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Eccoci
arrivati alla mia seconda fanfiction!! Ci ho preso gusto, eh!
Comunque
siccome ho già finito la mia prima fanfic e ho voglia di dannarmi l’anima per
farne un’altra, eccoci qui!!!
Mi è
venuta in mente in uno di quei momenti in cui sei a letto, non hai sonno e non
hai un cazzo da fare… ho pensato alla mia prima FF e che mi sarebbe piaciuto
approfondire un personaggio: Leannel
Allora,
questa FF, in breve parla dei momenti più importanti della vita di Leannel (già
nella prima fanfic), la sorella di Legolas.
Nella
maggior parte dei casi s’incontrerà con altri membri della compagnia, anche se
(che tristezza!) non sono riuscita ad infilare il mio amato Gimli se non alla
fine.
I
primi capitoli sono più che altro descrittivi del suo carattere, solo dopo si
passerà a degli eventi più ‘importanti’.
La
storia è divisa in capitoli e sottocapitoli (come IsdA J)
Anche
se non me la immagino come un personaggio divertente cercherò di scrivere
questa FF in modo un po’ meno tragico…
Per
leggere la FF vi conviene aver letto prima l’altra (Ricordi sul Passo di
Caradhras) dove se ne parla a lungo.
Come
per l’altra FF vi do il mio indirizzo di e-mail, zoozy@libero.it , al quale siete pregati di
scrivermi, sia per i commenti che per altro.
A
proposito di commenti… POSSIBILE CHE NESSUNO NE SCRIVA??
Buona
lettura
Vostra
Zoozy J
-Parte
prima-
Capitolo I _Leannel_
Cavalcava.
Un anno qualsiasi della terza era e accavalcava. Aveva sempre amato cavalcare.
Cavalcava da quando aveva imparato a respirare e si poteva considerare
piuttosto abile. Amava i cavalli. Qualche volta, quando ne aveva avuto la forza
e la voglia, era andata a Rohan per vedere i cavalli. E gli aveva amati. Poiché
erano diversi da quelli elfici. Sembrava che avessero un fuoco dentro, un
ardore che in lei era spento da tempo. Rimaneva il fatto che i cavalli dei
Rohirrim avessero un grande atroce difetto, confrontati a quelli Elfici:
morivano.
Ma
forse a lei sarebbe sembrato più giusto dire che era lei ad avere un grande
atroce difetto: era immortale.
Spesso
Leannel si ritrovava in posti lontani da dove doveva essere senza accorgersene
minimamente.
Da
pochi (che per noi sarebbero parecchi) anni aveva lo stesso bel cavallo dal
manto color giallo paglia, Feren, una dalle migliori bestie di Rohan.
Non
era , o per lo meno, non sembrava, un cavallo adatto a grandi battaglie. Era
infatti di indole tranquilla e dolce, e si era affezionato parecchio alla sua
padrona , tanto che sarebbe morto con onore in battaglia se lei glielo avesse
chiesto.
I
cavalli erano l’unica cosa mortale alla quale Leannel non riusciva a non
affezionarsi.
Era
una di quelle volte in cui doveva andare in un posto che conosceva come le sue
taschema deviava per i boschi,
perdendosi,e il suo cavallo camminava lento e lei si perdeva nei suoi
pensieri.. E pensava… Infondo aveva passato la sua intera vita a pensare…
Leannel
era una di quelle personeche ‘fanno
quello che si deve fare’. Se fosse stato per lei avrebbepreso uno dei suoi amati cavalli Rohirrim e
avrebbe vagato senza meta per tutta la vita, amando ogni personaa lei cara, e innamorandosi di un mortale
qualsiasi, per poi uccidersi alla sua morte.
Ma
dato il fatto che lei ‘aveva fatto quello che doveva fare’ era rimasta a casa
nel Bosco Atro, con suo padre che continuava a trattarla come una bambolina, e
con suo fratello che amava più di sé stessa, e molte cose erano cambiate nella
sua testa.
Perché
quegli anni di inutile stabilità non le avevano permesso di dimenticare quello
che avrebbe dovuto; e ora lei aveva troppa paura di soffrire. E si era donata
alla solitudine.
Era
divenuta un’eremita dedita al pensiero, alla lettura e a lunghi
solitari,silenziosi viaggi sulla groppa del suo fidato Feren.
Le
uniche persone con cui aveva dei legami erano Legolas, suo padre, e pochi altri
amici di vecchia data , come il grigio e ladama di Lòrien,
che non vedeva da millenni (nel vero senso della parola).
“Patetico”
si disse rimproverandosi
Ma
la realtà la assalì con veemenza
“Sto
parlando da sola” si disse
Ma
dove andava? Chi doveva vedere? Cosa faceva là?
‘Sono
diretta a casa dal piccolo Legolas, ed ho perso la strada’ si rispose.
Non
che il fatto di non sapere dove si trovava la toccasse più di tanto, né la
stupisse. Le capitava spesso di avere la testa tra le nuvole. A parte quando
c’era bisogno di averla ben piantata in mezzo alle spalle.
In
Effetti Leannel aveva un grosso difetto:amava la battaglia come la vita. Non che amasse in particolar modo la
sua vita, ma forse oltre ai cavalli e a poco altro, la guerra era l’unica cosa
che la teneva in vita.
L’adrenalina
della battaglia, il vestirsi da uomo, tenere in mano una pesante spada che
freme, assetata di sangue. Lei viveva per questo.
Non
era legata a nulla e nulla la legava alla vita, se la morte avesse dovuto
prenderla, avrebbe dovuto farlo in battaglia, e lei non temeva né il dolore, né
la morte.
‘Non
è bello nemmeno da pensare’ si disse
Ma
in quell’istante fu travolta da una delle poche cose ancora capaci di travolgere
la sua esistenza. Fu travolta dalla bellezza.
Quel
luogo era così perfetto e meraviglioso fin da quando ne aveva memoria.
In
quell’unico punto delle foreste intorno a Lothlòrien gli alberi si diradavano
circondando quel piccolo squarcio di paradiso.
Il fragore
dei piccoli spruzzi d’acqua che si rompevano sulle pietre, l’aveva cullata sin
dalla prima volta. E la sua prima volta era stata molto tempo addietro.
Una
piccola cascata, acque argentee che scivolavano con forza verso il fiume. E in
tutto questo l’acqua limpida, rimaneva stagnante in un laghetto di modeste
dimensioni.
Sentì
una forza avvolgerla. Comprese che non poteva resistere. Scese da cavallo come
solo chi cavalca meglio di quanto non cammini può fare.
Non
ebbe bisogno di legare Feren perché sapeva che il suo destriero non l’avrebbe
mai abbandonata. In secondo luogo, il cavallo non aveva né sella né briglie e
legarlo sarebbe stata una cattiveria inutile.
Scese
da cavallo, la sua figura era alta e fiera come gli antichi re elfici, e come
pochi di loro oramai. Ricordava Galadriel quando era una giovane guerriera
combattiva. Portava abiti scuri, per lo più neri e verdi scuro; e portava dei
pantalonida uomo sotto un lungo grigio
mantello elfico,dono di Galadriel stessa, signora di Lòrien.
I
pantaloni neri, erano stati presi a suo fratello, che oramai si era trovato
costretto ad abituarsi a questo genere di cose.
Così,
alta e severa, si avvicinò alle limpide acque delle stagno che parve
risplendere delle sua stesse luce.
Leannel
infatti, era dotata di una bellezza che aveva pochi a suo pari nella Terra di
Mezzo.
Affatto
fragile, né dolce, ma austera e forte, e una profonda tristezza covava nei suoi
impenetrabili occhi grigi. Neppure una lontana luce di speranza era nei suoi
lineamenti, nessuna virgola del suo volto perfetto dava l’impressione di non
appartenere ad una rassegnatezza profonda.
Il
suo viso aveva il sapore cangiante e sfuggevole del vento, equello forte e incostante dell’acqua. Si
avvicinava a passi lenti e decisi a quel ruscello che le ricordava i primi
inverni della sua vita.
Me
nonostante tutto non erano quei giorni ad occupare i suoi pensieri. Era la vita
stessa a farlo.
Finalmente
giunta alla riva, si inginocchiò cautamente sulla riva delle acque. Si sfilò i
guanti di pelle, li appoggiò accanto a sé; e siallungò verso lo specchio d’acqua cercando un immagine… E nel suo
più grande stupore, si scorse.
“Mai
le acque di questo ruscello avevano potuto vedere un essere di così perfetta
bellezza” disse in un sussurro
“Così
bella, e così perdutamente sola nell’abisso di domande…” e avvicinò una mano
all’immagine riflessa mentre con l’altra toccava il suo viso, ‘l’originale’
“sola
nell’abisso di domande senza alcuna risposta!” gridò mentre la mano che toccava
l’acqua, con un movimento forte e veloce, distruggeva la figura che vi era
riflessa.
Si
alzò di scatto, come dopo essersi svegliata da un incubo
“Sono
completamente pazza” si disse mentre la sua mano destra non aveva smesso di
toccare il viso.
Quindi
fece un lungo fischio e Feren giunse immediatamente dalla sua padrona. Salì
sulla groppa del fidato Feren che ripartì camminando lentamente.
“Sarà
meglio andare verso casa, ora” si disse.
Ma i
suoi buoni propositi non riuscirono a dare frutti. Il suo pensiero si perse
immediatamente in quel groviglio di domande che era la su mente.
Dov’era
stata?
“Sono
stata a Lòrien” si disse. A Lòrien a fare cosa? A vedere sua madre. A incontare
quell’orrendo segreto, che segreto doveva rimanere.
Il
ricordo di sua madre la riportava alla prima volta che si era trovata in quei
boschi. La Regina di Bosco Atro in effetti, aveva amato con tutte le sue forze
quei boschi, quell’incontaminato verde… Forse Leannel aveva preso anche questo
da sua madre… Fu così che il ricordo la sopraffece. Anni e anni prima , poco dopo
la nascita di Legolas, la Regina di BoscoAtro era stata sopraffatta dal Male, questo l’aveva portata a fare delle
cose orribili… Quella notte… Quella fresca notte di guigno…
Molti,
se non tutti credevano che quella stessa notte ella fosse morta… ma non era la
verità… ella si era allontanata dalla sua dimora e rifugiata da alcuni suoi
amici di vecchia data, a Lòrien. E a lungo nessuno seppe nulla, Leannel stessa
non conobbe la verità per molto tempo.
La
madre aveva scoperto qualcosa dentro di sé, in lei il male si agitava…
E
quando il male venne allo scoperto nessuno seppe trovare rimedio… e fu Leannel
stessa a pagarne le conseguenze… sulla sua pelle.
Quindi
i suoi amici di Lòrien ve la condussero, nel suo stato atroce. E nessuno aveva
saputo nulla. Finché Leannel non aveva scoperto tutto da sola.
Aveva
ritrovato sua madre in uno stato ben peggiore di quello in cui l’aveva
lasciata. Era divenuta vecchia, fragile e grigia,e nonostante tutto era sempre
bellissima; ma la cosa più orribile era che ella era ormai soggetta a notevoli
sbalzi d’umore, se così li si poteva chiamare;in alcuni momenti, nonostante il
suo contatto con la realtà fossa poco più che parziale, riusciva a parlare con
chi le stava intorno anche se da molto non era più consapevole dello scorrere
del tempo, né di quello degli eventi; ma il più delle volte oramai cadeva in
uno stato di profonda catalessi, dalla quale spesso non riusciva svegliarsi per
giorni.
Odiava
questo argomento. Non voleva pensare a questo ora. Sarebbe dovuto rimanere un segreto
tra lei, pochi dei fidati di Galadriel, Galadriel stessa e Miriel.
Chi
era Miriel?
Miriel
era una delle più alte collaboratrici di Galadriel, nonché una dama deliziosa.
Non
poteva far altro che ricordarla come bellissima, pura e fresca come ornai pochi
degli elfi sapevano ancora essere.
Ma
non poteva scappare… I suoi pensieri la sopraffecero di nuovo… Non poteva
sfuggirgli…La rivide. Immobile, con gli occhi spenti su un letto di seta
azzurra.
Non
provava odio, almeno si sforzava di non provarne; ma siccome provava solo pena,
e odiava la pena, era quasi inevitabile che disprezzasse quell’essere.
“Neppure
questo è bello da pensare” si disse.
Ma
ora la sua mente volle dargli un po’ di tregua. Le permise di pensare a Miriel
di Lòrien. Non poteva che esserle grata. Galadriel si fidava di lei al punto
che aveva deciso di affidarle la fragile e incostante vita della Regina di
Bosco Atro…
“
Sei una stupida! Pazza sciocca, imbecille!” gridò a sé stessa “Stai sbagliando
strada! Devi andare a Lòrien, da Miriel!!”
Quindi
costrinse il suo ronzino a girare il muso e portarla in fretta, cavalcando più
veloce che mai, a Lothlòrien, da Miriel. E Feren , per amor suo, si trasformò
da amabile ronzino di Rohan a velocissimo destriero del Mark.
Sedeva
sotto il portico da ormai quasi due ore. Attendeva la sua accompagnatrice,
nella noia (aveva sempre detestato chi arriva in ritardo), ma soprattutto con
trepidazione. Per prima cosa non vedeva l’ora di riabbracciare Leannel, in
secondo luogo erano anni che non si muoveva da Lòrien.
Leannel
correva veloce, come non aveva avuto occasione di fare da molto tempo.
Odiava
arrivare in ritardo. Odiava anche dimenticarsi le cose e distaccarsi
completamente dal mondo, ma a questo non poteva sfuggire.
Arrivò
finalmente. Solo quando ebbe il tempo di fermarsi riuscì a rendersi conto di
quanto terribile fosse il suo ritardo….
“Sei
imperdonabile” disse una voce dolce e melodiosa che aveva acquistato un tono
insolente, che veniva dal portico
“ Vi
chiedo di concedermi la grazia del vostro perdono, mia signora” rispose lei.
Questi
comportamenti mascolini mettevano inevitabilmente a disagio Miriel che rimase
in silenzio per qualche istante. Poi finalmente si sciolse in un calorosissimo
sorriso e, spalancando le braccia, disse
“Mia
cara Leannel, signora di Bosco Atro! Quanto tempo! Mi siete mancata!”
Leannel
rise e rispose all’abbraccio della sua vecchia amica.
Ma
la sua affermazione l’aveva lasciata piuttosto perplessa:
?
Quanto
tempo era passato effettivamente da quello che fino a poche ora prima aveva
creduto essere il suo presente?
Nonostante
la sua mente avesse già cominciato ad analizzare congetture sull’aspetto del
tempo, Leannel rimase assente sorridendo, ed i suoi occhi rimasero impenetrabili
allo sguardo della sua interlocutrice. Anche se forse ‘interlocutrice’ non è il
termine più adatto siccome era Miriel ad intraprendere alcuni discorsi,
mentreLeannel si limitava ad annuire,
persa nei suoi pensieri.
“Immancabilmente
persa nei suoi pensieri” sussurrò Miriel che non era affatto stolta né ingenua
e conosceva Leannel meglio di molti altri, se non di chiunque altro.
Leannel
decise che non sarebbe stato giusto continuare ad annuire sorridendo
all’infinito. Miriel non se lo meritava sicuramente.
“Smettete
di darmi del voi ed io ritroverò la strada che porta alla realtà, mia signora”
disse allora
“Come
hai fatto ad arrivare così in ritardo?” chiese allora Miriel
“Mi
sono persa” rispose Leannel
“Ti
accade fin troppo di frequente oramai, Leannel; dovresti stare più attenta”
“Cercherò
di seguire il tuo consiglio” rispose “anche se mi sembra che sia già troppo
tardi. Sali sul mio cavallo.”
“Non
ricordavo che Feren fosse così vecchio” disse Miriel cambiando completamente
discorso
“Ma
se lo avrai visto più o meno due settimane fa” rispose Leannel ansiosa di avere
le sue risposte
“Saranno
due anni che non lo vedo Leannel” rispose Miriel incredula
Silenzio.
Non che a Leannel interessasse quello che gli altri pensavano…
‘Quanto
sei maledettamente fuori dal mondo’ si disse
“Sappi
che se solo io glielo chiedessi egli diventerebbe il più potente e veloce
cavallo del Mark che tu non abbia mai visto”
“Non
accetteresti di doverlo cambiare ora, non è vero?”
“Forse
hai ragione Miriel, forse davvero mi affeziono troppo a questi animali. Rimane
il fatto che continuerò a portare questo animale finché i suoi zoccoli non
saranno completamente consumati”
“Li
ami davvero troppo ” rispose Miriel mentre tentava in vano di trovare una
posizione decente sul cavallo di Leannel “finiranno per farti più male che
bene”
“Se
fosse solo per quel poco di bene che vivo?”
Miriel
sorrise. Quel sorriso era così dolce da rincuorare anche il più malato dei
cuori. Leannel rispose sorridendo a sua volta. Accorgendosi della difficoltà
della compagna scese da cavallo e la aiutò ad accomodarsi sul suo destriero.
Risalì
sul cavallo, sussurrò qualche veloce parola in elfico all’orecchio dell’animale
e cominciarono a galoppare lentamente.
“A
questa velocità non arriveremo mai” disse Miriel
“Aspetterò
che tu dorma, sarà allora che andremo veloci” rispose Miriel
“Che
io mi addormenti? Per quale motivo?”
“Non
sopporteresti la velocità”
“Non
penso che riuscirò a dormire cavalcando” disse allora Miriel, piuttosto
imbronciata
“Tutti
dormono sul mio vecchio Feren” rispose Leannel
“E
tu non dormirai sta notte?”
“Io
non dormo da molte notti ormai” Miriel si rese conto di aver detto una cosa
completamente fuori luogo. La ricordava bene, Leannel, alta e bellissima,
illuminata dalla luna piena, in una calda notte d’estate, immobile e severa
mentre guardava un letto, al suo interno una figura immobile. Veli azzurri la
ricoprivano. E nello sguardo di Leannel tristezza ancora più profonda del
solito.
Rimase
qualche istante in silenzio, ma c’era qualcosa che le prudeva in fondo alla
gola, una domanda impellente quanto inappropriata. Cercò di frenarsi, ma invano
“Come
riesci ad odiarla così tanto?” disse in un sussurro
Leannel
non si offese. Non rientrava nel suo carattere ed inoltre non sarebbe stata
capace di offendersi con Miriel. Lei non aveva vissuto abbastanza per capire…
“Non
si può odiare qualcosa che non parla, qualcosa che non si muove…” rispose
Leannel
“Temi
di diventare come lei…”
“la
temo… Nel limite. Ma la paura è fatta per essere soppressa”
“Solo
se se ne ha la forza” rispose Miriel “e tu sei sicura di averne?”
Ma
Leannel non diede peso alle sue parole e disse
“Può
anche essere, sta agli altri giudicarmi”
Miriel
rimase qualche istante in silenzio, Leannel l’aveva distrutta sia con le parole
che con lo sguardo.
‘Smettila
di mettere il dito nella piaga’ si disse
“Allora
dove siamo dirette? Qual è la nostra destinazione?”
Cambiò
discorso velocemente, cercando di alleggerire l’atmosfera
“C’è
una festa a casa mia” rispose “mio padre ha deciso di darmi una grossa carica
militare o qualcosa del genere”
“Dovresti
esserne felice… Non era quello che cercavi”
“Lo
sono” rispose anche se nelle sua parole non era neppure un’ombra di felicità
“Le
reazioni non sono il tuo forte” rispose Miriel sorridendo
“Le
ho abbandonate molto tempo fa” Miriel comprese che Leannel non aveva alcuna
voglia di fare della conversazione. Aveva detto un’altra cosa completamente
fuori luogo.
“Io
cosa c’entro a questa festa?” chiese
“Devo
farti incontrare una persona” rispose; ora sorrideva, e Miriel capì che era
riuscita a trovare un argomento che Leannel era in condizione di affrontare.
“Una
persona? Cosa intendi fare?”
“Hai
mai sentito parlare del principe Legolas?”
“Vuoi
farmi conoscere tuo fratello? Il principe di Bosco Atro? Colui le quali frecce
volano più veloci del vento in burrasca?”
“Stiamo
parlando della stessa persona”
“Non
merito uno del calibro di tuo fratello”
“Mio
fratello? Non ha alcun calibro” rispose dolcemente e ora la sua voce era
melodiosa come pochi canti che Miriel non avesse mai ascoltato
“Ma
ora dormi Miriel” e a queste sue parole le giovane donna elfo si coricò sulle
spalle di Leannel e si addormentò, come cullata dalle sue parole.
“Sia
io che lui abbiamo bisogno di te; perché il suo cuore non diventi marcio” disse
Leannel, ma ormai parlava al nulla.
Come
aveva promesso Leannel, cavalcò più veloce che mai, mentre Miriel dormiva.
In
due o tre ore riuscirono ad arrivare a destinazione. Miriel si svegliò poco
prima del loro arrivo.
C’è
da dire che Leannel non amava particolarmente la vita di corte.
Quando
arrivò si ritrovò immediatamente circondata da una ventina di servitori, senza
neppure il tempo di scendere da cavallo, che lanciò il suo mantello, umidiccio
e sporco, su un paio di questi, smontò velocemente da cavallo e si ritirò nelle
sue stanze.
Miriel,
ancora intontita dalla dormita che si era fatta, si ritrovò improvvisamente
sommersa da decine di sconosciuti.
Quando
si rese conto di quello che stava accadendoriuscì solamente a dire:
“Dove
è andata dama Leannel?”
Leannel
tirò fuori dalla tasca destra dei pantaloni la chiave della sua stanza; corse
più veloce che poteva e finalmente con un po’ di sollievo arrivò dinnanzi
all’enorme porta in legno d’ebano che ne segnava l’ingresso.
Adorava
la sua stanza. Era divisa in due grosse parti, la stanza da letto in se per se
eun adorabile ed enorme terrazzo. Dava
sulla parte più bella del bosco, la cascata, alla quale si poteva arrivare
attraverso una piccola scala di marmo.
La
stanza stessa era divisa in due parti. Nella prima si trovavano il suo enorme,
bellissimo letto a baldacchino, il suo armadio e la scrivania in legno di
quercia
Nella
seconda c’era quello cheamava di più,
a parte Legolas, la battaglia ed i cavalli: c’era la sua biblioteca.
La
biblioteca personaledella principessa
di Bosco atro; anche quella in legno di quercia, era la più ampia e completa di
tutto il reame boscoso.
A parte lei stessa,a pochissimi altri era concesso di andare a leggere quei libri,
come a pochissimi era concesso di disturbarla in un momento qualsiasi della
giornata; il tutto per ordine di sire Thranduil, sire di bosco atro.
Ora
Leannel era lì, ferma, immobile davanti al suo piccolo regno.
Quando
arrivò il momento di dover girare la chiave, Leannel si accorse che la porta
era fatalmente aperta.
Spinse
piano la porta e, con l’aria di chi sa già chi troverà dinnanzi a sé, disse:
“Mio
padre vi punirà messere”
“Nostro
padre” rispose l’altro con tono ugualmente impertinente “permette che io legga
i vostri libri molte più volte di quando non crediate”
Leannel
rise, guardando negli occhi suo fratello
“Caro
fratello!” disse, quindi lo abbracciò. Quando i due si furono lasciati Legolas
le disse
“Sei
stata fuori ben più a lungo del tempo che ti ci sarebbe voluto”
“Non
ti sarai mica preoccupato? So cavarmela da sola”
“So
che te la sai cavare da sola, ma sai che non è questo che tutti temono”
Lei
sorrise di nuovo, osservandolo.
Era
indubbiamente l’elfo più bello che non avesse mai visto.
Ma a
parte questo, a parte la perfezione del suo viso ed il suo portamento regale,
c’era una forza nei suoi occhi verdi, una luce di speranza, che in qualche modo
invidiava.
Legolas
aveva in mano un libro con le erbe curatrici di bosco atro, che non era decisamente
il suo genere.
“Un’interessantissima
lettura” disse lei sarcastica
“Vero?”
rispose lui fingendo “no, è per qualcuno giù a corte”
“Fai
il fattorino o è una ragazza?”
“E
se anche fosse”
“Quindi
non solo fai la corte a metà palazzo, ma lo fai con la mia roba”
“Quando
il gatto non c’è i topi ballano”
“Si
ma quando torna se li mangia tutti”
“Come
sei sadica”
“Profondamente”rispose
Leannel.
Quando
venne attraversata da un barlume di consapevolezza. Miriel.
“Senti
fratello, lascia il mio libro; ho portato con me una giovane donna Elfo…”
“Sì
ne ho sentito parlare, dicono che ti stia cercando in lungo e in largo”
“Tu
non l’hai vista?”
“No
perché?”
“Vedi
è un piccolo regalo al mio fratellino…”
“Strumentalizzi
anche i tuoi pochi cari amici?” rispose lui “Ma domani è la tua festa Lea, non
sarebbe giusto che tu dessi un regalo a me”
Leannel
non rispose, ma trasse un profondo sospiro e sorrise; si voltò verso la sua
amata terrazza, allargò le braccia al paesaggio e disse:
“Fa
di non vederla mai sino a domani”
Legolas
comprese che in quel momento avrebbe dovuto lasciare sua sorella da sola.
Quindi,
uscì silenziosamente; mentre Leannel continuava a sorridere.
“Chi
me l’ha fatto fare di venire qui” si disse Miriel, che ormai aveva perso la
speranza di riuscire a trovare Leannel.
Nello
specifico, si trovava sola, in un enorme castello che non aveva mai visto, alla
ricerca di una principessa che a nessuno era dato disturbare.
Finalmente
riuscì a farsi notare da un tipo della servitù dove si potesse trovare la
principessa. Ma egli rispose che Leannel si sarebbe potuta trovare solo nelle
sue stanze e che nessuno aveva le chiavi per entrarvi, se non la principessa
stessa e pochissimi altri. Le riferì infine che se avesse voluto trovare una
soluzione avrebbe dovuto parlare col re di Bosco Atro in persona. E Miriel che
non era tipo da perdersi d’animo disse:
“E
sia, portatemi dal vostro signore”
L’elfo
della servitù rimase piuttosto incerto dal comportamento della giovane donna
Elfo, ma decise che, siccome era molto bella, l’avrebbe accompagnata ovunque
ella avesse domandato.
Venne
condotta attraverso lunghi corridoi, intravedendo squarci di un paesaggio
meraviglioso.
Quando
arrivò dal re in persona egli era seduto su un grande trono in legno scuro e
seta bianca.
Era
bello, ma segnato dal tempo, una bellezza scalfita e levigata dalle ere
vissute.
Ma
Miriel non diede troppo tempo alle osservazioni. Accennò un inchino, aprì la
bocca e disse
“Sono
ore che cerco vostra figlia.Ella mi ha condotto sin qui dalla casa di
Galadriel, a Lòrien. Arrivammo poco tempo fa ella scappò, ed io persi ogni sua
traccia”
“Voi
sareste Miriel di Lothlòrien” disse il re con la sua voce antica e limpida “mi
era stato annunciato il vostro arrivo”
Miriel
annuì sollevata
“Vi
prego di scusarla per la sua scortesia. Ora, ella si troverà sicuramente nelle
sue stanze.
Munite
questa fanciulla di una chiave e accompagnatela” gli ordini del re furono
eseguiti puntualmente. Miriel non era abituata a questo genere di servizio,
così pulito e impeccabile.
In
pochi minuti si ritrovò davanti a questa enorme porta in legno d’Ebano.
Bussò
piano; poi si rese conto che Leannel in quel momento si sarebbe potuta trovare
in uno dei lati più remoti del suo cervello e comprese che non sarebbe riuscita
a distoglierla. Girò la chiave ed aprì la porta con forza.
La bellezza di quella stanza la travolse. Legno di
quercia e seta blu ne erano gli elementi principali.
Si guardò intorno, alla sua destraun grande letto di quercia e l’armadio
intagliato.
Alla sua sinistra c’era una biblioteca straboccante di
libri scritti in Elfico e in Lingua corrente.
Ne rimase talmente colpita che le ci volle qualche
istante ad accorgersi che era sola in quella stanza. Si guardò intorno e non
vide nessuno. Quindi si affacciò alla terrazza e finalmente La vide, illuminata
dal tramonto.
Legolas se ne era andato lasciandola sola, in
contemplazione. Osservava il bosco dalle finestre che davano sulla terrazza.
Non riusciva ricordare quanto potesse essere
meraviglioso.
I ricordi si affollarono nella sua mente, ricordi di un
passato lontano, ricordi di un’innocenza perduta, ricordi di antiche primavere
passate ad arrampicarsi su alberi che ora non c’erano più o che erano enormi.
Ma ora era autunno e le foglie cadevano. E mentre sul
mondo cadeva la sera, Leannel sedeva sull’alta ringhiera bianca del suo
terrazzo di marmo.
In quel momento Miriel la trovò e il suo cuore si sentì
notevolmente sollevato.
“Credevo di averti perduta” disse sospirando
“E’ la seconda volta che ti chiedo scusa in un giorno”
rispose
“Più volte a me in un solo giorno che a molti altri che
lo meritavano”
“E’ meraviglioso” la interruppe Leannel “essere a casa”
Capitolo 4 *** I preparativi per una grossa festa ***
-Parte Prima-
-Parte Prima-
Capitolo IV _I Preparativi Per Una Grossa Festa_
Leannel non lo sapeva, ma credeva per certo, che
suo padre avrebbe organizzato qualcosa anche per il suo ritorno a casa.
Durante la giornata successiva si sarebbe svolta una
festa in grande stile, che si sarebbe svolta durante tutta la giornata e che
avrebbe avuto come sua unica protagonista proprio lei.
E siccome se ne prospettava l’opportunità suo padre
avrebbe indetto una serie di balli in suo onore anche quella sera.
Una giovane donna Elfo, infatti, entrò nella sua stanza e
con aria servile disse:
“Questi sono ordini di vostro padre” e srotolando una
piccola pergamena continuò “Egli ordina che questa sera venga organizzato un
grande banchetto in onore di Leannel di Bosco Atro come preludio ai
festeggiamenti di domani. Egli vi invia inoltre un abito confezionatovi da
alcuni vecchi amici di Gran Burrone che indosserete questa sera stessa. Per quanto
riguarda l’abito per domani…” ma la donna fu interrotta
“Ti ringrazio Ilrae, ma posso immaginare il seguito. Di a
mio padre che sono sinceramente contenta di questa sua idea e che la mia
compagna verrà e siederà accanto a me” l’elfa di nome Ilrae sorrise ed uscì
frettolosamente dalla sua stanza.
C’è da dire che le occasioni come quella che si andava a
prospettare per la serata erano una delle cose che Leannel odiava di più in
assoluto.
Detestava tutta quella gente riunita lì. Ma per cosa? A
loro non interessava della sua promozione né tanto meno a lei. Leannel era un
grande guerriero, e amava la guerra e quel grado non avrebbe cambiato molto la
sua condizione di cavaliere errante.
Un altro fatto era la bassa considerazione nella quale
era tenuta per quanto riguardava le operazioni di rilievo.
Legolas era il favorito in queste, perché era un uomo e
soprattutto perché era convenzionale, al contrario di Leannel. Ma questo
Thranduil non lo aveva mai capito. Non che egli non le volesse bene, l’amava
con tutto se stesso e aveva fatto qualunque cosa per renderla felice; ma
nonostante tutti i suoi sforzi egli non riusciva a capire.
Per il Re di Bosco Atro sua figlia era indecifrabile e
ormai non si sforzava più di tanto.
Leannel dovette
ringraziare anche questo per il fatto di essere riuscita ad abbracciare sia la
solitudine che i lunghi pellegrinaggi (preferiva di gran lunga unpadre assente a uno petulante), egli,
infatti, acconsentiva ad ogni sua richiesta, salvo che queste la includessero
in grandi battaglie o in affari politici; e Leannel che era una persona che sa
adattarsi, si era accontentata.
L’amore che Thranduil provava nei confronti di sua figlia
era così profondo e illimitato da potersi considerare addirittura perverso.
L’adorava in ogni sua linea, l’amava e cercava di far
percepire a chiunque il suo immenso amore.
Egli trovava la sua bellezza, così profonda e forte, il
più grande dei doni e ne aveva fatto il più prezioso dei suoi gingilli elfici.
Così anche quella volta, assieme ad una grande festa era
arrivato un grande vestito.
Non li detestava, li odiava.
Odiava quelle ore perse davanti allo specchio, odiava i
merletti elfici che le davano il prurito, odiava tutto quell’altezzosissimo
niente che si celava dietro a quegli odiosi abiti.
“Il vestito che metterò io sembrerà uno straccio a
confronto di quello di tuo padre”
Si avvicinò alla piccola cassa di legno che doveva
racchiudere il vestito della sua compagna; la aprì e al suo interno, una rete.
Miriel cercò di guardare attraverso cercando di scorgere il motivo della stoffa
“Posso aprirlo?” Leannel annuì in silenzio, Miriel si
rese conto che il suo sguardo si era perso in uno dei più nascosti meandri
della sua testa
“Valar!” esclamò sussultando mentre alzava l’abito per le
spalle, col pollice e l’indice di ogni mano “è semplicemente meraviglioso!” ma
si rese conto che Leannel non l’ascoltava
“Leannel!” finalmente si accorse di lei e si voltò di
scatto “sarai bellissima questa sera” Leannel si sfiorò la fronte con la mano
“Se vorrai il mio aiuto, sta sera nessuno avrà problemi a
metterti a confronto con La stella del Vespro o con Galadriel” disse Miriel
Leannel sorrise ed annuì dolcemente, se non altro, per
farle piacere.
Così le si affidò completamente.
Fece tutto quello che odiava di più, si lavò, si vestì,
si truccò. E in quel momento Miriel poté sinceramente complimentarsi con se
stessa; in quell’istante seppe di aver raggiunto il suo scopo. Perché la
bellezza di Leannel era sconvolgente, abbagliante, scintillante.
Aveva deciso di non toglierle i capelli dal viso per non
infierire sull’indiscusso fascino ribelle e selvaggio della principessa..I
lunghi capelli castani cadevano sulle spalle, strette intorno alle alte ali del
collo dell’abito.
Il vestito era principalmente di un blu molto profondo,
con alcuni ricami dorati. Il colore di quei ricami rendeva il blu grigiastro
degli occhi di Leannel ancora più arido e triste.
“Gli occhi più belli che abbiano mai guardato la Terra di
Mezzo” disse Mriel sussurrando, mentre osservava il suo capolavoro.
Era stata talmente presa dal suo ‘lavoro’ da essersi
totalmente dimenticata di se stessa.. Sisbatté la mano sulla fronte e disse
“Scusatemi, mia signora, ma credo sia arrivato il mio
turno”
Leannel chiamò un paio di serve e la fece accompagnare
alle sua stanze, lasciando così Leannel, sola e sperduta nell’abisso dei suoi
pensieri, FINALMENTE SOLA. FINALMENTE. Neppure lei sapeva quando fosse nato il
suo immenso amore per la solitudine. Amava suo fratello, amava Miriel, ma
preferiva profondamente il restare sola nella sua stanza. Cadde all’indietro
sul suo bel letto blu e chiuse gli occhi abbandonandosi all’abisso del riposo.
Ma non vi riuscì a lungo.
Improvvisamente, sentì che il suo cuore cadeva, scivolandole
dal petto, precipitando senza fine… Si alzò a sedere di scatto, stava cadendo
nell’ombra.
Ricordi… Una stanza buia; no, non buia, una donna teneva
in mano una candela, la cera le scivolava sulle mani ma sembrava non
importarsene. Una dama bellissima vestita di bianco, aveva lunghi capelli
ricci, marroni, che le incorniciavano il viso. Quel viso aveva il sapore
cangiante e sfuggevole del vento, equello forte e incostante dell’acqua. Ma non era Leannel. I suoi occhi
erano tristi ed eleganti… Ma ora vi regnava il caos.
Quella donna tremava… Ma perché? Era giugno. Cosa
illuminava quella luce? Chi illuminava? Una giovane donna elfo. Questa seconda
figura se ne stava rannicchiata in un angolo della stanza. Anche lei tremava.
Nel suo cuore, nei suoi occhi, nella sua stessa incredibile bellezza vi era
terrore. Ogni tanto una lacrima cadeva dai suoi occhi, occhi uguali a quelli di
sua madre.
disse la giovane, la
sua voce era impegnata di quello stesso terrore
rispose l’altra e nella sua
voce era leggibile una profonda irrequietezza. Dall’esterno della stanza si
sentivano grida, donne che piangevano e scongiuri
disse la donna
gridò prima ridendo e poi lentamente accasciandosi
a terra, piangendo.
disse
alla figura seduta a terra la giovane Leannel fece cenno di no con la testa mentremugolava e si mordicchiava il labbro
inferiore
Silenzio.
Rifletti… cos’è la felicità? Chi è felice? Chi è
realizzato? Chi ha quelloche vuole?
Spesso chi ha tutto sta peggio di chi non ha niente! E chi non ha nulla? Come
si può definire felice? Una via di mezzo? Ma come può chi raggiunge
l’equilibrio sentirsi realizzato?
E’ un vortice Leannel. I più riescono a sopravvivere ma
noi no. Noi non siamo come loro. Noi siamo deboli Leannel !> la dama gridò e
cominciò a piangere.
Si tolse le scarpe di seta elfica, poi le ricche vesti,
rimanendo con una sottoveste bianca ,e le lasciò cadere su un letto; si
avvicinò alla giovane Leannel e ,sempre piangendo, sorrise. Prese una delle sue
mani e disse
poi si era rialzata; ora la
cera colava sulle sue fredde mani sudaticce ma lei non voleva, non poteva,
distogliere lo sguardo da sua madre.
Quella si avvicinò al balcone della finestra, salì coi
piedi gelidi sul suo frontespizio di marmo e guardò sua figlia
sussurrò mentre spiccava il volo… Leannel si alzò ma sua madre ormai
volava nel buio. Un lungo silenzio e poi un tonfo. E le acque si ruppero sotto
il peso della regina.
“Noooooo!!!” gridò Leannel. Era tornata alla realtà.
Improvvisamente si ritrovò a terra perduta tra le pieghe del suo vestito blu.
Era seduta e piangeva e davanti a lei era il suo specchio. Si guardò per un
istante, toccò la guancia destra, prese una lacrima e se la portò alle labbra.
Si aggrappò alla sua bella scrivania di quercia per
alzarsi ma il suo sguardo era ancora fisso sulla sua immagine e un vaso di
vetro cadde e si ruppe in frantumi. Anche lei si trovò di nuovo al suolo.
A terra, acqua, fiori, ma soprattutto vetro . Centinaia
di frammenti di vetro tagliente. Sempre fissando la sua immagine riflessa,
allungò una mano alla ricerca di uno di essi. Lo trovò e lo afferrò con forza.
Un solco rosso si aprì sul palmo della sua mano destra , ma era fissa sullo
specchio e il suo viso era umido e severo .
Con la mano ancora sanguinante si portò il pezzo di vetro
al polso.
Più vicino, più
vicino, così vicino che quasi lo toccava.
Ma poi guardandosi nello specchi rivide quello stesso
viso, lo stesso di tanti anni prima.
“Non è ancora il momento. Non sono ancora così debole.
Smettila di compiangerti!” disse, quindi lanciò a terra il pezzo di vetro e si
alzò lentamente. Rimase per qualche secondo in silenzio, poi guardò fuori dalla
finestra
“E’ maledettamente tardi”si disse uscendo frettolosamente dalla stanza.
Leannel giunse correndo alle aule che erano state
adibite a contenere i festeggiamenti e le trovò già colme di persone, di visi
in gran parte sconosciuti; non trovò comunque, l’unico volto che stava
cercando. Allora sempre correndo si diresse verso le stanze che erano state
donate alla giovane Miriel e dalle quali ella non si sarebbe mossa fino alla
fine dei suoi giorni.
Vi giunse in fretta, non curante dei saluti e dei cenni
dei suoi ospiti.
Non le importava particolarmente di quella festa ma si
sforzò di non darlo vedere.
Giunse davanti alla porta in legno di betulla che dava
sulla stanza di Miriel.
“Sei in ritardo” le disse in modo solenne.
Miriel che era ancora tutta intenta a truccarsi e
profumarsi, sorrise, poi si accorse che Leannel non scherzava e divenne di un
rosso violaceo e disse
“Scusatemi!” si sistemò di corsa l’ultima treccia dietro
l’orecchio sinistro e uscirono di corsa dalla stanza.
Leannel l’aveva trovata molto bella. Era dolce e
rassicurante, stretta in un bell’abito tra il verde e il giallo.
Leannel non le rispose ma prese la sua mano e la portò
velocemente dove si sarebbe svolta la serata.
Miriel non sapeva nulla ma nel cervello di Leannel era
già delineato ogni suo movimento durante quella serata.
Già il corso degli eventi progettati da Leannel era
cambiato una volta, tutto avrebbe dovuto svolgersi la giornata successiva, e
lei non avrebbe permesso che questo accadesse di nuovo.
C’era una parte malvagia dell’anima di Leannel che
adorava essere manipolatrice.
Forse era un’abitudine che aveva acquisito quando iniziò
a frequentare il Grigio.
Calcolava ogni millimetro, ogni secondo, ogni parola, di
chiunque se solo ne aveva voglia.
Sarebbe inutile e noioso narrare tutto quello che accadde
in quella sera, quindi passeremo direttamente a quello che toccò da vicino la nostra
protagonista.
Un paio d’ore dopo infatti accadde quello che lei aveva a
lungo atteso. Accadde che il principe Legolas incontrò Miriel.
Miriel stava ballando o mangiando con qualcuno in quel
momento e siccome legolas era stranamente solo Leannel gli si avvicinò.
“Ciao fratello”
“Ciao Lea. Questa festa è più noiosa del previsto”
“Ma se è arrivato il momento di aprire i regali”
“hai dormito troppo poco. Farfugli parole senza senso”
“Ricordi che ieri ti ho parlato di un dono? Si chiama
Miriel di Lòrien. E’ molto diversa da me. Penso che ti piacerà”
Dopo che i due si furono incontrati Leannel smise di
seguirli. Pochi giorni dopo i due erano innamorati fino alla punta dei capelli.
E Leannel si rese conto che questo la rendeva più felice
dei cavalli, della solitudine, della battaglia o della morte stessa.
Gli anni passarono. E accadde un giorno cheil re avesse bisogno di un condottiero da
mandare all’avanscoperta ai limiti estremi di Bosco Atro.
E che ironia della sorte tra i suoi due figli egli
scegliesse di mandare il giovane capo delle schiere militari, il principe
Legolas, anziché sua sorella, Leannel , capo delle guardie reali.
Leannel detestava questo genere di vigliaccheria da parte
di duo padre. E rimase profondamente ferita. E siccome si da il caso che
proprio nei momenti di maggiore tristezza alla sua mente riaffiorassero i
ricordi più tristi, ella divenne ancora più solitaria e malinconica del solito.
Sua madre era ormai un’eco fissa nella sua testa.
‘Che cos’è la felicità?’ ma lei non sapeva dare una
risposta.
Legolas era in pericolo perenne e lei era lì senza poter
fare niente. Lui rischiava la vita e non lo meritava.
Nei suoi periodi di malinconia Leannel aveva allontanato
da se stessa ogni tipo di amicizia.
Non era una persona particolarmente egocentrica ma era
sicura che nessuno potesse comprendere il suo dolore. E forse aveva ragione.
Legolas tornò dalla sua missione ed egli era
particolarmente sporco e stanco. Aveva distrutto fino all’ultimo orco che
assediava Bosco Atro sulla sponda orientale.
Era sempre alto e bellissimo ma le sue vesti erano logore
e sanguinose. Giunse presso la dimora di suo padre, sire Thranduil e gettò ai
suoi piedi la testa di un grosso orco. Molti furono i festeggiamenti indetti
quella sera in onore dell’eroico principe di Bosco Atro.
Ma in realtà erano solo tre le cose che il principe
desiderava vedere.
In primo luogo voleva vedere la sua amatissima Miriel.
Quei due o tre giorni di assenza gli erano parsi lunghi come due o tre vite
degli uomini.
In secondo luogo, voleva vedere la sua vecchia cara
Leannel che gli era mancata quasi come la sua amata Miriel. Ma sentiva in fondo
al cuore che lui stesso avrebbe dovuto provvedere ad esaudire questo duo
desiderio, perché Leannel non sarebbe certo giunta ad accoglierlo.
Il suo terzo desiderio era quello di avere un po’ di
riposo, anche se sapeva che questo sarebbe stato sacrificato per provvedere
agli altri due.
Chiese presto a suo padre di ritirarsi nelle sue stanze.
Il re acconsentì malavoglia perché riteneva che il figlio dovesse essere
circondato da alti onori.
Quando arrivò in camera sua vide finalmente realizzarsi
davanti ai suoi occhi il primo dei tre desideri. Era in piedi dinnanzi a lui
l‘immagine stessa della bellezza e della dolcezza.
“Caro Legolas!” disse lei mentre gli gettava le braccia
al collo e cominciava a baciarlo
“Quale più calorosa accoglienza?” rispose l’elfo, che i
quei momenti era certo che fossero poche le persone felici come lui in tutta la
Terra di Mezzo.
La prese in collo mentre cominciava a baciarla anche lui,
poi la posò sul suo enorme letto dalle stoffe color verde acqua e la baciò e
sprigionò tutto il suo amore.
Fu solo pochi minuti dopo che gli venne in mente il suo
secondo desiderio. Leannel.
Fu assalito dalla voglia di rivederla.
Una paura viscerale si impadronì di ogni parte del suo
corpo ed in pochi istanti divenne freddo e distante. Miriel, che sapeva leggere
nei pensieri dell’uomo che amava come nei suoi gli disse
“Leannel non ha fatto cose stupide. Non gliel’ho
permesso. E’ rimasta sola tutto il tempo ma non ha fatto pazzie. E’ giù alla
cascata, su qualche albero penso. Va a trovarla, avrà bisogno di te.” Legolas
rimaneva spesso colpito dalla saggezza della sua donna.
A volte pensava che fosse anche più saggia di Leannel
stessa. Ma il terrore di quello che in quell’istante, poteva star anche solo
pensando Leannel, lo sconvolgeva.
“Ti ringrazio” disse “profondamente” ;si cambiò i vestiti
e corse giù alla cascata a cercare Leannel.
Le previsioni di Miriel si rivelarono del tutto
azzeccate. Leannelinfatti, era seduta
tra i rami concavi di un salice che si sporgeva verso la cascata. In quel
momento, nemmeno Legolas avrebbe saputo spiegarne la bellezza.
Pareva infatti che ella non mangiasse nulla da giorni
interi ed il suo sguardo era più perso nel vuoto che mai. Eppure era sempre più
bella.
Aveva una voglia incredibile di piangere ma non o avrebbe
fatto non avrebbe mai pianto davanti a sua sorella.
Comunque fosse, pieno di rabbia e di dolore, ma anche di
una profondissima tenerezza, Legolas la guardò in silenzio per qualche minuto.
Leannel era consapevole di dove lui di trovasse ma non
mosse un dito.
“Cosa ci fai qui?” chiese Legolas anche se pareva già
sapere che non ci sarebbe stata alcuna risposta
“Cos’è la felicità Legolas?” chiese Leannel in un
sussurro
“Troppe volte ti sei posta questa domanda. Non ti accadrà
nulla, non sei come lei” Legolas si accorse di aver perso il controllo della
sua lingua.
“Perdonami Legolas. Com’è andato il viaggio? Per ogni
istante ho temuto per la tua vita”
“Tu mi sottovaluti. Me la sono cavata. I tuoi uomini mi
hanno aiutato molto. Ma ora sono qui, questo è l’importante” ma si accorse che
Leannel non ascoltava le sue parole
“Lea, cosa è successo” ma Leannel rispose di nuovo con
un’alta domanda
“Guardalo. Lo vedi? Vedi com’è bello quest’albero? Non
pensi che sarebbe tutto più semplice, Legolas, se noi stessi fossimo alberi? O
cavalli?”
“Devo ribattere, sorella mia”rispose l’elfo “nulla
sarebbe migliore o diverso se noi fossimo cavalli”
“Come fai a dire questo? Come riesci ad essere sommerso
dalle tue emozioni? Insegnami.”
“Le emozioni non c’entrano. Se io fossi un albero, un
cavallo; ecco se io fossi uno di questi, non mi sarebbe concesso di amare
Miriel” quindi l’elfo rise e guardò dolcemente la sorella maggiore che alle sue
parole pareva essersi risvegliata da un lungo sonno.
Legolas, continuando a ridere tra se e se, si voltò e se
n’andò ritornando da Miriel.
Quando finalmente rimase nuovamente sola, Leannel
comprese che era riuscita a portare a termine parte della sua missione.
“Il suo cuore non è più marcio” si disse sorridendo.
Ma in quel momento un nuovo dubbio era giunto per
assalire la sua mente stanca.
Lo so che magari è inutile ma volevo dirvi GRAZIE x
essere riusciti ad arrivare a leggere fino a qui!!! Se l’avrete trovata un po’
pallosa ora dovrebbe esserci più azione…
Qui lei incontrerà tante nuove persone tra le quali una
moto importante…Inoltre riuscirà ad
affrontare una missione per cui sarà ricordata nel tempo..
Penso che sia già stato messo in chiaro che Leannel ha
dei seri problemi mentali.. senza scherzi… non fate a casa quello che fa lei,
tipo avvicinarsi pezzi di vetro ai polsi o robaccia del genere che la mia mente
contorta crea.
Ah in secondo luogo ho deciso di inoltrare una sfida a
tutti voi. Nella storia ho fuso delle traduzioni di canzoni di alcuni dei miei
gruppi preferiti. Vi sfido a riconoscere canzoni e autori. In qualche caso ho
dovuto cambiare qualche parola perché non si adattava al contesto.
Ne ho inventate qualcuna anch’io, arriveranno! Spero che
le mie creazioni musicali cantate da Leannel vi piacciano. Se trovate i
legittimi autori mandatemi una e-mail o un messaggino su sito. Ma è meglio la
prima xkè non so come risp a quelli sul sito.
Grazie a l’innominato che se l’è presa con tutti tranne
che con me.
Vostra
Zoozy
Dedicata
a tutti quelli che come me vorrebbero stare in un altro posto.
E a
tutti quelli che credono di essere tristi o diversi, che sentano in Leannel il
vero dolore, che in realtà nessuna delle nostre stupide insufficienze può
eguagliare.
With
love.
-Parte Seconda-
Capitolo I _Una Vecchia Conoscenza_
Gli anni erano passati, molti anni erano passati,
molte vite di uomo (e sopratutto di cavallo).
Nonostante Leannel fosse rimasta sempre la solita noiosa,
malinconica, pessimista Leannel, la felicità immensa di suo fratello e di
Miriel aveva reso molto meno dannato il suo cuore.
Anche se a volte sperava che gli incubi l’avessero
abbandonata, c’erano alcuni momenti in cui, sola nella sua solitudine si
rendeva conto di non far altro che mentire a se stessa; sapeva che un grande
male aleggiava intorno a lei, sentiva che non avrebbe potuto respingerlo da se
stessa. Non da sola.
E poi c’era quella domanda, quella nuova domanda, che non
smetteva di assillarla ‘Cos’è l’amore?’ Che fosse quello che dava la felicità?
Il suo cuore aveva mai amato?
Ma la risposta era sempre la stessa. Un freddo e secco
no.
E niente in quei momenti l’avrebbe allontanata dalla sua
immensa malinconia.
Ma era forte infondo, e dopo il giorno della sua festa
poche volte arrivò vicina alla fine.
Era un pomeriggio qualsiasi, di un anno qualsiasi, di un
giorno qualsiasi della Terra di Mezzo.
Quando un vecchio uomo, con barba folta e grigia, vestiva
dello stesso colore, i suoi occhi erano azzurri come il cielo ed erano felici
ed empi di una gioia che non si addiceva al suo viso.
Gli stracci grigi che portava erano logori per il tempo e
per le intemperie.
Quando scese dal suo bel cavallo elfico, si avviò con
passo sicuro e svelto alle alte stanze reali del Re di Bosco Atro
“Annunciate al vostro sire la venuta di Gandalf il
grigio” i servitori del re gli annunciarono la sua venuta ed, in pochi secondi,
la grande porta d’argento del palazzo si aprì permettendo al vecchio Gandalf di
entrare
“Thranduil di Bosco Atro!” disse Gandalf sorridendo.
Anche il vecchio re sorrise e disse
“Gandalf il grigio! Qual buon vento?”
“A dire il vero il mio unico obbiettivo è quello di
rubarti per qualche giorno tua figlia, Leannel”
“Sai che non permetto che mia figlia lasci queste terre
se non da sola”
“Non corre alcun rischio. La principessa Arwen di Gran
Burrone ha chiesto di vederla.” Al nome di Arwen il viso di Thranduil tornò luminoso
e felice, poiché teneva in altissima considerazione sia Elrond che tutta la sua
stirpe.
A lungo i due parlarono , ma alla fine, com’era
prevedibile, Gandalf l’ebbe vinta e gli venne riferito dove in quel momento si
trovasse Leannel.
Uscì dal grande palazzo e un sorriso malizioso si disegnò
sul suo viso.
Entrò nella stanza di Leannel e, passando attraverso la
terrazza e per le scalette.
Giunse infine alla cascata, ma in un primo momento non
riuscì a vederla
“Dove si trova la principessa?” chiese al niente
,ridendo. Leannel stava pensando, e venne svegliata bruscamente.
“Gandalf il grigio! Sono anni che non ho il piacere di
incontrarti!”
“Sempre più bella..” disse lo stregone
“Ti ringrazio” riprese lei “ma qual è il motivo della tua
venuta?”
“Dev’esserci un motivo per incontrare la mia amata
principessa di Bosco Atro?”
“Sei tu Gandalf, c’è sempre un motivo!”
“Te lo dirò solo quando ce ne saremo andati”
“Hai mentito a mio padre?” disse lei eccitata e stupita
come non era da tempo
“Si, ma non è adesso il momento di parlare” Leannel scese
velocemente dall’albero dalla corteccia bianca.
“Hai qualche compito da affidarmi”
“Ti ho già detto che questo non è il luogo adatto”
“Vado a prendere il cavallo” rispose Leannel
Si mise il suo mantello grigio e i guanti, poi corse dal
suo nuovo cavallo.
Il suo nome era Berehid ed era nero come la notte e forte
come pochi tra gli animali.
Al contrario di Feren, Berehid era un vero e proprio
cavallo da battaglia. Bellissimo, forte, instancabile.
Accadde che mentre Leannel correva verso le stalle, andò
a sbattere contro un giovane elfo di bell’aspetto. Estremamente esile, biondo,
dagli occhi cangianti tra il verde e il castano.
“Scusami Legolas” disse frettolosamente, mentre
riprendeva immediatamente a correre;quando l’Elfo l’afferrò per il polso
“Perché vai a cercare il tuo cavallo?”
“Sto partendo” Legolas lesse quella nota di eccitazione
nella sua voce
“Partendo?Per dove?”
“Dama Arwen ha chiesto di me”
“Che ha inventato Mithrandir?”
“Sei troppo intelligente” rispose lei mentre tentava di
liberarsi
“Come farai con la squadra?”
Si bloccò. Come avrebbe fatto con la sua squadra.?
Quando fu incaricata di diventare capitano delle guardie
reali, venne disposto che ella potesse scegliere quattro o cinque uomini da
tenere a suo fianco.
La gente comune chiamava la sua squadra ‘la squadra dei
belli’ perché dicevano che ne facessero parte alcuni tra gli elfi più belli che
abitavano la Terra di Mezzo. Ma chiaramente queste persone non conoscevano il
valore dei suoi componenti.
Morien, che veniva daiporti grigi, aveva una carnagione mortalmente chiara, i suoi capelli
erano di un nero opaco ed aveva gli occhi castani più dolci e intelligenti che
avessero mai guardato la Terra di Mezzo. Era una persona particolarmente dolce
e sensibile, un grande amico oltre che un guerriero dal cuore impavido.
Silmaye era di una bellezza androgina e femminea , aveva
gli occhi blu profondi come il mare e portava i capelli corti, come pochi elfi,
neri come la pece. Qualcuno lo definì come ‘l’elfo meno elfico della Terra di
Mezzo’, era agile e scattante eparlava
velocemente, e nella maggior parte dei casi diceva le cose sbagliate al momento
sbagliato.
Suo fratello Talmaye, era identico nell’aspetto quanto
differente nella personalità.
Assomigliava in modo impressionante al suo gemello tranne
per il fatto che portava i capelli lunghi alle spalle.
Aveva un carattere saggio ed era dotato di
un’intelligenza non comune. Parlava poco e solo quando era indispensabile. Al
contrario di Silmaye era considerato un intrigante ed era estremamente abile
con le parole.
E poi, ultimo ma non meno importante, vi era Reimer.
Bello e maledetto, aveva gli occhi neri, arrabbiati, irrisolti. Il suo viso
aveva il sapore della sabbia del deserto, arida e temibile. E nei suoi occhi si
leggeva che non era legato a nulla, e che aveva sofferto immensamente.
In poco tempo questi quattro divennero tra gli elfi più
cari al cuore di Leannel, e Legolas gliene fu sempre immensamente grato.
Ma Leannel non lo avrebbe mai ammesso. Era il loro capitano.
Il suo pensiero tornò velocemente a Legolas
“Sono abili e coraggiosi, se la caveranno” disse “se tu
li guiderai” concluse mentre appuntava al petto del fratello quell’adorabile
medaglia blu che le conferiva tutto il suo prestigio
“Oggi giochiamo a ruoli invertiti”disse esi voltò rendendosi conto checon tutto il suo parlareera
giunta accanto al suo bel Berehid. Balzò sulla groppa del suo cavallo e fuggì
attraversando i corridoi a cavallo in cerca di Gandalf.
In quell’istante, solo nelle stalle di Leannel, Legolas
sentì dentro di sé accendersi una strana gioia. Poiché egli non aveva visto da
tanto tempo Leannel, principessa di Bosco Atro, così profondamente felice ed
eccitata.
Sorrideva, mentre cavalcava. Cavalcava alla ricercadel vecchio Gandalf che si era spostato
dalla cascata, dove erano lo aveva lasciato.
Non si preoccupò di prendere dei vestiti perché era
troppa l’eccitazione che l’accompagnava.
Era impaziente di conoscere lo scopo della sua missione,
era impaziente di combattere.
Trovò finalmente lo stregone, vicino alle porte della
città, intento a salire su di un bel cavallo elfico dal manto grigio.
“Ho salutato mio fratello e a lui ho dato le direttive
sul da farsi in mia assenza. Legolas saluterà mio padre da parte mia.” rispose
Leannel sorridendo
Quindi lo stregone salì sul suo cavallo e i due
s’incamminarono, giacchè il tramonto lasciava gia spazio alla notte.
Il sole era già calato quasi nella sua totalità. Gandalf,
come Leannel, preferiva di gran lunga viaggiare di notte che di giorno. Più
fresco, più prudente, più silenzioso.
E inoltre gli permetteva di essere meno in vista sia con gli
amici che con i nemici.
“Non credevo che mio padre mi avrebbe lasciato venire con
te”
“Ho usato una buona scusa” rispose lo stregone “e tuo
padre si fida completamente di me”
“Fa male” asserì Leannel.
I due cavalcavano nella notte ed i loro mantelli fluttuavano
nel buio. Ad un tratto Gandalf tirò forte le redini del suo cavallo e lo
costrinse a fermarsi.
Leannel si fermò, pochi metri più avanti. I due presero a
galoppare piano, discorrendo.
“Siamo lontani abbastanza ora” disse lo stregone “
nessuno deve sapere”
“Perché ho l’impressione che questa mia missione sarà più
complicata di quante io abbia mai affrontato?”
“Perché le tue impressioni sono fin troppo spesso giuste,
Leannel” rispose Gandalf “un grande male si sta muovendo a Mordor”
“Allora i miei sogni…”
A queste parole Gandalf si fermò di scatto
“Sogni… Cos’hai visto?”
“Non ho visto, quanto ho sentito. Ho sentito il male, il
male puro alla ricerca del suo potere, il male stava riprendendo forza. Ma sino
ad ora ho preferito sperare che fossero solo qualcuno dei miei stupidi sogni”
“Stupidi sogni… Solo per quello che mi hai appena
rivelato sarei in dovere di impedirti con tutte le mie forze di affrontare
questa missione, ma ormai l’ora è tarda e non possiamo più avere indecisioni”
all’inizio Leannel pensava che il vecchio stesse parlando a se stesso, o stesse
scherzando, ma ora dall’espressione del suo viso riuscì a comprendere che la
situazione era più grave e seria di quanto avesse potuto immaginare.
“Gandalf, sei teso, come da molto tempo la Terra di Mezzo
non ti aveva visto” ma lo stregone parve non ascoltarla e continuò il suo
discorso
“Non viaggerai da sola”
“Non da sola? E con chi? Non è nel mio stile avere
compagni di cui non mi fido, e lo sai bene”
“Il tuo sarà un compagno d’eccezione”
“Uno dei figli di Elrond? O forse tu stesso?”
“No, qualcuno di più oscuro e inaspettato al nemico”
Leannel rimase qualche istante in silenzio, fin quando comprese
“L’erede d’Isildur…”
“Il male non lo conosce e lo teme; se noi siamo una
scacchiera, lui è il re”
“Paragone azzeccato se non altro… Ma tu ed Elrond siete
siluriche sia già venuto il tempo? Che già gli uomini ed il loro legittimo re
prendano il dominio della Terra di Mezzo?”
“Se il tempo deve giungere, ai miei occhi è chiaro che il
momento sia ora. Egli è un uomo dalle molte capacità e virtù” ma un silenzio
pervase il cuore di Leannel
“Strano… ho odiato ogni istante della mia vita su questa
terra e ora che so che sta giungendo a termine sono triste” disse “quante vite
di uomo mancheranno Gandalf?”
“Una e breve, o forse nemmeno quella” rispose lo stregone
“ma i tuoi giorni qui finiranno se solo tu lo vorrai”
“E’ difficile sapere quello che si vuole davvero”
“Soprattutto se la scelta può cambiare l’esito della tua
vita”
“Proprio io… proprio a me che non è mai importato
niente…” disse Leannel a se stessa mentre il suo sguardo si perdeva
“Davvero non ricordavo quanto fosse incredibile la tua
bellezza” disse Gandalf sorridendo “riuscirà l’erede degli uomini a
resistervi?” anche Leannel rispose sorridendo.
Stettero qualche minuto (o forse qualche ora?) in
silenzio. Ma Leannel ruppe questo silenzio.
“Perché proprio io? Perché avete voluto Leannel”
“A dire il vero è stata un’idea di Elrond, o per meglio
dire di sua figlia” rispose lo stregone “loro pensano che il male non possa
avere alcun effetto su di te” ma Leannel non comprese le sue parole e lo guardò
perplessa
“Hai già sopportato un male ben più grande di quello che
hanno affrontato in molti”
Leannel non ebbe reazione. Il suo sguardo divenne triste
e grato allo stesso tempo.
“Sei cambiata molto dall’ultima volta” disse Gandalf
mentre la guardava “non so dire se in meglio o in peggio..”
Leannel non rispose ma sorrise. E neanche ad accorgersene
le scappò un grosso sbadiglio.
“Sono notti che non dormi. E non sei l’unica. Non hai
idea di quanto mi rincresca”
“Anche questo è vero. Ma non è sicuramente colpa tua.
Molti sono i pensieri che attanagliano la mia mente”
“Chi può dire di chi è la colpa?” rispose Gandalf, quasi
parlando a se stesso “ma qui, questa notte di settembre io ti concedo la
grazia. Questa notte fai dei sogni tranquilli” disse, e queste sue ultime
parole avevano più il tono di un ordine che di un consiglio, anche se la sua
voce era così melodiosa da sembrare un canto elfico. A questo suo ordine Leannel
si addormentò senza alcuna incertezza né paura. Considerava Gandalf come se
fosse stato suo padre.
“Mi spiace di non poter essere stato con te tutte le
volte che ne avevi bisogno” disse a Leannel che ormai dormiva. Gandalf infatti
nutriva un incredibile affetto nei confronti di quella donna elfo. Così forte,
dal cuore così profondamente malato. Quanti sarebbero riusciti a vivere tanto a
lungo superando tante difficoltà? Non chea Gandalf dispiacesse di essersi affezionato a Leannel. Ma stava
lentamente scoprendo di diventare più dolce, meno freddo di quanto credesse.
L’amava profondamente, colpita dal freddo, così forte e così sola, quando non
conosceva sé stessa.
Ma si stava perdendo, Gandalf come Leannel, e non era
ancora così stolto da non saper controllare questo.
Leannel si svegliò. Il suo viso era stropicciato e
si sentiva incredibilmente leggera. Da anni ormai non provava quella sensazione
Quante notti erano che non dormiva?
Si accorse che non erano ancora giunti a destinazione. Il
sole sorgeva in quell’istante e la travolgeva con il suo splendore.
“Quattrocchi col sole…” sussurrò
Gandalf non aveva mai smesso di osservarla
“Dovresti scrivere poemi, una volta o l’altra” disse
“Non ne sarei all’altezza. Sono donna d’armi, non di
lettere” rispose lei
“Quattrocchi col sole…” disse Gandalf maliziosamente
“L’altra sera” riprese lei come se il loro discorso non
si fosse mai fermato “non ti ho chiesto, forse la cosa più importante, non ti
ho chiesto in cosa consisterà la mia missione”
“Una missione di spionaggio”
“Divertente ma affatto pratica”
“Cosa intendi dire?”
“Se non dovrò farmi scoprire, quante teste di orco credi
che riuscirò a tagliare?”
“Dormire ti ha fatto bene” rispose lui “se non altro ora
rispondi come avresti fatto un tempo. Ma ascolta prima di emanare sentenze”
“Che insopportabile difetto”
“Tu e l’erede” riprese lui, facendo finta di non aver
sentito il suo ultimo commento “tu e l’Erede avrete il compito di scoprire
quanto velocemente si sta scuotendo il male aMordor”
“Niente azioni eroiche o avventate…” ma il suo sguardo
non prometteva di asserire a queste due richieste implicite dello stregone.
“Ti chiederai perché non si possa distruggere il male sin
da ora, ebbene la risposta è lunga e faticosa. In effetti solo dopo la tua
missione si potranno avere i fondamenti per le azioni future. Nessuno sa dove
si trovi il cuore del male ora.”
“Il flagello d’Isildur… come ha fatto il mio popolo a
perder le tracce di un oggetto così prezioso?”
“Non certo di questo va incolpata la stirpe elfica”
“Comunque sia io la penso in modo differente da te”
“Pensarla sempre in modo differente, non ti rende né
migliore né superiore agli altri”
Leannel rimase qualche istante in silenzio. Nessuno oltre
Gandalf le parlava in modo tanto audace. A suo confronto Leannel era solo una
ragazzina viziata che detestava essere contrariata.
“Cosa c’è dietro?Non è semplice spionaggio. Qualunque elfo potrebbe affrontare una simile
missione. Se avete scelto me dev’esserci di più”
“Se in tutte le occasioni avessi una così alta
considerazione di te stessa allora la maggior parte dei tuoi problemi sarebbero
risolti” rispose lo stregone “a dire il vero non mi piace dirti che hai
ragione. Ma purtroppo ce l’hai. E’ tuo compito quello di testare la forza
dell’Erede”
“Allora non sei sicuro che sia lui a dover riconquistare
il trono”
“Lo sono ma non so se a comandarmi è il mio cervello o il
mio cuore”
“un dilemma gravoso… e immagino che un altro elfo sarebbe
troppo severo, ecco pechè mi avete scelta”
“E’ un uomo molto simile a te, tu sola potrai capirlo”
“Se fosse davvero l’erede allora il tempo sarebbe davvero
troppo poco…”
gli occhi di Leannel si riempirono di tristezza, perché se non amava la sua
vita, ella amava il suo mondo.
“E poi tu combatterai. Come solo tu sai fare. Come ti è
stato insegnato dai grandi”
“ Le persone continuano per vivere
I soldati
continuano acombattere
I maestri
continuano ainsegnare
Il mondo
continua per girare
E noi dobbiamo seguire il suo
giro”
Cantò melodiosamente Leannel “si deve fare quello che si
deve fare”
“Ho perso il tempo del tempo” disse Leannel dopo un breve
silenzio “tra quanto pensi che arriveremo?”
“A breve… ecco se sforzi i tuoi occhi di Elfo potrai
vedere la torre più alta della dimora di Elrond MezzoElfo “
“Hai ragione ora la vedo, ma non tutto quello che riesco
a veder è raggiungibile in pochi minuti”
“Cosa sono ore o minuti nella vita infinita di un Elfo?”
Neanche a dirlo i due si ritrovarono nel giro di
meno di un’ora dinnanzi alla potra che dava sul palazzo di Gran Burrone.
Gandalf parlò per qualche istante con la sentinella di
guardia, che lo riconobbe, e subito le porte di questo meraviglioso regno
furono aperte.
Leannel aveva da sempre amato Gran Burrone, questo era
indiscutibile, aveva piante rarissime, fiumi ed ombra. E libri, soprattutto
libri, libri a tonnellate.
Ma non poteva far altro che preferire Lorien ed il motivo
era semplice. Come già accennato in passato Leannel aveva dei contatti umani
solo con coloro che riteneva suoi amici fidati o particolarmente utili.
Ma Gran Burrone era piena di gente né fidata né utile.
Ecco, quindi, il maggiore difetto di Gran Burrone, pullulava di gente inutile.
E Leannel, sempre che fosse ancora capace di temere, temeva il contatto con
queste persone.
Quasi principalmente per questo motivo, Leannel, non era
solita viaggiare verso quelle terre.
Nonostante questo Leannel era molto legata ad uno dei più
importanti esponenti da parte degli elfi di quei luoghi: Arwen, la stella del
vespro, così chiamata per la sua immensa bellezza. Leannel la conosceva per lo
più da quando era nata. E l’amava perché era dolce, ma forte e volitiva.
Quando i due furono entrati nel palazzo di Elrond tutti
coloro che ebbero l’onore di incrociarli furono abbagliati dalla meravigliosità
di quell’insolita coppia.
Lui vecchio e benevolo, dal volto segnato dagli anni e
dalla saggezza; lei di una bellezza sconvolgente, altissima e fiera sotto
lunghe vesti da uomo.
Gandalf accompagnò Leannel attraverso qualche corridoio e
qualche giardino, arrivando quindi alla stalla dove lasciarono i loro cavalli
alle cure di due elfi dall’aria oltremodo stupita.
Smontarono dai cavalli e si avviarono alle stanze cui
erano destinati, con passo veloce. Leannel si rese conto che anche se Gandalf
non diceva nulla, dovavano essere in profondo ritardo. Ma a Leannel non
importava e a Gandalf tanto meno, quindi continuarono a camminare.
Si tolse il lungo mantello grigio, che riteneva ormai
impresentabile, lo ripiegò e se lo mise sotto il braccio.
Dopo una decina di minuti i due si trovaronosotto un
portico di legni bianco che dava su una grande porta nera, con scritte
argentate.
Le parole vi erano scritte in elfico “QUANDO IL NOSTRO
MONDO GIUNGERA’ A TERMINE, CHE VENGANO SPALANCATE LE PORTE DELLA SPERANZA”
lesse Leannel.
Al di sotto di esse erano disegnate sette stelle ed un
albero bianco.
“Alte navi ed alti re” disse Leannel tra se e se.
Gandalf sbattè le nocche raggrinzite sulla porta di un
nero lucente e queste si aprirono in una manciata di secondi, quasi chi aprisse
le porte sapesse chi era per entrare.
Erano attesi.
Gandalf entrò immediatamente. Leannel trasse un respiro e
si preparò ad affrontare una nuova avventura.
Spinse la porta con la mano sinistra ed entrò.
Subito, dinnanzi a lei, l’elfo che aveva stimato ed amato nel corso di tutti i
lunghi anni della sua vita, Elrond Mezzoelfo.
Aveva qualcosa che lo rendeva senza alcun dubbio
superiore a chiunque altro. Aveva un anello del potere. E Leannel leggeva nei
suoi occhi che sia la sua forza che la sua speranza erano appesi ad un filo. I
suoi occhi erano così profondi, così saggi e cosi vuoti di quel sentimento che
anche a lei mancava; negli occhi del più grande re vivente degli elfi non vi
era speranza. E Leannel sapeva che egli aveva vissuto più a lungo e aveva
sofferto più pene di quante avessero portato lei stessa ad abbandonare quello
stesso sentimento.
Era rimasto bellissimo, anche se ore una piccola, renota
luce di vecchiaia era comparsa tra le linee del suo volto. Thranduil stesso era
molto più giovane eppure molto più vecchio.
Elrond era sempre stato un valoroso guerriero oltre che
un abile stratega.
Elrond era l’elfo che Leannel avrebbe da sempre voluto
essere.
Ma Leannel non sapeva che la sua idea di quel grande re
sarebbe cambiata radicalmente nei pochi anni a venire.
Egli sorrise, la saluto con un cenno della mano destra e
le indicò il posto alla sua estrema sinistra.
Leannel rispose con un lieve cenno del capo e procedette
verso il posto che le era stato assegnato.
Era un piccola stanza quadrata. Sia Elrond che i suoi
ospiti sedevano intorno ad un tavolo rotondo.
Parte delle pareti era affrescata con motivi epici che
riportavano ad antiche leggende, mentre il rimanente era coperto da spesse
tende rosse. Leannel comprese che nessuno doveva sapere che essi si trovassero
lì. Gli ospiti erano pochie nn riuscivano achiudere il cerchio del tavolo.
Leannel sedeva alla più estrema sinistra di sire Elrond e
alla sua destre era Gandalf.
Seguendo Elrond nei suoi movimenti, vide alla sua destra,
un elfo piuttosto bello e regale. Leannel sentiva di averlo già visto da
qualche altra parte.
Portava lunghi capelli biondi raccolti in qualche
treccia, che gli cadevano sulle spalle. I suoi vestitierano di colori tenui e, Leannel li
riconobbe, dovevano venire da Lòrien.
Un biondo elfo di Lòrien, servitore della bianca dama.
Leannel rise tra se e se, pensò che se non fosse giunta
lei a portarla a Legolas, magari al posto di quell’elfo biondo dalla faccia
quadrata ci sarebbe stata Mirel stessa.
Ma non era il momento di pensare cose fuori luogo.
Doveva essere un grosso affare se anche Galadriel aveva
mandato un suo emissari.
E Leannel comprese che quello di cui avrebbe sentito
parlare a breve era sicuramente ancora più importante quando notò le ultime due
figure.
Per primo vide un uomo biondo.
Era un uomo non particolarmente alto ma dotato di grande,
spavalda, umana, mortale bellezza.
Più basso di qualche pollice di lei, era vestito da re e
portava abiti rossi e verdi.Una lunga spada era al suo fianco.
I capelli erano biondi come quelli dell’ elfo ma, quel
biondo, in qualche modo aveva consistenza. Era un biondo forte, scuro, che
ricordava i campi di grano in giugno. Non erano freddi e pallidi come quelli
degli elfi.
La pelle era chiara, ma in dei punti più abbronzata che
in altri, da questo riconobbe che anche quest’uomo misterioso era giunto a
cavallo in fretta. Un viaggiatore. Era poco più che un ragazzo, avrà avuto 23 o
25 anni al massimo. Aveva la barba appena accennata e i suoi occhi erano
altezzosi, forti e regali, verdi come smeraldi incastonati in una corona d’oro.
Ma da quelli stessi occhi, così forti e lucenti, Leannel
comprese che non poteva essere lui. Non poteva essere l’erede.
Perché Leannel ricordava gli occhi del re di Gondor. Li
ricordava, e non erano affatto empi di tanta forza.Si rese conto che non poteva davvero essere l’erede. Portava
infatti, abiti riccamente decorati da motivi di cavalli, tipici di Rohan.
L’erede d’Isildur non avrebbe mai potuto mettersi niente di tanto appariscente,
anche se sicuramente nelle sue vene scorreva più sangue reale che in quelle di
colui che stava osservando.Solo dopo, quando cominciava a credere che Gandalf
le avesse mentito, lo vide.
All’inizio non lo aveva riconosciuto, siccome portava
vesti elfiche e la sua figura era in gran parte coperta da quella di Gandalf,
che gli sedeva accanto.
Le vesti elfiche erano bellissime e degne di un grande
principe, ma pareva non essere abituato a portarle , pareva essere solito
portare vesti logore da viaggiatore. Nonostante tutto indubbiamente era
incredibilmente alto e regale.
Leannel intuì che dovesse essere molto caro al sire di
quelle terre siccome lo teneva a suo fianco.
Alzò di poco lo sguardo evide che era snello e forte, sembrava non essere abituato a
mangiare ad ogni pasto, e che anche lui (almeno in apparenza) sembrava essere
un giovane di più o meno 20 anni, solo successivamente avrebbe scoperto che in
realtà ne aveva 42.
Vide alla sua mano quello che finalmente gli diede la
conferma. All’ indice della mano sinistra vide l’anello dei re. Al di sotto di
esso era quasi un solco, come se lo avesse portato al quel dito dal giorno
stesso in cui era nato. Un'unica pietra dagli scuri colori cangianti. Ora era
sicura di non aver sbagliato.
Alzò ancora di poco lo sguardo. Aveva il mento
pronunciato e le labbra chiare, il tutto incorniciato dalla sottile barba nera.
E infine, Leannel, comprese che non poteva più aver
dubbi. Vide i suoi occhi. E nei suoi occhi riconobbe la stessa espressione,
triste, solitaria,perduta eforte allo
stesso tempo, che aveva visto nel viso del principe delle terre di Gondor.
C’è una cosa importante di Leannel che il lettore non
conosce ancora. Vi fu un'unica grande battaglia cui le fu concesso di
partecipare.
Sauron, l’oscuro signore, aveva intenzione di
assoggettare la stirpe intera di uomini ed elfi.
Quindi queste due razze si unirono per combatterlo. E in
molti già conoscevano le doti della giovane principessa di Bosco Atro, Leannel.
E fu chiamata a combattere.
Non ebbe mai occasione di parlare direttamente, sola con
Isildur, ma egli guidò lei ed i suoi compagni. Non era un uomo affatto sicuro
di se stesso né della riuscita della sua impresa, ma continuò a combattere fino
alla fine. E fu lì che Leannel vide i suoi occhi. E non ebbe più occasione di
vederli. Perché quello stesso giorno di battaglia, Isildir smise di essere uomo
e divenne male.
Ma guardava gli occhi vitrei del suo erede e sperò con
tutta sé stessa che anche a lui non fosse stato riservato lo stesso destino.
“Finalmente anche l’ultimo ospite è giunto alla mia
dimora” disse Elrond riportando bruscamente Leannel alla realtà “sembra
arrivato il momento di fare delle presentazioni siccome tra di voi nessuno
dovrebbe conoscersi. Alla mia estrema destra Thengel, signore del Mark, poi
Haldir, di Lorien, Aragorn, l’unico erede d’Isildur e infine Leannel di Bosco
Atro”
Ora Leannel conosceva il nome dell’erede. Aragorn. Ed era
riuscita a ricordare di aver visto Haldir durante quella stessa battaglia di
cui parlato poco fa.
Gandalf tolse la parola a Elronde bruscamente disse
“ Il tempo per i convenevoli è finito, Elrond. Se non
cominciamo a sbrigarci il Nemico ci coglierà alla sprovvista”
Leannel si accorse che alle parole ‘il nemico’ era prima
stato preso da un fremito e poi si era alzato sulla sedia, in tutta la sua
forza.
Comprese che Gandalf non aveva mentito, sarebbe stato lui
il suo compagno.
Lo stregone continuò a parlare
“Il male si scuote aMordor. E c’è bisogno di sapere quanto velocemente lo faccia. Il nemico
ha molte spie enoi non siamo da meno.
Io ed Elrond abbiamo già deciso chi sarà ad intraprendere il viaggio, chi non
sarà prescelto allora resterà qui fino al ritorno dei nostri due emissari”
A queste parole Thengel si rese conto che sarebbe dovuto
rimanere per settimane in attesa in quelle terre, quindi si mosse eavrebbe detto parole di protesta se Gandalf
non lo avesse fermato.
“Nessuna obiezione. I vostri popoli saranno distrutti se
non attenderete qui”
Maa questo punto
sorse un dubbio nella mente di Leannel
“Come faranno gli uomini delle terre di Gondor a
conoscere il pericolo che corrono? Proprio loro cui il male è più vicino”
“Noi stessi ci ponemmo la stessa domanda, ma è stato
deciso che non fosse prudente far stare a così stretto contatto il
sovrintendente ed il re” rispose Gandalf
“Soprattutto ora, che Denthor è sovrintendente” rispose
Leannel interrompendo Gandalf
“E’ stato deciso che tali informazioni siano riferite
loro attraverso gli emissari di Rohan e non possiamo far altro chesperare che essi vengano ascoltati”
a quelle parole Thengel sussultò una seconda volta,
doveva pensare che gli elfi l’avessero con lui. Leannel lo trovò piuttosto
divertente. Si accorse che Aragorn non aveva dato risposta a ciò che era stato
deciso per il suo popolo, e per qualche istante pensò che fosse uno stolto
euno stupido, ma si ricredette quando
si accorse che stringeva i braccioli della sedia. Non doveva essere tipo di
molte parole.
“Coloro che si avvicineranno alle terre di Mordor,
rischiando la propria vita saranno Leannel, principessa di Bosco Atro ed
Aragorn. Un uomo e un elfo per la Terra di Mezzo”
Per un attimo tutti rimasero in silenzio.
“Questa missione non è troppo rischiosa per una donna?”
disse Thengel che evidentemente desiderava andare in battaglia quanto Leannel
“Nessuna missione è troppo rischiosa per questa donna!”
rispose lei alzando il tono della voce
“Calma Leannel” disse Haldir “questa è la decisione che è
stata presa, figlio di Rohan, e noi ci attenderemo a questa. Leannel è uno dei
migliori guerrieri della Terra di Mezzo” lei lo ringraziò con lo sguardo
“Se c’è ancora qualcosa che volete dirvi fatelo fuori di
qui. La nostra missione è giunta a termine. Partirete tra un paio di settimane.
Verrete accompagnati subito nelle vostre stanze” concluse Elrond, sbrigativo.
Aragorn uscì cautamente dalla piccola stanza quadrata.
Sentiva che la testa gli sarebbe esplosa. Sentiva che avrebbe desiderato con
tutto se stesso essere chiunque altro in quel momento. Sentiva che non sarebbe
mai riuscito a sopportare tutte quelle responsabilità.
Si sedette su un portico di marmo che dava su un piccolo
cortile interno.
Appoggiò la testa su una colonna bianca con alcune
venaturebluastre e chiuse gli occhi. E
sperò con tutto se stesso che quando gli avrebbe riaperti si sarebbe ritrovato
nella sua piccola casa nel nord, con sua madre. Molti avrebbero voluto essere
lui, ma
Detestava la sua stessa situazione.
Una nuova missione…
‘Maledetti elfi’ si disse , quando si accorse che le sue
parole non venivano dalle sua labbra ma da quelle della rabbia.
Ancora più vicino al male, ancora più vicino alla
battaglia. E non sarebbe nemmeno stato solo. Da tempo era stato informato che
sarebbe stato accompagnato dalla principessa di Bosco Atro, ma non aveva mai
avuto occasione di conoscerla. O di vederla. E lei aveva mosso le acque del suo
cuore. Era bella, bellissima, come glia avevano detto. Era fortissima eppure
fragile, incostante eppure dal cuore di un guerriero. E poi aveva quegli occhi.
Non sapeva se sarebbe riuscito a resistere a quegli occhi per tutta la durata
del suo viaggio. Così tristi, così distruttivi, così desolati.
Aveva lo sguardo di chi è in continua ricerca, proprio
come lui.
Ma Aragorn tornò alla realtà: aveva donato il suo cuore
ad un’altra che amava con tutto se stesso, e non avrebbe mai potuto dissolvere
quel legame.
Si fermò un attimo a riflettere. Se Galadriel era il
giorno e Arwen la notte, Leannel era il tramonto.
Leannel riuscì a trattenere la sua ira finchè non fu
lasciata sola nelle sue stanze.
Quel maledetto piccolo uomo biondo l’aveva offesa come da
tempo nessuno neanche si immaginava di fare.
‘dovrebbe essere chiaro a tutti chi io sia’ si disse
‘sciocco presuntuoso’ si sedette sul letto, si tolse le scarpe e si appoggiò
con la schiena alla spalliera.
Era incredibilmente sollevata e felice. Come non era da
tempo.
‘Una nuova battaglia’ si disse.
Ma c’era qualcosa che nel profondo la turbava. L’erede.
Non le aveva rivolto la parola, ma Leannel sapeva che avrebbe avuto molto da
dire.
E a tutto questo avrebbe provveduto presto.
‘Ci sono ancora due settimane’ pensò ‘avrò tutto il tempo
per parlargli’
Rimase qualche minuto in silenzio. Poi prese carta e
penna, si appoggiò sulla piccola scrivania di legno bianco e cominciò a
scrivere una lettera da mandare a Legolas. Una lettera che nessun altro avrebbe
dovuto leggere.
“Caro Legolas,
La notte si avvicina enon posso fare a meno di scriverti. Salutami Miriel. Come stanno i miei
ragazzi? Ma passiamo a cose più importanti. La mia missione si presenta lunga e
complicata. Non starò via meno di un mese. Trova una buona scusa con nostro
padre. Devo andare a Mordor. Partirò da qui tra due settimane. Scusa se sono
stata tanto breve ma qui ho dei grossi affari che mi attendono.
A presto
xxx Leannel xxx
PS: tu certamente già conoscevi l’esistenza dell’erede…”
Quindi chiuse la lettera e vi scrisse sopra a
grandi lettere: SOLO E UNICAMENTE PER IL PRINCIPE LEGOLAS DI BOSCO ATRO. Prese
la lettera ormai pronta e uscì dalla stanza.
Appena fuori posò la lettera tra le mani di un elfo
indicatole da Elrond e si raccomandò di non far leggere a nessuno il contenuto.
Fatto questo,cominciò a vagare senza meta nelle stanze della casa di Elrond.
Aragorn era passato in biblioteca per prendere qualche
libro nella sua lingua. Aveva scelto un libro di poesie con la copertina verde
acqua “Viaggio al di la del mare” e si apprestava a leggerlo.
Quando fu colpito da una visione. C’era una donna elfo
vestita di ricche vesti grigie, con lunghi capelli castani, che cantava in
elfico. Di tutto quello che disse Aragorn riuscì a comprendere solo pochi versi
“Per quanto
Per quanto ancora
Dovrò strisciare
Lontano dalla mia
Terra?
Non posso
Non posso pensare
che tutto questo
Sia male
Il male è in me
Tagliarmi la gola
è tutto ciò che voglio”
Un poema dalle parole affatto elfiche e alquanto
insolite. Ma sapeva che la donna elfo cui andava incontro era in se per se
piuttosto insolita quindi non si preoccupò. La sua voce era molto bella ma era
arida e triste come i suoi occhi.
“Finalmente sembra che io abbia l’onore di parlare con il
mio futuro compagno di viaggio” disse Leannel mentre si voltava
Aragorn, come chiunque sulla Terra di Mezzo avrebbe
fatto, rimase abbagliato dalla sua sconvolgente bellezza, ma non lo diede a
vedere.
Scrutò per qualche istante nei suoi occhi e gli venne spontanea
una domanda
“Voi non avete affatto paura…”
“In primo luogo, Aragorn, piantala immediatamente di
darmi del voi. In secondo perché mai dovrei averne?”
“Perché in questi giorni di missione rischieremo la vita
ogni istante”
“Sia messo in chiaro, signore degli uomini che io me la
so cavare bene da sola. E poi ci sarai tu a coprirmi le spalle. Inoltre se la
morte dovesse cogliermi in battaglia che lo faccia. Non sarebbe altro che un
onore.”
“Sei coraggiosa” rispose Aragorn “al contrario di me”
“Non hai affatto la faccia di uno che teme la guerra”
“Non la temo, la odio” rimasero per qualche istante in
silenzio. Leannel capì che era vero che lei quell’uomo si assomigliavano
profondamente.
“Perdonami Aragorn” riprese lei “sto cercando dama Arwen,
dove posso trovarla?”
“Dovrebbe essere nella sua stanza, nell’ala nord”
“A nord? Allora sono lontana. Tu dove dormi?”
“Non lontano”
“Ma tu vivi qui da quando sei un ragazzino…” In effetti
il re di Gondor abitava lì da sempre e Leannel non poteva fare a meno di chiedersi
perché egli dormisse nelle stanze degli ospiti. Ma era una persona che
rifletteva fin troppo su quello che avrebbe dovuto dire,edecise che non ne avrebbe chiesto.
“Non temere di chiedermi quello che vorresti. Sono
un’ospite qui da quando ho due anni” ma Leannel non aveva ancora elementi per
capire cosa significassero quelle parole. Leannel si voltò per andarsene. Ma
Aragorn la fermò
“Perdonami Leannel” disse “Tu conosci Reimer?”
“Si è un mio grande amico, oltre che un grande guerriero.
E’ della mia compagnia”
“Dicono che abbia combattuto a fianco di mio padre,
quando fu ucciso…”
Leannel non rispose. Sapeva che Reimer spesso se ne
andava al nord, ma non gli aveva mai chiesto niente. Decise che quando sarebbe
tornata a casa lo avrebbe fatto.
Si voltò di nuovo. Ma questa volta si fermò da sola.
“In molti mi hanno parlato dalla saggezza di Gilraen, tua
madre. Vorrei parlarle.”
“Mia madre è morta” e il viso dell’uomo si incupì “ tre
anni fa. Stavo andando alla sua tomba”
“Perdonami” rispose lei “Se vorrai dopo che avrò parlato
con Arwen ti raggiungerò”
Aragorn non rispose ma sorrise e Leannel se ne andò.
Camminò adagio per molto tempo. A dominarla era un
sentimento di cui non sapeva dare nome. Sentiva che non sarebbe riuscita a
tenere lontano da se stessa l’affetto per quell’uomo.
Ma non ci pensò. Sapeva che se si fosse persa nei suoi
pensieri non sarebbe mai riuscita ad arrivare alle stanze di Arwen..
Le informazioni di Aragorn si rivelarono pressoché
inutili e dovette chiedere ad un paio di elfi per riuscire ad arrivare dove si
era predisposta.
Trovò Arwen che leggeva seduta sul davanzale della
finestra. Quando la vide Arwen si riempì di gioia
“Leannel! Sono anni…”
“Anni…” rispose Leannel mentre l’abbracciava “c’è stato
un periodo in cui io emio fratello eravamo
spesso qui, molto tempo fa. Ma da tempo non è più così”
“Già purtroppo”
“E’ grazie a te cheora sono qui, grazie Arwen”
“No, non grazie a me. Grazie a te”
Arwen era l’immagine stessa della speranza. Non era
melensa nella sua dolcezza, ne troppo triste o dura. Era solo Arwen. Ed era
meravigliosa.
“Hai già incontrato il tuo compagno di viaggio?” chiese
la principessa di Gran Burrone
“Si, ho conosciuto Aragorn”
“E’ un uomo molto bello”
“E’ triste, interessante”
“Ti somiglia molto”
“Lo ha detto anche Gandalf”
“Ti piace?”
“E’ differente dagli altri”
“E’ il mio compagno” a quelle parole Leannel fu
immensamente felice. Per lo meno all’inizio.
“Hai scelto quello giusto…” avrebbe voluto aggiungere
qualcosa d’altro ma sentì che non era il momento giusto
“Perdonami ora Arwen ma devo andare. Ho da fare”
“Spero ci rivedremo presto”
Se ne andò. Ora Leannel capiva perché Aragorn dormisse
nelle stanze degli ospiti. L’uomo più forte e più debole insieme, ed Arwen.
Cosa sarebbe successo? Comunque fosse non riusciva ad essere felice per Arwen.
Il suo sentimento cominciava a prendere forma.
Decise che non sarebbe andata
alla tomba di Gilraen. Non aveva voglia di provare altro dolore, né di vedere
Aragorn. Gli avrebbe mentito. Decise che se ne sarebbe andata a trovare il suo
cavallo.
Leannel rimase stupita dall’estrema cura nella
quale erano tenute le stalle. Erano insolitamente pulite. Nulla a che fare con
le sue personali che era costretta a pulire lei stessa. Queste erano più
pulite, più straboccanti di cavalli, e più grandi. Cercò con lo sguardo Berehid
ma invano. Quando vide in lontananza un piccolo uomo biondo che accarezzava
un’imponente cavallo nero.
Già il fatto chequalcuno che non fosse lei stessa accarezzasse il suo Berehid le dava
fastidio, quando si accorse che l’uomo che l’accarezzava era proprio Thengel,
sentì una rabbia fervente salirgli su per la schiena.
“E’ bello vero?l’ho comprato alla tua gente”
“Si è bello e molto forte” ma nella sua voce non
c’era affatto socievolezza.
“Mi invidi solamente?”
“Io non invidio nessuno. Io sono re”
“Questo cavallo, mi è stato regalato da tuo padre.
Era piuttosto vecchio e stanco a quel tempo. Dovrebbe essere morto ora, se non
mi sbaglio”
“No non ti sbagli. Egli è morto tempo fa”
“mi spiace” rispose Leannel cambiando discorso “tu
non mi chiederai mai scusa per quello che hai detto là dentro”
“Perché dovrei, regina degli elfi? Era solo quello
che pensavo”
“Detesto gli uomini orgogliosi” disse lei mentre si
avvicinava alla figura dell’uomo, che così vicino le sembrava incredibilmente
più basso di lei.
“E io le donne orgogliose” rispose lui “che siano
elfi o meno”
“Non mi interessa quello che pensano gli altri. Non
me n’è mai importato”
“Nemmeno a me”
Leannel era abbastanza vicina a Berehid da
permettere al cavallo di leccare la sua mano, ed insieme padrona e cavallo
parevano non essersi mai separati durante tutta la vita di entrambi. Allora
Thengel si volto e le disse
“Piaci molto al tuo cavallo”
“Si, è un nostro difetto”
“Perché un difetto? Trovo sia bellissimo”
“Lo so” dopo un istante di pausa Thengel si sentì
abbastanza a suo agio per chiederle
“Sei davvero un guerriero?”
“Si, e dei migliori. Potrei affrontarti e batterti
anche adesso se tu me lo chiedessi”
“Allora scusami” disse piano il re di Rohan che
aveva fatto finta di non ascoltare l’ultima parte della risposta di Leannel.
Questa si voltò e sorrise.
Il re salutò Leannel con un cenno della mano si
voltò e se ne andò nelle sua stanze.
E quella sera, Leannel non lo sapeva ma aveva
incendiato il cuore del re di Rohan, che l’avrebbe amata fino alla fine dei
suoi giorni. Anche se egli non poteva permettersi di non avere un erede. Ma
questa è un’altra storia…
Le due settimane passarono tranquillamente. Leannel
si abituò a tutta quella gente. Ebbe tempo di conoscere Aragorn e di parlare
con Arwen. Ed il giorno di partire arrivò. Le vennero date armi ed abiti del
posto ma ella non avrebbe mai abbandonato la sua fedele spada elfica, forgiata
da suo padre stesso anni ed anni prima.
‘Il re porterà la sua spada e le sguaineremo
all’unisono’ pensò.
Era sola nell’armeria. La cotta, i vestiti ed i
guanti. Un arco e la sua vecchia faretra verde. Ma sentiva che il giorno della
sua partenza non sarebbe rimasta sola a lungo.
In effetti non aveva visto Gandalf dal giorno del
consiglio poco tempo prima. Strano. Leannel reputava il vecchio Gandalf il più
petulante degli stregoni. Ma Leannel se ne era curata relativamente siccome era
sicura che l’avrebbe incontrato il giorno stesso. Ed infatti, era ancora in
fase di intensa concentrazione, si fissava in uno specchio mentre da
principessa diventava guerriero, mentre diveniva ciò che aveva da sempre
desiderato; quando giunse Gandalf il grigio. Percepì i suoi passi e sorrise
perché era molto felice di poterlo incontrare di nuovo, finalmente, ma rimase
stupita perché il volto dello stregone era preoccupato. Che non si fidasse di
lei?
“Il sole appena albeggia e tu sei gia tra le armi”
disse lo stregone
“Mi sono mancate. Da troppo tempo non ho avuto a
che fare con loro”
“Tutto questo tuo entusiasmo mi spaventa” Leannel
rimase qualche istante in silenzio
“Non ti fidi neanche tu eh?” disse sfoderando la
sua arma luccicante “stai cominciando a diventare come mio padre Gandalf.
Troppo amore finirà per soffocarmi. Non ho bisogno di questo genere d’amore.
Mio padre ti sta influenzando, e non penso che lo faccia nel verso migliore”
Gandalf sorrise
“E’ vero, ti voglio bene. Ma se non mi fidassi allora
pensi che ti avrei convocata?” le prese le spalle tra le mani “il mio amore nei
tuoi confronti è profondo. Nei tuoi ed in quelli di Aragorn. Ho paura ma so che
la mia paura non può essere giustificata. Perché voi siete non solo coloro cheamo di più ma anche i guerrieri più abili
che io conosca. Se tuo padre sbaglia non mettermi al suo pari”
Leannel comprese che Gandalf non l’avrebbe tradita.
“Due sole cose ti chiedo” riprese lo stregone “in
primo luogo tieniti lontana dalla luce del male. In secondo luogo” ed a queste
parole tornò ad essere benevolo, siccome alle parole ‘la luce del male’ era
diventato cupo e scuro “fammi il favore di tornare a casa in vita” e
l’abbracciò
“Perdonami, ho dubitato di te”
“Aragorn è un abile guerriero, ma è dubbioso. Ma per
ora tu non dovrai curarti di questo. Dovrai prima dare risposta alle nostre
domande”
“Porterò a termine la mia missione, come ho sempre
fatto” i due si allontanarono.
“In quanti giorni pensi di arrivare a Mordor?”
“Dipende. Da Aragorn. Dipende da lui e dal suo
cavallo”
“Non è abile al tuo pari. Ma è volitivo. Riuscirà a
tenere il tuo passo. Non il più veloce…”
“Allora arriveremo in sette giorni, come minimo”
“Più veloci del vento”
“Scommetto che nessuno vi è mai giunto in così poco
tempo”
“Se fosti sola forse arriveresti prima”
Ora Leannel era pronta. Era un’altissima e
bellissima dama elfo. Un’altissima e bellissima guerriera elfo. Sotto consiglio
di Gandalf aveva deciso di non portare la cotta. Vestiva abiti neri e blu
decorati di motivi curvilinei, argentei. Aveva i capelli legati all’indietro e
quello sguardo di sfida che non l’avrebbe abbandonata.
Scese veloce alle stalle. Berehid fremeva. Ma
Leannel sapeva che non era giunto ancora il momento di partire. Aveva deciso
che prima di partire sarebbe andata a salutare Arwen. Mentre la cercava,
incontrò Thengel di sfuggita e lo salutò con un cenno della mano.
“Arwen!” disse quando finalmente riuscì ad
incrociare la dama
“Leannel! Ma oggi tu parti! Che ci fai qui?”
“Scommetto di non essere stata l’unica che oggi
parte ad essere stata qui” rispose Leannel maliziosa
“Spero viaggerete bene assieme”
“Ti mancherà molto”
“Si che lo farà” rispose Arwen “e tu promettimi che
me lo riporterai a casa vivo. E che riporterai viva te stessa”
“ Spero che questa promessa sia mantenuta”
“Molte cose cambieranno dopo questo tuo viaggio. Il
destino di molti dipende dal tuo responso. Ma ora va il sole è sorto e la tua
avventura inizia”
Quindi Leannel le toccò la spalla e poi
l’abbracciò. Ma per molti, tra uomini ed elfi, vederle insieme sarebbe
equivalso a dare un’occhiata a Valinor stessa.
Leannel uscì di fretta dalle stanze della
principessa. Ora Berehid avrebbe smesso di fremere. Scese alla stalla e salì
sul suo cavallo. In pochi minuti si trovò davanti alla porta di Gran Burrone.
Vide molti volti che aveva già avuto modo di salutare. Vide Gandalf, vide
Arwen, Thengel ed Haldir. Vide Elohir ed Elrohis, figli di Elrond, coi quali
non aveva mai avuto modo di parlare. E per un istante rimpianse di doversene
andare. Rimpianse di non poter leggere quei libri e di non poter vedere quei
visi. Ma tutto fu spezzato quando arrivò lui. Aragorn figlio di Arathorn,
nonostante non avesse ancora il portamento di un re, era più bello di molti tra
quei perfetti elfi.
Nonostante questo, sebbene lo guardasse con amore,
Elrond sembrava non essere felice di quello che legava il ramingo e sua figlia,
di come la guardava. Ma non era compito di Leannel preoccuparsi di questo. Non
ancora. E lei era della medesima sfolgorante bellezza. E dopo quella sola
visione molti dissero che Aragorn e Leannel avrebbero potuto somigliare a due
fratelli, principi degli elfi,perché
la loro bellezza era incredibilmente simile. Lei era pazza e lui incerto. Ma
non si può dire che i difetti (o virtù?) che li differenziavano non
appartenesse in realtà ad entrambi.
Leannel e Berehid si inchinarono ad Elrond e così
fece Aragorn. Egli si voltò e si mosse verso la porta. Leannel attese un
istante, guardò Gandalf e sorrise
“Grazie” gli sussurrò.
Ma ora non c’era più tempo per i ringraziamenti ed
i saluti. Era tempo di partire. E Leannel non sapeva cha avrebbe dovuto
affrontare molti più imprevisti di quanti avesse immaginato.
Nonostante le pesasse ammetterlo (dato il fatto che
egli era sia un uomo che un mortale) Aragorn era davvero un abile guerriero.
Percepiva i passi altrui ,quelli elfici compresi, a miglia di distanza. Aveva
mano veloce e vista acuta, chiaramente nei limiti delle capacità mortali. Ed
era anche un’ ottimo ramingo. Era scaltro e silenzioso. Quasi come lei stessa.
Unica obiezione era che non cavalcava come lei. E anche con le migliori
previsioni, a quella stessa velocità, non sarebbero giunti a Mordor in meno di
due settimane. Leannel non era tipo che amasse aspettare. Ma doveva farlo. E
nel tempo che stava ad aspettarlo Leannel lo conobbe meglio di moltissimi altri
nella Terra di Mezzo.
Era un uomo estremamente silenzioso; non perché non
si fidasse di chi gli stava intorno. Si crogiolava nelle sue domande. Leannel
continuava a convincersi che Gandalf avesse avuto ragione nelle sue
supposizioni, siccome era vero che i due si somigliavano in modo
impressionante. Tranne che per una sola importantissima cosa. La guerra era il
pane di Leannel e la congiura di Aragorn. Non che egli fosse un vigliacco. Era
capace e coraggioso. Ma non amava la battaglia. O più semplicemente non avrebbe
voluto essere chi era. E Leannel avrebbe voluto con tutta se stessa prendere il
suo posto. Far vedere al modo di cosa fosse capace.
Era il secondo giorno di viaggio, o meglio, la
notte tra il secondo ed il terzo. Aragorn montava la guardia e Leannel guardava
le stelle seduta accanto a lui.
Aragorn pensava che non sarebbe mai riuscito a
capirla. Ma era così bella che non avrebbe mai potuto chiederle di andare a
dormire. Fomentò il fuoco.
“Che ci fai qui sveglia accanto a me?”
“Oh beh, il cielo è così chiaro qui. Le stelle sono
luminose”
“Io dormirei se fossi in te”
“Io non lo farei” rispose lei “e credo neanche tu”
“Perché non dormiresti?”
“Pensi che io abbia paura?”
“No, si legge nei tuoi occhi. Tra di noi sono io
quello che ha paura”
“non dormirei per lo stesso motivo per il quale tu
non dormiresti, e non è la paura”
“Domande”
“Domande”
“E non temi quello che ti porterà il futuro?”
“Qualunque cosa accada lascerò tutto alla sorte.
Non ho paura. Non sono legata alla mia vita”
“Non ti credo Leannel. Hai tuo fratello, hai
Miriel, hai Gandalf. E hai i tuoi cavalli”
“Ciò non toglie che io non tema la morte”
“Se questa è in battaglia”
“Sono un elfo Aragorn. Non morirò mai se non in
battaglia” rispose Leannel dura e fredda come la pietra. Aveva ragione. Per un
attimo Aragorn aveva pensato di parlare a se stesso.
Aragorn rise
“Perché ridi ora?”
Perché per un istante ho dimenticato la tua eternità”
“Vorresti essere come me. Vorresti affrontare una
lunga ed immensa vita senza mai sapere cosa ti porterà il nuovo giorno?
Vorresti essere solo e non poterti affezionare ad alcuno per paura di
perderlo?”
“Vorrei prendere possesso dalla più grande delle
opportunità”
“Ovvero?”
“L’immortalità Leannel, l’eternità” silenzio
“Siamo stati entrambi stato così occupati a dirci
cosa di noi non accettiamo che è sorto il sole. Andiamo Aragorn, si parte!”
“Già, per noi il mondo gira leggermente fuori
tempo”
“No mio caro, siamo noi a girare fuori tempo”
quindi Leannel gettò dell’acqua su fuoco e salì
nuovamente sul suo cavallo. Ed ancora Aragorn non riusciva a tenere il suo
tempo e rallentarono il passo.
Avevano deciso di seguire il corso dei monti
brumosi da Rivendell verso Isengard, guadandoli. Da Isargard si sarebbero
diretti a Mordor. Aragorn aveva detto di non essere disposto ad attraversare le
montagne. Ed il suo desiderio fu eseguito. I cavalli non amavano le montagne,
tanto meno se dotate di fama affatto gentile, come il Caradhras. Pareva che
Aragorn lo temesse.
“Non siamo nemmeno a metà strada” disse Aragorn
mentre cavalcavano “ed è colpa mia. Non sono abbastanza veloce.”
“A qualunque velocità tu fossi disposto a cavalcare
io dovrei comunque aspettarti, quindi non farti problemi. Non è vero che stiamo
andando lenti. Il tuo cavallo è buono. Saremo ad Isengard tra tre giorni o
quattro al massimo”
L’alba del quarto giorno di viaggio. Leannel sedeva
su un ceppo di legno. Aveva lasciato che Aragorn dormisse ed era rimasta tutta
la notte in guardia. Non aveva mai pensato cha Aragorn avesse dormito in quelle
ore. Ma il cielo era limpido e le stelle argentee. Era questo ciò che amava.
Fissò per qualche istante la sua spada nel fodero.
“Presto ti darò ciò che vuoi” sussurro mentre la
carezzava . l’alba brillava, rossa e luminosa
“Un nuovo giorno” disse Aragorn alzandosi e cominciando
a mettere nei sacchi tutto ciò che si erano portati dietro.
“Già in piedi?” chiese Leannel
“Non sarà certo colpa mia se arriveremo più tardi.
Quindi partiamo”
“Giusto. E poi che senso avrebbe rimanere ancora
qui se nessuno di noi ha bisogno di dormire?”
“Allora si parte”
Non c’era nulla da fare. Leannel si stava
inevitabilmente innamorando del suo compagno. Ma, da sola, non avrebbe mai
potuto riconoscere questo sentimento.
Gli si stava affezionando con una velocità
impressionante. Pareva quasi aver perso quel controllo pressoché totale che
aveva delle sua emozioni. Ma non poteva rendersene conto. La felicità anche se
solo superficiale ed apparente, l’aveva così incredibilmente rilassata. Non era
più guardinga ed attenta. Sentiva che questo avrebbe finito per distruggerla.
Ma era troppo tranquilla per rendersi completamente conto o per reagire.
Le giornate passavano veloci. I due compagni
apprezzavano l’uno la compagnia dell’altro. Leannel scoprì molte cose sui re di
Gondor e su ciò che accadeva nelle terre degli uomini. Riuscì ad avere la
certezza che Aragorn e suo fratello si conoscessero. Avevano combattuto assieme
contro degli orchi una volta. E Legolas gli aveva perlato di lei.
“Ne parlava spesso” disse Aragorn “della sua strana
sorella”
“Vorrà dire che quando tornerò casa me la prenderò
con lui per non avermi informato dell’esistenza dell’erede”
Aragorn aveva preso a cavalcare più velocemente. Il
suo cavallo era divenuto più forte e lui più resistente. Nemmeno lui aveva
paura della morte. Ma non la cercava. E la differenza principale tra i due era
proprio che Aragorn era indissolubilmente legato alla vita. Per mezzo di Arwen.
E nonostante ogni giorno di viaggio Leannel si
rendesse forte di quanto l’amore tra i due fosse forte non riusciva ad essere
felice né per l’uno né per l’altro. Forse era solo invidiosa. Invidiosa del
loro legame. O forse per molti altri motivi. Ma Leannel non provava nemmeno a
capire cosa fosse.
Durante i due giorni successivi i due cavalcarono
veloci e senza sosta. Senza fermarsi quasi neanche per mangiare e dormire. Non
ne avevano bisogno. Da elfo e uomo si erano trasformati in due macchine
progettate per la guerra. Instancabili. Forti. Incorruttibili. E durante ognuno
di questi giorni Leannel comprendeva sempre più che non c’era alcun dubbio
sull’identità di Aragorn. Gandalf aveva avuto ragione anche su questo. Leannel
pensava che se prima sarebbero arrivati in due settimane, ora l’avrebbero fatto
in dieci giorni.
Sesto giorno di viaggio. Era mattina. I due si
ritrovarono ben presto in un luogo in cui Leannel, coi suoi occhi di elfo
riusciva a vedere piuttosto distintamente Isengard.
Non ne parlò col suo compagno, ma si accorse che il
verde giardino che la circondava era molto cambiato dall’ultima volta che
l’aveva visitato. Si era fatto grigio e vuoto. Ma non sarebbe riuscita a pensar
male di Saruman il bianco o dalla sua dimora. Non prima del settimo giorno
almeno.
Aveva avuto occasione di incontrare il bianco. La
prima, quando era veramente piccola ed egli era venuto da suo padre e le aveva
parlato. Era passato molto tempo e Leannel aveva dimenticato le sue parole. Non
la sua voce. Così profonda e saggia, come neppure quella di Gandalf.
E infine una seconda, con Gandalf, a Isengard. Lo
stimava ma non lo aveva più visto.
L’alba del quarto giorno di viaggio. Leannel sedeva
su un ceppo di legno. Aveva lasciato che Aragorn dormisse ed era rimasta tutta
la notte in guardia. Non aveva mai pensato cha Aragorn avesse dormito in quelle
ore. Ma il cielo era limpido e le stelle argentee. Era questo ciò che amava.
Fissò per qualche istante la sua spada nel fodero.
“Presto ti darò ciò che vuoi” sussurro mentre la
carezzava . l’alba brillava, rossa e luminosa
“Un nuovo giorno” disse Aragorn alzandosi e cominciando
a mettere nei sacchi tutto ciò che si erano portati dietro.
“Già in piedi?” chiese Leannel
“Non sarà certo colpa mia se arriveremo più tardi.
Quindi partiamo”
“Giusto. E poi che senso avrebbe rimanere ancora
qui se nessuno di noi ha bisogno di dormire?”
“Allora si parte”
Non c’era nulla da fare. Leannel si stava
inevitabilmente innamorando del suo compagno. Ma, da sola, non avrebbe mai
potuto riconoscere questo sentimento.
Gli si stava affezionando con una velocità
impressionante. Pareva quasi aver perso quel controllo pressoché totale che
aveva delle sua emozioni. Ma non poteva rendersene conto. La felicità anche se
solo superficiale ed apparente, l’aveva così incredibilmente rilassata. Non era
più guardinga ed attenta. Sentiva che questo avrebbe finito per distruggerla.
Ma era troppo tranquilla per rendersi completamente conto o per reagire.
Le giornate passavano veloci. I due compagni
apprezzavano l’uno la compagnia dell’altro. Leannel scoprì molte cose sui re di
Gondor e su ciò che accadeva nelle terre degli uomini. Riuscì ad avere la
certezza che Aragorn e suo fratello si conoscessero. Avevano combattuto assieme
contro degli orchi una volta. E Legolas gli aveva perlato di lei.
“Ne parlava spesso” disse Aragorn “della sua strana
sorella”
“Vorrà dire che quando tornerò casa me la prenderò
con lui per non avermi informato dell’esistenza dell’erede”
Aragorn aveva preso a cavalcare più velocemente. Il
suo cavallo era divenuto più forte e lui più resistente. Nemmeno lui aveva
paura della morte. Ma non la cercava. E la differenza principale tra i due era
proprio che Aragorn era indissolubilmente legato alla vita. Per mezzo di Arwen.
E nonostante ogni giorno di viaggio Leannel si
rendesse forte di quanto l’amore tra i due fosse forte non riusciva ad essere
felice né per l’uno né per l’altro. Forse era solo invidiosa. Invidiosa del
loro legame. O forse per molti altri motivi. Ma Leannel non provava nemmeno a
capire cosa fosse.
Durante i due giorni successivi i due cavalcarono
veloci e senza sosta. Senza fermarsi quasi neanche per mangiare e dormire. Non
ne avevano bisogno. Da elfo e uomo si erano trasformati in due macchine
progettate per la guerra. Instancabili. Forti. Incorruttibili. E durante ognuno
di questi giorni Leannel comprendeva sempre più che non c’era alcun dubbio
sull’identità di Aragorn. Gandalf aveva avuto ragione anche su questo. Leannel
pensava che se prima sarebbero arrivati in due settimane, ora l’avrebbero fatto
in dieci giorni.
Sesto giorno di viaggio. Era mattina. I due si
ritrovarono ben presto in un luogo in cui Leannel, coi suoi occhi di elfo
riusciva a vedere piuttosto distintamente Isengard.
Non ne parlò col suo compagno, ma si accorse che il
verde giardino che la circondava era molto cambiato dall’ultima volta che
l’aveva visitato. Si era fatto grigio e vuoto. Ma non sarebbe riuscita a pensar
male di Saruman il bianco o dalla sua dimora. Non prima del settimo giorno
almeno.
Aveva avuto occasione di incontrare il bianco. La
prima, quando era veramente piccola ed egli era venuto da suo padre e le aveva
parlato. Era passato molto tempo e Leannel aveva dimenticato le sue parole. Non
la sua voce. Così profonda e saggia, come neppure quella di Gandalf.
E infine una seconda, con Gandalf, a Isengard. Lo
stimava ma non lo aveva più visto.
Leannel si accorse che i suoi occhi non le avevano
mentito, ma le avevano rivelato una meta incredibilmente lontana. Anche al
calare del sole non riuscirono a trovarsi molto vicino al palazzo nero.
Due ora dopo il tramonto decisero di fermarsi ed
accesero un piccolo fuoco.
“Questa notte non ti permetterò di lasciarmi a
letto come ieri”
“Allora vorrà dire che rimarremo svegli attorno al
fuoco in due”
“La nostra sosta è inutile”
“Rimarremo fermi solo un paio d’ore”
Così un uomo ed una donna sedevano attorno al
fuoco. Bellissimi e tristi in una notte di ottobre. Leannel guardava le stelle
quando le venne in mente il viso di dama Arwen.
“Dev’ essere bello” mormorò “amare qualcuno”
“Perché tu mi parli di amore?”
“Perché non ne ho mai provato”
“Non pensare ciò che non è vero”
“Come fai a sapere ciò che è vero o ciò che non lo
è? Tu non mi conosci”
“No, non è vero. Per uno come me non è stato
difficile conoscerti. Come per te nei miei confronti del resto.”
“Hai ragione, l’ho conosciuto; attraverso gli occhi
di mio fratello. Ma il mio cuore non ha mai amato”
“Tu sola lo pensi. Cosa credi che sia l’amore?”
“Se sapessi cos’è allora dominerei il mio cuore”
“Certo che lo sai. Tutti lo sanno. È scritto nel
cuore di tutti.”
“Non mi conosci. Non sai niente”
“Non conoscerò te ma conosco Legolas. Lui ti ama
quasi come la sua ragazza.”
“Quello non è amore. È mio fratello”
“Il legame tra te e la persona che ami è
indifferente. Indipendentemente da ogni legame di sangue”
“Tu non
hai fratelli”
”E tu non hai mai amato”
Leannel non rispose. Si trasse indietro, come
bruciata.
“Le due ore sono passate. È il momento di andare”
disse Aragorn sbrigativo.
I due montarono a cavallo, silenziosi. Leannel era
infatti una persona particolarmente orgogliosa. Il fatto che le venisse
contrariato qualcosa… era permesso solo a Gandalf. Maledizione.
Sempre in silenzio cavalcarono fin quasi sotto
Isengard.
“Siamo arrivati piuttosto avanti oggi” disse
Aragorn che non amava la tensione che si era venuta a formare “potremmo
fermarci qui, vicino alle porte di Isengard”
“Avevamo detto di non aver bisogno di fermarci”
“Io ho bisogno di fare una sosta, ti dico”
“E si. Fermiamoci” scesero dai cavalli che legarono
ad un albero secco, vicino al quale Aragorn accese un fuoco. Aragorn obbligò
Leannel a rispettare i turni di guardia. Anche se il suo senso dell’onore la
portava a negare il riposo, tutte le attenzioni che Aragorn le aveva rivolto la
toccarono e decise di fare ciò che le era stato chiesto.
“Tu fai il primo turno?”
“No tu. Due ore”
“Va bene. ‘Notte Aragorn”
L’uomo si coricò velocemente. Forse era riuscito a
far tornare tutto come prima…
Secondo turno di guardia. Aragorn sedeva accanto al
fuoco, fumando dell’erba pipa, portatagli da Gandalf, qualche tempo prima. Guardava
il niente canticchiando qualche strofa in elfico. E la pensava. La pensava
quasi sempre ormai. Era arrivato a sperare di non aver mai incontrato
quell’amore, così forte e devastante, ma anche così vincolante. E poi era
arrivata Leannel che aveva aggiunto dubbi alla sua mente. In più di un senso.
Ma era così bella che le avrebbe potuto perdonare qualunque cosa. Rise. Non
sapeva perché ma rise. Aveva forse trovato qualcuno ancora capace di scalfire
il suo cuore?
Il suo turno di guardia era giunto a metà. Aragorn
aveva ragione di credere che Leannel fosse riuscita ad addormentarsi.Si alzò in piedi accertandosi delle sue
convinzioni. Leannel era piuttosto tranquilla mentre dormiva. Dico piuttosto,
perché a dire il vero Aragorn non credeva che neppure nel sonno Leannel potesse
essere tranquilla o angelica. Dormiva scompostamente. Ma almeno dormiva. Ed
Aragorn non l’aveva mai vista dormire.
Ma in quell’istante Aragorn sentì un rumore dalla
boscaglia. E sperò con tutte le sue forze che non fosse stato provocato chi o
cosa pensava.
“Come diavolo fanno ad essere orchi sotto
Isengard?” disse. Ma non ebbe tempo di darsi una risposta. Perché nel giro di
pochi istanti una decina di orchi gli furono addosso. E Leannel dormiva ancora.
Aragorn iniziò a combattere. Cercava con tutte le
sue forze di fare in modo che gli orchi si volgessero contro lui stesso. Non
dovevano vederla. Trafisse un primo orco col piccolo pugnale elfico che teneva
nel fodero destro. Sfoderò la sua lunga lama argentea ed iniziò a combattere sul
serio. Credeva di essere riuscito a fare in modo che gli orchi non
vedesserocolei che incredibilmente non
era ancora stata svegliata. E quando lo fece accadde il peggio. Leannel era
così orgogliosa ed assennata. Aprì gli occhi e si alzò in piedi. Ed in questi
soli infinitesimali secondi, il più grosso degli orchi, uno come Aragorn non si
ricordava di averne mai visti, le fu sopra e le puntò al collo la spada
orchica.
“Ma guarda che bell’ospite ha il nostro uomo!”
disse con voce crudele e fredda “ti ucciderò con gioia, Elfo!” gridò. La lama
era sempre più vicina al collo di Leannel che era rimasta ferma ed immobile. Ma
in quello stesso istante, Aragorn lanciò lo stesso pugnale elfico contro la su
schiena e questi si accasciò a terra. Leannel lo guardò. Lanciò uno sguardo
acido epieno di risentimento ad
Aragorn, che non lo comprese. Uccisero fino all’ultimo di quegli esseri fetidi.
“Guarda. Garda cos’è disegnato sui loro elmi”
“La bianca mano… Che significa?”
“Significa cha abbiamo sempre meno alleati” gli
rispose la donna elfo, ma la sua voce suonava come un’eco, ed era lontana.
“Leannel” disse lui afferrandole il braccio “ che
ti prende?”
“Davvero non lo sai? Hai fatto ciò che di peggio
non avresti potuto”
“Ma che diavolo… “ Aragorn non riusciva a capire
“Mi hai salvato la vita! Ma che ne vuoi sapere tu
stupido sciocco mortale!”
“La vita…”
“Non ti fidi di me? Non vi fidate di me! Gandalf mi
ha allontanato solo perché gli facevo pena”
“Che stai facendo Leannel?”
“Non mi vedi? Me ne sto andando” e così era.
Leannel, empia d’ira fino a scoppiarne, stava salendo su Berehid, raggruppata
tutta la sua poca roba.
“Non fare ciò di cui ti pentirai! Tu stessa hai
detto che attendevi da anni un’occasione come questa”
“Non è vero! Io non ho mai detto niente del genere!
È stato Gandalf! È stata la pena!”
“Come farò da solo? E tu dove andrai?”
“Sei un guerriero migliore di me come abbiamo
potuto notare” disse finalmente alzatosi sul cavallo “ed ora me ne tornerò a
casa, dalla quale mai mi sarei dovuta allontanare. Lì potrò tornare a
deprimermi. Da sola. Va Berehid, va!” disse e se ne andò correndo a cavallo.
Aragorn rimase solo ed incerto nella notte fredda,
sottola torre d’Isengard.
Cavalcava silenziosa nella notte. Era colma d’ira.
Le guance le bruciavano. Le bruciavano davvero tanto. Erano anni che non si
arrabbiava così. Era destino che tutto ciò in cui credesse andasse a finire
male. Bruciavano. No, non poteva abbassarsi ad arrabbiarsi. Non poteva. Non
doveva. Fu in quel momento che qualcosa di freddo, una goccia gelida, sfiorasse
quelle guance incandescenti. Una soave freddura. Ma fu solo quando si accorse
di cosa fossero che Leannel sentì che avrebbe dovuto fermarle. Erano lacrime.
Lacrima di cosa?
‘Una lacrima di rabbia’ si disse. Doveva
convincersene. Ma non era così. Una lacrima di rabbia avrebbe bruciato più
delle guance stesse. Non era rabbia. Era dolore. Dolore? Non era Leannel ad
essere immune al dolore? Non era sempre stata lontana e distante dal mondo? Non
poteva lasciare che i sentimenti la sopraffacessero. Non Leannel. Non poteva
permetterselo. Non poteva perdere il controllo. Non doveva.
Ma si rese conto che quella volta non sarebbe
riuscita a controllarsi. E quindi una domanda le venne spontanea
‘Perché?’ si disse. Perché? Fermò Berehid nel mezzo
del bosco nella notte fredda e scura.
Che fosse quello?
Fosse davvero quello?
E se fosse stato davvero amore? No non era
possibile. Non Leannel. Di chi? Di Aragorn? Non era possibile.
Ma in quel momento Leannel si accorse di aver
bisogni di vederlo, di respirarlo, di sentirgli dire parole sagge. Perché di
Aragorn? Non proprio lui. Non era il suo uomo. Era di Arwen. ‘Te lo sei scelto
buono’ le aveva detto. Che sentimento orribile era l’amore. Ma non riusciva a frenarlo.
Le pulsavano le vene della fronte. No, non poteva amarlo. Non poteva essere
davvero quello l’amore. Lo odiava. L’aveva tolta alla morte senza alcun
ritegno. Sapeva quello che Leannel avrebbe voluto. E non l’aveva rispettato
trattandola come una stupida bisognosa d’aiuto. Faceva male. Lacerava il cuore.
Lo distruggeva. Solitudine. Vuoto. Paura.
“Cosa diavolo fai stupida? Non saprai mai quello
che cerchi!”
dopo un buon quarto d’ora di niente, Leannel pareva
essere tornata sulla terra. Aveva riconquistato parte della sua freddezza. Una
goccia. Un’altra e così via. La pioggia cadde fitta e veloce dal cielo
risvegliando Leannel da quell’abisso che erano i suoi pensieri.
Chiuse gli occhi e lasciando che l’acqua le
scivolasse sul viso, alzò il volto al cielo. E fu quando gli riaprì che
credette di aver capito.
Tutto le sembrò semplice e leggero. Sul petto non
gravava alcun fardello e nessuna pena.
“Andrà tutto bene” si disse. In quel momento capì
che non era più importante il suo amore e la sua fama. Era importante solo la
sua felicità. Eimmaginò tutto quello
che nel profondo del suo cuore aveva sempre sognato. Immaginò di stare accanto
all’uomo che amava. Immaginò la sua vita felice. Immaginò di non dover portare
più alcun fardello. E improvvisamente prese a ridere sotto la pioggia, in sella
al suo Berehid.
“Torniamo da dove siamo venuti, mio caro” gli disse
“saranno passate tre ore” si sbagliava. Ne erano passate sei.
Accadeva di nuovo. Le guance di Leannel bruciavano
e le lacrime le raffreddavano. Ora meno di prima riusciva a controllarsi. Un
dolore profondo e lacerante. Vuoto.
“E’ tutta colpa di Gandalf. Lui lo sapeva” mormorò
tra le lacrime “quello stupido vecchio! Mi ha tradita! Lui lo sapeva!” ma si
rese presto conto che Gandalf l’amava e non le avrebbe mai fatto del male.
Le lacrime non cessarono né in un’ora né in un
giorno. Leannel cavalcò attraverso pianure e montagne senza mai fermarsi, né
mangiare, né dormire. Vide tre albe e tre tramonti. Alla quarta alba giunse
stanca e sporca dinnanzi alle mura di Gran Burrone.
“Chi è là?” chiese la guardia elfica
“Se te lo dicessi non mi crederesti” rispose
Leannel “sono amica di Mithrandir e di tutti i tuoi signori”
“Mi spiace ma io non pos…”
“NO!” disse una cristallina voce di donna “la
conosco Ethulie. È una mia amica. È Leannel di Bosco Atro”
“Mia dama Arwen…” disse Ethulie sconcertato
“Lasciaci sole ora” riprese la principessa di Gran
Burrone. La guardia lasciò passare Leannel e le due si sedettero alla fresca
ombra di un albero.
“Cosa è successo Leannel?” chiese Arwen triste. In
effetti Leannel era molto diversa dall’ultima volta che l’aveva vista.
Incredibilmente magra e dall’aspetto malaticcio. Gli occhi rossi e gonfi e le
guance sporche rigate dalle lacrime. Non che in tutto questo avesse perso di
bellezza o splendore.
“Non è successo nulla, Arwen”
“E Aragorn? Dov’è Aragorn?”
“Aragorn sta bene. Io sono tornata per riferire
alcune risposte ai nostri signori”
“Bene. E quali sono le notizie che ci porti?”
“Non è a te che devo riferirle” disse Leannel
acida, che si accorse di star esternando i suoi sentimenti “dammi dell’acqua
calda e dei vestiti puliti”
Leannel si lavò e si cambiò d’abito. Solo
successivamente si presentò a Gandalf che leggeva nelle biblioteche.
“Non mi convince per niente, Leannel” disse prima
che lei avesse il tempo di presentarsi ”il fatto che tu sia tornata sola. Che è
successo? Le risposte che ha potuto portarmi Arwen non mi hanno convinto. Il
tuo viso ancor meno. Da tempo non vedevo tanto dolore nei tuoi occhi”
“”Tu lo sapevi” disse lei sottovoce, mentre con una
mano chiudeva la porta “che me ne sarei innamorata”
“l’ho immaginato. Ma fino ad ora ho sperato che non
accadesse”
“E invece è successo. Ed è uno dei dolori più
grandi che io abbia mai affrontato”
“Non eri ancora pronta… ed Aragorn? Perché lo hai
lasciato indietro?”
“E’ stato ferito. Non sarebbe mai riuscito a
cavalcare”
“Non volevi più vederlo.” Disse Gandalf tristemente
“povera piccola Leannel. Potrai mai perdonarmi?”
“Non so se lo potrò. Per lo meno ora so per certo
che l’amore è sofferenza, come tutto il resto, e mai più lo cercherò”
“Non
dire cose come questa, mia cara, non dirle. Tu cerchi di farti del male da
sola” “Vedila come vuoi”
“E della tua missione? Cosa mi dici?”
“No riuscimmo a giungere dove ci eravamo
predisposti. Poiché non ce ne fu bisogno. Fummo attaccati sotto Isengard da un
gruppo di grossi e strani orchi. Ed essi portavano in viso la bianca mano.”
“Saruman? Non è possibile… spero con tutte le mie
forze che tu ti sbagli, Leannel”
“Anche io”
“Ed ora cosa farai?”
“Tornerò a casa sola. Come ne sono partita”
“Alla prossima Leannel.
“ si voltò e fece cenno con la mano, avviandosi
alle stalle con passo veloce
“Tornerai peggio di come ne sei partita. Povera
cara Leannel”
Usci dalla biblioteca dove sedeva Gandalf. Non si
sentiva affatto sollevata. Anzi si sentiva oppressa dal peso delle sue azioni.
Da tutto quello che sarebbe accaduto ora, tornando a casa.
Non avrebbe detto nulla. Non avrebbe parlato ad
anima viva. Nessuno si sarebbe accorto della differenza. Legolas o Miriel o al
massimo Reimer, ma con poche parole sarebbe riuscita a liquidarli tutti e tre.
Non aveva bisogno di aiuto né di sostegno. Aveva
solo bisogno di un lungo periodo di solitudine. E di tornare a casa.
Giunta nelle stalle montò sul suo Berehid.
“Su bello mio, portami a casa” gli sussurrò
all’orecchio.
Aragorn aveva toccato le corde più deboli
dell’anima di Leannel,spezzandole. Ed
era normale per una come lei, pensare che non si sarebbero più riaccomodate. Le
faceva male la testa ed il peso sul petto era sempre più pesante. Temeva che
ora avrebbe cominciato a cadere… cadere nel vuoto… nel nulla… nell’oblio…
Temeva che non avrebbe resistito fino alla fine. E infatti lo sentì.
‘Noi non siamo come gli altri’ diceva la voce
stridula di una donna terrorizzata ‘noi siamo più deboli Leannel’. Lo sentì. Il
suo cuore presea battere sempre più
lentamente… più lentamente… fino a fermarsi. Ma in quel momento Leannel si
svegliò bruscamente dal suo incubo. Stava cadendo da cavallo.
“Non è possibile che sia io a cadere!” disse “Su
stupida e debole! A casa ora!”
Al calar del sole Leannel riuscì ad essere alla sua
dimora. Il mantello nero le copriva il volto scavato.
“Chi sei viandante?” disse la guardi alzando lo
sguardo e sfiorando la spada
“Giù le armi Amreth. È la tua signora che ti parla”
“Mia cara dama Leannel! Perdonatemi!” e la lasciò
passare. Ma non si biasimò per il non averla riconosciuta. Leannel era magra e
stanca. Amreth non volette immaginare le reazioni del principe Legolas alla sua
vista.
Ed infatti così accadde. Leannel scese nelle stalle
e lasciò Berehid. Gli diede del fieno da magiare. E fu lì che Legolas la
rivide.
“Mia cara Leannel. Mi avete mentito. Non è che un
mese che sei partita. La mia scusa è stata esagerata.
“Beh vorrà dire che nostro padre sarà felice di
vedermi” rispose con tono acido e freddo allo stesso tempo “almeno lui”
mormorò. Legolas non era maistato uno
stupido. Ed era ora diventato ancora più saggio. Aveva nel sangue una regalità
ed una saggezza non comuni. Oltre che una bellezza.
Comunque per lui leggere nella mente della sua
difficile sorella non era affatto facile.
“Cos’è successo laggiù Leannel?”
“Buio e gelo”
“Parla Leannel!” gridò Legolas afferrando le spalle
della sorella i quali occhi erano divenuti rasseganti ed inespressivi.
“Sto vivendo una bugia. Dentro non c’è niente”
“Smettila di vaneggiare Lea! Tu non sei una debole!
Non sei come lei!”
“Dietro il sipario della pantomima fermate la
recita, c’è ancora qualcuno che voglia sopportarla?” rispose “Si che lo sono,
fratello mio. Sono una debole”
“Chi è stato chi ti ha ferito così profondamente?”
“Non ti rivelerò il suo nome, Legolas. Ti chiedo
solo di lasciarmi in pace. Torna dalla tua Miriel, ora” così dicendo si
allontanò.
“L’amore può cambiare la tua vita, ma può anche
spezzare il tuo cuore” disse Legolas oramai solo nelle grandi stalle.
BENE bene BeNe… se siete arrivati qui allora o
siete dei pazzoidi o siete dei geni (o entrambi…)!!!
Vi ingrazio per esserci arrivati, davvero. Sono
felice che mi abbiate seguito fino a qui perché se adoro scrivere le vicende di
questa pazza psicopatica che è Leannel, è anche piuttosto faticoso (anche se
devo ammettere che scrivere in classe mentre la prof spiega è stupendo… Si,
sono così malata da scrivere anche a mano).
Questa, si può dire la parte più movimentata del
racconto. Leannel è in continuo movimento e gliene capitano molte. Approfondirò
anche i suoi quattro amiketti, sui quali ho già in mente una nuova bella FF x
voi. In effetti la mia produzione è repentina… siccome mi diverte, continuerò
il giochino delle citazioni (ma nessuno mi dice donde vengano???).
Sto riflettendo sul come farle incontrare Faramir,
che per mio immenso dispiacere non posso piazzare in molti posti. Anche su lui
ho intenzione di scrivere qualcosa (a parte Una Sola Strada, che mi è piaciuto,
ma era corto). Lea sarà sempre più depressa, non temete nella prossima parte
riuscirà a trovare la felicità, anche se in un modo che molti mi contesteranno,
anche se io ,o trovo immensamente poetico e perverso allo stesso tempo, come
Leannel stessa del resto.
Ma basta coi discorsi filosofici…
With love
Zoozy
A tutti quelli cui sembra che nulla vada per il
verso giusto
A tutti quelli che cercano la loro sola strada
A tutti quelli che cercano convulsamente risposta
alle loro domande senza trovarla se non in uno scritto
Grazie per permettermi di dare un perché al fare
quello che amo
Passarono alcuni anni. Dico alcuni, ma a chiunque
sarebbero parsi molti. Ma siccome non era una qualsiasi persona, ma un elfo,
per lei quegli anni passarono velocemente. O avrebbe dovuto essere così. Perché
ogni giorno pareva lungo come un anno.
Le cose erano peggiorate notevolmente dopo la
storia di Aragorn. Leannel si era resa più solitaria e chiusa che mai. E
Legolas, che ormai si comportava come se fosse stato lui il maggiore, diventava
sempre più preoccupato.
Diviso tra due fuochi. Da una parte Miriel, bella e
dolce, che non aveva mai smesso di amare e che non lo aveva mai abbandonato;
dall’altra Leannel, che si era avvicinata al baratro in più di un’occasione
solo nel corso di una quarantina d’anni. Poiché era questo il tempo passato.
Miriel non era molto incisiva. Le parlava facendole
forza e la riavvicinava alla vita, ma il più del tempo la osservava da lontano
chiedendosi il perché della sua tristezza.
Dei quattro suoi compagni, almeno all’apparenza,
solo il freddo Talmaye era giunto vicino alla verità. Ma appunto per la sua
freddezza non le rivolse che le poche, indispensabili parole. L’amava
profondamente ma avrebbe eseguito ogni suo ordine. E Leannel gli ordinò di‘cercare di usare la sua intelligenza in
modo più utile’ . lui obbedì.
Morien era incredibilmente profondo e sensibile, ma
anche troppo dolce, tanto che a chi non sapesse leggere nel suo cuore poteva
parere uno stupido. Ma non era così e empatizzava tutto ciò che Leannel pareva
provare. Cercava di farla tornare, non felice ma quello che più ci si
assomigliava, come prima. Ma senza alcun risultato.
Talmaye non era dotato di particolare intelligenza,
ma come agli altri suoi compagni, Leannel gli era immensamente cara. E siccome
sapeva essere divertente ed era un po’ arrogante, ma onesto e sincero, non fu
mai da meno dei suoi compagni. Anzi, come avremo modo di constatare in seguito
spesso dalla sua influenza dipesero molte cose.
E poi c’era Reimer. Reimer era differente da ogni
altro. Forse egli era l’unico che riuscisse a comprenderla profondamente. Era
silenzioso e solitario e nessuno sapeva niente del suo passato. Ma Leannel era
convinta che anche lui avesse sofferto come o più di lei molto tempo prima. la
sua reazione era stata differente da quella di tutti gli altri. Le parlava di
rado e le rivolgeva parole severe. Eppure Leannel apprezzava lui più di ogni
altro apprensivo Morien. E proprio da Reimer partirà il nostro discorso.
Reimer camminava veloce e sicuro nei grandi
corridoi del palazzo. Vestito di stoffe scure e di pelle, corvini i suoi lunghi
capelli. Gli occhi pure, neri e severi, ma sofferenti allo stesso tempo. Una
grossa cicatrice era apparsa sotto il suo occhio destro molti anni prima.
pareva che nemmeno lui fosse in particolar modo legato alla vita. Ma spesso
l’apparenza inganna.
Anche lui assomigliava molto al suo capitano,
Leannel, ma era duro, forte e freddo. Pareva che avesse visto l’inferno e ne
fosse tornato. E una nuova luce brillava nei suoi occhi.
Si avvicinò alle stanze di Leannel. La porta
d’ebano, finemente decorata, apparve dinnanzi ai suoi occhi.
“Leannel!” disse ad alta voce “ti vuole tuo padre!
Esci! Leannel! Leannel?”
ma il suo capitano non poteva sentirlo. Era seduta
in silenzio sullo stesso salice piangente, ormai grande ed imponente.
“Maledizione” mormorò. Dando prova del fatto che i
suoi modi potevano essere sia perfetti e meticolosi, che affatto dolci, Reimer
tirò un calcio alla porta, costringendola ad aprirsi. Attraversò la grande
stanza fino a giungere al balcone.
“Ho detto, Leannel” disse sempre gridando “che tuo
padre ha chiesto di vederti!”
“Sto arrivando Reimer” rispose Leannel con tono
blando.
“No, tu non stai arrivando. Tu arrivi. Non me ne
andrò se tu non sarai con me”
Leannel bofonchiò, ma scese e si avvicinò al
compagno.
“Bene” disse “spero che ci sia un motivo se mi hai
disturbato”. Reimer non aveva mai sopportato l’atteggiamento non curante ed
arrogante di Leannel. Sapeva bene che lei non era così.
“Non comportarti da stupida” Leannel annuì
debolmente “ricordi quel essere orrendo che il grigio ci consegnò, qualche
tempo fa?”
”Si, Gollum”
“Esatto. Tuo padre l’ha consegnato nelle mani di
Talmaye e Morien”
“E che è successo?”
“Li hanno assaliti. Degli orchi. E in quel mentre,
Gollum è fuggito”
“Quindi?”
“Tuo padre manderà uno di voi da Elrond. Egli ha
intenzione dimandare un gruppo di
guerrieri nella terra del nemico”
“Vuole distruggere il flagello. Lo ha trovato”
“Si, l’ho pensato anch’io. Non penso affatto che
abbia intenzione di mandare te”
“No, non lo speravo. Manderà Legolas”
“Ma tu andraia cercare Gollum. Partirai oggi stesso. Con te sarà Aragorn, Leannel”
“Aragorn? Lo avete fatto apposta?”
“Non pensare nulla del genere. Non puoi farlo. Non
ne hai il diritto”
“Ma è così, lo è sempre stato. Non c’è nulla da
fare, Reimer”
“Non sentirti perseguitata. È il normale corso
delle cose. Ora la vita l’ha solo un po’ con te”
A quelle parole Leannel si destò. Mai Reimer era
stato così saggio e dolce.
“Forse hai ragione. Ma ora continua”
“Non so quali saranno le decisioni di tuo padre, ma
ti prego, non fare cose stupide” era tornato freddo e severo.
Camminarono per qualche altro minuto. Fino ad
arrivare alla grande porta azzurro argentata. Leannel trasse un profondo
respiro prima di entrare. Reimer rimase vicino alla porta, tenendosi in
disparte.
Quello che accadde in quelle stanze è già narrato
altrove, per cui non sarà ripetuto. Nel prossimo capitolo sono descritte le
conseguenze delle scelte di sire Thranduil.
Capitolo 22 *** Si deve fare quello che si deve fare ***
-Parte terza-
-Parte terza-
Capitolo II _ Si deve fare quello che si deve fare
_
Anche se era quello che i suoi occhi le dicevano,
Leannel non aveva alcuna intenzione di scappare via piangendo. Non l’aveva mai
fatto davanti a Legolas e non l’avrebbe fatto ora, per un motivo, agli occhi
degli altri, così apparentemente stupido.
Come lei stessa aveva potuto prevedere, non sarebbe
andata a Gran Burrone e poi a Mordor. A lei era stato assegnato il compito di
cercare nuovamente, e quasi sicuramente senza esito, l’orrenda creatura Gollum.
E ad accompagnarla, sire Aragorn. Comprensibile il fatto che a Leannel non
piacesse affatto questa posizione di suo padre.
Abbassò la testa
“Mi ritiro” disse andandosene con passo veloce.
Appena uscita dalla stanza colpì con un pugno le grosse mura di legno, tentando
invano di soffocare il grido di cui avrebbe avuto bisogno. Reimer la osservava
nell’ombra, silenzioso come la notte.
“Cosa fai Leannel?”
“Odioso! Mi odia! Ed io odio lui! stupido vecchio!”
“Non parlare così di tuo padre. Egli vuole soltanto
il tuo bene”
“Il mio bene… vuole mandarmi in una inutile
missione secondaria insieme all’unico uomo che non voglio vedere!”
“Lui non sa. Come tutti gli altri del resto. Ti ama
più di chiunque altro”
“Se mi ama veramente, allora farebbe meglio a
conoscermi!”
il suo tono di voce si eraalzato
notevolmente mentre sbatteva la porta della stanza, lasciando Reimer fuori,
solo.
“Fammi entrare!” gridò
“Non ne ho alcuna intenzione!” disse lei che si era
seduta sul grande letto blu
“D’accordo, me ne vado…” rispose “Stupida bambina
viziata” aggiunse in un tono immensamente più basso.
Camminò qualche metro, finché incontrò i suoi tre
compagni
“Che è successo Reimer?” disse freddo Talmaye
“Penso il peggio che nostro sire potesse fare”
rispose Reimer
”Leannel non ce la farà ad andare”
“No, Tal, penso di no”
“Allora dovremo andare ad aiutarla” disse Morien
preoccupato
“Fate come volete. Io per me ho già fatto abbastanza.
La lascerei sola. Ma, come preferite.” Così Reimer si allontanò lentamente
Salmaye, che non aveva aperto bocca, Talmaye e
Morien decisero che sarebbero andati alle stanze del loro capitano.
“Capitano? Capitano! Leannel!” disse Talmaye
bussando convulsamente
“Cosa volete?” rispose lei, ma la sua voce era
stanca e debole.
“Reimer ci ha detto di te. Sono qui solo perché c’è
mio fratello”
“Grazie davvero, il tuo interesse mi sconvolge”
disse lei in tono sarcastico
“Se tu non mi avessi interrotto, le mie parole
sarebbero state ‘Per favore Lea non fare stupidaggini’, ma siccome il mio
interesse ti sconvolge, credo proprio che le terrò per me”
“Grazie” mormorò Leannel, mentre Talmaye sorrideva
allontanandosi. Sapeva bene di essere molto bravo con le parole.
“Lea? Lea, sono Morien! Ascoltami Lea, ti prego, fa
quello che ti ha detto Tal! Cosa possiamo fare noi soli senza di te? E poi si
tratta solo di un viaggio mancato!” Leannel rise. La dolcezza e
l’inconsapevolezza di Morien la sconvolgevano. E le facevano sentire quanto i
suoi compagni l’amassero. Ma in tutto questo non riusciva ad essere felice.
“Vattene Morien!” disse “Voglio rimanere sola
adesso! Non partirò per nessun viaggio! Non parlerò, non parlerò e non dormirò.
Rimarrò qui, sola fino alla fine dei tempi. L’unica cosa: salutatemi Legolas”
“Ora basta!” grido Salmaye. Stava esplodendo. Una
persona piuttosto impulsiva. “Ora basta Leannel! Non fare la vigliacca perché
non lo sei! Non so cosa sia successo quando partisti in viaggio quarant’anni
fa, non sono abbastanza intelligente per capirlo! Ma so che questo non può
fermarti! Nulla ti può fermare Lea! Sei maledettamente forte, Leannel! E poi
chi era, chi era Leannel, che quando ero bambino, mi prendeva sulle ginocchia e
mi diceva ‘ I veri eroi fanno sempre quello che devono fare. Si deve fare
quello che si deve fare ’Capisci? Si
deve fare quello che si deve fare! Non tirarti indietro!” ma si rese conto di
aver esagerato e si allontanò con passo veloce, seguito da quello sicuro di
Talmaye e da quello sconcerto di Morien.
Passarono pochi minuti. Leannel era rimesta sole,
ginocchi al petto e testa tra le mani. Fremeva di rabbia e paura. Salmaye aveva
detto quello che andava detto, più di Talmaye, con la sua intelligenza, o di
Morien con la sua sensibilità. Non era particolarmente intelligente ma, come
già detto era impulsivo. Ed aveva colpito nel segno. Lasciando lacero il cuore
di Leannel.
“Leannel!” disse la voce chiara di un elfo “Lea
esci ti devo parlare!”
“Non ho voglia di parlare ora Legolas”
“Ma io entrerò ugualmente. Apri!”
“Hai le chiavi in tasca, stupido!” era vero.
Legolas girò la chiave nella serratura.
“Lea!” disse lui vedendola “ che ti prende?”
“Non c’è ragione per cui io me ne vada”
“Non potrai restare qui. Tu hai bisogno di guerra”
“Non l’avrò. A te la guerra ea me l’incontrare l’unico che non vorrei.”
“Anche con me sarà Aragorn”
“La tua missione è alta ed importante. Non ci sarà
tempo per certe discussioni”
“Ascolta Leannel. So che no vuoi partire. Ma
conosco molto bene Aragorn. Tu hai bisogno di rivederlo. Vi chiarirete”
“Non posso parlargli. Con lui solo ho esternato i
miei sentimenti e con cosa sono stata ripagata? Mi ha distrutta”
“Nessuno è in grado di distruggere te mia cara
Leannel. Sei troppo forte” disse lui mentre l’abbracciava “nessuno può”.
“Tu credi?” disse lei, che non avrebbe mai creduto
del tutto alla sua parole
“Va alle stalle e parti”
“E tu cosa farai? Partirai?”
“Il mio cuore mi dice di non farlo, ma il mio
cervello che non ci sono altre possibilità. Vorrei che i nostri ruoli fossero
di nuovo invertiti”
“Il destino del mondo potrebbe dipendere da te
solo…” ma Leannel era già uscita dalla porta e si avviava alle stalle
“Fuori inizia ad albeggiare, ma dentro,
nell’oscurità, ancora anela ad essere libera” disse Legolas ormai solo.
Leannel era decisa a partire. Erano riusciti a
convincerla. Ormai era quasi giunta alle stalle. Reimer l’osservava da lontano,
sorridendo.
Giunse dove si era prefissa. Un nuovo cavallo ad aspettarla.
Il possente Berehid era morto anni prima. a lui era sovvenuto il primo cavallo
femmina che Leannel avesse mai posseduto. Oltre che il primo cavallo elfico. Il
suo nome era Freeda, dallo screziato manto bruno e bianco. Era forte e veloce,
ma al contrario della sua padrona non amava la battaglia. Era instancabile e la
sua volontà era ferrea. Era un destriero elfico emai avrebbe amato la sua padrona come uno di Rohan. Ma era un
dono del grigio. Pochi anni prima egli era giunto dicendo ‘ A te Leannel lascio
il mio ultimo cavallo, poiché per il prossimo che porterò tale nome sarebbe un
diminutivo atroce ’ .
“Su Freeda. Si deve fare quello che si deve fare”
Corse alla piena luce del giorno, giungendo ove
l’essere avrebbe potuto trovarsi, la notte del quarto giorno.
Sedette su un sasso e si preparò a cacciare
qualcosa che avrebbe mangiato. Catturò due conigli ed accese un piccolo fuoco.
E appena dopo averlo acceso non potè far altro che rimanere immobile a
fissarlo. A dire il vero non aveva affatto fame. Ma era stanca, anche se non
certo fisicamente, e rimase qualche istante in silenzio con gli occhi
socchiusi.Fin quando il passo sottile
e velato di un cavallo elfico interruppe i suoi pensieri.
“Salve figlio di Numenor”
disse Leannel
“A te Leannel. Quanto
tempo che non ci vediamo nove, dieci anni?” rispose Aragorn
“Quanti anni hai ora
Aragorn?”
“Ottantatre “
“Allora ne avevi
quarantatre ”
ma era come Aragorn
temeva. Era stanca. Non aveva voglia di parlare. Non aveva voglia di parlargli.
Era pienamente consapevole di averla distrutta. Ma Leannel era orgogliosa e mai
lo avrebbe ammesso davanti a lui.
Anche di questo è già
stato parlato altrove. Altrove si soloparla di una certa discussione, di carattere principalmente filosofico
che affrontarono un uomo incerto e un’Elfa stanca della vita. Ma in
quell’occasione Aragorn decise che sarebbe stato più saggio non accennare a
quello che ora mi accingo a raccontare. Tratteremo della parte che strettamente
riguardo i loro soli sentimenti.
I due se ne andarono
presto a dormire, organizzandosi in veglie da due ore ciascuna. Ma entrambi
erano consapevoli che non avrebbero dormito senza parlarsi. A voi il gusto di
scoprire quando le parti da me ora raccontate furono realmente dette .
“Legolas mi ha riferito
che ti ho fatto molto male”
“Molto male?” rispose lei
con tono di scherno “Molto male? No Aragorn, non ti preoccupare, mi hai solo
privato della mia anima. Non ci sono problemi.”Aragorn la guardò assieme torvo e comprensivo
“Non è colpa tua è mia
Aragorn” ora Leannel era divenuta improvvisamente seria. Con la mano destra si
toccava la fronte.
“Non dire stupidaggini”
“Secondo te, se avessi
tutto quello che hanno gli altri, adesso sarei sola?”
“Non vuol dire che tu sia
sola, se nessuno viene a letto con te!” Aragorn aveva perso la pazienza. Non la
poteva sopportare. Così bella e così perfetta. Eppure sembrava non essere
adatta per quel mondo. E in lei rivedeva se stesso.
“Basta Leannel, Basta!”
riprese “ basta compiangersi! Se non puoi combattere come un uomo, allora che
t’importa? Sei migliore di qualunque altro uomo che vada in guerra! A breve tuo
padre se ne andrà all’ovest, e il tuo regno sarà tuo. Non può sembrarti nulla
questo! Avrai tutto il tuo tempo per..”
“ Tutto il mio tempo? Il
mio tempo sarebbe finito tempo fa se solo io ne avessi avuto il coraggio!”
“Quella sarebbe stata
vera debolezza! Non la tua!”
“Almeno sarebbe già tutto
finito…”
Aragorn socchiuse gli
occhi blu profondi e grigi come la tristezza, così placando la sua insensata
ira. L’unico senso che solo dopo riuscì a trovargli fu che in Leannel vedeva un
futuro se stesso.
Freddatosi, si avvicinò
per abbracciare colei che, se non fosse stato per un orgoglio fervente, si
sarebbe apprestata a piangere.
Ma sempre a causa del suo
orgoglio, Leannel sfoderò la sua spada, puntandola contro il collo del futuro
re di Gondor.
“Aragorn, figlio di
Arathorn, la mia speranza e la mia vita sono appese ad un filo da quando sono
nata. E tu violentemente hai tentato di spezzarle. Non lascerò che qualcun
altro ci provi. Rimarrò per sempre sola nella mia solitudine.”
“Non sei mai stata sola
nella tua solitudine. E non lo sei ora” disse Aragorn che spostava col dorso
della mano sinistra la lama di Leannel, abbracciandola “Non sarai mai sola! Non
posso dirti che ti amo e che rimarrò con te per sempre, perché non sarà così.
Perché ad un’altra ho donato la mia anima. Ma questo non vuol dire che tu sia
sola. Se io diverrò re e tu vivrai, avrai sempre un amico tra le aule di
Gondor”
“Ma come farò ora? Ora
Legolas partirà con te. Ed io sarò sola. E vi invidierò e vi odierò. Perché la
mia debolezza mi porterà di nuovo dove sono adesso. Sull’orlo del baratro.”
“No, non lo farà. Gandalf
dice che tra qualche tempo ci sarà una grande battaglia. A Gondor. Tuo padre
non ci sarà già più allora. E tu radunerai gli ultimi elfi rimasti sulla Terra
di Mezzo che hanno ancora la volontà di rischiare la propria vita per essa, e
verrai, e combatterai al mio fianco e a quello di Legolas” il viso di Leannel
era ormai tranquillo e dolce
“Ti ringrazio Aragorn,
davvero”
“Non mi interessa se la
pensiamo in modo differente quasi su tutto quello che c’è da pensare (NdA Vedi
Ricordi sul passo di Caradhras). Ti aiuterò sempre. Ma di amarti, non mi è
concesso”
“Mai dirò non ad un tuo
aiuto. Troverò altrove quello che cerco. Almeno così spero”
“Anche io spero con te”
Quindi Leannel salì sulla
sua bella, altezzosa Freeda e si alzò sulle gambe posteriori. Bella come mai
l’aveva vista, e disse
“Ascolta Aragorn: tu e
mio fratello partirete assieme. Mio unico desiderio è che lui possa tornare a
casa, vivo. Siccome io non potrò essere con lui, allora, tu ti assicurerai che
lo faccia. È un favore”
“Tornerà vivo. Mentre noi
due ci rivedremo a Minas Tirith , alla più grande delle battaglie.”
“A presto” disse la principessa,
correndo via, veloce come la notte.
Aragorn sentì come un
grosso peso levarglisi dal petto. Sapeva che Leannel non era affatto stupida.
Ed, anche se solo in parte, aveva visto nei suoi occhi accendersi quella stessa
luce che in così poco tempo era nata e morta quarant’anni prima.
Cavalcava tra l’alba e il
tramonto, senza capire cosa le stesse succedendo.
Il cuore pulsava, ma non
di rabbia, né di quel sentimento che fin’allora aveva creduto essere amore.
Sentiva nel profondo del
suo cuore di non essere più triste. Sentiva di non essere più sola. E poi c’era
qualcos’altro… Leannel aveva scoperto di poter sfiorare la felicità anche senza
ottenere quello che voleva. Oppure era proprio questo quello cui anelava? Che
cercasse solo un compagno dal cuore tormentato come il suo? Ma anche Reimer
l’aveva.
‘No, stupida. Reimer è un
elfo’ e fino a prova contraria a Leannel si addiceva più il travaglio della
stirpe degli uomini di quello freddo degli elfi.
Rise. Nessun pensiero
catastrofico o fatalista. Filosofia pura. Erano anni che non riusciva a pensare
a mente libera. Non ricordava quanto potesse essere piacevole non pensare
chea se stessi. A se stessi in tutto
il senso della parola. Non ai propri timori.
Sapeva già quello che
avrebbe fatto una volta giunta a casa. Avrebbe detto a Legolas di partire e si
sarebbe occupata di Miriel. E poi. Quando la battaglia fosse divenuta intensa,
sarebbe giunta coi suoi uomini più fidati eavrebbe riportato in alto il nome della sua stirpe. E lì sarebbe morta,
oppure sarebbe tornata e avrebbe scoperto l’amore vero. E forse allora avrebbe
trovato la felicità, vivendo con gli uomini e con quello che avrebbe amato,
governando sempre quelle terre. Aveva ripreso a sognare. Grazie ad Aragorn.
Le ore passavano veloci e
Leannel si trovò presto vicina alla sua dimora. Lì giunta, lasciò che Freeda
cavalcasse lentamente. Voleva godersi quelle terre. Voleva godersi le sue
terre.
Era impressionante quanto
potesseessere bello guardarle con
occhi felici. Così verde e bello da travolgerla.
Quando in lontananza vide
due figure conosciute. Due elfi. Uno alto e forte dai capelli neri come i suoi
abiti. L’altro più esile, dai capelli opachi. Entrambi erano su due cavalli,
uno bianco ed uno nero. Come le loro anime. Opposte eppure tanto simili. Morien
dei porti grigi e Reimer il senza dimora. Era sempre stato un profondo legame
ad unirli. Un legame che Leannel aveva elementi per comprendere affondo. Era
accaduto una fredda mattina di inverno. I cinque compagni erano alla battaglia
tra le fronde scure del bosco. Un’imboscata. Dieci orchi su quindici uccisi.
Gli altri fuggiti. Talmaye e suo fratello si apprestarono a seguire gli altri.
Leannel, Reimer e Morien rimasero soli all’accampamento. Morien era ferito
gravemente.
ripetè lui. Ma in quell’istante, Leannel era già vicina al corpo di
Morien che giaceva, svenuto. E gli aveva già tolto la casacca. E aveva visto
quello che non avrebbe dovuto. Morien non era un elfo. Era un’Elfa. Ma Leannel
non era una che faceva troppe domande
disse lui stesso.
Ma dimmi il suo nome>
Leannel non gli aveva mai
chiesto nulla. Molte ipotesi erano nella sua testa. In un primo momento che i
due fossero padre e figlia. Reimer era molto più anziano infondo. Ma Leannel,
con le sua conoscenze, ora riusciva a vedere molto più lontano di chiunque
altro. E non gli era certo sfuggito il fatto che tra i due vi fosse più di un
legame tra padre e figlia.
Ma stiamo divagando.
Era stato Reimer a
condurre Morien a Leannel, tanti anni prima, ed a convincerla a prenderlo
(prenderla?) con loro.
I due cavalcavano
sorridendo tra la boscaglia.
“Sono tornata presto!”
disse Leannel. Reimer si voltò e sorrise
“E’ vero, ci hai messo
poco” disse. Morien riuscì a cogliere negli occhi del suo capitano, quella che
riuscì a tradurre come sola gioia. E Morien, come già detto empatizzava ogni
sentimento di una persona a lui cara. Diede un piccolo calcio al ventre del suo
cavallo bianco e le corse in contro.
“Come hai potuto in soli
cinque giorni?”
“La mia missione si è
rivelata inutile ai suoi scopi”
“Ma non ai tuoi” disse
Reimer
“No, neppure a quelli.
Ciò non toglie che io sia tornata meglio di come sia partita” Reimer si stupì
perché Leannel sembrava migliore, sembrava più matura. Più tranquilla, più
severa. Più bella.
“Come va la vita
quaggiù?”
“Come l’hai lasciata”
rispose Reimer
“Pochi giorni non sono
nulla nella vita di un elfo” concluse Morien
“Allora forse io non sono
tale” disse Leannel, quasi parlando a se stessa
“Dove sono Talmaye e suo
fratello?”
“Non lontani. Sono
partiti assieme” Così i tre discussero per qualche tempo, cavalcando tra i
boschi.
Ma qualche ora più tardi
accadde che tutto tornasse ad essere, non più grigio ma nero. E senza toccare
lei direttamente. E Leannel avrebbe scoperto che il dolore attraverso chi si
ama poteva fare molto più male di quello diretto.
Un grido, gelido,
terrorizzato, orribile, spezzò la gioia che pareva aver attanagliato quelle
terre; irruppe nel cielo che pareva essere finalmente diventato azzurro.
A quel grido il sangue si
gelò nelle vene dei tre compagni. Vi si gelò perché tutti e tre conoscevano
quella voce ed avevano imparato ad amarla. Leannel non potè far altro che
vedere i dolci occhi di Miriel spengersi e smettere di guardare. Ed io suoi
profondi ed impenetrabili occhi blu smaltati di grigio si riempirono di
lacrime.
“Morien, Reimer. Andate a
chiamare i gemelli”
“No Lea, io vengo con te”
disse Reimer
“Fa quello che ti ordino”
“Non ce la farai da sola”
“E’ un ordine Reimer. E
poi arriverete presto” Reimer alzò il mento ed il suo sguardo divenne severo
“Non è il caso Reimer”
disse Morien, afferrandolo per un braccio “non ora” il cuore di Reimer era
sempre toccato da quello che gli era detto da Morien
“Andrò” rispose Reimer
duro, voltandosi.
Leannel costrinse il suo
cavallo ad andare veloce come mai aveva fatto. Ma lo spettacolo cui assistette
giunta a destinazione gettò definitivamente un velo scuro sulla sua ritrovata
felicità.
Vi era a terra una
giovane donna elfo. Vestita di bianco e macchiata di sangue. L’avevano presa al
collo con una delle loro maledette spade orchiche. Era ancora viva. Sei orchi
le ridevano attorno. Pareva l’avessero uccisa per puro divertimento.
Leannel riconobbe quello
che doveva averla colpita. Aveva la spada insanguinata ed era quello che rideva
più forte.
“Morirete tutti.
Maledetti!” gridò uscendo allo scoperto “Non lascerò che uccidiate la mia gente
per il semplice gusto di farlo!” estrasse la spada, preparandosi alla
battaglia. Alle sua spalle, Talmaye, Salmaye, Morien e Reimer fecero lo stesso.
“Lasciate quello che l’ha
uccisa” sussurrò Leannel
con la forza di un’amata
i cinque compagni uccisero ogni loro nemico. Tranne quello ordinato, che fuggì.
Leannel si piegò sulla figura di Miriel.
“Miriel!”
“Leannel? Sei tu?”
“Si, Miriel, si.
Perdonami. Non ho potuto salvarti”
“No, non è certo stata
colpa tua”
“Oh si che lo è stato.
Sarei dovuta essere qui”
Leannel piangeva. Di
nuovo. Ma questa volta era un pianto diverso. Non un dolore che partiva dal
cuore. Allora era stato un senso di totale vuotezza. Ma adesso era forte e duro
e si faceva sentire.
Quando alle sue spalle
giunse un Elfo molto bello. Aveva i capelli biondi e gli occhi verdi, colmi di
lacrime. Ma ancora non piangeva. No, Legolas era forte.
“Che è successo?” disse
“Orchi” rispose Leannel
“ho lasciato fuggire quello che le ha fatto questo”
sul volto di Legolas
parve apparire una specie di sorriso. Un sorriso di dolore.
“Grazie” sussurrò
svenendo nella boscaglia.
Prese a piovere.
Passarono poco più di dieci minuti, prima che Legolas tornasse indietro. In
quel breve lasso di tempo Leannel tentò con tutto quello che era in suo potere
di far rimanere Miriel in vita. E ci riuscì. Quando Legolas tornò indietro le
fu immensamente grato.
Le parole che Miriel e
suo fratello si scambiarono sotto la pioggia battente non poterono lasciare
indifferente neppure un’Elfa dal cuore duro come Leannel. Quando, com’era prevedibile,
Miriel spirò, Legolas fuggì. Nessuno credeva che per lei ci fosse alcuna
speranza. Era già strano che fosse sopravvissuta tanto a lungo.
Non aveva mai visto suo
fratello piangere,non così, non per un motivo così doloroso. In quel momento
Leannel sperimentò il dolore puro. Non era sulla sua pelle. Eppure faceva così
male.
“Salmaye e Reimer
porteranno via i cadaveri degli orchi. Talmaye e Morien, la salma di Miriel
dove potranno darle una sepoltura.”
Nonostante avesse 3440
anni Leannel era una persona particolarmente dinamica. E siccome sapeva per
certo tutto quello che suo fratello avrebbe fatto, decise che avrebbe dovuto
trovarsi pochi minuti dopo sulle scale che davano alla porta del palazzo. A
volte la sua stessa freddezza la stupiva.
Velocemente tornò alle
sue stanze indossando quel bell’abito blu, dai ricami dorati, che i vecchi
amici di Imladris avevano decorato per lei. Lo stesso vestito che portava la
sera che Legolas e Miriel si erano conosciuti. Grazie a lei. E riuscì a
trovarsi come e quando voleva.
Legolas in quell’istante
usciva dal palazzo di suo padre. Non aveva smesso di piovere e lui di piangere.
La vide. Era bellissima.
Così bella e così triste. Alta e severa, e nulla la copriva dalla pioggia.
Legolas le si avvicinò lentamente
“Cosa farai ora?” chiese
lei
“Vado a Gran Burrone”
rispose
“Vai.. si, tu devi
andare”
“Come farò Lea?”
l’abbracciò
“Ce la farai Legolas. Sei
il più forte che io conosca. Ma adesso smettiamola di sognare. Chissà se
riusciremo a cancellare le nuvole. Tu hai la possibilità di farlo. So che non è
giusto ma è tuo compito. Non temere, ci penserò io a lei”
Legolas si allontanò.
Leannel gli porse uno dei suoi guanti da battaglia e lui gli prese “Ora va”
Legolas fece cenno di si
col capo e corse via a cavallo.
“Povero fratello mio”
disse
Leannel cercava Reimer.
Doveva andare con Legolas. Era vulnerabile. Se l’avessero attaccato? No, non
poteva accadere.
Reimer era l’unica
soluzione. Lo avrebbe accompagnato. Lo avrebbe fatto parlare. Avrebbe fatto
come sempre con lei, insomma.
Fin quando lo trovò
“Rei! Reimer!”
“Che succede Leannel? Che
ci fai vestita in questo modo?”
“Non è questo
l’importante. Legolas è partito. Seguilo, parlagli, controllalo”
“Sei sicura che sia
questa la cosa giusta” Leannel lo prese per il collo e lo sbattè contro il muro
“Non so qual è la cosa
giusta, non l’ho mai saputo! Ma non ho alcuna intenzione di lasciarlo solo ora”
“Forse è quello che lui
vorrebbe” ma Leannel lo guardò storto “ai tuoi ordini” si voltò e salutando con
la mano, si avviò a cavallo.
“E’ giunto il momento di
dividerci, fratello mio. È giunto il tempo di essere soli e forti come tu
stesso avevi già intuito. È giunto il tempo del male e dei cieli oscuri. È
giunto e non possiamo più tornare indietro. Tornerai cambiato. Tornerai forte.
Tornerai stanco. Simile a me. Ma non riuscirò a dimenticarti. A lungo fosti mia
unica ragione di vita. Ma è giunto il tempo di cambiare”.
Un giovane elfo era in
piedi sotto la luce fredda della luna piena. I suoi occhi ne riflettevano la
pallida luce grigia. I suoi chiari occhi verde acqua. Un cuore inquieto sotto
una maschera di sicurezza. Sospirava nella notte scura. Lepareti erano intrinseche di ricami dorati. E
questi riflettevano la luce della luna. Pareva di starci camminando sopra. I
capelli biondi del elfo riflettevano la luce argentea quasi meglio dei vessilli
di quella gente. Il palazzo d’oro era assieme caldo e rassicurante, eppure così
sconcertante. Quella gente, all’apparenza tanto forte… Non faceva altro che
rimandarlo a una sola persona.
La battaglia si era
appena conclusa. Un Elfo non è toccato dalla morte di dei luridi orchi. Ma di
tutta quella gente si. Non riusciva a fare a meno di ricordare gli occhi spenti
della sua donna morta, tutte le volte che un cavaliere del Mark si accasciava
al suolo. Ma, anche se diverso da ogni altro, Legolas era sempre un Elfo. E un
Elfo rimane toccato da un certo evento per un periodo limitato. Non che non
avesse pianto. Piangeva tutte le notti. Ma aveva conosciuto tanti che l’avevano
fatto tornare a vivere. A sopravvivere. Ma adesso una nuova incertezza ed un
ombra crescevano nella sua mente. V’era una giovane donna. Il suo nome era
Eowyn, di Rohan, sorella di Eomer. Eowyn gli ricordava in modo incredibile la
volontà di combattere di quella persona. Ma Eowyn era una donna. Le domande che
si poneva avevano un freno. E anche il suo coraggio. Al contrario di Lei. Negli
occhi di Eowyn brillava ancora una luce. Non avrebbe buttato al vento la sua
vita. Come invece Lei da anni avrebbe fatto.
E anche se poi, in realtà
le due non si somigliassero più di tanto, Eowyn gliel’aveva fatta tornare in
mente. Così bella e così triste. E anche se ai più sarebbe potuta sembrare
debole, in realtà Legolas non scherzava dicendole che in lei era un’immensa
forza. Sentiva nel suo cuore che questa lontananza cominciava a fargli male. Il
dubbio lo logorava. E se avesse fatto qualcosa di immensamente stupido? No,
Reimer l’avrebbe aiutata. Come sempre insomma. Aveva promesso che si sarebbero
rivisti. E Lei non aveva mai mentito. Mai. E mai lo avrebbe fatto su una cosa
così importante.
Aragorn gli aveva
riferito della promessa che si erano scambiati. Quindi Lei sarebbe giunta in
battaglia. Se così fosse stato allora, lì avrebbe trovato la morte? Legolas non
riusciva a pensare. Assennato e stanco. Spaventato. Un nuovo sentimento
cresceva forte nei suoi occhi. Nel suo cuore. Un sentimento ancora più forte di
quello che già vi albergava. Cosa fosse Legolas non seppe dirlo. Ma in
confidenza vi dico che il loro non era più un semplice legame di fratellanza. E
in quella fredda sera di luna piena una sola parola prudeva nella gola di
Legolas. Un solo nome. Una sola inquietudine. Coltello nel buio. Trapassava la
sua carne. Dolore. Che ne sarebbe stato? Un solo nome. Leannel.
Passarono mesi. Se
Legolas era partito alla fine di ottobre ora erano i primi di marzo. Il tempo
non riusciva a passare. Non riusciva ad essere caldo. I giorni erano corti
scuri e freddi. Scura e fredda la mente di Leannel. Il signore Thranduil era
partito con una bianca nave dai porti grigi. Ormai era passato molto tempo.
Aveva lasciato le Terre di Bosco Atro. E anche se mai lo avrebbe voluto, fu
costretto a lasciare Leannel a capo del suo regno.
Nulla era cambiato.
Tranne Leannel, naturalmente. Era diventata più bella e più regale. Forse per
il semplice fatto che era diventata regina. E anche se mai aveva aspirato a
regnare, non le dispiaceva. Ma non aveva mai smesso di anelare alla battaglia.
Ora, regnare su pochi
elfi, quanti ne erano rimasti, non era affatto cosa da occupare molto tempo. E
anche se gli elfi fossero stati a migliaia, ora come ora, Leannel non avrebbe
certo pensato a loro. Era buona e giusta, per le dimensioni del suo popolo.
Senza alcun dubbio si sarebbe meglio vista al posto di suo fratello Legolas.
Legolas. Per sere intere nella sua mente non aveva risuonato che quell’unico
nome. Legolas. Le mancava spaventevolmente. Ogni istante aveva temuto che
morisse. Ma era certa che se questo fosse accaduto l’avrebbe sognato. Perché
una delle doti (o difetti?) che le avevano portato la guerra e la morte, se davvero
erano stati portati da queste, erano i sogni. Tutto ciò che di oscuro accadeva
lontano da lei lo sognava. Aveva sognato i mezz’uomini. Aveva sognato la morte
di un uomo di Gondor mentre tentava di appropriarsi del flagello d’Isildur.
Aveva sognato la caduta di Gandalf. Galadriel. La battaglia al fosso di Helm.
Gollum. I suoi non erano certo sogni premonitori. Ma pareva che riuscisse a
vivere in tempo reale quello che accadeva al sud. A volte immensamente utile.
Altre spaventoso. Ma era ormai da tempi che non sognava suo fratello. Era
terrorizzata dall’idea che potesse essere morto.Ma non poteva essere così. No. Legolas non poteva morire. Lo
avrebbe sognato. Il cuore pulsava sempre più forte. Lo sentiva nelle orecchie e
nel petto. Nel suo cuore cresceva qualcosa cui non poteva dare nome. Forte e
indissolubile. Ma in confidenza vi dico che il loro non era più un semplice
legame di fratellanza.
Sedeva a gambe incrociate
sul letto a baldacchino blu. Morien era alla cascata. Leannel pensava che ci
andasse a scrivere poemi ma non gliel’aveva mai chiesto. Permetteva solo a lei
(la reputeremo una donna sin da ora) di entrarvi. Le era molto cara. Così buona
e dolce. Magari anche un po’ stupida. Senza dubbio adorabile. Anche se con lei
faceva ancora finta di essere un uomo. già, lei non avrebbe dovuto sapere. Ma
ora era sola e aveva altro cui pensare. Legolas.
“Che giorno è oggi
Morien?” chiese
“Oggi è il quattro marzo
del 3019”
“Il quattro. E la guerra
comincerà il quattordici”
“Come fai ad esserne
sicura”
“Sai quando sono nata
io?”
“No, mia signora”
“Bene. Sono nata il
venticinque marzo del 3019 della seconda Era”
“E che giorno sarà il
venticinque”
“Sarà la fine Morien. Si
faranno due battaglie. Una di difesa ed una di attacco”
“Quella di attacco sarà
il venticinque”
“Si, esatto. Ma sarà alla
prima che parteciperemo”
“Non ci sarà abbastanza
tempo”
“Partiremo oggi stesso.
Al calar del sole. Voglio qui Reimer e Talmaye”
“Vado immediatamente”
“Bene” Leannel rideva.
Era finalmente arrivato il momento di rispettare la promessa fatta ad Aragorn.
Reimer e Talmaye furono
lì in pochi minuti.
“Il momento è giunto miei
cari” disse lei
“Quale momento?” chiese
Reimer
“Si va a Gondor Rei.
L’aveva già in mente da tempo” rispose Talmaye
“Si parte oggi stesso. Al
tramonto. Per quell’ora voglio non meno di cento uomini valorosi disposti a
sacrificare la loro vita. Disposti a seguirmi fino alla morte.”
“Cento elfi pazzi”
“Come noi, Talmaye” disse
Reimer
“Come ci organizziamo?”
“Voi due, andate da tutti
coloro che conoscete e che siano disposti. Fate girare la voce. La battaglia ci
sta chiamando, fratelli”
“La posso sentire…”
mormorò Reimer
“Ora andate e non
traditemi. Per la gloria e per la morte. Per la disfatta e per la fama. È
adesso che il nostro tempo sta finendo. È adesso che dobbiamo mostrarci al
mondo. Ora tutti conosceranno la nostra forza. È adesso.”
Per poche ore prima del
tramonto Talmaye e Reimer, con l’aiuto di Salmaye e Morien, riuscirono a
raggruppare duecento uomini. Leannel si sentiva sfidata. Come se una ferita
fosse aperta sul suo petto. Ma proprio da quella ferita sembrava trarre la sua
forza. La sua volontà.
“Duecento uomini..”
sussurrò sola nelle sue stanze, da cui ora riusciva ad osservare quello che i
suoi compagni le avevano portato.
“Sembra che siamo stati
capaci” disse Salmaye alle sue spalle
“Capaci? È un eufemismo”
“Ti ringrazio” aggiunse
sorridendo Talmaye.
I quattro compagni erano
alle sue spalle.
“Non avremo riposo.
Cavalcheremo giorno e notte. O non arriveremo in tempo”
“Leannel ha ragione”
disse Talmaye
“Ma possiamo chiedergli
tanto?” disse Morien
“Sono loro che si sono
offerti” disse Reimer
“Già. Ma mi sembra giunto
il momento di testare il loro coraggio”
Leannel aprì la finestra.
“Salve a tutti, miei
uomini!” gridò “siete tutti consapevoli della grandezza della missione cui
andate incontro. Io credo fermamente nella vostra forza. Come credo nella forza
del mio popolo. Perché noi siamo il nostro popolo! Ci attendono fame emorte. Ci attendono tristezza e desolazione.
Ma, miei uomini, dobbiamo lottare per questa terra. Dobbiamo lottare fino alla
fine. Guerra!!”
e gli uomini ripeterono
“Guerra!!” Leannel
accostò dolcemente la finestra e disse
“Si Reimer, questo è il
mio popolo”
Leannel provava un certo
gusto nel sapere che durante i prossimi dieci giorni avrebbe condotto alla
battaglia due centinaia di uomini valorosi, che non temevano né morte né
dolore; al posto di un gruppo di elfi che non desideravano altro che andarsene,
senza gloria né fama. aTutti, dal più
forte al più giovane, era stato imposto di indossare l’armatura. Se non subito,
sicuramente nei pressi della battaglia. Ognuno portava sul petto il suo
vessillo. Elfi di Lorien, altri di Gran Burrone, ed altri ancora da luoghi più
lontani e remoti.
C’è da dire che gli elfi
non amassero in particolar modo le armature. Legolas non ne aveva portate
neppure nei momenti di maggiore fulcro della battaglia. Ma Leannel non voleva
che i suoi uomini perdessero la vita senza alcun ritegno,e riuscì ad ottenere
quello che voleva.
“Si, questo è il mio
popolo, Reimer” lei ed il suo compagno erano rimasti soli
“Sono felice… Ce la
faremo questa volta Leannel” e si voltò come per andarsene, ma già sulla porta
disse “Ma, solo se mi è concesso, c’è un obiezione che voglio farti”
“Avanti Reimer”
“Quella storia.. Non mi
sembra giusto che gli uomini non possano mai fermarsi”
“Forse hai ragione.
Riferiscigli che ci fermeremo per tre notti”
“Bene” quindi, sorridendo
Reimer uscì dalla grande porta in legno d’ebano. All’esterno era Morien che
l’attendeva. I due si scrutarono. Morien fissava Reimer in modo piuttosto
strano. In quel momento Leannel, che scrutava da lontano, fu sicura che Morien
non fosse la figlia di Reimer. Morien gli sfiorò il petto e Reimer se ne andò
dai suoi uomini.
“L’unico più eccitato di
me” mormorò Leannel. Quando Morien si rese conto di essere stata osservata,
arrossì fino alla punta delle orecchie. Leannel si chiedeva come potesse
riuscire a far credere di essere maschio.
“Già” mormorò Morien .
Leannel si muoveva
velocemente tra le ombre grigie del suo palazzo. Tutto era pronto per la
partenza. Tutti erano pronti. Ma c’era ancora qualcosa che Leannel dovesse
fare. Ancora un’ultima cosa. Scese al bosco. Nel bel mezzo di una piccola
radura, sormontata da una cascata cristallina, l’erba si diradava. Lì, si
ergeva una piccola e silenziosa tomba bianca. Sulla lapide era scritto ‘Miriel,
cuore di sole, che ha portato e tolto la speranza dalle nostre anime’ . parole
da Leannel stessa scritte. Non aveva intenzione di mettersi apiangere o cose simili. Colse da terra un
piccolo fiore bianco. E lo gettò sulla tomba. Risplendevano della stessa luce.
“Vado, Miriel. Vado in
guerra. Legolas mi aspetta” disse in un sussurro soffocato.
Erano le cinque e mezza.
I soldati erano pronti a partire. Leannel aveva deciso che i duecento uomini si
sarebbero divisi in quattro gruppi da cinquanta uomini, sotto gli ordini di
ciascuno dei suoi quattro più fidati compagni. E tutti e quattro i gruppi erano
comandati dal capitano Leannel.
Erano anni cheun gruppo così consistente di guerrieri
elfici. Non ce ne sarebbe mai stato motivo. Ma con Leannel come capitano, gli
elfi non ebbero problemi a compattarsi.
Le truppe erano veloci, scaltre e silenziose.
La partenzae i primi giorni di viaggio
furono tranquilli e passarono veloci.
Capitolo 30 *** Il lungo viaggio per Minas Tirith ***
-Parte terza-
-Parte terza-
Capitolo IX _ Il lungo
viaggio per Minas Tirith_
Il viaggio continuò come
era cominciato. Silenzio. Ma un orgoglio silente. E il fuoco bruciava nel cuore
delle centinaia di soldati. Si dice che chiunque gli avesse visti passare
avrebbe creduto di trovarsi in un antico canto l elfico.
Il settimo giorno la
compagnia si era mossa molto. Leannel decise che era il momento di fare
un’ennesima sosta. L’ultima prima di giungere a Gondor. Gli uomini mangiarono e
riposarono, ma per quanto si impegnasse, Leannel non riusciva a dormire. I
cavalieri avevano deciso di seguire il corso dell’Anduin. E Leannel poteva
ritenersi contante dei risultati della sua compagnia. Non c’era più nulla tra
lei e la guerra. L’eccitazione non le lasciava respiro. Si sedette sulla riva
del fiume a pochi metri dall’accampamento. E guardò il suo riflesso nell’acqua.
Portava un elmo argenteo e solo una ciocca di capelli riusciva ad incorniciarle
il viso. Si allungò verso le limpide acque che le illuminavano il viso.
“Sono sempre io?” chiese
a se stessa. Si sfilò l’elmo. Si, era lei. Chi altro poteva essere dotato di
una così aspra e suprema bellezza. Ma Leannel era triste e solenne, non solenne
e folle. O forse era tuttee tre le
cose insieme. La sua immagine era sempre più nitida. No, non si riconosceva.
Quel freddo elmo di metallo e non i suoi capelli ad incorniciarle il viso. Il
suo volto era sempre più vicino alla superficie argentea. L’unica ciocca cui
era concesso di sfuggire al suo controllo sfiorava l’acqua. Ma perché? Perché
non lasciare che il resto della selvaggia chioma bruna facesse lo stesso? Sfilò
l’almo posandolo a terra, vicino a lei.Ora tutti i capelli sfioravano le acque. E prima che potesse fermarla
una lacrime cadde, attraversando le sua guance, rompendo l’acqua. Una lacrima?
Come? Tutto stava andando come doveva. Com’era possibile? Scrutò nel profondo
abisso dei suoi occhi. E la vide. Quella vuotezza. I suoi occhi erano vuoti.
Vuoti di ogni dolore. Eppure allo stesso tempo vuoti di quella gioia che
avrebbe dovuto provare. Perché?
“Cosa sono? Cosa sono
diventata?” disse alla sua immagine “No, questa non sono io. Non è la stessa
Leannel” impossibile. Intollerabile. Aveva cercato guerra per tutta la sua
lunga vita. E ora l’aveva trovata. E i suoi occhi erano vuoti e spenti.
Qualcos’altro mancava a quegli occhi. Non la guerra. Non la morte ed il dolore.
No. Il suo cuore non aveva mai smesso di essere in pena. Mai neppure per un
istante. E quella pena aveva un solo nome: Legolas. Solo ora poteva
riconoscersi. Ora che le lacrime sgorgavano copiose dai suoi occhi scuri. Solo
ora vedeva Leannel in quel riflesso. Ma non poteva farsi sconfiggere. Non con
tanta facilità. Si tirò in dietro e cadde a terra. Svenuta.
Un sogno. Un nuovo sogno.
Molti i volti che le apparivano, seppur così lontani e svanevoli. Un uomo
scuro, dal volto severo e scolpito, bellissimo e alto. I suoi occhi erano verde
acqua ed erano inquieti, solcati da un grande buio. Alle sue spalle due amici
fidati, un elfo ed un nano. Finalmente lo aveva sognato. Aveva sognato Legolas.
Ancora alle loro spalle erano un piccolo gruppo di guerrieri simili al primo,
se non dotati della stessa regalità. Ed infine delle gelide ombra scure gli
seguivano. Un altro uomo. no, non era un uomo. il suo volto era provato e la
sua aura bianca e celestiale. Nel suo cuore era un’immensa forza. Senza sosta
combatteva contro il male. Senza sosta, contro colui che doveva essere fermato.
Due altre forze, all’apparenza minori, ma affatto tali. Divise, ma che
desideravano rincontrarsi più di ogni altra cosa . nei loro cuori cresceva una
forza inattesa. Una donna colma di rabbia. Un giovane uomo triste e solo. Ma il
volto di questo giovane uomo le ricordava qualcosa. Qualcuno. L’uomo morto che
aveva sognato su di una barca, qualche tempo prima. non c’erano dubbi. E
quest’altro? Come sarebbe finito. Sarebbe finito? Si augurava di no. Era molto
bello. Ma ciò che sperava non fu realizzato. Vide il viso del giovane uomo tra
le fiamme. Una lacrima scese di nuovo sulla sua pallida guancia destra.
Ma infine vide ciò che
più le fece male al cuore. C’erano due piccoli uomini. Due piccoli,
immensamente forti uomini. Condotti attraverso i luoghi del male, da chi? Dal
male stesso. Un male differente, ma ugualmente tagliente. Nel cuore di uno era
speranza. Era gioia in fondo. Sperava che tutto sarebbe riuscito a tornare come
un tempo. Anche la sua anima era colorata di bianco. Ma l’altro, no, era
differente. Nel cuore dell’altro erano solo paure e pensieri oscuri. Un po’
come in quella di Leannel. E come lei sentiva che il male lo chiamava. Non
aveva mai smesso di farlo.
Basta. Basta con i sogni.
Basta. Cosa direbbe Gandalf? Non era felice una volta, quando i sogni erano
infrequenti. E ora? Che avrebbe detto? No, non lo avrebbe saputo.
“Faresti male” disse una
voce dietro un albero. Talmaye. “A non parlare al grigio di quello che vedi”
Leannel sussultò. Si alzò
a sedere.
“Come hai letto nella mia
mente”
“Non tutti, come te, sono
dotati di strani poteri” rispose “parlavi nel sonno. Mi è bastato ascoltare”
“Sonno? No, non è così
che lo chiamerei” Talmaye le lancialo sguardo da lontano “pensavo che sarei
riuscita a dormire di nuovo”
“Non penso siano i sogni
la causa del fatto che tu non dorma.”
“Spiegami perché, allora.
Non riesco a darmi risposta”
“La guerra Leannel.
Neppure io riesco a dormire”
“Sbagli. Non dormo a
causa di gioia o di eccitazione. Mi sento vuota dentro” Talmaye si avvicinò a
Leannel e quindi allo specchio d’acqua. Prese un sasso da terra e lo lanciò.
“Chi dice che la
battaglia non sia allo stesso tempo eccitazione e male”
“Pensavo che fossi come
me. Pensavo l’amassi.” Talmaye si sedette accanto al suo capitano
“Amare? Come si può amare
quello che porta soltanto distruzione? Eppure si, l’amo. Sento che mi chiama e
allo stesso tempo la temo. Stiamo facendo qualcosa di anomalo. È giusto che
tutti questi elfi cadano?”
“Non siamo nessuno per
sapere cosa è giusto e cosa non lo è.” Rispose Leannel “diciamo di star
portando il nostro contributo ai nuovi abitanti della Terra di Mezzo. Ma forse
sono questi stessi pensieri a impedirci di dormire”
“Forse”
“Ascoltami Talmaye”
“Si, Leannel”
“Pensi che i nostri
uomini ce la farebbero senza il loro capitano”
“No non lo credo. Credo
che si sfalderebbero ed andrebbero senza dubbio incontro alla morte. Sarebbe
Reimer a prendere il tuo posto. Ma non certo la stessa cosa. È un elfo troppo
solitario”
“Sento che non
combatterò. Sento che nulla andrà come voglio. Anche questa volta”
“Forse nessuno di noi non
tornerà a casa. Forse tra tre giorni finirà tutto. Ma noi non siamo nessuno per
sapere anche questo” una breve pausa. Poi trasse un respiro “Se vedi tutto
nero, nero diverrà. Che facciamo? È tardi. Vado a letto”
“Va. Io non ho ancora
voglia di dormire”
“D’accordo, ma riposa. A
che ci servirebbe un capitano addormentato?”
“Non hai parlato come
avrebbe parlato Talmaye. Hai parlato col cuore”
“Non è una delle mie
caratteristiche” Leannel sorrise. In quel momento a Talmaye parve che tutto
l’ambiente s’illuminasse.
Ma a Leannel non bastò
un’altra ora né altre due per trovare la pace cui anelava. Era sdraiata. La sua
mano destra sfiorava l’acqua e con gli occhi fissava la notte stellata. Sentiva
l’acqua chiamarla. Sentiva che non poteva resistere. Si avvicinò scoprendo di
nuovo il suo viso. Il suo viso. Pelle chiara scurita dal sole e dal tempo.
Lunghi e folti capelli castani. E due zaffiri blu. I suoi occhi. Velati di
grigio.
“Cosa mi è successo?”
cosa le era successo? Avrebbe dovuto aver ottenuto tutto quello che desiderava.
Ma non era così. Non smetteva di essere triste, anche ora che tutti i suoi
desideri erano stati esauditi. E prima che avesse il tempo di reagire, il volto
perfetto di Leannel si era trovato sotto la fredda superficie d’acqua. Buio.
Freddo. Vuoto. Adesso era anche il respiro a mancarle. Stava soffocando. Stava
morendo. Stava appassendo. Aria. Aria.
Un lungo respiro che le
permise di annusare di nuovo l’odore della realtà. Ce l’aveva fatta. Un’altra
volta.
Passi felpati nell’oscurità. Leannel
sussultò.
“Reimer?” chiese alla
notte
“No, Morien”
“Morien. Dovresti dormire
ora”
“Ci sono delle cose che
devo dirti”
“Cosa vuoi?” il suo viso
era ancora bagnato e freddo. Ma non poteva permettere che Morien se ne accorgesse.
“Queste non sono parole
mie. È stato un tuo vecchio amico a dirmele, tanti anni fa, alle stalle del re.
Ma non posso rivelarti chi lui sia. Quando sei sicuro di averne avuto
abbastanza di questa vita, aspetta un attimo. Non lasciarti andare, tutti
piangono, tutti soffrono, a volte”
“Belle parole.. Gandalf
immagino”
“Sai bene che non posso
risponderti”
“Sei arrabbiato Morien?”
“Ho paura”
“Paura?”
“Si, ho paura della
morte. Sono qui solo perché.. perché ho dovuto”
“Paura. Si magari abbiamo
tutti paura. Ma torna a dormire ora, Morien”
“Ti ho recato il mio
messaggio. I prossimi saranno giorni duri di viaggio”
Nono e penultimo giorno
di viaggio. Agli elfi dotati di vista migliore era già possibile intravedere le
mura di Minas Tirth, sulle quali la battaglia si rompeva ormai già da tempo.
Come da due giorni, ormai, il sole non sorgeva e la notte poco più nera del
giorno.
Leannel si assicurò che
ognuno dei suoi uomini fosse armato e dotato di un’armatura.
Quelle sera fu deciso che
il piccolo esercito avrebbe avuto la sua ultima sosta prima della battaglia. Ma
di nuovo, come due sere prima, non le fu affatto facile prendere sonno. Non ci
provò neppure. Non perse tempo a togliersi l’armatura. Piuttosto, decise di
fare qualche giro a cavallo. Doveva sembrare strano vederla da lontano. Doveva
essere simile ad uno degli antichi eroi elfici delle saghe. Eretta sotto il
peso della fredda armatura, lo sguardo stanco e triste. Sola nella desolata
notte scura delle terre del sud.
Il sottile sussurrio di
un giovane elfo e del suo canto
“Un’altra testa cade
lentamente
Un altro bambino preso
umilmente
Con chi stiamo
sbagliando?
Ma tu mi vedi: non sono
più io
Non è la mia gente
Nella tua testa, nella
tua testa, stanno combattendo
Con i loro archi e le
loro spade
Con le loro spade e le
loro frecce
Nella tua testa
Quanto silenzio causa la
guerra
Stiamo sbagliando per
forza…”
Una voce cristallina e
meravigliosa. Salmaye. Adorabilmente emotiva ed incauta. Profonda. Solitaria.
Salmaye. Era sempre stato il suo sogno, cantare. Ma non aveva potuto avverarsi.
Era divenuto un freddo capitano delle schiere di Leannel. Non freddo. Spesso
Leannel l’aveva trovato quasi assopito, sotto la fresca ombra di un albero. Ma
mai aveva cantato dei versi tanto tristi.
“Salmaye!” chiamò
“Neppure questa notte
riesce a dormire il mio capitano?” era stato interrotto. La sua voce era acida.
“No. Neppure questa”
rispose “ Piuttosto tu ne avresti bisogno”
“Domani si combatte. Non
potrei dormire”
“Almeno tu sai perché.
Bel canto, comunque”
“L’ho letta a Imladris,
tempo fa. Ma non era cantata da tempo”
“Lo immaginavo”
“Quanti di noi torneranno
vivi?”
“Non lo so, Sal”
“Ma io me lo sento. Sento
che morirò. Sento che non potrò mai tornarea casa e cantare come desideravo”
“Desideravi? No, tu lo
desideri! Non partire in battaglia con la mente scura” i due rimasero un
istante in silenzio. Leannel era ancora a cavallo e Salmaye sedeva tra l grosse
radici nodose di un albero
“Ci hai mai sognati? Hai
mai sognato il mondo come sarà? E in questo mondo hai visto il mio volto? O
quello di Reimer, o quello di Tal? O Morien, hai mai visto Morien?”
“Si, ho visto Morien. Una
volta” lo ricordava bene. Uno dei sogni più nitidi. E forse uno dei pochi
riguardanti il futuro. Morien, bellissima, vestita da donna, che la salutava
piangendo. Ma era sola.
“Non torneremo a casa”
“Non è il momento di
essere tristi o incerti ora! Dobbiamo essere coraggiosi e forti fino alla fine”
Salmaye rise. Leannel lo
seguì. Era proprio lei a parlare, proprio lei che non aveva dormito nessuna di
quelle notti.
“Domani dovremmo essere
forti, Salmaye” il ragazzo si alzò velocemente in piedi e se ne andò
silenzioso. Leannel rimase di nuovo sola. E non dormì per il resto della notte.
“Non è la mia gente
Nella mia testa..” canticchiò.
NOTA dell’autrice:
Siccome non voglio prendermi dei meriti non miei, sappiate tutti che la canzone
di Salmaye non è di mia invenzione!! Ho tradotto e modificato la canzone Zombie
dei Cramberries!!! Comunque si addice al testo!! Spero vi piaccia!!
Alba del decimo giorno. I
cavalieri si alzarono presto e montarono in fretta i loro cavalli. Leannel si
fece trovare pronta dai suoi soldati. Ora era un vero capitano elfico. Forte,
nella sua armatura lucente, e quel viso così meraviglioso. Nessuno dei suoi
uomini le rimase indifferente. Il suo sguardo era cupo e scuro. Vi covavano
incertezza ed eccitazione. Gli uomini cavalcarono veloci e sicuri. Entro
mezzogiorno si trovarono in vista delle assediate mura di Minas Tirith. Grazie
ad un’audacie strategia di Talmayegli
uomini poterono attraversare il corso dell’Anduin senza passare attraverso
Osgiliath. E ora la vedevano: Minas Tirith.
Eccitazione. Dubbio.
Orgoglio. Paura. Gioia. Terrore. Luce. Buio. Fuoco freddo. Rumore del silenzio.
I cuori di quel centinaio di uomini batterono all’unisono. Il calore forte del
sole sulle loro nuche stanche.
Ma Leannel gli stupì
tutti. Si schiarì la voce. Gli si mise di fronte.
“Altre teste cadranno
lentamente
Altri bambini saranno
presi umilmente
La violenza causerà tale
silenzio
Guardatevi: siete ancora
voi?
Siete la vostra gente?
Nelle vostre teste, nelle
nostre teste, stiamo già combattendo
Con i nostri archi e le
nostre spade
Con le nostre spade e le
loro frecce
Nelle nostre teste stiamo
piangendo
Nelle nostre teste..
La violenza sarà causa di
un tale silenzio
Siamo sicuri di non stare
sbagliando?
Non lo so miei uomini, ma
comunque noi combatteremo”
Ognuno dei soldati alzò
il viso e guardò in volto il capitano. Leannel non era meno agitata degli
altri. Ritornò al suo posto, tra Reimer e Talmaye, lanciando uno sguardo a
Salmaye.
“Questo è l’inizio,
Reimer” sussurrò
“No, Leannel, questa è la
fine” rispose. Con un grido le truppe elfiche si lanciarono contro quelle
orchesche.
Con un veloce gesto di
spada, tagliò la testa di tre orchi. Ma prima che la battaglia la risucchiasse,
prima che cominciasse a combattere davvero, prima che si avvicinasse più alla
guerra che alla vita, Reimer la fermò. Leannel sentì qualcuno afferrarle il
braccio; si voltò sguainando la spada.
“Reimer?” chiese
incredula
“Si, Lea. Reimer. C’è un
posto dove devo portarti”
“Non c’è posto
all’infuori di questo dove io voglia o debba stare”
“E’ una promessa che ho
fatto, tempo fa” Leannel fu costretta a seguirlo
“Chi? Chi ti ha fatto
promettere una cosa del genere?”
“E’ stato Legolas. Un
anno fa”
“Legolas” qualche secondo
di silenzio “Che ha detto?”
“Mi disse di portarti da
Gandalf, una volta giunti qui”
“Gandalf! Troverà un
pretesto per impedirmi di combattere..”
“Vieni. Non essere
stupida” lo sguardo di Reimer era diventato duro. Leannel lo seguì fin dentro
le mura della città. sentiva che non sarebbe uscita combattendo da quelle vie. I
sogni.
‘No dovrei permettere che
tu combatta dopo quello che mi hai rivelato’ le aveva detto tanto tempo prima.
E adesso? Che avrebbe detto ora? L’avrebbe costretta a parlare. No, non poteva
finire tutto così. Ma sentiva che sarebbe finito.
“Dov’è lo stregone
bianco?” chiese Reimer
“Comanda gli uomini al
terzo livello” rispose un uomo.
Al terzo livello. Veloci
come ombre. Leannel era rimasta colpita dalle parole di Reimer. ‘lo stregone
bianco’ il bianco? Gandalf il bianco?
Un lungo mantello di seta
bianca. I capelli alle spalle dello stesso colore. Il lungo bastone candido che
si muoveva convulsamente contro le teste di fetidi orchi. Si voltò e sul suo
antico volto grave parve disegnarsi un sorriso.
“Leannel! Reimer! Vi
stavo aspettando!” il bianco. Gandalf era vestito di bianco. Ma Leannel non
aveva intenzione di chiedergli il perché del suo cambiamento.
“Legolas ha detto che
sareste venuti”
“Lui dov’è?” chiese
Leannel
“Non lontano, con
Aragorn. Arriveranno presto” rispose
“Presto.. eppure non sono
qui”
“Ma se tu ci sei c’è un
motivo.. e negli occhi di chi ti vuole bene leggo che le mie intuizioni sono
giuste”
“Quale sarebbe il motivo,
Gandalf?”
“I sogni” Reimer secco e
freddo
“I miei sogni? Non te ne
avevo mai parlato”
“Le orecchie di Reimer
sono più lunghe di quanto tu creda” disse Gandalf accompagnandoli dentro ad un
cortile di pietra bianca “Bene, ora parlami dei tuoi sogni”
“Non ho visto nulla.
Erano solo sogni”
“Sogni che
corrispondevano a realtà” rispose Gandalf sorridendo “parla, ti ho detto”
Leannel lo sentiva. Lo stava facendo ancora. La stava costringendo. Maledetto
Reimer era tutta colpa sua. L’aveva tradita. No, anzi la colpa era di Legolas.
Non poteva resistere. La voce del bianco era così melodiosa…
“Sogno da prima che
Legolas se ne andasse. Ma da quando il suo viaggio è cominciato, sogno molto
più spesso. Nei primi tempi ho sognato attraverso gli occhi blu di un uomo
molto basso. Un mezz’uomo. un forte peso era nel mio cuore. Intorno al cinque
di ottobre, anche se ancora Legolas non era partito, avevo sentito un dolore
immenso trafiggere il mio cuore. Freddo. Spietato. Ma era stato rinsavito da un
calore che mai colui attraverso il quale vedevo aveva provato. Un calore elfico
che mi aveva fatto tornare in me. Ho sognato un viaggio e una partenza. Freddo.
Tanto freddo. Il potere oscuro era sempre più grande. Luoghi diversi. Un
tradimento e una divisione. Da quel momento i miei sogni divennero sconnessi e
confusi. Tante storie diverse. Paura, dolore, insicurezza. E la luce bianca del
mezz’uomo dagli occhi blu diventava sempre più fioca. La mia luce. E poi
l’altra notte. Ho sognato altro. Ho visto il mezz’uomo alzarsi dalla polvere
grazie all’aiuto del suo compagno. Ho visto un lungo cunicolo buio, Legolas e
Aragorn e un nano, al suo interno. Ed il volto di un giovane uomo dai capelli
corvini, tra le fiamme.” Aveva detto tutto. Lo sguardo di Gandalf divenne
preoccupato e comprensivo allo stesso tempo. Afferrò il polso di Leannel,
portandola con se. L’accompagnò fino al suo cavallo. Reimer veloce e silenzioso
alle loro spalle.. Freeda era rimasta fuori dal terzo livello.
“Te ne torni a casa”
disse Gandalf
“Non è possibile… Non è
giusto! Sai che stavo aspettando questo da tutta una vita”
“Andiamo Leannel, fa più
malea me che a te”
“Non puoi fami questo!”
“Va ora!” disse Reimer.
Era arrabbiato. Ma per la prima volta nella sua vita si sentiva in colpa
“Proprio tu! Non ti
perdonerò mai! E vedi di tornare vivo! Voglio chiarire i conti. Come faranno i
nostri uomini? Senza di me sono senza speranza!”
“ Per i nostri uomini non
ci è mai stata speranza. Ma se da te dipende il destino del nostro mondo, fa
che ce ne sia, almeno per chi verrà”
“Reimer..” gli occhi di
Leannel si riempirono di lacrime, mentre Gandalf dava una pacca sul sedere di
Freeda che galoppava, con in sella la sua padrona, lontano dalle mura
“Davvero non avrei
voluto…” sussurrò Gandalf, mentre i suoi occhi diventavano umidi “Ma Leannel e
Frodo sono in qualche modo collegati. Se il male prende lei, allora avrà anche
Frodo. E il mondo cadrà”
Dagli occhi di Leannel
non poterono smettere di scendere lacrime. Ma non poteva lasciare che i suoi
uomini la vedettero. Debole e sciocca. L’unica via per evitarli era Osgiliath.
Truppe di uomini di Gondor vi si erano recate appena lei era giunta. Una scelta
quasi incomprensibile. Vi sarebbe passata velocemente. Nessuno l’avrebbe
riconosciuta. Si sentì improvvisamente sola. Come non si era mai sentita. Sola
e vigliacca. Si stava affidando ad un gruppo di uomini disperati.
Giunse in meno tempo di
quanto avesse calcolato. Molti uomini erano caduti. Molti altri continuavano a
combattere. Leannel attraversò la parte di mura distrutte, lentamente,tristemente. Fin quando vide. Lo vide. Il
grande occhio di fuoco. Senza palpebre. Se ne sentì attratta. Inamovibilmente.
“Regina degli elfi”diceva una voce malvagia nella sua testa.
Scese da cavallo senza
levargli gli occhi di dosso.
“Non posso” mormorò. Ma
non riusciva a fermarsi. Si avvicinò al dirupo sotto la bianca torre diroccata
che stava attraversando. Sull’orlo della fine. Ma solo ora la situazione
divenne veramente critica. Solo ora. Il Nazgul . Su un fetido essere nero.
“Vieni con me” disse la
voce letale. “Il mio signore è annoiato dalla tua presenza” Leannel non riuscì
ad evitare di allungare la mano destra. Il suo cuore batteva come mai aveva
fatto. Veloce. Insanamente. Il cavaliere nero afferrò la sua mano. Il cuore
smise di battere.
“Nazgul!” gridò la voce
forte di un uomo alle sue spalle.
L’afferrò e la gettò a
terra, con se stesso. Lontano dal Nazgul. Lontano dal male. Il suo cuore
ripresea battere normalmente. I due
giunsero dietro un basso, frantumato muro di pietra.
“Che stavi facendo?”
disse.
“Non ne ho idea” mormorò
Leannel. Solo ora si voltò e lo vide in volto. Ma riconobbe il suo viso. Il suo
era il viso che aveva sognato tra le fiamme.
“Dimmi, cosa ci faceva
una guerriera elfo vicino ad un Nazgul, lontano dai suoi?”
“Sono il capitano
Leannel. Io ho portato i miei qui. Ma lo stregone bianco mi ha obbligato ad
andarmene”
“Lo stregone bianco? Lo
conosci?”
“Lo conosco da quando
sono nata. È quello che mi ha tenuto lontana dalla mia vita, fino ad ora”
“Ha fatto lo stesso anche
con me” un grosso masso cadde accanto a loro, ma non riuscivano a muoversi
“Grazie per avermi
salvato”
“Se quello ti avesse
preso saremmo stati tutti finiti”
“Come lo sai?”
“I tuoi occhi. Sono
simili a quelli di Frodo, il mezz’uomo”
“Quante sono le cose cha
Gandalf ha voluto celarmi”
“Sei molto triste”
“Anche tu lo sei”
“Mio padre mi odia e mio
fratello è morto. Rimanendo qui troverò la morte, ma non posso tornare
indietro.”
“Qual è il tuo nome?”
“Sono Faramir”
“Il figlio del
sovrintendente?”
“Si”
“Hai lo sguardo di chi
odia quello che sta facendo”
“E’ così”
“Anche io odio quello che
sto facendo”
“A cosa mi servirebbe
tornare a casa vivo?”
“Sei come me”
“La felicita, Leannel…
sembra essere sempre stata così lontana..
“E se invece non lo fosse
mai stata? Il tuo popolo ti ama.. Forse troverai la felicità un giorno” Leannel
si era data da sola la risposta che cercava da tanti anni. Tutto graziea quell’uomo. il volto del principe era alto
e regale, ma severo e triste. I capelli corvini e gli occhi grigi.
“Forse la troveremo.”
Disse lui. Sul suo viso parve disegnarsi una sorriso. “Va ora. Se Gandalf ha
voluto che te ne andassi ci sarà un motivo”
“Forse hai ragione. Ma
dovremo tornare al mio cavallo”
“E’ quello laggiù?”
“Si”
“Andiamo” i due erano
veloci ed astuti. Ma erano due e gli orchi erano numericamente superiori. E
pareva che gli orchi sapessero di dover prendere Leannel. E le freccele furono scagliate contro come a
nessun’altro. Ma nessuna di esse la colpì fin giunti vicino e Freeda. Fu lì che
Leannel fu costretta ad alzarsi. E un orco tentò di colpirla con una freccia
avvelenata. Ma Faramir si frappose tra i due. Cadde a terra trafitto. Dapprima
in piedi e poi sdraiato. Sentiva il gelo scorrergli nelle vene.
“Maledetti orchi, la
freccia è avvelenata. Volevano proprio te quei bastardi” disse mentre si
accasciavaal suolo.
“Faramir!” per la prima
volta Leannel fu grata all’uomo che le aveva salvato la vita “Ti hanno preso”
ma dopo averlo guardato negli occhi si corresse “No, tu ti sei lasciato
prendere”
“Vi ho visti Leannel, te
e Frodo. In sogno” ma la sua voce divenne presto dal tono basso e rauco. Il
veleno doveva essere forte. La fronte pulsavae bruciava. Leannel estrasse velocemente la freccia, premendo sul torace
del compagno.
“E’ il veleno più veloce
che io abbia mai visto” mormorò “Ma non posso lasciare che tu muoia”
“Vi ho visti. Brillavate
della stessa luce.” Ma di nuovo la sua voce divenne fioca “Non fare
stupidaggini elfo! Devi fuggire”
“Tu hai salvato me ed io
salverò te” lo afferrò e, a forza lo gettò sul dorso dell’impassibile Freeda.
“Come diamine farai tu a
tornare a casa?”
“Troverò un modo, non
preoccuparti” rispose “Va Freeda, portalo da Gandalf” il cavallo galoppò
attraverso le fiamme orchesche mentre la figura di Faramir, pur sempre più
piccola, si accasciava sulla schiena del cavallo. “Che il nostro futuro sia
migliore del nostro presente” mormorò.
Ma ormai sola, nella
desolazione della demolita e presa Osghiliath, Leannel non potè fare a meno di
chiedersi come avrebbe fatto a tornare acasa. Come avrebbe trovato un altro cavallo? Come sarebbe tornata? A
cosa sarebbe servito allora, il sacrificio di Faramir? Stupida. Emotiva. Era
tutto finito. Ed era tutta colpa sua. Il Nazgul si avvicinò di nuovo. Ma
improvvisamente si spinse all’indietro. quasi avesse paura di qualcosa Perché?
Il leggero sgaloppio di un cavallo bianco candido, le diede risposta. Questi
alto e forte giunse alle sue spalle. Come una visione. Non aveva sella né
briglia. Si avvicinò a Leannel e le sfiorò la mano con il muso. Come se tutto
intorno si bloccasse. Silenzio. E come poco prima col Nazgul, Leannel non potè
fare a meno di avvicinarglisi. Ma nessuno l’avrebbe fermata. Gli salì in
groppa. Ed il cavallo partì.
“Vai Mithrandir” poiché
questo è il nome che volle dargli “portami a casa”.
In groppa a nessun
cavallo Leannel aveva mai cavalcato così velocemente. In meno di tre giorni fu
alla sua dimora. Entrò alta e silenziosa nel suo palazzo.. Nessuno ebbe
coraggio né voglia di chiederle perché fosse tornata da sola. Ormai il palazzo
di legno chiaro era vuoto. Non c’era altro che lei e qualche domestico. L’aria
pareva irrespirabile. Quella immense mura le si stringevano attorno. Fino a
soffocarla. Non aveva mai smesso di comandare con giustizia il suo popolo. Pareva
che quel ruolo le fosse stato dipinto indosso sin dalla nascita. Ma l’odiava.
Ed ora era veramente sola . come mai lo era stata. Non mangiava e dormire le
era impossibile. Non usciva mai dalle sue stanze. Non voleva vedere anima viva
e non parlava. Era magra e stanca. Gli occhi rossi pieni di lacrime. Continuava
a chiedersi come poteva essere giusto. Tanta solitudine. E nonostante tutto non
cadde nell’oblio. Nonostante forse sarebbe stata la scelta più semplice. Riuscì
a salvarsi grazie ad una sola luce. Forse Legolas, e Reimer e gli altri erano
ancora vivi. E se tornando a casa l’avessero trovata morta, cosa sarebbe
successo? Non poteva permettere che provassero le sue stesse pene.
Ma il dover rimanere in
vita era così doloroso.
Le poche volte che Leannel
abbandonava le sue dimore era per fare visita alla tomba di Miriel.
Erano passati due giorni
dal suo arrivo. E anche questo secondo giorno Leannel si sentì in dover di far
visita alla tomba.
Il corpo della giovane e
bella donna elfo giaceva morto in una tomba di marmo bianco.
‘Miriel, cuor di sole,
che ha portato e tolto la speranza dalle nostre anime’ Lei stessa aveva scritte
quelle parole. Le tornarono in mente le parole di Gandalf ‘Dovresti scrivere
poemi’ chissà. Se un giorno tutto fosse andato per il verso giusto, finalmente,
l’avrebbe fatto. Ed avrebbe narrato le gesta degli ultimi elfi guerrieri della
terra di mezzo e di Legolas verdefoglia e di Talmaye mentesveglia. Ma stava
divagando. Le scritte sulla marmorea lastra candida non poterono non riportarla
a quel momento. In cui gli occhi di Legolas si erano spenti e riempiti di
lacrime.
“Ciao Miriel” mormorò “Sono
venuta ieri e verrò domani. Quasi che questo mi facesse sentire meglio. In
qualche modo stare vicino a te mi fa stare vicino a Legolas. Non ho mantenuto
la promessa. Non sono lì a proteggerlo ora. Non è giusto.. A te sembra giusto?
Ti sembra giusto che io non abbia mai ciò che desidero? Ti sembra…” ma in quel
momento una lacrima si ruppe sulle sua magre labbra. “Che m’importa? Sono sola
qui, nessuno potrà vedermi” pianse. Pianse come non aveva mai fatto. Lacrime
calde, di rabbia e di disperazione. Il viso era contorto e la fronte calda. Si
lasciò accasciare al suolo. Il piccolo vaso di porcellana che conteneva i fiori
cadde con lei e si rompette. La porcellana era cos’ affilata.. Ne afferrò un
frammento. Lo avvicinò alla sottile pelle del polso. Era giunta infine. La
conclusione. Ma in lontananza vide una figura. Un giovane elfo dagli occhi
chiari ed i capelli biondi. Sorrideva. Legolas. Tra le sue braccia correva
dandogli le spalle una donna elfo. Non poteva vederla in viso ma i suoi capelli
erano lunghi e castani. E per un solo istante gli occhi dell’elfo si distolsero
da quella che era la sua compagna e la fissarono. E in quello stesso momento le
lacrime smisero di scendere copiose dagli occhi tristi di Leannel. E la fronte
di bruciare. Come una nuova, flebile forza battergli nel petto. Sarebbe bastata
ancora per qualche tempo. Per qualche tempo ce l’avrebbe fatta. La luce
ricomparve in fondo alla galleria scura. Le immagini scomparvero. E Leannel
potè rialzarsi. Uscì in fretta dalla fredda stanza in marmo grigio, diretta
nuovamente verso le sue stanze.
Ebbene eccoci alla
fina!!!!! Che bello!!! Pensavo non ce l’avrei mai fatta!! È proprio lunga e
pallosa questa fiction (autolesionismo?) grazie x essere arrivati qui!!!
Davvero tanto tanto!! Tanti dei miei amici più appassionati non ce l’hanno
fatta!! Un po’ mi dispiace che stia per finire… Non preoccupatevi, ne ho
un’altra bella lunga in cantiere apparte le mie corte autoconclusive o roba del
genere…
Allora questa è la parte
finale… Riuscirà la nostra eroina a trovare la felicità? A voi lo scoprirlo… Lo
ammetto prima che siate voi a dirmelo: il finale è super a sorpresa.. Qualcuno
di voi penserà che sono una pazza psicopatica quando leggerà gli ultimi
capitoli, perché in effetti sono strani e , per le scelte di svolgimento,
possono anche essere considerati un po’ perversi. Il fatto era che volevo fare
qualcosa di innovativo.. e se c’è qualcuno che descrive scene di sesso sfrenato
slash perché non fare quello che ho fatto io? Non anticipo nulla…
Comunque se avevate dei
dubbi ve li toglierete.. ma come avete fatto a pensare che dopo visioni,
tentativi di omicidio, sogni premonitori ecc. leannel potesse avere una fine
normale?? Nemmeno io sono troppo normale… ogni tanto mi chiedo come ho fatto a
scrivere più di 100 pg!! Se all’inizio vi ho detto che avrei cercato di frla un
po’ meno tragica dell’altra, sappiate che… VI HO PRESO X IL CULO!!! J
Voglio sentire tutte le
vostre obiezioni!! Ne farete sicuramente..
È proprio una bella
sorpresa la mia… eh eh..
Mi sembra giunto il
momento di lasciarvi soli nella compagnia di Leannel..
A tutti quelli che pensano
sia giunta la fine, non è che l’inizio
A tutti quelli che non
hanno mai smesso di credere
A tutti quelli che invece
hanno smesso ma ora capiscono che non avrebbero mai dovuto
A tutti quelli che sono
riusciti ad arrivare vivi fino a qui
Vi voglio bene
E vi ringrazio dal più
profondo del mio cuore
Vostra per sempre Leannel
Zoozy
-Parte quarta-
Capitolo I _ Ritorno_
Legolas cavalcava
silenzioso nella pallida luce dell’alba. Lui e Gimli avevano atteso che Aragorn
si sposasse, e che mettesse tutto in ordine, a Minas Tirith, per andarsene.
Erano passati dalle ombrose frasche di Fangorn all’oscurità delle fredde mura
dal fosso di Helm. Mondo silenzioso. Con un nano accanto erano riuscite a
sembrargli davvero meravigliose. Da solo ne sarebbe uscito in fretta.
erano partiti, dopo la
fine della guerra. La guerra. Pareva essere diventata il suo quotidiano. Non
era semplice tornare alla normalità. Le ferite erano apparentemente
rimarginate, ma nell’anima bruciavano, aperte. Alle sue spalle sedeva il fedele
Gimli, che ormai era divenuto un grande compagno e che, sapeva, non avrebbe mai
lasciato. Il viaggio era lento ed oneroso. Legolas portava sulle spalle un
grande peso. Portava il peso dei morti. Portava il peso della tristezza che si
sarebbe dipinta sul bel volto grigio di Leannel. Perché là erano diretti. Anche
se magari ci sarebbe rimasto per pochi giorni, Legolas doveva assolutamente
tornare a casa. Quel nome non aveva mai smesso di prudergli in gola. Mai il
pensiero di sua sorella lo aveva abbandonato. Mai. Era giunto il momento di
rivederla. Sapeva quello che era accaduto non più di pochi giorni prima. quanto
tempo era passato? Forse un mese? O forse due? Legolas stava lentamente
perdendo la cognizione del tempo. Ma sapeva bene che tra lui e la casa dei suoi
padri non c’erano che poche miglia.
Leannel sedeva sulle
fredde lastre di marmo bianco del balcone. Scrutava l’alba in cerca di
speranza. L’alba. Niente ne era mai stato più colmo dall’inizio del tempo.
Eppure non la sentiva scorrere nelle sue vene. Era consapevole che Legolas
stesse arrivando. La sua anima non era in trepidazione. O almeno non desiderava
esserlo. Se suo fratello era lì forse altri erano morti per salvarlo. Ma non
voleva pensarci. Stava arrivando suo fratello. Il fratello di cui aveva temuto
la morte per tutto quel tempo. quell’anno lungo come una vita. Legolas. Era
venuto il tempo di uscire dalla sua stanza. Il bosco era verde e caldo. Da
tempo Leannel non aveva ammirato quei luoghi. Ma mai con quegli occhi. Perché
se ancora non lo dava a vedere, Leannel era colma di gioia come non lo era
stata da molto tempo. Il vento soffiava debolmente, ma abbastanza da muovere le
sue leggere vesti grigie. Leannel ora sedeva , sola sulla groppa del suo nuovo
cavallo, del suo Mithrandir, ai margini interni dei boschi di quelle terre, in
attesa del suo Legolas. Di suo fratello Legolas. Fin quando lo vide. In
lontananza, su di un grigio destriero del Mark. Bellissimo. Di una bellezza
profonda e.. di una bellezza triste. Non era possibile. Non era giusto. Che la
guerra avesse distrutto anche il suo cuore. Povero Legolas. Alle sue spalle un
uomo molto tozzo e ben piazzato. Alle sue spalle un nano. Leannel non aveva mai
avuto niente contro i nani. Ma non ne aveva mai incontrati. Leannel era quella
che diceva a Legolas di non stare a sentire quello che gli dicevano gli altri.
Se mai avesse potuto giudicare un nano sarebbe stato solo ora.
Legolas pareva non
essersi accorto che sua sorella lo scrutava da lontano. Rivedere casa, dopo
tanto tempo, così immutata, lo colpiva profondamente. I ricordi affollarono la
sua mente. Miriel. Ma il dolore era mutato. Non era più lacerante e profondo.
Aveva imparato a conviverci. Era come se tra Legolas ed il suo dolore si fosse
creato un velo. Un velo di amarezza. Un velo che non avrebbe dovuto essere
tolto. Poi la vide. Mai gli era parsa così bella. L’aveva vista in sogno,
qualche volta, quando sognava che fosse già tutto finito. L’aveva sognata
felice. Ma questo pensiero poteva parere utopistico guadandola ora. Non aveva
mai smesso di essere alta e forte. Ma lo era come solo lei poteva. Allo stesso
tempo tanto fragile. Quella tristezza. Quel dolore profondo. Ma ora che la sua
forza era diventata più grande, riusciva a vedere che nei suoi occhi non c’era
solo dolore. La sua vista doveva averla resa felice, come da tempo non era
riuscita ad essere. Ed anche in lui fiammeggiava la stessa recondita gioia.
Bella.
Gimli il nano alle sue
spalle. Gimli, ormai si era abituato alla compagnia degli elfi di ogni specie.
Gli apprezzava immensamente. Quei boschi erano ombrosi e freschi, come Legolas
gli aveva descritti. Molto belli, poteva essere aggiunto. Non come Fangorn se
non altro. Fangorn, vista attraverso gli occhi di un elfo come Legolas, poteva
sembrare bellissima anche a lui. Non l’avrebbe dimenticata. Ma vi era qualcosa
che più dei boschi lo attirava. Una fioca luce, tra il blu e grigio, che
illuminava quelle terre. Ma non era la luce del sole nascente. Bellissima.
Leannel. Nel suo cuore la sua non eguagliava la bellezza di Galadriel, ma di
certo non ne era lontana. Erano così differenti lei, Galadriel ed Arwen. Così
diverse nella loro bellezza, che non potevano essere messe a confronto. E forse
un nano non poteva essere capace di apprezzarne tutta la bellezza. Ma la
vedeva. Nei suoi occhi. Tutta la tristezza di cui i suoi compagni avevano
parlato. Legolas gli aveva promesso che le avrebbe parlato. Il momento sembrava
giungere.
Leannel pareva sorridere
davvero, ora, tra le ombre dell’alba in bosco atro. Suo fratello ed il suo
compagno fidato, il nano Gimli, si avvicinavano lentamente. Anche sul volto del
principe elfico comparse un sorriso. Gimli pareva più che altro contento per il
suo compagno. Molte volte Legolas aveva pensato che sua sorella avesse cercato
da sola la fine, in sua assenza. E anche se così era stato, egli non lo avrebbe
mai saputo, perché era viva, anche se molto magra e stanca. Legolas si
immaginava che l’avrebbe trovata così. Le sue reazioni erano tra loro molto simili.
Vicino. Più vicino. Finodavanti a lei.
La conosceva. Sapeva che sarebbe stata la prima a parlare. E così fu.
“E’ passato molto tempo
Legolas”
“No, in tempi normali non
ci sarebbe parso tanto”
“Dimentichi che questi
non sono affatto tempi normali”
“Si, forse hai ragione” i
due fratelli rimasero in silenzio per qualche istante scrutandosi. Non c’era
dubbio sul fatto che Legolas fosse diventato ancora più bello. Si guardarono
negli occhi e sorrisero. Legolas smontò velocemente da cavallo, aiutando Gimli
a fare lo stesso. Quando i loro sguardi riuscirono ad incontrarsi di nuovo, fu
inevitabile. Si abbracciarono. Una lacrima dolce scese sulla guancia di Leannel
ma la nascose.
“Ho temuto per la tua
vita” disse
“Anche io per la tua”
rispose Legolas
“Non ne hai avuto
bisogno. Non mi è stato concesso di metterla a rischio”
“Invece, come la
situazione è stata gestita mi ha fatto temere ancora di più per te”
“Ma adesso sono qui”
“Ed io con te”
rimasero in silenzio
qualche istante. I loro volti avevano cambiato repentinamente espressione ad
una velocità impossibile. Gimli non riusciva a comprendere i rapporti tra elfi.
“Sembra giunto il momento
che io mi presenti” disse con la sua voce irsuta “dato che nessuno ha il volere
di farlo per me”
“Perdonaci messere. Io e
mio fratello siamo stati immensamente scortesi”
“No, mia signora. Era suo
compito presentarci. Solo vostro fratello è lo scortese qui”
“Mi piace questo nano…”
mormorò Leannel “ora fratello è arrivati il momento che ponga rimedio alla tua
scortesia” Legolas rise
“Hai ragione. Questi è
Gimli, figlio di Glòin. Faceva parte della compagnia che fu formata tanto tempo
addietro. Anche se questa è stata spezzata, sembra che io e lui non siamo fatti
per dividerci”
“Sei partito solo ed in
lacrime e sei tornato con un amico. Avevo ragione. La guerra non ti ha portato
solo dolore”
“A me solo e a pochi
altri vedo..” gli occhi di Legolas divennero per un istante severi. Ma non fu
che un’ombra, anche se Leannel riuscì ad intravederla.
Gimli non capiva cosa
stesse succedendo tra i due. Come potevano non essere felici l’uno del ritorno
dell’altra? O meglio, cosa li turbava? Ma ne aveva passate tante, non aveva più
né voglia né forza di cercare negli occhi dei suoi due commensali, perché erano
giunti in fretta attorno ad un tavolo rotondo e si preparavano a mangiare, e
disse a se stesso di ritardare a quando sarebbe stato più riposato le domande.
Leannel gli aveva portati
in una sala relativamente piccola. Per lo più scavata nel legno chiaro di
betulla, totalmente vuota. Niente drappi alle pareti né vasi di cristallo.
Legolas la ricordava ben diversa. Ma probabilmente Leannel aveva chiesto che
quella stanza rimanesse vuota per potervi rimanere sola. Al suo centro un
tavolo circolare in legno di betulla. Lì erano seduti. Un paio di servi gli
portavano la loro colazione. Era presto, ma Legolas e Gimli non mangiavano dal
pranzo precedente. E Leannel non mangiava da giorni. Nessuno fece complimenti.
“Quindi? Come è andato a
finire tutto?” chiese lei
“Nel migliore dei modi in
cui potesse finire” rispose io nano “il mezz’uomo è salvo eanche la nostra terra”
“Ma qual è stato il
prezzo..” mormorò Legolas soprappensiero
“Qual è stato?” disse
Leannel
“Non è il momento”
concluse in fretta il freddo Legolas “l’importante è che noi siamo qui. Di
nuovo insieme”
La colazione si trasformò
in pranzo. I tre parlarono per ore ed ore dei fatti avvenuti. Leannel seppe
tutto quello che doveva sapere. Seppe di Faramir e di suo padre. Seppe delle battaglie.
Seppe degli hobbit. Ma Legolas fu immensamente prudente. Non sfiorò neppure da
lontano il ricordo delle truppe elfiche che erano partite in battaglia. Anche
se la sua mente ci ritornò più volte.
Anche se era cambiato,
Leannel era ancora capace di leggere profondamente nella mente di suo fratello.
Sapeva che gli nascondeva qualcosa di importante. E voleva che desse risposta
alle sue domande. Le sue domande avevano principalmente quattro nomi. Reimer,
Morien, Salmaye e Talmaye. Ma non poteva chiederlo ora. Il nano non doveva
esserci.
Anche il pranzo durò a
lungo. Solo alle sei del pomeriggio riuscirono a smuoversi dalla stanza di
legno chiaro.
“C’è qualcosa che devo
vedere?” disse Legolas, già consapevole della risposte che avrebbe ricevuto
“Miriel.. Ma non penso
che al tuo amico nano possa fare piacere accompagnarti in un luogo così tetro”
rispose Leannel
“Si, forse hai ragione.
Fa in modo che Gimli sia portato nelle sue stanze.” Con un cenno della mano
Leannel chiamò due elfi che si apprestarono a portarlo dove gi era stato detto.
I due fratelli rimasero soli nella stanza.
“Non sei bravo a
nascondere”
“Ma lo sono a rimandare”
“Ti farà male vederla”
“Mi farebbe più male non
farlo”
Il sole calava e i due si
alzarono, avviandosi verso la tomba bianca della giovane donna elfo. I passi di
Leannel, che guidava il fratello si fecero lenti e solenni. Attraversarono
molte stanze fino a trovarsi di fronte alla porta di legno che dava sul piccolo
cortile interno. Al suo centro era una bara di marmo bianco. Giunta di fronte
Leannel si voltò.
“Ti farò entrare. Ma una
volta che lo avrai fatto non potrai più tornare indietro”
“Non ho alcuna intenzione
di tornare indietro.” Mormorò Legolas
“Allora prendi” Leannel
gli porse le chiavi della porta. Non aveva alcuna intenzione di entrare.
Avrebbe finito col commiserarlo e non era quello che voleva nessuno dei due.
“Ci rivedremo tra poco”
disse lui tentando di disegnare sul suo volto un labile sorriso. Leannel si
voltò velocemente, rifugiandosi nelle sue stanze.
Legolas era completamente
solo ora. Non c’era Aragorn né Gimli. E neppure Leannel. Solo Miriel in quella
scatola di marmo. Etanto dolore. Girò
velocemente la chiave nella serratura. La tomba si ergeva al di sopra dell’erba
del cortile. In quel solo squarcio di bosco riusciva già ad essere buio. Ma la
tomba aveva un aura bianca che la circondava. L’elfo si avvicinò. Il suo passo
era lento e solenne, quasi come quello di Leannel. La pietra bianca brillava di
una luce accecante.
‘Miriel, cuor di sole,
che ha portato e tolto la speranza dalle nostre anime’ lesse Legolas. Se non
altro parole di sua sorella. Tristissime parole che Leannel aveva scritto dopo
la sua partenza.
Legolas fissò per un
istante la pietra, sfidando la sua luminescenza. Le lacrime giunsero ai suoi
occhi
“Mi sei mancata” mormorò.
Ma c’era qualcosa che non gli permetteva di lasciarsi alla disperazione. Quasi
sentisse nel suo cuore che non era destino che rimanesse solo. Continuò a
fissarla. Rimase attonito. Nessun pensiero nella sua mente. Vuoto. Tristezza.
Non si rese conto del tempo che passava solo in quell’abisso di niente. Fin
quando il suo sguardo fu toccato da qualcos’altro. A terra, a destra della
fredda tomba di marmo era un vaso da fiori frantumato. Dei fiori bianchi erano
caduto con lui e dal loro aspetto, Legolas intuì che erano caduti da tempo.
Porcellana. Frammenti. Frammenti taglienti come lame. E su una soltanto di
quelle piccole lame era sangue. Una paura folle si impossessò della sua anima.
Che aveva fatto Leannel? Non riusciva più a controllarsi. Non riuscì a
fermarsi. E corse, corse fino alle camere di Leannel; ove senza dubbio si era
rifugiata.
Leannel era rimasta sola.
Era convinta che Gimli dormisse e Legolas non sarebbe stato facilmente distolto
da quello che stava facendo. Passarono due ore. Erano le otto e la luna
brillava già nel cielo. Leannel non potè fareameno di chiedersi perché suo fratello le volesse celare ciò che più le
interessava della battaglia. I peggiori pensieri sorsero nella sua mente. Fin
quando sentì dei passi assennati nel corridoio. Anche se così assennati e
instabili, Leannel gli riconobbe immediatamente. Legolas. Si alzò dal letto dai
drappi blu. Ed afferrò il pugnale bianco. Si avvicinò alla porta.
Giunto alla stanza di sua
sorella, Legolas, aprì la porta con forza. Nemmeno lui sapeva davvero cosa
temesse. Quando fu nelle stanza della sorella. Un pugnale bianco intarsiato
d’oro fu sul suo collo.
“Che ci fai qui?” disse
Leannel
“Ho avuto paura” rispose
“Paura? Di cosa?”
“La porcellana… il
sangue”
“Non dovresti
preoccuparti tanto per me”
“Invece lo faccio”
Leannel si allontanò ed accese un candelabro sulla sua scrivania.
“Se non altro ora sei
qui. Sei qui ed io ti costringerò a dirmi quello che devi”
“Ti ho gia detto tutto
quello che c’era da dire”
“Tra noi due, fratello,
tu sei l’eroe ed io l’intrigante. Non il contrario. La menzogna è il mio e non
il tuo forte”
“Cosa vuoi sapere?”
“Sai benissimo cosa
voglio. Reimer Talmaye, Salmayee
Morien”
“Te ne parlerò. Ma
promettimi che non farai cose stupide”
“Sai bene sai anche che
non posso prometterti nulla del genere”
“Reimer, è venuto a capo
delle tue truppe. È stato il primo dei tuoi amici a cadere. Dopo molto che te
n’eri andata. È morto come ha vissuto. Valoroso e intoccabile.”
“Reimer è morto”
“E’ morto salvando
Morien. Il secondo è stato Talmaye. Ha costruito la strategia con la quale
abbiamo sconfitto il nemico. Ma è morto. Si è spinto più avanti di chiunque
altro”
“Talmaye è morto” Leannel
non controllava più ogni suo arto. La testa cominciò a girare e dovette
sedersi. Il suo sguardo si fece ancora più triste di quanto gia non fosse
“Salmaye è morto per
salvare me. Ha preferito morire al mio posto. È caduto”
“Anche Salmaye… Morien?”
“No, Morien è in vita. Ma
ci sono molte cose che non ha detto”
“Ho sempre saputo che è
una donna” Leannel lo interruppe. Lo sguardo perso ampio di lacrime. La mano
sulle labbra che cercava di soffocare quel dolore profondo. Erano morti tutti.
E in quel momento, Leannel capì che non ce la poteva più fare. Era finita. Era
sola. Erano morti tutti acausa sua. Al
loro posto avrebbe dovuto morire lei. La voce cristallina di Salmaye cantava
nella sua testa ‘Quanto silenzio causa la guerra
stiamo sbagliando per
forza’ Non era possibile ‘Con
le loro spade e le loro frecce’
“La violenza causa tale
silenzio” mormorò. Ma qualcosa l’avvolse. Il buio. La fine. Il vuoto. Il nulla.
Non c’era più nulla. Non c’era più forza. Non c’era più voglia di combattere.
C’era solo voglia che tutto finisse. Finalmente. Afferrò il suo bel pugnale
bianco e con un movimento velocissimo, tagliò parte dell’abito grigio che aveva
indosso. Si sfilò il rimanente rimanendo nella sua sottoveste bianca. Afferrò
il candelabro. La scena si ripeteva. Tanti anni dopo una donna della medesima
stravolgente bellezza, si avvicinava pericolosamente alla fine. Ma questo
Legolas non poteva saperlo. Nessuno gli aveva mai descritto la fine di sua
madre. Eppure era lì. Identico.
“E’ arrivata, Legolas”
disse mentre con i piedi scalzi andava lentamente verso la terrazza di marmo.
Aprì la porta finastra. Ormai il suo sguardo era perso nel vuoto. Non aveva
smesso di piangere.
“Cos’è arrivato Leannel?”
“La fine” i piedi della
donna elfo erano ormai sull’alta lastra di marmo bianco. Leannel dava le spalle
al fratello e la sua voce non sembrava la stessa. Il panico lo avvolse. Non
poteva lasciare che tutto finisse così.
“Ciao” sussurrò lei.
Spiccava il salto. La fine giungeva catastrofica mentre dai suoi occhi non
smettevano di sgorgare lacrime. Leannel aveva saltato. Ora cadeva nel niente.
Vicina alla morte. Ma non la raggiunse mai. Perché il suo braccio sinistro fu
afferrato dalle mani forti di un guerriero. Fu afferrato dalle mani forti di
suo fratello. Fu afferrato dalle mani dell’unico uomo che avesse mai amato. Ma
era troppo presto per accorgersene.
Leannel poteva sentire il
sangue riprendere a scorrere nelle sue vene. Il volto riprendeva lentamente
colore ed i battiti del cuore accelerarono. Ora era distesa a terra, sul freddo
marmo bianco del suo adorabile terrazzo. La luna piena brillava nel cielo
scuro. Come negli occhi dei due fratelli, che se ne stavano così sdraiati a
terra. Legolas appariva molto teso ed addirittura arrabbiato. Non avrebbe
dovuto farlo davanti a lui. Si accorse che dai suoi occhi cadevano lacrime.
“Che diavolo fai” disse
“Che faccio io? Che fai
tu Leannel”
“Mi sembra chiaro”
rispose
“Ti avevo chiesto di non
fare stupidaggini.”
“Sapevi che sarebbe
accaduto”
“Ma non avrebbe dovuto”
“Non avrebbe dovuto? Come
avrebbe fatto a non accadere? Tutti i miei amici sono morti. La colpa è solo
mia. Non c’è mai stato motivo alla mia esistenza. Era questo il momento”
“No!” gridò Legolas,
avvicinandoglisi velocemente “Non è vero. Non è vero e lo sai bene. Sai che non
è colpa tua. Sai che c’è sempre stato motivo alla tua vita. Sempre.”
Improvvisamente, anche gli occhi di Leannel si riempirono di lacrime. Legolas
era molto vicino ora. I loro nasi potevano quasi sfiorarsi.
“Sempre” mormorò.
Leannel non capiva. Non
capiva cosa fosse quel vuoto che riempiva la sua anima. Non capiva quello che
stava succedendo. Faceva male. Il petto. Non avrebbe desiderato altro che
morire. Solo pochi istanti prima. ma ora era tutto così diverso. Come se solo
in due fossero su quella terra. Dubbio. Paura. Sconforto. Eppure una nuova
forza. Così vicini. Quando le labbra si sfiorarono.
Le lacrime non smettevano
di scendere dagli occhi chiari del principe elfico. Per un solo istante aveva
avuto il miraggio di una vita senza Leannel. Non avrebbe mai potuto sopportarlo.
Un grido nella sua testa. Non gli avrebbe permesso di andarsene. Di nuovo. Solo
adesso poteva riconoscerlo. L’amore. Così diverso dalla prima volta. Così
doloroso. Leannel. Questo il grido nella sua testa. Leannel. Il viso era caldo.
Con la sua mano fredda, Legolas lo sfiorò dolcemente.
“Sempre” sussurrò lei.
Ora qualcosa si muoveva nella sua testa. Non poteva non farlo. I loro volti
erano così vicini che non dovette avvicinarsi più di tanto. La baciò. Quel
bacio che aveva un sapore dolce ed amaro allo stesso tempo.
Nessuno aveva predetto
quello che accadde quella notte. Nessuno avrebbe mai potuto prevederlo. Perché
era forte. Devastante. Impossibile. Irragionevole. Irraggiungibile. Era amore.
Un bacio. Una nuova
fervente emozione. Il petto di Leannel stava esplodendo. Come quello di suo
fratello, che ormai poteva considerarsi il suo innamorato. Legolas si allontanò
senza smettere di fissarla. Un altro bacio. E un altro. e un altro ancora.
sembrava che non si sarebbero mai allontanati. E così fu.
Legolas e Leannel si
spinsero strisciando a terra fino alla porta finestra che dava alla stanza di
lei. Non si allontanarono nemmeno per un momento. Non ne avevano intenzione e
non ne sarebbero mai stati capaci.
Il pensiero di una era
tormentato dal volto dell’altro. anche se lentamente si avvicinarono alla
camera. La flebile luca del candelabro non si era ancora spenta. Leannel si
appoggiò alla porta aperta, ritornando asedere. Legolas la spinse verso l’interno della stanza. Inutile. Non si
sarebbero mai più separati. Giunti ai piedi del letto, Leannel si aggrappò al
baldacchino, riuscendo a tornare in piedi. Legolas la seguì, pur allontanandosi
dal suo viso. Leannel si sedette sulle coperte blu, Legolas la seguì. Ora
Leannel era sul suo letto. Legolas prese a baciarla sul lato destro del collo.
Leannel non aveva mai provato una sensazione del genere. Era sollevata ed
eccitata allo stesso tempo. Pur essendo pienamente consapevole che quello che
stava facendo era eticamente sbagliato. Ma era così diverso da ogni altra cosa.
Nulla era nelle sue mani ora. Era Legolas ad avere il comando. Ed era
meraviglioso.
Gli sfilò velocemente la
casacca verde scuro.
Fuoco freddo. Rumore nel
silenzio. Una spada d’acciaio che li attraversava il cuore.
Narrare di cos’altro accadde
quella notte non mi è concesso. Basti dire che furono molte le emozioni
sprigionate da quelle poche ore. Basti dire che anche se ancora era troppo
presto perché se ne accorgesse, Leannel quella notte aveva trovato la sua sola
felicità.
Un pallido sole
primaverile, verso le cinque del mattino, cominciava ad illuminare quelle
stanze nella fresca mattina di giugno.
Attraverso le finestre
dai vetri argentei cadeva sui due corpi addormentati nel letto dai lenzuoli cobalto.
A sinistra lui. Bellissimo. Elfico. Lunghi capelli biondi. L’esile corpo nudo
avvolto ametà tra le lenzuola di seta.
Poi lei col volto rivolto
alla sua sinistra. Un solco tra le linee perfetteed il suo viso elfico. Un solco che non si sarebbe saputo dire di
gioia o di immensa tristezza.
Visti così nessuno
avrebbe mai pensato che fossero fratelli. Così diversi. Lui era lo stereotipo
dell’elfo. Lei aveva il volto di un guerriero. Lunghi capelli scuri che
incorniciavano il viso dai tratti forti.
Un soffice soffio di
vento. La porta finestra si aprì e sbattè contro il muro. Nessuno la notte
precedente aveva avuto cura di chiuderla.
Legolas spostò lentamente
il braccio sullo stomaco, ma non si svegliò.
Gli occhi di Leannel si
aprirono repentinamente. Si sedette. Non poteva credere di essere dov’era. La
notte precedente le cose le erano decisamente sfuggite di mano. Ed era stato
meraviglioso. Non riusciva ad evitare di essere felice.Ma era tutto sbagliato. Non c’era nulla di
giusto. Nulla. Ma quando mai la vita era stata giusta con lei? Fuoco freddo.
Rumore del silenzio. Una lama di freddo acciaio pareva traversarle il cuore.
Dolore. Profondo e radicato.
‘Non sempre la via giusta
è la via migliore’ queste parole nella sua testa. Non ricordava che qualcuno
gliel’avesse mai dette. Anzi, Gandalf spesso diceva il contrario. Diceva che
tutto era sacrificabile per la giustizia. E questo era il pensiero radicato
nella sua mente. La giustizia era l’unica via. Non poteva certo sacrificarla
per un suo inutile capriccio. Sarebbe stato come arrendersi a se stessa. Molto
peggio che finire nell’oblio.
“Se solo Reimer fosse
qui” sussurrò. Gelide. Ancora. gelide lacrime caddero sulle sua guance pallide.
Con la mano destra si sfiorò il viso. Il peggiore dei capricci dell’anima. Il
più grande. Il più forte. L’amore.
Solo poche lacrime ebbero
tempo di cadere su quel viso. Leannel si rese conto che non poteva rimanere lì.
Aveva troppa paura. Era troppo debole ora. Non avrebbe mai potuto parlargli
ora, che anche osservarlo dormire gli sembrava impossibile. Cosa avrebbe potuto
dirgli poi? Che avrebbero dovuto dire addio al loro amore? Lui l’avrebbe odiata
e Leannel non avrebbe potuto biasimarlo.
Doveva fuggire. Non aveva
più alleati a Bosco Atro. Doveva rimanere sola finché Legolas non se ne fosse
andato a Ovest. E poi non lo avrebbe più visto. E avrebbe sofferto. Fino alla
fine dei tempi. No, forse se non ci fosse stato lui sarebbe riuscita ad
uccidersi. O forse si sarebbe uccisa proprio in quel momento. Si guardò intorno
per qualche istante. Nulla. Nulla di tagliente. Nulla che avrebbe potuto
toglierle la vita. Ma avrebbe comunque valso la pena vivere dopo aver
rinunciato all’unica cosa che avrebbe mai potuto portarle felicità? Ormai era
certa che fosse così. In quella notte soltanto aveva conosciuto la felicità. E
se la gioia non era quella che aveva provato, voleva dire che non era nata per
provarne. Un’altra lacrima. Ma non aveva tempo. Non ne aveva per divagare. Non
ora. Ma dove sarebbe potuta andare? Dove? Chi, dopo la morte dei suoi compagni
avrebbe potuto aiutarla? La risposta era unica e semplice. Minas Tirith.
Aragorn ed Arwen. E anche Morien. Morien. Le mancava. Chissà quanto doveva aver
sofferto. Doveva vederla. Minas Tirith. Doveva solo riuscire ad alzarsi, ora.
La schiena contro la spalliera. Lo osservò per un istante. Mal di testa. Troppi
problemi. Una nuova lacrima amara. Stava prendendo la via sbagliata. Chi
avrebbe toccato il suo amore? Forse solo il suo orgoglio. Ma Leannel era fatta
così. Pareva volesse soffrire. Ma chiaramente non era così. C’era qualcosa che
non poteva negare. Rimaneva solo da scoprire cosa fosse. Ma credeva di essere
sicura di quello che avrebbe dovuto seguire.
“Quello che è più giusto”
mormorò. Lentamente si alzò in piedi. Una lunga cavalcata l’attendeva. Indossò
velocemente i vestiti di suo fratello. Un lungo paio di stivali neri. Strinse
forte i lacci della casacca verde scuro. Quella stessa giacca che aveva levato
a Legolas la sera precedente… No, era finito quel tempo. Non avrebbe dovuto
pensarci. Una giacca verde scuro sopra una larga camicia di lino. Ormai gli
dava le spalle.
“Dove stai andando?”
disse lui. Si era svegliato. La fissava. Avrebbe dato qualunque cosa per non
parlargli. Ed infatti non rispose. “Ho paura. Spero che tu ne abbia quanto me,
altrimenti mi sentirei uno stupido.”
“Sto scappando. Io scappo
sempre quando ho paura”
“No. Tu scappi quando non
conosci ciò cui vai incontro”
“Non è la stessa cosa?”
basta. Stavano parlando. Troppo. Era terribilmente doloroso. Sapere che avrebbe
dovuto lasciarlo
“Non voglio parlarti.
Voglio solo andarmene” disse. Legolas rimase qualche istante in silenzio. Si
alzò a sedere. Con la mano si sfiorò la fronte. Leannel aprì la porta
“Aspetta” la fermò lui
“Aspetta un attimo. C’è qualcosa che devo dirti. Dicono che non tutte le navi
siano partite. Elrond partirà tra un paio d’anni”
“Vuoi andartene?” ma
Legolas fece cenno di no con la testa, mentre abbassava la fronte “No..Tu
vorresti che io me ne andassi con loro.. Lo sai che mai avrei voluto.. Lo sai
per certo!” Leannel gridava. Si voltò. Legolas socchiuse gli occhi.
“C’è una lettera Reimer.
Me l’ha data prima di morire. L’ho lasciata sulla scrivania”
Probabilmente faceva più
male a lui. Ma Leannel non avrebbe mai potuto sopportarlo. Aveva bisogno che il
suo compagno le dicesse di non andarsene. Non di andare più lontano. Aveva
bisogno che le dicesse che non poteva vivere senza di lei. Probabilmente questo
era vero. Ma ora Leannel non aveva la lucidità che le sarebbe servita per
capirlo. Odiava Legolas. Odiava se stessa. Odiava ogni cosa che
respirasse.Uscì sbattendo la porta di
ebano. Lasciando suo fratello solo. Distrutto.
Passi veloci. Nessuna
esitazione. Lontano. Era davvero una vigliacca. Ed una stupida. Verso le
stalle. Senza mai fermarsi.
“Che hai combinato?”
disse la voce forte di un uomo alle sua spalle. Leannel si voltò. Nessuno.
Silenzio. Eppure era certa di aver già sentito quella voce. Già. Ma ora non era
importante. Non aveva tempo di ascoltare voci nella sua testa. Finalmente
eccolo. Infondo alla stalla scura. Candido. Un così incredibile contrasto.
Mithrandir. Il cavallo più bianco che avesse mai visto. Il suo nuovo cavallo. E
poi via, tra le fronde del Bosco Atro verso le bianche mura di Minas Tirth.
Ore di viaggio. Non ore
quanto giorni. Ma ormai per Leannel il tempo sembrava non passare mai. O
passare troppo velocemente. Non aveva idea di dove si trovasse. Non le
interessava nemmeno di saperlo. Conosceva la strada e non le importava quanto
tempo ci avrebbe messo. Ma in quell’unico momento il cavallo, che aveva
cavalcato senza sosta, si fermò. Non c’erano motivi apparenti. Si era bloccato.
Il sole aveva smesso di brillare da tempo ormai.La notte era l’unica cosa a brillare. Leannel era sola.
Mithrandir contrastava con quell’atmosfera, quasi più che con il marrone di
ciliegio delle stalle. Ma Leannel non poteva fermarsi. Malessere. Se si fosse
fermata avrebbe dovuto pensare. Non ne aveva voglia. Non ne aveva la forza. Il
dolore l’avrebbe spezzata. Per sempre. Nonostante tutto era lì. E stava
pensando. Bruciava. Di amarezza e di rabbia. Rabbia contro se stessa solamente.
Fin quando se ne ricordò. La lettera di Reimer. Se il suo vecchio amico l’aveva
scritta voleva dire che era già consapevole che sarebbe morto. Povero Reimer.
Anche di questo si dava la colpa, nonostante tutti i suoi problemi.
“che stai combinando” lo
sentì di nuovo. Un brivido lungo la schiena. E davanti a lei un uomo alto con
gli occhi neri. Un elfo. Reimer. Non un elfo come gli altri.
“Sembra che tu sia
allergica alla felicità” disse. Leannel rimase in silenzio. Era la prima volta
che sognava da sveglia. No, non lo era. Alla tomba bianca. Queste Gandalf le
avrebbe chiamate visioni. Ma sentire la voce di Reimer l’aveva resa felice.
Reimer. Il cavallo s’immpennò e nitrì. Leannel lo fece calmare velocemente. Ma
quando volse il viso al suo compagno, non c’era più. Dunque, il suo sogno era
stato breve. E doloroso. Perché anche secondo Reimer la cosa giusta non era la
migliore. La lettera. Doveva leggerla ora. L’aveva messa in tasca, in tutta
fretta. L’aveva quasi dimenticata. Carta leggera. Il cavallo sembrava non avere
intenzione di partire. Legata con un solo nastro. L’aprì velocemente. L’inchiostro
non era particolarmente chiaro. Ma doveva leggere.
“Cara Leannel,
Se hai ricevuto questa
lettera dalle mani di Talmaye, di Salmaye, o , in caso siano morti tutti, di
tuo fratello, vorrà dire che io sono sicuramente morto. Ora, non ho intenzione
di chiederti scusa. Sai bene che è stato giusto che te ne andassi. Faramir ci
ha parlato di te e del Nazgul, e abbiamo capito che è stata la cosa migliore.
Ma non è questo che devo dirti. In primo luogo, mai questa lettera ti sarà
consegnata dalle mani di Morien. Non le ho permesso di combattere. Dev’essere
viva per forza. Ma curatene. Falla essere felice. Non ti ho mai chiesto un
favore. Il resto riguarda solo te. Non ho idea di cosa il tempo ti porterà.
Tutti mi credono molto più intelligente di quanto in realtà sia. E più
coraggioso. La verità è che sono sempre stato un’irresponsabile. Non me n’è mai
importato nulla della vita. Non della mia. Ma della tua si. Io e te non siamo
tanto differenti. Se avessi potuto saresti stata come me. Ma non hai potuto.
Sto divagando. Gandalf mi ha detto delle cose importanti. Sul tuo futuro. Ha
detto: ‘Non negare ciò che è innegabile’. Ha sempre parlato bene. Non ho capito
bene quello che volesse dirti. Forse a te le sue parole saranno più
comprensibili. Se non altro tutta questa lotta mi ha dato il tempo di pensare.
Ha a che fare con la felicità. La tua felicità. E siccome sono più che certo
che una come te non potrà che trovare la felicità con l’amore, a questo ho
pensato. Sei riuscitaa rendere
complesso anche ciò che c’è di più semplice. Non voglio nemmeno immaginare cosa
tu abbia combinato. Anche su questo comincio a farmi le mie idee. Prendi ciò
che ti viene dato, perché non tornerà più indietro. Non sono mai stato molto
bravo con i consigli. Ma fallo ugualmente. Sii felice, per una volta. Fino alla
fine.
Per sempre tuo
Rei, da dove non potrai
raggiungermi. Fa in modo di non raggiungermi, almeno.”
Reimer. Una vita
meravigliosa spezzata. Era davvero colpa sua? Ma non era affatto giusto.
Avrebbe dato qualunque cosa perché Reimer fosse lì ora. Aveva più bisogno di
parlare di quanto credesse. Appena giunta all’ultima delle righe di quella
breve lettera, Mithrandir riprese a galoppare. Quel cavallo era
incomprensibile. Leannel non riusciva a capire se fosse stato usato da qualcuno
di più forte di lei, o se fosse solamente dotato di un’intelligenza superiore.
Comunque ora ne era sicuramente più certa. Doveva vedere Morien.
Minas Tirith. Le nubi
scure che la circondavano l’ultima volta che l’aveva vista se n’erano andate,
la sciando spazio ad un sereno cielo azzurro. Il sole brillava. Sembrava tutto
così gioioso e perfetto. Eppure si avvicinava una nota stonata. Leannel.
Incomprensibile. Come potesse essere così perfetta e allo stesso tempo così
sciupata. Non ricordava di essere mai stata così magra. Nonostante non avesse
dormito per solo pochi giorni, pareva non lo facesse da secoli. Il volto sporco
rigato dalle lacrime. I vestiti fangosi. Si avvicinava lentamente alla città
del signore Aragorn. Mithrandir era sempre più lindo e forte. Incomprensibile.
Ma Leannel non aveva più la forza di pensare a cosa fosse comprensibile o meno.
Era immobile. Aveva abbandonato la sua assennatezza. La sua mente era bloccata.
Per la prima volta nella sua vita, Leannel, aveva davvero bisogno di aiuto.
Le fredde strade bianche
dei primi livelli di Minas Tirith apparvero sotto gli zoccoli di Mithrandir.
Finalmente. L’aveva raggiunta. Le rimase incomprensibile il perché vi fosse
ancora una guardia attorno al palazzo. Ma era così.
“Con chi ho il piacere?”
disse l’uomo
“Il mio nome è Leannel e
vengo dalle terre di Bosco Atro”
“Leannel. Di Bosco atro.
Divertente.”
“Divertente?”
“Fino a pochi giorni fa
qui è stato Legolas di Bosco Atro. E quando il più grande dei principi elfici
parlava di sua sorella, la descriveva come una fanciulla di rara bellezza.”
Leannel si rese conto che l’uomo aveva ragione. Era magra, sporca e vestita da
uomo. sotto un lungo mantello nero. Nessuno che non la conoscesse l’avrebbe
riconosciuta. Forse se avesse tolto il cappuccio avrebbero compreso chi fosse
ma non aveva alcuna intenzione.
“Va, Mithrandir!” disse.
Il cavallo rase al suolo la porta di legno che gli separava dalla cittadella.
Gli uomini di guardia le furono subito dietro. Ma Leannel cavalcava meglio di
chiunque altro.
eccolo. Il palazzo
bianco. L’unica cosa più candida delle strade di Minas tirith era il suo
palazzo. Scese da cavallo. Quegli stupidi uomini dovevano essere rimasti
indietro. L’albero bianco aveva ripreso a fiorire. Un senso di leggero
benessere si diffuse nel cuore, per essere interrotto da un brusco ritorno alla
realtà. La porta. Una mano su ogni lembo. Ora era aperta.
Aragorn sedeva sul suo
trono bianco parlando con alcuni uomini all’apparenza importanti. Poco al di
sotto della sua figura, su di un trono scuro, Faramir, il sovrintendente.
Discutevano delle terre di Mordor. Ma questo Leannel non fece in tempo ad
osservarlo. Il cappuccio cadde. Ora due profondissimi occhi tra il blu ed il
grigio fissavano il re di Gondor, colmi d’ira. Il mondo parve smettere di
girare. Le voci non divennero che pallide eco. Aragorn la fissò.
“Bugiardo” disse Leannel,
mentre il suo corpo si accasciava al suolo.
Anche se così poteva non
sembrare, Legolas era confuso quanto sua sorella. In così poco tempo credeva di
aver dimenticato l’amore. Nonostante fosse stato molto doloroso. E invece era
tornato. Devastante. Ma molto diverso. E Miriel pareva essere stata cancellata.
Cosa immensamente triste. Perché in confronto a quello appena vissuto, Miriel,
era un amore così labile. Non aveva mai amato allora? No, non era possibile.
L’amore era sempre diverso tra individuo e individuo. Doveva essere così. Ma
perché proprio Leannel.. Non era giusto. La conosceva bene. Il suo orgoglio non
le avrebbe mai permesso di lasciare spazio a quel sentimento. Nonostante lo
avesse cercato incessantemente per lunghi anni. Sembrava che fosse lei stessa a
portare sfortuna. Ma la riteneva la persona più cara della sua esistenza ormai.
Non c’erano dubbi. L’amava. Non che secondo lui fosse giusto il fatto che
stessero insieme. Ma ora era solo e sentiva il bisogno incessante di vederla di
parlarle, di toccarla. Sapeva di aver sbagliato con le sue ultime parole.
Leannel credeva che tutti gli elfi che se andavano all’ovest fossero dei
vigliacchi.E l’ultima cosa che voleva
essere era una vigliacca. Ma nel suo cuore, il principe aveva sentito che
Leannel doveva partire. Da sola senza di lui. E se non avesse creduto di non averla
mai raggiunta, avrebbe anche potuto avere ragione. Ma ora non aveva voglia di
pensare. Né di crogiolarsi nel suo stesso dolore. Doveva alzarsi. Magari
Leannel non se n’era ancora andata. No, non era possibile. Erano passate due
ore da quando era uscita dalla porta di ebano. Leannel era veloce ed emotiva.
Se n’era già andata. Ma dove? Forse qualcuno l’aveva vista. Doveva alzarsi. Un
piede fuori dalle coperte blu. L’altro. Idiota. Leannel aveva preso parte dei
suoi vestiti. I pantaloni neri e la casacca. Si rivestì di quello che gli era
disponibile e cercò tra i vestiti della sorella. Aveva preso di suoi per tutta
la vita. Doveva avere un paio di pantaloni. E infatti gli trovò. Poteva
uscirne. Anche se non ne aveva voglia. Non aveva più voglia di lottare per
vivere. Non aveva più voglia di parlare con la gente. Aveva voglia solo della
sua Leannel. Aveva voglia di lottare solo per lei. Doveva trovarla.
Gimli attendeva ormai da
un’ora e mezza davanti alla porta della camera di Leannel. Sapeva bene chi ne
sarebbe uscito e come.
‘Non sempre si vede una sorella felice per il
ritorno di suo fratello, uscire in fretta dalle sue stanze e fuggire a sud’
pensò. Infatti era così. Gimli aveva visto Leannel fuggire in groppa al suo
fedele Mithrandir. Lei non doveva averlo visto. Era molto turbata. E ben presto
il nano giunse alla risposta ai sui quesiti. Legolas. Cosa aveva combinato il
suo amico? Considerato il fatto che rimaneva in quella stanza da due ore, Gimli
comprese che doveva essere qualcosa di importante. Qualche idea era nella sua
mente, ma non gli dava ascolto. Vedere per credere. Non pensava nulla di male.
Legolas aprì lentamente
la porta. Si guardò lentamente intorno. Non doveva esserci nessuno. La
situazione poteva essere compromettente. Nessuno. Almeno nessuno ad altezza di
elfo.
“Cosa hai combinato?”
disse Gimli severo
“Peggio di quanto tu
possa immaginare”
“Non rovinarti così.. Per
una donna”
“Non dire cose stupide. È
chiaro che non l’ho chiesto io”
“Hai ragione. Non ho
intenzione di chiederti cosa è successo là dentro. A dire il vero posso
immaginarmelo. Ma non vale la pena di stare male”
“Lo dici tu che non vale
la pena..”
“Seguiamola.”
“Cosa?”
“Andiamo dov’è lei. Siamo
dei guerrieri ormai”
“Ma non abbiamo alcuna
idea di dove possa essere”
“Ora sbagli tu. Io non ho
alcuna idea di dove sia potuta andare. Ma tu lo sai”
“Perché dovrei saperlo?”
“E’ la donna che ami tu,
non io! Dove andresti se fossi lei?”
“Da un amico. Un amico
lontano”
“Gandalf?”
“No, Leannel non ha modo
di sapere dove si trovi.”
“Chi reputa amico allora
tua sorella?” una pallida luce di speranza negli occhi di Legolas
“Aragorn. Minas Tirith”
“Così lontano?”
“Tu non sai quanto possa
andare veloce mia sorella con un buon cavallo” disse. Quasi un sorriso “E’
strano credere ancora che sia mia sorella”
“Allora per noi non lo
sarà più. Sarà solo Leannel”
Capitolo 42 *** Una giovane donna elfo in lutto ***
-Parte quarta-
-Parte quarta-
Capitolo VIII _ Una
giovane donna elfo in lutto_
“Bugiardo”. Le sue stesse
parole le rimbombavano nella mente. Mal di testa. Doveva aver dormito per molto
tempo. Per un momento tentò di immaginare che fosse stato tutto un sogno. Che
Legolas dovesse ancora tornare dalla battaglia. Che il suo futuro potesse
essere cambiato. Ma si rese conto che le fantasie non l’avrebbero potuta
riportare indietro. Era sdraiata su un letto dai lenzuoli candidi. Di sicuro
non era il suo. Non aveva mai visto la stanza di pietra bianca dove ora era
coricata. Era sola, ma al suo fianco destro era una sedia di legno scuro ed una
bacinella di acqua calda. Aragorn doveva essersi preoccupato. Questa persona
cui l’aveva affidata doveva essere importante. C’erano delle belle vesti
ricamate su delle seggiole. Una donna. Una donna colta, a giudicare dai libri
in elfico che si trovavano su di un comodino. O forse un elfo. Forse. Le faceva
piacere pensare a qualcosa che non fosse la sua situazione. Doveva vedere
questa persona che l’aveva curata. Per lo meno doveva ringraziarla. Un piede
fuori dalle coperte. Poi l’altro. la testa girava ora che era in piedi. Ma
nulla che non si potesse sopportare. Le avevano messo delle vesti bianche.
Aveva piuttosto freddo, nonostante fosse luglio. O la fine di giugno. Forse un
po’ di febbre. Sempre che gli elfi potessero avere febbre. Trovò uno scialle
nero sulla sedia coi vestiti e se lo mise sulle spalle. Stava uscendo dalla
stanza. I corridoi bianchi. Ma quasi immediatamente qualcosa alla sua sinistra
colpì il suo sguardo. Un piccolo cortile interno. Una lapide bianca. Dinnanzi
ad essa, una giovane, esile, bassa figura elfica. Una ragazza sul metro e
sessanta. Lunghi capelli nero tenue. E Leannel conosceva il colore dei suoi
occhi. Marroni. Molto dolci. Era Morien, dama dei porti Grigi. Morien. Se mai
Leannel avesse saputo perché Reimer aveva fatto in modo di far credere a tutti
che era un maschio, ora il pericolo era cessato. La figura cadde da in piedi in
ginocchio, portandosi la mano destra al volto. Solo adesso Leannel notava che
era vestita di nero. Completamente. In lutto. Per Reimer. Lo aveva sempre
sentito nell’anima che quei due nascondevano qualcosa di ancora più grande
dell’identità di Morien. Ma non erano affari suoi. Affar suo era invece
consolare Morien. Come gli era stato detto nella lettera. Rei doveva aver
pensato a Morien fino alla fine. Leannel aveva fatto una promessa a modo suo.
Si avvicinò. Morien non aveva nemmeno la forza necessaria per alzarsi e non si
accorse della sua presenza.
“Morien. È qualche tempo
che non ci vediamo”
“Leannel!” il volto della
ragazza era rigato di lacrime, ma si comportava come se Leannel fosse ancora il
suo capitano. Non poteva lasciare che la vedesse piangere. Non poteva lasciare
che la vedesse donna. “Cosa ci fai tu..”
“Sto meglio adesso” disse
Leannel “Almeno fisicamente. Ti ringrazio.” Morien fece cenno di no con il
capo. Leannel era consapevole che lei non sapesse “Non temere sapevo tutto.
Reimer non era bravo come pensavi” a sentire pronunciare quel nome Morien cadde
di nuovo a terra in lacrime. Leannel era diventata improvvisamente più fredda
di quanto non fosse mai stata. Ma doveva mantenere la promessa. Si abbassò ed
abbracciò Morien
“Su piccola cara” disse
“basta ora”
“Hai ragione, scusami.
Dovrei essere io a prendermi cura di te”
“Già” Morien si rialzava
e smetteva di piangere. Leannel si rese conto di non essere l’unica a soffrire.
Se non altro con Morien si sarebbero fatte compagnia per un po’. No, non
poteva. Doveva parlare con Aragorn. Ma era presto. Rientrata in camera, si
rimise sotto le coperte, mentre Morien le parlava della guerra.
Morien non era tipo da
parlare particolarmente veloce o in maniera interessante. Questo derivava dal
fatto che in se era una donna taciturna. Come il suo compagno. E Leannel non
riuscì a fingersi interessata a lungo. Si addormentò. I suoi sogni furono
sconnessi e disordinati. Ancora non aveva potuto incontrare Aragorn. Non aveva
parlato ancora con nessuno. Si svegliò due ore più tardi. Come la prima volta
non vide Morien a suo fianco. Ma vide qualcuno. Un uomo alto dal volto molto
bello, gli occhi tristi e severi. Non aveva dimenticato quel volto. Osgiliath.
Faramir. Il sovrintendente.
“Pensavamo che non ti
saresti svegliata più” disse. Leannel non rispose. “Sembra che tu non sia
riuscita ad arrivare dove volevi”
“Salve. Dove volevo
arrivare?”
“Alla felicità” Faramir
sorrise “Al tuo contrario, per me, tutto è caduto ma poi è risorto, chiaro come
il giorno.”
“Pensare che senza il mio
aiuto non avresti mai avuto un domani”
“A causa tua” silenzio.
Faramir non le si rivolgeva con nessuna cautela. Al contrario di ogni altro.
pensò che doveva essere così con lei sola. Aveva il volto di un uomo prudente.
“Hai trovato quello che
cercavi?”
“Si, anche se ora non
posso fare altro che piangere sulla tomba di un padre folle” Leannel non capiva
le sue parole. Nessuno le aveva accennato di Denethor. Ma non aveva alcuna
intenzione di chiederne.
“Quando potrò vedere
Aragorn”
“Presto. Ha molti
impegni, ma tu sei molto più importante.”
“Dimmi” mormorò Leannel
mentre si alzava a sedere “Dimmi, tu cosa ne pensi?”
“Cosa?”
“Di me. Se io non fossi
io che consiglio mi daresti?”
“Ti direi ‘Non negare
l’innegabille’”. Parole di Gandalf. Sapeva che erano legati ma fino a che
punto? O forse quelle parole erano uscite dalla sua mente…
Non c’era più tempo ora.
I passi del re erano veloci e sicuri. Dietro di lui, altri passi, veloci allo
stesso modo ma soffici. Sua moglie. Così Leannel la riconobbe.
“Sembra che ora tu debba
andartene” disse al sovrintendente. In quel momento, Aragorn, o meglio
Ellassar, spalancò la piccola porta scura di quella stanza che era stata
adibita al contenere Leannel. Faramir fece un piccolo cenno di si col capo,
forse un inchino. Uscì velocemente dalla stanza. Aragorn e Leannel rimasero per
qualche tempo in silenzio.
“Cosa hai combinato?”
disse lui con un tono tra l’apprensività e la rabbia.
“Non sei molto originale”
rispose lei “Sarai la quarta persona che me lo dice”
“La terza al massimo. Ne
hai incontrate tre”
“Questo lo hai detto tu”
Stupida. Non poteva far altro che dirsi questo. Era andata lì per chiedere
consiglio. E ora faceva la sbruffona. Idiota.
“Non ho voglia di
scherzare, Leannel. Ho visto le tue cicatrici. Non penso tu abbia avuto il
tempo di ferirti in battaglia”
“Non dire nulla di cui tu
non abbia la certezza”
“D’accordo. Ho esagerato”
“Bene”
“Non mi hai ancora
risposto. Dimmi cosa è successo”
“E’ Successo.. Tutto e
niente.. in poche ore.. Legolas”
“Legolas? Con tuo
fratello? Impressionante”
“Cosa t’impressiona”
“Comincio a credere che
Gandalf avesse ragione quando diceva che cercavi di essere triste! Legolas!
Io…” stava gridando. Non era un uomo di particolare tatto quando si arrabbiava.
“Scusami. Sbaglio. Ma non ti capisco io…”
“Nessuno può capirmi
adesso. Nessuno ha mai potuto”
“Questo è il classico
discorso da Leannel. Sei molto più forte di quanto tu creda”
“E adesso a cosa mi serve
la mia forza?” di nuovo silenzio. Leannel aveva ragione.
“ti serve ad andare
avanti. A prendere la scelta giusta”
“Se sono qui significa
che l’ho già presa”
“La scelta giusta per
chi? Per chi è giusto stare qui?”
“Per l’etica globale”
“Che t’interessa
dell’etica globale? Giochi la tua vita, non l’etica globale!” Che brutta
parola, globale. Aragorn era chino sulla figura di Leannel che si era alzata in
ginocchio sulle lenzuola bianche. L’uomo si tirò all’indietro e rise. Leannel
fece lo stesso, nonostante il suo dolore non le permettesse di ridere come
avrebbe voluto.
“Impossibile. Quasi più
di te”
“Ogni volta che
c’incontriamo finiamo per litigare”
“Forse un giorno non ci
sarà più alcun motivo per litigare”
Aragorn uscì dalla
stanza, solo accostando la porta.
“Sei un bugiardo” mormorò
Leannel quando Aragorn se ne fu andato, mentre tentava di fare in modo che le
lacrime non arrivassero agli occhi “ avevi detto che sarebbe stato
meraviglioso”
Non seppe mai se Aragorn
la sentì. Ma ora Leannel era consapevole che avrebbe dovuto affrontare il suo
dolore. E infatti ecco entrare dalla piccola porta. Arwen.
“Sembra che nulla possa
farti tornare in te” disse
“Forse il problema è che
sono fin troppo in me” rispose piano Leannel.
“Forse.” Silenzio “Ma
questo non toglie che la tua sia follia pura”
“Devo contraddirti di
nuovo. La tua è stata follia. Il mio è zelo”
“Eccesso di zelo”
“Probabilmente”
“Che è successo? Parlami.
Non come hai fatto con Aragorn. In noi due scorre la stessa linfa. Non mi puoi
prendere in giro”
“E’ successo quello che
non sarebbe dovuto” Arwen si era avvicinata prima alle tende socchiuse che
davano all’esterno, le aveva scostate leggermente, per poi richiuderle. Si era
voltata per la prima volta aveva fissato negli occhi la sua vecchia amica.
Leannel. La guardava con occhi severi. Per la prima volta sembrava che delle
due fosse lei ad avere la situazione in mano. Di nuovo. In fondo al suo sguardo
era una lontana luce materna, luce che fino a quel momento aveva illuminato gli
occhi di Leannel. Ma adesso non ce n’era più ombra. Sembrava che fosse nata
pochi giorni prima. no, non è esatto. Non aveva mai smesso di apparire austera
e saggia. Mai. Ma ora non era più consapevole di niente. Come se una corda si
fosse spezzata. E nella sua anima Arwen sapeva che in realtà questo era quello
che Leannel aveva sempre cercato. Ora pareva che fosse Arwen quella che aveva
già vissuto la situazione. Ed era così.
“Il tuo non è altro che
un amore assennato”
“No. Il mio è un amore
maledetto. Come lo sono sempre stata io. Non è giusto che con me cada anche
Legolas”
“Non è giusto. Ma è
l’unico modo”
“L’unico modo per fare
cosa? Cosa Arwen? Solo perché tu ti sei lasciata prendere dalla follia di un
amore impossibile, non significa che sia la scelta migliore”
“Nemmeno io ti credo, se
questo è il significato delle tue parole. Credo che l’unica fonte delle tue
sofferenze sia l’orgoglio. Il tuo stesso orgoglio”
Leannel era offesa. Non
lo avrebbe mai ammesso, ma era mortalmente offesa. Probabilmente era proprio il
suo orgoglio ad offenderla. Pareva fosse stupida. Ed in effetti non lo era.
Anche Arwen lo sapeva, ma in fondo era stata offesa anche lei.
“Non rinuncerò mai al mio
orgoglio”
“Lo immaginavo…”
“Immaginavi cosa?”
“Gandalf aveva ragione”
“In che senso? Di cosa
stai parlando?”
“Una volta mi disse che
tutte le tue convinzioni ti avrebbero distrutta. Se..”
“Se?”
“Se nessuno ti avesse
fermata” disse. Ora il suo sguardo era perso. Per la prima volta Leannel si
rese conto di quanto fosse cambiata in quei pochi anni. Era cresciuta. Era più
bella. Era più umana. Era una regina. Come lei infondo.
“Non mi sono fermata da
sola. Tu non potrai fermarmi. Sono nata per soffrire. Sono nata e morirò così.”
“E’ un miraggio. Solo tu
lo pensi. Comunque sia, credi che Legolas meriti di soffrire per sempre?”
Legolas. Solo ora Leannel pareva accorgersi di quanto le mancasse. Erano giorni
ormai che non lo aveva visto. Non lo aveva respirato. Non aveva sentito il
suono della sua voce. Faceva male. Ma doveva fare finta di niente.
“Legolas è forte. Legolas
andrà all’ovest. Legolas vivrà”
“Non come te.. Tu
morirai.. Se non nel corpo nell’anima..” Basta. Arwen non sapeva più che dire.
Non riusciva. Non poteva imporle le sue scelte. Ma altrimenti sarebbe morta..
Poi la luce. Lo sentì nel cuore.
“Legolas sta venendo qui
ora” Leannel le risposte con gli occhi. Non riusciva a capire.
“Non lascerà che tu
faccia come vuoi. Il vostro legame è troppo profondo.”
“Mi imporrò. Sempre. Per
ciò che è giusto”
“Sempre per cosa? Per
cosa Leannel?” Ora Arwen era esausta. Era sicura di quello che aveva affermato.
Ma doveva far capire a Leannel. Capire il perché di una scelta come la sua.
“Per cosa? C’è un momento
in cui si rinuncia a ciò che è giusto per fare ciò che è meglio. Non servirà a
nessuno che tu non trovi pace. Non servirà a te. Non servirà al tuo compagno! A
nessuno..” Arwen aveva perso la calma. Ma forse quello era l’unico modo.
“E se quel momento è
giunto, io non posso fare nulla per fermarlo” ora erano gli occhi di Leannel a
fissare il nulla. Lo sguardo da prima vuoto, poi sofferente, pieno di lacrime.
Poi quasi un sorriso. Non un sorriso di dolore. Il sorriso di chi ha ritrovato
la strada perduta. E trovandola ha dovuto abbandonare quello zaino, immensamente
pesante, che ha portato per tanto tempo, quasi ad abituarsene. Come se qualcosa
si fosse spezzato. Non sapeva cosa stesse provando. Felicità? Non Leannel, si
disse. Ma era così travolgente. Come le lacrime che sgorgavano dai suoi occhi
grigi. Ma non erano né scottanti né gelide. Erano solo lacrime. Scendevano come
diamanti sul volto magro. Lacrime di felicità.
“Sapevo che sarebbe
arrivato” mormorò Arwen, sedendosi tra le coperte chiare del letto.
“Sembra che non sarai la
sola” rispose Leannel
“A fare quello che non
avrei mai immaginato, solo per amore”
“Non ho mai voluto
andarmene. Sarebbe una sconfitta”
“Nemmeno tu ci credi più.
Ci sono battaglie che nascono per essere perse. A Valinor sarai libera di
essere tutto quello che vorrai essere”
“Lasciami sola adesso.
Prima che arrivi”
Arwen la capiva. Magari
adesso Leannel avrebbe pianto come una bambina. Non le sarebbe piaciuto essere
vista.
Pochi passi veloci, la porta. All’esterno
sarebbe dovuto essere Aragorn. Ma non c’era. Un’ombra alla sua destra. Faramir.
“Il signore è stato
richiamato” disse
“Grazie Faramir” era
vero. Sire Aragorn aveva ospiti adesso.
Leannel era rimasta sola.
Aveva portato le ginocchia al petto e piangeva. Piangeva. Ma non di tristezza.
Ora ne era certa. L’amore non era solo uno stato d’animo. L’amore era un modo
di essere. Ti vincolava fin nel profondo dell’anima. Questo amore che aveva già
saputo essere vitale e distruttivo allo stesso tempo. E ora sarebbe arrivato
lì.
Legolas e Gimli giunsero
il quarto giorno di viaggio. A cose normali non avrebbe pensato di riuscire ad
arrivare in così poco tempo in un luogo così lontano. Ma forse non era stata
una forza normale a farlo giungere a Minas Tirith. Ma ora che era lì, davanti
al palazzo di sire Aragorn tutta la sua forza pareva essersi esaurita. Gimli
scese da cavallo subito prima di lui
“Avanti ragazzo mio, tira
fuori la tua grinta” disse. Legolaslo
guardò sorridendo. Spesso Gimli dimenticava che Legolas avesse più di una vita
in più di lui. Ma non c’era bisogno di ricordarglielo.
“Chi siete?” la guardia
aveva un aspetto piuttosto sciupato
“Ci conoscete bene” disse
Legolas
“Miei signori! Il nano e
l’elfo! Benvenuti! Scusatemi se non vi ho riconosciuti”
“Sembra che abbiate
trascorso una giornata piuttosto complicata”
“Non me ne fate parlare..
Una donna a cavallo.. Ma è successo ieri all’alba”
“Una donna su un
cavallo..”
“Avevamo ragione” disse
Gimli. I due si scambiarono un’occhiata. Era davvero lì. Era lì che Legolas
avrebbe trovato quello che cercava.
“Ora devi solo
conquistarlo” concluse.
Legolas non ricordava di
essere mai stato tanto agitato. Era teso. Non sapeva nemmeno lui di cosa.
Sicuramente non temeva di essere respinto. C’era una sola minima possibilità
che lo rifiutasse. E se fosse accaduto, sarebbe voluto dire che il loro amore
non era nato per durare. Gimli non aveva mai smesso di guardarlo con aria
benevola. Non temeva che Leannel l’avrebbe allontanato da Legolas. Sarebbe
stato bellissimo se quei due avessero trovato la pace insieme.
Morien entrò un istante
nella stanza. Leannel no usciva né parlava da un’ ora ormai. Doveva prendere un
libro che aveva lasciato là dentro.
“Vieni qui, Morien” disse
una voce cristallina dal letto bianco. Leannel non dormiva. Fissava il soffitto,
persa nei suoi incomprensibili pensieri. Morien si avvicinò silenziosa.
“Sono cambiate tante
cose..” mormorò “Troppe” Morien rispose annuendo. “A noi stessi è concesso
scrivere il nostro destino” Ora Morien non annuiva più. Una frase come questa
era completamente fuori da quella che era sempre stata la sua complicata
filosofia.
“Ma prima di tracciare il
nostro destino, dobbiamo decidere chi siamo. E io solo ora so chi sono. Solo
ora ho deciso qual è la via che devo prendere. Solo ora so cosa farò. Cosa
faremo.”
“Perché mi hai chiamata?”
“Da molto tempo tu avevi
deciso chi sei. Da molto prima di me. Ma il futuro che avevi tracciato è stato
modificato da una forza maggiore” Morien era rapita da quelle parole. Non aveva
una grande forza di volontà. Si sedette accanto al volto della sua regina.
“Ora voglio essere io a
modificare il disegno che avevi fatto del tuo destino. Devo farti un dono”
“Cosa vuoi donarmi
Leannel?”
“Ti donerò quello che di
più grande ho su questa terra. Ti conosco molto meglio di quanto tu non creda.
Non avete mai avuto intenzione di andarvene, tu e Reimer. E siccome è sicuro
che io non farò quello che ho sempre voluto, incarico te, Morien, di diventare
la nuova regina di Bosco Atro. Si, a te darò il mio regno. Non mi serve più a
nulla ormai. Ma saprai prendere bene il mio posto” Morien si trasse
all’indietro. Non credeva a quello che aveva sentito. Ma era la verità. Chinò
velocemente il capo ed uscì dalla stanza. Ora Legolas era lì. Leannel poteva
sentirlo. Doveva alzarsi ora. Come pochi giorni prima. Ma allora non era sola
tra i lenzuoli. Il primo piede bianco. In piedi. Era ancora vestita di bianco.
Una semplice sottoveste. Ma non aveva voglia di cambiarsi.
‘Infondo, sono bella
comunque’ si disse. Nessuno si sarebbe mai scandalizzato per un suo modo di
vestirsi. Era molto più semplice che rimanessero abbagliati dalla sua bellezza.
Un’altra nuova visione. Uno specchio. Era bellissima. Come mai lo era stato. E
anche se quella volta, lontana, a lei non era stato concesso di vederla nei suoi
occhi era nata una luce ancora più forte di quella che avevano acquistato,
ormai cinquant’anni prima, al suo primo incontro con Aragorn. Si rese conto
della verità. Era bellissima, perché aveva scelto la via migliore. Aveva sempre
detestato la sua bellezza. Ma adesso non era più così. Non odiava più il
ritratto in quello specchio. Non odiava il suo riflesso.
Ma non c’era tempo.
Legolas era lì. Tutto doveva iniziare e finire con quell’incontro. Passi veloci
e decisi. Non aveva mai camminato con passi decisi. Se non per rabbia. Stava
per finire tutto. La rabbia. L’angoscia. L’agitazione. Stava terminando. Sul
suo bel viso apparve un sorriso.
Gran salone del palazzo
della cittadella di Minas Tirith. Legolas aprì la porta del palazzo. Aragorn
non era dove avrebbe dovuto. Su uno scuro trono più basso sedeva Faramir,
intento a farsene andare un paio di supervisori dei livelli più bassi della
città. Dovevano essere ordini del signore. Faramir si voltò e lo intravide. Gli
sorrise.
“Se oggi non potete
essere convocati c’è un buon motivo. Se con qualcuno volete prendervela, fatelo
con quell’elfo che è entrato adesso. Ma non oggi, oggi non vi è possibile” i
due uomini col volto arrabbiato si voltarono ed uscirono dalla grande porta
bianca, lanciando a Legolas un’occhiata non proprio socievole. Probabilmente
non lo aveva riconosciuto. Legolas sorrise al suo vecchio amico Faramir. Questi
rispose
“Eri atteso”
“Visto Legolas? La nostra
reazione era più che prevedibile”disse
Gimli col volto sereno
“Prevedibile per tutti,
tranne per colei che stai cercando. Penso che sia la stella del Vespro a
parlarle ora. Aragorn sarà rimasto fuori, a origliare. Penso che la cosa gli
interessi più di quanto non voglia ammettere. Vado a chiamarlo. Rimarrò io la”
Legolas sorrise. Il fatto che sia Arwen che Aragorn si stessero occupando di
lei lo rendeva tranquillo. Non aveva nulla da temere. Probabilmente ora avrebbe
parlato anche con Faramir, che pareva aver acquistato un volto sereno.
“Grazie” mormorò. Faramir
si voltò e velocemente si diresse verso le stanze dove doveva essere Leannel.
Gimli si sedette su una
sedia di tela scura
“E’ stato tutto come
programmato. Sarà tutto come programmato.” Incredibile quanto il suo amico
potesse essergli accanto. Sembrava ricavare da lui tutta la sua felicità.
Magicamente prese dalla tasca una pipa e dell’erba regalatagli dagli Hobbit.
“Vuoi?” chiese
“No, grazie” rispose
l’elfo.
Faramir aveva chiamato
Aragorn. Si era voltato e col passo solenne che gli era proprio, si era diretto
verso la stanza principale. Gimli aveva fumato metà della sua pipa.
“Salve a tutti” disse il
re. Gimli si alzò in fretta sorridendo. Lo abbracciò
“Giovanotto!” disse.
Legolas si avvicinò, sorridendo da lontano. Erano lì tutti e tre insieme. Come
poco tempo prima.
“Sembra che questa volta
ci vediamo per motivi nostri” disse Legolas
“Non certo per salvare la
Terra di Mezzo” i tre risero nuovamente.
Passi veloci. Una grande
finestra luminosa alla sua destra. Le finestre erano spostate dal vento. Aveva
voglia di affacciarsi a quelle finestre. Aveva atteso tutta la vita e due
minuti non avrebbero cambiato molto. La luce del sole era più luminosa di
quanto avesse mai ricordato. No, forse era la sua anima ad essere più luminosa.
Più libera. Quando era arrivata non aveva fatto in tempo a osservare quanto
fosse meraviglioso il paesaggio. E in lontananza lo vide. Il mare. Bellissimo.
Così calmo. Così limpido. Le faceva pensare al volto di un bambino. Ma, ora che
ci pensava, forse non aveva mai visto il volto di un bambino. Una mano calda
alle sue spalle. Si voltò di scatto. Faramir. Sorrise. Faramir rimase stupito
da quanto potesse essere innaturale un sorriso su quel volto. Innaturale ma
perfetto.
“E’ arrivato, Leannel”
disse
“Lo so. L’ho sentito”
“Mi piace vederti così”
“Anche a me piace vedermi
così”
“Hai fatto la migliore
delle scelte”
“Questo non lo saprò mai”
“C’è un momento in cui si
deve dimenticare il passato, dimenticare che si è degli eroi, dimenticare tutto
quello che si è vissuto. E ricominciare.”
“Tu lo hai fatto?”
“Penso di si”
“Potrò conoscerla in tre
anni?”
“In tre anni? Te ne
andrai tra così poco tempo?”
“Poco. Si molto poco. Per
me”
“No, per chiunque.
Comunque si. Credo che la conoscerai. Ora vai. Affronta il tuo demone”
“No, non il mio demone. È
un angelo. Il mio angelo” Leannel sorrise e se ne andò, sfiorando la spalla di
Faramir. Ora era solo. Nella sua anima. Doveva essere cambiato qualcosa di
profondo. Qualcosa che gli aveva messo voglia di sorridere.
Aveva ripreso a
camminare. Ma adesso con meno foga. Sapeva che sarebbe arrivato. Man mano che
si avvicinava, il cuore batteva più forte. Ma lo sopportava. Lo vinceva. Fin
quando lo vide. E il cuore si fermò. Sorrise. Lui si voltò e la vide. Sorrise.
Fu come se tutto si fermasse. Ma Leannel non aveva intenzione di lanciargli le
mani al collo o cose del genere. Non era affatto il suo stile. Si avvicinarono
l’uno all’altro con passi lenti.
“Sembra che finalmente ci
siamo” disse lei
“Non negare l’innegabile”
rispose lui. Leannel rise. Una risata fresca e liberatoria, come la pioggia
d’estate. Con la mano sinistra afferrò la testa di lui e lo baciò. Sia
allontanò.
“L’innegabile” mormorò
“Ti amo” Lo baciò di nuovo.
29
settembre, ultimo giorno della terza era, anno 3021;
Legolas
cavalcava lento. Sul suo volto era dipinto un sorriso tenue. Era
felice. Immensamente. Anche se non aveva alcuna voglia di fare quello
che voleva fare. Leannel cavalcava alle sue spalle. Lei sul suo amato
Mithrandir, lui su Asufel. La loro andatura era incredibilmente
lenta. Leannel non aveva voglia di arrivare dove voleva troppo
velocemente. Anche se presto sarebbe tutto tornato come adesso. Alle
sue spalle, lenti e solenni, Aragorn sua moglie. Gimli. Ancora
indietro, erano Faramir e la sua compagna, Eowyn, una giovane molto
bella.
Aragorn
trovava tutto molto triste. Legolas non partiva per colpa sua. Aveva
detto di voler attendere la sua morte. Solo dopo di essa sarebe
partito. Molto triste. Arwen avrebbe visto partire suo padre e sua
nonna. Aragorn l’amava troppo profondamente. Vederla soffrire
gli faceva molto male. Gli faceva male anche vedere Legolas triste lo
rendeva cupo. Avrebbe dato qualunque cosa per non essere lì in
quel momento.
Faramir
seguiva in coda la compagnia. Infondo era quello meno importante e
nobile. Con lui sua moglie. Molto bella. Eomer era rimasto a casa.
Aveva fatto bene. L’aria era irrespirabile. Anche se sapevano
che dopo, aldilà del mare sarebbe stato tutto più bello
di quanto già non fosse. Leannel aveva sorriso in quei soli
pochi anni più che nel resto della sua lunga vita. Ne era
consapevole. Avrebbe dato qualunque cosa per non lasciare la sua vita
passata. Ma all’ovest, Leannel e Legolas sarebbero stati solo
quello che avrebbero voluto. Non sarebbero più stati fratelli.
Sarebbero stati solo amanti. Fino alla fine del tempo. Ma era così
triste. Lasciarlo fin quando Aragorn non fosse morto. Quando per
Aragorn ed Arwen sarebbe finito tutto, per loro sarebbe cominciato.
Ma poi sarebbero tornati insieme. E lei stava per lasciare tutto ciò
cui teneva. Aragorn. Arwen. Faramir. Gimli. Legolas. Tutti. Che
tristezza. Sarebbe stata sola anche se per poco tempo. Molti di loro
non gli avrebbe più visti.
Cavalcavano
ormai da giorni. E finalmente erano giunti. I porti. Luminosi e alti.
Sembravano essere stati i primi ad arrivare. Era vuoto. Tutto, a
parte le navi grigie. C’erano degli elfi molto belli ma dagli
sguardi scuri, sopra di esse. Rimasero in silenzio per qualche tempo.
“Sono
arrivati” disse Gimli spostando il muso del cavallo. Erano un
grosso gruppo di persone. C’erano molti elfi. Gli zigomi di
Leannel su alzarono. Quattro motivi. Il primo, Gandalf; poi Elrond,
Galadriel e infine un piccolo uomo dai grandi occhi blu. Per la prima
volta Leannel vide Frodo Baggins. Le assomigliava, in fondo. Sapeva
di essere arrivato alla fine di una vecchia vita. Sapeva che sarebbe
tutto cambiato. In quel momento, senza un motivo, gli occhi di
Leannel si riempirono di lacrime. Col suo cavallo Legolas fu subito
al suo fianco. Col piccolo uomo della contea era venuto un altro
della sua specie. La luce bianca, si disse.
L’aria
era densa ma dolce. Nessuno pareva aver voglia di parlare. Né
di mangiare. Era un luogo dove il tempo non scorreva normalmente.
Leannel comprese che con lei sarebbe venuto anche un uomo piccolo e
molto vecchi, che aveva lo stesso cognome di Frodo Baggins. Il male
doveva aver agito su di lui a lungo. Ma ora era passato.
Passarono
delle ore. Per il mondo esterno doveva essere molto tardi. Fu deciso
che era arrivato il tempo di partire. Leannel non aveva alcuna voglia
di piangere davanti a tutti coloro che aveva amato. Sorrise ai suoi
compagni, che furono resi notevolmente più felici da questo
suo gesto. Si avvicinò all’uomo che amava e lo baciò
sulla guancia.
“Ci
rivedremo” disse. Si voltò camminando lentamente. Le
navi non erano particolarmente grandi. Alte un metro e ottanta per lo
più . chiunque avrebbe potuto affacciarsi. Leannel si accostò
alla ringhiera bassa. Notò il piccolo Hobbit che salutava i
suoi compagni che erano diventati tre. Improvvisamente le tornò
voglia di piangere. Gandalf gli disse qualcosa e si allontanò
lentamente, col mezz’uomo. sulla nave Frodo si sedette accanto
a lei. Leannel stava lacrimando.
“E’
molto triste” mormorò l’hobbit.
“Si,
lo è”
La
nave cominciava a muoversi. Legolas era colmo di tristezza. Le
lacrime contornavano anche i suoi occhi. Non poteva lasciarla andare.
Eppure era stata una sua idea. Non riusciva a rimanere fermo. Corse.
Più di quanto mai avesse fatto.
“Leannel!”
gridò. Leannel continuava a piangere ma ormai fissava solo il
piccolo hobbit. “Leannel” si voltò. Anche lui
piangeva.
“Non
posso lasciarti andare!” Leannel allungò il viso
attraverso le sbarre della balaustra. “Non può finire
così”
“Non
è la fine Legolas, è l’inizio” ci credeva
ma le faceva male
“Aspettami.
Ti amo” la baciò. Ma fu un bacio veloce. La nave volava
via. Le loro mani furono costrette ad allontanarsi. Si dovevano
allontanare. Leannel si alzò in piedi. Piangeva e sorrideva
allo stesso tempo. Ed era più bella di quanto mai lo fosse
stata.
Piuttosto
lontano, col braccio del suo compagno attorno al collo anche la dama
Arwen piangeva. Alzò il viso. Anche lei era bellissima.
“E’
tutto finito” mormorò la stella del Vespro “Se
Arwen era la notte e Galadriel il giorno, Leannel era il tramonto e
adesso è l’alba” disse.
>Fine
<
Commento
dell’autrice
Che
bella sensazione.. non la ricordavo… Mi viene quasi voglia di
piangere… Mi piace tanto scrivere.. spero che a voi piaccia
leggermi quanto a me scrivere.. Arriveranno altri… Ma non so
se potrò amare un personaggio quanto Leannel.. Spero lo farete
anche voi.. grazie x essere arrivati qui.. siamo legati adesso..
perché se siete arrivati qui allora io vi conosco e voi
conoscete me. Attenderete i miei prossimi scritti con ansia. E io
scriverò x voi. Grazie ancora. vi voglio bene. Grazie. Alla
prossima.
Commento
dell’autrice a freddo
E’
passato del tempo ormai. L’ho finita ieri mattina. Ci sono cose
che devo precisare. La prima e la più importante è che
io in realtà non credo più di tanto a quello che
comunemente è chiamato amore. Il motivo è semplice.
Esiste davvero qualcosa capace di legare due persone per sempre? O si
finirà immancabilmente in quell’abisso di non ritorno
che è la noia? Forse l’amore è qualcosa che è
stato inventato dall’uomo per dargli un miraggio di felicità.
Ma sono ancora piccola. Più di quanto voi crediate. Non l’ho
mai sperimentato. Nemmeno nulla che ci somigli. Sono stata con dei
ragazzi ma sono certa che non fosse amore. Eppure ne ho scritto. Me
lo sono inventato. E poi era un amore molto elfico, il loro. Mi è
piaciuto. È finita adesso. Adesso via con la prossima storia.
Thanks to
La
mia cara Bianca che non ha letto una parolina, il Solda che non si è
appassionato x il suo solo maschilismo, ma che costringerò a
leggere. Alla mia prof che non vuole che scriva a modo mio. A mio
padre che la legge di nascosto. A mia madre e ai suoi inutili ma
adorabili consigli. A Martina che legge senza sosta. A Caterina, così
volenterosa. A Vittoria e al suo interesse continuo. A Elena,
l’unica donna che se fossi uomo potrei amare. A Leela, un amica
più che preziosa. All’ Ale e alla Costi, che mi stimano
ma non mi leggono. Ad Alex e alla sua forza che non riesce a trovare.
A Michele e alla sua indecisione, o meglio alla sua nessuna voglia di
scegliere. Al Pietrini e alla sua voglia di vivere. Ai miei compagni
di banco, Ami e Villo, che mi hanno assecondato. A tutti quelli che
mi hanno voluto bene. Che mi hanno e mi continueranno a dare forza.
Grazie a tutti coloro che stanno leggendo queste righe. Grazie a
Leannel. Grazie a chi mi ha dato almeno questo dono. Grazie. Alla
vita stessa che mi permette di essere qui ora a scrivere. Grazie. Non
ce l’avrei fatta senza uno solo di voi. Grazie. Le mie parole
non siano solo una eco nella vostra testa. Grazie.