idiot america.

di SLAPPYplatypus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** calling out to IDIOT AMERICA. ***
Capitolo 2: *** we are the storied and the disciples of the JESUS OF SUBURBIA. ***



Capitolo 1
*** calling out to IDIOT AMERICA. ***


Preannuncio che ho già fatto una FF per cercare di "interpretare" American Idiot, che, se non è il primo, è certamente uno dei primi tre miei album preferiti. Così mi sono messa a rileggere quello che avevo scritto, e mi sono accorta che è fatto veramente male. Datemi torto, se volete, ma a me non piace, per niente. Certo, c'erano alcune righe, alcuni accostamenti di parole, che non erano totalmente da buttare, ma migliorarsi è sempre un bene, no? Beh, credo che valga anche per me, quindi, perchè non provarci?

 

 

***

 

Jimmy stava leggendo il giornale, seduto su una panchina verde brillante, immersa tra gli alberi. I suoi occhi grigi, ormai, viaggiavano da soli, e si perdevano tra quegli intricati disegni di inchiostro, quei labirinti di parole. Quelle storielle, troppo infantili persino per un bambino, frasi sprecate per cercare di incantare una nazione. Ma davvero li credevano così idioti? Beh, probabilmente lo erano. Tutti, o quasi.

Il ragazzo si gettò quello che rimaneva dell'ammasso cartaceo dietro la spalla, sbuffando. Quel mondo non era altro che un insieme di sopravvalutati fottuti imbecilli.

Beh, lui no. Lui non era come gli altri, lui non era un idiota nella nazione più idiota del pianeta, lui non se la beveva. Jimmy non credeva che tutto andasse bene: cazzo, solo tre anni prima si era verificato l'attentato peggiore nella storia degli Stati Uniti, e adesso dicevano che stava andando tutto bene? Sì, come no.

Lui non voleva essere un idiota, lui vedeva che la nazione era controllata solo da paranoia e media, e non poteva che disprezzare coloro che non se ne accorgevano, che non se ne erano mai accorti. Come potevano non sentire il suono dell'isteria? Era ovunque, porca puttana, gli faceva sibilare le orecchie e fischiare il cervello, era impossibile da ignorare. Era solo un altro modo con cui l'America fotteva il cervello dei suoi cittadini.

Lui non era un altro di quegli stupidi. Lui non era una parte di quella collezione di bigotti zoticoni, e non si sarebbe lasciato fottere tanto facilmente. Mentre tutti marciavano, cantando come una sola voce l'inno della propaganda, Jimmy avrebbe camminato nel senso opposto, con il pugno alzato e avrebbe urlato fuori tempo.

Quello era un mondo pieno zeppo di tensione e alienazione, mischiati in un'immensa schifosa brodaglia, dove niente andava bene; in televisione si vedevano migliaia e migliaia di proiezioni fasulle su un ipotetico domani, e non sarebbe certo stato Jimmy a seguirle.

No, lui mai.

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Capitolo 2
*** we are the storied and the disciples of the JESUS OF SUBURBIA. ***


Io sono il figlio dell'ira e dell'amore.

Jimmy lo pensava in continuazione, semplicemente non riusciva a togliersi quelle parole dalla testa. Ira e amore. Ecco, quelle due spiegavano tutto. Spiegavano il suo lunatismo, spiegavano la sua voglia di rompere ogni cosa che fosse a portata di braccio. Spiegavano il suo amore. Beh, il suo innamoramento con l'idea dell'amore.

Le pensava mentre tirava boccate dalla sigaretta scroccata ad un passante, le pensava mentre la gente lo squadrava per la strada. Le pensava mentre sentiva che qualcosa stava per cambiare.

Io sono il figlio dell'ira e dell'amore.

E non riusciva a non rapportare quel pensiero alle parole della madre, a ciò che gli aveva sussurrato, fissandolo negli occhi con un'ironia tagliente. Chi sei tu, Gesù seduto sul divano, per soffrire dei miei peccati? No, tu non eri Gesù. O forse sì. Eri un Gesù nuovo, avresti seguito una Bibbia tutta tua, che nessuno avrebbe mai ascoltato, che nessuno avrebbe mai capito.

Nessuno era mai morto nell'inferno per i tuoi peccati, per quanto ne potevi dire, e non c'era nulla di sbagliato in te, anche se quella puttana non l'avrebbe mai capito, e nemmeno la società.

Era così che tu dovevi essere, un diverso in una terra di copia-incolla, in una terra di finzione, disposta a credere a tutto, ma non in te. Tu eri un Gesù diverso, un Gesù che non sarebbe rimasto a guardare dall'alto mentre succedevano disastri e il mondo andava a puttane. Tu avresti cambiato il possibile. Ti saresti innamorato, ti saresti indebitato, ma alla fine, che importa? Avresti bevuto, ti saresti fumato qualche sigaretta e Mary Jane ti avrebbe fatto impazzire.

Ma questa era la tua vita, dopotutto. Avresti raccontato del parcheggio, quello al centro della Terra, all'incrocio della settima e della undicesima, dove avevi praticamente imparato a vivere. Dove il motto era solo una bugia. Casa è dov'è il cuore. Oh, ma dai. Andiamo, come può essere considerata casa dove è il cuore? Il cuore di ognuno batte in modo diverso, vuole cose diverse, è diverso. Il tuo stesso cuore sembrava diverso, proprio adesso. Era come se stesse battendo fuori tempo, un leggero battito nel momento di perfetto silenzio in mezzo ai battiti degli altri.

Beh, quella era pur sempre la città della morte, in fondo, persa alla fine di un'altra, ennesima autostrada, dove i segnali non conducevano mai dove promettevano; una città dei dannati, piena di bambini sperduti dalle faccie sporche, ma a nessuno importava. Tu leggevi i graffiti sulle pareti dei centri commerciali, ed era come leggere le Sacre Scritture della sopravvivenza, sembrava confessare che il centro della Terra era la fine del mondo. Ma a nessuno importava.

E, se a nessuno importava mai di niente, perchè avrebbe dovuto importare a te?

Ognuno era così pieno di merda, lì. Nata e cresciuta, accudita da ipocriti, e grazie molte. Una città piena di cuori spezzati, riciclati ma mai salvati dalla loro tomba. Ma voi, voi eravate i ragazzi della guerra e della pace, le storie e le discipline del nuovo Gesù di Periferia.

E chissene frega.

Intanto eri sempre tu, tu con lei, persi insieme in quello spazio, una via di mezzo tra il pazzo e l'insicuro. Persi nel vuoto. Ma nessuno è perfetto, eppure tutti accusavano te, e la tua scusa migliore era la mancanza di un mondo migliore.

Era come vivere senza respirare. Come morire in tragedia. Correre via, cercare ciò in cui si crede davvero. Tu correvi, oh, tu correvi più di chiunque altro, tu scappavi da quel mondo di merda, lasciandoti dietro quell'uragano di fottute bugie. Avevano superato la linea, tu avevi superato la linea, almeno un milione di strafottute volte. Ma non questa.

Tu non stavi facendo altro che correre, scappare dal dolore che ti aveva distrutto tanto, non dovevi scuse a nessuno.

Non sento nessuna vergogna, scusarsi non serve a niente.

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