Autore:
cdm
Titolo
Fanfic: Questa è la storia di uno
di noi
Titolo
Capitolo: Sonetto 18
Personaggio:
George
Prompt:
56.Passato
Frase:
E improvvisamente sono diventata una
parte del tuo passato, la parte che non dura.
Citazione:
Sonetto n°18 Di William Shakespeare
Rating:
Arancione per contenuto di parolacce ed
argomenti poco leggeri.
Note:
Post film, molto post sarebbe 75 anni dopo.
E'
una What if in cui calcolo che tutti i vecchi compagni di George non
ci sono più.
Sono
i clichè a farvi guarire è una frase di Clancy
Lass
nel telefilm stesso.
Sonetto 18
Sono i clichè
a farvi guarire
Seduta
sulla sedia li osservo dal primo all'ultimo, alcuni sono appena stati
catapultati in questa esistenza chiamata non morte ed altri sono
veterani, come me, che stanno attendendo l'ultimo post it.
Jane
come al solito si abbuffa ed appena finisce rischia di infilarsi in
automatico la forchetta in tasca. Jane è l'ultima arrivata,
morta quattro settimane fa per una sua rapina in banca, soffre di
cleptomania ed è stata l'ultimo post-it di Mason; il mio caro
Mason ora è salito di livello, speriamo che ci siano Roxy e
Rube a controllarlo se combina guai.
Affianco
all'ultima arrivata c'è Kim, un signore anziano di
bell'aspetto che è un appassionato di musica e filosofia; di
solito alla vittima fa sempre una citazione, spaziando tra canzoni e
libri, prima di toccarla e dopo quando l'accompagna alla luce. Lui
come al solito sta bevendo il caffè amaro ristretto, come lo
fanno in Italia, a quanto dice.
Dall'altra
parte del tavolo ci sono Lauren e Margaret due sorelle di origine
francese che sono morte nello Tsunami dell'Indonesia, sì
quello fatto da quello stronzo di Cameron. Sono state mandate in
questo gruppo da un due annetti ormai, è terribile tengo
ancora il conto degli anni, e non mi ci trovo affatto male.
Ed io?
Chi sono io? Be sono sulla sedia a capo tavola col mio caffè
all'americana e un waffle pronto per essere fatto a pezzi. Io sono
George, assistente della morte da ormai ottantatré anni, io
come tutti loro sto aspettando il mio ultimo post-it.
-Bene
è giunto il momento di darvi i compiti di oggi.
-Mica
siamo dei bambini?
-S...
-No,
Kim scusami, ma adesso non è il caso di una citazione. Eccoti
il tuo post it. Questo è il tuo Lauren e questo è il
tuo Margaret, invece tu ed io Jane andiamo insieme, vorrei evitare
che succedesse di nuovo il casino dell'ultima volta.
-Ho
capito che non si può evitare di farlo saltare, perchè
ci sono degli effetti devastanti...dai non ho voglia di altri
insegnamenti George.
L'ultimo
casino di Jane diciamo che è lo stesso che feci io agli inizi,
con la valanga di morti per la fascia dell'addome, e che commise Roxy
con Arnold: saltare un appuntamento.
Nello
specifico Jane aveva accuratamente evitato al ragazzo che le piaceva
in vita, di evitare il luogo dove sarebbe morto a causa di una
tegola, in cambio il giorno dopo lo stesso tipo avrebbe ucciso
quattro persone e tenuto ostaggio la scuola che frequentava. Alla
fine comunque è morto il ragazzo e se ne è andato verso
la luce, dopo aver fatto la ramanzina alla cleptomane e aver dovuto
dare delle spiegazioni a quei mocciosi, insopportabili.
Ritorniamo
a noi, mentre vengo sgridata da Kim per averlo castrato,
metaforicamente parlando, sulla sua sapienza ne subisco ancora
lamentele da Jane.
-Suvvia
Jane, sei ancora in apprendistato.
-Noi
andiamo, vieni anche tu Kim? È vicino a dove stiamo andando
noi?
-Sì,
giusto.
-A
dopo.
-Grazie
mille Lauren e Margaret. A dopo.
Sono
la mia salvezza, tendo dopo un po' a spazientirmi nell'accoppiata Kim
e Jane, sembra che siano stati mandati da me con lo stesso scopo
delle zanzare per gli uomini: esercitare più pazienza
possibile.
-Dai
finisco di mangiare il waffle ed andiamo, ci vuole un po' di strada
da qui all'appuntamento.
-Uff...
Sorrido
al broncio di Jane e finalmente mi gusto il mega waffle della House,
sapete dopo che la Waffle's House era stata fatta esplodere
nell'incendio, non pensavo più di ritornare nella stesso
luogo, abbiamo cambiato sedi un bel po' di volte con gli altri, ma
con questo nuovo locale, che offre un po' di tutto a buoni prezzi, io
e Mason ci è parso di nuovo sentire l'odore e la sensazione
che la Waffle's House ci dava, e non solo per il nome similare, ma
per l'ambiente stesso: caldo ed accogliente, la gente gentile che ti
conosce dopo la terza volta che ti rivede, una casa per noi che non
dovremmo essere qui.
Il
waffle finisce in fretta, come sempre essere assistenti della morte
non ti priva di quegli appetiti di cui soffrono gli uomini in vita,
ed ora ci tocca andare a vedere la prossima vittima di Jane.
-Andiamo.
-Yuppi!
-Jane
tira subito fuori le posate dalla tasca.
-Cos...ops
-Dai,
andiamo.
Pago
il conto e lascio la mancia, intanto non ho più questo
eccessivo bisogno di soldi, dopo la Happy Time, ho lavorato per un
giornale, come free lancer, e ora vado nelle varie case, la mia mania
di curiosare nelle case altrui non è rimasta invariata, a
pulire o assistere qualche anziano, cose in nero che non rubano
eccessivamente tempo e mi danno il giusto necessario per badare a me
ed ai miei colleghi.
Jane
cammina, come al solito, con la schiena un po' ricurva, è una
bella ragazza che tende ad essere timidissima, e la testa abbassata e
quasi da rituale io le do una piccola sberla sulla parte della
colonna non posizionata nel posto giusto.
Usciamo
e la faccio salire sulla mia macchina definita dagli estimatori
d'epoca per i suoi quarantanni di vita, ed io mi metto a guidare.
Guidare
con Jane affianco è una tortura dato che lei desiderava tanto
avere la patente, ma ora da non morta non po' più prenderla.
Sì ha sedici anni, più piccola di quando ero morta io,
ma rompi scatole quanto una sedicenne viva, nello stile della mia
defunta sorellina. Sì, ormai delle persone che conoscevo in
vita non è rimasto più nessuno, ma almeno non sono
morti per eventi esterni.
Appena
arriviamo freno di scatto, così che con il colpo che riceve
Jane, almeno per due minuti, si azzittisca e scenda.
L'incarico
è come al solito un lavoro alla TTT, codice inventato da Kim
per definire le nostre fasi di lavoro: trovare il nominativo del
biglietto, toccare il soggetto nominato, trasportarlo fino alla luce,
non chiedetemi cosa c'è oltre alla luce che nessuno me l'ha
ancora spiegato. Forse dovrei utilizzare uno di quei poeti italiani
che cita sempre Kim per convincere al morto di attraversare la luce,
per dare un senso o una profondità alla luminescenza dell'al
di là.
Va be,
il mio compito è solo controllare che la mia cara cleptomane
faccia il suo dovere e non rubacchi in giro come al solito, in questi
casi sembra quasi una fusione tra me e Mason, sicuramente è
una cosa terribile credo che Rube si sarebbe trapanato la testa, e
non per uno sballo permanente, ma sicuramente per non dover badare a
alla nostra fusione.
Vederla
andare in giro a strappare informazioni dal destino è
divertente perchè lei tende alla schiettezza, eccessiva
schiettezza per essere precisi, e domanda direttamente alla gente
come si chiama. Mi rendo conto perfettamente che la cosa più
imbarazzante e difficile di questo lavoro, non è tanto il
toccare qualcuno per vederlo morire, è cercarlo tra la gente,
perchè te la rende unica come persona e sinceramente non ti
viene più voglia nemmeno immaginare come i graveling
possano condurre il soggetto alla morte.
Be
immagino dalla faccia del simpatico signore col gelato in mano, che
Jane ha trovato a chi fare un favore nel tirarlo fuori prima di
morire.
Ed
eccoli là i grigi ed antipatici signori che fanno accadere
l'inevitabile.
-Jane,
vieni qua.
Le
suggerisco di venire vicino a me, affetto da sorella maggiore che
ora non posso più sfogare?Può essere.
Reggie,
ormai non c'è più, morta nel sonno circandata dai suoi
cari.
Mi
ricordo ancora che fu Michael a contattarmi e dirmi che mia sorella
sarebbe passata a miglior vita, nella speranza che non sarebbe
rimasta affianco a me ad assistere morti su morti come le due sorelle
francesi del mio gruppo.
Oddio
nella mia mente è proprio impressa l'immagine dell'entrata in
scena sua, sgargiante e pieno di se, ma che quel giorno non entrò
bruscamente nei nostri discorsi a pavoneggiarsi per le avventure
eroiche che aveva compiuto per arrivare al suo post-it, invece attese
che finissimo di parlare, in piedi in silenzio.
Non
l'avevo mai visto così, quindi decisi di sbrigarmi in fretta
la consegna dei talloncini gialli, e suggerii di andare a fare il
loro dovere.
Quando
tutti i nostri simili uscirono dal locale, lui si sedette e iniziò
a parlare.
-Mia
cara, come stiamo oggi?
-Bene
Michael e tu?
-Accompagnami
al lavoro che ho oggi.
-Perchè
mai?
-Non
hai tu appuntamenti per oggi, altrimenti il post it sarebbe
sull'agenda.
-Vero,
ma posso avere altro da fare oggi, dammi un buon motivo per venire
con te.
-Perchè
sono figo.
-Dipende
dai punti di vista.
-Non
essere così crudele, George.
-Ti
do la possibilità di ritentare poi, vado a pagare e me ne
vado.
-George,
ho il biglietto di tua sorella per sta sera.
Quando
me lo disse non ebbi fiato, eppure avrei voluto insultarlo per non
avermelo detto prima e aver cazzeggiato liberamente con sciocchezze,
ringraziarlo che voleva farmela salutare un ultima volta, pregarlo
che lei non sia l'ultimo suo post it. Ero terrorizzata da quel
pensiero.
Solo
dopo una probabile apnea di un minuto, almeno credo so che dopo quel
minuto di vuoto mutismo dovetti respirare con forza per avere aria in
corpo.
-Andiamo
allora.
-Dopo
di te, mia cara.
Da
lì in poi mi ricordo solo di essere salita sulla sua vettura e
ebbi come compagnia vocale solo i cd country di Michael, li conoscevo
a memoria, dopo anni di frequentazione imparai i suoi gusti e le sue
canzoni, e questo in retrospettiva mi ha decisamente calmato e
preparato ad dire addio all'unica persona che conoscesse realmente
chi era George Lass.
Arrivammo
nella villetta dove viveva la nonna Reggie, nonna a causa dei bambini
troppo piccoli che giocano nel giardino ed adulti che fanno cambio di
turno nel controllare la prole. Michael parcheggiò di fronte
al vialetto che conduceva all'ingresso della casa attirando
l'attenzione dell'adulto di turno. Scesi dall'auto, avevo la voglia
irrefrenabile di correre da mia sorella ed abbracciarla e dirle che
sarebbe andato tutto bene, fu Michael a trattenermi, col il suono
della voce.
-Milly
andiamo a parlare con la signora Lass?
Milly,
il nome di questo corpo, il nome d'arte per l'attore che deve
recitare un tranquillo cittadino.
-Certo,
Efram
Ci
avvicinammo, e osservai i miei bis nipoti così piccoli e così
pestiferi, hanno proprio ereditato i geni dei Lass, ed i miei
nipoti, i figli di mia sorella, che si erano riuniti quasi a fare
muraglia sulla porta per non farci passare, almeno era quello il mio
pensiero momentaneo.
-Buongiorno,
signori è in casa la signora Reggie Lass?
-Buongiorno
sì è in casa a prendere il the e chi la starebbe
cercando.
-Io
sono Efram e lei è Milly siamo i figli di una vecchia amica
della signora Lass, e dato che non si poteva muovere ci ha chiesto di
parlare con la signora.
-Entrate
pure.
In
tutto quello scambio di parole io osservai come i geni dei Lass
avessero saltato una generazione, i figli assomigliavano a tutt'altra
famiglia, non riuscii a riconoscere in loro nulla di Reggie, di
nostra madre e di nostro padre. Si non spiaccicai parola e quando
entrammo nel salottino dove mia sorella stava bevendo, feci fatica a
riconoscerla.
Quanto
il tempo passa e trasforma i viventi, noi non morti non subiamo
questa decadenza, eppure per quanto ormai i capelli dorati non ci
fossero più e le rughe si erano moltiplicate, i suoi occhi
appena mi videro ebbero quello scintillio della Reggie che mi aveva
appena scoperto essere un'assistente della morte.
-Mamma
questi sono...
-Lo
so tranquilla, so chi sono. Sedetevi pure e figliola puoi preparare
dell'altro the, ormai questo è finito e vorrei offrirlo a
loro.
-Aspetti
signora le do una mano in cucina.
-Ma
non c'è prob...
-Insisto,
mi dispiace che vi scomodiate solo voi.
Michael
per quella giornata mi vizziò, mi lasciò solo con la
mia adorata sorella che fra un po' sarebbe morta. Avrei voluto
parlarle subito domandarle se stava bene o cose del genere, ma non mi
uscivano, un'altra volta, le parole di bocca. Il silenzio calò
per un minuto abbondante e poi fu mia sorella a parlare.
-Quanto
ancora stari qua?
-Qui
in questa casa, non posso starci molto.
-No,
quanto ancora farai l'assistente?
-Non
lo so, il mio ultimo compito lo scoprirò solo quando accadrà.
-Ed
oggi ti tocca guardare la mia di dipartita.
-Mi
dispiace.
-Oh
no, è solo che...Ora tocca a me. E tu rimarrai sola.
-Non
ti preoccupare, ho tanti colleghi e un giorno anche io verrò.
E tu hai una bellissima famiglia.
-Sì,
è stato bellissimo vivere la vita, sai come si chiama mia
figlia, quella che ti sta preparando il the?
-No.
-George,
l'ho chiamata come te, ma per fortuna non abbiamo mai avuto il
rapporto che avevate tu e la mamma.
-Almeno
quello.
Ridacchiai,
in quel momento la tensione era calata ed io avevo per un attimo
immaginato le litigate tra me e mia mamma dal punto di vista della
mia piccola sorella.
-Sarai
tu a prelevarmi?
-No
Le
risposi di getto e come di getto lei mi aveva ricordato che cosa ero
io, ed in quel momento mi aveva ferita, ma non potevo farglielo
capire.
-Sarà
Efram a farlo.
-Sentirò
dolore?
-No,
lo facciamo proprio perchè non proviate dolore.
-Allora
grazie.
-E'
il nostro dovere.
-E'
ironico, non credi?
-Cosa
c'è più ironico della vita?
-Il
fatto che improvvisamente sono diventata una parte del tuo passato,
la parte che non dura. E sarai tu a portarmi fiori sulla tomba e a
rimpiangermi.
Il
destino è sempre stato ironico, e in quel caso l'ironia che
aveva colto mia sorella era veramente crudele, ma vera. Non so'
perchè lo feci, ma mi venne in mente uno dei sonetti di
Shakespeare che papà decantava tanto nelle aule universitarie,
quelle stesse aule in cui riuscì dopo due mesi dalla mia morte
a superare il dolore della mia perdita.
-Quando
penso che ogni cosa che nasce resta perfetta solo per brevi
istanti, che questa immensa scena ci offre sol fantasmi su cui
le stelle tramano con arcano influsso; quando vedo gli uomini, al
pari delle piante, illuminati e minacciati dallo stesso
cielo vantarsi in gioventù, all'apice decrescere, e
cancellarsi da memoria l'orgogliosa primavera: allora il pensiero
di questa precaria vita ti presenta agli occhi miei, ricco di
giovinezza, mentre il Tempo distruttore cospira con la
Morte per
cambiare il tuo fresco giorno in fetida notte:
ed
in piena guerra col Tempo, per amor tuo,
come
esso ti strappa, io ti ripianto ancora.
Grazie
Reggie, di tutto sono una sorella orgogliosa.
Quel
sonetto decretò la fine della cortesia ed un milione di
lacrime da parte della mia sorellina, che per tutta la vita mi aveva
ripiantato nei suoi gesti, nel chiamare sua figlia come me ed io che
avrei visitato d'ora in poi la sua tomba e a avrei vissuto il dolore
di un'ennesima perdita e che mi potevo solo piantarla nei miei
ricordi.
Arrivarono
subito dopo Michael ed i loro figli tutti preoccupati per cosa stava
succedendo, non riuscimmo a smettere, era troppo liberatorio, ci
impegammo molto tempo, non chiedetemi quanto, avevo smesso di
controllare l'ora da quando mi era stata data la notizia della morte
della mia piccola sorellina, colei che aveva vissuto una vita
incredibile, aveva avuto dei figli e dei nipoti, colei che era
riuscita a vivere al meglio delle possibilità.
Appenna
finimmo di piangere lei mi chiese subito da dove avevo tratto il
sonetto.
-E'
un sonetto di Shakespeare, leggiteli sono molto belli.
-E'
ora di andare Milly.
Quella
frase fu l'affermazione che la sua ora stava per scoccare. Annuii e
salutai i parenti miei, che non sapevano di esserlo, e poi non dissi
più nulla a mia sorella, ormai le parole che ci dovevamo dire
erano state dette. Non spostai lo sguardo quando Michael le strinse
la mano e segnò che il suo compito era stato eseguito alla
perfezione.
Uscii
di casa con calma, ora ero pronta a vivere senza mia sorella, e ci
introducemmo in auto e il saccente Michael mi chiese, fingendo
ovviamente di aspettarlo che aveva dimenticato qualcosa in casa.
Avrebbe condotto mia sorella dall'altra parte, quella parte che non
era a me concessa.
-George!
Ehi George.
-Dimmi
Jane.
-Andiamo,
ho voglia di andare da qualche parte.
-Sì,
ma prima restituiscimi ciò che mi hai preso dalla tasca.
-Io
non ho preso nulla...adesso te lo dimostr...
Sorrido
e gli accarezzo il capo dopo che mi sono ripresa le chiavi dell'auto.
-Dove
vuoi andare?
-Qual'è
il luogo più indicato per noi?
-Il
cimitero, ma non credo che tu abbia voglia di andarci.
-Infatti
è lugubre!
-Be
allora se vuoi andiamo al cinema.
-Ci
sto! Offri tu ovviamente!
-Mi
sorprenderei del contrario.
Saliamo
in macchina ed accendo l'auto, premo l'acceleratore ed andiamo, fin
quando la morte non ci dirà basta.
-Cosa
andiamo a vedere?
-Un
vecchissimo film del 1998.
-E
di che parla?
-Dato
che ti piace Shakespeare, c'è all' Old Cinema Shakespeare in
love.
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