Are You Dead Yet?

di Crazy_Me
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Attenzione: E’ tutto inventato, i Children non mi appartengono, non scrivo a scopo di lucro, non intendo offendere nessuno e né dare prova veritiera del carattere di ciascuno dei componenti del gruppo.



Are You Dead Yet?



Non riusciva a fare nulla. Nulla di sensato, di decente, di lontanamente normale quando lui si comportava in quel modo.
- Puoi smetterla di fissarmi? – Chiese, girandosi.
Malgrado il tentativo di mantenere uno sguardo serio e autorevole, la sua bocca lentamente s’incurvava, facendo apparire un sorrisetto malizioso.
- Mi scusi. – Rispose il ragazzo biondo, sdraiato sul letto, senza maglia, ma con solo dei boxer e un lenzuolo bianco a coprirlo.
- Perdonato. – Disse Jessica, mentre si ordinava di girarsi e continuare a fare ciò che faceva prima.
- E’ che sei così dannatamente sexy quando ti alzi nel cuore della notte per segnarti dei riff. – Si sentiva un sacco l’impegno che Alexi metteva nel fare una voce roca e provocante, ma Jess lo trovava molto più eccitante quando era normale.
Ad esempio, quando, dopo un concerto, si toglieva la maglia sudata e si sdraiava senza ritegno su uno dei divanetti nel camerino.
- Grazie. – Fece una pausa. – E comunque era l’assolo di una canzone che mi è venuta in mente pochi giorni fa. Ho già le parole e la melodia, più o meno. Ma è tutto da sistemare. -
- Oh, sono sicuro che sarà stupenda. -
- E io sono sicura che non mi lascerai stare finché non tornerò a letto. -
Alexi non rispose, ma allungò un braccio e la trascinò al suo fianco, abbracciandola e baciandole il collo.
- Comunque, per tua informazione, non è il cuore della notte, ma sono le 7.00 di mattina. -
- C’è ancora così tanto tempo…- Le sussurrò, mentre faceva scorrere le mani sul corpo della ragazza.

Un rumore destò Alexi, ancora avvolto nelle lenzuola, con Jessica a fianco.
- Ragazzi, è pronta la colazione. -
Il biondo ci mise un attimo per capire che la voce proveniva da dietro la porta e che quella voce stava parlando con lui.
- Cosa? – Chiese con la voce impastata e la mente altrove.
- Esiste una cosa chiamata colazione, e sta aspettando solo voi! – Ribadì Janne, da dietro la porta, sbuffando ripetutamente.
- Arriviamo… – Borbottò il cantante, quando ormai il tastierista era andato via e non c’erano speranze che lo avesse sentito.
Alexi svegliò Jess con un bacio. Tutte queste romanticherie non fanno per me, ripeteva sempre il cantante alla vista di scene come questa, eppure ora era proprio lui che sentiva il bisogno di dimostrare il suo affetto a Jessica.
Non che adesso fosse un inguaribile romanticone, di quelli che si presentano con la rosa rossa nella giacca o che regalano stupidi pupazzetti a forma di cuore, ma lo scalino che lo separava dal fare questo non era poi così lontano.
Scalino che non salirò, pensò il ragazzo, cancellando quelle idee dalla testa.
- Buongiorno. –
- Buongiorno anche a te. – Rispose la ragazza, sbadigliando e alzandosi.
Andarono entrambi in bagno per sistemarsi, poi raggiunsero gli altri in cucina, dove i compagni di Alexi stavano già facendo colazione.
- Siete in anticipo, il pranzo sarà pronto fra qualche minuto. – Commentò sarcasticamente Jaska.
I due si sedettero vicini, sotto gli sguardi e le risatine dei Children, che commentavano ogni singola mossa e parola dei due.
Non era passato poi molto da quel tour, un mese o poco più, ma di cose ne erano successe.
Ora Alexi e Jessica stavano insieme, dopo quella specie di dichiarazione che le aveva fatto il cantante, tutto si era chiarito e avevano capito di amarsi. O comunque di voler stare insieme.
I Dark Revenge alloggiavano in un Hotel lì, a Helsinki, non troppo lontano dalla casa dei Children.
Per un certo periodo erano tornati a casa dalle famiglie, poi avevano ricevuto la notizia del tour Americano e avevano deciso di accettare. Avrebbero preferito stare un po’ di più a casa, magari recuperare il tempo perso con le proprie famiglie, ma Jessica era innamorata e voleva passare del tempo con il suo ragazzo, perciò non avrebbe di certo perso quell’occasione che Jake le aveva dato.
Senza contare che per i Revenge era un occasione unica un secondo tour con i Children of Bodom.


Jessica mangiò qualche biscotto e sorseggiò un po’ di caffè, sperando che Roope avesse capito come funziona la moca.
- Bravo. – Si complimentò la ragazza. – Stavolta mi sembra che le dosi siano giuste. -
- Sì, cazzo! Dopo un sacco di tempo ce l’ho fatta. – Esordì il ragazzo, preso dall’entusiasmo.
- Va bè, io vi devo abbandonare. Ci vediamo all’aeroporto. – Si alzò, mentre mandava giù l’ultimo biscotto e usufruì della birra di Alexi.
Alla mattina preferiva di gran lunga il caffè al prezioso liquido ambrato, ma il suo caro fidanzato non era dello stesso parere e aveva deciso di attaccare quell’abitudine anche a lei.
- Faccia con comodo. -
- Come sempre. - Gli sorrise e si avviò verso la porta, salutando con un gesto gli altri.

- Si batte la fiacca, scansafatiche? – Chiese Jess, mentre entrava senza neanche bussare.
- Anche noi ti vogliamo bene. – Rispose ironicamente Steve, mentre cercava di farci stare tutto dentro la valigia.
Alex andava avanti e indietro per la stanza, controllando che non ci fosse rimasto nulla e ripetendo mentalmente la lista di cose che doveva prendere con sé.
- Cazzo! – Esclamò ad un tratto, facendo voltare tutti. – Ho dimenticato la t-shirt dei Misfits! -
- Non andiamo in Cambogia, Alex! Te ne prenderai un’altra…- Lo rassicurò il bassista.
- Ma quella era dei Misfits…- Continuò a lagnarsi il ragazzo.
Jessica sbuffò e si avvicinò a Robert.
- Perché all’andata le cose ci stanno e al ritorno non ci stanno mai? –
- Forse perché all’andata la valigia la fa tua madre! – Rispose sarcasticamente Steve, mentre si sedeva sul letto, orgoglioso di sé stesso. Era l’unico, per il momento, che era riuscito a farci stare tutto dentro al trolley ed a essere pronto per primo.
- Fanculo. – Borbottò il batterista, in tutta risposta.
- Grazie al cielo la mia valigia l’ho già fatta. Devo sempre pensare anche alle vostre…- Sbottò Jessica, mentre chiudeva l’ultima e prendeva la sua, per poi uscire dalla stanza dell’Hotel.
Fortunatamente i Children erano molto più veloci e molto meno paranoici.
Le loro valigie consistevano nello stretto, molto stretto, necessario. La ragazza aveva insistito con tutti e cinque per dare un’occhiata e controllare che non mancasse nulla, ma tutti le avevano risposto di no, che c’era tutto l’indispensabile.
E lei si era fidata.
Ora che la fatica l’aveva fatta, doveva solo scendere con i suoi compagni nella hall ed aspettare il taxi che li avrebbe portati all’aeroporto.
Lo stesso aeroporto dove erano atterrati la prima volta, dove aveva visto per la prima volta Alexi.
Le sembrava incredibile di essere ancora lì, che le cose avessero preso quella piega.
Insomma, era una cosa strana. Ed essere in tour per la seconda volta con i Children…
- Dai, Jessy, è arrivato il taxi! – Alex la risvegliò dai suoi pensieri.
Scosse la testa e si alzò dal divanetto dove si era accomodata, per poi trascinare la valigia di medie dimensioni dietro di sé, fino a raggiungere l’automobile gialla.



Primo capitolo, non molto lungo, della seconda parte di Trashed, Lost and Strungout.
Ammetto che mi ero affezionata a quella FanFiction, a Jessica e ai Revenge in generale, perciò un seguito non mi dispiace proprio =D
Che dire? Beh, il titolo non so bene se potrebbe c’entrare con la trama o no, forse in futuro, ma per ora l’ho messo perché era il titolo provvisorio di quando ho iniziato a scriverla e perché anche nella prima parte ho messo il titolo di una canzone.
Immagino che tutto ciò v’interessi molto
XD
Va bè, vi lascio u.u

Crazy_Me

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


2° Capitolo



- Odio i viaggi in aereo. – Sbottò Janne, dopo aver provato ogni singolo passatempo possibile.
- Mi sembra di averla già sentita questa. – Commentò Robert, sorridente.
Certo, la famiglia, Londra, l’Inghilterra… Ma io sono proprio felice di questo secondo tour.
Questo pensiero aveva vagato nelle menti di tutti i Revenge, perché alla fine era ciò che speravano fin dall’inizio.
Speravano che Jake non avesse trovato un’altra band di supporto per i Children e il loro tour Americano, e speravano anche che non avesse altri piani in serbo per loro.
Il primo di uno di tanti viaggi, si ritrovarono a pensare i ragazzi. Anche ai Children faceva piacere avere i Revenge in tour con loro, anche se all’inizio erano un po’ spaventati dall’idea di Alexi e Jessica.
Si chiedevano se Jess non fosse una distrazione per il cantante, ma vederlo così sereno e tranquillo aveva fatto svanire tutti i dubbi che li attanagliavano. E poi, se la ragazza fosse stata lontana, sarebbe stato anche peggio.
- Almeno ci penserà lei a badarlo…- Aveva detto sarcasticamente Roope, sapendo che la frase non era poi così sarcastica.
- Almeno ci sarà Alexi a frenarla…- Aveva commentato Robert, con i suoi compagni, quando erano ancora in Hotel.

- Ciao Saaaaam! – Aveva gridato Jessica, saltando addosso al loro autista proprio davanti all’aeroporto di Dallas.
Anche Sam, quando aveva ricevuto la notizia, si era sentito sollevato. Almeno sarebbe stata una band che conosceva e che, tra l’altro, apprezzava.
- Ciao Jessy! – L’abbracciò e le sorrise, constatando che non era poi passato tanto tempo.
- Per fortuna, Roope, che ci si doveva rivedere di tanto in tanto, eh! Mi pare che altri due mesi possano bastare. - Commentò Steven, mentre trascinava la valigia sul bus, con non poca fatica.
- Ehm… - Blaterò il chitarrista, alzando le spalle e sorridendo, come per dire non immaginavo.

- Siete mai stati in America? – Chiese Henkka, con lo sguardo fisso fuori dal finestrino.
- Io, una volta a New York. – Rispose Steve, facendo in modo che tutti i suoi compagni si girassero a fissarlo. – Hey, che c’è? E’ stato molto tempo fa…- Fece come per giustificarsi.
- Voi immagino che sia la millesima volta che ci venite. – Spostò il discorso la ragazza, seduta sul divano in quella specie di salotto.
Sembrava rimasto tutto uguale, come se non ci fosse stato quel mese di pausa, ma il tour bus era diverso, più grande, più bello, più adatto ad un viaggio più lungo, e anche l’atmosfera sul bus era diversa.
Lei ed Alexi, ora, stavano insieme e i ragazzi erano felici di questo. Lo sentiva. Eppure sapeva che nelle menti di ognuno dei suoi compagni c’era qualcosa che veniva fuori sottoforma di battutina sarcastica.
Sì, perché nessuno di loro, sia da parte dei Revenge che dei Children, risparmiava nulla.
Era sempre una continua battuta ironica, soprattutto nei primi tempi. Adesso, invece, un po’ non ci facevano più caso, un po’ avevano smesso di provocarli. Anche se Jessica li capiva, perché se uno dei suoi compagni si fosse portato la fidanzata sul bus sarebbe stata assolutamente contraria.
Però era diverso, dannazione!
Lei era la cantante. La cantante e prima chitarrista dei Revenge, non una fidanzatina a carico delle due band.
Forse era lei che ingigantiva tutto, non commentavano sempre sempre… solo a volte, tipo quando i due si scambiavano qualche bacio o cose del genere.
O quando erano ancora a Helsinki e dormivano insieme, con la porta chiusa a chiave, nella stanza isolata di Alexi in fondo al corridoio…
- …E alla fine ci fa sempre piacere tornare. O almeno questo vale per me. – Finì Jaska, coronando il discorso con una bottiglia di birra.
- Parlavi con me? – Chiese la ragazza, che presa dai pensieri non aveva seguito praticamente nulla del monologo del batterista.
- Certo! E con chi, altrimenti?! -
- Oh sì, ancora non ho visto molto, ma sento già che l’America piacerà anche a me. -
- Dai, Jaska, è in astinenza da Alexi, non riesce a connettere! – Scherzò Janne, facendo ridere tutti.
- Ha ha ha… Molto spiritoso. – Disse Alexi, che sembrava addormentato, ma in realtà seguiva ogni parola di ogni discorso.
- E dai, ragazzi, lasciateli stare. – Borbottò Henkka, spostando lo sguardo dal finestrino agli occhi di Jess.
- Oh, grazie al cielo qualcuno di intelligente su questo maledetto tour bus! – Esclamò la ragazza. – Incluso Sam, naturalmente. – Aggiunse un po’ più forte per farsi sentire bene dall’autista.
- Grazie Jess! – Una voce arrivò dal davanti.
- E incluso Alexi, ovviamente. – Aggiunse stavolta il cantante, che ora si era svegliato del tutto e fissava male la sua ragazza.
- Mmmh…- Jessica fece finta di pensarci. – Nah, credo che tu faccia parte dell’altra categoria. -
- Ma grazie, sai. – Fece l’offeso. – E ora dimmi, cos’avrebbe Henkka che io non ho? -
Il bassista si sentiva leggermente preso in causa e non gli piaceva questa cosa.
Abbassò lo sguardo e deglutì.
- Beh…- Cominciò la cantante, sedendosi nel posto vicino a Henkka e iniziando a indicarlo, come se fosse uno scheletro di quelli che si tengono nelle aule di scienze. – Innanzitutto, tu non sei così muscoloso…-
- Ma figurati! – La interruppe il WildChild, facendo uno sguardo da sex symbol.
- …E nemmeno così alto. – Riprese la ragazza, sorridendo crudelmente. Sapeva benissimo che quello era il tallone d’Achille del suo fidanzato.
- Fottiti. -
- Con chi? – Lo incalzò lei, dimenticandosi forse di non essere soli.
- Secondo te? – Chiese Alexi, maliziosamente.
- Per non parlare dei capelli di Henkka! – Continuò Jess, mettendo il braccio sinistro intorno al collo del bassista e iniziando con la mano a giocare con i suoi capelli biondi.
- Cos’hanno i miei capelli che non va? –
- Non sono così morbidi, lucenti, belli e curati come quelli di Henkka. – Concluse la ragazza, annuendo.
- Certo…-
- E i modi di questo ragazzo sono molto superiori ai tuoi! -
- Oh no, su questo proprio no! Dovresti sentirlo quando siamo solo noi cinque, cazzo, è peggio di me! – Si difese il vocalist.
Jessica decise di provocarlo e metterlo alla prova fino in fondo.
Perciò si alzò e si sedette sulle gambe di Henkka, che rimase un attimo spiazzato da quel comportamento che, tutto sommato, da una come Jessy poteva anche aspettarsi.
La ragazza, dopo essersi appolaiata bene sulle gambe del bassista, mise le braccia attorno al suo collo e si appoggiò con la testa alla spalla destra.
Alexi fece finta di non guardare e i suoi compagni erano già lì che puntavano.
- Scommetto che se continua così, Henkka non dura altri due minuti. – Iniziò Roope.
- Due? Io dico che fra trenta secondi è già sotto le ruote del bus! – A Jaska scappò una risatina.
Intanto Henkka era molto incerto sul da farsi, perciò rimase lì, immobile come un manichino.
- Ehm…Jess…- Provò il bassista, ma senza risultati, perché la ragazza, in tutta risposta, tirò su la testa e appoggiò la sua guancia contro quella del ragazzo, come se gli stesse parlando all’orecchio.
Alexi era lì lì per esplodere. Naturalmente sapeva che la sua fidanzata faceva tutto quello per metterlo alla prova, per testarlo, ma era troppo per lui vederla lì, arrampicata a Henkka.
Come se lui si mettesse a baciare una tipa per scherzo!
Jessica vedeva con la coda dell’occhio il suo ragazzo e sapeva, lo sentiva, sentiva che era arrivato il momento di smetterla.
Perciò fece scivolare la guancia dal viso del bassista e scese dalle gambe dello stesso, andandosi a prendere una birra e stappandola, mentre li raggiungeva di nuovo.
- Scusa Henkka per aver messo a repentaglio la tua vita. – Si scusò Jessica, prima di sedersi al fianco di Alexi.
- Figurati. – Il bassista era indeciso se ridere o tirare un sospiro di sollievo.
Il WildChild si gettò subito sulla sua ragazza e la baciò, fregandole poi la birra che aveva appena preso.
- Hey! – Protestò lei.
- Considerala una ricompensa per danni morali. -
- Ha ragione, Jessica. Nessuno gli aveva mai criticato i suoi meravigliosi capelli, per lui è uno shock! – Scherzò Roope, facendo ridere tutti, tranne il diretto interessato.

- E’ un peccato non poter vedere Dallas. Insomma, mi sembra un bella città…viva…forse un po’ troppo piena di grattacieli…- Iniziò Robert, mentre giocava con le bacchette della sua batteria, annoiandosi un po’.
- Già. Ma per vedere un po’ di Texas hai un’altra tappa, non preoccuparti che riuscirai a vedere bene l’America. – Lo rassicurò Janne, mentre mentalmente ripassava alcuni passaggi e si figurava la sua tastiera.
- Quanto manca? – Chiese Steven, con in mano il suo basso. Ormai lo aveva controllato da cima a fondo, ed era sicuro non ci fosse neanche un minuscolo graffietto.
Roope diede una rapida occhiata all’orologio che aveva al polso.
- Le 20 meno 5. -
Il ragazzo sbuffò. Doveva aspettare un altro quarto d’ora, non era poi molto, ma si annoiava da matti. Si annoiava così come Robert, che ormai aveva limato le bacchette a forza di “giocarci”, e come Alex, che osservava la sua chitarra nera nell’angolo del camerino, proprio vicino a quella di Jessica, ed ogni tanto iniziava a rosicchiarsi le unghie.
L’unico membro dei Revenge che si passava bene il tempo era Jessica, che dormiva sulla poltroncina a fianco ad Alexi. Anche se, a dirla tutta, il cantante si era aggiunto dopo, perché Jess si era addormentata molto prima che arrivasse lui a giocare con i suoi capelli ed a osservarla.
Come farà a fissarla così a lungo, senza nemmeno annoiarsi, è un mistero… Bah…Sarà la forza dell’ amore, pensò Alex, scuotendo un po’ la testa e stirandosi.
- Ragazzi, tocca a voi. - Li avvisò uno strano tipo, con uno strano accento, o per lo meno suonava strano alle orecchie dei Revenge.
Alexi lasciò la ciocca di capelli che aveva in mano e accarezzò il viso della ragazza, che di alzarsi non ne aveva troppa voglia.
- Jess…- La chiamò Steven, mentre si alzava e si metteva al collo la tracolla del basso.
Il WildChild si piegò sulla ragazza e le diede un bacio, ottenendo come unico risultato alcuni sgraditi commenti da parte dei suoi amici e un mugolio da parte della sua fidanzata.
Sbuffò e fece segno di aspettare un attimo ai Revenge, che impazienti attendevano i comodi della loro cantante. Anzi, se fossi stato per loro l’avrebbero già buttata giù da quel divanetto, ma Alexi…
Il biondo, intanto, aveva preso la chitarra della ragazza, strumento prezioso per lei, e ora la teneva per il manico, facendola oscillare pericolosamente.
- E’ un peccato che debba finire così male questa povera Jackson…-
La ragazza aprì gli occhi debolmente e li richiuse. Ma appena il suo cervello riuscì a capire cosa stava succedendo, si alzò di scatto e prese la chitarra dalle mani di Alexi, guardandolo in modo truce.
Infine, si diresse dai suoi compagni, che soddisfatti la seguirono verso il palco.
- Buon concerto, tesoro! – Le augurò Alexi, sarcasticamente.




E tàràràtàtàààà *modello sigla del telegiornale*
I’m back XD Lo so che può sembrare inutile tutto questo, ma vedrete… Ho grandi progetti per Jessica *sguardo intenso* xD
Comunque, per rispondere a der Hysteria e ad Archangel 06, che tra l’altro ringrazio ^-^, avevo intenzione di finire tutta la storia prima di postare e quindi di aspettare almeno un mesetto, forse anche un po’ di più.
Ma qualcuno  senza fare nomi –Pumpkin Head- mi ha costretto a postare subito, assillandomi.
Perciò sì, è colpa sua! Davvero, non volevo tornare a torturarvi con il seguito subito! XD

Crazy_Me

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


3° Capitolo



- Smettila Alexi…- Blaterò la ragazza, facendo sembrare quella semplice frase un lamento di morte, tra la bocca impastata ed il cervello che sembrava non voler ancora connettersi.
- Sono Henkka.-
- Alex... Ah, Henkka… – Finalmente aprì gli occhi e si girò verso il ragazzo, che era già vestito, mentre lei era ancora a letto in “pigiama”.
- Scusa se ti ho svegliato, ma sarebbe pronto il pranzo. -
- Il pranzo? -
- Sì. -
- Avete spostato la colazione a mezzogiorno e il pranzo alle 8.00? – Chiese Jessica, ironicamente, mentre cercava di scendere dalla cuccetta, senza uccidersi o sbattere la testa.
- Veramente è quasi l’una, adesso. – La informò il bassista.
- Ah…Oh…- Borbottò Jess. – E come mai ero ancora…-
- A letto? Steve ha cercato di svegliarti, ma l’hai mandato a quel paese. -
- Ah. Poveretto, dovrò andare a scusarmi. Non me lo ricordo nemmeno, a dire il vero. – Si diresse verso il bagno, con Henkka dietro. – Devo avere tutto questo sonno per il viaggio in aereo. Cazzo, quasi nove ore di aereo non sono mica poche, ti scombinano! – Scosse la testa, come se non riuscisse a credere a ciò che aveva fatto da addormentata e chiuse la porta in faccia al bassista, che tornò in cucina.
- Allora? -
- E’ in bagno. -
- Già che c’eravamo potevamo svegliarla per il concerto. – Borbottò Steven, che non aveva preso molto bene quel
va a quel paese e lasciami in pace.
Quando la ragazza fece il suo ingresso, ci furono fischi e applausi, come se fosse una delle più grandi star nel bel mezzo di una passerella, tra fans e fotografi.
- Ha ha ha…Ma che simpatici. – Dai, avanti, chiedi scusa a Steven…doveva autoconvincersi o non l’avrebbe mai fatto.
Decise, quindi, di sedersi a tavola, bere una birra per ubriacarsi e successivamente chiedere scusa a Steven, possibilmente priva di coscienza.
Lasciamo stare.
-
Hey, Steve, scusa se ti ho trattato male, ma avevo delle ore di sonno arretrato e…-
- Non fa nulla. - Lasciò una pausa. – Ma non ti verrò a svegliare mai più! -
I ragazzi risero.
- Immagino, non devo essere il massimo mezza addormentata con una voce da zombie…-
- Sei sempre il massimo. – La interruppe il vocalist.
Ci fu un attimo di sgomento tra i ragazzi, che per poco non si soffocarono con il cibo.
- Wow…Non mi sorprenderei se di notte si guardasse le puntate registrate di Beautiful e leggesse Cime Tempestose! – Esclamò Roope, facendo ridere tutti.
- Magari tiene il libro sotto al cuscino…- Aggiunse Jaska.
- Già, probabilmente questo Natale dovremmo regalargli un bel volume di cucina, o magari di giardinaggio, visto la piega che sta prendendo. – Rincarò la dose Janne, con i lacrimoni agli occhi dal ridere.
Era davvero il loro cantante, Alexi WildChild Laiho, quello che avevano di fronte? Davvero è possibile cambiare così tanto, quando si è innamorati? Beh, la risposta era lì, lampante, sottoforma di ragazzo.
Ma era felice. E se il loro cantante era felice, lo erano anche loro, sebbene lo prendessero in giro.
- No, sotto al cuscino tengo una spranga e penso che stanotte la userò con voi. -
Beh, in fondo, non era poi cambiato così tanto.

I ragazzi arrivarono a San Antonio, sempre territorio Texano, dove si sarebbe tenuta la loro seconda tappa.
I Children erano abituati a viaggiare in tour bus, per loro era quasi più strano stare a casa, fermi nello stesso posto, senza vedere dalle finestre il paesaggio scorrere veloce.
Mentre i Revenge si stavano ancora abituando, non che per loro fosse una cosa nuova, ma era tuttora fastidioso dover dormire con come sottofondo il motore del bus, mangiare in una cucina-salotto e non poter in qualche modo fuggire da quello spazio, non poter rimanere da soli se non si ha voglia di vedere altre persone.
Per questo, quando i ragazzi scesero, tirarono un sospiro di sollievo nel poter sgranchirsi un po’ le gambe.
- Dai, andiamo a farci un giro! – Propose Alex, mentre si stava già allontanando dal gruppo.
- Te la senti? – Chiese Alexi, mente prendeva per mano Jessica, con a fianco i suoi compagni.
- Cosa? – Jess strabuzzò gli occhi. – Certo che me la sento! -
Sopportò per qualche minuto quella situazione, ma poi tolse la sua mano da quella del ragazzo, che la guardò stranito.
- Fa caldo, insomma, mi si appiccica la mano…- Non che ad Aprile facesse un caldo da pazzi, proprio per niente, ma non voleva dirgli che il semplice fatto di essere mano nella mano la imbarazzava.
Un semplice gesto, tanto normale quanto inaspettato per Jessica.
Non era la tipa che girava aggrovigliata al suo fidanzato, che mandava messaggi ad ogni ora per sapere tutto o che faceva scenate di gelosia se, per caso, l’occhio cadeva dalla parte sbagliata.
Certo, non era permissiva in tutto e per tutto, ma sapeva bene com’era lei e voleva che la stessa libertà che riceveva, la ricevesse anche il suo compagno.
E quella mano la faceva sentire legata, fin troppo. O forse non era abituata e basta.
- Oh…Ok…- Blaterò Alexi, annuendo e mettendo la mano in una delle tasche dei larghi jeans.
Jess finse di doversi sistemare la linguetta delle All Star per lasciar avanzare un po’ il suo fidanzato e inserirsi nel gruppo di Janne e Henkka.
- Secondo voi se l’è presa? – Chiese, senza farsi sentire da Alexi che, sebbene fosse più avanti e stesse parlando con Roope, Jaska e Steve, aveva sviluppato negli ultimi tempi dei notevoli sensori.
- Per la mano? – Chiese Janne, senza farla rispondere. – No, non credo proprio. Nah…-
- Ti stai autoconvincendo? -
- Cosa? No! Cioè…- Sospirò come se dovesse iniziare un lungo discorso. – Vedi, il fatto è che Alexi è…-
- E’ un po’ permaloso. – Henkka arrivò in aiuto del tastierista, che sembrava non trovare l’aggettivo adatto.
- Ma non in quel senso… Cioè, non per delle cose tipo “Che brutta maglietta!” o “Stamattina hai una faccia spaventosa!”, capisci? Di quello non gliene può fregare di meno, ma non vuole che gli si dica di no. Probabilmente si è sentito offeso e non benaccetto, quando hai tolto…beh, sì, la mano. – Concluse Janne, pensando dentro di sé di essere un asso a dare consigli e a capire le persone.
- Cosa??? – Chiese Jess, sbalordita. – Tutto questo perché fa caldo e stare mano nella mano mi da fastidio?! -
- Jess, io non credo che se la sia bevuta. -
- Perché? E’ la verità. -
- Che hai caldo con poco più di 16 gradi? -
- Ehm… - Si morse il labbro. – Che traffico qua in Texas! Mi sembrano più le volte che ci fermiamo che quelle che camminiamo! -
- Stai cambiando discorso? -
- Chi? Io? No…Perché dovrei? – Ok, era chiaro che ormai era stata scoperta.
- Dai, Jess, credi che tre mesi passati con te non siano serviti a conoscerti almeno un po’? -
Henkka intanto stava muto, mentre camminava a testa bassa, schivando le persone e tutto ciò che gli stava di fronte con fare robotico e assente.
- Sì, beh, ovvio che sì, ma… è che mi conoscete anche troppo bene. – Ammise alla fine. – Sono stata scortese, insomma, lui ci tiene a me, lo fa per quello. -
- Certo che ci tiene a te! – Disse il tastierista, convinto e sorridente.
- Beh, allora vado a riparare! – Ringraziò Henkka e Janne, per quei consigli, che in realtà aveva dato quasi solo il castano, e raggiunse Alexi qualche metro più avanti.
Roope e Jaska aumentarono il passo quando videro arrivare la ragazza, mentre Steve si era già aggregato ad Alex e Robert, che si guardavano attorno come se fossero su Marte.
- Sai che mi è venuto freddo? – Improvvisò Jess, dandosi della stupida.
- Ma non stavi sudando prima? -
- No, cioè, solo nelle mani. – Ok, trova un modo per non fare una doppia figura da stupida. – Ma ora ho un po’ freddo, dovevo mettermi qualcosa di più pesante. -
Aveva addosso un paio di jeans lunghi, come il WildChild, e una maglietta a manica lunga dei Pantera con sopra una camicia a quadretti neri e rossi a mezza manica e un po’ aperta sul davanti, giusto per far intravedere la scritta Pantera. Naturalmente si era portata anche una giacca non troppo pesante, una di quelle con la zip, il cappuccio e le maniche di almeno sei o sette centimetri in più del dovuto e, appena scesa dal bus, se l’era messa.
Alexi, invece, aveva una maglia blu scuro a mezze maniche e sopra una felpa nera abbondante.
Stavolta tutti quanti si erano risparmiati sciarpa e occhiali da sole e, fortunatamente, nessuno sembrava riconoscerli.
Forse era dovuto anche al fatto che lì, in Texas e probabilmente in tutti gli USA, c’èra molta più gente strana che gente normale, e loro, che di solito in Europa erano fonte di occhiate, erano lì parte della categoria
gente normale.
-
Se avessi un giubbotto te lo darei. – Disse Alexi, ancora un po’ offeso. Non che lo desse molto a vedere, ma girava con lo sguardo fisso sul marciapiede e aveva un tono di voce freddo.
- Posso? – Jessica prese il braccio destro del ragazzo, che teneva attaccato al fianco con la mano in tasca, e se lo mise attorno alle spalle, appoggiandosi a lui.
Il WildChild l’aveva subito tenuta stretta per la spalla, cercando di farla stare comoda con la testa e sperando che non avesse più freddo.

Alla fine, come c’èra da aspettarsi, i ragazzi avevano trascorso il pomeriggio vagando per la città, per poi entrare in un bar a bersi una birra.
Si erano seduti attorno ad un tavolino, Jessica ed Alexi rigorosamente vicini, ed avevano parlato del Texas, fin quando l’alcool non fu entrato in circolo in ognuno di loro e qualsiasi argomento toccassero era fonte di risate isteriche e senza ritegno.
Robert, nel ridere, aveva anche per sbaglio urtato la bottiglia di Beck’s di Janne e gliel’aveva rovesciata un po’ sulla giacca e un po’ sui jeans. Il tastierista era rimasto fermo, come tutti gli altri, e non aveva fatto nulla per impedire alla bottiglia di rovesciare del tutto il liquido all’interno.
Aveva semplicemente fissato la birra cadere su di lui, mentre aspettava paziente che si esaurisse.
Poi aveva contornato il tutto con una fragorosa risata, che aveva tranquillizzato Rob.
E mentre tornavano al bus, avevano continuato a ridere senza sosta per i pantaloni di Janne, che si erano bagnati proprio nel punto sbagliato.
- Janne…Non hai trovato un bagno, eh?! – Ed a questo punto tutti scoppiavano a ridere.
Ora si trovavano nel loro camerino, Janne non si era nemmeno cambiato i jeans e ora odorava fortemente di birra, un odore tutto sommato piacevole.
Era buffo che effetto gli avessero fatto delle semplici birre, da pochi gradi ciascuna.
Non erano ubriachi, assolutamente no, ma non riuscivano a trattenersi dal ridere, come se fossero degli adolescenti alle prime armi con l’alcool.
Insomma, avevano la mente da tutt’altra parte e non capivano la motivazione.
Ma si erano divertiti quel pomeriggio, e questo era l’importante.
Qualcuno, intanto, bussò alla porta e un coro di avanti si susseguirono.
- I Dark Revenge in scena. – Disse un tipo di cui avevano intravisto solo la testa, che era sbucata fuori dalla porta.
- Arriviamo. –
I ragazzi presero i loro strumenti e se li misero a tracolla, mentre Robert aveva due bacchette in mano e un altro paio nella tasca dei pantaloni verde militare.

Il concerto si era svolto bene, per entrambe le band.
L’unico incidente era stato per Roope, a cui si era rotta la corda del Re alla sua Jackson.
Avevano provveduto subito a cambiargli la chitarra, mentre uno dei tecnici gli metteva a posto la sua bambina, come solitamente la chiamava lui.
Per poco, però, la corda malefica non colpì Henkka, che senti come un ciocco proprio dietro di lui, dove si trovava appunto il chitarrista.
Ma fortunatamente il concerto non aveva subito interruzioni e tutto era andato avanti benissimo, come previsto.

- Dai, Alex! Molla quel fottuto telecomando…-
- Hey…C’è scritto il tuo nome sopra? Eh? C’è per caso scritto Proprietà di Steven? – Chiese scocciato Alex, che cercava di seguire un film giallo.
- Cazzo, questa notte danno Shining, adoro quel film. Non fare lo stronzo, lasciamelo vedere. – Lo supplicò il bassista, con uno sguardo dolce che poco s’intonava alle parole.
- Non rompere, Steve. – Lo zittì Jessica, seduta sul divanetto.
- Ma a te non piacevano gli horror? Non dovresti essere dalla mia parte? -
- Alex non brontola mai, ok? Tu, invece, tutte le sere vuoi vedere qualcosa di diverso da noi. Perciò credo che per una notte non morirai. -
- Ma Shining! – Esclamò sconsolato il bassista, come se quel nome potesse essere la parola chiave per far cambiare opinione alla cantante.
- Shining non sparisce da questo pianeta. Al massimo, domani, ci fermiamo da qualche parte e lo compriamo. Ok? -
Steven sbuffò e alzò gli occhi al cielo, borbottando un buonanotte poco convinto.
Pochi minuti dopo, Jessica sbadigliò e si alzò.
- Io vado a letto. Ciao ragazzi, buonanotte. – A guardare quel film erano rimasti solo in quattro, mentre gli altri avevano abbandonato la postazione molto tempo prima, un po’ per il sonno e un po’ per la noia di quel film, che sembrava interessare ben pochi.
Jess stava già percorrendo il corridoietto per andare a letto, quando sentì un braccio tirarla.
- Dove vai? – Chiese Alexi, con voce maliziosa.
- A letto, no?! L’ho appena detto. – Rispose la ragazza, un po’ scocciata.
- No, intendevo, dove vai senza prima salutarmi? -
Jessica rimase un attimo spiazzata da quelle parole, non avendo capito bene il significato.
Poi Alexi annullò le distanze tra le loro labbra e Jess intuì.
- Ok, notte, eh. – Fu la ragazza la prima a staccarsi, perché il suo fidanzato non sembrava molto intenzionato.
Alexi sorrise e tornò sul divanetto con gli altri tre.
Boh, magari è l’aria del Texas, pensò Jessica prima di coricarsi e chiudere gli occhi.




Ok, nessuna droga dentro alle birre Texane XD
Non so perché ma mi piaceva l’idea di renderli un po’ ubriachi senza motivazione…
Comunque, che dire?! Beh, come sempre le cose iniziano abbastanza lentamente, ma vedrete che presto le cose si scombineranno…
E con questo non aggiungo altro *sguardo malefico*


der Hysteria: Cara ragazza, mi tocca concordare. Henkka, dopo il Laiho, of course, è il più bello. E poi, accidenti a te!, mi bruci le tappe. Come hai fatto a scoprire anche stavolta i piani di Jess? La sua intenzione, in questo seguito, sarà proprio di farseli tutti ù.ù Ok, scherzo XD Eh, vedrai vedrai…

Archangel 06:
Grazie per i complimenti e per aver iniziato a seguire anche questa seconda parte =) Eh, Jessica non è mica scema e se li sceglie bene! E il prossimo sarà Janne ù.ù No ok, lasciamo stare XD Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto =D


A presto,

Crazy_Me

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


4° Capitolo



Jessica mugolò e, sebbene fosse ancora profondamente addormentata, decise di aprire gli occhi.
Sospirò e li aprì per pochi istanti, per poi richiuderli lentamente, come se necessitasse di maggiore forza per quell’enorme impresa.
Ma tutto ad’un tratto le palpebre della ragazza si riaprirono di scatto.
- Alexi? – Chiese, come se potesse rispondergli
no, è tutto un sogno. Anzi, dovresti alzarti ora.
- Sei stupenda mentre dormi. -
Ok, è un sogno.
- Stai scherzando? -
Il ragazzo fece uno sguardo cupo e si allontanò dalla cuccetta della ragazza. Era rimasto lì, in piedi per pochi minuti, giusto il tempo di ammirarla dormire.
- No, certo che no. Mi sono incantato, solo per un po’. – Disse, quasi come per discolparsi.
- Oh…ok…- Non era molto convinta e sentirsi osservata anche nel sonno, quando ognuno di noi è sé stesso allo stato puro, quando non ci si controlla del tutto, l’aveva fatta sentire invasa.
Insomma, le aveva dato fastidio.
Solo che con Alexi non si sapeva mai come fare, perché le sue reazioni potevano essere le più svariate, tra un Oh, scusami, davvero oppure un
Sei insopportabile! Non si può fare nulla con te.
Imprevedibile. Decisamente imprevedibile.
- Vado in bagno. – Cambiò discorso Jess. Magari gli avrebbe accennato qualcosa a colazione.
- Ok. E’ già pronto il caffè. – Fece qualche passo in avanti, poi si fermò e si girò. – Buongiorno, comunque. – Un sorriso spuntò sul volto del cantante.
E in quel momento, in quel preciso istante, la ragazza capì che non gli avrebbe detto niente.
Perché Alexi era sì un ragazzo testardo, infantile, a volte privo di senso del giusto, un po’ arrogante e a tratti anche permaloso. Ma a tutto questo si aggiungevano, oltre che tutti i lati positivi del suo carattere, quei due occhi nei quali Jessica si sarebbe tuffata volentieri, quello sguardo da ragazzino monello che la faceva impazzire, quel tono di voce a volte da menefreghista che trovava decisamente sexy e, per ultimo ma non meno importante, quel sorriso.
Il sorriso di Alexi era decisamente stupendo, tutto ciò che bastava per renderlo la cosa migliore che Jessica avesse mai visto. O forse era solo innamorata.
Jess, Jess… Sai vero che non potrà sempre farsi perdonare con quello stupido sorriso.
Uscì dal bagno e si diresse in cucina, con ancora le All Star slacciate e una faccia da zombie.
- Di che si stava parlando? – Chiese, prendendo il caffè che Henkka le allungava.
- Dei bei vecchi tempi. Sì, insomma, di quando ancora non ero nei Children, gruppo di ragazzi che mi hanno rovinato. – Rispose Janne, ironicamente.
Tutti sapevano benissimo che per ogni membro della band, i Children erano tutto.
- No, dai, in realtà si stava parlando di quel giorno che io e Alexi scappammo di casa. E’ stato un sacco di tempo fa, a dire il vero, forse anche troppi anni fa, ma io mi ricordo bene. -
- Oh, sì, anche io. Giorni indimenticabili! – Commentò il vocalist, interrompendo l’interessante racconto del tastierista.
- Beh, eravamo appunto scappati di casa. Chissà dove volevamo andare, ma ricordo che prendemmo il treno e raggiungemmo Helsinki. Cazzo, era un bel viaggio da Espoo a Helsinki, per dei ragazzini come noi, a quei tempi. – Da come parlava, Janne sembrava una specie di nonno con attorno i nipotini, curiosi di sapere quell’avvincente avventura. – Alexi si era anche portato dietro la chitarra classica, probabilmente perché…bah, non saprei dire. Ma alla fine, dopo aver girato per un po’, ci accorgemmo di non saper dove andare, che fare… Insomma, un bel problema. E in più i soldi che ci eravamo portati in uno zaino che tenevo io, ci erano stati rubati in un bar in cui avevamo sostato. Allora, Alexi iniziò a suonare per racimolare su qualche spicciolo e pagarci il biglietto di ritorno. Ma qualcuno chiamò la polizia, che ci portò al commissariato per disturbo della quiete pubblica o cazzate del genere. E da lì fu un vero e proprio disastro…-
Janne si era perso nel raccontare, e i suoi ascoltatori sembravano ancora più persi di lui, dato che nessuno aveva il coraggio di proferir parola.

I ragazzi ci misero due giorni per arrivare in Colorado, precisamente a Denver.
Quando uscirono dal bus, sentirono l’aria fresca che tirava in quel posto e risalirono per prendersi una felpa.
Girarono per un po’, solo per un po’, perché Jake era stato chiaro.
Ragazzi, state attenti a girare troppo perché potreste subire un attacco.
Attacco, come li chiamava lui, erano semplici fans che li accerchiavano per ottenere qualche autografo e fotografia.
Ma la prudenza non era mai troppa, perciò fecero un rapido giro della città, essendo anche già tardi.
I ragazzi avevano visto il sole calare rapidamente ed apparire la luna in cielo, le luci della città accendersi all’unisono e i grattacieli illuminarsi.
Uno spettacolo normale e quotidiano, per chi abitava lì, ma che per i turisti era piuttosto emozionante.
- E se mangiassimo qualcosa qui? – Jessica indicò una pizzeria, mentre stavano tornando al tour bus.
Ci pensarono per qualche istante e, alla fine, acconsentirono.
Entrarono nel locale e si sedettero in un tavolo, quello più grande e meno visibile.
I loro fans sarebbero dovuti essere in fila ora, in attesa dei cancelli aperti per il concerto che avrebbero tenuto poco più tardi i Children e i Revenge.
Ma poteva sempre esserci qualche metallaro nei paraggi…
Dopo qualche minuto e dopo qualche pagina sfogliata del menù, arrivò un ragazzo che non deve aver avuto più di 17 o 18 anni, con un blocchetto e una penna in mano.
- Buonasera. Cosa vi porto? – Aveva gli occhi fissi sul blocchetto e lo sguardo un po’ stanco.
I Children ordinarono tutti delle pizze leggere, altrimenti al concerto non avrebbero retto, anche se Roope stava facendo un lungo pensierino sulla pizza con le patatine fritte.
- Da bere? Abbiamo coca-cola, thè, birra…- Stava per continuare la lista, ma venne interrotto.

- Camomilla! – Esclamò Janne, tra le risate.
- No, stanno scherzando. – Disse Jessica con il cameriere. – Portaci pure nove birre, possibilmente Bud. -
Il ragazzo alzò per la prima volta lo sguardo e lo fece scorrere su tutti i ragazzi.
- Ma voi non siete per caso quella band che suona stasera? -
- Sì, Children of Bodom e Dark Revenge, di supporto. – Rispose Steve.
Tutti speravano che non fosse un loro fan accanito, altrimenti ci avrebbero messo cinquant’anni per uscire da lì.
- Mio Dio, pensate che mia sorella è venuta… cioè, è in coda per vedervi. E ha chiesto un giorno di permesso, anche lei lavora qua. Non ci posso credere! Se lo sapesse, morirebbe d’invidia. -
Se non ci porti queste fottute pizze, è probabile che muoia prima tu, pensò Robert, sempre sorridente e con una fame da lupi.
Intanto il cuoco era arrivato in sala, piuttosto vuota.
- Quinn, le porti ‘ste ordinazioni o no?! Ti pago per niente, ecco cosa. – Era un tipo piuttosto in carne, vestito di bianco e con qualche chiazza di pomodoro a sporcargli gli indumenti.
- Sì, arrivo papà. – Rispose questo. – E’ che loro sono la band che Claire è andata a vedere stasera. Ti rendi conto?! -
- Che coincidenza! Beh, allora che aspetti a servire queste stars? – Si avvicinò al tavolo e borbottò qualcosa al figlio. – Smettila di infastidire i clienti e vieni in cucina. -

Il cameriere, Quinn, si congedò e seguì il padre.
E finalmente, dopo pochi altri minuti, arrivarono tutte le birre e, in seguito, le pizze.
Alla fine della cena, il ragazzo tornò sia per il conto che per un autografo da tutti, sia Children che Revenge, ed una foto.

I ragazzi arrivarono appena in tempo sul palco.
Tra la fretta e la corsa per il bus, Jessica pensava di non riuscire nemmeno a cantare.
La pizza era diventata pesante come un mattone ma, malgrado questa sensazione, l’inizio concerto andò bene, come sempre ormai.
Intanto i Children si erano riposati sulle poltrone ed erano pronti per proseguire il concerto.
- Non è giusto, però! Loro si sono riposati, è ovvio che sono più “scattanti”! – Aveva brontolato la ragazza, nel backstage, mentre si asciugava il sudore con un asciugamano bianco.
- Ma loro devono anche fare due ore di concerto. – Aveva risposto Steven, facendo aprire la bocca a Jessica, come se stesse per obbiettare. Ma la richiuse in pochi istanti, ammettendo mentalmente che il suo bassista aveva ragione.
 
L’ultima a fare la doccia fu Jessica, perché
tu ti devi lavare anche i capelli ed asciugarli, perciò ci metti di più.
Così le avevano detto tutti e così era stata ultima.
Quando uscì dal bagno, finalmente in pigiama e finalmente pronta per andare a letto, si prese un infarto.
Accese immediatamente la luce e tirò un sospiro di sollievo, come mai nella sua vita.
- Oh cazzo! Santo cielo! – Iniziò, portandosi una mano al cuore. – Sei tu, Alexi. Pensavo fosse un…- Si fermò.
- Ladro? Entrato sul tour bus? E come? Correndoci dietro ed entrando dalle finestrelle ai lati? – Scherzò il ragazzo, tirandosi su dal divano.
- Beh, mi ero scordata di questi particolari. Ho visto qualcosa muoversi e dei rumori… Non so…- Sbuffò e fece per andare nella zona notte.
Ma si voltò, lentamente ed un po’ perplessa.
- A proposito, che ci fai ancora alzato? -
Alexi sorrise, come se fosse quello il punto.
- Aspettavo te, no?! -
- Me? -
- No, l’uomo nero. – Ironizzò il vocalist.
- Sì, ok, ma per cosa? Hai bisogno? – La ragazza sperò vivamente di no, perché era stanca e aveva voglia di dormire.
- Volevo solo darti la buona notte. -
- E mi hai aspettata per dirmi buona notte? -
- Detto così sembra una cazzata. -
Forse perché lo è. O forse è solo fottutamente e tremendamente… romantico? Bah.
-
No, ok… - Annuì e diede un bacio ad Alexi. – Buona notte. -


Premetto che non so a che ora tramonta il sole in Colorado, perciò perdonatemi se ho sbagliato la “cronologia” delle azioni. XD
E poi anche i ragazzi che si prendono una pizza prima del concerto…
Ma è tutto inventato, perciò non c’è bisogno che dica nulla. XD

der Hysteria: Ovviamente Jessica è stanca per certe cose u.u Ma poi, dai… In tour bus, senza nemmeno un po’ di privacy? O.o Comunque, beh, alla fine Alexi è un ragazzo, oltre che una star –e tutte le altre 8.000 qualità positive- perciò non tutto gli è dovuto. Forse… XD

Archangel 06: Eh, Jessica è così e non sembra apprezzare molto il comportamento del suo fidanzato. Ma vedrai, vedrai… Non spoilero nulla, tanto devo ancora scrivere tutto e non saprei che dire XD
Grazie delle recensioni =)

Rocket Queen: Non ti preoccupare, spero che ti sia riposata in vacanza =D Eh già, il nostro Alexi sta diventando decisamente troppo dolce per i gusti di Jessica xD Chi vivrà, vedrà! O meglio, leggerà! =D


A presto,
Crazy_Me

 


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


5° Capitolo



Stavolta Jessica riuscì a svegliarsi presto, verso le 8.00.
In cucina trovò solo Henkka e Janne, i due mattinieri per eccellenza.
- Salve ragazzi. -
- Hey… Già sveglia? – Chiese il tastierista, sorridente, mentre preparava gli otto caffè.
Otto perché il Laiho preferiva di gran lunga la birra, perciò se la sarebbe presa lui e Janne avrebbe fatto un caffè in meno.
- Ciao Jess. – La voce di Henkka era un po’ meno vivace.
- Dormito bene? – Chiese, allora, la ragazza.
- Come al solito. – Risposero i due, annuendo.
La cantante si sedette sul divano e aspettò il primo caffè, che Janne gli allungò. Lo sorseggiò lentamente e decise che era ancora troppo caldo per essere bevuto, perciò si alzò e andò a svegliare gli altri.
- Vado a tirare giù dal letto gli altri scansafatiche. – Borbottò sarcastica, pensando poi che anche lei lo era stata perché, negli ultimi giorni, si era svegliata parecchio tardi.
- Buona fortuna. – Ghignò Janne.
Jessica si diresse nella zona notte e partì da Steven. Sperò tanto che il bassista non la mandasse a quel paese, perché, se lo avesse fatto, avrebbe avuto ragione.
Lo aveva fatto anche lei, due giorni prima.

- Steven. -
- Mmmh…- Fu tutto ciò che ricevette in risposta.
- Steve, alzati, dai! – La ragazza scosse un po’ il ragazzo, che diede i primi segni di vita.
- Ciao Jess. -
- Ciao dormiglione. -
- Senti chi parla…- Il bassista sorrise e si alzò, dirigendosi in bagno.
Ok, uno in meno.
Proseguì così il giro, svegliando poi Robert, che chiese dai, mamma, solo un altro minuto, poi Alex che, come un soldatino, si alzò in meno di due secondi. Dovette così tornare dal batterista, per buttarlo quasi giù dalla cuccetta e poi passare ai Children.
- Alexi…- Chiamò due o tre volte il nome del cantante, ma senza risultati.
Si abbassò su di lui per dargli un bacio, ma proprio in quel momento Alexi aprì gli occhi e vide Jess immobilizzarsi a pochi centimetri dal suo viso.
- Buongiorno. – E annullò le distanze, baciando la ragazza e passando le mani tra i suoi capelli.
- Finisci tu di chiamare Roope e Jaska? Perché avevo il caffè… Credo che ormai sia fred…-
- Non ti preoccupare, amore. Finisco io. – Gli fece un sorriso a 32 denti e la spedì fuori dalla zona notte.
Jess rimase un attimo immobile, ripensando alla scena di poco prima, per poi dirigersi verso il divano.
Amore?! Boh… Speriamo solo che il caffè non si sia congelato.

Intanto raggiunsero Phoenix, famosa città e capitale dell’Arizona.
L’Arizona, da quel che avevano potuto constatare i ragazzi dal finestrino del loro bus, era più verde e meno caotica della precedente San Antonio e, in generale, del Texas.
Sembrava meno concentrata, meno grattacieli, probabilmente anche meno gente con un caffè in una mano, telefono nell’altra e un buffo cappello da cow boy in testa.
In una città come quella, i Children si chiesero dove potessero trovarsi i loro fans.
Ma il loro roadie sapeva fare il suo lavoro, perciò…
- Hey, Sam, fermati da qualche parte. Possibilmente in centro. -
- Ma Alexi, Jake aveva detto…-
- Dai, Sam… Chi vuoi che ci sia?! -
E così l’autista si era fermato e aveva fatto scendere i ragazzi, augurandogli una buona passeggiata e dicendo che lui si sarebbe riposato.
- Wow… Che sole! – Esclamò Roope, infilandosi i Ray Ban.
L’aria era comunque fresca, ma un bel sole splendeva nel cielo, facendo presagire una bella giornata.
Così i ragazzi iniziarono a passeggiare per quell’immensa città.
La cosa buffa era che, dopo una ventina di minuti, avevano fatto più o meno duecento metri.
- Cazzo, Alexi, la smetti?! Ti fermi ad ogni singola vetrina di souvenir. Che cosa vuoi? Una calamita con scritto “Welcome to the fuckin’ Arizona”? Beh, non credo la troverai! -
- Sì, infatti Alexi. Jaska ha ragione. – Concordò Henkka, annoiato.
- L’ultimo negozio e torno, un secondo solo. -
I ragazzi si sedettero su una panchina mentre attendevano, ancora una volta, il cantante.
Nessuno aveva aperto bocca in quei cinque minuti, non sapevano proprio che dire, né riguardo al posto né riguardo a quella strana situzione.
- Jessica! – Chiamò Alexi, mentre usciva dal negozio e attraversava la strada.
Aveva le mani dietro alla schiena e un sorrisetto stampato sul volto.
Quando fu a pochi centimentri di distanza da lei, tirò fuori un peluche.
Era un coniglietto di medie misure, con due orecchie decisamente sproporzionate, un nasino rosa e una improbabile coda tonda e azzurra. Ma la cosa più strana era che tra le zampine teneva un cuoricino con scritto: I Love U.
Jessica guardò un attimo i ragazzi per vedere le loro espressioni e fu sorpresa dal fatto che tutti, ma proprio tutti, erano seri e guardavano altrove.
- Beh, ecco… - Lo prese tra le mani e se lo rigirò, come per mostrare il suo interesse. – E’ molto dolce. Grazie. -
- Lo so, è strano. Voglio dire, non avrei mai pensato di prendere una roba del genere, ma quel cosetto mi guardava… Cioè, mi diceva tipo prendimi, lo so che mi vuoi e così l’ho comprato. -
- Oh, capisco. – Sospirò, nascondendo quella specie di sbuffo con un sorriso. – E’ un pensiero molto dolce e ti ringrazio. – Lo baciò, tenendo le braccia lungo i fianchi e lasciando che fosse lui ad allacciargli le sue al collo.

- Nessun attacco? – Chiese Sam, al ritorno dei ragazzi.
- No, proprio nessuno. -
- Hey, ma… Sbaglio o siete completamente fradici? – Li guardò dalla testa ai piedi.
- No, è un impressione! Cazzo, sì, è fottuta pioggia! Un acquazzone! – Sbottò Alex. Si era appena lavato i capelli, se li era lisciati con la spazzola e spruzzato un po’ di spray per mantenerli lucidi, o qualcosa del genere. E ora, ora doveva rilavarli!
- Ah…- Sam non si era nemmeno accorto che aveva piovuto. Aveva messo una specie di telo apposta sul parabrezza per non cuocersi all’interno del bus, e poi si era addormentato.
- Già, una cosa che abbiamo imparato è: mai fidarsi del tempo dell’Arizona. – Borbottò Henkka, fradicio.
Con i capelli bagnati era anche più bello, e questo la ragazza l’aveva constatato mentre parlava con Janne e, al suo fianco, c’èra appunto il bassista.
Mentre Alexi aveva solo le punte dei capelli bagnati, perché aveva ben due cappucci a proteggergli la testa, uno della maglietta e uno della felpa.
Mentre si dirigevano col bus verso il luogo del concerto, i ragazzi si rimisero a posto, tornando come nuovi.

La ragazza si sedette sul divano, insieme a Henkka.
Erano stati gli ultimi a fare la doccia, a parte Alexi che era ancora dentro al bagno a lavarsi.
Stavolta era lui l’ultimo.
- Ciao. – Jess si sedette accanto al bassista.
- Che mi dici? – Chiese lui, quasi sovrappensiero.
- Mah… Nulla. – Jessica vide il coniglietto sul tavolino a destra del divano. – Ti rendi conto? -
- Cioè? -
- Il coniglio…-
- Ah. Già, quando ho Alexi visto tirarlo fuori da dietro la schiena, ero convinto che qualcuno avesse rapito il nostro cantante e ce ne avesse ridato una copia. -
- Io non credo ai miei occhi. Ma la cosa più imbarazzante è stato il fatto che ho dovuto girare per Phoenix con un coniglietto di peluche sotto braccio. Ti rendi conto?! Mi sarei seppellita. Fortuna che ha iniziato a piovere e con la scusa di non bagnarlo, l’ho nascosto sotto alla giacca. -
- Ti capisco. Insomma, tu non sei la tipa da peluche. -
- Infatti. -
Henkka non ebbe il tempo di aggiungere niente perché Alexi venne fuori dal bagno e i due smisero di parlare, facendo finta che la televisione avesse la meglio sul loro interesse.
Aveva una specie di turbante nei capelli fatto con un asciugamano azzurro e blu a righe, e addosso dei semplici pantaloncini grigi che gli arrivavano al ginocchio, con i quali dormiva sempre.
- Io vado a letto. – Informò entrambi la mora.
- Ok, notte Jess. – Rispose il bassista, sorridendole e iniziando a fare zapping.
Alexi le diede un bacio, come sempre.
La strinse per i fianchi e si avvicinò col viso al suo orecchio, facendo in modo che la ragazza allacciasse le braccia intorno al collo di lui.
- Scusa se ti do la buona notte ora, ma devo ancora asciugarmi i capelli. -
- Non fa niente. – Borbottò Jess, un po’ stranita.
- Ti amo. – Le disse lui, con una voce un po’ roca, che fece uno strano effetto alla ragazza.
Intanto Alexi stava pensando a Henkka. Perché il bassista doveva proprio essere lì? Perché proprio sul divano? Non poteva andarsene a letto, come tutti gli altri, santo cielo?!
Ma i pensieri poco casti del vocalist vennero interrotti da un bacio di Jess.
- Anche io. – Concluse lei, per poi andare a letto.



Lo so, vorreste uccidermi tutte per una serie di motivi quali: Alexi “non ha ancora combinato nulla” -per dirla con raffinatezza-, Jessica è distaccata, non le va mai bene nulla…
Insomma, sono monotoni u.u
Ma…beh, questo capitolo è andato così, preferivo farne un altro per sottolineare la situazione, ma nel prossimo accadrà qualcosa… E nel prossimo ancora… Ok, basta ù__ù

der Hysteria: Innanzitutto è davvero un onore essere tra i tuoi autori preferiti u.u Grazie davvero =) E poi… Beh, lo so, Jessica è una complessata, ma se l’è scelta Alexi, eh! Mica io *tsk* XD Come al solito, vedrai, vedrai… *no spoiler* U.U

Rocket Queen:
Ahahahah XD “Il Laiho non lo usa” mi ha fatta morire!
XD Eh… Non ne ha il tempo, Jess è troppo assonnata e presa dal tour. Va a finire che il Laiho, preso dall’astinenza, va da Janne… XD

Pumpkin Head:
Jessica mi assomiglia? O_o Ma dove? A parte il fatto che è complessata e pigra… XD Ma va bè, lo prendo come un complimento XD E grazie della recensione =) Mi fa piacere sapere ciò che pensi u.u

Archangel 06:
Eh, ma Jess è un esemplare particolare. Probabilmente l’unico esemplare di sesso femminile immune alle dolcezze del Laiho o.o XD Grazie delle recensioni, come sempre =)



Ebbene, se vi sembra che tra Jess ed Alexi vada male… Aspettate i prossimi capitoli! *risata malefica*
No, ok, avevo detto *no spoiler* ._.
Va bè, fate finta di nulla u.u

A presto,
Crazy_Me

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


6° Capitolo



Janne allungò una tazza di caffè bollente alla ragazza.
- Henkka? – Chiese con lo sguardo basso, forse dovuto alla stanchezza.
- In che senso? – Domandò il tastierista, sedendosi davanti a Jessica.
- Non siete sempre voi due alla mattina che vi svegliate presto? -
- Ah… Beh, ieri penso sia andato a letto tardi. Non ero molto cosciente, ma l’ho sentito che saranno state… beh, almeno le due! -
- Wow… Così tardi?! – Appoggiò il bordo della tazza alle labbra, inclinandola un po’ per far arrivare il liquido alle sue labbra e sentirne la temperatura. – Comunque capita anche a me di non riuscire a dormire, perciò lo capisco. -
- Sì… Già… - Constatò Janne, un po’ sovrappensiero.
Rimasero un po’ in silenzio, a bere il caffè e basta, senza dire nulla.
- Senti, che ne dici se… - Il castano si morse il labbro, stringendosi nelle spalle. – Beh… Se giocassimo a Monopoli? –

Si preparava già a qualche scusa del tipo mi piacerebbe, ma non ne ho molta voglia stamattina o qualcosa del genere.
Invece Jess annuì. Sorrise e annuì.
- Perfetto. Allora vai a svegliare gli altri? Io intanto metto il caffè nelle tazze. -
Jessica si alzò e fece per andare nella zona notte, quando Janne la fermò.
- E mi raccomando! Non dirgli che giocheremo a Monopoli, altrimenti non si alzeranno più. -
La mora rise e fece segno ok a Janne, che riprese a rovesciare il caffè nelle tazze.
Così, anche questa mattina, iniziò il giro, come se fosse un sergente o qualcosa del genere che sveglia i militari.
Militari un po’ troppo pigri. E un sergente un po’ troppo buono, pensò la ragazza, constatando che delle pentole sarebbero state molto più efficaci.
Stavolta non arrivò ad Alexi, perché passò il testimone ad Alex che, non molto felice, si era offerto di finire lui il giro.
Quando tutti furono in salotto ed ebbero finito la colazione, Janne diede la bella notizia, che i ragazzi accolsero
molto bene.
- No, Janne! Che cazzo! Anche da appena svegli ci vuoi massacrare con quel tuo gioco del cavolo?! – Aveva protestato Roope, che forse era quello meno aperto alla passione per il Monopoli di Janne.
Ma, alla fine, tutti parteciparono. Più o meno volontari, più o meno coscienti.
Forse meno che più.

- Quanto manca? – Chiese annoiato Henkka.
Non era una domanda rivolta a nessuno, ma sperava che Sam avesse sentito e gli rispondesse.
- Non saprei… Sono le 17.00, fra non più di un’ora dovremmo essere arrivati. – Rispose Steven, che forse era l’unico che l’aveva ascoltato.
Gli altri erano tutti impegnati in altre attività, come leggere, ascoltare musica, osservare il fantastico e per niente monotono paesaggio ed altri passatempi del genere.
Meno di mezz’ora dopo, il bus era parcheggiato e i ragazzi erano a terra.
- Wow… Quindi questa è la California? – Chiese Jessica, guardandosi intorno.
- Yeah, baby! – Gli rispose Alexi, con un sorrisino sarcastico sulle labbra.
- Precisamente, siamo a Riverside County. – Spiegò Janne, puntiglioso.
- Beh… E’ piena di palme. Molte, tante, tantissime palme. – Concluse Robert.
- Me l’aspettavo diversa, sinceramente. -
- Beh, Jess, non è che la California sia tutto ciò che vedi adesso. Questo è un posticino minuscolo, rispetto a tutto lo stato. E’ come dire “in Finlandia ci sono solo pinguini!”. Beh, non è così. A Nord c’è il ghiaccio, ma a Sud, come ad Espoo e Helsinki, no. Sono città normalissime, magari un po’ fredde e…- Il tastierista venne interrotto.
- Ok, Janne, hai spiegato il concetto. – Lo fermò Jaska. – Quando inizia un discorso, addio…- Borbottò, poi, sottovoce.
- Era per chiarire. – Si difese l’altro.
- E poi non credo che in Finlandia ci siano i pinguini. – Puntualizzò Henkka, che era stato fuori da quel discorso fino ad allora.
- No? Beh, trichechi, foche, orsi polari… Qualcosa ci sarà, no?! -
- Non saprei, Janne. Non mi sono mai interessato alla fauna della Finlandia. -
- Come no?! – Sbottò l’altro. – Si studia a scuola! -
- Beh, non tutta. Forse mancavo a quella lezione, forse sono arrivato solo alle marmotte… -
I ragazzi risero, divertiti da quello strano discorso, che aveva preso una piega piuttosto strana.

- Revenge, tocca a voi! –
Jessica prese la sua chitarra, seguita da Steve ed Alex, mentre Robert si sistemò le bacchette nella tasca posteriore dei jeans.
Correndo raggiunsero le proprie postazioni.
Jess sfilò il microfono dall’asta e se lo passò prima nella mano sinistra, poi nella destra, dirigendosi a bordo palco.
- Allora, California, siete caldi? -
Un boato arrivò dal pubblico, che, come sempre, era impazzito quando aveva visto qualcuno entrare in scena.
- Non ho sentito! – Urlò ancora la ragazza.
E ancora un altro boato, stavolta più forte.
La mora sorrise e diede il via a Robert, che iniziò a picchiettare le bacchette.
Intanto, Jessica aveva messo di nuovo il microfono nell’asta, se l’era regolata, essendo un po’ troppo bassa, ed aveva seguito Steve ed Alex nella melodia.

Presero gli asciugamani che una tipa del backstage gli stava allungando, e si accomodarono nel camerino, sul divano.
- Che caldo, eh?! Sembrava Agosto, altrochè Aprile! – Sbottò Steve, tutto spaparanzato sul divano.
- Hey, togliti! -
- No! C’ero prima io! -
- Ma non è giusto. -
- Vai nell’altro divano e non rompere, Robert! -
- Ma nell’altro c’è Alex! -
Jess rise. Erano proprio buffi, come se in quel momento si trovasse in un asilo e non in un camerino.
Ma a distoglierla da quei pensieri fu il telefono, che iniziò a squillare.
Tastò nella felpa che aveva appeso all’ appendiabiti e tirò fuori il cellulare da una tasca.
- Pronto? -
Rimase un attimo immobile, senza fare o dire nulla, come se la voce dall’altra parte fosse più importante.
Poi lo sguardo della ragazza mutò in una specie di smorfia, che fece immobilizzare i suoi compagni.
Stavano già presagendo il peggio.







Ebbene sì, vi lascio così, con il dubbio *risata malefica*
Magari non ve ne frega nemmeno nulla XD Ma va bè, saprete comunque tutto nel prossimo capitolo.
E no, stavolta non spoilero nulla.
Tanto ho già scritto il capitolo seguente e passadomani dovrei postare =)

der Hysteria: Esattamente! Perché avere un Alexi-Puccio, quando puoi avere un Henkka-SexSymbol? Ma beh, chi lo sa… Per il momento Jess avrà altro a cui pensare. E non dico nulla u.u

Archangel 06:
Eh, Jess è strana sì. Ma che ci vuoi fare?! E’ fatta così XD Ed Alexi è innamorato, perciò se la tiene così com’è u.u

Rocket Queen:
Molto Child e poco Wild XD Eh, Alexi è cambiato un bel po’ e Jessica è sempre la stessa. Chissà come andranno le cose… Vedrai, vedrai =D

A presto,
Crazy_Me

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


7° Capitolo



Lo sguardo di Jessica mutava costantemente.
Quando aveva risposto era ancora sorridente per via dei ragazzi, assolutamente infantili, poi dopo poco…
- Jessica…- La chiamò Steven, che ora si era alzato dal divano.
- Jessica, che c’è? – Stavolta era Rob. Non stava nemmeno più pensando al divano, che ora era libero e se ne sarebbe impadronito in un attimo.
- Dai, che c’è? –

Ma Jess sembrava essere fuori da questo mondo.
Aveva staccato il cellulare dall’orecchio, l’aveva messo in malo modo sul tavolino al centro del camerino e si era lasciata cadere sulla poltrona verde.
Alex era corso da lei e l’aveva abbracciata, senza ricevere risposta.
Ma sentiva che c’era qualcosa che non andava, era bastato vedere il sorriso della ragazza diventare una smorfia, e quegli occhi illuminati, spegnersi.
Robert si era avvicinato a lei ed Alex, e le aveva accarezzato i capelli, guardandola in attesa di qualcosa.
L’unico rimasto immobile era Steve.
- Jessica, parla! Non possiamo mica leggerti nella mente, cazzo! – Esclamò il bassista. – Senti, almeno dicci chi diamine era! Non puoi rimanere lì, così senza fare nulla, siamo preocc…-
- Era mia madre, cazzo! -
Steve si era interrotto.
Robert ed Alex avevano guardato la mora con gli occhi spalancati.
- Che è successo? – Ebbe il coraggio di chiedere il chitarrista.
Jessica strinse gli occhi, li strinse più forte che poteva. Non doveva piangere.
- Mio padre. – La sua voce era interrotta, però, e la gola le faceva male, come se si fosse seccata all’improvviso. – Si tratta di mio padre. -
- E’ stato male? – Azzardò Rob, che ora era in ginocchio davanti alla cantante.
- No. – Ormai le lacrime le stavano scendendo. Non poteva più fare niente per fermarle. – Ha avuto un incidente. -
- Cosa? Mio Dio… Come sta? Ma è… è in ospedale? Vero? – Alex conosceva i genitori di Jessica, tutti i Revenge li conoscevano, ma per Alex era diverso.
Lui e Jessica erano cresciuti insieme, si erano conosciuti all’elementari e non era certo stata
amicizia a prima vista.
Anzi, all’inizio si detestavano, si prendevano continuamente in giro, ma poi, col passare del tempo, erano diventati indivisibili.
- E’ in ospedale. Non so altro. – Si asciugò le ultime lacrime con la mano. – Mia madre mi ha buttato giù il telefono in faccia, senza dire nient’ altro. – Rise. Ma non era una risata divertita.
- Jessica, io credo che tu debba riposarti un attimo e…- Iniziò Steven, prendendole la mano.
Presa a cui Jess sfuggì, alzandosi.
- Fanculo! Non devo riposarmi! Sto da Dio! – Urlò la ragazza, facendo quasi spaventare i suoi amici. – Devo andarmene, devo tornare a Londra. -
- Sì, ok, hai ragione. Domani vedremo…-
- No, non domani! – Prese la felpa grigia dall’attaccapanni e mise il cellulare nella tasca sul davanti. – Devo andare ora. -
- Ma fermati, Jessica! Per favore…- Steven e Robert la stavano seguendo, quando Alex li bloccò e gli fece segno di rimanere in camerino.
- Vado io. -
Jessica intanto era uscita da quel posto ed era salita subito a bordo del tour bus.
Non sapeva cosa fare, avrebbe voluto rimanere un attimo lì fuori, per prendere una boccata d’aria, per sistemare le idee.
- Sam! -
- Eh? Cosa succede? – Era seduto sul divano, con il telecomando in mano e la televisione sintonizzata su un canale con il segnale assente. – Jessica, cos’è successo? -
- Devo andare in aeroporto. Quanto dista da qua? Qual è quello più vicino? -
- Ma cosa…? – Chiese l’autista confuso.
- Devo tornare a Londra. Mio padre ha avuto un incidente. E ora rispondimi! -
- Non lo so. – Ci pensò su qualche secondo. – Aspetta, c’è un aeroporto. Sì che c’è, sarà a tre quarti d’ora da qua, penso. -
- Cosa faccio? Cazzo… Senti, chiamami un taxi, per favore. -
- Jess, se vuoi ti ci porto io. Dai, non è un problema. -
- Non ti preoccupare…-
- No, davvero… - Stava ribattendo il ragazzo.
- Ti prego Sam, chiamami un taxi. – Si era quasi trattenuta dall’urlargli contro.
- O… Ok… Va bene. -
In meno di un quarto d’ora, una macchina gialla si era affiancata al tour bus.
- Vuoi che ti aiuti con i bagagli? -
- No, non porto nulla. Tanto a casa ho tutto. – Prese solo una borsa con il cellulare, l’ iPod, il portafoglio, passaporto e poche altre cose.
Stava per scendere le scale, quando si girò e abbracciò Sam, che rimase un attimo paralizzato.
- Buon viaggio. -
- Grazie. -
Stava per salire sul taxi, quando qualcuno la fermò.
- Cos’hai intenzione di fare? -
- Alex… Porca miseria, cosa vuoi? Devo tornare a casa, lasciami! -
- Jessica, ragiona… -
- No, lasciami! -
Il ragazzo la lasciò e la ragazza salì in macchina, chiudendo lo sportello con tutta la forza che aveva.
- Alex, cosa stai facendo? Mi fai perdere tempo, ti prego, vattene! -
Il chitarrista era entrato e si era sistemato sul sedile di fianco alla mora.
- Aspetti un attimo, torno subito. Se le dice di partire, non lo faccia! – Ordinò al taxista.
Corse fuori e meno di due minuti dopo era già tornato e risalito sull’auto, stavolta con una felpa e un marsupio.
- Ok, vada. Aeroporto di Riverside County. -
La macchina partì e, per un po’, entrambi non dissero nulla, guardando solo scorrere il paesaggio dai finestrini.
Era già buio e si vedeva ben poco, solo luci ad intermittenza regolare.
- Non eri obbligato a venire. -
- Lo so. -
Jessica lo guardò e sorrise, un sorriso spento e triste, ma che al ragazzo bastò.
Si avvicinò a lui e appoggiò la testa sulla sua spalla destra, prendendogli la mano e chiudendo gli occhi.

- Alexi, hai steccato, bello mio! – Lo prese in giro Roope, mentre tornavano un attimo in camerino.
- Non ho steccato! Hai sbagliato tu, ti avevo detto che l’ultimo riff l’avevo camb…- Alexi si zittì quando vide le facce da funerale dei Revenge e, soprattutto, quando si accorse che Jessica non c’era.
- Cos’è successo? – Chiese Janne, allarmato.
I due Revenge si guardarono un attimo, come per farsi segno parla tu.
- Jess ha ricevuto una telefonata da sua madre. – Iniziò Steve. – Suo padre ha avuto un incidente ed è in ospedale. Penso lo stiano operando. -
- E Jessica? Dov’è Jessica? – Chiese Jaska, mettendosi l’asciugamano bianco attorno al collo.
- E’ andata in… in aeroporto. -
- COSA? – Chiesero più o meno tutti i Children in coro.
- Cazzo, credete che sia facile farla ragionare?! Abbiamo provato a trattenerla, ma è voluta andare. -
- Devo andare. – Disse semplicemente il cantante.
- No, Alexi, no! Non devi andare da nessuna parte. – Lo fermò Roope.
- Abbiamo un concerto. E anzi, fra pochi minuti sarà finita la pausa. – Aggiunse Henkka.
- Ma Jessica…-
- Alexi, se proprio devi andare, andrai alla fine di questo concerto. – I suoi compagni, seppur dispiaciuti, erano stati irremovibili.

- Dai, Jess, svegliati. Siamo arrivati. -
La ragazza mugolò e poi aprì gli occhi. Pagò il taxista e scesero, entrando in aeroporto.
Il solo vedere tutta quella gente, tutte quelle persone, quelle file da fare, le aveva fatto venire mal di testa.
Alex la fece sedere su una panchina ed andò a sentire, tornando dopo una decina di minuti.
- Hanno detto che il prossimo aereo per Londra è fra quaranta minuti. -
- Grazie al cielo! – Esclamò la ragazza. Aveva paura di dover aspettare lì tutta la notte, e invece le era andata bene.
Si alzò e, non avendo valigie, ma solo bagagli a mano, andarono diretti all’ultimo controllo.
Passarono sotto una specie di rettangolo elettronico, insieme alle loro borse, che vennero ispezionate per bene, poi, mostrando il passaporto e il biglietto fatto prima, poterono passare.
Controllarono sul biglietto e cercarono i loro posti.
Fortunatamente erano posti da due, dietro avevano due giovani e davanti una coppia senza bambini.
Magari sarebbero riusciti a riposarsi in quelle otto ore.
Spero solo che non sia troppo tardi. Vorrei non essermene mai andata.
- Credi davvero che se fossi stata là, questo non sarebbe successo? – Alex aveva letto la preoccupazione nello sguardo di Jessica.
- Non lo so. -
- Beh, no. E’ il destino e non possiamo fare nulla per…-
- Risparmiati queste cazzate, Alex. Lo sai come sono, no?! -
Al ragazzo scappò un sorrisino.
- Ti voglio bene. E grazie ancora per essere qui. -
- Anche io ti voglio tanto bene, Jess. – Le prese la mano, era ancora gelida, e se la portò sulla sua gamba, tenendola stretta forte.
- Ora riposati. -
- Anche tu. – Concluse la mora, chiudendo gli occhi.

- La prego! Faccia il più veloce possibile! -
- Signore, si calmi. Sto andando ai 110 in una strada con il limite dei 90. Di più non posso fare. -
- Mi scusi, ha ragione. – Alexi sentiva che sarebbe impazzito.
- Non fa niente. E fra non più di mezz’ora saremo arrivati. -
Non rispose, si limitò a fissare l’orrizzonte da dietro al vetro dei finestrini.
- Ci siamo. Mi parcheggio o è finita la corsa? – Chiese l’autista, davanti all’aeroporto.
- No, io penso sia finita. – Borbottò Alexi, tirando fuori i soldi segnati sul davanti in un apposito aggeggio.
- Grazie e buona notte, signore. -
Alexi non badò a quelle parole e chiuse lo sportello del taxi, entrando in aeroporto.
Si fermò ed ebbe la sensazione di essere entrato in una giungla.
Girò su sé stesso, nella speranza di leggere qualche indicazione.
- Grazie al cielo! – Esclamò quando vide la scritta Informations e ci si diresse, seguendo la freccia.
Aspettò qualche minuto prima di essere il primo della coda,  perchè aveva due o tre persone davanti a lui.
- Oh, finalmente! – Sbottò quando fu il suo turno. - Devo assolutamente sapere se c’è un aereo che parte per Londra. -
- Sì, non c’è problema. – Disse un po’ preoccupata la tipa, come l’aveva classificata il cantante.
- La prego, faccia in fretta…-
- Un secondo solo… Ok. – Spostò lo sguardo dal computer ad Alexi. – Non ci sono aerei fino a domani alle 16.00. -
- Grazie al cielo. -
- Ha perso questo volo? – Chiese l’adetta alle informazioni, inconsapevole.
- Cosa? Ne è appena partito uno? -
- Sì, da…- Riguardò sullo schermo. – Da ben venti minuti, se non ci sono stati ritardi. Ma secondo il computer, in continuo aggiornamento dalla torre di controllo, non ce ne sono stati. -
- CAZZO! Dannazione! – Alexi corse via, superando la folla e si diresse al gate dell’aereo per Londra.
- E’ già partito? -
Un’altra signora alzò lo sguardo e lo puntò su Alexi, storcendo un po’ il naso.
- Non capisco cosa…-
- Il fottuto aereo per Londra! E’ partito? -
- Sì, da venti minuti, signore. La prego di calmarsi, c’è un altro aereo per domani, alle 16.00. Se non ha dove pernottare, può aspettare su quelle poltroncine laggiù in fondo oppure...-
- Sì, va bene, va bene. – Ringhiò il vocalist. – Mi faccia un biglietto. -





Ecco qua!
Ora, mie care lettrici, avete scoperto chi era al telefono e la brutta notizia che ha ricevuto Jessica.
Ovviamente questo è solo l’inizio, anche se non ho ancora progettato per bene quello che ho in testa da un po’ di tempo…
Perciò si vedrà
=D

Archangel 06: Eggià, povero Janne u.u Ci sarebbero tante persone che si offrirebbero di giocare a Monopoli con lui… Anche per tutta la vita xD Ma va bè… spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto =)

Rocket Queen:
Sìsì, il più sexy dopo il Laihuz è Henkka, of course! XD Ma a parte questo, spero che tu sia riuscita a leggere il seguito e che l’ansia non ti abbia ucciso XD No, scherzo… Spero, comunque, di aver attenuato la tua curiosità =)

der Hysteria:
La prossima storia che farò sui Children, sarà incentrata su Janne e i suoi tornei di monopoli, visto il successo ottenuto u.u XD Scherzo… Va bè, spero di aver risolto i tuoi dubbi con questo capitolo =)


A presto,
Crazy_Me


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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


8° Capitolo



Aveva bisogno di tornare a casa, di sentire l’aria umida ed a volte soffocante di Londra, dell’accento Londinese, dei suoi amici, che non erano molti e quelli più stretti li aveva appena lasciati in America.
Ma soprattutto sentiva il bisogno della sua famiglia.
Non aveva mai avuto questi pensieri, mai prima d’ora.
Insomma, Londra è lì, non scappa mica, aveva sempre pensato Jessica, accorgendosi solo ora di quanto lontana fosse.
E non erano solo otto ore quelle,
non erano proprio ore.
Era qualcosa di diverso, di più
interno.
Come quando ti allontani, anche solo di pochi chilometri, ma sei lontano da casa tua, dalla tua famiglia, dalle persone che vedi tutti i giorni e a cui, magari, non fai nemmeno più caso.
Perché se ti senti a casa, puoi essere lontano dalla tua famiglia anche mille ore, puoi essere anche su Marte che non ne sentirai la mancanza, non in maniera forte.
Una voce robotica riportò Jessica alla realtà.
- Hey, Alex… Siamo arrivati, svegliati. –
Il ragazzo aprì gli occhi e recuperò il suo marsupio.
Alla fine si era addormentato prima lui della ragazza e, sempre nel sonno, si era appoggiato con la testa sulla sua spalla.
- Ti sei riposata? –
- Sì, un pochino sì. – La verità era che i pensieri l’avevano tormentata dall’inizio del viaggio, pensieri che mutavano, viaggiavano velocemente, passando da suo padre al tour, da Alexi alle reazioni dei Children.
Ed il fatto che in aereo fosse vietato telefonare, la faceva stare ancora più in pensiero.

- Porca miseria, le sto chiedendo se è partito un cazzo di fottuto aereo per Londra! Londra, ha presente? -
- Signore, la prego di calmarsi. Non è il luogo adatto per dare spettacolo e le informazioni che richiede le saranno date subito. Mi dia il tempo. – Rispose sempre cortesemente l’addetta, scrutando il monitor del computer.
- Ne è partito uno ieri, alle 22.00 circa, e ne parte uno oggi alle 16.00. -
- Oh, grazie al cielo. -
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, andandosi a sedere su una delle poltroncine nere davanti al banco delle Informazioni.
Bene, ora devo solo trovare quello scemo del Laiho. Dove cazzo si sarà cacciat… non fece in tempo a finire il pensiero, che notò un tizio con degli occhiali da sole in una poltrona un po’ distante dalla sua.
Si alzò ed andò davanti, non volendo fare brutte figure nel caso non fosse stato il cantante.
- Alexi? – Chiese poi, come per sicurezza, ma dopo essersi già reso conto di chi fosse.
- Mmmh? – Aprì gli occhi, pensando fosse un fans o qualcosa del genere.
Eppure mi sono messo gli occhiali e il cappuccio della felpa…
- Henkka? -
- No, tuo nonno. – Sbottò il bassista. – Sì, sono io. – Si sedette accanto all’altro.
- Che diamine ci fai qui? -
- Grazie, anche io sono felice di essere qui. – Sbuffò. – Comunque sono qui perché non rispondevi al cellulare, abbiamo provato a chiamarti tremila volte, ma tu nulla. -
- Forse si è scaricato. Non ricordo di averlo spento. – Diede un’occhiata dentro alla borsa nera che si era portato, con il minimo indispensabile, ma non trovando il telefono, alzò le spalle.
- Ok, senti, che stai facendo? -
- Io? – Chiese Alexi, indicandosi e sorridendo come se la domanda fosse ridicola. – Io sto per prendere l’aereo per Londra, per raggiungere la mia fidanzata che è, a quanto pare, fuggita da suo padre che ha avuto un incidente. – Riprese fiato. – Ma la domanda è: tu cosa stai facendo? -
- Io sto per prendere l’aereo per Londra, per seguire e tenere a bada il vocalist della mia band che, a sua volta, sta per prendere l’aereo per Londra per raggiungere la sua fidanzata che è…-
- Sì sì, ok, ho capito. Ma non dovresti farlo. Non è affar tuo. -
- Cosa intendi dire? Il cantante del mio gruppo sta per partire e allontanarsi ben otto ore da qua, abbandonando così il tour appena iniziato e non è affar mio?! – Aveva involontariamente alzato il tono di voce.
- Hai ragione. -
- Ciò che sto dicend… Davvero? – Henkka era rimasto sorpreso da quelle parole. Non se le aspettava da Alexi, testardo e poco incline ad ammettere le sue colpe. – Grazie al cielo te ne sei accorto. -
- Ma ciò non vuol dire che devi venire con me. – Riprese il biondo.
- Certo certo… - Sistemò la sua borsa con tutti i documenti, i soldi e qualche vestito ai piedi della poltroncina su cui era seduto. – Aspetta qua e badala. – Ordinò al vocalist, che in tutta risposta mugolò.
Si diresse di nuovo dalla tipa di prima e chiese un biglietto per Londra.
Fortuna che ho preso tutto in caso di necessità, altrimenti sarei dovuto tornare al tour bus.

- Sei sicura? Non vuoi prima riposarti, tornare a casa un pochino…? -
- No, davvero. – Rispose secca Jessica.
- Ok, allora Royal London Hospital. – Riferì Alex al taxista, che annuì e partì.
Per tutto il tragitto, Jessica era fissa sulle strade della città, sulle persone che l’attraversavano e sulle nuvole scure e cariche di pioggia.
Non voleva pensare a suo padre, perché più si avvicinava il momento di scoprire la verità, più voleva dimenticare ciò che gli era stato detto poche ore prima.
Forse facendo finta di nulla, sarebbe tornato tutto come prima.
Jessica sarebbe ancora in America, a viaggiare sul tour bus e a giocare a monopoli.
Quando vide Alex allungare dei soldi al taxista, scese e si trovò davanti ad una grande struttura bianca.
Alex la seguì e le prese la mano, stavolta tiepida, facendole un debole sorriso.
- Andrà tutto bene. – Sussurrò il ragazzo, con gli occhi un po’ stanchi.
- Non lo puoi sapere. -
Il chitarrista avrebbe voluto ribattere, consolarla ancora, ma non avrebbe potuto dire nulla. Perciò non gli restava che entrare e scoprire le condizioni del padre di Jessica.
- Salve. – Iniziò la ragazza, rivolgendosi ad una signora all’ingresso dell’ospedale, dietro ad un banco con un computer. – Mio padre è stato ricoverato ieri, io penso… Voglio dire, lui ha avuto un incidente. – Quando finì la frase, tirò un sospiro di sollievo.
- Quindi è la figlia. Cognome? –
- Howard. Mark Howard. – La voce della ragazza era appena un sussurro e Alex quasi si aspettava di dover ripetere il nome.
- Mark Howard, sì. Stanza 117. – Indicò un ascensore e i ragazzi, dopo un flebile grazie, ci si diressero.
Alex avrebbe voluto dire qualcosa di carino, che potesse anche solo per un secondo far sentire meglio la mora, ma niente sembrava andare bene.
Tutto troppo scontato, troppo falso. Non poteva sapere davvero le condizioni del padre di Jess, perciò rimase muto, fino a che le porte dell’ascensore non si aprirono davanti a loro.
Un corridoio bianco, piastrelle bianche, gente con camici bianchi… Sembrava che i colori dentro a quel posto si fossero estinti molto tempo fa.
- Mi scusi… - Jessica fermò un’infermiera. – La stanza 117? -
- In fondo al corridoio, penultima porta. Lei è la figlia del signor Howard? -
- Sì, sono io. Come sta? – A quella domanda Jess ebbe come un brivido.
- Un medico ha appena parlato con sua madre. Le dirà tutto lei. – Sorrise e riabbassò lo sguardo su delle cartelle, proseguendo dalla parte opposta.
Dopo una fila di porte tutte uguali, i due ragazzi riuscirono finalmente a leggere 117 in nero sulla penultima porta.
Alex mise la mano sulla maniglia, ma la ragazza sembrava non voler entrare.
- Jessica…- Il chitarrista l’abbracciò, appoggiando il mento sulla spalla di lei, che ricambiò l’abbraccio.
Una lacrima scese dagli occhi di Jess, rigandogli una guancia.
- Ok, va tutto bene. -
Alex le sorrise e aprì la porta, entrando e richiudendola dietro di sé, dopo che anche la ragazza fu passata.
- Dottor…- Stava iniziando la donna, seduta su una sedia in un angolo della stanza. – Oh mio Dio, Jessica! – Si alzò di scatto e abbracciò sua figlia, che debolmente ricambiò anche quell’abbraccio.
- E ci sei anche tu, Alex. -
- Signora Howard. -
- Siete tornati entrambi. Mi sei mancata tanto, tesoro. – Spostò lo sguardo sul moro. – E mi fa piacere vedere anche te, Alex. Mi sembrano passati secoli dai tempi delle scuole. -
- Mamma… Come sta papà? -
Jessica si avvicinò al letto, su cui era steso il padre. Alcuni tubicini gli uscivano dalla bocca, gli occhi erano chiusi e parecchi graffi gli rovinavano la pelle pallida.
- Il Dottore ha detto che… - Sospirò. - L’hanno operato ieri d’urgenza. Ha un trauma cranico e potrebbe riprendersi o rimanere in coma. – Le ultime parole erano strascicate, dette a forza.
Jess ebbe un sussulto, si sentì come mancare e la testa non era più parte del suo corpo.
Si sedette sulla poltroncina nera, dove prima c’èra sua madre e si mise una mano in fronte.
- Mamma, fammi un favore. Vai a casa e riposati. Sto io qua, se succede qualcosa, qualsiasi cosa, ti avverto. -
- Non è il caso, sto bene. -
- No, hai due occhiaie pazzesche, vatti a riposare. Per favore. -
La madre fece un lieve sorriso rivolto alla figlia, come per dire grazie, e uscì.
- Anche tu, Alex, dovresti andare. Approfittane, vai dalla tua famiglia. Ci sarà Brian felice della sorpresa. -
- Brian a quest’ora è a scuola. E poi c’è tempo. – Si avvicinò alla ragazza e le diede un bacio sulla guancia. – Ora voglio solo stare qui, con te. -
- Grazie. – Jessica sorrise. - Grazie davvero. -

- Ma porca miseria! Io vorrei sapere cosa cazzo ho fatto di male! – Esclamò Roope, tirando il cellulare sul divano.
- Non rispondono, eh. -
- Già. -
- Fortuna che abbiamo mandato Henkka per controllare la situazione. Ora ne abbiamo persi non tre, ma quattro. – Constatò Janne, seduto sul divanetto.
- Stiamo fottutamente calmi! – Jaska fece un respiro profondo, come per dare il buon esempio. – Ora chi cazzo lo dice a Jake? -
- Ci fucilerà tutti, ecco cosa! – Borbottò Janne, il più ottimista tra i tre.
- Peggio. Comunque qualcuno di voi ha provato a chiamare Jess? O Alex? -
- Io, prima. – Rispose Roope. – Ho provato con tutti e quattro, ma nessuno. Henkka spento, Alexi spento da una vita, Jessica sempre occupato e Alex suona, ma non risponde. -
- Dannazione! E ora? -
- Ragazzi, dobbiamo dirlo a Jake. Domani abbiamo un concerto a Concord, quanto pensate che potremmo tenergli segreta tutta questa situazione?! Prima glielo diciamo, prima ci togliamo il pensiero…-
- E prima ci sparerà. – Concluse Janne.
- Beh, ma non è colpa nostra. – Saltò su Jaska.
- Sentite, adesso non facciamo nulla di avventato. Se nemmeno stasera quei deficienti ci rispondono, lo diremo a Jake. Ma per ora niente. Chiaro? -
- Ok, chiaro. – Risposero in coro gli altri due, come fossero soldatini.

- Oh cazzo! Grazie al cielo siamo arrivati. Ti giuro che altri cinque minuti e mi si fondeva il culo con la poltrona! – Esclamò molto raffinatamente il bassista.
- Sono felice anche io di mettere piede a terra. – Concordò Alexi, facendo strada tra la folla e uscendo dall’aereo e, infine, dall’aeroporto.
- Chiama un taxi. -
Henkka accese il cellulare.
- Cazzo! Nove chiamate perse.
Dunque… Roope, Roope, Roope, Janne, Roope, Roo…-
- Ok, ho capito il concetto!
Fammi vedere il mio…- Alexi tirò fuori il suo telefono dalla borsa. – Ti ho battuto. Tredici. -
- Sì, ma ci sono anche le mie. Quelle di ieri! -
- E’ vero, ma ho vinto lo stesso. – Proprio mentre Henkka stava per ribattere, una suoneria conosciuta arrivò alle sue orecchie.
- Pronto? -
- Henkka? Non ci credo, cazzo! Sei tu? Hai risposto?! -
- Sì, sono io. In birra e ossa. – Scherzò il bassista.
- Dove cazzo siete? Dove diamine vi siete cacciati? Porca miseria, ti ho mandato per portare indietro Alexi e sparite entrambi! Miseria, sono le 21.00! -
- No, sono le… 17.00. – Lo corresse il ragazzo.
- Cosa? Cosa stai dicendo, mio caro fottuto bassista? – Roope scandì bene ogni sillaba.
- Non ti alterare. Sto solo dicendo che… ehm… siamo a Londra. -
Non si sentì più nulla per qualche secondo.
- PORCA PUTTANA, HENKKA! DOVEVI PORTARLO INDIETRO E INVECE…- Il ragazzo allontanò il cellulare dall’orecchio, aspettando qualche secondo, per poi riavvicinarlo. - …E NOI QUA A CHIAMARE COME DEI…- Lo allontanò di nuovo e aspettò ancora. – MALEDIZIONE, ADESSO CHE CAZZO DICIAMO A JAKE?! -
- Ti sei sfogato?! Bene, ora lasciami parlare. – Fece un respiro profondo. – Sono qui per evitare che il nostro cantante faccia casini, diciamo che lo controllo, ecco. -
- Non c’è n’era bisogno! C’era solo un fottuto bisogno di entrambi, ma qui! Qui, in California, in fottuto territorio Statunitense! – Si sentì la voce di Jaska che gli diceva di calmarsi. - Ed ora? -
- Senti, telefona a Jake e digli come stanno le cose. Ok? Cerca di essere convincente. Ti faremo sapere al più presto, ciao Roope. -
- No, non mi basta! Henkka, non buttarmi giù il telefo…-
Rimise il cellulare in tasca e guardò Alexi, che lo fissava stranito.
- Che è successo? -
- Che qui tutti avete combinato un casino. – Borbottò il bassista.
- Ma il padre di Jess…-
- Appunto, Jess è scusata. Ma tu, io e Alex no. -
- Non l’hanno presa bene, eh?! -
- No. Nemmeno Jake la prenderà bene. Va bè, senti, hai chiamato un taxi? -
- Sì, fra poco sarà qui. -
I ragazzi si sedettero sul bordo del marciapiede e aspettarono.




Ed eccomi!
Scusate se posto oggi, ma ieri ho finito il capitolo e proprio mentre stavo per pubblicare sono dovuta scappare perché ero in ritardo XD
Comunque, mi stavo chiedendo se il rating è giusto. Forse per il linguaggio colorito bisognerebbe cambiarlo in arancione.
Illuminatemi su questo dubbio u.u

der Hysteria: Su Alex e Jess non ti dico nulla, per farti soffrire u.u XD Poi credo che i capitoli futuri saranno quasi tutti un po’ sul tragico, essendo una situazione non troppo felice quella di Jessica u.u Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo =)

Archangel 06:
Eh sì, ci hai visto bene u.u Jake, anche se in questo capitolo ancora non gli dicono nulla, non la prenderà molto bene, e questo i Children l’hanno già capito XD Ma i quattro sperduti a Londra non si faranno intimidire dal loro manager u.u XD

Rocket Queen:
Non posso rispondere a tutte le tue domande, altrimenti ti racconterei tutta la storia xD Perciò ti dico solo: vedrai, vedrai u.u XD Comunque, giusto per fare un piccolissimo spoiler, i “guai” non sono ancora finiti, no no u.u


A presto,
Crazy_Me

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


9° Capitolo



Alex era seduto sulla poltroncina nera all’angolo e tra le braccia aveva Jess, che si era addormentata già da qualche ora.
Anche lui era stanco, avrebbe voluto rivedere la sua famiglia, andare a casa e stendersi un po’.
Ma non poteva, proprio non poteva lasciare la sua migliore amica da sola.
Anche se migliore amica, secondo il chitarrista, era quasi riduttivo.
Jess era molto di più, sia per lui che per gli altri due Revenge.
Era una sorella, una magnifica cantante e un’ottima chitarrista, una ragazza che vedevano come una di loro, con il suo comportamento decisamente poco consono a quello di una ‘ragazza tipo’ del giorno d’oggi.
Eppure era perfetta.
Perfetta per loro, perfetta per il gruppo.
Ma i pensieri di Alex vennero presto rotti, come fossero chiusi in bolle di sapone, da una porta aperta e richiusa lentamente.
- Alexi? – Chiese il ragazzo, vedendo una figura nella stanza.
- Ciao Alex. – Rispose il biondo di sfuggita, avvicinandosi a velocità della luce a Jessica.
- E ci sei anche tu, Henkka. – Constatò il moro.
Il bassista, rimasto in piedi vicino alla porta, fece un cenno. Si era sempre sentito a disagio negli ospedali, ed ora che nemmeno era lì per qualche suo parente, si sentiva ancora più fuori luogo.
Jessica aprì lentamente gli occhi, sebbene il rumore non fosse aumentato da prima, aveva captato altre presenze.
- Che succed…- Si interruppe quando incontrò gli occhi di Alexi. Occhi che avrebbe riconosciuto dappertutto.
Si zittì e la sua prima reazione fu di abbracciarlo.
Alexi rispose all’abbraccio, inginocchiato sul pavimento e la ragazza ancora sulle gambe del chitarrista.
Jess, da dietro alle spalle del suo ragazzo, vide un’altra figura, più alta e sempre completa di buffi occhiali, molto poco adatti al tempo di Londra, e con un cappuccio.
Un’altra figura per un’altra persona che avrebbe riconosciuto fra mille.
- Henkka! Cosa ci fai qui? – Si staccò da Alexi. – Anzi, che ci fate qui? -
Sia il vocalist, che Alex e Jess si alzarono in piedi e, alla fine, erano disposti come a formare una specie di cerchio.
- Come cosa ci facciamo qui?! – Sbottò il bassista, con le braccia incrociate.
- Appunto! Jessica, sei praticamente fuggita dal tour e mi chiedi cosa ci facciamo qui?! -
- Io…- Abbassò la testa e, istintivamente, fece un passo a destra, come per avvicinarsi ad Alex. – Non potevo lasciare mio padre, non potevo fregarmene. Lo so che questo mi costerà caro, costerà caro a tutti i Revenge, ed ora che siete qui anche voi, immagino che ne pagherete il prezzo. Ma…-
Henkka la zittì.
- Hai ragione. Hai fatto bene a venire, è tuo padre. Anche io, se si fosse trattato dei miei genitori o di persone a me care, avrei lasciato tutto. Forse un po’ meno di fretta, ma… - Annuì e quella frase non ebbe bisogno di essere conclusa.
- Grazie. – Lo sguardo di Jess vago nella stanza, prima di posizionarsi su Alexi.
- Non dovevi scappare così. – La voce era piatta, non pareva essere arrabbiato. – Ma ti amo e mi sei mancata. – Il biondo sorrise.
Un sorriso che a Jess era mancato.
- Immagino che non abbiate dove stare… Vi ospiterei io, ma nella camera degli ospiti, in questo periodo, c’è mia cugina, perché studia a Londra e lei abita lontano perciò... Va bè, comunque io e Henkka andremo a cercare un Hotel, conosco benissimo Londra e gli consiglierò personalmente. – Informò Alex, approfittando per lasciare i due soli.
- Sì, infatti. Meglio se andiamo a cercare un Hotel. – Concordò il bassista, volendo uscire da quel posto.
- A dopo. – Borbottarono entrambi, uscendo.
Jess ed Alexi rimasero in piedi per un po’.
- Allora, come sta? – Chiese infine lui.
- Ha un trauma cranico. Potrebbe riprendersi o rimanere in coma. – Ormai quelle parole non gli facevano più differenza, pronunciarle o meno non avrebbe cambiato la realtà.
- Oh… - Alexi deglutì, guadagnando tempo. – Non so che dire… Oltre che mi dispiace. Davvero. -
- Non devi dire nulla. Non è parlando che la situazione cambierà. – Aggiunse fredda lei.
- Lo so, ma devi comunque sperare che vada tutto bene. Sono sicuro che, se tuo padre è come te, è uno tosto. -
- No, mio padre non è come me. Mio padre non è uno fatto per le cose che faccio io, non è fatto per lasciare la famiglia così, su due piedi, e partire. – Fece una pausa e puntò lo sguardo sul letto, sul viso del padre. – E’ uno tutto lavoro e famiglia. Forse più lavoro…- Non voleva farsi prendere dalla malinconia, non voleva lasciarsi andare così e nemmeno fare discorsi tristi.
Ma l’aveva appena fatto, quasi senza accorgersene. Quasi come se la mente non pensasse le cose che la bocca diceva, ma che uscissero così, semplicemente.
- Non siamo tosti tutti allo stesso modo. A volte si è forti anche continuando a fare ciò che facciamo sempre, sebbene possa risultare normale per gli altri. -
- Sì, hai ragione. -

- Fantastico. Semplicemente fantastico. Sono precisamente le 23.48 e tutto va dannatamente male. – Annunciò Robert, che faceva zapping e ogni tanto controllava l’orario nello schermo del televisore.
- Che cazzo facciamo? – Chiese Janne, osservando Roope che aveva il cellulare in mano.
Se lo rigirava tra le dita, lo osservava paziente, sembrava quasi che aspettasse qualcosa, come una ragazza accanto al telefono che attende la chiamata del proprio fidanzato.
- Cosa? – Chiese il chitarrista, risvegliatosi.
- Ho detto “Che facciamo?” -
- Non lo so. Cioè, è chiaro che dovremo telefonare a Jake. Ma ho sempre la speranza che quei quattro tornino. -
- Non torneranno, soprattutto Jessica ed Alex. – Suggerì Steve convinto, mentre azzannava una mela.
- Lo so. Ma la speranza è l’ultimo a morire. Magari si convinceranno a tornare, magari in tempo per Concord…-
- Magari anche no. – Blaterò Jaska, spezzando la magia.
- Ma anche se tornassero dopo Concord, potremmo sempre dire che Alexi è stato male e che la data sarà rimandata alla fine del tour. Insomma, i fans glielo perdonerebbero…-
- Sì, già. Ma non credo che molleranno. Voglio dire, rimarranno là almeno per altri tre o quattro giorni. Poi si vedranno le condizioni del padre e, in base a questo, Jessica deciderà che fare. -
- Cosa c’entra Jessica? – Chiese dubbioso Robert.
- C’entra, cazzo! Se lei non torna, quel babbeo non torna. – Rispose un po’ alterato Roope.
- Giusto. -
Rimasero un po’ così, in una specie di silenzio.
Se solo i pensieri producessero rumore, lì, su quel tour bus, ci sarebbe stato un casino da discoteca.
Tutti erano assorti nei propri pensieri, nei propri dubbi e nell’incertezza di cosa fare.
Finchè Roope non si riprese e fece un annuncio.
- Basta! Io li chiamo di nuovo. -

- Alexi! Il tuo cellulare! – Chiamò Henkka, ma senza ricevere risposta.
Probabilmente il biondo, essendo sotto la doccia, non aveva sentito.
Guardò lo schermo  e lesse
Roope.
- Pronto? -
- Henkka? Ancora te?! – Sbottò una voce conosciuta dall’altro capo.
- Alexi è sotto la doccia. E comunque ti avrei chiamato, magari fra un po’. -
- Sì, certo, come no! Qua siamo nella merda, ecco cosa! Siamo tutti in panico, non sappiamo che fare. -
- Cosa intendi dire? -
- Intendo fottutamente dire che se tu e gli altri domani tornate, noi avvertiamo che a Concord non ci sarà il concerto per malattia di Alexi o qualche altra fottuta scusa e riprenderemo la data a fine tour. Così Jake ci perdonderà, i fans ci perdoneranno e tutto l’intero fottuto mondo sarà felice. – Concluse Roope, fiero di sé.
- Io tornerei, ma come faccio a convincere gli altri? Jess non parte di sicuro. E se non parte Jess non parte Alexi! E nemmeno Alex. -
- Oh, insomma! Inventa! – Esclamò scocciato il chitarrista. – Senti, non è che non mi dispiaccia per il padre di Jess, ma che lei stia lì o stia qui la situazione è uguale, capisci? -
- Lo so, hai ragione, ma nel caso le cose andassero male… sarebbe qua. -
- Già, ma ha un tour! E non può abbandonare tutto così. Nemmeno voi potete! -
- Roope, non so che dirti. Parlerò con i ragazzi domani, ok? Domani ti telefono io e ti so dire. -
- Ok. Mi raccomando Henkka, ricordati. -
- Certo, sta tranquillo. – Lo rassicurò il bassista.
- Ah, e con Jake? Non so che fare, cazzo. -
- Vai a dormire, non so che ora sia lì, ma non dev’essere troppo presto. Perciò andate tutti a dormire, perchè lo so che siete tutti lì, a pensare a cosa fare, ma domani ti so dire. E sempre domani, telefonerai a Jake. Ok? -
- Va bene, va bene. Buona notte a tutti e due. -
- Veramente stiamo per andare a cena… Comunque buona notte. -
Chiuse la chiamata e sospirò.
- Chi era? – Chiese Alexi appena uscito dalla doccia, con un asciugamano in vita e uno nei capelli.
- Roope, era Roope. Sono preoccupati, domani c’è il concerto a Concord. -
Alexi aveva intuito dove il suo bassista volesse arrivare, perciò mise le mani avanti.
- Io, senza Jessica, non lascio Londra. -
- Lo so, lo so. Ma dovresti riposarti domani. -
- Domani mattina Alex non ci sarà, passerà la mattinata con i suoi famigliari, e Jessica andrà in ospedale sola. Non voglio che vada in quel posto sola…- Brontolò il cantante serio, sedendosi sul letto.
- Ma sei stanchissimo! Non hai nemmeno dormito in aereo! -
- Lo so, ma… - Replicò il ragazzo.
- Facciamo così. Domani mattina tu dormi e io vado da Jessica. -
- Davvero? Non la lasci sola? – Chiese Alexi un po’ dubbioso.
- Te lo giuro. Stai tranquillo. Non rimarrà sola nemmeno un minuto, ok? -
- Grazie. Sono contento che tu sia venuto. – Il cantante gli sorrise.
- Già… Senti, vai a prepararti che fra venti minuti si va a cena. -
Henkka sospirò. Non sapeva nemmelo lui perché l’aveva fatto.
Detestava gli ospedali, era tutto così bianco, tutto così triste… Ma lo doveva a Jessica.
Lei l’aveva aiutato quando era stato male, non si era tirata indietro e non gliel’aveva fatto pesare, sebbene fosse un male molto diverso.
Perché tra avere il mal di mare e avere il padre in ospedale, c’è molta differenza.
Ma Henkka non si era pentito di quello che aveva detto ad Alexi, sapeva e sentiva di doverlo alla ragazza.



Ed ecco qua l’incontro tra gli sperduti a Londra –che poi tanto sperduti non sono U.U-.
Mi dispiace per voi che speravate nella telefonata a Jake, ma in questo capitolo non sono riuscita a metterla.
Nel prossimo, però, giuro che ci sarà u.u
  

Archangel 06: Grazie per i complimenti della battuta xD Sono felice che ti sia piaciuta e spero che anche questo capitolo ti piaccia =D E, come ho detto prima, prometto che nel prossimo cap ci sarà la chiamata al manager ;)

der Hysteria:
Sì, divisi in due schieramenti… Tipo, Alexi con l’elmetto in trincea… XD No, ok, comunque Jessica è stata felice dell’arrivo di Alexi e Henkka, però… *tà tà tà* Pubblicità! Lo scoprirai nel prossimo capitolo XD

Se vedete che posto un po’ al rallentatore da adesso in poi, è perché domani inizia la scuola ed è molto probabile che abbia meno tempo, purtroppo.
E, a proposito di scuola, auguri per questo nuovo anno scolastico
=D

Crazy_Me

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


10° Capitolo

Henkka si svegliò solo dopo una decina di secondi che il cellulare trillava insistentemente.
Si chiese come Alexi potesse dormire benissimo, nel letto da una piazza accanto al suo, senza nemmeno essersi svegliato con tutto quel rumore.
Stava per rimettersi giù a dormire, ma sapeva benissimo che, se l’avesse fatto, non si sarebbe più alzato.
Perciò sbadigliò e si alzò da letto, andando in bagno a lavarsi e vestirsi.
Era ancora presto per la colazione in Hotel, perciò si sarebbe fermato in un bar a prendere una brioche.
Gli occhi gli si chiudevano mentre camminava per le strade di Londra, che a quell’ora era piuttosto umida e grigia.
Uscito dal bar, dopo la colazione, ebbe quasi la voglia di chiamare un taxi. Ma l’ospedale non era lontano, lui ed Alex l’avevano benissimo raggiunto a piedi, perciò decise di mettere in moto le gambe e collegarle al cervello.
In meno di un quarto d’ora, era davanti all’ospedale.
Solo ora, da fermo, si stava accorgendo della temperatura non troppo mite. Faceva un bel freschino, e ciò era un incentivo ad entrare dentro alla struttura.
Andò a passo spedito verso l’ascensore, sotto lo sguardo della segretaria che probabilmente l’aveva riconosciuto, e salì al terzo piano.
I numeri attaccati alle porte scorrevano sotto gli occhi del bassista, che ormai era fin troppo sveglio, e non si fermò finchè non vide
117.
Non sapeva bene che fare, era lì immobile davanti alla porta. Decise di bussare, nel caso ci fosse anche la madre di Jessica.
- Avanti. -
Henkka aprì lentamente la porta ed entrò, richiudendola dietro di sé.

Nella stanza c’era solo Jess e suo padre, che agli occhi di Henkka era nelle stesse condizioni di ieri.
- Come va? -
- Stabile. Nessun miglioramento, nessun peggioramento. – Borbottò la ragazza.
- Ah…- Annuì. – Comunque intendevo come stai tu? -
- Oh…- Alzò le spalle e fece un sorriso stanco, come per dire
così, come mi vedi.
Lasciarono passare qualche secondo, entrambi a pensare cosa dire.
- Henkka, lo so che ti ha costretto Alexi, ma non importa. Si tratta di mio padre, non è un problema per me stare qua. -
- Immagino. Ma non mi ha costretto Alexi! E’ vero, me l’ha chiesto lui, ma sono felice di essere qui, a farti compagnia. – Rispose il bassista, pensando poi alla parola
felice.
Forse poco adatta al contesto.
- Sì, ok, ma non sei obbligato. Appena ti stanchi, sei liberissimo di andare. – Sussurrò la ragazza, spostando lo sguardo da Henkka alla finestra.
Il ragazzo non rispose.
Fece vagare il suo sguardo e si accorse di un’altra sedia accanto alla poltroncina nera su cui era seduta Jess, una sedia che ieri non c’era.
Si avvicinò e si sedette.
Aspettò un po’, il silenzio non era imbarazzante, per niente, ma per Henkka era un po’ troppo noioso.
- Roope ha telefonato. – Esordì il bassista, mantenendo lo sguardo basso.
- Uhm…- Mugugnò Jessica, accavallando le gambe.
- Ha detto che è un casino. – Proseguì il biondo.
- Henkka, no. – Concluse la ragazza, ben sapendo che non sarebbe stata la fine di quella specie di discorso.
- Jess, gliel’ho detto. Ma le tappe… -
- Come faccio a lasciare mio padre? – Lo interruppe lei, lasciando il ragazzo spiazzato.
- Non lo so. E’ che avete ragione tutti quanti, solo che… - Henkka non seppe se dirglielo o no. – Solo che, secondo me, se non tornate entro una settimana a dir tanto, Jake dovrà sostituirvi. -
- Cosa? – Chiese la ragazza allarmata.
- Io non lo so… Voglio dire, non l’ha detto lui, ma anche due anni fa è successo un imprevisto con un’altra band e Jake non ha sentito ragioni. E’ molto fiscale su queste cose.– Spiegò Henkka, un po’ agitato.
- Ho bisogno di un attimo, ok? Non lascerò il tour… Ho solo bisogno di stare qui, qualche giorno. -
Henkka annuì e sorrise.
La capiva, la capiva benissimo.

- NON VALE! – Urlò irato Robert. – Hai barato! -
- Ma non dire cazzate! Come si fa a barare a morra cinese? -
- Hai aspettato un po’, io ho messo giù le forbici, tu hai visto e messo giù sasso! -
- Allora rifacciamo…-
- No, un cazzo! Hai perso! -
- ADESSO BASTA! – Sbraitò Jaska, sdraiato sul divanetto.
I quattro erano sorpresi del fatto che ad urlare non fosse stato Roope.
- Chiamo io! Basta con ‘sti tornei del cazzo per decidere chi chiamerà Jake! -
Prese in mano il cellulare, in fretta e furia, ma non appena vide il nome Jake seguito dalla parola Manager, per non confonderlo con un altro Jake, si fermò.
- Roope, non è che…- Borbottò il batterista, sotto il ghigno di Janne.
- Dammi! – Sbottò Roope. Tanto sapeva fin dall’inizio che sarebbe toccato a lui.
Tu… tu… tu…
Fa che non risponda, fa che non risponda!
- Pronto? -
- Jaaaake! -
- Chi parla? -
- Ma come? Non mi riconosci?! Sono Roope! – Cercò di prendere tempo, e di capire se era in buona o aveva la luna storta.
- Oh sì, scusa… E’ che sono un po’ incasinato, ho alcune cose da sbrigare… Ma dimmi pure. -
- Sì, beh ecco, se sei molto impegnato, richiamo. – Azzardò il chitarrista.
- No, davvero… Dimmi. -
Mi sembra abbastanza in buona.
- Ecco, è successo un piccolo casino. Non possiamo fare il concerto a Concord. E nemmeno quello dopo…- Stava per aggiungere e forse nemmeno quello dopo ancora, ma Jake non lo lasciò finire.
- CHE? -
- Facendola corta, il padre di  Jessica ha avuto un incidente, lei è partita per Londra. Alex l’ha seguita a Londra, per non lasciarla sola. Alexi, che come sai è il suo ragazzo, l’ha raggiunta, insieme a Henkka, perché il bassista non poteva lasciare partir da solo l’altro. – Peggio di Beautiful, constatò Roope, sotto lo sguardo perplesso dei suoi amici.
- Oh cazzo! – Si lasciò sfuggire Jake. Ma con i Children lo poteva dire.  E, Roope ne era sicuro, ne avrebbe dette anche di peggio.
- Chiamate subito, adesso, immediatamente quei cretini e ditegli di tornare! Jessica, mi dispiace per lei, povera ragazza, ma questo è il suo lavoro! E non ci sono fottute ferie, non per il tour! -
- Ma ci ho provato, non tornano! – Spiegò Roope, teso.
- NO! Dannazione, non voglio stupide scuse! – Rispose duro il manager. – Se non tornano, oltre che riprendere le tappe perse a fine tour, vi manderò anche i Forget the Sorrow! -
- No, Jake, ti prego! – Brontolò Roope, che non si riconosceva nemmeno. Un uomo grande e grosso come lui, implorare fino all’agitazione estrema… Proprio non era da lui.
- Roope, vi do due giorni. Se il terzo non sono lì, giuro che li licenzio e vi mando l’altra band! -
- Ok, Jake. Due giorni sono perfetti. Non ti preoccupare. – Cercò di tranquillizzarlo il chitarrista, senza crederci davvero.

Il manager mise giù il cellulare senza nemmeno salutare.
Quando gli altri videro che Roope stava allontanando il telefono dall’orecchio, iniziarono a bombardarlo di domande.
- Allora? -
- Dai! Che ha detto? -
- Era molto arrabbiato? -
- Ha detto che se non tornano, vi licenzia... – Guardò Robert e Steve, che rabbrividirono. – E che ci manda i
Forget. -
-
No! Tutto, ma non loro! – Esclamò Jaska, molto drammaticamente.
I Forget the Sorrow erano stati la prima band di supporto dei ragazzi.
Forse la peggior band del mondo. Non che non fossero bravi, insomma in studio lo erano, ma Live erano scordinati, privi di partecipazione da parte di tutti. Ognuno viaggiava sul proprio binario e così erano più le volte che steccavano che quelle che andavano bene, ma quello era decisamente il meno.
Erano una palla al piede durante il tour, perché al McDonald’s no, odio i fast food, perché no, io la cuccetta sopra non la voglio e quella in basso non mi piace ed un’altra serie di cose che i Children avevano rimosso volontariamente.
- Ricordate quella volta che il bassista si era chiuso in bagno per due ore a farsi piastra e truccarsi, così abbiamo iniziato il concerto tipo un’ora dopo il previsto?! -
- Già, cazzo… come dimenticare! -
Ora Jake li ricattava così. Non appena nominava i Forget, i Children sapevano benissimo cosa significasse.
- Siamo nella merda. – Concluse il chitarrista.

Erano passate almeno due ore dall’arrivo del bassista e, a parte qualche frase buttata lì, non si erano più parlati.
Ad interrompere quel silenzio noioso e malinconico, fu il cellulare di Jessica.
La ragazza rispose immediatamente ed uscì dalla stanza, lasciando per qualche minuto Henkka da solo.
- Scusa. – Borbottò, rientrando.
- Figurati…- Pensò che non erano affari suoi, ma lo chiese lo stesso. – Era Alexi? -
- Già. -

- Che ha detto? – Chiese il bassista, speranzoso di un “cambio di turno”.
- Ha chiesto se sei arrivato, se non mi sono mossa dall’ospedale, se voglio che venga…- Si interruppe, facendo segno con la mano che la lista sarebbe potuta continuare.
- Oh, ok. -
Jessica si risedette sulla sedia e si tirò giù le maniche della felpa fino a coprire le mani.
- Non capisco perché si comporti così…- Si era ripromessa di non iniziare discorsi di quel genere, ma ora non gliene fregava più nulla. – E’ cambiato moltissimo in questi tre mesi, non lo riconosco. -
- In che senso? – Chiese Henkka, sperando di non trovarsi in una situazione del tipo
e adesso a chi do ragione?
- In tutti i sensi. Quando mai Alexi Laiho avrebbe pensato di regalarmi un pupazzetto con un cuore? Oppure di guardarmi mentre dormivo? Di aspettarmi alzato e scusarsi anche se non veniva a letto subito, di darmi la mano mentre camminavamo…-
- Ok, ho compreso. – Henkka la fermò, stranamente quelle frasi gli facevano un effetto particolare, come se gli dessero fastidio. – E’ chiaro che non l’avrebbe mai fatto, insomma, lo sappiamo tutti che Alexi non è decisamente il tipo, ma da innamorati si cambia totalmente. No? -
- Sì, forse sì. Ma non è così che lo volevo, ora è così dannatamente…diverso. -
A Jessica scappò una lacrima. Ma non era al 100% di tristezza, bensì un misto di tutta la situazione.
Un po’ riguardo a ciò che era successo al padre, al tour abbandonato, ad Alexi… Si sentiva come oppressa da tutte quelle cose, stanca di tutto.
Avrebbe voluto che le cose fossero semplici, che fossero rimaste come poco tempo fa.
Henkka notò la lacrima che le stava rigando la guancia e prontamente ci passò un dito sopra, sorridendole debolmente.
Si era avvicinato con il viso e si era sporto dalla poltroncina, ed ora stava fissando Jessica negli occhi.
Sembrava che entrambi tenessero benissimo lo sguardo dell’altro, nessuno aveva ancora cambiato soggetto.
Henkka, soprattutto, si stava decisamente perdendo negli occhi della mora e sembrava non riuscire a chiudere nemmeno per un attimo le palpebre.
E pian piano, lentamente, si stava avvicinando sempre di più al viso di lei, che non accennava a spostarsi.
Quando solo pochi centimetri li dividevano, fu Jessica ad unire le sue labbra con quelle del bassista, come se fossero due calamite troppo vicine per non attaccarsi.
Henkka, cosa stai facendo? Riprendi possesso di te…
- Ehm… Jessica…- Si staccò velocemente, alzandosi anche dalla poltroncina e vagando per la stanza.
- Non so cosa mi sia preso. Io… ti giuro, sul serio. – Non sapeva nemmeno lei il motivo per cui aveva sentito il bisogno di farlo, perciò avrebbe inventato una scusa. – E’ che sono stanca, non capisco bene cosa… è che non stavo ragionando…- Decise di lasciar perdere.
- Sì, certo! Tutta questa situazione è pesante per te, non ti preoccupare. Comprendo benissimo. -
Il bassista l’aveva decisamente salvata da quella situazione, da quella spiegazione che non era riuscita a dare.
Ma non di certo dalla confusione che aveva in testa.
E quello non aveva fatto altro che peggiorare tutto.



Non ci credo, ce l’ho fatta! XD
Sono riuscita a scrivere il decimo capitolo, finalmente. Scusate per il ritardo, ma sono un po’ molto impegnata e stanca causa scuola, che anche se è all’inizio, si fa sentire non poco.


Archangel 06: Eh sì, Jake non l’ha presa per niente bene. Non essendo lì, ovviamente, non ha potuto prenderli a randellate XD Ma è stato chiaro lo stesso u.u Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto =)

Rocket Queen: Non ti dico nulla riguardo Jessica e Henkka, potrebbe essere un nuovo amore o solo lo “stress” di entrambi… u.u Comunque faccio il Liceo Classico indirizzo Tradizionale, iniziato anche io quest’anno. Auguri, ancora, per il Linguistico =)

der Hysteria: I tuoi desideri non sono stati esauditi completamente, ma non tutto è perduto, of course u.u  Henkka è confuso, e Jessica è stanca da tutta la situazione quindi… potrebbe benissimo non essere niente u.u *me ti lascia con il dubbio* XD

A presto, ma non vi assicuro niente XD

Crazy_Me

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


11° Capitolo



Il bassista si avvicinò alla mora, che era in piedi già da un po’.
- Hai fame? -
- Un po’. Che ore sono? -
- Mezzogiorno e dieci. – Rispose Henkka, dopo aver controllato l’orologio. – Ti va di andare a mangiare qualcosa? –
- Mmmh… sì, dai! Conosco un posto qua vicino dove fanno degli ottimi sandwich e hot dog… Se ti va un panino, altrimenti c’è un ristorante, dietro l’angolo…- Jessica iniziò a indicare a destra e sinistra, sembrava quasi che volesse pensare ad altro e si stesse proprio impegnando.
- Tu cosa preferisci? – La interruppe il ragazzo, con un leggero sorriso sul viso.
- Non ho molta fame, un panino sarebbe ok, ma se tu…-
- No, va benissimo. Nemmeno io ho molta fame. – Rispose sincero Henkka.
La ragazza alzò le spalle ed uscì dalla camera con il biondo, che l’aspetto qualche secondo, essendo Jess impegnata a parlare con un’infermiera.
- E’ tutto ok? –
La ragazza annuì e si infilò nell’ascensore.
Camminarono per pochi metri, fino ad arrivare ad una specie di bar.
- Hey Jimmy! – Salutò Jess, con non troppa enfasi.
- Chi… Oh, Jessy! E’ da un bel po’, sai, che non vieni più. Mi mancano le tue bevute, ed anche quelle dei ragazzi! -
Quel certo Jimmy, tipico “ragazzo da bar”, tatuato, con piercing a destra e sinistra, ed una cresta bionda in testa, squadrò da capo a piedi Henkka, che sembrava vagamente a disagio.
- Tu…? –
- Lui è Henkka, il bassista dei Children of Bodom. – Spiegò la mora, indicandolo.
- Children of che? – Chiese perplesso Jimmy, avvicinandosi e tendendo l’orecchio.
- Of Bodom! – Chiarì il diretto interessato, porgendogli la mano.
- Oh… è il tuo fidanzato? – Gliela strinse, mostrando quattro dita tatuate in nero con la scritta
Fuck.
Henkka si sporse un po’ e notò l’altra mano, stesso tatuaggio, ma con scritto
Yeah.
Venne risvegliato da quella specie di trance riguardo quello strano tipo, solo quando si rese conto della domanda e sentì Jessica farfugliare.
- Chi? Lui?! Ma no, è un membro della band con cui siamo in tour! – Ribadì Jess, cercando un posto dove sedersi.
- Ah! Adesso ho capito…- Jim annuì qualche volta. – Hey, in tour?! Cazzo, ma allora ce l’avete fatta! -
- Eh sì, caro! - Rispose sorridente Jessy, che per un attimo sembrava essersi dimenticata del padre.
- Oh, cazzo! Allora me ne sono perso di cose…- Constatò il ragazzo.
- Abbastanza. -
- Come mai sei qua? Finito il tour? – Chiese Jimmy, abbassandosi per sistemare alcune cose sotto al bancone.
- No, è…- Una storia lunga? – momentaneo. – Finì per dire Jess.
- Senti, ce li fai o no questi hot dog?! – Sbottò ironicamente Henkka, facendo ridere il ragazzo.
- Certo, sedetevi pure. Intanto vi offro una birra, ragazzi. -
Jessica stava per rifiutare, ma era da un po’ che non toccava alcool e quel sapore amaro e frizzante allo stesso tempo era decisamente troppo invitante.
- Ok, grazie Jimmy. -

- Telefono? No, dai… Aspetto, vero? Ma tipo, se aspetto e… -
- Roope, smettila! – Lo zittì Jaska.
- Telefonagli, tanto prima o poi dovrai dirglielo. -
- E’ che penso che Henkka volesse che aspettassi a telefonare a Jake, magari voleva prima sentirlo lui o…- Reiniziò il chitarrista, borbottando per non irritare ulteriormente gli altri.
- Cazzo, Roope, se non gli telefoni, non lo scoprirai mai! -
- Ok, ok… Adesso telefono di nuovo ad Alexi. -
Compose il numero del vocalist, che gli era entrato in testa come una maledizione, e spinse il tasto verde sulla sinistra.
Di nuovo quel rumore robotico lo invase.
- Chi cazzo è che rompe?! – Chiese una voce molto assonnata e poco educata.
- Se il buongiorno si vede dal mattino…- Blaterò il chitarrista, scuotendo la testa.
- Oh, Roope, sei tu! –
- No, sono mia nonna. Sì, deficiente, sono io! E finalmente ti becco! Di solito c’è sempre l’altro disgraziato. -
- Sì, beh, sei tu che chiami sempre quando sono impegnato. – Riprese il vocalist, con la voce provocatoria.
- O forse sei tu che ti impegni sempre quando chiamo. – Lo contrastò Roope, non venendo al punto della situazione.
- Che? – Borbottò confuso l’altro.
- Lascia perdere… Dicevo, ho sentito Jake. E non è felice. – L’ultima frase era stata pronunciata molto seriamente, sottolineando ogni lettera.
- E? – Alexi sapeva benissimo che non ci poteva essere solo quello.
- E se non tornate entro due giorni, licenzia i Revenge. -
- Mmh… E? – Chiese ancora il vocalist, come se fosse una lista della spesa.
- E ci manda i Forget the Sorrow. -
- Ecco, appunto. Immaginavo. – Sospirò. – Senti, non ti preoccupare. Convincerò Jessica, vedrai che appena scoprirà cos’ha detto Jake, vorrà subito tornare indietro. – Affermò con convinzione il biondo.
- Non sono così sicuro, ma mi fido delle tue doti. -
- Bravo, tu fidati. E torno a letto che qua è presto, sono le… 11.30? LE 11.30? OH CAZZO! -
- Deficiente. – Sussurrò Roope, ghignando.
- Ti lascio, vado in ospedale a raggiungere i due. Ciao Roope, ti tengo aggiornato. -
- Sì, mi raccomand…-
Di nuovo il rumore fastidioso invase le orecchie del chitarrista.
- Ecco, appunto. – Borbottò sconsolato Roope, pronto a riferire tutto quello che aveva appena udito agli altri, che erano non sulle spine, ma sulla cima tagliente dell’Everest da tanto che erano agitati. 

- Hey, Jess, secondo me come rimpatriata è più che sufficiente, eh?! – Le suggerì Jimmy, con il quinto vassoio.
- No! Ne ho bevute solo tre! E ho ancora posto! -
- Non sono tre, ma non dubito del tuo posto… Non capisco come ti ci stiano tutti ‘sti liquidi, mi sembra impossibile! – Borbottò il barista, porgendo la terza birra piccola a Henkka e la quinta a Jessica.
- Concordo con tutto ciò che hai detto. Soprattutto sul fatto che, Jess, dovresti smetterla. – Rincarò la dose Henkka.
- Ma non sono ancora del tutto andata! -
In realtà non aveva nemmeno la forza di reggersi in piedi, né quella di parlare o di tenere su la testa.
Ma tutto ciò la faceva sentire bene, leggera, sebbene potesse ancora ragionare e non fosse del tutto ubriaca.
Intanto, il bassista si mangiava le unghie dalla preoccupazione. Poco prima lo aveva chiamato Alexi per chiedergli dov’erano e informarli che sarebbe passato.
Già non aveva reagito bene al no, non siamo in ospedale, ma stiamo mangiando, e non appena si sarebbe accorto che non solo stavano mangiando, ma Jessica era perfino molto brilla, lo avrebbe ucciso.
Un ragazzo biondo varcò la soglia del bar, Henkka era già in posizione difensiva, con frasi del tipo non è come sembra oppure tutto ciò che dirà è frutto della sua fantasia, ma si accorse poco dopo che era solo un imitazione.
Solo un altro ragazzo molto simile al suo vocalist.
Tirò un sospiro di sollievo, finchè non sentì la mano di qualcuno appoggiarsi sulla sua spalla.
Si girò di colpo e rimase un attimo ammutolito quando vide il vero Alexi.
- Ehm…da dove sei entrato? -
- Dal retro. – Spiegò brevemente il cantante, sedendosi di fronte a Jess e Henkka.
- E tu da dove sbuchi?! E Woooow! Sei il cantante dei Children of qualcosa…Me lo fai un autografo? – Biascicò la ragazza, con in mano la birra, che veniva sballottata a destra e sinistra, perdendo goccia dopo goccia sul tavolo.
Perfetto, pensò Henkka, sorridendo mesto.
- Henkka, mi vuoi spiegare? – Alexi se n’era accorto subito. Si era posizionato un attimo all’entrata per controllare cosa stessero facendo da lontano, e Jessica gesticolava come impazzita.
Poi, si era per l’appunto avvicinato e aveva fatto girare il bassista.
- Ti affido la mia ragazza per una mattina, torno e la trovo ubriaca?! – Chiese, quasi come se non fosse sicuro delle sue parole.
- Beh, non è che sia proprio così… Voglio dire, si affidano i bambini, ma Jessica è grande e vaccinata…Non è vero, Jess? -
La ragazza si raddrizzò sulla sedia, quasi come fosse un segugio che ha sentito qualcosa nell’aria, per poi sorridere.
- Certo! Non è colpa sua… Henkka è stato fin troppo gentile. -
Si interruppe un attimo.
Ti prego, Jess, non dire nulla riguardo al bacio, non dire nulla riguardo al bacio…
- Mi ha tenuto compagnia, mi ha accompagnata a mangiare e mi ha anche baciata! – Esclamò la ragazza, come se fosse una bambina a cui è stato comprato il gioco desiderato.
Ecco, appunto.
L’espressione di Alexi mutò da una di ironia, incredulità fino ad arrivare ad una serietà quasi spaventosa.
Henkka poté leggere sulle labbra di Alexi un cosa sussurrato.
- Ma che stai dicendo? – Henkka spostò lo sguardo sarcastico da Jess ad Alexi. – E’ ubriaca e spara cazzate. Non vedi che…-
- Sei un bugiardo, mi hai baciata! Ci siamo baciati! – Esclamò Jessica, presa da una scossa di vitalità, ma sempre con la bocca impastata e lo sguardo indagatorio.
- Non so a chi credere. – Borbottò sinceramente il cantante, alzandosi.
- E’ la verità, ci siamo baciati! – Spiegò la ragazza, alzandosi e barcollando fino al cantante. – E puoi credere quello che… oh cazzo!…- Stava quasi per cadere, ma fortunatamente era riuscita ad appoggiarsi ad una sedia poco distante. – Dicevo, puoi credere a ciò che vuoi, ma la mia è la fottuta versione giusta e… ti dirò di più! -
- Hai già spiegato abbastanza, credo…- Proruppe Henkka, mettendole un braccio attorno alle spalle e sorridendo al cantante, che al contrario non sorrideva per niente.
- No, assolutamente! Lasciala finire. – La voce di Alexi era colma di rabbia e il bassista l’aveva capito benissimo, così si era limitato ad annuire ed allentare la presa su quella che era ancora la fidanzata del suo vocalist.
- Quindi, quello che stavo cercando di dire… per concludere… è che questo cazzo di bacio è stato stupendo. -
Merda.
- Complimenti, allora. Ad entrambi. – Il cantante si girò lentamente, e fece per uscire.
- E sai cosa? – Continuò Jess, ignara dei pensieri di Henkka. – Che preferisco lui, perché lui non cambierebbe se stessimo insieme… - La mora si girò verso il bassista e gli mise le mani dietro al collo, sotto lo sguardo del vocalist che nel frattempo si era rigirato. – Sai che ti amo, vero?! -
Henkka non fece in tempo a dire nulla, che la ragazza gli si lasciò andare tra le braccia.
Decisamente troppa birra.
Anche Alexi stava tornando sui suoi passi, a testa bassa, con i pugni chiusi. E Henkka avrebbe voluto seguirlo, dirgli che non era vero, che era solo molto ubriaca e che quel ti amo non gli aveva provocato quel brivido che l’aveva come scosso…
Ma aveva Jessica tra le braccia e non poteva lasciarla, così non fece nulla. Semplicemente nulla.


Ebbene sì. I’m back! XD
Scusatemi davvero per il ritardo, ma ormai posso dire con certezza che non posterò più velocemente come prima.
La scuola occupa abbastanza tempo e in più, momentaneamente, ho anche il raffreddore che mi impedisce di scrivere, visto che ogni tre secondi devo prendere un fazzoletto ._.  
Ma a parte questo, non vi voglio rompere oltre xD

der Hysteria: Sono felicissima che ti piaccia Jake =D Ammetto che anche a me piace molto come personaggio u.u Riguardo Jess e Henkka… Le cose non sono di certo migliorate in questo capitolo, ma spero ti sia piaciuto lo stesso. E nulla è perduto, naturalmente ù_ù XD

Archangel 06: Le cose stanno saltando fuori abbastanza velocemente, sebbene Henkka non abbia avuto molto spazio riguardo i sentimenti e Jessica fosse molto ubriaca… Che dire? Staremo a vedere, e mi ci metto in mezzo perché non so nemmeno io come procederà XD Spero ti sia piaciuto il capitolo =D

A presto, più o meno XD
Crazy_Me

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


12° Capitolo



Henkka era pensieroso, e come poteva non esserlo con tutti i problemi che aveva?!
Ma nella sua mente viaggiava la sola preoccupazione riguardo Jessica, era letteralmente crollata tra le sue braccia e l’aveva portata verso Jimmy, che le aveva bagnato il viso facendola risvegliare.
Il bassista ora camminava verso l’Hotel, consapevole che si sarebbe dovuto trovare un’altra stanza o, nel caso Alexi non ci fosse ancora, avrebbe potuto prendere la loro e andarsene poi.
La ragazza al suo fianco non faceva altro che inciampare, parlare a vanvera e fermarsi per la continua nausea.
- Aspetta… non mi sento bene. -
Henkka avrebbe dovuto dirgli che aveva sbagliato tutto, che era colpa sua se erano in quella cazzo di situazione, che stava rovinando tutto… Ma non riusciva.
Come quando stai per rimproverare un bambino piccolo che ha fatto un guaio, ma poi lui si gira e ti guarda con due enormi occhioni e un sorriso innocente.
Ed allora non hai più il coraggio di dire nulla, perché l’unica cosa che pensi è quanto sia stupendo e dolce.
Più o meno, era così anche per il bassista, che non riusciva nemmeno a dirgli qualcosa come potevi stare zitta, che dopo tutto quello che era successo era il meno.
- Dai, Jess, ci siamo quasi. – Le mise una mano dietro alla schiena e la spinse in avanti.
Dopo pochi minuti di lenta camminata, i due erano arrivati all’Hotel.
Henkka aveva chiesto al receptionist la chiave della sua camera e il tipo gliel’aveva data, segno che Alexi non era tornato.
Erano saliti, con non poca fatica, per le scale verso il terzo piano, perché l’ascensore era occupato e Jess aveva urgenza di andare in stanza.
- Ci siamo…- Il bassista lasciò la ragazza per aprire la porta.
La spalancò del tutto e fece entrare Jess, tenendola nuovamente stretta e chiudendo la porta con l’ausilio della gamba sinistra.
- Devi andare in bagno? –
- No, per ora. Credo di stare bene. – Sembrava essersi leggermente ripresa, l’aria fresca le aveva fatto bene, ma l’acool era ancora in circolo.
Jessica si allontanò da Henkka per buttarsi su uno dei due letti.
Il biondo ci rimase un po’ male quando vide che la ragazza era placidamente sdraiata sul letto di Alexi, e non sul suo.
Ma scacciò via quel pensiero, classificandolo come stupido.
Si andò a sedere sulla sponda e accarezzò una guancia a Jess, alla quale spuntò un lieve sorriso.
- Riposati, ok? -
- Tu dove vai? – Chiese lei, sempre con quell’aria da bimba sperduta.
- Da nessuna parte. – Si affrettò a rispondere Henkka.
- Allora dormi con me! – Quella della ragazza non era una richiesta, bensì un ordine, perciò il ragazzo si affrettò a togliersi le scarpe e ad aiutare Jess nel compiere la stessa azione, per poi mettersi sotto le coperte insieme a lei.
Tutto ciò gli faceva molto piacere, non era mai stato così vicino alla mora, non che ricordasse.
Ma la cosa che più lo impauriva, che lo spaventava, era il fatto che non gli sarebbe passato nemmeno per l’anticamera della testa di prendersela con Jessica.
Anzi, qualsiasi cosa le avesse detto, fatto o richiesto, lui l’avrebbe assecondata.
Jessica chiuse gli occhi e si accoccolò a lui, stringendolo per un fianco.

Alexi si era tirato il cappuccio in testa non appena aveva sentito qualche goccia bagnargli il viso, ed ora girava per Londra senza una meta precisa.
La grande felpa, i jeans decisamente enormi, le scarpe Etnies scure e le mani in tasca, sarebbe potuto anche sembrare un rapper, in quel momento.
Sospirò e si sedette su una panchina.
Stava girando da almeno un’ora, ne era sicuro, tra le soste e i rallentamenti vari dovuti alla stanchezza.
Ed ancora una volta si sentiva uno stupido, oppure un innamorato scemo, che secondo lui erano la stessa cosa.
Per un po’ aveva anche iniziato a ragionare sulle sue colpe, sul fatto che l’aveva un po’ oppressa in quel periodo, ma quei pensieri vennero subito cancellati.
Non era colpa sua e basta.
Di questo era convinto e la rabbia non gli avrebbe fatto cambiare idea per nulla al mondo.
Si sentiva anche preso in giro, come se Jessica avesse finto fino a quel momento, come se fosse stato tutto organizzato e da un momento all’altro lei fosse potuta saltar fuori e dire
hey, è stato tutto uno scherzo! Non dirmi che ci hai creduto veramente!?!
Con quell’atmosfera composta dalla pioggia, dalla nebbia fine e fastidiosa e da una Londra decisamente grigia, il vocalist stava pensando che era tutto perfetto.
Come in quei film dove il protagonista viaggia per le strade di qualche città deserta, con un impermeabile scuro e le cose sembrano mettersi sempre peggio.
Tutto ciò non aiutava per niente, ma quella era la situazione ed Alexi ne stava prendendo atto.
Un’altra cosa che si stava chiedendo era come mai fosse lui ad aver ragione e sempre lui fuori, a camminare sconsolato, arrabbiato, bagnato, deluso ed estremamente triste, mentre i due colpevoli erano beatamente chissà dove a fare chissà cosa.
Magari sono a casa di lei, pensò Alexi con una smorfia dipinta sul volto.

I ragazzi non si erano ancora fermati, dovevano continuare come da “calendario” con le tappe, sebbene avessero in programma di saltarne almeno due o tre.
Si erano anche scusati sul loro MySpace cercando di essere convincenti, ma senza spiegare nulla ai fans, altrimenti avrebbero ucciso Jessica e bruciato il suo cadavere.
Roope stava componendo il numero di Alexi, un’altra volta nello stesso giorno e a distanza di al massimo due ore o poco più.
Aveva bisogno di sentirlo, di sentirsi dire
tranquillo, ci ho parlato e Jess ha detto che fra due giorni saremo di nuovo lì.
Il telefono stava già facendo il solito rumore, quando il chitarrista sentì portarsi via l’aggeggio dalle mani.
- Hey, Robert! Che cazzo combini?! -
- Parli sempre tu, adesso voglio sentire anche io che diavolo succede! – Rispose il ragazzo scocciato da quella situazione e da quel viaggiare per nulla.
- Cosa cazzo c’è, Roope? Dannazione, non ci ho parlato, ok?! Smettila di assillarm…-
- Sono Rob. – Lo zittì il batterista, pensando fosse meglio non sentire altro.
- Ah, Robert…- Alexi pronunciò quel nome con disprezzo, collegando Rob come il batterista di Jessica. Ma lui non aveva colpe, perciò cercò di calmarsi almeno per quell’arco di tempo. – Senti, non è proprio fottuta giornata. -
- Me ne sono accorto, ma cos’è successo? – Azzardò l’altro.
- Di tutto e di più. – Alexi iniziò a spiegare a grandi linee cos’era successo poco prima, non fermandosi a momenti nemmeno per respirare, da tanta che era la rabbia.
Robert sentiva che si stava sfogando.
- Dove sei ora? – Rob si sentiva alquanto stupido a pensare all’evenienza di un omicidio nei confronti della sua cantante e del bassista.
- Non lo so. In giro per Londra. – Rispose secco il vocalist, alzandosi dalla panchina e facendo qualche passo indietro.
- Alexi, che farai? -
Il biondo avrebbe voluto urlargli contro, chiedergli cosa cazzo avrebbe dovuto fare e magari aggiungere che quella fottuta domanda lo stava assillando fin troppo.
Ma rimase calmo.
- Non lo so. -
- Non voglio farti fretta, ma Jake avrebbe appunto…-
- Cazzo, Robert, lo so! Dannazione, me l’ha detto Roope due ore fa! – Era scoppiato improvvisamente, aumentando il tono di voce. – Me l’ha detto Roope. – Ripeté alla fine, quasi sussurrando.
- Ok, calmo, volevo solo ricordartelo. Ma immagino che tu debba riflettere, perciò magari ci sentiamo… più tardi, sì, verso sera…-
- No, davvero Rob, scusa. E’ che non lo so. – La voglia di dire a Jess che doveva tornare se non voleva essere licenziata, era pari a zero, e se l’avesse fatto, sarebbe stato solo per gli altri Revenge, che non avevano di certo colpa.
- Ti capisco, io stesso sono allibito. Ma era ubriaca, davvero, non darci peso… Magari oggi lascia stare, non parlarle, ma domani quando ti sarai un po’ sbollito e lei sarà di nuovo sobria, cerca di chiarire. Ok? -
Rob, per un attimo, aveva previsto una rispostaccia.
- Sì, hai ragione. -
Grazie al cielo, pensò il batterista, sollevato.
- Ok, stai calmo, eh. Voglio dire, vai a riposarti e parla con Jess e anche Henkka. Domani o quando vuoi, ma ci sarebbe una certa urgenza, sai… Beh, ti lascio, eh…-
- Robert, stai calmo, cazzo! Non ti uccido! – Lo rimproverò il vocalist, sentendo l’agitazione nella voce dell’amico.
- Ok, grazie… Cioè, sì, io vado. A domani, magari ti chiamiamo noi. Buon pomeriggio. – Mise giù ancora prima che Alexi aprisse bocca.
Tutti i ragazzi sul tour bus si erano fermati dalle attività che stavano praticando e, silenziosi e attenti, stavano aspettando una qualche parola dal ragazzo.
- Beh… Che dire? – Iniziò con un sorriso sarcastico e disperato allo stesso tempo. – Siamo nella…-
- Non dirlo! – Lo interruppe Roope. – Lo so già. -
- No, ma stavolta la situazione è precipitata. -
Il ragazzo iniziò a raccontare un po’ confusamente la situazione, scrutando gli sguardi decisamente funerei dei ragazzi.
-… E questo è quanto. – Concluse Rob, tirando un sospiro di sollievo alla fine di quel monologo.
Ci furono alcuni attimi di silenzio, poi Roope lo spezzò.
- Mmmh… Vado a preparare i letti per i Forget. -

- Jessica… come va? –
La ragazza si era addormentata e si era girata su un fianco, dando le spalle a Henkka, che ora la stava chiamando per svegliarla.
- Ci sono, è da un po’ che non dormo più. – Rispose lei, scivolando lentamente sull’altro fianco.
- Ah… - Il bassista controllò, ancora una volta, l’orologio al polso. - Sono le 19.00, è un po’ tardino. Forse è meglio se scendiamo per cena, ti va? -
- Sì, direi di sì. Mi sento vagamente meglio, anche se la testa mi scoppia. – Affermò Jess, massaggiandosi le tempie.
- Forse è meglio se, dopo aver mangiato, torni a casa. Tua madre sarà in pensiero, non credi? -
- Non voglio tornare a casa adesso, non con mia madre. Posso restare qua? -
Henkka stava prendendo tempo facendo gesti in qua e in là, ragionando su cosa fosse meglio.
- Ma sì, certo! – Concluse alla fine.
Così, un’ora dopo, erano entrambi seduti al tavolo da due posti dei Children e osservavano il menù.
Henkka si chiese dove potesse essere Alexi, dato che aveva perlustrato con lo sguardo tutto il salone, ma del cantante neanche l’ombra.
Pensò che se solo gli fosse successo qualcosa, sarebbe stata colpa sua.
Solo colpa sua…
Ma un cameriere con un blocchetto in mano lo riportò alla realtà.

Alexi, al contrario dei pensieri del bassista, era proprio nello stesso posto dov’era lui.
Solo che aveva deciso di farsi portare qualcosa in camera e di prendere un’altra stanza con un solo letto.
Non voleva aver nulla a che fare con Jess e Henkka, quella sera.
Doveva riflettere, capire, sbollire la rabbia e dormire.
Sentiva, infatti, le palpebre chiudersi, dopo tutta quella camminata e la stanchezza generale.
Sai che ti amo, vero?!
Quelle parole gli erano, però, rimaste sullo stomaco, come fossero pietre.
Chissà se Jess era seria, chissà se era tutta colpa della birra, chissà Henkka cosa provava nei confronti della mora… Tutte domande che impedivano al vocalist di addormentarsi, sebbene lo desiderasse.

Voleva, però, seguire il consiglio di Robert.
Ne avrebbe parlato con gli altri due, per chiarire, il giorno dopo.
Se solo avesse avuto il coraggio di farlo, se solo la paura di sentirsi rispondere non ti amo più lo avesse abbandonato durante la notte.
 
- Allora, buona notte. – Henkka si sdraiò sul suo letto, mentre Jess si sistemava in quello di Alexi.
- Anche a te. -
Spensero entrambi le abat-jour e rimasero in silenzio per qualche minuto.
Ma di nuovo la luce bianca e debole della lampada del bassista venne accesa.
- Jessica, non riesco a dormire. – Confessò come se fosse un peccato mortale.
- Perché? -
- Perché devo sapere una cosa. – Il bassista sgattaiolò dal suo letto a quello della ragazza, sedendosi sulla sponda e guardandola negli occhi.
Jess annuì, mordendosi un po’ le labbra.
- Quel ti amo era finto? – Chiese con i brividi che lo scuotevano e la voce un po’ sottile.
Ma era sicuro che lei lo avesse sentito.
- Non ricordo. Che ti amo? – Jess girò la testa, iniziando a fissare il comodino.
- Smettila, lo so che ti ricordi. – La ammonì lui, prendendole il viso tra le mani e costringendola a guardarlo. – Devi dirmelo. -
Non devi rovinare tutto, Jessica, non puoi…
- Sarà stato l’acool. -
- L’alcool, sì, infatti… - Borbottò il bassista, lasciandole il viso. – Era quello che volevo sentirmi dire. – Concluse infine, con la voce che era quasi un sussurro.
Jessica si girò sul lato opposto e sentì una lacrima bagnargli la guancia.




Innanzitutto, scusatemi se questo capitolo è scritto male, sia per i contenuti che per la grammatica, ma ho riletto un po’ con la testa fra le nuvole.
Sono leggermente molto stanca XD

Archangel 06: Eh sì, la posta in gioco è molto alta e il tempo sta per scadere. Jake è lì, impaziente, con il mitra e l’orologio da taschino in mano, che fa il conto alla rovescia per fare un Children e Revengecidio XD Spero che questo capitolo ti sia piaciuto =)

der Hysteria:
E questi sono gli svolgimenti u.u Non saprei che dire… Non so neanche cosa spoilerare dato che non so nemmeno come andrà nel prossimo capitolo XD Spero comunque che la storia ti piaccia ancora, sebbene gli “eventi” non siano dei più felici XD

Rocket Queen:
A chi lo dici! Anche io ho il problema della scuola, purtroppo ._. Comunque non ti preoccupare, l’importante è che la storia continui a piacerti e ti incuriosisca =) E spero che anche a te sia piaciuto questo capitolo!

Pumpkin Head:
Meglio la Giovannina che la Federica ._. Ma a parte questo, sì, modestamente è una storia che è stata ispirata da Biuddifull XD No, dai, comunque sono felice che ti piaccia e che ogni tanto ti faccia sentire =D Love u too  


Per ultima cosa, ma non meno importante, ci tengo a sapere per chi tifate XD
Per la coppia Alexi\Jess o per Henkka\Jess? Giusto per farmi un’idea, anche se credo di sapere già XD


A prrresto =D

Crazy_Me

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


13° Capitolo



La sveglia aveva iniziato a trillare insistentemente, quando Alexi aveva deciso di spegnerla e rimettersi a dormire.
Per poi fare la stessa cosa con il cellulare, che aveva puntato la sera prima nel caso la sveglia non fosse bastata.
Decise, però, di alzarsi e scendere per fare colazione. Non aveva neppure fame, ma sapeva il motivo per cui aveva lo stomaco chiuso, che era lo stesso motivo per cui era seduto in un tavolino, a mangiare brioche e a bere un cappuccino.
All’inizio aveva tenuto lo sguardo basso, pensando che sarebbero stati gli altri due ad andare da lui.
Poi, quando aveva capito che non sarebbero venuti, aveva deciso di controllare il loro tavolo e di andare lui da loro, constatando che non c’èra nemmeno l’ombra dei due ragazzi.
Perfetto, magari è stata una notte intensa e stancante per loro…pensò con una smorfia sul volto, il vocalist.
Non sapeva nemmeno lui come si sentiva, tra la rabbia e lo stupore, tra la tristezza e la delusione.
Ma era distrutto. Di questo era certo.
Sospirò e prese il cellulare in mano. Doveva assolutamente chiamarli, doveva avvertirli di tornare o Jake avrebbe licenziato i Revenge, e i Children avrebbero passato un tour orribile.
Ma ora i Children erano in secondo piano.
Era stupito anche lui, Alexi non aveva mai messo nulla prima della musica.
Prima della sua band.
Certo, c’èrano cose diverse, cose a cui teneva molto, cose che erano sullo stesso scalino della musica, ma se qualcuno gli avesse imposto di fare una scelta, lui avrebbe risposto senza pensarci.
Ma ora non gliene fregava esattamente niente.
Era come se fosse passato tutto in secondo piano, come se la vendetta fosse prima anche della musica.
Aveva già composto il numero di Henkka ed ora lo osservava sullo schermo del cellulare.
Ma aveva deciso, ormai.
Compose un altro numero e avvicinò il telefono all’orecchio.
- Pronto, Alexi? -
- Ciao Roope. Senti, dove siete? – Chiese, giocherellando con il cucchiaino.
- Vancouver, ma ci spostiamo se non arrivat…- Si affrettò a rispondere il chitarrista.
- No! Fermi lì! – Esclamò il cantante, con un po’ troppa enfasi.
- Ehm…Ok. Ma allora tornat…-
- Vado a recuperare la mia roba. Ci vediamo fra un… bel po’! – Concluse Alexi, mettendo giù il telefono in faccia al povero Roope, che ormai non teneva più il conto delle volte che gli capitava.
Se vogliono tornare, che tornino per conto loro.

Henkka aprì gli occhi, stiracchiandosi e osservando la ragazza dormire.
Era stupenda, anche troppo, ma decise di non incantarsi troppo su di lei, piuttosto doveva svegliarla.
Si alzò e la baciò sulla guancia, quasi senza pensare, quasi d’istinto.
- Ciao Henkka… – Borbottò la ragazza, assonnata. – Che ore sono? -
Il ragazzo accese il cellulare.
- E’ mezzogiorno! Si che abbiamo dormito, eh! -
- Già. – Jessica si svegliò completamente e scese dal letto, camminando fino al bagno.
- Hai fame? – Chiese il bassista, vedendola recuperare prima i suoi vestiti.
- Da morire! – Si chiuse in bagno. – E’ per questo che mi sto vestendo! – Concluse da dietro la porta.
A Henkka spuntò un sorrisino.
Dopo un’oretta circa, i due erano al loro tavolo, dove solo due giorni prima al posto di Jess c’èra Alexi.
Avevano ordinato, per poi iniziare a mangiare, come se Jess non fosse lì per suo padre, come se Henkka non avesse la mente in subbuglio.
- Perché non c’è? – Chiese, però, ad un certo punto il ragazzo.
- Non saprei…-
- Non è ancora tornato da ieri. Se gli è successo qualcosa, qualsiasi cosa, io…-
- Tu niente. – Concluse Jess. – Devi stare calmo. Dopo andremo a chiedere al receptionist. -
Henkka si tranquillizzò seduta stante, come se le parole di Jessica fossero assoluta verità.
Annuì e riprese a mangiare il dolce alla crema, che aveva quasi finito.

Alexi aveva come un déjà-vu, come se tutto quello fosse già successo.
Lui, su un taxi che sfreccia verso l’aeroporto, come bagaglio solo una borsa…
Ma stavolta era diverso. Stavolta non se ne andava per raggiungere, piuttosto per
seminare.
Doveva lasciare più distanza possibile tra lui e Jess, tra lui e Henkka.
Ancora non riusciva a crederci e ancora non capiva se era più deluso, o arrabbiato, con Jessica o con il suo bassista.
Forse con tutti e due, in parti uguali.
O forse Henkka l’aveva semplicemente deluso, mentre Jess l’aveva ucciso.
Ora, solo ora, capiva quanto facesse male.
Molte persone che erano state tradite, erano come morte.
Persone di sua conoscenza si erano chiuse in casa, come depressi, senza uscire, con scuse come non ho più una ragione per vivere e quant’altro.
E lui li aveva sempre reputati esagerati. Insomma, ci si può dispiacere, ma arrivare a dire certe cose ce ne vuole!
Ma solo ora si era accorto, appunto, quanto facesse male.
Quanto sconcertasse tutto ciò, quanto ti distruggesse dentro.
Adesso poteva dire con assoluta certezza di essere innamorato.
Altrimenti non sarebbe così difficile.

- Mi scusi, non è che per caso ha visto un ragazzo biondo, capelli lunghi, un po’ basso passare di qui? -
- Cliente di questo hotel? – Chiese l’uomo con gli occhiali che stava di fronte a Henkka.
- Sì, era con me qualche giorno fa. Non so se ricorda. -
- Oh sì, certo! E’ rientrato la notte passata ed è uscito da poco e…-
- Perfetto! La ringrazio! – Henkka raggiunse Jessica, senza lasciar finire di parlare il receptionist.
- Che ha detto? -
- Che è appena uscito, ma sicuramente rientrerà per cena e domani partiremo insieme. -
- Oh… ok. Allora, io vado in ospedale. Tu fa come vuoi, ma io devo andare. E’ l’ultima volta e… -
- Lo so, non ti preoccupare. Vengo con te. -
Jessica non disse nulla, annuì semplicemente, dirigendosi verso l’uscita dell’hotel.
I due trascorsero il pomeriggio in ospedale, tra intervalli di silenzi e parole dette un po’ forzatamente.
Henkka si sentiva, come sempre, molto a disagio in quel luogo, ma quella volta particolarmente.
Era anche rimasto fuori all’inizio, ma poi aveva deciso di entrare e fare compagnia alla ragazza.
- Scusa, il cellulare… - Rispose e andò fuori, non volendo disturbare e approfittandone per uscire un altro po’.
- Henkka? Pensavo avessi il cellulare spento…- Blaterò Roope.
- Perché dovrei? -
- Perché dovresti essere sull’aereo per il Canada. – Affermò il chitarrista, facendola sembrare una domanda.
- Cosa intendi dire? -
- Alexi non ti ha detto che… Oh cazzo! Non ve l’ha detto! Affrettatevi, prendete il primo aereo per Vancouver, Alexi è già partito. -
- Cosa?! Stai scherzando?! Guarda che ci avrebbe avvisat…- Il bassista si interruppe, pensandoci un attimo. – Ok, lasciamo stare. –

- Appunto! Dai, muovetevi tutti e tre! -
Henkka borbottò un sì e tornò da Jessica, spiegandole tutto.

Alexi aveva chiuso gli occhi, chiudendo anche la mente e facendo sparire i sensi di colpa.
Non aveva fatto niente lui, anzi, si era comportato fin troppo bene.

Dopo tutto quello che quei due avevano fatto, non li sarebbe andati a cercare per nulla al mondo.
Gli dispiaceva, però, per i Dark Revenge. Erano stati una buona band, degli ottimi compagni di tour e non se lo meritavano.
Ma l’idea di passare altri mesi con Jessica lo uccideva. Come poteva sopportare l’idea che lei fosse di un altro, che fosse del suo bassista, poi?!
Vederla tra le braccia di Henkka, baciarsi con Henkka, mano nella mano con Henkka…
Scosse la testa, come per scacciare il nome ‘Henkka’ e le immagini allegate a quei pensieri.
Non sapeva come l’avrebbero presa gli altri, non sapeva se aveva fatto la scelta giusta, ma ora non se ne stava pentendo.
Adesso, ancora, non fa così male.
Aveva pensato, prima di addormentarsi, sapendo che la distanza tra lui e Jess l’avrebbe davvero ucciso.

Non si era convinta nemmeno quando il bassista l’aveva trascinata fuori dall’ospedale, nemmeno quando Alex li aveva raggiunti e avevano preso un taxi, recuperando la loro roba.
- Muoviti Jessica, stiamo perdendo l’aereo, dannazione! -
E nemmeno ora era convinta.
Doveva solo mostrare il biglietto e sarebbe entrata sull’aereo, ma qualcosa la tratteneva dal farlo.
Aveva rovinato tutto.
Non aveva voglia di rivedere la faccia buia di Alexi, o di sentire le lamentele di Jake o chissà cos’altro.
- Jessica, è l’ultimo fottuto aereo per Vancouver! Poi basta! Il prossimo è fra due giorni e noi non ce li abbiamo due giorni! Dai, muoviti. -
Ma le parole del bassista erano come ovattate da tutto, dai suoi pensieri, dalla folla di persone nell’aeroporto e tutto la portava a rimanere immobile.
- Non vengo. – Poi finalmente quelle due paroline, che Henkka era sicuro di aver capito male.
- Cosa? – Chiese Alex, al posto del bassista.
- Non vengo. Non so… Io, non posso. Devo tornare a casa. -
- Jessica, capisco che sei stanca, davvero, ma tu devi venire. – Aveva ribadito sempre Alex.
- Non me la sento, non posso. -
Henkka sospirò e la prese per una mano, sorridendole. Capiva il timore della ragazza, di sentirsi giudicata dagli altri, da Alexi, la paura di lasciare suo padre. Ma sarebbe stato lo stesso per lui.
Forse anche peggio, perché lui conosceva da molto più tempo i Children.
- Non ti preoccupare. Ci sono io con te. – Non sapeva da dove le aveva tirate fuori quelle parole, ma era la verità.
Jessica gli sorrise, abbracciandolo. 





Scusatemi. Davvero.

Giuro che mi vergogno a postare questo capitolo, ma sono letteralmente cotta.
Il mio neurone si rifiuta di pensare a qualcosa di decente e questo è tutto ciò che sono riuscita a fare.
E’ un capitolo davvero orribile.
Vi chiedo scusa anche per il fatto che non rispondo alle recensioni in questo capitolo, perché sono fusa e credo proprio che andrò a riposarmi XD
Uh, ultimissima cosa: ho pensato al finale e ho scelto. Ormai ho deciso e sono irremovibile.
E, secondo i miei calcoli, mancherebbero due o tre capitoli.
Ma non sono sicura u.u



A presto =)

Crazy_Me





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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


14° Capitolo



Alexi uscì dall’aeroporto di Vancouver, con la sua borsa sotto mano e le occhiaie sotto gli occhi.
Non aveva dormito quasi per niente.
Quando era partito, a Londra erano circa le 10.30 e c’èra parecchia luce.
Mentre ora sembra di essere da tutt’altra parte del globo, pensò Alexi, rendendosi poi conto che era davvero dall’altra parte del mondo.
Il cielo era abbastanza scuro, sia per l’orario che per la stagione.
Il cantante, dopo aver controllato l’ora sul cellulare, le 18.03 per la precisione, spinse il tasto verde e dopo pochi secondi una voce prese posto al solito rumore robotico.
- Pronto? -
- Roope, sono sempre io. Sono a Vancouver, dimmi dove siete. -
- Oh, non ci posso credere! Dio ci ama! Ci ha ascoltati! – Il chitarrista iniziò una serie di frasi come questa, ringraziando il cielo e compagnia bella, ovviamente molto ironicamente.
- Roope…- Lo fermò il biondo, un po’ scocciato.
- Ah, sì certo, scusa! Siamo dietro al GM Place, raggiungici appena puoi. -
- A fra poco. -
Alexi mise il telefono in tasca e fermò uno dei parecchi taxi che sfrecciavano davanti all’aeroporto, non investendo per poco una signora.

Steve e Robert giravano agitati dietro al GM Place, una grande arena usata solitamente per le partite di basket, ma che a volte veniva anche adibita per concerti e altre cose di questo tipo.
Non riuscivano proprio a calmarsi, sapevano dell’arrivo di Alexi, ma di Henkka, Alex e Jessica ancora nulla.
Avevano preso lo stesso aereo? Ne avevano preso un altro? Stavano arrivando?
Tutte domande che affollavano le menti dei due ragazzi, pensieri che si volatilizzarono quando videro sbucare da un angolo un ragazzo non troppo alto e biondo.
- Hey! – Gridò Robert, correndo verso Alexi come una fan assatanata.
- Oh, cazzo, Alexi! – Anche Steve gli andò incontro, ma con più calma.
Alexi diede una pacca amichevole al primo, ed una stretta di mano completa di spallata al bassista.
- Non appena Janne, Jaska e Roope ti vedranno, moriranno di infarto! – Ironizzò Rob.
- Probabile. – Concordò Alexi, passando in mezzo ai due e raggiungendo il tour bus.
Aprì lo sportello ed entrò.
Janne era seduto a leggere, mentre Roope dormiva comodo sul divanetto.
Il biondo fece segno al tastierista di non fiatare, sebbene l’avesse visto e fosse sul punto di urlare.
Così, il vocalist, rubò il libro di mano all’altro e si avvicinò a Roope, chiudendoglielo a velocità folle davanti al viso.
- Eh? COSA?! GLI AMERICANI CI ATTACCANO! – Il chitarrista si riprese dallo spavento solo quando vide lo sguardo soddisfatto di Alexi e le risa smisurate di Janne.
- Stronzo! – Borbottò alzandosi e abbracciandolo.
Ma Alexi era convinto che lo stesse stritolando, come una specie di punizione.

Roope si alzò, dopo aver sentito bussare ed andò ad aprire.
- Mi dispiace, non compriamo niente… Oh, Henkka! – Roope si fiondò sul ragazzo, abbracciandolo.
Alexi, seduto sul divano, sentì la voce del bassista.
E così erano tornati…
Non che non lo sapesse, pochi minuti prima avevano telefonato per sapere dov’erano, ma era come se non ci avesse creduto finché non avevano messo piede sul bus.
Roope rientrò, seguito da Henkka e Alex.
- Jessica? – Chiese, poi.
- Non è venuta. – Rispose semplicemente il bassista.
In realtà, non era una cosa semplice. Proprio per niente.
Henkka aveva pensato per tutto il viaggio a cosa dire, a come dirlo, ma le parole giuste gli sfuggivano dalla mente e si era convinto, alla fine, che le parole giuste non esistessero.
- Cosa? – Chiesero più o meno tutti, in coro.
- E’ rimasta a Londra. – Ribadì il bassista, sedendosi.
- E’ uno scherzo, vero?! – Chiese Robert, alzandosi da dov’era e uscendo dal bus.
Si mise a chiamare il nome di Jessica, come se la stesse cercando, come se fosse nascondino.
- Robert, non è un fottuto scherzo! – Henkka lo riportò sul bus, ripetendogli ciò che diceva dall’inizio. – Non è voluta venire. -
- Per suo padre, vero?! Cazzo, e adesso? Tutto ciò per cui abbiamo lavorato, tutto ciò che abbiamo sempre sognato è stato fatto per niente ed è…- colpa sua. No, Robert non finì la frase. Non poteva finirla.
- No, non ci licenzieranno. – Sussurrò Alex, che era rimasto in piedi, appoggiato alla parete.
- Cosa? -
- Non ci licenzieranno, Rob. Posso fare io da prima voce, Steve farà la seconda. E tutto sarà come sempre. -
- Non dire cazzate, Alex! Mancherebbe una chitarra, senza parlare del fatto che tu non sei una ragazza. -
- Lo so, ma è solo per finire il tour, poi… -
troveremo un’altra cantante.
Sembrava che nessuno riuscisse a finire le frasi, ma gli altri intuivano benissimo le conclusioni.
- Mi sembra una cazzata. – Si fece sentire Steve. – Tra l’altro, non so cantare. -
- Non è vero! Hai preso anche lezioni per un certo periodo, poi si tratta solo della seconda voce. -
Nemmeno Alex, che sembrava il più fiducioso, ci credeva molto.
Ma era stata Jessica a dire così…
Era stata lei a dirgli che ce la potevano fare, che combinava solo casini e non serviva al gruppo.
E, certo, non che Alex non avesse provato a convincerla, ma sapeva che se Jessica aveva scelto non c’era possibilità di farle cambiare idea.
Inoltre, se Jess aveva deciso una cosa del genere, c’era sicuramente qualcosa di importante sotto, oltre che il padre.
E questa cosa importante gliel’aveva spiegata Henkka in aereo.
La storia del bacio, delle troppe birre e tutto il resto.
Alex, a fine spiegazione, aveva poi chiesto al bassista se amava Jessica. Henkka non aveva risposto niente.
E Alex aveva capito.
Per questo non l’aveva rimproverato, per questo non aveva detto nulla, limitandosi ad annuire.

Jessica sorrise a Henkka che se ne stava andando, sorrise ad Alex che gli sarebbe mancato da morire.
Jessica pianse non appena vide l’aereo partire.

Vedrai, Alex, ce la farai… Non mi va di tornare. Non ora.
Era la cosa giusta da fare.
Ma le lacrime gli stavano scendendo lungo le guance come mai prima di quel momento.
Non se ne stava pentendo, ma doveva capire una cosa. Doveva capire chi amava veramente.
E sentiva che senza Alexi sarebbe morta.
Sentiva che senza di lui, le giornate sarebbero state orribili.
Solo ora, ora che sia Henkka che Alexi, non erano lì, sentiva di amare Alexi.
Il sentimento per Henkka non era altro che affetto. Un affetto molto forte, diverso perfino da quello che provava nei confronti di Alex, suo migliore amico da una vita.
Uscì dall’aeroporto, consapevole che ora l’aspettava una vita diversa.
Spero solo che sia ciò che vuole anche lui…

Alexi cercava di addormentarsi, ma quella notte aveva il sonno agitato.
Il concerto era andato piuttosto male, sia per i Children che per i Revenge.
I primi erano un po’ fuori allenamento ed ancora scombussolati, mentre gli altri avevano bisogno di tempo, tempo per abituarsi a cantare senza Jessica, tempo per riarrangiare le canzoni e adattarle ad una sola chitarra, tempo e basta.
Il vocalist si alzò e si diresse verso il frigorifero.
Avrebbe voluto prendere una birra, ma l’unica cosa che fece fu osservare ogni singola cosa al suo interno, per poi richiuderlo e sedersi sul divano.
Sentì una voce, quasi un sussurro, interrompere i suoi pensieri.
- Non è come credi. -
Ad Alexi scappò un sorrisino. La frase più stupida al mondo, probabilmente.
- Davvero. – Henkka prese una sedia e si sedette davanti al cantante.
- Allora, dai, dimmi tu cosa dovrei credere. – Non riusciva a dormire, tanto valeva trovarsi qualcosa da fare.
- In ospedale è vero, ci siamo baciati. Io mi sono avvicinato al suo viso e non nascondo che sia stata lei a baciarmi, ma sono cose che capitano senza motivazione. Poi, abbiamo chiuso il discorso, volevamo dimenticare tutto, ma Jess si è ubriacata e ha iniziato a dire quelle cose perché…-
- Sì, infatti, spiegami anche questo. – Lo incalzò Alexi.
- Beh, in ospedale mi ha raccontato che nell’ultimo periodo l’hai come oppressa. Non era abituata al nuovo te, all’Alexi sdolcinato e romantico, all’Alexi che regala pupazzi con i cuoricini, alla tua mano mentre cammina per strada… E’ diverso per lei. -
Alexi non trovò nulla da dire.
Su questo, effettivamente, aveva ragione.
- Così, per colpa dell’alcool, ti ha detto tutto, anche quello che non pensava. -
- Bah…-
Henkka fece una pausa e riorganizzò le idee.
- Alla sera, quando tu non c’eri, le ho chiesto cosa significava quel ti amo. – Alexi rabbrividì. Quante volte gliel’aveva chiesto anche lui? – E lei ha detto che non voleva dire proprio niente, colpa dell’alcool. -
- Henkka…- Stava per dirgli di andarsene, ma il ragazzo si stava già alzando.
- No, non pretendo che tu mi dica grazie o che mi creda, ma è la verità. -
Alexi sapeva che non mentiva. Aveva incrociato i suoi occhi ed erano seri.
Avrebbe voluto chiedergli cosa provava, invece, lui per Jessica, ma sarebbe stata solo crudeltà.
Lo sapeva benissimo. Il bassista era innamorato. Ed anche lui.
Sospirò.
Ora doveva solo dimenticare, solo andare avanti…






Ed ecco il penultimo capitolo!
Mi sembra incredibile di essere alla fine anche della seconda parte.
Ma non temete, ho deciso di fare una collana da 10 storie u_u
No, scherzo! XD Forza, riprendetevi dall’infarto!
Anyway, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, sebbene sia molto triste e deprimente.

der Hysteria: Sì, hai ragione! E’ davvero un peccato quando succedono questi casini, soprattutto perché molte volte sono stupidaggini! E qui concludo perché se no inizio a spoilerare la fine u.u XD

Archangel 06: Alle tue domande, risponderà il capitolo seguente =) Spero che anche la fine ti piaccia, a me è sembrata adatta. Anche se la devo ancora mettere per iscritto, magari qualcosina cambierà u.u

A presto con l’ultimo capitolo

Crazy_Me

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


15° Capitolo



Alexi si era seduto svogliatamente, stanco e sudato, sul divanetto nell’angolo.
Erano tutti ancora carichi dopo il concerto, tutti con il sorriso sulle labbra, quel sorriso vero e sincero che solo una band che ama ciò che fa può avere.
Ma nell’ultimo periodo, dopo ciò che era successo con Jessica, Alexi quel sorriso l’aveva come perso.
Sembrava sempre assorto, freddo e distaccato, sebbene fosse sempre il migliore sul palco.
- Che ha? – Sussurrò Roope all’orecchio di Janne.
- C’è bisogno che te lo dica? –
- Penso proprio di no. -
Alexi, lentamente, si alzò e raggiunse il bagno, mugugnando qualcosa di molto simile a
vado a fare la doccia.
- Ok, ragazzi, qui bisogna trovare una soluzione. – Esordì il chitarrista, come se stesse preparando un piano per il nemico.
- Concordo. – Si unì Jaska, mentre tamburellava con le bacchette il ritmo di qualche canzone. – Ma Alexi è troppo testardo, se gli dicessimo che deve tornare da Jess, non lo farebbe mai! -
- Sì, questo è vero. – Constatò Roope, un po’ giù di corda.
Henkka, che fino a quel momento aveva preferito stare zitto, come se lui fosse escluso da quel discorso, illustrò la sua idea ai ragazzi, che approvarono.
Non appena il biondo uscì dal bagno, con l’asciugamano intorno alla vita e alcune gocce d’acqua che ancora scivolavano sulla pelle, Robert si stese sul divano.
- Alexi, Rob non si sente bene. – Disse Alex, mettendo una mano sulla fronte al ragazzo.
- Che ha fatto? – Chiese un po’ preoccupato il biondo.
- Ha un po’ di febbre, non è che potresti andare a prendere qualcosa in farmacia? – Chiese innocentemente Janne, allungandogli la borsa nera.

- Perché io? -
- Perché tu hai già fatto la doccia e devi solo vestirti, mentre noi…-
- Ok ok, ho capito. Chiamatemi un taxi, intanto mi vesto. – Acconsentì Alexi, mentre tornava in bagno a mettersi qualcosa addosso.
- Non ti preoccupare, tu vestiti. – Sorrise Roope, maliziosamente. Nella testa del chitarrista, infatti, c’èra un progetto architettato alla perfezione.
Ma questo, il vocalist, non poteva ancora saperlo.

- Signore, siamo arrivati. – L’autista, con forte accento Canadese, svegliò Alexi, che si era addormentato in auto.
- Oh…sì, scusi. – Il ragazzo si riprese dalla stanchezza e guardò fuori dal finestrino. – Mi scusi, ma dove siamo? -
- Davanti all’Aeroporto di Toronto, signore. – Rispose il taxista, forse un po’ preoccupato per la memoria del suo cliente.
- No, aspetti. Io dovevo andare in farmacia e…-
- No, qualcuno ha chiamato per lei e sono sicuro che abbia detto che doveva andare all’aeroporto. – Ribadì l’uomo, con molta calma.
- Ci deve essere un errore, seriamente, non può essere. –
- Le assicuro che sono certo di ciò che dico. Comunque sarebbero 65 dollari. -
- Cosa? Ah… Io non so se ho i soldi, insomma, sono partito per comprare della tachipirina a due kilometri, non per…- Alexi, intanto frugava nella borsa, e quando aprì il portafoglio trovò molti più soldi del previsto.
Ed ancora, come se non bastasse, tutti i suoi documenti, come carta d’identità, passaporto ed altre scartoffie di questo tipo.
Alexi pagò senza aggiungere altro, scese ed entrò in aeroporto, deciso a chiarire la questione con una telefonata ai suoi compagni.
- Possiamo spiegarti tutto. – Rispose una voce conosciuta, quella di Roope, dall’altra parte della cornetta.
- Ah, perfetto. Allora mi spieghi pure, Signor Aeroporto di Toronto. – Fece ironia il biondo, pur rimanendo serio.
- Ti abbiamo spedito in aeroporto perché è ora che chiarisci una questione importante, una questione che non avresti il coraggio di chiarire altrimenti. -
- E sarebbe? – Sbottò Alexi, mentre cercava di orientarsi in mezzo a tutta quella gente, per trovare anche solo un angolino dove fermarsi senza essere in mezzo ai piedi.
- Jessica. -
A quella sola parola, il cantante ebbe come una fitta, come se Roope avesse nominato l’innominabile, una parola proibita.
- Cosa intendi dire? -
- Che devi tornare a Londra, devi chiarire tutto, anche solo per mandarla a quel paese, ok? -
Il biondo lasciò passare qualche secondo.
- Io torno indietro. -
- Ok, fa come vuoi. Tua libera scelta. Ma se aspetterai altro tempo, sarà troppo tardi poi. -
Questa volta fu il chitarrista a mettere giù il telefono in faccia all’altro, lasciandolo lì, immobile, ancora spaesato e indeciso.
Per me sono tutti pazzi…

La domanda era
come cavolo ci era finito su quel maledetto aereo?
Era ciò che si chiedeva Alexi da qualche ora, mentre guardava dritto davanti a sé, non essendo vicino al finestrino, ma di fianco ad un signore anziano, verso l’interno.
Aveva subito finto di dormire, nella speranza che il tipo non si mettesse a parlare, ma non appena aveva capito che quello non era certo uno di quei rompiscatole che si trovano di solito in aereo, aveva riaperto gli occhi ed ora si ritrovava a riflettere.
Chissà se stava facendo la cosa giusta, chissà se tornare a Londra avrebbe rimesso a posto tutto, chissà cos’avrebbe detto, poi, a Jessica…
Tutte domande senza risposta, tutte preoccupazioni di Alexi senza soluzione.
Eppure, sebbene il suo cervello gli dicesse di non dare ragione ai ragazzi, sentiva che i suoi problemi al ritorno sarebbero diminuiti. Non sapeva come, non sapeva cosa sarebbe successo o se avrebbe riportato Jessica a Toronto, ma sapeva che, in un modo o nell’altro, stava andando a chiarire la questione.
Una questione che lo tormentava da troppi giorni.
In tutti i suoi ragionamenti, però, aveva evitato di pensare a Henkka.
Lo stava ferendo, tornando. Ora che sapeva dei sentimenti del bassista per Jessica, come avrebbe fatto a vederlo ogni giorno, sapendolo con il cuore a pezzi?!
Beh, se solo la mora fosse tornata… Altrimenti i cuori a pezzi sarebbero stati due.
Sì, perché l’unica cosa di cui Alexi era sicuro era di amarla. Lui amava Jessica, non poteva stare un altro giorno senza di lei e, forse, l’avrebbe anche mandata a quel paese, forse l’avrebbe rimproverata, forse le avrebbe detto quanto male gli aveva fatto.
Ma non se ne sarebbe mai andato da Londra senza dirle quanto l’amava.

Jessica fece un cenno al piccolo pubblico che affollava la modesta sala del locale.
Scese dal palco, rimettendo la sua chitarra nella custodia e dirigendosi verso il bancone.
- Per me una birra. Heineken. -
- Budweiser. -
Immediatamente, la mora si girò e i suoi occhi incrociarono quelli di un ragazzo fin troppo conosciuto.
- Alexi. – Sussurrò, come se fosse stato un frutto della sua fantasia, come se lo vedesse solo lei.
- Già. -
- Che ci fai qua? Chi ti ha detto dov’ero? – Chiese lei, aumentando il tono di voce.
Perchè ora? Ora che se ne stava facendo una ragione…
- Sono passato al bar dell’ultima volta che ci siamo visti ed un ragazzo di nome Jimmy mi ha detto tutto. – La informò, sedendosi accanto a lei, con la bottiglia di birra di fronte. – Mi ha anche detto che tuo padre ce l’ha fatta, ora sta bene. -
- Sì, è a casa. Si è preso una vacanza di qualche settimana dal lavoro e ora si sta rimettendo del tutto. – Spiegò lei, sentendo le parole scorrergli fuori dalla bocca, senza bisogno di pensare.
Infatti, la mente era ancora impegnata ad assimilare quell’incontro molto poco casuale.
- Possiamo uscire? – Chiese il vocalist, pagando le due birre e alzandosi.
Jessica, senza dire nulla, lo seguì, quasi sentendo di doverglielo.
Passarono in mezzo a tutta la folla, che ancora si accalcava verso il palco per la prossima band e uscirono sul retro.
Faceva freddo fuori e solo un lampione dalla luce fioca li illuminava, ma nessuno dei due ci fece caso.
- Allora vedo che hai già provveduto a rimpiazzare i Revenge. – Se ne uscì Alexi, forse un po’ troppo sgarbatamente.
- Non è come credi. Quello è il gruppo di un mio amico, il cui chitarrista è ammalato, allora per non perdere la serata ha chiesto a me di rimpiazzarlo. -
- Ah, non sapevo. – Il biondo, per togliersi un attimo dall’imbarazzo, finì gli ultimi sorsi di birra, appoggiando la bottiglia sul marciapiede e mettendo le mani in tasca.
- Mi dici perché sei tornato? – Chiese lei, quasi indifferente.
Ma dentro era tutto, tutto tranne che indifferente.
Alexi cercò di prendere tempo, non sapeva cosa rispondere. Avrebbe voluto fare uno di quei discorsi da Premio Nobel, uno di quei discorsi che ti fanno scoppiare in lacrime e a cui non puoi dire di no, ma l’unica risposta che aveva in mente era
perché ti amo.
- Sono qua per chiarire. -
- Chiarire cosa? -
- Non ci siamo lasciati troppo bene, anzi, proprio per niente. Ci sono state troppe incomprensioni, troppi problemi e abbandonarli non è il modo giusto di affrontare le cose.-
- Hai ragione. – Borbottò lei, sentendosi presa in causa, ma non potendo dargli torto.
- Voglio solo sapere cos’è successo tra te e Henkka. – Arrivò al punto Alexi.
- Se è solo questo, potevi chiederlo a lui. – Jess, ora, stava iniziando a sentire un po’ freddo, ma era sicura che quei brividi fossero per altri motivi.
Sentiva che quella era la sua seconda possibilità.
- E invece lo voglio sentire da te. -
Jessica rimase un po’ in silenzio, a rimuginare, come se dovesse rispolverare vecchi ricordi.
- Niente. Il punto è che non ricordo niente. Ero ubriaca, ho detto cose che non ho mai pensato, ho rovinato tutto in pochi minuti. -
- E il bacio? – Chiese ancora, il vocalist.
- Non lo so neanche io. Non te lo so spiegare. -
- Capisco. -
- Ora te ne andrai? Era solo questo che volevi sentire? – Chiese Jessica, lasciando il ragazzo di stucco.
Lo leggeva nel suo sguardo, l’aveva colto impreparato. Forse stava preparando una specie di monologo.
- A dire il vero, non lo so. -
- Oh… Ok. – Jess stava per tornare dentro, per accettare tutto quanto, quando si girò di scatto. – No, dannazione, non è ok! Non è per niente ok! Io ti amo e tu non te ne puoi andare ancora. Lo so, ho rovinato tutto con te, ho rovinato tutto con i Revenge. E lo so che mi odiate, che mi odi, ma non te ne andare. Ho bisogno di te, ti prego. -
Non sapeva nemmeno cos’aveva detto, non erano cose ragionate, era tutto ciò che gli era passato per la mente.
Come avrebbe fatto a non andarsene? Avrebbe lasciato il tour per lei?
- Wow. – Commentò Alexi, mettendosi una mano dietro al collo e puntando lo sguardo sulle sue scarpe.
- Dimentica tutto. Davvero, non ti preoccupare. Hai un tour da finire e hai già perso troppe tappe per colpa mia. Non dovevi nemmeno scomodarti per venire qua, a Londra.– Si affrettò a dire Jessica, vedendolo confuso.
- Veramente stavo pensando che mi hai rubato il discorso. Era il mio, insomma, avrei dovuto dire io ti amo, non rimanere qua, torna con me, ne ho bisogno. Ora dovrò inventare qualcosa di più originale. -
Jessica rimase un attimo ammutolita, per poi scoppiare in una risata.
Alexi sorrise e si avvicinò a lei, prendendole il viso tra le mani e baciandola.
Quanto gli erano mancate le labbra di Jessica, il suo sguardo, il suo sorriso…

Roope aprì la porta del bus, con sguardo riprovevole.
- Bene, mio caro, sarai felice di sapere che per colpa tua abbiamo perso un’altra tap…-
Alexi aveva tirato Jessica di fianco a lui, che fino a qualche secondo prima era rimasta nascosta di fianco all’entrata.

-
Oh mio Dio! Jeeessicaaaa! Non ci credo, sei qua?! Io… - Roope alzò le mani, come per dire al diavolo le parole e la strinse forte, alzandola di parecchio da terra e trascinandola sul bus.
Intanto, Alexi prese la valigia della ragazza e la tirò dentro.
- Jessica! – Esclamarono Jaska e Janne, abbracciandola insieme e baciandola sulle guance.
I due si allontanarono, lasciando il posto a Henkka, che si limitò ad un abbraccio.
- Mi sei mancato. – Le sussurrò lei, facendolo sorridere e aumentando la presa.
Alexi sospirò.
Henkka lo avrebbe accettato, prima o poi.
Dietro al bassista, c’èrano Alex, Rob e Steve.
Jessica fece un passo verso di loro e sospirò.
- Ragazzi, io non so cosa fare per farmi perdonare. Sono stata egoista e…-
- Sì, hai perfettamente ragione! – Concordò Rob.
- E non possiamo perdonarti, dopo tutto quello che ci è successo. – Rincarò la dose Steve.
Jessica si stava mordendo le labbra e sentiva gli occhi lucidi.
- Cazzo, abbiamo dovuto rifare tutte le canzoni con una sola chitarra! -
- E io ho dovuto cantare! – Si lagnò Steve.
Tutti e tre scoppiarono a ridere e solo allora Jessica capì che quei tre pazzi stavano scherzando.
Si affrettò a raggiungerli e li abbracciò tutti.
Era felice. Era di nuovo felice e tutto si era rimesso a posto, tutto come prima.

- Hey ragazzi… -
- Sì, Roope? -
- Ma… ehm… adesso chi glielo dice a Jake che abbiamo perso un’altra tappa? -






E postaaaaaaaaaaaaaa! Fuck Yeaaaaaaaah! XD
Non potete nemmeno immaginare quanto ci ho messo per trovare un finale decente e premetto che non sono nemmeno contenta del risultato ottenuto.
Ma, come ormai sapete, una volta che scrivo una cosa non riesco più a farla in un altro modo u.u
Vabbè… Posso solo dire che mi mancherà questa FanFiction =’(

Ma passando ad altro…
Ci tengo a ringraziare
der Hysteria, Archangel 06,  Rocket Queen e Pumpkin Head per le recensioni e i complimenti, per avermi seguito sia in questa storia che nella precedente.
Grazie davvero e mi auguro che il finale vi sia piaciuto =D




Crazy_Me


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