A Duck Tale

di nightswimming
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Without Matthew (It's Raining Ducks) ***
Capitolo 2: *** Ziggy ***
Capitolo 3: *** Waiting For Uncle Matt ***
Capitolo 4: *** Ziggy Waves Goodbye ***



Capitolo 1
*** Without Matthew (It's Raining Ducks) ***


Note: per carità, non fanno niente di quanto scritto di seguito - anche perchè, se lo facessero, avrebbero seri problemi :D Brian e Matthew ovviamente non sono miei ma appartengono solo e soltanto a loro stessi. Nessuno mi paga per scrivere codesta scemenza, prova che in fondo per alcune cose il mondo gira nel verso giusto XD








Quella mattina il cielo era terso e un venticello fresco muoveva leggermente le tende della finestra lasciata aperta. Era primavera e il sole irradiava un piacevole, discreto tepore nella stanza: ed era stata proprio quella soffice sensazione di calore a svegliarlo.
Lentamente, aveva stiracchiato gambe e braccia allungandosi per tutta la larghezza del letto e aveva abbracciato il cuscino con un gesto languido e soddisfatto. Le lenzuola fredde e il comodino sgombro da oggetti gli fecero capire che Matthew era sparito - probabilmente verso le tre o le quattro di mattina.
L’istintivo, famigliare vuoto all’altezza dello stomaco venne immediatamente sostituito da una rassicurante memoria: l’aereo, il tour improvvisato in Giappone, la sua preannunciata assenza. Ah già.
Brian si mise pigramente a sedere e gettò uno sguardo placido fuori dalla finestra. Almeno era una bella giornata. E poi, pensò con tranquilla praticità, sarebbe andato in bagno e finalmente avrebbe potuto fare tutto con calma, senza che quel nevrastenico del suo fidanzato si fosse piantato davanti alla porta a bussare ogni cinque minuti e a rompergli le scatole sul fatto che quando ti chiudi là dentro le ore a impataccarti col mascara mi sembra davvero di stare con una maledetta donna. Brian fece un gesto spazientito con una mano, come ad allontanare l’immagine sbraitante di Matthew dalla mente. Al diavolo lui e il suo vizio di lasciare gli asciugamani bagnati in giro e lo specchio coperto di condensa. Quella mattina sarebbe finalmente stato padrone assoluto della casa e del tempo necessario alle dovute abluzioni.
Si infilò nella doccia decisamente euforico, pregustando la libertà che avrebbe vissuto nella settimana a venire.
Avrebbe potuto farsi il caffè in santa pace senza dover passare ore a smadonnare su quella benedetta caffettiera che Matt ogni volta chiudeva fino allo spasimo, lucchettandola in una morsa malefica che niente poteva sciogliere tranne Matthew stesso.
Avrebbe potuto vagolare per casa senza trovare malinconici calzini spaiati di colori aberranti sparsi in ogni dove, sulle lampade, sotto i divani, nell’armadietto dei sanitari.
Avrebbe potuto ingozzarsi di croissant senza sentirsi nelle orecchie la sua fastidiosa vocina - che assomigliava spiacevolmente a quella della sua coscienza – sussurrargli che ormai a quarant’anni quasi compiuti perdere peso non sarebbe stato facile come a trenta e che già lui aveva una predisposizione a prendere su chili come niente.
Erano quelli i momenti in cui Brian si chiedeva per quale disgraziato motivo si fosse invischiato in una storia con quel paranoico, scheletrico, stridulo pseudo-trentenne frutto del peggio dei dintorni industriali di Manchester. Per farsi rompere le scatole in quel modo? Per sorbirsi ogni santo giorno terribili filippiche sulle mappe della problematica mondiale e la spaventosa attualità di 1984? Per sciropparsi maratone di puntate di Twin Peaks e Lost in rotazione continua, rischiando di perdere il senno e il contatto con la realtà invece di uscire e, per Dio, avere uno straccio di vita sociale?
Scosse la testa, chiudendo gli occhi per godersi il getto bollente della doccia che gli inondava la faccia. Quella settimana sarebbe stata diversa. Quella settimana sarebbe stata un paradiso.
E quando Matthew fosse tornato, sarebbe stato completamente rinvigorito e pronto per dedicargli tutto il suo amore.
 
*
 
Inutile dire che mentre si stava insaponando coscienziosamente suonò il campanello.
Brian sbuffò scocciato, chiudendo l’acqua e cercando a tentoni l’asciugamano per togliersi il bagnoschiuma dagli occhi. Sporgendosi in avanti perse l’equilibrio, scivolò sul fondo – perché Matt aveva di nuovo tolto il tappetino di pelo che odiava e trovava ruvido…! – e precipitò sulla parete a soffietto che delimitava il posto doccia, scardinandola dal muro con uno schiocco secco e potente come una fucilata.
- Porca putt…!! – urlò per il dolore, il respiro mozzo, tenendosi il fianco che aveva sbattuto sul metallo con una mano e zoppicando a fatica fuori da quella trappola mortale. Il campanello suonò di nuovo, impaziente, e Brian gli indirizzò tutte le maledizioni che conosceva. Con una zampata delle sue mani smaltate afferrò l’accappatoio come fosse stato un’arma e si avviò con passo claudicante verso la porta, furioso come un toro in una corrida. All’ennesimo trillo Brian cominciò a indisporsi sul serio e sbraitò un “Arrivo, e che cazzo, sono le nove di mattina!” che evidentemente ebbe il potere di spaventare il visitatore, perché il suono tacque d’un tratto e si avvertirono passi frettolosi allontanarsi lungo il corridoio del pianerottolo. Quando Brian aprì la porta con una violenza che non credeva di possedere, infatti, si trovò davanti il vuoto. Non c’era nessuno.
- Mais vas t’enculer, sale fils d’une pute! – sbottò fuori di sé, bagnato e dolorante, stringendosi con un gesto assassino il nastro dell’accappatoio attorno alla vita. Fantastico, stava gocciolando su tutta la moquette! Chissà quanto gli avrebbe rotto le scatole la vicina di fronte! Riusciva già a sentirla, con quella sua voce da chihuaua, spettegolare con l’altra zitellaccia del terzo piano: “quello lì, quel Molko, quello che  sembra un corvo del malaugurio, sempre tutto vestito di nero – ma sì, ti dico, Rose, se lo mette pure sulle unghie, il nero! Come mia nipote Catherine, quella di tredici anni! Una femmina! – ecco, già non è contento di dividere la casa con quell’altro svitato, quel Bellamy che ha proposto di tingere le pareti dell’ascensore di verde marziano, e Dio solo sa cosa fanno di notte, quei pervertiti, che si sentono dei rumori terribili… Comunque, stamattina è uscito in accappatoio e ha allagato tutto il corridoio, con quei capelli lunghi che si ritrova – perché è un omosessuale, lui -, e ha quarant’anni, Rose, pensa che gente…”
Brian alzò istintivamente il medio in direzione della porta di fronte e fece per girare i tacchi e rientrarsene in casa, ma sentì il piede urtargli contro qualcosa. Abbassò lo sguardo.
Era una casa delle bambole.
E una decisamente sontuosa, tra l’altro, piena di torrette e porticine e finestrelle curate nei minimi dettagli: vi era persino una finta fontana di marmo completa di bocche di tritone che sputavano lucidi pezzi di vetro.
Stava ancora cercando di raccapezzarsi in quella situazione paradossale quando la signora Whittaker, dell’appartamento di fronte, uscì con il carrellino della spesa. Brian mise insieme il suo miglior sorriso di circostanza.
- Buongiorno signora Whittaker, come sta? – disse amabilmente, memore dei cazziatoni che Matthew gli faceva sempre riguardo la sua maleducazione nei confronti delle vecchiette ultrasettantenni – una in particolare.
La donnina lo squadrò dall’alto in basso, registrando il suo accappatoio – nero, ovviamente – e i suoi capelli umidi e pieni di shampoo con uno sguardo vagamente accusatore.
- Signor Molko, - lo salutò, ergendosi in tutta la sua modesta altezza – dovrebbe tornare dentro, sta sgocciolando sulla moquette! –
Brian fece appello a tutta la sua pazienza e digrignò silenziosamente i denti.
- Il campanello ha suonato con estrema insistenza, - cominciò, conciliante – e immagino che lei concorderà  sul fatto che dovessi aprire, anche se mi trovavo nella doccia e avrei preferito di gran lunga continuare indisturbato la mia pulizia personale. Poteva essere importante, mi capisce? –
- Ma certo – rispose lei, sussiegosa. Poi notò la casa delle bambole e aggrottò le sue ispide, grigie sopracciglia. – Che cos’è quella? – disse, indicandola con il bastone come fosse una carogna di animale.
- …Una casa delle bambole. – rispose poco fantasiosamente Brian con la sua miglior faccia di bronzo, alla disperata ricerca di una scusa credibile – E’… E’ per mio figlio. – disse infine, con un sorriso nervoso.
La vecchia spalancò gli occhi.
- Suo figlio Cody?! – esalò, incredula – Un maschio?!
Di fronte a quella frase Brian sentì qualcosa dentro di sé ruggire e rompere gli argini, fregandosene di tutti gli ammonimenti del suo ragazzo..
- Come diceva sempre mia madre, signora Whittaker, non si pongono limiti alla Divina Provvidenza! Bisogna sempre lasciare tutte le opzioni aperte! – trillò, allegro, trascinando oltre lo stipite il misterioso oggetto – Buongiorno, signora Whittaker! – la salutò, facendole ciao con una mano.
- Ma… Ma… - balbettò la vecchia, allibita. Ma Brian le aveva già chiuso la porta in faccia.
 
*
 
Espèce d’une sorcière” borbottò tra sé e sé rivolto alla porta chiusa. Poi sentì il bisogno acuto di fumarsi una sigaretta - anche se erano le prime ore del mattino e non aveva ancora fatto colazione – perché quell’affare della casa delle bambole gli suonava come una gran casino.
Si appoggiò al tavolino che reggeva l’abat-jour sotto al quale Matthew abitualmente leggeva pessimi romanzi paperback di fantascienza, recuperò il portacenere e il pacchetto che gli stava accanto, si accese  una sigaretta con gesto flemmatico, inspirò una prima boccata che gli lasciò nella gola un’orrenda sensazione di fango e si voltò finalmente a fronteggiare l’imponente palazzo in miniatura.
Che si trattasse di uno scherzo di qualche fan, suo o di Matthew – suo, data la sottile frecciatina alla sua androginia? Possibile. Sulla punta di uno dei comignoli, in ogni caso, stava attaccato un post-it che pareva suggerirgli il passo successivo nella soluzione di quel mistero. Aprimi!, recitava gioiosamente il post-it.
E Brian decise che l’unica era obbedirgli.
Armeggiando intorno al portoncino d’ingresso scoprì la fessura che faceva scattare il meccanismo di apertura, ma non appena si fu avvicinato un po’ di più si ritrasse con un balzo spaventato.
C’era qualcosa, in quella casa delle bambole.
Qualcosa che raschiava.
Inquietantemente.
Le bombe non raschiano, si disse, cercando di tranquillizzarsi. Cosa diavolo ci possono aver infilato dentro?
Troppo curioso per sentire una vera sensazione di inquietudine, Brian si chinò circospetto e con delicatezza socchiuse la parete centrale, aprendo la facciata in due come un uovo di Pasqua. Il qualcosa che raschiava si interruppe d’un tratto. Brian non resistette oltre e mandando al diavolo la vocina che nella sua testa gli sussurrava “guai” spalancò con decisione le due metà.
Davanti al suo piedi sinistro ruzzolò, confuso e leggermente spaesato a causa dell’improvvisa esposizione alla luce, un papero.
 
 
 
 
 
 
Note: okay, non dite niente, mi dico già tutto io da sola XD
E’ stata una demenziale, fulminante ispirazione improvvisa a cui non ho potuto umanamente resistere. Ridevo anche solo a pensare le parole “papero” e “Brian” nella stessa frase XD
Vi spiegherò tutto alla fine, promesso. Tanto si tratta di poca cosa, ancora uno o due capitoli al massimo – e poi mi dedicherò a tempo pieno a cose serie (…?) come The End.
Tante care cose!
P.S.  l'insulto in francese che faccio pronunciare a Brian  è lo stesso, testuale, che il giocatore della nazionale francese Anelka ha spassionatamente rivolto al suo allenatore Domenech durante i Mondiali di questa estate, e che è comparso a lettere cubitali sulla prima pagina della Gazzetta dello Sport francese il giorno dopo XD non potevo non riprenderlo XD
La traduzione, più o meno, consiste in "va' a farti fottere, sporco figlio di puttana"

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Capitolo 2
*** Ziggy ***


Brian sbatté con lentezza le ciglia ancora vergini di trucco e si chiese con una certa preoccupazione se non fosse impazzito d’un tratto. Per tentare di rassicurarsi, ricapitolò mentalmente tutto quello che gli era capitato quella mattina, scandagliando quelle immagini ancora vivide per selezionare quella che poteva avergli fatto perdere il senno:
1. si era svegliato pacificamente nel letto, senza Matthew al suo fianco – ma per quanto Matthew gli mancasse terribilmente era sicuro di non essersi rincretinito d’un tratto a causa della sua inaspettata assenza;
2. aveva tentato di farsi una lunga, bollente, rilassante doccia, ma una qualche testa di cazzo aveva interrotto il suo idillio suonando il campanello in maniera decisamente wagneriana, e per quanto cose come queste siano oltremodo seccanti e fastidiose, no, non fanno venire le allucinazioni – allucinazioni a forma di papero, per giunta;
3. aveva ridotto il bagno a una massa informe di lamiera e plexiglas, causa quell’altra testa di cazzo di Matthew che, nonostante tutte le sue minacce, ancora si ostinava a sottrargli perfidamente il tappeto di pelo anti-scivolo da sotto i piedi, nascondendolo in luoghi improbabili della casa per non farglielo più trovare – d’accordo, la botta era stata forte, ma ne aveva prese di più forti, e comunque non aveva coinvolto la testa;
4. aveva scambiato le solite piacevolezza mattutine con la signora Whittaker, ma a meno che la diabolica vecchietta non si fosse davvero rivelata una strega capace di malocchio e tutto il resto, non poteva essere impazzito a causa sua.
Fine. Non era pazzo.
Inutile dire che la cosa, invece di tranquillizzarlo, lo preoccupò notevolmente.
Abbassò lo sguardo per controllare di non essersi sognato tutto. Inutile, il papero era ancora là sotto, barcollante e confuso almeno quanto lui.
E si trattava, inequivocabilmente e senza ombra di dubbio, di un vero papero. Era alto poco meno di una spanna, giallo, con il becco di un beige trasparente e piccole, graziose zampe palmate; era anche leggermente spiumato, come se fosse stato maneggiato con poca grazia da qualcuno relativamente poco tempo prima.
Ma la cosa che ebbe il potere di sconvolgere Brian, oltre alla natura in tutto e per tutto paperesca del papero, era che il piccolo pennuto era stato vestito. Attorno alle alucce qualcuno aveva allacciato una piccola mantellina rossa, e legato al collo stazionava un fiocco più grande del papero stesso.
Non si trattava di un incidente. Quel papero era un regalo – un dono curato nei minimi dettagli, a partire dalla reggia che avrebbe dovuto costituire la sua casa per finire con il suo completino.
Brian scosse leggermente la testa, e la montagnola di cenere che si era accumulata sulla sua sigaretta cadde a terra senza alcun rumore. Vide che il papero la seguiva con gli occhi, muovendo rapido le piccole pupille; e ad un tratto i loro sguardi si incontrarono.
E Brian seppe di essere definitivamente spacciato. C’era qualcosa, in quello sguardo stolido e acquoso, che suonava come una condanna, ed era qualcosa che era ad un tempo apocalittico, solenne e terribilmente tenero: un qualcosa di molto simile a mamma.
- Oh no - disse piano, un sorrisino nervoso sulle labbra, mentre si alzava e tentava inconsciamente di allontanarsi dal papero che lo guardava adorante, - oh no no no no, è in corso un enorme equivoco, io non sono la mamma di nessuno, nemmeno di mio figlio, figuriamoci di un-
S’interruppe d’un tratto, aggrottando le sopracciglia. Il papero brillava, o meglio, brillavano le piume sul suo petto.

Incuriosito, Brian si chinò e cominciò a tastare piano il corpicino del pennuto, curandosi bene di evitare le sue beccatine colme di delizia che gli rendevano difficile il lavoro. La ricerca finì quando  le sue mani incontrarono qualcosa di freddo, tondo e lucido.
Era una medaglietta per cani. Una medaglietta per cani che recitava in stampatello l’enigmatica scritta ZIGGY.

*
 
tu tuu, tu tuu, tu-
click
- Chiunque tu sia vaffanculo, sono le sette di mattina… –
- Ciao Stef, sono io. –
- Brian…? –
- Sì, Brian. Hai presente, quello bello e terribilmente fascinoso che suona in una band con te… -
- Aaaah, sì… Quello basso. –
- … -
- Quello che sembra una zoccola poco costo- -
- Va bene, sei simpatico, fine del siparietto comico. Ti devo chiedere un favore. –
- Ogni cosa per te. –
- Vaffanculo. –
- Ero serio! –
- Sì, sì. Ascoltami bene: devi venire qui a fare il babysitter per un paio d’ore, che io devo uscire. –
- Ah, c’è Cody lì con te? Non lo sapevo. –
- No, non è Cody. –
- … -
- …è altro. –
- E’ altro?! Cosa significa, è altro? Matthew ha raccattato il cugino di ET per strada e te l’ha portato in casa facendoti gli occhioni dolci e supplicandoti di tenerlo? –
- Matthew non c’è per una settimana, e comunque no, non è un alieno… Credo. No no, non lo è. E’ un normalissimo animale. –
- Un animale. –
- Sì, un animale. –
- Un animale tipo gatto, cane, scoiattolo… -
- No, niente di tutto questo. –
- … -
- … -
-… Bri, la tensione mi sta uccidendo. –
- Oh, vaffanculo. E’ un papero. –
-… Un papero. –
- Sì, un papero. E’ giallo, ha il becco, le ali e tutto il resto. Un papero. –
- Mpfff. -.
- Che cazzo c’è da ridere, si può sapere?! –
- No, niente… E dov’è che l’avresti recuperato un papero, di grazia? –
- Da nessuna parte, mi è arrivato davanti alla porta dentro una casa delle bambole. –
- Prego? –
- Hai capito bene. E’… Dev’essere il regalo assurdo di un qualche squilibrato. Aveva pure un fiocco in testa. –
- Ah, i quarant’anni, brutta bestia… -
- Cosa c’entrano i quarant’anni adesso, Stefan? –
- Un tempo ci arrivavano a casa reggiseni, giarrettiere, mutande, rossetti… E ora, paperi. I fan hanno un bel modo di farci capire che stiamo invecchiando. –
- …Tu sei pazzo. Non c’è nessuna simbologia intrinseca a questo papero, è solo una maledetta pseudo-anatra che strilla come una sirena antinebbia ogni volta che mi allontano più di dieci metri da lei! –
- Strilla?... I paperi strillano? –
- Questo ti giuro che lo fa, e a frequenze supersoniche! –
- Ma… perché? –
- Fa i capricci. Immagino che creda che io sia sua madre. E’ l’imprinting, o come cazzo si chiama. E in più detesta stare da solo. –
- E’ un papero dall’animo sensibile, quindi. –
- Ma che ne so, ti assicuro che però è… ZIGGY! ZIGGY, lascia la presa! Immediatamente! –
-…Ziggy? –
- E’ il nome del papero, si chiama così… Ziggy, apri il becco e mettilo giù! Piantala! ZIGGY! –
- Signore Benedetto, che sta facendo? –
- Sta beccando il filo del telefono. E’ geloso in una maniera morbosa, se non parlo esclusivamente con lui va su tutte le furie. Ziggy! Oh, finalmente. –
-… Brian, ti vedo seriamente in difficoltà. –
- Lo sono, infatti. Sono due giorni che non esco di casa perché altrimenti Ziggy strilla e fa la cacca dappertutto, ma ti giuro, dappertutto, anche… -
- Non lo voglio sapere, grazie, immagino benissimo. –
-…E la signora Whittaker è già venuta tre volte a suonarmi per chiedermi chi stessi efferatamente torturando. Non ti dico quando le ho detto che in casa non c’era nessuno tranne Ziggy, ha fatto una faccia come se pensasse davvero che io facessi cose con i paperi… -
- Gesù… -
- Devo andare al supermercato, devo andare a comprare il giornale, e ho il bisogno fisico di farmi un pasto decente. Ti prego, vieni subito. –
- Arrivo più presto che posso. –
click
tu tuu, tu tuu, tu tuu
 
*
 
Non erano stati due giorni facili per Brian. Ziggy lo aveva definitivamente adottato come sua mamma a tutti gli effetti, e lo seguiva ovunque, zampettando goffamente sul pavimento della casa alla disperata ricerca della sua vicinanza.
Il frontman dei Placebo aveva pensato all'inizio di liberarlo ai giardinetti o semplicemente di sbarazzarsene in qualunque modo possibile, ma non aveva avuto cuore di farlo: Ziggy era poco più di un pulcino, totalmente incapace di sopravvivere da solo, e Brian questo lo sapeva. Aveva quindi maturato la convinzione di tenerlo con sé fino al ritorno di Matthew, per poi decidere insieme che cosa farne – sebbene non si fidasse molto del giudizio del suo fidanzato, soprattutto da quando gli era arrivato quel suo messaggio in cui diceva che si era ritirato in meditazione in un tempio scintoista insieme agli altri due terzi dei Muse e che quindi, per questo motivo di ordine prioritario in quanto spirituale, non avrebbe potuto rispondere né alle sue chiamate né ai suoi sms per il resto della settimana.
E d’altronde, c’era qualcosa di sinceramente struggente nell’ossessiva ricerca di affetto del papero. Lo guardava fisso per la maggior parte del tempo, aprendo e chiudendo il piccolo becco in cerca di cibo o semplicemente di un dito da mordere con delicatezza, e gli stava fisicamente appiccicato tutto il giorno. Persino quando Brian saliva nel soppalco del loft, per raggiungere la stanza da letto e il bagno, il piccolo ma testardo pennuto impiegava ore di fatica immane per arrampicarsi sui gradini più grandi di lui e infine riunirsi a quella che considerava ormai la sua mamma. Brian aveva scoperto questi suoi sforzi titanici la sera stessa del suo arrivo, quando lo aveva sistemato al piano di sotto in uno scatolone foderato di giornali – visto che di dormire nella casa delle bambole non ne aveva voluto sapere -; verso le tre mattino, gli era sembrato di udire nel dormiveglia un soffice ma regolare conk conk conk contro i fianchi del suo letto. Per prudenza aveva accesso la luce e aveva scoperto il papero che tentava assiduamente di scalare materasso e lenzuola, raschiando il parquet con le zampe e cozzando ritmicamente la testa contro il legno ogni volta che prendeva – e falliva – la rincorsa.
Brian si era vergognato ad ammetterlo persino a sé stesso ma si era commosso, e vincendo ogni possibile dubbio sull’igiene della cosa aveva trasportato il papero nel letto con lui. Ziggy aveva emesso  un basso verso di gioia, beccandogli una mano per trasmettergli la sua gratitudine, e si era scavato il suo angolino notte proprio sotto la sua ascella – il punto più caldo e più simile ad un’ala che riuscisse a trovare nel suo corpo.







Note: Brian + Ziggy = <3, senza alcun doppiosenso zoofilo, naturalmente XD
Più vado avanti a scriverla e più mi accorgo di quanto sia irrimediabilmente scema, ma questo sfoggio di autocoscienza nonostante tutto non sembra essere un buon deterrente >.> Indi per cui, mi sa proprio che la finirò. E una volta finita mi prenderò in giro da sola fino alla fine dei miei giorni XD


12lilla12: eccoti qua il seguito, che se possibile è ancora peggio del primo capitolo :D

lewis_alice:
sorvolando sul fatto che "buonuomo psichedelico" è la definizione più calzante e lol che abbia mai sentito applicare a Matthew - cosa per la quale ti faccio i miei più sentiti complimenti XD - sono felice che la storia ti faccia ridere, e sì, certe vecchiette ultrasettantenni non si rendono conto della fortuna che hanno ^.- Grazie mille della recensione, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e ti abbia divertito^^

ginnyred: lieta che la storia sia di tuo gradimento^^ per quanto riguarda l'amore di Matt per le serie tv, avevo letto sulla MuseWiki (la mia nuova bibbia XD) che mister Bellamy va pazzo per Twin Peaks; per quanto riguarda Lost, invece, in una vecchia intervista di quando stavano ancora insieme Gaia aveva dichiarato di passare gran parte del tempo chiusa in casa con Matt a guardare Lost, di cui lui era diventato maniaco. Di Brian so invece che adora Star Trek, ma non potevo mettere tutto :D


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Capitolo 3
*** Waiting For Uncle Matt ***


Erano le cinque di mattina della domenica e Brian era un uomo esausto.
La settimana di libertà era agli sgoccioli e lui, per colpa di quella palla di piume che aveva monopolizzato tutto quello su cui aveva posato il becco, era a malapena uscito di casa.
Ziggy era peggio di un capot nazista. Voleva stare con lui quando mangiava, voleva fargli compagnia mentre riparava lo sfacelo che era diventata la sua doccia, voleva guardare con lui la tv e voleva stargli accanto mentre suonava (anche se l’ispirazione era a livello zero. Chi avrebbe mai voluto ascoltare una canzone su un papero?).
Appena Brian cambiava stanza e cercava di chiuderlo fuori, Ziggy si metteva a beccare incessantemente la porta – e se questo metodo stile martello pneumatico non si dimostrava sufficiente, allora cominciava ad emettere quel suo verso disumano, lancinante e chiassoso finché Brian non si arrendeva e non gli apriva.
Stefan gli dava il cambio appena poteva, permettendogli almeno di uscire a procacciare del cibo per lui e il papero, che era una fogna e mangiava di tutto e di più – dal cibo cinese al tonno in scatola, dai cracker alle fibre al tiramisù.
Brian era rimasto molto offeso dal fatto che Stef si fosse stupito di scoprire che effettivamente il papero esisteva (“Ma ti ho detto che c’era!” “Sì, ma pensavo che avessi semplicemente ricominciato a drogarti…” “…Ricordami di spostarti in rubrica da –migliore amico- a –emerito stronzo-” “Andiamo, Brian! Sai com’è, uno ti chiama alle sette del mattino e ti strilla: davanti alla mia porta c’è un papero dentro a una casa delle bambole! Io conoscendoti ho pensato subito al peggio, non puoi darmi torto.”) ma era troppo sollevato che il diabolico pennuto avesse trovato un altro centro di attenzione da inseguire come uno stalker che non fosse lui.
Ziggy aveva subito trovato simpatico quel gigante che era alto almeno trecento volte lui e Stef, dal momento in cui fu entrato in casa ed ebbe visto quei dieci centimetri di piume cercare di slacciargli le stringhe delle scarpe a suon di beccate, se ne era perdutamente innamorato.
- Brian, è troppo carino! – disse, entusiasta e con gli occhi che brillavano, chinandosi per prenderlo in braccio (Ziggy scomparve letteralmente, chiuso in quella gabbia di dita chilometriche). Brian sbuffò infastidito.
- Sì, sì, certo, come no… Non è carino per niente, Stefan! Mi ha letteralmente schiavizzato! –
- Ma è piccolo, e indifeso, e la sua vera mamma chissà dov’è! – ribatté Stefan in tono acuto, scandalizzato dalla sua evidente mancanza di senso materno. Brian roteò gli occhi, mentre Ziggy pigolava ininterrottamente a volume altissimo, fuori di sé per la gioia. Stefan emise un verso di commossa delizia.
- Dai, come fai a resistere? – sussurrò, tirandogli una piuma ribelle sul capo. Brian trovò più prudente cambiare discorso e borbottare di sorvegliare la furia pennuta fino al suo ritorno.
E così era andata avanti per una settimana, fino a quel momento.
Quella, si disse con sollievo meditando di trasformare Ziggy in arrosto – lo stava ancora beccando sui capelli per farlo alzare e ricevere le mattutine carezze sulle piume -, era l’ultima levataccia all’alba che doveva sopportare per colpa di quella piaga. Matthew sarebbe sbarcato a Heathrow alle nove. Il ritiro spirituale si era concluso positivamente e lui, dal momento in cui aveva riacceso il cellulare e l’aveva chiamato sino a quello in cui gli aveva messo giù il telefono in faccia per l’entusiasmo, non aveva fatto altro che sommergerlo di chiacchiere, senza dargli l’occasione di raccontargli dell’invasione di Ziggy.
Poco male. Si sarebbe goduto la sua faccia sbigottita quando l’avesse visto entrare in casa sommerso di valigie, e con il ridicolo robottino giapponese che aveva annunciato di avergli comprato con tanto amore stretto fra le braccia.
 
*
 
Ziggy stava pappandosi con foga killer una lunga crocchetta di patate quando Matthew gli fece lo squillo che annunciava il suo imminente arrivo. Brian si alzò dal tavolo della cucina, afferrò per la piccola collottola piumata quella bestia insaziabile e ignorando i suoi urli da banshee delle brughiere la gettò dentro la vasca da bagno che aveva tenuto piena d’acqua per tutti quei giorni. Ziggy andò giù come un sasso, poi riemerse sbattendo indignato le ali come una piccola suocera e si mise a nuotare freneticamente verso il bordo – che però, disgraziatamente per lui, era verticale, scivoloso e altissimo. Brian sogghignò con mefistofelica soddisfazione.
- Adesso il bebé se ne sta nella sua culla finché la mamma non pulisce casa, che sta per arrivare lo zio Matty. – gli disse, cinguettante, accompagnando le sue parole con ritmici movimenti dell’indice puntato. – Vedrai, ti piacerà. E’ esattamente come te: dorme nel mio letto, mangia quintali del mio cibo e spesso e volentieri emette versi strazianti. Vi intenderete alla perfezione. –
Brian girò senza alcuna pietà le spalle a quel becco arancione che si era appena spalancato per ricominciare a strillare e accese al massimo lo stereo del salotto, mettendo su il primo cd che si trovava all’interno – il live dei Muse a Wembley. E poi era lui quello narciso ed egoriferito. – a un volume spaccatimpani.
Quindi, sospirando, accese l’aspirapolvere e sulle note di Supermassive Black Hole si mise al lavoro.
 
*
 
Non avevano affrontato subito l’argomento, perché legittimamente si erano saltati addosso non appena Matthew aveva messo giù la valigie. Il live di Wembley era ancora sparato a palla e sulle romantiche note di Invincible ebbero modo di celebrare in maniera degna la loro riunione – anche se Brian aveva solennemente giurato che mai, mai più avrebbe permesso che il sottofondo per certe cose fossero i Muse, mio Dio, i Muse, che schifo, quanto starnazzi dal vivo, sei inascoltabile, rovini tutto.
Dopo aver stabilito che nemmeno i Placebo sarebbero stati adatti all’uopo – solo l’immaginarsi entrambi in un certo contesto con Nancy Boy galleggiante nell’etere li aveva fatti ridere fino alle lacrime -, Brian si decise a prendere atto delle proprie responsabilità.
- Matt, ti devo dire una cosa. –
- Sei incinta? –
Brian si immobilizzò d’un tratto, la sigaretta ancora spenta ferma fra le sue dita.
- …Farò finta di non aver sentito. – sussurrò, conciliante. In fondo, era appena tornato.
Matthew scosse la testa con una risatina.
- Scusami, è il jet-lag. – rispose, un sorriso ironico sulle labbra.
- No, non è mai il jet-lag, purtroppo. –
- Anche tu mi sei mancato, tesoro. –
- No, dunque, cosa stavo dicendo… Ah sì. Seguimi.-

 
 
 
Brian avrebbe dovuto capire tutto subito dal momento in cui vide l'espressione di Ziggy: infatti conosceva  ormai abbastanza la sua mimica facciale per comprendere quando era sorpreso, agitato o terrorizzato.
E quando Ziggy vide Matthew entrare raggiante nel bagno e dirigersi verso la vasca, e Brian vide le piccole penne gialle del suo muso sbiancare e i suoi occhi brillare di sgomento e assumere in sequenza un’aria sorpresa, agitata e terrorizzata, e poi tutte e tre insieme, tutto gli fu immediatamente chiaro.


 
 
 
Note: ebbene, questo è il penultimo capitolo. Su, smettetela di strapparvi i capelli per la disperazione, ce n’è un altro XD
Il robottino giapponese è una cosa che Matthew ha veramente comprato in Giappone, ma per sé stesso e non per Brian, ovviamente ç__ç loro si odiano ç__ç Secondo la testimonianza diretta di Gaia, il robot “sapeva camminare e girava per tutta la casa”.
Insomma, visto che Ziggy il papero non è sufficiente a turbare il tran tran quotidiano di casa Mollamy, affianchiamogli anche un robot XD
Mi avete lasciato davvero troppe recensioni per questa sottospecie di delirio con le piume e io vi ringrazio davvero tanto tanto, tutti quanti. E una cosa che mi ha veramente divertito è che più o meno tutti avete pronunciato le parole “ce lo vedo a far da mamma al papero” (uno si costruisce con impegno la reputazione di bastardo per anni e viene smascherato così facilmente XDDD)
Per me è la soddisfazione più grande.

 
 
12lilla12: mi pare assolutamente ovvio, è la Briggy! *.* ma si tratterebbe di una cosa un po’ incestuosa, insomma, son pur sempre madre e figlio XD felice che ti diverta. Grazie mille di tutti i tuoi commenti ^^
 
lewis_alice: …eeeeeh XD reincarnazione piumata non lo so, però… ^^
Grazie infinite del commento.
 
ginnyred: felicissima che ti abbia fatto ridere, è più o meno il mio primo tentativo di cimentarmi col genere comico/demenziale/cosa-che-non-sta-né-in-cielo-né-in-terra e sono contenta che riesca a strappare qualche sorriso^^
 
fedenow: felicissima di ritrovarti anche qui^^! La vecchietta è modellata su un personaggio reale, ovviamente, ma penso che ce ne sia una in ogni condominio d’Italia XD Matt riesce a essere spassoso anche quando non c’è, è un suo superpotere ^^ sono davvero contenta che ti piaccia.
 
_Enny_In_Wonderwall_: gli Ziggy li faccio in casa io, produzione propria XD Brian ormai è universalmente la nostra mamma-oca preferita, lunga vita a lui. Nel prossimo capitolo vedrai se ci hai azzeccato^^, e se davvero l’hai fatto, hai tutta la mia stima perché io non ne avevo la più pallida idea fino al momento in cui ho concluso questo capitolo XDDD
 
Stregatta: un pochino WTF? Totalmente WTF XD Ma non potevo far altrimenti per incastrare Brian e un papero nella stessa casa. Io non scrivo mai niente a caso XD, ti dico solo questo. Ziggy ha tutta una sua simbologia intrinseca, checché ne dica Brian.
Davvero molte grazie per il commento, e anche per quello a Song To Say Goodbye. Mi ha veramente fatto molto felice.

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Capitolo 4
*** Ziggy Waves Goodbye ***


- Aaah, ecco dove lo tenevi! – esordì entusiasta Matthew, allungando le sue mani da ragno in direzione del papero che sembrava star avendo una crisi di nervi e che cercava di nuotare il più possibile lontano da lui, sollevando onde e spruzzi d’acqua come una piccola elica. – Mi era sembrato strano non vederlo appena entrato in casa, ma è anche vero che ero molto distratto in quel momento… -
Brian sembrò non ascoltarlo nemmeno. Era rimasto immobile e basito sullo stipite della porta, gli occhi vuoti e il labbro inferiore leggermente pendente verso il basso, sentendosi un po’ come l’agnello che realizzi all’ultimo momento di non essere stato invitato al pranzo pasquale per la sua piacevole conversazione.
- Tu… - balbettò, sbattendo a fatica le palpebre. Matthew si era seduto sul bordo della vasca e tentava invano di acchiappare il povero Ziggy – il quale, ormai divenuto isterico per il terrore, schizzava da una parte all’altra come la starnazzante pallina di un flipper, dando l’impressione di essere disposto a morire annegato nei suoi stessi spruzzi piuttosto che farsi prendere. Brian sentì quello che disgraziatamente era il suo fidanzato – Cristo, il suo compagno di vita! - borbottare qualcosa di estremamente volgare ed ebbe la strana sensazione che la sua voce gli arrivasse fioca e lontana da un altro pianeta, da un altro universo – dalla spaventosa Matthew-landia, la terra del Non Ritorno.
- E sta’ ferma, stramaledetta anatra… Ha-ha! – esclamò ad un tratto il front-man dei Muse, trionfante e con la camicia e i pantaloni completamente zuppi d’acqua. Il piccolo, coraggioso e indomito pennuto era infine capitolato a causa della stanchezza e, stremato, pendeva per una zampa dalle lunghe dita della mano destra di Matthew, gli occhi sbarrati e le ali che si muovevano deboli e supplicanti in direzione di Brian. Questi stette inorridito a guardarlo mentre veniva sventolato nell’aria come un panno sporco da quel mostro del suo fidanzato.
- Matthew!! – ruggì, avvicinandosi in una sola falcata e strappandogli di mano quello che ormai era diventato un palloncino di sparute piume gialle. Ziggy, ancora intontito dalla shakerata, provò debolmente a mettersi in piedi e dire la sua ma stramazzò sul palmo della mano di Brian prima di poter emettere anche un solo singolo ultrasuono. Brian lo guardò orripilato.
- Matthew, per Dio, non è una papera di gomma! E’ un cazzo di animale vero, che prova dolore! – sbraitò, lanciando uno sguardo preoccupato agli occhi di Ziggy che sembravano due rondelle e allontanandolo istintivamente dal campo visivo di Matt, nascondendolo fra le sue mani giunte. Il front-man dei Muse sembrò rimanere colpito dalle sue parole come da una palla di piombo e si mise a guardarlo come se Brian non fosse un essere umano, ma piuttosto un alieno – e cioè con estremo interesse.
- Volevo solo asciugarlo, Brian… - cominciò, quasi circospetto. Brian gli lanciò uno sguardo schifato.
- Sei da denuncia al WWF. Non oso immaginare quali sofferenze tu gli abbia inferto per spaventarlo in quel modo, in quali bieche maniere tu abbia tentato di mettergli il fiocco al collo e chiuderlo nella… - la sua voce sembrò svanire gradualmente, come in un fotogramma cinematografico in dissolvenza, mano a mano che il suo cervello ingranò e cominciò a fare i collegamenti opportuni. Quando ricominciò a parlare, i suoi occhi erano grandi almeno il doppio. - …Tu… Tu l’hai portato qui!! Che cazzo ti è venuto in mente di scaricarmi un pulcino di papero tra capo e collo?! – ricominciò ad urlare, raggiungendo un acuto tale da far sembrare un dilettante persino lo stesso Matthew – quel Matthew che a vederlo gonfiarsi di rabbia tremò debolmente e deglutì con estrema difficoltà, cominciando a tormentarsi le mani.
- Era un regalo… Per… - cominciò, facendosi piccolo piccolo, ma Brian era ormai fuori controllo.
- ERA UN REGALO IL CAZZO! Una cravatta è un regalo! Una scatola di cioccolatini è un regalo! Una Gibson Les Paul è un regalo! Un papero non è un regalo!! – e sulla o di regalo partì una nota spaccatimpani che richiamò inquietantemente il fischio di una caffettiera. Matthew fece per tapparsi le orecchie ma fortunatamente riuscì a fermarsi in tempo.
- Brian, ti prego, stai facendo crepare i vetri… Era un gesto affettuoso, il mio! Dai, non è carino…? – disse, ansioso, aggirando Brian e uscendo circospetto dal bagno - e guardandosi bene dal dare alle spalle a quello che ormai, più che essere un fidanzato un tantino nervoso, sembrava una gorgone in miniatura e con le unghie smaltate di nero. Brian sbiancò per il nervoso ed esplose definitivamente.
- Se è carino…? Se è carino…?! – cominciò, e come ogni volta che era davvero incazzato ripeté il concetto due volte. - Non osare tirare in ballo Ziggy! Non è di lui che stiamo parlando, ma di te e di quanto tu sia irrimediabilmente coglione! – lo incalzò con l’ennesimo urlo di guerra, tampinandolo per la casa e infrangendo l’ingenua speranza di Matthew di mettere qualcosa di solido fra loro due – la tv, il tavolo, un muro intero.
- Ma è proprio perché mi sembrava carino che te l’ho preso! In fattoria avevano appena concluso una covata, mi avevano invitato ad andare a vedere e c’era questo piccolo papero che sembrava sussurrarmi “prendimi, Matthew Bellamy, perché stai per partire per una settimana e lasciare l’uomo più bello e adorabile del mondo tristemente, desolatamente, irrimediabilmente solo… -
- …Sì, “prendimi e strappami alla mia vera madre per infiocchettarmi e costringermi in una casa delle bambole da regalare ad una persona che avrebbe anche una vita da vivere, grazie mille!” NON-DARE-ASCOLTO-ALLE VOCI-NEL-TUO-CERVELLO, Matthew! Te l’ho detto milioni di volte! Piuttosto componi una suite folk-punk di sedici minuti e con un assolo di triangolo di sei – ma impiega il tuo intelletto solo ed esclusivamente in quello! – strillò Brian, costringendolo fra il tavolo della cucina e la lavastoviglie.
- Ma, amore… - tentò di ribattere fiaccamente Matthew.
- Ma niente! Ora lo riportiamo da dove è venuto, non può stare qui un minuto di più! –
- …L’ho pure chiamato come il tuo disco preferito di David… - fece l’altro, lamentoso. Brian si irrigidì di un tratto.
- David? E chi è David?! Il tuo compagno di merende…? – chiese, perfidamente insinuante. Matthew impallidì e pensò all’istante che non c’era niente di peggio che potesse dire.
- No… E’… Lo conosco grazie a te… -
- Appunto. E visto che fino a prova contraria non ci sei mai stato a letto e io invece , per te rimane sempre Bowie! –
- Dio, ma hai trasformato questa casa in un regime totalitario mentre io non c’ero? –
Matthew scansò il suo abat-jour preferito un secondo prima che si schiantasse sul muro a due centimetri dalla sua testa.
 
*
 
- Bri… –
- Ti avevo detto di non provare neanche a parlarmi prima che fossimo arrivati alla fattoria. –
- Sì, ma io… -
- Tu cosa, Matthew?... –
- …Io mi annoio. –
- Trova un modo carino di passare il tempo, allora. Che so, strozzati con la tua saliva. Oppure recita l’alfabeto al contrario nella tua testa. Fai quel che cazzo che vuoi, insomma, basta che te ne stai zitto.
- Ma sono ore che guidiamo in silenzio! Sono sicuro che anche tu sei al limite! –
- Tu sei sicuro di un sacco di cazzate, Matthew, purtroppo. A partire dall’esistenza dei cavalieri cydoniani, passando dall’esattezza scientifica di più o meno miliardi di teorie del complotto discordanti fra loro, per finire con l’imminenza dell’apocalisse. –
- Cosa hai bevuto a colazione oggi, Bri, mh? Acido muriatico e simpatia? –
- Non provarci nemmeno lontanamente a provocarmi, Matt. Sai benissimo che la colpa di tutto questo è tua! –
- Proprio perché lo so sto cercando di alleggerire il tutto! E’ il primo passo verso la pacificazione! –
- Quale pacificazione…? –
- Brian, mi rifiuto di accettare che un papero metta fine alla nostra storia. Sarebbe una cosa immorale. –
- Per te, forse. –
- … -
- …Cristo, Matt, va bene, metti su un po’ di musica. –
- Non ti va di sentire una barzelletta, invece? –
- No. –
- E’ adattissima al momento. –
- NO. –
- Daiiiiiii… -
- Piantala di emettere ultrasuoni, Matthew, risparmiami almeno quando non canti. –
- E’ bellissima, me l’ha raccontata Dom! Fa davvero ridere! –
- Ah beh, se te l’ha raccontata Dom ci metto la mano sul fuoco. –
- Non ti permetto di insultare il mio batterista! –
- Il tuo batterista si insulta già da solo mettendosi i pantaloni che mette. –
- Sono splendidi, i pantaloni di Dom! Non capisci niente! –
- …Mio Dio, perché l’ho detto… -
- Eh  no, adesso è troppo comodo rimangiarsi tutto! La punizione per questo imperdonabile affronto è che tu ascolti la mia barzelletta! –
- Siamo passati ai ricatti morali, eh? E va bene. Avanti, sono tutto orecchie. –
- Bene. Dunque, c’è un uomo normale, il classico ritratto della persona qualunque… Chiamiamolo Brian. –
- Non lo possiamo chiamare Matthew…? –
- No, abbiamo detto che sei in punizione. Dunque, Brian è un povero impiegato che conduce un’esistenza scialba e piatta, quando tutto a un tratto decide di mettere da parte i risparmi di una vita per permettersi una visitina al quartiere a luci rosse di Amsterdam. Arrivato lì entra nel primo bordello disponibile, ma è imbarazzato, è una cosa che non ha mai fatto prima, non sa bene cosa dire, e quindi chiede consiglio al tenutario del posto. “Perfetto, signore” gli risponde l’uomo “oggi è il suo giorno fortunato, è appena arrivata la nuova attrazione del posto. All’estero è già quotatissima, è il classico nuovo trend di stagione. Vuole provarlo?” Brian è un po’ titubante, “Ma io veramente sarei per le cose tradizionali…” Ma il tipo insiste, e Brian cede. Lo fanno entrare in questa stanza tutta rossa, con le pareti rosse e un enorme divano in pelle rossa su cui è languidamente disteso… un papero. Brian è paralizzato dallo stupore, ma il papero è proprio un bel papero, quindi alla fine si lascia andare e fa quello che deve fare… -
- Dio, Matthew, è ributtante! Dominic è ributtante! –
- Sssh, zitto e guida. Brian se ne torna a casa sua e ricomincia a lavorare, ma quel papero gli ha lasciato un segno indelebile nel cuore, non fa altro che pensare a lui, lo sogna spesso, non riesce proprio a dimenticarselo. Così ricomincia a risparmiare per un altro anno e si reca ancora ad Amsterdam, torna nello stesso bordello e si precipita pazzo di nostalgia dal proprietario: “Me lo faccia rivedere, non ci riesco, io lo amo, io devo avere quel papero! –
- …Matthew, ti avverto che mi sto seriamente indisponendo… -
- “Signore, quest’anno c’è un’altra novità, non vuole provarla?” gli propone invece il tenutario. Brian si oppone e lo supplica ancora un po’, ma poi viene convinto e si lascia trasportare in un’altra stanza, dove una decina di persone è già seduta su una fila di comode poltroncine disposte davanti a una lastra di vetro trasparente che dà sulla solita camera con le pareti rosse. Cominciano a comparire varie donne nude, accompagnate da ogni tipo di animali – cani, gatti, anaconde, aquile, gnu – e comincia un’ enorme orgia di gruppo. Brian si siede insieme alle altre persone e si mette a guardare, affascinato. “Mica male questa nuova offerta” sussurra a un certo punto al suo vicino. Questo ridacchia e gli risponde: “Ah, ma doveva esserci l’anno scorso… C’era uno con un papero che era la fine del mondo!... –
-…-
- Io la trovo divertentissima! –
- … -
- …Beh, che ne di- -
- Scendi immediatamente da questa macchina!! –
- Ma Bri, stiamo andando a centoventi! Mi uccido se lo faccio! –
- Scendi subito o giuro che ti butto giù io!! –
- Ma amor- -
- FUORI! –
- Non capisco perché ti arrabbi così!... –
- Ah no?! Tu non sai cosa sia il senso della misura, Matthew! –
- Ma faceva ridere! –
- Matthew sparisci dalla mia vista oppure faccio diventare i Muse un duo come Simon and Garfunkel. –
 
*
 
Quando finalmente arrivarono alla fattoria Brian stava ancora fumando dalla rabbia. Non bastava il cervello malato di Matthew, non bastava il suo senso dell’umorismo grezzo, squallido e fuori luogo – no, si doveva anche scoprire che Ziggy aveva lo stomaco delicato e che l’accoppiata crocchette di patate mattutine più pomeridiane curve del Derbyshire non si era rivelata esattamente vincente (“I miei sedili di pelle. I miei sedili di pelle” aveva letteralmente singhiozzato, mentre Matt a bordo strada controllava che Ziggy non morisse soffocato dal proprio vomito come Jimi Hendrix).
Ziggy ora giaceva nelle sue mani ancora leggermente verdognolo, completamente stroncato dalla sua breve quanto turbolenta esperienza sensibile del mondo. Brian filò dritto fuori dalla macchina in direzione dello stagno che Matthew gli aveva mogiamente indicato e pregò Dio che il fattore e sua moglie non avessero deciso di arrostire per cena la famiglia del piccolo pennuto – perché un lutto di massa e il trauma dell’incontro con Matt sarebbe stato troppo per chiunque, e non voleva appurare il fatto se o no i paperi fossero in grado di concepire il suicidio.
Sospirò. Appena tornato a Londra, avrebbe chiamato il suo analista e gli avrebbe regalato, oltre alla canonica montagna di soldi, anche la mezz’ora di terapia junghiana più divertente della sua vita.
Con suo grandissimo sollievo vide una piccola famigliola di pennuti godersi il sole poco lontano da un fitto cespugli di giunchi. Pizzicò delicatamente Ziggy sul capino per svegliarlo e questi lo guardò con un’espressione talmente piena di umana inquietudine da farlo commuovere.
- Come posso dire… - cominciò, poggiando lentamente il papero a terra vicino alla sponda dello stagno. – Cristo, sei un’anatra, non è come con i bambini veri, e a anche se fosse io non… -
Si bloccò. Dietro di sé, Matthew gli teneva lo sguardo fisso addosso e Ziggy gli beccava interrogativamente un dito, confuso da quello scenario anomalo. Poco lontano, quella che doveva essere mamma papero lanciò un deciso verso di richiamo e la sua numerosa prole sparsa ovunque fece cerchio attorno a lei con inaspettata prontezza. Ziggy voltò il becco a quel suono e rimase immobile, in ascolto.
- Ecco, vedi, sta chiamando anche te… Sarò stata preoccupatissima per tutta la settimana. Magari, sai, pensava che da grande saresti stato un ottimo capo-stormo, che le avresti portato un po’ di insetti la domenica per pranzo e che le avresti dato dei nipoti – ma vedi, non è colpa sua se un povero imbecille ha pensato che saresti stato la miglior cura contro la mia solitudine. –
- Ti ho sentito. – borbottò Matthew, offeso. Brian sorrise. Ziggy aveva pucciato una zampa in acqua e si era subito ritratto, insospettito e diffidente.
- Perciò… Immagino che tu debba andare. Probabilmente non ti sarà permesso uscire per i prossimi due sabati sera, ma vedrai che le cose si sistemeranno in fretta. –
Mamma papero lanciò un altro verso e guidò il suo codazzo starnazzante fuori dall’acqua, verso di loro. Ziggy guardò alternativamente i suoi simili, poi Brian, poi di nuovo i suoi simili, poi Brian.
- Avanti, vai. – disse il frontman dei Placebo, alzandosi dalla sua posizione accucciata. – Migra in qualche posto col sole, trovati una papera per bene e tieni lontani i tuoi futuri pulcini dagli sconosciuti. –
Forse era talmente provato dai quei giorni infernali da credere davvero di aver visto il piccolo papero annuire – ma sinceramente, non voleva indagare oltre. Si limitò ad annuire a propria volta, mentre Matthew gli si faceva accanto ed osservava insieme a lui il titubante primo approccio di Ziggy alla sua ritrovata famiglia.
- Crescono così in fretta. – lo sentì dire, con un sospiro.
- Oh, sta’ zitto, Matthew. – ribatté esasperato Brian, roteando gli occhi.
 
 
 
 
 
 
 
 
Doverose e noiose note di fine storia: in una vecchia intervista avevo letto che Matthew aveva deciso di comprarsi una fattoria – non so sia vero o se lo si fosse inventato, ma piatto ricco mi ci ficco :D
Nella realtà Brian non guida, ma si sposta in metro o in macchina con altri: il motivo per cui l’ho messo al volante è che se non avesse avuto le mani occupate, avrebbe tentato di ammazzare Matthew, l’auto avrebbe sbandato e non avremmo perso due frontmen in un colpo solo ç_ç non ne fanno più così, dobbiamo prendercene cura ç_ç
Quell’oscena barzelletta, sia ringraziato Dio, non mi appartiene, ma è il cavallo di battaglia di un caro amico che la racconta ad ogni sconosciuto che incontra con effetti a dir poco esilaranti (del tipo: “Ciao, piacere, Francesco, la sai quella del papero? No? Allora, prendiamo un uomo qualunque ecc. ecc.). Lo so, mi accompagno a brutta gente.
Ora, vorrei dire davvero due cose su questa storia, perché ho paura che vi siate fatti un’opinione sbagliata di me XD Non sono il tipo di persona che quando non ha niente da fare si mette a fissare il vuoto e a pensare “ma sì, dai, proviamo a chiudere Brian Molko in casa con un papero e vediamo cosa succede”. No. Cioè, no XD Credetemi XDDD
Il fatto è che Ziggy esiste davvero - o perlomeno è esistito, visto che la sua controparte reale è vissuta ormai ventotto anni orsono. Tutto è venuto fuori qualche settimana fa, mentre stavo impacchettando un regalo assurdo comprato per il compleanno di un’amica assurda: lo stavo giusto commentando con mia madre quando ad un certo punto lei mi fa: “Lascia stare, che quel delinquente del migliore amico di tuo padre ci ha fatto il regalo di nozze più demenziale del mondo”.
Sì, esatto, il regalo di nozze era una papera, ed era in tutto e per tutto la copia di Ziggy ad eccezione del fatto che era femmina e che si chiamava Guendalina, in onore degli Aristogatti XD
Tutto quello che ho raccontato qui è vero: il suo completino, gli sforzi per salire le scale, l’appetito insaziabile, gli urli disumani, la paura della solitudine, il fatto che seguisse mia madre ovunque e che dormisse sotto l’ascella di mia padre (XD), la liberazione ai giardini quando poi è cresciuta abbastanza.
Poi, da qui a chiedermi come mai io abbia affibbiato tale piaga d’Egitto a Brian Molko – e soprattutto gliel’abbia fatta regalare da Matthew Bellamy – ce ne corre. Non lo so proprio XD Si vede che non avevo ancora ricominciato la scuola e che la mia mente era leggera e disimpegnata come un uccellino XD
E’ una storia che non ha un vero e proprio senso (già il fatto che abbia occupato ben quattro capitoli è quasi ridicolo), ma che è stata scritta unicamente per strappare qualche sorriso: i personaggi sono appiattiti e ridotti quasi a macchiette, dato che ho pensato di evidenziare quegli aspetti peculiari che si desumono dalle loro esibizioni e interviste (qualche atteggiamento femmineo di Brian, l’”eccentricità” di Matthew, ecc. ecc.) che mi sembravano più adatti a un contesto comico e grottesco. E’ ovvio che non ho mai inteso dare un ritratto verosimile delle loro personalità XD Ma diciamo che mi sono tolta uno sfizio, e sono contenta che il mio primo esperimento umoristico sia risultato quasi credibile. Continuerò su questa linea XD No, per carità. Sto scherzando XD
Grazie a tutti coloro che hanno commentato, seguito, preferito, ricordato e compagnia cantante. E’ stato uno scambio di opinioni molto divertente e piacevole, sebbene del tutto fuori dal mondo^^

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