-Mentre tutto scorre

di Bad A p p l e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Retrace I: Cade la pioggia ***
Capitolo 2: *** File 2: Semplicemente barrato. ***
Capitolo 3: *** File 03: Najisa Hyuuga. ***
Capitolo 4: *** File 04: Fiumi di rancore ***
Capitolo 5: *** File 05: Coerenza, quella grande sconosciuta ***
Capitolo 6: *** File 06: Gioco sleale ***
Capitolo 7: *** File 07: Rimpianto ***
Capitolo 8: *** File 08: Prime Difficoltà. ***
Capitolo 9: *** File 09: Appartenenza. ***



Capitolo 1
*** Retrace I: Cade la pioggia ***


-Mentre tutto scorre

-Mentre tutto scorre

 

File 01: Cade la pioggia.

 

 

 

 

Di solito non mi piace perdermi in parole, non mi è mai piaciuto e mai mi piacerà. Sono un tipo calmo, silenzioso; così tanto che se dovessi sparire dal villaggio –di nuovo- questa volta nessuno se ne accorgerebbe.

Come ho già detto, parlare non è il mio forte, ma questa volta farò un’eccezione e lo farò semplicemente perché tutti devono sapere, perché non devono esserci più dubbi di nessun genere sulla storia di come Hinata Hyuuga tradì il villaggio… o meglio, di come il villaggio tradì Hinata Hyuuga.

I piani alti di Konoha all’epoca lasciarono che la storia diventasse tranquillamente di dominio pubblico, ovviamente ciò avvenne solo perché furono loro a diffonderla a modo loro, infangando il nome di Hinata e raccontando come si trasformò da inutile incapace a traditrice.

Io conosco la vera storia perché ne presi parte in prima persona e perché grazie all’innata del mio clan ho reperito le informazioni che mi mancavano per completare il quadro generale dell’intera vicenda.

Ora, dato che forse ho intenzione di sparire sul serio da Konoha in quanto profondamente disgustato dal suo operato e considerando che questa storia passerà per molte mani e sarà letta da altrettante persone… penso proprio che dovrei presentarmi.

Sono uno di quei pochi che ha sempre appoggiato Hinata, sono quello che le stava vicino quando la sensazione di non essere mai all’altezza si faceva così intensa e schiacciante da ridurla a rimettere pure l’anima… almeno il novanta percento di voi che state leggendo, dopo queste due definizioni avranno scuramente pensato “bene, questo rapporto è stato scritto da Naruto”; spiacente di deludervi, ma Uzumaki non fece niente allora come non farà nulla anche adesso che è ad un passo dal diventare Sesto Hokage.

Io sono semplicemente Shino Aburame.

 

Il giorno in cui tutta questa fastidiosa storia ebbe inizio, Tsunade-sama aveva semplicemente deciso che mandare alla ribalta degli spauracchi al fronte di Akatsuki non bastava più. Arrivò alla conclusione che doveva mandare qualcuno di sacrificabile a raccogliere più informazioni. Qualcuno che se per caso avesse perso la vita non avrebbe causato una perdita per le forze militari del villaggio, qualcuno che poteva facilmente convincere ad accettare quella missione suicida.

Poche ore e diversi bicchieri di Sakè dopo, la scelta più ovvia fu la primogenita del casato Hyuuga. La poveretta all’epoca non stava affatto bene, la sua autostima aveva raggiunto i minimi storici e si sottoponeva giorno dopo giorno ad allenamenti al limite del sopportabile per aumentare la sua forza; quando Tsunade la convocò nel suo ufficio e le propose gentilmente di svolgere quella missione, sorridendole, lusingandola, confidandole che lei era l’unica in tutto il villaggio a poter svolgere quell’incarico, lo sguardo di Hinata si riempì prima di stupore, poi di speranza ed infine di gratitudine.

Sorrise per la prima volta da tanto –tantissimo- tempo e corse a prepararsi per partire per quella missione solitaria.

Forse se non fosse stata intercettata tutto ciò non sarebbe successo, però nel territorio di Akatsuki si accorsero quasi subito di una presenza estranea e, sotto una coltre di nuvoloni scuri e impietose gocce di pioggia, cominciò la caccia che vedeva Hinata come unica preda.

Quando lei fu al limite delle forze decise di nascondersi all’interno di una grotta, nella misera speranza di riuscire a non essere notata fino al recupero delle energie necessarie per continuare la fuga.

Debole ed infreddolita rimase rannicchiata nell’angolo più scuro di quel luogo, singhiozzando di rabbia per la sua inettitudine. Strinse i pugni così forte che le ossa scricchiolarono e le unghie penetrarono nella carne, provocando oltre ad un lieve spasmo anche dei piccoli rivoletti di sangue.

Le sembrò di essersi dimenticata come si respira, quando udì delle voci in lontananza, accompagnate dall’inconfondibile rumore di passi; si costrinse con forza ad immettere aria nei polmoni, tentò di acuire i sensi e cercare di capire se gli intrusi nel suo nascondiglio fossero amici o nemici.

La prima frase che riuscì a comprendere fu un adirato: «Fottiti, Kakuzu».

No, quella affermazione non le sarebbe servita ad identificare niente e nessuno. Si diede della stupida, pensando che poteva utilizzare il Byakugan, l’abilità innata di cui nessuno l’aveva mai ritenuta degna e che perciò aveva cominciato poco a poco ad odiare. Ciononostante in quel momento le sarebbe servita per provare ad evitare, con un po’ di fortuna, il peggio.

“Sono fottuta!” pensò con rabbia nel riconoscere il flusso di Chakra di due componenti di Akatsuki, anche se in quel momento non sarebbe stata affatto in grado di dire con esattezza quali.

«Hey, correggimi se sbaglio» mormorò ad un tratto l’uomo che aveva parlato poco prima, rivolgendosi al collega, «ma qui c’è odore di sangue». Nel dirlo si leccò inconsciamente le labbra.

Hinata trattenne un sospiro. Sapeva bene che ormai non le rimaneva altro che rimanersene lì buona buona ad aspettare che la trovassero e pregare che non le facessero troppo male nell’ucciderla. Decise di darsi almeno un minimo di dignità, se proprio doveva morire lì, quindi non sarebbe rimasta a nascondersi come un dannato topolino in trappola.

Si alzò in piedi. «Sta-stavate cercando me… no?» Li fronteggiò, cercando di tirare fuori un po’ di coraggio.

Il più basso dei due, l’unico che fino a quel momento aveva parlato, ebbe un ghigno per nulla rassicurante. Neanche il tempo di un respiro o di un battito di ciglia e le fu alle spalle, bloccandola; le prese la mano che poco prima aveva chiuso a pugno e ne leccò il sangue in modo oscenamente avido. «Sì, stavamo cercando te, effettivamente» sogghignò.

Hinata non riuscì a nascondere un brivido e lui scosse la testa, fingendosi deluso; «che pena! E dire che avevi fatto una così magnifica figura nel essere riuscita a non farti acchiappare da noi per addirittura tre interi giorni. Dovevi proprio rovinare tutto mettendoti a tremare come una fogliolina?»

«Quindi?» Domandò Hinata con un filo di voce, mentre il suo cuore si prendeva l’ingrato lusso di perdere diversi battiti.

Il criminale la costrinse a voltare il viso verso di lui. Le sorrise quasi angelicamente e disse: «quindi, adesso, potresti farmi sentire quanto gridi bene».

Hinata rimase troppo spaventata per avere una qualsiasi reazione e l’uomo tirò fuori un kunai, valutando quale parte colpire. «Hai paura?» le sussurrò all’orecchio, malevolo.

“Ma no, figurati, sto facendo i salti di gioia, Capitan Ovvio”; «Sì, ho paura» disse, quasi in tono di sfida.

«E fai bene ad averne» approvò l’albino, ridacchiando, costringendola ancora una volta a volgersi verso di lui. Per la prima volta dall’inizio della “caccia” la guardò negli occhi e la risata gli si spense subito.

Quegli occhi” pensò. Quante volte, prima di abbracciare il culto di Jashin, aveva avuto lui stesso quell’angoscia e quel dolore nascosti negli occhi?

La lasciò di scatto ed ebbe una smorfia. «Basta giocare. Tu non hai sentito nulla dei nostri piani e non hai fatto altro che scappare per tutto il tempo, non ho motivo di farti alcunché. Vattene prima che cambi idea» sbottò con disapprovazione.

«Hidan, il Leader non sarà d’accordo» borbottò l’altro uomo con l’aria di chi trova una situazione mortalmente noiosa.

Hidan aprì bocca per ribattere qualcosa di decisamente volgare, ma fu distratto da un mormorio confuso di Hinata.

«Non è vero che non ho fatto altro che scappare» ripeté a voce leggermente più alta, negando a sé stessa l’ovvio.

«Ah no, dolcezza? E cos’avresti fatto, di grazia?» domandò l’albino con scherno.

Lei abbassò lo sguardo, colpevole. Hidan continuò a parlare; «tornatene a casa tua e se proprio ci tieni a dimostrare di non essere un’incapace che non sa fare altro che scappare, allenati e vieni a cercarmi quando crederai di essere al mio livello» decretò.

«Non sarò mai al tuo livello» ammise Hinata, pentendosi subito di essersi lasciata sfuggire quello che avrebbe dovuto essere solo un pensiero.

«Signorine, avete finito la Telenovela?» domandò Kakuzu.

«Ma va a farti una sega e non rompere il cazzo» abbaiò Hidan, prima di rivolgersi ad Hinata, «non sarai mai al mio livello se non ti decidi a liberarti di ciò che causa quello sguardo» disse. Scosse la testa, disgustato da quel discorso melenso, senza capire da quale fottuto buco del culo gli fosse uscito.

La ragazza cadde in ginocchio. Se voleva liberarsi di tutto ciò che le causava sofferenza, avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle tutta la sua vita fino a quel giorno; avrebbe dovuto dimenticare centinaia di persone, primo tra tutti Hiashi Hyuuga.

Nel pensare a quell’uomo le salì subito alla gola un fiotto di bile che riuscì, non capì nemmeno lei in che modo, a ricacciare dov’era venuto.

«Oppure potresti essere tu ad insegnarmi ad essere forte. Seguendo il tuo ragionamento dovrei lasciarmi alle spalle l’intera Konoha» azzardò.

Il traditore la squadrò diversi secondi, valutandola. Era evidente che aveva in sé abbastanza rancore per diventare una perfetta macchina da guerra programmata per distruggere la Foglia.

«Forse si può fare. Tra quattro giorni esatti trovati esattamente in questo luogo; per quanto riguarda ora… be’, buona notte».

«Buona notte?» domandò, non riuscendo a capire. Tutto le fu chiaro, nel limite del possibile, quando sentì una botta alla nuca ed i sensi abbandonarla.

 


NOTE: Avevo giurato di non pubblicare più nulla in questo Fandom, ma ho bisogno di scrivere e, dato che in questo periodo non ho idee, mi accontenterò di riprendere in mano questa Fanfiction incominciata tre anni fa e cancellata l'anno scorso. Come qualcuno potrà notare, è molto diversa dalla precedente versione, a cominciare dalla voce narrante che in questo caso è Shino.

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Capitolo 2
*** File 2: Semplicemente barrato. ***


-Mentre tutto scorre

-Mentre tutto scorre

 

File 02: Semplicemente Barrato

 

L’idea di Hidan di far perdere i sensi ad Hinata non fu troppo malvagia e, anzi, aveva abbastanza senso: in quel modo sarebbe stato sicuro che la ragazzina non l’avrebbe seguito subito e quindi rischiato di finire tra le grinfie del Dinamitardo pazzo o, peggio, di Kisame che in quel periodo era inspiegabilmente più sadico del solito.

La portò alle porte di Konoha e l’abbandonò lì, con la certezza che entro il mattino dopo qualcuno l’avrebbe trovata.

Quando Hinata si svegliò nel’asettica stanza della clinica della Foglia, ad attendere che si riprendesse c’eravamo io, Kiba e Naruto.

Era confusa e tenne gli occhi chiusi fingendosi ancora svenuta per il tempo necessario a riordinare quel groviglio che erano i suoi ricordi della missione. In quel momento pensò che la parte della grotta potesse anche essersela solo sognata; ci pensò qualche secondo ancora e poi decise che era successo tutto realmente.

Si mise seduta, pronta ad “affrontarci”.

«Hinata!» esclamarono subito Naruto e Kiba, quasi all’unisono. Lei provò a dire qualcosa, ma tutto ciò che le uscì fu una tossettina isterica.

«Per caso la missione l’ho solo sognata?» domandò, comunque, la ragazza. Voleva essere certa.

Uzumaki scosse la testa. «No, la missione l’hai svolta… credo. Ti hanno trovata questa mattina svenuta davanti alle porte del villaggio; alla fine hai scoperto qualcosa?» domandò. Col sennò di poi capii che era voluto rimanere lì fino al risveglio della ragazza solo perché era a caccia d’informazioni sull’Akatsuki. Lo fissai con uno sguardo di completa disapprovazione che rimase nascosto dagli occhiali scuri.

Lei abbassò il capo, dispiaciuta, scuotendo la testa.

«Capisco» mormorò Naruto, senza riuscire a mascherare la sua delusione.

Prima che Hinata potesse dire qualcosa, suo padre entrò nella stanza, ordinandoci di uscire. Vidi Kiba guardarlo in cagnesco, ma alla fine distolse lo sguardo e si limitò ad obbedire.

«Sono stanco» esordì Hiashi, dopo che noi fummo usciti, «sono veramente stufo dei tuoi continui fallimenti».

Lei deglutì a vuoto, chiedendosi se avrebbe avuto il coraggio di guardarlo negli occhi. Si fece forza e alzò lo sguardo, prima di rendersi conto che il suo viso era contratto in un’espressione di puro odio.

«Non osare guardarmi così» la redarguì lui, adirato, «continui a gettare fango e disonore sul clan, con i tuoi continui fallimenti. Se non porterai a termine la tua prossima missione ti diserederò… e questo è quanto» concluse con fredda rabbia.

Hinata strinse con forza le lenzuola, finché le dita non divennero bianche per lo sforzo. «Va bene, padre, non fallirò la prossima missione» disse. La prospettiva che non avrebbe potuto fallire –dato che la sua missione consisteva nel trovare Hidan e sperare di poterlo seguire- la spinse ad usare un tono così sicuro e quasi derisorio che Hiashi ne rimase spiazzato diversi secondi.

Recuperò in fretta la sua alterigia ed annuì con soddisfazione. «Bene. Domani mattina Neji verrà a prenderti. Spera di esserti ripresa per allora» decretò, per poi uscire dalla stanza.

Che bello sapere che non avrebbe visto Neji, la mattina successiva, e che sarebbe stata a chilometri di distanza da casa sua, dal suo villaggio.

Sorrise, quasi felice, e sgattaiolò fuori dalla finestra, iniziando a correre veloce sui tetti di Konoha, ringraziando che fosse notte e che nessuno poteva vederla.

Passò per Villa Hyuuga e lasciò un rapido biglietto d’addio incastrato nella finestra della sua stanza. Avrebbe dovuto sospirare nel pensare a ciò che lasciava lì, ma proprio non ci riuscì.

Attraversò a testa alta le porte del villaggio e si mise alla frenetica ricerca di quella grotta.

Attivò il Byakugan e riuscì miracolosamente ad individuarla, ma era molto –molto- lontana. Corse più forte.

Riuscì ad arrivare solo la sera del giorno successivo; rallentò in prossimità della grotta e acuminò i sensi nell’entrarvi.

«Hidan, è arrivata la Bambolina» grugnì la voce di quello che Hinata riconobbe come il collega ombroso dell’albino.

Si guardò bene attorno finché non individuò Kakuzu, nascosto in un angolo e seduto sul masso che quattro giorni prima aveva usato come rifugio. Hidan era vicino a lui.

«Lo vedo, idiota, lo vedo».

«Parlami ancora in questo modo e ti uccido» ringhiò Kakuzu.

Hidan ebbe un sorriso di scherno, «proprio a me vieni a dirlo?» Poi si rivolse ad Hinata, «quindi sei proprio decisa… bene, piccola, ma questo è solo il primo passo».

Il collega grugnì, «E il secondo passo quale sarebbe? Farsi uccidere da Pain perché si ritroverà un’intrusa all’interno del covo?»

«Pressappoco…»

Hinata s’intromise nella conversazione, «io pensavo che i quattro giorni fossero per informare il vostro capo» disse timidamente, a sguardo basso.

«No, dolcezza, i quattro giorni li ha usati per i suoi schifosi riti autolesionisti di ammenda al suo Dio per non averti uccisa» rispose Kakuzu, schifato; nel vedere l’espressione della ragazza si affrettò ad aggiungere: «prima o poi capirai cosa intendo».

Hidan lo freddò con un’occhiata omicida, tentato come non mai di mettere mano alla sua minacciosa falce a tre lame. Accarezzò l’asta dell’arma e per impedirsi stupidaggini incrociò le braccia al petto, fissando alternativamente Hinata e il tesoriere.

«Hidan, tu sei autolesionista?» domandò Hinata così incredula da dimenticarsi la timidezza. L’aveva visto così forte, imponente, sfacciato… pensare ad una cosa come quella pareva quasi impossibile, decisamente innaturale.

Non riusciva proprio a vederselo mentre si feriva da solo per chissà quali motivi; Kakuzu aveva accennato ad un “Dio” e, pensandoci, aveva anche detto che Hidan aveva dovuto compiere quel rito perché non l’aveva uccisa.

Un caleidoscopio di emozioni le passò sul viso: stupore, inquietudine, vago senso di ribrezzo al pensiero del sangue e, infine, si sentì in qualche modo compiaciuta; quell’uomo si era fatto del male per lei. Dopo il compiacimento si fece strada, per lo stesso motivo, il senso di colpa.

Hidan ignorò la domanda, non perché non voleva rispondere ma perché la reputava abbastanza inutile; «Dai, andiamo. Ti portiamo all’Akatsuki».

 

 

«Come sarebbe a dire “è scappata”?» domandai.

Era la prima volta, ora che ci penso, che alzavo la voce, eppure nessuno ci fece caso -non che fosse un affare di stato, è chiaro-… in quel momento ciò che contava era altro, decisamente e assolutamente altro.

Io Kiba e Kurenai-sensei eravamo stati convocati d’urgenza nell’ufficio di Tsunade-sama, dove Hiashi –No, niente “Hiashi-san” o “Hiashi-sama”, quella cosa, non merita il minimo titolo onorifico, non da parte mia, almeno- ci aveva detto con tono inespressivo e senza giri di parole che Hinata era scappata dal villaggio per allearsi con l’Akatsuki.

In quel momento non potevo crederci… in quel momento ero ancora accecato dall’assurda credenza che Konoha fosse incondizionatamente il Bene e che Akatsuki non potesse che rappresentare il Male più oscuro.

Quello che non sapevo e che adesso, grazie al cielo, so è che non esiste Bene o Male, esistono solo gruppi persone che si nascondono dietro ad un illusorio velo di falsa virtù e quelle che ti urlano in faccia “Hey, guardami! Non sarò tanto ipocrita da fingermi santo, qualunque sia il prezzo”.

Il padre biologico di Hinata –perché è suo padre solo biologicamente- mi lanciò un’occhiata annoiata, «Esattamente quello che ho detto, ragazzino».

Avevo voglia di strozzarlo. Lo ammetto, se ne avessi avuto l’opportunità l’avrei strozzato, l’avrei ucciso con le mie mani e avrei anche goduto parecchio nel farlo… ma mi trovavo nell’ufficio dell’Hokage e per di più sarebbe stato un comportamento “disdicevole”. Fanculo.

Osservando bene, notai che anche a Kiba doveva essere passato lo stesso impulso omicida, perché fissava Hiashi con espressione tanto minacciosa da fare quasi paura.

«E lo dice con tutta questa leggerezza? Come se ci stesse semplicemente informando sulle previsioni meteo?» ringhiò Inuzuka.

Ebbi una smorfia di disgusto, «Andiamo, Kiba, cosa ti aspettavi da questo individuo? Ti ricordo che è lo stesso verme che voleva diseredarla» mormorai.

L’espressione dell’uomo si contrasse in una maschera di puro odio… a quanto pare ai signorini del “nobile” casato Hyuuga non vanno a genio le critiche. Che pena.

«Come osi, marmocchio?»

Avrei voluto ribattere, e di sicuro sarebbe stato qualcosa di molto offensivo, ma in quel momento l’Hokage mi lanciò un’occhiata ammonitrice e io decisi che potevo starmene zitto e non cadere nelle provocazioni di un uomo di cinquant’anni suonati.

«Ad ogni modo» esordì Tsunade con un tono tale da mettere fine alle ostilità senza possibilità d’appello, «Hiashi-sama ha le prove che Hinata si sia effettivamente alleata con Akatsuki: ha lasciato questo bigliettino» disse, porgendolo a me e a Kiba.

Poche parole:

“Lascio per sempre questo villaggio e lo faccio augurandovi le peggiori disgrazie… delle quali spero vivamente di poter essere l’artefice. Ora è Akatsuki la mia casa.

Hinata Hyuuga.”

Ovviamente, e questo era vero allora quanto lo è adesso, nemmeno lei credette mai di poter realmente mettere in atto quelle minacce.

Però… il proprio cognome barrato, come il simbolo sul coprifronte dei traditori, è stato un tocco di classe, devo ammetterlo.

 

 

 

 

 

Thanks to:
NoorDaimon: Nella prima versione non c'era Shino che narrava, in effetti sono contenta che l'idea piaccia. Hinata non voglio renderla OOC, quindi non la trasformerò in un macellaio xD, si vendicherà a modo suo senza bisogno di uccidere tutti (magari Hiashi sì, non so xD).

ari_sun: Come sopra^^. In effetti non frequento più questo fandom da tantissimo tempo (troppe "ficcy" e troppi Bimbiminkia)quindi non so quanto venga presa in considerazione Hinata se non per farle fare il cagnolino sbavante dietro a Naruto =_=. Spero che il capitolo non deluda ^-^.

BabiSmile: Mh... Kiba... Kiba è molto impulsivo, molto orgoglioso, quasi incapace di vedere le cose come stanno e poi mi sembra troppo simile a Naruto, non penso che, per quanto voglia bene ad Hinata, si metterebbe mai a fare un lavoro del genere. Shino è la figura silenziosa che veglia sempre su tutto. Che osserva perchè capisce tutto al volo e non ha mai bisogno di fare domande inutili, Shino è stata la mia scelta perchè penso sia l'unico realmente in grado di capire Hinata e in seguito la situazione che la circonderà.

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Capitolo 3
*** File 03: Najisa Hyuuga. ***


-Mentre tutto scorre

-Mentre tutto scorre

 

File 03: Najisa Hyuuga.

 

 

Fino a poco tempo fa credevo nella moralità del villaggio. Lo vedevo come qualcosa d’immacolato, che agiva sempre stando nel giusto… è amaro sapere che è stata solo la fuga di Hinata a permettermi di aprire gli occhi ed accorgermi delle brutte macchie sul nome di Konoha, macchie mascherate ad arte ma ancora visibili per chi vuole rendersi realmente conto di com’è il mondo in cui viviamo.

Certo, Hinata non poteva immaginare che una di queste macchie la riguardava da vicino.

 

Fece quasi fatica a stare dietro ad Hidan e Kakuzu, erano molto veloci e sembrava non si stancassero mai, tuttavia sforzandosi riuscì a reggere il passo.

Sapeva che il suo “addestramento” era già iniziato e che i due non avrebbero rallentato per lei, era Hinata a doversi adeguare, non loro.

Solo quando cominciarono a rallentare, la ragazza si accorse di quanto le dolevano la milza e i polpacci, quindi si lasciò sfuggire un lieve gemito di dolore che non sfuggi alle orecchie del tesoriere; scosse la testa.

Hidan aprì un passaggio nella pietra proprio quando un enorme boato squarciò la quiete quasi innaturale che stava loro attorno.

«Non può essere…» gemette l’albino.

A loro si avvicinò un gruppetto di tre persone; il più basso stava borbottando parole di cui Hinata comprese solo “maledetto Dinamitardo da strapazzo” e “Tsukuyomi”. Fu proprio lui il primo a rendersi conto della presenza di Hinata. Guardò prima lei, poi Hidan e Kakuzu e poi nuovamente lei.

«Ditemi che non sta succedendo quel che penso» mormorò Itachi Uchiha, guardando male il tesoriere e l’albino.

Kakuzu sbuffò, «non guardare me, Uchiha… io ho provato a dirgli che era una pessima idea».

Il più inquietante dei tre, quello che somigliava ad una pianta carnivora, quello che poi si scoprì chiamare Zetsu, parlò… o, per meglio dire, la parte nera dl suo corpo parlò; «Spero che tu abbia un valido motivo per aver portato qui la spia di Konoha» berciò.

Hidan sentì un fiume di sproloqui salirgli alle labbra, detestava che i “colleghi” gli parlassero in quel modo, come se lui fosse il figliol prodigo al ritorno dall’ennesima marachella di cattivo gusto.

«So quello che faccio» si limitò a dire, pensando a quanto gli sarebbe piaciuto colpirli tutti con la sua falce.

Il tesoriere ebbe uno sbuffo sarcastico, non del tutto convinto che il compagno di squadra sapesse sul serio cosa stesse combinando.

Itachi la osservò meglio, «Hinata Hyuuga» decretò con una smorfia, «forse Hidan sa veramente ciò che fa».

«Itachi-san, stai scherzando, mi auguro» commentò l’unico “uomo” –se si può chiamare uomo uno squalo che cammina su due gambe- che aveva taciuto fino a quel momento.

L’altro lo ghiacciò con un occhiataccio, «io non scherzo. Mai».

Durante quel rapido scambio di parole, Hinata non aveva osato fiatare, cominciando a temere per la sua incolumità nel percepire quanto fosse “sgradita” la sua presenza; cominciò a ritrovare un po’ di speranza quando Uchiha -il mostro, quello che sterminò tutto il suo clan, l’assassino spietato senza cuore- sembrò essere dalla sua parte.

Non riuscì a credere alle sue orecchie, esattamente come Kakuzu, «Allora spiegati meglio, perché io continuo a pensare che quella di Hidan sia stata un’idea del cazzo».

Sospirò in segno di compatimento, Uchiha, non riuscendo a capacitarsi di tanta mancanza di logica in un solo uomo; se non si trattava di soldi, l’unico neurone andava in vacanza… o meglio, quello fu il suo pensiero in quel momento, solo perché era fortemente irritato per l’essere quasi saltato in aria per colpa di Deidara.

Indicò la ragazza, «diciamo che suo padre, Hiashi Hyuuga, è un uomo che sa farsi odiare, immagino soprattutto nei confronti della figlioletta di natura pacifica e senza particolari attitudini al combattimento; se poi ci si aggiunge anche il fatto di Najisa… be’, signori, abbiamo davanti una mina anti-uomo che aspetta solo di poter esplodere» spiegò.

Hinata alzò di scatto il viso e lo fisso interrogativa, pur evitando di incrociare direttamente i suoi occhi, «Najisa?» domandò.

Negli occhi del ragazzo passò un lampo di stupore, velocemente dissimulato, poi si voltò subito verso Zetsu, l’unico di cui si fidava a chiedere un parere del genere, «pensi che la sua memoria possa aver subito una tecnica di confinamento?»

Lui si limitò a grugnire la sua approvazione a quell’ipotesi, quindi Uchiha si permise un rapido sospiro.

«Hinata» esordì, cercando di usare un tono gentile, in fin dei conti era una probabile nuova collega, non più un nemico, «tu hai un fratello maggiore che si chiama Najisa e… ciò che voleva costringerlo a fare Hiashi non è stato affatto bello» disse, sperando che la Hyuuga non indagasse oltre.

Hinata, invece, dopo la confusione avvertì una sorta di piacere selvaggio: ora, che il padre l’avesse voluto o meno, avrebbe potuto finalmente curiosare tra i suoi scheletri dell’armadio e alimentare l’odio che provava.

«Cos’ha fatto mio padre a Najisa?» domandò, quindi.

«Come sai, quando diversi anni fa tuo padre uccise i ninja della nuvola che provarono a rapirti, le alte cariche d quel villaggio pretesero la testa di Hiashi per “rimediare” al danno subito; gli anziani del tuo clan stabilirono che Hizashi dovesse prendere il posto del gemello, ma questo a tuo padre non andò bene, era molto affezionato a Hizashi come non lo era mai stato nei confronti di Najisa, tuo fratello… motivo per cui tentò di convincerlo a prendere a sua volta il posto di Hizashi. Najisa ovviamente rifiutò e abbandonò il villaggio; da allora non se ne sa più nulla. Ufficialmente è stato ucciso in missione, ma è una menzogna» spiegò.

Hinata sgranò gli occhi, non riuscendo a credere che suo padre avesse davvero cercato di costringere il suo stesso figlio a morire. Dopo quei brevi secondi di stupore si ricordò di che razza di feccia umana stavano parlando e non riuscì a non trovare quel comportamento schifosamente naturale per Hiashi. Inclinò la testa, quasi sospettosa, «Ma se ufficialmente è “morto in missione”, com’è che sai così tanti particolari?» chiese con un filo di voce e cercando di utilizzare il tono più educato possibile, stava pur sempre parlando con un pericoloso assassino pluriomicida.

tutti i ninja sono pericolosi assassini pluriomicida”, le ricordò una voce nella sua testa.

«Non ti s’inganna, eh?» domandò ironico, sollevando impercettibilmente gli angoli della bocca, «Quando ero ancora al villaggio, tuo fratello fu il mio sensei… ma comunque non sono nemmeno certo che mi avesse rivelato tutto ciò prima di scappare solo per questo motivo» rivelò con noncuranza.

«Waaah! La spia di Konoha, che paura!» trillò una voce dal suono stupido e irritante alle spalle dei Traditori.

«E’ solo Tobi, ignoralo…» sussurrò Hidan all’orecchio di Hinata.

Kisame stava già prendendo in considerazione l’ipotesi di farlo a fettine con Samehada, visto e considerato che se Deidara aveva fatto esplodere mezzo covo, per la maggior parte era colpa dell’uomo mascherato, ma lo Squalo venne trattenuto da un’occhiata d’avvertimento di Itachi.

Lui, quindi, si astenne dai suoi propositi omicidi, anche se non riusciva proprio a capire il perché di quell’avvertimento silenzioso.

«Non sono una spia, non più» balbettò Hyuuga, tentando un pallido sorriso.

«Non più”? Cos’è questa storia?» borbottò il biondo artista, raggiungendo il gruppetto appena in tempo per udire l’affermazione della ragazza».

Hidan lo guardò male, «la storia di tutti noi, più o meno…» disse con ovvietà.

Deidara annuì, pensoso, «sai che Pain ti ucciderai, vero?» chiese, retorico.

L’albino non ebbe il tempo di mormorare un divertito “Proprio a me lo dici?” che una gelida voce autoritaria li fece voltare subito tutti con aria colpevole, come se fossero stati dei bambini scoperti a rubare delle caramelle.

«Cosa sta succedendo qui, mh?».

 

 

 

Entrai nell’ufficio di Tsunade-sama senza neanche cercare di nascondere la mia furia, fiorita dal nulla dopo aver avuto il tempo materiale per assimilare bene la notizia del “Hinata s’è alleata con Akatsuki”.

«Io vado a recuperare Hinata!» esclamai con forza, una volta avvicinatomi alla scrivania dietro cui sedeva la donna.

Lei non si degnò nemmeno di alzare gli occhi dai documenti che stava esaminando; probabilmente aveva già previsto simili sceneggiate, anche se, sono pronto a scommetterci, l’Hokage non avrebbe mai immaginato che l’artefice sarei stato proprio io.

«No, Shino. Una storia simile a questa l’abbiamo già vista quando fu Sasuke Uchiha a scappare dal villaggio; non ho intenzione di sprecare tempo e Shinobi per andare alla ricerca di una ragazzina che, a quanto pare, non vuole più saperne nulla della Foglia» rispose distrattamente, battendo ritmicamente la penna sul foglio, come se fosse presa da una profonda riflessione. «E poi, s’è alleata con Akatsuki, se la portassi indietro probabilmente finirebbe in prigione a vita» aggiunse.

Aveva ragione, anzi, per la visione che i consiglieri avevano nei confronti di Akatsuki, Hinata sarebbe stata sicuramente messa a morte… ma in quel momento non ragionavo, se non potevo portarla indietro volevo almeno trovarla e cercare di comprendere meglio le sue ragioni, cercare di convincerla che la soluzione non era necessariamente allearsi a quelli che all’epoca consideravo solo un gruppo di assassini psicopatici.

«La mia non è una richiesta ma un’affermazione. Io andrò a cercare Hinata» ribattei, quindi, vigorosamente.

L’Hokage finalmente alzò lo sguardo dai fogli, fissandomi con espressione indecifrabile, «e il mio non era un consiglio ma un ordine. Tu non ci andrai… e questo è quanto».

“Vedremo, Hokage-sama, vedremo” pensai.

Stavo per venire meno ad un ordine impartito dall’Hokage, ma adesso non me ne pento minimamente, anche se ora sono costretto a scrivere questo rapporto su carta muffita, chiuso nei sotterranei di Konoha con l’accusa di tradimento. Rifarei tutto perché mi ha permesso di aprire gli occhi e non mi preoccupo perché presto, prestissimo, avrò l’occasione di scappare.

 

 

 

Grazie a chi ha recensito, scusatemi ma vado di fretta ç__ç... Vi adoro!

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Capitolo 4
*** File 04: Fiumi di rancore ***


-Mentre tutto scorre

 

File 04: Fiumi di rancore.

 

 

Pain, il capo dell’Akatsuki.

Ho avuto occasione d’incontrarlo solo poche volte, ma mi sono bastate per mettere in chiaro che quell’uomo ha la capacità di mettere paurosamente in soggezione la gente con cui parla. Se si esclude ciò e la sua moralità un po’ distorta –come quella di tutti, alla fine- resta senza dubbio tra i primi posti nella lista delle persone con cui preferirei avere a che fare.

Curioso, veramente curioso quanto nel giro di un mese io abbia totalmente cambiato il mio punto di vista, fatto sta’ che le persone che fanno parte di quell’associazione siano senza dubbio le migliori che io abbia mai incontrato.

 

 

Il Leader dell’Akatsuki si fece avanti, seguito a ruota dal suo angelo silenzioso, Konan. Odiava le sorprese, e trovare appena fuori dal covo della sua associazione la ragazza che aveva così sconsideratamente tentato di spiarli era, senza ombra di dubbio, una sorpresa. Una brutta sorpresa, considerato il suo attuale umore più nero della pece.

Nessuno parlò, men che meno Hinata, terrorizzata da quell’uomo.

«Vi ho chiesto: Che cosa sta succedendo?» ripeté, sostanzialmente calmo.

Il tono gelido ricordò ad Hinata quello di Hiashi, quindi avrebbe certamente preferito che Pain avesse urlato.

«Ebbene?» li esortò per quella che, lo fece intuire con lo sguardo, era l’ultima volta. Alla fine Hidan si schiarì la voce, «capo, durante l’inseguimento io e Kakuzu abbiamo avuto modo di comprendere che questa ragazza in realtà…»; ma Pain gli fece cenno di tacere.

«Lascia che sia lei a spiegarlo» ordinò, gelido.

Hyuuga sgranò gli occhi a quella richiesta, ma non osò alzare lo sguardo. Fu a testa china, quindi, che prese il coraggio a due mani e proferì quel fiume di parole ed odio che da troppo tempo si teneva dentro.

Più parlava e più l’odio cresceva.

Ad un certo punto temette di venir divorata da tanto astio, quindi si concesse qualche breve secondo di pausa, per poi ricominciare, dovendo ammettere che più che divorarla tutto quel risentimento sembrava darle forza, tanto che riuscì pure a guardare in faccia il viso del Leader, mentre raccontava la parte dell’incontro con Hidan e Kakuzu.

Non tralasciò nulla –nulla!-, nemmeno ciò che le aveva raccontato Uchiha riguardo a Najisa. Quando terminò di parlare si sforzò di non riabbassare gli occhi, cercando di decifrare l’espressione neutra di Pain; non riuscendoci fissò rapidamente la donna che gli stava di fianco, ma pure lei aveva un’espressione indecifrabile.

Intimidita si avvicinò di più, inconsciamente, ad Hidan.

«Akatsuki non è un ritrovo per senza tetto» mormorò Pain, «non accettiamo chiunque» decretò.

Lei sgranò gli occhi, non sapendo cosa fare. Ora che era stata rifiutata cosa sarebbe successo?

In un attimo di lucidità concessole da quel momentaneo panico, si rese conto che Pain non l’aveva ancora rifiutata, le aveva solo spiegato che non si accettava ogni cane randagio che aveva avuto qualche scaramuccia col proprio villaggio.

«Io non sono “chiunque”» frusciò la ragazza, cercando inutilmente di tenere fermo il tono della voce. Riuscì a racimolare un po’ di sicurezza solo quando infilò la mano nel tascapane e ne estrasse un kunai.

Si tolse il coprifronte e con lentezza quasi solenne lo sfregiò.

Un graffietto sul coprifronte, che sarà mai?

Qualcuno di voi potrebbe chiederselo.

Ebbene, quello non era un graffietto, quello era il simbolo che Hinata non voleva tornare indietro, che da quel momento avrebbe messo anima e corpo a servizio di quell’Associazione al solo scopo di potersi, un giorno, vendicare di chiunque l’avesse fatta soffrire.

Pain la fisso e per la prima volta il fantasma di un’emozione gli attraversò il viso: soddisfazione.

Quando parlò, il tono non era più gelido. «Bene, Hinata, benvenuta all’Akatsuki» commentò, conoscendo la grandezza del piccolo gesto appena compiuto dalla ragazza, «l’odio che provi per il tuo villaggio, te l’assicurò, sarà per te la più grande delle armi; ed il fatto che Najisa sia tuo fratello promette molto bene: fu un ninja straordinariamente potente».

«“Fu”?» domando Itachi, scettico.

Pain gli concesse una rapida occhiata di compatimento, «se vuoi convincerti che il tuo sensei sia ancora vivo, affari tuoi; ma un ninja del calibro di Najisa Hyuuga non sparisce nel nulla di punto in bianco».

«Mica ne sarai innamorato, eh, Ita-chan?» lo prese in giro Deidara. Uchiha prima lo fulminò con un’occhiata omicida, per poi tentare inutilmente di chiuderlo dentro a Tsukuyomi; odiava quel maledetto congegno che l’artista s’era impiantato nell’occhio, rendeva inutile ogni suo tentativo di dargli una lezione una volta per tutte.

«Fottiti» si limitò, quindi, a rispondergli.

 

 

Sinceramente non so spiegarmi per quale motivo riposi la mia fiducia nella lealtà e nella capacità di giudizio di quelli che una volta consideravo amici.

Convocai tutti quelli che furono compagni di corso miei e di Hinata all’accademia, aggiungendo alla lista Tenten, Rock Lee e Neji; per rendere l’incontro meno “sospetto” ad occhi indiscreti, chiesi a loro d’incontrarci all’Ichiraku Ramen, per la gioia del gentile signor Teuchi.

«Vi ho chiesto di venire perché ho intenzione di riportare a Konoha Hinata» dissi senza i giri di parole che, personalmente, odio con tutto me stesso, «chi è con me?»

Subito calò un silenzio lungo ed spiacevole; tanto assordante che ne rimasi nauseato, non riuscendo a crederci.

A rompere il silenzio fu Sakura, «Shino» esordì con tono di compatimento, cosa per cui non penso sarò mai in grado di perdonarla completamente. Mai compatirmi, mi manda in bestia. «Tsunade-sama è stata piuttosto chiara in proposito: non autorizzerà nessuna missione di recupero» mormorò.

La guardai con ovvietà, sebbene il mio sguardo fosse completamente occultato dalle lenti scure degli occhiali. «Infatti non l’ho chiesto all’Hokage, l’ho chiesto a voi» dissi.

Naruto sospirò, «capisco come ti senti, giuro che lo capisco perfettamente… ma so per esperienza personale che Hinata non vorrà tornare, esattamente come non è voluto tornare Sasuke» mormorò a sguardo basso, rabbuiandosi. Tutto sommato il suo discorso non faceva una piega, se Hinata non fosse voluta tornare non avrei comunque potuto costringerla, tuttavia non potevo nemmeno starmene con le mani in mano e dimenticarla come se non fosse neanche mai esistita.

«Perfetto: tu e Sakura vi tirate fuori… voialtri?» domandai, deciso.

Chi più chi meno, su tutti passò lo stesso sguardo colpevole. Avevo sperato in almeno in Neji, i cui rapporti con la cugina erano recentemente migliorati parecchio: lui aveva, infatti, l’espressione più combattuta e risentita. Probabilmente temeva ripercussioni attraverso il sigillo.

Avrei voluto riuscire ad essere in un certo senso un po’ “sollevato” per il sincero rammarico presente negli occhi di tutti, ma proprio non ci riuscii; no, quel sentimento venne annegato sul nascere da ondate di rabbia che scorrevano nelle vene come se fossero state veleno.

Per cercare di calmarmi bevvi una generosa sorsata d’acqua dal mio bicchiere, come se ciò avesse potuto lavare via l’ira.

Quando parlai, comunque, la voce risuonò pacata come sempre, con mia enorme sorpresa. «Penso che, tuttavia, questo possa interessarvi» dissi, per poi evocare un particolare insetto tramite la tecnica del richiamo.

«Uno scarabeo?» domandò Tenten, vagamente scettica.

Gli sguardi di Naruto e Kiba s’illuminarono di consapevolezza, cosa che mi strappò un lieve sorriso.

«No, non è uno scarabeo…» esordì Inuzuka.

«E’ un Bikochu!» concluse il biondo.

Io annuii, «non è un Bikochu qualsiasi, è in grado di inseguire qualsiasi odore io gli sottoponga e… ed è riuscito a trovare Hinata e ciò che ha sentito è parecchio interessante. Prima che voi decidiate sul serio cosa fare, vorrei che ascoltaste quanto ha da raccontare Tenka» dissi, indicando l’insetto.

Tra lo stupore generale, Tenka si schiarì la voce e fece un resoconto dettagliato di cos’era successo dall’incontro tra Hinata, Hidan e Kakuzu, fino all’arrivo al covo di Pain.

Il racconto di Itachi su Najisa Hyuuga fu la ciliegina sulla torta.

 

 

 

 

Di nuovo, mi spiace ma non ho tempo per i ringraziamenti (non diventerá un abitudine) La prosima volta, cascase il mondo, recupero i ringraziamenti per il precedente capitolo e per quello prima ancora, riot!

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Capitolo 5
*** File 05: Coerenza, quella grande sconosciuta ***


-Mentre tutto scorre

 

File 05: Coerenza quella grande sconosciuta.

 

 

 

Stupido, stupido, stupido e mille volte ancora stupido. Sinceramente cosa pensavo di ottenere nel rivelare ai miei “amici” le informazioni raccolte da Tenka?

Forse speravo che la sorpresa li avrebbe fatti rinsavire… fu veramente un duro colpo scoprire che non ci sarebbe stato bisogno di far ravvedere nessuno, dato che quel menefreghismo era del tutto reale e concreto come lo sono io, come lo siete voi.

Fu come svegliarsi da un bel sogno soffocante ed essere, comunque, felice di ritrovarsi finalmente nella realtà, seppur crudele.

 

«Questo… be’, questo è decisamente inaspettato» borbottò Kiba a sguardo basso e, per un istante, lo credetti sul punto di cambiar idea.

«Oltre che completamente irrilevante» buttò lì Sakura, prima di essere trafitta da una delle peggiori occhiate omicide di Neji, «scommetto che nemmeno tu ricordi nulla e la storia è stata raccontata da Itachi Uchiha. Ergo: è molto più probabile che sia una mera invenzione» aggiunse Haruno, solo vagamente intimorita dallo sguardo del povero Neji.

So che lui sarebbe voluto davvero venire con me a cercare Hinata, soprattutto alla luce delle ultime scoperte, ma io posso solo immaginare cosa possa significare vivere temendo quel sigillo che gli sporca la fronte.

«Tsk» fu l’unico commento di Hyuuga.

 Tutti gli altri furono dello stesso parere di Sakura –seppur Kiba e Naruto con riluttanza-, nessuno voleva credere che Konoha nascondesse cicatrici tanto oscure e profonde, non poteva e non doveva essere così.

Dopotutto ormai è così che funziona la mente collettiva, no? Se non si vuole accettare che una cosa esista, semplicemente si continua a far finta che essa sia pura fantasia.

«Perfetto, fate come meglio credete» soffiai, «ma confido nel fatto che nessuno di voi sia tanto vile da andare ad informare Tsunade-sama di cosa farò io» dissi, affrettandomi ad uscire dal locale, preso dal devastante desiderio di distruggere qualcosa.

Camminai il più veloce possibile, cercando di smaltire ad ogni passo almeno un po’ della rabbia mista a delusione.

«Shino! Shino, aspettami!»

Credetti quasi di essermela immaginata, quella voce che mi chiamava, eppure per sicurezza mi voltai. Hanabi Hyuuga mi stava correndo incontro, per poi fermarsi davanti a me col fiatone.

«Tu… tu stai andando a cercare Hinata, vero?» domandò lei.

L’espressione furba che aveva in volto mi mise sull’attenti, temevo l’interferenza di Hiashi, «no» mentii.

Lei alzò gli occhi al cielo, «Se, come no. Io vengo con te… in parte è anche colpa mia se mia sorella è scappata» mormorò, rabbuiandosi.

Il suo incupirsi mi sembrò tanto sincero che alla fine sospirai un: «c’è tuo padre dietro a questo improvviso “pentimento”?»

«Sia mai. Il vecchio è convinto che io stia partendo per una missione col mio team. Io ho sospettato che tu avessi qualcosa in mente quando sei venuto a chiedere a Neji di venire con te all’Ichiraku perché dovevi parlargli di una questione importante» spiegò pazientemente, per nulla scalfita da quell’accusa retorica.

«Va bene. Tra venti minuti esci dal villaggio, io ti aspetterò sul ponte del fiume Koi».

 

[…]

 

 

«Dov’è mia figlia?!» domando Hiashi Hyuuga con furia, entrando nell’ufficio di Tsunade-sama senza neanche l’accortezza di bussare alla porta.

Lei, tuttavia, sembrò non curarsi minimamente di quella completa maleducazione gratuita camminante su due zampe che era Hiashi. Lo guardò, accigliata, «l’hai vista anche tu la lettera: si è alleata con Akatsuki» disse con ovvietà.

Lui fece un verso profondamente disgustato, «e chissene frega di quella sgualdrina di Hinata? Io sto parlando di Hanabi! Anche Hanabi è sparita: mi aveva detto di dover andare in missione col suo Team, ma ho saputo che non esiste nessuna dannata missione, e cosa scopro? Che pure il marmocchio degli Aburame è introvabile! Li ha mandati lei, vero Tsunade? Li ha mandati a cercare quella cagna!» sbraitò, quasi fuori di sé.

Una vena fremé pericolosamente sulla tempia della donna, cosa che rese inutile ogni tentativo di dissimulare l’ira; qualche secondo più tardi, comunque, la sua rabbia venne accentuata da qualcosa di più di quella bieca accusa mossa dal vecchio Hyuuga.

«Io avevo vietato a Shino di partire!» inveì Tsunade-sama, sbattendo sulla scrivania un pugno in maniera tanto violenta che il legno ne rimase rischiosamente scheggiato.

Fece un secco gesto della mano e subito fu affiancata da Shizune –un po’ goffamente perché in quel momento teneva in braccio Ton Ton… il gentile maialino aveva subito intuito la natura malvagia di Hiashi, ed ogni volta che lo vedeva reagiva di conseguenza. Grazioso animaletto-.

«Shizune, incarica una delle unità ANBU di andare a recuperare quei due marmocchi» ordinò Godaime.

La giovane si morse il labbro, forse infondo approvava il mio tentativo e quello di Hanabi, ciononostante corse subito ad eseguire quanto richiesto dalla sua sensei.

Tsunade si rivolse, infine, ad Hiashi, «se tua figlia è con Shino, la riavrai a casa entro un paio d’ore» lo congedò freddamente, ancora infervorata per l’insinuazione di poco prima.

«Grazie, Hokage-sama» rispose l’uomo, ricordandosi improvvisamente le buone maniere ed esibendosi in un inchino forzato, per poi sparire dietro la porta.

Quando la nociva presenza dello Hyuuga non fu più avvertibile, Tsunade si concesse un sospiro, versandosi un bicchiere di sakè. «Questi ragazzini non impareranno mai» mormorò, osservando con noia ogni goccia ambrata che usciva dal collo della bottiglia per infrangersi sul freddo vetro del bicchiere.

«Già» approvò una voce alle sue spalle. Lei sobbalzò un po’ per la sorpresa, ma ci mise meno di un secondo a riconoscere l’uomo che le stava alle spalle e che era entrato dalla finestra del suo ufficio: Jiraya.

Lui continuò a parlare, «ciò che mi stupisce è che Naruto non si sia unito ai nostri audaci moschettieri».

«Forse lui la lezione l’ha imparata» rispose Godaime, servendo un secondo bicchiere dell’alcolico e porgendolo a Jiraya, «comunque sia… ma tu le porte non le usi mai?».

 

 

[…]

 

Tamburellai ritmicamente uno dei piedi sulla superficie legnosa del ponte sul fiume Koi, calcolando silenziosamente ogni secondo del ritardo di Hanabi. Arrivai ai venticinque secondi, quando cominciai a scorgere in lontananza la sua esile figura che s’ingrandiva man mano che avanzava.

«Aspettavi me?» domandò, ironica.

Non mi diedi nemmeno la pena di risponderle, voltandomi per procedere ed invitandola silenziosamente a seguirmi. Sapevamo che il covo di Akatsuki si trovava al villaggio della Pioggia, era un viaggio decisamente lungo e in quel momento non ero affatto in vena per l’umorismo.

La nostra tranquilla “escursione” durò decisamente poco; dopo mezz’ora scarsa Hanabi mi affiancò, visibilmente nervosa.

«Ci stanno seguendo» annunciò, aveva attivato il Byakugan.

«Chi?» domandai, seppur conoscevo perfettamente la risposta.

«Shinobi di Konoha. Cosa facciamo?».

Sospirai profondamente, «combattiamo» decretai.

 

Mi chiedo: perché il freddo menefreghismo impedisce di salvare una ragazza dalla solitudine ma, invece, vuole impedire a due persone di recuperare la suddetta ragazza?

Se uno è menefreghista, non può esserlo totalmente? Non è coerente, non è logico… non è giusto.

Ma cosa lo è, in questo guasto mondo? Cos’è la giustizia?

Questo concetto non può essere collettivo, è chiuso in ognuno di noi, ma le cose si fanno complicate quando il proprio concetto di giustizia non corrisponde a quello di chi ha prepotentemente imposto agli altri il suo.

 

 






Special thanks to (capitolo 2):
Ari_sun: in effetti io odio Naruto, quindi penso di averlo fatto un po’ odioso per quello ^^. Grazie per la recensione, cara^^.
BabySmile: per le lezioni di Hidan e Kakuzu ci sarà da aspettare ancora un po’... ed Hiashi è da sopprimere, assolutamente!
Wendy94: grazie per i complimenti e la recensione ^^.
NoorDaimon: Perfettamente d’accordo, ma non può diventarmi un macellaio nel giro di cinque minuti, sarà una trasformazione lenta.
Vaius: penso che Hiashi non stia simpatico a nessuno xD... ma non preoccuparti, Hidan e Kakuzu saranno ottimi maestri^^.
LadySaika: sono contenta che ti piaccia la caratterizzazione di Shino e Hinata, spero che anche i prossimi capitoli siano di tuo gradimento^^.

Special thanks to (capitolo 3 ):
Vaius: non penso che Tsunade sia OOC: se Hinata s’è alleata con Akatsuki, le toccherebbe la pena di morte, in realtà lo fa per il suo bene.
Ari_sun: Itachi non le ha sbloccato la memoria semplicemente perchè non poteva... mi spiegherò meglio nei futuri capitoli xD... e, mi spiace, ma Tobidara è indispensabile ^^’’.
Tay13: le motivazioni di Tsunade le ho spiegate qualche ringraziamento fa^^. Comunque, grazie per la recensione, carissima^^.
NoorDaimon: Come già detto, Tsunade lo fa per salvare Hinata dalla pena di morte che le affiderebbero Danzou e i consiglieri.

Special thanks to (capitolo 4 ):
Ari_sun: Purtroppo dopo la storia di Sasuke, ho immaginato che sarebbe stata lña reazione più normale... senza tenere conto che il tutto è raccontato da Shino, magari è un po’ di parte.
NoorDaimon: Nah, ho il dovere di rispondere ai recensitori, per rispetto xD. Spero che il capitolo ti piaccia ^^

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Capitolo 6
*** File 06: Gioco sleale ***


-Mentre tutto scorre

 

File 06: Gioco sleale.

 

 

 

Conosciamo tutti la storia del brutto anatroccolo, no? Quello che alla fine si trasforma in un magnifico cigno ebbene, mi chiedo, cosè che ha impedito allanatroccolo di essere un cigno fin da subito?

Era deriso senza motivo anche lui?

Veniva considerato una nullità?

Gli veniva detto costantemente che non valeva nulla?

E cosè, invece, che gli ha permesso di trasformarsi in cigno? Avrà abbandonata il suo luogo natio pure lui?

 

Dopo che ebbi deciso di combattere contro gli ANBU di Konoha che ci stavano inseguendo, vidi Hanabi sorridere come se non aspettasse altro.

«Magnifico» mormorò, infatti.

Si voltò di scatto, pronta a fronteggiarli; com’era prevedibile, gli ANBU non ci attaccarono, ad una decina di metri si fermarono, seppur mantenendo alta la guardia.

«Fermi, non siamo qui per combattere» s’affrettò a dire uno di loro quando Hanabi si mise in posizione per le sessantaquattro chiusure.

«Ah sì?» fece lei derisoria, «siete qui per riportarci indietro; vista la nostra determinazione sapete benissimo che per fermarci sarà necessario uno scontro. Voi siete qui esattamente per combattere e lo sapete benissimo».

L’ANBU sbuffò e, anche se non potevo vederlo per via della maschera, seppi che aveva alzato gli occhi al cielo, esasperato.

«Non siete ancora al di fuori della nazione del Fuoco, tornate indietro prima di commettere più stupidaggini di quante non ne abbiate già fatte» disse un altro membro della squadra speciale, ma Hanabi era già partita all’attacco.

Avventata.

Troppo avventata.

Colpì uno di loro con il Juken, ma nel frattempo i compagni le avevano lanciato contro una raffica di kunai non indifferente, che riuscì a respingere col solo ausilio della Rotazione Suprema.

Gli ANBU quando erano partiti sapevano alla perfezione che avrebbero dovuto affrontare una portatrice di Byakugan, quindi s’erano attrezzati di conseguenza. Ai kunai lanciati addosso ad Hanabi erano stati assicurati dei fili di chakra, dello stesso tipo di quelli che usano i marionettisti; essi al principio rallentarono solo la rotazione della ragazza, ma prima che potesse rendersene conto, si ritrovò completamente legata ed immobilizzata.

Sembravano avere la vittoria in tasca, ma le abilità del mio Clan vengono spesso sottovalutate; quando Hanabi era partita all’attacco, avevo già mandato all’attacco due truppe d’insetti. La prima s’era appena avvinghiata addosso ai poveri ANBU, cominciando a succhiare loro il chakra e le forze, rendendoli inoffensivi, mentre la seconda s’adoperava a rosicchiare i fili che tenevano imprigionata Hanabi.

Avevamo vinto.

Da soli non ce l’avremmo mai fatta, ma grazie all’avventatezza della ragazza ero riuscito a mandare all’attacco i miei insetti senza essere visto.

Che pena, degli ANBU di Konoha che vengono messi al tappeto nel giro di due minuti scarsi.

 

[…]

 

Avevano deciso di comune accordo che non avrebbero utilizzato tecniche ma solo Taijutsu, giusto come riscaldamento prima degli allenamenti successivi, quelli veri.

Mentre Kakuzu li osservava distrattamente e al tempo stesso controllava i registri dei recenti incassi dellAkatsuki, Hinata ed Hidan simulavano un combattimento; ovviamente Hidan non utilizzò più di tre quarti della sua forza, e la sua grande falce a tre lame era innocuamente poggiata accanto a Kakuzu, ma quella ragazzina non era affatto male.

Aveva le basi e aveva una grande forza di volontà, lo capiva dal solo sguardo concentrato che teneva in viso mentre cercava di colpirlo un po di pratica e uniniziazione al gioco sleale e lavrebbe trasformata in ciò che Deidara avrebbe definito capolavoro.

Il problema era appunto quello: Hinata e gioco sleale?

Hidan seppe subito che ci sarebbe voluto molto tempo prima che Hyuuga capisse che in realtà il gioco sleale non esisteva; cera spazio solo per vinti e vincitori la parte triste era che nel loro campo essere vinti significava morire.

Semplice legge di sopravvivenza.

Un istinto puramente animale seppur macchiato da quella coscienza umana che rende il tutto più dolorosamente difficile.

Pensò qualche secondo a come avrebbe mai reagito Hinata dinanzi al suo primo omicidio perché, sì, a far parte di Akatsuki significava obbligatoriamente sporcarsi le mani di sangue-, si chiese se la ragazza avrebbe retto lorrore di uno sguardo reso vitreo dalla morte, del sangue, della paura, disperazione, dolore scacciò prepotentemente quel pensiero, concentrandosi meglio nello schivare e parare i colpi della ragazza.

Dopo quattro ore di combattimento senza tregua, lei non era ancora riuscita a colpirlo, ma, dopotutto, la cosa valeva anche per Hidan; lui si fermò di scatto. «Pausa» decretò, andando a sedersi vicino al Tesoriere.

«Uff, meno male, ero esausta» mormorò lei, respirando profondamente. Gli rivolse un timido sorriso, «Allora, sensei, come sono andata?».

«Bene, decisamente bene; mi domandò cosavessero nel cervello quei coglioni di Konoha» ridacchiò lalbino.

Hinata, però, si rabbuiò già… quelli di Konoha.

Scosse immediatamente la testa, decidendo saggiamente di non voler pensare a nulla che comprendesse Konoha.

Si sdraiò sul manto erboso, ignorando lerba umida e sporca di terriccio che le si appiccicava alle braccia scoperte.

Inevitabilmente i suoi pensieri andarono al suo Team.

“Infondo” pensò, girandosi su un fianco e giocherellando con una margherita, “infondo Shino mi è sempre stato vicino”.

Riesce a rincuorarmi un po, il fatto che Hinata pensò ciò, vuol dire che in parte sono riuscito a non essere troppo contagiato dallalone di menefreghismo di cui le anime degli abitanti di Konoha sembravano intrise.

Ciò, però, si rivelò un problema: lei doveva dimenticare Konoha o almeno eliminare quel minimo senso di affetto che provava per quel luogo a causa mia.

Ero lunica cosa che ancora legata alla foglia perché cero io.

Doveva dimenticarmi.

Doveva dimenticarmi sul serio.

La soluzione non la entusiasmava più di tanto, ma si voltò ugualmente verso Hidan e Kakuzu.

«Ehm» esordì, titubante.

Gli occhi dei due traditori si puntarono su di lei, Kakuzu con una smorfia, come se fosse stato disturbato durante un calcolo piuttosto complicato al quale era quasi arrivato ad una soluzione, però fece finta di nulla, -Kisame mi ha raccontato, una volta, che Deidara un giorno osò” disturbarlo mentre controllava gli incassi quel mese come stipendio ricevette solo una caramella alla menta. Quando mi hai disturbato stavo giusto iniziando a calcolare la quota che ti spettava, dopo devo essere, per puro errore, passato a Sasori quanto mi dispiace sera giustificato il Tesoriere. Però, diciamocelo, con Hinata perfino per Kakuzu risultava difficile essere stronzo-.

«Per caso uno di voi due conosce un modo che mi permetta di perdere la memoria? Be, non sarebbe perdere la memoria, non voglio dimenticare tutto, ma solo i ricordi relativi ad una persona e tutto ciò che lo riguarda».

Kakuzu rivolse uno sguardo quasi lontanamente dubbioso al compagno, che ebbe una smorfia, «vuoi dimenticare Hiashi, immagino» disse, astioso.

Al solo sentir nominare quel verme immondo, Hinata strinse i pugni, facendo lentamente cenno di diniego, «No, di lui voglio ricordarmi perfettamente. Voglio cancellare un mio compagno di squadra».

Hidan annuì, comprensivo, «forse un modo c’è» mormoro, seppur dubbioso.

 

 

 

[]

 

Hiashi si guardò attorno.

Nella stanza erano radunate le alte sfere del Clan Hyuuga e tutti sembravano essere della sua stessa disgustosa idea.

Anche nel Clan Aburame ci sono dei vecchi stupidi considerati saggi che seguono lideale del lonore del Clan prima di tutto”… ma spero decisamente che nessuno possa davvero arrivare ai limiti estremi che si decisero in quella maledetta riunione.

«La decisione è stata presa» decretò Hiashi, «Hinata Hyuuga deve morire».

 

 

Anatroccoli di tutto il mondo, fuggite, fuggite via. Qui non c’è posto per voi, qui non c’è posto per nessuno.

 

 

 

 

 

Scusate l’enorme ritardo nell’aggiornare… ho problemi sia di connessione che d’ispirazione; ad ogni modo, anche se lentamente, aggiornerò sempre.

Rispondo lenta alle recensioni per i problemi di connessione.

 

 

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Capitolo 7
*** File 07: Rimpianto ***


-Mentre tutto scorre

 

File 07: Rimpianto.

 

 

Lui, quando questa storia ebbe inizio e durante buona parte dello svolgimento, non faceva davvero parte di Akatsuki, questo ormai era assodato… anzi, a dirla tutta nessuno, tranne Pain, Zetsu e Madara, sapeva che lui era ancora vivo, e lui non moriva dalla voglia di farlo sapere ad altri, anche se sapeva che inevitabilmente, prima o poi, sarebbe successo. Anche se non immaginava quanto presto.

Najisa Hyuuga non somiglia molto alle sue sorelle, Hinata ed Hanabi, ma nemmeno a Neji o a qualunque altro Hyuuga.

Non somiglia a nessuno, ma ha un pezzettino di tutti: è di una precisione epica e non ricordo di aver mai conosciuto una persona più pignola di lui, cosa che lo rende dannatamente odioso, cosa compensata da altri lati di lui che lo rendono più apprezzabile, come il ribrezzo nell’uccidere. Se tutti i Ninja odiassero uccidere quanto lui, sarebbe decisamente un mondo migliore… ma in nome della segretezza che l’aveva accompagnato fin da quando era stato costretto a lasciare Konoha, gli capitava fin troppo spesso di dover uccidere, compito che eseguiva con la morte del cuore.

Per ogni persona che uccide, una parte di Najisa Hyuuga muore con la vittima. Detto ciò, io mi chiedo: quante altre parti di Najisa mancano, prima del loro esaurimento?

E se queste parti si sono già esaurite, cos’è che gli permette di andare avanti? La vendetta? La rivalsa?

… Il rimpianto della vita che non ha potuto vivere?

Grave, quando un rimpianto diventa ragione di vita, impedisce di vivere un futuro, proiettandosi in un passato che ormai non esiste più.

La vita di un morto che cammina, di una mente assente e del corpo di un automa. Sei qua, ma allo stesso tempo sei anni addietro, a domandarti come sarebbero le cose se non fosse successo questo o quello.

Ed ora dimmi, immaginando a come sarebbe se mammina ti preparasse ancora latte caldo e miele prima di andare a dormire, pensi sul serio che la realtà che ti appartiene sul serio possa cambiare?

Basta. Sto divagando. Torniamo alla nostra storia, abbiamo troppo da ripercorrere e troppo poco tempo.

 

 

La sua esistenza si limitava a vagabondaggi di villaggio in villaggio, senza entrare direttamente in contatto con essi, ma raccogliendo comunque informazioni che puntualmente non facevano che avvantaggiare Akatsuki, unica gratificazione che aveva ormai da anni.

Non capitava molto spesso che Pain lo convocasse di sua spontanea volontà: il Leader sapeva che lui preferiva stare chiuso nella sua solitudine forzata e si vedevano solo quando Najisa si sentiva in dovere di riferirgli qualcosa che aveva scoperto.

Se Pain l’aveva convocato, doveva essere successo qualcosa di davvero grosso.

Strinse più forte la benda che gli impediva la vista e accelerò il passo per raggiungere più in fretta la radura dove doveva incontrarsi col capo di Akatsuki.

Esattamente, Najisa passeggiava tranquillamente con una benda sugli occhi che gli impediva di vedere. Perché? Perché prima di lasciare il villaggio, ebbe un scontro con suo padre, che gli impose un sigillo agli occhi: Hiashi poteva vedere tutto ciò che Najisa vedeva, quindi quest’ultimo preferì oscurarsi la vista per impedire al padre di scovarlo, dato che sospettava lui fosse ancora vivo.

«Sei in ritardo» lo accolse Pain.

«Nah, non è vero. Io sono perfettamente in orario, sei tu ad essere in anticipo… cosa sbagliata tanto quanto essere in ritardo» ribatté l’altro, distaccato. Si permise un sospiro, poi riprese, «è importante?»

«Lo è» assicurò il Leader, annuendo, «tua sorella Hinata è entrata a far parte di Akatsuki» pronunciò lentamente, per poi guardarlo, come se volesse aggiungere altro, ma non sapesse che parole usare. Tacque.

«E con ciò?».

«E con ciò, pensa bene a quali potrebbero essere le conseguenze. Abbiamo un problema» mormorò Pain, incrociando le braccia al petto.

Per qualche secondo nessuno sentì il bisogno di parlare e la pacatezza di entrambi contribuì ad allungare i tempi oltre la soglia del minuto. Non c’era ancora fretta; presto ci sarebbe stata, ma in quel momento ancora non esisteva.

«Parliamone».

 

[…]

 

 

«Forse un modo c’è» ripeté Hidan, «ma forzarsi a dimenticare qualcosa, il più delle volte si rivela dannoso, specie se un ricordo è ben radicato in te, potresti diventare instabile… dopo aver dimenticato, il desiderio di ricordare potrebbe farti crollare psicologicamente» spiegò, ragionevole.

Hinata, però, era irremovibile, decisa come non mai a dimenticarmi. I suoi occhi si incontrarono per qualche secondo con quelli di Hidan e lui capì; non sarebbe riuscito a farle cambiare idea e ormai aveva ammesso che poteva aiutarla o portarla da chi poteva farlo.

«Molto bene, seguimi» disse, quindi, con un sospiro.

«Hidan!» lo richiamò il tesoriere, con la solita voce rauca, «attento a ciò che fai» lo redarguì. Lui non si prese nemmeno la briga di voltarsi o rispondergli, limitandosi a guidare Hinata all’interno del covo.

Ultimamente nessuno aveva ricevuto missioni, era il loro periodo di “pausa”, quindi Itachi con tutte le probabilità era lì.

Il covo, però, era grande; la parte difficile sarebbe stata capire dov’era di preciso Uchiha, infatti dopo mezz’ora ancora stavano vagando alla ricerca.

«Ehm… cosa stiamo cercando, Hidan?» domandò timidamente la ragazza.

L’albino ridacchiò, «stiamo cercando Itachi… e non so se sia propriamente una “cosa”» scherzò, facendole l’occhiolino, cosa che la fece arrossire ad una velocità che aveva dell’inumano.

«E perché cerchiamo Itachi-san?» domandò ancora la ragazza.

«Be’, col suo Sharingan Ipnotico, è capace di creare ricordi che non esistono in una vittima, questo è più o meno noto. Una cosa che è ancora meno risaputa, è che può anche cancellare i ricordi. Usammo quella tecnica quando Sasori, pace all’anima sua, scoprì che Deidara usava i bigodini, di notte. Lo sfottemmo così tanto che un giorno tentò di farsi esplodere assieme all’intero covo; riuscimmo a fermarlo e per impedire che ci riprovasse, Itachi gli cancellò il ricordo di noi che lo sfottevamo e di Sasori che scopriva tutto dei suoi bigodini. Non capitano troppo spesso, situazioni tanto demenziali» spiegò, ridacchiando.

Anche Hinata sorrise, a quel pensiero, senza riuscire a mettersi a ridere come avrebbe voluto… la presenza di Hidan la metteva leggermente in soggezione.

Erano nei paraggi dell’ufficio di Pain, quando finalmente, dal suo interno, Hidan riconobbe la voce di Itachi.

«… penso che tu stia mentendo, anzi, ne sono sicuro» stava dicendo il ragazzo.

Molto, molto infantilmente, Hidan fece cenno ad Hinata di rimanere in silenzio e si mise a spiare dalla serratura della porta, trovando che quella conversazione potesse essere decisamente interessante.

Itachi e Pan stavano giocando a scacchi e Uchiha era appena riuscito a mangiare l’alfiere del Leader, che fece una smorfia.

«Te lo ripeto per quella che spero vivamente sia l’ultima volta: hai preso un granchio» replicò l’altro, asciutto, limitandosi a muovere un pedone. Uchiha sorrise e mosse la regina.

«Scacco. E, per la cronaca, questa mattina ti ho visto uscire dal covo con l’aria decisamente furtiva, come se non volessi essere notato, così sono andato a chiedere a Madara se ti aveva affidato qualche missione. Non te ne aveva date, quindi penso che tu sia andato a dire a Najisa che sua sorella è qui».

Hidan sgranò gli occhi, chiedendosi chi fosse Madara e che autorità potesse avere su Pain e quindi tutti loro.

Quella di Itachi non era stata una domanda, ma un’affermazione cosa che irritò parecchio Pain. «Non è che la tua sta diventando un’ossessione, Uchiha? Sei arrivato pure a spiarmi…»

«Tranquillo, non ti stavo spiando, è capitato per caso. Non sopporto essere preso per stupido, dimmi come stanno le cose»

Il Leader non rispose subito, si prese un paio di minuti per studiare la scacchiera, dopodiché mosse la sua torre. «Le cose stanno così: oggi non è la tua giornata fortunata. Prima fai una considerazione totalmente sbagliata, e poi perdi contro di me. Scacco matto».

«E’ ancora da vedere, se le mie considerazioni sono sbagliate» borbottò Itachi, mettendo a posto i pezzi del gioco.

Pain si alzò e si diresse alla porta dell’ufficio, per uscire; Hidan fece appena in tempo a rimettersi dritto e simulare l’atto di star per bussare, prima che la porta si aprisse.

«Ciao, capo, Itachi è qui, per caso?» domandò l’albino.

Lui non rispose, si limitò a scostarsi per farli entrare nell’ufficio, mentre Itachi riponeva la scacchiera su uno scaffale.

«Itachi, Hinata vorrebbe dimenticare una persona, ci servirebbe la tua tecnica dello Sharingan» disse Hidan, senza giri di parole.

Uchiha guardò alternativamente i due, vagamente incuriosito. «Hidan ti ha spiegato tutto?»

Hinata annuì.

«Anche che non c’è modo che io conosca per far tornare un ricordo cancellato?»

La ragazza abbassò lo sguardo, «no, questo no… ma non è un problema».

«Bene, ragazzina, chi è che vorresti dimenticare?»

«Un mio compagno di squadra, Shino Aburame».

Itachi si posizionò davanti a lei. «Guardami negli occhi» ordinò, infine.

“Sto per dimenticarmi di Shino…” pensò Hinata, “Sto per dimenticarmi di… un momento… cos’è che dovrei dimenticare?”

Itachi distolse lo sguardo da lei e Pain si rivolse ad Hidan. «Ah, dimenticavo, tu e Kakuzu avete una missione al tempio del fuoco».

Hinata si sentì intontita, fece appena in tempo a sentir pronunciare quelle parole, poi svenne.

 

 

Spesso, anche dimenticarsi di qualcuno di importante per noi, è fonte di rimpianto… che il rimpianto sia diventato una maledizione di famiglia?

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** File 08: Prime Difficoltà. ***


-Mentre tutto scorre

 

File 08: Prime difficoltà.

 

 

 

Vi è mai capitato di perdervi?

Vi è mai capitato di essere in un luogo e non aver la minima idea di dove ci si trova e di come uscirne?

Sì, ovviamente è capitato a tutti… ma qualcuno di voi ha mai provato, in associazione al perdersi, un senso di impotenza che, a lungo andare diventa inspiegabilmente piacevole?

Difficile non rendersi conto che, più siamo imponenti e più stiamo bene; lo so, sembra assurdo, ma solo quando abbiamo la certezza matematica di non poter fare nulla, riusciamo a non incolparci.

Il problema è quando l’impotenza diventa una dipendenza al punto da perdersi di proposito…

… perché se si arriva a perdere sé stessi, è la fine, non c’è modo per tornare indietro.

E voi siete proprio sicuri di non aver perso voi stessi?

 

 

 

Anche se non potevo vederla, sapevo che Hanabi mi stava guardando con aria truce. Nonostante l’appartenenza ad uno dei clan d’elite di Konoha, Hanabi rimaneva pur sempre una donna e quindi, per dirla con le parole di Shikamaru, una gran seccatura.

Stava piovendo a dirotto, così tanto che non eravamo in grado di vedere nulla oltre a poco più in là del nostro naso e anche questa era una seccatura coi fiocchi, come il fatto di star iniziando a ragionare come Shikamaru.

C’era una sola cosa che divideva il villaggio della Pioggia dal resto del mondo, il villaggio dei Pescatori… e c’è una sola cosa che divideva il Villaggio dei Pescatori dalla civiltà: il bosco in cui ci trovavamo in quel momento io ed Hanabi.

«Tsk! Questo non serve più!» sbottò la ragazza con rabbia, strattonando il pesante mantello ormai fradicio, togliendolo.

Non aveva tutti i torti, ormai con o senza mantelli eravamo bagnati in ogni centimetro di pelle; quelli ormai erano utili solo ad appesantirci, quindi seguii l’esempio di Hanabi e me lo levai anche io.

La vidi serrare i pugni con stizza, diventando rossa in volto, palesemente arrabbiata, poi, giusto un secondo prima di esplodere, la rabbia si tramutò in debole rassegnazione. «Dimmi la verità, ci siamo persi, vero?» pigolò, passandosi stancamente una mano tra i capelli.

Mi morsi inconsciamente un labbro; come tutti i membri del mio clan, sono soggetto ad un pessimo autocontrollo dei gesti più istintivi, ma un ninja non può permettersi di mostrare le proprie emozioni e le proprie debolezze, quindi il collo della maglia tanto alto e le lenti scure degli occhiali hanno uno scopo ben preciso.

Soppesai con cura ciò che stavo per dire, cercando di non metterle su un piano tragico: Hanabi è notoriamente pessimista quanto Neji, urgeva “addolcirle” la pillola.

«Siamo all’interno di un campo magnetico, creato dalle continue piogge» masticai lentamente quelle parole, quasi esitando. Lei se ne accorse, ma aspettò che finissi di parlare, «i miei insetti non si perdono all’interno dei campi magnetici, ma la truppa che ho mandato ore fa in perlustrazione non è ancora tornata» conclusi.

Lei annuì lentamente, spostandosi una ciocca di capelli fradici dal viso, «bene, ci siamo persi».

Gettò una fugace occhiata al mantello che pochi istanti prima aveva buttato a terra, notando abbacchiata come in quel breve lasso di tempo era sprofondato nel fango, portato giù dal peso sempre maggiore dell’acqua, «ricordamelo» sibilò, mortalmente seria. In quel momento, per un fugace istante, temetti seriamente per la mia vita, «ricordami per quale dannato motivo siamo passati di qui».

Alzai, dunque, gli occhi al cielo, conscio di non poter essere visto, nascosto dalle lenti scure.

«Dopo questa foresta, c’è un villaggio completamente insignificante di pescatori, chiamato, appunto “villaggio dei Pescatori”. E’ talmente piccolo che per un plotone di ninja passare di lì equivale a farsi scoprire subito, quindi Akatsuki non si aspetta un attacco da lì e le difese lasceranno molto a desiderare. Noi due passeremo del tutto inosservati, senza contare che l’unica cosa che divide il Villaggio dei Pescatori dal Villaggio della Pioggia è uno stretto arcipelago, navigabile in un paio d’ore anche da una piccola imbarcazione» le spiegai per l’ennesima volta, aggiustandomi gli occhiali sul naso.

Lei ebbe un sorriso subdolo e sbatté le ciglia in un modo che non presagiva nulla di buono.

«Dimmi, Shino» esordì lentamente, come se stesse pesando con estrema attenzione le parole da usare, «non è che, invece, hai scelto questa strada perché hai paura dell’acqua e questa era la tratta con meno mare in mezzo?»

Ci misi un po’ prima di rispondere, valutando le possibili “vie d’uscita” «Non ci sei andata molto lontana» ammisi, infine, «ma non sono io ad averne paura. I miei insetti non vanno molto d’accordo con gli insetti, a dirla tutta».

«Capisco».

Calò un lungo silenzio imbarazzante; non lo ammetterei nemmeno sotto tortura, ma forse –proprio forse, eh!- se avessi possibilità di scelta preferirei sempre non attraversare il mare, che sia pure per un breve tratto. Questo, per mia sfortuna, Hanabi sembrava averlo capito fin troppo bene, perché ebbe un ghigno fortemente sardonico.

Decisi che dovevo trovare un modo per sviare i discorso, prima che mi venisse fatta qualche altra domanda scomoda; mi guardai attorno e decisi che forse non solo gli Dei esistevano, ma erano anche molto misericordiosi nei miei confronti.

«Ha smesso di piovere» notai, come se fosse il meglio che poteva accaderci.

Il ghigno scivolò via dal viso di Hanabi, lasciando spazio alle sopracciglia pesantemente aggrottate, «e con ciò?»

Sbuffai, spazientito, «e con ciò, con un po’ di fortuna, troveremo un luogo non eccessivamente allagato dove accamparci. Abbiamo bisogno di riposarci, possibilmente trovare qualcosa da mangiare e poi fare il punto della situazione. Distrutti dalla stanchezza e dalla fame non riusciremo a ragionare lucidamente» spiegai, rendendomi conto solo in quel momento quanto mi costasse anche solo restare in piedi e quanto avessi fame.

Lo stesso doveva essere per Hanabi che si portò una mano allo stomaco, facendo una smorfia di disapprovazione, ma alla fine convenne con me.

Dovemmo, comunque, camminare ancora una mezza giornata per trovare un luogo adatto, non sommerso dalle acque.

Fu quasi per caso che avvistammo una piccola grotta; l’acqua l’aveva raggiunta e nell’entrata raggiungeva i polpacci, la essendo la roccia viva del pavimento in salita, il fondo della grotta era piacevolmente asciutto.

«Bene» commentai, estraendo un kunai, «io vado a cacciare qualcosa da mangiare e cercare dell’acqua pulita… tu trova qualcosa per accendere un fuoco» dissi.

Hanabi fece per ribattere, ma io ero già uscito. La sentii solo gridare un iracondo «Ma bravo, tieniti i lavoro più facili per te! Mi spieghi dove la trovo della roba per accendere il fuoco in queste condizioni?!»

Mi trattenni a stento dal mettermi a ridere ed incominciai la mia ricerca.

Nel frattempo, Hanabi borbottava maledizioni contro di me e contro gli Dei, prima di avere una folgorante illuminazione.

«Gliela faccio vedere io, a quell’Aburame dei miei stivali» sussurrò con un sorrisetto. Uscì pure lei dalla grotta e raccolse quanta più legna poteva, tutta inevitabilmente zuppa d’acqua. Emise il Chakra, come se stesse usando le sessantaquattro chiusure e tempo pochi minuti e la legna si asciugò.

Sorrise a quel suo innegabile successo e tornò nella grotta.

Quando finalmente tornai, con un paio di conigli nani e le borracce piene di acqua limpida, trovai ad attendermi sul fondo della grotta un allegro fuocherello scoppiettante.

«Come hai fatto?» domandai stupito, convito fino a pochi secondi prima che la ragazza avrebbe fallito.

«Se-gre-to» sillabò la ragazza, facendomi la linguaccia.

Sospirai. Non sarei stato in grado di uscire “vivo” da quella convivenza forzata con la piccola Hyuuga.

 

[…]

 

«E’ svenuta!» isterò Hidan.

Era la decima volta, almeno, che ripeteva quella frase ed ogni volta l’isteria nella sua voce aumentava.

Non aveva nemmeno sentito Pain che lo informava della missione che avrebbe dovuto svolgere.

«Perché è svenuta? Deidara mica era svenuto» si informò il Leader.

Itachi fece una smorfia e pesò con accuratezza le parole da usare per non essere fatto a fettine dalla temibile falce di Hidan. Già riusciva a sentire la voce di Kakuzu che urlava “Oggi a pranzo sushi all’Itachi. Tre Yen a pezzo!” e vedeva anche Deidara che lapidava il suo intero stipendio per aggiudicarsi tutti i pezzi di “sushi”.

Si ricordò che doveva rispondere alla domanda posta da Pain e si distolse da quei pensieri così incredibilmente assurdi.

«Probabilmente la sua mente non era abbastanza forte per sopportare quel trattamento come lo era stato Deidara. In ogni caso, non è in pericolo, si riprenderà a breve» spiegò, atono. «Con permesso» aggiunse, guadagnando la porta dell’ufficio, avendo saggiamente deciso di dileguarsi.

Non che Hidan fosse fisicamente più forte di lui, ma la sua immortalità avrebbe giocato a suo favore se mai l’albino avesse deciso di combattere con lui.

«Tu e Kakuzu avete una missione nella terra del Fuoco» ripeté pazientemente Pain, una volta che Itachi fu uscito.

Hidan soppesò Hinata con lo sguardo, poi si rivolse al Leader, «chiedo che venga anche Hinata. Sono l’incaricato al suo addestramento e non c’è allenamento migliore della pratica sul campo» disse.

Ci pensò diversi secondi Pain, tenendo lo sguardo fisso sul sottoposto. «E sia» decretò, infine.

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** File 09: Appartenenza. ***


 

 

Capitolo 9: Appartenenza.

 

Il Covo di Akatsuki è costruito sotto terra. Per ovvi motivi non dirò con esattezza dove, vi basti sapere che in origine era una base segreta creata dal primo Hokage in persona in territorio nemico durante la guerra contro il villaggio della Pioggia, serviva ai ninja di Konoha per spiare i nemici e, al tempo stesso, avere un luogo non rintracciabile dove poter curare i feriti.

Sono passati anni da quella guerra e ormai nessuno ha memoria di quella base, nemmeno gli stessi ninja di Konoha… fu un fortunatissimo avvistamento di Zetsu, e Pain decise di utilizzare quel luogo come Covo.

Spesso Deidara, per scherzare, dice che è come se avessimo un debito di riconoscenza nei confronti di Konoha, per averci inconsapevolmente fornito un Covo così straordinariamente comodo, al che Kakuzu solitamente si sente in dovere di rispondere che è disponibile a ricambiare in qualsiasi modo, purché non si parli di cominciare a pagare loro l’affitto.

Peccato che le prigioni di Konoha non siano comode allo stesso modo… ma forse il mio giudizio è influenzato dal fatto di aver appena subito un interrogatorio in piena regola da niente meno che Ibiki Morino in persona. Wow, che onore… ne avrei volentieri fatto a meno, sono ancora così intontito dalle droghe che ha usato per interrogarmi che la mano trema e la mente elabora a rilento, sto impiegando troppo tempo a scrivere, spero solo di finire in tempo.

Il punto, però, non è questo.

 

Essendo costruito sotto terra, nel covo non c’erano finestre che dessero all’esterno e l’aria era pesante, cosa che Hinata si ritrovò a maledire per la centesima volta quando si svegliò.

Sentiva la testa dolere da morire e pensò che un po’ d’aria fresca non avrebbe potuto che farle bene. Non aprì subito gli occhi, cercando di ricordare come diavolo era finita nel suo letto se fino a poco prima si stava allenando con Hidan, poi ricordò d’essere andata con il “sensei” a cercare Itachi e di essere svenuta poco dopo.

“Magnifico” imprecò mentalmente, per poi sbuffare e portarsi una mano a massaggiare le palpebre.

Socchiuse gli occhi e, dopo essersi accertata che la stanza fosse al buio, li spalancò senza troppe cerimonie. Non si aspettava di vedere Hidan o qualcun altro al suo “capezzale”, ma ciò non le impedì ugualmente di sentirsi in qualche modo sola e abbandonata.

Si stiracchiò pigramente e si tirò su, abbracciandosi le ginocchia; pensandoci bene, si disse che non era sensazione d’abbandono, la sua, più che altro aveva lei stessa la sensazione di aver abbandonato qualcuno, si sentiva confusa e qualcosa nei suoi ricordi non quadrava più, come se avesse dimenticato qualcosa di vitale. Dandosi della stupida scosse la testa, decidendo che si sentiva in quel modo solo a causa dello svenimento.

“Bene, sono caduta giù come un ramoscello e senza motivo” pensò, mentre il suo sguardo si posava su l’unica sedia usata come comodino accanto allo scomodo letto. Vi era un voluminoso pacchetto, con sopra un vecchio foglietto di carta, ingiallito dal tempo; ciò che c’era scritto, però, doveva essere recente come il brillante inchiostro blu che macchiava la carta con poche parole:

 

È ora che tu abbia delle vesti più consone, non ti pare?

Appena ti sarai cambiata, raggiungimi nel campo di allenamento,

abbiamo una missione.

Hidan.”

 

Dovette leggere un paio di volte il biglietto, prima di comprendere sul serio cosa doveva esserci all’interno del pacchetto. Subito lo scartò e ne tirò fuori una morbida cappa rossa all’interno e nera all’esterno, decorata a nuvole vermiglie circondate di bianco, la divisa dell’Akatsuki. Finalmente faceva parte di qualcosa.

Quasi inciampò nelle lenzuola nella fretta di alzarsi per indossare l’indumento, avrebbe tanto voluto avere uno specchio dove poter rimirare la sua immagine ammantata da quel simbolo di potere, per poi scacciar via quel pensiero frivolo da ragazzina vanitosa. Si strinse, sentendo il calore e il profumo della veste; sapeva di buono ma anche dell’odore che troppo spesso accompagnava i membri dell’Akatsuki, sangue.

Afferrò il coprifronte sfregiato e lo osservò attentamente, rigirandoselo tra le dita: fino a poco tempo prima era stato anche quello un simbolo di appartenenza, per poi diventare un simbolo di non-appartenenza. Era fiera del fatto di non avere più nulla a che fare con Konoha, quindi se lo infilò nella tasca interna della cappa, assieme ad alcuni kunai e pochi shuriken, uniche armi che aveva.

Corse a perdifiato fino al campo di allenamento, dove Hidan stava mollemente adagiato contro un albero e Kakuzu dormicchiava tranquillamente su un ramo dello stesso.

«Scusate, mi sono ripresa solo ora» mormorò la ragazza, chinando la testa in segno di scuse.

Hidan agitò una mano con noncuranza, poi alzò lo sguardo in direzione del compagno di squadra, che aveva aperto gli occhi all’arrivo della ragazza, tornando subito vigile, «Hey, nonna, hai finito il sonno di bellezza?» lo rimbeccò con una smorfia.

«Fottiti, Hidan» si limitò a grugnire il tesoriere, balzando giù dal ramo sul quale era appollaiato.

Fece finta di pensarci, l’albino, «magari più tardi, grazie».

Come sempre a quegli scambi di battute, Hinata arrossì e sbuffò, combattuta tra imbarazzo ed esasperazione; ciò che non capitava spesso, a differenza di quella volta, fu l’essere richiamati all’ordine dalla voce glaciale di Pain.

«E io che credevo di aver assoldato dei Nukenin di grado S» sospirò il Leader, avvicinandosi da dov’era venuta Hinata.

«Hey, il Leader viene a salutarci per la partenza… stiamo diventando sentimentali?» domandò Hidan, giocando distrattamente con un kunai e guardando con sufficienza Pain.

Questi non si scompose se non in una lieve smorfia contrariata, «immagino che sarebbe ridicolo se giustificassi a te ciò che faccio, dico bene?» disse, senza aspettare una risposta, per poi rivolgersi alla ragazza.

«Allora, non aspettarti le solite missioni che svolgevi a Konoha» esordì, duro, «sei stata abituata a tornare a casa dopo ogni missione, be’, non sarà più così. In questo momento siamo tutti o quasi al covo per pura combinazione, solitamente quando si parte per una missione per l’Akatsuki si rivede questo luogo dopo anni, abbiamo un sistema di comunicazione che mi permette di informarvi delle vostre prossime missioni senza che voi dobbiate tornare qua ogni volta. Ti sto dicendo questo perché Hidan è convinto che tu sia già pronta per una missione, io non ne sono pienamente sicuro e preferisco che tu sappia a cosa vai incontro se andrai con loro» il Leader si permise una pausa, durante la quale studiò attentamente il viso della ragazza, che riuscì a sostenere lo sguardo di Pain in modo quasi deciso; «la vostra destinazione è il Paese del Fuoco» concluse, cercando di decifrare il rapido lampo che passò negli occhi di Hyuuga.

La ragazza abbassò lo sguardo, pensando qualche secondo prima di decidere che una missione era una missione, in qualsiasi luogo l’avesse portata.

«Non è un problema, credo di essere pronta per una missione»

«Credi?»

Hinata alzò lo sguardo, affrontando una seconda volta quello gelido del Leader. «Sono pronta» decretò.

Un rapido sorriso incurvò le labbra di Pain, «in questo caso, mi duole dirti che la tua divisa è ancora incompleta» disse, lanciandole è piccolo oggetto che lei prese al volo, «questo anello è parte integrante della divisa di Akatsuki. Apparteneva ad Orochimaru, Zetsu è riuscito a recuperarlo ieri sera ed ora lo affido a te… per ora è solo un affidamento, sarà Hidan che deciderà quando sarai veramente pronta ad indossare quell’anello al mignolo sinistro. Solo allora sarà tuo e tu farai davvero parte di Akatsuki» spiegò, per poi voltarsi e tornare sui suoi passi.

 

[…]

 

 

Dopo la notte passato nella foresta, finalmente io ed Hanabi riuscimmo a rimetterci in viaggio concludendo qualcosa: riuscii a rintracciare la truppa d’insetti che si era persa e trovammo entro sera l’entrata del villaggio dei Pescatori, unica cosa che ci separava dal villaggio della Pioggia.

Hanabi, nonostante la fortuna sembrasse favorirci, era terribilmente tesa e, se le mie priorità fossero state altre, lo sarei stato pure io. Il modo in cui gli abitanti del villaggio guardavano i forestieri come noi andava persino oltre l’ostilità. Si vedeva dai nostri movimenti e dalla guardia mai del tutto assopita che eravamo Ninja e la cosa sembrava indisporli ancora di più nei nostri confronti.

«Quanto ci metteremo ad abbandonare questa fogna?» mi sussurrò Hanabi, con tutto l’autocontrollo di cui era capace… non molto a dire il vero.

«Dobbiamo procurarci il necessario per continuare a viaggiare, poi dovremo trovare un posto dove passare la notte. Ripartiremo all’alba» risposi, senza curarmi di tenere la voce bassa come aveva fatto lei.

Hanabi a quelle parole, si fermò in mezzo alla strada, senza accennare a fare anche solo un altro passo.

Sbuffai. «Che c’è adesso?»

«Perché non possiamo partire questa notte, piuttosto che perdere tempo e passare la nottata qui?»

Effettivamente il suo ragionamento non faceva una piega, avremmo risparmiato un sacco di tempo, se fossimo partiti di notte, ma avevo le mie ragioni, «è poco prudente affrontare un viaggio via mare di notte, specialmente in quel tratto di mare. Anche se dal villaggio della Pioggia non si aspettano attacchi da questo fronte, ci saranno delle difese, seppur minime, e in mare ci sarà difficile evitarle senza almeno un po’ di visibilità, ecco perché partiremo alle primissime luci dell’alba» spiegai, cercando di mantenere un tono ragionevole, poi sorrisi, coperto dal colletto della mia maglia, «se ti inquietano gli sguardi di questa gente, pensa a come ci guarderanno a Konoha se mai ci torneremo vivi» scherzai.

 

Sì, era uno scherzo, in quel momento sinceramente stavo già cominciando a pensare che dopotutto sarebbero state davvero scarse le possibilità di tornare realmente a Konoha.

Be’, a quanto pare mi sbagliavo, ora a Konoha ci sono tornato. Contro la mia volontà, imprigionato come il peggiore dei criminali, ma ci sono tornato, con la consapevolezza di non essere mai appartenuto meno ad un luogo… ed ho visto gli sguardi che hanno accolto il mio ritorno, in confronto al disprezzo ipocrita che vi ho letto, l’ostilità del villaggio dei Pescatori era caldo e accogliente.

E voi, siete davvero sicuri di appartenere al luogo in cui state leggendo queste righe?

uio, li spalancò senza troppe cerimonie.

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