This dark, bloody love story

di ShinyDarkF
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Novità ***
Capitolo 2: *** Situations ***
Capitolo 3: *** L'incontro ***
Capitolo 4: *** Chissà... ***
Capitolo 5: *** Who are you? ***
Capitolo 6: *** Remember ***
Capitolo 7: *** Malvagio ***
Capitolo 8: *** Speranza ***
Capitolo 9: *** Christina ***
Capitolo 10: *** Presagi ***
Capitolo 11: *** Complotti ***
Capitolo 12: *** Primo appuntamento ***
Capitolo 13: *** Complicazioni ***
Capitolo 14: *** Incontri ***
Capitolo 15: *** Dobbiamo parlare ***
Capitolo 16: *** Promise me ***
Capitolo 17: *** Paura ***
Capitolo 18: *** Tregua ***
Capitolo 19: *** The beginning ***
Capitolo 20: *** Forgotten children ***
Capitolo 21: *** A place called home ***
Capitolo 22: *** Umanità ***
Capitolo 23: *** Mistero ***
Capitolo 24: *** Nuovi incontri ***
Capitolo 25: *** Profezia(nuovi incontri parte due) ***
Capitolo 26: *** Pain of Love ***
Capitolo 27: *** Love is a game for everyone ***
Capitolo 28: *** Succederà ***
Capitolo 29: *** Fate ***
Capitolo 30: *** This is war.Maybe ***
Capitolo 31: *** Limitless ***
Capitolo 32: *** Possessed ***
Capitolo 33: *** Vai via ***
Capitolo 34: *** Life, sleep, journey ***
Capitolo 35: *** Colpevoli ***
Capitolo 36: *** Intrighi ***
Capitolo 37: *** Love is dead ***
Capitolo 38: *** Revelations ***
Capitolo 39: *** Arriverà ***
Capitolo 40: *** Angel ***
Capitolo 41: *** The edge of glory ***



Capitolo 1
*** Novità ***


"Cosa stai guardando?"
"Niente, mamma, stavo solo pensando!"
"Ok, allora buona notte tesoro"
"Buona notte anche a te"
Christina sorrise, ma in realtà non voleva sorridere, aveva freddo e si sentiva malaticcia, come se avesse la febbre o almeno un brutto raffreddore. Ma malata non era. Si scostò un lungo ricciolo bruno dalla faccia, cominciava a non sopportare i suoi capelli, e sinceramente non sopportava più neanche il suo viso. Voleva cambiare qualcosa, ma non sapeva che cosa, non sapeva se avrebbe avuto il coraggio di cambiare. Ma quella che vedeva allo specchio non era più lei. Christina aveva 17 anni, una pelle chiara, ma non troppo, e bellissimi occhi azzurri che tutti le ammiravano ma che lei odiava. Si sentiva sporca, aveva appena lasciato il suo ragazzo, Mark, che aveva davvero amato ma che si era dimostrato un cretino. Stava per tradirla, e la cosa peggiore è che la sua nuova ragazza sarebbe stata la sua migliore amica, Jane. Jane era una bella ragazza, nessuno osava dire il contrario, molto più bella persino di lei, la ragazza più popolare della scuola. Ma Christina aveva capito che nessuno la amava, tutti la odiavano e tutti le avrebbero voltato le spalle, senza esitare. E così è successo, in meno di un giorno aveva perso il suo ragazzo, la sua unica amica e la sua popolarità, non aveva più niente ormai. Guardò fuori dalla finestra. Una notte stellata, di quelle che potevi vedere solo a  Scream Land, aveva sempre pensato che quel nome fosse così strano, in qualche modo le incuteva timore. Anche il paese era strano, bellissimo con i suoi prati, i suoi cieli sempre stellati, il clima mai troppo caldo, ma strano, tanto che sembrava appena uscito da un libro. Fiaba o giallo? Questo non sapeva dirlo. Succedevano cose troppo strane in quel paese, la gente spariva, a volte veniva ritrovata morta senza un valido motivo e non si riusciva a trovare il responsabile. La gente impazziva, blaterava cose senza senso, “vampiro” questa era la parola ricorrente. “ I vampiri non esistono” pensò Christina. Non sapeva quanto si sbagliava. Non poteva immaginare come la sua vita sarebbe cambiata in quei giorni, l’unica cosa che voleva era stare bene finalmente, riuscire a risorgere dopo questa caduta. Le sembrava impossibile ma ci sarebbe riuscita, questo era il suo unico scopo, a qualunque prezzo. E ancora guardando il cielo fuori dalla finestra, la ragazza si addormentò.

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Capitolo 2
*** Situations ***


Quella notte un ragazzo si trovava in un cimitero, quello di Scream Land. Aveva sempre pensato che un paese con un nome così buffo fosse perfetto per lui. Guardava fisso una tomba, c’era scritto sopra Tom Kaulitz, era suo fratello. Per strada si era reso conto di non aver portato neanche un fiore ma tanto era sicuro che a suo fratello non sarebbe importato, a lui non piacevano queste cose raffinate, di sicuro glieli avrebbe scagliati contro.
"Chi va là?"
Di solito non c’era nessuno in quel cimitero dopo la mezzanotte ma quella sera il custode si era attardato per aiutare la polizia. C’era stato un altro omicidio e lui voleva dare una mano, era una persona buona.
“Poverino” pensò il ragazzo.
Il custode lo trovò immobile avvolto nel suo lungo cappotto nero, aveva paura ma non sapeva perché, era come se fosse stato quel ragazzo a spaventarlo ma sapeva che era impossibile, probabilmente aveva solo paura del luogo e di tutto quel silenzio. Il ragazzo non doveva trovarsi là, almeno avrebbe dovuto scappare ora che era stato visto. Ma lui rimaneva immobile. L’uomo pensò di avvicinarsi, pensando che il ragazzo fosse sordo o non l’avesse sentito.
“ Ora che mi vedrà se ne andrà di sicuro e poi anche io potrò tornarmene a casa”
Non aveva ancora capito che l’unica possibilità che aveva di ritornare a casa era di scappare subito via.
Non fece neanche il tempo di avvicinarsi che il ragazzo sparì, velocemente, troppo veloce per aver corso.
“Strano, forse era…”
Voleva dire che era la sua immaginazione che gli aveva giocato un brutto scherzo ma non ci riuscì, non riuscì neanche a pensare. Due mani comparvero dietro la sua schiena e lo tenevano forte, sapeva che se avesse provato a scappare le sue ossa si sarebbero rotte. Due denti appuntiti gli lacerarono il collo, faceva male, sentiva tutto il sangue che usciva dalla quella ferita ma stranamente il suo maglione non era macchiato di sangue. Lo sconosciuto lo stava bevendo, lo stava uccidendo succhiando il suo sangue. Quattro minuti, forse anche di meno, passati come se fossero stati un’eternità e l’uomo era morto, nessuno avrebbe pensato più a lui, sarebbe stato catalogato come un altro degli omicidi irrisolti del luogo. E questo Bill lo sapeva. Il ragazzo non sapeva se sentirsi in colpa o se sentirsi estremamente bene, dopotutto sapeva che suo fratello avrebbe fatto di peggio. Suo fratello Tom di cui prima aveva fissato la tomba con quella sua faccina sorridente. Si guardò i capelli, non era spettinato per niente, i suoi capelli neri e lunghi scendevano sulle sue spalle. Non aveva neanche una goccia di sangue sui vestiti. L’unica cosa che era cambiata erano gli occhi, che erano passati dal color nocciola a un rosso intenso, il colore del nuovo sangue che ora gli fluiva tra le vene. Ma sarebbero passati presto e lui sarebbe tornato il solito ragazzo che era stato fino a cinque minuti fa. Il solito ragazzo di quasi 400 anni.

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Capitolo 3
*** L'incontro ***


Christina si era svegliata presto quella mattina, non riusciva a dormire a causa dei suoi incubi. Lei aveva sempre incubi ma questa volta erano stati peggiori. Pensava che quella notte avrebbe sognato Mark, avrebbe ripensato a quanto lo amava e cosa invece si era rivelato, solo un meschino. E sognò per davvero Mark, ma non come lei se lo immaginava. Camminava per i corridoi della scuola con il suo solito passo lento che la faceva ridere, lei gli andava vicino e lui si era girato. Lui non era Mark, non più, i suoi occhi erano rossi e i suoi denti erano lunghi e affilati. Era un vampiro e la cosa peggiore era che stava per ucciderla. Si era svegliata alle 6.00 di mattina urlando:<>. Fortunatamente non l’aveva sentita nessuno. I suoi genitori erano talmente abituati ai suoi incubi che ormai non facevano più caso alle sue urla e continuavano a dormire. Non aveva sorelle, né fratelli e aveva sempre pensato che fosse una cosa brutta ma in quei momenti si sentiva sollevata, almeno non avrebbe avuto sulla coscienza bambini spaventati. Decise che ormai era troppo tardi per continuare a dormire, fra poco sarebbe dovuta tornare a scuola. Ah, la scuola, aveva sempre pensato che la scuola fosse un posto meraviglioso perché là incontrava tutti i suoi amici, il suo ragazzo, insomma le persone che voleva bene e che pensava la volessero bene. Non aveva mai pensato tanto allo studio ma per sua fortuna non andava neanche troppo male a scuola al contrario dei suoi amici. Come poteva ancora chiamarli amici dopo quello che le avevano fatto? Semplicemente non poteva. Ma Christina non era mai stata cattiva, non riusciva a odiare davvero qualcuno anche se sapeva che molte altre persone lo avrebbero fatto. Lei era diversa. Si alzò e notò una cosa stranissima: la finestra era aperta. “Strano, ero sicura di averla chiusa ieri sera” così pensò, ma poi si rese conto che la sera precedente era stanca e triste, forse aveva dimenticato di chiuderla e non se ne era neanche accorta. Ma c’era di più: lei si sentiva osservata, come se degli occhi la stessero spiando da qualche parte ma non c’era nessuno in quella stanza oltre lei. Forse stava diventando pazza.
A scuola era proprio come si aspettava: nessuno le parlava. C’erano sempre due o tre persone che le rivolgevano la parola ma non le dicevano niente di carino. Il fatto è che prima lei era stata quella popolare, tutti la odiavano ma nessuno poteva toccarla perché lei stava con quelli “giusti” che avrebbero fatto diventare la vita un inferno a chiunque avesse osato sfidarli. Ora lei non era nessuno, era proprio come tutte le altre persone e chi l’aveva sempre odiata poteva dirlo apertamente. E poi c’erano loro, i suoi vecchi amici, che la odiavano più di tutti quando sapevano benissimo che erano stati loro ad aver sbagliato, non la povera ragazza. Christina camminava da sola per il corridoio a testa bassa quando andò letteralmente a sbattere contro un ragazzo.
"Oh scusa, non l’ho fatto apposta" disse la ragazza.
Il ragazzo all’inizio non rispose, poi disse:" Lo so, ma non preoccuparti".
Aveva una bellissima voce, sapeva di miele, era dolce ma nascondeva anche qualcosa di amaro in sé come se una parte di quella voce dolce ti stesse avvertendo e ti dicesse: “Non fidarti”. Christina non sapeva se esserne ammaliata o se averne paura ma pensò che era meglio entrare in classe prima che anche il professore avesse cominciato ad odiarla.
"Posso sapere il tuo nome?" disse la ragazza mentre si voltava di spalle.
"Certo, mi chiamo Bill"
"Bill, bel nome!" ma quando Christina si girò per dire questo il ragazzo era già sparito.
“Strano” pensò.
Aveva già visto quel ragazzo ma non gli aveva mai rivolto la parola. Nessuno l’aveva mai fatto. Sembrava così… non sapeva neanche lei come definirlo ma aveva qualcosa di strano. Strano, ecco questa era la parola più adatta per descriverlo. Era di certo misterioso, andava sempre in giro con un cappuccio sulla testa ma tutti sapevano che in realtà aveva capelli lunghi e neri e occhi color nocciola. Era bellissimo, ma era come se non volesse far vedere il suo aspetto, come se non ne andasse fiero. Aveva sempre pensato “Perché si vergogna tanto di se stesso quando è così bello?” ma non si era soffermata mai più di tanto su quel ragazzo, dopotutto lei aveva i suoi “amici” a cui dedicarsi. Però una cosa era certa: chissà per quale motivo quel ragazzo aveva cambiato i suoi sentimenti nel giro di un minuto, era passata dalla tristezza alla felicità, dalla felicità alla curiosità e infine era andata dritta dritta nella paura.


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Capitolo 4
*** Chissà... ***


Il ragazzo stava nel suo posto preferito, al cimitero, davanti la tomba di suo fratello, dove fino ad un giorno prima pensava di non poter fare del male a nessuno. Era questo che voleva, stare una volta tanto tranquillo, una volta sola senza uccidere. Perché era questo che faceva, lui uccideva la gente, le succhiava il sangue e non riusciva a fermarsi, sapeva che non avrebbe mai potuto perché era questo che doveva fare per restare in vita. Lui non voleva morire. E fortunatamente non sarebbe mai morto, anche se questo significava vivere da assassino per sempre. Vivere da vampiro. Fino a qualche decennio fa non ci avrebbe mai creduto, non aveva mai creduto nel soprannaturale, pensava che tutte queste cose, i vampiri, le streghe, i licantropi, i fantasmi, fossero solo invenzioni di gente malata che non aveva niente di meglio da fare che spaventare il prossimo. Solo ora capiva quanto si era sbagliato. Se avesse capito tutto almeno qualche giorno prima della sua trasformazione, forse si sarebbe salvato. Pensava a tante cose e intanto guardava la tomba di suo fratello, proprio accanto alla sua. Bill e Tom Kaulitz, due gemelli prodigio, così li chiamavano tutti, belli, bravi, musicisti, avevano tutto e in pochi anni avevano perso tutto. Bill guardava le foto sorridenti di sé e di suo fratello, non avrebbero mai più sorriso in quel modo. Non potevano sorridere in quel modo altrimenti si sarebbero visti i denti splendenti e appuntiti e nessun umano avrebbe mai potuto vederli senza capire. Bill non voleva uscire allo scoperto, sapeva che c’erano persone che potevano fargli del male, i cacciatori di vampiri, quelli che uscivano allo scoperto solo di notte e con un solo scopo: uccidere i vampiri. E avevano ragione, non erano omicidi quelli che commettevano, si trattava semplicemente di uccidere qualcuno senza un’anima, senza rimorso, senza coscienza, senza nulla di buono. Qualcuno, o qualcosa. Ma Bill non voleva morire, voleva vivere una vita il più normale possibile, sorridere, essere felice. Ma sapeva che era impossibile. Ripensò a quella ragazza, chissà se l’avrebbe incontrata di nuovo e forse sperava che questo non accadesse mai. Sapeva che se avesse incontrato di nuovo quella sconosciuta, lei sarebbe stata probabilmente il suo prossimo spuntino.

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Capitolo 5
*** Who are you? ***


Una ragazza camminava per la strada. Era tardi, tardissimo e lei lo sapeva ma una parte di lei non voleva tornare a casa, sapeva che aveva fatto troppo tardi e che i suoi genitori si sarebbero arrabbiati. Era andata ad una festa e si era davvero divertita, come non faceva ormai da molto tempo. Forse doveva fare più spesso queste cose, andare alle feste, uscire, incontrare gli amici. Una volta tanto nella vita aveva buoni propositi. Quasi non si accorse che un ragazzo la stava seguendo, forse qualcuno voleva semplicemente farle uno scherzo e non c’era da preoccuparsi. Si sentiva felice, troppo felice per pensare a uno sconosciuto che camminava in piena notte, forse era solo ubriaca. Dopotutto anche lei agli occhi di quella ragazza era una sconosciuta che camminava da sola nella notte, sola, troppo sola. Doveva tornare a casa.
"Ciao!"
Lo sconosciuto era proprio davanti a lei.
"Come hai fatto?" rispose la ragazza.
"Vuoi davvero saperlo?"
Aveva una voce bellissima, dolce e allo stesso tempo amara, come un’arancia, dolce all’inizio ma che poi ti lascia quel sapore di amaro in bocca e vorresti non averla mai mangiata. Alzò lo sguardo. Anche lui non era niente male… Aveva un cappuccio in testa ma poteva benissimo vedere la faccia. Aveva occhi marroni, scurissimi, labbra carnose e folte sopracciglia. Stava ridendo, o almeno sembrava così, anzi sembrava stesse ghignando. Doveva andarsene, era troppo tardi, se almeno tornava adesso almeno avrebbe avuto un mese in meno di punizione.
"No, mi dispiace, devo tornare a casa, come vedi è già troppo tardi"
"Dai ci metterò solo un secondo".
Ora la ragazza cominciava davvero ad aver paura, chissà cosa voleva farle e lei era là tutta sola. Non poteva neanche gridare, nessuno l’avrebbe sentita.
"No, ora devo andare, scusa"
E cominciò a correre, corse come una pazza, ma non ce la fece, lo sconosciuto era più veloce di lei, molto più veloce di lei, sembrava che non si fosse neanche mosso e invece in mezzo secondo era di nuovo davanti a lei.
"Guarda che non hai tutta questa scelta"
E queste furono le ultime parole che sentì. Lo sconosciuto affondò i denti nel suo collo e cominciò a estrarre il sangue, che andava nella sua bocca. Le stava succhiando il sangue. Provò ad urlare ma non ci riuscì, non riusciva a fare più niente, era paralizzata. Almeno lui aveva un’aria felice. Poteva vedere i suoi capelli, erano neri e lunghi, e aveva le treccine. Due secondi dopo si trovava sul ciglio della strada, morta.


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Capitolo 6
*** Remember ***


"Tom, che stai facendo?" disse il bruno. Aveva paura. Quello non era il fratello che aveva conosciuto, quello era una persona completamente diversa.
"Non preoccuparti fratellino, farà male solo per un po’ ma se stai fermo sarà più facile per entrambi>>
La sua voce, non era quella la sua voce. Tom era sempre stato un tipo allegro, aveva la risata facile e soprattutto gli voleva tanto bene. Sapeva che non gli avrebbe mai fatto del male. Perciò si ritrovava in quel luogo. C’era buio, aveva sempre odiato l’oscurità.
"Tom, voglio andarmene di qui"
Cominciava ad aver paura per la prima volta. Altre volte aveva avuto paura ma mai come in quel momento. Aveva sempre avuto paura di cose stupide come ragni, insetti. Ora aveva paura di suo fratello, l’unica persona che non gli aveva mai fatto male, l’unica persona che lo aveva sempre trattato come se fosse un gioiello. E ora si stava avvicinando, aveva quel ghigno minaccioso sulla
bocca, quel ghigno che non aveva mai visto e che aveva preso il posto di quel suo solito sorriso. Di solito odiava quando suo fratello gli sorrideva in faccia ma ora non voleva altro che vedere suo fratello felice e sorridente. Il suo vecchio fratello.
"Non preoccuparti, non ti lascerò qua"
E poi sentì un dolore fulminante provenire dal collo. Urlò ma nessuno poteva sentirlo, troppo tardi, troppo buio, troppo solo. Pensava che sarebbe morto. E sarebbe morto soffrendo. Non sapeva se soffriva di più per quella ferita sul collo o per il fatto che era suo fratello a fargli questo. Ma una cosa era certa: soffriva.

"Toooooooooooooom"
Bill si era svegliato nel suo letto, aveva avuto un incubo e stava urlando. Aveva sognato lui. E lo aveva sognato mentre gli stava togliendo la vita, mentre lo stava facendo diventare il mostro che si trovava in quel momento nel suo letto. Un vampiro. Si alzò e si preparò per andare a scuola, proprio come avrebbe fatto un umano. Scese velocemente, non addentò neanche una mela. Dopotutto avrebbe fatto colazione a scuola.

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Capitolo 7
*** Malvagio ***


Bill era appena arrivato a scuola e cercava disperatamente la ragazza. Non conosceva nulla di lei, se non il nome, Christina. Una parte di lui però voleva fermarsi, gli diceva di girarsi e di correre il più veloce possibile lontano da lei, lontano da Scream Land. Lui voleva essere umano e la scuola in qualche modo glielo faceva credere. Ma era una menzogna, poteva illudersi quanto voleva ma lui non sarebbe più stata una persona, sarebbe per sempre stato un mostro. Malvagio, assassino, questo era. La trovò subito, se ne stava in un angolo vicino al suo armadietto. “Troppo facile, troppo” pensò. E lo era davvero..
"Ciao!" disse la ragazza non appena lo vide.
"Ciao" rispose il moro, ma in realtà voleva dire “Scappa, scappa”
"Ops, ho dimenticato un libro nel laboratorio di scienze, vado a prenderlo, vuoi venire?"
"Certo".
Lo poteva vedere, il suo solito sorriso, quello che aveva avuto anche Tom e che tanto lo aveva spaventato, quel sorriso che indicava felicità, ma una brutta felicità, l’allegria di qualcuno che sta per commettere un reato ma che non ha nessun senso di colpa. Non aveva una coscienza.
“Troppo, troppo facile” commentò Bill.
Appena entrati nella stanza non ci fu neanche il tempo di fare i primi passi, il ragazzo prese Christina con tanta forza che lei per poco non cadde. Non poteva cadere, però, non poteva muoversi, era intrappolata tra le sue mani, troppo forti per appartenere a un ragazzo di 17 anni. Se aveva 17 anni…
"Quanti anni hai?"
"Cosa?" replicò il moro, davvero sbalordito della domanda. Si immaginava che la ragazza avesse urlato, che avesse urlato “Lasciami, lasciami” oppure che avesse pronunciato la famosa domanda, quella che spesso si sentiva dire e a cui non riusciva mai a dare una risposta concreta, vera. Ma la famosa domanda:”Tu chi sei?” non uscì questa volta.
"Voglio essere sincero con te, ho 21 anni"
"Non sei un po’ troppo grande per andare ancora a scuola?>> disse la ragazza quasi con una risata. Chissà cosa stava pensando ma non aveva per niente paura.
"Si, ma ho i miei motivi"
"E quali sarebbero?"
Allora sul volto di Bill comparve di nuovo quella risata stranissima e i suoi occhi diventarono rossi come il sangue.
"I tuoi occhi.." disse la ragazza con un filo di voce."Ti piacciono?"
" Si, belle le lenti a contatto rosse"
E questa fu l’ultima goccia. La rabbia di Bill esplose in un minuto.
"Lenti a contatto rosse?"
"Ehm, si" disse la ragazza.
Bill non sapeva se davvero non aveva capito o se faceva solo finta. Forse era troppo sconvolta per guardare in faccia la realtà. Allora cacciò i denti e Christina finalmente urlò. Nessuno però poteva sentirla, tutti erano già in classe e chi aveva marinato le lezioni di certo non sarebbe uscito allo scoperto per un misero urletto.
Christina aveva capito tutto in meno di due secondi ed era passata dalla felicità alla paura, questa volta però la tristezza non c’era e non voleva proprio venire. Sapeva che stava per morire ma in qualche modo voleva rimanere stretta a quello sconosciuto. Dopotutto se la sua vita in quei giorni non era stata davvero così brutta come pensava era solo grazie a quel ragazzo.
Bill aveva capito anche altre cose, dentro di lui sentiva sentimenti contrastanti. Voleva morderla, aveva sete, sapeva che avrebbe rovinato la vita a tutti i parenti della ragazza e vederla così spaventata non gli metteva agitazione, gli faceva solo venire altra sete.
Ma lui non voleva, in quel momento quella ragazza non era più Christina, era lui, le ricordava perfettamente lui mentre veniva ucciso dal suo stesso fratello. Tradito da chi voleva bene, proprio come la ragazza che ora stringeva fra le mani.
"Non posso, mi dispiace, non posso…" e la lasciò.
"Dimentica tutto, io non sono mai stato qui" e se ne andò, sapendo che il suo controllo della mente aveva fatto effetto ancora una volta.
Christina era confusa, non sapeva perché si trovava lì, doveva essere in classe ma non si ricordava perché non era entrata. Guardò l’orologio, le 10.00 in punto. Che aveva fatto fino a quel momento?
E, cosa più importante, chissà se quel giorno avrebbe visto Bill… Lo sperava con tutto il cuore.


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Capitolo 8
*** Speranza ***


Bill non sapeva cosa stava succedendo, quella ragazza le aveva impedito in qualche modo di nutrirsi di lei. Ma come era possibile? Non si dava spiegazione, eppure neanche la conosceva, a stento sapeva il suo nome, ma quella ragazza non poteva morire. Per lui era speciale. Ormai era più di una ragazza, era un’ossessione per Bill, che se ne stava giorni interni seduto sul suo letto o si aggirava come un fantasma nel cimitero. Non aveva smesso di mangiare, erano passati quasi tre giorni e già erano morte cinque persone. Il ragazzo non aveva nessun rimpianto a uccidere, anzi lo faceva volentieri, come sempre, ma se pensava a Christina le scendeva una lacrima dagli occhi. Non una lacrima normale, però, ma una lacrima fatta di sangue. Tanto tempo fa per lui era un problema piangere: a lui piaceva truccarsi, mettersi mascara e ombretto, tanto ombretto rigorosamente nero, ma non lo faceva per qualche motivo particolare, solo perché si divertiva a farlo. Tutti lo prendevano in giro e lui piangeva, piangeva come un disperato e il suo trucco si riduceva a lacrime nere. Ora era diverso, lui piangeva poche volte, anzi quasi mai e poi il suo trucco rimaneva sempre intatto. Comunque sapeva che chiunque avesse osato prenderlo in giro sarebbe morto di una morte atroce. Forse questo era l’unico lato positivo dell’essere vampiro: aveva avuto la sua vendetta.
Ora piangeva di nuovo dopo tanto tempo. Lacrime rosse fatte di sangue gli rigavano il viso e lui non ne sapeva il motivo, sapeva che era stata la ragazza a provocare tutto questo ma non sapeva come. Non era andato a scuola in quei tre giorni solo per non incontrarla, sapeva che nessuno si sarebbe accorto della sua assenza, faceva di tutto per non farsi notare, non interveniva in classe, non parlava con nessuno. Con nessuno tranne Christina. Sapeva anche che doveva stare attento, perché quella ragazza poteva finire nella sua pancia da un momento all’altro. Lui sentiva il suo odore, l’odore del suo sangue, ed era buono e avrebbe fatto di tutto per averne anche una misera goccia. Nonostante questo Bill, da grande egoista che era, decise che non contava nulla, poteva finire male o bene, ma doveva incontrarla, almeno un’altra volta.

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Capitolo 9
*** Christina ***


Attenzione: Mi scuso con tutti se prima non si vedevano i dialoghi, ora si dovrebbero vedere. Spero che ora vi piaccia di più la fan fiction!

Christina passeggiava da sola. Non aveva meta. Ogni tanto si fermava davanti a qualche vetrina, ma in realtà non le guardava, non ci riusciva. La sua mente era affollata di pensieri e tutti gridavano Bill. Pensava a Bill che camminava, a Bill che indossava le sue solite magliette nere e si immaginava Bill che dormiva o che faceva i compiti. Non lo aveva visto per tre giorni di seguito ed era quasi caduta in depressione. Che la stesse evitando? Forse era semplicemente malato.
"Ciao"
Era lui.
"Ciao!" rispose la ragazza"Scusami non ti avevo proprio visto"
E non lo aveva visto davvero, era sicura di essere l’unica persona a camminare su quel marciapiede.
"Si, stavo camminando e ti ho vista, così ho deciso di farti una sorpresa!"
Christina arrossì e Bill se ne accorse e rise.
"Dove stavi andando?" chiese il ragazzo.
"Oh, da nessuna parte, stavo andando lì e guardando qui…".
Non sapeva neanche lei che dire, era troppo emozionata.
"Decisione estrema vedo!"
Il ragazzo cercava di essere sarcastico, rideva spesso ma mai troppo per non rivelare i suoi denti appuntiti. Una voce dentro di lui diceva” Mangiala, mangiala” ma in quel momento la ignorò. Voleva solo trascorrere un po’ di tempo con Christina.
"Ti va di mangiare qualcosa stasera… con me…intendo?"
"Certo, perché no, conosco un localino davvero bello qua vicino, se vuoi possiamo andarci anche ora"
E così andarono a mangiare, insieme.
Christina era stupita di aver fatto una richiesta così, di solito lei era timida con le persone e Bill era un perfetto sconosciuto ma non voleva perderlo anche questa volta.

"Tutto molto buono, davvero" disse il ragazzo.
"Già, tu poi eri davvero affamato!"
"Non puoi neanche immaginarti quanto"
Il ragazzo alzò il sopracciglio, naturalmente dietro a quella sua battutina voleva dire altro ma sapeva che Christina non avrebbe mai capito. Non poteva ricordarsi dell’episodio della sala di scienze. Bill aveva poteri soprannaturali, come tutti i vampiri, e oltre a essere forte, veloce e molte altre cose, sapeva anche controllare la mente della altre persone.
Erano davvero andati a mangiare insieme in un locale davvero arredato bene, forse troppo intimo e romantico per loro che non erano neanche al primo appuntamento, forse non erano neanche amici.
Bill si sarebbe imbarazzato in altri tempi, ma anche se lo era le sue guance non potevano più diventare rosse. Un altro vantaggio.
Lui era stato molto gentile, proprio come un cavaliere di altri tempi, aveva fatto sedere prima lei e non si era seduto finché non aveva notato che la ragazza era a suo agio.
Poi avevano ordinato, per lei un semplice hamburger, per lui un piatto di pasta con una frittura per secondo e alla fine un dolce al cioccolato che però non aveva mangiato prima di aver convinto Christina a dividerlo con lui.
Si, era un vero e proprio gentlemen.
La riaccompagnò a casa dopo una lunga passeggiata.
"Non hai paura a camminare così, da sola e a tarda notte?" chiese il ragazzo.
"Non sono sola, sono con te"
"Bella consolazione, non ci conosciamo da neanche una settimana"
Christina sembrava arrabbiata.
"No, non ho paura, proprio perché sono con te, io mi fido di te"
"Non dovresti"
Ora anche Bill sembrava arrabbiato.
"Ehi guardami,"e gli prese il volto tra le mani "non dovrei ma lo faccio lo stesso".
Ed entrambi risero.

Fu sulla porta di casa di Christina che Bill si superò. Non cercò di baciarla come aveva fatto il suo ragazzo al primo appuntamento, neanche sulla guancia, quasi neanche la salutò ma la baciò semplicemente sul dorso della mano. Se ne andò poi sorridendo.
Christina entrò in casa, andò dritta in camera sua senza dire niente a nessuno, chiuse la porta e poi rise come una matta dalla felicità.


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Capitolo 10
*** Presagi ***


Bill si svegliò al cimitero, si era addormentato sulla terra proprio davanti alla sua lapide. Appena si svegliò vide se stesso che rideva proprio davanti a lui, sopra una lastra di pietra che diceva a caratteri cubitali “ Bill Kaulitz, 1589-1610”. Pensò che in fondo era comica ma una parte di lui divenne anche molto triste. Il suo posto non era con le altre persone, il suo posto era là, sulla nuda terra. Di sicuro molte delle sue vittime, se non tutte, sarebbero state contente. A volte se le immaginava, immaginava che non avesse mai ucciso quelle persone e che avessero continuato la propria vita normalmente, insieme ai propri familiari e alle persone a cui volevano bene. Ma quelle erano storie a lieto fine, possibili solo nei film. Questa era la vita reale.
Era anche felice, aveva incontrato una ragazza fantastica e la immaginava sempre, lui la voleva. Niente poteva più andare storto.
Si sbagliava.

Dall’altra parte del paese Sue varcò la porta di casa.
"Ciao!"
Non fece neanche in tempo ad arrivare che Christina e tutta la sua famiglia la accolsero calorosamente. Era la cugina di Christina ed era venuta a passare un po’ di tempo con lei e con i suoi zii naturalmente.
Sue era sempre stata una grande amica di Christina, si conoscevano fin da piccole e avevano più o meno la stessa età solo che Sue era di un anno più grande. L’unico svantaggio è che non si vedevano molto spesso dato che abitavano in località molto distanti tra loro.
Sue era cambiata negli ultimi anni, non solo aveva tagliato i capelli ma sembrava anche diversa, guardava sempre fuori dalla finestra con un’aria inquieta, come se temesse che da un momento all’altro qualcosa la attaccasse. Usciva spesso la sera senza importarsene se qualcuno veniva con lei o se era sola, forse non aveva neanche amici e non sembrava neanche volerseli fare. Christina aveva sempre pensato che fosse una ragazza molto timida. Ma c’era di più: Sue non diceva mai a nessuno dove andava e se qualcuno voleva accompagnarla si ritirava in camera dicendo che non si sentiva bene e che non voleva più uscire. In realtà poi scappava dalla finestra e tornava nelle prime ore del mattino. Era davvero strana, ma era anche un’ottima amica, leale e sincera, proprio quello che serviva a Christina in questo momento.
Così parlarono, e parlarono tanto, si raccontarono ogni cosa che era successa in quegli ultimi anni. A sera tardi decisero di andare a letto ma prima di dormire Sue spiò come sempre fuori dalla finestra e sentì un ghigno che le raggelò il sangue nelle vene.

Bill era ancora nel cimitero ma questa volta aveva deciso di tornare a casa a dormire. Quel giorno si sentiva strano, era preoccupato ma non sapeva di che cosa. Lui era il predatore più forte e agguerrito che fosse mai esistito, la gente doveva aver paura di lui, lui non doveva temere nessuno. Decise che forse aveva solo fame così mangiò un’intera famiglia credendo che si sarebbe sentito meglio. Ma non fu così. L’inquietudine non passò, anzi aumentò. Verso le 2.00 di notte sentì un ghigno. Non poteva essere. Quel suono era troppo familiare. Ma non era possibile, forse stava solo sognando. Sperava di sognare perché le alternative sarebbero state troppo brutte. Sentiva odore di guai.

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Capitolo 11
*** Complotti ***


Attenzione: gradirei che mi lasciaste qualche commento, giusto per sapere se la storia vi piace. Grazie

Sue era uscita di nascosto come ogni sera e si ritrovava a camminare da sola nell’oscurità. Aveva sempre odiato fare quello ma non poteva farci niente, era il suo lavoro. Sue era la cacciatrice.
Viveva con il solo e unico scopo di uccidere i vampiri e qualunque creatura malvagia avesse incontrata. Doveva agire nel silenzio e soprattutto da sola. Non poteva dire niente a nessuno e per questo motivo non aveva amici, non poteva contare su nessuno, solo su se stessa. Poteva morire da un momento all’altro ma non poteva smettere di essere quello che era. Ma, dopotutto, chi avrebbe mai voluto una vita come la sua? Molti anni fa aveva amato un ragazzo e aveva deciso che il loro rapporto doveva essere del tutto sincero, non voleva mentire anche a lui. Pensava che l’amore avrebbe trionfato su tutto ma si sbagliava. Ricorda ancora il giorno in cui il suo ragazzo disse che era solo una pazza e la lasciò. Da allora non si parlavano più.
Così Sue camminava in cerca di qualche vampiro da uccidere. Aveva detto a tutti che era venuta a trovare la sua famiglia ma non era così: era venuta perché aveva sentito parlare di tutti quegli strani omicidi. La polizia non sapeva niente e non avrebbe mai potuto fermare tutto quello che accadeva. Solo lei poteva. Lei era la cacciatrice, la prescelta, la sola e unica.
Non aspettò molto.
Un ragazzo venne vicino a lei.
"Ciao cacciatrice"
"Benissimo, buonasera anche a te" e rise. Dopotutto le piaceva il suo lavoro, le piaceva riportare il bene dove c’era il male. Chissà perché quel vampiro non aveva paura di lei, di solito tutti scappavano quando capivano chi era. Forse era solo uno stupido o un masochista.
Poi scoprì il motivo. Lottarono e Sue ebbe la peggio. Quel vampiro era stranamente forte, troppo forte, non aveva mai affrontato nulla del genere e in quel momento sapeva che in futuro non avrebbe mai ritrovato qualcosa di così potente. Sarebbe morta quella notte con due ferite sul collo, se tutto andava bene.
"Non è il tuo momento"
"Cosa?"rispose la ragazza.
"Non è il tuo momento".
"Tu chi sei?".
La tanto temuta domanda, quella che non piaceva a nessun vampiro.
"Io sono Tom" disse il moro.
"Tu non vuoi uccidermi?" disse la ragazza quasi con un filo di voce. Questo era un bruttissimo segno.
"Perché mai dovrei? Mi sto divertendo così tanto"
Tom rise. Brutto, bruttissimo segno. Chissà cosa aveva per la mente quel ragazzo.
"Cosa vuoi?"
"Niente, salutami tua cugina".
Sue pensò a Christina. Allora era questo che voleva il vampiro, farle del male prima di ucciderla. Il peggio è che ci sarebbero andate di mezzo persone innocenti, ma era sicura che a lui non sarebbe importato. Il sogno di ogni vampiro è far male alla cacciatrice.
"Lasciala stare" urlò la ragazza con tutto il fiato che aveva in gola.
"Lo farò, sto solo cercando di ritrovare qualcuno che conosco".
Rise ancora e se ne andò.
Sue aveva paura, chissà cosa voleva dire. Di certo, però, non era nulla di buono.

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Capitolo 12
*** Primo appuntamento ***


"Vuoi venire alla festa stasera?"
"Cosa?"
Christina si era appena svegliata, si era addormentata sul banco di scuola e fortunatamente si era ripresa prima che il professore la richiamasse. Bill le aveva detto qualcosa ma non aveva capito che cosa.
"Vuoi venire alla festa con me stasera?"
"Oh, si"
Allora la cosa era seria. Bill e Christina si frequentavano solo da pochi giorni, si consideravano dei semplici amici anche se spesso si comportavano come se non lo fossero. Bill era sempre troppo gentile, non voleva che la ragazza girasse da sola per le strade ed era arrivato anche a portarle i libri. Lei voleva sempre dire di no ma il ragazzo non glielo permetteva, era molto testardo.
Quella sera ci sarebbe stato il ballo della piazza, dove ogni coppia aveva la possibilità di ballare nel bel mezzo della piazza del paese. La particolarità era che a quel ballo non si andava con amici, solo con i fidanzati. Non erano arrivati a questo punto, non ancora almeno, ma se Bill l’aveva invitata a quel ballo qualcosa di grosso era in pentola.
"Perché?"chiese allora la ragazza.
"A te non piace ballare?"
"Per niente"
"Neanche con me?"
"Con te potrei fare un’eccezione".
Bill rise con quella risata che piaceva tanto alla ragazza. Era una risata che trasmetteva gioia ma era anche una risata timida, di quelle che non lasciano scoprire molto i denti per non essere troppo sfacciati. Era perfetta.

Quella sera Bill la venne a prendere davanti casa con la sua nuova auto sportiva laccata di nero. Chissà come faceva ad avere tutti quei soldi, aveva auto nuove, vestiti di marca, cose di un certo prezzo.
"Come sono felice per te"
Era Sue a parlare mentre guardava Christina nel suo splendido abito nero, comprato apposta per l’occasione. La ragazza aveva acconciato i capelli, da ricci erano diventati liscissimi.
"Non lo sarai più quando i miei capelli diventeranno una schifezza e sarò la più brutta della festa"
"Qualcuno qui è sarcastico, non preoccuparti niente andrà storto".
Sue aveva visto Bill dalla finestra e si era chiesta che cosa fosse accaduto se non avesse detto tutto al suo ragazzo, forse in quel momento anche lei avrebbe ballato e si sarebbe divertita. Ma il lavoro era più importante.
"Sei sicura che non vuoi venire?"chiese Christina.
"Certo, ho molte cose da fare qui e non vorrei essere d’intralcio"
"Ma non lo sei!"
"Ma non verrò lo stesso, davvero"
Bill aspettava fuori, faceva freddo, lo poteva capire dal fatto che tutte le persone indossavano maglioni pesanti. Solo lui era a suo agio nel suo smoking nero. Lui non poteva avere freddo, tecnicamente era lui il freddo.
Non doveva essere lì, sapeva che sarebbe presto successo qualcosa di brutto, qualcuno ci avrebbe rimesso la vita ma per lui questo non era importante. Per lui non faceva differenza se moriva uno studente o se moriva una persona qualunque che passeggiava. O se moriva un bambino. Non importava chi fosse, qualcuno sarebbe morto quella sera e solo perché lui e Christina passassero una bella serata. E se fosse morta Christina…Il solo pensiero gli raggelò le vene. Chiunque ma non lei.
"Quel ragazzo mi sembra simpatico>> disse Sue ancora con gli occhi alla finestra.
"Si, lo è molto"
Sue rise.
"Cosa c’è?"
"Ti ricordi quando eravamo piccole e inventavamo delle favole?>>
"Si"
" Beh allora dovresti ricordare che il tuo principe azzurro aveva occhi e capelli neri, sempre, per le altre persone doveva essere biondo con gli occhi azzurri ma per te no>>
"Sono sempre stata un’anticonformista"
"Già, allora vai, divertiti con il tuo principe nero".
Christina se ne andò con Bill.
Quando Sue fu certa di essere rimasta sola aprì la sua valigia. In ogni normale valigia c’erano vestiti, nella sua c’erano armi. Prese un paletto di frassino ed esclamò:
"Che la caccia abbia inizio, aspettami Tom".


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Capitolo 13
*** Complicazioni ***


Bill e Christina si divertirono davvero tanto, ballarono quasi fino a perdere le forze. La ragazza voleva bere ogni tanto un aperitivo ma Bill non glielo permetteva, era sempre troppo gentile e premuroso con lei. In realtà Bill non lo era, non più del normale, è solo che ai suoi tempi si usava così e non aveva mai voluto cambiare le sue buone abitudini con quelle pessime dei ragazzi del 2000. Christina era fantastica nel suo vestito nero e lo stesso valeva per Bill, la sua pelle chiarissima risaltava in contrasto con il nero dello smoking, gli occhi color nocciola sembravano ancora più profondi come se quasi si potesse leggere la sua anima da essi. Ma la sua anima non era bianca o blu come di solito ci si aspetta siano le anime, la sua era color nocciola, se non più scura. Erano davvero felici ma Bill sapeva che non poteva durare, non poteva essere così bello, non per lui, non più.

Sue camminava da sola come sempre quando incrociò Tom.
"Ciao"
"Ancora tu" rispose la ragazza.
"Certo, il solo e unico".
"Ma che facevi? Mi stavi seguendo?"
"Certo che si" rispose il ragazzo alzando un sopracciglio con aria di sfida e un sorrisetto più beffardo che ironico. Poi si portò la mano sulla bocca e disse: "Oh, scusa, per caso non dovevo farlo?"
"No!" tuonò Sue con impazienza. Doveva andarsene. Tom era molto più forte di lei. A questo punto era meglio che se ne andava, almeno avrebbe avuto l’occasione di uccidere qualche altro vampiro.
"Davvero lo vuoi?"
"Cosa?"disse la ragazza.
"Uccidere i vampiri"
"Ora mi leggi anche nel pensiero?"
"Perché non dovrei?"
Sue fece una smorfia e lo spostò di lato.
"So che lo vuoi…" disse Tom
"Vuoi cosa?"
"Restare con me! Devi ammettere che sono l’unico che non faccia parte della tua famiglia a rivolgerti la parola".
Sue si arrabbiò ma sapeva che il vampiro aveva ragione ma non lo avrebbe mai ammesso. Lei voleva amici, li desiderava ma non poteva averli e non avrebbe mai potuto averli. Non poteva parlare con nessuno, non poteva vedere nessuno. In realtà lei non voleva conoscere gente perché sapeva che non sarebbero mai stati suoi amici a pieno e temeva di soffrire per causa loro. Nessuno la poteva capire, nessuno. Ma forse un vampiro…
"Resto con te solo per cercarti di uccidere" rispose invece la ragazza.
Tom rise.
"Davvero? È questa la bugia migliore che hai trovato? Credevo che la cacciatrice fosse più brava a dire menzogne, visto che lo fa sempre"
Aveva toccato il suo punto debole.
Sue cercò di colpirlo, dopotutto era forte, ma si ritrovò per la seconda volta stesa a terra.
"Devi smetterla di provare a farmi male, lo sai che potrei fartene io"
Sue non voleva litigare, non poteva ucciderlo ma non doveva neanche per forza parlarci.
"Prima o poi ti ucciderò" disse e si girò dalla parte opposta camminando lontano da lui. Lontano da Tom.
Ma il vampiro era già davanti a lei.
"Te ne vai già? Perché? A pochi metri c’è una festa divertente e io ci andrò, non vuoi venire con me?" disse Tom.
Una festa. Con la gente. Quello che Sue aveva sempre desiderato.
"Bene, allora si" disse il ragazzo che aveva già letto la sua mente.
"Da questa parte" disse e la prese sotto braccio.
"Vengo solo per evitare che qualcuno si faccia del male"
"Certo, dicono tutti cos’. Oh ti farò conoscere anche il mio fratellino."

Christina e Bill si erano appena fermati. Ballare era bello ma alla fine stancava. In realtà solo la ragazza era stanca, Bill non poteva esserlo. Ma ad un certo punto il ragazzo sgranò gli occhi. Sentiva odore di guai, lo stesso che aveva sentito qualche giorno prima al cimitero. Odore di qualcosa di brutto, terribilmente brutto che si stava avvicinando.
Sue vide Christina. Non voleva che incontrasse Tom. Aveva capito che l’unico scopo del vampiro era ferire i suoi cari proprio davanti a lei.
"No, non puoi"
"Fare cosa?" disse il vampiro.
"Andiamocene"
"No"
Tom si avvicinò a Bill e Christina nonostante Sue cercava in tutti i modi di farlo andare via.
"Ciao fratellino!" esclamò Tom vicino a Bill.
Quello che successe dopo sembrò avvenire in un’eternità anche se erano solo pochi secondi.
Christina sembrava impassibile, per lei erano solo due fratelli che si salutavano ma in qualche modo aveva paura, la faccia di Bill sembrava sconvolta.
Sue anche era inorridita, non si capiva se la sua faccia voleva piangere o urlare.
"Tom" disse Bill con un filo di voce.

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Capitolo 14
*** Incontri ***


"Tom che ci fai qui?" disse Bill con un filo di voce.
"Non sei contento di vedermi?" replicò Tom
"Tu eri sparito, non ti ho visto più da quando… da quando…".
Bill non riusciva andare avanti, voleva dire “ da quando mi hai ucciso” ma non ancora non riusciva a credere di essere morto e che la persona di cui si era tanto ricreduto era proprio lì davanti a lui.
"Oh da quella volta" disse Tom quasi come se volesse scherzare.
O forse lo stava facendo davvero.
Bill non ricordava Tom, erano passati 400 anni dall’ultima volta che lo aveva visto e anche quella volta non aveva visto il Tom che conosceva. No, suo gemello era morto 400 anni fa, quando aveva deciso di diventare un vampiro.
Sue e Christina non avevano ancora detto una sola parola quando Sue disse con rabbia<< Andiamocene di qui>> riferito naturalmente alla ragazza.
"Cosa? Ma perché?" chiese Christina che non capiva niente di quello che stava succedendo.
"Perché ce ne dobbiamo andare!"
"Si, anche noi dobbiamo, ci sono tante cose da chiarire qui"  tuonò Bill.
E le coppie si divisero.

Più tardi in una radura Bill e Tom stavano parlando tra di loro. Erano arrivati là in un fulmine, naturalmente per loro quella non era una corsa, solo una camminata a passo svelto. Tom cominciò a parlare del passato, di tutte le cose che avevano fatto insieme, delle volte che avevano giocato a football per la prima volta dopo che era stato inventato.
"Come sei arrivato qui?"  lo interruppe Bill.
"Non ti piace parlare del football?"
"Come sei arrivato qui?"
"Fratellino, fratellino, torno qui solo per te e l’unica cosa che mi dici è che me ne devo andare? Non è molto galante" disse Tom.
La sua solita smorfia, quella che doveva essere un sorriso ma che in realtà era un ghigno. Voleva prendersi gioco di lui.
"Si, dove ci sei tu ci sono sempre guai>> replicò Bill.
"Oh, Bill, e io che pensavo che con la trasformazione fossi diventato più divertente, proprio come me!"
In quel momento passò un uomo, probabilmente un escursionista, forse si era perso.
"Oh la cena!" disse Tom.
Bill non lo vide neanche che già l’uomo stava urlando per il dolore.
Due minuti dopo l’uomo era a terra e Tom si leccava le labbra.
"Mi fai schifo" disse Bill.
" Vuoi davvero dirmi che tu non ti nutri delle persone?"
Bill ci pensò un secondo. Era vero.
"Mi faccio schifo"
Bill continuò a pensare, dopotutto non era lui il peggiore, dopo un po’ aggiunse:
"Ma la colpa è tua"
"Già, perché preferivi morire ne sono sicuro>> disse Tom e la sua faccia tornò improvvisamente triste. Eccolo, il Tom che aveva conosciuto Bill.
"E allora perché non l’hai fatto? Perché non hai preso tutto il mio sangue e mi hai lasciato morire?"
"Perché sei mio fratello"
Seguì un senso di imbarazzo tra i due ragazzi. Forse Tom era cambiato all’esterno, si era sopravvalutato e voleva dimostrarsi forte e menefreghista, cattivo come tutti i vampiri. Ma nel profondo del suo cuore c’era ancora il vecchio Tom. Era questo che Bill pensava in quel momento.

Nello stesso momento Sue e Christina erano tornate a casa.
"Cosa sta succedendo?" chiese Christina.
"Niente" disse Sue ma ormai le lacrime uscivano dai suoi occhi e lei non poteva fermarle.
"Dimmi cosa è successo?"
"Come non lo sai?"
"Sapere cosa?" disse Christina. Ora stava quasi piangendo. Non capiva cosa stesse succedendo.
"Chris, devi stare lontano da loro?"
"No"
"Ti faranno del male,non sono quello che sembrano"
"Oh, visto che ne sei così sicura, dimmi tu cosa sono.."
"Vampiri"

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Capitolo 15
*** Dobbiamo parlare ***


Sue raccontò tutto a Christina, le raccontò dei vampiri, del fatto che lei li combatteva e spesso li uccideva e che avrebbe dovuto uccidere anche Bill. La ragazza non riusciva a capire, aveva sempre pensato che la fantascienza non esisteva, che era solo un modo per spaventare i bambini. O forse la sua mente le stava facendo brutti scherzi.
"Tu sei pazza, non può, non deve, essere vero" esordì Christina.
"Si, lo è fidati di me" le disse dolcemente Sue.
"No" disse la ragazza e subito dopo scappò di casa. Non voleva sentire le parole di sua cugina. Era pazza, ecco perché non aveva amici. Dopotutto di chi si fidava? Dell’unica persona che aveva dimostrato di essere gentile con lei o di sua cugina che tutti reputavano lunatica e strana che vedeva una volta sola in tutto l’anno? E chi era quel misterioso sconosciuto che aveva detto di essere
“C’è solo una cosa che devo fare” pensò e si diresse dall’unico che avrebbe potuto rispondere a tutte le sue domande, Bill.

Bill sapeva che quel momento sarebbe venuto ma credeva di poter aspettare ancora un po’ di tempo. Sentiva che la ragazza era tormentata, lo sentiva dall’altra parte della città. Doveva parlarle. Ma cosa le avrebbe detto? La verità era brutta, orribile, difficile da sopportare ma era pur sempre verità e non si può pensare di frequentare una persona se non c’è sincerità. Le avrebbe detto tutto. Si incamminò. Sapeva benissimo dove andare.
"Bill"
Bill si scontrò con Christina. Lui cercava lei e lei cercava lui, ma lui era avvantaggiato, sapeva già che strada percorrere.
"Ciao" rispose il ragazzo.
"Bill, dobbiamo parlare" disse Christina.
"Si ma non qui"
Bill cominciò a camminare, prima si avviò verso la vecchia foresta ma non era lì che voleva andare. Voleva portarla lì, nella sua vera casa.
Christina lo seguì. Sentiva di nuovo quella paura che aveva provato il primo giorno che aveva parlato con Bill. Non una vera paura ma qualcosa dentro di lei che le diceva di stare in guardia. Alla fine arrivarono.
"Il cimitero…" disse la ragazza.
Bill non rispose, continuò a camminare. Sembrava proprio una statua di cera. O di marmo forse. Qualcosa di duro, freddo e bellissimo. Con la differenza che lui camminava. Alla fine si fermò.
"Oh" fu l’unica cosa che riusciva a dire Christina.
Allora era vero. Quello poteva essere benissimo un brutto scherzo ma chi avrebbe mai il coraggio di fare uno scherzo così orribile? E poi c’erano tutte le cose che aveva detto Sue.
Era tutto vero.
Davanti a lei c’era una lapide con una foto di un ragazzo con lunghi capelli neri divisi in treccine. Sotto c’era scritto Tom Kaulitz. Era lo stesso ragazzo che aveva visto quella sera, lo stesso che aveva detto che Bill era suo fratello.
Ma non fu questo che la colpì.
Proprio accanto a quella c’era un’altra lapide. Portava la foto di un ragazzo sorridente, molto simile all’altro. Aveva capelli neri e occhi scuri. Era bellissimo. Sembrava felice. Sotto c’era scritto Bill Kaulitz. Si girò. Accanto a lei c’era un ragazzo davvero bello con occhi e capelli scuri. Gli stessi occhi, gli stessi capelli, la stessa faccia, ma non la stessa espressione. Il sorriso era scomparso dalla sua bocca.
"Ora capisci" disse Bill. La statua di cera sapeva parlare. Non era poi così inanimata.
"Non posso crederci" disse Christina. Piangeva.
"So che è dura>>
"No tu non sai niente". La ragazza era isterica. < Non poteva credere di aver detto davvero quelle cose. Non voleva essere troppo precoce. Aveva capito che amava quel ragazzo, molto più di qualunque altro ragazzo aveva amato fino a quel momento ma non voleva dirglielo, non voleva rovinare tutto.
Non poteva sopportare di guardare la sua faccia. Scappò.


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Capitolo 16
*** Promise me ***


Christina si era fermata. Non riusciva più a correre. Aveva corso da casa sua e ora correva via dal cimitero. Via da sua cugina, via da tutti. Non aveva più nessun posto dove andare, nessuno su cui contare. Le stavano mentendo e anche spudoratamente. La verità era che volevano farle del male. I vampiri non esistono e non esisteranno mai. Era solo uno stupido scherzo.
"Hey bellezza!"
Un uomo. Ubriaco. E lei tutta sola per la strada. Proprio il modo migliore di concludere una giornata pessima. Si era dimenticata di essere sola. Aveva troppe cose per la testa che non sapeva neanche in che strada era, i suoi piedi erano l’unica cosa che la guidava. Sapeva che le sarebbe successo qualcosa di brutto ma stranamente non avvertiva niente, un po’ di paura, quella si, ma non l’immotivato terrore che aveva provato quando aveva incontrato Bill. Come poteva un normale ragazzo essere più pericoloso di un ubriaco?

Bill intanto si era addormentato. Era nel cimitero, nella sua casa, sulla nuda terra ma non aveva trovato la pace, in quel momento soprattutto. Aveva aperto il suo cuore per la prima volta dopo 400 anni e aveva ricevuto solo dolore. Voleva solo riposare.
"Promettimi che celebreremo il dolore insieme" disse una ragazza alta con folti capelli ricci.
"Cosa vuol dire?" replicò un giovane ragazzo con capelli neri lunghissimi e un vestito molto elegante.
Era il 1600 e tutti uscivano di casa con vestiti eleganti. Le donne usavano acconciarsi i capelli e creare meravigliosi chignon intrecciati. Gli uomini erano più gentili, consideravano il rispetto, il coraggio e la lealtà come principali virtù. E così erano anche loro.
Lui si chiamava Bill ed era un nobile, si diceva che discendeva da una famiglia di antichi aristocratici dell’antichità che avevano parlato per la prima volta del soprannaturale a Scream Land. Il resto era leggenda. La maggior parte delle persone diceva che erano stati bruciati sul rogo ma se questo fosse stato vero, non ci sarebbero stati discendenti. Era impossibile, troppo per quei tempi per credere.
Lei si chiamava Jane ed era figlia di un mercante, nobile dunque anche lei e molto gentile. Diceva sempre che le piaceva vivere, come se vivere fosse un hobby.
Si amavano. Si sarebbero sposati entro la fine del mese.
"Lo scoprirai presto e quando succederà non sarai felice"
Bill non la vide più.
Continuava ad avere quella frase in testa, ci pensava e ci ripensava ma non riusciva a capire.
Ci pensò talmente tanto che alla fine decise di scrivere una canzone con questa frase. La chiamò “Pain of Love”, il dolore d’amore perché quello che stava passando era dolore. Ma era anche amore. E lui soffriva, ma soffriva solo perché non riusciva a rinnegare i suoi sentimenti. Era l’amore il suo problema.
" Fratellino, come ti senti oggi?"
Era Tom. Suo fratello stava facendo quasi l’impossibile per lui, gli stava vicino e spesso trascurava i suoi impegni solo per stare un po’ con lui. Bill non voleva questo ma suo fratello non voleva sentire storie, diceva che lo faceva perché lo voleva fare non perché era obbligato.
Poi ci fu un flashback.
Bill rivide la stessa cosa che aveva visto la sera prima e che sognava sempre, ogni singolo giorno, da 400 anni: Tom che gli affondava i denti nel collo.
Ma quella volta era diverso: sentiva tutto, ogni cosa, in modo molto più forte. Sentiva i brividi sulla sua schiena e il terrore che gli serrava la gola e gli impediva di gridare. Ma non stava solo immaginando, o solo ricordando, lui stava sentendo.
Si svegliò di scatto.
Pericolo.


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Capitolo 17
*** Paura ***


Scusate se non ho scritto per molto tempo, per farmi perdonare ecco un capitolo lungo e,secondo me, davvero bello.

Christina camminava, Bill correva, un’oscura presenza aleggiava su di loro, come se volesse prenderli e inghiottirli. Il male. La nebbia. La notte.
Poteva esserci qualcuno più veloce della velocità stessa? A quanto pare si.
Christina aveva un uomo che la rincorreva ma non aveva paura, non le importava più niente della sua vita, cosa era più importante ormai che aveva perso tutto. Tutto per una piccola bugia.
L’uomo le parlava. Lei non si fermò. Aveva solo una cosa in mente: Bill. Tutto il resto era dolore e se si sarebbe fermata anche solo per un minuto il dolore le avrebbe strappato anche l’ultimo momento di felicità che era rimasto in lei. Non le importava se quella persona non aveva buone intenzioni e neanche che aveva una bottiglia rotta in mano, poteva farle benissimo del male. Ma qualunque dolore sarebbe stato meglio del dolore di aver perso Bill. E pensare che fino a una settimana fa neanche conosceva quel…quel… Cos era Bill? Una persona? Un ragazzo? Un vampiro? Non lo sapeva e non lo avrebbe mai saputo. Non voleva avere più nulla a che fare con lui. Sapeva che solo così avrebbe sconfitto il dolore. Ma improvvisamente un altro pensiero entrò nella sua mente: non avrebbe mai più avuto occasione di vedere il ragazzo, né di parlare con lui e questo non veniva dalla sua volontà. Sarebbe morta quella notte per mano di quello sconosciuto. Non era un pensiero. Quando le persone stanno male, si fanno spazio nella mente immagini inquietanti ma quello non era un pensiero, quella era la realtà e lei lo sapeva perché conosceva tutte le cose brutte che accadevano nel mondo e sapeva che molte tragedie erano scoppiate da situazioni come la sua. Questo era quello che pensava anche qualcun altro.
Improvvisamente l’uomo sparì.
Christina si voltò e non lo vide più. Pensò che se ne era andato e che aveva deciso di lasciarla stare ma sapeva che non era così, non dopo quello che aveva scoperto quella sera, cioè che esistono cose peggiori delle persone. Forse si stava sbagliando, il dolore sarebbe passato, la vita sarebbe andata avanti ma non ci sarebbe stata vita se non decideva di tornare a casa.
Troppo tardi.
Qualcun altro la stava seguendo. Qualcuno di peggiore.
Lo sconosciuto non parlava e camminava con passo felpato, proprio come un predatore che non voleva farsi riconoscere ma la ragazza lo sentiva. Sentiva freddo dietro di sé, quasi come se ci fosse la morte stessa a tenderle una trappola. Cominciò ad aver paura, ma quella paura era innaturale, era puro terrore, una paura peggiore di quella della morte, una paura che non veniva dalla sua testa ma dal suo corpo. Era il suo istinto che le intimava di scappare.
E così scappò ma lui era più veloce di lei. Lui… o forse lei? Non sapeva neanche chi era, non sapeva neanche se dietro di lei c’era veramente qualcuno. C’era solo silenzio. Niente rumore di passi, niente parole, solo uno strano silenzio che in realtà diceva molte cose e suscitava molte emozioni. Christina era sempre stata curiosa ma non voleva girarsi, se c’era qualcosa di orribile dietro di lei che le poteva far del male, almeno non l’avrebbe visto.
Corse fino a sentire un dolore acuto nel petto e solo in quel momento decise di girarsi.
Non c’era nessuno.
Trasse un sospiro di sollievo e commise l’errore di girare la faccia e guardare davanti a sé.
Allora urlò.
Era il fratello di Bill, quello con le treccine nere e con quello strano ghigno sulla faccia.
“No” pensò, “per stasera non riuscirò proprio a dimenticarmi di lui”.
Infatti Tom le ricordava Bill in tutto e per tutto, la stessa faccia, la stessa pelle…
Ma poi questo pensiero fu sostituito da altri ben più terrificanti. Il primo fu l’immagine dei due ragazzi sulle loro rispettive tombe. Dovevano essere morti da tempo, eppure erano ancora là. Il secondo fu una constatazione. Si ricordò le parole di Bill e di come Sue aveva parlato dei due ragazzi: Tom aveva ucciso e non se ne pentiva, anzi quasi si divertiva a farlo. La sua ora era appena scoccata.
“Io comincerei con un ciao, sai le presentazioni sono importanti” disse il ragazzo che intanto le aveva letto nel pensiero.
Christina non riusciva a muoversi, non sapeva se parlare, urlare o scappare. Forse parlare le avrebbe regalato altri minuti di vita ma dopo che sarebbe successo? Non aveva scampo. Anche se correva, il moro l’avrebbe presa e se si divincolava e cercava di combattere avrebbe solo sentito più dolore.
Era finita.
“Proprio non mi vuoi parlare?! Ah comunque io sono Tom” e le porse la mano.
La ragazza la strinse con titubanza. “Io sono Christina”
“L’avevo immaginato. Ti ho vista con mio fratello prima. Peccato che vi siete lasciati, eravate una bellissima coppia.”
La ragazza abbassò la testa ma subito il vampiro le alzò il mento con i polpastrelli.
“ Non devi preoccuparti” disse quasi in un sussurro “Lo so che fa male, conosco Bill meglio di qualunque altra persona, gliel’avevo detto che era meglio stare zitto e continuare a mentire”
“E invece no”
“No? Wow sei la prima persona che dice di essere fiera di conoscere il nostro mondo. Vieni qui”
Tom l’ abbracciò. Era delicato, dopotutto. In quel momento Christina stava subendo l’effetto che ogni vampiro faceva sui comuni mortali, voleva stare con lui, si sentiva bene. Sapeva che era soltanto un’illusione, che presto sarebbe finito tutto ma almeno, se proprio doveva morire, voleva dimenticare il dolore che stava passando. E così si sentiva in quel momento: libera, felice, in pace con il mondo e con se stessa.
Quasi non si accorse quando sentì un dolore incredibile al collo. L’aveva morsa. E ora le stava succhiando il sangue. Lei lo sentiva, sentiva il sangue che poco a poco defluiva dal suo corpo verso quello del moro. Si stava lentamente prosciugando ma era anche una sensazione piacevole, rilassante. Se avrebbe potuto, come ultima desiderio, avrebbe espresso di poter ringraziare il vampiro perché in meno di un secondo aveva fatto tornare tutta la gioia che c’era in lei. L’antica gioia, quella che non aveva provato con Bill quando era al settimo cielo e neanche quando aveva un ragazzo ed era la più popolare della scuola. Quella gioia era anteriore a tutto quello: era la spensieratezza che si prova da bambini, quando gli unici scopi sono giocare e divertirsi, senza pensare a tutto quello che avviene intorno. La gioia, il bene primordiale.
“Grazie Tom” sussurrò con voce flebile. Dopotutto stava morendo, era normale che non riuscisse a parlare. Ma sapeva che il vampiro l’aveva sentita. E forse se ne era anche rallegrato.
Ma tutta questa armonia si interruppe bruscamente.
Un ragazzo con lunghi capelli neri si catapultò su Tom, scostandolo dalla ragazza.
Era Bill, ed era venuto a salvarla.
“Grazie anche a te, Bill, allora mi ami davvero” furono le ultime cose che pensò la ragazza prima di chiudere gli occhi. Voleva gridarlo ma ormai il suo corpo era troppo stanco e le ordinava solo di chiudere gli occhi.
Di una cosa però era certa: Tom era stato buono, troppo buono, con lei e quella paura che provava non poteva riferirsi a lui. Lì fuori in piena notte, c’era qualcosa di ancora più terribile e quel qualcosa li stava spiando, pronto a prenderli uno a uno. Se Tom era cattivo, quello era peggio. Se Bill e Tom erano il male, quella cosa era ancora peggiore del male.

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Capitolo 18
*** Tregua ***


Christina piano piano si svegliò. Strano, credeva che sarebbe morta, aveva perso troppo sangue.
Si guardò intorno… tutto era buio ma sapeva che si trovava in un luogo aperto… aperto, buio e silenzioso, il cimitero.
"Ti sei svegliata, piccola?"
Quella voce. Quella che lei non sapeva se amare o odiare. La voce di quello che una volta era stato il suo ragazzo, anche se sapeva che definirlo ragazzo non era la parola giusta. Colui che forse odiava per averle strappato ogni briciolo di pace ma che al tempo stesso sapeva di amare. Bill.
La ragazza cercò di alzarsi ma lui era più veloce, la prese il braccio e la aiutò a mettersi in posizione eretta. Era gentile, lui era sempre gentile, a volte anche troppo ma ora Christina sapeva il perché: Bill era vissuto in un’epoca diversa, dove la gentilezza era quasi tutto per una persona.
"Ti senti meglio?"disse il ragazzo con il suo sorriso.
Quel sorriso. Quello che probabilmente aveva fatto innamorare molte ragazze. Quel sorriso che ti entrava dentro e che ti faceva sentire allegra, che ti faceva sentire bene, anche se ti trovavi in un cimitero da sola con un vampiro.
"Nessuno ti farà più male finchè ci sarò io con te" disse Bill quasi in un sussurro. Ed eccolo, il suo meraviglioso sorriso che stava a suggerire che il ragazzo era sincero. E Christina commise l’errore di guardarlo solo per un secondo e nella sua mente sentì che tutto sarebbe andato bene.

"Sue, ci sono visite per te!"
Sue si trovava nella sua camera, fingendo di studiare quando in realtà stava organizzando una strategia per uccidere un vampiro. Non un vampiro generico, uno in particolare. Tom. Non riusciva a toglierselo dalla testa, era diventata una vera e propria fissazione e a volte Sue lo sognava anche. Pensava che tutto questo derivava dal fatto che finora lui era stato l’unico vampiro che non era riuscito ad uccidere. “Prima o poi ci riuscirò” diceva nella sua mente.
Purtroppo, però, il suo piano avrebbe aspettato perché la madre di Christina aveva detto che c’era giù qualcuno che la cercava. Chissà chi era, lei non conosceva nessuno e tanto meno  qualcuno era mai venuto a trovarla, neanche per farle uno scherzo. Poi pensò a Christina. Povera ragazza, ormai era notte tarda e lei non si decideva a tornare ma un po’ Sue la capiva: aveva appena saputo che il ragazzo che amava in realtà era un pericolo vampiro e ne era rimasta traumatizzata. Se le credeva, ovviamente.
Scese le scale. La porta d’ingresso era chiusa quindi pensò che sua zia aveva fatto accomodare l’ospite in salotto. Infatti andò lì e sentì sua zia che parlava, quasi rideva e prendeva amabilmente il tè con un ragazzo, seduto sul divano. Ma quel ragazzo… Non era possibile. Era Tom.
"Oh ecco Sue, ce ne hai messo di tempo per arrivare, il tuo amico mi stava proprio dicendo forse ti aveva disturbato, ma sono sicura che non è così, vero? Vieni, siediti con noi."
Sua zia era felice. Probabilmente perché quella era la prima volta che apprendeva che la ragazza avesse un amico. Anzi, non era felice, ne era entusiasta. Non sapeva…
La ragazza si sedette nell’unico posto disponibile, quello vicino a Tom. Da vicino il ragazzo faceva ancora più impressione. Era decisamente bello, tutto era bello di lui, perfino l’andamento dei capelli. Ricordava molto il fratello, anzi si poteva dire che erano due gocce d’acqua. Ora capiva cosa provava sua cugina. No, non doveva pensare a queste cose, non doveva farsi influenzare sennò sarebbe stato peggio quando sarebbe arrivato il momento di ucciderlo.
"Troppo caldo il tè, Tom?" disse la zia della ragazza.
"No, al contrario, è delizioso" rispose il ragazzo sorridendo.
Secondo Sue, la scena era comica. Sembravano una normale famiglia che prendeva il tè in salotto e conversava, peccato che uno di loro era un vampiro e l’altra una cacciatrice. Avrebbero dovuto uccidersi a vicenda.
"Allora, Sue, sei così zitta, dì qualcosa…" cominciò la zia.
"Non so veramente che dire."
"Mmmm, forza Sue, è maleducazione stare così zitta e riservata quando c’è un ospite in casa, sembra quasi che la mia presenza non è gradita" disse Tom con aria strafottente. Stava davvero oltrepassando il limite.
"Oh, mi sono appena ricordata…che devo fare… delle cose… di là" disse la zia. Probabilmente pensava che i due ragazzi volessero stare da soli. Sue era quasi disgustata da quello che stava passando nella mente di sua zia in quel momento.
Quando se ne andò, la ragazza cominciò a parlare.
"Che cosa ci fai qui?"
"Non si vede? Bevo il tè, ci voleva proprio, sai avevo tanta sete" e il ragazzo scoppiò in una risata.
"Dico sul serio…"
"E va bene, non sapevo fossi così maleducata, io volevo prima parlare un po’, sai per sciogliere la tensione ma… va bene… diciamo che è successo qualcosa"
"Qualcosa del tipo?" Sue sembrava allarmata.
"Qualcosa del tipo ho quasi ucciso tua cugina e mio fratello mi ha fermato giusto in tempo"
"Cosa????"
"Non hai sentito?"
"Ma come ti sei permesso?"
"Nello stesso modo in cui mi permetto con le altre persone.. Non farla tanto tragica, persino a lei è piaciuto. Ma non è questo che volevo dirti. Ora la ragazza è con mio fratello, non le farà del male. Il problema è che abbiamo appena scoperto che non siamo le sole creature malvagie in questa città e che chiunque sia venuto, è peggio di noi. Non avrei mai pensato di dirlo ma… vogliamo sconfiggerlo e per questo ci servi tu…"
"Perché dovrebbe esserci un noi?"
"Perché anche non vogliamo che se ne vada, con uno così vicino non riusciremo mai ad avere una vita tranquilla"
"E come fai a sapere che io dirò si e che non ti ucciderò subito?"
"Perché abbiamo tua cugina, e per quanto mio fratello sia buono e la ami, è sempre un vampiro e lei è ferita. Allora che ne dici? Una piccola tregua?"
"Ok. Dov è lei?"
"Al cimitero"
"Andiamo"
"Era quello che stavo aspettando"
I due ragazzi uscirono e si trovarono davanti alla BMW nera tirata a lucido del ragazzo, che con il massimo della galanteria le aprì la portiera e la ragazza salì in macchina.
Due nemici, un vampiro e una cacciatrice, che si trovavano nella stessa macchina.
Ancora peggio.

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Capitolo 19
*** The beginning ***


Bill e Christina avevano fatto pace, finalmente. Avevano deciso che non importava chi fossero. Non importava che Bill avrebbe potuto uccidere la ragazza in un secondo. Non importava che Christina stava entrando a far parte di un mondo pericoloso, uno di quelli da cui è quasi impossibile scappare. Ormai egoismo e altruismo erano diventati una cosa sola e non si poteva più scegliere uno dei due elementi. Amore,assoluto, puro. Questo era l’unica cosa che contava per i due ragazzi.
Cominciò tutto con poche parole, poi una conversazione, proprio come facevano sempre. Proprio come si erano conosciuti. Era cominciato tutto dalle parole.
Poi una risata.
Poi un bacio.
Il loro primo bacio. Il bacio che faceva scintille e che creava lampi fulminei di colore. Creava il suono delle campane. Proprio come se il sole fosse appena sorto e avesse illuminato tutto con la sua chiara luminosità. Proprio come se si fosse alzato un leggero vento primaverile e li avesse circondati con un turbinio di foglio. Proprio come una festa, dove tutti sono felici e cercano di dimenticare per un giorno le loro sventure. Sembrava che qualcuno avesse appena stappato lo champagne. Proprio come se qualcuno avesse messo la tua canzone preferita.
Un minuto. Un altro. Un altro ancora. Pochi secondi.
I ragazzi non volevano smettere di baciarsi.
Alla fine si staccarono.
Si guardarono con espressioni irriconoscibili. Tutto passava sulle loro facce in quel momento. Un sorriso, alcune parole, non sarebbero mai bastate a dire tutto. Ma quello sguardo, era quello che diceva la verità.
Sembrava un sogno.
Eppure erano in un vecchio cimitero.
Bill e Christina videro una macchina in lontananza.Una BMW nera che guidava veloce, tanto che sembrava impazzita. Era l’auto di Tom.
"Ti è piaciuto il viaggetto?" diceva il vampiro con le treccine mentre apriva la portiera ad una ragazza.
Sue non disse niente. Le era piaciuto per una volta stare in una macchina lussuosa come quella. Ma non era questa la cosa principale. Le era piaciuto stare finalmente in macchina con un ragazzo. Non era mai uscita così con qualcuno da…bè..molto tempo. Ma non lo avrebbe mai detto. Ci andava di mezzo il suo orgoglio. Si rivolse piuttosto alla cugina.
"Non ci posso credere, ti avevo appena detto di stare attenta e tu che fai? Vai dritta nelle braccia dei vampiri?"
Era furiosa.
"Non è come pensi…" rispose debolmente la ragazza.
"Calmati Sue, stava soltanto camminando, non potevamo mai pensare che sarebbe stata aggredita…" si intromise Bill.
"Zitto, sporco vampiro, non stavo mica parlando con te" disse Sue.
Bill non rispose. Gli era stato insegnato di trattare sempre gentilmente una ragazza anche se questa fosse stata un demone.
"Non chiamarlo così, lui non ti ha fatto niente." replicò Christina per difendere il suo “nuovo” ragazzo.
"Invece si, mi fa qualcosa solo con la sua presenza, dovrebbe essere polvere"
"Non ti azzardare a dire cose del genere. Lui non è cattivo"
"Già perché uccidere le persone è un puro atto di bontà"
"Tu non gli farai del male"
" Ti sei schierata dalla sua parte?"
"Da quando sei diventata così ingiusta? Pensavo che tu fossi dalla parte dei buoni."
"Lo pensavo anche io, invece ti ritrovo dalla parte degli assassin"
"Notevole questo vostro dibattito, e anche piacevole dire, ma se mi ricordo bene, tu avevi fatto un patto, no Sue cara? E poi, abbiamo cose più importanti da fare." si intromise Tom con nonchalance.
Le due ragazze smisero di litigare ma si guardarono in cagnesco. Non era finita lì.
"Allora facciamo presto, di che cosa si tratta? E non chiamarmi Sue cara"
"Bene, questa è la parte migliore. Non lo sappiamo, cara Sue. Così va meglio?"
La ragazza lo guardò di sottecchi.
"Benissimo, quindi io avrei stretto un patto con voi, sarei venuta fino a qui quando poteva essere benissimo una trappola per niente.."
"Per niente proprio no"
"C’è stato qualcosa" disse Bill. "Una cosa molto forte, abbiamo avvertito il suo potere, come se ci stesse spiando. Non è un vampiro, credo che sia qualcosa di simile a un demone ma non ne ho la certezza. So solo che non ha fatto la prima mossa e che ci ha evitati. Questo vuol dire che non vuole avere a che fare con noi. E questo vuol dire…."
"Che ha qualcosa di pericoloso in mente" concluse Tom.
"Quindi è proprio il mio campo" disse Sue.
"Quindi cosa facciamo?" chiese Christina che fino a quel momento non aveva proprio parlato.
"Ci sono delle persone, vampiri, che ne potrebbero sapere qualcosa, dopotutto sono più vecchi di noi. Si riuniscono in una specie di bar ma non parlerebbero mai. A meno che qualcuno non li induca a parlare. E qui entra in gioco Sue." disse Tom.
"Ci aiuterai?" chiese Bill.
" Certo, sapete quanto mi piace torturare i vampiri"
"E tu, amore, cosa farai? È una cosa troppo pericolosa, è meglio per te restare qui. Almeno saprò che sarai al sicuro" disse Bill.
"No, io ti seguirò sempre, qualunque cosa farai e in qualunque posto andrai. Io ti amo" rispose Christina.
"Ti amo anche io" disse il vampiro e la baciò sulla fronte.
"Patetico"commentò Tom.
"Concordo in pieno" disse Sue.
"Ok, il tempo è scaduto. Andiamo, possiamo prendere la mia macchina. Avete fatto i bagagli?"
"Ma dove andiamo?"chiese Sue.
"A Los Angeles!"
"Los Angeles!" urlarono le due ragazze con gli occhi sgranati.

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Capitolo 20
*** Forgotten children ***


Bill guardava fuori dalla finestra. Era una bella serata. Il sole se n’era andato da molto tempo e lui era rimasto là. Non voleva uscire. Aveva visto l’alba con altri occhi, non più quelli di un ragazzo ventenne ma quelli di qualcun altro, non un uomo, semplicemente qualcun altro, perché nessuno, neanche un saggio o un filosofo avrebbe mai potuto vedere quello che aveva visto lui. Aveva visto il sole che emanava luce e calore come piccoli lampi fulminei di colore rosso e arancione. Aveva visto un’aurea di un colore indefinito, tra il giallo e l’arancione, oppure di entrambi i colori ma nessuno avrebbe mai potuto capire dove finiva un colore e dove ne iniziava un altro. Ma lui non era nessuno. Si aggrappava forte al legno del davanzale della sua finestra. Una bella finestra rinascimentale, ornata con motivi di fiori sulle tende e finemente intagliata nel legno. Si adattava perfettamente a tutte le altre parti della sua stanza. E la sua stanza si adattava perfettamente a ogni altra stanza che avrebbe potuto avere un nobile rinascimentale, proprio come lui. Non sapeva cosa fare. Si sentiva strano, molto strano, forse triste. Quella non era più la sua casa. Nessuno era voluto rimanere in quella casa dopo che lui e suo fratello erano accidentalmente morti, uccisi durante un litigio di cui nessuno aveva notizie. Così avevano detto al suo funerale e a quello di suo fratello. Bill l’aveva visto, aveva notato ogni cosa. Aveva quasi pianto quando avevano sepolto la sua bara. Dentro c’era solo cenere. I suoi parenti avevano visto il suo corpo ma poi lui si era svegliato durante la notte e c’era stato uno strano incidente nella cappella dove tenevano il corpo. Un incendio. E, naturalmente, quello che rimaneva era solo cenere. Tom aveva organizzato tutto nei minimi dettagli. Bill si sentiva un po’ in colpa perché Tom aveva dovuto inscenare non solo il funerale di suo fratello ma anche il proprio e questo significava doppio dolore, doppio strazio. Ma a Tom sembrava non importare. Ormai Tom non era più Tom. Chissà se qualcuno aveva preso il suo posto occupando il suo corpo o se il vero Tom era troppo spaventato e preferiva rimanere in un piccolo angolo della mente di quel nuovo individuo. Forse era la seconda ipotesi ma Bill non lo avrebbe mai testato. Non voleva rimanere là. Ormai, mentre lui si perdeva nei suoi pensieri, era scesa la notte.
"Cosa ci fai qui?"
Improvvisamente entrò un giovane. Era bello, molto bello e somigliava tantissimo a Bill, l’unica cosa in cui differivano era l’acconciatura. Il secondo ragazzo aveva lunghe treccine nere, mentre il primo aveva deciso di lasciare i suoi capelli sciolti e non li avrebbe più legati. Gli ricordava troppo i vecchi tempi, quando lui era in vita e quando doveva farlo per forza perché era quella la moda del tempo.
"Secondo te? Ti ricordo che è anche casa mia" disse Bill.
"Intendevo che ci fai tutto solo a guardare una vecchia finestra? Il mondo è nostro. Ora è notte e gli unici che escono sono quelli che ci cercano, anche se molti non sono coscienti di questo"
"Dici davvero?"
"Certo, tutti sanno che uscire a quest’ora è pericoloso e ti dico di più: è nostro dovere accontentarli."
"Già, tu comincia ad andare. Io vengo tra poco"
"Se è proprio questo che vuoi"
"Ti voglio bene fratellino"
"Siamo sdolcinati, eh? Una buona dose di sangue fresco appena tirato fuori da una giovane fanciulla ti servirà. Vieni?"
"Si, ancora due minuti"
"Ti aspetto"
"So che non lo farai"
"Tu mi conosci troppo bene"
Bill avrebbe voluto dire qualcosa ma ormai suo fratello era già sparito. E poi cosa gli avrebbe detto?
Non sarebbe andato a caccia quella notte e, anche se sapeva che ormai non poteva più sfuggire a quella condizione, non poteva rimanere. Sarebbe impazzito lì, proprio come Tom. Forse avrebbe fatto bene anche a lui. Uscì dalla porta e si fermò ad osservare quella stanza che un tempo era stata sua. Quasi gli venne in mente di dire “addio” ma i mobili, i muri, niente là poteva sentirlo e l’unica persona a cui voleva veramente dirlo non l’avrebbe mai accettato. Si girò e se ne andò. Stava dicendo addio a tutto quello che era stato fino a quel momento. Il Bill che aveva dormito e mangiato là era morto ormai.

Bill si svegliò. Si trovava sul sedile posteriore di una macchina, una BMW nera tirata a lucido e vicino a lui c’erano due ragazze, Sue e Christina. Bill guardò Christina, la luce dell’alba faceva apparire il suo volto angelico, quasi come se non esistesse davvero ma fosse solo un’apparizione divina. Era solo un sogno. Si era addormentato e aveva sognato, come facevano tutti. Ma quel sogno non era un semplice sogno. Era reale. Quelle cose erano davvero accadute e Bill non le avrebbe mai dimenticate. Guardò fuori. C’era l’alba e stava per sorgere il sole. Quante cose aveva sentito sui vampiri… Sapeva che bruciavano al sole, che non potevano entrare in chiesa o stare vicino a delle croci. Bill non bruciava al sole e quasi neanche lo sentiva sulla pelle, era entrato in chiesa più volte, forse per chiedere perdono per la sua anima, se davvero ne aveva una. E, cosa più importante, aveva una collana al collo, al quale era appena una piccola croce. Non la teneva più come una volta per proteggersi dagli spiriti cattivi ma la teneva perché gli ricordava i vecchi tempi, quando lui era vivo.
"Buongiorno!" urlò Tom una volta entrato in macchina. Tutti si svegliarono e Sue cominciò a mandare le prime imprecazioni verso il ragazzo.
"Come siamo permalosi" disse il vampiro "ma mi sono fatto perdonare, ho portato la colazione a tutti!"
Tom era evidentemente di buonumore. Aveva portato ciambelle e cappuccino per le ragazze e un termos con sangue per i due vampiri. Sue non voleva mangiare per principio ma aveva troppa fame per rinunciare a quelle cose.
"Oggi ci aspetta una giornata piena" disse felice Tom.
"Dimmi che dobbiamo uccidere qualche vampiro così mi rallegro un po’" disse Sue.
"No, ancora meglio, ho interrogato alcuni vampiri che conosco, naturalmente li ho pagati e mi hanno detto che un qualcosa di quello che cerchiamo, un libro per la precisione, si può trovare in un determinato posto"
" E in questo libro si parla del demone che cerchiamo?" disse Christina.
"Ti correggo, non sappiamo ancora se è un demone. Hanno detto che potrebbero esserci delle informazioni ma non ne erano sicuri. Appena lo troveremo, lo scopriremo"
"E dove sarebbe questo posto?" disse la ragazza.
"Fratellino?" urlò quasi Tom con un sorriso a 30 denti e due canini affilati.
"Si?" rispose Bill.
"Si torna a casa finalmente" disse infine Tom mantenendo il suo sfolgorante sorriso.

Edit: ho fatto l'immagine della fan fiction, la potete trovare nella prima pagina, spero che vi piaccia!

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Capitolo 21
*** A place called home ***


Il quartetto arrivò in una città assolata, con tanti negozi. Si poteva vedere il mare. Una volta, quando erano piccoli, quando erano ancora ragazzini, Bill e Tom si fermavano spesso sui loro grandi balconi. Si sporgevano più che potevano, aggrappandosi alla loro ringhiera decorata di fiori di vario tipo per non cadere. Smettevano di giocare, smettevano di parlare e di fare tutto. Guardavano semplicemente il mare, con le diverse sfumature che prendeva quando veniva colpito dal sole. Era azzurro di mattina, nero di notte e a mezzogiorno o al tramonto era qualcosa di eccezionale. Non aveva un colore preciso, poteva essere rossiccio al crepuscolo o bianco a mezzogiorno, si potevano perfino scorgere dei luccichii, quasi come se fosse fatto di diamanti. I due ragazzi, quasi bambini, stavano ore intere ad ammirare il paesaggio, sperando un giorno di andarci, ma loro erano nobili, dovevano dedicarsi all’arte e alla lettura, non al più semplice divertimento della gente comune. Erano altri tempi.
Il Bill degli anni 2000 doveva capire fin dall’inizio dove stavano andando, fin da quando suo fratello aveva nominato Los Angeles. Forse una parte di lui lo sapeva, ma non voleva accettarlo. Perfino una persona non umana come Tom doveva avere un briciolo di nostalgia del passato o se non questo, almeno una paura di ricordare, perché spesso i brutti ricordi fanno male e si preferisce far finta di niente piuttosto che reagire. Ma Tom non era umano, e non era rimasto niente in un lui che si potesse chiamare umanità, o almeno Bill si era appena accorto di questo. Sperava vivamente che suo fratello sarebbe tornato il buon vecchio Tom che si commuoveva a guardare il mare, ma ormai il mare di mezzanotte era dentro Tom e lo aveva inghiottito, tenendolo stretto in modo da non farlo più uscire.
Era la loro casa. Quella che una volta era stata la loro casa. I gemelli erano nati in Germania ma erano rimasti là solo per pochi anni. Si erano, poi, trasferiti lì a Los Angeles. Non avevano mai saputo il motivo del loro trasferimento, avevano sempre pensato a motivi di lavoro e la loro tesi più realistica era che la loro famiglia non era tenuta in buona considerazione in Germania. In realtà potevano inventarsi tutte le teorie che volevano ma non sarebbero mai arrivati alla realtà. Se ne accorgevano dal modo in cui i genitori li guardavano quando osavano fare qualche domanda, sembrava che fossero arrabbiati con loro o forse era semplicemente compassione quella che emanavano i loro occhi. Compassione perché non avrebbero mai saputo. Compassione perché non avrebbero mai sofferto. Ma anche paura, una paura bestiale, una paura irrazionale fuoriusciva dalle loro espressioni. Una paura nascosta, ma pur sempre paura e quando i gemelli se ne accorgevano, non osavano più rivolgere domande, forse per non far soffrire i loro cari, o forse perché il loro istinto sapeva che avrebbero sofferto anche loro.
Erano finalmente arrivati e Bill quasi non credeva che dopo tutto quel tempo la loro vecchia casa fosse ancora lì in buone condizioni.
"Casa, dolce casa" mormorò Tom mentre Bill era ancora perso nei suoi pensieri.
I quattro ragazzi entrarono. Era proprio come era una volta. La prima cosa che si poteva vedere era la lunga scala, che si trovava al centro della sala e che ne occupava quasi la metà. Era massiccia ma allo stesso tempo raffinata ed era ornata con oro. La carta da parati aveva un motivo floreale e gli stessi fiori erano composti da oro e da argento che si combinavano e che sotto il sole creavano effetti meravigliosi, indescrivibili. E poi…
Bill corse per le scale. Si ricordava esattamente la via. Corridoio a sinistra, sempre dritto, terza porta sulla sinistra. La sua camera. Quando entrò non poté non rimanere a bocca aperta. Era proprio lei, la sua stanza, con la sua finestra, le sue tende, la sua carta da parati fatta d’oro ma c’era anche qualcosa di strano, qualcosa che non era suo ma non sapeva esattamente cosa.
"Wow" improvvisamente entrò una ragazza con i capelli scuri ma non troppo e ricci, ribelli, ma allo stesso tempo non trasandati. Christina.
"Era la mia camera" disse Bill.
"Wow, è bellissima"
"No"
"No?"
"Era bellissima"
Christina capì per un momento il dramma che stava prendendo spazio dentro il ragazzo. Non poteva comprendere, lei aveva ancora una casa e una vita, ma poteva immaginare e forse anche capire.
"Mi dispiace" disse infine.
"Anche a me, ma che ci vuoi fare? Tutti muoiono, io, te, non si può scappare, anzi è già una fortuna che io sia qui, anche se non penso sia una fortuna essere un mostro"
La ragazza prese il viso del ragazzo tra le mani e per un momento i due si guardarono negli occhi.
"Non sei un mostro"
"Si, sono un assassino"
"Non lo sei"
"Ho ucciso"
"Non importa"
"Potrei uccidere anche te adesso"
"Non cambierei la mia opinione"
Bill rimase a bocca aperta per la seconda volta da quando era entrato in quella villa ma non durò per molto. I due si baciarono, prima le loro labbra si sfiorarono semplicemente, poi si toccarono, infine tutto si trasformò in un bacio sempre più appassionato.
"Commovente, il vampiro e l’umana che stanno insieme e che si amano e che si ameranno per sempre, oh come è romantico"
"Sue finiscila" rispose sprezzante Christina alla cugina.
"No, per caso ho rovinato qualcosa?"
"Si"
"Ragazze, dai non litigate, non ora" si intromise Bill
"Già, a proposito mentre voi facevate i comodi vostri qui il tuo caro fratello-polvere-che-parla ha trovato qualcosa che potrebbe interessarvi"
"Smettila, loro non sono cattivi, lo sai che in questo momento tu lo sei molto più di loro?"
"Certo, sono cattiva, spregevole, ma il mio cuore batte e posso respirare e non ho mai ucciso un innocente, né ho l’intenzione di farlo"
Le due ragazze si guardarono in cagnesco per un minuto intero se non di più. Christina, pur amando Bill, non poteva negare che il ragazzo aveva ucciso tanti innocenti e che non aveva intenzione di smettere. Non gliene importava. Lo amava lo stesso. Ma non poteva negarlo.
"Bene, andiamo a vedere cosa ha visto Tom" disse Bill. Non sembrava offeso.
Una volta che Sue era scesa nell’atrio, Christina disse:"Non le dici niente?"
"Cosa le devo dire? Ha ragione"
"Non riuscirò mai a capirti"
I due scesero e videro Tom con un libro in mano. Era il diario di suo padre. Lessero poche cose ma quelle parole li colpirono.

Caro diario,                                                                                                          5 gennaio 1593
Bill e Tom giocano. Sembrano felici. Non sapranno mai per fortuna. Ci siamo appena trasferiti sperando di averli abbandonati per sempre. Ci stavano dando la caccia, a noi come a tutti gli altri. Non so ancora chi siano, ho solo una vaga idea ma non è colpa di mia moglie, lei ha fatto la cosa giusta, ne sono sicuro. Ma qui non siamo al sicuro, per quanto possiamo immaginare di esserlo e continuare le nostre vite, non saremo mai al sicuro. Siamo segnati.Verrà a prenderci. Spero solo che i miei figli possano avere una vita felice, senza mai sapere quello che abbiamo fatto.

Caro diario,                                                                                                           20 aprile 1610
Li ho visti. Ce ne dobbiamo andare subito. Sono passati tanti anni e credevano di essere liberi. Pensavamo di essere scappati ma era solo una vana illusione. È qui.


Le due ragazze ne avevano abbastanza, vedevano la paura di quell’uomo stampata su quelle piccole pagine ormai ingiallite ma appena alzarono gli occhi notarono l’espressione sconvolta dei due fratelli. Stavano entrambi guardando un giorno in particolare.

Caro diario,                                                                                                            25 aprile 1610
Siamo stati degli egoisti. Abbiamo pensato solo a noi stessi. Bill e Tom dovevano saperlo. Ora è troppo tardi. Pensano che noi abbiamo creduto alla messa in scena che hanno fatto ma noi sappiamo cosa è successo. Li ha presi.

"Bill.." sussurrò Christina.
"Voi chi siete?"
Nel salotto ora c’erano altre due persone, un uomo e una donna, probabilmente sposati. Ecco perché la casa era così ben curata, perché era abitata. Bill ripensò alla stanza e al sogno che aveva fatto in macchina dove ricordava tutti i particolari della sua fuga. La scrivania. Bill non aveva mai posseduto una scrivania perché leggeva e scriveva nella sua biblioteca personale. Invece nella sua stanza c’era una nuova scrivania in legno che si adattava perfettamente con l’ambiente circostante, tanto che sembrava fosse originaria del 1600.
"Andatevene subito via da casa nostra" disse l’uomo.
"Non si preoccupi, siamo gli ex proprietari della casa, volevamo solo vedere se avevamo lasciato qua una cosa, ce ne andiamo subito" rispose Bill.
"Ladri! Questa casa è disabitata dal 1600"
"Ha ragione, noi non siamo gli ex proprietari" disse Tom alzando la testa dal libro. Non aveva parlato prima. Non aveva fatto battute. Aveva un’aria stranissima, stanca e arrabbiata. Furiosa.
Quello che accadde dopo fu talmente improvviso che neanche Bill con i suoi sensi più sviluppati riuscì a fermarlo. Tom scattò come un fulmine e in un secondo aveva già spezzato il collo alla donna. Poi si avvicinò all’uomo che di sicuro era spaventato e che stava per urlare pur non capendo la situazione e disse: "Perché noi siamo i proprietari attuali" E poi gli affondò i denti nel collo ma non lo uccise. Ad un certo punto si fermò e disse:" Fratellino, la cena è servita!"
Bill non voleva farlo ma il sangue…era come se lo stesse chiamando. I suoi piedi si muovevano contro la sua volontà e sentiva che si avvicinava sempre di più e che dietro di lui Sue stava ringhiando e Christina stava sibilando. Ma Bill non era così forte. Si ritrovò vicino all’uomo e gli sussurrò:"Scusa"
Queste furono le ultime parole che lo sconosciuto poté sentire.

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Capitolo 22
*** Umanità ***


Edit: Non ho scritto per molto tempo quindi questa volta ho aggiunto due capitoli. Spero che vi piacciano!

Tom stava per addormentarsi. Avevano appena ucciso un uomo ma a lui non importava. Poteva sentire le urla di Bill nella stanza accanto. Poteva sentire i suoi pianti e poteva anche immaginarsi le sue lacrime di sangue che scendevano sul suo viso. Non sapeva se ridere o piangere. Non sapeva se ridere di lui o essere fiero che il fratello avesse mantenuto la sua umanità. Mentre lui, era lui il vero mostro. Era lui che aveva tentato il fratello. Era lui che aveva ucciso. Ma non si stava facendo nessun esame di coscienza. Era quello che voleva fare ed era quello che aveva fatto. Ed era quello che avrebbe fatto in futuro. Era un assassino e non sarebbe cambiato. Mai. Poteva sentire anche quella ragazza che solo pochi giorni fa era tra le sue braccia mentre lui le stava prendendo il sangue. Diceva a Bill che non era un mostro. Lo confortava.
“ Beato mio fratello che ha trovato una persona così” pensò e per un momento la sua mente disse anche un’altra cosa “ Anche io ne vorrei una così” ma poi scacciò quel pensiero dalla testa. Lui era il predatore. Lui era l’assassino. Lui era il mostro. Lui era un solitario, non voleva nessuno che gli facesse compagnia e nessuno che gli desse false speranze. Sorrise a quel pensiero ma non sapeva bene il perché. Si stese nel letto che una volta gli era appartenuto e si coprì fin sopra il mento. Rise ancora. Stava dormendo in un letto che era appartenuto a una persona che era morta e forse quella persona era stata anche poggiata su quel letto quando era ancora morta. Ma quella persona era lo stesso Tom. “Ho vinto” pensò.” Ho sconfitto la morte, non morirò mai, sarò invincibile per sempre”.
La porta si spalancò improvvisamente.
"Come hai potuto?" disse Sue arrabbiata.
"Cosa?"
"Come cosa? Uccidere così degli innocenti"
"Mmm non lo so, avevo fame"
"Mostro"
Sue si avvicinò al suo letto e gli urlò in faccia:"Mostro, assassino, imbecille"
Tom, con un gesto fulmineo, prese la ragazza e accostò la sua faccia alla propria.
"Sai che ho fame anche ora" disse.
"Sai che potrei ucciderti?" replicò Sue.
"Sto aspettando" sussurrò Tom.
Ma non successe niente. Solo una ragazza che usciva dalla camera sbattendo la porta. Tom continuò a ridere. Si stava divertendo troppo quella sera. Ma dopotutto, lui era un vampiro, la sua vita era solo puro divertimento. Si alzò la coperta fin sotto al mento e alla fine si addormentò.

Tom stava camminando. Il loro concerto era appena finito e aveva detto a Bill che sarebbe solo andato a prendere un drink e che poi sarebbe tornato a casa. Era maggiorenne ma i suoi genitori si preoccupavano ancora per lui, per non parlare di suo fratello. Ma Tom si sentiva bene, soprattutto quella sera. Si sentiva felice. Dopotutto, lui era sempre stato felice. Lui era un ragazzo solare e amante della vita, gli piaceva ridere e scherzare, ma sapeva anche essere serio quando voleva. In quel momento era semplicemente allegro. Il concerto gli aveva fatto proprio bene.
"Mi scusi signore mi sono persa, può indicarmi la via per Prince Avenue?"
Una ragazza girava per la strada. Era sola. Tom non poteva non aiutarla.
"Certo, giri a sinistra e vada sempre dritto. Signorina ma non le hanno detto che girare per le strade di sera può essere pericoloso. Venga, la posso accompagnare io"
Era una bella ragazza, alta e con lunghi capelli biondi acconciati in una treccia riportata poi sulla testa a modo di chignon. Di certo era anche lei una nobile o almeno una borghese.
"Possiamo andare prima di là, dovrei chiedere una cosa ad una mia amica se è ancora sveglia" disse la ragazza.
"Ma certo, perché no?" disse Tom con quel suo sorriso sincero sulla bocca.
Quel sorriso se ne andò soltanto quando la ragazza vide che erano andati a finire in un vicolo buio e che la strada si interrompeva proprio davanti a loro.
"Forse abbiamo sbagliato strada"
"Stai zitto!" esclamò la ragazza con rabbia facendo spaventare Tom.
"Forse dovrei andare ora, di certo mi staranno aspettando"
"Resta un po’ con me"
"Mi dispiace ma non posso"
"Sciocchino, non hai scelta"
Tom cercò di scappare ma la ragazza in un secondo era già davanti a lei e non voleva spostarsi. Era perfino più forte di lui.
"Lasciami andare" urlò Tom.
"Non ci sarà dolore, non ci sarà sofferenza, niente di niente, sarai felice per sempre"
Tom non capiva ma questa proposta lo aveva convinto. Non capiva perché la gente intorno a lui fosse sempre così triste e aveva una gran paura di fare la loro stessa fine. Non si mosse anche se la ragazza si stava avvicinando sempre di più. Non fece neanche un piccolo passo. Non disse una parola. Non aveva più paura. Era uno di quei momenti in cui doveva essere serio. Non poteva far domande, non voleva far domande, era curioso, voleva solo andare a vedere come andare a finire e nel caso fosse successo il peggio almeno poteva dire di aver vissuto una vita felice.
E poi sentì un dolore al collo. Un dolore lacerante, ma allo stesso tempo piacevole. Gli diceva di rilassarsi, gli diceva che lui e quella ragazza in quel momento erano una cosa sola. Stava capendo attraverso il dolore quello che gli stava succedendo ma non aveva paura, non più. Stava bene. E sarebbe stato bene per sempre.

Tom si svegliò di soprassalto. Poteva essere spavaldo quanto voleva ma non poteva evitare di sognare quello che era successo. Era un mostro ma non era insensibile. Non voleva mostrare questo lato di sé ma questo non voleva dire che non fosse così.
Sentì un miagolio che proveniva da sotto il letto. Era un gatto. Era bellissimo. Probabilmente era appartenuto ai proprietari della casa ma nessuno lo aveva visto. Era spaventato, proprio come lo era Tom. Era solo, proprio come Tom.
Il vampiro lo prese e lo accarezzò finchè il gatto non fece le fusa. A quanto pare Tom gli era simpatico. Il gatto si accucciò ai piedi del letto e allora Tom sussurrò:"Puoi rimanere qua. Nessuno ti farà del male. Sarà il nostro piccolo segreto". E, detto questo, il ragazzo si riaddormentò.
Forse, dopotutto, c’era ancora speranza.

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Capitolo 23
*** Mistero ***


Edit: scusate l'intrusione ma vedo che le visite e le recensioni sono nettamente diminuite e gli ultimi due capitoli non hanno ricevuto neanche una recensione. Quindi, ora vi chiedo, vi piace ancora la mia fan fiction?

Il risveglio non fu facile per nessuno, tranne per Tom che era il più mattiniero del gruppo. Naturalmente non si era svegliato per abitudine o per andare a lavorare, come qualunque persona, lui si era alzato per andare a caccia. Erano più o meno le 7 del mattino e Tom si era già alzato e stava scegliendo i vestiti che si sarebbe messo. Quel giorno era indeciso tra una maglietta nera e una bianca con un teschio nero gigantesco. Forse era meglio la nera, almeno non si sarebbe distinto tra gli altri. Avrebbe fatto il solito turista confuso che chiedeva indicazioni per un luogo, non avrebbe capito bene e avrebbe chiesto a qualcuno di accompagnarlo. Il resto si poteva immaginare. Era dispiaciuto, però, che Bill non poteva venire con lui. Gli mancava suo fratello e sapeva che anche a Bill mancava trascorrere delle giornate con il suo gemello. Ma Bill era troppo buono, un po’ Tom lo invidiava ma poi si pentiva di averlo fatto.
Din Don. Improvvisamente il campanello suonò.
"Vado io!" disse il vampiro ma sapeva che nessuno lo avrebbe ascoltato. Erano tutti troppo impegnati a dormire.
Aveva scelto il completo adatto: maglia nera, jeans e scarpe da ginnastica, sembrava proprio un ragazzo come tutti gli altri.
Tom aprì la porta.
"Buongiorno!"
"Buongiorno" rispose una donna. Portava un maglione leggero e una gonna che arrivava fino al ginocchio. Aveva i capelli biondi raccolti in uno chignon e gli occhiali che nascondevano un visino chiaro, ma non troppo pallido e dei grandissimi occhi del colore del cielo.
"Lei è?" chiese Tom.
"Mi scusi, credo di aver sbagliato casa. Qui non abitano gli O’Connel?"
"Certo" mentì Tom ricordandosi della coppia che aveva ucciso il giorno prima. Decise che mentire era l’arma migliore.
"Bene! Potrei parlare con loro?"
"Mi dispiace ma non sono in casa. Ma può benissimo dire a me, sono il loro figlio"
"Oh"
"Sembra dispiaciuta.." disse Tom mostrando il suo perfetto sorriso.
"No è che gli O’Connel non mi avevano mai detto di avere un figlio, anzi sembravano molto tristi per il fatto che erano sempre così soli"
"Si, questo è perché non vivo qui, mi sono trasferito in Inghilterra per andare ad Harvard e torno solo per pochi giorni all’anno"
"Oh, allora mi scusi"
"Non si preoccupi. Ma mi dica, come mai è qui? Cioè, voglio dire, cosa doveva dire ai miei genitori?"
"Oh bè niente di importante"
"Su, entra, stavo giusto per preparare un bel caffè"
"Veramente dovrei andare"
"Su, non vorrà mica offendermi?"
"Va bene, ma solo per cinque minuti"
"Non se ne pentirà"
E così la povera donna senza nome entrò in casa. Non sapeva di aver appena firmato la sua condanna a morte.
" Ma prego, si sieda" disse Tom porgendole una tazza di caffè."Allora, cosa doveva dire ai miei genitori?"
"Niente di che, solo che fortunatamente ho trovato un acquirente."
"Un acquirente?"
"Si, per la casa. Non sapeva che era in vendita?"
"Veramente no. Sono tornato qui solo pochi giorni fa e probabilmente non hanno ancora avuto l’occasione di spiegarmi tutto. Forse non volevano rovinarmi il ritorno. Può dirmi lei?"
"Non c’è molto da dire. La casa è in vendita"
"Questo l’avevo già capito ma perché è in vendita"
"Guardi, si è fatto tardi io dovrei proprio andare e poi sono cose che dovrebbero dirle i suoi genitori, sinceramente neanche io ho capito molto bene la cosa"
"Su mi dica".
Allora Tom guardò la donna dritta negli occhi e la ipnotizzò. La signora non aveva altra scelta che parlare.
"Erano spaventati…" cominciò.
"Spaventati da cosa?" disse Tom continuando ancora ad ipnotizzare la ragazza.
"Dicevano di sentire suoni strani e che qualcuno li stava spiando. Dicevano di avvertire strane presenze dentro la casa e.. poi hanno fatto delle ricerche e hanno scoperto che due ragazzi sono morti qui. Sembra assurdo ma pensano che i loro fantasmi li stiano perseguitando"
Tom quasi scoppiò a ridere. La coppia stava cercando di scappare da Bill e Tom ed erano stati proprio i due ragazzi, inconsapevolmente, a fargli del male. La cosa era stranamente, macabramente…comica.
"Lei ci crede?" disse Tom. Questa volta non stava usando il controllo della mente.
"Io non credo ai fantasmi, ma…."
"Ma?"
"Sono sicura che qui ci sia qualcosa. Magari non al livello di soprannaturale. Magari ci sono solo persone che vogliono fare brutti scherzi o si può trattare di un episodio di stalking ma qui c’è di sicuro qualcosa di aver paura."
"Mmm o forse è solo la fantasia di due persone sole che vivono in una casa così grande e vecchia. Di preciso, chi è l’acquirente?"
"Un esperto di cose antiche. Era felicissimo che la casa era in vendita. Dice di volerla trasformare in un museo ma io non sono convinta che sia una buona idea"
"Perché?"
"Questa casa è così vecchia e piena di segreti. Sono sicura che da qualche parte qui ci siano cose che la gente non dovrebbe sapere"
Tom sorrise.
"Non ci faccia caso, forse è solo la mia fantasia" disse la donna e, proprio come il ragazzo, rise.
"Vado a prendere dei pasticcini, torno subito"
Appena il ragazzo andò in cucina, la donna decise di alzarsi, era passato fin troppo tempo e lei doveva andare, ma qualcosa catturò la sua attenzione. Una macchia di sangue, troppo grande per trattarsi di un semplice ed innocuo taglio, giaceva sul bracciolo del divano. Prima non poteva vederla perché il ragazzo la copriva ma ora era visibile. Aveva paura.
Tom tornò con un vassoio pieno di biscotti.
"Eccomi, vuole favorire?"
"No, mi dispiace devo andare"
Ma la donna commise due errori gravissimi. La sua voce tremava e il suo sguardo era ancora fisso sulla macchia.
Tom si girò.
"Oh, no, pensavo che se ne fossero andate tutte. Devo comprare un detersivo migliore"
"Mi scusi ma devo andare" disse la donna e si incamminò, anzi quasi corse verso l’uscita.
In meno di due secondi Tom era davanti a lei.
"Mi dispiace ma lei non andrà proprio da nessuna parte.Comunque grazie per il tempo che ha passato con me e per le informazioni che mi ha dato"
La donna voleva urlare ma non ci riusciva perché il ragazzo le bloccava la bocca con una mano. In meno di un secondo capì. Sarebbe diventata anche lei una macchia di sangue sul divano.

Due ore dopo Tom salì al piano di sopra e svegliò i ragazzi.
"Svegliatevi, dormiglioni, la colazione è pronta"
Quando i ragazzi scesero, si trovarono uno spettacolo davanti a loro.
Il salone era tirato a lucido, la tv era accesa e impostata su un canale di musica classica e al centro, tra i due divani, c’era un tavolino. Sopra c’era tutto quello che si potesse desiderare: latte, biscotti, toast, caffè, tè e perfino dei fiori che ornavano la tavola.
E il tutto era poggiato su una tovaglia antica, di seta e con un ricamo a fiori che riprendeva il motivo della carta da parati.
E da un lato c’erano due grandi bicchieri di sangue fresco.


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Capitolo 24
*** Nuovi incontri ***


Edit: Comincio col dire che questo capitolo era molto più lungo ma l'ho diviso in due parti. A presto il prossimo e spero che vi piaccia. Poi volevo augurare, anche se in ritardo, buon anno a tutte le persone che stanno leggendo questa FF. E grazie ancora!

Qualche ora più tardi i quattro ragazzi si trovavano fuori di casa.
"Dove andiamo?" si lamentò Sue.
In quei giorni si erano scoperte molte cose sui ragazzi. Sue era la più lamentosa del gruppo, e anche se amava fingersi dura come una pietra, in realtà dentro di sé c’erano molte paure che la ragazza non voleva svelare neanche a se stessa. Tom era ancora peggio di Sue. In realtà neanche lui era senza cuore così come voleva che gli altri credessero ma lo  mascherava, e anche molto bene. Una sola volta Bill glielo aveva detto, gli aveva detto di aver visto per un secondo il suo vecchio fratello. E Tom aveva praticamente fatto un massacro. Forse era felice di essere considerato un mostro. Forse una parte di lui pensava di esserlo davvero e che si meritasse di essere trattato come…semplicemente come un mostro. Forse aveva accettato di essere così e si era stancato di combattere. Forse ancora non lo aveva accettato.
Bill era un vero e proprio mistero. A volte sembrava buono, sembrava quasi una persona come le altre ma a volte era proprio come Tom, se non ancora più cattivo di lui. A volte si ritrovava ad uccidere persone innocenti e voleva dare la colpa a qualcuno. Voleva dire che l’influenza del fratello gli aveva giocato un brutto scherzo o addirittura si era sorpreso ad accusare Christina, perché era sempre uno stress stare vicino a lei senza morderla. Ma in fondo, la colpa era solo di Bill, e anche se gli dispiaceva uccidere, non poteva negare di sentirsi bene con se stesso dopo aver bevuto. A volte aveva dei sensi di colpa incredibili, altre volte era un vero e proprio maniaco omicida ma non si mostrava mai così con la sua ragazza. No, quelli erano segreti che avrebbe tenuto sempre e solo dentro il suo freddo corpo.
Christina. Lei era la coraggiosa del gruppo. Non lo avrebbe mai ammesso ma lo era. Tutti la trattavano come una pari ma sapevano che lei non era come nessuno di loro. Sue era la cacciatrice e Bill e Tom erano due vampiri ma Christina non era niente, era solo una povera ragazza che un giorno andava a scuola e viveva una vita normale e il giorno dopo era andata via di casa e aveva scoperto un nuovo mondo che poteva distruggerla in meno di due secondi. Ma a lei non importava. O almeno sembrava non importarsene. Purché ci fosse Bill insieme a lei perché, si, la ragazza credeva nel vero amore e sapeva che nessun sacrificio poteva essere troppo grande se ci fosse stato il suo ragazzo con lei. Ma tutti sapevano che era come una bomba: si mostrava allegra e…normale, ma da un momento all’altro poteva scoppiare.
" Ma tu non mi senti mai quando parlo? Stiamo andando al bar" disse Tom sprezzante.
"Quale bar?" ribattè la ragazza.
"Ma tu non mi ascolti mai quando parlo? Quando siamo venuti ti ho chiaramente detto che saremmo andati ad un bar a cercare informazioni"
"Credevo stessi scherzando"
"Bè, evidentemente no"
Tom era arrabbiato. Pessimo presagio.
"E cosa dovremmo trovare là?"
"Ah lo scoprirai" rispose Tom con il suo solito ghigno.
Tom era arrabbiato. Tom rideva. Questo era molto, molto peggio. Tom sapeva qualcosa, e per farlo diventare così vulnerabile non era niente di buono.
Capirono già da subito che il bar di cui parlava il vampiro non era un bar normale. Non per comuni mortali almeno. Era un bar frequentato da soli vampiri e creature immortali, si potevano vedere individui con code e corna. Ma se si tralasciava questo il bar era completamente normale. C’era il barista, c’erano i drink, c’erano le sedie, anzi chi aveva provveduto all’arredo aveva avuto stile.
Peccato che, avvicinandosi, si vedeva chiaramente che le pareti erano tinte di rosso, ma quel rosso era troppo scuro e perfetto per essere solo vernice.
Sangue.
Christina tremò.
Solo allora Bill decise di parlare.
"Ma che cosa stai cercando di fare?"
"Secondo te?" rispose il fratello.
"Non lo so ma evidentemente neanche tu ne hai idea. Prima ci fai fare un viaggio di ore intere fino a Los Angeles senza motivo, poi  ritorni nella nostra vecchia casa e ora in questo posto. Se volevi semplicemente compagnia potevi anche portarti uno di questi tizi con te"
Due vampiri arrabbiati. La giornata si stava mettendo proprio male.
"Ma ti vuoi stare un po’ zitto! Ecco il tuo problema, ti credi sempre meglio degli altri, tu sai tutto, tu hai sempre ragione, non credi che a volte tra sei miliardi di persone tu possa anche non conoscere tutto su tutti" disse Tom.
"Non quando ci sei mezzo tu. O ti devo ricordare che se avessi seguito il mio istinto quel giorno sarei ancora vivo ora?"
"Ah allora è questo. Tu vuoi punirmi perché tanto tempo fa io ti ho ucciso."
"Non è questo, so che hai commesso un errore, capita, sto solo dicendo che…"
"Ferma un secondo. Errore, credi davvero che io ti abbia trasformato per errore?"
"Ma non mi dire che l’hai fatto apposta. Non ci posso credere"
"Volevo che stessimo insieme"
"Oh certo, grazie fratellino, che bella idea è stata uccidermi"

"Per quanto ancora andranno avanti così" sussurrò Christina.
"Ah non lo so, dopo di te" rispose Sue.
"Certo"
E le due ragazze entrarono nel bar mentre i due vampiri stavano ancora litigando.

"Due birre per me e per la mia amica" disse Sue al barista.
"I mortali non possono entrare qui. Io se fossi in voi scapperei urlando"
"Oh davvero. E chi ti dice che noi siamo mortali"
Sue si alzò e prese il barista talmente forte che quest’ultimo precipitò dall’altra parte della sala.
"La cacciatrice" sussurrò un demone.
"In carne ed ossa" rispose Sue.
Stava per cominciare una guerra in quel locale, da una parte una ragazza che rideva e dall’altra un gruppo di persone alte almeno due metri e con la faccia sfigurata. E anche loro ridevano.
Christina pensò che forse Sue si divertiva a cercare sempre lo scontro con tutto.
"Fermi" urlò Tom." Lei è con noi"
"Tu stai con la cacciatrice?" disse il demone che aveva parlato prima.
"Problemi?" sussurrò Tom non appena si avvicinò all’uomo.
Il demone era molto più alto di lui e molto più forte di lui sicuramente ma Tom non era spaventato e neanche Bill ma neanche loro capivano il perché. Tanti mostri erano contro di loro, più forti, forse pure più vecchi di loro e tutti volevano ucciderli ma i due vampiri si sentivano forti, sapevano che con un solo tocco della mano avrebbero posto fine a quella lotta e l’unica cosa che sarebbe rimasta in quel bar sarebbe stata polvere.
Ma non la loro.
"Ora voi ci direte delle cose"
"Cosa?"rispose il demone.
"Cominciateci a dire cosa è successo qui nel 1500"
"Non possiamo"
"E perché?"
"Credete di essere forti, credete di essere coraggiosi. Illusi. Lì fuori ci sono cose che neanche potete immaginarvi e io so che mi ucciderete, forse ci ucciderete tutti ma preferiamo morire per mano vostra piuttosto che piegarci a quello"
"Quello cosa?"
Il demone stava per parlare quando improvvisamente una freccia lo colpì in pieno petto e si trasformò in polvere.
Tutti rimasero a bocca aperta.
Persino Tom, in cuor suo, cominciò a provare paura.

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Capitolo 25
*** Profezia(nuovi incontri parte due) ***


"Ma che cosa è stato?" urlò Bill.
Lui non aveva paura, o almeno non lo dava a vedere. Era sempre stato più coraggioso del fratello, a volte anche troppo e di sicuro era spavaldo e sicuro di sé, o almeno tutti pensavano che lo fosse ma nessuno sapeva come era quel ragazzo dentro perché non si apriva mai con nessuno. Non lo aveva fatto neanche con suo fratello. Non lo aveva fatto con le sue ex e non l’aveva fatto neanche con l’amore della sua vita. Si chiamava Stacy, un nome piuttosto semplice e monotono, come aveva sempre pensato ma quella ragazza non era niente di tutto ciò. Era solare, era piena di vita, amava divertirsi e ridere, aveva un sorriso bellissimo. Un giorno era scomparsa. Lui aveva detto al fratello che la ragazza le aveva lasciato un biglietto con su scritto “ Addio” ma non si era mai saputo niente di lei. Bill non aveva mai più visto la ragazza, per lui poteva essere scappata,morta o anche peggio ma lui non l’aveva mai più rivista. Mai. Neanche da vampiro. Mai. E ci era stato molto male, finchè non aveva conosciuto Christina, l’unica che era riuscita a ridargli la speranza e la gioia che credeva di aver perso molto tempo fa. O meglio, che aveva rinchiuso nella parte più nascosta del suo cuore con un doppio lucchetto e che non riusciva a far venire fuori.
Ma questa è un’altra storia.
Bill parlò per primo e naturalmente esigeva una risposta, ma la risposta non arrivava. Probabilmente tutti avevano paura di fare la stessa fine del demone.
"Su, cosa è stato?" urlò Bill. Ogni parola corrispondeva ad un suono diverso, un ringhio diverso, sempre più forte. Metteva quasi paura. Anzi, quasi non era la parola adatta perché alcuni vampiri nel locale si erano irrigiditi. Avevano paura di lui. Anche se loro erano più forti e avrebbero potuto schiacciarlo in meno di un istante.
Strano.
"Davvero non lo sai?" disse un tizio.
Era di sicuro un vampiro, ma uno dei peggiori se si giudicava l’aspetto. Aveva la faccia quasi deformata e due lunghi denti che gli uscivano dalla bocca e gli ricadevano sulle labbra. I suoi occhi erano gialli, ma si potevano vedere solo se eri a due centimetri da lui, perché da lontano sembravano solo due piccole palline scure, quasi delle fessure, in una faccia dove i muscoli superavano di gran lunga la pelle. Sembrava strafottente, quasi se le cose intorno a lui non lo interessassero, neanche la morte, e neanche la sua.
Era vestito interamente di pelle e puzzava. Puzzava di conceria e di tintoria. Non ci voleva un grande genio per capire che aveva fatto da solo i suoi vestiti, e a giudicare dal tipo di pelle raffinato era probabilmente pelle umana. Al collo aveva una collana fatta di denti, umani anche quelli.
"Cosa dovrei sapere?" rispose Bill.
"Che lei vi verrà a prendere, uno a uno. A lei non importa se siete umani o vampiri. No. Lei e l’esercito che si è formata non avranno pietà di nessuno. Giacciono nell’ombra e ogni tanto escono a cercare una nuova vittima, ma non una semplice, gli piace il gioco, l’azione. E voi glielo avete appena dato. E non vi lascerà mai andare"
"Chi?" disse Bill in un sussurro.
"Non so il nome. Non so neanche come è fatta. So solo che le persone qui hanno paura anche di pronunciare il suo nome perché lei è dovunque, lei ti guarda, anche quando meno te lo aspetti, lei ti osserva e quando trova il momento più adatto…lo hai visto anche tu che succede"
"Lei è un demone, quindi?"
"Demone, vampiro, mostro, lei ha molti nomi, girano tante leggende ma nessuno sa che cosa lei è il realtà e quei pochi che lo sanno sono diventati polvere"
"E tu non hai paura di fare quella fine?"
Lo sconosciuto rise.
"Sono già morto tempo fa, non ho più nulla da perdere"
Il vampiro si girò, un ghigno era stampato sulla sua faccia.
"Come facciamo a sconfiggerla?"
Bill fece questa e molte altre domande ma il vampiro non rispose più, prese una sigaretta e cominciò a fumare, noncurante di tutto e di tutti. Bill aveva anche pensato alle minacce di morte e sapeva che a Sue sarebbe piaciuta l’idea ma non avrebbe funzionato. Niente avrebbe funzionato.
"Andiamocene" disse infine Tom che sembrava aver recuperato un po’ della sua spavalderia.
I quattro ragazzi si incamminarono. I due vampiri erano molto, molto arrabbiati. Le due ragazze non sapevano se piangere dallo sconforto o dallo stress di tutta quella situazione insensata.
Stavano quasi per varcare la soglia quando il vampiro dal nome sconosciuto parlò di nuovo.
"Vedo che qui non sono l’unico a voler morire"
"Cosa dici?" gridò quasi Bill.
"So che non sembra ma ormai l’alba è passata, non potete uscire, non voi due almeno se non volete diventare due spiedini arrosto"
"Ma cosa stai dicendo?"
"Ma quanti anni avete? Uno? Due? Il sole vi brucerà, così come brucia ogni vampiro che osa sfiorare i suoi raggi"
"Per tua informazione noi abbiamo 500 anni e il sole non ci ha mai fatto niente"
Lo sconosciuto sbiancò.
Tutte le persone del bar sbiancarono, per quanto fosse possibili.
I mostri più sadici e crudeli sbiancarono.
"Voi……"
"Noi" rispose Tom impazientemente.
"Voi siete i prescelti"
"Quali prescelti?"
"Non conoscete l’antica profezia?"
"No"
"Come no? È una delle leggende più importanti presso la nostra specie. Tanto tempo fa, antichi monaci videro che il male aveva riempito le strade e tutti i paesi, anche gli angoli più remoti erano pieni di paura e sconforto. Ed eravamo noi a provocarla. E avevamo fatto in modo che il male che noi portavamo dentro raggiungesse tutti gli uomini e li contagiasse. Allora i monaci hanno predetto che un giorno sarebbero arrivati due fratelli e che sarebbero stati tanto vicino al male più profondo da portare con loro qualcosa di buono, qualcosa che li rendesse diversi dagli altri. E quel qualcosa era la vita. Avrebbero potuto avere una vita come e insieme alle persone normali, pur essendo i peggiori e i più pericolosi tra tutti i loro simili e…"
"E…."
"Loro saranno creati con il solo e unico scopo di distruggere per sempre il male"
"Non siamo noi" rispose con sicurezza Tom.
"Si, che lo siete"
"No" disse il ragazzo con rabbia e uscì dal bar. Il sole non gli fece nulla.
Bill si avvicinò e disse:"E cosa succederà se non lo facciamo?"
"Non credo abbiate molta scelta"

Dopo questa sconvolgente rivelazione, i quattro ragazzi uscirono dal bar ancora più amareggiati di prima. Era evidente che non ci credevano. Se la storia gli aveva insegnato qualcosa era che la realtà era del tutto diversa da quella che le persone comuni potevano immaginarsi, che fossero monaci o ragazzi di tutti i giorni. Non potevano sapere, non ne avevano il potere.
Non era possibile.
O no?

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Capitolo 26
*** Pain of Love ***


Tom era stranamente agitato. Era come se cercasse di ricordare qualcosa, e quel qualcosa era proprio sulla punta della sua lingua, ma non riusciva a ricordare. Si diceva che non era niente, che forse aveva solo bisogno di una bella bevuta ma in realtà quel pensiero lo tormentava. Quei giorni erano stati terribili: dopo la visita al bar tutti erano usciti pieni di domande, domande a cui nessuno sapeva dare una riposta. La tensione era palpabile, nessuno voleva essere in quella situazione, tutti, soprattutto Christina, volevano tornare a casa e fingere che non fosse accaduto niente. Ma sapevano che ormai non potevano più. Sapevano che a Scream Land erano stati dati per dispersi e che probabilmente intere squadre di persone facevano spedizioni nel bosco per cercarli. O forse no, forse tutti si erano dimenticati di loro, forse pensavano che si trattasse di uno stupido scherzo e che i ragazzi sarebbero tornati presti. Forse in cuor loro, alcuni sapevano quello che era accaduto in realtà ma non volevano accettarlo. La verità è che Scream Land era sempre stata famosa per le sue situazioni complicate. Le persone sparivano ancora prima che i fratelli Kaulitz decidessero di andare ad abitare lì. Forse per questo quando avevano fondato la città, le avevano dato un nome così orribile. Ma le due ragazze volevano tornare in quella città, avrebbero dato tutto per riabbracciare i loro cari. A Bill Scream Land mancava, è vero, non era mai stata la sua città, né mai lo sarebbe stata ma lì aveva trovato l’amore e lì aveva deciso tempo fa di sistemarsi. Credeva di aver trovato la felicità. Per Tom tutto era diverso, era lui che li aveva portati fino a Los Angeles, lui era il criminale, l’assassino, quello che non se ne importava di niente e nessuno. Quello che non aveva patria. E di certo l’unico che non sarebbe mai voluto tornare in quel piccolo paesino di provincia dove nessuno avrebbe mai conosciuto la sua fama. Ma tutti sapevano che, volendo o non volendo, nessuno poteva tornare a casa e di certo nessuno sarebbe mai tornato. Si erano messi in qualcosa che era più grande di loro, qualcosa da cui non potevano scappare. Non si sarebbero salvati a Scream Land e la situazione non sarebbe stata la stessa neanche a Los Angeles. Che illusi che erano stati a credere di poterlo sconfiggere. Ora l’unica domanda era se la morte sarebbe venuta presto o se avrebbero dovuto aspettare ancora molto.
Ma c’erano anche i lati positivi. Bill e Christina si erano avvicinati sempre di più e ormai non si sarebbero più lasciati. Di certo Bill voleva sposare la ragazza, ormai era pronto, e sapeva che anche lei lo era ma non sapeva se avrebbe avuto l’occasione di farlo.
Erano giorni di angoscia.
Erano giorni di crisi.
Ma Tom preferiva concentrarsi su altro. Pensava che doveva ricordare qualcosa e si concentrava su quello. Sembrava che ci fossero solo lui e i suoi pensieri. Il resto non contava.
Era stata una giornata pesante, come sempre da un po’ di tempo e Tom decise che dormire gli avrebbe solo giovato. I vampiri non hanno bisogno di dormire ma a Tom questo non importava, voleva solo rimanere da solo. Pensava forse che se non si fosse mostrato agli altri, nessuno avrebbe percepito il suo dolore. Tom era un duro, ma aveva paura della morte proprio come ogni altra persona.
Così quella sera Tom si addormentò nel suo letto insieme a quel gatto che una volta era appartenuto ad altri, ma che ora era diventato il suo compagno, l’unico essere a cui il ragazzo confidava i suoi più improbabili segreti. L’unico che lo poteva capire. L’unico che testimoniasse l’umanità del vampiro.
Tom sognò.
Era ancora in quel bar ed era successo tutto come nella realtà ma all’improvviso, mentre il vampiro sconosciuto stava spiegando a Bill della profezia, Tom se ne andava. Usciva dal locale e camminava verso una direzione precisa. Passava per una strada illuminata e ad un certo punto le luci si spegnevano e cambiava l’ambiente intorno a lui. Non si trovava più nella Los Angeles del 2000 ma in un cittadina del 500. Se ne accorgeva dal fatto che le strade erano formate da pietre e non più lastricate, non c’erano macchine e anche il cielo sembrava diverso, più pulito. Ma non poteva essere possibile. Tom camminava ma era come se qualcuno gli stesse facendo un incantesimo. In realtà lui non voleva camminare, era spaventato e sapeva di aver provato quella paura solo in poche occasioni e tutte le volte nella sua vita da umano. Voleva fermarsi. Sapeva che doveva fermarsi. Ma non ci riusciva. Si accorse che stava seguendo una figura, ma non riusciva a vederla, sapeva solo che se fosse stato costretto ad associarle un colore sarebbe stato il nero. Altro non sapeva. E poi svoltò l’angolo e arrivò in un vicolo buio. Un vicolo troppo familiare. Cercò di urlare ma non ci riuscì. Sembrava che qualcuno glielo impedisse. E poi la figura si girò.
E Tom si svegliò. Non era riuscito a vedere quella persona, né riusciva ad immaginare chi era, né riusciva a capire cosa era successo nel sogno. Era tutto così confuso.
All’improvviso notò una figura nel buio.
"Fermati!!" gridò il ragazzo.

Sue era diventata quasi pazza. Non riusciva a sopportare tutta quella situazione, non riusciva ad accettare che sarebbe morta. Non lei. Non la cacciatrice. Aveva sempre fronteggiato pericoli di questo genere, vampiri, demoni, ma ora aveva paura come non mai. Qua non si trattava di un demone qualunque. Si trattava di qualcosa capace di generare un’ apocalisse e quella cosa ce l’aveva con loro. E quella cosa era più forte dei gemelli. E Christina non era riuscita neanche ad uccidere Tom.
“Sono una fallita” mormorava spesso la ragazza tra sé e sé ma sapeva benissimo che poteva anche urlarlo, nessuno l’avrebbe mai sentita. Christina se n’era andata. Ormai stava sempre e solo con Bill e aveva lasciato Sue da sola. Non si degnava neanche di dormire nella sua stessa stanza se sapeva che Bill era solo. E Sue odiava essere da sola, le ricordava quando aveva lasciato tutti i suoi amici e il suo ragazzo. Era stato orribile e non voleva ripeterlo. Ma sua cugina non riusciva a capirlo e lei non glielo avrebbe mai detto ad alta voce. Lei era la cacciatrice. Lei doveva essere forte. Ma lei non era forte. Lei aveva sempre avuto paura di tutto. In quei giorni si ritrovava spesso a parlare da sola e si diceva che non le faceva bene, forse era davvero diventata pazza, ma non ne poteva fare a meno. Doveva sfogarsi con qualcuno e poteva farlo solo con se stessa.
A meno che…

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Capitolo 27
*** Love is a game for everyone ***


Subito si ritrovò fuori dal suo letto. All’inizio aveva pensato di uscire e di andare ad uccidere qualcuno, magari qualche vampiro, magari quello che aveva visto nel bar che non le era piaciuto per niente. Ma poi un altro pensiero si ritrovò nella sua mente, un pensiero più forte di quello di prima, un pensiero che sapeva di non poter sconfiggere.
Si ritrovò nel corridoio.
“Sono una stupida” gridava nella sua mente.
Prese un paletto di legno dalla sua borsa. Forse era meglio andare a caccia. Ci pensò sul serio ma i piedi non volevano muoversi. Decise lo stesso di tenere il paletto nel caso avesse cambiato idea. Perché sicuramente avrebbe cambiato idea.
Ancora pochi passi.
“Sono una stupida” urlò con tutta la forza che aveva nella sua mente ma non riuscì lo stesso a non muovere i piedi.
Arrivata.
Davanti a lei c’era una porta e sapeva che dietro quella porta c’era sicuramente una camera da letto. Non voleva entrare. Chissà cosa c’era dentro. Chissà cosa sarebbe accaduto se l’avesse scoperta. Chissà che ci faceva lei là.
“Forse è chiusa a chiave” pensò, sperandoci davvero per un momento mentre il suo cuore batteva all’impazzata ma quando vide che la porta si apriva facilmente pensò che era davvero diventata pazza e che in un secondo sarebbe corsa verso la sua camera.
Ma non lo fece.
Entrò.
Cercò di guardare le pareti e di non concentrarsi su quel grande letto che era davanti a lei, proprio al centro della stanza, ma non ce la faceva. I suoi occhi, come le sue gambe, non ubbidivano.
La prima cosa che vide fu un gatto e quasi rise perché si chiedeva che ci facesse un gatto sul letto di un maniaco omicida. Chissà forse si era sbagliata. O forse lui semplicemente non lo sapeva.
Tom era immerso nel mondo dei sogni, o meglio degli incubi, perché si muoveva e sembrava evidentemente turbato, come se stesse cercando di scappare da qualcosa. Sue provò per un attimo l’impulso di svegliarlo e di rassicurarlo dicendo che era stato solo un brutto sogno, proprio come si fa con i bambini, ma sapeva che non poteva farlo. Tom non era un bambino e lei non doveva neanche trovarsi lì. All’inizio cercò una sedia dove poteva sedersi. Non aveva voglia di dormire, non quella sera, voleva soltanto trovarsi insieme a qualcuno quella notte. Non voleva stare da sola. Chissà perché non era andata da Bill e da Christina. Forse non li voleva disturbare ma allora perché non le importava di disturbare Tom. Non trovò sedie allora una lampadina le si accese nel cervello e lei quasi si mise a ridere per la gioia. Poi se ne pentì subito pensando che era davvero diventata pazza. Il letto di Tom non era piccolo, anzi poteva contenere benissimo due persone. Sue non ci pensò due volte e si infilò nel letto del ragazzo.
Era freddo, ma era normale, Tom non poteva riscaldare. Da quella posizione vedeva tutti i suoi movimenti, anche se si trovavano nel buio più scuro. Sembrava che la sua bocca stesse parlando, anche se sapeva che quelle parole non erano dirette a lei.
“È davvero bello” pensò per un secondo e subito dopo quasi non si prese a schiaffi da sola. Era logico che Tom fosse bello, tutti i vampiri erano bellissima e così trovavano le loro vittime e le ammaliavano fino a ridurle ad un corpo vuoto. Ma Sue era la cacciatrice, e anche nei momenti duri come quello non doveva cedere perché sapeva benissimo che avrebbe fatto la stessa fine di tutte le altre persone.
Stette ferma a guardare il ragazzo per almeno mezz’ora pensando che forse non era cattivo come sembrava e che forse avrebbe anche potuto risparmiarlo quando tutto quello sarebbe finito. Se sarebbe finito. Ma poi si pentiva subito dopo di aver pensato a quelle cose. Si ripeteva che lei non doveva cedere, ormai era diventato un ritornello.
Ma ad un certo punto Tom si mosse. Non era un movimento come gli altri. Si vedeva che era cosciente.
Si stava svegliando.
Sue scappò quasi dal letto cercando di raggiungere la sua camera.
"Ferma".
Tom notò una figura nel buio ma non era quella del suo sogno. Questa era più dolce e soave. Non era cattiva. La riconobbe.
"Sue che ci fai qui?"

La ragazza non fece in tempo ad uscire dalla stanza che il vampiro si era già accorto di lei. Doveva aspettarselo, i vampiri vedono meglio al buio degli umani. Molto meglio.
Poi si ricordò del paletto di legno che aveva tra le mani e seppe subito cosa dire:
"Secondo te che sto facendo? Cercavo di ucciderti per avermi cacciata in questo guaio, che altro sennò? Se ti svegliavi cinque secondi più tardi, ti saresti svegliato con un paletto nel cuore!"
Sue si sentì estremamente sporca nel dire quelle parole. Non voleva girarsi, sapeva che alcune lacrime erano sul suo viso e non voleva che il ragazzo la vedesse in quello stato, avrebbe capito che stava mentendo.
Ma perché era andata là?
"Sue cara, è tardi per gli omicidi, vai a letto, poi ne parliamo domani mattina" disse Tom.
"Certo, vado subito".
Ma aveva fatto un errore. La sua voce. Non era dura come al solito. Si capiva che qualcosa non andava. E, per sua sfortuna, Tom era esperto a capire le sofferenze altrui.
"Cosa è successo?"
"Niente di che, mi annoiavo e ho deciso di ucciderti, nulla di più"
"Non cambierai mai non è vero?!"
In meno di un secondo, Sue sentì Tom dietro di lei e la girò in modo che i due si guardassero. Fortunatamente Sue aveva già previsto tutto e si era asciugata le lacrime in tempo.
Ora i due si guardavano a pochi centimetri di distanza.
Sue pensò che Tom era davvero bello ma se ne pentì subito. Lui poteva sapere quello che lei pensava.
"Lo so!"
L’aveva sentita.
"Non farti illusioni, sei solo uno sporco vampiro omicida e quando io ti prenderò, ti ucciderò senza pietà, volevo solo ricordartelo"
Sue si girò e uscì dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle. Probabilmente Bill e Christina l’avevano sentita ma a lei non importava. Aveva fatto bene ad essere così dura, se lo ripeteva di continuo ma non ci credeva per niente.
Ma cosa le stava succedendo?

Tom sghignazzò.
Quella ragazza stava davvero impazzendo.
Da quando Sue era uscita dalla stanza, Tom stava ridendo e lo faceva ad alta voce, senza pudore, voleva che tutti lo sentissero.
Voleva che lei lo sentisse.
Ma la realtà è che rideva perché altrimenti avrebbe pianto. Era rimasto davvero male dalle parole di Sue. Come poteva quella ragazza essere così insensibile?
Decise di ritornare nel letto, dopotutto il gatto era curioso di sapere cosa era successo.
“Dovrò dargli un nome” pensò Tom ma la sua faccia cambiò appena entrò nel letto.
Non sapeva se ridere, sghignazzare o stupirsi.
Era confuso.
Il suo letto era caldo.


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Capitolo 28
*** Succederà ***


Edit: Non voglio dirvi questa cosa troppe volte, ma vedo che non state più lasciando recensioni. Se non vi piace più la storia, va bene, io accetto anche critiche però non posso sapere se, non so, sbaglio a scrivere qualcosa se non lasciate neanche una recensione...spero che ne riceverò presto e soprattutto spero che vi piaccia questo nuovo capitolo. a presto

Christina decise di uscire. Non ce la faceva più a stare dentro ma non voleva dirlo a nessuno. In verità non ce la faceva più a fare niente. Sentiva che doveva semplicemente riposarsi ma non ce la faceva. In pochi giorni aveva scoperto che il suo ragazzo era un vampiro e che sua cugina era la cacciatrice. Si mise a ridere. Prima neanche sapeva il significato di queste parole. A quell’ora lei sarebbe stata a letto e forse avrebbe anche dormito o forse avrebbe preferito mandare messaggi ai suoi amici o, perché no, scrivere il suo diario. La sua vita era monotona, se lo ripeteva in continuazione, ma era anche bella, una semplice vita da ragazza normale. Prima avrebbe dato di tutto per cambiare la sua vita. Ora avrebbe dato di tutto per riaverla indietro. Insieme agli altri. Aveva lasciato tutti per seguire un sogno che non avrebbe mai avuto fine. Per lei era solo questo: un sogno. Credeva che passare un periodo con il suo ragazzo gli avrebbe fatto bene, una bella e spensierata vacanza. Ma non era un sogno. Quello era un incubo e non aveva modo per risvegliarsi.
Nessuno l’avrebbe più portata indietro.
Si guardò intorno. Aveva camminato davvero a lungo ed era arrivata nel giardino dei gemelli. Ex giardino. Era davvero bello, ricco di fiori e di notte c’era una strana luce che lo abbagliava e quasi lo rendeva argenteo. Era la luce della luna. Era di certo un incanto, una di quelle cose che le persone pagherebbero per vedere.
Ed era appartenuto a due semplici ragazzi.
Non faceva freddo. O forse era lei a non sentire freddo. Voleva che qualcuno stesse vicino a lei ma nessuno era più lì. Bill e Tom erano a caccia, Sue..bè anche Sue lo era. E Christina era sola. Sola con i suoi pensieri, sola con il mondo intero, sola. Ma in fondo stava bene. Da un po’ di tempo non riusciva a nascondere le sue emozioni, era sempre più spaventata e irascibile e sapeva che gli altri se ne accorgevano ma non le dicevano niente. Sapevano che prima o poi sarebbe crollata e forse questo era un bene. Ma lei non voleva crollare perché sapeva che non sarebbe più stata la stessa. Non voleva accettare la realtà, non voleva altra paura, voleva vivere dietro al suo bel muro di vetro che si era costruita. Niente di quello che stava succedendo fuori poteva entrare nel muro. Là niente le dava la caccia. Niente poteva farle del male. Niente esisteva se non la vecchia, normale Christina. Illusa. Ora capiva perché Tom era sempre così duro e capiva perché anche Bill lo era stato. Spesso è meglio l’indifferenza del tormento.
Alla fine non ce la fece. Si sedette su una panchina e guardò l’ultimo raggio di luna che si allontanava per lasciare posto all’oscurità. Anche lui l’aveva abbandonata. Rimase un po’ così a fissarlo con i suoi grandi occhi pieni di stupore e lacrime inespresse e alla fine si accasciò su un fianco e si addormentò.
"Christina, farai tardi a scuola"
La ragazza si svegliò. Sua madre la stava chiamando per la scuola, come tutti i giorni. Era una giornata bellissima, dopo tanto tempo era spuntato il sole e l’inverno era finalmente finito. Si sarebbe preparata come ogni giorno e avrebbe fatto fatica a decidere che vestiti mettersi. Probabilmente avrebbe fatto tardi come al solito. E probabilmente si sarebbe guardata allo specchio e avrebbe pensato di cambiare qualcosa, magari i capelli. Era tutto così normale, ma al tempo stesso sentiva che tutto era perfetto. Ma lei non stava bene. Improvvisamente sentì qualcosa dentro di lei che non funzionava, come se le avessero asportato il cuore e lo avessero gettato via chissà dove. Ma non c’era motivo per cui si dovesse sentire così. Lei aveva tutto, lei era la più popolare della scuola, lei era semplicemente perfetta. Ma chissà perché queste cose le sembravano così lontane e le mancava qualcosa, ma non riusciva a capire che cosa.
C’era ancora quel sole che spuntava dalla finestra.
Troppo, troppo sole.
Scese in cucina a fare colazione. Non trovò nessuno. La porta di casa era aperta e per qualche strano motivo decise di uscire. I raggi del sole la colpivano in pieno viso e sapeva benissimo che erano troppo forti per uscire senza protezione solare, ma non le importava. Il sole le colpiva il suo vestito bianco candido. Chissà perché aveva deciso di mettersi un vestito del genere per un normale giorno di scuola. Sapeva che non sarebbe andata a scuola, non sapeva come ma capiva che il suo destino non era lì. Il suo destino era molto più grande. Si sentiva realizzata. Provò quasi l’impulso di correre per il suo giardino, quasi come se fosse una bambina e non si vergognava di quello che poteva dire la gente.
Ma nessuno c’era.
Improvvisamente si fermò. Il sole se ne era andato e non voleva tornare. Strano, sembrava una giornata così bella invece in quel momento sembrava che stesse per piovere.
Christina sentì un grido e un pianto disperato.
Entrò in casa.
Trovò sua madre che piangeva. Era a terra e sembrava che stesse sul punto di svenire. Forse non si era sentita bene ed era caduta o almeno questo pensò Christina prima di guardare le mani della madre.
Erano sporche di sangue.
"Mamma" chiamò la ragazza ma non ottenne nessuna riposta.
Il padre della ragazza accorse in soggiorno e vide la donna che non riusciva a calmarsi. Anche lui piangeva. Erano disperati.
Christina sentì di nuovo quello strano impulso che la costringeva a muoversi e che non sarebbe riuscita a fermare neanche volendo. Capì che si trovava in un sogno ma tutto le sembrava reale, come se quella situazione fosse realmente accaduta e lei stesse solo ricordando qualcosa.
I suoi piedi le dissero di salire le scale.
Trovò Sue, anche lei piangeva. Non aveva mai visto quella ragazza così indifesa. Vicino a lei c’era un ragazzo con lunghe treccine. Era Tom e anche lui sembrava preoccupato. Non era dispiaciuto ma si vedeva dai suoi occhi che era turbato. La situazione era stranissima. Di solito Sue e Tom si sarebbero combattuti a vicenda e Tom aspettava solo un momento del genere per saltare sulla cacciatrice e distruggerla ma non lo faceva. Sembrava che avesse paura.
Christina sorpassò i due. Voleva dire qualche parola ma non se la sentiva, non voleva che sua cugina piangesse ancora di più. Non voleva che qualcuno le dicesse cosa era successo.
I suoi piedi la portarono in camera da letto.
Sulla soglia trovarono Bill. Bill non era in lacrime, non piangeva, non sembrava preoccupato, era semplicemente distrutto. La ragazza conosceva il vampiro solo da poco tempo ma sapeva che stava molto, molto male per avere quell’espressione. Sembrava che non volesse esserci, che volesse scomparire e non tornare più, che volesse morire.
Ora anche Christina cominciava ad aver paura. Cosa poteva essere successo per turbare Bill, che di solito non si preoccupava mai, o se lo faceva, non lo mostrava agli altri per non spaventarli.
Non la degnò neanche di uno sguardo, come se lei non fosse lì o come se lei non fosse abbastanza importante.
I suoi piedi la portarono davanti ad un letto. Il suo letto. Dentro c’era una ragazza con lunghi riccioli castani. I suoi occhi erano chiusi ma Christina sapeva che quegli occhi erano di un blu elettrico, del colore del cielo. Era molto pallida, anche se normalmente il suo colore di pelle non era molto più scuro. Christina lo sapeva bene. Sembrava tranquilla, forse sembrava anche felice.
Non si sarebbe mai svegliata per andare a scuola.
Non si sarebbe più svegliata.
Era morta.
Era Christina.
"Succederà" sussurrò una voce alle sue spalle.
La ragazza si girò ma non c’era nessuno. C’era soltanto Bill che continuava a guardare il basso e a deprimersi. Ora la ragazza sapeva il motivo e sapeva che era tutto un incubo.
Doveva svegliarsi.
Ma qualcosa dentro di lei le diceva di restare.
"Chi sei?" urlò Christina.
Qualcosa cambiò nella stanza. Forse qualcosa nelle pareti. Forse non si trovava più nello stesso ambiente ma lei non ci fece caso. Aveva cose più importanti da fare che guardare il muro che cambia forma e colore.
Rifece la domanda.
Bill alzò la testa e per un attimo la guardò dritto negli occhi.
"Succederà" disse.
Christina voleva chiedergli spiegazioni ma si ritrovò a osservare gli occhi del ragazzo.
Bill aveva gli occhi più profondi.
Quello non era Bill.

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Capitolo 29
*** Fate ***


Christina si svegliò. Fortunatamente si trovava ancora in quel giardino. Era tutto un sogno, un bruttissimo, orribile sogno ma per fortuna si era svegliata.
Si sentiva forte.
Troppo forte.
C’era qualcosa in mezzo al giardino, qualcosa che prima non aveva visto. Decise che doveva andare a vedere. Sentiva che c’era qualcosa di troppo strano in tutta quella situazione, si sentiva leggera come una piuma, come se tutte le preoccupazioni fossero sparite da un momento all’altro.
I suoi passi erano leggeri come l’aria e, se non avesse guardato i suoi piedi camminare sul morbido prato, facendo in modo da non calpestare nessun fiore, probabilmente avrebbe pensato di volare.
Era una bella giornata soleggiata.
Era mai possibile che il sole fosse spuntato così in fretta in quelle poche ore che si era addormentata? Si rese conto che, si, era possibile.
Non aveva fatto caso al fatto che indossava ancora il vestito bianco del sogno.
Al centro del giardino c’era una luce.
In realtà le sembrava una specie di sfera azzurra che splendeva, come se fosse fatta tutta di brillanti.
Non aveva mai visto nulla del genere.
Qualcosa le diceva di andare in quella luce, di dimenticare tutto e tutti e di andare semplicemente là.
Era tutto troppo bello.
All’improvviso qualcosa la tirò indietro, qualcosa di forte.
Non poteva resistere.
Si svegliò di soprassalto, il cielo era grigio plumbeo proprio come lo aveva lasciato e non c’era nessuna luce, nessuna bellezza.
Quella era la realtà.
Qualcosa però di diverso c’era. Qualcuno le stava tenendo la mano.
"Bill" sussurrò la ragazza.
"Shh" rispose il vampiro "devi riposarti"
"Bill ho fatto un sogno orribile"
"Ti ho vista che ti muovevi, ma non volevo svegliarti, era così bello vederti assorta nei tuoi pensieri, ma ti ho tenuto la mano, sperando che i tuoi incubi si siano trasformati in bellissimi sogni"
"Sei troppo dolce quando fai così"
Bill sghignazzò.
"Se proprio pensi che io sia dolce…e pensare che non mi sono neanche sforzato"
Stavolta Christina sorrise.
Era un sorriso vero. Per un attimo si sentiva leggera e felice come nel suo strano sogno.
Si sentiva in paradiso.
"Ti amo Bill"
"Ti amo Christina"
"Christina", disse Bill con un filo di voce "mi dispiace di averti fatto questo"
"A me no. Tu mi hai fatto sentire amata quando mi sentivo sola, tu mi hai fatto essere felice e anche ora mi rendi felice. Se questo è un peccato, non ti perdonerò mai."
"Speravo che lo dicessi. Neanche io sono triste. Non potrò mai essere triste se ci sarai tu vicino a me, sei il mio angelo custode"
"E tu sei il mio vampiro custode"
Entrambi i ragazzi scoppiarono a ridere.
Poi, però, Bill prese il volto della ragazza e la baciò sulla bocca. Fu un bacio lungo e appassionato e nessuno dei due voleva liberarsi dell’altro. Sapevano che il mondo dietro di loro poteva anche finire ma loro sarebbero rimasti a baciarsi per ore e ore perché niente importava se non l’amore.
Era l’amore che li aveva uniti, e li amore non li avrebbe lasciati andare.
La loro storia era scura, intrisa di mistero e di paura. La loro storia era sanguinosa perché Bill era un vampiro e non aveva intenzione di smettere di uccidere.
E Christina lo sapeva. E lo accettava, e forse lo amava anche per tutti i suoi segreti e i suoi misteri.
Si, la loro storia era decisamente strana, ma era sempre e comunque una storia d’amore.
Bill alzò il volto
"Noi scherziamo tanto ma sappi che non permetterò mai che ti succeda qualcosa di brutto. Sappilo." disse il ragazzo.
Christina aveva capito che stava per succedere qualcosa ma non voleva sapere cosa.
"Non c’è bisogno che me lo dici, già lo so"
"Ti ho già detto che ti amo?"
"Si, ma non fa male se lo dici un’altra volta"
"Ti amo" sussurrò il ragazzo.
"Ti amo anche io" sussurrò la ragazza.

Quella era stata una giornata pesantissima per Bill, ma non poteva dire niente a Christina, non voleva che si spaventasse troppo. Ormai sapeva che in quella faccenda non erano coinvolti solo vampiri e demoni ma anche qualcosa di peggiore, di molto peggiore. Bill non sapeva di cosa si trattava ma sapeva che era qualcosa di potente, e che si stava preparando, e che non avrebbe coinvolto solo loro.
Era una guerra.
Era la battaglia tra il bene e il male.
E sarebbe terminata presto.
Bill sapeva da che parte voleva stare: da quella del bene, ma era troppo strano che un vampiro che ammazzava decine di persone al giorno fosse buono.
Era irreale.
Era impossibile.
Ma il diario di suo padre non mentiva.

Caro diario,
“Il giorno arriverà, l’esito sarà incerto, nuovi miti sorgeranno e vecchi miti cadranno. Il mondo come lo conosciamo non esisterà più”
Oggi ho sentito questa frase da una donna. Tutti pensavano che fosse pazza ma io so che diceva la verità. La gente non sa quello che so io.

Queste parole restavano incise nella mente di Bill.
Ma nessuno doveva saperlo.

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Capitolo 30
*** This is war.Maybe ***


Tom non voleva tornare a casa. Aveva ancora il sangue sulla faccia e gli occhi rossi come due rubini ma camminava come se non fosse successo niente. La gente lo guardava e a volte urlava.
È scontato dire che faceva sempre una brutta fine.
Tom era sempre stato un mostro insensibile e senza cuore, o almeno lo era diventato quando si era trasformato in vampiro ma non era mai stato così.
Sembrava che intorno a lui non ci fosse più niente, non sentiva più nulla sulla pelle.
Non sentiva neanche il vento.
Credeva di essere invincibile ma non era così.
Credeva che non sarebbe mai morto.
Invece non era così.
Niente sarebbe più stato come prima.
Quel giorno lui e Bill si erano avventurati in una biblioteca, ma non un semplice luogo pubblico.
Ormai della biblioteca non era rimasto più niente se non ruderi e qualche misero libro strappato.
Nessuno avrebbe mai messo piede là dentro.
Metteva i brividi.
Ma il diario di loro padre parlava chiaro: tanto tempo fa in quella biblioteca era successo qualcosa di veramente importante, probabilmente una di quelle solite battaglie tra bene e male di cui nessuno conosce l’esistenza.
E alla fine era finito tutto in cenere.
La biblioteca era stata bruciata ed erano state trovate dentro ceneri umane.
Qualcuno pensava che era stato un incidente.
La verità era che qualcuno si era sacrificato, e per fortuna aveva avuto la meglio il bene.
Ma non era quello il motivo per cui i Kaulitz erano entrati là, la storia non gli interessava.
Cercavano un libro, un qualcosa che avrebbe potuto parlargli della creatura che dovevano combattere.
E lo trovarono veramente, solo che non era come si aspettavano. Si chiamava “Creature mistiche” ma ormai non era rimasto nulla del libro se non la copertina e uno strano foglietto dentro. Non era una pagina, qualcuno aveva lasciato un messaggio.
Ed era per loro.
Diceva che combattere era inutile. Alla fine non avrebbero vinto. Nessuno avrebbe vinto. Il mondo che conoscevano stava per finire.
Di solito i gemelli ci avrebbero riso su, ma qualcosa dentro di loro gli diceva che non erano cose da prendere tanto alla leggera.
Dopo tanto tempo qualcosa dentro di loro li fece sobbalzare.
Era un brivido.
Era paura.
E così Tom si trovava da solo per strada. Era arrabbiato, frustato, molto più del solito. E avrebbe fatto una strage.
Una donna passò, sfortunatamente non c’era nessun altro per strada se non Tom. Non ebbe neanche il tempo di urlare che subito la sua gola fu squarciata e il suo sangue si trovò a imbrattare la bocca già sporca del ragazzo.
Tom alzò la testa dalla sua preda, quasi quasi si sentiva felice. Stava forse diventando goloso?!
"Mi fai schifo, lo sai?"
"E tu per caso mi segui?"
Tom si girò. C’era Sue dietro di lui, aveva un paletto di legno in mano.
La ragazza lo guardò in faccia e notò i suoi occhi rossi e il sangue sulla faccia. Nonostante tutto, non aveva paura di lui.
"Sei disgustoso"
"Piacere di vederti, anche tu mi sei mancata".
Sue alzò il paletto. "Anche tu mi mancherai"
Sue ci provò. Scagliò con  tutte le forze il paletto e cercò di prendere in pieno il cuore di Tom e ci riuscì quasi. Il ragazzo fece in tempo a fare un salto rapidissimo e finì a terra. Altrimenti sarebbe morto.
"Stai migliorando! Sono contento!"
Sue non si arrese. Non appena il vampiro si alzò cercò di colpirlo di nuovo e stavolta riuscì a conficcare il paletto nel braccio. Naturalmente, però, non gli aveva fatto niente.
"Ahi che dolore" disse Tom con fare scherzoso.
"Ridammelo"
"Vienilo a prendere"
Cominciò così una battaglia tra i due che non avevano rimorsi a tirare calci e pugni a vicenda. Si colpivano con maestria, si vedeva che entrambi erano molto allenati. Tom colpì la ragazza, ma Sue era abile e gli immobilizzò il braccio, facendo in modo da riprendere il paletto.
Forse Sue stava davvero migliorando.
Prese il paletto e lo alzò, puntandolo dritto al cuore del vampiro.
Quando vide che Tom non si muoveva si fermò, il paletto a pochi centimetri dal suo cuore.
"Hai deciso di voler morire?" disse la cacciatrice.
"No, non voglio morire"
"E allora perché non ti sposti"
"So che non lo farai"
"Sono una cacciatrice, è il mio lavoro, è il mio mestiere farlo, ti devo uccidere, io devo uccidere tutti i vampiri…"
"Allora più azione e meno parole, sono pronto, se proprio devo morire voglio che sia tu a farlo>>
Sue alzò il paletto e fece per conficcarlo dentro Tom. Ma non ci riuscì.
Commise l’errore di guardare il suo viso.
Era pieno di sangue, aveva gli occhi rossi, aveva i denti lunghi, aveva ucciso davanti a lei.
Ma ancora non riusciva a considerarlo come un cattivo.
Le sembrava così…innocente.
"Non posso" disse e lasciò cadere l’arma a terra.
"E sai che io ora potrei ucciderti?"
Tom prese il viso della ragazza tra le sue mani. Poteva torcerle il collo in meno di un secondo.
“Almeno non soffrirò” pensò la ragazza.
"Lo so"
"E non hai paura?"
"Più azione e meno parole"
Tom rise e anche Sue non potè fare a meno che ridere. Anche in punto di morte non riusciva ad aver paura di quel ragazzo.
Tom si avvicinò ma non la uccise.
La baciò.
Una parte di Sue voleva staccarsi, lei era la cacciatrice, lei doveva uccidere i vampiri, non baciarli. Aveva i sensi di colpa alle stelle. Aveva lasciato che persone innocenti morissero solo perché aveva una cotta per un vampiro. Si infuriò quando pensò la parola “cotta”. La sua non poteva essere una semplice cotta. Era qualcosa di più, qualcosa che la faceva stare male con se stessa.
Eppure non riusciva a staccarsi da lui.
Sapeva che il suo viso si stava macchiando di sangue, del sangue di persone innocenti e sentiva l’odore del sangue.
Quella persona era stomachevole.
Eppure non riusciva a staccarsi.

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Capitolo 31
*** Limitless ***


"E ora cosa facciamo?" disse Tom.
Era l’alba e si trovava nella sua stanza, sotto le coperte come ogni giorno, solo che c’era qualcosa di diverso.
"Niente"
Sue era con lui. Il giorno prima si erano baciati e la ragazza lo aveva seguito nella sua camera. Si erano abbracciati e si erano detto tutto, anche cose che non avevano mai detto a nessuno. Entrambi avevano delle cose in comune, entrambi si sentivano soli e incompresi.
Erano così diversi, eppure così uguali.
E alla fine si erano addormentati e la mattina seguente stavano ancora su quel letto, a guardarsi negli occhi.
Alla fine l’amore aveva sconfitto l’odio.
"Niente?" rispose Tom
"Niente, non è successo niente, stiamo passando una situazione difficile e abbiamo avuto un momento di cedimento, niente di più"
Ma poi si girò e guardò la faccia di Tom.
Il vampiro ghignava. Ora Sue aveva capito perché le sue vittime non scappavano.
"E c’è stato un bacio, si, ma nulla di più"
Tom le prese il mento con la mano e la baciò.
"Ti correggo, due baci"
La ragazza fece una smorfia "Come potremo amarci? Siamo così diversi"
"A me non importa"
"Io continuerò ad uccidere i tuoi simili e tu farai la stessa cosa con i miei"
"Vuoi che ti baci per la terza volta pur di farti stare zitta?"
"Mmm…fammi pensare"
Tom rise e si buttò sulla ragazza. Alla fine si ritrovarono uno sull’altra. La baciò con passione.
"Forse non sei così cattivo come pensavo…"
"Forse non sei così senza cuore come pensavo"
"Ah non giurarci" concluse la ragazza.
Risero entrambi.
"Gli altri non dovranno saperlo>> disse Sue.
"Su questo ci puoi contare, non voglio vedere la faccia di Bill che dice: te l’avevo detto"
"E io non voglio neanche immaginarmi cosa direbbe mia cugina"
"Si, una cosa del tipo: mi hai tanto presa in giro e ora anche tu stai con un succhiasangue senza anima"
"Ho davvero detto queste parole?"
"Certo, cacciatrice"
Sue sorrise. Quello che era successo tra di loro non contava.
Contava quello che stava succedendo in quel momento.
"Saremo mai come loro? Stanno così bene insieme"
"Si, è vero. Chissà…"
Risero entrambi.
"Vado a preparare la colazione" disse Tom.
"Mi raccomando non voglio trovare sangue nel cibo"
Tom rise più forte che poteva, scoprendo le zanne e dopo due secondi scomparì.

"Sei sempre il solito, mi fai schifo" urlò Sue.
"Calmati cacciatrice, che dovrei mangiare secondo te? Omelette?" rispose Tom
"Tu hai ucciso e ne vai fiero, sei un mostro"
"Ringrazia che non ho ucciso te"
"Se non avessimo fatto quel patto ora ti sarei saltata addosso e ti avrei conficcato un paletto nel cuore"
"Allora fallo se ci riesci"
"Riusciranno mai a smettere quei due?" replicò Christina.
Bill e Christina erano appena scesi e si trovavano ancora sulle scale. Non avevano neanche fatto pochi passi che subito avevano sentito le grida di Tom e Sue.
"Non penso, si odiano proprio, non riescono neanche a stare insieme per due secondi senza litigare" rispose Bill.
Christina mormorò. Non voleva che sua cugina fosse così arrabbiata per colpa sua, ma non poteva farci niente se Sue aveva quel brutto carattere.
I due andarono in cucina.
"Ma la volete smettere di litigare?" disse Bill.
"Che cosa hai combinato?" disse vedendo il fratello con il viso sporco di sangue.
"Niente, sono uscito e ho ucciso una bella ragazza dopo averla ammaliata e questa qui dice che io faccio schifo" rispose Tom.
"Fai schifo sul serio. Come ti puoi vantare di avere ucciso una persona? Aveva una famiglia che ora chissà come starà piangendo"
"Anche io avevo una famiglia che ha pianto per me e,se non lo sai, anche io sono morto. Non ti dispiace per me?"
"Tu…..>> iniziò la ragazza.
"Ora basta! Fate entrambi schifo, non ve ne rendete conto?"
Christina, così calma, all’improvviso si era arrabbiata e aveva lasciato la stanza.
"Sono d’accordo con lei" disse Bill e la seguì.
Quando i due se ne andarono Tom e Sue si rallegrarono.
"Se la sono bevuta alla grande"  esordì Sue.
Tom sghignazzò.
Venuta la sera i quattro decisero di uscire, magari riuscivano a trovare altre informazioni.
Così il gruppo si ritrovò a camminare per strada.
Non c’era nessuno. Ormai era scesa la notte e tutti erano tornati a casa.
E poi chi mai poteva camminare per una via buia, in decadenza e senza lampioni a tarda notte?
Eppure Tom non sapeva perché, ma si sentiva turbato.
Ad un certo punto i quattro videro una ragazza che camminava.
Era bellissima.
Bill per un secondo di dimenticò di Christina e decise di mangiare quella sconosciuta ma qualcosa gli diceva di fermarsi. Qualcosa gli diceva che non poteva. Cercò di sentire il suo odore ma non ci riuscì.
Strano, l’odore di un umano si sente anche a metri di distanza.
Quella ragazza non era umana, ma non era neanche un demone o una vampira altrimenti se ne sarebbe accorto subito.
Era qualcosa di strano.
Era qualcosa di pericoloso.
Purtroppo non fece in tempo ad accorgersene.
Tom commise l’errore di guardarla negli occhi.
Le sue angosce diventarono più forti.
Sentiva la paura dentro di sé.
All’improvviso tutto diventò più chiaro.
In quel breve arco di tempo il male lo attraversò.
Il suo incubo, quel dubbio che non riusciva ad emergere, tutto diventò più chiaro.
E, cosa impossibile per un vampiro, Tom svenne.
Quando Bill realizzò la natura della donna avvertì qualcosa di strano, si girò e vide suo fratello a terra.
"Toooooooooom" urlò.

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Capitolo 32
*** Possessed ***


Tom si alzò.
"Oh finalmente, ma cosa è successo?" mormorò Christina.
"Quella donna le deve aver fatto qualcosa di male" disse Bill.
Tom si guardò intorno, era a casa. Sembrava strano, quasi come se non ricordasse chi fosse.
"Come stai?" disse Bill.
"Mai sentito meglio" sghignazzò Tom.
E sghignazzò. Il suo solito ghigno cattivo, anche se questa volta sembrava diverso in qualche modo.
Tom si alzò e si diresse verso la sua stanza, sempre guardando le pareti.
Ormai era tardi quindi disse agli altri che era molto stanco e che doveva andare assolutamente a dormire.
Non era vero.
Sapeva che avrebbe trovato qualcosa nella sua camera, dopotutto aveva i suoi ricordi.
Il gioco stava per cominciare.
Infatti, appena entrò in camera, trovò Sue delicatamente appoggiata sul letto.
"Allora che facciamo questa sera?" esclamò la ragazza quando vide il vampiro.
Non stavano insieme da neanche un giorno ma la ragazza sapeva di amare il vampiro, non sapeva come, né perché ma sentiva che si stava innamorando. E poi era preoccupata per quello che era successo quel giorno, un vampiro non poteva svenire.
Tom scoppiò in una fragorosa risata.
"Tom, zitto o ci sentiranno"
"E che ci sentano, cacciatrice. Non ci posso credere che una come te sia così stupida"
"Come ti viene in mente ora una cosa del genere?"
"Perché è vero. Ci hai davvero creduto, eppure pensavo che fossi più intelligente"
"Creduto a cosa?"
Tom si avvicinò finchè i loro occhi non furono vicinissimi.
"Io non ti amo. Tu mi fai schifo, io non ti posso vedere, fino a questo momento ti ho preso in giro e tu ci hai anche creduto"
E scoppiò a ridere.
Tom non era mai stato così crudele.
"E ora vattene via, se proprio devi piangere così non sono problemi miei"
Ma lei non stava piangendo. Lo stava fissando.
I suoi occhi erano tristi.
Era la voce di Tom quella ed era cattiva.
Era il corpo di Tom e non si stava comportando bene con la ragazza.
Ma i suoi occhi sembravano…dispiaciuti.
Sembrava che qualcosa dentro di lui stesse combattendo ma Sue non sapeva perché.
Non sapeva cosa stava succedendo.
Oppure voleva solo immaginare qualcosa di strano per spiegare quella situazione.
Non voleva accettarla.
"Non hai sentito. Fuori. Di. Qui" esclamò infine Tom e Sue fu costretta ad andarsene>>
Quando Tom rimase solo si avvicinò allo specchio.
"Lasciala stare" disse l’immagine nello specchio.
"Perché dovrei?" rispose Tom.
Sembravano due persone diverse.
Eppure era la stessa persona.
"Certo che ci è proprio cascata, ti ama davvero, credo che le farò del male, giusto per divertirmi un po’, anzi sarai tu a farle del male"
"Lei sa difendersi, sono sicura che ti scoprirà e poi ti ucciderà"
Tom si avvicinò allo specchio e rise.
"Non ucciderà me"
"Sono pronto a fare questo sacrificio" rispose l’immagine nello specchio.
"Come vuoi,ma finchè non lo farà, voglio proprio vedere chi sarà il primo che ucciderò, forse tuo fratello o quella bella ragazzina così carina, Christina si chiama non è vero, succulenta direi"
"Se li tocchi…"
"Che farai? Non puoi fare niente. Sarai sempre qui rinchiuso mentre io sarò là fuori e tu non puoi fermarmi, nessuno può fermarmi, neanche tu mi hai potuto fermare"
E detto questo, uscì dalla stanza.
"E poi chissà se la cacciatrice riuscirà ad uccidere il suo amato"
E scoppiò in una fragorosa risata.
Decise di andare da Bill. Quella sera avrebbe mantenuto la promessa, avrebbe fatto del male a qualcuno.
Bill sarebbe stato il migliore, avrebbe fatto soffrire Tom.
Era proprio sulla soglia quando non riuscì ad avvicinarsi, qualcosa lo bloccava.
Decise di andarsene, probabilmente era Tom che cercava di fare resistenza e quel corpo era solo troppo stanco.
Ma non era successo quello.
E Tom lo sapeva.
Aveva trovato il modo di cacciare quell’ospite indesiderato.

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Capitolo 33
*** Vai via ***


Edit: Scusate se non ho postato per un pò di tempo ma non sapevo veramente cosa scrivere. Spero che vi piaccia questo nuovo capitolo!

Bill si alzò il giorno dopo e vide uno strano messaggio sull’uscio della porta.
Una scia di sangue.
Gli venne subito in mente Tom.
C’era un tempo in cui i gemelli uccidevano insieme, quando Bill era ancora cattivo. Si, anche Bill aveva un lato oscuro ma aveva deciso di sopprimerlo molti anni prima. Non voleva essere un mostro. Perciò aveva abbandonato Tom.
Ma non poteva cancellare i ricordi.
Una volta lui e il fratello erano stati invitati ad una festa, insieme a nobili e borghesi, come era solito fare nel 1500. Bill non può dimenticarsi di aver visto una famiglia che sorrideva tranquillamente, i genitori sembravano impazienti per qualcosa ma non lo volevano dimostrare davanti ai figli. C’erano due bambini, un ragazzo e una ragazza, probabilmente avevano non più di 10 anni.
La bambina era curiosa, aveva improvvisamente notato Bill e lo guardava dritto negli occhi con aria malinconica. Forse aveva capito qualcosa.
Erano tutti morti, tutti i partecipanti della festa, compresa la famiglia ed era stato proprio Bill ad uccidere la bambina, incurante dei grandi occhi azzurri che lo fissavano terrorizzati.
Non aveva avuto pietà.
Aveva preso di peso la ragazza mentre la mordeva sul collo e la costringeva a guardare Tom che massacrava suo fratello e i suoi genitori.
Molti anni dopo Bill era pentito di quello che aveva fatto ma non poteva ridare la vita a quella povera bambina e a tutte le persone che aveva ucciso. Quello che non molti sanno è che Bill è sempre stato un sadico, si divertiva a torturare prima di uccidere.
Una parte di lui forse ancora lo voleva fare, una parte per fortuna molto nascosta di lui.
Ma non era questo il particolare importante.
I gemelli erano soliti conservare un po’ di sangue e versare una striscia sulla porta, quello era il loro marchio. La polizia del tempo sapeva di avere a che fare con lo stesso criminale ma non riusciva mai a trovare l’assassino, o in questo caso gli assassini.
E ora quel marchio era impresso nella casa, senza un motivo preciso.
Ma Tom era diventato troppo strano dopo “l’incidente” e, se Bill aveva pensato all’inizio ad uno stupido scherzo di suo fratello, nei giorni successivi si rese presto conto di aver ragione.
Gli occhi di Tom erano cambiati, erano grandi e malinconici, proprio come quelli della bambina.
Erano terrorizzati.
Quello non poteva essere Tom.
Non all’esterno, almeno. Tom era ancora lì dentro ma c’era qualcosa dentro al suo corpo che gli impediva di uscire.
Ma neanche Bill sapeva come farlo uscire, solo le streghe potevano saperlo ma nessuna strega lo avrebbe aiutato. Tutte le streghe che conosceva o erano malvagie o erano ciarlatane.
Eppure il vampiro ci aveva provato a cercare una soluzione, aveva visto in tutti i libri ma non ci riusciva. E, cosa più importante, non doveva far capire a Tom che lo sapeva, o almeno al corpo di Tom. Ma era sicuro che in qualche modo suo fratello lo stava aiutando.
"Che cosa stai facendo?" disse una volta Tom al fratello.
"Niente" rispose Bill ma ormai non poteva nascondere il libro che aveva in mano.
"Esorcismi…interessante" esclamò il ragazzo con le treccine "A che ti servono?"
"Curiosità, vuoi vedere?"
Da un po’ di tempo aveva notato che Tom non si avvicinava mai troppo a lui.
Tom gli diede un pugno.
Bill voleva esclamare ma non per il dolore o per lo stupore perché sapeva che quel gesto era stato fatto dal vero Tom e di certo per un buon motivo.
La mano si era bruciata e il presunto Tom stava già urlando.
Urlava di dolore.
"Non puoi toccarmi?" disse Bill facendo capire che sapeva chi stava vicino a lui.
"No, ma tanto non conta niente"
"Chi sei?"
"Credevo che ormai lo sapessi, di certo tuo fratello lo sa"
"Si, convive con te 24 ore su 24 ci sarà arrivato"
"Sai, devi ringraziarlo, se non fosse per lui ti avrei già ucciso da tempo"
"Perché non ci provi?"
Tom non rispose e così Bill gli mise una mano sul braccio, che si bruciò.
"Non puoi neanche toccarmi e già parli di uccidermi"
"Prima o poi troverò il modo"
"Prima o dopo che ti caccerò da questo corpo?"
Bill era sempre stato intelligente, glielo dicevano anche quando era piccolo. Dopo essere diventato vampiro anche la sua intelligenza era aumentata, insieme alla forza.
Astuto e muscoloso.
Era una perfetta arma da guerra.
Non avrebbe trovato la soluzione in nessun libro perché la soluzione in realtà era dentro di lui.
Sapeva cosa fare.
"Sai io ho sempre pensato che fosse un male ed ho sempre odiato mio fratello per questo"
Il vampiro tremò anche se non sapeva perché. In realtà era stato proprio Tom a tremare, perché aveva capito cosa stava per succedere.
Bill abbracciò il vampiro ma lo prese per i vestiti in modo da non bruciarlo.
Così non sarebbe scappato.
Forse era ancora il sadico vampiro di una volta.
"Non vincerai" disse la creatura che intanto aveva capito e cercava di ribellarsi ma il corpo di Tom era diventato troppo debole in quei giorni e non riusciva ad opporre resistenza a Bill.
La creatura aveva tanto voluto rendere Tom debole ma ora se ne pentiva e dentro quel corpo sentiva un ghigno beffardo.
Il famoso ghigno di Tom.
Bill lo morse sul collo e bevve il suo sangue senza fermarsi mai, fino a dissanguarlo.
Quando arrivò il momento lo lasciò e Tom lo guardò con occhi grandi e innocenti.
Gli stessi occhi della bambina.
Gli stessi occhi che aveva avuto un tempo anche Bill.
E poi cadde.


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Capitolo 34
*** Life, sleep, journey ***


Edit: Scusate se non ho aggiunto capitoli di recente ma, oltre a non avere molto tempo, mi è sembrato che la fan fiction stesse diventando troppo monotona e ripetitiva e quindi ho cercato in tutto questo tempo di capire come migliorarla. Ecco il nuovo capitolo, pieno di suspence e dove si scopriranno molte cose che prima erano rimaste nascoste. Spero che vi piaccia!

Tom non si aspettava di morire.
Non aveva mai capito cosa aveva provato Bill quando lo aveva ucciso.
Rabbia, dolore, tante emozioni mischiate tra di loro. Nessuna vinceva, nessuna perdeva.
Era tutto così tranquillo.
Sentire la propria vita uscire dal proprio corpo doveva essere doloroso, invece era come se Tom fosse sul punto di addormentarsi.
Bill lo stava uccidendo, lo sapeva, ormai sapeva tutto, anche troppe cose.
Forse aveva bisogno solo di questo: un lungo, eterno sonno.
Non c’era nessun altro modo, quella cosa non sarebbe uscita dal suo corpo solo con le parole.
Era l’unica soluzione, terribile, ma Tom sapeva che era la scelta giusta.
Era stanco. Ormai mancava poco. Era pronto finalmente. Chiuse gli occhi e si preparò a concludere il suo viaggio.

"Quanto credi che ci metterà?"
Era la voce di Sue, non era arrabbiata come di solito ma non era neanche calma. La ragazza sembrava agitata. Sembrava che ci fosse una certa frenesia lì, ma non sapeva dove si trovava, né riusciva a vedere le figure intorno a lui, riusciva solo a sentire.
"Non so, ci vorrà un po’ di tempo"
Christina, la piccola, docile Christina. Neanche lei sembrava calma, chissà cosa era successo.
Voleva aiutarli ma ormai non poteva più fare niente.
Non viveva più nel loro mondo. Era morto.
Prima o poi sarebbe riuscito a guardarli, ma forse non voleva vedere, il dolore gli annebbiava gli occhi. Cosa avrebbe potuto fare se anche li avesse visti? E cosa avrebbe visto? Lacrime, ansia, sconforto. Voleva urlargli di non piangere, voleva dire a Sue che, anche se per poco tempo, la aveva amata davvero, voleva dire a Bill di continuare a sorridere e di riprendere la sua vita.
Nessuno doveva essere triste per lui.
Nessuno doveva versare lacrime per lui.
Era questo che pensava Tom, che giaceva disteso sul letto. Il volto pallido, cadaverico, il corpo freddo, il respiro inesistente, il cuore immobile.
Chissà dove era, e chissà cosa ne avrebbero fatto di lui.
Sentiva l’odore di Bill, anche lui era là.
Sentiva l’odore di sangue misto ad acqua, l’odore che caratterizzava le lacrime dei vampiri.
Bill stava piangendo.
"Non ti ha mai detto nessuno che i vampiri sono forti e impavidi, femminuccia?!"
Tom aveva parlato.
Improvvisamente Bill scattò e si trovò vicino al fratello.
"Tom?"
Tom si svegliò. Potevano sentirlo, come era mai possibile?
Si toccò il collo, aveva due ferite proprio sul lato destro. Non aveva sognato, era tutto vero.
"Dovrei essere morto…" esclamò il ragazzo.
"Lo sei" rispose Bill.
"Cosa?"
"Ti ricordi qualcosa di quello che è successo?"
"Ogni minimo particolare, incluso te che mi uccidevi"
"Scusa"
"Non scusarti, hai fatto bene, ma io ora dovrei essere morto…"
"No, sei un vampiro, già te lo sei dimenticato? Tu puoi vivere senza sangue"
"Non è vero, conoscevo tanti vampiri che sono morti dissanguati"
"Tanti vampiri che non sono te, fratello, io non so come, non so cosa dicano le profezie di noi, ma noi siamo speciali, non credo che un semplice morso possa porre fine alla nostra esistenza"
Era vero.
Ma Tom non ci aveva mai pensato.
"Cretino che non sei altro! Mi hai fatto prendere un colpo!"
Chissà cosa altro avrebbe detto ma Sue si catapultò sul vampiro e lo abbracciò talmente forte che il ragazzo, se avesse potuto respirare, non ci sarebbe riuscito.
"Il colpo me lo sono preso io! Tu, Tom Kaulitz, davvero credevi di potermi abbandonare così?"
"Non credevo di doverti anche avvisare"
Sue gli mollò un sonoro schiaffo sul collo, proprio sulla ferita, e fu allora che Tom capì davvero cosa significava l’espressione “ la furia di una cacciatrice”.
"Bentornato" disse infine Christina, senza avvicinarsi troppo.
Quella ragazza era proprio un angelo, Tom aveva cercato di ucciderla e quasi ci era riuscito, eppure lei non aveva esitato a perdonarlo.
Tom sorrise.
Il so viaggio non era finito, forse era finito quello del Tom malvagio, quello che non se ne importava di niente e nessuno, che uccideva per il solo gusto di farlo.
Forse quel Tom era morto, ma il vero Tom, quello che non aveva mai avuto il coraggio di uscire fuori allo scoperto aveva appena iniziato il suo di viaggio.
"Tom non voglio essere inopportuno, ma cosa ti è successo?" chiese Bill.
"Sono stato impossessato, no?"
Ma allo sguardo acido di Bill decise che doveva aggiungere altro.
"Forse ho capito perché noi siamo speciali e perché ci sono tante profezie su di noi. Noi non siamo il bene, siamo solo i figli del male. Il male più assoluto, quello che ci ha dato la caccia per tutti questi giorni e che ci vuole morti è semplicemente lei, la donna che mi ha trasformato. Io non la conoscevo quando è successo e dopo non l’ho più rivista. Quando l’ho incontrata, stavo morendo di paura ma pensavo che fosse una cosa normale per un umano che si trova davanti ad un vampiro assetato di sangue. Ma non è vero. Lei non è un semplice vampiro.
Lei è il vampiro, il capo di tutti gli altri, perciò tutti la temono e non osano dire il suo nome, perciò al suo volere ogni vampiro può morire o essere risparmiato. L’avevo di nuovo vista al bar qualche sera fa, quando siamo andati a cercare informazioni, ma non l’avevo riconosciuta, non potevo, è passato tanto, troppo tempo. Ma si imparano tante cose quando condividi la mente con qualcuno.
La nostra famiglia era molto antica e molto potente e spesso non ci diceva delle cose. Nostro padre sapeva dei vampiri non grazie a leggende popolari, ma perché era un cacciatore, l’unico cacciatore maschio che sia mai esistito. Sue sa forse meglio di me questa leggenda, bene è tutto vero, nostro padre ha dato la vita per combattere il male e non voleva che noi lo conoscessimo.
Nostra madre era una strega e, non so come, ma credo che noi ne abbiamo ereditato i poteri. Insieme hanno combattuto molte guerre ma, quando hanno visto di non avere possibilità in Germania, hanno cercato una casa qui, a Los Angeles, per crescere i propri figli come una normale famiglia. Ma lei, il male che non riuscivano a sconfiggere, li ha trovati e si è vendicata su di noi, Bill, noi che non sapevamo niente e che non potevamo difenderci. Quando siamo morti ci hanno seppellito non qui ma a Scream Land perché quel posto aveva conosciuto tanto male che le streghe si erano unite per sradicarlo per sempre da quella città. Volevano darci la pace, almeno nella morte ma non sapevano cosa saremo diventati. Non sapevano che non l’avremmo mai ottenuta. E poi lei è tornata qui e ha completato la sua opera, ha massacrato la nostra famiglia. Ed ora è tornata, perché sa che noi siamo gli unici che possiamo permetterci di sfidarla. Quando eravamo a Scream Land lei non poteva attaccarci perché eravamo protetti, ma qui non lo siamo più. Era una trappola"


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Capitolo 35
*** Colpevoli ***


Edit: si, lo so, questo capitolo è un pò noioso ma vi assicuro che è necessario per la storia. Non immaginate neanche che trama intricata che ho in mente!! :-)
Non poteva essere tanto brutto in fondo.
Era solo un incubo.
Un incubo terribile, ma dopo un po’ finisce e si ritorna nella realtà di tutti i giorni.
E se non finisse mai? Se invece di migliorare, la situazione diventasse ancora peggiore?
Christina si era alzata prima di tutti. Non riusciva a dormire. Da un po’ di tempo ormai non chiudeva occhio, preferiva rimanere da sola e, quando era certa che nessuno la vedesse, mandava giù anche un bicchierino di rum. Forse più di uno. La faceva stare bene. Per due secondi pensava solo a quanto le facesse male lo stomaco e dimenticava che cosa succedeva intorno a lei. Doveva smettere, lo sapeva, ma lo avrebbe fatto quando tutto fosse finito.
E così anche quella notte era scesa in cucina e aveva cominciato a bere.
L’alcool già stava facendo effetto, aveva la vista annebbiata e sapeva che doveva vomitare.
Era una sensazione orribile, ma era migliore rispetto al continuo pensiero di una morte incombente.
Fu allora che alzò la testa e lo vide. E cacciò un urlo.
C’erano due uomini davanti a lei.
Non sembravano umani.
Uno aveva i capelli lunghi, l’altro era più basso e portava gli occhiali. Questo era l’unica cosa che riusciva a vedere.
Per il resto i due erano completamente sporchi di sangue e pieni di ferite.
Uno aveva addirittura un braccio quasi staccato.
Probabilmente erano allucinazioni dovute al troppo alcool, ne era sicura, un buon motivo per smettere.
I fantasmi non esistono e, anche se esistono, non avevano nessun diritto di disturbarla in quel modo.
Lei non aveva fatto loro niente di male.
Ma, d’altro canto, fino a qualche settimana prima neanche i vampiri erano mai esistiti.
"Cosa volete da me?" gridò la ragazza impaurita.
"Questo è un avvertimento. Fuggi e mettiti in salvo, prima che sia troppo tardi" disse quello con i capelli più lunghi, mentre l’altro stava zitto e sembrava completamente estraneo alla scena. Sembrava quasi non rendersi conto di essere un cadavere.
Forse era ancora sotto shock.
"Da cosa?" disse la ragazza.
I due alzarono lo sguardo e contemporaneamente puntarono il dito contro Bill, che intanto aveva sentito Christina urlare e si era affacciato alle scale.
"No" disse in un sussurro.
"Vattene, se non vuoi diventare come noi".
Stavolta era stato l’altro a parlare.
Detto questo, i due scomparirono nel nulla.
Christina era sconvolta, guardava Bill a bocca aperta.
Bill era un vampiro, certo, ma non era mai stato così cattivo.
Ma dopotutto Bill aveva più di cento anni, cosa poteva saperne del suo passato?
E se fosse stato solo uno scherzo di quel demone che voleva ucciderli. Certo, li avrebbe separati e così sarebbero stati tutti più vulnerabili.
E se non fosse stato così?
"Posso spiegare" disse Bill scendendo dalle scale.
Fu allora che Christina, in preda a tante emozioni contrastanti, urlò talmente forte che svegliò anche Tom e Sue.
"Cosa è successo?" chiese la cacciatrice che si era subito precipitata di sotto.
"Fratellino, se voi due volete fare un po’ di casino da soli almeno ditecelo così ce ne usciamo prima" esordì Tom.
"Tom, Georg e Gustav ci sono venuti a trovare. Almeno i loro fantasmi"
"Ah, erano come li avevamo lasciati l’ultima volta?"
"Tali e quali"
"Credo che allora la tua ragazza si sarà spaventata non poco"
"Chi sono Georg e Gustav?" chiese Sue con fare arrogante.
"Le nostre prime vittime, dire che li abbiamo fatti a pezzi è dire poco" rispose Tom.
"Non essere così duro" si intromise Bill "Georg e Gustav facevano parte della nostra band e gli volevamo davvero bene. Quando siamo diventati vampiri credevamo di poter continuare a vivere una vita normale ma così non è stato. Perciò abbiamo simulato la nostra morte. Ma prima abbiamo fatto qualcosa che ci segnerà per tutta la vita. Volevamo semplicemente suonare con loro, come sempre, ma appena li abbiamo visti, abbiamo percepito l’odore del loro sangue ed era troppo forte e così…"
"Ci avete legati, aggrediti e uccisi in un modo atroce. Ricordo ancora il dolore che ho provato".
Era improvvisamente comparso un ragazzo in cima alle scale, quello con il braccio quasi staccato, e stava parlando.
"Ciao Georg" disse Tom "è un piacere vederti così in forma"
"E poi avete bevuto il nostro sangue. Avete messo i vostri denti nella nostra carne non so quante volte"
Un altro ragazzo biondo era comparso davanti a Tom e i due si guardavano faccia a faccia.
"Gustav non essere così crudele dopotutto ora non possiamo più farci niente" riprese Georg.
"Non dovrei essere così crudele? Per colpa loro sono rimasto traumatizzato e ora non riesco a passare oltre"
Bill si intromise. "Le vostre lamentele sono molto interessanti ma ora noi cosa dovremmo fare per voi?"
"Ci avete rovinato la vita e davvero credete che vi lasceremo andare così facilmente? Non ora che vi abbiamo ritrovati"
"Il caro vecchio Georg, se potessi ti abbraccerei" disse Tom.
"E se potessi io ti squarterei" rispose Georg.
"Non potevate proprio lasciarci soli?"
"E chi avrebbe badato a voi, dopo?" rispose Gustav
Tom rise.
Era proprio quello che ci voleva. Il gruppo era al completo.
Le due ragazze non capivano ma Bill e Tom sentivano che una parte di loro andata persa per sempre era finalmente tornata.
La loro umanità.

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Capitolo 36
*** Intrighi ***


Edit: Ho modificato la descrizione, ora è più "scenica". Fatemi sapere se vi piace più questa o quella di prima. Inoltre volevo dire una cosa: io sto sempre a dire che non vedo recensioni, insomma vorrei sempre di più e a volte non mi rendo conto di quello che già ho. Grazie per le 33 recensioni, tutti i mi piace e l'aver messo la storia nei preferiti. Grazie! Christina si trovava in giardino. Il sole splendeva alto su di lei e indossava il suo solito vestito bianco. Stavolta, però, sapeva come sarebbe andata a finire. Bill le era vicino e le teneva la mano ma non riusciva, non poteva fare nulla. I suoi occhi erano inespressivi, come se non volesse vedere, come se fosse cieco. Non poteva aiutarla, quello era il suo destino e doveva fare tutto da sola. Sapeva che era così, non capiva come, ma era così. Improvvisamente il cielo si fece cupo e si alzò il vento. La teneva ferma e la ragazza non riusciva a muoversi. E poi accadde di nuovo. Dal centro del giardino comparve una figura mostruosa. Prima non riusciva a vederla bene in faccia ma ora poteva percepire i suoi lunghi canini e i suoi occhi iniettati di sangue. Una donna. Una vampira. Ma non come Bill e Tom, non riusciva a creare un paragone tra i suoi due amici, tra il suo ragazzo e quella creatura abominevole. Ma non aveva paura. Quello era il suo destino e lei era pronta. Chiuse gli occhi aspettando.
Sarebbe andato tutto bene. Ne era certa.


Christina si svegliò urlando.
Aveva fatto ancora una volta lo stesso sogno. Da almeno una settimana non faceva altro che sognare la stessa cosa, la stessa figura che veniva verso di lei con aria minacciosa. Eppure nel sogno era tutto così tranquillo, tutto così calmo.
La vita reale non era così.
Era spaventosa, era triste, cupa.
Eppure Christina aveva la certezza che un giorno sarebbe diventato tutto così semplice.
Proprio come nel suo sogno.

Quei giorni erano stranamente calmi, sembrava essere tornato il buonumore tra i ragazzi. Due vecchi amici erano tornati e persino le due ragazze facevano finta di non vedere il sangue dei fantasmi che gocciolava a terra. I gemelli erano felici e questo era l’importante. Dopo tutto quello che avevano passato ci voleva un po’ di felicità.
Anzi era stato proprio Gustav, che di solito non parlava mai, a consigliare a Tom e a Sue di uscire.
Dopotutto era passato un mese dal loro incontro ed era una data da festeggiare. I due facevano ancora finta di litigare ma ormai si capiva che erano innamorati l’uno dell’altra.
E così i due uscirono, incuranti di lasciare Bill e Christina da soli a casa.
Anzi, forse anche loro due avevano bisogno di un po’ di privacy.
Tom e Sue già erano usciti altre volte, ma i loro incontri non erano stati per niente romantici.
Erano andati entrambi a caccia.
Tom cercava la sua vittima e faceva finta di mangiarla finchè non arrivava Christina e salvava la povera ragazza. E solo allora iniziava una lotta all’ultimo sangue tra il vampiro e la cacciatrice finchè entrambi non cadevano a terra e tutto si concludeva con un lungo bacio.
Era uno sport sadico ma loro si divertivano e, cosa più importante, nessuno si faceva male.
Tom aveva imparato a bere sangue solo da criminali, proprio come già faceva Bill e spesso Sue lo aiutava.
Sembravano due supereroi che lottavano insieme per combattere il male.
In realtà Tom e Sue litigavano sul serio perché la ragazza non voleva che il vampiro uccidesse persone, neanche se questi erano omicidi, ma quando Tom stava male perché non prendeva abbastanza sangue Sue si sentiva ancora peggio.
Per questo aveva imparato a convivere con il rimorso.
Altre volte Tom aveva morso Sue, ma non riusciva a saziarsi perché aveva paura di farle del male.
Insomma, facevano cose davvero strane quei due ma alla fine ne uscivano sempre con un grande sorriso sulle labbra.
E con un bacio, ovviamente.
Quel giorno, però, avevano deciso di andare in un vero ristorante di lusso e per l’occasione si erano anche vestiti elegantemente.
Tom portava un pantalone nero e sopra una giacca e una camicia bianca. Ci mancava solo la cravatta! Si poteva vedere benissimo che una volta era stato un galantuomo del 500.
Era elegante e raffinato, non solo per i suoi vestiti ma anche per il suo modo di comportarsi. Prima ancora di entrare nel locale già aveva ordinato una bottiglia del più costoso champagne e aveva pagato un’orchestra perché suonassero una canzone per i due.
Musica classica, niente di troppo forte, perché non sapeva la musica che piaceva a Sue.
Voleva far sentire alla ragazza le sue canzoni, quelle che una volta componeva e suonava, ma sapeva che doveva farlo di persona, nessuno lo avrebbe potuto sostituire.
Sue di solito vestiva casual, con una maglietta e un paio di jeans perché preferiva essere comoda nel caso ci fosse qualche vampiro nei paraggi da uccidere.
Quel giorno indossava un lungo vestito azzurro che si intonava al colore dei suoi occhi.
Sue era una bella ragazza, con occhi azzurri e capelli biondi al contrario della cugina che invece li aveva castani. Se non fosse stato per i capelli sarebbero state uguali.
Aveva i capelli raccolti dietro la nuca e per la prima volta da quando aveva conosciuto Tom aveva messo un paio di scarpe con i tacchi. Sul braccio sfoggiava un tatuaggio, qualcosa in una lingua sconosciuta e con uno strano disegno.
Il simbolo delle cacciatrici.
I due non potevano mai immaginare quello che sarebbe accaduto in loro assenza.

Poche ore prima Georg e Gustav si trovavano in una grande sala completamente nera. Sui muri c’erano poche macchie colorate, tutte rosse, era sangue naturalmente. La luce era fioca e dava all’ambiente un tocco dark. Sembrava più una prigione.
Quel posto era il male.
I due fantasmi non erano da soli, davanti a loro c’era una donna, con occhi color cremisi.
Una vampira.
La vampira.
Era accompagnata da almeno quattro vampiri molto più grandi e minacciosi di lei ma la donna non aveva paura, anzi sembrava che gli altri avessero paura di lei.
"Allora ci siete riusciti?" chiese la donna.
"Non ancora, ma abbiamo fatto di meglio. Non ci hanno creduti, pensavano davvero che ci eravamo presentati in veste amichevole. Ma si sbagliavano" pronunciò Georg ad alta voce.
La donna scoppiò a ridere.
"Eccellente, davvero un bel lavoro, ma io non vedo ancora la ragazza qui e sapete cosa succede se non la ottengo…due fantasmi di mia conoscenza passeranno l’eternità tra atroci sofferenze"
"Non sospettano di noi, questa sera ti porteremo la ragazza"
E detto questo i due fantasmi scomparirono e ricomparirono qualche minuto più tardi in casa Kaulitz, proprio prima di consigliare a Tom e a Sue di uscire.
Il piano era arrivato a termine.

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Capitolo 37
*** Love is dead ***


Edit: Scusate se non scrivo da un pò ma in questi giorni non ho avuto il pc e non ho potuto fare niente, ma, come vedete, sono tornata con tante idee. Questo capitolo è molto triste, ma anche romantico a modo suo e, il resto scopritelo voi. Al prossimo capitolo!


È successo tutto in meno di un attimo.
Si sentivano le grida, le urla, mentre Bill tentava inutilmente di prendere la ragazza, la sua ragazza.
Sembrava una scena al rallentatore, tutto così veloce ma allo stesso tempo tutto così lento.
Non poteva essere vero.
Non poteva essere accaduto davvero.
“Nooooooooooooooo” era l’unico suono che echeggiava nella mente del vampiro.
Come era possibile?
Pochi minuti prima lui e Christina erano seduti sul divano, da soli, e parlavano. Si sentivano come due persone normali, due amanti normali, che confessavano il loro amore per la prima volta. Il male non esisteva, niente di tutto quello esisteva, esistevano solo loro due. Forse si erano convinti che sarebbe finito tutto per il meglio, che in fondo non era tutto così brutto come pensavano.
Si sbagliavano.
Come aveva fatto a fidarsi di quei due?
Bill si teneva la testa tra le mani. Voleva essere proprio come suo fratello, non voleva pensare, capire, cercava di vivere in quel piccolo mondo nella sua testa, senza pensare a quello che accadeva fuori.
Non voleva realizzare.
Voleva cancellare tutto, annullare tutto.
Ma per qualche strano motivo non ci riusciva.
“Oh Bill come sei debole” mormorava. Ma sapeva che la sua non era debolezza, ma amore, era inutile negarlo.
La scena gli tornava avanti anche se faceva di tutto per dimenticare. Piccoli frammenti ogni tanto ricomparivano.
Christina che urlava.
Lui che cercava di prenderla.
Georg e Gustav che lo tenevano da dietro e non gli permettevano di muoversi.
Lei che rideva e che se ne andava trascinando la sua ragazza.
Non poteva essere successo davvero.
Perché non l’aveva messa in guardia? Sapeva cosa aveva in mente lei, l’origine di tutti i mali, ma aveva preferito tacere pur di non spaventare Christina. Non voleva terrorizzarla. E invece avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto metterla in guardia.
Ma perché proprio lei? Cosa aveva lei di speciale?
La risposta gli venne in mente come un flash.
Lei stava con un vampiro.
Lei aveva abbandonato tutto per un vampiro.
Era stato lui a metterla in pericolo.
Le mani di Bill afferrarono istintivamente i suoi capelli e per poco non li strapparono.
Lacrime rosse scendevano sulle sue guance.
Improvvisamente sentì un rumore alla porta, chiavi che si giravano, una piccola risata.
Tom e Sue erano arrivati ma Bill non voleva andare da loro, non voleva neanche raccontare loro quello che era successo, voleva solo rintanarsi nella sua mente e dimenticare tutto.
Pochi giorni prima aveva vissuto in un sogno, ora si era svegliato e aveva trovato l’inferno.
Voleva tornare in quel sogno.
Tom era entrato in casa e la sua espressione era diventata sconvolta.
La casa era letteralmente a pezzi, sembrava che una battaglia fosse stata combattuta lì.
La faccia di Tom faceva talmente paura che anche Sue si spaventò prima di capire cosa era veramente successo.
E poi lo notarono, Bill, seduto a terra con le mani tra i capelli. Sembrava una statua.
"Bill che cosa è successo?" disse Tom.
"Bill" continuò il ragazzo quando vide che il fratello non rispondeva.
"Bill, Bill, ci sei?"
Ma niente. Bill non si muoveva.
“Andate via” voleva urlare ma ormai la sua voce non aveva più la forza di uscire dalle labbra.
Tom cercò di scrollarlo molte volte, ma il vampiro non accennava a muoversi.
Era come se fosse…morto.
I suoi occhi erano senza espressione.
Non si poteva vedere neanche la sofferenza da quelli.
Non si vedeva niente.
Era come se Bill non ci fosse.
Forse ce l’aveva fatta a estraniarsi da tutto e da tutti o forse era davvero morto, ma il pensiero non lo ferì, anzi lo fece sentire sollevato, almeno l’avrebbe di nuovo incontrata.
Sue si guardò intorno con aria interrogativa. Era sempre stata una ragazza molto intelligente e aveva già capito tutto. Ma neanche lei voleva crederci. Aveva solo bisogno di conferme per cominciare a piangere.
"Bill, dove è Christina?" disse, con voce rotta dal pianto.
Una lacrima rossa scese dall’occhio di Bill e allora la ragazza capì di aver ragione.
Almeno Bill era ancora là.
E piangeva.
Piangeva lacrime di dolore.
Piangeva lacrime di amore.


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Capitolo 38
*** Revelations ***


Edit: Beh prima di tutto, oggi sono andata nella sezione "guarda chi segue le tue storie" e ho trovato bene 13 persone! Grazie, grazie davvero. Vi voglio chiedere però un favore: potete mettere mi piace a questa pagina http://www.facebook.com/#!/pages/ShinyDarkFs-Stories/178485625555055  ? Questa è la pagina di facebook dove pubblicherò tutte le mie storie e sarebbe molto importante per me vedere a quante persone piacciono le mie fan fiction. A presto con il prossimo capitolo!

"Non è lei, non può essere"
"Stai zitto, se abbiamo sbagliato ragazza, allora si che siamo in seri guai"
"Ma è stata lei a dirci di prenderla"
"Allora dobbiamo fidarci ed essere certi di aver fatto la cosa giusta"
Christina era stesa a terra, apparentemente era svenuta, non si muoveva, ma in realtà riusciva a sentire tutto. Georg e Gustav, i due fantasmi di cui si era tanto fidata ora parlavano di lei come se fosse la “prescelta” o una cosa del genere. Era solo una normalissima ragazza che si era cacciata in un mare di guai, come facevano a non capirlo?
Georg e Gustav, non le erano mai piaciuti quei due. Già quando li aveva visti aveva capito che in loro non c’era nulla di raccomandabile ma aveva tenuto il suo pensiero per sé, dopotutto erano amici dei gemelli e i gemelli si fidavano di loro. E poi in quei mesi aveva imparato ad andare oltre le apparenze e così pian piano i due fantasmi erano entrati nelle sue grazie.
Quanto tempo era passato? Le sembravano anni, forse anche di più e invece a stento erano passati due mesi.
Ricordava la sua vita prima di aver conosciuto Bill, non conosceva la paura, non si sarebbe mai trovata in una situazione del genere, non avrebbe scoperto una nuova realtà, la sua vita sarebbe stata normale proprio come quella di tutti gli altri ragazzi.
Ma non avrebbe neanche conosciuto la gioia. Anche ora, prigioniera, esausta, spaventata, avrebbe preferito vivere pochi giorni pieni in quel mondo che una vita intera come la ragazza che era prima.
"Alzati, ragazzina"
Una voce echeggiava nell’aria, cupa e fredda, come se venisse da un corpo morto.
"Non hai sentito quello che ti ho detto?"
Aveva già visto quella donna, bella all’apparenza ma brutta nell’animo quando i due fantasmi l’avevano presa e portata da lei.
Non le faceva paura, era come se in realtà la conoscesse già da tempo.
Piano piano decise di alzarsi, proprio come voleva la vampira. Christina era sempre stata una ragazza timida, a volte indecisa, ma nessuno poteva mai dire che mancava di coraggio.
Si avvicinò alla donna in modo che i loro sguardi si incrociassero.
"Sai perché sei qua?" disse la donna con la sua fredda voce.
"Stavo proprio aspettando che me lo dicessi"
"Tutto a suo tempo, intanto non sei contenta di rivedermi?"
"Io non ti conosco"
"Certo che si, ti ho vista nascere e crescere"
"Che strano, io ricordo tutte le persone della mia infanzia e tu non eri tra loro"
Christina era più che a suo agio. Il suo tono era sprezzante, la sua voce ferma e decisa.
La vampira scoppiò a ridere.
"Certo, piccola ingenua, tu non mi hai visto, non mi sono mai avvicinata ma io ti ho osservato. Sempre, finchè non ti sei decisa ad uscire dal tuo cerchio protettivo, solo allora ho attaccato"
"Tu hai attaccato Tom, questo lo so, e hai fatto del male a tutte le persone a cui voglio bene e ora hai preso me, quale è il tuo piano?"
"Loro sono solo un diversivo, sapevo che in qualche modo sarebbero stati legati a te, lo dicono tutte le profezie, è solo te che voglio"
La ragazza cominciò a spaventarsi anche se non lo dava a vedere. Era la seconda volta che sentiva parlare di profezie e non le piaceva per niente. Non poteva esserci una profezia che riguardasse lei, lei non era niente in fin dei conti.
"Io non sono nulla" esclamò con una voce che andava dal preoccupato al furioso.
Ancora una volta la donna scoppiò a ridere.
"Sciocca! Se tu non fossi nulla ora non saresti qua"
"E allora dimmelo tu cosa ci faccio qua"
"Le profezie recitano così: un giorno un angelo si reincarnerà in una ragazza, a prima vista sarà impossibile da trovare, ma la sua aura la tradirà. Lei è la sola che riporterà la luce sulle tenebre e caccerà il male per sempre da questo mondo."
"Non sono io"
"Ti sbagli. Nessuno lo può sentire, neanche i tuoi cari amici vampiri, ma quando sei nata ho sentito il pericolo che porti con te, tu sei nata per distruggere il male, per distruggere me e questo non posso permetterlo"
"Illusa. Tu non sei il male, il male è un miscuglio di cose. Tu ne fai parte, ma fidati, se anche uccidessi te non avrei estirpato tutto il resto di oscurità dal mondo"
"Forse, ma se io uccidessi la “prescelta” o qualunque cosa tu sei io avrei vinto su tutti, anche su quello che tu chiami “resto di oscurità” e nessuno oserebbe opporsi a me, allora saremo liberi di fare quello che vogliamo, di ridurre gli umani in schiavitù, di creare un mondo dove noi saremo i padroni"
"Questo non accadrà mai, qualcuno prima o poi ti fermerà"
La vampira sorrise.
"Questo è un rischio che sono pronta a correre"
Christina sapeva cosa stava per succedere, una pazza stava per ucciderla e quello che era peggio è che stava per morire per un motivo stupido. Le profezie non potevano esistere e di certo lei non ne faceva parte, lei era solo una ragazza e lo sapeva benissimo.
"Voi due preparatela per la cerimonia" disse la vampira a Georg e a Gustav.
Ecco quello che la ragazza temeva di più, non sarebbe stata una cosa veloce ma una vera e propria cerimonia dove la sua nemica si sarebbe vantata di possedere chissà quale oggetto raro. La sua furia aumentava mentre i due che sembravano tanto incorporei la strattonavano per il braccio e la portavano in un’altra stanza.

Bill era ancora riluttante a parlare.
Credeva di essere il responsabile, credeva di aver messo nei guai l’unica cosa a cui teneva veramente. Rabbrividiva se pensava di aver appena chiamato la ragazza dei suoi sogni “cosa”.
Non avrebbe mai pensato dopo tanto tempo di provare sentimenti così forti ma alla fine era accaduto e ora non riusciva a pensare al dolore che avrebbe provato se l’avesse persa.
Era stato un giorno intero zitto, pensando di estraniarsi dal mondo intero, pensando che se non ci avesse pensato, se avesse chiuso la sua mente il dolore non sarebbe venuto.
E invece non era stato così, quindi a malincuore, piangendo lacrime di sangue, aveva deciso di parlare, forse si poteva fare ancora qualcosa.
Tom non credeva a quello che aveva sentito, il tradimento di Georg e Gustav, il rapimento di Christina. Perché quei due avevano agito così? Sembravano così cordiali, sembrava di aver trovato dei vecchi amici, invece avevano trovato solo due nuovi nemici. Traditori, ecco il termine esatto. Come avevano potuto? E perché avevano preso proprio Christina? Avevano due vampiri e una cacciatrice, lei era l’unica che non aveva a che fare con quel mondo. Forse l’avevano presa come ostaggio, ma allora perché non c’erano richieste di riscatto? Perché improvvisamente il freddo che avevano sentito fino a qualche giorno fa era scomparso? Nessuno li stava più osservando, nessuno li cercava più, era finita.
Sue era sull’orlo delle lacrime. Aveva due responsabilità, quella di cacciatrice e quella di cugina e le aveva fallite entrambe. Aveva lasciato che forze oscure vivessero, non le aveva combattute, ed era colpa sua se avevano preso sua cugina. Voleva dare la colpa a Tom che l’aveva distratta dal suo lavoro di ammazzavampiri ma non ci riusciva, amava Tom anche se era un vampiro a non riusciva a pensare che una cosa così brutta fosse accaduta a causa di una cosa così bella.
Ognuno si dava la colpa, ognuno pensava di aver fallito.
Poi, improvvisamente, qualcuno bussò forte alla porta.
Tutti si precipitarono, aspettavano magari che la ragazza fosse tornata, anche se un pensiero aleggiava nelle loro menti: e se fosse stato qualcuno a riportare il corpo morto di Christina? No, quello sarebbe stato peggio di ogni altra cosa. E se fosse stato un avvertimento o una richiesta di riscatto?
Ma una volta aperta la porta, Christina non c’era, né c’era un vampiro, o un umano, o un fantasma, solo un piccolo foglio di carta bianco con una scritta rossa, probabilmente fatta con del sangue, sopra.
H.S.Place, East Road, 123

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Capitolo 39
*** Arriverà ***


La strada era scura e desolata.
Il gruppo si mosse velocemente, forse per non essere scoperto o forse semplicemente perché aveva fretta.
Sue era la più energica di tutti. Probabilmente voleva uccidere qualcuno, voleva punire colui o colei che aveva osato toccare sua cugina e in più sapeva che si sarebbe divertita come ormai non faceva da tempo. Da quando stava con Tom, il suo comportamento verso i vampiri era cambiato. Vedeva molti mostri senza cuore, ma una volta anche Tom lo era stato e poi era diventata una persona magnifica, chi le diceva che quegli immortali non sarebbero cambiati?
Ancora non avevano capito chi aveva scritto quel biglietto, qualcuno che di certo li voleva aiutare.
Ma chi poteva essere? Sembrava che in quel periodo tutti fossero contro di loro…
La casa era proprio come se l’aspettavano, scura, quasi come il castello di Dracula, si trovava su una collina non facilmente raggiungibile, quasi isolata dal resto del mondo.
E per di più loro non volevano essere notati..
Esseri mostruosi sorvegliavano il cancello, metà vampiri e metà licantropi.
<> disse Tom che aveva osservato a lungo la situazione da dietro un cespuglio.
<> mormorò Sue.
<>
<>.
Tom rise, sapeva che la ragazza lo avrebbe fatto.
Ad un certo puntò il cancello si aprì ed entrarono dei vampiri, trattavano quasi con disprezzo i custodi del cancello, quasi come se loro fossero superiori.
Portavano un biglietto con loro, non come quello che avevano ricevuto i tre ragazzi ma qualcosa di più raffinato, sembrava un piccolo pezzo di stoffa nera ricamato a mano.
Sembravano quasi degli inviti, come se ci fosse stata una festa.
La scena ricordava molto una discoteca, una di quelle famose, dove le persone devono prima dire il loro nome e poi, se sono sulla lista degli invitati, possono entrare.
Ma quella non era una festa, né un posto dove ridere e ballare, quello era l’inferno.
I ragazzi non riuscivano a capire come intrufolarsi, l’unico modo che avevano era di mostrare il loro biglietto falso.
Ma sarebbero stati scoperti.
Oppure c’era il metodo di Sue ma anche con quello sarebbero stati scoperti, anzi forse era il metodo peggiore e l’ultima cosa che volevano era annunciare la loro presenza.
Ne avrebbero risentito, e chissà cosa sarebbe successo a Christina.
Non c’era speranza.

Intanto Christina si ritrovava in una cella, le sembrava quasi di essere in una prigione, solo che almeno in prigione avrebbe avuto la possibilità di vivere, una vita infame, come se avesse fatto qualcosa di male, ma almeno avrebbe vissuto.
No, forse la prigione era peggio di quello che le stava per accadere, almeno tutto sarebbe finito presto.
Forse aveva più paura dell’attesa che dell’atto vero e proprio.
E poi non poteva realizzare quello che la donna le aveva detto.
Lei, un angelo, impossibile.
Si girò per guardarsi la schiena, no, non aveva le ali. Né aveva poteri di qualche genere oppure sarebbe scappata in meno di un secondo.
Probabilmente si era sbagliata, non aveva preso la persona giusta, ma intanto lei sarebbe morta.
Sentì dei passi nel lungo e stretto corridoio, qualcuno si stava avvicinando.
Si portò istintivamente le mani sugli occhi, forse era finita, era venuto il momento e lei non lo voleva sapere, non voleva vedere e neanche immaginare.
Voleva solo sparire ma, angelo o no, non ci riusciva.
Due ombre si avvicinarono e Christina emise un sospiro di sollievo, sollievo che durò per poco.
Erano i due fantasmi, cattivi, traditori, ma almeno era qualcuno che conosceva.
In quegli ultimi istanti pensò un’ultima volta alla sua vita, a quello che aveva fatto e alla fine a Bill.
La sua immagine divenne nitida nella sua mente. Non era l’immagine di un vampiro ma quella di un semplice ragazzo, il ragazzo che aveva conosciuto a scuola e di cui si era innamorata.
Ecco, non aveva più bisogno di mani che le impedissero di guardare perché Bill sarebbe stata con lei, l’avrebbe aiutata.
Non sarebbe venuto a salvarla, ormai non ci sperava più, anzi temeva quel pensiero perché quella donna poteva fare del male al vampiro.
E lei non voleva questo, preferiva morire piuttosto che vedere gli altri soffrire per colpa sua.
Ma il pensiero di Bill sarebbe stato sempre con lei, davanti ai suoi occhi, come se lui fosse stato veramente presente e l’avrebbe sostenuta, le avrebbe rivolto quel suo tipico sorriso capace di ridarle gioia.
E speranza.
I due fantasmi la presero per le braccia senza dire neanche una parola e la portarono via dalla cella.
Christina probabilmente non sarebbe mai riuscita a dimenticare il clic metallico che fece la porta mentre si richiuse.
Aveva un suono strano, angoscioso.

Bill non poteva più aspettare, nella sua mente aleggiavano solo brutti pensieri e sapeva che ogni secondo che perdevano poteva essere fatale.
Istintivamente si alzò in piedi. Tom e Sue erano troppo impegnati a discutere e non si erano accorti della sua mancanza.
Si sentiva un automa.
Quando aveva scritto Automatic aveva pensato ad una situazione immaginaria, non avrebbe mai creduto qualche tempo fa che quella realtà poteva diventare così…vera.
I suoi piedi si mossero da soli e si diressero verso il grande cancello, nero, come ogni altra cosa che si trovava lì.
Con ogni passo si avvicinava a quella che era la sua meta, il suo sguardo cupo e spento, la sua mente vuota.
I due guardiani lo avevano visto ma avevano fatto finta di niente, forse pensavano che era un ospite, dopotutto era sempre un vampiro, non avevano capito che lui era il nemico.
Bill era sempre più deciso.
Forse perché in quel piccolo lasso di tempo tutto era passato nella sua testa, le avventure, le varie leggende che lo riguardavano.
La terra cominciò a tremare, sembrava che stesse per arrivare un terremoto devastante ma fino a qualche secondo fa non c’era stato nessun segno.
Solo allora Tom e Sue si accorsero di Bill e di quello che stava facendo.
Senza pensarci due volte si diressero verso di lui, ma ormai era troppo tardi e neanche la super velocità di Tom poteva essere d’aiuto. Bill era già arrivato.
"Fatemi entrare" pronunciò con voce fredda.
"Nome?" rispose una delle due creature, quella più vicina.
"Ho detto lasciatemi entrare"
La terra tremava sempre di più e ora neanche Tom riusciva a rimanere dritto.
Bill invece sembrava imperterrito e determinato.
Entrambi i guardiani si stavano avvicinando, erano molto più alti e più grossi di lui ma Bill continuava a non muoversi.
E allora successe.
Il vento cominciò a farsi sentire e all’improvviso comparve un vero e proprio uragano che si dirigeva verso il cancello, dove si trovava anche il vampiro.
Tom cominciò ad urlare, voleva muoversi ma qualcosa lo tratteneva, era come se qualcuno lo stesse trattenendo.
Le foglie cominciarono a staccarsi dagli alberi e a far parte del tornado.
Era sempre più vicino ma non si dirigeva verso Bill bensì verso i due mostri, inghiottendoli e portandoli via dove nessuno li avrebbe più trovati e da dove non sarebbero tornati per un bel po’.
E per tutto quel tempo non si vedeva neanche un accenno di paura sul volto di Bill non perché sapeva che una cosa del genere non poteva fare niente ad un vampiro ma perché sapeva che quello che era accaduto non era frutto del caso.
Era stato lui a crearlo.
Nella mente di Bill tanti pensieri comparvero.
Le leggende su di loro, il vampiro che nel bar aveva paura, le parole di Tom dopo essere stato impossessato…era tutto vero.
Ecco perché il demone aveva liberato Tom quando lui lo aveva toccato.
Ecco perché aveva inviato Georg e Gustav a prendere Christina e non si era presentato di persona.
Perché non poteva.
Perché lui e Tom l’avrebbero distrutta.
E Christina…anche lei non era del tutto normale, Bill lo aveva sempre un po’ saputo, lei aveva qualcosa di speciale.
Quei tre insieme avrebbero potuto fare grandi cose ma lei, la cattiva, non poteva permetterlo.
Aveva avvertito la minaccia prima ancora che i suoi nemici la conoscessero.
Ma ora Bill aveva capito tutto.
Lei non aveva più scampo.

Christina era arrivata finalmente. Il buio era finito e probabilmente era uscita all’aperto, riusciva a percepire la luce del Sole ma i suoi occhi non erano ancora del tutto aperti.
Era stata per troppo tempo al buio e non riusciva a vedere bene.
Quando, alla fine, riuscì a mettere al fuoco, sobbalzò per lo stupore.
Ma dopotutto era calma, perché qualcosa dentro di lei le diceva che non c’era nulla di strano in quel che vedeva.
Il giardino, quello che aveva popolato per tanto tempo i suoi sogni, comparve davanti a lei.
"Ti stavamo aspettando" disse la fredda voce.


Edit: l'ho già detto nel capitolo vecchio ma forse alcuni di voi non l'hanno visto quindi lo ripeto(si, questa è l'ultima volta, promesso) se avete facebook e vi piacciono le mie fan fiction e se volete naturalmente, mettete mi piace a questa pagina QUI. Grazie ancora per il fatto che leggete le mie FF e spero che vi possano piacere questi ultimi capitoli! See you soon!
 

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Capitolo 40
*** Angel ***


Edit: Sono gli ultimi capitoli, su postate qualche recensione...a proposito se volete fare critiche, sappiate che se sono per migliorare la storia, sono sempre ben accette

Christina riusciva a vedere bene. I raggi del Sole entravano nei suoi occhi e creavano mille colori, era così strano che un vampiro avesse scelto un paesaggio così bello per un atto così malvagio.
Tutto era identico al suo sogno, la grande fontana da cui l’acqua sembrava di mille colori, il grande giardino dove aveva creduto di vedere Bill.
Ma lui non c’era.
Ma nel suo sogno improvvisamente tutto il bello spariva, il Sole ad un certo punto veniva coperto dalle nubi e ogni cosa si trasformava in qualcosa di sinistro, malvagio, cupo.
Il bene si confondeva al male.
Era la fine, in poche parole.
Ora la ragazza aveva capito cosa stava per accadere. Non sapeva come né perché ma ad un certo punto, dopo il sacrificio la notte avrebbe preso il sopravvento sul giorno e le creature dell’oscurità sarebbero state libere di uscire allo scoperto, portando il caos.
Il male avrebbe governato per sempre e la resistenza sarebbe stata praticamente impossibile.
Ma non riusciva a capire cosa c’entrasse questo piano con lei, certo, sarebbe morta, forse avrebbe sconvolto così la cacciatrice e due vampiri potentissimi ma non poteva di certo eliminare la luce dalle ombre.
"Non lo riconosci? È qui che sei nata"
La vampira parlò e solo allora Christina notò la folla, composta almeno da una dozzina di persone che si trovava alle sue spalle, nell’ombra, quasi timorosa di avvicinarsi e di entrare nella luce.
Era sempre un’umana in mezzo a dei mostri, era certa che l’avrebbero subito attaccata, invece nessuno aveva osato fare un minuscolo passo verso di lei.
La vampira proseguì.
"No, probabilmente no, è passato tanto tempo. Tu sei nata qui, io ho fatto molto, tutto quello che potevo per impedirlo ma alla fine tu sei arrivata. Sai, molte persone si sono radunate qui, persone con poteri che tu non puoi neanche immaginare, streghe, forze bianche… Volevano porre fine al mio potere perché avevano capito che non potevano sconfiggermi, tra questi c’erano anche i genitori del tuo amato vampiro ed è così che sono morti, per causa tua. Un potere così forte non può non avere conseguenze. Li ha distrutti tutti, fino all’ultimo, ma loro probabilmente sapevano a cosa andavano incontro. E io ho visto tutto, inerme, perché sapevo che non potevo fare niente, anzi, ti rivelo una cosa, se sono viva è già tanto.
Secondo quella gente il potere avrebbe distrutto anche me invece è successo qualcosa di completamente diverso.
La vedi quella fontana? Bene, quello è il luogo più potente che esista su questa terra, la chiamano per qualche motivo la fonte del bene. Qui è stato fatto l’incantesimo e da quell’acqua è uscito un raggio di luce fortissima che ha colpito prima gli umani, uccidendoli, e poi me. Ma io non sono stata distrutta e la magia non è finita, da quella luce è uscita una bambina, ma non un essere umano, qualcosa che andava oltre le mie aspettative, qualcosa di magnifico e spaventoso allo stesso tempo.
Un vero, autentico angelo.
E quello eri tu.
Non chiedermi come faccio a sapere ciò che eri, l’ho capito improvvisamente quando ti ho vista, così pura, così innocente…
C’è stato solo un sopravvissuto a quella tragedia, una donna, che aveva capito che l’incantesimo sarebbe finito male e si era rifiutata di pronunciare la formula magica, non si era neanche avvicinata, era rimasta nell’ombra proprio dove ora sono i nostri ospiti.
Lei aveva capito cosa era successo, pensa che era riuscita a farsi un’idea prima di me.
Le forze supreme conoscono il presente, il passato e soprattutto il futuro, sapevano quanto ero e sono forte ora, uccidermi non poteva essere così semplice.
Per uccidere un grande male bisogna eliminare un grande bene, in modo che l’equilibrio del mondo venga ristabilito.
E così hanno mandato te, ma qualcuno doveva ucciderti.
Vedi la magia mi aveva colpito, io e te eravamo legate ma il legame non poteva durare a lungo, solo per un breve tempo e in quell’arco di tempo se tu venivi uccisa, anche io sarei morta.
La donna ci ha provato, davvero, abbiamo lottato tanto e alla fine lei ha avuto la meglio su di me, non è riuscita ad uccidermi ma è riuscita a bloccarmi il tempo necessario poiché potesse uccidere te.
Ma lei era una debole e non ci è riuscita, è rimasta titubante davanti a tanta bellezza e intanto il tempo passava e il legame che ci univa piano piano diventava sempre più lieve fino a spezzarsi.
Allora i ruoli si sono invertiti.
Io volevo ucciderti, così l’equilibrio si sarebbe rotto e il male avrebbe trionfato ma ero ancora bloccata, se mi fossi liberata pochi secondi prima sarei riuscita nel mio intendo.
Ma la donna è scappata e io alla fine l’ho inseguita ma lei era molto, molto più avanti di me ed essendo una strega aveva una velocità molto simile alla mia e poteva rallentarmi con i suoi poteri.
E ha fatto l’unica cosa che non doveva fare, ti ha portato a Scream Land, la patria che i suoi antenati avevano protetto e che era diventato il luogo più sicuro sulla Terra.
Io non potevo entrare lì ma neanche lei.
Ora le cose sono un po’ diverse, la magia si è affievolita, vampiri, cacciatrici possono entrare, ma per me che sono un po’ il capo l’accesso è ancora negato.
A quei tempi nessuna creatura non umana poteva entrare lì, streghe comprese.
Lei ti ha lasciata nei confini della città ma non poteva superare il varco e così mi sono presa la mia rivincita, e l’ho uccisa.
Una coppia passava lì e ha visto tutta la scena, volevo eliminarla ma come ti ho detto prima non potevo entrare e così l’uomo e la donna hanno temuto che ti potessi far del male e ti hanno presa e da allora ti hanno sempre cresciuta e amata proprio come una figlia.
Da allora io ti ho spiata sempre, tendendoti dei tranelli in modo che tu uscissi e venissi da me ma eri sempre controllata, non ti hanno mai fatta allontanare dalla città, neanche di pochi metri.
Ma alla fine ho avuto quel che volevo e tu ora sei qui per finire quello che abbiamo iniziato tanto tempo fa"
"Io non ci crederei molto"
Una voce aveva parlato, una voce così familiare.
Christina si voltò, sconvolta, non sapeva se per la rivelazione o per quella voce.
Bill.
Ma non era il Bill che conosceva lei, era il Bill che le era apparso in sogno, con occhi iniettati di sangue ed espressione cattiva.
Un perfetto vampiro.
Ma la ragazza non era spaventata come nel suo sogno, sapeva che Bill non sarebbe stato cattivo con lei ma solo con la donna malvagia anzi l’avrebbe aiutata, era venuto a salvarla.
Il suo incubo stava per finire.



 

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Capitolo 41
*** The edge of glory ***


Edit: Non scrivo da un bel pò di tempo e so che questo mi ha fatto perdere lettori ma volevo che l'ultimo capitolo fosse davvero memorabile. Ed eccolo qui, l'ultimo capitolo finalmente, un pò lungo ma vale davvero la pena leggerlo ;)

Bill non era venuto semplicemente per salvarla, era venuto per liberarla.
Il suo viso era spietato, cattivo e dolce allo stesso tempo, un viso meraviglioso, spaventoso, ma allo stesso tempo nessuno sarebbe stato capace di resistere al suo fascino.
Il vampiro non era venuto a fare lunghi discorsi o ad alimentare vane speranze, il suo scopo era ben preciso e non avrebbe fallito.
Non guardò Christina nemmeno per un secondo, sapeva che il suo sguardo non gli avrebbe dato coraggio ma avrebbe solo suscitato paura e tante domande e non poteva permetterlo, doveva rimanere lucido finchè poteva.
Doveva, a tutti costi, oppure tutti i suoi sforzi sarebbero irrimediabilmente scomparsi nell’oblio.
Quasi non era cosciente di quello faceva, era come se lui e il suo corpo fossero legati solo da un sottile filo, pronto a spezzarsi.
La vampira rise.
Neanche lei voleva dire troppe parole, voleva semplicemente che tutto finisse, che il suo momento di gloria arrivasse.
Ma il suo sorriso trapelava anche qualcosa di misterioso e nascosto, qualcosa che aveva celato da tanto tempo e che non aveva il coraggio di far risorgere: la gioia.
Nella sua lunga, lunghissima vita aveva conosciuto tante cose, la paura, l’angoscia, il massacro ma non aveva mai conosciuto l’amore.
Se solo ci fosse stato anche per lei qualcuno come Bill le cose sarebbero andate in maniera molto diversa.
Se solo fosse venuto qualcuno a salvarla prima che fosse troppo tardi…
Ma il passato è il passato e bisogna andare avanti, e in quel momento l’unica cosa che contava era la morte della ragazza, non importava il prezzo da pagare.
Finalmente si sarebbe riscattata, sarebbe stata la regina.
E nessuno poteva fermarla.
La donna si avvicinò a Christina e lo stesso fece Bill, entrambi volevano prendere la ragazza ma per due motivi completamente differenti.
"Lasciala a me" esclamò la vampira ma Bill non aveva intenzione di sottomettersi, avrebbe rinunciato alla sua vita piuttosto che alla sua anima gemella.
Ci fu un momento in cui Christina guardò il ragazzo negli occhi, come se volesse fermarlo con lo sguardo, come se avesse capito qualcosa ma non riusciva a dirlo, sapeva che avrebbe trovato le parole se solo Bill l’avesse guardata.
Ma Bill non ricambiò il suo sguardo.
Qualcosa aleggiava nella mente della ragazza, qualcosa che non aveva mai provato prima, ma non erano emozioni, non era neanche la paura, non era qualcosa di spiegabile.
Era come se si fosse abbandonata al suo destino ma non perché sapeva di proteggere Bill in questo modo ma perché sentiva di doverlo fare.
Istintivamente cominciò a correre, senza saperne il motivo.
Si era illusa di poter evitare una guerra invece aveva solo dato il fischio d’inizio.
Immediatamente i due vampiri furono su di lei, troppo veloci perché li potesse vedere.
Bill la teneva per un braccio mentre la donna, che aveva capito che in questo modo non avrebbe concluso niente, la lasciò stare e si avventò sul giovane, graffiandolo e picchiandolo.
Ma questa volta non aveva scelto una buona strategia perché Tom, per salvare il fratello si spinse verso di lei, per scansarla.
Era proprio lei, come poté costatare, la donna che lo aveva trasformato in vampiro.
Christina non aveva notato prima di allora la presenza di Tom e di Sue, e quando vide sua cugina le scappò una lacrima di commozione, lacrima che la cacciatrice non avrebbe mai visto.
Intorno a lei i demoni erano usciti dall’ombra, intenti probabilmente ad uccidere Bill ma Tom e Sue li stavano fermando.
La scena di Sue che combatteva con una forza disumana e con una certa abilità impressionò la ragazza, che non aveva mai visto la cugina combattere, anzi fino a poco tempo fa non avrebbe mai immaginato quella scena.
Era come vedere un balletto, un saggio di qualche danza o di karate, o anche un film.
Ma quello che faceva sua cugina non era la scena di un film, né era qualcosa di fittizio, era la dura realtà che doveva affrontare ogni giorno all’oscuro di tutti.
Come era coraggiosa.
E ora stava affrontando una battaglia con almeno venti demoni, stava rischiando la vita solo per lei ma non sembrava preoccuparsene tanto perché sapeva di potercela fare, quello era il suo compito e la sua missione.
Missione, questa parola stranamente le gelò il sangue nelle vene.
Bill si era liberato, era più forte di quanto aveva creduto, forse addirittura più forte di quanto Bill stesso avrebbe mai pensato e Tom era tornato da Sue, per aiutarla.
Dal modo in cui si comportavano, da come si guardavano Christina capì che anche sua cugina, rude e asociale, come tanto tempo prima l’aveva etichettata, aveva finalmente trovato il vero amore.
Una certa felicità, una certa pace attraversò il suo corpo.
Se non fosse per i combattimenti e i vampiri che cercavano disperatamente di uccidere lei e i suoi amici, quella scena sarebbe stata uguale al suo sogno, ma non si sarebbe mai trasformato in incubo.
Bill combatteva davvero bene anche se i suoi attacchi non sembravano affiggere la vampira.
Improvvisamente piccoli lampi di luce comparivano e scomparivano, ed era Bill a farli e Christina lo poteva sapere anche non guardandolo.
Non ne conosceva il motivo, ma da quando aveva scoperto tutte quelle leggende sui gemelli aveva sempre pensato che i due non fossero soltanto vampiri ma di più.
E infatti era così, erano anche stregoni e chissà cosa altro in più.
E sapeva che avrebbero sempre usato il loro potere a fin di bene, nonostante la loro natura malvagia.
E, secondo le leggende, loro erano destinati a sconfiggere il male, loro erano così importanti.
Non lei.
Un sorriso sfiorò le sue labbra.
Nessuno si curava più di lei, ognuno era preso da un nemico, che cercava di distruggere.
Poteva forse anche scappare ma non avrebbe mai permesso che i suoi amici, che erano venuti lì solo per salvarla, fossero rimasti soli.
Era come se fosse entrata in uno dei suoi sogni, precisamente in quello che aveva fatto tante di quelle volte e da cui era assillata.
Il Sole splendeva e i suoi piedi si muovevano da soli, portandola a quella fontana.
Che strano, aveva sentito dire tante cose strane su quel posto, era stato anche chiamato “il luogo più potente del mondo, confine tra terra e oltre” eppure a lei sembrava solo e soltanto una semplice fontana.
Si avvicinò ancora di più fino a vedere la limpida acqua cristallina che specchiava il suo viso.
Ma all’improvviso, proprio come nel suo sogno, il Sole scomparì e vennero le nuvole e nello specchio d’acqua la sua immagine cambiò.
I suoi caratteri si modificarono fino a prendere le sembianze di una donna adulta, bionda e con gli occhi azzurri.
Era davvero bella, come se fosse… un angelo.
La donna sorrideva ma il suo sorriso racchiudeva qualcosa di malinconico, come se stesse trattenendo un pianto imminente.
Non c’era bisogno di spiegazioni, quella era la donna che aveva portato in salvo la ragazza quando questa era ancora una bambina, la donna che le aveva donato la vita.
E Christina la riconobbe, prima ancora che questa potesse presentarsi.
E all’improvviso non fu solo l’immagine a cambiare, la fanciulla sentiva dentro la sua testa una voce femminile, dolce, come se quella donna veramente stesse sussurrandole all’orecchio.
Anche la sua faccia diventò malinconica a causa delle cose che le venivano dette, cose brutte, ma che erano necessarie e lei, in fondo al suo cuore sentiva che doveva crederle.
In fondo alla fontana c’era qualcosa che prima aveva notato, una specie di oggetto luccicante che non sembrava poi tanto in profondità.
Sapeva benissimo cosa doveva fare anche con quello.
Le voci furono interrotte da un grido.
Bill era stato ferito e non riusciva più a muoversi, era come intrappolato tra il freddo muro di pietra e la vampira, che teneva in mano un paletto di legno.
Anche se si fosse scansato, non aveva più via d’uscita, la sua ora era giunta.
"Guarda ora come il tuo amante diventa polvere" gridò la donna alla ragazza.
Ma Christina non era colta alla sprovvista, perché aveva appena appreso la sua dura missione e non diede tempo alla vampira di completare la sua opera.
Bill non sarebbe morto.
Estrasse dalla fontana la cosa luccicante e lo fece.
La donna cominciò ad urlare, piano piano il suo corpo si stava trasformando in polvere e lo stesso stava accadendo agli altri demoni, senza un apparente motivo.
Prima di scomparire per sempre la vampira si girò a guardare la ragazza e gridò ancora più forte, capendo il suo errore.
In pochi secondi erano tutti scomparsi e Bill, Sue e Tom ridevano come dei matti, perché erano sicuri di non farcela e invece erano rimasti in vita ma subito il sorriso lasciò posto alla disperazione quando si girarono a guardare la fontana.
Ai piedi di essa giaceva una ragazza con lunghi riccioli bruni e un coltello conficcato nel petto.
Christina era morta.
Bill si alzò di scatto e velocemente arrivò alla fontana, molto prima degli altri due per constatare se stava vedendo il vero.
Lacrime rosse cominciarono a spuntare dai suoi occhi e grida strozzate uscirono dalla sua gola.
Era tutto vero, la ragazza era Christina e il suo cuore non batteva, si era uccisa.
Bill si buttò a terra impotente, piangendo, sapendo di aver perso tutto.
Anche Sue cominciò a piangere disperatamente, invece Tom, pur essendo triste, rimase lucido.
Bill, coraggioso come era, avrebbe commesso presto qualche pazzia se qualcuno non lo avesse fermato.
Ci sarebbe stato tempo per piangere la ragazza ma Bill doveva essere portato via di lì, doveva calmarsi.
Ma non ci fu verso, i suoi gemiti erano interminabili, voleva essere morto lui.
"Bill, alzati" gridò Tom.
"Bill, alzati" disse Sue con voce fioca, era distrutta ma sapeva come Tom che Bill doveva essere calmato.
"Bill, alzati" disse una terza voce, dolce e familiare.
Al suo suono i tre ragazzi si girarono verso la voce e videro una calda luce dorata che illuminava il buio paesaggio circostante.
Al centro c’era Christina.
Bill smise di piangere, non credendo a quello che i suoi occhi vedevano.
"Perché?" disse Tom.
"Perché andava fatto. Era l’unico modo per salvarvi, lei non si sarebbe fermata. Voi tutti siete troppo importanti, non potevate lasciar tutto perdere così. Io non potevo permetterlo.
Quella donna non era il male, posso vedere tutto con chiarezza ora, grandi battaglie ancora vi attendono e non potete rifiutarle, oppure tutto quello che abbiamo fatto sarà stato invano.
Il mio destino era questo, ora ho capito, sono davvero un angelo, e sono stata mandata per questo scopo, aiutare voi fino a quando potevo. Ma ora vedo che ve la cavate e il mio compito è finito. Sono fiera di tutti voi.
Promettetemi che terrete fede al vostro compito come io ho tenuto fede al mio"
"Lo promettiamo" disse Sue piangendo.
"Bill" continuò Christina, chinandosi verso il ragazzo.
La luce abbagliante li avvolse e, come mai prima d’ora, Bill si sentì vivo, potente.
"Bill, io ti amo e so che tu mi ami. Non volevo farlo, non volevo andarmene ma dovevo farlo e tu devi essere forte, devi continuare a vivere e a sorridere. Per me"
Una lacrima uscì dall’occhio del vampiro e subito si accorse che quella che aveva sul viso era acqua, non sangue.
"Ti amo" sussurrò.
Christina sorrise, poi la sua immensa luce li avvolse, prima Bill e poi Tom e Sue, e poi sparì, portandosi con sé anche la ragazza.
Anche Bill sorrise, perché aveva capito che Christina era felice, ed era in pace, come forse non era mai stata.
Era davvero un angelo.
La luce del Sole tornò scacciando via le tenebre.
Era finita.


Ringraziamenti
Beh innanzi tutto grazie a tutti i lettori che hanno letto e anche recensito questa storia. Quando qualche settimana fa ho visto che la storia aveva ben 13 preferenze mi sono sentita davvero realizzata e devo dire grazie a tutti voi. Mi avete ricordato che non scrivo per le recensioni ma che scrivo per me, perchè mi piace, e anche per questo devo ringraziarvi.
Un ringraziamento speciale a: Jiada95, NanyKaulitz, BlackAngel14, The_best_who_sing, Delia Van Der Vaart, LoveLeonScottKennedy__, _Lollipop_, Black_DawnTH, Bill Crucco, alessia96 e  ZoomIntoMe per aver recensito e a tutti quelli che hanno messo la storia nei preferiti.

Grazie mille ancora :-)

E a presto con This Dark Bloody Love Story 2







 

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