Pretend the World has Ended. di Lexy (/viewuser.php?uid=5909)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Blackened. ***
Capitolo 2: *** Someone must get hurt. ***
Capitolo 3: *** Dim my eyes. ***
Capitolo 4: *** Respira Ancora. ***
Capitolo 5: *** Not the nicest Guy. ***
Capitolo 6: *** Parte 2: Without you. ***
Capitolo 7: *** Amour, Amour. ***
Capitolo 8: *** Passive. ***
Capitolo 9: *** Misery loves Company. ***
Capitolo 10: *** Every you, every me. ***
Capitolo 11: *** Pretend the world has ended. ***
Capitolo 1 *** Blackened. ***
Dunque, per
prima cosa, salve a tutti, sono contenta che abbiate scelto di leggere
questa storia, che è il seguito di “Who will take
my dreams away”, di cui consiglio la lettura o non ci si
capirà questo granché.
Prima di iniziare,
spiegherò alcune cosette…
1)
Questa fiction si ambienta, come presto capirete,
più o meno quattro anni dopo la fine di “Who will
take my dreams away”, molte cose sono cambiate in questo
lasso di tempo e si scopriranno a mano a mano che la storia va avanti.
2)
In questo seguito ho deciso di aggiungere un buon numero di
personaggi ‘nuovi’, mai apparsi nelle saghe di
Nolan e che, chi ha confidenza coi fumetti, conoscerà
sicuramente.
3)
Leggendo noterete che l’ambientazione è
molto caotica, le apparizioni dei personaggi possono sembrare
addirittura random ed i capitoli saranno pochi in confronto alla prima
storia ma molto più intensi; quest’impressione
è pienamente voluta, perché i personaggi sono
tanti ed in lotta tra loro, volevo si notasse che ora sono
“troppi” e c’è bisogno di
“fare pulizia” a Gotham.
4) Consiglio caldamente l'ascolto delle canzoni che
inserisco nei vari capitoli, che porteranno i loro titoli; questo
perché le ho scelte accuratemente e con una ragione, ovvero
aiutare a capire meglio il contesto e l'intensità di ogni
parte della storia.
Per quanto riguarda il
capitolo dell’intervista, sto incontrando alcune
difficoltà quindi è probabile che
tarderò molto ad elaborarlo.
Infine, voglio
ringraziare la mia mentore, beta e grande amica rinnie per tutto
il sostegno, l’aiuto, ed i consigli che mi ha dato e che sono
certa continuerà a darmi ^^! Grazie per l’aiuto e
per tutto il tempo che perdi appresso a me xD!
Con questo vi lascio e
vi auguro una buona lettura, sperando di leggere le vostre numerose
recensioni! Un abbraccio, alla prossima!
XxX.SilverLexxy.XxX
PRETEND THE WORLD HAS ENDED.
La canzone usata per
questo primo capitolo è "Blackened" dei Metallica.
Capitolo 1 : Blackened.
Intro.
Quello era forse il party più noioso al quale
Bruce Wayne avesse mai partecipato in vita sua anche se erano, per lo
più, sempre tutti uguali; il milionario si era troppo
abituato, negli anni passati, alla costante presenza di Dick Grayson ma
ora non aveva più nessuna via di fuga dalla noia che quella
gente gli trasmetteva coi loro sguardi, coi loro discorsi, con tutto il
loro essere (falsi).
I sorrisi di circostanza erano qualcosa a cui Bruce si sentiva fin
troppo abituato e che restituiva puntualmente al mittente, come se
fossero stati pugni, come quando lottava nei panni di Batman; era una
lotta estenuante cui riusciva sempre a sopravvivere, comunque.
Quella sera era circondato di donne e non ne trascurava nessuna, fedele
alla sua maschera (Bruce Wayne era la sua vera maschera) e tenendo
testa più che onorevolmente alla sua fama di playboy e
scapolo d’oro; non pensava più a Joker tanto
spesso come una volta ed anche se questo era un bene, visto che gli
evitava di soffrire, ne stava risentendo sotto altri aspetti.
Stava lasciando che i suoi ‘insegnamenti’
– le realizzazioni ed i presupposti che il clown gli aveva
ispirato – svanissero lentamente, lasciando posto solo alla
noia, così che Bruce Wayne o Batman stesso andassero avanti
per pura forza d’inerzia, facendo tutto
‘perché lo aveva sempre fatto’, non
perché ‘era giusto’ o ‘lo
volevano’.
Guardandosi attorno mentre camminava tra gli ospiti, champagne alla
mano, ascoltava solo distrattamente la voce del banditore che stava
mostrando la collezione di diamanti che quella sera sarebbero stati
venduti in beneficienza; quando l’uomo scoprì le
pietre preziose Bruce sentì tutti trattenere il respiro,
estasiati da quella vista ma lui non si voltò neppure.
D’altronde conosceva bene quei gioielli, era stato proprio
lui a donarli per la ‘giusta causa’, una delle
tante che, ora come ora, neppure ricordava… improvvisamente
però le luci andarono via e la sala fu inondata dal buio, i
presenti si lasciarono andare a commenti o esclamazioni di stupore,
mentre il banditore, con voce calma, rassicurava che avrebbero risolto
tutto molto presto.
Blackened is
the End
(Oscura
è stata resa la fine)
Winter
it will send
(L’inverno
la manderà)
Throwing
all you see
(Gettando
tutto ciò che vedi)
Into
obscurity
(Nelle
tenebre)
Al fianco dell’uomo però, sul palco, cadde un
raggio di luce e Bruce non attese oltre per sparire ed indossare il
costume di Batman, perché qualunque cosa stesse accadendo,
non era certamente nulla di buono. Quella era Gotham City
d’altronde, la più grossa calamita per pazzi al
mondo, probabilmente.
**
Immersa nel raggio di luce – come se si stesse facendo un
bagno di sole - Poison Ivy calava lentamente, seduta come una
principessa sulla sua corda di edera e liane fiorite, mentre con un
ghigno di superiorità guardava tutte quelle persone che a
loro volta la fissavano a bocca aperta, strabiliati dalla sua bellezza,
dalla potenza della sua figura guantata di verde, dai suoi capelli
rossi come il fuoco, come il sole al tramonto. Infine scese con un
balzo leggiadro, posando le mani sui propri fianchi, in una posa letale
nella sua sensualità.
“L’unica giusta causa per questo denaro…
è la natura!”
Death of
Mother Earth
(La
morte di Madre Terra)
Never
a rebirth
(Mai
una rinascita)
Evolution's
end
(La
fine dell’evoluzione)
Never
will it mend
(Non
la migliorerà mai)
Nessuno obiettò nulla alla sua affermazione, troppo stupiti
o spaventati per dire una parola, e lei si chinò in avanti
col busto, soffiando un bacio in direzione del banditore che,
immediatamente, fu colto dall’irrefrenabile desiderio di
compiacerla, di averla per sé e si precipitò a
prendere tutti i gioielli per fargliene dono, accolto poi dal suo
benevolente sorriso.
Lei scelse ed indossò una parure preziosissima per poi fare
incetta di tutti gli altri espositori, vuotandoli in una borsa che
teneva a tracolla mentre tutti gli ospiti restavano immobili, incantati
dal suo sorriso e contagiati dai suoi feromoni ed una volta preso
possesso di tutto – quei gioielli erano suoi di diritto,
perché solo lei sapeva cosa era giusto – scese
lentamente dal palco, letteralmente sfilando lungo la piccola scala con
leggiadria incantevole; sugli ultimi gradini onorò il
fortunato che l’aveva raggiunta facendosi aiutare nella sua
regale discesa, poggiando appena la sua bellissima mano su quella
dell’uomo.
Lei era felice. Lei era bella. Lei aveva – o comunque poteva
avere – tutto ciò che voleva. Il suo desiderio di
riportare l’umanità – partendo da Gotham
City, la capitale degli sprechi e dell’arrivismo –
a quello stato di primordiale natura selvaggia ed incontaminata era
solo ad un bacio di distanza; nulla era impossibile per lei e lo
sapeva, ne era compiaciuta.
Never...!
(Mai…!)
Quando la punta del suo stivaletto toccò infine il
pavimento, sentì il volo della sua immaginazione screziarsi
bruscamente a causa di un boato e la furia cieca le montò
dentro alla vista di tutti quegli uomini mascherati con quelle che
sembravano tute di contenimento; si sparpagliavano velocemente
imbracciando armi bianche e lucenti, quasi argentate, proprio come il
ghiaccio.
Alzò lo sguardo iroso verso la porta, spalancata ad
incorniciare lui,
la figura brillante del “re dei ghiacci” come lo
chiamavano in molti, mentre i suoi scagnozzi si aggiravano velocemente
tra gli ospiti, derubandoli di tutto e causando l’inizio del
loro risveglio dall’azione dei suoi feromoni; li odiava.
Odiava lui, il loro capo che con spavalderia stava facendo il suo
trionfale ingresso – troppo trionfale, solo lei aveva il
diritto di apparire in quel modo: potente, affascinante, imponente.
Lo odiava… e tutto ciò che Poison Ivy odia, deve
essere distrutto in nome della sua utopia perfetta, di quel sogno che
era più importante della vita di tutti gli esseri umani.
“Combattete!”
Fu il suo ordine alla folla, sottolineato da un aumento esponenziale
dei feromoni nell’aria.
**
Mister Freeze non fu stupito di trovare la sua – al momento
più temibile – rivale già sul posto: la
piccola era impaziente, viziata e mossa da idee folli dettate dalla sua
mente malata; tutto l’opposto di lui, l’uomo di
ghiaccio, eterno, freddo, privo di qualsiasi sentimento eppure mosso
dall’amore e dalla disperazione: la forza ed il silenzio di
un uomo tanto spietato quanto legato ad un meraviglioso passato fatto
di semplici ricordi, di una vita bruscamente interrotta da coloro dai
quali aveva preso ad esempio per la sua cattiveria.
Lui. L’uomo di ghiaccio si sentiva incredibilmente superiore
a quella povera folle.
FIRE
(Fuoco)
To
begin whipping Dance of the Dead,
(Per
cominciare la danza a colpi di frusta dei morti)
Blackened
is the End!
(Oscura
è stata resa la fine)
To
begin whipping Dance of the Dead,
(Per
cominciare la danza a colpi di frusta dei morti)
Color
our world Blackened!
(Colora
in nostro mondo oscurato)
“Combattete!”
Era il grido della donna e la vide agitarsi come un’amazzone,
i suoi capelli le svolazzavano intorno mostrandola come
l’isterica che in realtà era, ed un attimo dopo
tutti le obbedirono. Le porte si chiusero ermeticamente
all’improvviso, di certo per opera di Nigma, ma neppure il re
degli indovinelli poteva fare nulla per aiutarla, perché
anche lui possedeva un alleato di tutto rispetto.
Jonathan Crane era forse meno abile dell’Enigmista ma avevano
un vantaggio: i loro stili si addicevano e formavano, insieme, una
macchina perfetta.
“Ancora lei?”
Lo sentì chiedere mentre lo raggiungeva sorridendo, poi quel
familiare, curioso suono riempì l’aria mentre
l’ex psichiatra faceva uso della sua arma –
l’avevano progettata insieme, era qualcosa di unico
– sparando in aria, verso il centro della stanza, la sua
particolare pallottola che immediatamente esplose come un razzo
segnalatore, diede inizio ad una pioggia di gas che ricadde su tutti i
presenti; la follia si impadronì di loro ed alzando lo
sguardo su Ivy, la vide iniziare a scappare, ma non c’era
modo di sfuggire al freddo.
Blistering of
Earth
(L’infestazione
della terra)
Terminate
its worth
(Termina
la sua utilità)
Deadly
Nicotine
(La
nicotina mortale)
Kills
what might have been
(Uccide
ciò che avrebbe potuto essere)
Ivy avrebbe fatto meglio a non vestirsi così leggera, quella
notte.
**
Ivy tentava di fuggire, Crane poteva vederla sgambettare e sgomitare in
quella folla terrorizzata ma lui non glielo avrebbe permesso, non era
il suo stile; per non parlare del fatto che l’Edera ancora
aveva addosso ciò per cui erano venuti anche loro
– i diamanti – e non glieli avrebbe mai lasciati,
quelle pietre erano ciò che tenevano in vita Freeze.
L’uomo di ghiaccio gli aveva dato molto: potenza, occasioni
per mettersi in gioco e mai, neppure quando stava con Harvey aveva mai
raggiunto un simile livello di potere. Ora lui aveva tutto e la
promessa di poter ottenere molto di più; aveva incontrato
una persona – proprio dopo il fiasco con Duefacce, quando ne
aveva più bisogno – dal carisma infinito e di cui
finalmente poteva davvero fidarsi, sapeva che Freeze avrebbe sempre
saputo come tenerlo al suo fianco e non sentiva mai neppure il bisogno
di psicanalizzarlo.
Spaventapasseri sorrideva, anche se l’Enigmista aveva aperto
una porta per permettere alla sua padrona
di fuggire, ma a Freeze fu sufficiente un colpo del suo cannone per
congelare quell’uscita e bloccarle la via di fuga.
Crane sentiva emergere, dal profondo, una voglia incredibile di
mettersi a ridere, lasciò che il suo sguardo vagasse
all’interno della sala e si sentì quasi eccitato
di fronte allo spettacolo che tutta quella gente gli stava offrendo,
contorcendosi in terra agonizzanti e terrorizzati.
Callous
frigid chill
(Gelo
insensibile e glaciale)
Nothing
left to kill
(Non
è rimasto nulla da uccidere)
Never
seen before
(Mai
visto prima)
Breathing
nevermore
(E
non respirerà mai più)
Un rumore improvviso attirò la sua attenzione e voltandosi,
senza nessuna espressione, prese nota dell’arrivo al party
– fin troppo presto, accidenti! – di qualcun altro
che, come suo solito, aveva preferito calarsi dal cielo, rompendo
l’enorme lucernario. Le entrate teatrali erano il suo forte,
ma ormai Crane non aveva più paura, da tempo il pipistrello
aveva smesso di infestare i suoi incubi o anche solo di preoccuparlo.
Perché aveva Freeze al suo fianco, ora. Il sovrano del gelo
gli dava anche questo: sicurezza.
Spaventapasseri non si muoveva, restava al suo posto e senza la minima
preoccupazione a deformargli il volto, osservava la lotta –
come sempre qualcosa di memorabile – tra il cavaliere oscuro
e quello d’argento. Non aveva bisogno di osservare il viso
del suo alleato per sapere che non vi avrebbe mai letto traccia di
paura di fronte a nessuno, neppure Batman in persona.
Non aveva bisogno neppure di coprirgli le spalle o aiutarlo, sarebbe
stato un insulto alla potenza del suo gelo, quindi tornò ad
esplorare la stanza alla ricerca di Ivy e la incontrò quasi
subito, ma ugualmente troppo tardi perché era vicinissima;
gli strappò la maschera con prepotenza, per poi soffiare
– sensuale come solo la pazzia riusciva a far apparire certe
persone – il suo bacio ai feromoni dritto verso i suoi occhi
spalancati per lo stupore.
Never...!
(Mai…!)
L’ex psichiatra, per quanto cosciente della
falsità di quelle nuove ed improvvise sensazioni,
già non riusciva ad impedire alla sua mente di lasciarsi
cullare da quel nuovo desiderio ed anche lui fu colto dal bisogno
irrefrenabile di compiacere quella donna stupenda, bellissima, e
avrebbe fatto di tutto per avere un suo bacio ed a nulla servivano le
grida di Spaventapasseri nella sua testa, che tentavano di risvegliarlo
da quel mortale inganno.
“Spostati dalla porta e lasciami passare!”
Era il suo ordine e lei era bellissima, lei voleva qualcosa da lui che
immediatamente, strabiliato ed onorato, si scansò per
lasciarla passare, felice per il sorriso che lei gli aveva rivolto. Non
una parola però uscì dalla sua bocca –
riusciva ancora a mantenere quel minimo di controllo ad impedirgli di
umiliarsi ulteriormente – mentre, con tristezza, la guardava
fuggire via; non poteva, non
doveva tentare di trattenerla, doveva farcela per
sé stesso, per Freeze e per la sua dignità.
Improvvisamente però, fu lei a fermarsi e voltarsi,
cogliendo del tutto di sorpresa Spaventapasseri con la sua bellezza,
gli sorrise crudelmente e, sensuale, tornò ad avvicinarsi a
lui quasi sfilando.
“Tu sei il parassita più fastidioso della mia
rosa, Jonathan Crane. Credo che per tutti i guai che mi hai causato
meriti un bacio.”
Opposition
(opposizione)...Contradiction (contraddizione)...
Premonition
(premonizione)...Compromise (Compromesso).
Agitation
(agitazione)...Violation (violazione)...
Mutilation
(mutilazione)...Planet Dies (Il pianeta muore)
Il bacio di Poison Ivy era male,
le sue labbra erano assassine e lei si stava avvicinando, aveva
già una mano – Dio, leggera come una carezza del
vento – sul suo viso e no, non ce la faceva a tirarsi
indietro e sì, morire per un suo bacio al momento, sembrava
proprio l’idea più giusta che avesse mai avuto
quella sera; già i loro occhi si chiudevano in attesa del
contatto, di quella morte, bellissima come la donna che gliela stava
infliggendo.
**
Non sarebbero mai bastate un paio di porte chiuse per fermare Harvey
Dent, lui aveva l’energia violenta di chi non permette a
nessuno di lasciarlo fuori in nessun caso, aveva con sé la
sua potente doppietta e bastarono due colpi di quest’arma per
mettere fuori uso il sistema di chiusura ermetica della porta, che
immediatamente si spalancò per permettere il suo ingresso
trionfale.
Ad accoglierlo, c’era quello che poteva con
facilità essere definito come il chaos: gente che si
rotolava a terra o che se ne stava appoggiata contro i muri in uno
stato catatonico, Batman ingaggiato in una lotta senza esclusione di
colpi con l’uomo del momento, Mr Freeze... ma non era per
loro che era venuto e, per una volta, neppure per Crane; non ci voleva
un genio per capire che si trovava anche lui a quel party, vedeva
benissimo la sua presenza rispecchiata nell’effetto del suo
gas.
No, lui voleva Ivy. O meglio la sua testa, su un piatto
d’argento.
L’avrebbe fatta pentire di essere uscita da quella serra
schifosa solo per farlo incazzare: gli uomini dell’edera
avevano tentato un attacco quella sera, al suo quartier generale, e lui
aveva dovuto scomodarsi per eliminare quei maldestri bruti, sparando
loro attraverso la porta, prima ancora che avessero avuto il tempo di
entrare per dare uno sguardo al suo volto mezzo ustionato.
Avevano fatto fuori ben sette dei suoi stavolta e per quanto si fosse
sforzato di tenersi fuori dall’assurda lotta tra quei due
scherzi della natura, ora si era davvero incazzato.
“Dov’è quella puttana!?”
Darkest Color,
(Il
colore più oscuro)
Blistered
Earth,
(Terra
infestata)
True
Death of Life.
(Vera
morte della vita).
Era il suo grido attraverso la maschera anti gas –
perché lui conosceva bene i vergognosi poteri
dell’Edera – e tutti lo sentirono risuonare, alto e
potente attraverso la sala.
Harvey Duefacce non aveva nessun tipo di potere speciale, né
un’intelligenza sopra la media, né gas mortali,
né miriadi di gadget per ogni occasione; ciò non
di meno la sua sola presenza riusciva a fare paura, la rabbia scritta
nei suoi occhi era solo il preludio del putiferio che poteva scatenare,
se stuzzicato come il proverbiale “cane che dorme”.
A lui bastavano una doppietta, la sua determinazione e la furia cieca a
circondarlo di quel potere che perfino Ivy o Batman potevano solo
sognare di avere.
Non gli interessava essere il migliore, non si curava di rendere le sue
entrate in scena spettacolari – la sua irruenza provvedeva
sempre a renderle tali – e dipendeva solo dalla sua moneta,
l’unico criterio di giustizia che gli restava, e che quella
sera aveva mostrato – come verdetto – il suo volto
bruciato: era la condanna a morte di quella schifosa puttana di Poison
Ivy.
Dopo una veloce ricerca con lo sguardo attraverso la sala,
riuscì ad intercettarla, proprio mentre si avvicinava alla
sua prossima vittima, incantata dai suoi feromoni. Fece scattare il
caricatore della doppietta, abbassandolo e rialzandolo con furia mentre
si avvicinava ma la rabbia iniziò davvero a bruciare solo
quando capì che il cretino che si stava lasciando ammazzare
da lei era Jonathan.
Col fuoco negli occhi – nel suo unico occhio sano –
iniziò a correre verso la donna che a quanto pareva, non
solo aveva commesso la sciocchezza di attentare – e
miseramente fallire – alla sua vita ma ora voleva perfino
rubargli il piacere di ammazzare Spaventapasseri con le sue mani!
Termination
(estinzione)....Expiration (espirazione)...
Cancellation
(soppressione) Human Race (Razza umana).
Expectation
(Prospettiva)...Liberation (liberazione)...
Population
lay to Waste (popolo insediato per distruggere).
Sollevò la poderosa arma a doppia canna su di lei e fece
fuoco, il colpo la sfiorò, appena prima che riuscisse a
posare le sue schifose labbra su quelle del suo ex, la sentì
emettere un gridolino spaventato e la vide voltarsi nella sua
direzione, il suo sguardo basito evidentemente non si aspettava di
vederlo ancora vivo ma nessuno. Farà fuori. Duefacce.
O per lo meno, nessuno che possedesse un paio di tette ed un cervello
fradicio come il suo.
Duefacce le fu addosso quasi subito e lei non si aspettava davvero di
essere colpita, così forte, in pieno viso, con un pugno
– ma avrebbe dovuto sapere che Duefacce non era certo il tipo
da risparmiarsi solo perché aveva di fronte una donna
– ed andò a terra in un attimo, lasciando cadere
la borsa con la refurtiva che Harvey, nell’impeto della
rabbia, allontanò con un calcio, notando poi che la donna
aveva seguito il movimento della borsa lungo il pavimento.
L’ex magistrato si abbassò su di lei,
costringendola a voltarsi sulla schiena, poi si tirò
nuovamente su, ricaricò velocemente la sua arma e la
puntò dritta sulla faccia spaventata dell’Edera.
See our Mother
(Guarda
nostra madre)
Put
to death
(Messa
a morte)
See
our Mother die
(Guarda
nostra madre morire).
“Sei morta, schifosa!”
Disse, ma un dolore acuto dietro la nuca lo fermò proprio un
attimo prima che premesse il grilletto e spargesse le sue cervella tra
mura e pavimento; la distrazione permise all’Edera di tirarsi
in piedi e fuggire a gambe levate, lasciando Duefacce ondeggiante a
reggersi la testa con un mano... non poteva svenire ora, non doveva
assolutamente cadere a terra!
Nonostante stesse barcollando, la sua forza d’animo non si
affievolì neppure per un attimo, provvedendo a sostenerlo.
Duefacce si voltò indietro, vide quell’imbecille
di Crane e per un attimo pensò lo avesse colpito in preda ai
feromoni di Ivy, ma gli bastò lanciare uno sguardo sui suoi
occhi per capire che non era così, Jonathan era
letteralmente invaso dalla furia, era stato proprio il ritrovarsi
Duefacce davanti a strapparlo alle grinfie dell’Edera,
perché nell’ex psichiatra non esisteva sentimento
più grande che quello che provava per Harvey.
Duefacce lo sapeva e non poté fare a meno di sorridere
malignamente al pensiero che, nonostante non stessero più
insieme da tempo, Crane non fosse riuscito a liberarsi del suo ricordo,
proprio come non ci era mai riuscito nemmeno lui. Forse l’ex
psichiatra non lo amava davvero più, ma quel sentimento
– era tutto così bello, una volta, con lui
– era stato sostituito da qualcosa di altrettanto potente e
questo bastava a riempire Harvey di un orgoglio malato, senza confini.
Il suo occhio si posò su Spaventapasseri, su quel viso che
una volta lo aveva incantato, sul corpo che era solito stringere a
sé ogni notte, su tutto ciò che era Crane e per
il quale lui aveva tanto lottato, sulle ceneri di una storia che per
lui aveva significato – e purtroppo, continuava ancora a
significare – così tanto ed una furia cieca lo
colse di sorpresa.
Si riprese completamente dalla botta di poco prima, era contento di
aver salvato la vita di Spaventapasseri.
Fanculo Ivy, fanculo i gioielli, lui voleva solo Crane.
Morto.
Smouldering
decay
(Rovine
bruciate)
Take
your breath away
(Ti
mozzano il fiato)
Millions
of our years
(Milioni
dei nostril anni)
In
minutes disappears
(In
pochi minuti svaniscono)
Lo vide sollevare un uzi e, con uno sguardo polverizzante, minacciarlo;
Duefacce contraccambiò immediatamente con la sua doppietta e
coi suoi occhi, uno più furioso dell’altro.
Non si scambiarono una parola, non ne avevano bisogno, gli bastava
sapere che si volevano morti e ne ricordavano ancora perfettamente i
motivi, in quel momento erano mossi solo da una passione bruciante, da
un odio senza limiti, ed il primo a fare fuoco fu Spaventapasseri, la
sua arma era più veloce e leggera e, con un movimento
scattante, Duefacce si gettò di lato, afferrò
l’uzi di Crane e gli mollò un calcio
all’altezza dello stomaco, sollevandogli poi il braccio
dietro la schiena; i suoi lamenti di dolore erano musica per le
orecchie, esattamente come lo erano quelli di piacere appena due anni
prima – prima dei tradimenti, degli inganni – vide
però l’ex psichiatra gettare la testa indietro per
colpirlo sul naso.
Al momento dell’urto Duefacce chiuse gli occhi, strettissimi,
per bloccare le miriadi di scintille che gli erano esplose dietro le
palpebre, così simili a quelle che riusciva a vedere durante
i suoi orgasmi, mentre riversava il suo piacere nel corpo –
gli sembrava così fragile e caldo, allora – di
Jonathan.
L’ex psichiatra approfittò di
quell’attimo di distrazione per strappare dalle sue facce la
maschera anti gas, il suo movimento veloce e preciso –
piccolo ma goffo, così Crane era sempre stato, era
l’odio a renderlo forte – ma prima che potesse
spruzzargli contro il suo gas, Harvey lo caricò, gettandolo
a terra e schiacciandolo sul pavimento col peso del suo corpo
– sembrava quasi stessero nuovamente facendo
l’amore in quel momento – poi si sollevò
e gli mollò, forte – ma, suo malgrado, non tanto
quanto avrebbe voluto – un pugno sul viso, vide il naso di
Crane iniziare a sanguinare e, come in ogni loro scontro - come
accadeva anche prima, quando stavano ancora insieme - non
riuscì a reprimere quel secondo di senso di colpa,
perché ancora gli faceva uno strano effetto colpire Crane,
nonostante tutto.
Spaventapasseri però contraccambiò
immediatamente, sollevando un ginocchio per colpirlo con forza tra le
gambe, - sì, lui aveva sempre giocato sporco quanto
più poteva in ogni situazione – e poi ricambiare
il pugno ricevuto poco prima, di certo senza la stessa premura di
Duefacce, riuscendo a ribaltare le loro posizioni.
La prima cosa da fare agli occhi di Harvey era tenergli i polsi ben
lontani, pena un terrore devastante che lo avrebbe accompagnato fino
alla morte ultima; così glieli afferrò con forza
e li sollevò, per poi portarli dietro la schiena di
Spaventapasseri, sollevandosi a sedere ed arrivando a stargli
così faccia a faccia; non aveva mai fatto fatica a
trattenere i polsi di Crane con una sola mano prima, ma ora era
diverso. Ora si odiavano.
Darkening in
vain
(Oscurandosi
invano)
Decadence
remains
(Resta
la decadenza)
All
is said and done
(Tutto
è stato detto e fatto)
Never
is the sun
(Il
Sole non lo è mai)
La mano libera di Harvey volò a stringersi attorno alla gola
sottile dell’ex psichiatra per poi serrarsi a chiudere la
trachea, bloccando il suo respiro. All’improvviso
però un dolore acuto lo costrinse a lasciare la presa su
quegli esili polsi e si ritrovò a dover bloccare un coltello
prima che scendesse a trafiggergli il petto. Si era fatto furbo, era
diventato molto più pericoloso, aveva imparato ad usare armi
da fuoco e da taglio... Duefacce sapeva che avrebbe dovuto scoraggiare
fin dall’inizio la grande amicizia che era sbocciata tra lui
e Joker durante i primi tempi che erano stati insieme. Quel clown gli
aveva insegnato forse troppo, ricordò che in quel periodo si
sentiva spaventosamente geloso del rapporto che aveva instaurato col
pagliaccio e che a tratti mostravano su un piano fin troppo fisico per
i suoi gusti... aveva la netta impressione che Joker glielo facesse
apposta, il più delle volte.
Ma la cosa che più lo irritava era che in quel momento
Jonathan aveva l’aria di una persona sicura di se stessa e
che era diventato ancora più bello di quanto ricordasse
– gli sembrava quasi perfetto e per merito di tutti tranne
che suo, pareva – gli restituì la testata di poco
prima e lo gettò a terra, tornando a sovrastarlo col suo
fisico più massiccio, ma non riuscì a fare
nient’altro perché si sentì afferrare
per il collo della giacca e, voltando lo sguardo, incontrò
gli occhi gelidi di Mr Freeze; Harvey percorse la sua figura argentea
per un secondo. Era. Davvero. Di ghiaccio.
Darkening in
vain
(Oscurandosi
invano)
Decadence
remains
(Resta
la decadenza)
All
is said and done
(Tutto
è stato detto e fatto)
Never
is the sun
(Il
Sole non lo è mai)
Era la prima volta che aveva occasione di vederlo così da
vicino e non trovò nessun’altra parola per
descrivere quegli occhi, quella presa, quell’espressione, se
non ‘gelido’. Infine sperimentò la sua
forza, si sentì scaraventare lontano da Crane, fino a
sbattere violentemente la schiena contro il muro, si stupì
di non trovarsi immediatamente ridotto ad un cubetto di ghiaccio e
pensò – a ragione – che Freeze doveva
aver quasi esaurito la sua energia.
Ricordava che tutto aveva a che fare coi diamanti anche se non sapeva
precisamente in che modo, ma ora non doveva pensare a quello, doveva
solo concentrarsi per non perdere i sensi dopo quell’urto
spaventoso, vide Freeze avvicinarsi a Crane ed aiutarlo a rialzarsi per
poi fuggire e si stupì di scoprirsi furioso alla vista di
quell’uomo toccare il suo
Spaventapasseri. Voltò stancamente la testa e vide
l’uomo pipistrello tentare di liberarsi il più in
fretta possibile del blocco di ghiaccio ai suoi piedi. L’
ultimo pensiero che ebbe prima di perdere i sensi fu che finalmente
aveva capito cosa avesse spinto Crane a preferire l’uomo del
ghiaccio a lui.
Never...!
(Mai…!)
**
Batman si sentiva sconfitto, seppure ancora in piedi ma il fatto che
Freeze gli fosse sfuggito bruciava come ghiaccio sul suo orgoglio (se
maneggiato a mani nude, il ghiaccio provoca ustioni simili a quelle del
fuoco). Per lo meno, i diamanti per l’asta di beneficienza
erano stati abbandonati; non si poteva dire lo stesso per i gioielli
dei suoi ospiti ma, da qualche parte in lui, Bruce si sentiva contento
per questo. Ora non restava che sparire prima dell’arrivo
della polizia e delle ambulanze che avrebbero portato i sieri contro il
gas di Crane.
Si voltò a controllare la situazione – ancora
caotica e macabra – alle sue spalle, abbracciando con lo
sguardo l’intera sala e qualcosa nella coda
dell’occhio colpì la sua attenzione, qualcosa di
scuro, lucido e strabiliante, affascinante come un gatto nero.
Dopo un’agile e fluida corsa, la figura arrivò con
un balzo sul davanzale di una finestra, troppo lontana da lui per
sperare di arrivare in tempo a fermarla e comunque qualcosa
sembrò tenerlo inchiodato sul posto. Quando quella
silhouette di pelle scura si fermò, riuscì a
distinguere chiaramente una donna sotto quei panni. I loro sguardi si
incrociarono ma troppo tardi Batman notò la borsa di Poison
Ivy, piena di diamanti, sulla sua spalla.
“Miaou.”
Gli strizzò l’occhio prima di saltare, scomparendo
nella notte. Quella gatta era riuscita a lasciare il pipistrello troppo
allibito anche solo per pensare di muoversi… ma da
dov’era uscita? E chi era? L’avrebbe rivista? Cosa
diavolo c’era a Gotham che sembrava attirare tutti i matti
del mondo?!
FIRE
(Fuoco)
Is
the outcome of hypocrisy,
(è
la conseguenza dell’ipocrisia)
Darkest
potency!
(La
Potenza più oscura)
In
the exit of humanity,
(Nella
fine dell’umanità)
Color
our world Blackened!
(Colora
il nostro mondo oscurato!)
Diamanti.
Quelle pietre le sarebbero potute bastare probabilmente per vivere bene
tutto il resto delle sue nove vite.
Questo, certo… se non si trattasse per l’appunto
di una donna.
E svanì anche lui nella notte, convinto che avrebbe rivisto
quella ladruncola molto presto, solo il suono delle varie sirene
restò a riempire l’aria della sala.
BLACKENED.
(Oscurato.)
|
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Capitolo 2 *** Someone must get hurt. ***
Per Ilaria1993:
Ciao bella, che piacere mi ha fatto leggere la tua recensione e sapere
che hai gradito molto la prima storia, aspettando con ansia il seguito!
I tuoi dubbi mi pare di averli già chiariti via msn, eccetto
mi pare sul fatto che l’Enigmista starebbe con Ivy xD! A
questa domanda provvederà questo capitolo a rispondere per
bene! Comunque, Crane sicuro di sé non può
esistere… sul campo di battagli a forse, ma resta comunque
il ragazzetto indeciso, confuso e goffo che tutti amiamo *_*! Se questa
storia è secondo te “praticamente
perfetta”, è tutto merito di
‘rinnie’, la mia beta e consigliera! Spero che
questa continuerà a piacerti, davvero, nonostante i bruschi
colpi di scena che ho inserito più in
là… e a proposito non so se te l’ho
detto, ma Joker comparirà nel terzo capitolo, come sempre in
maniera esplosiva xD! Ora ti lascio alla lettura, ci sentiamo presto,
un abbraccio!
Per LadyBlack: Ciao,
ben trovata xD! Ahah! Sì so di aver creato un casino senza
spiegare bene ciò che è accaduto per arrivare a
questo ma durante i capitoli della storia tornerà tutto a
galla, le ragioni che hanno spinto Crane e Harvey a lasciarsi,
perché si odiano tanto, come abbia fatto Nigma a seguire Ivy
(si scoprirà proprio in questo capitolo) e tutto si
risolverà come si può dedurre dal mio stile xD!
Non ti anticiperò assolutamente la conclusione
però alla fine nulla resterà sospeso ;)! Nella
trama intendevo proprio Harley Quinn e so che anche a proposito di
Freeze sono stata enigmatica ma posso giurarti che tra loro non
c'è ne ci sarà mai nulla, Crane per lui prova
solo una stima che sconfina nell'adorazione ^^. Ora ti lascio al
capitolo sperando che ti piaccia e di leggere altre tue recensioni ^^!
Un abbraccio, alla prossima.
Per Sychophantwhore: Ciao,
bentornata xD! Beh sì lo stile, come ho spiegato nelle note
è il chaos più totale ^^"... spero
risulterà sempre comprensibile comunque! Ammetto, seppure a
malincuore che anche io scrivendo continuavo ad immaginare
Schwarzenegger -_-. Ma va bene in fondo si prestava almeno fisicamente
no ;)? Già però la faccia mica tanto, ma! Andiamo
avanti che è meglio xD... per quanto riguarda i pensieri che
Joker ha a proposito di Nigma ed Ivy li riservo per i prossimi capitoli
e sì, il clown tornerà presto, nel prossimo!
Ebbene no, tra Crane e Joker non c'è stato niente di troppo
fisico anche se per come l'avevo progettata io, al pagliaccio avrebbe
fatto piacere 'convertire' Crane alla sua follia (un po' ciò
che ha fatto con Harley), strapparlo alle braccia di Dent e creare un
bel threesome con lui ed Eddie xD! Ma diciamo che si è
trattenuto :P! Duefacce normale mica tanto, come puoi vedere ormai non
ha altro che rabbia e amarezza dentro di sè...! Per quanto
riguarda Dick no, lui per come l'ho giostrata durante la prima storia
era a San Francisco, a fare 'il terrorista' con la sua ex ragazza xD!
Beh Dick da grande è diventato un tipetto poco
raccomandabile davvero ed infatti sono sicura che ti piacerà
alla fine di tutto xD! Anche io odio tutti i Robin quindi no, nessun
altro mocciosetto in calzamaglia O_ò! Sia Joker
che Harley spunteranno insieme, in modo esplosivo, tranquilla! Ho
grandi progetti per loro, alcuni molto... sanguinari *_*! Ora ti lascio
al capitolo, scusami se la recensione è corta e poco chiara
però vado troppo di fretta, ci sentiamo meglio molto presto
però ^^! Un abbraccio, spero davvero ti piacerà
questa storia :P! Bacioni!
Per Boopsie: Ciao
sono contenta ti piaccia l'inizio di questa nuova storia ;)! Spero
continuerai a seguirla, ho inserito più di qualche colpo di
scena ma alla fine tutto si risolverà! Yay! Il clown
arriverà con la sua pazza compagna nel prossimo capitolo,
facendo, come suo solito, il botto! Ti ringrazio per tutti i
complimenti e gli incoraggiamenti e scusa se sono poco in vena di
dialogo, vado di fretta ma parleremo meglio molto presto ^^! Un
abbraccio, ti lascio al capitolo, a presto!
XxX.SilverLexxy.XxX
PRETEND THE WORLD HAS ENDED:
La canzone usata per
questo capitolo è “Someone must get
hurt” di “She wants revenge”.
Capitolo 2: Someone must get hurt.
Intro.
Che cos’è la vita di un uomo se non andare avanti,
giorno dopo giorno sforzandosi sempre di seguire se stesso senza mai
piegarsi a compiere azioni contro la sua volontà o natura?
Un farsi rispettare, camminando a testa alta e gridando alle sorde
orecchie del mondo ‘Io
sono così, ci sono e provate solo a buttarmi giù!’?
Questo Nigma lo sapeva benissimo, lo aveva sempre saputo sebbene ormai
riusciva a ricordarsene solo nei brevi e preziosi momenti di
lucidità prima che Poison Ivy stringesse
nuovamente le sue catene attorno a lui grazie al vergognoso potere dei
suoi feromoni, gettandolo continuamente in quel mondo surreale ed
ovattato dove le uniche cose che contavano erano proprio la bellezza ed
i desideri di lei; l’Enigmista, in quello squarcio irreale
nella sua mente, era poco più di una pianta che
l’Edera coltivava costantemente.
Era diventato il suo schiavo, la aiutava, la proteggeva, la scopava, ma
ogni volta che l’effetto dei suoi feromoni scompariva, prima
che lei potesse rinnovare il suo ‘sortilegio’,
Nigma tentava con tutte le sue forze di ribellarsi e riprovare ad
essere se stesso, si aggrappava ad un unico ricordo: Joker.
Un paio di volte era addirittura riuscito ad attaccarla ma poi,
improvvisamente, tornava il vuoto ed il corpo di lei ridiventava la
cosa più bella che avesse mai visto e per la quale sarebbe
morto senza battere ciglio.
**
Still Intro.
Ivy era su tutte le furie e non le bastava avere Nigma ai suoi piedi
stavolta, per tirarsi su. Lei era potente, possedeva una bellezza
infinita che nessuno le avrebbe mai potuto portare via, qualsiasi
ferita per quanto grave si sarebbe rimarginata, non avrebbe mai
conosciuto l’umiliazione di una cicatrice, ne le offese di
una ruga, ne l’imbarazzo di un qualsiasi problema di pelle,
non una malattia.
Allungò le braccia sopra la testa, stirandosi ed avvolgendo
le gambe attorno alla schiena dell’Enigmista, che si
impegnava per darle piacere; allungò una mano, affondandola
tra i lunghi capelli scuri del suo schiavo e serrò la presa,
costringendolo ad alzare lo sguardo, si era stufata di
quell’azione, non sarebbe comunque riuscita a provare piacere
in quel modo quella sera, era troppo nervosa! Lo attirò a
sé, in modo che salisse sopra di lei e stringendo poi le
mani sull’ultima parte della sua schiena, gli fece capire
cos’altro voleva.
Nonostante tutti i problemi che Nigma gli procurava, a mano a mano che
il suo corpo si abituava al veleno, Ivy non poteva lasciarlo andare per
nessun motivo, sia per la sua abilità come hacker, che per
quella come amante – davvero da non buttare via, era forse il
più bravo che avesse mai avuto – ed infine per
evitare che diventasse un suo nemico mortale; Edward, per quello che
sapeva, se libero ed assetato di vendetta poteva diventare un
avversario addirittura mortale.
Please don’t touch me,
I’ve come too
far to let you bring me down.
(Per favore non
toccarmi,)
(Sono arrivato troppo
lontano per lasciare che mi trascini giù)
Per questo aveva dovuto allontanare Joker da lui all’inizio,
alla sola vista del clown, il suo bel fiore diventava improvvisamente
difficile da comandare, continuava a ribellarsi e rivoltarsi contro di
lei, mentre il pagliaccio insisteva continuamente nel non voler
rinunciare al suo ex; non importava quanto si impegnasse per
sconfiggerlo, imbrogliarlo o ipnotizzarlo, quel saltimbanco aveva
sempre un asso nella manica, riusciva sempre a vincere contro di lei e
ciò non le piaceva.
A lei non piaceva essere sconfitta, odiava venire umiliata e non
c’era nulla che le avesse mai bruciato più delle
risate di quel clown mentre la derideva e sembrava riuscire a gettarla
nel fango con uno schiocco di dita, con una sola parola. Joker aveva
toccato tutte le sue corde sensibili come nulla fosse, non avrebbe mai
potuto perdonarlo, figurarsi restituirgli Nigma.
Lei si lasciò andare ad un gemito, adorando la sensazione
che le dava essere penetrata, no lei non sarebbe mai stata inferiore a
nessuno, quel clown non l’aveva neppure toccata con le sue
parole, erano solo bugie, vili insinuazioni campate in aria, lei era
bella, lei aveva tutto, Nigma era suo e lo sarebbe stato
finché non si fosse stufata di lui o fosse morto, il che era
la stessa cosa.
Tu pensi davvero che ti
lascerò tenere Eddie? A te che per conquistare un
po’ di fiducia in te stessa hai dovuto aspettare di diventare
una pianta? Tu bella, eh? Oh oh oh ah ah oh! Per te non sprecherei
neppure il coltello.
Al ricordo delle parole denigratorie di Joker, sentì
l’irritazione montare in lei e, con una mano sulla schiena
del suo amante, affondò le sue unghie affilate nella carne
del suo schiavo, lasciando una serie di graffi, e riuscendo senza
fatica a passare la barriera della pelle aprendo delle piccole ferite,
che iniziarono a sanguinare.
He thinks that I’m easy,
But try as you might, you
can’t have me now.
(Lui pensa che io sia
facile)
(Ma provaci come vuoi,
non mi avrai adesso.)
Non era vero, quelle parole erano solo menzogne, lei era bella, lei era
perfetta e quello sciocco clown era solo invidioso perché
ora Edward era nelle sue mani e non l’avrebbe mai tradita,
non sarebbe mai più tornato da lui, era suo, suo, suo!
Tornò con la mente invece al confortante ricordo della sua
faccia deturpata e dipinta, mentre veniva catturato e spedito diretto
ad Arkham proprio per opera del suo adorato Enigmista… era
impagabile ed in quell’occasione fu lei a ridere per ultima.
Il clown non poteva ancora sapere che i suoi feromoni avevano e come
erano stati facilmente capaci di soggiogare il suo – ormai ex
– fidanzato, perciò Joker sembrò
essersi rassegnato, seppure con dolore e si era trovato una compagna
per lui ideale, un’altra pazza come lui, la sua
‘Arlecchina’, la dottoressa Harleen Quinzell, che
poteva ricordare dai tempi dell’università, mentre
lei studiava psichiatria, Pamela si impegnava in botanica.
Ora quella streghetta bionda si faceva chiamare Harley Quinn.
Ma Pamela sapeva benissimo cosa si provava ad essere innamorati,
arrivare a sacrificare se stessa, il proprio orgoglio e la propria
dignità per qualcuno che probabilmente non faceva che
usarti; ma ora non voleva pensare al dottor Woodrue, lui non
c’era più adesso, aveva avuto la fine che meritava
per il suo tradimento, aveva abbracciato la morte ed era sparito con un
bacio.
Il primo bacio della neonata Poison Ivy, subito dopo la morte
spirituale di Pamela Lillian Isley, che non esisteva forse
già più, lei non era umana, si era lasciata alle
spalle tutte quelle imperfezioni e debolezze, ora era potente,
imbattibile ed impenetrabile, non avrebbe mai più sofferto,
non si sarebbe mai più lasciata usare, perché
l’Edera velenosa era perfetta.
Sentiva il suo schiavo muoversi dentro di lei ed il piacere
iniziò a salire, sempre più, cancellando ogni suo
dubbio o pensiero per qualche secondo, si lasciò andare ad
un grido di giubilo una volta raggiunto l’orgasmo,
immediatamente seguita dall’Enigmista che però non
sembrò trarne altrettanto piacere ma di questo a lei non
importava, era sufficiente che fosse lì con lei e che fosse suo, nonostante
tutti i problemi che le causava e tutto sempre in nome di quel
desiderio, il più importante, di spazzare via
l’umanità e riportare il mondo allo stato
originale, dominato solo dalla natura, finché non sarebbe
stata inghiottita lei stessa dalle sue amate piante.
Those tedious dances we run
through,
But I’ve
memorized them now.
(Queste noiose danze che
continuiamo a ballare)
(Ma ricordo i passi a
memoria adesso.)
A tutto questo pensava, e soffiò un bacio sul viso
dell’Enigmista, incatenandolo ulteriormente a sé e
cancellando quella scintilla nei suoi occhi; per quanto ancora sarebbe
stato in grado di combatterla? Erano molti mesi ormai che insisteva
nell’uscire dalla sua ipnosi, presto o tardi avrebbe
annullato completamente questa sua volontà ed il clown che
sembrava dargli tanta forza sarebbe per sempre scomparso dal suo cuore
e dalla sua mente. Ci sarebbe stata solo lei e gli sarebbe bastata!
Perché lei era bellissima.
**
Jonathan Crane era furibondo ma non ce l’aveva col dottore:
lui aveva avuto, in fondo, tutte le ragioni per arrabbiarsi; no, ce
l’aveva con se stesso.
Tutte le volte si riprometteva di non uscire di testa, eppure bastava
anche solo il pensiero di Duefacce ad attraversargli la mente per
mandarlo su tutte le furie; avrebbe dovuto prendere i diamanti e
lasciare che Harvey ammazzasse Poison Ivy, l’eliminazione
dell’inopportuna presenza dell’Edera sarebbe stata
un vantaggio enorme per loro.
I quietly melt down,
And consent to you, if
only just to bawl.
(Silenziosamente mi
sciolgo)
(E ti consento, anche se
solo di gridare.)
Invece per colpa sua avevano perso sia le – per Freeze
preziosissime – pietre, che l’occasione di
eliminare l’unica loro rivale attualmente
‘pericolosa’. L’uomo di ghiaccio aveva
avuto ragione ad urlargli contro, quella sera lo aveva visto per la
prima volta arrabbiato; si era sentito una nullità vedendolo
letteralmente fiondarsi fuori dalla porta, diretto probabilmente nella
stanza dove teneva custodita sua moglie, aveva preferito quello
piuttosto che mettere le mani addosso al suo alleato.
La refurtiva presa agli ospiti comprendeva ben pochi diamanti e per lo
più di piccola taglia, quindi a causa sua ora dovevano
sbrigarsi ad agire nuovamente o il dottore sarebbe morto, la sua
armatura avrebbe presto cessato di funzionare e lui non avrebbe mai
potuto sopravvivere al di fuori di essa.
Non era molto la prospettiva della morte a torturare Freeze, Crane lo
sapeva, piuttosto era il non poter più trovare la cura per
le sindrome di McGregor e salvare la vita di Nora Fries, sua moglie.
Le loro ricerche però, ormai da molti mesi, erano ferme e
non riuscivano a fare nessun passo avanti nonostante disponessero di
un’intera troupe e delle più avanzate
attrezzature, anche le risorse economiche non erano mai state un
problema.
Spaventapasseri posò sul tavolo il tabulato che aveva in
mano, non riusciva a concentrarsi quella sera, quindi si diresse fuori
dal laboratorio e lasciò che le gambe lo guidassero fino
alla stanza dove Nora Fries riposava nel ghiaccio, ignara di tutte le
nefandezze di cui si stava macchiando suo marito pur di curarla.
Lui non era come il dottore, lui aveva scelto quella strada per il suo
egoistico bene, non gli era mai interessato nulla degli altri o dei
loro sentimenti, eccetto per quello della paura. Lentamente
camminò fino a fermarsi davanti alla teca, trovandosi faccia
a faccia col corpo congelato della donna; ogni volta che passava
davanti quella camera criogenica si sentiva freddo anche lui, a sua
insaputa la signora Fries era diventata l’insostenibile
simbolo di un amore impossibile, di un ricordo irraggiungibile che
può smuovere le montagne, del sacrificio e di molte altre
cose troppo pesanti perché Crane avesse anche solo voglia di
pensarci.
I call for the witness,
Present the facts right
down to little things.
(Chiamo i testimoni)
(Espongo i fatti fino
all’ultimo dettaglio.)
Quelle erano cose che Jonathan non aveva mai conosciuto e che avrebbe
fatto di tutto per non arrivare mai ad entrarvi in
confidenza… a volte odiava quella figura a malapena
distinguibile nel ghiaccio perché lo faceva sempre pensare a
Duefacce, a tutte le volte che lo aveva tradito macchinando alle sue
spalle, che gli aveva raccontato bugie o taciuto importanti
verità, lui ad Harvey non aveva mai dato neppure una
briciola di se stesso ed odiava quanto questo bruciasse questa
realizzazione – sopraggiunta tardi – ed il ricordo
di Harvey che glielo rinfacciava.
Ma d’altronde lui e Duefacce si erano resi conto fin troppo
presto che il loro rapporto non avrebbe funzionato affatto, che erano
troppo diversi da Joker e Nigma, loro non riuscivano ad essere anche
alleati oltre che amanti e, nell’ultimo periodo della loro
storia, l’unico momento in cui si ritrovavano davvero era a
letto quando, dopo una notte di sesso arrabbiato e violento, riuscivano
a restare calmi l’uno tra le braccia dell’altro ma
sapevano che non sarebbe mai bastato, che stavano raggiungendo una
fine.
Rendendosi conto di questo, Harvey aveva tentato il tutto per tutto, lo
aveva pregato, si era messo ad urlare, prendere a pugni i muri, aveva
fatto promesse, pensando che loro potevano entrambi cambiare se lo
avessero voluto, così lo aveva trascinato in un viaggio,
loro due da soli.
Quei quindici giorni a Cayo Largo per Crane erano stati davvero
stupendi e Harvey aveva dato fondo al suo conto in Svizzera per
comprare lì una casa con spiaggia privata ma in fondo, non
potevano pretendere di risolvere i loro problemi in quel modo, come una
qualsiasi coppia normale avrebbe fatto, loro erano tutto
fuorché persone normali.
Al loro ritorno si erano accorti fin troppo presto che tutti i problemi
li stavano aspettando con impazienza a Gotham, non erano riusciti a
risolvere proprio nulla, non sarebbero passati sopra alla loro natura
così facilmente, neppure per difendere quel
‘noi’ di cui amavano ingenuamente riempirsi la
bocca i primi tempi.
They say the heart is resilient,
in black and white,
You swore
there’d be no strings.
(Loro dicono che il
cuore è elastico, in bianco e nero)
(Tu giuri che non ci
sarebbe nessun legame.)
Spaventapasseri aveva ragione, se lo ripeteva di continuo e la signora
Fries poteva stare nella sua teca gelida anche per sempre, esposta agli
occhi degli altri come un animale raro allo zoo; perché un
amore come quello che rappresentava a suo parere era come una chimera,
un’utopia, fantascienza, pura invenzione dei sensi.
Eppure Jonathan restava lì, la schiena appoggiata contro il
muro a fissarla negli occhi chiusi come se potesse parlargli, rivelando
chissà quale segreto per raggiungere la felicità
di cui lei non poteva più godere. Illusione? Freeze era
davvero così affezionato e dedito a lei come stava mostrando
ora, che non poteva più averla?
Tutto arrivava ad una fine, tutto.
Lui e Duefacce erano finiti, il suo mondo era crollato, Batman stesso
sembrava essersi chiuso in un guscio di insoddisfacente pigrizia
– se fosse stato in sé, li avrebbe già
sgominati tutti, ghiaccio o no – e perfino Joker e Nigma
– ai suoi occhi, loro erano la coppia perfetta, non avrebbe
mai creduto di veder cadere anche loro, forse il vero colpo
all’amore era stato quello – ora erano finiti.
Perché? Eppure all’inizio sembrava tutto
così facile, si era abituato subito al clima famigliare
della loro casa, era arrivato a guardare a loro come se fossero stati
in un certo senso i suoi genitori o fratelli più grandi, col
loro esempio sembrava tutto così facile, veniva
così naturale a Crane svegliarsi ogni mattina tra le braccia
di Duefacce, scambiarsi sorrisi e passione, convincerlo nonostante i
suoi continui rifiuti ad andare a trovarli, guardare Edward smanettare
sul computer mentre Joker provocava Harvey, che in risposta lo
minacciava di morte ogni volta e tutto questo lo divertiva!
I sneak out the back door,
But the gavel strikes
(Sguscio fuori dalla
porta dul retro)
(Ma come un martello,
colpisce)
Sì, lui rideva
allora, non importava quanto la situazione fosse seria o dissacrante,
non importava delle insicurezze né dei dubbi, riusciva ad
amare Harvey con una facilità estrema quando stava vicino a
Joker e Nigma perché loro, ai suoi occhi, erano la prova
vivente del fatto che nulla era impossibile, che l’amore
esisteva e che non c’era nulla di cui aver paura, in quel
sentimento chiamato ‘amore’ non c’era
nulla di spaventoso. Col loro esempio davanti agli occhi, riusciva a
calmarsi quel tanto che bastava per lasciarsi andare e fidarsi di
Harvey. Com’era possibile? Come poteva il rapporto tra lui e
Duefacce dipendere dal loro in questo modo?
Sembravano passati secoli dall’ultima volta che si era
concesso una risata…
“Tutto bene?”
La voce improvvisa dall’ombra lo spaventò e
portando istintivamente la mano al petto, si voltò,
trovandosi davanti la figura argentea del suo collega che lentamente
avanzava nella stanza, mettendosi anche lui di fronte la camera
criogenica ma senza bloccare la visuale di Jonathan, restarono in
silenzio per un po’, il dottore non si aspettava davvero una
risposta alla sua domanda, era ovvio che Crane non stesse bene, visto
che aveva scelto di chiudersi in quella stanza da solo e lo conosceva
fin troppo per pensare che si sarebbe aperto con lui, in fondo,
Spaventapasseri lo sapeva, non gli interessava neppure ciò
che lo stava tormentando.
Freeze sembrava una statua di ghiaccio in quel momento, immobile a
guardare sua moglie, davanti a sé, ad appena pochi metri da
lui eppure così irraggiungibile, doveva sembrargli una presa
in giro.
“Certe cose sono inevitabili. I perché raramente
servono e ci tengono inchiodati, l’ho capito io che ormai ho
ben pochi sentimenti da provare, credo che farebbe bene anche a te
lasciare un po’ di analisi nel cassetto.”
Lo irritava.
A non finire.
Perché Freeze improvvisamente gli stava dicendo quelle cose?
Non ci riusciva, nonostante i mille tentativi di seguire ‘il
cuore’ e tutte quelle scempiaggini simili, lui restava
comunque ‘il dottore della mente’ e doveva
controllarsi, non doveva lasciarsi andare, non dopo Harvey,
l’assenza del suo ex lo aveva fatto ripiombare in quel
labirinto che era la sua mente, una volta, ricordava che era proprio
Duefacce a tirarlo fuori dai vicoli ciechi in cui si infilava, come se
Crane fosse una trottola e lui il bambino che la fermava.
Lo aveva amato davvero e tanto, di questo ne era sicuro, nonostante
tentasse spesso di convincersi del contrario.
Che bisogno aveva il suo alleato di dirgli una cosa simile,
perché? Non voleva sentire quelle cose, non voleva essere
costretto a rifletterci sopra, non bastava a Freeze che si fosse
mostrato con lui molto più leale di quanto avesse mai fatto
con Harvey? Ancora non gli era sufficiente? Sì, aveva
sbagliato, ma che diavolo pretendeva da lui?!
And I can hear you cry under the
sound of my footsteps.
(Ed io posso sentirti
piangere sotto il suono dei miei passi.)
“Devo andare a finire un esperimento.”
Rispose semplicemente e lo lasciò solo con sua moglie,
seguito dai suoi occhi gelidi, ma il dottore non tentò
neppure di trattenerlo, non si sarebbe voltato; no, non stava
scappando, lui non aveva paura di niente, anzi lui la dominava, la
paura! Cristo, non voleva più pensare, aveva bisogno delle
sue formule e dei suoi macchinari, ora voleva solo tornare nel
laboratorio e sperimentare nuove applicazioni per il suo gas. Solo
quello contava, lui era
il signore della paura. Questo non glielo avrebbe potuto
togliere nessuno e solo Spaventapasseri non lo avrebbe mai abbandonato.
**
Un cuore ormai fermo, sepolto sotto una calotta gelida, eppure quel
muscolo ormai inutile si ostinava a causare ancora dolore a Mr Freeze.
In piedi davanti alla camera criogenica in cui riposava sua moglie,
ripensava a lei, alla sua voce quando, con dolcezza, lo chiamava per
nome.
“Victor…!”
Gli diceva con tono di avvertimento, guardandolo di sbieco ma senza mai
perdere quel sorriso dolcissimo e furbo che lui adorava tanto.
Pensava a lei di continuo, qualsiasi cosa facesse era per lei, anche
quelle che non avrebbe mai approvato, che neppure lui avrebbe mai
accettato in passato ed a volte pensava che se – no non
‘se’ ma quando
– fosse guarita, lei non lo avrebbe certamente più
voluto, non avrebbe mai amato il mostro che era diventato.
Abbassò lo sguardo sul pavimento, si allontanò a
passi lenti, seguendo il tragitto che aveva fatto Crane appena qualche
minuto prima, non riusciva a pensare molto bene quella sera, neppure
nella pace che gli dava la presenza silenziosa di Nora.
Crane riusciva a diventare un’idiota quando si arrivava a
Duefacce ma nonostante questa sua pericolosa debolezza, Freeze non
riusciva a liberarsi di lui e non perché gli fosse poi così indispensabile.
Certo era utile ma non sempre quel gioco valeva la candela
come gli aveva ampiamente dimostrato la sera precedente.
This time there will be no long
goodbye.
(Stavolta non ci
sarà nessun lungo addio.)
L’assurda verità era che lui riusciva a
rispecchiarsi nello Spaventapasseri, per certi versi, gli ricordava
molto - forse troppo - se stesso, quindi poteva capire molto bene i
sentimenti dell’ex psichiatra, probabilmente meglio di quanto
egli stesso sarebbe mai in grado di fare, perché
l’amore rende inevitabilmente ciechi e sordi e Jonathan non
riusciva a capire che, la passione con cui lui e Duefacce si odiavano,
non poteva essere altro che amore.
Tutto questo però non andava assolutamente bene per i loro
piani, non poteva perdonare Crane per ciò che aveva fatto,
era praticamente colpa sua se quella rapina era risultata un totale
fiasco; aveva ingaggiato una lotta con Batman, esaurendo quasi
completamente la sua energia solo perché fiducioso che del
resto si sarebbe occupato Spaventapasseri e la sua delusione era stata
totale quando invece lo aveva trovato impegnato nel tentativo di far
fuori l’idiota del suo ex.
Freeze portava per Duefacce quel tanto di rispetto che poteva meritare
un avversario della sua imponenza, lo ammirava per la battaglia che
riusciva a sostenere nonostante non disponesse di particolari mezzi o
poteri come i suoi, ma ciò non toglieva che il suo scarso
autocontrollo lo collocava, nella sua ottica, più al livello
di un animale, che di una persona e non capiva come avesse fatto
Spaventapasseri a sceglierlo come suo compagno e restargli vicino per
oltre un anno.
As I stare through you and I
stand quite still
(Mentre ti guardo e
resto in piedi, fermo)
Quando Crane lo guardava, aveva sempre gli occhi pieni di una vera e
propria adorazione nei suoi confronti, cosa che era sempre rimasta
invariata dai tempi dell’università senza cambiare
neanche dopo il loro ultimo incontro appena pochi mesi fa, quando
Freeze era tornato ad approcciarlo appena dopo il suo fiasco con
Duefacce; lo psichiatra lo aveva riconosciuto immediatamente nonostante
il ghiaccio che lo invadeva dentro e fuori, sul suo viso
c’erano diversi lividi ed il suo braccio destro era rotto,
non ci voleva un genio per capire che era tutta opera di Dent.
And a alarm sounds just up the
road
(Ed un allarme suona, giusto in
fondo alla strada.)
Non aveva accettato subito di allearsi con lui, evidentemente in preda
ad una più che totale sfiducia nei confronti del prossimo ma
alla fine lo ricontattò con una – seppure
all’inizio poco convinta – risposta affermativa ed
era arrivato a stimarlo in modo quasi reverenziale quando aveva appreso
che Freeze non provava più nessun sentimento, una cosa che,
per quanto ci provasse, Crane non avrebbe mai potuto emulare.
I can tell you’d like
come sympathy
(Capisco che ti
piacerebbe un po’ di comprensione)
Lui non provava nulla, non poteva affezionarsi a nessuno, tantomeno a
Crane; no, non si trattava di quello perché anche volendo,
non sarebbe riuscito sentire,
non lui, non l’uomo di ghiaccio, non il criminale insensibile
che era diventato, ma era curioso, avrebbe voluto sapere come sarebbe
andata a finire tutta quella storia e forse era inevitabile che un
giorno lui e Duefacce sarebbero arrivati a risolvere questa stupida
lotta con loro stessi, che li spingeva irrimediabilmente verso la morte
che però, non necessariamente era l’unica
soluzione possibile.
But I can’t fix you and
you don’t want me
(Ma io non posso
aggiustarti e tu non mi vuoi)
Aspettava e intanto decideva cosa fare di Jonathan, non poteva
più rischiare di portarselo appresso ora che Duefacce era
entrato nelle danze, non poteva permettere un altro colossale fiasco
come quello della sera precedente, gli avrebbe chiesto di restare
indietro, continuando i suoi studi nel laboratorio, l’unico
posto ormai in cui si sentisse al sicuro in mezzo a tutte quelle
macchine fredde ed inanimate.
**
Batman si era sempre sentito a suo agio nella batcaverna, luogo oscuro
vuoto, umido e dal sapore antico, pareva racchiudere splendori ormai
passati ed irraggiungibili, proprio come il suo cuore; poteva lavorare
bene lì, riuscendo il più delle volte a non
pensare a nulla e grazie a Dio, questa era una di quelle.
Aveva appena finito di catalogare le misteriosa figura incontrata la
sera precedente, la donna gatto che si era impossessata della refurtiva
abbandonata da Ivy e Freeze, facendogli letteralmente fare la figura
del cretino.
Improvvisamente si ritrovò a pensare.
All’inizio, a quando tutto era molto più facile ed
i folli a Gotham non erano poi così tanti, né
altrettanto pericolosi; ripensò a Crane, a Duefacce
– l’ormai deambulante tomba di Harvey Dent
– che era stato l’unica vera speranza di Gotham, il
suo più grande fallimento… gli tornò
in mente Joker, quanto lo aveva odiato e quanto alla fine fosse invece
arrivato ad amarlo, completamente e stupidamente.
Il suo sorriso di Glasgow era ancora una volta tornato a tormentarlo,
il clown era sparito, perso nella grandi strade illuminate di
Metropolis, dove lui non poteva arrivare, dov’era il
territorio di Superman e del suo avversario, Lex Luthor.
How can I trust you? How could
you need me now?
(Come posso crederti?
Come puoi aver bisogno di me adesso?)
Cristo, cosa gli era rimasto? Come poteva non sentirsi piccolo di
fronte a tutto questo? Ai suoi sentimenti, allo sfacelo che stava
invadendo Gotham, avanzando come una nuvola di pestilenza, come
ghiaccio, come una giungla incolta e pericolosa, tutto stava diventando
sempre più buio e lui da tempo non riusciva più a
sentirsi il signore della notte. Allora Bruce Wayne si
voltò, come sempre verso il costume vuoto
dell’uomo pipistrello; sapeva che non poteva lasciarsi
andare, che comunque era destinato a restare per sempre
un’ombra e nulla più, solitaria, misteriosa e
violenta.
Neppure il ricordo di Joker riusciva ad aiutarlo in momenti come
quelli, aveva dimenticato tutto ciò che il clown gli aveva
lasciato, gli pareva quasi di stare mancando di rispetto ai loro
sentimenti – seppure impossibili, erano sinceri –
ed a tutto ciò che avevano rappresentato l’uno per
l’altro.
Come se non bastasse aveva avuto la sua ennesima lite con Nightwing; il
piccolo Dick era cresciuto e, come spesso accade, in un modo che Bruce
non avrebbe mai immaginato, a partire dalla sua collaborazione coi
Titans – di cui poi era diventato il leader –, un
gruppo di sedicenti eroi, che si vantano di poter far meglio della JLA,
ma che - solamente - impegnavano il proprio tempo nel risolvere vicende
personali.
Bruce faticava a credere che quegli ‘eroi’ avessero
degli ideali o regole etiche ben definite e si domandava se ora le cose
sarebbero state diverse, fosse lui stato in grado di capire, di essere
per Dick la figura paterna di cui sembrava aver avuto – e
sentire ancora – un disperato bisogno. Era davvero tutta
colpa sua, allora.
La caduta libera – che ancora andava avanti – di
Dick, la comparsa a Gotham di tutti questi nuovi bagagli di follie,
quegli ‘scherzi della natura’, come ormai venivano
definiti da tutti… per lui era impossibile offrire alla
città un simbolo che potesse essere davvero di esempio, la
città aveva bisogno di qualcosa che il vigilante oscuro non
poteva diventare, era un posto che Batman non meritava neppure, che non
sarebbe mai riuscito ad occupare.
It’s getting to be so
cold, old.
(Sta per diventare
così freddo, vecchio.)
L’uomo pipistrello era solo un palliativo, un vuoto placebo,
lui non avrebbe mai potuto essere ciò che, seppur per breve
tempo, era stato Harvey Dent nella sua fulgida lotta, solo contro
tutti, contro il male. Dent era una supernova, mentre lui non era altro
che un buco nero che risucchiava nella sua spirale oscura ogni cosa gli
si avvicinasse quanto bastava e l’esempio vivente di
ciò era proprio Nightwing.
Ed ora, Batman non riusciva più a sentire, dentro di
sé, la speranza che…
Che esista davvero l’amore, che davvero la giustizia possa
trionfare, che non sarebbe mai arrivato il giorno in cui davvero
sarebbe finito tutto.
Gotham era sull’orlo dell’abisso.
**
Harvey Dent era addirittura troppo stanco per essere furioso come
dovrebbe, come non riusciva a non essere da due anni, ormai.
Quella era stata la prima volta in cui si fosse mai trovato davanti a
Mr Freeze, gli era arrivato così vicino e non poteva credere
di aver davvero. Avuto. Paura.
Aveva capito solo in quel momento perché Crane avesse scelto
lui come alleato, cosa avesse visto, cosa lo avesse incantato di
quell’uomo di ghiaccio ovvero la sua potenza e carisma
sconfinati.
Quando il bicchiere si spaccò improvvisamente nella sua
mano, senza che si fosse neppure accorto di stare stringendolo, Harvey
sembrò risvegliarsi da quel torpore che lo aveva invaso da
quando si era risvegliato, dopo che i suoi uomini lo avevano portato in
salvo, svenuto, da quel maledetto party.
Ora la rabbia era tornata, di nuovo, sua compagna fedele e
sentì i denti stridere mentre fissava la sua stessa mano ora
coperta di sangue.
The decision is here that I
won’t break
(La decisione
è presa ed io non mi tirerò indietro)
“Che stronzo!”
Parole senza una vittima, come una pallottola sparata nel buio o verso
il cielo, avrebbe potuto centrare se stesso o Crane o Mr Freeze
indifferentemente.
Crane, perché nonostante tutto il loro impegno adesso
sembrava riuscire a fare con l’uomo di ghiaccio tutto
ciò di cui con lui non era stato capace: essere fedele.
Freeze, perché era riuscito a conquistarlo e tenerselo senza
fare praticamente nulla, senza il minimo sforzo, senza meritarlo, senza
forse neppure accorgersene.
Ed infine lui stesso, Harvey Duefacce, lo stronzo per eccellenza che
ancora adesso, nonostante tutta la furia omicida che lo invadeva, non
riusciva a distruggere definitivamente l’amore che provava
per Jonathan e si sarebbe preso a pugni da solo per questo.
And you cut, ancd you run
With our lives at stake.
(E tu ci dai un taglio e
tu scappi)
(Con le nostre vite in
gioco.)
Era ancora incatenato da questo sentimento, da quelle sensazioni che
gli amplificavano tutto, che gli facevano vedere rosso,
perché continuava ad infuriarsi, a scalciare ed isterizzare,
eppure non serviva a nulla perché quella mente –
fragile nonostante le apparenze – e quel corpo piatto e goffo
lo tormentavano ancora, giorno e notte ed ogni scusa era buona per
prendere a pugni i muri, per ammazzare qualcuno a calci, per urlare,
per rompere gli specchi, e sbam!
Well, someone might get hurt and
it won’t be me.
(Bene, qualcuno potrebbe
farsi male e non sarò io.)
L’ennesima crepa si aprì, sottile, camminando
lungo il muro per qualche centimetro, fece tremare il fuoco nel camino
per un secondo, fece rovesciare il vino e Duefacce sentiva che non.
Poteva. Farci. Niente.
“Quanta forza, se solo sapessi dove indirizzarla.”
Una voce di donna attirò la sua attenzione su un corpo
vestito di pelle, su una maschera a coprire un viso delicato ma sicuro,
quella vista non fece che farlo incazzare ancora di più ma
si ricompose, raddrizzò la schiena e mascherò
l’ira per quel tanto che bastava da permettergli di scoprire
cosa volesse quest’altra folle.
“Chi ti ha fatta entrare?”
Chiese, purtroppo conscio che solo nel suo occhio sano la furia fosse
impossibile da celare – come solo le sue spalle mostravano
quanto si stava divertendo mentre rideva – e che se la donna
fosse stata una brava osservatrice, avrebbe indovinato in un attimo.
“Io entro dove voglio, signor Dent.”
“Attenta ragazza, potresti lasciarci lo zampino,
stavolta.”
“Miaou…”
**
Catwoman sembrava offesa dalle risposte scorbutiche e
minacciose di Duefacce, quello che probabilmente sarebbe stato il
criminale più potente e pericoloso di tutta Gotham City se
non fossero improvvisamente esplose le potenze sovrannaturali
dell’Edera e del signore dei ghiacci.
Catwoman non era tipa da tirarsi indietro di fronte ad una battaglia di
forze di volontà.
Non più almeno, non da quando finalmente Selina aveva tirato
le cuoia cedendo il suo posto alla meraviglia felina che ora stava di
fronte ad Harvey Dent.
La donna gatto non cedeva terreno, non arretrava mai di un passo, lei
credeva in se stessa perché si era trasformata in una
persona nuova.
“Peccato. Io volevo solo aiutare.”
“Aiutare?”
The decision is in there will be
no fight
(La decisione
è presa e non ci sarà nessuna lotta)
Il sorriso di Catwoman era qualcosa di straorinario, carico di fascino
e malizia, ovviamente entrambi sprecati da usare su un tipo come
Duefacce e lei lo sapeva, lo aveva capito dal primo momento che aveva
posato gli occhi su quella furia resa in forma umana ed era esattamente
per questo che aveva scelto di parlare proprio con lui.
Lei era bella di una bellezza del tutto differente da quella di Ivy,
era un fascino più maturo, felino ed imbevuto di quel
qualcosa di indefinito ma inarrestabile, indipendente e vivo.
Non era assolutamente paragonabile alla bellezza di un fiore. Lei era
lei. Selina, risorta dalle sue ceneri ora era solo se stessa e solo per
se stessa.
It might sound cold but I know
it’s right.
(Potrebbe suonare freddo
ma so che è giusto.)
“Io ho un piano, Harvey Duefacce. Ho denaro ed ho bisogno del
tuo aiuto! Non possiamo lasciare che quei due, con un potere
impossibile da definire umano abbiano la meglio. Non vorrai mica essere
soppiantato da quella Ivy o peggio… da Freeze?”
‘cause someone must get
hurt and it won’t be me.
(Perché
qualcuno dovrà restare ferito e non sarò io.)
|
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Capitolo 3 *** Dim my eyes. ***
-Eccomi qui col nuovo
capitolo, spero di non avervi fatto aspettare troppo! Dunque per prima
cosa, le recensioni: vorrei ringraziare tutti coloro che hanno
commentato la mia storia;
Ilaria1993:
Eheheh, ormai sembra che tu
sia sempre la prima a lasciare un segno del tuo passaggio, ti ringrazio
molto! Per le tue domande, allora xD: Praticamente andò in
questo modo, l'Edera si era impossessata di Eddie
(è__é), Joker ovviamente ha tentato di lottare
per riprendersi il suo uomo, non sapendo che era sotto il suo
incantesimo, quindi quando ha visto che proprio Ed lo aveva spedito ad
Arkham, si è rassegnato con dolore, poi ha incontrato Harley
e insieme sono fuggiti a Metropolis xD. Per quanto riguarda Harvey e
Crane invece sì, si mancano moltissimo a vicenda ma non lo
ammetterebbero mai neppure con loro stessi! Per Freeze, ci
sarà da aspettare ç_ç. Attendo con
ansia il nostro matrimonio xD! Ora ti lascio al capitolo! A presto, un
abbraccio!
Boopsie:
Carissima eccomi qua col
nuovo capitolo! Ti ringrazio per le tue recensioni e conversazioni
simpaticissime su msn e cellulare xD! Poveri loro, i miei
personaggi, non hanno mai un attimo di tregua xD! Aww, comunque tieniti
forte, che il bello deve ancora venire! Ma... povero Harvey, ridi di
lui xDD! Un abbraccio, alla prossima, molto, molto presto *_*!
Sychophantwhore:
Ed eccomi infine qui,
carissima xD! Per quanto riguarda la situazione tra Eddie e Joker, devo
dire che hai colto alla perfezione tutti i dubbi ed i frammi che
inserirò in questa storia xD! Ma non posso anticiparti
nulla, ogni dettaglio è rivelatore in una storia tanto
breve. Eh sì, molto più della prima
ç_ç! Ti dirò solamente che
sì, ci sarà un corpo a corpo tra Ivy ed il Joker,
a cui parteciperà anche la Quinn xD, che tra l'altro in
questo capitolo appare, e... oddio, spero di averla descritta almeno
decentemente ç_ç! Per quanto riguarda lo
"Streghetta bionda" è normale, anche se sto usando una terza
persona, comunque noterai che per ogni personaggio ho usato una
differente terminologia, quindi era Ivy a pensare quel termine xD e
viceversa tutti l'hanno chiamata - o hanno pensato di farlo - puttana
almeno una volta xD. La parte sul threesome mi ha schiantata in terra,
davvero! Grande, un abbraccio, a presto! ^^
XxX.SilverLexxy.XxX
PRETEND THE WORLD HAS ENDED:
La
canzone usata per questo capitolo è
“Jambi” dei Tool.
Capitolo
3: Dim my eyes.
Intro.
Che tipo di coppia potevano formare Catwoman e Harvey Dent, due persone
così diverse? Dove una incarnava la furbizia sensuale,
indipendente e fluida, l’agilità che poteva
aggirare o saltare ogni ostacolo, che agiva nell’ombra e ti
attirava nelle sue trappole; l’altro era invece la
quint’essenza della risolutezza, guardava il mondo con una
smorfia arrabbiata e distruggeva tutto ciò che gli si parava
davanti, l’intelligenza violenta ed un animo pratico come
pochi.
L’unica cosa che li accomunava, era la capacità di
rendere possibile qualsiasi cosa ed era proprio quello che si
apprestavano a fare.
In ogni buon piano che si rispetti servivano tre cose:
un’esca, qualcosa che si sapeva avrebbe attirato con
sicurezza matematica la loro preda; la seconda era una distrazione che
avrebbe indebolito il loro obiettivo ed allo stesso tempo garantito una
via di fuga, se le cose si fossero messe male; la terza era il colpo di
grazia per cui serviva preparazione, studio e calcoli per riuscire a
porre fine a tutto con un unico colpo diretto.
Infine, la fuga, perché un vero piano non poteva dirsi
concluso quando la missione era compiuta, bensì quando ci si
trovava a casa, al sicuro davanti al camino e con un bicchiere di vino
in mano.
Still Intro.
Naturalmente loro avevano solo la metà di tutte quelle
certezze ma se le sarebbero fatte bastare, non avevano tempo
né pazienza da sprecare e di certo non avrebbero incontrato
un periodo migliore di questo, visto che Freeze sarebbe stato fuori dai
giochi per qualche tempo vista la sua mancanza di diamanti, la risorsa
primaria che lo teneva in vita.
Avevano elaborato questo piano, che a sua volta faceva parte di un
progetto molto più grande, ovvero riuscire a tirare
giù quei colossi ad uno ad uno, a partire
dall’anello più debole di quella catena infernale:
l’Enigmista.
Basta difendersi, era giunto il momento di caricarli e buttarli
giù! Ed in questo non esisteva al mondo persona
più efficace di Duefacce.
**
Here from the
King’s mountain view
Here
from the wild dream come true
(Qui
dal panorama montano del re)
(Qui
dal sogno selvaggio divenuto realtà)
Era una stupenda serata estiva, di Mercoledì, il meteo non
prevedeva ghiaccio o neve ma, si sa, molte tra le piante più
rare e pericolose amavano quel clima torrido, specialmente quando nei
giorni addietro il terreno era stato ben inumidito da una pioggia di
notizie succulente, quali il trasferimento di alcuni valori come
denaro, gioielli – tranne diamanti, quelli no, perdio!
– e vari preziosi in un magazzino a Bludhaven.
Si fece notte ed il furgone portavalori percorreva le strade della
metropoli col suo carico molto speciale, due autisti
d’eccezione ed una scorta particolare.
Quella era l’operazione che Harvey aveva simpaticamente
definito come ‘potatura selvaggia’, e se ne stava
pazientemente – per modo di dire – seduto ad
attendere che quell’erbaccia fastidiosa abboccasse
all’esca; odiava non avere il controllo dei mezzi su cui
saliva ma la sua collega si era energicamente opposta, argomentando in
modo eccelso le sue ragioni.
“Saremo autisti di valori, non di rally. Ho sentito
meraviglie sulla tua guida sportiva, ma per stavolta dovremo farne a
meno.”
Feast like a sultan, I do
On
treasures and flesh, never few.
(Esulto
come un sultano, lo faccio)
(Su
tesori e carne, mai pochi.)
La sua melliflua compagna guidava fin troppo lentamente, con un mezzo
sorriso perennemente stampato sul viso felino e seducente, in
un’espressione ottimista che non mancava di nauseare Harvey.
Era nella galleria che, come avevano previsto, iniziarono le danze:
quando questa venne sigillata da un’immensa pianta emersa con
frastuono dall’asfalto.
Duefacce sospettava che la stessa cosa fosse avvenuta anche
all’uscita del lungo tunnel e la cosa avrebbe potuto
diventare pericolosa per molte ragioni ma anche una cosa del genere era
stata prevista, quindi erano se non ben organizzati, almeno
psicologicamente pronti.
Harvey notò subito che altri furgoncini simili al loro
avevano iniziato ad accelerare, affiancare, tamponare e gettare fuori
strada le altre auto nella parodia di un Destruction Derby, ovviamente
per arrivare fino a loro e, Harvey era sicuro, non ci sarebbe stata
traccia di Ivy su nessuno di quelli: l’Edera non si sarebbe
mai abbassata a partecipare in prima persona ad un’operazione
di questo tipo, tra automobili, smog e colpi di claxon a coprire la sua
entrata in scena e di questo lo aveva assicurato anche Catwoman, che
conosceva bene le donne come lei e più Duefacce entrava in
contatto con queste tipe, più il suo maschilismo cresceva,
arricchendosi di realtà.
But I…
(Ma
io…)
Quando uno di quegli ostili mezzi riuscì a raggiungerli, con
una sterzata la gatta li mandò leggermente fuori strada,
Duefacce alzò gli occhi al cielo, se fosse stato lui a
guidare, ora quel catorcio sarebbe in fiamme contro la parete della
galleria, invece li affiancò di nuovo, recuperando
prontamente terreno, ed un uomo con una tuta verde ed una mascherina
scura a celargli gli occhi – erano i tirapiedi di Nigma
– si sporse da finestrino puntando un uzi contro di loro ed a
ciò la gatta fece show del suo istinto di sopravvivenza
felino, abbassando istintivamente la testa, ma nessun colpo
arrivò mai neppure ad essere sparato.
I would wish it all away
If
I thought I’d
Lose
you, just one day.
(Ma
io desidererei che tutto sparisca)
(Se
pensassi che potrei)
(Perderti,
solo per un giorno)
Con un solo sbuffo irritato ed un’alzata di occhi, Harvey si
sporse a sua volta fuori dal finestrino, con una mano
afferrò la canna di quell’arma meritandosi uno
sguardo basito dal sicario che l’aveva puntata, mentre con
l’altra gli sferrò un pugno che gli fece perdere
la presa sulla sua arma e lo mandò addosso
all’autista, effettivamente buttandolo fuori strada per
qualche attimo e costringendolo a decelerare solo per finire dalla
padella nella brace.
**
“Guarda l’uccellino!”
The devil and his had me
down
In
love with the dark side I’d found
(Il
diavolo e ed il suo catturarmi)
(Innamorato
del lato oscuro che avrei trovato)
Cantilenò la voce trillante di Harley Quinn e i
due ‘enigmi’, prima di morire, fecero appena in
tempo a vedere il piccolo uccellino di gomma giallo e piumato, che
dondolava appollaiato sulla cima del mirino di un bazooka.
“Ciao ciao!” Fu l’ultimo saluto cadenzato
dalla sua vocetta allegra ed acuta; le piaceva immaginare come doveva
essersi presentata ai loro occhi tutta quella scena surreale, in cui
una ragazza con indosso un abito eccentrico, dei campanelli sulla testa
ed il viso bianco, li teneva simpaticamente sotto tiro con
un’arma di grosso calibro come quella che le aveva
generosamente regalato Mister J!
Quando il razzo esplose, lottò contro il rinculo e si
lanciò in una risata riecheggiante, immediatamente si
voltò a guardare il suo compagno, che stava guidando la loro
decappottabile viola – il suo puddin’ aveva sempre
adorato il viola! – e si era girato per osservare
l’esplosione, facendo mostra del suo viso truccato da clown,
un sorriso fin troppo ampio che nel bagliore arancio delle fiamme
pareva addirittura insanguinato.
Dabbling all the way down
Up
to my neck, soon to drown.
(Sguazzando
fino in fondo)
(Fino
al collo, presto annegherò.)
Ad Harley piaceva da morire sentire la risata del suo mister J, vedere
come i suoi occhi si accendevano di quella luce abbagliante ad ogni
esplosione o ogni volta che aveva il coltello contro la gola di
qualcuno; la facevano sentire orgogliosa quando qualcosa del genere
accadeva per merito suo e ugualmente libera quando no.
Non sapeva perché il suo puddin’ avesse accettato
la proposta di quel brutto ceffo, Duefacce, di tornare a Gotham City,
ma nel suo piccolo cuore di Arlecchina innamorata sospettava avesse
tutto a che fare con quell’altro degenerato chiamato
Enigmista e ciò la faceva sentire gelosa, ribollire di
rabbia. Non si permise di dire nulla, sapeva quanto il suo mister J
fosse suscettibile, quando i suoi piani e progetti venivano messi in
discussione.
**
Un rumore improvviso distrasse Joker dai suoi pensieri sconnessi,
proveniva dalle sue spalle, qualcosa era letteralmente caduta
sull’auto all’altezza del portabagagli e
ciò non era buono, poteva disturbare il tranquillo riposo
dell’ennesimo Bat-fan al suo interno o forse no, visto che si
era divertito ad ucciderlo quello stesso pomeriggio.
Beh, la cosa lo irritava comunque, alzò lo sguardo sullo
specchietto retrovisore ed il suo sguardo incontrò una
figura umana con un costume scuro e, per un attimo, lo
scambiò per il suo vigilante preferito, l’uomo
pipistrello; ma non era lui, chi diavolo era quell’impostore
che usava rubare la scena a Batsy? A guardarlo sembrava solo uno
sciocco ragazzino.
But you changed that all
for me
(Ma
tu hai cambiato tutto questo per me)
“Spiacente ragazzo, niente passaggi!”
Gridò a denti stretti prima di sterzare bruscamente e far
perdere l’equilibrio a quella brutta copia del Cavaliere
Oscuro, ma l’unica a cadere fu Harley che, con un mezzo
grido, si ritrovò stesa sui sedili posteriori, mentre invece
il ragazzino era riuscito a mantenere la sua presa sull’auto;
vide Harley abbandonare il bazooka in favore del mitra, tirandolo fuori
da sotto la sua schiena e puntandolo addosso al piccolo vigilante,
domandando:
“Dove devi andare, autostoppista? Mica ti spiace se ti
scarichiamo a metà strada?!”
Lifted me up, turned me
‘round.
(Mi
hai sollevato, fatto voltare.)
Immediatamente aprì il fuoco, ma vide il ragazzo fare una
capriola contro la forza dell’auto in movimento fino ad
arrivare a lei ed abbassarle l’arma schiacciandola sotto il
suo piede; la colpì all’altezza della spalla
evidentemente per costringerla a mollare la presa su
quell’arma. Senza pensarci su troppo, Joker si
alzò in piedi sul sedile e colpì quel moccioso
con un tubo di metallo, lo stesso che aveva usato per
‘giocare’ con la sua ultima vittima e questo
intruso avrebbe fatto la sua stessa fine, si sarebbero dati buona
compagnia, nel suo ampio bagagliaio, odiava sapere che le sue vittime
potevano sentirsi sole, in fondo aveva il cuore buono, lui.
**
So I…
(Così
io…)
I…
I… I…
(Io…
io… io…)
I would
(Io farei)
I
would
(Io
farei)
Il colpo fu molto forte, non si aspettava che quel clown avrebbe
abbandonato la guida per colpirlo, portò istintivamente una
mano alla testa e voltandosi vide il suo avversario puntargli contro
una pistola quindi, senza pensarci su, lo caricò, gettandosi
addosso al pagliaccio, del quale aveva sentito parlare solo dai
telegiornali e, raramente, da Bruce.
Lui non si trovava a Gotham nel periodo in cui questo
‘mostro’ aveva fatto la sua comparsa e, se doveva
essere sincero, si sentiva entusiasta di essere arrivato ad
affrontarlo: era una cosa che gli dava un’immensa scarica di
adrenalina, avrebbe dimostrato a tutti quelli che insistevano col
chiamarlo ‘ragazzino’ che poteva benissimo
competere con Batman, che tutto ciò che il cavaliere oscuro
faceva, lui poteva farlo dieci volte meglio; si era stufato di vivere
alla sua ombra, di essere chiamato ‘impostore’.
I would wish this all away.
(Desidererei
che sparisse tutto.)
Sentì il piede dell’avversario piantarsi contro il
suo stomaco e fu catapultato indietro, urtando con la schiena contro lo
sportello e vide l’altro tirar fuori un coltello dalla manica
della giacca ma, con un calcio, riuscì a farglielo volare di
mano, solo per sentire di nuovo la voce acuta della sua collega che,
rialzatasi in piedi, gli gridò, prima di colpirlo forte con
un calcio all’altezza del collo:
“Togli le mani dal mio puddin’!”
Vide per un attimo solo un flash bianco dietro le palpebre chiuse e si
rese conto che quello non era il luogo più adatto per una
lotta, l’auto era troppo piccola e non lasciava nessuna
libertà di movimento, in questo modo le cose si sarebbero
messe male. Per non parlare del fatto che l’auto sbandava
pericolosamente da sola con nessuno a guidarla e, proprio mentre
pensava questo, si sentì un altro rumore, potente e
metallico, ed il mezzo inchiodò bruscamente, catapultando
dolorosamente tutti e tre i passeggeri in avanti.
Dick alzò la testa, sporgendosi oltre il sedile e riconobbe
Batman che - dopo aver arpionato la decappottabile, costringendola a
fermarsi - scendeva con maestosità dal suo carro armato,
quella vista lo buttò giù, irritandolo come
null’altro avrebbe potuto.
**
Prayed like a martyr dusk
‘til down.
(Ho
pregato come un martire dal tramonto fino
all’alba.)
Quando Batman scese dal suo carro armato, la scena che lo accolse non
era delle migliori: la strada era un caos, molte macchine erano finite
fuori strada e alcune bruciavano esaurendo l’ossigeno nella
galleria chiusa dalle malefiche piante di Ivy; alzò lo
sguardo e vide Dick tirare fuori dalla macchina la figura svenuta di
Joker che però, prima che Bruce potesse avvertire
l’altro, improvvisamente cessò quella finta e lo
colpì con una testata a tradimento.
Batman sapeva che Joker giocava sporco, lo conosceva e poteva
affrontarlo sapendo di non dover mai abbassare la guardia, era
l’unico a conoscere il clown, a sapere come comportarsi
durante una lotta con lui e temeva che Dick sarebbe potuto restare
ferito da questo scontro; si è sempre fidato delle sue
capacità, ma Joker era semplicemente imprevedibile e, come
se non bastasse, qualcosa dentro Bruce aveva iniziato a gridare che era
sbagliato, che Joker era suo e che solo lui aveva il diritto di
ingaggiare combattimenti con lui.
Begged like a hooker all
night long.
(Mendicato
come una puttana tutta la notte.)
Mentre si avvicinava alla lotta, osservando i passeggeri
dell’auto scendere per proseguire lo scontro sulla strada, si
udì uno schiocco secco nell’aria e qualcosa di
simile ad un serpente nero catturò la gola del
vigilante: era la frusta di Catwoman, che ora sorrideva ampiamente,
come un gatto che aveva catturato l’uccellino, ed era
convinta di avere ormai la situazione in mano.
La frusta aveva tagliato l’aria schioccando e Bruce si
voltò a fatica verso di lei, le mani erano volate subito
alla gola nel tentativo di liberarsi ed in quel momento si
trovò davanti Joker, che lo colpì sul viso,
proprio sul punto dove la maschera non lo proteggeva.
**
Per un momento Catwoman si sentì fiera di quel gioco di
squadra non programmato, loro erano come tante biglie impazzite che
erano arrivate a cozzare le une contro le altre del tutto casualmente e
questo le piaceva. Era sicura che piacesse anche a Joker, per quel poco
che lo conosceva.
Tempted the devil with my
song
And
got what I wanted all along.
(Ho
tentato il diavolo con la mia canzone)
(Ed
ottenuto ciò che ho voluto tutto questo tempo.)
“Miao.”
Continuò a sorridere tra sé e vide
l’Arlecchina tentare di tenere a bada Nightwing come poteva,
dando battaglia con le unghie e con i denti, ma questi due vigilante
erano forti, semplicemente si rifiutavano di andare giù ed
in fondo anche questo le piaceva, erano due tipi in gamba.
Improvvisamente si sentì strattonare e si
sbilanciò pericolosamente in avanti, il pipistrello aveva
afferrato la sua arma e ora la stava tirando verso di sé;
inutile tentare di prevalere fisicamente su Batman, quindi
lasciò la frusta all’ultimo momento e prima di
cadere poggiò le mani a terra, fece una ruota colpendo
così l’avversario con la forza d’inerzia
delle sue gambe e, alla fine, tornando in piedi come
un’atleta, pensò che sì, erano quelle
le cose che rendevano una donna fiera di se stessa!
**
But I… and I
would
If
I could, the I would
Wish
it away, wish it away,
Wish
it all away,
Wanna
wish it all away.
(Ma
io… ed io lo farei)
(Se
potessi, lo farei)
(Spererei
che svanisse spererei che svanisse)
(Spererei
che svanisse tutto.)
Harvey era oltremodo irritato e rabbiosamente si faceva strada in quel
pandemonio fumoso e fiammeggiante a colpi di fucile, davanti a
sé vide un altro camioncino simile a quello che li aveva
attaccati poco prima e al quale Harley Quinn – Cristo, non
sopportava quella bamboccia! – col suo bazooka aveva
prontamente fatto fare boom.
Si fermò di fronte ai portelloni di quel mezzo, sicuro che
lì avrebbe trovato ciò che cercava;
sentì i suoi due sicari raggiungerlo a passo veloce, allora
puntò la doppietta verso la serratura del camioncino,
sparò due colpi e ricaricò l’arma
velocemente mentre i suoi uomini correvano ad aprire le portiere.
Non appena i suoi misero le mani sul mezzo però, lanciarono
un grido e vennero percorsi da quella che pareva una potente scarica
elettrica, i due sportelli si aprirono da soli subito dopo,
incorniciando la figura come sempre maestosa e raggelante
dell’Enigmista; i due opponenti si guardarono a lungo negli
occhi, senza battere ciglio finché Harvey non
ghignò, a metà tra la rabbia e la strafottenza.
No pressure could hold,
sway
(Nessuna
pressione potrebbe reggere, oscillare)
“Allora sovrano, vieni con me con le buone o devo farti
mangiare un po’ di asfalto?!”
La voce di Duefacce riusciva a riverberare perfino nella galleria ormai
quasi distrutta, vide Nigma sorridere solo con un angolo della bocca,
permeando così l’aria di tensione e mostrando in
quel gesto tutta la sua sicurezza di vincere degna del megalomane che
era.
Chiunque altro sarebbe fuggito, il re degli enigmi riusciva davvero a
fare paura, ma ad Harvey veniva solo da vomitare, non si sarebbe mai
piegato davanti a lui, quel maledetto schiaccia pulsanti non lo avrebbe
battuto neppure tra mille anni, ci avrebbe pensato lui a raddrizzarlo
un po’, cancellandogli quell’aria di cazzo dalla
faccia a suon di pugni!
Dio quanto gli ricordava Crane, quell’espressione spocchiosa!
Alzò la doppietta nello stesso momento in cui Nigma aveva
fatto altrettanto col suo scettro.
**
“Miao!”
Or justify my kneeling away
My
center.
(O giustificare il mio
cedere)
(Il
mio centro.)
Esclamò Selina osservando la situazione con aria quasi
annoiata, con rammarico era costretta ad ammettere che le cose non si
stavano mettendo affatto bene per loro: quello che si faceva chiamare
Nightwing non sembrava avere nessun problema a tenere testa ad Harley
ora che non si trovava più in uno spazio ristretto come
quello dell’auto e, anzi, stava spocchiosamente sfoggiando le
sue capacità, la stava prendendo vistosamente in giro; nel
frattempo, Batman aveva stupidamente afferrato Joker per la vita,
riuscendo così a trattenere quella furia cieca ma non si
poteva certo dire che il loro fosse un combattimento!
In compenso però Joker sembrava ricambiare
l’evidente desiderio di Batman, entrambi erano molto propensi
a lottare solo tra loro, non tolleravano che qualcuno li sostituisse ed
infatti Batman aveva quasi subito abbandonato la lotta con lei,
letteralmente ignorandola dopo un po’ e la cosa sebbene la
irritasse, le diede modo di riflettere e prendere una decisione sul da
farsi.
Girò i tacchi per andarsene ma dopo appena pochi passi,
Nightwing le tagliò la strada, aveva infine atterrato Harley
e ora aveva deciso di battere anche lei.
“Mmmiao! Che c’è, papà
pipistrello non ti fa giocare coi bimbi grandi?”
Vide Nightwing sorridere malignamente, fissandola con aria di
superiorità, ma lei sapeva riconoscere qualcuno punto nel
vivo quando lo vedeva, aveva evidentemente toccato un nervo scoperto
con quelle parole.
“Allora che faccio, ti butto un gomitolo o preferisci che
agiti le chiavi?”
Erano più o meno ad un metro di distanza l’uno
dall’altra e fu lei la prima ad agire, scattando in avanti
con un salto acrobatico, la pelle lucida che copriva il suo corpo
pareva brillare sotto i neon della galleria.
**
So if I could
I’d wish it all away
(Così
se potessi, spererei che svanisse tutto)
Harvey Dent riusciva a malapena a respirare, colpito al petto da
qualcosa di grosso e metallico di cui non gli interessava neppure
sapere l‘identità, era stato anche preso in pieno
da un paio di scariche elettriche ma alla fine aveva vinto lui; Nigma
giaceva a terra, una pallottola gli aveva dolorosamente attraversato
una spalla e l’asfalto sotto di lui aveva iniziato a
scintillare, mentre un tappeto di sangue scuro e denso si allargava
lentamente.
L’ex magistrato si avvicinò zoppicando alla figura
del suo avversario e gli tirò un calcio al polso, prima che
riuscisse a raggiungere il suo scettro per impugnarlo di nuovo; ormai
aveva perso, non c’era motivo di continuare, non se ne
rendeva conto?! Colpì anche l’arma dorata,
lasciando che rotolasse lontano ma non servì a sfogare la
sua rabbia, così iniziò a colpire anche il corpo
malandato di Edward, una, due, tre, quattro volte tra lo stomaco ed il
petto finché non lo vide perdere i sensi, con una leggera
spinta del piede rigirò il suo corpo sulla schiena.
If I thought tomorrow
would take you away
(Se
pensassi che il domani mi porterebbe via te)
Abbaiò ai suoi uomini l’ordine di caricarlo nel
furgone con il quale erano venuti e si accorse che il mezzo era vuoto,
Catwoman non era più all’interno, quella rognosa
non gli aveva dato retta ed era uscita a girovagare come una randagia
tra i cassonetti; non riusciva più a trattenere la furia,
nonostante avesse ottenuto ciò che voleva, come da piano, i
vari dolori e le imperfezioni di ogni genere gli stavano appannando la
mente, a malapena riuscì a trattenersi dal prendere a calci
e pugni il furgone, non avrebbe avuto nessun senso.
Si voltò in tutte le direzioni, decidendo poi di dirigersi
dove rumori e fiamme erano più alti, perché se
c’era un posto in cui potevano essere quei matti dei suoi
alleati era proprio quello, il più incasinato; camminando,
ricaricò ancora una volta la sua arma e quando
trovò quel gruppo di sbandati, ancora una volta gli ci volle
uno sforzo sovrumano per non iniziare a sparare all’impazzata
e compiere una strage: vide Harley che si stava rialzando proprio in
quel momento, precipitandosi subito verso il suo compagno, Joker che
invece si stava agitando come un pazzo nelle braccia del Cavaliere
Oscuro, che lo teneva sollevato per la vita come se in
realtà stesse trattenendo un suo amico dal fiondarsi in una
pericolosa rissa… ma quanto poteva essere idiota quel Batman
per continuare ad evitare di fare seriamente del male al clown dopo
tutto questo tempo? Dopo essere stato letteralmente scaricato come
un’immondizia? Era questo che faceva l’amore alle
persone?
You’re my peace
of mind, my home, my center
(Sei
la mia pace mentale, la mia casa, il mio centro)
Jonathan,
quel sorriso dolcissimo che riservava solo a lui, che gli faceva sempre
venire voglia di baciarglielo.
Al diavolo gli sforzi, non c’era motivo di trattenersi,
riprese ad avvicinarsi al gruppo di beoti a passo di carica, mentre con
una mano fece scattare il caricatore del fucile, in alto ed in basso
con un sonoro scatto.
I’m just triyng
to hold on one more day
(Sto
solo tentando di tenere duro un giorno in più)
Sempre
Jonathan, le sue gambe scoperte e sottili quando d’Estate in
casa si concedeva un paio di pantaloni corti, quando gliele stringeva
attorno alla vita mentre facevano l’amore; amava i suoi piedi
perfetti, si prendeva sempre tempo per massaggiarli o baciarli,
adorando quanto questo imbarazzasse il suo compagno.
Non voleva pensare a quelle cose, era come un fiume in piena che lo
aveva invaso, un ricordo dopo l’altro, avrebbe fatto di tutto
per cancellare per sempre quelle immagini dalla sua mente,
sollevò il fucile, pronto a sparare.
Dim my eyes…
Dim
my eyes…
(Offuscami gli
occhi…)
(Offuscami
gli occhi…)
Di
nuovo Jonathan, quando lo vedeva di spalle si avvicinava sempre,
silenzioso per abbracciare quella vita sottile, impazziva per la
sensazione che gli dava sentire quel corpo piatto e resistente sotto le
sue mani, lui si voltava, gli occhiali calati sul naso per lo scatto
improvviso, sembrava così tenero, si arrabbiava sempre
quando lo coglieva di sorpresa.
Se solo la rabbia potesse avere un’energia, con quella
Duefacce avrebbe potuto far saltare in aria tutta la fottuta Gotham
City in quel momento, premette il grilletto, non si prese neppure la
briga di prendere accuratamente la mira, voleva solo distruggere
qualcosa, qualsiasi cosa, e la sua vista si era realmente appannata per
via della furia.
Damn my eyes if the should
Compromise
our fulcrum
(Siano
maledetti i miei occhi se dovessero)
(Compromettere
il nostro fulcro)
Jonathan,
ancora una volta, la sua risata cristallina e particolare, infantile
come se avesse davvero poca dimestichezza col divertimento, non aveva
mai avuto molti motivi per sentire vera gioia dentro di sé,
non gli parlava mai del suo passato, bastava un niente per renderlo
malinconico, era sufficiente che cambiasse il tempo o che dessero
vecchie canzoni alla radio o una parola, lui non gli spiegava mai i
suoi malumori.
Il rimbombo dello sparo fu potentissimo, assordante, per un solo
benedetto momento, riuscì quasi a calmarlo per poi sentire
esplodere di nuovo tutta quella furia, i suoi denti stridevano, gli
facevano male per quanto li stringeva, non poteva farci niente, niente!
Aprì il fuoco ancora una volta, col secondo frastuono la sua
vista si schiarì quel tanto che bastava per mostrargli i
risultati di quel colpo casuale.
If wants and needs divide
me then
I
might as well be gone.
(Se
desideri e necessità mi dividono, allora)
(potrei
benissimo morire.)
La
sua risata, non più allegra ma grondante sarcasmo, crudele,
denigratoria, il suo viso nascosto dalla maschera; non erano davvero i
suoi occhi, quei due pozzi azzurri che scintillavano dietro i fori. Lo
odiava quando diventava ‘lo Spaventapasseri‘, come
era arrivato a dover schivare i colpi della sua falce, a pensare che
l’unica soluzione possibile fosse la morte di uno o
dell’altro quando fino a poco tempo prima… il suo
modo di spogliarlo, i loro lenti preliminari, poteva sentirlo tremare,
la prima volta di Jonathan… era stata con lui.
Aveva colpito il giovane vigilante che si faceva chiamare Nightwing,
che lui sapeva bene fosse niente meno che il vecchio Robin, i suoi
occhi non si lasciavano fregare in questo modo, non dopo averlo visto
in azione al fianco dell’uomo pipistrello. Riconosceva
benissimo quel ragazzino che aveva semplicemente cambiato costume e
dedicato la sua vita a dimostrare al mondo che lui valeva esattamente
quanto Batman.
Joker si liberò immediatamente dalla presa del Cavaliere
oscuro, approfittando della sua distrazione, il clown si era voltato,
veloce come un serpente, piantando un piede contro l’addome
del suo avversario e spingendo, probabilmente con tutta la sua forza,
riuscendo a farlo cadere all’indietro.
Assolo.
Un rumore, come di un mezzo in avvicinamento, Harvey si
voltò, riconoscendo il loro furgoncino che accostava proprio
al suo fianco: la prima a fiondarsi nel vano fu Catwoman, quella
maledetta pulciosa, subito dopo Harley, che dovette letteralmente
trascinare il suo altrettanto vistoso compagno per un braccio, Duefacce
coprì quella maldestra ritirata a colpi di fucile
e fu l’ultimo ad entrare, vide che Joker si era
immediatamente fiondato sull’Enigmista, lentamente e con una
cautela difficile da attribuirgli, gli sollevò la testa
dalla superficie dura del furgoncino, se la poggiò
delicatamente in grembo, iniziando a scansargli i capelli dal viso
sudato e insanguinato. Odioso. Cos’era quello, il loro lieto
fine? Perché era tutto così facile per quei due
mentre lui si sentiva perennemente all’Inferno?
“Che si fa? – chiese la voce di Harley, troppo
acuta, troppo irritante, troppo femminile per i suoi gusti –
Non ce la faremo mai a fuggire, la Batmobile è troppo veloce
per noi!” Esclamò e Duefacce sentì
l’irritazione riprendere a montargli dentro
dall’inizio, che ne poteva sapere questa novellina della
Batmobile? Come poteva pensare che davvero il vigilante li avrebbe
inseguiti?
Still, assolo.
“Ma sei scema?! – rimbombò la sua voce,
scioccando tutti eccetto Joker, troppo occupato con Nigma e
già abituato agli scatti dell’ex magistrato
– con Nightwing ferito, pensi che perderà tempo a
correre dietro a noi?!”
Era stato come un tuono, talmente potente ed improvviso che per un
attimo l’Arlecchina si ritrovò ad arretrare con la
schiena fino alla parete del furgoncino, si riprese quasi subito
però, fin troppo avversa al farsi mettere i piedi in testa
da quello che per lei era come il primo venuto.
Shine on forever, shine
on, benevolent sun
Shine
down upon the broken
Shine
until the two become one
(Continua
a brillare, continua a brillare, benevolo sole)
(Brilla
su tutto ciò che è distrutto)
(Brilla
finché due diventeranno uno.)
“Ah bè, scusa
se il mio cervello non funziona bene come quello di un certo maleducato
qui presente!”
Scusi
sa, ma non ho bisogno delle opinioni di uno come lei.
Uno
come me?
Sì.
Un maleducato.
Shine on forever, shine
on, benevolent sun
Shine
on upon the severed
Shine
until the two become one.
(Continua
a brillare, continua a brillare, benevolo sole)
(Brilla
su chi è stato separato)
(Brilla
finché due diventeranno uno.)
Jonathan,
i suoi occhi determinati, il suo cipiglio arrabbiato la prima volta che
aveva tentato di gasarlo, il primo pugno che Harvey gli aveva mai dato,
il senso di colpa senza precedenti tanto da spingerlo a preferire la
morte al colpire di nuovo Crane, ma non aveva imparato nulla, mai, ogni
volta, quella volta, le urla del suo compagno nelle orecchie mentre
tentava di allontanarlo, l’unica volta che lo aveva visto
piangere, i suoi occhi, così grandi, la ferita, la
delusione, che fine aveva fatto l’innocenza che sembrava non
avessero mai nemmeno avuto?
In quel momento qualcosa di strano accadde e lo notarono tutti, un
sorriso si dipinse sul volto di Duefacce, era sporco, cattivo, pazzo,
il suo occhio si era dilatato oltre ogni limite,
all’improvviso poi, l’ex magistrato
sollevò la doppietta, puntandola dritta verso il petto di
Harley, l’aveva raggelata, aveva fatto trattenere il fiato a
Catwoman, solo Joker non perse l’attimo, da terra, con un
calcio, gli fece volare il fucile, Harvey non era in sé, non
se n’era neppure reso conto.
“Woah!
Woah! Woah! Datti una
calmata, Harv! E anche tu,
Harv!” Gli disse in tono di ammonimento, puntando il dito
contro entrambe le sue facce a turno, Catwoman, in ritardo, gli si era
gettata addosso, come per fermarlo, se la scrollò con
violenza, la odiava, era stupida, erano tutti stupidi e perdio, lo
sapeva che Joker avrebbe trovato il modo di storpiare anche il suo
nome, prima o poi, ma quel rivolgersi a lui due volte, quello lo aveva
imparato da Crane, ne ridevano spesso insieme, voleva solo prendersi la
testa tra le mani e gridare, con tutte le sue forze, ma non lo fece.
Divided I’m
withering away
Divide,
and I’m withering away.
(Diviso,
sto appassendo)
(Dividi,
ed io appassisco)
Jonathan
che lo insulta, che spaccava i piatti sul pavimento, che gli lanciava
accuse, le sue lacrime… non avrebbe mai voluto vederle, mai
causarle, mai a Crane, non a lui, era tutto ciò che aveva,
l’unica persona che riusciva ad amare, lo aveva ferito,
picchiato, violentato, quello era stato il suo più grande
fiasco, quello da cui non si sarebbe mai più ripreso ed era
colpa sua, e non poteva farci niente.
Guardò altrove, fissò il vuoto, tutto pur di non
guardare nessuno dei suoi colleghi.
**
Shine on upon the many,
light our way, benevolent sun.
(Brilla
sui molti, illuminaci la via, benevolo sole.)
Joker sapeva come era fatto Harv, lo conosceva da anni ormai e la sua
presenza non gli era mai dispiaciuta tanto come invece era per
l’altro. Aveva dei vaghi ricordi del periodo in cui si
frequentavano assiduamente, quando Johnny lo trascinava di continuo a
casa loro per poter stare insieme, tutti e quattro, c’era
sempre anche Eddie, ma ora il suo - ex? - fidanzato giaceva immobile e
ferito tra le sue braccia, Duefacce non guardava in faccia nessuno dei
presenti, Harley sembrava sull’orlo di una crisi isterica, in
più il clown non aveva la benché minima idea di
dove fosse finito Johnny, era più di un anno che non lo
vedeva, che non lo sentiva, gli dispiaceva aver tagliato tutti i ponti
perfino con lui.
Breathe in union.
(Respiriamo
insieme.)
Una volta era facile, quando c’era Eddie, anche se lui non
aveva mai smesso di adorare il piccolo Johnny, sentiva di non farcela a
vederlo, non con tutti i pensieri che lo collegavano a quella vita
passata, che non riusciva a dimenticare; gli era mancato tutto, perfino
il modo in cui Harv si arrabbiava ogni volta che lui gli saltava
scherzosamente addosso o quando baciava Johnny, cosa che gli piaceva
molto e ancora adesso, non riusciva mai a capire perché in
quei casi i loro rispettivi partner si arrabbiassero tanto.
Ricordava di trovare tutto molto divertente ed anche Johnny, nonostante
non si sarebbe mai detto, era quasi subito arrivato ad apprezzare il
senso dell’umorismo di Joker… poi Eddie
andò via, così da un giorno all’altro,
quello lo ricordava bene, non si era preoccupato molto anche se non
accadeva spesso che lui si allontanasse per lunghi periodi da casa
senza spiegarsi.
Breathe in union.
(Respiriamo
insieme.)
Lo rivide al fianco di quella Ivy, ricordò di sentirsi come
defraudato da qualcosa, Eddie non gli rivolgeva neppure la parola ed il
clown era arrivato a chiedersi se non avesse fatto qualcosa per
irritarlo, si era poi però convinto che fosse colpa
dell’Edera se lui si era allontanato, che stava esercitando
un qualche strana influenza su di lui, ma non era tipo da abbandonare
la scena senza lottare… e lo fece, per settimane ma fu tutto
inutile, si sentì spezzare il cuore quando Eddie stesso lo
incastrò per spedirlo dritto filato ad Arkham.
Non riusciva a dimenticare, era sempre così con Eddie, non
riusciva a farsi una ragione per quel tradimento, bruciava tutto, il
petto, lo stomaco, gli occhi, tutto.
Breathe in union.
(Respiriamo
insieme.)
Poi aveva incontrato lei, la dottoressa Harleen Quinzell, da subito si
era sentito colpito da lei, a partire dal suo nome, che gli suggeriva
meraviglie, fino al suo carattere, si vedeva bene che nascondeva molto
più di quanto volesse far credere al mondo, di quanto lei
stessa pensasse, non ci volle che la solita piccola spinta per
lasciarla uscire da quel guscio falso e banale, lei non era
così, non ci riusciva bene neppure provandoci, gli
sembrò così strano che lui fosse stato
l‘unico a notare che tesoro quella donna nascondesse dentro
di sé!
L‘amava, certo, ma quel bruciore non se ne andò
mai del tutto.
Breathe in union.
(Respiriamo
insieme.)
Ogni tanto le parole, gli sguardi, gli abbracci di Eddie tornavano a
mancargli come non mai; ed ora lui era lì, era ferito ma
c’era e non avrebbe mai perdonato quella maledetta Ivy per
averli separati, per avergli fatto credere che il suo Eddie non lo
volesse, per averlo trasformato in nulla più che un
fantoccio, non lui che era così vivo e brillante in quel suo
fuoco di megalomania, una follia severa, che era tutta sua e che il
clown adorava, amava come null‘altro al mondo.
Gliel’avrebbe fatta pagare, stavolta non poteva assolutamente
ridere e fregarsene, nella sua mente già si formavano
immagini sanguinolente, esplosioni, voleva colpire Ivy proprio dove lei
pensava di essere più forte: la sua adorata natura vegetale;
le avrebbe insegnato la differenza tra un uomo di carne e sangue e
della banale linfa, per quanti poteri quella donna potesse avere, non
sarebbe mai riuscita ad eguagliare loro, che erano puri, e semplici, e
veri.
Breathe in union.
(Respiriamo
insieme.)
“Jo… k…”
Sentì a malapena il bisbiglio rauco di Nigma, che aveva
appena aperto gli occhi quel tanto che bastava per intravederlo, non
riusciva a parlare e Joker insinuò delicatamente una mano
tra i suoi capelli insanguinati, massaggiandogli la cute come se fosse
un bambino, ad Eddie era sempre piaciuto essere accarezzato
così, lo rilassava e calmava quasi da tutto.
So, as one survive,
another day, in season.
(Così,
come una persona sola sopravviviamo, un altro giorno, una stagione)
“Shh… shh… shh… sono qui, va
tutto bene. Resisti per me.”
Gli rispose e lo sentì annuire in maniera impercettibile,
per poi lasciare di nuovo che i suoi occhi si chiudessero contro la
stanchezza, contro l’improvvisa, riacquistata
lucidità. Joker sentì i suoi denti stridere, non
riusciva ad impedire alla mascella di serrarsi per la rabbia.
No. Non avrebbe mai perdonato quella schifosa.
Silence, legion, save your
poison.
Silence, legion, stay out of my way!
(Silenzio, sanguisuga,
risparmiati il tuo veleno)
(Silenzio, senguisuga, levati di mezzo!)
|
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Capitolo 4 *** Respira Ancora. ***
Per Ilaria1993:
Tesoro, ciao! Beh, ognuno ha i suoi difetti e si impegnano davvero
anche se, a volte, le cose vanno male, vedi Harvey che, non solo non ha
potuto guidare lui ma addirittura alla fine ha per miracolo evitato una
strage in quel furgoncino xD! Ma anche Catwoman… esclusa da
tutti i giochi, lei non sa niente di quello che sta accadendo in
realtà nelle teste di tutti *_*! Nightwing poi, è
il più *poverino* di tutti, vabè! Enigma
pure… beh ci ha provato contro Harvey e poi, lo conosci
è un narcisista che pensa sempre di essere il migliore xD!
Ma povero Duefacce in effetti, non starò esagerando con lui
ç_ç naah, mi sto rammollendo, va bene
così xD! L’Harvey di Tommy Lee Jones per caso
è quello del vecchio film, dove ha recitato anche Jim Carey?
Argh, io non lo apprezzo molto, era davvero troppo esuberante, non
c’entra nulla con il Dent arrabbiato, vendicativo e scontroso
del fumetto ç_ç! Eh sì, l’ha
stuprato alla fine ç_ç i dettagli te li fornirei
volentieri ma non li ho elaborati neppure io xD! Può darsi
che più avanti inserirò un flashback in proposito
ma non ne sono sicura! Joker non si arrabbia con Harvey, in fondo non
avevano scelta che stenderlo, per portarselo via, altrimenti non ci
sarebbero mai riusciti! Ho notato che non aggiorni da un po’,
tesoro, so che sei tornata a scuola e forse dipende da quello, ma spero
davvero di risentirti prima o poi! Ora ti lascio al capitolo, sperando
che ti piaccia e di leggere ancora qualche tuo commento
ç_ç!
Per Sychophantwhore:
Ciao *_*! Innanzitutto grazie per il tuo incoraggiamento via mail, mi
ha spinta infine a postare nonostante sicuramente sarà pieno
di errori, questo capitolo… poi, per quanto riguarda la
recensione, ti sei dilungata molto nelle osservazioni su Harley, ma hai
tralasciato la cosa più importante… ti piace come
l’ho elaborata, alla fine? Ma il pollo di gomma dovevo
assolutamente inserirlo… è, diciamo, un modo di
offrire l’ultima risata a chi sta per morire, colpito dai
razzi xD! Mi fa piacere che ti sia piaciuta la lotta nella galleria,
davvero, pensavo piuttosto sarebbe apparso strano che tutto quel
macello fosse avvenuto in uno spazio talmente ristretto ed in effetti,
io immaginavo un tunnel molto spazioso ù_ù! Noto
che alla fine Nightwing proprio non riesci a digerirlo ma fa niente, in
fondo la simpatia è come un fulmine e Dickie non
è quella persona che risulta sempre simpatica a tutti, no
davvero! Mah, in questa storia, come nella precedente ed in tutte le
altre, Joker non ce l’ha mai realmente davvero con nessuno,
tanto meno Harvey, specie ora che sono, diciamo, nella *stessa barca*,
entrambi hanno il cuore spezzato eccetera, anche se il clown
è stato molto più aperto e fortunato di lui,
avendo trovato una compagna fedele come la Quinn ;). Harvey non aveva
controllo prima, quindi figurati adesso xD! Per Harley è
realmente troppo presto per concedersi, di già, a Poison
Ivy, anche se sono sempre andate d’accordo in ogni fumetto e
cartone, lei non mi piace è_é! Comunque,
l’Arlecchina ha fatto da tappo solo all’inizio, mi
pareva di aver chiarito che Joker tiene a lei realmente, ed infatti
stai sicura che non vorrà mai farla allontanare, ma non ti
anticipo nulla, però lo sai, il clown può
benissimo amare due, tre, quattro persone contemporaneamente, ha un
cuore così grande, lui *_*! Purtroppo per scoprire il suo
piano ci sarà da aspettare un ulteriore capitolo xD! Aww,
sì, povero Harvey, anche sotto quel punto di vista - il
sesso - ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie, prima di vincere
le infinite barriere di Crane! E il cucciolo di
Spaventapasseri… era davvero innamorato, infatti
ç_ç. Ora però ti lascio alla lettura,
grazie mille per i bellissimi ed utili commenti
ù_ù, a presto, spero ;)!
Per LadyBlack:
Ciao ^^! Innanzitutto grazie per l’accorata recensione, mi
stupisco sempre un po’, quando noto che chi mi commenta pare
realmente interessato ai fatti della storia, anche se è
vero, immagino che rispetto al presule di questa, nell’altra
Crane e Dent erano davvero innamorati e, nonostante si scornassero di
continuo, molto dolci l’uno con l’altro, quindi
è normale chiedersi cosa fosse accaduto ma alla fine,
noterai, non è accaduto davvero nulla di *spettacolare*,
semplicemente Crane è tornato a chiudersi, dopo la fine
della storia tra Joker ed Eddie, ed ha iniziato a mostrare quel se
stesso malfidato e traditore, Harvey ovviamente, non era preparato per
un simile cambiamento ed hanno affrontato la cosa nel modo
più sbagliato possibile fino all’eventuale
*collassso* della coppia, quando Duefacce ha iniziato a dare libero
sfogo alla violenza, anche su Crane e l’ex psichiatra per
contraccambio s’è negato sempre più. La
sera che si sono lasciati poi, ho accennato alla cosa nel capitolo
precedente mi pare, hanno tentato di uccidersi seriamente, ne sono
usciti entrambi feriti - e non solo nel corpo - ed hanno preso ad
*odiarsi*, ma è un odio, come si sarà capito,
derivato dal fatto che si amano ancora e non riescono a dimenticarsi
vicendevolmente ç_ç. Aww, per quanto riguarda la
gatta e l’Arlecchina non ti anticipo nulla,
però… ho per caso intravisto un suggerimento per
una Crane/Freeze? XD Ma il ghiacciolo non può, anche
volendo, offrire nulla a Crane se non amore platonico - ma anche in
quel caso lui è ancora profondamente innamorato di sua
moglie - e sebbene allo psichiatra starebbe più che bene
(della serie *ma chi te manna!*), a noi non piacerebbe proprio per
niente, no no è_é! Però, come avrai
notato, hanno un rapporto molto bello ugualmente, si capirà
meglio andando avanti con la storia ^^! Sono contenta che il
capitolo ti sia piaciuto, davvero *_*! Ora ti lascio alla lettura,
sperando di ricevere ancora le tue accorate recensioni, davvero, mi hai
colpito molto col tuo commento!
Per Boopsie:
Tesoro mio, ecco anche te! Sono contenta che ti sia piaciuto il
capitolo e che, in generale, apprezzi le lotte perché ce ne
saranno ancora parecchie, fidati, una più sconvolgente
dell’altra xD! Mi fa molto piacere anche che apprezzi come ho
inserito e gestito i personaggi, la Harley lo ammetto, non è
per nulla facile da controllare, ho sempre paura di renderla troppo
*indipendente* o troppo *zerbino*, nel suo caso non si sa mai
è_è! Ma non sai quanto mi rende felice
soprattutto, che ti piacciano così tanto i pensieri di
Harvey, davvero! In questo momento nella storia è il
personaggio su cui mi sono concentrata maggiormente! Joker si
vendicherà, oh, se lo farà *_*! Il nostro clown
è buono e caro - si fa per dire - ma se gli vai a toccare
quello a cui tiene - beh, è nota la sua
possessività - in un modo tanto abbietto, allora non
esistono luoghi in cui nascondersi! Ora però ti lascio alla
lettura, sperando che questo capitolo ti piaccia come gli altri ;)!
Un
abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
PRETEND
THE WORLD HAS ENDED:
La canzone inserita nel
capitolo è "Respira ancora" di Giorgio Canali.
Capitolo
4: Respira ancora.
Intro.
Edward Nigma aprì gli occhi su un panorama confuso, sfocato
al punto da non riuscire a riconoscere nulla di ciò che lo
circondava, la prima cosa che sentì in quel momento fu una
nausea quasi insostenibile, era come se tutto attorno a lui girasse, si
comprimesse per poi espandersi ancora, i colori si mischiavano,
deformandosi; emise un rantolo soffocato, con fatica riuscì
a stringersi le braccia intorno alla vita, era come se le sue interiora
si fossero strette insieme ed avessero iniziato a contorcersi.
Si sentì toccare, un braccio gli era scivolato attorno alle
spalle e sul petto, si sentì manovrare ed odiò
chiunque lo stesse costringendo a muoversi, bruciava tutto, ogni parte
del suo corpo era diventata dolorosa, chiuse gli occhi e
vomitò quel poco che aveva in corpo, continuando poi a
soffrire gli spasmi una volta che evidentemente il suo stomaco non ebbe
più nulla da rimettere.
Dopo essersi liberato, divenne tutto più chiaro: chiunque
fosse dietro di lui, lo aveva aiutato a sporgersi fuori dal letto, la
sua mano fredda era andata a posarsi sulla sua fronte, tirandogli
indietro i capelli e dandogli sollievo dalla febbre altissima che
doveva averlo invaso, sentì un misto di umiliazione - per lo
stato in cui era - e gratitudine, nei confronti della misteriosa
persona che lo stava aiutando, ma riconosceva quel tocco in qualche
modo, lo rassicurava nonostante gli spasmi e le lacrime che ora non
riusciva a controllare, iniziò a tremare da capo a piedi.
Sempre grazie all’aiuto del suo benefattore, tornò
a stendersi, cosa che gli diede gran sollievo, si sentì
avvolgere da una voce rassicurante, a ripetergli che ora sarebbe andato
tutto bene, che ora c’era lui, che lo spronava a farsi forza,
a resistere per lui
e, chiunque fosse questo ‘lui’, voleva dargli retta.
Neppure il tempo di
calmarmi,
nemmeno
un attimo per pentirmi,
Sentì qualcosa di freddo ed umido - un asciugamano? -
carezzargli il viso e la fronte, asciugandolo dal sudore, poi qualcosa
- un bicchiere? - si poggiò contro le sue labbra, bevve
tutto il liquido contenuto in esso, aveva un sapore dolce e vagamente
frizzante. Appena finita quella bevanda fresca, tutto iniziò
a definirsi meglio, riusciva quasi a distinguere i contorni di
ciò che lo circondava, adesso. Emise un sospiro di sollievo
e chiuse ancora gli occhi, stremato.
“Gra… zie.”
Disse in un mormorio balbettante che non era affatto da lui ma non
aveva energia per fare nulla di meglio, si lasciò cullare
ancora una volta da quella voce familiare e rilassante mentre
sprofondava di nuovo in un sonno profondo, stretto contro quel corpo
caldo, provava la sensazione più bella che ricordasse di
aver mai sentito da molto tempo, era come essere tornati a casa.
“Ti amo, Eddie…”
**
Credevo di averla
spacciata da un’ora…
Oh,
merda. Respira ancora!
“Insomma, Harvey! Possibile che neppure una vittoria
clamorosa come questa riesca a tirarti su? Non ti fa gioire, il
pensiero di quell’erbaccia umiliata, piena di rabbia e
sconfitta?”
“Tu fai davvero discorsi da femmina.”
Rispose, laconico, guadagnandosi un soffio iroso dalla sua alleata; da
quando Duefacce era rientrato dall’operazione non faceva che
starsene seduto in silenzio, nella poltrona davanti al camino del loro
quartier generale, una bottiglia di vino poggiata sul tavolino al suo
fianco, non si era mosso, non aveva dormito, non aveva partecipato ai
festeggiamenti… anche se, la donna gatto doveva ammetterlo,
nessuno lo aveva fatto tra loro: l’Arlecchina si era isolata
da tutti, a rimuginare su chissà cosa, mentre il suo
altrettanto circense compagno si era preso l’incarico di
occuparsi della salute dell’Enigmista.
Qualcosa non andava in questo gruppo, poteva dirlo, evidentemente loro
dovevano essersi già conosciuti parecchio tempo prima ed
avevano i loro segreti, le loro storie sepolte ma lei non si sarebbe
arresa, non voleva passare in secondo piano, aveva scelto di allearsi
con Duefacce e non tollerava assolutamente che questi tenesse solo lei
lontana, all’oscuro di ciò che realmente stava
accadendo.
Respira ancora, respira e
trema, respira ancora.
Ancora
un problema…
Tornò a sorridere, con l’espressione
più seducente che aveva, poggiò, leggera, la mano
sul braccio del suo alleato, girando attorno alla poltrona e
producendosi in una lunga carezza, fino alla spalla del criminale, si
chinò fino a sfiorare, col suo, la parte sana del viso
dell’altro.
Harvey Dent, ex speranza di Gotham, era arrivato a diventare il
concentrato di furia e rabbia che ora stava tra le sue braccia, con un
maschilismo che rasenta la misoginia, cosa che finiva con
l’irritare Catwoman fino ad arruffarle il pelo ma stavolta
aveva deciso di evitare di soffiare con fastidio il suo dissenso.
Strofinò la sua pelle liscia e morbida contro quella
dell’altro, producendo un basso mormorio che poteva quasi
essere scambiato per delle fusa, se non poteva convincerlo con le
parole, allora sarebbe passata ai fatti, nonostante la rabbia perenne,
Duefacce era pur sempre un uomo e, come tale, doveva avere dei
desideri, dei bisogni, che lei avrebbe sfruttato a suo vantaggio.
“Allora dimmi Harvey, cos’è che ti
tormenta di continuo?”
Chiese, l’altro però restò immobile
ancora un po’, finché poi decise di voltarsi verso
di lei, il suo sguardo aveva qualcosa di strano, certo c’era
sempre la rabbia ad aleggiare in superficie, ma qualcos’altro
ora predominava nel suo occhio sano, qualcosa di profondo, una
tristezza tenuta a lungo nascosta ma che ora per qualche oscura
ragione, era riemersa in tutta la sua potenza, rendendo Duefacce
pensieroso ed apatico.
Lo sentì sollevare una mano ed afferrarle il polso, per poi
costringerla, con la classica ‘delicatezza’ che lo
contraddistingueva, a spostarsi da dietro la poltrona, fino a stargli a
fianco, posò nuovamente il suo sguardo su di lei, freddo e
scoraggiato ma l’irritazione era aumentata, chiaramente
rispecchiata in tutto il suo essere, mostrò i denti per un
attimo, poi disse
Non credo ai miracoli di
vostra signora,
Ma
come vedi respiro ancora.
“Non so cosa tu abbia in mente. Ma vedi di levarti di
torno.”
Concluse e la lasciò, con rabbia, quasi spingendola via e
senza degnarla di altra attenzione, tornò a guardare il
fuoco, sorseggiando vino come non aveva smesso un attimo di fare dalla
sera precedente. Selina era stata respinta, il che inutile lasciarsi
ingannare, l’aveva urtata e ferita, era pur sempre una donna,
ma appunto per questo non avrebbe rinunciato così facilmente
a soddisfare la sua curiosità. Si raddrizzò,
torreggiando in un brillio lucido di pelle e senza un’altra
parola, lasciò il boss
solo coi suoi tristi pensieri, come ogni santa sera, apatico a fissare
le fiamme finché non avesse lanciato anche quel bicchiere,
come gli altri, contro i mattoni del camino ed avesse ripreso quegli
evidenti tentativi di buttare giù i muri a mani nude.
In fondo, Catwoman aveva un cuore di donna e nonostante i continui
screzi e sfregi che l’uomo continuava a farle, lei si sentiva
dispiaciuta quando lo vedeva così e rendendosi perfettamente
conto che l’uomo si stava facendo davvero del male; aveva
visto molte persone alle prese col dolore ed era sempre la stessa
storia, scivolavano lentamente, sempre più in basso, senza
accorgersi se non quando era troppo tardi, di aver davvero toccato il
fondo entrando nell’alcolismo, e Duefacce era sulla buona
strada sotto quel punto di vista.
Una volta fuori dall’elegante salone, Selina posò
i suoi occhi perfettamente tagliati e scuri come la notte sulla -
stranamente - solitaria e malinconica figura di Harley Quinn;
c’era abituata, non faceva che vedere persone tristi, sguardi
preoccupati, ma nessuno le spiegava nulla, anche se ovviamente si
vedeva che erano tutti partecipi di una storia che li coinvolgeva dal
primo all’ultimo e dalla quale lei era stata volutamente
esclusa ma non voleva arrendersi, non finché non avesse
scoperto cosa stava accadendo alle sue spalle, cosa poteva mai rodere
l‘anima persone come quelle?
Respira ancora, scatto a
molla,
Respira
ancora, il cervello decolla,
”Che ti succede?”
Domandò all’Arlecchina, con fare amorevole e
preoccupato, la vide alzare lo sguardo ma non rispose subito; sapeva
poco della Quinn, solo che prima di intraprendere la carriera criminale
al fianco del suo compagno, era stata una psichiatra ad Arkham; a
quanto pareva, quella era realmente una categoria a rischio, basti
pensare anche a Jonathan Crane… era l’avere a che
fare coi pazzi a renderli così o appunto perché
squilibrati decisero di studiare psichiatria e lavorare nei manicomi?
**
Harley sentì la voce di una donna chiederle cosa le stesse
accadendo così alzò lo sguardo ed
incontrò la figura scura di Catwoman, la vide prendere posto
al suo fianco sul divanetto e non disse nulla; non le piaceva quella
donna gatto, era come se la conoscesse avendo spesso avuto a che fare
con donne come lei, delle passive - aggressive che non avevano avuto
nulla, così un giorno hanno deciso di prendere tutto eppure
si attaccano con tutte le loro forze ad ogni situazione difficile, ogni
storia che puzzi, volevano sapere ed essere accettate, desiderate per
prendersi così la loro rivincita personale sul mondo. Ma in
fondo, non poteva essere certo lei a poter parlare, avendo scelto un
compagno come il Joker. Da lui aveva sopportato e sopporterà
ancora di tutto, aveva paura del momento in cui l’Enigmista,
ex di mister J, si sarebbe risvegliato, quasi sperava di vederlo morire.
Ma non disse nulla di tutto questo a Catwoman, limitandosi a
rispondere, con aria indifferente
“Sono stanca e basta.”
“Dici davvero? Uhm… Joker è ancora con
Enigma?”
Prende quota, terrore che
vola,
Non
ci credo, respira ancora!
Insistette la donna, come leggendole la mente ed Harley trovava odioso
il fatto che la si potesse scoprire così facilmente ma non
perse la calma, si limitò a ridacchiare ben sapendo che,
arrabbiandosi, le avrebbe solo fatto piacere. Assunse allora un tono
freddo.
“Cosa vuoi, davvero?”
Sentì un basso miagolio dispiaciuto e vide che
iniziò a guardarla con aria triste, come un gatto che
attendeva un pesce che invece continuavano a sventolargli davanti, la
stessa espressione che le aveva visto fare sempre quando voleva
ottenere qualcosa ma che raramente nel loro gruppo sortiva alcun
effetto e che a lei personalmente faceva venire voglia di spaccarle la
faccia.
Ancora una volta non perse la calma, si alzò con grazia dal
divanetto e dopo essersi data una scrollata ai campanelli del cappello,
tornò a guardarla attraverso la maschera scura e si
innervosì vedendo che perfino con lei non abbandonava quelle
pose sensuali, come se nessuno potesse resisterle, come se davvero
pensasse che per incantare lei, ex dottoressa Harleen Quinzell, ora
compagna del Joker ribattezzata Harley Quinn, bastassero uno sguardo ed
un paio di fusa per cedere.
“So cosa vuoi. Tenti di entrare nelle nostre grazie, ma non
attacca. Per Harvey non sei nulla, se mai provassi ad andare da mister
J, lui riderebbe di te e tendi ad irritarmi. Perché ti
comporti così?”
Si fissavano, due donne a confronto quasi totalmente diverse, iridi
scure contro chiare, pelle contro raso, una gatta contro una tigre.
Selina piegò lentamente le labbra a formare un sorriso quasi
dolce.
“Ma che dici? - rispose, lasciando cadere
l’argomento con nonchalance e, prima che
l’Arlecchina potesse ribattere qualcosa, aggiunse - sono solo
un po’ preoccupata per voi, siete diventati tutti
così strani da quando la missione si è conclusa,
nonostante la vittoria. Che vi succede, perché Harvey
è sempre di umore così pessimo e sembra volersi
affogare nell‘alcol?”
Harley la fissò con occhi spalancati, non aveva idea che la
gatta fosse ignorante della situazione fino a questo punto, quasi
scoppiò a ridere ma si trattenne, portando una mano sulla
bocca, afferrò da terra la sua borsa con dentro varie armi e
prima di andare, disse.
Respira ancora e mi guarda
storto,
Respira
ancora e mi vuole morto.
“Tesoro… da donna a donna, Harvey non è
pane per i tuoi denti. E se solo provi ad avvicinarti a mister J, ti
vengo a cercare per piantarti una pallottola in fronte.”
Concluse, sorridendo, sollevò una mano imitando una pistola
con le dita e puntandogliela contro. “Bang.”
Sussurrò giusto per precauzione, prima di andarsene
canticchiando, lasciandola sola.
**
Mister Freeze era furioso, il tempo stringeva ed ancora non erano
riusciti a muoversi per rubare altri diamanti e Crane non era certo di
grande aiuto ultimamente. Quella mattina era entrato nel laboratorio
solo per assistere ad una scena che, gliel’avessero
descritta, non ci avrebbe mai creduto: per dieci minuti buoni,
Spaventapasseri si era trasformato in un isterico, per un banalissimo
motivo si era scagliato contro uno degli assistenti urlandogli di tutto
e minacciando chiunque si fosse azzardato a toccarlo nel vano tentativo
di farlo calmare, per poi zittirsi di botto, accorgendosi della
presenza dell’uomo di ghiaccio nella sala.
Freeze non lo riprese, non disse nulla della sfuriata, limitandosi a
suggerirgli, in tono leggero, di andare a riposarsi e Crane
uscì, oltrepassandolo senza una parola. Qualche ora dopo era
tornato nel laboratorio ordinando ai suoi tre assistenti di
‘levarsi di torno’ e si era chiuso lì,
non uscendone più neppure per i pasti. Il dottore conosceva
la ragione di questo comportamento e non gli piaceva affatto, per molti
motivi.
Aveva iniziato a girare voce ovunque della presunta nuova relazione tra
Duefacce e la donna gatto, nuovo acquisto della follia di Gotham, ma
loro non potevano permettersi distrazioni, necessitavano della
più totale concentrazione per arrivare a coronare finalmente
il sogno di Freeze: la scoperta della cura per sua moglie.
Se si rialza, mi divora!
No
non è vero, respira ancora!
A preoccuparlo era anche la lealtà che poteva arrivare a
dimostrargli Crane in un momento simile, lo psichiatra infatti non era
certo rinomato per la sua fedeltà ma Freeze sapeva bene che
nel suo caso, la situazione era differente, il ragazzo aveva sempre
provato nei suoi confronti un’ammirazione sconfinata. Aveva
insegnato nella sua università, anche se probabilmente
Spaventapasseri non lo ricordava, visto che non faceva parte del suo
canale di studenti, ma di quello del professor Bramowitz, un tipo
strano che aveva il vizio di fumare, durante le lezioni, sigarette
arrotolate dalla scimmia in laboratorio.
Era stato proprio il suo collega a parlargli di Crane, raccontandogli
dello studente più brillante che avesse mai avuto, un
ragazzo che aveva conquistato tutti col suo esteriore timido e
studioso, con la sua inestinguibile voglia di imparare, cosa che
convinse ogni professore a guardarlo con un occhio di riguardo,
fruttando al giovane Crane una sudata laurea con ben due anni di
anticipo, decisamente fuori dalla norma, riuscì infine a
stupire tutti l‘ennesima volta con la sua tesi, che trattava
un argomento come la paura.
La prima volta che gli aveva parlato però, fu qualche anno
dopo, lui ancora veniva chiamato dottor Fries, aveva rincontrato quel
piccolo prodigio ad un congresso di medici e genetisti alle Hawaii,
Spaventapasseri non parlava con nessuno, discriminato per via della sua
giovane età, l’invidia per la sua facile ascesa,
già era un membro di spicco nello staff di un luogo come
Arkham.
Ma Fries lo ricordava per lo studente trasandato e timido di cui aveva
sentito parlare e, all’epoca socievole e bonario, gli si era
avvicinato lui stesso per fare la sua conoscenza; lo ricordava come un
tipo sveglio, un po’ strano e vagamente goffo ma mai
impacciato, si stupì della sua condanna, anni dopo.
Eppure questi ricordi non lo aiutavano, quella che fino a poco tempo
prima era una certezza incrollabile ora si era trasformata in una pecca
pericolosa, perché l’amore può fare
strani scherzi, strapparci con infinita crudeltà ogni
briciola di ragione, fino all’ultimo brandello del nostro
intelletto e Crane stesso aveva ampiamente di mostrato questa teoria
ogni volta si fosse trovato a tu per tu con Duefacce. Non riuscivano a
trattenersi, si desideravano l’un l’altro ad un
tale livello inconscio che puntualmente finivano col lottare, tentando
di uccidersi, spesso e volentieri, a mani nude e le cose sarebbero di
certo peggiorate ora che dappertutto si sentivano allusioni sulla
relazione di Duefacce e Catwoman.
No, Freeze non poteva permettersi di perdere proprio ora un alleato
come Crane ma neppure di rischiare che gli facesse saltare altri piani
in un modo becero come quello dell‘asta, inoltre,
l’idea di perderlo in una sciocca lite col suo ex, lo
irritava a non finire.
Respira ancora e respira
profondo,
Non
vuole andarsene dal mio mondo,
Improvvisamente stava andando tutto a catafascio: la fazione di
Duefacce, che fino pochissimo tempo fa non rappresentava nessun
problema si era ingrandita acquisendo membri pericolosi del calibro di
Joker, imprevedibile e violento e dell’Enigmista, paziente e
geniale; no, non andava bene e la colpa di tutto questo era
dell’Edera e di nessun altro. L’ex magistrato
infatti, si era sempre limitato a difendere il suo territorio - proprio
al confine tra Bludhaven e Gotham - ed era stata quella
sciocca di Ivy a dargli fastidio, scatenando la furia di Harvey Dent,
un osso molto più duro di quanto si possa pensare.
A lui Gotham non interessava minimamente, il potere non era il suo
obiettivo e la conquista non aveva mai fatto parte dei suoi piani, non
la auspicava eppure, questi nuovi fatti avrebbero facilmente potuto
portare alla sua caduta se non si fosse mosso con cautela e ponderando
bene le sue mosse, non poteva permettersi altri fiaschi, non per sua
moglie.
“Salve, Signore del Ghiaccio.
Così ti chiamano, no?”
Sentì quella che riconobbe immediatamente come la voce di
Ivy, si voltò lentamente, non si stupì affatto di
quella visita.
“Buona sera, Madre Sconfitta.
Così ti chiamano, no?”
Non mancò di registrare uno scatto leggero in quella figura,
non riusciva proprio a nascondere i suoi pensieri per quanto ci
provasse, davvero tipico degli isterici, poi Freeze non disse nulla,
restò in attesa delle parole, fin troppo prevedibili, che la
donna gli avrebbe rivolto e quella proposta disperata che stava per
fargli.
**
Ancora non era detto niente, no! Perché lei era ancora un
bellissimo fiore, letale ed impossibile da sradicare, anche se le
avevano strappato la sua spina migliore - Edward - lei era ancora in
gioco, era esattamente come un’edera, destinata ad arrivare
in alto, non importava su quale pietra o pianta si arrampicasse,
sarebbe riuscita a vivere perfino attaccata all’iceberg per
eccellenza, aspettando il momento buono per stritolarlo tra i suoi
forti rami e lucide foglie.
“Sei tu quello che sta perdendo e non puoi permetterti di
aspettare oltre.”
“Prima che ti trasformi in ghiaccio e faccia contento
Spaventapasseri offrendoti a lui in un cocktail alla frutta…
dimmi cosa vuoi.”
“Minacce vuote come la tua cassaforte. Non hai più
diamanti da sprecare lanciando ghiaccio a destra e a mancina. Non se
non vuoi passare la vita nella cella frigorifera del reparto
macelleria, almeno. Ma non temere, sono qui per aiutarti: ti propongo
un’alleanza.”
Rantoli, sento il mio nome
raschiato, sputato
E
pronunciato come non vorrei sentire mai.
Lei sorrideva, la sua voce era calma e carica della
sensualità che la contraddistingueva, sfilava lentamente
attorno al re dei ghiacci circondandolo con la sua lusinga, nessuno
poteva resisterle, era così, per quanto forte o gelido
Freeze potesse essere.
“Pensi che abbia bisogno dell’aiuto di una che ha
perso in modo così miserrimo?”
“Io non c’ero! - si scaldò, ma
tornò subito calma - sto semplicemente cercando un nuovo
alleato, visto che mi è stato portato via il mio.
Lavoreremmo bene insieme.”
“Ho già un alleato. Molto più letale di
te e con idee di gran lunga meno folli.”
Quelle parole la irritarono a non finire, come poteva Freeze
paragonarla ad un banale fiore di campo
come Crane? Lei che era la rosa più rara e preziosa mai
vista? Tuttavia non diede voce alla sua irritazione, quella era una
partita che andava giocata d’astuzia, così si
limitò a sorridere, incrociando le braccia, un gesto furbo
ed un’espressione di vaga presa in giro.
“Crane… con tutto il rispetto, non ti sembra un
po’… distratto,
ultimamente? L’ultima volta, mi è parso
più un intralcio che altro.”
Concluse e Freeze doveva
ascoltarla, perché lei non era come Spaventapasseri, lei era
irresistibile ed aveva ragione, voleva proprio sentire quale altra
sciocca obiezione il sovrano del gelo avrebbe mosso alla sua proposta.
A suo parere, Crane stava di certo molto meglio chiuso in un
laboratorio, piuttosto che sul campo di battaglia,
non ci voleva un genio per poter usare il suo stupido gas, mentre i
suoi feromoni erano unici, più efficaci ed inesauribili! A
suo confronto, Crane era praticamente un bocciolo in un giardino di
piante carnivore. Le sue geneticità trasformavano le sue
vittime in alleati, non si limitavano a spaventarle a morte.
“Ti ho convinto, signore dei ghiacci?”
**
Respira ancora, mi
incendia con gli occhi.
Respira
ancora, frantuma specchi,
Bruce Wayne era annoiato e lo era ormai da moltissimo tempo; perfino
questa lotta fra le nuove tre colonne
del crimine a Gotham City non riusciva a smuoverlo quanto dovrebbe, non
provava più la rabbia necessaria alla lotta. Era stanco,
questa era la verità, perché alla fine quella
città non cambiava mai, perché lui stesso
non cambiava mai, perché perfino il dolore restava sempre lo
stesso, eppure gli era andato a noia perfino quello.
Il momento in cui si era sentito risvegliare per un
po’… la lotta sotto la galleria, dove aveva
rivisto Joker e Dickie, i due avevano lottato per la prima volta e
rivederli entrambi lo aveva portato quasi sull’orlo del
collasso quella sera, non aveva saputo come comportarsi, come se il suo
cervello si fosse bloccato, lo sapeva che Nightwing non ce
l’avrebbe fatta contro Joker, che lo avrebbe sottovalutato,
perché non lo conosceva bene quanto lui, non aveva lo stesso
diritto di affrontarlo, così aveva senza tanti complimenti
preso il suo posto in battaglia, nonostante sapesse che questo gesto
avrebbe dato non poco sui nervi del ragazzo.
Ma a che pro andarsene? Ancora non riusciva a capire come aveva potuto
Dickie lasciare il suo fianco per dedicarsi a qual mucchio di
sciocchezze sovversive che erano state dereteree per il suo nome,
pericolose per la sua persona e certamente non da lui, non per come
Bruce lo conosceva; era ancora un ragazzino, o per lo meno si
comportava come tale, non era ancora pronto per smettere i panni di
Robin.
E poi, Joker… perché restava ancora
l’unica persona al mondo capace di scatenargli dentro
sentimenti così profondi, riuscendo a smuoverlo perfino da
quella noia, l’apatia mortale che lo aveva invaso…
non riusciva neppure a fargli del male, certo gli si contrapponeva ogni
volta, lo accompagnava ad Arkham personalmente, ma non riusciva a
fargli del male, si limitava a fermarlo.
Rosso sangue, sfiga nera.
Oh!
respira ancora!
Per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a sostenere questa vita, a
sopportare quel se stesso che non poteva rassegnarsi di essere
diventato? Si sentiva irrimediabilmente vecchio dentro;
dopo Joker, non aveva avuto nessuno per anni, continuava a circondarsi
di donne ma difficilmente con loro arrivava oltre l’uscita
pubblica per la gioia dei paparazzi: le faceva contente con qualche
regalo o favore - ovviamente, era tutto ciò che volevano da
lui - e poi se ne tornava nella sua caverna e prendeva
l’identità di Batman, ancora una volta.
Da un paio di settimane però, aveva preso a frequentare una
donna, lei era bella, aveva due occhi impressionanti che gli sembrava
di aver già visto, bionda e sensuale, di una bellezza
aggressiva ma rassicurante al tempo stesso, indipendente e forte: il
suo nome era Selina Kyle, elegante ma gentile; era iniziato tutto per
caso, si erano incontrati e qualcosa in lei lo aveva attirato come
un’ape al miele, non era stato capace di staccarsi da lei, la
trovava interessante ed aveva quell’aria familiare,
così emozionante in un certo senso…
E di questo era contento, sebbene ancora non riuscisse a sostituire la
figura di Joker nel suo cuore e nella sua mente e l’unico che
sembrava rendersi conto del suo stato pareva essere Alfred, col quale
infatti si trovava spesso in lite, in quel periodo.
Respira ancora, mi ruba il
fiato,
Respira
ancora, sono paralizzato!
Il suo vecchio maggiordomo non riusciva a tollerare la sua
autocommiserazione, cercava di spronarlo, irritarlo, consigliarlo,
consolarlo ma nessuno degli sforzi dell’uomo - per quanto
Bruce non volesse - serviva a smuoverlo dal suo stato di
immobilità e noia. Continuamente si ripeteva che si sarebbe
dato da fare, prefissato un obiettivo e portato a termine, aveva paura
di gettare via il breve tempo della sua vita mortale eppure, nulla
riusciva ad attaccare.
Perdeva tempo e lo faceva perdere anche ad Alfred, così
stupido da sprecarsi appresso ad uno sciocco come lui era diventato; la
nuova presenza di Selina nella sua vita pareva averlo calmato, pensava
fosse la giusta occasione di Bruce per tornare quello di un tempo, per
riscoprire molte cose, perciò cercava di non commentare la
ragazza qualsiasi cosa accadesse, nonostante Bruce avesse capito che la
donna non gli andava a genio, restava educato e cortese, ospitale ma
sapeva ormai leggere dietro le sue apparenze da gentleman inglese, lei
non lo convinceva affatto, eppure sopportava per il suo bene, e Bruce
si sentiva uno zero a non riuscire a cambiare nonostante le
preoccupazioni e gli sforzi di Alfred, che davvero, aveva fatto di
tutto per lui, aveva accettato ogni cosa e gli era sempre rimasto
accanto.
Non meritava questo, non meritava una disgrazia come Bruce.
**
Annusa l’odore
della mia paura,
Ride,
tossisce, respira ancora.
A Jonathan Crane non piaceva assolutamente Poison Ivy: la tollerava
appena quando ancora usava il nome di Pamela Isley ed appestava tutti
coi suoi discorsi sulla natura, ora invece non poteva proprio
soffrirla. La ricordava dall’università, quando
organizzava ogni settimana sciocche proteste e raccolte di firme e dopo
la laurea, quando partecipava ai convegni ed iniziava a parlare, tutti
prendevano a fare altro, qualsiasi cosa era meno noiosa del suo
catastrofismo da due soldi.
Ora era cambiata anche nell’aspetto e Spaventapasseri si
scoprì ad odiare quella sua bellezza costruita, quel suo
atteggiamento di caricata sensualità era estenuante per chi
le stava a contatto troppo a lungo, per non parlare del fatto che
ancora continuava con quella folle propaganda sulla natura che non
perdeva occasione di illustrare a comizio ogni qual volta si
presentasse l’occasione, ma questo diede a Crane
un’ulteriore scusa per non uscire dal suo laboratorio,
avrebbe potuto dedicare tutto il tempo che voleva alle sue ricerche e
rimpinguare le scorte di gas terrorizzante.
Aveva tentato di mantenere la calma nei confronti di lei, per rispetto
a Freeze, ma ogni volta si trovassero a discutere un piano,
l’Edera prendeva tutta la scena per sé, denigrava
ogni idea o consiglio uscisse dalla sua bocca - cosa che non si sognava
di certo di fare col dottore, invece - e Crane aveva la netta
sensazione che ci avrebbe solo perso in dignità lanciandosi
in una simile competizione: la ragazza tendeva a fargli perdere le
staffe ed abbassare la loro lite al livello di bambini di cinque anni
(nel suo caso almeno dieci), quindi decise di isolarsi ed affidarsi al
giudizio di Freeze, l’unico di cui si fidasse ciecamente.
Respira ancora e riprende
vigore,
Rintocchi
a morto nel mio cuore,
Quando Crane aveva annunciato il suo ritiro dalla breve riunione,
l’uomo del ghiaccio lo aveva guardato in maniera penetrante
ed indecifrabile ma non disse nulla, non gli chiese di restare
altrimenti lo avrebbe fatto ma non perché dovesse obbedirgli
- il dottore non aveva mai neppure tentato di comandarlo - ma sentiva
di essere in buone mani con lui, come se dietro quella fronte gelida,
Freeze possedesse un cervello infallibile e si era convinto - a ragione
- che lui potesse capire tutto, conoscere le persone e sapere sempre
cosa dire o fare nonostante il più delle volte sembrava non
fare proprio nulla.
“Sei di malumore di tuo, o devo dedurre di non
piacerti?”
Parli del diavolo… ma Crane non si voltò a
guardarla, si sarebbe solo irritato di più trovandosela
davanti, così si limitò a prendere la sua
maschera da Spaventapasseri ed indossarla, così da
proteggersi grazie al congegno antigas al suo interno e non rischiare
nuovamente di trovarsi sotto l’effetto dei feromoni
dell’Edera, un’esperienza davvero umiliante e dagli
effetti collaterali spiacevoli. Non disse una parola, continuando il
suo lavoro come se l’altra non esistesse neppure, ben sapendo
anche che quello era il modo migliore per ferirla e spaventarla.
Aveva capito solo recentemente che la paura che Ivy sembrava per
qualche ragione nutrire verso di lui derivava dalla freddezza che le
dimostrava di continuo e preferiva che le cose restassero in quel modo.
“D’altronde è comprensibile -
continuò, iniziando a sfilargli lentamente intorno,
disegnando un ampio cerchio e riempiendo l’aria di un
fastidiosissimo picchiettare di tacchi. - le ho sentite le voci, sai?
Su te ed il signor Dent e del fatto che ora si sia accoppiato
con quella donna gatto. I suoi uomini sembrano contenti di questo, sai?
Dicevano che ha fatto bene a riprendersi e che lo sapevano in fondo,
che il loro boss non era un altro… come ti hanno
definito… ah sì, un altro frocio.”
Non le piaceva il suo modo di stuzzicarlo, sperava che le
punzecchiature avrebbero attirato la sua attenzione, che lo avrebbero
spinto ad avere una qualunque reazione in sua presenza ma si sbagliava
di grosso, nonostante effettivamente quelle parole avessero acceso in
lui una rabbia talmente potente da accecarlo, non disse nulla, non si
mosse neppure, sapeva benissimo cosa andava cercando l’Edera.
L’avrebbe lasciata parlare, doveva bruciarle davvero molto
l’umiliazione di essere stata sconfitta da un’altra
donna, specialmente una dotata di un simile fascino.
Rantoli, sento il mio nome
raschiato, sputato
e
pronunciato come non vorrei sentire mai!
“Ti ammiro sai? Nei tuoi panni, io sarei corsa a reclamare
vendetta, a stritolarli entrambi coi miei rami per insegnare loro chi
è
la migliore.”
Sì, Crane non dubitava affatto che quella sarebbe stata
propri la reazione degna di una squilibrata come Ivy, un comportamento
talmente umiliante doveva essere una parte intrinseca di lei. Non
riusciva davvero a capire la differenza tra un comportamento maturo ed
un del tutto privo di dignità? Magari, nella sua testa
poteva apparire davvero forte,
uno che correva dappertutto strepitando vaneggiamenti megalomani ed
esponendosi così ma no, Spaventapasseri non avrebbe mai
fatto capire a Duefacce o alla sua nuova puttana quanto potere avessero
davvero su di lui, quanto saperli insieme lo facesse stare male
nonostante tutto ciò che si erano fatti lui e Harvey.
No, lui voleva Catwoman ai suoi piedi, terrorizzata, mentre lo pregava
di porre fine alle sue sofferenze, gli chiedeva perché,
ma lui non avrebbe dato spiegazioni, l’avrebbe lasciata
morire sotto gli occhi del suo compagno, Harvey doveva sentirla
agonizzare fino alla morte. Poi sarebbe passato a lui, voleva
torturarlo fisicamente: lo avrebbe bruciato, tagliato, picchiato, ed
infine gli avrebbe strappato il cuore e calpestandolo sotto il suo
piede e festeggiando, infine, coperto del suo sangue. Il tutto, senza
mai dire una parola.
“Potremmo farcela insieme, sai? Potremmo schiacciarli in un
baleno se lo volessimo!”
Stavolta la sua voce aveva una nota irritata per via
dell’assenza di risposta, credeva di riuscire a toccarlo nel
profondo con quelle parole - di certo - a lungo riflettute ma scelte davvero
male. Improvvisamente lei gli si avvicinò e
sbatté con violenza la mano sui suoi appunti, coprendoli ed
ora si guardavano negli occhi, finalmente Spaventapasseri gli aveva
dato attenzione ma non si rendeva neppure vagamente conto di quanto lei
trovasse minaccioso e terrificante il suo sguardo freddo.
L’Edera comunque, trovò un motivo per sorridere,
ed alla fine assunse un’espressione apparentemente dolce ma i
suoi occhi tradivano ben altro.
“Hai paura di me? Perché non togli la maschera?
Sei così… affascinante, senza.”
Concluse e tentò di allungare una mano verso il viso di
Spaventapasseri, che però la bloccò
immediatamente, afferrandole il polso e Ivy scoppiò a
ridere. “Rilassati. Freeze mi ha detto che se solo avessi
provato ad ipnotizzarti mi avrebbe congelata e rotta in mille
pezzi. Un tantino esagerato, non credi anche tu?”
Chiese, stavolta in tono teneramente dispiaciuto ma altrettanto finto,
e quella situazione stava iniziando davvero ad irritare Crane.
Respira ancora, quanta
ostinazione!
Respira
ancora, leggo la mia fine nei suoi occhi,
“Non otterrai nulla, non ti aiuterò.”
**
Quella discussione era irritante come d’altronde era tutto
l’essere di Jonathan Crane: come poteva resistere al suo
fascino fino a quel punto? Aveva davvero fatto una questione di
principio il non darle nessuna confidenza, neppure quando gli sarebbe
convenuto? L’unica spiegazione che riuscì a darsi
era che si sentisse ancora tormentato dal pensiero di Duefacce, ma non
la rabbonì anzi, sentì il veleno salirle fino
alle labbra per la rabbia di essere in secondo piano rispetto a Dent,
che era poco più di una bestia rabbiosa. Cos’era
Harvey a suo confronto? Assolutamente nulla eppure Crane non la degnava
neppure di uno sguardo, mai.
Sapeva come ferire l’ex psichiatra e lo avrebbe fatto, in
quel momento voleva solo fargliela pagare.
“Io ero venuta solo per aiutarti! Ma non ti stanchi mai di
questo atteggiamento da non ho bisogno di nulla?!
Mentre Duefacce sta probabilmente testando ogni superficie della casa
con quella gatta morta, tu te ne stai qui come un cretino!”
“Non sono io il cretino, signorina Isley. Si chiama dignità,
immagino non la conosca.”
“Ah sì? E si chiama dignità anche farsi
sbattere faccia in giù sul pavimento, riempire di botte e
stuprare da un animale come Dent?! Oh sì, anche questa voce
è giunta alle mie orecchie. Come puoi non pretendere
vendetta dopo una cosa simile? O devo pensare che forse non ti
è dispiaciuto poi tanto?”
Riassunta in una sola
parola: uccidi!
E
respira ancora
Aveva toccato un nervo scoperto e lo sapeva ma non si aspettava di
certo una reazione come quella di Spaventapasseri; lo vide impallidire
e dopo appena un secondo si ritrovò la canna di una pistola
puntata dritta in faccia; pensò davvero di stare per morire,
ma la voce tonante di Freeze riempì l’aria di un
ammonimento categorico e Crane si bloccò ma da dietro la
maschera, i suoi occhi sembrarono aver già sparato quel
colpo. Ivy si rese conto troppo tardi di essere irrimediabilmente
finita sulla lista delle persone che lo psichiatra avrebbe voluto
vedere morte, ormai.
“Ivy, lasciaci soli.” Chiese Freeze e lei non se lo
fece ripetere due volte.
**
Respira ancora, il suo
odio mi incanta,
Respira
ancora, rabbia e violenza,
Harvey
Dent stava sognando, senza rendersene conto si era addormentato sulla
sua poltrona, il bicchiere vuoto di vino ancora vagamente stretto in
mano, ma in realtà non era più seduto, non si
sentiva ubriaco, si trovava in una casa che gli era familiare, era la
casa dei suoi genitori e non gli sembrava strano avere la faccia
completamente sana.
“Ma
che ho fatto, adesso! Non ti vado mai bene, dimmelo, che devo fare per
farti felice?”
Era
il suo disperato richiamo, ma Jonathan era imponente, nella freddezza
che gli riservava, non lo guardava neppure, continuava a riporre le
cose nel frigo come se lui non esistesse affatto e sbuffando, Harvey
fece scattare la testa di lato, notando con la coda
dell’occhio che nell’angolo c’era
qualcosa, si voltò e notò che il cestino della
spazzatura era a terra, circondato di vermi ed insetti altrettanto
ripugnanti, ma non seppe che fare con quella nozione, improvvisamente
sentì di avere paura, non voleva che Jonathan restasse nella
stessa stanza dove c’erano quegli animali ma non disse nulla,
il compagno ce l’aveva con lui, non gli avrebbe dato retta e
lui era troppo debole, non sapeva cosa fare e un po’, dentro
di sé, non voleva neppure che l’altro si
accorgesse di cosa stava accadendo in casa.
“Lo
sai benissimo cosa dovresti fare.”
Mi si strozza il fiato in
gola,
Sono
fatto, respira ancora.
Arrivò
improvvisamente la risposta, così tornò a
guardarlo ed incontrò i suoi occhi, le labbra piegate ad un
angolo, non gli piaceva, il suo sguardo era cattivo, il suo sorriso
sporco, perché lo trattava in quel modo nonostante lui lo
amasse così tanto? Avrebbe fatto di tutto se solo gli avesse
spiegato cosa.
Però
in quel momento la cosa più importante erano diventati gli
animali terribili all’altro lato della stanza, Harvey lo
sapeva che prima o poi si sarebbero avvicinati a loro, non voleva,
aveva paura.
“Ti
prego, andiamo via da qui.”
“No.”
Rispose
Jonathan secco, gettandolo nello sconforto più nero, non
poteva dirgli realmente cosa stava accadendo, l’altro non
avrebbe tollerato una cosa simile, gliene avrebbe dato sicuramente la
colpa e non voleva, aveva già fatto troppe cose sbagliate,
quella sarebbe stata l’ultima goccia, lo avrebbe cacciato e
se lui fosse andato via, il compagno sarebbe rimasto solo in quella
stanza, con quegli insetti, ai quali lanciò un altro sguardo
preoccupato.
“Jonathan…
ti amo, lo sai.”
“Non
è vero, comunque non basterebbe. Perché mi hai
fatto questo, Harvey?”
Respira ancora e riprende
vigore,
rintocchi
a morto nel mio cuore,
Rantoli,
sento il mio nome raschiato, sputato,
E
Pronunciato come non vorrei sentire mai.
Chiese
poi ed improvvisamente l’ex procuratore ricordò
tutto, quante volte gli aveva fatto del male, quante gli aveva chiesto
scusa, tutte le vuote promesse che gli aveva fatto, ogni cosa, ed il
suo viso era di nuovo bruciato, si sentì invaso da ogni
sentimento negativo esistente, avrebbe voluto mettersi a piangere e
riavere il vecchio Jonathan, tornare indietro e rivivere daccapo la
loro storia, quando tutto era bello e loro erano diversi, quando
riuscivano ad amarsi, voleva stringerlo e vedere il suo sorriso, come
allora.
Avrebbe,
per una volta, voluto prendere la strada facile, non voleva sopportare
quella discussione, rivoleva semplicemente una seconda chance,
cancellare tutto. Voleva essere di nuovo importante per Jonathan.
Non
distolse più lo sguardo, ma lo sapeva che le minacciose
presenze si stavano avvicinando, strisciando e zampettando sul
pavimento, allora afferrò l’altro per trascinarlo
via ma lo sentì ribellarsi.
“Portalo
via ugualmente, lui non capisce!”
Respira
ancora, sempre respiro,
Respira ancora, vedo il nero più nero!
Sentì
una voce ed alzando gli occhi nella direzione da cui proveniva, vide la
figura di un uomo, vestito come lui, era completamente bruciato in
viso, sulle mani, sul collo e lui invece era tornato di nuovo
completamente sano.
“Costringilo,
non sai fare altro.”
Un’altra
voce, stavolta alle sue spalle e vide Spaventapasseri, la seconda
personalità di Jonathan, era solo colpa sua se le cose
stavano andando così male tra loro, era quella maledetta
maschera di tela a distruggerli, a suggerire al suo compagno quelle
azioni che li rovinavano, a mormorargli parole scettiche ed odiose sul
suo conto.
Si
sentì invaso dalla rabbia e lasciò andare
Jonathan, afferrò Spaventapasseri e gli mollò un
pugno, lui cadde a terra, Harvey si piegò su di lui,
continuando a picchiarlo e solo alla fine, quando gli
strappò via la maschera dal viso, restò
interdetto.
Si
voltò indietro, Jonathan non era più
lì, era sotto di lui, non era il suo malvagio alter ego che
aveva picchiato fino adesso? Sorrideva, come a prenderlo in giro, come
a dire ’avevo ragione io’ ed Harvey cadde sulle
ginocchia, piangendo.
Aveva
sbagliato tutto, non poteva fare nulla.
Si svegliò, di soprassalto. Gli ci volle qualche minuto per
capire cosa fosse successo, per rendersi conto di aver semplicemente
sognato tutto e la sua prima cosa reale di
cui si rese conto, era il bicchiere ancora nella sua mano, lo strinse
forte per un attimo prima di lanciarlo contro il camino. L'ennesimo che
aveva mandato
in frantumi, la
consapevolezza sempre più bruciante, che non sarebbe stato
l'ultimo. Che non sarebbe arrivato mai, l'ultimo per lui.
Rantoli, sento il muo
cuore inciampare e fermarsi
Andare
a pezzi come non vorrei sentire mai.
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Capitolo 5 *** Not the nicest Guy. ***
Per Boopsie: Tesoro, buon
qualsiasi-ora-sia-lì-da-te ;)! Aww, Harley e Nigma,
specialmente quest'ultimo, che per il momento è
più morto che vivo ç_ç.
Chissà se sopravvivrà ù_ù!
Puah, minacce vuote le mie, sai che mi piange il cuore ad uccidere i
miei personaggi (dopo Pinguino, poveretto, penso che non
ucciderò più nessuno). Per quanto riguarda
Selina, povera, lei è la più 'sana' di tutti in
questa storia, ha preso il posto di Harvey insomma, una volta era lui
quello responsabile xD. Ivy pagherà anche per la brutta
uscita con Crane (sguardo malizioso) e *proprio* in questo capitolo!
Eee... tutto per te, il nuovo capitolo ^^! Spero ti piaccia, si
sentiamo presto!
Per Sychophantwhore: Tesoro, che piacere
finalmente, dopo tanto tempo, aggiornare questa storia xD! Ancora una
volta sono senza beta e si noterà ma non fa niente
è_é! Dunque, povero Harvey... sta scivolando
anche nell'alcolismo adesso ç_ç oltre tutto,
visti i suoi problemi di controllo della rabbia non è buono,
ed i bicchieri che rompe ogni sera dovrebbero saperlo
ù_ù. Purtroppo per lui - e per te, che dici di
iniziare a tenere a lui - ne avrà ancora da soffrire, sono
stata piuttosto sadica un po' con tutti in questa storia. Per quanto
riguarda la linguaccia lunga di Ivy, come promesso, lei
*pagherà per tutto*, e proprio in questo capitolo
(espressione maliziosa e soddisfatta). Ma povero Crane...
vabè non ti anticipo nulla xD! Ahh, il vomito dal naso mi ha
stesa, ma non sentirti sola, ho condiviso con te questa triste
esperienza più di una volta -_-, per via delle sbronze
colossali che prendo di tanto in tanto. Ma nuuu, tutta sola
ç_ç! Se fossi stata lì, ti avrei
sorretta io, certo, non sarò un clown ma posso rimediare un
po' di cerone, volendo ç_ç! Sono contenta che ti
piaccia Harley, ogni volta che scrivo di lei sono nervosa, pensando
terrorizzata *chissà se Sycho apprezzerà*! La
famosa chiacchierata a tre tra i clown e Nigma, dovrà
attendere ancora purtroppo, ma ci sarà e come hai indovinato
già, per Joker in problema non sussiste davvero, ma
tranquilla non sarà un *che si scannino pure, loro*, anzi in
questo caso ho dato al Joker un taglio piuttosto... serio? Beh,
insomma... vedrai comunque xD. Sono contenta che il sogno ti sia
piaciuto O_ò! Il significato che gli hai attribuito
è proprio quello che intendevo, quel siparietto era
vagamente personale, visto che a mio tempo ho fatto un incubo simile
ù_ù. Solo che il fatto di Spaventapasseri, non
è che ora siano tutt'uno... solo che, nella sua testa,
Harvey non riesce ad avere un quadro preciso di Crane, nonostante tutto
non l'ha mai avuto e se ne renderà presto conto. Ora ti
lascio al capitolo, tesoro ^^! Sperando che ti piaccia, a presto!
Per Ilaria1993: Tesoro, buondì
^^! Aww, sono felice di vedere che anche tu apprezzi Canali, nonostante
tutti dicano che l'ultimo album sia al di sotto degli altri, io non
sono d'accordo e *respira ancora* ne è la prova
più lampante, ecco è_é! Joker si sta
mostrando molto sentimentale, eh? Lui ama davvero Eddie, ma anche
Harley questo è sicuro e se lei è stata
accantonata per un po', è solo perché al momento,
è Nigma ad aver più bisogno d'aiuto... povero,
è più morto che vivo! Eh sì, Harvey
è ancora pieno di rabbia e dolore per il suo Johnny
ç_ç... povero, mi fa una pena! Massì
dai, sono stata molto sadica un po' con tutti in questa storia xD! Per
quanto riguarda lo stupro... beh, non si avvicinava molto anche al
nostro piano originale, per quanto riguarda il piccolo Cillian
(espressione soddisfatta e maliziosa)? I vermi del sogno, rappresentano
i sentimenti ed i fatti negativi, che Harvey non vuole far notare a
Johnny, come illudendosi che così facendo, tutto vada bene.
Se Crane non vede che le cose vanno male, allora si può
andare avanti ù_ù, ma nel sogno, Dent non ha il
coraggio di affrontare i problemi proprio per non ammettere che
esistono! Comunque, spero che andando avanti con la storia, le cose si
chiariscano ;). Per quanto riguarda Ivy, pagherà e mooolto
presto ;)! Ora ti lascio, ci sentiamo presto spero! Mi auguro che il
capitolo ti piaccia xD.
Per LadyBlack: Ciao
^^! Finalmente mi son decisa ad aggiornare, eh? Per te esiste solo
Harvey/Crane... come ti capisco, per me è uguale xD! Harley,
Joker e Nigma parleranno, ma non molto presto, purtroppo
ç_ç. Ci sono ancora un paio di capitoli da
postare prima di questo, comunque il clown ama entrambi e non vorrebbe
veder soffrire nessuno di loro, quindi... beh, vedrai ;)! Per quanto
riguarda Catwoman, in questo capitolo sono stata un po' più
gentile con lei... diciamo che in questa storia è *lei* la
parte più sana di mente dei gruppi vari xD. Puah, Ivy sta
per pagare, e caro tutto ciò che ha fatto
è_é! Leggerai in questo stesso capitolo, come ci
si è vendicati di lei *_*! Ehh, povero Harvey,
sta scivolando nell'alcolismo... ce la farà a riprendersi in
tempi utili? ù_ù Non ti anticipo nulla, ma anche
Crane ha i suoi problemucci, azz, avevo appena detto di non voler
anticipare niente -_-. Ma visto che sono una che ama rispondere ai
commenti *di getto*, non correggo xD! Riusciranno a ritrovarsi
ç_ç? Mwuahahahh! Ora ti lascio al capitolo
sperando che ti piaccia e di ricevere altre tue recensioni, sono sempre
adorabili ;)!
Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
PRETEND THE WORLD HAS ENDED:
La canzone inserita nel
capitolo è “Not the nicest guy” dei
Lordi.
Capitolo 5, parte 1: Not
the nicest guy.
Intro.
Freeze
era addirittura meno contento di Ivy ora che l’aveva dalla
sua parte piuttosto che prima, quando erano nemici; l’Edera
aveva più istinto che cervello, un pessimo tempismo, scarsi
freni e sospettava addirittura che riuscisse ad agire ancor prima
di pensare. Altrimenti, non si sarebbe spiegato un atto sciocco come
quello della sera precedente, con Spaventapasseri.
Dopo
la burrascosa lite, l’ex psichiatra sembrava non aver nulla
da dire, era diventato ancor più taciturno del solito, ma
Dio solo sapeva quanto odio si portava dentro e nessuna della
rassicurazioni o promesse di Freeze aveva contribuito ad allentare la
tensione; purtroppo, questa sua improvvisa chiusura a riccio lo rendeva
scarsamente utile al momento, anche se dovevano ritenersi fortunati di
non aver dovuto avere a che fare con Spaventapasseri, quel lato letale
ed irragionevole della personalità di Jonathan che grazie a
Dio, non aveva ancora preso il sopravvento.
Con
Ivy - non il cervello più brillante, questo era appurato -
era riuscito infine a mettere a punto un piano d’azione quasi
decente per procurarsi dei diamanti, mentre Crane aveva spontaneamente
deciso di restare indietro per lavorare in laboratorio; meglio
così, pensava Freeze, almeno per un po’ era
consigliabile tenere i suoi due alleati il più lontano
possibile l’uno dall’altro, nonché
Spaventapasseri fuori dall’azione violenta, per evitargli un
incontro con Duefacce, cosa che avrebbe realmente rischiato di farlo
crollare o esplodere, a questo punto.
Ormai
Dent sembrava davvero essersi messo di punta per metterli tutti in
ginocchio e se non avessero prestato attenzione, Freeze lo sapeva,
avrebbe potuto perfino riuscirci.
Just for spite, every day,
every night
(Giusto per dispetto,
ogni giorno, ogni notte)
You still wonder, you
wonder
(Ancora ti domandi, ti
chiedi)
Il
furgone correva spedito lungo la strada che li avrebbe portati alla
gioielleria più esclusiva di Gotham, a quell’ora
chiusa, che avrebbe dovuto ospitare uno dei diamanti più
grossi e puri dello stato e, quando il mezzo arrivò a
fermarsi, Freeze scese, posando gli stivali gelidi
sull’asfalto umido di pioggia, che si congelò a
chiazze sotto i suoi passi, lasciando una scia perlacea al suo
passaggio.
Freddo.
Letale. Appena giunto sulla soglia della gioielleria,
cancellò ogni precedente pensiero; Ivy raggiunse in fretta
il suo fianco in una posizione sensuale che Freeze, per suo sommo
rammarico, non degnò di uno sguardo, intento a calcolare la
grandezza del portone di fronte a loro: non poteva permettersi di
sprecare troppe energie, visto che per quel piano aveva dovuto armarsi
dell’ultimo diamante delle scorte di emergenza, quindi
dosò quanto più poté la forza del suo
cannone, tese il braccio contro l’entrata
dell’edificio e sparò il micidiale colpo
congelante, così che la porta divenne abbastanza fragile da
permettere ai rami di Ivy di sbriciolarla con facilità.
Quella
prima parte del piano pareva essere andata liscia come
l’olio, l’allarme aveva iniziato a suonare, ma i
suoi uomini erano professionisti abili e veloci; aveva dato loro un
solo, categorico imperativo: i diamanti venivano prima di tutto il
resto, così, quando Freeze fece il suo ingresso a passi
lenti, seguendo i suoi sottoposti, uno di loro gli si fece
immediatamente incontro per mostrargli, orgoglioso, un diamante della
grandezza di una piccola lampadina.
L’uomo di ghiaccio
ghignò ampiamente e con cautela lo prese dalla sua mano,
inserendolo nella tuta di contenimento e vide il quadrante che segnava
l‘energia - fino a poco prima brillava ad intermittenza di
rosso - ricaricarsi velocissimo, fino ad uno stabile, brillante verde.
Finalmente era tornato al massimo, nessuno sarebbe sopravvissuto ad uno
scontro con lui, ora. Era più che soddisfatto.
Dopo
appena un minuto, carichi di denaro e preziosi, tutti uscirono
dalla gioielleria, ma restarono immobilizzati per qualche attimo,
davanti a loro la bocca enorme di una stramba pistola.
“Cu-cù!”
From the ashes I rise, by
the roll of the dice,
(Dalle ceneri mi alzo,
dal tiro del dado)
You’ll go under,
go under!
(Tu cadrai, cadrai!)
Esclamò
la figura colorata di una donna, per poi sparare quello che sembrava
essere un fuoco d‘artificio, che si precipitò
contro di loro per poi prendere quota all’ultimo momento,
velocissimo, andando ad esplodere in cielo in una brillante fontana
verde e rossa; tutti si sparpagliarono tranne Ivy e Freeze, che a sua
volta sollevò il suo
cannone contro quell’Arlecchina, tentando di prendere la mira
sulla figura in perenne movimento. Non riuscì a sparare il
suo colpo, si sentì urtare da qualcosa, o meglio qualcuno,
che si era improvvisamente appeso, urlante, alla sua gamba; quando il
re del gelo abbassò lo sguardo, riconobbe il suo autista,
che - oddio! - non aveva più gli occhi: due orbite vuote e
sanguinanti lo fissavano, le urla, soffocate da una striscia di grosso
nastro isolante, che Freeze strappò via in un impeto di
furia.
“Dinamite!
Dappertutto, ti prego, aiutami!”
Freeze era al colmo
dell’ira, afferrò l’uomo per il colletto
e lo lanciò lontano per almeno tre metri, poi si diede alla
fuga, le urla isteriche di Ivy gli riempivano le orecchie, dandogli sui
nervi, ma restò in silenzio nonostante la situazione
imprevedibile; avrebbe voluto prendere a calci la sua alleata fino al
giorno seguente… perché diavolo non correva via,
visto che avevano ottenuto ciò per cui erano venuti in primo
luogo? Specie contando che la sua avversaria la stava prendendo
visibilmente in giro, coperta dalla testa ai piedi e munita di maschera
antigas? Tornò indietro per trascinare l’Edera
lontano da quell’inutile battaglia ed appena
riuscì ad afferrarla, quella che sembrava una freccia si
conficcò nell’altra spalla della donna, che
lanciò un urlo asciutto e breve; Freeze si voltò
e vide l’Arlecchina ridere, agitando una balestra da caccia
che probabilmente aveva tenuto appesa dietro la schiena.
Una
risata, lenta e stavolta maschile rese nota un’altra presenza
e Freeze seguì quel suono con lo sguardo, per trovarsi davanti due occhi brucianti
di odio; quello era il famoso Joker, poteva riconoscerlo nonostante la
maschera antigas che nascondeva la parte inferiore del suo viso. Era la
prima volta che si trovavano faccia a faccia, ma l’uomo di
ghiaccio restò impassibile.
Come
diavolo avevano fatto a rintracciarli, a prevedere il loro piano? Per
essere intervenuti così in fretta, dovevano essere
lì davanti già prima del loro arrivo, nascosti
chissà dove, ma se quello era i caso, chi aveva fatto la
spia? Chi li aveva avvertiti?
You never realized
I’m back here to stay,
(Non hai mai capito che
sono tornato per restare)
Like a fungus that grows
on your side,
(Come un fungo che cresce
sul tuo fianco)
You never realized I
won’t go away.
(Non hai mai capito che
non me ne andrò)
Non tonight.
(Non stanotte)
“Allora
ghiacciolo, che ne dici di, ahh… lasciare la zavorra?
Scommetto che ne hai già mille,
di piante grasse a casa tua!” Esclamò il clown,
indicando Ivy con la punta di un coltello che stringeva in mano.
“Joker!
- gridò lei isterica, ribellandosi alla stretta del suo
alleato, come volendo fiondarsi sull’uomo - Non ti basta
avermi rubato Nigma?! Ti estirperò
come nulla fosse!”
Di questo Freeze aveva i suoi
dubbi, quell’uomo era… abbagliante nella sua
follia, troppo abbagliante perché Ivy potesse competervi,
l’avrebbe bruciata fino agli ultimi sterpi secchi se solo si
fosse avvicinata, e per questo la trattenne con ancor più
forza.
Sentirono
di nuovo il clown scoppiare a ridere con sguaiato trasporto, un suono
spaventoso davvero, che il dottore sopportò,
conscio del fatto che per lui,
il signore dei ghiacci, uno scontro faccia a faccia col clown non
rappresentava un pericolo così mortale.
“Ma che bella
coppietta! - esclamò di nuovo il clown, indicandoli con la
punta della lama, in un gesto vago. - Non è vero Harley,
tesoro?”
“Oh,
mister J! Mi verrebbe voglia di cospargerli di sciroppo e mangiarli,
come una granita alla menta!” Rispose la sua compagna,
sfarfallando le ciglia e sorridendo con aria giuliva.
“Ma
che bell’idea! Ahh… me lo farei volentieri un
ghiaccioletto adesso, ma allora che ne dici, ahh…
uomo-granita, mi consegni Ivy? Ma decidi in fretta. Sai non vorrei che
la signora Ghiacciolo facesse le spese, ahh… dei tuoi
indugi. Non so se ti ho già detto che Harv e la piccola
Kitty stanno rapendo la tua congelata
metà proprio in questo momento.”
“Oh,
non parlare male di loro mister J! Anche loro sono una bella
coppia… un po’ freddi, ma carini!” Finse
di rimproverarlo lei, per poi ridacchiare malignamente di fronte
all’espressione furiosa del loro avversario.
Il
cuore gelido di Freeze sembrò palpitare per un secondo
nonostante, in teoria, dovesse essere già morto da tempo.
“Mia
moglie?!” Disse solo, nel panico ed in quel momento, con un
altro grido isterico, Ivy scatenò una gittata di quelle che
sembravano essere spore contro il clown, che si limitò ad
estrarre l’altra mano da dietro la schiena ed aprire un
grande ombrello viola, che lo riparò dagli acidi della rossa.
“Inutile,
non puoi scappare, a meno che non ci batti o che lasci Ivy a giocare
con noi. Ma pensa, quale sarebbe la via più
breve?” Cantilenò Harley, di nuovo puntando la
balestra e lasciando che una freccia si piantasse ai loro piedi, come
avvertimento. Freeze si sentì accecato dalla rabbia,
alzò il suo cannone contro di loro ma dalla mano di Joker,
il coltello volò rapido e preciso, arrivando a recidere il
tubo che collegava il refrigeratore con la sua arma, non poteva
più sparare. No. Doveva riuscire ad andarsene, e subito.
L’attenzione di tutti si spostò, attirata
dall’oscura figura dell’uomo pipistrello che
planava fino ad atterrare sull’asfalto. Ci mancava solo lui.
**
I’ll never leave
you lonely
(Non ti
lascerò mai sola)
I’ll be there,
tryin’ to grab a hold, yeah.
(Sarò
lì, cercando di tenere duro, sì)
“Ohh
Batsy…! Sapevo che saresti venuto appena visto quel fuoco
d‘artificio!” Esclamò Joker, divertito
dalla sua entrata in scena ma a Batman bastò uno sguardo per
capire che qualcosa non andava nel clown, aveva di nuovo quello
sguardo, ma stavolta ancor più pericoloso e non ne capiva il
motivo. Sembrava pieno di rabbia anche nei suoi confronti, non gli
aveva mai rivolto contro un odio simile, prima.
Quello,
comunque, non era il momento giusto per le osservazioni; si
fiondò su Freeze, il più vicino ed il
più pericoloso nell’immediato futuro e
l’uomo di ghiaccio finalmente lasciò andare
l’Edera per contrattaccare il vigilante, mentre la donna non
perse un momento per precipitarsi contro i due pagliacci:
scatenò l’agente velenoso più potente
di cui disponesse, ma con sua disdetta, i suoi avversari non avevano
neppure il più piccolo lembo di pelle scoperto, Joker
utilizzò nuovamente l’ombrello viola, con una
risata e poi la caricò, spedendola a terra e sovrastandola
immediatamente, con le ginocchia le schiacciava le braccia contro la
terra, ed estrasse un pugnale da sotto la giacca.
I’m not the
nicest guy, you know.
(Non sono esattamente un
bravo ragazzo, sai)
“Qui
c’è dell’erba cattiva che deve imparare
a morire.
Allora vediamo, che dovrei farti per aver ridotto Eddie in fin di vita,
mmh?” La sua voce era quasi carezzevole mentre le sfiorava il
viso col piatto della lama.
“Che
c’è pagliaccio, hai qualcosa da recriminare
nonostante la dottoressa Quinzell? Ti mancava proprio il cazzo di
Edward, eh? Ma come biasimarti, dopo averlo provato io
stessa?!” Joker non capì cosa stesse tentando di
ottenere Ivy, pronunciando quelle parole molto più volgari
che offensive, ma se ne fregò visto che, quella notte, non
era una conversazione che voleva, da lei, bensì sangue.
Rise ancora, più forte di prima.
“Peccato
tu debba arrangiarti da sola adesso, piantina.”
Rispose, divertito mentre le spingeva la lama del coltello tra le
labbra. “Ahh, ma perché così seria,
tesoro? Mettiamo un sorriso
su questo faccino!”
Esclamò, la voce
più profonda e velata di rabbia mentre la lama si faceva
strada nella carne di lei, aprendole per metà un sorriso di
Glasgow simile al suo. Il sangue iniziò a sgorgare a fiotti,
ed il grido lacerante di Ivy avrebbe graffiato le orecchie di
chiunque, ma non quelle del clown, lui avrebbe voluto farci il bagno,
in quelle urla. Era un dolore devastante e per un folle attimo, la
donna fissò le cicatrici del suo torturatore, chiedendosi
come avesse fatto lui,
a sopravvivere ad una cosa simile.
Che
significava, aprirle un sorriso simile? Non era certo una psicologa,
l’unica cosa cui riusciva a pensare era
l’indicibile sofferenza cui la stava sottoponendo,
sentì la lama spostarsi all’altra guancia per
finire il lavoro e, se non avesse urlato tanto, sarebbe riuscita a
sentire le risa di Joker, le avrebbero bruciato ogni traccia di
sanità mentale.
La
stava facendo implorare e gridare senza ascoltarla, la stava
deturpando, facendo agonizzare e per questo, Ivy non lo avrebbe mai
perdonato, mai in vita sua! Quando sentì la lama ritirarsi
dal suo viso, si sentì sollevata, pensò fosse finita ma
ben presto capì che non era così:
sentì quella punta affilata spostarsi sul suo petto e
temette che Joker volesse ammazzarla e compiere così la sua vendetta.
Il
clown però non la uccise, si limitò a piantare il
coltello nel suo petto, ad una profondità che non risultasse
mortale e mentre Ivy ancora gridava e soffriva, un pensiero la colse:
quel sadico stava scrivendo
qualcosa su di lei, la stava letteralmente incidendo,
come il tronco di un albero.
L’ennesimo
grido uscì, disperato, dalla sua bocca insanguinata ma
stavolta non per il dolore, bensì l’umiliazione di
un simile gesto e soffriva tanto da non riuscire più a
controllare i suoi poteri; dovette lottare contro il suo corpo per
trattenere all’interno tutte le geneticità di cui
disponeva e conservare così le energie per sopravvivere, il
clown l’aveva resa impotente, indifesa proprio come un albero.
Questo
mostro era Joker? Nessuna delle voci che aveva sentito su di lui gli
rendeva giustizia, nessuna storia avrebbe mai potuto trasmettere
ciò che provava in quel momento, davanti a quello sguardo,
quelle cicatrici, quel sorriso di sincero divertimento mentre la
torturava, ed i suoi occhi, Dio, così spaventosi.
Ivy aveva paura. Ivy era terrorizzata, arrabbiata, e… invidiosa.
Lei, che era perfetta, si era ridotta davvero ad invidiare la potenza
di un essere
umano? Anche questo faceva
parte della vendetta di quel bastardo? E lui continuava a ridere in
maniera sconvolgente, ora riusciva a sentirlo, quel suono le faceva
accapponare la pelle.
You’ll never
leave me, darling,
(Non mi lascerai mai,
tesoro)
Now hear my tender warning:
(Ora ascolta il mio
tenero avvertimento)
“Può
anche darsi che il tuo corpo, ahh… non possa mantenere
cicatrici, signorina Isley. Ma secondo me, non basterà la
morte per farti scordare questa.
Spero che bruci talmente da mandarti a fuoco!” Le disse,
serio per poi tornare a sorridere, portare la mano, coperta del suo
sangue violetto alle labbra soffiarle un bacio. “Da parte di
Eddie.” Concluse, e si alzò finalmente, lasciando
ad Ivy, per la seconda volta, la speranza che finalmente fosse finita,
ma il clown tese una mano verso sua compagna Harley Quinn, che si
avvicinò, guidata dal delicato tocco di lui.
Dopo
qualche attimo di indecisione, la donna iniziò a scaricare
una raffica di calci su di lei, picchiandola senza pietà.
L’ultima cosa che vide, fu il suo stesso sangue. Su Harley,
sul Joker e poi tutto si fece scuro. Fu contenta di aver infine perso i
sensi.
**
I’m not the
nicest guy, you know.
(Non sono esattamente un
bravo ragazzo, sai)
Non
era abbastanza ancora, non lo sarebbe stato mai. Per gli stolti ed i
cretini non c’era soluzione se non questa e Joker si sentiva
pieno d’orgoglio, guardando la sua Harley massacrare quella
insignificante illusa. Chaos. Solo questa parola gli girava in mente
ora, ed era stato lui a portarlo a Gotham, a diffondere
quell’ideale come un morbo, generosamente regalandolo a
chiunque ne avesse bisogno: l’aveva donato Batman, a Eddie,
ad Harley ed ora anche ad Ivy, e si stava divertendo
come un matto, coperto di sangue, non riusciva più a
smettere di ridere.
**
Catwoman
non aveva paura, figurarsi, in fondo quello era proprio il mestiere che
si era scelta, no? Penetrare in una casa altrui per sottrarre qualcosa
ai suoi proprietari non era nulla di nuovo per lei, solo non si sarebbe
mai immaginata di trovarsi, un giorno, nella condizione di dover rapire
una donna sconosciuta, chiusa all’interno di un blocco di
ghiaccio - e già quello, di per sé, faceva
impressione - ma ormai non aveva altra scelta, così
continuò ad esplorare l’enorme villa deserta in
cerca della signora Fries.
Erano
là dentro - lei ed Harvey - da quasi mezz’ora e
c’era voluta la mano di Cristo per fermare Duefacce dallo
sfondare rumorosamente ogni porta coi poderosi colpi del suo fucile a
pompa. Dent aveva già ammazzato - lo faceva con una
velocità impressionante, non era riuscita a fermarlo - due
uomini di Freeze, rimasti indietro a sorvegliare la struttura e Selina
non voleva nemmeno sapere quanti ne avesse già fatti fuori
Joker.
Questo,
all’uomo del ghiaccio non sarebbe piaciuto affatto. Li
avrebbe voluti morti e sepolti e, perdio, perché solo lei
riusciva a notare il pericolo in tutto questo, che tra
l’altro era tutta
opera di Joker?!
You’ll see me
again, in the thunder and rain,
(Mi vedrai ancora, nel
fulmine e nella pioggia)
I come crawlin’
I come crawlin’.
(Io arrivo strisciando,
arrivo strisciando)
“Ci
sono!” Sentì la voce di Duefacce chiamarla da poco
lontano e si sbrigò a raggiungerlo. Sì, faceva
impressione vedere quell’enorme contenitore con dentro la
signora Fries… Selina pensò che lei era - no, è.
Nonostante tutto era viva - bella. Un’ancora affascinante
donna sulla quarantina e dall’aspetto gentile. Certe cose si
rispecchiavano chiaramente nella fisionomia delle persone, dal taglio
degli occhi, dalle lievi rughe sulle sue guance, si vedeva che era una
donna abituata a sorridere.
Non
sentiva di avere il coraggio prima, ma ora ne era più che
certa, se l’avesse rapita non se lo sarebbe mai perdonato per
tutta la vita, sarebbe stato come dissacrare un cimitero o cose
così, quindi lanciò uno sguardo di sbieco al suo
alleato e fu sollevata nel vedere che anche in lui, almeno un briciolo
di cuore era rimasto: Harvey sembrava perso tanto quanto lei.
All’improvviso
lo vide tirar fuori una moneta dalla tasca, lanciarla ed osservare in
silenzio il suo responso.
“Sbrighiamoci
a staccare.” Ordinò lapidario, mentre riponeva il
mezzo dollaro in tasca. Selina non poteva crederci.
“No!”
gridò, orripilata. In fondo, lei aveva un cuore di donna.
“Non
ricominciare a frignare le tue assurdità, adesso!”
Le gridò di rimando Harvey, come sempre la rabbia scritta su
tutto il suo essere, ma stavolta la gatta non si sarebbe lasciata
intimorire, no, non poteva permetterlo, non in questa occasione.
“Questo
è immorale,
Harvey! Ed a me non basta tirare una moneta per compiere
simili atrocità!”
“Oh, mi creda
signorina, riesce a compierne benissimo anche senza.”
I’ve got eyes
everywhere,
(Ho occhi ovunque)
From the shadows I stare
at you, darling.
(Dalle tenebre ti fisso,
tesoro)
My darling!
(Tesoro mio!)
Sobbalzarono
e si voltarono all’istante, contemporaneamente, per trovarsi
davanti la figura ben poco rassicurante di Spaventapasseri, il viso
coperto dalla maschera di tela, dietro la quale si vedevano benissimo
due occhi azzurri, tanto chiari da sembrare innocenti e spaventosi allo
stesso tempo; li teneva sotto tiro con una Desert Eagle IMI e Selina
dubitava che, perfino da inesperto, l’altro avrebbe potuto
mancarli con un’arma così precisa e maneggevole.
Lo
sapeva accidenti, se lo sentiva
che le cose sarebbero andate male, perché diavolo non aveva
seguito il suo istinto ed era rimasta a casa? Aveva perfino inventato
una scusa con Bruce Wayne, che l’aveva invitata a cena quella
sera, a quest’ora magari sarebbe stata in dolce compagnia,
davanti ad un piatto di frutti di mare, in uno dei ristoranti migliori
di tutta Gotham ma no, da brava donna quale era, doveva seguire sempre il più stronzo
di tutti, Harvey Dent, quello che le
avrebbe portato più guai!
You never realized
I’m back here to stay,
(Non hai mai capito che
sono tornato per restare)
Like a fungus that grows
on your side.
(Come un fungo che cresce
sul tuo fianco)
“Vattene.”
Si voltò a guardare Duefacce con espressione basita, quasi
convinta di aver solo immaginato quella parola. Come diavolo faceva ad
andarsene, secondo lui? Spostò lo sguardo su
Spaventapasseri, fissando con apprensione la pistola che gli teneva
puntata contro. “Lui vuole me, levati di mezzo.”
Nonostante non se la sentisse di abbandonare Harvey in una situazione
simile, una parte di lei sperava di riuscire a sopravvivere quella
notte, quindi lanciò un ultimo sguardo a Crane, che
effettivamente, fissava solo Duefacce, sembrando totalmente
disinteressato a lei.
Beh,
magari se fosse riuscita ad allontanarsi, avrebbe potuto chiamare
aiuto, avvertire Joker, qualcosa! Fece qualche passo indeciso verso la
porta alle spalle dell’ex psichiatra e poi spiccò
una corsa, ma non appena gli fu a fianco, l’altro
sollevò un braccio e la spruzzò col suo micidiale
gas.
“Perché?!
- gridò Duefacce, furioso - è me che vuoi,
no?!” Fu l’ultima frase coerente che Selina
riuscì a sentire, prima di venire invasa da una paura folle,
ogni cosa attorno a lei si stava deformando, sentì le gambe
cedere mentre cadeva a terra, improvvisamente una pozza di sangue si
stava allargando sul pavimento, c’erano creature in agguato
nel buio, mani che uscivano dalla terra per afferrarla, le mura le si
chiudevano attorno e Jonathan Crane era diventato un mostro, il
suo viso bruciava e dalla sua bocca vedeva uscire piccoli diavoli
armati di forconi che si calavano poi lungo il suo corpo, o
svolazzavano con le loro alette fino a raggiungerla, le sue orecchie si
riempirono delle sue stesse grida mentre strisciava sul pavimento, in
cerca di una via di fuga da quell’incubo.
**
You never realized I
won’t go away.
(Non hai mai capito che
non me ne andrò)
Non tonight.
(Non stanotte)
“Perché?!
- fu il grido immediato di Duefacce, i suoi occhi spalancati su Crane.
- è me che vuoi, no?!” Chiese poi, una furia cieca
chiaramente impressa nella sua voce, un po’ per la povera
Selina - che in effetti non c’entrava nulla con loro - ma
soprattutto, si vergognò ad ammetterlo, non tollerava che
Jonathan avesse indirizzato la sua violenza su qualcuno che non fosse
lui: era la loro lotta, lo
era sempre stata, proprio come un tempo era stato il loro
amore. Ma Jonathan non rispose nulla a quella domanda, continuando a
tenere l’altro sotto tiro, lo minacciò.
“Butta
a terra il fucile, Harvey.”
La
sua voce era così differente da come la ricordava,
più stanca, più arrabbiata, più
decisa, eppure Cristo…
come riusciva a pronunciare il suo nome sempre in quello stesso
modo? Ogni volta che lo chiamava gli dava i brividi, era come tornare,
per un attimo, indietro nel tempo e la voce che Jonathan gli riservava
allora, l’aveva ancora in mente, li sognava così
spesso quei toni limpidi ed avvolgenti, leggeri, nervosi e sempre con
quella piccola vena di fretta a delinearne gli angoli.
“Tu
togliti quella maschera!” Contrattaccò, arrabbiato
e con nessuna intenzione di lasciargli un vantaggio. Aveva sempre
odiato la maschera di Spaventapasseri, come anche il costume e la
falce, che usava solo nelle grandi occasioni.
“Oh,
sì! Il giorno che getterai la tua moneta in un
tombino.”
**
I’ll never leave
you lonely,
(Non ti
lascerò mai da solo)
I’ll be there,
tryin’ to grab a hold, yeah.
(Sarò
lì, tentando di tenere duro, sì)
I’m not the
nicest guy you know.
(Non sono esattamente un
bravo ragazzo, sai)
Sentì
Harvey ringhiare, lo vide gettare a terra il fucile e credette di
averlo fatto arrendere, ma un secondo dopo l’altro estrasse
una pistola da sotto la giacca, gesto talmente privo di senso che per
un attimo Jonathan restò confuso. Sentì il boato
riempire l’aria ma non avvertì nessun dolore
perciò sparò anche lui, mirando dritto al petto
eppure aveva colpito di striscio all’altezza del torace,
facendogli a malapena un graffio. Com’era possibile? Si era
allenato, aveva un’arma molto leggera e precisa, come aveva
potuto mancarlo?
Una
strana sensazione iniziò a partirgli dall’addome,
ad ondate leggere e fastidiose, velocemente spostò una mano
al ventre e ritirandola, la scoprì coperta di sangue;
abbassò lo sguardo ai suoi piedi, sul pavimento una piccola
pozza rossa si allargava lentamente.
Le
gambe non lo reggevano più, cadde su un ginocchio con lo
sguardo attonito. Com’era possibile? Era stato colpito,
eppure non sentiva nulla. Era la prima volta che prendeva una
pallottola, era così che funzionava? Risollevò
l’arma davanti a sé, con l’intenzione di
esplodere un altro colpo contro Duefacce, ma l’altro lo aveva
raggiunto, ce l’aveva davanti, venne colpito con un calcio,
che gli fece volare l’arma dalla mano.
Crane
lasciò andare a malapena un gemito. Avrebbe voluto urlare,
l’umiliazione di aver perso contro Harvey bruciava, ma non
poteva, non
voleva dargli nessuna
soddisfazione.
Si
sentì afferrare per i capelli, dietro la nuca e costringere
ad alzare lo sguardo, per un attimo incontrò il viso
deformato dalla rabbia del suo ex compagno e poi il dolore esplose, sul
viso - dove l’ex magistrato l’aveva colpito con un
pugno - e all’addome - dove il dolore per la pallottola
iniziava a farsi sentire.
Duefacce
lo colpì ancora, una, due, tre volte e poi lo
lasciò ricadere a terra per stagliarsi su di lui, si
sentì strappare la maschera dal volto e tornò a
guardare il suo assalitore, non aspettandosi di certo
quell’espressione di stupore, di realizzazione, come se solo
in quel momento si fosse reso conto che c’era qualcuno,
dietro la sua maschera.
You’ll never
leave me, darling,
(Tu non mi lascerai mai,
tesoro)
Now hear my tender warning:
(Ora ascolta il mio
tenero avvertimento)
“Jonathan…”
lo sentì mormorare, incredulo e Spaventapasseri
stupì se stesso, rispondendo con un sorriso cattivo. Strano
a dirsi, ma quella paradossale situazione lo divertiva sinceramente;
finalmente e solo in quel momento, aveva capito qual era stato il vero
motivo che lo aveva spinto così irrimediabilmente a non
fidarsi più di Harvey: lui non si era mai preso nessuna
responsabilità, capace solo di chiedere scusa e scansare i
problemi, ogni volta lo pregava di perdonarlo come se in
realtà gli stesse dicendo fai qualcosa tu, io non
so dove mettere le mani. Il
tutto, con quello stesso sguardo che aveva sul viso in quel momento.
Non
poteva farci niente, gli veniva da ridere e ad ogni sobbalzo sentiva il
sangue sgorgare a fiotti dalla ferita. L’ennesima che Harvey
gli aveva lasciato ma di certo non la più dolorosa.
I’m not the
nicest guy, you know.
(Non sono esattamente un
bravo ragazzo, sai)
**
Got ya!
(Preso!)
Joker
stava facendo sul serio, mai tanto quanto in quel momento e stavolta
neanche Batman avrebbe avuto possibilità di fermarlo, se
solo avesse provato a mettersi tra lui e la sua vendetta,
l’avrebbe ammazzato senza pensarci due volte,
perché tutto quello che era successo era anche colpa sua!
Nessuno poteva spaventarlo, né il Cavaliere Oscuro
né tautomero Freeze, anzi, l’avrebbe tritato fino
a ridurlo in granita.
Ma
all’uomo del ghiaccio stava pensando Harley ora, ed anche se
non era abbastanza forte da poterlo effettivamente battere, con le sue
invidiabili doti ginniche riusciva benissimo a tenerlo a bada,
saltellando e danzandogli intorno mentre lo prendeva in giro; poteva
sentire lo scampanellio del cappello indossato dalla sua donna ad
ogni suo movimento brusco.
“È
parecchio che non ci facciamo una chiacchierata, vero Batsy?
Perché non ti, ahh… levi di mezzo?”
“Non
ti permetterò di ucciderla, Joker. Anche se è una
criminale.”
“Ahh…
anche
se è una criminale
Bats, non mi sembra di averti mai visto correre a catturarla,
è… corretto
quello che dico?”
I’ll never leave
you lonely,
(Non ti
lascerò mai solo)
I’ll be there,
tryin’ to grab a hold, yeah.
(Sarò
lì, cercando di tenere duro, sì)
Disse
il clown in tono conversativo, leggero mentre invece i suoi occhi
dicevano un mondo: quelle parole avevano colpito il vigilante proprio
sul suo punto debole; no, non aveva fermato Ivy, si era sempre limitato
ad arginare i danni che quella guerra stava causando, ma non aveva
avuto abbastanza spirito
per lottare come si deve e lo sapeva, ma sentirselo sbattere in faccia
proprio da Joker faceva tutto un altro effetto, era doloroso, come lo
era anche notare che il clown non aveva mai perso l’abitudine
di riuscire ad indovinare tutte le sue paure, trovava i suoi punti
deboli con una facilità estrema, ma mai prima
d’ora gli aveva fatto pesare un suo peccato,
o almeno mai sputando letteralmente il suo nome con un tono
così velenoso.
Non
riusciva a capire, cos’era accaduto a Joker per renderlo
così diverso? Di nuovo, si sentiva punito, sempre da quello sguardo.
Il
vigilante strinse gli occhi, scrutando il suo avversario con quanta
dignità riuscisse ad ottenere.
“Torturarla
fino alla morte non è una soluzione!” Gli
gridò, di rimando, se c’era un momento in cui doveva
avere ragione, era proprio quello ma non fece quasi in tempo a finire
di parlare, che ancora Joker urlò il suo dissenso, con una
rabbia ed una disperazione che mai prima Bruce aveva percepito nella
sua voce, solitamente così svagata e divertita in ogni
situazione.
“Tu
non
c’eri! Tu hai
lasciato che tutto ciò accadesse e per questo non
perdonerò mai neppure te! Dov’è finito
il Cavaliere Oscuro, eh?! Tu non sei Batman!”
I’m not the
nicest guy, you know.
(Non sono esattamente un
bravo ragazzo, sai)
Ed
immediatamente gli si lanciò contro, coltello alla mano,
sperando di fare cosa, nemmeno Batman lo sapeva. Afferrò al
volo il polso del clown prima che potesse affondare la lama nella sua
armatura, poi intercettò un altro colpo,
immobilizzò anche l’altra mano, in cui Joker stava
stringendo qualcos’altro nel pugno chiuso. Il vigilante fece
appena in tempo a sentire un sinistro click,
poi notò qualcosa cadere a terra; una spoletta.
Strinse
con più forza la presa sul polso di Joker, doveva fargli
cadere l’ordigno, lanciarlo il più lontano
possibile, e non trovò così strano che, perfino
in quel momento, dopo ciò che il clown gli aveva detto, la
sua priorità restasse sempre la stessa: salvaguardare quanto
più poteva l’incolumità di quello che
era stato il suo amante.
Non
ci riusciva; Joker stringeva quella bomba come la cosa più
importante che avesse mai avuto e gli si era praticamente incollato
addosso! Si distrasse, lasciò che la lama penetrasse la sua
difesa e cadde su un ginocchio, si sentì colpire sul viso e
finì con la schiena a terra, immediatamente il clown si
accomodò su di lui, circondandogli la vita con le gambe.
“Spero proprio che
tu ne esca vivo, Batsy.”
Lo sentì dire, e
si raggelò. Sperava che sopravvivesse per portare per sempre
il rimorso di ciò che era accaduto a causa sua? Il dolore di
non essere stato in grado di fare nulla per impedire la morte della persona che - ancora adesso, sì - amava, alla
fine? Ma improvvisamente, il peso di Joker si sollevò, la
bomba gli cadde di mano e Batman vide Nightwing lottare contro la furia
del clown, mentre tentava di trascinarlo lontano da lui.
Non
perse tempo, afferrò la bomba e la lanciò con
tutta la sua forza, sentì l’eco
dell’esplosione e la leggera onda d’urto
travolgerlo; si rialzò, dolorante, molti frammenti della
granata si erano schiantati contro la sua armatura, facevano molto
più male delle pallottole.
Quando
tornò con lo sguardo a Joker, vide che con una gomitata si
liberava di Dick, costringendolo a mollare la presa su di lui per poi
iniziare a scontrarsi; il clown aveva già in mano un altro
coltello, mentre Nightwing aveva sfoderato i suoi bastoni metallici,
possibile che quei due avessero tanta rabbia in corpo?
**
Joker era un osso
più duro di quanto Dick pensasse. Non che avesse una forza o
un’agilità particolari, però sembrava
instancabile e lottava con una furia sconfinata, ma dopo un
po’ il vigilante riuscì a colpirlo, prima tra le
scapole, poi sull’ultima parte della schiena e vide il clown
finire a terra, per poi voltarsi velocissimo, e fargli uno sgambetto.
Joker,
tornò in piedi quasi subito, colpì il suolo con
tallone, lasciando così che una lama fuoriuscisse dalla
suola della sua scarpa e tentò quindi di ferire Nightwing,
ma questo riuscì ad afferrargli una caviglia, facendogli
quasi perdere l’equilibrio.
Poi
Dick si alzò, senza lasciar andare la presa sul clown e lo
colpì sul naso con la fronte, finalmente gli
lasciò andare la caviglia, e prima che cadesse lo
riafferrò per un braccio, lo manovrò fino a farlo
voltare ed iniziò a sollevargli l’arto dietro la
schiena, più che poteva senza rischiare di romperglielo:
aveva idea che Bruce non gradisse vederlo ferito, ma poi un dolore
acuto lo distrasse, il clown gli aveva pestato un piede e tirando la
testa indietro, lo colpì in faccia, restituendogli
così la testata di poco prima, non se lo aspettava davvero.
Dovette
mollare la presa, sentì Joker afferrargli le spalle ed
attirarlo a sé, per colpirlo allo stomaco col ginocchio.
You’ll never
leave me, darling,
(Non mi lascerai mai,
tesoro)
Now hear my tender warning:
(Ora ascolta il mio
tenero avvertimento)
I’m not the
nicest guy you know.
(Non sono esattamente un
bravo ragazzo)
“Ma
cosa
credi?! - più che
un grido era un ruggito, raramente Dick aveva sentito nulla di simile,
prima - Che basti un ragazzino
come te per stendermi?! Torna dalla mamma, è troppo presto
per te, per giocare coi bimbi grandi!”
Quelle
parole erano taglienti per Nightwing, che non aveva fatto altro che
lottare per anni, tentando di liberarsi dell’ombra di Bruce,
di spiccare come una persona e non un’appendice;
sentì la furia montare in un secondo, doveva dimostrare di
essere capace, a sé stesso, a Bruce e a tutti quelli che
ancora si ostinavano a chiamarlo ragazzino!
Di nuovo lo afferrò, stavolta lo lasciò cadere e
lo immobilizzò sotto il suo peso, con un ringhio stampato
sul viso, lo colpì sul viso con un pugno, che
caricò di tutta la sua forza.
L’unica
risposta che ebbe da Joker fu una lunga, soffocata risata.
“Ohh!
Il piccolo principe, ahh… si è arrabbiato. Vuoi
andare a piangere sotto il mantello di papà sorcio
per caso? - Dick lo colpì di nuovo, se possibile con ancor
più forza di prima, ma neppure stavolta servì -
Se vuoi possiamo fare un break,
i bambini sai, ahh… hanno bisogno d’affetto
costante!” Lo picchiò di nuovo, e poi ancora e
ancora finché, finalmente, non vide il clown smettere di
ridere, privo di sensi. Come faceva? Come riusciva ad indovinare
cos’avevano, le persone dentro? Si erano incontrati solo due
volte in vita loro, eppure Joker aveva dato voce a tutti i suoi tasti
più dolenti, lo aveva preso in giro, urtandolo come nessuno
prima, e senza mai neppure parlargli!
Lo trovava odioso e non gli piaceva averci a che fare, però
a quanto pareva, aveva vinto lui.
Finalmente
Dick si alzò con un sorriso, un po’ gli era
passata, si voltò e con lo sguardo incontrò la
figura spaventata di Harley Quinn.
“No, alzati Mister
J! La bomba sta per…” non finì la
frase, portò di corsa le mani alla bocca ma ormai aveva
parlato.
“Che
bomba?!” Chiesero tutti, praticamente all’unisono,
fissando l’Arlecchina con occhi spalancati e sarebbe stato
addirittura comico, non fosse stato terribilmente vero, ed infatti il
primo pensiero di Harley, fu che il suo Puddin’ avrebbe
trovato esilarante quella scena, ma si riscosse subito. Poteva parlare,
ma a Joker non sarebbe affatto piaciuto, l’avrebbe
rimproverata, forse mandata via per un tradimento simile,
però non le interessava, l’unica cosa che contava
ora, era salvare la vita dell’uomo che amava.
“Tra
meno di un minuto esploderà!” Gridò, e
dopo appena un attimo di smarrimento in cui nessuno si mosse, si
sentirono le sirene della polizia.
Ognuno
prese una direzione, conscio del fatto che c‘era pochissimo
tempo: Nightwing si precipitò su Harley, afferrandola e
gettandosela in spalla, per allontanarsi da lì il
più velocemente possibile mentre Freeze faceva la stessa
cosa col corpo martoriato di Poison Ivy. Infine Batman, naturalmente,
prese tra le braccia il corpo privo di sensi di Joker e si separarono,
l’uomo di ghiaccio fuggì a piedi mentre i due
vigilante scelsero i tetti, la voce di Harley, mentre si allontanava,
non smetteva di chiamare disperatamente il suo compagno svenuto,
pregandolo di svegliarsi.
Batman
arpionò il tetto di un palazzo ed una volta raggiunta
quell‘altezza, con la trasmittente avvisò le auto
del GPD dell‘imminente detonazione; li vide frenare e
bruscamente fare retromarcia, poi la gioielleria esplose,
fragorosamente e molto più brillante di quanto avrebbe
potuto immaginare. Si gettò sul corpo del Joker per
proteggerlo dall’onda d’urto e dai vari detriti che
li avrebbero raggiunti, il cielo si tinse di rosso e quando il
vigilante si risollevò, vide Joker sbattere velocemente le
palpebre, si stava risvegliando.
Lo sentì stirarsi
leggermente sotto di sé e restò incantato alla
vista del suo volto, bianco, invaso dai bagliori arancio delle fiamme e
l’unica cosa che riusciva a pensare era che non si sarebbe
mai aspettato di poter un giorno, stargli di nuovo così
vicino eccetto durante le loro lotte.
I’ll never leave
you lonely.
(Non ti
lascerò mai solo)
I’ll be there,
tryin’ to grab a hold, yeah.
(Sarò
lì, cercando di tenere duro, sì)
E adesso?
|
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Capitolo 6 *** Parte 2: Without you. ***
CON I PIU' AFFETTUOSI
E CALOROSI AUGURI DI BUON NATALE, ECCO IL MIO REGALO PER VOI ;)!
Per
mhcm: Ma ciao *_*! Bentornata
a te, ho davvero sentito la tua mancanza! Ti ringrazio molto dei
complimenti e del commento, l’ho apprezzato molto! Eh
sì il clown è davvero violento quando ci si
mette… per quanto riguarda Harley, beh, sto facendo del mio
meglio per gestirla e spero proprio di riuscirci
è_è! Non merita di esser rovinata da me
ù_ù. Fino alla fine comunque, mostrerà
una combattività davvero invidiabile, in questo almeno,
è rimasta fedele al carattere originale (almeno spero!). Ora
ti lascio al capitolo, spero di risentirti presto, un abbraccio!
Per
Sychophantwhore: Tesoro ciao *_*! Eh,
forse avrò esagerato in quanto a malvagità,
sull’Edera, ma pensa che Eddie non se la sta certo passando
meglio, è in punto di morte, se così non fosse il
clown non avrebbe neppure perso tempo appresso agli altri, non fin
quando non si fosse ripreso, almeno! Se è arrivato a tentare
un attacco kamikaze contro il pipistrello… immagina un
po’ come può star davvero il suo amato Enigmista
ç_ç! Nu, lo meritava ç_ç
cattiva di un’Edera! Il paragone dell’incisione sul
petto di Ivy lo ammetto, è il mio fiore
all’occhiello o_ò ne ero così fiera che
ricordo ancora perfettamente il momento in cui ho avuto
l’idea: stavo seduta in biblioteca a giocare a tresette xDD!
Di vendette ce ne saranno ancora parecchie, pensa solo a quanto
potrebbe essere incavolato Freeze, dopo il tentato rapimento della
moglie ed un Crane mezzo morto xD! Per quanto riguarda
Joker… il tuo commento su di lui mi ha resa estremamente
felice (per quanto riguarda il modo di parlare, ho riletto tutto e
capito che hai ragione, infatti inzierò a farlo tornare
normale o_ò)! Poi, Harvey e Crane… come avrebbero
potuto non incontrarsi, quando chi li guida sono io?! La regina
dell’angst e della tortura psicologica! Mwuahahah! Per quanto
riguarda il loro futuro, non posso anticiparti nulla
ç_ç… ma una cosa te la dico,
così sarai preparata, visto che come colpo sarà
fortissimo, ed ancora stento a prevedere le reazioni dei lettori
é_è. Johnny metterà le corna - se si
può dire visto che non stanno più insieme - a
Duefacce, a brevissimo! A te lo dico subito perché secondo
me, ne soffrirai ç_ç. Il legame tra Batman e
Joker, in questo capitolo sarà vitale… in fondo
proprio perché sono opposti, si attraggono e in fondo, si
conoscono, hanno similitudini opposte, per così dire. Ma non
ti sciupo nulla, dai xD. Ti ringrazio infinitamente anche per il bel
commento su Harley, il pensiero che ha avuto prima
dell’esplosione *_*! E sì, penso a te quando la
caratterizzo quindi stai sicura che, nonostante le apparenze, non avrai
brutte sorprese ;). Per quanto riguarda la beta, si noterà
soprattutto in questo capitolo che me ne manca una…
rileggendo era tutto abbastanza confuso, ed ho aggiustato come potevo
ma… puah! In ultimo, il tizio senza occhi…
messaggio visivamente chiaro, tranne per lui poverino, che non
potrà vedere proprio più niente xDDD! Ok, basta
sadismo ù_ù! Ora ti lascio al capitolo, sperando
che ti piaccia *_*! Un abbraccio, a presto spero!
Per
Boopsie: Tesoro, eccoci qua!
L’ennesimo capitolo, sono d’accordo, Ivy ha avuto
ciò che merita per aver fatto tanto male ad Eddie ed al
cucciolo è_é! Che le sia di lezione, umpf! Harley
sì è perfettamente consapevole di tutto, e
credimi è molto confusa anche lei xD. Divisa tra
l’amore che prova per Joker - che la spinge a fare sempre e
comunque ciò che lui vuole e si aspetta da lei - e la
sofferenza che il pensiero del suo ex le procura (nonché la
paura di ciò che avverrà, dovesse questo
risvegliarsi). Ma lei è forte, quindi affronterà
tutto a tempo debito ù_ù. E perché si
sappia da subito, non ho assolutamente intenzione di farla sparire dal
quadro è_é! L’argomento
verrà fuori di sicuro ;)! Aspetta e vedrai! Ora ti lascio al
capitolo, sperando che ti piaccia! Un abbraccio, a presto!
Per
LadyBlack: Ciao xD! Beh anche a me
di parole ne mancano molte ultimamente, vuoi per l’atmosfera
natalizia che mi esaspera, vuoi per la mancanza di una beta, povera me!
Sono contenta che ti sia piaciuta l’atmosfera violenta del
capitolo, non vedevo l’ora di fare un po’ di festa
all’Edera, ecco. S’è comportata male con
Eddie e con Johnny il che non è bene
ù_ù. Le illuminazioni, tra Harvey e Crane si
sprecano xD. Loro sono fatti così, che vuoi farci? Beh, il
tuo suggerimento è molto gradito, ma temo che se Duefacce
facesse una cosa come ‘portarselo a casa’, tanto
varrebbe suicidarsi visto che col bene che gli vuole Johnny ora come
ora, finirebbero con l’ammazzarsi
ç_ç… ma avranno altre occasioni per
incontrarsi e fare ancora più chiarezza, stanne certa, non
li abbandonerò è_é! Piano piano
risolveranno tutto ^^! Ora ti lascio al capitolo, sperando che ti
piaccia, alla prossima!
Un
abbraccio, buon Natale a tutti, godetevi questo mio regalo per voi *_*!
XxX.SilverLexxy.XxX
ATTENZIONE!
Questo capitolo contiene scene di sesso slash esplicite, insomma molto
dettagliate e chiunque non se la senta di andare avanti è
invitato a saltarlo, prometto che spiegherò nei prossimi
cosa è accaduto (a parte gli atti osceni, ovviamente).
PRETEND THE WORLD HAS
ENDED:
La
canzone inserita nel capitolo è “Without
you” dei Machbeth.
Capitolo
5, parte 2: Without you.
Intro.
Batman
era atterrato sul tetto del palazzo, depose a terra Joker il
più delicatamente possibile, e quasi nello stesso momento si
sentì il boato; il vigilante coprì il corpo del
clown col suo per difenderlo dalle imprevedibili ripercussioni che
potrebbe avere un’esplosione simile, poco dopo lo
sentì stirarsi e si sollevò leggermente, colto
alla sprovvista, si ritrovò a bocca aperta di fronte al viso
del clown, il bianco del cerone invaso dall’arancio delle
fiamme e Bruce non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi, un giorno, di
nuovo così vicino a lui, a meno che non si trattasse di una
lotta.
Quando il clown iniziò a stirarsi leggermente sotto di lui,
spostò lo sguardo ai suoi occhi, che si aprirono lentamente,
rivelando di nuovo per lui quei due pozzi castani, striati di azzurro,
lucidi, fissi in uno stato vacuo e gli sembrava che Joker non fosse mai
stato più bello di così; non rifletté
affatto, scese a catturare, quasi con violenza, le sue labbra
immediatamente rendendosi conto che probabilmente aveva fatto un passo
falso, uno di troppo, ma fregandosene altamente.
Si stupì, quando invece sentì un tocco leggero e
nervoso dietro la nuca, e quelle labbra che lentamente, iniziarono a
muoversi contro le sue, schiudendosi per accoglierlo al loro caldo
interno e sembrò quasi che tutto, attorno a Bruce, fosse
esploso; continuò a baciarlo, con tutta l’urgente
passione accumulata in quegli anni, in cui aveva sentito la mancanza
del clown sotto la pelle, e dietro gli occhi, sotto le dita, in ogni
vuoto di un bacio desiderato e non ricevuto, di ogni tocco immaginato,
di ogni risveglio solitario nel suo letto.
What we’ve
learnt from our bad dreams,
(quello
che abbiamo imparato dai nostri brutti sogni)
Is
that no one will ever know.
(è
che nessuno saprà mai)
Joker
era stremato, poteva sentirlo, nonostante la poca energia, sforzarsi di
contraccambiare le sue attenzioni con quanta forza potesse, per non
essere da meno, mai, in nessuna occasione ed il risultato fu simile ad
un duello, caldo, umido ed urgente.
Vide le mani del clown scendere sulle spalle, percorrergli il petto,
l’addome e maledisse la sua armatura, che gli impediva di
sentire quel tocco così tanto agognato, che gli era stato
tolto anni prima, immediatamente si tirò su, quasi con
rabbia si sfilò la maschera, tolse il mantello, gettando
tutto via, il più lontano possibile mentre le mani di Joker
si fermarono lì, sulla sua corazza, che presto raggiunse il
resto degli oscuri indumenti, il tutto sotto lo sguardo attento ma
confuso del suo compagno; sembrava letteralmente perso,
come se non capisse nulla di ciò che stava accadendo, ma si
lasciasse trasportare dalla corrente e Bruce sapeva, di avere sul viso
la sua stessa identica espressione.
Il vigilante scese a poggiare la fronte contro quella del compagno, gli
prese una mano, ora più calmo e lentamente la
sollevò per condurla alle labbra, lasciando che queste
sfiorassero la pelle dei guanti per un attimo, prima di prendere la
stoffa tra i denti e sfilarlo; quando lasciò andare la presa
su quella mano, continuando a tenerla, ma senza più condurla
da nessuna parte, Joker non l’abbassò, non
tentò di riprenderla, con le dita ora nude,
sfiorò il mento, la bocca di Bruce, gli occhi fissi su
quelle labbra, ed il suo sguardo era così sperduto che il
vigilante si lasciò andare, baciando lievemente ogni
polpastrello di quelle dita sottili e pallide, poi lo aiutò
a tirarsi su, quel tanto che basta per potergli sfilare la giacca viola
dalle spalle.
Why a smile is so fragile.
(perché
un sorriso è così fragile)
How
a word can make you cry?
(come
può una parola farti piangere?)
Appena
fu seduto, Joker schiacciò di nuovo la bocca su quella di
Bruce, che accolse quel gesto e aprendo gli occhi per un attimo, vide
le sopracciglia dell’altro unite in un’espressione
talmente disperata da farlo quasi star male; riusciva a capire i
pensieri che probabilmente affollavano la mente del clown: lui ora
aveva una fidanzata, la storia che li aveva divisi in passato, quella
con Nigma, era finita e lui si stava lasciando andare ad un rapporto
proprio con la persona che poco prima aveva detto di odiare e con la
quale era stato insieme, prima di piantarlo per tornare
dall’amore della sua vita.
Dopo avergli sfilato la giacca, aprì a tentoni ogni bottone
del gilet, fece lo stesso con quelli della camicia, di cui
però la maggior parte saltò, per il tremore che
s’era impossessato delle mani del vigilante, poi
passò alla cinta; ora riusciva a sentire le mani di Joker su
di lui, asciutte, tiepide, delicate ma segnate dal continuo maneggiare
di coltelli ed esplosivi. Quello era Joker, ed ora, anche lui si
sentiva di nuovo Batman, così, inginocchiato tra le sue
gambe, sotto il suo tocco sorprendentemente insicuro, i suoi baci
disperati.
I’ve been
searching in my soul,
(Ho
cercato nella mia anima)
For
those sad words to say goodbye.
(Quelle
parole per dirti addio)
Si
abbassò a coprire il corpo del clown col suo, ed aiutandosi
coi piedi iniziò a sfilarsi gli stivali mentre nella sua
testa, stava maledicendo quell’armatura, e quanto fosse
complicato toglierla di mezzo, in quel momento la odiava.
Tentava di svestirsi senza doversi alzare in piedi, mentre le sue
labbra percorrevano il collo di Joker, mordendo e succhiando quella
pelle così chiara, sentendo, per qualche secondo, sulla
lingua, quel sapore leggermente salino, che poi lasciò il
posto alla vera essenza del suo compagno, quella che per tutti quegli
anni gli era mancata più dell’aria;
serrò gli occhi con ancor più energia, tentando
di resistere a tutto, al tempo, ai ricordi, al dolore, ai rimorsi ed ai
rimpianti, perché ora non servivano, semplicemente
c’era di nuovo, e Joker era con lui e non esisteva altro,
fanculo il mondo, e Batman, e tutti gli psicopatici di Gotham!
Ma anche quei pensieri sparirono così in fretta, che Bruce
non poté neppure meravigliarsene, ma d’altronde
era proprio questo l’effetto che il suo ex amante gli aveva
sempre fatto.
Ora era di nuovo a casa,
o per lo meno, si sentiva in questo modo. Sentì le braccia
del clown farsi strada fino alle sue ampie spalle per stringerlo, le
gambe ancorarsi alla sua vita, mentre Joker lo premeva contro di
sé, come a non volerlo lasciar più andare, come
se, si fosse Batman allontanato, lui avrebbe potuto morirne e questo
spezzò ed esaltò il cuore di Bruce allo stesso
tempo.
Con tutta la forza che aveva, continuò a stringerlo, i pugni
chiusi, gli occhi serrati, i denti stretti, finché non
riuscì a dire ciò che voleva, che lo tormentava
fino a farlo star meglio, che sapeva essere la verità,
quelle parole formulate male, che però lasciavano
intravedere, dietro di esse, un intero universo in cui uno dei due,
facilmente, sarebbe potuto annegare.
In un sussurro, spezzato, quasi feroce, lentamente aprì gli
occhi.
“Ma dov’eri sparito?”
My world begins and ends
with you,
(Il
mio mondo inizia e finisce con te)
Stand
by me ‘till candles die.
(Stammi
vicino finché non muoiono le candele)
Ed
iniziò a tremare.
Quando Bruce si sollevò a scrutare il suo viso, lo
trovò arrossato, pulito
nonostante il make-up, in un senso difficile da comprendere, aperto e
fragile, solcato di lacrime mentre il labbro inferiore spariva in un
morso dolcissimo; solo in quel momento il vigilante si rese davvero
conto di quanto avesse ignorato il suo compagno in quegli anni,
preoccupato solo del suo dolore, non sapeva nulla di preciso su cosa
gli fosse accaduto per renderlo così, quante ne avesse
passate, ma intuì fin troppo bene, che dovevano essere state
troppe.
Si sentì in colpa, scese a baciargli il viso, gli zigomi, le
tempie umide, gli occhi, le sue palpebre nuovamente chiuse e lo
sentì singhiozzare mentre si abbandonava ancora una volta a
lui, dopo tanto tempo; non era facile, di sicuro, non doveva esserlo,
ma il clown lasciò che la testa scivolasse indietro,
rilassandosi su quel terrazzo di cemento, aveva messo il suo corpo
totalmente nelle mani di Bruce, perché l’altro lo
guarisse finalmente, da ciò che sentiva.
Il suo volto, stava iniziando a diventare leggermente livido per via
dei colpi subiti da Dickie poco prima, ma il vigilante ci fece a
malapena caso, Joker restava, sempre e comunque, bellissimo e raggiante
di qualcosa che per quanto avesse potuto affievolirsi in quegli anni,
era sempre lì, e stava a lui riportarlo indietro; bastava
che restasse dov‘era, tra le sue braccia, e Bruce si prese un
po’ di tempo, appena il necessario per leccare via quelle
lacrime, troppo a lungo trattenute, facendole sparire.
We are face to face with
starry eyes,
(siamo
faccia a faccia con gli occhi sbarrati)
We
are heart to heart, please don’t lie,
(Stiamo
parlando col cuore, ti prego non mentire)
Love
me tonight, I can’t live…
(Amami
stanotte, non posso vivere)
Insinuò
un braccio sotto la schiena del compagno, percorrendogli tutta la
colonna vertebrale con una carezza decisa, sentendo sotto le dita
appena un velo di sudore, e fermandosi sulla parte più
piccola di questa, mentre con l’altra mano, gli
carezzò il ventre, scendendo poi fino ad oltrepassare la
barriera dei pantaloni, dell’intimo, lo carezzò
col palmo mentre inseriva un dito nella sua apertura, lo
sentì gemere, a metà tra il piacere ed il dolore,
proprio come sapeva, fosse sempre piaciuto a Joker.
Doveva essere parecchio tempo che il clown non aveva quel tipo di
rapporto con nessuno, non c’era più abituato, ed
il suo corpo era stretto, tanto che anche Bruce non riuscì a
trattenere un gemito al pensiero di immergersi in quel calore.
Il vigilante spostò il viso, fino a riuscire a succhiare
leggermente proprio sotto l’orecchio del compagno, lo
sentì reclinare il viso per facilitargli il compito mentre
perdeva sempre più ritmo nel respiro; poi si mosse ancora,
baciò la gola, l’incavo del collo, la spalla, il
petto, mentre inseriva un secondo dito, accolto con un altro gemito.
Without you, things will
never be the same again.
(Senza
te, nulla sarà più come prima)
Without
you, dig deeper in your burning soul.
(Senza
te, scava di più nella tua anima in fiamme)
Without
you, no more tears left to wash away.
(Senza
te, non restano lacrime da lavare via)
Without
you, I can’t live a day without you.
(Senza
te, non posso vivere un giorno senza di te)
Batman
si sollevò ad ammirare lo spettacolo che era il suo amante,
soffermandosi poi sulle cicatrici che gli costellavano il petto, non ne
ricordava così tante: molte erano recenti, doveva aver preso
a tagliarsi più spesso, per scacciare il dolore
insopportabile che aveva dentro, ed all’altezza del cuore
vide, rosea ed evidentemente ripassata più volte, la forma
confusa di una E,
che gli strinse lo stomaco, non ci voleva un genio per capire che
quella, stava per Eddie.
Non aveva la minima idea di cosa fosse accaduto tra i due,
ripensò a Joker che lo accusava di entrarci in qualche modo,
per via dell’apatia che gli aveva impedito di affrontare Ivy,
e qualcosa non quadrava; ma di questo avrebbero parlato più
tardi.
Passò in maniera sensuale, la lingua anche su quella
cicatrice, simbolo dell’uomo che glielo aveva portato via,
dopo che lui aveva fatto altrettanto, mentre un terzo dito si fece
strada nel corpo del clown, a testare la sua resistenza, per essere
sicuro di non ferirlo - non più di quanto aveva
già fatto - ma vi restò poco, in fondo, se voleva
guarire il suo compagno lo sapeva, c’era bisogno che lo sentisse,
e che continuasse almeno per quel momento - sarebbe stato fin troppo
breve, lo sapeva, lo faceva star male, era troppo poco dopo tanti anni
a desiderarlo - a sentire solo lui.
Time won’t heal
our broken wings,
(Il
tempo non guarirà le nostre ali spezzate)
One
more sleepless night will come.
(Un’altra
notte insonne arriverà)
Estrasse
le dita infine, mentre con l’altra mano gli percorse tutto il
fianco, in modo rassicurante, fino alle ginocchia, portando con
sé i pantaloni viola che indossava, ed il clown si
sollevò leggermente da terra, lasciandolo fare,
facilitandogli il compito, permettendogli poi anche di sollevargli le
ginocchia, poggiandole sulle sue braccia per poi entrargli dentro
lentamente, guidandosi con una mano e senza mai smettere di guardarlo
in viso.
Il mezzo grido che lanciò, fu come un fulmine, una corrente
elettrica che in un secondo gli attraversò la mente, fino
all’inguine, ma si trattenne, nonostante gli sembrasse
impossibile, ma mantenne un ritmo lento, facendosi strada in lui piano
piano.
Per un po’ poi, Bruce non si mosse, attendendo che il corpo
dell’altro si abituasse di nuovo a quelle sensazioni, e
godendosi quel contatto ormai dimenticato e che per lui era tutto,
aveva vissuto del suo ricordo per anni e ora gli sembrava di stare
implodendo, talmente quelle sensazioni erano forti; chiuse gli occhi,
poggiando la fronte su quella del compagno, perso nella meraviglia che
il suo corpo nascondeva, ed iniziò a muoversi, lentamente
uscendo e tornando ad affondare in lui con urgenza.
I just wanna disappear,
(Voglio
solo scomparire)
But
my love still remains.
(Ma
il mio amore ancora, resta)
Con
una mano gli scansò i capelli dal viso, carezzandoli
all’indietro per scoprire il volto di Joker completamente,
ammirandolo in ogni suo dettaglio e sfaccettatura, ogni scatto delle
labbra, degli occhi, ogni piccolo movimento, tutto.
Proprio ciò che il clown era per lui in quel momento: tutto.
Lo sentiva come ovunque, dentro, fuori, tutto intorno, ed era tutto
ciò che non ricordava più da moltissimo o che non
aveva mai neppure conosciuto: il piacere dell’amante, la
consolazione della madre, la guida di un padre, perfino le prese in
giro di un fratello, il sostegno di un amico. Tutto.
Joker. Era. Tutto.
Con le labbra gli percorse il viso, dalla tempia alla mascella, il
collo, non ne aveva mai abbastanza, era come se volesse berlo,
sentì l’amante morderlo sul viso
all’altezza dello zigomo, per poi circondarlo con le mani e
riportarlo su, per un bacio di una passione mai provata prima.
I’ve been
searching in my soul,
(Ho
cercato nella mia anima)
For
those sad words to say goodbye.
(Quelle
parole per dirti addio)
Joker,
non aveva idea di cosa fossero tutte quelle turbinanti emozioni, di
dove lo stessero portando ma aveva scelto ugualmente di abbandonarvisi.
Stringeva, baciava e carezzava Bruce come se non ci fosse un domani, e
forse era proprio così, chi lo sa?
Non esisteva più nessun mondo fuori dalle braccia del
vigilante, e probabilmente era proprio così, o no?
Bruce riempiva il suo vuoto, sedava le sue ansie, gli carezzava la
mente, l’anima, il cuore, come se fosse un animale, una
specie di gatto randagio e spaventato e non aveva più paura,
non si sentiva più morire, e in quel turbinio
all’improvviso, si rese conto che, nonostante avesse
rinfacciato a Batman di essere sparito, in verità anche lui
si era perso… da dove era venuto, lui? Come aveva potuto non
rendersi neppure conto di quanto diverso fosse diventato in quegli anni
senza Eddie? Perché? E che ne sarebbe stato, ancora, di lui,
dopo l’orgasmo che sperava non arrivasse mai?
Non era da lui, no, preoccuparsi del futuro o temere un confronto con
sé stesso, sentirsi così piccolo in confronto al
mondo, perciò si stringeva a Bruce con tutte le sue forze,
proprio quando ne aveva bisogno lui c’era, risollevandolo del
baratro che non aveva neppure visto; era precipitato… e
Batman lo aveva riacchiappato al volo, come aveva già fatto
altre volte, come avrebbe, lo sapeva, continuato a fare per sempre.
La
follia vedi, è come la gravità…
My world begins and ends
with you,
(Il
mio mondo inizia e finisce con te)
Stand
by me ‘till candles die.
(Stammi
vicino finché non muoiono le candele)
Lo
sentiva muoversi in lui, non tratteneva i gemiti, strozzati dal pianto,
gettava la testa indietro, c’era quasi, Bruce lo ricordava
ancora a memoria, dopo tutto questo tempo, sapeva bene come dargli
piacere, di cosa aveva bisogno e come lo voleva, ed alla fine, con un
grido, si spense, stringendo Batman fino a fargli male, si
sentì riempire da lui ed insieme si lasciarono cullare sulle
onde del piacere, come bambini che fanno in morto a galla, innocenti in
un atto scabroso, come battezzati, si erano ricongiunti con loro
stessi, a vicenda si erano liberati dal male.
Erano di nuovo tranquilli, tutta la confusione e l’apatia, la
disperazione, erano evaporati e si sentivano entrambi liberi e
soddisfatti; si guardarono negli occhi.
We are face to face with
starry eyes,
(siamo
faccia a faccia con gli occhi sbarrati)
We
are heart to heart, please don’t lie,
(Stiamo
parlando col cuore, ti prego non mentire)
Love
me tonight, I can’t live…
(Amami
stanotte, non posso vivere)
“Credo
proprio di doverti riportare ad Arkham.” mormorò
Bruce, come se si trattasse di una dichiarazione d’amore.
“Ahh… posso rivestirmi prima?” il
vigilante scoppiò a ridere sotto lo sguardo perplesso del
clown, che ovviamente non capiva cos’avesse detto di
sbagliato. “Bruce, devo chiederti un favore… uno
grande.” Chiese poi, sollevandosi per sfiorare col suo, il
naso dell’altro.
“Sarebbe?” Domandò l’altro,
senza particolare espressione.
“Non posso tornare ad Arkham ora, non finché Eddie
non starà meglio.” Ed ora non c‘era
più pessimismo, lo sapeva con certezza che il re degli
enigmi si sarebbe ripreso, doveva solo aver fiducia nella sua forza. Ce
l’avrebbe fatta.
“Che ha Nigma?”
“I feromoni di Ivy. Gli hanno dato un qualche tipo di
assuefazione, e sta male. Non posso lasciarlo.”
Bruce restò basito, certo avrebbe dovuto immaginare una cosa
simile, Edward non avrebbe mai lasciato Joker per l’Edera,
non volontariamente; suo malgrado sentì una fitta di senso
di colpa, tutto si ricollegava e capiva il clown per essersela presa
anche con lui, che avrebbe potuto, no, dovuto
fermare la rossa, ma non lo aveva fatto.
Without you, things will
never be the same again.
(Senza
te, nulla sarà più come prima)
Without
you, dig deeper in your burning soul.
(Senza
te, scava di più nella tua anima in fiamme)
Without
you, no more tears left to wash away.
(Senza
te, non restano lacrime da lavare via)
“Niente
attacchi terroristici?” Domandò allora, con ton
leggero.
“Niente, lo giuro, non finché Eddie non si
riprenderà.”
La cosa più importante per il signore del chaos in quel
momento, evidentemente era Nigma, e non si vergognava minimamente ad
ammetterlo, né per difendere la sua reputazione di mostro,
né tanto meno per il buon gusto di non mostrarsi davanti a
colui che - fino a pochi secondi prima - era stato suo amante,
così innamorato di un’altra persona.
Bruce continuò a guardarlo negli occhi per un po’,
quei due innocenti e grandi laghi, e se n’era accorto
ovviamente, che Joker non lo aveva pregato, non si stava neppure
approfittando dell’essere il suo punto debole, o almeno si
sforzava di non farlo; però aveva la massima fiducia
nell’amore del vecchio compagno.
Restarono in silenzio, anche se il vigilante già
l’aveva presa, la sua decisione.
Without you, I
can’t live a day without you.
(Senza
te, non posso vivere un giorno senza di te)
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Capitolo 7 *** Amour, Amour. ***
Per
Boopsie: Tesoro *_*! Ma
povera…! Chissà che stress, quando stai leggendo
un capitolo piuttosto spinoso e arriva qualcuno che ti si piazza
dietro. Anche io ho avuto queste sfighe, ma grazie a Dio, mamma non ci
vede senza occhiali e quindi spesso e volentieri non rappresenta un
problema xD. Ti ringrazio moltissimo per il commento! Sì, la
svolta c’è! Yay! Batman è tornato
full-force e Joker finalmente può trovare un tantino di
pace! Beh… per il dopo… eccoti accontentata! Ti
lascio al capitolo, sperando che ti piaccia *_*! Baci!
Per
rinnie: Ecco la mia Pucia!!
Tesoro, non mi aspettavo proprio il tuo commento, specie visto che -
come anche tu hai fatto presente - si tratta del capitolo a rating
rosso xD! Se può consolarti, io ho gridato, invocando quella
maledetta bestia demoniaca, subito dopo averlo postato, ed infatti non
l’ho neppure corretto decentemente, temo (sono una
snaturataaaah!). Ma sai che per come hai scritto, ho avuto un flash di
te che saltelli tutta allegra verso il pc, sogni di gloria e tutto il
resto, ti rimbocchi le maniche, lanci uno sguardo truce e determinato a
Vodka Banana, e… tempo pochi minuti, fuggi disperata xDDD?
Giuro, ho riso tantissimo! A dire il vero (te lo confesso) non
è che abbia sbloccato poi chissà cosa…
questa Nc-17 l’avevo già, è abbastanza
vecchia e quindi non ho dovuto far altro che ricopiarla con sforzo. Ma
continuerò a tentare! ;) Essì, solo noi possiamo
capire (làlàlà, come dici spesso tu)!
Ora ti saluto e ti lascio al nuovo capitolo anche se lo hai
giò letto *_*! Grazie per gli incoraggiamenti e tutto
ciò che fai per me! Sei la mia Puciaaaaah!!
Per
Sychophantwhore: Tesoro, ciao! Beh,
finalmente sì xD anche se credo che questo sarà
il loro ultimo incontro in questo senso (ma non posso dirlo, ci sono
ancora due sequel in cantiere, da elaborare bene). Ma è
bello sapere che nei momenti di crisi, nonostante le divergenze e tutto
il resto, ci sono l’uno per l’altro.Beh, Bruce
davvero era molto insicuro in quel momento, ed anche il
clown… con la differenza che Joker sa sempre cosa vuole e
quando e non si fa molte remore nel lasciarsi andare.
Batman… o_ò si è comportato malissimo,
cioè, va bene che si era depresso e non è proprio
colpa sua, però insomma! Qualcosina in più poteva
fare altrimenti tanto valeva gettar via il mantello, senza andare
avanti con la farsa! A dire il vero non so se sia stato solo per via
del clown, che era diventato apatico, penso sia un po’ di
tutto, anche il fattore Dickie non ci scherzava. Cosa gli dice, lo
vedrai xD! Beh… no, non è Ivy e non è
Freeze ç_ç. Non è Joker, né
Nigma, né Ivy, né Bruce. Ehm… questo
lascia solo una persona, giusto ^^”? La mia beta non
è fuggita *_*! Eeed ecco il seguito! Ti lascio alla lettura,
sperando davvero che ti piaccia!
Un
abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
Voglio inoltre
ringraziare rinnie,
la mia beta, che come sempre ha fatto un lavorone *_*! Un abbraccio
speciale per lei, che ha sempre tanta pazienza, con me xD!
PRETEND
THE WORLD HAS ENDED:
La canzone inserita nel
capitolo è "Amour Amour" dei Rammstein.
Capitolo
6: Amour, Amour.
Intro.
Freeze era talmente furioso, che avrebbe potuto competere perfino con
Duefacce in quel momento e, se solo avesse avuto l’ex
magistrato tra le mani, Dio solo sapeva cos’avrebbe potuto
fargli; ma doveva calmarsi, pensare e rimediare a tutti i danni che
quel gruppetto di beoti era riuscito ad arrecargli nel giro di poche
ore.
Il Signore del ghiaccio era rientrato di corsa al suo quartier
generale, col panico negli occhi aveva lasciato Ivy alle cure dei suoi
sottoposti - quei pochi rimasti - per correre da sua moglie; con suo
sommo sollievo, la sua congelata sposa era ancora lì dove
l’aveva lasciata, dove da anni ormai giaceva.
In terra però, in un angolo della stanza luccicante e scura,
spiccava una pozza di sangue dalla quale si allungava una scia, che
Freeze seguì fino alle porte del laboratorio e, fermandosi
sull’uscio, continuando a percorre con lo sguardo, sperando
appartenesse alla fazione avversaria.
La vide sparire dietro uno dei tavoli, ingombri di appunti e provette,
e corse per aggirarlo; con un colpo del braccio gettò in
terra tutta l’attrezzatura adagiata sulla scrivania, poi si
chinò sulla figura immobile ed insanguinata di
Spaventapasseri, sollevandolo per stenderlo sull’appena
sgombrata superficie: il suo alleato era pallido, un velo di sudore lo
avvolgeva ed alcuni ciuffi di capelli umidi si erano attaccati alla
faccia.
Lo esaminò rapidamente, non c’era bisogno di
estrarre la pallottola, Crane doveva aver già provveduto a
ciò, dopo aver assunto qualche tipo di droga per alleviare
il dolore; non era un antidolorifico qualsiasi, i suoi occhi erano
tutti pupilla, e poco reattivi.
Non sapeva come prendere la notizia, in fondo qualsiasi cosa
Spaventapasseri decidesse di buttarsi in corpo, non lo riguardava.
Percorrendo il pavimento con lo sguardo, trovò la siringa
che l’altro doveva aver utilizzato, e lasciò che
si frantumasse sotto la stretta del suo pugno, per poi affidare anche
l’altro suo alleato alle cure dei suoi uomini, mentre lui si
dirigeva nella stanza di Nora.
Ad Ivy bastava un po’ di sole per guarire, ed una volta in
salute, avrebbe costretto l’ex psichiatra ad accettare che
lei lo aiutasse, guarendolo coi suoi poteri, usando l’azione
di qualche spora misteriosa.
Nulla sembrava stare andando per il verso giusto, la sua unica
consolazione era che sua moglie si trovava ancora lì, al
sicuro con lui, e non avrebbe mai più permesso a nessuno di
avvicinarsi abbastanza da mettere a rischio la sua
incolumità; era giunto infine - anche se del tutto
imprevisto, dato che Freeze non aveva mai avuto nessun tipo di mire su
Gotham o Bludhaven - il momento di contrattaccare.
Non poteva assolutamente perdonare le azioni del gruppo di Dent; non
avrebbe permesso a quei cani di provare a morderlo di nuovo; si erano
messi contro la persona sbagliata… ci sarebbero rimasti di ghiaccio.
**
Still intro.
Qualcosa era cambiato dentro
di lui, Edward lo sentiva, finalmente riusciva a pensare.
Dopo molto tempo, la sua mente era libera e leggera e, anche se il suo
corpo pareva essere il contrario, finalmente gli sembrava di poter
respirare bene dopo tanto, tanto tempo.
Nigma aprì gli occhi ad incontrare la luce del sole, ma quel
bagliore doloroso lo costrinse a richiuderli immediatamente;
riprovò, sollevando appena le palpebre e le sentì
tremare, lottando per tornare a serrarsi. Si voltò su un
fianco, in modo da non essere colpito direttamente da quella fonte di
luce: era tutto sfocato, ma quel panorama indefinito gli sembrava
familiare… aveva la sensazione di non esserci stato spesso,
in quel posto, e si concentrò, tentando di riportare i
ricordi alla mente.
Sono
contento che restiate a dormire, questa è la stanza degli
ospiti!
Quella voce, la ricordava a malapena, non sapeva dove piazzarla, era
sicuro di non averla mai amata particolarmente, per qualche motivo. Si
sforzò ancora di più, fissò i mobili
nella stanza, il letto su cui giaceva, i tappeti scuri sul pavimento.
U-hu!
Johnny perché non, ahh… accanni Duefacce e dormi
nel lettone con mamma e papà, stanotte?
Stavolta si ritrovò a sorridere, sia per le immagini che
quest’altra voce gli portava - l’aveva sentita
spesso, era confortevole, lo avvolgeva - sia per il semplice fatto che
riusciva a pensare, a richiamare alla mente delle cose, tutto stava
tornando piano piano, riusciva a distinguere poco a poco anche
ciò che aveva intorno.
Tu
saresti mia madre?
Ma
che vai blaterando! La mamma è Eddie! Su, abbraccia paparino!*
La ricordava la scena adesso, in quella stessa stanza: c’era
Crane che, ridendo, tentava di scrollarsi Joker di dosso mentre, dal
canto suo, Nigma si sentiva a metà tra
l’infastidito ed il curioso; rimproverava il clown a volte,
per la troppa espansività che mostrava verso
Spaventapasseri, perché sapeva bene che in fondo, il suo
ragazzo sarebbe stato fin troppo lieto di trasformare il loro rapporto
in un triangolo, e ciò gli dava i brividi. Jonathan era
inquietante.
Si riscosse da quei pensieri, tutto si stava espandendo, da quella
briciola di ricordo il suo mondo si stava rimettendo in piedi, il vuoto
che aveva in testa si riempiva ad ondate, era veloce e gli faceva
l’effetto di una lunga, potente brezza fresca in piena
estate; avrebbe voluto allargare le braccia ad accoglierla, si sentiva libero.
Duefacce, Spaventapasseri, Poison Ivy - quella maledetta -
Joker… il suo clown, l’uomo che amava ancora, con
tutto se stesso. Stavano tornando tutti.
Lottò contro il suo corpo per sollevarsi a sedere sul letto,
ogni attimo che passava si sentiva riempire di immagini, suoni, odori,
gusti, nonostante l’insistenza dell’Edera nulla era
andato perduto! Edward scoppiò a ridere. Alla faccia sua.
Sentì il frastuono della porta che veniva spalancata di
malagrazia.
Die Liebe ist ein wildes
Tier,
Sie atmet dich, sie sucht nach dir.
(L'amore è un
animale silvaggio)
(Ti annusa, ti cerca)
“Eddie?!”
Non era un ricordo, né un’allucinazione. Davanti a
lui stava Joker, in carne ed ossa, trafelato dopo essere corso nella
stanza, attirato dalle sue risa, ma non osava avvicinarsi. Se ne stava
lì, guardando Nigma con una faccia incredula.
Si prese qualche momento per guardarlo bene, dalla testa ai piedi. Non
era cambiato affatto, bello come un sogno ritrovato al risveglio; e
lui? Era rimasto lo stesso? Sperava davvero di sì,
l’ultima cosa che voleva era dare una delusione al suo clown.
Lentamente, Edward si alzò e nel silenzio più
totale si avvicinò a Joker, si guardavano negli occhi come
se si stessero vedendo per la prima volta, e Nigma lo
catturò in un abbraccio, prima che alcune lacrime
riuscissero a scivolare giù per le guance, la voce del suo
compagno gli risuonò nelle orecchie.
“Dovevo saperlo che tu non muori nemmeno se ti
ammazzano…” Queste parole fecero ridere Nigma.
“C’ero quasi, però. - disse, iniziando a
raccontare - Ho sognato le porte di quello che credo fosse
l’Inferno, ma non sono riuscito ad entrare. Cioè,
la porta si era aperta, me la sono ritrovata schiacciata in faccia, non
ti dico che male. Poi è venuto fuori Pinguino, si
è arrabbiato e mi ha cacciato via. Quando mi sono svegliato,
stavo bene. Ho sognato spesso anche te.”
Joker scoppiò a ridere, era davvero tipico di lui non
dubitare di quel racconto strampalato neppure per un attimo, e di
questo Edward si sentiva grato, d’altronde era tutto vero.
“Pinguino…! Lui sì che è un
dritto!* A quest’ora sarà già diventato
un pezzo
grosso. Magari gestisce il
racket negli inferi.”
Nigma sorrideva, non riusciva quasi a credere di essere davvero
lì; sollevò le mani fino al viso del compagno, e
delicatamente coprì quelle labbra - Cristo, quanto gli erano
mancate - con le sue. Del tutto inaspettatamente però, Joker
si tirò indietro, allontanandosi di un passo.
“Ahh… Eddie, c’è una cosa che
devo dirti.”
“Che succede?” Domandò, confuso.
“Mentre eri, ahh… diciamo via...
sono cambiate un po’ di cose.”
“Sareb…be…? - iniziò, per
poi lasciar scemare la voce alla vista di una sconosciuta vestita da
Arlecchina che si era appena affacciata dalla porta con
l’aria triste, ma contrariata allo stesso tempo - Chi
è questa?” Chiese allora Nigma, indicandola col
pollice.
Al sentirsi chiamare questa,
Harley si accigliò ancor più, incrociò
le braccia al petto, raddrizzandosi completamente per guadagnare
qualche centimetro in più di altezza, ma non le bastarono
per evitare l’effetto torreggiante di Edward.
Joker alzò un sopracciglio, spostando lo sguardo
dall’uno all’altra, poi con un mezzo sorriso
indeciso tentò di spiegare la situazione nel modo meno
traumatico possibile al suo - ex? - ragazzo, che stava ovviamente
tentando di convincersi di star fraintendendo tutto.
Nistet auf gebrochenen
Herzen,
Geht auf Jagd, bei Kuss und Kerzen.
(Fà il nodo
sui cuori infranti)
(E va a caccia quando ci sono baci e candele)
“Eddie, lei è Harley Quinn, e… beh,
Harl, finalmente conosci Eddie. Da sveglio, intendo. - il silenzio
imbarazzante durò parecchi secondi - sono sicuro che vi
piacerete!” Aggiunse speranzoso, e Nigma, con
sguardo stupefatto e critico, percorse per intero la figura della
donna, notando che questa stava facendo lo stesso con lui.
No, Edward lo sapeva già, questa coloratissima matta non gli
sarebbe mai andata a genio, e poi chi diavolo era? Una sua amica?
Un’alleata? Maledizione, una parente? Qualsiasi cosa sarebbe
andata bene all’uomo, tranne la verità.
**
L’idea era già stata elaborata; di quel piano, a
Freeze non andava giù un solo - ma inevitabile - dettaglio:
la partecipazione di Crane, che sembrava essere l’unico punto
debole di Duefacce. Ovunque fosse l‘ex psichiatra, prima o
poi anche Dent finiva col comparire.
Alla realizzazione che in tutta quella faccenda lui avrebbe fatto da
esca, Spaventapasseri non batté ciglio, e neppure la
promessa che avrebbe avuto il suo ex tutto per lui - per torturarlo,
ucciderlo, qualsiasi cosa - lo smosse: dopo essersi accorto che il
dottore sapeva
delle droghe di cui faceva uso, si era chiuso ancor più in
se stesso, non usciva dal suo laboratorio neppure per mangiare o
dormire.
Freeze che, per un tipo come Crane, che agli occhi degli altri poneva
sempre se stesso sul piedistallo più alto, il sapere che una
debolezza simile era stata scoperta aveva letteralmente ucciso il suo
orgoglio.
Jonathan non parlava mai di sé, costringendo tutti a basarsi
solo su ciò che lui
voleva far vedere; e questo per poter sempre essere in grado di
rimproverare gli altri e non lasciare loro possibilità di
replica. Per non aver mai paura di nulla e nessuno.
Non avrebbe fatto una bella fine se avesse continuato a preferire
restar solo, disperato e silenzioso.
Per quanto riguarda Ivy invece, poco dopo essersi ripresa aveva
lanciato un urlo lacerante che si poté udire in tutta la
villa; evidentemente si era guardata allo specchio ed aveva letto
l’affronto nelle lettere che il Joker le aveva inciso sul
petto, baciandola col suo coltello, trattandola come la pianta che si
vantava di essere, svalutandola proprio dove si credeva superiore e
Freeze doveva ammetterlo, non si aspettava un attacco così
mirato al cuore dell’Edera.
Il clown era intelligente, ciò non si poteva negare, e
questo lo rendeva il loro nemico più pericoloso al momento,
Freeze sperava di non doverlo più affrontare.
Avevano visto Batman portarlo via, ma il telegiornale non aveva detto
nulla in proposito del suo ritorno ad Arkham, quindi l’uomo
di ghiaccio non ci perse altro tempo: se il vigilante non era stato
capace di portare a termine il lavoro, lui avrebbe trovato un modo.
**
Saugt sich fest an deinen
Lippen,
Graebt sich Gaenge durch die Rippen.
(si attacca succhiando
forte sulle tue labbra)
(E scava tunnel attraverso le tue costole)
Per la prima volta, Harley Quinn aveva conosciuto il famoso
“Re degli Enigmi” eppure, checché se ne
dicesse in giro, non lo trovava né affascinante,
né terrificante, né imponente, e tautomero gli
dava l’impressione di essere poi questo gran genio; sentiva
di odiarlo a morte.
Inoltre, lei non era una stupida ed aveva capito benissimo di essere
ampiamente ricambiata in questi tetri sentimenti: non facevano che
guardarsi in cagnesco ed evitare in tutti i modi di parlarsi
direttamente, nonostante gli sforzi del suo Puddin’.
Certo, Harley era molto meno ovvia dell’Enigmista:
approfittava dei momenti di distrazione di Mister J, per fare a quel
vagabondo ogni tipo di boccacce, rallegrandosi poi nel notare quanto la
cosa lo infastidisse.
Le piaceva pensare che ormai si trattasse solo del passato
di Mister J.
Ma ogni volta che lo sentiva tentare di rompere il ghiaccio e farli
parlare tra loro, quasi le veniva da piangere; neppure per amore del
suo Puddin’ sarebbe riuscita a farsi piacere
quell’agglomerato di presunzione e freddezza, anzi! Se avesse
avuto un po’ di voce in capitolo, a quell’ora il sovrano
sarebbe già stato legato ad un’asta e messo a
rosolare su un’enorme fiamma; lei gli avrebbe ficcato una
mela in bocca e si sarebbe messa a tormentarlo con un forchettone
gigantesco, immaginando se stessa, in questa fantasia, con tanto di
corna, coda ed alucce scure!
Non capiva, non capiva, non capiva! Che diavolo poteva averci trovato,
il suo Mister J in un simile pupazzo?! Certo, lei non si riteneva
perfetta, ma Cristo!
Lì si stava davvero paragonando l’acqua alla
benzina. Cosa potevano avere in comune? Che diavolo poteva offrire
questo tizio al suo dolce tortino di miele?!
Non rideva mai, non capiva le loro battute né tautomero
provava a farne di sue, per non parlare poi del fatto che il pensiero
di una bella esplosione non lo entusiasmava neppure un po’,
iniziava a sospettare non amasse poi tanto neppure gli scherzi.
Lo trovava semplicemente odioso.
**
La notte era arrivata, scura e profonda, avvolgendo l’intera
Gotham City e, nonostante il suo stato d’animo quella sera
sfociasse nel macabro, Jonathan Crane prese parte, senza un lamento, al
piano invasivo e violento ideato da Freeze e Ivy; in fondo
era lui il protagonista, no? Se anche avesse voluto rifiutarsi,
ciò avrebbe obbligato i suoi amati
alleati ad elaborare da capo un‘altra strategia.
Non voleva deludere Freeze, non più almeno. In fondo il Re
dei ghiacci gli aveva solo chiesto di arrivare fino al MYB,
l’ampio locale adibito a discoteca, che da tempo era
diventato il covo di Duefacce; Jonathan ricordava, che lì il
suo ex, tra le altre cose, portava anche chi gli mancava di rispetto.
Lui e i suoi uomini, trascinavano nel retro i traditori, per dargli la
giusta punizione, la musica copriva facilmente ogni grido
d‘aiuto e di dolore.
Si meravigliò di quanto queste cose non lo avessero mai
smosso: se gli capitava di trovarsi in giro in quelle occasioni, si
limitava a sedersi da una parte, aspettando che il suo compagno avesse
finito per poi tornare alla serata, eccitato dalla paura letta negli
occhi dei malcapitati; nell’ultimo periodo della loro storia,
Duefacce lo portava spesso con sé, e lui adorava questa
cosa, si sentiva sempre soddisfatto ed eccitato dopo, aveva sempre
voglia di fare l’amore col suo uomo. La loro versione di regalare fiori.
Avevano davvero qualcosa che non andava.
Laesst sich fallen weich
wie Schnee,
Erst wird es heiss, dann
kalt.
(Cade leggero, come neve)
(Prima
diventa caldo, poi freddo)
Quei pensieri erano tutta colpa delle spore che Ivy aveva usato per
guarirlo, gli avevano lasciato molte sensazioni strane addosso; non
doveva pensarci, né lasciarsi coinvolgere da quelle fantasie.
Una volta giunto all’ingresso, fissò il buttafuori
dritto negli occhi; era stato riconosciuto, ma l’uomo non
aveva avuto il coraggio di fermarlo o tanto meno perquisirlo, sapeva
che sarebbe corso ad avvertire il boss
appena gli avesse voltato le spalle. Era ciò che volevano.
I pochi rimasti degli uomini di Freeze lo scortarono
all’interno, ma Jonathan non vi fece caso... da quando quella
missione era iniziata, pensava a tutt’altro: quando era
ragazzo, la sua bisnonna non faceva che parlare di questi posti - le
discoteche - come di una specie di Sodoma e Gomorra e lui, da adulto
sorrideva tra sé: tempo qualche minuto e, di certo, qualche
somiglianza in più con l’Inferno
l’avrebbe avuta.
Si avvicinò al bancone ed attese, in piedi, totalmente fuori
luogo vestito in giacca e cravatta ma non se ne curò,
passò in rassegna i volti delle sue scorte
e notò che senza le tute di contenimento a celare quei visi
nervosi e spaventati, non facevano poi tanta paura.
D’un tratto, tirò fuori la sua arma da sotto la
giacca e la puntò contro il soffitto del locale. Il colpo
non esplose, venne disarmato, si sentì afferrare un braccio,
e colpire all’altezza del petto, ma non forte quando si
sarebbe aspettato; tutto era avvenuto in un secondo e quando si
voltò, fece appena in tempo a vedere una figura familiare un
costume nero con un simbolo blu sul petto: Nightwing.
Il ragazzo però lo lasciò stare subito dopo,
preferendo gettarsi nella mischia e neutralizzare i suoi accompagnatori;
non era la prima volta che si trovava a competere col giovane
vigilante, e non erano mai arrivati seriamente a farsi del male, ma di
certo quella sera non si sentiva in vena di fingere sguardi dolci ed
imbastire innocenti flirt, che sottintendevano cose - entrambi lo
sapevano, faceva parte del gioco - che non sarebbero mai avvenute.
Jonathan non perse tempo, lasciò gli uomini di Freeze alla
violentissima mercè di Nightwing, precipitandosi a
raccogliere l’arma; quando si tirò su, assistette
all’ingresso in grande stile di Mister Freeze e si
affrettò a a sparare verso il soffitto, proprio come aveva
fatto al party di Bruce Wayne.
La capsula esplose a mezz’aria, iniziando a liberare una
doccia di gas terrorizzante su tutti i presenti, cosa che avrebbe
dovuto fare già dieci minuti prima; mentalmente, maledisse
il vigilante che lo aveva interrotto; come diavolo aveva fatto
l’autonominatisi difensore di Bludhaven - e certo,
perché non glielo aveva chiesto nessuno, di assumere quel
ruolo - ad entrare in azione così in fretta? Era
già all’interno del locale?
Iniziò a farsi largo tra la folla, cercando
l’uscita, ma si sentì afferrare. Ancora una volta,
nulla stava andando nel verso giusto, ed un uomo nerboruto, in preda a
chissà quale allucinazione, lo aveva gettato a terra, ed
alla vista della bottiglia rotta che stringeva in mano, trattenne il
fiato, riuscendo a pensare solo ad una cosa.
Sono
morto.
Am Ende tut es Weh.
(Alla fine, fa male)
Ma il tanto temuto colpo non arrivò mai; a sovrastare le
grida dei presenti, un boato assordante, e Spaventapasseri
sentì qualcosa spruzzargli viso, non riusciva più
a pensare, guardò a bocca aperta il corpo del suo assalitore
accasciarsi, irriconoscibile, grondante sangue. Lo stesso che gli aveva
schizzato la faccia.
Sollevò una mano alla guancia, la ritirò rossa e
viscida e si sentì sporco;
tra un flash e l‘altro delle luci del locale,
riuscì a distinguere il cervello del suo assalitore sul
pavimento, e poi la figura di Duefacce davanti a sé, in
piedi, a qualche metro di distanza col fucile ancora fumante tra le
braccia, ed il mondo si zittì. La musica continuava a
pompare, le urla a salire, ma alle orecchie di Jonathan tutto arrivava
ovattato.
Si scrollò di dosso il cadavere che gli giaceva in grembo,
ed iniziò a tremare senza una ragione: non aveva paura, non
di quello spettacolo di sangue ed interiora per lo meno. Non
riuscì a staccare gli occhi da quelli di Harvey, entrambi
portavano il loro stupore chiaramente inciso nei lineamenti, e Crane
poté sentire la voce di Spaventapasseri intonare una canzone
in rima nella sua testa, di quelle che si usano per far addormentare i
bambini, e si rimise in piedi.
Poi fu come ritrovarsi nel passato, sentirsi afferrare, abbracciare, il
gelo nelle acque di quel fiume tentando di fuggire da Batman, e quella
presa che non lo aveva mai mollato. Il momento in cui i loro destini si
erano uniti indissolubilmente.
Amour, Amour...
Jonathan.
Fidati di me.
Alle wollen nur dich
zaemen.
(Tutti vogliono solo
addomesticarti)
Fu un lampo. Improvvisamente un mucchio di desideri lo pervasero,
avrebbe voluto sentire di nuovo quelle braccia forti e rassicuranti
attorno a lui, la risata di Harvey, e gli sguardi, i giochi, le sue
mani, il modo in cui facevano l’amore, e…
perché?
Dopo tutto questo tempo, il dolore, le parole taglienti,
perché non riuscivano ad odiarsi? Lui stesso - vuoi per
effetto delle spore di Ivy o meno - improvvisamente si rese conto di
sentire terribilmente la mancanza di Duefacce. Non aveva mai smesso di
pensare a lui come al suo uomo,
ed improvvisamente si sentì cosciente del desiderio - era
sempre stato lì - di riprenderselo dalle grinfie della donna
gatto, ed urlò.
Più in fretta che poté poi, si voltò
ed iniziò a farsi strada tra quella folla per guadagnare
l’uscita; voleva solo correre il più lontano
possibile dal suo ex, non pensare mai più a lui, ma il suo
piano fu interrotto dalla figura irritata di Nightwing che, irritato,
gli sbarrò la strada.
Le urla rauche di Ivy riempivano l’aria, nonostante
l’Edera fosse ben lontana, di fronte al locale, mentre loro
erano usciti in un vicolo sul retro.
“Spero sarai contento, guarda che casino!”
“Che vuoi, levati di torno!”
Tentò di superarlo ma si sentì afferrare; un
secondo dopo una nuvola di gas già circondava il vigilante,
che con un’esclamazione di stupore portò le mani
al viso. Non si aspettava una vera lotta da Crane, non ne avevano mai
avute in precedenza e si era lasciato cogliere alla
sprovvista… barcollò fino a cadere sulle
ginocchia.
Quella vista contribuì un pochino a migliorare
l’umore di Spaventapasseri: si raddrizzò,
osservando il suo operato con non-chalance per qualche minuto prima di
avvicinarsi lentamente alla figura inginocchiata a terra.
Continuò a fissarlo, poi non resistette: si
abbassò al suo fianco, per sentire cosa stesse mormorando
nel pieno delle sue allucinazioni.
Non gridava. Erano davvero in pochi a non farlo.
“Che cosa vedi? - Chiese, ma non ottenne risposta - Su baby,
dimmi, cosa terrorizza il grosso e cattivo Nightwing…? Che cosa vedi?”
“Io…”
“Sì?” Lo incoraggiò, con voce
carezzevole.
“Te. Cos’altro?”
E Jonathan non ebbe neppure il tempo di capire che il ragazzo aveva
sconfitto il suo gas, prima di trovarsi con la schiena contro
l’asfalto freddo ed umido, si sentì colpire sul
viso, stavolta con forza, la maschera gli venne strappata via e si
ritrovò a contraccambiare lo sguardo del vigilante.
Dick lo sapeva, certo, che sotto la maschera di iuta dello
Spaventapasseri si celava Jonathan Crane. Eppure ciò non gli
impedì di restare destabilizzato alla vista degli intensi
occhi blu, dei capelli scuri e spettinati, ed immaginava facesse lo
stesso effetto un po’ a tutti; non si meravigliò
quando si sentì svuotato di ogni istinto violento nei suoi
confronti.
Si trattenne dall’alzare le spalle, sapeva che un gesto
simile avrebbe irritato non poco il supercriminale intrappolato sotto
di lui, si abbassò leggermente, continuando a guardarlo con
un ghigno.
Amour, Amour, am Ende...
Gefangen zwischen deinen Zaehnen.
(Amour, Amour, alla fine)
(Ti resta intrappolato fra i denti)
“Adesso come la mettiamo?”
“Se non ti levi subito di torno, giuro che te la faccio
pagare.”
“Mi minacci a morte? Paura!”
Dick doveva saperlo - per forza, Jonathan stesso glielo aveva detto in
più di un’occasione - quanto fosse irritante il
suo ghigno in certe occasioni. L’ex psichiatra
iniziò a dibattersi, tentando di colpirlo o anche solo
fargli allentare la presa per riuscire a scappare. Il fatto che per
Nightwing, uno sbarbatello, doverlo trattenere non rappresentasse
nessuna fatica lo rendeva oltremodo furibondo. Perché
nessuno voleva mai fargli male? Perché senza la sua maschera
non riusciva a far paura a nessuno? Si sentiva umiliato, e di certo
quel corpo, reale, compatto e caldo contro il suo non aiutava;
improvvisamente ricordò fin troppo bene quanto tempo fosse
passato dall’ultima volta che aveva permesso a qualcuno d
avvicinarsi tanto a lui.
Si odiò per quei pensieri, lasciò andare un
sospiro esasperato ed alzò gli occhi mentre quel calore si
faceva più intenso, più vicino, e Jonathan
sentì le labbra dello strano vigilante poggiarsi, leggere ma
sensuali, su un lato del collo, soffiando aria calda che gli diede
brividi familiari ed allo stesso tempo sconosciuti.
Raddoppiò gli sforzi per liberarsi, ma a causa di
Ivy ed i suoi maledetti feromoni, il suo corpo non voleva saperne di
collaborare; sentiva le labbra del ragazzo salire un percorso ben
definito, lungo il collo, la mascella, la guancia ed a quel punto,
Jonathan aveva praticamente smesso di tentare di opporsi.
Benché consapevole del fatto che si sarebbe odiato,
l’indomani, voltò il viso quel tanto che bastava e
si lasciò baciare, poi ancora, e ancora ed ancora
finché entrambi, nello stesso momento, schiusero le labbra,
pretendendo di più.
Jonathan si ritrovò ad adorare
quella posizione: era completamente alla mercè del
vigilante, ma continuava ad agitarsi sotto la sua presa solo per
provocarlo; quando l’altro rispose, schiacciandogli i polsi
contro l’asfalto, si sentì soddisfatto.
Catturò la lingua di Nightwing in un morso e lo
sentì trattenere il fiato, poi scendere di nuovo sul collo a
contraccambiare, quel piccolo dolore lo fece gemere e la situazione
iniziò a riscaldarsi, mentre le mani del ragazzo corsero a
catturargli i fianchi, come se ne stesse prendendo possesso, come se
ormai Crane fosse suo e non potesse fuggire più da nessuna
parte.
Gli piaceva. Stava lentamente diventando come Joker con quei giochetti,
ma gli
piaceva.
Improvvisamente le sirene della polizia sembrarono ridestare
Spaventapasseri come da un sogno; cosa diavolo gli stava passando per
la testa? Sentì Nightwing dire qualcosa mentre si sollevava
ad incontrare il suo sguardo.
“Vieni via con me.”
Die Liebe ist ein wildes
Tier
Sie beisst und kratzt und tritt nach mir.
(L'amore è un
animale selvaggio)
(Morde, e graffia e scalcia contro di me)
Si trattenne dallo scoppiare a ridergli in faccia; se avesse accettato,
sarebbero spariti da qualche parte, dove avrebbero terminato
ciò cui avevano dato inizio in quel vicolo e Jonathan
ricordò tutto fin troppo bene. La sensazione di qualcuno
dentro di lui, che lo stringeva, il sudore, i baci, gli ansiti, ed
avrebbero tremato, davanti alle porte dell’orgasmo;
restò in silenzio per qualche secondo.
Come ci era arrivato in quella situazione? Proprio lui poi, che da
ragazzo veniva continuamente deriso dai colleghi - di
facoltà prima e di Arkham poi - perché alla sua
età ancora non riusciva a pronunciare i nomi - neppure
quelli tecnici - di tutto ciò che aveva a che fare con la
riproduzione. Jonathan aveva superato i trent’anni, e
continuava ad evitare più che poteva quel tipo di discorsi,
o sostituire le parole
con strane metafore o ancora, se colto alla sprovvista, con
balbettamenti vari.
La sua prima volta l’aveva avuta a ventotto anni, con Harvey,
l’unico che avesse mai amato tanto da desiderare di farci
l’amore.
Eppure eccolo lì, tra le braccia di un praticamente
sconosciuto, ed una voglia folle di seguirlo ovunque, mentre il suo
cervello gli gridava di gasarlo e fuggire prima che fosse troppo tardi;
Jonathan era senza parole.
Ed il ragazzo aspettava una risposta.
**
Joker non conosceva quella sensazione alla bocca dello stomaco, era
certo di non averla mai provata prima: non poteva fare nulla e non
poteva farsene una ragione; ci aveva provato ad invogliare quei due -
nemmeno a piacersi! - a tentare di conoscersi, ed il risultato? Era
letteralmente fuggito
in cucina, lasciando Eddie ed Harl da soli, nella stanza accanto.
Per tenersi occupato, aveva iniziato a sfregare a morte dei piatti
sporchi che non erano neppure suoi, visto che si trovavano ancora
ospiti a casa di Harvey, ma in fondo, Joker ne era convinto,
l’ex magistrato non se la sarebbe presa per due piatti
graffiati anzi, facevano pendant con la sua faccia!
Il fatto era che Joker aveva voglia di prendere un coltello ed uccidere
quei due imbecilli che si guardavano in faccia nel salotto; poi avrebbe
dato fuoco a tutta la maledetta Gotham, fatto esplodere la fottuta
Bludhaven, per poi correre a Metropolis ad eviscerare Luthor -
così! Non gli piacevano i pelati! - e radere al suolo anche
quel posto. Così avrebbero imparato. Il tutto cantando,
quindi mentre imparavano, avrebbero anche dovuto tapparsi le orecchie!
Oh, quanto avrebbe riso della faccia di Superman una volta finito!
Improvvisamente, Joker soffiò per trattenere una risata a
quel pensiero, poi portò la mano alla bocca, mentre le sue
spalle venivano scosse dall’ilarità di quelle
fantasie. Ma perché poi, avrebbe dovuto dar fuoco a quel
simpaticone di Lex? Ah, già.
Non potevano semplicemente andare d’accordo, quei maledetti?
Eppure non gli
sembrava di chiedere la luna, sarebbe bastato iniziare a comunicare,
poi si sarebbero piaciuti, di questo Joker era certo. Avrebbe dovuto
essere semplice: Harley era come lui, quindi avrebbero finito con
l'andare d'accordo anche loro, visto che lui e Eddie si adoravano
così tanto.
Se avesse avuto degli interruttori per fali piacere, proprio come a lui
piacevano entrambi, li avrebbe premuti… ma forse era anche
meglio che non ne avessero altrimenti, lo sapeva, si sarebbe divertito
a premerli tutti a caso con risultati imprevedibili e
sbarazzini! Rise di nuovo, gli sarebbe piaciuto premere a
casaccio tutti i loro bottoncini!
Ma… perché avrebbero dovuto avere dei bottoni,
quei due?
Non fece in tempo a ricordare, si sentì cingere la vita
all’improvviso e sobbalzò; riconobbe quel tocco,
la forza delicata di Eddie, ed il buon odore dei suoi capelli mentre,
da dietro, gli poggiava il mento sulla spalla. Joker si
voltò ad incontrare gli occhi spalancati del compagno - era
stupito per la sua reazione spaventata - e
s’incupì. Che era venuto a fare?
Haelt mich mit tausend
Armen fest,
Zerrt mich in ihr Liebesnest.
(Mi stringe frote con
mille braccia)
(E mi trascina nel suo nido d'amore)
“Beh, che vuoi?” Chiese senza preamboli il clown.
Era arrabbiato.
“Voglio che tu me lo dica chiaro cosa significa tutto questo.
Io non l’ho ancora capito.”
Il suo tono era tranquillo, non freddo, ma a Joker non piaceva
comunque. Che stava succedendo? Che aveva fatto di sbagliato? Lo amava,
Cristo se lo faceva, ma allora perché la voce di Eddie era
così intrisa di rassegnazione?
In quel momento, per la prima volta in vita sua, per colpa di quei due
cretini, pregò perché qualcuno venisse
lì a dirgli dove cavolo aveva sbagliato; lui li amava, che
male c’era? Erano loro gli ottusi che si lasciavano accecare
da un sentimento sciocco come la gelosia, o era lui che pensava solo a
se stesso, che magari si era semplicemente sempre sbagliato,
sull’amore?
Continuava comunque a sentirsi tradito e mortificato, perché
non provavano a darsi almeno una chance? Sarebbe bastato che si
sturassero gli occhi, si sarebbero piaciuti, ne era sicuro! Nella sua
testa, le cose sarebbero andate davvero diversamente.
Frisst mich auf mit Haut
und Haar,
und wuergt mich wieder aus nach Tag un Jahr.
(Mi divora con pelle e
capelli *per dire completamente*)
(E mi rivomita fuori dopo molti anni)
“Cosa pensi di Harl?” Domandò, secco,
tornando a guardare i piatti davanti a sé.
“Che è una stupida. Che altro potrei
pensare?” Rispose a bruciapelo. Sempre col vizio di far
domande retoriche.
“Sì? E magari trovi stupido anche me,
Ed?” Era furioso, si voltò bruscamente,
liberandosi dall’abbraccio dell’altro.
“Cosa diavolo c’entra?! Lei non è te,
è solo la brutta copia
di te, ed io non la voglio
con noi! - dichiarò, con tono perentorio. - Prima Batman,
ora questa scema! Joker, hai la più vaga idea di come mi
senta io adesso?!”
“Ecco il solito egocentrico, sempre io, io, io,
e ancora io,
tanto per cambiare!”
“Ti sembro l’egoista, in questa situazione?
Davvero. Che dovrei fare, rimediare un‘altra vasca, adesso?
Ma bada che quella tipetta colorata non è mica intelligente
come Batman.”
“Lei era una dottoressa!” Tentò di
difenderla Joker.
“Ehhh sì, ma guarda un po’!”
Rispose Eddie, muovendo il braccio, e col tono di chi non se ne stupiva.
“E questo che significa?” Chiese, spaesato, e vide
Nigma gettare a terra tutte le posate ed i piatti sulla mensola - no,
forse Harvey non sarebbe stato poi così contento - ma
nonostante non si aspettasse un gesto come quello proprio da lui, Joker
non si mosse. Certe prove di forza
non lo spaventavano. Edward iniziò a gridare.
“Sto cercando di dire
che forse il cretino sono io! Prima fuggi con Batman, te ne stai un
paio di mesi chissà dove, a fare immagino bene cosa, torni
come se nulla fosse, ed io ci passo sopra,
pensando che il peggio fosse passato. Invece, tempo pochi mesi, ti
viene quell’insana fissa per Crane, che proprio non ho idea
di dove cavolo possa esser venuta fuori! Sono passato sopra
anche a questo, solo perché convinto che Jonathan fosse
troppo innamorato di Harvey per lasciarsi incantare da te. E adesso
c’è quel fenomeno circense di là, pazza
come solo Gotham poteva partorire! Ti rendi conto che anche io ho un
limite e che stiamo litigando sempre per lo stesso motivo da anni?!
Ti ci vuole un disegnino per capire che mi fai male,
in questo modo? Probabilmente avrei dovuto lasciarti anni fa!”
“Tu mi avevi scaricato,
Ed! - gridò, riferendosi alle sue azioni sotto il controllo
di Ivy. - Se Johnny ti dava così fastidio, potevi dirlo
subito, e poi come diavolo facevo a sapere che eri sotto ipnosi o che
altro?! Per quanto riguarda me e Batsy, non sono stato io a lasciarti
nemmeno in quel caso, continuavo a ripetere che quella non sarebbe stata
l‘ultima volta che ci saremmo visti,
ma tu? Come sempre fai tutto da solo, e dici che Harl è
spuntata fuori dal nulla, ma come osi?!
Una cosa però l’hai detta giusta, probabilmente
sarebbe già dovuta finire da un be-e-el
pezzo! Anzi, sai che ti dico? Perché non te ne vai adesso,
Ed?” Concluse, improvvisamente calmo.
Mezzo.
Per qualche secondo, Nigma
restò confuso da quel discorso, nel quale il clown era
passato da un argomento ad un altro senza criterio, ma la sua ultima
frase lo risvegliò, colpendolo come uno schiaffo in pieno
viso.
“Allora è così? Mi vuoi fuori dalla tua
vita?”
“No Eddie, non hai capito. Se non sei
all’altezza della
mia vita, te ne voglio fuori.”
Die Liebe ist ein wildes
Tier!
(L'amore è un
animale selvaggio)
Il Re degli enigmi era senza parole, restò impalato a
cercare di capire come fossero arrivati a quel punto e vide Joker
raccogliere tranquillamente un pacchetto di sigarette dal tavolo,
infilarne una in bocca e poi dargli le spalle, affacciandosi alla
finestra.
“Sei ancora qui? - chiese, d’un tratto. - Raccatta
i tuoi stracci e sparisci!”
In die Falle gehst du ihr.
(Cadi nella sua trappola)
Edward sapeva che era la sua ultima parola, così si
voltò ed uscì dalla stanza, fuggendo da qualsiasi
ulteriore umiliazione, e si chiuse nella camera in cui si era
risvegliato; perché c’era andato poi, non
è come se avesse uno straccio
da portarsi, non aveva niente, non aveva più Joker.
Ma il destino lo odiava evidentemente troppo anche per lasciargli il
tempo di deprimersi in pace; infatti il potente rimbombo della porta
che veniva spalancata e poi richiusa, lo spaventò a morte.
Si voltò per trovarsi davanti la minuta figura di Harley
Quinn, la sua espressione era addirittura più furente di
quella del suo compagno.
“Ora tu mi stai a sentire, Re degli idioti!
- iniziò a sussurrargli con rabbia. - Non so neppure
perché sono qui, visto che mi fai schifo,
ma sappi che se non fosse palese
quanto Mister J tenga a te, ora saresti già appeso per i
piedi su una vasca di piranha! Forse, idiota come sei non lo ricordi,
ma quando io e lui fuggimmo insieme, eravamo convinti che tu
lo avessi scaricato.
Quando il vostro amico sfregiato lo ha chiamato, lui si è
precipitato a salvare il tuo culo sedentario
da quella baldracca
ambientalista e non ho visto
la sua faccia per giorni,
mentre era qui a vegliarti! E naturalmente tra un pisolino ed un vomito
non te ne sei accorto, ma ad un certo punto ti hanno dato per
spacciato, così
vien fuori che pur di vendicarti, il mio Puddin’ progettava
di farsi saltare in aria con Ivy, Batman, Freeze e me!
Ora dimmi, sono io la cretina che non se la prende, o sei tu che non
vedi ad un palmo dal naso?! Ho accettato questo genere di rischi quando
mi sono messa con lui, perciò sentirti piagnucolare per
simili cavolate, mi fa rabbia! Detto ciò cerca di portargli,
se non rispetto, almeno quel tanto di gratitudine che merita! Hai
capito, o devo farti un disegnino?!”
In die Augen starrt sie
dir.
(Ti fissa negli occhi)
Edward la fissò in silenzio, le braccia incrociate sul
petto; unico indizio del suo stupore, un sopracciglio sollevato;
abbassò lo sguardo, non c’era bisogno di
rispondere nulla. Un attimo dopo, Harley era già fuori dalla
stanza: lei non era una cretina, non lo era mai stata e di certo ora lo
sapeva anche Nigma.
Un sorriso aperto le si era disegnò sul viso mentre
saltellava fino alla cucina dove vide, di spalle affacciato alla
finestra, il suo Puddin’, che soffiava fuori il fumo di una
sigaretta quasi terminata.
Gli si avvicinò di sorpresa, abbracciandolo forte,
“Buh!“ esclamò, poggiando il mento
contro la sua schiena; Joker non sobbalzò neanche un
po’, ma per un secondo si voltò a guardarla, un
mezzo sorriso sul volto, sfregiato ma così bello.
Poi lo vide sollevare una mano al petto e fingere palesemente di essere
rimasto senza fiato per lo spavento. Mister J era un illuso se sperava
che i suoi occhi lucidi passassero inosservati proprio a lei,
che lo amava così tanto.
Verzaubert wenn ihr Blick
dich trifft.
(incatenato da un
incantesimo, quando ti colpisce)
“Eddie ha detto che non se ne andrà. - a quelle
parole, il clown si voltò di nuovo per metà, ma
non disse nulla. Harley allora spiegò, quasi si stesse
giustificando. - Abbiamo avuto una chiacchierata amichevole!”
Die Liebe ist ein wildes
Tier,
In die Falle gehst du ihr,
In die Augen starrt sie die.
Verzaubert wenn ihr Blick dich trifft.
E Joker scoppiò a ridere. Perché la conosceva troppo bene.
Appena un attimo dopo, anche l’Arlecchina si unì
al suo divertimento, e la cucina si riempì delle loro risa
cristalline e coinvolgenti. Joker era egocentrico, va bene, ma che
c'è da meravigliarsi? Era fatto così: voleva
Eddie, voleva Gotham, voleva Johnny, e voleva giocare a domino con
tutto il mondo.
Lei lo aveva accettato, e l’unica cosa che ancora la stupiva
certe volte, era quanto amore fosse arrivata a provare per lui.
Bitte bitte, gib mir Gift.
Bitte bitte, gib mir Gift.
Bitte bitte, gib mir Gift.
Bitte. Bitte. Gib mir Gift.
(Vi prego, vi prego,
datemi del veleno)
Ed
ora le note:
*paparino:
chiaro il doppio senso sessuale.
*è
un dritto: non so se si
capisce, mi è stato fatto notare che potrebbe non aver senso
per alcuni. Si tratta di un modo di dire, per significare "uno giusto",
"un figo".
|
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Capitolo 8 *** Passive. ***
Per Sychophantwhore:
Aww, ciao! Dunque partiamo dall'inizio: il risveglio di Eddie xD.
Ovviamente lui è stato davvero felice di rivedere e
soprattutto poter abbracciare il clown, ma la sorpresa che lui gli ha
presentato lo ha, diciamo, destabilizzato ed irritato, una volta capito
davvero di cosa si trattasse. Ha tentato di restare freddo e lucido
quanto più possibile, infatti il suo primo approccio con
Joker è stato normale, ma poi beh... non ce l'ha fatta, dal
suo punto di vista tutti i torti non li ha é_è,
visto che quella di certo non è la prima volta che l'altro
gli combina una cosa simile. Lui arriva ad accettare tutto del clown,
che fa lo stesso, e questo è importante, solo che il povero
Nigma non lo *capisce* sempre, cosa che invece Harley fa. Per questo
doveva essere lei a fargli aprire gli occhi *_*. Lei ed il suo Puddin'
secondo me sono *uguali*, e come Joker ha fatto aprire gli occhia lei
sulla sua vera natura, Harley ha fatto lo stesso con Eddie. Poi...
*adoro* descrivere i pensieri di Joker o_ò ma davvero, posso
infilarci in mezzo *di tutto* lui è la *vera* tempesta di
coscienza, non ha bisogno di un filo logico xD. Per quanto riguarda Ivy
no, lei non avrà cicatrici, piano piano spariranno, ma
resterà tutto dentro di lei, a bruciarla da dentro. Awww
sono felice che tu abbia apprezzato il mio accento su Crane, tengo
molto al suo percorso, specie quando c'è Harvey di mezzo xD.
Nightwing ha il suo ruolo ;) e credo mi divertirò parecchio
con lui e Jonathan. Harvey per il momento non sa di loro e conviene a
tutti che non lo sappua mai xD. La metafora del'acqua e della benzina
*_* felice che l'abbia notata ed apprezzata! Pinguino ha salvato Eddie!
Lo ha fatto, è tutto vero xD lo ha rispedito a calci nel
mondo dei vivi! Per quanto riguarda la canzone del precedente capitolo,
non sapevo fosse stata già usata da GeanJenie per...
pubblicizzare? La sua storia - ho visto sul tuo blog tra i video
preferiti - altrimenti non l'avrei usata, un po' ci son rimasta male
:(. Ma vabé, ciò che è fatto,
è fatto ed io continuo ad adorare i Rammstein con tutta me
stessa. Tesoro adesso ti lascio al nuovo capitolo, sperando che ti
piaccia *_*! A presto, spero!
Per Boopsie:
Tesssoro! Aww, ti ringrazio dei bellissimi complimenti ma davvero non
è tutto merito mio xD. rinnie ne sa qualcosa, la mia beta fa
un lavorone immenso appresso a me e per questo la storia sembra
perfetta ^^. Ma non so se ci hai fatto caso... me lo ha fatto notare
proprio rinnie, ma... i piatti di Harvey o_o. Fanno sempre una brutta
fine! Cioè, Crane li rompe come acqua, lanciandoglieli
appresso, poi Nigma spacca tutto nella sua cucina, quei pochi rimasti
son graffiati da Joker... tutti portano sempre con sé
qualche sua porcellana, giusto in caso xD. Adoro i pensieri di Joker,
proprio, potrei scriverne all'infinito! La parte tra quei tre, Eddie,
Joker e Harley, mi è piaciuta moltissimo scriverla e
soprattutto dare un senso a questa situazione particolare XD. A
proposito di Johnny, poverino lui ç_ç... ma la
parentesi love con Nightwing ci voleva e non è nemmeno
finita qui *_*! In ultimo... tua madre deve avere qualche potere
o_ò! Deve averlo, per forza! Ora ti lascio al capitolo,
sperando che ti piaccia! yeah! a prestissimo tesoro!
Un
abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
Voglio ringraziare,
ancora una volta - perché no, non lo farò mai
abbastanza - la mia beta, nonché dolce metà, rinnie.
Tesoro,questo capitolo è dedicato tutto a te! Grazie
dell'infinita pazienza che mostri con me, degli incoraggiamenti, di
tutto! Sono felice che questa storia ti piaccia,
mi riempie di orgoglio!
Un
abbraccio speciale per te! E... buon compleanno *__*!
PRETEND THE WORLD HAS
ENDED:
Capitolo
7: Passive.
Intro.
Nightwing aprì gli occhi su un panorama sconosciuto, si
sentiva scosso da tremiti, aveva i muscoli addormentati, e faceva
freddo. Mano a mano che si riprendeva, tirandosi lentamente a sedere, i
ricordi iniziarono a tornare, irritandolo non poco.
Crane, quel maledetto, aveva finto di accettare la sua proposta solo
per poi gasarlo, una volta lontani ed al sicuro dalla polizia che aveva
circondato il MYB, e poi… le sopracciglia si aggrottarono,
ed infine un ghigno gli si aprì sul volto: Spaventapasseri
gli aveva dato l’antidoto.
Se non lo avesse fatto, probabilmente un’overdose di gas
terrorizzante avrebbe avuto effetti permanenti e davvero sgraditi su di
lui; di certo Crane non aveva un animo gentile (non sembrava da fuori e
di certo non lo aveva nascosto all’interno), quindi
l’unica plausibile spiegazione al suo comportamento, era che
lui - Dick Grayson - era così affascinante da essere
irresistibile.
Si alzò, ammaccato e dolorante un po’ ovunque, ma
non era di certo finita lì, almeno non per lui. Al momento
però, la cosa davvero certa, era che nessuno dei suoi amici
avrebbe mai dovuto sapere di quella notte, di come in fondo, si fosse
lasciato giocare in una maniera simile… perché
davvero, aveva già abbastanza problemi nel dover dimostrare
di non essere solo il mini-me
di Batman.
Le loro prese in giro, erano assolutamente da evitare.
**
Still intro.
Jonathan Crane era confuso ed oltremodo irritato: gli eventi di quella
sera erano stati disastrosi sotto tutti i punti di vista: non solo
aveva realizzato che, nonostante le apparenze e le fatiche superate in
quei due anni, non era riuscito a dimenticare Duefacce. Ora
c’era anche il peso di scoprire che in fondo, anche le
meccaniche del loro rapporto erano rimaste uguali sotto le svariate
coltri di odio: c’era sempre Spaventapasseri che incasinava
le vite di entrambi, ed Harvey che non faceva che lottare ed
arrabbiarsi, nel tentativo di mettere le cose a posto.
Ora, l’ex psichiatra si domandava se l’altro avesse
mai davvero
voluto farlo fuori. Lui sì, si era cimentato
nell’ammazzare Harvey con tutte le sue forze, gli mancava
talmente che l'unico modo per non venirne travolto era distruggere
quella debolezza. Se non ce l’aveva mai fatta, probabilmente
era perché dentro di sé non voleva.
Lo sguardo che Duefacce gli aveva lanciato quella sera, dopo avergli
salvato la vita, parlava fin troppo chiaro: lui lo amava ancora, e
ricambiato, purtroppo.
Non voleva neppure pensare al modo vergognoso in cui si era lasciato
andare con nientemeno che il vigilante mascherato rispondente al nome
di Nightwing, quello che prima d'allora aveva sempre giudicato come la
patetica ed esibizionista brutta copia di Batman.
Si sarebbe ucciso in quel momento, gli era perfino mancato il coraggio
di far davvero fuori il ragazzino: alla fine, cedendo ai suoi istinti
ed iniettandogli l'antidoto, aveva evitato che risentisse dei
permanenti effetti di un’overdose del suo gas terrorizzante.
Perdio,
perché le sue pene non finivano mai?
“Ti cercavamo, sai? Non hai avvertito nessuno del tuo
ritorno, e non sapevamo se era il caso di dare il via ad
un‘operazione di salvataggio.”
L’Edera. Ecco, un’altra disgrazia di cui, al
momento, avrebbe benissimo potuto fare a meno; senza dire una parola
infilò nuovamente sul viso la maschera di Spaventapasseri e
attese: sapeva che, se si fosse permesso di risponderle anche solo una
volta, avrebbe iniziato a gridare tutti i suoi risentimenti repressi e
non voleva assolutamente scoprirsi così, non con lei.
Con la coda dell’occhio notò che, di nuovo, quel
gesto e la sua noncuranza l’avevano urtata, ma
durò poco, poi Ivy iniziò a sorridere in una
maniera davvero poco rassicurante. Era sicura di se stessa, per qualche
motivo che, ne era certo, non avrebbe tardato ad esporre.
“Immagino tu non abbia nemmeno idea dell’esito
dell’operazione. - disse e, dopo una pausa più o
meno breve, continuò - Abbiamo preso Dent.”
Dead as dead can be,
My doctor tells me.
(Morto, che
più morto non si può)
(Mi dice il mio dottore)
Quelle parole dissolsero letteralmente i suoi propositi di ignorarla,
di più, lo svuotarono completamente; si voltò a
posare lo sguardo su di lei, in cerca del minimo segnale che lo stesse
prendendo in giro: non era possibile, lo stava fregando in qualche
modo. Il sorriso di Ivy si allargò, era come se avesse
finalmente ottenuto un’importante vittoria personale.
Avanzò qualche passo nel laboratorio.
“Vedo che ora ho la tua attenzione!”
Pronunciò, orgogliosa di se stessa, ed era vero, aveva
guadagnato l’attenzione di Crane, ma lui pensava solo ad
Harvey. Ricordò improvvisamente che era proprio quello lo
scopo della missione, che Freeze gli aveva addirittura promesso che,
dal momento della sua cattura in poi, Duefacce sarebbe stato tutto a
sua discrezione. Non sarebbe dovuta essere una tale sorpresa, la
notizia portata da Ivy.
Fino a quello stesso pomeriggio, ciò lo avrebbe
entusiasmato, ma in quel momento, dopo le brusche e del tutto non
volute realizzazioni della serata, sentiva che il solo guardare
l’altro in faccia lo avrebbe imbarazzato e steso
definitivamente.
E quella era un’altra debolezza che non avrebbe di certo
voluto mostrare, né a Freeze, né - soprattutto -
all‘Edera. Sentiva il bisogno di vomitare nonostante avesse
mangiato davvero poco tutta la settimana.
“Il punto?” Rispose, gelido, irritandosi nel notare
che quel tono ormai non attecchiva più.
“Potresti passare a trovarlo, gli farebbe piacere visto che
non è davvero messo bene. Buona serata, dottor
Crane.”
L’Edera andò via, lasciando Spaventapasseri
impassibile, svuotato di ogni pensiero e, quando alla fine si riscosse,
afferrò delle provette vuote dal tavolo e le
lanciò in direzione della porta dalla quale Ivy era uscita;
l’eco del vetro che s’infrangeva contro il legno
per poi ricadere in pezzi sul pavimento riempì il
laboratorio per un attimo.
Poi tornò a rimanere immobile, pensando a tutto e niente,
non riusciva a concentrarsi e, quando andò a raccogliere
quei taglienti frammenti, riuscì a ferirsi le mani,
sibilando per un momento contro il dolore, gli occhi fissi sul suo
stesso sangue, mentre scivolava fino al pavimento, ma presto si
riscosse.
Lui era uno psichiatra e da tempo si era reso conto - non
c’era bisogno che glielo spiegassero - di starsi
autodistruggendo lentamente ed in mille modi e, perdio, non sarebbe
diventato come il Joker, non avrebbe cercato nulla nel dolore fisico.
Ma il clown gli mancava. Sentiva la mancanza anche di Harvey. A volte
perfino quella di Nigma.
Provava nostalgia per quei momenti che, tutti insieme, avevano avuto,
seppure per un così breve periodo.
O forse no, probabilmente questa era una sua impressione ed in
realtà tutto quel tempo felice
era durato anche troppo, per gente come loro; i ricordi gli facevano
male, lo costringevano a sorridere perfino in quel momento, mentre
stringeva la fasciatura attorno alla mano.
But I just can't believe
him,
Ever the optimistic one.
(Ma semplicemente non
posso credergli)
(Sempre il solito ottimista)
Ora, Edward e Joker stavano di nuovo insieme, ne era contento, in fondo
non era la prima volta che riuscivano a superare ostacoli che da
principio sembravano insormontabili, quei due erano davvero la prova
che tutto era possibile e gli passò nella mente che forse
poteva chiamarli, per sentirli di nuovo.
Ma no, che gli saltava in testa? Troppe cose erano accadute o stavano
ancora accadendo attorno a loro, non c’erano più
speranze di recuperare nulla ed a lui non andava di fare altre figure,
sentiva di averne già fatto il pieno a sufficienza, ancora
un po’ e non avrebbe più avuto il coraggio di
guardarsi allo specchio.
Si era sentito abbandonato da loro come un bambino dai suoi genitori,
aveva tagliato i ponti che li univano, si era comportato malissimo con
Harvey e non ne aveva diritto, anche se il suo ex non aveva saputo
affrontare il problema, era lui, Jonathan, che forse non avrebbe
davvero avuto motivi per crearlo.
Doveva rassegnarsi e fare croce sopra alla loro amicizia, ed anche a
Duefacce.
Si sentì strano, per la prima volta da quando aveva lasciato
Harvey gli era balenata in mente l’idea che il loro fiasco
poteva essere stato, magari, anche colpa sua e non sapeva se
ciò fosse un bene o un male. L’unica cosa di cui
si rendeva conto era che doveva assolutamente superare tutto questo ed
andare davvero avanti.
**
Selina Kyle amava gli abiti di alta classe, lo aveva sempre fatto, solo
che ora poteva permetterseli, così come poteva permettersi
di frequentare il multimilionario playboy più famoso di
tutta Gotham City: Bruce Wayne, lo scapolo d’oro.
Quella sera si era già fatto abbastanza tardi, quando lui
l’aveva invitata a cena fuori, e lei si entusiasmava sempre
moltissimo nel vedere il suo accompagnatore pretendere un tavolo nel
ristorante più lussuoso della città per averlo un
attimo dopo, nonostante la fila di persone prima di loro.
Rideva e brindava col calice pieno di champagne; Catwoman le aveva
davvero cambiato la vita, ed in meglio! Appena tornata a casa, molte
ore dopo, mentre si lasciava scivolare la giacca dalle spalle
sospirando la sua gioia, notò un messaggio in attesa nella
segreteria telefonica.
Quando premette il pulsante, una voce maschile che non conosceva, dal
tono piuttosto freddo e serio - ma deciso - riempì
l’aria.
“Signorina
Kyle, mi spiace informarla che ci sono stati… dei pasticci,
giù al MYB, ma stiamo organizzando un party, ed avremo
bisogno del suo aiuto. Si faccia viva al più
presto.”
Il messaggio si concluse così, un po’ bruscamente,
come era iniziato; Selina capì al volo di cosa si trattava:
non aveva idea di cosa fosse accaduto ma, se c'era da festeggiare, lei
ci sarebbe stata. Può darsi di sì, che si fosse
davvero presa una brutta cotta per Harvey Dent, altrimenti non sarebbe
stata così disposta a gettarsi in chissà quale
pericolosa avventura per lui, pur di stargli a fianco. Lei era una
gatta ed i felini raramente si gettavano volontariamente contro ai
rischi.
Si diresse nella sua ampia camera da letto ed in fretta si
cambiò, indossando i panni di Catwoman.
L’abbraccio stretto e solido della pelle attorno al suo corpo
non avrebbe mai potuto essere eguagliato da nient’altro,
neppure dalla seta più pregiata: l’oro e le grandi
firme servivano per far star bene una donna, ma lei non lo era
più adesso: era una gatta, era se stessa.
Finalmente uscì nella notte, dalla finestra, come se fosse
stata una ladra nel suo stesso appartamento, ed una volta arrivata
sulla terrazza riuscì a godersi la stupenda vista che era
Gotham City, illuminata nella notte, tutta ai suoi piedi. Ma solo per
pochi istanti, poi il suo sorriso soddisfatto si perse nel vento, alla
vista di Batman, proprio lì, dietro di lei.
Digrignò i denti, questa davvero non ci voleva.
I'm sure of your ability
to become
My perfect enemy.
(Sono sicuro della tua
capacità di diventare)
(Il mio nemico perfetto)
“L’uomo pipistrello! Mi scuserai, vero, ma ora non
ho tempo.” Disse e fece per scappare, ma fu fermata dalla
voce roca e cruda del vigilante.
“È inutile scappare, Selina.”
Si bloccò all’istante, come aveva fatto a
scoprirla? Lentamente, si voltò, aveva sul viso il sorriso
dignitoso e sensuale della sconfitta. Iniziò a camminare,
andandogli incontro, mentre Batman non accennava a muoversi da dove si
ergeva, imponente ed oscuro, l’espressione seria dietro la
maschera.
“Allora. Cosa mi ha tradita?”
“Non dovresti uscire coi diamanti di una rapina
addosso.”
Ed un attimo dopo, la gatta aveva afferrato la sua frusta, la fece
roteare in aria una volta per scioglierla completamente, e
sferzò il suo colpo, tagliando l’aria con quello
stupendo suono, cercando di mirare alla maschera del vigilante che,
però, evitò il suo attacco con fin troppa
facilità. Non lo ricordava così abile, che gli
era successo? Era come se avesse acquistato forza. Non aveva mai
creduto a tutte le storie su di lui - che fosse in grado di volare, di
diventare invisibile, di comandare stormi di pipistrelli, che fosse una
specie di divinità mostruosa, giunta per portare la sua
violenta giustizia su Gotham - tuttavia qualcosa era successo, lo
vedeva cambiato.
Tentò di nuovo con un altro colpo che, come il primo, non
ebbe successo e si mise a riflettere, il più velocemente
possibile: perché proprio quella sera? Era uscita spesso con
addosso le refurtive dei suoi colpi, eppure il pipistrello si era fatto
vivo solo in quel momento, proprio lì a casa sua.
All’improvviso, come se il suo avversario si fosse mosso
nell’ombra, non vide più l’altro davanti
a sé, si sentì afferrare alle spalle e proprio in
quel momento, forse a causa dell’adrenalina, capì
tutto.
“Non posso crederci! - quasi gridò, voltandosi per
poter vedere la parte in mostra del viso del suo avversario. - Tu sei Bruce!”
Wake up and face me.
Don't play dead, 'cause maybe
(Svegliati e affrontami)
(Non fingerti morto, perché forse)
Un momento di silenzio passò tra loro, lungo, quasi
interminabile, finché un improvviso dolore
all’altezza del collo, non la fece precipitare
nell’oscurità, costringendola a perdere i sensi.
Per Selina, il mondo riacquistò colore solo molto tempo
dopo, mentre veniva portata all’interno della centrale di
polizia.
**
Edward Nigma era sulle soglie della furia: c’era stata
un’accesa discussione, iniziata con lui che, fin troppo
gentilmente, informava i suoi due circensi colleghi che sarebbe stato
il caso di abbandonare la casa di Duefacce poiché, vista la
sua improvvisa caduta, presto quel posto sarebbe stato il bersaglio che
i suoi nemici avrebbero voluto devastare; quello era un ambiente
particolare, fatto di dimostrazioni di forza, sfregi e tornaconti.
A questa sua
intelligente proposta, si
contrappose Harley, lamentandosi del fatto che Dent possedesse -
contrariamente a lui, nella vecchia casa che divideva con Joker - il
via cavo, una Jacuzzi ed un vero arsenale di armi, nel seminterrato.
E giocando su quell’ultimo punto, il clown era saltato in
piedi, esclamando con ardore che sì, avrebbero proprio
dovuto restare dove si trovavano; come volevasi dimostrare, alla fine
la spuntarono loro.
“La gatta non arriva.” Buttò
lì Nigma, un ulteriore colpo ai suoi ormai fragili nervi.
“Oh fidati, è meglio
così.” Si scaldò Harley e, senza
neppure guardarla, Edward si limitò a rispondere gelido:
“Non lo so, non la conosco.”
Someday I will walk away
and say
"You disappont me"
(Prima o poi me ne
andrò, e dirò)
("tu mi deludi")
La differenza abissale che divideva l’Arlecchina
dall’Enigmista stava anche lì: accecata
dall’amore che provava per il suo Puddin’, lei si
stava sforzando,
seppure con frustrazione, di conoscere ed arrivare a capire quel sacco
di megalomania che, per tutta risposta, si limitava a tollerarla con
qualche cortesia di circostanza, ma effettivamente trattandola come
niente più di un pezzo di arredamento. Al quale capitava,
ogni tanto, di fare sesso con Joker, ma quelli erano dettagli.
Harley, dal canto suo, non voleva neppure sapere se Mister J avesse
ripreso o no ad avere rapporti fisici con il suo ex, faceva buon viso a
cattivo gioco e tentava quanto più potesse di non lanciare
fulmini e saette ogni qual volta capitasse che quei due si sfiorassero
anche solo per caso.
Vista la risposta secca e leggermente indifferente del Re degli Enigmi
quindi, lasciò che un sorriso le si dipingesse sul viso,
prima di rivolgersi con tono mellifluo al suo Puddin’ in
cerca di aiuto o di qualche battuta intelligente.
“Non è vero, Mistah J?”
“Mh? La gatta con gli stivali dici? Beh! Secondo me
è inutile aspettarla, sarà già nelle
grinfie di Batsy, adesso. Noooo problem,
per creare un po’ di caos, bastiamo noi.”
“Frena, panda.” S’intromise Nigma,
alludendo al nero con cui il clown si circondava gli occhi.
“Che c’è che non va, Ed?”
Domandò l’altro, confuso.
“Dovremmo prima vedere che nessuno tenti qualcosa contro
Duefacce, finché non c’è, non
pensi?”
“Ma che discorsi fai?! - Stavolta fu Harley a scaldarsi. -
Potrebbe morire da un momento all’altro, lì da
Freeze!”
“Mannò, mannò, sono sicuro che sta
benone. Al massimo, potrebbe prender freddo. - Rise Joker e poi,
davanti all’espressione basita della sua Arlecchina,
precisò - Harv è con Johnny adesso, e
checché dica lui, non farebbe mai del male al suo adorato lovey-Harvey.
Ma se anche lo facesse, non scordarti che lui è Terminator,
sì, insomma, ahh… può resistere,
lui.”
“Johnny, sarebbe lo Spaventapasseri? Quindi voi lo
conoscete?”
“Molto! - Le strizzò l’occhio il clown,
prima di tornare a rivolgersi a Nigma - Comunque io, come
dire... me
ne frego degli affari di
Harv, sai? Non è per questo che sono qui, ma se tu ci tieni,
fai pure!”
Maybe you're better off
this way.
(Forse è
meglio che te ne vada da qui)
Concluse, e se ne andò, uscendo dalla stanza e lasciando i
suoi due compagni da soli, nel più totale silenzio, che
Edward sembrava accogliere con noncuranza, mentre Harley
iniziò a sentirsi nervosa, vagamente annoiata; si era
stravaccata sulla poltrona, le gambe penzolavano da un bracciolo mentre
giocherellava con le maniche merlettate del suo costume.
Parecchi minuti passarono, l’unico suono a riempire
l’aria nella stanza era il picchiettare dei tasti sul
computer di Nigma, e d’un tratto l’Arlecchina finse
un sorriso allegro e chiese, rivolta alla schiena dell’altro:
“Come vi siete conosciuti, comunque?”
Edward si bloccò, si voltò lentamente a
guardarla, per poi tornare al suo lavoro.
“Chi?” Chiese di rimando, con tono tetro che non
spaventò affatto Harley.
“Tu e Mistah J,
chi sennò?”
“Joker non ti ha detto nulla?” Il suo tono sembrava
ironico, la donna si irritò nel sentirlo.
“Poco. - rispose, una venetta pulsante sulla sua fronte, ma
fingendo che fosse tutto a posto - Non parlava molto di te, mi ha solo
detto una
volta stavo con uno -
iniziò, imitando il suo compagno - ahh… a lui
piacciono gli indovinelli, magari lo conosci, bazzica spesso da queste
parti! - poi,
s’impensierì e dopo una pausa, riprese -
però ogni volta che si toccava l’argomento,
cambiava discorso, o diventava vago… beh, più del
solito.”
Ed infine tacque, aveva parlato già abbastanza, e con sua
somma irritazione, notò che l’Enigmista non
sembrava avere nessuna intenzione di stimolare quel dialogo.
Aggrottò le sopracciglia, ma insistette, per
l’ultima volta.
“Penso soffrisse molto, per te.” E non sapeva
neppure perché lo aveva detto, non voleva farlo davvero.
“Oh! - Harley si meraviglio, sentendo la sua voce ed il
sarcasmo poteva tagliarsi col coltello - questo lo vedo, eh! Posso solo immaginare
quanto Mistah
J possa esser stato male.
Avrà sofferto come un cane!
Per ben venti
minuti!”
Il risentimento che ancora riempiva l’uomo era evidente, e
questo irritò Harley oltre ogni limite, non lo sopportava
davvero, non poteva proprio tollerare tutti quei cattivi sentimenti che
l’altezzoso pigiabottoni nutriva per il suo Puddin’
nonostante la - più che convincente - predica che lei gli
aveva fatto solo qualche sera prima.
Piena di stizza si alzò dalla poltrona, marciò
fino alla postazione di Nigma, e si fermò vicino alla sua
sedia da ufficio, incrociando le braccia sul petto ed iniziando a tippettare
un piede sul pavimento, ma l’uomo non le diede soddisfazione,
non si distrasse dal suo lavoro, non la degnò neppure di uno
sguardo nonostante - per una volta - fosse l’Arlecchina a
torreggiare su di lui, che era ancora seduto.
Ma Harley non era tipa da lasciarsi spaventare da qualche atteggiamento
da ragazzino viziato, restò proprio dov’era
finché alla fine non esasperò l’altro
che alzò gli occhi su di lei.
Leaning over you here,
Cold
and catatonic.
(Appoggiandomi a te, qui)
(Freddo
e catatonico)
“Cosa?”
Chiese in tono macabro, ed innervosito, marcando la parola.
“Ti ribadisco ancora una volta, che tutto questo non
è successo ieri.”
“Tante cose non sono successe ieri, eppure me le sono
ritrovate davanti. Scusa se
sono un po’ irritato.”
“Mi dispiace per questa tua condizione, ma cerca di non
ragionare sempre e solo in un senso. Lui ti vuol bene, si vede, e non
sei l‘unico che si è ritrovato in questa
situazione all‘improvviso!”
Harley non era come lui, certo, ma ciò che provava Nigma lo
stava vivendo anche lei, solo, lo affrontavano in maniera diversa e,
per questo, lei pronunciò la sua risposta con un tono
più comprensivo, quasi malinconico, una specie di ultima
offerta di pace.
Capiva - ebbene, purtroppo, lo faceva - che i pensieri di quello
straccione non erano neppure troppo sbagliati, però doveva saperlo
che non era solo, che tutti loro si erano ritrovati quella situazione
tra capo e collo, così attese, sempre senza riuscire a
guadagnare la sua attenzione; dopo qualche minuto lasciò
andare un sospiro e fece per tornare al suo posto, sulla poltrona.
“Ad
Arkham.” Si sorprese di sentirlo parlare, la sua voce
tranquilla, ma atona.
“Cosa?” Domandò, confusa, fermandosi
dov‘era per voltarsi ancora verso di lui.
“Lo avevi chiesto, no? Ci siamo conosciuti ad
Arkham.”
Harley tacque, lentamente andò a sedersi vicino a lui.
“Anche noi. Mi chiamavano dottoressa Harleen
Quinzell.” Sorrise, in modo prudente.
Nigma alzò un sopracciglio, ancora senza guardarla. Allora
era vero che aveva studiato medicina, era una psichiatra nel vecchio
manicomio: ma che aveva potuto aver fatto di male per essere spedita a
lavorare lì, giovane come era? Ma ciò che lo
stupì maggiormente, era l’espressione che aveva
usato:
mi chiamavano, come se quello
appena pronunciato non fosse mai stato il suo vero nome.
Come se lei fosse sempre stata Harley Quinn, ed il clown glielo avesse
solo dimostrato. Rifletté per un po’, prima di
parlare ancora.
“Tipico di Joker, entrare nella testa di chi dovrebbe
insinuarsi nella sua.”
Harley sorrise a quelle parole, pur non sapendo se volessero essere o
meno offensive, perché la rallegrarono, riportandole a galla
nella mente tutti i ricordi della loro prima seduta, le provocazioni di
Mister J e lei che fingeva sempre di non essere divertita, ma poi una
volta a casa, si ritrovava a ridere da sola, come una scema, non
vedendo l’ora di incontrare di nuovo il suo paziente.
“Sei davvero intelligente come si dice?”
Domandò poi, dubbiosa ma gentile.
“Oddio. - Esclamò Edward, reclinando la testa di
lato per un momento - Questo dipende da chi lo dice.”
Questo la fece ridere un po’; allora non era del tutto privo
di senso dell’umorismo, questo cumulo verde di superbia,
anche se il suo divertimento sfociava, notò, più
nel sarcasmo crudele, che altro.
“Mi piacerebbe… - iniziò, esitando per
un attimo, ma un altro sguardo di Nigma la incoraggiò a
continuare - sì, sapere della vostra storia.”
Concluse, aspettandosi il silenzio per risposta, ma restò di
nuovo piacevolmente colpita, quando invece lo sentì iniziare
a raccontare.
I catch a brief reflection
Of what you could and might have been.
(Vedo un breve riflesso)
(Di ciò che avresti potuto e dovuto essere)
“Ci misero nella
stessa cella. - annuì - La seccatura più grossa
della mia vita, non faceva che parlare, raccontava bugie e storielle
macabre, criticava i miei metodi e
convinzioni. Raramente mi prendevo la briga di rispondergli,
sinceramente. Poi iniziarono le sedute di elettroshock. Quando lo
vedevo stare troppo male lo aiutavo, beccandomi per questo ogni tipo di
insulto, poi se ne fece una ragione, credo. Tra noi
c’è sempre stato un acceso scambio di vedute ma
nonostante le differenze abissali, ci siamo sempre accettati e questo
è… tanto. Era tutto ciò che ci serviva
in verità, ma me ne resi conto solo molto tempo dopo. Ci
sono cose che non riesco a capire facilmente, non so guardare dentro le
persone come fa lui. O come te, anche.”
Harley ci mise un po’, prima di capire che il racconto era
finito, anche perché quel complimento - e stavolta lo era,
non c’era dubbio - l’aveva colta totalmente
impreparata. Che quello spilungone sedentario si fosse infine reso
conto di tutto, grazie alle sue parole? Nonostante avesse tentato di
impedirselo, alla fine sorrise, soddisfatta, ma soppresse quasi subito
quell’espressione, tornando seria
Nel racconto che aveva appena sentito non c’erano dettagli di
alcun tipo, né aneddoti; Nigma era stato asettico, lineare,
rispecchiando davvero la sua persona con quel discorso.
L’Arlecchina apprezzò comunque il gesto: ma
c’era un dettaglio importante che da tempo la tormentava, ma
che era stato omesso.
“Hai scordato un dettaglio importante, Mistah E.”
Edward si voltò verso di lei, basito, probabilmente
più per il soprannome che la bionda gli aveva appena
affibbiato, che per la domanda posta. Tuttavia, tornò subito
serio, e rispose.
“Io non credo sia il momento adatto.”
“Perché no?” Chiese lei, curiosa,
domandandosi se davvero l’altro avesse intuito la sua
curiosità.
“Non è ovvio? - domandò, e
ricominciò a parlare, lentamente - L’unica
speranza che abbiamo di riuscire a sopportarci, è aspettare.
E poi credi sia davvero importante saperlo? Adesso? Tsk, ma tanto, tu
non la pensi così. Non puoi
pensarla così, sei identica a quello là.”
Immaginò che con quello là,
intendesse il suo Puddin e, suo malgrado, Harley iniziava a capire cose
potesse averci trovato il suo compagno in quello schizoide allampanato:
era carismatico, paziente, anche se parlava poco, il più
delle volte diceva cose giuste, sembrava il tipo d'uomo che sapeva come
prendere quei pochi ai quali teneva davvero.
E forse non era neppure vero, che non riusciva a capire le persone,
aveva intuito subito che lei avrebbe voluto domandargli come erano
arrivati a mettersi insieme - soprattutto la loro prima volta, la
interessava - e le aveva dato una risposta… ora le sembrava
giusta, nonostante dapprima non la pensasse affatto così.
Sarebbe stato facile per loro distruggersi a vicenda, con qualche
semplice dettaglio sulle loro vite felici vicino
a Mister J, con quello che avevano dentro, avrebbero potuto farsi molto
male, rovinarsi, ed Harley era felice che, in quel momento, Edward
avesse scelto di non farlo.
Era maturo. Ma sarebbe davvero mai venuto il giorno in cui avrebbero
potuto parlarne senza rancori o gelosie? Ora come ora, Harley ne
dubitava, ma una cosa poteva farla.
It's your right and your
ability
To become my perfect enemy.
(è un tuo
diritto e la tua capacità)
(di diventare il mio perfetto nemico)
“Ti ringrazio.” Annuì, calma.
“Cosa?” Chiese l’altro, guardandola,
forse pensava di aver capito male.
“Dicevo, grazie! Sai… per la
delicatezza.” Sorrise.
“Ehm… di niente?”
Rispose lui, confuso, cosa che fece sorridere la donna ancora di
più, e nonostante ciò avesse irritato Nigma -
più per partito preso che altro - lei si sporse in avanti,
il viso tra le mani, ed iniziarono a parlare di altro, a conoscersi un
po’ meglio.
**
Harvey Dent si sentiva a pezzi. Era come se ogni parte del suo corpo
dolesse, ed in tutta probabilità era proprio
così, visto che senza nessun preavviso, la sera prima, aveva
dovuto ingaggiare una lotta totalmente impari contro Freeze:
l’uomo di ghiaccio era troppo forte perfino per lui.
Aveva avuto un momento, quella sera, con Crane: si erano guardati e, ne
era sicuro, anche l’ex psichiatra doveva aver capito tutto:
lui lo amava ancora, lo sentiva dentro ogni giorno da quattro anni,
quel dolore sordo che lo svuotava di tutto, la mancanza
dell’altro lo dilaniava, gli faceva venir voglia di
distruggere, spaccare, spezzare tutto. Se solo fosse servito a qualcosa.
Qualsiasi cosa facesse, anche l’azione più
quotidiana, non era che una goccia in più a riempire il suo
vaso di rabbia, perché non c’era praticamente niente
che non avesse già fatto anche con Jonathan e che, quindi,
non gli ricordasse lui.
Poteva ammetterlo, e lo faceva: era un idiota totale - niente
condizionali per lui, lo era e basta - ancora innamorato del suo ex al
punto da esserne ossessionato, e Cristo,
certe idiozie non si sentivano più neppure nei romanzetti
rosa ormai, non aveva scusanti, né attenuanti.
Al MYB lo aveva visto fuggire, si era lanciato per corrergli dietro con
tutta l’intenzione di parlargli, di mostrargli che era
cambiato, che aveva capito i suoi errori e che si sentiva pronto,
poteva risolvere tutti i loro problemi, si sarebbe impegnato con tutto
se stesso. Se solo Jonathan avesse dato un’ultima chance a
quel famoso noi.
Non lo avrebbe più pregato, non sarebbe più
caduto in ginocchio davanti a lui, sarebbe stato scorretto ed inutile,
lo aveva giurato a sé stesso: se mai si fosse ripresentata
l’occasione si sarebbe comportato da uomo,
non avrebbe più lasciato Crane a farsi carico, da solo, dei
suoi problemi, dei loro
problemi.
Wake up!
-
Why can't you? -
And
face me!
-
Come on, now! -
(Svegliati!)
(-
perché non ci riesci? -)
(Ed
affrontami)
(-
Forza, adesso! -)
Dopo la separazione improvvisa di Joker e Nigma - all’epoca
inspiegabile anche per loro - qualcosa era arrivata a mancare in
Jonathan, non si capivano più e lui, Harvey, non aveva
saputo colmare quel vuoto, né calmare le sue paure, o tanto
meno spingerlo ad aprirsi. E se non lo aveva fatto, lo sapeva, era
soprattutto perché a lui stava benissimo che finalmente quel
clown fosse sparito dalla loro vita, era stato egoista anche su quello,
ma in quel momento non si sentiva più tanto in diritto di
biasimare il suo ex per aver iniziato a detestarlo a tal punto.
Duefacce aveva sempre rimproverato a Jonathan di non avergli dato nulla,
di se stesso, ma aveva fatto bene, come avrebbe potuto fidarsi di una
persona che sì, c’era sempre, tranne quando ne
avrebbe avuto più bisogno.
Serrò gli occhi strettissimi e si mosse, testando le corde
che lo tenevano legato ad una sedia scomodissima e
dall’aspetto piuttosto antico, ma non cedevano da nessuna
parte; sospirò per l’esasperazione, ma nonostante
le sue pietose condizioni, non sarebbero certo state un paio di corde a
fermare Duefacce.
Un rumore attirò la sua attenzione ed alzò lo
sguardo, solo per trovarsi davanti Poison Ivy, che si chiuse la porta
alle spalle, appoggiandosi poi sensualmente contro di essa.
Don't play dead.
-
Don't play dead -
'Cause
maybe
-
Because maybe -
(Non fingerti morto.)
(
- non fingerti morto -)
(Perché
forse)
(-
perché forse -)
“Noto con piacere
che ti sei svegliato.”
Harvey non rispose, restò in silenzio, aspettando di capire
le sue intenzioni e poi, cos’avrebbe dovuto dire a
quell’isterica dai facili costumi?
“Uhh… - continuò lei, staccandosi dalla
porta per avvicinarsi - cosa sono quelle facce lunghe? Scommetto che ti
senti solo, eh?”
L’Edera aveva preso a girargli attorno, come uno squalo fa
con la sua preda, ma l’uomo non le diede la soddisfazione di
seguirla con lo sguardo, non aveva assolutamente paura di lei. La
sentì fermarsi, ed appoggiarsi con le braccia sulle sue
spalle.
“Il dottor Crane non vuole vederti, mi dispiace. Ma ci sono
io a farti compagnia, e resterò, anche se non mi
vuoi.”
“Massì, - Esclamò Harvey, con tono
sarcastico - giochiamo a fare l’insalata cattiva, oggi! Lo
fanno in tanti, sarà bello!”
Esclamò, divertito dal tentativo della rossa di risultare
minacciosa: la trovava solo ridicola.
Un dolore tagliente lo sorprese, mentre lei gli graffiava a sangue la
schiena, ma Harvey sibilò a malapena, solo perché
colto alla sprovvista.
“Guarda che l’atteggiamento da macho non funziona
con me, so bene che sotto questi muscoli e vari strati di cattiveria,
nascondi un tenero cuore spezzato.
- disse, con finto rammarico nella voce - Ma non si può
negare che te la sia cercata, forse non lo sai, ma la gente normale,
non stupra
le persone che ama.”
Some day - someday -
I will walk away and say
"you fucking disappoint me."
(Un giorno - un giorno -)
(Io me ne andrò, dicendo)
("Tu sei una cazzo di delusione")
Lei gli era tornata davanti, ed a quelle parole, Harvey
scattò istintivamente verso di lei, stressando le corde che
lo bloccavano, come un cane da guardia legato ad un palo, mentre il
ladro gli passava proprio sotto il naso. Scoprì i denti per
la rabbia quando la sentì ridere.
L’Edera poi gli strinse il viso con una mano, costringendolo
a guardarla in faccia, le sue unghie, laccate di rosso, gli entravano
nella carne sul lato sano del suo viso.
“Voi grand’uomini,
siete tutti uguali. Sfruttate chi vi ama, e prendete tutto con qualche
parolina di circostanza. - sorrise, parlando in tono carezzevole, ma il
suo sguardo era folle, quello che stava facendo ad Harvey, era una sua
vendetta personale nei confronti di qualcun altro. Qualcuno che lei
conosceva - Che parole hai usato per giustificare ciò che
gli hai fatto? Hai almeno detto qualcosa?
Quanto potete essere patetici voi uomini, con le vostre odiose
scuse!”
Harvey continuò a reggere il suo sguardo, fingendo di poter
sopportare tutto ciò, ma la verità era ben
diversa, ad ogni parola l’Edera gli strappava
l’anima, rammendata con tanta fatica; lo distruggeva solo col
suo sorriso perfido, coi suoi occhi folli e dispettosi, lui non avrebbe
mai voluto rivivere quei momenti, ma forse lo meritava, era la sua
condanna. Per quello, non l’avrebbe mai pagata a sufficienza.
Maybe you're better off
this way
(Forse è
meglio che tu te ne vada da qui)
Ricordò
che non voleva vedere i suoi occhi.
Lo
aveva colpito sul viso, per farlo tacere, ma era tardi
perché ormai quello sguardo già era diventato la
sua condanna, gli sarebbe rimasto impresso nella mente per sempre, solo
che in quel momento, ancora non voleva pensarci.
Lo
costrinse a voltarsi, premendogli il viso contro il pavimento gelido,
solo che quegli occhi insopportabili, ora erano nella sua testa, non li
stava più guardando. Solo, ancora non se ne rendeva conto.
“Dimmi, lui ha urlato? Probabilmente
sì… e tu che hai fatto, hai cercato di farlo star
zitto? Oppure no, magari ti facevano sentire più uomo,
le sue grida, chissà, magari per te è stato il
coronamento di una fantasia, vero? No davvero, sono curiosa! Quante
volte ti era capitato di fantasticare, immaginando di violentarlo,
mh?”
Wake up!
- Why can't you? -
And face me!
- Come on, now! -
(Svegliati!)
(- perché non ci riesci? -)
(Ed affrontami)
(- Forza, adesso! -)
Sentirlo urlare non gli
piaceva affatto, lo infuriava.
Ma
quando smise fu peggio, quei gemiti strozzati dal pianto, erano ben
peggiori, così si ritrovò a sollevargli il viso
dal pavimento, premendogli una mano sulla bocca, mentre gli sussurrava
parole, cose orrende e lascive che nessuno direbbe mai a chi ama,
giusto?
Si
sarebbe considerato un mostro per il resto della vita,
perché qualcosa doveva esserci che non andava, dentro di
lui, per spingerlo ad umiliare Jonathan in quel modo, solo che ancora
non ci pensava.
Don't play dead.
- Don't play dead -
'Cause maybe
- Because maybe -
(Non fingerti morto.)
( - non fingerti morto -)
(Perché forse)
(- perché forse -)
“Come ti sei
sentito, capendo di aver distrutto tutto al prezzo di un vile orgasmo?
Hai tentato di aiutarlo, di renderti utile, o sei scappato via,
lasciandolo a leccarsi le ferite da solo? Dovresti parlare Harvey,
congetturando da sola non arriverò troppo lontano,
sai?”
Lei rideva, il suo tono restava mellifluo, fintamente comprensivo,
intervallato da torture fisiche che però Harvey sentiva a
malapena, in confronto a ciò che stava avvenendo dentro di
lui, quello non era niente, e non riusciva neppure a dire Basta. A
chiederle Smettila!,
perché era troppo, ma non era comunque mai abbastanza,
perché tutto quello, sentiva di meritarselo.
Some day - someday -
I will walk away and say
"you fucking disappoint me."
(Un giorno - un giorno -)
(Io me ne andrò, dicendo)
("Tu sei una cazzo di delusione")
Era
stata la cosa più crudele forse, costringerlo a provare
piacere insieme a lui.
Fin
troppo presto, ed alla fine non c’era rimasto più
niente, neppure i singhiozzi, erano finite le lacrime, il vuoto
malriempito dai movimenti lenti ed imprecisi di Jonathan mentre,
più che i vestiti, sembrava stesse raccogliendo i pezzi
della sua dignità, come fossero frammenti di vetro, dolorosi
perfino da toccare, impossibili da rimettere insieme.
Lui
lo aveva abbracciato, stava male dentro mentre lo stringeva, e Jonathan
non si opponeva in nessun modo.
Go ahead and play dead! -
Go! -
(Vai avanti, fingiti
morto! - Forza! -)
“Perché
stai dormendo sul divano?”
Molte
ore dopo, non aveva espressione, la voce pesante di sonno mentre lo
guardava, attendeva forse una risposta. Lui non sapeva
cos’avrebbe dovuto dire, gli sembrava logico essere
lì, piuttosto che al suo fianco, dopo ciò che
aveva fatto.
I know that you can hear
this! - Go! -
(Lo so che puoi sentirmi!
- Forza! -)
“Ti
ho aspettato un sacco. Dai, vieni a letto.”
In
quegli occhi, nella sua voce, non sentì l’accusa
che però gli riverberava dentro, che gli si era stampata a
fuoco nella mente, ed era davvero troppo - ed anche vile, lo sapeva -
sperare che quella farsa potesse andare avanti a lungo.
Why can't you turn and
face me?
Why can't you turn agaisnt me?
(Perché non ti
volti e mi affronti?)
(Perché non ti rivolti contro di me?)
“Siete scoppiati. Devi fartene una ragione signor Dent,
soprattutto del fatto che la colpa è tua.”
"You fucking disappoint
me!"
("Tu sei una cazzo di
delusione!")
“Harvey,
io non ce la faccio più.”
Passive-aggressive
bullshit...
Passive-aggressive bullshit...
Passive-aggressive bullshit...
(Stronzate da
passivo-aggressivi...)
|
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Capitolo 9 *** Misery loves Company. ***
Per
Mhcm: Hello xD! Innanzitutto
grazie come sempre per la
recensione. Per quanto riguarda il triangolo tra i due clown e Nigma,
è ancora tutto da vedere, anche se davvero, non è
tutto
oro quel che luccica e gli scontri saranno molti, quindi non so se ci
sarà spazio per qualche intercourse a tre XD. Ma ripeto, non
lo
so ancora… nell’idea di base, era questo che
succedeva, ma
ecco, non ti anticipo nulla .__.! Batman xD meno rilevanza ha nella
storia, e meglio è secondo me! Cioè, questa fic
è
tutta dedicata a loro, i villains, quindi mi limito il più
possibile a questi meravigliosi personaggi è_é!
Infine… ti lascio al capitolo, sperando ti piaccia e di
ricevere
ancora i tuoi pareri ^^! A presto, spero!
Per
Boopsie: Tesoro! Eheheh,
è un po’ che non ci
sentiamo purtroppo… ho avuto un periodo davvero apatico,
per non parlare dei problemi col piccì (non posso disporne
come vorrei ç_ç), ed
ancora una volta ho infranto la promessa di aggiornare presto, anche se
alla fine, eccomi qua xD. Sono contenta che ti piacciano i flashback,
ma soprattutto il nuovo stile che ho deciso di adottare per quanto
riguarda le scene più hard xD. Mi rende felice anche il
fatto
che gradisci il modo in cui i clown e Nigma stanno gestendo il loro
strambo rapporto “forzato”, per certi versi! Per
quanto
riguarda Harvey e Johnny… succederà
ù_ù si
troveranno faccia a faccia, alla fine! Per ora però ti
lascio al
capitolo, sperando che ti piaccia *_*! Grazie mille per la recensione,
e… a prestoooh!
Per
Ladyblack: Ciao xD! Eheh,
sì, Harvey si merita davvero
una punizione per ciò che ha fatto! Per non parlare del
fatto
che, in questa storia, è davvero un personaggio lamentoso
(ma ai
miei occhi, continua ad essere un gran figo ;_;)! Anche se in un
mostruoso ritardo (come sempre, eh, ma i miei tempi si espandono in
maniera esponenziale, quanto più tengo ad una storia. Ed a
questa saga qui, tengo tantissimo). Ti ringrazio molto per il tuo
commento, e ti lascio al nuovo capitolo finalmente xD! Sperando che ti
piaccia, e di ricevere ancora i tuoi pareri e commenti ^^. A presto!
Per
Sychophantwhore:
Mia cara, eccomi qui, finalmente .__.! Sono in
ritardo mostruoso, lo so! Ho avuto vari problemi col piccì,
e
non posso ancora disporne purtroppo, infatti è stata
un'impresa postare finalmente é_è, non vedo l'ora
di riaverlo in tutte le sue funzioni, in modo da poter rispondere alle
tue mail e commentare i tuoi disegni (ci ho dato un'occhiata:
bellissimi *o*!). Parlando di
musica, sì, hai
contribuito moltissimo in questa mia storia, quindi allo svolgimento di
essa, visto che i miei capitoli si muovono “a
tempo” con le
canzoni che scelgo. Ti devo molto amica mia *_*! Ecco, i tuoi commenti
mi riempiono sempre di gioia, perché davvero non
è da
tutti apprezzare i cambiamenti così radicali nelle storie
(Da
Wwtmda a questa, ne passa di acqua sotto ai ponti, e non si
può
certo definire romantica o sdolcinata), adoro far crescere i miei
personaggi, costringendoli ad affrontare situazioni estreme e poco
piacevoli, ma solo in questo modo riesco a
‘trovarli’ e
soprattutto a fare in modo che trovino loro stessi, imparando a
conoscersi/li. Per quanto riguarda Ivy, sì, lei non ha
davvero
interessi in Crane, ma è sadica come solo una donna sa
essere
quando si sente ferita e si sta prendendo la sua vendetta contro
Woodrue, deviando i suoi sentimenti negativi su Harvey, incarnazione
dell’uomo ‘che non è
all’altezza’, un
egoista. Comunque anche se non l’ho scritto, ovviamente Ivy
avrà cercato di ipnotizzare Dent, ma lui è immune
ai suoi
feromoni, quindi non ho descritto il tentativo… la storia
deve
andare avanti ed ormai è quasi giunta alla fine! Manca
pochissimo .__.! Per quanto riguarda invece Eddie ed Harl, beh, io
penso che possano capirsi molto bene ma ci sono alcune differenze
sostanziali che li terranno sempre separati, specie quando si arriva a
parlare del clown che ora devono - loro malgrado - dividersi. Uff .__.
tu auguri la morte a Dickie! La cosa mi dispiace molto, ma come
già detto, è un personaggio che sa farsi piacere
o odiare
e basta xD! Ma amo il ruolo che ha nella storia, cioè quello
di
“risvegliare” Crane, che si è lasciato
prendere
dall’apatia e dall’autodistruzione. Sono felice che
i
nomignoli che si affibbiano ti piacciano *_*! Fa impazzire anche me,
questo continuo stuzzicarsi, in fondo non si può pretendere
che
interagiscano tra loro in maniera amichevole, sono pur sempre i
‘cattivi’ e non arriveranno mai davvero ad essere
amici, ci
sarà sempre quella componente di convenienza, al massimo
possono
trovarsi bene, tutti insieme xD. Loro sì, che sanno come
divertirsi! Ora ti lascio al nuovo capitolo xD! Ti ringrazio moltissimo
per le tue recensioni sempre così belle, e spero che questo
nuovo aggiornamento ti piaccia, davvero!
Un
abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
Prima di iniziare!
Voglio fare i
più sentiti ringraziamenti a due persone: una è
come
sempre la mia Pucia, rinnie,
dolce presenza che si è tanto prodigata
nell’aiutarmi,
betando i miei capitoli. La seconda, è Sychophantwhore,
anche lei
elemento profondo in questa stesura, visto che ha
provveduto a farmi conoscere alcune delle canzoni che delineano i miei
capitoli.
La
storia non sarebbe stata la
stessa, altrimenti *__*! Ragazze mie, grazie infinite!
PRETEND
THE WORLD HAS ENDED:
Capitolo
8: Misery loves company.
Intro.
Dick Grayson era un ragazzo fatto
così. Quelle
parole erano diventate l’unica
spiegazione plausibile a molti dei suoi comportamenti, di sicuro la
più abusata perché ogni qualvolta ne combinava
una delle
sue - lui era nervoso, carismatico ed affascinante, certo, ma anche
stronzo, spaccone e logorroico - tutti quelli che lo conoscevano, i
suoi compagni specialmente (erano praticamente uguali a lui in fin dei
conti, potevano lasciarsi tranquillamente rappresentare da un tipo
simile), lo giustificavano, liquidando ogni faccenda con un Ma lui è Dick!
È fatto
così. e si
facevano qualche risata, o tentavano di farlo
fuori, ma sempre come piaceva a loro, in maniera amichevole.
Tra le decine di aggettivi che si potevano usare per descriverlo, poi,
figurava anche avventato:
faceva tutto senza pensarci troppo su e
ciò lo rendeva aperto ma lo costringeva anche a pentirsi di
molte cose (d’altronde lui si pentiva sempre di tutto, anche
delle buone
azioni).
A Dick piaceva far parlare di sé e si ostinava, sempre, a
voler
per forza piacere a tutti, forse perché non gli andava di
essere
uno dei tanti volti che si dimenticano facilmente o, forse, era il modo
inconscio con cui compensava tutti quegli anni trascorsi
nell’ombra di Bruce, mai degno di quel minimo di attenzione
da
parte sua che, probabilmente, avrebbe fatto la differenza, quella
sostanziale, che lo avrebbe reso meno… fatto così.
It's
not the time.
It's
not the place.
(Non è il
momento giusto)
(Non è il
luogo giusto)
A Nightwing - che comunque non era affatto come Batman, non considerava
se stesso ed il suo eroico alter ego divisi in due - non piacevano
neppure le ronde: lui non era un vigilante nel senso più
stretto
del termine. Raramente gli saltava in testa di perlustrare Bludhaven in
cerca di malfattori da far sbattere in prigione o crimini da fermare.
Ciò non significava, comunque, che amasse starsene con le mani
in mano, se c’era
qualcosa che, nella sua ottica, non andava o
che non riusciva a capire, questa riusciva a trascinarlo fuori di casa,
fin sui tetti della sua isola satellite, per seguire
nell’aria
una scia di ghiaccio e sostanze venefiche fino al quartier generale di
Freeze, scrutandolo poi attraverso le fronde di un grosso albero
secolare totalmente fuori posto in una metropoli come quella.
Non c’era granché da studiare di
quell’edificio,
specie considerando che le forze del Signore del Ghiaccio erano ridotte
all’osso dopo la loro ultima disavventura con Joker, quindi
non
gli restava altro da fare che beh, scegliersi una finestra ed entrare,
per raggiungere il suo obiettivo (uno non troppo definito, decisamente
strampalato, probabilmente dannoso, ma obiettivo, ciò non di
meno).
**
I'm
just another,
pretty
face.
(Sono solo un altro)
(bel
faccino)
Il maledetto roditore si ostinava a non
morire; l’animale infatti
continuava a sbattere contro le pareti trasparenti della sua vaschetta
ed annusare l’aria ma, oltre quello, nulla di nulla. Secondo
i
suoi calcoli - lo aveva capito, evidentemente errati - a quel punto il
topo avrebbe dovuto starsi strappando le zampe a morsi, perdio,
tirare le cuoia!
Ma una delle equazioni chimiche - nonostante non facesse che
ricontrollarle, sempre - doveva essere sbagliata, perché il
suo
gas sembrava aver perso almeno il settanta percento della sua
efficacia; Jonathan si sentiva talmente apatico quel giorno che non
avrebbe saputo neppure dire esattamente quanto tempo aveva passato a
guardare il suo topo da laboratorio, il mento poggiato sulle braccia
incrociate, il viso quasi appiccicato alla gabbia, ad osservare i
leggeri sobbalzi impauriti della sua piccola cavia.
Crane stranamente non riusciva proprio a sentirsi Dio quel giorno,
forse per la presenza del suo ex ai piani inferiori, che lui ancora non
aveva avuto il coraggio di visitare; non poteva permettersi di perdere
troppo tempo, aveva bisogno di migliorare il suo gas, ed in fretta
anche.
Si costrinse a tirarsi in piedi e tornare alla lavagna magnetica, per
ricontrollare le sue formule ma, quanto tese la mano per prendere il
pennarello, qualcosa andò storto perché non
riuscì
ad impugnarlo; solo alla fine si accorse di essere stato afferrato e
trascinato di peso più indietro.
So
don't come any closer.
(Quindi non avvicinarti
nemmeno)
Qualche attimo più tardi si ricordò di poter -
forse
dovere,
per il suo bene - gridare, ma si accorse anche della presenza
di una mano a coprirgli la bocca, così non ci
provò
neppure, forse perché stava succedendo tutto così
in
fretta, forse solo a causa dell’apatia di cui sopra.
La prima spiegazione che gli venne in mente fu che doveva trattarsi di
Harvey, solo dopo notò che la persona alle sue spalle
indossava
i guanti, allora pensò a Joker ma non era plausibile e poi
lo
sentiva che quella presa, tutto quanto, non apparteneva a loro; alla
fine la voce che gli giunse, bassa, all’orecchio, gliene
diede la
prova.
“Sono io, non ti agitare!”
Crane alzò gli occhi al cielo. Non si stava agitando affatto
a
dire il vero, ed ora che ci pensava un simile comportamento - entrare
spudoratamente nella base di Freeze, assalirlo di sorpresa e pretendere
anche che lui non si agitasse - non poteva appartenere che a Nightwing.
Solo lui poteva pensare fosse normale
un atteggiamento del genere.
Fece per liberarsi dalla sua presa, senza particolare convinzione e si
meravigliò quando il ragazzo invece, non lo
lasciò andare
e anzi, lo strinse ancor più. Tutto ciò lo
irritava a non
finire.
“Prima, assicurami che non griderai.”
L’ex psichiatra annuì ma la presa ancora non si
sciolse,
sentì una mano del ragazzo scivolargli fino al petto, e poi
scendere, percorrendolo fino alla vita e questo sì, lo
lasciò davvero senza parole. Scattò
istintivamente nella
sua presa, come per sottrarsi, ma fu inutile.
“Questo però, lo prendo io.”
You're
not the first - you're not the last!
(Non sei il primo - non
sei l'ultimo!)
Lo sentì dire ancora, e finalmente,
all’improvviso, si
sentì lasciar andare e quando si voltò a
guardarlo, lo
vide gettare da qualche parte nella stanza, il contenitore di gas
terrorizzante che teneva attaccato alla cintura.
S’inferocì istantaneamente: non solo quel
ragazzino
piombava nel suo laboratorio, spaventandolo a morte, ma si permetteva
addirittura di sottrargli la sua unica arma, prendendolo in giro con un
trucco così vile.
Sentiva di odiare tutto in questo vigilante, quel ghigno spocchioso, il
modo casuale con cui invadeva lo spazio personale altrui, tutto. Ma
decise, comunque, di non perdere la calma, ne attirare pericolose - per
Nightwing sicuramente - attenzioni, almeno per il momento. Era curioso
di sapere cosa avesse spinto il vigilante ad arrivare fin lì.
“Ci hai trovati. Come hai fatto?”
“Ho seguito l’odore di acidi. Qui sembra una classe
di
chimica.”
“Se ti da così fastidio, puoi
andartene.”
Suggerì Crane con un sorriso, la voce falsamente carezzevole.
“Mai detto che mi da fastidio.”
Restarono per un po' uno di fronte l'altro e, nonostante il suo viso
fosse rimasto inespressivo, negli occhi dell'ex psichiatra si poteva
leggere chiaramente la furia che provava; intanto, il ragazzo non
diceva nulla, voleva qualcosa? Doveva parlare? Cosa si aspettava che
dicesse?
“Insomma, che vuoi?!” Scattò alla fine,
non reggendo
più quella situazione fastidiosa.
“Che dovrei volere?!”
How
many more? - Don't even ask!
(Quanti ancora? - Non
chiederlo neppure!)
La risposta del ragazzo gli fece, come si dice, cadere le braccia,
ed
era sempre più difficile non scaldarsi, visto che tentare di
ragionare col vigilante - così istintivo, diverso da lui -
sarebbe stato inutile e dannoso per la sua logica, ma tentò
ugualmente.
“Non puoi aver fatto un’entrata simile senza avere
uno
scopo! Perché diavolo sei venuto qui?!”
“Ah, beh, è solo che te ne vai piuttosto in
fretta, no?
Nel senso, di solito si consuma,
prima di scappare.”
“Avrei dovuto ucciderti quando potevo.” Disse solo
l’ex psichiatra, visibilmente imbarazzato e furibondo.
“Ma non lo hai fatto! - ghignò il vigilante,
avvicinandosi
di qualche passo con aria baldanzosa - e questo mi fa
pensare…
checché tu ne dica, abbiamo qualcosa in sospeso, noi
due.”
Crane non indietreggiò, nonostante l’altro fosse
ormai
vicinissimo a violare - per l’ennesima volta - il suo spazio
personale, e non rispose neppure.
“Dovresti ammetterlo che ti piaccio, non faresti
prima?”
Domandò ancora Nightwing, e Spaventapasseri
iniziò a
pensare che, non appena avesse rimesso le mani sul suo gas, il
ragazzino in maschera di Carnevale avrebbe incontrato una fine violenta
e spaventosa.
Per il momento decise di fare buon viso a cattivo gioco e costrinse la
sua espressione a restare neutrale, addirittura mostrando una parvenza
di sorriso.
You're
one more dead composer.
(Sei un altro compositore
morto)
“Non ti piace passare inosservato, eh? Se sei in cerca di
complimenti, per me, puoi anche andartene.”
**
Dopo quella frase Dick perse, suo malgrado, parecchia della sua
spocchia, lasciando posto alla confusione: a lui l’attenzione
piaceva, certo, e tanto, se così non fosse probabilmente non
avrebbe combinato la metà dei macelli della sua vita, ma non
credeva fosse quello il succo della questione, no? Cosa
c’entrava? Crane si era comportato davvero male con lui,
insomma,
a tutti avrebbe dato fastidio venire usati - ma visto come era andata a
finire, non era certo neppure si potesse dire così - e poi
scaricati con una spruzzata di gas nocivi.
E poi, andando ad esplorare bene quel suo in cerca di complimenti,
scoprì che alle sue orecchie suonava come una grossa, palese
bugia: i suoi amici glielo ripetevano spesso, che attirare
l’attenzione di chiunque sembrava essere il suo passatempo
migliore, Dick trovava di fondamentale importanza che nessuno potesse
parlargli senza poi pensare di amarlo o di odiarlo.
Ma no, non era assolutamente in cerca di complimenti.
“Non è vero! - si ribellò, forse con
tono un
po’ infantile - Dimmelo tu, allora, perché non mi
hai
ammazzato.”
“Io non devo spiegare nulla a nessuno.”
Do I need you? - Yes and
no!
(Ho bisogno di te? -
Sì e no)
Ribatté Crane e, forse, Dick si era avvicinato troppo senza
accorgersene perché si sentì colpire forte da una
sberla
e Dio solo sapeva dove se l’era meritata! Non stava facendo
proprio nulla di male, lui! Quello schiaffo era totalmente immotivato
ed, ecco, a chi piacerebbe oltretutto farsi menare per sport?
Gli passò perfino in testa - solo per un secondo -
l’idea
di contraccambiare il favore, ma alla fine gli catturò il
viso
con le mani e premette le labbra contro quelle di Spaventapasseri
mentre avanzava, costringendo così l’ex psichiatra
ad
indietreggiare fino ad appoggiarsi alla scrivania alle sue spalle, per
non cadere.
Nightwing gli intrappolò i polsi lì
dov’erano,
sulla superficie di quel mobile, effettivamente impedendogli di
schiaffeggiarlo di nuovo, anche volendo, e si separò dal suo
viso fissando per un po’ l’espressione basita di
Crane.
Do I
want you? - Maybe so!
(Ti voglio? - Forse di
sì)
“Te la sei cercata tu.” Disse, come se si trattasse
di un
dato di fatto, come se fosse ovvio.
“Sei un ragazzino, - iniziò Jonathan, lentamente,
fissandolo negli occhi come per valutare la reazione
dell’altro
ad ogni sua parola - chi ti credi di essere per comportarti
così
con me?”
“E tu, che mi gasi, mi prendi in giro, mi picchi e mi dai del
ragazzino, per giunta? Direi che siamo pari, almeno.”
“Che cosa vuoi?” Domandò per
l’ennesima volta,
negli occhi un’espressione diversa da tutte quelle che Dick
gli
aveva mai visto in faccia prima.
“Te, credo. Un incontro normale, una volta tanto. Uno che
finisca
senza te che cerchi di fregarmi in qualche modo.”
“Cosa ti fa pensare che vorrei perdere tempo con uno che se
ne va
in giro come un idiota, con una mascherina da scambista in
faccia?”
“Eh? - Chiese, stralunato, ed alzò la voce di
qualche
tono, irritatissimo da quella risposta - Non dirmi che è
questo
il problema! Ma insomma, tanto se dobbiamo fare sesso me la leverei
comunque, no, tu che dici?!” Quasi gli urlò in
faccia,
meravigliato oltre ogni limite.
“Ma tu sei pazzo!”
Esplose Crane, infuriato per qualche
motivo che Dick non comprese.
“Perché dici questo! Proprio tu, poi!”
“Proprio io cosa?!
Ma ti rendi conto di essere venuto qui dando
per scontato che avresti fatto sesso con me?!”
“E cosa c’è di male?!”
You're
getting warm! You're getting warm!
(Ti
stai scaldando, ti stai scaldando)
Vide Jonathan sospirare ed alzare gli occhi al cielo, esasperato, e
sospettava che l’irritazione lo avrebbe presto portato
sull’orlo delle lacrime; all’improvviso,
però, il
viso dell’ex psichiatra si avvicinò al suo, per
incontrare
le sue labbra in un bacio inaspettato, diverso da tutti gli altri che
si erano scambiati in precedenza, privo di quell’urgenza,
della
fretta, della voglia intrinseca di fargli del male - a Dick.
Allora Nightwing gli lasciò andare i polsi, spostando una
mano
sulla parte più bassa della schiena di Crane, attirandolo a
sé e partecipando al bacio, prendendone il controllo e
mettendoci la passione dello stupore, ma quello piacevole, anche se non
ci stava davvero capendo più nulla.
Sentì una mano dell’ex psichiatra salire a
carezzargli una
guancia, proprio quella che gli aveva colpito appena un minuto prima e
si staccò da lui.
You're
getting warmer- oh!
(Ti stai scaldando sempre
più - oh!)
“Continuo a non capirti.” Disse, ma
l’altro sorrise
in modo quasi furbo.
“E cosa c’è di male?” Rispose,
ripetendo le
parole dette da lui poco prima; il viso di Dick si aprì in
un
ghigno, e tornò a baciare quelle labbra, così
piene e
morbide, sotto le sue.
**
Harley conosceva bene il suo Puddin’. Anche se non era molto
tempo che lui l’aveva elevata a nuova vita e scelta come sua
compagna, rivelandole la sua vera natura, come se avesse alzato un velo
dalla sua vecchia, rigida, costruita personalità; lei poteva
dire davvero di conoscerlo come nessun altro.
Quel giorno Mister J era strano, lo vedeva da lontano un miglio: se ne
stava seduto al tavolo della cucina di Harvey, perso in
chissà
quali pensieri e non era da lui o, almeno, così lei pensava;
aveva provato a parlargli, per riscuoterlo da quello stato, ma ottenne
solo molte occhiatacce e commenti scettici che la ferirono molto -
così, alla fine, si decise a lasciarlo solo.
Senza neppure rendersene davvero conto, era andata a cercare rifugio
nell’antro
di Edward, ovvero quello che
una volta era il
soggiorno di Duefacce e che, ora, l’autoproclamato Re degli
enigmi aveva affollato di potenti macchinari e computer, stabilendo
quindi lì la sua postazione.
Gli uomini di Harvey erano evidentemente poco contenti della permanenza
dei due supercriminali nella casa del loro boss, visto che
l’Enigmista e Joker sapevano farsi obbedire e li sfruttavano
come
schiavi, facendosi portare le loro cose, o mandandoli a svolgere
commissioni - nel caso del clown - a volte molto strane.
Nigma, comunque, pareva visibilmente più calmo e rilassato
ora
che nuovamente si era circondato dalle sue cose, e con
facilità
era anche riuscito a penetrare il sistema di telecamere di sicurezza
nel quartier generale di Freeze, obiettivo che fino al giorno
precedente, quando poteva disporre solo del banalissimo computer di
Harvey, lo stava mandando in bestia, facendolo oscillare tra momenti di
furore puro, apatia e megalomania galoppante.
Did
you plan this all along?
(Avevi questo in mente
per tutto il tempo?)
“Si riprenderà presto?” Chiese
l’Arlecchina
alla schiena di Edward, che però non rispose nulla.
“Sì, insomma, è da ieri che
è chiuso in
cucina! Non riesco nemmeno a parlargli, ed è
strano!”
“Non lo è. - chiarificò, laconico - Sta
solo
elaborando qualche piano.”
“Per distruggere Freeze?” Chiese, portando i piedi
sul
divano ed abbracciandosi le ginocchia al petto.
Di nuovo l’Enigmista non disse nulla, lei attese qualche
attimo
nella speranza che stesse solo pensando a cosa risponderle ma, dopo un
po’, fu chiaro che l’uomo non aveva nessuna
intenzione di
parlare con lei. Non capiva perché.
Aveva forse fatto qualcosa di male senza accorgersene, visto che
nessuno dei due compagni sembrava molto propenso a parlare con lei? Non
le sembrava; le era anche venuto in mente che, forse, era il loro modo
di tagliarla fuori, visto che ora loro si erano riuniti, ma anche
questo, a conti fatti e mente lucida, era impossibile: Nigma ed il suo
Puddin’ raramente parlavano anche tra loro.
Harley aggrottò le sopracciglia, si sentiva insultata e si
stava
seriamente arrabbiando. Quando parlò ancora, il suo tono
vibrava
di una profonda irritazione.
“Insomma! Mi volete spiegare perché vi state
comportando
così?!” Si alzò dal divano per andare a
sistemarsi
prepotentemente su una sedia al fianco a quella di Nigma, che
alzò gli occhi al cielo sbuffando, prima di guardarla
seriamente.
Did
you care if this was wrong?
Who's
getting warmer now that I'm gone?
(Ti importava se fosse
sbagliato?)
(Chi
si scalderà, ora che non
ci sono più?)
“Nessuno ce l’ha con te! Perché tutto
dovrebbe
girarti intorno?! Dici di essere intelligente, se ci pensi bene,
capirai in che tipo di situazione siamo.”
“Cosa dovrei capire, scusa?! Dovevamo liberare Harvey,
giusto?”
“Davvero. La domanda è, tu vuoi
liberarlo?”
“Che domande! Certo, no? Per far fuori Freeze!”
“E perché vorresti ammazzare Freeze?”
Chiese ancora,
esasperato ma calmo.
“Perché… è quello che
volevamo
dall’inizio, no?”
“Chi lo voleva?”
“Insomma! Vuoi smetterla di parlare per enigmi?!”
Esplose l’Arlecchina, sbattendo la mano aperta sulla
scrivania e
facendo così tremare lo schermo sottile del computer, che
prese
ad ondeggiare avanti ed indietro; Nigma allungò un braccio
stancamente, fermandolo con una mano, poi tornò a guardarla
con
aria scettica.
Harley sentiva di essersi persa qualche passaggio, e sentiva anche di
odiare quel sacco di boria per come la stava trattando, parlandole come
si potrebbe fare con una bambina, che faticava a star dietro ai
concetti troppo complicati per lei… restò in
silenzio, in
attesa, fissando Edward con un’espressione truce,
finché
non parlò.
Misery
loves company, and company loves more,
more
loves everybody else.
(Misery ama la compagnia,
e la compagnia
ama di più)
(Di
più ama tutti gli altri)
“Joker non è assolutamente il tipo che si mischierebbe nella
battaglia di qualcun altro, se non avesse qualche interesse personale
in mezzo. Il suo interesse era vendicarsi di Ivy, cosa che a quel che
mi hai raccontato, ha già fatto.”
“Il punto?” chiese ancora la donna, stavolta con
aria
vagamente sconsolata.
“Potrei essere più diretto. È quello
che
vuoi?”
“Magari!” Rispose immediatamente con aria
sarcastica e vide
Nigma sbuffare ancora una volta, portando due dita alla radice del
naso, come se avesse un principio di emicrania.
“Perché devi per forza essere
così… Joker?
-
mormorò, facendola sorridere. Non era la prima volta che gli
diceva una cosa simile e, per lei, quello era davvero un gran bel
complimento anche se, in questa occasione, per Edward non lo era - Far
fuori Freeze, ora come ora, sarebbe facile come bere un bicchier
d’acqua per noi. Non ha più uomini, mentre noi
disponiamo
di tutti gli scagnozzi di Duefacce, che non vedono l’ora di
riprendersi il loro capo! Potremmo tirarlo giù anche adesso,
se
lo volessimo. Ma la domanda è… tu lo
vuoi?”
But
Hell is others.
(Ma gli altri sono
l'Inferno)
“Perché non dovrei volerlo?”
“Perché penso che il tuo Puddin’
non lo voglia
proprio.”
Era stato chiaro stavolta. Fin troppo. Addirittura, la sua frase non
era stata formulata in modo interrogativo e questo le faceva supporre
il peggio: perché Mister J si trovava ancora lì,
se non
aveva nessuna intenzione di liberare Duefacce e, soprattutto, a cosa
pensava chiuso in cucina, da ore? L’unica volta che Edward
aveva
parlato senza peli sulla lingua era stata quella buona per riempirla di
interrogativi e dubbi, e un po’ sentiva di detestarlo per
questo.
“Ma allora, cosa…?”
“Io credo - la interruppe, bruscamente - che il modo migliore
di
avere a che fare con Joker senza crisi di coscienza, sempre a patto di
possederne una, sia non sapere.”
“Tu lo sai, cosa ha intenzione di fare?”
Domandò, confusa, perché in fondo tutto quel
discorso le
risultava ancora enigmatico, c’era qualcosa che suo malgrado
non
riusciva a capire o peggio, qualcosa che non sapeva,
ed anche se non
sarebbe stata di certo la prima volta che il suo Puddin’ le
nascondeva qualcosa, ciò l’avrebbe fatta star
male;
perché lui doveva saperlo per forza, che poteva dirle tutto,
che
lei gli sarebbe rimasta vicino sempre e comunque.
O forse non parlava con lei per qualche altro motivo? Non la reputava
abbastanza intelligente, o utile, o non la vedeva come una parte
integrante della sua vita? O magari Mister J era solo un
individualista? Ma lei non voleva fosse così, non poteva
sopportare che il suo compagno non sentisse il bisogno di metterla a
parte di cose per lui importanti!
Ed intanto, l’Enigmista non aveva risposto alla sua domanda
ma
quel silenzio, per lei, spiegava più di quanto potessero
fare
mille parole.
I'm
not for you - you're not for me.
(Io non sono fatta per te
- tu non sei
fatto per me)
“Ma allora è questo che stai facendo! -
esclamò,
colta da illuminazione - Tu sai tutto e vuoi fermarlo, non è
così?!”
“Sta zitta! - esplose l’uomo,
all’improvviso,
voltandosi verso di lei con un’espressione dura e
terrificante
nella sua rabbia gelida, e sebbene lo avesse già visto
innervosito, quella era una faccia che lei non gli aveva mai visto fare
prima d’ora. - Quello che non capisco è perché
ti
ostini a ficcare il naso, quando evidentemente
si tratta di cose che
non ti porterebbero che male! Il modo in cui hai scelto di amare Joker
è diverso dal mio, forse perché ancora non lo
conosci
abbastanza, o perché semplicemente sei scema…
ma stando
in questo modo le cose, non sperare di ricavare niente da me!”
“Cosa dovrei volere da te, sentiamo!” Si
scaldò lei,
non potendo credere alle sue orecchie.
“Oh, andiamo! È da quando hai iniziato a parlarmi
che lo
fai solo per colmare le tue lacune su Mistah J,
ma davvero non credo
che ti farebbe piacere conoscerlo attraverso i miei occhi! Quindi, per
favore, smettila di provarci!”
“Perché tu non hai più fiducia in lui,
giusto? -
domandò Harley a brucia pelo, e lo vide ammutolire - Io non
so
come eri prima, ma lo vedo bene che, anche se lo ami, lui non ti
piace.”
I'll
kill you first! - You wait and see.
(Ti ammazzerò
per prima! - Aspetta
e vedrai)
Per quanto quella frase potesse suonare in qualche modo insensata,
Edward sapeva che la donna aveva ragione. Amava ancora Joker, a questo
non era ancora capace di ribellarsi, ma in modo certamente differente
da prima: lo amava come avrebbe potuto fare con un dolce ricordo
sfumato nella speranza che, un giorno, le cose sarebbero potute andate
diversamente, magari tornare come erano all’inizio, e lui
avrebbe
potuto riscoprire quel sentimento che tanto lo aveva riempito di gioia.
Tra lui ed il clown era passata moltissima acqua sotto i ponti,
perché Nigma potesse sentirsi sicuro del compagno come una
volta
- troppo tempo prima - perché potesse affermare con
sicurezza
che quello era la persona con cui avrebbe voluto condividere il resto
della sua vita, e non solo per via di Batman, o di Spaventapasseri, o
di Harley - che già sarebbero state questioni sufficienti -
ma
proprio per il suo modo di essere.
Joker sapeva amare come nessun altro, anche se in quel suo modo marcio
e malato, e questa era una di
quelle cose che avrebbe voluto essere il
solo a conoscere; Batman lo aveva imparato a sue spese, mentre
quell’Arlecchina, ovviamente, ancora doveva capirlo e per il
momento non ne sapeva la metà per potersi permettere di
giudicare lui, Nigma, come aveva sempre fatto, dall’inizio.
Ma Edward sentiva di non volerla deludere, né ferire, e
parlarle
male del suo uomo non avrebbe arrecato nessun bene a nessuno di loro.
Doveva tacere, era l’unica cosa da fare e gli sarebbe
piaciuto se
anche Harley avesse potuto capirlo… non le mancavano certo
le
capacità per farlo, e quella era la parte peggiore.
You,
devil undercover!
(Tu, diavolo sotto
copertura)
“Io spero solo che questa tua passione cieca duri per sempre.
Pur
di difenderlo passeresti su tutto, anche la logica, che è
una
cosa ridicola. Sarebbe durissimo cadere dalle nuvole, per te.”
**
A Jonathan Crane non piaceva affatto dire la sua età ad alta
voce, si limitava a specificare che non aveva ancora raggiunto i
quaranta e che, anzi, se ne sentiva ancora molto lontano, ma - dopo una
serata come quella appena trascorsa - un po’ si sentiva vecchio;
si era infine lasciato andare, alquanto fisicamente, con Nightwing -
certe cose, lui non le aveva mai fatte neppure da ragazzo -
abbandonandosi alle voglie ed ai capricci di un ragazzino mascherato
che, secondo lui, somigliava più ad un moccioso a Carnevale,
che
ad un eroe.
Ad un certo punto della nottata, si erano mossi dal laboratorio fino
all’adiacente camera da letto di Crane, seminando una scia di
vestiti sul pavimento della stanza, disordine di cui Crane si
pentì quando, subito dopo l’amplesso, aveva
desiderato
recuperarli il più velocemente possibile.
Ma la sua volontà non contava poi molto, visto che Richard -
ora
lo sapeva, come si chiamava - aveva stoicamente resistito ai suoi
tentativi di liberarsi, ridendone addirittura e guadagnandosi il posto
che ora occupava felicemente, tenendolo immobilizzato sotto di
sé mentre continuava a tormentarlo con baci e piccoli morsi
ovunque volesse, prendendo obiettivamente possesso di Jonathan Crane,
come se si trattasse di un isolotto su cui avesse apposto la sua
bandierina.
You're
not a price. You're not a friend.
(Non sei un principe. Non
sei un amico)
Ma, in fin dei conti, Spaventapasseri non sembrò farci
troppo
caso - dopo i primi minuti passati a scalciare furiosamente - pensando
che, in fondo, il ragazzo si era guadagnato quel posto,
perché
Richard a letto era come non lo avrebbe mai immaginato: talmente
passionale da travolgerlo, eppure allo stesso tempo dolce, ma
soprattutto determinato.
Ben presto, infatti, il vigilante si era reso conto di quanto fosse
difficile fargli provare piacere, dando però prova, oltre
che di
possedere una gran quantità di stamina, di quanto ardore
sentisse, senza mai perdersi d’animo si era dato da fare,
dando
fondo ad un’esperienza che Crane, quasi si
vergognò di
notare, era di gran lunga superiore alla sua.
Con Harvey era diverso, con lui a volte, per frustrazione, decidevano
di gettare la spugna mentre Richard no, forse perché
l’aveva presa molto come una specie di sfida personale.
Suo malgrado Crane si ritrovava a pensare che gli piaceva
trascorrere
del tempo col giovane vigilante, per come lo faceva sentire: non si
trattava né di amore, come quello di Harvey, né
di
qualcosa di lascivo e squallido, che avrebbe detestato, no, con lui si
sentiva a suo agio e… carino. Una sensazione che non
conosceva
affatto, prima d‘allora.
Poi però, iniziava a pensare alla sua età,
a tutte le
prove d’immaturità che aveva dato, al suo
carattere
avventato e contraddittorio, ed il discorso cambiava, lo rendeva
nervoso e gli dava sensazioni strane e non di certo in bene.
You're
just a child! And in the end...
(Sei solo un bambino! Ed
alla
fine)
“Dì un po’, ma non dovresti studiare,
tu?”
Chiese, con una specie di rimprovero sospettoso nella voce e
sentì il ragazzo immobilizzarsi per un attimo, smettendo di
mordicchiargli il collo per sollevare la testa lentamente, fino a
guardarlo in faccia con aria truce e scettica.
“Quanti anni pensi che abbia, scusa?”
“Ma non lo voglio sapere!”
“Ma come no!”
Scattò l’altro, ora basito.
“Alla tua età, qualunque sia, io stavo
già dormendo
a quest’ora per alzarmi presto e studiare!”
“Oh. - esclamò, per nulla colpito - Eri un bel
secchioncello disadattato, eh?”
“Mi sono laureato in medicina con due anni di anticipo e sono
stato il direttore di Arkham più giovane della storia. Tu
che
puoi dire, di te?”
“Che mi sono fatto il direttore di Arkham più
giovane
della storia?” Ghignò Dick, stringendogli le mani
attorno
ai fianchi e trascinandolo più giù lungo il
materasso,
per guardarlo negli occhi.
“Oh! Meglio che rida adesso, o potresti restarci
male.”
“Intanto, sei finito a letto con un ragazzino.
Paura?” Lo
schernì alla fine, guadagnandosi una mano sulla faccia, che
lo
allontanò con gesto seccato.
“Posso sapere che ci fai ancora qui?”
“Aspetto.” Annuì il ragazzo,
convintissimo solo lui
sapeva di cosa.
“Aspetti che?”
“Il secondo round.”
Il ghigno che si aprì poi sul viso del giovane vigilante,
quasi
fece ridere Spaventapasseri, che però si trattenne e con
espressione addolorata, sollevò una mano fino a carezzargli
i
capelli, ed una guancia in gesto consolatorio.
You're
one more selfish lover.
(Sei un altro amante
egoista)
“Oh! Ma il secondo round,
vedi, è un po’ come la
prima camicia che ti regalò tua madre.”
“Me lo scordo?” Azzardò Nightwing, con
espressione
confusa.
“O se preferisci, come l’uomo nero che avevi sotto
il
letto. Solo un’invenzione della tua mente.”
“Come la cicogna che ti ha fottuto il cervello, ho capito.
No,
davvero, da quando ti conosco mi dai del ragazzino, ma ora sono io che
temo di averti rubato l’innocenza!”
“Per l’ennesima volta Richard, puoi rigirarla come
vuoi, ma
non ti dirò quante esperienze ho avuto.”
“Quanto ti odio, quando mi chiami Richard.”
“Quello è il tuo nome, Richard.”
**
Do I
need you? - Yes and no!
Do I want you? - Maybe so!
(Ho bisogno di te? -
Sì
e no)
(Ti voglio? - Forse sì)
Sentirsi chiamare col suo nome intero lo aveva sempre irritato
oltremodo, a prescindere da chi lo pronunciasse, perché -
semplicemente - lui era Dick,
era quello fatto
così. E gli
piaceva troppo come suonava tutto questo, per potervi rinunciare.
Ma, a parte quello, gli piaceva stare lì, con niente meno
che lo
Spaventapasseri, e checché ne pensassero gli altri - intesi
come
chiunque
- non lo trovava affatto terrorizzante, ma il bello era
proprio quello, che Jonathan sembrava essere un po’ come un
cofanetto chiuso: non immagineresti mai nulla di ciò che
racchiude al suo interno, finché non riesci ad aprirlo -
cosa
non da tutti - e lui c’era riuscito! Per il momento almeno,
come
sorpresa, lo trovava piacevole.
Pensava che Crane fosse dolce a modo suo, con quel pessimo carattere
mal sostenuto dalle sue scarse doti fisiche, e lo trovava divertente
col suo sarcasmo che, su Dick, andava del tutto sprecato, visto che lui
non era uno che si poteva offendere facilmente a parole; il fatto poi,
che l’ex psichiatra fosse anche attraente non guastava, ma
come
detto anche prima, la cosa che davvero gli piaceva, era
l’esclusività che poteva dare.
Spaventapasseri non era certo qualcuno che si poteva conquistare
facilmente, o con cui di solito, ci si permettava di scherzare
come stava facendo lui, e queste cose lo facevano sentire davvero bene.
Non sapeva quanto sarebbe durata, forse solo fino a quando non sarebbe
andato via quella notte, oppure di più, ma in quel momento,
nessuna delle opzioni gli dispiaceva, era contento di esserci,
e basta.
You're getting warm!
You're getting warm!
You're getting warmer - oh!
(Ti stai scaldando, ti
stai scaldando)
(Stai dicentando
più caldo - oh)
“Senti, io non è che ti aspetterò, ma
perché
non vieni a trovarmi, domani?”
“Ma che razza di invito sarebbe, il tuo?”
“Oh. - Rispose Dick, sinceramente colpito per qualcosa -
Pensavo
mi avresti risposto che una tua visita è un po’
come le
arance in Luglio, per quanto puoi volerne, non ci sono.”
Spaventapasseri non poté farci niente, scoppiò a
ridere
senza che riuscisse a trattenersi, o tanto meno fermarsi, ed il
vigilante lasciò che un nuovo ghigno soddisfatto si aprisse
sul
suo viso, contento di essere riuscito a distruggere quella maschera di
freddezza post orgasmo che Crane aveva messo su senza apparente motivo,
almeno ai suoi occhi.
Non se ne accorgevano, ma entrambi, avevano già dato via
all’abbozzo di una meccanica di rapporto
che non riuscivano a non
trovare adorabile.
Did you plan this all
along? Did you care if it was wrong?
Who's getting warmer now, that I'm gone?
(Era questo che avevi in
mente tutto il tempo? T'importava che fosse sbagliato?)
(Chi si scalderà, ora che non ci sono più?)
“Non verrò mai a casa tua.”
“Possiamo anche solo guardare la tivù.”
Rispose impudentemente, guadagnandosi un pugno, forte,
all’altezza della spalla che servì solo a farlo
sorridere
di nuovo, in un ghigno soddisfatto.
**
Misery loves company, and
company loves more,
(Misery ama la compagnia,
e la comagnia a ma di più)
Harvey Dent era molto affezionato ai ricordi della sua storia con
Crane, ma in quel momento, intrappolato ad una sedia,
realizzò
non per la prima volta, quanto il loro rapporto fosse sempre stato
deviato, specialmente quando le prime rabbie, le gelosie, i litigi ed i
silenzi erano cominciati; e c’era stata quella strana prima
volta, quando il suo vecchio braccio destro era misteriosamente
scomparso dalla circolazione
dopo aver osato - evidentemente credendosi
discreto - durante una festa cui tutti avevano bevuto un po‘
troppo, invitare Spaventapasseri a seguirlo in una stanza vuota.
Nessuno ne parlava, nessuno aveva mai provato a cercarlo, ma tra lui e
Jonathan per qualche tempo, ogni cosa restò in sospeso: i
litigi
cessarono di botto, il suo compagno sembrava misteriosamente estasiato,
il suo sguardo era innamorato
come mai lo aveva visto mentre, in mille
modi - specialmente a letto - regalava ad Harvey momenti
indimenticabili, dimostrandogli quanto fosse felice,
ed orgoglioso, di
avere a fianco un uomo come lui.
Un uomo che non ci pesava due volte neppure ad uccidere,
per lui.
L’ennesimo, personale, malato modo con cui si dicevano ti amo.
More loves everybody else.
(Di
più ama tutti gli altri)
Fu quella, la molla che diede
il via ad una nuova, perversa meccanica
tra loro: quando l’atmosfera si faceva troppo pesante,
Duefacce
trovava sempre qualcuno - una spia, un traditore, o anche un povero
Cristo qualunque - da torturare sotto gli occhi dell’ex
psichiatra.
Questo non mancava mai di risvegliare in lui la passione spingendolo,
seppure con l’inganno, a passare sopra qualsiasi litigio
avessero
avuto, ed ovviamente, la consapevolezza che questa cosa fosse marcia
come poche, non era
abbastanza, paragonata alla felicità che gli
dava Jonathan nei giorni immediatamente successivi, ed ovviamente, la
sua moneta aveva preso in un modo o nell‘altro, a prendere la
decisione giusta,
quella che più piaceva ad Harvey Dent.
Ad ogni problema anche minimo, Duefacce non aveva fatto altro che
cercare scorciatoie, trucchi, nascondendo sempre tutto sotto il tappeto
pur di non rendersi conto che c’erano dei
problemi.
Lui quelli, non li voleva vedere: il solo pensiero che qualcosa potesse
non funzionare tra lui e Jonathan, che forse, non erano così
fatti
l’uno per l’altro
come pensava, avrebbe significato
che prima o poi, sarebbe arrivato il momento in cui non avrebbe
più potuto tenerlo con sé.
But Hell is others.
(Ma l'inferno
è "gli altri")
Benché avesse superato da tempo la morte di Rachel, il
terrore
di perdere anche Crane, di vederlo andare via, o che gli venisse
strappato come già era successo, lo terrorizzava; non
avrebbe
mai voluto provare di nuovo una sofferenza simile, quindi rifiutava
tutto, diventando geloso, ossessivo e violento.
Ma questo non significava certo che le colpe fossero tutte sue:
Jonathan era ingannevole, amava raggirare la gente e dentro di
sé, covava più complessi di quanti Harvey avesse
mai
immaginato di trovare in una sola persona,il che rendeva Crane una
persona davvero difficile con cui avere a che fare, nonostante tutto
l’amore che si potesse nutrire nei suoi riguardi.
Certo, il colpo di grazia al loro rapporto lo aveva dato lui - come Ivy
gli aveva deliziosamente fatto notare - ed era il motivo per cui in
quel momento, Duefacce non aveva intenzione di liberarsi: sentiva di
meritare
di trovarsi alla totale mercè di Crane, legato ed
inoffensivo, ed offrirgli l’occasione di pareggiare i
conti… sempre se non tirava le cuoia prima, sotto le
costanti
torture di quella
puttana dell’Edera, che oh!
Si divertiva così tanto
a tormentarlo in ogni modo, da quando era stato fatto
prigioniero.
Dopo il
loro momento al MYB, in cui
si erano guardati negli occhi, come
vedendosi per la prima volta, se n’era convinto:
c’era
ancora qualcosa da recuperare e lui non era di certo il tipo che
avrebbe potuto mollare senza combattere.
**
You're so easy to read.
But the book is boring me.
(Sei così
facile da leggere)
(Ma il libro mi sta annoiando)
Freeze si sentiva oltremodo annoiato, seduto al tavolo davanti al quale
solitamente si riuniva coi suoi due alleati per organizzare piani
d’azione; solo che ormai c’era rimasto ben poco da
pianificare, tra le poche forze che gli erano rimaste ed i conflitti
interni insormontabili: l’Edera stava letteralmente superando
sé stessa ammorbandolo ormai da giorni, con le sue
chiacchiere accusatorie verso Crane.
“Insomma! Organizziamo una rapina alla gioielleria, che si
rivela essere una trappola e lui, guarda caso,
se ne rimane ben al
sicuro qui alla base! Non ti sembra quanto meno strano?!”
You're so easy to read,
But the book is boring, boring,
Boring boring me.
Strepitava lei, camminando avanti e indietro, occasionalmente muovendo
le braccia nell’aria per sottolineare dei concetti importanti
(almeno per lei).
L’uomo di ghiaccio non credeva davvero ad un tradimento da
parte
di Spaventapasseri, nei suoi occhi poteva ancora leggere, oltre
all’apatia, quell’adorazione sconfinata nei suoi
riguardi,
che escludeva a priori una qualsiasi mossa contro di lui, ma il punto
non era quello e nessuno lo aveva capito: Freeze se ne fregava
letteralmente delle chiacchiere di Ivy, dei problemi di Crane, delle
vendette di Joker… la sola cosa che gli premeva,
l’unica
che gli fosse mai interessata, era sua moglie.
Lui doveva trovare una cura per Nora, riportarla alla vita, anche se
ciò avrebbe significato l’eterno odio di lei, una
volta
messa a parte di tutte le nefandezze di cui suo marito si era macchiato
in quegli anni… ed era davvero strano, gli mozzava il fiato
capire fino in fondo, quanto lontano dal vecchio dottor Fries, si fosse
spinto.
Nora non lo avrebbe più voluto vedere, non avrebbe ascoltato
una
sola parola, lo avrebbe considerato per sempre il mostro che era
diventato, e lui stesso sentiva di non poter ormai più
tornare
indietro.
“Per non parlare del fatto che Duefacce è chiuso
là
sotto da giorni, e nonostante tutte le teatrali proclamazioni
del suo odio, Crane non è neppure ancora neppure vederlo,
per
reclamare la sua vendetta!”
Pray for me - if you want
to.
(Prega per me - se vuoi
farlo)
Ivy doveva essere davvero una cretina, se pensava che a lui importasse
un fico secco, di lei, di Crane, di Gotham, di Bludhaven, o del resto
del mondo: non
era a caccia di fama e potere, e dopo l’attacco al MYB, il
Signore del ghiaccio aveva provato la sua pericolosità,
preso la sua
vendetta, ed ora meditava seriamente di scendere lui stesso da
Duefacce, e proporre una riappacificazione.
E se l’altro glielo avesse
chiesto, pur di essere lasciato in pace ai suoi studi ed al suo
laboratorio, gli avrebbe volentieri consegnato l’Edera e
Crane su
un vassoio d’argento, tutti belli congelati ed inoffensivi
perché potesse farne ciò che volesse. Ma
ovviamente,
accecata come era dalle promesse di conquista, Poison Ivy non
realizzava tutto questo, non riusciva neppure a prevedere un simile
piano da parte sua, anche se in realtà era l’unica
cosa
ovvia da fare.
“Non so se ne sei a conoscenza, Freeze, ma quei due stavano
insieme, una volta. Senza parlare poi, dell’amicizia che
aveva
con Edward Nigma e ! Sono sicura che si è alleato
di
nascosto con uno di loro, se non sono addirittura tutti
d‘accordo!”
Pray for me - if you care.
(Prega per me - se
t'importa)
Freeze lo sapeva, di non potersi più ritenere neppure un
essere
umano, di essere passato sopra a tutto e tutti pur di ottenere
ciò che voleva… la sua unica speranza di
salvezza,
ciò che per il momento ancora lo teneva in contatto con i
resti
della sua umanità, quelle briciole di sentimento che gli
rimanevano, era sua moglie e sperava che, al di là della
barriera di gelo che li divideva, lei stesse pregando per lui.
Un perfetto angelo del ghiaccio, muta ed irraggiungibile, bellissima,
con un cuore troppo caldo perché possa restargli vicina,
senza
scioglierlo (ucciderlo) o senza lasciarsi congelare a sua volta. Ma
Nora era una donna tutta d’un pezzo e ricca di valori
bellissimi
ed indistruttibili, che una volta, insieme, condividevano.
Pray for me - if you dare.
(Prega per me - se hai il
coraggio)
“Ma insomma mi stai ascoltando?!”
“Lo sto facendo.“
E l’Edera lo guardò, con uno sguardo scettico e
sospettoso, gli occhi che sembravano dire non ti credo,
e
ricominciò ad insistere sulle sue tesi, valide probabilmente
solo nella sua testa, e Freeze non faceva neppure lo sforzo di annuire
di tanto in tanto, per farla contenta, perché era tutto
inutile,
non aveva intenzione di dare contentini a nessuno.
E si sentiva così marcio.
Pray for me - you fucker!
If you fucking dare.
(Prega
per me, bastardo)
(Se hai il cazzo di coraggio)
|
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Capitolo 10 *** Every you, every me. ***
PRETEND THE WORLD HAS
ENDED:
Attenzione! Il testo della canzone
all’interno del capitolo (dei Placebo), non è
ordinato, l’ho scomposto perché aderisse meglio al
testo! Buona lettura, le risposte ai commenti sono in fondo.
Capitolo
10: Every your, every me.
Per quanto mi manchi.
Per
le parole che mi hai impedito di dirti.
Per
il male che sento e che faccio.
Per te.
Intro.
L’uomo
di ghiaccio lo aveva stupito, entrando nel suo laboratorio per
suggerirgli di scendere a parlare col suo ex e magari, già
che c’era, rimetterlo un po’ in sesto;
Spaventapasseri si limitò ad annuire ed esaudire quella
richiesta. Ne era convinto, stavolta ce l’avrebbe fatta ad
incontrarlo e non perché era stato Freeze a chiederglielo.
Davanti alla stanza dove Harvey era rinchiuso, una semplice borsa
stretta in mano, si sforzò di tenere la mente sgombra,
abbassò la maniglia ed entrò velocemente,
richiudendosi poi la porta alle spalle.
Duefacce non aveva una bella cera: appariva stremato, legato ad una
sedia, il busto piegato in avanti forse nel tentativo di dormire
mentre, ferito ed ustionato in più punti, sanguinava, goccia
dopo goccia, impregnando la moquette di macchie rosse, scure e dense.
“Ancora…? Oggi sei proprio incazzata,
eh.”
Lo sentì mormorare, scambiandolo per Ivy ma non disse nulla,
recuperò nella stanza uno sgabello ed un tavolino - sul
quale poggiò il piccolo bagaglio -, li avvicinò
ad Harvey e prese posto di fronte a lui. Rovistò
l’interno della borsa, ne estrasse l’occorrente per
la medicazione e sollevò dell’ovatta umida verso
la sua fronte, a pulire un taglio che doveva star sanguinando da ore.
“Troppa grazia. - mormorò, sarcastico - Chi ti ha
costretto?”
Chiese, ma non ricevette risposta; improvvisamente scattò in
avanti, trattenuto dalle corde, ma riuscì ugualmente a
catturare l’attenzione di Jonathan, che istintivamente si
tirò indietro, incrociando il suo sguardo.
“Non sono qui per sentire le tue idiozie.”
Disse, e Duefacce non si sarebbe aspettato nulla di diverso; una
collinetta insanguinata di ovatta si era formata ai loro piedi, vide
l’altro infilare un paio di guanti in lattice, recuperare ago
e filo e premergli della garza sotto la ferita, per fermare la discesa
del sangue; col polso spinse gli occhiali più su lungo il
naso, ed iniziò a suturare.
Harvey sibilò contro il fastidio e per un attimo Jonathan si
fermò, i loro occhi si incontrarono.
“Non lo faccio da una vita.”
Ed era un semplice dato di fatto, niente scuse né sarcasmo.
A lungo non parlarono più, finché finito di
soccorrergli il viso ed il petto, Crane si fermò ancora,
guardandolo con indecisione.
“Credevo saresti stato il primo a venire.” Disse,
una patetica scusa perché l’altro non decidesse di
andarsene via.
“Dovrei controllarti schiena e braccia.” Lo
ignorò, intenzionato a non affrontare l’argomento.
Sucker love is heaven sent.
You
pucker up, our passion’s spent.
(L’amore
sempliciotto è mandato dal cielo)
(Tu
ti chiudi a riccio, la nostra passione s’è
consumata.)
Harvey
annuì. “Non ti tocco nemmeno, giuro.”
Il ghigno che l’ex psichiatra gli rivolse fece male ma come
biasimarlo, sarà stata la milionesima volta che gli faceva
una promessa del genere. Lo liberò, gli prese le mani, le
esaminò e decise che anche i polsi necessitavano di
assistenza. Anche senza bisogno di uno specchio, Duefacce sapeva di
essere ridotto male, ma a tormentarlo davvero erano le accuse che lei
gli aveva lanciato, e le minacce mentre blaterava di come si sarebbe
divertita a soffocare Jonathan con le sue piante, dissacrando poi il
pallido cadavere, solo per il gusto di portarglielo via per sempre.
“Non dovresti fidarti di Ivy.” Buttò
lì, accolto da un verso scettico.
“Mi fido di lei quanto di te.”
“Eppure, mi hai liberato.”
Crane si alzò, aggirò la sua sedia e
restò in piedi alle sue spalle, controllandogli la schiena.
“Questa guerra non durerà per sempre,
Harvey.”
Duefacce voltò leggermente la testa, non capiva cosa
intendesse, cosa nascondesse quel tono rassegnato, ma non
riuscì a soffocare quel guizzo di speranza.
“Cioè?” Si limitò a chiedere,
per paura dell’ennesima delusione.
“Cioè. Catwoman è sfuggita alla
polizia, ma sembra scomparsa dalla circolazione. - disse, lentamente -
Presto Joker si precipiterà qui a liberarti e Freeze non ha
più uomini, Ivy è già stata sconfitta
da un pezzo anche se sembra non volersene fare una ragione. Quello che
intendo… potremmo non essere più costretti a
scannarci appena ci vediamo. Io almeno, ho perso la voglia e quando
tutto questo sarà finito, intendo starti il più
lontano possibile.”
Duefacce la notò, la mancanza di reazioni alla prospettiva
di un tanto miserabile crollo della sua fazione, ma non
entrò nell’argomento, erano ben altre le cose che
gli premevano.
“Perché dovresti fare una cosa simile?”
Chiese, in tono di scherno.
“Perché mi sono stufato! Di te soprattutto,
quindi, visto che per una volta stiamo parlando tranquillamente,
speravo di raggiungere un accordo: io lascio in pace te, tu lasci in
pace me.”
“In pace, dici. Eppure credevo te ne fossi accorto.”
“Accorto di cosa?”
Ma Harvey non era un cretino e di certo non si era scordato come
funzionava il cervello di Jonathan: quella era una sfida e lui decise
di accettarla.
“Che senza di te, non ho avuto pace neppure un
attimo.”
Rispose, brusco con quella che era l’ultima cosa che Crane si
sarebbe aspettato di sentirgli dire e non perché non se ne
fosse accorto - il suo ex non era mai stato così discreto in
proposito, specie da un po’ di tempo a quella parte -;
Duefacce sapeva essere diretto su tutto, tranne i suoi stessi
sentimenti e mai prima lo aveva sentito gettare le carte in tavola in
quel modo. Sentire una simile dichiarazione proprio in quel momento, lo
fece arrabbiare come non mai.
“Perché, quando stavamo insieme ne abbiamo mai
avuta?”
“Ora sei ingiusto! Magari non negli ultimi tempi, ma tu eri
cambiato tanto che-”
“Se stai cercando di affibbiarmi qualche colpa, guarda
c-”
“E stai zitto un attimo perdio, non ti sto incolpando proprio
di nulla!” gridò, poi tornò calmo
“Non eravamo così, prima. Eravamo perfetti
insieme.”
“Evidentemente poi ci siamo conosciuti meglio,
capita.”
“Capita il cazzo.
Tu non sei così, ed ancora non ho capito cosa ti abbia
cambiato fino a questo punto.”
Disse, poi sibilò leggermente: l’ago era tornato,
a sorpresa, entrandogli nella pelle e la mano di crane era visibilmente
meno ferma di prima. Attese, ma non ricevette risposta, non poteva
sopportarlo.
“Io tengo ancora moltissimo a te.”
“Vedi di piantarla.” abbaiò Jonathan,
poi sorrise “E poi alla gatta non farebbe piacere sentirti
parlare così, anche se è scappata con la coda tra
le gambe.”
Tagliò il filo di sutura, un sorriso furbo sul viso, pensava
di aver vinto ma Harvey scattò in piedi, rovesciando la
sedia nell’impeto e cogliendolo così alla
sprovvista che non riuscì a raggiungere la pistola;
l’altro lo bloccò, stringendogli gli avambracci.
“Allora è per questo
che l’hai gasata!”
La metà sana del suo viso era stravolta dallo stupore e
probabilmente Jonathan aveva dimenticato quanto il suo ex ragionava in
fretta, se gli faceva comodo: per tutto quel tempo, Crane era stato
convinto che tra lui e Selina ci fosse qualcosa? Gli avvenimenti dei
giorni addietro, acquistarono un peso differente e nonostante quel
frainteso gli fosse costato molto, si sentì felice.
“Lasciami andare Harvey.” Ordinò, ma la
presa si fece più forte, dolorosa.
“Devi
dirmelo, se è
così!” lo scosse, costringendolo a guardarlo negli
occhi. “Tu mi ami ancora.”
Disse, serissimo mentre lo fissava, e fosse stata la situazione un
pelino meno catastrofica, Jonathan gli avrebbe riso in faccia; neppure
quella era la novità del secolo, ma questo non gli dava il
diritto di dirlo ad alta voce, rendendolo tanto reale. Non doveva
gettare in tavola anche le sue, di carte, non era giusto ed ora si
sentiva in trappola.
My heart’s a
tart, your body’s rent
My
body’s broken, yours is bent
(Il
mio cuore è in vendita, il tuo è in affitto)
(Il
mio corpo è spezzato, il tuo danneggiato)
“Che
cretino sono stato, a pensare che per una volta sapessi mantenere una
promessa.”
Si riferiva al giuramento di non toccarlo se lo avesse liberato, ma se
c’era un momento meno adatto ai sensi di colpa, era proprio
quello.
“Non ho mai avuto nessuno dopo di te, non mi ha mai neppure
sfiorato la mente.”
Ed il mondo attorno allo Spaventapasseri si fermò; gli
sembrò di liquefarsi e fu orribile. Era stato un cretino,
Harvey lo aveva scoperto e lui avrebbe solo voluto strisciare in
qualche buco per farsi seppellire. Perfino Duefacce avrebbe annuito e
tirato qualche badilata di terra, perché era nella natura di
Duefacce sfottere Crane in situazioni del genere.
Il punto di non ritorno però, lo avevano superato da tempo e
non gli venne neppure in mente di schernirlo: con uno scatto di
coraggio, si chinò a baciarlo, le mani abbandonarono la
presa per salire a circondargli il volto, per toccare quella pelle, ed
appurato che Jonathan non si sarebbe scansato, avanzò fino a
bloccarlo tra il suo corpo ed una pesante scrivania.
Lo sollevò, lo mise a sedere sulla superficie alle sue
spalle e si fece spazio tra le sue ginocchia, le mani scesero a
cingergli i fianchi, per attirarlo a sé, e mille emozioni si
mischiarono.
Ovviamente c’era l’eccitazione, perché
quando è una vita che eviti perfino di masturbarti per non
cadere nella depressione post fantasia, succede. Poi c’era la
felicità, lo stupore di ritrovare quel corpo che
s’era rassegnato a considerare proibito ed era come una nuova
prima volta, sotto le sue dita scorreva una pelle elettrica e la voglia
di toccarlo ovunque era tanta, che non sapeva più dove
mettere le mani.
Si tese in avanti finché l’altro non stese la
schiena sulla scrivania, poi chino su di lui, gli carezzò i
capelli, il viso, si sollevò per guardarlo negli occhi ed
incontrò uno sguardo disperato quanto il suo.
“Ti amo, Jonathan.”
Disse, serio e scese a bere un suo gemito con un bacio, si spinse
contro di lui, incontrando il suo stesso desiderio e costringendolo a
donargli un altro di quei bellissimi versi - contemporaneamente
estranei e familiari; le braccia di Crane salirono a circondargli le
spalle, ma per pochi momenti.
Un attimo dopo i palmi aperti sul suo petto lo spinsero indietro di
qualche passo e quando rialzò lo sguardo,
incontrò la bocca scura di una pistola, l’eco
dello sparo non tardò ad arrivare ed il dolore, dapprima
secco, all’altezza del petto, ben presto si espanse,
bruciando, come un incendio e gli sembrò davvero
inappropriato; abbassò lo sguardo, una mano salì
verso il torace e quasi si mise a ridere: Jonathan gli aveva sparato un
narcotico.
Like the naked leads the
blind
I
know I’m selfish, I’m unkind
(Come
il nudo guida il cieco)
(So
che sono egoista, sono scortese)
Tentò
di lottare, ma le gambe cedettero e cadde sulle ginocchia;
alzò lo sguardo su Crane che si faceva via via
più sfocato, distante, poi un rumore - poteva essere un
gemito? -, infine il buio.
**
Dalla finestra nella stanza di Nora, il cortile grigio, il prato fuori
dei cancelli, le alberate… erano rassicuranti. A Freeze
piaceva pensare che lei potesse vederli e sentirsi in pace, come
accadeva a lui: era il tramonto, l’orizzonte s’era
tinto di arancio e lei era al suo fianco. Avrebbe dato
chissà cosa perché fosse sveglia ed in salute.
Lasciò andare un sospiro, ed una nuvola gelida gli
uscì dalle labbra; nella coda dell’occhio un
movimento catturò il suo sguardo, qualcuno attraversava
velocemente il giardino e per un po’, faticò a
riconoscere Spaventapasseri. Era la prima volta che l’ex
psichiatra usciva dalla villa - tranne quando sotto sua richiesta - ed
aveva vestiti che Freeze non gli aveva mai visto addosso, prima.
Aveva già saputo del fiasco con Duefacce nel pomeriggio, i
suoi uomini gli avevano riferito di come Crane fosse fuggito
dallo studio, ordinando loro di rimpacchettare l’ospite; al
dottore non interessava cosa fosse andato storto, aver sventolato in
faccia all’ex magistrato l’oggetto della sua
ossessione bastava, e non appena si fosse ripreso dalla pennichella
obbligatoria, sarebbe sceso a parlargli.
“Il corvo è uscito.” La voce di Ivy alle
sue spalle.
“Ho visto.” Disse, e si voltò per
andarle incontro.
“Non lo fai seguire?” Il tono di lei era risentito.
“A che pro?” Con una mano sulla schiena la
scortò fuori dalla stanza dove, per inciso, le aveva spesso
vietato di entrare.
“E se stesse correndo da Joker per-”
“Cosa? Rivelare i nostri segreti? Non ne abbiamo mai
avuti.”
“Non abbiamo neanche più uomini se è
per quello, e dovrebbe preoccuparti un po’ di
più!”
“Potresti prendere in considerazione in fatto che, dotato di
un’intelligenza superiore come sono, avrò i miei
buoni motivi per non preoccuparmi.” Disse, ed il suo tono
restò tranquillo, nonostante il rimprovero.
“Hai un asso nella manica!” scattò lei,
e non attese una conferma “Oh, lo sapevo di potermi fidare ti
te! Quanto manca? Attaccheremo ancora?”
“Pazienta.”
Sucker love I always find
Someone
to bruise and leave behind
(Un
amore sempliciotto lo, trovo sempre)
(Qualcuno
da ferire e lasciare indietro)
Lasciò
che Ivy pensasse ciò che voleva, perché alla fine
sarebbe dovuta sparire, insieme a Crane, e possibilmente per sempre.
Lui avrebbe ripreso le ricerche per la cura della malattia di Nora, in
pace, il ghiaccio avrebbe ricoperto tutto, riportando il silenzio
finalmente.
**
Vivere da soli significava occuparsi personalmente di azioni quotidiane
quali lavare i piatti, e Dick Greyson lo sapeva già, da
prima di trasferirsi in quell’appartamento ancora fin troppo
spoglio; gettò le stoviglie di plastica usate nel cestino e
sbuffò. Forse era il caso di uscire a divertirsi, o per una
veloce ronda ma una cosa era certa: non sarebbe andato da Crane e non
perché temesse la reazione di Bruce - quella, gli sarebbe
piaciuto vederla -, anzi se si fosse azzardato a dire qualsiasi cosa,
lui gli avrebbe sbattuto in faccia la breve relazione avuta col Joker,
ed essere rimproverati proprio
da Dick non era mai una bella sensazione.
Di sicuro non era neppure il sesso il problema anzi, quello gli piaceva
eccome. Il vero guaio, era la noncuranza con la quale s’era
aperto con una persona simile, quel suo fregarsene
di tutto; non avrebbe continuato una relazione tanto pericolosa, per
quanto intensa: sì, sapere che, volendo, Jonathan avrebbe
potuto gasarlo o ucciderlo in qualsiasi momento - e Dick non lo avrebbe
neppure trovato troppo strano - riusciva ad essere davvero
intenso.
E poi, tutte quelle voci che lo definivano inavvicinabile e scontroso,
che speculavano su una qualche storia finita - questo non poteva
saperlo, al tempo era lontano da Gotham - lo facevano sentire speciale.
Ma
ora è finita.
pensò, con un sospiro mentre metteva su il caffé.
Non avrebbe più cercato Crane.
All alone in space and time
There’s
nothing here but what here’s mine
(Tutto
solo in tempo e spazio)
(Non
c’è niente qui, ma quello che è qui,
è mio)
Il
campanello lo fece sobbalzare, non aspettava visite e per un folle
attimo, pensò si trattasse di Slade; andò ad
aprire ed una volta di fronte al suo ospite, sentì qualcosa
- la risoluzione, o forse la dignità - scivolargli fin sotto
le scarpe: sulla soglia del suo appartamento c’era uno
Spaventapasseri carino.
Cioè per carità, lo era sempre stato
ma… si era preparato apposta
per incontrarlo? Sì insomma, si era fatto bello
per lui? Per l’ennesimo folle attimo, pensò che
l’uomo doveva aver captato i suoi pensieri tipo radar, ed
essere corso a sventare il suo piano di allontanamento.
Ma
quanto riuscirà ad odiarsi, una volta tornato in
sé?
pensò, perché uno come Crane sicuramente non
perdeva tempo davanti allo specchio per nessuno senza un tornaconto
personale e Dick non aveva proprio niente da offrirgli - a parte i
migliori orgasmi della sua vita.
“Mi fai entrare?” Chiese Jonathan, e Dick si
riscosse.
“Prego.” si scansò dalla porta con un
ghigno, richiudendola appena fu entrato “Beh, come
st-”
In un attimo, si ritrovò il viso circondato dalle mani di
Spaventapasseri e fu troppo occupato a baciarlo per poter terminare la
frase; gli cinse la vita con un braccio, fiero di aver mantenuto la sua
promessa: lui,
non ci aveva provato neanche un po’. Attribuì
quello slancio al suo fascino micidiale, e chi era lui per umiliare
Crane con un rifiuto? Lo guidò contro il muro, percorrendolo
con le mani e con le labbra, ovunque riuscisse ad arrivare, ma
considerando il collo alto che indossava, non era molto.
Quella maglia, decretò, doveva sparire.
Sollevò Crane da terra, lasciando che lo circondasse con le
gambe in una presa più stretta del necessario; eppure doveva
saperlo, che Dick non ci pensava nemmeno a buttarlo a terra - a meno
che non glielo avesse chiesto ed in quel caso sarebbe stato
interessante.
Con un calcio, il vigilante spalancò la porta della sua
stanza, si piegò fino ad adagiare l’altro sul
letto ed un attimo dopo portò le dita sotto l’orlo
dell’odiata maglia, iniziando a sfilargliela. Qualcosa
però non andava in Jonathan, nei suoi occhi, nei movimenti,
non aveva smesso un attimo di tremare e Dick non era certo che facesse
tanto freddo. Allontanò le loro labbra, ma ad ogni sillaba
pronunciata le sentiva sfiorarsi.
“Alla fine sei venuto. Non me lo aspettavo.” Disse
con un sorriso seducente “Ti sono mancato, eh.”
“Oh, tantissimo.” Rispose Jonathan, sarcasticamente
teatrale ma Dick lo ignorò.
“Non ti pare di scherzare un po’ troppo, per uno
che è venuto a cercarmi di sua spontanea
volontà?”
“Ed a te non pare di parlare un po’ troppo, per uno
che promette orgasmi come caramelle?”
Dick rise brevemente; non aveva idea di cosa stesse cercando
esattamente, Crane da lui; mosse leggermente il capo, lasciando che il
naso sfiorasse quello di Jonathan, poi tornò a guardarlo
negli occhi.
“Che carino sei, quando ti credi spiritoso.” Il
tono profondo, come se gli avesse appena fatto un complimento.
“E tu sei adorabile, quando riesci a stare zitto due
minuti.”
“Non puoi farmene una colpa” continuò il
ragazzo, sollevando una mano a sfiorargli leggermente il viso
“arrivi qui tutto carino, mi salti addosso, eppure non sembri
affatto propenso ad andare fino in fondo.”
Continuò ad accarezzarlo col dorso della mano, i loro occhi
non si staccarono mai, nel silenzio che si estese per attimi
interminabili.
Something borrowed,
something blue
Every
me and every you
(Qualcosa
preso in prestito, qualcosa di blu)
(Ogni
me, ed ogni te)
“Ma
come siamo maturi, oggi.” Soffiò il criminale,
lanciandogli uno sguardo che, avesse avuto con sé il suo
gas, lo avrebbe fatto preoccupare; ma non lo aveva, altrimenti se ne
sarebbe accorto, gli stava così addosso che lo avrebbe
sentito. Poi Jonathan lo colse del tutto alla sprovvista, sollevando
una mano fino a quella che gli stava carezzando il viso, per
intrecciare le loro dita.
“Non mi dire, forse sei un vero adulto nonostante le
apparenze.”
Dick non rispose, non aveva capito cosa l’altro volesse
intendere, anche se gli suonava come una presa in giro; in tutta
onestà, non gli andava proprio di litigare con Crane e
decise di tacere, in attesa di un qualche svolgimento. Quando
l’ex psichiatra parlò di nuovo, il suo
bisbiglìo era carezzevole, il suo sguardo pareva nascondere
qualcosa di brutto.
“Sai.” iniziò, socchiudendo gli occhi
“Gli adulti si assumono delle responsabilità.
Prendono decisioni che un ragazzino non potrebbe mai.”
Dick sollevò un sopracciglio; quel discorso lo faceva
sentire tremendamente escluso ed allo stesso tempo tirato in mezzo - a
cosa non lo sapeva, ma sospettava non gli sarebbe piaciuto per niente.
Odiava come l’altro riusciva a manipolarlo con le parole,
gettandolo da una sensazione ad un’altra nel giro di tre
secondi.
“Stai proponendo qualche gioco strano?” chiese, e
fece spallucce “Vai tranquillo, sono aperto a un
po’ di tutto.”
“Niente giochi strani.” Fu la semplice risposta,
affatto irritata come Dick avrebbe immaginato.
“Quindi?”
Le dita di Spaventapasseri si sfilarono dalle sue, lo sentì
trafficare con una tasca dei jeans, per estrarne qualcosa che di primo
acchito somigliava ad una custodia per occhiali, ma più
corta e sottile. Si sentì spingere leggermente, e si
sollevò sulle ginocchia. Crane aprì quel
contenitore, ne estrasse una piccola siringa e nonostante fosse
pericolosissimo con una cosa del genere in mano, Dick non disse
né fece nulla finché l‘altro non gliela
porse.
“Che stai macchinando?” Chiese, la voce cupa di
sospetto.
“Voglio che me la fai.” Buttò
lì, come se gli stesse chiedendo di cuocergli un uovo o una
cosa così.
E Dick si sentì perduto: allungò una mano verso
l’oggetto, pieno per un paio di millimetri di un liquido
trasparente e davvero poco allettante. Non era sicuro di capire bene
cosa doveva farci, ma tempo un paio di secondi, e la realizzazione gli
piombò addosso.
“Ma tu sei pazzo.”
“Ma và.”
“Che dovrebbe esserci, qua dentro?”
“Nulla che ti riguardi, visto che non sarai tu a
provarla.”
“E… sì, ma perché?”
“Perché te lo sto chiedendo.”
“Intendevo-”
“Lo so perfettamente, cosa intendevi. E per favore, non farmi
quello sguardo adesso! Guarda: non sto giocando con te, non
è un test e non ho intenzione di fregarti in nessun modo. Si
tratta di una semplice richiesta, puoi farlo come no, ma Cristo,
deciditi.”
Non gli piaceva il suo atteggiamento, né quella richiesta:
lanciò un ultimo sguardo alla siringa, era piccola, non
avrebbe potuto contenere chissà che dose e poi
immaginò - sperò - si trattasse di uno degli
intrugli di Crane, non una droga vera. E poi, decise di essere
ottimista: partendo dal presupposto che Crane era pur sempre un medico
- quindi, non si sarebbe mai fatto nulla di realmente pericoloso -,
Dick era con lui, se qualcosa fosse andata storta, avrebbe
potuto… fare qualcosa. Salvarlo.
Rialzò gli occhi ad incontrare quelli di Jonathan ed
annuì, prima di ripensarci; i cinque minuti che seguirono
furono un misto di schifo ed eccitazione: la voce di Crane che lo
guidava, carezzevole, nella ricerca della vena, poi quegli occhi da blu
si fecero neri, la pupilla si allargò quasi completamente e
non riuscì a trovare tutto ciò orribile quanto
pensava.
Carve your name into my arm
Instead
of stressed, I lie here, charmed.
(Incidi
il tuo nome sul mio braccio)
(Invece
di agitarmi, sto steso qui, incantato)
Quando
le mani di Spaventapasseri tornarono sul suo viso si
abbandonò al bacio, era come se si fossero visti per la
prima volta solo in quel momento e Dick riprese a percorrerlo con le
mani, con le labbra, le orecchie piene di sospiri deliziosi e le unghie
dell’altro gli graffiavano la schiena, le gambe lo
stringevano come cercando di catturarlo; quasi come se gli appartenesse.
I vestiti sparirono in fretta, come in un sogno e per un po’
il mondo fuori svanì, non esisteva che quel vortice caldo,
umido ed intenso, quelle sensazioni respirabili. Un velo sottilissimo
di sudore si fece strada attraverso la pelle mentre si percorrevano a
vicenda, si carezzavano con gli ansiti, con le dita e coi mormorii
spinti e pretenziosi; sempre più umido, sempre
più caldo, sempre più bello perché non
fu come la volta precedente: niente attese, né
concentrazione, né fatica, ogni tocco, ogni spinta, ogni
morso, Jonathan sembrava sentirli davvero, li accoglieva senza
trattenere tutti quei versi meravigliosi ed eccitanti, lo stringeva
come se non ci fosse un domani.
E questo gli piaceva, lo faceva sentire uomo - adulto forse, finalmente
- e desiderato e fu una liberazione quel corpo che fremeva, facendogli
credere, per qualche attimo, di appartenergli; sempre più
rapidi, sempre più vicini, era come essere nel bel mezzo di
una montagna russa, cadevano velocissimi, in un vuoto terrificante ma
in senso buono, quello che ti faceva venire voglia di urlare, ed
allargare le braccia, e la fine della discesa diventa l’apice
del piacere, prima che tutto si spenga.
Prima che la coscienza ritorni.
**
“Procuratemi delle bombe.”
Esclamò Joker, notando che i suoi compagni e gli uomini di
Duefacce stavano giocando a poker; la sua sola vista, ovviamente aveva
interrotto la partita ed una dozzina d’occhi si spalancarono
su di lui, che quasi rise. In un’occasione differente, anche
loro avrebbero riso ad un’uscita simile da parte sua. La
stanza non accennava a scongelarsi, quindi scosse la testa, come
potrebbe fare un cane bagnato.
“Non scherzo, eh!” Concluse, tornando poi da dove
era venuto.
Harley e Nigma si voltarono a guardarsi nello stesso momento, senza
dire una parola, poi Edward si alzò in piedi.
“Siamo pronti, mi pare.” Annuì, ed anche
lui uscì dalla stanza.
L’arlecchina non cercò di trattenerlo, con la
mente tornò alla loro ultima conversazione, ritrovandosi suo
malgrado, intrappolata nelle stesse riflessioni; una cosa era certa,
lei era pronta a tutto per il suo uomo, a prescindere dalle intenzioni
di lui. Quante donne avrebbero potuto dire lo stesso al posto suo?
Strinse i pugni e si alzò in piedi.
Cuz’
there’s nothing else to do.
Every
me, and every you.
(Perché
non c’è altro da fare)
(Ogni
me, ed ogni te)
“Avete
sentito? Bombe!” Esclamò, minacciosa, ed i
tirapiedi di Dent scattarono per obbedirle.
Harley pensò che stare con Mistah J significava non sapere
mai cosa sarebbe successo nel giro di pochi minuti e cazzo, le fosse
piaciuta la vita tranquilla, sarebbe rimasta dietro una scrivania ad
Arkham. Ma aveva scelto di passarci di fronte e, contrariamente a
ciò che tutti potevano pensare, non per il suo
Puddin’. Per sé stessa.
Non era il non conoscere i piani il problema, piuttosto
l’essere tagliata fuori da un passato cui il sindaco di Imbecillità
- per gli amici Edward - aveva invece un ruolo da protagonista e di cui
Mistah J per qualche motivo, non voleva metterla a parte. Era
arrabbiata con quel pomposo sempreverde, perché non meritava
tutto questo, non quanto lei almeno.
Ma forse, stava saltando alle conclusioni troppo in fretta? Forse
sarebbe bastato chiedere,
per ottenere una risposta dal suo Puddin’? Si fece coraggio.
Gli avrebbe parlato, chiedendo spiegazioni e pretendendo che le
raccontasse per cosa di preciso, stavano rischiando la morte. In fondo,
era un suo diritto saperlo. No?
**
Sucker love, a box I choose
No
other box I choose to use.
(L’amore
facilotto, una scatola che scelsi)
(Nessun’altra
scatola scelsi di usare)
Iniettare
una misteriosa sostanza nelle vene di qualcuno non era buono, neppure
se era lui a chiedertelo, neppure se questo qualcuno
era lo Spaventapasseri. Se poi ti trovavi costretto ad ammettere che
lui ti piaceva molto di più sotto l’effetto di
quella roba che senza, il senso di colpa diventava schiacciante e
cercare di non pensarci diventava inutile; non aveva fatto sesso con
una persona, si era accoppiato con una droga.
Era quella sostanza a muoversi sotto di lui, a stringerlo, a regalargli
baci, carezze, giochi e gemiti, ma in tutto quello dove cavolo era
Crane, con le sue battute sarcastiche e le occhiatacce, e i dispetti e
gli insulti? Si chiedeva tutto questo Dick, e non aveva la minima
voglia di alzare un dito. E poi perché muoversi,
cos’avrebbe potuto fare? Doveva rompere il silenzio?
Sfogarsi, arrabbiarsi, urlare, cacciare l’ex psichiatra dal
suo letto? Oppure piangere, abbracciarlo, tentare di riaprirgli gli
occhi?
Beh, comunque non aveva voglia di fare proprio niente.
“Richard, non riesco a respirare.” Disse Crane, ma
non accennò a spingerlo via.
“Chiamami ancora così, e ti strangolo.”
Disse, e pensò che quella droga sembrava innamorata di lui.
“Non era il tuo nome, Richard?”
“Sì ma è Dick,
te l’ho detto.” Quella droga. Doveva essere una
gran bella puttana.
“Dick
è orrendo.”
Non ce la fece più. Si sollevò sui gomiti,
sentì l’altro - finalmente libero - trarre un
respiro profondo e lo guardò negli occhi, per un
po’ nessuno dei due disse nulla.
“Bene, vedo che sei tornato! Perché pigli quello
schifo?”
Crane roteò gli occhi e sospirò in un chiaro
atteggiamento da e lo sapevo, io.
ma Dick c’era abituato, quindi andò avanti.
“Ho sbagliato a iniettarti quella roba, e non devi farlo
nemmeno tu!”
“Ah ok, visto che me lo stai ordinando… ora
alzati, devo andare via.”
“No.” Decretò, testardo
“Questo non è il momento per fare dello spirito,
voglio davvero che la smetti, non ne hai bisogno!”
“E chi meglio di te sa di cosa ho bisogno, no? Senti. Non ho
intenzione di farmi fare la predica da uno che è uscito ieri
dal liceo per andarsene in giro in calzamaglia.”
“Ma quale calzamaglia!”
Urlò, sconvolto. “E parli proprio tu,
l’uomo del monte col sacco di patate in faccia! Quella roba
ti brucerà gli ultimi due neuroni che ti sono
rimasti!”
“Eh, e se anche fosse?!”
“Se anche fosse cosa?!”
“Che
tene frega, ecco cosa! Non
capisco con che titolo credi di parlarmi così!”
“Infatti!“ scattò, avvicinando il viso
al suo “Che mene frega? Stiamo forse insieme, io e te?
No!”
“Tu sei un idiota.”
Constatò Spaventapasseri, gli occhi spalancati: quale
imbecille dopo un discorso simile, ammetterebbe - e col tono di chi ha
ragione, per giunta - di non avere nessun motivo per parlare?
“Devo esserlo per forza, visto che me ne frega lo stesso, si
vede che sono fatto così.
Sarò anche fatto male, ma se non la smetti, io-”
“Tu cosa, Richard?!” Lo interruppe, zittendolo per
un attimo, solo per poi sentirlo di nuovo gridare.
“Giuro che ti lego di là in soggiorno
finché non ti passa la voglia
di fare stronzate! E di chiamarmi Richard.”
Jonathan restò a bocca aperta. Che doveva rispondere ad una
cosa del genere? Ma sentirsi rimproverare, tutto nudo, con le mani di
Dick a stringergli le braccia, a schiacciarlo contro il materasso, era
terribile. Ed il vigilante faceva bene a trattenerlo, fosse stato
libero gli avrebbe almeno tirato un sberlone. Si sentiva urtato,
inferocito e sicuro che alla prima occasione, avrebbe gasato quel
ragazzino, stavolta senza lasciargli l’antidoto.
Another love I would abuse
No
circumstances could excuse
(Un
altro amore di cui abuserei)
(Nessuna
circostanza potrebbe scusarlo)
Tutto
d’un tratto, scoppiò a ridergli in faccia. Il
giovane vigilante aggrottò le sopracciglia:
perché Crane un attimo prima sembrava volerlo morto e quello
dopo si metteva a ridere? Allentò la presa su di lui.
“C’è qualcosa di divertente?”
“Sì. Tu.”
Dick continuò a guardarlo, senza capire il motivo di tanta
ilarità. Poi un sorriso gli si aprì sul volto, ed
iniziò a ridere anche lui.
**
Ahh…
tu entra e fai quel che ti pare Eddie, però sarebbe carino
se mi tenessi un po’ occupata l’isterica! Basta
solo che state lontani da Freeze, di lui mi occuperò io.
Edward se l‘aspettava che l’obiettivo di Joker non
fosse più Ivy. Ora tutto stava nel capire in che modo si
sarebbe occupato dell’Uomo di ghiaccio: aveva formulato la
sua personale teoria e non gli piaceva per tanti motivi anche se, da un
lato, non pensava fossero affari suoi e se sperava di recuperare uno
straccio di rapporto col clown, avrebbe fatto meglio a non mettergli i
bastoni tra le ruote.
Si passò una mano sul viso; era stanco, si sentiva molto
più vecchio del dovuto. Tornò a studiare, la
cartina dell’edificio prima dell‘assalto: qualcuno doveva pur
prodigarsi per evitare morti inutili ed assurde. Allungò una
mano verso il mouse ed il suono forte ed improvviso della porta che
veniva spalancata, lo spaventò a morte; si voltò
e sull’uscio vide la figura infuriata di Harley Quinn, le
braccia incrociate sul petto mentre lo fissava come a volerlo
polverizzare. Giusto lei o Joker avrebbero potuto fare
un’entrata simile.
Non parlo, alzò un sopracciglio ed attese spiegazioni.
“Allora, genio.
Qual è il vero piano?”
Istintivamente, Nigma strabuzzò gli occhi. “Io non
lo so!”
Ammise, e l’Arlecchina parve sgonfiarsi sotto i suoi occhi.
Boccheggiò un paio di volte prima di riuscire a parlare.
“Ma! Tu avevi detto…”
“Che ho una mezza idea,
nulla più! Sono un genio, mica Gesù
Cristo!”
Rispose, ma non riusciva a provare rabbia; probabilmente Harley aveva
chiesto spiegazioni a Joker, che le avrà sciorinato risposte
evasive ed inconcludenti mentre la spingeva fuori dalla stanza. Edward
capiva perfettamente cosa si provava in quei momenti, completamente
tagliati fuori eppure trascinati dentro fino al collo.
“Voglio sapere cosa sta succedendo.” Disse lei, col
tono che prometteva distruzione se le fosse stato negato ciò
che chiedeva.
In the shape of things to
come
Too
much poison come undone
(Sotto
forma di cose che devono accadere)
(Troppo
veleno si libera)
“Ok.”
Annuì Nigma, cogliendola del tutto alla sprovvista.
Probabilmente si aspettava una battaglia, ma lui non era Joker e le
scorrettezze, non gli erano mai piaciute. “Prettendo che si
tratta di mere teorie. Tutta la faccenda di Ivy, il lavaggio del
cervello che mi ha fatto eccetera, Joker deve averla presa come un
grosso raggiro, un’umiliazione non da poco. Lei era la
colpevole e gliel’ha fatta pagare, o almeno così
mi hai raccontato tu. Ma non credo sia tutto qui. Vedi, ci sono state
anche persone… amici
diciamo, che hanno saputo la verità ma non hanno parlato;
una di queste è Duefacce ed ovviamente, non deve aver
trovato molto carino, il venire contattato dopo tanto tempo, solo
quando c’era bisogno del suo appoggio.”
Concluse, e lasciò alla donna il tempo di assimilare quella
spiegazione; non ci mise molto.
“Quindi, non stiamo andando a salvare Harvey, ma a farlo
fuori?”
“Vedo che inizi a capire.”
“E le altre persone, chi sono?”
“Batman, ad esempio. Ma credo che la persona con cui ce
l’abbia di più in assoluto, sia Crane. Avevano
legato moltissimo, non deve aver preso bene una simile dimenticanza, da
parte sua.”
“Ma… perché non hanno detto niente,
innanzitutto?!” Scattò Harley, tendendosi
leggermente avanti con busto e riacquistando una posa minacciosa.
“Se lo avessero fatto, probabilmente tu non saresti qui, ora.
Sulle loro motivazioni ho delle teorie che non voglio condividere con
te.”
Stranamente, la donna annuì senza insistere e fu un sollievo.
“Insomma, ci stiamo lanciando in una missione punitiva per
farli fuori?”
Alle parole fare fuori
Nigma aggrottò le sopracciglia, arrabbiato e scosse la testa
per un attimo.
“Non so tu, ma io…” iniziò,
quasi urlando ma si bloccò. I suoi occhi si allargarono e
doveva proprio avere un’espressione pietosa sul volto,
perché lei sembrò dispiaciuta.
“Io… no, non lo so neanch’io.”
**
Rigirando due uova in una padella ammaccata, Crane non riusciva a
pensare a niente. Era venuto lì, in casa di Richard, per
dimostrare qualcosa a sé stesso: di non aver bisogno di
Harvey probabilmente, ma non era più tanto sicuro
né che fosse vero e tanto meno di essere lì per
quello. Non aveva risolto proprio niente, tutta quella visita si era
rivelata un’arma a doppio taglio e le cose dette dal
vigilante, lo avevano colpito in tutte le maniere più
sbagliate.
Sucker love is known to
swing
Prone
to cling and waste these things
(L’amore
sempliciotto, si sa che oscilla)
(E’
incline ad aggrapparsi e sprecare queste cose)
“Bene,
vedo che ormai fai come a casa tua.”
Si voltò ad incontrare il ghigno divertito del ragazzo, si
era appena svegliato e sembrava di ottimo umore. Tornò ad
occuparsi della cucina e sentì le braccia di Richard
avvolgergli la vita.
“Indossi la mia maglietta, e mi prepari pure la colazione.
Non ti starai innamorando di me?”
“Ma vedi di levarti di torno.” Rispose, senza
neppure l’energia per levarselo di dosso - cosa che non
neppure era tanto sicuro di voler fare.
Il giovane vigilante lo lasciò, andò a sedersi al
tavolo poco distante e continuò a fissarlo.
“Non avrai preparato poca roba per tutti e due? Comunque non
fa niente, io di solito prendo solo un caff-”
Si bloccò e Jonathan passò lo sguardo tra lui ed
il punto che stava fissando, dove soggiornava una macchinetta
per il caffè. Bruciata e da buttare. Tornò a
scrutare l’espressione di Richard, e sbuffò una
risata.
“Non ridere, guarda che è colpa tua!”
“Non l’ho neppure toccata, quella
macchinetta.”
“Avevo messo su il caffé un attimo prima che
suonassi alla mia porta, ieri sera.”
“Ah, maturo
dare la colpa a me, certo. Comunque queste sono per te, io devo
andare.”
“A fare che?”
“Conquistare il mondo, che altro? Come tutti i
supercriminali.”
“Immagino che ora dovrei ridere. Per non ferire i tuoi
sentimenti. Comunque è fuori discussione, non puoi venire in
casa mia, approfittare del mio corpo, bruciarmi la macchinetta del
caffé e poi andartene! Non nel mio giorno libero!”
“Oh? Non vai all’asilo oggi?”
“Spegni quella roba, ti offro la colazione fuori, poi andiamo
al centro commerciale e mi compri
una macchinetta nuova.”
“Basta trucchi Richard, non posso restare.”
“Non è un trucco. Davvero
me ne devi comprare una.”
“Sto per tirarti la padella in faccia.”
Avvertì, riacquistando un tono irritato che era molto
più da lui,
nonostante non si sentisse troppo sicuro di voler davvero rifiutare. Ma
d'altronde era un po', che non si sentiva più troppo sicuro
di niente.
Pucker up, for
heaven’s sake
There’s
never been so much at stake
(Chiuditi
a riccio, per l’amor del cielo)
(Non
è mai stata tanto alta la posta in gioco)
“Adesso
ti dico cosa farò.” Disse il ragazzo e Jonathan,
incuriosito da quel tono solenne - ed aspettandosi comunque la solita,
esilarante cavolata - si voltò per dargli tutta la sua
attenzione. “Ora mi alzo da questa sedia. Poi scatto nella
tua direzione, se riesci a scappare sei libero… ma se riesco
ad afferrare il tuo sedere piatto, oggi non ti muovi da qui.”
E se Crane avesse pensato si trattasse solo di uno scherzo,
evidentemente non conosceva troppo bene Nightwing. Per qualche secondo
restò interdetto, fissandolo ma non appena il ragazzo
accennò ad alzarsi dalla sedia, afferrò il pepe
dalla cucina.
“Se ti avvicini, giuro che te lo getto sugli occhi.”
Richard non disse nulla, lentamente si avviò verso la sua
stanza e se Jonathan avesse pensato di aver vinto, ancora una volta non
sapeva troppo bene con chi stava avendo a che fare. Lo vide riapparire
sulla soglia, un ghigno stampato in faccia ed una mascherina da natante
sugli occhi.
“No.” Fece Crane, serio, scuotendo la testa.
“Ragioniamo. A trent’anni, ti pare che posso
mettermi a correre per casa come un imbecille?”
“Se posso farlo io a venti…”
“Ma tu non s- cioè, no! Siamo
due persone mature! Quindi, non ti sembra stupido quello che stai
proponendo?”
“Non sei bravo quanto pensi, a convincere la
gente!” Disse, sconvolto. “Comunque hai ragione,
non è un comportamento maturo.”
Crane lasciò andare un sospiro di sollievo, fece per
voltarsi e spegnere la fiamma sotto la colazione - prima che il ragazzo
lo accusi di avergli bruciato anche
la padella - ma evidentemente, avrebbe dovuto lasciarlo finire di
parlare.
“Però ho capito che fare i maturi, con te non conviene!”
Istintivamente, Crane tentò di fuggire e ci
riuscì anche, per parecchio, dando fondo ad
un’esperienza di fuga dai bulletti della Georgia alquanto
invidiabile, ma la velocità non era tutto ed alcuni
movimenti maldestri gli procurarono qualche livido e lo condannarono a
soccombere.
Steso sul pavimento, con Richard sdraiato sopra a propinargli un
sorriso a trentadue denti, si fece una ragione per tutto quello: decise
che
gli avrebbe comprato la macchinetta del caffé. Ma,
immaginò, non c’era poi tutta questa fretta.
Quando alzò la testa dal pavimento, per unire le loro
labbra, il ragazzo non ne sembrò affatto stupito e questo,
per qualche strana ragione, lo fece sorridere.
Every me and every you.
Every me… he.
(Ogni
me ed ogni te. Ogni me… lui.)
---
Per
Sychophantwhore: Eeee, dopo una vita di
stenti e di privazioni (pochi mesi), eccomi qui ad aggiornare. Come
sempre, è stato un parto. Dunque, passiamo alla recensione
ù_ù. Per quanto riguarda Nightwing, ti
prego, non ricordarmi che poi un giorno passerà dalla parte
del pipistrello é_è io capisco il volergli bene
come il padre che non se l'è mai cagato, ma in "battle for
the cowl", mi è sembrato troppo (mi pare fosse quella la
serie di cui parlavi, no?). Il suo ruolo all'interno della storia - a
parte regalare orgasmi al caro Spaventapasseri, che ne ha tanto bisogno
- è quello infatti, di trovare la sua indipendenza, e
comunicare un po' del suo modo di vivere che, a prescindere dalla
simpatia che si può nutrire per il personaggio (a me piace
xD), è qualcosa che i protagonisti proprio non conoscsono.
Il
fatto che Crane non riesca a resistergli è legato - come ho
tentato di spiegare in questo capitolo - più al fatto che,
forse, non vuole. Non ne ha le forze e una bella scappatella
è sempre il rimedio più adatto per una storia
finita male e che ha lasciato indelebili cicatrici. Per quanto riguarda
Harvey beh .__. se io fossi Crane (che cosa strana da dire xD), non
glielo direi manco per sbaglio o per scherzo.
Il
Joker sono un paio di capitoli che parla poco e niente ed a ragione,
non pensare che io lo stia trascurando ù_ù. In
fondo se l'è giostrata bene fino adesso ed alla fine,
riserverà qualche sorpresina (anche se in questo capitolo lo
ammetto, ho rivelato moltissimo, sulle sue intenzioni e sul suo stato
d'animo).
Harley
non sta scivolando proprio da nessuna parte xD. Lei è
risentita ovvio, perché il suo Puddin' non si sta
comportando in modo completamente sincero... ma davvero, non basta
così poco per farla scappare via, almeno a parer mio. Ho
studiato - per quanto possibile, certo - il loro rapporto, e devo dire
che in confronto alle pene che le fa passare il Joker del fumetto,
quelle della mia fanfiction, non sono che bruscolini xD ma siamo ancora
all'inizio, eh! Anche se non credo che il clown per come lo vedo io si
metterebbe deliberatamente a ferire o urtare la sua donna a meno che
non voglia insegnarle una lezione. Nigma poi, checché ne
dica, della Quinn non ci ha capito propio niente. In questo momento,
direi che provo molta più empatia per lei, che per il
verdino.
Ti
ringrazio tantissimo per l'elogio che mi hai fatto
ç_ç con quelle poche parole, tu hai coronato le
mie aspirazioni di fanwriter!
Ora
ti lascio alla lettura, cara =)! Mi auguro che anche questo capitolo ti
piaccia anche se lo ammetto, oggi è il mio compleanno,
quindi mi sono regalata dei bei momenti con protagonista Crane. Spero
non li troverai noiosi ç_ç. Ci sentiamo presto,
spero, buona lettura!
Per
mhcm: Hello! Eccomi qui, con
grande ritardo su questi schermi. Sono felice che la mia storia riesca
a sollevarti il morale =) e ti ringrazio moltissimo per i complimenti!
Il pairing Nightwing/Spaventapasseri è stato ispirato dalla
scena di un fumetto, che ho riprodotto all'interno della storia. Quando
Crane gasa il vigilante, e lui riesce a ribellarsi agli effetti del
gas. Poi tutto il resto è opera mia. Ancora grazie per il
commento, ti lascio alla lettura sperando che anche questo capitolo ti
piaccia! A presto spero!
Per
Cruciatus est: Hello, nuova lettrice!
Sono felice che le mie storie ti abbiano appassionato, nonostante la
prima lasciasse chiaramente a desiderare dal punto di vista della forma
^^". Le creazioni di Sycho sono spettacolari, la stimo molto e non
smetterò mai di sentirmi onorata del suo voler immortalare
momenti delle mie storie. Mi fa piacere che tu gradisca il modo in cui
scrivo e soprattutto, come ho scelto di caratterizzare e sviluppare i
personaggi. Per quando riguarda l'ingenuità di Harley, non
scordare che lei ha avuto anche momenti mortalmente seri nel corso
della storia, come quelli in cui si ritrova a parlare con Enigma.
Semplicemente lei capisce sempre molto più di quanto lasci
trasparire e questo, il Joker lo sa. E' uno dei motivi per cui l'ha
scelta come compagna. Ehh, è difficile ritrarre personaggi
simili in momenti tanto intimi, soprattutto se di coppia. Non si sa mai
cosa è troppo duro, e cosa troppo sdolcinato per loro, ed
è il motivo per cui ho tentato di ridurre quanto
più possibile il sesso nelle mie storie o almeno,
descriverlo in maniera più velata, meno crudo e
più sensuale. Per quando riguarda Harvey e Jonathan, beh
ovvio che mi siano usciti meglio, sono la mia coppia preferita in
assoluto .__. ci spendo tantissimo tempo ad immaginarli e mi riesce di
certo più semplice.
Se
tu non ami troppo lo slash allora, tanto più è un
complimento per me! Ti ringrazio.
Mah
per lo sperarci, io non posso dirti nulla senza rovinare il finale ed
il seguito purtroppo é_è (e sì, ne ho
in cantiere un altro). Ora ti lascio alla lettura, sperando che questo
capitolo ti piaccia quanto gli altri! A presto, spero!
Un
abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
|
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Capitolo 11 *** Pretend the world has ended. ***
PRETEND THE WORLD HAS ENDED:
Capitolo 11: Pretend the world
has ended.
Jonathan Crane pensò che in fondo avrebbe dovuto
aspettarselo: era scontato che prima o poi il filo rosso del destino li
avrebbe riuniti ancora, tutti, in un’epica scena finale che
gli sembrava di aver vissuto già troppe volte, che ricordava
pericolosamente il loro inizio.
Avrebbe anche potuto evitarlo.
Magari accettando di restare con Richard in cerca di caffettiere,
magari impedendo alla vita che aveva scelto di allontanarlo da una
scrivania, da uno stipendio più che adeguato, da una
targhetta col suo nome scritto sopra… invece eccolo
lì.
Inchiodato insieme agli altri nel quartier generale di Freeze mentre la
villa gli bruciava intorno e tutto sommato, gli sembrò
accettabile; non gli importava più di sopravvivere e perfino
il pensiero che Ivy avrebbe potuto cavarsela non lo irritava. Si
sentiva solo grato che non fosse lì.
Quella era la loro fine-inizio,
il loro party esclusivo ed Harvey stava in piedi, il petto nudo, la
metà bruciata del viso e del collo brillava - ancora una
volta - sotto i riflettori delle fiamme. Tra le braccia il fucile che
Crane stesso gli aveva ficcato in mano dopo averlo liberato.
Colpito da una pallottola di quell’arma, disteso sul
pavimento mentre sanguinava a morte c’era Joker; dal foro
della fantastica giacca viola che indossava, che era confezionata a
mano, che faceva parte di un completo del cui prezzo Jonathan non era
mai riuscito a capacitarsi, si riversava piano piano a terra.
Poi Duefacce cadde, e fu l’ultimo a farlo; il fucile
scivolò, e roteando lungo il pavimento li puntò
tutti, prima di fermarsi su nessuno.
Quando Spaventapasseri vide Harley Quinn portare una mano al viso,
pensò che avesse iniziato a piangere. Lui invece - per la
stanchezza, per le ferite, o forse per lo scioc di vedere il suo ex che
sparava al suo ex migliore amico - non reagì: con un
fazzoletto sporco si coprì il naso e la bocca per filtrare
l’aria ormai piena di fumo e sembrava quasi che stesse
piangendo anche lui.
Era stato Joker ad appiccare il fuoco, per salvargli la vita dal
ghiaccio artificiale che Freeze gli aveva sparato contro o forse chi lo
sa, solo per rendere la scena ancor più plateale, come se
non fosse stato già tutto un dramma.
Con una mano, il clown coprì il foro dal quale stava
sgorgando il sangue ed il tappeto sotto di lui, incapace di berlo, per
l’imbarazzo arrossiva sempre più, di una
tonalità densa e lucida, scura e viscida come solo la fine
riusciva ad essere.
Gattonando, Crane lo raggiunse, lo vide alzare lo sguardo e nei suoi
occhi scuri ed elettrici le fiamme apparivano nitide, come allo
specchio.
Joker disse: “Merda.” Il suo viso un pastrocchio di
lacrime asciutte, cenere e make-up e disse: “Stantio, il
copione dove muoiono tutti… no?” Si
voltò verso Edward, che non lo guardava, che non si muoveva,
ed alzò la voce. “Speriamo che Oswald ci abbia
tenuto un posto panoramico.” Crane tossì un paio
di volte nel fazzoletto, ma quello fu l’unico suono a levarsi
nel crepitio della fiamme. “Eddie, devi
rispondermi!” Urlò ancora, come se non fosse
diventato già tutto un dramma-dramma.
“Harl?”
La donna rispose con voce quanto mai flebile e tentò di
voltarsi sulla pancia.
“Tutti i supercriminali di Gotham…”
Disse il clown. “Adesso, moriranno?” E
ridacchiò brevemente, senza fiato. Tornò a
guardare Jonathan inginocchiato accanto a lui, il suo viso tradiva una
lunga riflessione. “Ahh… avrei voluto morire per
mano di Bats-s, alla fine.
Crane sorrise. Immaginò che per Joker - l’essere
superiore che in previsione di una morte violenta aveva spedito un suo
bel primo piano a tutti i giornali - fosse normale, anche in quel
frangente, rubare tutta la scena per sé col suo
atteggiamento, con le sue frasi a effetto.
Quando un incendio raggiungeva una certa temperatura, non restava che
evitarne la propagazione, perché spegnerlo diventava
impossibile. Sapevano che non sarebbe arrivato nessuno a salvarli, per
questo ai primi suoni ovattati di una decina di sirene, nessuno
batté ciglio.
“Non volevo che andasse così.”
Rivelò il clown, come se Crane non lo sapesse
già, come se non fosse già tutto un dramma,
dramma, dramma.
“Ohh, sta zitto!” Disse Harvey, desiderando ardentemente di
morire in silenzio o forse, semplicemente aveva intuito le sue prossime
parole.
“Sta zitto tu!” Urlò Joker di rimando,
poi afferrò Jonathan per i vestiti, per ciò che
restava del suo maglione ed il fuoco aveva già iniziato a
mangiarsi il tappeto sotto di loro; se il mondo avesse potuto vederli
in quel momento, avrebbe capito tutto. Molto più di quanto
ognuno di loro avrebbe voluto rivelare.
“Questa è la tua ultima possibilità,
Johnny.” disse, mentre lo ricopriva col suo sangue.
“Mi ami?” Chiese. “Mi ami
davvero?”
Eccolo di nuovo - ma forse per l’ultima volta -, il modo in
cui quel folle aveva estremizzato tutto nella sua vita:
l’infinito spettacolo dal vivo del principe clown, ogni
momento che passava sempre meno dal vivo e sempre meno infinito.
Crane gli prese la mano, perché visto il tentativo di Joker
di ucciderlo, di far fuori anche Duefacce prima di arrabbiarsi con
Freeze e cambiare idea, sarebbe stato un gesto estremamente bello, da
parte sua. Aprì la bocca per rispondere ma il soffitto
crollò nella stanza accanto, scaraventando scintille e
tizzoni ardenti nella loro direzione.
“Chi me lo avrebbe detto, che da morto sarei assomigliato a
Duefacce…” Ridacchiò il clown e
Spaventapasseri rifletté sull’occasione ormai
perduta di mandare anche lui qualche bella foto di sé ai
giornali, nell’eventualità - mai parsa meno remota
- di morire bruciato vivo.
“Mi hai sentito, Harv? La morte ci ha accomunati!”
E le sue risa soffocate coprirono un’ultima risposta scettica.
**
Joker riprese coscienza sdraiato su una barella - nessuna idea di come
ci fosse arrivato -, mentre lo calavano dall’autoambulanza
per trasportarlo nell’ospedale che riconobbe come il nuovo Gotham
General. Lo conosceva bene, visto che era stato proprio lui a demolire
quello vecchio.
Un infermiere prese a tagliargli i vestiti e sembrava metterci
un’eternità, con quelle forbici da sartina che
usavano nelle sale operatorie. Da qualche parte alla sua destra, una
voce femminile continuava a gridare cose oscene.
“Scattate ora!” Urlava. “Sta perdendo
troppo sangue!”
Chiuse gli occhi immediatamente, ma comunque troppo tardi ed il flash
lo accecò.
Qualcuno alla sua sinistra gli stava raccontando quanto fosse stato
fortunato: se la pallottola lo avesse colpito appena due centimetri
più in alto, sarebbe morto. Certo, due centimetri
più a destra invece ed avrebbe potuto strapparsi la maschera
dell’ossigeno per ballare su quella testa di cazzo. Non
riusciva a capire: forse il fatto di avere un sorriso perenne scolpito
sulla faccia non lo rendeva per forza un ottimista, ma non sentiva il
bisogno di ringraziare il cielo per essersi beccato una fucilata.
In sala operatoria gli tolsero la mascherina giusto il tempo di
schiacciargliene un’altra sulla faccia, e le sue palpebre si
fecero pesanti; non voleva dormire, non mentre tutta quella gente in
verde si stagliava sopra di lui con aria minacciosa.
Poi chiuse gli occhi, e fu giorno di nuovo.
Era il tramonto, la luce
arancione colorava le mura, la ghiaia bianca, le aiuole nel cortile
della villa di Freeze mentre lui, saltellando, raggiungeva Harley
vicino al loro furgone.
Harley…
L’Arlecchina
sorrideva; gli si strinse attorno ad un braccio, l’aria
esultante mentre si godevano lo spettacolo del portone che cadeva a
terra, pesante, deformato dall’esplosione.
Edward…
Eddie non si era neppure
avvicinato, non aveva detto una parola, in una mano continuava a
dondolare il suo scettro. Una volta era il suo compagno, ma in quel
momento non sapeva più come chiamarlo.
Calcinacci, polvere…
Attraversarono la densa
nuvola di pulviscolo e si ritrovarono all’interno. Gli uomini
di Freeze erano pochi, ed i più furbi di loro avevano
preferito gettare le armi, gettarsi a terra a loro volta e lui decise
di lasciarli andare.
**
Edward Nigma si sentiva bruciare: dovevano essere tutte quelle
schifezze, quei tubi che gli avevano messo addosso e dentro, ma per
quanto si agitasse non riusciva a liberarsi dalle morse che lo
trattenevano.
Era sdraiato all’interno di un qualche tipo di apparecchio, e
quando apriva gli occhi riusciva a vedere il soffitto attraverso una
finestrella trasparente, mentre se li chiudeva le immagini si
affollavano: le fiamme, Joker, il fumo, poi ancora Joker, ancora fumo e
fiamme…
Si domandò se le bende che gli avvolgevano la faccia
nascondessero davvero le terribili ustioni che temeva e forse lo stava
solo immaginando, ma sentiva odore di capelli bruciati.
Pensò che gli sarebbe mancato molto, il suo bellissimo viso.
Era rimasto indietro,
come da piano, a trafficare col sistema di sicurezza di Freeze: fece
scattare l’allarme di contenimento che sigillò
porte e finestre, che avrebbe impedito a chiunque la fuga.
Era grato di essersi potuto separare dagli altri.
Ad un certo punto si
sentì chiamare, era Crane. Gli chiese cosa stesse
succedendo, cosa diavolo volesse Joker da lui. Al suo fianco, uno
sconosciuto col volto coperto da una maschera antigas continuava a
fissarlo senza dire una parola.
“Qualsiasi
cosa sia, non è buona.” Ammise Edward.
Perché non gli andava, di ingannarlo.
“E
tu?”
Lui aveva seguito il suo compagno fin dentro la tana del
leone… non avrebbe avuto senso, tradirlo a quel punto.
Eppure, non voleva fare del male a Crane.
“Vieni con
me.” Propose, il tono urgente. “Di qualsiasi cosa
si tratti, lo convinceremo a ripensarci.”
Spaventapasseri
spalancò gli occhi: “Non scherzare.”
disse. “Quando mai Joker ha rinunciato a qualcosa solo
perché glielo chiedevi tu.”
No, no, non da Jonathan Crane… da lui, simili schifezze non
poteva proprio accettarle.
“Potrei dirne
tante anch’io sul tuo conto, ma sono più
educato.” disse, e digrignò i denti.
“Non ci credo, vorresti affrontare me?” e
sollevò lo scettro, ma la sua scarica elettrica
mancò il bersaglio: il ragazzo col volto coperto aveva
spinto Spaventapasseri per terra, lontano dalla traiettoria del suo
attacco.
“Vattene.”
Disse poi, e Crane non se lo fece ripetere due volte.
Crane…
“Coraggioso,
il tuo amico.” Commentò Nigma. “Ma
c’è gente peggiore di me, qui in giro.”
C’era Joker, c’era Freeze, c’erano Harley
e Poison Ivy.
Il ragazzo
ghignò, e fu realmente fastidioso. “Una cosa alla
volta.” disse, tracotante, ma mostrò presto di
poterselo permettere: saltava, roteava e menava colpi con la violenza
di una bestia. Edward non riuscì mai a colpirlo e parare i
suoi colpi si dimostrò altrettanto doloroso che prenderli in
pieno.
Se non fosse stato tanto
più basso, avrebbe giurato che si trattasse di Batman.
Doveva solo scappare.
Gli facevano male i
polsi, gli avambracci, la milza… corse così tanto
che pensò di non riuscire mai più a riprendere
fiato in vita sua.
**
Per Harley Quinn, le unghie strappate non erano il problema e neppure
le ossa rotte; quando si guardava però - le vene che
pulsavano in rilievo, scure come lividi, i polpastrelli
verdi… - le passava la voglia di scoprire il resto del suo
corpo; ad intervalli regolari un’infermiera - sempre la
stessa, coperta di plastica da capo a piedi - arrivava per farle
un’iniezione dopo l’altra. Poi controllava che
fosse ancora saldamente bloccata sul letto di contenzione, prelevava un
nuovo campione di sangue e sostituiva la busta per la trasfusione.
Doveva ammetterlo, un po’ aveva paura.
Se solo avesse saputo qualcosa del suo Puddin’… lo
aveva visto mentre lo caricavano su un’ambulanza diversa
dalla sua, gli occhi chiusi, sangue dappertutto, pallido come un morto
sotto il cerone sporcato e sciolto.
Sentì gli occhi bruciare di nuovo ma si rifiutò
di piangere, non era sconsolata. Se avesse ceduto alle lacrime, sarebbe
finito tutto. Harley
Quinn stessa sarebbe finita, perché il suo uomo
meritava di meglio. Il suo Puddin’ era immortale, quindi
l’Edera, o Freeze, o l’intero mondo, non avrebbero
mai vinto in quel modo.
Loro non avrebbero dato a nessuno la soddisfazione di vederli tirare le
cuoia.
Ivy era perfino arrivata
a proporle un’alleanza, a dire che erano simili loro due, che
insieme avrebbero potuto formare una squadra invincibile. Ovviamente,
lei rifiutò.
In breve tempo, Harley
si ritrovò a fuggire dalla battaglia, l’Edera le
aveva sputato addosso ogni tipo di veleno.
Non riusciva a
seminarla, i suoi rami erano dappertutto nell’edificio e
tramite loro sapeva sempre dove trovarla; quei perfidi figli poi, le
sbuffavano addosso strane spore, l’attaccavano continuamente.
Poi, Edward…
Lo vide attraversare il
corridoio dirimpetto al suo e lo chiamò, gridò il
suo nome con tutta la voce che aveva; lui si fermò di botto,
il suo sguardo corse da lei ad Ivy, poi di nuovo a lei, i loro occhi si
incrociarono e bastò un attimo.
Come leggendogli nella
mente, si gettò per terra.
La luce.
Vide l’attacco
di Edward riflesso sul pavimento, come un lampo di luce che
sembrò accarezzarla, prima di passare oltre. Poi la punta di
un paio di stivali da uomo vicino la sua faccia le fece alzare lo
sguardo.
“Che. Bella.
Soddisfazione.” Disse Nigma, e lei sorrise.
Avrebbe anche potuto ignorarla, o magari prendere due piccioni con una
fava ed ammazzarla insieme ad Ivy, ma non lo aveva fatto.
“È…?”
“Che ne
so.” Disse lui.
“Polso?
Battito cardiaco?”
“Figurati se
ha queste cose.”
Si vergognava di aver pensato tanto male di Edward.
“Giuro che al
tre mi alzo.”
“Senza
fretta.” Disse Nigma, sorridendo. “Intanto,
raccontami pure i dettagli del vostro catfight…”
**
Harvey Dent pensò di essere invulnerabile agli elementi
della natura: nella sua vita era sopravvissuto ad una donna pianta, due
incendi, due annegamenti ed un’esplosione. Aveva perfino
vinto a testate con la Terra, se si conta la caduta
dall’altalena quando aveva cinque anni.
Gli venne da ridere.
Il ritrovamento dei cinque criminali più pericolosi di
Gotham in una villa in fiamme, divenne quasi un affare di stato e
purtroppo, Duefacce si ritrovò l’unico abbastanza
in forze da sopportare l’assedio di domande della polizia;
dopo appena qualche minuto di interrogatorio, guardò Jim
Gordon dritto negli occhi.
“Non sono cazzi vostri.” Disse, e non
profferì più parola.
“Jonathan?”
L’ex
psichiatra imbracciava due armi, una mitraglietta ed un fucile. Le
poggiò a terra giusto il tempo di liberarlo dalle corde.
“Joker
è qui per me.” Disse. “Ma sono
abbastanza sicuro che ce l’abbia pure con te.”
“E quando
mai.” Commentò, alzandosi in piedi.
“Giuro che stavolta lo secco.”
Era così strano, pensare che l’origine di tutto
risalisse a tanti anni indietro. Fatti che ormai credevano dimenticati,
sepolti.
“Tu non secchi
proprio nessuno!” Lo rimproverò, mentre gli
ficcava in mano il fucile. “Dobbiamo solo
andarcene.”
“Paura,
Johnny?” La voce di Joker li colse di sorpresa, lo videro
appoggiato contro la porta. ”Non dovresti, sai quanto ti
voglio bene, no?”
Duefacce
sollevò il fucile, ma Crane ne afferrò la canna e
l’abbassò, fulminandolo con lo sguardo.
“Cosa pensi
che ti abbia fatto?”
“Credo sia
più esatto dire cosa non hai fatto. Ma davvero, penso tu
sappia già di che sto parlando… sapevi chi era
Poison Ivy, una telefonata avresti anche potuto farla.”
Disse, poi rise. “Anche a carico del destinatario.”
La sua lingua schioccò velocemente, un suono ammonitore.
“Vergogna, Johnny. Pensavo ci volessi bene.”
Probabilmente Spaventapasseri era stato il solo a capirlo fin da
subito, che c’era la seria possibilità di non
uscire vivi da lì.
“Tu sei
malato, clown” Commentò Duefacce.
“Non stavo
parlando con te!” Urlò, e fece qualche passo nella
stanza.
“Vattene,
Jonathan.” Ordinò poi Harvey, ed il clown
sembrò trovarlo divertente.
“Massì
Johnny, vattene pure.” disse, ed il suo tono non era mai
stato tanto lugubre.
Dopo aver vissuto una cosa simile tutti insieme - sperimentare odio,
rabbia, delusione e smarrimento, dopo aver tentato di ammazzarsi a
vicenda -, probabilmente non sarebbero mai più riusciti a
restare separati.
Joker
s’inchinò con strafottenza al passaggio di Crane,
poi iniziò a fissare Harvey in modo intenso, lo vide far
scattare il caricatore del fucile.
“Guarda che
l’automutilazione non mi spaventa.”
Il clown non
capì subito, ma infine annuì. “Ah!
Parli delle cicatrici!” Ridacchiò brevemente e si
avvicinò di qualche passo. “Vuoi sapere come me le
sono procurate?”
**
Jonathan Crane si rese conto di non sapere dove andare e probabilmente,
quella luce circolare che lo illuminava come un riflettore non avrebbe
dovuto essere lì: era strana, fastidiosa.
Strizzò le palpebre, alzò lo sguardo e lo vide:
un grosso elicottero roteava nel cielo sopra di lui, illuminandolo col
suo gigantesco faro; nonappena si mosse per uscire da quel fascio di
luce, il velivolo andò via.
“Sai.” Disse il dottor Fries al suo fianco.
“È per quei supercriminali, quegli evasi. Dicono
che le ricerche non si fermeranno finché non li avranno
ripresi tutti.” Abbassò la mano con cui
s’era riparato gli occhi e sorrise. “Dobbiamo
proprio andare. Il congresso è già
iniziato.” Disse, e gli mise una mano sulla spalla.
Jonathan chiuse gli occhi.
Non avrebbe mai voluto
lasciare la villa. Freeze non poteva lasciargli fare ciò che
volevano, non dove riposava sua moglie. Il cuore gli si
fermò per un attimo.
Solo che in quel momento, non ricordava perché. Il dottor
Fries lo guidò fin nella sala d’ingresso
dell’hotel, poi lo lasciò, precedendolo nella sala
congressi. Jonathan si avvicinò alla reception e
poggiò la sua ventiquattrore sul lucidissimo bancone.
“Devo registrarmi.”
“Nome, prego?”
Chiese un uomo; era alto, molto alto e magro coi capelli scuri,
probabilmente troppo lunghi per il lavoro di front office che faceva.
Sul petto, una targhetta recitava Edward e nient’altro e per
un momento, Crane esitò.
“Signore?” Lo incitò Edward, guardandolo
un po’ preoccupato.
“Jonathan Crane.”
Freeze lo aveva tradito?
Possibile?
“Ma certo.” Sorrise l‘uomo. “Mi
dia un documento adesso, per favore.”
Quando aprì la ventiquattrore si accorse che qualcosa non
andava, non era la sua: i suoi documenti, il cellulare, il portafogli,
perfino i biglietti per il ritorno a casa non c’erano
più. Sul fondo giacevano solo un cilindro di plastica ed una
maschera da spaventapasseri, brutta come poche cose.
“Oh, diavolo…” imprecò,
portando due dita a massaggiarsi gli occhi.
“Ti stavo
cercando.”
Sobbalzò a quella voce improvvisa e si voltò.
Restò in silenzio e Freeze fece lo stesso.
“Non è la mia valigetta.”
Spiegò. “Devo averla scambiata ad un certo punto,
non potrebbe lasciarmi passare comunque? Sono davvero in
ritardo.” Disse, calcando l’ultima frase.
“Mi dispiace…”
“Immagino.”
Disse Jonathan, riuscendo perfino ad apparire calmo.
“Cosa
immagini?” Chiese Freeze, ed a passi lenti iniziò
a disegnargli un ampio cerchio intorno.
“Sei sceso a
patti con Joker, vero?”
“Naah, non pensarci troppo su! Si sistemerà tutto,
vedrai.” Disse il barista, poi smise di botto di shakerare il
suo drink, lo versò nel bicchiere e glielo passò,
tutto nel giro di due secondi.
“C’era la mia vita, in quella valigetta.”
Replicò Crane, sconsolato e troppo stanco per mettersi
effettivamente alla ricerca del bagaglio perduto. Sentì il
barista mormorare qualcosa, che somigliava pericolosamente ad un ma che
minchiata.
“Prego?”
“Niente, và.” Disse l’uomo,
sul suo petto una targhetta diceva solo -J. “Ahh…
avevi i documenti nella borsa, no? Sono sicuro che il tizio che
l’ha presa ti chiamerà lui.”
Jonathan sorrise, allontanò il bicchiere dalle labbra per
portarlo sulla fronte.
“Io non ho
niente contro di te. Sei stato un valido alleato, ma tutto questo deve
finire.”
“…con
la mia morte.”
Mentre tornava alla sua stanza, lungo il corridoio vide una cameriera
dall’aria allegra avanzare in direzione opposta alla sua
mentre spingeva un grosso carrello; stava canticchiando una filastrocca
e sembrava non averlo neppure notato. Si scansò per
lasciarla passare ma una ruota gli pestò un piede, il dolore
lo fece imprecare.
“Uh? Ah! Mi scusi tanto!” Disse subito lei. Era
bionda, sul suo petto la targhetta riportava solo: Harley.
“Non è niente.” Rispose Jonathan, ma era
evidentemente irritato.
“Ecco!” Esclamò Harley, sollevando un
indice in aria. “Se mi perdonerà, farò
finta di non vedere, se consumerà qualcosa dal mini
frigo.” Gli strizzò l’occhio e riprese a
spingere il suo carrello, ricominciò a cantare,
più forte di prima.
“Mi
dispiace.” Disse Freeze, ma Crane sapeva che non era vero.
Solo che nonostante
l’apatia, l’infelicità, le azioni
sconsiderate degli ultimi anni, sentì chiaramente la
voglia… di non morire e non se l’aspettava. Non
così forte, per lo meno.
Lo squillo del telefono della camera lo fece sobbalzare:
sollevò la cornetta ed una voce sconosciuta parve non vedere
l’ora di restituirgli la sua ventiquattrore: gli diede
appuntamento a casa sua, un posto leggermente fuori città e
subito dopo aver riattaccato, Jonathan portò entrambe le
mani a coprirsi il viso.
Non ricordava di aver mai avuto un’emicrania tanto forte in
vita sua, ma sentiva che una volta recuperata la sua valigetta tutto
sarebbe tornato a posto, sarebbe tornato a stare bene. Per sempre.
Vide Freeze sollevare la
sua arma contro di lui.
La casa era tutta addobbata a festa, dalle finestre intensamente
illuminate la luce usciva a rischiarare anche il cortile e la porta era
aperta. Man mano che Jonathan si avvicinava, il rumore di voci, di
musica, delle risate, si faceva sempre più forte.
“Jonathan Crane?” Si sentì chiamare e si
voltò, aggrottò le sopracciglia.
“Jonathan?” ripeté l’uomo; era
basso, tarchiato, ed indossava un frack alquanto fuori moda. Era sicuro
di non conoscerlo.
“Sono io.” Annuì, e per un attimo
dovette chiudere gli occhi. “Sono venuto per la
ventiquattrore.” Disse, e l’uomo sorrise come a
sbeffeggiarlo, come se sapesse qualcosa che a lui sfuggiva. Decise di
ignorarlo.
Si voltò a guardare la casa illuminata ed avanzo di qualche
passo per raggiungerla; osservò l’interno
attraverso la porta aperta e vide una scala, in cima alla quale una
figura scura, irriconoscibile, sembrava guardarlo come se lo stesse
aspettando.
“Non la riconosci?” Disse l’uomo alle sue
spalle, e sembrava divertito. “Non ti sembra di averla
già vista, quella vecchiaccia?”
Gli bastò un
attimo per decidere che avrebbe tentato il tutto per tutto.
Crane continuò ad ignorarlo, avanzò ancora verso
la casa, verso la figura scura di quella donna.
“In caso te lo stessi chiedendo sì, lei ti stava
aspettando già da un po’.”
Continuò la voce dietro di lui. “Sei proprio
sicuro di voler entrare?”
Crane annuì e per un momento, la testa gli girò
talmente forte che dovette fermarsi e chiudere gli occhi.
“Ehi, Jonathan!”
Non sapeva cosa quell’uomo avesse ancora da dirgli ma si
voltò lo stesso; si ritrovò la bocca di una
pistola puntata dritta in mezzo agli occhi e per un momento gli parve
di ricordare.
“Naah.” Lo sfotté Pinguino.
“In fondo… tu non sei come loro.” Disse.
Sollevò la
mitraglietta contro Freeze, l’unica persona che avesse mai
ammirato in vita sua.
E sparò.
E sparò.
**
La luce era accecante, il rumore insopportabile e molte mani cercavano
di trattenerlo.
Non riusciva a deglutire, perfino respirare gli era doloroso; sentiva
la schiena fradicia di quello che immaginò fosse sudore e
con un ultimo, immenso sforzo, si districò abbastanza per
afferrare il camice di uno degli infermieri che lo circondavano. Con
uno strattone lo attirò a sé finché
non furono faccia a faccia.
“Chi sono, io?”
“C-Crane! Lei è Jonathan Crane.”
**
Appeso a testa in giù fuori dalla finestra
dell’ospedale, Dick Greyson attese fino allo spegnimento
delle luci, finché tutto il personale non si fosse dileguato
dalla stanza riservata allo Spavetapasseri, poi entrò.
Restò fermo nell’oscurità per qualche
minuto, in piedi ad osservare il respiro regolare che le macchine
pompavano nei polmoni di Crane e pensò che non fosse giusto.
“Mi hai fregato un’altra volta.”
Disse, poi finalmente avvicinò una sedia al letto e si
sistemò a suo fianco; quella che sembrava
un’eternità passò in silenzio,
perché a dire il vero Richard non sapeva proprio cosa dire
né tantomeno se sarebbe potuto servire a qualcosa. Per molto
tempo, semplicemente restò a vegliare lo Spaventapasseri e
di nuovo, ma per molti più motivi, non gli sembrò
giusto.
“Magari non serve, eh.” Mormorò
all’improvviso, e si tese in avanti sulla sedia.
“Ma sappi che so bene quanto è difficile trovare
qualcosa o qualcuno in cui credere. Probabilmente ho sbagliato a
chiederti di credere in me, allora. Non ho mai avuto niente che valesse
la pena nascondere, ma immagino tu te ne sia già
accorto.”
Disse, e si sfilò la maschera dalla faccia;
l’osservò per un attimo prima di nasconderla sotto
il cuscino dove Crane riposava.
Pensò che se l’ex psichiatra fosse stato sveglio,
avrebbe capito… anche senza bisogno di parlare.
Ancora una volta, non era giusto.
Guardò Jonathan ancora per un po’, poi
sospirò e si stese contro lo schienale della sedia, chiuse
gli occhi. “Non è giusto.” disse, ad
alta voce per la prima volta, ed allungò una mano a prendere
quella di Crane, facendo attenzione alla flebo se la portò
sotto il mento; era calda.
Chiuse gli occhi, ed iniziò ad ummeggiare una canzone.
Cast shadows through the days
and swing the night. And come with me.
There’s
nothing to believe in here, so just believe in me.
Your sense of
apprehension suits you, you wear your troubles well.
I’ve nothing
left to hide from you, I’ve got no God to sell.
(Lancia ombre attraverso
i giorni e dondola(?) la notte. E vieni con me.
Non
c’è niente in cui credere qui, quindi credi in me.
La tua inquietudine ti
dona, indossi bene i tuoi guai.
Non mi resta niente da
nasconderti. Non ho nessun Dio da vendere.)
Vi
è sfuggito qualcosa? Avete dei dubbi?
Tenterò di
far luce sui punti bui rimasti: 1) Vi domandate che fine abbia fatto
Ivy? Dopo averla stesa, Edward ed Harley l’hanno trascinata
in una delle stanze del primo piano quindi sì, infine lei si
è salvata per davvero… solo per essere acciuffata
da Batman poche ore dopo.
We can hide away for
days, pretend the world has ended.
No more drama, no more
pain -- pretend the world has ended.
We can run away tonight
-- pretend the world has ended.
No matter what they say,
we’ll work out fine: ‘cause you and I, we know this
is heaven.
(Potremmo nasconderci
per giorni, fingere che il mondo è finito.
Non più
drammi, non più dolore -- fingere che il mondo sia finito.
Potremmo scappare via
stanotte -- fingere che il mondo sia finito.
Non importa quello che
dicono, ce la caveremo: perché io e te sappiamo che questo
è il paradiso.”
Altro
dubbio?
2) Vi state domandando
se il tizio mascherato e “tanto più basso di
Batman” fosse Dick? Sì, era lui. Vi chiedete come
sia scappato? Dopo aver lasciato soli Duefacce e Joker, Spaventapasseri
lo ha incontrato ed opportunamente imbrogliato per riuscire a metterlo
ko e salvargli la vita. È a questo che si riferiva, con il
suo “Mi hai fregato di nuovo.”
Your hair is damp from
the rain, hungry eyes that look like lust.
The ghosts of lost loves
follow you, you feel but you can’t trust.
Time disappears inside
you, ‘till there’s nothing left but us.
You wave goodbye to
everyone, and hope our love’s enough.
(I tuoi capelli sono
umidi di pioggia, occhi affamati che sembrano lussuria.
I fantasmi di amori
perduti ti inseguono, puoi sentire ma non riesci a fidarti.
Il tempo scompare dentro
di te, finché non resta altro che noi.
Dì addio a
tutti con la mano, e spera che il nostro amore sia abbastanza.)
Ultima
esitazione?
3) vi chiedete come
abbiano fatto a sopravvivere quei criminali ;)? Vi dirò, non
ne ho idea. Forse è stato Dick a salvarli, con
l’aiuto del suo gruppo di Titans, o forse Ivy ha demolito la
casa coi suoi rami in cerca di una via di fuga, chi lo sa…
cioè, in fondo vi importa davvero?
Just put your hand in
mine, then cast your doubts aside.
(Metti semplicemente la
tua mano nella mia, poi getta via i tuoi dubbi.)
FINE.
Ma prima che ve ne
andiate. Posterò presto un epilogo a questa storia, che
farà un po’ da introduzione al prossimo sequel.
Continuate a seguirmi ;)!
Ringrazio tutti del
sostegno, è magnifico che mi abbiate seguita fin qui, alla
fine.
Un abbraccio,
XxX.SilverLexxy.XxX
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