Chronicles of tour of madness

di Archangel 06
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1- Can't suffer this travel!!! ***
Capitolo 2: *** Chapter 2- Metalheads ***
Capitolo 3: *** Chapter 3- Monster Club Sandwich ***
Capitolo 4: *** Chapter 4- I can't believe it!!!! ***
Capitolo 5: *** Chapter 5- Nothing to do, iam so fucking beautiful... ***
Capitolo 6: *** Chapter 6- In the end, I missed you ***
Capitolo 7: *** Chapter 7- you talk too much ***
Capitolo 8: *** Chapter 8- Fear of Spiders ***
Capitolo 9: *** Chapter 9- Midnight Swim ***
Capitolo 10: *** Chapter 10- Fire and wigs ***
Capitolo 11: *** Chapter 11- Merry Xmas ***
Capitolo 12: *** Chapter 12- Montreal ***
Capitolo 13: *** Chapter 13- Vodka, what else? ***
Capitolo 14: *** Chapter 14- Food poisoning ***
Capitolo 15: *** Chapter 15- Waxing ***
Capitolo 16: *** Chapter 16- Jealousness ***
Capitolo 17: *** Chapter 17 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1- Can't suffer this travel!!! ***



“E poi ci pensi… Ellen, mi stai ascoltando??” esclamò Virginia seccata, scuotendo Ellen.
“Eh? Che c’è ancora?” sbuffò questa seccata, togliendosi una cuffia e alzando gli occhi dal suo libro.
“Stavo dicendo, se tu avessi avuto la buona grazia di ascoltarmi, che siamo state davvero fortunate… abbiamo vinto la borsa di studio per la California!! La California, ci pensi? Mare, sole, palme, spiagge e fighi da paura…” esclamò estatica.
“Si, si, tutto molto interessante” disse tanto per farla stare buona. Come era facile intuire, i suoi pensieri erano orientati in tutt’altra direzione.
“Ma dai! È la California! Noi le loro spiagge ce le sogniamo, in Finlandia…” la rimbrottò.
“E loro si sognano la nostra neve, le nostre aurore boreali, il sole a mezzanotte, i Children of Bodom, gli Ensiferum e i Korpiklaani, per non parlare del nostro glorioso passato di vichinghi… i nostri antenati hanno terrorizzato l’Europa, nel medioevo! Ed erano i migliori marinai e combattenti che…”
“Si, si, ho capito, tu sei una patriota incallita” sbuffò Virginia, mettendosi a sua volta le cuffie. Con un sospiro tornò al suo libro, la traduzione del manoscritto di Ibn al Fadlan l’Arabo curata da Michael Crichton, sulla quale doveva sostenere un esame.
Come avrete capito, le nostre due eroine erano finlandesi, precisamente di Espoo ma con residenza a Helsinki. Vi immaginate le due classiche finlandesi alte, bionde e con gli occhi azzurri? Sbagliereste. Ellen aveva si i capelli biondi, ma erano biondo scuro e gli occhi non erano azzurri, ma di un colore indefinibile che cambiava di continuo e passava dal verde, al castano, fino al nero e ai misti più strani. Inoltre era troppo bassa, appena un metro e sessanta. Virginia invece superava il metro e settanta di qualche centimetro, però i capelli non erano biondi bensì neri, e gli occhi idem: non azzurri ma nero pece.
L’unica cosa che avrebbe potuto identificarle come appartenenti all’etnia scandinava era la pelle, pallidissima, bianca come il latte. Oltretutto non avrebbero potuto essere di carattere più diverso. Ellen poteva invece risultare notevolmente difficile da digerire come personaggio: se una persona non le piaceva da subito, tendeva a essere cinica e antipatica, con battute al vetriolo e commenti sarcastici. Fortunatamente le due si erano state reciprocamente simpatiche da subito, perciò Virginia non aveva mai dovuto assaggiare la sferza della lingua di Ellen.
Virginia invece era tutto l’opposto, una gran romantica sognatrice, e di una perversione unica: era in grado di trovare un doppio senso in qualsiasi cosa, ma non avrebbe mai fatto una battuta oscena, visto che le odiava. Ellen non riusciva a credere che si potesse essere tanto maliziosi e tanto perversi. Aveva un tatuaggio a forma di stella e un piercing al labbro, che le conferiva un'aria un po' ribelle.
La voce impersonale dell’altoparlante annunciò che stava per essere servito il pranzo. Ellen e Virginia si guardarono, quasi diventando verdi… decisero di sopportare i morsi della fame (il primo pasto era stato servito loro quasi sei ore prima) e di rinunciare al disgustoso cibo scaldato in microonde che sarebbe stato servito, riempiendosi la pancia con the caldo e cioccolata molto zuccherati, caramelle, crackers, pacchetti di patatine e altre vivande salvifiche portate da casa.
“Non ne posso più… quanto manca??” si lamentò Virginia. “Coraggio, ancora tre ore circa… anche io non ne posso più, non sei l’unica, ma possiamo solo sopportare…” rispose stoicamente Ellen. Virginia aveva tutte le ragioni di lamentarsi. Non so se abbiate mai fatto un viaggio di otto ore in aereo, ma vi posso assicurare che è veramente noioso… per passare il tempo, Virginia si dedicò ad osservare i passeggeri. Erano quasi tutti turisti che tornavano negli Stati uniti, a parte loro due e qualche altro viaggiatore: capirlo era semplicissimo, bastava guardare gli abiti. I turisti avevano tutti quanti le maniche lunghe, mentre loro Ellen e Virginia indossavano rispettivamente una maglietta dei Rhapsody of Fire e una dei Children of Bodom. Inoltre Ellen aveva i pantaloni neri che lasciavano scoperte le ginocchia, e gli anfibi a mezzo stinco. Virginia aveva pantaloni militari lunghi che teneva infilati nei new rock: notò più di un turista guardarle stranito e avere un brivido. “Appena scendiamo da questa carriola volante, facciamo tappa ad un bar?” propose speranzosa Virginia, annusando con aria critica l’odore non esattamente piacevole che proveniva dalla scatoletta di plastica calda che conteneva il “pranzo”.
“Aggiudicato. Per me un hot dog con doppio ketchup e una media di coca fredda…” sorrise Ellen, senza nemmeno accennare ad aprire la scatola e tornando a leggere.

***

“Ah, mio dio, finalmente!” esclamò Virginia, addentando con gusto un gigantesco hamburger e masticando energicamente. Ellen dal canto suo stava distruggendo morso dopo morso un altrettanto gigantesco hot dog che colava ketchup da tutte le parti. Mentre si ingozzavano senza ritegno non parlavano, ma interrompevano il movimento delle mascelle solo per bere consistenti sorsi di coccola ghiacciata per mandare giù i bocconi.
Cominciarono a parlare soltanto quando l’ultima patatina fritta fu scomparsa nei loro stomaci.
“Che ne dici, usciamo in cerca della nostra navetta per il college?” propose Virginia.
“Ci sto, prima arriviamo al college e prima possiamo sistemarci per riposarci un po’… non so te, ma io sono stanca morta…”

“Cazzo che caldo!” esclamò Ellen non appena uscirono dalle porte scorrevoli dell’aeroporto.
“Siamo in California e questo è il primo commento che fai??” rise Virginia, anche se anche lei stava accusando il caldo torrido. Un pannello elettronico informava che erano le ore 17.36 e la temperatura era di 35 gradi all’ombra con un 68 per cento di umidità. Con i capelli e i vestiti che già stavano iniziando a impregnarsi di sudore, caricarono le valige nel bagagliaio della navetta del college mandata per loro aiutate dall’autista.
“Da dove siete? Sembra che non gradiate il caldo…” commentò quest’ultimo, un sorridente indiano sulla quarantina, con una pancia prominente.
“Veniamo dalla Finlandia. Da Helsinki, per la precisione.”
“La Finlandia? Accidenti, fa ben freddo li, altro che!” fischiò l’uomo.

Come prima cosa non appena arrivate al college cercarono la segreteria, e vennero indirizzate alla loro camera: il tempo di sistemare i bagagli e i letti, e si era fatta ora di cena.
"Propongo di scendere in refettorio, meglio aspettare per dormire... così accuseremo meno il jet lag" disse Ellen, così dopo essersi fatte una doccia scesero nella grande sala.

ed ecco il primo di una nuova ed esilarante ficcia sui children of bodom... :) spero vi piaccia

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Capitolo 2
*** Chapter 2- Metalheads ***



“Tu che ne dici, sta venendo qui?” disse Virginia, lanciando un’occhiata furtiva oltre la mia spalla.

“Non ho gli occhi dietro la testa, Virgi…” sbuffai infilandomi in bocca un grosso pezzo di pane.

“Vedessi! Moro con gli occhi verdi… accidenti!”
Virginia era eccitata con tre c, ma non si curava di parlare a bassa voce. Le possibilità che questo affascinante americano capisse il finlandese erano pari a zero.

“Buonasera, ragazze… siete nuove?” disse dietro di me una voce. Dalla faccia di Virginia, ebbi la conferma che era proprio il ragazzo che si era avvicinato. Mi voltai, e con un sorriso ricambiai il suo saluto, approfittandone per studiarlo. Non altissimo, ma con un fisico magro e asciutto con una buona muscolatura, da atleta. Aveva i capelli scuri raccolti in una coda riccioluta, la mascella forte era sottolineata dalla barba che circondava anche la bocca carnosa stirata in un sorriso simpatico e allegro, che lasciava scoperti i denti candidi e regolari. Sul sopracciglio sinistro c’era un piccolo anellino, in coppia con uno al labbro. A completare il quadro di “dream boy”, un paio di favolosi occhi verdissimi, e una maglietta degli Eluveitie che lo identificava come metallaro. Virginia già gli stava facendo gli occhi dolci, notai divertita.
“Si, siamo qui per i corsi di storia vichinga… veniamo dalla Finlandia, da Espoo per la precisione” dissi per rispondere alla sua domanda.

“Fuck, dalla Finlandia?? È grandioso! A proposito, io sono Josh Pitt, piacere… studio Lingue” disse con un gran sorriso sedendosi di fianco a noi.

“Io sono Ellen, e lei è Virginia…” Josh interruppe le presentazioni per alzarsi e richiamare con un gesto del braccio qualcuno alle mie spalle. Mi voltai, e mi accorsi che dalla porta della sala stava entrando un gruppetto compatto di metallari, formato da circa una decina di persone, ragazzi e ragazze. I capelli erano variamente acconciati in code o lasciati fluenti: indossavano tutti magliette di gruppi, canottiere scure, jeans o pantaloni militari. Il gruppo emanava un’aria di grande vitalità e allegria, nonché un gran chiasso.

“Coraggio ragazzi, qui bisogna fare gli onori di casa! Abbiamo due ospiti speciali… due metallare finlandesi!” annunciò Josh al gruppetto. Fummo subissate dalle esclamazioni di stupore e curiosità e dalle domande, alle quali non riuscivamo a rispondere, ma a Virginia non sfuggì che Josh aveva placcato una delle ragazze abbracciandola e l’aveva baciata teneramente sulla bocca. No, non a stampo. Improvvisamente tutta la sua euforia svanì.

“Coraggio” sussurrai in finlandese “a casa di ragazzi carini non ne mancano…” mi fissò con uno sguardo omicida.

“Con calma ragazzi!! Calma, calma!” esclamò Josh, che evidentemente godeva di un certo ascendente sul gruppo. Forse ne era addirittura il capo. Quando il gruppo si fu calmato, passò alle presentazioni: erano sei ragazzi e quattro ragazze, quasi tutti con un loro soprannome: ne mancavano ancora cinque, che erano fuori per un concerto.

Dopo la cena ci trasferimmo nel grande cortile del college, stazionando su delle panchine che a quanto capimmo ormai erano diventate il loro punto di ritrovo, fumando una sigaretta dietro l’altra e chiacchierando a tutto spiano. Ogni tanto passavano a gruppetti di tre o quattro dei ragazzoni robusti, con le divise della squadra di football del collegio, squadrandoci dall’alto in basso con evidente disprezzo. Josh in particolare. I ragazzi si limitavano a ignorarli con diplomazia.

“Gli sfighetti” mormorò Martha Seymour, scuotendo la testa. Aveva i capelli di un incredibile rosso naturale, che acquisivano riflessi stupendi con i raggi del sole morente.
“Sfighetti?” domandai incuriosita da quel divertente gioco di parole.

“Eh si, i nostri nemici di sempre. Noi metallari siamo sempre stati pochi, e quelli- e caricò l’ultima parola con un disprezzo particolare- non ci sopportano. Sono tutti figli di papà, con le macchine costosissime e che ti guardano storto se non sei vestito iper griffato dalla testa ai piedi” concluse schifata.


“E il capitano della squadra di football è il peggiore” aggiunse Jack “Sparrow” Burnett(fan sfegatato degli Alestorm) ancora più schifato. “Ci ha coinvolti in più risse lui che tutti gli ubriachi dei pub dove andiamo il sabato sera…” “Risse??” domandò Virginia esterrefatta. Io fra me e me risi, ripensando alla mia infanzia passata con mio cugino e i suoi quattro amici pazzi da legare: ne avevamo fatte di risse noi sei… specie quando il suo amico biondo e stronzo, che poi era diventato anche il suo cantante, si sbronzava e parlava troppo. Prima di arrivare alla maggiore età, per colpa di quei matti avevo partecipato ad almeno quattro risse da pub (ma di sicuro qualcuna non me la ricordavo per aver bevuto troppo…) e almeno altre due in altrettanti concerti.

“Oh, cazzo… parli del diavolo…” mormorò seccata Juliet (una dark, più che una metallara) accennando con il mento e uno sguardo omicida verso un ragazzo che si stava avvicinando.
Era abbastanza alto, probabilmente a giudicare dalle gambe non doveva avere chissà che muscolatura da culturista, ma si atteggiava come se la corazza da football coprisse un torace degno di un sollevatore di pesi. Doveva essere il famoso capitano della squadra di football…
“Arthur Wess” ci sussurrò Sparrow, confermando. “ci metto la mano sul fuoco che è qui per voi due…” le previsioni di Jack si rivelarono corrette, dato che ignorando tutti gli altri, Wess si rivolse proprio a me e Virginia.

“Buona sera, signorine… posso invitarvi a venire a seguire il nostro allenamento serale? Sarà molto più interessante che discorrere con questi quattro sfigati che non parlano altro che di quell’orribile metal…” disse affabile.
Io e la mia amica ci scambiammo un’occhiata e ci trovammo d’accordo senza nemmeno parlare.
“No grazie, il football non ci interessa… preferiamo parlare di metal” disse Virginia, guardandolo con sufficienza.
“Molto meglio che guardare dei poveri idioti che si pestano e si affannano per una palla…” rincarai io, poi mi rivolsi al gruppo ignorando deliberatamente Wess: “Qualcuno di voi conosce i Rhapsody of Fire?” Josh ci strizzò l’occhio in segno di approvazione, mentre con rapidità il centro dell’attenzione si spostava sulla mia domanda. A Wess non rimase altro da fare che andarsene.

***

“Allora, che te ne pare del posto? A parte gli sfighetti…” domandai a Virginia che aveva il muso lungo fino al pavimento.
“Oh, avanti cara, un po’ di allegria! Dopotutto fra qualche mese saremmo tornate in Finlandia… l’avresti perso di vista comunque” la consolai.
“Già” mugugnò. Mi appuntai mentalmente che dovevo farle conoscere a tutti i costi mio cugino… avrebbe sicuramente sepolto i ricordi del bel Josh in un attimo. Decisamente distrutte dal jet lag, andammo a letto quasi subito.



ed ecco il secondo capitolo!! spero vi piaccia ;)
Crazy_me, sei proprio una mia lettrice appassionata! purtroppo non so più cosa fare con quella ficcia... la conclusione ce l'ho, ma non riesco a scriverla! il problema è che non ho pensato a quella ficcia per troppo tempo (sono stata senza piccì per tre settimane) e ora non riesco più a pensarci... uffa! spero di combinare qualcosa...
PS IMPORTANTISSIMO!!!!!! non fate complimenti solo a me, fateli anche a Dark Dancer... come ho specificato nell'introduzione, la ficcia è stata scritta a quattro mani dai noi due ;) grazie mille

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Capitolo 3
*** Chapter 3- Monster Club Sandwich ***



“Doppia frattura scomposta ed esposta all’ulna destra, quattro dita fratturate, tre costole incrinate, frattura cranica, ecchimosi sparse qui e la, e una microfrattura alla mandibola” esclamò Janne furioso leggendo la cartella clinica.
“Zitto, idiota!!” lo rimproverò Alexi, accennando a Jaska, intubato e sedato sul letto d’ospedale. Aveva il braccio destro ingessato, la testa fasciata, quattro dita della mano sinistra (l’unico libero era il pollice) bloccate dal gesso, e i cerotti a farfalla tenevano chiuse assieme ai punti di sutura le ferite sul viso.
“Se becco il coglione che si è messo ad andare in motorino sulla pista ciclabile, giuro che gli faccio il culo a strisce” ringhiò Henkka, rabbioso.
“E io userò la sua pelle per fare stracci da stivali” aggiunse, non meno furioso, Roope.
Alexi dal canto suo non si pronunciò, ma si vedeva che concordava pienamente con i due amici: come si poteva essere tanto dementi e stupidi da correre con un motorino su una pista ciclabile a sessanta all’ora? Ovviamente non era riuscito a evitare il povero Jaska che stava arrivando sulla sua mountain bike dalla parte opposta, l’aveva urtato violentemente e l’aveva fatto finire per terra riducendolo in questo stato pietoso. Ovviamente non si era fermato a soccorrerlo.

“Ragazzi, so che non avete voglia di pensarci adesso, ma… per il tour come facciamo? Piuttosto che farcelo annullare, la Spinefarm pagherà dei sicari per tagliarci la gola…” naturalmente Alexi parlava in senso figurato, ma tutti capirono cosa intendeva dire.
“Dovremmo trovare un sostituto… ma uno bravo come Jaska? Dove lo peschiamo?” osservò Janne, non troppo convinto.
“Uno dei suoi allievi?” propose Roope.
“Nah, sono tutti a un livello troppo basso e… Roope, sei un genio!!!” esclamò Henkka battendosi la mano aperta sulla fronte, venendo subito zittito dagli altri.
“Dimmi che hai un’idea, ma un’idea di quelle geniali…” lo pregò Alexi. Uscirono dalla camera, per non disturbare Jaska.
“Mia cugina, Ellen!!” esclamò trionfante Henkka. La reazione di Alexi fu immediata.
“Coooooosaaa??? Lei?? Ma sei fuori??” esclamò esterrefatto il frontman. “No, no, lei assolutamente no!”
“Avanti, di cosa hai paura? Mica ti ammazza… e poi è brava quanto Jaska, lo sai bene…” osservò divertito Roope. Tutti si ricordavano benissimo dell’ultima rissa a cui Ellen aveva partecipato a causa di Alexi che come al suo solito si era ubriacato. Quando il frontman si era ripreso dalla sbronza, Ellen lo aveva pestato come un materasso, a suo dire per “fargli passare la voglia di scatenare risse e coinvolgere la gente che non centra un cazzo”.
“Mi spiace, Alexi, ma è l’unica possibilità… comunque se non scatenerai altre risse, non ci saranno problemi credo…” lo rassicurò Janne.
“Credi?” sbuffò Alexi, visibilmente contrariato. Poi di improvviso si illuminò, quando gli venne in mente qualcosa: “Ma lei non è negli Stati uniti?”
“Tornerà comunque prima che inizi il tour, quindi siamo a posto. Mi spiace, Alexi, ma credo che ti toccherà sopportarla…” sorrise Henkka.
“Mi fa male solo il pensiero dei suoi cazzotti” borbottò Alexi, poco convinto da quella decisione, ma erano in tre contro uno e dovette mettersela via.

***

Ancora un mese, pensò Ellen facendo un rapido calcolo dei giorni che mancavano. Quel caldo cominciava seriamente a non sopportarlo più, le dava sui nervi. Voleva di nuovo il gelo della Finlandia, non ne poteva più di sentirsi sudata a tutte le ore del giorno, di avere caldo di continuo. Aprì la posta sul suo portatile, e con piacere notò una nuova mail di Henkka.
"Cuginetta, ciao! Come te la passi li in California? Ho un urgente bisogno di parlarti… preferisco farlo di persona però. Se per te va bene, domani prenoto un albergo li vicino e salto sul primo aereo. Rispondi in fretta Henkka."

La mail, così avara di spiegazioni, suscitò la sua curiosità. Di che diavolo voleva parlarle? Forse era successo qualcosa?

"Cuginetto, spero che quando arriverai qui, sarai pronto a subire un fuoco di fila di domande… hai destato la mia curiosità, complimenti! Come sta quel numero di Alexi? E lo zio Jaska? E Roope e Janne? Roope si è trovato una ragazza finalmente? Ammettilo, non ne puoi più di sentirlo lagnarsi! Per me va bene… ti aspetto, basta che mi dici soltanto l’ora in cui arrivi e io ti vengo a prendere all’aeroporto. A presto Ellen."

“Che succede che sei così allegra?” le domandò Virginia, accorgendosi immediatamente del sorriso dipinto sul suo viso.
“Domani arriva mio cugino da Helsinki… mi accompagni all’aeroporto a prenderlo? Ti piacerà, ne sono assolutamente sicura…” Ellen ridacchiò fra se, domandandosi quale sarebbe stata la reazione di Virginia a vedere il cugino, uno degli uomini più desiderati da tutte le ragazze finlandesi…

***

“E come al solito, il volo è in ritardo…” commentò Ellen guardando il tabellone degli arrivi, seccata. “Che ti aspettavi? Probabilmente ci sarà stata una tempesta di neve” ipotizzò Virginia.
“Oh guarda, è atterrato!!” esclamò Ellen sollevata, indicando il tabellone mentre la voce dello speaker annunciava l’arrivo del volo alle ore 19.35. Fece un rapido calcolo: il tempo di passare la dogana e la valigia… Henkka sarebbe apparso in circa venti minuti, al massimo mezz’ora.
E infatti eccolo uscire dalla porta scorrevole, con una piccola sacca che poteva contenere al massimo il necessario per sei giorni. Virginia non poteva averlo notato, anche perché si era girata dall’altra parte per osservare con curiosità i tentativi di una coppia di infilare in una gabbia un grosso cane che non sembrava averne molta voglia.
“Henkka!!!” urlò Ellen, correndogli incontro. Lui la afferrò e le fece fare un giro intero prima di rimetterla giù.
“Accidenti, cuginetta!! Mi sei mancata un sacco, sai??” esclamò scompigliandole i capelli.
“Anche tu… come stanno quei quattro matti?”
“Beh, bene… Alexi si ricorda ancora dei tuoi pugni sai, e ho idea che tenterà di fartela pagare…”

“Oh, a proposito” disse battendosi la mano aperta sulla fronte “quasi dimenticavo… Virginia, lui è mio cugino Henkka, Henkka, lei è Virginia, la mia migliore amica” disse facendo le presentazioni. Virginia era completamente basita: d’altronde, non capita tutti i giorni di scoprire che Henkka Seppala, il bassista dei Children of Bodom, è il cugino della tua migliore amica!
“Piacere, Henkka Seppala” disse con cortesia il biondo bassista, allungandole la mano. Ellen senza farsi notare le pestaò un piede per svegliarla, visto che sembrava caduta in una sorta di trance. Lei scuotendosi si affrettò a tendergli la mano, ma troppo in fretta, così che inciampò finendogli addosso: “Attenta, o ti farai male” le disse con un sorriso Henkka. Virginia divenne ancora più rossa, e riuscì a stento a balbettare “Hemm, piacere, Virginia Vihrea…”. Henkka le riservò un lungo sguardo che la fece diventare viola.
“Ellen, io avrei fame. Che ne dici se andiamo in albergo e poi vi offro qualcosa da mangiare? Il cibo in aereo non ho nemmeno avuto il coraggio di assaggiarlo…”

“Ci sto, cuginetto. Ti capiamo perfettamente sai, nemmeno noi abbiamo mangiato in aereo… puzzava troppo!” ridendo ci avviammo in cerca di un taxi, che ci portò all’albergo. Quando Henkka si fu sistemato, andarono in cerca di un pub dove facessero anche da mangiare: ormai Ellen e Virginia, dopo due mesi passati con i metallari, sapevano perfettamente dove andare.
“Bel locale questo” esclamò Henkka, approvando. Si sedettero a uno dei tavoli di legno massiccio e scuro, ordinando due birre Guinness medie e due club sandwich per Ellen e Virginia, una Guinness grande e un “monster club sandwich” per Henkka.
“Se riesci a mangiarlo tutto, giuro che ti do un premio” disse il gestore portando personalmente il piatto con dieci pezzi anziché quattro, quindi come mangiare due club sandwich e mezzo. Aggiungete che l’America è il paese delle grandi dimensioni, e capirete come mai quel club sandwich veniva chiamato “monster”…
“Che premio?” chiese Henkka incuriosito.
“Ti offrirò da bere… e appenderò la tua foto al muro, saresti solo il terzo che riesce a finirne uno” rise. Mc Connor era di origini irlandesi, lo si capiva subito, e degli irlandesi aveva l’incredibile giovialità.
Henkka sorrise, e con impegno attaccò il club sandwich, facendolo sparire pezzo dopo pezzo con tenacia dettata dal lungo digiuno in aereo. All’ultimo sembrò non farcela, ma si fece forza e trangugiò anche l’ultimo boccone, bevendoci su un abbondante sorso di Guinness. “Finito!!” esclamò, ruttando clamorosamente e battendosi con soddisfazione la mano sulla pancia.
“Henkka!!!” esclamò Virginia scandalizzata. Tuttavia i presenti, per il novantanove virgola nove per cento metallari, non ci fecero caso. Normale amministrazione.
“E non hai mai sentito Roope, lui si che rutta!” esclamò Henkka ridendo. "Ci facciamo di quelle gare di rutti noi cinque... però Roope vince quasi sempre. Solo Janne riesce a batterlo..."
Quando Ian McConnor tornò al nostro tavolo si complimentò con Henkka con una sonora pacca sulle spalle.
“Complimenti, ragazzo! Avevi fame, eh?”
“Eh si” sospirò Henkka.
“Come ti chiami?”
“Henkka Seppala…”
“Il bassista dei Children of Bodom???”
“Si…”
“Per la barba di San Patrizio!!” tuonò “ora che ti guardo meglio, è proprio vero!! Di birre te ne offro due, ragazzo… coraggio!”
Quando riuscimmo a uscire dal pub, Henkka barcollava, tanto che io e Virginia dovemmo sostenerlo, io a destra e lei a sinistra. Quando la voce si era sparsa, i metallari avevano fatto a gara per offrirgli da bere, e aveva dovuto firmare una trentina di autografi, con il risultato che ora era mezzo brillo e faticava a camminare.

“Cazzo” borbottò “Ellen, ma come mai gira tutto?”

“Non pensarci Henkka… sei solo un po’ brillo. Adesso ti riportiamo in albergo, ti fai un bel sonnellino e domani vengo a trovarti, così mi dici per cosa sei venuto qui…”



Capitolo tre!!! niente di personale con il povero Jaska, vi prometto che si rimetterà in fretta...
Henkka in versione pozzo senza fondo è stato troppo divertente da descrivere XD
Crazy_me Halestorm? non li ho mai sentiti O.o che genere fanno?

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Capitolo 4
*** Chapter 4- I can't believe it!!!! ***



“Cugino, tu devi essere fuori di testa!!!!! Io dovrei sostituire Jaska in un tour mondiale?? Da dove ti è venuta fuori questa idea malsana??” Ero sconvolta. Come poteva essere?

“Non c’è nessun altro disponibile. Prima di chiedere a te abbiamo chiesto in giro ovviamente… Jaska ha scelto un periodo pessimo per fare un incidente, sembra che tutti siano impegnati nei tour autunnali! Abbiamo chiesto perfino a gente di altre label, ma non c’è stato verso… Alex Holzwarth dei Rhapsody, Frederik Ehmke dei Blind Guardian, Heikki Sarii dei Norther… avevamo una lista lunga così di possibilità, che una dopo l’altra abbiamo dovuto scartare. Sei rimasta solo tu… ti supplico, non vuoi aiutarci?” concluse Henkka con uno sguardo lacrimevole e supplicante da cane bastonato.
“Ti odio quando fai così, sai che non posso dirti di no…” risposi con un sospiro. “Dovrò riprendere in mano le bacchette… cazzo, sono quasi due mesi che non vedo una batteria!
“Ce la farai, tranquilla. Il tour comincerà solo fra tre mesi… hai tutto il tempo che ti serve.”

“Henkka… guarda che alla fine di questo mese devo diplomarmi! Hai idea di quanto sto studiando??”
“Due mesi di tempo per riprendere la mano non mi sembra poco, no? Avantiiii, non fare la difficile!”

“Okay… ma” aggiunsi illuminandomi con aria maligna “Accetterò solo a una condizione…”

“E sarebbe?” Henkka cominciava già a preoccuparsi.

“Siccome non mi va di passarmi da sola mesi e mesi in mezzo a cinque matti, ubriaconi e rissaioli, voglio che Virginia venga con me.”

“Per questo potrebbe esserci qualche problema, dovremmo convincere il nostro manager a sganciare i soldi per una persona in più” disse dubbioso Henkka “Ma vedrò cosa posso fare… hei!!!!!” saltò su quando si rese conto di come li avevo chiamati. “Non siamo matti, né rissaioli!!!”
“Devo ricordarti quella volta che ho picchiato Alexi dopo che aveva scatenato l’ennesima rissa? Oppure che prima di diventare maggiorenne ho partecipato a qualcosa come sei o sette risse?”

“Ok, ok” si arrese “comunque non posso garantirti niente per quanto riguarda la tua amica… ma farò il possibile, promesso. Sempre che lei voglia, si intende.”

“Si intende. Non posso mica obbligarla… comunque, finché non mi darai l’ok definitivo non le dirò niente, non voglio darle false speranze.”

“Mi pare giusto. Allora, siamo d’accordo cuginetta?” sorrise Henkka tendendomi la mano, che strinsi per concludere l’accordo.

***

Non appena entrai nella stanza del college, notai che Virginia mi stava aspettando, e vedevo la curiosità che la pungeva.
“Avanti, parti pure con le domande” la invitai sorridendo, sapendo benissimo che prima o poi mi sarebbe toccato l’interrogatorio.

“Ok, te la sei voluta!” ghignò. “Domanda numero uno: perché non me l’hai mai detto che tuo cugino è Henkka Seppala??”
“Mi avresti mai creduta? Avanti, siamo serie…” risposi sedendomi sul letto mentre Virginia mi si sedeva di fronte con la sua migliore aria “non- mi- scappi- adesso- ti- spremo”.

“Beh, forse no… anzi, quasi sicuramente no” concesse, prima di riprendere l’interrogatorio. Ogni tanto pensavo che l’FBI avrebbe fatto carte false per avere agenti bravi negli interrogatori come lei.

“Domanda numero due… cosa vi siete detti??”

“Io te lo dico, ma tu giurami che nessuno lo saprà… per il momento si tratta di cose molto molto riservate…” le dissi assumendo la mia migliore aria da cospiratore. Dopo che ebbe giurato, le raccontai tutto, di Jaska incidentato e di me che dovevo sostituirlo, sorvolando sulla questione della condizione che avevo posto prima di accettare. Mentre parlavo le leggevo sulla faccia lo stupore più assoluto.
“Insomma, tu stai per partire… per un tour mondiale… con… i CoB? Con quel figo di tuo cug… hem!!”

“Eh già. Il problema è che ormai sono quasi due mesi che non tocco una batteria… quando torneremo in Finlandia a casetta nostra dovrò riprendere in mano le bacchette…”



ecco il capitolo n 4... grazie a Crazy_me per le sue recensioni puntuali^^ lieta che ti sia piaciuto il chapter 3

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Capitolo 5
*** Chapter 5- Nothing to do, iam so fucking beautiful... ***



Finalmente a casa!!! Fu il primo pensiero di Ellen non appena l’aereo toccò terra. Non vedeva l’ora di rimettere i piedi sul suolo patrio, per dirla in modo elegante: era talmente euforica per essere tornata a casa che non sentiva neppure la stanchezza, e si diresse saltellando verso il nastro trasportatore del recupero bagagli, con Virginia che arrancava dietro, molto più provata dal viaggio e dalla mancanza di cibo nello stomaco.

“Ragazze, siamo qui!” Henkka richiamò la loro attenzione agitando le braccia.

***

Eccola li, pensai notandola subito. Non me la ricordavo così… femminile, nonostante indossasse un paio di vecchi pantaloni di Henkka e una maglietta nera per nulla aderente sotto il chiodo vissuto. Forse era l’andatura? Non avevo mai pensato a lei come una donna, che mi stava saltando in mente ora? Avevo 21 anni quando Henkka era entrato nella band, facendoci conoscere Ellen, che più che una cugina per lui era quasi una sorella... all'epoca aveva 17 anni. Ci aveva raccontato che i suoi genitori erano morti quando era piccola, perciò la sorella di suo padre (la madre di Henkka, la zia di Ellen) l’aveva accolta nella famiglia. Avevamo passato talmente tanto tempo insieme come dei fratelli che l’avevo sempre vista come un amico al pari di Henkka… non so come spiegarmi. Adesso era la prima volta, per esempio, che notavo le sue curve. Ed era la prima volta che notavo l’andatura leggermente ancheggiante, il colore particolare dei capelli, e tutta una serie di cose di cui non mi ero mai accorto. Forse era il fatto di non averla vista per più di due mesi…

“Hei, Alexi! Cosa c’è da guardare, vuoi un mio poster?” spiritosa come al suo solito, mi allungò un pugno amichevole nello stomaco a mo’ di saluto. In risposta le afferrai il polso e glielo torsi dietro la schiena, senza farle male, ma lei alzò un piede e usandolo come gancio mi fece piegare il ginocchio destro: incespicai e dovetti mollarla per non cadere. Era la solita Ellen, in fin dei conti.
“Tutto bene grazie, e tu come stai?” risposi sarcastico.
“Non ce male” disse lei imperturbabile e rivolgendo le sue attenzioni a Jaska, abbracciandolo. “Zio Jaska! Henkka mi aveva detto che eri malridotto, ma non credevo così!!”
Ellen lo ha sempre chiamato affettuosamente “zio”, forse perché sembra il più vecchio di tutti noi.
Mi rivolsi alla sua amica, che pareva intimidita, con un sorriso.
“Ciao, sei la compagna di università di Ellen? Io sono Alexi, piacere di conoscerti…” le dissi allungandole la mano. Lei mi rispose con un sorriso, ma diventando rossa fino alla punta delle orecchie. Doveva essere parecchio timida.

“Siete troppo stanche per festeggiare il vostro ritorno, stasera?” chiesi sorridendo.
“Io no, e tu Virgi?” chiese Ellen con un sorriso da un orecchio all’altro Ellen.
“Io… io no, ma… è esteso anche a me l’invito??”

“Certo!!” intervenne Henkka, posandole una mano sulla spalla e sorridendole. Ero pronto a scommettere che Henkka ci stesse facendo un pensierino, era stato lui a insistere per invitarla…

***

“Uau!!! Non ho mai assistito a un concerto dal backstage!!” esclamò Virginia eccitatissima.

“Io si invece” borbottò Ellen, assai nervosa. I ragazzi avevano deciso di organizzare qualche concerto fra Espoo ed Helsinki prima di partire per il tour, giusto per aiutare Ellen a superare il panico da palcoscenico e non mandarla allo sbaraglio senza un minimo di esperienza on stage.

“Avanti, Ellen, non essere così nervosa! Vedrai che andrà tutto bene” la rassicurò Jaska, mettendole una mano sulla spalla. Erano almeno venti minuti che ripeteva lo stesso passaggio muovendo in aria le bacchette, e recriminando perché a parer suo non le riusciva alla perfezione.

Quando Alexi uscì dal bagno Virginia lo guardò di sfuggita, distolse lo sguardo e poi tornò a guardarlo come se si fosse accorta di qualcosa. La sua espressione diventò prima stupita, poi assolutamente incredula.
“Che c’è???” esclamò lui spaventato mettendosi le mani in testa temendo di avere qualche bestia strana sui capelli.
“Come ti sei truccato??? O mio dio, sembri un panda!! Santo cielo, non penserai di andare sul palco conciato così, vero?? Tanto valeva che ti facessi un face painting completo!!” Alexi fissò stranito Virginia, che si era messa a cercare qualcosa nella borsa. “Dove l'ho messo… accidenti, non trovo mai quello che mi serve in questa borsa… eccolo!!” esclamò trionfante, tirando fuori uno specchietto. “Guardati!!” Alexi constatò che in effetti sembrava appena uscito da una rissa… si doveva essere strofinato inavvertitamente gli occhi, e guardandosi le dita notò che erano annerite.
“Cosa vorresti fare??” Alexi cominciò a preoccuparsi vedendola tornare a frugare nella borsa.
“Non posso permettere al cantante del mio gruppo preferito di fare una figuraccia, perciò ora ti siedi sul divano e te ne stai buono finché non ho finito di rifarti il make- up… tranquillo, posso garantirti che con il trucco ci so fare!”
“Ma… posso fare da solo..” tentò di obbiettare il frontman.
“Alexi, se poi quello è il risultato, è meglio affidarsi alle mani di Virginia” intervenne Henkka.
Alexi non trovò nulla da obbiettare, e si sedette sul divano attendendo con pazienza che Virginia lo truccasse.

Beh, almeno ci sa davvero fare con il trucco, pensò Alexi osservandosi allo specchio del bagno. La matita era stata messa alla perfezione, e aveva aggiunto anche un leggerissimo strato di qualcos'altro che non era riuscito a identificare, non essendo un esperto di trucchi. Fece qualche prova davanti allo specchio, passando tutto il suo repertorio di espressioni e constatando che quel make up gli stava davvero bene: gli dava un’aria vagamente inquietante ma anche più attraente del solito, e sembrava assolutamente naturale.


Eh si, niente da fare. Sono fottutamente bello, pensò in un attacco di narcisismo.

“Narciso, attento alla tua immagine!” non si era accorto della comparsa di Ellen sulla porta del bagno.
“Eh? Chi è Narciso?” domandò Alexi, tornando a guardarsi allo specchio.
“Secondo la leggenda, era un fanciullo greco di straordinaria bellezza. Gli indovini gli predissero che sarebbe morto a causa della sua immagine, così la madre tolse dalla casa tutti gli specchi. Un giorno però il giovane andò a caccia, e per caso vide la sua immagine riflessa nell’acqua, e non sapendo che era il suo riflesso, lo trovò così bello che se ne innamorò perdutamente… tuttavia quando tentò di baciarlo, perse l’equilibrio, cadde in acqua e annegò. Perciò vedi di stare attento a non fare la sua fine…”
“Sempre simpatica tu, eh?” sospirò Alexi scompigliandole i capelli.
“Prenderti in giro è sempre divertente, Alexi. Ogni tanto ti fa bene tirarti un po’ giù dal piedistallo... comunque, ti consiglio di prepararti, fra venti minuti andiamo in scena.” Scomparve oltre la porta, lasciando Alexi da solo. Il frontman si affrettò a seguirla, andando a prendere la sua adorata ESP mettendosela a tracolla.

“E se ce la portassimo dietro come truccatrice?” propose Ellen a Janne, appena prima di salire sul palco.

“Beh, non è una cattiva idea” ammise il tastierista, facendo scrocchiare le dita. “Qualcosa mi dice che Henkka ne sarebbe felice…”


Mi sento lusingata, sono la preferita!! XDD scherzi a parte, non ce la prendiamo Crazy_me, almeno non io... comunque direi che dopo quest'epic win non può non piacerti! XD altrimenti ci impegnamo in tutti i modi a fartela piacere hahaha xDD
buona lettura

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Capitolo 6
*** Chapter 6- In the end, I missed you ***



“Ellen, io ancora non ci credo…” esclamò con aria sognante Virginia davanti all’enorme bus nero.
“Credici invece, è tutto vero”sogghignai io. Jari, l’autista di fiducia dei ragazzi, ci accolse con calore, aiutandoci poi a caricare con ordine i bagagli.

“Coraggio, ragazzi, tutti a bordo! Abbiamo una tabella di marcia da rispettare!” non ce lo facemmo ripetere due volte, e in un attimo fummo seduti attorno al tavolino, mentre Janne tirava fuori le prime birre del tour.
Alexi alzò la bottiglia in un brindisi.
“A un grande successo, e a noi!” esclamò con un gran sorriso.
“A noi!” esclamammo prima di far tintinnare le bottiglie e cominciare a bere.

Senza quasi rendermene conto mi trovai a fissare Alexi di sottecchi. Non l’avevo detto a nessuno, nemmeno a Virginia, ma chi mi era mancato di più durante i due mesi negli Stati Uniti era stato proprio lui. Mi erano mancati i suoi modi simpaticamente arroganti, quel suo trattarmi da pari a pari, le sue cazzate, il suo narcisismo… e si, anche un po’ il suo vizio di scatenare risse, nonostante l’ultima volta l’avessi pestato per benino per togliergli la voglia di scatenarne altre. Da brava vigliacca avevo anche aspettato che si fosse appena svegliato dal sonno post sbornia per beccarlo in un momento di debolezza, che sennò mica ci sarei riuscita a picchiarlo!
In quei due mesi prima della partenza del tour avevo cominciato a vederlo in un modo diverso. Mi sembrava di accorgermi per la prima volta che era un uomo davvero affascinante, forse proprio per non averlo visto per due mesi.
Forse mi stavo innamorando di lui, chi poteva dirlo. Stiamo a vedere cosa succede, pensai, in fondo al cuor non si comanda.

***

“Sei mai stata in Germania, Virginia?” mi chiese Henkka appoggiandosi alla balaustra del traghetto, inspirando profondamente l’aria fredda e umida del mare.

“No, ma ho sempre sognato di andarci. Voi ci sarete stati un sacco di volte…”
“Si, è davvero bella, e poi si mangia bene… ogni volta che ci andiamo, ci facciamo la cura di crauti e bistecche, e ovviamente ci riforniamo di birra!!” ridacchiò il bassista. In quel mentre arrivarono Janne e Jaska con quattro lattine di birra ancora chiuse in mano, allungandone due a Virginia ed Henkka che non si fecero pregare.
Le aprirono, brindarono con un sonoro tintinnio, e cominciarono a bere tranquillamente.
“Come sta Roope?” chiese Henkka, ricordandosi che il chitarrista soffriva il mal di mare.
“Gli abbiamo dato del sonnifero… ora sta dormendo il sonno dei giusti, poveraccio!! Speriamo che l’effetto non finisca prima della fine della traversata, o ci ritroveremo a dover fronteggiare un’inondazione di vomito…”
“Jaska, potevi anche risparmiarti un paragone così disgustoso, sai?” borbottò Virginia con una smorfia schifata.

***

“Birra?”

“Uh? Ah si, grazie Alexi…” disse Ellen prendendo la lattina che Alexi le stava allungando. Guardò la marca e arricciò il naso sbuffando una nuvoletta di fumo azzurrino dopo averla aspirata dalla sigaretta. “Andiamo proprio a risparmio, eh? Una Heiniken costava troppo, se hai dovuto ripiegare su una sottomarca?”

“Oh, senti un po’ antipatica, al bar avevano solo questa, e non mi andava di intaccare troppo le nostre scorte” replicò Alexi senza offendersi.
“Ok, ok, grazie comunque” disse Ellen alzando la linguetta metallica e prendendo un bel sorso.

“Cosa farai dopo il tour?” chiese Alexi, tanto per parlare.

“Non so, sinceramente. Penso che chiederò un contratto di ricerca con l’università… per il momento non voglio pensarci. Già mi manca la Finlandia…” disse lei, guardando l’orizzonte dietro la poppa del traghetto, come se cercasse di vedere in lontananza la linea sottile della costa alzarsi dal mare: ormai però erano troppo lontani. Rimasero in silenzio, bevendo birra, fumando sigarette e osservando l’acqua scorrere sotto lo scafo in acciaio della nave.
“Ti ricordi di quella volta che siamo finiti tutti e sei in ospedale per intossicazione alimentare da cozze?” chiese Alexi, ridacchiando.

“E come dimenticarsela” ridacchiò Ellen a sua volta. “Se non sbaglio da quella volta non abbiamo più mangiato frutti di mare… giusto?”
Continuarono a chiacchierare rievocando eventi di tour passati, solo per il gusto di passare un po’ di tempo assieme.
"Sai, mi sei mancato molto mentre ero via... ogni tanto mi chiedevo come stessi, e mi pareva strano non averti in mezzo ai piedi tutti i santi giorni..." sorrise con aria complice, come a far capire che quell' "in mezzo ai piedi" era scherzoso. Anche Alexi sorrise. "E poi era così strano sentire i ragazzi del college parlare di voi..." continuò "dicevano tutti "Alexi Laiho qui, e Alexi Laiho la": mi sono accorta che la maggior parte dei fan non sa niente di voi" concluse guardando l'orizzonte. Alexi ascoltava in silenzio, desiderando che continuasse a parlare.
Forse era la birra che le faceva questo effetto, non era mai così loquace a proposito dei suoi sentimenti...
"Anche tu mi sei mancata, sai."


perdonate, capitolo un po' corto. dal prossimo già cominceranno i guai ;) buon divertimento^^

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Capitolo 7
*** Chapter 7- you talk too much ***



Arrivarono all’albergo, il Rosenplaz Hotel di Amburgo, il giorno prima del concerto, alle sei e mezzo di sera.

“Uff, non ne potevo più di dormire in autobus” sospirò Virginia stiracchiandosi.

“Dovrai farci l’abitudine, a noi ormai non fa più nè caldo né freddo” disse Henkka, passandole vicino e scompigliandole allegramente i capelli.

“No, i capelli no!! Accidentaccio a te!!” esclamò Virginia tentando di rimettere a posto i ciuffi che Henkka le aveva sparato in tutte le direzioni e iniziando a corrergli dietro. Ridendo e scherzando entrarono in albergo trascinando le valige.
Come sempre, Alexi si incaricò di andare alla reception per ritirare le chiavi.
“Allora, siamo al quarto piano. Ragazze, voi avete una camera tutta per voi… stanza B125… noi abbiamo la B126” disse consegnando la chiave a Ellen.
L’ascensore era piccolo, e dovettero fare tre giri per arrivare su tutti quanti: Jaska, Roope e Alexi, Janne ed Ellen, e infine Henkka e Virginia.
Mentre l’ascensore saliva, Virginia era nervosa.
“Speriamo non si blocchi…” mormorò incrociando le dita.
Non aveva ancora finito di dirlo, che le luci si spensero, e l’ascensore si fermò per un secondo, cominciando poi a scendere e fermandosi poi nuovamente, di scatto.

“Virginia, sei un’indovina?” scherzò Henkka per allentare la tensione, che sentì crescere fino a diventare insostenibile.
Virginia non rispose, cominciando a sentirsi male per la paura. Aveva sempre avuto il terrore di rimanere bloccata in un ascensore, e ora che era successo, si sentiva prossima alla morte. Le faceva male la pancia, e sentiva il gelo spandersi fino a paralizzarla.
“Virginia? Tutto a posto?” chiese Henkka quando non ricevendo risposta.
“Henkka… oddio… e se cadiamo??? Oddio!! Aiuto!! Tiratemi fuori!! Aiuto!!! Tiratemi fuori!!” Virginia iniziò ad agitarsi e a urlare, battendo i pugni sulla porta, in preda al panico. Henkka in un secondo vagliò tutte le possibilità per evitare che si facesse del male: tirarle un ceffone? Meglio di no, rischiava di farla diventare parte della parete. Scuoterla? Nemmeno a parlarne. Le afferrò i polsi e facendole incrociare le braccia per impedirle di muoversi la attirò a se stringendola e sussurrando frasi come “Tranquilla, ci sono io, non ti succederà niente… vedrai che andrà tutto bene, ci tireranno fuori…” Virginia tremava, a Henkka sembrava di stringere un cucciolo spaventato: ad un tratto le cedettero le gambe, ed Henkka, tenendola stretta per impedire di farsi male, la fece sedere, sistemandosi accanto a lei in modo da poterla tenere abbracciata e accarezzandole i capelli.
A Virginia, con la mente annebbiata dal panico, sembrava che il tempo non passasse mai. Sentiva il pavimento dell’ascensore muoversi e tremare minacciosamente, si aspettava di sentire da un momento all’altro il rumore dei cavi che si spezzavano o dei freni che si mollavano per farli precipitare verso il terreno e verso la morte.

***

Alexi non aveva mai visto Ellen così preoccupata. Camminava su e giù come un’anima in pena, imprecando e sacramentando in un modo che qui non è lecito riportare.
“Calmati, Ellen!!! Sono arrivati i vigili del fuoco, vedrai che fra poco li tireranno fuori…”

“Me l’hai detto anche un’ora fa, e anche due ore fa, Alexi!!!!” replicò Ellen, sull’orlo di una crisi di nervi.
“Non è Henkka che mi preoccupa, lui sa come reagire in queste situazioni… è Virginia che ha la fobia di stare chiusa in un ascensore bloccato!!!”

Proprio in quel momento arrivò un vigile del fuoco raggiante, che portava la notizia che finalmente avevano sbloccato l’ascensore. Di corsa i ragazzi si diressero verso le porte degli ascensori, rischiando di travolgere il povero vigile che aveva avuto la malsana idea di non togliersi dalla porta.

“Cosa?” disse con un sorriso tirato Henkka al vigile del fuoco che era entrato per aiutarli ad alzarsi.
“Dobbiamo già andarcene? Proprio ora che cominciavamo a divertirci…”
Henkka aiutò Virginia ad alzarsi e ad uscire: entrambi battevano le palpebre, accecati dalla luce dopo le due ore passate al buio.
“Virginia, Henkka!!!” strillò Ellen, abbracciandoli entrambi. “Come state?? Virgi, sei pallidissima!”

“Stiamo bene, tranquilla… un po’ spaventati, ma tutto bene… vero Virginia? Hei!!!” gridò Henkka, sentendo che all’improvviso Virginia era diventata un peso morto.
Per fortuna li c’era un medico, che li rassicurò prima che si scatenasse il panico. “È solo uno svenimento dovuto alla tensione, non vi preoccupate… portatela in camera, tenetela al caldo e non stressatela…”

***

Virginia aprì lentamente gli occhi. In un primo momento non riuscì a vedere niente, ma piano piano gli occhi si abituarono alla penombra della stanza. Vide una sagoma seduta sul divano (o meglio, semisdraiata), e provò a chiamarla. Tuttavia quello che le uscì dalla gola fu un pietoso mugolio: si sentiva la bocca impastata.
“Ti sei svegliata?” la sagoma si alzò rapida, e si avvicinò al letto. Era Henkka.
“Mmm… si, credo di si.”
“Come ti senti?” Henkka si sedette sul bordo del letto accendendo l’abat-jour. Virginia rimase un po’ in silenzio, cercando di rimettere in ordine i pensieri, e si accorse di avere fame.

“Se vuoi posso chiamare alla reception e chiedere che portino qualcosa da mangiare...” Virginia accettò, e mentre aspettavano cominciarono a chiacchierare.
“E così hai paura degli ascensori…” Virginia arrossì.
“Sapevi che Ellen ha paura dei ragni?” disse Henkka con tono complice. “Ne ha un terrore nero! Pensa che una volta mentre eravamo in tour, ci siamo trovati a bordo un passeggero clandestino, un ragno di quelli col corpo piccolo e le zampe sottili, lunghe così… una cosa enorme” disse accennando con le dita a un cerchio di più di una decina di centimetri di diametro “ed Ellen se lo è trovato che le zampettava allegramente sul braccio. Non ti dico, ha cacciato uno di quegli urli! Ha cominciato ad agitarsi e a strapparsi di dosso i vestiti urlando “i ragni!! Aiuto, aiuto!!” sembrava un’indemoniata, ti giuro… Si è calmata soltanto quando Janne si è armato di una ciabatta e lo ha spiaccicato.”
“Non lo sapevo… non me lo ha mai raccontato” disse Virginia, ridendo di gusto.
“Ti credo, non ci fa certo una gran bella figura! Sai, lei è come Alexi, sotto sotto: ci tiene moltissimo, anche se forse non se ne rende conto, a mantenersi una certa reputazione di persona coraggiosa…” ridacchiò, al pensiero della cugina “alle volte è davvero troppo mascolina: preferisco le ragazze più femminili. Con i capelli lunghi, per esempio, e che magari usino delle magliette un po’ scollate...” Virginia rise: in effetti Ellen portava i capelli corti acconciati in tagli assurdi, e non si sarebbe messa una maglia scollata nemmeno se ne fosse andato della sua vita, per non parlare di abiti attillati o pantaloni a vita bassa.
Proprio in quel momento bussarono. Era il cameriere, che aveva portato un pasto leggero “con le più sentite scuse per l’increscioso incidente e i migliori auguri alla signorina perché si ristabilisse a breve” del direttore.
C’era minestra d’orzo e verdure, insalata di pollo, pane e macedonia di frutta con il miele, più una fetta di dolce sacher.
“A proposito, quanto tempo ho dormito?” chiese prima di portarsi alla bocca un cucchiaio di minestra.
“Tre ore” rispose il bassista guardando l’orologio “ora sono le nove e mezzo di sera. Quando hai finito se vuoi scendiamo in giardino a fare una passeggiata… gli altri sono tutti che aspettano di sapere come stai.” Henkka attese che finisse di mangiare, in silenzio, poi le tolse il vassoio e la aiutò ad alzarsi. Virginia barcollò e dovette appoggiarsi a Henkka per stare in piedi.
“Tutto… tutto a posto” lo rassicurò Virginia, recuperando l’equilibrio.
Tuttavia Henkka non le lasciò il tempo di staccarsi da lui, e avvicinò pericolosamente il viso a quello di Virginia.
“Henkka, che cosa fammmhh?? Mmm…” Henkka infatti aveva incollato le sue labbra a quelle di Virginia, senza la minima intenzione di staccarsi.

“Henkka… che… che fai??” sbottò arrossendo fino alla radice dei capelli.
“Beh, mi pare ovvio, no? Ti bacio…” fece Henkka, logico.
“Ma…”
“Non… non vuoi?” Henkka divenne serio, ma comunque non accennò a liberarla dall’abbraccio.
“No, non è che non… si, ma così…” mentre Virginia balbettava in preda all’imbarazzo (Henkka non poteva saperlo, ma Virginia non aveva mai avuto un ragazzo) Henkka la fissava con uno sguardo azzurro e intenso.
“Tu parli troppo…” sussurrò prima di baciarla di nuovo, e non certo a stampo.



hahahahah, darkdancer carissima, ecco il capitolo tanto atteso!! è stato un parto, ma ce l'ho fattaaaaaaa XD
crazy_me: beh, sono passati due mesi dall'incidente, si sarà pure un minimo rimesso... oltretutto ho fatto apposta a non lasciargli ferite di alcun genere a parte qualche botta sulle gambe in modo che potesse camminare^^ le dita non ci mettono molto a sistemarsi, tutto sommato Jaska deve fare un po' di attenzione quando respira troppo forte e a non muovere troppo la testa ;)

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Capitolo 8
*** Chapter 8- Fear of Spiders ***



“Perkele” bofonchiò Ellen agguantando una bottiglia e prendendo un lungo sorso. “Uff, ora va meglio” sospirò quando l’alcool le arrivò nello stomaco.

“Sei stata brava, Ellen” disse Jaska, battendole amichevolmente una mano sulla spalla “non hai fatto errori. Sono fiero di te.”
Erano appena scesi dal palco, e Virginia aveva allungato ai cinque delle bottiglie di birra che in meno di due minuti erano state svuotate e gettate via, sostituite subito da altre piene che vennero svuotate anch’esse.

“Date da bere agli assetati…” ridacchiò Jaska, ben sapendo che sul palco avevano teoricamente già bevuto a sufficienza… però la cosa sembrava non avere la minima importanza, e infatti nel giro di dieci minuti erano già tutti e cinque intenti a sorseggiare la terza o la quarta birra. Contando quelle bevute sul palco, dovevano essere alla settima, o forse all’ottava. Circa.
Jaska e Virginia dopo essersi scambiati un’occhiata complice li obbligarono tutti a fare la doccia, non desiderando dormire in un bus trasformato in camera a gas dallo sgradevole lezzo di sudore emanato da quei cinque.
Ellen dopo essersi lavata si buttò subito nella cuccetta cominciando a ronfare, messa k.o dalla stanchezza e dall’alcool, seguita poco dopo da Alexi, poi da Janne, da Henkka che si addormentò stringendo fra le braccia Virginia, e da Roope. Jaska fu l’ultimo a cadere fra le braccia di Morfeo.
Beh, pensò, almeno domani non dovremo fare i conti con il mal di testa...
In meno di un’ora e mezza, erano tutti profondamente addormentati, nonostante solitamente passassero la notte in bianco a bere per festeggiare.

***

Stranamente la mattina successiva fu Alexi ad alzarsi per primo, lui che di solito era l’ultimo.
Si tirò in piedi, senza più voglia di dormire e con una gran fame, perciò scese al primo piano del bus con indosso soli i pantaloncini, aprendo svogliatamente gli sportelli della credenza in cerca dei SUOI biscotti, quelli con le gocce di cioccolato. Imprecando salì su una sedia, e in precarissimo equilibrio (avevano viaggiato tutta la notte e anche ora l'autobus era in movimento) frugò sul fondo dello scaffale, ripescando il sacchetto da dietro i vari pacchetti di quelli al cioccolato di Jaska, e quelli alla panna di Janne e Roope.
Si preparò il caffè, e mentre sgranocchiava i biscotti scese anche Henkka.
“Buongiorno… già in piedi?”

“Ciao… si, non avevo sonno, sarà che ieri non abbiamo fatto baldoria…” replicò Alexi, sorseggiando il caffè.

“Suppongo di si.” Anche Henkka si preparò il caffè, e cominciò a berlo nero, senza zucchero.

“Come fai a berlo senza zucchero per me resta un mistero…”

“Ci si abitua… mi dai un biscotto?” Alexi spinse verso l’amico il sacchetto, ed Henkka vi pescò tre biscotti.

“Avevi detto uno!”

“Oh, che rompiscatole che sei! Sono solo tre, avanti…”

“Si, ma sono i miei biscotti!”

“E va…..” vennero interrotti da un urlo che nulla aveva di umano, che si propagò per tutto l’autobus. L’urlo si ripeté nuovamente, e Jari, gridando un “che cazzo succede????” accostò sulla corsia di emergenza, mentre Alexi ed Henkka correvano di sopra.
Trovarono Ellen in preda allo shock e al panico che indicava tremante dalla cuccetta di Janne che la stava tenendo stretta, qualcosa che pendeva da un lungo filo attaccato alla cappelliera sopra la sua cuccetta, dondolando.

“Ma che ca…”

“UN RAGNOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò Ellen con tutto il fiato che aveva in gola, assordando Janne. Alexi si avvicinò allo strano oggetto, accorgendosi che era il pupazzetto di un ragno, uno di quelli di plastica dura, schifosamente grosso e ancora più schifosamente realistico legato a un filo bianco. Ebbe un brivido di disgusto osservando gli otto occhi e i piccoli denti velenosi. Slegò il filo dalla cappelliera, tendendo l’orribile pupazzo davanti a se tenendolo il più lontano possibile dal corpo, quasi temendo inconsciamente che quello schifo potesse prendere improvvisamente vita.

“È finto, Ellen… non devi aver paura, qui c’è qualcuno che si diverte a fare scherzi idioti” disse storcendo il naso e cercando qualcosa per nasconderlo alla vista della ragazza. Non trovando niente, aprì uno dei finestrini alti per il cambio dell’aria per gettarlo fuori dall’autobus.
Ellen si era ripresa sorprendentemente in fretta, e alla paura era subentrata la rabbia.

“Chi. È. Stato. Lo. Voglio. Sapere” disse scandendo bene ogni parola e scoccando a tutti delle occhiate assassine. Silenzio.
“CHI CAZZO è STATO!!!!!??????”

“Sono stato io…” disse Henkka, piano. Se lo sguardo potesse uccidere, direi che Henkka ora sarebbe spacciato… pensarono tutti quanti. Ellen lo fissò in silenzio per qualche secondo, poi si alzò di scatto e gli riversò addosso una furia al calor bianco.

“Bastardo, stronzo!! Lo sai bene che io ho il terrore dei ragni!! Brutto bastardo, volevi uccidermi?? Eh?? Maledetto coglione, sai che paura ho preso????”

“Mi dispiace… non pensavo che ti saresti spaventata così tanto…” borbottò Henkka, diventando lievemente rosso.

“Ti dispiace????? Ti DISPIACE?????” ululò, furibonda. La testa di Jari sbucò dalla scaletta. L’autista richiamò con un cenno l’attenzione di Alexi, richiedendo spiegazione tramite un’eloquente espressione perplessa. Ellen non se ne accorse, e continuò a urlare all’indirizzo di Henkka prima di scendere la scaletta con un’ultima imprecazione.

***

Ellen fece l’arrabbiata con Henkka per quasi quattro giorni, rifiutandosi di rivolgergli la parola. Alla fine lo perdonò, facendogli giurare che “si sarebbe fatto castrare senza anestesia se l’avesse fatto di nuovo”, e l’atmosfera tornò rilassata e allegra.


rieccoci qui... ci ho messo un po' di tempo, ma ci sono XDD questa mi è venuta in mente grazie a uno scherzo molto simile che mi è stato giocato... ho perso dieci anni di vita, quella volta. buon divertimento^^

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Capitolo 9
*** Chapter 9- Midnight Swim ***



“Che facciamo? Io mi annoio!!” si lagnò Henkka, dopo essere stato battuto per la terza volta consecutiva alla playstation da Janne.

“Se tu avessi vinto, non ti staresti annoiando” lo rimbeccò il tastierista, tutto allegro. “Sei proprio una schiappa, Henkka!”
“Non è vero! è solo che ho la giornata storta” mugugno, mentre Janne se la rideva esclamando un “se, se, come no!”

“Ragazzi, guardate!! Si vede il mare finalmente!!” la voce di Ellen li indusse a voltarsi verso i finestrini panoramici, e la vista li lasciò senza fiato. Stavano correndo lungo la costa sud della Francia, che da sul Mediterraneo, e un sole incredibilmente rosso stava per tuffarsi oltre l’orizzonte, incendiando di caldi bagliori il cielo e le nubi.
Sembrava che il mare stesse per fagocitare il fulgente astro per non restituirlo mai più.
“Che… che meraviglia” mormorò Alexi, dando voce ai pensieri di tutti. L’estasi però durò poco: in meno di dieci minuti infatti il sole era scomparso, lasciando solo una linea incendiaria lungo l’orizzonte, che ben presto sparì lasciando il posto ad un astro meno lucente ma non meno bello, la Luna.

“Ragazzi, facciamo una sosta! Un paio d’ore, ok?” disse Jari, parlando nel microfono. Accostarono, e i ragazzi scesero dal pullman per sgranchirsi le gambe.
La spiaggia di Marsiglia era deserta, non si vedeva nessuno, così si tolsero le scarpe e scesero sulla sabbia, ancora tiepida.

“Mmmmmh, che meraviglia” esclamò Virginia, stiracchiandosi e muovendo con voluttà le dita nude nella sabbia.
“Secondo voi come sarà l’acqua?” domandò Janne, con un sorriso furbo. Virginia non potè fare a meno di domandarsi cosa stesse macchinando, anzi, cosa stessero macchinando, perché tutti avevano iniziato a sghignazzare, con aria complice.
“Io dico che è calda… in fondo è appena settembre…” disse Alexi, con un sorriso da un orecchio all’altro e un’eloquente occhiata a Ellen.
“Beh, di sicuro è più calda dell’acqua del Mar Baltico…” rispose lei, complice.

“Allora… MODALITà CAZZTE DI GRUPPO ON!!! TUTTI IN ACQUA!!!” urlò Henkka, e a quelle parole Alexi, Jaska , Janne, Roope, Henkka ed Ellen (si, ANCHE lei) iniziarono a spogliarsi freneticamente per poi correre verso l’acqua completamente nudi e gettando all’aria i vestiti, urlando come dei pazzi. In acqua iniziarono a schizzarsi e a saltarsi addosso tentando di annegarsi vicendevolmente.

“Dai Virginia, vieni anche tu!! L’acqua è calda!” gridò Henkka, facendole segno di venire.

“Err… no, preferisco stare qui!” gridò lei di rimando, rossa come un pomodoro e tentando di non guardare.
“Allora vengo a prenderti io!” Henkka uscì di corsa dall’acqua (vi lascio immaginare cosa stesse pensando Virginia in quell’istante….) e approfittando del fatto che la ragazza non sapeva se coprirsi gli occhi o girarsi e scappare, la afferrò, se la caricò in spalla e se la portò in acqua, senza badare ai pugni che lei gli tirava sulla schiena, urlando “mettimi giù, mettimi giù!”.
Quando l’acqua gli arrivò circa all’ombelico, ce la buttò dentro, con gran divertimento di tutti, e quando riemerse tossendo e sputacchiando tutti risero ancora di più.

“Maledetto!”

“Mi avevi detto di metterti giù, no? avanti, divertiti un po’!” replicò imperturbabile il bassista, gettandosi all’indietro e sollevando un’ondata di schizzi.
“Beh, sai, fare il bagno nuda con cinque maschi non è esattamente la mia idea di divertimento…” bofonchiò lei, cercando di non guardare nessuno.

“Ma che pittima… insomma, neanche fossimo brutti! E poi, visto uno li hai visti tutti… oltretutto te sei anche vestita, quindi rilassati e goditi l’acqua…” la rimbeccò Janne, immergendosi a sua volta. In effetti l’acqua era meravigliosamente tiepida.

“Avanti, non si può mica sempre fare i seri, no?” rise Alexi.
“Ma voi non fate mai i seri…” replicò pronta Virginia.
“Dettagli, dettagli! Non è da artisti!” esclamò allegramente il cantante.

“E poi c’è chi è peggio di te, sai?” sghignazzò Henkka, con un’occhiata eloquente all’indirizzo della cugina che lo fulminò con lo sguardo.
“Mi fa tornare in mente quella volta in Olanda… tu e Alexi eravate sbronzi marci” proseguì sempre rivolto alla cugina, incurante delle occhiate assassine che lei e il frontman gli stavano lanciando “e tu volevi correre per l’albergo in mutande… tu Alexi volevi fare lo stesso, ma completamente nudo! Per fortuna io, Jaska e Roope siamo riusciti a bloccarlo prima che uscisse dalla camera, mentre Janne è corso dietro a Ellen riacchiappandola prima che arrivasse alle scale…” concluse rivolto a Virginia, che era stata colta da un incontenibile accesso di risa.
Anche Henkka stava per mettersi a ridere, ma Ellen e Alexi (quest’ultimo gridando “banzai!!” o qualcosa di analogo) si gettarono addosso a Henkka, iniziando una lotta subacquea che terminò meno di un minuto dopo per mancanza d’ossigeno.
Ridendo e continuando a schizzarsi, tornarono alla spiaggia, dove vicino agli abiti sparpagliati trovarono degli asciugamani gentilmente portati da Jari, che aveva assistito a tutta la scena.

“Ragazzi, c’è un problema al pullman… posso sistemarlo, ma ci vorrà un’altra oretta abbondante, se non di più. Voi intanto state pure sul bus se volete, ma state attenti a non usare la tv, altrimenti mi consumate la batteria” annunciò contrito l’autista, dopo aver tentato vanamente di mettere in moto varie volte.

“Uff… che facciamo?” sbuffò Alexi, irritato per il contrattempo.

“Partita a carte?” propose Janne tirando fuori un mazzo da poker. “Niente soldi, si puntano fagioli secchi…”

“Nah, io vado a farmi una passeggiata sulla spiaggia. Chi viene con me?” solo Alexi, Henkka e Virginia si unirono a lei, Janne, Jaska e Roope rimasero in bus a giocare a poker.
Quando giunsero sulla spiaggia, si divisero, tacitamente d’accordo: Alexi e Ellen andarono a destra, Virginia ed Henkka a sinistra.

“Sono proprio una bella coppia loro due, non trovi?” osservò Ellen, camminando scalza al fianco del frontman.

“Già. Stanno bene assieme, lui biondo e lei mora… scommetto che un sacco di ragazze vorranno tirarle il collo” ridacchiò Alexi. Anche Ellen si mise a ridere, sguazzando con i piedi nell’acqua.
Arrivarono a una scogliera frangiflutti, e con cautela per non mettere i piedi in un buco ci si arrampicarono sopra, sedendosi sui grossi massi ammirando il cielo illuminato da una miriade di stelle e da una splendida luna piena.
“Guarda, quello è il Drago… e quello li è il Carro minore…” disse Alexi passandole un braccio intorno alle spalle e indicando le costellazioni.
“Le conosci? Su in Finlandia non si vedono…” osservò Ellen.

“Basta aver guardato una carta astrale. Non so se te lo ricordi, ma ne ho una appesa in camera mia…”
“Non che ci sia mai stata, sai. Non ho mai avuto il piacere” ribatté Ellen con una risatina. Alexi sorrise, e rimasero un po’ in silenzio. Per stare più comoda, Ellen si appoggiò contro la spalla del cantante, che la strinse di più.
“È così… pacifico. Sembra che il tempo si sia fermato. E il cielo… è stupendo…” sospirò Ellen, rapita dallo sfavillio degli astri.
“Tu di più.”
“Eh?” non colse subito il senso della semplice frase di Alexi, che le fu subito chiaro quando lui con tutta la tenerezza possibile la baciò sulle labbra.
“Alexi…” spiazzata, Ellen non riuscì a dire altro.
“Se… se non mi vuoi, basta che tu me lo dica. Però sappi che ti amo, Ellen” sussurrò Alexi, abbassando lo sguardo.
“Alexi” ripeté Ellen, questa volta con tono sicuro.
“Si?”
“Ti amo anche io.” stavolta fu il turno di Alexi di essere spiazzato, e riuscì soltanto a stringerla a se, accarezzandole i capelli.



e finalmente posta!! santi numi, che parto. periodo leggermente schifoso...
Crazy_me anche tu aracnofobica? XD
NB: non ho la più pallida idea di che costellazioni si vedano sulla costa mediterranea della francia, perciò se ho scritto cagate perdonatemi XD

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Capitolo 10
*** Chapter 10- Fire and wigs ***



Dopo la Francia che portò loro via più di un mese, dovevano correre rapidamente verso la Spagna dove avrebbero girato fino a metà dicembre, poi avrebbero preso l’aereo per arrivare fino a Montreal e da li avrebbero girato per il nord America fino a febbraio: da marzo a giugno poi sarebbero stati in Asia e nei paesi balcanici, e infine a luglio, come degno coronamento, avrebbero fatto l’ultima data a Tolmin, in Slovenia, in occasione del Metal Camp.

Fu durante una sosta notturna che si sfiorò la tragedia. Erano in autogrill (per risparmiare, niente albergo quando non era necessario), non molto lontano da Siviglia, tutti e sette sprofondati nel sonno più Jari che stava per addormentarsi.

Virginia si svegliò. Avete presente quando vi svegliate per un rumore che non vi accorgete nemmeno di aver sentito, però sapete che c’è stato? Ecco, accadde più o meno la stessa cosa.
Tendendo l’orecchio inizialmente non udì nulla, eppure era certa di aver sentito qualcosa… stava per riaddormentarsi, quando un lieve odore di bruciato la svegliò del tutto. Si, era proprio puzza di plastica bruciata…

“Henkka?? Henkka, svegliati! C’è qualcosa che non va…”

“Mmmm… che c’è adesso…” mugugnò il bassista, con gli occhi appiccicati dal sonno.

“Non senti questo odore di bruciato??”

L’odore stava diventando più forte, e tutti iniziarono a svegliarsi.

“Ma cos’è ‘sta puzza?”
“Cos’è questo odore di bruciato?”
“Qualcuno ha lasciato aperto il gas di sotto??”
“CAZZO!!! AL FUOCO!!!”

Una lingua di fuoco si alzò fino al finestrino, annerendo il vetro.
“Tutti fuori, tutti fuori!!” Corsero giù dalla scaletta, inciampando e finendosi addosso, e catapultandosi fuori dal bus in fiamme.
I gestori dell’autogrill corsero fuori, urlando frasi incomprensibili in spagnolo e afferrandoli per trascinarli lontani dalle fiamme.
Qualcuno arrivò con degli estintori, sparando la schiuma sotto il bus da dove partivano le fiamme, riuscendo a malapena a tenerle sotto controllo, mentre altri avevano sganciato la manichetta dell’acqua esterna e l’avevano aperta, sparando un getto d’acqua ben più efficace.

I sette, in mutande e pigiama, scalzi e infreddoliti, non poterono fare altro che guardare. Per fortuna in un brevissimo lasso di tempo arrivarono i pompieri, che provvidero a domare definitivamente l’incendio.

“Probabilmente è un… un… corto circuito” disse loro il capo dei pompieri in un pessimo inglese fortemente accentato che rendeva difficoltoso capirlo. “Stare… bene? Voi, bene?”
“Si, grazie… stiamo tutti bene…”
“Chiamo ambulanza, se volete.”
“No, grazie. Noi… noi siamo tutti a posto.”

“E ora?” domandò Alexi, tremando di freddo (aveva indosso soltanto le mutande e i calzini, fate un po’ voi…).
“Chi ha il cellulare? Dobbiamo chiamare il Grande Capo (come definivano il loro manager) per avvertirlo… e speriamo che la tappa di Siviglia non subisca ritardi!” osservò Jaska, tentando di nascondere il fatto che non aveva i pantaloni tirando il più possibile giù la maglietta.

Quella messa meglio era Virginia, che aveva indosso il pigiama completo, mentre gli altri avevano indosso solo o i pantaloni o la maglia, e nel caso di Alexi nemmeno quelli. I gestori li fecero entrare nell’autogrill, e i pompieri fornirono loro gentilmente delle tute termiche per coprirsi.
Il loro manager non la prese troppo bene.

“Alexi, se è uno stupido scherzo…”

“Cazzo, Johan! Sto dicendo sul serio!! Siamo in un autogrill, letteralmente in mutande, senza un soldo e senza documenti, e l’autobus è bruciato!!!”
“Voi come state?”

“Tutti bene… un po’ shockati, ma bene… però non sappiamo che fare…”
“Non vi muovete di li. Io prendo contatti con l’ambasciata finlandese di Siviglia, e presto arriveranno a prendervi… avrete denaro e documenti, non vi preoccupate.”

Non poterono fare altro che aspettare, osservando la carcassa del pullman che veniva smontata e messa in sicurezza dai vigili del fuoco.


Come promesso da Johan, in poche ore arrivarono due auto dell’ambasciata, con tanto di bandierine della Finlandia sventolanti sugli specchietti retrovisori.
“Ci hanno detto cosa vi è successo… che sfortunati!” esclamò l’autista della macchina in cui stavano pigiati Alexi, Ellen, Jaska e Roope.

“Già…”
“A proposito, io mi chiamo Josè… lavoro come tuttofare” si presentò.
Josè era davvero simpatico, e riuscì a tirarli su di morale con un sacco di aneddoti imbarazzanti sui vari membri di ambasciata e consolato: sembrava che nessuno avesse scheletri abbastanza nascosti perché lui non li conoscesse.

***

“Signorina, che cosa ci fanno nei corridoi dell’ambasciata dei vigili del fuoco?? C’è forse un allagamento?”

“Veramente no, signore…” rispose la segretaria senza scomporsi.

“E allora esigo che escano immediatamente da qui! Senza un motivo valido, nessun cittadino straniero può entrare nell’ambasciata…”

“Signor console, quelli sono gli sfortunati musicisti il cui autobus ha preso fuoco poco lontano da Siviglia. I vigili del fuoco sono stati tanto gentili da evitare loro l’imbarazzo di doversi presentare qui in mutande, visto che l’incendio ha distrutto oltre ai loro bagagli anche i vestiti che erano stati riposti per la notte” lo interruppe lei, senza fare una piega. Il console, spiazzato, disse solo “ah, capisco…” e rientrò nel suo ufficio, ordinandole di farli entrare.

La segretaria si alzò, e uscì dall’anticamera dell’ufficio, entrando nel corridoio dove campeggiavano i sette disgraziati, appoggiati l’uno all’altro e semi addormentati. Ellen era appoggiata ad Alexi, il quale a sua volta teneva la testa sulla pancia di Janne che era stravaccato senza ritegno sul pavimento.
“Signori, vi prego, svegliatevi. Il signor console può ricevervi ora…”
Borbottando si alzarono, e in fila entrarono nell’ufficio.

***

Il giorno seguente si svegliarono all’incirca verso mezzogiorno, contando che con tutto il trambusto dell’autobus in fiamme, poi l’arrivo al consolato e infine in albergo avevano potuto riaddormentarsi verso le cinque di mattina.
Dopo aver pranzato e aver indossato i vestiti forniti loro gentilmente dall’albergo (jeans e magliette) come prima cosa andarono in cerca di un centro commerciale per fare rifornimento di abiti, valigie, generi di prima necessità (cibo, birra e alcolici vari), telefoni e medicinali.
La cifra che spesero fu assolutamente abnorme (ringraziando il cielo sarebbe stata coperta per intero dall’assicurazione… sennò chi lo sentiva Johan!), ma alla fine riebbero tutto quello che avevano perso.
“Beh, in fin dei conti non ci è andata troppo male…” osservò Alexi, prima di bere a canna dalla bottiglia di Heiniken appena aperta. Avevano appena finito il sound check, e ora stavano seduti nel backstage aspettando che arrivassero le nove per salire sul palco. Erano in un ex teatro, riconvertito a zona concerti.

“Sarebbe potuta andare peggio… non fosse stato per Virginia che s’è svegliata, saremmo finiti arrosto…” osservò Janne, alzando la bottiglia in un tacito brindisi alla ragazza.

Indossavano tutti quanti gli abiti nuovi che stavano già provvedendo a rendere vissuti: Alexi si era rovesciato addosso la birra, Henkka si era sparso addosso briciole delle patatine, e Janne aveva già bucato la maglietta restando agganciato al chiodo sporgente di una sedia.

“Proprio non potete fare un po’ di attenzione, voialtri?” chiese ironicamente Ellen quando Jaska curiosando in giro, nel tentativo di aprire un vecchio armadio la cui porta era incastrata, la staccò cadendo all’indietro.
“Ops” sogghignò, tentando di rimetterla a posto. L’armadio rivelò contenere un sacco di cose interessanti, fra cui parrucche di tutte le fogge e colori, e travestimenti di vari tipi da uomo e da donna.
“Mmm, Alexi, attizzeresti un sacco con questo vestito qui” scherzò Janne, tirando fuori un vestito da ballerina di flamenco.
“Oh, senza dubbio! Vorresti essere il mio torero, Janne?”** replicò il frontman iniziando a ridere come un pazzo mostrando un completo nero attillatissimo ornato di alamari dorati, con tanto di cappello.
“Ho idea che quei pantaloni mi stritolerebbero il… li sotto, insomma” disse Janne portandosi le mani sul cavallo dei pantaloni con aria sofferente e scatenando un’ondata di ilarità incontenibile.
Per ridere si provarono tutti i vestiti e tutte le parrucche, e c’è da dire che risero davvero tanto, specie quando riuscirono a obbligare Roope a indossare il suddetto vestito da ballerina di flamenco con una parrucca a cresta color rosa shocking, il tutto completato dal make up di Virginia.
“Questa me la pagate!!” continuava a sbraitare il povero chitarrista, dopo che ebbero completato il trucco e il parrucco.
“Oh, avanti, Alexi non è messo tanto meglio” sghignazzò Jaska, indicando un Alexi infilato nel sopra citato vestito da torero con una improbabile parrucca verde brillante.
“Avevi ragione, Janne… stringe sotto” disse con una smorfia.
Si ritrovarono quasi a rotolare per terra dalle risate quando Alexi e Roope inscenarono una pantomima, dove il frontman era l’amato dalla “bella e dolce fanciulla” Roope, ma che in quanto povero non poteva sposarla.
si unirono ben presto anche Henkka (che faceva il padre di lei, con tanto di parruccone stile settecentesco) e Janne (che recitava come astuto migliore amico del “tanto amato quanto mai da nessuna” Alexi). Ellen, Jaska e Virginia dovevano appoggiarsi l’uno addosso all’altro per stare in piedi, da tanto stavano ridendo.
Bastava che qualcuno degli attori improvvisati aprisse la bocca, che subito tutti gli altri venivano colti da un accesso di risate, rendendo difficoltosa la prosecuzione della commedia.
Alla fine, grazie alle astuzie di Janne, che con un trucco aveva convinto il perfido zio di Alexi a cedere al nipote metà del proprio ingente patrimonio, i due amati riuscirono a sposarsi con la benedizione del padre di lei, fra le risate di tutti quanti.



e posta! non chiedetemi da dove è saltata fuori la scena della recita, perchè vi giuro non lo so xDD ma Roope infilato in un vestito da ballerina di flamenco bisogna ammettere che è proprio sexy, mmh? XD
Crazy_me: proprio così, ho preso spunto proprio da quel video xD
** si, lo so, è un doppio senso orribile XD

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Capitolo 11
*** Chapter 11- Merry Xmas ***



“È la prima volta che passo il Natale fuori di casa… è un sacco di tempo che siamo in giro” osservò Virginia, mentre giravano per le vie di Madrid.

“Hai ragione” rispose Ellen, un po’ soprappensiero. Erano in cerca di un regalo per i ragazzi, e ne stava cercando uno speciale per Alexi, ma non aveva trovato niente che le piacesse.

“Voglio dire… Ellen, insomma! Mi ascolti? Dicevo, non ti manca la Finlandia? Mi sembra di essere un’esiliata… non che ci sia qualcosa di brutto, solo che ho nostalgia di casa… tu no?”

“Beh, si. Anche a me manca molto casa, però io sono abituata a questa vita da molto più tempo di te. ho cominciato a viaggiare con i Children da quando Henkka è entrato nella band… sai, dopo ci si abitua. Anzi, quando stiamo a Helsinki per molto tempo, mi sembra strano non dover dormire in albergo o in autobus, non cambiare città praticamente ogni giorno... però Helsinki è pur sempre Casa.” Virginia annuì.

“Ti è venuta qualche idea per il regalo ad Alexi?” Ellen scosse la testa, sconsolata.
“No… uffa, non so cosa regalargli, e Natale è fra tre giorni!” sbuffò.
“Potresti prendergli un braccialetto, come ho fatto io, no?” propose Virginia.

“No, ne ha già abbastanza… una collana? Non è il tipo… un cappello forse, a lui piacciono.”
“O una sciarpa… o che ne dici di un peluche?”
“Ma dai, non è il tipo! La sciarpa andrebbe bene, ma un pupazzo?” replicò Ellen ridendo.

“Beh, hai ragione” ridacchiò Virginia.
“Una sciarpa e un cappello con un ricamo? Hei, mi piace questa idea! Bella, ho deciso!” esclamò di punto in bianco Ellen, entrando con piglio deciso nel primo negozio di cappelli che trovarono.

***

“Stanza 206, Virginia ed Henkka. Stanza 207, Roope, Janne, Jaska. Stanza 208, Jari. Stanza 209… io ed Ellen” elencò Alexi consegnando le chiavi delle stanze. “Siamo stati fortunati, ci sono state un sacco di persone che hanno disdetto, quindi possiamo prendere un paio di camere in più…”
“Facciamoci una doccia e riposiamoci un po’ prima di dare il via alla festa… ricordatevi, ore 21.00, puntuali!” esclamò Henkka, fregandosi le mani al pensiero delle cibarie e dell’alcool in quantità che li aspettavano.

Alexi ed Ellen entrarono in camera, ed Alexi si buttò sul letto a pancia in giù, stiracchiandosi voluttuosamente.

“È un sollievo distendere le gambe dopo averle tenute piegate sui sedili tutto il tempo, non trovi?” esclamò, quando Ellen si sedette sul bordo del letto.

“Concordo pienamente…” disse lei cominciando a massaggiargli i muscoli contratti del collo e delle spalle, premendo con forza con i pollici.

“Mmm… sei bravissima, lo sai? Avresti dovuto fare la massaggiatrice” sospirò Alexi chiudendo gli occhi. “Se ti togli la maglia, posso anche estendere il massaggio… che ne dici?” Alexi non se lo fece ripetere due volte, e gettò la maglietta sul pavimento.
Ellen sorrise vedendo quanto Alexi si stesse rilassando: le parve quasi di sentirlo fare le fusa, come un grosso gatto giallo. Il cantante mandò un gemito quando le dita di Ellen raggiunsero un punto in cui i muscoli erano particolarmente contratti, ma subito si rilassò nuovamente quando la pressione e il movimento sciolsero i nodi di tensione. Stava decisamente andando in brodo di giuggiole.
“Ora non ti scandalizzare, ma devo salirti sopra per applicare una pressione maggiore…”

“Scandalizzarmi? Oh, figurati… piuttosto, non hai caldo?” replicò Alexi con un sorriso sornione. Ellen gli appioppò un lieve scappellotto sulla nuca, sorridendo a sua volta.
Sorprendendola, Alexi si girò sotto di lei, facendola finire sdraiata su di lui.
“Bacio?” chiese, sempre con quel suo sorriso seducente e intrigante. Lei non si fece pregare, e unì le sue labbra a quelle tenere del cantante. Ben presto il bacio divenne più profondo, e le lingue iniziarono a lottare.
Ben presto le mani di Alexi si infilarono sotto la maglia di Ellen, stringendo i fianchi e correndo poi lungo la schiena. Le rotolò sopra, e la guardò intensamente.
“Ellen… se non vuoi non ti obbligo…” mormorò abbracciandola. La ragazza poteva sentire il suo desiderio attraverso la stoffa dei pantaloni.
Prima di rispondere fece un profondo respiro, e si morse le labbra.
“Io… ho un po’ di paura” mormorò all’orecchio di Alexi “però… penso che sia giusto se… se lo facciamo. Dopotutto, è normale, no?” concluse con un lieve sorriso.
Anche Alexi sorrise, e la baciò teneramente. Da li in poi, cominciò l’intima esplorazione reciproca, tenera e frenetica al tempo stesso, dettata da un desiderio spasmodico di unione che Ellen non aveva mai provato per nessuno. L’unico momento in cui si separarono fu quando Alexi si alzò per prendere un profilattico, ma fu una separazione di brevissima durata.
Vennero interrotti dal bussare alla porta di Henkka che era venuto a chiamarli.
“Va’ via!” gridò Alexi, talmente perentorio che il bassista non poté fare altro che andarsene.
I sospiri, i gemiti e gli ansiti si intrecciavano e si rincorrevano nell’aria ferma.
Giunsero insieme al culmine, chiamandosi a vicenda.
“Ti amo” sussurrò Alexi, tenendola stretta a se.
“Ti amo anche io” disse Ellen, accoccolandosi contro il suo petto. Appagati, scivolarono nel sonno, tenendosi stretti.

***

“E mi dici che Alexi ti ha urlato di andartene?” sghignazzò Janne, già notevolmente in la con il tasso alcolico, prima di bere un lunghissimo sorso di birra.

“Esatto… sembrava anche parecchio incavolato” rise Henkka a sua volta, bevendo dalla bottiglia di vodka. Nemmeno lui poteva definirsi esattamente sobrio…
“O forse semplicemente non voleva essere interrotto…” quest’ultima constatazione maliziosa di Virginia scatenò una risata.
"Beh, un po' lo invidio..." ammise Henkka, con un'occhiata piuttosto esplicita a Virginia, che scandalizzata gli appioppò un ceffone sul braccio.
"Ahia! accidenti, non si può nemmeno scherzare!" esclamò Henkka, senza prendersela troppo.

***

Ellen si svegliò, con un brivido di freddo. Alexi, accidenti a lui, si era fregato le coperte. Allungò una mano, cercando a tentoni la coperta e il corpo caldo del ragazzo, con un mugugno.
“Ti sei svegliata? Scusa se ti ho scoperta, non sono abituato a dormire con qualcuno… in un letto matrimoniale, intendo” disse Alexi, coprendola subito e attirandola a se.
“Accidenti, sei gelida!” esclamò con un brivido, senza però accennare a staccarsi da lei.

“Beh, ci credo… mi hai lasciata scoperta per… quanto tempo?” ridacchiò Ellen, toccandolo vendicativa con i piedi freddi.
“Oh, non lo so… un bel po’ temo” rispose Alexi con un sorriso spostando le gambe. Tuttavia ben presto il corpo di Ellen cominciò a scaldarsi, chiuso com’era nel bozzolo caldo di coperte e carne.

“Ho fatto un brutto sogno…” mormorò Alexi, carezzandole il viso, seguendo con un dito la linea delle sopracciglia.
“Vuoi raccontarmelo? Andrà via, se lo racconti…”

“Beh… ho sognato che… che te ne andavi. E che io rimanevo solo. Per questo ti ho scoperta, volevo guardarti e… assicurarmi che tu ci fossi ancora” disse piano Alexi, portandosi, dopo vari contorcimenti, la mano di lei sul cuore. Aveva il battito leggermente accelerato.
“Perché me ne sarei dovuta andare? Non ha senso…”
“Oh, beh, è vero. Però i sogni di solito non hanno senso, no?” replicò Alexi, logico. “Comunque sia, quel sogno senso o non senso mi ha lasciato addosso l’ansia” concluse tenendola stretta a se.

“Beh, io sono qui, e non scappo” sussurrò Ellen. Alexi le baciò la fronte, e seguì col dito la linea delle sopracciglia, poi del naso, e delle labbra, passando poi sulla giugulare e sulla clavicola.

“Si staranno divertendo, gli altri” osservò Ellen indifferente.
“Oh, ma ci stiamo divertendo anche noi, no?” ridacchiò Alexi baciandola. “Oh, che stupido, me ne stavo dimenticando!” esclamò, divincolandosi dalle coperte e alzandosi dopo aver acceso la luce per cercare la sua tracolla. Ne estrasse un pacchetto, e tornò a infilarsi sotto le coperte.
“Per te… buon Natale” disse con un bacio.
“Oh, aspetta, anche io ho un regalo per te” esclamò Ellen alzandosi e prendendo il pacchetto.

“Apri prima tu” disse Ellen, tendendogli il pacchetto.

“Nossignora, prima tu” replicò Alexi.

“No, tu.”

“Niente da fare, lo apri prima tu!”

“Ma se te l’ho chiesto prima io??”

“Non importa, voglio che lo apri prima tu!”

“Uffa, apriamoli assieme allora!”

“E va bene…” Ridendo aprirono i due pacchetti, e ci fu una doppia esclamazione di gioia nel vederne il contenuto.
“Il cd Symphony of Enchanted Lands!!” esclamò Ellen, stringendoselo al petto.
“Un cappello con il ricamo!!!” esclamò Alexi, ficcandoselo in testa, nonostante l'effetto risultasse vagamente ridicolo visto che era completamente nudo.
“Grazie, è fantastico!” esclamarono all’unisono. Si fissarono interdetti per un attimo, poi scoppiarono a ridere.
Ci misero un po’ a smettere, e quando si furono calmati rimasero parecchi minuti a riprendere fiato.

“Grazie” disse Ellen, interrompendo il silenzio. “Era quello che mi mancava per averli tutti… grazie.”

“Grazie a te...Il cappello è fantastico, è come quelli che piacciono a me… dove hai fatto fare il ricamo?” sul fronte infatti spiccava in rosso la scritta “CoBHC”.

“Nel negozio dove l’ho preso. Sono contenta che ti piaccia… buon Natale” replicò con un sorriso.
Sul viso di Alexi si dipinse un sorriso sornione, che lentamente divenne lascivo.
“Oh, si, è decisamente un buon natale…” mormorò, avvicinando nuovamente le sue labbra a quelle della ragazza.



e un'altra delle cose da scrivere in lista è stata scritta. e ce ne sono ancora parecchie! ^^ speriamo che il capitolo vi piaccia... Sinceramente, non so se modificare il tag... dopotutto, la scena di sesso non è esplicita, ma comunque, non so. un consiglio è gradito XD
detto ciò, mi rituffo nella scrittura u.u au revoir!

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Capitolo 12
*** Chapter 12- Montreal ***



“Benvenuti a Montreal, signore e signori” disse Alexi con un sospiro di sollievo.

“Ho fame!” si lagnò Henkka.

“Tu hai sempre fame” lo rimbrottò Janne.

“Devo crescere” replicò con un sorriso sornione il bassista. Virginia gli appioppò un colpo sulla pancia:
“Vedi di non crescere qui, sei già grasso abbastanza” scherzò.

“Antipatica, io non sono grasso…” disse attirandola a se e schioccandole un bacetto sulla guancia “ma comunque… ho fame!”

In realtà Henkka non era l’unico ad avere un buco allo stomaco, tutt’altro! Così decisero di infilarsi nel primo Mc Donald che trovarono e di riempirsi per bene lo stomaco.

“Ragazzi, ho capito che vi piacciono le sorprese degli Happy Meal, e ho capito che vi piace Dragon Trainer ma… dovevate proprio prenderli? Insomma, la commessa vi ha guardato stortissimo…” ridacchiò Virginia, vedendoli giocare come bambini con i modellini di drago.
Henkka e Janne avevano ingaggiato una furiosa battaglia fra il drago a due teste del primo e il drago elettrico del secondo: dopo poco si era aggiunto anche Alexi con il suo drago nero, quello con i denti retrattili, in aiuto di Janne per riequilibrare la situazione.

In pullman si buttarono tutti a dormire, cercando di recuperare un minimo di sonno, e l’ora di svegliarsi arrivò anche troppo presto.
“Uffa… domani voglio dormire come minimo tutto il giorno” borbottò Roope sfregandosi gli occhi mentre accordava la chitarra.

“Almeno Johan non è stato tanto stronzo da non farci dormire in albergo… dopo il concerto, non mi sveglieranno neppure le cannonate” biascicò Janne con uno sbadiglio, con la testa che ciondolava sulla tastiera.

“Ragazzi, vi ho portato dei caffè, c’è una macchinetta in corridoio…” Jaska entrò, reggendo su un vassoio di cartone di una pasticceria che avevano saccheggiato dei bicchieri di plastica traboccanti del liquido scuro e amaro.

“Se sul palco mi addormento, tiratemi un pizzicotto…” borbottò Ellen, prima di ingollare il caffè e di ficcarsi in bocca un bignè al cioccolato.

“Faremo schifo, me lo sento…” gemette Henkka, constatando le condizioni del resto della band.

Considerando come erano messi, non andarono affatto male, anzi. Alexi si lasciò scappare un paio di sbadigli, ed Henkka steccò un paio di note, ma per il resto andò tutto bene.
Fecero appena in tempo ad arrivare in albergo e a salire nelle camere, che crollarono sui letti addormentandosi all’istante.

***

Il giorno seguente mentre correvano a tutta birra verso Toronto, erano tutti in stato comatoso profondo. Se ne stavano tutti e sette sdraiati sulle cuccette a sonnecchiare o dormire, scambiandosi qualche parola di tanto in tanto, mangiucchiando patatine, caramelle e schifezze varie o bevendo birra: l’atmosfera era quella sonnacchiosa di un pueblo messicano durante la siesta di mezzogiorno, anche se erano le nove di mattina.

“Ho voglia di una sigaretta” borbottò Janne cercando il pacchetto di Winston che fumava quando non aveva balle di girare. Si tirò svogliatamente a sedere per accenderla, poi si buttò di nuovo disteso tirando ogni tanto.

“Cazzo… se Roope non la smette di russare gli tiro un anfibio” borbottò Henkka afferrando come promesso un pesante stivale.
“Hai tutta la mia approvazione” mugugnò Ellen con la faccia sepolta sotto il cuscino e facendo il pollice recto.
Alexi, che stava sonnecchiando nella sua branda infagottato in una coperta, aprì svogliatamente un occhio per seguire la scena girando la testa.
Il chitarrista, beatamente addormentato e ignaro dei complotti che venivano orditi contro la sua vita, continuava pacificamente a russare come un trattore, con la bocca spalancata. Strabuzzò gli occhi e lanciò un grido (di sorpresa più che di dolore) quando l’anfibio di Henkka lo colpì sulla coscia, strappandolo dal mondo dei sogni.

“Ma che cazzo!! Chi è stato!?”

“E se non la pianti di russare, quanto è vero che mi chiamo Henkka Seppala giuro che ti tiro anche l’altro!!” inveì il bassista, girandosi dall’altra parte per addormentarsi.

“Fanculo Henkka! Adesso ti ammazzo!” il chitarrista afferrò il proprio cuscino, e si alzò con l’intento di abbatterlo con violenza sul disturbatore del suo sonno.

“Ma sei scemo??” ululò Henkka, afferrando a sua volta il suo cuscino e cominciando a menare gran colpi contro Roope, che si difendeva gagliardamente dagli assalti dell’altro con la forza di chi ha ragione e cerca vendetta.
Ben presto anche gli altri si unirono alla lotta, prendendosi a cuscinate in una mischia furibonda dove tutti erano contro tutti.

“Ha- ha!! Ben ti sta, marrano!” gridò Roope quando il suo cuscino colpì in testa Henkka, ma non fece in tempo a gioire del suo successo che Ellen gli tirò un colpo sulla schiena. Roope si voltò colpendola di lato, dedicandosi poi a Janne che l’aveva preso di mira.
La battaglia infuriò per una mezz’ora, fino a quando tutti quanti non si arresero contemporaneamente, stanchissimi.

“Che ne dite di un caffè?” propose Virginia per calmare definitivamente gli animi.

“Per me corretto col whisky…” mugugnò Alexi, di nuovo con la vitalità di uno zombie e la stessa velocità di movimento.

“Ho capito, bello forte e senza zucchero né latte…” ridacchiò Ellen, scendendo per prima la scaletta.

***

“Uh, ragazzi, siamo alle cascate del Niagara!!” Alexi era eccitato come un bambino, e aveva ripetuto questa frase come minimo una cinquantina di volte mentre erano in coda ad aspettare il loro turno di salire su una delle due barche gemelle “Maid of the mist” che li avrebbe portati sotto la cascata americana e poi al centro del ferro di cavallo formato da quella canadese. La gita non era programmata, ma c’era bisogno di farlo sapere a Johan? Avrebbero giustificato la benzina in più e l’eventuale ritardo con la storia di una qualche chilometrica coda.

“Potresti ripetere Alexi? Sai, non abbiamo capito” lo prese in giro Jaska, scatenando un coro di risate. Passarono nel casotto dove distribuivano gli impermeabili blu, e li indossarono per poi salire sulla barca.

“Si parteeeeeee!!” l’entusiasmo di Alexi alla fine contagiò tutti. Nonostante stessero schiacciati come sardine, fremevano per l’impazienza di avvicinarsi alle maestose cascate con la maggiore portata d’acqua al mondo.
“Guardate, quella è la cascata statunitense!!” urlò Janne per farsi sentire sopra il frastuono dell’acqua e dei motori diesel della barca. La cascata era dritta, e l’acqua cadeva da un’altezza da brivido schiantandosi sui massi sparsi che sporgevano dalla parete e formando non uno, ma due arcobaleni. Passata la prima, si diressero senza esitazione verso il centro del ferro di cavallo della cascata canadese: più si avvicinavano, più diventava difficile vedere oltre il parapetto della barca, a causa dell’immensa quantità d’acqua nebulizzata nell’aria.

Quando scesero dalla barca erano ormai le sei di sera, e decisero di andare a dare un’occhiata all’Hard Rock Cafè.

Janne (che da bravo furbo aveva tenuto il cappuccio dell’impermeabile abbassato) si stava strizzando i capelli, lasciando una scia di goccioline sull’asfalto e infradiciandosi abbondantemente la maglietta già umida, tanto che decise di togliersela e mettersi quella che aveva appena comperato.
“Dove andiamo a cenare?” disse Henkka grattandosi il mento leggermente ispido di barba.

“Che ne dite di mangiare qui all’Hard Rock? Fanno dei panini col pollo da bave… e fanno anche insalate con pollo e crostini di pane, patatine e altre cose buone…” propose Virginia. La proposta venne accolta con favore, e tutti salirono al ristorante, dopo aver lasciato borse e borsette sul bus.

***

“Ragazzi, non per dire… ma da quanti giorni non vi fate la barba?” domandò Ellen, osservando con occhio critico le facce dei ragazzi.

“Mmm… tre giorni? Si, tre giorni circa” rispose Janne grattandosi pensoso il pizzetto. “Hai ragione, dovremmo rasarci… abbiamo della schiuma e delle lamette da barba in bus?”

“Si, abbiamo un paio di bombolette di schiuma… e anche un pacchetto da dieci lamette usa e getta, sono in quel cassetto se non sbaglio” intervenne Jaska.

“Ragazzi, non vorrete rasarvi qui spero” obbiettò Virginia.

“Perché no?” chiese Henkka guardandola perplesso.

“Perché… non avete nemmeno l’acqua! E poi sporchereste in giro… non potete aspettare che arriviamo in albergo?”

“Virgi, dovresti conoscerli abbastanza per sapere che lo faranno comunque” ridacchiò Ellen, mentre già Roope aveva tirato fuori la prima bomboletta e l’aveva lanciata ad Alexi che l’aveva afferrata al volo esibendosi in una parata semi acrobatica.
“Hai uno specchietto?” chiese il frontman a Virginia, ignorando le sue obiezioni e iniziando a spalmarsi la schiuma sulle guance.

Passandosi lo specchietto e aiutandosi a vicenda, in breve furono tutti e cinque rasati di fresco, e si pulirono con dei fogli di carta scottex. Naturalmente avevano sporcato magliette e pantaloni, per non parlare dei sedili…
“Dai ragazzi, buttate qui tutto, che alla prima sosta buttiamo via” disse Ellen facendo girare un sacchetto di plastica.



e posta. santi numi che parto. ultimamente l'ispirazione sta andando a battere! colpa della scuola -.-' mi prosciuga tutta la voglia di scrivere... spero vi piaccia^^

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Capitolo 13
*** Chapter 13- Vodka, what else? ***



“Uffa, ma quanto ci mettono??” sbottò Virginia guardando l’orologio. Come al solito quei cinque scioperati erano gli ultimi a scendere dalla camera, perché si erano presi all’ultimo minuto per fare le valigie.

“Sono ritardatari cronici” sbuffò Ellen, constatando che il ritardo aveva abbondantemente superato la mezz’ora.

“Ellen… quei due, è da un po’ che ci fissano…” sussurrò Virginia, abbassando improvvisamente la voce e lanciando una furtiva occhiata alla sua destra. In effetti era da un pezzo che due uomini le stavano fissando, scambiandosi ogni tanto qualche parola. Quando si accorsero che le due ragazze li avevano notati, si avvicinarono.

“Salve, aspettate qualcuno per caso?” chiese il più basso dei due. Sembrava cortese, ma qualcosa nel suo tono di voce mise subito le due sul chi vive.

“Si, stiamo aspettando i nostri fidanzati” rispose pronta Ellen, facendo correre lo sguardo verso la scala.

“Ah si? E vi lasciano qui sole solette? Che razza di maleducati” sghignazzò il secondo, notevolmente più alto.

“Su, che ne dite di venire con noi? Vi teniamo compagnia…”

“No” lo interruppe Virginia nervosamente “preferiamo aspettarli qui, grazie…”

“E, per curiosità, chi sarebbero?” sghignazzò quello basso.

“Siamo noi, brutto stronzo!! Tieni giù le mani da loro!!” la voce di Alexi fece girare i due molestatori, che si trovarono davanti lui ed Henkka notevolmente alterati e prossimi ad esplodere. Gli altri dovevano essere ancora per le scale.
“Oh, ma guarda! Alexi Gay- o” rise quello alto, riconoscendolo.
“Ci avete detto una balla allora, lo sanno tutti che lui è gay…”

Quello basso si ritrovò la testa girata di lato da un gancio destro di Alexi. L’altro dopo pochi istanti si trovò a dover schivare un montante di Henkka, e in pochi attimi la hall dell’albergo divenne un ring da boxe, dato che alla rissa si unirono alcuni amici dei due molestatori e dopo pochi istanti Janne e Roope, seguiti quasi subito da Ellen.

***

“Ahia!!”

“Accidenti, Alexi, sta’ fermo, o non riuscirò a disinfettarti!”

“Ma brucia!!” si lagnò il frontman, con la testa reclinata all’indietro.

“Oh, piagnucolone, sii uomo! È solo un po’ di acqua ossigenata!” lo rimbrottò Ellen versandogli il disinfettante sul taglio che aveva sulla fronte in modo che non gli finisse sugli occhi. Quando l’acqua ossigenata ebbe finito di sfrigolare e ribollire, gli mise un tampone di garza sterile sul taglio e lo fermò con dei cerotti.
“Ecco qui, scemo… ci voleva tanto?” ridacchiò dandogli un bacio sulle labbra prima di passare l’acqua ossigenata a Virginia.

“Dovevate proprio scatenare la rissa?” commentò per l’ennesima volta Virginia, apprestandosi a pulire le ferite del suo cavaliere.

“Oh avanti, le risse sono divertenti… anche Ellen si è divertita, sono pronto a scommetterci una mano” sghignazzò Janne premendosi il ghiaccio sul livido che gli si stava formando sulla guancia.

“Spero tu non mi voglia picchiare come l’altra volta…” disse Alexi facendo gli occhi dolci da cane bastonato.
“Te lo meriteresti… ma non lo farò” replicò lei baciandolo di nuovo.

“Questa se non sbaglio è la rissa numero 20, giusto? Peccato non averci potuto partecipare” disse Jaska pensieroso, prima di mandar giù un copioso sorso di birra. “Uffa, ma perché la birra finisce sempre…” borbottò accorgendosi di averla finita tutta in scivolata.

“La birra è una cosa bella della vita, e le cose belle durano poco” replicò Roope, filosofico. “Vi ricordate quando abbiamo bevuto assieme ai Korpiklaani, al Wacken? Loro si che sono Bevitori con la B maiuscola! Ci sono voluti quasi due litri di birra e mezzo litro di vodka a stendere Jonne**, quella volta!”

“Io mi sono fermata a un litro e mezzo di birra e a mezzo litro di Jack Daniel’s” ridacchiò Ellen.

“Vodka, vodka, vodka!” esclamò Henkka, citando l’omonima canzone dei Korpiklaani.

“Dai, Alexi, canta! Noi ti facciamo da seconda voce!!” esclamò Jaska improvvisamente ispirato, e il frontman non si fece pregare, mettendosi a cavallo dello schienale del sedile di fronte al suo.

“Ok!! Allora, al mio via Henkka da l’attacco, e poi iniziamo a cantare!! Tre, due, uno, via!”

“Vodka, Vodka, Vodka! Yeah!”
“Vodka!”
“You’re feeling stronger!”
“Vodka!”
“No more feeling bad!”
“Vodka!”
“Your eyes are shining!”
“Vodka!”
“You’re the real man!”
“Vodka!”
“Wipes away your tears!”
“Vodka!”
“Removes your fears!”
“Vodka!”
“Everyone is gorgeous!”
“Vodka!”
“Yeah VODKA!”

Naturalmente la canzone finì con una colossale bevuta. Come di cosa? Di vodka, di che cosa sennò??

***

Durante una sosta, mentre gli altri erano tutti addormentati per il troppo alcool, Ellen e Virginia scesero dal bus per sgranchirsi le gambe, e Ellen si rollò una cicca.

“Ellen, posso chiederti una cosa?”

“Dimmi pure…”

“Com’è che hai conosciuto Alexi, e gli altri?”

“Ah” replicò sorridendo Ellen. “Beh… è stato quando Henkka è entrato nei Children. È stato il mio momento di gloria, diciamo.” Ellen era un po’ alticcia, a sufficienza da lasciarsi andare alle confidenze.
“Al provino in cui lo hanno preso c’ero anche io, mi aveva chiesto di accompagnarlo… dopo l’audizione, i ragazzi ci hanno offerto della birra, però Alexi per provocarmi me l’ha strappata di mano dicendo che i minorenni non devono bere…” si ricordava quello che era successo come se fosse stato ieri.

***

“Fanculo!! Restituiscimi quella cazzo di birra tu, o giuro che te ne penti!”

“Ma come sei volgare e sboccata” aveva ridacchiato il frontman. “È la tua ragazza?” aveva chiesto poi a Henkka.
“Veramente… sarebbe mia cugina…”
“Non te lo ripeterò un’altra volta, ridammi la birra…” ringhiò Ellen fissandolo truce. “Cantante dei miei anfibi!”
“Come mi hai chiamato??”
“Sei sordo?? Cantante dei miei anfibi, anzi, cantante dei poveri!” quell’offesa era veramente troppo bruciante, e Alexi rimase per qualche secondo muto dalla rabbia. Ellen ne approfittò per strappargli di mano la birra, con un ringraziamento che era una presa in giro.

“Sei… sei…” ringhiò Alexi.

“Sette, otto, nove e dieci… non sai contare, frega birra?” lo canzonò Ellen. Jaska, Alexander e Jani (ex membri dei Children, all’epoca Janne e Roope ancora non c’erano) stavano ad ascoltare quel battibecco assolutamente attoniti. Nessuna ragazza aveva mai parlato così ad Alexi, di solito gli cadevano tutte ai piedi! Il wildchild non sapeva più cosa dire, perciò se ne uscì con un “oh, fanculo!” e se ne andò indispettito dal fatto che una ragazzina gli avesse tenuto testa.

“A quanto pare mi sono fatta un nemico” commentò la ragazzina in questione, con un’alzata di spalle e un lungo sorso di birra.



e arriviamo al capitolo 13. spero vi piaccia^^ ascoltando Vodka dei Korpiklaani e pensando a quei cinque ubriaconi... bhe, far cantare Vodka ad Alexi ci stava troppo xD buon divertimento^^
** non è un errore di battitura, JONNE, non JANNE, è il cantante dei Korpiklaani ;)

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Capitolo 14
*** Chapter 14- Food poisoning ***



“Per me un piatto di takoyaki!”

“Onigiri gomoku!”

“Ramen per me, grazie…”

Come dite? Perché stanno ordinando piatti giapponesi in America? Ma non sono più nel Nuovo Mondo! Eh si, hanno da poco passato il Pacifico, e ora stanno girando come trottole impazzite per il l’impero nipponico. Per la precisione sono a Tokyo, comodamente seduti in un ristorante a ordinare da mangiare.
“Ma… come si usano ste bacchette?” domandò per la terza volta Roope a Janne, che pazientemente gli mostrava come andavano impugnate.
“Devi tenere ferma questa fra il pollice e l’anulare e muovere quella sopra con l’indice e il medio… avanti, non è mica difficile!” Roope era con la lingua di fuori per la concentrazione, e alla fine riuscì a vincere la difficile sfida.

“Ha- ha! Ce l’ho fatta!” esclamò aprendo e chiudendo trionfante le bacchette. Mangiarono a quattro palmenti, con tutta l’intenzione di essere in forze per quella sera.

“Ah, che mangiata! Con la M maiuscola!” esclamò Alexi battendosi la mano sulla pancia con un sospirone soddisfatto.

“Puoi ben dirlo…” sospirò a sua volta Ellen.

Tornarono sul bus, che li portò all’arena concerti per le ultime prove, il sound check e i controlli di rito.

“Alexi, ti senti bene?” domandò Ellen con un’occhiata preoccupata al fidanzato, che si era appoggiato al muro portandosi la mano alla pancia.

“Oh, si, si, tranquilla, è solo… un po’ di pesantezza di stomaco. Ho… ho mangiato troppo, tutto qui.” Ellen non ne era troppo convinta, ma non ci fu verso di fargli cambiare versione: continuò a ripetere che era solo un po’ di pesantezza di stomaco per aver mangiato troppo.

“Alexi, sei sicuro di stare bene? Sei più pallido del solito… e stai anche sudando… se ti senti male diccelo…” se ne erano accorti tutti che il frontman non stava bene. Però lui negò un’ultima volta ed entrò con passo deciso sul palco.

***

“Questa essere intossicazione alimentare” sentenziò il piccolo medico chiamato dall’albergo dopo aver visitato Alexi, steso sul letto e vuoto come un sacco e ridotto ad uno straccio dopo ore di ripetuti attacchi di vomito e diarrea, con la febbre a trentotto.

“Intossicazione alimentare??” esclamarono tutti, praticamente in coro.

“Esatto. Tu detto mangiato takyoiaki, probabilmente polpo era guasto. Conviene andare in ospedale. Vi chiamo ambulanza. Vostro amico non riesce a stare in piedi.” Detto ciò, il medico uscì dalla stanza.

“Scemo! Perché non ci hai detto subito che non ti sentivi bene??” esclamò Ellen furiosa. “Ti avremmo portato subito in ospedale! Invece no, hai voluto fare il figo, e sei dovuto scappare dal palco per sboccare anche l'anima! Hai idea di quanto ci siamo preoccupati noi, per non parlare dei fan???”

Alexi non rispose subito, poiché venne colto da un altro attacco di vomito che lo costrinse a sboccare diligentemente nel secchio prontamente messogli sotto il naso da Janne.

“Il concerto…” riuscì a biascicare alla fine.

“Ma chi se ne frega! Cazzo Alexi, sei più testardo di un mulo!” l’unica risposta al rimbrotto di Janne (coronato da assensi vari) fu un pietoso gemito.
“Uff… sto ragazzo ci farà morire prima o poi” sospirò Henkka, guadagnandosi un’occhiataccia dal frontman.

“Secondo voi riescono a rimetterlo in sesto per la prossima tappa o dobbiamo avvertire Johan che abbiamo due tappe da recuperare?” domandò Jaska.

“Beh, vedremo. Speriamo di si comunque… cazzo, sto tour è nato sotto una cattiva stella! Prima Jaska fa un incidente e troviamo un sostituto per miracolo, poi il bus va in fiamme, ora Alexi si prende un’intossicazione alimentare… cos’altro dobbiamo aspettarci?” replicò Roope grattandosi la testa.
Dopo poco arrivò l’ambulanza, e Alexi venne trasportato in ospedale. Gli diedero varie medicine da prendere a cadenza regolare, e venne tenuto in osservazione fino al giorno dopo quando fu giudicato fuori pericolo, e venne rispedito in albergo con una scorta farmaci di anti rigurgito.

***

“Come ti senti?”

“Hum… bene, più o meno” borbottò Alexi, raggomitolato sulla sua cuccetta. “Ho mal di pancia” si lagnò.

“Coraggio, e pensa che noi donne dobbiamo sopportarlo ogni mese…” replicò Ellen, accarezzandogli i capelli. “Comunque, ti ho portato un po’ di the caldo. Bevine un po’, ti dovrebbe calmare il dolore…”
Alexi si tirò svogliatamente su a sedere, e prese con precauzione la tazza dalle mani di Ellen, ringraziandola e iniziando a sorbire la bevanda.

“Intossicazione alimentare, fanculo” borbottò.


capitolo 14, finalmente!! non sapevo come concluderlo, e ci ho messo una vita >.< perdono, perdono!! xD spero vi piaccia, perdonatemi se è un po' cortino... ^^

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Capitolo 15
*** Chapter 15- Waxing ***



“Uno! Due! Tre! Quattro!” le urla dei ragazzi attirarono Ellen e Virginia dall’altra parte del bus. Stavano facendo una sosta, e le due ragazze si erano allontanate dal gruppo dei maschi per concedersi un po’ di privacy e di chiacchiere femminili, quando avevano sentito le voci di Jaska e Janne contare gridando, e quella di Roope incoraggiare alternativamente Alexi ed Henkka. Incuriosite dal trambusto, si avvicinarono, e videro che i due ragazzi si stavano sfidando a una gara di flessioni. Henkka sembrava in vantaggio, ma Alexi non demordeva, e si lasciarono cadere a terra esausti nello stesso momento.

“Pari!” decretò Roope, che aveva evidentemente una funzione di giudice.

“Si può sapere che fate??” intervenne Virginia divertita.

“Cose da uomini” replicò Alexi ansante, cercando di darsi un’aria di superiorità- cosa che peraltro non gli riuscì.
“Come sarebbe a dire?” Ellen e Virginia si guardarono con la classica occhiata da “ma questo si è bevuto il cervello o cosa?”
“Flessioni” intervenne Henkka, che sbuffava come un mantice.
“E sarebbero cose da uomini?” Ellen lo guardava come se fosse impazzito.

“Certo. Noi uomini siamo forti!” replicò Alexi, gonfiando il petto.

“Seh… però sopportate il dolore meno di noi donne” ridacchiò Virginia.
Alexi divenne ancora più rosso, se possibile (era già di un bel color aragosta per lo sforzo): “Non è vero! Noi uomini siamo più forti!” esclamò, inalberandosi, con Henkka che gli dava ragione.
Roope, Jaska e Janne stavano guardando con una certa aria di preoccupazione le due ragazze, notando l’espressione maligna che avevano assunto fissando i rispettivi fidanzati. I due tuttavia parvero non accorgersene, e continuarono a vantarsi dei loro presunti pregi “da uomini”. Virginia sussurrò qualcosa all’orecchio di Ellen, che a sua volta sussurrò nell’orecchio di Virginia, e si guardarono con un’espressione tale che tutti si accorsero che tramavano qualcosa di veramente crudele.
“Allora ragazzi, visto che vi ritenete tanto resistenti al dolore non avrete problemi a dimostrarcelo, giusto?” disse Ellen con tono pericolosamente affabile.

I due si trovarono presi in contropiede, visto che si aspettavano una reazione stizzita. “Beh, no, nessun problema…” disse Alexi, un po’ sorpreso. Che cosa progettavano quelle due?

“Quindi” proseguì Virginia, con lo stesso tono “se vi proponessimo di dimostrarcelo lasciandovi fare la ceretta –a strappo, naturalmente, altrimenti che senso avrebbe?- accettereste?”
A sentire quelle parole, i due compari credettero di morire. C… ceretta a stra… strappo???
Ora dovevano decidere se dire di no e venire presi in giro a vita, o dire di si e farsi scorticare vivi, facendo una figuraccia e venendo presi in giro a vita comunque.
Henkka decise che del suo onore non gliene importava granché, e fece immediatamente e saggiamente marcia indietro.
Per quanto riguarda Alexi il suo orgoglio non poteva permettergli di tirarsi indietro, così deglutendo e cercando di non far tremare la voce disse: “Certo… certo!” ripeté il “certo” due volte per farsi coraggio, anche se si sentiva mancare alla prospettiva di sentire i peli che gli venivano estirpati dal corpo.

“Va bene… allora attacchiamo alla presa di corrente il fornelletto portatile per la cera e tiriamo fuori le strisce depilatorie” sghignazzò Ellen. Si era accorta benissimo del fatto che Alexi aveva accettato solo per orgoglio, e non certo perché fosse seriamente convinto di poter reggere una simile tortura. Lo conosceva troppo bene. Ridacchiando le due complici se ne andarono sul bus a preparare il necessario, mentre Alexi cercava invano conforto e solidarietà dagli altri, che sembravano essersi misteriosamente eclissati.

“Mettiti i pantaloni corti, Alexi. Dubito che arriveremo mai all’inguine” esclamò allegra Ellen, tirando fuori il roll della cera dal fornelletto elettrico per controllare che fosse sciolta.
Alexi era sdraiato sulla sua cuccetta, aspettando col magone che le due congiurate procedessero alla loro azione delittuosa.
Ellen canticchiando gli stese una bella striscia di cera piacevolmente calda, e Alexi per un attimo si rilassò, piacevolmente sorpreso, nonostante gli avesse tirato un po’ i peli. “Sembra sopp… AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!” Alexi si produsse in uno scream impressionante quando Ellen strappò rapida e decisa la striscia depilatoria dalla sua gamba. Se trascrivessi tutti gli improperi, verrei bannata seduta stante dal sito, quindi non lo farò…
“Coraggio, devo ancora finire di toglierti la striscia di cera” sghignazzò Ellen.
“No!!! Pazza e sadica, tu non mi toglierai un bel niente!!!”

“Alexi, se preferisci faccio io… farò piano, prometto” disse Virginia con un sorriso falso come una moneta da tre euro. Spargiamo sale sulle ferite, pensò Ellen mentre le consegnava la striscia depilatoria. A fare piano, faceva ancora più male!!
“O… ok” gemette Alexi irrigidendosi come una statua di marmo.

***

“Oh, non fare quella faccia, alla fine non ti hanno nemmeno depilato tutto!”

“Ma… mi hanno fatto un male fottuto!”

“Beh, ammetti che te la sei cercata però…”

“Grazie Janne, ricordami di andare a piangere sulla spalla di qualcun altro quando avrò bisogno di essere consolato dal mio migliore amico!”
Janne sghignazzò, scuotendo la testa. Inutile, Alexi non sarebbe mai cambiato, sarebbe rimasto sempre un cocciuto testone.
“Oh, avanti, conosci Ellen da più tempo di me! Passi per la Virginia, ma Ellen, sapevi perfettamente come avrebbe reagito…” l’unica risposta del frontman fu uno sbuffo seguito da un grugnito, prima di ingurgitare metà della bottiglia di birra in poche sorsate. Si passò distrattamente le dita sullo stinco, dove spiccava una bella striscia di pelle liscia e rossa, poi allungò le gambe sul sedile di fianco al suo. Voleva bere quella sera, e l’albergo non era il posto più indicato… in autobus non avrebbero dato fastidio a nessuno.
“Faceva davvero così male?” chiese Janne.

“Anche di più!” assicurò Alexi, con uno sbuffo.

“Ragazzi, non trovo Henkka… è in camera?” erano arrivati Roope e Jaska portando alcolici dal bagagliaio.

“Doveva farsi perdonare da Virginia per quella storia della ceretta...” sghignazzò il frontman, con un’occhiata eloquente agli amici, che scoppiarono a ridere.

“E tu, non dovresti farti perdonare?” lo provocò Roope.

“Ah, io sono stato già ampiamente punito con la ceretta” ridacchiò il frontman con uno sghignazzo. “E poi, meglio se giro alla larga da Ellen. Poveraccia, le è venuto il ciclo… non mi sorprende che sia così irritabile con quel mal di pancia” concluse pensieroso.

“Allora saranno chiacchiere fra uomini a quanto pare… salute!” esclamò Jaska sollevando una bottiglia di birra appena aperta.

***

Virginia ed Henkka erano nella loro camera del gigantesco albergo poco lontano da Praga.
“Certo che non avete risparmiato Alexi, eh?”

“Oh beh, un po’ se lo meritava, dai” sorrise lei sedendosi sul letto e passandosi la spazzola sui capelli.
“Alla fine gli abbiamo fatto solo una striscia di cera…”
Henkka si sedette accanto a lei, passandole il braccio attorno alle spalle, e le schioccò un bacio sulle labbra.
“Aspetta, ti aiuto a pettinarti…” Henkka si mise dietro di lei, le prese di mano la spazzola, e con delicatezza cominciò a sbrogliarle tutti i nodi dai capelli. Sapeva benissimo quanto le piacesse farsi pettinare, e non si sarebbe stupito di sentirla fare le fusa… quando ebbe finito, le passò le braccia attorno al petto e la strinse a se.
“Sbaglio, o dovevi farti perdonare?” sorrise Virginia con una risatina.

“Come? Non ti basta?” fece Henkka, fintamente scandalizzato.

“Mmm, non so, ci dovrei pensare” sogghignò lei, maliziosa.

“Ah, ci devi pensare, eh?” senza preavviso Henkka spostò fulmineamente le mani, e cominciò a farle il solletico sulla pancia.
“Aaahahahahahahahahahhaahhahahahahahahah nonononononononono fermooooo!!! Bastabastabasta!! Aaaahahahahahahahahahhaa pietà, pietà, pietà!!” rotolando sul letto Henkka le era finito sopra, e Virginia dimenandosi aveva cercato di toglierselo di dosso, ma in confronto al bassista era davvero troppo mingherlina.
“Indovina chi è in svantaggio?” ridacchiò Henkka con un lampo malizioso negli occhi.

“Antipatico” rantolò Virginia, ancora senza fiato e col viso rosso per il solletico.

“Chi, io?” fece lui, con quell’espressione angelica che gli riusciva tanto bene (avanti ragazze, ammettete che non ha proprio l’aria del “cattivo ragazzo” come Alexi… xD). Virginia stava per parlare ancora, ma Henkka le chiuse le labbra con un bacio.
“Ti ho già detto che parli troppo?” sussurrò il bassista, con un sorriso sornione.

“Ho idea che dovrai ripetermelo. Molte volte” precisò Virginia. Henkka naturalmente non chiedeva di meglio, e ne approfittò immediatamente. Sapeva di birra, notò Virginia, ma non solo. Percepiva un altro odore più sottile, ma molto più penetrante… gli mordicchiò piano il labbro inferiore, morbido e carnoso, e lui la sorprese con una reazione spropositata, baciandola di punto in bianco con molta più foga e facendo correre le mani molto più in basso di quanto non fosse sua intenzione.

“Non… non rifarlo…” ansimò Henkka, irrigidendosi.

“Che… che cosa?” Virginia non riusciva a capire cosa avesse fatto per causare quell’improvviso scoppio di foga.
“M… mordermi il labbro così… se lo rifai non so se riuscirò a rispondere delle mie azioni” sussurrò in risposta. Negli occhi di Virginia si accese un lampo di comprensione, che si trasformò immediatamente in uno sguardo malizioso.
Lo baciò, e di nuovo gli mordicchiò il labbro. La reazione fu la stessa, se possibile anche più intensa: sembrava che Henkka stesse seriamente faticando a controllarsi.
“Cazzo, vuoi che commetta uno stupro?” sbottò, stringendo convulsamente un lembo della maglietta di Virginia e combattendo contro l’impulso di infilarci le mani sotto.
“Beh, uno stupro magari no… però… se lo volessi io? Ci hai pensato?”
Ci fu un attimo di silenzio.

“Beh” disse alla fine Henkka con un sorriso sornione “questo cambia le carte in tavola, no?”

“Suppongo di si” replicò Virginia, ridacchiando.

Fu tutto così incredibilmente naturale: Virginia era un po’ impacciata, ma Henkka era esperto quanto bastava per tutti e due (oh, avanti, avrà pure la faccia da santo, ma di sicuro non lo è… a parer mio è anche meglio! u.u).

Urlò quando lui la prese, nonostante avesse cercato di essere il più delicato possibile.
“Henkka… così mi uccidi…”
“Tranquilla, è normale… devi rilassarti, se sei tesa sarà più doloroso… fra poco passerà…”
Aveva ragione. Il dolore diminuì ben presto di intensità, e venne soffocato dal piacere che scorreva come fuoco liquido nelle vene.



uffa. odio la scuola, mi prosciuga tutta l'ispirazione, e mi ci vuole una vita solo per scrivere un capitolo!!!! -.- chiedo scusa per l'attesa...
crazy_me: guai per il momento ancora no... però al prossimo capitolo, succederà qualcos'altro... ^^
buona lettura!

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Capitolo 16
*** Chapter 16- Jealousness ***


E finalmente arrivò l'ultima tappa di quel memorabile, folle e sfortunato tour, il mitico MetalCamp: una settimana di campeggio e concerti non stop, tutto nel nome del metal.

“Ragazzi, tenete su quel palo! Non mollatelo per nessuna ragione, che entro a controllare” gridò Virginia ad Alexi ed Henkka, che stavano reggendo il palo verticale della tenda, prima di entrare per controllare che il telo fosse a posto. Anche Ellen entrò, in caso l'amica avesse bisogno di aiuto.
 
“Si, sembra tutto a posto… No! Non mollate il…” riuscì a urlare solo questo prima che la tenda rovinasse addosso alle due ragazze. Il telo iniziò ad agitarsi come un’ameba, e da sotto provenne un gemito soffocato seguito da numerosi e intraducibili improperi.
 
Henkka e Alexi si misero a ridere anziché aiutarle, al che gli improperi aumentarono notevolmente di volume e di volgarità.
Quando Virginia riuscì a tirare fuori la testa, si ritrovò davanti agli occhi due piedi calzati in un paio di anfibi.
“Henkka, se non ci aiuti…” si bloccò a metà frase. I piedi non appartenevano al bassista, ma ad un altro uomo.
“Aspettate, ragazze. Vi aiuto io” disse l’uomo in questione in un buon inglese, chinandosi e tirando su il telo in modo che le due potessero uscire, mentre un altro dietro di lui si era chinato per tendere loro le mani per aiutarle ad alzarsi.
 
Henkka e Alexi si guardarono, scambiandosi un’occhiata vagamente preoccupata. Le due ragazze infatti stavano guardando con aria adorante i loro salvatori dopo averli riconosciuti, e la cosa non andava molto a genio ai due finlandesi.
“Heri Joensen!” esclamò Virginia riconoscendo il frontman della band delle isole Faroe Tyr.
“Terji Skibenæs!” rincarò Ellen, riconoscendo il chitarrista.
 
“Bello essere famosi, le belle ragazze ti riconoscono subito” rise Terji, imitato dall’amico.
“Visto che voi già ci conoscete non serve che ci presentiamo… ma voi come vi chiamate?” disse Heri grattandosi il pizzetto.
 
“Io sono Ellen.”
 
“Io sono Virginia, piacere…”
 
“Non è che vi serve una mano a metter su la tenda?” disse di nuovo Terji, indicando l’informe ammasso di pali e telo che giaceva infelicemente a terra.
Le due non si fecero pregare, e in meno di mezz’ora la tenda fu saldamente issata. Henkka e Alexi giravano attorno al gruppetto al lavoro, con la scusa di scaricare dal bus tutto il necessario, borbottando fra di loro e controllando che i due Faroesi non si spingessero troppo oltre.
“Guarda quello li!!” grugnì Henkka, guardando malissimo Terji “Sta guardando nella scollatura di Virginia!!”
“Beh, e l’altro? Sta guardando il sedere di Ellen!” rispose sempre grugnendo Alexi. Quando Heri diede un’amichevole pacca sulla spalla di Ellen, Alexi avvampò, e scoccò al collega un’occhiata che non prometteva niente di buono.
“Quando suonate?” chiese Virginia mentre chiacchieravano.
“Fra quattro giorni. Voi siete con i Children of Bodom?”
 
“Si, io sostituisco Jaska, il batterista… questa comunque è l’ultima tappa che dobbiamo fare, e non abbiamo fretta…”
 
“Vi va di venire a vederci suonare allora? Ci farebbe piacere” disse Heri. A quel punto Alexi ed Henkka si guardarono, e capirono di aver avuto la stessa idea.
“No, ci dispiace ma noi andiamo via prima che voi suoniate” intervenne Alexi con decisione.
Le due ragazze lo guardarono con tanto d’occhi: “Ma non dovevamo…” iniziò Virginia, ma Henkka pronto le piantò un dito tra le costole, dietro la schiena.
“Eddai, se è l’ultima tappa potete prendervela più comoda, no?” replicò Terji.
“Jaska deve fare la riabilitazione, siamo di fretta. Prima torniamo a Helsinki e meglio è” disse Henkka, guardando fisso i due Faroesi come per sfidarli a contraddirlo.
“Ok, ok… peccato però” disse Heri alzando le spalle. Aveva capito l’antifona, con quelle due ragazze il campo era saldamente occupato e i due occupanti erano ben decisi a cacciare fuori a calci chiunque avesse osato entrare.
Quando si furono allontanati, Henkka e Alexi si chiusero in un mutismo offeso, imitate in questo dalle nostre due eroine che in quel momento detestavano i loro fidanzati per aver loro impedito di vedere in live una band di qualità come i Tyr per una futile gelosia. Si ignorarono per tutto il giorno, e quando erano costretti a parlarsi lo facevano con gelida cortesia e punzecchiature continue.
E chi fu il povero Cristo a farne le spese? Janne, ovviamente, che si trovò preso fra l’incudine del suo bassista e del suo migliore amico da una parte, e il martello di Ellen e Virginia dall’altra.
Entrambe le parti lese infatti erano venute a lagnarsi da lui (Alexi perché Janne era il suo migliore amico, Henkka perché condivideva i sentimenti di Alexi, Ellen e Virginia proprio perché sapevano che Janne era il migliore amico di Alexi e speravano che potesse mettere un po’ di sale in zucca a quei due testoni):
“Ma dimmi te se è possibile, adesso non si può più nemmeno chiacchierare con qualcuno che quei due vengono subito la a controllare!!” avevano detto le ragazze. “Questo si chiama togliere libertà!”
 
“Ma dimmi te se è possibile, appena distogliamo lo sguardo gli piombano addosso corteggiatori da tutte le parti, come mosche sul miele! E loro civettano anche!!” avevano detto i ragazzi.  
Alla fine Janne, esasperato, aveva chiuso il centro di ascolto, e dopo essersi consultato con Jaska e Roope (anche loro esasperati e stufi marci di quella situazione, visto che dopo la chiusura del “confessionale Janne” era toccato a loro sorbirsi quegli sfoghi pericolosamente tendenti all’infinito), si risolse ad adottare una soluzione drastica.
Con un astuto inganno che prevedeva un finto malessere di Jaska, riuscirono a rinchiuderli tutti e quattro sul bus, con l’ingiunzione di muoversi “a risolvere le vostre cazzo di beghe amorose, visto che non deve andarci di mezzo tutta la crew, perchè abbiamo un fottuto concerto da fare domani, avete capito? E sognatevi che vi facciamo uscire prima che non abbiate sistemato tutto, anche se dovessimo saltare il concerto! Piuttosto che farlo male perché voi quattro avete il dente avvelenato, meglio non farlo affatto, mi sono spiegato???”
Questa orazione era stata detta col tono del sergente maggiore Hartman (avete presente quello di Fullmetal Jacket?), e nessuno di loro si azzardò a fiatare finché Janne non fu sceso dal bus e la porta non si fu chiusa.
“Ecco” sbuffò Alexi “avete visto in che bella situazione ci avete cacciato??”
 
“Noi??” ringhiò Ellen cercando di mantenere la calma. “Piuttosto, siete stati voi due, con quella inutile scenata di gelosia!”
 
“Ah, scusaci se ci preoccupiamo del fatto che gli altri uomini vi ronzano attorno!!”
 
“Quindi adesso non possiamo nemmeno più parlare con altre persone di sesso maschile??”
 
“Questo è privarci della nostra libertà!”
 
“No, vogliamo solo proteggervi!”
 
“Proteggerci un corno!”
 
Andarono avanti a urlare così per parecchio, e non sembravano accorgersi del walkie talkie appoggiato sul cruscotto del bus.
 
“Dite che si riappacificheranno?” chiese con aria critica Roope, mentre ascoltava le urla provenienti dal walkie talkie ricevente che Janne teneva in mano.
“Io dico di si… chi vuole scommettere?” disse Jaska.
 
“Nah, niente scommesse. Piuttosto, non vi sembra di ascoltare una telenovela brasiliana radiofonica? Adesso verrà fuori che Henkka è figlio illegittimo di qualcuno, e che in realtà Alexi è il suo fratellastro!” la battuta di Janne scatenò una risata collettiva.
“Oh? Qualcosa non torna, non urlano più!” esclamò Jaska, e tutti tornarono subito a fissare seri seri la ricetrasmittente, dalla quale veniva soltanto un sibilo.
“Che se ne siano accorti?” domandò Roope.
 
***
 
In realtà erano semplicemente rimasti senza fiato, dopo aver gridato per un quarto d’ora abbondante.
Alexi ed Henkka si erano scambiati un’occhiata.
“Forse… forse abbiamo un po’ esagerato” concesse il frontman un po’ imbronciato.
“Un po’?” chiese sarcastica Virginia.
 
“Però anche voi…”
 
“Noi…”
 
“Adesso non ricominciamo!” esclamò Henkka. “Facciamo così: noi non faremo più i gelosi… però voi cercate di tagliare se vedete che i ragazzi vi ronzano troppo attorno, ok?”
 
“Ma noi… ok, ok, meglio evitare di litigare…” accettò Ellen alzando le mani con un sospiro.
 
“Alla buon’ora!”
 
“Hei, chi ha parlato??”
 
“Il fantasma formaggino… sono io imbecilli, Janne! Se guardate c’è un walkie talkie sul cruscotto… abbiamo ascoltato tutta la conversazione, ora vi facciamo uscire!”
 
La porta si aprì, e Janne si materializzò sulla scaletta. “Vi siete riappacificati? Bene, che ne dite di scendere a festeggiare? Abbiamo alcool in abbondanza!”



e posta. ci ho messo un'era geologica a finire questo capitolo, chiedo perdono!! la scuola mi prosciuga veramente la fantasia ._.
comunque spero vi piaccia^^
Crazy_ me: contenta che tu condivida la mia opinione su Henkka lolol xD eh si quel ragazzo attizza troppo proprio per questoooooooo :Q__ (ok, se legge il mio ragazzo mi fa il pelo e contropelo XD)
JudiZenkai: una nuova lettrice, me e darkdancer felici! *-* sono contenta che ti piaccia il mio modo di scrivere, io alle volte penso di usare periodi troppo lunghi e ingarbugliati... sono contenta di scoprire che non è così ^^ buona lettura, spero continuerai a seguirmi^^

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Capitolo 17
*** Chapter 17 ***


E finalmente, arrivarono a Helsinki.
 
“Sono stanco… appena arrivo a casa, io mi butto a letto e non mi alzo fino a mezzogiorno di domani” sbadigliò Alexi tirando fuori la sua valigia dal bagagliaio del bus.
“Mi sembrerà strano non averti fra i piedi a tutte le ore… anche se solo per qualche giorno” commentò Ellen mentre Alexi la abbracciava.
“Sempre simpatica tu” replicò lui prima di baciarla.
“Oh, se questo è l’effetto, vedrò di essere il più antipatica possibile” sogghignò lei in risposta quando il frontman si staccò da lei.
Si salutarono, dividendosi nei vari taxi: Alexi, Janne e Roope che abitavano vicini, Janne, Ellen, Virginia e Jaska nell’altro.
 
“Allora, Virgi? Sei contenta di questo tour?” chiese Ellen sorridendo dopo che furono entrate nel mini appartamento che dividevano.
 
“Viva le domande retoriche, insomma” ridacchiò Virginia. “Ci mettiamo domani mattina a sistemare l’appartamento prima di andar via? Io sono stanca…” infatti avevano concertato con i rispettivi fidanzati di trasferirsi nelle loro abitazioni.
“Ci sto. Ordiniamo una pizza e poi andiamo a dormire, direi.”
“Fatta! Dov’è l’elenco telefonico che chiamo la pizzeria?”
 
***
 
Oramai era inizio settembre, e l’estate stava rapidamente volgendo al termine. Erano passati due mesi, e la vita del gruppo scorreva tranquilla nel quotidiano tran tran, i ragazzi impegnati con la loro musica, Ellen e Virginia in cerca di lavoro. Alla fine Ellen ottenne un contratto di ricerca presso l’università di Helsinki per la facoltà di Archeologia, e di tanto in tanto collaborava come session member della Spinefarm con qualche band che necessitava di batterista.
Henkka riferiva spesso a Ellen di essere preoccupato per la salute di Virginia.
“La mattina ha sempre la nausea, da un mese a questa parte… sono preoccupato, preferirei che stesse a casa… e se avesse qualche malattia strana?” diceva pensieroso.
 
“Ma no, tranquillo, sarà il periodo pesante” rispondeva invariabilmente Ellen, che per parte sua già aveva una mezza idea della “malattia” dell’amica. Se ci aveva visto giusto… 
 
“E non mi vuole dire niente! L’altro giorno è tornata a casa con una busta dell’ospedale, ma per quanto io abbia insistito non c’è stato verso di cavarle nulla! Ha detto che lo saprò anche troppo presto, probabilmente… me lo sento, ha qualche malattia strana!!”
Ellen sorrideva sotto i baffi. Aveva visto la sua amica, e sapeva che la preoccupazione di Henkka era infondata.
 
***
 
Ellen e Virginia camminavano per Helsinki, mentre andavano a fare shopping.
 
“Virginia, tu devi dirmi qualcosa.” Quella di Ellen era un’affermazione, non una domanda.
 
“Io?? No, no, nient’affatto” replicò quella, ma si vedeva lontano un chilometro che voleva spiattellarle un gran segreto.
 
“Avanti, che te lo leggo in faccia… quando??”
 
“Cosa?”
 
“Oh, lo sai benissimo, non prendermi per fessa… prima non ti fermavi davanti a certe vetrine, e non tiravi fuori certi discorsi… avanti, raccontami TUTTO, e guai a te se ometti qualcosa!”
 
“Uff… ok, però guai a te se vai a raccontarlo in giro, specie a Henkka… non ne sono ancora sicura” disse Virginia con un sorriso che partiva da un orecchio, faceva tutto il giro della testa e arrivava all’altro orecchio.
 
***
 
“Tu hai idea di che cosa cazzo abbia Henkka? Sono due giorni che sorride come un perfetto imbecille, è sempre distratto e con la testa fra le nuvole…” buttò li Alexi mentre guidava con cautela verso il pub dove i Cob avevano concertato di incontrarsi.
“E poi, cosa dovrà dirci di così tanto importante? “Devo dirvi una cosa importantissima” ha detto, chissà che intendeva…”
Ellen non rispose, ma sorrise dentro di se. Dunque Virginia glielo aveva detto…
 
Dopo che si furono seduti e furono arrivate le birre, Henkka si alzò in piedi chiedendo attenzione.
“Allora, prima che vi buttiate sull’alcol, vorrei darvi una notizia importante…” fece una pausa di un paio di secondi, poi guardando Virginia con un sorriso a sessantaquattro denti esclamò: “Diventerò padre!!!”
 
***
“Insomma, Virginia!!” sbottò Henkka esasperato. Era piantato davanti alla porta del bagno, a braccia conserte, con un’espressione da “ora- io- e- te- facciamo- i- conti”. 
 
“Cosa c’è?” lei era appena uscita dal bagno dopo aver vomitato per l’ennesima volta, e si stava apprestando a fare colazione.
 
“Cosa c’è?? E me lo chiedi anche?? Sono due mesi che stai male, e non vuoi dirmi che cos’hai! Cazzo, sono il tuo fidanzato, pretendo di saperlo, se stai male! Mi torni dall’ospedale –dall’ospedale!!- e mi dici che non è niente di grave, ma continui a vomitare tutte le mattine…”
In tutto quello sproloquio, Virginia si era limitata a sorridere.
“E perché cazzo sorridi?? Non c’è niente da sorridere se stai male!” il bassista stava per avere una crisi di nervi, e vederlo così agitato faceva sorridere la ragazza.
 
“Henkka, è meglio se ti siedi… devo dirti una cosa.” Henkka aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse.
“Siediti, non voglio che mi crolli sul pavimento” ripeté Virginia seria. Il bassista obbedì, lasciandosi cadere sul divano e preparandosi psicologicamente alle peggiori rivelazioni.
 
“Ma, sul serio non hai capito che cos’ho?” sorrise lei.
 
“Perché?” davvero, il ragazzo non capiva dove volesse andare a parare la fidanzata.
 
“Beh… solo le nausee mattutine avrebbero dovuto metterti sull’avviso… e non hai notato che non ho più avuto il ciclo?”
Di nuovo, Henkka aprì la bocca e la richiuse, senza sapere cosa dire. “Non sono un medico… è qualche malattia delle donne, suppongo” disse alla fine, a disagio.
 
“Oh, santi numi, malattia delle donne, adesso! Henkka, guarda che è anche colpa tua…” Virginia stava ridendo, adesso.
 “Colpa mia?? Oddio, cosa ho fatto? Non sono mai stato ammalato, io…”
 
“Madonna Henkka, sei proprio tordo! Sono incinta!”
 
Henkka stava per gridare “Ecco, sapevo che avevi qualcosa!”, ma quando comprese ciò che la fidanzata aveva detto rimase in silenzio per due secondi esatti con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata, poi balzando in piedi come un pupazzo a molla urlò: “CHE COSAAAA??????”
 
“Sono incinta… sai cosa vuoldire spero…” lo prese in giro lei.
 
“Ma… ma io… voglio dire, noi… abbiamo sempre usato…” di riflesso abbassò lo sguardo sul cavallo dei propri pantaloni.
 
“Una volta sola non l’abbiamo usato… ma è bastato a fare la frittata” commentò Virginia con un’alzata di spalle.
 
“Ma quando??”
 
“Oh, la sera dopo il concerto al Metal Camp. Voialtri eravate tutti talmente sbronzi che non mi sono stupita del fatto che tu non ti ricordassi nulla…”
 
Henkka si lasciò di nuovo cadere sul divano. “Quindi” disse dopo qualche secondo guardando la fidanzata “vuoldire che diventerò… papà???”
 
“Esatto.”
 
Henkka rimase per un po’ con lo sguardo perso nel vuoto, e per la prima volta Virginia parlò esitando.
 
“Henkka… tu… ne sei felice?”
Henkka alzò lo sguardo e sorrise. “Felice????” balzò in piedi e la prese in braccio facendole compiere svariati giri.
“Mi chiedi se sono felice?? C’è bisogno di domandarlo??? CERTO CHE SI!!!” urlò quando la rimise giù, poi si mise a ballare come un coglione per la stanza, cantando a squarciagola “Diventerò padre, diventerò padre!!”
 
***
 
Vi lascio immaginare la baraonda che ne seguì. Tutti si complimentavano, chiedevano a gran voce se era maschio o femmina, che nome volevano mettergli…
Alla fine fra un brindisi e l’altro avevano quasi tutti bevuto un bel po’. Stranamente, Alexi non si era sbronzato, anzi, aveva bevuto poco per i suoi standard, ed era abbastanza lucido, solo un po’ alticcio.
 
“Alexi, sei strano stasera” disse Ellen quando arrivarono a casa.
 
“Lo so… è che mi è venuto da pensare quando Henkka ci ha detto che sta per diventare papà. Non è che ora ci mollerà per il bambino, vero?”
 
“No, questo posso garantirtelo. Conosco troppo bene Henkka, il massimo che farà sarà prendersi un periodo di pausa quando Virginia partorirà, per poter stare vicino a lei e al bambino” lo rassicurò lei.
Alexi sospirò, sollevato.
“C’è qualcos’altro che ti turba?”
 
“Beh… stavo pensando che… forse tu… anche tu vorresti un bambino? A dire il vero, non me ne volere, ma io non mi sento di fare il padre… non mi sento proprio tagliato” sospirò tormentando il cappello che non aveva ancora messo giù. “È una responsabilità enorme… mi sento forse ancora troppo adolescente per poter pensare di caricarmi di una responsabilità del genere…”
 
“Beh, a essere sincera nemmeno io mi sento di fare la madre. Certo, se ne dovesse arrivare uno, ne sarei felice, ovvio… però nemmeno io me la sento” rispose lei, pensierosa.
 
“Pare che la vediamo allo stesso modo” sorrise Alexi, gettando il cappello sul tavolo, come a dire “al diavolo certi pensieri”, e abbracciandola.
 
“Chi si somiglia si piglia” replicò lei prima che le sue labbra si ritrovassero molto impegnate.



Ultimo capitolo. 17esimo, non porterà male? XDD scherzo, scherzo, tranquille/i lettrici/lettori, non sono superstiziosa ^^ comunque, non so se essere contenta di averla conclusa (cominciava a diventare dura trovare l'ispirazione!) o no... in fin dei conti, era davvero divertente scrivere tutte le loro idiozie :)
Crazy_me: io vorrei Janne geloso xDD
JudiZenkay: Darkdancer, la coautrice, mi chiede di dirti che è felicissima che tu sia una sua omonima ^^
spero (è una mia paura) che non siamo scadute nel banale.... però ci pareva la conclusione migliore ^^
che dire? speriamo vi sia piaciuta^^ grazie per averci lette, a presto! (spero XD)


 

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