturale.E’ come se non sapesse come comportarsi.Da un lato mi fa tenerezza….ma dall’altro mi domando perché…ci conosciamo praticamente da sempre, non dovrebbero esserci imbarazzi e falsi pudori tra di noi-.

-Tu hai mai provato….non so a spronarlo, per fare in modo che superasse l’imbarazzo?-, indagò cautamente Yoshiko.

-Delle volte….provavo a prendere io l’iniziativa.Come dire…provavo ad accarezzarlo, ad avvicinarmi…diventava rosso come un gambero, era evidente che era a disagio-, rispose la ragazza arrossendo.

-Tsubasa è un ragazzo molto timido…probabilmente non sapeva nemmeno da che parte cominciare…per quasi vent’anni della sua vita ha pensato solo al pallone-, intervenne Yayoi.

-Misugi si è mai comportato con te in questo modo?-, le chiese Sanae.

-Beh sì, all’inizio era impacciato, intimidito…poi le cose sono andate avanti da sole, come posso dire…pian piano siamo riusciti a superare l’imbarazzo e la timidezza-, rispose l’amica.

-Anche per me è stato così Sanae-, le confermò anche Yoshiko.

-Quindi voi dite che non è una dimostrazione del fatto che non mi ama e che non gli importa niente di me?-, domandò Sanae assumendo un’espressione confusa.

-Sinceramente io non lo credo-, disse Yoshiko.- Credo che Tsubasa ti voglia molto bene, ma che a causa della sua timidezza, e anche della sua inesperienza, faccia fatica a dimostrartelo.Magari ha anche paura di restare da solo con te, poverino-.

-Però in certi momenti si comporta da persona insensibile-, intervenne Yayoi. -Ci ha messo una vita ad accorgersi dei sentimenti di Sanae, e anche adesso la trascura per il pallone.Posso capire l’imbarazzo e la timidezza, ma mi sembra che in certi momenti dia la presenza di Sanae troppo per scontata-

-E’ quello che a volte penso anch’io-, annuì Sanae.

-Penso che dovresti affrontare chiaramente il discorso con lui, Sanae-, disse Yoshiko.

-Lo so anch’io questo.Ma prima avevo bisogno di fare chiarezza in me stessa.Ho bisogno di avere una conferma.La conferma che il mio amore per lui è più forte di qualunque dubbio, di qualunque momento di sconforto-.

-Dubiti del tuo amore per lui?-, chiese Yayoi.

-Assolutamente no-, disse in tono fermo la ragazza.-Ma dubito di poter continuare così a lungo.Io sono paziente, e il mio amore per lui mi ha dato la forza di affrontare tante prove difficili.Però non posso passare la vita ad elemosinare un attimo del suo tempo, una briciola del suo affetto-.

-Se un altro ragazzo ti corteggiasse, tu come ti comporteresti?-, domandò Yoshiko.

Sanae scoppiò a ridere.-Mi riesce difficile solo immaginarmi una situazione del genere.Sono dieci anni che penso solamente a Tsubasa, tanto da non accorgermi nemmeno che esistono al mondo altri ragazzi.Non so davvero dirti come mi comporterei.Probabilmente gli direi chiaro e tondo che amo un altro-.

-Quindi il tuo amore è così forte da resistere ad ogni tentazione-, osservò l’amica.

-Mio Dio, non sono venuta qua per cadere in tentazione!-, esclamò Sanae ridendo.

-Lo so benissimo, nessuna di noi è qui per questo!-, ribatté Yoshiko un po’ offesa.-Ma è un’eventualità che potrebbe capitare, e che perciò possiamo tenere in considerazione-.

-Tu cosa faresti?-, le domandò Yayoi.

-Che non ho nessun’intenzione di cercarmi un altro ragazzo.Anche se sono insoddisfatta della mia vita, non ho certamente smesso di amare Hikaru-, disse con fermezza.

-Cosa realmente ti fa sentire insoddisfatta della tua vita?-, le domandò Sanae.

-Ecco, su questo punto devo ancora fare chiarezza dentro di me.Forse quello che mi rende confusa e insicura è che non ho ancora trovato la mia strada, non ho in mente cosa vorrei fare del mio futuro.Fino a non molto tempo fa pensavo che stare per sempre con Hikaru fosse l’unica cosa che volevo dalla vita, e che mi sarebbe bastato lui per essere felice.Poi però c’è stato l’incidente…e da allora c’è un pensiero che mi perseguita.Il pensiero che potevo morire senza aver realizzato niente, senza aver lasciato traccia di me, del mio passaggio.Senza aver realizzato nessuno dei miei sogni…e mi sono resa conto che non avevo dei sogni, o meglio, che quelli che avevo riguardavano Hikaru, non me-, spiegò, tenendo gli occhi fissi verso il basso.

-E’ la stessa sensazione che provo io-, mormorò Yayoi scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte.

-Vedi, io penso sempre più spesso…che senza di lui io non sarei nulla, non saprei cosa fare, dove andare, come comportarmi.Senza di lui la mia non sarebbe più vita, solo sopravvivenza.Mentre lui…lui ha il calcio, la nazionale, i suoi sogni, i suoi progetti per il futuro…progetti in cui ha messo tutto se stesso, tutto il suo impegno, tutto il suo entusiasmo.Ha trovato quella strada che io ancora non riesco nemmeno ad immaginare.Lui ha già costruito la sua vita, mentre io non ho nemmeno gettato le fondamenta della mia-.

-Ti capisco…Io ho passato gli ultimi anni della mia vita a vivere il riflesso della vita di Jun.Stavo in ansia quando lui stava male, quando giocava, quando semplicemente correva per allenarsi.Ero felice quando vinceva un incontro, o quando dopo una visita il dottore gli diceva che andava tutto bene e che poteva giocare tranquillamente.Non ho pensato a me stessa nemmeno per un minuto, tutto quello che mi bastava era sapere che stava bene ed era felice.Certe notti, quando eravamo insieme…lo guardavo dormire, e mi assaliva un’angoscia tremenda…la paura di perderlo.Era irrazionale, ma era più forte di me.Ho iniziato a domandarmi cosa avrei fatto se un giorno lui si fosse stancato di me.Cosa ne sarebbe stato della mia vita. E mi sono resa conto che se ciò si fosse realizzato mi sarei sentita perduta.Non avevo dei sogni da realizzare, tranne quello di stare con lui per sempre.Non avevo speranze per il futuro, tranne che lui stesse bene e fosse felice.Non avevo progetti per la mia vita, tranne prendermi cura di lui finchè avesse avuto bisogno di me. Jun invece aveva tanti sogni, tanti progetti, tante speranze…e soprattutto il coraggio e la forza di realizzarli, di lottare contro tutti gli ostacoli che si fossero posti sul suo cammino. E mi sono chiesta se un giorno non si sarebbe reso conto di meritare una donna più indipendente, più attiva.Una donna che avesse anche una vita propria, e non si accontentasse dell’ombra della sua.E’ sbagliato vivere come ho fatto finora-.

Sanae le guardò entrambe con sguardo serio.-Forse il nostro problema comune è la mancanza di indipendenza.In questi anni abbiamo vissuto come se non ci fosse niente per cui vivere, tranne i ragazzi che amiamo-.

Le due amiche annuirono.

-Sanae, pensa un istante al tuo futuro.Escludendo la vita privata, e quindi Tsubasa….c’è qualcosa che ti piacerebbe fare?Un lavoro, un’esperienza…-, le domandò Yayoi, asciugandosi le lacrime che le erano spuntate dagli occhi.

-Beh, ecco…a parte Tsubasa, ho scoperto che il calcio mi piace molto come sport.Magari vivo le partite con tanta emozione e trepidazione solo perché c’è lui, ma….mi piacerebbe occuparmi di sport, ecco, magari fare la giornalista sportiva-.

-Ti ci vedrei bene sai?-, disse Yoshiko tornando allegra.-Gentili telespettatori, benvenuti allo stadio, è la vostra Sanae Nakazawa che vi parla…-, esclamò, e Sanae ridendo le tirò una manciata di sabbia addosso.

-Smettila di prendermi in giro!-, disse, poi si voltò verso Yayoi, e vide che l’amica aveva cambiato espressione, e stava guardando un punto imprecisato di fronte a lei come imbambolata.

-Ehi, Yayoi, che ti succede?-, domandò, cercando di seguire la direzione dello sguardo della ragazza.

-Jun…-, mormorò Yayoi come ipnotizzata.

-Eh, cosa?!-, esclamò Sanae stupita.”Possibile che ci abbiano già trovato?”, pensò, con il cuore stretto in una morsa d’ansia.

Finalmente riuscì a individuare ciò che aveva scatenato la reazione dell’amica…e trattenne il fiato vedendo un ragazzo assolutamente identico a Misugi, solo più abbronzato, avanzare con fare sicuro verso la spiaggia tenendo tra le braccia un’enorme tavola da surf.

-Mio Dio, gli somiglia in maniera incredibile…-, sussurrò Yayoi, ritornando faticosamente alla realtà.

Anche Yoshiko stava scrutando attentamente il ragazzo.-Hai ragione…sembra il suo gemello-, disse.

-Per un attimo ho pensato che fosse lui…e che ci avessero trovate-, disse Yayoi ancora scombussolata.

In quel momento il ragazzo le aveva notate, e, sorridendo soddisfatto, si era avviato nella loro direzione.

-Sta venendo verso di noi!-, esclamò Yoshiko sorpresa.

-Come?-, esclamò Sanae sconcertata.

-Oh mio Dio!-, gemette Yayoi. L’ultima cosa che le ci voleva al mondo era avere a che fare con un sosia perfetto di Jun.

Ma le loro preghiere non furono ascoltate.Il ragazzo arrivò di fronte a loro, sorrise e si sedette sulla sabbia appoggiando di fianco a sé la tavola da surf.

-Buongiorno.Siete appena arrivate, vero?Non vi avevo mai viste qui, e tre belle ragazze come voi non passano certo inosservate-, disse in tono affabile, scrutandole attentamente.

Sanae fece una smorfia infastidita.-Devo dedurre che tieni il conto di tutte le ragazze che frequentano la spiaggia?-, chiese in tono sostenuto.

Il giovane sorrise.-No, solo di quelle carine come voi-, rispose.

Le tre ragazze non risposero.

-Beh, io mi chiamo Masaro-, proseguì il ragazzo.

-Io sono Sanae-, disse la ragazza dopo un istante di esitazione.

-E le tue belle amiche non hanno la lingua?-, insistette Masaro.

-Io mi chiamo Yoshiko-.

-Io Yayoi-.

-Perfetto!Ora sappiamo i nostri nomi. E, lasciatevelo dire, avete dei bellissimi nomi, proprio adatti a voi-, fece in tono galante.

Yayoi non riuscì a trattenere una smorfia. L’aspetto era molto simile a quello di Jun, ma l’atteggiamento e il modo di fare erano quanto di più diverso potesse immaginare.Sperava solo che quel galletto da strapazzo se ne andasse il prima possibile e le lasciasse in pace.Incrociare il suo sguardo la metteva terribilmente a disagio, era come avere il suo ragazzo davanti agli occhi.

-Siete qui da sole?-, proseguì il giovane surfista.

Sanae annuì.-Siamo ospiti di un’amica, staremo solo pochi giorni-.

-Tre ragazze come voi senza fidanzati?Non posso crederci!-esclamò con un radioso sorriso.

-I nostri fidanzati non sono potuti venire-, intervenne Yoshiko.

-Quindi siete fidanzate-, fece Masaro in tono vagamente deluso.

-Fidanzatissime-, disse in tono noncurante Yoshiko.

-Che peccato. In ogni modo, i vostri ragazzi sono davvero idioti se lasciano venire in vacanza da sole tre ragazze così belle.Io la mia fidanzata me la terrei ben stretta-, disse lanciando alle tre un’occhiata penetrante.

-Sono molto impegnati-, disse Yayoi.

-E posso chiedervi quale impegno è più importante di una vacanza con voi?-, insistette imperterrito Masaro.

Le ragazze si irrigidirono.La conversazione con quel tipo si stava facendo davvero fastidiosa.

-Sono calciatori-, disse Sanae sperando di poter tagliare corto con quel discorso.

-Davvero?Pensa che coincidenza, anche mia cugina esce con un calciatore. O almeno così mi ha detto. E giocano ad alti livelli?-, continuò.

Sanae sospirò infastidita, ma il ragazzo non se ne avvide.-Nella nazionale giapponese-.

-Non posso crederci!Allora sto parlando con le ragazze di tre celebrità!Anzi…non ditemi che una di voi è la fidanzata del celebre capitano, il mitico Tsubasa Ozora-, esclamò meravigliato.

Sanae divenne rossa come un peperone, e cercò di sfuggire allo sguardo di Masaro.

-Tombola!Però…-, commentò soddisfatto il ragazzo.

-Senti, Masaro, non vorremmo essere scortesi…ma siamo venute qua per rilassarci-, intervenne Yayoi, notando l’imbarazzo di Sanae.

-Vuoi che ti faccia un bel massaggio rilassante?-, domandò Masaro sfoderando il più seducente dei sorrisi.

-No, grazie-, disse seccamente la ragazza.

-E ditemi, da dove venite di bello?-, proseguì come se nulla fosse.

-Shizuoka-, borbottò Sanae cercando di riprendere un colorito normale.

-Anche voi due?-, chiese Masaro guardando con interesse le altre due.

-Io vengo da Hokkaido-, disse Yoshiko di malavoglia.

-E io da Tokyo-, disse Yayoi.

-Oh, Tokyo, la capitale!Sai, anch’io vivo a Tokyo.Frequento l’università lì.Potremmo vederci, finite le vacanze-, propose cercando di avvicinarsi alla ragazza.

-Ne dubito-, rispose a bruciapelo la ragazza, scostandosi bruscamente.

-Perché, il tuo fidanzato è geloso?-, ridacchiò Masaro.

-Senti, potresti risparmiarti questi commenti per favore?-, disse Yayoi irritata.

-Scusami, non volevo farti arrabbiare. Scusami. E poi, una bella ragazza come te sta meglio col sorriso-, ribatté il ragazzo.

La ragazza sospirò rassegnata.

-Finita questa vacanza tornerete a casa?-, domandò Masaro.

Le tre ragazze si guardarono per un istante, prese alla sprovvista.-No, penso che proseguiremo andando da qualche altra parte-, disse infine Sanae.

-E non temete che i vostri fidanzati sentano la vostra mancanza?-, domandò il ragazzo.

“Ma che impiccione”!pensò Sanae infastidita.-Sono al corrente dei nostri progetti, e sono felici che abbiamo occasione di rilassarci-, mentì cercando di sembrare disinvolta.

Masaro le lanciò una strana occhiata.-Quel che si dice una relazione emancipata-, commentò sogghignando, come se non credesse ad una parola di quello che gli aveva detto.

Yayoi, che iniziava a non poterne più, si alzò di scatto dall’asciugamano.-Mi è venuto caldo, vado a farmi un bagno-, disse alle due amiche evitando di guardare il giovane, e si avviò rapidamente verso la riva.

Ma, con suo grande disappunto, si accorse che il ragazzo l’aveva seguita.Allora si fermò, e si girò di scatto verso di lui.

-Che hai intenzione di fare?-, gli domandò bruscamente.

-Ehi, come sei scortese però!Volevo solo farmi un bel bagno anch’io, è vietato?-, ribatté il giovane sorridendo.

-Certo che no-, rispose la ragazza, e si tuffò in acqua iniziando ad allontanarsi dalla riva con ampie bracciate.Quando si fermò, notò, sempre più irritata, che Masaro l’aveva raggiunta.

-Ma allora sei proprio insistente!-, sbuffò, scostandosi dalla fronte una ciocca di capelli bagnati.

-Il mare è di tutti-, rispose tranquillamente il ragazzo, girandole attorno.

-Il mare è grande, se è per questo.E hai tutto lo spazio che vuoi senza startene appiccicato a me-, ribatté Yayoi in tono secco.

-Certo che sei strana tu.Di solito le ragazze vanno in brodo di giuggiole quando io le corteggio, e tu invece ti infastidisci-.

-La modestia non è certo il tuo forte. E comunque, sì da il caso che non sono minimamente interessata ad essere corteggiata da te-, rispose la ragazza guardandolo dritto negli occhi.

-Quel che si dice un due di picche in piena regola!-, esclamò il ragazzo senza perdere il sorriso.

La ragazza era molto a disagio.Quel tipo non sembrava minimamente intenzionato a lasciarla in pace, e come se non bastasse, più lo guardava e più notava la sua somiglianza con Jun.La situazione non le piaceva per niente.

-Senti, Yayoi…io ti trovo una ragazza molto carina, e quindi è normale che io voglia corteggiarti-, insistette lui.

-Ma io non voglio che tu mi corteggi!-, ribatté Yayoi sempre più infastidita.

-Non mi trovi un ragazzo carino?-.

-Tutto questo è ridicolo!-, esclamò lei, e riprese a nuotare in direzione della riva. Masaro però non aveva intenzione di demordere, e la raggiunse con poche bracciate.

-Sembra che non faccia altro che farti arrabbiare-, osservò il ragazzo.Poi le si avvicinò un po’ di più.-Sei molto sexy con i capelli bagnati-, le sussurrò all’orecchio.

La ragazza avvampò.-Ma…come…come ti permetti?-, si inalberò, furibonda.

-Su, cosa mai sarà!Non dirmi che il tuo ragazzo non ti fa mai simili complimenti!-, disse Masaro per nulla turbato.

-Non è affar tuo che genere di complimenti mi fa il mio ragazzo!-, esclamò lei rossa come un gambero.

-Scusami, scusami!Ma quanto sei permalosa!-, ridacchiò il giovane.

Nel frattempo, Yoshiko e Sanae stavano seguendo la scena dalla riva, pronte ad intervenire in soccorso dell’amica.

-Sembra che Yayoi sia stata presa di mira da quel mandrillo-, osservò Yoshiko.

-Ci mancava solo questo idiota!Tra l’altro, hai notato quanto somiglia a Misugi?-, fece Sanae preoccupata, osservando l’amica che diventava rossa e cercava di allontanarsi da Masaro.

-E questo non fa che rendere la situazione più imbarazzante per lei-, disse l’amica.

In quel momento Yayoi, ancora rossa in viso, uscì dall’acqua e raggiunse le due amiche.

-Basta, maledizione!Non lo sopporto più!-, esclamò furente, prendendo l’asciugamano e iniziando ad asciugarsi i capelli.

-Ti ha fatto qualcosa che non doveva?-, domandò subito Sanae preoccupata.

-E’ solo uno stupidissimo idiota!Sai cosa mi ha detto?Che sono sexy con i capelli bagnati!E si è pure stupito perché mi ero arrabbiata!Ma come, il tuo ragazzo non ti fa mai simili complimenti!-, disse la ragazza con voce alterata.

-Ma pensa tu!-, esclamò Yoshiko.

Anche Masaro uscì dall’acqua.-Yayoi, scusami, non volevo farti arrabbiare-, disse, ma il suo viso non esprimeva affatto dispiacere.Continuava a sorridere, e ad ammiccare alle tre ragazze.

-Per favore, Masaro, sta lontano da me!-, esclamò la ragazza, e si allontanò rapidamente in direzione delle docce.

-E’ piuttosto suscettibile la vostra amica!-, esclamò sorridendo Masaro.

-Sentimi bene, Masaro!-, disse Sanae facendosi seria, e fronteggiando il giovane.-Noi siamo qui per starcene in pace, per rilassarci e per non pensare a…alla routine di tutti i giorni.Siamo fidanzate, e non siamo in cerca d’avventure estive o sciocchezze del genere. Quindi, sei pregato di lasciarci in pace!-, concluse in tono severo.

Il sorriso sparì dalla faccia di Masaro. -Io non volevo…infastidirvi.Volevo solo fare amicizia-, si difese.

-Noi non vogliamo essere scortesi con te, Masaro, ma preferiamo starcene in pace per conto nostro.Senza offesa-, disse la ragazza, e si allontanò in direzione delle docce seguendo Yayoi.

-Credo che Sanae ti abbia già detto tutto, ma vorrei aggiungere una cosa.I tuoi apprezzamenti sono pesanti e piuttosto sgradevoli, quindi gradiremmo che ce li risparmiassi-, aggiunse Yoshiko, prima di seguire le sue amiche.

Masaro le osservò allontanarsi, e un vago sorrisetto fece di nuovo capolino sul suo volto.-Ragazze interessanti!-, mormorò tra sé e sé soddisfatto.-Spero proprio di rivederle-.

 

E adesso?Che cosa cambierà nelle menti e nelle vite delle nostre tre amiche dopo l’incontro con Masaro?E i ragazzi…anche a loro ne succederanno delle belle, soprattutto all’aeroporto!!!

Non perdetevi il quarto capitolo di “ON THE ROAD”!!! J

 

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Capitolo 4
*** Incontri ***


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ON THE ROAD

 

CAPITOLO QUATTRO: INCONTRI

 

Iwate, ore 15.30

Misugi e Matsuyama erano appena arrivati all’aeroporto d’Iwate, dove avevano l’appuntamento con Tsubasa.Mancava ormai poco all’arrivo dell’aereo dell’amico, e poi sarebbero partiti alla ricerca delle ragazze.Anche se non avevano la minima idea di dove andare e da che parte cominciare.

Avevano parcheggiato la macchina di fronte all’ingresso dell’aeroporto, e si erano accomodati nella sala d’aspetto.Erano seduti sul divanetto in silenzio, guardandosi le scarpe e sperando che Tsubasa arrivasse presto.La fretta di ripartire li divorava, anche se erano ben consapevoli del fatto che ci sarebbe voluto un miracolo per trovare le ragazze. Tutto, in ogni modo, era meglio che rimanere in casa divorati dall’angoscia, dai rimorsi e dai sensi di colpa, a domandarsi se avrebbero potuto evitare tutto questo e a torturarsi nell’attesa che loro tornassero, o che perlomeno dessero notizie di sé.

-E’ in arrivo al gate 14 l’aereo 1950 proveniente da Shizuoka-, annunciò in quel momento una voce all’altoparlante, e i due ragazzi si alzarono in piedi avviandosi al cancello.

Pochi minuti dopo videro l’amico, con un borsone da calcio in spalla e l’espressione corrucciata, camminare nella loro direzione.

-Eccoti qui-, disse Misugi, salutando Tsubasa.

Il capitano della nazionale giapponese annuì.-Già. Chi se lo sarebbe mai immaginato-.

-E’ meglio non perdere tempo, ragazzi-, intervenne Matsuyama, accelerando l’andatura in direzione dell’uscita dell’aeroporto.

-Rilassati, tanto non sappiamo nemmeno da che parte incominciare-, gli disse Jun, giocherellando con le chiavi dell’auto.

-Embè?Mica vorrete restarvene qui in aeroporto!-, ribatté nervosamente l’amico.

-No, non stavo dicendo questo.Ma prima dovremmo discutere su una possibile meta che le ragazze potrebbero aver scelto-, proseguì Misugi.

-Tu hai in mente qualcosa?-, gli domandò Tsubasa.

Il ragazzo ci pensò su per qualche istante, poi scrollò la testa con espressione sconsolata.-Buio assoluto, purtroppo-.

-E tu, Hikaru?-, insistette Tsubasa guardandolo speranzoso.

-Ancor meno-, rispose l’interpellato.

Tsubasa sospirò.-Nemmeno io, ragazzi.Tutto quello che mi viene in mente è che a Sanae piace molto il mare-, disse, appoggiando il borsone a terra.

-Beh, potrebbe essere un punto di partenza-, fece Jun pensieroso.

-Un punto di partenza?Ti faccio notare che il Giappone è un’isola, che il mare è praticamente quasi ovunque!-, ribatté Hikaru ansiosamente.

-Questo lo so anch’io!-, fece l’amico, leggermente alterato.-Ma è sempre un punto di partenza.Il problema è…da quale località di mare cominciare?-

-Siamo al punto di prima, insomma-, sospirò Matsuyama sconsolato.

-Visto che siamo ad Iwate, potremmo iniziare a cercare nelle località qui vicino…che ne so, magari Sendai, o Iwaki, o Kashima…-, suggerì Tsubasa.

-Sendai…Yayoi aveva un’amica d’infanzia che viveva a Sendai…mi ricordo che anni fa si spedivano delle cartoline-, intervenne Jun.

-Pensi che potrebbero essere da quest’amica a Sendai?-, domandò Hikaru.

Il ragazzo scosse la testa.-No, Yayoi e questa ragazza non si sentono da parecchio tempo ormai.Ma magari…pensando ad una località di mare dove andare per qualche giorno, può essergli venuta in mente Sendai.Mi disse che una volta, da bambina, era stata lì, ospite dei parenti della sua amica, e che le era piaciuta moltissimo-, disse.

-Potrebbe essere un’idea!-, esclamò speranzoso Tsubasa.

Matsuyama si limitò ad annuire.-Beh, tentar non nuoce…considerando che non abbiamo molte altre idee-, disse infine.

-D’accordo, allora, partiamo in direzione Sendai-, disse Jun, e i tre ragazzi si avviarono verso l’uscita ma…qualcosa d’inaspettato stava per accadere.

-Ehi!-, disse una ragazza poco distante dai tre, rivolta all’amica che le stava a fianco, carica di valige.

-Che c’è, Ryoko?-

-Quei tre ragazzi…non sono tre calciatori della nazionale giapponese?-

L’amica lasciò cadere a terra le valige e seguì subito con lo sguardo la direzione indicatele dall’altra. Osservò accuratamente i tre ragazzi e strabuzzò gli occhi.-Eccome!Guarda, quel ragazzo col borsone…è il mitico Tsubasa Ozora!-, esclamò ancora incredula.

-Oddio!Dobbiamo assolutamente farci fare l’autografo!-, esclamò estasiata la ragazza di nome Ryoko.

-Cosa?Tsubasa Ozora è qui?-, disse un’altra voce femminile poco lontana da loro.

-Sì, con due compagni della nazionale!-, si affrettò a confermare l’amica di Ryoko, mentre correva in direzione dei tre giocatori.

In pochi minuti la notizia si sparse in tutto l’aeroporto, e i tre malcapitati si videro correre incontro una massa di ragazzine urlanti che chiamava a gran voce i loro nomi.Alcune di loro brandivano fogli di carta e penne per avere degli autografi, altre invece porgevano ai tre campioni il rossetto per autografare direttamente sul loro braccio.

-Un autografo, vi prego!-, strillavano a gran voce, dopo averli rapidamente accerchiati.

I tre ragazzi si guardavano l’un l’altro sconcertati.

-Ma che diavolo succede?-, domandò Tsubasa spaesato, cercando di sottrarsi a decine di mani che tentavano di toccarlo.

-Credo che siano nostre ammiratrici-, gli spiegò Jun, che era ormai abituato a queste scene da quando giocava nella Musashi e aveva addirittura un fan club personale.

-Nostre ammiratrici?Qui?-, domandò sconcertato Hikaru.

-Siamo giocatori della nazionale, no?-, gli fece notare l’amico, mentre con un sospiro di rassegnazione prendeva un foglio e una penna dalle mani di una ragazza bruna e scarabocchiava svogliatamente la propria firma.

-E adesso che facciamo?-, domandò Tsubasa, mentre due ragazzine si aggrappavano alla sua maglietta implorandolo di fare una foto insieme.

-Non ci sono vie di fuga!-, gemette Matsuyama, mentre firmava qualunque cosa gli capitasse sotto le mani.

-Credo che dobbiamo rassegnarci a firmare un centinaio di questi-, commentò Misugi, cercando di sottrarsi all’assalto di una fan decisamente audace, che stava provando addirittura a baciarlo.

-Ma guarda te se oggi ci mancava anche questa!-, commentò Hikaru scocciato, mentre si faceva scattare una foto con due ammiratrici che affermavano di venire da Hokkaido.

-Cosa ci fate qui a Iwate?Siete in partenza per un viaggio?-, domandò la ragazza di nome Ryoko, che era stata la prima a notare la loro presenza.

I tre ragazzi si guardavano imbarazzati.

-No-

-Si-

-Non proprio-

dissero infine tutti insieme, mentre le ammiratrici li guardavano sbigottite.

-Sì, no o non proprio?-, incalzò Ryoko.

-Ecco…diciamo che siamo qui per una breve vacanza-, disse un po’ esitante Jun.

-Vi fermerete a Iwate?-, domandò speranzosa una ragazza, che era appena arrivata in città.

-No, purtroppo dobbiamo ripartire subito-, intervenne prontamente Matsuyama.

-E dove siete diretti?-, domandò un’altra ammiratrice.

-Se…-, incominciò a dire Tsubasa, ma un’occhiataccia dei due amici lo mise immediatamente a tacere.

-Penso che andremo a Kashima-, disse Misugi in tutta tranquillità, sorridendo gentilmente a una ragazza e riempiendole di autografi un notes intero.

-E siete da soli?-, chiese un’altra ragazza ancora.

Altro momento d’imbarazzo per i tre ragazzi.

-No, a Kashima ci aspettano le nostre fidanzate-, spiegò Jun con disinvoltura.

L’affermazione suscitò cori di proteste e delusione da parte delle ammiratrici assiepate intorno ai tre calciatori.

-E come mai non sono con voi adesso?-, incalzò una ragazza vestita di rosso.

-Ehm…ecco….-, borbottò il ragazzo colto alla sprovvista.

-Sono partite prima di noi, perché siamo stati trattenuti per i nostri impegni sportivi-, intervenne Hikaru, cercando di fingersi disinvolto come aveva fatto prima l’amico.

La delusione si dipinse sui volti delle giovani fans.

-Beate loro!-, sospirò con aria sognante Ryoko.

I tre amici fecero un risolino nervoso.

-Ora dobbiamo proprio andare, ragazze.Spero che continuerete a fare il tifo per noi!-, disse Jun, cercando di farsi un varco tra la folla che li circondava.

-No, aspettate!Restate ancora con noi!-, esclamarono le ragazze a gran voce, stringendosi ancora di più intorno ai tre giovani.

I poveretti sospirarono.Sarebbe stata molto dura liberarsi da quelle ragazze scatenate, pensarono infastiditi.

 

Okinawa, ore 16

A quanto pare, quel tipo di nome Masaro se n’è andato.Meno male, almeno possiamo rilassarci qui in spiaggia come ci eravamo proposte quando siamo arrivate.Ma tu guarda se dovevamo incontrare un tipo così seccante!Tutte quelle moine, quei commenti disgustosi….mio Dio, se ci ripenso lo attaccherei veramente nel muro!

Poi ci ripenso…non è da me essere così aggressiva, veramente.Mi sto comportando in un modo che faccio fatica a riconoscermi io stessa.

Forse sono stata un po’ troppo brusca con lui, ma mi ha veramente infastidita.In primo luogo, non sono abituata alle attenzioni e alla corte dei ragazzi.Da quando avevo dieci anni sono sempre stata innamorata di un solo ragazzo, e sono sempre stata soltanto con lui.Certi apprezzamenti che detti da lui mi suonano piacevoli e del tutto normali, detti da un altro ragazzo mi sembrano seccanti e fuori luogo.

Ma la cosa peggiore probabilmente è quella somiglianza…almeno per me, ha reso tutto ancora più sgradevole.Già i complimenti di quel farfallone erano davvero pesanti e inopportuni, se poi ci aggiungiamo che per me era penoso anche solo guardarlo in faccia…

Guardare Masaro mi faceva tornare in mente Jun, e tutte le domande che mi stanno perseguitando…come sta, dove è adesso, come ha preso la mia decisione di andare via…Se è arrabbiato con me, se è triste, se mi sta cercando.In un angolo remoto del mio cuore spero che mi stia cercando, che sia da qualche parte in giro per il Giappone nella speranza di trovarmi e parlare con me, ma poi mi rendo conto che la mia è un’idea assurda, insensata.Il Giappone è vasto, e lui non saprebbe nemmeno da che parte cominciare. Jun è un ragazzo razionale, riflessivo, e non si imbarcherebbe mai in un’impresa già impossibile in partenza…ma ne sono poi così sicura?Non era una battaglia che sembrava già persa in partenza quella contro la sua malattia al cuore?Non sembrava un sogno irrealizzabile che potesse giocare a calcio per una partita intera?Eppure ce l’ ha fatta, ha lottato per realizzare il suo sogno e non si è arreso.Ma se lo avesse fatto…se davvero fosse partito per venire a cercarmi…vorrebbe dire che ci tiene veramente a me, moltissimo…che io sono importante per lui, quanto lui lo è per me.Allo stesso tempo però ho paura di essere trovata…ho paura che, rivedendolo, mi butterei subito tra le sue braccia senza pensarci un solo secondo, e poi ricomincerebbe tutto come prima, tornerei a torturarmi con i soliti dubbi e le solite angosce.

Ma perché, perché continuo a pensarci?

Dannato Masaro…è stato lui a farmi tornare tutto in mente…

Ma che dico?Come se fosse possibile per me non pensarci….

 

 

Yayoi è seria e pensierosa, dopo l’episodio di Masaro non ha più detto una parola.Accidenti a quell’idiota, proprio quando ci stavamo rilassando e stavamo iniziando a pensare al nostro futuro con più serenità!Doveva proprio mettersi in mezzo a turbare il nostro precario equilibrio?

La sua incredibile somiglianza con Jun sarebbe già bastata a metterci a disagio, figuriamoci le sue battute, i suoi apprezzamenti e i suoi tentativi di approccio.

E’ proprio come diceva Yoshiko…dobbiamo tenere in considerazione l’idea che qualche altro ragazzo possa interessarsi a noi, e quindi essere pronte ad agire di conseguenza.Non penso che nessuna di noi sia sfiorata anche solo vagamente dalla tentazione di cedere alle lusinghe di quel Masaro…io, perlomeno, non ho il benché minimo interesse nei suoi confronti, anzi, i ragazzi come lui mi hanno sempre dato sui nervi.

Certo com’è diverso da Tsubasa…dopo quasi dieci anni che ci conosciamo, lui è ancora imbarazzato anche solo ad avvicinarsi a me, a darmi un bacio, una carezza, a camminare mano nella mano.Mentre Masaro non si fa alcun problema a provarci con tre ragazze appena conosciute, e che tra l’altro non gli danno il benché minimo incoraggiamento.

Ecco…sapevo che mi sarei messa a fare dei confronti con Tsubasa. E’inevitabile, qualsiasi ragazzo che conosco viene irrimediabilmente paragonato a lui.Ed è quasi sempre Tsubasa ad uscirne vincitore, ma non è certo un confronto alla pari, poiché lo amo, anche con tutti i suoi difetti e le sue insicurezze.

Mi è inevitabile pensare a lui, ma ora, stranamente, ci penso con più serenità.Mi starà cercando?Da un lato avrei voglia di vederlo, ma dall’altro…beh, ho paura che finirebbe per tornare tutto come prima, lui felice con il suo amato pallone e io ad elemosinare le briciole del suo tempo e della sua attenzione.Come se fosse un circolo vizioso, che non si riesce a spezzare.

La giornalista sportiva…quell’idea era nata in me da parecchio tempo, ma oggi è stata la prima volta che l’ ho espressa a voce alta, che l’ ho confidata a qualcun altro.Non ne avevo mai parlato nemmeno con Tsubasa, non so perché.Potrebbe essere la mia strada…una strada che mi consentirebbe di realizzarmi e allo stesso tempo di restare al suo fianco, una strada che posso percorrere anche in Brasile, ovunque.

Chissà….forse finalmente ho trovato il punto d’inizio della mia nuova vita.La prima pietra del mio futuro…

 

Sto fingendo di prendere il sole, rilassata e semi-addormentata, ma in realtà sto osservando quasi di nascosto le mie due compagne di viaggio. Yayoi è tesa e di malumore, l’incontro con Masaro deve averla turbata parecchio.Quel tipo proprio non ci voleva, dannazione!

Povera Yayoi…già ha mille problemi e angosce che la tormentano, aggiungici un ragazzo assolutamente identico a Jun che la corteggia con apprezzamenti pesanti e assolutamente inopportuni…dev’ essere durissima, accidenti.

Sanae invece mi sembra un po’ più tranquilla. Certo, l’incontro con Masaro è stato sgradevole anche per lei, e da come osserva Yayoi si capisce chiaramente che è molto preoccupata per lei, ma la vedo anche più serena.Forse l’averci confidato il suo desiderio di diventare una giornalista sportiva la sta aiutando, la sta spronando a cercare quelle che potrebbero essere le fondamenta della sua nuova vita, del suo nuovo futuro.

E’ la stessa prospettiva in cui devo riuscire a guardare anch’io.Cosa mi piacerebbe fare, come mi immagino se penso a me stessa tra dieci anni?

Mmm…ecco, ci risiamo, la prima cosa che mi è venuta in mente è Hikaru. Io, lui e i nostri figli.Ok, questa è una parte del mio futuro, la parte che desidero più intensamente.Stare con lui e creare insieme una famiglia.Questo lo so per certo da tanto tempo.Ma a parte questo?

Mi piacerebbe aiutare la gente che soffre, questo è un pensiero che mi è venuto mentre mi trovavo in ospedale per la convalescenza, dopo l’incidente.Però vorrei aiutare chi soffre non solo a livello fisico, ma anche e soprattutto a livello mentale, psicologico. A chi si sente spaesato, destabilizzato, incapace di riprendere in mano la propria vita dopo un evento che ha fatto crollare tutte le sue convinzioni e i suoi progetti per il futuro.Ho visto tanta gente in queste condizioni in ospedale.Persone che si sentivano finite, perdute.Io vorrei poter fare qualcosa per queste persone, aiutarle a ricominciare, a riscoprire i lati positivi della vita, a guardare oltre il dolore, la malattia, la sofferenza fisica.

E’ un’idea che non ho mai preso in considerazione seriamente, fino ad ora.Un pensiero che a tratti mi è balenato nella mente, ma che poi accantonavo per dedicarmi agli aspetti più felici della mia vita, alle persone che amavo. Un’idea che però potrebbe essere un punto di partenza.Chissà…non so perché, ma ora mi sento più leggera.

 

Iwate, ore 17

Finalmente ci siamo liberati da quel branco di ragazze assatanate!Non ne potevo più, credevo di diventare assolutamente pazzo. E firmami un autografo qui, e un bacio lì, e una foto insieme. Accidenti!Ci hanno fatto perdere un sacco di tempo prezioso. A quest’ora saremmo stati in viaggio per Sendai, magari saremmo già quasi arrivati…e se la fortuna ci assiste, potevo essere a un passo dal riabbracciare Yayoi.

Dio, fai che siano a Sendai.Fai che io possa ritrovarla.Devo vederla, devo parlarle, devo dirle tutto ciò che sento dentro di me, prima che sia troppo tardi.Questa paura mi accompagna immancabilmente in ogni istante.La paura che sia troppo tardi, che lei abbia già deciso di lasciarmi. E se conoscesse qualcun altro?Una ragazza bella e dolce come lei non passa sicuramente inosservata, magari qualcuno si è già fatto avanti per portarmela via. Maledizione!

Com’è diversa la mia Yayoi da quelle ragazze scatenate…non sarebbe certo il tipo di donna che si appiccica a un personaggio famoso per avere un autografo, o un bacio.Lei si è innamorata di me come Jun, dopo avermi conosciuto a fondo come persona, e non solamente perché ero il Principe del Calcio.Se avessi veramente dovuto abbandonare il calcio a causa della mia malattia, tutte queste fans si sarebbero tirate indietro, mi avrebbero voltato le spalle.Finito come calciatore, finito tutto.Lei no, lei sarebbe rimasta con me.Lei è sempre rimasta con me, senza chiedere nulla in cambio. E io le ho dato veramente troppo poco rispetto a quello che ha dato lei a me.Ma voglio rimediare, se ne avrò la possibilità.Voglio darle tutto, tutto l’amore del mondo, tutta la felicità del mondo.Voglio sposarla, subito, immediatamente, perché voglio averla accanto in ogni istante, a ogni ora del giorno e della notte, non mi bastano più quelle notti rubate quando i miei genitori sono fuori per lavoro.Voglio addormentarmi stringendola tra le mie braccia, voglio averla accanto a me quando mi sveglio, voglio darle il buongiorno con un bacio e portarle la colazione a letto.

Dio, ti prego, fai che anche lei voglia ciò che voglio io.Fa che anche lei desideri sposarmi, stare accanto a me per sempre, darmi dei figli, costruire un futuro insieme.Fa che non abbia deciso di scrivere la parola fine alla nostra storia, non lo sopporterei.Lei è l’unica donna che voglio al mio fianco, che potrei mai volere accanto a me.Dovessi scegliere tra una vita intera senza di lei, o solamente un’altra notte con lei non avrei esitazioni.Perché anche la vita più lunga di questo mondo non avrebbe significato per me, se non ci fosse Yayoi al mio fianco. Dio, ti prego…ascoltami…

 

Non mi era mai capitato di subire un assalto in piena regola da parte delle ammiratrici.E’ stata una cosa strana, sotto tutti i punti di vista.Non avrei mai immaginato che il fatto di giocare a calcio avesse anche quest’altra faccia, non avrei mai immaginato di essere considerato “il grande Tsubasa Ozora” anche fuori dallo stadio.Da un lato mi fa piacere che tutta questa gente mi apprezzi e riconosca il mio valore di calciatore.Ma da un lato ho provato anche un certo fastidio, davanti a quelle ragazze che cercavano senza vergogna di toccarmi, di baciarmi, e che strillavano a gran voce di essere innamorate di me.Innamorate di me?E perché?Perché sono Tsubasa Ozora, un giocatore professionista, il capitano della nazionale, un mito, l’eroe dei mondiali.Perché sono un’icona, un simbolo, un personaggio di successo, alla pari di un attore, di un divo del cinema. E che ne sanno queste ragazze di me?Di chi sono fuori dal campo di calcio?

Nulla, e nemmeno interessa loro saperlo.Loro sono interessate a quello che rappresento, non a quello che sono. E mentre formulavo questi pensieri, mi è venuto spontaneo confrontare le ragazze che avevo di fronte con Sanae.Lei è sempre stata la mia ammiratrice numero uno la mia prima tifosa, la più accanita.Lei mi dimostrava la sua stima ben prima che diventassi “il grande Capitan Tsubasa”, quando ero ancora un ragazzino delle elementari con una grande passione per il calcio.Lei non si è mai comportata in questo modo, saltandomi addosso con sfacciataggine, chiedendomi baci, autografi o altre diavolerie del genere.Non è stato questo il suo modo di dimostrare che mi amava.Il suo sostegno discreto, affettuoso, costante, è sempre stato importantissimo per me.Non me ne rendevo nemmeno conto, pensavo che il pallone fosse tutto ciò di cui avevo bisogno per andare avanti nella vita, e che fosse solo l’amore per il calcio a spronarmi a raggiungere risultati sempre più elevati.Eh sì, ce ne ho messo di tempo per capire quanta forza, quanta voglia di vincere mi dava la costante presenza di Sanae accanto a me, a gioire e soffrire con me. E adesso mi sento in colpa per non aver saputo ricambiare tutto ciò che lei ha fatto per me, per non averle dato tutto quello che meritava.Ma devo rimediare, posso farlo.Voglio vederla, stringerla tra le braccia, baciarla…e al diavolo la timidezza, l’imbarazzo, il pudore, il disagio, che mi hanno impedito finora di mostrarle in maniera completa quanto fosse importante per me.Al diavolo i timori che mi assalivano tutte le volte che mi sfiorava, che sentivo il suo profumo, che avevo la sensazione del suo corpo vicinissimo al mio. Chissà come deve averla ferita questo mio atteggiamento. Chissà se anche Sanae desiderava toccarmi e baciarmi come quelle ammiratrici di Iwate.Quello che è certo è che io, in questo momento, ho voglia di baciare lei.

 

Uff, finalmente siamo riusciti a liberarci da quelle pazze scatenate.Ci mancava solo l’assalto di un’orda di ragazzine innamorate di noi.Ammetto che la popolarità ha un certo sapore, e che forse in un altro momento un episodio del genere mi avrebbe divertito e inorgoglito.Ma oggi nessuno di noi era dell’umore più adatto per firmare autografi e affrontare le ammiratrici.Sono soltanto le cinque del pomeriggio, ma mi sembra che siano passati secoli da quando mi sono svegliato stamattina.Questa giornata infernale sembra non passare mai. Dio, mi sento veramente esausto, spossato, come se avessi giocato cinquanta partite a calcio tutte di fila. A forza di pensare il mio cervello ha quasi completamente fuso, e sento il mio cuore pesante come se avessi un macigno nel petto.Quelle ragazze mi hanno riportato alla mente Yoshiko, non ho potuto fare a meno di paragonare il loro slancio, il loro entusiasmo così invadente, con la discrezione e la dolcezza con cui lei mi ha sempre seguito da lontano, quando ancora non avevamo avuto il coraggio di dichiararci i nostri sentimenti. Ho ripensato a quello che più mi ha colpito di lei, il suo candore, la sua dolcezza, la sua innocenza, quel suo sguardo timido per me così accattivante, quel suo sorriso che ha la capacità di fermarmi il respiro, le mille espressioni che solo lei è in grado di fare, quelle espressioni così spontanee che mi rendono impossibile staccare gli occhi dal suo volto.Molte delle ammiratrici di oggi erano più appariscenti, più sfrontate, più intraprendenti di Yoshiko, alcune erano anche belle ragazze, ma nessuna è mai riuscita ad attirare il mio interesse come ha fatto lei.Sento la sua mancanza sempre di più ogni momento che passa, e il mio tormento sale.Mi chiedo se sta bene, se è giù di morale, se mi sta pensando…se le manco.Mi assale anche la gelosia in certi momenti, quando penso che magari qualcuno le sta facendo la corte.Mi sento così inutile, mi sento perso senza di lei.Mi manca l’aria.Mi manca la luce.Mi manca tutto.

 

Miyagi, ore 19

-Credo che quest’albergo non sia male per passare la notte-, disse Jun accostando l’automobile e fermandosi a osservare l’edificio, un palazzo di cinque piani dalla facciata marroncina e dalle ampie finestre.

-Non sarebbe meglio arrivare a Sendai stasera?-, domandò Hikaru stiracchiandosi sul sedile posteriore.

-Mi dispiace ragazzi, ma non ce la faccio più a guidare.Sono stanco morto-, disse l’amico, adocchiando un parcheggio libero e iniziando subito a fare manovra.

-Hai ragione, scusami-, fece Matsuyama contrito.

-Siamo tutti molto stanchi, e quindi credo anch’io che sia meglio fermarci a riposare qui stanotte e ripartire domattina per Sendai-, intervenne Tsubasa, aprendo la portiera e scendendo dall’automobile.

Gli amici lo imitarono, e insieme raggiunsero la hall dell’albergo.Li accolse un signore sulla cinquantina, piuttosto distinto ed elegante, che sorrise loro e gentilmente domandò se avessero bisogno di qualcosa.

-Vorremmo una camera per dormire stanotte-, disse Misugi.

-Benissimo.Siete solo voi tre o c’è qualcun altro con voi?-, domandò l’uomo.

-Siamo solo noi-, risposero i ragazzi.

-Perfetto.Camera 165-, disse, e porse a Jun le chiavi della stanza. I tre ragazzi andarono a prendere le proprie borse in macchina e salirono nella camera.Una volta entrati, si lasciarono cadere pesantemente sul letto.

-Sono veramente a pezzi-, disse Jun guardando il soffitto con aria inespressiva.

-Per forza, è da stamattina che guidi in giro per il Giappone-, intervenne Tsubasa preoccupato.-Non credo che questo faccia bene per la tua salute-.

-Tsubasa ha ragione.Vuoi che domattina guidi uno di noi?-, chiese Matsuyama trascinando la borsa fino ai piedi del letto.

-Non preoccupatevi, sto bene.Almeno fisicamente-, li rassicurò l’amico con un lungo sospiro.

-Credete che dovremmo provare a richiamarle?-, disse Hikaru stendendosi.

-Pensi che ci risponderebbero?-, fece Tsubasa, ripensando alla conversazione avuta con Yayoi quella mattina.

-Non so.Ma tentar non nuoce-, insistette il capitano della Furano.

-Posso provare io, se vuoi-, si offrì Misugi.

I due amici annuirono.

Il ragazzo prese il telefonino dal marsupio che aveva gettato sulla sedia accanto al letto, e compose rapidamente il numero di Yayoi.Dopo alcuni squilli la ragazza rispose con voce esitante.

 

Okinawa, ore 19.

Sanae, Yayoi e Yoshiko avevano lasciato la spiaggia da una ventina di minuti circa, ed erano tornate a casa di Maki.Avevano fatto la doccia, e ora erano distese sui rispettivi letti con la televisione accesa, in silenzio, ciascuna persa nei propri pensieri.La giornata al mare aveva fatto loro piuttosto bene, si sentivano più rilassate e serene, nonostante l’inconveniente dell’incontro con Masaro. L’angoscia che le tormentava da quella mattina si era attenuata, e le ragazze riuscivano a guardare al loro futuro con maggiore obiettività, o almeno così pareva loro. Certo, la vocina interna continuava a ripetere loro di tornare a casa, ma stavolta erano ben convinte a tenere duro e andare fino in fondo.

La quiete che regnava nella stanza venne interrotta da una suoneria.

Yayoi, che se ne stava sdraiata sul proprio letto con la testa affondata nel cuscino, si sollevò a sedere di colpo, riconoscendo il familiare trillo del proprio cellulare.Lo prese rapidamente in mano, e vide comparire sul display un numero che conosceva benissimo.

-Jun…-, mormorò la ragazza, mentre il cuore iniziava a batterle con furia.

-Cosa?-, esclamarono all’unisono le due amiche sollevandosi anche loro a sedere.

-Il telefono…è Jun -, ripeté Yayoi guardando il telefonino come ipnotizzata.

-Pensi di rispondere?-, domandò Sanae scrutando il volto dell’amica.

La ragazza tacque per qualche istante, poi premette il tasto per accettare la chiamata.

-Pronto?-, disse con voce esitante, tormentandosi con le dita una ciocca di capelli, ben conscia dello sguardo delle due amiche puntato su di lei.

-Yayoi…-, mormorò la voce di Misugi dall’altra parte.

Lei non rispose nulla.La voce le era mancata di colpo.

-Finalmente…mi mancava tanto il suono della tua voce-, disse dolcemente il ragazzo.

Yayoi fece uno sforzo enorme per ricacciare indietro le lacrime, che iniziarono a sgorgarle spontaneamente al solo suono di quella voce tanto amata.-Jun…-, sussurrò soltanto.

-Come stai?-, le domandò lui.

-Bene…bene e tu?-

-Male, anzi malissimo-, rispose il ragazzo.

-Come?-, si allarmò immediatamente Yayoi.

-Sta tranquilla, la mia salute è a posto.Sto malissimo perché sono preoccupato per te-.

-Non c’è ne’è bisogno, credimi.Noi stiamo bene-, ribatté la ragazza tranquillizzandosi un poco.

-Dove siete?-, le chiese lui.

-Questo non possiamo dirtelo.Non ancora-, disse Yayoi cercando di mantenere fermo e tranquillo il tono della voce.

-Ma perché?-, esclamò Jun in tono di disperazione.

Lei sentì che il cuore le si stringeva nel petto, e afferrò con le unghie le lenzuola.Doveva tenere duro.-Ti prego, cerca di capire…abbiamo bisogno di tempo-, mormorò, cedendo alle lacrime e iniziando a piangere.

Il ragazzo la sentì singhiozzare sommessamente, e il suo corpo fu attraversato da un’intensa fitta di dolore.-D’accordo, capisco…non piangere, ti prego-.

-Mi dispiace…mi dispiace tanto-, disse la giovane con voce colma di tristezza.

-Dispiace tanto anche a me.Per tutto-, rispose lui.

Yayoi iniziò a singhiozzare più forte.-Ora devo andare-, disse a fatica.

-Ti amo-, disse il ragazzo con voce dolce.

La ragazza chiuse la conversazione senza rispondere.Si gettò distesa sul letto con la testa nascosta nel cuscino e iniziò a piangere a dirotto, con il corpo scosso da violenti singhiozzi.Le due amiche si avvicinarono, preoccupate, e Sanae le accarezzò i capelli con dolcezza.

-Non fare così, Yayoi-, le disse in tono affettuoso.

La ragazza annuì, ma non riusciva a fermare i singhiozzi.-Perdonatemi…perdonatemi, vi prego…ma sentire la sua voce…parlare con lui….-, disse a fatica tra un singhiozzo e l’altro.

Sanae continuò ad accarezzarle i capelli in silenzio, lasciandola sfogare.

-E poi oggi Masaro…sembra che tutto il mondo sia contro di me…per farmi capire che stupida sono…-, continuò la ragazza, mentre piano piano il pianto iniziava a calmarsi.

-Non sei affatto stupida, stai solo passando un momento difficile-, le disse con tenerezza Yoshiko, prendendole una mano e accarezzandola.

-Ma anche voi state passando un brutto momento…e state qui a consolare me-, mormorò con voce rotta.

-E a cosa servono allora le amiche?-, intervenne Sanae in tono di rimprovero.Costrinse l’amica a sollevarsi a sedere, e poi a guardarla negli occhi.

-Senti, Yayoi, noi ci conosciamo da tanti anni e siamo amiche. E nel momento del bisogno, della sofferenza, del dolore, puoi sempre contare su di noi.Appoggiati a noi, quando hai bisogno, capito?E non sentirti in colpa di farlo.Noi ti aiutiamo molto volentieri, perché ti vogliamo bene-, disse in tono deciso.

Yayoi le sorrise affettuosamente tra le lacrime.-Anch’ io vi voglio bene, amiche mie-, disse, abbracciandole entrambe.

 

Il primo giorno è passato(sospiro di sollievo generale….J ), ma le avventure non sono certo finite…e una gita in barca con l’affascinante Masaro metterà non poco in crisi le nostre amiche.Ma anche i ragazzi incontreranno una bellissima ragazza che fa l’autostop…peccato che abbia un hobby non proprio piacevole!!

Restate sintonizzati in attesa del quinto capitolo di “ON THE ROAD”!! J

 

 

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Capitolo 5
*** Imprevisti ***


ON THE ROAD

 

CAPITOLO CINQUE:IMPREVISTI

 

Okinawa,22 giugno,ore 10.

Le tre ragazze furono svegliate dai raggi del sole che filtravano insistentemente attraverso le tapparelle semiabbassate. La prima ad aprire gli occhi fu Sanae. All’inizio si guardò intorno circospetta,senza capire dove si trovasse e perché non fosse a casa sua,nella sua stanza,nel suo letto. Poi si ricordò tutto,e sospirò sollevandosi a sedere .Gettò una rapida occhiata alle sue amiche,ancora profondamente addormentate nei loro letti. Sembravano così tranquille nel sonno. Stese le gambe giù dal letto e si diresse verso il bagno. Si lavò il viso e i denti e si spazzolò i capelli neri raccogliendoli in una coda di cavallo. Poi tornò in camera da letto ,e prese il costume da bagno che la sera prima aveva lasciato su una sedia di fianco al letto. Lo indossò , e poi mise un paio di calzoncini corti di jeans e un top che le lasciava scoperta la vita piatta e l’ombelico. Fatto questo, si apprestò a svegliare le sue amiche.

-Yayoi, Yoshiko ,sveglia. Su pigrone, ho voglia di andare in spiaggia- ,disse scotendole leggermente.

Yayoi aprì un occhio e la fissò con aria interrogativa, ancora mezza addormentata.  -Sanae...- ,sussurrò in tono vagamente confuso.

-Buongiorno pigrona, sono già le dieci-, le sorrise l’amica.

La ragazza sbatté le palpebre e si sollevò appoggiandosi ad un gomito. Poi lanciò un’occhiata all’orologio che aveva lasciato sul comodino. –Sono le dieci, è vero-, disse con la voce ancora impastata di sonno.

-E’ una bellissima giornata e dobbiamo cercare di godercela-, la sollecitò Sanae, mentre si sedeva sul letto di Yoshiko e scuoteva l’amica nel tentativo di svegliarla.

Yayoi andò alla finestra e tirò su le tapparelle, lasciando che il sole invadesse tutta la stanza. Un raggio andò a battere direttamente sulla fronte di Yoshiko, che stava ancora dormendo, e la ragazza borbottò infastidita nel dormiveglia.

-Noo- ,mugugnò, cercando di voltarsi dall’altra parte.

-Dai Yoshiko,non fare la dormigliona. Proprio tu che ti alzavi sempre presto per andare ad assistere agli allenamenti della Furano!-, la sollecitò Yayoi avvicinandosi al letto.

-Allenamenti?- , borbottò la ragazza, ancora restia ad abbandonare il mondo dei sogni.

-Dai,che non vedo l’ora di farmi un tuffo!-, insistette Sanae strappando le lenzuola all’amica.

-Tuffo? Nella neve? -, fece Yoshiko aprendo lentamente gli occhi.

-Ma che neve!- ,rise Yayoi. - Yoshi, siamo al mare ,ad Okinawa, non ricordi?-.

Yoshiko si tirò faticosamente a sedere sul letto, e guardò alternativamente le due amiche. -E’ vero-, riconobbe alla fine.

-Forza ragazze, io sono già pronta!!-, le incitò Sanae impaziente.

In quel momento si aprì la porta della stanza e comparve Maki, sorridente e già pronta per la spiaggia, con in mano un vassoio con tre bicchieri di spremuta d’arance e tre cornetti caldi.

-Buongiorno ragazze, vi ho portato la colazione-, disse appoggiando il vassoio sul comodino.

-Grazie Maki,sei un tesoro!-, esclamarono le tre amiche all’unisono, prendendo un cornetto ciascuna e addentandolo voracemente.

-Figuratevi, siete mie ospiti,è il minimo!-, rispose allegramente la ragazza,sedendosi sul letto di Sanae.

-Vedo che sei già pronta per la spiaggia-, disse Sanae.

-Già, ho una proposta da farvi,spero che vi piaccia!-, rispose l’amica sorridendo e ravviandosi con una mano i capelli castani.

-Siamo tutte orecchi-, rispose Yayoi sorseggiando un po’ di spremuta.

-Mio cugino ci porta tutte e quattro a fare un giro in barca. Suo padre gli ha regalato un motoscafo-, annunciò Maki.

-Tuo cugino?-, esclamò Sanae sorpresa.

-Già,che sciocca! Ieri sera mi sono dimenticata di parlarvi di lui . Frequenta l’università a Tokyo, ma è tornato a casa dei suoi genitori per le vacanze estive. Adora il mare, e appena ha visto la sua barca ha subito pensato di proporci un giretto. Che ne dite?-, spiegò immediatamente Maki.

-Beh, io non sono mai salita su un motoscafo, penso sarebbe divertente-, disse Yoshiko addentando l’ultimo morso di cornetto.

-Lo penso anch’io-, fece Sanae. -Tu che ne pensi, Yayoi?-

-Per me va bene-, disse la ragazza rimettendo il bicchiere vuoto sul vassoio.

-Perfetto!-, esclamò Maki tutta contenta. –Adesso vado a dirglielo. Voi fatevi trovare pronte al porticciolo tra dieci minuti-, e si alzò dirigendosi verso la porta.

-D’accordo. Ah,senti Maki,quando arriverà Kojiro?-, domandò Sanae.

-Uhm,credo che arrivi stasera. O almeno mi auguro. Ma state tranquille ,farò in modo che se ne stia ben zitto!-, disse l’amica con un sorriso complice.

-Grazie Maki-, rispose Sanae lanciandole un luminoso sorriso.

Maki uscì dalla stanza, e le tre amiche,finita la propria colazione, si dedicarono a vestirsi e prepararsi per la gita in motoscafo.

 

Sulla strada per Sendai,ore 10.

I tre ragazzi si erano svegliati molto presto quella mattina, alle otto erano già in piedi. Si erano vestiti ed erano scesi nella sala ristorante dell’albergo per fare colazione, decisi a partire il prima possibile. La strada per Sendai era ancora lunga, e i tre non vedevano l’ora di raggiungere la cittadina, sperando di trovarvi le ragazze. Alle nove si misero in marcia.

Era passata circa un’ora dalla partenza, quando Hikaru, che sedeva sul sedile accanto al posto di guida, vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Una ragazza era seduta sopra una valigia sul ciglio della strada, con un’espressione annoiata sul volto e il pollice rivolto verso l’alto, chiedendo un passaggio.

-Ehi,Jun,c’è una ragazza che fa l’auto-stop, -, segnalò all’amico che stava guidando.

Misugi istintivamente rallentò, e i tre amici osservarono la ragazza con maggiore attenzione. Aveva i capelli castani raccolti in una coda di cavallo e un berrettino sportivo in testa, e indossava una t-shirt bianca con una scritta colorata e un paio di jeans scoloriti. In spalla aveva uno zainetto rosso.

Il giovane accostò l’auto al ciglio della strada e abbassò il finestrino per parlare all’autostoppista.

-Scusa,ti serve un passaggio?-, le domandò in tono affabile.

La ragazza si alzò in piedi, e gettò una rapida occhiata all’automobile e ai suoi tre occupanti. Poi sorrise.

-Sì. E’ un’ora che sono qui, e voi siete stati i primi a fermarvi-, rispose in tono allegro.

-Dove sei diretta?-

-A Miyagi-, rispose prontamente.

-E’ sulla strada, noi stiamo andando a Sendai. Se vuoi, possiamo darti uno strappo-, propose Jun continuando a squadrarla attentamente.

La giovane gli rivolse un sorriso luminosissimo.-Siete tre angeli!!Non so come ringraziarvi!-, esclamò entusiasta.

Hikaru e Jun scesero dall’automobile e aiutarono la ragazza a caricare la valigia nel bagagliaio.Poi le aprirono la portiera del sedile posteriore, e la ragazza si sedette accanto a Tsubasa.

-Sapete, stavo quasi perdendo le speranze-, disse togliendosi il berrettino e sciogliendosi la coda di cavallo.Poi si ravviò i capelli castani, che sciolti le arrivavano oltre le spalle.-Io mi chiamo Mayuko, Mayuko Urameshi-, si presentò.

I tre ragazzi si presentarono a loro volta, limitandosi a dire i propri nomi sperando che la ragazza non li riconoscesse(vista la brutta esperienza dell’aeroporto…).Ma la precauzione fu pressoché inutile.

-Ecco dove vi avevo visto!Voi siete della nazionale giapponese!-, esclamò meravigliata Mayuko dopo aver sentito i loro nomi.

Tsubasa arrossì, lievemente in imbarazzo. - Già.Non abbiamo modo di passare inosservati-, mormorò rassegnato.

-Come dici, scusa?-, domandò la ragazza, e i tre le raccontarono cosa era accaduto il giorno primo all’aeroporto, quando erano stati assaliti da un’orda d’ammiratrici scatenate.

Mayuko scoppiò a ridere di gusto.-Beh, sono gli svantaggi di essere delle celebrità-, commentò allegramente.

-Tu cosa fai nella vita, Mayuko?-, le domandò Matsuyama.

-Sono una studentessa di belle arti, ma per mantenermi agli studi faccio lavoretti saltuari.Il mio sogno è di diventare una brava e famosa mangaka.Ora sto andando da un’amica a Miyagi, passeremo l’estate lavorando come cameriere in un albergo-, spiegò la ragazza.

-Accidenti, dev’essere veramente dura-, commentò Tsubasa.

-No, in fondo mi diverto, ho modo di conoscere tanta gente nuova. E poi, sono disposta a fare qualunque cosa per realizzare il mio sogno -, disse la ragazza con aria solare.

-E’ duro sfondare come mangaka, no?-, disse Jun.

Mayuko sorrise.-Già, ma spero di farcela.E’ una cosa che desidero fin da bambina, e non mi arrenderò di fronte a nessuna difficoltà-, rispose con aria determinata.

-Ma abiti qui vicino?-, le domandò Hikaru.

-Beh, dunque…la mia famiglia abita a Miyagi, ma negli ultimi mesi ho vissuto ad Iwate ospite di una mia cugina-, spiegò Mayuko.

-Quindi torni a casa dai tuoi genitori?-

La ragazza si rabbuiò leggermente in volto. -No, non vado molto d’accordo con loro. Starò a casa della mia amica-, disse.

-Capisco-, disse pensieroso Misugi continuando ad osservare la strada davanti a lui.

-E’ per questo che ti mantieni lavorando e girovaghi per il Giappone?-, le domandò Tsubasa.

Mayuko annuì. -Sì.  Prima di tutto non volevo pesare ulteriormente sulla mia famiglia, visto che siamo in tre. E poi i rapporti con mio padre e mia madre erano diventati troppo tesi, non riuscivo più a resistere-, spiegò.

-Hai due fratelli dunque?-

La giovane annuì. –Sì, ho un fratello e una sorella più piccoli di me-

-E con loro vai d’accordo?-

-Con Ayako, la mia sorellina, sì.Ci adoriamo, lei ha solo dieci anni e mi considera come una seconda mamma.Invece io e Kenji, mio fratello, non abbiamo ottimi rapporti-, disse con sguardo un po’ triste.

-Quanti anni ha tuo fratello?-

-Quindici anni. Un’età difficile, almeno così dice mia madre.E con questa scusa gliele da tutte di vinta-.

-Io invece ho un fratellino, Daichi-, intervenne Tsubasa.

-Davvero?-, chiese Mayuko con interesse.

Tsubasa allora si mise a parlare di suo fratello e a raccontare alcuni episodi che lo riguardavano, e ben presto Mayuko prese a ridere allegramente, dimenticando i suoi problemi familiari.

 

Okinawa, ore 10.15

Sanae, Yayoi e Yoshiko scesero in spiaggia dopo essersi preparate e raggiunsero il porticciolo dove le aspettava Maki.Anche Yayoi si era raccolta i capelli in una coda di cavallo e sopra il costume aveva indossato un luminoso prendisole giallo, Yoshiko invece si era pettinata raccogliendo i capelli in una treccia e indossava una minigonna a pieghe e un top bianco.

-Chissà che tipo è il cugino di Maki-, disse Sanae pensierosa.

-Beh, sicuramente è un ragazzo molto gentile, dato che ci ha invitato a questa gita in motoscafo senza nemmeno conoscerci-, fece Yoshiko tormentandosi con le dita una ciocca della frangetta.

-Spero soltanto che non sia un tipo come quel Masaro-, disse Yayoi, adombrandosi al ricordo dell’incontro del giorno prima.

-Wow, vedo che ti ricordi ancora il mio nome!-, esclamò una voce allegra alle loro spalle.

Le tre ragazze si voltarono, trovandosi di fronte Masaro, abbronzatissimo e sorridente, con indosso un costume da bagno nero aderente e una camicia bianca aperta sul torace.

-Ci si rivede-, disse Yayoi tra i denti, cercando di accelerare il passo.

-Ne sei felice, cara?-, ribatté il ragazzo cercando di metterle una mano intorno alle spalle.

La ragazza fece una smorfia di disappunto, e non rispose.

-Cosa ci fai da queste parti, Masaro?-, domandò Sanae cercando di sottrarre l’amica alla situazione imbarazzante.

-Sto andando a prendere il mio motoscafo, devo portare mia cugina e delle sue amiche a fare una gita-, spiegò il ragazzo con nonchalance.-Se vi andasse di unirvi a noi, ne sarei felicissimo!-.

-Che coincidenza, anche noi stiamo per fare una gita…-, stava iniziando a dire Sanae, quando un terribile sospetto la folgorò all’istante. E se…ma no, non era possibile.Il suo sguardo incrociò quello di Yayoi, e dall’espressione dell’amica comprese che aveva avuto il suo stessi pensiero.

-Senti, per caso tua cugina…-, stava infatti per chiedergli Yayoi, ma non ce ne fu bisogno, perché il peggiore dei suoi incubi(beh, forse questa è un’esagerazione!) divenne realtà nel giro di pochi istanti.

-Masaro!!-,sentirono infatti una voce proveniente dal porticciolo chiamare il ragazzo,e in breve la figura di Maki si materializzò di fronte a loro.

-Ah,vedo che hai già conosciuto le mie amiche-,disse la ragazza notando che il cugino era in compagnia delle tre giovani,poi notò incuriosita le espressioni di disappunto dipinte sui volti delle tre amiche.

-Sì,ho avuto il piacere di conoscerle ieri pomeriggio,ma non immaginavo che fossero le tue amiche-,spiegò Masaro rivolgendo alla cugina uno dei suoi migliori sorrisi.

-Sarà stato un piacere solamente per te-,commentò Yayoi tra i denti.

-Su,non essere scontrosa mia cara-,le disse il giovane cercando ancora di abbracciarla.

-C’è qualcosa che non va?-,chiese Maki,che non riusciva a comprendere la situazione.

-Ora ti spiego-,disse Sanae,prendendo l’amica da una parte. –Ieri pomeriggio abbiamo conosciuto Masaro e…ecco…lui ha iniziato a provarci con Yayoi e lei non ha gradito molto.Tra l’altro,avrai notato che c’è una certa somiglianza tra lui e Jun Misugi…-.

Maki annuì.-E’ vero,me l’aveva fatto notare tempo fa Kojiro(che?Kojiro che nota queste cose?!).Sai,Masaro è un ragazzo è un ragazzo un po’ troppo espansivo,soprattutto con le donne,ma non è cattivo,e ti assicuro che non parla a vanvera. Comunque,se a Yayoi il suo atteggiamento da fastidio,gli parlerò e gli chiederò di starsene calmo e tranquillo-,disse la ragazza.

-Ecco,penso che sarebbe una buona idea-,concordò l’amica,e le due ragazze tornarono in fretta dagli altri.

Maki allora chiamò il cugino da una parte. - Masaro,senti,vorrei chiederti di non essere così insistente con le mie amiche,soprattutto con Yayoi.Stanno attraversando un periodo difficile,e le tue…diciamo attenzioni non sono gradite-,gli disse senza mezzi termini.

Masaro assunse un’aria imbarazzata. –Scusami,cugina,non intendevo creare problemi alle tue amiche.Ma sai com’è,Yayoi mi piace molto e ho pensato…beh,lo sai come vanno queste cose-,si giustificò.

La ragazza annuì sbrigativamente. –Capisco,ma sarebbe meglio se evitassi degli approcci così insistenti.Te lo chiedo come un favore personale-,si raccomandò.

Il cugino annuì.-D’accordo,Maki,se è per te lo faccio volentieri,anzi,mi scuserò subito con Yayoi-.

Nel frattempo,le tre amiche erano alle prese con una piccola discussione. Yayoi infatti,dopo avere scoperto che era Masaro il cugino con cui dovevano andare in gita,era intenzionata a tornarsene a casa,mentre le due amiche cercavano di convincerla a rimanere.

-Su,Yayoi,non roviniamoci la giornata per colpa di Masaro. Semplicemente,ignoralo-,le disse Sanae.

-Sanae ha ragione.In fondo è stato gentile ad invitarci,e poi è il cugino di Maki,sicuramente lei gli chiederà di starsene tranquillo-,assentì Yoshiko.

La ragazza dai capelli rossi scosse violentemente il capo.-Non se ne parla,ragazze,mi dispiace.Voi rimanete pure,se vi va,senza preoccuparvi per me,ma io me ne ritorno a casa.Quello non lo sopporto,e non ho intenzione di passare tutta la giornata a tenere a bada i suoi approcci-,disse determinata guardando di sfuggita il ragazzo che,in disparte,stava parlottando con la cugina.

-Yayoi,Maki mi ha detto che gli chiederà di lasciarti in pace-,le assicurò Sanae.

-Ci credo poco-,sbuffò Yayoi. -Anzi,sono sicura che quel pagliaccio penserà che una gita in motoscafo è l’occasione ideale per corteggiarmi,e magari convincermi ad uscire con lui-,ribatté convinta.

Le due amiche sospirarono.-Certo che sei testarda-,commentò Yoshiko.

L’amica ignorò la frase,e si stava dirigendo verso la strada di casa,quando fu fermata dalla voce di Masaro.

-Yayoi,aspetta. Aspetta,non devi andartene per colpa mia-,le disse,afferrandole un braccio per fermarla.

Yayoi respinse bruscamente il braccio del giovane e lo fronteggiò con aria agguerrita. –Sentimi bene,Masaro,se hai intenzione di ricominciare con la tiritera di ieri,ti avviso da subito che non mi interessi. Quindi,siccome voglio starmene in pace,ho deciso di tornarmene a casa-,disse in tono glaciale.

-In verità volevo chiederti scusa per ieri,Yayoi.Mi sono comportato come un vero e proprio stupido,senza rendermi conto che stavo esagerando e ti stavo infastidendo.Mi dispiace moltissimo,non avrei dovuto-,disse il giovane in tono umile.

Yayoi lo fissò interdetta.-Dici sul serio?-,chiese poco convinta.

-Te lo assicuro-,disse il ragazzo con fermezza,fissandola diritto negli occhi.-E volevo anche assicurarti che non mi comporterò più come ieri,e che ti lascerò in pace.Quindi ti prego,vieni in motoscafo con noi.Mi sentirei in colpa se ti sapessi qui a terra da sola per colpa della mia stupidità-.

La ragazza rimase stupefatta. Masaro le appariva una persona completamente diversa dal farfallone invadente che il pomeriggio prima l’aveva fatta andare su tutte le furie,e con quell’atteggiamento gentile,sensibile e dimesso era dannatamente affascinante,e convincente .Sentì che il muro di diffidenza che aveva costruito nei suoi confronti si stava sgretolando in mille pezzi.

-D’accordo,voglio fidarmi-,disse,cercando di mantenere un tono di voce distaccato e sostenuto nonostante il tumulto dei suoi sentimenti. –Verrò in motoscafo con voi-,e cercò di non vedere il luminoso e meraviglioso sorriso che aveva illuminato il volto di Masaro alle sue parole.

 

Autostrada,ore 10.30

Questa Mayuko Urameshi mi pare una ragazza davvero a posto,in gamba e simpatica.E’ anche molto carina,e confesso che se non ci fosse già Yayoi nel mio cuore ci avrei fatto un pensierino sopra.Non so nemmeno io per quale motivo ho deciso di offrirle questo passaggio,posso dire solamente che dalla prima occhiata mi è sembrata un tipo di cui ci si poteva fidare,e in fondo avevamo bisogno di una ventata d’allegria nel nostro viaggio.Siamo tutti e tre tesi,abbattuti e preoccupati,i nostri pensieri sono praticamente a senso unico e per non turbarci a vicenda abbiamo passato gran parte della strada in silenzio,finchè non è sbucata fuori Mayuko.Non che la tensione sia sparita,anzi,ogni istante che passa sono sempre più preoccupato per Yayoi,e avverto sempre più forte una fitta d’angoscia,un’angoscia sconosciuta,forse immotivata,che mi attanaglia il cuore e non mi da tregua(chiamatelo sesto senso ),e non vedo l’ora di arrivare a Sendai sperando di trovarla.Però devo ammettere che ascoltando i discorsi di Mayuko,vedendola così allegra,disinvolta e piena di gioia di vivere mi sono un po’ distratto e rilassato.Da quel poco che ho capito di lei sentendola raccontare ho capito che non ha avuto una vita facile,poverina.Molte volte,a causa della mia malattia al cuore,ho pensato alla vita in termini profondamente negativi,pensando alle cose che forse non avrei mai potuto fare,alle rinunce,alle sofferenze,e dicendomi che non era giusto che fosse capitato a me,proprio a me.In certi momenti mi sono sentito come se stessi scontando tutte le pene del mondo,e come se fossi stato l’unico ad avere dei problemi seri.Ma col passare del tempo mi sono reso conto che il mio modo di ragionare era sbagliato ed egoistico,che ci sono tantissime persone al mondo che soffrono e sopportano croci terribili,e che in fondo dovevo riuscire a trovare delle cose positive nella mia vita nonostante la mia malattia,questo mi avrebbe permesso di lottare contro di lei e vincere. Penso che la sofferenza che ho dovuto affrontare a causa dei miei problemi al cuore mi abbiano reso più forte,più coraggioso,e anche più sicuro di me.Ma devo riconoscere che gran parte del merito spetta a Yayoi,al fatto che mi sia stata sempre accanto e si sia sempre presa cura di me.Probabilmente invece Mayuko non ha mai avuto nessuno che si sia preso cura di lei.Credo che sia una ragazza molto forte e determinata,che sta lottando per costruirsi la sua strada. Sì,devo ammettere che provo una certa ammirazione per lei.Io ho avuto bisogno di tutto il sostegno di Yayoi per farcela,senza di lei quasi sicuramente sarei andato alla deriva,e non sono stato capace nemmeno di ripagarla rendendola felice.Lei c’era,e questo era tutto.Io avevo bisogno,e sapevo di poter contare su di lei. E non ho mai pensato che magari in certi momenti poteva essere lei a stare male,ad essere spaventata per qualcosa,ad aver bisogno del mio sostegno.Sono stato egoista.Egoista e idiota.

 

Se devo essere sincero, non avrei mai creduto che Jun avrebbe offerto un passaggio a questa ragazza.Non perché lo consideri insensibile e senza cuore, ma si tratta pur sempre di una sconosciuta incontrata per strada.Invece non ha esitato un attimo.Volessi fare il malizioso potrei dire che l’ ha fatto perché Mayuko è una ragazza molto carina, ma io lo conosco bene e so quanto sia innamorato di Yayoi.Non la tradirebbe mai, nemmeno con la ragazza più bella del mondo, come io non tradirei mai Yoshiko.Però devo ammettere che questa ragazza mi piace. Intendiamoci,non in quel senso,anche se bisognerebbe essere di ghiaccio per non accorgersi che è davvero una gran bella ragazza,mi piace perché la trovo una ragazza in gamba. Decisa,energica,determinata.Un tipo a posto,insomma. Del resto,se fosse stata una ragazza timida e spaurita non si sarebbe mai messa a fare l’autostop,e tantomeno avrebbe accettato un passaggio da tre sconosciuti di sesso maschile. E poi la sua grinta traspare anche da come parla,dalle cose che racconta. E’ una ragazza che sta cercando da sola di costruirsi una vita,e io le auguro veramente di riuscirci. Ascoltandola parlare mi sono venute in mente moltissime cose,soprattutto su Yoshiko. Soprattutto una cosa, importantissima. Non ho mai chiesto a Yoshiko quali fossero i suoi scopi nella vita. Che cosa sognasse di fare,cosa desiderasse diventare,se aveva mai provato ad immaginare il suo futuro. No, quando eravamo insieme parlavo solamente di me,dei miei sogni,dei miei progetti,del calcio e del futuro che desideravo per me. Naturalmente lei faceva parte di quei progetti,ma mi sono reso conto che l’unico ruolo che aveva in essi era quello della mia donna,della mia compagna. Non ho mai pensato ad ambizioni che poteva avere lei per se stessa,così come io avevo l’ambizione di diventare un grande calciatore. Che idiota sono stato…Solo adesso,ascoltando Mayuko parlare della sua vita,dei suoi studi,dei suoi sogni per il futuro,mi rendo conto che sicuramente anche Yoshiko ha dei desideri,delle aspirazioni,qualcosa che vuole realizzare nella vita. E io non me ne sono mai interessato,da bravo egoista. Complimenti Hikaru,ti ci voleva una perfetta sconosciuta per capire una cosa tanto ovvia!

 

E’ incredibile come riesca a conversare con naturalezza con questa ragazza, nonostante la conosca da pochissimo e non sappia quasi nulla di lei. Ma in fondo, quando parla dei suoi progetti per il futuro, del suo sogno di diventare mangaka, dei mille lavoretti che aveva fatto da una parte e dall’altra per mantenersi agli studi senza dover chiedere niente ai suoi, ho l’impressione di rispecchiarmi in lei. Ripenso ai duri allenamenti,alle infinite partite sostenute,ai tornei scolastici,a Roberto,e alla mia esperienza in Brasile. Penso al mio sogno di diventare il calciatore numero uno del mondo, e a tutto l’impegno che avevo profuso in questo scopo, a tutti i sacrifici a cui sono stato e sono tuttora disposto per realizzarlo. E in Mayuko rivedo la mia stessa grinta, la mia stessa determinazione. Lei ha un sogno nel cassetto, e a questo sogno ha dedicato tutta la sua esistenza, così come io ho deciso di dedicare tutta la mia vita al calcio. Poi, come un fulmine, mi ha colpito un pensiero. E Sanae? Anche Sanae sarà come Mayuko?Avrà anche lei un sogno da realizzare, un obiettivo che vuole a tutti i costi raggiungere? E se sì,qual è?

Non lo so. Non me ne ha mai parlato. Non le ho mai chiesto cosa facesse, a parte la manager della Nankatsu e la mia fidanzata. Rendermene conto è stato scioccante. E’ assurdo. Me ne sto qui a parlare di sogni per il futuro con una perfetta estranea, e non ho la più pallida idea di cosa la mia ragazza intenda fare del suo futuro. I miei discorsi con Sanae sono stati sempre a senso unico: il mio sogno, il mio obiettivo, i miei sacrifici, le mie vittorie. Ripercorrendo con la memoria tanti anni trascorsi insieme con lei, e tutte le volte che ho parlato con lei, mi accorgo di aver parlato solamente di me, di essere stato sempre io al centro di ogni discorso, di ogni attenzione. Ora inizio a capire…inizio a capire molte cose di Sanae. Anche perché se la prendesse tanto per i miei ritardi, o per gli appuntamenti andati a monte a causa di una partita. Inizio a capire cosa la faceva stare male. Dio, come ho potuto essere così cretino?!

 

Okinawa,ore 11

La gita si sta rivelando piuttosto piacevole, e sono convinta che anche Yayoi ora si renda conto che quella di venire è stata la decisione migliore. Il motoscafo sfreccia sulle onde che è una meraviglia, sento il vento che mi scompiglia leggermente i capelli e goccioline d’acqua salmastra che mi colpiscono il viso. Mi sento libera e leggera. Il peso che mi opprimeva ieri si è molto ridotto,e sento di poter guardare ai miei problemi e al mio futuro con maggiore ottimismo. E’ incredibile come possa essere rilassante il mare, che incredibile sensazione di pace e benessere possa darti. Masaro si comporta da perfetto gentiluomo, come ha promesso a Maki. Ci ha aiutato tutte e quattro a salire a bordo, ci ha illustrato brevemente qual era il programma dell’escursione ed è stato disponibile a rispondere a tutte le nostre domande e curiosità. Non ero mai stata su un motoscafo fino ad ora, e non pensavo che si sarebbe rivelato così divertente. Tra pochi minuti ci fermeremo per fare il bagno al largo. Dove siamo ora l’acqua è stupenda, pulita e cristallina. Penso che vorrei tanto che Tsubasa fosse qui con me, ma questo pensiero non mi dà più quella fitta di dolore e nostalgia che mi dava ieri. Lo prendo come un dato di fatto: in fin dei conti io lo amo, e quindi è normale che vorrei condividere con lui questi momenti di benessere. Non mi sento Tsubasa-dipendente soltanto perché vorrei che fosse al mio fianco, penso che sia normale desiderare la presenza della persona che si ama. Non mi sento in questo modo perché ho avuto la possibilità di costatare che posso vivere, e divertirmi, anche in sua assenza, che non mi sento persa e abbandonata a me stessa solo perché lui non è qui. Ho capito che posso camminare con le mie gambe, pur continuando ad amarlo e a desiderare di stare con lui. Penso che sia un buon principio per impostare il nostro rapporto in modo diverso, come un rapporto alla pari, in cui non è solo lui ad essere al centro di tutto com’è stato finora, ma entrambi abbiamo i nostri spazi. Avevo messo Tsubasa su un piedistallo, e tutto quello che facevo era venerarlo. Non gli ho mai parlato di me stessa, dei miei problemi e dei miei sogni, perché mi bastava ascoltare i suoi, risolvere i suoi, preoccuparmi di lui. Avevo incentrato la mia vita su di lui, Sanae non esisteva più senza Tsubasa. Ma questo è un modo sbagliato d’amare, me ne rendo conto ora che io sono qui, e lui invece è altrove. Tsubasa non è qui ma io esisto, cammino, respiro, parlo, penso, soffro e gioisco. Certo, non mi sento completa e felice come quando lui è con me, ma esisto. Vivo. Penso al mio futuro, faccio progetti. Vivo delle esperienze e vorrei raccontargliele. E vorrei che lui mi raccontasse cosa sta facendo ora che io sono lontana. Amare è condividere, non adorare. Solo ora me ne rendo conto, ed è come se spezzassi delle catene.

 

Sanae sta sorridendo. E’ appoggiata al parapetto del motoscafo, e sta guardando l’orizzonte con un’espressione rilassata e serena che non le vedevo da tantissimo tempo. Yayoi sta parlando con Maki e Masaro, stanno discutendo del posto in cui fermarci per fare il bagno. E’ sempre un po’ distaccata e diffidente nei confronti di Masaro, ma non è più tesa e dura come ieri. Sta sicuramente meglio anche lei. E, ora posso dirlo, mi sento meglio anch’io. Ieri, parlando con le ragazze sulla spiaggia, ho per la prima volta dato voce e corpo ad un mio sogno, ad un mio castello in aria per il futuro. Il primo sogno che riguardasse soltanto me, e in cui Hikaru fosse lasciato al margine. Mi rendo conto solo ora di quanto le cose sarebbero state diverse se avessi focalizzato la mia attenzione su me stessa, sulla mia autorealizzazione, già da qualche tempo. Ora sicuramente non sarei qui, sicuramente Hikaru non sarebbe angustiato per me, e sicuramente non mi sentirei così malinconica. Non sono più triste, perché non ho più quella devastante sensazione di brancolare nel buio che avevo ieri, ma ripenso con rabbia e amarezza al tempo che ho sprecato. Ho vissuto il mio rapporto con Hikaru in modo sbagliato, ora lo so, perché in fondo gli ho tenuta nascosta la parte più profonda e vera di me. Lui mi conosce solo per come io mi sono mostrata ai suoi occhi, per le facce che indossavo quando eravamo insieme, per i ruoli che ricoprivo nei suoi confronti. L’unico momento in cui mi ha vista fragile è stato dopo l’incidente, ma anche lì, invece di condividere con lui i miei problemi, le mie angosce, le mille paure e pensieri bui che avevano preso a tormentarmi, ho preferito fare finta di niente, fingere di essere la stessa Yoshiko di tutti i giorni, per non angosciarlo e non distrarlo dal calcio, dallo studio, dalla sua vita insomma. Credevo che questo fosse il vero modo di amare: preoccuparsi per l’altro, cercare di renderlo felice ed eliminare tutti gli ostacoli che potevano minare la sua felicità, e se non era possibile eliminarli, accollarteli al suo posto per evitare che lui ne subisse il peso. Però…però in questo modo stai mentendo a te stessa e al tuo compagno, perché sei costretta a fingerti allegra e senza problemi anche se dentro il tormento non ti da tregua. Ed è inevitabile che alla fine la situazione ti sfugga di mano, come è successo a me. Rendere l’altro partecipe di tutto quello che ti accade, bello o brutto che sia, e offrirsi reciprocamente sostegno e aiuto, credo che sia questa la vera faccia dell’amore. Spero solo di non averlo capito troppo tardi.

 

Non me lo sarei mai aspettata, ma mi sto divertendo. Sì, mi sto proprio godendo questo giretto in motoscafo, come ormai non mi godevo più niente da parecchio tempo. Masaro ha mantenuto la promessa e si sta comportando nei miei confronti in modo irreprensibile, gentile e carino. Ammetto che quando non si comporta da farfallone invadente è veramente affascinante…ma che razza di pensieri mi vengono in mente?  Dev’ essere sicuramente a causa della sua somiglianza con Jun se mi sento in questo modo…se mi sento, in certi momenti, attratta da lui.

La telefonata di Jun di ieri sera mi ha sconvolta. Ero già stata messa a dura prova dall’incontro con Masaro, e sentire la sua voce, la preoccupazione per me che riuscivo a percepire con chiarezza, la sofferenza che sicuramente stava provando a causa del mio comportamento, mi hanno spezzato il cuore. Ho passato una notte d’inferno, tormentata dai sensi di colpa e dalla sensazione di non aver compiuto il minimo progresso. Le ragazze ieri hanno parlato dei propri sogni, hanno scoperto che ci sono delle cose che piacerebbe loro realizzare in futuro. A me non viene in mente nulla, o meglio, mi vengono in mente varie idee, ma tutte confuse e scarsamente importanti. L’unica cosa che ho capito è che ho sbagliato ad andare via così senza cercare di parlare a Jun dei miei problemi, di spiegargli come mi sentivo e cosa mi faceva stare male, ho capito che così facendo l’ho escluso dalla mia vita, e in fondo non ho ottenuto ciò che pensavo, ovvero di proteggerlo da angosce e preoccupazioni. Al contrario, ora lui è doppiamente angosciato, perché non sa per quale motivo sono partita e perché non sa in che modo rintracciarmi per starmi vicino. Avremmo dovuto parlare di più, o meglio, io avrei dovuto parlare di più, aprirmi di più con lui, mostrargli le mille sfaccettature di me stessa che gli ho tenuto nascoste, non so nemmeno io perché, forse per timore di perderlo, o per paura di fargli del male. Credendo di essere altruista, e di dimostrargli il mio amore preoccupandomi esclusivamente di lui e dei suoi problemi, sono stata egoista e ipocrita. E ora, doppiamente ipocrita, me ne sto qui a preoccuparmi perché mi sento attratta da un ragazzo che gli somiglia. Non capisco cosa mi succede, forse guardando Masaro cerco di illudermi che Jun sia qui con me. Eppure, al di là delle somiglianze nell’aspetto, sono due ragazzi completamente diversi, ho modo di notarlo ogni istante di più. Forse in Masaro sto cercando quello che Jun non è mai riuscito a darmi, o che io non gli ho mai permesso di darmi. Forse ho solo bisogno di sentirmi amata, protetta, desiderata. Ma perché? Non ho già un ragazzo che mi ama? Perché mi sento così bene adesso? E perché sono così assurda da sentirmi in colpa sia quando sto da cani sia quando invece sto bene? Perché il sorriso di Masaro, prima, quando siamo saliti in barca, mi ha provocato quella strana sensazione che non so definire nemmeno io? Perché non riesco a smettere di guardarlo, di ascoltarlo parlare?Ma che diavolo mi sta succedendo?

 

Okinawa,ore 11.30

-Bene, ragazze, ci fermeremo qui-, disse Masaro spegnendo il motoscafo, quando erano già abbastanza al largo. Le quattro ragazze gettarono un’occhiata all’acqua, che era talmente limpida e cristallina da riuscire a vedere il fondale, e annuirono in approvazione. Il posto era veramente bello, e sarebbe stato davvero piacevole farsi una nuotata lì.

-Complimenti, cugino-, disse Maki togliendosi velocemente i vestiti.

-Da un lupo di mare come me puoi aspettarti solo il meglio-, ribatté il cugino strizzandole allegramente l’occhio. Poi si rivolse a Yayoi. –Tu cosa ne pensi?-, le domandò.

-E’ bellissimo-, disse la ragazza con sguardo sognante.

Masaro la guardò intensamente. Diavolo, aveva promesso a sua cugina di lasciarla in pace, ma quella ragazza gli piaceva davvero moltissimo. Aveva un qualcosa che lo attirava inesorabilmente, come una calamita, e in quel momento, con quell’espressione serena e distante sul viso, era ancora più bella. Se non ci fosse stato nessuno tra i piedi, e se non avesse avuto la certezza quasi matematica di beccarsi un sonoro ceffone, l’avrebbe baciata, e toccata e…decise di dare un taglio a questi suoi pensieri poco puliti, e si tuffò in acqua rapidamente, sollevando minuscoli spruzzi tutt’intorno.

-Venite, si sta benissimo!-, esclamò rivolto alle ragazze che lo osservavano con attenzione, e iniziò a nuotare con potenti bracciate.

Maki non se lo fece ripetere due volte, e in pochi istanti andò a raggiungere il cugino in acqua.

-E’ davvero stupendo-, disse Yoshiko rimanendo in costume e apprestandosi anche lei a tuffarsi.

-Già. E’ stata proprio una magnifica idea-, approvò Sanae, togliendosi i pantaloncini.

-E’ vero, sono contenta di essere venuta-, approvò Yayoi, andando a sedersi al posto di guida.

-Non vieni in acqua?-, le domandò Sanae.

-Preferisco aspettare ancora un po’, e magari prendere un po’ di sole-, rispose l’amica.

-Come vuoi tu-

Yoshiko e Sanae si tuffarono e nuotarono rapidamente fino a raggiungere Maki e Masaro. Yayoi li osservava con attenzione, ma il suo sguardo era rivolto soprattutto a Masaro. Si sentiva terribilmente a disagio quando lui le si avvicinava, non più perché temeva che lui le rivolgesse qualche attenzione non gradita, ma per quella strana, forte attrazione che provava nei suoi confronti.

-Ma sono impazzita?Io amo Jun -, disse rivolta a se stessa con impazienza.

Sì, amava Jun, di questo era più che certa, infatti non poteva sicuramente definirsi “amore”, e nemmeno “affetto”, il sentimento che avvertiva nei confronti di Masaro. La definizione più vicina era semplice attrazione, una forte, magnetica attrazione fisica.

-Mi attrae fisicamente solo perché assomiglia a Jun -, si disse la giovane cercando di distogliere lo sguardo dal bel corpo muscoloso del surfista che stava nuotando con stile a pochi metri di distanza. Probabilmente il motivo della sua attrazione era quello, ma nonostante razionalmente se ne rendesse conto non riusciva a reprimere quella sensazione così forte.

-Al diavolo, mica posso perdere la testa come una ragazzina-, esclamò a bassa voce. Con decisione, si tolse i vestiti e si avvicinò al bordo del motoscafo per tuffarsi.

La freschezza dell’acqua le trasmise subito una potente sensazione di piacere, e un brivido le percorse tutta la schiena. Sentendosi piacevolmente elettrizzata, iniziò a nuotare rapidamente, verso la direzione in cui si trovavano le sue amiche. Poi accadde. Sentì qualcosa che le pizzicava un piede, e improvvisamente un dolore acutissimo che partendo dal piede sinistro s’irradiava lungo tutta la gamba e si trasmetteva al resto del corpo. Le sue gambe smisero improvvisamente di muoversi, e si sentì come trascinare verso il fondo. Provò a risalire movendo velocemente le braccia, ma non ci riuscì. L’acqua sembrava risalire sempre più in alto, e iniziava a solleticarle le narici. Con uno sforzo enorme riuscì a sollevare la testa sopra il pelo dell’acqua e a gridare chiamando aiuto. Gridò con tutto il fiato che aveva, prima di sentire nuovamente i tentacoli invisibili dell’acqua che la spingevano verso il fondo. Il dolore alla gamba sinistra era insopportabile. Cercò nuovamente di tirare fuori la testa dall’acqua e di gridare, ma l’unico risultato che ottenne fu quello di farsi una bella bevuta. L’unico suono che le uscì fu un gorgoglio strozzato. Un gelido terrore iniziava a serpeggiarle dentro, non voleva morire così, non in quel momento.

-Jun…Jun -, pensò disperata, continuando a dibattersi usando le braccia e la gamba destra, - Jun aiutami!-

Le lacrime iniziarono a salirle agli occhi. Cercò di alzare le braccia per richiamare l’attenzione delle amiche, che erano a poco più di un metro di distanza da lei. Attraverso la nebbia delle lacrime vide Masaro che la scorgeva, e che iniziava a nuotare verso di lei il più rapidamente possibile.

Con poche bracciate il ragazzo la raggiunse, e la afferrò saldamente alla vita tirandola su. La strinse forte a sé, e iniziò a nuotare con lei tra le braccia verso il motoscafo. Quando la ebbe issata, e si fu seduto al suo fianco, l’abbracciò nuovamente, con dolcezza stavolta.

Yayoi era ancora inebetita. Era salva, si disse, senza riuscire a rendersi conto di dove si trovava, persa nell’inebriante consapevolezza di essersi salvata e nel piacere che le dava il contatto con il corpo forte e solido di Masaro.

-Grazie-, mormorò, mentre un violento tremito la scuoteva ancora tutta.

Masaro le prese delicatamente il mento tra le mani e, sollevandoglielo, le fece voltare la testa verso di lui. La guardò intensamente negli occhi per un lungo attimo, senza dire nulla, poi, con lentezza, abbassò la testa fino ad unire le sue labbra a quelle umide e tremanti della ragazza.

Yayoi rimase per un istante sorpresa, colta alla sprovvista dal gesto di Masaro, ma poi, con suo sommo stupore, si scoprì a rispondere a quel bacio, infondendo in esso una passione e un calore che non credeva possibile, soprattutto se rivolto a qualcuno che non era Jun.

Dopo un istante di smarrimento, in cui si era irrimediabilmente persa nella splendida sensazione di quel bacio, la ragazza riacquistò il controllo di se stessa e si allontanò bruscamente da Masaro. Il ragazzo la fissò con una strana espressione, e Yayoi arrossì violentemente e distolse lo sguardo, non sapendo come affrontarlo, che cosa dirgli.

-Mio Dio, cosa ho fatto?-, pensò tra sé e sé, ancora sconvolta, non tanto per la paura che aveva avuto, ma per il fatto di essersi lasciata andare tra le braccia del ragazzo.

Per fortuna l’arrivo di Maki e delle altre, preoccupatissime dopo aver visto il rischio corso dall’amica, la salvò dall’imbarazzante situazione. Yayoi provò un profondo sollievo quando comprese che nessuna delle amiche aveva assistito al suo bacio con Masaro.

-Cielo, Yayoi, cos’è successo, stai bene?-, domandò ansiosamente Sanae issandosi sul motoscafo e guardando nervosamente l’amica, ancora pallida e tremante.

-E’ stata pizzicata da un granchio, per questo non riusciva più a stare a galla-, rispose Masaro mentre ispezionava con cura il piede sinistro della ragazza.

Yayoi, incapace di parlare, si limitò ad annuire debolmente.

-Che spavento che mi sono presa!-, esclamò Yoshiko tirando un profondo sospiro di sollievo.

-Fortunatamente te ne sei accorto in tempo, Masaro-, disse Maki, accarezzando una spalla del cugino.

-G...grazie Masaro, mi hai salvato la vita-, mormorò quasi impercettibilmente Yayoi.

-Figurati, chiunque al posto mio l’avrebbe fatto-, rispose tranquillamente il ragazzo, rivolgendole un meraviglioso sorriso.

-Se non ci fossi stato tu probabilmente sarei annegata-, proseguì la giovane scossa da un violento brivido.

Masaro le accarezzò una guancia per tranquillizzarla, con un’espressione di profonda tenerezza sul volto che non mancò di stupire Sanae e Yoshiko.

-Su, è tutto passato, tranquilla-, le disse dolcemente.

Yayoi gli sorrise, mentre sentiva che le guance le stavano diventando rosse per la violenta emozione che quel lieve contatto e la sua voce carezzevole avevano suscitato in lei. Si sentiva confusa, soprattutto quando le ritornava in mente il bacio di poco prima. Era stato così bello, così intenso…Cercò di riscuotersi da quel pensiero, provando un acuto senso di colpa nei confronti di Jun, che sicuramente era preoccupatissimo per lei e tutto s’immaginava tranne…

-Basta, non devo più pensarci-, pensò la ragazza scotendo violentemente la testa, un gesto inconscio che non sfuggì all’attenzione delle due amiche.

Sanae ebbe la netta sensazione che fosse successo qualcosa tra Yayoi e Masaro dopo che il giovane l’aveva salvata dal rischio di annegare.

-Tutto bene, Yayoi?-, chiese all’amica lanciandole un’occhiata eloquente.

Yayoi, a disagio, arrossì. –Sì, grazie, ora mi sento molto meglio-, rispose, cercando di evitare Masaro con lo sguardo.

-Per fortuna si è presa solo un grosso spavento-, intervenne Masaro prendendo un asciugamano e porgendolo alla ragazza.

Yayoi afferrò rapidamente il telo senza guardare Masaro e iniziò a sfregarsi i capelli in modo nervoso, rafforzando la certezza di Sanae che fosse accaduto qualcosa prima che lei e le altre li raggiungessero sul motoscafo.

-E’ successo qualcosa?-, chiese in un orecchio all’amica.

Le guance di Yayoi divennero color porpora. - Poi ti racconto-, rispose velocemente, dirigendosi dall’altra parte del motoscafo per continuare ad asciugarsi.

Sanae annuì, e si avvicinò a Maki. –Yayoi è molto scossa, credo sia meglio tornare indietro-, disse all’amica.

Maki approvò con la testa, e andò dal cugino. –Masaro, credo sia meglio tornare indietro-, gli disse.

Il giovane fu d’accordo con lei. –Sì, l’avevo pensato anch’io. Ci siamo presi tutti un bello spavento-, rispose.

-Già.  Comunque vedo che tu e Yayoi andate più d’accordo adesso-, fece la cugina con aria complice.

Masaro ridacchiò imbarazzato. –Beh, in fin dei conti sono il suo salvatore, no?-, disse, riaccendendo il motoscafo e apprestandosi a tornare al porticciolo.

-Sarà…ma non credo sia solo questo-, mormorò Maki tra sé e sé, guardando alternativamente i due ragazzi.

 

Miyagi,ore 12.15

-Bene, siamo arrivati a Miyagi, direi che potete lasciarmi qui-, disse Mayuko, quando ebbero lasciato l’autostrada e furono a Miyagi.

-Sei sicura? Se vuoi ti accompagno fino a casa della tua amica-, propose Jun.

-No, tranquillo, qui va benissimo-, rispose la ragazza, e il giovane mise la freccia e accostò in uno spiazzo.

I tre ragazzi scesero dall’automobile per aiutare Mayuko a prendere le sue valige dal bagagliaio.

-Non so come ringraziarvi. Siete stati gentilissimi-, fece la ragazza con un luminoso sorriso.

I tre amici ricambiarono il sorriso. –E’ stato un piacere, Mayuko. Sei una ragazza molto simpatica e in gamba, ed è stato bello fare il viaggio insieme a te-, disse Tsubasa anche a nome degli altri, che annuirono in approvazione.

Mayuko arrossì lievemente. -Anche per me è stato un vero piacere viaggiare con voi-, disse allegramente.

Hikaru depose le valige della ragazza sul marciapiede.

-Grazie, siete fin troppo gentili con me-, fece Mayuko guardandoli con simpatia.

-Beh, Mayuko, ti auguro buona fortuna per tutto. Spero che possa realizzare il tuo sogno e diventare una brava mangaka, famosa in tutto il Giappone e oltre!-, disse Tsubasa con entusiasmo abbracciando la giovane per salutarla.

Mayuko ricambiò affettuosamente l’abbraccio. -Spero anch’io che tu possa diventare il calciatore numero uno del mondo. Anche se, da quello che so, sei già sulla buona strada!-.

Hikaru si avvicinò alla ragazza e l’abbracciò a sua volta. –Sei una tipa in gamba, Mayuko, e sono sicuro che tra non molto tempo troveremo in libreria uno strepitoso manga firmato Mayuko Urameshi-, le disse allegramente.

La ragazza sorrise. –Mi auguro che sarai tra i miei lettori, Hikaru. E che anche tu possa realizzare tutti i tuoi desideri-, disse con dolcezza.

Jun fu l’ultimo ad accomiatarsi dalla nuova amica. -Grazie a te ho fatto chiarezza su molte cose, Mayuko. Sei una ragazza fantastica e spero che tu possa ottenere dalla vita tutto ciò che desideri-, le disse.

-Anche tu sei un ragazzo meraviglioso, e ti auguro sinceramente di essere felice-, rispose la ragazza sorridendo e abbracciandolo affettuosamente.

La giovane prese l’elastico e si legò i capelli, poi indossò il cappellino. –Siete tre ragazzi fantastici e meritate davvero tutte le cose belle di questo mondo. Spero che le nostre strade possano incrociarsi di nuovo-, disse guardandoli tutti e tre con sincera simpatia.

I tre amici annuirono. –Anche a noi farebbe tanto piacere rivederti-.

Mayuko si sistemò lo zainetto sulle spalle, poi prese in mano la valigia e, dopo averli salutati un’ultima volta, si avviò con passo deciso e rapido.

I ragazzi stettero un altro po’ fermi a guardarla mentre si allontanava, poi risalirono sull’automobile per riprendere il loro viaggio.

-E’ davvero una bravissima ragazza-, commentò Tsubasa stravaccandosi sul sedile posteriore.

-Già-, confermarono i due amici.

-Credo che sentiremo un po’ la sua mancanza-, disse Jun.

-Ehi, io inizio ad avere fame. Cosa ne dite di fermarci a mangiare prima di riprendere l’autostrada?-, propose Hikaru.

-Io dico che è un’ottima idea-, disse Tsubasa.

-Concordo. Inizio ad avere fame anch’io-, approvò Jun, guardandosi intorno in cerca di un posto dove fermarsi a pranzare.

Tsubasa prese il marsupio che teneva accanto a sé per cercare il portafoglio. –Oggi offro io, ragazzi-, disse allegramente, aprendolo.

-Che strano!-, esclamò dopo qualche secondo.

-Che succede?-, domandò Hikaru voltandosi indietro per guardare cosa stava facendo l’amico.

-Non trovo il mio portafoglio-, rispose Tsubasa, continuando a frugare dentro il marsupio.

-Sei sicuro di non averlo lasciato da qualche parte?-, fece Jun perplesso.

-No, stamattina c’era quando ho pagato il conto dell’albergo, e sono sicurissimo di averlo rimesso nel marsupio. Ho anche controllato circa un’ora fa, quando ho acceso il cellulare, e il portafoglio era lì-, ribatté il ragazzo.

-Ma tanto non può essere sparito nel nulla!-, esclamò Hikaru sorpreso.

Un sospetto iniziò a farsi largo nelle menti dei tre amici.  Anche se sembrava loro impossibile, era l’unica spiegazione logica all’improvvisa e inspiegabile sparizione del portafoglio.

-E se….-, iniziò Hikaru, incapace di dare voce al suo sospetto.

-Mayuko!-, esclamarono Jun e Tsubasa all’unisono, con una nota di incredulità nella voce.

 

 

Chi l’avrebbe mai detto che la graziosa e simpatica Mayuko fosse in realtà una ladruncola?E ora cosa succederà ai tre ragazzi?Come reagiranno a quest’inattesa scoperta?

E per quanto riguarda le ragazze invece?Cosa succederà tra Masaro e Yayoi, assisteremo forse alla nascita di una nuova storia d’amore?

Per avere le risposte a queste domande, e sapere quali nuovi eventi attendono i nostri amici…non perdetevi il sesto capitolo di “ON THE ROAD”!  J

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Capitolo 6
*** Scelte ***


ON THE ROAD

 

CAPITOLO SEI: SCELTE

 

Miyagi, ore 13

I tre ragazzi si trovavano al commissariato di polizia di Miyagi già da una mezz’ora. Dopo che Tsubasa si era accorto che il suo portafoglio era scomparso, avevano deciso di recarsi al commissariato a sporgere denuncia. Passato il primo momento di incredulità e sbigottimento, erano giunti alla conclusione che solamente Mayuko poteva aver preso il portafoglio di Tsubasa dal marsupio senza che questi se ne accorgesse. La delusione che provavano era fortissima: la ragazza aveva suscitato in loro una sincera simpatia, sembrava una persona a posto, in gamba e determinata, avevano provato ammirazione per lei e tutti gli auguri che le avevano fatto per il suo futuro venivano assolutamente dal cuore. E invece lei si era rivelata semplicemente una squallida ladruncola…ancora non riuscivano a crederci.

-Chissà, forse è proprio per riuscire a rubare qualcosa a qualche fesso che si è messa a fare l’auto-stop, disse Jun seduto su una poltroncina nella sala d’aspetto del commissariato.

-E’ probabile-, approvò Hikaru, che invece stava passeggiando nervosamente su e giù per il corridoio.

-E se invece l’avesse fatto per necessità?-, intervenne Tsubasa.

-Per necessità? Ma non siamo ridicoli! Se aveva bisogno di aiuto avrebbe fatto meglio a domandarcelo no?-, ribatté Jun.

-Secondo te è facile chiedere del denaro in prestito a tre perfetti sconosciuti?-, gli rispose l’amico.

-Già, è molto meglio sgraffignare il portafoglio!-, fece Misugi ironico.

-E’ possibile che tutte le cose che ci ha raccontato sulla sua famiglia, sull’amica che doveva raggiungere, e perfino sul suo sogno di diventare mangaka, siano tutte balle!-, fece notare amaramente Matsuyama.

-No, questo non posso crederlo-, intervenne nuovamente Tsubasa. –Aveva una luce particolare negli occhi quando raccontava queste cose, era sicuramente sincera-, disse convinto.

-E’ sembrata sincera per tutto il tempo, Tsubasa, e invece ti ha derubato-, gli fecero notare i due amici.

-E se invece non fosse andata così? Magari l’ ho perso, o…-, disse il ragazzo lasciandosi prendere dai dubbi.

-E dove? Siamo scesi dalla macchina solo quando abbiamo salutato Mayuko, e il marsupio l’ hai lasciato dentro, l’ ho visto con i miei occhi. Hai detto tu stesso che quando hai controllato era ancora al suo posto. Dobbiamo guardare in faccia la realtà, può essere stata solamente lei a prenderlo-, fece Jun in tono deciso.

Tsubasa chinò la testa, fissandosi la punta delle scarpe. –Sì, hai ragione tu-, mormorò.

-Tsubasa, anche a me Mayuko era piaciuta molto, e sembrava una brava ragazza. Abbiamo preso un abbaglio, tutto qui-, cercò di confortarlo Hikaru mettendogli una mano sulla spalla.

In quel momento una porta si aprì, e ne uscirono due agenti, uno piuttosto giovane, sulla trentina o poco più, e un altro di mezz’età piuttosto corpulento.

-Avete bisogno?-, domandò l’agente più anziano.

-Vede, siamo in viaggio per arrivare a Sendai. Poco dopo Iwate abbiamo caricato in macchina una ragazza che faceva l’autostop e l’abbiamo accompagnata fino a qui, a Miyagi. Poco dopo averla lasciata ci siamo accorti che la ragazza ha rubato il portafoglio del mio amico-, spiegò Jun alzandosi in piedi.

L’agente li squadrò tutti e tre con aria severa. –Intendete sporgere denuncia?-, chiese.

-Certo-, rispose Misugi in tono deciso.

-Allora accomodatevi-, disse l’uomo, facendo loro strada fino a un ufficio, dove li attendeva un altro agente piuttosto giovane di fronte ad una macchina da scrivere. Indicò ai tre ragazzi delle sedie su cui sistemarsi, e poi prese posto dietro ad una scrivania, accanto al collega.

-Chi di voi è il derubato?-, domandò.

-Io. Mi chiamo Tsubasa Ozora-, rispose Tsubasa porgendo all’agente un documento.

Il poliziotto osservò attentamente la carta d’identità, e poi la diede al suo collega che riportò i dati di Tsubasa su un modulo.

-Cosa sapete della ragazza che vi ha derubato?-

I tre amici si strinsero nelle spalle. –Praticamente soltanto il nome, e poco altro-, disse Jun.

-E si chiama?-, domandò burberamente il poliziotto.

-Mayuko Urameshi-, disse il giovane.

L’agente sospirò pesantemente, e si scambiò con il collega un’occhiata eloquente. –Ancora lei-, borbottò tra i denti.

-Prego?-, domandò Tsubasa senza capire.

-Mayuko Urameshi è una nostra vecchia conoscenza. Commette di questi furtarelli circa una volta a settimana. L’abbiamo arrestata un paio di volte, ma ha restituito la refurtiva e se l’è sempre cavata con poco. E’ una ragazza carina, alta, con i capelli castani e uno zainetto rosso?-, spiegò il poliziotto.

I ragazzi annuirono.

-Dovrò chiamare nuovamente i suoi genitori-, sospirò l’agente.

-Mi scusi, a noi Mayuko ha detto che i suoi genitori vivono qui a Miyagi, e che lei frequenta l’università artistica-, disse Hikaru, che era ansioso di scoprire se la ragazza avesse raccontato solo un cumulo di frottole.

-Beh, almeno su questo vi ha detto la verità. Non è una cattiva ragazza, se fa questi furti è soltanto per attirare l’attenzione su di sé, specialmente da parte della famiglia. Credo che abbia dei seri problemi con i genitori. Io ho cercato di aiutarla, di convincerla ad andare da uno psicologo o da un consulente familiare, ma né lei né i suoi genitori vogliono sentire ragioni. Ogni volta che succede un episodio di questo genere, suo padre le molla un paio di ceffoni, e Mayuko promette che non lo farà mai più. Ma puntualmente, dopo un paio di giorni, la storia si ripete-, disse amaramente il poliziotto.

-Che tipo sono i genitori di Mayuko?-, domandò incuriosito Misugi.

-Sono brave persone, anche troppo permissive con la figlia. Credo che non sappiano più come gestirla, per questo ultimamente il padre si è messo a ricorrere alle maniere forti, ma ha solo peggiorato la situazione. Io gliel’ ho detto mille volte che hanno bisogno di aiuto ma niente, sono troppo orgogliosi e vogliono cavarsela da soli-, raccontò l’agente.

I tre ragazzi si guardarono preoccupati, mentre il poliziotto sollevava la cornetta del telefono e componeva il numero della famiglia di Mayuko.

-Buongiorno, signora Urameshi, sono l’agente Morioka, del commissariato di Miyagi. Mi dispiace doverglielo dire, ma devo informarla che Mayuko l’ ha fatto di nuovo-, disse in tono grave quando dall’altra parte gli risposero.

-Ha chiesto un passaggio a tre ragazzi e ha rubato il portafoglio di uno di loro. L’ hanno caricata in auto poco dopo Iwate, evidentemente è andata via da casa della cugina-, proseguì dopo una lieve pausa in cui evidentemente aveva parlato la madre di Mayuko.

-Non so, forse ha lasciato detto ai ragazzi dov’ era diretta-, disse ancora, e poi rivolgendosi ai ragazzi domandò se essi sapessero dove intendeva recarsi la ragazza.

-Ha detto che sarebbe andata a casa di un’amica qui a Miyagi, avevano trovato lavoro come cameriere in un albergo per tutta l’estate-, riferì Hikaru.

Il poliziotto riportò le parole del ragazzo alla signora Urameshi.

-D’accordo, allora manderò un paio di agenti a controllare a casa di Shinako. Senta, signora, so che sarà piuttosto spiacevole, ma sono costretto a chiedere a lei e suo marito di raggiungerci il prima possibile al commissariato-.

Altra breve pausa dell’agente Morioka.

-Allora vi aspetto qui. Arrivederci, signora-, concluse, e pose fine alla comunicazione.

Dopo aver riagganciato il telefono, il poliziotto sospirò pesantemente passandosi una mano tra i radi capelli grigi, e poi chiamò ad alta voce il nome di un paio di colleghi.

Subito comparvero nell’ufficio il giovane agente che avevano visto prima e un altro poliziotto sulla quarantina.

-E’ di nuovo Mayuko Urameshi, ha rubato il portafoglio di questo ragazzo. Dovreste andare a controllare se si trova a casa della sua amica, Shinako Tokumori-, spiegò Morioka ai colleghi.

-Bene, agente-, risposero i due colleghi, dirigendosi rapidamente all’uscita.

- Shinako è la sua migliore amica, di solito si rifugia sempre da lei quando ha bisogno di aiuto, o è in lite con i genitori-, spiegò il poliziotto ai tre ragazzi. –Dovrete aspettare un po’, per completare tutte le formalità del caso. E’ necessaria la vostra presenza qui in commissariato-, proseguì poi.

I tre amici sospirarono. Ecco, un altro ostacolo per far perdere loro tempo prezioso, pensarono amaramente.

 

Okinawa, ore 13.30

Le ragazze avevano pranzato insieme a Maki e Masaro in un delizioso ristorantino sulla spiaggia. Terminato di mangiare, Masaro si era allontanato dicendo che andava a fare surf, mentre Sanae e le altre erano tornate a casa per riposare un po’, dopo gli eventi della mattinata. Sanae aveva notato che Yayoi, dopo l’incidente durante la gita, era piombata in uno stato di ostinato mutismo, e anche durante il pranzo non aveva detto una sola parola, non aveva praticamente toccato cibo e aveva cercato in tutti i modi di evitare lo sguardo di Masaro. Aveva notato invece che il ragazzo l’aveva fissata intensamente per tutto il tempo, lanciandole sguardi languidi e occhiate a dir poco di fuoco, che avevano rafforzato la sua convinzione che tra quei due fosse successo qualcosa.

Quando furono nella loro camera, le tre ragazze si sdraiarono ciascuna nel proprio letto.

-Yayoi, c’è qualcosa di cui vorrei parlarti-, esordì Sanae con decisione.

L’amica si voltò di scatto a guardarla, arrossendo impercettibilmente. –Ma certo, Sanae, dimmi pure-, rispose cercando di simulare una tranquillità che non provava neanche lontanamente.

-Ti comporti in modo strano da stamattina, dopo che c’è stato l’incidente-, disse la ragazza.

Il rossore sul volto di Yayoi divenne ancora più accentuato, ma lei cercò di far finta di niente. –Beh, ho rischiato di annegare, mi sono presa uno spavento terribile-, ribatté.

-Certo, questo lo capisco, ma in verità mi riferivo a qualcos’altro-, insistette Sanae.

L’amica finse di non capire dove volesse andare a parare con questo discorso. –Non capisco, mi sembra di essere la stessa di sempre-, fece, con aria non troppo convinta.

-Allora sarò più chiara: dopo che ti ha salvato la vita, è successo qualcosa tra te e Masaro?-, domandò Sanae esplicitamente.

Yayoi divenne color porpora, e abbassò rapidamente lo sguardo.

-Come immaginavo…-, sospirò Sanae.

Yoshiko si sollevò a sedere sul letto. –E’ successo qualcosa tra te e Masaro?-, chiese incredula.

-E’ stato solo un bacio, tutto qui!-, esclamò Yayoi rossa come un peperone.

-Senti, non è che io voglia giudicarti, o intromettermi negli affari tuoi, ma fino a poche ore fa non lo potevi vedere e adesso l’ hai baciato. C’è qualcosa che mi suona strano-, disse Yoshiko.

-Beh… ecco…non so spiegarmelo nemmeno io. Ero confusa e spaventata dopo l’incidente, avevo appena rischiato di morire, ero ancora sotto shock. Masaro era lì, e mi stringeva tra le braccia per rassicurarmi…e io avevo tanto bisogno di essere rassicurata. Allora è successo. Lui mi ha baciato e io….beh, l’ ho lasciato fare-, tentò di spiegare la ragazza, confusa e imbarazzata.

-L’ hai lasciato fare…-, ripeté Sanae lentamente, guardando l’amica negli occhi.

Yayoi divenne ancora più rossa. –Beh…ecco…in verità…ho anche risposto al bacio-, ammise alla fine.

-E ti è piaciuto?-, domandò Yoshiko.

-Ma che domande ti vengono in mente!-, si inalberò l’amica assumendo un’espressione scandalizzata.

-Ti è piaciuto o no?-, incalzò Sanae.

-….sì -, mormorò infine con voce a malapena udibile.

-Quindi Masaro ti piace-, proseguì Yoshiko.

-No!…Sì…cioè, non so, sono confusa-, gemette la ragazza nascondendo la faccia nel cuscino.

-Come pensi di comportarti adesso? Probabilmente Masaro riprenderà a corteggiarti con insistenza, ora che ha notato uno spiraglio di disponibilità da parte tua-, le domandò Sanae.

-Lo so!-, esclamò la ragazza. –E stavolta non potrei dargli nemmeno torto-.

-Yayoi, ascolta…tu non sei mai stata una ragazza facile, che va col primo venuto. Se hai baciato Masaro vuol dire che almeno una briciola di attrazione per lui la provi-, le fece notare Yoshiko.

L’amica si sollevò a sedere sul letto. –Sì, lo ammetto. Provo dell’attrazione per Masaro. Me ne sono resa conto stamattina, quando ha smesso di fare il farfallone e ha iniziato a comportarsi da ragazzo serio. Ha qualcosa che mi attrae. Forse perché assomiglia così tanto a Jun, oppure perché ha un modo di fare affascinante, non lo so nemmeno io. In quel momento, inconsciamente, desideravo che mi baciasse, e sono stata contenta che l’abbia fatto. Solo dopo mi sono resa conto razionalmente di cosa era successo-, riconobbe la ragazza, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento.

Sanae sospirò. –Amica mia, sei in una situazione piuttosto difficile-, commentò.

Yayoi annuì. –Me ne rendo conto. Non amo Masaro. Non lo conosco per niente, e poi sono innamorata di Jun. Non potete immaginare quanto mi senta in colpa nei suoi confronti in questo momento. Ma non posso negare di provare qualcosa per Masaro. Semplice attrazione fisica, ma è pur sempre qualcosa-, disse tristemente.

-Se lui ci riprovasse…credi che riusciresti a resistere o che cederesti di nuovo?-, le domandò Yoshiko.

L’amica si rabbuiò in volto. –Non lo so. Sinceramente non lo so. Oggi ero smarrita a causa dello shock dell’incidente, e ho agito seguendo solo il mio istinto. Forse, se ci avessi pensato su, non l’avrei baciato. Io non voglio tradire Jun, e non sono in cerca di un’avventura, o tantomeno di una nuova relazione. Ma ho paura. Ho paura di perdere il controllo, di non riuscire a dominare me stessa e i miei sentimenti-, ammise.

-Penso che tu abbia bisogno di riflettere molto su questa questione-, disse Yoshiko.

- Yoshiko ha ragione. Devi cercare di capire cos’è che vuoi veramente-, approvò Sanae.

Yayoi annuì. –Lo so. E’ per questo che devo riuscire ad evitare Masaro-, rispose.

-Sei sicura che sia questa la soluzione più giusta?-, le domandò invece Sanae.

Yayoi le rivolse uno sguardo interrogativo.

-Beh, ecco, potrebbe essere stato, come hai detto tu, una perdita di controllo momentanea, dovuta allo shock per l’incidente. Oppure potrebbe essere una vera attrazione fisica, un vero sentimento che non riuscirai a reprimere per molto tempo. E’ questo che devi cercare di capire-, spiegò l’amica.

Le altre due ragazze annuirono.

-Evitando Masaro, credo che otterresti come unico risultato quello di desiderarlo ancora di più. Lo vedresti come un frutto proibito, che vorresti ma non puoi cogliere, e ti sembrerebbe ancora più attraente. Invece, frequentandolo normalmente, come se niente fosse, avrai modo di verificare con esattezza i tuoi sentimenti-, proseguì Sanae.

-In effetti, non hai tutti i torti…-, approvò Yoshiko pensierosa.

-Se è solo un’infatuazione momentanea, vedrai che ti passerà presto e che conoscendolo meglio perderà per te ogni attrattiva. Se invece è un sentimento destinato a sfociare in qualcosa di più, lo capirai e vedrai che a quel punto ti sarà chiaro cosa dovrai fare-, concluse la ragazza guardando con attenzione l’espressione dell’amica.

Yayoi stette in silenzio per un attimo, rimuginando nella sua testa le cose che le aveva appena detto l’amica. Poi il suo volto si distese in un sorriso. –Hai ragione, Sanae. E’ meglio che mi comporti normalmente, come se niente fosse. Solo così potrò capire quali sono i miei veri sentimenti-, disse, sentendosi più rilassata.

 

Miyagi, ore 14.00

 

-Insomma, lasciatemi andare!-, esclamò all’improvviso una voce femminile che proveniva dall’ingresso del commissariato.

Tsubasa, Hikaru e Jun, che si trovavano ancora nell’ufficio dell’agente Morioka, riconobbero la voce di Mayuko, e si alzarono in piedi. Pochi istanti dopo, infatti, la ragazza, tenuta per le braccia da due agenti, fece il suo ingresso nella stanza, dibattendosi e urlando.

-Voi!-, esclamò quando li vide.

-Ci si rivede, Mayuko. Le nostre strade sono già tornate a incrociarsi-, commentò Jun squadrandola.

Mayuko aveva completamente perso l’aspetto da brava ragazza che tanto li aveva affascinati. Era rossa in viso, con i capelli arruffati e gli occhi da pazza, mentre si sbatteva per cercare di sfuggire alla stretta dei due poliziotti. Aveva un’espressione da bestia in gabbia, cattiva e grintosa.

-Lasciatemi!-, tornò a gridare con tutte le sue forze, quando gli agenti la costrinsero a sedersi su una seggiola di fronte alla scrivania di Morioka.

-Cerca di fare la brava, Mayuko -, intervenne Morioka stesso chiudendo la porta della stanza.

-Di nuovo tu, dannato sbirro!-, ringhiò la giovane lanciandogli un’occhiata di fuoco quando l’agente si sedette proprio di fronte a lei.

-Dovrei essere io a dirlo questo. Non riesci proprio a stare lontana dal commissariato, forse dovremmo sentirci lusingati-, commentò ironico il poliziotto.

-Non ci torno mica per vedere te-, sibilò furiosa Mayuko.

-Ah no?Peccato-, ribatté Morioka, poi la sua espressione si fece nuovamente seria e aprì un fascicolo, da cui tirò fuori il modulo che i ragazzi avevano poco prima compilato per denunciare il furto del portafoglio di Tsubasa.

Lo mostrò alla ragazza, che si voltò rapidamente per rivolgere ai tre giovani un’occhiata di sfida.

-Io non ho preso nessun portafoglio-, disse con glaciale freddezza.

-Conosci questi ragazzi, Mayuko?-, le chiese Morioka facendo finta di non aver sentito la sua affermazione.

-Mi hanno dato un passaggio fino a Miyagi-, rispose laconicamente la ragazza.

-In che luogo vi siete incontrati?-

-Poco dopo Iwate-

-Dopo la tua ultima bravata ho saputo che i tuoi genitori ti hanno spedita a Iwate da tua cugina Yuka, come mai hai deciso di andartene?-, proseguì il poliziotto accendendosi una sigaretta.

-Non ne potevo più di Yuka e dei suoi genitori-, disse Mayuko, dimenandosi inquieta sulla seggiola.

-Mayuko, per quale motivo hai rubato il portafoglio di questo ragazzo?-, domandò Morioka con un sospiro.

-Ti ripeto che io non ho rubato un bel niente-, rispose la ragazza con aria strafottente.

-Perquisite il suo zainetto-, ordinò l’agente ai due colleghi.

-Non ne avete il diritto!-, protestò la giovane a gran voce.

-Sei indiziata per furto, Mayuko -, le fece notare pacatamente il poliziotto.

La ragazza sbuffò rabbiosamente, e porse lo zainetto rosso ai due agenti, che lo ispezionarono rapidamente, estraendo da esso un piccolo borsellino in pelle, alcune foto, il cellulare, un rossetto e un portafoglio.

-E’ il suo?-, domandò Morioka porgendo il portafoglio a Tsubasa.

Il ragazzo lo prese in mano, lo aprì e gli gettò una rapida occhiata, poi annuì.

-Chi vi dice che non stia mentendo?-, imprecò Mayuko.

Tsubasa le rivolse un’occhiata colma di delusione, poi estrasse dal portafoglio la propria carta d’identità e la porse all’agente Morioka.

-Vuoi ancora negare di aver rubato il portafoglio di questo ragazzo?-, domandò questi squadrando la ragazza con aria severa.

Mayuko sospirò pesantemente. –E va bene, l’ ho rubato-, ammise a denti stretti.

-Mayuko…-, intervenne Tsubasa, prendendo una sedia e sistemandosi accanto alla ragazza. –Perché l’ hai fatto?-

La giovane lo guardò, e per un attimo assunse un’espressione triste, quasi dispiaciuta.

-Mi dispiace, Tsubasa. Tu e i tuoi amici siete stati molto carini con me, ma non ho potuto farne a meno-, rispose con aria imbarazzata, cercando di evitare il suo sguardo.

-Perché, Mayuko?-, insistette il ragazzo.

-Perché è una stupida!-, proruppe in quel momento una voce rabbiosa in direzione della porta. Tsubasa, Hikaru e Jun si voltarono e videro i genitori di Mayuko entrare nell’ufficio. Il padre aveva i lineamenti del viso contratti dalla rabbia, mentre la madre, incredibilmente somigliante alla figlia e pallidissima in volto, aveva un’espressione contrita e imbarazzata.

-Cosa ti è saltato in mente, eh? Cosa ti avevo detto l’ultima volta?-, gridò l’uomo furibondo, afferrando un braccio della figlia e costringendola ad alzarsi in piedi.

-Lasciami subito!-, sibilò la ragazza con un lampo di sfida negli occhi, cercando di liberarsi dalla stretta del padre.

-Calmatevi, per favore. Mayuko, torna a sederti. E anche lei, signor Urameshi-, intervenne Morioka cercando di placare gli animi.

-Come posso calmarmi? Ma si rende conto di quello che ci sta facendo vedere questa disgraziata?-, inveì il padre di Mayuko.

-Ma se tanto non te ne frega niente!-, ribatté glacialmente la figlia.

-Mayuko, tesoro, per favore…-, intervenne la madre in tono supplice.

-Senta, agente…il portafoglio è stato ritrovato, quindi voglio ritirare la denuncia-, intervenne Tsubasa, che aveva osservato la scena allibito e si sentiva sinceramente a disagio. Voleva solo chiudere in fretta quella brutta storia e ripartire per la sua strada, sperando di trovare Sanae il prima possibile.

-D’accordo, signor Ozora, se è questo che vuole può ritirare la denuncia. Ma questo non risolverà il problema-, disse placidamente Morioka.

-Questo non cambia il fatto che mia figlia è una disgraziata!-, ruggì il signor Urameshi.

-Senta, signore…io conosco a malapena sua figlia, e forse non sono la persona più adatta ma…Mayuko non è cattiva, è una ragazza in gamba, piena di qualità. L’ ho capito subito appena l’ ho conosciuta, e sono certo che i miei amici la pensano come me. Se fa così è perché ha dei problemi. Dovrebbe cercare di aiutarla, invece di inveire contro di lei-, intervenne Tsubasa con determinazione, affrontando lo sguardo severo del padre della ragazza.

Hikaru e Jun lo guardarono stupiti, poi annuirono per confermare quanto aveva appena detto.

-Sono d’accordo con Tsubasa, signore. Se non avessi ritenuto sua figlia un tipo a posto, non le avrei mai offerto un passaggio sulla mia macchina-, disse Jun, alzandosi in piedi e raggiungendo Tsubasa.

Il padre di Mayuko li guardò con espressione sorpresa. –Mia figlia vi ha ingannato e derubato e voi la definite una ragazza a posto?-, domandò allibito.

Anche Mayuko e sua madre stavano guardando i tre ragazzi con stupore.

-Non ci ha ingannato, tutto quello che ci ha raccontato corrisponde alla verità. Durante il viaggio Mayuko ha parlato a lungo dei problemi che ha con la sua famiglia, soprattutto con i suoi genitori, e di come si sente a disagio per questa situazione-, disse Hikaru, appoggiando anche lui gli amici.

L’uomo abbassò lo sguardo, pensieroso. Poi gettò una rapida occhiata alla figlia, che stava guardando i tre ragazzi con espressione dolce, quasi intenerita.

-E’ la verità, Mayuko?-, le chiese con una voce sommessa che non era altro che un pallido ricordo delle grida di poco prima.

La ragazza, commossa, si limitò ad annuire.

-Signor Urameshi, signora Urameshi, e anche tu, Mayuko, voglio che stavolta mi ascoltiate. Avete bisogno di aiuto per risolvere i vostri problemi familiari, non potete andare avanti così. La prossima volta potresti incontrare persone molto meno sensibili e generose di questi ragazzi, e trovarti in guai davvero seri-, intervenne con fermezza l’agente Morioka.

-Lei cosa ci consiglia?-, domandò timidamente la madre della ragazza.

-Penso che la soluzione migliore sia rivolgersi a uno psicoterapeuta, o a un consulente familiare-, disse il poliziotto.

-Non sono pazza, non voglio andare dallo strizzacervelli!-, si ribellò Mayuko.

-Mayuko, nessuno sta dicendo che tu sia pazza. Tu e i tuoi genitori avete dei problemi, e avete bisogno di una persona competente che vi aiuti a risolverli-, cercò di calmarla Morioka.

-Mayuko…Non puoi passare la vita a scappare dai tuoi problemi, a far finta che non esistono. Tu mi sei stata di grande aiuto, oggi, grazie alle tue parole ho capito delle cose che prima ignoravo, degli sbagli che ho commesso e a cui devo assolutamente rimediare per non perdere una persona molto cara. E lo stesso vale per Jun e per Hikaru. Solo ieri le cose della mia vita che credevo più stabili e immutabili sono andate in mille pezzi, e ora devo lottare per rimetterle a posto. Nella vita bisogna sempre lottare per stare meglio, Mayuko, e affrontare i problemi con convinzione. La tua vita può cambiare in meglio, credimi-, intervenne Tsubasa, prendendo una mano della ragazza e guardandola negli occhi.

La giovane lo guardò con una strana espressione. –Credi che io stia scappando dai miei problemi?-, gli chiese.

Il ragazzo annuì. –Sì. I furti, le bravate, il cercare a tutti i costi di attirare l’attenzione su di te…secondo me sono solo un modo per non affrontare i problemi che ti fanno stare male-, le disse serissimo.

Mayuko chinò la testa. –Forse hai ragione tu…-, sussurrò.

-I problemi è meglio risolverli, no? Prima che sia troppo tardi…-.

La ragazza annuì. –Hai ragione-, disse, e accennò a un pallido sorriso. Poi si voltò verso i suoi genitori.

-D’accordo, se per voi va bene possiamo andare da questo psicoterapeuta-, disse.

La madre ricambiò il sorriso, e si avvicinò alla figlia per abbracciarla. –Vedrai che andrà tutto bene, tesoro-, le disse dolcemente, accarezzandole i capelli per rassicurarla.

-Sì, avete ragione voi. Abbiamo bisogno di aiuto-, cedette anche il padre, e si avvicinò alla figlia accarezzandole esitante una guancia.

Tsubasa e gli amici si sorrisero. Poi completarono le formalità per ritirare la denuncia e si avviarono verso l’uscita del commissariato. Era passata circa un’ora, e avevano perso del tempo prezioso. Stavano per salire in macchina, quando sentirono una voce chiamare i loro nomi. Si voltarono e videro Mayuko che correva verso di loro sorridendo.

-Ragazzi, io devo ringraziarvi davvero moltissimo. Non solo non mi avete denunciato, ma mi avete anche aiutata. Siete davvero fantastici, più di quanto pensassi-, disse la giovane in tono commosso.

-Confesso che all’inizio ero molto deluso, e arrabbiato con te. Ma adesso credo di capire…beh, non farlo più, intesi?-, le rispose Jun, scompigliandole allegramente i capelli e dandole un buffetto sulla guancia.

-Te lo prometto. E stavolta intendo mantenere la parola data-, fece lei convinta.

-Buona fortuna, Mayuko-, le disse Hikaru abbracciandola rapidamente.

Mayuko e Tsubasa si ritrovarono uno di fronte all’altro, mentre i due amici salivano a bordo dell’auto.

-Tsubasa, io non so davvero come scusarmi con te…mi dispiace davvero tantissimo e credimi, è la prima volta che sono sinceramente pentita per quello che ho fatto-, disse la ragazza contrita.

Il giovane le sorrise affettuosamente. –Non preoccuparti, non è mica successo nulla di grave-, la rassicurò.

-E poi volevo ringraziarti per il tuo sostegno, e per le belle parole che hai detto prima. Farò di tutto per risolvere i miei problemi, e per diventare davvero la ragazza in gamba che tu hai descritto-.

-Sei già molto in gamba, Mayuko, e non farai fatica a realizzare i tuoi obiettivi. Buona fortuna-, le rispose Tsubasa, e la strinse tra le braccia per salutarla.

Mayuko lo abbracciò forte. –Ti auguro di ritrovare la persona molto cara che stai cercando-, disse, e poi gli diede un leggero bacio sulla guancia. –Sai, la invidio un po’-, sussurrò alla fine, sciogliendosi dall’abbraccio. Gli mandò un ultimo saluto con la mano, e poi corse via verso i suoi genitori, che la stavano aspettando poco distante.

Tsubasa la guardò allontanarsi, accarezzandosi sorpreso la guancia su cui lei l’aveva baciato, poi salì in macchina, dove i due amici lo aspettavano con uno sguardo curiosamente malizioso.

-Hai fatto colpo amico, complimenti!-, lo prese in giro Jun accendendo il motore dell’auto.

-Ma...che dici?-, balbettò Tsubasa imbarazzato, arrossendo.

-Credo che Mayuko si fosse un po’ innamorata di te-, rincarò la dose Hikaru iniziando a ridacchiare.

-Smettetela di sfottere e pensiamo ad arrivare a Sendai alla svelta piuttosto, che abbiamo già perso un mucchio di tempo!-, brontolò il ragazzo sistemandosi sul sedile posteriore.

Poi si girò, e osservò dal lunotto posteriore il commissariato di Miyagi che si allontanava. –Buona fortuna, Mayuko-, pensò.

 

Okinawa, ore 18

Le ragazze erano appena rincasate dopo aver trascorso tutto il pomeriggio in spiaggia. Erano piuttosto rosse e accaldate, e non vedevano l’ora di farsi una bella doccia. La giornata era stata piacevole: avevano preso il sole e chiacchierato allegramente con Maki, avevano fatto un lungo bagno e avevano giocato a beach-volley. Masaro non si era visto per tutto il pomeriggio, e quando Sanae aveva domandato a Maki che fine avesse fatto il cugino, questa aveva risposto che il ragazzo era andato con alcuni amici a fare del surf poco distante. La notizia aveva decisamente sollevato Yayoi, che, nonostante fosse d’accordo con Sanae sul fatto che per fare luce sui suoi sentimenti doveva frequentare il ragazzo come se niente fosse, si sentiva molto a disagio all’idea di trovarselo vicino, temendo soprattutto che lui avesse in qualche modo tirato fuori quanto era accaduto quella mattina sul motoscafo. Libera dalla preoccupazione per la presenza di Masaro, Yayoi si era goduta tranquillamente la giornata insieme alle amiche, e si sentiva decisamente meno tesa quella sera.

Avevano quasi raggiunto la casa di Maki quando videro una sagoma familiare che le attendeva davanti al cancello.

-Kojiro!-, esclamò Maki felice, cominciando a correre in direzione del fidanzato. Lo raggiunse velocemente, e gli gettò le braccia al collo entusiasta. –Finalmente sei arrivato!-.

-Non potevo resistere un minuto di più-, le sussurrò il ragazzo in un orecchio. Poi si accorse che la fidanzata non era sola, e gettò un’occhiata stupita alle altre ragazze.

-E voi che ci fate qui?-, domandò allibito.

-Sono venute a passare qualche giorno di vacanza al mare-, si affrettò a spiegare Maki per toglierle dagli impicci.

-Da sole?-, chiese lui, guardandosi intorno per controllare se c’erano anche Tsubasa e gli altri da qualche parte.

-Naturalmente-, rispose la fidanzata, prendendolo a braccetto e conducendolo verso casa. –Sarai stanco per il viaggio, Kojiro. Ti va una doccia, intanto che io preparo la cena?-, proseguì, cercando di distrarlo.

-Sì, la doccia è una buona idea, ma non stare a disturbarti per la cena. Stasera potremmo andare tutti a cena fuori-, propose Hiyuga, voltandosi indietro per osservare le altre ragazze. Avvertiva qualcosa di strano nell’aria. Cosa ci facevano quelle tre a Okinawa, da sole, senza i loro ragazzi? Da quando le conosceva non le aveva mai viste senza di loro. Soprattutto Nakazawa…possibile che, proprio mentre Tsubasa si godeva qualche giorno di vacanza a Fujisawa prima di tornarsene in Brasile, la sua ragazza decidesse di andarsene in vacanza al mare con le amiche anziché restare con lui? C’era qualcosa di decisamente strano.

-A cena fuori? Che grande idea, Kojiro!-, esclamò felice Maki.

-Maki, dimmi la verità, cosa ci fanno Nakazawa e le altre qui?-, domandò sottovoce alla ragazza.

-Ma tesoro, non capisco…sono in vacanza al mare, che ci trovi di strano?-, ribatté lei cercando di fare finta di nulla.

-Andiamo, sai benissimo che Tsubasa rimarrà in Giappone solo poco tempo prima di tornarsene in Brasile. Ti pare normale che la Nakazawa, innamorata com’è di lui, preferisca passare questo poco, prezioso tempo qui a Okinawa anziché con lui?-, le fece notare il giovane.

Maki rimase spiazzata dall’osservazione del ragazzo. –Complimenti per l’acume!-, gli disse.

-Maki, sto parlando seriamente-, rispose lui torvo.

-Dopo ti spiegherò, tesoro. Devi solo promettermi che non dirai nulla a Tsubasa e agli altri ragazzi, e che tantomeno li informerai che le ragazze sono qui-, disse la fidanzata guardandolo severamente.

-Vuoi dire che loro non lo sanno?-, si meravigliò Kojiro.

-Ho già detto che ti spiego tutto dopo-, ribatté la ragazza. –Sai, stamattina Masaro ci ha portato a fare una gita in motoscafo. E’ stato molto piacevole, vero ragazze?-, disse poi ad alta voce, voltandosi in direzione delle amiche.

Yayoi arrossì lievemente. –Beh, posso dire di essermi divertita molto, a parte l’incidente-, farfugliò imbarazzata.

-Già, che sciocca! Dimenticavo che Yayoi ha avuto un piccolo incidente, ma Masaro l’ ha aiutata!-, esclamò Maki.

-Il nostro Masaro è sempre pronto ad aiutare le belle ragazze-, commentò ironicamente Hiyuga. –A proposito, dov’è? -.

-E’ proprio qui che vi aspetta-, disse una voce dalla porta della casa di Maki. Sulla soglia, con addosso solo un asciugamano arrotolato intorno alla vita e i capelli bagnati, li attendeva proprio Masaro. –Ben arrivato, Kojiro. Mi fa piacere rivederti-, fece porgendo la mano a Hiyuga.

Kojiro ricambiò la stretta. –Il piacere è mio, Masaro-.

Alla vista di Masaro seminudo, Yayoi avvampò ancora di più, e il suo imbarazzo non sfuggì all’occhio attento di Hiyuga.

-Come va oggi, Yayoi? Ti senti meglio?-, domandò Masaro rivolgendosi alla ragazza.

-S…sì, grazie-, balbettò lei imbarazzata.

-Mi fa piacere-, disse lui, rivolgendole un sorriso da mozzare il fiato.

-Noi tre andiamo a farci una doccia. E poi siamo sicure che tu e Kojiro volete stare un po’ da soli-, intervenne Sanae per salvare l’amica dalla situazione.

-D’accordo, allora ci rivediamo per la cena. Tra un’ora va bene?-, domandò Maki, aggrappata al braccio del fidanzato.

-Perfetto-, disse Yoshiko, dirigendosi verso la porta della propria stanza.

-Aspetta, Yayoi-, fece Masaro afferrando il braccio della ragazza.

-Che c’è?-, chiese quest’ultima, a disagio.

-Vorrei parlare un po’ con te. Che ne dici di fare una passeggiata insieme, dopo cena?-, le chiese.

La ragazza ci pensò su per un attimo, poi gli rivolse un sorriso forzato. –D’accordo-, mormorò.

Lui fece uno dei suoi sorrisi più belli. –Magnifico. A dopo, allora-, disse, accomiatandosi da lei.

 

Okinawa, ore 22

Il gruppetto aveva cenato in un ristorante vicino al faro, dove avevano potuto gustare delle deliziose specialità di pesce. La cena era trascorsa parlando del più e del meno, e Maki era stata attentissima ad evitare che la conversazione potesse scivolare su Tsubasa e gli altri. Appena erano rimasti soli, Kojiro le aveva nuovamente chiesto spiegazioni sulla presenza di Sanae e delle altre a Okinawa, e Maki gli aveva risposto piuttosto evasivamente che le tre amiche stavano attraversando un periodo di crisi e avevano deciso di fare un viaggetto da sole per riflettere un po’ in santa pace. Il giovane non era stato molto soddisfatto della spiegazione, ma Maki era riuscita a cambiare argomento adducendo come scusa il fatto che era da tanto che non stavano un po’ insieme, e che non voleva passare tutto il tempo a parlare delle altre. Kojiro però, per tutta la cena, aveva osservato con attenzione il comportamento di Nakazawa e delle altre, ed era giunto alla conclusione che erano molto strane. Soprattutto Yayoi. Anche un cieco avrebbe notato le occhiate roventi che le lanciava Masaro, ma questo non lo stupiva, perché aveva imparato a conoscere il cugino della fidanzata e sapeva che non era capace di resistere alle belle ragazze. Quello che lo stupiva era vedere che la ragazza ricambiava le occhiate di Masaro con dei languidi sorrisi. No, quella non poteva essere la manager della Musashi che conosceva lui, la ragazzina che idolatrava Jun Misugi. Decisamente doveva domandare a Maki ulteriori spiegazioni, o forse sarebbe stato meglio chiederle direttamente a Nakazawa.

Il suo stupore salì alle stelle quando, terminato di cenare, Masaro e Yayoi si alzarono dal tavolo dicendo che andavano a fare una passeggiata. Kojiro li osservò meravigliato dirigersi verso la spiaggia camminando vicini, senza che né Maki né le altre due ragazze avessero mostrato il minimo stupore o disappunto per quanto stava accadendo.

-Adesso basta, ho proprio bisogno di una buona spiegazione-, disse il ragazzo a bruciapelo interrompendo un discorso di Maki.

Le tre ragazze lo guardarono meravigliate.

-Caro, non capisco di cosa stai parlando-, cercò di glissare Maki.

-Maki, non fare la finta tonta, sai benissimo di cosa sto parlando. Nakazawa, cosa ci fate tu e le tue amiche qui?-, domandò con tono imperioso.

-Ti diamo forse fastidio?-, ribatté Sanae abbozzando un sorriso forzato.

-Sai bene cosa intendo, Nakazawa. Tsubasa si fermerà in Giappone per poche settimane, e poi tornerà in Brasile per chissà quanto. Ammetterai che trova alquanto strano che la sua innamoratissima fidanzata se ne stia al mare con le amiche anziché insieme a lui-, disse Kojiro con calma.

Sanae rimase spiazzata, non sapendo come controbattere.

-Vi siete per caso lasciati?-

-Ecco…io…non…-, farfugliò la ragazza a disagio.

-Kojiro, ti prego…-, cercò di intervenire Maki.

-E che mi dici di Yayoi? Arrivo a Okinawa e incontro la devota fidanzata di Misugi in pieno idillio amoroso con tuo cugino Masaro. Concorderai anche tu che la cosa è un tantino inaspettata e sconcertante, no?-, insistette il giovane.

-Ti ho già accennato a com’è la situazione, Kojiro-, tentò ancora la fidanzata.

-Questa mi pare molto più di una semplice crisi-, le fece notare lui caustico. –Sentite, so che non sono affari miei, ma i vostri ragazzi, ammesso che lo siano ancora, sono miei amici e compagni di squadra, e vorrei capire cosa sta succedendo alle loro spalle, tutto qui-.

-Ha ragione, Maki. Cercheremo di darti una spiegazione, va bene? Io e le altre ragazze stiamo attraversando un brutto momento. Chiamala crisi, o stanchezza, o depressione, o quello che vuoi. Insomma, ci siamo rese conto che non sappiamo più che cosa vogliamo dalla vita, che siamo insoddisfatte da quello che abbiamo, che non siamo felici. Abbiamo deciso di partire senza dire ai ragazzi dove andavamo per cercare di ritrovare noi stesse. Speravamo di poter riflettere in santa pace, lontano da loro, per capire cosa veramente vogliamo fare del nostro futuro-, spiegò Sanae guardando il ragazzo negli occhi.

-Quindi Tsubasa e gli altri non sanno dove siete-, osservò Kojiro.

-No. Anzi, sono molto preoccupati per noi. Forse ci stanno cercando-, intervenne timidamente Yoshiko.

-Ma sanno almeno il motivo per cui ve ne siete andate?-

-Vagamente-, ribatté Sanae.

-Vagamente…-, ripeté lentamente Kojiro. –E almeno è servita a qualcosa questa riflessione?-

-Sì, stiamo iniziando a capire cos’è che non va e cosa dobbiamo fare per migliorare le cose-, disse Sanae decisa.

-Abbiamo capito quali sono stati i nostri sbagli e quelli dei ragazzi-, aggiunse Yoshiko.

-E di Yayoi e Masaro che mi dite?-, domandò nuovamente il giovane.

-Beh, questa è una faccenda un po’ complicata. Diciamo che Yayoi si sente attratta da Masaro, e sta cercando di capire se è solo un’infatuazione passeggera o qualcosa di più serio-, cercò di spiegare Sanae.

-Fammi capire…venite qui per riflettere sulla vostra situazione, perché vi sentite in crisi. Non dite ai ragazzi dove siete, e spiegate solo vagamente i motivi della vostra partenza. Appena arrivate a Okinawa Yayoi conosce un ragazzo, o meglio conosce il perfetto sosia del suo ragazzo, e afferma di sentirsi attratta da lui. Correggimi se sbaglio-, provò a tirare le somme Hiyuga.

-No, non sbagli-, confermò Sanae.

-Ragazze mie, vi siete cacciate in un pasticcio coi fiocchi!-, commentò poi alla fine.

-Non erano queste le intenzioni-, mormorò Yoshiko.

-Sentite, ragazze, io posso capire le vostre motivazioni, e non ho intenzione di giudicarvi né tantomeno di biasimarvi. Ma lasciatemi dire almeno questo: la fuga non è mai stata la soluzione per nessun problema. Capisco che avevate bisogno di riflettere, ma credetemi, se avevate qualcosa che vi faceva stare male avreste fatto meglio a discuterne con i ragazzi, anziché tenervi tutto dentro e cercando una risposta allontanandovi. Credo che così abbiate solo peggiorato la situazione-, disse il giovane in tono profondamente serio.

-Di questo cominciamo a renderci conto anche noi-, bisbigliò Sanae.

-Pensate di tornare a casa?-, intervenne Maki.

Le due ragazze scossero la testa.

-No, ormai siamo in ballo, e dobbiamo arrivare fino in fondo-, fece Sanae decisa.

-E quale sarebbe il fondo?-, chiese Kojiro.

La ragazza abbassò lo sguardo. –Purtroppo questo ancora non lo so-.

Kojiro scosse la testa.

-Non torneremo a casa finchè non ci sentiremo pronte ad affrontare la situazione con i ragazzi-, disse lentamente Yoshiko.

-Quindi ancora non ve la sentite-, disse Maki.

-Non ancora…abbiamo ancora troppa confusione in testa-

-E avete anche paura di affrontarli-, fece notare loro Hiyuga.

Sanae annuì debolmente. –Forse sì-, ammise con un filo di voce.

 

Nel frattempo, Yayoi e Masaro stavano camminando lentamente in riva al mare. Erano passati circa dieci minuti, e ancora nessuno dei due aveva aperto bocca. Yayoi si limitava a lanciare al giovane alcune occhiate di sfuggita, cercando di decifrare la sua espressione. Non sapeva cosa dire, come comportarsi, si sentiva a disagio e terribilmente stupida. In cuor suo non faceva che maledirsi per essersi cacciata in una situazione simile.

Masaro dal canto suo la stava osservando con attenzione. Lievemente truccata e con i capelli raccolti era davvero splendida. Inutile negarlo, quella ragazza gli piaceva molto. Quella mattina baciarla gli era venuto istintivo, ciò che l’aveva stupito era stata la risposta di lei al suo gesto. Contrariamente a tutte le sue aspettative, non lo aveva rifiutato, al contrario, aveva risposto al suo bacio. D’accordo, era sotto shock per il rischio che aveva appena corso, e quindi aveva probabilmente agito d’istinto senza rendersi conto di cosa stava succedendo, ma restava il fatto che non l’aveva respinto, e questo gli lasciava una speranza. E per quanto minime potessero essere le sue possibilità di conquistarla, valeva comunque la pena di tentare.

-Avete pensato a quanto tempo ancora vi fermerete ad Okinawa?-, esordì rompendo il lungo periodo di silenzio, con l’argomento più innocuo che gli riuscì di trovare.

La ragazza scosse il capo. –Non ancora. Credo almeno un altro paio di giorni-, rispose senza alzare lo sguardo.

-Io spero che vi fermiate il più a lungo possibile. Vorrei avere la possibilità di conoscerti meglio, di passare più tempo con te-, ribatté lui in tono serio.

Yayoi rimase in silenzio, non trovando le parole per controbattere.

-Vorrei solo capire se c’è una possibilità per noi due-, proseguì Masaro.

La ragazza sollevò gli occhi e lo guardò. –Cosa intendi con questo?-, gli chiese.

-Beh, penso sia facile da immaginare. Tu mi piaci molto, Yayoi, mi sei piaciuta dal primo momento che ti ho vista e immagino che te ne sarai resa conto-.

Yayoi annuì pensierosa.

-All’ inizio pensavo di non avere la benché minima possibilità. Mi avevi detto di essere fidanzata, e poi mi hai fatto capire chiaramente che non mi sopportavi nemmeno, e che mi consideravi inopportuno e invadente-.

La ragazza annuì nuovamente, sempre restando zitta.

-Invece quello che è successo stamattina…quando ci siamo baciati…ecco, non so come spiegartelo. Mi ha dato una speranza. Ho pensato che forse non ti sono del tutto indifferente-, concluse il giovane.

Yayoi arrossì lievemente. –Masaro, non ti ho mentito quanto ti ho detto di essere fidanzata. E’ la pura verità: ho un ragazzo che amo moltissimo. Ed è vero anche che il tuo comportamento di ieri, quando ci siamo conosciuti sulla spiaggia, è stato per me molto fastidioso, e che per un attimo ti ho detestato-.

A queste parole Masaro fece un sorrisino. –Lo avevo immaginato-.

-Questa però è stata solo la prima impressione, conoscendoti un po’ di più ho avuto modo di vedere che non sei solo un farfallone importuno, ma un ragazzo simpatico e pieno di qualità. E, credimi, mi dispiace di averti giudicato affrettatamente-, proseguì la ragazza.

Masaro le prese una mano, e la avvicino di più a sé. –E adesso? Che cosa pensi di me adesso?-, chiese in un sussurro.

Yayoi sospirò. –Tu mi piaci, Masaro-, ammise, -mi piaci molto. Ad essere sincera fino in fondo, mi sento fisicamente attratta da te-, e arrossì.

Il giovane sorrise. –E’ già un punto di partenza, no?-, disse speranzoso.

La ragazza sottrasse la propria mano al contatto con quella di lui e si allontanò, riprendendo a camminare in silenzio. Masaro la raggiunse subito, e l’afferrò per le spalle, costringendola a guardarlo negli occhi. Poi chinò la testa e la baciò di nuovo.

Stavolta Yayoi non rispose al bacio. Rimase ferma, immobile, come impietrita. Aveva un solo pensiero in testa: non doveva, non poteva. Lei amava un altro, e baciando Masaro avrebbe ingannato entrambi. Il giovane si allontanò, e la guardò con espressione delusa.

-Non è andata così stamattina-, disse a bassa voce, mestamente.

-Lo so-, sussurrò lei.

-Mi hai appena detto che ti piaccio-, incalzò Masaro.

-Ed è vero, credimi. Ma sono innamorata del mio ragazzo, e quindi non posso. Se fossi stata libera, probabilmente sarebbe potuto nascere qualcosa tra noi, ma non lo sono-, rispose la ragazza.

Masaro sospirò rabbiosamente. –Non mi sembrava che fossi tanto innamorata di lui, stamattina!-, imprecò.

Gli occhi di Yayoi si riempirono di lacrime. –Hai ragione, il mio comportamento di stamattina è stato imperdonabile. Ho perso il controllo di me stessa per un attimo, e così facendo ho tradito la fiducia di Jun e ho illuso inutilmente te. Credimi, mi dispiace, e non puoi immaginare quanto mi senta stupida-.

Il ragazzo l’afferrò bruscamente per le spalle. –Stamattina hai seguito solo i tuoi sentimenti, Yayoi, quei sentimenti che adesso stai cercando di reprimere. Ma se ti lasciassi andare, scopriresti che è la cosa più giusta. Il destino ci ha dato un’occasione, non possiamo gettarla in questo modo-, insistette.

Yayoi distolse lo sguardo dagli occhi fiammeggianti di lui. –Masaro, ti prego…non insistere-, mormorò in tono supplice.

-Io sono sicuro che tu provi qualcosa per me, Yayoi, perché vuoi far finta di niente? Perché cerchi di negare?-

La ragazza si allontanò bruscamente da lui, e si asciugò le lacrime. Poi lo fissò con espressione decisa. –Masaro, credimi, mi dispiace per averti illuso e fatto del male, ma ti ripeto che amo il mio ragazzo e non posso né tantomeno voglio tradirlo-, rispose con determinazione.

-Ma noi siamo fatti l’uno per l’altra, Yayoi!-, gridò Masaro.

-Ci conosciamo appena, come puoi affermare una cosa del genere? Quello che c’è tra noi è una semplice attrazione fisica, e secondo me non vale la pena gettare alle ortiche un rapporto che dura da tanti anni solo per questo-

-Se tu sei qui, vuol dire che il tuo fidanzato non è capace di renderti felice-, rimbeccò Masaro.

La ragazza vacillò per un istante, poi riprese velocemente il controllo, e lo fronteggiò battagliera. –Come puoi dire questo? Cosa ne sai tu di me e dei miei problemi? E’ vero, ultimamente tra me e Jun ci sono dei problemi, ma questo non significa che abbiamo smesso di amarci. E non credo che potrei risolverli tradendolo con te!-, gli disse.

-Io non sto cercando solo una semplice avventura con te, Yayoi. Io penso che insieme noi due potremmo costruire qualcosa di molto importante!-, insistette il ragazzo.

La giovane sospirò. –Mi dispiace davvero, ma io ho già trovato la persona con cui voglio costruire qualcosa d’ importante-, rispose pacatamente guardandolo negli occhi.

Masaro chinò la testa. –Vedo che sei proprio decisa-, commentò amaramente.

Yayoi annuì.

-Beh, allora credo non ci sia più niente da dire. E’ meglio se torniamo dagli altri-, disse il ragazzo, cominciando a camminare verso la direzione dalla quale erano arrivati.

-Mi dispiace, Masaro-, mormorò la ragazza, poi lo seguì lentamente senza dire una parola.

 

 

Anche la seconda giornata è passata. I ragazzi sono ormai alle porte di Sendai, ma le ragazze non sono lì. Ma a Sendai li attendono nuove avventure e nuove conoscenze, e potranno anche dedicarsi alla grande passione della loro vita.

Intanto, dopo che Yayoi ha respinto Masaro, le ragazze rimarranno ad Okinawa o partiranno per una nuova destinazione? E il bel surfista si sarà veramente arreso o tornerà alla carica?

Per saperlo, non perdetevi il settimo capitolo di ON THE ROAD J !!

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Passioni ***


ON THE ROAD

 

CAPITOLO SETTE: PASSIONI

 

Sendai, 23 giugno, ore 9.

La sera prima, intorno alla mezzanotte, i ragazzi erano finalmente approdati a Sendai, fisicamente ed emotivamente esausti dopo il lungo viaggio e dopo tutte le avventure che erano capitate. Si erano fermati per la notte in un piccolo albergo, e avevamo deciso di rimandare la ricerca delle ragazze al mattino successivo.

Ora però non sapevano nemmeno da che parte cominciare. D’accordo, Sendai non era una metropoli, ma cercare tre ragazze senza nemmeno sapere se si trovassero effettivamente lì era davvero complicato.

I tre amici cominciarono a girovagare senza meta per la città, nella speranza di trovare un indizio, un suggerimento per capire da dove far partire le ricerche. All’improvviso un grido attirò la loro attenzione: “goal!”.

Da qualche parte, poco lontano da loro, qualcuno stava festeggiando per aver realizzato un goal. I tre ragazzi si guardarono e sorrisero, poi decisero di dirigersi verso la direzione da cui era giunto il grido.

Pochi minuti dopo arrivarono ad un campetto da calcio, piccolo ma ben tenuto, in cui si stava allenando un gruppetto di ragazzini intorno ai dodici anni, che indossavano una maglietta nera e dei calzoncini bianchi. Sedute su una panchina ai bordi del campo, due ragazzine li osservavano e li incitavano a gran voce.

La scena riportò i tre ragazzi con la memoria al passato, all’indimenticabile campionato nazionale delle scuole elementari. Si rividero loro stessi bambini, mentre si allenavano su un campo da calcio simile a quello, con le loro adorate manager che li incitavano da bordo campo, tutti e tre con un sogno in comune: vincere il campionato e diventare un calciatore professionista.

L’attenzione di Tsubasa si fissò sul ragazzino che indossava la maglia numero dieci: un piccoletto, non molto alto e con una folta zazzera di capelli neri, dagli occhi luminosi e dall’espressione vivace. Aveva la palla attaccata al piede come se fosse un prolungamento del suo stesso corpo, lo sguardo felice e soddisfatto di chi sta facendo la cosa che più adora al mondo, e stava scartando tutti i compagni uno ad uno come se fossero birilli. Il ragazzo ripensò a Roberto, e ai durissimi allenamenti cui lo sottoponeva quando era ancora un bambino e giocava nella Nankatsu, allenamenti che per chiunque sarebbero stati insopportabili, ma che per lui, sospinto da una passione grande come il mondo, erano un divertimento. Negli occhi brillanti di quel ragazzino rivedeva se stesso, e il suo medesimo amore per il calcio.

I pensieri dei tre amici furono interrotti da un pallone, che, lanciato da uno dei ragazzini, carambolò velocemente oltre il bordo del campo fino a fermarsi ai piedi di Tsubasa.

-Scusa, potresti rilanciarci la palla?-, gli domandò il ragazzino con la maglia numero dieci.

Tsubasa sorrise, prese la mira e rilanciò la palla, gettandola direttamente in rete. I bambini lo fissarono a bocca aperta, per poi emettere un suono d’ammirazione.

-Grandioso!-, esclamò il ragazzino di prima.

-Ehi, ma io quello lo conosco! E anche gli altri due!-, disse un altro ragazzino, alto e un po’ cicciotello, puntando l’indice verso Tsubasa e i due amici. –Quello è il mitico Tsubasa Ozora, il capitano della nazionale giapponese, e gli altri sono Misugi e Matsuyama, sempre della nazionale!-.

In pochi istanti i tre ragazzi furono circondati da un nugolo di ragazzini entusiasti, com’era successo già due giorni prima con le ammiratrici all’aeroporto di Iwate. I piccoli calciatori non stavano nella pelle all’idea di conoscere i loro idoli, e li subissavano di domande e richieste di autografi.

-Ehi, ragazzi, calmatevi, io ho un’idea migliore-, disse il piccoletto con il numero dieci, cercando di mettere freno all’eccitazione dei suoi amici.

Poi si voltò verso Tsubasa, con un brillante sorriso e un’espressione birichina negli occhi. –Capitano, e anche voi ragazzi…vi andrebbe di allenarci per po’?-, domandò guardandoli speranzoso.

Tsubasa sorrise. –Avete una partita in programma?-, chiese.

Il ragazzino annuì. –Sì, domani pomeriggio. La squadra più forte della città ci ha sfidato ad un’amichevole, e praticamente non abbiamo speranze. L’ultima volta abbiamo perso dieci a uno-, disse in tono mesto.

-Accidenti!-, esclamò Matsuyama.

-Però…se voi, tre grandi campioni della nazionale giapponese, ci deste una mano…sono sicuro che potremmo fare di meglio! -, esclamò prendendo una mano di Tsubasa. – Vi prego, sono pronto a ricambiarvi in qualunque modo!-

-Anche a farci da guida per tutta Sendai? Sai, stiamo cercando delle persone che forse si trovano qui, ma non sappiamo da che parte cominciare-, disse Jun, squadrando con attenzione il ragazzino. Gli sembrava un tipo sveglio e in gamba, ed era certo che avrebbe potuto essere loro di grande aiuto.

-Ma certo! Io conosco benissimo Sendai!-, rispose questi entusiasta.

Tsubasa si scambiò un’occhiata d’intesa con gli amici, che annuirono. –Perfetto, allora vi aiuteremo. A proposito, non ci hai ancora detto il tuo nome-, disse infine, sorridendo amichevolmente al ragazzino.

-Mi chiamo Ryoichi Kudo, e sono l’asso della squadra!-, rispose. –E per me è un onore conoscervi e potermi allenare con voi!-

Tsubasa gli porse una mano, che Ryoichi strinse vigorosamente. –Il piacere è tutto mio, Ryoichi-, disse.

-Fantastico!! Beh, allora venite, che vi presento tutta la squadra!-, disse il ragazzino, che non stava più nella pelle per l’eccitazione.

Ryoichi fece allineare tutti i compagni lungo la linea di centrocampo, e poi procedette alle presentazioni. Infine, anche le due ragazze che avevano visto prima sedute sulla panchina si fecero avanti.

-Queste due ragazze sono le nostre manager. Lei è mia sorella Kasumi, mentre lei invece è Yukina-, disse Ryoichi.

I tre amici osservarono le due ragazzine. Kasumi, evidentemente la gemella di Ryoichi, somigliava al fratello in maniera impressionante: stessi capelli neri, raccolti in cima alla testa con un mollettone, stessi occhi neri brillanti e stesso sorriso sbarazzino. Yukina era una ragazza decisamente graziosa: alta e snella, sembrava avere più di dodici anni. Aveva i capelli castani lunghi fino alle spalle e leggermente mossi, gli occhi di un luminoso colore grigio-azzurro e un sorriso dolcissimo. Dal modo in cui Ryoichi la guardava, non ci voleva molto a capire che il ragazzino era assolutamente cotto di lei.

-Non hai precisato “la mia fidanzata Yukina”-, s’intromise Tatsuya, il portiere della squadra.

Sia Ryoichi sia Yukina arrossirono violentemente, mentre tutti i compagni e Kasumi cominciavano a ridere.

-Smettila di prendermi in giro, Tatsuya!-, esclamò Ryoichi cominciando a rincorrere il compagno per tutto il campo.

Tsubasa e gli altri scoppiarono a ridere, unendosi all’ilarità generale.

-Beh, complimenti Ryoichi, hai una fidanzatina davvero graziosa-, disse Tsubasa.

Ryoichi divenne praticamente viola. –Oh no, vi ci mettete anche voi!-, gemette, mentre i suoi amici sghignazzavano ancora più forte.

-Su su, ora però basta-, fece Tsubasa tornando serio. –Dobbiamo metterci sotto con l’allenamento-.

-Poveri ragazzi, non sapete ancora che il nostro Tsubasa è un vero negriero-, commentò ironicamente Hikaru.

-Senti chi parla! Non eri tu che costringevi i tuoi compagni della Furano ad allenarsi alle sei del mattino sotto la neve?-, lo rimbeccò immediatamente l’amico.

Tatsuya lo fissò sconvolto. –Davvero?-, chiese spaventato.

-Guardate, Tatsuya ha fatto la stessa faccia che fa Ishizaki quando gli diciamo che è ora di cominciare l’allenamento-, disse Jun rivolto ai due amici.

Hikaru e Tsubasa concordarono con lui, e scoppiarono a ridere.

-Comunque anche Ryoichi come negriero non scherza. L’altra mattina si sono alzati alle cinque per andare a correre sulla spiaggia-, intervenne Yukina.

-Beh per forza, scusa!-, ribatté Ryoichi arrossendo lievemente. –Se prendiamo un’altra batosta come l’altra volta, tuo fratello ci prenderà in giro a vita-.

-Tuo fratello?-, domandò Matsuyama.

-Sì, nella squadra avversaria gioca il fratello di Yukina-, spiegò Kasumi.

-E tu fai la manager per questa squadra? E’ quel che si chiama conflitto di interessi-, disse Misugi.

I ragazzini scoppiarono a ridere.

-Ah, l’amore, l’amore, cosa non si fa per amore!-, iniziò a canticchiare a gran voce Tatsuya.

-Ricominci?-, si lamentò Ryoichi.

-Su basta, dobbiamo iniziare ad allenarci. Altrimenti una sonora sconfitta non ve la toglie nessuno!-, disse Tsubasa battendo le mani e assumendo l’espressione rigida e severa che aveva visto fare parecchie volte dal mister Gamo.

-Ecco, siamo perduti. Tsubasa ha inserito la modalità “fanatico del pallone”!-, commentò Hikaru ridacchiando.

L’amico lo guardò severamente. –Serietà, ragazzi, anche da parte vostra-, ribatté in tono fermo.

I due amici si misero sull’attenti. –Agli ordini, signor capitano!-, sghignazzarono.

-Bene, direi che possiamo cominciare con venti giri del campo. Di corsa-, disse Tsubasa.

 

Okinawa, ore 10

Le ragazze non avevano passato una notte tranquilla. Erano andate a letto alle quattro del mattino, dopo aver passato gran parte del tempo a parlare. Yoshiko e Sanae avevano riferito all’amica la conversazione avuta con Maki e Kojiro, e soprattutto ciò che aveva detto quest’ultimo, mentre Yayoi aveva raccontato quanto era accaduto con Masaro, le cose che lui le aveva detto e il modo in cui lei aveva risposto. Aveva spiegato loro che si era resa conto che tra lei e Masaro non sarebbe potuto mai nascere nulla, perché lei si sentiva profondamente legata a Jun, e non aveva intenzione di tradirlo.

-Non sono qui per cercarmi un altro ragazzo, o tantomeno per avere un’avventura. Quello che sento per Masaro è solamente attrazione, e perciò sono stata chiara e ho troncato sul nascere tutte le sue illusioni-, aveva risposto quando Sanae le aveva chiesto se con Masaro fosse dunque definitivamente finita.

Le ragazze avevano anche riflettuto sul loro viaggio, e se fosse il caso di continuarlo oppure di tornare a casa e affrontare a viso aperto i rispettivi fidanzati. Avevano ammesso a se stesse di non sentirsi ancora pronte per affrontare il discorso con loro, avevano bisogno di fare ulteriore chiarezza nei propri sentimenti. Dopo le parole di Kojiro e quanto era accaduto con Masaro si sentivano ancora più confuse, e temevano che se avessero parlato con i ragazzi in quello stato non sarebbero arrivate a capo di niente, anzi, avrebbero corso il rischio di peggiorare la situazione.

Su una cosa infine si erano trovate d’accordo tutte e tre. Dovevano lasciare Okinawa, subito. Andare da un’altra parte, qualunque posto sarebbe andato bene, ma non potevano restare ancora lì. Masaro probabilmente non si sarebbe arreso così facilmente, avrebbe sicuramente tentato un altro approccio con Yayoi, e lei si sentiva troppo vulnerabile per affrontarlo con la necessaria determinazione. E poi era arrivato Kojiro, che non approvava affatto la loro decisione di partire, e che probabilmente avrebbe nuovamente tirato fuori il discorso. Non erano abbastanza forti per tutto questo, non si erano mai sentite così fragili in tutta la loro esistenza. Avevano bisogno di pace, di tranquillità, di riflettere lontano da tutto e da tutti, invece da quando avevano intrapreso il loro viaggio non gliene era andata bene una. Prima la telefonata di Tsubasa, poi l’incontro con Masaro, la telefonata di Jun e adesso anche l’arrivo di Kojiro. Rimanersene in quel posto, con un amico dei loro ragazzi che cercava di convincerle a tornare a casa e affrontarli con sincerità e un altro ragazzo che si era innamorato di Yayoi e mirava a conquistarla ad ogni costo, non era certo l’ideale di tranquillità che si erano prefisse.

La mattina seguente si svegliarono alle dieci, dopo una notte inquieta popolata da sonni agitati e frequenti ripensamenti. Yayoi era stata la più inquieta, nei suoi sogni il volto di Masaro e quello di Jun si sovrapponevano, ed entrambi la accusavano di essere una bugiarda, una dannata opportunista capace solo di far soffrire le persone che l’amavano. La ragazza si era svegliata alle sette, bagnata di sudore e con una fastidiosa sensazione di oppressione al petto, e non era più riuscita a riprendere sonno.

Sanae aveva pensato e ripensato alle parole di Kojiro. D’accordo, Tsubasa aveva fatto molti errori nel loro rapporto, e raramente le aveva dato l’attenzione che lei si sarebbe meritata. Questo era un dato di fatto, e Kojiro era stato il primo a farle notare parecchie volte che difficilmente avrebbe retto quella situazione a lungo. Ma, riflettendoci a mente fredda, non poteva negare che lei non aveva fatto poi molto perché la situazione cambiasse, e perché Tsubasa cominciasse a mostrare nei suoi confronti un atteggiamento diverso. Si era limitata a ingoiare tutti i rospi dei suoi ritardi, degli appuntamenti mancati, delle partite più importanti di un impegno con lei, accumulando la rabbia dentro di lei senza mai far notare a Tsubasa quanto effettivamente soffrisse per queste cose. Alla fine non c’è l’aveva fatta più, e come soluzione aveva scelto la fuga. E ora, ora non sapeva nemmeno lei cosa dovesse effettivamente fare.

Anche Yoshiko era tormentata dagli stessi pensieri dell’amica. Ora le ritornavano in mente tanti episodi in cui Hikaru aveva notato che qualcosa non andava, che era giù di morale, e le aveva chiesto di confidarsi con lui. Lei invece, anziché dare libero sfogo alla frustrazione, ai pensieri negativi, all’inquietudine che non le dava tregua dal giorno dell’incidente, aveva preferito fare finta di nulla, dirgli che si era sbagliato e che lei era la stessa Yoshiko di sempre, senza problemi, e che magari quel giorno era solo un po’ stanca o un po’ distratta. Aveva sbagliato in pieno, e ora si sentiva più confusa e smarrita che mai. L’essere riuscita a fare un po’ di luce sui suoi desideri per il futuro la risollevava almeno un po’, ma era solo una parte del problema.

Alle dieci le ragazze cominciarono a preparare le proprie valige. Non fu una cosa molto lunga, dato che in quei giorni ad Okinawa avevano utilizzato solo il minimo indispensabile. Terminati i preparativi, andarono ad informare Maki della loro decisione. L’amica fu piuttosto dispiaciuta, e cercò di convincerle a rimanere almeno un altro giorno, ma comprese benissimo le motivazioni che spingevano le tre ragazze ad andarsene.

-Va bene, capisco. Forse avete ragione voi. Comunque, sappiate che io sono sempre disposta ad aiutarvi, e che se avete bisogno di me dovete semplicemente chiamarmi-, disse loro, abbracciandole una alla volta.

-Grazie Maki, sei una vera amica. E grazie anche per l’ospitalità che ci hai offerto in questi giorni-, rispose Sanae sorridendole affettuosamente.

La ragazza ricambiò il sorriso. –E’ stato un piacere avervi qui, e poi voi avreste fatto lo stesso per me. Anzi, permettete che vi accompagni in aeroporto-, aggiunse.

-No, Maki, non è necessario. E poi vorrai startene un po’ da sola con Kojiro, no?-, disse Yoshiko.

-Tranquille, per me non è affatto un disturbo-, rispose l’amica andando a cercare le chiavi della macchina.

-Maki, se permetti, e anche le ragazze sono d’accordo, vorrei accompagnarle io-, disse una voce alle spalle della ragazza. Masaro, con il viso pallido e segnato da profonde occhiaie, era appena entrato nella stanza. Aveva l’aria di non aver dormito molto la notte prima, e il suo abituale sorriso era offuscato da una nota di malinconia.

-Beh…ecco…-, disse la cugina un po’ imbarazzata.

-Non c’è problema, se per te non è un disturbo-, intervenne Yayoi guardando Masaro dritto negli occhi.

Il ragazzo ricambiò lo sguardo, con espressione di profonda tristezza. –Vi aspetto in macchina-, disse con voce spenta.

-Sei sicura che non sia un problema, Yayoi?-, le domandò Sanae.

L’amica scosse la testa. –No, non lo è-, sussurrò. Vedere Masaro così triste e abbattuto per colpa sua le faceva male, notando le occhiaie sul suo volto aveva provato un acuto senso di colpa. Ma non poteva farci più niente, ormai. Aveva sbagliato ad illuderlo, ma troncare la storia sul nascere era stata sicuramente la soluzione migliore. Masaro era un bel ragazzo, e poi aveva un carattere allegro e gioviale. Non avrebbe faticato a consolarsi, si disse, andando in camera a prendere le sue valige insieme alle amiche.

Raggiunsero il ragazzo in macchina dopo pochi minuti. Sanae andò a sedersi nel posto accanto a quello di guida, mentre Yayoi e Yoshiko si accomodarono sul sedile posteriore. Masaro rimase un po’ deluso quando vide che Yayoi aveva evitato di sedersi accanto a lui, ma preferì fare finta di nulla.

Il viaggio fino all’aeroporto fu breve, e nessuno dei quattro parlò per tutto il tragitto, ognuno perso nei propri pensieri. Masaro aiutò le ragazze a scaricare le valige, e le accompagnò a fare il check-in. Yayoi fu la prima, e quando ebbe finito, Masaro la prese da una parte afferrandola per un braccio.

-Non credo ci sia altro da aggiungere, Masaro-, disse la ragazza, a disagio.

-Sei sicura di non aver cambiato idea? Non ho chiuso occhio stanotte, Yayoi, l’idea di averti persa mi faceva stare malissimo. E dalla tua faccia vedo che nemmeno tu hai dormito molto-, rispose il giovane accarezzandole una guancia.

-Tu non mi hai persa, Masaro, non mi hai mai avuta. Mi dispiace che tu sia stato male per causa mia, ma credimi, non c’era nessuna possibilità che funzionasse-, disse lei allontanandosi bruscamente.

-Come puoi esserne così sicura? Non ricordi quanto è stato bello il nostro bacio, ieri mattina?-, insistette il ragazzo.

Yayoi sospirò. –E’ stato solo un bacio, Masaro. Ed è stato uno sbaglio. Non ho pensato alle conseguenze, altrimenti lo avrei evitato, credimi. Non volevo che ti facessi delle illusioni su un “noi” che era semplicemente impossibile-

-Solo un bacio…uno sbaglio. Lo pensi veramente?-, le chiese Masaro guardandola negli occhi.

La ragazza sostenne il suo sguardo con fermezza. –Sì-, disse semplicemente.

Il giovane lesse la sincerità negli occhi della ragazza. –Ho capito. Scusami per averti infastidito-, disse mestamente.

-Sono io che devo chiederti scusa per averti illuso, Masaro-, rispose Yayoi, accarezzandogli una guancia.

Lui l’abbraccio delicatamente. –Mi ha fatto piacere conoscerti, Yayoi, dico davvero. Ti auguro buon viaggio, e spero che tu possa risolvere i tuoi problemi col tuo ragazzo-, le disse, affondando il viso nei suoi capelli.

Yayoi annuì. –Anch’io sono felice di averti conosciuto, Masaro. Sei un ragazzo stupendo, e sono sicura che non farai fatica a trovare qualcuna che sappia renderti veramente felice-, disse, ricambiando l’abbraccio del giovane.

Dopo pochi istanti, i due si staccarono.

-Ora devo andare-, sussurrò Yayoi.

Masaro annuì. –Beh, buon viaggio, ragazze. Chissà che un giorno non ci si riveda-, disse a voce alta, agitando una mano in segno di saluto, rivolto anche alle altre due.

-Grazie per il passaggio, Masaro, e per tutto il resto-, rispose Sanae sorridendo.

-Di niente. Buona fortuna-, disse lui, per poi voltarsi di schiena e allontanarsi in direzione dell’uscita dell’aeroporto.

Yayoi lo guardò allontanarsi, e una lacrima le scese lentamente lungo una guancia. –Addio, Masaro. Mi dispiace tanto-, mormorò senza farsi udire da nessuno.

 

Sendai, ore 12.30

I ragazzini della squadra erano stremati, dopo il massacrante allenamento cui li aveva sottoposti Tsubasa. Se ne stavano distesi sull’erba del campo, con il fiato grosso e il viso stravolto dalla fatica. Prima venti giri di corsa, poi duecento flessioni e un allenamento sui tiri. Infine, una partitella di un’ora divisi in due squadre. Erano davvero distrutti.

Tsubasa era in piedi di fronte a loro, e li osservava soddisfatto. Raramente si era divertito tanto in vita sua come allenando questi bambini. Era anche riuscito a cancellare per qualche tempo il pensiero di trovare Sanae (si sapeva che quando vede un pallone non capisce più niente, no?). Certo, come calciatori erano ancora ad uno stadio piuttosto grezzo, ma alcuni di loro avevano buone potenzialità, e soprattutto avevano tutti quanti una spiccata attitudine al lavoro di squadra. La loro intesa era perfetta e saltava immediatamente all’occhio quando li si osservava giocare, anche se magari solo per pochi minuti. Il ragazzino che lo aveva colpito di più era stato Ryoichi. Era un centravanti nato. Tecnicamente era ancora indietro, ma era bravo nel palleggio, sapeva fare del bei numeri e aveva un tiro potentissimo. Con un allenatore in gamba sarebbe riuscito a diventare un calciatore professionista, e a far maturare il suo notevole talento. In certe azioni gli aveva ricordato il suo compagno di squadra Shingo Aoi. Anche Tatsuya, il portiere, non era male, nonostante avesse qualche incertezza sui calci piazzati e sulle palle alte. Con una difesa più solida a sostegno, sicuramente sarebbe riuscito a fare cose molto buone. Ma la cosa che più lo aveva reso felice era stata vedere quanto amore questi ragazzini avevano per il calcio, e quanta passione mettevano. Anche in una semplice partita di allenamento infondevano tutto il loro impegno e la loro voglia di vincere. Sorrise. Com’erano simili a lui e ai suoi compagni. Era certo che molti di loro potessero avere un grande futuro davanti.

Hikaru e Jun erano seduti sulla panchina insieme alle due manager, e avevano seguito l’allenamento con grande attenzione. La felicità di Tsubasa nell’allenare questi ragazzi era palese, lui adorava il calcio e si sentiva completo solo quando poteva tirare calci al pallone. E per loro era lo stesso. Era bastato osservare quei ragazzini giocare per sentirsi più tranquilli e dimenticare, almeno per un po’ di tempo, i loro problemi e le loro angosce. Era stato come fare un tuffo nel passato, a quando loro erano come quei ragazzi, dei bambini con un grande sogno nel cassetto, un sogno chiamato calcio. Bambini nati per giocare a pallone, per cui il pallone era una parte integrante del proprio essere, l’unica cosa che realmente riusciva a farli sentire vivi e felici. Ed era stato come fare un tuffo nel passato anche osservare Kasumi e Yukina, le due manager. Instancabili nell’incitare e nel sostenere i propri amici, anche se si trattava semplicemente di un allenamento. Il loro tifo non era calato nemmeno per un secondo, e nel frattempo avevano pulito i palloni di riserva, rammendato un paio di pantaloncini bucati e illustrato con dovizia di particolari ai due illustri ospiti tutti gli schemi e le tattiche della squadra. Avevano gli occhi che brillavano esattamente come quelli dei piccoli calciatori, era evidente che amavano quello che stavano facendo e che non avrebbero voluto essere altrove per niente al mondo. Era stato quasi commovente, per loro, vederle che si alzavano per andare a distribuire gli asciugamani ai ragazzini stesi per terra dopo le fatiche dell’allenamento. Avevano visto il modo in cui Yukina, con un sorriso dolce e carico d’affetto, aveva porto il telo di spugna a Ryoichi dicendogli –tieni, capitano-, e lo sguardo, altrettanto affettuoso e tenero, che il ragazzino le aveva rivolto in risposta. Per un attimo avevano rivissuto tutte le volte in cui erano stati protagonisti della stessa scena, nel corso degli anni.

-Ehi, non ti sembra di essere tornato indietro nel tempo?-, sussurrò Matsuyama all’amico indicandogli Ryoichi e Yukina con un cenno del capo.

Misugi annuì. –Lo stavo pensando anch’io, sai?-.

-Mi chiedo cosa sia cambiato da allora-, sospirò Hikaru appoggiandosi allo schienale della panchina.

-Forse tutto, o forse niente, chissà-, fece l’amico pensieroso.

-Sai, Yukina…ha sorriso a Ryoichi nello stesso modo in cui Yoshiko sorrideva a me, quando mi portava l’asciugamano dopo l’allenamento. Con quell’espressione dolce e timida allo stesso tempo…-, proseguì, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla coppia di ragazzini.

-Ti capisco…anche Yayoi ha lo stesso modo di sorridere. Un semplice sorriso, ma che mi faceva sempre sentire al centro del mondo. Chissà se mi sorriderà più-, disse rabbuiandosi.

-Su, non devi essere pessimista. Io sono convinto che lei ti ami ancora-, fece l’amico mettendogli una mano sulla spalla.

-Lo spero. Con tutto il cuore. Non sarei mai capace di vivere senza di lei-.

-E’ la stessa cosa per me. Se Yoshiko decidesse di lasciarmi non so davvero che cosa farei-.

Le due ragazzine tornarono a sedersi accanto a loro.

-Vi vedo un po’ giù di morale. Qualcosa non va?-, domandò Kasumi premurosa.

I due ragazzi sospirarono. –Abbiamo dei problemi con le nostre fidanzate. Sono partite per un breve viaggio, e noi vorremmo ritrovarle perché dobbiamo parlare con loro al più presto, ma non sappiamo dove siano-, spiegò Jun.

-Pensate che siano qui a Sendai?-, chiese Yukina.

-Sinceramente non ne abbiamo idea. Abbiamo deciso di venire qui perché sapevo che Sendai piaceva molto a Yayoi, la mia ragazza, c’era stata alcune volte da piccola. Ma abbiamo una possibilità su un milione di trovarle-.

-Sentite, dopo la partita faremo tutto il possibile per aiutarvi. Conosciamo benissimo Sendai, e potremo farvi da guida. Se le ragazze sono qui, le troveremo di certo-, disse la ragazzina con un gran sorriso.

I due giovani ricambiarono il sorriso. –Siete davvero gentili-, dissero.

-Siete stati voi ad essere gentili, accettando di allenare i ragazzi. Sapete, ci tengono tantissimo a fare bella figura in questa partita. Dopo l’ultima sonora sconfitta, Keiichi, il fratello di Yukina, li ha presi parecchio in giro e loro hanno una gran voglia di rivincita-, spiegò Kasumi.

-Mio fratello non è un ragazzo cattivo, ma delle volte è un po’ presuntuoso, e soprattutto si diverte a stuzzicare gli avversari. Ma ha un gran rispetto dei ragazzi, e ammira molto Ryoichi, me lo ripete sempre-, disse Yukina.

-In che ruolo gioca tuo fratello, Yukina?-, chiese Hikaru.

-E’ un attaccante. E’ molto bravo e potente, un vero cannoniere. Ha un caratteraccio, ma in campo è veramente uno dei migliori giocatori che abbia mai visto-, spiegò la ragazzina con ammirazione.

-Sembra la descrizione di Kojiro Hiyuga-, ridacchiarono i due amici.

-Ma la loro squadra non ha solo Keiichi di forte. C’è anche Shuji, suo cugino, che gioca come portiere, ed è veramente un grande. Nella sua porta non passa nemmeno uno spillo, l’altra volta Ryoichi ha dovuto faticare come un dannato per riuscire a segnargli un gol. Tatsuya è in gamba, ma devo ammettere che Shuji è eccezionale, il migliore. A parte Wakabayashi e Wakashimazu, ovviamente. Sono i miei idoli!-, proseguì Kasumi.

Hikaru e Jun sorrisero. –Ryoichi e gli altri giocano insieme da molto tempo?-, chiesero.

-Da un paio d’anni circa, da quando io e Ryoichi ci siamo trasferiti qui a Sendai. E’ riuscito a radunare intorno a sé un gruppo di compagni di scuola amanti del pallone, e da allora non hanno più smesso di giocare-, rispose Kasumi.

-Basta guardarli un attimo per capire che grande passione hanno per il calcio-, commentò Misugi voltandosi a osservare i ragazzini, che avevano ripreso ad allenarsi sotto lo sguardo attento di Tsubasa.

-Oh sì, Ryoichi va matto per il calcio, da quando è nato. Il suo sogno è sempre stato quello di diventare un calciatore professionista-, spiegò la sorella.

I due ragazzi sorrisero. –Sono sicuro che tra questi ragazzini ci saranno alcune stelle del futuro del calcio giapponese. E sono pronto a scommettere che tuo fratello sarà uno di questi-, disse Hikaru sorridendo.

Gli occhi delle due ragazzine si illuminarono.

-Sarebbe meraviglioso!-, sospirò Yukina sognante.

-Sarebbe il grande sogno di Ryoichi che si avvera!-, esclamò Kasumi. –Voi, all’età di mio fratello, avevate il suo stesso sogno?-, chiese poi, rivolta ai due amici.

Jun annuì. –Oh sì, eccome. Eppure, a causa dei miei problemi al cuore, sono stato sul punto di rinunciarci. Credevo che il calcio per me fosse un sogno irrealizzabile, e ne soffrivo terribilmente-, spiegò.

-E poi? Cosa ti ha spinto a continuare a giocare?-, chiesero attente le due ragazzine.

-Due cose: l’incontro con Tsubasa e l’appoggio di Yayoi, la manager della mia squadra. Tsubasa, riuscendo a ribaltare le sorti della nostra sfida, mi ha dato una dimostrazione di tenacia e determinazione, e mi ha fatto capire quanto sia giusto e importante lottare per realizzare i propri sogni. Yayoi mi è stata sempre vicina, aiutandomi e sostenendomi in ogni occasione, e dandomi la forza di reagire quando ero sul punto di arrendermi. Se non ci fossero stati loro, forse avrei rinunciato alla passione della mia vita, e ora sarei sicuramente più infelice e frustrato-, disse il ragazzo.

Yukina e Kasumi sospirarono.

-Devi voler molto bene alla tua ragazza-, disse Yukina.

Jun annuì. –Oh sì, eccome-.

-Per te è stato facile, Hikaru, o anche tu hai dovuto lottare duramente?-, chiese Kasumi.

-Beh, certo non ho avuto problemi gravi come quelli di Jun, ringraziando il cielo. Ma le cose non sono mai facili, per nessuno, soprattutto se si vogliono realizzare i propri sogni. Bisogna sempre lottare, con tenacia e grinta, e tenendo duro anche nelle avversità-, spiegò Matsuyama, ripensando ai duri allenamenti sotto la neve, a Furano, e agli insegnamenti dell’amato preside.

-Ryoichi dovrà impegnarsi davvero tantissimo-, osservò la ragazzina in tono preoccupato.

Hikaru sorrise incoraggiante. –Sì, ma sono sicuro che ce la farà. La sua passione per il calcio è talmente grande che gli darà la forza di superare tutti gli ostacoli-, disse convinto.

I quattro rivolsero il loro sguardo a Ryoichi, che stava correndo dietro al pallone. Un sorriso colmo di gioia gli illuminava il volto, nonostante fosse rigato dal sudore. Poi guardarono Tsubasa: anche lui stava osservando con attenzione Ryoichi. E lo stesso sorriso luminoso e felice illuminava anche il suo volto.

 

Per strada, ore 15

Le ragazze erano arrivate all’aeroporto di Kyushu, dove avevano recuperato la loro automobile, e si erano rimesse nuovamente in viaggio. Il tragitto in aeroporto da Okinawa era stato breve, ma a loro era parso interminabile. Tutte e tre avevano lo stesso pensiero fisso in mente: dove sarebbero andate adesso?

Il desiderio di tornare a casa era fortissimo, per tutte. Ciascuna di loro si domandava in cuor suo se non sarebbe stato meglio così, ma poi cambiavano immediatamente idea. Tornare a casa avrebbe significato rivedere i ragazzi, e avevano più volte ammesso, di fronte a se stesse e agli altri, di non sentirsi ancora pronte per questo.

Erano salite in macchina senza parlare, caricando a bordo i bagagli in un silenzio quasi spettrale. Sanae aveva allacciato la cintura di sicurezza, messo in moto il motore ed era uscita dal parcheggio dell’aeroporto con un’espressione indefinibile in volto. Lasciato il parcheggio, aveva accostato e spento nuovamente il motore. Poi si era voltata verso le due amiche.

-Dove andiamo adesso?-, aveva domandato.

Yayoi e Yoshiko avevano taciuto per un lungo istante, senza sapere cosa rispondere. Poi a Yayoi era venuta un’idea.

-Sapete, una volta, da bambina, sono stata ospite per un periodo da un’amica d’infanzia che abitava a Sendai. E’ un posto molto carino e tranquillo, ricordo che mi era piaciuto tantissimo-, aveva detto, abbozzando un sorriso.

Sanae ci aveva riflettuto su per un momento. –Suggerisci di andare là?-, aveva chiesto.

-Beh, potrebbe essere una buona idea-, aveva ribattuto l’amica con una scrollatina di spalle.

-Tu cosa ne dici, Yoshi?-, aveva domandato rivolta a Yoshiko, che se ne stava in silenzio nel sedile posteriore.

-Per me va bene. In effetti, non sono mai stata a Sendai-, aveva risposto l’interpellata.

-Hai in mente qualche altro posto, Sanae?-, aveva domandato Yayoi.

Sanae aveva scosso la testa. –No, penso che Sendai sia perfetto. In marcia allora-, aveva detto la ragazza, riaccendendo il motore dell’auto e imboccando la direzione dell’autostrada.

Così si erano messe in viaggio per Sendai. Yayoi aveva raccontato loro della sua amica d’infanzia, che non vedeva però da almeno dieci anni, e di come erano stati belli quei giorni di vacanza trascorsi lì con lei. Aveva fatto alle due amiche una descrizione entusiasta di Sendai, elencando alcuni posti che le sarebbe piaciuto mostrare loro. Il viaggio stava trascorrendo in modo piuttosto piacevole e allegro. Il pensiero di Masaro era stato completamente accantonato, e le tre amiche avevano deciso di concentrarsi unicamente sul futuro. Speravano di trovare a Sendai la tranquillità necessaria per riflettere e prendere le decisioni importantissime che le aspettavano al varco.

-Quanto manca ancora a Sendai, Sanae?-, domandò Yoshiko, che iniziava a sentirsi un po’ rattrappita dopo tutte quelle ore trascorse in aereo e poi in macchina.

L’amica controllò velocemente la cartina. –Credo altre tre ore, forse qualcosina di più-, rispose. (Nota dell’autrice: non ho la minima idea di quali siano le distanze reali tra i paesi che utilizzo nella mia fic, quindi le durate di viaggi e spostamenti sono puramente arbitrarie e funzionali alla narrazione. Vi prego di scusarmi se non corrispondono alla realtà J )

-Inizio a sentirmi un po’ stanca-, mormorò Yayoi stiracchiandosi lentamente.

-Che ne dite di fermarvi un po’ nella prossima città? Anch’io comincio a non poterne più di guidare-, propose Sanae.

-Perché no? In fondo, non c’è nessuna fretta di arrivare a Sendai, non ci sta mica aspettando nessuno-, disse Yoshiko.

-Sono d’accordo, e poi inizio ad avere anche fame-, approvò Yayoi.

-Benissimo-, disse l’amica al volante, e si apprestò a lasciare l’autostrada alla prima uscita.

Le tre ragazze arrivarono così a Nagano. Nessuna delle tre c’era mai stata prima di allora, e la trovarono una cittadina graziosa e accogliente. Decisero di andare a mangiare qualcosa da McDonald, parcheggiarono la macchina e scesero.

Il locale era davvero grazioso, in perfetto american style. Le tre amiche si avvicinarono al bancone, dove una ragazza molto gentile e simpatica domandò loro cosa desideravano. Sanae e Yayoi presero un cheeseburger e coca cola, mentre Yoshiko preferì il Big Mac. Poi si accomodarono a un tavolino e iniziarono a gustarsi i propri hamburger.

-Mmmm…non vedevo l’ora di mettere qualcosa sotto i denti-, commentò Yayoi deliziata.

Sanae annuì. –Davvero. Il pranzo sull’aereo non era un granchè-.

-Nagano è deliziosa, non l’avrei mai immaginato-, commentò Yoshiko guardandosi intorno.

Le due amiche furono d’accordo con lei.

-Che ne dite di fermarci qui stanotte e visitarla un po’? In fondo, non cambia niente se arriviamo a Sendai domani anziché questa sera-, propose Yayoi addentando un altro morso di cheeseburger.

-Penso che sia una buonissima idea-, assentì Sanae.

-Già, e stasera potremmo cenare con un altro hamburger-, disse Yoshiko, terminando il suo Big Mac.

Le ragazze scoppiarono a ridere allegramente.

-Abbiamo scoperto una passione della nostra Yoshiko-, la prese in giro Yayoi.

L’amica arrossì lievemente. –Beh, ho imparato ad apprezzare il McDonald quando vivevo in America. Ti assicuro che, rispetto ad altro cibo che si mangia a New York, è qualcosa di sublime. Praticamente mi hanno salvato la vita, altrimenti sarei morta di fame!-, ribatté.

Sanae e Yayoi scoppiarono in un’allegra risata.

-D’accordo, ti promettiamo che stasera torneremo a mangiare al McDonald-, disse Sanae addentando l’ultimo boccone del suo cheeseburger.

Yoshiko sorrise.

Quando tutte e tre ebbero terminato di mangiare, decisero di andare a fare una passeggiata per esplorare un po’ il luogo e cercare un posto dove passare la notte. Trovarono, poco distante dal McDonald, un delizioso, piccolo albergo a conduzione familiare. La proprietaria, una simpatica signora di mezz’età, le accolse molto calorosamente e fornì loro anche un opuscoletto in cui erano riportate alcune interessanti informazioni su Nagano.

-Avete intenzione di fermarvi qui per qualche giorno?-, domandò affabilmente porgendo a Sanae le chiavi della stanza.

-No, signora. Domani pomeriggio abbiamo intenzione di ripartire per Sendai-, rispose la ragazza.

-Oh, Sendai! Un posto bellissimo. Ci abita una mia nipote, sapete?-, ribatté la donna.

-Anche Nagano è una città molto graziosa. Inizialmente eravamo intenzionate a fermarci per poco, solo per riposare un po’, ma l’abbiamo trovata così carina da decidere di fermarci per la notte-, intervenne Yayoi.

La signora sorrise. –E’ stata una buonissima idea. Venite da molto lontano?-

-Siamo partite da Tokyo, ma prima di dirigerci verso Sendai abbiamo trascorso qualche giorno ad Okinawa, da una nostra amica-, spiegò Sanae.

-Praticamente avete fatto il giro del Giappone-, osservò la donna.

Le tre ragazze risero. –Pensi, signora, che io vengo da Sapporo-, disse Yoshiko.

-Siete in vacanza da sole o a Sendai vi aspetta qualcuno?-, domandò ancora la donna.

-Siamo sole-, si affrettò a rispondere Yayoi.

-Beh, vi auguro di trascorrere una buona vacanza. Se decideste di trattenervi qui a Nagano qualche altro giorno, sappiate che qui da me ci sarà sempre una stanza libera per voi-, disse sorridendo gentilmente.

Sanae ricambiò il sorriso. –Lei è davvero molto gentile, signora-, ringraziò cortesemente.

-Avete intenzione di cenare qui in albergo?-

-No, la nostra amica ha molta voglia di McDonald-, rispose Yayoi, lanciando a Yoshiko un sorriso d’intesa.

-Capisco. Beh, la chiave ve l’ ho data, quindi vi lascio andare a riposarvi. Scusate, ma mi chiamano dalla cucina-, disse gentilmente la donna, e si allontanò in direzione delle cucine.

Le ragazze si avviarono verso le scale, e raggiunsero la propria camera. Si distesero sul letto, per riposare un po’ prima di tornare al McDonald per cenare. Stabilirono che, dopo cena, avrebbero fatto un altro giro per la città, e che la mattina dopo sarebbero ripartite prima di pranzo. Avrebbero mangiato qualcosa in un autogrill lungo la strada, e contavano di arrivare a Sendai nel primo pomeriggio, per trovare una sistemazione e dare una prima occhiata alla città.

 

I ragazzi, insieme a Yukina e Kasumi, assisteranno direttamente dalla panchina alla partita della squadra di Ryoichi: quale sarà il risultato? Le ragazze intanto ricominceranno il loro viaggio in direzione di Sendai: cosa accadrà? Riusciranno Tsubasa, Jun e Hikaru ad incontrarle finalmente?Oppure li attendono nuove avventure ed imprevisti? Per sapere la risposta, non perdetevi l’ottavo capitolo di ON THE ROAD!! J

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Capitolo 8
*** La partita ***


ON THE ROAD

 

CAPITOLO OTTO: LA PARTITA

 

Note: questo capitolo è un po’ diverso dagli altri, soprattutto per la rilevanza che viene data al calcio, e di questo mi scuso con i lettori che non amano molto questo sport J Ma, essendo una fanfic di CT, ho pensato che non poteva mancare una partita J Ringrazio mio fratello per i consigli che mi ha dato nella stesura del capitolo J

 

Sendai, 24 giugno, ore 11

Tsubasa, Jun e Hikaru avevano cenato a casa di Ryoichi e Kasumi. Terminato l’allenamento, i due ragazzini li avevano invitati a cena per sdebitarsi, e i tre amici avevano deciso di accettare. L’accoglienza della famiglia Kudo era stata a dir poco entusiasta: i genitori di Ryoichi quasi erano svenuti quando avevano visto Tsubasa Ozora e altri due famosi calciatori della nazionale entrare a casa loro insieme ai due figli. Anche Tsutomu, il fratellino più piccolo, che aveva appena sette anni, era stato felicissimo di incontrare i suoi idoli. I tre ragazzi si erano trovati benissimo, e si erano divertiti molto nel rievocare le loro più memorabili imprese calcistiche insieme a quella famiglia di appassionati fan, che pendevano dalle loro labbra e non si perdevano una sola parola dei loro racconti. A fine serata i tre amici avevano promesso a Ryoichi che li avrebbero aiutati anche il mattino seguente per l’allenamento di rifinitura, e che per nulla al mondo si sarebbero persi la partita del pomeriggio.

-Cavolo, non vedo l’ora di vedere la faccia di Keiichi e Shuji quando vedranno Tsubasa Ozora e i suoi compagni seduti nella panchina della mia squadra!!-, aveva esclamato il ragazzino, eccitatissimo.

-Non credi che lo sappiano già? Magari Yukina lo ha detto al fratello-, aveva obiettato Tsubasa con un sorriso.

Ryoichi aveva scosso energicamente la testa. –Assolutamente no. Le ho fatto promettere che non avrebbe detto niente. E Yukina mantiene sempre le promesse-.

La mattina i tre amici avevano raggiunto la squadra alle otto, e li avevano trovati già intenti a fare venti giri di campo di corsa. Kasumi e Yukina, in tuta e scarpe da ginnastica, erano in piedi di fronte alla panchina, e li incitavano con il loro tifo. Non appena li avevano visti, Ryoichi e i compagni erano corsi loro incontro entusiasti.

-Siete venuti!-, aveva esclamato il ragazzino al colmo della contentezza.

Tsubasa aveva sorriso. –Anch’io mantengo sempre le mie promesse-.

L’allenamento era proseguito fino alle 11. Poi Tsubasa chiamò i ragazzini e disse loro di mettersi seduti a terra di fronte a lui, perché aveva qualcosa da dire loro.

-Poverini, vi aspetta il discorso pre-partita di Tsubasa-, disse Hikaru ridacchiando.

-Smettila di prendermi in giro!-, replico l’amico con un sorriso. Poi il suo volto si fece serio. –Ragazzi, ho visto che vi siete allenati con serietà e impegno. Siete molto in gamba, e sono convinto che abbiate tutte le carte in regola per fare una bella partita oggi. Volevo farvi solo un paio di raccomandazioni finali. La prima è che dovete volere fortemente questa vittoria, e crederci fino in fondo, per quanto forti possano essere i vostri avversari, e per quante difficoltà possiate incontrare nel corso dei novanta minuti. Se lotterete con tutte le vostre forze e tutta la vostra volontà, non fallirete. La seconda è che non dovete mai dimenticare che il pallone è il vostro migliore amico(credevate forse che potesse mancare la mitica massima tsubasiana? J ndGemini), e che quindi dovete avere fiducia in lui. Il pallone sarà al vostro fianco in questa sfida, e non vi tradirà mai. Se metterete in questa partita tutta la passione che avete per il calcio, vedrete che i risultati verranno fuori-, disse.

Ryoichi e gli altri lo guardarono con ammirazione.

-Il pallone è il mio migliore amico-, ripeté Ryoichi con un sorriso accarezzando lievemente la palla.

Tsubasa annuì. –Esatto. Questa è la cosa più importante, e dovete sempre tenerla a mente-, replicò.

-Il pallone è il mio migliore amico-, ripeterono i giovani calciatori tutti in coro.

Hikaru e Jun sorrisero. –Certo che Tsubasa sa sempre come dare la carica alla squadra-, osservò Matsuyama.

L’amico annuì. –E’ un capitano nato, e sono sicuro che in futuro saprà essere anche un allenatore fantastico-, rispose.

-Bene, ragazzi. A che ora è la partita questo pomeriggio?-, domandò Tsubasa.

-Inizia alle quindici-, rispose Tatsuya.

-Perfetto. Direi di trovarci al campo un’ora prima, per fare un po’ di riscaldamento e stabilire qualche mossa tattica-, disse il ragazzo. Anche i due amici annuirono.

-Tattica?-, fece Tatsuya senza capire.

-Certo. Per vincere una partita non è sufficiente la preparazione atletica, bisogna anche stabilire con precisione come si imposterà l’incontro, in base alle caratteristiche proprie e degli avversari-, spiegò tranquillamente Tsubasa.

-Ah! Sai che questa non la sapevo?-, esclamò il giovane portiere sorridendo.

I ragazzini scoppiarono a ridere, e lo stesso fecero le due manager.

-Credo che fino ad ora abbiano giocato solamente seguendo l’istinto-, commentò Jun sorridendo rivolto ai due amici.

Tsubasa annuì. –Ora si spiegano gli scarsi risultati-, disse.

-Noi conosciamo abbastanza bene Keiichi e gli altri ragazzi. Credete che riusciremo ad elaborare una strategia vincente?-, chiese Ryoichi speranzoso.

Il capitano della nazionale giapponese annuì. –Ne sono più che sicuro. Allora ci vedremo qui alle due, che ne dite?-

-Sìì!-, esclamarono i ragazzini all’unisono.

 

Nagano, ore 11.30

Sanae, Yayoi e Yoshiko si apprestavano a ripartire alla volta di Sendai. Avevano trascorso una serata piacevole a Nagano, cenando al McDonald, dove Yoshiko si era praticamente divorata due Big Mac, scatenando l’ilarità delle amiche, e passeggiando un po’ per la città. Erano tornate in albergo a mezzanotte, stanche ma piuttosto serene, e si erano addormentate subito. Il mattino si erano svegliate alle nove passate, ed erano scese a fare colazione. La signora dell’albergo le aveva accolte con molta gentilezza, e aveva chiesto loro cosa avessero visitato nella città e come era sembrata loro Nagano. Finita la colazione, le ragazze erano tornate su in camera a preparare le loro cose.

Alle 11.30 le tre amiche scesero di sotto portando con sé le valige. Sanae andò alla reception per riconsegnare le chiavi alla padrona dell’albergo.

-E così ripartite di già-, disse questa in tono vagamente deluso.

La ragazza annuì. –Sì, abbiamo deciso di proseguire per Sendai-.

-E’ un peccato, speravo che sareste rimaste più a lungo qui a Nagano-.

-Ci sarebbe piaciuto, ma purtroppo non abbiamo molti giorni a nostra disposizione-, si affrettò a replicare Sanae.

-Certo, capisco. Beh, vi auguro buon viaggio, ragazze-, disse la donna gentilmente.

Sanae le sorrise. –Grazie, signora. Arrivederci-, rispose, e raggiunse le due amiche che l’attendevano nella hall del piccolo albergo. Caricarono la valigia in macchina e ripartirono.

-Sono stata veramente bene qui-, disse Yoshiko, osservando dal finestrino Nagano che si allontanava.

-Soprattutto al McDonald, vero Yoshi?-, ridacchiò allegramente Yayoi.

-Non dirmelo, che mi viene voglia di un altro hamburger!-, rise l’amica.

-Spero che ci sia un McDonald anche a Sendai-, osservò Sanae ridendo anche lei insieme alle amiche.

-Hai intenzione di riprendere l’autostrada, Sanae?-, domandò Yayoi stiracchiandosi leggermente.

La ragazza scosse la testa. –No, preferivo fare una di queste strade secondarie. E’ più panoramica e meno trafficata. Magari ci vorrà un po’ di più, ma tanto non c’è fretta. Che ne dite?-

-Penso che sia una buonissima idea-, replicò Yayoi, guardando distrattamente fuori dal finestrino.

-Anch’io sono d’accordo. L’autostrada non mi è mai piaciuta-, disse Yoshiko, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita.

-Perfetto. Così poi potremo fermarci in qualche ristorantino carino, anziché in un autogrill-, disse Sanae, imboccando una tranquilla stradina secondaria.

Il paesaggio che si vedeva era davvero delizioso, e Yayoi e Yoshiko si persero ad osservarlo dal finestrino.

-Sapete, oggi mi sento molto tranquilla. Ho come il presentimento che a Sendai troveremo qualcosa di bello-, sussurrò Yayoi appoggiando la fronte al finestrino.

-Spero non un altro corteggiatore-, sorrise Yoshiko.

L’amica scosse il capo. –Lo spero anch’io. L’esperienza con Masaro è stata abbastanza penosa-, disse, rabbuiandosi in volto.

-Pensi di avere preso la decisione giusta?-, le domandò Sanae.

Yayoi annuì. –Assolutamente sì. Non era giusto illudere Masaro che il nostro rapporto potesse avere un’evoluzione, l’avevo già illuso fin troppo, con quel bacio. L’attrazione fisica che provavo per lui non era sufficiente per instaurare una relazione. O meglio, sarebbe stata sufficiente se il mio cuore fosse stato libero, ma non lo è-.

-Quindi se non ci fosse stato Jun, pensi che Masaro avrebbe avuto qualche possibilità?-, chiese Yoshiko.

L’amica sospirò leggermente. –Forse, ma non voglio pensarci. Le cose sono andate com’era giusto che andassero. Io sono innamorata di Jun, punto e basta. E’ una cosa di cui non ho dubitato neppure per un secondo-, disse con fermezza.

-Chissà cosa staranno facendo i ragazzi in questo momento…-, mormorò Sanae stringendo più forte il volante.

-Credete che ci stiano cercando?-, intervenne Yoshiko.

-Ma…non sanno neppure da che parte cominciare-, obiettò Yayoi.

Sanae annuì. –Yayoi ha ragione. Anche se avessero pensato di venire a cercarci, avrebbero una possibilità su un milione di riuscire a trovarci. Non credo che si siano imbarcati in quest’impresa impossibile-, disse.

-Tu cosa faresti al posto loro, Sanae?Non partiresti alla ricerca dell’uomo che ami anche se ci fosse solo una possibilità su un miliardo di trovarlo?-, domandò Yoshiko.

L’amica abbassò lo sguardo. –Forse…-, sussurrò.

-Io sono sicura che l’avresti fatto. E anch’io…credo che l’avrei fatto-, ribatté la ragazza.

-Quindi secondo te i ragazzi sono da qualche parte in giro per il Giappone alla nostra ricerca?-, chiese Yayoi.

Yoshiko annuì. –Penso sia molto probabile-.

-E questa cosa ti fa piacere?-, chiese ancora l’amica.

La giovane arrossì. –Sì…se fosse vero, sarebbe una bellissima dimostrazione d’amore-, mormorò.

Le due amiche tacquero per un istante, ciascuna persa nei propri pensieri.

-Ma dove potrebbero essere andati?-, disse infine Sanae.

Yoshiko scosse il capo. –Non lo so. Mi stupisco che non abbiano pensato di telefonare a Maki-, rispose.

-Secondo me non ci stanno cercando. Magari ci avranno pensato, ma sono sicura che hanno lasciato perdere-, obiettò Yayoi in tono poco convinto.

-Sei tu la prima a non credere a quello che stai dicendo-, ribatté tranquillamente Yoshiko.

La ragazza chinò la testa, pensierosa. –Hai ragione. E’ dal primo giorno che non faccio altro che chiedermi se lui mi sta cercando. Una parte di me spera che sia così, mentre l’altra…l’altra ha paura di essere trovata. Mi rendo conto che, anche se ci stessero veramente cercando, è praticamente impossibile che ci trovino…ma il pensiero di come dovrei comportarmi se ci trovassero, non mi lascia nemmeno per un attimo-, ammise infine dopo un istante di silenzio.

-Anch’io provo le stesse cose. Da una parte, l’idea che Tsubasa possa essere partito alla mia ricerca mi riempie di gioia, perché significherebbe che sono importante per lui, che occupo almeno uno spazio nel suo cuore. Però, in certi momenti ho paura che se lui mi trovasse, cederei nuovamente ai miei sentimenti e tutto tornerebbe ad essere come prima-, disse Sanae, continuando a guardare la strada.

Yoshiko annuì. –Sono d’accordo con voi. Ma devo ammettere che una simile dimostrazione d’amore…beh, la trovo stupenda, ecco…non so, il pensiero che possano aver fatto una cosa simile per noi mi rende così felice…-, disse sorridendo dolcemente.

-Beh, è meglio non pensarci, ragazze, altrimenti rischiamo di farne un’ossessione-, fece Sanae, scrollando vigorosamente le spalle.

-Hai ragione. Abbiamo già abbastanza problemi a cui pensare-, approvò Yayoi.

Yoshiko non disse nulla. Si limitò ad annuire e, in silenzio, con un’espressione malinconica dipinta sul volto, tornò ad appoggiare la testa al sedile posteriore dell’auto.

 

Sendai, ore 14.30

I ragazzini della squadra di Ryoichi si erano radunati al campo alle 14, come deciso da Tsubasa. Insieme al loro allenatore e ai suoi due amici, avevano discusso un po’ di tattica, e stabilito alcune mosse da utilizzare nel corso della partita. I giovani calciatori erano rimasti sorpresi dall’abilità di Tsubasa: non solo era un grande allenatore, ma anche uno straordinario tecnico. E i suoi due amici non erano certo da meno: Misugi, che era un vero e proprio genio per quanto riguardava la tecnica, aveva spiegato loro per filo e per segno la trappola del fuorigioco, mentre Matsuyama aveva parlato ai ragazzini dell’importanza del gioco di squadra e della collaborazione tra compagni.

Terminata la discussione, i piccoli atleti avevano cominciato il riscaldamento, sotto lo sguardo attento dei tre mister. Erano evidentemente pieni di entusiasmo e di voglia di vincere. Alle 14. 30 arrivarono al campo anche gli avversari, che camminavano in fila dietro ai due leader, Keiichi e Shuji Nakagawa. Keiichi era il più grande, un ragazzo di circa quattordici anni, alto, snello e ben proporzionato. Aveva i capelli neri un po’ lunghi raccolti in un codino, gli occhi neri e sfavillanti e la carnagione bianchissima. Shuji, coetaneo di Ryoichi e di Yukina, era alto quanto il cugino, ma fisicamente più robusto. Aveva spalle larghe, braccia muscolose e gambe ben tornite. I capelli neri gli arrivavano appena sotto le orecchie, ed erano tenuti indietro da un cappellino rosso, gli occhi leggermente a mandorla erano scuri e luminosi, e anche la carnagione era piuttosto scura. Si fermarono di fronte a Ryoichi e Tatsuya con aria di sfida.

-Buongiorno, ragazzi. Spero che siate pronti per la nostra sfida-, disse Keiichi in tono di superiorità, squadrando il numero dieci avversario dall’alto in basso.

Ryoichi gli rispose con un sorriso luminoso e vivace. – Puoi giurarci, ci siamo allenati come non mai!Anzi, lascia che ti presenti i nostri tre nuovi allenatori-, rispose, con la voce che tradiva la sua allegria.

-Allenatori? Avete un allenatore, anzi, addirittura tre?-, replicò Shuji in tono beffardo.

Tatsuya annuì, gongolante. –E che allenatori!-, esclamò.

-Eccoli, sono lì, dietro di voi-, disse Ryoichi, indicando ai due avversari Tsubasa, Jun e Hikaru.

Shuji e Keiichi si voltarono rapidamente, e lanciarono una rapida occhiata nella direzione indicata dal ragazzino. Il loro sguardo, inizialmente sarcastico e distratto, si fece attento, quando notarono nei tre ragazzi alti  e ben piantati di fronte a loro qualcosa di familiare. Poi Keiichi strabuzzò gli occhi.

-Non ci posso credere!-, esclamò incredulo, portandosi una mano alla bocca.

-Perché, chi sono?-, domandò il cugino senza capire.

-Imbecille!Guardali meglio!-.

Shuji osservò i tre amici con maggiore attenzione, e tutt’un tratto sbiancò violentemente. –No!Non possono essere loro!-, esclamò.

-Shuji, Keiichi, vi presento Tsubasa Ozora, Jun Misugi e Hikaru Matsuyama. Immagino che avrete già sentito parlare di loro-, disse Ryoichi in tono beffardo, avvicinandosi a Tsubasa. –Ragazzi, questi sono Shuji e Keiichi Nakagawa, portiere e attaccante della squadra avversaria-.

-Piacere di conoscervi, ragazzi-, disse Tsubasa rivolgendo loro un simpatico sorriso.

-Oh mio Dio…per me è un onore!-, esclamò Shuji avviandosi di gran carriera in direzione del giovane,ma Keiichi lo fermò tirandolo per la maglia.

-Sei impazzito?-, gli ringhiò contro.

-Ma Keiichi…sai che i calciatori della nazionale sono i miei idoli…e abbiamo l’occasione di conoscere tre di loro, tra cui il nostro grande capitano! E non tirarmi così!-, replicò Shuji liberandosi bruscamente dalla stretta del cugino.

-Adesso sono gli allenatori dei nostri avversari, quindi, finchè non finisce la partita, sono nostri rivali anche loro. Una volta terminato l’incontro, andremo a conoscerli immediatamente-, ribatté Keiichi con fermezza, fissando il cugino con espressione determinata.

-Già…non hai tutti i torti-, ammise il cugino. –Ok, rimandiamo tutto a dopo-, disse, lanciando a Tsubasa e agli altri un sorriso d’intesa.

-Sorellina…era questa la sorpresa a cui avevi accennato ieri sera?Quando mi hai detto che Ryoichi e gli altri avevano una grossa sorpresa in serbo per noi?-, domandò Keiichi rivolgendosi alla sorella.

Yukina annuì con un sorriso. –Sì. Solo che avevo promesso di non rivelarti quale fosse prima di oggi-, replicò.

Keiichi sospirò, ed emise una breve risata. Poi si voltò verso Ryoichi, con una luce diversa negli occhi. –Ammetto che avete fatto un bel colpo, e poi dovrete spiegarmi cosa ci fanno loro qui. Ma non crediate di spaventarci: anche se vi hanno allenato il grande capitan Tsubasa e i suoi amici, noi riusciremo a battervi comunque-, disse in tono di sfida.

Ryoichi ricambiò il suo avversario con un bel sorriso di sfida. –Questo lo credi tu, Keiichi. Non siamo gli stessi dell’altra volta, e te lo dimostreremo-, replicò.

Keiichi ridacchiò. –L’altra volta sei stato bravo, sei riuscito a segnare un gol a Shuji. Ma questa fortuna non si ripeterà una seconda volta-.

-Stavolta gliene segnerò almeno due-, disse il ragazzino con convinzione.

-Non te lo permetterò mai, ragazzino-, intervenne Shuji fissandolo torvo.

-Ragazzi, anziché continuare a sfidarvi a parole, che ne dite di cominciare la partita?-, intervenne Tsubasa avvicinandosi ai tre contendenti.

-Io sono d’accordo-, esclamò allegramente Ryoichi.

-Non vedo l’ora-, dissero sia Keiichi che Shuji.

-Perfetto, allora. Io sarò l’arbitro. Spero che vi fidiate della mia imparzialità-, disse il giovane, prendendo il fischietto che gli porgeva Yukina.

-Naturalmente-, disse Keiichi.

-D’accordo, allora. Tutti in campo!-, esclamò il capitano della nazionale giapponese.

I ragazzini non se lo fecero ripetere due volte, e corsero a schierarsi ciascuno nella propria posizione. Shuji, con calma e freddezza, raggiunse la porta alla sinistra di Tsubasa, e vi si posizionò infilandosi lentamente i guanti e sistemandosi il cappellino sulla testa. Tatsuya, sistematosi nella porta di destra, iniziò a saltellare nervosamente per allentare la tensione. Accanto all’arbitro rimasero solo i due capitani, per procedere al lancio della monetina.

-Testa o croce?-, domandò Tsubasa rivolto a Keiichi.

-Testa-, disse risolutamente il ragazzino.

Il giovane lanciò in aria la moneta. –Testa. Il calcio d’inizio è vostro-, disse, mostrando la moneta ai due calciatori.

Entrambi andarono ad occupare le rispettive posizioni in campo. Keiichi si posizionò sul cerchio di centrocampo, accanto ad un compagno di squadra, in attesa del fischio d’inizio.

Tsubasa lanciò una rapida occhiata ai suoi due amici, seduti sulla panchina accanto a Kasumi e Yukina, che erano visibilmente tese ed emozionate, e alle due squadre posizionate in campo. Poi fischiò. La partita era iniziata.

 

Per strada, ore 15

Sanae e le altre erano ormai a buon punto del loro viaggio. Tra circa un’ora sarebbero state a Sendai. La stanchezza cominciava effettivamente a farsi sentire, nonostante si fossero fermate oltre un’ora per pranzo. Sanae non ne poteva più di guidare, e anche le altre cominciavano ormai a sentirsi i muscoli tesi e indolenziti.

-Sanae, vuoi riposare un po’? E’ da stamattina che guidi-, disse Yayoi preoccupata, gettando una rapida occhiata al volto pallido e tirato dell’amica.

La ragazza annuì. –Effettivamente sì-, ammise.

-Potremmo fermarci un po’ nella prossima città-, propose Yoshiko. –Anch’io avrei bisogno di sgranchirmi un po’-.

-Sono d’accordo. Tu che ne dici, Sanae?-, approvò Yayoi.

-Per me va benissimo, ho proprio bisogno di riposarmi almeno una mezz’oretta. Tra venti minuti circa dovremmo arrivare a Koriyama, potremmo fermarci lì-, propose la ragazza dopo un’occhiata alla cartina.

Le due amiche approvarono la proposta. Sanae tenne d’occhio con attenzione i cartelli stradali, e appena vide la scritta “Koriyama” svoltò nella direzione che le veniva indicata.

 

Sendai, ore 15

Erano passati circa 15 minuti dall’inizio della partita, e il risultato era ancora fermo sullo zero a zero. Subito dopo il calcio d’avvio, la squadra di Keiichi aveva cominciato ad attaccare furiosamente. Il giovane attaccante era determinato e grintoso, e le sue movenze feline ricordarono a Tsubasa quelle di Kojiro Hiyuga, il suo più grande rivale di sempre. Già al secondo minuto un suo tiro violentissimo aveva messo seriamente i brividi a Tatsuya, ma fortunatamente era finito alto sopra la traversa. Keiichi ci aveva riprovato subito dopo, ma stavolta Tatsuya era stato bravo a intercettare il tiro e a respingerlo con i pugni. La squadra di Ryoichi era sottoposta ad un vero e proprio assedio, i difensori erano stremati e anche la resistenza di Tatsuya era stata messa a dura prova. Ryoichi arretrava più che poteva per dare una mano a difesa e centrocampo, ma i tre campioni si rendevano conto fin troppo bene della superiorità della squadra avversaria. Keiichi e i suoi compagni superavano gli altri per tecnica, forza fisica e spirito combattivo, e la buona volontà di Ryoichi non riusciva a compensare tutte le ingenuità che, purtroppo, i compagni del centrocampo continuavano a commettere, perdendo palla con troppa facilità e concedendo troppi spazi agli avversari. Il primo attacco di Ryoichi fu soltanto al quattordicesimo. Sull’ennesimo attacco di Keiichi, che aveva rubato palla con la consueta grinta a centrocampo e aveva superato tre avversari come fossero birilli, i ragazzi furono bravissimi ad applicare la trappola del fuorigioco spiegata da Jun. Sul calcio di punizione, un lungo lancio attraversò tutto il campo e raggiunse Ryoichi, che l’agganciò con destrezza e si avviò verso l’area avversaria veloce come un fulmine. Giunto all’altezza del dischetto del rigore, fece partire un tiro potentissimo, diretto esattamente verso l’angolino alla sinistra del portiere. Sembrava fatta, ma non aveva fatto i conti con la bravura di Shuji Nakagawa, che con un gran colpo di reni riuscì a raggiungere il pallone e ad afferrarlo con presa sicura.

Ryoichi, demoralizzato, si lasciò cadere a terra, mentre Shuji lo fissava con espressione trionfante.

-Ora tocca a te, cugino!-, gridò il portiere, effettuando un rinvio lungo e preciso che terminò direttamente sui piedi di Keiichi Nakagawa.

Il ragazzo afferrò la palla al volo e cominciò a correre a grande velocità in direzione della porta difesa da Tatsuya, mentre la difesa, che era avanzata a supporto dell’attacco di Ryoichi, cercava disperatamente di tornare indietro. Keiichi superò in dribbling due avversari senza la minima difficoltà e , giunto proprio al limite dell’area, fece partire un violento missile che si insaccò nell’angolino alla sinistra di Tatsuya, che era rimasto a guardarlo immobile, come inebetito.

Nakagawa esultò trionfante, festeggiato da tutti i compagni che gli corsero incontro e lo sommersero di abbracci. Tatsuya si inginocchiò a terra e diede un gran pugno nel terreno, tremando per la rabbia, mentre Ryoichi, rattristato, guardava con occhi tristi e colpevoli in direzione di Tsubasa.

Dopo aver fischiato per convalidare il gol di Keiichi, Tsubasa si avvicinò a Ryoichi e gli diede una pacca sulla spalla.

-Coraggio, la partita non è ancora finita-, gli disse con un sorriso.

Il ragazzino ricambiò il sorriso, e corse verso il cerchio di centrocampo incitando i compagni a non arrendersi e ripetendo loro le parole di Tsubasa.

In panchina intanto, Hikaru e Jun tentavano di tirare su il morale a Kasumi e Yukina, che erano rimaste profondamente deluse dal gol di Keiichi.

-Non rattristatevi, ragazze, la partita è appena cominciata-, disse Misugi tranquillamente, mettendo una mano sulla spalla di Yukina.

-E’ vero. Noi ci siamo trovati in svantaggio tantissime volte-, aggiunse Matsuyama.

Le due ragazzine fecero un sorriso tirato. –E’ vero, ma…i precedenti non sono dei migliori-, disse Kasumi sconsolata.

Hikaru le diede un buffetto sulla guancia. –Andiamo, non fate quei musi lunghi! Dovete essere ottimiste se volete fare il tifo per i vostri amici!-, disse in tono confortante.

Yukina si asciugò una lacrimuccia che le era scesa su una guancia e, sorridendo, annuì. –Avete ragione-, disse piano, prima di ricominciare a gran voce ad incitare Ryoichi e i suoi compagni.

La situazione però non sembrava migliorare affatto, per i ragazzini. I tiri di Ryoichi venivano immancabilmente parati da Shuji Nakagawa, mentre Keiichi faceva letteralmente impazzire la difesa avversaria e costringeva Tatsuya a fare salti mortali per impedire una goleada. Ma anche la bravura e la caparbietà del giovane portiere non riuscirono ad impedire che, al trentesimo minuto di gioco, Keiichi raddoppiasse con un inafferrabile, stupendo pallonetto, che suscitò l’ammirazione di Tsubasa stesso.

I compagni di Ryoichi, profondamente demoralizzati, caddero seduti sul terreno di gioco mentre Tatsuya, furibondo per non essere riuscito a impedire il gol di Nakagawa, prendeva a calci il palo della porta. Ryoichi, pur sentendosi anch’egli triste e sfiduciato, non aveva però intenzione di arrendersi. Si erano allenati duramente per quella partita, sacrificando anche tanti momenti di svago e divertimento. Avevano potuto contare sulla collaborazione di tre campioni della nazionale giapponese. Non potevano buttare tutto al vento così. Forse vincere la partita era impossibile, Keiichi e Shuji Nakagawa erano troppo forti per loro, erano di un altro pianeta. Ma non dovevano cedere, non con ancora un’ora di partita da giocare.

-Forza, ragazzi, tutti in piedi! E tu calmati, Tatsuya. C’è ancora un’ora da giocare, vogliamo già arrenderci? Tutta la fatica che abbiamo fatto, e l’aiuto dei ragazzi, vogliamo gettarli via così?-, disse a gran voce, guardando i compagni uno ad uno.

-Ma Ryoichi…loro sono troppo forti per noi…Shuji ha parato tutti i tuoi tiri, mentre Keiichi…nessuno di noi è in grado di marcarlo-, obiettò tristemente Tatsuya, guardandosi la punta dei piedi.

-Non credevo fossi un simile coniglio, Tatsuya. Credevo ci tenessi quanto me a fare una bella gara-, lo rimproverò il ragazzino in tono deluso.

-Non sono un coniglio! Ma guardiamo in faccia la realtà, non abbiamo speranza di vincere!-, obiettò il portiere, irritato.

-Anche se ci fosse una speranza su un milione dobbiamo lottare! Lottare fino in fondo, con tutte le nostre forze! E crederci, credere in noi, nelle nostre possibilità!-, gridò Ryoichi, tremando leggermente.

Tsubasa si avvicinò al ragazzino, e gli appoggiò una mano sulla spalla. –Ryoichi ha ragione, ragazzi-, disse tranquillamente, guardando i giovani calciatori.

-Coraggio, alzatevi, lottate!-, incitarono Yukina e Kasumi dalla panchina.

Ryoichi si avvicinò a Tatsuya e gli porse la mano per aiutarlo a rialzarsi. – Non cedere, amico-, gli disse.

Tatsuya lo guardò per un lungo istante, pensieroso, poi annuì. –Hai ragione, Ryoichi. Lottiamo-, rispose, e si sorrisero.

Tutta la squadra ricominciò a lottare con maggior vigore e convinzione. Ryoichi assunse personalmente il compito di marcare Keiichi, e riuscì ad impedirgli varie volte di arrivare al tiro. Peccato che i tentativi di gol del ragazzino continuassero ad essere sistematicamente sventati dalle incredibili parate di Shuji Nakagawa. Tsubasa dovette riconoscere che era davvero forte, e aveva gran classe negli interventi. Al pari di Ryoichi e Keiichi, aveva un grande futuro davanti.

Il primo tempo si chiuse sul 2 a 0 per la squadra dei Nakagawa, ma Ryoichi e i suoi compagni  non avevano la minima intenzione di gettare la spugna. Avrebbero lottato fino in fondo, qualunque fosse stato il risultato.

Al quindicesimo minuto del secondo tempo, Keiichi, con una serie di finte geniali, riuscì a liberarsi dalla marcatura di Ryoichi, e a tirare in porta, decisissimo a segnare. Il tiro era potentissimo, un vero e proprio bolide. Il ragazzo lo osservò dirigersi verso la porta difesa da Tatsuya con aria trionfante, certo che sarebbe stato il suo terzo gol. Anche Ryoichi, la disperazione negli occhi, seguì la traiettoria del pallone pregando silenziosamente che non entrasse.

Tatsuya superò se stesso. Si gettò in direzione del tiro come una furia e riuscì ad allontanare la palla di pugno. La gioia dei suoi compagni esplose. Questa magnifica parata li rinvigorì ulteriormente, e dieci minuti dopo Ryoichi accorciò le distanza con una bellissima rete, un pallonetto simile a quello tirato prima da Nakagawa che beffò sornione il tuffo di Shuji. Il portiere avversario, furioso per essere stato superato, diede un pugno rabbioso sul terreno, e poi lanciò un’occhiata assassina al giovane goleador, che stava correndo al centro del campo per festeggiare la rete insieme ai compagni, gridando la propria esultanza con tutto il fiato che aveva in corpo. Keiichi Nakagawa si avvicinò al cugino, e lo aiutò a rialzarsi, poi gli diede una pacca sulla spalle incitandolo a non prendersela troppo. –Vinceremo noi comunque-, disse convinto, guardando Ryoichi con occhi fiammeggianti.

La panchina esplose di gioia al gol di Ryoichi. Kasumi e Yukina saltarono in piedi e si abbracciarono esultanti, con le lacrime agli occhi, senza riuscire a smettere di gridare e ballare per la felicità, mentre Jun e Hikaru sorrisero compiaciuto, scambiandosi un’occhiata d’intesa con Tsubasa, che intanto si congratulava con il giovane attaccante facendogli il segno di ok con la mano.

La partita riprese in un clima completamente mutato. La squadra dei Nakagawa faticava a digerire il gol subito, in particolare Shuji, che appariva ancora evidentemente furioso, mentre quella di Ryoichi era stata completamente rinvigorita dalla rete segnata, ed attaccava con rinnovato impegno ed entusiasmo.

Keiichi, con rabbia, rubò palla a centrocampo dai piedi di un avversario e si involò, rapido come un fulmine, verso la porta difesa da Tatsuya, deciso a segnare a tutti i costi. I suoi occhi erano accesi dalla luce della vittoria. Entrò dentro l’area con la solita sicurezza, e lì si ritrovò a fronteggiarlo Ryoichi, anch’egli con un’espressione battagliera dipinta in volto.

-Togliti di mezzo-, gli intimò Nakagawa in tono rabbioso, cercando di dribblarlo.

-Scordatelo-, replicò Ryoichi nello stesso tono, senza staccarglisi di dosso.

I due continuarono a fronteggiarsi per qualche minuto, tra le grida di incitamento dei compagni, mentre Tsubasa osservava con attenzione la scena a pochi passi da loro. Poi, con una mossa fulminea, Ryoichi riuscì a togliere la palla dai piedi del rivale, e a ripartire con uno scatto velocissimo in direzione della porta avversaria.

Keiichi imprecò, e cominciò a correre più forte che poteva inseguendo l’avversario, che si stava dirigendo verso l’area a tutta velocità. Rapido come una saetta, il ragazzino entrò in area, trovandosi nuovamente faccia a faccia con Shuji. Keiichi, rendendosi conto di non riuscire più a raggiungerlo, tentò di fermarlo intervenendo con una scivolata da dietro, ma Ryoichi se ne accorse e lo saltò con grande abilità. Poi ricadde a terra e, al volo, fece partire un tiro forte e preciso in direzione della porta. I compagni e le due manager seguirono la traiettoria del tiro col fiato sospeso, e lo osservarono volteggiare elegantemente in area dirigendosi come un fulmine verso il sette alla sinistra del portiere. Ma Shuji Nakagawa, con un poderoso colpo di reni, si distese alla sua sinistra e riuscì a respingere il pallone di pugno, allontanandolo in calcio d’angolo.

Ryoichi fece una smorfia, mentre Tatsuya imprecava e gli altri compagni esprimevano rumorosamente la propria delusione. Keiichi Nakagawa tirò un sospiro di sollievo, e fece col capo un cenno d’approvazione al cugino.

Mancavano quindici minuti alla fine dell’incontro, e la squadra di Ryoichi si era piazzata quasi tutta nell’area avversaria, sperando di sfruttare al meglio l’occasione propizia del corner. Ma sul tiro fu più rapido Shuji, che anticipò Ryoichi e allontanò il pallone di piede, lanciandolo in direzione del cugino, che attendeva immobile appena fuori dall’area. Keiichi agganciò il pallone e iniziò a correre rapidamente, inseguito da tutti gli avversari che cercavano disperatamente di rientrare in tempo nella propria metà campo. Scartò con una mossa felina i due difensori rimasti a guardia della propria area, e giunto all’altezza del dischetto del rigore fece partire una delle sue micidiali cannonate.

-Questo è il terzo!-, gridò, mettendo tutta la sua forza nel tiro.

-Siamo perduti!-, esclamò Kasumi dalla panchina coprendosi gli occhi, mentre Yukina si limitò a mordersi le labbra, tenendo però lo sguardo fisso sulla propria porta.

Tatsuya fece un altro miracolo, riuscendo a spedire la palla sopra la traversa. Il numero otto avversario andò a battere il tiro dalla bandierina, cercando di effettuare un preciso traversone che pescasse la testa di Keiichi, ma il portiere fu nuovamente bravissimo ad intervenire sul pallone di pugno e allontanarlo dalla propria area, dove un compagno lo recuperò cominciando ad avanzare. La squadra venne avanti compatta, con passaggi rapidi e precisi, nonostante l’intenso pressing operato dagli avversari. Mancavano cinque minuti.

-Forza, ragazzi, dobbiamo assolutamente pareggiare!-, incitò Tatsuya dalla propria porta.

Keiichi si fece sotto, ma l’avversario riuscì ad evitare il suo intervento passando la palla ad un compagno. La squadra aveva superato la metà campo. Mancavano quattro minuti.

-Non potete fallire, non potete!-, incitò Yukina in tono supplichevole, guardando Ryoichi con apprensione. Il ragazzino si trovava nell’area avversaria, ed era marcato strettamente da due avversari.

I suoi compagni intanto erano arrivati al limite dell’area, ma il possessore di palla si rese conto che era praticamente impossibile riuscire a passare la palla al capitano senza che intervenissero i suoi marcatori. Senza sapere cosa fare, i ragazzini continuarono a passarsi la palla a vicenda. Mancavano tre minuti.

-Passate la palla a Ryoichi!-, gridò Kasumi, agitandosi nervosamente.

Ryoichi intanto si guardava intorno come una belva in gabbia, cercando disperatamente un modo di sottrarsi alla tenaglia dei due avversari, che non gli lasciavano un solo centimetro di spazio. Shuji Nakagawa osservava la scena con un sorrisetto beffardo sul volto, mentre Keiichi, poco distante, aspettava il momento giusto per intervenire e sottrarre la palla agli avversari. Mancavano due minuti.

-Non arrenderti, Ryoichi!-, disse piano Tsubasa, guardando il ragazzino dritto negli occhi.

Finalmente, uno dei compagni si decise, e lasciò partire un cross in direzione del capitano, che saltò per cercare di colpire la palla di testa. Subito anche i due marcatori saltarono, ma Ryoichi era partito con anticipo e riuscì ad anticiparli. Stava per aggiustarsi la palla sul piede per tirare, quando sentì il rumore di qualcuno che si avvicinava in tackle. Istintivamente lo evitò, e quando si girò vide di fronte a sé Keiichi Nakagawa. Mancava un solo minuto al fischio finale.

-Non segnerai-, sibilò Keiichi, cercando di togliere la palla al rivale.

I due ingaggiarono l’ultimo duello del match, una lotta all’ultimo sangue. Ryoichi era abilissimo ad evitare gli interventi dell’avversario, ma Keiichi non voleva saperne di arrendersi, e seguiva i movimenti del rivale passo passo, senza dargli modo di liberarsi dalla sua serrata marcatura. Ryoichi si spostava verso destra, e subito Keiichi lo imitava. Ryoichi si spostava verso sinistra, ed ecco Keiichi pronto a seguire il suo movimento. Non c’era via d’uscita. Mancavano trenta secondi.

-Devo farcela assolutamente-, pensò il ragazzino concentratissimo, mentre un rivolo di sudore gli scorreva lungo una guancia. Doveva farlo per i suoi compagni, che si erano allenati duramente per questa sfida, per le manager che li stavano sostenendo, e anche per Tsubasa e i suoi amici che li avevano allenati e aiutati. Non poteva cedere a Keiichi Nakagawa. E allora decise di tentare il tutto per tutto.

Fintò un dribbling verso destra. Keiichi, rapido, si spostò verso destra seguendo il movimento dell’avversario, ma in un istante si rese conto di essere caduto in trappola. Ryoichi, veloce come un fulmine, scattò sulla sinistra, oltrepassando l’avversario. Poi il ragazzino si aggiustò la palla sul piede, preparandosi al tiro. Nakagawa imprecò.

-Parala, Shuji, ti prego!-, gridò, osservando con apprensione crescente la traiettoria della palla.

Shuji si tuffò in direzione del tiro con tutte le sue forze, distendendosi più che poteva. Sfiorò la palla con le dita…per un istante sembrò quasi bloccarla ma poi…la sfera lo oltrepassò e, lentamente, come in una scena al rallentatore, andò ad insaccarsi nella rete, proprio nell’angolino alla sinistra del portiere.

In quel momento, Tsubasa fischiò la fine della partita.

Sul campo cadde un silenzio pesantissimo. I giocatori della squadra di Ryoichi guardavano allibiti la palla infilata nella rete, incapaci di credere che fosse entrata veramente, ancora troppo increduli e meravigliati per esultare. Increduli e sconcertati erano anche i compagni dei Nakagawa, che scuotevano la testa incapaci di accettare quanto era accaduto.

Keiichi era in ginocchio nella propria area di rigore, e batteva nervosamente i pugni contro il terreno di gioco, furioso con se stesso per essersi fatto superare da Ryoichi. Il primo a riprendersi fu Shuji. Il giovane portiere si rialzò, pulì il cappellino macchiato d’erba e si avvicinò al rivale, tendendogli la mano con un sorriso.

-Complimenti-, gli disse.

Ryoichi sorrise, e sul suo volto si dipinse un’espressione di felicità assoluta, di incontenibile esultanza. Si voltò verso i compagni, e finalmente il grido che aveva nel cuore prese forma.

-GOOL!-, esclamò felice, correndo verso i compagni.

-GOOOOL!-, esclamarono a loro volta gli altri, correndo verso di lui. Si gettarono sul loro capitano abbracciandolo con esultanza, e rotolarono a terra ridendo e gridando estasiati. Tatsuya arrivò dalla sua porta e si gettò su di loro, urlando tutta la sua felicità.

Sulla panchina le manager stavano saltando felicissime, con gli occhi colmi di lacrime di gioia. Anche Hikaru e Jun erano contenti, e osservavano sorridendo i festeggiamenti dei ragazzini. Se l’erano proprio meritato questo pareggio, avevano faticato così tanto per ottenerlo!

Shuji si avvicinò al cugino, e gli mise una mano sulla spalla. Stava sorridendo.

-Bella partita, Keiichi-, gli disse.

Il ragazzo annuì. –Già. Hanno meritato il pareggio-, rispose, guardando Ryoichi con ammirazione.

-Già-, disse Shuji pensieroso. –Forza, ora che è finita possiamo andare a chiedere un autografo a Tsubasa-, aggiunse, cominciando a correre in direzione del giovane calciatore.

-Ehi! Anch’io voglio l’autografo del capitano!-, esclamò Keiichi ritrovando il sorriso, e rincorrendo il cugino.

 

Koriyama, ore 17.30

Sanae, Yayoi e Yoshiko avevano trascorso il pomeriggio a Koriyama. Appena arrivate, dopo aver parcheggiato l’auto, si erano recate in una sala da tè della cittadina, e avevano trascorso più di un’ora lì a bere, mangiare e riposarsi. Erano stanchissime per il viaggio e per tutte le emozioni che erano capitate loro nei giorni appena trascorsi. Avevano bisogno di concedersi un break sia fisico che mentale prima di raggiungere Sendai, la prossima meta del loro viaggio. Avevano bisogno di staccare la spina dal pensiero costante che le aveva accompagnate da quando avevano lasciato Okinawa, ovvero se dovevano tornare a casa e parlare dei propri problemi con i ragazzi, oppure proseguire nel proprio viaggio finchè non si fossero sentite pronte ad affrontarli. Avevano cercato di trascorrere un’ora come se fossero tre normali ragazze in viaggio di piacere, senza nessun problema per la testa e con l’intenzione di divertirsi e godersi la vita. Avevano chiacchierato di argomenti il più futile possibili, riso e scherzato, pur essendo ben consapevoli che stavano solamente indossando una maschera e cercando di fingere che tutto andasse bene. Poi, finito di bere il tè, avevano fatto una passeggiata per la cittadina, e lì erano rimaste per tutto il tempo in silenzio, persa ognuna nei propri pensieri, osservando distrattamente le vie, i negozi e i monumenti di Koriyama ma senza praticamente vederli.

Erano circa le 17 quando Sanae, dopo aver dato una rapida occhiata all’orologio, aveva suggerito che era meglio tornare alla macchina e ripartire, e le due amiche erano state d’accordo con lei. Ed eccole ora di nuovo per strada, in viaggio.

-Ehi!-, esclamò Sanae a un certo punto, sentendo un tonfo provenire dal retro dell’automobile e accorgendosi di stare sbandando verso sinistra.

-Cosa succede?-, chiese Yoshiko, che nel frattempo si era assopita sul sedile posteriore, svegliandosi di scatto e sollevandosi a sedere.

-Sanae, stai sbandando!-, esclamò preoccupata Yayoi.

-Non capisco, la macchina è instabile-, mormorò la ragazza, frenando bruscamente e accostando. Inserì la freccia d’emergenza, e scese dall’automobile, mentre le due amiche abbassavano il finestrino. Fece un giro intorno all’auto per controllare la situazione, e capì subito qual era il problema. La ruota posteriore destra si era bucata, ed era evidentemente afflosciata e malconcia.

-Maledizione!-, esclamò, chinandosi per esaminare il danno con maggiore attenzione.

-Che succede?-, domandò Yoshiko, infilando la testa fuori dal finestrino.

-Si è bucata una ruota-, rispose Sanae, irritata.

-Sai come cambiarla, vero?-, chiese Yayoi con una nota speranzosa nella voce.

-Sì, credo di sì-, disse l’amica, e andò ad aprire il cofano dell’auto per trovare la ruota di scorta e il cric per cambiarla. Niente. Andò a vedere nel portabagagli, sperando che si trovasse lì. Niente.

-Non è possibile!-, esclamò sconcertata, mettendosi le mani nei capelli.

-Cosa succede?-, si allarmò immediatamente Yayoi.

-Non abbiamo la ruota di scorta-

 

La partita è finita, e Ryoichi e i suoi compagni manterranno la promessa di accompagnare Tsubasa e gli altri in giro per Sendai alla ricerca delle ragazze. Ma se fosse Ryoichi il prossimo ad avere problemi d’amore? Intanto, le ragazze saranno soccorse da tre vecchie conoscenze…che proporranno loro di continuare il viaggio insieme. Chi saranno questi tre nuovi personaggi? E cosa accadrà ancora in questo viaggio?

Per saperne di più, e per vederne davvero delle belle, non perdetevi il nono capitolo di “ON THE ROAD”!

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Capitolo 9
*** Sorprese ***


ON THE ROAD

 

CAPITOLO NOVE: SORPRESE

So che avevate quasi perso le speranze di leggerlo....ma eccolo qui!!! scusate se ci ho messo una vita a finirlo, ma la mia ispirazione scarseggiava, e non volevo rischiare di rovinare la fanfic con un capitolo buttato giù affrettatamente....spero che vi piaccia! ^____^

aspetto i vostri commenti! un bacione Gemini82

 

Koriyama, ore 19

 

Le tre ragazze erano nella disperazione più completa. Sanae aveva rovistato l'auto in lungo e in largo, ma della ruota di scorta non c'era nemmeno l'ombra. Né nel cofano, né nel portabagagli, né da nessun'altra parte. La strada era tranquilla e poco trafficata, e in oltre un'ora non era ancora passata nessuna macchina. Stava iniziando a farsi buio e le tre amiche, chiuse nell'auto con la sicura inserita e in preda allo sconforto, cominciavano a sentirsi piuttosto inquiete. Passare la notte in macchina in quella strada buia e deserta non era certo una prospettiva allettante. Ma non era nemmeno possibile mandare una di loro da sola in cerca di aiuto, o partire in due lasciando un'amica sola in macchina.

-Cerchiamo di fare il punto della situazione-, disse Sanae sospirando e passandosi una mano nei capelli scuri.

-C'è poco da fare il punto. Siamo bloccate in una strada praticamente deserta, tra poco sarà notte e siamo senza ruota di scorta. Non abbiamo idea di dove andare a cercare aiuto, e rischiamo di fare la muffa in questo posto prima che passi qualcuno-, replicò Yayoi con voce insolitamente stridula.

-Dobbiamo mantenere la calma, innanzitutto-, intervenne Yoshiko cercando di tranquillizzare l'amica.

-Già. Potrebbe sempre passare qualcuno-, disse Sanae speranzosa, guardando fuori dal finestrino.

Come se la preghiera della ragazza l'avesse richiamata, comparve un'automobile lungo la strada. Sanae la vide e, esultando in cuor suo, suonò furiosamente il clacson per fare in modo che gli occupanti dell'automobile si accorgessero di loro.

La macchina, un'elegante fuoriserie di marca straniera, iniziò a rallentare, accostò e si fermò proprio di fronte al macinino delle tre ragazze. La portiera si aprì, e ne scese un ragazzo alto e biondo,chiaramente straniero, che indossava un paio di jeans chiari, una polo blu a maniche corte e un paio di occhiali con le lenti colorate.

-Sembra una faccia familiare-, pensò Sanae, mentre si apprestava a scendere dall'auto per andare ad esporre al giovane salvatore il suo problema.

-Grazie per essersi fermato...-, esordì la ragazza, ma le parole le morirono in gola quando il ragazzo si tolse gli occhiali da sole e lei riconobbe...Karl Heinz Schneider.

-Schneider!-, esclamò meravigliata.

Anche il ragazzo la osservò con stupore. -Ma tu sei...la manager della nazionale giapponese-, disse, in giapponese un po' stentato ma abbastanza corretto.

-Sì, sono Sanae Nakazawa. E' una sorpresa vederti da queste parti-, proseguì Sanae ancora stupita.

-Sono in vacanza con amici. Desideravamo tanto vedere il vostro paese-, spiegò Karl, lanciando un'occhiata alla macchina della giovane sul ciglio della strada. -Problemi con la macchina?-, chiese.

-Oh sì, quasi me ne dimenticavo! Ecco, vedi...mi si è bucata una ruota e non ho la ruota di scorta-, spiegò velocemente la ragazza, ma si interruppe quando vide l'espressione interrogativa del giovane tedesco. Si rese conto di aver parlato troppo rapidamente, e che probabilmente Karl non aveva capito una sola parola.

-Non ho ben capito, scusa-, disse infatti Schneider, continuando a squadrarla con attenzione. Gli sembrava diversa rispetto alla ragazza che aveva visto ai mondiali, gli sembrava, come dire...cambiata. Con quei pantaloncini corti e quel top rosso fuoco, la treccia e un leggero filo di trucco sul viso era molto carina. Si distolse da quei pensieri dandosi dello stupido, e ascoltò attentamente la spiegazione che Sanae, parlando lentamente e scandendo ogni singola parola, gli stava ripetendo.

-Dove andavate?-, chiese infine il ragazzo.

-Stavamo andando a Sendai-, rispose Sanae, mentre le due amiche seguivano attentamente la scena dall'automobile. Non erano ancora riuscite a distinguere chiaramente il volto del giovane che si era fermato ad aiutarle, avevano solo notato i capelli biondi e l'auto straniera, e pensavano quindi che fosse uno straniero. Poi Karl si spostò in direzione del cofano per controllare di nuovo che la ruota non ci fosse, e Yoshiko si lasciò sfuggire un'esclamazione di stupore quando lo riconobbe.

-Schneider!-, disse, portandosi una mano alla bocca.

-Schneider?-, ripeté Yayoi in tono interrogativo, osservando il ragazzo con più attenzione. -E' davvero lui!-, esclamò infine.

-Ma che ci fa da queste parti?-, proseguì l'amica.

-Non ne ho la più pallida idea. Chissà se è solo-, disse Yayoi.

In quel momento, come se avessero udito la sua domanda, altri due ragazzi scesero dalla elegante fuoriserie di Schneider. Erano entrambi alti, atletici e piuttosto muscolosi, con capelli e occhi chiari. Le due ragazze riconobbero immediatamente Franz Schuster e Stefen Levin. Schuster era il regista del Werder Brema, ed era compagno di squadra di Schneider nella nazionale tedesca, Levin invece era il capitano della nazionale svedese, ed era appena entrato a far parte del Bayern Monaco, la squadra in cui giocava Karl e di cui suo padre era l'allenatore.

Schuster, in tedesco, domandò qualcosa a Schneider, che gli rispose con un sorriso. Dopodiché, il giovane chiuse il cofano dell'auto e si rivolse nuovamente a Sanae.

-Noi possiamo darvi passaggio fino Sendai. Stavamo andando lì-, disse in giapponese stentato.

-Davvero? Sarebbe molto gentile da parte vostra. Ma...come facciamo con la macchina?-, rispose la ragazza.

-Andremo in officina a Sendai-, disse Schneider.

Sanae aprì la portiera, e si affacciò nell'auto. -Ragazze, Schneider e i suoi amici ci offrono un passaggio fino a Sendai, stanno giusto andando lì.  Poi lì cercheremo un'officina e chiameremo qualcuno per recuperare la macchina. Che ne dite?-

Yayoi e Yoshiko si scambiarono una rapida occhiata.

-Per me non c'è problema...-, disse Yayoi un po' esitante, scrutando i tre ragazzi al di là del finestrino.

-Nemmeno per me-, fece Yoshiko.

-Benissimo. Ragazzi, accettiamo la vostra proposta!-, disse Sanae rivolta a Karl e ai suoi amici.

-Ottimo-, disse Schneider.

Presero dal bagagliaio del macinino di Sanae le valigie delle tre ragazze, e le caricarono nello spazioso bagagliaio della macchina di Karl. Dopodiché, salirono tutti quanti a bordo dell'auto tedesca.  Schneider si accomodò al volante, Schuster si sedette al suo fianco mentre le ragazze si sistemarono insieme a Levin nel sedile posteriore.

-Non mi sarei mai immaginata di incontrarvi qui in Giappone, tutti e tre insieme-, disse Sanae dopo qualche minuto di silenzio imbarazzato, cercando di avviare una conversazione.

-Ero a Monaco ospite da Karl, e abbiamo pensato di fare vacanza. Amiamo molto vostro paese-, spiegò Franz in un giapponese dal fortissimo accento tedesco.

-Anche se Franz gioca a Brema, siamo molto amici e ci vediamo spesso-, aggiunse Schneider.

-Che posti avete già visitato?-, domandò Yoshiko, osservando con attenzione il profilo serio di Levin che era seduto accanto a lei, e che non aveva detto una sola parola dall'inizio del viaggio.

-Siamo arrivati qui oggi. Sendai è prima meta-, rispose Karl. -Voi cosa fate in giro sole?-

Le tre ragazze si scambiarono una rapida occhiata, indecise sulla risposta da dargli. Alla fine decisero che era meglio dire la verità. Erano stanche di dover inventare scuse, stanche di dover mentire. In fondo, non stavano facendo niente di male. Non c'era nulla di cui vergognarsi nel bisogno di allontanarsi per un po' dai propri ragazzi per riflettere sulla propria situazione.

-Un viaggio di riflessione-, spiegò Sanae, guardando fuori dal finestrino.

Schneider inarcò un sopracciglio meravigliato. -Riflessione?-, ripetè.

Yayoi annuì. -Stiamo attraversando un periodo di crisi-, disse a bassa voce.

-Siete in crisi con i ragazzi?-, domandò Schuster voltandosi per osservarle.

Le tre ragazze annuirono, arrossendo lievemente.

-Sì. Avevamo bisogno di trascorrere un po' di tempo lontane da loro, per riflettere-, disse Sanae.

-Capisco...-, mormorò Karl pensieroso.

-E loro lo sanno?-, domandò Levin, parlando per la prima volta dall'inizio del viaggio.

-Sì-, si affrettò a rispondere Yoshiko.

-E non hanno fatto nulla per fermarvi?-, insistette lo svedese, voltandosi a fissare diritto negli occhi la ragazza seduta al suo fianco.

Yoshiko divenne color porpora. -Ecco...veramente...-, farfugliò, a disagio.

-Solo uno sciocco può farsi sfuggire così la donna che ama-, disse ancora il ragazzo, mentre i lineamenti del suo viso si indurivano.

-Lo hanno saputo solo dopo che siamo partite!-, si inalberò la ragazza.

-E con questo? Dovevano seguirvi subito!! Non esiste cosa più terribile di perdere la donna che si ama!E perderla così è da idioti!-, esclamò Levin, e aggiunse alla frase qualcosa in svedese che le ragazze non compresero.

Solo in quel momento Yoshiko si ricordò di quello che Hikaru le aveva raccontato di Levin. Aveva perduto la sua ragazza in un incidente automobilistico. La poverina era stata investita da un camion, ed era morta. Ora capiva il significato delle parole del ragazzo. Sapeva perfettamente quanto fosse terribile il dolore di chi ha perduto la persona amata.

-Su, Stefen....non è il caso-, intervenne Schneider cercando di risolvere la situazione.

Il giovane svedese sbuffò, e poi domando scusa alla ragazza.

Yoshiko gli appoggiò dolcemente una mano sul braccio. -Non preoccuparti. Ho capito cosa volevi dire-, gli disse tranquillamente.

Il viaggio proseguì nel silenzio completo, nessuno dei sei ragazzi sapeva cosa dire. Levin si era rimesso a guardare fuori dal finestrino, mentre Yoshiko invece osservava attentamente lui. Aveva un'espressione così malinconica che era impossibile non sentire tenerezza per lui. Era evidente che quel ragazzo aveva sofferto molto.

Sanae dal canto suo si sentiva piuttosto inquieta. Tutto si sarebbe aspettata, tranne che di ritrovarsi a viaggiare insieme a Schneider e i suoi amici. Li conoscevano a malapena, e la situazione era piuttosto imbarazzante...chissà cosa pensavano della loro situazione, l'unico che aveva espresso il suo parere era stato Levin, e l'aveva stupita non poco la veemenza con cui aveva reagito.

Anche Yayoi, un po' preoccupata, continuava ad osservare con attenzione i tre nuovi compagni di viaggio. Viaggio che stava riservando decisamente molte più sorprese del previsto...doveva essere una tranquilla occasione di riflessione in pace e da sole, invece...i ragazzi le avevano scoperte prima del previsto, e forse erano da qualche parte alla loro ricerca, Hiyuga le aveva rimproverate dimostrando chiaramente di ritenere la loro una decisione irresponsabile e insensata, aveva rischiato di prendersi una solenne sbandata per Masaro, il sosia perfetto del suo ragazzo (al ricordo del bacio che si erano scambiati sul motoscafo si sentiva ancora morire dalla vergogna), ed ora si ritrovavano in viaggio in compagnia di Karl Heinz Schneider, Franz Schuster e Stefen Levin, tre ragazzi che conoscevano a malapena, e solamente nella veste di rivali sportivi dei propri fidanzati...se qualcuno glielo avesse predetto prima della partenza, probabilmente gli avrebbe riso in faccia. Eppure era la realtà...e ogni minuto che passava si sentiva più angosciata...cos'altro le attendeva lungo il cammino?

 

Sendai, ore 20

La squadra di Ryoichi si era riunita per festeggiare nel miglior ristorante di Sendai. Il pareggio con la squadra dei Nakagawa, la più forte, l'imbattibile, per loro valeva quanto una vittoria nel campionato del mondo. Nemmeno nei loro sogni più rosei avevano mai osato sperare che un giorno quel desiderio sarebbe divenuto realtà. I ragazzi erano al colmo della felicità, e non riuscivano a smettere di ridere, di scherzare e di brindare, ormai avevano brindato a tutto e a tutti, e non si contavano più i brindisi che avevano dedicato a Tsubasa, Jun e Hikaru, definendoli più volte come gli angeli custodi che avevano reso possibile il loro grande trionfo. I tre ragazzi erano contentissimi per i nuovi amici, come calciatori sapevano perfettamente quanto grande fosse la loro felicità in quel momento. Sapevano che realizzare un proprio sogno è la cosa più bella che possa capitare nella vita, e quei ragazzini se l'erano veramente meritata, avevano profuso tutto il loro impegno e la loro voglia di vincere in quella partita, apparentemente proibitiva per loro, ed il gol segnato da Ryoichi proprio allo scadere era stata la giusta ricompensa per i loro sforzi, per la loro determinazione nel crederci fino in fondo, senza mai arrendersi.

Grazie a Ryoichi e ai suoi compagni si sentivano anche più rilassati, più sereni...certo, il pensiero di ritrovare le ragazze era sempre conficcato nel loro cuore come una spina, ed il desiderio di riabbracciarle aumentava smisuratamente ogni istante che passava...ma i festeggiamenti per il pareggio con la squadra dei Nakagawa li stavano distogliendo almeno per un po' dalla loro angoscia, e questo era sicuramente un bene. E poi, sapevano perfettamente che l'indomani Ryoichi e gli altri avrebbero mantenuto la promessa, e li avrebbero accompagnati in giro per Sendai alla ricerca di Sanae e delle altre ragazze...e loro speravano con tutto il cuore che le ragazze si trovassero nella cittadina, altrimenti non avrebbero più saputo da che parte cercarle...e non potevano attendere oltre...avevano troppo bisogno di vederle, di parlare con loro, di chiarire quei problemi che avevano covato per lungo tempo sotto un'apparente perfezione e che ora avevano portato a tutta quella sofferenza.

Tsubasa osservò Yukina che versava da bere a Ryoichi, e fu attraversato da un'acutissima fitta di nostalgia. Quante volte Sanae aveva compiuto quello stesso gesto con lui, quel gesto così dolce e familiare...quante volte gli aveva sorriso come Yukina stava sorridendo a Ryoichi...l'immagine del volto sorridente e allegro di Sanae, il pensiero del suo profumo così buono e femminile, ripresero inevitabilmente a torturarlo. Dio, quanto gli mancava...così tanto che sentiva il respiro venirgli meno...così tanto che il suo cuore perdeva un battito quando pensava a lei. Doveva ritrovarla, doveva...non poteva più vivere così, quella non era vita, solo sopravvivenza. Era come un naufrago in balia delle onde senza di lei. Jun vide Tsubasa cambiare improvvisamente espressione, e comprese immediatamente quale fosse il pensiero che aveva ripreso a torturare l'animo del suo amico. Lo comprese perfettamente perchè era lo stesso pensiero che stava distruggendo lentamente lui. Yayoi...se solamente chiudeva gli occhi, poteva rivedere l'immagine di lei nell'ultima notte che avevano trascorso insieme, prima che se ne andasse, poteva risentire il suo profumo, la sua voce dolce che sospirava parole senza senso e gemeva di piacere, poteva risentire la sua pelle morbida sotto le sue dita, le sue labbra calde e sensuali, il calore del suo corpo...quanto tempo era passato? Solo qualche giorno? A lui sembrava che fosse passato almeno qualche secolo. Gli sembravano eventi distanti, accaduti in un altro tempo, forse in un'altra vita...ma a cui si aggrappava, per non perdere la speranza...si aggrappava a quegli ultimi istanti in cui lei gli aveva manifestato il suo amore, per convincersi che la loro storia non era finita, che Yayoi lo amava ancora, e che quando l'avrebbe ritrovata sarebbe stato tutto chiarito, e loro sarebbero tornati ad essere felici come prima, anzi più di prima, perchè non ci sarebbero state più ombre ad offuscare la loro perfetta felicità.

Nemmeno Hikaru era immune dalla malinconia che si stava impossessando lentamente del loro animo...durante il pomeriggio erano stati talmente coinvolti dalla partita da riuscire a non pensare alla vera ragione della loro presenza a Sendai, ma ora...ora il pensiero di Yoshiko era tornato ad affacciarsi prepotentemente nella sua testa, a reclamare il posto che gli spettava di diritto nel suo cuore e nella sua mente. Nuovamente si chiese dove fosse, e cosa stesse facendo in quel momento. La paura di perderla non gli dava tregua, e anche se cercava di convincersi che sarebbe andato tutto bene, che i problemi si sarebbero risolti non appena l'avesse ritrovata, c'era sempre una vocina nel suo cervello che gli insinuava un dubbio maligno, un dubbio che gli rodeva dentro e lo faceva impazzire...se avesse deciso di lasciarlo? se fosse giunta alla conclusione che stava meglio senza di lui? Solo pensarci lo distruggeva completamente. Senza di lei sarebbe stato svuotato, perduto, privo di qualsiasi stimolo a continuare a vivere.

Cercarono di distrarsi da quei foschi pensieri concentrandosi sulla festa, e sull'allegria che regnava intorno a loro, e che aumentò ulteriormente quando, erano circa le nove di sera, fecero il loro ingresso nel ristorante anche Keiichi e Shuji Nakagawa, venuti a congratularsi con i rivali. Ryoichi e i suoi compagni furono felicissimi di accoglierli nel gruppo, e si erano messi a brindare e ridere tutti insieme. Sembravano tutti così spensierati e pieni di vita...e Tsubasa si scoprì ad invidiarli, e a desiderare in cuor suo di tornare indietro nel tempo, a quando era un ragazzino con solo il pallone in testa e nessuna pena d'amore...ma poi riflettè. Anche in quel periodo c'era Sanae accanto a lui, nonostante non se ne fosse mai accorto. Sanae era sempre stata parte integrante della sua vita, così come, e vedendoli insieme quella sera ne aveva l'assoluta certezza, Yukina era parte integrante della vita di Ryoichi. Sperava solo che il ragazzino sarebbe stato più sveglio di lui, e non avesse aspettato troppo tempo per rendersi conto di quanto la sua manager fosse importante per lui. Sperava anche che non fosse troppo tardi, che Sanae non si fosse stancata di aspettare il momento in cui avrebbe pensato anche a lei, e non solamente al calcio.

-Ehi Tsubasa, ti vedo pensieroso-, disse Ryoichi, distogliendolo dalle sue riflessioni.

Tsubasa sobbalzò, colto alla sprovvista. -Oh...sì-, sussurrò.

-Stavi pensando alla tua ragazza vero?-

Il giovane annuì. -Beh, sì-, ammise, con una nota di malinconia dipinta sul volto.

Ryoichi gli sorrise gentilmente. -Tranquillo. Domattina setacceremo tutta Sendai e se sono qui vedrai che le troveremo-, disse.

-Ryoichi, ti ricordi che domani pomeriggio hai promesso di accompagnarmi a fare spese, vero?-, intervenne Yukina, squadrando attentamente il ragazzino.

-Ma certo, Yukina!-, rispose lui rivolgendole un brillante sorriso.

Tsubasa sorrise. -Mi raccomando, Ryoichi, devi trattare meglio che puoi questa bella ragazza. Non farle mai mancare niente-, gli disse in tono paterno.

I due ragazzini ricambiarono il sorriso.

-Non preoccuparti, Tsubasa, mi comporterò meglio che posso!-, assicurò Ryoichi con un sorriso.

-Ci mancherebbe che non ti comportassi bene con mia sorella!-, intervenne Keiichi, un po' geloso.

Tutti quanti scoppiarono a ridere, e anche i ragazzi si unirono all'allegria generale.

 

Sulla strada per Sendai, ore 21.30

Dovremmo essere quasi arrivati ormai. O perlomeno lo spero. Comincio a sentirmi un po' a disagio. Questo silenzio è opprimente, io ho sempre odiato il silenzio. Mi costringe a pensare, e quelli che mi vengono alla mente in questo momento non sono certo momenti piacevoli. Mi riporta a precipitare in quella spirale di dubbi che mi ossessiona da qualche giorno, e da cui sto faticosamente cercando di tenermi lontana. Vorrei spezzarlo, ma non so cosa dire, non mi viene in mente nemmeno una banalità, una di quelle sciocchezze che si dicono tanto per fare conversazione. Schneider sembra molto assorto nella guida, ma mi domando cosa pensi di noi. Probabilmente penserà la stessa cosa che ha detto Hiyuga: in pratica, che stiamo facendo una sciocchezza. Ecco, come volevasi dimostrare, ci sto cascando di nuovo. Gira e rigira, il mio pensiero ritorna sempre lì, e più ci penso e più vengo assalita dal dubbio, dall'angoscia, e sto male. Questo imprevisto proprio non ci voleva. L'ennesimo imprevisto. Questo viaggio ci sta davvero mettendo a dura prova. Sapevamo che sarebbe stata dura, ma non immaginavamo quanto. Sembra che tutto vada storto, come se fosse studiato apposta per farci sprofondare continuamente nell'angoscia più nera. Mi chiedo se i ragazzi ci stiano cercando. Ecco, un altro dei pensieri che non mi danno tregua. Non faccio altro che chiedermi cosa succederebbe se mi ritrovassi davanti Tsubasa, così, di punto in bianco. Mi immagino di scendere dall'auto a Sendai e di ritrovarmelo lì....come si comporterebbe lui? Come mi comporterei io? Cosa gli direi? Cosa mi direbbe? E...cosa penserebbe se mi vedesse scendere dall'auto di Karl Heinz Schneider?

Forse abbiamo commesso uno sbaglio ad accettare questo passaggio, ma del resto cosa dovevamo fare? Passare la notte dentro la macchina in una stradina sperduta di Koriyama? Devo smettere di fare tutti questi problemi, in fondo sono partita proprio per trovare un po' di pace e di tranquillità, a quanto pare miraggio irraggiungibile. Angoscia e patemi d'animo sono all'ordine del giorno. Non vedo l'ora di arrivare a Sendai, di raggiungere un albergo e mettermi a letto. Voglio dormire, e passare qualche ora senza pensare.

 

Non so nemmeno io il perchè, ma sto continuando ad osservare Levin. Non riesco a staccargli gli occhi di dosso. Le parole che ha detto mi hanno colpita moltissimo. "Non esiste cosa più terribile di perdere la donna che si ama! E perderla così è da idioti!"

Hanno risvegliato tutti i dubbi e le incertezze che inutilmente sto cercando di tenere assopite dentro di me. Ho ricominciato a chiedermi se Hikaru mi stia cercando, e come mi comporterei trovandomelo di fronte. Avevo deciso di ignorare questo pensiero e continuare il viaggio come mi ero prefissa, ma le parole di Levin mi hanno spinto a riflettere, e a domandarmi per l'ennesima volta cosa sto cercando. iù ci penso, e più mi domando se non sia stata una sciocchezza enorme partire, fuggire, perchè in fondo questo viaggio si è trasformato in una fuga, nel momento stesso in cui i ragazzi hanno scoperto che ce n'eravamo andate e noi abbiamo rifiutato di dire loro dove eravamo. Sicuramente Levin penserà che siamo delle stupide...ma le sue parole sembravano più un rimprovero rivolto a Hikaru e agli altri. E' un ragazzo che ha sofferto moltissimo, e che sicuramente si porta ancora dietro i segni del suo terribile dolore. E' evidente che amava davvero la sua ragazza, e posso immaginare quanta rabbia provi nel vedere coppie che potrebbero essere felici e serene che si tormentano per...per cosa? Dannazione, quando mi sembra di essere sul punto di raggiungere un equilibrio, di capire cosa voglio dalla vita e come risolvere i miei problemi, capita sempre qualcosa che mi fa ripiombare nella confusione più totale. Mi sentivo serena, dopo aver scoperto di avere anch'io un sogno nel cassetto, mi sentivo finalmente viva, utile, con uno scopo da raggiungere...ora mi sento una bambina sciocca che cerca di raggiungere la luna, e perde di vista la terra...ho paura di perdere tutto quello che ho di importante, e di pentirmene quando è troppo tardi. Ho paura che in questo momento Hikaru mi odi. Ho paura di aver ucciso il suo amore con il mio comportamento egoistico. Forse dovevo parlare dei miei problemi con lui, e non intestardirmi a risolvere tutto da sola...

Continuo ad osservare Levin. Chissà a che cosa sta pensando. Avrei voglia di chiedergli un consiglio, ma non ne ho il coraggio. Dopo il suo intervento di oggi, ho pensato che forse potrebbe capirmi...capire cosa mi fa soffrire così tanto...ma come posso pretendere che un'altra persona mi capisca, quando sono io la prima a non capire me stessa?

 

Questo viaggio è un inferno, e più ci penso più mi convinco di essere stata stupida e sconsiderata. Altro che cercarmi, probabilmente Jun in questo momento mi odia, e non potrei dargli torto. Sono scappata da casa sua, dal suo letto, come una ladra, senza nemmeno il coraggio di dirgli che me ne andavo, lasciandogli solo una stupida lettera. Ho rifiutato di dirgli dov'ero quando mi ha telefonato, e mi sono limitata a piangere come se fossi stata una vittima. Mi sono lasciata baciare dal primo ragazzo che ho incontrato e che gli assomigliava come una goccia d'acqua. Probabilmente lui prova disgusto per me, ora, e come posso dargli torto? Sono io la prima ad essere disgustata da me stessa. Ho avuto ciò che mi merito, decisamente. Mi sono ostinata a tenermi tutto dentro, ho lasciato covare sotto un'apparente serenità e perfezione ansie, frustrazioni e patemi d'animo per mesi e mesi, e poi, invece di affrontare la realtà, di guardare Jun in faccia e dirgli cosa mi faceva stare male cercando insieme a lui una soluzione a tutti i nostri problemi, sono fuggita come una vigliacca. Tutto quello che ci è successo in questi giorni è un segnale, un segnale che stiamo sbagliando tutto. Forse la scelta più saggia sarebbe tornarsene a casa, ma ormai è troppo tardi per tornare indietro. Volevo capire cosa cerco nella vita, ma anzichè chiarirsi i miei pensieri sono sempre più confusi. Anzichè placarsi, la mia angoscia sale di giorno in giorno. Chi sono? Una stupida, è l'unico modo in cui mi sento di definirmi in questo momento. Cosa sto cercando? Vorrei saperlo anch'io. Cosa voglio dalla vita? Ricominciare tutto da capo, probabilmente. Anzi no. Non c'è una sola cosa che non rifarei, forse, se potessi tornare indietro, deciderei anche di partire di nuovo. Ripeterei anche il bacio con Masaro, non perchè provi qualcosa per lui, almeno su questo punto so perfettamente cosa voglio. L'esperienza con Masaro mi è servita a capire almeno una cosa: che io amo Jun, e desidero stare solamente con lui. E' l'unico uomo con cui voglio addormentarmi la sera e risvegliarmi la mattina, l'unico con cui desidero condividere ogni istante della mia vita, l'unico uomo a cui posso immaginare di donare tutta me stessa. Eppure, anzichè insieme a lui, sono in una macchina con tre ragazzi che conosco a malapena, diretta verso una città in cui non metto piede da anni, e non so nemmeno io cosa ci sto facendo qui...

 

Sendai, 25 giugno, ore11

La ricerca delle ragazze era cominciata. Tsubasa e gli altri due amici avevano dormito pochissimo quella notte, tormentati dal pensiero delle loro amate che non dava loro tregua. Continuavano a chiedersi se, finalmente, avrebbero potuto riabbracciarle e chiarire tutti gli equivoci e i problemi che li avevano tenuti separati per tutti quei giorni. Erano sospesi tra la felicità al pensiero di rivederle, e la paura che non tutto andasse come loro speravano...ma la cosa più importante era  ritrovarle, non potevano più convivere con quell'angoscia nel cuore.

Ryoichi conosceva Sendai alla perfezione, e già alle nove del mattino, appena terminata la colazione, il gruppetto era partito in perlustrazione. Certo, cercare tre ragazze in una città, anche se non grandissima, era come cercare un ago in un pagliaio. Avrebbero potuto essere dovunque, ma Ryoichi era ottimista e i tre ragazzi, anche se non riuscivano a condividere in pieno l'ottimismo del loro giovane amico, si sforzavano comunque in tutti i modi di pensare in positivo.

Dopo due ore di ricerca infruttuosa però, cominciarono ad abbattersi. Avevano perlustrato tutti i luoghi più frequentati dai turisti che c'erano nella cittadina, e dove era più probabile che decidessero di recarsi tre ragazze in vacanza. Erano stati anche sulla spiaggia, ma non c'era traccia di Sanae, Yayoi e Yoshiko. Avevano provato a chiedere informazioni ai gestori di alcuni locali che si affacciavano sul lungomare, mostrando le foto delle tre giovani, ma nessuno aveva saputo aiutarli.

Stanchi e sfiduciati, i tre amici si distesero sulla spiaggia. Ryoichi si sedette accanto a loro, con un'espressione profondamente mortificata.

-Mi dispiace, ragazzi, davvero. Ero convinto che le avremmo trovate-, disse tristemente.

Tsubasa gli rivolse un sorriso incoraggiante. -Non è colpa tua, Ryoichi, sta tranquillo-, lo rassicurò.

-Evidentemente non sono a Sendai-, sospirò Jun, rivolgendo lo sguardo malinconico al mare.

-Potremmo provare a chiedere in qualche albergo...-, disse timidamente Ryoichi.

Hikaru si sollevò a sedere. -E' una buona idea. Vale la pena di provare, direi-, disse.

Tsubasa annuì, e si sollevò a sedere anche lui. -Tu conosci qualcuno che potrebbe aiutarci in qualche albergo, Ryoichi? Non possiamo certo andare a chiedere informazioni così sui clienti-

Il ragazzino fece un gran sorriso. -Ma certo! Conosco benissimo i proprietari di tre hotel che sono tra i migliori di Sendai! Se la fortuna ci assiste, le ragazze potrebbero essersi fermate lì da loro-

-D'accordo, allora, non perdiamo tempo!-, dissero i tre amici, e seguirono il ragazzino fino ad un hotel situato a pochi metri dalla spiaggia. Un albergo decisamente elegante e confortevole, con tanto di piscina e campo da tennis. Il proprietario era un uomo di mezz'età con gli occhialetti tondi e il ventre prominente, che salutò molto amichevolmente Ryoichi non appena lo vide.

-Ciao Ryoichi! Quanto tempo! Cosa ti porta da queste parti?-, domandò.

-Sto aiutando questi tre miei amici. Stanno cercando tre ragazze che dovrebbero essere a Sendai, e volevamo sapere se per caso si erano fermate qui da lei. Ragazzi-, disse poi rivolgendosi ai tre calciatori, - questo è il signor Ueda, proprietario dell'albergo e caro amico di mio padre. Signor Ueda, questi tre ragazzi sono campioni della nazionale giapponese: Jun Misugi, Hikaru Matsuyama e il grande capitano Tsubasa Ozora-

Il signor Ueda fece un gran sorriso, e si precipitò subito a stringere le mani ai tre ragazzi. -E' un grande onore!  Sarò lieto di aiutarvi, cari ragazzi! Ditemi pure di cosa avete bisogno-

-Ecco...-, iniziò timidamente Tsubasa, tirando fuori dal portafoglio una fotografia che lo ritraeva insieme a Sanae, scattata dopo la finale di Parigi. -Questa ragazza si chiama Sanae Nakazawa, ed è...beh, è la mia fidanzata. Dovrebbe trovarsi qui a Sendai, ma non so di preciso dove...volevo sapere se per caso è alloggiata qui da lei, insieme ad altre due ragazze-, spiegò, porgendo infine la fotografia al proprietario dell'albergo.

Il signor Ueda osservò la foto a lungo e con attenzione, pensieroso. Poi scosse la testa, e la restituì al ragazzo con un sospiro. -Mi dispiace, ma non le ho viste. Non è arrivato nessuno qui in albergo negli ultimi tre giorni-, disse.

Tsubasa fece una smorfia di disappunto, e rimise la fotografia nel portafoglio. -Ho capito, la ringrazio comunque-, disse sfiduciato.

I tre ragazzi uscirono dall'albergo, piuttosto amareggiati, e Ryoichi li seguì a testa bassa.

-Mi dispiace, è stato un buco nell'acqua-, fece dispiaciuto il ragazzino.

Jun gli sorrise. -Non fare così, Ryoichi. Proviamo in un altro albergo-.

Il secondo albergo era decisamente più modesto, si trattava di un tradizionale ryokan a conduzione familiare, con tanto di bagno termale all'interno. I proprietari erano una coppia sulla trentina, entrambi molto simpatici e cordiali.

-Ryoichi!-, esclamò la giovane donna quando lo vide, correndogli incontro.

-Shizu-chan!-, disse il ragazzino, e l'abbracciò. Poi le presentò Tsubasa e gli altri, anche se non ce n'era bisogno, poichè l'albergatrice li aveva già riconosciuti non appena li aveva visti.

-Lei invece è Shizu, ed è mia cugina-, disse Ryoichi.

-Non immaginate quanto siamo felici e onorati di conoscervi! Ryoichi vi adora, e ha fatto appassionare anche noi alle vostre imprese calcistiche!-, disse Shizu stringendo calorosamente la mano a tutti e tre.

-Già, siete stati fantastici all'ultimo campionato del mondo!-, aggiunse il marito della ragazza.

I tre giovani arrossirono, un po' imbarazzati da tutti i complimenti ricevuti.

-Shizu, Touya, i ragazzi hanno bisogno del vostro aiuto-, disse Ryoichi facendosi serio.

-Ma certo! Chiedetemi pure tutto quello che volete-, rispose disponibile la giovane donna.

Il ragazzino si fece dare da Tsubasa la fotografia di Sanae, e la porse alla cugina. Poi le chiese se negli ultimi giorni si erano presentate tre ragazze per avere una stanza. Shizu osservò a lungo la foto della ragazza, e la mostrò anche al marito. Poi la restituì al cugino scuotendo la testa.

-Mi dispiace, credetemi, ma non l'ho mai vista. E negli ultimi giorni si è presentato un solo cliente, un signore di Hokkaido sulla settantina-, disse in tono contrito.

-Ho capito. Grazie lo stesso, Shizu-chan-, fece Ryoichi abbattuto, restituendo la foto a Tsubasa.

-Mi dispiace, credetemi-, ripetè Shizu.

-Perchè non vi fermate a pranzo qui da noi? Riprenderete le ricerche nel pomeriggio-, propose Touya, vedendo i musi lunghi dei tre ragazzi e sperando di poter risollevare loro il morale.

-Veramente...non vorremmo disturbare-, tentennò Hikaru, guardando i due amici.

-Nessun disturbo, anzi...per noi sarebbe un piacere!-, insistette la giovane donna.

-Grazie allora, accettiamo volentieri-, disse Tsubasa. Distrarsi un po' non poteva che far loro bene.

 

Sendai, ore 12

Sanae, Yayoi e Yoshiko, in compagnia di Schneider e dei suoi amici, erano arrivate a Sendai la sera prima, intorno a mezzanotte, e avevano preso alloggio in un elegante albergo nella periferia della città, a pochi chilometri dalla zona centrale. Schneider spiegò di aver scelto quella sistemazione perchè preferivano alloggiare in un luogo tranquillo, dove non essere riconosciuti e potersene stare in santa pace, e le ragazze erano state perfettamente d'accordo con loro. Karl Heinz Schneider, il Kaiser, era un personaggio molto noto anche in Giappone, e se qualche giornalista avesse fiutato la sua presenza a Sendai, loro sarebbero certamente finite in prima pagina insieme a lui...ed era proprio l'ultima cosa che ci voleva! Non osavano immaginare quale avrebbe potuto essere la reazione dei ragazzi se una cosa del genere fosse accaduta.

Appena sistematisi in albergo, Sanae aveva parlato con il portiere del problema della sua auto, che era stata costretta ad abbandonare sulla strada tra Koriyama e Sendai, e questi, molto gentilmente, si offrì di occuparsi egli stesso della questione, chiamando un carro attrezzi che andasse a recuperarla.

Erano tutti molto stanchi, e avevano preferito andare direttamente a letto senza cenare. Ma le tre amiche avevano faticato parecchio a prendere sonno, ed avevano discusso a lungo sull'ennesimo imprevisto che era capitato nel loro viaggio e su come avrebbero dovuto comportarsi. Erano giunte alla conclusione che sarebbero rimaste qualche giorno a Sendai, e poi avrebbero deciso il da farsi.

Tutte e tre desideravano tornare a casa, e sapevano perfettamente che le compagne condividevano questo desiderio. Ma nessuna lo espresse ad alta voce. Per quanto lo desiderassero, avevano paura.

Paura di tornare a casa e di affrontare i ragazzi. Non si sentivano ancora psicologicamente pronte per questo, e lo sapevano tutte e tre molto bene.

Quando il mattino seguente scesero a far colazione, trovarono Schneider e i due amici che le aspettavano per andare a mangiare insieme. Durante la colazione chiacchierarono del più e del meno, ed evitarono accuratamente di far cadere il discorso sul viaggio delle ragazze, o su Tsubasa, Jun e Hikaru. Parlarono quasi sempre i tre ragazzi stranieri, e naturalmente l'argomento principale della conversazione fu il calcio. Per quanto non fossero granchè interessate, le tre amiche si sforzarono di ascoltarli con partecipazione, sperando almeno di potersi distrarre un po' e passare del tempo senza pensare.

-Che ne dite di giro in spiaggia?-, propose Schuster quando ebbero finito di mangiare.

-Perchè no?-, fece Karl Heinz, e si rivolse alle tre ragazze. -Venite con noi?-, chiese.

Le tre amiche si guardarono per un istante, e si capirono al volo.

-Perchè no?-, disse Sanae, sorridendo al giovane tedesco e alzandosi da tavola.

-In fondo, siamo in vacanza. Servirà a distrarci-, sussurrò Yayoi rivolta a Yoshiko, cercando di fare in modo che i tre stranieri non sentissero.

Yoshiko annuì, mentre cercava con lo sguardo Levin, che era stato di poche parole anche durante la colazione. Era un ragazzo un po' strano, molto introverso. Ma questo probabilmente dipendeva dal terribile trauma che aveva subito con la perdita della sua ragazza. Yoshiko era incuriosita da lui, le sarebbe piaciuto conoscerlo meglio. Sperava di avere occasione di parlare un po' con lui durante la giornata. Il giovane svedese si accorse dello sguardo della ragazza, e la fissò a sua volta. Si sentiva strano da quando avevano incrociato quelle tre ragazze. Soprattutto lei, lo faceva sentire strano. Non sapeva precisamente in cosa, visto che fisicamente erano diversissime e caratterialmente non la conosceva affatto, ma gli ricordava un po' la sua ragazza. Quanto gli mancava...nonostante fosse passato parecchio tempo, continuava a pensare a lei ogni singolo giorno. E quella ragazza gliela ricordava...era la prima volta da quando lei era morta che provava un briciolo d'interesse per un'altra donna. E questo lo incuriosiva e lo spaventava allo stesso tempo.

Il gruppetto si incamminò in direzione della spiaggia, e Schneider cercò con noncuranza di avvicinarsi a Sanae. Quando fu a fianco della ragazza, cominciò ad osservarla attentamente. Sì, era decisamente cambiata dall'ultima volta che l'aveva vista. Era più bella, più seducente...più donna. Lo attraeva molto, maledizione. Si domandò cosa fosse veramente successo tra lei e Tsubasa. Lei aveva parlato semplicemente di crisi...ma lui conosceva entrambi a malapena, e quindi non poteva capire molto della loro situazione. Tsubasa era stato sempre un suo grande rivale nel calcio, e dal punto di vista sportivo lo ammirava moltissimo. Era un campione, uno dei migliori giocatori in circolazione. Come persona, però, poteva dire di non conoscerlo affatto. E Sanae, la conosceva appena di vista, come manager della nazionale giapponese e devota fidanzata di Tsubasa, e l'impressione che ne aveva avuto quando l'aveva conosciuta per la prima volta era quella di una ragazza carina, ma un po' fanatica per Tsubasa. Ora però gli appariva diversa...c'era qualcosa in lei che lo costringeva a guardarla, senza riuscire a distogliere gli occhi un solo istante. Si diede dell'idiota. Si ricordò del modo in cui la ragazza guardava Tsubasa durante le partite, del suo tifo incessante, era evidente quanto fosse innamorata di lui. E poi, la conosceva appena, come gli veniva in mente di interessarsi a lei? Era decisamente un atteggiamento fuori luogo, si disse, e cercò di allontanarsi dalla ragazza senza farsi notare. Ma, anche se non era più al fianco di lei, ma un po' più indietro, i suoi occhi non ne volevano sapere di staccarsi da Sanae.

 

Sendai, ore 15

Il pranzo preparato da Shizu era ottimo, e i ragazzi mangiarono fino a scoppiare. La ragazza e suo marito erano due persone squisite, assolutamente simpatiche e socievoli, e conversarono allegramente per tutto il pranzo. I tre amici erano ben contenti di potersi distrarre un po', e di non pensare che le loro speranze di ritrovare le amate a Sendai stavano ormai andando in frantumi. Probabilmente le loro supposizioni erano completamente sbagliate, e Yayoi non si era affatto ricordata del luogo in cui era stata durante la sua infanzia. Chissà dov'erano...il Giappone era talmente vasto, e mai come in quel momento, ora che non avevano più il minimo indizio a cui aggrapparsi, ritrovarle sembrava loro un'impresa disperata e persa in partenza.

Erano le quindici quando Ryoichi si alzò in piedi.

-Ragazzi, direi che è meglio andare. Abbiamo ancora un albergo da visitare, e se non le troviamo lì conosco i gestori di qualche ristorante. Non dobbiamo mollare-, disse in tono deciso.

Hikaru gli sorrise con gratitudine. Quel ragazzino era veramente in gamba, nonostante la sua giovane età, ed aveva un animo nobile ed altruista. Se non ci fosse stato lui, non avrebbero davvero saputo combinare nulla lì a Sendai.

Salutarono Shizu e Touya ringraziandoli a lungo per la loro cortesia, e seguirono Ryoichi fino ad un altro modesto ryokan che si trovava a circa quindici minuti di cammino da quello della cugina del ragazzino. La proprietaria, una signora sulla cinquantina, che conosceva Ryoichi praticamente da sempre, li accolse anche lei molto gentilmente, ma purtroppo non aveva visto Sanae nè le altre ragazze. Ormai Tsubasa e gli altri avevano perso le speranze, ed erano convinti al cento per cento che le tre fidanzate non si trovassero nella cittadina. Ma Ryoichi non voleva arrendersi. Continuava a ripetere che aveva promesso di aiutarli a trovarle, e non voleva lasciare nulla di intentato. Iniziarono così una perlustrazione tra i ristoranti della zona, ma non riuscirono ad ottenere nulla.

Erano circa le cinque quando, stanchi e sfiduciati, arrivarono a casa di Ryoichi. Seduta sui gradini davanti alla porta, stava una ragazzina dall'espressione imbronciata, anzi, decisamente arrabbiata.

-Yukina!-, esclamò Ryoichi con sorpresa. Poi ricordò...avevano un appuntamento per andare insieme a fare shopping e lui, talmente preso dalle ricerche di Sanae, Yayoi e Yoshiko, se n'era completamente dimenticato. In quel momento desiderò di sprofondare sotto terra.

-Vedo che ti sei dimenticato di me, Ryoichi. Non è la prima volta del resto-, disse Yukina con voce tagliente, guardandolo con occhi di ghiaccio.

-No...non è così-, balbettò il ragazzino, cercando il modo di risolvere la situazione.

-Non è colpa sua, Yukina...era con noi a cercare le ragazze-, intervenne Tsubasa, cercando di calmare gli animi. Per nulla al mondo voleva che i due ragazzini litigassero a causa sua.

-Non giustificarlo, ti prego. Tanto è sempre così, vero Ryoichi? Una volta c'è la partita, una volta ci sono gli allenamenti, e un'altra volta ancora c'è qualcos' altro. Io vengo sempre all'ultimo posto, nella lista dei tuoi pensieri e delle tue priorità-, proseguì la ragazza imperterrita.

-Questo non è vero, Yukina! Tu lo sai che sei molto importante per me!-, ribattè Ryoichi arrossendo.

Yukina scosse il capo. -La cosa più importante per te è il calcio, e il tuo dannato pallone! Io vengo dopo, sempre dopo! Sei un idiota!-, gridò, mentre il suo volto cominciava a rigarsi di lacrime. Lanciò un'ultima occhiata arrabbiata al ragazzino, e poi corse via piangendo.

-Yukina, aspetta!-, urlò Ryoichi cercando di trattenerla, ma la ragazza scomparve velocemente in una via secondaria.

-Maledizione!-, imprecò il ragazzino, tirando un calcio ad un sasso.

 

Riuscirà Ryoichi a fare pace con Yukina, potendo contare sull'aiuto di Tsubasa & co? E quale sarà il prossimo posto in cui andranno a cercare le ragazze?In questo posto li attendono nuove conoscenze e...tentazioni!! In quanto alle ragazze..cosa accadrà tra Sanae e Schneider e tra Yoshiko e Levin? Per saperlo, non perdetevi il decimo capitolo di "ON THE ROAD"!!!

 

Nota finale dell'autrice: scusatemi ancora per il ritardo con cui ho scritto questo cap, e per la lentezza con cui sto aggiornando ultimamente le mie fic, ma ho molti impegni a causa di un esame all'università che dovrò dare il 10 dicembre....vi prometto che appena l'avro dato aggiornerò tutte le mie fic!!! Un bacione a tutti!!!!! Gemini

 

 

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Capitolo 10
*** Emozioni ***


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ON THE ROAD

 

CAPITOLO DIECI: EMOZIONI

 

Sendai, ore 17

 

Questa spiaggia è bellissima. E' molto diversa da quella di Okinawa, che era affollatissima...è un posto tranquillo, quasi isolato, non si sentono voci nelle vicinanze, ma solamente il rumore delle onde che si infrangono sulla battigia e il verso dei gabbiani. Provo un'infinita sensazione di pace e di tranquillità, è dall'inizio del viaggio che non mi sentivo così. Mi sento bene. Mi sento rilassata. Il mare ha sempre avuto questo potere su di me, il potere di tranquillizzarmi, di portare via tutti i pensieri negativi che mi perseguitano. Chiudo gli occhi, e mi godo questa fresca brezza che mi accarezza il volto. E' stata davvero una buonissima idea fare questa passeggiata sulla spiaggia.  Quando li riapro, incontro due occhi azzurri che mi fissano attentamente. Schneider. Non so perchè, ma il mio cuore comincia a battere un po' più forte. Che strana sensazione...Schneider mi sta osservando, con una strana espressione dipinta sul volto. Uno sguardo con cui non mi ha mai guardata nessun ragazzo finora, nemmeno Tsubasa. Uno sguardo di...desiderio. Ma cosa vado a pensare? Sono impazzita? Come mi salta in mente che Karl Heinz Schneider, il Kaiser, mi stia guardando con desiderio? E' mai possibile che non riesca a godermi in pace un minuto di questa vacanza senza cominciare a fare qualche pensiero assurdo?

Per distrarmi mi rimetto ad osservare il mare, è così bello il suo colore azzurro e limpidissimo. Ora che ci faccio caso, è lo stesso azzurro degli occhi di Schneider...Sanae!! Ricominci? Oddio, adesso parlo anche da sola...devo essere veramente impazzita.

Mi sento strana da quando abbiamo incontrato Schneider e gli altri due ragazzi, anche se non so spiegare bene per quale motivo. All'inizio pensavo di essere a disagio perchè li conoscevo appena, ma ora mi rendo conto che non è affatto così. E' quello strano modo in cui lui mi guarda a mettermi a disagio. Ogni volta che mi giro, vedo che mi sta osservando, e questo mi provoca un inspiegabile turbamento. Sarà che non sono abituata ad essere osservata dai ragazzi...anche perchè, se qualcuno mi avesse guardata, io non me ne sarei neppure accorta, presa com'ero da Tsubasa. Già, Tsubasa...ogni volta che penso a lui, mi domando cosa direbbe se mi trovasse qui in compagnia di Schneider. Mi chiedo se si arrabbierebbe, se sarebbe geloso di me...se avrebbe paura di perdermi...oppure se, molto più semplicemente...si avvicinerebbe a Karl e comincerebbe a discutere con lui di calcio...e concludo tristemente che questa è l'ipotesi più probabile.

Chissà se mi pensa...se mi sta cercando...oppure se in questo momento è da qualche parte con il suo amato pallone, magari a provare i tiri combinati insieme a Misaki. Mi rendo conto che è assurdo essere gelosa del calcio, ma è sempre stato il pallone il mio più grande rivale in amore...un rivale con cui non ho mai saputo come combattere. Il calcio è il grande amore della vita di Tsubasa, ma a questo ormai mi sono rassegnata...vorrei solo sapere qual è il posto che occupo io, nel suo cuore e nella sua vita...

 

Credo proprio che Sanae abbia fatto colpo su Schneider. E' palese, basta vedere come la guarda...e ho l'impressione che anche lei se ne sia accorta. La vedo turbata, soprattutto quando il suo sguardo incrocia quello di lui...capisco perfettamente cosa sta provando, mi sono sentita così non molto tempo fa, con Masaro. Ripensare a lui mi provoca un acuto senso di colpa...un duplice senso di colpa, sia nei confronti di Jun, per essere stata capace di tradirlo con tanta leggerezza, sia nei confronti di Masaro, per averlo illuso che tra noi potesse nascere una storia. Basta, è inutile piangere sul latte versato. L'importante è che sia riuscita a troncare tutto sul nascere, prima di commettere qualche errore irreparabile. Spero solo che Sanae sappia affrontare la situazione meglio di me...ma lei è una ragazza con la testa sulle spalle, sono sicura che non si lascerà trasportare da un'emozione momentanea.

Certo che qui si sta proprio bene...c'è un'atmosfera rilassante in questa spiaggia.  Un'atmosfera di pace e serenità...peccato che io non sappia più cosa significhino queste parole. Osservo i miei "compagni di viaggio"...Schneider sta ancora osservando Sanae, e con che occhi la guarda...si vede lontano un miglio che si sente attratto da lei. Sanae cerca di fare finta di nulla, ma si capisce altrettanto bene che si sente in imbarazzo...ecco, ci siamo cacciate in un altro dei nostri soliti pasticci! Eh sì, questo viaggio dev'essere nato proprio sotto una cattiva stella (ma no!! è solo l'autrice che è particolarmente sadica!! ndGemini). Yoshiko si è avvicinata alla riva, e sta giocando con le onde. Sembra allegra e spensierata, ma so benissimo che non è così. C'è un'ombra che vela il suo sguardo, un'ombra che lei cerca inutilmente di mascherare...ma a me non può nasconderla, perchè è la stessa che sicuramente si può scorgere anche nei miei occhi. Levin la sta guardando, con un'espressione indecifrabile. Certo che quel ragazzo è un tipo proprio strano...praticamente non ha mai parlato, tranne quella volta in macchina, durante il viaggio per Sendai. E le sue parole mi hanno colpito come macigni, anche se ho cercato di non darlo a vedere. Mi hanno portato a chiedermi nuovamente se Jun mi stia cercando, e cosa farei se mi trovasse...non c'è proprio modo di liberarmi di questo pensiero, maledizione! Ogni istante che passa mi sento più angosciata, triste e confusa. In alcuni momenti mi sembra di impazzire, e allora vorrei avere una bacchetta magica e poter cancellare tutto...in altri, invece, mi dico che partire è stata la scelta giusta, e che se non l'avessi fatto a quest'ora sarei insieme a lui cercando di fingere che tutto va bene e di dissimulare i miei problemi, come ho fatto finora. Non so più nemmeno io cosa devo fare...avrei bisogno di aiuto, ma non so dove cercarlo. Le ragazze hanno i loro problemi a cui pensare, e comunque sono sulla mia stessa barca...mentre penso a queste cose, noto due occhi malinconici che osservano il mare con espressione triste e nostalgica. Sembrano celare la mia stessa inquietudine. Sono gli occhi di Franz Schuster.

 

Adoro giocare con le onde, mi è sempre piaciuto, fin da quando ero piccola e i miei genitori mi portavano in vacanza al mare durante l'estate. Avvicinarmi a loro fino a sentire l'acqua lambire la punta dei miei piedi, e poi scappare correndo velocemente tra gli spruzzi...mi sembra di tornare alla mia infanzia, quando faccio così. E in questo momento avrei tanta voglia di poter tornare indietro nel tempo...tornare a quando ero piccola, essere di nuovo una bambina allegra, spensierata e senza problemi. Ma il tempo va solo avanti, inesorabilmente...e su questa spiaggia io sto solo cullando un'illusione, nella speranza che possa regalarmi almeno qualche istante di serenità. Le aspettative che avevo riposto in questo viaggio stanno cadendo miseramente, l'una dietro l'altra, e ormai non so più nemmeno io cosa devo aspettarmi...ho vissuto in questi giorni una continua altalena di emozioni, l'unica che non mi ha abbandonato nemmeno per un secondo è stata l'inquietudine. Anche qui, su questa spiaggia meravigliosa, tranquilla, dove regnano sovrane pace e serenità, non riesco a trovare quiete, nemmeno per un secondo. E so che le mie amiche condividono le mie stesse emozioni...Yayoi ha uno sguardo triste e abbattuto, negli ultimi giorni non l'ho vista sorridere nemmeno una volta. Probabilmente lei è quella che è stata messa più a dura prova dagli eventi accaduti finora. Anche Sanae è triste...e ora mi sembra anche piuttosto turbata. Sicuramente si è accorta di come Schneider la guarda...Certo che tutto mi sarei aspettata, tranne di vedere Karl Heinz Schneider guardare languidamente la fidanzata di Tsubasa Ozora, il suo più grande rivale calcistico...il mondo è veramente piccolo! Se qualcuno mi avesse predetto questo incontro alla vigilia della partenza, gli avrei dato del pazzo! Eppure, guarda le cose strane che ci sono successe in questi giorni...è come se qualcuno volesse mandarci un messaggio, anche se non riesco a decifrarlo...ma che dico, probabilmente è tutto dovuto al caso, ad una stranissima fatalità. Mi soffermo nuovamente ad osservare Levin, in piedi di fronte a me, con il suo solito sguardo impassibile. Uno sguardo di ghiaccio. A prima vista, sembrerebbe più una statua che un ragazzo, una bellissima statua priva di emozioni, di sentimenti. Ma io sono sicura che dietro quella maschera di impenetrabilità nasconde un intero universo di emozioni...solo che sono bloccate, soffocate...probabilmente dal giorno in cui è morta la sua ragazza. Mi ritornano alla mente le parole che ha detto ieri, durante il viaggio...se davvero fosse stato freddo come il ghiaccio, non le avrebbe mai dette, anzi, si sarebbe disinteressato completamente di noi e delle nostre vicissitudini amorose. Ma perchè continuo a guardarlo e pensare a lui? Cosa mi ha colpito così tanto di questo ragazzo? So solamente che sento il desiderio di conoscerlo meglio...di penetrare quella corazza dietro la quale nasconde il suo cuore... Oddio, i nostri sguardi si sono incrociati!! Si è accorto che lo stavo guardando! Sento le guance andarmi in fiamme, e vorrei sprofondare per l'imbarazzo...lui non cambia minimamente espressione, sembra non provare nulla...chissà se è veramente così...

 

Sendai, ore 17,30

-Accidenti!! E adesso che faccio?-, esclamò Ryoichi preoccupatissimo, guardando alternatamente Tsubasa, Jun e Hikaru.

I tre amici erano mortificati...per colpa loro e della ricerca delle ragazze, Ryoichi aveva dimenticato l'appuntamento con Yukina, e ora la ragazzina era arrabbiatissima con lui. Tsubasa soprattutto continuava a ripensare alle parole che aveva detto... "La cosa più importante per te è il calcio, e il tuo dannato pallone! Io vengo dopo, sempre dopo!"

Chissà quante volte Sanae aveva pensato la stessa cosa di lui...gli tornavano in mente tutti gli appuntamenti andati a monte per colpa di una partita o degli allenamenti, tutte le volte in cui lui aveva fatto tardi perchè stava giocando a calcio, tutte le volte che aveva rifiutato un invito della ragazza...era stato veramente un idiota, Sanae aveva fatto bene a piantarlo in asso! Si era comportato da imbecille, senza rendersi minimamente conto di quanto il suo comportamento ferisse la ragazza. Era talmente felice e soddisfatto della sua vita, da non chiedersi neppure se Sanae fosse soddisfatta di quello che lui le dava, o se desiderasse qualcosa di più. Le aveva dato davvero poco, troppo poco...sperava solo di avere la possibilità di rimediare...Ora però, aveva un altro importante compito. Doveva impedire che Ryoichi commettesse il suo stesso sbaglio con Yukina.

-Ryoichi, ascolta...io ti capisco perfettamente. Anch'io spesso, troppo spesso, ho trascurato Sanae per il calcio...o per una partita, o per gli allenamenti, o per qualcos'altro. E adesso lei se n'è andata, e io rischio di perderla per sempre. Non puoi permettere che a te succeda la stessa cosa con Yukina-, disse, poggiando le mani sulle spalle del ragazzino.

Ryoichi annuì, con un'espressione profondamente triste sul volto. -Io non voglio perdere Yukina! Le voglio troppo bene, lei è importantissima per me! Niente avrebbe più senso senza di lei!!-

-Questo gliel'hai mai detto?-, domandò Hikaru.

Il ragazzino rimase interdetto per un attimo, poi scosse lentamente il capo. -Pensavo che non ce ne fosse bisogno...che lei lo avesse capito da sola...-, mormorò abbattuto.

-A volte gli altri non capiscono quello che noi proviamo...e noi non capiamo quello che provano gli altri. Per questo nascono incomprensioni e malintesi...l'unico modo per evitarlo è parlare-, disse malinconicamente Jun, mentre il suo pensiero tornava a Yayoi. "Se solo le avessi parlato...se solo le avessi detto tutto quello che avevo dentro...e lei avesse fatto lo stesso con me...ora saremmo insieme, e io non starei cosi male...", pensò.

-Jun ha ragione, Ryoichi. Devi parlarle chiaramente, e dirle tutto quello che provi per lei-, aggiunse Hikaru, avvertendo anch'egli una fitta al cuore pensando a Yoshiko.

-Forse non sono la persona più adatta a dirti questo, Ryoichi, visto che io mi sono comportato anche peggio in passato...ma se te lo dico, è perchè non voglio che tu commetta il mio stesso errore. Capisco quanto ami il calcio, e quanto esso sia importante per te. Credimi, nessuno può capirti meglio di me, perchè questo sport è tutta la mia vita. Ma non devi trascurare Yukina, in nessun modo, devi sempre farla sentire importante, devi sempre farle capire quanto conta la sua presenza per te, quanto le vuoi bene. Perchè...me ne rendo conto solo ora che lei mi ha lasciato...senza Sanae anche giocare a calcio non avrebbe più senso per me. Non sarebbe più la stessa cosa, senza di lei-, disse Tsubasa, e a quest'ultime parole chinò il capo, travolto da un'improvvisa ondata di tristezza.

Ryoichi annuì, con espressione seria. Le parole di Tsubasa lo avevano colpito profondamente. Ripensò a tutti i momenti più belli e importanti dell'ultimo periodo della sua vita...in tutti, anche in quelli collegati al calcio, compreso l'ultimo, fantastico pareggio con la squadra dei Nakagawa, Yukina era stata lì...era stata la sua presenza a dargli forza, a dargli coraggio, a dargli voglia di vincere. Il sorriso felice di Yukina ogni volta che lui segnava un gol gli dava un'emozione mille volte più forte di quella che gli dava il gol stesso. Senza di lei, sarebbe stato un altro, sia come persona sia come calciatore. Tsubasa e i suoi amici avevano ragione...non era mai stato veramente capace di farle capire quanto lei fosse importante, fondamentale per lui. -Avete ragione, ragazzi. Ma adesso cosa posso fare? Yukina è arrabbiatissima con me, e non vorrà nemmeno parlarmi!-, disse tristemente.

Tsubasa gli mise una mano sulla spalla, incoraggiandolo. -Su, sono sicura che invece Yukina ti ascolterà...in fondo, se si è arrabbiata così tanto vuol dire che ci tiene veramente a te!-

-Io penso che dovresti andare subito da lei-, disse Jun.

-Avete ragione. Vado immediatamente a parlarle-, ribattè Ryoichi con espressione decisa. -Mi accompagnereste?-

I tre ragazzi sorrisero, e acconsentirono. Si erano affezionati al ragazzino in quei giorni trascorsi insieme, e oltretutto era un po' anche colpa loro se aveva tirato quel bidone a Yukina.

Trovarono la ragazzina seduta sugli scalini di fronte a casa sua, con lo sguardo triste e gli occhi rossi. Si capiva benissimo che aveva pianto, e Ryoichi sentì un lancinante senso di colpa. Anche Tsubasa avvertì la stessa situazione...all'immagine di Yukina si era improvvisamente sovrapposta l'immagine di Sanae, e il ragazzo si chiese per l'ennesima volta quante volte Sanae avesse pianto in solitudine per colpa sua.

Tenendo la testa bassa, Ryoichi si avvicinò lentamente alla ragazzina, e si sedette al suo fianco con aria contrita, senza trovare il coraggio di parlare.

Yukina si voltò bruscamente verso di lui, era chiaro che era ancora piuttosto arrabbiata. -Che vuoi? Vattene!-, sibilò con una voce fredda, che conteneva ancora un'evidente venatura di pianto.

Ryoichi alzò lentamente lo sguardo. -Scusami, Yukina...perdonami-, sussurrò in tono triste.

La ragazzina rimase per un istante spiazzata da queste parole, ma si riprese subito. -Non basta chiedere scusa, Ryoichi...posso anche accettare le tue scuse, ma sono sicura che alla prossima occasione ti comporterai di nuovo allo stesso modo-, rispose mestamente.

-Non è vero!-, esclamò lui. Cogliendo Yukina di sorpresa, prese una mano di lei e la strinse con forza tra le sue, mentre la guardava dritto negli occhi. -Sono stato uno scemo, Yukina, un imperdonabile, completo idiota. Ti ho sempre trascurata, e non ti ho mai fatto capire quanto fossi importante per me...la verità, Yukina, è che io...-, arrossì leggermente mentre pronunciava queste parole, -io ti voglio bene. Ti voglio un bene immenso, e senza di te niente avrebbe senso, nemmeno il calcio-

La ragazzina rimase sorpresa, e le sue guance si colorarono di un rosso acceso. Per quanto tempo aveva aspettato di sentire quelle parole da lui...quasi non poteva crederci!

-Oh, Ryoichi!-, esclamò felice, buttandogli le braccia al collo.

Ryoichi ricambiò l'abbraccio, mentre finalmente si rilassava.

Tsubasa e i suoi amici si allontanarono in silenzio per lasciarli soli, con un gran sorriso sulle labbra. Erano felici di essere riusciti ad aiutare il loro nuovo amico. Speravano che almeno lui avesse capito la lezione, e non trascurasse più Yukina. In cuor loro, si chiesero nuovamente se sarebbero stati fortunati come Ryoichi...se anche a loro sarebbe stata concessa una seconda possibilità.

 

Sendai, ore 19

La giornata era trascorsa piuttosto piacevolmente. La passeggiata sulla spiaggia era piaciuta moltissimo a Schneider e ai due amici, Schuster non aveva fatto altro che ripetere quanto amava il mare. Le ragazze si sentivano a proprio agio con loro. Schneider era un ragazzo dalla conversazione molto brillante, e, contrariamente alle loro aspettative, era molto simpatico e divertente. L'unica cosa che aveva messo non poco in imbarazzo Sanae era stato il modo in cui l'aveva guardata per tutto il pomeriggio...aveva cercato di non pensarci, ma era inutile, quando si voltava verso di lui scopriva sempre i suoi penetranti occhi azzurri fissi su di lei. Si era chiesta a lungo come avrebbe dovuto comportarsi, e alla fine aveva deciso che era molto meglio fare finta di nulla, almeno non avrebbe corso rischi...la cosa più importante era evitare che Karl le facesse degli approcci, allora sì che sarebbe stata nei guai fino al collo!

La situazione era molto imbarazzante anche per il ragazzo...era sicuro che Sanae si fosse accorta che provava una certa attrazione nei suoi confronti, anche se la ragazza si sforzava di nasconderlo il suo imbarazzo era palese. Gli dispiaceva moltissimo il pensiero di metterla a disagio, ma d'altra parte non poteva farci niente...mai si sarebbe aspettato di provare una simile emozione nei suoi confronti...ancora non riusciva a crederci! Era attratto dalla fidanzata di Tsubasa Ozora! La cosa aveva dell'incredibile. Ancora una volta, si domandò come andassero le cose tra Sanae e il suo ragazzo. Non avrebbe mai avuto il coraggio di indagare, ed era sicuro che Sanae non avrebbe affatto gradito un'intrusione nella sua vita privata, ma dall'espressione degli occhi della ragazza si capiva chiaramente che non era felice, che qualcosa la tormentava. Certo, si sforzava di apparire allegra, di ridere, fingeva di divertirsi e di stare bene, ma lui, anche se la conosceva appena, capiva che era una maschera...la capiva perchè anche a lui, molte volte, era capitato di fingere di stare bene, quando dentro aveva l'inferno. Ma lui era il Kaiser, e non doveva mostrare segni di debolezza o cedimento.

Yoshiko dal canto suo era sempre più incuriosita da Stefen Levin. Il ragazzo aveva parlato pochissimo per tutto il giorno. Lei aveva fatto il possibile per intavolare una conversazione, ma lo svedese le aveva risposto praticamente a monosillabi e svogliatamente, così aveva lasciato perdere. Aveva concluso che, probabilmente, non gli era affatto simpatica, magari la trovava invadente, o la considerava una stupida. "Cosa mi importa di conoscerlo meglio?", si domandava la ragazza, e tutte le volte le tornavano in mente le parole che Stefen aveva detto in macchina, il giorno prima. Non sapeva con esattezza nemmeno lei cosa l'aveva colpita di quelle parole...forse la rabbia e la sofferenza che aveva percepito dietro di esse...Probabilmente sentiva ancora la mancanza della sua ragazza, e lottava ancora contro il dolore per la sua morte. Probabilmente era stata la tragedia che aveva vissuto a renderlo così introverso e spinoso. Era come un riccio che si chiudeva intorno alle proprie spine per evitare di essere ferito. Sorrise al paragone.

Levin notò il suo sorriso, e con suo grande stupore il cuore gli mancò un battito. Sorrideva proprio come lei...Ma perchè continuava a paragonarle? Non avevano niente in comune, niente...non conosceva quella ragazza sufficientemente per dire che le assomigliava. Eppure bastava poco...un sorriso, un gesto, un atteggiamento, perchè le due immagini si sovrapponessero...davanti a sè aveva Yoshiko, una sconosciuta ragazza giapponese di cui non sapeva assolutamente nulla, dietro di lei c'era l'ombra della ragazza che aveva amato e perduto. Si chiese quando finalmente si sarebbe liberato del suo ricordo e avrebbe ricominciato a vivere. Probabilmente mai...era già passato parecchio tempo dal giorno dell'incidente, ma il ricordo di lei era ancora vivo nella sua mente, non era sbiadito nemmeno un po', e tutte le volte che ripercorreva mentalmente il poco tempo trascorso insieme il dolore tornava a bruciare dentro, la ferita riprendeva a sanguinare e lui sapeva che non c'era modo di tamponarla.

Forse si era comportato sgarbatamente con Yoshiko...aveva mandato sistematicamente a monte tutti i tentativi di lei di fare conversazione, ma proprio non se la sentiva. Soprattutto con lei...sentirla parlare, vederla gesticolare, ridere...gli provocava un'emozione stranissima, e non era in grado di dire se era piacevole o spiacevole. Quando lei era andata a giocare con le onde, e aveva sentito la sua risata allegra e cristallina, per un attimo...per un attimo aveva avuto l'illusione che lei fosse tornata...poi era tornato alla realtà, e si era sentito strano. Non sapeva cosa pensare, come comportarsi...sapeva solo che era da tanto che niente e nessuno riuscivano a risvegliare le sue emozioni...e questa ragazza invece c'era riuscita...

Yayoi era molto preoccupata per le due amiche, e molto triste. Ogni giorno che passava si sentiva sempre più confusa e demoralizzata, e non riusciva proprio a trovare un po' di serenità...ma con sua grande sorpresa si era accorta di non essere l'unica a provare certe sensazioni. Le era bastato osservare per un po' Franz Schuster per capire che il ragazzo aveva qualcosa che lo tormentava. In compagnia era allegro, chiacchierava e scherzava senza problemi, e Yayoi aveva notato che era molto spiritoso e con la battuta sempre pronta, ma c'erano alcuni momenti in cui si distaccava e sembrava partire per un altro pianeta, per un mondo tutto suo...il suo sguardo si faceva distante, malinconico, e i suoi occhi diventavano tristi, immensamente tristi. Si spegneva come una candela consumata. La vitalità che lo contraddistingueva diventava uno sbiadito ricordo, e al posto del giovane allegro e scherzoso c'era un ragazzo inquieto, triste...sembrava quasi disperato. Se n'era accorta in modo particolare quel pomeriggio sulla spiaggia...era stato molto più taciturno del solito, aveva parlato pochissimo e scherzato quasi per niente, e sembrava che l'atmosfera della spiaggia lo deprimesse ancora di più.

"Forse non è stata una buona idea venire proprio al mare", stava pensando il ragazzo in quel momento.  Tutto gli ricordava lei...Elena. L'ultima volta che era stato in vacanza al mare era con lei...era passato solamente un anno, eppure gli sembrava che fossero secoli. Il tempo era impietoso...erano già passati tre mesi da quando lei l'aveva lasciato, e la classica frase "il tempo aggiusta tutte le cose e lenisce tutte le ferite", che più volte aveva dovuto sorbirsi in quei mesi, si era rivelata una baggianata colossale... il tempo non aveva lenito proprio un bel niente, nel suo caso. Continuava a pensarci e a starci male. Continuava a chiedersi incessantemente cosa aveva sbagliato con Elena, e come aveva fatto a non rendersi conto che lei non era più felice al suo fianco, che si era allontanata e che si stava innamorando di un altro ragazzo. Quando glielo aveva detto, Franz era caduto letteralmente dalle nuvole. Il mondo gli era crollato addosso come un castello di carte. Era arrivato al punto di supplicare Elena di non lasciarlo, di dargli un'altra possibilità, ma lei era stata irremovibile...gli aveva detto che ormai era troppo tardi, e con che sguardo glielo aveva detto...freddo, determinato, quasi ostile. Come se in lui ormai non vedesse altro che un nemico, una persona sgradita di cui liberarsi in fretta. asta, doveva smettere di pensarci...Elena ormai faceva parte del passato, e a lui non rimaneva altro che buttarsela alle spalle e guardare al futuro, ricominciare da capo. Anche se era difficile, eccome se era difficile...specie se tutto al mondo sembrava congiurare contro di lui per ricordargli Elena...il suo sguardo si soffermò un istante sulle tre ragazze che avevano incontrato durante il viaggio. Anche loro erano tristi e soffrivano per amore, se n'era accorto dal primo momento. Il dolore dei sentimenti può essere invisibile, ma non a chi lo conosce bene perchè lo sta vivendo sulla propria pelle. Quelle ragazze soffrivano quanto lui...e soprattutto lei, quella ragazza dai capelli ramati...sembrava la più inquieta e tormentata di tutte. Appena aveva incrociato i suoi occhi, aveva subito avvertito una sensazione di familiarità...quella che aveva letto negli occhi tristi di lei, era la stessa sofferenza che era scritta a lettere di fuoco nei suoi.

Immersi ciascuno nei propri pensieri, i sei ragazzi erano arrivati al ristorante dell'albergo, dove avrebbero cenato. Si sedettero tutti insieme allo stesso tavolo, e ordinarono. Per un po' rimasero in silenzio, nessuno sapeva in che modo intavolare una conversazione. Furono istanti in cui la tensione si tagliava con il coltello, ed era insopportabile per tutti. Alla fine fu Schneider, non riuscendo più a sopportare quell'opprimente cappa di silenzio, a parlare per primo.

-Ragazzi, questa sera vi va di andare in discoteca?-, domandò a bruciapelo.

Cinque paia di occhi lo fissarono con aria interrogativa.

-Vi sembra una cattiva idea?-, domandò il ragazzo.

Sanae ci pensò su per un istante. Discoteca...era almeno un secolo che non metteva piede in una discoteca. In fondo non era una cattiva idea...ballare l'avrebbe aiutata a scaricare la tensione che aveva accumulato negli ultimi giorni, e magari anche a distrarsi e a passare un po' di tempo senza pensare ai suoi problemi. -No, a me sembra un'ottima idea-, disse infine.

-Anche per me va bene-, disse Yoshiko. Perlomeno, la discoteca era un posto dove difficilmente si parlava, e poi era un modo come un altro per distrarsi un po'. Aveva proprio bisogno di liberarsi per un po' la mente da tutti i pensieri che le turbinavano dentro, cominciava a sentirsi veramente spossata.

Gli occhi delle due amiche si fissarono su Yayoi. La ragazza non aveva la minima voglia di andare in discoteca, era certa di non essere proprio nello stato d'animo più adatto per divertirsi e scatenarsi in pista, ma non voleva certo passare per la guastafeste della situazione. Se le amiche erano contente di andare a ballare, si sarebbe adeguata senza fare storie. In fondo, non sarebbe stata certo una serata in discoteca a farla stare peggio di come si sentiva. -Va bene anche per me-, disse.

-Franz, Stefen, voi cosa ne pensate?-, domandò Karl rivolto ai due amici.

-Per me va bene-, rispose Schuster. Anche lui avvertiva fortissimo il bisogno di distrarsi, di fare qualcosa che gli tenesse libera la mente e gli impedisse di torturarsi con il pensiero di Elena. La spiaggia non c'era riuscita, sperava che in discoteca le cose potessero andare meglio.

-Okay-, si limitò a dire Levin. Almeno avrebbe potuto starsene zitto tutta la sera senza che nessuno lo infastidisse...e poi lo incuriosiva l'idea di veder ballare quella ragazza. Con una fitta al cuore ricordò che lei amava moltissimo ballare, e cercava sempre di trascinarlo nelle danze, nonostante lui fosse completamente negato...basta, basta, era una tortura! Non poteva continuare a vivere di ricordi. Doveva concentrarsi sul presente, a partire da quella sera stessa.

 

 

Atami, ore 21 (nota: non ho la più pallida idea se atami sia o meno vicina a sendai, ho usato la prima località termale che mi è venuta in mente ^__^)

Tsubasa, Hikaru e Jun avevano cenato nuovamente a casa di Ryoichi e della sua famiglia, che erano stati nuovamente gentilissimi e squisiti con loro. Il loro amico era al settimo cielo ora che aveva fatto pace con Yukina, l'unico rammarico era quello di non essere stato d'aiuto ai ragazzi a trovare le fidanzate. I tre amici erano piuttosto delusi dal fatto di non aver trovato le ragazze a Sendai, era l'unica pista che avevano ed era svanita nel nulla...ora non sapevano proprio cosa fare per trovarle.

Poi, Ryoichi aveva dato loro un suggerimento del tutto inaspettato.

-Perchè non le cercate alle terme?-

-Alle terme?!-, aveva risposto Tsubasa, guardandolo con aria interrogativa e sbalordita.

-Sì, alle terme-, aveva ripetuto il ragazzino con convinzione. -Quando una persona vuole rilassarsi, dov'è che va? In una bella località termale-

-Effettivamente non ha tutti i torti...-, aveva ammesso Jun, riflettendo.

-Sì, ma il Giappone è pieno di località termali!-, aveva obiettato Hikaru, che temeva di imboccare l'ennesimo vicolo cieco.

-Hai qualche idea migliore?-, era stata la risposta dei due amici.

-Siamo disperati, e non abbiamo la benchè minima idea di dove rintracciarle. Qualunque tentativo potrebbe andare a vuoto, ma dobbiamo pur fare qualcosa, perchè io non ho intenzione di tornarmene a casa a mani vuote a torturarmi fino al loro ritorno!-, aveva esclamato Jun.

-Potreste partire da una località termale qui vicino...-, aveva suggerito timidamente Ryoichi.

I tre ragazzi avevano preso una cartina geografica e avevano cominciato a consultarla alla ricerca di una possibile meta. Dopo una lunga riflessione, avevano scelto Atami, ed ora erano lì, in un piccolo ryokan tradizionale con terme annesse.

La proprietaria diede loro le chiavi della stanza con un largo sorriso, e gli diede tutte le indicazioni per utilizzare i bagni termali. Tsubasa avrebbe voluto domandarle immediatamente se Sanae e le altre fossero per caso alloggiate lì, ma gli altri due amici lo avevano convinto che prima era meglio darsi un'occhiata intorno, e vedere se la proprietaria era disposta a dare certe informazioni o se si sarebbe insospettita.

Stavano scendendo le scale per recarsi al bagno termale, decisi a ritagliarsi una mezz'oretta di relax, quando sentirono un urlo seguito da un'imprecazione. Era chiaramente una voce femminile. Nei cuori dei tre ragazzi si accese la speranza...forse erano loro, forse le avevano trovate...corsero verso la hall del ryokan più velocemente che poterono, per poi fermarsi sulla soglia in preda ad una cocente delusione. Una ragazza si stava massaggiando un piede, borbottando. Vicino a lei una pesante sacca da viaggio, che probabilmente le era sfuggita di mano cadendole sul piede.

I tre amici si avvicinarono, cercando di mascherare la propria delusione.

-Ti sei fatta male?-, domandò Tsubasa timidamente.

La ragazza alzò lo sguardo, incrociò quello di Tsubasa e arrossì violentemente. Non era molto alta, ma era snella e ben proporzionata. I capelli castani erano raccolti in uno chignon sulla sommità della testa, da cui sfuggivano alcune ciocche ribelli che le incorniciavano il viso rotondo e grazioso, sul quale spiccavano i grandi occhi marroni dall'espressione vivace. -No, grazie-, disse, cercando di ricomporsi.

Riappoggiò il piede a terra e provò nuovamente a sollevare la sacca, ma questa le sfuggì nuovamente di mano e cadde sul pavimento con un tonfo sordo.

-Dannazione!-, imprecò nuovamente la ragazza.

-Lascia che ti aiuti-, si offrì Tsubasa, e senza attendere la risposta della ragazza, sollevò la pesante borsa senza alcuno sforzo.

-Grazie! Sei veramente genti...-, la ragazza si portò improvvisamente una mano alla bocca, -ma tu sei Tsubasa Ozora!-, esclamò sbigottita.

Tsubasa divenne rosso come un peperone, e si limitò a un cenno di assenso.

-Cielo! E voi siete Jun Misugi e Hikaru Matsuyama!-, esclamò ancora, e i due calciatori si sentirono sprofondare per l'imbarazzo, e per il timore che gli toccasse sopportare un'altra scenetta come quella dell'aereoporto.

-Cos'hai da urlare, Midori?-, domandò un'altra voce femminile. In quel momento un'altra ragazza entrò nel ryokan, reggendo in mano una sacca da viaggio grande quanto quella dell'amica. La nuova arrivata era alta quanto Midori, magra e molto graziosa. Aveva anche lei i capelli castani, che erano sciolti e le arrivavano fino alla vita, e gli occhi marroni, e sul naso erano spruzzate in abbondanza graziose lentiggini, che le davano un'aria vivace e sbarazzina.

-Mariko! Ma non li riconosci?-, esclamò Midori sovraeccitata, prendendo l'amica per un braccio.

Mariko squadrò i tre ragazzi attentamente, con espressione interrogativa.

-Veramente no...-, ammise alla fine, arrossendo lievemente.

Jun e Hikaru trattennero a stento una risatina, mentre Midori sbuffò come una locomotiva a vapore.

-Ma sei senza speranze! Sono Tsubasa Ozora, Jun Misugi e Hikaru Matsuyama! Tre campioni della nazionale giovanile giapponese!-, esclamò.

-Oddio!-, fece la ragazza sbigottita, portandosi una mano alla bocca e diventando praticamente viola per la vergogna. -Scusatemi tanto!-

I tre ragazzi risero divertiti. -Non preoccuparti! Non è mica grave-, la rassicurò Tsubasa. Quelle due ragazze erano davvero simpatiche. Era da un po' che non rideva così di gusto.

-Eccomi, ragazze! La nostra stanza è la trecento...-, la nuova arrivata non riuscì a finire la frase, la borsa le cadde dalle mani e cacciò un urlo.

Jun e Hikaru stavolta non riuscirono a trattenersi, e scoppiarono in una fragorosa risata.

-Oddio! Ma siete davvero voi!-, disse la ragazza, una morettina alta e slanciata con i capelli neri tagliati a caschetto e gli occhi scuri. Si avvicinò a Hikaru e gli strinse vigorosamente una mano.

-Sono sempre stata una tua grande ammiratrice! Mi chiamo Suzuki, e conoscerti è un vero onore per me!|-, esclamò allegramente.

Hikaru arrossì lievemente, e ricambiò la stretta. -Grazie-, disse un po' imbarazzato.

-Scusa...Midori, giusto?-, intervenne Tsubasa rivolto alla ragazza con i capelli legati.

-Oddio, si ricorda il mio nome!-, strillò Midori felicissima.

-Ehm...dove devo appoggiare la tua borsa?-

Midori divenne rossa come un peperone. -Cielo, che figura!!-, esclamò mortificata.

-Tranquilla, tranquilla-, la rassicurò Tsubasa sorridendo. -Se volete, possiamo accompagnarvi fino alla vostra stanza-

-Lo fareste davvero?-, disse Mariko tutta contenta.

-Ma certo!-, rispose gentilmente Misugi rivolgendole un sorriso che la fece praticamente squagliare.

-La nostra stanza è la 307-, disse Suzuki, ancora attaccata al braccio di Hikaru.

-Allora siete vicino a noi...noi siamo nella 306-, disse Tsubasa, dirigendosi verso le scale.

L'annuncio del ragazzo fu seguito da una serie di gridolini eccitati da parte delle tre amiche, che fecero scoppiare nuovamente a ridere i tre amici.

-Il nostro soggiorno alle terme si preannuncia interessante, non trovi?-, domandò Jun rivolto a Hikaru, che stava cercando un modo gentile per sganciarsi dalla stretta di Suzuki.

-Eccome!-, ribattè l'amico sorridendo. Poi il suo volto si rabbuiò. -Speriamo solo che sia la volta buona per trovarle...-, disse in tono malinconico.

 

Le ragazze sono in discoteca con Schneider, Schuster e Levin, i ragazzi invece sono alle terme con le simpatiche Mariko, Midori e Suzuki....cosa accadrà?! per saperlo, non perdetevi l'undicesimo capitolo di "ON THE ROAD"!! ^________^

 

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Capitolo 11
*** Tentazioni ***


ON THE ROAD

 

CAPITOLO UNDICI: TENTAZIONI

 

Atami, ore 22

 

Hikaru, Tsubasa e Jun avevano aiutato le tre ragazze appena conosciute, Mariko, Midori e Suzuki, a portare le valigie fino alla loro stanza, e durante il tragitto erano stati subissati di domande sulla nazionale, sui compagni di squadra e sul motivo del loro viaggio ad Atami. Quest'ultima domanda li aveva messi un po' in imbarazzo, e avevano detto loro, cercando di essere il più possibile disinvolti, che erano molto stressati dopo l'ultimo campionato mondiale e avevano bisogno di rilassarsi. Questa "versione dei fatti" sembrava aver soddisfatto le tre amiche, che, con loro grande sollievo, non avevano domandato nulla sulle loro fidanzate, poi Hikaru, brillantemente, era riuscito a cambiare discorso e ad incentrare la conversazione su di loro. Avevano scoperto così che le tre ragazze venivano da Osaka, avevano diciotto anni ed erano in viaggio per festeggiare il risultato positivo dell'esame di ammissione all'università. Erano ragazze brillanti e simpatiche, e la loro compagnia era davvero piacevole per i tre ragazzi, che avevano un disperato bisogno di rilassarsi e di trascorrere qualche minuto senza pensare a Sanae, Yayoi e Yoshiko, e senza farsi prendere dallo sconforto e dalla paura di non riuscire a trovarle nemmeno ad Atami. Così, avevano accettato volentieri l'invito di Suzuki a cenare con loro, e si erano dati appuntamento per le 22 nel ristorante del ryokan.

 

I tre ragazzi, seduti ad un tavolo appartato, stavano discutendo tra di loro. Avevano il volto pallido e tirato, e non era difficile intuire quale fosse l'argomento della loro conversazione. Le ragazze. Speravano con tutto il cuore che si trovassero ad Atami, anche se dovevano riconoscere razionalmente che le speranze di riuscire a trovarle erano veramente esigue. Il Giappone era vastissimo, e di località termali ce n'erano a centinaia, ammesso che veramente si trovassero in una località termale...Sapevano dall'inizio che la loro era un'impresa veramente disperata, ma sapevano altrettanto bene che non avrebbero resistito ad aspettarle con le mani in mano, senza fare niente. Ripensarono a tutti gli eventi che erano capitati nel corso del loro viaggio...l'assalto delle fan all'aeroporto, l'incontro con Mayuko che li aveva addirittura derubati, la partita di calcio della squadra di Ryoichi, e ora quelle tre esuberanti ragazzine...non si poteva certo dire che il loro non era stato un viaggio movimentato e ricco di sorprese ed imprevisti. Si chiesero per un istante se il viaggio delle ragazze fosse stato altrettanto incasinato...(sapessi quanto!! ndGemini) e tutti e tre furono assaliti da violentissimi morsi di gelosia, pensando all'improvviso che potevano aver trovato qualcuno che voleva portargliele via....non potevano sopportare l'idea di perderle.

-Ragazzi...credete che le troveremo?-, domandò Hikaru in tono sfiduciato, sfogliando distrattamente il menu. Non gliene importava granchè della cena, oltretutto aveva pochissimo appetito. Non gli importava più di niente...ormai le speranze di poter riabbracciare presto la sua Yoshiko si stavano lentamente affievolendo, per lasciare il posto alla più totale sfiducia. Sentiva il cuore gonfio di pena e avvolto dal gelo...come quando lei era partita per New York la prima volta, e lui non sapeva se l'avrebbe mai più rivista. E stavolta era addirittura peggio, perchè allora perlomeno poteva trovare consolazione nella consapevolezza che lei lo amava...Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni la fascetta che Yoshiko gli aveva regalato, ormai sgualcita per tutte le volte che l'aveva stretta tra le mani...ricordava le nottate interminabili passate a piangere dalla nostalgia di lei, fino ad inzuppare completamente quel minuscolo pezzo di stoffa, che era tutto quello che gli era rimasto della ragazza che amava...e ricordava quando aveva pregato per lei stringendolo tra le mani, quando Yoshiko si trovava in ospedale tra la vita e la morte...tutti momenti orribili che sperava, credeva fossero finiti per sempre...Ma la sua felicità era stata bruscamente spazzata via, ed ora si sentiva nuovamente confuso, smarrito e addolorato.

-Non lo so...Purtroppo le speranze non sono molte-, mormorò Tsubasa, afflitto. Gli costava parecchio ammettere una cosa simile...lui era sempre stato un tipo che non si arrendeva mai, ricordava tutte le volte in cui, durante una partita, la sua squadra si era ritrovata sotto di quattro gol eppure lui non aveva perso le speranze di ribaltare la situazione ed era sempre stato il primo ad incitare i suoi compagni a continuare a lottare fino alla fine, a non gettare mai la spugna. Avrebbe tanto voluto avere la forza di fare la stessa cosa, in quel momento...sfoderare uno dei suoi famosi sorrisi tranquilli, rassicurare i suoi amici e incitarli a non perdere le speranze. Ma ora non si trattava del calcio...ora non era solo il suo orgoglio di sportivo ad essere ferito, ma era il suo cuore...e soprattutto, non c'era Sanae, accanto a lui, che gli infondeva coraggio e vigore con un solo sguardo, con un solo sorriso. Solamente ora che l'aveva persa si rendeva conto di quanto lei fosse fondamentale, e questo pensiero lo abbatteva ancora di più. Se Sanae si fosse stancata di lui, se avesse deciso di lasciarlo...la sua vita non avrebbe mai più potuto essere quella di prima. Forse non avrebbe saputo esprimersi agli stessi livelli nemmeno come calciatore. Sanae era la sua linfa vitale, e lui era stato un idiota a non capirlo. Non poteva certo biasimarla, anzi...era stata un angelo a sopportarlo per tutti quegli anni, senza mai un lamento, senza mai pretendere nulla in cambio. (finalmente se n'è accorto!!!!ndGemini)

Jun non rispose, immerso nei suoi soliti tristi pensieri. Anche lui odiava arrendersi, non l'aveva mai fatto, nè nel calcio nè soprattutto nella vita...non aveva mai ceduto alla sua malattia, non le aveva mai permesso di dominarlo, di condizionare il suo futuro, i suoi sogni. Aveva combattuto e tenuto duro finchè non l'aveva sconfitta definitivamente, nonostante la paura, nonostante l'angoscia, nonostante la sofferenza. Si era sempre ritenuto una persona forte, ma quel che era successo gli aveva fatto capire che si sbagliava...era Yayoi la sua forza. E senza di lei, gli rimaneva a malapena l'energia sufficiente per reggersi in piedi, per alzarsi il mattino. Quello a cui si aggrappava ora era il desiderio di ritrovarla, di riabbracciarla, di farsi perdonare per non averla saputa capire e rendere felice. Ma questa speranza ora si stava affievolendo lentamente, come una candela che si consuma sotto il soffio del vento...e anche lui si stava spegnendo a poco a poco.

L'atmosfera di tristezza venne dissolta dall'arrivo di Midori, Mariko e Suzuki, che invece erano di umore completamente opposto rispetto ai tre ragazzi. Erano allegre, piene di brio, e l'idea di trascorrere un'intera serata con i loro idoli, tre calciatori della nazionale giapponese, le riempiva di una gioia incontenibile, inesprimibile a parole. Avevano impiegato una vita a vestirsi e truccarsi perchè volevano essere il più carine possibili, avrebbero pagato tutto l'oro del mondo per realizzare il loro sogno segreto...far girare loro la testa. Sapevano dai pettegolezzi letti sulle riviste che erano tutti e tre fidanzati, ma le loro ragazze non li avevano accompagnati in questo viaggio, a quanto pareva, e quindi....avevano campo libero! Stentavano a credere all'enorme fortuna che era toccata loro, e ringraziarono silenziosamente i loro genitori per aver scelto proprio quella località e quell'albergo, quando avevano deciso di regalare loro una piccola vacanza. Sarebbe stata la vacanza più meravigliosa ed indimenticabile della loro vita, ne erano certe!!

-Ciao!! Scusate per l'attesa!-, esclamò allegramente Suzuki, che era la più esuberante delle tre.

I tre ragazzi alzarono di malavoglia lo sguardo, e rimasero decisamente stupiti quando le videro...ma erano veramente le tre ragazzine che avevano incontrato all'ingresso del ryokan poco più di un'ora prima?! Sembravano tre persone completamente diverse...Suzuki indossava un vestitino azzurro corto e scollato, portava un paio di sandali con il tacco che la facevano sembrare ancora più alta e slanciata, alle orecchie aveva due deliziosi cerchietti d'argento, che insieme ad un velo di ombretto azzurro sugli occhi e al lucidalabbra color lampone la rendevano deliziosamente femminile. Hikaru si sforzò di non far cadere lo sguardo sulla scollatura della ragazza...accidenti, non si era accorto prima che Suzuki fosse così...diciamo, ben proporzionata! Quel vestito la faceva sembrare più grande della sua età, ed anche molto sensuale. La ragazza notò lo sguardo imbarazzato del giovane, e sorrise compiaciuta. Aveva fatto colpo!, pensò soddisfatta.

Jun invece era rimasto piuttosto colpito da Mariko...prima non ci aveva fatto caso, ma ora che la osservava con più attenzione non poteva fare a meno di notare quanto la ragazza assomigliasse a Yayoi (par condicio no? lei ha incontrato il sosia perfetto di Jun, a lui facciamo incontrare una sosia di Yayoi ^___^ ndGemini). Aveva lo stesso sguardo dolce e timido che lo aveva fatto innamorare follemente di lei. Notò che indossava un top giallo senza maniche, che le lasciava scoperto l'ombelico, e una gonna nera a portafoglio, che metteva in risalto le gambe snelle e abbronzate, il giallo le donava molto, faceva risaltare i suoi dolcissimi occhi castani e i lunghi capelli, che sembravano davvero lucenti e setosi. Il ragazzo sentì la curiosità di toccarli e di attorcigliarli tra le dita, come spesso aveva fatto con i capelli di Yayoi. Mariko sentì lo sguardo di Jun su di sè, e arrossì imbarazzata, tenendo gli occhi bassi per non incontrare quelli del giovane. La sua aria imbarazzata e intimidita gli ricordò ancora di più Yayoi, la sua Yayoi...Mariko gli ispirava lo stesso desiderio di protezione.

Tsubasa invece non potè fare a meno di notare che Midori era decisamente cambiata rispetto a prima. Quando l'aveva vista per la prima volta, gli era sembrata un simpatico e buffissimo maschiaccio, mentre quella sera...beh, era decisamente femminile. Aveva lasciato sciolti i capelli, che le ricadevano leggermente ondulati sulle spalle, un velo di ombretto e di mascara aveva reso ancora più grandi e luminosi i suoi vivaci occhi marroni, e le labbra carnose e sorridenti erano messe in risalto da un velo di lucidalabbra trasparente. Era davvero molto carina. Gli venne da ripensare a Sanae...anche lei aveva subito una metamorfosi, da maschiaccio tutto pepe a ragazza affascinante...era stato proprio quel suo cambiamento a fargli notare quanto lei fosse bella, e quanto le volesse bene, più che a un'amica...Cercò di scacciare quel pensiero che gli causava dolore. Era inutile. Non riusciva a fare a meno di pensare a Sanae nemmeno per un secondo. Cercò di tornare a concentrare la sua attenzione su Midori, che gli stava sorridendo. Indossava una canottierina fucsia allacciata dietro il collo che le lasciava la schiena scoperta e una minigonna jeans, e notò che il colore acceso del top faceva risaltare la carnagione madreperlata e i riflessi rossi dei capelli.

Le ragazze si sedettero a tavola, ben consapevoli di aver destato l'interesse dei tre calciatori. Il gruppetto cominciò a chiacchierare allegramente tra un'occhiata al menu e una battuta di Midori, che aveva un sacco di barzellette e aneddoti divertenti da raccontare, e i tre ragazzi cominciarono finalmente a sentirsi più rilassati...anche se il fatto che, quella sera, le tre nuove amiche fossero così carine e seducenti non li faceva sentire certo tranquilli....

 

Sendai, ore 22.30

Nella loro stanza d'albergo, Yayoi, Sanae e Yoshiko si stavano preparando per la serata in discoteca con Schneider e gli altri. Avevano praticamente tirato fuori dall'armadio tutta la roba che si erano portate dietro per il viaggio per cercare gli indumenti più adatti, ed erano praticamente in panico. Cominciavano a sentirsi convinte di non avere nessun vestito all'altezza della situazione, e a pentirsi di aver accettato quell'invito.

-Ragazze, io non ho niente da mettere!!-, esclamò Yoshiko disperata, mentre girovagava per la stanza in slip e reggiseno gettando tutti i suoi vestiti alla rinfusa.

-Che ne dici di questo?-, suggerì Sanae, porgendole un top rosa a fascia.

L'amica lo osservò attentamente per un attimo. -Non è male-, disse alla fine.

-Ti suggerisco di metterlo con una minigonna-, disse Yayoi, mentre si dirigeva alla velocità della luce verso il bagno per farsi la doccia.

-Una minigonna? Ma...-, obiettò la ragazza, arrossendo. Nonostante gli anni trascorsi in America, dove le ragazze erano molto più "sfrontate" delle coetanee giapponesi, continuava a sentirsi a disagio quando doveva vestirsi in modo un po' più vistoso del solito.

-Eddai, Yoshi! Non vorrai andare in discoteca vestita da suora!-, la rassicurò Sanae, mentre si misurava una gonna nera longuette, per poi scartarla subito dopo.

-D'accordo, forse hai ragione-, capitolò Yoshiko, recuperando dall'ammucchiata dei suoi vestiti una minigonna di jeans e provandola per vedere come le stava. Si osservò allo specchio, e dovette ammettere che le donava molto. Indossò anche il top che le aveva consigliato l'amica, e fu soddisfatta del proprio aspetto. Contenta per aver finalmente trovato la mise adatta, la ragazza si sedette canticchiando davanti allo specchio con in mano il beauty case, per procedere alla fase del trucco.

-E una è sistemata!-, disse Sanae, mentre si provava davanti allo specchio una gonna dietro l'altra, senza sentirsi mai soddisfatta del risultato. Alla fine, l'occhio le cadde su un vestitino che aveva appoggiato distrattamente su una sedia. Era rosso, con la gonna che arrivava poco più su del ginocchio e una profonda scollatura a V sul davanti. Il rosso era il suo colore preferito, e quel vestito le era sempre piaciuto. Ricordò che la prima volta che lo aveva indossato, Tsubasa le aveva fatto un sacco di complimenti, dicendole che era davvero incantevole. "Basta, non è il momento di pensare a lui!", si disse, infilandosi il vestito. Dovette ammettere che le stava veramente bene, e faceva risaltare alla perfezione il suo corpo perfetto e ben proporzionato.

Quando Yayoi uscì dalla doccia, trovò le due amiche già vestite e a buon punto con il trucco.

-Ma dai! Sono sempre l'ultima!!-, si lamentò, giocherellando nervosamente con una ciocca di capelli ramati appena asciugati. Ci volle un po' di tempo, ma alla fine anche Yayoi fu sistemata, scegliendo di indossare una gonna nera a tubino che le arrivava al ginocchio e un top azzurro di pizzo con lo scollo a barchetta, che metteva in risalto l'abbronzatura, frutto dei giorni trascorsi in spiaggia ad Okinawa. Legò i capelli in una coda di cavallo con un nastro azzurro, mise un po' di matita celeste e di rimmel sugli occhi e un rossetto di un bellissimo color rosa antico, e completò l'opera con un paio di sandali alla schiava con il tacco alto. Yoshiko lasciò sciolti i capelli, che ricadevano morbidamente oltre le spalle, mise sugli occhi un velo di ombretto rosa e un po' di mascara, e lo stesso rossetto dell'amica. Anche lei indossò un paio di sandali alla schiava con il tacco. Sanae raccolse i capelli in uno chignon in cima alla testa, che fermò con una bacchetta, lasciando che alcune ciocche ribelli ricadessero sul viso, incorniciandolo dolcemente, si mise un po' di matita nera e di rimmel sugli occhi e un rossetto color rosso acceso, e indossò un paio di sandali con la zeppa altissima. Finalmente pronte, le tre ragazze presero le borsette e scesero nella hall dell'albergo, dove le aspettavano i tedeschi.

 

Atami, ore 23

La cena era stata davvero piacevole, e i tre amici dovevano riconoscere che Midori, Suzuki e Mariko erano ragazze davvero simpatiche e divertenti. Si trovavano molto bene in loro compagnia, e grazie a loro erano riusciti a trascorrere i primi momenti sereni e spensierati del loro viaggio, che era stato accompagnato dall'angoscia e dalla tensione fin dalla partenza. Terminata la cena, le tre ragazze proposero di andare a bere qualcosa in un locale, e Jun, Tsubasa e Hikaru accettarono volentieri. Dopo aver camminato un po' per le vie di Atami, trovarono un delizioso pub dall'atmosfera tipicamente inglese, e si sedettero ad un tavolo sulla terrazza, godendosi la fresca brezza della sera.

I tre ragazzi ordinarono una birra media ciascuno, mentre le tre ragazze preferirono ordinare un Cuba Libre. Continuarono a chiacchierare del più e del meno aspettando le loro bevande, e alla fine il discorso cadde sulle questioni amorose. Era tutta la sera infatti che le tre ragazze erano divorate dalla curiosità di sapere come mai le fidanzate dei tre calciatori non fossero in vacanza con loro, e, ora che l'atmosfera si era fatta più distesa e confidenziale, Suzuki, che era la più intraprendente delle tre, prese la fatidica decisione di domandarglielo.

-Come mai le vostre fidanzate non sono venute in vacanza con voi?-, domandò infatti con estrema naturalezza, senza mostrare alcun segno di disagio o imbarazzo.

I tre giovani si irrigidirono, e si guardarono l'un l'altro impacciati, senza sapere cosa dire. Alla fine fu Hikaru a parlare. Il ragazzo era convinto che fosse meglio raccontare tutta la verità, dopotutto difficilmente le tre amiche avrebbero bevuto una scusa qualunque, anche se le conosceva da poco aveva capito che erano tipe piuttosto sveglie, e, cosa non secondaria, sentiva il bisogno impellente di confidarsi con qualcuno, di sfogare la rabbia e l'amarezza che da troppo tempo covava nel cuore. Inoltre, pensò con una punta di speranza, forse Mariko, Midori e Suzuki, essendo ragazze anche loro, avrebbero saputo consigliarli sul da farsi...Così, raccontò loro della partenza improvvisa delle ragazze, dei tentativi andati a vuoto di convincerle a tornare a casa, della loro decisione di cercarle e della loro disperata ricerca attraverso il Giappone.

Le tre ragazze ascoltarono tutto con estrema attenzione, senza credere alle proprie orecchie. Scappate? Da tre tipi come loro? Alle loro fidanzate probabilmente mancava qualche rotella...loro avrebbero fatto qualunque cosa per accalappiare tre ragazzi come loro! Belli, famosi, e destinati ad un brillante futuro di soldi e successo...cosa si poteva desiderare di più dalla vita? Tra l'altro, era evidente che tutti e tre erano profondamente innamorati delle proprie ragazze. Bastava vedere l'espressione afflitta di Hikaru mentre parlava, o le tracce di lacrime non versate che si affacciavano agli occhi malinconici di Jun, o lo sguardo triste e spento di Tsubasa, che non si era illuminato nemmeno quando il discorso era caduto sul calcio e sul Brasile. Stavano davvero soffrendo come cani...e loro tre volevano aiutarli. Era la loro grande occasione. Erano vulnerabili per la decisione improvvisa delle tre fidanzate, bisognosi di conforto e di sostegno...e loro gliel'avrebbero offerto, sperando che si innamorassero di loro...dopotutto, anche se non conoscevano queste Yayoi, Yoshiko e Sanae, erano più che convinte di non dover invidiare niente a nessuno.

-Mi dispiace tanto...-, sussurrò Suzuki con aria contrita, mentre allungava la mano dall'altra parte del tavolo per accarezzare lievemente quella di Hikaru. Il ragazzo rimase stupito dal gesto, ma non si ritrasse...era molto dolce da parte di quella ragazza...le sorrise, ricambiando la carezza.

-E voi? Come mai senza fidanzato?-, domandò Jun, avvertendo improvvisamente la necessità di cambiare discorso. Era riuscito finalmente a stare un po' di tempo senza tormentarsi per Yayoi, e voleva impedire che i suoi pensieri negativi riprendessero il sopravvento.

Le tre ragazze furono sorprese da quel repentino cambiamento, ma decisero di fare finta di nulla.

-Io mi sono lasciata da poco con il mio ragazzo...era una storia che non poteva funzionare-, disse Suzuki assumendo un atteggiamento da donna vissuta, che lasciò Hikaru piuttosto sorpreso. Quella ragazza sembrava avere mille facce...era una sorpresa continua. E doveva riconoscere, con un sottile filo di preoccupazione, che la cosa lo attraeva non poco.

-Io sono sfortunatissima in amore! Non me ne va mai bene una!-, esclamò Midori, facendo una faccina imbronciata che strappò a Tsubasa un sorriso divertito. Quella ragazza era buffissima...sembrava una versione di Ishizaki al femminile...ma era anche molto carina.

-Io...-, cominciò Mariko, ma non riuscì a terminare la frase perchè fu colta da un attacco di timidezza, ed arrossì confusa, abbassando lo sguardo. Jun provò un istintivo moto di tenerezza nei suoi confronti...sembrava così fragile, così indifesa...gli faceva venire voglia di stringerla tra le braccia e di rassicurarla, dirle che andava tutto bene e che non c'era niente di cui aver paura. Cercò di allontanare quei pensieri assurdi....non aveva mai provato niente del genere per una ragazza che non fosse Yayoi...ad essere sincero, non c'era mai stata nessun'altra donna nella sua vita tranne lei.

L'arrivo del cameriere con le birre e i Cuba Libre pose fine alla conversazione. Quando il giovane se ne fu andato, Jun, per evitare che la timida Mariko si sentisse in imbarazzo, cambiò subito discorso, e nessuno lo riportò sugli affari di cuore.

 

Sendai, ore 24

La discoteca era affollata e piena di gente. Appena arrivati, i sei ragazzi si misero subito alla ricerca di un tavolino da occupare, per non rischiare di ritrovarsi a passare tutta la serata in piedi. Furono fortunati, perchè proprio in quel momento un gruppetto di ragazzi che occupava un tavolino esattamente a metà strada tra il bar e la pista si alzarono per andarsene, e Schneider con un balzo degno del Kaiser lo occupò immediatamente anticipando altri due ragazzi che lo avevano adocchiato come loro. Le tre ragazze sistemarono le proprie borsette sulle sedie, e poi proposero ai loro accompagnatori di andare subito in pista. I tre tedeschi si guardarono dubbiosi per un attimo, poi acconsentirono sorridendo, e cominciarono a scatenarsi nelle danze.

Schneider non staccava un attimo gli occhi di dosso a Sanae. Quando l'aveva vista prima scendere dalle scale aveva sentito il sangue accendersi violentemente nelle vene, ed una bruciante sensazione di calore invadergli tutto il corpo. Era bellissima. Era incantevole. Il rosso le donava moltissimo, era proprio il colore più adatto a lei, e quel vestito faceva risaltare tutte le curve del suo magnifico corpo...la scollatura poi era da infarto...e vederla muoversi sensualmente seguendo il ritmo della musica, con il sudore che le scorreva in goccioline lungo la pelle abbronzata...beh, era più che sufficiente a fargli perdere completamente il controllo. Aveva conosciuto molte ragazze bellissime, e parecchie le aveva anche frequentate, ma per nessuna aveva sentito la stessa, irrefrenabile attrazione che provava per Sanae in quel momento....Se non avessero avuto intorno tutte quelle persone, probabilmente l'avrebbe presa tra le braccia e avrebbe iniziato a baciarla e toccarla dappertutto...per un attimo un'immagine di Sanae abbandonata tra le sue braccia, mentre il vestito rosso cadeva lentamente a terra, gli attraversò la mente...cercò di scacciarla immediatamente, provando un acuto senso di disagio. Non poteva permettersi di avere dei pensieri simili su di lei. Era la fidanzata di un altro, doveva tenerselo bene a mente. Ma questo non gli bastava certo per smettere di desiderarla.

La ragazza si era accorta dello sguardo di Schneider...stavolta non si sbagliava, era certa che fosse desiderio la scintilla che vedeva brillare negli occhi di Karl quando la osservava...quella scintilla che per anni aveva desiderato che si accendesse per lei negli occhi di Tsubasa, invano. Quello sguardo la metteva a disagio...ma, dovette ammettere, allo stesso tempo la lusingava. Eccome se la lusingava. Per un attimo si sentì in colpa, ma poi riconobbe che in fondo non c'era niente di sbagliato in questo. Era una donna, ed è normale che una donna sia contenta di sentirsi ammirata e desiderata da un uomo. Soprattutto tenendo conto che Schneider, non poteva negarlo, era un uomo decisamente attraente, e Sanae sapeva bene che moltissime ragazze avrebbero fatto carte false per essere guardate così da lui. Se a guardarla in quel modo fosse stato l'uomo che lei amava...sarebbe stata la persona più felice e soddisfatta del mondo...Cercò di allontanare quel pensiero, che le aveva procurato una nuova fitta di sofferenza, decisa a godersi quella serata più che poteva.

Anche Yoshiko si sentiva turbata in quel momento. Appena era entrata e aveva sentito la musica, i sentimenti negativi avevano cominciato a fluire via dal suo corpo, per lasciare spazio ad una magnifica sensazione di libertà...il ritmo trascinante della musica l'incitava a muoversi, a lasciarsi andare, e la ragazza l'aveva seguito, liberando la mente da tutti i pensieri e seguendo solamente l'istinto. Poi, qualcosa aveva spezzato quell'incantesimo che l'aveva avvolta...aveva alzato un attimo lo sguardo, e aveva incontrato gli occhi azzurri di Levin. Era come se quegli occhi l'avessero trapassata da parte a parte. Il suo cuore aveva cessato per un istante di battere, per poi cominciare a battere all'impazzata, come un cavallo imbizzarrito. Era stupefacente come bastasse solamente uno sguardo dello svedese per farla sentire completamente sottosopra...nessuno le aveva mai suscitato emozioni simili...nemmeno Hikaru, anche se lo amava con tutta se stessa. Era come se Levin riuscisse a leggerle dentro con una sola occhiata, a mettere a nudo la parte più segreta e intima della sua anima.

Anche Stefen sentiva una strana alchimia che lo attirava verso quella ragazza...qualcosa di magnetico, che non dipendeva dalla sua volontà. L'ultima cosa che voleva era provare sentimenti verso una ragazza già impegnata, che avrebbe potuto portargli solo nuova sofferenza. Ma c'era qualcosa in lei...che lo richiamava. Non era attrazione fisica...non era il suo corpo a invocarlo, era la sua anima. Ogni minuto che passava, gli ricordava sempre di più la sua fidanzata...era come se una parte di lei fosse tornata a vivere attraverso Yoshiko, attraverso i suoi gesti, i suoi movimenti, i suoi sorrisi, i suoi sguardi, i suoi rossori. Il modo in cui lei era vestita quella sera, era molto simile al modo in cui amava vestirsi la sua fidanzata. Persino il modo di ballare sembrava lo stesso...le immagini delle due ragazze continuavano a sovrapporsi davanti ai suoi occhi, e nonostante cercasse disperatamente di convincersi che si trattava solo di suggestione, non riusciva a sottrarsi a quello strano incantesimo. Si era ripromesso di gettarsi tutto alle spalle e cominciare a pensare solo al presente, ma il passato sembrava non voler dargli tregua.

Schuster e Yayoi invece si stancarono ben presto di ballare, e tornarono a sedersi al tavolino. La ragazza non si sentiva proprio dell'umore giusto per danzare e divertirsi, dopotutto se era andata in discoteca era solamente per assecondare le amiche, e fu contenta di vedere che Sanae e Yoshiko parevano divertirsi. Almeno loro riuscivano a distrarsi...lei, invece, non riusciva a scrollarsi di dosso la tensione che l'opprimeva nemmeno per un secondo, anzi, in certi istanti stava talmente male che si sentiva quasi soffocare. Anche Franz si sentiva piuttosto giù di morale...anzichè fargli dimenticare Elena, quell'ambiente gliel'aveva fatta ricordare ancora di più...era stato sufficiente mettere piede lì dentro per cominciare a ripensare, suo malgrado, a tutte le volte che era stato in discoteca con la sua ragazza...ed era stato come ricevere un pugno violentissimo in pieno stomaco.

Sospirò stancamente mentre si metteva a sedere. Yayoi notò la sua espressione profondamente triste...e fu sicura che quel ragazzo avesse qualcosa che lo tormentava, un peso sul cuore che cercava disperatamente di allontanare, senza riuscirvi.

-Scusa...non vorrei farmi gli affari tuoi, ma...c'è qualcosa che non va?-, gli domandò timidamente.

Schuster la guardò meravigliato. Era la prima volta che quella ragazza gli rivolgeva la parola...Ma sentì improvvisamente il bisogno di confidarsi. Dopotutto, aveva la sensazione che lei lo avrebbe capito...i suoi occhi tristi e stanchi sembravano nascondere lo stesso malessere, la stessa inquietudine che affliggevano lui. L'inquietudine di chi soffre per amore. -E' l'amore...ti sei mai chiesta perchè una cosa così bella debba far soffrire così tanto?-, le chiese il ragazzo, guardandola negli occhi.

Yayoi rimase profondamente colpita da queste parole. -Già...-, sussurrò, ripensando a tutti i momenti della sua storia con Jun...ai momenti belli come a quelli brutti, rendendosi conto di come quelli felici fossero stati fortunatamente di più...ma anche di quanto fossero stati terribili quelli tristi...come il momento che stava affrontando ora.

-Mi chiedo solo cosa ho sbagliato...-, proseguì il giovane tedesco con voce velata di amarezza, e prese a raccontarle di Elena, del loro primo incontro, di come era nato il loro amore, di tutti i magici momenti che aveva trascorso con lei. -Immaginavo che saremmo stati insieme per sempre...lei era tutto per me, era la mia donna ideale-, disse, mentre il suo sguardo si rabbuiava ulteriormente. E infine le raccontò del giorno più brutto della sua vita, quando Elena gli aveva confessato che la loro storia era giunta al capolinea, e che si era innamorata di un altro, senza che lui sospettasse nulla. -Avevamo avuto dei momenti di crisi, ma capita in tutte le coppie...non pensavo che lei stesse così...che non mi amasse più...è stato terribile- e non riuscì più a trattenere le lacrime, che silenziosamente presero a rigargli il viso.

Yayoi lo osservò in silenzio, sentendosi profondamente triste. Era evidente che amava Elena ancora moltissimo, e che il dolore per averla persa era soffocante...comprendeva perfettamente come si sentiva. Ritornò col pensiero a tutte le volte che era stata sul punto di perdere Jun...la sola idea di ritrovarsi a vivere il resto dei suoi giorni senza di lui era insopportabile, la faceva impazzire. -Mi dispiace...So che le parole non servono a molto in questi casi, ma...sappi che ti sono vicina-, disse in tono dolce, prendendo una mano di Schuster tra le sue e accarezzandola lievemente.

Il ragazzo non disse nulla, poi, quando si fu calmato, le sorrise affettuosamente. -Grazie. Mi ha fatto bene sfogarmi con te...-, le disse.

Yayoi arrossì leggermente. -Figurati...non ho fatto nulla-, rispose un po' impacciata.

-E tu, invece? So che hai anche tu qualcosa che ti tormenta...-, disse Schuster dopo un attimo di silenzio.

La ragazza tacque per un istante, cercando di riordinare le idee, poi cominciò a confidarsi e raccontò tutto al giovane tedesco. All'inizio si sentiva imbarazzata all'idea di parlare di cose tanto personali con un ragazzo che conosceva appena, ma mano mano che parlava le parole fluivano liberamente dalle sue labbra, come un fiume in piena, e Yayoi si rese conto che, inconsapevolmente, aveva un bisogno disperato di questo...di sfogarsi, di non tenersi più tutta l'angoscia e la paura dentro. Gli parlò di Jun, della loro storia, dei suoi timori...dell'insoddisfazione che piano piano aveva cominciato a serpeggiare dentro di lei, distruggendo la sua serenità...della decisione di partire, dei sensi di colpa, di Masaro...e mentre raccontava, si sentiva più libera e leggera...come se il peso che le gravava sul petto stesse lentamente scivolando via.

Franz la ascoltava con molta attenzione..ora era tutto chiaro...finalmente l'inquietudine di Yayoi e delle sue due amiche trovava una spiegazione. Certo che per arrivare a prendere una decisione similie dovevano stare veramente male. Però, non riusciva ad essere del tutto d'accordo con loro. L'esperienza con Elena gli aveva insegnato che non bisogna fuggire dai problemi, ma affrontarli di petto non appena si presentano...forse, se lui ed Elena si fossero resi conto subito che c'era qualcosa che non andava, e ne avessero parlato...forse la loro storia non sarebbe finita in quel modo. Si riscosse subito. Non si poteva costruire la storia sui se...era andata così e basta, bisognava solo accettarlo. Ma per Yayoi non era ancora troppo tardi. Lei poteva ancora salvare il suo amore, ed essere felice.

-Yayoi...lo vuoi un consiglio?-, le disse con voce seria e preoccupata.

La ragazza annuì.

-Dovete affrontare il problema con i vostri ragazzi...parlare con loro, e chiarire una volta per tutte le cose che vi fanno stare male, una per una...se continuate a nascondere la testa sotto la sabbia, lo rimpiangerete più avanti...magari quando sarà ormai troppo tardi per rimediare-, disse accoratamente il giovane tedesco, guardandola diritto negli occhi.

Yayoi fu profondamente colpita. Schuster stava dando voce a tutti i suoi pensieri più segreti e relegati in fondo al suo inconscio...stavano solo scappando dal problema. -Tu pensi che...che il viaggio sia stato tutto un errore?-, gli domandò un po' esitante.

Franz scosse il capo. -No. Sicuramente avrete capito tante cose durante questo viaggio...ma non può durare per sempre, e lo sapete anche voi-

La ragazza tacque per un momento, immersa nelle proprie riflessioni. Il giovane tedesco aveva perfettamente ragione...il viaggio non era stato uno sbaglio, anzi...perlomeno a lei era servito a capire molte cose, ed era sicura che le altre la pensavano esattamente come lei. Ma non poteva durare per sempre...il momento di chiarire le cose con  i ragazzi si avvicinava inesorabilmente...

-Grazie, Franz-, gli disse grata, rivolgendogli un sorriso splendente.

Schuster lo ricambiò con piacere. -Di niente. Senti, a me è venuta sete. Devo prendere anche a te qualcosa da bere?-

 

Atami, ore 00.30

I ragazzi erano ormai alla terza birra, ed erano decisamente allegri e su di giri. Dopo aver notato che l'alcool li aiutava ad allontanare i pensieri tristi e a sentirsi più decisi e rilassati, non avevano più smesso. Non appena il bicchiere era vuoto, si affrettavano a chiamare il cameriere per farsene portare un altro. Più bevevano, e più i loro problemi sembravano distanti, lontani...in quel momento non volevano pensarci e basta. Volevano godersi la serata e rimandare tutti i patemi d'animo al mattino dopo. Avevano un grandissimo bisogno di un po' di tranquillità, anche se solo per poche ore.

Le tre ragazze naturalmente avevano incentivato la situazione. L'alcool avrebbe sicuramente allentato le difese dei loro beniamini e...facilitato la loro opera di seduzione. Quella serata era perfetta...la luna, le stelle, una bellissima località termale, l'alcool e il fascino di tre ragazze...non sarebbero riusciti a resistere, ne erano certe, e il giorno dopo quelle stupide delle loro fidanzate non sarebbero state che un lontano ricordo. Loro naturalmente avevano deciso di mantenersi lucide. Per fare un po' di scena agli occhi dei ragazzi, avevano ordinato un secondo Cuba Libre, che però avevano assaggiato appena. Diventavano sempre più esuberanti e intraprendenti man mano che la serata proseguiva...persino Mariko aveva cominciato ad abbandonare la maschera di ragazza timida ed indifesa, ed era diventata più spigliata e spiritosa.

Alla terza birra, quando videro che i ragazzi erano ormai abbastanza brilli, proposero di tornare al ryokan. Era lì, infatti, che intendevano mettere in atto la parte finale della loro tattica d'azione. Durante la strada, si avvicinarono ciascuna alla propria "preda", con fare sinuoso. Suzuki prese Hikaru a braccetto, con un largo sorriso, e si strinse a lui così tanto che il ragazzo poteva sentire il proprio gomito urtare contro il seno morbido della ragazza, cosa che lo metteva alquanto in imbarazzo. Midori si avvicinò a Tsubasa e fece la stessa cosa, appoggiandogli la testa sulla spalla con la scusa di essere un po' ubriaca e di non riuscire a reggersi in piedi da sola. Mariko, che era la meno sfrontata delle tre, si era appiccicata a Jun, ma non aveva trovato il coraggio di prenderlo a braccetto. Erano però talmente vicini che le loro mani si sfioravano in continuazione, al punto che alla fine fu il ragazzo, inconsapevolmente, come se fosse la cosa più naturale del mondo, a prendere la piccola e morbida mano di lei tra le sue. Così, come tre coppie di piccioncini, fecero il loro ingresso nel ryokan, lasciando non poco stupita la proprietaria, che non si aspettava certo che fra quei sei sbocciasse qualcosa così repentinamente. Andarono a sedersi nei divanetti della hall, e naturalmente ciascuna delle ragazze marcava stretto il proprio cavaliere. Suzuki si strusciava contro Hikaru in modo sempre più evidente, intrecciando le sue gambe con quelle del ragazzo, che lentamente si stava lasciando inebriare dal profumo della ragazza e dal calore della sua pelle morbida. Anche Tsubasa cominciava a sentirsi strano...non era mai stato così vicino ad una ragazza come a Midori in quel momento, nemmeno con Sanae...si era sempre sentito troppo imbarazzato per tentare con lei un approccio di questo genere. Midori continuava a tenergli la testa sulla spalla, mentre le sue dita scorrevano lungo il petto del ragazzo, giocherellando con la sua maglietta. Anche Mariko, raccogliendo tutto il suo coraggio, aveva appoggiato la propria testa sulla spalla di Jun, che a quel gesto della ragazza non aveva resistito all'impulso di cingerle protettivamente la vita, accarezzandole il viso e affondando le dita nella massa setosa dei suoi capelli. Se chiudeva gli occhi, riusciva ad illudersi che fosse Yayoi, e non Mariko, la ragazza che teneva stretta tra le braccia.

La situazione si stava facendo pericolosa. Le ragazze si facevano più ardite ogni minuto che passava, e Hikaru sobbalzò quando sentì la mano di Suzuki insinuarsi sotto la sua camicia. Istintivamente, si alzò a sedere di scatto, allontanando la ragazza, che a quel punto arrossì simulando imbarazzo.

-Scusami! Non so cosa mi sia preso!-, disse, distogliendo lo sguardo.

Il ragazzo non sapeva cosa dire. Era la situazione più imbarazzante in cui si fosse mai trovato in vita sua, e la cosa peggiore era che..non poteva negare che le carezze di Suzuki non gli dispiacevano affatto. Stavano rischiando di incappare in una grossa, pericolosa tentazione. Guardò cosa stavano facendo in quel momento i due amici. Jun era ancora intento a coccolare teneramente Mariko, con gli occhi chiusi, mentre la ragazza si era raggomitolata accanto a lui come una gattina, Tsubasa invece stava faticosamente cercando di tenere a bada Midori, che continuava a passargli le mani sul petto e sulle gambe sorridendo maliziosa.

-Ragazzi...che ne dite di un bagno?-, domandò il giovane, cercando di sbrogliare la situazione, prima che rischiassero di mettersi tutti e tre in guai seri.

Il suono della sua voce spezzò l'atmosfera che si era creata. Tsubasa allontanò bruscamente le mani di Midori, che emise un mugolio di disapprovazione, e sorrise grato all'amico. Jun riaprì gli occhi, e osservò Mariko con una strana espressione, come se solo in quel momento si rendesse conto che non era Yayoi.

I tre ragazzi si alzarono, e si diressero verso la loro stanza per prendere gli asciugamani, per poi andare nella vasca termale a rilassarsi. Salutarono le tre amiche, augurando loro la buonanotte, e poi salirono su per le scale tirando un sospiro di sollievo.

Midori, Mariko e Suzuki, rimaste sole, si guardarono con espressione delusa, ma ancora battagliera. La notte era ancora giovane, e loro non avevano intenzione di darsi per vinte.

 

Sendai, ore 01.00

Anche in discoteca l'atmosfera si stava decisamente surriscaldando. Dopo che Franz era andato a prendere una birra per sè, e una vodka alla pesca per Yayoi, anche gli altri ragazzi avevano deciso di abbandonare per un po' le danze e di tornare al tavolino per rinfrescarsi la gola. Come si sa, un bicchiere tira l'altro (ma che sbornioni!!non me lo aspettavo mica da voi!! NdGemini) (ma sei tu l'autrice! sei tu che ci fai fare queste cose!! ndTutti), e così non si limitarono certo a una birretta...tanto che alla fine si ritrovarono tutti quanti un po' brilli e su di giri.

Schneider aveva sperato che con l'alcool i suoi pensieri "impuri" su Sanae sarebbero cessati, ma non era stato affatto così, anzi...la desiderava ancora di più. Ora che era un po'ubriaca, e quindi più allegra e disinibita, era ancora più seducente...Era tornata a ballare in pista con una birra ancora in mano, e si dibatteva scatenata come non mai. Non si rendeva affatto conto dell'effetto che faceva al povero Karl, la cui resistenza ormai stava giungendo al limite...sentiva che da un momento all'altro avrebbe ceduto al richiamo dei sensi, e l'avrebbe baciata in mezzo a tutta quella gente...il suo corpo che si muoveva a ritmo di musica, i capelli che le sfuggivano dallo chignon, le labbra che sorseggiavano lentamente la birra rimasta...osservarla era una tortura, una dolcissima tortura. Alla fine decise di raggiungerla in pista. Appoggiò il bicchiere di whisky ormai vuoto sul tavolino, e si avvicinò alla ragazza che, con un sorriso un po' ebete, che denotava chiaramente il suo stato di ubriachezza, lo prese per un braccio trascinandolo nelle danze insieme a lei.

Levin era quello che aveva bevuto di meno, preso com'era ad osservare Yoshiko. La prima volta che aveva assaggiato la vodka, la ragazza si era quasi strozzata, e aveva cominciato a tossire...era stata buffissima. Il giovane svedese aveva riso di gusto per la prima volta dopo chissà quanto tempo. Poi si era abituata, anzi, ci aveva preso gusto, tant'è che quello che aveva ora in mano era il quarto bicchiere. Le sue guance si erano lievemente tinte di rosa, e i suoi occhi erano diventati un po' lucidi. Rideva spesso, e sempre più forte, anche per sciocchezze, aveva detto più di una volta frasi senza senso, e quando aveva provato ad alzarsi per raggiungere Sanae in pista, la testa le aveva girato così forte che stava quasi cadendo a terra, e Levin aveva dovuto sorreggerla. D'un tratto, gli venne voglia di stare un po' di tempo da solo con lei, in un luogo tranquillo, lontano dalla confusione assordante della discoteca. Di fare due chiacchiere, di conoscerla meglio. Quello era sicuramente il momento giusto, lei non era sufficientemente lucida per rifiutare la sua proposta.

-Yoshiko...ti va di venire con me a fare un giro?-, le propose.

La ragazza lo guardò per un attimo, faticando a focalizzare il proprio sguardo. Si sentiva ubriaca, molto ubriaca...tutto il mondo sembrava girare intorno a lei, e le veniva da ridere, anche senza motivo. Sembrava tutto così assurdo, così incredibilmente...divertente. -Certo-, biascicò, tentando di alzarsi in piedi, ma le sue gambe malferme sembravano non volerla reggere.

Levin le fu accanto in un secondo, e l'afferrò delicatamente per la vita per aiutarla a camminare. La ragazza gli sorrise grata, non provava il minimo imbarazzo anche se lui le era così vicino. Si incamminarono abbracciati verso l'uscita della discoteca, e raggiunsero la spiaggia lì dietro. L'aria fresca e salmastra fece ritornare leggermente Yoshiko alla realtà. La inspirò a pieni polmoni, mentre il torpore dell'alcool cominciava un po' a svanire. Ora riusciva a percepire chiaramente il calore del braccio di Levin sulla sua vita, e l'odore del giovane così vicino a lei, ma non provava imbarazzo o inquietudine. Si sentiva tranquilla, come se fosse una cosa normale, a lei familiare. Il rumore della discoteca giungeva lontano, ovattato, come se provenisse da un altro mondo...si sentiva distintamente il rumore delle onde che si infrangevano sulla riva, e il cielo era trapuntato di stelle. Era un luogo veramente magico, e il contrasto con la confusione del locale era stridente.

Yoshiko sentì un freddo improvviso scorrerle lungo la schiena sudata, e rabbrividì. Istintivamente, Stefen la strinse di più a sè per riscaldarla. La ragazza arrossì, e si girò a guardare il giovane. Il suo volto era vicinissimo, e i suoi occhi azzurri la fissavano intensamente, con uno strano calore...non erano freddi come al solito, ma vividi, brillanti. Sentì uno strano calore partirle dalla bocca dello stomaco, e istintivamente chiuse gli occhi e si inumidì le labbra. Il ragazzo seppe immediatamente cosa doveva fare...accarezzandole lievemente una guancia, si chinò su di lei, e unì le sue labbra morbide e calde a quelle tremanti della giovane.

Yayoi intanto era alla sesta birra, e la testa cominciava a girarle furiosamente. Non si era mai sentita così in vita sua...all'inizio la sensazione che le aveva dato l'alcool era stata piacevole, un rassicurante calore aveva invaso il suo corpo, le sue membra avevano cominciato a rilassarsi, ed era come se un'anestesia avesse addormentato la sua mente, impedendole di focalizzarsi sui pensieri negativi che la tormentavano. Per questo aveva continuato a bere...non appena terminava un bicchiere, sentiva come un senso di vuoto assalirla improvvisamente, aveva paura che il dolore si rifacesse vivo, e allora beveva di nuovo, per sedarlo. Poi, la sensazione di benessere aveva cominciato a svanire, sostituita da uno strano fastidio. Improvvisamente, la ragazza si sentì assalire da una violentissima nausea, che le serrava lo stomaco. Il suo colorito divenne prima pallido, poi verdastro, e Yayoi avvertì nella bocca il sapore acre del vomito (scusate! lo so che fa schifo, ma non sapevo come altro scrivere! ndGemini). Schuster si accorse del malessere della giovane, e la osservò preoccupato. -Yayoi, ti senti male?-, chiese.

La ragazza annuì, sollevandosi in piedi di scatto. -Sì...devo vomitare-, disse, e poi corse via tenendosi una mano davanti alla bocca. Schuster la seguì ansiosamente. La ragazza arrivò all'uscita della discoteca, e si inginocchiò in un angolo, vuotando lo stomaco di tutta la birra che aveva bevuto quella sera. Franz si inginocchiò vicino a lei, sorreggendole dolcemente la fronte. Alla fine, quando la ragazza si sentì un po' meglio, le porse un fazzoletto, con cui Yayoi si pulì la bocca.

-Grazie-, gli sorrise dolcemente. Doveva ammettere che Franz era un ragazzo davvero meraviglioso. Quella Elena era stata davvero sciocca a lasciarselo scappare...ma era certa che non avrebbe faticato a trovare qualcuna che lo amasse veramente.

Il tedesco rispose affettuosamente al sorriso. -Figurati...siamo amici no?-

Aiutò la ragazza a rialzarsi, e sorreggendola delicatamente la riaccompagnò all'interno del locale.

Sanae e Karl in pista stavano continuando a ballare, e non si erano accorti minimamente della sparizione dei loro amici. La ragazza ormai non vedeva e non sentiva più nulla intorno a sè, solo il ritmo trascinante della musica che la incitava a seguirlo, scrollandosi di dosso pensieri e malinconie. Schneider dal canto suo vedeva solamente la splendida donna che si muoveva sinuosamente davanti a lui, inconsapevole del proprio fascino e della propria devastante sensualità. Era completamente stregato da lei, si sentiva impazzire solo guardandola...un solo gesto di lei, persino il più semplice e casuale, bastava per accendergli un fuoco dentro, un fuoco che chiedeva solo di poter divampare completamente.

Tutt'un tratto la musica cessò, per poi ricominciare pochi istanti dopo con un ritmo totalmente nuovo...un ritmo lento e dolcissimo. Con un sorriso, Karl si avvicinò alla ragazza per invitarla a ballare. Sanae acconsentì con un cenno del capo, senza dire una parola, e lasciò che il giovane tedesco la stringesse tra le braccia, dapprima timidamente, quasi con paura, e poi in maniera più ardita e passionale, mettendole un braccio attorno alla vita e un altro sulla curva del fianco. Sanae appoggiò la propria testa sul petto muscoloso del ragazzo, sentendosi per un istante stordita e senza forze, e Karl reagì stringendola ancora di più a sè, fino a sentire il seno di lei sollevarsi e abbassarsi ritmicamente contro il proprio torace. Sentì come una scarica elettrica attraversargli tutto il corpo. Il desiderio che aveva di lei lo faceva impazzire. Sanae sentì il respiro del giovane accelerare a quel contatto, e le sue mani scorrere brucianti lungo la sua schiena nuda. Chiuse gli occhi...mai nessun ragazzo l'aveva toccata in quel modo...nemmeno Tsubasa...Si sentiva viva in quel momento, si sentiva donna...e si riscoprì a fantasticare che fosse Tsubasa a toccarla in quel modo sensuale, a bruciare di desiderio per lei. Aveva ancora gli occhi chiusi quando sentì due labbra morbide sfiorare esitanti le sue. Con un mugolio di soddisfazione, rispose al bacio, mettendo le braccia intorno al collo del giovane che la stava stringendo. Il bacio si faceva sempre più intenso e appassionato, mentre il mondo sembrava svanire intorno a lei ed esplodere in un caleidoscopio di mille sensazioni colorate.

 

Atami, ore 01.30

Tsubasa, Hikaru e Jun si tolsero i vestiti nello spogliatoio del bagno, si avvolsero negli asciugamani bianchi che la proprietaria del ryokan aveva fornito loro ed entrarono nella vasca termale, distendendosi comodamente per rilassarsi. Subito l'acqua calda ebbe un effetto benefico su di loro, e la tensione che avevano accumulato durante la serata con Midori, Mariko e Suzuki cominciò lentamente a scemare. L'effetto dell'alcool era nettamente diminuito, e i tre amici cominciavano a riacquistare quella lucidità che le tre birre avevano fatto decisamente perdere loro, anche se le sensazioni provate con le tre ragazze non erano del tutto scomparse, e al ricordo provavano un certo disagio e un lieve senso di colpa nei confronti di Sanae, Yoshiko e Yayoi, anche se, in fin dei conti, non era successo nulla alla fine. Stettero in silenzio immersi nell'acqua calda della vasca termale, tenendo gli occhi chiusi e le braccia distese lungo il corpo, ciascuno perso dietro ai propri pensieri. Hikaru ripensava, con una certa vergogna, alle sensazioni provate con Suzuki appiccicata a lui, che lo accarezzava come se fosse la cosa più naturale del mondo...non poteva negare di aver provato qualcosa, un certo trasporto per quella ragazza. Si sentì dannatamente in colpa. Era lì per cercare Yoshiko, la ragazza che amava, e cosa andava a combinare? Si metteva a civettare con una perfetta sconosciuta! (se sapesse cosa sta combinando Yoshiko...^___^ ndGemini). Jun non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine di una timida e fragile Mariko accocolata tra le sue braccia come un cucciolo, con un'espressione dolcissima e indifesa...l'immagine della ragazza si sovrapponeva con quella della sua Yayoi, e la confusione nella sua testa non accennava a diminuire. Non capiva cosa gli stava succedendo...c'era qualcosa in Mariko che lo aveva colpito, e la cosa gli provocava un grande disagio. Non poteva mettersi a pensare ad un'altra ragazza...l'unica cosa cui doveva pensare era ritrovare Yayoi il prima possibile. Tsubasa invece stava pensando a Midori...e soprattutto al modo in cui lei si comportava...non poteva fare finta di niente, si era accorto benissimo che la ragazza stava tentando di sedurlo (e se se n'è accorto lui! ^___^ ndGemini). Questa consapevolezza gli faceva un effetto decisamente strano...era la prima volta che una ragazza si comportava con lui in quel modo. Nonostante lui e Sanae stessero insieme da tanto tempo, tra di loro non era mai successo nulla di particolarmente intimo...Non poteva negare di averlo desiderato, alcune volte, e che quando osservava Sanae certe volte gli venivano in mente dei pensieri su di lei che non poteva certo definire limpidi...ma poi, era sempre prevalso l'imbarazzo, e la paura che Sanae lo respingesse. Non gli era mai passato per la mente che anche Sanae potesse avere certi desideri nei suoi riguardi...non aveva mai pensato che anche le ragazze potevano sentire certi impulsi. E quella sera Midori gli aveva fatto capire chiaramente che era il contrario...e non poteva negare di aver provato un certo piacere nel constatare che la giovane era attratta da lui, che lo desiderava. Dopotutto, era sempre un uomo...e in quei giorni, con la mancanza di Sanae che si faceva sempre più insopportabile, era anche particolarmente vulnerabile...Era una fortuna che Hikaru fosse intervenuto, altrimenti non sapeva cosa sarebbe potuto accadere quella sera...con l'alcool, e le ragazze così intraprendenti...

Immersi com'erano nei loro pensieri, non si accorsero che la porta del bagno termale si era aperta. Nonostante l'ingresso fosse separato per uomini e donne, all'interno il bagno era costituito da una vasca unica (come nel numero 19 di Maison Ikkoku ^___^ ndGemini), questo però i tre ragazzi non lo sapevano...e sussultarono appena videro tre figure femminili fare il loro ingresso nel bagno, chiacchierando allegramente tra di loro senza alcun segno di imbarazzo. Erano Mariko, Midori e Suzuki (non lo avreste mai detto, eh? ^___^ ndGemini), completamente svestite ad eccezione degli asciugamani bianchi avvolti intorno al corpo, che coprivano giusto le parti che la decenza suggeriva di tenere nascoste. I ragazzi divennero praticamente color porpora quando videro le tre amiche immergersi lentamente in acqua, mentre le ragazze non apparivano assolutamente a disagio, anzi, non appena li videro sorrisero loro allegramente e si avvicinarono al punto in cui si trovavano.

-Oh cielo!-, sussurrò Hikaru preoccupato, vedendo Suzuki che gli si avvicinava con un sorriso malizioso.

-Posso lavarti la schiena?-, gli domandò la ragazza.

Il giovane sgranò gli occhi meravigliato. Non si sarebbe mai aspettato tanta audacia da parte di una ragazza...nemmeno Yoshiko gli avrebbe mai domandato una cosa simile, nonostante stessero insieme da tantissimo tempo. Era talmente sorpreso e imbarazzato che non sapeva cosa rispondere.

Midori non lo aveva nemmeno chiesto, aveva preso una spugna e si era messa a massaggiare delicatamente la schiena di Tsubasa come se fosse stata la cosa più ovvia e scontata del mondo. Il ragazzo aveva sussultato meravigliato quando aveva sentito sulla pelle il tocco leggero delle dita umide della ragazza. Midori gli era talmente appiccicata che attraverso la stoffa leggera dell'asciugamano sentiva distintamente i piccoli seni della ragazza premere contro la sua colonna vertebrale. Divenne praticamente viola per l'imbarazzo e cercò di allontanarsi, ma la ragazza non aveva nessuna intenzione di demordere e si spostò a sua volta.

Mariko invece si era avvicinata a Jun e sembrava aver vinto ogni timidezza, visto che si era seduta accanto a lui, sfiorandogli una gamba con la sua e appoggiando la testa sulla sua spalla, mentre con una mano gli massaggiava leggermente un braccio. Il cuore del giovane accelerò violentemente i battiti, mentre le guance diventavano rosse come se stessero andando a fuoco.

Era veramente troppo. Le tre amiche stavano davvero mettendo a dura prova il loro autocontrollo.

Tsubasa era arrivato al limite di resistenza, e si alzò di scatto, lasciando Midori di stucco.

-Scusate ma...io esco...mi gira la testa per il caldo-, balbettò come scusa, allontanandosi più veloce che poteva in direzione dello spogliatoio.

Midori rimase per un attimo interdetta, poi, dopo essersi scambiata con le sue amiche uno sguardo d'intesa, si alzò a sua volta dalla vasca e seguì rapidamente il ragazzo.

-Io...ehm...vado all'idromassaggio-, disse Jun, che si sentiva più a disagio ogni istante che passava, visto che Mariko stava abbandonando lentamente la maschera di fanciulla timida e indifesa e stava diventando intraprendente come le due amiche. Non aspettò risposta da Hikaru e dalle due ragazze, e si alzò alla velocità della luce dirigendosi verso la vasca dell'idromassaggio. Naturalmente Mariko non aspettò un secondo a seguirlo. Era la sua occasione, se fosse riuscita a rimanere da sola con lui nella vasca dell'idromassaggio.

Hikaru a sua volta si accinse ad alzarsi per raggiungere l'amico, ma Suzuki lo bloccò rapidamente afferrandolo per un braccio, e guardandolo negli occhi con fare sensuale.

-Non ti va di restare qui con me?-, gli domandò in tono serissimo.

Il ragazzo arrossì. -Ehm...no...è che....-, balbettò imbarazzato.

La giovane si alzò in piedi, e con un sorriso malizioso lasciò cadere a terra l'asciugamano che la copriva. Hikaru strabuzzò gli occhi, cercando di distogliere lo sguardo...ma il corpo di Suzuki lo attirava come una calamita.

-Suzuki, che fai? Rivestiti!-, le chiese in tono di supplica, diventando praticamente paonazzo.

Suzuki sorrise ancora di più, con aria furbetta. -Non ci penso nemmeno-, rispose in tono deciso.

 

La situazione si sta decisamente surriscaldando....che cosa succederà adesso?! Se volete saperlo, non perdetevi il dodicesimo capitolo di "ON THE ROAD"!!!! ^_____^

 

Approfitto per augurare a tutti BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO!!!!!!

un bacione particolare a Memi, Barazchan, Sweetsanae e Sansy, e tante grazie per l'incoraggiamento!!!!

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Capitolo 12
*** Chiarimenti ***


ON THE ROAD

 

CAPITOLO DODICI: CHIARIMENTI

 

Ciao a tutti!! Eccoci finalmente qui con il capitolo dodici...scusate se vi ho fatto aspettare così tanto tempo!! Spero che vi piaccia!! Buona lettura e un bacione a tutti!!!

 

Atami, ore 01.30

-Suzuki, che fai? Rivestiti!-, domandò Hikaru in tono di supplica, continuando a guardare allibito la ragazza. Ma cosa le era saltato in mente, dannazione? Già la situazione era parecchio imbarazzante prima...ora era davvero troppo! Non sapeva se e per quanto tempo sarebbe riuscito a resistere...Cercò di distogliere lo sguardo da Suzuki, e di concentrare tutti i suoi pensieri su Yoshiko, ma era ben difficile con quello che aveva davanti agli occhi...E la cosa peggiore era che Suzuki non sembrava essere minimamente a disagio, anzi...sembrava divertirsi un mondo.

-Non ci penso nemmeno!-, rispose Suzuki sorridendo con aria furbetta. Era decisa a conquistarlo, a qualunque costo...e quella era la tattica migliore che fosse riuscita ad escogitare. Dopotutto, Hikaru era un uomo...e sapeva per esperienza che difficilmente gli uomini resistono a questo genere di tentazioni...(una vera peperina la ragazza, eh? ^__^ ndGemini).

-Suzuki, per favore...-, implorò il ragazzo, guardandosi intorno alla disperata ricerca di una via di fuga. C'erano solamente loro nel bagno termale...il che da una parte poteva dirsi una fortuna, non osava pensare a cosa sarebbe successo se in quel momento fosse entrato qualcuno...sicuramente sarebbe morto dalla vergogna. Quella era senza dubbio la situazione più imbarazzante in cui si fosse mai trovato in vita sua...ed in cuor suo maledì la decisione di andare alle terme.

La ragazza sorrise ancora, e si avvicinò pericolosamente al giovane calciatore. -Perchè? Non ti piaccio forse?-, gli domandò con voce maliziosa.

Hikaru divenne rosso come un peperone. -No...non è per questo ma...-, balbettò imbarazzato. Non poteva certo negare che Suzuki lo attraesse...eccome se lo attraeva...aveva un corpo davvero perfetto, e la sua pelle sembrava veramente liscia e soffice...il suo istinto gli suggeriva di toccarla, di prendere Suzuki tra le braccia ed abbandonarsi al suo desiderio senza preoccuparsi del resto...ma non poteva farlo...c'erano la sua razionalità, e il suo amore per Yoshiko a frenarlo. Non poteva tradirla in quel modo, solamente per seguire un'emozione passeggera...dopo, non avrebbe più avuto il coraggio di guardarla negli occhi.

-Se ti piaccio, che problema c'è?-, insistette imperterrita la ragazza, che non aveva alcuna intenzione di arrendersi. Quello che leggeva negli occhi di Hikaru non era certo un rifiuto, anzi...era palese che il ragazzo la desiderava quanto lei desiderava lui...era solo il suo senso di lealtà nei confronti della sua ragazza a frenarlo. Ma lo avrebbe fatto cedere prima o poi...era pronta ad utilizzare tutte le sue armi.

"Già, che problema c'è? Sarebbe solo un'avventuretta senza importanza", disse la vocina del diavoletto dentro Matsuyama, una vocina che voleva incitarlo a cedere alla tentazione.

"No, non farlo", diceva invece la voce della coscienza, "dopo te ne pentiresti amaramente".

Il povero ragazzo era confuso come non mai...le due voci interiori si davano incessantemente battaglia nella sua testa, e gli era ben chiaro che Suzuki non aveva la minima intenzione di rivestirsi e chiudere la partita...no, era ovvio che la ragazza avrebbe insistito fin quando lui non le avrebbe ceduto...ma cosa doveva fare? Da una parte vedeva la ragazza che aveva di fronte...talmente bella e sensuale da fargli girare la testa...ma nella sua mente c'era sempre, immutata, l'immagine di Yoshiko, della sua Yoshiko...la prima e unica ragazza che aveva amato nella sua vita, la persona con cui desiderava condividere i momenti belli e quelli tristi...Era partito per trovare lei, per farsi perdonare per averla fatta soffrire, per non essersi accorto dei suoi problemi, per averle fatto mancare il suo appoggio ed il suo sostegno nel momento in cui lei aveva più bisogno di lui...e guarda invece in che situazione si ritrovava! In una vasca termale, con una ragazza disposta a tutto per sedurlo...e, cosa ancora più grave, pericolosamente vicino a lasciarsi sedurre da lei...anche se questo poteva dire rischiare di gettare al vento tutto quello che lui e Yoshiko avevano costruito nel corso degli anni, e tutto quello che ancora progettavano di costruire insieme..Perchè lui sapeva bene che, se avesse fatto l'amore con Suzuki, le cose non avrebbero mai più potuto essere come prima, anche se Yoshiko non lo avesse mai scoperto...avrebbe sempre portato con sè il senso di colpa per averla tradita in quel modo, e con la prima venuta. Ma nonostante questa consapevolezza, non riusciva a placare l'attrazione che provava per Suzuki...e malediva se stesso per la sua dannata incapacità.

-Suzuki...io non posso...-, ripetè, ma si rendeva conto lui stesso di averlo detto con scarsa convinzione.

La ragazza sorrise. Stava cedendo, ne era sicura...era solo questione di minuti...si avvicinò ancora di più, e gli mise le braccia intorno al collo con estrema naturalezza. Il giovane sobbalzò a quel contatto così ravvicinato con il corpo di lei.

-Suzuki...-, sussurrò con voce roca, mentre la poca lucidità che ancora conservava la sua mente si avviava rapidamente a svanire.

-Shhh...-, lo zittì lei, mettendogli un dito sulle labbra. Dopodichè, si strinse ancora di più a lui e lo baciò, appassionatamente e selvaggiamente. Hikaru cercò di opporre resistenza, ma solo per un istante. Mise le braccia intorno all'esile vita della ragazza, e rispose con intensità al bacio.

 

Sendai, ore 01.30

Yoshiko era ancora beatamente abbandonata tra le braccia di Levin...il giovane svedese sembrava non avere la minima intenzione di smettere di baciarla, e questo alla ragazza non dispiaceva affatto...anzi...si sentiva immensamente bene lì con lui. Il suo spirito era invaso da una meravigliosa sensazione di beatitudine e di pace, che non provava ormai da tantissimo tempo. Nessuno dei due aveva detto una sola parola, per paura di rovinare l'atmosfera magica che li aveva uniti...le parole non servivano, anzi, avrebbero potuto solamente distruggere tutto. Stefen la stringeva tra le braccia come se fosse stata un oggetto prezioso...erano secoli che non provava sensazioni così intense e meravigliose...tutto sembrava essere tornato come quando c'era lei. Nemmeno lui se ne rendeva conto, ma inconsciamente in quel momento non stava stringendo Yoshiko tra le sue braccia, ma il fantasma della sua ex fidanzata...credeva di stare vivendo uno stupendo attimo del presente, ma in realtà era come immerso ancora nei ricordi del passato. E anche per Yoshiko era lo stesso...la sua mente e il suo corpo erano stati travolti da un'onda di benessere e serenità, e lei vi si era abbandonata completamente, senza remore...senza rendersi conto di quello che stava facendo, e con chi lo stava facendo. La sua testa era completamente vuota in quel momento...nessun pensiero, nessun'angoscia, nessuna sofferenza...niente di niente. Solo il calore del corpo di Levin, e il sussurrare lento delle onde del mare...

Ma la magia non poteva durare a lungo...quando le labbra del giovane lasciarono la sua bocca, per andarsi a posare delicatamente sul suo collo, Yoshiko aprì gli occhi, e la realtà delle cose la colpì come una mazzata...Cosa stava facendo lì, tra le braccia di Levin? Al ricordo dei baci e delle carezze che si erano scambiati, arrossì violentemente, mentre un feroce senso di colpa cominciava ad opprimerle il cuore. Si allontanò di scatto dal giovane svedese, che la guardò meravigliato, come se anche lui in quel momento stesse riemergendo da un sogno.

-Cosa succede?-, le domandò senza capire, mentre dentro di lui si faceva largo un insopportabile senso di vuoto..erano appena pochi secondi che non aveva più la ragazza tra le braccia, e già ne sentiva tremendamente la mancanza...ed in fondo presentiva che non avrebbe potuto riaverla mai più...l'incantesimo si era spezzato, ed ora lei sarebbe scappata via.

-Stefen, io...-, balbettò la ragazza imbarazzatissima, mentre si alzava in piedi cercando di ricomporsi. Si sentiva morire di vergogna...chissà cosa pensava ora il giovane di lei...si era comportata da sciocca, in maniera assolutamente sconsiderata...ma come aveva potuto fare una cosa simile? Buttarsi così tra le braccia di Levin...era impazzita? Cosa avrebbe pensato Hikaru di le, se l'avesse saputo (lui farebbe meglio a starsene zitto!! ndGemini)...come si sarebbe sentito deluso da lei...Hikaru si fidava, e lei aveva tradito la sua fiducia, aveva calpestato il loro amore in maniera così assurda...Si era sentita attratta da Levin fin dal primo momento, doveva ammetterlo, anche se aveva cercato di reprimere quel sentimento, e poi quella sera l'alcool aveva abbattuto tutte le sue difese, e si era lasciata andare...ma questa non poteva assolutamente essere una giustificazione. Il suo comportamento era stato davvero imperdonabile...non sarebbe più riuscita a guardare in faccia Hikaru...e nemmeno Levin. L'assalì un lancinante senso di colpa anche nei confronti dello svedese...anche se involontariamente, si era presa gioco dei suoi sentimenti, l'aveva illuso che tra loro poteva nascere qualcosa...anzi, l'aveva più che illuso, dato che l'aveva persino baciato. Come avrebbe potuto giustificare quello che aveva fatto? In quel momento, la ragazza avrebbe voluto sprofondare migliaia e migliaia di chilometri sotto terra, e non riemergere mai più...non aveva il coraggio di affrontare Stefen dopo quello che aveva fatto. Ora capiva come doveva essersi sentita Yayoi quando aveva dovuto respingere Masaro...che sciocca che era stata! Ma come aveva potuto lasciarsi andare così, come una ragazzina alla prima cotta?

-Yoshiko...-, sussurrò dolcemente Levin, accarezzandole una guancia. Quel tocco così gentile e delicato la fece sentire ancora più in colpa, e non riuscì a trattenersi dallo scoppiare in lacrime. Il ragazzo, meravigliato da quell'inattesa reazione, le cinse le spalle con un braccio, ma Yoshiko lo scostò, singhiozzando ancora più forte.

-Mi dispiace...-, disse con voce rotta dalle lacrime, -mi dispiace tanto-

-Yoshiko...guardami...-, fece il ragazzo, ma lei scosse la testa. Non poteva guardarlo negli occhi, non ci riusciva...si vergognava troppo...

Stefen le mise due dita sotto il mento, e la costrinse a voltare la testa e guardarlo negli occhi. Non vi era rabbia, negli occhi azzurrissimi di lui...soltanto una profonda tristezza...

-Mi dispiace-, ripetè la ragazza, mentre le lacrime continuavano a scendere incontrollabili.

-Shhh...-, sussurrò lui, asciugandogliele delicatamente con il palmo della mano. -Non fare così...-

-Mi sono comportata da sciocca...ma credimi...non volevo farti del male...-

Levin la strinse nuovamente a sè, e stavolta Yoshiko non lo respinse, ed affondò la testa nel petto muscoloso del ragazzo, continuando a singhiozzare disperatamente.

 

Atami, ore 01.30

Jun entrò rapidamente nell'idromassaggio, e chiuse la porta alle sue spalle con un sospiro. Ma cosa era saltato in mente alle ragazze? Dovevano essere impazzite...Si immerse nell'acqua calda della vasca cercando di rilassarsi, ma l'immagine di Midori, Mariko e Suzuki che entravano tranquillamente nelle terme coperte solo da un asciugamano era stampata indelebilmente nella sua mente. Si chiese cosa stessero facendo i suoi amici...non si sarebbe mai aspettato un comportamento del genere dalle tre ragazze, probabilmente era stato l'alcool bevuto prima al pub a dare loro alla testa, non c'era altra spiegazione. Non avrebbe mai immaginato che delle ragazze potessero essere così audaci e spregiudicate...certo Yayoi non avrebbe mai fatto una cosa simile, nonostante stessero insieme da anni e fossero ormai molto intimi, ancora arrossiva come una ragazzina quando doveva spogliarsi davanti a lui...le tre amiche invece non avevano manifestato alcun segno di imbarazzo, anzi...Era come se per loro starsene seminude davanti a tre ragazzi appena conosciuti fosse la cosa più naturale del mondo. Ripensò a Mariko...gli era sembrata una ragazza timidissima e impacciata, ma il suo comportamento di poco prima, nella vasca termale, era stato tutt'altro che timido...Arrossì al ricordo della vicinanza del corpo della ragazza, e delle sensazioni che questo aveva suscitato in lui...per fortuna che se n'era andato, o avrebbe rischiato di fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentito amaramente...dopotutto, era fatto di carne e ossa! Era normale avere certi istinti, ma questo non lo faceva certo sentire meno a disagio. Il fatto poi che Mariko assomigliasse così tanto a Yayoi rendeva tutto ancora più difficile...si erano cacciati in un vero pasticcio!, si disse. E chissà poi dov'erano Yayoi, Yoshiko e Sanae...tutto sembrava congiurare contro di loro. O forse...magari era un pensiero assurdo e illogico, ma forse il destino li stava mettendo alla prova per verificare quanto fosse forte e solido il loro amore...sì, sicuramente era così.

Il ragazzo era talmente preso dai suoi pensieri da non accorgersi che la porta si era aperta, e che una figura femminile aveva fatto capolino nella stanza. Jun stava disteso nella vasca con gli occhi chiusi e le braccia rilassate, lasciando che il tepore dell'acqua accarezzasse dolcemente il suo corpo, e non sentì un leggerissimo rumore di passi dietro le sue spalle. Si accorse che nella stanza c'era qualcuno solo quando sentì due piccole mani coprirgli scherzosamente gli occhi.

Colto di sorpresa, sobbalzò violentemente, e si sollevò a sedere di scatto. Alcuni schizzi d'acqua fuoriuscirono dalla vasca. Ancora agitato, il giovane si voltò per vedere chi fosse l'intruso, e si trovò di fronte Mariko, con un dolcissimo sorriso stampato sul volto.

-Mariko...che ci fai qui?-, domandò. La vista della ragazza non lo tranquillizzava affatto, anzi...si sentiva più che mai in preda al panico.

-Ti ho seguito-, rispose semplicemente lei, con una naturalezza disarmante.

-Questo lo vedo da solo...-, iniziò a ribattere lui, ma la ragazza lo zittì e gli prese il viso tra le mani, accarezzandolo dolcemente. Poi, lo baciò sulla fronte, sempre rivolgendogli un luminoso sorriso.

Il cuore di Jun batteva fortissimo, e uno strano calore stava invadendo tutto il suo corpo. Non disse nulla, non trovava le parole in quel momento...gli sembrava che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata fuori luogo. Si limitava a fissare Mariko con stupore, domandandosi che intenzioni avesse la ragazza.

Mariko fece un'espressione strana, e si chinò nuovamente su di lui, stavolta sfiorandogli la guancia con le sue labbra morbide.

Jun non parlò. Rimase immobile a fissarla, nel più completo silenzio.

La ragazza riprese ad accarezzargli il volto, ed infilò le dita nei suoi capelli castani, scompigliandoli appena, come fa una mamma con il suo bambino. Continuava a sorridere, ma ora il suo sorriso era diverso da prima. Non era più il sorriso di una ragazzina timida e un po' impaurita...era il sorriso di una donna sensuale.

Il ragazzo si inumidì nervosamente le labbra. Si sentiva al culmine della tensione e, come se non bastasse, una sottile eccitazione cominciava a pervadere il suo corpo. La situazione era dannatamente pericolosa.

Il sorriso sul viso di Mariko si allargò, e la ragazza si chinò nuovamente su di lui...e stavolta le labbra di lei sfiorarono quelle umide del ragazzo. Fu un bacio lieve, furtivo...e Jun provò una leggerissima fitta di delusione. Arrossì violentemente, maledicendosi per aver osato anche solo pensare una cosa simile. Mariko si allontanò appena da lui, ma fu solo per un attimo...gli cinse il collo con le braccia, e si mise in ginocchio di fronte a lui, che era ancora immerso nella vasca. Jun si sentiva tesissimo...combattuto tra una curiosa sensazione di aspettativa e la paura di commettere qualcosa di irreparabile. Voleva dire qualcosa, fare in modo che Mariko si fermasse ma... era come se le parole non volessero uscire dalla sua bocca. Sentì le labbra morbide di Mariko poggiarsi nuovamente sulle sue, ma stavolta non fu un bacio veloce...la ragazza indugiò per un istante, poi, lentamente, cominciò ad approfondire il bacio. Sulle prime Jun non rispose, mentre mille pensieri contrastanti frullavano nella sua testa...poi l'istinto prese il sopravvento. Prese il viso della ragazza tra le mani quasi con passione, e la sua bocca si impadronì immediatamente di quella di lei.

Atami, ore 01.30

Tsubasa, seduto su una panca dello spogliatoio, stava cercando di riflettere e fare il punto della situazione. Quello che era successo prima nella vasca termale l'aveva a dir poco sbalordito...mai si sarebbe immaginato un comportamento simile da parte di Midori e delle sue amiche. D'accordo, anche prima, al pub e nella hall del ryokan, erano state piuttosto intraprendenti, ma quello...beh, quello andava oltre tutte le aspettative. Il solo pensiero lo fece arrossire violentemente per l'imbarazzo. Ripensò a Midori che gli lavava la schiena...al corpo di lei così vicino al suo...alla pressione dei suoi seni attraverso la stoffa leggera dell'asciugamano. Non si era mai trovato in una situazione così intima con una ragazza, e la cosa l'aveva del tutto spiazzato...soprattutto per le sensazioni che aveva suscitato nel suo corpo. Non che verso Sanae non avesse mai provato attrazione fisica ma...quello che aveva provato con il corpo di Midori così appiccicato al suo era decisamente più intenso di quello che aveva provato le poche volte che aveva fantasticato su Sanae. Era almeno dieci volte più forte e travolgente. L'adrenalina gli scorreva a mille nelle vene, tutti i suoi sensi era all'erta e sentiva il suo corpo surriscaldarsi, come se al posto del sangue avesse dentro la lava fluida di un vulcano. Il cuore batteva così forte da minacciare di esplodergli letteralmente nel petto e la testa era completamente vuota...nessun pensiero, niente di niente...solo un desiderio, una brama talmente forte da annullare tutto il resto, una smania di non sapeva bene nemmeno lui cosa. Sentiva solamente che il suo corpo era scontento, che quel contatto era stato troppo effimero per soddisfare le sue richieste...sentiva che voleva di più...che voleva qualcosa di più intimo, di più profondo, di più totale. I suoi muscoli erano talmente tesi da dargli una sensazione quasi di dolore fisico, e sentiva come una sorta di bruciore aggredirlo sempre più ogni istante che passava. Era tutto completamente nuovo per lui...sentiva che il suo corpo lo stava dominando, e che le barriere imposte dalla razionalità venivano abbattute una ad una, inesorabilmente...per questo aveva avuto paura, ed era scappato nello spogliatoio. Ma quella sensazione non voleva andarsene. Aveva caldo, anche se era uscito dalla vasca ormai da alcuni minuti, ma allo stesso tempo aveva freddo, e sentiva i brividi scuoterlo, scorrevano saettanti lungo la sua schiena sudata. Cercò di ricomporsi, ma era inutile. Non riusciva a riacquistare il controllo del suo corpo. Per troppo tempo aveva represso i suoi istinti, ed ora questi gridavano con tutte le loro forze il loro bisogno di esprimersi, di trovare finalmente soddisfazione...peccato che fosse il momento sbagliato, e soprattutto, la ragazza sbagliata.

Non poteva provare certe cose per Midori...era sbagliato, completamente sbagliato. Era Sanae la ragazza che amava...il suo cuore, la sua anima, i suoi sentimenti più profondi appartenevano a lei, a lei e a nessun'altra. E allora, com'era possibile che il suo corpo chiamasse a gran voce un'altra donna? Com'era possibile che qualcuna che non fosse Sanae riuscisse ad evocare i suoi desideri più proibiti e nascosti?

-Tsubasa...-, sussurrò una voce all'improvviso, facendolo sussultare per lo spavento. Quando alzò gli occhi, e si accorse che davanti a lui c'era Midori, la sua ansia crebbe ancora di più. Il fatto che la ragazza si fosse rivestita lo tranquillizzò, ma solo parzialmente. Anche vestita, era dannatamente attraente...ed il suo corpo era ancora sovraeccitato.

Midori parve accorgersi dello stato di eccitazione del ragazzo, perchè prima sorrise maliziosamente, e poi scoppiò in una risata allegra e argentina. Tsubasa arrossì violentemente per la vergogna.

-M...mi dispiace, Midori-, sussurrò timidamente, facendosi piccolo piccolo.

La ragazza smise di ridere, e gli rivolse un dolcissimo sorriso. Poi, si sedette sulla panca insieme a lui. -Non devi scusarti, Tsubasa...ad una donna fa piacere, non lo sapevi?-

Il giovane la guardò sbalordito. -No...sinceramente, pensavo che mi avresti considerato...beh, un pervertito-, ammise, distogliendo lo sguardo per l'imbarazzo.

Midori rise di nuovo. -Una donna non può considerare un pervertito l'uomo che le piace...se tu fossi uno qualunque, probabilmente mi sentirei offesa, lo ammetto...ma sei tu-, rispose tranquillamente, appoggiando con noncuranza una mano sulla coscia di Tsubasa.

Il ragazzo arrossì di nuovo. Le parole di Midori lo mettevano in un forte stato di agitazione, ed il suo gesto ancora di più. Il desiderio che aveva nel sangue continuava a crescere ogni minuto che passava. -Che...che vuoi dire?-, balbettò.

La ragazza sorrise, e si avvicinò ancora di più a lui. Erano talmente vicini che le loro gambe e le loro braccia si sfioravano in continuazione, e questo non faceva che mettere a dura prova l'autocontrollo del povero Tsubasa. -Tu mi piaci, Tsubasa. Io sono attratta da te-, rispose con disinvoltura.

Tsubasa la guardò meravigliato. Lo sorprendeva soprattutto la facilità con cui Midori aveva ammesso quel che provava per lui. Pensò, non senza una punta di amarezza, che se lui avesse avuto con Sanae la stessa disinvoltura, le cose tra loro sarebbero andate molto diversamente. Lui invece si era sempre fatto mille problemi. E se invece Midori avesse avuto ragione? Forse anche Sanae sarebbe stata contenta di sentirsi desiderata dall'uomo che amava...e non l'avrebbe mai considerato un pervertito perchè aveva certi pensieri su di lei. -Quindi, tu dici...che...beh...se ad una ragazza piace un uomo...il fatto che lui abbia su di lei certi pensieri non la infastidisce?-, le domandò, ancora un po' titubante.

Midori gli sorrise con aria intenerita. Tsubasa era davvero buffissimo in quel momento. Non si sarebbe mai immaginata che il famoso numero 10 della nazionale giapponese, il grande Tsubasa Ozora, fosse talmente imbranato in questo campo...sembrava un adolescente alle prime scoperte amorose. La cosa la stuzzicava ancora di più. -Affatto...anzi, io credo che una ragazza sia lusingata...sentendosi desiderata dall'uomo che ama-, disse.

Tsubasa tacque, abbassando lo sguardo. Era stato proprio un idiota...probabilmente il suo atteggiamento indifferente e distaccato aveva ferito Sanae, e l'aveva fatta sentire frustrata e poco importante. E, come se non bastasse, l'aveva anche trascurata a causa del calcio...era stato proprio un fallimento come fidanzato. Non c'era proprio da stupirsi se aveva deciso di lasciarlo.

Midori lo sentì sospirare, e appoggiò una mano sopra la sua. -Tsubasa...non per farmi gli affari tuoi...ma tu e la tua ragazza state insieme da molto, vero?-, gli domandò.

Il ragazzo annuì, senza dire nulla.

-E...non avete mai...?-, proseguì la ragazza cautamente.

Tsubasa fece cenno di no con la testa. -Ho sempre avuto paura che...che lei mi rifiutasse...e che se la prendesse...-, disse timidamente, arrossendo.

Midori sorrise maliziosa. -Se ti amava...non se la sarebbe mai presa-, disse. -Per esempio...-, proseguì, prendendo la mano del giovane e portandosela sul seno, -a me non dispiace che tu faccia questo-.

Tsubasa sgranò gli occhi meravigliato. -Midori...-, sussurrò, stupendosi egli stesso di quanto la sua voce suonava roca e diversa dal solito.

Inspirando profondamente, la ragazza gli fece infilare la mano sotto il top che indossava. Tsubasa sussultò quando sentì sotto le sue dita i capezzoli eretti della giovane. Una scarica elettrica percorse tutta la sua schiena.

-Midori..no...-, gemette, temendo di perdere il controllo da un momento all'altro.

-Perchè? Io ti piaccio...tu mi piaci...che male c'è?-, rispose tranquilla Midori, andandosi a sedere sulle ginocchia di Tsubasa, tenendo sempre la mano del ragazzo premuta contro il suo seno.

-Io...non posso...-, obiettò il giovane mentre le sue dita, disinteressandosene completamente dei dettami della ragione, esploravano smaniose ogni centimentro di pelle della ragazza.

-Certo che puoi...-, insistette lei sorridendo, e stringendosi a lui ancora di più. Con assoluta disinvoltura, Midori si tolse la canottierina e la lasciò cadere a terra.

Tsubasa strabuzzò gli occhi. -Midori...-, disse in tono di disapprovazione, mentre la sua eccitazione continuava a salire.

-Baciami-, ordinò lei, sempre con un sorriso malizioso sulle labbra.

Il ragazzo scosse la testa. Non poteva, non doveva farlo...doveva pensare a Sanae...non poteva cedere così...

-Se non vuoi farlo tu...allora lo farò io-, ribattè Midori, baciando selvaggiamente il ragazzo, che non riuscì ad evitare di rispondere con fervore al gesto della ragazza.

 

Sendai, ore 01.30

Sanae e Schneider si trovavano fuori dal locale, ancora intenti a baciarsi appassionatamente. Erano usciti alla ricerca di un luogo dove trovare un po' di intimità, lontani da tutta quella confusione che li stordiva. Appena fuori dalla discoteca però, Karl non aveva resistito al desiderio bruciante di baciarla di nuovo, e così l'aveva spinta delicatamente contro la parete e aveva appoggiato le labbra sulle sue con bramosia. Sanae non aveva esitato un attimo a corrispondere il suo gesto con la medesima intensità. Era come se un fuoco stesse divampando dentro di lei, aveva perso completamente il controllo di se stessa e della situazione, e non si rendeva più conto di quello che stava facendo. Agiva semplicemente seguendo l'istinto, quell'istinto femminile rimasto inascoltato dentro di lei per troppo tempo, e che chiedeva disperatamente soddisfazione. Si sentiva donna in quel momento, come mai prima in vita sua...si sentiva amata, desiderata, agognata. Karl era completamente soggiogato da lei...la desiderava da impazzire, il sapore delle sue labbra, una volta assaggiato, l'aveva completamente stregato, e non riusciva più a farne a meno. Era insaziabile...ogni bacio ne richiamava un altro, e un altro, e un altro ancora, lasciandoli senza fiato, senza forze, travolti da sensazioni troppo intense...Sanae non aveva mai provato niente di simile prima...i baci teneri e gentili di Tsubasa, paragonati a quelli infuocati e vibranti di passione di Schneider, erano come la brezzolina primaverile paragonata al vento di tempesta. Sentiva le mani del giovane tedesco percorrere instancabili il suo corpo, accarezzarle dolcemente la curva del seno, dei fianchi, delle cosce, tracciando scie di fuoco lungo la sua schiena nuda, ormai scossa da brividi irrefrenabili. Il suo corpo si stava come sciogliendo...fuoco al posto del sangue scorreva nelle sue vene..un'onda incandescente che la travolgeva e la consumava a poco a poco. Non sapeva più cosa sarebbe potuto succedere, ormai...non aveva più il controllo di niente. Sentiva le sue mani scorrere lungo la schiena di Schneider, accarezzargli il petto muscoloso, infilarsi sotto la sua maglietta alla ricerca del contatto con la sua pelle nuda, incredibilmente liscia e morbida al tatto...sentiva le sue dita giocare con i suoi capelli biondi, e sfiorargli le guance con tenerezza...e le sue labbra unirsi appassionatamente a quelle di lui...ma non era lei a comandare tutto questo...non era lei a decidere qual era la mossa da compiere...il suo corpo si muoveva da solo, indipendentemente dalla sua volontà. All'inizio, si era cullata per un po' nell'illusione che fosse Tsubasa a baciarla così ardentemente...ma quando erano usciti dal locale la realtà si era nuovamente spalancata davanti ai suoi occhi...non era Tsubasa a stringerla tra le braccia con desiderio e passione, ma Schneider...allora, avrebbe voluto mettere fine a quella tentazione pericolosa, ma poi lui l'aveva baciata di nuovo, e l'emozione, travolgente e intensa come una tsunami, aveva preso il sopravvento, impedendole ogni reazione, ogni movimento. La sua testa ed il suo cuore sapevano che quello che stava facendo era sbagliato...lei non amava Schneider, e se si fosse spinta troppo oltre con lui se ne sarebbe pentita per il resto dei suoi giorni...Ma questo il suo corpo non voleva ascoltarlo. L'istinto aveva preso il sopravvento e lei, nonostante i suoi sforzi, non era ancora riuscita a trovare un modo per fermarlo. Sentì la bocca di Schneider scivolare lentamente sul suo collo, e poi sulle sue spalle...e le sue mani abbassarle le spalline del vestito. Gemette, di nuovo divisa tra il desiderio di continuare in quei gesti che la facevano sentire così meravigliosamente viva e la convinzione di dover smettere, di stare facendo una follia. -Karl..-, sussurrò, sperando che lui si fermasse, ma invano. Il ragazzo non seguiva più la ragione ormai, ma solo la brama martellante che aveva invaso il suo corpo e la sua anima. Voleva quella ragazza disperatamente, appassionatamente...voleva tutto di lei. Non le rispose, e la baciò sulle labbra per zittirla. Di nuovo, la sensazione di beatitudine che le trasmettevano i suoi baci la sopraffece, impedendole ogni reazione. Le sembrava di volteggiare in un limbo, di navigare in un torrente sconosciuto, verso un'isola misteriosa che l'attraeva e la respingeva allo stesso tempo.

Poi, sentì le mani di Karl sfiorarle lentamente il seno. All'inizio, avvertì come una scarica elettrica percorrere tutto il suo corpo, una sensazione infinite volte più intensa di quelle provate fino ad allora, una sensazione bellissima. Ma poi, fu come se una doccia fredda l'avesse improvvisamente gelata. Quel gesto riuscì a riportarla alla realtà. Non poteva farlo...sarebbe stata la sua prima volta, e non voleva che fosse con Karl Heinz Schneider, un ragazzo per cui non provava assolutamente niente...doveva essere con la persona che lei amava da sempre. Con Tsubasa. Non importava quanto ancora avrebbe dovuto aspettare.

Schneider la sentì irrigidirsi, e la guardò con espressione interrogativa. Sanae sospirò, e lo allontanò bruscamente da sè. Sollevò rapidamente le spalline del vestito, e si passò una mano nei capelli neri per ricomporsi.

-Scusami Karl-, disse arrossendo. -Non so cosa mi sia preso-

Il ragazzo cercò di avvicinarsi nuovamente a lei. -Che ti prende adesso? Perchè mi hai fermato?-

-Io non posso! Tu mi piaci, ma io amo Tsubasa! Mi dispiace-, esclamò la ragazza tutto d'un fiato, e poi, troppo tesa e imbarazzata per sostenere lo sguardo del giovane tedesco, scappò via velocemente in direzione della spiaggia, mentre Karl la guardava allontanarsi allibito.

 

Sendai, ore 01.45

Tsubasa stava perdendo il controllo...era così eccitante baciare Midori. Il ragazzo non riusciva più a rendersi conto di quello che stava facendo, era come se finalmente si fosse scrollato di dosso tutte le inibizioni che lo avevano frenato per anni, ed ora l'istinto era l'unica cosa che guidava le sue azioni e i suoi gesti. Le sue mani percorrevano febbrilmente la schiena nuda della ragazza, e dovette ammettere che gli dava una certa soddisfazione sentirla gemere e rabbrividire per il piacere tra le sue braccia. Era una cosa incredibile...certo che si era davvero perso qualcosa di fantastico in tutto quel tempo! Ma sentiva che il suo corpo non era ancora del tutto soddisfatto...che mancava ancora qualcosa per appagarlo. E contemporaneamente dentro di lui si stava combattendo una lotta durissima...una battaglia tra istinto e razionalità. L'istinto gli suggeriva di continuare in quell'opera meravigliosa che soddisfava tutti i suoi desideri più remoti e nascosti...la razionalità continuava a ripetere che si trattava di un errore, di uno sbaglio colossale di cui si sarebbe pentito amaramente. La vocina della coscienza gli domandava se valesse la pena di soffrire dopo per un piacere momentaneo...la posta in gioco era l'amore di Sanae. Come si sarebbe comportato con lei, dopo? Sarebbe riuscito a guardarla negli occhi e dirle che l'amava, sapendo quello che era successo? Sapendo che quello che per anni si era trattenuto dal fare con lei, l'aveva fatto senza tante remore con una ragazza appena conosciuta?

L'istinto invece gli diceva di non ascoltare quella vocina...Sanae non avrebbe mai saputo nulla, e anche lui avrebbe dimenticato ben presto quello che era successo...sarebbe stata solamente un'avventura di sesso senza nessuna importanza.

Tsubasa si sentiva profondamente combattuto, e ancora continuava a credere che una cosa del genere fosse potuta accadere proprio a lui...come aveva potuto ritrovarsi in una situazione simile? Aveva represso il suo desiderio nei confronti di Sanae per anni, e ora...no, non poteva fare una cosa simile. Sì, forse per altri sarebbe stata solo un'avventura di sesso senza importanza ma per lui no...sarebbe stata la prima volta. E l'avrebbe buttata via così, in una squallida storia destinata a durare soltanto lo spazio di una notte, tradendo la fiducia di una ragazza che lo amava da sempre, e a cui lui aveva dato davvero poco in cambio di ciò che aveva ricevuto. Era questo il modo in cui voleva ripagare Sanae dell'amore e della dedizione con cui si era presa cura di lui per tutto quel tempo, della pazienza che aveva avuto nel sopportare i suoi ritardi e gli appuntamenti andati a monte? Anche se Sanae non avesse mai saputo nulla, lui avrebbe avuto quel macigno dentro per sempre...si sarebbe portato dietro un senso di colpa lancinante e la consapevolezza di aver gettato via qualcosa di prezioso, che meritava di essere vissuto diversamente...che meritava di essere vissuto con l'unica ragazza che avesse mai amato, e non con una qualsiasi.

La ragione aveva vinto, o meglio, il suo amore per Sanae aveva vinto. Era riuscito ad avere la meglio sulla tentazione. Si allontanò bruscamente da Midori. La ragazza lo guardò meravigliata. Era convinta che ormai fosse fatta...Tsubasa sembrava gradire le sue "attenzioni", e lei era sicura di averlo ormai sedotto...e invece...cosa stava succedendo? Perchè si era scostato da lei?

-Che succede?-, gli chiese dubbiosa, scendendo dalle sue ginocchia e raccogliendo da terra la sua canottierina.

-Non posso farlo, Midori-, rispose lui in tono deciso, guardandola negli occhi senza timori e senza imbarazzo. Ora era tutto chiaro nel suo cuore e nella sua mente. Era a Sanae che voleva donare tutto se stesso, corpo e anima...a lei, e solamente a lei.

La ragazza sospirò, mentre si rivestiva con aria imbronciata. -Ma perchè? Stava andando tutto benissimo!-, ribattè, decisa a non arrendersi senza aver tentato il tutto per tutto.

Tsubasa prese un profondo respiro, e mise le mani sulle spalle della giovane. -Midori...tu sei una ragazza molto bella e...beh, non posso negarlo...mi sento attratto da te. Ma non posso. Io amo Sanae, e sono sicura che se la tradissi in questo modo, dopo me ne pentirei amaramente-, disse con voce tranquilla.

Midori lo allontanò con un gesto di stizza. -Assurdo...lei non ti ama, altrimenti adesso sarebbe con te! Magari in questo momento se la sta spassando con un altro!-, gli gridò contro, ferita nell'orgoglio.

Questo Tsubasa non poteva tollerarlo...come si permetteva quella ragazzina di insultare Sanae? Con un gesto che stupì lui per primo, le mollò un sonoro ceffone. Midori si accarezzò la guancia colpita con gli occhi sgranati per lo stupore, ai quali si affacciarono rapidamente alcune lacrime di rabbia.

-Sei un idiota! Mi hai deluso, Tsubasa, mi hai davvero deluso!-, urlò, sentendosi umiliata e ferita come non mai. Dopo avergli lanciato un'ultima occhiata colma di rancore, se ne andò velocemente, sbattendo la porta dello spogliatoio.

Il ragazzo sospirò, e si sedette pesantemente sulla panca. Gli dispiaceva di aver ferito Midori...ma lei non lo amava, ed il suo orgoglio sarebbe guarito ben presto. Si sentiva sollevato. Ora sapeva cosa voleva. Sanae. E nessun'altra.

 

Sendai, ore 01.45

Sanae era seduta in riva al mare, e osservava la distesa azzurra e calma di fronte a lei con sguardo assente. Niente in quel momento riusciva a placare il confuso tumulto dei suoi pensieri...cercava di riordinare le idee e di schiarirsele, ma era tutto così difficile...non si era mai sentita così smarrita. In quel momento, desiderava solo sparire...desiderava che non fosse successo niente...non sapeva nemmeno lei cosa desiderava. L'immagine di Tsubasa era scolpita nella sua testa in modo indelebile, ed il pensiero di quello che era successo poco prima con Schneider...e di quello che sarebbe successo se lei non fosse rinsavita in tempo, la riempiva di vergogna. Aveva lasciato che l'istinto prendesse il sopravvento, anche se era riuscita a fermarsi prima di commettere qualcosa d'irreparabile...si era abbandonata al bisogno di sentirsi amata e desiderata, alla solitudine, alla tristezza che delle volte sembrava soffocarla. Tsubasa le mancava, aveva voglia di rivederlo e allo stesso tempo aveva paura di affrontarlo...aveva tante cose da dirgli, da spiegargli, tante cose che aveva racchiuso a lungo nel suo cuore lasciando che piano piano i sentimenti negativi le avvelenassero il sangue e l'anima, ma non sapeva come gliele avrebbe dette...non sapeva che parole usare...non sapeva più nemmeno cosa voleva. Le cose intorno a lei, e soprattutto dentro di lei, mutavano di forma e di colore in ogni istante, in modo talmente rapido e vorticoso che lei non aveva nemmeno il tempo di prenderne coscienza. Si sentiva come un minuscolo, insignificante puntino in balia delle onde dell'oceano, senza nessuno che potesse tenderle una mano per evitarle di venire travolta, senza nessun salvagente a cui aggrapparsi. Smarrimento...ecco cosa predominava nel suo cuore in quel momento. Smarrimento, accompagnato al senso di colpa e ad un vuoto insopportabile. Un vuoto che solo Tsubasa avrebbe potuto riempire, ma lui non era lì insieme a lei, e probabilmente se ci fosse stato l'avrebbe odiata per quello che aveva fatto...l'avrebbe guardata con occhi severi e giudicata indegna del suo amore e della sua fiducia. Cominciava a fare freddo, anche se era estate, ma il vero gelo la ragazza lo aveva nel cuore. Cominciò a piangere sommessamente, nascondendo il viso nelle ginocchia. Sentiva sulle labbra il sapore salato delle lacrime, e lo assaporò nella speranza che potesse cancellare il sapore delle labbra di Schneider...il solo pensiero di quello che era successo tra lei e il giovane tedesco la fece arrossire. Ora c'era un'altra persona che doveva affrontare, non solo Tsubasa...e anche in quel caso non sapeva come fare. Si sentiva un verme...aveva illuso Schneider...chissà cosa pensava di lei, dopo il modo in cui si era comportata. Sicuramente ora non aveva una grande opinione di lei...Sicuramente pensava che l'avesse preso in giro per divertirsi un po' alle spalle di Tsubasa.

Presa com'era dalla sua tristezza, non si accorse che qualcuno si era seduto accanto a lei. Un ragazzo alto e biondo, con gli occhi azzurri velati da un'ombra di tristezza, ed un'espressione corrucciata sul volto.

-Sanae...-, sussurrò il giovane, rompendo il silenzio.

La ragazza sobbalzò, colta di sorpresa. Si asciugò rapidamente le lacrime, e guardò Schneider col viso contratto dalla sofferenza. Era pallidissima e sconvolta, ma al ragazzo sembrava lo stesso la creatura più incantevole e affascinante che avesse mai visto. Non aveva mai provato per nessun'altra sentimenti simili, e la consapevolezza che lei apparteneva ad un altro e non sarebbe mai potuta essere sua gli arrecava una sofferenza enorme. C'era stato un attimo, quando si erano baciati, e lei era sembrata abbandonarsi completamente tra le sue braccia, in cui si era illuso che Sanae potesse ricambiarlo...ma era stato solo un secondo di magia, un sogno destinato a svanire in una bolla di sapone. Il cuore di Sanae era di Tsubasa...e nemmeno lui, nemmeno il Kaiser, poteva farci niente. Era un dato di fatto che doveva accettare per forza.

-Karl...-, sussurrò la ragazza, faticando a guardarlo negli occhi. Si sentiva in colpa e aveva vergogna. Ma Schneider non sembrava arrabbiato, e non leggeva rancore nei suoi occhi...solo tristezza.

-Non piangere, ti prego...una ragazza come te dovrebbe solo sorridere nella vita-, le disse, accarezzandole lievemente una guancia per asciugarle le lacrime.

-Mi dispiace Karl...io non volevo...non volevo fare del male anche a te...-, rispose la giovane, con la voce rotta dal pianto.

Karl scosse la testa, lottando disperatamente contro il desiderio di stringerla forte tra le braccia e dichiararle tutto il suo amore. Ma non sarebbe stato saggio, l'avrebbe solamente fatta soffrire di più, e non era certo questo che voleva. -No, sono io che devo chiedere scusa a te...mi sono lasciato prendere troppo la mano-, disse, sforzandosi di apparire tranquillo.

Sanae abbozzò un sorriso. Era davvero una persona splendida, più di quello che si sarebbe immaginata...anche se cercava di nasconderlo, si capiva che il suo atteggiamento l'aveva ferito, ma faceva finta di nulla per non darle un ulteriore motivo di preoccupazione. -No, tu non hai colpa...in fondo...beh...se io...-, farfugliò imbarazzata, faticando a trovare le parole.

Karl le mise un dito sulle labbra per farla tacere. -Non importa, ho capito...-, le disse dolcemente.

-Scusami, davvero...mi dispiace tanto-, disse la ragazza, mentre sentiva le lacrime risalirle agli occhi.

Schneider scosse la testa. Non voleva che lei piangesse di nuovo. Vedere le sue lacrime era insopportabile per lui. -No, Sanae, non piangere...non per me. Non c'è motivo di sentirti in colpa nei miei confronti. Anch'io ho sbagliato. Facciamo finta che non sia successo nulla, ok?-, gli costava moltissimo dire quelle parole...lui non avrebbe mai potuto dimenticare i meravigliosi momenti trascorsi con lei tra le braccia...ma quello che contava ora erano i sentimenti della ragazza. Lui voleva vederla felice, anche se purtroppo non avrebbe potuto essere lui a donarle la felicità.

Sanae sorrise dolcemente. -D'accordo...-, mormorò a fatica.

-E sta tranquilla...con Tsubasa si sistemerà tutto-, la rassicurò lui, avvertendo una fitta acutissima di nostalgia nel dire quelle parole.

Lei sorrise di nuovo, e annuì, senza rispondere. "Se non ci fosse stato Tsubasa...sicuramente mi sarei innamorata di te", pensò, ma non lo disse a Karl. Aveva capito che il ragazzo provava qualcosa per lei, e non voleva rendergli tutto ancora più difficile. "Tsubasa...", pensò, guardando il mare e sentendo più forte che mai la mancanza del suo amato.

 

Atami, ore 01.45

Un vortice di piacere e di passione lo stava risucchiando...sapeva che era ingiusto, che era sbagliato, ma non sapeva come fare a sottrarvisi. Era come se una forza invisibile e magnetica si fosse impadronita del suo corpo e lo stesse trascinando via, e tutti i suoi sforzi per opporsi, per cercare di resistere, apparivano vani. Avvertiva chiaramente il calore del corpo di Suzuki premuto contro il suo, e l'eccitazione che stava inondando tutte le sue membra. Sentiva la sua lingua fondersi con quella della ragazza in un bacio intenso e selvaggio, sentiva le mani di Suzuki sulla sua schiena ed avvertiva sotto i polpastrelli delle dita la pelle liscia e morbida della ragazza. Sentiva le sue gambe cedere, e ben presto si ritrovo disteso nella vasca, immerso per metà nella calda acqua termale. Suzuki si scostò un attimo da lui, e lo osservò con una strana aria di trionfo dipinta sul viso, mettendosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio con fare sensuale. Quell'espressione trionfante lo irritò. Cosa voleva significare? Per un attimo si sentì come un trofeo...e la cosa non gli piacque affatto. Suzuki sorrise soddisfatta, e gli mise le braccia intorno al collo per baciarlo di nuovo. Non poteva negare che il bacio era bellissimo...ma non era più come prima. Era come se qualcosa si fosse spezzato. C'era una nota stonata in quello che fino a pochi istanti prima sembrava un incantesimo perfetto, qualcosa che gli trasmetteva una sensazione profondamente negativa, che lo bloccava. Allontanò la ragazza da sè in maniera piuttosto brusca, e si alzò in piedi, scompigliandosi leggermente i capelli e dandosi delle piccole botte sulla fronte, cercando di riprendere il controllo. Suzuki parve piuttosto infastidita da quell'interruzione improvvisa, e si avvicinò ancora a lui abbracciandolo da dietro, ed appoggiando la fronte sulla sua schiena. Cominciò a strusciarsi contro di lui come una gattina sensuale, ma le sue moine non destavano più in Hikaru il piacere che avevano provocato fino a poco prima. Anzi, erano piuttosto fastidiose. Poi capì. Ecco cosa l'aveva bloccato...Era come all'aeroporto...tutte quelle ragazze adoranti, che cercavano di baciarlo e dichiaravano di amarlo senza nemmeno conoscerlo se non attraverso i giornali e le riviste. L'espressione di trionfo di Suzuki gli aveva detto questo...lei non era interessata a lui per quello che era, non era interessata a Hikaru Matsuyama come persona. Lei voleva solamente sedurre e conquistare il famoso calciatore della nazionale giapponese. Se fosse stato semplicemente un ragazzo come gli altri, non lo avrebbe degnato nememno di uno sguardo. Questo l'aveva infastidito. E si era sentito ancora più meschino nei riguardi di Yoshiko...lei era diversa, lei lo amava veramente, per quello che era e non per quello che rappresentava. Lo aveva amato prima ancora che lui realizzasse il suo sogno di diventare un calciatore affermato, e sapeva bene che l'avrebbe amato anche se non fosse riuscito ad arrivare ai massimi livelli nello sport, perchè lei aveva guardato a fondo dentro di lui, non si era fermata alla superficie, all'apparenza. Suzuki non poteva amarlo, perchè non lo conosceva affatto. Tutt'al più poteva provare attrazione fisica nei suoi confronti, ed essere lusingata all'idea di avere una storia, per quanto bene, con un ragazzo celebre...Era stato ad un passo dal tradire la ragazza che amava nel più squallido dei modi. Con un'avventura di sesso con una ragazza attirata solo dalla sua fama di calciatore. Il solo pensiero lo nauseava. Per fortuna si era fermato in tempo...ringraziò mentalmente Suzuki per aver sfoderato inconsapevolmente quell'espressione di trionfo che gli aveva aperto gli occhi...altrimenti, forse sarebbe successo l'irreparabile. E tutto sarebbe precipitato come un castello di sabbia al primo soffio di vento. Prese le mani di Suzuki, che la ragazza aveva messo intorno alla sua vita, e le allontanò con decisione.

-Che ti prende?-, gli domandò quest'ultima meravigliata. Stava andando tutto così bene...possibile che avesse fatto qualcosa di sbagliato?

Hikaru la guardò negli occhi con espressione intensa e decisa. -Non possiamo farlo, Suzuki. Sarebbe un grosso errore-

-Perchè?-, chiese lei incredula, senza capire le ragioni di quel repentino cambiamento.

-Perchè non ci amiamo-, rispose lui semplicemente.

Suzuki spalancò gli occhi allibita. Non si aspettava una risposta così disarmante, e non sapeva come controbattere. Ma non voleva darsi per vinta. -Ma...ma...Hikaru io...io provo qualcosa per te...dal primo momento che ti ho visto!-, insistette, avvicinandosi a lui con espressione determinata.

Il ragazzo scosse il capo. -No, Suzuki...tu non provi qualcosa per me...ma per il calciatore-, ribattè.

La ragazza spalancò ancora di più gli occhi. Hikaru pareva leggerle dentro, e questo le metteva una certa ansia. Aveva perfettamente ragione...quello che più l'aveva attirata era stata l'idea di iniziare una storia con un calciatore famoso e con un brillante futuro davanti. Probabilmente, se fosse stato un ragazzo qualunque, non lo avrebbe degnato di uno sguardo...ma non avrebbe mai creduto che lui se ne sarebbe accorto. -Non è vero!-, negò con decisione.

Hikaru sorrise. -Non negare, Suzuki...e comunque, non ha importanza...Io non voglio tradire la mia ragazza, perchè la amo, nonostante tutti i problemi che ci sono stati tra di noi...Non riuscirei più a vivere col pensiero di aver tradito la sua fiducia...quindi mi dispiace, ma è meglio che io me ne vada...dimentichiamo quello che è successo qua dentro-, disse tranquillamente. Si sentiva finalmente rilassato e in pace con se stesso, ora che i suoi sentimenti erano chiari, e che anche con Suzuki le cose erano state chiarite.

La ragazza invece non voleva darsi per vinta così. Lo rincorse, e lo afferrò per un braccio con insistenza. -Io sono sicura che siamo fatti l'uno per l'altra!-, affermò.

Hikaru l'allontanò da sè con gentilezza. -Non complicare di più le cose, Suzuki. Sei una ragazza splendida, e vedrai che troverai presto la persona giusta. Ma purtroppo...non posso essere io quella persona-, rispose, ed uscì dalla vasca termale senza voltarsi indietro.

Suzuki riprese l'asciugamano e se lo avvolse intorno al corpo, e poi si sedette mestamente sul bordo della vasca, senza riuscire a spiegarsi la sensazione di tristezza che le attanagliava il cuore. Aveva come l'impressione di aver perso qualcosa...qualcosa di molto importante e prezioso...sentì qualcosa di bagnato sul viso, e capì che stava piangendo.

 

Sendai, ore 01.45

Levin e Yoshiko si erano avviati verso il locale in silenzio. Nessuno dei due osava dire una parola. La ragazza si sentiva triste ed in colpa, e non riusciva nemmeno a sollevare lo sguardo. Si sentiva l'ultimo essere sulla faccia della terra. Aveva tradito la fiducia di Hikaru, e aveva illuso Levin...un ragazzo che aveva già sofferto moltissimo nella vita, e che certo non si meritava una nuova delusione. Si era comportata davvero in modo terribile, era disgustata da se stessa. Non sapeva come comportarsi, cosa dire, cosa fare...si sentiva una sciocca. Stefen la osservava in silenzio, preoccupato e rattristato dalla sofferenza che traspariva dal suo viso. Anche lui era confuso...aveva baciato quella ragazza, e aveva provato sensazioni che gli mancavano da tantissimo tempo...per la prima volta dopo mesi lunghissimi di buio, aveva scorto una luce in fondo al tunnel, si era sentito rivivere, aveva provato un piacevole tepore, un inatteso benessere. Era stato come fare un tuffo nel passato, a quando lei era ancora in vita, ma allo stesso tempo aveva sentito che c'era qualcosa di diverso...che Yoshiko era diversa, non era lei...era un'altra ragazza meravigliosa, piena di qualità...una ragazza che poteva fargli perdere la testa. Ma...c'era un ma...sapeva benissimo che quello che li aveva uniti poco prima, sulla spiaggia, in una notte romantica e stellata, era stato un incantesimo destinato a rompersi, a vivere nel breve tempo di un sospiro...lei apparteneva ad un altro, e non doveva illudersi che un giorno avrebbe potuto essere sua. E quando Yoshiko si era sottratta alla sua stretta, aveva capito che la magia era finita, e che la realtà aveva ripreso il suo controllo sugli eventi. Poteva leggerle dentro in quel momento...poteva vedere qual era il turbamento che agitava il suo cuore. Si sentiva in colpa verso il suo ragazzo, per essersi lasciata andare, per aver ceduto ad un istante di debolezza...e si sentiva in colpa verso di lui...sorrise...com'era dolce...aveva paura di averlo ferito, di avergli dato una vana speranza. Non l'aveva ferito, anzi...gli aveva fatto un grande dono. Ora Stefen sapeva di essere ancora capace di amare. Sapeva che il suo cuore non era morto insieme alla sua fidanzata, ma batteva ancora lì, nel suo petto, in attesa di qualcuno che potesse risvegliarlo, che potesse farlo sussultare di nuovo, come aveva fatto Yoshiko quella sera. Sapeva che la sua vita non era ancora finita, e che il futuro era lì ad attenderlo. Non poteva e non doveva più vivere nella nostalgia del passato, nel labirinto dei ricordi, doveva guardare avanti, al domani che aveva ancora di fronte a sè. Lei era morta... il rimpianto per il loro bellissimo amore perduto lo avrebbe accompagnato per il resto dei suoi giorni, ma doveva continuare a vivere. Anche lei avrebbe voluto così. Ora, grazie a Yoshiko, lo sapeva.

-Yoshiko...-, cominciò timidamente lui. Voleva dirglielo. Voleva dirle quanto le era grato per le cose che gli aveva fatto capire quella sera.

Al suono della sua voce, la giovane impallidì. -Stefen...Dio, quanto mi dispiace!-, gemette tristemente, sul punto di scoppiare di nuovo in lacrime.

Levin si fermò prendendola per un braccio. -No, Yoshiko non piangere!-, le disse con fermezza.

-Ma io...io...non volevo farti del male...è solo che...-, disse lei con voce incrinata, senza riuscire a finire la frase.

Il giovane svedese scosse il capo. -Tu non mi hai fatto del male, anzi...grazie a te, ho capito una cosa importante stasera. Credevo che il mio cuore fosse morto insieme alla mia ragazza, tanto tempo fa, e che mai nessuna avrebbe potuto prendere il suo posto. Poi ho incontrato te, e sono rimasto colpito da te...all'inizio perchè mi ricordavi lei...quando ti guardavo mi sembrava di fare un tuffo nel passato, anche se non mi spiegavo bene il perchè. Ma poi ho capito che non era così...Grazie a te, ho capito che posso ancora innamorarmi...che posso ancora trovare da qualche parte una ragazza in grado di rendermi felice...che il mio cuore è ancora vivo...per questo devo ringraziarti-, disse, prendendole una mano con dolcezza.

Yoshiko sorrise, sentendosi profondamente commossa. Le parole di Levin erano bellissime...era un ragazzo davvero meraviglioso, e lei non poteva che augurargli tutta la felicità che meritava. Anzichè essere arrabbiato con lei ed accusarla di averlo illuso e di aver giocato con i suoi sentimenti con quel bacio, la ringraziava per avergli fatto capire di essere ancora capace di amare...era davvero una persona stupenda, e se non ci fosse stato Hikaru, beh...avrebbe voluto essere lei la ragazza che avrebbe risvegliato il suo cuore. Gli accarezzò lievemente una mano. -Non avrai problemi a trovarla...sei un ragazzo meraviglioso, e sono sicura che la ragazza che amerai sarà davvero fortunata-.

Levin ricambiò il sorriso, e poi l'abbracciò affettuosamente. -Anche il tuo Hikaru è un ragazzo fortunato...spero solo che se ne renda conto-, rispose.

Yoshiko annuì, e le sfuggì un leggero sospiro.

 

Atami, ore 01.45

L'incantesimo durò solo pochi minuti...il tempo che durò il bacio. Non appena le sue labbra si staccarono da quelle di Mariko, Jun sentì il senso di colpa assalirlo immediatamente, come un mostro dagli occhi gelidi. Al posto del viso di Mariko, vide di fronte a sè quello di Yayoi. E non lo guardava affatto con amore e dolcezza...nei suoi occhi leggeva rancore e tristezza, e la sua bocca era piegata in una smorfia di disgusto. La delusione era incisa profondamente nel bellissimo viso di lei.

L'immagine ben presto svanì, e di fronte a lui tornò ad esservi Mariko. Stava sorridendo, e sembrava perfettamente soddisfatta, come se avesse ottenuto qualcosa che desiderava da moltissimo tempo. Non gli sembrava nemmeno reale...tutto intorno a lui sembrava fittizio e rarefatto, come se stesse vivendo in un sogno, come se si trovasse immerso in un limbo fuori dallo spazio e dal tempo...nemmeno i lineamenti del viso di Mariko gli apparivano nitidamente...era tutto sfuocato, i contorni indefiniti, i colori che tendevano a mescolarsi come nella tavolozza di un pittore. Era come se vedesse se stesso e quello che gli stava succedendo con gli occhi di un estraneo...come se quella situazione non riguardasse lui. Confusamente, scorse Mariko mettergli nuovamente le braccia intorno al collo, e avvicinare ancora una volta il viso al suo. Voleva baciarlo di nuovo...vedeva le labbra della ragazza sempre più vicine, ormai a pochissimi centimetri dalle sue...le sfiorarono. Ma lui non sentì niente. Era come se Mariko non stesse baciando lui, ma un altro. Sentì le labbra della giovane premere delicatamente, cercando di rendere il bacio più profondo, ma non sentì nulla. Nessuna sensazione, nessuna emozione, niente di niente. Per un attimo pensò di essere uscito dal suo corpo...era assurdo, ma non sapeva nemmeno lui cosa pensare. Era tutto irreale.

Mariko si staccò da lui lentamente, guardandolo con espressione dubbiosa. Non capiva cosa gli stesse succedendo, e come darle torto? Non lo capiva nemmeno lui. Era come se la sua anima si fosse addormentata. Di nuovo quell’immagine….Yayoi…perché era così triste? Era per colpa sua? Sicuramente….solo lui avrebbe potuto farla soffrire così tanto…non era mai stato capace di capirla e sostenerla come lei avrebbe desiderato…come lei meritava. Aveva ricevuto molto di più di quello che le aveva dato. E ora che stava facendo? Era lì, con un’altra ragazza…Sì, perché quella che prima stava baciando non era Yayoi…era Mariko. E lui doveva risvegliarsi da quella pericolosa illusione. Non aveva ritrovato Yayoi, non era lì con lui. Quella era un’altra ragazza. Non poteva fare una cosa simile. Avrebbe significato davvero la fine di tutto, la fine della sua storia con Yayoi, e quello non poteva permetterlo. L’amava…era la donna della sua vita, la donna che voleva sposare, che voleva fosse la madre dei suoi figli. Non poteva gettare al vento così anni d’amore, di fiducia, di totale devozione…non poteva calpestare così tutto quello che Yayoi gli aveva donato dal giorno in cui si erano conosciuti.

Si alzò in piedi. –Scusami, Mariko, devo andare…-, disse semplicemente. Si sentiva svuotato di ogni energia, stanchissimo…non si era mai sentito così stanco in tutta la sua vita, nemmeno quando aveva giocato un’intera partita di calcio con la sua malattia al cuore. Non era una stanchezza semplicemente fisica…ma soprattutto psicologica. Non voleva più pensare, non voleva parlare. Sperava che Mariko non gli domandasse spiegazioni, perché non sapeva se sarebbe riuscito a dargliene. Gli dispiaceva per lei, non voleva ferirla…ma non poteva farlo. Semplicemente. Era il suo stesso cuore ad impedirglielo. La padrona del suo cuore era Yayoi, e nessuna avrebbe potuto portarglielo via. Ogni singola parte di lui, mente, anima e corpo, appartenevano solo ed esclusivamente a Yayoi. Ed ora si sentiva svuotato, perché la mancanza di lei aveva raggiunto il culmine. Non ce la faceva più, era giunto al limite della sopportazione. Era peggio del dolore fisico…quello l’aveva affrontato già tante volte, e ormai sapeva come combatterlo. Era un malessere dell’anima, che divorava le sue carni istante dopo istante, e non gli dava tregua.

Mariko lo osservò preoccupata. Il ragazzo era pallidissimo, e barcollava. L’espressione del suo viso era solcata da una profonda sofferenza. Era come se qualcosa gli avesse improvvisamente risucchiato tutte le energie. Si avvicinò a lui con fare incerto, esitante. –Ti senti male, per caso?-, domandò ansiosamente.

Jun annuì. –Sì…devo andare-, ripeté, continuando a camminare come un automa, mettendo un piede davanti all’altro meccanicamente, senza rendersi conto di quel che faceva o di dove stava andando. Non sapeva cosa gli era preso, o cosa gli stava succedendo…sapeva solo che doveva andare via da lì. In quel momento, desiderava soltanto buttarsi sul letto e dormire. Almeno, avrebbe goduto di qualche ora di tregua.

-Vuoi che ti accompagni nella tua stanza?-, chiese ancora Mariko, preoccupata e sconcertata. Fino a poco prima era normale e tranquillo…ed ora quell’atteggiamento. Sperava solo che non si trattasse dei suoi problemi cardiaci…

Jun scosse la testa. –No, ce la faccio…-, rispose. Ma in quel momento il mondo intorno a lui si fece improvvisamente buio, e crollò a terra svenuto senza nemmeno il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo.

 

Sendai, ore 02.00

Terminata la crisi di pianto, Yayoi poteva dire di sentirsi molto meglio. Sfogarsi le aveva fatto bene. Ora si sentiva più tranquilla, anche se certo non poteva dirsi ottimista o rilassata. Ma una parte del peso che le opprimeva il petto, se pur minima, era scivolata via. Di questo, doveva ringraziare solo Franz Schuster. Era stato di una gentilezza e di una disponibilità squisita nei suoi confronti. Davvero non sapeva come ringraziarlo.

Finalmente, vide tornare le sue amiche, accompagnate da Schneider e Levin. Dall’espressione dei loro volti capì immediatamente che doveva essere successo qualcosa. Levin sembrava tranquillo, ma un’ombra di malinconia velava i suoi occhi azzurri solitamente freddi e inespressivi,e anche Yoshiko sembrava pensierosa, come se qualche pensiero la turbasse particolarmente. Schneider non sembrava neppure lui, era davvero sconvolto…anche se si sforzava di celarla dietro il suo abituale sorriso disinvolto, c’era come una nota di disperazione sul suo volto, una sofferenza profonda. E Sanae non sembrava certo da meno…era pallidissima, e aveva il volto tirato e triste. Yayoi si sentì subito preoccupata, e si avvicinò ansiosamente alle due amiche.

-Cos’è successo?-, chiese allarmata.

Sanae sospirò. –Torniamo in albergo, per favore. Ti racconterò tutto lì-, rispose evasivamente, evitando accuratamente di guardare Schneider. Anche se lui aveva detto di fare finta che non fosse successo nulla…sapeva che era impossibile. Per entrambi.

Yoshiko annuì. –Anch’io voglio tornare in albergo-, disse.

-D’accordo. Tanto io ero stufa da un pezzo di stare qui-, approvò l’amica. Andarono a salutare i ragazzi, ed in un clima di forte tensione si augurarono la buonanotte. Dopodiché, le tre ragazze si diressero in silenzio verso il proprio albergo.

 

Cosa accadrà adesso? Vi annuncio ufficialmente che….nel prossimo capitolo finalmente S’INCONTRERANNO!!! Cosa accadrà? Se volete scoprirlo, non perdetevi il tredicesimo capitolo di “ON THE ROAD!! ^______^

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Capitolo 13
*** Ritrovarsi ***


ON THE ROAD

 

E siamo finalmente arrivati al capitolo 13...^____^ chi l'avrebbe mai immaginato?! e pensare che quando ho iniziato a scrivere questa storia avevo intenzione di farne una one piece! ^____^

come al solito devo scusarmi per la lentezza con cui ho scritto questo capitolo...ma purtroppo l'università e gli esami mi stanno portando via un sacco di tempo!

ora vi saluto, e vi auguro BUONA LETTURA!!!!

 

CAPITOLO TREDICI: RITROVARSI

 

Atami, ore 02.00

Jun riaprì lentamente gli occhi nella sua stanza, e si accorse di essere disteso sul futon. Per un attimo stentò a capire dove si trovava, e cosa gli fosse successo...poi, le immagini di quello che era accaduto poco prima nella stanza dell'idromassaggio con Mariko gli tornarono lentamente alla memoria.

-Ehi, ti sei svegliato!-, disse Tsubasa, che era seduto a fianco dell'amico.

Il ragazzo si sollevò lentamente a sedere, reggendosi la testa con le mani. Sembrava dovergli scoppiare da un momento all'altro, per quanto gli faceva male...ricordava che la stanza aveva preso a girare vorticosamente intorno a lui, e che aveva udito uno strano, persistente ronzio nelle orecchie, mentre la voce di Mariko diventava sempre più fioca e lontana, come se provenisse da un altro universo...poi il buio l'aveva avvolto, e tutto era svanito.

-Che...che mi è successo?-, domandò preoccupato.

-Sei svenuto nell'idromassaggio. Mariko si è preoccupata tantissimo, ed è corsa a chiamare aiuto. Il proprietario del ryokan ti ha portato fino a qua-, spiegò Tsubasa.

-Capisco...-, mormorò Jun, tornando a distendersi sul futon.

-Comunque stai tranquillo...non è nulla di grave. Sei soltanto svenuto per il caldo e per il bagno troppo lungo-, lo rassicurò Hikaru, che nel frattempo era affacciato al balcone della stanza e si stava godendo la fresca brezza della sera.

Il ragazzo sospirò. Non era tanto lo svenimento a preoccuparlo...ma quello che sarebbe potuto accadere nell'idromassaggio con Mariko se non si fosse sentito male. Non avrebbe mai pensato di essere così...poco resistente...si era sempre reputato un ragazzo assolutamente fedele ed immune alle tentazioni, ma quella sera aveva avuto la dimostrazione che non era affatto così. Si sentiva in colpa nei confronti di Yayoi, ed anche in quelli di Mariko, per averla illusa, con il suo bacio, di provare un interesse per lei...un interesse che invece non esisteva affatto, perchè l'unica cosa che l'aveva attirato in quella ragazza era stata la sua incredibile somiglianza con la donna che amava.

Ma Jun non era il solo ad essere pensieroso. Anche gli altri due amici non riuscivano a smettere di pensare a quello che era successo durante la serata...a quello che sarebbe potuto succedere se non si fossero fermati in tempo...e non erano certo pensieri piacevoli. Si sentivano colpevoli, confusi e smarriti, e mai come in quel momento il da farsi appariva loro incerto e nebuloso. Tsubasa ricordava ancora una per una le sensazioni provate con Midori...l'effetto che gli aveva fatto toccarla, e baciarla, e accarezzarla...non avrebbe mai creduto di possedere un istinto animale così forte, di poter provare delle emozioni così intense, così fisiche, che prescindevano da qualunque sentimento e dalla sua stessa volontà...e ringraziava di essersi fermato in tempo. Ora che sapeva quanto fosse coinvolgente e meraviglioso esprimere l'amore anche a livello fisico, era contento di non aver sciupato qualcosa di così prezioso con una sconosciuta...era solo con la sua Sanae che voleva condividere una cosa così bella e profonda. Se solo Sanae fosse stata lì con lui, in quel momento...non avrebbe avuto esitazioni, finalmente le avrebbe dimostrato quanto l'amava, con l'anima e col corpo, completamente...ma Sanae non era lì. E la sua mancanza si faceva ogni istante che passava più insopportabile e angosciosa.

Hikaru invece avrebbe dato qualunque cosa per cancellare il ricordo di Suzuki dalla sua mente...il ricordo delle sensazioni evocate dal contatto dei loro corpi, dalla morbidezza e dal sapore della sua pelle bianca e liscia...Odiava se stesso per essere stato così debole e privo di forza di volontà...era andato a un passo dal fare una cosa terribile, che avrebbe minato per sempre il suo rapporto con Yoshiko. Si considerava un completo idiota, e si sarebbe preso a pugni da solo, per punirsi di quello che aveva fatto. Forse si biasimava troppo, dal momento che con la ragazza non era successo niente di irreparabile...ma non riusciva ad essere indulgente con se stesso. Si guardava con gli occhi e con il cuore di Yoshiko, e quello che provava era solamente disgusto, e rabbia...e un'immensa frustrazione perchè la ragazza che amava non era al suo fianco, e gli mancava da morire.

-Tsubasa...dobbiamo andarcene di qui-, disse Jun dopo un lungo momento di silenzio, in cui nessuno dei tre ragazzi aveva aperto bocca.

Il ragazzo annuì. -Lo so...lo pensavo anch'io-

-Io mi sento uno schifo!-, proruppe Hikaru, dando un violento pugno alla balaustra del balcone.

-A chi lo dici...prima, nell'idromassaggio...ho baciato Mariko-, ammise Jun, tenendo gli occhi rivolti al soffitto.

-Fosse solo questo...-, sussurrò Hikaru, sentendosi assalire nuovamente dai sensi di colpa.

-Perchè? Cos'è successo tra te e Suzuki? Non avrete...?-, domandò Tsubasa, spalancando gli occhi meravigliato.

L'amico si affrettò a scuotere il capo. -No...non l'abbiamo fatto. Però...ci siamo andati vicini, molto vicini...-. Il ragazzo abbassò la testa, mentre il suo viso si rabbuiava. -Lei...si è tolta l'asciugamano davanti a me...e beh...-, arrossì violentemente, -io...credo di aver perso la testa...Ho cercato di resistere...ma lei mi è venuta vicino...e ci siamo baciati...e se...se non fossi rinsavito in tempo...Maledizione, che idiota!-, esclamò infine, tirando un altro pugno alla balaustra.

Tsubasa si alzò e andò vicino all'amico, mettendogli affettuosamente una mano sulla spalla. -Tranquillo...l'importante è che non sia successo niente!-, cercò di rassicurarlo.

-Lo so...ma mi sento dannatamente in colpa lo stesso! Non avevo mai nemmeno guardato una ragazza che non fosse Yoshiko da quando io e lei stiamo insieme...e stasera...-

-Ti capisco...anche io e Midori...-, disse Tsubasa, interrompendosi a metà della frase e diventando color pomodoro.

-Tu e Midori?!-, esclamarono i due amici all'unisono, meravigliati.

Tsubasa arrossì ancora di più. -Non è successo niente di quello che pensate! Però...beh...insomma...-, farfugliò, non trovando le parole per esprimere quello che aveva provato nello spogliatoio insieme alla ragazza.

-Lei ti piaceva, giusto?-, terminò Hikaru per lui.

Il ragazzo annuì, sospirando. -Sì...era la prima volta che il mio corpo...provava delle sensazioni così forti...delle sensazioni fisiche, insomma...con Sanae ho sempre cercato di trattenermi, perchè avevo paura...Ho sempre cercato di frenare i miei istinti ed i miei desideri con la ragione...ma stasera per un attimo ho temuto di non riuscirci...-, ammise.

-Beh...l'importante è che alla fine ce l'hai fatta-, disse Jun.

Tsubasa annuì di nuovo. -Non potevo farlo...io voglio che la mia prima volta sia con la persona che amo...con Sanae-, ribatté in tono deciso.

-Tutto è bene quel che finisce bene, no?-, intervenne Hikaru, infilandosi nel suo futon. Si sentiva distrutto. La giornata era stata pesantissima, e tutto quello che desiderava in quel momento era dormire e non pensare più a niente fino alla mattina dopo. Soprattutto, sperava di non pensare né a Suzuki né a Yoshiko.

-Già...-, sospirò Jun. -Comunque dobbiamo andare via di qui-

-Sono d'accordo con te, amico. Tanto, è evidente che le ragazze non sono qui ad Atami-, asserì Hikaru stancamente.

-Ma...cosa faremo? Torneremo a casa, o continueremo a cercarle?-, domandò Tsubasa, col volto segnato dall'incertezza.

Ci fu un istante di silenzio. Tutti e tre stavano riflettendo su quale fosse la situazione migliore...lasciar perdere la loro folle ricerca e tornare a casa aspettando che le ragazze ritornassero a loro volta o perlomeno si mettessero in contatto con loro, oppure continuare il loro viaggio, pur senza avere la minima idea di dove andare a cercarle?

-Io sono stanco...stanco di vagare senza meta per il Giappone...di illudermi ogni volta che ritroverò Yayoi e poi rimanere sempre deluso perchè lei non è nel luogo che credevo...comincio a credere che non le ritroveremo mai...che sono stato un pazzo a sperare che potessimo incontrarle in un paese così vasto-, mormorò Jun stancamente, osservando le ombre prodotte dalla lampada sulla tenda.

Nessuno dei due rispose, ma entrambi sapevano che l'amico aveva ragione. Le parole di Jun esprimevano i pensieri ed i sentimenti di tutti loro. Il loro era stato un viaggio senza speranza. Era assurdo sperare che le avrebbero ritrovate. Il Giappone era vasto, e non avevano nemmeno un indizio. Si erano aggrappati tenacemente ad una speranza, ad un'illusione, e tutte le volte avevano rimediato cocenti delusioni ed eventi che li avevano lasciati ancora più confusi, smarriti e turbati. Non potevano continuare così...non potevano scegliere un altro luogo a caso sulla cartina e partire armati di belle speranze, setacciarlo da cima a fondo mostrando a tutti gli albergatori della zona le foto delle loro amate e poi andarsene più tristi e scoraggiati di prima. Il loro cuore non avrebbe retto.

-Anch’io penso che tornare a casa sia la soluzione migliore-, affermò Tsubasa. Anche lui era stanco. Desiderava da morire rivedere la sua Sanae, ma ormai era rassegnato al fatto che non le avrebbero mai trovate. Tanto valeva tornare a casa, ed attendere loro notizie. Prima o poi sarebbero dovute tornare. Non potevano fuggire per sempre.

Hikaru non disse nulla, si limitò ad annuire guardando fuori dalla finestra. Da una parte, il pensiero di arrendersi così lo faceva stare male. Se avesse seguito l’istinto, sarebbe salito in macchina e avrebbe cercato Yoshiko fino in capo al mondo. Ma l’istinto, almeno quella sera, aveva rischiato di causare solo danni. Era ora di dare un po’ retta anche alla razionalità. Non potevano continuare così, i suoi amici avevano ragione. Quella continua alternanza di illusioni e delusioni li faceva solo stare male. Era una situazione troppo pesante per pensare di prolungarla chissà quanto.

-Siamo d’accordo, allora. Domattina partiremo per tornare a casa-, disse Jun. La sua voce era completamente priva di espressione. Tornare a casa…era come subire una sconfitta. Ed era mille volte più bruciante di una sconfitta in una partita a calcio. Ma era l’unica cosa da fare, ormai. Certe volte bisogna capire che è meglio arrendersi piuttosto che continuare a lottare contro i mulini a vento.

Tsubasa annuì, e lo stesso fece Hikaru.

Senza aggiungere una parola, Misugi allungò una mano verso l’interruttore della luce e la spense. Augurò ai suoi amici la buonanotte, e chiuse gli occhi. Morfeo quella notte fu benevolo con lui, e lo accolse immediatamente tra le sue braccia, regalandogli la pace che tanto desiderava.

Anche Hikaru chiuse gli occhi, e si addormentò praticamente subito.

Tsubasa invece non riusciva a prendere sonno. Mille pensieri gli davano il tormento, impedendogli di riposare. Se chiudeva gli occhi, le immagini di Sanae e Midori tornavano nuovamente a sovrapporsi nella sua mente, ed il suo cuore veniva travolto da mille sensazioni contrastanti. Alla fine, decise di alzarsi e si recò in bagno. Una doccia gelata gli avrebbe probabilmente schiarito le idee, e lo avrebbe aiutato a trovare un po’ di pace. Si tolse i vestiti e girò la manopola della doccia. L’acqua cominciò a scorrere lentamente sul suo corpo, e i muscoli del ragazzo presero a rilassarsi poco a poco. Ma la sua mente era ancora turbata da mille pensieri.

 

Sendai, ore 02.00

Le tre ragazze erano tornate in camera, e si erano tolte i vestiti in silenzio. Sanae si era precipitata in bagno e si era gettata immediatamente sotto la doccia. Il getto d’acqua ghiacciata era stato benefico per lei, e l’aveva aiutata a placare un po’ il battito confuso del suo cuore. Se ripensava a quello che era accaduto prima con Schneider, sulla spiaggia, si sentiva ancora morire per la vergogna…Era stata a un passo da…Non lo avrebbe mai creduto possibile. Da quando aveva undici anni, ed era poco più di una bambina, aveva amato un solo ragazzo, Tsubasa, e l’idea di poter provare qualcosa, anche una semplice e superficiale attrazione fisica, per qualcuno che non fosse lui, non l’aveva minimamente sfiorata. Eppure, quella sera…si era sentita immensamente bene tra le braccia di Karl, e questo non poteva negarlo, almeno non a se stessa. I suoi baci e le sue carezze avevano dato al suo corpo quella soddisfazione che spesso aveva sperato di ricevere da Tsubasa, rimanendo irrimediabilmente delusa. Si era sentita desiderata, per la prima volta in vita sua. Si era sentita considerata una donna, e non solamente una manager fidata, o una persona su cui contare nei momenti difficili. Lei sapeva che Tsubasa l’amava…forse non quanto amava il suo adorato pallone, ma sapeva di essere una persona molto importante per lui, sicuramente la ragazza che più contava nella sua vita. I primi tempi era stata così felice da non dare nessuna importanza a tutto il resto…né agli appuntamenti andati a monte a causa del calcio, né del fatto che il 90% delle volte che erano insieme i discorsi del ragazzo cadevano sempre sul calcio. Ma il tempo passava ed il loro rapporto non progrediva. Sì, Tsubasa le aveva chiesto di sposarlo…era stato il momento più bello della sua vita, e di questo ne era ancora convintissima…e sicuramente le avrebbe chiesto di seguirlo in Brasile per averla sempre al suo fianco…E proprio allora aveva cominciato a chiedersi cosa fosse veramente per lui, cosa provava per lei. Si conoscevano praticamente da sempre, stavano insieme da anni, eppure…lui era ancora impacciato persino quando si tenevano per mano. Quando erano da soli era sempre teso, imbarazzato, come se si vergognasse di qualcosa…come se si vergognasse di esprimere i propri sentimenti. Non si erano mai abbracciati o baciati in pubblico, e anche quando erano soli lui sembrava sempre a disagio. Solo accarezzarle timidamente una guancia pareva costargli una fatica enorme. All’inizio, questo lato del suo carattere le aveva fatto tenerezza…era così buffo il suo Tsubasa quando era così imbarazzato e intimidito, o quando arrossiva come un bambino solo perché le loro mani si erano sfiorate…alla lunga però, aveva cominciato a darle fastidio. Non che lei desse così tanta importanza al sesso…sapeva che non era certo quello la base di un rapporto felice e duraturo. Ma quando si guardava intorno, vedeva tutte le altre coppie baciarsi e toccarsi tranquillamente, senza porsi alcun problema, e sapeva che anche le sue amiche avevano un rapporto con i propri ragazzi ben più intimo e profondo di quello che lei aveva con Tsubasa. E mille volte si era domandata se questo non significava che Tsubasa non l’amava veramente. Che quello che sentiva per lei era affetto, amicizia…senza la minima traccia di attrazione, di passionalità, di desiderio. Non avrebbe potuto sposare e seguire dall’altra parte del mondo, lasciando la sua famiglia e i suoi amici, un uomo che la considerava solo un’amica, un sostegno, un punto di riferimento. Aveva bisogno di qualcuno che l’amasse completamente. Quella sera, con Karl…aveva scoperto per la prima volta il lato fisico dell’amore…la potenza di un desiderio che ti coglie di sorpresa e annulla completamente ogni razionalità, ogni equilibrio…che ti travolge e ti fa perdere completamente la testa. Una sensazione che non aveva mai provato…Delle volte si era scoperta a fantasticare su come sarebbe stato essere stretta appassionatamente tra le braccia di Tsubasa, mentre lui la baciava e l’accarezzava con passione e desiderio, completamente inebriato da lei…Ma pensarlo e provarlo sulla propria pelle erano due cose completamente diverse…l’unico problema era che il ragazzo non era Tsubasa. Avvampò al pensiero di cosa sarebbe successo se non fosse riuscita a rinsavire…sicuramente non sarebbe più riuscita a guardare Tsubasa in faccia. Per fortuna si era fermata in tempo…altrimenti se ne sarebbe pentita per tutta la vita, di questo era assolutamente certa. Però non poteva negare che le fosse piaciuto…eccome se le era piaciuto…erano così caldi i baci di Karl, così tenere e intense le sue carezze…e così maledettamente travolgenti le sensazioni che lui aveva regalato al suo corpo…Basta, era inutile pensarci. Ora sapeva cosa doveva fare: tornare a casa, e affrontare l’argomento con Tsubasa. Dirgli chiaramente cosa non andava nel loro rapporto, quali erano le cose che la facevano soffrire e le impedivano di sentirsi pienamente appagata dalla loro relazione. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma stavolta non doveva permettere alla vergogna e alla timidezza di prendere il sopravvento. Poi, una volta detto tutto…doveva solo aspettare la reazione di Tsubasa. E solo allora avrebbe saputo se la loro relazione aveva un futuro, o se l’unica soluzione era gettarsi il passato alle spalle e decidersi una volta per tutte a dimenticarlo.

Mentre Sanae era sotto la doccia, Yayoi e Yoshiko avevano parlato a lungo nel silenzio e nella quiete della loro stanza. Mentre Yayoi si spazzolava i capelli con aria assorta, l’amica le aveva confidato quello che era successo tra lei e Levin…il loro bacio sulla spiaggia, il fatto che lei si era poi tirata indietro perché aveva capito di non poter tradire Hikaru, e le parole che lo svedese le aveva detto…che grazie a lei aveva scoperto di avere ancora un cuore in grado di amare. Che la sua capacità di provare sentimenti non era morta insieme alla sua fidanzata. Yayoi l’aveva ascoltata attentamente, e poi le aveva raccontato a sua volta della chiacchierata avuta con Schuster…dei consigli che lui le aveva dato. Le disse che le aveva detto che la soluzione migliore ai loro problemi era tornare a casa ed affrontare la situazione con i ragazzi…mettere le carte in tavola una volta per tutte, senza continuare a fuggire e nascondersi. Il loro viaggio non poteva continuare per sempre…e ogni giorno che passava non contribuiva a risolvere i loro problemi. Continuavano inesorabilmente a trascinarseli dietro, e anzi ogni giorno se ne aggiungevano di nuovi, senza tregua. Le esperienze e gli incontri fatti durante il viaggio erano stati molto utili per loro, ma era giunto il momento di tornare a casa.

-Sono d’accordo con te, Yayoi. E’inutile continuare questo viaggio. Non credo che ci porterà da nessuna parte-, asserì Yoshiko, quando l’amica ebbe finito di parlare.

Gli eventi di quella sera la facevano ancora sentire confusa e turbata…non si trattava tanto del senso di colpa verso Hikaru, poiché aveva giurato a se stessa che lui non avrebbe mai saputo nulla di quanto era accaduto, e nemmeno verso Levin, perché lo svedese le aveva fatto capire di non essere affatto arrabbiato con lei per averlo illuso rispondendo al suo bacio. Non sapeva nemmeno lei di cosa si trattava…forse stupore verso se stessa per aver ceduto così facilmente a un momento di debolezza…forse paura della propria fragilità, della propria vulnerabilità…o forse erano solo la solitudine e la mancanza del ragazzo che amava che si facevano sentire con ancora più forza. In quel momento aveva una gran voglia di piangere, ma non sapeva se dopo si sarebbe sentita meglio o peggio. Sentiva un gran senso di vuoto attanagliarle lo stomaco…avrebbe avuto bisogno di appoggiarsi a qualcuno, di avere un sostegno con cui dividere il fardello che le gravava sulle spalle, ma sapeva che anche le sue amiche stavano affrontando un momento difficile, e che non poteva pensare solo a se stessa e ai suoi problemi. Erano partite insieme e sarebbero tornate insieme, quindi dovevano aiutarsi e farsi forza a vicenda.

-Sai, mi ha fatto molto bene parlare con Schuster. Mi sono sfogata come non facevo da tanto tempo, ed ora credo di sentirmi un po’ meglio-, disse Yayoi, appoggiando la spazzola sul comodino e infilandosi il pigiama. Certo non poteva ancora dire di sentirsi serena, ma si sentiva un po’ più sollevata. Perlomeno, ora sapeva cosa doveva fare nell’immediato futuro. Tornare a casa da Jun e parlare con lui. Il fatto che Yoshiko fosse d’accordo con lei la rinfrancava ulteriormente. Sperava che anche Sanae sarebbe stata d’accordo con loro…chissà cos’era successo prima tra lei e Schneider. Quando l’aveva vista arrivare sembrava decisamente sconvolta, come se fosse accaduto qualcosa di molto spiacevole. Si rese conto che probabilmente Sanae, nonostante cercasse di apparire sempre forte e sicura di sé, era in realtà la più fragile ed insicura delle tre.

Yoshiko si infilò sotto le lenzuola, ancora pensierosa. –Anche Levin mi è stato di grande aiuto…ho capito quanto sia prezioso il legame che lega me e Hikaru, e di dover lottare con tutte le mie forze per difenderlo, per non buttarlo via-, disse, ripensando alle parole che Levin le aveva detto. “Anche il tuo Hikaru è un ragazzo fortunato…spero solo che se ne renda conto”. Lei sperava con tutto il cuore che i loro problemi si sarebbero risolti…erano stati così felici insieme, ripensando al loro passato vedeva solo momenti belli, e sperava con tutto il cuore che per il futuro li attendesse altrettanta felicità. Ora che era stata ad un passo dal tradirlo, si era resa conto di quanto lo amava, e di quanto avesse bisogno di lui.

-Ora dovremo dire a Sanae che abbiamo deciso di tornare a casa-, disse Yayoi, sprofondando la testa nel cuscino.

Yoshiko annuì. –Sono sicura che capirà anche lei che è la decisione giusta-

-Chissà cos’è successo tra lei e Schneider…sembrava così sconvolta-, fece pensierosa la ragazza dai capelli ramati, guardando in direzione della porta del bagno. Si sentiva ancora lo scrosciare dell’acqua della doccia.

-L’hai notato anche tu? Era così strana…-, rispose Yoshiko, guardando anche lei nella stessa direzione, preoccupata per l’amica.

Proprio in quel momento, sentirono il getto d’acqua che si spegneva con un suono secco. La porta del bagno si aprì, e ne uscì Sanae con indosso un accappatoio bianco e con un asciugamano di spugna intorno ai capelli bagnati.

-Ora che ho fatto una bella doccia mi sento molto meglio-, affermò abbozzando un sorriso, che però era tutt’altro che allegro.

Vide che le due amiche la guardavano con una strana espressione sul volto, e capì immediatamente il motivo. Volevano sapere cos’era successo tra lei e Schneider. Con un sospiro, si sedette sul letto, e cominciò a frizionarsi i capelli con l’asciugamano.

-Sanae, noi dobbiamo parlarti di una cosa-, cominciò Yoshiko.

L’amica si irrigidì. –Di cosa?-, domandò sospettosa.

-Abbiamo preso una decisione importante, e speriamo che tu sia d’accordo con noi-, intervenne Yayoi, sollevandosi a sedere sul letto.

Sanae sospirò nuovamente, cercando di rilassarsi. –Vi ascolto-

-Ecco…noi…abbiamo deciso che è meglio tornare a casa-, disse Yayoi tutto d’un fiato, e poi tacque spiando la reazione dell’amica.

Sanae non rispose nulla per qualche minuto, pensierosa. Stava riflettendo sulla decisione presa dalle amiche, la stessa che aveva preso lei nella solitudine della doccia. Le venne quasi da ridere. Si era tormentata negli ultimi dieci minuti chiedendosi se le amiche sarebbero state d’accordo con lei, e alla fine erano state proprio loro a suggerirle di tornare a casa. Questo dimostrava inequivocabilmente che era la decisione più giusta, l’unica da prendere.

-Tu che ne pensi, Sanae?-, domandò Yoshiko, vedendo che la ragazza non parlava.

-E’ l’unica cosa da fare-, rispose Sanae a bassa voce, prendendo la spazzola dal comodino e iniziando a pettinarsi.

Le due amiche sospirarono sollevate. Il fatto che fossero tutte e tre d’accordo rendeva le cose più facili.

-Dopo quello che è successo stasera…non me la sento di continuare questo viaggio-, aggiunse Sanae dopo qualche istante d’esitazione.

Due paia di occhi curiosi si fissarono immediatamente su di lei. Le due amiche erano divorate dalla curiosità di sapere cos’era accaduto quella sera.

-E’ successo per caso qualcosa tra te e Schneider?-, domandò cautamente Yoshiko.

Sanae arrossì violentemente, e annuì chinando il capo.

-Vi siete baciati?-, chiese Yayoi.

L’amica annuì di nuovo.

Le due ragazze si guardarono tra di loro. Evidentemente c’era dell’altro…o Sanae non sarebbe stata così in imbarazzo per un solo bacio.

-C’è stato…ehm…dell’altro?-, indagò ancora Yayoi.

Sanae era praticamente color porpora, e non riusciva a parlare.

-Non mi dirai che l’avete fatto!-, esclamò Yoshiko.

-NO!-, gridò Sanae ad alta voce.

Le due amiche sospirarono di sollievo.

-Meno male…quello sì che sarebbe stato un casino-, commentò Yayoi rilassandosi contro lo schienale del letto.

-Ma ci siamo andati vicino…-, disse Sanae dopo un attimo di silenzio.

-In che senso vicino?-

-Beh…ecco…non so come spiegarti…era la prima volta che provavo certe sensazioni…era la prima volta che mi sentivo desiderata da un ragazzo…che qualcuno mi toccava e mi baciava in un certo modo…e avevo perso la testa-, spiegò la ragazza un po’ timidamente.

Le amiche annuirono. Potevano comprendere perfettamente i sentimenti di Sanae.

-Per fortuna…mi sono ripresa in tempo…prima di commettere un errore madornale-, terminò la ragazza, appoggiando la spazzola sul comodino e stendendosi sul letto, con il viso nascosto nel guanciale.

-Cosa ti ha fermato?-, domandò Yoshiko.

-Ecco…-, Sanae arrossì vivacemente, mentre cercava di trovare le parole più adatte a spiegare quello che aveva provato in quei momenti. –Ho pensato che…beh…sarebbe stata la mia prima volta…e non volevo che fosse con un ragazzo di cui non mi importava niente…non volevo che fosse qualcosa di cui poi mi sarei pentita subito dopo-

Le due amiche annuirono.

-Hai fatto la scelta giusta-, disse Yayoi, mettendo una mano su quella dell’amica.

Sanae sollevò il viso e le sorrise. –Già…ora però voglio tornare a casa…voglio vederlo-

-Anch’io ho tanta voglia di vedere Jun…ma soprattutto…sento più forte che mai il bisogno di parlargli, di dirgli quello che provo…Schuster ha detto che i problemi possono essere risolti solo affrontandoli…ed io non posso che dargli ragione-, ammise Yayoi.

-Già…finora più che affrontarli direi che li abbiamo evitati-, riconobbe Yoshiko pensierosa.

Ci fu un momento di silenzio, in cui le tre amiche ripercorsero mentalmente il loro viaggio. Quante cose erano successe…quante persone avevano incontrato…tutti eventi che sarebbero rimasti scolpiti nella loro memoria per sempre.

-Dite che dovremmo avvisare i ragazzi che stiamo per tornare?-, domandò infine Yoshiko.

Sanae ci penso su per un attimo, poi scosse la testa. –No. Faremo loro una sorpresa-

Yayoi si lasciò sfuggire un sorriso, che però svanì quasi subito così come era venuto. –Ma…dite che saranno contenti di rivederci?-

Anche Sanae si rabbuiò. –Lo spero-, sussurrò. Un’immagine di Tsubasa che la guardava con rancore e l’accusava di averlo abbandonato senza una spiegazione le comparve improvvisamente davanti agli occhi, facendole ghiacciare il sangue nelle vene. Sperava solo che non fosse stato così il loro incontro. Che lui le avesse lasciato il tempo di spiegare le sue ragioni, ed i suoi problemi.

Le due amiche stavano facendo il suo stesso pensiero, e di nuovo erano state assalite dalla paura. Ma erano consapevoli che stavolta non potevano tirarsi indietro. Il momento di affrontare i ragazzi era ormai giunto.

-Su, adesso andiamo a letto. E’ già tardi, e domani ci aspetta un lungo viaggio-, disse Sanae, cercando di scacciare i brutti pensieri. Spensero la luce e cercarono di addormentarsi, anche se il sonno tardava a venire.

 

Atami, ore 11.00

La luce del sole che filtrava attraverso le tapparelle risvegliò i ragazzi dal loro profondo e agitato sonno. Il primo a riaprire gli occhi fu Jun. Allungò una mano verso il proprio orologio che aveva lasciato la sera prima sul comodino, e se lo avvicinò al viso per riuscire a leggere l’ora. Quando vide che erano già le undici, si sollevò a sedere di scatto sul futon.

-Dannazione!-, esclamò, -E’ tardissimo!-

Li aspettava un lungo viaggio, e lui voleva assolutamente arrivare a Tokyo la sera stessa. Non avrebbe resistito un giorno di più in quella situazione. Voleva arrivare a casa sua e telefonare immediatamente a Yayoi, sperando di riuscire a convincerla a tornare a casa.

Si apprestò immediatamente a svegliare i suoi due amici, che stavano ancora dormendo della grossa. Diede subito un’energica scrollata a Tsubasa, che dormiva nel futon accanto al suo, gridandogli nell’orecchio di svegliarsi. Il poveretto si svegliò di soprassalto, e schizzò fuori dal futon come un proiettile, non riuscendo a capire cosa fosse accaduto.

-Jun! Sei impazzito? Mi hai fatto prendere un colpo!-, esclamò quando vide l’amico al suo fianco, tenendosi una mano sul petto.

-Scusami ma…è tardissimo!-, ribatté Misugi, alzandosi dal futon e correndo a recuperare i suoi vestiti. –Tu sveglia Hikaru, io vado a farmi la doccia-, disse, prima di infilarsi in bagno come un fulmine.

Tsubasa non riusciva a capire. Rimase interdetto ancora per qualche minuto, fissando alternamente la porta del bagno dietro la quale era scomparso l’amico e l’altro futon nel quale Matsuyama stava ancora beatamente russando. Poi l’occhio gli cadde sull’orologio di Misugi, che il ragazzo aveva abbandonato sul pavimento, e quando vide l’ora cominciò ad agitarsi anche lui. Era veramente tardissimo, avevano dormito troppo.

-Accidenti!-, imprecò, prima di accingersi alla difficile opera di svegliare Hikaru.

-Hikaru, Hikaru svegliati! E’ tardissimo!-, disse, mentre lo scuoteva. Il ragazzo bofonchiò qualcosa nel sonno, prima di allontanare l’amico con una spinta e voltarsi dall’altra parte, continuando a russare imperterrito.

Tsubasa non si diede per vinto, e ricominciò a scuoterlo. –Svegliati, ho detto! Dobbiamo partire!-, insistette.

-Ho sonno-, biascicò Hikaru con voce impastata, cercando di allontanare le mani dell’amico.

-SVEGLIATI!-, gli urlò Tsubasa nell’orecchio con tutto il fiato che aveva in gola, e questo sortì l’effetto desiderato. Hikaru si sollevò dal futon di scatto, con il volto pallido come un cencio e il cuore che gli batteva a mille.

Guardò Tsubasa con occhi sbarrati. –Ma dico, sei impazzito?-, sussurrò a fatica, mentre il respiro stentava a ritornargli normale.

L’amico sorrise placidamente. –Era l’unico modo per svegliarti-, disse candido, mentre si alzava in piedi e andava a recuperare un paio di boxer puliti dalla sua valigia.

-Più che svegliarmi direi che hai tentato di uccidermi-, ribatté Hikaru, dandosi dei leggeri schiaffi sulle guance per cercare di allontanare gli ultimi residui di sonno.

-Non volevo essere così brusco, ma sono già le undici, e di questo passo non arriveremo mai a casa entro stasera-, rispose Tsubasa, prendendo in mano tutti i suoi indumenti ed appostandosi davanti alla porta del bagno, aspettando che Misugi uscisse per andare a farsi la doccia.

-Le undici?! Accidenti, è davvero tardi!-, esclamò Matsuyama, dando a sua volta un’occhiata all’orologio.

In quel momento Jun uscì dalla doccia, con indosso un accappatoio celeste.

-Allora, ragazzi….visto che ormai sono le undici, io suggerirei di ripartire dopo pranzo-, propose, mentre si asciugava velocemente i capelli con un asciugamano.

-Ma…non sarà troppo tardi?-, obiettò Hikaru, pensando che, oltre al viaggio in macchina fino a Tokyo, lo aspettava anche un viaggio in aereo fino a Sapporo.

-Dovremo comunque fermarci a mangiare da qualche parte, e perderemo più tempo. Ormai stamattina l’abbiamo persa…propongo di vestirci e preparare le valige con calma, mangiare qualcosa qui al ryokan e poi partire per Tokyo senza interruzioni-, ribatté il ragazzo.

-Jun ha ragione-, concordò Tsubasa.

-Ma…se qui…ci fossero ancora loro?-, obiettò ancora Matsuyama. L’idea di rivedere Suzuki dopo quello che stava per succedere tra di loro nella vasca termale lo metteva decisamente a disagio.

I due amici tacquero, riconoscendo di non aver pensato all’eventualità di incontrare le tre ragazze. Del resto però, non sarebbe stato corretto fuggire come ladri.

-Penso che comunque dovremmo parlare con loro prima di andarcene-, disse Jun dopo una lunga riflessione.

-Pensi di riuscirci?-, domandò Hikaru in tono dubbioso.

L’amico annuì pensierosamente. Non sarebbe stato facile, ma era un primo passo per trovare il coraggio di affrontare i problemi in faccia. Adesso con Mariko e le sue amiche…successivamente, quando finalmente le avrebbero riviste, con le proprie ragazze.

 

Sendai, ore 12.00

Anche Sanae, Yayoi e Yoshiko avevano dormito troppo, e quando si erano svegliate erano ormai le undici passate. Così, avevano deciso di rimandare a dopo pranzo la propria partenza. Erano andate dal meccanico a recuperare l’auto di Sanae, che ormai era pronta, e poi erano tornate in albergo. Avevano preparato i bagagli ed atteso il momento di scendere di sotto e pranzare. Erano consapevoli del fatto che sicuramente avrebbero incontrato i tedeschi, e comunque non potevano andare via senza nemmeno salutarli. Sarebbe stato come scappare. Sanae si sentiva piuttosto nervosa all’idea di rivedere ancora Schneider, ma sapeva che evitarlo non sarebbe servito a cancellare quello che era successo tra di loro la sera prima. Tanto valeva guardarlo in faccia, e dirgli chiaramente che stava tornando dall’unico ragazzo che amava, da Tsubasa.

Le tre amiche si sedettero ad un tavolo in un angolo del ristorante. Nessuna di loro parlava, erano tutte piuttosto tese e nervose. Anche se sapevano che tornare a casa era la scelta più giusta, non potevano impedirsi di provare una certa agitazione al pensiero di affrontare i propri fidanzati.

La cameriera si avvicinò per prendere le ordinazioni. Nessuna delle tre aveva molta fame, così si limitarono a chiedere del riso.

La ragazza si era appena allontanata, quando le tre amiche videro entrare nel ristorante Schneider, Schuster e Levin. Evidentemente erano appena tornati dalla spiaggia, perché indossavano l’abbigliamento da mare. Stavano chiacchierando tra di loro, e sembravano piuttosto allegri. Ma appena scorsero le tre amiche, le loro espressioni cambiarono. Franz sorrise allegramente, agitando una mano verso Yayoi in segno di saluto, mentre Stefen fissò Yoshiko con un’espressione grave e pensierosa, che fece arrossire la ragazza e la spinse a chinare la testa imbarazzata. Come al solito, i magnetici occhi azzurri dello svedese sembravano leggerle dentro. Schneider divenne pallidissimo, anche se il suo orgoglio gli imponeva di dissimulare i propri sentimenti. Non doveva assolutamente far capire a Sanae che gli bastava vederla per sentirsi turbato e sconvolto. Non aveva mai provato niente del genere per nessuna ragazza, prima di allora. Sanae era speciale…ma purtroppo apparteneva ad un altro, e a lui non restava che farsene una ragione e smettere di pensare a lei. I tre amici andarono a sedersi al tavolo delle ragazze, come se niente fosse. Ma la tensione era evidente, e si tagliava con un coltello. Nessuno osava dire una parola. Sanae era senza dubbio quella più a disagio, e non riusciva nemmeno ad alzare la testa per timore di incrociare lo sguardo di Schneider.

Alla fine, fu Yoshiko, raccogliendo tutto il suo coraggio, a spezzare il silenzio.

-Noi partiamo-, disse semplicemente.

Nessuno le rispose. Proprio in quel momento tornò la cameriera. Porse alle tre ragazze i loro piatti di riso, raccolse le ordinazioni dei tedeschi e si allontanò nuovamente in direzione delle cucine.

-Tornate a casa?-, domandò infine Schuster, cercando di allentare un po’ l’insopportabile tensione che si era venuta a creare nel gruppo.

Yayoi annuì. –Abbiamo deciso di affrontare i ragazzi, e spiegare loro quali sono i nostri problemi…quelli che ci hanno spinte a partire-, spiegò.

Franz le sorrise. –Vedo che hai seguito il mio consiglio-, disse con dolcezza.

La ragazza ricambiò il suo sorriso. –Sì. E infatti devo ringraziarti. Senza di te, chissà quanto mi ci sarebbe voluto prima di prendere una decisione del genere-, rispose tranquillamente, guardandolo con gratitudine.

Il ragazzo fece spallucce, come per dire che lui non aveva fatto niente.

-E’ la decisione giusta-, disse anche Levin, guardando intensamente Yoshiko.

La giovane annuì.

-Bisogna sempre lottare per chi si ama-, aggiunse il giovane svedese.

L’unico a non aprire bocca fu Karl. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Sapeva che Sanae prima o poi sarebbe tornata dall’uomo che amava. Tra loro c’era stato solo un attimo di debolezza, una fugace illusione…lei non era mai stata sua, nemmeno quando l’aveva stretta tra le braccia e baciata con passione…lei era sempre stata di Tsubasa Ozora. Questo gli faceva male, eccome se gli faceva male…ma doveva accettarlo. In fondo, lui era il Kaiser…e non poteva certo farsi abbattere da una delusione amorosa.

Nemmeno Sanae fiatò. Gli occhi di Karl per lei erano più eloquenti di un fiume di parole. Quello che era successo tra loro la sera prima per Schneider non era stato solo un momento di debolezza, una follia momentanea…lui provava qualcosa nei suoi confronti, qualcosa che andava oltre una semplice attrazione fisica. Lei ne era ben consapevole. E questo la rattristava, perché non avrebbe mai voluto fargli del male. Ma non poteva farci niente…aveva sbagliato a illuderlo, e per questo non si sarebbe mai biasimata abbastanza…ma ormai era successo, ed era inutile piangere sul latte versato. Andarsene era la scelta migliore, per tutti. Presto Karl l’avrebbe dimenticata.

Il pranzo proseguì in silenzio. Nessuno parlava, perché nessuno sapeva cosa dire. Quando tutti ebbero terminato di mangiare, i tedeschi accompagnarono le tre amiche di sopra a prendere le valige e le aiutarono a trasportarle fino all’auto di Sanae. Le ragazze sistemarono tutto nel bagagliaio, e prima di salire a bordo lanciarono un’ultima occhiata all’albergo. Il fatto che il loro viaggio fosse giunto al capolinea metteva loro un po’ di tristezza…ma si riscossero subito, pensando al fatto che presto, forse quella sera stessa, avrebbero finalmente rivisto i propri amati.

Yayoi abbracciò forte Schuster, che ricambiò affettuosamente la sua stretta. Tra loro era nata una bella amicizia, i comuni problemi sentimentali avevano fatto sì che i due ragazzi si trovassero immediatamente in sintonia. Grazie a Yayoi, Schuster si sentiva più tranquillo di prima…il ricordo di Elena gli faceva ancora male, ma sapeva che non sarebbe stato così per sempre. Un giorno l’avrebbe dimenticata, ed avrebbe potuto volgere il suo cuore ad un’altra ragazza, che sarebbe riuscita a renderlo finalmente felice. La ragazza dal canto suo era molto grata al giovane tedesco…i suoi consigli erano stati preziosissimi, e l’avevano aiutata a prendere una decisione che altrimenti avrebbe rischiato di rimandare all’infinito.

-Grazie, Franz…Buona fortuna-, gli disse in un orecchio.

-Anche a te, Yayoi…anche a te-, rispose lui, accarezzandole lievemente i capelli ramati.

I due giovani si sciolsero dall’abbraccio, e Yayoi salì sul sedile posteriore dell’auto.

Yoshiko e Levin si fissarono per un attimo a disagio, poi il giovane svedese sorrise, e la ragazza fece altrettanto. Stefen tese le braccia e Yoshiko si rifugiò nella sua stretta.

-Scusami ancora per ieri, Stefen…-, sussurrò piano, appoggiando la testa sul petto di lui.

Il ragazzo scosse la testa. –Te l’ho detto…non c’è nulla di cui devi sentirti in colpa-, ribatté.

-Grazie…Ti auguro tanta felicità-

Levin sentì come una fitta al cuore, e si chiese se per caso il sentimento che provava per Yoshiko non andasse oltre la semplice amicizia. Ma allontanò subito quel pensiero. Era inutile porsi un simile problema, lei se ne stava andando, stava tornando dal ragazzo che amava, e lui non l’avrebbe rivista mai più. –Anche a te, Yoshiko…tutta la felicità che meriti-, sussurrò piano.

Sanae e Karl erano ritti in piedi uno di fronte all’altro, a disagio come mai in vita loro.

Il ragazzo era tormentato dal suo stesso desiderio…avrebbe voluto stringerla forte tra le braccia, affondare il viso nei suoi profumatissimi capelli neri, e pregarla di rimanere con lui…dirle che l’amava, e che non l’avrebbe mai fatta soffrire come aveva fatto Tsubasa. Ma non sarebbe servito a niente…solo ad umiliarsi e a soffrire ancora di più. Così, si limitò a tenderle la mano, abbozzando un sorriso, il più finto che avesse mai fatto in tutta la sua vita.

-Buona fortuna, Sanae-, le disse, evitando di guardarla negli occhi.

La ragazza teneva la testa bassa, imbarazzata. –Anche a te-, sussurrò piano. Poi sollevò lentamente il volto, e vide gli occhi azzurri di Karl fissi su di lei. Erano molto tristi. Sentì una morsa serrarle lo stomaco, e si affrettò a salire a bordo della sua auto. Dopo aver allacciato la cintura di sicurezza, lo guardò un’ultima volta attraverso il finestrino. La stava ancora osservando, con occhi colmi di rimpianto e nostalgia. Distolse velocemente lo sguardo, mise in moto e partì, senza voltarsi indietro nemmeno una volta.

 

Atami, ore 13.00

Come previsto da Hikaru, quando erano scesi di sotto per il pranzo i ragazzi avevano incontrato Mariko, Midori e Suzuki, che stavano pranzando. Le tre ragazze sembravano completamente delle altre persone rispetto alla sera prima. Nei loro occhi non c’era alcuna traccia di brio ed allegria. Sembravano spente, tristi, pensierose. Suzuki aveva la fronte corrugata e teneva gli occhi bassi, come se fosse tormentata da chissà quale pensiero. Mariko piluccava svogliatamente il suo riso, sospirando in continuazione. Midori aveva il bel viso contratto in una smorfia, e quando scorse Tsubasa che stava entrando nel ristorante videro le sue labbra arricciarsi violentemente.

Cercando di apparire disinvolti, i tre ragazzi le salutarono, e si sedettero ad un tavolo poco distante dal loro. Le ragazze ricambiarono svogliatamente il loro saluto, e poi li ignorarono per tutta la durata del pranzo.

Quando ebbero terminato di mangiare, Tsubasa e gli altri decisero di andare al tavolo delle tre amiche. Anche se loro quasi sicuramente li odiavano e non volevano più vederli, si sentivano in dovere di salutarle prima di ripartire.

-Siamo venuti a salutarvi-, disse Jun.

Le sue parole destarono immediatamente l’attenzione delle ragazze, che sollevarono lo sguardo e li fissarono incuriosite.

-Partite?-, domandò Suzuki, con un evidente tremito nella voce.

Hikaru annuì, notando con sorpresa come Suzuki apparisse completamente diversa rispetto alla sera prima. Era remissiva, triste, quasi sconfortata…un’altra persona, rispetto alla ragazza sfrontata e sicura di sé che si era tolta l’asciugamano come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo per cercare di sedurlo.

Suzuki abbassò gli occhi rattristata. Le parole del giovane la sera prima l’avevano colpita profondamente, come se per la prima volta si fosse resa conto di aver vissuto sempre in modo superficiale, limitandosi a guardare le cose all’apparenza, senza mai scendere in profondità. Si era resa conto che Hikaru non era il classico calciatore belloccio e pieno di sé, ma un ragazzo pieno di qualità…e ora che sentiva il desiderio di conoscerlo meglio, di conoscerlo più a fondo e di farsi conoscere da lui…aveva rovinato tutto. Se ne stava andando…ritornava dalla sua ragazza…e lei non lo avrebbe mai più rivisto. Anche se lo conosceva solamente da un giorno, quel pensiero la faceva già sentire tremendamente triste.

-Tornate a casa?-, domandò ancora, mentre con suo stesso stupore si accorgeva di avere un’improvvisa voglia di piangere. Non si era mai sentita così in tutti i diciotto anni della sua vita.

Hikaru annuì di nuovo, stupito dalla tristezza che leggeva negli occhi della ragazza.

-Ti senti meglio, Jun?-, intervenne Mariko rivolta a Misugi.

Il ragazzo annuì, pur rendendosi conto che nella voce della giovane non c’era un reale interesse. Glielo aveva domandato solamente per cortesia e buona educazione.

-Mi fa piacere-, rispose la ragazza con voce fredda e inespressiva. Si sentiva umiliata per quello che era accaduto la sera prima. Essendo timidissima, non si era mai esposta in quel modo con un ragazzo prima di allora…lo aveva fatto perché aveva sentito verso di lui un’attrazione fortissima, che mai nessun’altro le aveva suscitato. E lui l’aveva respinta in quel modo…il suo orgoglio ne era stato ferito, e la già scarsa fiducia che aveva in se stessa aveva subito un durissimo colpo.

Midori non aprì nemmeno bocca, e non guardò Tsubasa neppure di sfuggita. Era arrabbiatissima con lui. Non solo l’aveva respinta, ma aveva addirittura osato schiaffeggiarla…nessuno l’aveva mai trattata così, nemmeno i suoi genitori avevano mai alzato un dito su di lei. Come si era permesso? Chi si credeva di essere? Che tornasse pure dalla sua ragazza! Non gliene importava nulla. Non era la persona che lei credeva, era solo un ragazzino idiota e complessato.

-Beh…buon viaggio-, disse Suzuki, tenendo gli occhi bassi e fissi sul piatto che aveva di fronte a sé. Temeva che se avesse guardato in faccia Hikaru sarebbe scoppiata in lacrime, e l’ultima cosa che voleva fare era piangere di fronte a lui.

-Grazie…-, dissero insieme i tre ragazzi. –E’ stato un piacere conoscervi…-

Nessuna delle tre amiche rispose. Midori si limitò a fare una smorfia ironica, che non sfuggì a Tsubasa.

-Addio-, dissero ancora, e si allontanarono in direzione delle scale.

Tornarono nella loro stanza a prendere i bagagli, e dopo aver saldato il conto e salutato i proprietari del ryokan, si diressero alla propria auto e partirono.

Dalla finestra della loro stanza, Mariko, Midori e Suzuki li guardarono allontanarsi.

 

Per strada, ore 15

Le ragazze stavano viaggiando ormai da quasi tre ore, e nessuna di loro aveva ancora aperto bocca. Ognuna era persa nei propri pensieri, e troppo nervosa per dare ad essi voce. Ciascuna di loro stava pensando al proprio amato…a come sarebbe andato il loro incontro…a che faccia avrebbe fatto quando l’avrebbe rivista…alle parole che si sarebbero detti. Ognuna di loro stava cercando di prepararsi un discorso da fare per dare forma ai sentimenti più confusi che ancora turbavano il loro animo. A come spiegare le ragioni della loro partenza improvvisa, le conclusioni a cui erano approdate durante il viaggio, i sentimenti che provavano e le insoddisfazioni che le avevano rese per lungo tempo frustrate ed infelici.

Sanae, che era alla guida dell’auto, cominciava a sentirsi stanca. Durante la notte aveva dormito pochissimo, troppi pensieri le affollavano la mente. E quando finalmente era riuscita ad addormentarsi, il suo sonno era stato tutt’altro che tranquillo e riposante…nei suoi sogni, l’immagine di Tsubasa continuava a sovrapporsi con quella di Schneider, riviveva il momento del loro bacio sulla spiaggia, ed anticipava il momento del suo incontro con Tsubasa…lui la guardava con occhi pieni di rabbia, e le diceva di tornare da dov’era venuta. Le gridava in faccia di non amarla più, e di non volerla vedere mai più. Si era svegliata di soprassalto, completamente bagnata di sudore e con il cuore stretto dall’angoscia. Aveva guardato la sveglia, ed erano appena le sei del mattino. Da quel momento, non era più riuscita a riprendere sonno. Era rimasta immobile, distesa sul letto, a guardare il soffitto bianco della camera d’albergo, finchè non aveva visto Yayoi alzarsi dal letto agitatissima strillando che era tardissimo. Lei, pur essendo sveglia, non si era nemmeno resa conto del tempo che passava. Era rimasta come in uno stato di trance, immersa in una dimensione dove non esistevano più né lo spazio né il tempo. Ora però la stanchezza, non solo quella dello spirito, ma anche quella del corpo, cominciava a farsi sentire. Non riusciva più a guidare, aveva bisogno di riposarsi qualche minuto, e di prendere un caffè, altrimenti temeva che non sarebbe riuscita a guidare fino a Tokyo.

-Ragazze…io sono stanca. Ho bisogno di una pausa-, disse, passandosi una mano tra i capelli neri, e non meravigliandosi affatto di avere la fronte imperlata di sudore.

Yoshiko si era assopita sul sedile accanto a quello di Sanae. Nel dormiveglia, vedeva Hikaru davanti a sé. Le sorrideva, e diceva di essere felice di rivederla. Apriva le braccia per accoglierla, e lei, felice, correva verso di lui. Si stringevano forte, aggrappandosi l’uno all’altra come due naufraghi dopo una tempesta. Ma poi, lui l’allontanava bruscamente. Il suo volto, prima sereno e sorridente, era contratto dalla rabbia e dal dolore. “Io ti odio…mi hai abbandonato, e mi hai fatto soffrire…non voglio vederti mai più”, le diceva con voce fredda e carica di amarezza. Lei cercava di aprire bocca per spiegargli, per dirgli che lo amava e che non lo aveva abbandonato per fargli del male…ma dalla sua gola secca e arida non usciva nemmeno un suono.

La voce di Sanae l’aveva svegliata di soprassalto.

-Cosa? Dove siamo?-, domandò smarrita, guardandosi intorno senza capire dove si trovava.

-Siamo in autostrada. Tra cento metri c’è un autogrill, ed io vorrei fermarmi a prendere un caffè-, rispose l’amica, cominciando a rallentare.

-Oh…certo, certo…-, disse Yoshiko, ancora scossa dal sogno che aveva appena fatto. Si allungò verso il sedile posteriore, e vide che Yayoi stava dormendo profondamente. Il suo sonno però sembrava tutt’altro che tranquillo…vedeva l’amica dibattersi, e sussurrare il nome di Jun in tono implorante. Probabilmente stava facendo il suo stesso sogno…

Sanae si immise nella corsia di decelerazione, e si fermò nel parcheggio dell’autogrill. Poi, si dedicarono a svegliare Yayoi.

Sentendo le voci delle amiche che la chiamavano, la ragazza aprì gli occhi di botto, e sospirò di sollievo rendendosi conto che era tutto un sogno. Il solito incubo che la perseguitava dal giorno della loro partenza…Jun che la fissava con sguardo freddo e colmo d’odio, e le diceva di odiarla. Si sollevò a sedere e scese dall’auto, respirando a pieni polmoni per scacciare la sensazione negativa che l’incubo le aveva lasciato. Poi le tre amiche si incamminarono lentamente in direzione dell’entrata dell’autogrill.

 

Per strada, ore 15

Anche Jun cominciava in quel momento ad avvertire i primi segni di stanchezza. Quella notte si era addormentato quasi subito, ma il suo sonno era stato funestato da una serie di incubi, uno peggiore dell’altro…tutti su Yayoi…Yayoi che lo scopriva mentre baciava Mariko, e gli gridava piangendo “come hai potuto farmi questo?”…Yayoi che lo guardava con freddezza e gli diceva di essere stanca di fargli da infermiera personale…Yayoi che gli diceva di essere stanca di lui, e di aver trovato un ragazzo che la rendeva più felice di quanto lui avesse mai fatto. Ogni volta si svegliava, sollevato dal fatto che fosse solo un sogno e non la realtà, e faticava a riaddormentarsi. Il malore della sera prima tra l’altro lo aveva leggermente debilitato, e tutte quelle ore trascorse alla guida non aiutavano certo il suo fisico. Quando vide l’insegna di un autogrill poco distante, decise di fermarsi, e si apprestò a comunicarlo ai suoi compagni di viaggio.

Tsubasa, seduto al suo fianco, stava guardando fuori dal finestrino, pensieroso. Anche lui quella notte era stato tormentato da una serie di incubi su Sanae…come se non bastasse, gli erano tornate alla mente le parole che gli aveva detto Midori, quelle per cui lui l’aveva schiaffeggiata… “Forse in quel momento lei se la sta spassando con un altro!”. Un sentimento fino allora sconosciuto, la gelosia, aveva cominciato a torturarlo…il pensiero che Sanae potesse innamorarsi di un altro ragazzo non lo aveva mai sfiorato prima di allora, ma doveva ammettere che non era una cosa così impossibile…Sanae era una ragazza meravigliosa, e pochissime persone sarebbero rimaste insensibili al suo fascino. Quel pensiero non gli aveva più dato tregua, ed era insopportabile.

Sul sedile posteriore, Hikaru stava pensando alternamente a Yoshiko e a Suzuki. Si chiedeva dove fosse la ragazza che amava…e pregava che lei lo amasse ancora, che non lo avesse dimenticato, che non si fosse resa conto di stare meglio senza di lui…perderla sarebbe stato come perdere se stesso. Poi i suoi pensieri si rivolgevano a Suzuki…a come gli era sembrata diversa quella mattina. Forse le sue parole della sera prima l’avevano ferita eccessivamente…si distolse immediatamente da quel pensiero. Era giusto così. Anche se lei lo odiava, non gli importava nulla. Tanto, non l’avrebbe mai più rivista. Yoshiko era l’unica persona che contava per lui. Sperava solo che tutto potesse tornare come prima…anzi no…che tutto potesse essere meglio di prima…senza più ombre, segreti e preoccupazioni…solamente amore e felicità.

-Ragazzi, vorrei fermarmi un po’ all’autogrill. Mi sento un po’ stanco-, disse Jun con voce sfibrata, mettendo la freccia prima di immettersi nella corsia di decelerazione.

-Ti senti male per caso?-, chiese Tsubasa allarmato, ripensando allo svenimento della sera prima.

L’amico scosse il capo. –No, solo un po’ di stanchezza. Una mezz’ora di riposo ed un caffè, e sarò come nuovo-, lo tranquillizzò, mentre parcheggiava l’auto.

-Un caffè farà bene a tutti-, approvò Hikaru scendendo dall’auto.

I tre ragazzi si avviarono all’entrata dell’autogrill.

 

Autogrill, ore 15.30

Sanae, Yayoi e Yoshiko avevano ordinato tre caffè macchiati e si erano sedute ad un tavolino. Non c’era molta gente dentro l’autogrill in quel momento, giusto qualche camionista di passaggio, quindi il posto era tranquillo. E dovevano ammettere che, per essere un autogrill, non era nemmeno così male…sembrava un tranquillissimo bar di quartiere.

Sanae sorseggiò lentamente il suo caffè, sentendosi rivivere man mano che il liquido caldo scorreva all’interno del suo corpo. Ora sì che stava meglio…prima si sentiva davvero distrutta e senza forze. Anche le due amiche dovevano riconoscere che quella della sosta era stata davvero un’ottima idea. Avevano proprio bisogno di una pausa e di qualche minuto di tranquillità. E cosa meglio di un buon caffè per rilassarsi un po? (io adoro il caffè!! ^____^ ndGemini) (sai quanto ce ne importa! ^___^ ndTutti).

Prese com’erano a sorseggiare la propria calda bevanda, non si accorsero che la porta dell’autogrill si era aperta…e che tre ragazzi avevano fatto il loro ingresso nel locale. Nemmeno Jun, Hikaru e Tsubasa si accorsero delle tre ragazze sedute al tavolino. Andarono diritti al bancone del bar, e ordinarono tre caffè belli forti.

-Che ne dite se ci sediamo ad un tavolo?-, propose Tsubasa, notando che non c’era moltissima gente a quell’ora e che quindi c’erano parecchi posti liberi.

I due amici approvarono. Presero i caffè che la barista porgeva loro, e si accomodarono ad un tavolo, non molto distante da quello al quale erano sedute le ragazze.

Jun trangugiò il suo caffè tutto d’un sorso, ed il calore della bevanda lo rivitalizzò, facendolo sentire subito meglio. Rinfrancato, appoggiò la tazzina vuota sul tavolo, e cominciò a guardarsi intorno aspettando che i suoi amici finissero il proprio caffè. Poi, all’improvviso…vide qualcosa che fermò il suo cuore, e gli mozzò il respiro in gola. Impallidì furiosamente, e sentì i battiti accelerargli a velocità furiosa. Le gambe si erano fatte molli, il respiro era affannoso e le mani gli tremavano paurosamente. Cercò di focalizzare lo sguardo con maggiore attenzione, temendo che si trattasse dell’ennesima allucinazione, frutto del suo spasmodico desiderio di vederla…ma non era un’allucinazione. Ad un tavolo poco distante dal loro aveva scorto una figura familiare…lunghi capelli ramati, lineamenti dolcissimi, caldi occhi marroni…lei. La sua Yayoi. La sua Yayoi, che da giorni cercava disperatamente per tutto il Giappone, era lì, a pochi passi da lui.

Yayoi sentì qualcosa di strano, come se uno sguardo colmo di calore si fosse posato improvvisamente su di lei. Istintivamente alzò la testa, ed i suoi occhi incrociarono un paio di bellissimi occhi scuri…occhi pieni di dolcezza e di calore. Sobbalzò, mentre il suo cuore perdeva uno, due, tre battiti. Sanae le stava parlando, ma lei non udiva una parola di ciò che stava dicendo. Il respiro le si era bloccato in gola. La tazzina di caffè per poco non le cadde dalle mani. Sbattè violentemente le palpebre e chiuse gli occhi per un istante, per poi riaprirli, pronta a scoprire che si era trattato solamente di un sogno. Ma non era un sogno. Jun era lì, proprio di fronte a lei. E la stava guardando, con quell’inconfondibile sguardo pieno di dolcezza.

-Jun, che succede? Ti senti male?-, si allarmò immediatamente Hikaru, vedendo l’amico sbiancare e diventare pallido come un cencio.

Jun scosse la testa, faticando a ritrovare la voce. Sollevò un dito, indicando agli amici la direzione del suo sguardo.

-Ma che ti prende? Ci stai facendo preoccupare!-, esclamò ansiosamente Tsubasa, voltandosi nella direzione indicata dall’amico. E stavolta fu lui a sbiancare…Sanae era lì di fronte a lui, a solo pochi metri di distanza. Sentì il cuore quasi esplodergli nel petto per la gioia.

-Sanae!-, esclamò a bassa voce. Avrebbe voluto gridarlo, ma dalla bocca gli era uscito solo un flebile suono, tanta era l’emozione che l’aveva travolto.

-Sanae?!-, domandò Hikaru con aria interrogativa, senza capire cosa fosse successo ai suoi amici.

Tsubasa annuì, e fece cenno all’amico di voltarsi. E fu allora che la vide…Yoshiko…la sua Yoshiko…bella come lui la ricordava, se non di più…a pochi passi da lui.

-Yayoi…Yayoi che ti prende? Sembra che hai visto un fantasma!-, disse nello stesso momento Yoshiko in tono preoccupato, scrutando la strana espressione dell’amica.

Yayoi scosse il capo, continuando a tremare come una foglia. –No…non è un fantasma…è Jun-, sussurrò, continuando a guardare fisso il ragazzo, poco distante da lei.

Yoshiko seguì la direzione dello sguardo dell’amica, e vide Hikaru. Per un attimo credette di stare sognando, e si diede un pizzicotto in una mano. Non era un sogno…era la realtà… il ragazzo che amava era lì, in quello stesso autogrill.

-Hikaru…-, mormorò, travolta da un’emozione troppo intensa per essere espressa a parole.

Sanae sobbalzò meravigliata. Jun? Hikaru? Com’era possibile che fossero lì? Eppure era improbabile che sia Yayoi che Yoshiko avessero preso un abbaglio, o visto due sosia…Il suo cuore cominciò a battere furiosamente, come per una sorta di presentimento…con il fiato corto e le gambe molli per la tensione, seguì anche lei la direzione dello sguardo delle amiche…e lo vide.

Tsubasa. Tsubasa era lì. A pochi passi da lei. In un tavolo praticamente accanto al loro. E la stava guardando, come tante volte aveva sognato ed immaginato dall’inizio del viaggio.

L’autogrill, le persone, i tavoli…il mondo intero scomparve. E rimasero solamente loro.

Finalmente si erano ritrovati.

 

Finalmente si sono incontrati!!! Yeah! Yuppie!! Evviva!! Gaudio e tripudio!! ^_____^ Cosa succederà ora? Le cose si sistemeranno…oppure no? Se volete saperlo…l’appuntamento è con il quattordicesimo ed ultimo capitolo di “On the road”!! Non perdetelo!! ^____^

 

Piccola nota dell’autrice: appena finito di scrivere, mi sono accorta che Sendai e Atami sono praticamente situate in parti opposte, e che quindi è praticamente impossibile che i ragazzi e le ragazze si incontrino nello stesso autogrill….ma non sapevo come altro fare per farli incontrare, e ho deciso di lasciare stare così! ^____^ spero che mi perdonerete questo piccolo errore! Tra l’altro non so nemmeno se in Giappone esistano gli autogrill….. ^______^

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo finale ***


ON THE ROAD

 

CAPITOLO QUATTORDICI: CAPITOLO FINALE

 

Siamo giunti alla conclusione di questa storia…e devo ammettere che questo mi rende un po’ triste. Ho cominciato a scrivere questa ff a luglio, e con il passare del tempo mi sono affezionata sempre più a questi personaggi, fino a sentirli quasi vivi e reali…in loro ho trasposto molte delle mie emozioni, delle mie paure e delle mie esperienze, e probabilmente tutto ciò che è accaduto a me in questi mesi ha in qualche modo avuto un riflesso anche nelle loro avventure. Per questo motivo ho deciso, dato che, mentre ancora scrivevo il capitolo 12 già sentivo la loro mancanza e avevo in mente tanti modi di continuare le loro avventure…di scrivere un seguito! ^___^   Spero che questa notizia faccia contento qualcun altro oltre che me ^____^

Un’altra cosa: visto che non l’ ho mai fatto in tutti questi mesi, e che ho visto invece che molti autori lo fanno, ho deciso di mettere in questo capitolo il famoso disclaimer:

Non sono l’autrice di Capitan Tsubasa (purtroppo! Sigh!) e tutti i personaggi di questa meravigliosa serie non appartengono a me, ma al maestro Yoichi Takahashi e alla rispettiva casa editrice, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro (purtroppo, visto che le mie tasche piangono! ^__^). I personaggi che non appartengono alla serie originale sono una creazione della sottoscritta, e come tali appartengono a me ^____^

Chiedo scusa per gli errori nei riferimenti geografici, considerateli delle licenze poetiche ^___^

I ringraziamenti a tutte le persone che mi hanno aiutato in questi mesi li ho lasciati alla fine del capitolo ^___^

Ora smetto di annoiarvi con le mie chiacchiere, e vi lascio all’ultimo capitolo di “On the road”!!

BUONA LETTURA!!

 

Ancora non riesco a crederci…Yayoi è qui davanti a me…dopo che per tanto tempo l’ho cercata…proprio ora che avevo perso le speranze di riuscire a ritrovarla…

E’ stato il momento forse più bello della mia vita. Non avevo mai provato sinora un’emozione così forte, una felicità così totale e completa, nemmeno il giorno in cui mi dissero che i miei problemi al cuore erano definitivamente risolti e che potevo tornare a giocare a calcio tranquillamente. La gioia che avevo provato allora svanisce letteralmente di fronte a quella che ho provato pochi istanti fa, quando ho scorto il suo viso, che riconoscerei tra mille, in mezzo alle facce anonime che popolano questo autogrill. Lei è qui…tutto quello che ho desiderato, che ho pregato che si avverasse in questi giorni, è finalmente successo…l’ho ritrovata. Le mie preghiere sono state esaudite. E adesso sono qui, a pochi passi da lei, come paralizzato…sento il mio cuore battere come un tamburo, così forte da farmi quasi male, e la mia gola si è fatta improvvisamente secca. Vorrei correre da lei, abbracciarla forte per non lasciarla più andare via, gettarmi ai suoi piedi e pregarla di darmi una seconda possibilità di renderla felice…e invece sono come bloccato. Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo, ai giorni in cui mi sono reso conto di amarla, e non trovavo il coraggio di andare da lei e confessarle i miei sentimenti. I giorni in cui non riuscivo a dirle due parole di fila senza impappinarmi, in cui non riuscivo a guardarla senza arrossire, in cui di fronte a Yayoi mi sentivo come un bambino al suo primo giorno di scuola. Adesso mi sento esattamente come allora. Non trovo il coraggio di avvicinarmi a lei e parlarle. Ho paura di non riuscire a trovare le parole adatte per farle capire quello che sento, per esprimerle tutto l’amore che provo per lei…Come quella volta, ho paura di essere rifiutato. E stavolta sarebbe ancora più terribile…perché adesso ho ancora più bisogno di lei. In questi giorni che siamo stati lontani, ho avuto prova mille volte di quanto Yayoi sia importante per me. Indispensabile. Senza di lei, niente per me avrebbe più significato. Forse nemmeno giocare a calcio, forse nemmeno diventare un calciatore professionista. Ho capito che Yayoi è tutta la mia vita. E’ la sorgente da cui traggo la forza per andare avanti ogni giorno, per affrontare le piccole gioie e i piccoli dolori che la vita pone sul mio cammino. Com’è bella…non riesco a staccare gli occhi da lei un solo istante…devo assolutamente andare da lei…devo parlarle…devo convincerla che insieme possiamo ancora essere felici…

 

Jun. Di fronte a me. A pochi passi da me. Stavolta non è un sogno. Stavolta non è il suo sosia perfetto. E’ lui, in carne ed ossa. Il ragazzo che amo, che ho sempre amato e che non smetterò mai di amare. Il mio cuore è come impazzito, e temo che da un momento all’altro esploderà. Le mie gambe sono diventate improvvisamente molli, e sono sicura che se adesso mi alzassi in piedi, non mi reggerebbero. Ho chiuso e poi riaperto gli occhi mille volte per sincerarmi che non fosse un sogno, ed ora ho la certezza che non lo è. E’ la pura realtà. Il destino ha voluto che io e lui ci ritrovassimo qui, in questo autogrill sulla strada di casa. E ne sono felice, immensamente felice. Adesso che lui è qui davanti a me, ho la conferma di quanto desideravo rivederlo…di quanto avevo bisogno di specchiarmi ancora una volta nei suoi occhi. Vorrei correre da lui e chiedergli perdono per essermene andata via in quel modo, per averlo fatto soffrire…vorrei spiegargli perché l’ho fatto, e dirgli che adesso ho capito che fuggire non serve a niente, che solo insieme possiamo risolvere i nostri problemi, ora e in futuro. Ma ho paura. Sono terrorizzata. Ho paura di guardarlo negli occhi e di leggervi solo rabbia e rancore nei miei confronti. Ho paura che non ne voglia più sapere di me. Ho paura che non capisca i miei motivi, che non voglia capirli. Ripenso al passato…a quando l’ho visto per la prima volta, innamorandomene praticamente subito…a tutto il tempo trascorso cercando di trovare il coraggio di vincere la dannata timidezza e rivelargli che lo amavo, senza riuscirci…a tutte le volte che bastava che lui si avvicinasse, che mi sfiorasse appena, per bloccare tutte le parole che volevo dirgli e per mandarmi il viso in fiamme…mi sento esattamente come allora. Confusa, innamorata e spaventata. Si è alzato dal suo tavolo…si sta avvicinando, viene verso di me…Le mie gambe iniziano a tremare, tutto il mio corpo sta tremando. Inspiro profondamente e cerco di rilassarmi, ma è inutile. Non riesco a placare quest’ansia che sta iniziando lentamente ad assalirmi…Abbasso lo sguardo…non riesco a guardarlo negli occhi…ho paura di ciò che potrei leggervi dentro…

 

Jun si è alzato in piedi. So cosa ha intenzione di fare… si sta avvicinando al tavolo a cui sono sedute le ragazze, sicuramente ha intenzione di parlare con Yayoi. Immagino anche come debba sentirsi in questo momento. E’ lo stesso modo in cui mi sento io. Sono teso e nervoso come mai in vita mia, felice e spaventato al medesimo tempo. E’ stata una sorpresa ritrovarmi Yoshiko di fronte, qui, in questo autogrill…era l’ultima cosa a cui pensavo. Ironicamente, la sorte ha deciso che le ritrovassimo proprio ora che avevamo deciso di ritornare a casa, dopo giorni passati a cercarle in giro per il Giappone. E’ stata una gioia immensa, incredibile…mi sono sentito come rinascere. Le sofferenze dei giorni passati sembrano così lontane, il buio in cui ho brancolato dal giorno che lei è partita si è dileguato nel nulla, ed il sole è tornato a splendere in cielo…Tutto ciò che desidero al mondo è a pochi passi da me, la felicità è di fronte a me ed io devo solamente tendere la mano ed afferrarla. La felicità…oppure il dolore? Già, perché chi mi assicura che Yoshiko si ancora innamorata di me? Chi mi assicura che le cose torneranno come prima? Che saremo felici di nuovo, insieme, io e lei? Nessuno al mondo può darmi questa garanzia. Ci sono tante cose che ci dobbiamo dire, tante cose di cui dobbiamo parlare…così tante che io non so nemmeno da che parte cominciare. Devo chiederle perdono per non essermi accorto del suo disagio, per non averle dato il sostegno di cui aveva bisogno, per non aver capito che non era felice…e poi…voglio chiederle cosa la rende insoddisfatta, cosa l’ha spinta ad allontanarsi da me senza dirmi nulla. Respiro profondamente. E’ tutto così difficile…ho quasi paura di affrontarla. Assurdo…proprio io…che in campo sono coraggioso come un leone…che non esito un istante a continuare a giocare anche se sono infortunato…tremo come una foglia al pensiero di affrontare la ragazza che amo. Eppure non è stato così difficile quel giorno all’aeroporto, quando l’ho rincorsa perché non potevo permettere che partisse senza conoscere i miei sentimenti…ma allora ho solamente seguito l’istinto. Allora non ho pensato a nulla, se non al fatto che rischiavo di perderla per sempre. Forse devo fare così anche stavolta…seguire il mio istinto e lasciare che sia il cuore a parlare al mio posto…

Rivedere Hikaru è stata un’emozione così intensa…così profonda. Tutto il mio essere ne è sconvolto. Solo adesso mi rendo conto che in questi giorni mi è mancata una parte di me…la mia essenza vitale. Lui è la mia linfa vitale. Solamente lui è in grado di trasmettermi una miriade di emozioni con un solo sguardo, con una sola occhiata…è sempre stato così. Il suo viso, i suoi occhi…che bello rivedere i suoi occhi fissi su di me…che bello rivedere quella sua espressione così tenera e dolce che, io lo so, ha solamente quando guarda me. Mi sono data un pizzicotto sulla mano, per assicurarmi di essere sveglia…e lo sono. Non è un sogno. Finalmente adesso mi sento meglio. La mia angoscia, le mie paure, si sono come placate…adesso ho la certezza che andrà tutto bene. Lui è qui, con me…il destino ci sta dando la possibilità di chiarire definitivamente tutte le cose che ci hanno fatto soffrire in quest’ultimo periodo. Dobbiamo solamente parlare…spero tanto che lui voglia ascoltarmi e comprendermi. Spero tanto che si renda conto che non me ne sono andata per un capriccio passeggero, ma per un motivo veramente serio…Devo riuscire a trovare le parole giuste per esprimere i miei sentimenti, anche se è difficile. Devo trovare dentro di me il coraggio, senza lasciarmi sopraffare dalla timidezza e dalla paura…Mi ripeto che andrà tutto bene, che il nostro amore ha la forza sufficiente ad affrontare tutti gli ostacoli…continuo a ripeterlo come se fosse una sorta di formula magica, mentre mi alzo in piedi. Voglio andare da lui…voglio parlare con lui, guardandolo negli occhi…Vedo che lui sta facendo la stessa cosa. Si sta alzando in piedi, e il suo sguardo è rivolto verso di me. Ci stiamo guardando negli occhi come se esistessimo solamente noi due dentro questo autogrill…

 

Sanae…Sanae…Sanae…Il suo nome è l’unico pensiero che la mia mente riesce a formulare. Sanae è qui davanti a me. Le mie preghiere sono state ascoltate. I miei desideri sono stati realizzati. Questo è già molto di più di quel che mi merito. La possibilità che avevo richiesto mi è stata concessa. Com’è bella…è bellissima, forse ancora di più di come la ricordavo. Adesso mi sembra di riuscire a guardarla con occhi diversi, di notare mille particolari che prima non avevo notato…com’è caldo il marrone dei suoi occhi…com’è candida e liscia la pelle del suo viso…come sembrano morbide le sue labbra…Desidererei infinitamente stringerla tra le braccia e baciarla…fino a non avere più respiro. Ma so che ancora non è possibile. Prima dobbiamo parlare, chiarirci…prima devo chiederle perdono per essere stato un idiota. Per non averla mai trattata come meritava, per non averle dato il giusto spazio, la giusta considerazione…per averla trascurata a causa del calcio e averla fatta soffrire…per tutti i nostri appuntamenti andati a monte…per non averle mai dimostrato fino in fondo quanto la amo…per tutte le volte che mi sono bloccato davanti a lei, senza riuscire più a baciarla, a toccarla. Spero solo che mi voglia perdonare. Adesso ho capito…ho capito molte cose che prima non mi erano chiare. Ho capito quanto lei sia importante per me…è la cosa più importante della mia vita…persino più del calcio. Se perdessi lei, nemmeno il pallone potrebbe colmare il terribile vuoto che si aprirebbe nella mia vita. Se perdessi lei…solamente il pensiero è insopportabile, sento il mio cuore stringersi in una morsa di dolore, ed il mio cervello rifiutare ostinatamente questa eventualità. Certo, non potrei dare torto a Sanae se si fosse stancata di me…se non volesse più vedermi…se avesse deciso di donare il suo cuore e la sua anima a qualcuno che probabilmente la merita molto più di me…ma non è possibile! Non adesso! Non ora che finalmente ho capito quanto amore io e lei non abbiamo ancora vissuto! Quanta felicità possiamo ancora conoscere insieme! Basta, è inutile starsene qui a rimuginare. E’ finito il tempo dell’indecisione, della paura, dei blocchi psicologici…è finito il tempo delle esitazioni…Ora devo agire, per rendere felice me stesso e soprattutto per rendere felice Sanae…devo agire per impedire che il nostro amore finisca così…

 

Adesso che lui è davanti a me, mi domando come ho potuto, anche solo per un istante, pensare di poterlo rimpiazzare con un altro ragazzo…come ho potuto, anche se solo in un attimo di follia passeggera, pensare che Schneider potesse darmi la felicità che non ero ancora riuscita a trovare con Tsubasa…Sarebbe stato solamente un surrogato. Lui è l’unico uomo che amo, l’unico con cui potrei immaginare di dividere la mia vita, di dividere ogni singola parte di me…E’ come un incantesimo dal quale non riesco a liberarmi…dalla prima volta che l’ho visto, tanti anni fa, a Fujisawa, appartengo a lui…sono schiava di questo amore che è cresciuto giorno per giorno nel mio cuore, diventando sempre più grande…sempre più immenso e smisurato…così smisurato che quasi ne ho paura. Perché lui, invece, non  ha mai ricambiato questo sentimento fino in fondo…non mi ha mai amato incondizionatamente e disperatamente come l’ho amato io…perché il suo vero amore è sempre stato solo il calcio. Per il pallone avrebbe fatto di tutto…non per me. E mille volte mi sono chiesta se lui potesse veramente rendermi felice…e me lo domando ancora. Sento la mia anima divisa in due: da una parte, sono consapevole che quello che Tsubasa mi ha dato fino ad ora non mi basta, non posso accontentarmi solamente delle briciole…non posso, visto quanto lo amo. Non posso accontentarmi di venire al secondo posto, dietro al pallone. Ma dall’altra parte…sono consapevole di non poter vivere senza di lui. Lasciarlo non metterebbe fine alle mie sofferenze, anzi…probabilmente le accrescerebbe, perché la mia vita senza di lui non avrebbe più senso. Ormai sono come una drogata…dipendo completamente da Tsubasa, nonostante ogni volta alla fine rimanga delusa e insoddisfatta…nonostante dopo ogni appuntamento andato a monte mi ripeta che non tollererò mai più una cosa del genere, la volta dopo non posso fare a meno di ricascarci…perché so che, se anche troncassi con lui, il giorno dopo non resisterei alla tentazione di correre da lui e gettarmi tra le sue braccia. Però…non posso andare avanti così. Questo è ciò che ho capito durante questo viaggio. E’ il momento di fare una scelta che segnerà tutta la mia vita, perché presto Tsubasa tornerà in Brasile…ed io dovrò decidere se andare con lui o rimanere qui, e in quel caso rinunciare a lui per sempre. Ammesso che lui mi chieda di andare con lui…Tormentarmi così non serve a niente. Vedo Tsubasa alzarsi dal tavolo, e venire lentamente verso di me. E’ il momento della verità. E’ il momento di scelte che non possono più essere rimandate…

 

YAYOI & JUN

-Yayoi-, sussurrò piano Jun, avvicinandosi al tavolo al quale era ancora seduta la ragazza, con gli occhi bassi ed il volto pallidissimo.

Yayoi sollevò lentamente lo sguardo, fino ad incontrare gli occhi del suo amato. Sentì un fremito percorrerle la schiena al semplice suono della sua voce. Di nuovo l’angoscia venne a serrarle lo stomaco…l’angoscia che da tempo era la sua inseparabile compagna. –Jun…-, mormorò, incapace di trovare altre parole.

Il giovane prese una sedia e si sedette accanto a lei. Erano rimasti soli al tavolo. Yayoi si guardò intorno preoccupata, non riusciva a fissarlo negli occhi. Aveva paura, una paura folle. Jun notò il suo nervosismo, e le prese dolcemente una mano tra le sue. Quel lieve contatto la fece sobbalzare.

-Sono felice di vederti-, disse il ragazzo, cercando di autoimporsi un po’ di tranquillità, e di trovare le parole più adatte. Doveva ad ogni costo impedire al nervosismo di prendere il sopravvento.

La ragazza sospirò ansiosamente. Cercò di sorridere, ma la tensione trasformò il suo sorriso appena accennato in una smorfia nervosa che le contrasse le guance.

-Co…cosa fai da queste parti, Jun?-, domandò Yayoi sentendosi impacciata come una scolaretta, per poi maledirsi un istante dopo per la domanda idiota che gli aveva fatto.

Il ragazzo sentì il suo cuore sprofondare in un baratro. Perché gli chiedeva una cosa simile? Non aveva capito che la stava cercando? Che sarebbe andato fino in capo al mondo per ritrovarla, perché non poteva vivere senza di lei?

-Ti stavo cercando-, ammise tranquillamente, cercando di dissimulare l’agitazione che lo stava letteralmente divorando.

Il cuore della giovane mancò un battito. La stava cercando…l’aveva fatto veramente…era partito alla sua ricerca…si era imbarcato in quell’impresa impossibile e disperata…solamente per amore suo…sentì le lacrime affacciarsi ai suoi occhi senza che potesse fare nulla per impedirlo. Cercò di asciugarsele rapidamente con una mano per impedire che Jun se ne accorgesse, ma fu inutile…Con due dita, il ragazzo le asciugò una lacrima accarezzandole dolcemente una guancia.

-Perché stai piangendo?-, le domandò esitante. Di nuovo quella dannata paura…la paura che lei avesse capito di non amarlo più…di stare meglio senza di lui.

-Mi dispiace…-, sussurrò Yayoi tra le lacrime.

Il cuore del ragazzo minacciò di fermarsi per un istante, e Jun dovette far ricorso a tutte le sue forze per non cedere al panico che lo stava assalendo. –Di che cosa?-, chiese con voce tremante. “Ti prego..non lasciarmi”, pensò tra sé…ma questo non riuscì a dirglielo…

-Mi dispiace tanto-, ripeté Yayoi, rinunciando a frenare le lacrime e scoppiando in singhiozzi.

Jun seguì il suo istinto e, senza preoccuparsi di quali potessero essere le conseguenze, la strinse tra le braccia con tutta la forza che aveva, come a tentare di proteggerla dal suo stesso dolore. La cullò dolcemente come se fosse stata una bambina, accarezzandole piano i capelli ramati. Con un sospiro, Yayoi si abbandonò alla sua stretta, nascondendo il viso nel suo petto. Quanto le era mancato quel contatto…quanto le era mancato il calore del suo corpo, il suo odore inconfondibile, la sua dolcezza, quel senso di protezione che solamente lui riusciva a darle…

-Yayoi…non c’è nulla di cui tu debba dispiacerti…-, le disse con dolcezza.

Yayoi scosse la testa. –Ci sono tante cose, invece…tantissime…- La sua mente tornò indietro agli eventi accaduti negli ultimi tempi…la sua partenza improvvisa, di nascosto…la lettera che gli aveva lasciato sul comodino…l’incontro con Masaro…i consigli di Schuster, che l’avevano spinta a prendere la decisione di tornare a casa e affrontare Jun…

Jun la scostò lievemente da sé per guardarla negli occhi. Yayoi cercò di distogliere lo sguardo, impaurita, ma il ragazzo le mise due dita sotto il mento e, dolcemente ma con fermezza, la costrinse a tenere lo sguardo fisso su di lui.

-Guardami ti prego…qualunque cosa sia successa…e qualunque cosa accadrà in futuro…questo non cambierà i miei sentimenti per te. Io ti amo, Yayoi-, le disse in tono dolce e deciso.

La ragazza sospirò, mentre le lacrime riprendevano a rigarle il viso. Quelle parole le donavano un sollievo incredibile…l’amava…l’amava ancora…non la odiava o biasimava per essere scappata via così, come una ladra…invece di affrontare i problemi insieme a lui…

-Anch’io ti amo…Ti amo tantissimo-, rispose con voce tremante.

Jun le prese il viso tra le mani, sorridendo, e l’avvicinò al suo per baciarla, ma la ragazza scosse il capo.

-Aspetta, ti prego…prima dobbiamo parlare. Ci sono tante cose che dobbiamo chiarire…-, disse la ragazza, allontanandolo fermamente con una mano.

Jun annuì, e lasciò cadere le mani lungo i fianchi.

-Prima di tutto, devo chiederti scusa…per essermene andata via senza dirti nulla. Ora ho capito che ho fatto la cosa sbagliata…che i problemi si devono affrontare in due, e che non è possibile risolverli scappando…-, cominciò Yayoi con un sospiro profondo.

Il ragazzo le prese le mani con ardore. –Sono io a dovermi scusare con te…per non aver mai capito che non eri felice..che c’era qualcosa che non andava…E’ solo colpa mia-, disse intensamente.

La giovane scosse il capo. –No, Jun…quando qualcosa in una coppia non funziona…la colpa non è soltanto di uno dei due, ma di entrambi…Vedi…nemmeno io ho mai fatto molto per farti capire che qualcosa non andava…che c’era qualcosa che mi tormentava, che mi rendeva insoddisfatta…Tante, tantissime volte avrei voluto farlo…ma poi…avevo sempre paura di opprimerti con i miei problemi…e lasciavo perdere-

Il ragazzo sospirò. –Se me ne fossi accorto…ti avrei reso le cose più semplici…-, rispose, maledicendo se stesso per essere stato così cieco, così preso da se stesso da non capire che la ragazza che amava aveva bisogno di lui.

Yayoi annuì. –Sì, probabilmente sì…ma…non puoi scaricare tutte le colpe su te stesso…abbiamo sbagliato in due…Forse non abbiamo parlato abbastanza-

Jun approvò con un cenno del capo le parole della ragazza. –Forse hai ragione…-

-E alla fine…ho preferito andarmene…perché non trovavo il coraggio di affrontare i problemi in faccia…di affrontarli con te…Ma non me ne sono andata per punirti, voglio che tu sappia questo…Non me ne sono andata per colpa tua…Avevo solamente bisogno di capire…capire cosa mi faceva sentire così male, e cosa dovevo fare…per smettere di sentirmi così-, proseguì Yayoi, stringendo forte le mani del ragazzo, come per infondersi con quel gesto la forza di spiegare chiaramente tutto quello che aveva nel cuore.

Jun l’ascoltava attentamente, annuendo. La sua espressione era profondamente seria.

-Yayoi…ora hai capito cosa ti faceva stare così male?-, le domandò.

La giovane rimase silenziosa per un lungo istante, come se stesse riflettendo. Poi annuì lentamente.

-Jun io…come ti ho scritto nella lettera….non sono sicura di riuscire a spiegarlo bene…di riuscire a trovare le parole giuste ma…Vedi, tu sei un ragazzo meraviglioso, pieno di qualità e di forza. Hai affrontato la malattia con grande coraggio e determinazione, e sei riuscito a sconfiggerla. Hai cercato e trovato dentro di te la forza per realizzare i tuoi sogni, per percorrere il cammino verso l’obiettivo che ti sei posto. Io invece…non mi sono posta nessun obiettivo. Non ho mai avuto nessun sogno che riguardasse me, solo me. Ho sempre pensato soltanto a te…e col tempo ho iniziato a chiedermi…se questo fosse giusto. Per me…ma anche per te, per noi. E ho pensato…che forse un giorno ti saresti stancato di avere accanto una donna che non poteva darti niente…che poteva essere solamente la tua ombra…-, non riuscì a proseguire nel suo discorso, poiché Jun la interruppe mettendole una mano davanti alla bocca, e guardandola con occhi lucidi.

-Non dire mai più che non puoi darmi niente…non dire mai più che per me sei solo un’ombra-, le disse con voce ricolma di emozioni. –Chi credi che mi abbia dato la forza di affrontare i momenti difficili? Chi credi che mi abbia dato la forza di lottare per sconfiggere la mia malattia e per realizzare un sogno che per me sembrava impossibile? Credi che se fossi stato solo ci sarei riuscito? Io ne dubito fortemente!-

Yayoi lo guardò con occhi sgranati. –Che…che vuoi dire?-

Jun la guardò intensamente negli occhi. –Che senza di te non sono niente, Yayoi-, disse semplicemente.

La ragazza scosse il capo. –Non è vero…sono io che senza di te non sono niente…-

-Questo non è vero! E lo sai benissimo anche tu! Tu…tu sei una ragazza meravigliosa Yayoi…ed io in questi anni non ho fatto altro che chiedermi cosa avevo fatto per meritarti…cosa avevo fatto per essere così fortunato da avere una ragazza tanto meravigliosa al mio fianco…Delle volte sognavo di perderti…sognavo che ti eri stancata di me…che eri stufa di essere la mia infermiera personale, di accollarti tutti i miei problemi sulle tue spalle…che saresti arrivata a considerarmi un peso-

-No…non avrei mai potuto…non potrei mai…considerarti un peso-, sussurrò la ragazza.

-Tu hai fatto così tante cose per me…mi sei sempre stata accanto…in ogni istante, bello o brutto…sapevo sempre di poter contare su di te. Hai vegliato su di me come un angelo custode, senza mai domandarmi nulla in cambio…-

-Ho avuto il tuo amore in cambio!-, lo interruppe con decisione la ragazza.

-Non abbastanza…non credo di averti dato abbastanza…per ripagare tutto quello che tu hai dato a me. Non mi sono accorto che soffrivi…che avevi questi pensieri a tormentarti…ma credimi…non potrei mai desiderare al mio fianco una donna che non sia tu, Yayoi. Senza di te…non sarei quello che sono adesso. Forse mi sarei arreso alla mia malattia, e adesso vivrei solamente di rimpianti…-

-Questo…non me lo avevi mai detto-, mormorò dolcemente Yayoi.

Il ragazzo sospirò. –Hai ragione…Ma vedi, dopo che tu sei sparita…mi sono reso conto di quanto sei indispensabile per me. Sono stati giorni terribili…era come se mi mancasse l’aria…c’era un vuoto incolmabile dentro di me…e se trovavo la forza di alzarmi dal letto il mattino, era solo perché c’era a sorreggermi la speranza di ritrovarti, e di poterti dire tutte le cose che non ti avevo detto finora…Yayoi…-, con un groppo in gola il giovane le prese il viso tra le mani, -la mia vita…i miei sogni…non contano nulla senza di te. Credimi-

La ragazza annuì, con il viso rigato dal pianto.

-D’ora in poi sarà tutto diverso…noi faremo in modo che sia tutto diverso. Se avremo un problema, un timore…anche una semplice paranoia…ne parleremo e ci rassicureremo a vicenda…-

-Non lo so…Io non ho ancora trovato la mia strada…una strada che sia soltanto mia…-, obiettò Yayoi dubbiosa, sospesa tra il desiderio di lasciarsi rassicurare dalle dolcissime parole di Jun e la paura che, una volta tornata a casa, la sua insoddisfazione e le sue ansie riprendessero a tormentarla.

-Yayoi ascolta…noi siamo una coppia…perciò non esiste una strada che sia soltanto tua…come non esiste una strada che sia soltanto mia…esiste la nostra strada…e non si tratta di trovarla, perché non esiste da nessuna parte…dobbiamo essere io e te a costruirla-, rispose Jun, guardandola intensamente negli occhi.

Yayoi rimase profondamente colpita dalle sue parole…la loro strada…una strada che dovevano costruire loro due, insieme. Era in fondo la stessa cosa che le aveva detto Franz…in una coppia i problemi andavano risolti in due…

-Yayoi…io sono sicuro di voler costruire con te la mia strada…sei la sola donna con cui io voglia condividere il resto della mia vita…ora quello che voglio sapere…è se tu…vuoi costruire la tua strada insieme a me oppure no-, continuò, portandosi alla bocca la mano della ragazza e baciandola dolcemente.

La ragazza si sentì un nodo alla gola. Era così bello ciò che lui le stava dicendo…non si era mai sentita così importante ed amata in tutta la sua vita. Ora capiva, finalmente. Tutto le era chiaro. Non doveva intestardirsi nel ricercare una propria strada, un proprio sogno che riguardasse solo lei e tagliasse fuori Jun, perché non l’avrebbe mai trovato…era impossibile…nel momento in cui le loro vite si erano intrecciate…le loro strade si erano fuse diventando una strada sola. Qualunque scelta avesse fatto Jun riguardava anche lei, e qualunque scelta avesse fatto lei riguardava anche Jun. Era inevitabile. Questo non comportava affatto la sua assoluta dipendenza dal partner…non comportava vivere semplicemente nell’ombra di Jun, senza avere una personalità propria…Lei aveva diritto a costruirsi una propria vita, una propria indipendenza…ma poteva farlo solamente insieme a Jun, come lui poteva costruire una propria vita solamente insieme a lei. Questo perché si amavano, ed avevano scelto di condividere le proprie esistenze.

-Certo…certo che lo voglio!-, esclamò, buttandogli le braccia al collo e stringendolo forte.

Il ragazzo sentì il cuore minacciare nuovamente di esplodergli, ma questa volta per il sollievo e la felicità. La donna che amava era di nuovo insieme a lui…tra le sue braccia…e stavolta non ci sarebbero state più nuvole ad intralciare il loro cammino, ne era sicuro. Insieme avrebbero costruito passo dopo passo la loro felicità.

Le accarezzò dolcemente i capelli e la baciò sulla fronte, sorridendole. Le guance di Yayoi erano ancora rigate dalle lacrime, ma stavolta erano lacrime di gioia. Anche lei ricambiò il sorriso, finalmente radiosa. Le loro bocche affamate si cercarono nuovamente, e finalmente si incontrarono, suggellando con un bacio dolcissimo e carico di passione la promessa di amore e di felicità che i due giovani si scambiarono quel giorno, dopo essersi finalmente ritrovati.

 

YOSHIKO & HIKARU

Hikaru e Yoshiko erano in piedi l’uno di fronte all’altra, immobili. Si guardavano negli occhi in silenzio. Nessuno dei due trovava il coraggio di parlare per primo. C’erano tante, tantissime cose da dire, ma le parole non volevano saperne di uscire.

Hikaru guardava la ragazza che amava con il cuore in gola, cercando di scrutare l’espressione di lei, i suoi occhi, per capire cosa stava pensando in quel momento, per capire cosa stesse provando per lui…se era felice o meno di rivederlo. Ma il suo cuore era troppo in tumulto perché la sua mente potesse ragionare usando un po’ di logica.

Per Yoshiko era la stessa cosa. L’ansia la stava divorando. Avrebbe voluto annullare la rimanente distanza tra di loro buttandosi tra le braccia del suo amato, ma aveva troppa paura per farlo. Se lui l’avesse respinta, il suo cuore sarebbe andato in mille pezzi.

-Ciao, Yoshiko-, disse infine il ragazzo, rompendo l’imbarazzante silenzio che si era creato tra di loro. Cercò di sorriderle esitante.

Yoshiko, altrettanto tesa e imbarazzata, si sforzò di ricambiare il sorriso, ma la sua espressione era tutt’altro che serena e rilassata. –Ciao Hikaru-, sussurrò in tono flebile.

Fu di nuovo silenzio.

Hikaru inspirò profondamente, cercando di calmare i battiti furiosi del suo cuore. Doveva riuscire a rilassarsi a tutti i costi, altrimenti, se fosse rimasto ancora così nervoso e in preda al panico, non sarebbe mai riuscito ad esprimere a Yoshiko ciò che sentiva dentro.

Anche la ragazza deglutì nervosamente, e si passò le dita agitate tra i capelli, attorcigliando una ciocca.

-Senti io…-, esordì Hikaru, abbassando improvvisamente lo sguardo, per paura di non riuscire a sostenere quello di Yoshiko.

-Senti Hikaru…-, disse la ragazza nello stesso momento.

I due arrossirono furiosamente, e tacquero imbarazzati.

“Accidenti…mi sto comportando come uno scolaretto alle prime armi!”, brontolò Hikaru dentro di sé, maledicendo il suo scarso autocontrollo.

“Calmati Yoshiko…calmati, o non riuscirai a dirgli un bel nulla”, si disse a sua volta Yoshiko. Non si era mai sentita così nervosa, nemmeno quando, anni prima, gli aveva regalato la famosa fascetta. Allora tutto le era venuto in modo molto più naturale e spontaneo. Stavolta invece era terrorizzata.

“Andrà tutto bene”, si ripeté come un mantra, cercando con queste parole di tranquillizzarsi, ma purtroppo non le fecero un grande effetto. Le sue gambe non ne volevano sapere di smettere di tremare.

-Dimmi pure-, mormorò la ragazza, alzando timidamente lo sguardo. I suoi occhi ansiosi incontrarono nuovamente quelli di Hikaru, ed in essi vide riflessi i suoi stessi timori…la sua stessa ansia. Questo riuscì a farla sentire un pochino meglio.

Hikaru trasse un profondo respiro. Poi, guardando la ragazza che amava diritto negli occhi, finalmente si decise a parlare. –Perdonami-, disse semplicemente, con un filo di voce.

Yoshiko spalancò gli occhi, meravigliata. Poi si sentì assalire da uno sconfinato senso di colpa. No, lui non doveva chiederle perdono…era lei quella che doveva scusarsi…per non essersi fidata di lui al punto di confidargli i suoi problemi…per essersene andata via senza dirgli niente…per non avergli dato notizie di sé in tutti quei giorni…per aver baciato Levin, la sera prima, sulla spiaggia…

Scosse lentamente il capo. –No, sono io che devo chiederti perdono-, rispose in un sussurro.

Stavolta fu Hikaru a scuotere il capo. Si sentiva anche lui profondamente in colpa, probabilmente ancora più di quanto non si sentisse lei…per non essersi accorto del suo malessere…per non aver saputo renderla felice come desiderava…per Suzuki. Se ripensava a quello che era successo la sera prima nella vasca termale, si sentiva morire di vergogna…per fortuna si era fermato in tempo, altrimenti non avrebbe più avuto il coraggio di guardare la sua Yoshiko negli occhi.

-Tu non hai fatto nulla, Yoshiko…sono io l’idiota. Sono io che non mi sono accorto che stavi male, che avevi dei problemi…che l’incidente ti aveva lasciato dei segni profondi, non nel fisico, ma nello spirito…-, disse.

La ragazza abbassò gli occhi. L’incidente…sì, era stato quello l’inizio di tutto. Ma probabilmente, anche senza incidente, prima o poi sarebbe accaduto comunque. Prima o poi sarebbe giunto il momento in cui avrebbe dovuto decidere di mettere ordine nella sua vita, e di tirare le somme.

-Senti…mi sento un po’ a disagio qui. Che ne dici di uscire di fuori?-, propose, gettando un’occhiata al tavolino, presso il quale Yayoi e Misugi erano intenti a parlare fittamente tra di loro.

Hikaru annuì, ed insieme si avviarono all’uscita dell’autogrill. Si sedettero sulla scalinata di fronte al portone (lo so, non è molto romantico…perdonatemi!NdGemini)

-L’incidente…-, riprese Yoshiko, fissando lo sguardo distante, all’orizzonte, -è stato l’inizio della mia crisi. Mi ha portato a riconsiderare la mia vita con occhi diversi. Tutta la mia vita. Insomma, mi sono ritrovata a pensare che se fossi morta…non avrei lasciato nulla dietro di me….-

-Non è vero!-, la interruppe Hikaru, prendendole appassionatamente una mano tra le sue. –Avresti lasciato un vuoto immenso nella mia vita!-

La ragazza gli sorrise dolcemente, e gli accarezzò affettuosamente le mani. –Questo lo so…ma…vedi…mi sono sorpresa più di una volta a pensare che sarei morta…senza aver concluso niente di importante nella mia vita…lasciando dietro tante cose che avrei voluto o potuto fare…-. Tirò un profondo sospiro, e fissò il suo sguardo sul giovane accanto a lei. –Guardare la morte in faccia…è un’esperienza che ti cambia profondamente. Ti cambia dentro…credo che lo possa capire solamente chi ci è passato. Niente ti sembra più come prima. Ho cominciato a pensare…che un giorno, anche se era stato rimandato…il mio momento sarebbe giunto…e che in quel momento non volevo avere rimpianti. Volevo che la mia vita avesse un senso. Poi pensavo a te…ti osservavo mentre giocavi a calcio…vedevo la tua felicità….la felicità di qualcuno che sta facendo qualcosa che ama, che lo appassiona totalmente…Di qualcuno che è soddisfatto…che ha trovato la propria strada, e che quando morirà non avrà rimpianti, perché avrà vissuto appieno la sua vita…-

-Perché non me lo hai mai detto prima d’ora?-, domandò Hikaru. Non aveva mai sospettato che Yoshiko potesse sentirsi così. Pensava che fosse perfettamente serena e soddisfatta dalla vita che stava conducendo. Ma forse…aveva proiettato in lei la felicità e la soddisfazione che provava lui. Lui era felice e soddisfatto, perché aveva il calcio e la ragazza che amava. E non aveva mai pensato che Yoshiko desiderasse qualcos’altro, che non le bastasse ciò che aveva…ciò che lui le dava.

Yoshiko chinò il capo con aria triste. –Non lo so…all’inizio pensavo che le mie fossero solo fisime…che fossero assurde paranoie dovute allo shock dell’incidente, e che prima o poi le avrei superate, e tutto sarebbe tornato come prima. Invece…questa sensazione non se ne andava, anzi, diventava ogni giorno più forte, e mi tormentava…al punto che non riuscivo più a dormire la notte…troppi pensieri affollavano la mia mente…-

Hikaru era sempre più stupito, e non riusciva a fare a meno di prendersela con se stesso. Quanto doveva aver sofferto Yoshiko nei mesi precedenti…e lui…lui non si era accorto di nulla. Aveva pensato che la sua tristezza fosse qualcosa di passeggero…Magari sarebbe bastata una sola parola, perché lei si sfogasse con lui come stava facendo in quel momento…si sarebbero risparmiati tantissima sofferenza…e invece…

-Osservavo te e la tua felicità…e la volevo anch’io. Volevo anch’io qualcosa che mi appagasse completamente. Sì, c’era il nostro rapporto…-, Yoshiko tacque per un istante, stringendo forte la mano del ragazzo, come a trasmettergli con quel semplice gesto tutto l’amore che provava per lui.

-Ma…a un certo punto…mi sembrava che qualcosa non andasse più bene nemmeno tra noi…c’era un’ombra…le cose non erano più come prima…-

Hikaru trattenne il respiro, mentre l’inquietudine cominciava a serpeggiargli dentro. Cosa voleva dire? La paura che lei volesse troncare la loro storia si fece di nuovo strada nella sua mente…si sforzò di respingerla, ma era difficile…quel pensiero pareva ossessionarlo…Non poteva perdere Yoshiko, non poteva…perdere lei sarebbe stato come perdere se stesso.

-Cosa vuoi dire?-, domandò, con voce flebile e tremante.

-Ero io a non essere più quella di prima, Hikaru…finchè non avessi cancellato dal mio cuore quell’oscura angoscia che mi tormentava…non avrei potuto…-, la ragazza si interruppe, cercando di trovare le parole più adatte per esprimere quello che aveva provato…e la conclusione alla quale era giunta durante quel viaggio.

Hikaru le prese nuovamente la mano, e la strinse forte, fino quasi a farle male. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era che non voleva perderla…che non l’avrebbe mai lasciata andare via da lui.

-Ma…i tuoi sentimenti…i tuoi sentimenti per me…Yoshiko…-, c’era una muta preghiera nei suoi occhi e nella sua voce, e Yoshiko sentì il suo cuore stringersi. C’era tanto amore nello sguardo del suo Hikaru in quel momento…

-Ti prego…dimmi che i tuoi sentimenti per me non sono cambiati…-, implorò con voce tremante.

La ragazza sospirò. Lui l’amava…l’amava ancora…non glielo aveva ancora detto a parole, ma i suoi occhi, i suoi gesti…la disperazione che sentiva chiaramente nella sua voce…erano più eloquenti di un fiume di parole.

-Yoshiko…-, pregò ancora lui, terrorizzato. Il silenzio della giovane lo atterriva. Nella sua mente, continuavano a passare mille immagini di Yoshiko che, con sguardo triste e contrito, gli confessava di non amarlo più, di aver deciso che la sua vita sarebbe stata più felice senza di lui.

-No…non sono cambiati…io ti amo ancora…non ho smesso un solo istante-, disse infine Yoshiko, fissandolo con occhi colmi di lacrime e di dolcezza.

Il ragazzo sentì il cuore esplodergli nel petto per la felicità immensa che stava provando in quel momento. Abbracciò fortissimo la sua amata, premendo la guancia contro quella morbida di Yoshiko. La ragazza poteva sentire che in quel momento lui stava piangendo…stava piangendo per la felicità di sapere che lei lo amava ancora…

-Oh Yoshiko…amore mio-, sussurrò con voce rotta, senza riuscire a trattenere i singhiozzi. Aveva pianto poche volte in vita sua, perché detestava le lacrime…le considerava un’inutile debolezza…ma in quel momento non riusciva a trattenerle, e non gliene importava poi granché. Era troppo felice. Qualunque cosa fosse successa, ora loro due erano insieme. Niente e nessuno avrebbe mai più potuto dividerli.

Yoshiko si godette per un po’ il calore rassicurante del suo abbraccio, poi lo scostò delicatamente da sé, e si asciugò una lacrima che le era caduta su una guancia.

-Questo non risolve tutti i problemi, Hikaru…-, mormorò in tono serio.

Il ragazzo si sentì nuovamente gelare. –Ma amore…-, disse in tono supplichevole.

Yoshiko lo interruppe mettendogli un dito davanti alla bocca. Poi gli sorrise dolcemente. –Io…durante questo viaggio…ho scoperto che ci sono tantissime cose che voglio fare nella vita…tanti sogni che mi piacerebbe realizzare…forse sarà impossibile realizzarli tutti…ma almeno ci voglio provare…-

Hikaru annuì, senza capire dove volesse andare a parare con quel discorso.

-Anche tu del resto hai tanti sogni da realizzare no…il calcio, la nazionale…-, proseguì.

-Senza di te non me ne importerebbe niente!-, gridò il ragazzo, che sentiva di essere ormai sull’orlo della follia. Cosa significava tutto questo? Non gli aveva appena detto che lo amava, che non aveva mai smesso di amarlo? Cosa volevano dire ora quelle parole? Che lo amava ma che preferiva stare senza di lui? –Senza di te…oh Yoshiko! In quei giorni dopo l’incidente…mentre tu eri in coma…mi sembrava che il mondo mi fosse crollato addosso. Non mi importava più di nulla…né del calcio, né della nazionale…nessuna vittoria mi avrebbe ripagato per la tua perdita…e il tuo sorriso quando ti sei risvegliata è stato mille volte più importante di qualsiasi stramaledetto gol abbia segnato in tutta la mia esistenza…Se non ci sei tu accanto a me…niente ha più alcun significato! Per questo sono venuto a cercarti! Perché non riuscivo più ad andare avanti senza di te!-

La ragazza lo fissò commossa. Com’erano belle le sue parole…bellissime…ed il fatto che avesse girato mezzo Giappone per cercarla era la dimostrazione d’amore più grande che poteva darle…la felicità che provava in quel momento la stava ripagando per tutta l’angoscia e la frustrazione dei giorni e dei mesi passati. Seguendo l’istinto, e mettendo da parte ogni timidezza ed ogni preoccupazione, lo abbracciò appassionatamente, e premette le labbra contro le sue. Hikaru fu sorpreso da quel gesto repentino e inaspettato, ma anche felice…le mise dolcemente le mani intorno alla vita, e ricambiò il bacio con tutta la passione che sentiva dentro di sé.

Dopo un tempo che a entrambi parve ancora troppo breve, si staccarono dolcemente. Yoshiko sorrideva felice. Hikaru la guardò con aria interrogativa, mentre le scostava una ciocca di capelli dagli occhi.

-Yoshiko…-, mormorò, senza fiato.

Lei lo stava guardando con occhi luminosi e pieni d’amore. –Non mi hai lasciato finire il discorso…-, lo rimproverò dolcemente. –Volevo dirti che…tutti i miei sogni…li voglio realizzare con te al mio fianco…e voglio essere con te quando realizzerai i tuoi…se tu lo vorrai-

Hikaru non disse nulla, aveva un nodo alla gola che gli impediva di parlare. Prese il volto della ragazza tra le mani, e la baciò teneramente.

-Ti basta questo come risposta?-, le domandò alla fine, quando si separarono.

Yoshiko annuì, sorridendo felice. Passò le braccia intorno al collo del ragazzo, e le loro labbra si incontrarono di nuovo, insaziabilmente affamate le une delle altre. Ora che si erano ritrovati…nulla li avrebbe più potuti dividere.

 

e…dulcis in fundoTSUBASA & SANAE

Sanae e Tsubasa erano usciti dall’autogrill, e si erano avvicinati al parcheggio in cui si trovavano le rispettive automobili, per non disturbare gli amici e anche per starsene in pace per conto loro. Sapevano di avere un’infinità di cose da dirsi e da chiarire…ma nessuno dei due riusciva ad aprire bocca per primo. Alla fine, fu Tsubasa, chiamando a raccolta tutto il suo coraggio, che mille volte aveva dimostrato sul campo di calcio, ma che mai era riuscito a sfoderare quando era insieme alla sua ragazza, e parlò.

-Nemmeno una lettera, Sanae…perché?-, le chiese con voce triste. Si pentì immediatamente dopo. Con quelle parole…sembrava quasi che volesse rimproverarla…quando invece, se tra loro c’era qualcuno da biasimare, quello era solo e soltanto lui…era stato lui, con il suo comportamento da perfetto idiota, a spingerla fino a quel punto…

Sanae sospirò, e rimase zitta. Perché glielo chiedeva? Voleva forse dire che non aveva capito perché lei se ne era andata? Ma forse ormai doveva rassegnarsi…doveva sapere com’era fatto…una frana totale per tutto quello che non riguardava il suo amatissimo sport…eppure non riusciva a smettere di amarlo, pensò amaramente. –Non sapevo cosa scriverti-, rispose seccamente.

-E’…per l’appuntamento andato a monte?-, le domandò Tsubasa. Si sentì nuovamente idiota…(perdonami Tsuby! NdGemini). Non era necessario chiederglielo. Lo sapeva già perché se n’era andata. Però…voleva sentirselo dire in faccia da lei…voleva che lei gli urlasse, che lo mandasse al diavolo, che sfogasse tutta la sua rabbia…voleva espiare fino in fondo la sua colpa per tutta la sofferenza che per anni le aveva arrecato con la sua cecità e la sua ottusità.

Sanae sorrise amaramente. –Quello…è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, Tsubasa…le cose non andavano da tempo…forse non sono mai andate come io desideravo…ma tu…tu eri troppo preso dal pallone per accorgertene-.

Il ragazzo sentì una fitta dolorosissima, come se avesse ricevuto una pallonata in pieno stomaco…anzi peggio…la sensazione che provava in quel momento era mille volte più dolorosa che se avesse preso in pieno un Tiger Shot di Kojiro Hiyuga.

-C’è sempre stato solamente il calcio per te…vero Tsubasa? Io venivo dopo…sempre dopo…sempre al secondo posto…Ho sopportato tutto questo per anni…perché ti amavo…e per non impazzire continuavo a ripetermi che dovevo essere felice, perché tu mi amavi…perché ero la ragazza più importante della tua vita…e sono andata avanti così, a forza di briciole. Fino a che non sono arrivata al limite…-, disse Sanae, voltandosi dall’altra parte per impedire che Tsubasa vedesse le lacrime che avevano cominciato a scorrerle sul viso.

Tsubasa si sentiva distrutto. Faticava persino a respirare. Non ricordava di essersi mai sentito così male in vita sua…nemmeno quando Roberto lo aveva abbandonato all’aeroporto anziché portarlo con lui in Brasile come gli aveva promesso. Le parole di Sanae lo colpivano come se fossero state macigni. E alcune in particolare continuavano a ronzargli in testa senza dargli tregua…. “perché ti amavo”…Sanae aveva parlato al passato…cosa voleva dire questo? Che adesso lei non lo amava più? Che si era stancata di accontentarsi delle briciole e che aveva deciso di dire basta una volta per tutte?

Si avvicinò alla ragazza, e le appoggiò le mani sulle spalle. Sanae non mostrò la minima reazione.

-Perdonami-, le sussurrò in un orecchio, in tono disperato.

Sanae esitò per un istante. Non aveva mai sentito la voce di Tsubasa così chiaramente venata di sofferenza… era per lei la disperazione che risuonava nelle sue parole? Ma poi, scosse la testa. Non poteva cedere così. Sarebbe stata infelice di nuovo, e lei era stanca…immensamente stanca. Tsubasa doveva capire che, se le cose fossero continuate com’erano prima, per la loro storia non ci sarebbe stato alcun futuro. Perché lei non poteva accontentarsi delle briciole per sempre.

-Non si tratta di perdonare, Tsubasa…io non ce l’ho con te…Tu non mi hai mai promesso di antepormi al calcio…e nessuno mi ha imposto di tollerare questa situazione così a lungo…sono io che ho imposto tutto questo a me stessa. Ma vedi…-, si voltò, e lo guardò intensamente. –Tu hai il calcio…il pallone è tutta la tua vita, e te la riempie completamente. Ti basta giocare a calcio per essere felice. Io conto poco e nulla per te…-

-Questo non è vero!-, esclamò rabbiosamente Tsubasa.

Sanae sorrise stancamente. –Tsubasa…lo so…lo so che mi vuoi bene, credimi. E’ una cosa che non ho mai messo in dubbio ma…-

-Io non ti voglio bene! IO TI AMO!-, gridò Tsubasa, sul punto di perdere il controllo. Non poteva permettersi di perdere Sanae…non adesso che aveva capito quanto lei fosse importante…non ora che aveva capito che anche il calcio, senza di lei, avrebbe perso ogni significato.

La ragazza chinò lo sguardo, con espressione profondamente triste. Tsubasa non le aveva mai visto così tanta sofferenza incisa sul volto, in tanti anni che la conosceva…e la consapevolezza che quella sofferenza era per lui…lo faceva sentire un verme.

-L’amore…non si deve solamente dire, Tsubasa…si deve anche dimostrare-, sussurrò stancamente.

Per il giovane fu come ricevere un altro poderoso colpo in pieno petto. Ed il fatto che le parole di Sanae fossero vere, lo facevano stare ancora più male…non le aveva mai dimostrato il suo amore. Di questo non poteva darle torto.

-Tsubasa…quando mi hai chiesto di sposarti…sono stata immensamente felice…è stato sicuramente il più bel momento della mia vita ed ero certa che…che finalmente le cose avrebbero cominciato ad andare come io desideravo, speravo…invece…tu hai continuato a comportarti come sempre…a dare la priorità sempre e solamente al calcio…e da allora io ho cominciato a riflettere…a riflettere su come sarebbe stata la mia vita…dopo il nostro matrimonio…- La ragazza si interruppe. Tsubasa aveva lasciato cadere le mani dalle sue spalle, e si era appoggiato al muro dell’autogrill con espressione affranta. Vederlo in quello stato la faceva sentire malissimo, le lacerava l’anima…ma ormai doveva andare avanti, fino in fondo. Doveva chiarire tutte le cose che l’avevano fatta sempre soffrire, non poteva continuare a trascinarsele dietro in eterno. Anche se era difficile e doloroso, per entrambi.

-E….?-, le domandò lui a fatica, sforzandosi di non scoppiare a piangere, di non mostrarle tutta la sua debolezza.

-Vedi…io dovrei seguirti in Brasile…abbandonare la mia patria, la mia famiglia, i miei amici…ma lo farei, lo farei senza problemi…per te…solo che…quello che tu mi hai dato in cambio finora…-, Sanae respirò profondamente. Le parole che stava per pronunciare erano pesanti, lo sapeva bene. Pesanti come il piombo. Ma necessarie. –Quello che tu mi hai dato in cambio finora…è troppo poco per me-

Tsubasa rimase immobile ed in silenzio per un attimo…poi, soffocando un grido, tirò un pugno violentissimo contro il muro…talmente violento che le nocche presero a sanguinargli.

-Sono stato un idiota…un idiota…hai ragione Sanae, hai perfettamente ragione, anzi…Hai sopportato tutto questo fin troppo a lungo…non c’è una sola parola su cui io possa darti torto…Non ti ho mai dimostrato il mio amore…tu mi hai dato tantissimo, ed io invece…ti ho dato poco e niente. Ti ho dato solamente briciole, come dici tu…Briciole del mio tempo, e della mia attenzione…Ho sempre anteposto il calcio a te…e quando eravamo insieme…non ti ho mai dato la considerazione e l’amore che meritavi…mi sento un verme…un idiota…-, disse con voce rotta.

La ragazza rimase sbalordita. Non si sarebbe mai aspettata da lui una simile ammissione di colpa. Aveva pensato che Tsubasa avrebbe negato, come faceva di solito…che le avrebbe ripetuto che non era vero, che lei era importantissima per lui, e che lei e il calcio erano due cose assolutamente distinte e tutt’altro che in competizione…questo era ciò che le aveva ripetuto per anni, tutte le volte che lei tentava di manifestargli la propria insoddisfazione. Invece…Tsubasa riconosceva di avere sbagliato…riconosceva una ad una tutte le sue mancanze…forse quel viaggio era servito anche a lui, per maturare…per capire cose che per anni si era rifiutato di guardare in faccia.

-Tsubasa…-, sussurrò, avvicinandosi a lui.

Il ragazzo si voltò a guardarla. Il suo viso era segnato dalla sofferenza, e Sanae sentì il suo cuore contrarsi violentemente.

-Sanae…perdonami ti prego…lo so che chiedere perdono non basta a ripagarti…però…io ho capito di avere sbagliato…ho capito…e voglio rimediare credimi…ti prometto che d’ora in poi sarà tutto diverso…che io sarò una persona diversa-, le disse, afferrandola nuovamente per le spalle e guardandola con occhi lucidi e quasi allucinati.

Le labbra di Sanae tremavano, ed i suoi occhi erano colmi di lacrime. Non sapeva nemmeno lei cosa era giusto fare…da una parte, la sofferenza di Tsubasa, così autentica, le diceva di lasciarsi andare…le diceva che lui era sincero, e che finalmente le cose sarebbero cambiate…che finalmente lui avrebbe ricambiato il suo amore nella maniera totale che lei agognava da una vita…ma dall’altra parte non riusciva a mettere a tacere quella vocina dietro di lei che la metteva in guardia verso il pericolo di illudersi e poi soffrire di nuovo…di vedere per l’ennesima volta le sue speranze disilluse andare in frantumi, insieme al suo cuore…

-Promesse…le promesse sono solo vuote parole, Tsubasa-, sussurrò, sentendo che il cuore le pesava come un macigno. Dire quelle parole le costava una sofferenza enorme…qualcosa in lei si stava come lacerando…ma doveva proteggere se stessa…era sempre stata troppo fragile quando si trattava di Tsubasa.

Il ragazzo aprì bocca per reagire, per dirle qualcosa ma…proprio in quel momento si udì il trillo di una suoneria familiare. Era il cellulare di Tsubasa. Meravigliato, il ragazzo premette il tasto per accettare la chiamata.

-Roberto?!-, disse poi incredulo, quando udì la voce dell’uomo dall’altra parte del filo.

Sanae sentì il cuore sprofondarle. Roberto…ancora lui…

-Che cosa? In Brasile…tra due giorni?-

Gli occhi della ragazza si inumidirono, mentre l’antica sofferenza tornava ad impossessarsi della sua anima. Ecco…sapeva bene cosa sarebbe successo ora…Roberto chiamava sicuramente per qualcosa che riguardava il calcio. E come al solito, Tsubasa non avrebbe esitato un istante…avrebbe dimenticato in un batter d’occhio le sue promesse e sarebbe partito difilato per il Brasile…promettendole che la prossima volta avrebbe pensato a lei prima che al calcio. Ma non ci sarebbe stata una prossima volta…Era finita. Era stanca di illudersi per poi ogni volta ritrovarsi sola, con il cuore spezzato. Non era in grado di lottare contro il vero, grande amore di Tsubasa.

-Ma io…veramente…ho una questione da risolvere qui…non è possibile rimandare?-, domandò Tsubasa in tono quasi implorante. Era l’ultima cosa che gli ci voleva in quel momento…Roberto che gli diceva di tornare urgentemente in Brasile, per un ritiro con la squadra in vista di chissà quale torneo prestigioso…In un altro momento, una proposta simile lo avrebbe riempito di gioia…l’idea del torneo e dei fortissimi avversari che avrebbe potuto affrontare in quell’occasione sarebbe stata abbastanza per mandarlo completamente su di giri…Ma in quel frangente la sua mente era occupata solamente dal pensiero di Sanae, e dalla paura di perderla. Non poteva assolutamente andare in Brasile in quel momento…sapeva che, se lo avrebbe fatto…l’avrebbe perduta definitivamente.

Prese la sua decisione. Era il momento di dimostrare cosa contava veramente per lui.

-Mi dispiace, Roberto, ma dovrete fare senza di me. Io rimango qui. C’è una questione che devo risolvere assolutamente, una questione molto importante-, disse con fermezza.

Sanae ascoltò le sue parole con crescente sbalordimento. Tsubasa…stava sacrificando qualcosa…che riguardava il calcio, il Brasile e Roberto? Per lei? Stava sacrificando tutto questo per lei? Per non perderla? La stava mettendo al primo posto nella lista delle sue priorità?

-No. Non cambierò idea, Roberto. Questa questione per me…è mille volte più importante del calcio-, affermò Tsubasa con decisione, e pronunciò queste ultime parole guardando Sanae diritto negli occhi.

La ragazza sentì le lacrime fare capolino dai suoi occhi…l’ennesima volta che piangeva per Tsubasa…ma stavolta…erano lacrime di felicità. Non poteva credere a quanto aveva appena udito…si diede un leggero pizzicotto in una mano per aver la certezza di essere sveglia, e di non stare facendo solamente un bel sogno. Il ragazzo chiuse la comunicazione, e la guardò con occhi splendenti e pieni d’amore.

-Come vedi Sanae…le mie promesse…non erano solo vuote parole. Io ti amo…sei tu la cosa più importante per me…-, le disse.

Non furono necessarie altre parole. Sanae gli sorrise raggiante, e corse verso di lui, gettandogli le braccia al collo e baciandolo con foga. Tutto quello che aveva sempre desiderato si stava finalmente avverando…i suoi sogni stavano diventando realtà.

Tsubasa la strinse forte tra le braccia, accarezzandole con dolcezza i capelli e disseminandole baci lungo tutto il viso. La ragazza gli sorrise, e le loro labbra si incontrarono di nuovo.

-Sai che pensavo?-, le disse lui, passandole le mani lungo la schiena.

-Cosa?-, mormorò Sanae, con la testa appoggiata sul petto di lui, assaporando le magnifiche sensazioni che il contatto con il suo amato le regalava.

-Perché non continuiamo la vacanza? Io e te…da soli?-, suggerì Tsubasa, arrossendo lievemente.

Anche Sanae arrossì, e sorrise felice, abbracciandolo più forte. –Penso che…sia una bellissima idea!-, disse al colmo della gioia.

-Potremmo andarcene…non so, dove vuoi tu!-

-Mmm…il problema sarà trovare due stanze libere-, fece pensierosa la ragazza.

-Chi ha detto che…ci servono due stanze? Secondo me ne basta una-, disse Tsubasa facendo appello a tutto il suo coraggio, e arrossendo vivacemente quando realizzò il significato di quanto aveva appena detto.

Anche Sanae divenne color porpora, mentre i suoi occhi si allargavano per lo stupore. Veramente Tsubasa…intendeva dire quello che aveva appena detto?

-Ehm…Tsubasa…dici sul serio?-, indagò cautamente.

Il ragazzo era ancora viola per l’imbarazzo, ma annuì sorridendo. Poi la fissò negli occhi con sguardo serio e dolcissimo. –Voglio fare l’amore con te, Sanae- (oddio! Mi è impazzito Tsuby! O forse finalmente si è svegliato!! Suoniamo le campane!NdGemini), disse osservandola intensamente.

Sanae rimase per un attimo in silenzio, confusa e sbalordita. Poi sorrise, mentre tutto il suo corpo si rilassava. –Anch’io lo voglio-, disse tranquillamente.

Tsubasa la guardò con amore, e poi si chinò a baciarla nuovamente. Fu un bacio lunghissimo e pieno di passione, e quando si staccarono entrambi gli innamorati avevano le guance in fiamme.

-Penso che dovremo comunicare agli altri la nostra idea di proseguire la vacanza, non trovi?-, disse Sanae, cercando di ricomporsi.

Tsubasa annuì, prima di avvicinare nuovamente il proprio viso a quello della ragazza. –Sì…ma abbiamo tempo-, disse, unendo nuovamente le loro labbra.

Sì, avevano tempo per tutto. Tutto il tempo del mondo. Perché ora erano insieme, ed i loro problemi erano finalmente risolti. Ora dovevano pensare soltanto alla nuova meravigliosa vita che li aspettava, e che avrebbero vissuto insieme.

 

FINE

 

E così, la fanfic è finita! Sigh! Un po’ mi dispiace, sapete?!

Adesso, è giunto il momento dei RINGRAZIAMENTI.

Innanzitutto, un ringraziamento speciale va a mio fratello Luca, che è stato il mio primo lettore e il mio primo critico, che mi ha spronato a scrivere questa ff e che mi ha dato tanti suggerimenti su come farla proseguire! SEI UN MITO! ^___^

Poi: a Erika, che è stata la prima a pubblicare la mia ff sul suo sito; a Barazchan, Memi, Fedechan, Sansy, Monica (Sweetsanae) e Laura per i complimenti che mi hanno fatto ad ogni capitolo, per l’incoraggiamento ed il sostegno che mi hanno dato in tutto questo tempo e per la loro amicizia; a Claudia e Pan che hanno pubblicato la mia ff sui loro siti; a Emeraldas10, Mallpsg, Tyara,Yuechan, picozza1978@libero.it, e Luxy (con ancora tanti complimenti per la sua bellissima ff VALZER) per aver commentato la mia ff, a Egle e Lory che so l’hanno apprezzata, agli staff di www.manga.it, www.manganet.it e www.fanfiction.it che mi hanno permesso di pubblicare la mia storia sui loro siti.

Infine, a tutte le persone che conosco e a cui voglio bene, a due persone speciali che mi hanno ispirato in particolare (anche se forse non leggeranno mai la mia ff! ^__^) e a tutte le persone che hanno letto la mia ff! ^____^

Prima di salutarvi, ho un ultimo favore da chiedervi (so che sono una palla, ma siate pazienti!!)…mi piacerebbe tanto ricevere un commento sul finale da TUTTE le persone che hanno letto la mia ff! Per sapere se l’avete apprezzato (come spero!) o se invece vi ho deluso (e in questo caso vi chiedo umilmente perdono!) Vi ringrazio tanto! Non ho parole per esprimere a tutti voi la mia gratitudine! Senza di voi, non sarei riuscita a scrivere questa ff!

Vi do appuntamento alla mia nuova ff e al seguito di “On the road”! ^___^ Un bacione a tutti!! Vi voglio un casino di bene!!!!! E ancora GRAZIE!!!!

 

 

 

 

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