Rowena Ravenclaw

di _Mary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Anno del Signore 1042

Prologo

 

Anno del Signore 1042.

 

All’alba del giorno in cui chi ha conosciuto Rowena Ravenclaw si prepara a porgerle l’ultimo saluto, io, William Wright, scrivo queste righe come ultimo omaggio alla donna che verrà probabilmente ricordata la strega più capace della sua generazione.

 

Altri racconteranno le scoperte straordinarie di lady Rowena in merito ad incantesimi e filtri. Io narrerò la vita della donna che ora riposa nella sua casa, e che presto verrà portata in quella che diventerà la sua dimora in eterno.

 

*

 

Fui distolta dalla traduzione dal rumore della porta del mio studio che veniva aperta violentemente.

 

Alzai gli occhi da quello che, a quanto dicevano le analisi, doveva essere un manoscritto originale della metà dell’undicesimo secolo, giusto in tempo per vedere Philip Hateway, mio carissimo collega al Dipartimento dello Studio dei Reperti Magici, che mi sorrideva sfacciato.

 

Sospirai. Neanche il tempo di cercare di capire se quel certo ‘William Wright’ fosse davvero chi sosteneva di essere  e quell’impiccione veniva a fare irruzione nel mio studio, per motivi ancora da verificare.

 

“Salve, collega” disse, ancora con quel sorriso ebete stampato in faccia.

 

“Punto primo” risposi, togliendomi con indifferenza gli occhiali e pulendone le lenti a fondo di bottiglia sulla mia maglietta.

 

“Ormai hai… quanto? Trentadue anni? E nessuno ti ha ancora detto che è maleducazione fare irruzione in uno studio senza bussare?” dissi, rimettendomi gli occhiali e sorridendogli innocentemente, come stava facendo lui con me.

 

Hateway ghignò.

 

“Oh, mi scusi, miss genio-al-lavoro-si-prega-di-non-disturbare” disse, lanciando un’occhiata al manoscritto sul quale ero china fino a pochi  secondi prima.

 

“Solo una cosa: quindi, secondo te, è uso corrente fare irruzione dopo aver bussato alla porta?” continuò, senza levarsi quel sorriso dalla faccia.

 

Okay, ho detto una cavolata.

 

“Punto secondo” continuai, imperterrita, rimettendomi gli occhiali: senza, non ci vedevo una zucca secca.

 

“Sarà meglio che spieghi alla svelta il motivo per cui hai portato il tuo brutto muso qui, davanti alla mia scrivania, o è la volta buona che ti affatturo le chiappe” conclusi, con il più dolce e falso dei miei sorrisi.

 

Philip si rabbuiò.

 

“Non oseresti”

 

“Oh, sì che lo farei” risposi, annuendo convinta.

 

Con gran soddisfazione, vidi che l’espressione ghignante era completamente sparita dalla faccia di quell’imbecille.

 

“Contenta tu… Johnson mi ha comunicato la data dell’esame” sputò, con tutto il rancore che la sua vocetta stridula poteva contenere.

 

E a me non ha detto niente?” chiesi, sorpresa.

 

A questo punto, lettori maghi e babbani, serve qualche spiegazione.

 

Appena uscita da Hogwarts, avevo frequentato dei corsi in più per poter diventare storica della magia. Durante uno di quei corsi, avevo fatto conoscenza con un altro aspirante storico, il troll che aveva fatto irruzione nel mio studio. Vuoi per la rivalità che c’è tra quelli che si contendono il diploma che può prendere solo un numero limitato di persone, vuoi per l’antipatia reciproca nata al nostro primo sguardo, io e Hateway avevamo subito dato inizio ad una guerra.

 

Entrambi avevamo superato l’esame che si era tenuto alla fine del corso a pieni voti, così eravamo entrati nel Dipartimento ed eravamo costretti a sopportarci a vicenda.

 

Noi del Dipartimento avevamo il compito di identificare i reperti che quelli delle ‘Squadre di Recupero’ riuscivano a scovare. Le ‘Squadre di Recupero’ si occupavano anche di cercare reperti magici in zone che sapevamo essere state abitate fin dall’antichità dai maghi, ma a volte gli archeologi babbani arrivavano prima, e finivano col trovare strani dipinti in cui era raffigurata la corretta preparazione della Pozione Polisucco, o altre pratiche che gli studiosi non sapevano spiegarsi. Era divertente leggere le ipotesi che i professori babbani formulavano su quei ritrovamenti.

 

Ho lavorato per anni del Dipartimento, e posso dire che lì dentro ero una delle migliori. Tra parentesi, se siete maghi vi sconsiglio di intraprendere la mia carriera: pagano una miseria, e in cambio devi cavarti gli occhi dalla mattina alla sera per decifrare scritte sbiadite dal tempo o dall’incapacità dei custodi delle biblioteche. Insomma, un lavoraccio. Suppongo che sia dovuta alle serate passate su consunte pergamene la mia miopia, che mi ha costretta a indossare occhiali. La definizione ‘a fondo di bottiglia’ per le mie lenti è riduttiva.

Intendiamoci, non che prima di iniziare a lavorare fossi uno schianto: sono sempre stata piccola e magrolina, con una massa di crespi capelli neri che tenevo, e tengo tuttora, sempre legati in una coda. L’unica cosa che mi piaceva di me erano gli occhi azzurri, che con il tempo, però, hanno cominciato a perdere colpi. Risultato? Tanto per darvi un’idea dell’alta considerazione che nutrivano per me i miei colleghi, vi dirò che i soprannomi più cortesi che ricevevo erano ‘la talpa acida’ e ‘la gobba snob’. Sì, anche il mio modo di starmene sempre gobba è colpa del lavoro.

 

Comunque, un bel giorno avevo letto un annuncio sul Profeta: la ‘Squadra di Recupero’ del Museo Storico della Magia cercava un nuovo componente.

Avevo deciso di provare: dopo dodici anni passati a sopportare Hateway e i suoi degni amichetti, persino rischiare di rimanere rinchiusa in una piramide sconosciuta ai babbani in Egitto mi sembrava una prospettiva allettante. Così avevo fatto richiesta, e mi era stato comunicato che gli aspiranti dovevano sostenere un esame per poter essere scelti.

 

Avevo parlato con la segreteria del Museo, e mi avevano spiegato in cosa consistesse l’esame: analisi di un reperto. In pratica mi avevano assegnato un manoscritto (“Fresco fresco di ritrovamento in un monastero babbano”, aveva commentato la strega che me lo aveva consegnato), e io dovevo capire se fosse un falso, o, in caso contrario, studiarlo. Una cosa che ero abituata a fare, quindi. Il manoscritto da esaminare era quello che stavo studiando quando Hateway mi aveva interrotta, e sembrava autentico. Avevo cominciato il mio lavoro un po’ in ritardo, ma sembrava che non ci fossero particolari difficoltà nel leggerlo. Un certo Johnson mi avrebbe informata della data dell’esame.

 

Pochi giorni dopo che mi era stato assegnato il manoscritto, avevo scoperto che anche Hateway aveva fatto richiesta per lo stesso posto al Museo.

 

“Mi ha detto di riferirtelo. Sa che lavoriamo insieme…” rispose mister interrompo-il-lavoro-degli-altri-e-non-chiedo-neanche-scusa Hateway, con una smorfia.

 

“Allora, quando sarà questo esame?” chiesi, sbrigativa. Ero curiosa di saperne di più su Rowena Ravenclaw, una dei quattro fondatori di Hogwarts. Oltretutto, ero stata Smistata nella sua casa, ai miei tempi.

 

Tra tre giorni”.

 

Alzai gli occhi dal manoscritto, sorpresa.

 

C-cosa?” balbettai.

 

Sapevo che non ce l’avrei mai fatta a finire di leggere e tradurre tutto.

 

Hateway mi rivolse di nuovo quel sorriso ebete.

 

“Non è possibile! Ci deve essere un errore! Non possono essere talmente pazzi da credere…”

 

Mi bloccai, poi alzai lentamente lo sguardo su Hateway, che ormai sghignazzava apertamente.

 

“Scusa, Brocklehurst, l’ho saputo un mese fa… Ma deve essermi sfuggito di mente” disse.

 

Io avvampai per la rabbia.

 

“Fuori… di… qui…” sibilai, trattenendomi a stento dal mettere mano alla bacchetta.

 

Hateway non se lo fece ripetere, e corse fuori dallo studio sbattendo la porta alle proprie spalle.

 

“CODARDO!”

 

Ecco, avergli urlato dietro non mi aveva fatta calmare.

 

Quel… quel…

 

Il codardo voleva che io mi ritirassi. Ma se aveva sperato che io facessi il suo gioco, permettendogli di uscire finalmente da quel buco nero che era, ed è tuttora, il Dipartimento, non conosceva Mandy Brocklehurst.

 

Chiedere di rimandare l’esame era fuori discussione: se l’avessi fatto, mi avrebbero riso in faccia.

 

Cominciai a camminare per la stanza, furiosa. Poi mi bloccai: il manoscritto era ancora sulla mia scrivania, e chiedeva di essere letto.

 

Mi rimboccai le maniche: avevo tre giorni per finire di leggerlo, tradurlo e studiarlo.

 

 

 

 

Ebbene sì, mi sono fissata con i personaggi che vengono nominati mezza volta in tutto Harry Potter u_ù

Mandy viene citata in ‘Harry Potter e la Pietra Filosofale’, mentre Hateway è di mia invenzione.

Comunque, questi due personaggi saranno ‘di contorno’ per la vera storia che voglio raccontare, cioè quella di Rowena Ravenclaw.

In questo capitolo non è successo ancora niente. Dal prossimo aggiornamento entrerà in scena Rowena.

Non aggiornerò molto presto, ma critiche e commenti sono graditi ^^

 

P.S: so che non esiste nessun Dipartimento dello Studio dei Reperti Magici, ma dovevo inventarmi qualcosa sul ritrovamento di un manoscritto, quindi… =S

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***





I.

Portai le mani alle tempie, sospirando.

Quel Wright mi aveva fatta impazzire. Ed ero ancora in alto mare con la trascrizione in inglese corrente.

Avevo bisogno di caffè.

E io odiavo il caffè, soprattutto quello della macchinetta del dipartimento. Ma ne ero dipendente. Che cosa dura, la vita.

Sospirai, togliendomi gli occhiali. Lo stile di Wright era pomposo, il suo linguaggio era antico (ovviamente, cosa avrei dovuto aspettarmi?), e avevo deciso di trascrivere i passaggi più importanti.

Gli incantesimi che avevo utilizzato mi avevano confermato che quel manoscritto era autentico. Ovviamente, ciò non significava che, effettivamente, William Wright avesse conosciuto Rowena. In effetti, William poteva essere un uomo dotato di grande fantasia. Avrei dovuto accertarmi almeno della sua esistenza. Magari, frugando tra vecchi registri… sempre che i genitori fossero persone abbastanza importanti da registrare le nascite dei propri figli, ovviamente.

Inforcando nuovamente gli occhiali, rilessi ciò che avevo scritto:

“Altri racconteranno come, non appena vista una splendida fanciulla farsi avanti tra la folla, siano rimasti colpiti dallo splendore dei capelli di lei, dalla luminosità del sorriso o dal dolce tono di voce.

Io, in tutta sincerità, posso tranquillamente affermare che la prima volta che vidi lady Rowena mi parve una lattante come tutte le altre, rossa e raggrinzita come poche altre, in verità.

Mio padre, Tom Wright, accompagnò me, mia madre, mio fratello e le mie cinque sorelle in visita nella dimora di lord Henry, il signore di Adsonville, il paese in cui vivevamo,  in un grigio mattino di novembre. Ci era stato annunciato che, finalmente, la casa degli Edenton aveva un erede. Un’ erede femmina, in verità, ma ormai c’erano poche speranze che lady Helena, così in avanti con gli anni, potesse dare alla luce un altro figlio.

Ero un bambino, all’epoca. Avevo sei anni, ma ricordo con chiarezza il freddo pungente di quella mattina, il cielo ingombro di nubi sopra la mia testa, mia madre in ansia perché voleva che ci comportassimo bene, e il sentiero ripido che conduceva dagli Edenton.

Faticavo a tenere il passo, ed arrivai col fiato corto davanti alla fine del sentiero. Mio padre mi rimbrottò, imponendomi di ricompormi.

Una serva ci introdusse nella dimora di Lord Henry, che si fece incontro a mio padre non appena lo vide. Era impegnato a controllare delle carte, a quanto pareva, ma sorrise e lo accolse con calore.

Salutò mia madre. Io e i miei fratelli ci tenemmo in disparte come ci era stato insegnato fino a quando lord Henry non ci rivolse il saluto.

Io, impacciato nei miei abiti migliori, trovavo tutto esageratamente formale. Mio padre, però, non la pensava così.

Mia madre si informò delle condizioni di lady Helena. Ricordo ancora l’espressione che comparve sul volto di lord Henry:  un mezzo sorriso che non arrivò agli occhi.

Rispose che il parto era stato difficile, ma ora la casata aveva finalmente un erede.

Ricordo che, pur essendo  ingenuo come può esserlo un bambino di sei anni, mi accorsi che lord Henry non doveva essere felice come dava a vedere. Col senno di poi, capii che aveva sperato davvero di avere un figlio maschio.

Gli adulti si dimenticarono momentaneamente di noi, e io cominciai ad annoiarmi. Eravamo lì impalati tutti quanti, sette bambini che non sapevano come comportarsi, timorosi di fare brutta figura. Mio padre teneva molto alla nostra disciplina, e aveva sempre messo in chiaro le sue opinioni su come dovesse essere il nostro comportamento davanti agli estranei. Mia madre, dolce e sottomessa, sorrideva garbatamente al nostro ospite, che discorreva con mio padre. Noi invece ci eravamo rintanati in un angolo, ad ascoltare.

Non passò molto tempo prima che Caris, una delle mie sorelle, desse segni di impazienza. Eravamo comunque bambini, e stare ad ascoltare cosa succedeva a Lontra ci interessava molto poco.

“Sembra che in Cornovaglia si sia avvistato un drago… i babbani erano terrorizzati, ma adesso giù a Londra stanno cercando qualcuno che se ne occupi…” stava dicendo Henry, con aria indifferente.

“Un drago libero? Non invidio chi sarà scelto per andare a prenderlo” rispose mio padre.

“No, infatti… pare sia una giovane femmina, dalle tracce… è più piccola, ma aggressiva” continuò Henry.

Io non capivo: una volta ero andato in visita con mia madre da una sua amica. Era appena nato suo figlio, e, entrati in casa, ci eravamo resi conto del clima di felicità che vi regnava. Tutti erano indaffarati, o comunque non riuscivano a rimanere fermi a lungo. Come poteva Henry aver apparentemente dimenticato che, da qualche parte in quella casa, sua moglie gli aveva appena dato una figlia?

Forse, pensai, Henry ha già gioito stanotte, non appena è nata la bambina.

Continuavo a non capire, comunque. Quando avevo visto l’altro bambino, il padre mi sembrava impazzito dalla gioia. Ricordai che, però, non era ricco come Henry. Forse, quando si era tanto ricchi e potenti si perdeva la capacità di rallegrarsi delle cose…

Stavo ancora riflettendo su questo, fissando lord Henry. Se mia madre mi avesse visto, mi avrebbe sicuramente rimproverato per la mia sfacciataggine,  ma finalmente nella stanza entrò una servitrice, con quello che sembrava un fagotto in braccio.

Rimasi davvero sorpreso nel sentire quanto forte potesse urlare quell’essere minuscolo, non appena mia madre lo prese in braccio,  e quante frasi banali e scontate avesse la capacità di farle dire.

Lord Henry sorrise freddamente alle congratulazioni dei miei genitori. Sembrava che non gli importasse granché di parlarne, e che, più che altro, preferisse finire il suo discorso sul drago.

Ci congedammo poco dopo, ma non prima che mio padre fosse invitato ad una battuta di caccia.

Avrei rivisto Rowena solo sei anni dopo.”

 

 

 

 

 

Salve!!!

Okay, avete il diritto di tirarmi i pomodori e qualsiasi altra cosa vogliate. Non ho aggiornato per troppo tempo, vi ho lasciati con un prologo striminzito, e se qualcuno ha avuto la pazienza di avermi aspettata, gliene sarò eternamente grata ^^

Ringrazio caramella_rosa_gommosa per aver messo questa storia tra le preferite, e Lady Linx per averla inserita tra le seguite.

 

Lady_Linx: ciao! =) Sono contenta che la mia storia ti incuriosisca. Sì, Rowena Ravenclaw mi piace molto più di Priscilla Corvonero XD

 

caramella_rosa_gommosa: ciao! Chi si vede XD OccaraH, puoi chiamarmi come vuoi, la tua recensione mi ha resa così felice…! Comunque, sono contenta che la mia fanfiction ti intrighi, e l’aggiornamento, come hai visto, è arrivato… un po’ in ritardo, ma è arrivato. E tu? Quando aggiorni la tua fic? *-*

 

 

Grazie anche a tutti coloro che hanno letto in silenzio <3

 

Alla prossima! ^^

_Mary

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***





II.

“Lord Henry decise di trasferirsi a sud, dato che, ormai, era costantemente richiesta la sua presenza al Wizengamot.

Poco dopo la sua partenza, mio padre decise che era giunto il momento di istruirmi. Lui stesso si occupava dell’educazione magica di tutti noi, dato che non avrebbe potuto permettersi un precettore. Vivevamo decentemente, ma anche se mio padre era l’unico fabbricante di bacchette della zona, era difficile che riuscisse a concludere affari importanti.

All’epoca vivevamo a nord, tra le montagne, in un villaggio abitato da soli maghi. Non arrivavano mai babbani, perché i migliori del paese, tra cui anche mio padre, avevano fatto in modo che le nostre case non fossero raggiungibili da coloro che non possedevano abilità magiche.

Quei sei anni trascorsero tra le lezioni di mio padre e le mie infantili ricerche personali. Crebbi come un ragazzino interessato a ciò che lo circondava, che fossero i piccoli animali selvatici o il cielo notturno, ingombro di stelle. Il fatto di essere l’ultimo nato in una famiglia numerosa mi permise di crescere abbastanza lontano dalle cure soffocanti di mia madre, e di sviluppare una personalità indipendente. Anche se la bottega sarebbe passata a mio fratello Edmund, una volta che mio padre ci avesse lasciati, fui iniziato ai misteri della costruzione delle bacchette. Fu una scelta saggia da parte dei miei genitori, perché Edmund, avido e incosciente, non appena ebbe compiuto diciassette anni fuggì dalla nostra casa e dal nostro paese, portando con sé la conoscenza che mio padre gli aveva tramandato. Non avemmo più notizie di lui, né capimmo mai cosa l’avesse spinto a fuggire. Spettò a me il compito di sostituire mio padre, ma questo sarebbe avvenuto solo più avanti.

Un giorno, mio padre seppe che lord Henry era tornato. Ancora una volta andammo dagli Edenton.

La loro bella dimora era ancora in buone condizioni, anche se era passato tanto tempo da quando i signori ci avevano abitato. I loro servi e i loro Elfi Domestici si erano preoccupati di lucidare gli argenti e di fare le piccole riparazioni di cui la casa necessitava, così lord Henry aveva potuto subito riprenderne possesso.

Era cambiato: le preoccupazioni che aveva dovuto affrontare in quegli anni avevano lasciato segni sulla sua fronte, che era attraversata da rughe profonde. I capelli non erano più di quel nero intenso tanto particolare per i maghi delle nostre parti, ma erano ingrigiti, e più radi. I suoi occhi azzurri erano stanchi, ma mi incutevano ancora timore.

Quel giorno vidi anche lady Helena. Era minuta, con i colori della nostra gente: i capelli di un biondo chiarissimo, con qualche filo argenteo, gli occhi grigi e le lentiggini la facevano sembrare una bambina. Aveva un sorriso bellissimo. Penso di poter affermare che Rowena le assomigliava molto, anche se aveva i colori di suo padre.

Non ci misi molto a cominciare ad annoiarmi. Sembrava di essere tornati a sei anni prima, con la differenza che anche lady Helena era presente nella stanza. Fortunatamente si rivelò essere abbastanza sensibile da capire che noi bambini cominciavamo ad essere a disagio. Ci propose di andare in un’altra stanza, per ‘metterci a nostro agio’: di lì a poco avremmo potuto anche incontrare Rowena, che stava per scendere.

La stanza in cui un Elfo Domestico ci condusse si rivelò essere la biblioteca. Le mie sorelle erano poco interessate ai libri, mentre io avevo troppa paura delle occhiate glaciali di lord Henry per azzardarmi a prenderne in mano uno.

Cominciai a leggere i titoli dei volumi, lentamente, assaporando ogni singola lettera di quelle parole che tanto mi affascinavano. Avrei voluto che anche mio padre possedesse qualche libro del genere. Immaginavo che fossero illustrati, e che parlassero delle terre in cui esistevano gatti alti quanto un cavallo, piante che donavano l’immortalità e persone che cantavano come usignoli, come avevo sentito raccontare da mia madre quando la notte, anni prima, non volevo dormire, e volevo essere accompagnato dalla sua voce del dormiveglia.

Mi resi conto all’improvviso di essere osservato. L’osservatrice indesiderata era una bimbetta con dei lunghi capelli neri. Era molto più bassa di me, che all’epoca avevo dodici anni, e aveva un’espressione imbronciata. I suoi occhi azzurri mi fissavano, indagatori.

La osservai anche io. Non poteva essere la figlia di qualche servo, aveva un vestito troppo elegante. Allora, chi era?

La bambina mi squadrò da capo a piedi, e quando ebbe finito il suo esame arricciò il naso.

“Non puoi toccare i libri di mio padre. Non li fa prendere nemmeno a me” disse, con il tono di chi è abituato a comandare.

Io impallidii, poi avvampai per la vergogna.

“Non li stavo toccando. Stavo solo guardando” risposi, irritato. Chi si credeva di essere, quella bambina viziata?

“Beh, non puoi. Appartengono solo a mio padre” continuò, mettendosi le mani sui fianchi e cercando di darsi un’aria di importanza.

“Non stavo facendo niente di male, e comunque è stata lady Helena a dirmi di venire qui” ribattei, sempre più infastidito.

La bambina ridusse gli occhi a due fessure, cercando di intimorirmi.

“Mia madre ti ha detto di venire qui…?” chiese, con fare indagatore.

“Tua madre è lady Helena?” domandai io, di rimando.

Lei non rispose. Io le voltai le spalle, raggiungendo le mie sorelle.

Quella che capii essere Rowena non si unì a noi quel pomeriggio. Rimase in disparte, a fissarci in cagnesco, temendo forse che potessimo fare qualcosa ai libri di suo padre. O forse, come capii più avanti, invidiando noi e il legame di fratellanza che ci univa.

Immagino che i primi anni della sua vita non siano stati facili. Unica erede di una potente casata, probabilmente era stata affidata prima quasi subito ad una governante. Non credo che abbia avuto amici in quel periodo. Era cresciuta come una bambina sola e viziata, abituata ad ottenere ciò che chiedeva e abituata ad essere assecondata in tutto. Forse capiva di non essere accettata dal padre, e ciò spiegherebbe i suoi tentativi di conquistarne la fiducia (impedendo che qualcuno toccasse i suoi libri, per esempio).

Poco più tardi, io e le mie sorelle uscimmo in giardino. Ci eravamo stancati di restare al chiuso, e avevamo pensato che, se fossimo rimasti in silenzio, gli adulti non si sarebbero accorti che avevamo disubbidito.

Per i primi minuti andò bene. Giocavamo facendo attenzione a non fare rumore. Dopo un po’, però, vidi mio padre che si affacciava da una finestra e mi rivolgeva uno sguardo furioso.

Capii che non saremmo dovuti uscire.

Mio padre ci raggiunse, mi prese per un braccio e mi schiaffeggiò. Mi disse che Rowena aveva avvisato suo padre del fatto che eravamo usciti in giardino senza chiedere il permesso, e che gli avevo fatto fare la figura di un padre che non si sapeva far rispettare nemmeno dai suoi figli.

Mia madre era a disagio. Si scusò per il nostro comportamento con lady Helena e lord Henry. In quel momento odiai Rowena: era tutta colpa sua.”

*

Bleah.

Il caffè era una brodaglia densa e amara. Sembrava che qualcuno volesse farmi capire che, invece di perdere tempo davanti ad un’inutile macchinetta del Dipartimento durante un’inutile pausa bevendo un inutile caffè, avrei fatto meglio a studiare per un inutile esame un inutilissimo manoscritto.

Inutile era la mia parola del giorno.

Il mondo ce l’aveva con me. Era evidente che avevo fatto qualcosa di male, magari in una mia vita precedente, per meritarmi tutto questo. Cosa potevo aver fatto di tanto sbagliato da non meritarmi neanche un po’ di zucchero per addolcire quel che passava il convento?

Comunque, mentre formulavo questi pensieri inutili, e meditavo vendetta contro il tizio che aveva finito lo zucchero della macchinetta, sentii una voce squillante alle mie spalle.

“Oh, guarda chi è uscita dal suo studio!”

Avete presente quelle persone che sorridono inutilmente al mondo in continuazione, che cianciano e cianciano e cianciano perennemente, anche quando dovrebbero stare zitte, alle quali vorresti enormemente dare una testata un giorno o l’altro, ma che devi vedere ogni inutile giorno a lavoro, in autobus, in metro, al bagno del Dipartimento o alla fila della posta?

Ecco, aggiungetegli i capelli biondi ossigenati, un paio di labbra rifatte, un abito che gli uomini devono giudicare estremamente provocante e neanche un grammo di materia grigia e avrete ottenuto Silvia McKinnon, ovvero il troll dalla voce squillante che mi trovavo davanti in quel momento. Non uno dei miei momenti migliori, a dir la verità.

… ma neanche dei peggiori.

“Oh, Mandy, ti si rivede!” trillò la bionda, mentre una zaffata del suo costosissimo profumo mi investiva.

Si chinò dal suo metro e ottanta di altezza per schioccarmi un sonoro bacio sulla guancia.

“Già… a volte capita” grugnii.

Silvia buttò la testa all’indietro per scoppiare in una risata che avrebbe dovuto essere civettuola.

Da secoli mi chiedevo come una che aveva evidentemente qualche mancanza fosse potuta entrare al Dipartimento. In quel momento, guardando la scollatura generosa e il sorriso-a-dentiera della mia interlocutrice, capii che doveva avere delle doti nascoste.

Afferrò con le sue lunghe dita il mio bicchiere di caffè e lo buttò con tutto il suo contenuto in un cestino.

“Oh, sei sempre la solita. Ma non dirmi che è vero che stai per andartene! Qui non si parla d’altro, ma sono sicura che tu, mia cara amica, me l’avresti detto di persona se fosse stato vero…” continuò, prendendomi sottobraccio e cercando di accecarmi con il suo sorriso.

Lei, mia cara amica? Povera illusa.

Oltretutto, se al Dipartimento non si parlava d’altro che della mia imminente, speravo, partenza, erano rimasti davvero a corto di pettegolezzi.

“La mia intenzione sarebbe quella” risposi, non cercando neanche di sorridere.

Gli occhi color non-ti-scordar-di-me della mia interlocutrice si spalancarono dallo stupore.

“Ooooooooooh” - e non sto esagerando. Lo disse davvero con dieci ‘o’ – “ma non devi contenderti il nuovo posto con Philip? E lui è tanto preparato…” continuò, mordicchiandosi il labbro inferiore.

Il suo profumo era nauseante. Non avevo neanche finito il caffè per colpa sua – non che ci tenessi particolarmente, ma l’avevo pagato, diamine! – e capii che era giunto il momento di staccarmi da quella pettegola, che entro breve avrebbe urlato ai quattro venti che Mandy-la-talpa stava finalmente levando le tende.

“Sì, beh… ci si vede” dissi bruscamente, liberando il mio braccio dalla sua presa e dirigendomi più rapidamente possibile verso il mio studio.

Bah.

 

 

 

 

 

NdA:

Salve a tutti, gente!

Ho aggiornato più rapidamente questa volta, visto?

Sono contenta che lo scorso capitolo sia piaciuto – ben tre recensioni e varie aggiunte a preferite (Hermy4ever, merak chan, Mizar e yuukimy) e seguite (lon8ana e Novalee), yu-uuuh!

Grazie mille, mi rendete felice!

Grazie a chi ha recensito:

Lady Linx: tu hai fatto saltellare sulla sedia me per la felicità, lasciandomi una recensione! ^^ Sono contenta che ti sia piaciuto il confronto tra le due famiglie, quella contadina e quella nobile, e spero che questo capitolo ti abbia soddisfatta!

caramella_rosa_gommosa: naaah, non abbandonerò tanto facilmente questa storia (prendila come una minaccia – mi odierai prima della fine ù.ù) XD Sì, il padre di Rowena è un po’ tanto  freddo, in effetti, e ciò influenzerà abbastanza la vita della protagonista… spero che tu voglia continuare a seguirmi! ^^

Mizar: ciao! Sono contenta che trovi la mia idea originale, spero di non deludere le tue aspettative! ^^ E… mi spiace, ma non posso anticiparti niente di ciò che avverrà ù.ù

Grazie anche a tutti coloro che non hanno né Preferito né Seguito né recensito questa storia, ma si sono limitati a leggerla e a ritrarsi schifati, o a leggerla e a trovarla banale, o ad aprirla per sbaglio per richiudere immediatamente la pagina, o… vabbè, grazie a tutti quelli che hanno dedicato, anche per sbaglio, trenta secondi a questa fanfic!

 Alla prossima! ^^

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***





III.

“Purtroppo per me, mio padre decise che doveva godere il più possibile della compagnia di Lord Henry.

 

Pensando di fare cosa gradita, lady Helena invitava molto spesso me e i miei fratelli a farle visita.

 

Le mie sorelle trovarono presto una soluzione per evitare di stare con Rowena, cioè semplicemente non degnarla di uno sguardo.

Io ero ancora arrabbiato con lei, ma di solito non stavo con le mie sorelle. La biblioteca di lord Henry esercitava su di me un fascino non indifferente, e, un po’ per curiosità, un po’ per fare un dispetto a Rowena, avevo deciso di dedicare tutta la mia attenzione ai libri. Senza mai neanche sfiorarli, ovviamente, ma leggendo solamente tutti i titoli di quei volumi.

 

Ben presto, però, mi annoiai, e cominciai a desiderare di poterli leggere. Chiedere il permesso a lord Henry era fuori discussione: quell’uomo mi faceva troppa paura. Pensai di chiedere a lady Helena, ma al solo pensiero arrossivo per l’imbarazzo. Ero davvero timido.

 

Per ben più di un paio di visite rimasi a fissare quei libri, senza fare nient’altro. Ogni volta mi sembrava di potercela fare, e di riuscire a prenderne uno in mano. Ma poi, all’ultimo momento, pensavo a cosa sarebbe successo se Rowena l’avesse riferito a mio padre, e mi trattenevo.

 

Rowena stava sempre a guardarci in disparte. Non so cosa la spinse a fare quello che fece, durante una piovosa mattinata invernale, ma quel fatto segnò probabilmente l’inizio della nostra amicizia.

 

Come al solito, stavo contemplando quei libri. A pensarci adesso, penso di essere stato davvero ridicolo; non avevo mai avuto il coraggio per prendere l’iniziativa; ormai sapevo quasi i titoli, e il loro ordine, a memoria, ma non avevo mai avuto il coraggio di prenderne in mano uno.

 

Quel giorno, senza preavviso, sentii che qualcuno mi picchiettava su una spalla, cercando di catturare la mia attenzione.

 

Era Rowena.

 

“Ma che…?”

 

Mi fece cenno di rimanere in silenzio, e poi di seguirla, in punta di piedi.

 

Ero davvero infastidito da quella bimbetta, ma lei non voleva saperne di lasciar perdere; quando la ignorai, mi prese per una manica e cominciò a strattonarmi verso la porta della biblioteca.

 

Non c’era neanche bisogno che io opponessi resistenza; era talmente piccola che non avrebbe mai potuto smuovermi.

 

Lei, indispettita, cominciò a tirare più forte il mio braccio.

 

Soltanto una delle mie sorelle, Caris, notò la scena, ma non intervenne.

 

Ad un certo punto Rowena se ne andò, furiosa. Quando tornammo, alcuni giorni dopo, la scena si ripeté, ma stavolta la bambina non si arrese tanto facilmente. Ad un certo punto mi ero talmente stancato della sua insistenza che le dissi bruscamente:

 

“La vuoi smettere? Non ti si sopporta più!”

 

Lei mi mostrò un ghigno soddisfatto.

 

“Vieni con me e lo vedrai, ma sta’ zitto” mi disse, col tono imperioso che avevo già sentito.

 

“E perché dovrei?” chiesi, sospettoso.

 

Lei non rispose, ma mi indicò la porta.

 

Ero ancora riluttante, ma decisi di assecondarla. Temevo una trappola, ma volevo proprio sapere perché stesse insistendo così tanto per… cosa?

 

Una volta usciti dalla biblioteca, in silenzio, come voleva lei, mi portò in una stanza che dedussi essere la sua camera. Sentii una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Io dovevo dividere la stanza con le mie sorelle, mentre lei ne aveva una tutta per sé, e anche grande e ben arredata.

 

Rowena, senza esitazioni, si diresse verso uno scrittoio su cui era appoggiato un libro.

 

Io ero rimasto sulla soglia, esitante.

 

“Siediti” mi disse, indicando una delle due sedie nella stanza.

 

Dato che non sembrava fossi disposto ad obbedire ad un altro suo ordine senza neanche una spiegazione, sbuffò spazientita. Prese il libro e si sedette, aprendolo alla prima pagina e rivolgendomi un’occhiata.

 

Forse sperava che quel gesto mi convincesse, ma io non mi mossi: non capivo cosa volesse fare.

 

Lei sospirò, si alzò, mi venne incontro e fece per strattonarmi verso la sedia, ma io mi opposi:

 

“Posso sapere cosa stai facendo o no?”

 

Lei mi guardò di nuovo e, senza parlare, andò a prendere il libro. Quando fu di nuovo davanti a me, mugugnò, arrossendo leggermente:

 

“Me lo puoi leggere?”

 

Io la guardai incredulo.

 

“Scusa…? Tutta questa scena… per chiedermi di leggerti un libro?”

 

“Un libro di mio padre” puntualizzò lei.

 

“Mi piace. Ci sono le figure colorate. Ma non so leggere bene, non capisco le parole” continuò, arrossendo sempre di più man mano che parlava.

 

Io esitai. Avevo la possibilità di leggere un libro di lord Henry, ma accettare avrebbe significato aiutare quella bambina viziata.

 

“Per favore”.

 

Rowena mi guardava speranzosa, e io cedetti.

 

“Va… va bene, te lo leggo. Andiamo in biblioteca” dissi, voltandomi per uscire.

 

Lei scosse il capo con decisione.

 

“Mio padre non sa che l’ho preso… non posso, e ho chiesto a Nelly di…” mi disse.

 

“Aspetta… tuo padre non sa che hai preso questo libro?” chiesi.

 

“Te l’ho detto, me l’ha preso Nelly, la mia Elfa Domestica” ripeté, stizzita.

 

Non ero entusiasta all’idea di andare contro lord Henry: e se fosse stata una trappola di quella Rowena? Del resto, ero troppo curioso per rinunciare ad un’occasione simile.

 

Acconsentii a cominciare a leggere.”

 

*

 

Dove – diavolo -  sono – gli – occhiali?!

 

Li avevo lasciati lì, sulla scrivania! Dove potevano essere finiti? Ero cieca senza!

 

Cominciai a tastare la scrivania, rovesciando i barattoli con le matite e facendo cadere per terra fogli di appunti.

 

Mi ricordai solo in quel momento di poter usare un elementare incantesimo di Appello.

 

Bene, Mandy. E adesso dov’è finita la bacchetta?

 

A quel punto, avevo due cose da cercare: bacchetta e occhiali. Accidenti a me e alla mia sbadataggine.

 

Rivoltai il mio studio come un calzino. Beh, non che ci fosse molto da fare – erano tutti scaffali di libri. Però li rivoltai comunque come calzini, ottenendo un unico risultato: ridussi il mio minuscolo studio ad un campo di battaglia.

 

Fu in quel momento che lo sentii, chiaro e forte.

 

Crack!

 

E fu in quel momento che lo capii: avevo pistato sopra ai miei occhiali.

 

Ricapitolando: ero in uno studio che sembrava aver assistito alla Terza Guerra Magica, senza occhiali e senza bacchetta, sommersa da appunti che avrei impiegato ore preziose a riordinare.

 

C’era solo una cosa che avrei potuto fare, ed era mettermi ad urlare per l’esasperazione. E fu esattamente ciò che feci.

 

“Per il perizoma di Merlino!”

 

Sentivo che avrei potuto uccidere qualcosa, quando qualcuno bussò timidamente alla porta del mio studio.

 

“Chi cavolo è, adesso?!” urlai. Beh, ero nel tipo di situazione che rende intrattabili.

 

Riuscii soltanto a vedere la sagoma del tizio che aveva interrotto le mie ricerche. Per fortuna, non ero sorda oltre che cieca, e riconobbi la sua voce:

 

“Emh… Mandy, va tutto bene?”

 

Oh, ottimo. Avevo appena aggredito l’unica persona del Dipartimento con un briciolo di cervello e sensibilità.

 

“Andrei! Aiutami!” gemetti, teatralmente.

 

Intravidi la sua sagoma che si faceva largo tra i libri sparpagliati a terra e i vari fogli, per raggiungermi.

 

“Che è successo qui dentro?!” chiese, scioccato.

 

“Ho perso la bacchetta… e anche gli occhiali!” esclamai, ormai sull’orlo di una crisi di nervi.

 

Andrei, mio salvatore e mio migliore amico, si dimostrò essere molto più intelligente di me che avevo fatto quel disastro.

 

“Beh, possiamo risolverlo questo problema… Accio occhiali!”

 

Non vidi né gli occhiali arrivargli in mano, sfrecciando, né l’espressione che fece notando che erano rotti.

 

“Ah… beh, Mandy, c’è un piccolo…”

 

“So benissimo di averli rotti! Hai una bacchetta, aggiustali!” ringhiai, furiosa.

 

“O-okay… Reparo!” balbettò Andrei. Devo fare davvero paura quando sono arrabbiata. Voglio dire, sono un affarino minuscolo, ma in più di un’occasione sono riuscita ad impaurire quel ragazzone grande come un armadio.

 

Andrei mi porse gli occhiali. Io sorrisi radiosamente… beh, forse a lui sembrò più un ghigno malvagio.

 

“Erg… ora la bacchetta, giusto?” chiese, temendo che potessi di nuovo esplodere.

 

“Oh sì” cinguettai. Sia lodato in eterno il creatore degli occhiali, che fanno sembrare il mondo un posto migliore.

 

Trovata la bacchetta, fu uno scherzo rimettere a posto tutto il disastro che era diventato il mio studio.

 

“Uff… grazie, Andrei, sappi che ti sarò debitrice a vita” dissi, mentre tornavo a sedermi alla scrivania, massaggiandomi pigramente il collo.

 

“Aggiungiamolo alla lista delle cose per cui ti devi sdebitare e andiamo avanti” rispose il gentiluomo, dirigendosi alla porta.

 

“E… Mandy?” chiese, sulla soglia.

 

“Umh?”

 

“Hai dei begli occhi”.

 

Addirittura? Wow.

 

Mi abbagliò con un sorriso (l’ho detto che gli occhiali fanno sembrare il mondo migliore, no? Chi mai potrebbe utilizzare l’espressione ‘abbagliare con un sorriso’, se non una a cui tutto sembra rose e fiori?) prima di chiudere la porta.

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonasera!

Anche stavolta un aggiornamento in tempi quasi decenti, sono fiera di me **

Sono di fretta, non perderò tempo in chiacchiere per questa volta.

Grazie a tutti quelli che hanno letto, e grazie in particolare a chi ha recensito:

 

Lady Lynx: Rowena era abbastanza antipatica. Vuoi un po’ per il caratterino orgoglioso che si ritrovava, vuoi per la sua situazione, non doveva essere proprio piacevole stare con lei.

Per quanto riguarda Mandy, la mia paura più grande era di creare una Mary Sue; se dici che ti sei immedesimata in lei mi fai davvero tirare un sospiro di sollievo XD

 

Mizar: senza rivelarti troppo, posso dirti che hai ragione riguardo al fatto che Rowena non sarà mai dolce&pucciosa :D E sono contenta che ti piaccia Mandy, perché mi diverto tantissimo a scrivere attraverso il suo punto di vista, e sarà presente in tutti i capitoli che ho organizzato finora. Questa fanfiction sta venendo molto più lunga di quanto avessi previsto… O.o

 

caramella_rosa_gommosa: ciaooooooooooooooo! :D A-emh, mi ricompongo e passo subito a risponderti.

Rowena è stata abbastanza… sì, diciamo cattiva, anche se la parola a cui stavo pensando era un’altra u.u Riguardo alla tua seconda affermazione, mi spiace ma non ti posso anticipare niente *ghigna* Continua a seguirmi e ne saprai di più – sì, è un ricatto u.u

In effetti, per la scena della visita a lord Henry ho tratto ispirazione dalle mie visite a parenti e amici dei miei genitori, anche se fortunatamente almeno io potevo andarmene a spasso per la casa, invece di rimanere lì. Che vitaccia, quella di William! >.<

 

Alla prossima, miei fedeli lettori! _Mary saluta e ringrazia ^^

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***





IV.

“Nelly aveva scelto bene il libro: suppongo che nella biblioteca ci fossero cose poco adatte a due bambini, perché troppo pesanti o incomprensibili, ma quello che avevo tra le mani era un libro di fiabe.

 

Ne conoscevo una gran parte, ma non mi importava: mi sembrava che solo leggendole si potessero assaporare veramente, aiutati dalle splendide illustrazioni e dalle cornici che ornavano ogni pagina. Rowena mi ascoltava in silenzio, e ogni volta che mi interrompevo, mi chiedeva di andare avanti, entusiasta.

 

Da quel giorno in poi, ogni volta che io e Rowena ci vedevamo, sgattaiolavamo in camera sua e leggevamo. Furono i libri polverosi di suo padre a permetterci di avvicinarci, perché quella nostra alleanza, creata da Rowena più per proprio vantaggio che per altro, si trasformò poi in amicizia.

 

Nelly ci faceva trovare sempre libri che ci potessero interessare. Non so come facesse, se sapesse leggere e giudicare o se fosse solo intuito il suo, o se magari conosceva qualche incantesimo per trovare subito i libri che cercava; quando finimmo il primo, ce ne fece trovare un altro. Era di racconti babbani che parlavano di terre lontane. Non c’erano maghi, ma posti ugualmente incantati, tanto che io e Rowena ci chiedemmo se l’autore si fosse reso conto di aver descritto gli effetti di incantesimi che qualsiasi mago o strega poteva eseguire facilmente.

 

Durante le visite di quell’inverno, mentre fuori pioveva o nevicava, noi stavamo al caldo, accanto al fuoco, mentre tutti gli altri credevano che stessimo in biblioteca. La stessa Nelly, quando gli adulti stavano per andarsene, veniva ad avvisarci perché scendessimo immediatamente in biblioteca. Il divertimento che provavamo nel fare tutto in segreto, cercando di non farci scoprire, non si può descrivere.

 

Ma un giorno, Nelly non ci disse che lord Henry ci stava cercando; così il padre di Rowena ci colse con le mani nel sacco.

 

Una volta aperta la porta, si trovò davanti due bambini intenti a leggere uno dei suoi preziosi libri.

 

Io sbiancai; Rowena, invece, cercò di mantenere il sangue freddo. Non avrei dovuto avere paura, lo sapevo: cosa avrebbe potuto farci? Non stavamo facendo niente di male, in fondo…

 

“Come hai preso quel libro?” mi chiese, indicando il volume che tenevo in grembo.

 

Io arrossii violentemente, ma Rowena mi evitò di cercare una spiegazione, rispondendo prontamente:

 

“L’ho preso io, era giù in biblioteca, aperto sul tavolo”.

 

Io annuii confuso, mentre Henry mi lanciava un’occhiata penetrante.

 

“Non dovresti toccare quei libri, lo sai” disse con voce gelida, rivolgendosi alla figlia.

 

Rowena rifletté rapidamente.

 

“Ma… ma qualcuno lo aveva lasciato fuori posto… e noi…”

 

Rowena si bloccò, cercando una spiegazione plausibile.

 

Vidi che lord Henry non era per niente contento, ma con un tentativo invidiabile di suonare cordiale disse, rivolgendosi a me:

 

“La prossima volta che trovi un libro fuori posto, dallo a Nelly. Sono sicuro che sarà più al sicuro che nella mani di due bambini”.

 

Mi sentivo umiliato, e non riuscivo neanche a guardarlo in faccia. Sentii ancora una volta che Rowena protestava, indignata:

 

“Ma lui non ha fatto niente…!”

 

Lord Henry le rivolse un’occhiata glaciale.

 

“Tu stai al tuo posto. Ho già abbastanza da fare senza che tu ti metta a difenderlo a spada tratta” disse, con un tono che riuscì  a farmi gelare il sangue nelle vene.

 

Rowena sostenne il suo sguardo, e quando il padre se ne fu andato cominciò a camminare per la stanza, furiosa, borbottando.

 

Io mi sentivo sempre peggio. Quella bambina aveva avuto più coraggio di me, proprio lei che sembrava così attaccata al padre, e mi aveva difeso anche se sapeva perfettamente che la colpa era anche mia.

 

“Grazie” borbottai, imbarazzato.

 

Lei si bloccò e mi guardò stupita.

 

“Sì… sei stata… gentile” balbettai, evitando il suo sguardo.

 

Lei alzò le spalle, rivolgendomi uno sguardo strano. Io ero a disagio: avevo appena ringraziato quella bambina viziata, che oltretutto non stava facendo niente per allentare la tensione.

 

Forse anche lei era a disagio, perché dopo qualche secondo di assoluto silenzio mi si avvicinò e mi strattonò per il braccio; ormai doveva essere un vizio.

 

“Dai, andiamo di sotto. Qui non c’è niente”.

 

La seguii docilmente. Forse non era così male come mi era sembrata.”

 

*

 

Io non ho sonno… io non ho sonno… e se chiudessi gli occhi per cinque minuti?

 

Ero stanca, ma non potevo fermarmi. Nonostante mi facessero male gli occhi a furia di leggere, e cominciassi a considerare la mia scrivania come un ottimo posto per appoggiare la testa e schiacciare un pisolino (di soli cinque minuti, ovvio), sapevo che non avrei potuto smettere di leggere.

 

Però, se fosse di due minuti contati…

 

Cedetti alla tentazione e poggiai la testa sulla scrivania. Dopo quelli che mi parvero trenta secondi, sentii qualcuno che mi scrollava per una spalla.

 

“Mandy…? Mandy, ma dormi?!”

 

“’assami ’n ‘ace” bofonchiai, cercando di scacciare dalla mente la voce fastidiosa.

 

“Scusa, se ne sono andati tutti, vai a casa anche tu, no?” continuò quello, scrollandomi più violentemente.

 

Ormai avevo perso ogni speranza di poter dorm… rilassarmi sulla mia scrivania, peraltro abbastanza comoda, per due minuti. Socchiusi gli occhi, notando che lo scocciatore era Andrei.

 

“Andrei, è la volta buona che ti affatturo” lo minacciai, non troppo credibilmente, sbadigliando.

 

“Fila a casa” mi disse, sbrigativo.

 

“No” risposi bruscamente.

 

“Devo finire, non posso tornare. Il Dipartimento è aperto anche di notte, no?” chiesi, trattenendo a fatica un altro sbadiglio.

 

“Se non vuoi dormire, prenditi un caffè” mi rispose lui, logicamente.

 

Scossi la testa, cedendo alla tentazione di chiudere le palpebre per qualche secondo.

 

“L’ho già preso”.

 

“Prendine un altro”.

 

“Ne ho presi sei”.

 

Andrei non disse niente, ma pur non vedendolo lo conoscevo abbastanza per sapere che aveva strabuzzato gli occhi.

 

“Ne hai presi sei?! Era un tentativo di suicidio, o…”

“Non cominciare. Se vuoi fare un’opera buona uccidi Philip, piuttosto” bofonchiai, appoggiando di nuovo la fronte sul legno.

 

“Philip?” chiese lui, confuso.

 

Io annuii.

 

“E’ tutta colpa sua se devo studiarmi questa roba” spiegai brevemente.

 

Sentii che Andrei trascinava una sedia vicino a me, e vi si sedeva.

 

“Bene… non vuoi andare a dormire, non puoi prendere un caffè, devi studiare questo… cos’è?”

 

Grugnii, mentre Andrei dava un’occhiata al manoscritto. Schioccò la lingua.

 

“Umh… suppongo che tu abbia bisogno di aiuto” disse.

 

Io alzai la testa di scatto e dissi, gelida:

 

“No grazie, faccio benissimo da sola”.

 

Peccato che il mio tentativo di mostrarmi forte ed indipendente fu smorzato dall’ennesimo sbadiglio.

 

“Vedo. Avanti, fammi dare un’occhiata” disse Andrei.

 

Io sospirai pesantemente e appoggiai di nuovo la testa sulla scrivania. Sì, solo cinque minuti…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonasera!

Questo è stato l’ultimo aggiornamento prima della pausa di Natale; ci rivedremo dopo il sette gennaio, con la speranza di aver scritto tanto durante le vacanze – uffa, mi servirebbero giornate di molte più ore.

Grazie a tutti quelli che hanno letto, in particolare a Erika91 che ha aggiunto la storia alle Seguite ^^

 

Lady Lynx: umh, spero di non averla fatta troppo altera per essere una bambina ^^’ In questo capitolo si è avvicinata un po’ a William, ma di certo i due non sono ancora amiconi… Mandy alla fine ha ceduto, meno male che c’è Andrei XD

 

caramella_rosa_gommosa: ti capisco perfettamente, capita spesso anche a me di credere di aver recensito ^^’ Soffro di perdita di memoria a breve termine (cit.), quindi non posso certo condannarti. Da me la scuola è finita oggi – e finalmente posso dire di essere felicissima ** Per quanto riguarda William e Rowena… no, non posso dirti niente *risata malvagia* E per quanto riguarda Mandy e Andrei… neanche *replica della risata di prima* Vabbè, perdonami ma il pensiero che le vacanze siano finalmente arrivate (e la soddisfazione di aver finito in tempo tutti i regali, per una volta **) mi hanno ucciso il neurone, ergo non sono responsabile di ciò che sto scrivendo u.u Di conseguenza, non so dirti se il capitolo sia ben scritto o meno, e se mi dicessi cosa ne pensi mi renderesti mooooolto contenta *w*

 

Mizar: uh, Piton in perizoma è… è… *scioccata* Bleah! Non mi ci far pensare XD A-emh, sì, Rowena si sta lentamente sciogliendo, ma non posso fare spoiler su ciò che accadrà in futuro :D Il seguito è arrivato abbastanza presto, visto? J

 

Colgo l’occasione per augurare a tutti buone Feste ^^ Al prossimo anno, con l’augurio che sia speciale e pieno di gioia per tutti voi!

 

_Mary

 

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***





V.

“Da quel giorno, lord Henry stette ben attento a non farci prendere niente dalla sua preziosa biblioteca.

 

Rowena era arrabbiata, ma non poteva fare niente, e cominciammo a cercare qualcos’altro da fare durante quelle visite. A volte Rowena recuperava qualche libro, e in quei casi Nelly doveva rimanere all’erta sulla soglia della sua stanza per accertarsi che non venisse nessuno; altre volte sgattaiolavamo in cucina e ci facevamo dare dall’Elfa Domestica nostra complice qualcosa da mangiare; altre volte ancora uscivamo in giardino, con il permesso dei nostri genitori, ovviamente.

 

Prima che potessi rendermene conto cominciai a considerare Rowena come una compagnia piacevole. Mentre giocavamo, mentre leggevamo, trovavo in lei quella stessa curiosità e voglia di apprendere per cui mio fratello Edmund aveva sempre preso in giro me. Non pensavo più a lei come alla bambina che mi aveva fatto mettere in punizione da mio padre, e cominciai ad attendere gli inviti di lady Helena con impazienza, contando i giorni che mancavano alla visita settimanale.

 

Mia madre se ne accorgeva. La sorprendevo a lanciarmi occhiate divertite quando mi indispettivo se ritardavamo, quando spiavo il cielo per vedere il gufo di lord Henry portarci la solita pergamena di invito, quando mi preparavo con cura prima di uscire.

Le mie sorelle non venivano mai con noi, perché Rowena non gli piaceva. Giocavamo da soli, coinvolgendo anche la povera Nelly, a volte, e quei pomeriggi passavano in un baleno.

 

Un giorno, però, mia madre invitò lady Helena a farci visita. Ancora non capisco cosa la spinse a farlo, dato che la nostra casa non aveva niente a che vedere con quella di Rowena: al piano terra c’era la bottega di mio padre, e al primo piano tre stanze che occupavamo io e la mia famiglia; il posto dedicato alla preparazione del cibo, o delle pozioni, dato che mia madre era discreta nel distillarle, era sul retro, separato dal resto della casa. Da ciò veniva il mio imbarazzo: non era una casa ricca o dotata di tante comodità come quella di Rowena, e me ne vergognavo. Non volevo che lei si accorgesse di quanto fossimo diversi.

 

Rowena accompagnò sua madre. La vidi dalla finestra della stanza che condividevo con le mie sorelle: si guardava intorno curiosa, mentre camminava al fianco della madre. Si accorse che la stavo guardando e mi fece un cenno di saluto prima che potessi ritrarmi dalla finestra. Le risposi con un mezzo sorriso e scesi in bottega, dove mia madre aveva già accolto le nostre ospiti.

 

Salutai impacciato lady Helena, che sembrava semplicemente troppo per il posto in cui era entrata. Una principessa dall’aria dolce e malinconica, fragile come un fiore, bella come una mattina di pallida primavera*: è questa l’immagine che tuttora conservo di lei. Era fuori luogo, troppo nobile per stare in un’umile bottega come la nostra. Mi chiesi cosa avesse spinto mia madre ad invitarla.

 

Rowena la seguiva guardandosi cautamente intorno. Capii che moriva dalla voglia frugare tra le cose di mio padre, ma si trattenne. Incrociai il suo sguardo e arrossii, a disagio: si sarebbe accorta che non eravamo ricchi, non avrebbe più voluto vedermi o leggere con me. Dopo aver dato un’occhiata alla bottega senza aver toccato niente, sforzo che le costò molto, salì al piano superiore. Io le feci da guida, anche se avrebbe potuto orientarsi benissimo da sola.

 

Dopo aver esaminato il poco che c’era, sentenziò che da lì c’era una bella vista.

 

Io borbottai che si vedevano solo le solite montagne, ma lei sembrò non avermi sentito.

 

Si sedette sull’unico sgabello della stanza: come sua madre, anche lei era troppo per quella casa. Indossava un abito blu con ricami argentei, che, riflettei, doveva costare più di quelli di tutte le mie sorelle messi insieme. I capelli bruni erano raccolti sulla nuca in un’acconciatura che le dava fastidio, tanto che prima di tornare a casa sua se la sciolse. Gli occhi dall’aria intelligente si spostavano sulle pareti spoglie della stanza, registrando ogni piccola crepa o macchia che vedevano. L’espressione concentrata del suo viso rivelava a me, che la conoscevo ormai da un po’ di tempo, che stava riflettendo su qualcosa che riteneva importante.

 

“Sai fare le magie?” mi chiese alla fine, in fretta, dopo un lungo silenzio.

 

Io esitai. Mio padre mi aveva dato un’istruzione elementare, ma non sapevo fare grandi cose. Dopotutto, a me serviva solo saper pesare il legno per le bacchette e scegliere il materiale per la loro anima, e questo lavoro esigeva un’estrema precisione, non riuscire a fare miracoli con gli incantesimi. Mi seccava dover ammettere di non saper fare quasi niente.

 

“Non proprio” bofonchiai alla fine, pensando che se le avessi mentito avrei fatto una figura peggiore.

 

Mi aspettavo che mi deridesse o che mi lanciasse un’occhiata di disprezzo; invece non disse niente.

 

Restammo in silenzio per un paio di minuti. Capii che c’era qualcosa che la impensieriva.

 

“Mia madre ha detto che presto mi insegnerà a farle. Mio padre pensa che sarà tutta fatica sprecata. Me lo ha detto Nelly, li ha sentiti parlare” disse alla fine, esitante.

 

Era quello che la preoccupava, allora. Temeva di non essere all’altezza di ciò che le avrebbe insegnato sua madre.

 

Rowena non mi guardava. Era andata alla finestra e stava facendo vagare lo sguardo sulle montagne, assente.

 

“Io non credo che sarà fatica sprecata. Sei intelligente, tu” dissi, prima di avere il tempo di pensarci.

 

Rowena mi lanciò un’occhiata, ma non disse niente.

 

“E poi è divertente fare gli incantesimi! Se ce l’avessi io questa possibilità…” riflettei amaramente, pensando che probabilmente per tutta la vita non avrei saputo eseguire altro che banali incantesimi di riparazione.

 

“Perché dici così? Tua madre non ti ha insegnato niente?” chiese la bambina, confusa.

 

“Non… non può insegnarmi niente, non le sa fare neanche lei, le magie” balbettai, avvampando.

 

“E tuo padre?” insisté, non notando il mio imbarazzo.

 

“Neanche lui” borbottai, evitando il suo sguardo.

 

Ancora una volta, Rowena mi sorprese. Non lasciò cadere il discorso, e probabilmente non si rese neanche conto che avrei preferito cambiare argomento; si voltò verso di me e, dopo averci pensato un istante, propose:

 

“Allora potrò insegnarti io, se vuoi. Anche tu sei intelligente, imparerai in fretta” disse, felice.

 

Io rimasi spiazzato. Non mi era passato per la mente neanche per un istante la possibilità che Rowena si sarebbe offerta di condividere con me quello che avrebbe imparato. Avevo immaginato che si sarebbe allontanata dalla mia casa schifata, e invece mi offriva ciò di cui avevo più bisogno di ogni altra cosa al mondo: il sapere.

 

“Sarebbe… bello. Grazie” boccheggiai, non sapendo cos’altro dire. Non si era neanche resa conto di cosa mi aveva appena concesso.

 

Rowena rise.

 

“Però non devi imbarazzarti, William! Sei il mio migliore amico, lo faccio con piacere” concluse, sedendosi di nuovo sullo sgabello.

 

Continuò a chiacchierare per il resto del pomeriggio. Io rimasi in silenzio, mentre piano piano, dentro di me, si faceva strada la consapevolezza di avere una vera amica. La migliore che potessi avere.

 

Mio padre, intanto, continuava ad istruirmi. Avevo l’impressione che non credesse molto nelle mie capacità. Nessuno di noi credeva che Edmund sarebbe tornato, e sapevo che per mio padre era lui il preferito; Edmund era sempre stato molto più aperto e simpatico di me, che ero riservato e non molto sveglio. Ma, volente o nolente, a mio padre restai solo io, una volta che Edmund se ne fu andato.

 

Anche se avevo sicuramente molto da invidiare al mio fratello maggiore, persino mio padre si accorse che, in fatto di abilità e precisione, ero senza dubbio migliore di lui. Edmund era impaziente e arrogante; io potevo essere timido e vigliacco, come avevano dimostrato i fatti a casa di Rowena, ma ero più paziente e testardo, due qualità che mi aiutarono molto durante l’apprendistato.

 

Le visite di lady Helena non cessarono. Rowena, quando veniva a casa nostra, cominciò a trovarmi impegnato; mentre lei chiacchierava, mettendomi al corrente dei piccoli fatti della sua vita o mostrandomi gli incantesimi che aveva appreso, io pesavo le bacchette, le intagliavo, mi dedicavo alla loro costruzione. La ascoltavo fino a quando non avevo finito. A quel punto toccava a me parlare e dirle cosa avevo fatto, spiegandole i miei progressi e i trucchi del mio mestiere.

 

Sapevo che non avrei dovuto farlo, ma qualcosa mi diceva che Rowena non avrebbe rivelato ad altri i miei segreti; ormai credevo di conoscerla abbastanza per potermi fidare.

 

Rowena mantenne il suo impegno, e durante ogni visita si mise d’impegno per aiutarmi ad imparare qualche nuovo incantesimo: era un’insegnante perfetta, severa ed esigente. I risultati del suo lavoro cominciarono a farsi vedere fin da subito: riuscii ad aiutare mio padre meglio e più in fretta, e anche lui cominciò a provare rispetto per quella bambina che, seppur piccola e sempre imbronciata, prendeva tanto a cuore il suo incarico.

 

Gli anni passarono. Una alla volta le mie sorelle si sposarono; nessuna rimase nel nostro paese, e la casa si svuotò.”

 

*

 

Silvia prese il mio caffè e lo offrì a Philip, dicendomi che lui era tanto preparato e ne aveva bisogno.

 

“E ovviamente, io sarò la prima a saperlo” disse, con un sorriso che mi accecò.

 

Prima che potessi chiedere cosa doveva sapere, Philip rifiutò la tazzina con un ghigno.

 

“Voglio romperle gli occhiali, non me ne faccio niente del suo caffè!” esclamò.

 

Io volai via dalla finestra, urlando che potevo cavarmela da sola. I miei occhiali erano solo miei, e quello lì non me li avrebbe rotti, anche perché Andrei aveva la mia bacchetta. Non sapevo come, ma volteggiavo nell’aria. Forse mi ero Trasfigurata in un uccello.

 

E infatti, proprio come un uccello arrivai sul davanzale della casa di Rowena, e vidi che Henry stava bruciando la biblioteca, mentre Rowena e William urlavano frasi incomprensibili.

 

Anche io urlavo, ma nessuno mi sentiva. E a quel punto Helena mi venne incontro, pallida e bellissima, e…

 

… e mi svegliai di colpo, mettendo a fuoco prima il mio studio e poi Andrei, seduto accanto a me.

 

“Ben svegliata” borbottò, scrivendo qualcosa su un blocco degli appunti.

 

Io mugugnai in risposta.

 

“Che ore sono?”

 

“Le quattro, circa. Ho trascritto qualcosa, così lo potrai leggere quando ti sveglierai” mi disse.

 

Anche col cervello ancora annebbiato dal sonno, capii che dovevo ad Andrei un grosso favore.

 

Sbuffai, portandomi le mani alle tempie. Dovevo troppe cose a quel ragazzo.

 

“Andrei, dimmi la verità, tu non sei umano. Sei troppo buono” biascicai, togliendomi gli occhiali e pulendone le lenti sulla mia felpa.

 

Sentii, non vidi, il suo mezzo sorriso.

 

“Ah, questo lo so. Piuttosto, sei abbastanza sveglia per ricominciare?” chiese.

 

“Umh…” riflettei.

 

“Direi di aver bisogno di caffè” dissi alla fine, schioccando la lingua.

 

“Scordatelo, ne hai presi fin troppi” ribatté aspramente Andrei, riordinando i fogli fitti di appunti.

 

“Bene, allora mi rimetto a dormire” risposi, testarda ed improvvisamente lucida. Avvertivo un vero e proprio bisogno fisico di caffè. Anche se odiavo quella bevanda scura e amara.

 

Andrei mi guardò trucemente per qualche secondo, ma quando vide che sostenevo il suo sguardo si arrese.

 

“E va bene, se insisti. Ma uno soltanto” puntualizzò, stiracchiandosi sulla sedia.

 

Io ghignai. Ero una piccola e schifosa prepotente, ma con Andrei l’avevo sempre vinta, alla fine.

 

 

 

 

 

 

*cit. da ‘Il Signore degli Anelli – Le due torri’

 

Eccomi tornata, in pauroso ritardo e con un capitolo cortissimo. Mi farò perdonare, tanto il quadrimestre è finalmente finito e il ritmo di studio rallenterà da questa settimana in poi ^^

… spero O.O

A-emh, non mi perdo in chiacchiere e, in onore del Carnevale, offro frappe e castagnole virtuali a coloro che hanno apprezzato, recensito o schifato questa fic, in particolare lancio una manciata di coriandoli a Mitika81, che ha aggiunto questa storia alle Seguite **

 

Erika91: grazie per la recensione! Sono contenta che tu ti sia fatta sentire anche se la storia non è ancora ‘entrata nel vivo’… spero che questo capitolo, anche se corto ed insignificante, ti sia piaciuto!

 

Lady Linx: se Rowena è la tua fondatrice preferita mi sento investita di una grossa responsabilità: cercare di rendere questa Rowena all’altezza di quella che tu hai costruito nella tua mente ** Eh, penso che tutte vorremmo un Andrei che ci svegliasse quando crolliamo sui libri… *sospira* Te lo presto più che volentieri, tanto tra me, te e Mandy, ormai svegliare fanciulle cadute tra le braccia di Morfeo è diventato il suo mestiere!

 

caramella_rosa_gommosa: eh eh eh, tra un po’ (un bel po’, perché sono cattiva u.u) vedrai se il tuo ventottesimo senso te la dice giusta su Mandy e Andrei XD OMG, l’aggiornamento non è mica arrivato tanto presto, comunque… Mi farò perdonare, promesso! – o almeno ci proverò… *fischietta*

 

Mizar: urgh, mi sa che stavolta non ho aggiornato così velocemente ^^’ Sei davvero troppo gentile, le tue recensioni mi rendono sempre felicissima ** Per il resto, mantengo il silenzio: per sapere cosa sto preparando puoi solo continuare a leggere u.u

 

 

Anche stavolta ho finito; ringrazio uno per uno coloro che, nonostante tutto, continuano ad aspettare un mio aggiornamento **

Grazie, ovviamente, a chi ha letto, e proprio a chi ha letto rivolgo la fatidica richiesta: vorrei davvero sapere cosa pensate di questa fic, che ne dite di farvi sentire tramite una piccola, minuscola, scarna recensione? Accetto critiche costruttive, suggerimenti, e, se ci sono, complimenti. E non mordo, anzi sono piuttosto pucciosa, che ci crediate o no.

 

Arrivederci! ^^

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Capitolo 7
*** Capitolo sei ***





VI.

“E’ strano come alcune cose si ricordino perfettamente mentre altre si rintanino negli angoli della memoria, ombre sfuggenti che non vogliono essere afferrate. Ho pochi ricordi degli anni della mia adolescenza, e quelli che ho riguardano tutti Rowena.

 

Nelly, mentre scrivo, sta rammendando un mio vecchio mantello. L’Elfa mi sta aiutando molto nel mio lavoro, contribuendo a concretizzare quelle ombre troppo evanescenti per un vecchio come me. Ha servito Rowena per tutta la vita, e le è stata accanto fino alla fine. Come ho fatto io.

 

Mentre Rowena continuava il suo paziente lavoro di insegnamento, crescevamo entrambi. Lei divenne la ragazza brillante e dalla lingua tagliente di cui si innamorò Lachlan Ravenclaw; a poco a poco, riuscì a togliersi di dosso tutti i pregiudizi che si erano formati nella sua mente di bambina, forse anche grazie alla mia compagnia. L’aria di superiorità e disprezzo che l’aveva caratterizzata soprattutto nei primi tempi della nostra amicizia si attenuò fino a sfumare in quella fierezza che la distinse per il resto della sua esistenza. La scontrosità la abbandonò con gli anni, man mano che lei riusciva a separarsi dall’atmosfera della cupa casa in cui era nata e in cui avrebbe vissuto ancora a lungo. Ma tutto questo sarebbe avvenuto con il tempo; Rowena avrebbe dovuto separarsi dall’ambiente in cui era cresciuta per acquisire il coraggio di crearsi delle proprie idee.

 

Io divenni, se possibile, ancora più introverso e riflessivo. I miei compaesani, anche se mi avevano visto crescere, erano spaventati da me, quel ragazzo tanto silenzioso quanto esperto, ai loro occhi, in ogni tipo di stregoneria.

 

Posso dire di non aver avuto molte amicizie, nel corso della mia vita. Prima di tutto, sapevo leggere. Il che non era una gran cosa, dato che quasi tutti libri che ho visto sono scritti in latino, lingua che non conoscevo.”

 

 

“Quasi tutti?” chiese Andrei, interrompendomi.

 

Era toccato a lui dormire – poveretto, stava proprio crollando – ed io ero andata un po’ avanti con la trascrizione. Il caffè aveva fatto il suo effetto, ero di nuovo lucida come al solito, anche se con un gran mal di schiena. Dovrebbero farle un po’ più comode, le scrivanie.

 

“Il latino era la lingua della cultura e dei libri, come ben sai. Ma nell’878 Alfredo il Grande, un re babbano, aveva avviato un’opera di trascrizione di diverse opere dal latino in inglese. La società magica si adeguò: per un certo tempo si scrissero anche libri in inglese antico, oltre che in latino. Può darsi che William ne abbia visto qualcuno” spiegai brevemente, annoiata.

 

Andrei mi guardò ammirato.

 

“E come mai William non ha scritto in latino?” chiese, approfittando della pausa e della mia momentanea disponibilità a rispondere a quelle che, in un altro momento, avrei definito ‘domande inutili ed idiote’.

 

“In un’introduzione che ti ho risparmiato, lunga circa sei pagine, si scusa con i suoi lettori per non conoscere tanto bene il latino da poter scrivere un libro. Se vuoi…” cominciai a scartabellare tra i fogli sparsi sulla scrivania, fino a quando non ne ebbi trovati alcuni “ecco qua, divertiti” conclusi bruscamente.

 

“Ed ora posso continuare, o hai qualche altra domanda?” chiesi spazientita.

 

Andrei annuì, spaventato. Io gli lanciai un’occhiataccia e continuai:

 

“Era stata una fortuna che Lord Henry avesse fatto un incantesimo ai volumi della sua biblioteca, in modo che potessero essere letti come se fossero stati in inglese. “Lui detesta il latino. Vuole averci a che fare il minimo indispensabile” mi disse un giorno Rowena. “Chissà, magari quel giorno si è arrabbiato tanto perché avevamo scoperto il suo segreto, no?” scherzò.

Secondo, ma non meno importante, conoscevo più incantesimi di tutti loro messi assieme, grazie a Rowena. La cosa li spaventava a morte, e vedere le loro espressioni terrorizzate ogni volta che facevo qualche semplice incantesimo era troppo divertente per il ragazzetto immaturo che ero. Quando questo accadeva davanti a Rowena, mi prendevo i suoi rimproveri e le sue occhiatacce. Una volta arrivò a lasciarmi appeso a testa in giù per tutto il giorno, fino a quando non ebbi chiesto scusa al tizio a cui avevo tinto di blu i capelli.

 

Rowena apprese i primi rudimenti della magia da sua madre. Quando questa non ebbe più niente da insegnarle, cosa che avvenne abbastanza presto, suo padre fu costretto controvoglia a chiamare un istitutore. Rowena non abbandonò neanche per un istante il suo ruolo di mia insegnante, mentre entrava nella turbolenta fase dell’adolescenza.

 

A quasi vent’anni io ero la disperazione di mia madre: tutti gli altri giovani del paese erano sposati, o cercavano una moglie, e lei si chiedeva cosa mai avesse fatto di male per meritarsi un figlio che, se lo sentiva, non se ne sarebbe mai andato di casa.

 

La gestione della bottega impiegava tutto il mio tempo. Mio padre era diventato vecchio e stanco. Io e mia madre assistevamo impotenti allo sgretolamento di quella roccia che era stata per noi: a volte, nel bel mezzo di un lavoro, si dimenticava cosa stava facendo; altre volte spariva, per essere ritrovato da qualche vicino, confuso e disorientato; altre volte ancora faticava a riconoscerci.

 

“Un giorno o l’altro ti dimenticherai anche come ti chiami, testa di zucca” borbottava mia madre quando mio padre tornava in sé.

 

Forse non si rendeva conto che mio padre stava morendo. Non era più lui; ormai ero solo io a lavorare e ad occuparmi dei clienti, che, prima diffidenti, cominciarono a contare su di me, anche se giovane ed inesperto. Alcuni anni prima mio padre avrebbe protestato furiosamente, dicendo che ancora non era tanto decrepito da doversi affidare ad un ragazzino: invece in quel periodo si limitava ad osservarmi con un’espressione malinconica.

 

Chiesi a Rowena se sapesse cosa gli stesse accadendo, preoccupato e desideroso di poter fare qualcosa per lui. Lei mandò a casa nostra dei Guaritori, che non seppero dirci niente.

 

Mia madre continuava a distillare pozioni. Io avevo cominciato a far entrare Rowena direttamente in bottega, dato che il tempo in cui potevamo stare insieme a parlare si era ridotto drasticamente.

 

Prima che potessi chiedermene il motivo, vidi che non eravamo più soli nelle nostre conversazioni: Nelly, di solito, non ci lasciava mai.

 

Rowena non sopportava la sua intrusione. Quando le chiesi il motivo per cui sua madre aveva cominciato a farla accompagnare dalla vecchia Elfa Domestica, lei si oscurò.

 

“Chiacchiere” sbottò bruscamente, prima di cambiare argomento.

 

Io non capivo: perché la gente avrebbe dovuto malignare sulla nostra amicizia?

 

Nei suoi discorsi appariva spesso la madre; le voleva bene più di quanto ne volesse a qualsiasi persona al mondo, credo. Il suo sguardo si addolciva sempre quando mi diceva che, grazie alle pozioni di mia madre, Lady Helena si era rimessa.

 

Rowena non parlava mai di Lord Henry, o, quando per caso capitava che lo nominassi, stava ben attenta a cambiare argomento. Se da piccola aveva cercato la sua approvazione, da grande arrivò a detestarlo cordialmente.

 

“Non hai idea di come mi tratti, William. E lo sai perché? Perché sono nata femmina” mi disse un giorno in cui era particolarmente di malumore.

 

Mia madre sibilò che era una ragazza con troppi grilli per la testa, quando venne a sapere dell’ennesima discussione tra lei e il padre, e quella era più o meno l’opinione di tutti quelli che la conoscevano.

 

Mia madre, che non aveva più figlie di cui occuparsi, o a cui ‘far passare i grilli’, cominciò ad intromettersi con sempre più indiscrezione nella mia vita sentimentale. Giunse a tentare di farmi bere un filtro d’amore, al che io, nel bel mezzo di una bufera, presi un mantello e me ne andai di casa, furibondo. Da quando, la mattina dopo, tornai a casa febbricitante, smise di impicciarsi.

 

Una cosa di cui Nelly non ha avuto bisogno di ricordarmi è stata quella avvenuta in una luminosa giornata di fine maggio. Ero con mio padre dietro casa mia: lui era peggiorato, non parlava neanche più o, quando lo faceva, diceva cose senza senso. Sembrava sempre assente, bisognava assisterlo come un bambino,  e mia madre era disperata. Anche io soffrivo, ma cercavo di mostrarmi ottimista, almeno per far forza a mia madre. Quel giorno gli stavo mostrando come si eseguiva un Incantesimo di Appello, sperando di fargli ricordare una di quelle lezioni che io, su imitazione di Rowena, gli avevo impartito qualche anno prima.

 

Lui mi guardava assente, come faceva sempre. Io cominciavo ad essere assalito dal solito senso di oppressione che caratterizzava quei dialoghi infruttuosi, quando sentii dei passi affrettati provenire dalla strada.

 

Quando mi affacciai, vidi che Rowena bussava furiosamente alla nostra porta.

 

La chiamai. Lei si voltò e potei vedere la sua espressione: era terrorizzata, assolutamente fuori di sé.

 

Mi venne incontro a grandi passi e mi si gettò tra le braccia: con mio grande orrore, mi accorsi che stava piangendo.

 

La sentivo sussultare contro il mio petto, mentre cercava di trattenere i singhiozzi. Non sapevo cosa fare: in tutti gli anni della nostra amicizia non l’avevo mai vista perdere il controllo a quel modo. Prima che potessi fare qualcosa di più che darle qualche colpetto sulla schiena, si staccò bruscamente da me.

 

“Mi sposo, William” disse, asciugandosi le lacrime e cercando di riprendere il controllo.”

 

 

“Che cosa?!” esclamò Andrei, quando gli lessi l’ultima frase.

 

Gli sorrisi amaramente.

 

“Eh già. Rowena si sposa” ripetei.

 

Andrei aveva un’espressione molto simile a quella assunta da William molti, molti anni prima.

 

“Ma non può! Quanto ha, quattordici anni…?” chiese, scioccato.

 

Io annuii.

 

“Non era poi tanto strano, all’epoca. Le ragazze si sposavano molto giovani, solitamente appena dopo aver raggiunto l’età minima per dare il consenso all’unione” risposi io, con fare saputo.

 

“M-ma che consenso potevano dare?” chiese Andrei, sempre più sbalordito.

 

“Davano il consenso a sacrificarsi per un’alleanza tra famiglie, no? E ti dirò, mio caro Andrei, spesso andavano a sposare trentenni che non avevano mai visto in vita loro, ma che avevano già una posizione solida nella scala sociale magica. Trentenni, o anche più vecchi, si intende” continuai, imperterrita.

 

“E’ assurdo” disse Andrei, dopo averci riflettuto qualche istante.

 

“Era ingiusto” replicai, amareggiata.

 

“Sfornavano una dozzina di figli ed erano a posto per il resto della loro esistenza, nel migliore dei casi” conclusi.

 

Andrei era indignato.

 

“Ma tu, durante l’ora di Storia della Magia, ti dedicavi alla battaglia navale?” chiesi, ironica. “Ti aspettavi che la situazione fosse tutta rose e fiori, all’epoca?”

 

“Rüf ci faceva studiare le rivolte dei folletti, mica la condizione della strega nel Medioevo” replicò lui, offeso.

 

“Sarà” risposi io, scettica.

 

“Però due tra i quattro fondatori di Hogwarts sono state donne…” aggiunse, pensieroso, dopo un po’ di silenzio.

 

“Due donne nobili che dovevano possedere una gran forza di volontà. Ad ogni modo, la situazione per le streghe era infinitamente meno pesante di quella delle donne babbane. Hai letto anche tu, no? La madre di William distillava pozioni, quella di Rowena conosceva almeno gli Incantesimi di base e sapeva leggere… tra i babbani queste cose erano eccezionalmente rare” spiegai. Per Circe, ma quel tono da professoressa non mi si addiceva per niente…!

 

“E quindi, Rowena si sposa…” ripeté Andrei.

 

“Nah, sono sicura che William farà qualcosa” lo contraddissi, preparandomi ad andare avanti.

 

“Facile dirlo per te che hai già letto come andrà a finire” obiettò Andrei, con un ghigno.

 

“Non ho letto niente, parola d’onore” ribattei, con un’occhiata indignata.

 

“E allora come fai a saperlo?”

 

“Intuito femminile”.

 

 

 

 

 

 

Buonasera, miei adorati lettori **

 

Ho aggiornato in tempo decenti perché adesso la storia dovrebbe entrare nel vivo, ergo scrivo che è un piacere.

 

Speriamo solo che questa creatività duri u.u’

 

Che mi dite, come vi è sembrato il capitolo? Ho liquidato in fretta e furia un po’ di anni, ma mi sarei arenata se non lo avessi fatto. Tanto, tutto quello che c’è da sapere lo avete letto u.u

 

Grazie per aver dedicato qualche minuto alla lettura di questo capitolo, in particolare grazie a Rowena che ha aggiunto questa storia alle Seguite ^^

 

Mitika81: umh, mi sa che vi ho fatti aspettare l’altro capitolo fin troppo XD Grazie, comunque, quando non riesco ad aggiornare in tempi brevi mi sento male io stessa per i miei lettori… ^^ Wow, ti sei travestita da vampiro! ** Anche io vorrei travestirmi, l’unico problema è che sarei la sola cretina a farlo, nel mio quartiere, a parte i bimbi… uffa, voglio anche io una festa di carnevale!  ç_ç

 

caramella_rosa_gommosa: ommiacara, io non posso certo rimproverare il tuo ritardo XD Sarebbe come la storiella in cui sono coinvolti un bue, un asino e delle corna *fischietta* Però… quando aggiorni? *si ripara dalle coltellate che le arrivano – giustamente* A-emh, sì. Era il tuo ventottesimo senso, ma non posso ancora dirti se ci vedi giusto, perché sono davvero cattiva *ghigna* Oddei, sapevo che avrei dovuto scrivere in corsivo quella parte! >.< Ti chiedo scusa, sono imperdonabile u.u Ti ho fatta arrovellare su una cosa di assolutamente trascurabile e decisamente demenziale, sono proprio furba. Mi ritroverai sicuramente nel tuo prossimo capitolo – eh, speravi di liberarti di me!

 

Lady Lynx: temevo di forzare un po’ troppo le cose, con la mia idea a proposito della passione per l’insegnamento di Rowena. Se mi dici che non è stato così, mi rendi felice ** Quando ho immaginato la scena in cui Rowena va a casa di William, non ho pensato neanche per un momento che lei avrebbe potuto prenderlo in giro. Probabilmente avrei dovuto, dato che è una bambina nobile che ha sempre vissuto negli agi, ma ho pensato che lei tiene molto a William, e che, di conseguenza, cerca di tenerselo stretto. Voglio dire, già il loro primo incontro è stato abbastanza burrascoso, e lei si è resa conto per la prima volta che c’è qualcuno, oltre a lei, con dei sentimenti ed una personalità, nel mondo. William è il primo che ha considerato un amico, il suo miglior amico. Quindi, quando va a casa sua, vede i lati peggiori, ma dà importanza solo ai migliori, proprio perché è casa di William. Forse, se fosse stata casa di qualcun altro, avrebbe storto il naso e protestato, perché è comunque una bambina ricca e viziata. Crescendo cambierà, ovviamente, ma in quel momento l’ho immaginata così ^^ Umh, mi sono spiegata malissimo, ma almeno ci ho provato XD Grazie per la recensione!

 

Mizar: ciao! Sono contenta che l’idea di farli avvicinare grazie alla ‘passione’ di Rowena per l’insegnamento non ti sia sembrata forzata ^^ Per ora Rowena e William sono solo amici, ma chissà... continua a leggere questa fic e lo scoprirai ^^

 

 

Ho finito anche stavolta i miei ringraziamenti. L’invito a farvi sentire è sempre valido, al solito, sono graditi suggerimenti e critiche.

 

Arrivederci! ^^

 

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Capitolo 8
*** Capitolo sette ***





VII.

“Mi sentii mancare la terra sotto i piedi. Sapevo che quel momento sarebbe arrivato, l’avevo temuto da quando mi ero accorto che Rowena non era più una bambina. Aveva quattordici anni, per le ragazze nobili era l’età migliore per sposarsi.

 

Rowena cercò di riprendere il controllo. Prese un profondo sospiro e mi spiegò, con più calma possibile.

 

“E’ già tutto organizzato. Mio padre ha preso un accordo con un suo amico, non mi ricordo neanche come si chiami. Non l’ho mai visto” disse, con voce tremante.

 

Io mi riscossi e la feci entrare in casa. La trascinai nel retrobottega, afferrai un sacco e mi precipitai al piano superiore, mentre Rowena mi fissava perplessa. In un baleno presi il vestito da festa di mia madre, che le sarebbe stato un po’ largo ma le sarebbe servito come cambio, del pane, un mio mantello ed una mia coperta. Misi tutto alla rinfusa nel sacco e poi lo diedi a Rowena, che alla fine capì.

 

“Scappiamo. Ti porto da mia sorella, sarai al sicuro. Intanto vado a parlare con tuo padre” dissi, secco.

 

“Non andiamo proprio da nessuna parte, William” protestò lei. “Mi troverebbero, e se tu pensi di risolvere con una…”

 

“Bene, allora cosa vorresti fare? Aspettare che il tuo futuro marito ti venga a prendere?” chiesi, fuori di me.

 

Rowena era di nuovo lucida. Scosse lentamente la testa.

 

“William, si sono già messi d’accordo. Non cambierebbe niente, anche se io sparissi…” mormorò.

 

Mi ero completamente dimenticato di tutto: di mio padre in giardino, da solo; della sua malattia; del fatto che mia madre aveva probabilmente visto che io e Rowena ci eravamo precipitati in casa come se ne andasse della nostra stessa vita; del fatto che, forse, qualcuno stava già venendo a cercare Rowena. Mi importava solo di portarla al sicuro.

 

“Se la sposa sparisse il matrimonio si celebrerebbe comunque? Io non credo” ribattei, testardo, raccogliendo il sacco che Rowena aveva fatto cadere e prendendola per un polso.

 

“William”.

 

Mi trafisse con lo sguardo. Era più piccola di me, eppure riusciva sempre a farmi sentire insignificante.

 

“Mio padre sa dove cercarmi. Mi troverebbe. Alla fine, io mi sposerei e tu saresti massacrato” disse lentamente, fissandomi negli occhi.

 

Ritrassi la mia mano come se mi fossi scottato.

 

“E cosa vuoi fare, allora?” sussurrai, intuendo già quale fosse la risposta.

 

Lei non disse niente. Uscì dal retrobottega. Mi sentivo completamente svuotato. Il pensiero che non l’avrei più vista bastava a farmi desiderare di correre da Lord Henry ed ucciderlo, con o senza l’aiuto della magia. Mi sentivo piccolo ed impotente di fronte a ciò che stava per succedere. Non sapevo cosa fare, anche se una parte di me mi urlava a gran voce di correre dal padre di Rowena ed affrontarlo. Non sarebbe servito a niente, proprio come mi aveva detto Rowena, ma almeno avrei tentato.

 

Stavo per attuare i miei propositi, quando sentii Rowena che soffocava un’esclamazione: Nelly si era Materializzata con uno schiocco secco in bottega.

 

Temetti che fosse venuta per riportarla a casa sua. Afferrai la bacchetta e gliela puntai contro, intimandole di stare lontana da Rowena.

 

“Aspetta, William”.

 

Rowena mi trattenne. Abbassò gentilmente il mio braccio per andare a raggiungere l’Elfa e a stringerla in un abbraccio. Solo in quel momento mi accorsi che Nelly era in lacrime.

 

“P-Padroncina…” balbettò, scossa dai singhiozzi.

 

Rowena abbozzò un sorriso, guardandola negli occhi e cercando di tranquillizzarla.

 

“Calmati, va tutto bene. Se sei qui per me puoi dire a mio padre che…” cominciò, ma fu interrotta da un ululato di Nelly.

 

“Non per lei, padroncina, non per lei” singhiozzò l’Elfa, disperata.

 

Rowena si accigliò.

 

“Allora perché sei qui?” chiese, perplessa.

 

Nelly non aveva il coraggio di parlare, o forse non ci riusciva.

 

“La padrona, padroncina…”

 

Rowena si allarmò.

 

“Cosa? Cos’ha mia madre?” chiese, spaventata.

 

Nelly continuò a singhiozzare senza dire niente.

 

“Parla! Ti ordino di parlare, cos’ha mia madre?” sibilò Rowena, scuotendo per le spalle l’Elfa.

 

“Sta male, padroncina, sta male” squittì Nelly tra i singhiozzi.

 

Non potevo vedere l’espressione di Rowena, ma mi sembrò che si fosse irrigidita. Anche io, che ancora sospettavo delle reali intenzioni di Nelly, mi allarmai.

 

L’Elfa continuò:

 

“La padroncina se ne è andata, la padrona mi ha chiesto cosa era successo. Nelly le ha risposto, padroncina, le ha detto che la padroncina si stava per sposare. Nelly le ha detto che il padrone le ha trovato un marito. La padrona si è arrabbiata, la padroncina sa che la padrona deve rimanere a letto perché sta male, ma la padrona ha provato ad alzarsi…” disse tutto d’un fiato.

 

Man mano che il racconto procedeva, io mi sentivo sempre peggio. Rowena teneva ancora Nelly per le spalle. L’Elfa si era interrotta e aveva ripreso a piangere, ma Rowena, con un fil di voce, le ordinò di continuare.

 

“Nelly non sa cosa è successo, padroncina. Nelly ha chiamato il padrone, il padrone è venuto e non è riuscito a svegliare la padrona. Il padrone mi ha detto di chiamare i Guaritori, e i Guaritori sono arrivati e hanno detto che…”

 

Rowena non attese neanche che l’Elfa finisse il suo racconto. Si alzò e corse di nuovo sulla strada, verso casa sua.

 

Davanti a me, Nelly tremava e piangeva. Tutto quello era accaduto mentre Rowena veniva verso casa mia. Per la seconda volta in quel giorno tutti i miei pensieri precedenti mi parvero privi di importanza. Da una parte, temevo che tutto questo fosse un piano di Lord Henry per costringere Rowena a tornare. Dall’altra, temevo che Nelly ci avesse detto la verità.

 

Mi precipitai anche io in strada, ma feci solo in tempo a vedere Rowena che scompariva dalla mia vista, prima che Nelly mi trattenesse.

 

“La padrona sta morendo, signore. Il padrone mi ha mandata a chiamare la padroncina” balbettò.

 

In quegli ultimi minuti ero stato sottoposto a talmente tanta pressione che quest’ultima notizia mi mandò nella confusione più totale. Sentii Nelly che si Smaterializzava, ma mi ci volle qualche istante per decidere cosa fare.

 

Ricondussi mio padre in casa. Chiamai mia madre e le spiegai in breve cosa era successo. Prima che lei avesse il tempo di dire qualcosa di più che ‘Santo Cielo’, l’avevo già trascinata con me sul sentiero che portava a casa di Rowena.

 

Camminavo svelto. Mia madre faceva fatica a tenere il mio passo, ma il tragitto che avremmo dovuto percorrere era lungo. A dir la verità, non mi era mai sembrato più lungo che in quel momento.

 

Quando, alla fine, arrivammo, vedemmo che c’era grande agitazione in casa. Servitori ed Elfi Domestici si aggiravano al piano terra, parlottando. Qualcuno piangeva, altri sembravano confusi.

 

Entrammo. Lady Helena era nella sua stanza. Nessuno seppe dirci qualcosa di più di quanto ci avesse già detto Nelly.

 

Volevo che mia madre visitasse Lady Helena. Non volevo credere a quei Guaritori, pensavo che mia madre, che aveva già fatto tanto per lei, potesse riuscire a salvarla anche quella volta. Non lo permisero, anzi, furono sul punto di cacciarci, prima che qualcuno gli dicesse che eravamo amici.

 

Rimanemmo lì per ore, aspettando una qualche notizia. Ricordo che ad un certo punto ci imposero di uscire. Era scesa la notte. Era una notte calda, umida, con poche nuvole. Il cielo stellato, immenso, maestoso, mi parve un buon auspicio per la guarigione di Lady Helena, e tentai di convincermi che tutto sarebbe andato bene. Non avevo più visto Rowena quel pomeriggio, e sapevo che non era un buon segno. Infatti, la mattina dopo, quando tornai da Rowena, la trovai in giardino. Era pallida, con gli occhi arrossati, vestita di nero.

 

Non ci fu bisogno di parlare. Le cinsi le spalle con un braccio, mentre lei poggiava la testa sulla mia spalla e piangeva silenziosamente.”

 

*

 

Il silenzio nel mio minuscolo studio era tale che si sarebbe sentito il ronzio di un Gorgosprizzo. Ammesso che esistessero quelle cose, ovviamente. C’era una tipa pazzoide nella mia stessa Casa arrivata a Hogwarts un anno dopo di me, che assicurava che sì sì, esistevano, e che suo padre li aveva scoperti, ma non mi aveva mai convinta. Insomma, girava con dei ravanelli appesi alle orecchie, per Circe, non aveva molta credibilità, no? *

 

Solo che con questa parentesi ho rovinato l’atmosfera di tetraggine che avrei voluto voi lettori capiste che aleggiava nel mio studio. Dannazione, ho sempre la tendenza a rovinare i momenti più drammatici!

 

Comunque, in questa atmosfera tetra, Andrei era quasi commosso, a tal punto che si lasciò sfuggire un sospiro. Di conseguenza, il tetro silenzio non poté più rimanere tale.

 

“Andrà a finire che mi ci affezionerò, a questi personaggi” mormorò.

 

“Ti sei già affezionato” gli feci notare.

 

“E che male c’è, scusa?” ribatté, piccato.

 

“Ah, nessun male. Anzi, è un piacere notare che esiste qualcuno ancora in grado di commuoversi per una storia, al giorno d’oggi” risposi.

 

“Io non mi sono commosso!” protestò, infantile.

 

“Allora sei freddo e calcolatore come tutti gli altri” dissi, alzando le spalle.

 

Non c’era molto altro da aggiungere. Stava per albeggiare, e ciò significava che rimanevano due giorni per completare il tutto, lettura ed esami. Dovevamo sbrigarci.

 

Andrei mugugnò qualcosa, poi mi chiese di continuare a leggere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Puntualizzo: io adoro Luna. E’ fantastica, uno dei personaggi migliori di Harry Potter, secondo me. Ma qui è Mandy che parla, e io riporto solo il suo punto di vista. Suppongo che, per come la immagino io, la nostra storica ritenesse Luna un po’ fuori.

 

 

 

Buonasera, miei cari lettori! **

Sono tornata, più saltellante che mai, con questo nuovo aggiornamento!

… anche se non c’è tanto da saltellare in questo capitolo, ma comunque.

Prima dei consueti ringraziamenti, specifico una cosa: ho notato che la notizia del matrimonio di Rowena ha creato un po’ di sorpresa. Vi dico solo una cosa: non disperate, non tutto è perduto. … a buon intenditor, poche parole u.u

 

Ma bando alle ciance! Grazie a Julia Wealey che ha aggiunto questa storia alle Preferite! Bentrovata, cara! ^^

 

E ora, le recensioni:

 

Julia Weasley: mi hai resa onoratissima con questa tua recensione! Ritrovarti anche qui mi fa immensamente piacere, e ancora di più sapere che hai resistito a tutti i miei capitoli ** Non è mia intenzione imitare il linguaggio di William, dato che non ne ho assolutamente le capacità, infatti sono ricorsa al ‘trucco’ della traduzione: Mandy trascrive in inglese, io traduco in italiano ^^ Un espediente che fa storcere il naso, ma che maschera la mia ignoranza u.u Siete in molte a voler Mandy con Andrei, ti darò la stessa risposta che ho dato finora: si vedrà! XD E sono contenta di aver trovato un’altra fan del Signore degli Anelli, confesso di aver leggiucchiato solo qualcosa delle appendici… Prima o poi dovrò leggerle tutte u.u Grazie per la recensione!

 

Lady Lynx: mi sento in dovere di tranquillizzarti, perché nella mia foga da ‘Opperlamiseriaccia, devo assolutamente aggiornare!’ ho troncato il capitolo scorso nel punto cruciale. Senza sbilanciarmi troppo, ti posso dire (oltre al ‘non tutto è perduto’ di sopra che già dice molto XD) che, anche secondo il mio modesto parere Rowena si merita di meglio di un matrimonio combinato. Umh, non volevo dire troppo e ho detto tutto… Grazie per la recensione!

 

Mizar: e chi lo sa, magari ci sarà una storia d’amore con William! O forse no! La verità è che ancora una volta non posso dirti niente, ma dato che ho già anticipato qualcosa a Lady Lynx, ti do un’anticipazione piccina piccina su Mandy e Andrei: Andrei capirà qualcosa, da questo manoscritto… non dico più niente, lascio tutto alle tue supposizioni! =P Grazie per la recensione!

 

caramella_rosa_gommosa: non preoccuparti per la recensione quasi saltata, capita spesso anche a me XD E poi già è tanto che ci sia, mica posso pretendere che voi poveri lettori la postiate a tempo di record! Comunque, riguardo al salvataggio ho già anticipato molto. Troppo. Perché non riesco a mantenere la suspence? ç_ç Emh, vabbè, problemi come questi a parte, ancora non posso dirti niente sulle coppie, a parte ciò che ho quasi anticipato a Mizar su Mandy e Andrei – che non è molto, ma non posso dire di più u.u Stasera mi rovino e faccio una piccola anticipazione anche a te: saprai di più su William e Rowena tra… due capitoli, salvo improvvise ispirazioni dell’ultimo secondo ^^ Se te lo stai chiedendo, è proprio un ricatto messo a punto per costringerti a sopportarmi per altri due aggiornamenti, sì u.u Umh, sono così stanca che avevo letto, al posto di ‘me immagina William come un bel fustone’, ‘me immagina William con un bel frustone’ XD Ahimè, la vecchiaia… *sospira* Grazie per la recensione!

 

 

Okay gente, mi sembra di aver finito anche stavolta. Ri-sparisco nell’ombra, sperando di tornare quanto prima!

 

Arrivederci, e buon inizio settimana a todossssssss! ^^

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Capitolo 9
*** Capitolo otto ***





VIII.

“Il funerale si celebrò due giorni dopo. Fu una cerimonia semplice, il mago che la celebrò eseguì il rito sbrigativamente, prima di recarsi ad un matrimonio.

 

Rowena era distrutta. Non piangeva neanche più. Rispondeva solo se obbligata, ed anche in quel caso a monosillabi. Avevo paura che non riuscisse più a riprendersi, ma sapevo anche che era forte.

 

La andavo a trovare tutti i giorni. Trascurai il mio studio, ma quello che volevo era che non si sentisse mai sola, cosa che sarebbe sicuramente avvenuta a casa sua.

 

Passeggiavamo. Io cercavo di farla parlare, lei faceva finta di ascoltarmi. Ancora una volta mi assalì quel senso di impotenza che sembrava non dovermi abbandonare mai più. Mia madre mi consigliò di darle del tempo.

 

Ma il tempo passava e la situazione non migliorava. Il vento caldo dell’estate portava con sé le voci dei bambini del paese, mentre io la aiutavo a scavalcare il tronco di un albero che ci ostruiva il cammino, mentre parlavo, mentre cercavo di farla sorridere. La luce del sole giocava con i riflessi dei suoi capelli scuri raccolti severamente sulla nuca, il vento le attorcigliava la veste intorno alle gambe, e lei mi guardava. La sua era una voce senza emozione, senza colore, i suoi occhi non chiedevano neanche aiuto, ed io soffrivo, perché anche se me lo avesse chiesto io non avrei saputo in che altro modo aiutarla.

 

Un giorno, però, mi ricordò di una cosa che avevo dimenticato:

 

“Mio padre ha annullato il matrimonio, alla fine”.

 

Non credetti alle mie orecchie. Rowena continuò:

 

“Non so perché abbia deciso così. Pensavo che non lo avrebbe annullato, solo rimandato”.

 

Non sapevo che dire: ero felicissimo, mi sembrava troppo bello per essere vero. Mia madre, che al paese aveva le sue fonti, mi disse che si mormorava che, in punto di morte, Lady Helena avesse fatto giurare al marito che non avrebbe fatto sposare Rowena contro la sua volontà. Non sapevo se fosse andata davvero così, dato che le vecchie del paese erano famose per essere le più pettegole e bugiarde del mondo magico, ma pensai che forse, per una volta, avrebbero potuto aver ragione.

 

Rowena fece un mezzo sorriso, vedendo la mia espressione. Il primo da tanto.

 

Eravamo seduti sulla riva di un lago che era diventata la meta di tutte le nostre camminate. Era una giornata plumbea, e le nuvole si riflettevano sulla superficie dell’acqua increspata dal soffio del vento. Mi alzai in piedi, poi mi inchinai goffamente davanti a Rowena, porgendole la mia mano. Nei suoi occhi balenò un lampo di sorpresa, così mi affrettai a spiegare:

 

“Mia signora, ritengo che la lieta circostanza richieda un festeggiamento… Avrei invitato la Sua Signoria nel mio palazzo, ma, ahimè, temo che non sia pronto per un ricevimento!” esclamai, imitando i modi pomposi di un nobile che avevamo visto un giorno parlare con Lord Henry.

 

Volevo ricordarle proprio quel pomeriggio assolato, quando ci eravamo messi per gioco a prendere in giro il signorotto e tutti quelli come lui. Ma quella volta non mi ero inchinato davanti a lei, né l’avevo invitata a ballare. Così continuai:

 

“Se sua signoria mi concedesse un ballo, diventerei l’uomo più felice del mondo” conclusi, con un sorriso.

 

Rowena sorrise a sua volta, sorpresa.

 

“Non ero a conoscenza del fatto che sua signoria sapesse ballare” mi disse, alzandosi e porgendomi la sua mano.

 

In effetti, non sapevo ballare. Non ero minimamente aggraziato, tanto che durante le feste in paese, quando avrei dovuto ballare, mi limitavo a saltellare goffamente sul posto.

 

“Mia signora, resterà stupita della mia naturale grazia” assicurai, causando il sorriso di Rowena che mi aveva più volte visto nei miei tentativi di danza.

 

Così danzammo. O, per meglio dire, Rowena danzò, mentre io cercavo di imitarla. Il vento soffiava, stava per piovere e saremmo dovuti rientrare prima che scoppiasse una vera e propria tempesta, ma non ci importava. Ci eravamo dimenticati di non essere al chiuso, ad una vera festa, mentre Rowena rideva e io cercavo di muovere qualche passo. Eravamo felici, dopo tanto tempo, e ciò ci bastava.

 

Sentivo di nuovo la sua voce mentre mi sgridava dolcemente perché avrei dovuto raddrizzare di più la schiena, il tocco gentile delle sue dita sul mio braccio, il rumore dei suoi passi mentre mi superava per raggiungere un altro immaginario cavaliere alle mie spalle e poi di nuovo la sua presenza quando mi prendeva la mano e rideva perché non mi ero mosso di un passo. Odiavo ballare, ma avrei potuto continuare fino a notte inoltrata se ciò avesse significato vederla di nuovo serena come in quel momento.

 

Come mia madre mi aveva assicurato, Rowena riuscì a superare la crisi. Spesso si faceva pensierosa, ma sembrava aver recuperato un po’ di tranquillità, ed era il massimo che le potessi chiedere in quel momento. Nelly continuava ad accompagnarla da me, ma non restavamo quasi mai nella bottega. Parlavamo soprattutto di progetti: sapevo che il mio futuro era già segnato, e che sarei rimasto un oscuro artigiano per il resto dei miei giorni, ma Rowena mi assicurava che, il giorno in cui avesse trovato il modo per potersi trasferire a Londra, mi avrebbe portato con sé e avrebbe fatto in modo che diventassi un importante membro del Wizengamot, oppure mi avrebbe presentato a persone altolocate che mi avrebbero aiutato a diventare il più famoso e richiesto artigiano del mondo, o, comunque, mi avrebbe portato via dal paese in cui ero nato e cresciuto. Quando però le chiedevo dei suoi progetti, lei sospirava e cominciava a torturarsi l’orlo della manica della veste, come faceva sempre quando pensava ad un problema particolarmente spinoso, evitando la domanda. Sapevo che aveva qualcosa in mente, ma ignoravo che già da allora avesse deciso di insegnare.

 

Una sera dell’inverno dei suoi sedici anni rimanemmo al chiuso. Stava nevicando, e ci eravamo rintanati nel locale che mia madre usava per distillare le pozioni per poter accendere il fuoco e riscaldarci. Rowena era bravissima con gli incantesimi: quel giorno aveva fatto in modo che le fiamme fossero di una particolare tonalità azzurra-violacea che non capii mai come riuscisse a creare. Eravamo da soli, perché Nelly non accompagnava più tanto spesso la sua padroncina da quando Lady Helena era morta.

 

Rowena era pensierosa. All’improvviso mi disse:

 

“Alla fine dell’inverno partirò, William. Mio padre mi porta con sé a Londra”.

 

Mi allarmai. Qualsiasi cosa stesse architettando Lord Henry non poteva portare a niente di buono.

 

“Perché?” chiesi bruscamente.

 

Rowena sembrava assente. Fissava le fiamme come se non mi avesse sentito, ma mormorò:

 

“Per affari. C’è una specie di convegno o qualcosa del genere, e ha deciso di portarmi con lui”.

 

Tacque. Pensavo che mi avrebbe detto di non voler partire, ma quando si rivolse a me stava sorridendo.

 

“Non mi sembra vero di poter finalmente uscire da qui e conoscere altra gente, William” disse, sempre con quell’aria assorta. Probabilmente stava già pensando di sondare il terreno per il suo progetto segreto, ma la prospettiva di non vederla per, a quanto mi disse, almeno due mesi, non mi piaceva per niente. Temevo che, una volta conosciuti i maghi e le streghe più importanti della zona, potesse non desiderare più la mia compagnia come aveva fatto prima, e che si allontanasse da me. Feci, quindi, lo stesso errore che avevo fatto tempo prima, quando avevo temuto che non mi avrebbe più rivolto la parola quando si fosse accorta del fatto che non ero ricco come lei.

 

Partì in primavera. Io e mia madre andammo a salutarla: non era nervosa come mi ero immaginato, e forse un po’ sperato, illudendomi che potesse cambiare idea proprio all’ultimo momento, anzi non stava più in sé per l’impazienza. La vedemmo sparire tra le fiamme smeraldine del suo camino, seguita da suo padre, e non la rividi più fino all’inverno dell’anno successivo.”

 

*

 

Quando alzai lo sguardo dal blocco degli appunti non vidi più Andrei.

 

Lo cercai con lo sguardo. Non mi ero affatto accorta che se ne fosse andato, e non era una bella cosa. Avevo una brutta, terribile tendenza ad estraniarmi completamente dalla realtà quando leggevo qualcosa. In effetti, avevo perso il conto delle volte in cui ero stata scippata sull’autobus babbano, mentre andavo al lavoro nei giorni in cui il catorcio che mi ostinavo a definire automobile non si degnava di partire e la mia coinquilina non aveva pensato a comprare la polvere volante. Maledetto trasporto pubblico. Però, una cosa è farsi rubare il portafogli su un autobus in cui sei strizzata come una sardina tra una vecchietta con le buste della spesa che ti lancia occhiatacce del tutto immotivate ed un adolescente sicuramente sordo, considerato il volume della canzone che sta ascoltando via mp3, un’altra è non accorgersi che la persona con cui sei convinta di parlare si è alzata, ha attraversato lo studio, ha aperto la porta scricchiolante, è uscita e l’ha richiusa.

 

In realtà, dalla mia posizione potevo vedere quasi tutto lo studio, tranne la parte vicino alla finestra, quindi c’erano due possibilità: la prima era che Andrei se la fosse effettivamente svignata; la seconda era che fosse vicino alla finestra, ma anche in tal caso avrei dovuto sentirlo quando si era mosso. In entrambi i casi avrei dovuto preoccuparmi e decidermi a fare qualcosa per curare la mia insana tendenza all’isolamento-da-lettura. Almeno per amor del mio portafoglio.

 

“Guarda, Mandy”.

 

Andrei era vicino alla finestra. Beh, almeno non mi aveva abbandonata, e questo era già tanto. Guardava fuori dallo studio, sulla strada, a quanto potevo intuire.

 

Quando mi avvicinai, invece, mi accorsi che stava guardando l’alba.

 

Il cielo era coperto di nubi grigio scuro. Verso quello che intuii essere l’ovest la luce del sole non era ancora arrivata, e sembrava che Londra stesse ancora dormendo, sotto la sua coperta nera. Ma ad est le nuvole erano colpite da una tenue luce rosata, che creava delle ombre violacee su di loro. Se fosse stata una bella nottata, probabilmente si sarebbero viste da una parte le stelle e dall’altra il sole, ma non era possibile in quel momento.

 

Era un vero spettacolo. Restai ammutolita, e persino io, col mio animo sensibile quanto un vecchio e rinsecchito foglio di pergamena, non potei fare a meno di pensare con una punta di soddisfazione che i londinesi dormienti neanche sospettavano cosa si stessero perdendo. Forse, dopotutto, sarebbe servito a qualcosa quel lavoro.

Immagino che se fossi stata superstiziosa avrei potuto prenderlo come un buon auspicio: niente nebbia o pioggia, solo nuvole, e la luce che vinceva l’oscurità della notte. Ma anni e anni passati da una parte a tenere l’ombrello aperto in casa e a convivere con un gatto nero (cosa che faceva drizzare i capelli ai miei parenti babbani), e dall’altra a vedere ogni mattina un grosso cane nero che mia madre aveva decretato urlando di terrore essere un Gramo mi avevano insegnato che la fortuna non esiste, e tantomeno i buoni auspici.

 

Senza neanche accorgermene, mi ritrovai un sorriso idiota stampato in faccia. Non sentivo neanche più la stanchezza.

… D’accordo, d’accordo. La sentivo, e anche tanto. Però ero più serena. Mi ripromisi che mi sarei alzata all’alba più spesso di quanto avessi mai fatto, una volta finito quel lavoro.

 

Mi voltai per lanciare un’occhiata al manoscritto e storsi il naso.

 

Se l’avessi finito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buongiorno, buongiorno, miei adorati lettori!

 

Non trovate incantevole la giornata di oggi? Non sentite l’aria frizzante della primavera in arrivo riempirvi i polmoni, i cinguettii degli uccelli sugli alberi in fiore, il silenzio della domenica mattina rilassarvi dolcemente? No? Neanche io, ma non importa, non starò qui a perdermi in chiacchiere e passerò subito ai ringraziamenti!

 

Grazie ad Ely79 per aver aggiunto questa storia alle Preferite!

 

Grazie per tutti quelli che hanno recensito – cinque, ci rendiamo conto? Cinque recensioni **:

 

Julia Weasley: umh umh… temo proprio di non poter dire ancora niente su Rowena e William ^^ In questo capitolo si è chiarita almeno la faccenda del matrimonio, che alla fine non si terrà, mentre per il resto posso solo assicurarti che nei prossimi capitoli ne saprai di più. Però… diciamo che un lieto fine ci sarà. Per quali personaggi, poi, starà a te leggerlo! Grazie per la recensione!

 

Ely79: *///* la tua recensione mi ha resa molto felice! Sono contenta che tu abbia deciso di leggere nonostante la mia pessima introduzione - per non parlare del titolo infelice che di certo non invoglia… Ho pensato di modificare il tutto, ma dato che sono una frana nella sintesi e che cambiare un titolo a metà della fic mi sembra un po’ brutto, alla fine penso che lascerò tutto così. Vabbè, questo sproloquio inutile per ribadire che sono contentissima che tu mi segua! ^^ Ci hai visto giusto, nello scorso capitolo c’è stata una svolta, perché con i prossimi aggiornamenti entreremo nel vivo della fic… Grazie per la recensione!

 

Lady Lynx: alla fine, come hai letto, Helena è riuscita a fare in modo che Rowena non si sposasse. Questa cosa può sembrare forzata, me ne rendo conto, quindi proverò a spiegare in breve ciò che mi ha portata a questa decisione. Ho cominciato a pensare a questa fic alla fine dell’estate scorsa, e ho fatto diverse stesure del carattere di ciascun personaggio e della stessa trama, come penso facciano tutti quelli che provano a scrivere, non esclusi i fanwriters. Ho cambiato alcune cose, ne ho aggiunte o tagliate altre, ma alcuni punti sono rimasti identici: il finale della storia, alcuni tratti del carattere di Rowena e altre cose. Una di queste era il fatto che Helena era l’unica persona che Henry amava. Il personaggio di Henry non mi piace per niente, e penso che si sia capito XD Lo immagino come un ‘registratore di cassa’ attento solo al suo guadagno. Ma, nella mia immaginazione, era davvero innamorato di sua moglie. Infatti è stata lei a convincerlo ad istruire Rowena, per esempio. Mi dilungo così perché questa è una parte di storia che avrei voluto inserire, ma che poi ho tagliato perché mi sono chiesta: “Bene, e come può William, perfetto sconosciuto, sapere tutte queste cose su Henry e sul suo amore per Helena?” Ho tagliato, mi è dispiaciuto, e probabilmente non avrei dovuto farlo anche in vista della promessa finale che Henry fa a sua moglie, che così appare del tutto immotivata. Ma tutto sommato, credo che inserire questa cosa sarebbe stata una forzatura. Certo, avrei potuto fare in modo che Rowena spiegasse a William la situazione e poi lui la riportasse nel manoscritto… e va bene, se mai decidessi di revisionare questa fic sarà la prima cosa che inserirò! XD Grazie per la recensione – e scusa per la risposta così lunga ^^’

 

caramella_rosa_gommosa: XDDD Sì, in effetti potrei sbilanciarmi e dirti che ci avevi visto giusto, almeno su una cosa… MA. Ma. Ma-ma-ma. Ma. Per ora non ti dico altro u.u Perché sono una persona meschina che si diverte a credere di poter creare una sottospecie di attesa per una sua minuscola fic u.u E perché sono malvagia, ovviamente, ed il mio passatempo preferito è organizzare la conquista del mondo a suon di aggiornamenti fanficc…fanficti… vabbè, di fanfiction u.u Quindi, se ti dicessi qualcosa, potrei in qualche modo alterare il mio progetto di conquista, e comprenderai anche tu come questo sarebbe un inconveniente altamente fastidioso per una piccola ficwriter meschina come la sottoscritta u.u *risata malefica*

A-emh, sì. Ora la smetto di fare piani malvagggggi e torno ad essere il solito topo di biblioteca.

Okay. Dicevo. Sì, in effetti il bacio ci sarebbe stato bene, se nel Grande Piano fosse contemplata l’ipotesi di--- argh! Basta, non dico altro! Aspetta fino al prossimo capitolo, ti assicuro che manca poco! XD

Umh, chiedi un bacetto… *comincia a fischiettare a disagio, evitando di guardare il piccì* Emh… ti rimando al prossimo capitolo, in cui scoprirai se in effetti le tue ipotesi erano giuste o no, e potrai linciarmi quando scoprirai che…

Basta! Stop! Non dico più niente per davvero adesso u.u Grazie per la recensione!

*corre a preparare le valigie per l’Alaska*

 

Mizar: eh eh eh… sì, ormai l’hai capito. Per William è amore. Ma per Rowena? Questo è il problema! Per quel che riguarda il matrimonio, ci avevi azzeccato: alla fine è saltato – posso assicurarti che non era mai stata mia intenzione farla sposare a quattordici anni, anche se all’epoca si faceva… Ho in mente qualcosa di diverso per lei +.+ Sono contenta che ti sia piaciuta anche la parte dedicata a Luna ^^ Ancora una volta, grazie per la recensione!

 

 

Mi sembra di aver finito anche per stavolta. Ci rivediamo al prossimo aggiornamento – sperando di aver visto Alice in Wonderland per quel giorno… Perché sembra che tutti complottino per impedirmi di andare al cinema? °°’

 

Arrivederci! ^^

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Capitolo 10
*** Capitolo nove ***


IX.

 

 

Fu l’anno più lungo della mia vita. Gli impegni di Lord Henry gli impedirono di tornare quando aveva previsto, e a me non restò altro da fare che aspettare. La vita in paese era di una calma esasperante. Quando sentivo dei passi dalla strada, mi sorprendevo ad alzare lo sguardo e a cercare Rowena, per poi rimanere deluso nel vedere qualcun altro.

 

Rowena mi scriveva. Mi raccontava quello che aveva fatto: il padre era sempre impegnato a discutere con persone importanti, e lei aveva molta libertà, dato che, durante la giornata, le era concesso di girare per la città accompagnata da qualcuno. Non ricordava molto del suo precedente soggiorno, e le prime lettere furono piene di entusiasmo per tutto quello che vedeva.

 

Spesso, la sera, suo padre veniva invitato a feste e ricevimenti. Questo mi diede un certo fastidio, dato che immaginavo che i matrimoni venissero combinati tra i nobili proprio tra una danza e l’altra, ma Rowena non era stupida e si sarebbe sicuramente accorta delle manovre del padre, se ci fossero state; dato che in quello che scriveva non leggevo niente che avrebbe potuto allarmarmi, mi diedi dello sciocco dicendomi che quella che provavo era soltanto invidia per la fortuna della mia amica.

 

Dopo circa tre mesi da quando era partita, mi scrisse di aver stretto amicizia con una certa Helga Hufflepuff, una nobildonna che aveva accompagnato a Londra suo marito. Fu in quella occasione che mi scrisse di aver sempre sognato di insegnare. Perché, mi scrisse, aveva riflettuto molto sul fatto che soltanto i più ricchi avevano la possibilità di essere istruiti, e spesso non la sfruttavano neanche, preferendo dedicarsi alla caccia o ad altri inutili passatempi, assegnando i compiti che richiedevano una certa istruzione ai loro aiutanti. Ma, proseguiva, era tra quelli che non potevano studiare che si trovavano le menti più brillanti e avide di sapere, le menti, quindi, desiderose di essere istruite. Sorrisi leggendo che ero stato io, in particolare, a farla riflettere su questo fatto. Sognava di fondare una scuola per tutti i giovani maghi e streghe che avessero voluto imparare.

 

Qualche tempo dopo mi scrisse che aveva parlato di questo progetto con Helga. La donna lo aveva definito ‘interessante’, ma aveva anche fatto presente a Rowena le difficoltà che si sarebbero presentate, che erano davvero tante. Rowena concluse amaramente scrivendo che, forse, i tempi non erano ancora maturi.

 

Con il tempo cominciarono a comparire nelle sue lettere anche altri nomi, a cui all’inizio non diedi importanza: si parlava di vecchio mago inquietante, famoso per la sua capacità di parlare con i serpenti, un tale Salazar Slytherin, un uomo che Helga conosceva per i rapporti d’affari che lo legavano a suo marito; di Godric Gryffindor, un avventuriero che, dopo che a suo padre erano state confiscate tutte le proprietà, si era arricchito vagabondando per l’Inghilterra e mettendosi al servizio di ricchi signori tra i quali proprio Lord Hufflepuff - ma anche, mi scrisse Rowena, imparando a barare al gioco e ad imbrogliare gli sprovveduti che lo sfidavano nelle taverne; infine, di Ravenclaw, un giovane con cui Rowena aveva avuto modo di parlare, qualche volta, e del quale aveva avuto una buona impressione.

 

Rowena mi scrisse che Helga l’aveva presentata a questi signori anche a causa del suo progetto: pensava che, se avesse stretto amicizia con persone ricche ed importanti, forse ci sarebbero state più possibilità che la cosa andasse a buon fine.

 

Non potevo rispondere a queste lettere, ma non avrei avuto molto da dirle, ad ogni modo. Aspettavo con impazienza il suo ritorno, che sembrava non dover mai arrivare.

 

Durante una notte dell’inverno seguente, mi ero nascosto nello stesso locale in cui mi aveva detto che sarebbe partita  per poter accendere il fuoco e riscaldarmi. Le fiamme erano del loro normale colore, e pensai con una fitta di nostalgia alla luce che producevano quelle evocate da Rowena. Ormai qualsiasi cosa mi ricordava lei.

Sentii la porta che si apriva, scricchiolante: pensai che fosse mia madre e temetti che il vento freddo dell’esterno potesse spegnere la fiamma, così mi voltai per sgridarla.

 

Ma la donna che vidi non era chi mi ero aspettato.

 

Credetti di avere un’allucinazione: Rowena si chiuse velocemente la porta alle spalle, sbattendola. Si appoggiò con la schiena contro di essa perché non si aprisse di nuovo. Poi mi sorrise.

 

Nonostante la bufera, era a capo scoperto: c’era della neve tra i suoi capelli sciolti, bagnati e spettinati, e il mantello che indossava era completamente bagnato. Qualcun altro avrebbe potuto pensare, a ragione, che fosse in condizioni pietose, ma a me sembrava una visione.

 

Ero ancora seduto vicino al fuoco; mi si gettò addosso e quasi mi soffocò in una morsa stritolatrice, mentre io scoppiavo in una risata. Anche lei rise, ma non mi staccò le braccia dal collo.

 

“Mi sei mancato” disse.

 

“Anche tu” risposi in un soffio. Poi, per alleggerire l’atmosfera che si era creata, esclamai: “I tuoi abbracci assassini un po’ meno, però”.

 

Rise di nuovo e sciolse l’abbraccio, allontanandosi da me. Ciò provocò in me una reazione che non mi piacque per niente: non era giusto che provassi il desiderio di tornare ad abbracciarla, eppure fu esattamente ciò che accadde in quel momento. Avrei di nuovo voluto sentire il contatto con il suo corpo, l’odore dei suoi capelli, la sua risata nel mio orecchio, le sue braccia che mi avvolgevano… Ma scacciai questo pensiero, risoluto.

 

Rowena attizzò il fuoco e cominciò a parlare, entusiasta. Fortunatamente non si accorse del mio imbarazzo, ma mi dissi che se fossimo rimasti da soli troppo a lungo avrebbe potuto intuire qualcosa. Così proposi di entrare in casa, in modo che ci fosse anche qualcun altro con noi

 

Attraversammo velocemente il breve tratto che ci divideva dalla casa. All’interno, mia madre accolse Rowena con calore e, alla faccia della prudenza, accese un fuoco per farla riscaldare. Mia madre si dimostrò molto più loquace di me, così le due cominciarono subito a parlare del viaggio, di Londra, delle persone che Rowena aveva conosciuto… Io mi limitavo ad osservare.

 

Rowena aveva qualcosa di diverso: lo sguardo, in particolare, si era fatto meno ingenuo, e le sue maniere erano molto più raffinate rispetto a quando era partita. Il contrasto tra lei e mia madre poteva quasi sembrare comico.

 

Non cercai neanche di inserirmi nel discorso: rivederla era stato come ricevere uno schiaffo in pieno volto, qualcosa che mi aveva scosso in modo terribile. Alla fine avevo capito: mi ero innamorato di lei. Per un attimo, solo un istante, mi chiesi se anche lei provasse la stessa cosa nei miei confronti, ma ancora prima di poter pensare ad una risposta, decisi che non mi sarei mai rivelato: lei era giovane, bella, ricca, intelligente, e con un futuro che si prospettava più che brillante; io ero un umile artigiano senza un soldo. E, se non fosse bastato, sapevo che mi considerava un fratello.

 

Mentre Rowena e mia madre ridevano per una battuta che non avevo sentito, perso com’ero nei miei pensieri, sentii che qualcosa, dentro di me, si era infranto per sempre.

 

 

*

 

“In che Casa sei stata Smistata?” mi chiese Andrei all’improvviso.

 

Io alzai lo sguardo dal blocco, sorpresa dalla domanda. Il Dipartimento si stava risvegliando, a breve sarebbero arrivati i primi studiosi e avremmo potuto dire addio alla pace notturna. Hateway sarebbe sicuramente passato per un saluto e per una presa in giro – immancabile, dato che probabilmente lui aveva già finito il lavoro mentre io ero stata quasi una notte intera a sgobbare.

 

“Ravenclaw” risposi dopo queste brevi riflessioni.

 

“Io ero un Hufflepuff, invece” disse lui, senza che gli avessi chiesto niente.

 

“Molto interessante” borbottai io.

 

“Sei una delle poche persone che non mi ha mentito, sai? Dicono tutti di essere stati Smistati a Gryffindor” continuò, forse pensando che me ne potesse davvero importare qualcosa.

 

“Sì, sono tutti cuor di leone… fammi indovinare, non c’è un solo Hufflepuff qua dentro, vero?”

 

“No, in effetti. Ho trovato solo uno Slytherin, ma quando me l’ha detto tutti gli altri hanno cominciato a guardarlo in modo strano. Pensa che era un tipo proprio simpatico, invece, nonostante tutto quello che si dice su quella Casa”

 

“Magari sgozzava Elfi Domestici nel tempo libero, che ne puoi sapere? Tutti gli Slytherin che ho conosciuto erano dei pazzoidi” dissi, pensando in particolare al signor Io-sono-un-Purosangue-e-voi-non-siete-niente Malfoy. Avevo saputo che si era persino riprodotto e che aveva affibbiato un nome ridicolo al suo bambino – Scorpius, o qualcosa del genere. Però c’era da considerare che lui si chiamava Draco, quindi probabilmente si era vendicato sui genitori che gli avevano dato un nome del genere condannando a sua volta il figlio. O forse nelle famiglie Purosangue si tengono delle gare per scegliere i nomi più ridicoli. O, più probabilmente, il gene del buongusto è andato a farsi benedire tra un matrimonio tra consanguinei e l’altro, lì dentro.

 

“Non penso proprio” ribatté Andrei. “Era una delle persone più simpatiche che io abbia mai conosciuto, a differenza dei tanti falsi Gryffindor”.

 

“Potresti aver ragione. Anche Hateway era a Ravenclaw, ti sembra intelligente?” osservai.

 

“No, in effetti. Anche lui si è dichiarato Gryffindor” rispose con un mezzo sorriso.

 

“Ovvio” borbottai.

 

Andrei rise.

 

“Vi volete bene, eh?”

 

“Molto” risposi, secca. “Un cretino che è dai tempi della scuola che mi sta tra i piedi… Un nullafacente buttato fuori da Hogwarts a calci e grazie ai soldi di papà” continuai, amareggiata.

 

Per qualche istante Andrei non disse niente. Io continuai:

 

“Io invece ero quella strana che si faceva regalare libri di storia babbana dai genitori. Non mi piaceva studiare, penso sempre che sia stato un miracolo che mi abbiano promossa per tutti e sette gli anni, ma mi piaceva la storia. Non quella di Rüf” precisai “quello non riuscivo proprio a sopportarlo, ma era bello leggere libri che parlavano, che ne so, di determinati periodi, delle usanze dei maghi antichi… cose così”.

 

Non sapevo proprio perché l’avessi detto. Se ci fosse stato qualcun altro al posto di Andrei, avrebbe sicuramente fatto un sorrisetto falso e avrebbe detto qualcosa come ‘Umh, interessante’, per poi passare a parlare di qualcos’altro. Invece Andrei mi osservava e basta. Probabilmente, mi dissi, stava per chiedere: ‘E con questo?’

 

“Hai sempre voluto fare questo mestiere?” disse, invece.

 

“Er… in realtà, mi piacevano molto anche le creature magiche. Ma temo che gli Schiopodi Sparacoda abbiano avuto una responsabilità molto importante nella scelta del mio futuro” dissi sorpresa, ricordando con orrore quei cosi giganti che Hagrid ci aveva portato.

 

“Perché? Che ti è successo?” chiese Andrei con un ghigno.

 

Io riflettei un attimo prima di rispondere.

 

“Beh… c’era un’ochetta di Hufflepuff che stava vicino a me durante quella lezione” cominciai. “Non so bene come sia successo, ma mi sono ritrovata praticamente seduta sul pungiglione di uno di quegli affari. Penso che quella mi abbia dato una spinta, sì, e…”

 

Mi interruppi perché Andrei era scoppiato a ridere. A crepapelle.

 

Oh, che ragazzo sensibile.

 

“Ridi, ridi” mugugnai, offesa. “Se ti fossi trovato con le chiappe in fiamme a causa di quei…”.

 

Il senso del limite di alcune persone (sì, perché nonostante la mia quasi-veneranda età spero sempre che qualcosa di buono al mondo ci sia – tutta colpa degli insegnamenti di quell’illusa di mia madre) è sorprendente. Voglio dire, magari uno dovrebbe cercare di contenersi in questi casi, no? Penso che sia buona educazione non rotolare sul pavimento piegati in due dalle risate quando uno ti racconta una cosa del genere. Giusto?

 

Bene, Andrei stava precisamente rotolando per le risate.

 

“Non è divertente, Andrei” dissi, cercando di farlo tornare in sé.

 

Niente. Il cretino aveva le lacrime agli occhi e si tratteneva la pancia.

 

Sbuffai. Fine dell’illusione sul fatto che esistano persone davvero sensibili al mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Miei adorati lettori, come va? ^^

A me splendidamente, perché sono cominciate le vacanze e comincio già a pregustare il dolce far niente ** Un’intera settimana, ci rendiamo conto? *_________*

Bene, sogni di sonno fino a tarda ora a parte, ringrazio Alohomora e Lady of the sea, che hanno aggiunto questa storia rispettivamente alle Preferite ed alle Seguite. Thank you! ^^

 

 

Julia Weasley: indovinato, Rowena ha incontrato i futuri fondatori! ^^ Ancora non hai letto granché su di loro, li presenterò meglio in futuro… per ora mi serviva farli vedere all’orizzonte, più che altro ^^ Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, grazie per la recensione!

 

caramella_rosa_gommosa: *umh… forse dovrei nascondermi da qualche parte, sì* *parla da dietro uno scolapasta* emh, hai visto? Avevi proprio ragione, William è innamorato! Eh… emh… *a disagio* E non ha nessuna intenzione di dirlo a Rowena! *evita la coltellata, i pomodori, i carciofi ed i vari ortaggi che vengono lanciati, aspetta che le urla di ‘TRADIMENTO!’ siano cessate e prosegue* Beh… si tengo a precisare che io ho sempre saputo che sarebbe andata così, voglio dire, non ho inventato niente sul momento e fa tutto parte di un grande piano… ma no, niente amore ricambiato per quei due. William, ancora prima di essere messo su carta, era destinato ad essere l’innamorato sfigat… emh, non ricambiato di Rowena. Però, ti assicuro che il finale di Mandy e Andrei sarà diverso, te lo devo XD Grazie per la recensione! *schiva una padellata e fa ciao ciao con la mano*

 

Mizar: Rowena vuole molto bene a William. Molto, molto, molto bene. E’ molto di più di un amico per lei, ma non potrebbe mai essere qualcos’altro, tipo un fidanzato o un marito. Mentre William è cotto di lei J In realtà, è innamorato ma sa che non dovrebbe, e quindi vorrebbe tenerlo nascosto. Questo gli causerà un po’ di problemi prossimamente… immagina solo come reagirà quando Rowena si fidanzerà! Comunque, come ho già scritto a caramella_rosa_gommosa, William è ‘nato’ già destinato a non combinare niente con Rowena… mi sembra di avertelo anche scritto nell’e-mail che ti ho spedito dopo aver letto la storia con cui hai partecipato a ‘The Biography Contest’… era lui il personaggio a cui mi riferivo J Grazie per la recensione!

 

Ely79: sono stata contenta di aver letto un commento del genere ** Non so quali siano i cliché a cui ti riferisci – ammetto candidamente di non leggere di solito fanfiction sui fondatori – ma il fatto che secondo te non ci siano è un’ottima cosa XD Invece, per quel che riguarda l’e-mail con l’avviso, ti dico ‘prego’ con un po’ di ritardo: prima mandavo sempre un’e-mail del genere a chi recensiva/metteva tra Preferite o Seguite le mie fanfiction. Ora Erika ha inserito questa opzione tra quelle a pagamento e non so più come regolarmi, perché non so più chi avvisare e chi no XD Grazie per la recensione!

 

Lady Lynx: esatto, Rowena ha incontrato gli altri tre ^^ E no, temo proprio che per la ‘sindrome da estraniamento da lettura’ non siano ancora stati trovati rimedi… ti manterrò informata, comunque, penso che sia un problema comune a tanti XD Grazie per la recensione!

 

 

Bene bene, ho finito anche stavolta. Non penso di aggiornare durante questa settimana, quindi ne approfitto per fare a tutti gli auguri di BUONA PASQUA ^^

 

Alla prossima!

 

_Mary

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Capitolo 11
*** Capitolo dieci ***


X.

 

“Nei giorni seguenti, ancora una volta io e Rowena ci trovammo insieme a parlare. In realtà, dopo la decisione che avevo preso, e che mi aveva tanto dato da pensare in quei giorni, la sua compagnia mi dava tremendamente fastidio. Non che fossi scontento di stare con lei, al contrario, ma dover fingere di esserle solo amico era una cosa che mi uccideva. Avrei preferito che lei fosse ancora a Londra per non doverla ingannare, ma sapevo che facevo il bene di entrambi. Mi avrebbe più guardato in faccia se le avessi rivelato che per me le cose erano cambiate? Avrei dovuto rovinare la nostra amicizia?

 

In un primo momento, mi fu facile ingannarla: lei aveva talmente tante cose da raccontare che io rimanevo spesso in silenzio, per commentare poi con una risata o un cenno di assenso ciò che mi diceva. Ma poi, dopo i primi giorni, quando avrei dovuto riprendere in mano la situazione e riprendere il mio comportamento abituale, scoprii di non riuscirci.

 

Rowena si accorse che c’era qualcosa che non andava. Mi guardava perplessa quando avevo quegli improvvisi sbalzi d’umore che dovetti imparare a controllare. A volte mi sembrava persino preoccupata per la mia salute, cosa che non faceva che aumentare la mia irritazione. Perché doveva sempre essere così premurosa con me? Quando non c’era desideravo la sua compagnia, e quando c’era avrei preferito che non ci fosse. La facevo soffrire, ed ero in collera con me stesso per questo.

 

Mi comportai malissimo con lei, durante quel periodo. Ero intrattabile, non mi andava mai bene niente, e mi dicevo che non si meritava questo comportamento da parte mia. Lei sembrò attribuirne la colpa alla malattia di mio padre, e io glielo lasciai credere.

 

Di certo, i racconti che mi faceva a proposito dei suoi nuovi amici non mi aiutavano. Ero geloso, soprattutto di Ravenclaw, che lei sembrava ammirare più di Helga, Godric e Salazar messi insieme.

 

Continuava a sentirsi con loro: seppi che Helga aveva coinvolto nel progetto di fondazione della scuola anche gli altri due. Rowena non era stata per niente entusiasta della decisione dell’amica di informare Salazar.

 

“Non mi piace quell’uomo. E’ strano. Circolano anche un sacco di voci su di lui, ma non è questo il punto… tremo all’idea di doverlo frequentare troppo a lungo, è inquietante” mi disse, una volta. Ma Helga aveva dovuto coinvolgerlo perché, dei quattro, era senza dubbio quello più ricco. Apparteneva ad una famiglia di origini molto antiche, e se ne vantava. Godric si era opposto all’idea di metterlo al corrente del progetto, ma Salazar, forse proprio per dare fastidio al nemico, aveva accettato.

“Non so perché, ma quei due non si sopportano. Non capisco proprio cosa stia cercando di fare Helga… insomma, vuole costringerli a collaborare quando non riescono neanche a guardarsi in faccia senza sputarsi insulti a vicenda” mi raccontò, mentre affettava violentemente alcune radici di margherita per una pozione. Teneva molto al suo progetto, e la cosa che la preoccupava di più era che fallisse ancor prima di cominciare.

 

I problemi, però, erano tanti: Rowena si preoccupava di cercare un posto in cui i quattro avrebbero potuto insegnare, ma prima di arrivare a questo ce ne sarebbero stati altri da superare. Per esempio, come avrebbero fatto ad insegnare e a gestire i loro affari? Intendevano davvero dedicare tutta la loro vita esclusivamente all’insegnamento?

Quella difficoltà sembrava poter essere superata: Salazar, che aveva tre figli già grandi, avrebbe affidato a loro la gestione dei suoi affari; Godric aveva vissuto come un avventuriero fino a quel momento: non aveva denaro né dimora, quindi si sarebbe trasferito più che volentieri in un posto da cui nessuno l’avrebbe cacciato; Helga, invece, se si fosse trovata una sede per la scuola, ci si sarebbe trasferita con i suoi figli, che erano ancora piccoli, e si sarebbe recata dal marito più spesso possibile. Feci notare alla mia amica che si sarebbe comunque trattato di un grosso sacrificio, per tutti. Ma lei era giovane e testarda, ed ancora non aveva subito sulla sua pelle la scottante disillusione dell’esperienza, quindi ribatteva sempre che ne avevano discusso tutti e quattro e che non ci sarebbe stato nessun problema.

In realtà, un ostacolo c’era, ed era proprio Rowena. Da lei era partita l’idea della fondazione della scuola, e forse anche per questo gli altri tre non l’avevano messa da parte. A Londra si era fatta valere, e chiunque l’avesse conosciuta avrebbe potuto assicurare che era una grande strega, e che con gli anni avrebbe accresciuto le proprie capacità. Ma, se anche si fosse trovato il posto in cui fondare la scuola, come avrebbe fatto a trasferirsi? Aveva appena diciassette anni, non era sposata ed era l’unica erede della sua famiglia. Non avrebbe mai potuto lasciare tutto ed andare ad insegnare, suo padre non lo avrebbe permesso.

 

Più Rowena sognava, più cominciavo a capire che un giorno l’avrei persa davvero: pensavo molto probabilmente non sarebbe stato per fondare la sua scuola, mi sembrava una cosa davvero impossibile, ma prima o poi mi avrebbe comunque lasciato. Forse fu quello che mi fece capire quanto fosse stupido il mio comportamento, e quanto invece avrei dovuto godere della sua compagnia, finché fosse rimasta. Forse per quello, forse perché alla fine imparai a fingere, riuscii a ritrovare il controllo di me, a non lasciarmi andare alle scenate o agli improvvisi attacchi di mutismo che avevano caratterizzato l’ultimo periodo, e Rowena se ne accorse. Mi aggiornava sulle ricerche di Salazar e Godric per il ‘luogo ideale’, e mi parlava di loro così tanto che io li conobbi prima che loro conoscessero me.

 

Ma c’era anche un’altra persona di cui mi parlava. Ravenclaw non abbandonava per un solo istante i suoi pensieri.

 

Lo detestai ancor prima di incontrarlo, cosa che avvenne molto presto. Infatti, un giorno in cui stavo andando da Rowena, vidi che un cavallo che non conoscevo stata venendo portato nella stalla. Mi chiesi incuriosito a chi appartenesse, e quando Rowena mi presentò al suo ospite, non ebbi bisogno di aspettare che finisse di parlare per capire chi fosse.

 

Ravenclaw era più giovane di me, e molto più affascinante; ma l’unica parola che, anche a distanza di anni, mi viene in mente per definire l’impressione che ebbi di lui in quel primo incontro, è falso. Era un nobile, chiunque l’avrebbe capito: aveva un modo di fare che avrebbe incantato chiunque, quell’eleganza quasi noncurante che avrei visto soltanto in lui. Gli occhi grigi, dall’aria astuta, mi studiarono attenti, mentre Rowena mi presentava.

 

Ci salutammo con freddezza: io sapevo che lui era il mio rivale, lui doveva aver intuito qualcosa. Rowena era a disagio, e ci propose di uscire. Durante la visita, mentre lei chiacchierava, ci studiammo a vicenda. Non sapevo se fossi io a fargli quell’effetto o fosse la sua naturale espressione, ma per tutto il tempo esibì un ghigno molto irritante sotto i baffetti ben curati. Ci posizionammo uno alla destra e uno alla sinistra di Rowena, e tutta la situazione sarebbe apparsa ridicola ad un qualunque osservatore, tranne che a noi due, a cui sembrava di partecipare ad un duello in cui chi avesse distolto per primo lo sguardo dall’altro avrebbe perso.

 

Non parlai mai, quel pomeriggio, mentre Ravenclaw ciarlava e scherzava con lei. Era una cosa davvero irritante, non riuscire a proferire parola mentre lui si faceva bello ai suoi occhi, raccontando con leggerezza di questo e quello, sfruttando tutto il suo naturale fascino.

 

Rowena, alla fine, ci lasciò soli per un po’. Ravenclaw non mi staccava un attimo gli occhi di dosso, ed io feci altrettanto, con aria di sfida. Ad un certo punto, lui disse, in tono beffardo:

 

“Così, tu sei l’artigiano che è tanto affezionato a Rowena”.

 

Avvampai. Intuii che con quel termine, ‘artigiano’, avrebbe voluto rivolgermi un insulto, o forse mi sembrò così a causa dei pregiudizi che mi ero fatto su di lui. Probabilmente ho sbagliato a reagire come feci, quel giorno, tuttavia non me ne pento assolutamente, a distanza di anni. Le ferite all’orgoglio sono quelle che si rimarginano con più difficoltà.

 

“Sì. Tu invece sei il Ravenclaw a cui Rowena ha accennato un paio di volte” risposi.

 

Il suo sguardo si indurì, prima di dirmi, in tono velenoso:

 

“Preferirei che ti rivolgessi a chi ti è superiore con espressioni del tipo ‘mio signore’ o simili, invece che con il volgare ‘tu’. Rowena è stata troppo indulgente nei tuoi riguardi”.

 

“Per te lei è Lady Rowena. E parlerei volentieri con rispetto a qualcuno di superiore, se solo lo vedessi in questa stanza” ribattei, ormai decisamente fuori di me.

 

“Dovresti moderare i toni, allora, dato che ce l’hai davanti. Ma forse sei anche cieco, oltre che stupido e rozzo” disse lui, ghignando come un bambino che ha appena vinto qualcosa in un gioco particolarmente facile.

 

Scattai in piedi, pronto a sfoderare la bacchetta. Non ero deciso a sopportare per un minuto di più la compagnia di quell’individuo, a costo di doverlo Schiantare in casa di Rowena. Vidi che Ravenclaw aveva intuito le mie intenzioni, perché portò una mano al fianco per armarsi a sua volta, ma proprio in quel momento tornò Rowena. Scorsi un lampo di sorpresa e paura nei suoi occhi, prima che esclamasse, a voce un po’ troppo alta:

 

“Che cattiva padrona di casa sono! Ho ben due ospiti e li ho dovuti lasciare soli! Spero che vogliate scusare la mia scortesia”.

 

Avrei voluto andarmene, ma sarebbe stato come lasciarlo vincere. Alla fine fu lui a scusarsi e a dire che sarebbe sicuramente tornato, dato che i suoi affari richiedevano la sua presenza nei dintorni per qualche tempo. Mi passò davanti come se non fossi altro che un albero particolarmente insignificante ed uscì.

 

La mia non era stata una mossa furba: toccò a me sentire le lamentele di Rowena.

 

“William, si può sapere cosa ti è preso?” sibilò, non appena l’altro se ne fu andato.

 

“Cosa è preso a me? Quello lì è un serpente, come hai potuto parlarne così bene?” esclamai, sgranando gli occhi dalla sorpresa.

 

“Non è un serpente, ma si è sentito attaccare! Per Merlino, avresti dovuto vedere che occhiate gli lanciavi!” ribatté lei, portandosi le mani sui fianchi.

 

“Ah, forse allora non hai visto quelle che lui lanciava a me!” risposi, sempre più costernato.

 

“Non mi interessa chi lanciava occhiate a chi, voglio soltanto che la prossima volta vi comportiate civilmente. E non fare quella faccia, sai benissimo di averlo attaccato!” concluse, andando alla porta ed invitandomi ad uscire.

 

Me ne tornai a casa infuriato. Forse era vero, ero stato io ad attaccarlo per primo, ma non avevo intenzione di lasciare che quel tizio si portasse via Rowena – perché avevo capito che quelle erano le sue intenzioni. Mi chiesi cosa Rowena potesse trovare in lui che io non avessi, prima di realizzare con una fitta al cuore che lui era tutto ciò che io non ero: ricco, bello e dotato di fascino. In poche parole, non avevo speranze.”

 

*

 

Fe ififiofa “

 

“Senti, almeno potresti parlare con la bocca chiusa? Nessuno ti ha detto che è maleducazione sputacchiare pezzi di cornetto inzuppato di caffé sul lavoro degli altri?”

 

Il cavaliere senza macchia anche noto come Andrei era uscito a prendersi la colazione, perché aveva fame. Lui aveva fame. E a me non aveva portato niente. Niente, neanche una misera brioche preconfezionata. Perché, si sapeva, non stavamo sgobbando in due dalla sera precedente, no?

 

Ho pensato che era l’individuo più dotato di cuore del Dipartimento? Bene, rimangio tutto, riflettei. Anche perché in quel momento avrei mangiato qualsiasi cosa, dalla libreria alla scrivania. Cassetti e scomparti vari compresi.

 

Andrei abbandonò il suo pasto. Ero offesa, sia per la faccenda degli Schiopodi che per quella del cornetto. Avrei avuto una lunga lista di errori da fargli scontare quella notte, facendolo lavorare al posto mio. Oh sì.

 

“Scusa. Dicevo: che idiota” ripeté, dopo aver inghiottito una lunga sorsata di caffè.

 

Non me lo aveva neanche portato, il caffè, e sapeva quanto ne avessi bisogno. Chi era l’idiota, William, Ravenclaw o lui?

 

Misi un punto sul mio blocco con talmente tanta violenza che bucai anche tre o quattro fogli successivi.

 

“Mai più di un certo Andrei di mia conoscenza” sibilai, inviperita. Ero sul punto di esplodere. Mai, ripeto, mai provocarmi a digiuno. Anzi, mai rivolgermi la parola, quando sono a digiuno.

 

Andrei storse il naso e sbuffò.

 

“Andiamo, Mandy, sei ancora arrabbiata?” chiese, sbirciando la mia reazione.

 

“Arrabbiata…? Arrabbiata?! Sono sul punto di commettere un omicidio, Andrei, e voglio che tu sappia che in tribunale mi difenderò dicendo di aver fatto il più grande favore che potessi fare alla comunità, sopprimendo l’individuo più deficiente che sia mai esistito!” urlai, lasciando cadere la penna e guardandolo dritto negli occhi.

 

“Eh, che esagerata, per una brioche…” tentennò lui, grattandosi la testa.

 

“Per una brioche, diversi caffè, e per gli Schiopodi!” puntualizzai, riprendendo a scrivere parole sconnesse sul blocco.

 

Andrei sogghignò, riprendendo a mangiare.

 

“Beh, però, dai… faceva ridere come l’hai…” cominciò, addentando il cornetto.

 

“Strozzati” gli augurai, tornando a scrivere con foga eccessiva.

 

Non feci in tempo a finire la parola che lui iniziò a tossire violentemente. Molto violentemente. E poi cominciò ad assumere una leggera sfumatura viola, senza smettere di tossire e farmi strani gesti, che avrei potuto interpretare come richieste d’aiuto.

 

Lo guardai di sottecchi, irritata.

 

“Dovrebbe essere un modo per farmi sentire in colpa, simulare la tua morte per soffocamento?” dissi, glaciale.

 

Però… stava simulando proprio bene. Sembrava che si stesse davvero strozzando.

 

“Andrei…? Andrei? Andrei!” chiamai, sempre più spaventata, quando vidi che il mio compagno era diventato blu e non aveva ancora smesso di tossire.

 

Cominciai a dargli delle violente manate contro la schiena, non sapendo che altro fare. Fortunatamente, dopo qualche secondo Andrei si riprese. E così mi aveva anche risolto il problema dell’occultamento di cadavere.

 

“Accidenti” dissi, dopo qualche istante in cui Andrei aveva ripreso fiato.

 

“Mia madre ha ragione allora quando dice che porto male” dissi, esterrefatta.

 

Andrei mi guardò.

 

“Mandy?”

 

“Mh?”

 

A questo punto è meglio che non riporti il suggerimento che mi diede. Vi basti sapere che era un suggerimento poco garbato di cambiare mestiere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve, gente *w*

Dunque, prima di tutto scusatemi per la seconda parte del capitolo, che è proprio idiota.

…Anche più del solito, ecco.

Seconda cosa, scusate per l’aggiornamento in ritardo. Non tenterò di sparare frottole, ormai sapete che la mia media è di un capitoletto striminzito ogni due settimane, ad essere ottimisti, quindi sparatemi pure, se volete, minacciatemi di morte o mandatemi gente a casa, ma purtroppo non riesco a scrivere più rapidamente. Anzi, fosse stato per me, probabilmente questo capitolo l’avreste visto tra un mese u.u’

Okay, penso che sia ora di passare ai ringraziamenti: gVazie a MEISSA_S e a silvershiver che hanno aggiunto questa storia alle Seguite *_*

 

 

Julia Weasley: uh, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto ** Concordo, William è un testone, però è fatto così. Si fa un sacco di problemi e di conseguenza non arriva mai a niente di concreto u.u Per quel che riguarda i Serpeverde, aggiungimi pure alla lista degli appartenenti al CDSOD: l’idea che un povero Slytherin come, che ne so, Lumacorno possa essere discriminato mi fa piangere il cuore ç_ç Per quel che riguarda Mandy e Andrei… eh eh eh, vedremo ;) Grazie per la recensione!

 

Ely79: eh sì, i dolori per William sono iniziati proprio in questo capitolo… Gli altri tre fondatori verranno presentati meglio tra un po’, quando entreranno in scena. Sono contenta che ti sia piaciuta la loro presentazione, anche se molto generale! Non so se la sgridata che ha ricevuto Andrei sia stata quella che tu avevi in mente, ma Mandy gliel’ha, a suo modo, fatta pagare XD Grazie per la recensione!

 

caramella_rosa_gommosa: agli ordini, mio capitano! XD A parte gli scherzi, vedremo cosa si può fare per Mandy e Andrei… *risata malvagia* Insomma, devo pur mantenere un po’ di suspense, no? E no, mi spiace, niente bacetto d’addio u.u Perché sono cattiva e mi diverto a far soffrire i miei personaggi, sì *annuisce* Grazie per la recensione!

 

 

Alla prossima!

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Capitolo 12
*** Capitolo undici ***


XI.

 

“Rowena continuò a vedere Ravenclaw nonostante avessi cercato di farle aprire gli occhi. Sempre più spesso, quando la andavo a trovare, mi sentivo dire che la signora era ‘impegnata’: un modo cortese per dirmi di togliere il disturbo e non creare disagi.

 

Non potevo davvero credere che sarebbe finita così. Tempo prima mi ero rassegnato a perderla. Invece, proprio quando avrei dovuto starmene buono e lasciare che gli eventi seguissero il loro corso, mi accorsi che sentivo il bisogno di fare qualcosa.

 

Volevo farle capire che stava sbagliando. Era ancora giovane, ingenua, pensavo che non si stesse accorgendo che era vittima di un grande imbroglio. Ma quando cercavo di parlargliene finivamo inevitabilmente per litigare. Rowena lo difendeva dalle mie accuse con la veemenza del primo amore, ed io potevo cercare in tutti i modi possibili di farle comprendere il mio punto di vista, ma non c’era verso: lui rimaneva il cavaliere che lei credeva di vedere, ed io diventavo sempre più il nemico da sconfiggere, ai suoi occhi.

 

Sapevo che affrontandola in quel modo l’avrei soltanto allontanata da me, eppure continuavo a sperare che prima o poi mi desse ragione.

 

Rowena stette bene attenta a non far più incrociare me e Ravenclaw, dopo il nostro primo incontro. Fu un bene, perché in caso contrario saremmo sicuramente arrivati a scontrarci, ed ho le mie ottime ragioni per supporre che ne sarei uscito molto male.

 

Mi comportai da sciocco, e adesso, vecchio e, spero, un po’ più saggio, lo riconosco. Pensavo che Ravenclaw fosse un poco di buono, che volesse solo illudere Rowena, che l’avesse addirittura stregata. Immaginai i peggiori piani che potesse aver ordito per conquistarla, pur di non ascoltare quello che Rowena mi diceva: si amavano. Ero sceso così in basso che chiesi addirittura a mia madre se per caso avesse informazioni su di lui, sul suo passato, per capire se avesse intenzioni serie o se volesse solo un gioco. Avevo pensato di informarmi anche sul luogo in cui viveva; non sapevo ancora cosa avrei fatto, ma sapevo di dovermi muovere. Ero uno sciocco innamorato.

 

Sfortunatamente, nessuno in paese sembrava potermi aiutare, neanche le più anziane e pettegole. Le informazioni mi giunsero tramite una persona da cui non me le sarei mai aspettate, ovvero Annwyl, una delle mie sorelle.

 

Se ne era andata dal paese in cui aveva vissuto in quel momento. La sua famiglia attirava troppi sospetti in un paese abituato solo da babbani. I bambini, soprattutto, si erano esposti troppo, non riuscendo a controllare i loro poteri, ed era stata costretta a partire. Stava cercando un altro posto in cui stabilirsi.

 

Fu così che venni a sapere che Ravenclaw possedeva le terre in cui Annwyl aveva vissuto fino a quel momento.

 

Quando lei e la sua famiglia partirono decisi di andarmene anche io. Sarei andato da Ravenclaw. Mia madre cercò in tutti i modi di trattenermi, le sembrava che stessi impazzendo. Io, tanto per cambiare, non la ascoltai.

Il viaggio fu lungo e pericoloso: avrei potuto essere aggredito e derubato del poco che avevo in ogni momento, ma riuscii a proteggermi con i pochi incantesimi che conoscevo. Sapevo che avrei anche potuto non trovare Ravenclaw, una volta giunto a destinazione, dato che lo avevo sentito dire di avere degli affari da sbrigare, ma per una volta fui fortunato: riuscii ad arrivare da lui.

 

Mi accolse in casa una giovane donna. Le chiesi di poter parlare con Ravenclaw, e lei, senza dire niente, mi condusse in una stanza. Quando mi affacciai alla finestra, vidi che Ravenclaw era lì fuori, insieme ad un bambino di circa dieci anni. Stavano fingendo di duellare con due bastoni.

 

Il bambino aveva grinta, ma Ravenclaw riusciva senza sforzo a deviare i suoi colpi. Il primo era esausto ed accaldato, mentre l’altro era sinceramente divertito.

 

“Uno, due… no, non così!” sentii che esclamava ad un certo punto, scoppiando a ridere.

 

Sorrisi, mio malgrado. Il bambino si era lanciato all’attacco buttando per terra il bastone, direttamente contro Ravenclaw. La donna che mi aveva fatto entrare interruppe il loro gioco, e Ravenclaw guardò perplesso verso la mia finestra. Quando mi scorse si incupì.

 

Poco dopo lo vidi entrare: anche lui era accaldato, ma si vedeva che la spensieratezza di prima era stata rapidamente sostituita dalla preoccupazione.

 

“Vedo che ti sei già accomodato. Hai fatto bene” esordì, pratico.

 

“Permetti che ti offra qualcosa… Acqua? Vino? O forse sei affamato?” continuò, non sentendo nessuna risposta.

 

“No, grazie” risposi, cercando di ricordare il discorso che mi ero preparato. Avrei dovuto cominciare con il dirgli di lasciare in pace Rowena, ma averlo visto così, spensierato, senza l’aria di superiorità che me lo aveva fatto odiare, mi aveva messo in difficoltà. Non sembrava neanche più il mostro che ricordavo.

 

Spostai di nuovo lo sguardo all’esterno. La donna si era seduta insieme al bambino, sorridente, mentre quello la guardava leggermente imbronciato.

 

“Mia sorella e suo figlio” spiegò Ravenclaw, seguendo il mio sguardo. “Diventerà un bravo cavaliere ed un grande mago, un giorno. Ma dovrà affinare la tecnica” disse, versandosi del vino.

 

Continuai a guardare fuori dalla finestra. Avevo immaginato un centinaio di volte quella scena, ma proprio in quel momento mi mancavano le parole.

 

“Posso fare qualcosa per te, William?”

 

Sentivo il suo sguardo indagatore sulla mia nuca. In effetti mi ero comportato in modo bizzarro: mi ero presentato alla sua porta all’improvviso e senza aver niente da dire, a quanto sembrava.

 

“Rowena. Per lei puoi fare qualcosa” dissi, deciso, voltandomi a guardarlo in faccia.

 

Ravenclaw impallidì.

 

“Ti ha mandato lei? Ha qualcosa che non va? Sta male?” balbettò in fretta, avvicinandomisi.

 

Io mi bloccai. Poche parole erano bastate a farlo spaventare al punto da farlo impallidire. Io avrei potuto avere una reazione del genere, se qualcuno mi avesse detto così. Ma che l’avesse avuta lui poteva significare due cose: la prima era che stesse fingendo di tenere a lei anche davanti a me, ma non mi convinceva, perché quello che vedevo nei suoi occhi non era inganno; la seconda era che ci tenesse davvero.

 

“No. Sta bene” risposi brevemente.

 

Ravenclaw si rilassò, ma tornò subito a scrutarmi.

 

“Allora?” chiese, brusco, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa. Mi accorsi che era disarmato: non aveva portato con sé la bacchetta. Temeva forse che potessi fargli del male? In effetti sarebbe stato facile Schiantarlo, o peggio. Lì nessuno mi conosceva. Sarei fuggito e sarei tornato a casa mia, e nessuno avrebbe mai scoperto chi aveva assassinato nella sua stessa casa il ricco Ravenclaw. Mi venne quasi da ridere ad immaginare cosa gli dovesse passare per la testa, in quel momento: soltanto chi non mi conosceva avrebbe potuto pensare che sarei stato capace di fare una cosa del genere. Mi diede una certa sensazione di superiorità vedere il panico nei suoi occhi, lo confesso.

 

“Ti porge i suoi saluti” spiegai, non riuscendo a nascondere del tutto un ghigno. “Sapeva che sarei passato di qui. Sto andando da mia sorella” continuai, voltandogli le spalle.

 

Ravenclaw continuò a fissarmi mentre mi allontanavo.

 

“I miei omaggi” salutai, inchinandomi brevemente.

 

Quando uscii, vidi che la donna mi osservava con una certa preoccupazione dal giardino. Immaginai Ravenclaw che mi spiava dalla finestra, mentre mi allontanavo.

 

Avevo la morte nel cuore quando rientrai a casa, un paio di giorni dopo: Ravenclaw non simulava. Era sincero. Ed era innamorato di Rowena.”

 

*

 

Andrei imprecò sottovoce. “L’ho detto. È uno stupido”.

 

Posai soddisfatta la penna sulla scrivania, godendomi il profumo di cornetto appena sfornato proveniente dal sacchetto della mia colazione. Non era stato poi tanto difficile convincere Andrei ad uscire per comprarmela: mi era bastato ricordargli la sua mancata morte per soffocamento di poco prima.

 

“Stai diventando ripetitivo. Perché dici che è stupido?” chiesi, sbirciando cautamente il contenuto del sacchetto. Il peccato di gola va commesso con tutti i sensi, non ultima la vista.

 

“Perché… andiamo, perché non ci prova nemmeno! Insomma, sta lì a dire di essere innamorato e tutto il resto, e poi che fa? Se ne rimane in disparte?” chiese indicando il manoscritto.

 

“È stupido non provarci neanche” borbottò, vedendo che non avevo nessuna intenzione di rispondergli.

 

“Aveva le sue ragioni” risposi alzando le spalle ed inspirando quel profumo meraviglioso. Secondo senso: olfatto.

 

“Ti saresti comportato diversamente al posto suo?”

 

Nonostante fossi in piena degustazione, non potei non notare l’occhiata di sbieco che mi lanciò.

 

Non rispose, e mi preoccupai seriamente: non era un buon segno quando Andrei rimaneva a corto di parole.

 

“È complicato” borbottò alla fine, evitando il mio sguardo.

 

Io annuii.

 

“Lo è”.

 

 

 

 

 

Eccomi di nuovo con il mio appuntamento bi-settimanale. Più o meno.

Che dire? La scuola sta finendo (e le interrogazioni aumentando), sto finalmente mettendo in cantiere cosucce che avevo in testa da un po’, sto gestendo un contest e quindi, tra una cosa e l’altra, non ho avuto tanto tempo per dedicarmi a questa fic. Rimedierò, promesso J

 

Grazie a Vodia che ha aggiunto questa storia alle seguite **

 

Un grande, grosso, gigantesco, enorme GRAZIE a Julia Weasley e a MEISSA_S, che hanno votato questa storia per il concorso di EFP sui migliori personaggi originali. Grazie grazie grazie, non avete idea di quanto mi abbiate resa felice con le vostre parole *____________*

 

 

Un grazie grande grande grande anche a chi ha recensito:

 

Julia Weasley: ah ah ah XD Vabbè, dai, spezzo una piccola, minuscola  lancia a favore di Ravenclaw: in fondo quello che hai letto è il punto di vista di William, che non era certo proprio imparziale J È partito prevenuto – anche se Ravenclaw un po’ odioso lo era. Penso che anche io in circostanze normali avrei lasciato che Andrei soffocasse, ma in questa storia mi serve, e poi un cadavere di troppo avrebbe leggermente deviato il corso della storia XD

 

Ely79: come hai scritto, conosciamo Ravenclaw dal punto di vista di William, che non ci pensa due volte ad etichettare l’avversario come odioso ed arrogante. Oltretutto, lo stesso Ravenclaw vede William come una specie di rivale, e quindi tende ad attaccarlo. La situazione tra i due è decisamente tesa e rimarrà tale per un bel po’ di tempo, ma avrà degli sviluppi J In futuro conosceremo un po’ meglio questo personaggio, comunque. Eh sì, la rivalità Grifondoro/Serpeverde ha origini antichissime XD

 

 

Anche per stavolta ho finito. Ci rivedremo con la fine delle interrogazioni, immagino, dato che con l’inizio di maggio siamo entrati in pieno periodo pagelle u.u

 

Un bacio a tutti, alla prossima! ^^

_Mary

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Capitolo 13
*** Capitolo dodici ***


XII.

 

“Tornai in paese. Non so se Ravenclaw abbia mai detto a Rowena della mia ‘visita’. Probabilmente non lo fece, perché, in caso contrario, niente avrebbe impedito a Rowena di ripetermi ancora una volta che ero troppo apprensivo, che avrei dovuto starmene buono al mio posto, che stavo commettendo uno sbaglio a non fidarmi di lui.

 

Io, d’altro canto, pensavo che sarebbe stato cento volte meglio se non mi fosse mai venuta in mente l’idea di andarlo a trovare. L’ipotesi che Rowena potesse aver ragione, e che Ravenclaw non fosse il poco di buono che avevo pensato, si insinuava sempre di più anche nella mia testa, lentamente, giorno per giorno, come un tarlo fastidioso.

Era tremendo. Continuavo a cercare di farle aprire gli occhi, ma non era più convinto neanche io di quello che le dicevo.

 

Rowena aveva cominciato a adottare una nuova tattica: fingeva di non sentirmi quando affrontavo l’argomento. Mi fece capire così di considerare conclusa la faccenda. Io provai ancora per un po’ a smuoverla, ma ad un certo punto dovetti arrendermi.

 

Quindi, per un po’ di tempo le cose ricominciarono ad essere come sempre, almeno apparentemente: io la andavo a trovare, lei veniva in bottega, qualche volta la accompagnavo fino al paese vicino, quando doveva svolgere incarichi assegnati da suo padre. Ma ciascuno di noi due sapeva che Ravenclaw aveva aggiunto qualcosa, nella nostra amicizia, che non c’era mai stato prima. Un elemento che disturbava e pendeva pericolosamente sulle nostre teste. Quella che stavamo vivendo era solo una quiete apparente, che continuò fino a quando seppi delle nozze.

 

Non l’avevo mai vista così felice, né avevo mai visto quello sguardo negli occhi stanchi di Lord Henry. Anche a lui quel matrimonio giovava: Rowena si era innamorata di un buon partito, e lui non aveva dovuto infrangere il presunto giuramento fatto alla moglie morente.

 

Anche l’ultima, fragile barriera che avevo costruito per non vedere la realtà cadde. Suo padre aveva approvato quell’unione.

 

Si sarebbero sposati quell’estate. Era già tutto stabilito: Rowena si sarebbe trasferita a vivere nel suo paese e lì avrebbe cominciato la sua nuova vita, e, intanto, avrebbe cercato un luogo per quella scuola che sognava.

 

Mi rinchiusi in casa per tutta la settimana seguente a quell’annuncio, evitandola. Non la volevo incontrare. Come aveva potuto accettare una cosa simile? Come poteva non vedere come sarebbe stata la sua vita accanto a Ravenclaw? Come poteva pensare di essere felice con lui, nonostante tutti i miei avvertimenti? Ravenclaw era innamorato, ma pensavo che uno come lui non avrebbe mai potuto realizzarla, e sapevo che Rowena se ne sarebbe accorta, prima o poi. Troppo tardi.

 

Ero furioso. Con me, prima di tutto, perché non ero riuscito a farle aprire gli occhi. Con Ravenclaw, che era talmente stupido da credere di essere alla sua altezza. Con Rowena, che si rifiutava di vedere.

 

Ma sapevo anche che avrei potuto vederla fino al giorno del suo matrimonio. Poi se ne sarebbe andata davvero, ed io sarei rimasto solo. Fu per questo che decisi di tornare a casa sua.

 

Mi corse incontro non appena mi vide, abbracciandomi.

 

“Non sei più arrabbiato con me, William?” chiese cautamente, sciogliendo l’abbraccio.

 

Io feci un mezzo sorriso.

 

“Certo che no” mentii, vedendo che il suo sguardo si illuminava.

 

“Allora vieni dentro, che aspetti? Sono un po’ impegnata, ma…”.

 

Mi condusse nella sua stanza: era completamente piena di casse e bauli mezzi svuotati; vestiti e cianfrusaglie di ogni tipo erano sparsi ovunque, e Nelly si affannava a metterli in ordine secondo criteri che non capii.

 

“Salazar ha trovato un castello” mi disse Rowena, mentre riordinava un mucchio di coperte. “Helga mi ha assicurato che, con le dovute modifiche, potrebbe diventare accettabile. E’ andata a controllare, sai? Non si sa mai, quel vecchio avrebbe potuto trovare anche una catapecchia. E, in effetti, Helga ha detto che quel posto deve essere reso… abitabile.”

 

Rowena rise brevemente.

 

“Ovviamente Salazar non poteva certo mettere a disposizione un posto che non cadesse a pezzi, tra tutte le proprietà che ha. Ci sarebbe andata bene anche una semplice casa, l’aveva messa a disposizione Helga, ma lui ha preferito una specie di rocca in disuso”.

 

Tirò fuori da un baule un vestito bianco, ammirandolo. La vidi sorridere tristemente.

 

“Era di mia madre” mormorò, più a se stessa che a me o a Nelly.

 

Strinsi a tal punto i pugni che sentii di aver conficcato le unghie nella carne. Mi sforzai di dire qualcosa.

 

“Sarai bellissima, quel giorno”.

 

Rowena si scosse e mi guardò sorridendo.

 

“Sei sempre troppo gentile, William”.

 

Gettò un’ultima occhiata al vestito che consegnò a Nelly, orinandole di lasciarci soli, poi si inginocchiò di nuovo accanto al baule.

 

“Dici che ci saranno i fantasmi, lì dentro? Non ne ho mai visto uno” rise.

 

Sorrisi a mia volta.

 

“Movimenterebbero le vostre lezioni, se non altro” osservai.

 

“Ma le mie lezioni saranno interessantissime anche senza di loro” puntualizzò.

 

“Oh, non c’è dubbio. Vorrei davvero vederti alle prese con un mucchio di bambini urlanti a cui manca la mamma” borbottai. Rowena mi fece una smorfia.

 

“Per Morgana, tu sì che sai incoraggiare le persone!” disse, rialzandosi.

 

“Vedo le cose per come stanno” mugugnai.

 

“No, vedi le cose nel modo peggiore in cui potrebbero stare. Fosse per te non me ne dovrei neanche andare da qui” ribatté Rowena, avviandosi alla finestra.

 

Inspirò profondamente, guardando lontano. Sapevo cosa stava passando per la sua testa. Rowena non si sarebbe mai accontentata di rimanere in un paese piccolo e sperduto, non dopo aver avuto un assaggio di quanto grande fosse il mondo. Era stata a Londra, aveva visto che c’era qualcosa oltre quelle montagne. Non si sarebbe accontentata di rimanere in casa a filare la lana e a ricamare. Voleva di più. Sperava in qualcosa. Sognava.

 

“Sei sicura di quello che stai per fare?” chiesi, non sapendo se mi stessi riferendo più al matrimonio o alla scuola.

 

Rowena si voltò a guardarmi.

 

“So anche io che non sarà facile, Will” mormorò, incrociando le braccia al petto. “So che dovrò avere a che fare con… bambini urlanti” disse, calcando le ultime due parole. “E che dovrò lasciare il posto in cui sono nata e cresciuta, che dovrò lasciare mio padre…”

 

Si chinò, aprendo un altro baule. “Che dovrò lasciare te” concluse, fissandomi.

 

Ebbi un tuffo al cuore quando lo disse. Lei non si rendeva neanche conto di quanto mi facesse soffrire l’idea che, alla fine, se ne sarebbe andata davvero.

 

“E se questa scuola verrà davvero fondata, non vedrò spesso neanche mio marito” proseguì. “Ma… non pensi anche tu che ci sia qualcosa di più grande, William? Non ti senti soffocare quando pensi che un giorno ti sveglierai con i capelli bianchi e tutto quello che avresti potuto fare, i posti che avresti potuto vedere, i sogni che avevi avuto… sarà tutto svanito come fumo?” chiese, alzandosi di nuovo e camminando su e giù per la stanza.

 

“Non pensi di dover fare qualcosa, finché puoi?” mormorò, fermandosi davanti a me.

 

La guardai. Mai come in quel momento avevo sentito la tentazione di stringerla tra le mie braccia, di baciarla, di offrirle quella vita che sognava. Avrei voluto essere l’uomo più ricco del mondo, più ancora dei sultani d’Oriente di cui avevamo letto da bambini, per offrirle, oltre al mio cuore, tutto quello che possedevo.

 

“Se… se ne hai la possibilità” balbettai, sentendomi annegare.

 

Rowena fece un sorriso triste.

 

“Io ce l’ho questa possibilità. Non posso farmela sfuggire. Lo capisci?” chiese dolcemente, prendendo la mia mano tra le sue e guardandomi negli occhi.

 

Fu l’unico momento in cui mi fece sospettare che sapesse. Che, nonostante tutti i miei tentativi di nasconderlo, avesse intuito quello che provavo per lei. Quando vidi nei suoi occhi quella luce, temetti che mi avesse scoperto.

 

Annuii, incapace di parlare. Rowena si sporse verso di me. Sentii il suo profumo di fiori quando mi diede un bacio sulla guancia. Lieve, delicato. Sentii il mio cuore battere più forte a quel contatto tanto desiderato, tanto puro, tanto sperato.

 

“Ti voglio bene, Will” mormorò abbracciandomi.

 

La strinsi goffamente tra le mie braccia. Sentivo che singhiozzava. La cullai come si culla una bambina, carezzandole i capelli.”

 

*

 

“Hogwarts è in piedi da allora?”

 

Dire che Andrei era stupito sarebbe un eufemismo. Era assolutamente sconvolto, e la sua espressione mi fece sorridere.

 

“Beh… Hogwarts è stata fondata in questo periodo” spiegai, cercando di ricordare quello che sapevo sulla scuola. “poi è stata modificata ed ingrandita moltissimo nel tempo. Pensa che all’epoca i castelli erano in legno. Con la conquista normanna del 1066 si è cominciato a farli in pietra, ma penso che la primissima Hogwarts fosse molto più piccola e spoglia di quella che conosciamo noi”.

 

Andrei fischiò, ammirato.

 

“Tu nella storia ci sguazzi, eh?”.

 

Io scrollai le spalle. “Mi piace”.

 

Per un po’ continuai a scrivere in silenzio. Poi Andrei borbottò:

 

“Non riesco ad immaginare una Hogwarts diversa. Comunque fosse, doveva essere già piena zeppa di passaggi segreti e stanze nascoste” rifletté.

 

Lo guardai: gli brillavano gli occhi come fosse stato un bambino.

 

“Cos’è che rende Hogwarts così? Insomma… è una scuola, no? Non dovrebbero odiarla tutti?” chiese Andrei.

 

Io sgranai gli occhi.

 

“Una scuola? Hogwarts è una scuola? Hogwarts è stata la tua casa per sette anni, saresti un bell’ingrato ad odiarla!” dissi, scioccata. “E poi il Lago Nero e la Piovra Gigante, la Foresta Proibita e le sue ombre, la Sala Grande, gli amici… chi potrebbe odiare Hogwarts?” continuai.

 

Andrei esitò.

 

“Immagino che William non fosse così entusiasta” disse alla fine.

 

Io scossi la testa. “Immagino di no” risposi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi di ritorno :D

Scuola finita, estate iniziata, gita al mare fatta e tanto tempo a disposizione, yeah!

Ringrazio tutti quelli che hanno letto, ma in particolare bellatrix18, che ha aggiunto questa storia alle Preferite, ele_lele, che l’ha aggiunta alle ricordate, xXBlack Rose OSheaXx per averla aggiunta alle Seguite e MEISSA_S, che l’ha spostata tra le Preferite :D

 

 

Julia Weasley: eh, William William… William è un cretino, ti faccio questa anticipazione senza troppi mezzi termini u.u Sta diventando un po’ più attivo, ma cretino rimane *annuisce* … erg, sorvolo sul fatto che sono stata io a crearlo così XD Gli ci vorrà ancora molto tempo per decidersi a fare qualcosa. E Andrei… diciamo che imparerà qualcosa da lui xP Grazie per la recensione!

 

Foolfetta: oh, una nuova lettrice! Salve! Sono contenta che ti piacciano due dei testoni di questa storia XD Per gli altri fondatori… umh, ho mezze idee campate in aria, al momento. Potrei dedicarmici in un futuro piuttosto lontano, per ora finisco questa fic e poi… poi si vedrà xP Grazie per la recensione!

 

Ely79: alla fine, William si è trovato costretto a cedere il passo. Andrei non parlerà: canterà come un canarino alla fine di questa storia – ma proprio alla fine, perché sono perfida XD – questo te lo posso anticipare :D Grazie per la recensione!

 

xXBlack Rose OSheaXx: salve, nuova lettrice! :D Felice che questa fic ti piaccia, e felice del fatto che ti sembri che io scriva bene! William, William… penso di aver creato il personaggio più lagnoso e cretino della storia u.ù Però chi lo sa, potrebbe sorprenderti in futuro :D Grazie per la recensione!

 

caramella_rosa_gommosa: caVa, non preoccuparti! Anche a me succede di essere convinta di aver recensito, per poi capitare per un motivo o per un altro nella pagina delle ultime recensioni, e… puf! Niente recensione! :D

Oh no, William non è un pochetto fesso: è il Fesso – prego, notare la ‘F’ maiuscola. Ed io sono una perfida autrice che si diverte a far soffrire i suoi personaggi e a creare situazioni per cui voi gentili lettori prima o poi mi ucciderete 8D Ma loooooooool, il figlio illegittimo di Ravenclaw! X°D Uddio, effettivamente potrebbe anche sembrare, ora che rileggo…! O.O Meno male che ho specificato, un figlio illegittimo in circolazione sarebbe troppo persino per me XD Il bacio c’è stato! *sorriso idiota* Sulla guancia! *schiva i pomodori* Erg, comunque. Maddai, su, alla fine il bacio ci sarà – te lo devo <3 Forse non sarà quello che ti aspetti, ma… *risata malvaggggia* Grazie per la recensione <3

 

 

Anche stavolta ho finito. Alla prossima, sperando che ci sia ancora qualcuno a seguirmi nonostante i miei aggiornamenti a singhiozzo!

Un piccolo spoiler di una sola parola: matrimonio.

Ciao ciao!

Ilaria

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Capitolo 14
*** Capitolo tredici ***


XIII.

 

“Si sposarono in una luminosa mattina di luglio. Ricordo perfettamente l’atmosfera che si respirava nei giorni precedenti: c’era frenesia, attesa, anche un certo nervosismo. Rowena era piuttosto irritabile, ma la sera precedente sembrava calmissima, fredda. Anche troppo, a dir la verità, forse avrei preferito vederla di nuovo scattare per un niente.

Fu il suo modo di dire addio alla sua vita precedente.

 

Uno dei motivi per cui tutti si erano preoccupati era stato il tempo: nonostante fosse estate, sembrava che per quell’anno i giorni di sole sarebbero stati davvero pochi, e che quello del matrimonio non sarebbe stato uno di essi. Avevamo pensato di ricorrere ad incantesimi di vario genere per evitare di passare una giornata al bagnato, ma, quando aprii gli occhi, mi accorsi che anche il tempo sembrava benedire quell’unione.

 

Alla festa era stato invitato tutto il paese: la cerimonia si sarebbe tenuta vicino al bosco, ci sarebbe stato posto per tutti. Mi vestii come se dovessi andare ad un funerale, cosa che non sfuggì a nessuno, ma ormai non mi importava nulla delle chiacchiere della gente. Sapevo che Rowena sarebbe partita presto, sarebbe stato probabilmente l’ultimo giorno che avrei potuto passare con lei.

 

Quando arrivai nella radura, notai che gran parte del paese era già lì, a debita distanza da un gruppo di signori ben vestiti che immaginai fossero gli invitati veri e propri: signorotti che parlavano tra loro, non degnando di uno sguardo il resto della gente intorno a loro. Sogghignai vedendo Ravenclaw paonazzo, nel suo vestito elegante, con tanto di mantello come imponeva la tradizione: il caldo che doveva subire era una piccola e meschina macchia contro quel giorno che, altrimenti, per lui sarebbe stato perfetto.

 

Mi vide e mi fece un cenno di saluto con il capo, al quale risposi con freddezza. Trascorse un po’ di tempo prima che arrivasse anche la sposa.

 

Rowena indossava l’abito che avevo visto qualche tempo prima: era piuttosto semplice, tutto sommato, forse anche troppo. I capelli neri erano intrecciati con fiori, e, a quel che potevo scorgere da quella distanza, indossava un diadema che non avevo mai visto.

 

Non l’avevo mai vista più felice: si notava dal suo sguardo, dal suo passo, dal modo con cui prese le mani di Ravenclaw.

Faceva davvero caldo. Non tirava un filo di vento: il cielo era di un azzurro sbiadito, sopra il bosco, e contribuiva a quel senso di irrealtà che mi aveva accompagnato fin dal risveglio.

La cerimonia finì come finisce un sogno. Con un sussulto, mi accorsi che mia madre mi stava gentilmente tirando per un braccio.

 

Per noi del paese erano state improvvisate delle tavolate piuttosto lontane dagli altri. Non si sarebbe potuto dire, comunque, che Ravenclaw o chi per lui non fosse stato generoso: aveva messo a disposizione vino e carne in quantità, anche per noi.

 

Sentivo la musica, vedevo la gente ridere e danzare, ma mi sentivo fuori da quel gruppo di persone che si stava godendo la festa. I miei pensieri andavano tutti verso un tavolo che non era il mio, ad una persona che, probabilmente, non avrei più visto. Avrei dovuto trovare il modo di avvicinarla senza suscitare troppo stupore in quei signorotti che l’avrebbero circondata per tutto il giorno.

 

Con mio grande stupore, fu lei stessa a venirmi a cercare, poco più tardi.

 

Sentii l’uomo che mi stava seduto accanto irrigidirsi e borbottare qualcosa, prima di alzarsi, e notai le occhiate che coloro che mi stavano vicini lanciarono alla mia destra. Quando mi voltai, vidi che Rowena mi aveva raggiunto, sedendomisi accanto.

 

“E dunque, miei signori, vi state divertendo?” chiese.

 

Aldous, il falegname, che le sedeva di fronte, rispose per tutti con un grugnito entusiasta, addentando un pezzo di carne. Rowena sorrise, ma quando Cornelius, il pozionista, la invitò a ballare, prima ancora che potessi scattare lei rispose:

 

“La accompagnerei volentieri, messere, ma sono già impegnata per tutte le danze con William. William, vuoi?”

 

Mi voltai, annuendo.

Raggiungemmo gli altri. Rowena attirava le occhiate di tutti; era piuttosto strano vederla con noi, invece che con i suoi pari. Non avevo ancora imparato a ballare, e quel giorno non ero decisamente dell’umore adatto per cominciare. Lei lo capì, così mi portò a sedere vicino ad un albero, discosti dagli altri.

 

“Hai una faccia da funerale” osservò. In effetti, non ricordavo di aver sorriso, quel giorno.

 

Scrollai le spalle, non sapendo che dire. Alzai lo sguardo su di lei: sembrava così strano che fosse tutto finito, proprio quando non mi era mai parsa più bella.

 

Eravamo così vicini che potei notare una scritta sul diadema. ‘Un ingegno smisurato per un mago è dono grato’.

 

Rowena notò la mia perplessità.

 

“Era di mia madre anche questo. Si dice che conferisca saggezza a chi lo indossa” disse, togliendoselo di dosso ed esaminandolo.

 

Io non risposi. Non ero mai stato meno interessato ad un suo discorso.

 

“Ti prometto che continueremo a sentirci” disse poi, dopo qualche minuto di silenzio. “Ci è già capitato di stare lontani. Ti scriverò spesso, e ti verrò anche a trovare”.

 

“Ovviamente” risposi seccamente io.

 

Lei sospirò. Per un po’ rimanemmo in silenzio.

 

“Senti” le dissi ad un certo punto. “Ti sto rovinando la festa. Torna da Ravenclaw e divertiti. E… ti auguro la felicità” conclusi, alzandomi e voltandole le spalle.

 

Sentii che mi chiamava, ma non mi girai a guardarla di nuovo. Tornai alla festa, e feci del mio meglio per fare lo stupido con Aldous e Cornelius, fino a notte fonda, quando mi trascinai a casa così ubriaco da riuscire a non pensare che, in quello stesso momento, Rowena dormiva tra le braccia di un altro”.

 

*

 

In quel momento, Andrei sonnecchiava, la testa appoggiata sulle braccia incrociate.

 

Sorrisi tra me e me. Anche lui si meritava una pausa, in fondo. L’avrei aggiornato non appena si fosse svegliato.

 

Misi la piuma nel calamaio e mi avviai in punta di piedi alla porta. Era quasi ora di pranzo, gli avrei fatto una sorpresa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Buonasera a tutti *-*

Ormai non ho più scuse per il ritardo, posso solo dire che Andromeda e Ted mi hanno completamente rapita *-* Sono una coppia troppo coccolosa, e a farne le spese sono Rowena e William.

Ma non potevo partire senza un ultimo capitolo, ovviamente, quindi eccomi qui!

Prima dei soliti ringraziamenti, premetto una cosa: la modifica dei nickname è cosa buona e giusta, ma alla sottoscritta basta molto meno per confondersi. Quindi, se vi doveste ritrovare tra i ringraziamenti col vostro nuovo nome utente per aver aggiunto la storia a preferite, seguite o varie – e questo vale anche e soprattutto per i prossimi capitoli –, beh… sappiate che è solo la confusione di un povero neurone stordito, ecco.

Insomma, mi sembra di dover ringraziare domaris72 per aver aggiunto questa fic alle seguite <3 Se così non è – e domaris72 è solo un nuovo nick… mi scuso in anticipo >.<

 

Ora ho taaante persone da ringraziare per le bellissime recensioni *-* Grazie, ragazze, siete fantastiche <3

 

Ely79: contenta che ti piacciano le scelte perfide <3 In questo capitolo Mandy e Andrei si vedono un po’ poco, avevano bisogno di una vacanza anche loro… Grazie mille per la recensione e per il supporto costante <3 <3 <3

 

Julia Weasley: oh, beh, Rowena ha capito, sisì. Però non ama William. Prova amicizia nei suoi confronti, un’amicizia fraterna, però non lo ama. E… sono felice di non avere creato un Gary Stu – soprattutto dopo la scoperta brutta brutta bruttissima dell’altro giorno °°’’ Meglio un personaggio lagnoso che un Gary XD Umh, mi sa che per Mandy e Andrei dovrai tenere le dita incrociate ancora un bel po’ di tempo… *fischietta* Grazie per la recensione e per non avermi ancora mollata! <3 <3 <3

 

Foolfetta: felice di esserti riuscita a far diventare romantica <3 La tua recensione mi ha fatta sorridere XD Sì, William deve darsi una bella svegliata, ma mi sento di difendere Rowena: dai, mica lo incoraggia.

… lo incoraggia? Devo riscrivere la storia? Ho mandato Rowena OOC? *panico* *corre per la stanza* Emh, comunque. Grazie per la recensione! <3 <3 <3

 

meissa_s: grazie tantissime per tutte quelle recensioni *-* Spero che la mia fanfiction non ti abbia rubato troppo tempo in facoltà – magari col prof che stava appollaiato sul pc davanti al tuo 8) Con la tua fanfiction sui fondatori mi stai facendo sentire piccola piccola, ma immagino sia normale, visto che so cosa aspettarmi da te XD Sono felice che tu sia riuscita a leggere tutta questa storia senza addormentarti e, riguardo a Hogwarts… io sto ancora aspettando la lettera. Aspettiamo insieme? Grazie ancora! <3 <3 <3

 

caramella_rosa_gommosa: my darling, mi dispiace tantissimo per il tuo computer D: Se ti può consolare, penso che anche il mio sia ad un passo dalla tomba – word ogni tanto impazzisce, msn è morto da secoli, è di una lentezza incredibile. Evviva l’era di internet!

Oh, ma quella canzone è bellissima *-* Sul forum di EFP c’è stato un contest sulle canzoni Disney – ed io sono arrivata seconda! *orgogliosa* - ed avevo pensato a quella canzone <3 Poi ne ho scelta un’altra, ma vabbè. *canticchia: scialalalalà, il ragazzo è troppo timido…* Emh, dunque, in questo capitolo Andrei ha letteralmente dormito, ma posso assicurarti che si sveglierà. In tutti i sensi 8) Grazie per la recensione e per il supporto! <3 <3 <3

 

Lady Lynx: ma cara, che giuoia rivederti *-* Grazie per le recensioni ai capitoli più vecchi, mi hai onorata, e non esagero <3 Dunque dunque, per quel che riguarda il narratore del dopo matrimonio… diciamo che nella tua prima ipotesi avevi azzeccato una cosa. Ancora è presto per vedere le prime prodezze di Rowena a Hogwarts, ma tra un paio di capitoli al massimo le cose si smuoveranno. Parecchio. Grazie ancora! <3 <3 <3

 

 

Va bene, va bene, ho ufficialmente finito di sommergere tutti di cuoricini. Ma con lettrici così, cos’altro potrei fare?

 

Comunicazione di servizio: molto probabilmente ci rivedremo solo a settembre – mi sarà più difficile in questi giorni stare tanto tempo al computer, e quel poco che potrò utilizzare sarà per altri piccoli progetti. Dovrei riapparire verso agosto con one-shot sparse, e a settembre potrò dedicarmi di nuovo a questa storia.

 

Quindi… buone vacanze a tutti, ci si becca in giro!

 

Un abbraccio,

Ilaria

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici ***


XIV.

 

“Ancora una volta vidi Rowena allontanarsi da me. Quel giorno, però, uno dei tanti che erano seguiti al matrimonio tra un preparativo per la partenza e l’altro, sapevo che sarebbe stato per sempre.

 

Lei sarebbe andata a vivere da Ravenclaw. Le nostre strade si sarebbero separate, nonostante Rowena cercasse di convincersi – e di convincere anche me – del contrario.

 

Così, all’inizio di un agosto grigio e ventoso, non mi rimase altro da fare che salutarla per l’ultima volta, augurandole tutta la felicità che meritava accanto all’uomo che aveva scelto.

 

Ogni settimana avevo una sua lettera: sembrava che avesse molto da fare nella sua nuova vita, ma non le mancava mai il tempo di scrivermi qualche riga. Attraverso quelle pagine potevo partecipare alla sua vita, ed ero felice di constatare che lei non sembrava rimpiangere la decisione presa. La speranza che il suo sogno si potesse realizzare trapelava spesso da quelle parole, specialmente quando c’era qualche progresso effettivo nella costruzione della scuola.

 

Si recava sul posto ogni volta che poteva, ammirando i progressi nel restauro del castello ed incontrandosi con Salazar, che ormai si era trasferito lì. Il vecchio non aveva ancora conquistato la sua simpatia, né lo fece mai, ma era l’unico con cui Rowena avesse contatti che non fossero tramite lettere. Godric e Helga erano lontani o impegnati, e presto cominciò anche lei a spargere la voce della fondazione di questa scuola tra le sue nuove conoscenze.

 

Non mi scriveva mai di cosa Ravenclaw pensasse del suo progetto, né io glielo chiesi, anche se era un aspetto della cosa che mi preoccupava molto. Ma non avrei dovuto pensare ad una cosa simile, perché, per qualche tempo, i quattro non riuscirono a fare più progressi.

 

Il problema era Slytherin; all’improvviso sembrò che non fosse più tanto allettato alla prospettiva di formare giovani menti, e, pertanto, fece sapere di non essere disposto a cedere il suo castello. Appresi in seguito da Rowena che la sua decisione era stata presa in seguito all’esasperarsi della sua rivalità con Gryffindor, che, in quel periodo, si era rivolto alla nobiltà magica per risolvere una questione in sospeso tra loro due. Rowena scrisse vagamente su qualcosa che riguardava il padre di Gryffindor e le sue terre, e mi fu chiaro, come lo era a lei e agli altri, che Slytherin stava attuando una sorte di vendetta personale contro il suo avversario.

 

Questo stato di cose durò per parecchio tempo; ci vollero anni prima che Rowena e Helga potessero riuscire a riappacificare i due, e, come dimostrarono i fatti, non ci riuscirono neanche completamente.

 

Nel frattempo, io la andai a trovare varie volte, e ad ogni visita la trovavo indaffarata ma soddisfatta. Dopotutto, sembrava che Ravenclaw potesse davvero renderla felice, anche se cominciai a notare che Rowena dimostrava una strana tendenza ad incupirsi nelle occasioni in cui associavo il suo nome alla scuola che lei avrebbe voluto fondare.

In questo modo confermava i miei timori: suo marito non era entusiasta quanto lei all’idea di saperla in un castello ad insegnare.

 

L’ultima volta che la vidi quell’anno mi confessò che le cose stavano proprio così, ma che in quel momento poco importava, dato che non si riusciva a trovare un altro luogo per fondare la scuola.

 

“Non vale la pena di pensarci. Sembra che non se ne farà niente”.

 

Non aveva ancora imparato a mentirmi: in quelle poche parole avevo sentito perfettamente la sua delusione.

 

Mio padre morì sei mesi dopo quel giorno”.

 

*

 

Pizza. Onestamente, c’è qualcosa di più buono della pizza? No, non credo. E, a quel che vedevo, non lo credeva neanche Andrei, che si stava godendo il pranzo bene attento a non sporcare – o ungere – una qualsiasi parte del mio studio.

 

“A cosa devo, umh, il favore?”

 

Alzai le spalle, masticando.

 

“Immagino al fatto che tu mi stia aiutando. Che altro?” risposi, facendo sparire con un colpo di bacchetta gli avanzi di quel pasto. Non che ce ne fossero molti, a dire il vero.

 

Andrei parve riflettere.

 

“Dovrò sdebitarmi” disse alla fine. Sgranai gli occhi.

 

“Che ne dici di venire a cena con me, un giorno? O a pranzo” aggiunse in fretta Andrei, senza guardarmi.

 

Dovetti trattenere un sorriso, notando il rossore improvviso in zona orecchie che rivelava come quell’armadio fosse, dopotutto, un timidone.

 

“Con piacere”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Olè, eccomi qui!

Sono tornata dalle vacanze, ho rimesso in ordine alcune cose e ho scritto un nuovo capitolo. Cortino, lo so, cercherò di farmi perdonare.

Avete passato una buona estate? Spero davvero di sì, che vi siate abbronzati ben bene e vi siate rilassati su una bella spiaggia bianca, o che vi siate addentrati tra sentieri nei boschi, o che abbiate piantato una tenda sotto il cielo stellato, insomma, che vi siate divertiti. Io sono tornata bianca com’ero partita perché, come mi hanno fatto notare in modo molto simpatico, io il sole lo rifletto – tipo Edward Cullen, sì, solo meno ‘fyko!!1!’ e più mozzarella -, ma questa è un’altra storia.

 

Ringrazio chi ha aggiunto questa storia alle preferite o alle seguite – chiedo scusa a chi non nomino, ma il cambio di nick mi ha davvero davvero fatta impazzire. Vi basta un abbraccio caloroso? <3

 

E, ovviamente, grazie alle splendide persone che hanno recensito:

 

Ely79: ummmh, per questo capitolo hai dovuto aspettare anche più dell’altro *toccamento indici* Bon, la sorpresa di Mandy non era niente di particolarmente, umh, cattivo, come hai visto, al momento sto sfogando il mio lato malvagio su William, eheheh. Un bacio <3

 

Julia Weasley: eheh, mia cara, dove ci sono pare mentali e drammi ci sono io, ormai lo sai XD Tra un po’ avverrà qualcosa che risolleverà almeno in parte il morale del povero William – non sono così cattiva XD Intanto Mandy e Andrei si stanno conoscendo, e chissà se… a buon intenditor, poche parole! Un bacio <3

 

Foolfetta: loool, sì, Ravenclaw può risultare odioso XD Ma è il punto di vista di William, dopotutto, quindi immagino non possa essere visto molto bene… Farò svegliare Andrei ;D Proprio alla fine però, perché mi piace tenervi sulle spine e sono estremamente malvagia. Un bacio <3

 

Lady Lynx: e questo aggiornamento è arrivato, alla fine! E’ il primo di due o tre capitoli di passaggio - piuttosto piatti - che mi servono per aggiustare un po’ di cose tra Rowena e suo marito… Hogwarts al momento è messa da parte, ma riprenderò in mano a breve anche il progetto di Rowena J A breve per i miei standard, emh. Un bacio <3

 

Mizar: awww, che bello risentirti! E sì, sono sadica, mia cara, lo confesso. Con Mandy e Andrei cercherò di darmi una calmata, ma proprio alla fine, giusto perché mi piace rendere le cose complicate 8) Un bacio <3

 

caramella_rosa_gommosa: spero che tua madre non ti abbia buttata fuori dalla finestra XD Umh, forse dovrei riordinare anche io, sì. Dopo. Adesso ti ringrazio per aver mandato tutto al diavolo ed aver recensito 8D In questo capitolo non c’è una, emh, svolta, perché sono cattiva e tale rimarrò fino alla fine. Almeno con due personaggi *fischietta* Un bacio <3

 

 

E poi, questo capitolo è un po’ per festeggiare: no, non il rientro delle vacanze, ma l’inserimento tra le Storie Scelte di EFP di una mia one-shot *-* Non ci credevo quando l’ho visto, e rimettermi a scrivere il prima possibile è stato un po’ un modo per dire grazie <3 Se passasse di qui, ringrazio Vogue per la sua segnalazione, non esiste nessuna faccina al mondo che possa esprimere la mia gratitudine  *-*

 

Alla prossima! <3

Un abbraccio,

Ilaria

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