Jurassic Park - Lost in Sorna

di Max69Crew
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno1 ***
Capitolo 2: *** Giorno 2 - Notte ***
Capitolo 3: *** Giorno 2 ***



Capitolo 1
*** Giorno1 ***


Giorno1
GIORNO 1
 
Erano le quattro di pomeriggio. Max Parker stava sfogliando il manuale sui dinosauri comprato in Colorado per non pensare al prurito che gli dava la cintura di sicurezza, che ad ogni sobbalzo del velivolo gli entrava sempre di più nella carne. Aveva la gamba destra addormentata e le turbolenze non lo mettevano di buonumore. Erano partiti dall’aeroporto di New York da cinque ore, e per Sydney era ancora lunga. Accanto a lui suo cugino Sam sonnecchiava con il mento poggiato sul petto e sua sorella Laura guardava le gocce di pioggia che iniziavano a macchiare il vetro del piccolo finestrino, con le cuffiette dell’Ipod nelle orecchie.
La voce cordiale di una ragazza parlò dagli altoparlanti.
<< Abbiamo appena lasciato i cieli del Costa Rica, stiamo iniziando a sorvolare l’Oceano Pacifico. Il comandante si scusa ancora per il disagio causato dalle turbolenze e si raccomanda di tenere le cinture allacciate. >>.
<< Era ora… quanto ci vorrà ancora per arrivare a Sydney? Ho il collo a pezzi >> disse Sam mettendosi dritto sul sedile e massaggiandosi la nuca.
In quel momento ci fu uno scossone che li fece saltare sul sedile e il segnale di allacciare le cinture da giallo lampeggiante divenne rosso. L’hostess parlò di nuovo.
<< Si pregano i gentili passeggeri di mantenere la calma. La torre di controllo ci avvisa di una tempesta in arrivo. Il comandante tenterà un atterraggio d’emergenza >>. Tra i sedili dei passeggeri corse un mormorio agitato al sentir pronunciare quelle due ultime parole.
Laura si tolse le cuffiette guardando fuori del finestrino. << Che arcipelago è quello? >>
Max rimise il libro nello zaino, rassegnandosi al prurito, e si allungò per sbirciare al di là dello spesso vetro.
Vide un mare di nebbia color bianco latte, dalla quale svettavano, in netto contrasto, delle frastagliate creste nere ricoperte di vegetazione.
<< Non ne ho idea… forse le Galapagos >> disse, pur non essendo estremamente sicuro di quella risposta.
Venti minuti più tardi toccarono terra, su un rettilineo asfaltato irregolarmente, probabilmente una pista di atterraggio in disuso.
I passeggeri esplosero in un unico sospiro liberatore mentre si sganciavano le cinture di sicurezza. Max prese al volo l’occasione e si alzò, facendo ritrarre i piedi a Sam.
<< Vado a fare due gocce >> disse avviandosi verso i bagni.
Si fermò davanti alla porticina bianca sovrastata da una luce rossa, evidente segno che qualcuno l’aveva preceduto, ad aspettare che il bagno si liberasse. Notò che la porta della sala comandi era socchiusa, e da dentro venivano delle voci. Tanto per avere qualcosa da fare nell’attesa si avvicinò e cerco di dare un’occhiata. Da piccolo era rimasto affascinato dalla sala comando di un aereo mentre andava a Creta con la sua famiglia. Ma non riuscì a vedere nulla. Sentiva solo tre voci, due uomini e una donna, e a quanto pareva uno dei due uomini e la ragazza erano piuttosto spaventati.
<< Ma sei impazzito? Questa è l’isola dove hanno creato i dinosauri >> disse la donna, cercando di mantenere la calma.
<< È stato necessario atterrare qui, non potevamo continuare a volare dentro la tempesta… e poi avevamo perso i contratti radio. Finché rimaniamo qui siamo al sicuro! >> disse la voce di un uomo, che a Max sembrò essere il pilota.
Tornò di corsa al suo posto, dimenticandosi del bagno, e  non appena si fu seduto disse a bassa voce, per non farsi sentire:
<< Sapete dove è atterrato quell’idiota? >>.
Gli altri lo guardarono con un’espressione interrogativa dipinta sul volto.
<< Siamo su Isla Sorna, il posto dove venticinque anni fa avevano riportato in vita i dinosauri… ho letto il libro di Alan Grant, il paleontologo che ci è stato… non è un posto piacevole >>
<< Non mi dire… l’isola del Jurassic Park? >> domandò stupito Sam.
<< No quella è Isla Nublar, un pò più vicino alla costa, qui li allevavano e poi li portavano lì >>
Laura, che sembrava piuttosto spaventata chiese << Ma perché il parco è stato abbandonato? >>
<< Perché i dinosauri si cominciarono a riprodurre in natura e divennero incontrollabili >> disse piano Sam. << Finchè rimaniamo sull’aereo non ci succederà niente! >> esclamò Max poco convinto, per rassicurare la sorella.
 
La pioggia non accennava a diminuire mentre il vento spazzava i fianchi dell’aereo, facendolo oscillare lievemente.
A Max il dondolio ritmico e la noia stavano facendo venire sonno, ma non appena socchiuse gli occhi la notte venne squarciata da un ruggito acuto, simile ad un barrito.
Immediatamente aprì gli occhi e si precipitò al finestrino, per vedere cosa succedesse.
Buio.
In quel momento l’aereo iniziò ad oscillare con più vigore finché non si inclinò, spargendo mascherine per l’ossigeno e zainetti ovunque.
Max, Sam e Laura afferrarono gli zaini e iniziarono a correre , finché non raggiunsero il portellone dell’aereo, che gia era stato aperto da un gruppetto di persone che ora si era fermato sulla pista, e rimanevano increduli a guardare lo spettacolo che si svolgeva loro davanti.
Un’animale enorme, alto almeno 6 metri e lungo 15, con una cresta irta di aculei sulla schiena stava in quel momento affondando il muso da coccodrillo nella fiancata dell’aereo, per poi ritrarlo con in bocca i passeggeri rimasti intrappolati tra le lamiere.
La pioggia diluiva il sangue.
I tre ragazzi rimasero per qualche secondo immobili, stupefatti da quel sanguinolento spettacolo.
Poi approfittando del fatto che il dinosauro era distratto corsero nella giungla, seguendo le altre persone che erano riuscite a scappare.
 
La fitta vegetazione non faceva trapelare la luce del sole, gia offuscata dalle nuvole nere che avevano portato la tempesta, e l’unico rumore era quello delle foglie colpite dall’acqua e i ruggiti dell’animale sulla pista di atterraggio, che si allontanavano sempre di più.
Aveva smesso di piovere.
Continuavano a camminare, senza avere una destinazione precisa, con le giacche a vento umide.
Di tanto in tanto avvertivano dei movimenti tra le foglie carnose delle felci alla base degli alberi e tra le foglie degli alberi, che ora producevano una luce verde brillante attraversate dalla luce. Si sentiva il cinguettio degli uccelli. Laura aveva letto da qualche parte che il Costa Rica aveva una varietà di uccelli maggiore di tutto il Nord America. 
 Si erano uniti al gruppo che era sceso di corsa dall’aereo e mente marciavano Sam si era piazzato accanto al pilota, e aveva iniziato a tempestarlo di domande.
<< Come mai ha deciso di atterrare proprio qui? Non potevamo fermarci sulla costa? Si rende conto della situazione nella quale ci ha cacciati? >> stava dicendo in quel momento, fortemente sostenuto dalla giovane hostess Maria e dal copilota, che si presentò come Julio Fernandez.
Il secondo gruppetto che viaggiava pochi metri dietro a loro era composto da cinque persone: Marla Carter, un veterinario di New York, John Miller e Fiona Martin, una coppia appena sposata diretta a Sidney per il viaggio di nozze,  Andrew Allen e Thomas Griffin, due programmatori di Boston in viaggio per lavoro.
Laura aveva in mano il telefonino, e camminava a zig-zag alla ricerca di qualche tacca di segnale, senza successo.
<< Ti stancherai il doppio camminando così! >> disse il fratello quando gli passò vicino.
Rimise il cellulare nella tasca degli shorts, rassegnata all’evidenza << Come cavolo abbiamo fatto ad arrivare a questa situazione? >> mormorò, rivolta più a se stessa che a qualcuno in particolare.
<< Chiedilo a quell’idiota >> disse Thomas, indicando il pilota.
Si fermarono in prossimità di un ruscello per riempire le bottigliette d’acqua che avevano consumato lungo il percorso.
Si sedettero sulle rocce fredde e scivolose, con i piedi stanchi immersi nell’acqua gelida, a sgranocchiare gli snack che avevano negli zaini. La luce calava sempre di più, e sapevano che presto avrebbero dovuto trovare un riparo per la notte.
  Max  tirò fuori dal suo zaino il manuale e iniziò a sfogliarlo. 
Trovò ciò che cercava.
 
 
(dimensioni in scala dello Spinosaurus -16x4 metri)

Classificazione scientifica
Nome: Spinosaurus significa: rettile spinoso
Misure: lungo 15-17 m
Alimentazione: carne e pesce
Epoca e ambiente: 110 milioni di anni fa, nel Cretaceo, in Nordafrica, Egitto e Niger
Lo Spinosaurus era un dinosauro carnivoro lungo probabilmente (dati i pochi reperti pervenuti) fino a 17 metri e dal peso compreso tra le 5 e le 9 tonnellate, forse anche di più negli esemplari più grandi (quindi il suo peso era più o meno equivalente a quello di un autobus). È stato scoperto nella stessa zona del Nordafrica in cui furono trovati i dinosauri veget­­ariani dal becco d’anatra, gli Ouranosaurus, che, come lo spinosauro, erano forniti di una vela dorsale. Data la tipologia di cranio, molto simile a quello di un coccodrillo, è stato ipotizzato che la sua dieta fosse basata prevalentemente sul pesce e, più raramente, sulla caccia ad altri dinosauri. L'ipotesi si basa anche sul fatto che la vela dorsale risultasse facilmente danneggiabile.
 

<< Qui dice che quel bestione viveva in Egitto… deve essersi abituato bene al clima di qui… >> disse mentre assaporava il sapore caramelloso e stucchevole del suo Mars. Marla  annuì strofinando gli occhiali sulla maglietta per eliminare la condensa e prese il libro << E soprattutto non mi sembra si curasse molto di non danneggiare la sua vela >> osservò.
Allen, asciugandosi l’ampia fronte sudata con la maglietta ancora più umida, distribuì a tutti delle torce tascabili marcate HP.
<<  Alle conferenze le regalano… >> disse a mò di giustificazione.
  Dei piccoli dinosauri simili a delle lucertole su due zampe,alti una trentina di centimetri, che si erano avvicinati al gruppo, scapparono nel folto della vegetazione alla vista della luce azzurra dei led delle torce.
<<  Venite a vedere! >> esclamò Fernandez da dietro una collinetta ricoperta di piante.
Si precipitarono di corsa verso la voce e videro che la collinetta era in realtà un caravan di 12 metri ricoperto di terra e felci.
La porta, marchiata con un logo azzurro con su scritto InGen, era chiusa, ma bastò abbassare la maniglia per aprirla. Il copilota entrò dentro di scatto, con la torcia stretta in mano e subito dopo la luce gialla di una lampadina cominciò a filtrare dai vetri opachi e sporchi.
<< Venite! Funziona anche la luce! >>.
Tutti lo seguirono all’interno del veicolo.
Era un laboratorio mobile. Nella parte anteriore c’erano una decina di sportelli di vetro pieni di provette,un tavolo con il ripiano in acciaio ed un frigorifero, mentre più giù c’erano quattro letti a castello. Sam alzò la mano e disse << Io propongo di dormire qui… chi è d’accordo? >>Dieci mani si alzarono contemporaneamente.
Dentro il cruscotto trovarono una radio, ma emetteva solo scricchiolii.
Si sistemarono tutti sui letti, tranne John, Thomas, Julio e Carlos, il pilota, che stesero delle coperte per terra.
Spensero le luci lasciando spazio alla fitta oscurità accompagnata dai rumori della foresta.

 

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Capitolo 2
*** Giorno 2 - Notte ***


Giorno 3
  GIORNO 2
NOTTE

Carlos Sanchez aprì gli occhi. L’orologio sul polso del programmatore sdraiato al suo fianco segnava le 2:18.
Dormivano ancora tutti e nell’oscurità che pian piano si diradava si accorse che il convoglio non era provvisto di bagno.
<< Mierda >> imprecò sottovoce e si diresse alla porta, facendo attenzione a dove metteva i piedi per non svegliare nessuno. Aprì la porta con un leggero cigolio e uscì finalmente.
La notte aveva portato con se un’aria calda e umida che aveva creato una fitta nebbia che avvolgeva ogni cosa, dando alla giungla un’aria decisamente spettrale. Mentre si allontanava un po’ dal camper cercava di non fare caso ai fruscii e ai richiami che echeggiavano intorno a lui.
Si avvicinò ad un albero, si sbottonò i pantaloni e sentì un ringhio sordo provenire dalla direzione opposta a quella dalla quale era venuto. Rimase fermo.
Lui non si considerava un tipo pauroso, anzi, avrebbe detto il contrario. Aveva fatto molte volte parapendio e bungee jumping, cosa non da tutti, e poi non era rimasto molto impressionato alla vista del gigantesco animale che distruggeva l’aereo… e poi per atterrare su quell’isola serviva fegato da vendere! Ma in quel momento era come se il cuore gli fosse rimasto incastrato all’altezza del pomo d’Adamo. Lo sentiva battere contro le strette pareti della carotide e la tensione gli faceva pulsare la testa.
Molto lentamente si riabbottonò la patta, continuando ad ascoltare il terrificante verso.
Stava li, vicino all’albero con gli occhi talmente sbarrati che gli facevano male.
Qualcosa si mosse tra la nebbia, una testa corta ovale, con due corna ricurve sopra ai piccoli occhi gialli infossati e una bocca piena di denti aguzzi, ondeggiava a circa 4 metri di altezza. Poi uscì il corpo, come se avesse attraversato una cascata d’acqua. Le braccia cortissime artigliavano l’aria calda, mentre la bestia si guardava intorno.
Carlos era arrivato al culmine dell’angoscia e, mentre sentiva una macchia calda allargarsi nei pantaloni, decise di tentare la fuga verso il camper.
Mosse il piede dietro di se, facendo frusciare lievemente le foglie di felce. Il dinosauro non sembrò accorgersene ma avanzò un po’, diretto verso l’albero alla sinistra del pilota. Fece un altro paio di passi, approfittando del rumore causato dai passi dell’animale. Urtò un sasso con il piede, scivolò.
Il rumore che fecero i sassi nello spostarsi non era molto forte, ma a Carlos sembrò come se qualcuno avesse sparato un colpo di fucile nella notte silenziosa. La caviglia gli faceva male, trattenne un’imprecazione. Tornò a guardare la reazione dell’animale.
Si pietrificò.
Il dinosauro teneva i suoi piccoli occhi gialli puntanti su di lui mentre fiutava l’aria: l’aveva individuato.
Era molto vicino. Sanchez riusciva a vedere il colore rossastro della pelle, che era coperta di scaglie e punte. Aveva visto un disegno di quell’animale sul libro di un ragazzo del gruppo, gli pareva si chiamasse Carnotauro, qualcosa del genere.
Ma non aveva più molta importanza. Sentiva il fiato caldo, umido e nauseabondo del predatore toccargli la pelle. Era talmente vicino che poteva contare i suoi denti affilati e lunghi come i coltelli di un macellaio.
Si alzò e si mise a correre, sforzandosi di non cadere trascinandosi dietro la gamba ferita.
Il carnotauro non se lo aspettava. Con un ruggito scartò in avanti, raggiungendo il pilota con due falcate delle possenti zampe.
Carlos si senti sollevare dalla gamba ferita e in quel momento fu come se una tagliola si chiudesse sull’arto.
La bestia continuò a correre, finché non arrivò sulle rive di un piccolo ruscello nella giungla, illuminato dalla chiara luce della luna.
Il pilota era da ormai venti minuti appeso a testa in giù, e penzolava dalla bocca del carnivoro. La gamba era diventata ormai insensibile e il suo stesso sangue gli colava sulla faccia.
Stava per svenire.
Inaspettatamente la testa del carnotauro fece un brusco scatto all’indietro.
La gamba si staccò dal resto del corpo che venne catapultato sull’erba umida.
Urlò dal dolore. Appena il dinosauro finì di masticare la gamba si girò e fece un minaccioso ruggito di risposta. Carlos vide i resti della sua Timberland sinistra incastrati tra i denti affilati.
Il carnotauro si avvicinò, e senza esitare iniziò a mangiargli anche l’altra gamba.
Carlos vomitò e svenne. 

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Capitolo 3
*** Giorno 2 ***


giorno 2 mattina
GIORNO 2


Laura fu svegliata alle 8.30 dall'aria umida e insopportabilmente calda che aveva trasformato il labratorio mobile in una sauna svedese. Si alzò in un bagno di sudore e notò che sul pavimento dormivano solo tre persona. Non c'era traccia del pilota.
Svegliò di corsa gli altri sopravvissuti e si radunarono fuori dal convoglio, ancora assonnati.
<< Dividiamoci in tre gruppi e andiamo a cercarlo! >>  disse ad alta voce Julio Fernandez, per farsi capire da tutti.
<< Ehi mi fa paicere che tu ti sia autoproclamato "Re dei sopravvissuti" ma nessuno andrà in giro da solo! >> esclamò Max rivolto al coopilota << Non lo hai mai visto un film dell'orrore? appena ci si separa la gente comincia a morire! >>
<< Ma non possiamo lasciare Carlos da solo nella giungla! >> disse piagnucolando la Hostess Maria.
<< Bè, se non voleva perdersi poteva evitare di fare un pic-nic notturno in mezzo ad un'isola abitata dai dinosauri! >> ribattè Sam a voce alta.
Marla estrasse un foglio ripiegato dallo zainetto che aveva addosso, si inchinò e lo stese per terra, in modo che tutti potessero vederlo << Questa è una mappa dell'isola, l'ho trovata nel cruscotto del camper ieri sera >> disse << noi siamo atterrati qui con l'aereo, e ora dovremmo trovarci all'incirca in questo punto >> puntò il il dito quasi al centro della mappa, in una zona tutta verde << avanzando verso nord troveremo una strada che ci porterà a queste costruzioni >> proseguì indicando con l'indice due piccoli retttangoli neri con accanto la scritta "EMBRYONICS ADMINISTRATION AND LABORATORIES CAMPOUND" << e qui, se siamo fortunati, possiamo trovare un telefono o qualsiasi altra cosa che ci permettarà di tornare a casa. >>
<< Se troveremo il pilota lungo il tragitto meglio per lui. >> aggiunse Max con aria soddisfatta.
Nessuno ebbe nulla da obbiettare.

Provarono a far partire il camper, ma era totalmente a secco, quindi racimolarono le poche cose utili che trovarono nel convoglio (un fornelletto a gas, del cibo leofilizzato, delle coperte e delle medicine) e partirono introno alle 9.30.
La mattinata passò senza intoppi. Furono costantemente seguiti dai piccoli dinosauri bipedi del giorno prima, i compsognati, come li identificava il manuale. Intorno alle 11.00 ebbero modo di assistere al passaggio di un branco di lenti e rumorosi stegosauri che avanzavano tra la vegetazione infrangendo i tronchi morti che sbarravano loro la strada. Rimasero tutti stupiti dall'avvistamento e sembrava stessero facendo un piacevole safari fotografico.
Intorno all'una si fermarono ad un ruscello per pranzare con quel poco che avevano e riempire le bottigliette di acqua fresca.
Prima di ripartire Fiona, la moglie di John, si assentò per andare a rinfrescarsi dietro alcune rocce poco più avanti. Appena guardò oltre i macigni emise un grido e si accasciò al suolo, priva di sensi.
<< Fiona, cosa succede? >> esclamò John, che accompagnato da Julio corse a vedere cosa aveva potuto sconvolgere tanto la moglie.
Semidisteso in mezzo alle rocce, con l'acqua che gli scorreva sopra, c'era il corpo di Carlos Sanchez. O perlomeno ciò che ne rimaneva.
Si distinguevano la cassa toracita, piena di frattaglie sanginolente e il cranio, privato della pelle e di tutti gli organi molli. Gli arti erano stati strappati. Dei compsognati banchettavano sui resti del pilota, soddisfatti per il lauto pranzo.
John impallidì e Julio tornò dagli altri ad annunciare il ritrovamento, Sam allungò un'occhio oltre i macigni ma subito si girò e vomitò in un cespuglio di felci li vicino.
Appena Marla riuscì a far rinvenire Fiona si misero gli zaini in spalla e partirono in fila indiana.
La veterinaria apriva la strada, con la mappa in mano, discutendo con Max su come potevano lasciare l'isola o, eventualmente, stabilirsi lì.
Seguivano Julio, Sam, Laura, Andrew Allen e Thomas Griffin, occupati in un'acceso scambio di idee su come poteva essere morto il pilota.
In coda John, ancora troppo pallido e scosso per parlare, Maria e Fiona che si facevano forza l'un l'altra e fingevano di non sentire i discorsi degli altri.

Erano le 5.40 e i brandelli di cielo che si scorgevano tra gli enormi alberi cominciavano a diventare rossastri. Le ombre che si formavano sotto le felci davano al paesaggio un aspetto sinistro ed inquiteante.
Ad un tratto il bosco scomparve, facendo posto ad una lingua di terra rossa punteggiata di ciuffi d'erba. Erano sulla strada. Quando alzarono gli occhi dalla polvere del sentiero un altro scenario, ben più spettacolare li sorprese lasciandoli tutti a bocca aperta.
Davanti a loro si apriva una vallata, punteggiata da alberi bassi e cespugli, con al centro un enorme lago in cui si rifletteva il sole morente. Enormi brachiosauri i cui colli svettavano a nove metri di altezza pascolavano placidi con le zampe colossali immerse nell'acqua.
Branchi di apatosauri allevavano i loro piccoli in nidi sulle rive del lago. I gallimimus correvano sul pendio erboso compatti, come uno stormo di uccelli. Pterosauri saettavano nel cielo lanciando grida ai loro simili. Era il paradiso. Erano i pochi fortunati a poter godere di un simile spettacolo.
<< Ci starebbe bene una canzone suonata da un'orchestra, tipo Guerre Stellari... >> mormorò Allen a bocca aperta.
Gli altri sorrisero, senza staccare gli occhi da quella veduta mozzafiato e si incamminarono lungo il sentiero.
Tra la boscaglia si riuscivano a scorgere le piramidi di vetro, metallo e cemento che dovevano essere i tetti dei laboratori e la vista delle costruzioni li fece sentire più sollevati e più vicini a casa di quanto potessero pensare.
Quando arrivarono, un'ora e mezzo più tardi, si ricredettero al primo sguardo.
L'imponente costruzione di cemento armato sorgeva in una piccola radura tra la boscaglia poco fitta, a ridosso delle montagne, e per un tratto si addentrava nella vegetazione. I lucernari del tetto erano sporchi, con alcuni pannelli infranti, così come le finestre del primo piano. C'erano due laboratori mobili, uno rovesciato al centro dello spiazzo di cemento coperto d'erba e terra e l'altro in piedi addossato al muro.
Sul piazzale due jeep giacevano su un fianco coperte di radici e erbacce, probabilmente rovesciae da qualche triceratopo.
Quando il gruppo si accinse a salire i pochi gradini di cemento che portavano all'entrata il silenzio carico di delusione venne rotto dalla voce acuta di Laura.
<< Accampiamoci nel camper stasera, domani mattina esploreremo i laboratori... non mi piace questo posto >>
Tutti acconsentirono senza fare storie e portarono le loro cose nel veicolo.
Cucinarono il cibo leofilizzato sul fornello elettrico del laboratorio, senza aprire le finestre perchè sul manuale di Max c'era scritto che i grandi predatori del Cretaceo avevano un olfatto sensazionale.
Alle 9.oo spensero le luci e si addormentarono, cullati dai gridolini degli animali attorno a loro.


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