Amor Omnia Vincit di Hi Fis (/viewuser.php?uid=83902)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Libera ***
Capitolo 2: *** Umano ***
Capitolo 3: *** Musica ***
Capitolo 1 *** Libera ***
Questo primo capitolo è
dedicato alla biologia Quarian: immagino che tutti coloro che hanno
giocato a Mass Effect si siano chiesti almeno una volta come appaiano
sotto quello tute.
Bé, questa è
la mia risposta.
Quanto si avvicina alla
realtà? Non ne ho la più pallida idea, ma spero
molto: a parte gli elementi più evidenti
dell’anatomia quarian (tre dita per mano ecc.)
l’unico elemento certo è che le orecchie sono
molto diverse da quelle umane (Mass Effect: Ascension); per il resto,
non si sa assolutamente nulla. Fino
a ME2 non c’erano abbastanza elementi per immaginare un
aspetto credibile: per fortuna, dialogando con Legione, si ha una
descrizione molto superficiale del pianeta natale dei Quarian, Rannoch.
In breve, la mia interpretazione potete leggerla nel capitolo; nella
postfazione ci sarà una descrizione più
dettagliata delle linee guida che mi hanno portato
all’aspetto dei Quarian.
Buona Lettura.
Concetti
come “ora tarda” non hanno
senso a bordo di una nave sulla quale c’è sempre
qualcuno di servizio: senza
albe o tramonti da usare come riferimento per i propri ritmi
circadiani, sono i
turni a scandire i periodi di veglia e riposo.
Il terzo
turno sarebbe cominciato tra
circa due ore: di tutti, era quello meno impegnativo, e la nave
funzionava con
il personale ridotto al minimo.
Tutti i
combattenti dell’equipaggio,
se non erano in missione, sfruttavano
di
solito questo turno per dormire, in modo da avere il più
possibile i bioritmi
sincronizzati.
L’unica
che non stava sfruttando
quelle otto ore per riposare era il capo ingegnere della nave,
Tali’Zorah vas
Normandy.
Ma
quella era un’occasione speciale: Tali
voleva essere al meglio per il suo capitano. Eric Shepard non era solo
il suo comandante:
era soprattutto l’uomo che amava.
Mentre
l’ascensore la portava verso
la sua destinazione, Tali ripensò al loro passato e al
presente: l’amore
che era sbocciato fra loro era la
naturale evoluzione dell’amicizia e del rispetto che avevano
provato per tutto
quel tempo l’una per l’altro. Tali non
l’amava perché lui l’aveva salvata da
Fist sulla Cittadella tanto tempo prima, né
perché l’avesse accolta nel suo
equipaggio, trattandola come una pari tra i pari. Non era
perché le avesse consegnato
i dati che le avevano permesso di completare il suo pellegrinaggio e di
riportare alla sua gente informazioni strabilianti sui geth. Non era
perché
l’avesse salvata ancora una volta su Hestrom e
l’avesse aiutata su Freedom Progress.
No.
Tali
amava Shepard, perché lui la vedeva:
lui vedeva oltre il suo casco e la sua tuta, e l’apprezzava
pur senza averla
mai vista in faccia.
Tali
sentì ancora quel piacevole
vuoto allo stomaco, la sensazione di lieve vertigine che la prendeva
ogni volta
che pensava a Eric.
Aveva
preso gli immuno- amplificatori
e le erbe integrative che Mordin le aveva prescritto, ma
c’era ancora una cosa
che voleva fare.
Finalmente
l’ascensore la portò alla
sua destinazione: il ponte numero uno.
La porta
della cabina di Shepard si
aprì con un sospiro, mentre Tali faceva il suo ingresso
nelle stanze del
comandante. La stanza era ovviamente vuota, Shepard era sceso in
missione su Canalus,
il pianeta attorno al quale la Normady era in orbita. Era via da
un’ora e non
sarebbe tornato prima di un’altra un’ora
e mezza: almeno, quello era il tempo stimato per ripulire
la zona dove
avevano individuato segnali geth. Avrebbe voluto scendere con lui, ma
Shepard
le aveva sorriso, dicendole che Zaeed e Legione erano più
che sufficienti per
coprigli le spalle. Le aveva fatto un cenno d’intesa, come a
sottolineare
qualcosa di buffo, e Tali aveva sorriso con lui.
Aveva
capito cosa intendesse esattamente
solo quando Shepard le aveva bisbigliato all’orecchio prima
di lasciare la
Normandy.
Tali
aveva deciso subito di
approfittare dell’occasione che le era stata data.
Non
appena le porte si chiusero
dietro di lei, Tali si diresse verso l’oggetto che aveva
poggiato sulla
scrivania del Comandante durante la sua precedente visita. Era un
emettitore di
raggi UV molto potente, che aveva ricavato ingegnosamente da un
proiettore
medico che Chakwas usava per mantenere sterili gli strumenti
dell’infermeria.
Con la
sua tuta addosso, il
proiettore non era in alcun modo pericoloso per lei: lo
disattivò, assieme a
quello che aveva messo sul letto. Ormai entrambi dovevano aver svolto
il loro
compito.
Tali
tolse il telo nero che copriva
la gabbietta del criceto che aveva regalato a Shepard, picchiettando
delicatamente il vetro della gabbia. Il suo occupante uscì
incuriosito dalla
tana in cui era rimasto a dormire fino a quel momento:
“Non
dire a nessuno quello che
vedrai, d’accordo?” gli disse Tali con
complicità.
Il criceto si
limitò a rifugiarsi nella sua
tana.
“Codardo”
pensò la Quarian. Poi entrò
nel bagno privato del comandante, spegnendo il proiettore che aveva
messo anche
lì.
Aprì
la doccia, e mentre l’acqua si scaldava,
cominciò a togliersi la tuta.
Per
prima cosa, Tali si sfilò la
cintura e le cinghie che le cingevano il busto e li ripose sul tavolo.
Quindi
ordinò di aprire i sigilli anticontaminanti tramite il suo
omni tool: una volta
che le sicure furono disinserite, la tuta acquistò volume,
divenendo meno
stretta e soffocante.
Tali
sganciò il fodero del coltello
che portava sempre con sé dallo stivale, un oggetto
più rituale che un’arma
vera e propria, e lo posò sulla scrivania del comandante,
vicino alla foto che
ritraeva l’equipaggio della vecchia Normandy.
Tali
rimase per un poco a
osservare la foto dei loro vecchi amici, poi
passò a sfilarsi gli stivali, appoggiandosi alla scrivania
per
bilanciarsi: quando
posò il piede nudo
sul pavimento della cabina si sentì per un attimo a disagio.
Era la prima volta
da molto, moltissimo tempo, che toccava qualcosa con la sua pelle.
L’immagine
del volto di Eric Shepard apparve
nella sua mente, e il disagio scomparve subito: pose entrambi i piedi
sul
pavimento, incurante del fatto che fosse freddo. Poi fu la volta dei
guanti,
che andarono a posarsi
vicino al
coltello.
Tali
sorrise a quella vista: era da tanto
tempo che non vedeva le sue mani e i suoi piedi; pressappoco da quando
era
bambina e usava ancora la bolla invece che la tuta. La Quarian
agitò le dita,
gioendo del contatto fisico che era invece solitamente anestetizzato:
si
sarebbe messa a danzare, tale era la sua felicità.
Poi
allentò le chiusure del casco, e
lo mise sopra i guanti.
Tali si
ritrovò a sbattere le
palpebre quasi subito, mentre tentava di abituarsi alla luce nella
stanza: era
troppo forte per i suoi occhi e le sue pupille dolsero, mentre
cercavano di
compensare. Cercando a tentoni i comandi sulla parete a fianco a lei
abbassò la
luce, fino a quando solo un crepuscolo oscuro illuminò la
stanza.
I
Quarian erano una specie
originariamente notturna, dato che il giorno sul loro pianeta natale
era breve
e dedicato al riposo. La loro giornata cominciava al calar del sole,
quando gli
antichi Quarian battevano le foreste e le steppe del pianeta alla
ricerca di
cibo, seguendo le fasi della luna. Ancora oggi, il loro calendario
rispettava i
cicli lunari, per quanto vivere a bordo della flotta migrante avesse
cambiato i
loro ritmi: ora i Quarian vegliavano quando la luce artificiale
illuminava i
ponti delle navi e si riposavano quando veniva il buio.
Lo
stesso visore oscurato del casco
era concepito per difendere i loro occhi sensibilissimi: le altre
specie
senzienti erano tutte diurne e la luce di cui avevano bisogno per
vedere
risultava accecante per loro.
Tali
inspirò a pieni polmoni,
assaporando famelica gli odori che il proiettore non era riuscito ad
eliminare
completamente: sentì l’odore, inequivocabilmente
maschile, che permeava la
stanza e il suo stomaco fece una nuova capriola.
La
Quarian riprese a spogliarsi con
ancora più energia: in un colpo solo si liberò
dei gambali e dei pantaloni,
togliendo uno dopo l’altro i diversi strati di cui erano
composti. Il tutto
cadde a terra e Tali se ne liberò con un calcio, spedendoli
sotto la scrivania.
L’aria
più fredda della stanza le
fece venire la pelle d’oca, nonostante il sottile manto
candido che copriva il
suo corpo. La stella attorno alla quale Rannoch orbitava era una stella
più
vecchia del sole e ormai già passata da gialla ad arancione.
Il manto che
copriva i Quarian dalla testa ai piedi, lasciando scoperti solo le
mani, i
piedi e la parte anteriore del busto delle femmine, era
anch’esso un’eredità
della loro vita sul loro pianeta natale, più freddo e arido
della terra.
Tali
aprì i sigilli che chiudevano la
parte superiore della sua tuta e si tolse finalmente la giacca che era
diventata la sua pelle da diversi anni e la ripose sulla sedia, avendo
cura che
i tubi che la collegavano agli impianti disseminati sul suo corpo
fossero tutti
scollegati: si sentì… libera, una sensazione che
non ricordava nemmeno più.
Infine,
scollegò con molta attenzione
gli ultimi impianti a diretto contatto con la sua pelle, avendo cura di
rimuovere l’ago per le flebo che era infilato nella sua
giugulare assieme ai
macchinari che raccoglievano i liquidi dal suo volto, come le lacrime o
la
saliva, e gli apparecchi per la stimolazione sensoriale.
Ora Tali
era quasi nuda, fatta
eccezione per una sottile striscia di tessuto che le copriva il petto,
proteggendo dalla frizione la delicata pelle sottostante, e per le
sacche per
il riciclo dei rifiuti organici. Di tutta la sua tuta, quello era lo
strumento
che odiava di più: appesantiva i suoi fianchi e la
intralciava mentre correva.
Se ne
liberò rapidamente, avendo cura
di riporle dentro una sacca sterile che si era portata dietro.
Finalmente,
Tali era priva da tutta
la muta che la copriva.
L’odore
di acqua calda le pizzicò il
naso e Tali entrò rapidamente in bagno, chiudendo dietro di
sé la porta.
***
Lo
specchio si era appannato a causa
della condensa e Tali passò una mano sul vetro, per potersi
specchiare: era
tanto tempo che non vedeva la sua immagine e rimase per un poco a
osservarsi.
I
familiari occhi color mercurio, tipici
della sua specie, scrutarono il loro riflesso: la loro maggiore
sensibilità
alla luce le permetteva di vedere nella penombra come se fosse giorno.
Al
contrario degli animali terrestri,
per vedere nell’oscurità i Quarian non avevano
bisogno di una pupilla
verticale: gli bastavano gli speciali pigmenti estremamente
fotosensibili associati
alle cellule dell’iride. Quei pigmenti
erano anche la ragione dell’apparente luminosità
degli occhi dei Quarian,
poiché riflettevano parzialmente la luce che percepivano.
Dagli
occhi, Tali passò al suo volto,
coperto da una peluria cortissima e fitta come quella di un puma e
candida come
la neve, che lasciava scoperta le labbra, scure e sottili.
Non
c’erano capelli, ma lo stesso
identico manto ugualmente corto e candido che copriva tutto il corpo.
Sul suo
volto solo alcune zone erano più
scure e assomigliavano alle macchie dei leopardi: erano però
del colore delle
nocciole e con il bordo dorato. Esse partivano dalla sommità
della fronte in
due file verticali parallele, per poi sorpassare gli occhi e
ricongiungersi sul
mento. Le macchie si dividevano nuovamente sulla gola e si
distribuivano sulle
spalle, continuando poi sulle braccia, fino ad arrivare ai polsi dove
il manto
terminava, lasciando le pelle delle mani, e dei piedi allo stesso modo,
esposta.
Tali si
osservò le mani: la sua epidermide
aveva ancora lo stesso colore porpora che ricordava dalla sua infanzia,
che
schiariva a mano a mano che si avvicinava alle punte delle dita, prive
di
unghie.
Tali non
sapeva cosa erano la vanità
e la bellezza, d’altro canto aveva visto pochi altri Quarian
senza casco: passò
la mano sul suo volto, attorno all’occhio e sugli zigomi.
Alzando
la mano, Tali arrivò a toccare
il lobo del suo orecchio: al contrario di molte specie, i Quarian
avevano i
padiglioni auricolari posizionati quasi alla sommità del
cranio, invece che
lateralmente, e i due lobi triangolari erano il motivo per cui
c’era così tanto
spazio sopra la testa nel casco, soprattutto nei maschi. Tali
provò a muoverli
come faceva quando era piccola e ancora confinata nella bolla, tentando
di articolarli
indipendentemente. Con molta fatica, riuscì a farlo:
sembrava che nonostante
fossero rimasti immobili per tutti quegli anni, i suoi muscoli ci
fossero ancora.
Poi Tali
scese con la mano nuovamente
fino alla mascella: la parte inferiore del volto dei Quarian si
sviluppava più
verso l’esterno rispetto ai primati, specie negli individui
di sesso maschile. Le
proporzioni dei lineamenti erano simili a quelle dei megachirotteri del
pianeta
Terra, anche se gli zigomi non erano così pronunciati.
Tali
osservò ancora il suo riflesso,
mentre ritraeva la labbra, mettendo in mostra i denti perlacei ed
affilati e la
lingua rossa.
Passò
ancora la mano sullo specchio e
fece un passo indietro per poter avere una visione più
complessiva di se
stessa: come in tutte le femmine Quarian, la parte anteriore del busto
era
glabra, lasciando una porzione di pelle scoperta della forma di una
mandorla,
che si apriva appena sotto la gola, per poi chiudersi una spanna sopra
il suo
inguine.
Appena
sotto i seni, l’imboccatura
della tasca del suo marsupio disegnava una mezzaluna che si opponeva
con le sue
linee alle curve sovrastanti: analogamente ai marsupiali sulla Terra,
lo
sviluppo del feto Quarian terminava all’interno della tasca
della madre. Tali
si passò una mano sul seno, titillandone delicatamente il
capezzolo e ancora
una volta l’immagine di Shepard si inserì nella
sua mente.
Sorrise,
immaginando la reazione di Eric
se fosse entrato in quel momento.
Come
tutti i Quarian della
Flottiglia, Tali era magra, senza nemmeno un grammo di grasso addosso:
le
costole erano ben visibili sotto la pelle, tuttavia il manto bianco che
la
ricopriva ingentiliva le sue forme, arrotondandole.
Quattro
dita sotto l’ombelico, un’unica
macchia scura segnava l’inizio del suo pube: da esso, le
chiazze color nocciola
sul suo manto tornavano a dividersi di nuovo in due file e proseguivano
sulle
cosce, sempre più piccole.
Tali si
guardò le gambe, con le tibie
lievemente più arcuate rispetto ai primati, adatte per
assorbire meglio lo
stress da impatto dovuto alla corsa, attività a cui i
Quarian si dedicavano molto
sul loro pianeta natale, essendo la specie che occupava la posizione
più alta
della catena alimentare di Rannoch.
Tali si
girò di schiena, e, ruotando
la testa, osservò che le familiari macchie scure erano
sparse disordinatamente
anche sul dorso a partire dalle spalle, ma tendevano a raccogliersi in
una
linea che seguiva la spina dorsale a mano a mano che si avvicinavano
alle
natiche.
Decise
che si piaceva, ma sarebbe
piaciuta anche al Comandante?
All’improvviso,
un quieto bussare
risuonò sulla porta:
Tap! Tap! Tap!
Tali si
spaventò a morte: il suo
primo pensiero fu che la sua tuta era fuori dalla sua portata e
chiunque fosse
entrato in quel momento avrebbe portato con sé dei germi,
potenzialmente
pericolosi.
“Tali,
sei là dentro?”
La voce
era inconfondibile: anche
attraverso la porta era impossibile sbagliarsi.
“Comandante?
Sei tu?”
Sentì
una risata familiare, calda,
gioiosa e rassicurante.
“Credevo
che avessimo deciso di
passare al tu, Tali.”
Tali
sorrise a sua volta.
“Hai
ragione, Eric. È solo che… le
vecchie abitudini sono dure a morire.”
Ci fu un
attimo di silenzio, poi la
voce di Shepard filtrò attraverso la porta:
“Vedo
che ti sei messa a tuo agio.”
“Già,
non sai che regalo mi hai
fatto.”
Dall’altra
parte della porta, Eric si
sentiva imbarazzato come un ragazzino al suo primo appuntamento.
“Vuoi
che ti passi i vestiti?
Prometto che non sbircerò.”
Cosa
diavolo stava dicendo? Si stava
comportando come un’idiota.
All’inizio
sperò che Tali non avesse
sentito, poi un sospiro filtrò attraverso la porta:
“Sì
grazie. Se potessi passarmi la
sacca che c’è per terra te ne sarei infinitamente
grata.”
Shepard
prese la sacca, chiedendosi
cosa potesse contenere, e si appoggiò con la mano libera
allo stipite della
porta.
“Puoi
aprire, Tali.”
Tali
aprì la porta, trovando Eric
Shepard con gli occhi serrati, come aveva promesso e la sua sacca in
mano, che
le veniva gentilmente porta.
Dovette
controllarsi, per evitare che
il fuoco che ardeva nei suoi lombi e i tamburi nel suo sangue
prendessero il
sopravvento sulla sua ragione e saltasse addosso a Shepard.
Poi
notò qualcosa che azzerò la parte
razionale del suo io:
“Eric,
hai i capelli… bagnati?” Aveva
notato infatti delle gocce d’acqua nei capelli rossi,
tagliati a spazzola, del
comandante.
Ma se
significava quello che Tali
immaginava, allora…
Se il
Comandante sentì qualcosa di
strano nella voce di Tali non lo diede a vedere. Era preoccupata per
lui?
Tuttavia
se fossero rimasti troppo a
lungo in quella posizione, Tali correva il rischio di ammalarsi: decise
per la
versione corta.
“Già,
la missione è stata…
impegnativa e appena tornati ho sentito il bisogno di farmi una doccia.
Immaginando che tu fossi qui, ho usato quelle sul ponte
equipaggio…”
Avrebbe
continuato a parlare come uno
sciocco, raccontando di come i geth avevano installato una specie di
macchina
per il controllo del clima che aveva ridotto a zero la
visibilità sul pianeta e
di come, nonostante tutto, se la fossero cavata, ma Tali lo interruppe:
“Quindi
ti sei fatto una
decontaminazione e poi una doccia?”
Eric
cominciò a capire dove il discorso
stava andando a parare.
“Sono
più pulito che mai.” Rispose
Shepard.
“Eric,
apri gli occhi.”
A Eric
Shepard piacque molto quello
che vide.
Più
tardi, entrambi ammisero che
visionare i video che Mordin aveva messo a loro disposizione era stata
una buona,
ottima, idea.
Tali,
inoltre, scoprì che i diagrammi
sull’anatomia umana che aveva visionato erano…
riduttivi nei confronti delle
“doti” del suo Comandante.
Ma non
se ne lamentò di certo.
Anzi.
Vi
è piaciuto? Spero di sì.
Prima di
continuare, vorrei ribadire ancora una volta che questa è
una mia interpretazione possibile: se dovessi scommettere, punterei
contro di me.
In ME1
pensavo che sotto quel casco ci fosse una specie di rettili umanoidi,
ma essendoci già i Drell ho dovuto abbandonare
l’idea.
Dialogando
con Legione a bordo della Normandy, si apprendono diverse cose sui
Quarian: per esempio il sole di Rannoch è una stella
più vecchia del Sole, già passata da gialla ad
arancione.
Se Rannoch fosse distante quanto la
Terra dal suo Sole, questo vorrebbe dire che il pianeta è
più freddo. Questo concetto sembra confermato dalle parole
di Legione che definisce Rannoch più freddo e arido della
Terra.
Da questa
idea ho quindi elaborato i Quarian come una specie notturna (il che per
caso spiega anche il visore oscurato) e dotata degli accorgimenti
biologici per sopravvivere al freddo (ovvero il manto: in questo caso
però ho voluto anche essere originale, dato che per ora gli
esseri umani sono gli unici ad essere dotati di peluria).
Per quanto
riguarda i denti affilati e le macchie, penso che una specie notturna
sia prevalentemente carnivora (ha bisogno di più calorie) e
quindi abbia sviluppato un metodo di mimesi che ne favorisce la caccia.
Le orecchie
a punta: io stesso lo trovo poco credibile :(, però
è vero che ci sia molto spazio tra la testa dei Quarian e il
casco e non ho saputo fare di meglio, scusate.
Per le
tibie arcuate dei quarian: un’altra spiegazione altrettanto
valida è un pianeta a maggiore gravità, il che
spiegherebbe anche la statura minore dei quarian, vedete voi quale vi
piace di più.
Per la
presunta somiglianza con i megachirotteri, o pipistrelli giganti che
dir si voglia, mi sono basato su due elementi: il fatto che i Quarian
abbiano un sistema immunitario particolare (cosa che in parte si
riflette in alcuni pipistrelli, in cui il sistema immunitario si adatta
piuttosto che combattere un infezione), sia per la grande
varietà di specie vegetali su Rannoch (Tali sostiene che non
ci sono molti predatori): ho quindi immaginato una forma equivalente
nella fauna terrestre e la prima che mi è venuta in mente e
quella dei pipistrelli frugivori.
Per il
fatto che i Quarian abbiano un marsupio: sono convinto di averlo letto
da qualche parte, ma non riesco proprio a ricordarmi dove,
l’idea però mi piace.
Un'altra
versione possibile che mi era venuta in mente per
l’aspetto dei Quarian era un aspetto molto da insetti. Ma
questa la terrò per me ;).
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Capitolo 2 *** Umano ***
Secondo
capitolo.
Dedicato
all’archetipo del fluff: le chiacchiere da letto. ;) Visto
che non ho mai
pubblicato pezzi romantici, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensato e
come è
venuto.
Credete
che nel capitolo precedente
sia stato forse un po’ troppo scientifico?
Spero
comunque di avervi incuriosito.
Prima di cominciare, un grazie enorme a goldr31 che come sempre riesce
a starmi
dietro e a recensire anche storie come questa: Domo Arigato!
E a voi altri lettori, buona lettura.
“Eric?”
Era un
po’ che il comandante Shepard
sentiva Tali muoversi contro il suo petto:
sapeva
che, prima o poi, lei avrebbe
trovato il coraggio di fargli la domanda che l’aveva tenuta
sveglia fino a quel
momento, ed Eric era disposto a darle tutto il tempo che le occorreva.
Da parte
sua, il corpo nudo di lei fra le sue braccia era una vista sufficiente
a
tenerlo sveglio.
“Sì,
Tali?”
“Ecco…
vorrei chiederti una cosa.”
“E
che cosa vorresti chiedermi?”
“…
Niente lascia perdere, è una cosa
stupida.”
“Tali,
sai che puoi chiedermi
qualunque cosa.”
“Davvero,
non è niente, ti metteresti
a ridere.”
“Le
cose da nulla non tengono svegli così
a lungo.”
Tali
alzò il suo viso verso Shepard:
“Ti
ho svegliato?”
“Niente
affatto, non mi sono mai
addormentato: lo spettacolo che ho di fronte è troppo bello
per lasciarmi
dormire.” Rispose Shepard.
“Bosh’tet.”
Tali tornò a seppellire
il suo volto nel petto di Shepard, ma Eric riuscì comunque a
vedere che
sorrideva.
“…”
“Cosa hai detto,
Tali? Non ho sentito.”
“Ho detto,
com’è essere… umani?”
Tali
incrociò le braccia sotto il suo
mento, in modo che le facessero da cuscino mentre parlava col
comandante,
attendendo la risposta: i suoi luminescenti occhi color mercurio
catturarono
quelli di Shepard.
Shepard
rimase un attimo in silenzio,
tanto che Tali scosse la testa:
“Lascia
perdere, era una domanda
sciocca.”
Fece per
tornare nel rifugio
dell’abbraccio di Shepard, ma Eric la fermò:
“Non
è affatto una domanda sciocca,
Tali. Anzi.”
Eric si
accoccolò meglio a fianco a
lei, mentre pensava alla risposta e Tali si sdraiò a fianco
a lui, usando il
suo braccio come cuscino.
“Voglio
dire, com’è avere un pianeta
a cui tornare, un luogo da chiamare casa? Com’è
nascere e vivere come un essere
umano?” continuò Tali.
Eric
sorrise:
“Per
quanto riguarda la prima domanda
devo rispondere che non lo so.”
L’espressione
di Tali si fece
curiosa.
“Cosa
vuoi dire?”
“Come
sai, sono nato e cresciuto
nello spazio. Ho avuto dozzine di luoghi da chiamare casa, quando ero
piccolo.
Certo, mi sono fermato su molti pianeti, ma di quegli insediamenti ho
sempre
visto solo gli spazioporti. Non mi sono mai fermato più di
qualche giorno, il
tempo di fare rifornimento e ripartire.
La mia
casa sono state le navi su cui
sono cresciuto. Non ho mai considerato la Terra come la mia dimora, non
più di
quanto tu consideri Rannoch la tua.”
Tali
rimase un attimo in silenzio a
quell’osservazione: era vero, la Flottiglia era la sua casa.
Però…
“I
Quarian non hanno altra scelta. Tu
invece hai un luogo che sarà sempre pronto ad accoglierti,
un posto dove non ti
sentirai mai un estraneo.”
“La
Terra potrà essere il luogo dove
la razza umana è nata, ma per me casa
è il luogo dove il mio cuore vuole
essere.”
Tali
rimase di nuovo in silenzio a
quella osservazione: come poteva Eric essere così distaccato?
Shepard
dovette aver percepito
qualcosa nella sua espressione, perché chiese:
“Tali,
tu sai com’è la Terra?”
“Certo,
è un pianeta di classe B, la
cui maggioranza della superficie è coperta
dall’acqua.”
Shepard
scosse la testa.
“Sai
perché è stato registrato come
pianeta di classe B e non A, ovvero perfettamente abitabile?”
Tali
scosse la testa.
“Siamo
stati noi. Prima della
scoperta del portale 314, la Terra era seriamente minacciata dallo
sfruttamento
eccessivo. L’umanità ne utilizzava le risorse in
maniera noncurante, non
considerando adeguatamente le conseguenze dei suoi atti. Solo con la
tecnologia
attuale, frutto dei nostri rapporti con il Consiglio, stiamo riuscendo
a rimediare
ai danni del passato.”
“Com’è
è possibile? Come si può
inquinare un pianeta a tal punto da cambiarne il livello di
abitabilità?”
Eric
Shepard sorrise amaramente:
“Ci
siamo messi di impegno. La parte
peggiore, forse, è che il danno maggiore lo abbiamo fatto
negli ultimi quattro secoli.
Una volta entrati nell’era industriale, una volta compreso
come focalizzare il
nostro ingegno nelle macchine, non ci siamo più fermati,
arrivando infine ai
motori a elemento zero.”
“Quattro
secoli? Come avete fatto a
ottenere la propulsione FTL in appena quattro secoli? I Quarian ci
hanno messo
il triplo e siamo stati una delle razze più veloci, secondi
solo ai Salarian.”
“Perché
siamo umani: la fama di
essere degli arrivisti galattici non è solo una calunnia;
c’è un fondo di
verità in essa. La Terra non era un pianeta particolarmente
ostile, nel
panorama galattico: voglio dire, c’è di peggio.
Ci sono
pianeti perfino più
inospitali di Tuchanka.”
“Sono
stati i Krogan a ridurre così
il loro pianeta con l’abuso delle armi.”
“È
vero, ma abbiamo rischiato anche
noi di trasformare così il nostro pianeta.
E non
siamo certo resistenti quanto i
Krogan: se la guerra nucleare che ha funestato Tuchanka fosse avvenuta
anche
sulla Terra, senza dubbio ci saremmo estinti.”
Tali
immaginò per un attimo una Galassia
dove gli esseri umani non esistevano: una galassia dove Eric Shepard
non fosse
mai nato.
Scacciò
subito quel pensiero:
“E
cosa è successo?”
“Abbiamo
capito: abbiamo capito che
se avessimo continuato saremmo morti tutti. Così abbiamo
rallentato la nostra
corsa, cominciando a farci delle domande.
L’idea
di poterci distruggere così
facilmente però, non ci ha abbandonato per altri duecento
anni. Due secoli che
abbiamo trascorso cercando di capire se eravamo ancora in grado di
rimediare ai
nostri errori; cercando di comprendere se eravamo ancora in tempo per
provare a
cambiare. Alla fine ci siamo riusciti, anche se di stretta
misura.”
Shepard
si voltò per guardarla negli
occhi:
“Volevi
sapere com’è essere un umano?
La risposta è che non sai quando fermarti. Questo
è il nostro difetto più
grande, ma anche la nostra forza: non ci arrendiamo mai,
indipendentemente
dagli ostacoli e dalle sfide di fronte a noi, contro ogni barriera e
pronostico.
È per questo che siamo così imprevedibili:
perché noi umani non ci arrendiamo mai
alla logica.”
Tali
rimase in silenzio per un
attimo, pensando a quello che Eric le aveva detto.
Aveva
senso: aveva senso che fosse
così noncurante verso la Terra.
“È
un bene che gli esseri umani siano
fatti così.”
“Tu
dici?”
“Certo!
Soltanto un essere umano
potrebbe pensare di poter sconfiggere i Razziatori.”
Fu la
volta di Shepard di rimanere
senza parole.
“Soltanto
un essere umano si sarebbe
innamorato di una Quarian. Soltanto un essere umano sarebbe riuscito a
riportarci tutti incolumi dal portale di Omega 4.”
Tali lo
baciò sulla bocca, mettendoci
ogni goccia dell’amore che provava per lui.
“È
un bene che tu sia un essere
umano, Eric.”
Shepard
le rivolse un sorriso
obliquo:
“Se
la metti così, Tali, in effetti
hai ragione.
“Certo
che ho ragione bosh’tet.”
Detto
questo, Tali si raggomitolò di
nuovo al suo fianco, assaporando il calore della pelle umana attraverso
la sua:
quanto amava quel contatto.
Si era
quasi appisolata, quando Eric
la scosse:
“Tali?”
“Sì?”
“Com’è
essere un Quarian?”
TADAN!
Allora, come vi sembra? Lo so, forse è un po'
cortino, ma non posso scrivere ogni volta sette pagine.XD
Prossimo capitolo, musica.
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Capitolo 3 *** Musica ***
Ed
eccoci arrivati
all’ultimo capitolo di questa piccola raccolta.
Prima lasciarvi alla
lettura, vorrei ringraziare ancora goldr31, che continua a scrivermi
preziose
recensioni: di nuovo grazie mille!
Se posso darvi un
consiglio, mentre leggete questo pezzo, cercate e ascoltate il canone
in re (D)
maggiore di Pachelbel.
Buona
lettura e, in
questo caso, ascolto. :)
“Eric?”
Nessuna
risposta: eppure era certa
che fosse nella sua cabina.
“Eric?”
provò ancora a chiamare Tali.
“Tali?”
la voce giunse da dietro la
vetrina che conteneva i modellini delle navi.
Non
c’era da stupirsi che non
l’avesse visto subito, dato quanto era piena.
“Eccoti
finalmente. Pensavo non ci
fossi.”
“Scusami,
non ti ho sentita entrare.”
“Che
cosa è quello?” Tali indicò con
una mano l’oggetto che Shepard aveva poggiato sul collo: era
formato da due
dischi, fissati ad un supporto a semicerchio che li univa assieme.
Da uno
dei due dischi partiva un
lungo filo scuro, che andava a inserirsi nella console di fronte a lui.
Shepard
rispose con un sorriso.
“È
il motivo per cui non ti ho
sentito entrare.”
Il
comandante non vide l’espressione
incuriosita sotto il casco di Tali, ma interpretò
correttamente il linguaggio
del suo corpo.
“A
dire la verità, mi stavo prendendo
una pausa. Spero non mi farai rapporto.”
“Tu
che ti prendi una pausa? Poco
credibile.” Rise Tali.
“Anch’io
ho bisogno di distrarmi ogni
tanto sai?”
“Mi
sembra di sentire Joker.” Disse
Tali, sedendosi sulle sue gambe.
“Siamo
diventati spiritosi, vedo.”
Commentò Shepard, mentre la accoglieva.
“Chissà
da chi avrò preso.” Tali
appoggiò il suo casco sulla fronte di Shepard, cingendolo in
un abbraccio che
il comandante restituì.
“Allora,
cosa è quella cosa buffa che
hai attorno al collo?”
“Sono
delle cuffie. Stavo ascoltando
della musica.”
“Tu
che ascolti della musica?”
“Ho
detto ascoltare, non ballare.
Immagino che i Quarian abbiano delle cuffie di forma diversa.”
“Per
la verità, non le usiamo. La
musica fa parte della nostra vita: non c’è ragione
per non dividerla con gli
altri. Comunque non balli così male.”
“Grazie
per la pietosa bugia.”
“Ci
ho provato. Cosa stavi
ascoltando?” Tali aveva ascoltato distrattamente la musica
umana: era più
dissonante di quella a cui era abituata sulla flotta e le dava i
brividi. C’era
un’energia strana che mancava nelle canzoni della flotta.
“Ti
faccio sentire.”
Shepard
disinserì il plug delle
cuffie, permettendo la diffusione attraverso gli altoparlanti della sua
cabina.
Per un
secondo circa, Tali non sentì
nulla.
Poi la
musica cominciò a riempirle le
orecchie.
Tali non
aveva mai sentito nulla del
genere. Era come se ogni nota fosse una goccia di acqua che scivolava
fino alle
sue orecchie. Non c’erano parole, solo musica.
Tanta
musica.
Quello
che era cominciato lentamente,
come se chi suonasse non fosse sicuro delle note, cominciò a
crescere.
All’inizio
erano due “voci”, Tali non
sapeva distinguere gli strumenti, non sapeva dire nemmeno quanti
c’è ne
fossero, ma riusciva a distinguere le diverse
“qualità”. Poi se ne aggiunse una
terza che unì la sua voce a quelle precedenti: il terzetto
seguiva una melodia
ripetitiva che cresceva lentamente come un fiore in sboccio, maturando
e
innalzandosi.
E quindi
una quarta.
Quando
quest’ultima arrivò, tutta la melodia
cominciò a trasformarsi: le quattro voci si unirono a
formare qualcosa di
nuovo, in un crescendo di incredibile bellezza. Le voci ora vibravano
tutte
assieme, di nuovo ad un ritmo più lento, quasi maestoso.
Salvo poi, dopo un certo
momento, tornare a crescere e poi diminuire, in un ciclo che non
sembrava avere
fine. Un ciclo che non volevi che finisse.
Le voci
crebbero e diminuirono
assieme molte volte, in un dialogo dove non si cercava la supremazia,
ma la
comprensione, l’unione.
Un
dialogo in cui ognuno faceva la
sua parte per il tutto.
C’era
qualcosa di struggente in
quella musica, di bello e assoluto.
Qualcosa
che non apparteneva a quel
mondo.
Tali
sentì delle lacrime che le
bagnavano le guance: l’emozione era tale, che si
dimenticò perfino dove si
trovava.
Infine
la musica si spense e Tali si
ritrovò di nuovo nel suo corpo.
“Keelah!
Eric è stato bellissimo.
Grazie per avermela fatta ascoltare. Non ho mai sentito nulla del
genere.”
“Sono
contento che ti sia piaciuto.”
“Piaciuto?
È stato incredibile! Non
pensavo… non credevo si potesse fare una musica simile.
È incredibile quello
che si può fare con due dita in più.”
Tali
prese la mano di Shepard nelle
sue, valutando ancora una volta le dita più sottili e in
eccesso degli umani.
“Era
il Canone in re maggiore di
Pachelbel. Se questo ti è piaciuto, aspetta che ti faccia
ascoltare Liszt e la
sua rapsodia.”
Ci sarebbe
voluta IDA per ricordare
loro che avevano dei compiti da svolgere.
Non sono un grande estimatore della
musica classica: me ne hanno fatta ascoltare davvero troppa XD quindi,
tendo
generalmente ad evitarla.
Ma a volte ci sono delle eccezioni:
Pachelbel e il suo canone sono una di queste.
Per parte mia volevo descrivere un
momento di emozione fra Tali e Shepard: se il canone non vi
è piaciuto, potete
tranquillamente immaginare che il comandante stesse ascoltando
tutt’altro:
Three Days Grace, Linkin Park, Metallica, Dream Theater (e questi sono
solo
quelli che mi vengono subito in mente), Guns&Roses, AC DC, Led
Zeppelin e
perché no, perfino Simon and Garfunkel se vi piacciono.
Insomma, mettete la colonna sonora
che più vi piace mentre leggete questo pezzo.
A presto (ma non troppo XD),
Hi
Fis.
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