Amor Omnia Vincit

di Hi Fis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Libera ***
Capitolo 2: *** Umano ***
Capitolo 3: *** Musica ***



Capitolo 1
*** Libera ***


Questo primo capitolo è dedicato alla biologia Quarian: immagino che tutti coloro che hanno giocato a Mass Effect si siano chiesti almeno una volta come appaiano sotto quello tute.

Bé, questa è la mia risposta.

Quanto si avvicina alla realtà? Non ne ho la più pallida idea, ma spero molto: a parte gli elementi più evidenti dell’anatomia quarian (tre dita per mano ecc.) l’unico elemento certo è che le orecchie sono molto diverse da quelle umane (Mass Effect: Ascension); per il resto, non si sa assolutamente nulla.  Fino a ME2 non c’erano abbastanza elementi per immaginare un aspetto credibile: per fortuna, dialogando con Legione, si ha una descrizione molto superficiale del pianeta natale dei Quarian, Rannoch. In breve, la mia interpretazione potete leggerla nel capitolo; nella postfazione ci sarà una descrizione più dettagliata delle linee guida che mi hanno portato all’aspetto dei Quarian.

Buona Lettura.



Concetti come “ora tarda” non hanno senso a bordo di una nave sulla quale c’è sempre qualcuno di servizio: senza albe o tramonti da usare come riferimento per i propri ritmi circadiani, sono i turni a scandire i periodi di veglia e riposo.
 
Il terzo turno sarebbe cominciato tra circa due ore: di tutti, era quello meno impegnativo, e la nave funzionava con il personale ridotto al minimo.
Tutti i combattenti dell’equipaggio, se non erano in missione,  sfruttavano di solito questo turno per dormire, in modo da avere il più possibile i bioritmi sincronizzati.
L’unica che non stava sfruttando quelle otto ore per riposare era il capo ingegnere della nave, Tali’Zorah vas Normandy.
Ma quella era un’occasione speciale: Tali voleva essere al meglio per il suo capitano. Eric Shepard non era solo il suo comandante: era soprattutto l’uomo che amava.
 
Mentre l’ascensore la portava verso la sua destinazione, Tali ripensò al loro passato e al presente:  l’amore che era sbocciato fra loro era la naturale evoluzione dell’amicizia e del rispetto che avevano provato per tutto quel tempo l’una per l’altro. Tali non l’amava perché lui l’aveva salvata da Fist sulla Cittadella tanto tempo prima, né perché l’avesse accolta nel suo equipaggio, trattandola come una pari tra i pari. Non era perché le avesse consegnato i dati che le avevano permesso di completare il suo pellegrinaggio e di riportare alla sua gente informazioni strabilianti sui geth. Non era perché l’avesse salvata ancora una volta su Hestrom e l’avesse aiutata su Freedom Progress.
 
No.
 
Tali amava Shepard, perché lui la vedeva: lui vedeva oltre il suo casco e la sua tuta, e l’apprezzava pur senza averla mai vista in faccia.
Tali sentì ancora quel piacevole vuoto allo stomaco, la sensazione di lieve vertigine che la prendeva ogni volta che pensava a Eric.
Aveva preso gli immuno- amplificatori e le erbe integrative che Mordin le aveva prescritto, ma c’era ancora una cosa che voleva fare.
 
Finalmente l’ascensore la portò alla sua destinazione: il ponte numero uno.
La porta della cabina di Shepard si aprì con un sospiro, mentre Tali faceva il suo ingresso nelle stanze del comandante. La stanza era ovviamente vuota, Shepard era sceso in missione su Canalus, il pianeta attorno al quale la Normady era in orbita. Era via da un’ora e non sarebbe tornato prima di un’altra un’ora  e mezza: almeno, quello era il tempo stimato per ripulire la zona dove avevano individuato segnali geth. Avrebbe voluto scendere con lui, ma Shepard le aveva sorriso, dicendole che Zaeed e Legione erano più che sufficienti per coprigli le spalle. Le aveva fatto un cenno d’intesa, come a sottolineare qualcosa di buffo, e Tali aveva sorriso con lui.
Aveva capito cosa intendesse esattamente solo quando Shepard le aveva bisbigliato all’orecchio prima di lasciare la Normandy.
Tali aveva deciso subito di approfittare dell’occasione che le era stata data.
 
Non appena le porte si chiusero dietro di lei, Tali si diresse verso l’oggetto che aveva poggiato sulla scrivania del Comandante durante la sua precedente visita. Era un emettitore di raggi UV molto potente, che aveva ricavato ingegnosamente da un proiettore medico che Chakwas usava per mantenere sterili gli strumenti dell’infermeria.
Con la sua tuta addosso, il proiettore non era in alcun modo pericoloso per lei: lo disattivò, assieme a quello che aveva messo sul letto. Ormai entrambi dovevano aver svolto il loro compito.
Tali tolse il telo nero che copriva la gabbietta del criceto che aveva regalato a Shepard, picchiettando delicatamente il vetro della gabbia. Il suo occupante uscì incuriosito dalla tana in cui era rimasto a dormire fino a quel momento:
“Non dire a nessuno quello che vedrai, d’accordo?” gli disse Tali con complicità.
 Il criceto si limitò a rifugiarsi nella sua tana.
“Codardo” pensò la Quarian. Poi entrò nel bagno privato del comandante, spegnendo il proiettore che aveva messo anche lì.
Aprì la doccia, e mentre l’acqua si scaldava, cominciò a togliersi la tuta.
 
Per prima cosa, Tali si sfilò la cintura e le cinghie che le cingevano il busto e li ripose sul tavolo. Quindi ordinò di aprire i sigilli anticontaminanti tramite il suo omni tool: una volta che le sicure furono disinserite, la tuta acquistò volume, divenendo meno stretta e soffocante.
Tali sganciò il fodero del coltello che portava sempre con sé dallo stivale, un oggetto più rituale che un’arma vera e propria, e lo posò sulla scrivania del comandante, vicino alla foto che ritraeva l’equipaggio della vecchia Normandy.
Tali rimase per un poco  a osservare la foto dei loro vecchi amici, poi passò a sfilarsi gli stivali, appoggiandosi alla scrivania per bilanciarsi:  quando posò il piede nudo sul pavimento della cabina si sentì per un attimo a disagio. Era la prima volta da molto, moltissimo tempo, che toccava qualcosa con la sua pelle.
L’immagine del volto di Eric Shepard apparve nella sua mente, e il disagio scomparve subito: pose entrambi i piedi sul pavimento, incurante del fatto che fosse freddo. Poi fu la volta dei guanti, che andarono a  posarsi vicino al coltello.
Tali sorrise a quella vista: era da tanto tempo che non vedeva le sue mani e i suoi piedi; pressappoco da quando era bambina e usava ancora la bolla invece che la tuta. La Quarian agitò le dita, gioendo del contatto fisico che era invece solitamente anestetizzato: si sarebbe messa a danzare, tale era la sua felicità.
Poi allentò le chiusure del casco, e lo mise sopra i guanti.
 
Tali si ritrovò a sbattere le palpebre quasi subito, mentre tentava di abituarsi alla luce nella stanza: era troppo forte per i suoi occhi e le sue pupille dolsero, mentre cercavano di compensare. Cercando a tentoni i comandi sulla parete a fianco a lei abbassò la luce, fino a quando solo un crepuscolo oscuro illuminò la stanza.
I Quarian erano una specie originariamente notturna, dato che il giorno sul loro pianeta natale era breve e dedicato al riposo. La loro giornata cominciava al calar del sole, quando gli antichi Quarian battevano le foreste e le steppe del pianeta alla ricerca di cibo, seguendo le fasi della luna. Ancora oggi, il loro calendario rispettava i cicli lunari, per quanto vivere a bordo della flotta migrante avesse cambiato i loro ritmi: ora i Quarian vegliavano quando la luce artificiale illuminava i ponti delle navi e si riposavano quando veniva il buio.
Lo stesso visore oscurato del casco era concepito per difendere i loro occhi sensibilissimi: le altre specie senzienti erano tutte diurne e la luce di cui avevano bisogno per vedere risultava accecante per loro.
 
Tali inspirò a pieni polmoni, assaporando famelica gli odori che il proiettore non era riuscito ad eliminare completamente: sentì l’odore, inequivocabilmente maschile, che permeava la stanza e il suo stomaco fece una nuova capriola.
La Quarian riprese a spogliarsi con ancora più energia: in un colpo solo si liberò dei gambali e dei pantaloni, togliendo uno dopo l’altro i diversi strati di cui erano composti. Il tutto cadde a terra e Tali se ne liberò con un calcio, spedendoli sotto la scrivania.
 
L’aria più fredda della stanza le fece venire la pelle d’oca, nonostante il sottile manto candido che copriva il suo corpo. La stella attorno alla quale Rannoch orbitava era una stella più vecchia del sole e ormai già passata da gialla ad arancione. Il manto che copriva i Quarian dalla testa ai piedi, lasciando scoperti solo le mani, i piedi e la parte anteriore del busto delle femmine, era anch’esso un’eredità della loro vita sul loro pianeta natale, più freddo e arido della terra.
 
Tali aprì i sigilli che chiudevano la parte superiore della sua tuta e si tolse finalmente la giacca che era diventata la sua pelle da diversi anni e la ripose sulla sedia, avendo cura che i tubi che la collegavano agli impianti disseminati sul suo corpo fossero tutti scollegati: si sentì… libera, una sensazione che non ricordava nemmeno più.
Infine, scollegò con molta attenzione gli ultimi impianti a diretto contatto con la sua pelle, avendo cura di rimuovere l’ago per le flebo che era infilato nella sua giugulare assieme ai macchinari che raccoglievano i liquidi dal suo volto, come le lacrime o la saliva, e gli apparecchi per la stimolazione sensoriale.
 
Ora Tali era quasi nuda, fatta eccezione per una sottile striscia di tessuto che le copriva il petto, proteggendo dalla frizione la delicata pelle sottostante, e per le sacche per il riciclo dei rifiuti organici. Di tutta la sua tuta, quello era lo strumento che odiava di più: appesantiva i suoi fianchi e la intralciava mentre correva.
Se ne liberò rapidamente, avendo cura di riporle dentro una sacca sterile che si era portata dietro.
 
Finalmente, Tali era priva da tutta la muta che la copriva.
L’odore di acqua calda le pizzicò il naso e Tali entrò rapidamente in bagno, chiudendo dietro di sé la porta.
 
***
 
Lo specchio si era appannato a causa della condensa e Tali passò una mano sul vetro, per potersi specchiare: era tanto tempo che non vedeva la sua immagine e rimase per un poco a osservarsi.
I familiari occhi color mercurio, tipici della sua specie, scrutarono il loro riflesso: la loro maggiore sensibilità alla luce le permetteva di vedere nella penombra come se fosse giorno.
Al contrario degli animali terrestri, per vedere nell’oscurità i Quarian non avevano bisogno di una pupilla verticale: gli bastavano gli speciali pigmenti estremamente fotosensibili associati alle cellule dell’iride. Quei pigmenti erano anche la ragione dell’apparente luminosità degli occhi dei Quarian, poiché riflettevano parzialmente la luce che percepivano.
 
Dagli occhi, Tali passò al suo volto, coperto da una peluria cortissima e fitta come quella di un puma e candida come la neve, che lasciava scoperta le labbra, scure e sottili.
Non c’erano capelli, ma lo stesso identico manto ugualmente corto e candido che copriva tutto il corpo.
Sul suo volto solo alcune zone erano più scure e assomigliavano alle macchie dei leopardi: erano però del colore delle nocciole e con il bordo dorato. Esse partivano dalla sommità della fronte in due file verticali parallele, per poi sorpassare gli occhi e ricongiungersi sul mento. Le macchie si dividevano nuovamente sulla gola e si distribuivano sulle spalle, continuando poi sulle braccia, fino ad arrivare ai polsi dove il manto terminava, lasciando le pelle delle mani, e dei piedi allo stesso modo, esposta.
Tali si osservò le mani: la sua epidermide aveva ancora lo stesso colore porpora che ricordava dalla sua infanzia, che schiariva a mano a mano che si avvicinava alle punte delle dita, prive di unghie.
 
Tali non sapeva cosa erano la vanità e la bellezza, d’altro canto aveva visto pochi altri Quarian senza casco: passò la mano sul suo volto, attorno all’occhio e sugli zigomi.
Alzando la mano, Tali arrivò a toccare il lobo del suo orecchio: al contrario di molte specie, i Quarian avevano i padiglioni auricolari posizionati quasi alla sommità del cranio, invece che lateralmente, e i due lobi triangolari erano il motivo per cui c’era così tanto spazio sopra la testa nel casco, soprattutto nei maschi. Tali provò a muoverli come faceva quando era piccola e ancora confinata nella bolla, tentando di articolarli indipendentemente. Con molta fatica, riuscì a farlo: sembrava che nonostante fossero rimasti immobili per tutti quegli anni, i suoi muscoli ci fossero ancora.
 
Poi Tali scese con la mano nuovamente fino alla mascella: la parte inferiore del volto dei Quarian si sviluppava più verso l’esterno rispetto ai primati, specie negli individui di sesso maschile. Le proporzioni dei lineamenti erano simili a quelle dei megachirotteri del pianeta Terra, anche se gli zigomi non erano così pronunciati.
 
Tali osservò ancora il suo riflesso, mentre ritraeva la labbra, mettendo in mostra i denti perlacei ed affilati e la lingua rossa.
Passò ancora la mano sullo specchio e fece un passo indietro per poter avere una visione più complessiva di se stessa: come in tutte le femmine Quarian, la parte anteriore del busto era glabra, lasciando una porzione di pelle scoperta della forma di una mandorla, che si apriva appena sotto la gola, per poi chiudersi una spanna sopra il suo inguine.
 
Appena sotto i seni, l’imboccatura della tasca del suo marsupio disegnava una mezzaluna che si opponeva con le sue linee alle curve sovrastanti: analogamente ai marsupiali sulla Terra, lo sviluppo del feto Quarian terminava all’interno della tasca della madre. Tali si passò una mano sul seno, titillandone delicatamente il capezzolo e ancora una volta l’immagine di Shepard si inserì nella sua mente.
Sorrise, immaginando la reazione di Eric se fosse entrato in quel momento.
Come tutti i Quarian della Flottiglia, Tali era magra, senza nemmeno un grammo di grasso addosso: le costole erano ben visibili sotto la pelle, tuttavia il manto bianco che la ricopriva ingentiliva le sue forme, arrotondandole.
 
Quattro dita sotto l’ombelico, un’unica macchia scura segnava l’inizio del suo pube: da esso, le chiazze color nocciola sul suo manto tornavano a dividersi di nuovo in due file e proseguivano sulle cosce, sempre più piccole.
Tali si guardò le gambe, con le tibie lievemente più arcuate rispetto ai primati, adatte per assorbire meglio lo stress da impatto dovuto alla corsa, attività a cui i Quarian si dedicavano molto sul loro pianeta natale, essendo la specie che occupava la posizione più alta della catena alimentare di Rannoch.
 
Tali si girò di schiena, e, ruotando la testa, osservò che le familiari macchie scure erano sparse disordinatamente anche sul dorso a partire dalle spalle, ma tendevano a raccogliersi in una linea che seguiva la spina dorsale a mano a mano che si avvicinavano alle natiche.
 
Decise che si piaceva, ma sarebbe piaciuta anche al Comandante?
 
All’improvviso, un quieto bussare risuonò sulla porta:
 
Tap! Tap! Tap!
 
Tali si spaventò a morte: il suo primo pensiero fu che la sua tuta era fuori dalla sua portata e chiunque fosse entrato in quel momento avrebbe portato con sé dei germi, potenzialmente pericolosi.
“Tali, sei là dentro?”
La voce era inconfondibile: anche attraverso la porta era impossibile sbagliarsi.
“Comandante? Sei tu?”
Sentì una risata familiare, calda, gioiosa e rassicurante.
“Credevo che avessimo deciso di passare al tu, Tali.”
Tali sorrise a sua volta.
“Hai ragione, Eric. È solo che… le vecchie abitudini sono dure a morire.”
Ci fu un attimo di silenzio, poi la voce di Shepard filtrò attraverso la porta:
“Vedo che ti sei messa a tuo agio.”
“Già, non sai che regalo mi hai fatto.”
Dall’altra parte della porta, Eric si sentiva imbarazzato come un ragazzino al suo primo appuntamento.
“Vuoi che ti passi i vestiti? Prometto che non sbircerò.”
Cosa diavolo stava dicendo? Si stava comportando come un’idiota.
 
All’inizio sperò che Tali non avesse sentito, poi un sospiro filtrò attraverso la porta:
“Sì grazie. Se potessi passarmi la sacca che c’è per terra te ne sarei infinitamente grata.”
Shepard prese la sacca, chiedendosi cosa potesse contenere, e si appoggiò con la mano libera allo stipite della porta.
“Puoi aprire, Tali.”
Tali aprì la porta, trovando Eric Shepard con gli occhi serrati, come aveva promesso e la sua sacca in mano, che le veniva gentilmente porta.
Dovette controllarsi, per evitare che il fuoco che ardeva nei suoi lombi e i tamburi nel suo sangue prendessero il sopravvento sulla sua ragione e saltasse addosso a Shepard.
Poi notò qualcosa che azzerò la parte razionale del suo io:
“Eric, hai i capelli… bagnati?” Aveva notato infatti delle gocce d’acqua nei capelli rossi, tagliati a spazzola, del comandante.
Ma se significava quello che Tali immaginava, allora…
 
Se il Comandante sentì qualcosa di strano nella voce di Tali non lo diede a vedere. Era preoccupata per lui?
Tuttavia se fossero rimasti troppo a lungo in quella posizione, Tali correva il rischio di ammalarsi: decise per la versione corta.
“Già, la missione è stata… impegnativa e appena tornati ho sentito il bisogno di farmi una doccia. Immaginando che tu fossi qui, ho usato quelle sul ponte equipaggio…”
Avrebbe continuato a parlare come uno sciocco, raccontando di come i geth avevano installato una specie di macchina per il controllo del clima che aveva ridotto a zero la visibilità sul pianeta e di come, nonostante tutto, se la fossero cavata, ma Tali lo interruppe:
“Quindi ti sei fatto una decontaminazione e poi una doccia?”
Eric cominciò a capire dove il discorso stava andando a parare.
“Sono più pulito che mai.” Rispose Shepard.
“Eric, apri gli occhi.”
 
A Eric Shepard piacque molto quello che vide.
 
Più tardi, entrambi ammisero che visionare i video che Mordin aveva messo a loro disposizione era stata una buona, ottima, idea.
Tali, inoltre, scoprì che i diagrammi sull’anatomia umana che aveva visionato erano… riduttivi nei confronti delle “doti” del suo Comandante.
Ma non se ne lamentò di certo.
 
Anzi.



Vi è piaciuto? Spero di sì.
Prima di continuare, vorrei ribadire ancora una volta che questa è una mia interpretazione possibile: se dovessi scommettere, punterei contro di me.
In ME1 pensavo che sotto quel casco ci fosse una specie di rettili umanoidi, ma essendoci già i Drell ho dovuto abbandonare l’idea.
Dialogando con Legione a bordo della Normandy, si apprendono diverse cose sui Quarian: per esempio il sole di Rannoch è una stella più vecchia del Sole, già passata da gialla ad arancione.
Se Rannoch fosse distante quanto la Terra dal suo Sole, questo vorrebbe dire che il pianeta è più freddo. Questo concetto sembra confermato dalle parole di Legione che definisce Rannoch più freddo e arido della Terra.
Da questa idea ho quindi elaborato i Quarian come una specie notturna (il che per caso spiega anche il visore oscurato) e dotata degli accorgimenti biologici per sopravvivere al freddo (ovvero il manto: in questo caso però ho voluto anche essere originale, dato che per ora gli esseri umani sono gli unici ad essere dotati di peluria).
Per quanto riguarda i denti affilati e le macchie, penso che una specie notturna sia prevalentemente carnivora (ha bisogno di più calorie) e quindi abbia sviluppato un metodo di mimesi che ne favorisce la caccia.
Le orecchie a punta: io stesso lo trovo poco credibile :(, però è vero che ci sia molto spazio tra la testa dei Quarian e il casco e non ho saputo fare di meglio, scusate.
Per le tibie arcuate dei quarian: un’altra spiegazione altrettanto valida è un pianeta a maggiore gravità, il che spiegherebbe anche la statura minore dei quarian, vedete voi quale vi piace di più.
Per la presunta somiglianza con i megachirotteri, o pipistrelli giganti che dir si voglia, mi sono basato su due elementi: il fatto che i Quarian abbiano un sistema immunitario particolare (cosa che in parte si riflette in alcuni pipistrelli, in cui il sistema immunitario si adatta piuttosto che combattere un infezione), sia per la grande varietà di specie vegetali su Rannoch (Tali sostiene che non ci sono molti predatori): ho quindi immaginato una forma equivalente nella fauna terrestre e la prima che mi è venuta in mente e quella dei pipistrelli frugivori.
Per il fatto che i Quarian abbiano un marsupio: sono convinto di averlo letto da qualche parte, ma non riesco proprio a ricordarmi dove, l’idea però mi piace.
 
Un'altra versione possibile che mi era venuta in mente  per l’aspetto dei Quarian era un aspetto molto da insetti. Ma questa la terrò per me ;).

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Capitolo 2
*** Umano ***


Secondo capitolo.
Dedicato all’archetipo del fluff: le chiacchiere da letto. ;) Visto che non ho mai pubblicato pezzi romantici, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensato e come è venuto.
Credete che nel capitolo precedente sia stato forse un po’ troppo scientifico?
Spero comunque di avervi incuriosito. Prima di cominciare, un grazie enorme a goldr31 che come sempre riesce a starmi dietro e a recensire anche storie come questa: Domo Arigato!
E a voi altri lettori, buona lettura.




“Eric?”
Era un po’ che il comandante Shepard sentiva Tali muoversi contro il suo petto:
sapeva che, prima o poi, lei avrebbe trovato il coraggio di fargli la domanda che l’aveva tenuta sveglia fino a quel momento, ed Eric era disposto a darle tutto il tempo che le occorreva. Da parte sua, il corpo nudo di lei fra le sue braccia era una vista sufficiente a tenerlo sveglio.
“Sì, Tali?”
“Ecco… vorrei chiederti una cosa.”
“E che cosa vorresti chiedermi?”
“… Niente lascia perdere, è una cosa stupida.”
“Tali, sai che puoi chiedermi qualunque cosa.”
“Davvero, non è niente, ti metteresti a ridere.”
“Le cose da nulla non tengono svegli così a lungo.”
Tali alzò il suo viso verso Shepard:
“Ti ho svegliato?”
“Niente affatto, non mi sono mai addormentato: lo spettacolo che ho di fronte è troppo bello per lasciarmi dormire.” Rispose Shepard.
“Bosh’tet.” Tali tornò a seppellire il suo volto nel petto di Shepard, ma Eric riuscì comunque a vedere che sorrideva.
 
“…”
“Cosa hai detto, Tali? Non ho sentito.”
“Ho detto, com’è essere… umani?”
Tali incrociò le braccia sotto il suo mento, in modo che le facessero da cuscino mentre parlava col comandante, attendendo la risposta: i suoi luminescenti occhi color mercurio catturarono quelli di Shepard.
Shepard rimase un attimo in silenzio, tanto che Tali scosse la testa:
“Lascia perdere, era una domanda sciocca.”
Fece per tornare nel rifugio dell’abbraccio di Shepard, ma Eric la fermò:
“Non è affatto una domanda sciocca, Tali. Anzi.”
Eric si accoccolò meglio a fianco a lei, mentre pensava alla risposta e Tali si sdraiò a fianco a lui, usando il suo braccio come cuscino.
“Voglio dire, com’è avere un pianeta a cui tornare, un luogo da chiamare casa? Com’è nascere e vivere come un essere umano?” continuò Tali.
Eric sorrise:
“Per quanto riguarda la prima domanda devo rispondere che non lo so.”
L’espressione di Tali si fece curiosa.
“Cosa vuoi dire?”
“Come sai, sono nato e cresciuto nello spazio. Ho avuto dozzine di luoghi da chiamare casa, quando ero piccolo. Certo, mi sono fermato su molti pianeti, ma di quegli insediamenti ho sempre visto solo gli spazioporti. Non mi sono mai fermato più di qualche giorno, il tempo di fare rifornimento e ripartire.
La mia casa sono state le navi su cui sono cresciuto. Non ho mai considerato la Terra come la mia dimora, non più di quanto tu consideri Rannoch la tua.”
Tali rimase un attimo in silenzio a quell’osservazione: era vero, la Flottiglia era la sua casa. Però…
“I Quarian non hanno altra scelta. Tu invece hai un luogo che sarà sempre pronto ad accoglierti, un posto dove non ti sentirai mai un estraneo.”
“La Terra potrà essere il luogo dove la razza umana è nata, ma per me casa è il luogo dove il mio cuore vuole essere.”
Tali rimase di nuovo in silenzio a quella osservazione: come poteva Eric essere così distaccato?
Shepard dovette aver percepito qualcosa nella sua espressione, perché chiese:
“Tali, tu sai com’è la Terra?”
“Certo, è un pianeta di classe B, la cui maggioranza della superficie è coperta dall’acqua.”
Shepard scosse la testa.
“Sai perché è stato registrato come pianeta di classe B e non A, ovvero perfettamente abitabile?”
Tali scosse la testa.
“Siamo stati noi. Prima della scoperta del portale 314, la Terra era seriamente minacciata dallo sfruttamento eccessivo. L’umanità ne utilizzava le risorse in maniera noncurante, non considerando adeguatamente le conseguenze dei suoi atti. Solo con la tecnologia attuale, frutto dei nostri rapporti con il Consiglio, stiamo riuscendo a rimediare ai danni del passato.”
“Com’è è possibile? Come si può inquinare un pianeta a tal punto da cambiarne il livello di abitabilità?”
Eric Shepard sorrise amaramente:
“Ci siamo messi di impegno. La parte peggiore, forse, è che il danno maggiore lo abbiamo fatto negli ultimi quattro secoli. Una volta entrati nell’era industriale, una volta compreso come focalizzare il nostro ingegno nelle macchine, non ci siamo più fermati, arrivando infine ai motori a elemento zero.”
“Quattro secoli? Come avete fatto a ottenere la propulsione FTL in appena quattro secoli? I Quarian ci hanno messo il triplo e siamo stati una delle razze più veloci, secondi solo ai Salarian.”
“Perché siamo umani: la fama di essere degli arrivisti galattici non è solo una calunnia; c’è un fondo di verità in essa. La Terra non era un pianeta particolarmente ostile, nel panorama galattico: voglio dire, c’è di peggio.
Ci sono pianeti perfino più inospitali di Tuchanka.”
“Sono stati i Krogan a ridurre così il loro pianeta con l’abuso delle armi.”
“È vero, ma abbiamo rischiato anche noi di trasformare così il nostro pianeta.
E non siamo certo resistenti quanto i Krogan: se la guerra nucleare che ha funestato Tuchanka fosse avvenuta anche sulla Terra, senza dubbio ci saremmo estinti.”
Tali immaginò per un attimo una Galassia dove gli esseri umani non esistevano: una galassia dove Eric Shepard non fosse mai nato.
Scacciò subito quel pensiero:
“E cosa è successo?”
“Abbiamo capito: abbiamo capito che se avessimo continuato saremmo morti tutti. Così abbiamo rallentato la nostra corsa, cominciando a farci delle domande.
L’idea di poterci distruggere così facilmente però, non ci ha abbandonato per altri duecento anni. Due secoli che abbiamo trascorso cercando di capire se eravamo ancora in grado di rimediare ai nostri errori; cercando di comprendere se eravamo ancora in tempo per provare a cambiare. Alla fine ci siamo riusciti, anche se di stretta misura.”
Shepard si voltò per guardarla negli occhi:
“Volevi sapere com’è essere un umano? La risposta è che non sai quando fermarti. Questo è il nostro difetto più grande, ma anche la nostra forza: non ci arrendiamo mai, indipendentemente dagli ostacoli e dalle sfide di fronte a noi, contro ogni barriera e pronostico. È per questo che siamo così imprevedibili: perché noi umani non ci arrendiamo mai alla logica.”
Tali rimase in silenzio per un attimo, pensando a quello che Eric le aveva detto.
Aveva senso: aveva senso che fosse così noncurante verso la Terra.
“È un bene che gli esseri umani siano fatti così.”
“Tu dici?”
“Certo! Soltanto un essere umano potrebbe pensare di poter sconfiggere i Razziatori.”
Fu la volta di Shepard di rimanere senza parole.
“Soltanto un essere umano si sarebbe innamorato di una Quarian. Soltanto un essere umano sarebbe riuscito a riportarci tutti incolumi dal portale di Omega 4.”
Tali lo baciò sulla bocca, mettendoci ogni goccia dell’amore che provava per lui.
“È un bene che tu sia un essere umano, Eric.”
Shepard le rivolse un sorriso obliquo:
“Se la metti così, Tali, in effetti hai ragione.
“Certo che ho ragione bosh’tet.”
Detto questo, Tali si raggomitolò di nuovo al suo fianco, assaporando il calore della pelle umana attraverso la sua: quanto amava quel contatto.
Si era quasi appisolata, quando Eric la scosse:
“Tali?”
“Sì?”
“Com’è essere un Quarian?”

TADAN! Allora, come vi sembra? Lo so, forse è un po' cortino, ma non posso scrivere ogni volta sette pagine.XD
Prossimo capitolo, musica. 

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Capitolo 3
*** Musica ***


Ed eccoci arrivati all’ultimo capitolo di questa piccola raccolta.
Prima lasciarvi alla lettura, vorrei ringraziare ancora goldr31, che continua a scrivermi preziose recensioni: di nuovo grazie mille!
Se posso darvi un consiglio, mentre leggete questo pezzo, cercate e ascoltate il canone in re (D) maggiore di Pachelbel.
Buona lettura e, in questo caso, ascolto. :)


“Eric?”
Nessuna risposta: eppure era certa che fosse nella sua cabina.
“Eric?” provò ancora a chiamare Tali.
“Tali?” la voce giunse da dietro la vetrina che conteneva i modellini delle navi.
Non c’era da stupirsi che non l’avesse visto subito, dato quanto era piena.
“Eccoti finalmente. Pensavo non ci fossi.”
“Scusami, non ti ho sentita entrare.”
“Che cosa è quello?” Tali indicò con una mano l’oggetto che Shepard aveva poggiato sul collo: era formato da due dischi, fissati ad un supporto a semicerchio che li univa assieme.
Da uno dei due dischi partiva un lungo filo scuro, che andava a inserirsi nella console di fronte a lui.
Shepard rispose con un sorriso.
“È il motivo per cui non ti ho sentito entrare.”
Il comandante non vide l’espressione incuriosita sotto il casco di Tali, ma interpretò correttamente il linguaggio del suo corpo.
“A dire la verità, mi stavo prendendo una pausa. Spero non mi farai rapporto.”
“Tu che ti prendi una pausa? Poco credibile.” Rise Tali.
“Anch’io ho bisogno di distrarmi ogni tanto sai?”
“Mi sembra di sentire Joker.” Disse Tali, sedendosi sulle sue gambe.
“Siamo diventati spiritosi, vedo.” Commentò Shepard, mentre la accoglieva.
“Chissà da chi avrò preso.” Tali appoggiò il suo casco sulla fronte di Shepard, cingendolo in un abbraccio che il comandante restituì.
 
“Allora, cosa è quella cosa buffa che hai attorno al collo?”
“Sono delle cuffie. Stavo ascoltando della musica.”
“Tu che ascolti della musica?”
“Ho detto ascoltare, non ballare. Immagino che i Quarian abbiano delle cuffie di forma diversa.”
“Per la verità, non le usiamo. La musica fa parte della nostra vita: non c’è ragione per non dividerla con gli altri. Comunque non balli così male.”
“Grazie per la pietosa bugia.”
“Ci ho provato. Cosa stavi ascoltando?” Tali aveva ascoltato distrattamente la musica umana: era più dissonante di quella a cui era abituata sulla flotta e le dava i brividi. C’era un’energia strana che mancava nelle canzoni della flotta.
“Ti faccio sentire.”
Shepard disinserì il plug delle cuffie, permettendo la diffusione attraverso gli altoparlanti della sua cabina.
 
Per un secondo circa, Tali non sentì nulla.
Poi la musica cominciò a riempirle le orecchie.
Tali non aveva mai sentito nulla del genere. Era come se ogni nota fosse una goccia di acqua che scivolava fino alle sue orecchie. Non c’erano parole, solo musica.
Tanta musica.
Quello che era cominciato lentamente, come se chi suonasse non fosse sicuro delle note, cominciò a crescere.
All’inizio erano due “voci”, Tali non sapeva distinguere gli strumenti, non sapeva dire nemmeno quanti c’è ne fossero, ma riusciva a distinguere le diverse “qualità”. Poi se ne aggiunse una terza che unì la sua voce a quelle precedenti: il terzetto seguiva una melodia ripetitiva che cresceva lentamente come un fiore in sboccio, maturando e innalzandosi.
 
E quindi una quarta.
Quando quest’ultima arrivò, tutta la melodia cominciò a trasformarsi: le quattro voci si unirono a formare qualcosa di nuovo, in un crescendo di incredibile bellezza. Le voci ora vibravano tutte assieme, di nuovo ad un ritmo più lento, quasi maestoso. Salvo poi, dopo un certo momento, tornare a crescere e poi diminuire, in un ciclo che non sembrava avere fine. Un ciclo che non volevi che finisse.
Le voci crebbero e diminuirono assieme molte volte, in un dialogo dove non si cercava la supremazia, ma la comprensione, l’unione.
Un dialogo in cui ognuno faceva la sua parte per il tutto.
 
C’era qualcosa di struggente in quella musica, di bello e assoluto.
Qualcosa che non apparteneva a quel mondo.
Tali sentì delle lacrime che le bagnavano le guance: l’emozione era tale, che si dimenticò perfino dove si trovava.
 
Infine la musica si spense e Tali si ritrovò di nuovo nel suo corpo.
“Keelah! Eric è stato bellissimo. Grazie per avermela fatta ascoltare. Non ho mai sentito nulla del genere.”
“Sono contento che ti sia piaciuto.”
“Piaciuto? È stato incredibile! Non pensavo… non credevo si potesse fare una musica simile. È incredibile quello che si può fare con due dita in più.”
Tali prese la mano di Shepard nelle sue, valutando ancora una volta le dita più sottili e in eccesso degli umani.
“Era il Canone in re maggiore di Pachelbel. Se questo ti è piaciuto, aspetta che ti faccia ascoltare Liszt e la sua rapsodia.”
 

Ci sarebbe voluta IDA per ricordare loro che avevano dei compiti da svolgere.


Non sono un grande estimatore della musica classica: me ne hanno fatta ascoltare davvero troppa XD quindi, tendo generalmente ad evitarla.
Ma a volte ci sono delle eccezioni: Pachelbel e il suo canone sono una di queste.
Per parte mia volevo descrivere un momento di emozione fra Tali e Shepard: se il canone non vi è piaciuto, potete tranquillamente immaginare che il comandante stesse ascoltando tutt’altro: Three Days Grace, Linkin Park, Metallica, Dream Theater (e questi sono solo quelli che mi vengono subito in mente), Guns&Roses, AC DC, Led Zeppelin e perché no, perfino Simon and Garfunkel se vi piacciono.
Insomma, mettete la colonna sonora che più vi piace mentre leggete questo pezzo.
A presto (ma non troppo XD),
Hi Fis.

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