Per sempre.

di Agente_speciale_Jessi
(/viewuser.php?uid=110017)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. __Per te. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9.Lo sai che ti amo.. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ziva era lì, seduta alla sua scrivania, e continuamente si perdeva in quegli occhi di ghiaccio di fronte a lei.
Perché proprio Tony doveva farle quell’effetto? Poteva rimanere ore a guardarlo sperando che lui non se ne accorgesse.
Nella sua testa scoppiavano ancora le parole che si erano detti, o meglio quelle che lui le aveva detto, senza ricevere alcun tipo di risposta.
“Hai compromesso la tua intera carriera, e per cosa?”
“Per te.”
“Tony vuoi dirmi perché sei venuto?”
“Perché non posso vivere senza di te.”
Più volte si era ritrovata nelle situazioni “adatte”, a modo loro, per rivelargli quanto lo amasse.
Solo che la prima volta gli ha puntato una pistola contro e la seconda gli disse di dimenticarla.
Eppure ora era lì, a guardarlo, e a immaginare come sarebbe stato se lei non fosse stata così orgogliosa  da respingerlo. Perché lei, infondo, era questo: un assassina del Mossad troppo orgogliosa da poter dimostrare la sua umanità.
Mentre rifletteva su questi pensieri, si accorse che anche Tony la stava guardando. Sentiva i suoi occhi di ghiaccio su di lei.
Tony, d’altro canto, era innamorato di lei. Sene era accorto quando la stava perdendo.     Pensava che se non si fosse accorto di quello che provava così tardi, forse, per loro ci sarebbe stata una possibilità.
Lei, era diventata tutto ciò che desiderava, tutto quello che aveva di più importante. Avrebbe combattuto sempre con lei e per lei.
Ognuno incolpava se stesso, e questo di certo non li aiutava.
-Occhioni belli a che stai pensando? – domandò Tony.
* Cavolo, se n’è accorto.* pensò Ziva. * Penso a te, solo a te.* avrebbe voluto gridargli, ma non lo fece.
-A niente. – si limitò a rispondere.
Tony si domandava come mai lei lo tenesse sempre fuori dai suoi pensieri. Lui voleva entrarci, voleva farne parte. Voleva far parte della vita di quella bellissima donna che gli sedeva di fronte. Non era più solo una collega: era diventata un’amica, LA donna che amava.
Desiderava andare da lei e prendere il suo volto tra le mani, perdersi nei suoi occhi neri e, magari, spostarle anche qualche ciocca di quei suoi capelli ricci, neri, prima di baciarla. Baciarla come non aveva mai fatto con nessun’altra prima. Lei lo doveva sapere, prima che il suo cuore gli uscisse dal petto irrimediabilmente e prima che qualcun altro rubasse il suo.
Era stato geloso di Michael e di tutti coloro che guardavano Ziva troppo insistentemente. Ma, infondo, lui era stato stupido. Era lui che non si era accorto che la donna più bella, la più speciale e importante l’aveva accanto da quattro anni ormai. Aveva perso tempo a portarsi a letto donne insignificanti. E se solo una volta si era innamorato di Jeanne, ora lo era di Ziva. Lo era sempre stato.
-Andate a casa. – disse Gibbs entrando in ufficio.
McGee era già pronto, così si diresse subito all’ascensore.
Ziva stava raccogliendo le sue cose e stava spegnendo il computer. Così Tony rallentò in modo tale da prendere l’ascensore con lei. Aveva deciso di parlarle.
Quando fu pronta, Ziva corse verso l’ascensore. Tony la inseguì e riuscì a entrare prima che le porta si chiudessero.
Non riuscivano a rivolgersi la parola.
Ziva cercava di mostrarsi impassibile, mentre l’unica cosa che voleva era che quelle porte si aprissero e sfrecciare via.
Tony, invece, allungò la mano e giro la levetta dell’ascensore.
-Dobbiamo parlare. – disse Tony.
- Di cosa? Non mi pare che abbiamo qualcosa da dirci. – rispose Ziva, anche se sapeva bene cosa Tony volesse dirle.
- Ziva.. – disse dolcemente. – Ti ho già detto cosa provo per te. Ho bisogno di risposte. – aggiunse.
- Non so di cosa parli. – affermò lei continuando a girarci intorno.
- Non ti lascerò uscire di qui finché non parleremo. –
Ziva sapeva bene quanto potesse essere determinato Tony.
-E va bene. – sospirò. – Noi non abbiamo futuro. – disse impassibile.
- Non ci abbiamo nemmeno provato. – rispose Tony mentre un misto di rabbia e di amore gli squarciava il cuore.
- Qual è il problema? La regola 12? Tu? Io? – aggiunse con voce alta.
- Il problema sono tutte queste cose. Proprio non capisci, vero Tony? –
- Capire cosa? L’unica cosa che so è che non riesco a non pensarti. A desiderare i tuoi occhi su di me, le tue labbra sulle mie. Svegliarci insieme. E’ tutto ciò che voglio. Tu non lo vuoi? Guardami negli occhi e dimmelo. – continuava a ripetere Tony a voce alta. – Dillo..dillo.. Tanto lo so che lo vuoi anche tu. – continuò.
Ecco adesso c’era un grosso problema da risolvere. Lei non gliel’avrebbe mai detto. Doveva girare intorno alle parole di Tony.
-Che ne sai di cosa voglio? –  riuscì a dire.
- Lo vedo ogni volta che ci guardiamo..Ziva. –
- Ecco, vedi. Tu sei un narcisista, un immaturo, sei superficiale ed irritante, sei egocentrico e sei anche arrogante. E io ti amo. – urlò.
Cavolo, glielo aveva detto.
Tony sorrise. Riconosceva la sua Ziva. Era sincera.
La tirò a sé e la baciò appassionatamente. I loro corpi aderivano perfettamente tra loro.
Lei, al contatto delle loro labbra, sentì il cuore battere talmente forte che, quasi le faceva male. Allungo la mano per rimettere l’ascensore in moto.
Tutto ciò che desiderava era realtà. Lui era come il sole e la pioggia e lo odiava per questo. Odiava il fatto di sentirsi così debole al suo fianco. Lo odiava perché lo amava così immensamente.
Quando si staccarono lei cercò di riprendere tutto il suo autocontrollo, che qualche istante prima si era sbriciolato.
-Ti amo.. -  sospirò con le mani ancora poggiate sul suo petto, e quelle di lui ancora sul suo fianco e sulla guancia.
Proprio in quel momento le porte dell’ascensore si aprirono e lei scappò via.
Tony la guardò andare via, ma non poteva non sorridere per quel bacio. Provavano le stesse cose e Tony giurò a se stesso che non l’avrebbe mai più lasciata andare via. Sarebbe stata sua, per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Ziva arrivò a casa appena in tempo per non bagnarsi a causa dell’acquazzone, che scendeva violento su Washington.

Non riusciva a capire come, quello che era da poco accaduto nell’ascensore dell’ncis, fosse sfuggito al suo controllo. Lei riusciva sempre a gestire tutto. Perché quella volta non c’era riuscita? Quasi si malediva per l’accaduto, eppure non riusciva a trattenere un sorriso quando ci ripensava.

Avrebbe fatto di tutto perché le cose non cambiassero e perché Tony si dimenticasse tutto. Ma lei no. Lei non poteva dimenticare, non voleva. Quel bacio l’avrebbe portato per sempre nel cuore. Ora doveva solo riportare le cose al loro posto.

Mentre ci pensava, Ziva prese un piumone e si stese sul divano. Accese la tv ma le immagini non arrivavano alla sua testa, troppo impegnata a pensare a Tony. Continuava a ripetere immaturo, donnaiolo, superficiale, come se fosse una lista da memorizzare. Si, in effetti era una lista: quella dei difetti di Tony. Ziva pensava che in questo modo avrebbe dimenticato ciò che, al contrario, l’attraeva e la spingeva a voler aprire la porta e schizzare via. Via, proprio come quando è uscita dall’ascensore. Questa volta però non per scappare, ma per andare da lui e fare quello che il suo orgoglio non le permetteva.

Ripensava alle parole dette e a quelle non dette. Ce n’erano di cose da dire, forse troppe.

Ad un certo punto sentì bussare alla porta. Andò ad aprire ritrovandosi di fronte Tony. Era bagnato, zuppo di pioggia. I capelli erano spettinati e gocciolavano, come i suoi vestiti. Eppure era maledettamente bello. La lista che aveva appena fatto era scomparsa dalla sua testa.

Tony entrò senza neanche darle il tempo di pensare.

Si fermarono uno di fronte all’altra e si guardarono per un istante che sembrava interminabile.  

-Ascoltami bene. – disse Tony interrompendo quel silenzio. – E’ vero. Sono tutto ciò che hai detto e ho ancora un mondo di difetti che probabilmente già sai. Ma come vedi sono qui e penso che questa sia l’unica cosa giusta che io abbia mai fatto. E’ l’unica di cui sono sicuro per lo meno. – aggiunse un secondo prima di tirarla a sé per baciarla.

Ziva sentiva le mani bagnate di Tony sulle sua guance e le sua labbra desiderare avidamente quelle di lui. Questa volta fu l’uomo ad allontanarsi.

-Ziva, oggi hai detto anche altre parole e io non le dimentico. Non mi arrenderò facilmente, non l’ho mai fatto. Non con te. – disse mentre usciva dalla porta che richiuse alle sue spalle.

Testardo. Già, lo era ma lei lo amava anche per questo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3. __Per te. ***


Grazie a tutti, di cuore. Grazie soprattutto a BiEsSe che è davvero, davvero, davvero fantastica.

Per la prima volta Tony riusciva a sentire il cuore che si spezzava, e non per il dolore ma per tutto l’amore che sentiva per quella donna, cresciuta forse troppo in fretta ma ancora un po’ bambina. E anche se era Ziva, quella forte, coraggiosa e impassibile che vedevano tutti, lei era ferita. Di cicatrici ne aveva tante e lui voleva proteggerla, voleva darle ciò che il Mossad, suo padre, la sua terra non le avevano dato. Voleva amarla.
L’unico problema è che lei non glielo permetteva. La sera precedente, per due volte, aveva provato a dirle ciò che sentiva e, per due volte, era stato respinto. E ora, si ritrovava lì a guardarla battere sulla tastiera e fissare il monitor. Sperava di beccarla almeno un secondo a guardare verso di lui.
-Ziva.. – disse, con voce talmente bassa che nessuno lo sentì.
Lei, nonostante lui la stesse fissando da tutta la mattinata, era stata molto brava a non fargli notare che, ogni tanto, lo guardava con la coda dell’occhio.
Era decisa ad evitare un’altra conversazione come le precedenti. Nella sua testa già scoppiavano tutte le parole che Tony le aveva detto. Ricordava tutto di lui, da sempre. Il ricordo che più le piaceva era quando, per sbaglio, mentre seguivano un sospettato lei si era poggiata sotto il suo braccio. Anche se quella volta si sentì tremendamente in imbarazzo amava il ricordo dello sguardo di Tony. Lei, semplicemente, amava Tony.
Per distogliere la mente da quei pensieri si alzò e andò nell’area relax per prendere un caffè.
Di solito lo prendeva e lo portava in ufficio. Quella volta, invece, si sedette ad un tavolino. Poco tempo dopo Tony la raggiunse e si sedette accanto a lei.
-Ti prego. Non parlare, non ti voglio ascoltare. – disse Ziva.
- Invece dovrai farlo. Non puoi evitarmi per il resto della tua vita. Siamo colleghi, amici, passiamo giornate intere insieme quindi smettila di fare.. –
- Cosa? Cosa starei facendo? Tony io sto soltanto cercando di evitare problemi. –
- Stai cercando di evitare me. –
Ziva non rispose. Lui non era un problema. Il problema e ciò che lei si sentiva quando era con lui. Si alzò, poi, per buttare il bicchierino nel cestino. Pochi secondi dopo si ritrovò Tony dietro di lei.
Lui riuscì a bloccarla contro il muro e posò i suoi occhi verdi su di lei, mentre poggiava le mani sui suoi fianchi. Si avvicinò sempre di più, ma questa volta non la baciò. Chiuse gli occhi e avvicinò le loro fronti.
-Mi è sempre piaciuto il tuo shampoo. I tuoi capelli profumano di lamponi rossi. – disse dolcemente Tony, prima che un sorriso si accennasse sul suo volto.
- Io voglio farti ridere Ziva, voglio vederti ridere. –  aggiunse.
- Lo fai già Tony. – rispose con voce bassa mentre una sua mano si poggiava sulla guancia di lui.
Il sorriso di Tony cominciò a farsi più visibile a quel contatto.
-Non sei tu il problema. Noi non possiamo.. –
- Amarci? – domandò spalancando gli occhi. – Lo stiamo già facendo. Direi che è un po’ tardi per ripensarci. – affermò un po’ divertito dalla sua constatazione.
- Lasciami andare Tony. – disse Ziva mentre cercava di divincolarsi da lui.
Qualche secondo dopo ci riuscì e si diresse verso la porta, per tornare in ufficio.
- Scappi. Sempre. Quando le cose non vanno, tu scappi. Eppure credevo che avessi capito: sono venuto persino in Somalia per te. Solleverei il mondo per te. – urlò Tony.
Al suono di quelle parole, Ziva si girò di scatto.
-Non ti ho chiesto io di venirmi a salvare. – ribatté lei, quasi offesa.
- Appunto Ziva. E’ quello che sto cercando di farti capire. Tu non devi chiedermelo perché lo farei e basta. – disse con un po’ della sua solita arroganza.
Nel momento in cui Tony pronunciò quelle parole, Ziva gli si avvicinò come aveva fatto lui qualche istante prima. Questa volta, però, non era stata “costretta”.
-E io lo farei per te. – disse senza alcun tipo di imbarazzo.
Nel giro di pochi secondi Tony sentì la mano fredda di Ziva sul suo viso. Lei si alzò sulle punte e lo baciò sulle labbra. Fu dolce, delicata..romantica. E Ziva non era mai stata romantica. Solo che con lui poteva essere tutto, con lui voleva essere tutto.
-Ma questo non ci giustifica.. – disse mentre si ricomponeva e riattivava il suo scudo.
Tony rimase immobile per qualche istante, mentre vedeva Ziva dirigersi verso la porta.
-Hai ragione. Questo non ci giustifica..Sai, invece, cosa lo fa? Il semplice fatto che ti amo. – affermò mentre la sorpassava sulla soglia della porta.
Questa volta fu Ziva a guardarlo andare verso la scrivania. Lui la amava. Stupida. Anche lei lo amava. Tony aveva ragione. Lei ora poteva scegliere. 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Eccomi. Scusate se aggiorno poco ultimamente ma sono strapiena di compiti. Questo capitolo l’ho scritto un po’ di getto. Spero vi piaccia. E vi ringrazio tanto per tutti i commenti che lasciate perché mi fanno sentire davvero bene ogni volta che li leggo. Non si può non sorridere per la vostra dolcezza. Grazie di cuore e scusate se questa volta non vi ringrazio nel particolare. E’ perché devo tornare a studiare. Baciiii.


Ziva sperò che il resto della giornata passasse in fretta o che, almeno, fosse abbastanza occupata per non pensare. In quei giorni odiava stare ferma e pensare.
Ma questo non bastava. Lui era sempre lì davanti a lei, quando prendeva in giro McGee, quando mangiava quei panini impossibili, quando Gibbs lo riempiva di scappellotti e quando rideva come solo lui sapeva fare.
Ziva amava vederlo ridere. Era come se quello fosse l’unico momento in cui lo riconosceva davvero, soprattutto in quei giorni in cui lo stava davvero ferendo. E lei non voleva farlo, ma non poteva neanche lasciarsi ferire. Forse quella era l’unica vera paura di Ziva.
Quando i pensieri cominciarono a farsi insostenibili, andò in bagno a bagnarsi il viso.
L’acqua rigava le sue guance,proprio come volevano farlo le sue lacrime. Ma lei era troppo orgogliosa per poter piangere per lui, per Tony. Lui aveva ragione. Si stava negando da sola la possibilità si scegliere.
Rimase un minuto, quasi interminabile, a guardare il suo riflesso nello specchio. Non sapeva esattamente cosa guardasse o cosa aspettasse, ma lo capì nel momento in cui si ritrovò Tony dietro di lei.
-Io non sono perfetto Ziva. Non lo sei nemmeno tu.. – disse mentre l’abbracciava da dietro e fissando i suoi occhi in quelli di lei, attraverso quella lastra di vetro posta di fronte a loro.
- ma lo siamo insieme. – continuò.
Nel giro di qualche secondo lui sene andò e ritornò, forse, a lavorare. Lei rimase lì ancora per poco, finché non capì cosa doveva fare, cosa voleva fare.
Verso la mezzanotte Tony era ancora in piedi a riflettere su quanto fosse successo negli ultimi giorni. Sentiva che qualcosa era cambiato. Si, era cambiato tutto. Le giornate erano più belle, adesso aveva una ragione valida per poter essere sempre felice nonostante lei continuasse a dirgli no.
Ma lui aveva già deciso. Non si sarebbe mai arreso. Questa era l’unica vera volta che combatteva per qualcosa, o meglio qualcuno, che amava davvero. Perché lei è Ziva, è la voce che riempie le sue giornate, è il gioco di sguardi, è complicità, è forza, è il suo sorriso, è ragione e irrazionalità allo stesso tempo. Lei è, punto.
Mentre ci pensava qualcuno bussò alla porta. Non si era reso conto di quanto fosse tardi finché non guardò l’orologio. Si alzò e andò ad aprire.  La donna di fronte a lui era di spalle ma si girò non appena aprì la porta.
-Che ci fai.. – stava domandando Tony prima di essere interrotto dal più bel bacio mai ricevuto.
Le ciocche nere dei capelli di Ziva gli solleticavano il volto, le mani di lei erano sulle sue guance e tra i suoi capelli. Lui la sollevò leggermente da terra prendendola per i fianchi, per portarla dentro. Mentre con un braccio le cingeva la vita, con l’altro chiuse la porta dietro di loro.
Non si erano detti nulla. Non c’era bisogno di parole per descrivere quello che sentivano.
Quella notte non c’erano se, né ma, né perché. C’erano loro, c’erano sempre stati e ci sarebbero stati per sempre, più di sempre.
E lì fecero l’amore. Sì, si lasciarono andare come mai prima. Le labbra non persero mai contatto, ma continuarono a muoversi all’unisono mentre, indipendentemente dal freddo di quella giornata, dalle regole infrante e dalle scelte, giuste o sbagliate che siano, i loro corpi si mettevano a nudo, esattamente come i loro sentimenti e i loro pensieri. Ed era tutto perfetto così.
Passarono la notte a scambiarsi carezze, a stringersi forte, a scambiarsi pensieri, senza neanche emettere un suono. Perché, in quell’istante, le parole sarebbero state superflue. Loro si erano capiti.
Continuarono così fino ad addormentarsi. Lei poggiata sul suo petto e lui, un po’ di risposta e un po’ perché voleva, continuò a cingerle le spalle con il braccio e a stringerla forte. Tony aspettò che Ziva si addormentasse perché voleva guardarla dormire e continuare ad accarezzarle i capelli, giocando di tanto in tanto con qualche ciocca, finché non fu talmente stanco che gli occhi gli si chiusero contro la sua volontà.
Quando la sveglia di Tony suonò, lui allungò un braccio per sentire un contatto con Ziva. Al suo posto trovò un biglietto. “ Tony, non è stato un errore. Ma oggi è diverso.”
Di colpo, dopo averlo letto, si alzò in piedi e si precipitò a prendere i suoi vestiti rimasti a terra la sera prima. Si infilò di fretta il pantalone e la camicia. Uscì di casa talmente velocemente che non se l’era nemmeno abbottonata.
Lui non poteva permettere che Ziva cambiasse idea, non dopo quella notte.
Ma si sa. L’amore è incostante, illogico, insicuro. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Weilà eccomi di nuovo. Allora da che iniziare? Ringrazio slurimina, roxy _xyz, piccoli giganti e BiEsSe. Mi emoziono quando leggo i vostri commenti e vedo che la storia vi è piaciuta. Grazie, di cuore.
E, a proposito, spendo due parole per il comportamento di Ziva. Ecco, direi che è palese che è innamorata di Tony..xD,però, io penso che lei sia orgogliosa, si mostra sicura quando in realtà non lo è. Perché il solo pensiero di fargli capire che l’ama la spaventa. Può sembrare stupido. Ma è così. Avete presente quando amate qualcuno talmente tanto e per questo negate che sia così?  Quando si desidera tanto una cosa che però può farti male? Istintivamente si cerca di evitarla, di negarsi da soli la possibilità di averla. Ed ecco che le due parole sono diventate un intero discorso. Comunque questa storia è più sdolcinata delle altre. Spero vi piaccia. L’unica cosa. Tony sta facendo di tutto per conquistarla ma ciò non significa che si è rammollito..xD E’ solo innamorato. Ci tenevo a precisarlo..xD. Baciii.
p.s. questo capitolo finisce bene, ma la storia non finisce così. xD
 
 
Quella mattina Tony arrivò in ufficio talmente in fretta che fece persino prima di Ziva.
“Deve essere passata per casa. Di sicuro.” Pensò dopo un attimo di smarrimento per non averla vista.
Gibbs si meravigliò nel vederlo arrivare presto e gli risparmiò il solito scappellotto mattutino. Forse perché, anche lui, notò che qualcosa non andava.
Tony si gettò sulla sua sedia e accese il computer. Si poggiò allo schienale e cacciò il biglietto che gli aveva lasciato Ziva, dalla tasca del pantalone. Per la rabbia l’aveva stropicciato tutto, così, molto lentamente, lo riaprì e lo rilesse più volte.
Cosa le avrebbe potuto dire quando sarebbe arrivata? Le doveva chiedere spiegazioni? Voleva  davvero sentirle quelle spiegazioni?
Non ebbe il tempo di trovare una risposta che Ziva uscì dall’ascensore e si sedette alla scrivania, come se niente fosse. Aveva lasciato i capelli sciolti, mossi. Lui amava vederla in quel modo. Aveva sempre pensato che le desse un’aria più ribelle. Era capitato persino, qualche volta, che si era incantato a vederla “lottare” con dei ricci che le cadevano davanti agli occhi.
Quella mattina ebbero poco da fare. Non era arrivata nessuna telefonata, nessun caso particolarmente complicato. Gibbs si alzava spesso per andare da Vance. Doveva aspettare solo il momento giusto per parlarle. Magari quando si fosse alzato anche McGee.
Ma non dovette aspettare molto. Infatti, dopo pochi minuti, si alzò e raggiunse Abby in laboratorio. Erano rimasti da soli, alle loro scrivanie. Lui e Ziva.
Si alzò in piedi velocemente e si avvicinò a lei. Si chinò sulla scrivania dove le poggiò il biglietto.
-Spiegami. – disse.
- Cosa? Credevo di essere stata chiara. Oggi è diverso Tony. – rispose Ziva.
- No. Non è diverso. E’ esattamente come ieri. Quindi adesso spiegami. –
- Lascia stare. E’ una perdita di tempo. – affermò mentre si alzava per posare i documenti in quei cassetti di metallo.
Tony la seguì da dietro, come faceva sempre, e la girò verso di lui.
-Ziva, non è una perdita di tempo, non dopo ieri sera. Parla. – disse con voce alta. Stava cominciando ad innervosirsi. Perché lei non voleva dirgli niente? In fondo, una spiegazione gliela doveva.
Purtroppo furono interrotti dal ritorno di Gibbs. Ziva ne approfittò per ritornare alla sua scrivania.
Era dall’intera mattinata che cercava di evitare il più possibile di parlare dell’accaduto e di rimanere da sola con lui. Purtroppo, però, non sempre ci riusciva. La verità è che nemmeno lei sapeva cosa dirgli. Non era mai stata molto brava con le parole, o meglio, con l’esternare i propri sentimenti con le parole. Come poteva fargli capire quello che sentiva? Come poteva fargli capire che aveva paura? Si, perché lei ne aveva. E anche tanta. Gli avrebbe dovuto dire che non poteva permettersi di cambiare, che non poteva permettergli di cambiarla. Lei non si sentiva più la stessa. Ogni volta che lo guardava, che si perdeva nei suoi occhi verdi, che rimaneva incantata dal suo sorriso. Perché il suo sorriso illuminava le sue giornate, perché i suoi occhi la rendevano felice, perché il suo carattere da bambino la faceva ridere come mai nessuno.
Lui le stava entrando dentro, troppo.  E per una volta lei aveva paura di sbagliare. Perché amare era difficile. Lei si sentiva insicura, fragile. Perché, quando quella mattina si era svegliata tra le sue braccia si era sentita così felice. Appena aprì gli occhi ebbe davanti a sé quello che per lei era la persona più importante del mondo. Era rimasta a guardarlo per diversi minuti. Respirava leggero ed era in una posizione strana. Aveva lasciato una gamba fuori da quelle lenzuola bianche che profumavano di loro, un po’ piegata, e con il braccio continuava a stringerla. Era senza maglietta e i capelli erano arruffati. Le guance un po’ rosse. Le labbra si ripiegavano in uno spigolo all’insù. Doveva essersi addormentato sorridendo.  Era bellissimo. Aveva il ricordo di quell’immagine bene impresso. Come fosse una fotografia, ricordava ogni minimo particolare. E lei, non si era mai sentita tanto amata. Non aveva mai sentito di poter amare tanto. 
Il resto della giornata passò senza che si rivolgessero la parola. Neanche un secondo. Ma lui, prima o poi, l’avrebbe fatta parlare.
A fine giornata, quando Gibbs li mandò a casa, Tony ne approfittò per rimanere di nuovo, da solo, con lei.
Successe tutto come qualche sera prima, quando la seguì in ascensore. Fece esattamente le stesse cose.
Quando furono dentro, entrambi, bloccò la levetta. Ziva si girò di scatto e gli chiese, un po’ bruscamente, di far ripartire l’ascensore.
-No. Dobbiamo parlare. –  disse.
Ziva sbuffò e fece di tutto per non guardarlo negli occhi.
- Ziva, questa mattina mi sono svegliato e tu non c’eri. Sai cos’avrei fatto se tu ci fossi stata? – domandò avvicinandosi. La prese per i fianchi e con una mano cominciò ad accarezzarle il viso.
- Appena aperti gli occhi sarei rimasto a guardarti per qualche minuto e poi avrei fatto di tutto per alzarmi senza svegliarti. Sarei andato in cucina a preparare il caffè, sperando che salisse in fretta perché volevo tornare da te. Ti avrei portato la colazione a letto e avrei lasciato il vassoio a terra. Poi, sai, mi sarei rinfilato sotto le coperte, perché faceva freddo e ti avrei fatta appoggiare di nuovo su di me, mentre ti sventolavo il caffè caldo davanti al viso il modo tale che l’odore ti svegliasse. Ti avrei baciato e ti avrei vista mangiare. Magari avrei fatto una di quelle mie battute, che sono stupide, ma che ti fanno sempre ridere. E ti avrei arruffato i capelli. Poi avrei provato a sfilarti la canottiera, quella grigia, pur sapendo che non me l’avresti permesso. Dovevamo andare a lavoro. Avrei fatto il bambino, come sempre. Prima di dirti che ti amo. – continuò.
- Ma tu non c’eri Ziva. – ripeté.
Ziva lo guardò. Non riuscì a dire niente. Tony si avvicinò sempre di più. Si chinò un po’ piegando il collo. Le spostò i capelli che le erano finiti davanti agli occhi. E la baciò. Un bacio a timbro. Poi un bacio a fior di labbra. Combaciavano perfettamente, come fossero pezzi di un unico puzzle. Lui sentiva il suo sapore.
Lei sapeva che in quel momento ogni tipo di autocontrollo, di difese e di inibizioni stavano cadendo.
 Il contatto delle mani calde di Tony portò via tutto il freddo di quelle giornate. Lui non smetteva mai di mostrarsi come era. Era bambino, era incosciente. Era innamorato.
In quel momento Ziva cominciò a chiedersi cosa faceva prima di conoscerlo, cosa la rendeva felice. Perché adesso, se qualcuno le avesse chiesto cosa la rendeva felice, lei non avrebbe saputo dare altra risposta che Tony.
Lasciò, così, che quel bacio diventasse più intenso, più avido.  Si desideravano, si volevano, si amavano. Perché quando erano insieme il mondo poteva anche andare veloce. Ma loro. Bhè loro erano lì, insieme, e questo bastava. Potevano dimenticarsi di tutto.
Tony si distaccò da quel bacio e la guardò. Avrebbe voluto dirle che aveva la sua stessa paura. Ma che lui c’era. Perché aveva sbagliato troppe volte. Troppe volte l’aveva lasciata andare.  Ma non lo fece.
Si limitò a baciarla di nuovo, dolcemente, prima di rigirarsi verso le porte dell’ascensore e girare la levetta.
-Usciamo stasera. A cena. – disse, prendendole la mano.
Lei si girò a guardarlo. Sorrise.
Uscirono dall’ascensore mano nella mano, come due persone innamorate. Che stupida. Loro lo erano.
 
  

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Ehii scusatemi se aggiorno solo ora. Questi giorni sono stati infernali. Non riuscivo a scrivere niente, mi sentivo vuota e questo mi ha distrutto. Solo ora sono riuscita a buttar giù questo capitolo che, devo dire, fa un po’ pena. Lo pubblico lo stesso perché è la prima cosa che scrivo dopo questi giorni “bui” e sono “contenta” per questo. Magari, significa che ritornerò a scrivere, non dico bene, ma almeno come prima. Scusate se vi ho fatto aspettare e se vi ho deluso. Un bacio e un abbraccio forte forte da Jessi..
 
Ps. Grazie a Slurmina, roxy_xyz e BiEsSe <3 . Scusatemi per tutto ma soprattutto GRAZIE, di tutto.
 
Quando avevano lasciato l’ufficio Tony e Ziva si diressero verso il parcheggio, discutendo se cambiarsi o meno prima di andare a cena.
Ziva insisteva per passare a casa e indossare qualcosa di più adatto al ristorante in cui Tony voleva portarla.
-Sei perfetta così.. – continuava a risponderle lui finché, come sempre, non si arrese.  Decisero di prendere la macchina di Tony.
Mentre si dirigevano verso casa di Ziva, rimasero, per la maggior parte del tempo, in silenzio. Ziva si incantò a guardare Tony guidare e canticchiare una canzone che stava trasmettendo la radio. Era stonato e, questo, la faceva ridere. Quando lui sene accorse, cominciò a cantare più forte. Gli piaceva vederla ridere. Improvvisamente smise di cantare e allungò la mano destra verso di lei, per accarezzarle il viso.
-Sai, credo che funzionerà. – disse.
-Cosa Tony? Di certo, non tu come cantante. – rispose.
-Io e te. Noi. Funzioneremo, e anche molto bene. Ti farò arrabbiare, ma non più di quanto non faccia ora. E, penso, che anche tu mi farai arrabbiare. Ma ogni volta mi ricorderò quanto amo il tuo sorriso. So che sarò infantile e stupido e che tu sarai sempre migliore di me. Che litigheremo e che faremo pace dopo poco. So che ti preparerò il caffè e che ti stringerò accanto a me ogni sera. Del resto non so altro. Tranne che non ti farò, mai, piangere. Questo telo prometto. – affermò.
Ziva sentì il cuore battere talmente forte che le sarebbe potuto scoppiare il petto. Si avvicinò a lui e gli diede un bacio, sulla guancia.
Poco dopo, arrivarono. Ziva scese dall’auto.
-Ehi Zi..passo anche io a cambiarmi. Ti vengo a prendere tra poco. Non fare tardi. – disse.
Lei gli fece solo un cenno con la testa e salì nel suo appartamento. Andò subito verso l’armadio. Preso un vestito nero e se lo infilò. Indossò un paio di scarpe con il tacco e degli orecchini. Andò in bagno a truccarsi. Aveva lasciato i capelli sciolti, come piacevano a Tony. Quando fu pronta si sedette sul divano a aspettare ma non passarono neanche cinque minuti ch sentì il citofono bussare. Tony voleva solo dirle che l’aspettava giù.
Quando scese, lo vide poggiato sulla macchina. Indossava un pantalone nero e una semplice camicia bianca. I capelli erano un po’ spettinati e i suoi occhi verdi riuscivano ancora, come da quattro anni, a confonderla.
Lui sorrise. La bloccò prima che salisse in macchina e la baciò. Dolcemente.
Riusciva, persino, a sentire i brividi ogni qual volta Ziva gli stava accanto e a sentirsi vuoto ogni volta che lei non c’era.
Salirono, poi, in macchina e si diressero al ristorante.
Appena arrivati il proprietario andò incontro a Tony.
-E così è lei? – domandò curioso.
-Si. – rispose.
Ziva li guardò con sospetto ma non chiese nulla.
Tony aveva prenotato il tavolo al centro della sala. Fece accomodare Ziva, prima di sedersi.
Il proprietario si allontanò per lasciarli decidere. Appena furono pronti ordinarono.
-Tony, perché ti ha fatto quella domanda prima? – gli domandò Ziva, riferendosi al proprietario.
- No niente. E’ solo che venivo molto spesso qui, una volta. Il proprietario è un vecchio amico di mio padre. E, l’ultima volta, gli parlai di te. Dissi che un giorno ti avrei portata. Ed eccoci qui. – rispose senza guardarla.
Lei sorrise. Dopo cominciarono a parlare di cose stupide e a prendersi in giro, come sempre.
Ziva pensò che, forse, Tony aveva ragione. Erano sempre loro, solo che adesso non dovevano fingere di non provare niente. Perché si amavano ed era troppo tardi per tornare indietro.
-Ah mi ero dimenticato di dirti una cosa. – disse Tony.
-Sei bellissima. – aggiunse.
-Grazie. –
La serata trascorse veloce tra una risata per qualche stupida battuta di Tony e qualche bacio. Si erano persino scambiati i pezzi di dolce, come se fosse la cosa più naturale del mondo, per loro.
Ziva aveva una mano poggiata sul tavolo e ci volle poco prima che Tony intrecciasse le loro dita.
Doveva sentirla. Aveva bisogno di avere le dita fredde e affusolate di lei tra le sue, decise e calde.
-Balliamo. – disse.
Ziva lo guardò torva. Ma cedette appena lui sfoderò il suo fantastico sorriso che le toglieva sempre il fiato.
Molti sguardi, nella sala, si puntarono su di loro. Non c’era la musica finché, una ragazza, vedendoli, si avvicinò al pianoforte del ristorante e incominciò a suonare. Tony e Ziva sorrisero, guardandosi negli occhi.
Quando finirono di ballare, decisero di tornare a casa, così ringraziarono la ragazza e Tony andò a pagare il conto.
Il proprietario li salutò calorosamente.
In macchina continuarono a ridere, un po’ per tutto e un po’ per niente. Cantarono qualche canzone e parlarono di tante cose.
-Era tutto perfetto stasera, Tony. Ti amo. – gli disse con molta naturalezza.
Lui spalancò un po’ gli occhi. Non sel’aspettava. La prima e ultima volta che gliel’aveva detto scappò via.
-Non scapperai questa volta, vero? –
Lei non rispose.
-Ehi. – riprese.
-Si? –
-Scapperai? –
- No. –
- Bene. Perché ti amo anche io. – disse.
Quando arrivarono all’appartamento di Ziva, Tony la accompagnò sopra.
Lei si tolse subito quei tacchi che la stavano uccidendo. Non era proprio abituata a portarli.
Lui sogghignò e la prese per un braccio. Portò una sua mano sul volto di lei e la baciò a fior di labbra.
Poi, portò quella stessa mano tra i capelli di Ziva e approfondì il bacio. Fu romantico e passionale. E anche sexy.
Ziva Sali sulle punte dei piedi finché lui non la prese in braccio, portando le gambe di lei attorno ai suoi fianchi.
Andarono in camera da letto e fecero l’amore. Erano perfetti insieme. Tutto era al posto giusto quella sera e avrebbe potuto esserlo per sempre.
 
 
Il mattino seguente, quando Tony si svegliò, ebbe un po’ di paura. Pensò che se avesse aperto gli occhi sarebbe svanito tutto oppure lei non ci sarebbe stata. Fece un respiro profondo e quando li aprì, la vide.
Era lì, perfetta. Dormiva.
I suoi capelli ricci le incorniciavano il viso. Era tutto reale. Non era un sogno.
Ce l’aveva fatta. Aveva accanto a sé l’univa donna che amava veramente e non sentiva nient’altro che il bisogno di lei, sempre.
Rimase un po’ a guardarla, poi si alzò a preparare il caffè. Voleva farle quella sorpresa che le aveva promesso.
Ziva si svegliò poco dopo. Quando non lo vide ebbe un attimo di esitazione. Era possibile che sene fosse andato?
Non sapeva che pensare, finché non si accorse, con conseguente sollievo, che l’odore del caffè inondava la casa. Si alzò e si infilò la camicia di Tony addosso.
Lo vide armeggiare in cucina. Indossava solo i boxer. Era a petto nudo e i capelli erano spettinati come piacevano a lei.
Senza far rumore, gli arrivò da dietro.
Si alzò sulle punte e gli baciò il collo. Lui si girò e lei rimase incantata dai suoi occhi. Quella mattina erano più belli. Ma, infondo, quella mattina era tutto più bello. Infondo si era svegliata accanto a l’unico uomo che desiderava e che si era accorta di amare. Lui si chinò per baciarla. Sorrisero.
-Sai che giorno è oggi? – le domandò.
Lei si girò per vedere il calendario ma lui l’anticipò.
-E’ sabato e ciò significa che abbiamo il weekend da passare insieme. –
Lei non disse niente. Era felice. Lo era anche lui. Si baciarono ancora.
-Ti porto al parco, amore mio. – disse Tony.
Ziva sorrise. Lo baciò di nuovo, a fior di labbra con le braccia intorno al suo collo e quelle di lui che la stringevano per i fianchi.
-Amo il parco. – affermò Ziva
-Io amo te. – rispose lui.
Erano bellissimi insieme. Erano felici, erano innamorati, dolci e passionali.
Erano tutto ciò di sempre. Eppure quando lo erano insieme c’era qualcosa di magico. Un legame che andava oltre tutto. Entrambi avevano i proprio cuori fuori dal petto, nelle mani dell’altro.
  

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Ehiii stellee. Eccomi qui..scusate se vi ho fatto aspettare. Grazie per i commenti che lasciate sempre. Mi sciolgo ad ogni parola..spero vi piaccia questo capitolo. Un bacio e un abbraccio forte forte da Jessi..
p.s. Non odiatemi per quello che succederà..
 
Il sole splendeva su Washington quella mattina e il cielo era azzurro come in un giorno d’estate. Quasi non sembrava possibile che fosse pieno inverno. Ma il freddo si faceva sentire e quella era la stagione preferita da Ziva.
Camminavano tenendosi per mano. Lei cercava di cogliere ogni singolo particolare di quella giornata e di quel posto. Amava davvero il parco, anche se ci andava poco.
Gli alberi erano di un verde intenso e molte coppie erano sedute sulle panchine mentre alcuni bambini giocavano sulle giostre. Qualche scoiattolo raccoglieva qualche ghianda.
-Gibbs ci ammazzerebbe se ci vedesse adesso. – disse Tony scherzando.
- Già. Ma lo dovrà sapere prima o poi. – rispose Ziva.
Tony non rispose. Forse non era ancora pronto a dirlo a Gibbs ed era meglio evitare l’argomento, almeno all’inizio.
Lo sguardo di Ziva si fece triste. Era possibile che si volesse tirare indietro?
-Sai, tra un po’ è Natale. Lo passeremo insieme? -  domandò Tony, un po’ per farle tornare il sorriso e un po’ perché lo desiderava. Lo desiderava davvero tanto.
E ci riuscì. Lei gli sorrise e scandì bene il suo si.
-Vieni. Compriamo un po’ di dolci. –
-Tony stai sempre a mangiare schifezze..- disse Ziva. Ma non riuscì neanche a terminare la frase che Tony aveva già comprato dei cioccolatini, qualche caramella, una busta di Marshmallow e una stecca gigante di zucchero filato, ad un chiosco ambulante.
Lei scoppiò a ridere. Era troppo divertente vederlo comportarsi come un bambino ed era bello vederlo felice anche per le cose più stupide.
-Ecco occhioni belli, mangia. Poi vediamo se non ne vorrai altro. – disse Tony, sventolandole lo zucchero filato davanti al viso.
Ziva fece per afferrare quella specie di ovatta rosa davanti a lei ma lui la interruppe.
-Aspetta. Ancora una cosa. – disse, un secondo prima di baciarla.
Il calore delle labbra di Tony sembrò svegliare quelle fredde e intorpidite di Ziva.
Ripresero, poi, a camminare. Lei, mangiando quell’impasto zuccheroso ma tremendamente buono e lui, cercando di afferrare i Marshmallow che lanciava in aria.
-Che c’è? – domandò Tony vedendola fermarsi.
- Ti va di sederci lì? – chiese indicando un albero, accanto ad un laghetto.
Tony annuì e, prendendola per mano, si andarono a sedere sotto un albero, in quell’ angolino che sarebbe stato loro.
Stettero un po’ a parlare e ridere. Risero tanto.
Si stesero l’uno accanto all’altro a cercare di dare una forma a quelle soffici nuvole su nel cielo.
Si baciarono. Si alzarono, si inseguirono e, stanchi, si rigettarono a terra. Di nuovo come prima. 
Tony chiuse gli occhi per un po’.
Lei fece lo stesso, con il viso poggiato sul suo petto. Cercava di ascoltare i battiti del suo cuore.
-Ti amo, incondizionatamente. Potrei stare ore a spiegartelo ma credo che non capiresti. Già, come potrei spiegarti quanto ancora riesci a sorprendermi? Sarebbe impossibile farti capire come mi sento ogni volta che ti vedo così dolce. Quando sento che ogni singolo muscolo si immobilizza mentre mi sei accanto, perché perdo totalmente il controllo. Quando sento il cuore fermarsi ogni volta che ti vedo o quando sento mancarmi il respiro se sei lontano. Oppure spiegarti quanto mi odio per non riuscire a dirtelo. – sussurrò, credendo che lui stesse dormendo.
Tony, invece, aprì gli occhi sentendo quelle dolci parole che mai nessuno gli aveva detto. Nessuno da cui voleva sentirle, almeno.
Sapeva quanto fosse difficile per Ziva dire certe cose e forse era meglio fare finta di dormire, come lei credeva.  Se, magari, le avesse detto di aver sentito, lei si sarebbe chiusa in se stessa come faceva sempre quando qualcuno le entrava dentro, sotto la pelle. Ma lui allora? Anche lei gli era entrata sotto la pelle, la sentiva dentro più di quanto avesse potuto immaginare.  Ziva era l’unica cosa che lo rendeva veramente felice in certi momenti.
La vita è monotona. E il loro lavoro, difficile. Con suo padre aveva un rapporto complicato e Ziva era come un imprevisto, se così lo si poteva definire. Chi avrebbe mai potuto immaginare che si sarebbe innamorato di lei. Chi poteva immaginare che l’avrebbe portata una mattina al parco e l’avrebbe vista come l’unico amore della sua vita.
E lui si sentiva completo con quelle parole. Non importava se Ziva non gliele diceva espressamente.
Dopo pochi minuti fece finta di svegliarsi e abbracciò Ziva. Lei si alzò di scatto dal suo petto e lo baciò.
Si allontanarono, poi, da quel “loro” angolino e ripresero a camminare, con le dita intrecciate.
-Tonyyyy..-
Una voce lontana li interruppe. Entrambi avevano riconosciuto la voce, ma speravano di essersi sbagliati.
Si girarono e alle loro spalle apparve la figura di Jeanne.
Tony, involontariamente, lasciò la mano di Ziva, che fino a qualche secondo prima teneva ben stretta.
Lei, di tutta risposta, non disse niente ma dai suoi occhi si poteva capire tutto ciò che le parole non dicevano.
Tony tratteneva il respiro, in attesa di qualche mortificazione dalla donna che, un tempo che sembrava lontanissimo, aveva amato.
E, invece, niente. Sembrò che tutto ciò che era successo non avesse più importanza. Ma era davvero possibile?
Ziva rimase muta ed immobile, come uno spettatore, di fronte al dialogo tra Tony e Jeanne.
Aveva pensato tantissime volte a cosa sarebbe successo se lei fosse tornata. I suoi più nascosti e tristi pensieri sembravano prendere vita.
La odiava. Vederla lì a guardare Tony come se fosse suo. E pensava di odiare anche lui, nel vederlo così felice. Sorrideva e quegli occhi verdi, in quel momento non la guardavano più. Non come la sera prima, né come quella stessa mattina. Adesso si stavano concentrando su qualcun’altra.
Ziva fece per andarsene quando sentì la mano di Tony fermarla. Bastò, però, una leggera spinta con la spalla per spostarsi e continuare ad allontanarsi. Non riusciva a stare lì ferma a guardarli. Proprio non poteva.
Jeanne continuò ad intrattenere Tony che, invece, voleva andare a fermare Ziva e a chiederle scusa, consapevole di aver sbagliato.
Quando riuscì a congedare quella donna, come mai avrebbe potuto immaginare, corse per raggiungere Ziva che aveva già superato il cancello del parco e imboccato la strada verso il suo appartamento.
Quando la raggiunse, Tony riprese a camminare al suo fianco, in silenzio.
Non dissero una parola finché non arrivarono.
Salirono, persino, le scale senza dirsi niente, senza fare niente.
Ziva sfilò le chiavi dalla tasca e le inserì nella toppa della porta. La girò per tre volte ed entrò.
Si girò, poi, verso Tony e i due si guardarono, dritto negli occhi.
Lui, non aveva mai visto tanto dolore negli occhi di qualcuno. Non voleva ferirla, ma lo aveva fatto ed ora doveva affrontare le conseguenze. Conseguenze che sperava non fossero troppo gravi.
-Mi dispiace.. – sospirò Ziva chiudendo la porta tra loro.
Poggiò, poi, la schiena su quella stessa porta e si lasciò scivolare a terra.
Tony fece lo stesso dall’altro lato.
-Ti prego amore mio, ascoltami. – disse sperando che lei, dall’altro lato, si fermasse a sentire ciò che aveva da dire.
- No Tony, ascoltami tu. – ribatté lei, mentre sentiva le lacrime inondargli gli occhi e rigarle il volto.
- Ti amo, come mai nessuno in tutta la vita. Passavano giorni, mesi, anni ma le cose non cambiavano. Sempre lo stesso problema, sempre la stessa regola che non dovevamo infrangere. Ma cosa dovevo fare per il mio cuore? Si spezzava al solo pensiero di non poterti avere. E vederti lì, seduto alla tua scrivania, e non poter fare niente mentre i tuoi occhi verdi mi facevano perdere in ogni singolo istante, di ogni singolo giorno. Pensare a tutte quelle volte in cui mi mancava poco per dirti tutto, ma alla fine non ci riuscivo mai.
E tutte le volte in cui ti sentivo parlare di lei e desideravo mi guardassi come guardavi lei. Lei non lo notava il tuo sguardo, non si accorgeva della luce nei tuoi occhi e non sentiva il battito del tuo cuore come il suono più bello del mondo. Cavolo. Le cose hanno cominciato ad andare bene quando ci siamo messi insieme. Ed ora, si può desiderare di dimenticare tutto? Si può davvero dimenticare tutto? Fa così paura. Fa dannatamente paura. Sento il cuore lacerarsi nel petto. Odio volerti dimenticare, voler dimenticare il tuo sguardo. Ma forse io non lo voglio dimenticare. Vorrei solo non sentire più tutto questo dolore quando mi sei davanti e anche quando non ci sei.
Ti amo Tony, ma non posso più permettermelo. – aggiunse.
-Perdonami.. – rispose Tony.
- Mi dispiace ma non posso. Non ci riesco. – disse Ziva, prima di alzarsi da quel freddo pavimento  andare in camera da letto, desiderando di dormire. Perché, quando dormiva, era l’unico momento in cui poteva allontanarsi dalla realtà.
Magari i suoi sogni sarebbero stati più felici.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


Ed eccomi qui con un nuovo capitolo. Sapete, ho la scuola occupata e sto scrivendo di tutto..xD
Comunque grazie sempre per i commenti che lasciate. Mi piacciono tanto.
Adesso vi lascio leggere. Spero vi piaccia. Commentateee.
Un bacione..Jessi.
 
 
Era incredibile. In un solo discorso, Tony aveva sentito le più belle parole che Ziva potesse dirgli e le parole che hanno messo fine a tutto. Perché era stato così stupido? Perché le aveva lasciato la mano al parco? E per cosa poi? Niente. Assolutamente niente.
Tony, ancora seduto davanti alla porta dell’appartamento di Ziva, lanciò il suo cellulare contro il muro. Aveva appena ricevuto una chiamata da Jeanne.
Non poteva essere successo davvero. Aveva appena perso la sua “piccola ninja” a causa di una persona che aveva totalmente dimenticato e cancellato dalla sua vita.
Tony chiuse gli occhi e li riaprì più volte sperando di svegliarsi da quello che sperava fosse solo un incubo.
Ziva, intanto, stava cercando di dormire ma il dolore era troppo forte. Non riusciva a smettere di pensare a Tony.
Ad un certo punto sentì il cellulare squillare. Era Gibbs. Rispose.
Le aveva appena detto che doveva andare in ufficio. A quanto pare questo weekend avrebbero dovuto lavorare ad un nuovo caso che non poteva proprio aspettare.
Ma forse era meglio così. Avrebbe distratto un po’ la testa, anche se avrebbe dovuto passare il tempo anche con Tony.
Si vestì velocemente e cerco di far sembrare il suo volto il meno sconvolto possibile. Non poteva far vedere di aver pianto.
Legò i capelli, prese il giubbotto e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Ma, appena fu sul pianerottolo, vide Tony ancora lì seduto.
Aveva il viso segnato, come un uomo che ha davvero perso tutto.
Ma lei, al momento, era troppo ferita per accorgersene.
Si guardarono, ma nessuno disse niente. Ziva si diresse verso le scale e scese un paio di gradini prima di fermarsi.
-Ha chiamato Gibbs. Dobbiamo lavorare questo weekend, quindi ci vuole in ufficio subito. – disse senza voltarsi.
Riprese, poi, a scendere. Più veloce di prima.
La sua macchina era rimasta nel parcheggio dell’NCIS la sera prima. Avrebbe dovuto prendere il pullman.
Tony si alzò da terra, raccolse il suo cellulare e prese la macchina per andare in ufficio.
Appena arrivò salì per le scale. Di certo, in un giorno qualunque, otto piani a piedi non li avrebbe fatti per niente al mondo, ma adesso doveva sfogare in un modo. E farsi quegli otto piani sembrava una buona soluzione.
Erano già tutti lì. Tutti, tranne Ziva.
Lui rimase in piedi, immobile, vicino alla sua scrivania.
Abby, che era seduta per terra, si alzò di scatto e abbracciò Tony.
Vide in lui qualcosa di molto familiare. Il suo sguardo. Era lo stesso che aveva quando credeva di aver perso Ziva per sempre, in Somalia.
Dopo pochi minuti arrivò anche Ziva.
-Gibbs che succede? Qual è questo caso che non può aspettare? – chiese Ziva.
- L’albero di Natale!! – urlò Abby.
A quanto pare Abby era riuscita a convincere persino Gibbs che li aveva chiamati lì con una trappola.
Gibbs, Abby e McGee andarono a prendere gli scatoli con le decorazioni dalla macchina.
Tony e Ziva rimasero in ufficio a fare spazio per montare l’albero.
Ziva faceva di tutto per non guardarlo negli occhi. Lui, al contrario, faceva di tutto per incrociare il suo sguardo.
-Ziva.. – disse Tony.
Lei, senza rispondergli, si andò a sedere alla sua scrivania.
Tony le andò subito vicino.
Si piegò davanti alla sedia e poggiò le mani sui braccioli, in modo tale da non farla alzare.
-Aspetta, ti prego. Voglio solo dirti una cosa..Prima sono stato uno stupido. Ma, dopo, che ho sentito quelle parole non sono riuscito a dire niente. Ora, però, ce l’ho una cosa da dire.
Quando ci siamo conosciuti, qui in ufficio, indossavi una camicia marrone chiaro da cui fuoriusciva una maglietta bianca. Avevi un pantalone beige e una fascia grigia tra i capelli che portavi legati.
Avevi al collo la tua catenina preferita. Quella con la stella di David. Mentre parlavamo ti togliesti la fascia e lasciasti che i ricci ti cadessero sul viso. Eri già bellissima con quegli occhi neri che mi catturavano il cuore. Ma, sai, era ancora troppo presto.
Fu quando stavamo sotto copertura che capii. Indossavi un vestito verde e so che era tutto preparato, ma il modo in cui mi prendesti la mano e mi avvicinasti a te. Bhè, ero già incredibilmente tuo.
E, quando ti ho vista in Somalia tu non puoi immaginare come mi sono sentito vedendoti viva.
Ma avrei ucciso Salim a mani nude per quello che ti aveva fatto.
E quando ti ho visto in ospedale ad aspettare notizie di Michael, ero furioso. Giuro che non capivo affatto cosa ti spingesse verso di lui Ziva. Ed ero terribilmente geloso. Volevo che amassi me e non lui. E mi odiavo per averti fatto del male, mi odiavo terribilmente..esattamente come ora.
Ziva, io ho “amato”, se così si può definire, Jeanne, in un periodo della mia vita. Ma tu. Tu non sei un periodo.
Non so se quello che provavo per lei fosse vero amore o fosse dettato solo dalle circostanze e dal bisogno di allontanarmi da te. So che era forte ciò che sentivo, ma non è mai stato, e ripeto mai, come quello che ho sempre provato per te. Ti amo, da quasi cinque anni Ziva. E non smetterò di farlo. Non ci sono riuscito quando volevo e non ci riuscirò ora che non voglio.
Ho sbagliato. Questo lo so, ma non smetterò mai di amarti e di sperare che tu, un giorno, possa perdonarmi. Volevo solo dirti questo.
Scusa se ti ho fatto perdere tempo, amore mio. – disse Tony, con una grande dolcezza negli occhi e un dolore enorme nel cuore.
Si alzò, poi, in piedi e diede un bacio sulla guancia a Ziva, prima di andare incontro ad Abby, per darle una mano.
Ziva rimase un po’ spiazzata. Lo amava, immensamente. E forse era proprio questo ad impedirle di perdonarlo. Sentiva il cuore come se fosse spezzato. Eppure tante persone avevano avuto il cuore spezzato almeno una volta. Però, per lei, questa era la prima e sentiva un dolore dentro che sembrava insuperabile. Aveva un grido soffocato nella gola. E lei, che si specchiava sempre nei suoi occhi, che avrebbe fatto ora? Avrebbe aspettato quelli di qualcun altro? No. Ziva non voleva nessun altro. Ma il problema è che amare è troppo difficile. Richiede tutta te stessa. E, certe volte, quando non si è convinti di quello che si può offrire ad una persona, allora non vale la pena di andare avanti.
L’unica consolazione è che il cuore si spezza una volta sola. Almeno così credeva di aver letto da qualche parte.
Però quella volta, quell’unica volta, sarebbe potuta durare per sempre. Perché amare qualcuno che ti ha insegnato a ridere, a credere e a vivere non lo ami una sola volta. Lo ami tutta la vita. Perché Tony le aveva insegnato questo, le aveva fatto trovare se stessa quando si sentiva persa e le aveva fatto capire cosa significa amare, anche se lui stesso non lo sapeva.
Anzi, a dirla tutta, loro avevano imparato ad amare insieme.
Abby la distolse dai suoi pensieri trascinandola a fare l’albero. Aveva persino portato un cd con tutte le canzoni natalizie.
Tony e Ziva, involontariamente, si guardarono e sorrisero. Facevano sempre così per capirsi. A loro bastava semplicemente guardarsi e sprofondare, l’uno negli occhi dell’altra.
Appena finirono l’albero Gibbs, McGee e Abby tornarono a casa.
Ziva andò in bagno e Tony l’aspettò all’ascensore.
-Come mai sei ancora qui? – domandò lei vedendolo.
- Ti aspettavo. – rispose, sfoderando il suo sorriso sempre perfetto.
- Tony, ti prego. Smettiamola di inseguirci. Smettiamola di farci del male. Forse quello che è successo al parco ha un motivo. –
-No, Ziva. Non riprendere con questa storia che noi due non possiamo stare insieme e che non abbiamo futuro. Sono stanco. – urlò.
- Cosa credi? Anche io sono stanca di tutto questo. – affermò entrando nell’ascensore.
Tony entrò subito dopo e, senza dire niente, la baciò.
Intrecciarono forte le mani, come se non volessero lasciarsi andare.
Improvvisamente c’erano solo loro, che si volevano, si desideravano. Innocenti e consapevoli di cosa provavano.
Tony la strinse forte con la mano che aveva libera.
Ziva, invece, si alzò sulle punte e poggiò la mano sul collo di Tony.
I loro cuori battevano fortissimi ma c’era un armonia tra di loro, quasi come la melodia di una canzone. Erano perfettamente all’unisono. E quello. Bhè, era il suono più bello del mondo.
Il suono di due cuori che si amano, che si appartengono.
Ziva sentì la testa girare, e lo stomaco invaso da quelle che le persone chiamano “farfalle”.
Perché, infondo, è questo il bello dell’amore.
E’ sentirsi male, pur di sentirsi vivi.
Ad un tratto, però, Ziva si staccò da quel bacio.
Guardò Tony negli occhi, per un solo istante.
-Ti odio. Ti odio perché mi fai sentire così debole e incapace di difendermi, perché riesci sempre a farti perdonare. Perché tu conosci il peggio di me e nonostante tutto mi ami. E ti odio perché anche io..ti amo. Ti amo così tanto da sentirmi male ogni volta che mi guardi o mi sorridi. E da aver paura quando non ci sei. E questo è così ingiusto. – disse Ziva.
-Sai cos’è veramente ingiusto? Che da quando ti conosco io non sono più me stesso. Che non riesco più a guardare nessun altra donna che non sia tu. Che non riesco ad essere felice se non ci sei tu. E non è giusto che ovunque io sia, io non desideri altro che averti accanto, per sempre. -
Tony prese il volto di Ziva tra le mani e la baciò di nuovo, con più passione.
Le loro labbra si desideravano, avide di avere il sapore l’uno dell’altra.
E gli spigoli di quelle stesse labbra si piegarono, involontariamente, all’insù. In un sorriso destinato solo all’altro.
 
 
P.s. So che Tony usava un altro cellulare per parlare con Jeanne. Ma l’idea che lei lo chiamasse, mi piaceva.
Vi aspetto al prossimo capitolo. Baciii.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9.Lo sai che ti amo.. ***


Allora eccomi di nuovo qui. Scusate se vi ho fatto aspettare molto ma, oltre ad aver avuto molto da fare, ho una gran difficoltà a mettere insieme le parole e ad esprimere ciò che voglio dire in quest'ultimo periodo. Quindi se questo capitolo non vi piace o lo trovate insignificante non fatevi problemi. Non ne sono convinta nemmeno io. Anzi, a dire la verità, non sono convinta di niente di quello che scrivo ultimamente..xD xD
Comunque Grazie sempre di tutto e sappiate che vi penso sempre, davvero.
Un bacio enoreme e un forte abbraccio a tutti voi. La vostra Jessi..


p.s. Lasciate un commentino anche piccolo piccolo..xD



Il mattino seguente Ziva si risvegliò nel suo letto..stanca e incredibilmente vuota.
Ma, infondo, cosa c’era di incredibile nel sentirsi vuota?
La sera prima, dopo quel bacio, quell’incredibile bacio in ascensore, era scappata via, come aveva già fatto in passato.
Scappare da chi si ama, da Tony, per lei era diventata un’abitudine. Una stupida ma necessaria abitudine.
-E’ finita. – gli aveva detto.
- Non puoi pensarlo veramente. – aveva risposto Tony.
- Invece si. Lo penso ed è quello che voglio. –
Queste furono le sue ultime parole. Quelle che avevano lasciato Tony pietrificato mentre la vedeva andare via.
La mente di Ziva continuava a ripercorrere tutti i ricordi che la legavano a lui. Credeva, così, di non sentirne la mancanza.
Ma diciamoci la verità, i ricordi non aiutano. Anzi, ti incidono ancora di più nella mente l’ enorme cavolata hai fatto a mandare via l’uomo che ami.
Avrebbe voluto odiarlo. Ma lei sapeva bene che non basta una vita per odiare qualcuno che hai amato fin dal primo momento.
Già, era andata proprio così. Aveva amato Tony dalla prima volta. Con lui ha sempre avuto una specie di legame, quelli che molti sperano di trovare tutta la vita.
Pensava al bacio che la sera prima le aveva bloccato il cuore, alle farfalle nello stomaco e a quegli occhi meravigliosi che la paralizzavano. Pensava a Tony che preparava il caffè nella sua cucina..solo pochi giorni prima. Pensava al profumo della sua pelle mentre facevano l’amore e a quanto amava vederlo sistemarsi i capelli davanti allo specchio, proprio come piacevano a lei. Pensava alle loro mani, sempre intrecciate l’una nell’altra, come se non potessero essere mai divise. Pensava al suo sorriso, quello che aveva riscaldato le sue giornate più fredde e illuminato quelle più buie. E pensava a quelle braccia che l’avevano avvolta come una coperta, e non una qualunque, ma quella preferita, quella che se un bambino non ce l’ha non dorme, quella che scaccia gli incubi. Quelle braccia erano state la sua coperta dopo la Somalia, dopo suo padre.
Ripensava a lui che dormiva, a lui che alzava gli occhi al cielo, a lui che quel cielo glielo aveva regalato.
E pensava a tutte quelle volte in cui bastava solo guardarsi negli occhi per capirsi.



E proprio mentre questi pensieri le affollavano la testa, Ziva sentì la porta bussare.
Si alzò, così, dal letto e andò ad aprire.
Era lui. Sfacciato e bellissimo, come sempre.
Erano quegli occhi verdi, quelli per cui avrebbe venduto l’anima.
Rimasero lì a guardarsi per un istante interminabile.

-Ciao. – disse Tony.
- Ciao. – rispose Ziva.
-Ziva io sono venuto qui per dirti cose che già sai, ma che ti ostini a non voler capire.  -
Non posso vivere senza di te, amore. -  aggiunse Tony avvicinandosi a lei.
–Non posso farlo semplicemente perché una vita senza te non è vita. Non puoi chiedermi di dimenticarmi della luce dei tuoi occhi, del sangue che ti colora le guance quando sei in imbarazzo, di tutte le volte che abbiamo fatto l’amore. –
Tony poggiò la sua mano calda sul viso gelido di Ziva. Le diede un bacio leggero sulla fronte prima di fissare i suoi occhi in quelli di lei.
-Ti aspetto da tutta la vita, amore mio. Da sempre. E quando sei arrivata tutto ha preso senso, ha preso colore. Io non sono più un film in bianco e nero. –
Si avvicinò, poi, lentamente verso di lei finché non arrivò a sfiorare le sue labbra. Le diede un bacio leggero, caldo, pieno d’amore. Le diede uno di quei baci che non si dimenticano, quelli che ti sciolgono letteralmente il cuore.
La strinse forte premendo sulla schiena.
Lei, lentamente, prese consapevolezza di quello che stava accadendo e decise, per una volta sola, di lasciare che le cose andassero così.
Portò le sue braccia attorno al collo di Tony mentre continuavano a darsi baci piccoli, semplici ma perfetti.
-Infondo si dice che l’amore di tutta una vita non possa finire in un attimo. -  disse Ziva.
Tony sorrise al suono di quelle parole e riprese a baciarla come se fosse stato senza di lei per troppo tempo.
La verità e che ogni secondo che passiamo lontano da chi amiamo è molto più lungo di una vita intera con loro. Molto più lungo del per sempre. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=566578