L'ultimo desiderio

di Guessstar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Arrivo. ***
Capitolo 3: *** Festa ***
Capitolo 4: *** Io ti conosco ***
Capitolo 5: *** Boh ***
Capitolo 6: *** Ricordi ***
Capitolo 7: *** Dannatamente piacevole. ***
Capitolo 8: *** Sconosciuto ***
Capitolo 9: *** Confesso ***
Capitolo 10: *** Meglio smettere ***
Capitolo 11: *** Lenzuola ***
Capitolo 12: *** Prime volte ***
Capitolo 13: *** Reazione ***
Capitolo 14: *** Semplice ***
Capitolo 15: *** Come nessuno mai ***
Capitolo 16: *** Prato ***
Capitolo 17: *** Sapere cosa è giusto e non farlo è codardia ***
Capitolo 18: *** La cosa giusta ***
Capitolo 19: *** Epilogo :dieci anni dopo. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


POV BELLA.

Si dice che l’amore è dare senza chiedere mai nulla in cambio. Si dice che l’amore sia un lusso che solo pochi sanno permettersi. Si dice che l’amore è amare incondizionatamente e disperatamente la persona che ti sta accanto, condividere ogni particolare della tua vita, senza condizioni, senza limiti. Si dice che l’amore è lasciare libero il proprio patner. Ed era questo quello che Edward aveva fatto, mi aveva lasciata libera di fare le mie scelte, senza costrizioni, senza pensare che anche lui ne avrebbe risentito. Lui voleva che io fossi felice, ma potevo essere felice senza di lui? No, certo che no. Eppure me ne stavo andando via da Forks, stavo scappando. Stavo scappando da tutte quelle sensazioni che provavo sotto il suo tocco, da tutte quelle emozioni che mi aveva fatto scoprire in soli tre mesi. Stavo scappando dall’amore che provavo, perché avevo paura, paura di essere ferita, e per questo, scappavo.

Stavo scappando da lui.

 

POV EDWARD.

Jim Morrison diceva: si dice che l’amore è vita, io per amore sto morendo.

Condividevo pienamente. L’amore è un bastardo. Mai avrei pensato di potermi innamorare di una ragazza qualunque, eppure lo avevo fatto, e avevo capito che non era poi così normale da come mi era sembrato. Bella era unica. Era unica fra le tante altre ragazze che avevo avuto, e me ne ero innamorato. Mi ero innamorato del suo profumo, della sua risata infantile, dei suoi occhi così ingenui e dolci, della sua smorfia quando la curiosità è troppa da essere nascosta, da ogni piccolo gesto che compiva con delicatezza, ma anche con grande determinazione.  Mi ero innamorato del suo modo di essere, così speciale, così unico.

Per questo non potevo permetterle di intrappolarsi per sempre in questa città, per questo l’avevo lasciata libera di andare.

Per permetterle di vivere una vita felice. Ma io ero felice?

No, non lo ero.

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Capitolo 2
*** Arrivo. ***


 

 

 

 

POV BELLA.

«Devo andarci per forza? Sai che non mi va! Ho sempre odiato Forks!»

«Dai amore, devi pur passare del tempo con tuo padre, anche se mi dispiace non vederti per tutta l’estate…» mamma stava cercando di convincermi in tutti i modi ad andare a Forks, la città più piovosa d’America, e forse del mondo intero. Perché dovevo andare in quella piccola cittadina quando il mio vero posto era a New york?

«Non potrebbe venire lui qui per tre mesi! New York è molto più bella di Forks»

«Non credo Phil gradirebbe l’idea di avere tuo padre che ronza intorno a noi per così tanto tempo, dai amore, almeno un mese. Se tra un mese vorrai ritornare, non farò storie».

Un mese era accettabile, ma tre mesi… non se ne parlava proprio. Avrei accettato le torture dell’inferno, piuttosto che andare in quella città e rimanerci per un lasso di tempo così lungo.

Salii sul taxi che mi avrebbe portato all’aereoporto senza fare più storie. Il viaggio fu lunghissimo ed estremamente stressante, nonostante stetti seduta per tutto il tempo, il fatto era che avevo sempre avuto paura degli aerei, soprattutto con quello che succedeva in giro, e non potevo far altro che agitarmi sul sedile, sotto lo sguardo divertito di un’hostess, avrei voluto vedere lei al mio posto, se non si sarebbe fatta prendere dal panico.

Arrivai a Seattle nella tarda mattinata. Aspettai con impazienza i bagagli e quando finalmente uscii dall’aereoporto tirai un sospiro di sollievo. Tutto era andato bene, tranne un piccolo particolare, stavo andando a Forks.

«Bells!» sentii una voce maschile chiamarmi, riconobbi subito mio padre, dipinsi un finto sorriso sul volto e gli andai incontro. Mi aiutò ad alleggerirmi dai bagagli e poi mi strinse in una braccio che mi strangolò quasi.

«Papà, non respiro»

«Sono così felice di vederti!» potei vedere i suoi occhi farsi lucidi per la felicità. Charlie era un tipo che non mostrava mai le sue emozioni, era piuttosto riservato. Su questo gli somigliavo molto.

Arrivammo a casa dopo un paio d’ore di viaggio. Non era cambiata per nulla, vi era sempre quel giardino malcurato, la cassetta delle lettere arrugginita con il nostro cognome scritto con il pennarello, ma la casa non era male. Charlie si offrì di aiutarmi con le valigie, gliene fui molto grata, non sarei riuscita a salire cinque valigie in un colpo solo.

«Questa è la tua camera»  aprì la porta dopo fino a qualche anno prima, vi era lo studio di mio padre. Le pareti erano lilla, al centro vi era un grande letto in cui mi sarei buttata volentieri a peso morto. Mi diedi un certo contegno, non potevo far la bambina stanca e capricciosa, nella parte destra vi era una scrivania con un portatile sopra, munito di modem e stampante.

«Allora? che te ne pare?»

«è perfetta papà, davvero»

«Bene, ti lascio da sola…» sentii la porta chiudersi dietro di me, e un magnifico silenzio piombò nella stanza. Mi gettai sul letto e fissai il soffitto, dove vi erano incollate delle piccole stelle che al buio avrebbero dovuto illuminarsi. Avevo sempre adorato vedere le stelle, mi appassionavano tantissimo, e fui grata a Charlie di essersene ricordato.

Non mi accorsi di essermi svegliata fino a quando non mi accorsi che erano le sei del pomeriggio.  Mi alzai e sistemai le valigie, con mio grande dispiacere mi accorsi che l’armadio che Charlie mi aveva comprato era troppo piccolo per tutti i miei vestiti, così dovetti tenere quasi la metà dei miei vestiti in valigia. Le vacanze non si prospettavano per nulla bene, sapevo già che avrei passato le vacanze peggiori di tutta la mia vita.

«Bella! Ci sono delle persone  che vogliono salutarti!» mio padre urlò dal piano di sotto. Non mi andava di scendere, e poi, era da circa tre anni che non andavo a Forks, chi aveva tutta questa voglia di vedermi? Scesi riluttante le scale, trascinando i piedi, ma quando vidi la persona che si trovava ai piedi della scala, i miei occhi si illuminarono per la sorpresa. Mi ero completamente dimenticata di lei, la mia migliore amica, quella che mi tirava su durante le mie giornate più brutte. Angela mi era sempre stata vicina, ma quando sono partita per l’ultima volta, sapevamo che non ci saremmo riviste molto facilmente.

Era cambiata un sacco, era molto più bella dalla ragazza brufolosa e occhialuta che avevo lasciato all’età di 14 anni, ora era un’adolescente bellissima. Sicuramente aveva un sacco di ammiratori.

«Bella!» mi abbracciò talmente forte che mi mancò il respiro, ma mi faceva piacere capire che nonostante fossero passati diversi anni, lei era ancora mia amica.

«Amore mio! Come sapevi che sarei ritornata?» in effetti non avevo avvisato nessuno del mio arrivo a Forks, solo la mia migliore amica, Wendy, e il mio ormai ex ragazzo, Jacob.

«Beh, Charlie non ha fatto altro che dirlo a tutta la cittadina da quando lo ha saputo,  non sai come è felice di averti qui» a quelle parole, mio padre, che non aveva parlato da quando era scesa, arrossì e si grattò la nuca. Gli sorrisi, infondo era molto tenero, ci teneva davvero a me.

«Dai, saliamo!» la presi per mano e la trascinai su per le scale.

«Wow Bella, hai davvero una bella camera»

«è stato tutto merito di Charlie, io l’ho trovata così… allora dai, raccontami tutto quello che mi sono persa» mi buttai sul letto e incrociai le gambe, poggiando la testa sui gomiti, lei fece lo stesso.

«Beh, non so che dirti, a parte che finalmente mi sono messa con Ben?»

«No! Non posso crederci!» Angela aveva sempre avuto una cotta storica per Ben, sin dall’asilo, purtroppo non era mai riuscita a farsi notare da lui, e di questo ne aveva sofferto molto.

«e invece sì, stiamo insieme da un anno! E tu invece, che mi racconti?».

«Beh, sai Jacob? Finalmente mi sono decisa a lasciarlo, non ne potevo più, era diventato troppo ossessivo, troppo geloso, era pesante!» con lui avevo passato i quattro anni più felici della mia vita, ma gli ultimi tempi era diventato troppo noioso e monotono, e poi non riuscivo più ad amarlo come un tempo, non mi veniva più naturale.

Passammo circa un’ora a parlare di tutta la nostra vita, di quello che ci eravamo perse.

«Bella, stasera c’è una festa, vieni?»

«Certo! Sai che non potrei mai perdermi una festa!»

«Okay, io e Ben passiamo a prenderti alle nove in punto, adesso devo andare a prepararmi, ci vediamo dopo».

«Okay, amore, a dopo». E ora, il dilemma per me fondamentale. Cosa avrei indossato?

 

POV EDWARD.

«Alice, vuoi sbrigarti? Il falò è iniziato un’ora fa!» non sopportavo l’idea di dover aspettare mia sorella ogni volta dovessimo uscire. Erano le dieci e ancora non era scesa. Io e Jasper, il suo fidanzato storico, eravamo seduti nel divano del salotto da un’ora e mezza, tempo che avrei impiegato normalmente per farmi dieci docce e dieci cambi di vestiti, ma che lei non riteneva sufficiente per rendersi “presentabile”.

«Devo solo scegliere le scarpe! Arrivo tra un attimo!»

«Alice siamo in spiaggia, non c’è bisogno delle scarpe!» urlò Jasper esasperato, mettendosi le mani ai capelli e chiudendo gli occhi. Come faceva a sopportarla, ancora non ero riuscito a spiegarmelo.

Sentii il cellulare vibrare nella tasca destra dei miei pantaloni.

«Pronto?»

«Edward! Ma dove diavolo siete! Vi ricordo che ci siamo dati appuntamento al posteggio! Vi siete persi per strada per caso?» il tono sarcastico di Rosalie mi fece innervosire ancora di più.

«Beh, dillo alla tua cognata preferita, è da un’ora che è rinchiusa in quel maledettissimo bagno…».

«Vabbè, io ed Emmett andiamo in spiaggia, ci siamo rotti di aspettarvi, ci si vede in giro… comunque, non immaginerai mai chi ho incontrato!» il suo tono si fece subito eccitato, questo non prometteva nulla di buono.

«Chi?»

«Bella Swan!» urlò, minacciando di rompermi un timpano.

Spalancai  la bocca, mentre il cellulare mi scivolò completamente dalle mani. Sicuramente non si sarebbe mai ricordata di me, quel bambino che le andava dietro in continuazione, non lasciandole mai un attimo di tregua, ma io mi ricordavo di lei, bella come il sole, la prima ragazza per cui mi ero preso una cotta, una cotta vera, mi ero quasi innamorato, ma ormai avevo superato quel trauma infantile, soprattutto dopo le innumerevoli ragazze che avevo avuto. Ma lei era stata l’unica a piacermi veramente, e quando seppi che molto probabilmente non sarebbe ritornata più a Forks, ne soffrii moltissimo.

«Edward? Sei ancora lì?»

«Sì, stiamo arrivando» interruppi la chiamata nello stesso istante in cui Alice uscì –miracolosamente- dal bagno.

Non mi ero ancora accorto che un improvviso stato di ansia aleggiava in me.

 

 

 

*ANGOLINO GUESS*

Ciao a tutti, dopo aver terminato Ci sei ancora tu nei miei ricordi, ho deciso di iniziare questa storia, che è completamente diversa dalla precedente. Credo che il prologo sia piaciuto abbastanza, per questo ho deciso di postare già da ora i capitoli. Vorrei terminare questa storia entro il mese di dicembre, quindi tre mesi, lo stesso tempo che ho impiegato per completare CI SEI ANCORA TU NEI MIEI RICORDI. Spero che anche questa storia sia di vostro gradimento! Un bacio!

giova71: beh, vedo che ti è piaciuto, spero questo primo capitolo sia stato di tuo gradimento, non sono ancora molto sicura di questa storia e per questo sarei molto felice di sapere se ti piace o meno, per regolarmi un po'. Grazie per osservare tutte le mie storie e per recensirle. Alla prossima, un bacio!

 AuroraTwilight: Grazie amore! sono molto contenta che la storia ti piaccia, anche se credo tu mi sopravaluti un po' troppo xD, grazie davvero! Spero questo capitolo ti sia piaciuto! Un bacio! Alla prossima =)

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le seguite:

1 - alexia__18 [Contatta]
2 - feddy3 [Contatta]
3 - giova71 [Contatta]
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Capitolo 3
*** Festa ***


 

 

 

POV BELLA

«Ehm… è da tanto tempo che non ci vediamo, sei cresciuta!» disse quel ragazzo raccapricciante, terminando la frase con una risata isterica. L’unica cosa che odiavo, dopo Forks, erano i ragazzi che vi abitavano, capeggiati da Mike Newton, il “super figo” del paese che non segue la massa, “ma si distingue”, sciocchezze. Fatto sta che in quel momento, di fronte a me, sotto il mio sguardo scettico, non sapeva cosa dirmi. Sapevo che aveva sempre avuto una cotta per me, ma non che fosse così infantile da ricordarsene ancora, soprattutto dopo che io mi ero completamente dimenticata della sua esistenza.

«Già, sai come si dice, piccole donne crescono».

«Eh?» come non detto.

«Niente, lascia perdere!» gli feci un cenno con la mano, sbuffando e puntando lo sguardo da un’altra parte, fissandomi su un fondoschiena niente male. Quei capelli rossi scompigliati… mi ricordavano qualcosa.

«Allora? ti piace il falò?» fui distratta da quella specie di mollusco che non faceva altro che mangiarmi con gli occhi. Ma questi ragazzi non avevano di meglio da fare? Ad esempio, farsi una vita?

«Oh, sì, certo. Era da tanto che non partecipavo a feste del genere… hai visto Angela?» l’avevo persa pochi minuti prima, quando quello pseudo-umano ambulante attaccò bottone con me.

Fece spallucce e scosse la testa violentemente, avevo l’impressione che fosse un po’ ubriaco, da come barcollava, meglio allontanarmi subito.  Lo lasciai da solo senza dirgli nemmeno una parola, e mi diressi dalla parte opposta, cercando un volto amico. Purtroppo erano pochissime le persone che conoscevo, e molto probabilmente non le avrei neanche riconosciute, tanto erano cresciute. Non avrei riconosciuto nemmeno Angela se l’avessi incontrata per strada, figuriamoci gli altri ragazzi.

Urtai contro il corpo di qualcuno. Per fortuna avevo un ottimo equilibrio, altrimenti sarei caduta rovinosamente a terra. Mi voltai, rivolgendomi alla persona che mi aveva urtata, ma questa mi anticipò.

«Fa attenzione a dove cam… Bella Swan?» un ragazzo dai capelli dorati che riconobbi subito come il mio amico d’infanzia, mi sorrise a trentadue denti appena mi riconobbe, ancora incredulo.

«Jasper!» mi lanciai immediatamente tra le sue braccia, facendolo barcollare «Oh mio Dio! Non immaginavo vivessi ancora a Forks!»

«Ma che ci fai qui?»

«Sono venuta a passare qui le vacanze» ero ancora tra le sue braccia, quando una ragazza, di cui non mi ero accorta, tossicchiò nervosamente. Era abbastanza bassa, dai capelli neri e corti, scompigliati. Era irritata, lo si poteva vedere lontano un miglio, forse stavano insieme?

«Alice? Lei è Bella Swan, una mia amica d’infanzia. Bella, lei è Alice Cullen, la mia ragazza» Jasper ci presentò indicandoci reciprocamente con la mano, continuando a sorridere. L’espressione della ragazza cambiò radicalmente. Adesso era quasi… felice di conoscermi, di sapere chi fossi. Forse, avendole detto che eravamo amici sin da bambini, si era tranquillizzata, o forse mi aveva semplicemente riconosciuto come la ragazza sfigata che passava le vacanze dal padre e che non aveva possibilità con i ragazzi. Beh, anch’io ero cambiata sotto quel punto di vista, adesso ero molto diversa.

«Ciao Bella! Piacere di conoscerti» mi porse la piccola mano, tenendola perfettamente tesa e impaziente. La strinsi attorno alla mia e la scossi leggermente.

«Piacere mio» sembrava entusiasta di conoscermi, ma non riuscivo a capire il perché, anche Jasper continuava a fissarmi, ma, a differenza della sua ragazza, aveva uno sguardo tra il preoccupato e il divertito.

«Adesso capisco tutta quella fretta quando ha finito di parlare con Rosalie…» gli sento sussurrare piano, ma abbastanza forte affinchè io lo sentissi.

«Cosa?» chiesi, facendo finta di non capire.

«Nulla, non preoccuparti. Allora? quando sei arrivata?»

«Questo pomeriggio»

«Wow, allora sei appena arrivata. Sei sola? puoi venire con noi…»

«No, non preocc…»

Ad un tratto mi sentii afferrare per un braccio da Alice, che aveva cominciato a saltellare e a guardarmi con gli occhi da cerbiatto «Dai Bella, vieni con noi! Voglio presentarti i miei fratelli e mia cognata!».

A dir la verità non mi andava di cercare Angela per tutta la spiaggia, e poi magari era in un luogo appartato con Ben, non volevo essere un peso per loro «Beh, se proprio insistete…»

«Sì, dai vieni!» cominciò a trascinarmi, mentre Jazz camminava dietro di noi. Lo guardai con sguardo interrogativo e tutto quello che ricevetti fu una scrollata di spalle, seguita da un’espressione divertita, la stessa che gli vedevo stampata da circa dieci minuti, da quando ci eravamo scontrati. Mi guidarono attraverso un’enorme calca di ragazzi, tutti riuniti attorno al falò più grande, a cantare e suonare con la chitarra. Ci inoltrammo sempre di più, fino a quando non si fermò al centro e bussò alle spalle di un ragazzo che sembrava imparentato con qualche armadio riproduttivo.

«Bella, questi sono i miei fratelli, Emmett e Edward, e lei è la ragazza di Emmett, Rosalie!» mi presentò il ragazzo alto e nerboruto, di un’altezza improponibile e i muscoli ben evidenziati, che riconobbi come Emmett, poi vi era quel ragazzo dal fondoschiena niente male, nonostante Alice mi avesse detto il suo nome, non riuscivo a ricordarlo perfettamente, eppure qualcosa mi diceva di averlo già conosciuto. Infine mi presentò una ragazza dalla bellezza mozzafiato, con dei lunghi boccoli biondi che le ricadevano sulla schiena, e un sorriso che ti toglieva il respiro.

«Ciao, io sono Bella»

«Ciao Bella!» nonostante l’aura minacciosa che aleggiava intorno ad Emmett, non dava l’impressione di essere pericoloso, anzi… secondo me era un ragazzo dal cuore d’oro. Anche Rose mi salutò, sorridendomi, ma da Edward non ebbi nessuna reazione, continuava a fissarmi come se avesse trovato la cosa più preziosa al mondo, forse un tempo ci eravamo messi assieme? Così si sarebbe spiegato tutto, avevo sempre una certa tendenza a eliminare i ricordi spiacevoli dalla mia vita, molto probabilmente la mia relazione con lui non era stata un granché.

Emmett gli diede un colpo sulla spalla che lo fece vacillare in avanti, e Edward sembrò riprendersi.

«Oh, piacere di conoscerti Bella»

Gli sorrisi, era un ragazzo bellissimo, uno di quelli con cui ci avrei provato senza esitazione, se solo non fosse stato per la sua provenienza, non avevo mai desiderato stare con qualcuno che abitasse a Forks, soprattutto dopo aver fatto conoscenza con Newton. Solo Jasper si escludeva dalla massa, per questo mi ero stupita che lui abitasse ancora in quella stupida cittadina. Uno come lui era da tenere a New York, con me, a girare per i locali e divertirsi, conoscendo ogni giorno gente nuova.

Vidi Angela da lontano, insieme a un gruppo di amici, forse era meglio andare da lei, per togliermi dall’imbarazzo di quella situazione.

«Bene ragazzi, io vado. Ci si vede in giro!» li salutai con la mano.

«Bella?» sentii la voce di Jasper chiamarmi.

«Sì?»

«Quanto rimani?»

Feci spallucce «Rimango per tutta l’estate. Tre mesi». Ma sì. Infondo l’estate a Forks non poteva essere così male, soprattutto se avevo amici come Angela e Jasper a tirarmi su di morale.

 

POV EDWARD

Non potevo crederci. Vedere Bella mi aveva fatto l’effetto dell’ultima volta che l’avevo vista. Le mani cominciarono a sudare, le farfalle mi bloccarono completamente lo stomaco, provocandomi un nodo così stretto che dubitavo potesse slegarsi così facilmente, i miei pensieri si fecero incoerenti e il mio mondo si concentrò solo su di lei, non vedevo altro che lei, come se non fosse stata la terra a tenermi legata a se, ma lei. Io ruotavo intorno a lei.

«Rimango per tutta l’estate. Tre mesi» quelle parole mi avevano fatto sussultare, mi sarei volentieri messo a saltellare dalla gioia, dalla gioia di rivederla ogni santissimo giorno, per tre mesi.

«Edward! Hai fatto la figura dello scemo! Vedi di riprenderti!» Rosalie mi aveva dato un pizzicotto sul braccio, risvegliandomi dai miei pensieri.

«E pulisciti la bava alla bocca, sembri un tredicenne arrapato» scoppiarono tutti a ridere, me escluso.

«Certo, ridete pure di me» dissi allontanandomi il più possibile da occhi indiscreti. Mi sedetti sulla spiaggia e osservai il mare, anche se non c’era granché da guardare, visto che era completamente buio.  Decisi comunque di perdermi tra i miei pensieri, desiderio che non fu esaudito molto facilmente.

«Edward! Che ci fai qui tutto solo?».

«Marissa…» salutai la ragazza che si stava avvicinando a me sputando il suo nome. Nonostante l’avessi rifiutata mille volte, lei continuava a venirmi dietro. Non negavo il fatto che fosse una bella ragazza, e che fosse anche intelligente, ma non era proprio il mio tipo, avevo cercato di farglielo capire prima con le maniere dolci, ma poi sono passato a quelle più pesanti quando ho capito che non si sarebbe arresa molto facilmente.

«Allora? La festa è lì. Vuoi dirmi che ci fai qui tutto solo?»

«Forse non avevo voglia di parlare con nessuno e volevo stare solo…» le risposi, sottolineando l’ultima parola.

«Dai, non fare il duro con me, sai che non puoi resistermi a lungo». La sua lingua mi entrò in gola prima che me ne accorgessi, per fortuna ero molto più forte di lei, tanto da strattonarla e alzarmi dalla sabbia in un secondo.

«Marissa cosa diavolo ti è preso? Quante volte devo dirti che non mi interessi? Adesso mi hai stancato» sputandole addosso quelle parole mi allontanai da lei, giusto in tempo per accorgermi che Bella era sola, lontana da tutti, e stava passeggiando verso un punto ancora più lontano.

Non so da dove presi coraggio, fatto sta che la chiamai, gridando «Bella!»

La vidi voltarsi, guardandosi intorno, per poi accorgersi della mia presenza. Non era proprio cambiata dall’ultima volta che l’avevo vista, che le avevo parlato, era sempre la stessa ragazza gentile, bellissima, intelligente e fantastica di sempre.

«Ciao Edward»

«Vedo che ti ricordi il mio nome» la raggiunsi correndo e finalmente le camminai accanto. Sentii una forte scarica attraversarmi tutto il corpo quando, per errore, il mio braccio sfiorò il suo.

«Certo, non dimentico mai le belle facce» disse sorridendo e dandomi una leggera spinta.  Mi trovava… bello? Adesso sì che ero evidentemente in imbarazzo. Mi passai una mano tra i capelli arruffati, cercando di riordinarli.

«Oh, certo»

«Toglimi una curiosità Edward… ma noi ci siamo già conosciuti? Il tuo viso non mi è nuovo…» i suoi occhi mi guadarono attentamente, cercando di cogliere un particolare che le ricordasse qualcosa.

Era forse meglio dirle che ero quel bambino che la torturava continuamente? Mandandole ripetutamente rose e bigliettini? Era meglio di no. Non volevo passare per lo sfigato che non l’aveva ancora dimenticata, anche se in realtà, la verità era questa.

«No, non ci siamo mai visti, forse per strada, una di quelle poche volte che sei venuta».

«Già, può darsi… come ho detto, non dimentico le belle facce» mi guardò di nuovo sorridendo e trovai un barlume di speranza. Mi aveva ripetuto che ero bello per la seconda volta. Certo, avevo tutta la cittadina femminile di Forks che mi veniva dietro, sapevo di essere attraente e desiderato, ma sentirlo dire dall’unica ragazza che mi era mai piaciuta… faceva un altro effetto.

«Che ci fai qui sola?» dissi, cercando di cambiare discorso.

«Avevo bisogno di riflettere un po’. Tu?»

«Anche»

«Hai riflettuto bene» mi disse, facendo cenno a Marissa, che si era appartata con un altro ragazzo. Aveva trovato subito consolazione la ragazza. Meglio così, almeno per venti minuti avrebbe smesso di pianificare progetti su di me.

«Marissa non mi è mai interessata»

«Tu interessi a lei»

«Io interesso a tutte» dissi sospirando, ma non certo di piacere.

«Beh, chi ti ha detto che mi interessi?» si mise davanti a me e camminò all’incontrario. Sul suo viso vi era un sorriso divertito.

«Hai detto tu stessa che ho un bel viso»

Fece spallucce «Potrebbe essere una normale forma di cortesia»

«Nah! Ti piaccio!»

«Sei un po’ presuntuoso Edward»

«E tu sei una bugiarda, Isabella»  ci guardammo per un attimo seri.

Poi scoppiammo a ridere insieme.

«Mi piaci Edward… mi sbagliavo su di te» disse, asciugandosi gli occhi.

«Cioè?» le avevo fatto un’impressione negativa? Forse si aspettava fossi uno di quei ragazzi belli ma senza cervello? Oppure uno stronzo di prima categoria?

«Ti facevo uno stupido, come tutti i ragazzi di Forks» fece spallucce, come se avesse detto la cosa più ovvia del mondo, e il suo sguardò puntò le onde silenziose del mare che ci bagnavano leggermente i piedi, quasi a ricordarci della sua compagnia. Ci eravamo spinti molto lontano rispetto alla festa, una ragazza con un po’ di buon senso, non si sarebbe mai spinta in un luogo isolato con uno sconosciuto, lei invece sì.

«Cosa ti fa credere che io non ti possa far niente, adesso che siamo soli e, soprattutto, dopo quello che mi hai detto?» la sfidai. Mi erano sempre piaciute le sue risposte pronte, sempre provocatorie.

«Beh, se fossi stato un tipico ragazzo di Forks, ci avresti sicuramente provato subito con me, e forse avresti anche insistito contro la mia volontà, se fossi stato ubriaco. Ma non sei un tipico ragazzo di Forks, quindi per me sei totalmente innocuo» come immaginavo. Questa volta, però, si stava sbagliando, io ero un tipico ragazzo di Forks, proprio perché ci avevo provato subito con lei, sin dalla prima elementare, quando Jasper me la presentò per la prima volta. Mi ero innamorato di lei già allora, quando le mancava un dente da latte e i suoi capelli erano lisci come la seta, quando si buttava nel fango con il suo vestitino bianco, facendo arrabbiare suo padre perché non sapeva come togliere la macchia, quando mi dava calci perché la facevo arrabbiare, rubandole le bambole. Mi ero accorto già che era una bambina speciale, e non avevo mai cambiato la mia idea. Ricordavo ancora la prima volta che dissi a Jasper che Isabella mia piaceva, in quarta elementare. Rimase a bocca aperta, gli occhi spalancati, e poi cominciò a deridermi, prendendomi in giro perché Bella non mi calcolava nemmeno di striscio, perché le avevo parlato solamente una volta. E mi bastò quella volta, per innamorarmi, per sentire le farfalle allo stomaco quando lei era nelle vicinanze, anche se ero in compagnia di qualche ragazza.

«Edward?» la voce di Bella mi riscosse dai pensieri. Mi accorsi che ci eravamo fermati e che lei si trovava di fronte a me, con lo sguardo tra il divertito e il preoccupato.

«Forse è meglio tornare indietro» la mia voce suonò atona, non la riconobbi.

«Già… probabilmente Angela si starà preoccupando, è meglio ritornare»

 

 

 

*ANGOLINO DI GUESS*

giova71: ciao! Piaciuto il capitolo? Spero tanto di sì xD. Beh, Edward e Bella si sono conosciuti, ma siamo sicuri che la loro storia sia così semplice? Boh xD. Al prossimo capitolo. Un bacio!

fabiiiiiiii:Eddy bimbo? xD  è la prima volta che lo sento dire... da quello che ho capito il capitolo ti è piaciuto, altrimenti non staresti qui a commentare xD. Spero che ti piaccia anche questo. Un bacio!

AuroraTwilight: Grazie tesoro! Sono felice che anche questa storia ti piaccia! =) L'idea mi è venuta da un film, ma non voglio farne riferimento, altrimenti la trama diventerebbe troppo ovvia. Continua a seguirmi, spero sempre nelle tue recensioni. Un bacio!

Nerak:Beh, come vedi, la cotta non gli è passata per niente! Anzi, è ancora più cotto di prima.. povero Edward! Continua a seguirmi! Un bacio!

 

Ringrazio chi ha inserito la mia storia tra le preferite:

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Capitolo 4
*** Io ti conosco ***


 

POV BELLA.

«Papà, non preoccuparti per me, so cavarmela da sola. Pomeriggio verrà Angela e forse usciremo, non lo so. Comunque puoi andare, davvero».

«Sei sicura di voler restare sola?»

«Ti ho già detto che non sono sola» era da circa un’ora che andava avanti quella discussione. Charlie aveva un appuntamento di pesca e poi un invito a cena a casa Clearwater, ma non voleva andarci perché non voleva lasciarmi sola il secondo giorno del mio arrivo «rimarrò per tre mesi, non scappo mica!» esclamai infine, stremata.

Sospirò, captando ogni emozione trasparisse dal mio volto, quando vide che ero totalmente tranquilla, si decise ad annuire «okay, ma se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiamarmi, sarò subito da te» tipico discorso da fare a un marmocchio.

«Okay, adesso vai, non vorrai far aspettare Harry» riabbassai gli occhi sul libro che tenevo in mano, ricominciando a leggere dal punto in cui avevo interrotto un’ora prima.

«Okay, ci vediamo stasera» si chiuse la porta alle spalle e finalmente il silenzio piombò in tutta la casa. Sospirai lieta e mi immersi completamente nella lettura di Amleto. Avevo sempre amato stare a casa da sola, era bello fare quello che si vuole senza tener conto degli altri abitanti. A Forks rimanevo raramente da sola, ma avevo l’impressione che qui sarebbe diventata un’abitudine.

Sentii vibrare il cellulare sul tavolino, sicuramente era Jacob, mi aveva mandato miliardi di messaggi da quando ero arrivata in città, tanto da farmi considerare l’idea di cambiare numero pur di non badare a lui.  In un primo momento decisi di ignorarlo, ma poi la curiosità si fece troppa.

Spero tu abbia ancora questo numero. Se sì, dimmi che programmi hai pomeriggio, altrimenti… non hai questo numero.  JSPR.

Sorrisi tra me, Jasper era sempre il solito, ma non credevo avesse ancora il mio numero, io lo avevo eliminato qualche mese dopo essere partita, ritenevo inutile mantenere rapporti con delle persone che non avrei rivisto più, ovviamente, non sapevo che tre anni dopo quella scelta, avrei passato tutta l’estate in quella cittadina. Decisi di chiamarlo.

«Pronto?» la sua voce suonò un po’ esitante.

«Vedo che non mi hai dimenticata in questi anni» scherzai.

«Beh, qualcuno doveva pur fare l’amico…»

«Touchè»

Sentii una risata arrivare dall’altra parte del telefono «Allora? che programmi hai pomeriggio?»

«Pensavo di restare a casa… leggere…» risposi, guardandomi le unghie. Conoscendolo, aveva in mente qualcosa di divertente.

«Ehm… Bella? Se forse non te ne sei accorta fuori c’è una bellissima giornata, che, come sai benissimo, a Forks è molto rara. Quindi sei costretta da me e da Alice a passare una giornata a La Push» mentre parlava scostai la tenda della finestra e guardai fuori, c’era veramente il sole, dovevo approfittarne assolutamente.

«Ci sto!»

«Bene, passeranno a prenderti Emmett e Rosalie e Edward. Io e Alice stiamo andando adesso»

«Okay, vado a prepararmi subito» staccai la chiamata e mi diressi subito in stanza.

 

POV EDWARD.

«Ha detto che verrà» Jasper aveva proposto di invitare Bella in spiaggia con noi, per farci conoscere meglio, e poi sosteneva che “per me fosse una notizia molto piacevole”. Non era vero. In realtà desideravo con tutto me stesso che Bella rimanesse a casa, non perché non volevo averla accanto, anzi. Ma era per l’effetto che mi procurava, non volevo passare una giornata con la nausea a causa delle mille farfalle che mi vorticavano nello stomaco. Purtroppo, era quello che mi aspettava.

«Edward, tu vieni con noi o passi a prendere Bella insieme a Emm e Rose?» Alice alzò un sopracciglio, sapendo già la mia risposta. Mia sorella era l’unica persona che sapeva tutto di me, sapeva come pensavo, come agivo, cosa provavo.

«Penso che verrò co voi, voglio arrivare in spiaggia il prima possibile»

Il suo sorriso si aprì maggiormente, tanto che temei potesse rimanere paralizzata «Okay, tanto avrai un giorno intero per provarci con Bella!» trillò, battendo le mani e avvicinandosi a Jasper.

«Non ho intenzione di provarci» sbottai, guardandola con malocchio.

«E dai Edward, ammettilo che sei felice del fatto che oggi verrà con noi…» il tono di voce di Emmett era tra il divertito e il presuntuoso.

«Andiamo va!» dissi, cambiando discorso e dirigendomi verso l’uscita. Era un bene  che Bella passasse la giornata con noi? Sicuramente no, ma io mi sarei volentieri messo a saltare per la gioia.

Salii in macchina, non tradendo nessuna emozione, e mi sedetti nel sedile posteriore, mentre Alice e Jasper, che ridevano ancora, si sedettero sui sedili davanti. La riserva di La Push non era molto lontana da casa nostra, avevo sempre adorato quella spiaggia, era così pulita, così bella, e poi lì vi erano i ricordi più belli della mia infanzia. In quella spiaggia avevamo incontrato i gemelli Swan per la prima volta. Avevo quattro anni, non ricordavo perfettamente come avevamo cominciato a giocare insieme, ma da quel giorno siamo diventati inseparabili, amici per la pelle. Con il crescere, cominciarono a nascere i primi amori all’interno del nostro gruppo, Alice si stava innamorando di Jasper, Jasper di Alice, poi fu la volta di Emmett e Rosalie, troppo orgogliosi e troppo testardi per mettersi subito insieme, ce ne avevano fatte passare di tutti i colori pur di vederli insieme, e si erano finalmente convinti dopo un anno di vari tentativi andati a male. Erano sempre stati destinati a stare insieme, Rosalie e Emmett, Jasper e Alice. Io invece ero sempre stato solo, ero sempre bastato a me stesso. Vivevo alla giornata, avevo tante ragazze, tutte cadevano ai miei piedi, ma non mi ero mai innamorato di nessuna, nessuna aveva mai scaturito in me lo stesso interesse che mi suscitava Bella, la stessa attrazione che mi portava a lei, come una calamita, nonostante l’avessi vista per la prima volta a soli cinque anni, mi ero subito innamorato di lei e dopo tutti questi anni, nonostante la mia mente avesse rimosso il ricordo della sua pelle candida e dei suoi occhi marroni, il mio cuore non l’aveva mai dimenticata. In cuor mio sapevo che non avevo speranze con Bella, lei era sempre stata un gradino più alto di me, ne ero molto cosciente, non si sarebbe mai abbassata ai miei livelli, non mi avrebbe mai visto come qualcuno degno d’amore, di essere amato. Perché io in realtà ero uno stronzo egoista, a cui non importava niente di nessuno, perché doveva importarmi proprio di lei. Cosa aveva di così speciale, da ricondurmi ogni volta a lei?

«Edward? Siamo arrivati» la voce di Alice risvegliò i miei pensieri, scossi la testa e scesi dalla macchina, colpito subito dall’immenso calore che arrivava alla mia pelle, riscaldandola. Respirai a pieni polmoni l’aria pulita della spiaggia, inforcai gli occhiali da sole e mi appoggiai al cofano anteriore della macchina.

«Che bella giornata!» Alice era subito corsa sulla spiaggia, rovesciando quasi un castello di sabbia che avevano costruito due bambini. Per fortuna si era accorta in tempo della loro costruzione, altrimenti li avrebbe fatti piangere.

Jasper si avvicinò a me, ammirando Alice, che aveva preso a giocare con le onde, sorridendo «è unica…» disse con ammirazione, scuotendo la testa e puntando gli occhi al cielo.

«Non ho ancora capito come tu faccia a sopportarla».

«La amo, è molto semplice» disse, come fosse la cosa più ovvia del mondo. Aveva ragione, l’amore era una cosa ovvia, naturale, che nasceva spontaneamente.

«Tu, Bella… la ami?» la domanda di Jasper mi sorprese. Gli avevo sempre detto che Bella mi piaceva, ma non gli avevo mai descritto le emozioni che provavo quando avevo lei accanto. Nel mio silenzio, continuò a parlare «ho notato ieri sera come la guardavi… è lo stesso sguardo che ha Emmett quando guarda Rose, e forse lo stesso che ho io quando guardo tua sorella…» l’amavo? Non riuscivo a crederci, non potevo innamorarmi di una ragazza qualunque, non potevo amare Bella. La cosa più strana era che lei non mi conosceva, ma io sapevo tutto della sua vita.

«Sono arrivati gli altri» scostai lo sguardo dai suoi occhi celesti e lo puntai sull’auto che stava posteggiando accanto alla nostra. Non insistette, e di questo gliene fui molto grato.

«Ciao ragazzi!» Bella fu la prima a scendere dall’auto e si avvicinò subito a Jasper, abbracciandolo. In quel momento desiderai con tutto me stesso essere al suo posto, tra le braccia di Bella, e ricambiare il suo sorriso.

«Ciao Edward…» scosse la mano in mia direzione. Rimasi un po’ deluso. Infondo, cosa dovevo aspettarmi? Che mi corresse incontro e si gettasse tra le mie braccia? Dicendo che le aveva fatto piacere chiacchierare con me la sera precedente? Sì, ci speravo.

«Bella…» mi alzai e mi diressi nel portabagagli, aiutando Emmett a scaricare, mentre Rose e Bella raggiunsero Alice e sceglievano il posto dove sistemarci.

Jasper mi diede una pacca sulla spalla, prima di prendere l’ombrellone e due sedie sdraio «Buona fortuna»

«mi sono perso qualcosa?» Emmett ci guardò con uno sguardo pieno di sottintesi. Scossi la testa e mi diressi alla spiaggia.

 

POV BELLA.

«Allora Bella, hai un ragazzo?»

«A dir la verità mi sono lasciata qualche giorno fa… troppo stress» gli occhi di Alice cominciarono a brillare alla mia risposta. Sotto il mio sguardo incuriosito.

«Quindi adesso sei libera…» Rose tentò di pestarle un piede di nascosto, ma non ci riuscì, poiché Alice aveva saltellato all’indietro, facendole una linguaccia. Erano davvero strane quelle ragazze.

«Sì»

«Credi potresti innamorarti a Forks?» questa volta Rosalie le diede un pizzicotto.

«No, non ne ho proprio voglia in questo periodo, voglio solo divertirmi e non pensare ai ragazzi» l’espressione di Alice si fece subito delusa, ma si ricompose quando Edward si avvicinò a noi.  Rose e Alice cominciarono a correre e a guardare Edward, come se potesse far loro qualcosa da un momento all’altro, lasciandoci così soli.

«Quelle ragazze hanno qualcosa che non va» scosse la testa e sorrise, puntando gli occhi sui suoi piedi»

«Le trovo molto divertenti»

«Non quando le conosci da una vita… diventano quasi insopportabili».

«Beh, devo ancora conoscerle…»

«Hai tre mesi davanti per conoscerci tutti…»

«Ma io ti conosco già» mi fermai, mentre lui continuò a camminare. Quando si accorse che mi ero fermata, si arrestò anche lui, guardandomi stranito.

«Tu sei quel bambino che mi correva sempre dietro, che mi mandava sempre rose e mi dedicava canzoni… mi ricordo di te, me ne sono ricordata appena tornata a casa, i tuoi capelli e il tuo sguardo non mi erano nuovi…» i suoi occhi si spalancarono e notai perfettamente la sua mascella contrarsi.

«Ti stai sbagliando» i suoi occhi verdi erano puntati alle onde che s’infrangevano negli scogli.

«No, non mi sto sbagliando, sei tu» ne fui sicura quando, arrivando a casa, ripensai  ai suoi occhi verdi, ai suoi cappelli ramati che mi avevano colpito così tanto, al suo modo di fare e di parlare… e in un attimo vidi tra i miei ricordi quel bambino magrolino e un po’ bruttino che mi veniva dietro, che mi faceva sempre regali e a cui gli occhi brillavano non appena mi vedeva. Vidi il tormento di non volerlo intorno, di escluderlo, di mandargli quel messaggio pieno d’insulti, dicendogli che non avevo mai avuto intenzione di stare con lui, un giorno prima di partire definitivamente da Forks. Ricordai tutto. Ricordai tutti i suoi regali buttati nella spazzatura un minuto dopo averli ricevuti, tutte le lettere a cuore aperto strappate appena ritornata a casa, tutti i messaggi cancellati senza nemmeno averli letti…

«Perché non me lo hai detto subito che eri tu?» chiesi in un sussurro.

«Non pensavo la mia compagnia fosse gradita per te, non dopo quell’sms» lo ricordava anche lui. Ricordava tutte le parole con cui, ne ero certa, lo avevo ferito e umiliato.

«Mi dispiace, ero solo una ragazzina, e tu eri un ragazzo molto persistente» dissi con gli occhi bassi, misurando le parole per paura che potesse esplodere da un momento all’altro.

«Già, ero molto persistente…» i suoi occhi si puntarono sui miei, guardandomi con talmente tanta intensità da non riuscire a distogliere lo sguardo.

«è cambiato qualcosa?»

«Sì, adesso non sono più quel ragazzino innamorato, adesso sono più maturo».

Avevo letto solamente io il sottinteso nelle sue parole? «Edward…»

«Ragazzi! Non potete mica restare così per tutta la giornata! Su, muovetevi!» Emmett e Jasper ci avevano appena superato, guardandoci e ridendo sguaiatamente per una battuta che non avevamo sicuramente sentito, oppure non volevamo sentire.

 

 

 

*ANGOLINO DI GUESS*

Ciao raga! Vi è piaciuto il capitolo? Spero tanto di sì. Come sicuramente avrete capito, Bella si è ricordata di Edward, e non è stato sicuramente un ricordo positivo. Anzi, qui emergono tutti gli aspetti della loro "storia", sia dal punto di vista di Edward che di Bella. Non si sa del certo quale siano i sentimentidi Bella per Edward, ma un pizzico di attrazione la prova sicuramente, si capisce già dal falò in spiaggia, quando lei non fa altro che guardarlo dalla testa ai piedi. Beh, grazie per aver commentato, credo di aver esaurito l'argomento delle vostre recensioni in queste poche righe. Come al solito ringrazio le persone che hanno inserito questa storia tra le preferite, ra le seguite e tra le ricordate. Non mi aspettavo di avere così successo in così poco tempo. Cosa devo dire di più? Commentate ;)

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Capitolo 5
*** Boh ***


 

 

 

POV EDWARD.

Si era ricordata di me, si era ricordata di tutta la sofferenza che mi aveva causato, di tutto il dolore afflitto, di tutto l’amore che avevo provato nonostante tutto, e che provavo ancora. Eppure, era rimasta indifferente, avevo letto i suoi occhi, mentre parlavamo, mentre mi confessava che si ricordava di me. Nei suoi occhi leggevo solamente indifferenza, come un ricordo da rimuovere il più presto possibile, e mi aveva fatto male, come mai prima d’ora. Per questo le avevo risposto in quel modo, ero stato così freddo. Mi aveva fatto male, e lei non aveva detto nulla, era rimasta zitta, e se ne era andata con Emmett e Jasper, lasciandomi dietro, solo e distrutto, completamente.

«Edward, stai bene?» era da un’ora buona che Alice mi squadrava, ignorando perfino Jasper, che varie volte aveva tentato di convincerla a tuffarsi, ma senza possibilità di riuscita.

«Sì»

«Non direi proprio… cosa ti ha detto Bella?»

«Che si ricorda di me» risposi, come fosse stata la cosa più brutta del mondo, e lo era. Se non se ne fosse ricordata avrei sicuramente avuto una possibilità, adesso era tutto rovinato.

«Capisco» Alice sapeva che questo per me non era una buona cosa, quindi rimase zitta.

Non mi parlò per tutta la giornata, e non lo feci nemmeno io. Non potevo mostrarmi di nuovo una volta come il ragazzino che non era minimamente cambiato, dovevo essere diverso, più duro, e dopo quella chiacchierata, ci stavo riuscendo benissimo. Era vero che ero innamorato di lei, ma riguardo certe cose mettevo l’orgoglio in prima fila.  Ero stato molto persistente? In quelle parole avevo letto tutto l’astio e la repulsione che provava a quei tempi nei miei confronti, e la cosa peggiore era che l’avevo capita, l’avevo giustificata, e sarei stato di nuovo pronto a  corteggiarla di nuovo se solo me lo avesse  chiesto. Ma non lo aveva fatto, e io adesso dovevo comportarmi da vero duro, senza esclusione di colpi.

«Edward… posso parlarti?» mi ero appena accorto che Alice mi aveva lasciato solo e che Bella si trovava seduta accanto a me, con le gambe incrociate e le mani a giocherellare con la sabbia, rendendola quasi infantile.

«Dimmi»

«Scusa se prima posso esserti sembrata un po’ dura, ma non mi aspettavo tutto questo. Sai, ero una ragazzina stupida, non capivo quanto tu ci tenevi a me, e con quel messaggio mi sono davvero superata. Sono stata una vera stronza, lo ammetto, non ho idea di quanto possa averti ferito, ma ero solo una bambina».

«Avevi quattordici anni e mezzo Bella… non eri proprio una ragazzina» dissi guardandola negli occhi.

«Okay, lo ammetto. Eri diventato insopportabile e non ne potevo più di te e di tutte le tue dichiarazioni Edward» sbuffò e distese le gambe in avanti, continuando a fissarmi. Avrei preferito non sapere nulla, sarei stato molto più felice se lei non si fosse ricordata di me.

«Okay, allora non sarò un intralcio per te» se era questo che lei voleva, perché no. Poco importava che sperassi con tutto me stesso che lei dicesse che adorava la mia compagnia, poco importava che stessi soffrendo come un poveraccio. Ma avrei fatto tutto per lei, nonostante quello che mi aveva appena detto. Mi alzai dal telo e cercai di togliermi la sabbia di dosso.

«Non ho detto questo… a me piace la tua compagnia…» sussurrò talmente piano che riuscii a sentirlo a stento.

«Bella, devi deciderti…non posso stare ai tuoi sbalzi d’umore!»

«Voglio conoscerti… come amico» era un buon inizio. Il mio cuore sussultò al pensiero di non averla persa definitivamente.

«Okay, allora sarò lieto di tenerti compagnia durante questi lunghissimi e noiosissimi mesi», scoppiò a ridere e fu il suono più bello che abbia mai sentito, simile a un coro di campane.

«Raccontami un po’ di te, Edward Cullen…» con la mano destra tolse una ciocca di capelli che le impediva di vedere bene, spostandola dietro l’orecchio.

«Non c’è nulla da dire, sono solo… io» sospirai, mettendomi di nuovo a sedere, questa volta accanto a lei.

«Beh, raccontami di te… voglio sapere tutto quello che non so» disse, fissando il mare.

«Sono nato a Chicago, esattamente 17 anni fa, i miei fratelli sono Alice ed Emmett e ho dei genitori fantastici. Mi sono trasferito a Forks quando avevo tre anni, a causa dell’imminente morte di mia nonna Mary e non abbiamo più avuto voglia di trasferirci. Conosco Rosalie e Jasper praticamente da quando eravamo dei poppanti, e da allora siamo diventati totalmente inseparabili. Ho avuto tante ragazze negli ultimi anni, ma nessuna è stata talmente speciale da rubarmi il cuore…» la mia voce si ruppe nell’ultima parola, rendendomi conto di essere stato un perfetto bugiardo, forse non aveva dato molta importanza a quel calare della mia voce, forse non se ne era nemmeno accorta, meglio così.

«Io invece ho avuto un ragazzo che mi ha rubato il cuore… si chiama Jacob, l’ho lasciato tre giorni fa» il mio cuore sussultò, si era appena lasciata, lo aveva appena lasciato.

«E come mai lo hai lasciato?»

«Troppa monotonia, non mi piaceva, e poi ho diciassette anni, non sono pronta per storie serie… stavo con lui da due anni, stava diventando qualcosa di troppo pesante…».

Giocherellai con un bastoncino di legno, disegnando ghirigori sulla sabbia. Quella chiacchierata mi era utile, avevo capito che non le piaceva la monotonia, ma che non voleva anche una storia seria, il contrario di quello che invece volevo io. L’avrei anche sposata quel momento, con la sabbia tra i capelli arruffati, il corpo leggermente arrossato per il sole preso, gli occhi rossi per la stanchezza. Rimaneva sempre la mia Bella, rimaneva sempre bellissima.

«Palla!» sentii Emmett gridare e un istante dopo un pallone mi colpì dritto in fronte. Bella cominciò a ridere di gusto, mentre io mi tenevo la parte colpita, quasi potesse darmi sollievo, imprecando contro mio fratello.

«Dai Edward, non te la prendere! Non l’ho mica fatto apposta! Ora, gentilmente, mi passi la palla?» gli occhi da cucciolo funzionavano con tutti, tranne con me e, soprattutto, in quel momento.

«Emmett, sai dove devi ficcartelo quel pallone?» gridai, con le mani ancora sulla fronte, mentre guardavo Bella che ancora rideva.

«Preferiremmo non saperlo» Rosalie aveva le braccia incrociate sotto il seno e ci guardava come una madre guarda i propri figli che litigano.

«Tieni Emmett» Bella prese la palla e con un colpo deciso la passò a Emmett, a più di dieci metri di distanza.

«Menomale che ci sei tu, Bella!»

«Oh, certo!» sussurrai, lanciando un’occhiataccia a Emmett.

«Vuoi metterci un po’ d’acqua?» Bella si era avvicinata pericolosamente a me, a quasi un palmo dal viso,  i miei occhi puntarono subito le sue labbra, simili  a due petali di rosa.

«No, non preoccuparti»

Si alzò e risistemò la tovaglia davanti a me. Quella ragazza in costume era una meraviglia della natura, i suoi seni tondi e piccoli, il ventre piatto, un sedere da urlo –sul quale, in quel momento, stavo sbavando- delle gambe lunghe e toniche, non c’era niente che non andava in lei, perfino il pearcing all’ombelico  e il  piccolissimo tatuaggio sopra l’inguine rendevano quel corpo bellissimo. I capelli le ricadevano morbidi, leggermente aggrovigliati, sulla schiena, mentre le sue labbra erano leggermente socchiuse, una vera tentazione.

«Edward, smettila di guardarmi il sedere!».

 

POV BELLA.

Per tutto il tempo che impiegai a stiracchiare la tovaglia e a bere un sorso d’acqua, Edward non aveva fatto altro che fissare il mio sedere, mi sentivo quasi in imbarazzo, anche se non era la prima volta che mi capitava. Alla mia richiesta di smetterla, arrossì leggermente e puntò gli occhi verso il basso, mentre io mi sdraiavo per prendere un po’ di sole. Quella giornata era troppo rilassante, magari tutti i giorni fossero stati così. Solo una cosa poteva andare meglio, non volevo Edward fra i piedi. Mi sentivo strana quando lui mi era intorno, mi sentivo fisicamente attratta da lui, era il tipico ragazzo che a New York mi sarei fatto senza pensarci due volte, ma qui c’era qualcosa di diverso, lui un tempo mi era venuto dietro, e da quello che riuscivo a capire, ci stava pensando anche ora. Dovevo ammettere che non facevamo per niente una brutta coppia, ma non mi andava di legarmi sentimentalmente a qualcuno, non di Forks, non così giovane. Con Jacob avevo fatto un enorme errore, non potevo ripeterlo.

Avevo cercato di evitarlo durante l’arco della giornata, e ci stavo riuscendo, ma qualcosa mi diceva che dovevo andargli a parlare, era stato più forte di me.

«Bella, Edward! Venite a farvi un bagno!» Alice stava schizzando l’acqua contro Jasper e viceversa, mentre ci chiamava. Eravamo gli unici a essersi isolati dal gruppo, a essere rimasti da soli per quasi tutta la giornata, a me non dava fastidio, avevo sempre adorato stare in solitudine, ma credevo che Edward avesse qualcosa che non andava, non aveva lo stesso comportamento che aveva avuto la sera precedente con me. Era più sciolto, sì, ma era anche sull’attenti, quasi fossi una minaccia per lui.

«Edward? Vieni?» mi ero appena alzata diretta verso gli altri, ma mi accorsi che Edward era rimasto al suo posto, non aveva nemmeno mosso la testa.

«No, tu vai, a me non va di fare un bagno».

Mi immersi nell’acqua congelata, forse aveva ragione, dovevo rimanere al mio posto, stavo quasi ritornando indietro quando tanti schizzi d’acqua mi arrivarono da ogni parte, provocandomi dei brividi di freddo. Le risate dei ragazzi  arrivavano flebilmente alle mie orecchie, tanta era l’acqua che mi stava venendo addosso.

«Ragazzi! Questa me la pagate!»

 

 

POV EDWARD.

La giornata al mare era stata meravigliosa, davvero. Ero rimasto per i fatti miei, mentre tutti gli altri si erano divertiti, questo mi bastava. Mi bastava che la mia famiglia e i miei amici stessero bene, poco importava di come mi sentissi io.

Eravamo ritornatati a casa verso le sei del pomeriggio, non appena si furono asciugati tutti e la spiaggia si fu isolata. Le nuvole cominciavano a vedersi in lontananza, segno che, molto probabilmente, l’indomani si sarebbe messo a piovere, in fondo, a Forks, il sole spuntava raramente, per questo ne dovevamo approfittare.

Mi trovavo a una festa, il compleanno di Jessica Stanley. Avevo avuto una brevissima relazione con quella ragazza, era troppo superficiale per i miei gusti, ma da allora non faceva altro che assillarmi ripetutamente, cercando di riconquistarmi. Non aveva capito che non mi aveva mai conquistato.

«Auguri Jessica!»

«Oh! Grazie Edward, sei stato troppo carino a venire, non mi aspettavo ti saresti presentato…» il suo tono di voce si era fatto seducente, mentre i suoi occhi mi stavano spogliando.

«Si beh, sei una mia amica, non potevo non venire» mi grattai la nuca, gesto che facevo involontariamente quando ero in imbarazzo.

«Beh, se vuoi possiamo essere più che dei semplici amici… ho una stanza da letto vuota che ho occupato solo per noi, in caso ti venisse voglia…» la sua mano si posizionò tra i miei pantaloni, cominciando ad accarezzarmi languidamente. L’afferrai e la spostai sul suo fianco «Jessica, non è il momento, è il tuo compleanno e non ne ho proprio voglia»

«Beh, non ci sarebbe niente di più bello come regalo di compleanno di un’altra note con te, e riguardo alla voglia, possiamo benissimo rimedia…»

«Oh amore! Eccoti qui, ti ho cercato per tutta la sala! Sbaglio o ci eravamo dati appuntamento al parcheggio?» incredibile, non avrei mai immaginato di trovare Bella a quella festa, e non avrei nemmeno immaginato che mi avesse potuto chiamare in quel modo, cosa diavolo le stava saltando in mente? E poi non ci eravamo dati un appuntamento… come al solito, la mia mente ritardata, reagì lentamente. Sicuramente aveva ascoltato tutta la nostra conversazione e stava correndo in mio aiuto.

«Isabella Swan?»

«Jessica Stanley?» sussurrarono all’unisono. Da quel che ne sapevo, quelle due si erano sempre detestate, sin da bambine e senza una reale motivazione.

«Si può sapere cosa ci fai alla mia festa?»

«Sono venuta con Edward, sai… è il mio ragazzo» si strinse al mio braccio e mi guardò con gli occhi dolci, cosa le stava prendendo?

«Ma sei arrivata ieri!» lo sguardo di Jessica era scettico, ci guardava con la bocca spalancata.

«Ci conoscevamo da una vita» si alzò sulle punte e mi diede un bacio sulla guancia. Jessica si allontanò senza parlare. Bella si mise davanti a me e mi accarezzò una guancia «Contento di vedermi?»

 

*ANGOLINO DI GUESS*

Ciao a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! é più lungo dei precedenti, beh, spero che vi siate divertiti ugualmente a leggerlo =).

Aurora Twilight: Ciao tesoro... praticamente Bella non c'è rimasta male per quello che ha detto Edward, anzi, a dir la verità si è sentita leggermente sollevata, almeno potrà creare un'amicizia con Edward, ma non sa che lui ha detto quelle parole solo perchè ha decifrato i pensieri di Bella, ma in realtà lui ha detto solo di essere maturato e di non esser più quel ragazzino, quindi non ha specificato che non ne era più innamorato =).

giova71: Beh, di certo le sorprese non mancheranno... ci sono sempre quei lampi di genio xD. è vero, Bella è stata una stronza colossale, ma solo perchè non capiva a pieno i sentimenti che nutriva Edward per lei, e forse nemmeno lui stesso.. Un bacio!

Giuliina La meioo: Già, non credo che Bella se lo farà scappare xD, anche perchè è proprio un bel ragazzo, grazie per aver recensito i precedenti capitoli. Un bacio!

fabiiiiiiiiii: ihihih, già, è stato scoperto =)

baby2080: Beh, non credo si saprà mai cosa ha scritto Bella a Edward, ma è sicuramente qualcosa da non ricordare.  Recensisci presto, un bacio!

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite:

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Capitolo 6
*** Ricordi ***


 

POV EDWARD

«Cosa ci fai qui?» non sarei dovuto essere così sorpreso, sapevo che Bella adorava ogni tipo di festa e non se ne perdeva una, eppure mi aveva sorpreso vederla lì.

Con entrambe le braccia si aggrappò al mio e cominciò a camminare, trascinandomi e guardando qualunque persona avesse di fronte «Sai che amo le feste, e poi Jessica ci teneva tanto a vedermi…» disse con finta innocenza, fingendo di non sapere che lei e Jessica si erano odiate sin da quando erano nate. Si avvicinò al tavolo degli stuzzichini e intrappolò un’oliva tra le sue labbra, togliendo via il bastoncino che vi era conficcato, tutto questo le dava un tono dannatamente sensuale, era impossibile resisterle.

«Tu e Jessica non siete mai state amiche»

«Peccato!» il suo sorriso s’illuminò e si girò di scatto, scontrandosi quasi con il mio petto e ritrovandosi a una distanza pericolosa.

«Vuoi dirmi che ci fai qui?» lei adorava giocare, lo sapevo fin troppo bene, ma i suoi non erano i giochi che fanno le normali bambine, i suoi erano giochi di seduzione, di vendetta, per capriccio. Ed ero sicuro che avesse in mente qualcosa contro Jessica.

Afferrò un cocktail e lo bevve a piccoli sorsi «Sono venuta a salvarti, ti ho visto nelle grinfie di una gattina e allora ho temuto potessi farti male…» con l’indice tracciava il contorno del bicchiere, sorridendomi maliziosamente.

«Credo io abbia bisogno di essere salvato da te piuttosto che da Jessica» dissi, dando voce ai miei pensieri.

«Forse hai ragione. Sei troppo dolce e ingenuo per una come me. Dovresti lasciarmi sola» con entrambe le mani si appoggiò al tavolo e fissò la pista da ballo, muovendo la testa al ritmo della musica.

«Cosa hai detto?» io dolce e ingenuo in confronto a lei? Sicuramente. Quel giorno, al mare, non era stata veramente se stessa, era uscito un lato dolce di lei che non conoscevo. La Bella che conoscevo era a quella festa, con me, e mi stava dicendo che ero un piccolo e docile agnellino indifeso. Eppure con le altre ragazze non ero così, con le altre ragazze ero uno stronzo colossale, ma con lei non ci riuscivo.

«Ho detto che sei troppo ingenuo per me. Sparisci Edward»

«Non credo proprio. Sei tu quella che è venuta da me, non di certo io…» alzai un sopracciglio e lei mi fulminò con lo sguardo. Una scintilla le attraversò gli occhi.

Con l’indice percorse il profilo del mio petto, i miei addominali, fino ad arrivare alle mie parti basse e sfiorare leggermente il rigonfiamento dei miei pantaloni. Le sue labbra furono a pochi centimetri dalle mie «Quindi, mi stai dicendo che sono io a cercare te?» con la mano continuava ad accarezzarmi, provocandomi dei brividi di piacere, sorrise maliziosamente quando notò che la parte che stava toccando si era leggermente indurita. Non avevo parole per descriverla. Era semplicemente fantastica. Ero sicuro di avere un’espressione da ebete dipinta sul volto.

La sua risata cristallina interruppe quel momento, in un attimo si ritrovò a qualche metro di distanza da me, diretta verso la pista da ballo «Ci si vede in giro, Cullen!» in pochi attimi fu fuori dalla mia visuale. La cercai con lo sguardo ma non la trovai. Mi aveva lasciato completamente insoddisfatto, sia me, che il mio amichetto.

«Edward!» qualcuno mi afferrò per le mani e mi portò in un posto isolato. La sua lingua s’insinuò nella mia gola, non lasciandomi un momento di tregua «Allora? Sei fidanzato eh?» 

«Jessica…»

«Già, proprio io» mi sorrise, le sue mani furono subito sul cavallo dei miei pantaloni  «vediamo cosa possiamo fare qui…».

«Vieni» la afferrai per mano «andiamo in bagno». Non ne fui sicuro, ma mentre la mia mano era afferrata a quella di Jessica, mentre aprivo la maniglia del bagno delle signore, riconobbi i capelli di Bella, riconobbi i suoi movimenti. Stava limonando con un ragazzo, che riconobbi subito come il fratello di Mike Newton, Tom. Se lei si divertiva, potevo farlo anch’io.

 

POV BELLA.

«E tu chi diamine saresti?» infilai una mano nei miei capelli, completamente annodati e mi guardai intorno confusa, quella non era sicuramente casa mia, e addosso non avevo nemmeno il mio pigiama. Anzi, non avevo nemmeno i miei vestiti.

Un ragazzo biondo, piuttosto attraente, si svegliò al suono delle mie urla «Non gridare!».

Infilai velocemente la mia biancheria intima, alla sua richiesta mi misi a gattoni sul letto e mi avvicinai al suo viso «Allora te lo dico con gentilezza. Puoi dirmi, carissimo ragazzo di cui non so il nome, dove mi trovo?».

I suoi occhi si spalancarono d’un colpo, puntandoli sul soffitto, pian piano scesero al mio viso e poi si soffermarono sul mio corpo. Sorrise soddisfatto «Buongiorno raggio di sole!».

Alzai gli occhi al cielo, possibile che li trovassi tutti io? «Okay, dimmi dov’è l’uscita, io me ne vado» scesi dal letto e indossai il vestito della scorsa sera. Non puzzavo d’alcool, eppure non ricordavo niente della sera precedente, probabilmente avevo assaggiato uno di quei dolcetti alla marijuana, dovevo smetterla con quei biscotti, sapevo che non li reggevo.

Uscii dalla stanza lasciandolo ancora sul letto, sbalordito. Appena fui fuori da quella casa, chiamai Jasper.

«Pronto?» la voce assonnata di Jazz mi fece capire che forse lo avevo svegliato, questa certezza si assodò quando guardai l’orologio. Erano le otto del mattino.

«Jasper, gioia della mia vita…»

«Fammi indovinare…» m’interruppe «ieri sei andata a una festa e ora ti ritrovi a casa di uno sconosciuto, senza la tua auto che sicuramente hai lasciato al locale…».

«Festa di compleanno di Jessica Stanley, mi trovo in qualche parte a Forks…» dissi, sorridendo.

«Almeno puoi dirmi la via?»

Mi guardai intorno, cercando un cartello che mi indicasse la via «Via… Lincoln»

Lo sentii sospirare di sollievo  «Sto scendendo…»

Non capii bene l’ultima frase, ma staccai la chiamata e mi sedetti su un gradino, aspettando il mio amico.

Non aspettai molto. Vidi la porta di una villetta di fronte aprirsi e una chioma bionda e spettinata uscire da quella casa «Newton Bella? Mi hai completamente deluso?».

Non credevo Jasper abitasse in quel posto, ricordavo la sua casa molto distante, fuori dalla città, in aperta campagna «Non abitavi da tutt’altra parte tu?»

«Mi sono trasferito un paio di anni fa. Andiamo, ti riaccompagno al locale» salii sulla sua macchina.

«Cosa volevi dire con Newton? Quello non era mica Mike!» non sarei mai andata a letto con Newton, neanche se fosse rimasto l’ultimo ragazzo sul pianeta.

«Mike no, ma Tom, suo fratello maggiore, sì» la sua risata tuonò in tutto l’abitacolo.

«Non ricordavo fosse un gran figo» dissi spontaneamente.

«Già, è molto cambiato… è diventato un pervertito, mi sono sorpreso che tu sia stata l’unica ragazza con cui è stato- contemporaneamente- ieri sera».

«Una ragazza no, ma un ragazzo…» Jazz spalancò la bocca, guardandomi allibito, «sto scherzando Jazz!»

 

POV EDWARD.

«Edward!» sentii la porta aprirsi di scatto e rivelare quel mostriciattolo di mia sorella.

«Alice, lasciami stare» mi portai il cuscino sulla testa e mi girai dal lato opposto alla porta.

«Dai alzati! Sono le nove, non dovresti dormire così tanto»

«Sono andato a dormire quattro ore fa!»  risposi, ormai senza speranze.

«Dai Edward… mi sento sola!»

«Chiama Jasper» bofonchiai.

«Sono le nove del mattino, sai che Jasper non è un tipo mattiniero» sbuffò e si appoggiò alla mia schiena.

«Non lo sono nemmeno io, quindi sta zitta e dormi» mi voltai e la avvolsi nelle mie braccia. Volevo un gran bene a quel mostriciattolo. Nonostante avesse sedici anni ed io diciassette, la vedevo ugualmente come la mia piccolina, come qualcuno da proteggere. L’avevo sempre vista così piccola e indifesa… mi era sempre stata vicina la mia Alice, anche nei momenti più difficili, quando nessuno riusciva a capirmi, lei c’era sempre stata per me.

Quella sera avevo fatto sesso con Jessica. Quando uscii da quel bagno logoro, lasciandola lì dentro, non trovai più Bella, quasi sicuramente si era appartata con quel tipo, anche perché la sua macchina era rimasta fuori dal locale. Un improvviso attacco di rabbia si era impossessato di me, facendomi prendere a pugni qualsiasi cosa mi capitasse a tiro, rischiando di litigare con un ragazzo a cui avevo quasi sfasciato la macchina. Per fortuna non mi ero fatto niente, altrimenti avrei passato dei grossi guai con i miei genitori.

Sentii il respiro di Alice farsi più leggero, la sua bocca aprirsi leggermente e la sua espressione tranquillizzarsi. Fu lì che decisi di addormentarmi anch’io, cadendo in un sogno senza incubi, ma solo favole.

 

La luce filtrava in modo fastidioso dalla finestra della camera, questo mi faceva pensare che il sole era molto alto nel cielo e che avevo dormito molto più del dovuto. Sentivo tutta la parte destra del mio corpo addormentata, dovuto al peso di Alice sopra il mio corpo, ma ero sicurissimo che lei non fosse più tra le mie braccia, sentivo la sua voce provenire dalla cucina, assieme ad un’altra maschile, sicuramente quella di mio fratello Emmett. Mi alzai strisciando i piedi e mi diressi al bagno a darmi una sistemata, dopodiché scesi in cucina.

«Buongiorno raggio di sole!» Alice ed Emmett erano più raggianti che mai, stavano cucinando al ritmo di Bad Romance, una canzone che avevo sempre odiato, assieme alla cantante.

«Dove sono mamma e papà?» mi strofinai l’occhio destro, un profumo molto denso e buono arrivò alle mie narici, facendomi avvertire un certo languore allo stomaco.

«Sono andati al matrimonio dei Winfly, ma dove vivi Edward?» Emmett mi diede una pacca sulla spalla che mi fece barcollare in avanti, sotto la risata infantile di Alice.

«Me l’ero scordato… perché state cucinando?» mi avvicinai al ripiano della cucina e rubai a mia sorella un pezzo di formaggio. Mi guardò con aria di rimprovero, in risposta le feci l’occhiolino, continuando a masticare e rubandone un altro pezzo.

«Vengono Jasper e Rosalie a pranzo»

Annuii distrattamente, accendendo il cellulare e leggendo un messaggio che mi era appena arrivato:

Il miglior compleanno della mia vita. Spero di poter passare altro tempo con te. Baci, Jess.

Non me la sarei più levata di torno quella ragazza, quando ci si metteva era peggio di un polipo.

Non credo passerai altri compleanni come questi. È stato un errore che non ripeterò più. Potresti farmi un favore? Cancella il mio numero.

 

POV BELLA.

«Non puoi di certo passarla liscia signorina!»

«Papà, a New York passavo giorni interi senza vedere mamma, eppure non mi diceva nulla. E lì siamo  a New York» evidenziai l’ultima frase, scandendola sillaba per sillaba.

«A New York puoi fare quel che diamine ti pare. Qui siamo a Forks» anche lui imitò il tono della mia voce, facendomi quasi ridere «e fin quando starai in casa mia, non puoi passare la notte fuori senza avvertirmi. E poi… vorresti dirmi dove diavolo ti sei cacciata?»

Cercai qualche straccio d’idea potesse venirmi fuori, ma tutto quello che mi venne fuori fu solo un nome «da Alice».

«Alice chi?»

«Alice Cullen, la figlia del dottor Cullen. Stava male poverina, sono stata tutta la notte con lei, non ci sono nemmeno andata alla festa. Anzi, credo dovrei andare da lei a vedere come sta, quando sono andata via non era migliorata per nulla…» tutto quel discorso uscì naturale dalla mia bocca da sembrare vero, anche io mi sarei creduta.

«Oh… cos’ha?»

«Influenza. Vomito, febbre, mal di gola, nausea…» elencai il tutto alzando gli occhi al cielo.

«Va bene Bells. Per stavolta passi. Ma la prossima volta che ricapita…»

«Sì, sì papà. Non capiterà più, te lo prometto» gli gettai le braccia al collo e gli diedi un bacio sulla guancia «Adesso posso andare in camera mia? Ho molto sonno».

Annuii e mi trascinai di sopra. Avevo le palpebre pesanti e la testa vorticava leggermente, credevo di non poter arrivare al piano superiore «Ah… Bella?» mi voltai di scatto, rischiando quasi di cadere.

«Sì papà?»

«Davvero a New York stavi giorni interi senza vedere tua madre?» sapevo che ci sarebbe cascato. Ormai lo conoscevo benissimo.

Risi fragorosamente, piegandomi in due e trattenendomi lo stomaco «No» dissi infine, prima di scappare per la mia stanza e chiudermi la porta alle spalle.

 

Mi stavo letteralmente annoiando, non avevo nulla da fare ed erano soltanto le tre del pomeriggio.  Charlie era appena andato a lavorare e io pensai di chiamare Angela a casa mia.

«Mi dispiace Bella, ma oggi proprio non posso, ho un sacco di impegni»

«Okay, non preoccuparti, ci vediamo domani»

Così staccai la chiamata, rituffandomi sul divano e sbuffando sonoramente. Non avevo voglia di stare appiccicata a Jasper e ai suoi amici, ma stare con Edward non era affatto un dispiacere per me, mi piaceva prenderlo in giro, giocare con lui. La sera precedente mi ero divertita molto, soprattutto quando ero intervenuta nel suo discorso con Jessica, avevo potuto godere benissimo della sua espressione sbalordita.

«Pronto?»

«Bella? Sono Jake» mi alzai di scatto e cominciai a girare intorno a me, come se Jacob fosse in quella stanza.

«Che vuoi?» il mio tono di voce era seccato, freddo.

«Come? Mi rispondi così? Non ti sono mancato in questi giorni?» era allegro, strafottente, non sentivo nulla dall’altra parte della cornetta, sicuramente era nella sua stanza a drogarsi.

«Per niente. Che vuoi Jake?»

«Beh, mi sei mancata, tutto qui. Quando torni?» si fece improvvisamente triste, quasi si stesse mettendo a piangere.

«Ho smesso con la tua vita Jake, non sono più una bambolina nelle tue mani. Non mi vedrai spesso in giro, non verrò più da te a farmi dare della droga e non verrò nemmeno per il sesso» la mia vita con Jake era diventata un incubo, era fatta solo di droga, sesso e locali, una vita che non potevo sopportare, che non era la mia. Era bello sballarsi le prime volte, le prime esperienze, ma dopo un po’ diventava tutto stancante e confuso, come vivessi un’esperienza extra corporea. Io non ero di certo quel tipo di ragazza, io ero quella che voleva viverla la sua vita, voleva provare tutte le esperienze possibili, consapevole di quello che si sta per fare e godendone in tutto e per tutto. Per questo avevo lasciato Jacob e la sua cerchia di amici, per questo mi ero disintossicata senza dire nulla a Renèe, senza darle il minimo sospetto. E Wendy, la mia migliore amica, mi aveva aiutato un sacco quando mi venivano le crisi d’astinenza, quando avevo cercato di suicidarmi perché il dolore era troppo. In fondo, dopo due anni di droga, uscirne era difficile, anche se munita di tutta la buona volontà possibile. Era stata lei ad aiutarmi, a tirarmi su, e grazie a lei ne ero completamente uscita. Adesso, raramente prendevo della droga, come la sera precedente.

«Dai tesoro…»

«Non chiamarmi tesoro Jacob, con te ho chiuso». Eppure era stato il mio primo amore, ricordavo ancora la prima volta che lo vidi, al Central Park, con tutti i suoi amici, con l’aria da perfettino figlio di papà, i capelli sistemati ordinatamente col gel, quel sorriso che ti abbagliava anche a chilometri di distanza, in contrasto con la sua pelle bruna e quegli occhi neri come la pece. Mi ero innamorata sin dal primo istante di un ideale. I primi mesi della nostra storia, tutto andava alla perfezione, passeggiavamo mano nella mano, ci comportavamo da giovani innamorati, come tutti. Purtroppo avevo commesso l’errore più grande che potessi fare, gli avevo dato l’anima, sicura che potesse proteggerla come si deve, ero diventata una bambolina a sua completa disposizione. Lui invece era diventato sempre più lontano, sempre uno scalino in alto, minacciava la fine della nostra storia ed io, ragazzina qual ero, non volevo rischiare di finirla lì. Così avevo fatto sesso con lui la prima volta, così lo avevamo fatto a tre con un suo amico, con una sua amica, così cominciai a drogarmi, così mi facevo umiliare da lui ogni qual volta avesse voglia di fare sesso, in qualunque posto si trovasse, facendo insinuare sempre le sue mani tra le mie pieghe, stessimo ballando o bevendo qualcosa.

Lacrime copiose uscirono dai miei occhi per tutta l’umiliazione che avevo subito, per tutto il dolore che mi aveva causato, e per la mia stupidità ad avergli permesso di farmi questo.

«Dalla bambola… ho voglia di te»

«Lasciami stare Jacob, non voglio più avere niente a che fare con te» la mia voce era ormai rotta dal pianto, nonostante la stessi camuffando per non fargli vedere la mia sofferenza. Interruppi la chiamata e gettai il telefono dall’altra parte della stanza, sicura che si fosse frantumato. Ma non guardai, mi rituffai sul divano e cominciai a piangere. I singhiozzi mi perforavano il petto, non riuscivo a calmarmi. Poggiai la testa contro le mie ginocchia e cercai di respirare regolarmente, ma neanche quello mi fu utile, la mia vista era appannata, le mie orecchie ascoltavano solamente il suono del mio pianto.

Il suono del campanello mi riscosse da quei brutti pensieri. Lo ignorai, sicura che prima o poi la persona che stava suonando se ne andasse.

«Bella? So che sei a casa, apri questa porta» la voce del mio migliore amico mi arrivò debolmente alle orecchie. Strascicai i piedi fino alla porta e l’aprii lentamente.

«Sorpresa!» Jasper teneva in mano un piattino con un pezzo di torta, mentre dall’altra parte teneva una bottiglia di champagne, non appena si accorse della mia espressione entrò in casa e posò tutto quello che aveva in mano sul comodino di fronte «Bella? È successo qualcosa?»

«No…» dovevo cercare una spiegazione plausibile, Jasper non si sarebbe sicuramente arreso di fronte a un no «è che mi mancano mia madre e i miei amici… tutto qui».

Mi avvolse tra le sue braccia e mi tenne stretta a se «Sicura di star bene?»

Stavo bene? No, per niente «Sì»

 

*ANGOLINO DI GUESS*

Ciao a tutti! Finalmente spero di avervi fatto capire perchè bella si comporta leggermente da stronza e perchè in questo periodo non vuole assolutamente impegnarsi con nessun ragazzo. Beh, sicuramente non faranno finta di stare insieme, lo avete visto già in questo capitolo, e lo ha capito anche Jessica xD, il suo è stato solamente puro divertimento, non era gelosa del fatto che Edward potesse fare sesso con Jessica, anzi, a lei non gliene può fregare nulla. Credo di aver risposto alle vostre recensioni. Grazie per aver recensito, spero di trovarvi di nuovo a recensire questo capitolo. Un bacio!

 

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Capitolo 7
*** Dannatamente piacevole. ***



POV BELLA

 

Due giorni. Erano passati due giorni dalla chiamata di Jake, due giorni in cui cercavo di fare altro che non pensarlo. Quel pomeriggio parlai molto con Jasper, gli raccontai tutto della mia vita a New York, tralasciando però tutti i particolari della mia storia con Jake, non volevo farlo preoccupare inutilmente. Avevo cercato di aprirmi anche con Alice, ma mi riusciva abbastanza difficile. Jasper diceva che potevo fidarmi di lei, che era un’ottima amica, ma io non ero un tipo che si apriva facilmente, tutt’altro, stavo sempre sulle mie e solo Wendy sapeva tutti i particolari sulla mia vita. Ero riuscita ad aprirmi solamente con lei perché la vedevo uguale a me, sapevo che mi capiva. 
Mi trovavo alla festa dei Ryan e stavo sorseggiando un cosmopolitan al piano bar, mentre ignoravo spudoratamente il barman che ci provava con me. Sbuffai e osservai la pista da ballo, cercando con gli occhi qualcuno dei ragazzi. Il vestito che avevo indossato era piuttosto scomodo, mi piacevano i vestiti corti, ma quello era pure stretto, mi impediva completamente di muovermi, Alice me l’avrebbe pagata.
«Allora Isabella, hai qualcosa da fare per domani sera?» il barista, mi sembra si chiamasse Jimmy, poggiò il gomito sul bancone e mi fissò con un’aria che doveva sembrare irresistibile, almeno per lui.
«Scusa, ma sono libera tutti i giorni tranne quelli in cui tu vuoi uscire con me» bevvi l’ultimo sorso del mio cocktail e mi alzai, dirigendomi verso la pista da ballo e lasciandolo con l’espressione da pesce lesso. Cominciai a muovermi sinuosamente al centro della pista, ero un’ottima ballerina, avevo frequentato per dieci anni la scuola di danza classica, sapevo perfettamente come muovermi. Da lontano notai Edward ballare con una bionda ossigenata e l’improvvisa tentazione di provocarlo nuovamente non si fece attendere e tantomeno pregare. Mi avvicinai ai due ragazzi e con una spinta strattonai la ragazza che era praticamente incollata alla bocca di Edward.
Mi rivolsi a lei con aria indignata, guardandola dall’alto verso il basso «ma non ti vergogni a provarci con i fidanzati delle altre ragazze?»
Edward, che si trovava dietro di me, mi toccò la spalla e fece per spostarmi «Bella…».
Con la mano gli feci cenno di stare in silenzio e mi rivolsi nuovamente alla ragazza «allora? Se non hai nulla da dire puoi benissimo andare, vai a cercare altri ragazzi che siano liberi prima che ti spacchi la faccia» mi voltai senza degnarla di uno sguardo e feci l’occhiolino a Edward.
«Bella, ma sei impazzita? Con quale pretesto vieni qua a mandare via quella ragazza?» Edward era irritato, potevo benissimo leggerlo nei suoi teneri occhi, molto bene. Questo significava più divertimento.
Feci l’aria da bambina, mettendo il broncio e guardandolo di sottecchi « è che mi stavo annoiando e poi non mi piaceva quella ragazza, tu devi giocare solamente con me…» con la lingua tracciai una linea lungo il suo collo, potei benissimo percepire i brividi che gli stavano attraversando tutto il suo corpo, ma decisi di ignorarli.
«Bella…»
«Shh Edward, divertiamoci un po’» intrecciai le mani ai suoi capelli e cominciai a muovermi, dando piccoli e leggeri morsi al suo collo.
Ad un tratto sentii le sue mani sulle mie a cercare di staccarle da lui e ad allontanarle «Bella, non ho voglia di essere preso in giro, tantomeno da te, quindi vattene».
Alzai un sopracciglio, incredula «Eppure ti piace quando ti accarezzo» tracciai il contorno del suo petto e sentii il suo respiro accelerare notevolmente, buona cosa. Ero il suo punto debole.
«Bella… no»
 
«Edward possiamo benissimo divertirci per una sera…» gli sussurrai vicinissima all’orecchio.
Sentii le sue mani afferrarmi per i fianchi e stringermi a se, mentre un sorriso sghembo gli dipingeva il volto «saresti davvero pronta a divertirti con me?» le sue labbra erano a un millimetro dalle mie ed ebbi la malsana voglia di baciarle, toccarle, morderle «perché hai mandato via quella ragazza?» sentii il suo respiro sfiorare delicatamente le mie labbra che, involontariamente, si schiusero.
«Mi piace provocarti… osservare le tue reazioni… sei molto interessante» gli alitai sul collo, distogliendomi leggermente dalla tentazione che erano le sue labbra. L’atmosfera si stava facendo molto pesante, Edward mi stava cogliendo di sorpresa con i suoi modi, e la cosa strana era che mi piaceva, mi stava dannatamente piacendo.
«Sei incredibilmente strana Isabella Swan».
«E tu sei dannatamente sexy Edward Cullen» quelle parole uscirono dalla mia bocca impulsivamente, dando voce ai miei pensieri.
Si scostò leggermente dal mio viso, per osservarmi meglio il volto e per permettermi di notare ancora quel sorriso sghembo dipinto sul volto «Adesso chi è che sta cercando me?» e in un attimo capii che aveva fatto tutto di proposito, per vendicarsi della sera precedente, e io avevo abboccato l’amo come un pesce cretino.
Dovevo assolutamente recuperare, non poteva sconfiggermi così «Beh, diciamo che tu non hai proprio opposto resistenza…».
«Non oppongo mai resistenza a una bella ragazza, Isabella» sussurrò al mio orecchio. Il mio nome completo pronunciato da lui, mi provocava una scarica di brividi nella schiena, ero assuefatta dalla presenza di quel ragazzo.
«Beh, si da il caso che non lo faccia neanche io, Edward» mi aggrappai alle sue spalle e mi avvicinai alle sue labbra. La sua reazione non si fece attendere, cercò di colmare la distanza che rimaneva e, proprio in quel momento, scostai le labbra facendogli baciare la mia guancia.
Scoppiai in una sonora risata quando vidi la sua espressione delusa.
«Ricorda Edward, vinco sempre io» gli dissi guardandolo di sottecchi e allontanandomi dalla pista da ballo, per quella sera ne avevo avuto abbastanza.
 
POV EDWARD.
Uno scemo. Ero stato un completo cretino. Stavo andando benissimo, la stavo provocando divinamente ma mi ero fatto ingannare come un tredicenne. Stupido. Mi aveva lasciato da solo al centro della pista, ridendo e allontanandosi, consapevole di aver vinto per la seconda volta.
Mi era persino passata la voglia di ballare. Andai fuori per prendere una boccata d’aria. L’atmosfera fresca di Forks mi colpì provocandomi dei leggeri brividi, ma non avevano niente a che fare con quelli che avevo provato pochi minuti prima, dentro quel locale, con Bella. Vidi una coppia di ragazzi dirigersi dentro una macchina, baciandosi continuamente, non lasciandosi un attimo di tregua. Immaginai me e Bella in quel momento, in quei atteggiamenti.
«Edward, hai una sigaretta?»
«Sai benissimo che non fumo, e non dovresti farlo nemmeno tu, Emmett» rispondo a mio fratello, sedendomi sui gradini dell’entrata secondaria.
«Lo so, sono un po’ nervoso…» il suo tono di voce era agitato, notai che continuava a muovere la gamba velocemente su e giù, provocando un leggero tremolio, tipico gesto di quand’era parecchio nervoso.
«Emmett? Qualcosa non va?» mi voltai a guardarlo, teneva gli occhi bassi, fissi sul terreno.
«Niente, ho litigato con Rosalie poco fa…».
«Perché?»
«Le si è avvicinato un ragazzo e allora ho fatto una scenata. Sai che lei non sopporta questo genere di comportamento, non è la prima volta che me lo dice, ma è più forte di me, non riesco a non essere geloso di lei. Come si può non esserlo? È bellissima! Ho paura che qualcuno possa portarmela via…» i suoi occhi diventarono improvvisamente lucidi.
Gli diedi una pacca sulla spalla e lo scossi leggermente «dai Emmett, vedrai che si risolverà tutto, Rosalie ti ama»
«L’amo anch’io, ma non so fino a che punto può sopportarmi» si prese la testa tra le mani e cominciò a dondolarsi.
«Emmett, non fare così, se vuoi le parlo io».
«No, ho solo bisogno di parlare con lei, devo andare da lei» cercò nel mio sguardo una sorta di approvazione che non esitai a dargli, così mi lasciò solo con i miei pensieri.
Si amavano veramente Emmett e Rosalie. Litigavano continuamente, ma si amavano, non sarebbero mai riusciti a separarsi, era troppo difficile e doloroso per loro, e per un attimo anch’io avrei voluto essere la stessa cosa per Bella, anch’io avrei voluto essere indispensabile per lei. Era un sogno che non si sarebbe mai avverato, il mio.
 
 
 
 
«Edward! Spegni quel maledetto cellulare!» Alice mi lanciò un cuscino in pieno volto, riprendendoselo e ricominciando a dormire. In sottofondo sentivo una vibrazione più che fastidiosa, come una zanzara che ti gira continuamente nell’orecchio. Era il mio cellulare.
«Pronto?» avevo ancora la voce impastata dal sonno, mi strofinai gli occhi con la mano libera e li strabuzzai, rendendomi conto di trovarmi nella stanza di Alice, nel suo letto. Come diavolo ci ero finito? Sicuramente ci eravamo messi a parlare e ci eravamo addormentati, lo dimostrava il fatto che fossimo ancora entrambi vestiti.
«Buongiorno fiorellino!» una voce squillante mi perforò completamente un timpano.
«Bella, sono le otto del mattino» dissi osservando la sveglia «ed è sabato».
«Lo so, ma mi sto annoiando da morire. Che ne diresti di fare colazione con me?»
«Bella…» dissi in tono supplichevole.
«Okay, ho capito! Vuol dire che resterò sola per tutta la mattinata, farò colazione, sola, leggerò un libro, sola…» evidenziava la parola sola, sbattendomela in faccia, quasi le avessi fatto il peggior insulto potesse esistere.
«Okay, sto arrivando, dammi mezz’ora»
«Grazie, grazie, grazie!» disse, interrompendo la chiamata immediatamente.
Mi stiracchiai e depositai un leggero bacio sulla fronte a mia sorella.
«Dove stai andando?» bofonchiò, a metà tra il sveglio e il dormiente.
«A passare del tempo con una psicopatica» sbuffai, sorridendo delle mie stesse parole.
 
 
 
«Non puoi dire sul serio!» Bella cercò di trattenere le risate, ma scoppiò cominciando a ridere fragorosamente, per poi aggrapparsi alla mia maglia e piegarsi in due.
«Sì, ridi, ridi. Tanto non sai farlo nemmeno tu, quindi è inutile prendermi in giro» facevo finta di essere imbronciato, ma nemmeno io riuscivo a non ridere. Quella mattina Bella era più solare del solito.
«A me la preparano la colazione, è normale che non la sappia fare! Ma tu dovresti saper cucinare un paio di frittelle, che razza di uomo sei?»
«Un uomo che non sa cucinare delle frittelle» feci spallucce e fissai il pavimento.
Alle mie parole scoppiò nuovamente a ridere «Ma dai Edward! Credo sia meglio chiamare tua sorella».
«Credo dorma ancora, ieri sera era molto stanca»
Sbuffò sonoramente e si tuffò sul divano, incrociando le braccia sotto il seno «Io ho fame!»
«Andiamo al bar» mi fulminò con lo sguardo, guardandomi con disgusto «che ho detto di male?»
«Non ho mai mangiato in un bar in vita mia e non lo farò di certo ora, solo perché tu non sai cucinare delle frittelle!» mi guardava sorniona, non sapevo se mi stesse prendendo in giro o stesse dicendo la verità.
«Non puoi dire sul serio!» esclamai, sbottando a ridere a mia volta.
Mi trucidò «Edward! Sta zitto, sto elaborando qualcosa» si portò le mani alle tempie e se le massaggiò, aveva un’espressione pensierosa sul volto, questo non fece altro che aumentare il mio divertimento.
«Edward! Piantala di ridere!» feci segno di aver finito e lei ricominciò a pensare, mentre io mi tuffai sulla poltrona di fronte a lei.
«Okay! Ci sono. Cerchiamo una ricetta su internet»
La guardai confuso «hai un computer?»
«Certo che ce l’ho un computer, scemo!»
«Grazie, ti voglio bene anch’io»
Sbottò a ridere e mi prese per mano «Vieni, andiamo in camera mia»
Quelle parole mi provocarono un nodo alla gola e la mia nuca fu velata da un leggero strato di sudore freddo. Camera sua? L’avevo sempre immaginata, avevo sempre immaginato quel letto dove lei sognava la notte, la scrivania dove studiava non appena arrivava a casa, l’armadio dove vi erano i vestiti più belli che avessi mai visto e che la rendevano più bella di quanto già fosse «Camera… tua?» mi arrestai ai piedi delle scale, guardandola stralunato.
«Sì Edward, camera mia» annuì lentamente, come stesse parlando con un menomato. Effettivamente lo ero, quando mi trovavo con lei «che c’è? Non avrai mica paura della mia stanza»
Un’idea mi balenò per la testa, se tutto andava come previsto, avrei avuto la mia rivincita per la sera precedente «in realtà… quando io vado nella camera da letto di una ragazza di certo non vado a guardare una ricetta su internet…» le rivolsi il mio sorriso sghembo e mi avvicinai pericolosamente a lei. Potei notare con piacere i suoi occhi spalancarsi leggermente e il suo respiro mozzarsi.  
Si riprese d’un tratto «e chi ti dice che io voglia controllare la ricetta e che invece non voglia fare qualcos’altro…» con le sue piccole dita giocò con l’orlo della mia maglietta, provocandomi una scarica di brividi.
«Non dici sul serio» dissi deglutendo a vuoto.
«Ne sei sicuro?» le sue labbra erano a mezzo millimetro dalla mie, potevo sentire il suo respiro solleticarmi la pelle.
«Sì» non riuscivo a parlare, se non con i monosillabi.
«Beh, ti sbagli…» catturò il mio mento tra l’indice e il pollice, accarezzandomi e sorridendo.
«Allora andiamo in camera tua»
Si allontanò di scatto, sorpresa «Davvero? Sei davvero convinto di voler venire a letto con me?» sussurrò, avvicinandosi nuovamente a me e baciandomi il collo.
Le catturai i fianchi e l’avvicinai a me «Io farei di tutto con te» risposi di getto, intrappolando una ciocca di capelli e spostandogliela dietro l’orecchio.
Avevamo il fiato corto, come quella sera «Edward?Penso che dovremmo uscire da questa casa prima di fare qualcosa di cui potremmo pentirci» aveva capito che stavamo perdendo entrambi, e che pur di vincere saremmo davvero andati a letto insieme, per semplice scommessa. E sicuramente aveva capito che la mia ultima frase non era stata detta di proposito, ma che era la verità. Avrei fatto qualsiasi cosa per lei, se solo me lo avesse chiesto.
 
 
POV BELLA.
Pericoloso, dannatamente pericoloso. Dopo la nostra ridicola scenata era arrivata Angela che, con mio grande piacere, mi aiutò a distrarmi e mi diede qualcosa di buono da mettere sotto i denti. Entrambi se n’erano andati nella tarda mattinata, lasciandomi nuovamente sola con i miei pensieri. Quella mattina mi ero  svegliata con il pensiero di Edward nella  mente, non avevo pensato nemmeno per un secondo a Jacob, per questo ero letteralmente di buon umore.
Andai a fare una doccia fredda, per rinfrescarmi un po’, ma neanche quella servii, non riuscivo a togliermi dalla testa il pensiero di aver quasi sfiorato le labbra di Edward, l’atmosfera di quel quasi bacio era decisamente palpabile, toccava solamente a noi decidere quando le nostre labbra si sarebbero congiunte, e lo desideravo davvero con tutta me stessa, desideravo che mi sbattesse al muro e che non mi desse un attimo di respiro. Non avevo mai provato una così forte attrazione fisica nei confronti di qualcuno, non avevo mai provocato qualcuno talmente tanto. Eppure con lui lo stavo facendo, e mi piaceva dannatamente tanto. Tutto questo era decisamente malsano. Ero a Forks da una settimana e già stavo uscendo fuori di testa, sarei riuscita a resistere tre mesi? Assolutamente no, avrei sicuramente dato di matto.
Di una cosa ero sicura, non volevo impegni di nessun tipo, non volevo nessun ragazzo al mio fianco dopo quello che era capitato con Jake, per quell’estate volevo solamente divertirmi, niente di più, niente di meno. 



*ANGOLINO DI GUESS*
Ciao raga! Ho visto che le recensioni sono leggermente diminuite(non che prima ce ne fossero molte)... eppure mi piacerebbe tanto avere il vostro parere, per cercare di migliorare qualcosa oppure rispondere a delle vostre domande. Purtroppo oggi non ho molto tempo per rispondere alle recensioni, devo studiare e poi ho mille impegni, ma prometto che risponderò al prossimo capitolo. Ringrazio chi ha recensito la mia storia e tutti quelli che l'hanno aggiunta tra le preferite, le ricordate e le seguite.

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Capitolo 8
*** Sconosciuto ***



 

POV BELLA.
 
«Secondo me, è cotto» ero uscita al parco con Angela, stavamo sorseggiando dei frappè mentre passeggiavamo per il verde, sotto gli sguardi di alcuni ragazzi. Quel giorno faceva molto caldo a Forks, lo dimostrava il fatto che fossi uscita in pantaloncini, c’era anche il sole.
«Chi?» domandai confusa, non pensavo stessimo parlando di ragazzi, ne tantomeno di qualcuno a cui potessi piacere. Anzi, stavamo parlando dei college.
«Ma come chi? Edward Cullen!» esclamò con enfasi, sottolineando il nome.
A quelle parole sbottai a ridere «Edward? Ma sei impazzita? Siamo solamente amici»
«Beh, se tu guardi una tua amica come fosse una dea scesa sulla terra allora… e poi ti ricordo che lui è starto il ragazzo che non ha fatto altro che venirti dietro per otto anni Bella! E se la sua cotta non è passata in otto anni, figuriamoci in undici! E poi rivederti di nuovo gli ha fatto sicuramente un altro effetto»
La guardai, cercando di trattenere le risate «Angela, tu sei completamente impazzita! Io non piaccio a Edward e Edward non piace a me»
«Oh, che non ti piace è sicuro… tu vuoi solo divertirti»
Bingo! Finalmente qualcuno riusciva a capirmi senza fare troppe domande «finalmente ho trovato qualcuno che mi capisce»
Scoppiò a ridere, gettando il suo frappè nel cestino e ci sedemmo su una panchina «Comunque… Hai deciso in che college andare?» si soffermò con lo sguardo su un bel ragazzo che stava attraversando la strada.
«Beh, sicuramente farò domanda alla Columbia, e poi vorrei anche provare ad entrare all’università di Yale, sai? Ce la sto mettendo tutta per avere degli ottimi voti, e ci sto riuscendo! La preside mi ha detto che se continuo così mi accetteranno senza ombra di dubbio» mi emozionava sempre parlare dei college, vedevo tutto il mio futuro in quella scelta, e il futuro che mi si parava davanti era davvero ottimo per me. Fin da bambina avevo sempre desiderato andare in quel college, e da quando la preside mi aveva convocato nel suo studio dicendomi che avrebbe messo una buona parola su di me, vidi tutti i miei sogni realizzarsi «e tu? Dove hai intenzione di fare domanda?»
I suoi occhi erano privi di emozioni «Non lo so… non ho buone possibilità di entrare in un buon college. Ho buonissimi voti, ma purtroppo ci sono altri ragazzi che possono permettersi delle raccomandazioni. Sai che la mia famiglia non può permettersi delle raccomandazioni. Penso andrò alla CUNY»
«Alla CUNY Angela? Tu puoi permetterti molto di più!» ero sbalordita, Angela meritava Hardward, aveva sempre sognato andare in quel college, il suo sogno non poteva infrangersi così facilmente.
«Non posso permettermelo» i suoi occhi diventarono subito lucidi. Povera Angela.
«Mi dispiace Angela, ma ce la farai, ne sono sicura. Andrai ad Hardward, è una promessa» l’abbracciai e rimanemmo così per non so quanto tempo.
 
 
 
 
POV EDWARD.
«Perdici le speranze, Edward. Bella non ti si fila per niente»
«Grazie per l’incoraggiamento Emmett! Tu sì che sai come aumentare l’umore delle persone» ero sdraiato sul letto di Emmett, mi trovavo in quei momenti di massima depressione, in cui ogni cosa non mi andava bene.
«E dai fratellino! Almeno non cerco di illuderti come fanno Alice e Jasper!»
Sbuffai «almeno loro mi danno qualche speranza»
Si sdraiò accanto a me «insomma Edward! Devi smetterla di comportarti come un tredicenne alla prima cotta. Falle vedere chi comanda qui!» mi diede un pugno sulla spalla che per poco non mi fece cadere dal letto «Ops! Scusa» inarcò le sopracciglia, continuando a sorridermi.
«Hai ragione Emmett, devo essere io quello che detta gli ordini, non di certo lei…» mi alzai dal letto e lui mi guardò sorridente. Forse ce l’avrei fatta ad essere  forte, a farmi desiderare da lei… ma chi volevo prendere in giro? Non ero riuscito a farmi desiderare quel giorno a casa sua, a quelle due feste, figuriamoci se l’avessi evitata completamente. E poi non si era affezionata a me a tal punto da non riuscire a stare senza di me «Uff, ma chi voglio prendere in giro? È ovvio che non riuscirò a farcela» mi rituffai sul letto con lo stesso pessimismo di pochi secondi prima, sotto lo sguardo incredulo di Emmett.
«Fratello, tu sei veramente strano»
«Non sono io ad essere strano, è lei ad essere unica» mi voltai a pancia in su e incrociai le mani dietro la nuca, fissando il soffitto e immaginandomela davanti, bella come sempre.
«Potresti smetterla? Mi stai facendo venire la carie!» mi guardò con aria disgustata.
«Dovrei ricordarti tutte le volte che sono stato in questa stanza a sentirti parlare di Rose?» tutti i suoi sbalzi d’’umore, tutti i suoi momenti neri e sognanti…
Alzò le mani in segno di resa e si mise nella mia stessa posizione «Edward.. ne sei davvero innamorato?» questa volta l’atmosfera si era fatta seria, sapevamo entrambi che non stavano scherzando.
Cercai di essere sincero «Non lo so Emmett, so solo che quando la vedo mi sudano le mani e sento le farfalle allo stomaco, so che non resisto a stare senza di lei e che ogni volta le scrivo un messaggio che non invierò mai, magari solo un semplice che fai, solo per paura di disturbarla, so che vederla con un altro mi fa diventare una bestia, che la voglio sempre al mio fianco e che il semplice toccarla mi fa venire i brividi»
Rimase un attimo in silenzio, quando mi voltai per scoprire se si era addormentato, lo vidi con la bocca aperta e un’espressione sbalordita «Wow Edward… è più grave di quanto immaginassi»
 
 
 
POV BELLA.
«Shopping!» non appena aprii la porta di casa, Alice cominciò a saltellare sul posto e a battere le mani come una bambina di dieci anni, ciò mi fece ridere. Era sempre così allegra e solare quella ragazza, come non avesse avuto mai nessun tipo di problema, come se vivesse in un mondo di fiabe dove finalmente aveva incontrato il suo principe azzurro.
Quel pomeriggio ci eravamo proposti di fare shopping a Port Angeles, non ero ancora andata a fare shopping e quell’uscita mi avrebbe fatto più che bene «Ehi Alice! Ti vedo di buon umore» recuperai la borsa dall’attaccapanni e mi chiusi la porta alle spalle. Non appena mi voltai vidi la volvo di Edward e la bmw di Rosalie, due macchine davvero splendide.
«Bella, tu vai con Edward, mentre io, Jasper ed Emmett andremo nella macchina di Rose»
«Okay, mi va bene» in realtà per niente. La Volvo di Edward era una macchina meravigliosa, senza ombra di dubbio, ma la bmw di Rosalie era qualcosa di extra-terreno. Un po’ mi dispiaceva non andare su quella macchina, ma salii ugualmente senza fare storie.
«Ciao Edward!» mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio sulla guancia. Mi sembrò un po’ stupito del mio atteggiamento, ma non disse nulla.
«Salve signorina» disse con tono professionale, da vero autista. Se avessi avuto un tipo come lui a New York, al posto di Jess, avrei viaggiato per ore in macchina, e lo avrei fatto scendere mille volte solo per guardare lo spettacolo umano che era il suo sedere.
«Come va?» la sua voce mi distrasse.
«Mmm… diciamo bene» accesi la radio e misi una stazione di musica italiana, in assoluto la mia preferita.
Vidi Edward aggrottare le sopracciglia «Ti piace la musica italiana?»
«Da impazzire!»
«Ma non sai nemmeno quello che dicono!» teneva gli occhi fissi sulla strada.
«Beh, mi piace ugualmente»
Senza che me ne accorgessi in tempo cambiò stazione, mettendo una radio di musica classica «Questa sì che è musica» sussurrò abbastanza forte da poterlo sentire.
«Che musica è?»
«Claire de lune, Debussy» Fui sicura di averlo guardato nauseata «a me piace, è fantastica» disse in risposta alla mia espressione.
«Edward è orrenda. Cambia stazione» andai avanti e ritornai sulla musica italiana, canticchiando malamente una canzone che stavano trasmettendo e che conoscevo abbastanza bene «… sei nella mente mia, io nella mente tua...»
«Cosa significa?»
«Non lo so! È questo il bello! Non so cosa significa, ma la conosco. Questo sì che è mistero»
«un po’ come te» disse di getto.
«Io non sono misteriosa» perché mi risuonava quasi come un insulto?
«Oh… sì che lo sei. Lo dimostra il fatto che nessuno sa niente della tua vita, nemmeno Jasper» notavo un sorriso amaro sul suo volto.
«beh, sono fatta così, prendere o lasciare» potei benissimo notare con la coda dell’occhio un “prendo” mimato dalle sue labbra, ma non so perché, mi fece più che piacere.
La sua mano andò velocemente sull’apparecchio della radio per cambiare stazione, ma io fui abbastanza veloce da bloccarlo. Nello stesso istante in cui le nostre mani si toccarono, un’ improvvisa scarica elettrica attraversò tutto il mio corpo, facendolo vibrare di piacere.
Ritrassi immediatamente la mano, andando a spegnere la radio «spegniamola così non da fastidio a nessuno» gli sorrisi, ma i suoi occhi erano nuovamente puntati alla strada.
«Già, così non da fastidio a nessuno» disse a bassa voce, immerso in chissà quali pensieri.
Nessuno dei due parlò per tutto il viaggio, ognuno guardava fuori dall’abitacolo. La sensazione che avevo provato in quel momento era stata quasi magica, non riuscivo a spiegarmi il perché della mia reazione al suo tocco, dopotutto non era la prima volta che lo toccavo, in altre occasioni lo stavo quasi baciando, ma non mi era mai successa una cosa del genere. Forse era dovuta al freddo.
«Bella?» la sua voce mi riscosse dai miei pensieri«va tutto bene?»
Lo guardai confusa «Sì, perché?»
«è da venti minuti che non spiccichi parola»
«Senti chi parla, quello che ha cercato ogni modo di parlare...» lo dissi con astio, ritornando a guardare fuori dal finestrino.
Non vidi la sua reazione, ma ero più che sicura stesse ridendo «Bella?»
«Che vuoi?»
«Non sei stata la sola»
Quella frase mi lasciò spiazzata «Che vuoi dire?»
«Anche io ho provato… insomma, hai capito?» era imbarazzato, ma anche estremamente dolce.
Dove voleva arrivare? Voleva dirmi che con quel tocco aveva provato le mie stesse emozioni? Era impossibile, questa era una cosa che succedeva solamente nei film, non poteva davvero succedere nella realtà «Edward, puoi spiegarti meglio?»
«Niente, lascia perdere» alzò gli occhi al cielo, per poi puntarli nuovamente sulla strada, mentre l’auto di Rosalie ci sorpassava a tutta velocità, con dentro Alice che gridava come una forsennata in nostra direzione. Li ignorammo entrambi, avevamo ben altro in mente.
All’improvviso mi venne in mente il discorso di quella mattina con Angela. C’era una minima possibilità che Edward avesse ancora una cotta per me? Che mi desiderasse ancora al suo fianco? Forse non era un discorso così senza senso quello della mia mica, forse aveva veramente ragione. Avevo bisogno di chiarire  i miei dubbi «Edward, ma io ti piaccio ancora?»
 
 
POV EDWARD.
Mi piace ancora? Mi piace ancora? No, quella non era la domanda giusta da farmi. La domanda giusta era un’altra. L’amavo ancora? L’amavo ancora? Sì, con tutto me stesso. E in quella macchina, quando le nostre dita entrarono in contatto, ero sicurissimo che lei avesse provato le mie stesse emozioni, che avesse provato una scarica elettrica lungo la colonna vertebrale e dei brividi. Eppure non era stato così e io avevo fatto la figura dello scemo e dell’illuso. Con quella domanda mi aveva smascherato, aveva capito che c’era ancora un interesse da parte mia, che la desideravo ancora. Cosa avrei dovuto risponderle? Che ero ancora pazzamente e follemente  innamorato di lei? Non potevo dimostrarmi debole, non con Bella, o avrei perso ogni speranza con lei.
Cercai di mascherare il mio nervosismo cercando di ridere, ma mi uscì solamente una risata isterica «Cosa ti fa pensare che tu mi piaccia ancora?»
Abbassò gli occhi, giocherellando con le dita «certi tuoi comportamenti… non sono come i miei» e ccon quella frase mi aveva appena detto tutto. Mi aveva appena detto che aveva capito che mi piaceva, ma che lei non ricambiava i miei sentimenti.
«No Bella, tu per me sei ormai acqua passata»
«Ce l’ho ancora» disse improvvisamente, dopo qualche minuto di silenzio.
«Cosa?»
«Il mio messaggio, quello che ti ho inviato tanti anni fa. L’ho salvato, e ogni volta che lo rileggevo, mi rimproveravo di essere stata una stronza colossale»
«Perché tieni ancora quel messaggio?»
«Tu mi piacevi, tanto. Ma ero troppo orgogliosa e viziata per ammetterlo»
«Ah» fu tutto quello che riuscii a dire. Non riuscivo a pensare ad altro, in realtà, non pensavo a niente. Io piacevo a Bella, lei piaceva a me, ma c’era stato un ostacolo, il suo orgoglio. Era stato quello ad averci impedito di metterci insieme. Quella confessione mi lasciò completamente esterrefatto, non mi aspettavo potesse rivelarmi una cosa del genere. Non dopo tutto quello che mi aveva fatto, non dopo tantissimo tempo.
«è tutto quello che riesci a dire?» alzò un sopracciglio, scettica.
«Sì» sussurrai, posteggiando nel parcheggio del centro commerciale e scendendo dall’auto.
La sentii sbattere la portiera e la vidi dirigersi a passo svelto verso l’entrata del centro, senza aspettare il resto dei ragazzi che stavano scendendo dall’auto di Rose e che la guardavano straniti.
«Edward? Dove sta andando Bella?» Jasper circondò la vita di Alice con il braccio e mi guardò con aria preoccupata.
«Doveva andare in bagno, niente di grave» cercai di mentire, ma mi riuscì piuttosto male, soprattutto Alice che mi guardava con l’aria di qualcuno che la sa lunga.
 
 
 
POV BELLA.
Ah. Ah. Ah. Aveva solamente detto questo.
Ah.Ah.Ah. mi rinchiusi nel bagno delle donne, cercando di nascondere una piccola lacrima che scorreva lenta sulla mia guancia. Non mi ero offesa perché Edward mi piaceva ancora, gli avevo detto la verità, da piccola ero innamorata di lui, ma vi erano troppi pregiudizi, troppo orgoglio,troppi amici pronti ad abbandonarti se solo avessi perso la via per stare con lui. Avevo conservato per messaggio per puro masochismo, per ricordarmi quant’ero stata stronza e meschina, e chiusa in quel bagno, cercai di ricordarlo di nuovo aprendo nuovamente quel messaggio:
 
Ciao Edward, davvero credi che una come me possa stare con uno come te? Sei solamente un illuso. Da quando ti ho conosciuto, ho sempre cercato di mantenere le distanze da te, ti ho sempre considerato uno sfigato, e questo lo sai benissimo, altrimenti avrei accettato tutti i tuoi regali e starei con te. Ma purtroppo per te, non è così, e devo dire che non mi dispiace per niente. Perché tu non mi sei mai piaciuto. Quindi dimenticami e cercati un’altra da torturare, io sto partendo per New York e tra un giorno non ricorderò nemmeno la tua esistenza. Adios sfigato.
 
Come mi era venuto in mente? Ero solo una bambina, e poi non lo avevo nemmeno scritto io. Era stata Jessica Stanley, la persona che odiavo più di ogni altra cosa, ma mi era stata utile per abbandonare Edward.
«Bella? Sei qui?» la voce di Rosalie mi stava chiamando e adesso si stava avvicinando sempre di più.
«Sì, sono qui» uscii fuori, mostrando il mio solito sorriso finto.
«Allora? Possiamo andare?»
«Certo»
 
 
POV EDWARD
«Guarda, questo completino è bellissimo» eravamo in un negozio di completi intimi. Alice, Rose e Bella si muovevano completamente a loro agio dentro quel negozio, mentre io, Emmett e Jazz eravamo completamente in imbarazzo. Qualsiasi donna ci guardasse ci lanciava occhiate ammiccanti. Davvero imbarazzante.
Bella aveva provato completamente indifferenza, da quando era uscita da quel bagno non mi aveva degnato di uno sguardo. Mi dispiaceva veramente, adesso che avevo elaborato il tutto a sangue freddo, avevo capito che Bella aveva cercato di essere sincera con me, ce l’aveva messa tutta. Adesso capivo l’importanza di quella confessione, e mi dispiaceva veramente.
Mi avvicinai a lei, approfittando del fatto che si fosse allontanata dal resto del gruppo, per sussurrarle all’orecchio un debole «mi dispiace».
Sobbalzò alle mie parole e si voltò lentamente, guardandomi scettica «Ah» disse, imitando il mio tono di voce quando lei mi aveva confessato del messaggio.
Con il braccio le bloccai il passaggio, poggiando il palmo della mia mano al muro di fronte. La guardai con tutta l’intensità del mio sguardo «Bella, mi dispiace davvero, so quanto ti sia costato parlarmi di quello che provavi per me, ma non sono riuscito a ragionare sul momento, è stata una rivelazione»
«eppure hai detto che non ti piaccio più»
Una risata uscì dalla mia bocca «Bella? Credi davvero che tu non mi piaccia più?» accennai un piccolo sorriso. Se lei aveva confessato, meglio fare una piccola confessione anch’io.
Spalancò gli occhi, guardandomi allibita «Ti piaccio ancora?»
«Da impazzire. Adoro tutto di te. Adoro il modo in cui sorridi, il modo in cui ti prendi gioco di me, come parli, come mi guardi, come ti mordi il labbro inferiore, stringendolo talmente tanto da farmi venire la paura che possa farti male» sorridemmo entrambi alle mie ultime parole «Tu mi piaci Bella, mi piace tutto di te»
Mi accarezzò la guancia, facendomi perdere in quel lago di cioccolato.
«Sarà più interessante giocare da oggi in poi» rispose, con il suo sorriso sghembo che tanto adoravo. Sapevo che se ne sarebbe uscita con una battuta del genere, era tipico di Bella. Mi diede un bacio sulla guancia e poi sparì dentro il camerino, lasciandomi da solo come un demente, consapevole di aver fatto la più grande cavolata della mia esistenza, averle confessato tutto.
Eppure non mi ero pentito di averglielo detto. 



*ANGOLINO DI GUESS*
Ciao ragazze! mi fa molto piacere che la mia storia vi stia piacendo e leggere le vostre recensioni mi emoziona sempre di più.
Come avete capito, Bella sta cominciando a provare qualcosa, qualcosa di naturale che nasce lentamente, e lei non è ancora consapevole di quello che prova, sa che prova una forte attrazione fisica, ma tutto il resto è qualcosa di nuovo, che non ha mai provato, nemmeno con Jacob. Vedremo come si svilupperà la storia. Come al solito ringrazio chi ha recensito la mia storia e la aggiunta tra le preferiite, le seguite e le ricordate.

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Capitolo 9
*** Confesso ***


 

POV BELLA.

Erano passate esattamente tre settimane dal mio arrivo a Forks, una settimana dalla mia chiacchierata con Edward. Non avevamo più parlato da quel giorno, o almeno non di questo tipo di discorso, avevo cercato di evitarlo in tutti i modi, facendogli capire che quel sentimento per me non era per niente ricambiato, ma l’attrazione che provavo per lui non era scemata di una virgola, ogni volta che lo avevo vicino, avevo voglia di prenderlo e farlo mio in quel momento, non era mai stato così difficile. Eppure non ci riuscivo, forse perché sapevo che per lui c’era qualcosa di più che di una semplice notte insieme, lui provava dei sentimenti reali, tangibili per me. Lo vedevo quando mi guardava insistentemente, facendo ribollire tutto il mio corpo, quando mi toccava, lo faceva delicatamente, quasi fossi la cosa più preziosa e delicata del mondo. Nessuno mi aveva mai trattato in quel modo, nemmeno Jacob, nessuno mi aveva mai guardato come faceva lui, e questo mi portava sempre più ad avvicinarmi, ma la mia mente m’imponeva sempre di stargli alla larga se non volevo legarmi per sempre a quella città.

«Bella! Abbassa questo fracasso!» l’urlo di Charlie mi raggiunse forte e chiaro nel salotto. Avevo messo la musica a tutto volume e avevo cominciato a saltellare nel letto facendo finta di avere una chitarra in mano e suonarla. Sbuffai e scesi dal letto, andando a spegnere direttamente lo stereo. Per me la musica a basso volume non era musica, si doveva percepire, sentire, toccare nell’aria, ti doveva trasmettere delle emozioni. Sentii la vibrazione del cellulare, che in quel momento non ricordavo dove fosse. Da quando ero arrivata non avevo messo in ordine nemmeno una volta, troppo sfaticata e con poca voglia di vivere per fare quel lavoro.

La porta della camera si aprì, svelando un Charlie molto irritato «Quante volte ti ho detto di non mettere la musica così forte? Da fastidio ai vicini».

«O a te?» risposi dirigendomi verso il bagno per cambiarmi. I Cullen mi avevano invitato a casa loro, per passare un pomeriggio insieme a guardare dei film. Avevo accettato solamente per stare con Edward, mi mancava giocare con lui.

Sentii uno sbuffo dall’altra parte della porta «io sto andando a lavoro, se hai bisogno di me ricorda di chiamarmi» sentii la porta della mia camera chiudersi subito dopo aver sentito quelle parole. Indossai i miei vestiti e uscii dalla stanza. Sentii il suono di un clacson provenire dal mio giardino. Sicuramente Jasper e Rosalie erano passati a prendermi.

«Su Bella! Muoviti, siamo in ritardo»

«Sto arrivando ragazzi» mi chiusi la porta alle spalle e salii in macchina.

 

POV EDWARD.

«Mi raccomando ragazzi, non portate nessuno in casa e state tranquilli, non mi fate trovare nulla di rotto. Io e vostro padre torneremo domani» era da circa dieci minuti che nostra madre non faceva altro che farci raccomandazioni che avremmo violato non appena avessero varcato la soglia di casa. Avevamo invitato gli Hale e Bella a passare un pomeriggio da noi, ero andato a prendere dei film quella mattina di nascosto, sotto le continue chiamate di Alice che non la smetteva di dettare ordini.

«Sì mamma, sappiamo tutte le regole a memoria, non c’è bisogno che le ripeti ogni volta che vai via» sbuffai sonoramente lasciandomi cadere sul divano insieme agli altri ragazzi. Eravamo stati abituati sin da piccoli all’assenza dei nostri genitori, nostro padre, Edward Sr. era sempre in viaggio per lavoro e mamma lo seguiva sempre, lasciando noi in quell’immensa casa.

«Okay amori, noi andiamo, se avete bisogno di qualsiasi cosa, chiamate».

«Okay mamma, fate buon viaggio» Alice abbracciò nostra madre, poi la condusse sulla soglia di casa.

«Mi raccomando!» papà rientrò per prendere la valigia.

«Certamente» Alice salutò i nostri genitori con la mano sull’uscio di casa, poi chiuse la porta e si voltò verso di noi «liberi!» le sue dita andarono a comporre immediatamente il numero di Jasper.

«Ehi amore mio, i miei…»

«Ansioso di rivedere Bella?» Emmett mi distrasse da quel folletto, dandomi una pacca sulla spalla.

Lo fulminai con lo sguardo, pronto a controbattere, quando il rombò di un motore cominciò ad avvicinarsi sempre di più.

«Sono arrivati».

 

POV BELLA.

Odio. Odio puro per i film horror. Stavo cercando di nascondere la mia paura, ma ogni qualvolta ci fosse una scena paurosa, tremavo. Avevo notato lo sguardo divertito di Edward addosso ogni qualvolta sobbalzassi, ma non me ne curai più di tanto, sicuramente li aveva scelti lui quei film. Nella stanza vi era un buio pesto, solo la tv riusciva a illuminare flebilmente una piccola parte del salotto. Mi trovavo tra Edward e Emmett, schiacciata dall’enorme corpo di quest’ultimo.

La protagonista stava scappando nel buio di casa sua da un fantasma che nemmeno si vedeva, tranne che per una maschera che aveva in mano, chiunque la indossasse diventava un demonio. Avevo optato per un semplice film d’azione, ma avevo perso le speranze di convincere i ragazzi quando questi, sotto la mia proposta, mi fulminarono con lo sguardo.

Ero piena d’ansia. All’urlo della ragazza mi strinsi completamente a Edward, in un gesto istantaneo e impulsivo, non dettato certamente dalla mia mente. Per un attimo sentii il suo corpo immobilizzarsi completamente, colto dalla sorpresa inaspettata del mio gesto, dopo qualche secondo circondò le mie spalle con il braccio e mi strinse ancora di più a se. Per tutta la durata di quel gesto mi sentii sicura e amata, protetta da qualsiasi controversia. Il suo profumo da uomo arrivava forte e chiaro alle mie narici, ero sicura che quella notte lo avrei sentito sulla mia pelle, marchiato  come le carezze che stava lasciando delicatamente sul mio braccio destro con le dita, come temesse una mia reazione negativa, ma non avrei rovinato quel momento, mi sentivo troppo bene, in pace con me stessa. Per un momento immaginai la mia vita se avessi scelto Edward sin dall’inizio, e ciò che vidi mi piacque molto, vidi una ragazza felice, sicura, amata, una ragazza che non doveva celare le sue emozioni dietro un volto beffardo ed egoista, che non aveva sofferenze perché aveva accanto un ragazzo che la rispettava e la venerava. Vidi una ragazza normale, senza un passato da alcolizzata e cocainomane, senza un passato pieno di violenze subite da parte di un ragazzo che si credeva di amare. Mi strinsi ancora di più a Edward, una lacrima solcò il mio volto a causa della mancanza, mancanza di qualcosa di buono e genuino nella mia vita, mancanza di un amore che da sempre mi era stato negato, sia dalla mia famiglia, che dalle mie relazioni.  Non ero mai stata una ragazza normale, tutti mi conoscevano come la dura, la ragazza facile, che vuole solo divertirsi e spassarsela. Ma solo io sapevo che dentro di me soffrivo come un cane, che mi ero pentita di tutte le scelte fatte negli ultimi tre anni, che non volevo vivere quella vita. Volevo migliorare, volevo finalmente essere me stessa e non vergognarmi di quello che facevo, volevo essere una ragazza che veniva umiliata pubblicamente dal suo ragazzo.

Il tempo tra le braccia di Edward passò velocemente, tanto che non mi accorsi della fine del film fino a quando Edward non recuperò il telecomando, diminuendo il volume del televisore.

«Davvero un bellissimo film» commentò Rosalie, ancora abbracciata a Emmett, intenta a guardare i titoli di coda.

Mi alzai e mi stiracchiai «Già» in realtà non sapevo neanche come fosse finito.

«Anche ad Alice è piaciuto molto» il tono di Jasper era allusivo, mi accorsi che Alice era accovacciata sul divano sotto una coperta, con gli occhi chiusi e la bocca semi aperta. Era dolcissima quando dormiva.

«Che ne dite di fare una partita di basket?» Emmett propose l’idea.

«Io non gioco» Rosalie si alzò e spense la tv, io annuii, completamente d’accordo con la mia amica.

«Okay, giocheranno gli uomini» Jasper si diede un pugno leggero al petto, serio.

Uscimmo fuori, io e Rosalie ci sedemmo sulla panchina sotto il portico di casa, mentre Edward, Jasper ed Emmett si diressero al piccolo campetto da basket che si trovava dietro la loro casa. Cominciarono a giocare, uno contro tutti. Ammiravo i loro movimenti, ma quelli che mi colpirono di più furono quelli di Edward. Era fluido nei movimenti, si prendeva gioco degli avversari facilmente, senza nessuna difficoltà, ma dalla fronte corrucciata potevo capire che stava pensando  a un modo per abbattere quel muro e fare canestro.  Vidi riflessa me stessa, intenta a prendersi gioco della gente, cercando un modo per rendere la mia vita migliore.

Edward era bello, mi piaceva guardarlo giocare, mi piaceva quando si mordeva le labbra, trovatosi in difficoltà. Era troppa tentazione.

«Ti piace vero?»

«Eh?»

«Edward, ti piace» scandì ogni sillaba, sottolineando quella frase.

«No, cosa te lo fa credere?»

«Come lo guardi. Te lo stai letteralmente mangiando con gli occhi» mi sorrise, fiera della sua ipotesi.

«Non è che mi piace…»

«Te lo faresti molto volentieri» m’interruppe lei, cominciando a ridere.

«Sì, me lo farei molto volentieri» ripetei le sue parole, confessando una parte dell’attrazione che provavo per quel ragazzo.

«Non sei l’unica, Edward piace a molte ragazze, ma lui non è mai stato attratto da nessuna fino ad ora, non si è mai innamorato, ha sempre cercato rapporti da una notte e via. Eppure lui non è così, lui è un bravo ragazzo, ho sempre detto che nasconde qualcosa di speciale, ha solo bisogno di qualcuno che glielo tiri fuori, ho sempre creduto in te sin dall’inizio».  Non capivo il significato delle parole di Rosalie. In che senso aveva sempre creduto in me? ci conoscevamo da sole tre settimane, non era abbastanza da ripormi tutta la sua fiducia.

«Sin dall’inizio?»

Annuì «Beh, sai che Edward ha sempre avuto una cotta per te, sei stata l’unica per cui lui abbia davvero provato interesse. Credo che sia persino innamorato di te, ma non posso esserne certa»

«Innamorato è una parola grossa»

«motivo in più per rifletterci sopra» disse alzando le sopracciglia e indicando Edward con un cenno del capo. Mi voltai a guardarlo e lo vidi fissarmi, non curante di Emmett e Jasper che gli ronzavano intorno, cercando di recuperare la palla. I miei occhi incontrarono i suoi e molte miei dubbi furono accertati. Forse Edward cominciava a piacermi veramente.

«…anche se non sempre sono circolate buone voci sul suo conto…»  mi ero persa gran parte del discorso di Rosalie, ma catturai bene l’ultima frase.

«Cosa vuoi dire?»

«Circa un anno fa si è sparsa la voce che abbia violentato una ragazza, a una festa. Lui ha sempre negato, ma non si è mai scoperta la verità…»

«Chi era?»

«La ragazza? Non credo ti farebbe piacere saperlo» disse, un sorriso amaro dipinto sul volto.

«Rosalie, dimmelo»

«Beh, si dice abbia violentato Angela Weber… la tua amica. Ma ne lei, ne lui si sono mai pronunciati riguardo quest’argomento, hanno continuato la loro vita sotto lo sguardo di tutti i ragazzi, li ho davvero stimati per questo…» mi persi il resto del discorso di Rosalie, poiché ero incentrata su un altro pensiero. Angela… come aveva potuto non dirmi nulla? Erano vere quelle voci? Adesso si spiegavano tutti i sorrisi amari che le riempivano il volto quando si parlava di Edward, li riconoscevo benissimo nonostante cercasse di camuffarli in sorrisi felici. Sentii subito gli occhi pungermi per le lacrime che minacciavano di uscire, ma cercai di trattenerle, non potevo farmi vedere debole, e poi non potevo sicuramente piangere senza un “motivo”. Quella frase di Rosalie mi aveva portato a pochi mesi prima, quando io ero vittima delle violenze subite da Jacob, quando ero io a non pronunciarmi riguardo quei maltrattamenti, nemmeno con Wendy, provavo vergogna e repulsione per me stessa, e capivo Angela.

Mi alzai dalla panchina e mi allontanai da tutto il gruppo, sentivo lo sguardo fisso di  Edward addosso, ma non me ne curai, mi avvicinai a una vecchia quercia e lì diedi sfogo alle mie lacrime.

Una presa ferrea mi tolse le mani dal volto, scoprendomi vulnerabile e debole, in mezzo a quell’offuscamento riconobbi lo smeraldo degli occhi di Edward, quegli occhi che mi trasmettevano tanta sicurezza.  Con uno schiaffo sulle mani lo allontanai da me e corsi dal punto opposto a dove si trovava lui, lontano dal mostro che era.

«Bella? Stai bene?» si avvicinò nuovamente a me e mi accarezzò le braccia, lo scansai violentemente, cominciando a tremare.

«Non mi toccare! Mi fai schifo!» avevo la voce rotta dal pianto e il mio tono di voce era visibilmente isterico, raramente mi mostravo così, tranne quando… non volevo nemmeno pensarci.

«Bella? Che ti prende? Cosa ti ha detto Rosalie?»

«Sei un farabutto Edward! Non dovevi farmi questo, tutto ma non questo!»

 

POV EDWARD.

Confusione, totale confusione. Cosa aveva detto Rosalie di così grave da provocare la crisi isterica di Bella? E perché non voleva essere toccata da me dopo la loro chiacchierata. Avrei parlato con Rosalie più tardi, meritava un bel discorsetto.

Mi avvicinai ancora una volta a lei, che mi scansò nuovamente «Bella, stai bene? Cosa ti ha detto Rosalie?»

A quel nome spalancò gli occhi e scosse la testa violentemente «Niente, non mi ha detto nulla» sussurrò, scossa dai fremiti.

«Bella? Cosa ti ha detto?» alterai il tono della voce, sperando potesse darmi retta e rispondermi piuttosto che tenermi sulle spine.

Scosse nuovamente la testa, tenendosela tra le mani «no, no» continuava a sussurrare parole sconnesse, non riuscivo a capirla, cosa le era successo? Cosa aveva ascoltato? La curiosità mi stava divorando. Si accasciò a terra, inerme ed estremamente fragile, come un bambino appena nato, come una donna a cui era stato tolto tutto.

Mi inginocchiai accanto a lei, intrappolando le sue mani in una presa ferrea «Bella? Cos’hai sentito?»

Ad un tratto disse un nome, un nome che avrebbe spiegato la sua rabbia, la sua repulsione, ma non la sua crisi «Angela… l’hai violentata»

Come poteva averle raccontato quel fattaccio? Avevo sempre cercato di dimenticarlo. Era stata Carmen Wickly a spargere la voce, quella sera l’avevo completamente snobbata per conversare con Angela, una ragazza che non avevo mai calcolato più di tanto ma che mi stava molto simpatica, non avevo intenzione di andarci a letto, volevo soltanto parlare con lei, esserle amico. Purtroppo Carmen si era sentita rifiutata e, vedendo le attenzioni che rivolgevo ad Angela, aveva messo in giro quelle voci. Non avevo mai detto nulla per smentire, sicuro che nessuno mi avrebbe creduto, e neanche lei lo aveva fatto, voleva aiutarmi, e avevamo deciso insieme di rimanere in silenzio.

«No Bella! Non l’ho mai violentata! È tutto falso Bella, non lo permetterei mai» le tolsi le mani dal volto e cercai di asciugarle le lacrime, che non accennavano a smettere di uscire dai suoi occhi «Bella calmati, non ho fatto nulla, davvero, è tutto falso, non ho mai violentato Angela, non lo farei mai», l’avvolsi tra le mie braccia e la strinsi a me.

«Giuramelo. Giurami che non le hai fatto nulla».

«Lo giuro».

Rimase tra le mie braccia finché non si calmò, rimanemmo in quella posizione per quasi tutto il pomeriggio, ma non stancai, non quando avevo lei tra le braccia, non quando era lei a voler essere abbracciata. Avrei aspettato che si fosse calmata all’infinito.

«Bella?» cercai di misurare le parole, facendo attenzione a non farle versare altre lacrime.

«Sì?» aveva la voce roca.

«Perché?»

Ero sicuro mi avrebbe capito, lei mi aveva sempre capito «Diciamo che non ho avuto un passato facile Edward, tutto quello che sono non è nemmeno paragonabile a quello che ero prima…»

«Cosa ti è successo?»

«L’amore, l’amore mi ha completamente distrutta Edward, mi ha portato via la mia vita e mi ha resa completamente infelice» cos’aveva mai dovuto passare di così grave da averla cambiata totalmente? «mi sono innamorata Edward, o almeno credevo di essere innamorata, non sapevo che l’amore vero era ben distante da quello che in realtà provavo per Jake. Mi ci sono messa insieme, e sono entrata nel mondo della droga e dell’alcool, sono diventata una ragazza totalmente diversa, una ragazza triste e modellabile nelle mani del mio ragazzo, mi maltrattava, mi violentava, ma non ho mai opposto resistenza, non ne ho mai avuto il coraggio. Finalmente dopo due anni dalla nostra relazione mi sono accorta che così non poteva andare avanti, che dovevo uscire dal tunnel in cui ero entrata.  Così mi disintossicai, mi feci aiutare da Wendy, la mia migliore amica, ci sono riuscita solo qualche mese fa, sono venuta a Forks per cambiare completamente aria, dimenticare per un periodo ciò che ero stata. Ma dopo qualche giorno dal mio arrivo, ho ricevuto la chiamata di Jake, ho avuto nuovamente una crisi di pianto. Ancora ricordo le sue sudicie mani sul mio corpo, la violenza che metteva nei suoi gesti, la violazione del mio corpo senza alcun ritegno, davanti a centinaia di persone, sono cose che non dimenticherò mai così facilmente Edward, queste sono cose che restano impresse nella mente, marchiate a fuoco, e stai sicuro che ci penserò due volte prima di innamorarmi di nuovo di un ragazzo che non conosco.  Quando Rosalie mi ha raccontato quest’episodio ho dato di matto, perché non riuscivo a immaginare che un ragazzo come te potesse violentare una persona, tu che mi trasmetti così tanta protezione non puoi deludermi così facilmente» si era stretta nuovamente al mio petto.

La strinsi ancora più forte, non avevo mai immaginato che Bella potesse avere un passato così violento, lei che da sempre mi era sembrata una donna forte e coraggiosa, lei che mi era sempre sembrata una che si prende gioco di te e che non si fa mettere i piedi in faccia da nessuno. Era sempre stata tutta una finzione per nascondere il suo animo leggero e delicato. Pensai che Bella aveva davvero bisogno di aiuto, di sostegno, e che non fosse così forte e indipendente come pensavo.

«Non ti deluderò mai Bella. Ci tengo davvero a te, non permetterò a niente e nessuno di farti del male. È una promessa che non infrangerò» le alzai il mento e vidi i suoi occhi gonfi e arrossati per il lungo pianto. Nonostante la matita le fosse colata dagli occhi, nonostante i suoi capelli fossero scompigliati e pieni di nodi, nonostante fosse in uno stato pietoso, per me rimaneva ugualmente bellissima, imparagonabile a qualsiasi altra ragazza nell’universo.

I nostri volti erano a millimetri di distanza, potevo sentire il brivido dell’attesa di quel bacio.

Bacio che non arrivò.

«Ragazzi! È pronta la cena!»

 

*ANGOLINO DI GUE§§*

Ciao a tutti! Piaciuto il capitolo? finalmente Edward ha scoperto la sofferenza di Bella, e quest'ultima ha confessato di avere molto più di una semplice attrazione per Edward. Spero vi sia piaciuta la sorpresa! Grazie a chi ha recensito la mia storia, mi fate veramente felice, e a tutti quelli che l'hanno aggiunta tra le preferite, le seguite e le ricordate. Voi nemmeno immaginate il sostegno che mi date premendo solo dei semplici tasti. Ci vediamo al prossimo capitolo, un bacio! La vostra Gue§§

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Capitolo 10
*** Meglio smettere ***


 

POV EDWARD.

In quel momento odiai mia sorella più di qualsiasi altra cosa al mondo. Le nostre labbra si erano quasi sfiorate, e lei aveva interrotto il nostro momento con una stupida cena. Ero seduto di fronte a Bella, che rigirava la forchetta nel piatto senza mangiare quello che aveva di fronte, aveva sicuramente lo stomaco chiuso per quello che era successo.  I suoi occhi non avevano incrociato i miei neanche per un secondo da quando avevamo varcato la soglia di quella casa, il suo atteggiamento era completamente diverso.  

«Bella? Quello non lo mangi?» Emmett aveva spolverato tutto il suo piatto, più quello di Rosalie e anche un po’ del mio.

Bella gli sorrise forzatamente, scuotendo delicatamente la testa, non se lo fece ripetere due volte, le tolse il piatto di davanti e lo spolverò in due secondi, dopodiché si appoggiò allo schienale della sedia, massaggiandosi la pancia «Sono pieno fino all’ultimo capello» esclamò infine, sorridendo e stringendo Rosalie a se, che lo guardava allibita «E dai, amore! È inutile che fai quella faccia! Sappiamo entrambi che mi vuoi nel pieno delle mie forze quando…»

«Stop! Stop. Non voglio sentire altro!» Alice si alzò dalla tavola, cominciando a togliere qualcosa.

«Aspetta Alice, ti aiuto» Bella si alzò e andò in cucina portando i piatti. Era davvero strana, quasi fosse priva di forze, quasi volesse evitarmi.

Io e gli altri ci alzammo e ci andammo a sedere in salotto, mentre Rosalie aiutava le altre due ragazze.

«Allora? Con Bella? Eh?» Emmett mi diede una gomitata, seguita da un occhiolino. Per poco non spalancai la bocca, sembrava un ragazzino di tredici anni.

«No Emmett, non abbiamo fatto sesso» dissi, rispondendo alle chiare domande che vorticavano nella sua mente vuota. Jasper si voltò verso di noi e scosse la testa facendo un’aria indignata, poi si sdraiò sul divano e si mise a guardare una partita di baseball, ignorandoci spudoratamente.

«Ehi! I piedi sul divano no» esclamai quando, credendo che non me ne sarei accorto, stava per mettere i piedi sul bracciolo del divano di pelle bianca.  Lui sbuffò in risposta e li gettò di nuovo per terra, aumentando il volume della tv.

«Non ci credo che non abbiate fatto sesso! Cosa avete fatto allora un pomeriggio in mezzo a quegli alberi? Anch’io e Rosalie la nostra prima volta abbiamo detto a tutti che avevamo solo parlato. Intanto il tavolo da biliardo non è servito proprio per giocarci alla festa di compleanno di Jasper» sussurrò Emmett, credendo che Jasper non lo avesse sentito.

«Avete fatto sesso sul MIO tavolo da biliardo?» Jasper si alzò istantaneamente dal divano, guardando Emmett con un’espressione irritata, tra il “questo lo uccido” e il “ il mio tavolo da biliardo!”.

«Scusa Jazz, ma tua sorella era troppo provocante in quel vestito» disse Emmett, senza dargli troppa importanza, snobbandolo.

Cercai di trattenere le risate, cosciente che se solo avessi riso, Jasper mi avrebbe squartato vivo. Decisi di ignorarlo anch’io «Abbiamo solamente parlato», la mia attenzione si focalizzò sulla partita, i Bakers erano davanti di due punti.

«Tu non me la racconti giusta»

«Davvero. Se farò sesso con qualche ragazza, ti avvertirò» se avessi fatto l’amore con Bella, sarei stato impegnato a farla mia giorno e notte, piuttosto che correre da lui a raccontargli i minimi particolari.

 

POV BELLA.

C’eravamo quasi baciati, com’era stato possibile. Ancora non riuscivo a crederci, eppure le nostre labbra si erano trovate a un soffio, potevo sentire già la morbidezza delle labbra di Edward quando si sarebbero poggiate sulle mie. Niente, non sapevo che quel momento sarebbe stato rovinato da una pazzoide.

Era mattina, il sole filtrava debolmente dalle tende della mia camera, e il mio umore era a dir poco sottoterra.  Ripensavo alla sera precedente, Edward ed io c’eravamo quasi baciati, io avevo cercato di baciare Edward, il che era dannatamente impossibile, eppure stava per succedere. Forse non ero così indifferente a Edward. Con lui stavo bene, mi sentivo al sicuro e anche amata. Possibile dovesse capitare tutto a me? Avevo deciso di non voler avere delle storie serie, e adesso me ne stavo cercando proprio una non riuscivo a crederci, mi stavo veramente innamorando di Edward, dei suoi occhi verdi, della sua ingenuità, di quello che riusciva a trasmettermi. Ma non volevo innamorarmi di nuovo, soffrire ancora, essere abbandonata e ridotta di nuovo a pezzi, non lo avrei sopportato una seconda volta, sarei uscita fuori di testa. Eppure la voglia di vederlo era incessante, ripiombava nella mia mente ed era il mio unico pensiero. Chiamarlo e andare da lui.

POV EDWARD.

«Al… Alice dammi il cellulare!»

«Che c’è, è diventata la tua nuova ragazza?» correvo da una parte all’altra del salotto, cercando di recuperare il cellulare che Alice mi aveva rubato non appena aveva visto che mi stava chiamando Bella.

«Alice, dammi quel cellulare!» mi fermai di botto, lei a tre metri di distanza da me.

«Vediamo… potrei rispondere io e dirle che sei nella doccia» premette il tasto verde prima che potessi controbattere.

«No A…»

«Ciao Bella! Edward sta facendo la doccia… o certo, lo avvertirò… a La Push? Okay!» terminò la chiamata con un sorriso sfavillante sul volto «Vuole incontrarti, lei sta andando a La Push, vuole parlare con te. Ti stimo fratellone!» mi diede una pacca sulla spalla e mi porse il cellulare, lo presi senza dire una parola e lei salì le scale, man mano che si allontanava sentivo la sua risata cristallina farsi sempre più lontana. Cosa voleva dirmi Bella da volermi incontrare in un luogo abbastanza isolato?

 

POV BELLA.

Le sue labbra erano a pochi centimetri dalle mie, sentivo già il loro sapore in bocca e la salivazione veniva a mancare. Colmai la distanza di qualche millimetro, intrecciando le mani dietro la sua nuca. I nostri respiri si erano fatti decisamente più corti e i nostri occhi non accennavano a staccarsi. La parte razionale di me stava cercando di ricordarmi la promessa fatta quella mattina, di non cercare minimamente di baciare Edward, interruppi quell’atmosfera appena in tempo per non sentire le sue labbra sulle mie.

Mi maledissi con tutta me stessa. Perché dovevo avere così paura?

«Allora? andiamo in spiaggia?» mi allontanai di qualche metro, indicando il mare.

«Non volevi parlare?» la sua espressione era spiazzata, di certo non si aspettava un simile comportamento da me. Si avvicinò nuovamente e cercò di nuovo un contatto con le mie labbra, contatto che gli negai puntualmente.

«Beh, non è che cercare di baciarmi sia proprio parlare…» sorrisi, notando la sua espressione imbronciata.

«In entrambe si usano le labbra e la lingua… quindi le due cose sono molto simili…» questa volta mi prese per i fianchi e mi avvolse in una presa ferrea, si avvicinò nuovamente ma io lo allontanai con le mani.

«Dai, Edward! Smettila di fare il bambino!»

Sbuffò pesantemente, aveva cominciato ad arrabbiarsi «Insomma Bella! Cinque minuti fa mi hai detto che ti piaccio e che “forse” sei innamorata di me. Quando poi provo a baciarti ti allontani! Non è una reazione normale…»

«Puoi piacermi anche come amico…» gli rispondo, ricevendo un’occhiata fulminante.

«Okay, okay… non ti considero un amico, su questo siamo d’accordo. Ma non vuol dire che devo per forza baciarti!»

«Di solito, quando due persone si piacciono, le cose vanno così» si avvicinò di nuovo a me, cogliendomi di sorpresa, riuscendo a baciare solo l’angolo della mia bocca. Lo allontanai nuovamente.

«Edward! Potresti smetterla di assalirmi per un attimo? Ti chiedo solo un minuto!».

Fece il broncio e si allontanò da me, inforcando gli occhiali da sole «Fa come vuoi» si diresse verso la spiaggia, con le mani in tasca e le spalle curvate.

Sorrisi, in fondo Edward era così tenero, adoravo quando si arrabbiava, mi ispirava un istinto materno. Fu forse per quel motivo che corsi da lui e lo abbracciai da dietro, nonostante lui mi avesse completamente ignorato.

«Edward»

Continuava a camminare, ma gli venne abbastanza difficile, visto che aveva me ancorata saldamente alla sua schiena. A un tratto vidi il suo braccio destro sollevarsi e venire dietro di me, credevo mi volesse allontanare da lui, ma fece una cosa alquanto inaspettata. Mi cinse le spalle e mi strinse a se, portandomi al suo fianco. Continuai ad abbracciarlo, e fu allora che sentii le sue labbra depositare un bacio tra i miei capelli, gonfiandoli con il suo fiato. Mi sentii dannatamente, infinitamente bene, come se fossi nella mia bolla di perfezione, le farfalle nello stomaco si agitarono in una maniera indescrivibile, provocandomi quasi la nausea, ma era una sensazione piacevole, anche il braccio di Edward sulle mie spalle e le sue labbra che non abbandonavano i miei capelli, mi sentivo completamente amata.

«Scusa» sussurrai al suo petto, per poi baciargli la mano che era appoggiata alla mia spalla.

«Scusa tu, sono solo un ragazzino innamorato» lo sentii sorridere e stringermi ancora di più a sé.

«E io sono solo una ragazzina che ha paura» ammisi, nascondendo il volto.

Il suo pollice tracciò una linea leggera sul mio volto «Quello che provo per te è molto più di un semplice ti voglio bene, lo sai benissimo».

Mi bloccai di scatto a quelle parole, cosa avrei dovuto rispondere? che anche per me era la stessa cosa? Avrebbe provato di nuovo a baciarmi, ed io non volevo farlo. Avrei dovuto dirgli che gli volevo bene? Avrebbe frainteso e avrebbe dedotto che lo stavo solamente prendendo in giro. Non risposi.

Fraintese il mio silenzio come uno stupore, mi prese il viso tra le mani e cercò di catturare i miei occhi, ma io non facevo altro che fissare la sabbia «Ascoltami Bella, sono disposto ad aspettare, ad aspettarti. Sono disposto a sopportare questa maledetta lontananza, tutto, pur di farti felice. Ma non puoi continuare a tenermi in bilico, nell’incertezza che se faccio o dico qualcosa di sbagliato, tu andrai via da me. Posso accettare tutto, ma non questo» aveva dannatamente ragione, con quel mio comportamento non saremmo arrivati a nulla di buono per noi, ci saremmo soltanto fatti del male.

«Stringimi Edward» come al solito, non gli diedi una risposta, ma cercai riparo tra le sue braccia. Lo sentii sospirare rassegnato, aveva capito che non ero pronta a una relazione seria, ma che non volevo lasciarlo andare. Almeno, speravo avesse capito questo.

 

 

 

Il pomeriggio passò meravigliosamente, ci divertimmo un casino tra lotte, rotoloni per terra e acqua schizzata, anche se quando arrivammo a casa sembravamo due pulcini fradici che si erano rotolati nel fango. Per fortuna Charlie non era ancora arrivato.

«Ci vediamo alla festa di questa sera?» Edward si sporse dal finestrino.

«Certo» mi chiusi la porta di casa alle spalle e mi diressi direttamente nella doccia, cercando di non sporcare il pavimento.

M’infilai sotto il getto dell’acqua calda, sorridendo al pensiero di Edward che mi abbracciava da dietro mentre guardavo il tramonto.

 

POV EDWARD.

«Jasper? Perché ultimamente questa casa è diventata più tua che mia?»

«E tu da quando fai la doccia vestito?»

«Da quando sono andato in spiaggia»

«Da quando sto con tua sorella».

Quando Jasper faceva così non lo sopportavo per niente, volevo tanto ucciderlo e sotterrarlo a dieci metri sotto terra. Purtroppo era incluso nel pacchetto con Alice, e di certo non potevo rinunciare a mia sorella, a meno che…

«Edward! Corri subito a lavarti! Non voglio una goccia in più versata sul mio parquet» mamma era piombata in salotto con l’aria da dittatore al quale era stato appena detto di no.

«Sì, sto andando» mi diressi pigramente alle scale, pronto a fare una bella doccia calda.

 

 

POV BELLA.

«Ehi, posso offrirti qualcosa da bere?» il barista si era avvicinato a me con l’aria di chi la sapeva lunga.

«Un Gin Lemon» gettai la borsa sul bancone e poggia la testa tra le mie mani, ballavo da due ore consecutive e la corsa di quella mattina non mi aiutava di certo a mantenermi carica, ci voleva dell’alcool.

«Ecco a te, offre la casa» mi fece l’occhiolino, che fu ricambiato da uno sguardo disgustato. Mi volta verso la pista, Edward non si era ancora fatto vedere, eppure erano le undici passate, avrebbe dovuto essere lì già da un bel pezzo. Sbuffai e controllai al cellulare se avevo qualche messaggio, proprio niente di niente, non voleva farsi vivo. Forse aveva avuto un impegno? Era il caso chiamarlo? No, non volevo essere troppo pesante, e poi non stavamo nemmeno insieme, non potevo fare la fidanzata ossessionata.  Bevvi in un sorso il mio drink e lo posai sul bancone, pronta a rimettermi nuovamente in pista, questa volta senza il pensiero fisso di Edward.

«Ehi! Ciao!» vidi un viso conosciuto avvicinarsi sempre più a me, mi sorrideva, ma non capivo dove avevo incontrato quel ragazzo.

«Saresti?» lo guardai incuriosita, poi rimisi il cellulare nella borsa, attendendo una risposta che non tardò ad arrivare.

«Tom Newton… ti ricordi? Quella festa… circa un mese fa,..» gesticolava nervosamente con le mani, quasi fosse in imbarazzo, credeva davvero che potessi andare di nuovo a letto con lui? Povero illuso. E poi, molte cose erano cambiate dall’ultima volta.

«Mi chiedevo se… ne avessi parlato con qualcuno… di quella sera…»

«Non sono un tipo che vanta le sue conquiste, anche perché di molti non so nemmeno il nome… »

«Te ne sarei grato se non ne parlassi con nessuno… tra circa un mese mi sposo e quello è stato solo un banalissimo errore»

Lo guardai schifata «tradire la tua futura moglie è un banalissimo errore? Non parlerò Newton, ma tu fatti un esame di coscienza prima di sposare quella povera ragazza» feci per alzarmi, ma quel che vidi mi stupì e non poco. Dall’altra parte della sala, un Edward sorridente e sfavillate con una ragazza arpionata al braccio. Sorrideva beato, quasi quel pomeriggio non fosse successo nulla e io non lo stessi cercando da quando avevo messo piede in quella sala. Abbandonai quel povero ragazzo al bancone e mi diressi alla pista da ballo, pronta per vendicarmi.

Agganciai subito un ragazzo carinissimo, di certo non era alle prime armi, sembrava il classico tipo che se la tira, a cui piace fare esperienze piccanti e parlarne il giorno dopo insieme agli amici. Proprio quello di cui avevo bisogno. Mi strusciai seducentemente su di lui, potevo notare già il leggero gonfiore tra le sue gambe. Le sue mani si arpionarono subito ai miei fianchi e le sue labbra furono sul mio collo. Ci sapeva fare il ragazzo. Continuammo a strusciarci.

«Ciao angelo» riguardo a frasi, era a dir poco banale.

Non risposi, gli misi le mani al collo e continuai a muovermi, incurante di quello che mi succedeva attorno. Se lui poteva divertirsi, allora anch’io ne avevo tutto il diritto, ma non doveva trattarmi così, non poteva dirmi che voleva stare con me e due ore dopo farsi trovare avvinghiato a un’altra, mi sentivo realmente ferita, ma tentavo di non badarci, tentavo di divertirmi e non pensare a nulla in verità.

I miei propositi sarebbero andati  a buon fine, se qualcuno non mi avesse strattonato e portato fuori dalla pista, in un posto isolato e silenzioso, fuori dal locale.

Strattonai il braccio, liberandomi da quella presa ferrea. «Edward! Lasciami stare!»

I suoi occhi mi pietrificarono, non vi era una scintilla, ma milioni che trasmettevano pura rabbia, teneva la bocca in una linea dritta, il suo petto si alzava e si abbassava a ritmo abbastanza sostenuto. Non lo avevo mai visto così arrabbiato, in realtà non avevo mai visto qualcuno così arrabbiato come lo era Edward in quel momento.

Tutta l’irritazione che mi aveva trasmesso quel suo gesto si smontò improvvisamente, sostituita dalla preoccupazione «Edward, stai bene?» poggiai una mano sulla sua spalla, ma essa fu scrollata furiosamente.

«Edward?»

Con la mano mi fece segno di tacere, poi cominciò a camminare avanti e indietro «Mi hai detto che ti interesso, che vorresti provarci, a stare insieme a me, che provi attrazione. Poi ti vedo in un locale, con un vestito che ti copre sì e no il fondoschiena, a strusciarti con un tizio che nemmeno conosci, e non hai nemmeno provato a cercarmi, mi dici come posso credere alle parole di questo pomeriggio?»

«Beh, se proprio vuoi saperlo, ho messo questo vestito per te, ti ho visto sorridente e a tuo agio con una ragazzina che avrà più o meno  quindici anni, non ti fai ne vedere e ne sentire per telefono… posso pensare  che tutto quello che mi hai detto sia stata soltanto una menzogna? Posso pensare che se tu ti diverti, posso farlo anch’io?».

«è mia cugina Bella!» mi gridò contro «Si chiama Emily! È mia cugina! E ho fatto tutto di proposito, volevo vedere se tu mi avresti chiamato, evidentemente no.»

E Così aveva progettato tutto, la delusione montò in me e gli occhi cominciarono a pungermi «io non ti avrei mai chiamato»

«Perché?»

«Perché non voglio essere un peso per te! Non voglio stancarti prima ancora che tra di noi inizi qualcosa».

I suoi occhi si spalancarono per la sorpresa «Io amo essere cercato, io voglio qualcuno che mi dimostri che ha bisogno di me»

«Beh, io non sono quel tipo di persona, o almeno, non lo dimostro apertamente come vuoi tu».

«Mi dispiace per questo…»

«Forse è meglio chiuderla qui» le parole mi uscirono dalle labbra prima ancora che potessi fermarle.

«Cosa vuoi dire?» la sua voce diventò più fredda e distaccata, nonostante notavo un filo di delusione.

«Che è meglio interrompere qui qualcosa che non può nascere. Non siamo fatti per stare insieme Edward, siamo completamente gli opposti, e questo non va bene. Tu hai bisogno di qualcuno che ti cerchi, io ho bisogno di certezze, e tu questa sera me ne hai dato molto poche, come non ti ho cercato io, perché credevo fosse tutta una menzogna. Ci manca la fiducia Edward, tu sei coro subito a fare una scenata solo perché stavo ballando in modo provocante con un tizio, cosa che faccio a ogni festa, io invece ho pensato te la facessi con una ragazzina di quindici anni. Siamo corsi subito a conclusioni affrettate senza chiedere nulla, è questa è una cosa fondamentale in un rapporto. La fiducia. Se a noi manca, è meglio chiuderla qui» dissi tutto d’un fiato, per paura che potessi pentirmene, ma contro ogni mia previsione, quel pentimento non arrivava, anzi, a ogni parola diventavo più sicura di quello che dicevo.

Nel buio del parcheggio notai un leggero bagliore illuminare il suo viso, lungo gli zigomi e le guance, i suoi occhi erano lucidi.

Stava piangendo.

«Edward…»

Si scrollò dalla mia presa «Mi stai lasciando, Bella?» teneva gli occhi bassi, come se avesse paura.

Lo stavo lasciando? No «Non posso lasciarti se non siamo mai stati insieme. Diciamo che abbiamo smesso di essere amici. È meglio così Edward, fidati di me» sorrisi involontariamente, a nascondere il dolore che mi circondava completamente il petto.

«Io… non mi fido di te Bella, lo hai detto prima tu, no?» teneva i pugni stretti lungo i fianchi, ben serrati, non riuscivo a vedergli il volto, nascosto nell’ombra.

«Mi dispiace Edward…»

«Non credo proprio, e adesso smettila di fare la dispiaciuta, puoi tornare a divertirti» mi lasciò lì fuori e si diresse alla festa.

Cos’avevo fatto?

 

 

 

 

*ANGOLINO DI GUESS*

Ciao! Spero non abbia portato molto ritardo! Ci ho messo tre giorni per scrivere questo capitolo, spero sia molto apprezzato e che non vediate il lato negativo della decisione di Bella, in fondo lei lo ha fatto per evitare di far soffrire entrambi. Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente, siete davvero favolose!  E ringrazio chi mi suggerisce continuamente di fare la scrittrice, Ci tengo molto al tuo giudizio AuroraTwilight, è come una droga quotidiana per me. Spero continuiate a recensire e a seguire la mia storia. Ringrazio anche chi ha inserito la mia storia tra le seguite, preferite e le ricordate.

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Capitolo 11
*** Lenzuola ***


 

POV BELLA.

Era passata una settimana da quella famosa serata, una settimana in cui non facevo altro che maledirmi e pensare a Edward, alla sua espressione, alle sue lacrime, avevo potuto essere un mostro così orribile? Lo ero stato, avevo infranto il suo cuore e, con esso, anche il mio. Vedere Edward andare via era stato un dolore paragonabile all’abbandono di Jacob, avevo visto andar via da me anche un’ipotesi di vita migliore, lontana da ciò che ero, da ciò che sarei potuta diventare, un mostro senz’anima e senza rispetto. Non avevo piegato ciglio quando Edward era rientrato nel pub, ero rimasta nel parcheggio buoi, con le mani in tasca, e silenziosamente avevo chiamato un taxi, diretta a casa. Solo quando m’immersi tra le coperte del mio letto, compresi che avevo fatto il più grande errore della mia vita, abbandonare Edward, lasciarlo andare via.

In fondo era meglio così, se avessimo continuato a stare insieme, avremmo sofferto entrambi, e un nuovo dolore era insopportabile per me, per quello che avevo passato, non desideravo una storia tormentata, quella l’avevo già avuta, volevo avere una storia tranquilla, adorabile e invidiata. Con Edward non l’avrei avuta, e quella era una netta dimostrazione.

Eppure sentivo la sua mancanza, mi pesava enormemente, mi mancava tutto di lui, il suo profumo, la sua voce, i suoi occhi fissi nei miei.  Mi sembrava di sentire ancora il suo profumo sulla mia pelle, non riuscivo a capire come una persona potesse diventare così importante per me in così poco tempo, era davvero questo l’amore? Avere bisogno di una persona a tal punto da soffrire enormemente la sua mancanza, nonostante la sua vicinanza ti porti al dolore? evidentemente sì, l’amore non era altro che dolore, l’avevo provato sul mio corpo.

Stavo soffrendo, era vero. Ma era indispensabile, per me, per lui.

«Pronto?»

«Bella? Sono Alice, devi subito venire a casa mia! Ho bisogno di un consiglio»

«Alice… sai che io e Edward in questo momento non siamo in buoni rapporti…»

«Edward non è in casa! È uscito con Emmett! Dai Bella, vieni! È da tanto che non passiamo un po’ di tempo insieme» in fondo aveva ragione, da quando avevo litigato con Edward, passavo ogni pomeriggio con Angela, ignorandoli completamente.

«Okay Alice, dammi venti minuti» sbuffai e alzai gli occhi al cielo, controllando l’orologio.

«Te ne do dieci! Vieni subito!» riattaccò il telefono. Le buone maniere con Alice erano andate a farsi veramente benedire, ma purtroppo si doveva prendere così. Il problema sarebbe stato nel rivedere Edward, cosa avrei detto se me lo sarei ritrovata davanti, con i suoi occhi verdi e quelle labbra che volevo fare mie, sempre. Non avrei sicuramente resistito a vederlo nei suoi pantaloni della tuta e nella sua canottiera bianca.  Mi morsi il labbro, trattenendo un sorriso.

 

 

«Sei in ritardo!» Quella piccola peste era appena spuntata dalla porta, con quei piccoli occhietti severi e la bocca storta.

«Ti avevo detto che mi servivano venti minuti» sbuffai ed entrai in casa, andandomi a sedere sul divano.

«No, dobbiamo andare in camera mia… comunque mi sei mancata» mi voltai al sentire di quelle ultime tre parole e me la ritrovai tra le braccia, le sue mi cingevano fortemente la via, lasciandomi quasi senza fiato.

Le scompigliai i capelli «Anche tu piccolina».

Dopo qualche secondo mi afferrò per mano, salimmo insieme le scale e mi portò nella sua stanza, che in quel momento era irriconoscibile. Enormi cumuli di vestiti erano sparsi per tutto il pavimento, mentre il letto era completamente cosparso di biancheria intima, le scarpe erano tutte messe sui vari tappeti e le scatole erano sopra i vestiti. Guardai Alice con gli occhi sgranati, ricevendo un sorrisetto innocente da parte sua.

«Oggi io e Jasper facciamo un anno insieme… mi ha detto che ha preparato una sorpresa con i fiocchi per noi due, ma non c’è un vestito da sorpresa!» sbuffò e si lasciò cadere sul letto, completamente disperata.

Catturai tra le dita un perizoma striminzito «E questi dove li hai presi?»

Guardò l’oggetto che avevo tra le mani, poi le sue mani indicarono tutti i completini sul letto «li ho comprati tutti stamattina».

«Stamattina Alice? Hai praticamente rifatto tutta la biancheria» presi un babydoll rosso di pizzo, rigirandomelo tra le mani.

«Il fatto è che non ho mai avuto quel tipo di biancheria».

Rimasi a bocca aperta «Cioè… tu vuoi dirmi che con Jasper…».

Continuò a fissarmi, scuotendo la testa lentamente.

«Ma state insieme da un anno e non avete ancora fatto l’amore?» mi sedetti accanto a lei, cercando di restare seria.

Si mise a sedere, sbuffando e tirandosi leggermente indietro «Il fatto è che non mi sono mai sentita pronta Bella, quando mi sono messa con Jasper, avevo quindici anni, era ancora troppo presto per fare quel tipo di passo, e poi ero sicura che la mia storia con lui non sarebbe durata a lungo…»

«Perché?» non riuscivo a immaginare Alice o Jasper fare coppia con qualcun altro, loro erano fatti per stare insieme, senza alcun dubbio, quella confessione di Alice mi lasciò abbastanza interdetta.

«Perché lui è sempre stato uno dei ragazzi più carini di Forks, io invece sono sempre stata la classica sgobbona della classe, troppo timida e testarda per riuscire a fare amicizia con qualcuno».

«Come vi siete conosciuti?»

Sorrise, ricordando quei momenti piacevoli della sua vita, fatta di tanto amore e allegria «Con Jasper invece è sempre stato tutto diverso, lo conoscevo sin da quando ero nata, praticamente ero cresciuta insieme a lui e mio fratello, insieme ai suoi scherzi, ma ero sempre stata sicura che per Jasper io non fossi altro che la sorella del suo migliore amico. Un giorno mi ha confessato che era innamorato di me, lo ricordo ancora perfettamente.

Ero seduta sul portico di casa, lui è uscito dalla porta, aveva appena finito di studiare con mio fratello, io, invece, piangevo per l’ennesima buca che mi aveva dato Gerry Litclock, non vi fu bisogno che gli spiegassi il perché delle mie lacrime, lui aveva capito già tutto. Si sedette accanto a me e mi abbracciò, rimanemmo in quella posizione per l’intero pomeriggio. La sera, prima di andarsene, mi diede un bacio sulle labbra e dopo mi consegnò una lettera a cuore aperto. Non dimenticherò mai quel giorno».

«Hai ancora quella lettera?»

«Sì, ma l’ho nascosta talmente bene che non ricordo dove l’ho messa» sorrise, contagiando anche me.

«Alice, tu sei sicura di volerlo fare? Non devi sentirti obbligata solo perché è da un anno che state insieme e glielo devi. Sono sicura che se tu vuoi aspettare, lui aspetterà, perché ti ama, ne sono più che sicura».

Fu in quel preciso istante, che mi pose la domanda che mai avrei voluto sentire «E tu? Com’è stata la tua prima volta? L’hai fatto per amore?»

Bagni pubblici, davvero un luogo romantico per la mia prima volta. Jacob ubriaco, tutto il contrario del ragazzo dolce e sensibile con cui mi aspettavo di fare l’amore. Violenza, ciò di cui avrei fatto volentieri a meno. Lacrime, le mie. Sorrisi, i suoi.

«Sì, l’ho fatto per amore».

 

 

POV EDWARD.

«Grande Bakers! Ma chi siamo! Evvai!»

«Emmett, smettila di esultare sulla mia auto, non è il salotto di casa nostra».

Stavamo ritornando a casa, come il solito, quando ero in macchina con Emmett, la radio era sintonizzata su una stazione sportiva.

«Zitto, guido io e quindi decido io cosa fare o no nella mia auto».

Sbuffai e misi i piedi sul cruscotto.

«Poco fa mi è sembrato di dire che io potevo decidere cosa fare nella mia auto. Quando sei nella tua puoi fare tutto quello che vuoi, ma togli i piedi dal cruscotto!» disse l’ultima frase quasi strillando.

Vidi in lontananza l’immenso prato che precedeva la nostra casa, ben curato come sempre grazie al pollice verde della mamma.

«E adesso scendi, devo andare da Rosalie» mi diede uno scappellotto in testa, che ricambiai dandogli un pugno sulla spalla.

«E smettila di fare lo sbruffone solo perché sei più grande Emmett».

Non ricevetti nessuna risposta tranne che una sgommata e l’auto che si allontanava, sotto il mio sguardo allibito. Entrai in casa, che in quel momento era completamente silenziosa, forse non c’era nessuno a casa, i miei erano a lavoro e Alice si stava sicuramente preparando da Rosalie per l’anniversario con Jasper. Non riuscivo a credere che la mia sorellina aveva passato una anno assieme a quel decerebrato mentale, era una cosa impossibile, ma entrambi non potevano vivere senza l’altro. Chissà se avevano già fatto… al solo pensiero mi innervosivo. Era il mio migliore amico, era vero, la persona cui avevo sempre riposto tutta la mia fiducia, fino a quando non avevo scoperto che da due settimane si vedeva di nascosto con mia sorella, quel giorno mi ero davvero arrabbiato di brutto, con entrambi, beccandomi una punizione di due settimane per aver quasi rotto il naso a Jasper. Per fortuna le cose si erano risolte in meglio.

Mi sedetti sul divano, prendendo il telecomando, ma mi resi conto che in realtà non avevo voglia di guardare la tv. Un oggetto al centro della stanza catturò la mia attenzione, il mio pianoforte. Negli ultimi giorni avevo composto una melodia, dedicata esclusivamente a Bella. Mi venne l’improvvisa voglia di suonarla.

Mi sedetti sul seggiolino e le mie dita scorsero lentamente lungo quei tasti d’avorio, quei tasti in cui esprimevo sempre tutti i miei sentimenti, trasformandoli in musica. Ero sempre stato un bravo musicista, avevo imparato a suonare il pianoforte all’età di quattro anni, e da allora non avevo più smesso. Ero l’unico nella mia famiglia a suonare quello strumento, che custodivo gelosamente al centro del salotto, rialzato su una pedana di dieci centimetri.

La melodia dolce s’irradiò per tutta la casa, riempendola completamente di dolci note che stavo dedicando a una persona che non avrei mai più avuto, mai più visto, toccato, amato.  Da quella sera non l’avevo più vista, sentita, e a quanto pareva, neanche Alice. Solo Jasper aveva sue notizie, e riuscivo a capire anche il perché.

M’immersi completamente nella musica, abbandonando per quei pochissimi minuti tutti i brutti pensieri, le mie dita scorrevano velocemente lungo quella tastiera. Aggiunsi una riga armonizzante, lasciando che la melodia centrale vi s'intrecciasse.

«E' affascinante. Ha un nome?» sentii chiedere a Jasper, che non avevo sentito arrivare.

«Non ancora»

«Vi è una storia collegata?» domandò, un sorriso nella sua voce. Questo gli dava un immenso piacere, a Jasper piaceva la mia musica, me lo aveva sempre detto, diceva che mi contraddistinguevo dagli altri proprio per le mie capacità al piano.

«E'... una ninna nanna, suppongo.» Trovai l'accordo giusto. Si legò con facilità al movimento successivo, prendendo vita da solo.

«Una ninna nanna,» ripeté a se stesso.

Vi era una storia dietro questa melodia, e una volta che lo capii, tutti i pezzi si ricomposero facilmente. La storia era una ragazza con un passato difficile, dai capelli neri e folti, gli occhi color cioccolato, una bellezza come poche.

Sentimmo dei passi dalle scale e dei capelli neri corvini spuntarono sugli ultimi gradini. Alice si venne a sedere accanto a me sulla panca. Nella sua trillante, melodiosa voce, abbozzò una canzone senza parole superiore alla melodia di due ottave.

«Mi piace,» mormorai. «Ma che ne dici di questo?»

Aggiunsi la sua fila alla melodia, le mie mani volavano attraverso i tasti ora che i pezzi si erano ricomposti, modificandola un po', portandola in una nuova direzione...

Catturò l'inclinazione e cantò.

«Sì. Perfetta,» dissi.

Jasper mi diede una pacca sulla spalla.

Ma adesso potevo vedere la fine, ora che la voce di Alice sorgeva sopra la melodia e la portava verso altre parti. Potevo vedere come doveva finire la canzone, perché la ragazza triste era perfetta così com'era, e qualsiasi cambiamento sarebbe stato sbagliato, malinconico. La canzone vagò verso la comprensione, più lenta e più bassa adesso. Anche la voce di Alice si abbassò, e divenne solenne, una melodia che apparteneva ad archi echeggianti di una cattedrale illuminata da candele.

Suonai l'ultima nota, e poi inchinai la mia testa sulla tastiera.

«Edward, questo componimento è favoloso. Davvero fantastico» Alice mi strinse a se, per poi alzarsi e andare da Jasper.

«Okay, noi andiamo. Sei pronta Alice?»

«Sì, vado solo a prendere la borsa di sopra» salii le scale, lasciandoci nuovamente soli.

«Senti ancora la sua mancanza»

«Da impazzire, non riesco a non pensarla, è sempre un pensiero fisso».

Mi guardò, comprensivo «Edward…»

«Non preoccuparti per me, rispetto le sue scelte».

 

 

POV BELLA.

«… ma non le approvi» Jasper si trovava ai piedi della piccola pedana, dove in quel momento vi era seduto Edward.

«Per niente Jazz, l’aspetterei per anni se fosse necessario, tu lo sai, so aspettarla. Sempre e solo lei»

«Non credi ti stia fissando un po’ troppo su Bella?» Jasper si sedette sulla panca accanto a lui, mentre Edward pigiava alcuni tasti riproducendo una melodia malinconica appena udibile.

«Forse hai ragione, ma io la amo» a quelle parole un’immensa scarica di elettricità mi attraversò la schiena  e arrivò dritta al mio cuore. Per la prima volta fui travolta dalla consapevolezza che Edward mi amava davvero, che stava dicendo la verità e non mi aveva mai presa in giro «avrei preferito non averla mai conosciuta e continuare a sognare di poter stare con lei, piuttosto che conoscerla e perderla per sempre».

Fui strattonata alle spalle «Bella, non origliare! Senti, io devo andare, grazie mille per l’aiuto, te ne sono davvero grata, ci vediamo!» sussurrò Alice, prima di scendere le scale sopra i suoi tacchi 12 «sono pronta! Possiamo andare» stampò un bacio sulla guancia di Edward e poi sulle labbra di Jasper.

Sentii la porta d’ingresso chiudersi e il silenzio piombare nella stanza, un sospiro, il suo. Poi ancora il suono dei tasti pigiati del pianoforte, la melodia di poco prima.

Era il caso di farmi vedere o tentare una via di fuga dalla porta di servizio? Per fortuna avevo parcheggiato la macchina in un punto lontano della casa, in modo che se avessi visto Edward, sarei scappata all’istante senza che nessuno mi avesse vista. Purtroppo non potevo fare come avevo programmato. Ero a pochi metri dal suo corpo, dovevo scappare via, per non farlo soffrire ancora, ma la voglia di avvicinarmi a lui era sempre più forte.

«Bella’s lullaby» sentii sussurrare dalla sua voce. Aveva dedicato quella melodia a me, aveva dato il mio nome. Scesi un gradino, due, tre, fino ad arrivare all’ultimo gradino prima che il muro mi scoprisse completamente. Non ebbi alcuna esitazione, era davvero il caso di fare gli adulti e non scappare com’era sempre stata mia abitudine.

Scesi lo scalino e fui completamente visibile dai suoi occhi che, per la concentrazione, non mi videro. Il mio respiro si bloccò quando lo vidi ancor più da vicino, avevo dimenticato quel senso di sicurezza che mi trasmetteva lo stare con lui, avevo dimenticato quanto fosse bello e puro.

«Edward» il suono della mia voce fu sovrastato dalla dolce melodia di quella stanza, ma riuscì a sentirmi. Un accordo andò fuori posto, rovinando quella dolcissima musica, il silenzio piombò nella stanza.

I suoi occhi incontrarono i miei, facendomi provare le sensazioni più belle che potessero esistere «Bella, che ci fai qui?»

Feci un passo verso di lui, un altro, un altro ancora «ho sentito tutto, hai detto che mi ami…»

«Lo sapevi già» i suoi occhi si abbassarono, lasciò cadere la mano sulla panca, volgendosi verso di me.

«Però è stato bello sentirlo» ammisi.

Si alzò e scese dalla pedana, avvicinandosi a me, ritrovandosi a un palmo dal mio volto. Affondò la faccia tra i miei capelli «Ti amo» sussurrò.

Un’altra scossa di brividi mi attraversò il corpo, ancora più forte e potente della precedente, perché non vi erano barriere tra di noi, io non ero nascosta dietro un muro a origliare e lui sapeva che quelle parole le stava pronunciando a me. Per un attimo mi sentii ridicola. Ridicola di aver creduto che Jake fosse per me il vero amore, ridicola perché il sentimento che provavo per Edward era mille volte più forte e invincibile di quanto credessi. Mi sentivo ridicola perché avevo pensato di riuscire a dimenticarlo facilmente.

«Perché non riesco a fare a meno di te?» più che una domanda, era una semplice ammissione.

Lo sentii ridere tra i miei capelli «Non voglio lasciarti andare Bella, non proprio adesso che finalmente ti ho trovata»

«Non preoccuparti, adesso che ho provato cosa significa stare senza di te, non me ne andrò facilmente» lo sentii sospirare e allontanarsi da me «ho forse detto qualcosa che non va?».

Scosse la testa «No, non hai detto nulla» lentamente si avvicinò a me, titubante, pauroso di una mia reazione improvvisa che non tardò ad arrivare. 

Improvvisamente la voglia di giocare prese possesso del mio corpo, scappai prima che Edward potesse arrabbiarsi nuovamente.

 

POV EDWARD.

 «Trovami» sussurrò tra le mie labbra, con un sorriso di sfida sul volto. Quelle labbra mi lanciavano chiari segnali, erano desiderose di essere baciate, erano due boccioli di  rosa sorti in pieno deserto. Una tentazione irresistibile. Mi avventai su quelle labbra, ma non fui abbastanza veloce. La sua risata cristallina si espanse per tutto il terrazzo, mentre lei si allontanava, i suoi occhi ancora incatenati ai miei, per poi sparire dietro le ampie lenzuola che erano appese ovunque.

Cominciai a muovermi lentamente, inoltrandomi in quel labirinto, desideroso di trovarla e incatenare i miei occhi ai suoi, come avevamo sempre fatto. Attento a captare ogni minimo rumore per capire dove fosse, scrutai ogni ombra, ogni odore. Sì, annusavo l’aria. Ormai conoscevo il suo odore talmente bene da percepirlo anche a metri di distanza.

«Dove sei Bella?» sussurrai, anche se sapevo non mi avrebbe risposto. Quel giochetto stava cominciando a piacermi, rendeva il momento del bacio ancora più magico. Già, ero deciso a baciarla, e lo avrei fatto, quella notte, in quel terrazzo, tra quelle lenzuola.

Un’altra risata, la sua risata. Era dietro di me. Con un movimento fulmineo scostai il lenzuolo con entrambe le mani, ma anche questa volta, lei era stata più veloce. Ero sicuro sul mio viso si fosse dipinto una smorfia di delusione, ma fu subito sostituita dal solito sorrisetto perverso , il mio sorriso, quello che, ero sicuro, le faceva battere il cuore all’impazzata. Perché lei era cotta di me, lo sapevo, ne ero sicuro, bastava solo fare il primo passo, ed io lo stavo facendo.

Un’altra risata, una risata oltre il lenzuolo che si trovava dietro di me, mi voltai lentamente, attento a non produrre nessun rumore, mentre con la mano destra toccavo il lenzuolo e delicatamente spingevo in avanti, per non farla scappare. La sua mano toccò la mia, c’era solo quel sottile strato di tessuto bianco a separarci, fu una sensazione bellissima, sapere che dall’altra parte c’era la ragazza che desideravo.

A un tratto vidi sporgere qualcosa all’altezza del mio petto, era il suo viso. Potei riconoscere perfettamente la curva della fronte, del naso e del mento, ed ero abbastanza sicuro che tra le ultime due vi fossero le sue labbra. Così mi abbassai e toccai con le labbra quel tessuto. Potei toccare perfettamente la curva delle sue labbra, per un attimo immaginai che non ci fosse niente a separarci, immaginai le mie labbra sulle sue, così morbide, così vellutate, così dolci e invitanti.

Si separò da me e scappò via prima che io potessi scostare il lenzuolo. Era brava a fare la misteriosa, troppo. E a me questo piaceva, mi piaceva tutto di lei, ogni cosa formava il suo essere. M’inoltrai nuovamente nella sua ricerca, ripensando all’attimo prima, era stato così dolce. Adesso più che mai ero determinato a trovarla. Forse avrei dovuto girarci intorno, prenderla alle spalle e non farla più scappare. La intravidi al mio lato destro mentre guardava di fronte a se e sorrideva, sbirciando tra le lenzuola. In quel momento mi sembrò una bambina, una bambina dolce e delicata. Sorrisi e le andai dietro, scostai le lenzuola e finalmente mi trovai di fronte a lei, o meglio, mi trovai alle sue spalle. Non si accorse della mia presenza, così mi avvicinai al suo orecchio sinistro «Trovata» non so perché, ma la mia voce era roca, bassa, volutamente sensuale.

Sussultò e si voltò con gli occhi spalancati, l’espressione di un bambino che è stato appena beccato dalla mamma con la bocca sporca di cioccolato, ma quell’espressione fu subito sostituita da un sorrisetto furbo. Ero così concentrato a perdermi nei suoi occhi che non mi resi conto che stava scappando di nuovo. Ma questa volta fui io il più veloce. Riuscii a bloccarle il polso e la attirai a me, facendola scontrare contro il mio petto. La sua espressione si fece subito seria, continuavamo a fissarci negli occhi. Non m’importava quanto fosse dolce quella scena, quanto fosse inadeguata alla mia persona, con lei andava tutto bene. Le presi la mano bloccata e la poggiai sul mio petto, all’altezza del mio cuore, che aveva cominciato a scalpitare come le ali di un elicottero, lasciai andare la sua mano quando fui sicuro che non avrebbe abbandonato la presa. I suoi occhi andarono sulla sua mano e poi, si soffermarono su di me.

Era il momento di fare il passo decisivo, dovevo farmi avanti e mostrarle finalmente i miei sentimenti. Mi avvicinai al suo viso, alle sue labbra. Le mie mani sul suo viso, le sue sul mio petto. Stavo sudando freddo, sentivo una sensazione strana all’altezza dello stomaco e avevo la nausea. Sì, ero proprio cotto.

Ormai ci separavano pochi centimetri, distanza che lei azzerò con un movimento secco, entrando a contatto con le mie labbra. Le sensazioni che avevo provato prima, le farfalle allo stomaco, la semplicità di quel bacio tramite un lenzuolo… erano niente in confronto a quello che stavo provando. Le sue mani furono subito tra i miei capelli, attirandomi ancora di più verso di lei, ed io non chiedevo altro, non chiedevo altro se non restare per sempre vicino a lei, poter continuare a toccarla, a baciarla, ad accarezzarla, a incrociare i suoi occhi cioccolato. Non avrei mai voluto interrompere quel contatto, le nostre lingue che s’intrecciavano, le nostre labbra che si toccavano continuamente, inseguendosi e giocando insieme.

«Questa è stata la rivincita migliore in tutta la mia vita» sussurrai tra le sue labbra, affannando.

«E anche la mia miglior perdita» rispose lei, accennando quel sorriso sghembo che tanto adoravo.

 

 

*ANGOLINO DI GUESS*

Eccoci finalmente a commentare il loro primo bacio. Spero di aver suscitato in voi le stesse emozioni che mi ha suscitato scrivendolo. In realtà l'idea della storia mi era venuta in mente proprio da questo bacio, è partito tutto da questo momento. Finalmente Bella ha fatto il suo secondo passo verso Edward, riscattando i milioni passi fatti indietro. La sua è stata la paura di soffrire ancora, in fondo, chi non ha paura di stare nuovamente male dopo una storia d'amore che è stata un completo fiasco? Penso ognuna di noi.

Ringrazio chi ha commentato la mia storia, per i mille complimenti e per la completa fiducia nel mio lavoro. Ringrazio anche chi mi ha aggiunto tra gli autori preferiti e chi ha aggiunto questa storia tra le preferite, le seguite e le ricordate. Siete di grande aiuto e sostegno per me, davvero fantastici! Ci vediamo! Buon Halloween =) P.S. vi piace la nuova immagine della storia? =)

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Capitolo 12
*** Prime volte ***


POV BELLA.

Il primo bacio, il mio primo, vero bacio. Da quando ero arrivata a Forks, avevo ripercorso tutte le tappe precedenti della mia vita, rendendole mille volte migliori. Il bacio con Edward, aveva superato un milione di volte quello con Jacob, il mio primo amore era Edward, non Jake, ed ero più che sicura di essere ritornata vergine per rivivere per la prima vera volta quell’esperienza con Edward, ormai il passo era davvero poco data l’attrazione che entrambi avevamo l’uno per l’altro.

Mi trovavo sdraiata sul petto di Edward, sul suo letto. Il suo respiro s’infrangeva tra i miei capelli, ogni suo tocco mi mandava una scarica di brividi bollenti. Le sue braccia mi stringevano a sé, sapevo che non stava dormendo, le sue dita lasciavano scie infuocate sulla mia pelle.

<< Tu non sai da quanto tempo ho sognato questo momento >> sussurrò all’improvviso, e lo sentì sorridere nell’ oscurità della camera.

Sorrisi istintivamente e alzai il capo per incontrare i suoi occhi, due smeraldi luminosi. Depositai un bacio sul suo mento, lo sentii tremare.

Si sollevò lentamente, facendomi accoccolare accanto a lui. << Non ti lascerò più andare via facilmente >> Bisbiglio, portando una ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio.

<< Non voglio che tu mi lasci sola. >> Gli sussurrai.

Mi sollevò leggermente e mi fece sdraiare sotto di lui. Avvicinò le sue labbra alle mie, unendole fino a inebriarmi completamente del suo profumo. Non sapevo il perché, ma a ogni suo bacio trattenevo il respiro, le nostre labbra si univano e si allontanavano, congiungendosi perfettamente come i pezzi di un puzzle. La prova tangibile di quanto io gli appartenessi.  Si portò nuovamente al mio fianco, portando un braccio sotto la mia schiena. Il suo mento era poggiato sul mio capo, il silenzio regnava in quella stanza, ma noi stavamo bene, non ci sentivamo per nulla in imbarazzo, tutto era al suo posto, normale, naturale. Naturale come era nata la relazione tra me e lui, semplice come quello che provavo.

I miei occhi scorsero subito le lancette dell’orologio «Devo andare, i tuoi saranno qui tra poco» sussurrai, baciandogli il petto e carezzandogli il ventre.

Il suo fu solo un mugugno di disapprovazione. Mi strinse ancora di più a se.

«Non posso restare, Charlie si arrabbierebbe».

Con un colpo di reni mi portò sotto di lui, schiacciata tra il letto e il suo corpo. Cominciò a baciare ogni spazio di pelle del mio viso, conservando per ultimo le mie labbra. Quando esse toccarono le sue ebbi davvero la sensazione di poter toccare il cielo, la loro morbidezza e il loro sapore non erano nemmeno paragonabili a quelli di tutti gli altri ragazzi. Edward era sempre stato diverso da tutti. Con le mani gli carezzai la schiena, scendendo lentamente verso il suo fondoschiena.

«Non provocarmi Bella» sussurrò sulle mie labbra, sorridendo.

Lo avvicinai nuovamente a me, facendo scontrare la mia lingua con la sua «tu lo fai continuamente».

Continuammo a baciarci ancora, presi dalla dolcezza di quell’attimo. Trovarmi in quella stanza, sotto di lui, le mie labbra a contatto con le sue… mi sembrava tutto un sogno, un sogno bellissimo. Sin dal primo giorno avevo sognato di avere Edward, ma mentre la prima volta che lo vidi avevo sognato solo una notte con lui, col tempo avevo imparato a sognare di passarci tutta la vita.

La sua mano s’insinuò sotto la mia maglietta e andò ad accarezzarmi il ventre. In quel momento capii che forse era meglio andare via piuttosto che finire in una situazione dove non sarei potuta fuggire. Mentre la mia mente mi malediceva per quello che stavo per dire, la ragione prese il sopravvento. Afferrai la sua mano e la scostai dal mio corpo «Edward, davvero, devo andare».

Sbuffando si scostò da me, portandosi al mio fianco e fissando il soffitto. Mi portai nuovamente sopra di lui e gli diedi un bacio a stampo «dai amore, ci rivediamo domani».

«Come mi hai chiamato?» sul suo viso era apparso un sorriso incredulo.

Feci volontariamente un’espressione confusa «Come ti ho chiamato?» mi alzai dal letto e indossai le scarpe.

Con un dito mi indicò «mi hai chiamato amore».

«Sì» sorrisi per l’infinita dolcezza che mi stava trasmettendo in quel momento.

Si alzò con un movimento fulmineo e mi abbracciò, baciandomi il capo «Grazie».

«Per cosa?» domandai confusa.

«Per esistere, per avermi regalato la serata migliore in tutta la mi vita. Grazie».

Le mie labbra furono subito sulle sue «Grazie a te, Edward».

Uscii dalla sua camera dopo un’infinità di baci e mi diressi verso l’uscita di quella casa, scendendo silenziosamente le scale nonostante sapessi che non vi fosse nessuno a casa. Quando salii sul pick-up feci un enorme sospiro di sollievo per essermi tolta un gran peso. Stavo cominciando a pensare di aver immaginato tutto, non potevo aver ceduto così a Edward, senza nemmeno oppormi un po’, non era da me, ma in fondo, Edward mi stava realmente cambiando, ormai non ero più la stessa persona di quando ero arrivata.

Forse mi stava veramente cambiando la vita, era veramente una cosa che ero disposta a fare? Volevo veramente cambiare la mia vita solo per amore?

 

POV EDWARD

Bella, Bella, Bella.

Mi trovavo sul letto, erano appena le undici del mattino e da un’ora sorridevo come un ebete al pensiero di quello che era successo la sera precedente con Bella. Mi sembrava quasi un sogno, da quanto tempo avevo desiderato posare le mie labbra sulle sue, così calde e invitanti? Finalmente il mio sogno si era avverato, ed era stata la cosa più incredibile che fosse mai potuta succedermi.

«Edward» avevo quasi dimenticato mio fratello Emmett, che era sdraiato accanto a me. Quella notte avevamo dormito insieme, tanto per passare una serata tra fratelli. In quel periodo avevo avuto così tanti pensieri con Bella che avevo dimenticato quanto fosse bello stare con il mio fratellone. Erano gli ultimi mesi che passavamo insieme, dopodiché sarebbe partito per il college, la Dartmouth, facoltà di legge «Edward?»

«Mm?»

«Potresti smettere di sorridere come un demente? Mi stai facendo veramente preoccupare»

«Ieri ho baciato Bella» dissi quasi fosse la cosa più normale.

«Cosa?» si mise a gambe incrociate di fronte a me e portò entrambe le mani sotto il mento, l’espressione di un bambino fin troppo felice << raccontami tutto, dalla a alla z  >>.

<< Non c’è nulla da raccontare Emmett, ci siamo baciati, punto e basta >> sorrisi istintivamente all’ennesimo pensiero di quella sera.

<< Ma state insieme? >>

<< Non lo so >> ammisi. In effetti Bella era una ragazza piuttosto lunatica, avrebbe potuto cambiare idea da un giorno all’altro, rabbrividii a quel pensiero.

<< Edward >> esclamò stremato.

<< Emmett >> imitai il suo tono di voce, facendolo imbronciare ancora di più << penso di sì okay? Non ne sono sicuro, Bella potrebbe cambiare idea da un momento all’altro ed io non potrò fare nulla, quindi sta zitto e non rovinarmi questo momento >> con un gesto secco mi alzai dal letto e mi diressi in bagno. Quello che avevo appena detto era vero, Bella avrebbe potuto cambiare idea da un momento all’altro e io non avrei potuto fare nulla per convincerla.

Sentii la porta della mia camera sbattere furiosamente ed Emmett uscire. Gli sarebbe passato non appena avesse avuto voglia di giocare ai videogame, così lasciai perdere.

<< Edward! >> Alice entrò nella camera come un fulmine, ed ero sicuro che se non mi fossi sbrigato avrebbe fatto lo stesso con la porta del bagno, così uscii dalla doccia e mi diressi in camera lasciando una scia bagnata dietro di me.

<< Alice che vuoi? >>

<< Non dirmi che tu e Bella avete litigato di nuovo perché questa volta ti distruggo! >> aveva la fronte aggrottata e agitava furiosamente le mani.

<< No, non abbiamo litigato, perché? >>

<< Perché è da un’intera mattina che provo a chiamarla ma non mi risponde! >> sbatté i piedi per terra, facendo un piccolo broncio.

<< Non è un problema mio, non abbiamo litigato >>in realtà avevamo fatto tutt’altro, ma fu un dettaglio che preferii tralasciare.

<< Okay, proverò a chiamarla ancora >> fece per uscire dalla stanza, ma un’altra domanda mi balenò in testa.

<< Alice?... ma perché cerchi di chiamare Bella da una mattinata? >>

A quella domanda arrossì violentemente e si grattò la nuca, sorridendo timidamente << Ehm… cose di ragazze >> non mi diede nemmeno il tempo di rispondere che si trovò subito fuori dalla mia stanza, lasciandomi seduto sul letto, allibito. Quella ragazza era un mistero.

Indossai la solita tuta e scesi in cucina << Buongiorno famiglia! >> afferrai una fetta di pane e gliene diedi un morso, dopodiché diedi un bacio sulla guancia a mia madre, che mi sorrise.

<< Siamo di buon umore oggi figliolo? >> mio padre era seduto sul divano, intento a guardare il notiziario.

<< Già  >> risposi, sedendomi accanto a lui.

Mi sorrise e mi diede una pacca sulla spalla, per poi concentrarsi nuovamente sul notiziario. Contemporaneamente spuntarono Alice ed Emmett che trasmettevano un umore a dir poco sottoterra.

<< Alice, tesoro, qualche problema? >>  mia madre stava preparando un impasto, ma si fermò per parlare con Alice.

Mia sorella si sedette sullo sgabello accanto a lei e sbuffò << Niente, è che non riesco a trovare Bella… >>

<< Isabella Swan? >>

<< Sì >> il suo suonò quasi come un lamento.

Sentii il cellulare vibrare nella tasca posteriore dei miei pantaloni.

 

Sto venendo a casa tua, ci vediamo tra poco.

 

 Possibile non riuscire a togliere il sorriso dal mio volto per quel semplice messaggio? Evidentemente no.

<< Oh eccola finalmente! Bella... stai venendo? Okay, ti aspetto >> mia sorella staccò la chiamata e salì in camera sua.

Immediatamente mi resi conto che nessuno, a parte Emmett, sapeva del bacio tra me e Bella, e che sicuramente quest’ultima non aveva nessuna voglia di ufficializzare già la cosa. Così decisi di giocare d’anticipo e di aspettare Bella fuori casa << Io vado a fare una corsa, ci vediamo tra un’oretta >>.

 

POV BELLA.

L’immenso giardino di casa Cullen si estendeva nella sua magnificenza, non appena voltai l’ultima curva mi accorsi di una presenza maschile nascosta dietro un albero. Era Edward. Sorrisi istintivamente e scossi la testa.

<< Buongiorno >> mi avvicinai a lui e, alzandomi sulle punte, gli stampai un bacio sulle labbra. Anche se non avevamo un rapporto ben definito, mi veniva quasi naturale baciarlo, come lo avessi sempre fatto.

Per un momento rimase immobile, sorpreso del mio atteggiamento, poi mi afferrò per la vita e mi strinse a sé, ricambiando passionalmente il bacio. Le nostre lingue s’intrecciarono, le nostre labbra combaciarono alla perfezione, fatte apposta per congiungersi, sempre.

<< Mi sei mancato >> ammisi, sorridendo sulle sue labbra e ritornando con i piedi totalmente a terra.

<< Anche tu, non sai quanto >> appoggiò la sua fronte alla mia, il suo profumo era come una droga per me, impossibile farne a meno.

M’incastrò tra il tronco d’albero e il suo corpo, facendo ricongiungere le mie labbra alle sue, togliendomi anche questa volta il respiro. Le mie mani s’intrecciarono dietro la sua nuca, accarezzando quei capelli così soffici e stringendolo ancora di più a me. I nostri respiri si erano fatti irregolari, le nostre labbra non accennavano a staccarsi, eravamo dipendenti l’uno dall’altro.

<< Edward >> affannai, quando le sue attenzioni si riservarono al mio collo << Alice mi aspetta >>

<< Tu e mia sorella non me la raccontate giusta, è successo qualcosa >>

<< Anche se fosse non sono tenuta a dirtelo >>

<< Sei la mia ragazza, devi dirmi tutto >>

 

POV EDWARD

Mi avventai nuovamente sulle labbra, ma si scostò e mi allontanò dal suo corpo con un gesto lento della mano, appoggiata al mio petto << oh >> sussurrò, gli occhi puntati in basso.

<< Ho forse detto qualcosa che non va? >> chiesi stralunato.

<< Edward, tu vuoi una relazione seria? >>

<< Sì, con te >> ammisi, avrei voluto dirle che con lei avrei fatto molto di più, che avrei voluto fosse la donna della mia vita, ma riuscii a trattenermi.

<< Edward… io non so se ce la faccio. Voglio dire, non voglio rimanere a Forks, e non so se riuscirò a sopportare una relazione a distanza >>.

<< Mi stai dicendo che non vuoi stare con me?>> serrai i pugni lungo i fianchi, se era quello che voleva, glielo avrei dato, ma non potevo permetterle di giocare con me come un burattino, aveva giocato fin troppo.

<< No,no>> portò immediatamente le sue mani sul mio viso << Non dirlo mai>>

<< E allora? >> catturai una sua mano nella mia e la tenni ben stretta, come potesse scappare da un momento all’altro.

Scosse la testa, sorridendomi << Nulla, non preoccuparti. È solo che in questo periodo ho una tale confusione in testa… >> le sue labbra si unirono nuovamente alle mie, riappropriandosi del mio buon senso. Una mia mano andò ad accarezzare la sua coscia, avanti e indietro, da sopra il tessuto dei jeans, mentre l’altra si posò sulla sua schiena, avvicinandola a me.

<< Edward >> ansimò non appena le mie attenzioni si concentrarono sul suo collo << credo che Alice mi stia aspettando da un bel po’ ormai… dovrei andare >> ma le sue labbra ritornarono di nuovo sulle mie.

<< Può aspettare ancora, e ancora, e ancora >> le dissi tra un bacio e l’altro, facendola ridere.

<< Dai Edward… stasera ho casa libera, vieni da me? >> quelle parole mi fecero sudare freddo. La sola idea di passare una sera da solo con lei mi faceva impazzire.

<< Ci sarò >>

<< Bene >> si scostò da me e si diresse verso il portico di casa << ci vediamo stasera>>, una risata cristallina, il suono delle sue ballerine che toccavano il terreno, i suoi capelli leggermente scompigliati dalla piccola brezza d’aria che vi era in quel campo. Ancora non riuscivo a credere che stessi insieme a quella ragazza, ancora non riuscivo a credere che finalmente fosse mia.

 

POV BELLA.

<< Allora? come è stato?>>

<< Fantastico, non ho parole per descriverlo, è stato così dolce, Bella. La mia immaginazione non gli ha reso giustizia>> lo sguardo di Alice era sognante, continuava a guardare il soffitto e a sorridere, la tipica ragazza felice dopo aver avuto la sua prima volta con il ragazzo che ama. Io non avevo mai avuto l’opportunità di provare quella sensazione, non avevo mai provato la paura prima di affrontare quel passo, l’eccitazione e la voglia di farlo ancora dopo averlo compiuto. Ero stata privata di quei sentimenti all’età di quattordici anni, ero ancora una bambina.

<< Sono molto felice per te Alice>> l’abbracciai e la tenni stretta a me per un bel pezzo.

<< E tu invece? Con mio fratello?>> la sua domanda mi colse di sorpresa. Alzò un sopracciglio e mi guardò con l’aria di chi la sa lunga << vi ho visti sai? Poco fa, dietro gli alberi>> il sorriso non accennava ad abbandonare il suo volto.

Ero sicura al cento per cento che fossi diventata rossa come un peperone. Mi passai la mano tra i capelli, portandoli all’indietro <>

<< Bella… è inutile prendermi in giro, tanto non ti credo. Cosa è successo ieri sera?>>

Alla fine mi arresi, tanto prima o dopo lo avrebbe scoperto ugualmente << ci siamo baciati>>

<<è stato bello? >>

<< Fantastico Alice. Era come se fosse stato il mio primo bacio, le sensazioni erano più o meno quelle…>> ammisi con lo sguardo basso. Non avevo mai parlato delle mie esperienze sentimentali, nemmeno con Wendy, non mi vantavo di quelle poche volte in cui facevo volontariamente sesso con Jacob, perché sapevo che non ero l’unica a cui riservava quei trattamenti.

<< Che ne dici se questa sera ci riuniamo tutti? Così almeno tu e Edward potrete stare insieme>> i suoi occhi erano illuminati per l’eccitazione.

<< Beh Alice, a dire il vero… ho invitato Edward a casa mia questa sera, voglio passare un po’ di tempo con lui>>.

<< Farete sesso?>>

Quella domanda mi lasciò perplessa, perché a un tratto mi resi conto che, nonostante avessi voglia di Edward, non ero ancora pronta a svelarmi a lui, a compiere quel grande passo <>.

<< Ma ieri hai detto che non sei vergine…>>.

<<  E non lo sono, ma con Edward è come se stessi ricominciando tutto dall’inizio, non mi sento ancora pronta a compiere questo passo con lui, voglio prima essere sicura che questa non sia una storia come le altre, che sia un fuoco di paglia…>>.

<< Non lo sarà, almeno, non per Edward>> posò una mano sulla mia spalla e mi sorrise. Confidarsi con qualcuno non era mai stato così bello.

 

 

POV EDWARD.

Avevo appena mandato un messaggio a Bella, dicendole che ero appena partito da casa, prima però volevo passare da un fioraio. Non volevo farle grandi mazzi di fiori, solo una rosa, per esprimere la sua unicità, ero sdolcinato? Forse, ma per Bella sarei stato qualsiasi cosa.

Accesi il motore della mia Volvo e uscii dal vialetto di casa, canticchiando una canzone di cui in quel momento mi sfuggiva il nome, per la prima volta dopo tanto tempo, ero felice. Avevo tutto, una famiglia, degli amici, Bella.

Comprai una rosa rossa, come le sue labbra, sorrisi al pensiero di quanto fossi assurdo, io che non mi ero mai innamorato, adesso mi ritrovavo a guardare un oggetto e paragonarlo subito a lei.

Sentii il cellulare nella tasca dei pantaloni vibrare.

<< Pronto?>>

<< Edward…>> dall’altro capo del telefono sentivo una voce che cercava di mantenere la calma, ma non riuscì a trattenere un singhiozzo.

<< Bella, tutto bene?>>

<< Senti, non mi sento tanto bene, forse dovremmo rimandare la nostra serata>>

<< Bella, è successo qualcosa?>> il piede cominciò a premere sull’acceleratore, aumentando la tabella di marcia.

<< Sì, è solo che non voglio vederti, non venire per favore>> e riattaccò.

Da quella sera passarono un paio di settimane in cui non si fece più sentire.

 

POV BELLA.

Dovevo essere perfetta, tutto doveva essere perfetto per Edward. Avevo appena ricevuto un messaggio in cui mi diceva che stava arrivando.

Indossai le ballerine e accesi una candela sul comodino accanto al divano, come avevo fatto con il resto sparse nella casa, volevo che quella serata fosse perfetta, e così sarebbe stata.

Il campanello suonò, mi affrettai ad aprire la porta, ma il mio sorriso sparì non appena mi accorsi che dall’altra parte non vi era l’uomo che aspettavo.

<< Non posso crederci!Che ci fai qui?>>

 

 

*ANGOLINO DI GUESS*

vi ho lasciato con un nuovo mistero da scoprire? Spero di sì, e spero anche che la persona che Bella ha appena visto sia una sorpresa anche per voi. Mi piacerebbe molto sapere le vostre opinioni, quindi commentateee xD!! Bella tornerà a New York? Chi lo sa! Tutto dipenderà esclusivamente da lei. Spero di avervi incuriosito con questo capitolo. Come al solito ringrazio coloro che hanno recensito la mia storia e coloro che l'hanno aggiunta tra le seguite, le preferite e le ricordate. A presto!

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Capitolo 13
*** Reazione ***


 

 

 

POV BELLA

«Come cosa ci faccio qui? Non sei felice di vedermi?» stava lì, sull’uscio della porta, le mani nelle tasche posteriori dei jeans, un sorriso smagliante sul volto, un sorriso consapevole di essere odiato. L’uomo che mi aveva rovinato l’adolescenza se ne stava davanti a me, come se nulla fosse mai successo.

«Vattene Jacob, ritornatene a New York» il sorriso amichevole sparì dalle sue labbra nell’attimo in cui capì che gli stavo chiudendo la porta in faccia.

Ma non fui abbastanza veloce a chiuderla.

Sbattè la porta violentemente e mi spinse alla parete, la sua mano sulla mia bocca per evitare qualsiasi tipo di suono potesse uscirne. Delle lacrime strabordarono dai miei occhi, perché sapevo che non si sarebbe sicuramente fermato a quel gesto. Jacob voleva sempre di più.

Con le mani cercai di togliere la sua, ma era troppo forte. I suoi occhi guizzarono per tutta la casa, accorgendosi dell’atmosfera che avevo creato. «Aspetti qualcuno? Ti sei fatta una nuova vita per caso? Beh, ritieniti autorizzata a frantumarla, perché tu sei mia, capito?» sussurrò a un centimetro dal mio volto.

Avevo cominciato a sudare freddo, sentivo le gambe cedere e speravo con tutta me stessa che Edward arrivasse in tempo per salvarmi. Distolsi gli occhi dai suoi, non avrei mai cancellato Edward dalla mia vita.

Mi sentii sbattere violentemente al muro, sbattei la testa che cominciò a pulsare per il dolore «Allora? hai capito?» nei suoi occhi non leggevo dolcezza, ne amore, ne comprensione. Vedevo solo un mostro pieno di rabbia e desideroso di vendetta.

Annuii, tremando.

«Bene, chiamalo e digli che non vuoi vederlo» lasciò stare la presa dalla mia bocca e mi permise di respirare a pieni polmoni.

Proprio in quel momento mi resi conto che non ero abbastanza forte per sconfiggerlo, che dovevo sottostare ai suoi voleri. Fu abbastanza difficile trovare il numero di Edward a causa delle copiose lacrime che mi appannavano la vista, ma riuscii a chiamarlo.

<< Pronto?>> sentire la sua voce mi fece dimenticare per un attimo cosa stesse succedendo, facendomi battere di nuovo il cuore all’impazzata.

<< Edward…>> cercai di mantenermi calma, ma un singhiozzo fuoriuscì dalle mie labbra, sperai con tutta me stessa che non fosse riuscito a sentirlo. Jacob mi si pose davanti, fissandomi insistentemente.

<< Bella, tutto bene?>>

<< Senti, non mi sento tanto bene, forse dovremmo rimandare la nostra serata>> la mia mente cercava milioni di scuse, sapevo che non ci sarebbe cascato.

<< Bella, è successo qualcosa?>> lo sentii premere l’acceleratore, stava venendo qui.

<< Sì, è solo che non voglio vederti, non venire per favore>> e riattaccai. Ero sicura che non mi avrebbe cercato, Edward c’era abituato ai miei sbalzi di umore, lo avrebbe preso per una cosa normale.

«Brava piccola, davvero notevole» mi accarezzò il viso, ma non leggevo dolcezza nei suoi movimenti, solo piacere. Il piacere di aver vinto di nuovo.

«Togli quelle manacce dal mio corpo, Jake» allontanai la sua mano e feci qualche passo indietro.

Lo vidi accigliarsi e arrabbiarsi, velocemente mi fece cadere sul pavimento e fu subito sopra di me «Le mie manaccce? Eppure ti piaceva quando ti toccavo, eh Bella?» in un secondo mi ritrovai con i pantaloni abbassati e un altro dopo con le sue dita dentro di me, a violarmi ancora, come aveva sempre fatto, fregandosene delle mie lacrime, del mio dolore, fregandosene di tutto.

«P-perché?» singhiozzai, con gli occhi chiusi, immaginando di essere in un altro posto, ma quello che stavo provando era reale, e mi stava distruggendo.

«Perché nessuno scappa da Jacob Black, dovresti saperlo».

Nessuno scappa da Jacob Black.

Neanche tu, Isabella.

 

 

«Mi piace Jacob, è un bravo ragazzo… ma tu, tu sei felice, Bella?» ero andata al parco con Angela, erano passate due settimane da quella notte, Jacob era ancora a Forks, si era presentato a tutti come il mio fidanzato, guadagnandosi la simpatia di Charlie e di Angela. Ero stata costretta a tagliare ogni rapporto con i Cullen e con Jasper. Edward mi mancava, tanto.

«Sì, sono felice» mentii. Ormai non c’era più nulla da fare, sarei ripartita tra un mese con Jacob che mi teneva a vista d’occhio.

«Ma… Edward» non appena sentii il suo nome, emozioni che cercavo di seppellire con tutta me stessa uscivano fuori.

«Non siamo mai stati insieme, non siamo stati fatti per un noi.» in realtà non ci avevamo nemmeno provato. Quel sogno che finalmente si era avverato, mi era stato strappato via proprio nel momento più bello.

«Sei sicura? Sembravi davvero innamorata di lui».

Cercai di uscire dal suo sguardo indagatore con la frase più banale che avessi mai usato «Adesso ho Jacob», abbassai gli occhi a terra e continuai a camminare, non accorgendomi che Angela si era appena fermata.

«Angela…»

«Bella, non credo che lo spettacolo che sto vedendo io ti piaccia» i suoi occhi erano fissi a un punto lontano del parco, appena dietro un cespuglio. Ritornai indietro per vedere quello che aveva visto la mia amica e fui dannatamente felice. Jacob stava scambiando baci a dir poco passionali, non rendendosi conto di trovarsi in un luogo pubblico. Forse, se Jessica sarebbe riuscita a far distogliere il suo interesse da me, io sarei potuta essere finalmente libera dalle sue insidie. Senza dire una parola mi avvicinai a quell’insolita coppia, inseguita immediatamente da Angela che cercava di trattenermi per un braccio, temendo chissà quale putiferio.

«Jacob» lo chiamai, sorridendo.

Entrambi i ragazzi si voltarono verso di me, la differenza tra i loro sguardi fu che mentre Jessica mi fissava con gli occhi spalancati, colta nel fallo, Jacob era totalmente indifferente, come se li avessero beccati delle persone che non avevano assolutamente a che fare con la sua vita.

«Bella… forse è meglio parlarne in privato» sussurrò Angela, strattonandomi.

«No, ne parliamo qui. D’ora in poi tu non farai più parte della mia vita, Jacob Black, io a New York con te non ci torno».

A quelle mie parole, i suoi occhi cominciarono a lanciare fiamme «Tu sei mia Isabella. Torna a casa e aspettami, ne parliamo quando ho finito» si avvicinò a me.

Mi scansai da lui nello stesso istante in cui le sue mani avevano intenzione di toccare le mie spalle « non ti azzardare a toccarmi e giuro che chiamo la polizia Jake. Tu con me hai chiuso definitivamente, tra un paio d’ore troverai tutto ciò che è tuo sul portico, e non provare nemmeno a suonare il campanello, perché non riceverai nessunissima risposta, né da parte mia che da parte di mio padre, ci siamo intesi?» quel discorso aveva lasciato di stucco anche me. Finalmente stavo reagendo all’uomo di cui avevo sempre avuto più paura, stavo sconfiggendo il mio incubo peggiore.

«Isabella Swan… dov’è finita la ragazza che era innamorata di me?» nel suo viso vi era un ghigno, ma lo conoscevo abbastanza bene da notare il leggero strato di tristezza che velava i suoi occhi. Perché era triste, se non mi aveva mai amato?

«Quella ragazza è morta tanto tempo fa, quando hai cominciato a trattarmi come un oggetto» il mio fu solo un flebile sussurro, perché non vi eravamo solo noi due, ma anche altre due persone, due ragazze che erano all’oscuro di tutto e che avrei preferito rimanessero tali.

«Mi dispiace, stavi cominciando a piacermi» scosse le spalle, sorridendo.

«Non dire cazzate Jake, non ci casco più»

«Okay, allora ti dico la verità, ti ho sempre usata Isabella Swan, e ad essere sincero fai sesso da schifo, sei ancora una principiante, tutto quello che hai fatto lo devi a me, tutto il divertimento, tutti i tuoi amici di New York, credi davvero che quando ritornerai sarà tutto come prima? Ti sbagli di grosso, sciocca illusa, la vita senza te è molto meglio»

«Stammi bene» e con un cenno della mano mi allontanai, salutando per sempre il mio sbaglio più grande, colui che mi aveva fatto talmente male da aiutarmi a crescere.

Per la prima volta fui realmente sicura di essermi lasciata tutto alle spalle.

 

Jacob ritornò a casa, riprese la sua roba e si allontanò dal viottolo, rivolgendomi solo un cenno del capo quando si accorse che lo stavo spiando dalla finestra. In risposta rientrai in casa e mi immersi nelle coperte calde del letto.

Tenevo continuamente il cellulare in mano, il numero di Edward sul display. Era giusto richiamarlo dopo tanto tempo? Mi avrebbe risposto? Dovevo almeno provarci.

Schiacciai il pulsante verde, in attesa del suono della sua voce.

«Salve, sono Edward. Lasciate un messaggio» Bip.

Riattaccai.

 

POV EDWARD.

«Non ne ho idea, Rosalie. Per quel che ne so, potrebbe anche essere in Cina» ero sepolto tra i cuscini del divano, mentre Rosalie mi spiava con aria interrogativa seduta sulla poltroncina di fronte a me, la fronte corrucciata.

«Ma ti avrà dato sicuramente detto qualcosa, non può essersene andata così».

«Non andata. Si è volatilizzata. Letteralmente» sbuffai e mi sbattei un cuscino in faccia e lasciandolo lì, a coprirmi il volto.

«Evidentemente, non ha mai capito nulla»

«No, non ha mai capito nulla» ammisi, moralmente distrutto «non ha capito che l’amo, che quando non c’è io muoio. Non ha mai capito nulla», mi alzai e mi diressi verso il giardino, ma quello che vidi mi lasciò completamente pietrificato sulla porta.

Bella stava scendendo dal suo pick-up, con le mani in tasca si stava avvicinando alla porta d’ingresso, gli occhi bassi. Cosa pretendeva? Che nell’esatto istante in cui mi avrebbe rivolto il suo sorriso, sarei caduto nuovamente ai suoi piedi? Credeva che mi sarei fatto usare a suo piacimento? Che sarei stato ancora qui dopo due settimane in cui non mi aveva mandato neanche uno stupido messaggio?

Uscii dalla porta e me la chiusi alle spalle. Con la mano le feci cenno di restare immobile, poi scesi lentamente i gradini. Non volevo andare da lei, non volevo cedere alla vista dei suoi occhi, per questo dovevo evitarli.

«Ciao Edward» sussurrò.

Sentire la sua voce mi fece tremare le gambe.

«Come va?» manteneva la distanza da me, quasi sapesse già la mia reazione.

«Come va? Come va Bella? Va uno schifo. Credevo avessi una ragazza, credevo lei avesse uno straccio d’ interesse per me, ma evidentemente no. Evidentemente mi sono solo illuso, perché lei non sì è fatta più sentire. Come credi che stia?»

«Edward…»

«No, Bella. Rispondimi. Come credi che stia?» questa volta incrociai i suoi occhi, e m’innamorai di lei per l’ennesima volta. Riabbassai gli occhi, fissando la punta delle mie scarpe e aspettando una risposta.

«Uno schifo» ammise, abbassando anche lei gli occhi.

«Bene, non abbiamo più nulla da dirci» e dicendo questo mi allontanai, risalii le scale e mi richiusi la porta alle spalle, chiudendomi nella mia camera.

La amavo.

Dio solo sapeva quanto l’amavo.

Ero più che sicuro che prima o poi mi sarei sentito in colpa per come l’avevo trattata.

 

 

*ANGOLINO DI GUESS*

Ciao!!!!! Allora vi è piaciuto il capitolo? Spero proprio di sì! Beh, a dir la verità ci sono rimasta male che avete pensato subito a Jacob, vi siente rovinate la sorpresa! xD Io ad essere sincera avrei pensato a Wendy, la migliore amica di Bella. Comunque, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, Grazie a chi ha recensito la mia storia e a chi la aggiunta tra le preferite, le seguite e le ricordate! Siete speciali! Spero di ricevere ancora recensioni come le vostre! Vi amo!

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Capitolo 14
*** Semplice ***


 

POV BELLA.

«Bella, ragiona un attimo, sei sparita senza dirci nulla, non ti sei fatta viva per due settimane e ora pretendi che Edward corri strisciando ai tuoi piedi? Non funziona così. Edward è un ragazzo buono, ma quando è troppo, è troppo, anche se sei tu a fargli del male. Perché sei sparita così?» era stata Rosalie a venirmi ad aprire la porta quando mi aveva vista lì, immobile, sul giardinetto di casa Cullen.

«Paura… credo» paura di Jacob e di quello che avrebbe potuto farmi se avesse scoperto qualcosa.

«Paura… non giustifica per niente quello che hai fatto. Ammettiamolo, noi due siamo le persone che hanno legato di meno quest’estate, ma voglio essere sincera con te, perché a Edward ci tengo tantissimo», i suoi occhi azzurri mi puntavano, glaciali come un campo d’inverno, profondi come gli abissi dell’oceano «Sei completamente dalla parte del torto, e secondo me, conoscendolo, hai rovinato gran parte della sua fiducia in te, nella vostra storia. Le probabilità che ti perdoni su due piedi sono bassissime.

«Dici davvero?» cominciai a torturarmi le dita e un gran senso di nausea mi tappò la bocca dello stomaco.

Fece spallucce e si distese sul divano, con gli occhi indicò il piano superiore «Provaci, vai da lui. Se quando esci da quella porta non hai risolto niente, allora non cercarlo più, averti intorno gli farebbe soltanto del male»

 

POV EDWARD.

Ferito, totalmente ferito.

Erano queste le sensazioni che provavo dopo cinque minuti che Bella era sparita dalla mia visuale.

Profondamente ferito.

Toc, toc

«Sparisci Rosalie, non voglio nessuno»

«Edward… sono io» Bella. L’avrei lasciata fuori ad aspettare due settimane prima di aprire quella porta, ma non potevo di certo non uscire più dalla mia camera.

«Non voglio vederti»

«Per favore»

Sbuffai e mi alzai dal letto, aprendo violentemente la porta e ritrovandomi il suo solito sorriso di scuse «Risparmiati quel sorriso Bella. Si legge lontano un miglio che è finto».

Ritornò seria alle mie parole e abbassò gli occhi, fissandosi la punta delle scarpe «Scusa… per la mia fuga».

«Sono stanco delle tue scuse» feci per sbattergli la porta in faccia ma il suo piede me lo impedì.

«No, Edward. Devi ascoltarmi okay? Io voglio stare con te, e ti chiedo scusa perché sono sparita, ma non senza un motivo» notai perfettamente i suoi occhi diventare lucidi, ma non me ne curai «è tornato Jacob» disse, tra i singhiozzi «Quella sera ho aperto la porta e mi sono trovata davanti Jacob, mi ha costretto a chiamarti e a interrompere ogni rapporto con voi, ed io ho avuto paura, tu non sai neanche quanto. È stato da me due settimane e, non è cambiato per nulla. Davanti Charlie faceva il bravo ragazzo, ma quando la notte mio padre dormiva…» lì i singhiozzi diventarono talmente forti che non riuscì a parlare.

Istintivamente la strinsi tra le mie braccia e serrai la mascella, poggiando il mento sul suo capo. Speravo mi stesse dicendo la verità, ma ormai faticavo molto a crederle, mi aveva mentito così tante volte, mi aveva preso in giro talmente tanto che ormai credevo fosse tutto uno stupido gioco per lei.

 

POV BELLA.

Finalmente tutta la rabbia e il dolore delle ultime settimane stava scemando, finalmente potevo sentire nuovamente il dolce profumo di Edward impregnare le mie narici. Finalmente mi sentivo di nuovo protetta.

Mi aveva abbracciata, ed io mi ero rinchiusa tra le sue braccia cercando riparo. Aveva creduto alle mie parole? Mi aveva perdonato?

«Bella…» mi afferrò per le spalle e si allontanò da me «mi dispiace per tutto quello che ti è successo, ma non so se voglio ancora starti accanto…».

Iniziai nuovamente a piangere, ma questa  volta il pensiero di Jacob era distante anni luce «Edward… ti ho detto la verità».

Accennò un piccolo sorriso «Lo spero» la sua mano si posò delicatamente sulla mia guancia, mentre le sue labbra depositarono un casto bacio sulla mia fronte «quando sarò pronto, mi farò sentire io, ma, per favore, non farmi ancora del male» sussurrò, prima di chiudere la porta e lasciarmi sola in quel corridoio.

Forse lo avevo perso per sempre.

 

«Sì, mamma, va tutto bene. Mi sto divertendo tanto qui» ero nella cucina, stavo leggendo il giornale con una bella tazza di caffè caldo quando mi accorsi che non sentivo mia madre da tanto tempo.

«Davvero? Sono molto felice»

Entrò Charlie e mi fece cenno di salutargli Renèe «Ti saluta Charlie» dissi ridendo poiché si era appena versato del latte addosso.

«Già, salutami Charlie… comunque dovresti dirmi quando hai intenzione di tornare, devo prenotare il biglietto» quella frase mi fece ritornare alla realtà. Fissai il calendario che riportava la data in cui eravamo : 7 agosto, mancavano solamente tre settimane prima della fine del mese, quel pensiero mi fece ritornare a Edward. Non avevo avuto sue notizie da due giorni, ricevevo solo brevi messaggi di Alice che m’informava su quello che faceva e su dove si trovava, ma non andavo mai a cercarlo, volevo davvero lasciargli il suo spazio, ma non mi ero resa conto che mancava così poco al mio ritorno a casa.

«…Bella? Ci sei?»

«Sì. Sono qui. Non lo so mamma, ti faccio sapere stasera okay? Ti voglio bene»

«Anch’io piccola mia».

7 agosto.

 

 

 

POV EDWARD.

Di solito l’estate era il mio periodo preferito. Andavo sempre per un paio di settimane in California, dai miei cugini. Era lì che mi divertivo, ero ogni sera con una ragazza diversa.

Quell’estate il pensiero di partire non mi aveva minimamente sfiorato. Volevo passare tutto il tempo a mia disposizione con Bella, cercando di conquistarla, e c’ero quasi riuscito, se solo non fosse sparita.

Avevo passato l’estate peggiore di tutta la mia vita dietro a una ragazza a cui non importava nulla di me.

«Edward! Sbrigati ad alzarti, dobbiamo essere al matrimonio per le quattro e sono già le due». Finalmente il matrimonio tanto atteso da tutta Forks era arrivato. Tom Newton si stava sposando, ma, a differenza di tutti gli altri, a me non importava nulla.

«Sì mamma, cinque minuti e vado a prepararmi» in realtà non avevo bisogno di tutto questo tempo dovevo solo farmi una doccia e indossare un vestito e poi, prima saremo arrivati, prima avrei visto Bella.  Newton aveva fatto le cose in grande, aveva invitato tutta la cittadinanza, e vedere Bella sarebbe stato piuttosto fastidioso.

 

POV BELLA.

Avevo indossato il mio vestito ed ero in salotto, aspettando che Charlie fosse sceso dalle scale.

«Mi sento ridicolo» sentii borbottare.

«Non dire stupidaggini papà! Sei vestito benissimo» lo raggiunsi alle scale e lo ammirai in tutto il suo splendore. Per essere un quarantenne, era molto attraente.

«Sei bellissima tesoro»

«Grazie, adesso andiamo se non vogliamo essere gli ultimi ad arrivare».

 

POV EDWARD.

«Sei uno schianto, donna» come il solito Emmett era molto fine nel fare complimenti, soprattutto a Rosalie.

Tutta la cittadina si trovava davanti alla chiesa ad aspettare che lo sposo arrivasse.

Tutta la cittadina tranne lei e suo padre.

Rosalie indossava un abito verde smeraldo, che si allargava in tulle da sotto il seno fino ad arrivare a un terzo della coscia, scoprendole le bellissime gambe che aveva. Indossava dei tacchi vertiginosi, anch’essi sul verde, era davvero magnifica, mia cognata, una ragazza che ti conquistava con un solo sguardo.

Anche Alice era fantastica, indossava un tubino della stessa lunghezza di quello di Rosalie, con l’unica differenza che le copriva fino a metà coscia. Una cintura viola appena sotto il seno ricopriva la piccola fascia nera dal resto del vestito zebrato.

«Ciao Edward…» Rosalie mi sorrise timidamente, accortasi del mio sguardo sul suo corpo. Non avevo mai nascosto che provavo una leggera attrazione per lei, ma non era proprio il mio tipo.

Le feci un cenno con la testa, distogliendo lo sguardo da lei e soffermandosi sull’auto della polizia che era appena arrivata.

Era lei.

Potevo notare benissimo dal finestrino il suo piccolo broncio, sicuramente non le andava di farsi vedere in giro con l’auto della polizia.

Quando l’ispettore Swan posteggiò e lei scese velocemente dalla macchina, restai pietrificato e la mia salivazione andò a zero.

Un vestito leggermente più corto di quello di Rosalie, completamente nero con dei ricami sul corpetto che le copriva solo il seno, il resto del vestito le ricadeva morbido, velato, una giacca color crema, lo stesso colore della sua pelle. I capelli le ricadevano liberi lungo le spalle, raccolti solo lateralmente da un fermaglio che richiamava il motivo del corpetto.

Era un angelo tentatore.

Si avvicinava sempre più a noi, lo sguardo basso, sicuramente sentiva migliaia di sguardi addosso. Mi accorsi solo dopo un po’ che si stava dirigendo verso Alice, accanto a me.

Mi allontanai velocemente, entrando in chiesa.

Dovevo starle più lontano possibile se volevo rispondere delle mie azioni.

 

POV BELLA.

«Sei magnifica Bella, dove hai comprato questo vestito?».

«A Port Angeles… non ricordo di preciso il nome» sorrisi ad Alice, mi guardava con aria eccitata, mentre Rosalie cercava Edward con lo sguardo, per poi soffermarsi su di me e scuotere leggermente la testa.

Mi allontanai da Alice quando vidi che aveva cominciato a parlare con Jasper, e mi avvicinai a Rose «Dov’è Edward?».

«Non lo so, è sparito» mi guardò con aria carica di sottintesi. Era sparito quando io ero arrivata «com’è andata l’altro ieri? Avete parlato?»

«Sì, mi ha detto che vuole tempo» da lontano vidi una chioma rossa, ma poi mi accorsi che era solamente la mia immaginazione.

«Allora non so che dirti. Spero con tutta me stessa che ti lasci stare, ma ti ama, quindi non lo farà».

«Ti sto simpatica eh?» chiesi sarcastica.

«Sai com’è? Non mi sta proprio a genio una ragazza che tradisce il mio amico e poi torna tra le sue braccia facendo finta di nulla. Non prenderlo come un insulto» mi rivolse un sorriso sadico e si allontanò sui suoi tacchi 12, avvicinandosi ad Emmett e dandogli un bacio sulle labbra, facendo finta che non esistessi.

Forse era meglio entrare in chiesa, non avevo proprio voglia di vedere lo sposo felice come se non avesse mai tradito la sua donna. Incredibile come qualche mese prima mi ero ritrovata sul suo letto e in quel momento mi trovavo al suo matrimonio.

Entrai nella chiesa silenziosa, non c’era nessun rumore se non il ticchettio dei miei tacchi.

«Sei venuta a cercarmi?» da dietro una colonna vidi uscire Edward, con le mani nelle tasche, la giacca tirata all’indietro.

Rimasi in silenzio, sospirando e portando le mani lungo i fianchi «ciao Edward» sussurrai.

Si avvicinò alle mie spalle, molto vicino, potevo sentire il suo respiro solleticarmi il collo «Sei venuta a cercarmi?» sussurrò sensualmente al mio orecchio, facendomi rabbrividire.

«Strano… sei senza parole, Bella? Adesso non fai più la stronza con me?» mi afferrò per il braccio e mi fece voltare verso di lui, facendomi ritrovare a una spanna dal mio viso, con la punta del naso percorse una scia che andava dall’orecchio fino all’angolo della mia bocca, provocandomi infinite sensazioni.

«Edward…» ansimai.

«Sì?» lo vidi sorridere.

«Ti amo» era la prima volta che glielo dicevo. La prima volta che lo provavo veramente. La prima volta che non avevo paura di dirlo.

Lo vidi allontanarsi da me e serrare la mascella «Che peccato, è troppo tardi» disse, prima che lo sposo entrasse dalla porta seguito da un’immensa calca di persone che volevano accaparrarsi i posti migliori. Come fossimo al cinema. Come se quel matrimonio fosse lo spettacolo più bello fosse mai stato prodotto, come se io non avessi appena rivelato i miei sentimenti al ragazzo che amo, come se quest’ultimo non mi avesse umiliata esplicitamente.

Che schifo di mondo.

 

POV EDWARD.

Mi era costato caro dire quelle parole. Avrei tanto voluto dirle che la amavo anch’io, che non poteva nemmeno immaginare quanto. E invece le ho provocato dolore, invece le ho detto che ormai era troppo tardi per rimediare con un semplice ti amo. Ero stato uno stupido, ma sentivo di aver fatto la cosa giusta.

Il matrimonio era appena finito, riducendosi a un applauso mentre gli sposi salivano su una vecchia cinquecento. Ci incamminammo verso le nostre auto, diretti al ricevimento.

Rosalie mi afferrò per il braccio e camminò più lentamente rispetto al resto del gruppo «Ti ho visto parlare con Bella, lasciala stare Edward» sussurrò al mio orecchio.

«Non sono fatti tuoi Rosalie» dissi prima di liberarmi dalla sua presa e salire sull’auto.

 

Continuavo a sentirmi addosso lo sguardo di Bella, nonostante, quando mi voltassi per controllare, lei guardava da tutt’altra parte. Continuavo a ripensare alle parole di poche ore prima, a ciò che mi aveva detto, e questo non faceva altro che accrescere la mia rabbia verso me stesso. Ero stato un idiota, un perfetto idiota.

«Edward, vuoi ballare con me?» Jasper si era appena seduto accanto a me e Alice mi guardava sporgendo il labbro inferiore e gli occhi dolci.

«Non mi va Alice…»

«Dai… è tutta la sera che stai seduto su questa sedia, e mollala cinque minuti!» sbuffò, facendo piccoli salti sul posto.

«Dai Edward, balla un po’ con tua sorella» mamma mi guardava sorridendo, picchiettando con le dita sul tavolo rivestito da tovaglie color avorio.

Mi arresi alle suppliche di mia sorella e mi avvicinai alla pista da ballo. Questa volta, quando mi voltai per guardarmi intorno, vidi Bella guardarmi teneramente. Ma non m’intenerivo più ormai, non davanti a lei. Per questo stavo facendo finta di nulla, per questo sorridevo spensierato a mia sorella che si trovava tra le mie braccia, sdegnandola di uno sguardo. Doveva soffrire come io avevo fatto per lei, se lo meritava.

«Alice, puoi lasciarmi un attimo sola con Edward» la voce di Bella questa volta risultò molto vicina, mi voltai quel tanto che bastava per vederla a pochi centimetri dal mio corpo, così piccola, fragile, e infinitamente bellissima «devo parlargli» continuò.

Alice si voltò verso di me, cercando approvazione nei miei occhi. Acconsentii facendo un piccolo cenno del capo e Alice ci lasciò soli dopo aver balbettato un «certo…».

Le sue mani furono sulle mie spalle, mentre le mie sulla sua vita. Avevo dimenticato quanto fosse bello il contatto con la sua pelle morbida, quanto fosse inumano il suo odore, così bello da non esserne mai sazi. Avevo dimenticato quanto fosse essenziale per me.

«Edward…» la sua voce interruppe i miei pensieri, concentrando tutta la mia attenzione su di lei. Si avvicinò a me, stringendomi tra le sue braccia. Feci lo stesso. Solo lei riusciva a darmi quella sensazione di completezza.

«Vieni con me» le sussurrai. Di certo quello non era il posto migliore per parlare.

 

POV BELLA.

Mi prese per mano e mi portò in un piccolo spiazzale fuori dal ristorante, coperto dal gazebo dove poco prima vi era stato il buffet. Mi portò al centro della piazzetta, cominciammo a muoverci al ritmo della musica che sentivamo provenire dal locale. Poggiai il capo sul suo petto e ascoltai il battito del suo cuore.

Bum… bum… bum…

Batteva forte, come il mio. Ispirai il suo odore profondamente, sorridendo.

«Di cosa volevi parlarmi?» disse, con quella voce che faceva battere il cuore all’impazzata, era calma, misurata, ma al tempo stesso dolce come il miele e morbida come il velluto.

«Cos’è un’emozione, Edward?» sussurrai talmente piano che dubitai mi avesse sentito.

«Perché me lo chiedi?»

«Non lo so. Dimmi cos’è un’emozione, per te»

Fece una breve pausa, sospirò profondamente e poi parlò «beh… un’emozione è quando tremi ma non hai freddo, è ogni lacrima versata, ogni sorriso che fai, ogni brivido che ricevi. Un’emozione è tutto».

Un’emozione per lui era tutto. Per me era lui il mio tutto «Tu sei la mia emozione, Edward…» ammisi.

Si allontanò da me, i suoi occhi non lasciavano i miei. Ci arrestammo, fermi al centro di quella pista.

Solo il vento era in grado di far muovere qualcosa. Tutto il resto era immobile, e attorno a me non vidi niente se non il suo sguardo fisso nel mio, la mia immagine riflessa nei suoi fantastici occhi.

Sentivo qualcosa di strano all’altezza dello stomaco, mille farfalle che svolazzavano furiosamente nel mio stomaco.

Sembrava come se il mio cuore d'un tratto battesse sempre più forte. E si sentiva, si sentiva come il uo. Quel battito continuo, forte, profondo.

Niente più attorno a noi...Solo io, lui ed il nostro profondo silenzio.

Ciò che mancava adesso ma che arrivò subito dopo fu quel suo semplice bacio. Così semplice da farmi impazzire. Così semplice da farmi perdere la cognizione del tempo.

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Capitolo 15
*** Come nessuno mai ***


 

POV EDWARD.

Dannazione, non potevo cedere così facilmente, non potevo farmi abbindolare e prostrarmi ai suoi piedi solo perché per una volta mi aveva rivelato i suoi sentimenti, e se anche questa volta fosse stato tutto un gioco.

Le sue labbra erano ancora ancorate alle mie, avrei prolungato quel momento per tutto l’oro del mondo, ma la parte razionale di me mi diceva di non cedere ancora, che potevo avere ancora altre dimostrazioni da lei.

«Bella… no» sussurrai, allontanandola da me.

«Perché? Questa volta io non c’entro Edward, questa volta sei solamente tu» i suoi occhi stavano diventando lucidi. Mi allontanai, dandole le spalle.

«Bella, quante volte sei stata solamente tu?»

«Tante, ma non per questo devi per forza vendicarti su di me» esclamò, gesticolando furiosamente con le mani.

«Oh certo. Tu invece puoi vendicarti eccome su di me» mi voltai furibondo per quello che aveva appena detto.

«Cosa vuoi dire?» mi chiese dubitante, facendo qualche passo verso di me.

«Voglio dire che è da quando sei arrivata che non fai altro che prendertela con me per quello che ti ha fatto quel Jacob. Sono stanco di essere solo il tuo punto di sfogo, Bella» sbottai, facendola arretrare.

«Jacob è ormai acqua passata».

«Beh, anche la tua pallina anti-stress è passata» dissi, dirigendomi verso l’entrata.

La sentii seguirmi, per poi fermarsi all’inizio degli scalini «Non lo capisci che mi sono innamorata di te? Che non ce la faccio a starti lontano?» gridò, fermandomi.

«Lo hai capito adesso che sei innamorata di me? quando finalmente hai avuto la forza di lasciare stare Jacob? Potevi farlo molto prima, Bella! Sono stanco di essere al servizio di una ragazzina isterica!» gridai a mia volta, avvicinandomi nuovamente a lei, a un palmo dal suo viso.

«Io sarei la ragazzina isterica?» i suoi occhi si ridussero a due fessure, parlò lentamente, quasi non avesse ancora assimilato quello che le avevo appena detto.

«Sì» una sola sillaba.

Rovinai tutto.

«Bene, la ragazzina isterica ti saluta, partirò domani. Non voglio più sentirti» abbassò gli occhi, colsi perfettamente il luccichio che emettevano.

Stava per piangere.

Mi resi conto solo allora del male che le avevo appena fatto «No, Bella…»

Allungai la mano, ma lei si scostò «Non rimangiarti quello che hai detto. Se sei stanco di me, me ne vado».

Se ne andò davvero.

Mi oltrepassò, facendo attenzione a non sfiorarmi, e si diresse verso la sala, chiudendosi la porta alle spalle.

Ero stato un fottuto cretino.

Rimasi immobile per più di un minuto, riflettendo su tutta la nostra conversazione, soprattutto la parte finale. Se ne sarebbe veramente andata, il giorno dopo, avrebbe fatto le valigie e sarebbe ritornata a New York. Ed io non le sarei corso dietro, l’avrei lasciata libera, perché l’avevo trattata malissimo, e non meritavo di stare con lei, né di andarle ancora dietro.

Sarebbe ritornata a New York, avrebbe raccontato l’estate appena trascorsa alla sua migliore amica, avrebbe ripreso la sua vita da dove l’aveva interrotta. Avrebbe conosciuto un uomo molto diverso da me, in grado di capirla e lasciarle i suoi spazi, un uomo che l’avrebbe amata veramente, anche se mai nessuno avrebbe amato Bella come l’amavo io. Si sarebbe innamorata anche lei, questa volta senza giochi, solo amore, e avrebbe formato una famiglia.

Io sarei per sempre rimasto intrappolato in questa stupida cittadina, avrei formato una famiglia, ma il mio pensiero fisso sarebbe rimasto sempre su di lei, sempre sulla mia Bella.

Era questo ormai il nostro destino.

Ma potevo realmente permetterlo? Nonostante pensassi che era la cosa giusta, potevo permettere a Bella di sparire così?

 

 

POV BELLA.

«Bella, amore, cosa è successo?» Wendy aveva sentito le mie lacrime dall’altro capo del telefono.

«Non ce la faccio, io domani ritorno a New York» scossi la testa, sedendomi sul pavimento piastrellato del bagno. Avevo chiuso la porta a chiave, perché nessuno mi vedesse e sbandierasse tutto ai quattro venti.

«Tu non sai quanto questa notizia mi rende felice, ma non so se lo stesso vale anche per te…» disse, notando sicuramente il tono della mia voce, che suonava estraneo persino alle mie orecchie.

La mia unica risposta fu una serie di singhiozzi che non riuscivo a frenare.

«Tesoro, vuoi dirmi cosa è successo?» ecco cosa adoravo di Wendy, te lo chiedeva gentilmente, guadagnava la tua fiducia con pochissime parole, e tu ti ritrovavi a confidarle i minimi particolari della tua esistenza. Non lo faceva di proposito, era una dote naturale, non se ne rendeva nemmeno conto di essere così persuasiva.

Decisi di raccontarle tutto, riassumendolo in pochissime parole «Mi sono innamorata Wendy, e questa volta veramente, non come con Jacob, con lui provo sensazioni completamente diverse, del tutto estranee»

«E perché piangi

«Perché ho combinato una stronzata, ho rovinato tutto».

«Ti va di raccontare

Altre lacrime, sempre le mie. Il solo ripensare a cos’era successo pochi minuti fa, mi metteva una tale angoscia che non riuscivo a frenare.

«Bella?»

«Sì, sono qui» l’indice asciugai alcune lacrime che travasavano dagli occhi.

«Come si chiama?» non ci voleva un grande intuito per capire di chi parlasse.

«Edward» risposi con voce bassa, quasi lui fosse a pochi metri da me e io non dovevo farmi sentire.

«Edward? Quell’Edward?»

Sapevo che se ne sarebbe ricordata, anche se l’ultima volta che le avevo parlato di lui avevamo entrambe quindici anni. Lei ricordava sempre tutto, aveva una memoria straordinaria.

«Sì»

«Cos’è successo quest’estate, Bella?»

Le raccontai tutto, non tralasciai nemmeno un piccolo dettaglio: le raccontai della prima volta che lo vidi, di come avevo incontrato Jasper, le nostre uscite e tutte le nostre provocazioni, i litigi, le paci fatte, gli abbandoni, il nostro primo bacio, il pomeriggio seguente, Jacob…

«Cosa?» il suono della sua voce si fece più stridulo «Jacob è stato a Forks? Ci aveva detto che sarebbe andato in Italia per un paio di settimane, che bugiardo… Bella, ti ha fatto del male?» disse a un tratto, ricordandosi sicuramente di quello che avevo passato con lui.

«le solite cose» ormai le lacrime mi avevano abbandonato, lasciandomi un enorme dolore freddo.

«Oh mio Dio, tesoro! Mi dispiace tantissimo! Quello sporco maniaco. Gliela farò pagare appena lo vedo» mi procurò un piccolo sorriso, che però non durò a lungo «Che è successo dopo? Lui è tornato a New York, perché?»

Le raccontai il resto della storia, lei rimase in silenzio per tutto il tempo che ne seguì, ogni tanto annuiva, altre volte si lasciava andare a piccole esclamazioni.

«Ma se lui sapeva il tuo passato con Jacob, avrebbe dovuto capire… mi dispiace tanto, Bella»

«Anche a me, lo amo» dissi, sbuffando e poggiando la testa al muro.

«Ti credo veramente, purtroppo non posso fare nulla da qui» il suo tono di voce era realmente dispiaciuto.

«Non preoccuparti, ti sono già grata per avermi ascoltato»

«Senti, fatti riaccompagnare a casa, fatti una doccia calda e mettiti sotto le coperte, vedrai che domani passerà tutto».

«Ti voglio bene»

«Anch’io»

Mi alzai dal pavimento e mi osservai allo specchio. Di fronte a me vedevo il volto di una sconosciuta, gli occhi erano arrossati e gonfi, le guance erano leggermente nere a causa di una parte del trucco scivolato via con le lacrime. Cercai di darmi una ripulita per non sembrare una disperata, ma il lavoro non riuscì abbastanza bene.

Lo notai quando, uscita dal bagno, vidi Alice raggiungermi allarmata, fissando attentamente il mio viso «Oh mio Dio, Bella. Cosa ti è successo? Vieni, prendi un po’ d’acqua» mi prese sotto braccio e mi accompagnò al suo tavolo, dove mi versò da bere.

Bevvi il bicchiere d’un sorso e lo posai sul tavolo, sospirando e distogliendo lo sguardo dagli occhi di Alice, che mi guardavano preoccupati.

«Bella? Cos’è successo?» con la mano mi spostò una ciocca di capelli dal viso, portandomela dietro l’orecchio.

«Potresti accompagnarmi a casa?» dissi, cercando di sviare il discorso.

«Dimmi prima cos’è successo? Non ti lascio andar via senza sapere perché hai passato mezz’ora rinchiusa in quel bagno» disse, scrutandomi attentamente.

«Credevo che nessuno mi avesse visto» ammisi. Mi ero guardata intorno prima di entrare, ed ero stata attenta a non versare ancora lacrime, evidentemente qualcuno si era accorto di dove avevo passato il tempo.

«Beh, evidentemente qualcuno ti ha visto» disse strabuzzando gli occhi e indicandosi «e non eri un bello spettacolo. Avevi un’espressione cadaverica, e poi è sparito anche…» Edward. Completai mentalmente quella frase per lei. Aveva collegato tutto, e sicuramente aveva anche capito che vi era stata l’ennesima litigata.

Ci scambiammo una serie di sguardi. Non avevamo bisogno di parlare per comunicare.

«Ce la fai a stare qui un altro po’? Il ricevimento è appena iniziato, ti perderai tutto il divertimento…» mi guardò apprensiva, stringendomi le mani.

Scossi la testa lentamente, guardando un punto indefinito della sala «Non ce la faccio, Alice. Se dovessi vederlo di nuovo sono sicura che scoppierei di nuovo a piangere» confessai.

«Okay, dammi un minuto. Chiamo subito Jasper, aspettaci fuori» si guardò attorno preoccupata e poi si allontanò. Mi alzai e andai nel mio tavolo, raccogliendo tutte le mie cose.

«Bells, dove stai andando?» Avevo quasi dimenticato che con me c’era Charlie.

«Scusa papà, ma non mi sento tanto bene, credo che andrò a casa» dissi, facendo finta di sentirmi un po’ male.

«Vuoi che ti accompagni?»

«No, mi accompagnano Alice e Jasper, li sto aspettando» mi guardai intorno, alla loro ricerca.

«Se vuoi vengo anch’io….»

«No, non preoccuparti, non sarò sicuramente una buona compagnia a casa e il ricevimento è divertente, rimani quanto vuoi» gli sorrisi, cercando di tranquillizzarlo. Uno dei motivi per cui volevo andare a casa era proprio per stare sola, Charlie sarebbe stato sicuramente un impiccio.

«Sicura tesoro?» la sua fronte si accigliò, provocando una piccola ruga.

«Sì, non devi preoccuparti. Ci vediamo domani» gli diedi un bacio sulla guancia e mi allontanai, uscendo dalla sala.

 

************************************************************************************************

 

Da più di venti minuti mi trovavo sotto la doccia, eppure la tensione non accennava a diminuire. Ero lì, tesa come una corda di violino, disperata e con il volto ricoperto di lacrime dopo aver sopportato lo sforzo di trattenerle.

Forse era meglio non sprecare tutta l’acqua calda.

Dopo avermi riaccompagnato a casa, Alice e Jasper erano ritornati alla cerimonia. Durante il viaggio in auto Edward aveva chiamato Alice per dirle che era a casa. Evidentemente, anche lui forse non era dell’umore giusto per una festa, oppure aveva trovato la compagnia con cui passare una notte senza pensare a me. Sperai con tutta me stessa che la seconda opzione non si fosse avverata.

Andai in camera e indossai la tuta con cui dormivo di solito. Erano dei pantaloncini e un top grigio, con un topolino stampato ai lati. Adoravo quel pigiama nonostante fosse molto vecchio, non avevo mai avuto il coraggio di buttarlo via.

Andai in salotto ed accesi la tv, cercando qualcosa di interessante che riuscisse a distrarmi.

Fu in quel momento che suonò il campanello.

«Chi diavolo è?» sussurrai, sbattendo contro il piede dell’ingresso e dirigendomi verso la porta. Quando l’aprii rimasi a bocca aperta.

Me lo ritrovai davanti.                      

Il suo respiro era affannato, mi guardava di sottecchi. Quell’attimo durò solo pochi secondi.

Le sue labbra furono subito sulle mie, le sue mani ancorate perfettamente alla mia vita. Mi spinse al muro, chiudendo la porta con una pedata.

«Scusa» affannò tra un bacio e l’altro «ti amo davvero, Bella…» un altro bacio «tu non sei una ragazzina isterica… sei la mia ragazzina isterica, e voglio tenerti con me fin quando lo vorrai» disse, prima di darmi ancora un altro bacio, questa volta molto più lungo dell’altro.

«Non ho mai giocato Edward, mai!» esclamai, portando le mie mani sul suo viso e accarezzandolo freneticamente.

«Fa’ l’amore con me, Bella» sussurrò a un tratto, continuando a baciarmi.

Tutto quello che riuscii a fare fu continuare a baciarlo. Volevo fare l’amore con lui, volevo amarlo come nessun’altra donna aveva mai fatto, volevo farlo sentire amato come nessun uomo si era mai sentito. Per questo, dopo qualche minuto, mi ritrovai distesa sul mio letto, il suo corpo sopra il mio. Le nostre labbra non ne volevano sapere di staccarsi e le sue mani tracciavano carezze di fuoco sulla mia pelle.

«Ti amo» ripeteva tra un bacio e l’altro, tra un indumento tolto e uno di troppo «ti amo».

Ci eravamo adattati alla perfezione. Ci eravamo amati come mai nessuno aveva fatto, avevamo invocato i nostri nomi e proclamato il nostro amore senza nessun muro che ci ostacolasse, che ci dividesse. Forse lui era veramente l’uomo della mia vita.  Non desideravo altro che lui, chiedevo mentalmente che non finisse mai quella lenta e dolce tortura. I suoi baci trafficavano sulla mia pelle a ogni movimento, era dolce nei movimenti, per una volta in tutta la mia vita non avevo nessuna fretta e, soprattutto, nessun desiderio che terminasse quell’orrore.

Con Edward, fare l’amore era la cosa più bella del mondo.

 

POV EDWARD.

Gioia, amore, tenerezza, passione, voglia di continuare ancora. Erano queste le sensazioni che provavo a tenere Bella tra le mie braccia, quella sera. Fare l’amore con lei era stato dannatamente meraviglioso, molto più piacevole del paradiso, molto più bello della mia prima volta. Era stato tutto meravigliosamente perfetto.

«Devi proprio andare via?» mugolò, abbracciata al mio petto.

Depositai un bacio sulle sue labbra «sì se non vuoi che tuo padre ci scopra così» indicai i nostri corpi nudi, avvolti solo dal sottile lenzuolo.

«Sono pronta a correre il rischio» mi strinse a se, baciandomi il petto e provocandomi una nuova scarica di brividi.

«Ti amo, lo sai vero?» le sussurrai all’orecchio.

La sua risata cristallina mi bloccò il respiro «Ti amo anch’io».

Con un colpo di reni la portai sotto il mio corpo, mi sostenni sulle braccia per non pesarle troppo.

«Sei bellissimo» sussurrò, scompigliandomi i capelli e guardandomi adorante. Fu la prima volta che mi sentii realmente in imbarazzo con lei, per questo sentii il sangue fluire nel mio viso e potei scommettere che le mie guance si chiazzarono di rosso «soprattutto quando arrossisci» aggiunse, accennando una dolce risata.

Sorrisi e ricongiunsi le nostre labbra, dando piccoli baci in cui ci staccavamo per poi ritornare a unirci, le morsi il labbro inferiore, facendolo diventare gonfio e rosso «non mi lasciare Bella» sussurrai, allontanandomi per guardarla meglio «non so cosa fare senza di te».

Capii il senso delle mie parole, capii che non volevo che ritornasse a New York, che non volevo stare lontano da lei. Al solo pensiero di una possibile relazione a distanza, rabbrividivo. E non perché non avessi fiducia in Bella, perché avevo paura potesse tradirmi, ma perché non sopportavo di stare lontano da lei neanche un attimo, l’idea di saperla a New York con il suo ex mi faceva montare una rabbia che sarei andato lì e gli avrei spaccato il muso, soprattutto sapendo quello che aveva fatto al mio dolce angelo. Bella non aveva mai fatto nulla di male per meritare questo, per meritare un simile trattamento da parte mia, dovevo capire cosa stesse passando, che non era stato facile per lei abbandonare Jacob, perché lo amava. Sperai con tutto me stesso che lei non avrebbe mai trovato un pretesto per lasciarmi solo. Ma io avevo la mia vita a Forks, lei a New York, e anche se fossi andato a studiare in un college Newyorkese, avrei dovuto aspettare sempre un anno prima di rivederla assiduamente. Bella non poteva lasciarmi.

«Come posso lasciarti?» mi accarezzò il viso. Avvicinai le mie labbra al palmo della sua mano e lo baciai.

«oh! Qui io fisserò il mio sempiterno riposo, e scoterò, da questa carne stanca del mondo, il giogo delle avverse stelle. Occhi, guardatela per l'ultima volta! Braccia, prendete il vostro ultimo abbraccio! E voi, labbra, voi che siete la porta del respiro, suggellate, con un leale bacio un contratto indefinito con la morte che tutto rapisce!» La mia immagine si specchiava limpidamente nei suoi occhi cioccolato. Tenne la bocca socchiusa, sorpresa. Non credeva potessi dirle tali cose, ma le avrei fatto cambiare idea molto presto, l’avrei amata e venerata come una dea, adesso che sapevo che anche io ero ricambiato allo stesso modo.

Alzò un sopracciglio «Romeo e Giulietta» sussurrò, facendomi capire che conosceva quel passo.

Le diedi un ultimo bacio e mi alzai dal letto, cercando i mei vestiti.

Mentre cercavo i calzini, mi sentii lanciare qualcosa sulla nuca. La mia canottiera.

«Edward sei troppo disordinato» scherzò, anche lei rivestendosi.

Quando fui rivestito, mi avvicinai a lei e m’ inginocchiai ai piedi del letto «ci vediamo domani?» chiesi.

Depositò un bacio sulla mia fronte, poi annuì.

«Buona notte mia Bella, fai tanti bei sogni. Tu sei l’unica ad avermi mai preso il cuore. Sarà per sempre tuo».

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Capitolo 16
*** Prato ***


 

 

POV BELLA

«Alice, guarda questo vestito, è fantastico» esclamai, osservando una modella di una rivista.

«hai ragione, ma le scarpe fanno un po’ pena»  arricciò il naso e uscì la lingua, continuando a sfogliare la sua rivista.

 Ritornai nuovamente a sfogliare il giornale, leggendo ogni tanto qualche notizia qua e la, per poi rinunciarci e concentrarmi solo sulle immagini.

Eravamo entrambi distese a pancia in giù sul letto di Alice, Edward era nella sua stanza ancora dormiente. Sentii Alice sbuffare sonoramente e girarsi a pancia in su. Sorrisi, continuando a guardare la mia rivista.

«Qualcosa ti turba, cara?» chiesi indifferente, facendo finta di non sapere cosa lei stesse bramando di ottenere.

«Sei cattiva, lo sai? In realtà sai benissimo cosa voglio» esclamò, guardandomi di sottecchi.

Mi avvicinai con il busto a lei, trovandomi a pochi centimetri dal suo volto «No, non so cosa vuoi sapere. Vorresti informarmi?» alzai un sopracciglio, osservandola mentre alzava gli occhi al cielo.

Sbatté i piedi sul materasso, provocandomi delle risate. Scossi la testa e ritornai al mio posto «Ah piccola Alice…» sospirai.

«Vuoi dirmi cosa è successo tra te e quello zuccone di mio fratello o no?» sbuffò.

«No» risposi di getto, facendola spazientire.

«So che ieri sera è venuto da te, dopo che io e Jazz ce ne siamo andati. Che avete fatto? Lo hai fatto di proposito a far finta di stare male? Per stare da sola con lui?» fece gli occhioni dolci.

Mi feci seria «No, stavo veramente male ieri sera, avevamo discusso fuori dal ristorante, ma quando sono arrivata a casa e ho aperto la porta mi sono ritrovata lui davanti… e abbiamo fatto pace»

«Che tipo di pace?» mi diede due colpetti con la spalla e mi guardò maliziosamente. I pensieri della serata precedente fecero subito capolino nella mia mente. La morbidezza dei suoi capelli, il suo corpo bellissimo privato di qualsiasi indumento, l’amore all’interno di quelle piccole carezze, la sensazione di sentirsi completi…

«Alice!» esclamai sconvolta.

«Eddai! Ormai sono abbastanza grande per queste cose»

«Mmm… non lo so»

«Bella?» si avvicinò minacciosamente «sono o non sono la tua migliore amica delle vacanze?»

«Lo sei» ammisi riluttante.

«Bene, allora raccontami tutto»

«Abbiamo fatto l’amore» sussurrai.

Emise un gridolino entusiasta e poi mi abbracciò, stritolandomi quasi «Lo sapevo che prima o poi tu e mio fratello vi sareste messi insieme. Era solo questione di tempo» esclamò, quando ormai ero completamente a corto d’aria.

Due colpi alla porta interruppero l’entusiasmo di Alice.

«Sto interrompendo qualcosa? Emmett mi ha detto che eravate qua dentro» la chioma bionda di Jasper comparve dalla porta.

«Entra pure tesoro, tanto ormai Bella ha confessato tutto» Alice si avvicinò a Jasper e mi fece l’occhiolino, ricevendo in risposta una mia occhiataccia. Jasper rise.

«Ah sì? E cosa doveva confessare?» chiese lui, abbassando lo sguardo fino ad incontrare quello di Alice, saldamente ancorata al suo fianco. Per un attimo vidi me e Edward in quella posizione, con quegli sguardi innamorati e quei sorrisi da ebeti stampati sul volto. Sorrisi a quel pensiero, finalmente nessuno mi avrebbe proibito di essere amata, di essere al posto di Alice, almeno per un po’.

«Niente… non ha importanza» con un gesto della mano Alice fece cadere il discorso e si gettò definitivamente tra le braccia di Jasper «mi sei mancato tanto amore mio».

Decisi di lasciar loro un momento d’ intimità «ragazzi, io vado a vedere se Edward è sveglio, va bene?» cercai di infilarmi nell’angusto spazio tra la schiena di Jasper e lo stipite della porta, visto che il mio amico non accennava a muoversi, troppo occupato a giochi di lingua con la sua ragazza. Con una bravura degna di un’atleta, riuscii finalmente a uscire dalla stanza, sospirando.

Aprii la porta della camera di Edward, e ciò che vidi m’intenerì non poco. Edward era sdraiato sul suo letto, la coperta aggrovigliata tra le sue gambe e l’espressione di un bambino. Era di una dolcezza unica, e l’unico pensiero che mi frullava per la testa in quegli attimi era “è solo mio”.

Mi sedetti al suo fianco, togliendogli qualche ciocca di capelli dal viso, erano un po’ lunghi, aveva bisogno di tagliarli un po’. Lo vidi emettere dei suoni e aprire gli occhi leggermente, per poi richiuderli e girarsi dall’altra parte. Sorrisi involontariamente, continuando però ad accarezzarlo.

Dopo un paio di minuti si voltò nuovamente verso me, con gli occhi ben aperti. Sussultò quando mi vide.

«Buon giorno. Non credevo di essere così orribile» scherzai.

Si rilassò e si lasciò andare sul materasso, sorridendomi «Buongiorno amore, è da tanto che aspetti?» le sue carezze sul mio braccio mi fecero rabbrividire.

«Giusto un po’, sono stata con Alice, ma poi è arrivato Jasper e me ne sono venuta qui» mentre parlavo, lui mi fece spazio e mi accoccolai anch’io sul letto, tra le sue braccia.

«Potevi svegliarmi» sussurrò dolcemente tra i miei capelli «non mi avrebbe dato fastidio».

«Sì invece, tu adori dormire»

«Non quando ci sei tu. Voglio passare ogni attimo con te» mi strinse ancora di più, lasciando dei baci sul mio collo.

Rimanemmo in quella posizione a lungo. Stavo bene tra le sue braccia, sentivo i battiti del suo cuore ed ero sicura che lui sentisse i miei. Respiravamo all’unisono e ogni tanto ci scambiavamo qualche casto bacio, non c’era provocazione, malizia, peccato nei nostri gesti, ma solo voglia di stare insieme e amarsi. Amare. Qualche mese prima credevo che non sarei mai stata capace di amare qualcuno come amavo Jacob, invece mi ritrovai a scoprire che non avevo mai amato, che Edward era stato il mio primo, vero amore, non un’infatuazione. Avevamo passato dei magnifici momenti insieme, anche quando ancora non ci conoscevamo abbastanza bene da capirci al primo sguardo, ora era tutto diverso. Lo amavo, tanto. Quella notte avevo preso la decisione definitiva, quella che, ero sicura, avrebbe determinato la mia vita con Edward: sarei rimasta a Forks, per un anno, poi sarei andata all’università e avrei ripreso la mia vita da dove l’avevo lasciata, con l’unica eccezione che avrei avuto Edward al mio fianco con cui condividerla. In fondo era la scelta giusta, scegliere l’amore, sempre. Non avrei mai pensato di innamorarmi così tanto da abbandonare la mia amata New York, di abbandonare la mia vita, perché, in fondo, era lì che avevo vissuto tutta la mia esistenza, lì che avevo tutti i miei amici, il posto in cui ero cresciuta. Ma non mi ero mai resa conto che non avevo mai vissuto, che non avevo mai provato quelle emozioni che ti fanno battere il cuore all’impazzata, che ti fanno perdere la testa, non avevo mai trovato la persona giusta che mi facesse sentire in grado di vivere la mia vita appieno. Fin quando non conobbi Edward. Con quella chioma ramata, quegli occhi verdi e quel sorriso che ti faceva sempre perdere un battito, nonostante lo facesse involontariamente. Non avevo fatto nulla per meritarmi una persona del genere, eppure lui era mio, e aveva fatto di tutto per stare con me, segno di quanto mi amasse davvero.

«Isabella Marie Swan» sussurrò sulla mia pelle «Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo, senza eccezioni».

Mi voltai fino a quando il mio viso non si trovò a pochi centimetri dal suo, i nostri occhi s’incontrarono e fu proprio in quel momento che mi sentii irrimediabilmente legata a lui.

Gli baciai la fronte e gli accarezzai la guancia «Ti amo anch’io».

 

 

POV EDWARD.

«Ti sfido a duello Edward» disse Emmett con fare solenne, nel salotto di casa. Io e Bella eravamo distesi sul divano, lei sopra di me, mentre Jasper aveva appena abbandonato Emmett dopo due estenuanti partite alla playstation.

«Non mi va» bofonchiai, accarezzando i capelli di Bella.

«Eddai! Solo una partita» mise il broncio e mi guardò con gli occhi dolci.

Sentii la risata cristallina di Bella, mentre io serrai gli occhi «Dannazione Edward, sei orrendo con quella faccia» esclamai.

«Non è vero, è dolcissimo» Bella si alzò e andò ad abbracciare Emmett, sembrava una bambina in confronto a mio fratello. Emmett le cinse le spalle con un braccio e la strinse di più a se, continuando a farla ridere.

«Vedi? Lei sì che è una cognata con i fiocchi, ma solo se fa una partita con me».

«Mi dispiace Emmett, ma non so giocare» Bella continuò a ridere e si accoccolò di nuovo tra le mie braccia. Io la tenni stretta a me, come se non volessi lasciarla andare mai più, mi trovavo così bene in quel momento, sentivo di aver ottenuto tutto, di aver lottato per qualcosa in cui ho creduto fin dal primo istante e che ne è valsa la pena.

«Disturbo?» Rosalie entrò dalla porta secondaria, uscendo dalla cucina e avvicinandosi a Emmett.

«Tu? Figuriamoci!» esclamò Emmett, raccogliendola tra le sue braccia e baciandola.

Bella si voltò verso di me e mi sorrise, facendomi l’occhiolino «Andiamo fuori, ho bisogno di un po’ d’aria» si alzò e mi afferrò la mano, trascinandomi con sé. Uscimmo dalla porta d’ingresso e a quel punto Bella lasciò la mia mano e cominciò a correre nell’immenso giardino di casa mia.

«Bella, vieni qui, non ho voglia di correre» bofonchiai, sorridendo.

«No, vieni tu. Ho voglia di una sigaretta» disse, estraendone una dalla tasca e accendendola. Si appoggiò a un albero nella parte opposta e aspettò che io mi avvicinassi a lei «Vuoi?» mi disse, quando fui a pochi passi da lei.

«No»

«Okay» distolse gli occhi da me e li puntò su un punto indefinito, nel bel mezzo del bosco. Ispirò dalla sigaretta ed espirò il fumo.

«Da quando fumi?» le chiesi.

Fece spallucce, compiendo un altro tiro «Da quando avevo dodici anni. Lo faccio solo per rilassarmi, quando la tensione è troppo forte e non riesco a calmarmi».

«Cosa c’è che ti rende tesa?» dissi maliziosamente, avvicinandomi pericolosamente al suo volto.

«Tu» accennò un piccolo sorriso che ricambiai solo per pochi secondi.

«Nel senso buono o cattivo?»

«Entrambi» rispose, tirando l’ultima volta e schiacciando la sigaretta per terra con il piede «Dipende dal tuo punto di vista» le sue labbra si posarono delicatamente sulle mie, facendomi fremere. Schiusi le labbra e la sua lingua s’insinuò alla ricerca della mia, che non si fece attendere. Fu un bacio dei più dolci e teneri che ci potessero essere. Nessuno ci stava mettendo fretta, le nostre lingue si muovevano lentamente, in una danza a cui non volevano porre fine. Sentivo sapore di menta e sigarette.

«Vorrei saper disegnare il rumore dei tuoi baci» dissi, poggiando la mia fronte alla sua.

 

POV BELLA.

Nessuno mi aveva mai guardata come mi stava guardando lui. Nessuno mi aveva mai detto quello che mi aveva appena detto lui. E la cosa più strana era che mi piaceva sentirmi dire quelle parole sdolcinate, adoravo il modo in cui le diceva e come mi faceva sentire nell’ascoltarle. 

«Ti amo» dissi, senza paura di risultare banale, perché con Edward tutto andava bene, tutto era adatto alla situazione.

«Vieni» mi afferrò per la mano e cominciò a camminare.

«Dove mi stai portando?»

«Qui, esattamente qui» sussurrò, fermandosi di botto e facendomi sbattere contro la sua schiena.

Mi aveva portato al fiume accanto casa sua. Diverse volte avevo sentito il rumore dello scorrere dell’acqua, ma non mi ero mai chiesta cosa vi fosse, e la curiosità non era mai stata troppa da vedere come fosse. Solo ora mi accorgevo che mi ero persa il più bello spettacolo della mia vita. Vi era un punto in cui tutti gli alberi terminavano, entro un confine ben definito. Tutto era verde e tra il corso d’acqua e il terreno vi erano dei cespugli. L’acqua era cristallina,  con un isolotti di terreno che sorgeva al centro del corso. Era uno spettacolo meraviglioso.

«Ti piace?» disse, guardandomi entusiasta.

«Edward, è fantastico» sussurrai, a corto di parole.

«Ci vengo spesso qui a studiare, durante la scuola» ammise, grattandosi la nuca e guardandosi intorno.

«è bellissimo Edward, davvero» mi avvicinai a lui e posai una mano sulla sua guancia «ma ancora più bello sei tu» m’immersi in quegli occhi verdi. Il suo sguardo era così profondo che ebbi la sensazione di leggere la sua anima. Si avventò su di me prima che potessi formulare qualche altro pensiero. Mi portò addosso a un albero e lentamente mi fece stendere sul terreno, portandosi sopra di me, continuando a baciare ogni parte del mio corpo gli capitasse a tiro. Immersi le mani tra i suoi capelli, accarezzandolo dolcemente.

«Potrebbero vederci Edward» ansimai.

«Non importa, voglio amarti, qui. ora» disse, tuffandosi nuovamente tra le mie labbra. Le sue mani vagarono nuovamente, ora assieme alle mie.

Mi persi in quell’enorme prato che erano i suoi occhi.

************************************************************************************************

POV EDWARD.

«No Edward, lascia stare»

«No Bella, non lascio perdere, okay? Chi sarebbe Peter?»

«è mio cugino. Contento adesso?» alzò gli occhi al cielo, guardandomi esasperata.

«Non mi prendi in giro, Bella. So che non è tuo cugino» dissi, mostrandole il cellulare con la chiamata appena ricevuta.

«Okay» disse, gettandosi sul divano.

«Okay cosa?»

«Non è mio cugino» disse con naturalezza.

«Che significa che non è tuo cugino?» dissi, alzando il tono della voce.

Mi guardò seria. Dopo qualche secondo sbottò dal ridere.

«Perché stai ridendo, ora?» chiesi irritato.

Fece spallucce «perché sei geloso, e perché te la stai prendendo per nulla» rispose con naturalezza. Si avvicinò a me e mi stampò un bacio sulle labbra, per poi uscire di casa e dirigersi sulla sua macchina senza nemmeno un saluto.

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Capitolo 17
*** Sapere cosa è giusto e non farlo è codardia ***


 

POV BELLA.

Sapere cosa è giusto e non farlo è codardia.

Ecco la parte più difficile: dire alla propria madre che non vuoi più ritornare a casa. Purtroppo il momento decisivo era arrivato, avevo scelto Edward alla caotica New York, soffrendone molto, ma consapevole di fare la cosa giusta, di aver messo lui davanti a tutto, speravo non mi sarei pentita di quella scelta. Ma abbandonare tutto era difficile, avrei dovuto cominciare tutto d’accapo, ricostruire tutta la mia vita attorno a Edward. Era una cosa che ero disposta a fare, abbandonare tutto per lui, e sapevo che era l’unica cosa giusta, la strada per arrivare alla realizzazione di un sogno. In fondo era solo un anno, poi saremo partiti per non ritornare mai più.

«Pronto? Ciao piccola»

«Ciao mamma… ho bisogno di parlarti» dissi di getto.

«Dimmi tesoro… »

«Beh… c’è qualche problema con il mio ritorno….» odiavo i giri di parole, ma in quelle occasioni erano necessarie, per attutire il colpo.

«Ah, prima volevo dirti che ti ho comprato una nuova divisa, sai, hai detto che quella dell’anno scorso ti stava un po’ stretta, i prezzi sono aumentanti moltissimo, ma per noi non è un problema, no?» terminò quella domanda con una dolce risata «Ti ho anche rinnovato l’iscrizione a scuola, è tutto pronto per il tuo arrivo, ho prenotato il biglietto per il 23, spero vada bene per te. Mi manchi tanto piccolina, non vedo l’ora che tu sia tra le mie braccia».

No, non poteva aver già fatto tutto, non poteva dirmi che era già tutto pronto subito dopo aver preso una decisione. Come potevo dirle che non potevo più partire? Che non volevo più ritornare da lei perché avevo trovato lui? Non potevo essere così meschina. Non potevo rinunciare a Edward, lui era la mia unica certezza, come potevo abbandonarlo così?

«Allora? non sei felice tesoro?» la sua voce era entusiasta, un entusiasmo che non potevo di certo frenare.

«Sì…» sussurrai, con la voce strozzata. Il pensiero di abbandonare Edward mi stava facendo tremare le gambe.

«Bene… allora? cosa volevi dirmi?»

“mamma, non ritornerò a New York per quest’anno, sai? Ho conosciuto Edward e mi sono pazzamente innamorata di lui”. Cosa mi sarei dovuta aspettare? Che m’incoraggiasse nelle mie scelte? No, assolutamente no. Mi avrebbe umiliata e poi mi avrebbe costretto a ritornare a casa. Fu per questo che inventai una scusa a caso, mi sentii una grande codarda con quel gesto, quello che stavo facendo era sbagliato, Edward era giusto per me, Forks era giusta per me, eppure non stavo opponendo resistenza per rimanere dov’ero «oh, nulla. Volevo appunto dirti per la divisa» avevo paura si potesse accorgere della mia bugia, invece nulla, la sua risata fu dolce e cristallina come sempre.

«Okay tesoro… ci vediamo la prossima settimana, ti voglio bene».

Sapere cosa è giusto e non farlo è codardia.

 

 

«Pronto?»

«Che stai facendo?» la voce vellutata di Edward risvegliò le mie piccole farfalline.

«Ho appena finito di parlare al telefono con mia madre» dissi, ripensando alla nostra piccola conversazione.

«Ah. Vieni qui pomeriggio? Ho voglia di vederti».

«Sto arrivando» riattaccai il cellulare e corsi subito in camera a prepararmi, sognando già di assaporare il sapore delle sue labbra.

 

***************************************************************************************************

 

«Bella, sei strana, c’è qualcosa che non va?» le sue braccia mi tenevano al caldo in quella giornata particolarmente fredda nonostante il mese in cui ci trovavamo. Ero arrivata da poco a casa di Edward e ci trovavamo entrambi distesi sul suo enorme letto, fissavamo entrambi il soffitto e ogni tanto ci scambiavamo qualche bacio, appassionato o meno, mi bastava solamente questo, non chiedevo assolutamente altro. Ogni tanto ripensavo alla telefonata di mia madre e all’enorme errore che avevo commesso, avrei dovuto dirlo ad Edward, ma non mi andava di rovinare quel momento così perfetto, così avevo deciso di aspettare, ma nonostante non avessi fatto nulla che manifestasse il mio reale umore, Edward aveva già capito che non era la mia solita giornata felice.

«No, va tutto bene, non preoccuparti» accennai un sorriso e depositai un bacio sul suo mento, facendolo ridere «Dio, quanto sei bello» esclamai sulle sue labbra, scontrando i suoi occhi ridenti. Vederlo in quella posizione, sorridente e felice solo per me, mi provocava enormi scariche di elettricità in ogni parte del corpo.

«Non cambiare discorso, sei sicura che non ci sia nulla che non va?» la sua mano intrappolò la mia, ferma sulla sua guancia, si allontanò dal mio viso per osservarmi meglio. Cercai di nascondergli i miei occhi, ma con un movimento deciso della mano me li fece nuovamente scontrare con i suoi, facendomi sentire nuda «So quando c’è qualcosa che non va, ormai ti conosco, e so anche bene che quando non ti va di parlare di qualcosa cambi sempre discorso, quindi non prendermi in giro Bella, dimmi il tuo problema» disse calmo, senza un’ombra di sorriso sul volto.

Sapere cosa è giusto e non farlo è codardia.

«Davvero Edward, non c’è nulla» scossi energicamente la testa, accennando un sorriso incredulo.

«Per quanto tempo continuerai a dirmi questa bugia?» questa volta il tono della sua voce era pungente. Non potevo raccontargli della conversazione con mia madre, si sarebbe arrabbiato e avremmo litigato, ci saremo stati male entrambi, in compenso però avrei fatto la cosa giusta. Ma quando il rischio è ferire le persone che ami, non esiste il giusto o sbagliato, esiste solo ciò che va fatto, ciò che ti senti di fare pur di non far soffrire quella persona, e io stavo facendo questo, non stavo facendo soffrire Edward con la mia scelta, lo avrei tenuto all’oscuro di tutto nella speranza di poter dire a mia madre tutta la verità. Eppure Edward non meritava questo.

«Non ti sto dicendo una bugia, è la verità» lo baciai sulle labbra «la pura e semplice verità, sto meravigliosamente bene, con te, solo con te».

«Sei sicura?» alzò un sopracciglio, ma non riuscì a nascondere il rossore che gli stava macchiando le guance, rendendolo ancora più bello.

«Sicurissima amore mio» risposi sorridendo. Brava Bella, ero riuscita nel mio intento, ingannare Edward non era stato difficile come immaginavo, anche se l’istinto di confessargli tutto era molto pressante.

Con un colpo di reni mi portò sotto il suo corpo e con le sue grandi mani accarezzò i miei capelli «Lo sai quanto ti amo, vero?»

Annuii «Ti amo» risposi, stringendolo a me «ma sono costretta a mentirti» mimai con le labbra, quando fui sicura che lui non si potesse accorgere dello spostamento delle mie labbra.

Sapere cosa è giusto e non farlo è codardia.

«Bella, devo chiederti una cosa» si staccò dalle mie labbra, il suo tono di voce sembrò parecchio insicuro «Mi stavo chiedendo… se avessi deciso cosa fare… insomma, con New York…» gli occhi erano fissi sul cuscino. A quella frase il mio stomaco sussultò e imprecai mentalmente. Stavo per essere scoperta, ne ero più che sicura. Puntuale come sempre per scoprire i meandri della mia mente, grazie Edward.

«Sì, ho deciso. Voglio rimane qui Edward, ne ho già parlato con mia madre, non l’ha presa abbastanza bene, ma deve pur farsene una ragione» mentii. Forse, se avessi fatto passare mia madre per la donna insicura che non vuole abbandonare la propria figlia, sarei riuscita a far preparare inconsciamente Edward a una possibile relazione a distanza.

«Quindi rimarrai qui? Con me?» i suoi occhi si illuminarono di una luce che non avevo mai visto brillare, tanto bella da abbagliarmi. Era felice, si poteva notarlo a distanza di chilometri.

«Sì, rimarrò con te, per sempre».

Le sue labbra si ricongiunsero alle mie, le sue mani vagarono impercettibilmente sul mio corpo.

Sapere cosa è giusto e non farlo è codardia.

 

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22 agosto

Solo un giorno, mi rimanevano solo 24 ore di tempo per dire a Edward che l’indomani sarei partita per New York, che la nostra storia d’amore si sarebbe conclusa lì. I giorni passati con lui erano stati stupendi, degni di una vera storia d’amore, per questo non avevo avuto il coraggio di interrompere quei momenti, perché ero sicura sarebbero stati i ricordi più preziosi di quell’estate ma, soprattutto, non volevo spegnere quella luce che brillava continuamente negli occhi di Edward.

«Nessuno mi ha mai guardata come mi guardi tu» gli dissi improvvisamente.

Mi strinse ancora di più a se, facendomi girare la testa per la troppa vicinanza con le sue labbra «Non ho mai amato nessuno come amo te».

Come potevo dirgli che sarei partita? Eppure dovevo farlo, avevo tirato fin troppo la corda e adesso rischiava di rompersi, forse ero ancora in tempo per salvare la nostra relazione, potevo ancora farlo invece di sparire nel nulla come avevo pensato di fare.

«Devo dirti una cosa, Edward» i miei occhi si fecero lucidi nello stesso istante in cui pronunciai quelle parole.

Le sue dita raccolsero una lacrima, i suoi occhi vagarono subito sui miei per scoprire cosa c’era che non andasse «Perché stai piangendo?» era preoccupato, molto.

Quanto avrei voluto dirgli che tutto andava meravigliosamente, quanto avrei voluto continuare a fingere che sarei rimasta con lui, che non lo avrei abbandonato. Ma non era più tempo di fuggire, non c’era più tempo per essere dei codardi. Per questo pronunciai quella parola che mi morì in gola non appena la pronunciai.

«Parto» dissi fra le lacrime.

 

POV EDWARD.

«Parto» disse fra le lacrime.

Partiva. Partiva per dove? Per New York? Potevo benissimo capire, una settimana per andare a riprendere ciò che era suo, me lo aveva già detto che sarebbe dovuta ritornare a casa per sistemare delle cose. Allora perché piangeva?

«Okay… quando?» accarezzai la sua guancia.

«Domani» i singhiozzi si fecero ancora più forti, la strinsi ancora a me, non capendo il reale motivo di tutto quel pianto.

«Così presto? E non mi hai detto nulla? Okay dai, tanto ci rivediamo ugualmente tra qualche giorno… tra una settimana comincia la scuola…» mentre pronunciavo quelle parole i suoi occhi si spalancarono e un altro fiotto di lacrime uscì dai suoi occhi. Fu allora che capii tutto «Perché ritorni… vero?» non poteva avermi mentito. Non poteva avermi fatto tutte quelle promesse sapendo che non le avrebbe mantenute.

Bella non poteva farmi questo.

Ma furono il silenzio e le lacrime a confermare tutto. Bella non si era iscritta alla scuola di Forks, non aveva detto nulla a sua madre riguardo la sua permanenza a Forks, non aveva detto nulla a suo padre, Bella sapeva che se ne sarebbe andata mentre mi prometteva che sarebbe rimasta con me.

L’allontanai da me, cominciai a camminare avanti e indietro, mentre lei manteneva lo sguardo basso «non puoi avermi fatto questo, Bella. Non puoi» esclamai, lanciando per aria la prima cosa che mi trovai davanti. La lampada di mamma si frantumò in mille pezzi contro il muro. La feci sobbalzare, ma non mi curai del danno che avevo appena fatto. Ero arrabbiato, arrabbiato con me stesso per averle permesso di entrare nella mia vita, per aver creduto che fosse veramente cambiata, invece era rimasta la solita bugiarda di sempre, la solita, splendida, bugiarda.

«Edward, calmati»

«Calmarmi? Calmarmi Bella?» mi avvicinai a lei, che arretrò di qualche passo «hai idea di tutte le balle che mi hai inventato? Di tutte le promesse che mi hai fatto? La nostra storia è stata solo un gioco per te, solo un’avventura estiva» dovevo dar retta a Rosalie, lei sì che non mi avrebbe mai mentito, era stata la prima a vedere Bella per quello che era realmente, subito dopo averla conosciuta meglio. Non erano bastate tutte le raccomandazioni che mi aveva fatto, tutti i ‘lasciala perdere’ che mi aveva detto, io amavo Bella e non avevo ascoltato la mia migliore amica. Avevo commesso un grosso errore.

«Non è vero Edward! Io ti amo davvero» esclamò, gli occhi spalancati, anche lei aveva cominciato a gridare. Mi tappai le orecchie.

«Tutte stronzate! Tu mi hai sempre preso in giro, sin dall’inizio, da quel falò al mare! Vattene via Bella, non voglio più vederti, non tornare mai più a Forks» pronunciai l’ultima frase con una calma quasi surreale.

«Edward…»

Non le diedi ascolto, raccolsi tutti i suoi oggetti e li lanciai fuori dalla porta, sul prato «vattene via Bella», mi sentii come quegli oggetti, buttato via, maltrattato e mancato di rispetto. Bella uscì senza dire una parola, raccolse tutte le sue cose e salii sul pick-up. Non riuscii a frenare le lacrime che uscirono dai miei occhi, ma mi chiusi la porta alle spalle, sicuro che il capitolo Bella ormai era chiuso per sempre, sepolto in qualche angolino del mio povero cuore.

Quella fu l’ultima volta che la vidi.

 

 

***********************************************************************************************

 

POV BELLA.

Aeroporto. Non volevo trovarmi lì, volevo essere con Edward, dirgli che era stato tutto uno scherzo, che la mia non era stata una semplice avventura estiva, lui per me era stato il mio primo, grande amore. Eppure non mi aveva creduto, mi aveva buttata fuori di casa, ferito e visibilmente umiliato, non avevo fatto nulla per rassicurarlo del mio amore, ero rimasta in silenzio, avevo ascoltato la sua rabbia e poi me ne ero andata senza dire una parola.

Ecco il risultato della mia estate: grande amore, grande sofferenza, tutto in proporzione.

Salii sull’aereo e presi posto accanto al finestrino, solo pochissimi minuti e avrei lasciato per sempre la Florida, sarei ritornata nella mia caotica New York, e allora perché non ero tanto felice? perché avevo la sensazione che tutto questo era sbagliato? Che avevo lasciato qualcosa? Edward, solo un nome, ma bastava a farmi versare molte lacrime.

«Scusi, è libero?» no, non poteva essere lui, vidi i suoi occhi verdi, il suo sorriso sghembo. Sorrisi involontariamente.

«Edward…» sussurrai. Fu solo un attimo, Edward sparì, lasciando spazio a un giovane ragazzo, un po’ più grande di me.

Cosa potevo aspettarmi? Che fosse lui a ricorrermi, come aveva fatto per tutta l’estate? «Oh… sì» dissi, volgendomi di nuovo verso il finestrino.

«Grazie… piacere, io sono Mark» mi porse la mano, sorridendo. Lo guardai sdegnata, prima la mano, poi lui.

«Bella» pronunciai, voltando di nuovo il mio viso.

«Bella…» sussurrò.

L’aereo decollò, appoggiai il capo al sedile e chiusi gli occhi.

Addio Edward. Ti amo.

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Capitolo 18
*** La cosa giusta ***


 

1 anno dopo.

POV EDWARD.

Il sole filtrava debolmente dalla finestra, disturbando il mio risveglio. Nonostante fossi arrivato a New York da circa un mese, non riuscivo ad abituarmi al sole continuo di quelle giornate. Forks mi mancava terribilmente, avevo abbandonato tutta la mia famiglia per uno stupido capriccio, la Columbia, che poi non sapevo nemmeno dove fosse arrivata la fantasia di iscrivermi in quell’università, era da un anno che ci pensavo in continuazione, da quando lei se n’era andata, forse mi ero iscritta in quel college perché speravo potessi rincontrarla.

 

«Buongiorno, amore» Jenny, accanto a me, si mosse e mi abbracciò. La conoscevo da circa sei mesi, era una ragazza che avevo conosciuto durante la mia prima visita alla Columbia, era l’unica ragazza dimostratasi disponibile con me, da quel giorno ci eravamo sentiti ogni giorno, fino a quando lei non si presentò davanti la porta di casa mia, a Forks. Da quel giorno non ci separavamo nemmeno per un minuto. Mi trovavo bene con lei, mi trovavo a mio agio e, dopotutto, lei era innamorata di me, questo bastava per stare bene.

 

Depositai un bacio sulla sua chioma bionda «Buongiorno tesoro».

 

«Meglio sbrigarci, o faremo tardi al tuo primo giorno di college» era un anno più grande di me, ma questo non era assolutamente un problema, anzi, lei ricompensava perfettamente la persona immatura e irresponsabile di cui mi ero innamorato prima di conoscerla.

Mi alzai dal letto, dirigendomi in bagno per una bella doccia calda, alzai il viso verso il getto d’acqua per risvegliarmi completamente. Anche se era passato esattamente un anno dal nostro ultimo saluto, io non l’avevo ancora dimenticata e, forse, ero ancora innamorato di lei. Me ne rendevo conto dai piccoli gesti, da come confrontassi gli atteggiamenti di Jenny a quelli di Bella, da come, certe volte, mi innervosissi perché non le somigliava affatto. Me ne rendevo conto dalle sensazioni che provavo nello stare accanto a Jenny, sensazioni così diverse da quelle che mi provocava un solo sguardo di lei.

 

«Edward il caffè è pronto» uscii dalla doccia e mi avvolsi i miei fianchi nell’asciugamano che Jenny aveva preparato per me. Pettinai distrattamente i capelli all’indietro, scelsi i primi indumenti che vidi nell’armadio e scesi in cucina. Abitavo a casa di Jenny, mi aveva proposto di convivere e io avevo subito accettato, per renderla felice e, forse, per rendere felice anche me.

La vidi seduta sulla sedia, con la sua tazza di caffè in mano e il giornale davanti gli occhi. Le accarezzai la guancia e mi sedetti di fronte a lei.

 

«Allora? Non sei per niente emozionato? Finalmente sei un giovane universitario» disse scherzosamente.

 

Feci spallucce, bevendo un sorso dalla tazza «non è poi così grandioso come mi aspettavo»

 

Mi guardò incredula «Ed ma stai scherzando spero! Io l’anno scorso ero agitatissima, ricordo ancora il terrore nell’entrare da quel cancello» fece una smorfia, alzandosi dal tavolo e depositando le nostre tazze nel lavandino.

 

«Bah, io non sento nulla» le rubai il giornale e lessi qualche titolo.

 

Mi abbracciò alle spalle e mi diede un bacio sulla guancia «Certo, tu sei il mio piccolo cucciolo d’uomo, non hai paura di nulla» le mordicchiai la punta del naso e lei si mise a ridere «A proposito… sai che questa sera noi abbiamo una festa, vero?»

 

«Certo, come potrei dimenticarlo» alzai gli occhi al cielo. Parlava continuamente di quella festa, a volte mi faceva pure venire il mal di testa, mi aveva fatto promettere che ci saremmo andati, non potevo certo disdire, sapevo quanto ci tenesse a fare da mentore alle nuove matricole.

 

«Okay, vado a prepararmi. Aspettami cinque minuti»

 

«Sbrigati, non voglio far tardi al mio primo giorno di college»dissi, scimmiottando il tono di voce che aveva usato lei poco prima.

Scoppiò a ridere, correndo su per le scale e sparendo per la porta della nostra camera da letto. Risi anche io involontariamente, adoravo la sua risata, era una delle cose più preziose che possedeva.

Sì. In fondo, Jenny, mi faceva stare bene, era questo l’importante, per me.

 

 

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POV BELLA.

«Tesoro sveglia, siamo già in ritardo»

«Lasciami stare Mark, voglio dormire» lanciai il cuscino nella direzione del ragazzo che mi aveva appena svegliato.

Sentii il materasso abbassarsi sotto il peso del mio ragazzo, che si stava avvicinando a me «Columbia». Gli bastò solamente sussurrare quel nome perché io mi alzassi dal letto e mi dirigessi subito in bagno, sotto le sue risate.

«Ridi pure» bofonchiai «tanto non è mica il tuo primo giorno di college»

«Di cosa ti preoccupi? Sarà un giorno come tutti gli altri, e poi ci sono io accanto a te» gridò, ancora sdraiato sul letto.

«Certo, per te che è da due anni che se lì è tutto una passeggiata» alzai gli occhi al cielo e raccolsi i capelli in una coda alta. Raggiusi Mark sul letto e mi ci buttai sopra «Non ho voglia di andarci. Sono troppo agitata»

«Tranquilla piccola, ci sono io a tenerti per mano» mi strinse tra le sue braccia e mi lasciai cullare dolcemente.

Incredibile come fosse cambiato tutto in un anno. Avevo incontrato Mark nel pieno di una crisi isterica, sull’aereo per ritornare a New York. Durante il viaggio aveva cercato di parlarmi in tutti i modi, dopo un po’ di tempo, un attimo prima del nostro primo bacio, mi aveva perfino confidato che per lui ero stata un colpo di fulmine. E io col tempo mi ero affezionata a lui, perché non fare almeno una volta la cosa giusta, la vita me ne stava dando di nuovo l’opportunità, avevo sbagliato con Edward, non potevo di certo sbagliare di nuovo con Mark.

Già… Edward. Non lo avevo più sentito da quel giorno. Mi mancava tuttora, terribilmente. Ma ormai mi ero abituata a quel vuoto nel mio cuore, ci avevo fatto il callo. Eppure continuavo a sbagliare, a pensarlo, e ad innamorarmi di lui. Me ne rendevo conto quando gli occhi di Mark incontravano i miei, non sentivo le gambe cedere, le farfalle prendere il sopravvento nel mio stomaco, non sentivo inondarmi l’anima dell’immenso amore che provavo per lui. Tutte emozioni che, invece, provavo ripensando a Edward. Me ne rendevo conto quando osservavo certi gesti di Mark, così diversi dai suoi, e mi irritavo da morire, mi arrabbiavo con lui perché non era Edward. Ed ero sicura che lui lo capisse, perché su quell’aereo, gli avevo confessato tutta la mia storia, e lui aveva ascoltato attentamente. Ogni tanto litigavamo per Edward, affermava che io dovessi ritornare da lui e lasciarlo in pace, io piangevo e ritornavo a casa mia. Dopo pochi giorni lui ritornava da me con un mazzo di rose in mano e tutto ritornava alla normalità. Mark mi amava, e mi faceva stare bene, ero felice di aver dato a una persona buona e onesta ciò che si meritava, significava che avevo fatto una cosa giusta, mi ero sacrificata per la felicità dell’uomo che avevo accanto. 

«Dai Bella, andiamo a fare colazione» mi diede un leggero colpetto sulla spalla e mi alzò dolcemente dal letto «Sono andato al bar e ho comprato quei cornetti che ti piacciono tanto» disse sorridente, mentre usciva dalla porta della nostra camera.

 

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Ore 08:45

 

«Isabella Marie Swan, tra qualche secondo sarai, a tutti gli effetti, una studentessa della Columbia University, sei pronta a fare questo grandissimo passo insieme a…?»

Risi per il modo solenne con cui pronunciò quelle parole, e anche per  come Wendy aveva interrotto la sua domanda saltandomi letteralmente addosso e cominciando a urlare come una pazza.

«Bella è fantastico! Ti rendi conto che siamo delle adulte ormai? Sono felicissima! Oh… ciao Mark, tutto bene?»

«Diciamo di sì… se solo qualcuno non avesse interrotto la nostra conversazione» rispose scherzosamente, cominciando a ridere.

«Oh, mi dispiace, era qualcosa di importante? Comunque non m’interessa, varchiamo la nostra soglia assieme Bella» mi afferrò la mano e mi trascinò al di là del cancello, ma prima che fossi completamente dall’altra parte della soglia , persi la mano di Mark e lo trascinai con me.

Sì, in fondo ci tenevo che Mark faceva parte del mio futuro, mi faceva stare bene, era questo l’importante, per me.

 

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Ore 08: 47

 

POV EDWARD.

«Edward Cullen, da qui comincerà una nuova fase della tua vita. Sei pronto a cominciarla accanto a me?» Jenny pronunciava quelle parole con una spontaneità innaturale.

Cinsi le sue spalle con il braccio ed entrammo dal cancello, ridendo come due bambini di cinque anni.

«è bellissimo qui. La sento già casa mia» dissi, ammirando quella scuola così perfetta.

«Abituati, perché passerai qui molto più tempo che a casa caro mio… Ciao Mark!» improvvisamente cominciò a sbracciarsi, osservando un uomo in compagnia di altre due ragazze, una mora e una rossa. Fu la mora a colpirmi, era di spalle, ma qualcosa mi diceva che avevo già accarezzato quei capelli, che ero morto per ogni loro piccolo spostamento. No, la Columbia era piena zeppa di ragazze che possedevano lo stesso colore di capelli di Bella.

Quel tizio, Mark, si avvicinò a noi salutando le due ragazze che si allontanarono «Ciao Jennifer! Da quanto tempo non ci vediamo!» i due si abbracciarono calorosamente.

«Hai ragione! Ti presento il mio ragazzo, Edward. È una matricola» rispose fiera, guardandomi con lo stesso luccichio negli occhi con il quale io guardavo Bella qualche tempo prima.

Porsi la mano verso quell’uomo, che ricambiò la mia presa con un movimento deciso e con un sorriso misterioso sul volto «piacere, io sono Mark Jaston»

«Edward Cullen» ricambiai il suo sorriso, sciogliendo la presa e avvicinando a me Jenny.

«Da dove vieni, Edward?»

«Forks, Washington» risposi spontaneamente, ma dubitai potesse conoscere quella cittadina abbandonata dal mondo. Eppure i suoi occhi si spalancarono leggermente e le labbra formarono una piccola o.

«Tutto bene?» chiese Jenny, osservandolo incuriosita.

«Oh, sì. Solo che Forks mi ricorda qualcosa. Adesso vado, sapete? Anche la mia ragazza è una matricola e ha bisogno di aiuto, non sa orientarsi abbastanza bene. Spero di rivedervi presto, stasera sarete alla festa no?»

«Sì»

«Perfetto! Ci vediamo Jenny. Edward, è stato un piacere conoscerti».

Gli sorrisi di rimando e ci lasciò soli.

«Quel tizio è un po’ strano»dissi assottigliando lo sguardo per inquadrarlo meglio.

«Oh, è un così bravo ragazzo. Mi ha aiutata molto l’anno scorso, soprattutto i primi giorni»

«non è che c’è stato qualcosa tra voi due, eh?» scherzai, facendo il geloso.

«Scemo! Io e Mark siamo solo amici, non c’è mai stato nulla»

Le cinsi le spalle e ci incamminammo verso l’entrata della scuola, lei mi sorrise e, alzandosi sulle punte, mi diede un bacio sulle labbra. Mi guidò verso la bacheca dove erano affissi gli orari delle lezioni. Avevo deciso di frequentare legge, era da sempre stato il mio sogno, almeno questo mi era rimasto.

«Wow, le mie lezioni cominciano alle dieci, ho un’ora buca. Meno male, vedo se riesco a trovare Ann, è da mesi che non ci vediamo, poi devo andare nell’aula di… diritto commerciale. Invece tu?» Jenny si voltò verso di me con il foglio in mano, ero così concentrato a guardarla che avevo dimenticato di osservare il mio orario.

Abbassai istantaneamente gli occhi sul mio foglio «Beh, a me le lezioni cominciano adesso, devo andare nell’aula di diritto costituzionale» sbuffai  e incontrai gli occhi blu della mia ragazza. Aveva un’espressione buffa, quasi si stesse per scoppiare in una fragorosa risata.

«Ho qualcosa che non va?» corrucciai la fronte, guardandomi nella parete specchiata accanto alla bacheca.

«No, è solo che mi sembra un po’ strano trovarti qui, accanto a me» i suoi occhi mi oltrepassarono attraverso lo specchio, vidi il mio sguardo addolcirsi.

«Sei la cosa più importante per me, Jennifer» le baciai la fronte, stringendola a me.

«Anche tu» rispose baciandomi il mento «adesso però devi andare a lezione, non puoi fare mica tardi» mi prese per mano e mi trascinò attraverso i vari corridoi  e le varie aule. In quel momento la Forks High School mi mancò da morire: quelle aule così piccole e familiari, quei ragazzi di cui, anche se non hai mai scambiato una parola con loro, conosci ogni minimo particolare. In quel momento mi mancò terribilmente Bella. Ero sicuro che il mio primo giorno di college lo avrei passato assieme a lei, che avrei percorso quei corridoi insieme a lei. Invece era andato tutto perso.

«Eccoci qui» Jenny saltellò sul posto, fermandosi di fronte a me, «buona fortuna, amore. Mandami un messaggio quando finisci» la cosa brutta era che non potevo raccontarle come mi sentivo realmente, non potevo dirle che lei non era l’amore più importante, e che non era stato nemmeno il primo.

 

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Ore 08,59

 

POV BELLA.

«Giornalismo… stiamo quasi arrivando» Mark mi trascinava per i vari corridoi e le varie aule tenendomi per mano. Nonostante la Costance fosse una scuola enorme, non era minimamente paragonabile alla Columbia. Mi sentivo spaesata, non conoscevo nessuno, e nessuno conosceva me.  Mi mancava quella familiare popolarità che avevo acquistato durante i quattro anni trascorsi in quell’istituto. Mi mancava Edward, nonostante il tempo passato, credevo di poterlo vedere tra i corridoi di quella scuola, ma la mia era solo un’illusione. Edward aveva da sempre preferito Yale, in quel momento si trovava lontano dai miei occhi, eppure avevo la sensazione che fosse più vicino di quanto credessi.

«Oh, Jennifer, ancora in giro?» la voce di Mark che salutava una sua amica mi ridestò dai pensieri.

«Beh, sì. Ho accompagnato il mio ragazzo alla sua prima lezione» la bellezza di quella ragazza era disarmante. Era la ragazza che avresti guardato con invidia sulla copertina di Vogue, ma io me la stavo ritrovando davanti. Lunghi boccoli biondi le ricadevano lungo le spalle, accompagnati da due grandi occhi blu come il mare, le labbra erano entrambe piene, ma non tendevano sul volgare, mentre quel piccolo naso alla francesina rendeva il quadro meravigliosamente perfetto. La sua altezza mi ricordava molto quella di Alice, forse era qualche centimetro più alta della mia amica, ma questo non le toglieva assolutamente nulla, anzi, la rendeva ancora più bella e dolce. Se lei era così bella non osavo immaginare come fosse il suo ragazzo.

«Come vedi, adesso, io sto accompagnando la mia. Isabella, lei è Jennifer. Jennifer, lei è Isabella». Mark ci presentò con un gesto della mano, continuando a sorridere.

Tesi la mano verso quella ragazza, cercando di darmi un’aria dignitosa «Piacere di conoscerti, chiamami Bella».

«Oh, e tu chiamami Jenny. Mark ha sempre odiato questo diminutivo» disse, fulminandolo con gli occhi, ma continuando a sorridere.

«Scusa Jennifer, ma non voglio farle fare ritardo a lezione. Ci vediamo in giro o stasera»

«Oh, ci conto! Ciao Bella» mi diede un bacio sulla guancia e si allontanò verso la direzione opposta.

Diedi una spallata a Mark «allora? C’è stato qualcosa tra voi due?»

«Gelosa» sussurrò sorridendo e guardandomi, «siamo solo amici, ma una volta siamo andati a letto insieme» rispose con naturalezza.

«Prima che ci conoscessimo, giusto?» assottigliai lo sguardo e gli tagliai la strada.

«I primi giorni dopo il nostro arrivo a New York, era il suo primo giorno di college e io avevo bisogno di qualcuna con cui sfogare la tensione accumulata pensando a te» mi strinse a sé e baciò i miei capelli «non potrei mai tradirti, Bella. Non ora che finalmente ti ho trovata, non sono così stupido» sussurrò «e comunque, siamo arrivati a destinazione» mi allontanò dal suo corpo e con un gesto teatrale della mano mi indicò la porta dell’aula stracolma di ragazzi che cercavano il posto migliore per seguire la lezione.

Mi rintanai nuovamente tra le sue braccia «torniamo a casa» risposi, con voce tremolante.

Tutto ciò che mi arrivò alle orecchie fu la sua risata «coraggio piccola, non ti mangiano mica».

«Ho paura Mark» ammisi, volgendo lo sguardo verso l’ingresso.

«Niente paura, sei una ragazza forte e coraggiosa, non può mica spaventarti un’aula» esclamò, alzando gli occhi al cielo «è il tuo sogno, Bella. Quindi fatti forza e va avanti, non voltarti mai indietro e, se hai paura, ricordati che avrai sempre me al tuo fianco» le sue parole mi rassicurarono più di qualsiasi altra cosa.

«Grazie» baciai le sue mani ed entrai in aula senza staccare gli occhi da lui.

«E sta attenta!» andai a sbattere contro una ragazza dai capelli neri corvini, la guardai sorridendole e poi tornai a guardare Mark che si stava sbellicando dalle risate. Decisi di ignorarlo e di andare a prendere il mio posto. 

Mi sedetti in una delle ultime file, accanto a un ragazzo dalla carnagione bruna e molto bello, mentre dall’altra parte avevo la stessa ragazza con cui ero andata a sbattere qualche minuto prima.

«Piacere, sono Meggie» disse la ragazza «tu sei la sbadata che mi è andata addosso qualche secondo fa, scusa se sono stata sgarbata, ma è il mio primo giorno qui e sono emozionatissima» aveva le labbra marcate di un rossetto quasi nero, gli occhi erano nocciola, non era bella come Jenny, la ragazza che avevo  conosciuto pochi minuti prima, ma anche lei aveva un certo fascino, certo, se ti piaceva quel tipo di ragazza.

«Io sono Bella» risposi ricambiando il suo sorriso «anche io sono nuova in questo ambiente»

Annuì lentamente, era chiaro che mi stesse analizzando per bene. Sentii il sangue fluire velocemente sul mio viso e fui sicurissima di essere diventata rossa come un pomodoro.

 Quel momento imbarazzante fu interrotto dall’innaturale silenzio piombato all’istante e dalla voce del professore che era appena entrato in aula «Buongiorno, ragazzi. Io sono il professor Mcgrett e sono qui per insegnarvi tutto quello che vi serve per sapere come si scrive un testo giornalistico. Quindi niente storie e lamentele, nella mia classe non tollero raccomandazioni e bambinate da liceali, ci siamo intesi? Bene, adesso cominciamo la prima lezione… ah! E benvenuti alla Columbia University…»

 

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Ore 19.50

 

POV EDWARD.

«Jenny, sbrigati o faremo tardi!» ticchettavo da circa dieci minuti il piede sul parquet, aspettando che Jenny scendesse dalla scala per andare a quella dannatissima festa.

Il mio primo giorno era stato un totale fiasco. Mi ero praticamente perso per l’edificio dopo due ore dall’abbandono di Jenny, avevo saltato la mia seconda lezione e stavo quasi per fare una rissa con un ragazzo che ci stava provando con Jenny, almeno secondo me. In realtà era suo cugino, dannati parenti.

«Dobbiamo andarci per forza?» sbuffai, guardandomi attorno e soffermandomi sul panorama che si intravedeva dalle finestre.

«Certo che dobbiamo andarci. E poi me lo hai promesso Edward, vedrai, ci divertiremo» scese elegantemente le scale a semi- chiocciola.

«Sbrigati, prima che cambi idea» la guardai di sottecchi e feci cenno di uscire dalla porta. Mi si lanciò letteralmente tra le braccia, stritolandomi quasi.

«Devo dirti una cosa» ad un tratto si fece seria, i suoi occhi mi fissavano chiedendo implicitamente la stessa cosa. «voglio dirti che ti amo, Edward. Sei stato il mio primo amore e spero sia anche l’ultimo. Non dimenticherò mai il giorno in cui ci siamo conosciuti, ricordi no?» i suoi occhi si fecero lucidi, e il suo sorriso si fece nostalgico «è stato il giorno più bello della mia vita. Ti amo tanto, mio piccolo cucciolo d’uomo».

Ridemmo entrambi alle sue ultime parole. Quello che si aspettava adesso era una mia risposta, non potevo ancora dirle che la amavo, perché l’amore vero lo conoscevo, e non credevo lei lo rispecchiasse, ma dovevo fare la cosa giusta, prima o poi ero sicuro che sarei riuscito ad amare Jenny come lei meritava «ti amo anch’io, tesoro mio, e spero di amarti ancora per giorni, mesi, anni».

Le sue labbra si avventarono sulle mie, la sua lingua cercò la mia che non si fece attendere.

«Adesso andiamo però, non voglio fare tardi alla festa» disse cacciando via alcune lacrime e uscendo dalla porta.

 

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Ore 21.00

«Edward, ho sete, andiamo al tavolo» Jenny mi guidò tra l’enorme calca di gente. Ci trovavamo nella casa di uno dei ragazzi più ricchi della Columbia, uno di quei ragazzi viziati che pensa soltanto a bere e drogarsi, tanto ci pensava il paparino a riparare i danni. Patetico.

«Un Jack e cola, grazie» Jenny si appoggiò completamente al tavolo avvicinandosi al barman e gridando la sua prenotazione, cosa che feci anche io. si voltò verso di me e buttò le braccia al collo, stringendomi a se e infilandomi la lingua in gola.

«Jenny? Credo che tu abbia bevuto un po’ troppo»

«No, voglio solo divertirmi, Edward! Insomma, siamo ad una fest….»

«Un Mojito per me e un Cosmopolitan per la mia amica Bella!» la voce di Jenny fu coperta da una ragazza che aveva appena ordinato. Non ascoltai più la mia ragazza, la mia vista si focalizzò su una chioma color mogano e le mie orecchie sentivano solamente una risata, la sua risata.

«Edward, mi stai ascoltando?» Jenny catturò nuovamente la mia attenzione. Quando si voltò verso il punto che stavo fissando, si immobilizzò anche lei, si avvicinò a Bella e la scrutò attentamente. Le gambe mi stavano abbandonando.

Bella si voltò verso lei, guardandola prima incuriosita, poi sorpresa, infine era sorridente.

Mi ero perso qualcosa?

«Ciao Jenny!» Bella abbracciò Jennifer,  che ricambiò l’abbraccio. Solo la sua amica si era accorta di me, mi stava mangiando con gli occhi.

«Ciao Bella… vieni, ti presento il mio ragazzo… Edward?»

Anche lei s’immobilizzò quando sentì chiamare il mio nome, ma rimase completamente spiazzata quando si accorse di me. Incontrai i suoi occhi cioccolato, quegli occhi che mi facevano restare spiazzato e facevano in modo che le farfalle sostituissero tutti i miei organi vitali, quegli occhi di cui mi ero innamorato.

Quelle emozioni erano ancora più amplificate, adesso. Ed ero sicuro che per lei stesse accadendo la stessa cosa.

 

POV BELLA.

Non riuscivo a crederci. Edward era lì, di fronte  a me. con Jenny. La sua ragazza. Jenny e Edward, Edward e Jenny. Una coppia perfetta.

«Piacere, io sono Edward» sorridente, mi porse la sua mano che non esitai a toccare. La scarica di elettricità si era amplificata ancora di più. Quando lasciò la mia mano rimasi sconvolta, ma ciò che mi stupì di più fu la sua reazione. Rimase impassibile, quasi non mi conoscesse realmente. Era un bravo attore, ma anche io ero una brava attrice, decisi così di stare al suo gioco.

Si presentò a Wendy, che sicuramente notò qualcosa di strano, poi continuò a sorriderci, stringendo a se Jenny.

«Allora Edward, da dove vieni?» bevvi un po’ del cocktail che il barman mi aveva appena servito e lo guardai.

«Da Forks, non so se conosci» disse.

«Oh, a dire il vero sì. Ho alcuni parenti, ma guarda che coincidenza» gli sorrisi, facendo una piccola smorfia. Nel frattempo Jenny e Wendy avevano cominciato a parlare e si erano leggermente allontanate da noi.

«Cosa ci fai qui, Edward?» sussurrai vicino al suo orecchio, per non farmi sentire dalle ragazze.

«Di cosa stai parlando?» anche lui bevve un sorso dal suo cocktail, continuando a recitare.

Allontanai il bicchiere dalle sue labbra, rischiando quasi di farlo soffocare.

«Credevo tu sapessi sempre tutto» si sedette sulla sedia accanto alla mia, fissando di fronte a sé. Stavo cominciando a innervosirmi.

«Edward? Che ci fai qui?» ripetei, avvicinandomi ancora di più a lui. Mi fece cenno di allontanarmi, indicandomi poi con gli occhi Jenny.

«Sai com’è? Sono fidanzato» fece una smorfia sarcastica, incrociando per un millesimo di secondo  i miei occhi «Studio alla Columbia, Bella» disse infine.

«Alla Columbia Edward? Tu dovresti essere a Yale!» esclamai, sbattendo il mio bicchiere sul tavolo e alzando il mio tono di voce. Per fortuna nessuno si era accorto di nulla.

«Vuoi per caso cacciarmi?» mi rivolse il suo sorriso sghembo, le mie gambe cominciarono a tremare.

«No, voglio solo che tra noi due non ci siano problemi»

Bugiarda.

Grandissima bugiarda.

«Non ci sarà nessun problema, io continuerò a fare la mia vita, tu la tua. Ci incontreremo, ci saluteremo, e tutto procederà secondo il ciclo della vita»

«Quale ciclo, Edward? Prima o poi ci salteremo addosso!» i nervi erano tesissimi, e lui non stava facendo nulla di positivo per farmi calmare un po’.

«Io ho Jenny» disse infine, con naturalezza. Mi crollò il mondo addosso.

Non volevo dirgli che da circa un anno stavo con Mark, non volevo fargli credere che lo avessi dimenticato subito, perché non era vero. Io non lo avevo ancora dimenticato «Hai Jenny, Edward?»

«Amore, noi andiamo un po’ a ballare, okay?» Jenny interruppe la mia domanda, prendendo per mano Wendy e trascinandola con sé.

Ritornati soli, ripresi ancora il discorso «Hai Jenny? Quanto la ami, Edward? La ami come amavi me? quando la guardi negli occhi, provi le stesse emozioni che provavi quando ti guardavo io? quando la tocchi, Edward, senti la stessa scarica elettrica che provavi con me? E, quando fai l’amore con lei, ti concedi come ti concedevi a me? Lo fai con la stessa dolcezza e passione con cui lo facevi con me? Rispondi a queste domande Edward, rispondi sinceramente, ed io ti lascerò in pace, o continuerò a morirti dietro» dissi di getto, non lasciando i suoi occhi neanche per un minuto.

«Morire dietro. Tu non mi sei venuta dietro nemmeno per un secondo, Bella? Sono sempre stato io! io quello che ti ha amata per anni, io quello che moriva per ogni tuo gesto, io che cedevo ogni qualvolta i tuoi occhi mi sfioravano, io che sono stato sincero fino alla fine con te» adesso era veramente arrabbiato, la fronte era corrucciata, il suo tono di voce era più alto del solito e i muscoli si erano leggermente tesi.

«Ancora con questa storia! Ho ammesso i miei errori, ho pagato per quello che ho fatto. Sono stata un anno a non fare altro che pensarti, Edward! Tu invece te ne sei fregato, hai trovato subito la sostituta. Bell’amore che hai avuto per me» mi alzai dallo sgabello, avvicinandomi pericolosamente a lui.

«La prima che capita, Bella? Tutto quello che ha fatto Jenny per stare con me… avrei voluto fossi stata tu quella persona. Io non la amo, le voglio bene, ci tengo tanto a lei, e vuoi sapere una cosa? No, non la amo come amo te, quando lei mi guarda negli occhi non mi fa provare le stesse emozioni che mi fai provare tu, quando la tocco non sento nulla, e quando facciamo l’amore, non ci metto tutto me stesso, ma una parte di me pensa sempre a te, al tuo corpo, ai tuoi occhi lucidi, Bella. Perché tu mi hai fatto male, e io sono uno stupido, perché ancora muoio per quei capelli e perdo la testa per i tuoi occhi…»

«Bella, sei qui, ti cerco da circa mezz’ora» No, non poteva essere vero. Mark si avvicinò a noi, con lo stesso sorriso beato di sempre, ma potevo vedere benissimo la mascella tesa. Non potevo presentargli Edward, avrebbe capito tutto. E Edward si sarebbe nuovamente sentito preso in giro da me.

Mi cinse le spalle e poi si rivolse a Edward «oh, ciao Edward, alla fine sei venuto veramente. Beh, vedo che non c’è bisogno di presentazioni, conosci già la mia ragazza» gli porse la mano, che Edward non rifiutò. Ciò che mi colpì fu la durezza della sua voce quando pronunciò la parola “ragazza”.

Mark aveva capito tutto. Conosceva tutta la mia storia, conosceva Edward.

Edward spalancò la bocca, nei suoi occhi potei benissimo leggere la delusione nell’esser stato nuovamente preso in giro, nell’aver confessato nuovamente tutti i suoi sentimenti, venendo di nuovo rifiutato «oh, sì, ci siamo incontrati stamattina. Adesso devo andare, arrivederci» di alzò velocemente dal bancone e si immerse tra la calca di gente.

Mark incontrò i miei occhi in una muta domanda. era arrabbiato, lo capivo, ma almeno una volta nella mia vita dovevo fare la cosa giusta.

«Mi dispiace Mark, devo andare da lui» abbandonai la sua presa e corsi dietro a Edward.

 

 

POV EDWARD.

Non poteva essere vero. Non potevo esserci cascato di nuovo, non dopo un anno.

Cercai la prima stanza vuota disponibile e mi ci buttai dentro, tuffandomi sul letto dalle coperte di seta. Ricconi. Non avevo mai considerato il fatto che Bella fosse una di quelle persone, per me era sempre stata quella diversa. Mi sbagliavo di grosso, Bella era peggio di tutti loro. Chissà quante cameriere aveva in casa, chissà quante lenzuola di seta. Io invece ero sempre il solito ragazzo di paese, quello che, nonostante viva in una famiglia molto agiata, non sarà mai il ragazzo di una ricca di Manhattan.

Mi misi a sedere sul letto, tenendomi la testa tra le mani.

«Edward…» non poteva essere possibile. Dopo tutto quello che mi aveva fatto, aveva il coraggio di venire da me.

«Bella vattene! Non voglio più sentirti! Ti rendi conto che nel giro di cinque minuti mi hai mentito spudoratamente, illudendomi di nuovo? Sei una stronza, bugiarda, manipolatrice, Bella. Non voglio avere niente a che fare con te» mi avvicinai a lei, che arretrò visibilmente.

«Edward, io ti…»

«Non dirmi che mi ami, Bella! Non dopo quello che hai fatto. Mi hai fatto sentire in colpa perché è da tre mesi che sto con Jenny, da quando stai con quel tizio, Bella?» con l’indice della mano destra indicai la porta da cui era appena entrata.

Abbassò lo sguardo «da dieci mesi»

«Dopo due mesi!» sbraitai. Percepivo i miei occhi diventare lucidi.

«Edward, avevo bisogno di dimenticarti, stavo soffrendo troppo…»

«Vattene Bella! Questa volta con me hai chiuso davvero» non mentivo quella volta. Era tutto vero, non l’avrei perdonata mai più, non le avrei dato nemmeno per un secondo la possibilità d’illudermi di nuovo.

«Edward…»

«Non te ne vai? Okay, me ne vado io» la scansai violentemente dalla porta e uscii da quella stanza. Cercai Jenny da tutte le parti, poi la vidi ballare ancora insieme a Wendy. La raggiunsi.

«Amore, devo dirti una cosa» così sarebbe stato molto più facile, sarei stato costretto a dimenticarla per sempre, e avrei fatto felice Jenny, almeno lei se lo meritava.

La portai sul balcone, un posto abbastanza isolato per fare quello che avevo intenzione di fare.

«So che ci conosciamo da pochissimi mesi e stiamo insieme da ancor meno, so che ancora non ci conosciamo per nulla, che potremmo scoprire altri mille difetti e potremmo litigare perché quando guardo una partita grido come un forsennato, perché tu sarai sempre bellissima mentre io sarò sempre più geloso. So che non ho un anello dietro di me, che tutto questo non era stato programmato. Ma ti chiedo solo una cosa, e tu devi rispondere con la sincerità con cui non hai mai risposto a nessuna domanda. Vuoi sposarmi, Jennifer Cecilia Qwertin?» m’inginocchiai mentre pronunciavo quelle parole, e più guardavo la donna che avevo davanti, più mi rendevo conto che tutto quello che stavo dicendo era reale per me, che non stavo mentendo. Forse amavo veramente Jenny, di un amore puro, innocuo e leggero. Potevo vivere una vita felice con lei.

Vidi i suoi occhi illuminarsi di una luce strana, farsi lucidi e infine le lacrime traboccare da quegli occhi stupendi.

«Sì, Edward. Voglio sposarti. E non m’importa se non hai uno stupido anello, ti amo anche senza di quello» dichiarò infine, prendendomi per il viso e facendomi alzare, per poi buttarsi tra le mie braccia ed entrare a contatto con le mie labbra. Questa volta sentii veramente le mie gambe cedere dall’emozione.

Questa era la mia volta buona per essere felice senza Bella. Per iniziare una nuova vita con Jennifer.

Era la volta buona per fare la cosa giusta.

 

 

 

POV BELLA.

«Era lui? L’Edward di cui mi hai tanto parlato, era lui?» Mark era entrato silenziosamente nella stanza, camminando lentamente verso di me. No ci eravamo detti una parola durante il nostro ritorno a casa, tutto era stato innaturalmente silenzioso.

Mi limitai ad annuire, era molto meglio stare zitta, anche perché, se solo avessi aperto bocca, i singhiozzi e le lacrime avrebbero preso il sopravvento.

«Sei ancora innamorata di lui, altrimenti non gli saresti corsa dietro» affermò. La sua voce era calma.

Non risposi, mi limitai ancora a tenere lo sguardo basso, togliendomi le scarpe.

«Non lo hai dimenticato. Lo ami più di quanto ami me, e lo  amerai per sempre. Come puoi prenderci in giro così?» la sua voce si fece pungente, alzai lo sguardo e mi accorsi che in realtà non era per nulla calmo «Cazzo Bella! Rispondimi!» sbraitò, facendomi sobbalzare.

«Vuoi sentirti dire che lo amo ancora, Mark? Ebbene sì, lo amo ancora, e continuerò ad amarlo, non importa chi mai avrò accanto» risposi. La mia voce risultò piatta, fredda e distaccata.

«Ci ho messo tutto me stesso in questo rapporto, per farlo funzionare. Tu invece non hai fatto nulla, non ci hai nemmeno provato» esclamò.

Non sapevo cosa rispondere, perché aveva ragione, non ci avevo nemmeno provato.

«Ti voglio fuori da questa casa, entro domani mattina»

«Mark…»

«Niente Mark. Dormirai qui, stanotte. Io dormo sul divano, ma domani mattina ti voglio fuori da qui. E non dirmi che mi ami! Ormai non ti credo più. Ti ho dato abbastanza tempo, hai avuto un anno per dimenticarlo e invece gli sei corsa ancora dietro. Ti voglio fuori dalla mia vita» si chiuse la porta alle spalle, lasciandomi di nuovo sola, su quel maledettissimo letto dove avevamo fatto l’amore milioni di volte, su quel letto dove, ogni volta finito, ripensavo a Edward e a com’era bello fare l’amore con lui. In quell’istante avrei voluto perdere l’udito, per non sentire la durezza di quelle parole, avrei voluto perdere la vista per non vedere la delusione negli occhi di Edward e Mark, avrei desiderato non esistere, per rendere felici tutti.

Finalmente le lacrime presero il sopravvento nei miei occhi, annebbiandomi la vista. Mi buttai sul letto, stringendo a me il cuscino per darmi un po’ più di conforto, nulla. Cominciai a battere i pugni sul materasso, cominciando a gridare, forse stavo veramente impazzendo.

Non seppi per quanto tempo piansi e mi districai tra le coperte, non seppi nemmeno se mi addormentai tra una lacrima e l’altra. La mattina seguente mi alzai dal letto e feci le mie valigie, erano le sei del mattino, forse sarei riuscita ad andare da mia madre e ripartire in tempo per le lezioni.

Ero rimasta sola. Avevo perso Edward, avevo perso Mark, forse gli unici due uomini che mi avevano amata con tutti se stessi, avevano ragione entrambi. Io ero fatta per fare del male alle persone, per cercare la vendetta.

Era giunto il momento di iniziare una nuova vita, di chiudere per sempre con i ragazzi e dedicarmi solamente a me stessa.

Avevo amato Edward con tutta me stessa, ma non mi ci ero buttata per paura di perdere, di risultare debole. Era stata la sua perdita la mia punizione. Ero stata punita con la sua mancanza.

Forse, in futuro, ci sarebbe stato un periodo felice per me, una cosa giusta che avrebbe reso felici me e le persone che mi sarebbero state accanto.

In futuro, avrei sicuramente imparato ad amare Edward, perché solo lui era stato in grado di farmi sua, solo lui aveva cercato di salvarmi. Io lo avevo rifiutato.

Ecco, Bella. Sei contenta adesso? Adesso che hai perso tutto, sei davvero soddisfatta della tua vita?

 

*ANGOLINO DI GUESS*

CIao! VOlevo dirti che questo è l'ultimo capitolo della mi storia, a breve pubblicherò l'epilogo =)

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Capitolo 19
*** Epilogo :dieci anni dopo. ***


                                                                                                

 

 EPILOGO

10 anni dopo

 

POV BELLA

«… alle dieci ha un appuntamento con quel famoso avvocato… Edward Cullen, in 5th avenue, numero 3, piano 19, alle undici in punto hai un appuntamento con il redattore del giornale, alle dodici hai un pranzo con una certa… Wendy, poi hai un’ora buca per…»

«Okay Maria, mi detterai i programmi del pomeriggio dopo il pranzo» sorrisi alla mia segretaria, che uscì dal mio ufficio ticchettando nei suoi odiosi tacchi dodici.

Da esattamente sei anni mi ero laureata alla Columbia con il massimo dei voti e da quattro anni lavoravo al Wall Street Journal, il quotidiano più importante di tutti gli Stati Uniti. Era stato Phil a raccomandarmi al redattore che, a sua volta, aveva parlato con il preside dell’università, ricevendo solo ottime raccomandazioni, da quel momento era iniziata la mia ascesa come famosa giornalista.  Avevo subito conquistato il cuore di Gerry, il capo del giornale, dopo pochi mesi di ottimo lavoro mi aveva promosso a responsabile del settore politico, un vero onore per me.

Da circa sei anni non avevo visto più Edward, avevo sue notizie dal fatto che fosse diventato un noto avvocato e spesso me lo ritrovavo in tv, di lui non sapevo nient’altro se non che dopo la sua laurea si era sposato con Jenny e che avevano avuto un bambino. Buon per lui.

Io mi ero completamente dedicata alla mia carriera, e non mi stavo pentendo di nulla, ero cambiata, forse proprio perché da circa dieci anni non avevo più avuto niente a che fare con gli uomini.

Il trillo del telefono mi ridestò dai miei pensieri «Bella c’è una chiamata per te da parte di Mark Jaston», mi ero dimenticata di lui. Avevamo mantenuto ottimi rapporti, era diventato il mio migliore amico.

«Passamelo»

Il bip del telefono interruppe la conversazione con Maria e mi mise in linea con Mark «Ehi, Mark! Tutto bene?»

«Ciao piccola, va tutto bene, che fai stasera?»

«Andrò a casa e mi scolerò una bella bottiglia di vodka in compagnia di qualche modello che mi mandi a fuoco» scherzai.

«é l’ultimo dell’anno, Bella. Dovresti passarlo con dei parenti o con degli amici» il suo tono di voce si fece serio.

«Sai benissimo che non mi piace festeggiare Capodanno, non sono dell’umore adatto» mi sdraiai sullo schienale della poltrona in pelle e poggiai i piedi sul tavolino.

«è da undici anni che non sei dell’umore adatto per festeggiare. Non m’importa nulla, stasera vieni con me e la mia famiglia» il suo tono di voce non ammetteva repliche.

«Mark…» mi lamentai.

«Aspetta un minuto» riattaccò il telefono.

Cominciai a ridere, poiché sapevo benissimo cosa stava per fare, e infatti me lo ritrovai cinque minuti dopo davanti la mia scrivania, i palmi delle mani poggiate sulla scrivania e il suo volto a pochi palmi dal mio «stasera vieni con me» sbraitò scherzosamente. Lavoravamo nelle stessa rivista, ci separavano solamente pochissimi piani che lui sicuramente si era fatto a piedi.

Poggiai di nuovo i piedi per terra e mi rimisi le scarpe «Sono le nove Mark, tra un’ora devo essere a 5th avenue, non voglio perdere tempo. Ti faccio sapere tra qualche ora, okay?» gli dissi sbuffando e alzandomi dalla poltrona.

«Chi devi intervistare?»

«Edward Cullen»

«In bocca a lupo, piccola, so che farai come sempre del tuo meglio» mi sorrise  mi abbracciò, lasciandomi quasi senza fiato.

«Mark… non respiro» cercai di scostarmi dalla sua presa.

«Ops, scusa»

«Ci vediamo più tardi» dissi, lasciandolo solo nel mio ufficio.

 

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«Wow Bella! Non dimostri proprio di avere ventott’anni, sei la stessa ragazzina di sempre», Jenny mi accolse in casa con non poca sorpresa e felicità. Mi guardai intorno, era molto più bella di casa mia, adatta per mantenerci un esercito di bambini. Tutto era sulla tonalità del bianco, l’enorme vetrata che contornava tutto l’appartamento rendeva quella casa meravigliosa.

«Anche tu sei fantastica Jenny, e anche la tua casa» risposi osservandomi intorno. Ogni cosa era al suo posto, non vi era un briciolo di polvere.

«Oh, non è niente, grazie. Vieni in salotto, Edward si sta preparando»

Chissà come sarebbe stato rivederlo, se mi sarei accorta che lo amavo ancora, sicuramente ero riuscita a dimenticarlo col passare degli anni e a farmene una ragione, noi non eravamo mai stati fatti per stare insieme, ci eravamo ostinati, quasi obbligati, ma il nostro amore non era mai stato naturale.

Mi accomodai su uno dei due divani in quello splendido salotto.

«Vuoi che ti porti qualcosa?»

«Un bicchiere d’acqua per favore» risposi, prendendo dalla mia borsa il nastro per la registrazione e il block notes delle domande.

«Buongiorno…» sentii la voce di Edward bloccarsi quando si accorse di me.

«Ciao Edward» risposi, alzandomi dal divano e stringendogli la mano.

«E tu che ci fai qui?»

«Sono qui per il mio articolo» gli risposi garbatamente, sorridendogli.

«Ecco a te Bella. Oh amore, hai visto che bella sorpresa?» Jenny mi porse l’acqua e poi andò ad abbracciare il marito.

Edward serrò la mascella, guardandomi duramente «già, proprio una bellissima sorpresa» sussurrò, non distogliendo nemmeno un attimo gli occhi dai miei.

«Bene, penso sia meglio lasciarvi soli» detto questo uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.

«Allora, vogliamo iniziare?» Edward si aggiustò la cravatta e si mise a sedere sulla poltrona davanti a me, sistemandosi la giacca in modo molto elegante.

«Sì» mi sedetti anche io, prendendo le mie domande e dando il via al nastro «Allora signor Cullen, come ben sa è l’avvocato più in vista di tutta New York ultimamente, cosa l’ha reso così ricercato e ben voluto dai suoi clienti?» mantenni un tono freddo, distaccato, come se non lo avessi mai conosciuto.

Anche lui fece lo stesso «Beh, credo sia il fatto che quando credo una persona sia innocente, faccio di tutto per dimostrarlo e cerco di rassicurarla in tutti i modi, e poi decisamente non so cosa mi ha reso così cercato, io faccio solamente il mio lavoro».

«Ha sempre sognato di essere un bravo avvocato?»

«è sempre stato il mio sogno, sin da quando avevo cinque anni»

«Ma perché proprio un avvocato, cosa l’ha indotta a voler diventare un difensore della giustizia?»

«Proprio la voglia di giustizia. Credo che ormai in questo mondo ci sia poca giustizia e così pochi avvocati in grado di difenderla a tutti i costi… abbiamo una società cresciuta sulla menzogna e su falsi valori, è stato questo ad attrarmi principalmente, anche perché ho avuto molte esperienze personali riguardo questi due campi» rispose in tono provocatorio.

«Vuole raccontarci?»

«non credo sia tanto importante» scherzò, poggiando le braccia sui braccioli e accavallando le gambe, come un perfetto uomo d’affari.

«Su, ci dica signor Cullen, siamo curiosi» lo guardai ridendo.

«No, non voglio parlarne» socchiuse gli occhi e si soffermò sul nastro acceso che in quel momento si trovava sul tavolo tra di noi.

Posai il mio block notes e poggiai il mento sul palmo della mia mano «delusioni amorose?»

«Solo una» disse di getto.

Si stava chiaramente riferendo a me.

«Beh, ha una bella compagna accanto, e so che ha anche un bel bambino» le nostre voci non erano più indifferenti e distaccate, ma la conversazione si era fatta piuttosto amichevole, dolce, come due veri amici che si rivedevano dopo tanto tempo.

«Una bambina» mi corresse, accarezzandosi il mento «Marley, come Bob» sorrise involontariamente al nome di sua figlia, percepivo chiaramente tutto il bene che trasmetteva la dolcezza nell’aver pronunciato quel nome.

«Il cantante?» sorrisi anch’io, guardandolo incuriosita.

«Sì, come il cantante, mia moglie lo adorava, così l’abbiamo chiamata Marley»

«Da quanto tempo state insieme, lei e sua moglie?»

«Stiamo insieme da undici anni circa, le ho chiesto di sposarmi dopo solo tre mesi dall’inizio del nostro rapporto» rise, guardando un punto indefinito della stanza.

«A soli tre mesi? Molto precoci» scherzai.

«Già, ma mi ero accorto di amarla talmente tanto da volerla sposare, ma abbiamo voluto tempo, ci siamo sposati solo dopo quattro anni, subito dopo la mia laurea» disse, indicando con gli occhi una foto di lui e lei abbracciati, lei in abito bianco, lui nel suo impeccabile vestito nero :erano una bellissima coppia «dopo un anno dal nostro matrimonio è nata Marley, per me è stato un dono meraviglioso, ho amato quella bambina subito dopo aver saputo che Jennifer era incinta, per me la famiglia è molto importante. È una piccola comunità dove si impara a crescere insieme e a rispettarsi, è alla base della costituzione americana, rispettare il prossimo e dargli la stessa libertà che hai tu, si cominciano a praticare questi concetti dalla famiglia» fece spallucce, alzandosi e dirigendosi verso il tavolino degli alcolici  «vuole un po’ di Brandy?» mi disse, indicandomi la bottiglia.

«Solo un goccio, grazie»

Si risedette di fronte a me e mi porse il mio bicchiere.

«Adesso l’ultima domanda, signor Cullen. Se potesse ritornare indietro, cosa non farebbe e, invece, cosa farebbe per migliorare o peggiorare la sua situazione?» ero davvero curiosa a quella domanda, ero sicura avrebbe alluso al nostro rapporto, che non avrebbe voluto più commettere uno sbaglio del genere.

«Nulla, non cambierei assolutamente nulla. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto perché volevo veramente, e non c’è niente che vorrei aggiustare o rovinare, tutti gli errori che ho fatto, mi hanno portato qui, ad essere l’uomo che sono» la sua risposta mi stupì.

Spensi il registratore e mi alzai dalla poltrona, lui fece lo stesso. Raccolsi tutte le mie cose e poi mi rivolsi a lui.

«è stato un piacere rivederti, Edward, e grazie del tempo che mi hai concesso» gli sorrisi involontariamente, stringendogli nuovamente la mano.

«Anche per me, non credevo potesse essere così facile rivederti» ammise, sorridendomi di rimando.

Uscimmo dal salotto «vorrei salutare Jenny prima di andare» dissi, voltandomi verso di lui.

«Oh, certo. Aspetta un attimo, vado a chiamarla» sbarrò un attimo gli occhi e si passò la mano tra i capelli, adesso un po’ più corti rispetto a come li portava quando era un ragazzo. Sparì dalla mia vista per poi ritornare con Jenny che teneva in braccio la bambina, Marley.

Mi stupì la sua bellezza. Aveva gli stessi occhi di Edward, uguali sia nella forma che nel colore, mentre i capelli erano quelli di Jenny con i riccioli del padre. Le labbra erano piene, quello inferiore leggermente più grosso di quello superiore, formavano una piccola o. era una bambina stupenda.

«Oh, Bella. Già vai via?»

«Sì, devo andare a scrivere l’articolo, deve essere pronto per domani» dissi, continuando a osservare la bambina.

Entrambi i genitori si accorsero del mio sguardo meravigliato, questa volta fu Edward a parlare «Marley, amore. Saluta Bella, è una vecchia amica di mamma e papà» disse dolcemente, con lo stesso tono di voce con cui mi parlava quando era ancora innamorato di me.

«Ciao Bella» la bambina mi sorrise, alzando la mano e scuotendola.

«Ciao piccola» dissi ricambiando il sorriso «Scusate ma adesso devo andare. Sono felice di avervi rivisti» ammisi, allontanandomi leggermente e osservandoli da lontano. Erano la famiglia perfetta, tutti bellissimi e meravigliosamente perfetti.

«Ciao Bella» mi salutarono entrambi, chiudendosi la porta dietro di loro.

Chiamai subito Mark.

«Pronto?» sicuramente stava facendo qualcosa d’importante, perché aveva un tono distratto.

«Mark, sono Bella» ero sollevata, dannatamente sollevata «l’ho dimenticato! Vederlo non mi ha fatto nessun effetto» esclamai, saltellando sul posto.

«Sono felice per te»

«Stasera festeggio con te, grazie» cominciai a girare attorno a me stessa con gli occhi al cielo.

«Okay, chiamo mia madre e le dico che abbiamo un ospite in più»

Staccai la chiamata e cominciai a camminare alla ricerca di un taxi.

Credevo di non averlo dimenticato, di amarlo ancora. Invece rivederlo era stata la cosa più bella negli ultimi dieci anni, mi ero finalmente accorta che non lo amavo più, che non mi faceva più soffrire la sua lontananza.

Finalmente, dopo molto tempo, potevo ricominciare la mia vita senza di lui, non potevo essere più che felice.

 

 

 

 

1 gennaio 2017

 

POV EDWARD.

«tutti gli errori che ho fatto, mi hanno portato qui, a essere l’uomo che sono» afferma sorridendo dolcemente, come un bambino a cui è appena stato fatto un bel complimento. Beh, non c’è nulla da dire, se non che il sig. Edward Cullen merita tutta la stima di questo mondo, poiché è un uomo che ha lottato per i suoi ideali senza soffermarsi sui pregiudizi della gente. Bravo Cullen, continua così.

Isabella Swan.

 

Lessi l’articolo con il sorriso sulle labbra, Jenny mi guardava fiera con gli occhi che le brillavano. Quella mattina era euforica, non riuscivo proprio a calmarla, come del resto Marley, si era svegliata a mi era saltata addosso.

Dovevo ammetterlo, a volte Bella mi mancava, ma amavo la mia famiglia, amavo Jenny molto più di quanto avevo amato Bella molti anni prima, e con lei avevo avuto una figlia stupenda.

Il giorno prima, durante l’intervista, mi ero accorto che non era più la persona che ricordavo, era diversa, forse più matura. Mi faceva piacere, ma avevo perso totalmente l’interesse e l’amore che avevo nei suoi confronti, adesso la consideravo solamente una vecchia amica.

«Amore sono davvero felice, hai fatto un’intervista meravigliosa» Jennifer si avvicinò a me e mi diede un bacio sulle labbra, porgendomi poi il mio caffè «vado a preparare Marley, alle dodici in punto dobbiamo essere a pranzo con la tua famiglia, non fare tardi» mi scompigliò i capelli e prese in braccio la bambina, lasciandomi da solo in salotto.

Non mi ero mai pentito di averla sposata, di aver scelto la sicurezza a Bella, col tempo avevo imparato ad amare Jenny come lei amava me, nemmeno una volta avevo pensato di cercare la ragazza che aveva tentato di rovinarmi la vita, non ero mai stato un così totale masochista.

Amavo la mia famiglia, tanto. Era il prototipo di famiglia perfetta, lei una famosa scrittrice, io un avvocato,  la nostra Marley, invece, voleva fare l’astronauta, aveva da sempre avuto una passione per le stelle, gliel’avevo trasmessa io, quando da piccola la portavo sempre sulla veranda e le mostravo il cielo, dicendole che era il nostro posto sicuro.

Stava crescendo, non mi sembrava nemmeno vero che fossero passati cinque anni e mezzo da quando Jenny mi aveva annunciato di essere incinta, invece la nostra piccola era cresciuta e il prossimo anno sarebbe già andata alle elementari.

Incredibile come il tempo sia passato così velocemente, dieci anni prima non avrei immaginato nulla se non di avere accanto Bella, ero quasi sicuro di averla conquistata, invece mi ero ritrovato a mani vuote.

Ma l’avevo ringraziata ugualmente.

L’avevo ringraziata perché, se non mi avesse lasciato, non avrei mai incontrato la donna della mia vita, rendendomi conto che Bella per me era solo un’ossessione.

Adesso ero sereno, senza di lei, con Jenny e Marley, le uniche due donne che non avrebbero mai voluto niente che il bene per me, le uniche due donne che mi avrebbero amato per la vita.

Ero felice? sì, sì che lo ero.

 

*ANGOLINO GUESS*

Eccoci qui arrivati all'ultimo capitolo di questa storia. Grazie a tutti per il sostegno che mi avete dato, per le critiche costruttive, per le recensioni positive, senza di voi non avrei mai completato questa storia. Mi dispiace che alcuni non ne gradiranno la fine, ma ho ritenuto più giusto terminare la storia così, per essre coerente con il carattere dei personaggi. Spero abbiate apprezzato ugualmente il mio lavoro =).

Spero di rincontrarvi nuovamente in altre mie storie, e iniziare con voi un nuovo cammino =)

Grazie di tutto, cari lettori, rimarrete sempre nel mio cuore.

 

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