Come essere un perfetto gentiluomo

di naccho
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Salve a tutti! Innanzitutto grazie per aver aperto questa storia, è la prima volta che scrivo una UsaUk e spero vi piaccia, visto che a me questa coppia non fa impazzire ò.ò dunque. Scrivo queste due righe per avvertirvi che i personaggi OC inseriti in questa storia (Scozia, Isole Ebridi, Galles, Irlanda del Nord, Isole Vergini, volendo parlare di nazioni) sono stati -escludendo Scozia- espressamente creati da me e il mio maritino unicamente per questa fancition e il GDR di Hetalia su Facebook. Troverete tutte le informazioni a fine capitolo~ Buona lettura!

Come essere un perfetto gentiluomo

1.

Tea caldo. Una dolce, aromatica tazza di tea caldo. Arricchito con una punta di miele, ambrato, zuccherato al punto giusto. Tea caldo. Lo stesso tea caldo che lo accompagnava tutti i giorni alle cinque precise di pomeriggio e non solo, lo stesso tea caldo che riusciva a rilassarlo anche più di un bagno bollente. Lo stesso tea caldo che gli stava andando di traverso in quel preciso istante.
Co... cosa?!” tossicchiò Arthur Kirkland, giovane commerciante di spezie di appena ventitré anni, capelli biondi, occhi verdi, sopracciglia un po' folte, ma non se n'era mai realmente fatto un problema. Anzi, secondo lui denotavano uno charme che solo un inglese poteva avere.
Una bella signora sulla quarantina, capelli castani raccolti sulla testa in morbidi boccoli, rigirò il cucchiaino dorato nella tazza, prima di scuoterlo leggermente sul bordo e posarlo sul piattino. Posò la mano sul grembo e rivolse un bel sorriso al suo nipotino, aggiustandosi i lunghi guanti bianchi di seta che le arrivavano all'avambraccio.

Converrai con me che è l'unica resa attuabile” sorrise lei, prendendo tra le mani la tazzina finemente decorata e portandola alle labbra, bevendo un leggero sorso. “La pregevole famiglia ci ha postulato un simile favore, sarebbe spregevole da parte nostra declinare” allargò il sorriso, assottigliando gli occhi come solo lei sapeva fare. Piegò la testa, fissando il nipote dritto negli occhi, con quello sguardo al quale non si poteva di certo dire di no. “Domandare è lecito, rispondere è cortesia.” continuò, “Sicché non vorremmo bensì gettar sfregio sulla nostra famiglia esimendo la gentile richiesta...”
N-no, certo che no...” biascicò lui, posando il fazzoletto di seta con il quale si era pulito il viso. Certo che no? Era una catastrofe! Come poteva quella stupida famiglia caricarli di un peso tale?! Ma cosa... cosa?!
Sublime, invero” squittì lei, prendendo nuovamente la tazza tra le dita. “Mi aspetto una risultanza impeccabile come tua abitudine, Arthur”
Oh... immancabile, zia... tenterò di non disattendere le tue prospettive” biascicò Arthur abbassando il viso e mordendosi un labbro, invaso dalla rabbia.
Nevvero” concluse la donna, poggiando la tazzina ormai vuota sul piattino, poggiando nuovamente le mani sul grembo e rivolgendogli un sorriso benevolo... o almeno così tentava di essere. Arthur conosceva quel sorriso, e significava tanti guai.
Se ora volete congedarmi, zia, mi accomiato per riordinare le idee...” si alzò, con un leggero inchino della testa, e la zia concesse l'uscita con un leggero segno della mano.
Arthur chiuse la porta alle sue spalle, prendendo un grosso respiro e cominciando a camminare a passo deciso per il corridoio di marmo. Salì le scale velocemente, quasi travolgendo una cameriera che stava trasportando delle lenzuola probabilmente da lavare, e arrivò al piano rialzato, attraversando il lungo corridoio e infiltrandosi in uno più piccolo, aprendo poi l'ultima porta sulla destra. La sbattè alle proprie spalle ansimando pesantemente, tenendo stretta la maniglia tra le dita.

Non è possibile... ma cosa!” esclamò, colpendo con un calcio il piccolo tavolino posto di lato, per fortuna libero da qualsiasi oggetto. “Cosa! Sono tutti impazziti, per chi cazzo mi hanno preso?!” continuò, togliendosi la giacca e scaraventandola per terra, tirandosi il fiocco che aveva al collo per slegarlo e lanciare anch'esso in qualche punto imprecisato della stanza. “Qui sono tutti pazzi! Tutti! E stanno cercando di fare impazzire anche me!” continuò ad urlare, per poi dirigersi verso il letto e buttarvisi sopra a peso morto, portando una mano sugli occhi.
Aveva già un sacco di problemi da solo, gestire il commercio, regolare il trasporto delle spezie, delle sete, scegliere con cura la gente con la quale lavorare, gestire il traffico... insomma, non aveva di certo tempo per le stupidaggini!
Prima ancora che potesse inveire nuovamente, il suo telefono cellulare squillò, diffondendo l'inno inglese per la stanza.

Sì?” rispose, con un sospiro enorme.
Signor Kirkland? La macchina è in cortile, la aspettiamo” rispose una voce seria ma giovanile dall'altra parte.
Uhm... sì, arrivo” fece, chiudendo la chiamata e andando a recuperare la giacca, optando per una cravatta, molto più... 'moderna', se vogliamo dire così, rispetto a quel fiocco così tremendamente retro.
Scese nuovamente le scale, non incontrando per fortuna nessun membro della sua famiglia, e si diresse verso l'ingresso, dove il suo maggiordomo lo stava attendendo.

Da questa parte, signore” disse in tono pacato, con la testa leggermente inclinata verso il basso e una mano sul petto.
Grazie, Rupert” rispose Arthur, massaggiandosi la tempia e uscendo dalla porta di casa, già stata precedentemente aperta dalle cameriere. Il suo maggiordomo lo seguì tenendo tra le mani un registro.
L'auto, una audi A8 nera, era poco fuori l'enorme portone di casa Kirkland, con l'autista che manteneva spalancata la portiera passeggero. Arthur entrò massaggiandosi ancora la tempia, seguito da Rupert. L'autista chiuse la portiera e corse al posto guida, mettendosi subito al volante.

Va tutto bene, signore? Devo prenderle un'aspirina?” domandò il maggiordomo, posando sulle gambe il registro.
No... una pistola, forse...” mormorò lui. Poggiandosi al bracciolo e continuando a massaggiarsi la tempia.
Signore...” biascicò lui, con un'occhiata quasi di rimprovero.
Lo so, Rupert, lo so...” sospirò Arthur, passandosi la mano sul collo e aggrottando le sopracciglia. “Sono stanco di essere preso per un idiota! Ho un lavoro anche io a cui badare!” esclamò, affranto.
La signora ha comunicato le nuove direttive” rispose lui, aprendo il registro e estraendo una penna dal taschino.
Oh, certo. Evviva. Dimmi tutto” sospirò ancora, accavallando le gambe e chiudendo gli occhi.
La data del matrimonio è fissata per il cinque agosto, abbiamo già contattato l'organizzazione che sta provvedendo a sistemare tutto ciò che riguarda la cerimonia e il ricevimento, la sala è stata prenotata, domani pomeriggio la sarta andrà a casa della sposa per il vestito. Quanto a... quel problema...” mormorò l'ultima frase, guardando sottecchi il suo signorino, alzando leggermente le sopracciglia, preoccupato.
Sentì provenire un grande sospiro da lui, che si posò una mano sugli occhi. “Dimmi...”

Dovrebbe arrivare oggi in città, ho già incaricato un autista di andare a prelevarlo dall'aeroporto. Dovreste incontrarvi stasera stessa per cena”
Oh, non vedo l'ora.” commentò ironico Arthur, incrociando le braccia sul petto. “Puoi ripetermi quanto tempo ho?”
Due mesi e mezzo, signore”
Vale la pena suicidarsi, allora...”


L'impresa commerciale Kirkland era sorta a metà 1800 e si era subito affermata nel grande viavai mercantile che caratterizzava quegli anni. La sua vicinanza alla casata reale e gli stretti rapporti con la compagnia delle Indie, seppur nel suo periodo di crisi, avevano aiutato la piccola impresa ad evolversi sempre di più e diventare il colosso del management di spezie e seta proveniente dalle Indie che era oggi.
Arthur Kirkland, nonostante i suoi soli ventitré anni, era alla stregua del presidente, suo padre, ormai troppo vecchio per curare ogni dettaglio fino in fondo.
Ogni membro maschile della famiglia Kirkland lavorava nel complesso. Anche se erano tutti figli di donne diverse, erano fratelli e comunque si sentivano una sola famiglia.
Il fratello maggiore, Logan, era il figlio della prima moglie del signor Kirkland, ed era di origini scozzesi. Infatti Logan aveva i capelli rossi e qualche sparuta lentiggine, gli occhi verdi e un carattere piuttosto irrequieto, e piuttosto 'libero'. Aveva ventisette anni e nell'impresa si occupava delle relazioni estere. Dopo c'era Arthur, che si occupava della gestione interna dell'azienda, e da qualche tempo aveva sostituito il padre nel ruolo di presidente del gruppo, diventando, se possibile, più sclerato di prima. Sua madre era inglese, ed era la moglie ufficiale del signor Kirkland. Il terzo figlio si chiamava Sky, diciott'anni, allegro, gioviale, anche lui con i capelli rossi e gli occhi verdi, lentiggini sul viso. Sua madre proveniva dalle isole Ebridi, nella Scozia nord-occidentale. Aiutava Logan nella gestione dei rapporti esteri. Il quarto figlio era Ray, un piccolo scricciolo di appena un metro e sessantuno troppo spaurito per fare qualsiasi cosa. Sua madre era di origini gallesi, e lui era stato preso nella famiglia sin da piccolo a causa della sua morte. Aveva diciassette anni e, a differenza di tutti i suoi fratelli, aveva occhi nocciola e capelli castani. Nel gruppo era il responsabile superiore della contabilità. Il più piccolo era Kain, di appena quindici anni. Insieme a Ray frequentava ancora la scuola, e non aveva ancora un vero ruolo nella gestione dell'azienda. Come gli altri due fratelli, aveva occhi verdi e capelli rossi, sua mamma era originaria dell'Irlanda del Nord.
Arthur amava molto i suoi fratelli, anche se ognuno aveva i suoi difetti. Logan lo trattava sempre male, e non perdeva occasione per deriderlo, Sky parlava troppo ed era sempre invasivo, al contrario, i suoi due fratelli minori non fiatavano affatto. Tutto sommato, il suo rapporto con loro era piuttosto armonioso.
Il telefono cellulare del suo maggiordomo squillò all'improvviso, risvegliandolo dai suoi pensieri, quando voltarono nel parcheggio della sede centrale del gruppo Kirkland.

Pronto?” ci fu un secondo di silenzio, durante il quale Arthur vide il suo maggiordomo cambiare espressione almeno cinque volte. “...cosa?! È molto grave. Cercatelo dappertutto!” esclamò, con gli occhi fuori dalle orbite. “Tenetemi informato” chiuse il telefono con uno scatto, poi prese un respiro voltandosi verso Arthur.
... il signorino è scomparso dall'aeroporto. Ha eluso le nostre guardie del corpo e sembra che si sia allontanato con la sua auto da solo”
... come hai detto?!” sbottò Arthur, quasi dando una testata al tettuccio della macchina. No, no... no! Perché, perché succedeva tutto a lui?!
L'auto si fermò davanti alla sede centrale del gruppo Kirkland, l'autista scese e aprì la portiera ad entrambi, che si precipitarono fuori quasi schizzando.

Chiama tutti quelli che puoi, chiama la polizia, chiama l'esercito, chiama chi vuoi! Ma trovalo. Entro questa sera lo voglio alla mia scrivania! Poi ci penserò io a come ucciderlo lentamente e con dolore” sibilò tra i denti, stringendo i pugni delle mani.
All'improvviso ci fu il rumore rombante di una frenata, e una Audi spyder bianca, così bianca che luccicava tremendamente sotto il sole di giugno, comparve dall'angolo della strada sgommando a velocità probabilmente non concessa nemmeno ad Indianapolis.
Con un altro terribile, stridulo freno l'auto si fermò giusto davanti ad Arthur e al suo maggiordomo, perplessi, shockati, senza parole.
Le guardie del corpo circondarono l'auto, ma Arthur, con gli occhi ancora spalancati dallo stupore e dallo spavento, alzò una mano per farli allontanare.
Il finestrino scuro si abbassò lentamente, e un musica assordante cominciò ad uscire da quel colosso di auto.
Una testa bionda, con un ridicolo ciuffo che spuntava e stava in piedi per chissà quale strano fenomeno fisico, un viso nascosto da un paio di occhiali da sole neri e un odioso, odioso sorriso spuntarono da quell'auto bianca e luccicante.

Ehilà, come va~?”

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Grazie di essere giunti fin qui<3 spero questo capitolo vi sia piaciuto nonostante la scarsa lunghezza. Come promesso, ecco i profili e degli identificativi dei fratelli di Arthur.
Logan: come già scritto, è il maggiore dei fratelli Kirkland, e rappresenta la Scozia. Tenterò di mantenere il suo carattere così com'è descritto nel fandom, anche se ovviamente lo manipolerò a mio piacimento :D non me ne vogliate! 
Sky: le Isole Ebridi sono un gruppo di isole raggruppate in interne ed esterne accanto alla Scozia. Sono state di dominio norvegese fino al 1280 prima di passare nuovamente nelle mani della Scozia. Il nome di Sky è preso dal nome di una delle principali isole, Skye. E' il secondo dei fratelli Kirkland ed è un vero logorroico, capace di mettere in difficoltà chiunque gli parli perché non sta mai zitto. 
Ray: rappresenta il Galles ed è veramente piccolo e silenzioso, molto spaurito e soprattutto non riesce a reggere i suoi tre fratelli maggiori così pieni di vita e chiacchieroni (soprattutto Sky). Non è molto abituato ai rapporti umani e per questo, se gli succede qualcosa, piange spesso. La sua camera è piena di libri e passa un sacco di tempo in biblioteca.
Kain: in irlandese il suo nome significa 'testa rossa', e rappresenta l'Irlanda del Nord. Il suo carattere è simile a quello di Ray, ed è perennemente in agitazione, con la paura di essere lasciato indietro dai suoi fratelli. Il fratello con il quale è più legato è Ray, oltre che per il carattere simile, anche per la passione per la lettura.

L'Irlanda è rappresentata niente poco di meno che dalla famosa cugina di Arthur che presto andrà in sposa ad uno dei fratelli Jones~ <3

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Capitolo 2
*** 2. ***


2.

Un rombo attraversò la strada tranquilla, rompendo il gentile silenzio che era solito accarezzare quella parte della città così tranquilla e stazionaria.
Non si può dire che gli abitanti della zona residenziale poco fuori New York non fossero abituati a quel rumore, visto che ormai faceva parte della routine quotidiana, sopratutto alle sei del mattino.
L'Audi spyder bianca parcheggiò nel vialetto buio di un'enorme villa a due piani situata al centro di un rigoglioso giardino perfettamente curato, arricchito da fontane e giochi d'acqua, ora spenti visto l'esoso orario. Il motore si spense, nello stesso momento in cui la porta laterale in vetro murano che dava sul giardino si spalancò.

Dobbiamo parlare.” sibilò una voce femminile piuttosto irritata, mentre il proprietario dell'auto scendeva, togliendosi gli occhiali da sole e posandoseli sulla testa.
Ehi madre, sei già in piedi?” sorrise lui, inforcando gli occhiali da vista e mettendoli sul naso.
Non ho assolutamente voglia di scherzare, Alfred. Entra subito dentro” ordinò la donna indicandogli con forza l'interno della casa. Il ragazzo scosse la testa con un sorriso e girò gli occhi per aria, come se fosse abituato ad una routine del genere.
Il soggiorno che si trovava oltre la porta finestra era il quinto per grandezza, si poteva dire fosse uno dei soggiorni più piccoli della casa, visto che dava verso i garage, davanti al giardino. C'era un tavolino basso di legno sopra un tappeto persiano finemente decorato. Un vaso di fiori era poggiato sulla superficie legnosa e il tutto era circondato da divani di velluto, a cui cambiavano rivestimento a seconda del colore dei fiori sul tavolo. Questa volta erano rossi, come i papaveri orientali nel vaso.

Siediti” continuò lei, con un tono duro, indicandogli il divano con una mano. Alfred gettò la giacca sulla spalliera e si stravaccò sul morbido velluto con un gemito compiaciuto, prima di stiracchiarsi rumorosamente.
Siedi composto, Alfred. Sono veramente seria questa volta.” il modo con il quale sua madre stava insistendo questa volta era piuttosto fastidioso.
Madre, ho veramente sonno. Non possiamo parlarne questo pomeriggio?” cercò di modulare il linguaggio e, per rendere la cosa ancora più credibile chiuse gli occhi passandosi una mano tra i capelli biondi, con uno sbadiglio.
No, Alfred. La tua condotta adesso ha raggiunto il limite. E visto il grande evento che ci attende, non posso di certo permettermi di presentare mio figlio in queste condizioni.” cominciò spedita la signora Jones, congiungendo le mani e posandole sulle gambe.
Beh, è presto fatto: non verrò e saremo tutti più contenti!” esclamò lui con un sorriso complice e si alzò, stiracchiandosi nuovamente.
La donna sorrise con lui e piegò la testa di lato, con una leggera risata. “Hai ragione, Alfred. Per quale atipico motivo tu dovresti partecipare al matrimonio di tuo fratello maggiore?” continuò, con il sorriso che si allargava ancora, presagendo nulla di buono. “Come ho fatto ad essere così sciocca, avevo la soluzione a portata di mano... adesso siediti.” mise in evidenza le ultime due parole come se stesse per regolare il lancio di una bomba.
Alfred sbattè gli occhi, piuttosto allucinato, e si sedette lentamente, senza staccare lo sguardo da lei. C'era decisamente qualcosa che non andava, e la cosa non lo faceva gioire per nulla.
La signora Jones continuò a guardarlo fisso negli occhi, quegli occhi azzurri identici ai suoi. Aggrottò le sopracciglia, poi le rilassò, segno che stava cercando le parole giuste per cominciare il discorso. Di solito non era mai nulla di serio, insomma, i soliti richiami, i soliti 'perché non la smetti di girare la notte per i locali', oppure 'perché non metti la testa a posto' oppure 'perché non sei come tuo fratello' e cose simili; ma questa volta il modo con il quale lo stava fissando non poteva che fargli vedere tempesta all'orizzonte.
Lei prese un respiro e si aggiustò la vestaglia, abbassando prima lo sguardo e poi alzandolo nuovamente verso di lui. “Vista la tua condotta, e vista l'imminente data del matrimonio, io e tuo padre abbiamo deciso di comune accordo di frenare questo tuo carattere libertino ed esuberante affidandoti ad un parente della sposa perché ti rieduchi dalla testa ai piedi e faccia di te un perfetto gentiluomo entro la data delle nozze.”
Alfred sbattè gli occhi, alzando leggermente il busto dalla poltrona in velluto così comoda prima, ma che adesso sembrava diventata ruvida come carta vetrata.
Non poteva essere sul serio. Stava sicuramente scherzando, insomma... era impossibile! Chi diavolo si credevano di essere e chi era quello stupido, schifoso inglese che aveva accettato un incarico del genere?!

Mi... stai prendendo in giro...” sorrise Alfred, indicandola e annuendo con la testa. “Ci ero quasi cascato! Avanti madre, non scherziamo... avrete sicuramente altro a cui pensare...”
Sei tu quello che mi dà più pensieri” rispose lei, lanciandogli uno sguardo furente. “E grazie alle nozze ho finalmente trovato il modo per farti calmare. Partirai per Londra domattina”
Cosa?! Madre, starai scherzando!” esclamò ancora, alzandosi si scatto dalla poltrona e aggrottando le sopracciglia.
Lei scosse la testa, posandosi una mano sulla fronte e mettendosi in piedi lentamente. “Perché non puoi essere come Matthew...”
Alfred aggrottò le sopracciglia e strinse i pugni, digrignando i denti e tentando di frenare la rabbia che gli montava in corpo. Per fortuna il groppo in gola gli impediva di parlare. Prese la sua giacca e, pestando i piedi, lasciò il piccolo soggiorno, salendo la rampa di scale in ferro battuto e stringendosi la giacca al petto, mentre gli occhi erano diventati lucidi.
Perché non puoi essere come tuo fratello? Perché non puoi essere come Matthew o Aaron? Era sempre la solita storia! Non c'era volta in cui non mettessero in mezzo suo fratello gemello o suo fratello maggiore. Non era di certo colpa sua se sapevano godersi la vita! E ora questo fatto che Aaron si sposasse... era veramente una cavolata, privarsi di ogni libertà per essere prigioniero di... una donna! Una donna inglese, poi!
Come poteva accettarlo? Ecco, infatti. Non poteva, ma allo stesso modo non poteva fare nulla per impedirsi di stare male, per un sacco di motivi.
E ora... questo? Ma che stronzata?!
Aprì la porta della sua camera e la sbattè con forza, sperando di svegliare tutti i residenti della casa. Gettò la giacca per terra e scese i tre piccoli scalini che lo dividevano dalla sua 'sala giochi'. La superò e si sfilò la maglia, gettandola per terra, facendo la stessa cosa con i pantaloni. Lanciò le scarpe da qualche parte nella stanza e, in boxer, si gettò sul letto, aggrappandosi al cuscino. Poggiò entrambi gli occhiali sul comodino e chiuse gli occhi, aggrottando le sopracciglia piuttosto irritato e lanciando un sospiro. Ci avrebbe pensato domani, sì... ci avrebbe pensato dopo un... sano... sonn--... zzz.

Signorino, si svegli, è ora di prepararsi per andare all'aeroporto” una voce femminile si accostò al suo orecchio, mentre qualcun altro gli tirava via le coperte e qualcun altro ancora apriva prepotentemente le tende della sua camera facendo entrare la luce del sole.
Cosa... cosa? Cosa volete?!” esclamò, alzandosi di scatto, con i capelli tutti arruffati e gli occhi assonnati. Lanciò uno sguardo veloce all'orologio vedendo che erano appena le nove di mattina. Aveva dormito si e no tre ore!
Signorino, la prego di sbrigarsi, dobbiamo essere in aeroporto entro le undici” disse il suo maggiordomo, piegando con cura le coperte che egli stesso aveva tirato via dal letto del suo signorino.
Ma... ma...” biascicò, non capendo ancora cosa stesse succedendo. Un altro maggiordomo e la cameriera che erano con lui lo fecero alzare, accompagnandolo in bagno e costringendolo a farsi una doccia veloce, poi lui lo asciugò con forza, phonandogli i capelli mentre la cameriera preparava i vestiti necessari.
Ma...” mormorò ancora, mentre il maggiordomo spegneva l'apparecchio. “Cosa succede...?”
Il suo maggiordomo personale, Tony, entrò con i vestiti pronti e li posò sul comò lì accanto. “Il suo jet parte per Chicago alle 13.35, dobbiamo essere in aeroporto entro le 11”

Chi... Chicago?” mormorò lui mentre l'altro maggiordomo lo aiutava ad infilarsi una camicia.
La signora ha chiesto di prenotargli il volo più vicino per Londra e l'unico disponibile ha lo scalo a Chicago” continuò Tony, terminando di vestirlo. Alfred cercò di mettere in chiaro le idee, perché non aveva capito nulla di quello che era successo.
Jet? Chicago? Londra...? Un momento! Io non ho mai detto che ci sarei andato!” esclamò, mentre lo accompagnavano nuovamente nella sua stanza.
Ordini della signora, signorino Alfred. Le cameriere si sono già preoccupate di preparargli la valigia, la sua auto è già stata mandata a Chicago per essere imbarcata il prima possibile.”
Tutto questo è ridicolo!” esclamò, togliendo la cravatta dalle mani del maggiordomo e tentando di legarsela da solo, anche se sapeva benissimo di essere negato.
Signorino...” mormorò lui, facendosi restituire la cravatta e legandogliela per bene. “Avanti, la veda come un'occasione per visitare Londra”
Me ne frego di Londra!” esclamò lui, poi sbattè gli occhi, pensandoci un attimo. “Visitare Londra... perché no” si allargò un sorriso sul suo volto, mentre si infilava la giacca e si aggiustava gli occhiali da sole sul naso. “Molto bene, Tony... vedrò di conoscere Londra sino in fondo~”
Il maggiordomo scosse la testa e sospirò, ben intuendo la frase e ormai conoscendo troppo bene il suo signorino per poterla fraintendere in qualsiasi modo.

Da qui in poi devo lasciarla andare, signorino. La signora ha espressamente chiesto che ve la caviate da solo a Londra” disse il suo maggiordomo, una volta atterrati a Chicago.
Eh? Ma mancano sei ore all'imbarco, cosa farò fino ad allora?” piagnucolò lui, alzando le sopracciglia.
Il mio ordine era di lasciarla a Chicago e vedere il suo effettivo imbarco sull'aereo per Londra”
Alfredo sospirò passandosi una mano tra i capelli. Sua madre era pazza, suo padre era pazzo e anche i componenti di quella stupida famiglia inglese erano pazzi! Ma perché doveva capitare a lui?

Va bene... allora io vado a farmi un giro per l'aeroporto” sospirò ancora abbassando il viso quasi sconfitto.
Mi suole informarla che ad ogni uscita sono state piazzate delle guardie perché lei non fugga.”
Alfred sbatté gli occhi e fece una smorfia. Anche se gli fosse balenato in testa di fuggire, ora non avrebbe potuto fare neanche quello.

Strega.” sibilò, togliendosi la giacca e posandosela sulla spalla, infilando l'altra mano nella tasca del pantalone. “Allora ci vediamo dopo, fai il check-in per me”
Sì, signorino.”

Alfred cominciò a camminare per il lungo corridoio contornato di bandiere delle più svariate nazioni. Con un gesto veloce si tolse gli occhiali da vista e posò sul naso quelli da sole, si allentò la cravatta e si sbottonò la camicia. Non poteva di certo andare in giro come un signorino inglese! Ah, ogni riferimento era puramente casuale~
Sfoderò il suo sorriso migliore, e già mietette qualche vittima, tra le giovani ragazze di una squadra di cheerleader che stava portando i propri bagagli al check-in nazionale. Poi fu la volta di alcuni ragazzi vestiti con una divisa scolastica, probabilmente... inglesi. Un brivido gli attraversò la schiena ma continuò a sorridere, mettendo un piede davanti all'altro.
Persino un giovane cameriere di un bar lì accanto rimase fisso a guardarlo tanto che i due, totalmente distratti, si scontrarono, facendo cadere il vassoio che il ragazzino portava tra le mani.

Oh!” esclamò Alfred, mentre il giovane si chinava, rosso come un peperone, a raccogliere le tazzine. Il caffè, purtroppo, si era versato sulla camicia immacolata di Alfred.
Mi... mi dispiace da morire, signore! C-cercherò di rimediare...” biascicò lui, con la testa bassa e il vassoio tra le mani. Alfred allargò un sorriso e lo prese per un braccio. “Sai dov'è il bagno?”
Il ragazzino annuì, mentre il batticuore gli saliva per il contatto.

Bene, allora portami lì~”
Il ragazzino annuì, ancora più rosso, e lo portò nel bagno dei dipendenti del bar dove lavorava, chiudendo la porta a chiave.

Mi... mi dispiace ancora, signore...” mormorò lui, che con un panno tentava di far scolorire la macchia di caffè, mentre Alfred con assoluta nonchalance si allentava la cravatta e si sbottonava la camicia, scoprendo il petto.
Il ragazzino abbassò ancora di più il viso, ormai anche le sue orecchie erano diventate rosse e il batticuore gli rimbombava in gola.

Ehi...” sussurrò Alfred, allargando un sorriso e cominciando ad accarezzare i capelli del ragazzo. “Sembri giovane, quanti anni hai?”
Di... diciassette, signore...” mormorò lui, mentre quel tocco, stranamente, lo stava facendo andare ancora più su di giri.
Sei proprio giovane...” sorrise, mentre la mano scivolava sul mento del ragazzo e lo faceva alzare verso il suo. “Non trovi che questo posto così stretto sia... stimolante?” il suo sorriso si allargò, trasformandosi in un ghigno, mentre il giovane sotto di lui lo fissava con gli occhi spalancati e le guance rosse, che quasi cominciava a sudare. Oh, com'erano onesti i giovani d'oggi~ alla parola stimolante quel ragazzino tanto carino si era già eccitato. Stimolante~
Qualcosa mi dice che la pensiamo in due...” mormorò al suo orecchio, prima di cominciare a morderglielo con lentezza e regolarità, mentre il panno bagnato scivolava dalle mani del ragazzino sino a terra.
La mano del giovane cameriere si aggrappò alla camicia di Alfred, lui sorrise prima di passargli la lingua sotto l'orecchio per poi scendere sul collo, cominciando a mordicchiarlo.

Ho sei ore libere... ti va di farmi compagnia?~” chiese, in un sussurro sexy vicino al suo orecchio, ma la risposta non giunse dalle labbra del ragazzo, ma dal vigore della sua eccitazione che premeva sulla gamba di Alfred.
Mh...” sorrise lui, infilando immediatamente una mano nei pantaloni della divisa del giovane, abbassandoglieli sino alle natiche, insieme ai boxer.
Il ragazzo si strinse a lui, spingendo la sua eccitazione contro la gamba di Alfred, e il sedere contro la sua mano.
Oh, quanto adorava vincere~

Non mi hai neanche detto il tuo nome, scricciolo... vorrei chiamarti mentre vengo dentro di te...” ancora un sussurro sexy contro l'orecchio del povero ragazzo, che ormai mugolava anche solo per il leggero tocco di dita del biondo di fronte a lui.
M-Max... mi chiamo... Max...” ansimò, allacciandogli le braccia al collo, nel frattempo che Alfred faceva miseramente cadere boxer e pantaloni del ragazzo sul pavimento.
Max, mh? Bel nome... mi piace” sorrise, sedendosi sul ripiano dei lavabo in -finto- marmo e facendo accomodare il giovane sulle sue gambe. Avvicinò le dita alle sue labbra e le passò su di esse, prima di fargliele socchiudere. “Avanti, lecca...”
Il ragazzo prese due dita tra le labbra e cominciò a succhiarle e leccarle, con minuziosità, mentre Alfred vedeva che l'eccitazione del giovane ormai era quasi vicina al limite. Sorrise e gli passò una mano tra i capelli, prima di allontanare le dita dalla sua bocca e avvicinarle alle sue natiche.
Massaggiò un po' l'entrata, poi ne inserì uno, mentre con la bocca gli mordicchiava il collo. Il ragazzo gemeva e ansimava contro di lui, strusciava la propria eccitazione contro il suo stomaco, cominciava a pregare di avere di più. Alfred allargò un ghigno e non lo fece aspettare, inserendo subito dopo l'altro dito, per allargarlo nel miglior modo possibile. Quando adorava i ragazzini docili e accondiscendenti come questo giovane cameriere~.
Quando finalmente lo penetrò, gli coprì una mano con la bocca. Non fosse mai che entrasse qualcuno a disturbare quel momento così particolare, no?~
Per almeno un'ora continuò a cambiare posizioni e modi finché non fu pienamente soddisfatto. Come promesso, ogni volta che raggiungeva l'orgasmo mugolava il nome del ragazzo, che lo seguiva a ruota, se non era già venuto prima di lui.
Compiaciuto, si fece aiutare dal ragazzo a 'pulirsi' come meglio poteva e gli schioccò un veloce bacio sulla fronte.

Prendo in prestito questa~” sorrise, appropriandosi della camicia del cameriere e lasciandogli la sua, ancora sporca di caffè. Uscì dal bagno gongolante e si rimise gli occhiali da sole, lasciando la cravatta slacciata e la giacca sulla spalla. Il ragazzino uscì poco dopo di lui coprendo la macchia di caffè con il gilet del bar, totalmente sconvolto e come nuovo, sospirando insieme a tutti gli altri che seguivano la forma slanciata di quell'americano così strano.

Signorino, è ora dell'imbarco” lo avvertì Tony, chinando leggermente la testa.
Ok~ beh, allora ci sentiamo presto!” esclamò, battendogli una mano sulla spalla e prendendo il bagaglio a mano. “Non sentire la mia mancanza!” rise, alzando una mano per salutarlo e avvicinandosi al metal detector.
Tenterò di sopravvivere con questo peso nel cuore, signorino...”
Alfred sorrise, facendogli l'occhiolino. “Mi mancherai, Tony!” e lo salutò, passando attraverso il metal detector e lanciando uno sguardo compiaciuto alla poliziotta che lo stava controllando.
Salì sull'aereo e si sedette sul suo posto in prima classe, chiudendo gli occhi. Aveva dato un'occhiata ai suoi 'compagni di viaggio' e non c'era veramente nessuno che valesse la pena di portarsi nel bagno della classe. Pazienza, avrebbe dormito di più e avrebbe avuto più energie per conoscere a fondo i londinesi~
Atterrò a Londra la mattina dopo, dopo una beata notte passata nel più profondo dei sonni e a qualche ammiccamento alle hostess, e appena arrivò alla sala per il ritiro bagagli, vide dalla porta automatica almeno sei o sette energumeni vestiti di nero che lo attendevano.
Oh, ma non si sarebbe fatto scarrozzare in giro per Londra da quegli scimmioni~ prese il cellulare e chiamò il suo adorato Tony, facendosi dare l'indirizzo lavorativo di questo stupido 'parente della sposa' e prese il suo bagaglio, uscendo una felpa con i teschi e mettendosela fin sulla testa, coprendola con il cappuccio. Si unì ad un gruppo di suore e si piegò, passando davanti agli energumeni che lo cercavano con lo sguardo. Ah~ niente di più facile! Andò a ritirare il suo tesorino e dopo averla abbracciata si mise alla guida, dettando l'indirizzo al suo navigatore satellitare incorporato.

A noi due, schifoso inglese, vedremo di tra noi due l'avrà vinta~”

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Salve a tutti! Innanzitutto grazie mille per le recensioni<3 non pensavo, addirittura così tante! Beh spero di aver centrato il punto giusto! è.é e spero di continuarla presto<3 (il secondo capitolo l'avevo già pronto, nyah XD)
Marlot, per rispondere alla tua precisazione su Sky... hai proprio ragione! Ma è proprio perché ha vissuto tanto con Norvegia da bambino che ora parla così tanto... perché stare con quel ragazzo sempre serio e taciturno lo intristiva! Ma quando si arrabbia è capace di essere come Norvegia... o come Scozia XD ecco, vorrei farvi vedere veloci veloci dei disegnini su questi personaggi che ovviamente non conoscete (mi dispiace, non ne ho ancora nessuno presentabile di Kain ç_ç) -> Sky -> Ray (scusate, non ne avevo una più normale X°DD) penso che Scozia lo conosciate tutti u.u
Al prossimo capitolo!<3

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Capitolo 3
*** 3. ***


3.

Probabilmente in tutta la sua vita non aveva mai sentito tanta rabbia montargli in corpo. Quell'odioso sorriso si specchiava nei suoi occhi furenti e quegli stupidi occhiali da sole lo accecavano. Quella stupida macchina aveva lasciato dei segni di frenata sulla strada dell'azienda e sopratutto si era permesso di parlargli in quel modo così scurrile e campagnolo, con quell'odioso accento americano e con tutta quella informalità! Ma chi si credeva di essere, quell'idiota?!
Arthur aggrottò le sopracciglia e strinse i pugni, così forte che quasi gli sanguinarono. Il suo maggiordomo personale sbatteva gli occhi tra il sorpreso e lo sconcertato, poi scosse la testa e chiamò il capo delle guardie del corpo, avvisando di sospendere le ricerche visto che il signorino era arrivato sano e salvo e soprattutto da solo all'azienda.

... Rupert. Accompagna il signorino a lasciare l'auto nel parcheggio e poi conducilo nel mio ufficio.” sibilò, chiudendo gli occhi con un lungo sospiro e il sopracciglio destro che gli tremava.
Subito, signore...” mormorò lui, avvicinandosi all'Audi bianca e inchinandosi al ragazzo, che gli sorrise.
Ehi, ciao! Io sono Alfred!” esclamò, allungandogli la mano. Rupert sbattè nuovamente li occhi piuttosto allibito e chinò di nuovo la testa. “Segua le mie indicazioni, signorino...”
Non c'è bisogno di essere così rigidi! Sciogliti un po'!” continuò Alfred, battendogli una mano sulla spalla.
Arthur si avvicinò all'auto e con uno scatto si portò vicino al finestrino, così velocemente che Alfred si ritrasse dentro come farebbe una tartaruga nel guscio.

Mi stai già creando problemi, americano. Vai a parcheggiare l'auto e poi vieni nel mio ufficio, prima che ti stacchi quel sorriso demente che hai sul viso a suon di pestate.”
Alfred sbatté gli occhi più volte, poi cominciarono a tremargli le labbra e infine scoppiò in una risata. Si alzò gli occhiali da sole rivelando un paio di profondi occhi azzurri. Si avvicinò e posò l'indice sulla fronte di Arthur, allargando un ghigno strafottente.

Se voglio venire o meno nel tuo ufficio lo decido io, inglese...” mormorò, facendogli il verso. “Capito? ...Molto bene, pinguino! Mostrami la strada per questo parcheggio~” concluse, togliendo l'indice dalla fronte del ragazzo e rivolgendosi al povero maggiordomo della famiglia Kirkland.
Da... da questa parte, signore...” biascicò, ancora senza parole.
Prima ancora che Arthur potesse rispondere alla frecciatina, l'auto bianca sfrecciò nuovamente sulla strada, prendendo la discesa che portava al parcheggio interno e sotterraneo dell'azienda.
Interdetto, Arthur rimase qualche minuto a fissare il punto dal quale l'Audi era partita senza proferire parola. Strinse il pugno e pestò il piede per terra, con un verso per niente contento. Attraversò la strada e salì le scale che portavano al grande ingresso pestando ancora i piedi. Due garzoni ben vestiti gli aprirono le porte di vetro con scritto sopra “Kirkland Corporation Inc.” inchinandosi.
Arthur lasciò il suo giubbotto al primo collaboratore del suo maggiordomo che trovò e si massaggiò la tempia, camminando velocemente nella grande lobby e passando per il cancelletto automatico.

Buongiorno, signor Kirkland” lo salutò il poliziotto lì accanto, e Arthur rispose con un lieve cenno della testa. Si diresse nell'atrio degli ascensori e ne chiamò uno, continuando a massaggiarsi la testa. Aprì gli occhi quando l'ascensore arrivò e le porte si aprirono con un bing sonoro.
Forse era peggio di quanto si sarebbe aspettato, forse era veramente il peggio che poteva capitargli. Quel sorriso strafottente! Quanto lo odiava, gli ricordava suo fratello maggiore quando lo prendeva in giro, e non era affatto un punto a favore di quello stupido americano. Premette il tasto per salire all'ultimo piano e si poggiò alla parete dell'ascensore. Semplicemente, non voleva pensare. Almeno nel tragitto dell'ascensore non voleva pensare.
Al ventottesimo piano le porte si aprirono e, coperto da libri e scartoffie, suo fratello Ray entrò nell'ascensore.
Arthur lo osservò mentre, barcollando, si poggiava alla parete per evitare che i fogli cadessero.

Oh” sembrava averlo notato. “Buongiorno, Arthur...” mormorò, abbassando leggermente lo sguardo.
Buongiorno, Ray” rispose lui, tentando di allargargli un sorriso. Almeno lui era una visione tranquillizzante. “Come va?”
U-uhm, proprio adesso ho finito di controllare i bilanci e sono tutti verso il positivo, stavo giusto portando questi in ufficio per rivederli ed archiviarli, perché...”
No, no... Ray!” lo interruppe Arthur, posando una mano sulla sua testolina castana e accarezzando leggermente. “Come stai tu, non l'azienda...”
O... oh.” rispose, arrossendo e abbassando lo sguardo, tentando di nascondersi dietro le carte. “S-sto bene, grazie...”
Arthur gli sorrise. Per fortuna nella sua famiglia c'erano tipi come Ray e Kain, che erano così calmi e tranquilli che facevano rilassare anche lui ogni volta che li vedeva. E poi Ray era l'unico dei suoi fratelli che svolgeva il suo lavoro egregiamente, senza intoppi né ritardi, al contrario di quelle altre due piaghe di Sky e Logan.
Solo che era raro vederlo sorridere. Non perché non fosse felice o altro, era proprio una cosa che, gli aveva detto suo padre, aveva ereditato dalla mamma. Era così timido che anche quando era contento non riusciva a sorridere. Arthur, personalmente, pensava che probabilmente non c'era stato ancora un avvenimento che aveva reso Ray così felice da farlo finalmente sorridere.
Al trentatreesimo piano Ray scese salutando suo fratello, e Arthur fece il resto del suo viaggio in ascensore da solo, finché non arrivò all'ultimo piano, il quarantasettesimo, dove c'era l'ufficio che era di suo padre e quello degli affari esteri dove lavoravano i suoi altri due fratelli.
Per fortuna il piano era talmente grande che, anche se i due facevano casino o cavolate per conto loro -specie Sky con i suoi chiacchiericci-, Arthur nemmeno riusciva a sentirli, la maggior parte delle volte.
Altri maggiordomi si inchinarono quando Arthur passò per la lobby e alcuni responsabili e segretari lo salutarono.

Ah! Sei arrivato!” esclamò una voce familiare emergendo dal corridoio destro della lobby. Una testa rossa saltellante gli si avvicinò e lo salutò, fermandosi a pochi centimetri da lui. “Allora, mi hanno detto che è arrivato! Dov'è? Guarda che voglio conoscerlo!” esclamò ancora, sbattendo i grandi occhi verdi e sorridendogli.
Ti prego, Sky, non ti ci mettere anche tu...” mormorò, passandosi una mano tra i capelli biondi e facendo un gesto eloquente con l'altra mano. “È peggio delle sette piaghe d'Egitto, non credo di potercela fare...” continuò, affranto.
Non puoi arrenderti se non ci hai nemmeno provato!” gli rispose lui, sempre con una certa nota di vivacità nella voce, e gli afferrò un braccio. “Devi dimostrargli o no quanto i Kirkland siano migliori di lui? Devi rimetterlo in riga per bene!” gli sorrise, annuendo e facendogli l'occhiolino.
Arthur lo guardò inizialmente scettico, poi tirò su un leggero sorriso, scuotendo la testa. “Forse saresti adatto più di me a questo incarico...”

Eh? Oh no, no!” Sky mosse una mano davanti al viso e rise “Non credo ne sarei capace. Ci sarà un motivo per il quale sei tu al posto di papà ora e non io, o Logan~ avanti, metticela tutta!” esclamò, chiudendo la mano a pugno, e poi colpendogli leggermente la spalla.
Farò del mio meglio...” sospirò Arthur, salutandolo. Strano ma vero, ma la chiacchierata con Sky gli aveva infuso un po' di speranza. E poi aveva ragione: doveva dimostrare a quell'americano del cavolo quando i Kirkland fossero migliori di lui e della sua famigliola da strapazzo.
Quando entrò nel suo ufficio si sedette alla poltrona e si massaggiò ancora la tempia. Aprì un cassetto e prese un analgesico. Che almeno fosse stato in forma una volta che avrebbe dovuto affrontare quella testa con l'antenna!
Si girò verso la finestra e ammirò la sua Londra con un sorriso. Come si poteva solo paragonare a quel groviglio confuso e sporco di vie che erano le città americane?!
Vide il Tamigi e il London Eye che girava lento, e proprio lì vicino il Big Ben in tutta la sua maestosità. Avrebbe giurato di poter riconoscere ogni singola via anche guardandola dall'alto del suo ufficio, persino la più lontana.
Le rivolse un ultimo guardo e poi si girò nuovamente verso la sua scrivania, leggendo alcune carte su alcune recenti rivolte in un filatoio in India. Sospirò, lasciandola un attimo. Avrebbe fatto meglio a rileggerle con più calma quando l'odioso americano se ne fosse andato.
Quasi come una maledizione, la porta si aprì e l'odioso americano entrò così boriosamente che sembrava occupare più spazio di quanto non fosse in realtà.
Rupert sembrava piuttosto scosso. Chissà che viaggio traumatizzante, un quarto d'ora di ascensore con quel pazzo da manicomio.

Caspita, ci trattiamo veramente bene!” esclamò con un fischio il biondo, abbassando gli occhiali da sole, per poi toglierseli e poggiarli sulla scrivania di Arthur, prendendo tra le mani gli occhiali da vista e mettendoli sul naso.
Aha. Oltre che scemo anche miope. Si accomodò senza permesso su una delle due poltrone che erano poste davanti alla scrivania e continuò a guardarsi attorno, incrociando le gambe.

Ah... ehm.” tossicchiò Arthur, sperando di risvegliarlo dalla catalessi. Il ragazzo posò lo sguardo su di lui e gli rivolse un sorriso che aveva un non so che di infantile. Veramente puerile.
Puoi lasciarci soli, Rupert” disse, congedando il maggiordomo che uscì dalla porta con un inchino. Arthur sospirò congiungendo le mani e poggiandoci la fronte, non sicuro di cosa dovesse dire. L'americano continuava a fissarlo con quel sorriso idiota e quello sguardo da deficiente.
Allora... signorino.” cominciò, aprendo un cassetto per controllare dove il suo maggiordomo aveva lasciato la scheda del suddetto ragazzo. “Può ripetermi il suo nome?”
Alfred F. Jones, signore~” rispose allegro lui, dondolando leggermente la testa.
La F sta per Fastidiosa Piaga dell'Umanità? Arthur alzò leggermente lo sguardo verso di lui e alzò le sopracciglia. Trovò il fascicolo e gli diede una veloce occhiata. Aveva diciannove anni, ed era nato il quattro luglio. Beh, un vero americano doc, non c'era che dire. Allargò un leggero ghigno per la pateticità che i suoi occhi erano costretti a guardare e poi scosse la testa, lasciando il fascicolo sulla scrivania, premunendosi di leggerlo più tardi.

Allora?” continuò la piaga, il cui sguardo e sorriso sembravano leggermente diversi da quelli che aveva poco prima. Sembravano diventati quasi... di sfida.
Allora cosa?” domandò Arthur, alzando le sopracciglia piuttosto sorpreso da quel leggero ma vistoso cambiamento.
Ha intenzione di tenermi nascosto il suo nome per tutto il tempo?” il sorriso ormai si era trasformato in un ghigno, i suoi occhi azzurri scintillavano quasi pericolosamente illuminati dalla luce del tramonto.
Mh.” mormorò lui, ritraendo leggermente il viso, come se servisse a far cambiare espressione all'altro. “Arthur Kirkland” concluse, congiungendo le mani sulla scrivania.
Sentì un leggero risolino provenire dalle labbra piegate del ragazzo, la luce negli occhi che si faceva sempre più scintillante. C'era qualcosa che non andava, in quel ragazzo, senza alcun dubbio.
Il cuore cominciò a battere quasi preso dallo spavento che potesse succedere qualcosa. Ma no, cosa mai sarebbe potuto succedere...? Eppure... eppure quello sguardo era troppo strano.
Continuò a fissarlo sottecchi. Non aveva risposto, aveva continuato a sorridergli. E stava diventando anche piuttosto fastidioso.

Che...” biascicò, assottigliando gli occhi e separando le mani, poggiandole al bordo della scrivania. “Che cosa c'è di divertente? Togliti quel sorriso idiota dalla faccia”
Il ragazzo chiuse gli occhi e lasciò andare un leggero sospiro, mischiato ad una lieve risatina, per niente carina. Poi tornò a guardarlo, e con uno scatto che quasi fece cadere Arthur dalla poltrona, salì sulla scrivania e gli tirò la cravatta, avvicinandolo a sé.
Non si stava sbagliando, quel tizio era pazzo! Lo fissò con gli occhi spalancati spaventati a morte, mentre si specchiava nelle lenti degli occhiali che riflettevano la sua immagine e quella della finestra dietro di lui.

Avanti, amico. Lo sappiamo entrambi che questa cosa non va ad entrambi.” mormorò, con un tono di voce che aveva un non so che di suadente. “Quindi, che ne dici di fare un patto? Facciamo finta di portare avanti questa roba del gentiluomo, ognuno si fa i cazzi suoi, e io non mi presento al matrimonio, che ne dici, eh, Artie...?” continuò, tirando ancora un po' la cravatta e avvicinandosi pericolosamente al suo viso.
Ma cosa...?” mormorò subito, mentre il suo petto faceva su e giù per lo spavento e la tensione. Un patto... far finta che stia andando tutto bene, e ognuno per la sua strada... niente problemi, niente sgridate, libertà e meno pensieri, nessuno a cui badare...
Poi all'improvviso si ricordò delle parole di suo fratello Sky. Non puoi arrenderti se non ci hai nemmeno provato! Devi dimostrargli o no quanto i Kirkland siano migliori di lui?
Alzò il viso, aggrottando le sopracciglia in uno sguardo fiero. No, non poteva deludere le aspettative di Sky, e di tutta la sua famiglia. Lo spinse, rischiando di rimanere soffocato dalla sua stessa cravatta, ma il ragazzo la mollò fortunatamente prima di cadere rovinosamente sulla moquette dell'ufficio.

Te lo scordi, americano. Forse non riesci a comprendere la differenza che c'è tra me e te, non scenderei a patti così infimi neanche se fosse la regina stessa a chiedermelo! Non tradirò la fiducia della famiglia Kirkland solo perché vuoi continuare a copulare senza riprodurti come un riccio, senza offesa per i ricci ovviamente. Tu devi comprendere...” rise leggermente, poggiando il palmo della mano sopra alla scrivania e sporgendosi per osservarlo meglio. “Che noi inglesi siamo un passo avanti rispetto a voi, perché dovremmo scendere a patti con gente di basso livello come la vostra? Ho ricevuto degli ordini... e li rispetterò, anche contro la tua inutile e infruttifera volontà.”
L'americano lo fissò dritto negli occhi, mentre lo stesso sorriso di sfida che prima troneggiava sul proprio volto adesso era allargato su quello di quell'inglese del cavolo. Aggrottò le sopracciglia infastidito e si pulì i pantaloni, continuando a lanciargli sguardi di ghiaccio, come se servisse a fargli cambiare idea.
Era chiaro che con quel sopracciglione non si poteva ragionare. Gli regalò una smorfia contenente tutto il suo disprezzo, e dopo aver pronunciato un forte verso di dissenso, si girò di spalle, lasciando l'ufficio.
Il sorriso trionfante di Arthur si fece ancora più largo quando l'altro aprì la porta. Ad aspettare l'americano c'era Rupert, il suo caro e fedele maggiordomo.

Rupert? Lo lascio a te... fai in modo che non scappi e che sia pronto per la cena, questa sera”
Sarà fatto, signore” rispose lui, piegando leggermente la testa ed ordinando a due energumeni di condurlo gentilmente verso la lobby.
Ehi, lasciatemi!” tentò di reagire lui, ma sapeva che sarebbe stato inutile. Incrociò le braccia e sbuffò, mentre ripercorreva al contrario il corridoio.
Mentre stava per superare la reception della lobby insieme alle due guardie del corpo, vide due teste rosse che si avvicinavano parlandosi tra loro.
Alzò le sopracciglia, c'era qualcosa di familiare nei loro visi... ma certo! Gli occhi verdi, le sopracciglia spesse... parenti dell'inglese di merda!

Oh!” esclamò il più basso, con i capelli di un rosso più acceso e gli occhi luminosi, avvicinandosi e tirandosi dietro l'altro che, a confronto, era un armadio. “Allora sei tu, eh? L'americano...” lo guardò, poi gli sorrise, sbattendo gli occhioni verdi.
Alfred restituì lo sbatter di occhi ma non il sorriso. Il primo stupido inglese che invece di mandarlo a quel paese gli sorrideva neanche fossero vecchi amici ritrovati.

Ehi, come ti chiami? Il mio nome è Sky Kirkland! Ah, anche se il nostro cognome lo saprai sicuramente, vero?” ridacchiò girandosi verso il ragazzo più alto che alzò le sopracciglia piuttosto annoiato. “Allora? Il viaggio è stato lungo? E hai già parlato con Arthur, vero? Chissà che impressione vi siete dati, probabilmente non riuscite a sopportarvi... sai mio fratello non ama molto qualsiasi cosa che non sia inglese! Beh, ma è tipico di lui. Beh, allora? Il tuo nome, me lo vuoi dire?”
Ma... quanto parla... fu il primo di Alfred, mentre fissava le labbra del ragazzo che si muovevano velocissime. Quasi gli ricordavano quelle del piccolo cameriere che si era fatto nel bagno all'aeroporto di Chicago, anche se la sensazione che avvertiva su di lui era piuttosto diversa.

... Alfred.” biascicò, atterrito, senza parole. La sua parlantina veloce, i suoi occhi verdi come l'erba e le sue labbra l'avevano totalmente distratto e mandato KO.
Sorrise, e si piegò leggermente, prendendo la mano del ragazzo.
Aveva trovato la sua prossima vittima.

Mi chiamo Alfred F. Jones, è un vero piacere conoscerti...” continuò, modulando per bene il tono della voce, portando la mano del ragazzo vicino alle sue labbra e sfiorandola lentamente.
Sky sbattè gli occhi e così fece Logan, suo fratello maggiore, alzando un sopracciglio sbigottito.

Ehi, cosa credi di fare, americano?!” fece quest'ultimo, separando la mano del fratello da quella del ragazzo usando la cartelletta che aveva in mano come arma.
Ehi.” rispose Alfred, stizzito, massaggiandosi la mano. “Chi ti credi di essere...” sibilò, ma Sky si mise in mezzo prima che potesse completare la frase.
Ah! Ehm... non prendertela, lui è sempre così. Non è molto socievole~” rispose, agitando una mano. “Lui è Logan, è il maggiore tra noi. Su, Logan, saluta!” intimò il ragazzo, girando i suoi occhi verdi verso di lui.
Tsk.” si limitò a dire l'altro, mettendo una mano in tasca e scostando lo sguardo.
Mh. Brother Complexed. Rende le cose più interessanti! sorrise ancora, e fece un leggero inchino. Lanciò un ultimo sguardo azzurro verso quel faccino lentigginoso e lanciandogli uno sguardo più che eloquente sulle sue intenzioni. Far arrabbiare quell'energumeno del fratello sarà ancora più divertente~
Sky sbattè gli occhi a quello sguardo che sicuramente non aveva niente di buono, soprattutto come gli occhi di quell'americano gli stavano sfiorando lentamente il collo e il petto. All'improvviso la mano di Logan gli coprì gli occhi e cominciò a tirarlo indietro.

L-Logan? Che diavolo stai facendo?!” esclamò, tentando al contempo di non cadere e di togliersi la mano del fratello dagli occhi.
Lui grugnì qualcosa e lanciò un ultimo sguardo infuocato all'americano, che sorrise ancora più vittorioso.

Non vedo l'ora di mettere le mani addosso al tuo adorato fratellino~...

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Capitolo 4
*** 4. ***


4.

Logan aggrottò le sopracciglia. Fissò le carte sulla sua scrivania e poi assottigliò gli occhi. Perché le mani gli prudevano? Stupido americano.
Ehi, Logan? Hai finito? Arriveremo tardi per la cena e Arthur è già abbastanza girato” fece Sky, prendendo la sua giacca a vento blu dall'appendiabiti.
Mh. Arrivo.” grugnì lui, lanciando un'ultima occhiata alle carte, che in quel momento gli parevano scritte in arabo, e alzandosi dalla scrivania in modo rumoroso, raccogliendo la sua giacca e mettendola addosso.
Ehi, sei nervoso?” domandò di nuovo Sky, infilando il cellulare nella tasca della giacca.
Logan non rispose, come al suo solito, e cacciò fuori dal taschino un pacco di sigarette e un accendino. Sapeva che la cosa infastidiva Sky, ma non poteva di certo smettere di fumare solo perché i suoi dolci occhioni verdi glielo chiedevano.
Lasciarono l'ufficio, arrivarono nella lobby dove la segretaria li salutò e si inchinò. Entrarono nell'ascensore, in silenzio. Logan sembrava particolarmente irritato, e Sky lo conosceva troppo bene, sapeva di non dover parlare troppo o gli avrebbe spento la sigaretta in faccia.

ovviamente non l'avrebbe mai fatto sul serio, ma era sempre meglio non provocarlo.
Poi, all'improvviso, fu il primo ad aprire bocca. “Quell'americano non mi piace per nulla” sibilò, a denti stretti, fissando il suo riflesso contro le porte dorate.

Uh? Perché?” domandò lui, innocentemente, smettendo di guardare lo schermo del suo cellulare.
Logan gli lanciò una veloce occhiata, assottigliando gli occhi, e Sky alzò le sopracciglia.

Ma... dai” mormorò lui stesso, rimettendo il cellulare nella tasca. “Solo perché mi ha guardato in un certo modo non significa di certo che--”
Lascia perdere, Sky” sbottò il fratello maggiore, togliendo la sigaretta spenta dalle labbra per un secondo. La rigirò tra le dita e poi la rimise tra le labbra, mordicchiando il filtro. Gli montava una rabbia ripensando a quello sguardo carico di lascivia che si era posato sull'unico fratello del quale gli importasse almeno un minimo.
Eh no, Sky no. Come si permetteva quello schifoso americano di spogliare con gli occhi suo fratello minore? Ma altro che cartellina, la prossima volta gli avrebbe cavato via gli occhi con le dita.
E poi si sarebbe visto chi avrebbe riso, tra i due.

La macchina vi sta aspettando all'uscita, signori” annunciò uno dei maggiordomi, chinandosi leggermente. Sky lo salutò con una mano mentre con l'altra continuava ad armeggiare con il cellulare.
Vuoi mollare quel coso? Te lo lancio via” sputò Logan, con una smorfia, mentre finalmente poteva accendersi la sua sigaretta.
Non rompere, appena usciamo lo metto via, c'è il wireless qui e sto vedendo una cosa” rispose lui, gonfiando leggermente le guance.
Seh. Muoviti” concluse lui, aspirando dalla sigaretta e uscendo dall'azienda a grandi falcate.
Un mom...! E va beh” sbottò Sky, lasciando perdere il cellulare e seguendo il fratello sino in macchina.

Lo avevano praticamente rinchiuso in quella che sarebbe stata la sua camera per i prossimi due mesi e mezzo. Niente di che, era grande quasi quanto la sua, ma il gusto nell'arredamento era pessimo. Il maggiordomo dai capelli rosso scuri dell'inglese del cavolo gli aveva indicato la camera per potersi cambiare, ma due pinguini erano piazzati davanti alla sua porta per non farlo uscire prima di cena.
Tsk.” sbottò, allentandosi la cravatta quel poco che bastava per toglierla senza disfarla, visto che non avrebbe MAI chiesto ad uno schifoso inglese di aiutarlo a rifarla. Si tolse la camicia del piccolo cameriere di Chicago e la gettò per terra, era troppo stretta per poterne fare utilizzo più avanti, quindi l'avrebbe fatta buttare. Aprì una delle sue valigie, ricordandosi di dover assolutamente ordinare a qualcuno di sistemarne il contenuto negli armadi e cassetti. Tirò fuori una camicia bianca e la posò sul letto. Uff... si era già annoiato, perché non c'era nessuno ad aiutarlo?! Girò gli occhi al cielo e aprì la valigia contenente i completi, e ne uscì uno gessato. In realtà non sapeva come si sarebbe dovuto vestire, ma 'sti cazzi. A lui non importava di fare bella figura.
La porta della sua camera si aprì, ed entrò un maggiordomo seguito da una cameriera con le trecce, che chiuse la porta alle spalle. Si inchinarono leggermente e Alfred alzò le sopracciglia.

In questa casa non c'è l'accortezza di bussare....?” mormorò, sbattendo gli occhi piuttosto sorpreso. E se fosse stato nudo?! Dannazione.
Ci voglia perdonare per la rudezza, signore. Manca pochissimo alla cena e siamo stati incaricati di aiutarla a prepararsi.” rispose il maggiordomo, piegando la testa per scusarsi. La cameriera non aveva ancora alzato la testa da prima.
Ah.” fece Alfred, piuttosto shockato. Ad un cenno dell'uomo, la ragazza si mosse velocemente e cominciò a svuotare le valigie per riporre con ordine ogni indumento ed effetto personale nei cassetti e negli armadi. Alfred la osservava come se fosse una qualche specie di fantasma terrificante.
Il maggiordomo prese la cravatta che il ragazzo si era premurato di non disfare e la slegò, ponendola tra le altre. Ignorando il lamento di Alfred, prese il completo di Calvin Klein che lo stilista gli aveva regalato insieme ad altri cinquanta per aver posato per la sua campagna autunno-inverno e lo posò con cura sul letto, accanto alla camicia bianca che Alfred aveva tirato fuori poco prima. Ottima scelta... pensò, piuttosto scioccato dal suo stesso pensiero. La cameriera portò una cravatta grigia e la porse all'uomo.

Se vuole iniziare a cambiarsi, signorino...” cominciò lui, prendendo la camicia tra le mani.
Oh.” Alfred si risvegliò come da un sogno e sbattè gli occhi, facendosi aiutare a mettere la camicia. Cominciò ad abbottonarla mentre la ragazza puliva la giacca e i pantaloni. Quasi come una manna dal cielo, fu il maggiordomo a legargli la cravatta e quando fu tutto sistemato, la cameriera prese i vestiti per terra tra le mani, per portarli a lavare.
Ehi, scusa. Quella camicia puoi buttarla... mi va stretta” la richiamò Alfred, e la ragazza annuì, uscendo dalla porta insieme al maggiordomo.
La cena è praticamente pronta, signorino. Se può scendere subito...” fece lui, sulla porta.
Alfred annuì distrattamente e le porta si chiusero. Uhm, almeno i camerieri inglesi erano efficienti. Si stiracchiò, mise il cellulare in tasca e uscì trionfante dalla porta, guardandosi intorno e salutando i due energumeni ai lati della porta, con aria di sfida.

Dove devo andare per la cena?” chiese, con un sorriso benevolo. L'uomo a destra gli indicò il corridoio e poi le scale, dicendogli di girare poi a destra. Alfred seguì le informazioni e cominciò a scendere le scale con le mani nelle tasche, pensando se fosse il caso di fargliela pagare ora o più avanti a quello schifoso inglese. Mentre andava notò le cameriere che si muovevano veloci nei grandi corridoi, poi un ragazzino molto basso con i capelli castani che camminava a testa bassa. Si accorse delle sopracciglia folte e capì che anche lui doveva essere un membro della famiglia. Si avvicinò.
Ehilà!” esclamò, e il ragazzino si girò quasi spaventato e lo fissò con gli occhioni nocciola spalancati. A parte le sopracciglia, il piccolo non assomigliava per nulla allo schifoso inglese. Anche se in effetti neanche gli altri due gli assomigliavano poi così tanto.
Sa... sal... salve” biascicò, arrossendo sulle gote. Doveva sicuramente essere molto timido, e anche di poche parole.
Io sono Alfred, e tu?” sorrise, esuberante. Metterlo in difficoltà sembrava proprio divertente.
Ra... Ray...” sussurrò, poi alzò il viso verso di lui, come in un impeto di coraggio, per guardarlo negli occhi e salutarlo come si deve. Alfred ridacchiò sommessamente, divertito. Quasi detestava ammetterlo, ma i membri di quella famiglia sembravano decisamente interessanti~ ma chiedere delucidazioni al piccolo scricciolo forse non era una buona idea.
Piacere, Ray” rispose, allungando la mano che l'altro strinse con poca forza. “Mi sono perso, mi accompagneresti nella sala dove dovremmo cenare?”
Ce... certo, seguimi...” biascicò lui, cominciando a camminare velocemente davanti all'americano, per condurlo in una stanza enorme, tutta schifosamente decorata che vomitava cattivo gusto da ogni parte. O almeno secondo gli standard di Alfred.
Al lungo tavolo erano seduti una signora con lunghi capelli biondi, che doveva più o meno avere l'età di sua madre, a capotavola; un'altra signora castana e boccolosa, più o meno sulla quarantina. Accanto a lei, poi, c'erano dei posti vuoti e dall'altra parte del tavolo era seduto un signore, con una coperta sulle gambe e folte sopracciglia, probabilmente o... quasi sicuramente il signor Kirkland. Accanto a lui c'era un signore con i capelli rossi e gli occhi azzurri, che discuteva con lui di qualcosa che sembrava essere molto divertente. Poi c'erano altri posti vuoti e poi... lei.
Katherine Kirkland, colei che sarebbe diventata la moglie di suo fratello maggiore. I capelli rossi ondulati raccolti in una folta coda, un vestitino nero e quella posa da brava ragazza che Alfred odiava. L'aveva vista solo in foto, visto che era abilmente riuscito a scansarsi ogni visita che la ragazza e la sua famiglia avevano fatto a New York, ma non poteva di certo scordare la foto che troneggiava sulla scrivania del fratello maggiore. Quegli odiosi occhi verdi sorridenti e quelle lentiggini sul viso chiaro. Non la odiava, alla fine era la donna che suo fratello amava, ma non poteva fare a meno di non sopportarla.

Ah! Tu devi essere Alfred!” esclamò bonario il signor Kirkland, allargando le braccia. “Avanti, avvicinati! Non essere timido!” rise, facendogli segno di avvicinarsi con una mano. I due ragazzi andarono verso di lui, Ray si avvicinò e gli posò un tenero bacio sulla guancia, come di consuetudine.
Come è andata la giornata?” chiese l'uomo, accarezzandogli i capelli. Ray chiuse gli occhi, le guance si arrossarono leggermente e rispose “Bene...”
Il padre pareva soddisfatto, Alfred invece alzò un sopracciglio ritenendo la reazione del ragazzino decisamente poco gioviale.
Ray si andò a sedere e Alfred piegò leggermente la testa, prima di allargare un sorriso. “E' un piacere conoscerla, signor Kirkland. Sono Alfred F. Jones, perdonate la mia irruzione in casa vostra, spero di imparare molto dalla mia permanenza qui”
Il signor Kirkland sembrava piacevolmente sorpreso dalle parole del ragazzo, sorrise agli altri seduti al tavolo e poi si rivolse di nuovo al ragazzo. “Beh, sembra che l'aria di Londra gli abbia già giovato!” rise rumorosamente, picchiandogli la spalla con un palmo della mano. Alfred spalancò gli occhi per il dolore e poi si allontanò salutandolo mentre l'uomo continuava a ridere. Si inchinò all'uomo con i capelli rossi.

Ciao Alfred, sono Arden Kirkland, sono il padre di Katherine... non abbiamo avuto occasione di conoscerci” sorrise e gli allungò la mano, che Alfred strinse con un sorriso poco convincente.
Salve... mi dispiace non poter essere stato presente le volte in cui siete venuti a trovarci” si scusò, anche se in realtà non gli dispiaceva per nulla. L'uomo gli sorrise e lo congedò, ricominciando a chiacchierare rumorosamente con il signor Kirkland.
Alfred camminò a passo lento fino a raggiungere il posto dove la ragazza era seduta. Aggrottò le sopracciglia, ma non voleva farle capire subito quanto poco le stesse simpatica.
Contrariamente alle sue aspettative, la ragazza si alzò in piedi, gli fece un inchino e poi cercò di sorridergli.
Alfred alzò entrambe le sopracciglia, non aspettandosi un gesto così umile da una... una inglese. Fece un leggero verso sorpreso, poi chinò la testa anche lui. Si avvicinò e le prese la mano per posarvi le labbra. “E' un piacere conoscervi, signorina Katherine”. Quanto gli faceva male dire una cavolata del genere.

Oh... ehm” sembrava in difficoltà, cominciò ad attorcigliarsi una ciocca di lunghi capelli rossi con le dita della mano che non era tra quelle di Alfred.
Il piacere è mio... Alfred. Spero diventeremo amici perché ehm... beh, se non lo fossimo la vita in famiglia sarebbe piuttosto difficile!” ridacchiò nervosamente, poi portò la mano lungo il vestito.
Alfred si impietrì come avesse appena sentito una notizia scioccante. Cosa? No! No! Tutta l'immagine che si era creato mentalmente della ragazza era totalmente l'opposto! Doveva essere antipatica, snob, altezzosa, pretenziosa... un sacco di osa! Certamente non si aspettava una ragazza che sarebbe stata perfetta per fare la commessa in un grande magazzino alla moda.
Sbatté gli occhi. Era solo l'inizio, no? Magari era tutta scena e in realtà sotto sotto era una vipera. Le risposte con un leggero verso, annuendo e permettendole di sedersi. Sentì un leggero sospiro di sollievo che proveniva dalla ragazza. Forse era tesa, aveva paura di non piacere al fratello minore del suo futuro marito. Sembrava fosse andato tutto bene, però. Forse.
Alfred si avvicinò alla signora bionda a capotavola e piegò la testa, ancora pensieroso. Le baciò la mano e poi si sforzò di sorriderle, illuminando gli occhi azzurri.

Lei deve essere la signora Kirkland, lo riesco a capire dagli occhi, sono verdi come quelli dei suoi figli” mormorò, con voce calcolata facendo sorridere la signora, che aveva un aspetto molto calmo e un po' trasandato, un po' sciupato. In effetti era totalmente diversa dalla pomposa signora che sedeva accanto a lei, che sicuramente era la madre di Katherine.
No, decisamente la ragazza non aveva preso nulla dalla madre a parte gli occhi smeraldi. Lei era semplice, sembrava anche lontanamente, molto lontanamente simpatica, e i suoi occhi non avevano di certo la luce di altezzosità che balenava in quelli della signora.

I miei entusiastici ossequi, qual gaudio finalmente potervi mirare, signorino Alfred” fece lei, allungandogli la mano che Alfred esitò a prendere perché stava ancora cercando di capire le prime tre parole della frase. Cosa...? E'... completamente impazzita? Pensò, toccando riluttante la mano e abbassando il viso verso di essa, per posarvi le labbra.
Le mie isperanze non son state dunque disattese, potendo rimirar un giovine tanto affabile e cavalleresco” sorrise lei, piegando leggermente la testa in segno di assenso.
Alfred fissò la mano della donna non sicuro di cosa dovesse rispondere. Sbatté gli occhi, cominciando a sudare freddo. Ma che cosa aveva questa famiglia?! Anzi, questa donna!

Madre, la prego. Dubito che il signorino Alfred possa altresì capire il vostro aulico modo di parlare” intervenne Katherine, drizzando la schiena e fissando la mamma.
La signora allargò un sorriso piuttosto di scherno nei confronti del ragazzo e allontanò la mano, permettendo al ragazzo di alzarsi.

Vogliate perdonarmi. Non sono abituata ad usare un linguaggio di basso livello” rispose, sottolineando le ultime parole squadrando Alfred.
puttana.
In quel momento, fece ingresso un ragazzino alto quasi quanto Ray, con i capelli rossi e ondulati, gli occhi verdi e le lentiggini. Alfred lo guardò per un secondo. Ma quanti cavolo sono? Si chiese, mentre il giovane si avvicinava a lui e lo salutava con un inchino.

Sono Kain Kirkland, è... è un piacere conoscerti” mormorò e Alfred rivedette in lui lo stesso comportamento del ragazzino dagli occhi nocciola. Beh sì, senza dubbio erano fratelli. Presto lo seguirono Arthur, Logan e Sky, opportunamente cambiati e rassettati, eleganti nei loro costumi.
Arthur squadrò Alfred, dando poi un'occhiata alla stanza e agli altri ospiti. Sembrava non aver combinato nessun guaio, per ora.
Sky si sporse per salutare Alfred, ma Logan lo trascinò via, facendolo sedere nel posto libero accanto a Ray e sedendosi lui stesso tra il fratello e lo zio, occupando ogni posto disponibile da quella parte del tavolo.
Alfred allargò un sorriso. Ma quanto era divertente? A testa alta, sorpassò la signora mamma di Katherine, il ragazzino con i capelli rossi e si andò a sedere nel posto proprio di fronte a Sky, costringendo Arthur ad averlo come vicino di posto.

Spero tu non abbia creato nessun danno o disturbo tra i miei parenti” sussurrò Arthur, senza guardarlo, posando elegantemente il tovagliolo sulle gambe.
Tsk. Non ci sarei riuscito nemmeno volendo. Specialmente con quella strega” sbottò Alfred, giocherellando con la punta di una forchetta.
Arthur alzò le sopracciglia. “Cosa?” continuò, quasi sconcertato.

Lei. La madre di Katherine” sputò lui, con un verso schifato e contrariato, rigirandosi la forchetta tra le mani. Arthur lasciò andare un leggerissimo sospiro. Beh, in fondo sapeva che poteva trattarsi solo di sua zia, ma conoscendo l'americano... se avesse avuto qualcosa da ridere su sua madre l'avrebbe ucciso. Con la forchetta con la quale stava giocando in quel momento.
Questa serve per mangiare, sono stato chiaro? Non te l'hanno insegnato all'asilo?” sibilò, con un sorriso beffardo e un bel tono ironico come solo lui sapeva fare, togliendogli la posata dalle dita e posandola al suo posto.
Come sei divertente.” scimmiottò Alfred, aggrottando le sopracciglia con una smorfia che voleva assomigliare ad un sorriso di scherno “Ma ti eserciti per poter fare queste battute o ti escono naturali?”
I due si fissarono, entrambi con un sorriso-smorfia sul volto, mentre l'aria attorno a loro era elettrica. Logan alzò le sopracciglia e li fissò annoiato, chiedendosi chi fosse il diciannovenne tra i due. Probabilmente nessuno, persino Kain, seduto accanto a loro, sembrava più grande e serio.

Direi di fare un brindisi al nostro ospite, che si è già dimostrato affabile e gentile” rise il signor Kirkland alzando il bicchiere colmo verso il ragazzo. “Che questa esperienza ti aiuti a maturare, ragazzo, e che ti faccia capire quali sono i veri valori della vita!” esclamò, per poi cominciare a ridere sonoramente, come prima. Arthur scosse la testa con un sospiro, Alfred sbattè gli occhi sorpreso.
Non c'è niente di normale in questa famiglia...
Dopo il brindisi le cameriere cominciarono a portare le pietanze su piatti di porcellana; tutti mangiavano in assoluto silenzio.

Ehi, è vietato anche parlare a tavola?” sbottò a voce bassa Alfred, rivolgendosi al suo vicino di posto.
Quando si mangia non si parla, non te l'hanno insegnato, americano?” rispose Arthur, senza neanche guardarlo in viso. “Dedichiamo il dopo cena alla chiacchierata consueta. Durante il convito mangiamo in silenzio. E, se non ti dispiace, vorrei finire la mia bistecca. Buon appetito”
Tsk.” sbottò Alfred, ricominciando a mangiare. Cuoco inglese? Improbabile, era sicuramente la mano di un italiano quella che c'era in quella bistecca, appunto, alla fiorentina. Alzò gli occhi mentre gustava il piatto, osservando ogni singolo membro della famiglia. Il signor Kirkland era tarchiato, anziano, con i capelli bianchi e le sopracciglia folte, un'aria bonaria ma anche seria nei suoi sguardi. Arden Kirkland era un bell'uomo di mezz'età, con i capelli brizzolati rossi, gli occhi verdi e piccoli, la pelle chiara e le lentiggini. Era molto alto, magro, quasi scavato ma avrebbe sfidato chiunque a non esserlo con una moglie del genere. Accanto a lui sedeva il maggiore dei fratelli Kirkland, Logan. Alto, magro ma atletico, occhi verdi e profondi, lentiggini, capelli rosso scuro, aria truce. Certamente non un simpaticone. Ogni tanto gli lanciava qualche occhiataccia, certamente il suo piccolo flirt con il fratellino minore non era stato di suo gradimento... che bellezza! Quanto adorava ficcarsi in situazioni del genere~.
Accanto a lui era seduta la sua nuova vittima: Sky. Piccolo di statura, almeno in confronto al fratello maggiore, capelli rossi, quasi arancioni, occhi verdi e grandi, lentiggini sul viso, sorriso sempre stampato sul volto. Sicuramente esuberante e molto più vivace degli altri fratelli. E poi aveva un culo stupendo... tra le tante cose.
Seduto lì accanto c'era il piccolino che l'aveva accompagnato nella sala da pranzo, il suo nome doveva essere qualcosa tipo Ray. Basso di statura, non gli arrivava neanche alla spalla, capelli castani, occhi nocciola e grandi, guanciotte rosse e un'espressione sempre triste sul viso. Quasi gli faceva tenerezza.
Poi c'era Katherine. Occhi verdi e lentiggini, pelle chiara, capelli lunghi e mossi, rossi come quelli del padre, raccolti in una coda alta. Aveva il viso rotondo, quasi pacioccone, ma le braccia magre ed esili come quelle del padre. Aveva le dita lunghe e affusolate, e un seno piccolo, che probabilmente non arrivava neanche alla seconda misura. Beh, nel complesso Alfred sapeva riconoscere una bella donna, ma questo non significava di certo che doveva stargli simpatica.
Seduta a capotavola la signora Kirkland faceva la sua figura nella sua immensa modestia. I capelli biondi a caschetto, l'espressione calma e dolce, gli occhi verdi abbassati sul tavolo, l'aria quasi stanca e provata. Assomigliava molto ad Arthur, ma era sicuramente una donna che Alfred avrebbe potuto senza dubbio ammirare ad occhi chiusi. Tutto il contrario della madre di Katherine, avvolta nella sua sciarpa di pelliccia, truccata così pesantemente che sembrava stuccata, rossetto rosso, ombretto viola, capelli corvini probabilmente tinti, vestito da sera elegante, lunghi guanti di seta, aria altezzosa. Ringraziava almeno che la ragazza avesse preso da quel santo del padre, che sembrava, al contrario, una persona squisita.
Accanto a lui c'era un altro piccolino dai capelli mossi e rossi, l'ultimo che si era presentato, Kain. Sembrava arrabbiato con il mondo, aveva le sopracciglia aggrottate mentre mangiava il suo piatto, e le labbra arricciate. Si domandava come mai tutti i fratelli erano così diversi, e avevano in comune solo gli occhi, fatta eccezione per il piccolino dagli occhi nocciola. Somigliavano tutti al signor Kirkland, ma nessuno di loro somigliava alla madre.
Beh, coincidenza? In effetti neanche lui e suo fratello Matthew somigliavano ad Aaron, non si erano mai posti il problema.
Una volta finita la cena, si spostarono tutti in una sala adiacente illuminata da un enorme lampadario e piena di poltrone pregiate, rivestite di seta. Il signor Kirkland era seduto su una sedia a rotelle, con la giacca da camera e una coperta sulle gambe e rideva bonariamente come se fosse il più in salute di tutti, mentre si raccontavano cosa avevano fatto durante la giornata.
Ma quanto cavolo poteva essere interessante parlare di cosa si era fatto o non fatto in azienda?! Che noia, che noiaa...

Ehi, americano! Cioè... Alfred! Hai da fare? Sai giocare a CoD? Nessuno dei miei fratelli vuole mai giocare con me, ma tu mi sembri un tipo che sa di cosa sto parlando!” esclamò Sky, avvicinandosi a lui e parlando a raffica con il sorriso sulle labbra.
Alfred lo fissò un attimo, poi ricambiò volentieri il sorriso, con una punta di malizia. Il poverino non sapeva a cosa andava incontro... “Stai scherzando? Sono un campione! Ti potrei battere anche ad occhi chiusi...” lo sfidò, allargando il sorriso.
Sky ricambiò con altrettanto brio. “Ah sì? Vediamo un po' cosa sai fare, allora!”

Prego, guidami~” sorrise piegando leggermente la testa di lato. Arthur li fissò con la cosa dell'occhio, incerto se lasciarli andare o seguirli.
Ehi” prima ancora che potesse pensare a qualsiasi cosa, Logan si accostò a lui con le sopracciglia aggrottate “Lo vuoi mollare solo con quello? Andiamo” sibilò, prendendo Arthur per un braccio e trascinandolo dietro i due.
L-Logan?!” sbottò Arthur, mentre si faceva trascinare dal fratello maggiore. “Che diamine...?”
Vuoi lasciare Sky con quello schifoso americano? Muoviti” rispose Logan, continuando tirarlo per il corridoio.
Arthur lo osservò e si lasciò scappare un sorriso. Vedere Logan che si preoccupava per uno dei fratelli forse era una delle poche cose buone che l'americano aveva fatto capitare in casa.

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Finalmente un nuovo capitolo! çAç perdonate il ritardo! Ero rimasta bloccata su un punto e non riuscivo ad andare avanti... ehm, ma salvo imprevisti universitari il quinto dovrebbe arrivare entro un mesetto XD morga 99, ti ringrazio ç_ç mi sorprende tu ti sia iscritta solo per questa misera fanfic... spero continuerai a seguirmi come tutti gli altri del resto! Vi lascio con una cover della fanfic che ho realizzato nei momenti liberi in cui potevo scrivere ma non mi andava u_u

Come essere un perfetto gentiluomo~

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Capitolo 5
*** 5. ***


5.

La camera di Sky si trovava in cima alle scale, nel corridoio opposto a quella dov'erano le stanze di Arthur e di Ray. Appena aperta la porta, Alfred pensò di essere entrato in un mondo totalmente diverso, neanche fosse l'armadio che portava a Narnia. I corridoi di marmo, le pareti rosse, i lampadari di cristallo e ogni decorazione tardo-gotica lasciavano spazio ad una camera degna di un giovane ragazzo della sua età. Bianco, verde e arancione erano i colori che dominavano la stanza, che quasi sembrava più piccola di quella dove avrebbe dovuto alloggiare lui per i prossimi due mesi.
Il parquet di legno chiaro dominava la parte centrale della stanza, dove al muro era appesa una televisione sicuramente full hd, mentre per terra erano disposte in ordine varie console. Di fronte alla tv c'erano due puff, blu, sopra uno dei quali era poggiato un joystick wireless. Appena dietro di essi, un basso scalino portava ad un angolo pavimentato di bianco dove c'era un bel letto a una piazza e mezzo francese, le cui coperte erano con fantasie poco consone ad un ragazzo della sua età, come stelle su uno sfondo blu e cose simili. Al lato del letto c'erano poggiati vari cuscini di dimensioni diverse e qualche peluche, probabilmente ricordi d'infanzia, e un piccolo netbook bianco. Sopra la testiera, nel muro erano praticamente stati scavati degli scaffali pieni di libri e, più probabilmente, fumetti e giochini vari. Ad entrambi i lati c'era una piccola lampada a muro dal design particolare. Sceso di nuovo il piccolo scalino, in fondo alla stanza, quasi accanto al letto era poggiata la scrivania, con un computer fisso e uno portatile, vari fogli, probabilmente di lavoro, e altri fumetti poggiati alla rinfusa. Nascosta in un angolo, dietro la parete dove c'era la tv, si trovava la porta del bagno, che Alfred purtroppo non ebbe il piacere di vedere. Proprio accanto alla porta d'entrata c'era un attaccapanni, quasi poggiato ad un armadio a muro che si confondeva con la parete arancione.
Certamente una ventata di aria fresca in quella casa che puzzava di vecchio.
La luce era deliziosamente soffusa, bastavano i giusti movimenti per creare l'atmosfera giusta, pensò Alfred accomodandosi sul puff accanto all'altro che aveva già preso il joystick tra le mani.

Ah!” Sky sbattè un attimo gli occhi poi mollò lo stesso al ragazzo americano per andare a cercare l'altro, cominciando a gattonare per il parquet come fosse un animale.
Alfred alzò le sopracciglia e allargò un bel sorriso, seguendo con gli occhi ogni singolo movimento che faceva quel sedere per aria, che non faceva altro che dirgli 'vieni a prendermi, vieni a prendermi, vieni a prendermi...', ma non poteva di certo saltargli addosso così, no♥ avrebbe innanzitutto creato l'atmosfera giusta, e poi quel bel copriletto con le stelle sopra sarebbe stato presto scaraventato via dal letto, insieme a tutti i vestiti del rossino~.

Eccolo!” esclamò Sky, ritornando a gattoni sul puff, sedendosi con un saltello e avviando il gioco.
Se perdi cosa mi dai in cambio?” mormorò quasi innocentemente Alfred, con un sorriso gentile.
Oh... uhm, in che senso?” domandò il giovane Kirkland, lanciandogli una veloce occhiata per concentrarsi sulla schermata.
Alfred si avvicinò leggermente, quasi poteva sentire il profumo dei capelli dell'inglese che, ignaro, continuava a far avviare il gioco che ormai era nella sua schermata di start.

Beh, hai detto tu che volevi vedere cosa sapevo fare, e ti assicuro che non sono solo bravo a giocare a CoD♥” mormorò, malizioso, suadente nelle sue orecchie, cominciando ad avvicinare una mano alla sua cravatta. “Ne caso io vinca, e vincerò... mi piacerebbe avere un premio...” continuò, afferrando il nodo della cravatta del giovane e cominciando a tirarlo.
M-m che cosa stai dicendo...?” biascicò lui, cercando di allontanarsi leggermente, con le guance rosse. Cosa... cosa? Ci stava provando? Sì che ci stava provando, stava cercando di slacciargli la cravatta! “Oh, è cominciato!” esclamò, lanciando una veloce occhiata alla schermata della tv.
Un ragazzo della tua età dovrebbe intrattenersi con altri tipi di giochi♥” fece, giocoso, Alfred, posando la mano sulle sue per togliergli il joystick dalle dita.
La porta si aprì, ed entrò Arthur nella stanza. O meglio, Arthur era il primo ma la porta era stata chiaramente spalancata dalla mano furente di Logan.
Sky piegò la testa di lato, osservandoli sorpreso. “Che... cosa ci fate qui?”

Improvvisa voglia di giocare.” rispose Arthur, avvicinandosi, seguito a passo svelto da Logan, la cui espressione avrebbe potuto bruciare all'istante un intero bosco. Sky si aggiustò la cravatta, sperando non ci fosse alcun segno vistoso dello strano discorso di poco prima, mentre il suo povero personaggio era già stato ucciso tre volte.
Spostati.” sputò Logan, alzando di peso l'americano e togliendogli il joystick dalle mani, sedendosi al suo posto.
Ehi, ci stavo giocando io!” si lamentò Alfred, poggiato al piccolo scalino che portava al rialzo con il letto, dove Arthur si era appena seduto.
Ora non più” rispose Logan, concentrato sullo schermo tv, anche se in realtà aveva già mandato più di un'occhiata di fuoco al fratello minore, che aveva stranamente le guance più rosse del solito.
Alfred sbuffò, allentandosi la cravatta e andandosi a sedere sul letto, dove Arthur aveva preso possesso del piccolo netbook del fratello.

Che fai, spii le cose degli altri?” fece Alfred, stizzito, ma lanciando un'occhiata al desktop dove troneggiava come sfondo una foto in primo piano di Sky e Logan probabilmente in qualche spiaggia assolata della Nuova Caledonia.
Oh. E' dell'estate scorsa” mormorò tra sé Arthur, aprendo con nonchalance la cartella “New Caledonia” visto che tanto non aveva niente di meglio da fare e Logan l'avrebbe ucciso se se ne fosse andato mollandolo con lo stupido americano.
Alfred lo osservava incuriosito mentre cambiava di foto in foto. Tra i paesaggi da sogno, il mare limpido le palme e le varie cose, c'erano quasi esclusivamente foto del fratello maggiore.

Ehi, pare ci sia andato solo lui in vacanza” commentò Alfred, con finta nonchalance, prendendo un pupazzo tra gli altri e rigirandoselo tra le dita.
In Nuova Caledonia ci sono andati solo lui e Sky, l'estate scorsa.” rispose Arthur, continuando a guardare le foto. Però l'americano aveva ragione, il 90% erano tutte con Logan, anche se non mancavano quelle in cui c'erano entrambi.
Oh, si saranno divertiti un mondo...” fece Alfred, con una punta di secca ironia, alzando lo sguardo verso i due che giocavano.
Sono sempre stati legati da quando erano bambini. Nonostante Logan abbia quel carattere... anche quando Sky venne portato via... ma perché ti sto dicendo queste cose?!” sbottò Arthur, chiudendo la cartella e picchiettando le dita sulla superficie del netbook.
Ohh... dai, è interessante” rispose Alfred, stendendosi sul letto con il pupazzo tra le braccia e sorridendogli, come a volergli far continuare la storia.
Che cosa te ne importa?” continuò l'inglese, chiudendo il computer e poggiandolo al lato del letto.
Alfred alzò le spalle, con un sorriso “Ho il diritto di conoscere la famiglia che mi ospita~”
Arthur alzò le sopracciglia irritato, assottigliò gli occhi ma si girò verso di lui, inginocchiando le gambe e posandoci sopra i gomiti.

Noi siamo cinque fratelli, ma in realtà siamo tutti figli di madri diverse” cominciò, allentandosi la cravatta, ancora incerto se raccontare o meno la storia.
Ah sì? Beh si nota parecchio, anche se vi somigliate si nota una certa differenza!” esclamò Alfred, con una leggera risata, non di scherno, ma neanche di allegria.
Arthur lo fulminò con lo sguardo e fece una smorfia, girando il viso dall'altra parte. “Logan è figlio della prima moglie di mio padre, anche se hanno divorziato poco dopo la sua nascita. Mia madre è l'attuale moglie di mio padre, ma lui ha avuto un sacco di amanti negli anni successivi. Non ricordo bene, ma quando Sky arrivò in casa io avevo circa sei anni, e non sapevo nulla di questo fratello, mentre pochi mesi prima era nato Ray... sua mamma era morta dandolo alla luce quindi papà l'aveva subito fatto entrare in famiglia. Sky aveva un anno, Ray era appena nato, io ero piccolo e non capivo, mentre Logan aveva già otto anni e non sopportava l'idea di avere così tanti fratelli. Probabilmente mia madre cercò di farli avvicinare perché ricordo di averli visti spesso giocare insieme, mentre con me non ha mai voluto giocare” sospirò Arthur, passandosi una mano tra i capelli. “Però quando Sky compì tre anni fu portato via e andò a vivere con sua madre nelle isole Ebridi per tipo sette anni, finché non tornò a vivere con noi alla sua morte”

Ugh, qui c'è qualcuno che porta sfiga” commentò con una smorfia Alfred, tirando un orecchio al pupazzo poggiato sul suo petto.
Probabilmente è mio padre che se le sceglie deboli di salute. Tutt'ora io non so se la madre di Kain è viva o meno, non l'ho mai conosciuta”
Mh” rispose Alfred, fissando il pupazzo pensieroso. Ecco svelato il mistero, erano tutti figli di donne diverse. Ma che razza di gusto provava quell'uomo a mettere incinta tutte queste donne? Lui non avrebbe mai sopportato di vivere con l'ansia che da un giorno all'altro avrebbe potuto ritrovarsi un nuovo fratellino a gironzolare per casa.
Comunque, c'era decisamente un fondamento al complesso del fratello minore del rosso maggiore, probabilmente qualcosa che era successa quando erano piccoli e che sicuramente Arthur non poteva ricordare. Era interessante. Scoprire tutti i segreti che nascondeva questa famiglia poteva rivelarsi un utile e dilettevole passatempo nei due mesi che lo separavano dalle nozze.

Che cavolo stai fantasticando con quella faccia da idiota?” sbottò Arthur, togliendo il peluche di Sky dal petto del ragazzo e rimettendolo a posto.
No! Mi piaceva!” esclamò lui, allungando il braccio per riprenderlo.
Ma smettila di fare il bambino!” rispose lui, muovendo la mano per non farglielo afferrare di nuovo.
Ridammelo!” continuò Alfred, continuando a spingersi sull'inglese per recuperare il peluche, afferrandolo per una zampetta.
Ho detto di no, stai fer--!” biascicò, mentre i movimenti bruschi dell'altro lo fecero scivolare e cadere sul materasso, trascinandosi il peluche e la mano dell'americano, che rotolò sopra di lui.
Ah! E' mio!” esclamò, a cavalcioni su di lui, alzando il suo nuovo trofeo.
Levati immediatamente da me! Spostati!” esclamò, dandogli dei pugni sulle cosce per farlo spostare. Che posizione imbarazzante! Per fortuna che i due erano troppo concentrati nel gioco per poterli calcolare.
No. E' la punizione per avermi tolto il peluche.” rispose lui, arricciando le labbra con tono di sfida e mettendo il broncio come farebbe un bambino.
Finiscila, e alzati subito!” continuò Arthur, cercando di spostarsi, ma non si poteva certo dire che l'americano fosse un fuscello.
Alfred piegò la testa, avvicinandosi al suo viso così tanto che le punte dei suoi capelli poggiavano sulle guance che piano piano stavano diventando rosse d'imbarazzo dell'inglese. Figurarsi se per lui avere il viso così vicino a quello di un altro fosse un problema, ma a quanto pareva, l'algido principe dei limoni acerbi non gradiva questo contatto ravvicinato
.

Cosa c'è, Artie? Non ti piace il contatto umano? Dovresti essere più caloroso con i tuoi ospiti~” mormorò Alfred, allargando il suo sorriso di scherno sul viso.
Arthur aggrottò le sopracciglia e cercò di spingere le mani sul petto dell'altro, per allontanarlo. “N-non sono fatti tuoi, io sono come mi pare con i miei ospiti! E ora spostati!” sputò, girando il viso di lato e chiudendo gli occhi, riempendolo di pugni sul petto.
Alfred ridacchiò, decisamente divertito. Gli sembrava di prendere in giro un bambino delle medie, invece che un ragazzo addirittura più grande di lui. Che spreco di carni, che spreco di cervello. Ma doveva, doveva divertirsi un po', praticamente si stava offrendo su di un piatto di argento allo scherno!
Si avvicinò ancora di più e prese a mordicchiargli un orecchio, assolutamente sicuro di destare una delle reazioni più divertenti che avesse mai visto in tutta la sua vita.
Arthur spalancò gli occhi, fino ad allora rimasti chiusi, ed arrossì fino alla punta delle orecchie quando sentì i denti del ragazzo sopra di lui cominciare a sfiorargli il lobo, poi la conchiglia, tirando lentamente e con sapienza.

... NOOOO!” urlò, spingendo via l'americano con tutta la forza che aveva, facendolo rotolare giù dallo scalino per finire tra i due puff, praticamente a viso per terra.
Non ti permettere mai più! Ti stacco i denti uno ad uno, ti cucio le labbra con la sparachiodi! Ti uccido, ti ammazzo!” continuò, dando in escandescenza, tenendo una mano sull'orecchio incriminato, indicandolo con l'altra. “Se provi un'altra volta a fare una cosa del genere ti ritroverai la faccia come un quadro di Picasso!” sbraitò, pestando i piedi come impazzito e uscendo dalla camera sbattendo la porta.
Logan alzò un sopracciglio e poi fissò l'americano che nel frattempo si era girato e fissava il soffitto con un bernoccolo sulla fronte.

Ma che cosa hai fatto?” domandò Sky, piegando la testa di lato.
Alfred cominciò a ridere sinceramente divertito, mettendosi seduto e massaggiandosi la fronte. “Niente, niente...” mormorò i risposta, prima di alzarsi e uscire dalla camera, continuando a ridere.
Sky e Logan si guardarono negli occhi e alzarono entrambi le sopracciglia, confusi.

Ok, questo era troppo, troppo. Doveva andare immediatamente da sua zia, da suo padre, dalle forze dell'ordine, dall'esercito per far allontanare quell'americano pazzo e maniaco da lui! Non era possibile, perché doveva accadere a lui? Nessuno, mai nessuno si era mai permesso di toccarlo, figurarsi di mordicchiarlo in quel modo così schifosamente lascivo! Aveva ancora i brividi, mentre pestava i piedi e a passo veloce ritornava in camera sua e sbatteva la porta chiudendola a chiave.
Non avrebbe potuto resistere oltre. Va bene le prese in giro, va bene i sorrisi di scherno ma quello superava oltremodo ogni limite! Da dove aveva preso il diritto, quello schifoso americano di potergli mordicchiare l'orecchio?! No, no! Una cosa così sconveniente e... e pervertita! Non esisteva né in cielo né in terra! No. Per ora sarebbe andato a dormire, il giorno dopo gliel'avrebbe fatta pagare, o non si sarebbe più chiamato Arthur Kirkland!

Alfred si guardò intorno, confuso. Bene, davvero fantastico. E adesso come faceva a tornare in camera sua? Quella casa era così grande e sconosciuta che non si sarebbe orientato nemmeno con un navigatore satellitare.
Ok, doveva tornare dove quella sera avevano cenato per cercare di ripercorrere al contrario la strada che aveva fatto con Ray Kirkland.

certo, ma dov'era quella sala? Scese le scale che aveva salito con il rossino e si guardò intorno. Sì, il senso dell'orientamento non era mai stato il suo forte, ma qua si rasentava il ridicolo, come poteva perdersi in una casa?!
Scese un'altra rampa di scale che non aveva mai visto ma che gli ispirava fiducia. Arrivò in una stanza che gli sembrava uguale a tutte le altre, non c'era nessuno in giro. Che nervi! Ma dov'era tutta la servitù che fino a tre ore prima formicolava in ogni angolo?! Un luce proveniva da una stanza lì vicino, Alfred decise di sporsi per vedere se ci fosse qualcuno che avrebbe potuto aiutarlo. Un piccolo fuoco scoppiettava in un camino, e su un delle poltrone di velluto disposte in ordine lì difronte c'era seduta niente poco di meno che la causa di tutti i suoi guai: Katherine Kirkland.
La ragazza si girò verso di lui e si alzò di scatto, aggiustandosi il vestito e dedicandogli un breve inchino.
Alfred la salutò con un breve cenno della testa, maledicendosi per la sua fortuna. In una casa così gigantesca invece di trovare qualche bel cameriere da portare in bagno si era ritrovata con l'unico essere sulla faccia della terra che non avrebbe voluto incontrare.

Buona sera... non riesci a dormire?” domandò lei, poggiandosi una mano sul collo, nervosa.
... diciamo di sì” rispose Alfred, alzando un sopracciglio. Non poteva di certo dirgli che si era perso, non a lei.
Katherine congiunse le mani davanti e cominciò a stropicciarsi il vestito. Alfred continuò a fissarla, conscio di starla mettendo in difficoltà. Infondo non avrebbe fatto male a nessuno, farla sentire a disagio per un po'.

Oh... ehm, la settimana prossima Aaron verrà qui per qualche giorno, lo sapevi?” fece all'improvviso lei, alzando il viso e cercando di guadagnare un po' di coraggio. Non poteva mostrarsi ancora timida e insicura con il fratello minore del suo futuro marito a due mesi dalle nozze!
Mh. No, non lo sapevo” rispose seccato Alfred. E no che non lo sapeva, lui non sapeva mai niente, anzi. Era stato spedito a Londra da un giorno all'altro senza neanche poter ribattere. “Non ho potere decisionale a casa mia, e non mi dicono niente di quello che fanno” rispose. Non era proprio vero, ma farla sentire in colpa sembrava divertente.
... oh” mugolò Katherine, abbassando il viso colpevole. Alfred aggrottò le sopracciglia. Cos'era questo? Senso... di colpa? No, impossibile, non poteva provare senso di colpa nei confronti di Katherine Kirkland, infondo era tutta colpa sua se lui era in quella situazione.
vero?
Che... cosa ti sei fatto?” mormorò, avvicinandosi leggermente e alzando una mano verso la sua fronte, dove troneggiava il bernoccolo che si era fatto poco prima.
Niente!” esclamò lui, arrossendo e nascondendo la fronte con la mano. “S-sono andato a sbattere, non è niente di che” sbottò, guardando in un'altra direzione. Ecco, una figura ridicola era proprio quella che aspettava di fare di fronte a lei.
Dobbiamo chiamare qualcuno, se non metti del ghiaccio si gonfierà” rispose lei, afferrando il vestito e correndo verso il divano, dov'era poggiata la sua borsetta. Prese il cellulare e digitò velocemente un numero, aspettando che rispondessero dall'altra parte.

Rupert? Perdonami se ti disturbo a quest'ora, sono Katherine. Il signorino Jones ha una brutta escoriazione sulla fronte ma non vedo personale in giro. Ti dispiacerebbe mandare qualcuno con del ghiaccio nella stanza del caminetto verde? Va bene... ti ringrazio” fece, velocemente, con un tono autoritario ma che sembrava in qualche modo amichevole.
Alfred la osservò con le sopracciglia alzate. “... non... non era necessario, sai?” sbottò, arrossendo leggermente e scostando lo sguardo ancora una volta.

Vuoi dirmi che sai già orientarti in questa casa? Io non credo. Anche io che ci vengo spesso mi perdo in continuazione.” rispose lei, riponendo il cellulare nella borsetta.
Alfred aggrottò le sopracciglia vistosamente in imbarazzo. Scoperto. Quella ragazza era molto più furba di quanto non sembrasse.

Rupert ha detto che il maggiordomo incaricato di servirti è arrivato da poco, si scusa del ritardo e che manderà lui così poi potrà portarti in camera tua” concluse Katherine, girandosi verso di lui e sorridendo.
Alfred assottigliò gli occhi. No, non era gratitudine quella che sentiva. Assolutamente. “Grazie.” rispose, però, incrociando le braccia con fare stizzito.

Di niente” sorrise lei, sedendosi nuovamente sul divano. Seguirono parecchi minuti di silenzio, durante i quali Alfred continuò a grattarsi la nuca nervosamente e Katherine continuò a fissare il piccolo fuoco che scoppiettava nel camino.
Allora... ehm... tu non vai a casa?” biascicò Alfred, quasi per rompere quel silenzio snervante.
Sto aspettando che mio padre e mio zio finiscano di chiacchierare” rispose lei, girando lo sguardo verso di lui.
Bene. La conversazione era nuovamente morta. Era così odioso stare nella stessa stanza con lei! Incrociò le braccia stizzito, battendo un piede velocemente per terra.
Per fortuna poco dopo fece ingresso un uomo molto alto, vestito da maggiordomo e con i capelli rossi. Ma... era il maggiordomo dello schifoso inglese! Alfred piegò la testa di lato confuso.

Oh, Thomas! Non sapevo fossi stato assegnato tu al signorino Jones... ti credevo ancora in India” sorrise Katherine, alzandosi e avvicinandosi ai due.
Alfred alzò nuovamente le sopracciglia.

Signorina Katherine, è un piacere rivedervi. Spero siate in forma. Il signor Kirkland mi ha chiamato espressamente dall'India per poter servire il signorino Jones durante la sua permanenza a Londra” l'uomo fece un inchino sentito nei confronti di entrambi. Katherine sorrise.
Alfred sbatté ancora gli occhi, sentendosi escluso dalla conversazione.

Signorino Jones, il mio nome è Thomas e sono incaricato di servirla in ogni suo bisogno. Usufruisca di me come più crede” si rivolse finalmente a lui l'uomo.
Oh... ehm... certo, certo. E' un... piacere conoscerti, Thomas.” biascicò Alfred, ancora un po' titubante. “Sei... ehm, molto somigliante al maggiordomo dello schif... ehm, cioè di Arthur.”
Io e Rupert siamo gemelli eterozigoti, signorino. Serviamo la famiglia Kirkland da quando siamo piccoli” informò il maggiordomo ancora con la testa china.
... ah.” fece Alfred, semplicemente. Ovvio. Poteva arrivarci anche lui.
Signorina Katherine? I vostri genitori chiedono di lei, l'auto è pronta” spuntò all'improvviso una cameriera dalla parte opposta della stanza.
Arrivo subito!” rispose la ragazza, prendendo la sua borsa e salutando entrambi.
Spero potremo diventare amici, Alfred... arrivederci” si rivolse ad Alfred con un sorriso.
Alfred rispose con un cenno della testa. Ma poteva scordarselo! Cioè... più o meno, ecco.
Il maggiordomo lo accompagnò nella sua camera. Si era ritrovato praticamente dall'altra parte della casa, stupidi inglesi che facevano le case complicate.
Congedò Thomas e si buttò sul letto, sfilandosi la cravatta e lanciando via la giacca. Era a Londra da meno di ventiquattr'ore ed erano già successe troppe cose.
Lanciò via tutti i suoi vestiti e si ficcò nel bagno per farsi una doccia rigenerante, poi si mise i boxer e ritornò nella camera con un asciugamano in testa. Dal suo bagaglio a mano tirò fuori il suo computer portatile e se lo poggiò sulle gambe. Se tutto era andato come doveva, Tony avrebbe dovuto già aperto l'accesso a internet, e infatti così era.
Non fece neanche in tempo a collegarsi, che un messaggio spuntò nella cartella.

-Ciao Alf. Sei arrivato? Tutto a posto? C'è bel tempo?

Alfred alzò un sopracciglio e sospirò, arricciando le labbra.

-Ciao Matt, ovvio che sono arrivato, dove dovrei essere secondo te? Il tempo è normale.

-Ahahah, dai scherzavo. Hai conosciuto la famiglia? Com'è?

-E' un caso perso. Sono cinque figli tutti di donne diverse, e sono tutti uno più andato dell'altro. Quello che dovrebbe raddrizzarmi crede di essere il re del mondo. Per me è solo il principe dei limoni acidi.


-Ahahahah, davvero? Cinque tutti di donne diverse? Ahahah e io che pensavo che fossi tu quello a cui piaceva farlo in giro.

-Non paragonarmi a quel ciccione, mi offendo.

-Scherzo, Alf. Sei nervoso? Hai incontrato Katherine? Devi salutarmela. Che ore sono lì da te?


-... sì. L'ho incontrata. Lo farò. Qui è l'una e mezza di notte, devo andare, buona notte.

-Buona notte

Chiuse la chat in fretta, sbuffando. L'ultima persona che voleva sentire era il suo fratello gemello. Gli era passata la voglia persino di navigare in internet. Poggiò il portatile sul comodino e lo chiuse, spegnendo la luce e stendendosi, portando un braccio sotto il cuscino. Una bella dormita era proprio quella che ci voleva per affrontare la giornata di domani.

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Piccole curiosità prive di interesse:

-Sky è mancino. 

-Logan sa suonare il violino. Ma non lo fa mai davanti a qualcuno.

-Quando devono lavorare, Arthur, Sky e Logan alloggiano in due appartamenti vicino alla ditta, Arthur da solo, Logan con Sky.

-Katherine rappresenta l'Irlanda.

-Ray ama leggere. Camera sua è una piccola biblioteca e spesso lo si vede girare con un tomo più grande di lui tra le mani.

-La madre di Kain è viva, ma non può mantenere il figlio, così sin da quando è nato Kain ha vissuto nella mansione dei Kirkland con gli altri fratelli.

-Aaron, il fratello maggiore di Alfred e Matthew rappresenta tutta l'America settentrionale. E' biondo e ha gli occhi azzurri, ma non porta gli occhiali. 

-Logan è alto 181 cm, Sky 170 cm, Ray 161 cm, Kain 165 cm e Katherine 163 cm. Arthur come tutti sapete è alto 175 cm e Alfred 177 cm.

Compleanni:

.Logan è nato il 30 Novembre, il giorno di Sant'Andrea, patrono di Scozia. 

.Arthur non ha un compleanno, ma di solito si 'festeggia' l'Arthur day il 3 Marzo.

.Sky è nato il 28 Novembre, il giorno in cui le isole Ebridi sono tornate in mano alla Scozia.

.Ray è nato il 1 Marzo, giorno di San Davide, patrono del Galles.

.Kain è nato il 17 Marzo, giorno di San Patrizio, patrono d'Irlanda.

.Katherine è nata il 6 Dicembre, giorno della dichiarazione d'indipendenza della Repubblica d'Irlanda.

.Alfred è nato il 4 Luglio, giono della dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America.

-Arden Kirkland è fratello minore del signor Kirkland (del quale non ho ancora deciso un nome :D). Hanno un fratello ed una sorella minori. 

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Ciao a tutti. Vorrei rispondere ad ognuno di voi ma non ci riesco ç_ç mi dispiace... spero continuiate a seguirla e commentarla anche se non vi ringrazio uno alla volta... grazie a tutti >u<;

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Capitolo 6
*** 6. ***


6.

Arthur picchiettò la penna alla scrivania, portandosi le mani tra i capelli. No, no. Non poteva assolutamente continuare così. Lo stupido americano era arrivato da neanche un giorno e già aveva combinato un sacco di guai! Era fuggito dall'aeroporto, aveva strisciato l'asfalto davanti all'azienda, si era permesso di voler scendere a patti infimi con lui, stava provando ad irretire sue fratello minore e ultimo, ma non meno importante, aveva osato... OSATO fare quella... quella cosa!
Arthur si toccò l'orecchio incriminato e aggrottò le sopracciglia furente, sentendo il sangue che gli confluiva in volto. Poco gli mancava di spezzare la penna tra le sue mani, tanta era la pressione che ci stava mettendo a stringerla.
Ma cosa, cosa diamine avrebbe dovuto fare per raddrizzare una piaga del genere? Lui era sempre cresciuto secondo i dettati del galateo, della cortesia, della buona educazione. Come poteva insegnare tutte queste cose in due mesi a quel buono a nulla, rischiando, in caso di fallimento, di rovinare le nozze di sua cugina e di venire per sempre declassato a inetto?
Non amava essere il presidente della società, non si sentiva all'altezza. Ma per la famiglia avrebbe fatto di tutto. Nonostante suo padre fosse un uomo molto... ehm, 'libertino', aveva un gran cuore ed era solo grazie a lui se l'azienda era riuscita ad attutire i colpi e a resistere alla recente crisi finanziaria. Non aveva fatto mancare nulla ai suoi figli, neanche illegittimi. Tanti pezzi grossi nel mondo del business hanno scheletri nell'armadio e figli illegittimi che ignorano o 'aiutano' sottobanco. Suo padre invece si era sempre fatto carico delle sue responsabilità, se così si vogliono chiamare. Per quanto i figli legittimi fossero soltanto lui e Logan, suo padre non aveva mai fatto mancare niente agli altri. Né a Sky, né a Ray e nemmeno a Kain, e neanche alle loro madri... o per lo meno, per quanto ne sapeva Arthur. La mamma di Ray era morta dandolo alla luce, quindi c'era stato poco da... aiutare. Un grande aiuto l'aveva certamente ricevuto la mamma di Sky, prima della sua morte. Della mamma di Kain non aveva mai indagato, infondo. C'era sicuramente qualche motivo particolare se Kain aveva vissuto sempre in casa Kirkland, al contrario di Sky.

ma non era questo il pensiero principale! Il pensiero principale era come liberarsi del fastidioso americano o per lo meno riuscire a trasformarlo anche solo di facciata in quello che sua zia voleva per il matrimonio.
Ma poi, tra tutti, perché proprio lui?! Esistevano tanti di quei maestri nelle arti della cortesia e buona educazione, con tutti i soldi che avevano potevano semplicemente affittarne uno per due mesi ed evitare a lui questa seccatura! Doveva pur portare avanti un'azienda, lui! E vivere la sua vita in modo tranquillo, fino alla fine dei suoi giorni!
La sfortuna di suo padre era stata che, nonostante le sue scappatelle, avesse avuto solo figli maschi. L'azienda era in mano sua, che era il secondo figlio maggiore, ma nella relazione tra Aaron Jones, figlio maggiore dell'industria meccanica Jones e sua cugina Katherine, suo padre aveva visto un'ottima possibilità per allacciare rapporti economici tra le due aziende. Con un accordo del genere avrebbero potuto certamente modernizzare i filatoi in India e renderli sempre più efficienti, con tutti i vantaggi di condividere, ormai, un'unica famiglia.
Arthur sperava che Katherine e questo Aaron potessero avere presto un figlio, che crescesse sano, forte e intelligente per mollargli l'azienda tra le mani e godersi un po' di meritato riposo... o per lo meno per scollarsi di dosso la carica di presidente. Avrebbe fatto di tutto per aiutare l'azienda in ogni suo modo, anche lavare i vetri, se necessario, ma l'impegno di presidente era troppo gravoso per uno come lui. E sapeva che nessuno dei suoi fratelli sarebbe stato capace. Logan era troppo burbero e cinico, menefreghista. L'azienda sarebbe crollata nel giro di due mesi e mezzo. Sky capiva pochissimo di gestione interna ed economia, per questo si occupava con Logan delle relazioni estere e di procedere agli accordi con le aziende oltremare, oltre che svolgere la maggior parte delle business trip, come quella in Nuova Caledonia l'estate scorsa (che poi i due l'avevano presa come una vacanza, era tutt'altra cosa).
Ray aveva un bel cervello, era celere, veloce, puntiglioso, preciso ma troppo timido e pauroso, non sarebbe riuscito a prendere il mano l'azienda neanche sotto un apprendistato lungo dieci anni. Kain era ancora piccolo, ma aveva già manifestato il suo totale disinteresse per l'azienda e tutti i suoi affiliati, preferendo frequentare la London Leiths School of Food and Wine per diventare uno chef d'alta classe. Non aveva voluto assolutamente sentire ragioni, e suo padre si era arreso visto che gli altri suoi figli lavoravano già in azienda.
Avrebbe voluto avere un po' della fermezza di Kain. In realtà non aveva una vera e propria passione da seguire, né una scuola che gli sarebbe piaciuto frequentare, ma avrebbe tanto voluto poter far valere un po' di più le sue opinioni all'interno della famiglia. Logan e Kain erano quelli che, nonostante tutto, si piegavano di meno al volere della famiglia. Logan probabilmente lavorava in azienda perché non aveva di meglio da fare oltre che andarsene il sabato sera in giro per i locali a trovare la sua prossima vittima a letto (e in questo non era poi così differente dall'idiota americano) oppure bere il suo whisky a tutte le ore del giorno.
Vista la parlantina veloce e disarmante di Sky, le relazioni estere erano proprio ciò che sembrava adatto a lui, considerata anche la sua passione per i viaggi e i paesi strani.
Arthur alzò la testa, fissando nel vuoto verso la porta. Ormai aveva ventitré anni, ma non aveva alcuna intenzione di sposarsi. Probabilmente visto il matrimonio di Katherine, i suoi non si erano permessi di uscirsene con cavolate tipo matrimonio combinato o promessi sposi dalla nascita.
E poi lui non aveva alcun interesse in una relazione amorosa, o si sarebbe già trovato una bella ragazza. Troppi problemi, poco tempo per pensarci, un'azienda da gestire. Come avrebbe potuto trovare il tempo per andarsi a cercare una fidanzata?
Probabilmente era ciò che i suoi genitori sospiravano da tempo. Logan era totalmente escluso, probabilmente non si sarebbe mai sistemato in vita sua. Lui stesso non aveva tempo né interesse nel cercarsi una compagna... Sky aveva solo diciannove anni, ma come lui non aveva mai avuto una ragazza, neanche al liceo. Strano, lo charme della famiglia Kirkland sarebbe dovuto far morire le donne dietro quegli occhioni verdi e quei capelli rossi. Forse il fatto che fosse un tantino esuberante bloccava tutto quanto. Come il fatto che Arthur fosse un pochino acido.
Più guardava alla sua famiglia, più si disperava pensando che probabilmente sarebbe stato l'unico a cui avrebbero potuto appioppare un matrimonio di punto in bianco, visto che in casa sua trovavano divertente incaricarlo di cose senza il suo permesso, informandolo solo il giorno prima.


Quella mattina Alfred si svegliò con una particolare voglia di sesso. Beh, erano già tre giorni che non lo faceva, per lui significava abominio, infrazione delle regole. Dondolò la testa stiracchiandosi mentre raggiungeva gli occhiali poggiati sul comodino. Oggi doveva assolutamente fare qualcosa, o sarebbe morto di noia. E non era assolutamente contemplato per il grande Alfred F. Jones la morte per tedio. Al massimo sarebbe morto facendo sesso! Sì, quella sì che sarebbe stata una morte figa.
Andò in bagno a rinfrescarsi e si vestì pronto per un bel giro turistico per Londra. Si ammirò allo specchio, che gran bel pezzo di manzo aveva davanti agli occhi. Alzò le sopracciglia soddisfatto e infilò in tasca i suoi occhiali da sole graduati e il cellulare, con il portafoglio e tutte le carte di credito.
Scese fiero le scale e grazie ad una cameriera riuscì a trovare la sala da pranzo dove due dei fratelli Kirkland stavano facendo colazione, i due più piccoli.
Si sedette salutando rumorosamente i fratelli e ordinando alla cameriera uova, bacon e succo d'arancia.
Kain si girò verso di lui e storse il naso, Ray continuò a bere il suo latte senza scomporsi.
Che famiglia noiosa.

Ehi...” mormorò, allungandosi verso i due con fare circospetto. “Avete da fare? Perché non andiamo un po' a sballarci in giro per Londra?”
A Ray quasi cadde il bicchiere dalle mani, l'espressione schifata di Kain si intensificò.

Io... devo andare a scuola” concluse velocemente Ray, alzandosi e prendendo la sua borsa, mettendola a tracolla sulla sua perfettamente stirata divisa della Westminster School, la scuola più importante e costosa di Londra, con le sue 25mila sterline di tassa annuale.
In pochi secondi Ray si era volatilizzato, e mentre servivano uova e bacon ad Alfred, era rimasto solo Kain.
Il rossino girò lo sguardo verso l'americano con un terribile presentimento.

Anche tu devi andare a scuola?” sorrise Alfred, con uno sguardo che non voleva essere rifiutato.
... no. Ma non ti accompagno in giro per Londra” rispose lui, storcendo le labbra.
In quel momento fece ingresso Thomas, il maggiordomo che era stato affidato ad Alfred. Fece un breve inchino di saluto ai due, mentre Alfred lo fissava mangiando rumorosamente.

Buongiorno signorino Alfred, signorino Kain” disse, alzando finalmente la testa. “Il signorino Arthur ha chiesto di recarsi in ufficio nel più breve tempo possibile”
Oh, che noia. Digli che ho da fare” rispose Alfred, mandando giù le uova che aveva ingurgitato.
Temo che questo non sia possibile, signorino. L'auto l'attende tra dieci minuti fuori dall'abitazione” e detto questo si congedò uscendo dalla stanza.
Alfred aggrottò le sopracciglia e sbuffò, tornando a mangiare il suo bacon. Ecco, neanche un giorno di libertà. Sarebbe diventato un frustrato! Ecco!
Si girò verso Kain che mangiava il suo cornetto e allargò il suo ghigno.

Ehi, Kane” fece, indicandolo con la forchetta.
Mi chiamo Kain” redarguì lui, senza guardarlo.
Sì, come ti pare, tu vieni con me, vero?” continuò, avvicinandosi con il suo sguardo che conquista.
Kain voltò il viso verso di lui con un'espressione sconcertata. “Eh?! Scordatelo.” sputò lui, storcendo il naso nuovamente.

Avanti, sarà spassoso. Se sei con me ci lasceranno andare prima e potrò andare a farmi il giro di Londra! Vedrai che ti divertirai... fidati di me” continuò lui, posandogli una mano sulla spalla.
Tu sei tutto matto...” rispose Kain, spostandogli gentilmente la mano ed alzandosi. Thomas rientrò nella stanza e si inchinò nuovamente.
Dobbiamo andare, signorino” fece, con calma.
Oh! Viene anche Kane!” esclamò Alfred, afferrando il ragazzo per il braccio e trascinandolo fuori dalla stanza, seguito poco dopo dal maggiordomo.
Che... cosa?! No!”

Arthur alzò le sopracciglia e sospirò leggermente massaggiandosi la tempia. Perché toccava a lui caricarsi di tutto il lavoro che bisognava fare per la sua maledetta famiglia?
Erano in una delle sale d'aspetto della ditta, lussuosamente arredata, quella per gli ospiti veramente importanti. Con lui c'era Katherine ed oltre ad aspettare il disastroso americano, attendevano l'arrivo dell'organizzatore di matrimoni e dei suoi assistenti.

Arthur? Va tutto bene?” domandò la cugina, grattandosi una guancia un po' preoccupata.
Arthur scosse velocemente la testa e sospirò, poggiando la testa sulla spalliera del divano. “Da quando è arrivato quell'americano ho un mal di testa nonstop che non vuole passare” lamentò, chiudendo gli occhi.
Katherine aggrottò le sopracciglia sentendosi colpevole e arricciò le labbra. “Mi dispiace”

Non è colpa tua, è lui che è un caso disperato” sospirò Arthur, massaggiandosi la tempia.
In quel momento uno degli assistenti annunciò l'arrivo dell'organizzatore dei matrimoni ed una donna alta e ben vestita fece ingresso nella sala, seguita da un uomo, probabilmente il suo assistente.

Signor Kirkland, è un vero onore fare la vostra conoscenza. Sono Irene Estellenchs, mi occuperò del matrimonio. Lei dev'essere la signorina Katherine, non è vero?” la donna con un marcato accento spagnolo sorrise ad entrambi.
Oh... la prego, mi dia del tu” sbattè gli occhi Katherine, in imbarazzo. La bellezza latina di quella donna era veramente spiazzante.
Prego, accomodatevi” fece Arthur, con un cenno, indicando i divani.
La signora si sedette mentre il suo assistente rimase in piedi e piegò leggermente la testa.

Se non vi crea fastidi ho mandato il mio altro... mh, assistente a prenderci delle tazze di caffè, sempre che ritorni intero...” mormorò a denti stretti l'ultima parte, guardando altrove con aria preoccupata e rassegnata.
Arthur e Katherine sbatterono gli occhi, non capendo.


L'auto si fermò davanti all'impresa commerciale Kirkland, scaricando Alfred, Kain e il maggiordomo.
Non ho mai detto che volessi venire” borbottò Kain furioso, mentre saliva le scale dell'edificio.
Ho detto che ci divertiremo, perché non ti fidi di me?~” rispose Alfred, facendogli l'occhiolino. Kain rabbrividì mentre i portieri spalancavano il portone di vetro della ditta permettendogli di entrare.
Il signorino Arthur vi attende nella sala ospiti numero 4” fece Thomas, cominciando a guidarli verso l'ascensore.
No, io ho altro da fare. Ci vedia--” tentò Kain, girando i tacchi, ma Alfred lo tirò per un braccio e lo fece entrare nell'ascensore.
Daai, non fare così!” sorrise mentre le porte si chiudevano e l'ascensore partiva.
Kain lo fissò in modo sconcertato. Mai nessuno si era permesso di trattarlo in quel modo, nessuno! Assottigliò gli occhi e si scostò in malo modo da lui, fissando contrariato le porte dorate dell'ascensore.
Alfred scosse la testa con un sorrisetto e lasciò correre. Era solo un ragazzino che doveva essere addestrato~. Appena l'ascensore arrivò al piano predestinato, Kain schizzò fuori pestando i piedi, intenzionato ad andarsene.

Signorino Kain? Aspetti” intimò Thomas, con tono preoccupato, mentre sia lui che Alfred cominciavano a seguirlo.
Avanti Kane, non essere così!” ridacchiava l'americano, che evidentemente trovava la cosa, molto, troppo divertente.
Non ho alcuna intenzione di rimanere qui. Non ci volevo venire inizialmente e non ho alcun motivo per restare! Torno a casa, Thomas, chiamami un'auto” rispose Kain, tagliente come la lama di un coltello, mente voltava l'angolo.
Si accorse troppo tardi che qualcuno probabilmente aveva avuto la sua stessa idea. Riuscì solo a vedere che c'era qualcuno prima di finirgli incontro urtandolo e finendo per terra con un goffo lamento, sentendosi poco dopo le mani e il petto bruciare.
Aprì gli occhi e vide tre coppette di carta per terra, svuotate del loro contenuto, caffè, che parzialmente era finito per terra e parzialmente sui suoi abiti e sul povero malcapitato di fronte a lui.
Alzò lo guardo e a terra c'era un ragazzo alto, quasi quanto suo fratello Logan, vestito in modo particolarmente vistoso per una ditta, la pelle olivastra, i tratti ispanici, occhiali dalla montatura spessa e nera, occhi verdi e capelli con uno strano taglio scalato, biondo platino, sicuramente tinto, e un ridicolo ciuffo... rosa sulla parte sinistra della frangia.

Ohi... ohi... mi dispiace, mi dispiace. Non avevo visto qualcuno stesse girando l'angolo” fece il ragazzo, con accento spagnolo. Il caffè era finito sulla sua maglia bianca sporcandola e marcando in modo non proprio casto la sua bellezza latina.
Kain rimase fermo a fissare la maglia ormai color caffè appiccicarsi ai pettorali e al ventre piatto del giovane come se il suo cervello fosse improvvisamente entrato in trance.

V-va tutto bene...? Ti sei scottato?” mormorò il ragazzo, avvicinandosi e raccogliendo le tre tazzine di caffè. “Io... io... scusami, ma mi sono perso” continuava, ma lo sguardo di Kain continuava ad essere fisso sulla maglia e il pantalone bagnati che si appiccicavano a quelle forme.
Deglutì, sentendo le guance che si arrossavano e dei movimenti poco sicuri tra le sue gambe. Per fortuna qualcuno intervenne.

È tutto a posto, signorino?” fece Thomas, aiutandolo ad alzarsi e risvegliandolo dal coma.
Oh... oh. sì. No... cioè, penso di sì.” ora sì che le ustioni del caffè cominciavano a fare leggermente male. “Mi dispiace, è stata colpa mia” fece, cercando di non guardare il ragazzo che nel frattempo si era alzato.
N-no, non è colpa tua. La colpa è mia...”
Ok, ok. La colpa è di entrambi. Ora vogliamo andare?” si intromise Alfred, cercando di liquidare il discorso. Non si poteva mica perdere tempo in questo modo!
Oh, ehm... s-sei nuovo? Non ti ho mai visto qui...” domanda più che lecita, non avrebbero mai assunto in ditta un tipo del genere, la curiosità sul sapere chi fosse lo stava quasi mangiando.
N-no, io non lavoro aquì!” esclamò, concludendo la frase in spagnolo per la fretta. “S-sono il... l'assistente dell'organizzatrice del matrimonio...”
Oh.” mormorò Kain, adesso si spiegava tutto. “E ti sei perso? Stiamo andando giusto lì, ti accompagniamo... ma prima, Thomas? Potresti farci avere un cambio d'abito veloce?”
Il maggiordomo annuì aprendo la chiamata attraverso l'auricolare. “Contatterò la sartoria più vicina. Mi può dire il suo nome, signorino? Cercheremo le sue misure nel nostro database”

Oh. Oh.” database...? Il ragazzo sbattè gli occhi un po' confuso. “Gabriél. Gabriél Estellenchs”
Gabriél... un nome come un altro, ma nelle orecchie di Kain risuonava come il più meraviglioso dei nomi.

oh no.

Erano già passati venti minuti da quando la signora Estellenchs aveva fatto ingresso e del suo assistente nemmeno l'ombra.
La signora sembrava inquieta e ogni tanto sospirava, come a voler dire 'lo sapevo, perché l'ho fatto'. Arthur e Katherine si guardavano interrogativi senza sapere cosa dire o fare, ma non potevano passare la giornata aspettando che quell'assistente si facesse vivo. Lui aveva del lavoro da fare!

Signora Estellenchs... possiamo cominciare se vuole”
La donna scosse un secondo la testa e guardò Arthur per un secondo, alzando le sopracciglia. “Oh. Oh, certo signor Kirkland, mi chiami pure Irene. Mi dispiace per il tempo che le sto facendo perdere... come al solito, affidarmi a lui è sempre un errore” sospirò con un amaro sorriso rassegnato.

Vuole che vada a cercarlo?” fece l'assistente con gli occhiali da sole e lo sguardo truce.
No, non ce n'è bisogno. Lo raccatteremo quando avremo finito” ripose lei con nonchalance agitando una mano.
Ma che...?
Arthur alzò le sopracciglia e lasciò correre, infondo non erano problemi suoi.
Proprio in quel momento la porta si aprì e Arthur vide fare ingresso l'odioso americano, Thomas, un tipo dai capelli strani e suoi fratello Kain.

Kain? Cosa ci fai qui?” domandò, ma non fece in tempo a ricevere risposta.
Gabriél, ma insomma quanto ci hai messo? E che diavolo è successo ai tuoi vestiti, dove sono finiti? E dove sono i caffè?!” sbottò la donna, alzandosi in piedi.
Ehm, è successo un piccolo incidente...” mormorò il ragazzo, giocherellando con le dita. La donna si passò la mano nei capelli castani raccolti in uno chignon lento e poi la posò sugli occhi, con un grosso sorriso.
Sono stato io. Mentre girava l'angolo gli sono finito addosso e i caffè sono caduti, la colpa è mia” rispose Kain, con la sua solita aria seria.
... Kain, ma tu che ci vai qui?” mormorò Arthur.
L'ho portato io!” esclamò Alfred, con un sorriso giocondo.
E questa libertà da dove te la sei presa?” rispose Arthur, fulminandolo con lo sguardo.
Mi pareva si stesse annoiando” ribattè Alfred.
A te paiono troppe cose che non dovrebbero parerti.” continuò Arthur, aggrottando le sopracciglia.
Tutti sembravano parecchio interessati alla loro improvvisa discussione.
Gabriél ridacchiò nascondendosi le labbra con un pugno. “Sembrano marito e moglie che battibeccano”
Kain si girò verso di lui e non gli piacque per niente il batticuore che gli stava salendo dal cuore fino alle orecchie, coprendo con il suo rumore persino il litigio tra quei due.

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Questo capitolo è un capitolo di passaggio, mi dispiace °_° nel prossimo succederanno cose più interessanti... spero XD ad ogni modo, Gabriél è anch'egli una nazione e rappresenta le Isole Baleari<3 Eccolo qui ->  Gabriél. Anche se sembra bassino, qui, in realtà è alto 178 cm! Se vi interessa scoprirete di più su di lui più avanti nella storia :3 ecco qui invece Kain e Katherine (qui in realtà sono stati disegnati in veste di fratelli come Irlanda del Nord e Repubblica di Irlanda, ecco perché Kain sembra così piccolo e basso qui. In realtà Katherine è una nanetta e Kain sta crescendo quindi tra un po' la supererà XD)
Spero vi sia piaciuto e che continuiate a seguire questo sclero! Le parti UsaUk arriveranno, pazientate. Fate evolvere la storia ç_ç non siate impazienti!

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