Tutto può cambiare

di crissi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - L'altro, lei, lui. ***
Capitolo 2: *** Gli occhi su di lei ***
Capitolo 3: *** Vieni a cercarmi ***
Capitolo 4: *** Tempesta perfetta ***



Capitolo 1
*** 1 - L'altro, lei, lui. ***


TUTTO PUO' CAMBIARE 1 TUTTO PUO’ CAMBIARE

PREMESSA SUL PERSONAGGIO DI FERSEN

Pur non detestando alcuno dei protagonisti maschili dell’anime, ho sempre visto Fersen un po’ cinicamente e lo collocavo (e lo colloco tuttora) in fondo alle preferenze. Lo immaginavo per lo più donnaiolo, falso e sfruttatore della relazione con la Regina, per i suoi scopi politici; finché, un paio di mesi fa, lessi queste due frasi (*) del Fersen realmente esistito: lettere indirizzate alla sorella. Scoprendo che mi ero sbagliata, mi si criccò il cuore, ricordandomi che ne avevo uno. 

Quest’uomo vissuto tanto tempo fa, fu grande amico del vero Jarjaies e  rischiò tutto per salvare M. Antonietta. Un uomo che probabilmente non mi sarebbe piaciuto per certi lati del suo carattere, ma che sicuramente non posso disprezzare.
Per non pensare poi al modo ingiusto, orribile e vigliacco in cui venne assassinato: sebbene innocente dell’omicidio addebitatogli, gli saltarono sul petto fino a sfondargli la cassa toracica ed il cuore. 

Se il Fersen dell’anime non contraccambiò quella che considerava sua vera amica, fu solo a causa di  un amore altrettanto forte, folle e triste di quello di Andrè. Quindi, non vogliatemene, ma sarò gentile con lui (almeno, ci  proverò...), perchè voglio pensare che forse Fersen, fu davvero come lo definì Oscar: magnifico!

(*)“Non posso appartenere alla sola persona alla quale voglio appartenere, quella che mi ama davvero, perciò non voglio appartenere a nessuna.”

 Colei per la quale vivevo, poiché non ho mai smesso di amarla, colei che amavo così tanto, per la quale avrei dato mille vite, non c'è più.  ... Sono in un'agonia di dolore e non so come faccia a sopportare la mia sofferenza. È tanto profonda e nulla la cancellerà mai. Lei sarà sempre presente nella mia memoria e non smetterò mai di rimpiangerla.”  http://it.wikipedia.org/wiki/Hans_Axel_von_Fersen

 
indirizzo di un fan-video dal quale ho “rubacchiato” il titolo e qualche pensiero:

Viens me chercher (vienimi a cercare) – Garou  http://www.youtube.com/watch?v=5XpwjZC5tLg

 

1 - L’ALTRO, LEI, LUI.

 

        Axel Von Fersen aprì gli occhi lentamente.

Per la prima volta dopo tanti anni si sentiva veramente riposato.

La guerra, prima, con tutti i suoi orrori, che lo aveva svuotato; quella lunga malattia, poi, che lo aveva costretto per molto, troppo tempo all’inattività, ed egli si era adagiato apaticamente nell’ozio forzato.

Il pensiero di trovarsi in quella casa amica, molto più familiare e rassicurante della sua, gli illuminò il volto con un sorriso.

Inspirò a pieni polmoni, stiracchiandosi nelle lenzuola di lino e godendo del loro profumo di pulito.

L’America non era stata così tenera con lui.

Era stata un’avventura interessante, indimenticabile, ma era contento che fosse finita.

Dalla finestra cominciavano appena ad apparire i primi bagliori dell’alba.

Neppure la servitù era ancora alzata.

Chissà per quanto tempo gli sarebbe rimasta quell’abitudine militare!

Ma, in quel momento, non gli dispiaceva: sonno non ne aveva e quel silenzio gli conciliava solo pensieri sereni.

Ed il più sereno fra questi era Oscar.

Gli tornarono alla mente le ore liete della sera precedente.

Ma, forse, l’aveva delusa, forse aveva parlato troppo di sé perché, se ne rendeva conto solo ora, Oscar non aveva detto che poche parole. Veramente poche.

Era una cosa che gli piaceva di lei, il fatto che sapesse ascoltare.

Era sempre stata molto generosa con lui e non era mai stata ricambiata.

Oscar non assomigliava ad alcuna delle sue tante "amiche". Con lei poteva parlare di tutto ed anche in più di una lingua. (1) Poteva trascorrere ore correndo a cavallo, sfrenatamente; allenarsi con ogni tipo di arma, come con un abile soldato. Non gli venivano richieste attenzioni sdolcinate e nemmeno doveva rispettare il galateo, verchè lei non si aspettava vezzosità di alcun genere da lui. Lei si comportava il più possibile da uomo e si aspettava un pari trattamento.

Certo, i complimenti la facevano arrossire... Forse anche troppo, comunque più di quanto lei volesse permettersi. Perciò, lui li lesinava, per non imbarazzarla eccessivamente. 

Ma di complimenti ne meritava davvero, oltre quanto immaginabile.

 

 

        Oscar si girò pigramente su di un fianco, con gli occhi socchiusi sulla penombra della sua stanza nel primo mattino.

Si stiracchiò, ritraendo subito i piedi dagli angoli più freddi delle lenzuola; fece un respiro profondo ed aprì gli occhi.

Fersen era tornato! Non le sembrava vero. Eppure era lì, nella sua casa, nella stanza accanto.

Allungò una mano alla testiera del letto, in un accenno di carezza al legno lucido e liscio.

Sì, era proprio lì, pochi centimetri da lei.

Oscar ricordò la gioia immensa che aveva provato nel rivederlo.

Quando oramai non ci sperava più.

Quando aveva quasi dimenticato i sentimenti provati anni prima.

Era stato come il risveglio da un lungo sonno. Uno di quelli in cui sogni giorni sempre uguali. Giorni in cui ti alzi, ti vesti, mangi, lavori, parli e ti muovi ... ma non vivi.

Ricordò anche la pace che era scesa in lei, nelle ore che erano seguite, sentendolo parlare, vedendoselo attorno …

Non era riuscita a distogliere lo sguardo da quegli occhi azzurri (2) , così diversi dai suoi; un azzurro pallido, con schegge di ghiaccio e riflessi violetti. Occhi apparentemente freddi che le incendiavano il cuore, proprio a lei che certe volte aveva creduto di non averne uno.

Lo aveva osservato tutta la sera, in muta adorazione, mentre raccontava le sue avventure degli ultimi anni.

Il viso di Fersen si era illuminato di gioia narrando le cose belle accadutegli; rabbuiato per quelle tristi; con le mani si era accarezzato la fronte, per scacciare gli orrori e massaggiato con due dita le tempie, nel tentativo di ricacciare indietro quel che mai avrebbe voluto vedere, ma di cui era purtroppo stato testimone.

Si era intenerita per quell’uomo.

Aveva provato il desiderio di stringerlo a sé e fargli trovare pace sul suo petto. 

Si era anche sentita enormemente ridicola per ciò!

Aveva passato quegli anni a struggersi per lui. Ed ora? Ora che era tornato?

Ecco ... Ora si sentiva stranamente insoddisfatta.

La felicità provata l’aveva resa ingorda…

Si sorprese ad accarezzarsi distrattamente sotto la camicia.

Sbuffò stizzita da quei pensieri che rifiutava di riconoscere; da quelle sensazioni che si erano ripresentate violente al solo udire la sua voce. 

Si alzò e andò scalza fino alla finestra, a tirar le tende, decisa ad affrontare quel che il nuovo giorno le avrebbe portato. Ed il suo cuore saltò un battito per la sorpresa di vederlo passeggiare nel roseto, ormai spoglio, che stava lì sotto.

Le dame di Versailles, lo chiamavano “lo svedese bello come un angelo” (1)

-… no, di più … mormorò lei fra sé.

 

        Andrè si sedette appena fuori delle scuderie, su un grosso ciocco di legno, a riscaldarsi sotto i primi raggi di sole di quella mattina autunnale. A terra, tra i piedi, e nelle mani, i finimenti di César da pulire.

Non era da lui alzarsi così presto.

Uno dei vantaggi di essere l’attendente di Oscar, nonché suo migliore amico, era proprio quello di poter poltrire quasi quanto lei. Certo, questo quando il generale non era in casa, altrimenti, poltrire diventava impossibile per chiunque.

In quelle occasioni, la nonna si occupava personalmente di farli alzare; anzi, nel suo caso, di ribaltarlo fisicamente dal letto.

Già, sempre così: due pesi, due misure.

Madamigella Oscar era la sua “bambina”; lui  invece, quel “disgraziato” di suo nipote per il quale provava spesso una gran voglia di “torcergli il collo”.

Anche se Andrè da sempre si domandava che avesse mai fatto di male per meritarsi quell’appellativo.

Beh… un’idea, a dir la verità, ce l’aveva…

Tanto per cominciare, era troppo in confidenza con la “bambina”.

Si domandò cosa avrebbe potuto fargli sua nonna, se solo avesse tentato di mettere in pratica una delle fantasie che popolavano le sue notti.

Sorrise al pensiero di quella vecchietta scatenata contro di lui!

Comunque, ora non ci sarebbero stati più problemi.

Era chiaro a tutti, quanto Oscar fosse attratta da Fersen.

Doveva finire così.

Le cose cambiano.

Non si è bambini in eterno.

Non si è innocenti per sempre.

E le regole sociali erano chiare.

Lei era nobile e, prima o poi, questo era quello che doveva succedere.

Per assurdo, Andrè pensò che se Oscar avesse seguito il suo consiglio di quel giorno al laghetto, tanti anni prima,  la sua supplica di fermarsi e diventare una donna, lui l’avrebbe persa, tra le braccia di un aristocratico, molto tempo prima.

Già, doveva accadere.

Ma “giusto” proprio non riusciva a definirlo.

Anche se, Fersen, lo ammetteva a fatica, non era male.

Tra tanti nobilastri che aveva il dispiacere di conoscere, lo svedese era un tipo in gamba, sotto tutti i punti di vista.: istruito; dinamico; raffinato, ma non pretenzioso; divertente, ma non leggero; genuino; naturalmente galante e romantico, ma senza sembrare melassa! Un carattere adulto, fin da ragazzo; una carriera per nulla da figlio di papà, quale avrebbe potuto limitarsi ad essere.

Sì, riusciva a capire che una donna potesse … perdere il controllo per uno così. (3)

Anche se non poteva concepire Oscar con … quello!

Per lui sarebbe sempre stato l’amante della regina, di una donna sposata. ... Beh... Una? Ne aveva sentite tante riguardo le conquiste femminili del Conte ... Oh, certo! non dalla sua viva voce! Lui era molto riservato su questi argomenti...

Ma, comunque, non poteva che considerarlo uno sregolato, un libertino …

Ma per favore! Raccontatela giusta! Tu lo invidi!

… Sì, forse un po’.

Perché?

Perché Fersen era un uomo di mondo.

Un uomo giovane come lui, ma col coraggio di vivere e divertirsi che Andrè non aveva mai potuto o voluto conoscere.

Fersen aveva tante cose di cui parlare, su cui scherzare.

Tante avventure in tanti paesi diversi. … "Anche tante donne...", ricordò di nuovo a sè stesso.

Il mondo di Andrè invece ruotava solo attorno ad Oscar.

Non che questo gli dispiacesse: era la sua ragione di vita!

Ma vicino a Fersen si sentiva un po’ strano, un po’ incompleto.

Se non avesse avuto Oscar, cosa sarebbe stato di lui?

Il nulla?

 

E lo vide. Stava passeggiando attorno alla fontana, quella al centro del roseto.

Si era svegliato presto, lo svedese.

Poi, con grande sorpresa, vide Oscar avvicinarglisi.

Così, anche lei era caduta dal letto, quella mattina… Ma bene!

Li vide insieme, seduti sul bordo della fontana.  Ma bene!

E si sentì avvampare di rabbia.

Cominciò a sfregare forte i finimenti con il grasso per lucidare, senza smettere di guardarli sottecchi.

Accidenti! Sapeva che sarebbe successo!

Era così che andava il mondo, come diceva sempre sua nonna.

Ma questo non voleva dire che dovesse anche esserne felice!

Pensò sarebbe stato meglio se fosse stato alla larga per un po’: avrebbe potuto dire cose che non doveva dire, fare cose che non doveva fare...

Insomma, avrebbe potuto trovarsi a dire quello che pensava e a fare quello che realmente gli passava per la testa!

 

Ma, stranamente, la loro fu una conversazione breve.

Sembrava che ad Oscar fosse venuto in mente qualcosa di … improrogabile da fare.

Mah! … Andrè avrebbe anche potuto pensare si fosse trattato di una fuga, se non fosse stato che per Oscar, che mai fuggiva da niente e da nessuno,  quella sarebbe stata la prima fuga nella vita!

Comunque, il lato negativo, era che lo svedese, rimasto di nuovo solo, lo aveva visto e si stava avvicinando a lui.

- Buongiorno, Andrè!

- Buongiorno a voi, signor conte. Non avete dormito bene?

- Oh, ho dormito benissimo, a dir la verità. - assicurò, come aveva già fatto con Oscar prima - E voi? – chiese intuendo un tono poco interessato nella domanda cortese, un tono quasi canzonatorio.

- Poco e male. Avevo … sì, avevo qualcosa sullo stomaco.

Andrè lo fissò sfrontatamente, lasciando chiaramente intuire chi fosse quel qualcosa.

Fersen sorrise.

Già, le cose in quella casa non cambiavano proprio col tempo!

Ricordò quella volta, quando Oscar si era ferita cadendo da cavallo per salvare la principessa.

La volta in cui aveva scoperto che quell’ufficiale biondo non era un giovinetto con gli ormoni ancora tranquilli, ma una ragazza molto bella, pronta a sbocciare.

La volta in cui aveva scoperto che Andrè era innamorato della sua padrona.

Povero Andrè … Dopo tutti quegli anni, era ancora …  il povero Andrè!

Mentre lui? Fersen, lui, era riuscito a lasciarselo alle spalle il suo pasticcio amoroso! Quella strada senza uscita…

C’erano voluti quattro anni di guerra e quasi 4000 miglia di distanza, ma aveva funzionato.

Fuggire, era stata la soluzione.

No?

Inspirò a fondo. … Sì! Proprio così! …

Indicò l’altro ciocco di legno libero e Andrè gli fece cenno d’accomodarsi, con aria svogliata e rassegnata.

- Beh, sembra proprio che avremo una bella giornata, vero? – gettò lì lo svedese, alzando gli occhi al cielo azzurro vivo.

Andrè sorrise ed inarcò un sopracciglio per la banalità della battuta.

- Qualche volta succede, in Francia… - rispose.

 

        Oscar seguì il suono delle voci.

Due voci maschili che ridacchiavano tra loro fuori delle scuderie.

Si avvicinò,  ma neppure si accorsero di lei, tanto erano impegnati nella loro discussione.

- … Ed allora lo stalliere disse: “Signore, io dei cavalli conosco le due regole base! Mai stare davanti ad un cavallo nervoso, mai stare dietro ad uno con problemi intestinali!”

Andrè scoppiò a ridere, ma aveva già le lacrime agli occhi.

Quella non doveva essere la prima scemenza rifilatagli da Fersen!

Oscar decise che fosse il caso di tossicchiare elegantemente, prima che passassero dalle battute sui cavalli a quelle sconce da taverna.

I due uomini la fissarono senza parlare, quasi imbarazzati, se non addirittura infastiditi.

Lei, d’altronde li studiava incerta su come valutare la scena.

Ad Andrè, Fersen non era mai andato giù, lo sapeva.

Sorprenderli lì, a scambiar battute come due vecchi amici, la lasciava un tantino perplessa.

- Nanny  ha preparato la colazione … - buttò lì, visto che nessuno dei due sembrava intenzionato anche solo a parlarle.

Scattarono in piedi come due molle, simultaneamente.

Uomini! Pensò lei. Tutti uguali! Pensano solo ai cavalli e a riempirsi lo stomaco!

Beh, … sapeva bene che gli uomini pensavano anche a qualcos’altro, ma non voleva visualizzare coi loro occhi il terzo … hobby! Il suo desiderio di viver come un uomo, non arrivava certo a quel punto!

 

    La colazione proseguì in maniera vivace, con Fersen che raccontava le sue avventure americane e le bellezze naturali che aveva potuto ammirare in Carolina e in Virginia.  Parlò delle due volte che era stato ferito, di quanto fossero freddi gli inverni nelle tende, di quanto fossero calde e soffocanti le estati in quelle zone.

Naturalmente, Oscar non riuscì ad infilare una sola domanda perché Andrè, seduto proprio accanto a Fersen, la precedeva sempre, anche con la bocca piena.

Vide Nanny guardarla con aria interrogativa, non vista dai due giovani. Lei potè solo rispondere con una alzata di spalle.

“Uomini!”, la sentì borbottare, mentre sventolava, non vista ed assai tentata, un mestolo sulle loro teste.

 

***

 

    Cominciarono a trascorrere i giorni.

Lo Svedese si trovava sempre più a suo agio a palazzo Jarjaies ed anche Andrè sembrava apprezzare sinceramente la sua compagnia.

Oscar si rendeva conto che il proprio atteggiamento nei confronti del Conte era decisamente differente da quello tenuto con il suo amico di sempre e che la presenza di questo ospite in casa, le impediva la normalità.

Non riusciva ad immischiarsi nei giochi dei suoi due amici, sebbene non ci fosse alcun reale motivo per starsene in disparte.

Era muta, pensierosa, in un certo senso malinconica.

Ma Fersen sembrava non accorgersene.

Oscar lo guardava da lontano: duellare con Andrè, cavalcare con Andrè, scherzare con Andrè…

Poteva cambiare, per quell’uomo?





Poteva diventare il genere di donna che Fersen avrebbe desiderato?

Più lo studiava, più sentiva la voce dentro di lei, alzarsi di volume: sì, diceva la voce, tu puoi cambiare! Tutto può cambiare!

Oscar cominciò a convincersi che Fersen fosse il solo uomo che lei avrebbe potuto amare.

Andrè, dal canto suo, a parte l’iniziale gelosia e diffidenza, trovava rilassante quella situazione.

Tutti a palazzo erano insolitamente tranquilli, nonna compresa; le cameriere ronzavano come api attorno all’alveare, cinguettavano come passerotte in primavera e, sebbene lui non potesse considerare Fersen un amico, era contento della presenza di un altro uomo giovane in quella casa.

 

    Quella mattina, stavano rientrando a piedi, poco prima di pranzo, coi loro cavalli a fianco, passeggiando rilassati lungo il viale alberato che li riportava a palazzo.

I due uomini la precedevano, affiancati, non ancora stanchi di scherzare e tirarsi frecciate, dopo ore trascorse a sfidarsi su qualunque cosa: dalle corse ad ostacoli, al fioretto; da un po’ di pugilato, a chi fa rimbalzare meglio la pietra sull’acqua dello stagno; da “recentemente ho letto che…” fino a “la sai l’ultima?”.

E lei, era stata lì, a far la statuina sul muricciolo, grattando il muso a Cesar; sorridendo di tanto in tanto in tanto, le poche volte in cui si ricordavano della sua esistenza e la interpellavano, per magari poi neppure aspettare la risposta.

Pensò, acidamente, che avrebbero anche potuto fidanzarsi, da quanto andavano d’accordo!

- Signor Conte, la conoscete quella sullo stalliere ubriaco e la dama in difficoltà?

Disse Andrè, ormai lanciato sul filone osè.

- Quella dove lui …?

Fece un gesto che Oscar non vide per colpa di una musata di Cesar.

- … che poi lei … - ribattè Andrè e, … altra musata di Cesar.

- Ehi! – sgridò l’animale, spazientita.

Entrambi si voltarono per vedere che succedeva, disturbati dall'interruzione.

Poi, senza dirle alcunché, ritornarono al loro discorso principale.

- Sì, veramente spassosa ! – continuò Fersen e risero, lasciandola a rimuginare nel buio totale.

“Uomini…” , borbottò lei.

 

 

        Dopo essersi rinfrescati e riposati, stavano tutti e tre prendendo un thè nel luminoso salone d’inverno.

Un tranquillo pomeriggio tra amici… Amici impegnati a celare reciprocamente i propri segreti, dietro a frasi e gesti cortesi.

- La vostra governante mi stava raccontando dell’encomio solenne che avete ricevuto per il caso della collana… -

Accennò Fersen.

Oscar non rispose, ma incrociando il suo sguardo, dovette abbassare il proprio.

Andrè, in piedi accanto alla vetrata, non perdeva d’occhio le reazioni di lei, neanche per un istante.

Nonostante la gelosia, non riusciva a non trovare divertente il suo arrossire.

Così insolito per la Oscar prepotente che conosceva, così … tenero, delicato…

Sì, ecco! Proprio divertente su di lei!

- Fosse stato per me, vi avrei nominata generale! – rincarò lo svedese, con tono ammiccante.

Lo sguardo, si abbassò di nuovo.

C’era poco da fare…

Fersen era così: affascinava tutti!

Gli veniva naturale. Non poteva farne a meno!

Raffinato e nobile, eppure così … maschio! Non poteva essere definito diversamente.

Era lontano miglia e miglia dai damerini effeminati, lagnosi e deboli, che affollavano Versailles.

Uomo vero, in ogni gesto, ogni parola.

Seducente con ogni donna ed amichevole con gli uomini.

- Voi non ci crederete, Oscar, ma ci sono volte in cui mi domando perché Dio vi abbia fatta nascere donna! – aggiunse, sornione,  lasciando cadere l'accento proprio su quella parola: DONNA!  Così strana su di lei, così  bella detta da lui. (2)

Andrè trattenne a stendo una risata, vedendola arrossire.

Portò la tazzina alle labbra per nascondere il sorriso.

La situazione stava davvero diventando ridicola.

Lo svedese neanche si rendeva conto delle vampate di lei, almeno così pareva, e lei …

Beh, … lei stava diventando sempre più la Oscar dei suoi sogni.

Peccato solamente che non fosse lui a farla arrossire così.

 

Il colpo secco ed assordante di uno sparo, lo colse impreparato.

Proprio come la grandinata di vetri che lo colpì alle spalle, spingendolo a terra.

- Andrè!

Oscar si gettò al suo fianco, spaventata per lui.

Fersen corse alla finestra, in tempo per vedere un’ anonima carrozza allontanarsi veloce dal cortile ed uscire dai cancelli aperti.

- Cosa ti hanno fatto! Sei ferito? – gli stava domandando lei con voce incerta, tenendolo per le spalle, mentre lui si sollevava dal marmo, ancora frastornato.

Lo guardava in viso, ansiosa, preoccupata, per una possibile risposta affermativa.

- Sono solo vetri … - mormorò l’amico, scuotendone qualcuno dalla camicia bianca.

Evitava di guardarla: non voleva mostrarsi agitato, davanti a lei; spaventato per il rischio e … nervoso per quelle mani che lo stringevano forte e che Oscar non sembrava intenzionata a levare da lui.

- Ma che significa! – esclamò Fersen. – Colpi d’arma da fuoco! Perché lo fanno? E, chi sono?

- I nobili non sono più ben visti, in Francia…

Mormorò Andrè, apparentemente ripresosi, alzandosi piano da terra e scostando le mani di Oscar nel movimento.

- E sparano all’interno delle case!?

Fersen era incredulo.

- Sono fatti sempre più frequenti. – continuò Andrè. – Sono in molti ad odiare la Famiglia Reale, dopo lo scandalo della collana.

- No, non è possibile … - mormorò lo svedese, basito; lanciò uno sguardo ad Oscar, sperando in una smentita che non arrivò.

- Credetemi, Fersen … E la cosa più grave è che anche molti nobili si stanno allontanando dai Reali. La Francia che avete lasciato sette anni fa, è molto cambiata… Forse alcuni nodi, stanno venendo al pettine drammaticamente.

- Come è possibile? – mormorò Fersen, più che altro a sé stesso.

- Avete combattuto per la libertà in America, conte … Più di tutti dovreste sapere perché la gente arriva a questi estremi. Le ingiustizie diventano ancor più intollerabili quando i problemi per la  sopravvivenza aumentano e viene a mancare anche l’indispensabile. Il terreno diventa fertile per gli estremisti. Sua Maestà, il Re, sembra incapace di comprendere la gravità della situazione. Sì, ha chiamato economisti, ha fatto dei passi, ma senza prendere le decisioni drastiche che sono oramai necessarie. A Parigi, la miseria è dilagante. Guerre, carestie, raccolti andati a male e le tasse aumentano comunque… Il sovrano non ha la più pallida idea di come sia la vita dei suoi sudditi. La Contessa di Polignac ha catturato la completa fiducia di Sua Maestà, la Regina, ed imperversa ovunque usandone la protezione, vera o minacciata.

- Non può essere vero, mi rifiuto di crederlo! Voglio vedere coi miei occhi. – replicò l’uomo d’azione.

- Posso accompagnarvi a Parigi stasera stessa, signor conte, ma è bene andarci con abiti dimessi. Credetemi, neppure in livrea mi fiderei a circolare per quelle strade: l’odio non fa distinzioni tra i signori ed i loro servi!

Lo svedese annuì.

 

        Con addosso vecchi abiti da lavoro di Andrè, avvolti in mantelli scuri e con cappelli fuori moda, erano giunti a Parigi.

La miseria era più che palpabile.

Arrivarono ad una locanda che in tempi migliori non era sicuramente stata così cenciosa.

Si sedettero ad un tavolo ed Andrè ordinò birra per tutti.

In un angolo c’era una sceneggiata in corso.

Non era difficile capire chi fossero i personaggi interpretati.

Sebbene vestiti di abiti stracci, un tempo lussuosi, con addosso parrucche pulciose e coperti di trucco esagerato, rendevano chiaramente l’idea di una coppia regale.

L’opera era estremamente volgare. Inguardabile.

Oscar portò il boccale alle labbra, ma accennò solo a bere: così, una boccata di tanto in tanto, solo per rendere credibile la loro presenza, perché il beveraggio era stomachevole, diluito all’inverosimile.

Andrè allungò la mano su un libricino posato su di un tavolo vicino. Lo passò a Fersen che allibì già alla prima pagina. Una immagine della regina e della Polignac strette in un abbraccio saffico! Niente di più lontano dalla realtà, come lui avrebbe potuto testimoniare con accuratezza di particolari se non fosse stato un gentiluomo.(3)

Sfogliò velocemente il volumetto, trovandolo, se possibile, ancor più rivoltante nelle pagine che seguivano.

Si alzò di scatto. Doveva uscire. Prendere aria.

La falsa regina, ripugnante, sguaiata, lo urtò e scoppiò in una risata orribile, aumentando il suo disgusto.

Oscar ed Andrè, preoccupati, lo seguirono.

 

        Corse fuori, nel vicolo, sperando in un po’ d’aria, sopraffatto da nausea, sensi di colpa e rabbia.

E la vide.

Lentamente si avvicinò all’immagine che qualcuno aveva usato come tiro a segno.

Un disegno a matita che non rendeva neppure lontanamente giustizia alla sua bellezza. Non a quella esteriore, né ancor meno a quella interiore della donna ritratta.

Era una effige eseguita con gli occhi dell’odio.

Chi la conosceva, sapeva che non ritraeva minimamente l’anima sua.

Levò i coltelli impiantati nel tavolaccio, uno ad uno lasciandoli cadere sul selciato.

Le dita corsero sul contorno del viso, delicatamente, come carezze, mentre la mente riportava al presente ricordi mai cancellati.

- Andrè ha ragione. – disse piano, – La Francia è davvero cambiata. Quando lasciai questo Paese, la famiglia reale era amata e rispettata. E la Regina…

Posò la fronte sulla carta, stringendo le mani a pugno, come a voler afferrare ciò che gli era scivolato via; ciò a cui aveva rinunciato tanti anni prima, convinto di agire per il meglio.

 

        Andrè pensò “povero Fersen”.

Ancora Innamorato di una donna che non avrebbe mai potuto avere come desiderava, liberamente, totalmente, alla luce del sole.

Perché sposata, perché troppo famosa, perché troppo in alto anche per un nobile.

Ricordò come si era sentito quando Jeanne Valois, al processo della collana, aveva cercato di trascinare anche Oscar nello scandalo, insinuando poco velatamente, che lei, la donna che vestiva come un uomo, fosse l’amante della regina. (4)

Come sempre, si era prodigato nel suo ruolo di rappresentante della ragione, nell’incarico di angelo custode di Oscar, fermandola prima che potesse metter mano alla spada in tribunale.

Le aveva impedito di difendersi, perché ciò, per assurdo, avrebbe alimentato lo scandalo.

Sapeva che in certe occasioni, il silenzio è l’arma migliore.

Ma gli era costato davvero molto.

Avrebbe personalmente strangolato quella bugiarda, anche se era sorella di Rosalie.

Anche se Oscar, tutto sommato, l’ammirava.

Tutto quel sozzume su una persona meravigliosa come Oscar …

Poteva capire come si sentisse Fersen.

Ma era stato lo svedese a chiedere di sapere ed Andrè lo aveva solo accontentato.

 

Una volta rientrati a palazzo, si riunirono nel salotto, davanti al fuoco.

Fersen era ancora sconvolto.

- Ho visto in America cosa può fare un piccolo fuoco. – disse piano ad Oscar - E qui ci sono già tanti piccoli fuochi. E’ necessario spegnerli prima che diventino un incendio. Credo di dover tornare a Versailles per stare accanto alla donna che ho tanto amato e che nonostante tutti i miei sforzi, non riesco a dimenticare. Voglio stare accanto alla Regina, in caso di pericolo.

Andrè porse il vassoio coi bicchieri di vino a Fersen e poi ad Oscar.

Vide la mano di lei tremare alla notizia, mentre prendeva il calice.

Il castello delle favole si stava sgretolando.

Lo svedese tornava a casa, tra le braccia della donna che amava ancora.



*** continua

1) Fersen parlava cinque lingue: francese, italiano, inglese, tedesco ed ovviamente svedese. ( A. Fraser)

2) ma ho letto che erano scuri sul libro di A. Fraser "La solitudine di una regina" e azzurri secondo altre fonti... boh!

3) letto in giro da più parti: Fersen era considerato molto bello e la Regina, in sua presenza, perdeva il controllo... Si impappinava, insomma... 

3) Ricordo qui che Oscar per molti era davvero un uomo. Nella versione originale nessuno la chiamava "madamigella", ma solo colonnello o signore, e che molti la consideravano comunque "disinteressata" al genere maschile. Quindi, Fersen che usò qui la parola "donna", le fece un complimento, dimostrando di aver notato ed apprezzato quel che ai più non era per niente evidente.

4)Fersen non apparve mai nei libelli, che preferivano attribuire alla Regina, relazioni con la Polignac o con il cognato. Anche se Fersen viene ormai riconosciuto come unico amante possibile.

5) La versione italiana dell'anime è stata "addolcita" nei termini.

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Capitolo 2
*** Gli occhi su di lei ***


TUTTO PUO' CAMBIARE 2
Grazie a tutte! Specie a chi lo ha già messo tra i preferiti ed i seguiti!!!
Vedo però dai commenti che il restyling dello svedese non riesce come vorrei... E siete tutte concordi!
Ma davvero io non lo vedo così negativo il commento "nascere donna": sarà che tutti i giorni sento dire frasi tipo "hai fatto tanto per essere una donna" o "sei un uomo mancato",  che so non essere insulti nelle loro intenzioni, ma solo un problema "genetico" che li porta a distorcere i complimenti... Dipende da come e da chi vengono detti.
Comunque, sì, faccio riferimento all'anime, perchè il manga ho letto solo quello tagliuzzato e poi mi sembra che i caratteri siano più smussati; per esempio, Oscar non sceglie ma viene obbligata ad indossare la divisa; Andrè sceglie di tagliarsi i capelli e di arruolarsi, invece di essere obbligato da Oscar e dal generale... Insomma, sono sfumature che mi piacciono di più.
x Baby80: Troppo buona, maestro! :  )
x Patrizialasorella: In effetti, qua e là, ho dimenticato il corsivo (ed ho anche sbagliato le note!) : dimmi se questo capitolo lo trovi più scorrevole, anche se però è quasi tutto pensiero in terza persona...! Per Fersen: ahimè... la sig.ra Ikeda lo modellò sulle biografie, quindi temo per te che lui fosse proprio così. E' solo che nei confronti di Oscar non l'ho mai trovato insensibile, ma solo disinteressato a lei (che poi, è come dovrebbe essere l'uomo di un'altra... o no?)
x Audreyny: w la minestrina, allora! Basito: mi hai fatto venire il dubbio, perchè a me puzzava di muffa, 'sta parola. Sono andata a cercare l'etimologia e dice: dal celto (gaelico-irlandese)=morire. Questo non vuol dire che però la usassero ai tempi, boh!... Per me, non è che Oscar amasse davvero Fersen , alla fine lo ha anche dimenticato in fretta, era solo il più "possibile" tra gli aristocratici che conosceva  ... 
x Kira91: eddai, il sorrisetto è ironico! Oscar diventa rossa come le sue mele ogni volta che lo svedese fa un apprezzamento! In fin dei conti, Fersen sa che è una donna, anche se indossa l'uniforme e a corte dicono di lei o che è un uomo o che è "diversa". E Oscar in quel momento, vuole essere donna per Fersen, quindi dovrebbe esserne contenta che lui lo abbia specificato (al di là del modo...)
x Lady in blue: sì, le modifiche e i toni leggeri mi servono per arrivare al... cambiamento. Spero che continuerà ad interessarti! 
x Kikkisan: ho sempre visto Nanny più severa con Andrè e penso ... per i motivi che metterò nel 3 capitolo... Troppo buona anche tu col pastrocchio...
x Tetide: anch'io ho sempre visto Fersen semplicemente innamorato di un'altra e sbagliato per Oscar. Per il "nascere donna", all'epoca erano di fatto e legalmente inconciliabili. Infatti, Oscar ha nome e veste da uomo, per avere i diritti di successione. Anche per i reali, la linea di successione era solo maschile. E poi, come ho scritto all'inizio ... non è solo un problema di epoca... sob!  : (
x Pry: ma come? niente sassate? Allora devo preoccuparmi per come ho dipinto Andrè? E' che penso a quando la sig.ra Ikeda disse che la "prima volta" di Andrè, fu a 18 anni con una prostituta. Visto poi il suo frequentar bettole quando potrebbe sbronzarsi tranquillamente a casa... Insomma, secondo me, qualcosa di cui parlare con Fersen, lo trova il "cucciolotto"...
x Ninfea Blu: "Uomini" più che un'esclamazione femminile, voleva essere qualcosa assorbito da Nanny! : ) Sappiamo che mettendo due galletti insieme, quelli cominciano a "prendersi le misure" e a quel punto, come potrebbe Oscar voler somigliare in tutto ad un uomo!?
x Taniadondoli: Grazie! Non ho letto molto su di lui quindi più che storicamente, provo ad inquadrare Fersen emotivamente; e mi son fatta l'idea di un uomo che non era santo, non perfetto, non ideale, ma ... leale, determinato, coraggioso, romantico ma non sdolcinato, la persona che avrei voluto accanto se fossi stata sposata ad un uomo buono, ma indeciso, poco virile, poco ... tutto! Per non dire che fino all'ultimo cercò davvero di salvarla e quasi impazzì per non esserci riuscito.
x Pamina: Grazie! ci provo a farli ridere, ma ... caspita! seguendo comunque la traccia dell'anime, è un pantano di disgrazie quello che gli capita!
x Beatrix: Non ti scusare! O devo cominciare anch'io che ho arretrati da paura e non la finiamo più : ))  Figure di cacca? beh, sì, ma ho una teoria al riguardo che spero riuscirò ad esprimere in questa "minestrina". Dico "spero" perchè ogni tanto mi perdo e finisco dalla parte opposta... Comunque, ho voluto provarci per rispetto al vero Fersen, perchè credo che un uomo che ha potuto scrivere frasi come quelle della premessa, tanto da scartare non doveva essere...
... Per esempio, ho letto che l'ultimo messaggio tra Fersen e Antoniette citava la frase "il destino può davvero separarci, ma mai dividerci" tratto da "La nuova Eloisa", storia che li aveva colpiti e che, se non sbaglio, è il racconto che fa tanto piangere Andrè nel manga ... Andrè e Fersen in lacrime sullo stesso romanzo ... Da rifletterci, no?

Vabbè ... vediamo se adesso cambierà in meglio o in peggio la vostra opinione! Anche perchè non mi stanno riuscendo leggeri come avrei voluto...
Ah... nel riassunto iniziale c'è una inesattezza ... Fersen parla ancora, non solo nel primo capitolo ... ; P
Grazie a tutte, davvero!






2 - GLI OCCHI SU DI LEI.

 

 

 

Così, Fersen se ne era andato da palazzo.

Tutto poteva tornare alla normalità.

Le cameriere avevano smesso di ronzare e cinguettare.

Nanny aveva ripreso a strillarli tutti.

Ma l’aria era strana, come dopo un abbandono.

Ed Oscar era la più strana di tutti.

Svogliata, stanca, molle.

Le giornate cominciavano tutte allo stesso modo.

Continuavano come sempre, ma sopra tutto aleggiava una stanchezza deprimente.

Andrè comunque, si era praticamente convinto che il peggio fosse passato, mentre osservava l’amica gridare ordini alle nuove reclute della Guardia Reale; a quei poveri sventurati figli cadetti, che oltre a vedersi negare le fortune famigliari, si trovavano a dover sottostare all'ufficiale meno malleabile di Francia.

Girodelle, accanto a lui, ma avanti di un passo, evitava come sempre di guardarlo.

E la cosa era reciproca.

- Andrè! - lo interpellò all’improvviso.

- Dite, signore…

- Voi sapete perché il comandante è così nervosa, oggi? (1) 

- Voi dite, Signore? – finse ignoranza.

Girodelle sorrise stizzito dall’arroganza dell’attendente.

...Già … Il bell’attendente di Madamigella Oscar, riguardo al quale tante dame, anche altolocate, mormoravano e sospiravano.

Girodelle si era sempre chiesto cosa ci fosse dietro alle languide occhiate che seguivano i due, per i corridoi di Versailles.

Occhiate e sospiri, per entrambi, alle quali nessuno dei due pareva prestare attenzione.

Si era anche sempre chiesto, e non solo lui, cosa ci fosse realmente tra loro.

"... Padrona e servo.

Ufficiale e scudiero.

… donna ed uomo …"

Non li aveva mai sorpresi in situazioni realmente compromettenti.

Certo, atteggiamenti troppo confidenziali, troppo .. affettuosi, complici, anche inappropriati a volte …, ma mai pericolosi ad un livello irrimediabile.

Da uomo, sapeva riconoscere gli sguardi sofferenti di Andrè che, da una vita, si posavano su di lei. I suoi occhi che la seguivano costantemente, che parevano ora proteggerla come fa una coperta contro il vento, ora carezzarla col più sincero dei sentimenti.

"... L'onnipresente Andrè ... "

Sempre lì, come un'ombra accanto a lei!

Un 'ombra che cercava di passare inosservata, come qualunque domestico, tenendo lo sguardo chino e la voce bassa ed umile; ma, quando un pericolo solo la sfiorava, quello sguardo si alzava imperioso!... su chiunque ...!

"... lo sguardo di un nobile tra i nobili !...

Sì, era così ... niente più umiltà per Andrè in quelle occasioni.

Quello sguardo diceva solo una cosa: "lei è mia!"

Forse Andrè non ne era pienamente consapevole... 

E Oscar? Se ne era mai accorta? Se sì, si rendeva conto, del significato di quegli sguardi?

Ad ogni modo, da qualche giorno, aveva buoni motivi per credere che lei non lo ricambiasse, almeno non con pari intensità. 

"Oh, ... certo non per quelle voci che la descrivono ..." 

... Gli veniva da ridere ogni volta che pensava a quegli insulsi pettegolezzi, mai così falsi, mai così ... ridicoli.

"No, non per quello..."

In realtà, da qualche giorno, si era accorto che Oscar moriva per Fersen, lo svedese.

... E la cosa gli dava parecchio fastidio.

"Andrè, quasi …" E deglutì a quel pensiero fastidioso! 

quasi l’avrebbe capita!

Lei, condannata dal padre all'uniforme... 

"...Condannata ad una vita solitaria come la tua, Victor... Vita che però tu hai scelto!" 

Erano cresciuti insieme, lei ed Andrè, praticamente isolati in quel mondo strano di Palazzo Jarjaies; erano legati da affetto sin da bambini, incoscienti dei vincoli imposti dal rango …

...Erano sempre insieme, da una vita, ogni giorno

"… Ecco! ... La carne è carne! …"

Avrebbe potuto capire qualche saltuaria distrazione! Lui che di distrazioni aveva una certa pratica...

"...Qualche cedimento indotto dalle notti di luna; da qualche bicchiere di troppo nelle fredde serate invernali; da qualche rinfrescante tuffo nel laghetto della tenuta Jarjaies, nelle afose serate estive …"

Sospirò all’immagine di una Venere che esce dalle acque:"… Oscar  Oscar  Oscar..."

"… Già! "

Ma di quello straniero borioso, non se ne capacitava!

Cosa ci trovassero le dame di Versailles, non lo capiva!

Cosa ci trovasse Oscar era … inimmaginabile!

Lo svedese se ne andava in giro tutto impettito, altero, mentre le donne sbavavano letteralmente al suo passaggio!

"Miseriaccia! " 

... Facile era, per uno così alto, guardare tutti come insetti ai suoi piedi!

Facile, per il figlio dell'uomo più ricco di Svezia, essere sempre alla moda!

Facile, per l'eroe d'America, che aveva combattuto al fianco di Lafayette, avere tutti intorno!

"... Facile ...? "

Per Girodelle, no, non sarebbe stato facile il ruolo di Fersen, obbligato a mantenere la sua reputazione di "bello ed impossibile" ... 

Lui si era sempre sentito a suo agio solo con la sua uniforme addosso ...

"...a dire il vero, ... anche nudo nel letto di una bella donna ... ", pensò malizioso lanciando uno sguardo al biondo comandante, che stava diventando sempre più furibonda con i "pivelli".

"Oh, Oscar  ... Oscar, lui non fa per te !..."

- Avrebbe dovuto lasciare a me l’addestramento delle reclute!

Esclamò all'improvviso, interrompendo quei pensieri troppo …

"Troppo. Punto!"

Fu il turno di Andrè di sorridere, sbuffando.

La gelosia di Girodelle nei suoi confronti gli era sempre stata palese!

E, sebbene non fosse salutare procurarsi l’antipatia di un aristocratico, la cosa lo inorgogliva.

- Oscar non è capace di stare senza far nulla. – spiegò – Già, ma voi non la conoscete bene come la conosco io … - aggiunse volutamente sibillino. ( 2)

Girodelle si voltò di scatto a guardarlo, come se gli fosse improvvisamente caduta in testa una tegola che, per anni, era rimasta sospesa sul suo capo.

Ma capì che era stata solo una provocazione e sorrise, sprezzante.

... Quel Grandier! ... Era veramente irritante quando voleva!

Si divertiva ad instillargli dubbi!"

Qualche volta, in passato, gli era venuta la voglia di dargli una lezione …

Se non fosse che, poi, Oscar lo avrebbe fatto a brandelli!

Ricordava ancora quel fatto dell’incidente alla Delfina, quando il Re aveva condannato Andrè a morte.

Lui era stato solo portavoce della notizia e lei …

Portò la mano al colletto dell’uniforme, come a ricordare la sensazione.

Lei lo aveva preso per il bavero, tirandolo a pochi centimetri dal suo viso, in un gesto d’ira improvviso, assolutamente non disposta ad accettare la decisione del re. (3) 

Lo aveva … spaventato!

"Già, …quella irruenza, quella passione, quello sguardo di fuoco!

… per lui! Per un servo!"

Tornò con gli occhi su di lei, che era ormai arrivata ad insultare apertamente le nuove leve, con epiteti che sarebbero stati forti anche per dei rozzi delinquenti di strada .

E sorrise di nuovo, beffardo.

... Quello svedese era veramente di troppo!

 

 

    - Oggi, Sua Maestà la Regina, lascerà il palazzo Trianon per tornare a Versailles – stava illustrando ai suoi soldati a cavallo – Se notate qualcosa di strano, avvisatemi prima di prendere iniziative! –

Le parve di sentirsi sfiorare da una carezza ed ebbe un brivido, seguito immediatamente da un’ondata di calore che la invase tutta.

Alzò lo sguardo ad uno dei balconi del primo piano.

Gli occhi azzurri erano fissi su di lei e stava alzando la mano in cenno di saluto.

"Accidenti!"... perchè quando lui la guardava, si sentiva sempre così inadeguata?

... Così piccola ed insignificante di fronte a lui che nella vita aveva fatto scelte poco convenienti e comode, come quella di combattere in America, invece di oziare a Stoccolma, tra balli e gite nella neve...

Non che la sua scelta di vivere da uomo fosse stata meno ardua, ma quel giorno, tanti anni prima, era stata una scelta quasi forzata, confrontata alle alternative della vita femminile: la moglie, la monaca, ... la zitella che si confonde con la tappezzeria....

Oscar si impose compostezza e lo ignorò, accantonando quell'immagine fantasiosa, fuori luogo e ... assurda, di loro due abbracciati stretti sotto una calda pelliccia, in una slitta trainata da  cavalli sauri,  nel freddo e nella neve dell'inverno senza giorno di Stoccolma.

"... Oh... Caspita !..."

Ma il suo corpo non voleva fare altrettanto.

Si passò un dito nel colletto dell’uniforme. 

"….troppo stretto!…Oh, signore! Che mi succede!"

Da quando Fersen era tornato a Versailles, Oscar aveva “deciso” che tutto sarebbe rientrato nella normalità.

Peccato che decidere in questo caso non fosse stato sufficiente.

Era distratta, stanca, nervosa.

La notte non riusciva a dormire, si girava e rigirava nel letto. 



Sapeva cosa avrebbe dovuto fare per calmare quella tensione fisica, ma si rifiutava di accettarlo.

"…Basta!  ... Sei ridicola!"

Non era possibile cedere così alle voglie del suo corpo.

"… Disciplina!

Autocontrollo!

Un bel respiro …Ecco…" 

Non indugiò oltre ed urlò di mettersi in marcia.

"... Meglio pensare al lavoro."

    Fersen rientrò nel salotto. 

Dalla stanza accanto proveniva il vociare di segretari e cortigiani intenti a prepararsi per l'imminente arrivo di Sua Maestà la Regina. 

Sospirò. 

Ormai aveva scelto di starle accanto e a quel fastidioso caos nelle orecchie di burocrati e sanguisughe avrebbe dovuto farci l'abitudine. Un bel sacrificio per un uomo che preferiva l'azione e che, con certa gente, era da sempre abituato a misurare le parole ed a mantenersi cordiale, sì, ma freddo.

Ma lo faceva per lei, per "Josephine", come era solito chiamarla nella loro corrispondenza, nel caso fosse stata intercettata da altri.

La sua Josephine, la cui sicurezza era affidata ad Oscar e non poteva essere in mani migliori.

Si sedette su una poltrona, rassegnato ad aspettare. 

Il suo sguardo si perse nei disegni floreali del gigantesco tappeto ai suoi piedi, così come la sua mente si perdeva in un labirinto di pensieri.

"Oscar... " pensò con un sorriso, mentre nell'altra stanza qualcuno stava alzando la voce per non si capiva bene cosa, ma si trattava di una sciocchezza procedurale,  "Oscar ... già mi manca la pace di casa tua!"  

Si domandò se Oscar fosse nata uomo cosa avrebbe potuto fare, che livelli avrebbe potuto raggiungere, quali imprese compiere con le sue capacità, con un decimo dei sacrifici che le venivano richiesti ora.

"... Perchè era chiaro che, fosse stato per Bouillè..."

Rise stizzito al pensiero di quell'uomo, rigido e stupido, che avrebbe dovuto valutare le capacità di Oscar, enormemente superiori alle proprie, ma al quale, più di una volta aveva sentito dire "...solo perchè sono amico di suo padre".

Per Oscar, tutto richiedeva una doppia fatica. Doveva dimostrare in tutto, in ogni momento di essere all'altezza! ... Agli uomini non veniva richiesto tanto. 

Oscar viveva una mezza vita... Non poteva dimostrare debolezze di alcun genere e, in pubblico, non poteva vivere da donna un solo minuto della sua esistenza. 

Doveva travestirsi per avere rispetto! Le era stato imposto un nome da uomo e doveva farsi chiamare "signore" per essere considerata! 

E alla fine molti a Versailles erano davvero convinti che lei fosse un maschio, perchè trovavano inconcepibile che un essere fragile quale una donna era, potesse fare qualcosa di diverso da quel per cui era nata, la moglie e la madre; trovavano assurdo che potesse uguagliare o, lui lo sapeva chiaramente, superare un uomo.

"Con voi c'è sempre da imparare", le aveva detto una volta. Ma, purtroppo, il mondo era pieno di uomini come Bouillè, che frasi del genere, non solo non le avrebbero mai pronunciate, ma neppure pensate.

La rivide mentalmente, nei suoi abiti informali, quotidiani, leggeri, come forse solo Andrè aveva potuto ... goderne. 

...Sì, così ... Goderne! Godere della sua vista, perchè Oscar era bellissima e piacevolmente diversa in quel corpo mai modellato dai busti, mai ricoperto di belletto ... 

Ma fuori del suo palazzo, lei faceva di tutto perchè gli uomini non la guardassero. Nascondeva il suo corpo in quella uniforme allacciatissima e la sua anima dietro a quello scudo di gelida imperturbabilità. 

...Su questo avevano un atteggiamento simile, Oscar e lui... Indossavano maschere di ghiaccio per raffreddare il clima attorno a loro.

E fu allora che si domandò come sarebbe stato amarla...

"Ohh !solo una curiosità!... " 

Perchè lui amava Maria Antonietta e nessuna avrebbe potuto prenderne il posto!

Oscar era ... il suo migliore amico! Sì, come nessun uomo avrebbe potuto essere! 

Gli uomini di solito lo guardavano con invidia e disprezzo per il suo successo con le signore... 

Nello sguardo di Oscar, invece, c'era solo affetto per lui.

In base alla sua esperienza, avrebbe potuto giurare che per Oscar il campo sentimentale fosse ancora ... un territorio inesplorato. 

"Così sicura e decisa su tante cose ... Così imbarazzata e timida su tante altre..."

...Voci e pettegolezzi insinuavano che lei fosse ...  "disinteressata". 

... Chissà, forse era davvero così...

La rumorosa lite sulle "procedure" si stava spostando nella stanza in cui si trovava e, a malincuore, dovette abbandonare i suoi pensieri per indossare nuovamente la sua maschera di ghiaccio.


    Doveva essere un trasferimento relativamente tranquillo quello dal Piccolo Trianon alla Reggia.

In fin dei conti entrambi i palazzi di partenza e di destinazione si trovavano all’interno del parco reale. Ma, dopo le informazioni giunte all’orecchio del sempre informato Girodelle, riguardo un possibile attentato, Oscar non voleva lasciare nulla al caso.

Tutto il tragitto che il corteo reale avrebbe percorso, era piantonato dai suoi uomini.

Il battaglione dell’esercito prestatole dal generale Bouillè, aveva perlustrato il parco fin dai giorni precedenti, cespuglio per cespuglio.

Inoltre, giorno ed ora dello spostamento, erano stati tenuti segreti. O, almeno, si era cercato di farlo sapere il meno possibile, anche se il meno possibile, non includeva purtroppo la contessa di Polignac e tutta la cricca di cortigiani che a lei facevano capo.

 

Tutto si svolgeva secondo i piani.

Poi accadde quel che temevano

- Sparate! Non fateli avvicinare! Uno sta fuggendo! Girodelle, a voi il corteo!

Oscar si lanciò all’inseguimento dell’uomo diretto fuori dei confini della reggia.

Correva senza riguardo né per sé, né per César, attraverso campi incolti, sentieri pericolosi, brughiera infida.

Si accorse di guadagnare terreno.

Lo vide rallentare, scivolare malamente da cavallo davanti ad un palazzo in rovina ed entravi.

Si avvicinò all’edificio lateralmente, per evitare di essere un facile bersaglio.

Lasciò César ed impugnò la pistola. Arrivata al punto in cui aveva visto scomparire l’attentatore, ebbe conferma di quel che aveva pensato: macchie di sangue!

Non doveva calare l’attenzione! Le era stato insegnato che, un nemico alle strette, era più pericoloso; e se ferito, non aveva neppure nulla da perdere.

Si appoggiò spalle al muro e prese fiato.

"Tre, due … " 

Aprì piano l’uscio.

Il colpo le passò molto vicino e chiuse gli occhi per riparasi dalle schegge di legno.  Lui non aveva sicuramente il tempo di ricaricare, quindi era il momento giusto, sperando non avesse un'altra pistola.

Spalancò la porta ed entrò.

L’uomo stava in un angolo. Reggeva appena l’arma ormai inutile.

Vide che si stringeva il costato, ma era senza speranza: il sangue aveva trovato la sua strada, come un torrente in discesa dalla montagna.

Per un attimo i loro sguardi si incrociarono.

- E’ bello morire per la Francia! – mormorò l’uomo, con un rantolo a concludere tutto.

Oscar sussultò, preda dell’adrenalina, a quella frase dell’attentatore che la confuse, perché da sempre, per lei, per la sua famiglia, la Francia era la Corona stessa, la Francia era la Famiglia Reale; quindi attentare ad un Reale, significava attentare alla Francia.

Ma, soprattutto, Oscar si sentiva stordita da un’immagine nella mente diversa da quella che aveva davanti; un’immagine che nulla aveva a che fare col suo lavoro e con l’orribile momento. Un’immagine di tutt’altro tenore.

"… Già, decisamente differenteStupida!"

Uscì in cerca d’aria.

I suoi uomini ed Andrè la trovarono lì seduta sui gradini ad aspettarli, le braccia incrociate sulle ginocchia, la fronte poggiata a quelle.

Indicò con un gesto secco, alle sue spalle, muta, senza neanche guardarli.

Ai soldati, quell’ordine, fu sufficiente.

Andrè si chinò davanti a lei.

- Tutto bene? – chiese piano, stringendole una spalla e guardandola negli occhi.

Lei annuì, ma distolse lo sguardo: non voleva che le leggesse dentro.

Girodelle arrivò al galoppo dopo aver condotto il corteo reale fino a palazzo.

Frenò deciso il cavallo, pochi passi da loro.

Andrè levò immediatamente la mano da lei.

- Comandante? … - mormorò temendola ferita.

- Tutto finito, Girodelle. – rispose senza guardarlo – Sua Maestà?

- Sana e salva alla Reggia. Gli attentatori sono tutti morti, ma cercherò di scoprire chi erano e chi li appoggiava. – disse .

Oscar annuì ancora.

Sapeva che il suo vice, da quel segugio di razza che era, avrebbe dissotterrato parecchi di quegli scheletri che vengono celati negli armadi.

Era molto abile nel suo lavoro. Veramente un ottimo ufficiale. Un ineguagliabile sostituto…

"… Stai pensando di farti sostituire? perché? non sei malata …"

Alcuni dei suoi uomini stavano portando fuori il cadavere avvolto in un lenzuolo.

- Piano! Attenti! …– gridò Girodelle, trattenendo un’imprecazione, quando rischiarono di rovesciare il corpo sui gradini.

Lo strascico del telo bianco scivolò sull’erba, davanti a lei, catturando la sua attenzione, invadendo i suoi pensieri.

"… Che caldo!" Pensò Oscar.

Le parole, gli ordini urlati, che seguirono, diventarono solo un rumore di sottofondo.

Aveva la testa pesante, confusa. Il respiro veloce.

… Lenzuolo bianco. Morbido. Fresco. Profumato.

Due corpi caldi, sudati, ansimanti, intrecciati.

... Romantici occhi grigi su di lei nel buio…

"… Pazza! Come puoi pensare all’amore ora!…"

Scosse il capo con forza per scacciare l’immagine, afferrandosi poi entrambe le tempie con le mani.

"… Maledizione!"

Il suo corpo continuava ad avere reazioni inopportune e fuori controllo!

... Lei odiava non avere il controllo!

Mentre risaliva a cavallo,  avvertì lo sguardo indagatore di Andrè su di lei.

Si sentiva andare a fuoco. Forse aveva le guance in fiamme!

Si vergognò al pensiero che la sua agitazione potesse risultare visibile.

- Andrè, ora non c’è più pericolo … Dì a Girodelle di prendere il comando. Preferisco tornare a casa.

Tirò le briglia a César e … fuggì.

- Cosa? Ma che hai? che ti succede, Oscar!

".. Maledizione!" era già lontana!

La faceva semplice lei… “dì a Girodelle…”

Quell’uomo lo odiava!

E, puntuale come le disgrazie, eccolo!

- Ma, dove corre il Comandante! – esclamò già spazientito.

- Vuole che voi prendiate il comando. – disse Andrè – Credo … non si senta bene. … – aggiunse, consapevole che riportargli il “volere” di Oscar, non sarebbe bastato all’ufficiale.

Si sarebbe aspettato un ghigno di scherno, un commento al veleno, un’ imprecazione a mezza bocca …

Invece lo vide sorpreso ed oltremodo deluso, guardare nella direzione in cui Oscar era appena scomparsa.

Tramite l’espressione di Girodelle, si rese conto di quale fosse il “malore” dell’amica.

Quel tipo di malattia difficile a guarire...

Quel tipo di malattia che stava portando lui stesso alla pazzia.

Per mezzo di quegli occhi nocciola su di lei, aveva visto quel che si rifiutava di vedere.

Niente era tornato alla normalità!

Lo svedese continuava ad essere di troppo e la cosa si  faceva davvero seria.

 

       In poco tempo, l’aveva raggiunta a casa, ma lei era già rinchiusa nella sua stanza a suonare.

Optò per lasciarla sbollire.

Ormai sapeva che, quando c’erano giornate come quella, doveva lasciarla sola.

Anche se era la prima volta che il motivo era … un uomo.

Quando Oscar era così, lui rischiava sempre di dire la cosa sbagliata o non dire quel che lei avrebbe voluto sentire da lui!

In ogni caso per Andrè, finiva sempre a mestolate in testa, perchè Nanny, se vedeva Oscar di luna storta, dava comunque la colpa a lui.

Decise di dedicarsi ai suoi compiti quotidiani, prima di cena.

Trovò César ancora sellato, neanche legato.

...Doveva essere proprio furiosa per averlo mollato lì senza neanche una carota o uno zuccherino, povero César!

Era una serata ancora calda e pensò di approfittarne per fare un bel bagno al cavallo.

- Ti va un bel bagnetto, biancone! – mormorò al quadrupede.

L’equino, avendo capito di esser stato interpellato, lo fissò con i grandi occhi scuri.

Andrè sorrise di sé stesso.

Chissà quand’è che aveva cominciato a parlare ai cavalli?… 

"Da sempre, forse."

Sicuramente, era partito tutto da una lite con Oscar.

Sicuramente, era stato una conseguenza del broncio che ogni tanto lei gli metteva, anche quando era lei ad essere in torto.

Già, tutto cominciava sempre con lei.

... E finiva con lei! Fin da piccoli, l'ultima parola doveva essere sempre sua.

Si sedette su una panca, sospirando stancamente, quindi iniziò a sfilarsi gli stivali, poi le calze.

Si levò la giacca,  la posò su di un trave.  

Slacciò i bottoni del gilet; sciolse la cravatta che scivolò via, liberandogli il collo, mentre la camicia, non più costretta, si apriva morbidamente sul petto muscoloso. 

Si massaggiò un poco il collo indolenzito dalla giornata lunga e dai troppi pensieri.

Quindi passò a slegare  i lacci dei polsini ed arrotolò le maniche fino ai gomiti. 

Posò le mani sui fianchi, pronto alla “battaglia”.

- Bene, César, a noi due … - disse sorridendo all’animale,  – E … vediamo che non finisca come l’ultima volta, umh…. Il bagno io, preferisco farlo con acqua calda, non con quella della fontana, chiaro?

L’amico peloso fingeva indifferenza … 

Proprio come la padrona”, pensò Andrè.

Prese le redini e lo portò fuori.

Camminò scalzo fino alla vasca, con il cavallo che lo seguiva docilmente.

Le pietre del vialetto cominciavano ad essere freschette, la sera. 

Vide di buon occhio entrare nell’acqua ancora tiepida, che lo scaldò fino al polpaccio.

Era piacevole.

César, evidentemente esausto, lo seguì senza fare storie.

Andrè immerse lo strofinaccio e, delicatamente, cominciò a lavargli il pelo ancora sudato.

Si era già fatto buio.

Di tanto in tanto, qualche uccello che si ritirava per la notte, strideva sugli alberi vicini.

Sarebbe stato tutto rilassante, se non per quel piano che suonava senza sosta.

 

        Guardò su, alla finestra illuminata della sua stanza.


Nella sua mente, non c’erano dubbi su di un fatto: da piccoli, Andrè sapeva di essere stato tutto per lei!

Il suo migliore amico, il suo compagno di giochi, di bricconerie.

Oscar aveva diviso con lui i suoi tesori, le torte, le vacanze, lo studio;

ogni ora, lieta o triste; le giornate di sole e quelle di pioggia.

Non aveva mai diviso bene le punizioni: no, il peggio lo aveva sempre subito lui.

Qualche volta gli aveva tirato tiri mancini, si era presa gioco di lui, così finivano col litigare.

Ma l’ira durava l’attimo di un tuono e, come il cielo dopo il temporale, tutto tornava sereno tra loro.

Pensò che era stato un pazzo a pensare che la loro amicizia, il loro affetto, sarebbero durati tutta la vita...

Si era illuso di essere … amato.

Per vent’anni aveva atteso, sperato insensatamente in qualcosa di più.

E cosa aveva concluso?

Era lì al buio, a strigliare quel bianco destriero, mentre lei suonava il piano, nervosa e violenta.

E, mentre maltrattava quei poveri tasti, piangeva per lui.

No, non c’era Andrè in quel cuore aristocratico!

In fin dei conti, cos’era lui?

"Un servo, un attendente, … un burattino.  …. 20 anni fa ero molto di più, per te …"

E lei pensava ad un uomo che non si rendeva neppure conto di quanto valesse davvero.

Un uomo che non la meritava!

"… Forse, ... forse nessuno, ti merita ...."

Ma Andrè, ... lui avrebbe fatto qualunque cosa per lei…

Soltanto voleva che non pensasse più a Fersen!

Era geloso! ... tremendamente geloso.

Ed era furioso perché era convinto che Oscar, in cuor suo, sapesse quel che lui provava, ma taceva.

I suoi non erano altro che strani sogni! sogni di un povero pazzo! ...

Invece di cercare una brava ragazza per metter su famiglia, si perdeva in illusioni d’amore degne di un folle!

Aveva due soluzioni possibili, se Oscar avesse deciso di sposarsi. 

Perchè oramai, era chiaro che i pensieri della donna  spaziavano oltre il suo lavoro, il suo dovere,  le sue occupazioni quotidiane. 

Perchè ormai era chiaro che quello sguardo, perso e malinconico, apparteneva ad  una donna ...  "... innamorata! Oscar è innamorata..."

Ma quella donna innamorata, non era la Oscar che lui conosceva!

Avrebbe potuto lasciarla! 

"Sì, andarsene via, possibilmente molto lontano."

Oppure, la soluzione peggiore: continuare a starle accanto e guardarla amare qualcun’ altro.

A quel pensiero, la mano si strinse feroce attorno allo strofinaccio.

 

        Il carretto trainato da un mulo si fermò nel cortile laterale e la bella ragazza bruna scese con un saltello da cassetta, badando a non inciampare nella pesante gonna di cotone.

Andrè, rintanato nel pollaio a prelevare uova fresche, la osservò con la coda dell’occhio, mentre la gallina lo becchettava fastidiosamente alle dita.

Il carretto gli era famigliare, era quello del mugnaio che portava la farina fresca ogni settimana, ma la fanciulla, lei era una novità.

La ragazza andò sul retro del mezzo e si allungò per afferrare uno dei pesanti sacchi di farina.

Non era molto alta e doveva allungarsi il più possibile sulle punte delle scarpette per arrivare a sfiorare i sacchi. Si sporgeva e nel farlo allungava la lingua in fuori, come se ciò avesse potuto darle più forza o allungarla di venti centimetri.

Quando si rese conto che la missione era impossibile, si rassegnò ad arrampicarsi. Si tirò su faticosamente con le braccia, fino a quanto potè; con fatica puntò il piede sul bordo del carro, ma inciampò nella gonna traditrice e perse l’equilibrio.

- Presa! - esclamò Andrè, acchiappandola saldamente in braccio mentre cadeva.

La ragazza portò una mano alla cuffietta che stava per volarle via.

- C’è mancato un pelo che si spaccasse l’osso del collo, madamigella!

- Grazie … sì, grazie! – balbettò quella, un po’ sbalestrata dal pericolo corso, dalla situazione imbarazzante e da … miseriaccia che occhi verdi!

- Ma ci conosciamo? – chiese lui senza accennare a rimetterla coi piedi per terra.

- Sono Manon. - rispose quella come se la cosa dovesse essere ovvia. (4) 

Andrè sgranò gli occhi.

- Manon la figlia del mugnaio? La piccola Manon che mi tirava la giacca perché le prendessi i biscotti alle mandorle, quelli a forma di coniglio, quelli della mensola in alto?

Lo sguardo cascò involontariamente sui prosperosi seni che sembravano voler fuggire dal rigido corsetto.

La posò velocemente a terra.

- Certo che sei cresciuta, eh! – commentò sorridendo. – Come mai fai le consegne?

- Papà sta riparando la macina, così mi sono offerta volontaria.

Lui indicò un grosso sacco sotto ad altri altrettanto grossi, tanto per distogliere, almeno un istante, lo sguardo dalla silhouette così diversa dalla bimba che ricordava.

- E’ quello il nostro? – chiese.

Manon annuì.

Andrè si sporse appena e, mentre con una mano sollevava l’estremità di un sacco, con l’altra estraeva senza fatica quello a loro destinato e lo tirava fin sul bordo del carretto.

Manon lo guardava sorridendo, ammirata; si dondolava appena, con le mani incrociate dietro di sé, in modo che, forse inavvertitamente, forse no, il suo decolté continuasse a non passare inosservato.

- E, dimmi … - esordì Andrè, ovviamente non indifferente a quel biglietto da visita, ricambiando il sorriso – Vai ancora pazza per i biscotti a forma di coniglio?

        Dall’interno della cucina, Marron Glacè stava osservando dalla porta finestra quella scena fin dall’inizio, a dita incrociate, per quel che le sembrava un intervento divino, una risposta alle sue preghiere.

Andrè stava chiacchierando e ridendo con una ragazza, che non era Oscar!

"… Finalmente!"

Il suo Andrè, che di tanto in tanto, andava a Parigi e tornava la mattina, puzzolente di alcool, fumo e dell’odore tipico di … quel certo genere di donna. E lei, mai! mai si era permessa di dirgli qualcosa! Ma era felice di vederlo posare lo sguardo su una ragazza perbene.

- Chi è quella? – chiese all’improvviso la voce di Oscar da sopra la sua spalla.

Il cuore di Marron  saltò un battito per lo spavento.

- Oscar, bambina! Ma ti pare la maniera di arrivare così alle spalle della gente! – esclamò.

- Come farei a spaventarti, sennò! – fu la placida replica. – Non mi hai risposto. – ricordò indicando la ragazza.

- E’ la figlia del mugnaio, Manon.

- Chi? Quella con la fissa dei biscotti a forma di coniglio?

Marron annuì, radiosa.

Oscar tornò a guardarla e fece una smorfia involontaria di sdegno.

...Andrè se ne stava là, tutto sporco di farina, con un gomito appoggiato al sacco e l’altra mano sui fianchi...

Da non credere: stava facendo il cretino con quella mocciosa tutta tette! (5)

"Almeno avrà qualcosa di nuovo da raccontare a Fersen, la prossima volta!" ,  pensò acidamente, non ben conscia del reale motivo di quella irritazione.

Nanny la scrutò, notando quello sguardo che la fece preoccupare.

- Per cosa mi cercavi, bambina? – chiese seria.

Oscar distolse lo sguardo dai due … "piccioncini", così li definiva la sua testa in quel momento, e non senza un eco di stizza, associato al termine “cretino”, che continuava a ripetere fra sè.

- Oh, ecco, io … Pensavo se, ecco … Non è che … ? Come dire …. Non mi viene la parola … - riuscì a balbettare, insolitamente imbarazzata, mentre ricordava perché si trovava lì.  - Io ho deciso che ...  - aggiunse, riprendendo  il tono  di comando.

 

        Andrè, col sacco di farina sottobraccio, stava cavallerescamente aiutando Manon a risalire sul carretto, quando l’urlo festoso di Nanny li spaventò e quasi lei gli cadde addosso di nuovo.

Lui fece cenno di dover rientrare, togliendo la mano dal suo posteriore, dove casualmente, aveva fatto presa per reggerla. Quindi si salutarono, piuttosto imbarazzati.

Portò dentro la farina, ancora un po’ distratto dalla sensazione di soda morbidezza impressa sul suo palmo; trovò sua nonna saltellante, che tirava fuori da un cesto ago, filo ed una nuvola di raso bianco, già tagliato ed imbastito.

- Il giorno è arrivato! Il gran giorno è finalmente arrivato! – ripeteva in continuazione sotto il suo sguardo perplesso.

Sì, per Nanny, quella era una giornata storica! Aveva coi propri occhi visto il suo Andrè perso in un decolleté e la sua Oscar, lei sarebbe addirittura andata ad un ballo di corte vestita da donna!

Quindi, pregare a qualcosa serviva!!!

 

 

        Fu una giornata frenetica. 

Nanny aveva reclutato le cameriere per seguire solo le direttive che lei impartiva. Ogni altro lavoro venne accantonato. Tutti trottavano come reclute in addestramento: niente pause, niente distrazioni.

Andrè, che passeggiava nervosamente nel salone del pianterreno, come un marito in procinto di diventare padre per la prima volta, era stato obbligato a starsene fuori dei piedi su ordine diretto di Nanny.

Sentì la nonna strillare Oscar, come non faceva più da chissà quanti anni e ciò lo preoccupò.

Aveva anche cercato di avvicinarsi cautamente al centro operazioni, ovvero l’appartamento dell’amica, ma il via vai di cameriere l’aveva letteralmente trascinato nuovamente di sotto.

Doveva essere impazzita... Sì, solo la pazzia poteva giustificare quel colpo di testa di Oscar!

Poi, improvvisamente, arrivò il silenzio. E la voce festosa di Nanny lo invitò.

- Vieni a vedere la nostra Oscar vestita da donna!

Gli venne da ridere.

- Certo … certo …

"… Donna…donna…"

 

        Lo sguardo di Andrè si posò sulla figura in cima alle scale.

Per un attimo, restò fisso, paralizzato lì.

Poi, cominciò a correre su quel corpo di femmina, più bello che mai.

Scivolò sulle forme soffici dei capelli raccolti, seguendo un ricciolo biondo nelle sue curve, fino alla punta.

Cadde, da lì, su una guancia imbellettata e giù ancora, sulle labbra purpuree, appena dischiuse, sul collo lungo illuminato dai gioielli.

E poi lì, su quel petto da sempre tenuto celato, nella fessura tra i due seni morbidi, compressi dal bustino, che si sollevavano piano ad ogni respiro, togliendogli il suo.

Scese ancora, sui fianchi evidenziati dal panier; ancora giù, fra le pieghe della gonna di raso bianco, lucenti, ondeggianti ad ogni passo leggero delle scarpette azzurre, che la portavano dritta verso di lui.

Andrè si innamorò di quella dama sconosciuta.

Era bellissima!

... Qualunque uomo avrebbe perso la testa a quella visione!

A quest’ultimo pensiero, si destò.

"Già … "

Qualunque uomo avrebbe voluto danzare con lei; cogliere l’occasione per stringerla, più di quanto il galateo consentisse; cogliere l’occasione per indugiare lo sguardo, senza apparire sfrontato, su quei lineamenti perfetti, sulla pelle nivea.

Neppure l’uomo per il quale questa sceneggiata stava per iniziare, avrebbe potuto ignorarla e lasciarla a far da tappezzeria.

Sebbene Fersen non avesse mai dimostrato interesse per Oscar come donna, non avrebbe potuto non sentirsi attratto da quella trappola vellutata, lucente, profumata, studiata appositamente per far girar la testa a coloro che, credendosi cacciatori, venivano cacciati e sovente messi in gabbia.

Quindi, si sentì morire quando lei gli passò accanto con lo sguardo chino.

Oscar usciva diretta alla sua favola, verso un altro uomo, mentre lui sprofondava nella realtà del proprio incubo.

 

 

        Era così: Oscar aveva affilato le armi.

"… Il soldato che sei, vuole combattere per l’uomo che desideri.

Fa niente se il nemico è la tua Regina. …"

Andrè non tentò neppure di seguirla al ballo.

Così andavano le cose, continuava a ripetersi da quando lo svedese era riapparso.

"Fattene una ragione!"

Nonostante le differenze di classe che sua nonna insisteva a ricordargli, aveva sempre considerato quella casa, la sua casa, e coloro che l’abitavano, la sua famiglia.

Fra tutto e tutti, lei era sempre stata qualcosa di particolare, qualcosa da ammirare come un’opera d’arte, da rispettare come un maestro, da proteggere ed amare come una parte di lui.

Ma, improvvisamente, tutto perdeva significato.

Si accorse di aver vissuto un’illusione.

Di aver donato sé stesso a ciò che avrebbe dovuto essere solo lavoro.

 

        Vivere in quella casa, gli procurava dolori, ma offriva anche dei rimedi efficaci tramite la fornitissima cantina.

Decise che una bottiglia del brandy (6)  riserva speciale, ci poteva stare bene quella sera.

Aprì la porta che conduceva agli scantinati.

"... Le perfette cantine di palazzo Jarjaies! Temperatura costante, umidità ottimale … Il luogo ideale ove conservare il nettare proveniente dalla tenuta di Arras e dagli altri possedimenti."

Annusò profondamente … 

Odore di Arras! …Profumo di campi verdi, di terra, meleti e vigneti; di cioccolato e mele candite (7) ; profumo di sole sulla pelle, sporca di mosto fermentato. … Profumo di lei accanto a lui…

"Al diavolo!  …", pensò irritato, sfiorando con un dito le bottiglie ordinatamente riposte negli appositi scaffali, cercando, fra le tante, quella che a lui interessava, quella che desiderava davvero, quella che assolutamente voleva quella sera.

... La sola che potesse scaldargli l’anima … 

Se Fersen poteva volare di dama in dama, da “amica” ad “amica” pur continuando ad amare una donna sola, perché lui non poteva?

Anzi, … poteva, ma perché non ci riusciva?

Aveva avuto tante di quelle occasioni, sia con cameriere che con dame annoiate...

Quelle occasioni di svago, divertimento, … un po’ di affetto più genuino di quello che potevano offrire le professioniste da taverna.

E con qualcuna, non sarebbe neppure stato solo sesso.

Le tentazioni erano ovunque, a Versailles e nelle locande.

Sarebbe stato semplice farlo …

Sarebbe bastato dimenticarsi di lei.

Sarebbe bastato ricordarsi chi era lui!

Prese la bottiglia: “Tenuta Jarjaies, gran riserva”, diceva l’etichetta del brandy con l’orribile leone, simbolo del casato. (8) 

E di nuovo, “al diavolo!”   

... Tanto valeva prenderne due di bottiglie!

 

 

        Solo col suo mal di testa e la bottiglia in mano, sdraiato sul suo letto di ragazzo, sentì la carrozza tornare.

"… Come mai così presto?"

Cosa poteva essere successo?

La sentì camminare con passo veloce nel corridoio, proprio fuori la sua porta, coi tacchi che riecheggiavano sul marmo, con quel suo passo deciso e davvero poco femminile; la sentì sbattere, furibonda, la porta del suo appartamento.

... Non doveva essere andata secondo i suoi piani.

Madamigella Oscar, non aveva ottenuto quel che voleva?…

Il colonnello Jarjaies , aveva perso la battaglia?…

Ridacchiò fra sè a quei pensieri maligni dettati dall'alcool.

Un vero amico sarebbe andato a consolarla...

Un vero amico, le sarebbe stato vicino...

Ma, come si sentiva spesso ripetere, lui era solo un servo.

Che per una volta annegasse anche lei nelle lacrime!

Si coprì gli occhi con l’avambraccio. 

"… Maledizione! …"

***

    Caminetto acceso, camicia per la notte pronta sul letto.

Il suo valletto gli chiese se avesse bisogno d'altro.

- No, niente. Vai pure . - lo congedò Fersen.

Si sedette stancamente sul bordo del grande letto a guardare il parco illuminato dalle torce, mentre il vetro scuro gli restituiva l'immagine di un bell'uomo, elegante e ... triste.

Poco dopo la fuga della dama misteriosa, anche lui si era ritirato dal ballo, il cui rumore arrivava attutito ai suoi appartamenti e tra poco sarebbe cessato.

- Disinteressata, eh? - si disse ironico, ripensando alle malevole insinuazioni di corte alle quali aveva quasi dato ascolto.

- Oh, Oscar ... ma che vi è preso? - mormorò.

Mai si sarebbe aspettato da lei un simile colpo di testa!

Neppure l'aveva riconosciuta, all'inizio! Aveva sì notato qualcosa di familiare e ...

Si portò la mano alla fronte.

"... Oddio! ..."

Aveva parlato di lei con lei! Aveva detto ad una donna, invaghita di lui, che la considerava "il suo migliore amico"!

Se l'avesse pugnalata al cuore, le avrebbe fatto meno male!

"Ed ora?"

Ora tutto cambiava nel loro rapporto!

Come poteva   ? ... come niente fosse... ? 

"Oddio, non dopo quella figuraccia!"

Oscar non poteva diventare una delle sue tante "amiche".

"No... Non Oscar!..."

Una di quelle ombre calde, ma indistinte, che gli si infilavano nel letto... 

Quei surrogati, quei tranquillanti ... per quando non poteva avere Lei, Antoinette!

... Avrebbe dovuto parlare con Oscar alla prima occasione !... 

Lei frequentava quotidianamente la reggia ... Le avrebbe parlato. Sì!

Le avrebbe detto che non poteva darle quel che voleva, ... non come lei meritava... Non poteva darle quel che aveva già donato ad un altra!

- Il tempo guarisce, Oscar ... Vi dimenticherete di me. E non farà più così male. - mormorò al suo riflesso, scoprendosi però dubbioso delle sue stesse parole.

"Oscar ... Oscar ... Oscar..."

 

*** continua

1) in realtà, una conversazione simile si svolge nell’episodio 9 “la morte di Luigi XV” e da qui ho sempre collocato una certa "rivalità" tra Andrè e Girodelle.
2 )sempre episodio “La morte di Luigi XV”
3) ep. 8 “L’incidente”
4) prima che magari vi poniate il dubbio, il nome l’ho pescato a caso, ma mi piaceva il messaggio subliminale che può essere recepito: ovvero, "MA-NON pensarci nemmeno, Andrè!!!"
5) chiedo scusa alle più giovani ed alle formose!!! garantisco che Oscar ce l'avrebbe avuta con chiunque! E' solo che lei è il contrario di Manon: alta, piallata dalle fasce sul seno e ... un pelo stagionatella!... E Andrè non guarda lei con l'aria da "cretino" ...
6)mi sono persa nelle differenze tra brandy e cognac. Poiché quello a cui alludo proviene da Arras, non può essere chiamato Cognac, che deve il suo nome alla località. Potrebbe essere chiamato Calvados, che viene dalla Normandia, ma dovrebbe essere fatto con mele, mentre io lo volevo fatto d’uva … Quindi lo chiamerò genericamente brandy.
7) leccornie tipiche di Arras
8) e simbolo di Arras

 

 

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Capitolo 3
*** Vieni a cercarmi ***


TUTTO PUO' CAMBIARE 3 Allora, continuo a seguire l'anime  e certi punti saranno certamente noiosi (è ancora un cordone ombellicale che non riesco a tagliare, ma ...ci proverò con la prossima ff...), ma farò cambiamenti se voglio alla fine "cambiare tutto"...
La mia intenzione resta quella di valorizzare Andrè, senza denigrare nè Fersen, nè Girodelle. Anche se ho l'impressione che lì fuori... qualche segreta fan ce l'ha anche lo svedese... No?
Penultimo capitolo... La sofferenza sta per giungere alla fine, care signore! (ditemi se sto andando in boiata più di quanto penso, eh! perchè ho inserito anche due flashback e ... boh...)

x Ninfea Blu: Eh, sì che la batosta la deve prendere sempre, così impara a far la stupidella con Fersen (che ha una seria relazione extraconiugale con la regina!... ma poverina, matrimonio combinato...), quando ha Andrè lì sotto il naso, liberissimo (salvo i dolcetti a coniglio).
x Tetide: Già, il periodo illuminato, hai ragione. Però, quarda caso, nella "Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino", si dimenticarono di specificare che riguardava anche le donne, anzi le esclusero proprio... Uomini! potrei dire...eh eh...  La certezza su cosa fare, per Fersen, non è detto che rimanga tale ... Si sà che lui è un po' farfallone...
x Pry: La mano di Andrè? Te l'ho detto che, se vuole, qualcosa in comune con Fersen, lo trova...  Secondo il "mio" Fersen, lui spera di continuare a vederla come amico perchè, in realtà, amici uomini non ne ha e le donne lo vedono solo come bonazzo. E poi,  sta bene che la faccia soffrire, così impara .. tiè!
x Audreyny: ehm, spero di non aver offeso nessuno col termine "piallata", perchè io, tipo omino Michelin, proprio non dovrei parlare...Ecco... adesso ho offeso gli "omini" come me ... : x  Mister G. è troppo tutto, ma non è de coccio... E Fersen, pazienza, dai!
x Lady in blue: hai ragionissima! Troppo lungo! Questo capitolo doveva essere l'ultimo, ma l'ho diviso e ... spero di averlo spezzato in un buon  punto.
x Kira 91: adoro vedere Andrè e Girodelle bisticciare! quasi quanto adoro Andrè sbronzo e ribelle!
x Baby80: non è che hanno fatto un po' troppo la figura delle guardone, Nanny ed Oscar? ...Grazie, Obi Wan!
x Leia345: ci hai imbroccato in pieno! la moto, la partita e la Belen! E posso garantire che Andrè e Fersen non l'hanno nominata solo perchè non era ancora nata! (poi anche le donne hanno le loro fisse, ma mica stiamo sparlando di noi, no?) Per gli scrupoli di Fersen, sono d'accordo con te e non è detto che il mio rimanga "adorabile" fino alla fine, eh...

Grazie ancora a tutte!



 

3 - VIENI A CERCARMI

 

 

    Andrè si svegliò al buio e pensò fosse stato tutto un brutto incubo.

Un dolore fortissimo all’occhio, Oscar che gridava il suo nome …

Qualcuno stava bisbigliando nell’ombra, qualcun’altro singhiozzava e poi, prima di finire ancora nell’oblio, sentì lei che chiedeva:

- Resterà cieco?

 

    “Chiudi gli occhi!”,  intimò .

“No!”

“Ti ho detto, chiudi gli occhi,  Andrè!”

“No, poi  mi fai qualche dispetto, lo so!”

Gli arrivò un pugno alla spalla.

“E va bene … va bene! “

Che bambina prepotente!

Lo prese per la manina.

“Non tirarmi così forte! Mi fai cadere! “,  si lamentò.

“Non aprire gli occhi o ti picchio!”

“Non li apro, ma non riesco a vedere dove vado.. Non tirarmi!”

Lei si fermò all'improvviso e si portò alle sue spalle.

Andrè sentì due manine posarsi sul suo viso, sui suoi occhi.

“Voglio essere sicura che non sbirci!”

“Non sto sbirciando…” 

Lo guidò  piano, pochi passi alla cieca  per girare dietro alle scuderie.

Oscar si avvicinò al suo orecchio: i riccioli biondi gli sfioravano la guancia, facendogli il solletico.

Avrebbe riso, ma non voleva un altro pugno.

Un alito leggero al suo orecchio precedette l’ordine.

“Guarda! …”

Andrè obbedì.

“Ohh…”  

“Già, ohh … “ - lo canzonò. - “Tutto qui quel che sai dire di quei bellissimi ponies? Uno è tuo, Andrè! Sei contento? Adesso possiamo anche cavalcare insieme … Possiamo stare sempre insieme…”

Lo prese per mano.

    - No, tienili chiusi! –

Disse la voce, mentre la mano si ritraeva dalla sua.

Andrè tentava di aprire gli occhi.

Uno gli faceva male ed era coperto.

Una benda, capì.

La luce dell’alba filtrava appena tra le tende accostate della sua camera. 

Nel camino il fuoco scoppietava ancora vivace, segno che era stato alimentato costantemente durante la notte.

"Niente pony …" , pensò. 

Quello era stato un sogno.

E quello prima, … un incubo reale.

Cos’era accaduto? 

"Oh, sì … Una delle idee di Oscar. Davvero una brillante idea, dar la caccia ad un ladro!"

Anche se non era del tutto convinto della necessità di catturare il Cavaliere Nero. 

Non riusciva proprio a considerarlo una priorità, in quel momento.

Anzi, … aveva sentito che dava ai poveri tutto il maltolto. Anche se in modo sbagliato, ma qualcosa, almeno lui, faceva!

C’era di più di un ladro sotto quella maschera. Qualcosa di più preoccupante ed anche più pericoloso, che in troppi si ostinavano ad ignorare.

Ma Oscar non voleva ascoltare ragioni: il suo compito era quello di prenderlo. 

Fine della conversazione.

E lui aveva fatto di tutto per accontentarla, come sempre.

Ora che lo svedese era storia apparentemente passata, loro due, di nuovo insieme, all’avventura…  Era stato bello.

Ma stavolta era finita male…

Andrè cercò di mettere a fuoco quel che lo circondava.

Una sola candela illuminava il viso di lei, seduta accanto al letto.

... Doveva averlo vegliato.

Indossava ancora l’uniforme, con la giubba slacciata, la sciarpa sciolta, la camicia aperta. In disordine…

Aveva l’aria stanca e gli occhi lucenti, troppo lucenti.

- Come ti senti? – gli chiese.

- Intontito … - mormorò lui con voce impastata.

- Il dottore ti ha dato del laudano per … il dolore. –

... Non riusciva neppure a pronunciarla quella parola: dolore.

Restarono in silenzio.

- Vuoi qualcosa?

La voce di lei era insolita: era gentile.

- No, niente…

- Hai fame?… sete? …

- No, niente …

Ancora silenzio.

- Dimmi, chi era il Cavaliere Nero?

- Io… non lo so. L’ho lasciato andare.

Avrebbe voluto gridare. Ma si trattenne.

- Dovevi prenderlo, dovevi farlo!

- Come potevo, Andrè? Come potevo lasciarti lì, ferito …

Allora la guardò, per sincerarsi, perché quel tono così contrito, quel bisbiglio non sembrava lei.

Ed ecco lì, la sua fragile Oscar che chinava il capo, oppressa dalla vergogna e dalla colpa.

La sua Oscar... Con lui era delicata e trasparente come il cristallo di quel vaso posato sul tavolino alle sue spalle, illuminato da un pallido raggio bianco, con quell’ unica rosa rossa tardiva, portata certamente da lei.

La sua Oscar, appassionata in quel che faceva e scandalosa nel suo modo di farlo.

La sua Oscar, che certe volte, sotto l’indifferenza ed i modi bruschi, sembrava celare più voglia d’amarlo di quanto lui stesso potesse immaginare.

Solo questo riusciva a pensare: la sua Oscar.

Viva, illesa, bellissima.

Le sorrise.

- Ehi! … Sono contento sia successo a me, Oscar, credimi.

Lo disse come un amante dice “ti amo”.

E per un istante gli sembrò che lei volesse abbracciarlo.

La vide sporgersi, come attratta verso lui, ma trattenuta al tempo stesso.

Oscar dischiuse le labbra, per dire qualcosa, ma le parole si bloccarono con un sospiro.

Chinò lo sguardo, un po’ imbarazzata.

- Sei sempre tanto caro … - mormorò.

... Ma, nell'animo di Andrè, era chiaro che fosse ben altro quel che lei avrebbe voluto dire. 

E sorridendo a quel pensiero, scivolò nuovamente in un sonno profondo.

 

 

    -    Ecco dov’eri finita!

Disse il ragazzino trovandola sdraiata alla mezzombra di un vitigno, panciallaria, un libro aperto in una mano e l’altra intenta a spilucchiare un grappolo gentilmente a portata di mano. Le gambe piegate e leggermente divaricate; i piedi nudi, sporchi di terra, la camicia fuori dei pantaloni.

- Quando ti vedrà mia nonna, - rise vedendola così conciata – ti tirerà per le orecchie!

Oscar si strinse nelle spalle, senza alzare lo sguardo dal libro, ma allungando ancora la mano sul grappolo.

- Ti sto chiamando da mezz’ora!

- Lo so … Volevo vedere quanto ci impiegavi a trovarmi! – rispose con la bocca piena ed uno sguardo malandrino rivolto a lui..

Le rifilò un calcio leggero alla coscia, ad espressione del suo disappunto, prima di stendersi accanto a lei; testa a testa, spalla a  spalla.

- Cosa leggi?

- Le baccanti. (1) 

- E’ bello?

- Boh … Finora è uno dei soliti garbugli tra dei e mortali. Pauroso e divertente insieme …Impegnativo … Ma, sai .. era nello scaffale in alto …

E sollevò le sopracciglia con aria birichina, guardandolo al di sopra della spalla.

Andrè ricambiò lo sguardo, spalancando nel contempo la bocca, come una trota, consapevole che si trattava quindi di un libro a loro proibito.

- Doppia tirata d’orecchie, Oscar! … - la mise in guardia.

- Solo se tu fai la spia…

- Io non faccio la spia … - s’immusonì lui - … Cedo alla tortura!

- Sei un mollaccione!

La guardò senza replicare.

Una foglia di vite le ombreggiava il viso, dondolando, dando ai capelli ribelli, ora la luce dell’oro, ora il colore del grano maturo.

- Non vuoi raccontarmi qualcosa della trama? – chiese, abbandonando il pensiero di risponderle per le rime ed arrivare alla lite.

- Allora … Il solito Giove ha ingravidato la solita mortale; le sorelle di lei insinuano che il padre non sia Giove, ma un comune mortale, quindi il figlio, Dioniso, deve convincere tutti di essere un dio e non un uomo qualunque e…

- Ma sai che ho sentito una cosa del genere proprio giù alla taverna ieri!

- Sì, come no!

- Sì, stavano dicendo di questo nobile che ha messo incinta una ragazza del paese, ma tra i parenti di entrambi, certi negano, certi confermano e non si capisce dove sta la verità.

- E a che serve saperlo? Tanto se lui è nobile non potrà mai sposarla. La legge è legge! Conviene trovino un giovanotto disposto ad ammogliarsi ed a tenere il bimbo come suo. Mio padre direbbe così.

Si volse a guardarlo storto.

- E che ci sei andato a fare alla taverna, tu?

Andrè scansò lo sguardo inquisitore ed acchiappò un grappolo pendente proprio sopra la sua testa.

- Commissione per la nonna. – rispose vago, infilandosi qualche acino succulento in bocca.

Oscar chiuse di colpo il libro, lasciandoci dentro un dito per tenere il segno, e si tirò su, su di un gomito, restando lì a fissarlo attentamente, con il sorrisetto di chi ha colto in fallo l’amico.

- Bugiardo! – affermò – Lo so io perché sei andato al villaggio da solo! Per vedere le lavandaie alla fontana!

- Non è vero!

- Sì, che è vero!

Gli saltò cavalcioni sui fianchi, tenendolo giù per  le  spalle;  lo fissava dritto  negli occhi, scrutandone lo sguardo come a  voler leggere la verità  in quelle  pagine di smeraldo.

- Ammettilo! -  gli intimò,  avvicinando il  viso al suo, tanto che  i riccioli biondi,  scivolati appena dalle spalle, quasi arrivavano a solleticarlo.

- No!

Gli arrivò una librata in fronte.

- Ahia!

Due librate.

- Smettila! – ringhiò, cercando di disarmarla, agitando le mani come un'anguilla  per seguire le  veloci mosse evasive di lei, che si sottraeva, ma senza  liberargli i fianchi.

Tre librate.

- Sì! Sì – ammise esasperato - E allora? Ho tredici anni, io!

Oscar si bloccò col libro a mezz’aria e l’espressione tra l’interrogativo ed il divertito.

- Beh… Sono grande. – precisò lui, con tono  più contenuto.

Lei scoppiò a ridere, indelicata come sempre.

- Cosa saresti tu?

- Nonna dice che sono diventato un ometto! -  esclamò con vigore, reagendo all'aria di sfida  dell'amica.

Gli diede una ditata in mezzo agli occhi.

- Ahia!

- Tu sei un  mollaccione!

- No…

Seconda ditata.

- Piantala!

- Sei il solito Andrè di sempre!

Terza ditata.

- Senti… Oscar…

Quarta ditata.

- Smettila!  -  gridò.

- Dì cosa sei!  - gli ordinò.

L’afferrò per i fianchi per liberarsi di lei, strinse, ma esitò.

- E va bene! Sono il solito Andrè! – esclamò, bloccandole però la mano.

 

 

    - Ferma! Ferma, Oscar! Sono Andrè! – esclamò senza gridare, bloccandole il pugno.

- Andrè! Che ci fai qui? – domandò sorpresa.

- Come sarebbe a dire “che ci fai qui”? Sono venuto a salvarti! – ribattè giustamente acido.

- Oh … Bene! – commentò lei.

Lo aiutò ad alzarsi dal pavimento della cella dove lo aveva fatto finire quando gli era saltata addosso.

- Sono perfetto come Cavaliere Nero … - gongolò lui – Ho ingannato anche te!

- Sì sì, ma adesso vai avanti! Sbrighiamoci ad uscire di qui.

Percorsero una buona parte dei corridoi nei sotterranei del Palazzo Reale dove Oscar era stata tenuta prigioniera ed erano quasi all’uscita, quando Andrè le fece un cenno; veloci, si imbucarono dentro una buia nicchia nel muro da dove videro passare il vero Cavaliere Nero.

La sentì sogghignare nell’oscurità, pochi centimetri dal suo volto. Sentì la mano di lei sfiorargli il ventre ed impugnare saldamente la pistola che lui teneva nella cintura, mentre gli sussurrava la pazza idea all’orecchio. Ma non c’era bisogno che lei chiedesse con insistenza: c’era il quel corpo caldo premuto contro il suo e lui già non capiva più niente.

... Le diceva ancora sì. Il solito  Andrè di sempre, diceva  il solito "sì"  ...

“Mollaccione”, si disse.

Il piano era semplice, pulito, basato sulla giusta occasione e sull’elemento sorpresa.

Catturare il Cavaliere Nero fu facile, perfino divertente.

Ma non era previsto il lieto fine a quest’avventura.

 

***

    - Che ti succede? – gli chiese quel pomeriggio, vedendolo che si aggrappava al corrimano di marmo.

- Non so … E’ l’occhio…- riuscì a dire mentre il dolore gli faceva girare il mondo intorno.

- Faccio chiamare il dottore!

Gli si avvicinò e l' obbligò ad aggrapparsi a lei.

Lo guidò fino al salottino del pian terreno, chiamando Nanny, che arrivò prontamente all’udire un tono disperato.

- Manda a cercare il dottore – le disse mentre faceva sdraiare l’amico sul divanetto  - Andrè non sta bene … - mormorò senza togliere gli occhi da lui e, prevenendo le mosse di una nonna preoccupata, le indicò la porta .

- Subito! – specificò perentoria.

Marron Glacè non obietto, no certo. ... Andrè era in buone mani.

Oscar corse a chiudere le tende pesanti e tornò accanto a lui.

- Che ti senti? – chiese, sedendosi al suo fianco.

- Fa tanto male … - cercò la sua mano e la strinse. – Oscar …

- Shsss … Stai calmo.

Ma era un consiglio che non riusciva ad applicare a sè stessa.

Ricambiava la stretta e col pollice gli massaggiava mano.

- Stai calmo – ripeteva, mentre l’ansia cresceva in lei.

Nanny tornò armata di bende e bacinella.

Senza chiedere il suo permesso, l’allontanò e cominciò ad accudire Andrè per quel che poteva, per quel poco che il dottore aveva spiegato nelle precedenti visite.

Oscar si rifugiò in un angolo della stanza, in piedi, immobile, a braccia conserte, non potendo far altro che attendere.

 

***

        Fissava ancora l’orologio sul caminetto, che ticchettava piano.

Forse era rotto perché il tempo sembrava non voler passare.

Diede un colpetto al vetro: le lancette non la convincevano. Sembravano ferme. Anzi, sembravano andare indietro anziché avanti…

"Sì, senz’altro rotto. Il tempo non può essere riavvolto, purtroppo!"

Nanny aveva dato ancora del laudano ad Andrè e lui aveva smesso di lamentarsi. Gli avevano rimesso le bende e lui si era assopito sul divano.

Magari fosse stato possibile far tornare indietro il tempo, sapendo quel che sapeva ora!

Avrebbe potuto mettere a posto le cose! Tutti i dannati pasticci degli ultimi due mesi…

Per cominciare, avrebbe evitato di perdersi dietro a Fersen. Non avrebbe affrontato la figuraccia del ballo, l’umiliazione di esser scesa a livello di una qualunque insulsa dama. E non si sarebbe rosa in tutti quei dubbi, quelle fantasticherie assurde, quegli imbarazzanti sogni ad occhi aperti, indegni di lei. 

Le sembrava passato un secolo da quando aveva pensato a Fersen ... in quel certo modo.

Dopo la sera del ballo, aveva continuato ad evitarlo. Non se la sentiva proprio di affrontarlo. Schivarlo non era affatto facile, ma fino ad ora c'era riuscita. Non che fosse qualcosa di cui andare orgogliosa, specie per il coraggioso comandante della Guardia Reale, in questo fuggire ogni volta che lo vedeva spuntare in un corridoio, in un viale, in un colonnato..., ma gli uomini lo facevano da sempre, perchè non lei!?

"Già Oscar ... Tipico atteggiamento maschile, voler sfuggire al confronto sentimentale..."

E poi, aveva bisogno di tempo, per capire cosa dirgli, quando quel momento sarebbe arrivato. 

"Che situazione!"

...Tic toc ... "Benedetto tempo!" ... tic toc ...  "Maledetti sbagli!"

"… E soprattutto …

Si volse verso il divano.

... Soprattutto non avrebbe dato la caccia al Cavaliere Nero, permettendo che Andrè si assumesse tutti i rischi e le fatiche. Pagando, alla fine, al suo posto. 

Lui avrebbe potuto perdere la vita, quella notte... Lui, che c'era sempre per lei, da sempre... Se lo avesse perduto, cosa sarebbe stato di lei?

"Il nulla?"

Lo guardò lì, nella penombra. La coperta bianca rimboccata fin sulle spalle, i capelli scuri sparsi sul cuscino di raso rosso. Il folto ciuffo calato sulla benda. 

"... Andrè ... Andrè ... Andrè..."

Il suo respiro era regolare.

Sicuramente, non c’era da preoccuparsi, si diceva.

La ferita era seria ma non grave, aveva detto il medico alla prima visita.

"Sicuramente, una sciocchezza…"

Aveva sbendato l’occhio troppo presto, per camuffarsi da Cavaliere Nero ed andarla a salvare, ma non poteva perdere la vista per una cosa come questa.

 "… No, non può …"

Si torturò le mani.

Udì delle voci. Il medico era finalmente arrivato.

Entrò nella stanza con Nanny che reggeva un candelabro.

L’uomo la salutò con un cenno del capo e, rapido, cominciò ad estrarre l’occorrente dalla borsa.

Marron Glacè si avvicinò al nipote, lo scosse delicatamente, chiamandolo ed Andrè si svegliò.

Oscar non riusciva a sentire bene quel che il medico gli chiedeva sommessamente. Poi lo vide togliergli la benda e prendere una candela come aveva fatto la notte del ferimento.

- Dimmi cosa vedi – gli disse, portandogli la fiamma davanti.

- Sì, certo – rispose Andrè coprendosi l’occhio sano.

Ormai sapeva com’era la procedura.

Il dottore mosse a destra e sinistra la luce.

Ma Andrè continuava ad attendere che l'esame cominciasse.

- Mi dispiace, ragazzo – disse il medico seccato – Avevo chiaramente ordinato che tu non togliessi la benda senza il mio permesso… Hai perso per sempre l’uso dell’occhio sinistro!

L'orologio smise di ticchettare.

 

 ***

        Andrè entrò nella stanza dove il Cavaliere Nero dormiva profondamente grazie alle droghe propinategli dal dottore.

Lei era là, sul terrazzo e gli voltava le spalle.

Vedendole la spada fra le mani, non era per lui difficile immaginare cosa avesse tentato di fare.

E ciò in un certo senso lo lusingava.

Sapere che lei tenesse così tanto a lui da uccidere, forse.

Oscar fuori di sé per quel che era successo…

Oscar che soffriva per lui…

Che impazziva di dolore…

Ma gli piaceva ancor più che si fosse fermata.

Gli piaceva che quella dea della guerra avesse rinunciato alla vendetta perché nulla avrebbe pareggiato il dolore provato da Andrè.

Perché sapeva che lui non avrebbe voluto altro sangue.

Perché forse nemmeno lei voleva il sangue di quell’uomo in particolare.

La guardò lì, col vento ad agitarle i capelli, così come le emozioni agitavano il suo cuore.

- Non è cambiato molto per me… - disse alle sue spalle.

Oscar sussultò.

- Davvero! Io posso ancora vedere il sole, le persone …

Lei non rispondeva.

- Ascolta …vuoi davvero consegnarlo alle autorità?

Si voltò di scatto, improvvisamente indignata, furente. "... Ancora quei discorsi! ..."

Lo guardò un attimo: niente bende, solo un ciuffo castano calato a nascondere la conseguenza del suo capriccio.

- Un ladro resta un ladro! – esclamò, senza permettere alle emozioni di falsarle la voce.

"... Ed un servo, resta un servo..." , riuscì solo a pensare Andrè.

"Oh, Oscar... Che fine ha fatto la bambina ribelle che si arrampicava spavalda fino allo scaffale in alto dei libri proibiti!?

Crescendo, era diventata così lei: diceva solo quel che voleva dire e, peggio, ascoltava solo quel che voleva ascoltare. (2) 

- Certe volte sono proprio un illuso… - mormorò lui sorridendo di sè - Qualche volta dimentico di lavorare per dei nobili e che voi certi discorsi non li capirete mai e poi mai. Davvero, sono proprio un illuso a pensare che … - si fermò di colpo, come se ritenesse inutile proseguire - Niente! - esclamò.

Con un gesto secco della mano mimò l’equivalente di “spazzar via tutto”, mentre la sua mente rimuoveva il ricordo  di riccioli dorati che lo solleticavano.

Arrivò alla porta e si fermò un istante senza voltarsi verso di lei.

- Un illuso … proprio un illuso – mormorò ancora, stancamente.

Si sentiva proprio così: stanco. Stanco di tutto e, a dirla tutta, un po’ stanco anche di lei.

Per una volta avrebbe voluto che lei fosse venuta a cercarlo e … lui non si fosse trovato lì per lei!  

Avrebbe voluto dirle finalmente “no”, quando lei, sicura di lui, della sua presenza, del suo appoggio, avesse chiesto conforto.

Per una volta nella vita, magari, avrebbe voluto levarsi la soddisfazione di piantarla lì, tutta sola a sbrigarsela. 

"Oh, sì! Una volta sola …"

Oscar aveva il potere: un solo battito di ciglia ed avrebbe potuto farlo scomparire! (2)

"... La dea dà, la dea può togliere! ..."

Mentre lui?

Lui sognava di essere per lei come l’aria (2), perché questo era Oscar per Andrè.

Sognava che pensasse a lui, solo a lui. (2)

Qualche volta si domandava se i nobili ce lo avessero un cuore come il suo.

Un cuore tormentato, sanguinante e che piano piano, stava morendo.

"... Ma perché diavolo non me ne vado da questa casa?!... " (3) 

 

 ***

 

        La mattina seguente, scese le scale un po’ malfermo. 

Aveva detto che non era cambiato quasi niente, ma in realtà, muoversi con un occhio solo, non era così facile. Sì, ci avrebbe fatto l’abitudine, ma per intanto, gli spigoli erano tutti suoi! 

E le mezze sbronze quotidiane, non aiutavano di sicuro a mantenere l'equilibrio! 

Dopo aver rischiato di schiantarsi contro un tavolino che non era dove avrebbe dovuto trovarsi,  travolse una pianta nascosta nella mezz'ombra mattutina dell'ingresso; dopo essere inciampato nella lunga gamba di una malefica poltroncina ed aver afferrato miracolosamente una preziosissima porcellana cinese, regalo di nozze per i coniugi Jarjaies, prima che questa rotolasse dal "commode", dono di Luigi XV in persona, urtato maldestramente, Andrè riuscì ad entrare, lievemente stravolto, in cucina da dove proveniva un profumo di biscotti appena sfornati. 

Ecco...Quella era una stanza che avrebbe sempre trovato  a  naso!

La nonna veloce gli apparecchiò la colazione.

- Non vuoi che prima porti qualcosa all’ospite? – le chiese.

...No, non ce ne era bisogno...

Nanny gli disse che, la sera prima, col buio, il Cavaliere Nero era stato portato a Parigi dalla carrozza dei Jarjaies.

"... Niente gendarmi, niente prigione...."

Oscar lo aveva affidato alle cure di Rosalie per la convalescenza.

Andrè sentì come aria fresca nei polmoni.

... Forse Oscar lo aveva ascoltato!

Forse, … non era così illuso! ...

La vide entrare in cucina, passo deciso, fronte aggrottata, sguardo basso. Lei posò seccamente la giacca dell'uniforme su una sedia; la spada, invece, sul tavolo.

- Buongiorno! – la salutò.

- Sì, ciao! – borbottò lei, senza alzare gli occhi su di lui, mentre prendeva posto.

Andrè sorrise.

... Sì, lo aveva ascoltato.

Si comportava sempre da scorbutica quando seguiva i suoi consigli.

Era un modo come un altro per non ammettere che lui aveva ragione e lei torto marcio.

"... Il suo benedetto orgoglio senza limiti!"

Le allungò il piatto coi biscotti, tenendo gli occhi su di lei.

Oscar ne prese uno e cominciò a succhiarlo e mordicchiarlo piano, come faceva da bambina.

Nanny le posò davanti una tazza di latte fumante.

Lui restò a guardarla mentre con entrambe le mani, portava la tazza alla bocca, soffiava piano per raffreddare; nel farlo, le labbra si arricciavano e caute si avvicinavano al bordo caldo; piano piano,  come dopo la volta che si era scottata, tanti tanti anni prima. 

"... La piccola Oscar di sempre!... "

- Vorrei chiederti un favore – disse, col un sorriso sfrontato e divertito stampato in faccia.

- Dimmi …

Ancora non lo guardava.

- Vorrei esercitarmi alla spada con te. Con un occhio solo è difficile valutare le distanze e non vorrei trovarmi in difficoltà, casomai dovessi battermi sul serio.

- Mmm … - deglutì un sorso e ancora non lo guardava – Va bene, ma oggi pomeriggio. Adesso devo andare a Versailles.

- Sì, certo. Grazie, Oscar!

Terminò la colazione, con Andrè davanti che la fissava imperterrito ed impertinente.

Non gli disse una parola in più e non alzò lo sguardo.

Quando fece per alzarsi, Andrè lasciò rotolare la mela con la quale si era gingillato per  tutto il tempo, sul tavolo, nella sua direzione.

Oscar la fermò prima che potesse cadere.

- Buona giornata, Oscar … – mormorò con tono caldo, ma anche divertito.

- Sì, ciao! – borbottò ancora lei, apparentemente impassibile; ma prese la mela, sbirciandolo di sottecchi.

 

***

     Fersen venne quasi travolto  dallo  sciamare di  domestici in allarme.

- Che succede? - chiese afferrando un valletto per il braccio.

- Il principe Joseph, signore, sta molto male!

"Povero Joseph! E povera Antoinette!", pensò "Lei vive per i suoi figli!"

Gli appartamenti di Joseph erano chiusi a tutti, ma lui sapeva dove avrebbe potuto trovarla più tardi.

E così fece. Quando tutto si calmò, andò alla cappella.

Lei era lì, disperata, in ginocchio all'altare.

Doveva parlarle, stringerla, consolarla per quanto possibile, ma ...

si fermò sentendola parlare.

"la malattia di mio figlio è forse una punizione per gli errori che ho commesso?", diceva.

Errori? Alludeva anche a lui?

... No, non la sua 'Toinette! ... Non poteva pensare a lui come ad un errore! 

"Però ... In che altro modo poteva essere definito l'amante di una donna sposata, il "favorito" di una regina, tra le mura di una chiesa, davanti a Dio ed a un bambino morente?"

Si posò di schiena alla colonna. 

Davanti a suo figlio, lui scompariva. Era giusto così, ma faceva male comunque ...

Sentì un bisogno: quello di isolarsi, di dimenticare, di zittire quella sofferenza ... Un bisogno, che qualcun'altro avrebbe potuto identificare con una bottiglia.

... E lasciò sola la donna che amava, perchè nulla poteva fare, in quel momento, in quella occasione.

E perchè essere definito "un errore" ... no, non era piacevole da sentire per un uomo innamorato.

Uscito nel cortile, vide una sagoma conosciuta discutere con Girodelle.

- Oscar! - chiamò.

Ma era già montata a cavallo e si era allontanata verso i cancelli.

Non lo aveva sentito...  Era già passato un mese dal ballo e non era ancora riuscito a parlarle! 

"Oscar ... Oscar ... Oscar..."

Con sorpresa, si scoprì assetato.

***

Era riuscita ad evitarlo ancora una volta!

"Complimenti, Oscar! Davvero coraggiosa!"

Stavolta c'era mancato un soffio!

Ancora un istante e le sarebbe toccato affrontarlo!

Meglio continuare a comportarsi da uomo e fuggire!

"Accidenti! Tutta colpa di Girodelle!"

Le aveva fatto perder tempo ancora una volta! Sembrava che da un po', non riuscisse più a prendere uno straccio di decisione senza consultarla!

"Comandante ... quà? ... Comandante ... là?" 

Per ogni sciocchezza la interpellava.

E poi, ... avrebbe giurato d'averlo sopreso ad annusarle i capelli, una sera nel suo ufficio, mentre le passava alcuni ordini di servizio da firmare ...

"Mah..."

Il tempo a Versailles stava davvero diventando pesante da trascorrere, tra le stranezze di Girodelle e quel continuo schivare Fersen...

E lei, quel pomeriggio, sentiva solo il bisogno di tornare a casa, come se lì non riuscisse più a respirare!

Arrivata a palazzo Jarjaies, nelle scuderie, trovò ancora il sostituto di Andrè, pronto ad accudirle César. Sapeva che, almeno per qualche giorno, Andrè sarebbe rimasto a riposo, ma non potè evitare di pensare che forse si era sentito male di nuovo. Corse in casa, preoccupata.

Andò diretta alle cucine, ma si fermò all'improvviso, udendo due voci scherzare; e si diede dell'idiota, per aver pensato che lui ... che lui stesse male!

- Caspita! Sei una vera artista del biscotto "a coniglio"! - rideva Andrè.

- Guarda! - gli diceva Manon, mostrandogli un biscotto controluce ed urtandogli il braccio con il suo voluminoso decoltè - Guarda come è riuscito bene il codino di questo!

- Un peccato mangiarlo ... Quasi! - ribatteva Andrè, che certo non sembrava intenzionato a metter distanza tra di loro.

"Ma? ... razza di cretino...!"

Oscar si era fermata appena in tempo, sulla porta e, non vista, riusciva ad osservarli da lì, riflessi nelle ante della credenza, mentre seduti a tavola, bevevano cioccolata e sgranocchiavano i dolcetti portati dalla ragazza.

Vide la brunetta allungare piano la mano verso il ciuffo di capelli che gli nascondeva l'occhio ferito.

- No! - esclamò secco lui, bloccandola per il polso.

- Ti fa male? - gli chiese con una vocina mielosa.

- Solo se rido troppo. - ironizzò lui. - E' meglio che tu vada, ora ... Tra poco tornerà madamigella Oscar.

- E allora? E' così severa con te da non permetterti di avere una vita privata? - domandò.

- Non sono sicuro di volere una vita privata, in questo momento, Manon ...

Oscar si sentì inspiegabilmente sollevata da quella risposta.

Manon annuì comprensiva, lasciando intendere d'aver capito che era stata, almeno per il momento, educatamente scaricata; e si alzò lentamente dalla sedia, esibendo ancora una volta il suo "biglietto da visita" a pochi centimetri dal naso di Andrè.

L'uomo l'accompagnò fuori, verso il suo carretto che attendeva nel cortile della servitù.

Oscar entrò in cucina, cauta, cercando di seguirli con lo sguardo e prese un biscotto dal cestino.

Mordicchiò una delle lunghe orecchie di pasta alle mandorle, guardando Andrè che aiutava la ragazza a salire a cassetta.

"Accidenti...!"  ... Pure buoni, erano quei maledetti biscotti ! ...

La vide strusciarsi tutta mentre lui la sollevava e chinarsi poi a sfiorargli la guancia con un bacio.

-... che sgualdrinella! borbottò Oscar, staccando con un morso la testina zuccherosa.

Quando il carretto si mise in movimento, realizzò che presto Andrè sarebbe rientrato da quella porta finestra. Precipitosamente, trangugiò il resto del biscotto e corse fuori della cucina, slittando leggermente nel curvare verso l'anticamera delle stanze di servizio. Si ricompose appena in tempo per far credere di essere arrivata in quel momento.

- Ah! Ecco dove eri finito! - esclamò rientrando in cucina e sfilandosi i guanti bianchi con noncuranza - Sù! Vai a prendere i fioretti che usciamo ad allenarci! Io salgo a cambiarmi. Che c'è? - chiese seria e con tono irritato, vedendolo sorridere.

Andrè scosse il capo. "Nulla", fece cenno con la mano.

- Oh... Bene! Allora ..., due minuti e sarò di ritorno! - disse lei, uscendo.

"Nulla ..." , pensò Andrè divertito " Nulla a parte lo zucchero a velo traditore che hai agli angoli della bocca, Oscar!"

"... Oscar ... Oscar ... Oscar..."

*** continua

 

1) "Le baccanti" di Euripide, non l’ho mai letto, solo riassunti e commenti, quindi potrei citarlo a sproposito, ma mi sembrava in tema: vino, Bacco, Baccanti … Storia abbastanza “pesante” sotto tanti punti di vista, da poter essere proibita a dei ragazzini… e, se consideriamo questa frase “non possiamo più subire dalle donne ciò che subiamo”, pericolosissima per un uomo come il generale che vive con 8 donne in casa: era sicuramente da mettere sull'ultimo scaffale!

2) Celine Dion: "Eyes on me", sparsa in giro... Se qualcuno vuole divertirsi a spulciare il testo, eccolo qui:  http://www.youtube.com/watch?v=Qs_3WwQfSOQ&feature=related

3) se sembra tanto OOC ricordo che è un po'  "fatto" di laudano, il ragazzo ..
 

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Capitolo 4
*** Tempesta perfetta ***


TUTTO PUO' CAMBIARE 4

x Tetide: eh,sì, cara, siamo fortunate! Olympe de Gouges, scrittrice, redasse "Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina", per sottolineare le "dimenticanze" della versione al maschile e perse la testa (fisicamente) per aver criticato Robespierre: insomma, diritto alla ghigliottina, ma non all'assemblea (parole sue)!
x Kira 91: lo zucchero a velo? eh, non c'è come avere sempre lo sguardo su certi punti, per cogliere quel che c'è da vedere ... anche per un mezzo orbo come il cucciolotto, che tanto cieco ancora non è!
x Lady in blue: grazie! Coi ricordi volevo mettere in parallelo la Oscar "tosta" con quella "rigida", che possono sembrare uguali, ma la prima è forte, l'altra troppo fragile dentro. Ma forse non ci sono riuscita bene...
x Pry: lo scontro per il CN: volevo Andrè deluso per le differenze tra la Oscar bambina, col coraggio di portare a termine le sue imprese (tipo libri proibiti), e quella inamidata dalle regole che non vuole più vedere oltre il suo naso. x Fersen: allora il "lifting" funziona un po', eh?
x Ninfea Blu: oddio, ti ringrazio per aver utilizzato il termine "dipanato", xche in realtà a me girava un po' la vista con tutto il mio saltare tra i loro pensieri come un canguro e temevo il disastro, cosa che però può ancora accadere! Anche secondo me l'episodio del Cavaliere Nero ha cambiato Oscar: ha cominciato a pensare cosa sarebbe stato perdere Andrè. Spero di non deluderti con "la resa dei conti"

x Baby80: il "ti amo": davvero io l'ho sempre visto come un attimo di incoscienza coraggiosa di Andrè ... In fin dei conti, stava male e ... non penso Oscar avrebbe picchiato un ferito!!! : ))
x Audreyny: Ciao! ti è sembrata ... "sbriciolata" la seconda parte? E' vero, ho saltato qua e là come un coniglietto eh eh Spero di riuscire a raccogliere le briciole e portare i nodi al pettine ... senza fare disastri o diventare ridicola
x Danish: grazie!!! proprio quel che volevo da questa "minestrina": perchè prendersela con Fersen, che può avere tutti i difetti del mondo, ma non è lui che è venuto a cercare Oscar, bensì la bionda che gli corre dietro? E non si accorge che sono troppo diversi! Per la sintonia dello svedese con Andrè, l'ho vista così:: Andrè è onesto, lo sappiamo; non può sparare a zero su chi in fondo, non lo merita; non è un fan di Fersen, ma rispetta l'ospite e lo rivaluta parlandoci; non è aristocratico, non può fargli vera concorrenza se Oscar è decisa a volere Fersen... Le cose stavano così, sob : / E per la rivalità, se il/la rivale merita, capita di vederlo/a con gli occhi di lei/lui e, magari, non proprio amicizia, ma il rispetto arriva.

Sono un tantino tesa per il finale che attendete con Fersen, quindi vi "butto" il pezzo xchè se continuo a rigirarlo, ... lo butto davvero!
Grazie sincero a tutte e ... fatemi sapere se mi sono persa o cado nel ridicolo! (specie per la parte ... imbarazzante) : )




4 - Tempesta perfetta.

Era già pomeriggio inoltrato, ma Oscar non aveva scordato l'impegno preso con lui e ci teneva più che mai a dargli una lezione.

Sentiva ribollire dentro di lei qualcosa, mentre in camera sua, levava l'uniforme per indossare abiti meno formali, che le consentissero movimenti sciolti, più liberi.

Sì, qualcosa... Ma, no, non era rabbia ... Irritazione? Fastidio? ... Forse era solo il retrogusto di mandorle per un biscotto che, sebbene buono quanto grazioso era il coniglietto della sua forma, forse tanto dolce e digeribile non era. Non per lei.

Si guardò un istante allo specchio, di sfuggita, come richiamata dall'ombra riflessa.

Non era certo tipo da perdersi rimirando sè stessa: quel mobilio serviva solo a controllare che uniforme, medaglie e sciabola fossero in ordine come richiesto ad un ufficiale.

Ma, sfilando dalle braccia la camicia, aveva avvertito la curiosità di guardare oltre gli abiti.

E sorrise, come quando da piccola, tramava qualcosa.

- Ti avverto, Andrè! Ci andrò giù pesante! – lo avvisò, andandogli incontro in giardino.

- Non è quello che fai sempre? – obbiettò lui, notando che il suo umore era migliorato da quel mattino.

"... Forse troppo migliorato... "

...La cosa lo inquietava un poco.

- Oh, no! Oggi te le voglio proprio … suonare! - disse, sibilando piano l'ultima parola, esibendo il suo miglior sorrisetto da bulla.

E diede con la punta della propria lama un colpetto al fioretto dell’amico, disteso lungo il suo fianco.

- Dovresti essere carina con me … Sono convalescente! – le fece notare, con un tono birichino, inclinando il capo e guardandola sottecchi, mentre lei gli girava attorno come un felino fa con la sua preda.

- Vuoi che ti procuri una balia, Andrè? – lo provocò con una strizzatina d’occhio.

Lui si domandò se non ci fosse qualche riferimento a Manon ed alle sue forme prorompenti.

- Mi accontento di qualche … attenzione! - replicò sornione, notando che Oscar non indossava le solite fasce sotto la camicia.

Erano anni ormai che Oscar si strizzava in quegli strumenti di tortura.

Sospirò intravedendo le sue forme sotto il leggero cotone.
"Caspita!... che strano ..."

Sì, strano come fosse a volte difficile mettere a fuoco tante cose attorno a lui, mentre certi particolari ...
Deglutì e si passò la punta della lingua sulle labbra.

"... Accidenti, Andrè ... Proprio come la lingua batte dove il dente duole, chissà come il tuo sguardo finisce sempre su di lei... Specie su certe parti di lei ! ..."

Quel pomeriggio rischiava di diventare ... impegnativo, per lui. Prima Manon, con i suoi attentati al suo autocontrollo, ed ora ci si metteva anche Oscar!

Voleva distrarlo e svantaggiarlo? Gli era difficile credere che potesse ricorrere a certi mezzucci, ma era anche difficile pensare che le fasce mancanti fossero solo una dimenticanza casuale...

"Oh, Oscar ... Oscar ... Oscar... Ma che ti frulla oggi sotto i ricci?"

Si giravano in tondo entrambi, ora, con le punte delle lame abbassate, che picchiettavano tra loro, di tanto in tanto, come per saggiare le reciproche intenzioni bellicose, ridendo delle vicendevoli frecciate.

In realtà, uno spettatore estraneo, avrebbe anche potuto intravedere uno schema di corteggiamento in quello sfiorarsi a distanza. Un girotondo non solo fisico. Un girotondo che si faceva sempre più stretto. (1)

- Oh, non temere … - lo rassicurò irridente, dandogli una leggera spallata, mentre lo sguardo le cadeva distrattamente nello scollo scomposto e rivelatore della di lui camicia - ... Avrai attenzioni da me! Sì, starò attenta a non infilzarti come una pernice allo spiedo!

- Ma quanto parli! – esclamò facendole una boccaccia.

Oscar si allontanò di due passi e partì con una assalto, che fortunatamente, perché di fortuna si trattò, Andrè riuscì a parare.

- Se non avrai problemi con me, non li avrai con nessuno!

- La solita modesta … - la rimproverò, accompagnando un affondo.

- Sono solo realista: sono davvero brava!

La lama di Andrè sibilò vicino al suo ventre.

- Ahi!

Si toccò poco sopra la cintura. Le gocce di sangue spiccavano sulla camicia candida, ma indicavano un graffio da poco.

- Cielo! Scusa, mi sembravi più lontana! – esclamò Andrè, preoccupato e colpevole.

Oscar strizzò gli occhi per imitare uno sguardo feroce.

- Macché scusa … Difenditi, villano!

Cominciò a colpire in serie, obbligandolo ad arretrare.

Si stava divertendo un mondo, vedendolo sudare tanto!

Andrè ci vedeva davvero poco bene; l'occhio non era sufficientemente veloce nel mettere a fuoco i veloci movimenti di lei, ma non voleva fare la figura del piagnucolone.

... O, come avrebbe detto lei, del “mollaccione”.

Arretrò finché inciampò e cadde col deretano sul bordo della fontana.

- Magnifico! Fine del duello! – esclamò Fersen arrivato in quel mentre a cavallo.

Oscar lo guardò sorpresa, ma stranamente, non tanto lieta.

- … Fersen? … Che visita inaspettata… - mormorò delusa per l'interruzione, cercando allo stesso tempo di recuperare nella sua mente uno dei tanti bei discorsi che aveva provato e riprovato con sè stessa in quell'ultimo mese, per quando lo avrebbe rivisto.

Naturalmente, Oscar lo invitò a fermarsi per cena.

Ovviamente, lo svedese accettò.

Fersen era loquace, come sempre quando si trovava con lei; anzi, quasi logorroico. (2)

Ma anche Oscar sembrava aver parecchio da dire.

... Nonostante quel che era o non era successo, la simpatia tra loro era un fatto, pensò Andrè.

Quando decisero di continuare la serata nel salotto, davanti al camino, Andrè servì loro del cognac (3) e li lasciò soli a conversare, sebbene sembrasse che il momento delle chiacchiere fosse finito ed entrambi stavano lì a fissare il nettare nel bicchiere, senza guardarsi..

Andrè non voleva accidentalmente sentir nulla che riguardasse la sera del ballo o … assistere a qualcosa di peggio, visto che le pause silenziose aumentavano.

Si rifugiò nelle cucine dove Nanny stava pulendo le verdure per il giorno seguente.

Lo guardò mentre si sedeva di fronte a lei, con un bicchiere ed una bottiglia di vino.

- Pensi che il conte Fersen sia interessato alla nostra Oscar? – disse a bruciapelo.

Andrè esitò un attimo.

- Perché chiedi questo?

- Beh, il vestito era per lui, vero?

- Ma che razza di domande mi fai! – sbuffò lui, distogliendo lo sguardo e versandosi da bere. - Non lo so! – mentì spudoratamente, con tono secco, per troncare la discussione.

Restarono in silenzio per un po’.

Andrè sorseggiava piano il vino.

Nanny lavorava tenendo lo sguardo su di lui, al di sopra degli occhialini tondi.

- E tu?

- Io cosa?

- Quand’è che ti troverai una moglie con la quale darmi dei pronipoti?

Gli rifilò, veloce, un piatto con dei dolcetti al cioccolato, prima che lui potesse risponderle.

- Dopo una domanda così, non mi compri coi biscotti … - disse serio.

- La vita corre, Andrè … Non è bello svegliarsi un giorno e ritrovarsi soli coi propri rimpianti.

Andrè si riempì ancora il bicchiere, senza guardarla.

- ... so che hai rivisto la figlia del mugnaio …

- … Nonna …! - mormorò piano, a mo’ di rimprovero.

- Una ragazza molto simpatica e graziosa … - continuò imperterrita.

- … nonna…

- Ha già diciassette anni…

- … Me la ricordo bambina e sembra ieri - commentò lui, rimastoci male.

- Già! Il tempo passa per tutti, ragazzo mio …

Andrè chinò il capo, perdendosi nel nero del bordeaux.

- Comunque, … io vorrei … una un po’ più grande … - disse piano, quasi a sé stesso.

Marron picchiò una manata sul tavolo. Gli occhi le stavano diventando lucidi.

- No, tu non la vuoi! – esclamò a bassa voce, per timore d’essere udita da altri, scandendo bene le singole parole.

Aveva smesso di girarci intorno.

- Devi smetterla, Andrè! Tu sei un servo! Non è giusto che tu la pensi!

- Ahh! Però è giusto che lei sia di là con l’amante della Regina!? – sbottò Andrè, ma con lo stesso tono di voce sussurrato.

- Devi smetterla! – gli ripetè – Così fai del male a te ed anche a lei!

Lo sguardo di Andrè si illuminò di sorpresa.

- Che intendi con “anche a lei”?

Marron restò a bocca aperta per quel pensiero che le era quasi sfuggito di bocca.

Per quel timore che l’aveva accompagnata negli anni e che la spingeva continuamente a mostrarsi severa col suo piccolo, più di quanto lui meritasse.

Quella paura che Oscar potesse un giorno ricambiare i sentimenti pericolosi del suo Andrè.

Quell’ansia che, gesto dopo gesto, sguardo dopo sguardo, sospiro dopo sospiro, Oscar le stava trasformando in certezza, soprattutto dopo l'incidente col Cavaliere Nero.

Guardò l’orologio sulla mensola del camino.

- E’ tardi. Io andrei a dormire. Resti sveglio tu al mio posto?

Quando Nanny troncava un discorso, non c’era niente da fare.

- Sì certo, nonna, vai pure. Non ti preoccupare, qui faccio io.

- Tra un po’ vai a vedere se hanno bisogno di qualcosa e … Lo sai, non sta bene che madamigella rimanga sola tanto tempo con un uomo senza chaperon.

"... Con un uomo …"

Oscar trascorreva con Andrè quasi ogni istante da una vita …

Lui contava niente per la reputazione della fanciulla?

…Sciocco, lui era un servo!

La sua presenza non intaccava la purezza di Oscar.

La cosa non era neanche contemplata.

Lui era Andrè, il solito Andrè, bravo e buono.

Più innocuo di lui, solo un eunuco!

Fersen, invece, era una minaccia concreta.

"Affascinante, rampante, benestante … con una pessima reputazione di donnaiolo."

Anche se per lo più si trattava del parere di uomini stracciati ed inviperiti e di donne rifiutate…, ammise con sè stesso.

A parte questo “piccolo” debole per le sottane, lo svedese aveva pedigree e tutte le carte in regola: un ottimo affare per la famiglia Jarjaies!

Affare, magari anche d’amore per Oscar, ma affare restava.

Rimasto solo, bevve un altro bicchiere; s’affettò un po’ di pane e salame e restò lì a pilucchiare, con lo sguardo perso nel nulla.

Che aveva voluto intendere la nonna con “anche a lei”? Forse Oscar si era lasciata scappare qualcosa su di lui? O forse, e questa gli sembrava una ipotesi più probabile, Marron intendeva che chi ama davvero, deve essere in grado di lasciare andare?

Ma lui non ne era capace!

Poteva bere per dimenticare, stordirsi per non pensare… Ma riusciva solo a stare peggio.

Guardò l’ora.

"... Meglio fare un giro di ronda in soggiorno."

Ci avrebbe volentieri rinunciato, ma sapeva che la nonna lo avrebbe chiesto ad Oscar la mattina dopo.

"... E poi …."

La sua immaginazione di uomo geloso, non osava neppure aprire la porta mentale che dava su quella stanza per paura delle conseguenze.

Perché lo svedese non si era fatto vivo per un mese intero?

Perché si era fatto vivo ora!

Cos’era accaduto a quel dannato ballo?

Perché entrambi fingevano che quella sera non ci fosse stata?"

Continuava a rodersi camminando verso il salone.

Ma in realtà, non si aspettava ciò che vide.

Agli occhi di Andrè la scena apparve come il preludio dei suoi incubi peggiori.

Oscar in posizione di inferiorità, bloccata sulla poltrona; lo svedese che le stringeva il polso ed era vicino, troppo vicino a lei.

Avvenne tutto velocemente.

Oscar si alzò in piedi di scatto, rovesciando tavolino, bicchieri di cristallo e bottiglia di cognac, per fuggire da quella stretta imbarazzante.

Urtò quasi Andrè, mentre usciva coprendosi il viso. Singhiozzava.

Fuggiva ancora, fatta a pezzi da un cuore di donna e dagli occhi troppo blu di uno sciupafemmine.

“Occhi troppo blu, per essere onesti”. (4)

Andrè guardò Fersen con istinto omicida.

L’aveva fatta soffrire!

Che voleva?

Ci aveva provato?

"Ma, sì! una in più nella lista di conquiste! No, Fersen, lei non è una delle tue tante amiche sempre pronte a consolarti! Non è una svenevole e civettuola damina col tempo da colmare in qualche modo. Lei è unica in tutto quel che è e che fa. E’ preziosa, insostituibile … Tu lo sai! Perchè le fai questo!?"

La tregua era finita.

Aveva spezzato il cuore di Oscar e non glielo poteva perdonare.

Fece qualche passo verso di lui, il sangue picchiava nelle vene, le mani prudevano … Era pronto ad affrontarlo!

"... Al diavolo le conseguenze!"

I loro sguardi si incrociarono: profondità del mare, contro il cielo invernale…

Un cielo troppo blu… Un cielo in lacrime …!

Le lacrime di un uomo senza più amici.

Un uomo rifiutato da una donna fuori del comune; una donna che gli aveva negato consolazione, perchè lei non accettava secondi posti, nel cuore e nella vita.

Lei era da amare totalmente, senza riserve, senza distrazioni.

Cosa che lui non sarebbe stato in grado di fare. Mai.

Andrè se ne rese improvvisamente conto.

Fersen gli faceva pena!

Il pugno chiuso, si allentò davanti alla devastante tristezza, alla solitudine dello svedese.

Le loro situazioni non erano molto diverse.

Entrambi innamorati di donne vicine, ma irraggiungibili.

Ciascuno con la sua dea, col suo amore impossibile, col suo tormento.

Ciascuno con la propria debolezza, pronto a consolarsi dove la consolazione arrivava.

Che fossero fanciulle ben disposte od un bicchiere di cognac.

Lo svedese gli passò accanto, lo sguardo chino, ma non si dissero una parola.

Entrambi sapevano che Fersen non avrebbe più rimesso piede a palazzo.

… povero Fersen …

… povero Andrè …

***

Lo svedese se ne era andato già da un po’, dopo essere andato a parlarle, quando Andrè l’aveva vista rientrare.

La trovò nel salone, in ginocchio a raccogliere pezzi di cristallo.

Era uscito anche lui, subito dopo Fersen. Li aveva osservati da lontano. Aveva resistito alla tentazione di andare ad origliare, più vicino alle scuderie dove Oscar si era rifugiata.

In fondo, aveva idea di cosa le avrebbe detto Fersen; in fondo, aveva idea di cosa avrebbe detto lei ... Beh, almeno, ci sperava.

Voleva esser solo sicuro che lei stesse bene.

Ora la guardava fare qualcosa che, una aristocratica, non avrebbe dovuto.

Forse lei si sentiva a pezzi come quella bottiglia, fragile come quei bicchieri; forse, era in ginocchio e non solo fisicamente.

- Posso fare qualcosa per te? (5) – le chiese con quella snervante educazione che aveva perfezionato negli anni.

Quella era la domanda che faceva quotidianamente, incessantemente, ormai anche stancamente, da una vita.

Quella era la domanda alla quale lei, mai, rispondeva come nei suoi sogni.

- No! – mormorò Oscar, dura, arida, se non per quel luccicare dello sguardo tagliente che gli rivolse.

Andrè sospirò.

" Oscar... Oscar ... Oscar ... mai niente cambia , vero?..."

- Come vuoi – disse voltandosi .

Arrivò alla porta e ci ripensò.

"… zuccona caparbia …"

Ritornò sui suoi passi.

Si chinò per rimettere a posto il tavolino. In fin dei conti, era un suo dovere.

- Ho detto che PUOI andare! – ringhiò lei, dando a quel “puoi” il suono di un ordine.

- Sì, ho sentito. Sono cieco di un occhio, non sono sordo! – ribattè sarcastico, con un sorriso amaro.

Si inginocchiò per aiutarla coi vetri.

- Vai via! – sibilò con voce spezzata dal pianto rabbioso che sentiva arrivare e che voleva nascondergli.

- Non fare la bambina… - la rimproverò.

Lui stava per prendere una grossa scheggia, ma Oscar, irritata, gliela rubò tanto bruscamente da ferirsi.

- Ahia!

Mollò la presa e si guardò il dito sanguinante. Andrè sospirò, scotendo il capo.

"... la solita prepotente ..."

- Fai vedere! - disse gentilmente allungando la mano sulle sue.

- No, vai via! – ringhiò, ritraendosi brusca.

- Non fare la testona! – disse prendendole il polso della mano ferita.

Partì uno schiaffo violento al suo volto, che lui restituì immediatamente, senza risparmiarsi.

Al tentativo successivo, lui l’afferrò per entrambi i polsi, per bloccarla.

Finirono sdraiati sul tappeto, Oscar una furia, sotto di lui, le cui mani non sapevano più come fare per fermarla. Una furia che non poteva essere giustificata solo dal rifiuto allo svedese; Oscar non lo aveva incontrato più, dopo il ballo e non sembrava aver sofferto particolarmente in quel periodo.

Il conflitto dentro di lei doveva essere più profondo e Fersen era solo la cima dell'iceberg, solo il vertice di quella montagna di emozioni che lei reprimeva. C'era qualcosa che non riusciva ad accettare, ma che non poteva dimenticare, ignorare, eliminare.

Oscar si liberò, scalciandolo, e corse via.

Andrè riuscì a raggiungerla, chiuse la porta appena in tempo; lei ci sbattè contro e lui la immobilizzò col suo corpo, imprigionandola, di schiena contro l'anta, facendole mancare il respiro, tenendo le sue braccia sollevate e bloccate. Le picchiò i polsi contro il legno. Le fece male.

- Cosa ti aspettavi da lui? – esclamò adirato, non volendo lasciarle la possibilità di ignorare le emozioni, come faceva sempre - Doveva soffocare l’amore: per questo è venuto qui! Saresti stata solo una donna come tante!

- Tu vaneggi! Siamo amici! – sputò lei, con tono velenoso, tentando ancora di liberarsi e nascondergli la verità.

Per reazione, lui strinse di più sul suo corpo.

- Oh, andiamo, Oscar! Volevi essere un amico o ... una amica? Lo sappiamo come sono le amiche di Fersen! Davvero volevi far parte del gruppo? E poi, anche noi due siamo amici, ma ... - sospirò, chiudendo un istante l'occhio sano, calmandosi prima di riaprirlo su di lei - Sii sincera … - disse piano - Davvero credi che se tu fossi un uomo, dovrei riportarti a casa buono buono dopo le nostre serate di sbronza? Andiamo, lo sai che le serate degli uomini, finiscono con un divertimento ben diverso dall’alcool, in quei locali! Lui non ti riporterebbe a casa, senza sfiorarti con un dito, come faccio io!

- Tu sei solo un servo… - disse per ferirlo, come se la cosa lo rendesse meno amico e meno uomo ai suoi occhi.

- E tu … una donna! – ricambiò Andrè, con lo stesso intento offensivo, conscio di pungere sul vivo della cruda realtà - Sei una donna obbligata a vestirsi da uomo per essere ciò che vuole! E non riesci comunque ad avere ciò che davvero desideri!

- Vorresti dire che una donna resta una donna in ogni caso? – gli ringhiò, recuperando la sua forza rabbiosa, riuscendo quasi a liberarsi.

Anni di educazione, esercizio, sacrifici, missioni eroiche … Tutto questo, contava niente?

Andrè la picchiò ancora contro l'anta, esasperato ed indelicato quasi quanto lei.

- Non cancellerai mai il fatto d’esser nata femmina in questo mondo! – sospirò stancamente, sottolineando quel che per lui era ovvio, conscio di affrontare un argomento pericoloso e fraintendibile. - Non puoi evitare di desiderare e di essere desiderata. Non puoi semplicemente tracciare dei confini intorno a te, al tuo cuore, ed aspettarti che tutti li rispettino...

- Potrei lasciare la Guardia Reale! – buttò lì lei, irosa, fingendo di non starlo a sentire – Potrei, che so, andare in marina! - continuò sogghignando.

Lo stava provocando e non le era chiaro il perché. Perchè tutto quel veleno addosso ad Andrè invece che a Fersen?

- Lì non avrei bisogno di te, … attendente! E tu potresti passare il tempo fra le sottogonne della tua piccola, procace mugnaia! – aggiunse, cattiva.

Spalancò gli occhi, sorpresa di sè, e cominciò a realizzare il vero motivo della collera che da un po' si portava dentro.

"Ah, ecco! ..."

Andrè sorrise per quell’ultima frase: rabbia e gelosia.

Si concentrò sulla prima, forzandosi ad ignorare la seconda.

- Gli hai detto addio e vuoi fuggire, vero? Vuoi cancellare tutto, annullarti e trovar rifugio in quella che eri prima. Ma non puoi tornare indietro e fuggire non serve! Se fuggire fosse la soluzione, sarei fuggito da te tanto tempo fa.

La confessione, non la sorprese. E nemmeno la infastidì.

Si fissarono qualche istante in silenzio, non ancora stanchi di farsi del male.

Nella stanza, quasi buia, si udivano solo il crepitare delle fiamme nel camino ed i loro respiri affannosi.

Alcune gocce di sangue, calde e vischiose, colavano dalla mano di lei, su quella di Andrè.

Lui portò la mano ferita alle labbra, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi blu, troppo lucidi, troppo vivi.

“Occhi troppo blu, per essere onesti”.

… che bugiarda sei! … Questa non sei tu! … Dillo cosa vuoi!

Succhiò il sangue dal taglio, strinse le labbra sulla piccola ferita finché il sangue non rallentò. (6)

Baciò le singole falangi, poi il palmo, il polso.

Teneva lo sguardo fisso su di lei: avido, la pupilla dilatata e nera come l’ossidiana. (7)

Col suo corpo premeva su di lei, mentre Oscar si muoveva piano, non potendo far di più per fuggire.

... Forse, non volendo più fuggire...

I respiri di lei si facevano sempre più profondi.

Andrè posò la fronte contro la sua e chiuse un istante gli occhi, tentando di concentrarsi e calmare la parte di lui vicina a perdere il controllo più di quanto fosse già accaduto.

... Tentava di non pensare alla sottile tela che divideva i loro corpi.

... Cercava di reprimere il desiderio di leccare il cognac profumato sulle sue labbra.

- Andrè! … no … – mormorò lei, allarmata dai segnali inequivocabili di una vicina catastrofe.

Di lui vedeva più che altro, la sagoma, rischiarata dalle fiamme del camino alle sue spalle.

E la pupilla, spaventosamente lucente.

Giochi di luce arancione si agitavano tra i suoi capelli, creando un alone irreale; irreale come quella situazione.

Le liberò un polso e la mano di lei ricadde sulla sua spalla, scivolando poi sul suo braccio, piano, quasi una carezza, mentre quella di Andrè andava a posarlesi sul fianco, stringendoglielo, attirando il bacino contro il suo, senza incontrare resistenza.


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Oscar percepiva il suo respiro caldo sulla bocca, il tocco del suo naso contro il suo.

Sentiva il calore di quel corpo forte, indiscutibilmente maschio, fisicamente prepotente, premuto su quelle parti che la rendevano inequivocabilmente femmina; premuto sul suo interno cosce ormai umido ed arrendevole.

- Non è quello che sta dicendo il tuo corpo – mormorò lui in un sospiro roco.

- Non posso … Tu ... Io ... Noi ... non possiamo! ...- bisbigliò appena.

- Ma … vuoi! Dì di sì … Dimmi di sì!

"...Padrona e servo, ufficiale e scudiero, ... ma ... donna ed uomo!..."

Sfiorò con le labbra, la vena pulsante del suo collo.

- Dillo che mi vuoi… Dillo, che hai bisogno di me! Dillo che non mi sto sbagliando … - supplicò.

Sentì delle lacrime calde scenderle sulle guance, fino alle labbra, ostinatamente serrate e mute; fino alle sue labbra, dischiuse sulla di lei pelle.

E, a quel sapore salato, l’angelo ragionevole in lui, ebbe il sopravvento.

- Scusami … Giuro su Dio che non ti infastidirò più. - mormorò allora.

La stava lasciando andare.

Pensò che c’era ancora una bottiglia di brandy nella sua camera.

Quel brandy speciale di Arras che, ultimamente, sapeva di sale sulla bocca.

Scivolò via da lei, permettendo alle sue mani di scorrere un’ultima volta sulle sue forme; obbligandosi a non guardarla, ma inspirando il profumo della sua pelle; lasciandola sola a risolvere i suoi dilemmi; a combattere le sue battaglie interne.

Salì le scale buie di quel palazzo, ormai addormentato, che conosceva a memoria, fino alla sua camera.

Solo la luce della luna piena rischiarava il suo cammino.

Solo il ticchettare della pendola contrastava i suoi passi.

E sui suoi passi, se ne sarebbe dovuto andare da lì.

"Domani."

Non poteva andare avanti così.

Oscar lo pensava, ma non gli bastava.

... Voleva pensasse a lui e solo a lui.

Le era necessario, ma non gli bastava.

... Voleva esserle necessario come l’aria che respirava.

La voleva sua. Solo sua.

... E non era possibile.

Afferrò la maniglia, ma non potè aprire la porta.

Il tocco di una mano piccola, ma non delicata sulla sua, lo fermò.

- Non è questa la tua stanza, stanotte … - gli ordinò dalle sue spalle, con un sorriso, mentre arrossiva per lui.

***

Il vento che si era alzato, aveva trasformato la tiepida giornata autunnale in una serata davvero fredda. Fersen si strinse nel mantello.

"Se solo avessi saputo che donna siete quando vi ho conosciuta ... "

Era sincero quando lo aveva detto.

Se l'avesse conosciuta prima di lei, di Maria Antonietta ...

Forse non avrebbe più considerato il matrimonio qualcosa di innaturale, perchè con Oscar non sarebbe stata una questione d'affari.

Forse la vita sarebbe stata davvero diversa...

Non sarebbe stata un insieme di segreti, momenti rubati, solitudine ...

"Forse non sarebbe stata un'agonia ..."

Ma Maria Antonietta era una realtà, meravigliosa e dolorosa insieme.

Aveva ripensato ad ogni singolo istante trascorso con Oscar e ... si era reso conto di quell'energia, quella passione che lei faceva fatica a trattenere.

Si era recato lì quella sera non per il suo proposito iniziale di parlarle da amico, ma per quella egoistica curiosità, il suo tallone d'Achille, aihmè! di sapere che effetto gli avrebbero fatto quei ricci biondi sparsi sul suo petto nudo.

Ma ... Qualcosa era cambiato in quel mese. Forse, tutto era cambiato!

Lo sguardo di lei su di lui ... Non era più quello di quella sera al ballo!

Oscar non soffriva più per lui.

Quel "no" esalato impercettibilmente, un istante prima di fuggire e liberarsi della sua stretta, era stato una chiara risposta alla domanda insita nel suo sguardo. Un "no" che era chiaramente una sorpresa anche per lei, come un fuoco divampato all'improvviso dalle ceneri.

Certo, l'affetto nei suoi riguardi c'era ancora, ma ...lui non era più nel suo cuore! più nei suoi desideri, più nei suoi sogni!

"Chissà se ci sono mai veramente stato? ...Vero, Andrè?"

Alzò lo sguardo.

All'orizzonte cominciavano a vedersi le luci di Versailles.

Sorrise pensando alla luce più brillante di tutte: "lei, la mia "Josephine" ..."

Quel punto fermo, quel faro, quel polo magnetico ...

Il centro di quel vortice dal quale non riusciva ad uscire.
Quella spirale che lo aveva avvolto e che, girando vorticosamente, lo annebbiava ed annullava la sua volontà.

Non avrebbe più tentato di ... fuggire.

Le sarebbe stato accanto, per quel che poteva, per quanto e per come lei gli avrebbe permesso.

Perchè?

Perchè non riusciva a farne a meno, perchè voleva, perchè alla fine era un errore ... giusto ...

Sorrise a quel controsenso tra ragione e cuore, che spesso i poeti chiamano amore.

Mai più fughe, anche se restando, sapeva che la vita sarebbe diventata ancor più una prigione di dubbi e rimorsi.

Un percorso difficile e pericoloso per entrambi.

Sì, perchè se la favorita di un re poteva permettersi di mostrarsi pubblicamente, dando lustro alle qualità amatorie di un sovrano, non valeva lo stesso per una regina.

Il favorito di una regina doveva nascondersi, annullarsi, pena il ripudio ed il convento per lei, la galera o l'esilio per lui.

"Due pesi e due misure ..."

Sarebbe rimasto, ... anche se questo significava trasformarsi in ombra.

***

Andrè guardò il luccichio del bicchiere di cristallo dal quale aveva saggiato ancora il brandy speciale, quello preso dalla sua stanza di ragazzo, ma che ora sapeva di una dolcezza fuori dell’ordinario.

Niente più sale.

Sulle loro labbra solo zucchero e calore.

Le baciò ancora il ventre morbido, sul quale si era assopito.

Sfiorò con la punta delle dita le piccole cicatrici collezionate negli anni, comprese quelle inflitte dal suo stesso fioretto le poche volte che si era distratta, duellando con lui, come quel pomeriggio.

... non era un sogno! ...

La sentì muovere appena e poi, quel tocco tra i suoi capelli, che ricambiò con altri baci leggeri ed una stretta ai suoi fianchi.

- Andrè …

- Dimmi …

- Senti, … - mormorò lei, carezzandogli pigramente le spalle con una mano ed i capelli soffici con l’altra - … mi spieghi quella dello stalliere ubriaco e della dama in difficoltà? - chiese all'improvviso.

Andrè alzò lo sguardo su di lei, sbalordito.

La vide mordersi un labbro, sorridendo eccitata, maliziosa, ribelle, esigente.

"... la solita monella ..."

Il chiarore della luna più alta nel cielo, ormai prossima a cedere il posto all'alba, le illuminava il viso, ancora umido di sudore, ancora umido delle labbra di lui.

"...La Oscar di Andrè..."

- Facciamo che … ti do una dimostrazione pratica! – rise lui, ammiccante, cominciando a scendere coi baci, determinato ad annientare l'idea del mollaccione .

- No! No, che fai! – esclamò lei, falsamente autoritaria, leggermente ansiosa all'idea di perdere nuovamente il controllo di sè.

Ma non potè fare a meno di lasciarsi andare, mentre mormorava dei "no" sempre meno convinti, inframmezzati da tanti "Andrè" appena comprensibili ed un paio di decise invocazioni a dio.

E pensava alle tempeste del mare di Normandia, impetuose, irrefrenabili, inarrestabili, che avevano di certo meno ondate di quante lei ne aveva avute in poche ore in quel letto, arrivando a capire la definizione di "tempesta perfetta". (8)

Era così, lei ...La Oscar di Andrè: i suoi due aspetti.

Dura e fredda come il granito, con tutti.

Fragile e trasparente come un bicchiere di cristallo, con lui.

Cristallo che vibra, che suona.

E suonava e vibrava al suo tocco.

Senza quei falsi pudori, senza il ritegno, senza i freni, che l’avevano tenuta prigioniera fino a quel momento.

Lì, in quella stanza, che sarebbe stata la loro per molte notti in futuro; celando carezze, sospiri, risate e passione.

Tra le lenzuola bianche. Morbide. Fresche. Profumate.

Due corpi caldi, sudati, ansimanti, intrecciati.

… e sinceramente innamorati occhi azzurri su di lui nel buio.

Dovevano cogliere le possibilità, dove e quando potevano, per il tempo che il destino avrebbe voluto loro concedere.

Si erano cercati e tutto era cambiato.

Si erano detti che si volevano; avevano aperto i loro cuori, anche se era stato difficile; si erano confidati quanto bisogno avevano l’ uno dell’altra, quanto irrinunciabile ed incontenibile fosse tutto ciò …

Qualcuno avrebbe potuto accorgersene...

Forse un giorno sarebbero stati obbligati ad uscire allo scoperto, ad affrontare le conseguenze.

Di certo non era un gioco.

Era illegale.

Era pericoloso.

Era una pazzia.

Di certo era amore.

- FINE-

fine della minestrina ... Magra, eh?

davvero non avete rivisto l'opinione su Fersen? no? Provate a chiamarlo con un altro nome, magari quello che ho dipinto vi piacerà di più... E non venitevene fuori con la storia della rosa che anche con un altro nome avrebbe lo stesso profumo ... (o puzza, in caso di antipatia...). Lì, nascoste e zitte, lo so che ci sono fans dello svedese, che, eddai, non era poi così male!


1) Lo so: non sono certo la prima a parlare di cosa nascondono i loro duelli, ma ... è così, poco da negare.
2) in realtà, era molto riservato, ma lo volevo... nervosetto.
3) qui voglio proprio Cognac, niente Arras per Fersen!
4) Garou: "Viens me chercher", anche questa sparsa in giro ... Occhi troppo blu, troppo lucidi, per eccitazione o lacrime...
5) a questo punto dell’anime, di solito mi metto a gridare “digli sì, digli di sì!!!
6)
ok, forse fa un po' vampiro, ma vanno di moda
7) nero come l’ossidiana: descrizione della sig.ra Ikeda, senza la quale noi non saremmo qui e che dimentico troppo spesso di ricordare!
8) tempesta perfetta, definizione :

L'espressione tempesta perfetta si riferisce al verificarsi simultaneo di una serie di eventi che, presi singolarmente, sarebbero stati molto meno potenti che nella loro fortuita combinazione. Tali casi sono estremamente rari a causa della loro stessa natura, in quanto solo una minima variazione fra le componenti di un evento coinvolte in una tempesta perfetta ne diminuirebbe l'impatto globale. (rif. Wikipedia)


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