Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Era
una tranquilla giornata come tante, nella contea di Hazzard. Chiuso nel proprio
ufficio, J. D. Hogg contava il bottino ottenuto con l’ultima delle sue
malefatte; Daisy Duke lavorava al Boar’s Nest; alla fattoria Duke, lo zio Jesse
continuava a distillare whiskey di contrabbando; da qualche parte giù in città,
Bo e Luke si divertivano a creare un po’ di scompiglio… e a far arrabbiare lo
sceriffo Rosco P. Coltrane.
Era
un giorno qualsiasi, nella contea di Hazzard. Nessuno poteva sospettare che di
lì a poco la tranquillità della cittadina sarebbe stata soltanto un lontano
ricordo.
“Ehilà,
ragazzi! Come mai da queste parti?”
“Ciao,
Cooter. È per il Generale Lee” spiegò Bo. “Fa un rumore che non mi piace.”
“Gli
do subito una controllata. Ultimamente lo avete sforzato molto?”
Luke
fece spallucce. “Questa mattina abbiamo fatto un giretto per i boschi con
Rosco. Normale amministrazione.”
“Sì,
ho sentito” rise Cooter. “Boss gli ha di nuovo dato una bella strigliata.
Poveraccio, a volte provo quasi pena per lui.” Riemerse da sotto l’auto e si
pulì le mani con lo straccio lurido che gli penzolava dalla cintura.
“Allora,
Cooter?”
“Tranquillo,
Bo. È soltanto un pezzo della marmitta che sta cedendo. Va sostituito.”
“Pensi
di riuscire a farcela per questa sera?”
“Credo
proprio di sì. Ma come mai tutta questa fretta?”
“Oh,
beh, io…”
“Bo
ha un appuntamento, questa sera, e ci tiene a fare bella figura…” intervenne
Luke, con un sorriso.
“Wow.
E chi è la fortunata?”
“Mary
Jane Hennings” rispose il biondo, fiero della propria conquista.
“Ah”
fece Cooter, rabbuiandosi all’improvviso.
“Ehi,
Cooter. Va tutto bene?”
“Sì,
sì, è tutto a posto, Luke. Niente di cui preoccuparsi.”
“Sicuro?
Hai una faccia…” continuò Bo.
“No,
è che… anche io avevo chiesto a Mary Jane di uscire, ma… non ha mai accettato”
spiegò il meccanico, con aria piuttosto triste.
“Oh,
Cooter, mi dispiace. Luke, è tutta colpa tua: se avessi tenuto quella tua
boccaccia chiusa…”
“Odio
doverlo ammettere, ma devo dare ragione a mio cugino. Sono stato uno stupido,
e…”
“No,
ragazzi” li interruppe Cooter, alzando le mani e abbozzando qualcosa che non
assomigliava neanche vagamente ad un sorriso. “Non è colpa vostra se le ragazze
non mi degnano neppure di uno sguardo. Insomma, so di non essere esattamente il
principe azzurro che tutte sognano.”
“Beh,
questo non le autorizza a non concederti nemmeno una possibilità” rispose il
maggiore dei cugini Duke.
“Se
vuoi, posso rinunciare ad uscire con Mary Jane, se…”
“Ti
ringrazio, Bo, ma non sarebbe giusto. Insomma, se al mondo esiste una ragazza
fatta per me, prima o poi il destino la metterà sulla mia strada, no?”
Luke
sorrise. “Sono sicuro che sarà così, Cooter. Non credo esista una persona più
buona di te, in tutta Hazzard.”
“Te
lo auguro di cuore, Cooter. Meriti di trovare una brava ragazza” lo rassicurò
Bo, assestandogli una sonora pacca sulla spalla robusta.
“Ora
scusaci, ma lo zio Jesse ci aspetta alla fattoria. Potresti prestarci il
furgone?”
“Certo,
Luke. Quel che è mio è vostro, dovreste saperlo ormai. Bo, il Generale sarà
pronto per le sei. Va bene?”
Come
ho detto, era un giorno come tanti altri, nella ridente e tranquilla contea di
Hazzard.
Alla
fattoria Duke erano in corso pulizie e lavori di manutenzione straordinari.
Luke fermò il furgone di Cooter davanti alla veranda, sollevando una nuvola di
polvere. Immediatamente lo zio Jesse gli venne incontro, brandendo
minacciosamente un forcone.
“Lucas
Duke, brutto idiota! Avevo appena finito di spazzare il portico! Ora mi
toccherà rifare tutto daccapo!”
“Scusa,
zio Jesse, non lo sapevo” cercò di discolparsi l’autista distratto. “Vorrà dire
che spazzerò io. In fondo, è stata colpa mia.”
“No,
tu sali sul tetto a sostituire le tegole rotte. A spazzare ci penserà
Beauregard. Forza, lavativi! Datevi da fare, oppure oggi salterete la cena!”
Non
appena il vecchio parente si fu allontanato, i due cugini si scambiarono
un’occhiata interrogativa.
“Che
ne pensi, Luke?” domandò il biondo.
“Non
ne ho veramente idea. Ci ha chiamati per nome, e lo fa soltanto quando è molto
arrabbiato.”
“Ma
non abbiamo fatto niente di male! E poi, che storia è questa? Perché stiamo
tirando a lucido la fattoria?”
“Non
ne ho idea. Forse Daisy ne sa qualcosa. Dovrebbe rincasare tra poco. Nel
frattempo, ci conviene obbedire allo zio Jesse. Non vorrei mai che decidesse di
usare quel forcone su di me.”
E
così, mentre Luke sostituiva le tegole rovinate, Bo spostò il furgone di Cooter
più indietro e spazzò una seconda volta il portico, rendendogiustizia al lavoro dello zio Jesse.
Era
una giornata molto strana, alla fattoria Duke.
Un’ora
più tardi, Daisy rincasò dopo il turno al Boar’s Nest. Bo fu il primo a
correrle incontro.
“Ciao,
Bo. Sembri stremato.”
“Lo
sono. È da quando siamo tornati a casa che lo zio Jesse non fa che farci pulire
e sistemare la casa. Tu sai che sta succedendo?”
Daisy
scoppiò a ridere. “Scusate, cugini, ma questa settimana vi ho visti poco e mi
sono dimenticata di dirvelo. Sta arrivando una mia amica da Atlanta, si fermerà
qualche giorno qui alla fattoria. Sapete com’è lo zio Jesse: ci tiene a fare
bella figura.”
“Visto,
Bo? Te l’avevo detto che nostra cugina era sicuramente coinvolta in questa
faccenda” ribatté Luke, sceso dal tetto per parlare con la cugina. “Allora…
quando hai detto che arriva questa tua amica da Atlanta?”
“Domani.
Si chiama Jennifer.”
“E’
carina?” si interessò Bo.
“Sì,
è molto… ehi, ma tu non devi uscire con Mary Jane Hennings, questa sera?”
Bo
fece spallucce. “Potrebbe sempre andare male… meglio avere un piano di riserva,
non credi?”
“Sei
veramente un ragazzo impossibile…” lo sgridò Daisy, con un sorriso.
Nel
frattempo, si avvicinò lo zio Jesse, ancora armato di forcone. “Lucas e
Beauregard, perché state bighellonando qui, invece di… oh, ciao Daisy, non ti
avevo vista arrivare.”
“Zio
Jesse, che ne dici di concedere una piccola pausa a questi due lavativi? Mi
sembra che abbiano lavorato parecchio.”
Alle
sei, Luke accompagnò Bo in città per riprendersi il Generale Lee.
“Grazie,
Cooter. Sei davvero un amico” lo ringraziò il biondo. “Scusami ancora per la
storia di Mary Jane. Non sapevo che…”
“Bo,
ti ho già detto di non preoccuparti. Se non mi vuole, non mi vuole. Però tu non
farla soffrire, oppure un bel cazzotto sul muso non te lo leva nessuno.”
“Ci
proverò, Cooter.”
Luke
osservò il cugino allontanarsi, poi si rivolse al meccanico. “Mi accompagni a
casa, Cooter?”
“Certo,
Luke. Il tempo di chiudere l’officina e arrivo.”
Cinque
minuti più tardi, Cooter e Luke si stavano dirigendo verso la fattoria Duke.
“Sono
veramente distrutto, sai? Oggi lo zio Jesse ci ha costretto a rimettere in
sesto la fattoria” sospirò l’ex militare.
“Davvero?
E come mai?”
“Domani
arriva un’amica di Daisy. Starà da noi per qualche giorno. Una sua ex compagna
di scuola.”
“Wow!
Che gran fortuna, avete!”
“Già…
ovviamente Bo ha subito chiesto a Daisy se si trattava di una bella ragazza.”
“E
Daisy che ha risposto?”
“Che
è molto carina” rispose Luke, sorridendo.
Anche
Cooter sorrise. “Adesso capisco perché Boss Hogg ce l’ha sempre con voi. Vi
vanno sempre tutte bene!”
I
due amici scoppiarono a ridere, mentre si avvicinavano alla fattoria Duke,
tirata a lucido come fosse stata appena costruita.
Era
una bella mattina di primavera nella contea di Hazzard. Daisy aprì la finestra
con decisione, lasciando che l’aria fresca del mattino invadesse la stanza. Era
in piedi già da mezz’ora, pronta per andare a prendere la sua amica alla
stazione di Hazzard. Per fortuna aveva ottenuto un paio di giorni di permesso
al Boar’s Nest, così avrebbe potuto passare un po’ di tempo con Jennifer, che
non vedeva da molto tempo. E poi, chissà… magari avrebbe potuto trovare un po’
di tempo per passare a salutare Enos… era parecchio che non si fermavano a fare
due chiacchiere.
Daisy
scese in cucina e salutò lo zio Jesse e Luke, già seduti a tavola, con un bacio
sulla guancia, poi si versò una tazza di caffè. In quel momento, Bo scese le scale
a rotta di collo, irrompendo nella stanza con la stessa furia di un bambino la
mattina di Natale.
“Allora,
quando andiamo?”
“Che
diavolo combini, ragazzo?” lo interrogò lo zio Jesse.
“Daisy,
quando arriva la tua amica?” chiese il ragazzo, ignorando la domanda dello zio.
La
ragazza sorrise, incrociando le braccia. “Beauregard Duke, non ci pensare
nemmeno. Andrò io a prendere
Jennifer.”
“Jennifer?
È un nome incantevole… scommetto che lei è all’altezza del nome. Ti prego,
Daisy, portami con te!”
“Non
se ne parla, Bo. Starà qui per almeno una settimana, avrai tutto il tempo per
guardarla. E poi, non sei innamorato di Mary Jane?”
“Oh,
sai, ieri sera non è poi andata così bene” ribatté il biondo, gesticolando in
maniera buffa.
“Sei
terribile, Bo. Ma non cambio idea. È la mia
amica, e andrò a prenderla io”
sorrise ancora Daisy.
“Così
si fa, Daisy!” si complimentò lo zio Jesse, prima di sorseggiare ancora il suo
caffè. “Beauregard, tu vieni con me. Dobbiamo risolvere un problema con il distillatore.”
Bo
sbuffò. “E va bene, zio Jesse.”
Un’ora
più tardi, il treno in arrivo da Atlanta fermò nella polverosa stazione di
Hazzard. Una ragazza non troppo alta né troppo minuta scese, trascinandosi
dietro due valigie. Non era facile vedere attraverso la nuvola di polvere che
si era alzata, ma presto riuscì a scorgere la persona che la stava aspettando.
“Daisy
Duke!” esclamò, correndole incontro.
“Jennifer!”
esclamò Daisy in risposta, accogliendola a braccia aperte. “Da quanto tempo non
ci vediamo?”
“Tre
anni, se non sbaglio. Non sai quanto mi sei mancata!”
“Anche
tu mi sei mancata moltissimo, Jennifer. Insomma, scriversi non è come vedersi
tutti i giorni” rispose la giovane Duke, allontanando la ragazza per guardarla
meglio. “Accidenti, Jenny, diventi sempre più bella. Non credo che Bo e Luke ti
riconosceranno!”
“Non
mi meraviglierei, Daisy. L’ultima volta che sono stata qui avevo quattordici
anni, e non ero esattamente una bellezza. In verità, ti confesso che non ho mai
capito come facessi ad essere mia amica. Insomma, tu sei sempre stata così
bella…”
“Oh,
Jenny! Sai benissimo che l’amicizia non è questione di bellezza. Niente
dovrebbe basarsi sulla bellezza.”
“Ma
sì, hai ragione. Speriamo solo che vada meglio di dieci anni fa.”
“Non
te lo posso assicurare. Insomma, Bo è sempre il solito ragazzaccio di un tempo,
e Luke… beh, nonostante gli sforzi, finisce sempre con l’andargli dietro”
rispose Daisy, prendendo una delle valigie dell’amica e avviandosi verso
l’uscita.
“Come
sta lo zio Jesse?”
“Sta
benissimo, come sempre. È più in forma di noi” rise Daisy.
“E
del resto della città che mi dici? È ancora tutto in mano a Boss?”
“Sì,
e sta diventando sempre peggio. Ogni giorno se ne inventa una nuova. E Rosco
continua ad andargli dietro come un cagnolino.”
“E…
Enos? È sempre vicesceriffo?” domandò Jennifer con una punta di malizia.
Daisy
arrossì appena. “Sì, ma… perché questa domanda?”
“Oh,
così…” ribatté l’altra ragazza, scoppiando a ridere di fronte all’imbarazzo
della giovane Duke.
“Su,
andiamo. Alla fattoria non vedono l’ora di vederti!”
“Ehi,
di casa! Siamo arrivate! Bo, Luke, venite fuori! Ci sono delle valigie da
scaricare!” esclamò Daisy, fermando la propria jeep davanti alla fattoria.
Bo
e Luke si catapultarono fuori di casa ancora prima che la cugina avesse finito di
parlare, e rimasero senza parole quando videro l’ospite scendere dall’auto.
“Ragazzi,
vi presento la mia amica, Jennifer.”
“Wow”
sospirò Bo, facendo correre lo sguardo lungo il corpo della ragazza. Non era
affatto magra, ma sembrava avere tutte le curve al posto giusto; e poi, in
mezzo ad un viso delicato e sottile, brillavano due enormi occhi nocciola,
perfettamente intonati con i lunghi capelli castani.
“Beauregard!”
tuonò lo zio Jesse, uscendo sotto il portico.
“Ehm…
io volevo dire: ciao, sono Bo” cercò di rimediare il ragazzo, porgendole la
mano.
“Non
farci caso, è fatto così” intervenne Luke, sorridendo. “Io sono Luke. Piacere
di conoscerti, Jennifer.”
La
ragazza sorrise, mentre lo zio Jesse scendeva i gradini, senza staccarle gli
occhi di dosso. “Accidenti, Jenny, sei davvero cresciuta!” esclamò
all’improvviso. “Su, abbraccia questo povero vecchio!”
Jennifer
non se lo fece ripetere due volte, e abbracciò lo zio Jesse. “Oh, zio Jesse,
sono così contenta di rivederti! Continuavo a chiedere notizie a Daisy, ma
vederti è tutta un’altra cosa. Sei davvero in forma!”
“No,
un momento” intervenne Bo, aggrottando la fronte senza capire. “Voi due vi conoscete?”
Un
po’ in disparte, Daisy stava per scoppiare a ridere.
“Beauregard
Duke, non vorrai dirmi che non l’hai riconosciuta?”
“Riconosciuta?
Zio Jesse, che stai dicendo?” domandò Luke.
“Luke,
anche tu? Mi vergogno di voi. Mi state dicendo che non avete riconosciuto la
piccola Jennifer Anne Brown?”
I
due cugini si scambiarono un’occhiata sorpresa, prima di scrutare attentamente
la ragazza appena arrivata alla fattoria.
“No,
aspetta. Tu saresti Jennifer Anne
Brown? Quella Jennifer Anne Brown?”
“Non
so quante tu ne conosca, Luke Duke, ma ti assicuro che io sono Jennifer Anne
Brown.”
“Ehi,
ma tu sei stata qui per tutta l’estate, dieci anni fa, me lo ricordo bene!”
Jennifer
sorrise. “Me lo ricordo bene anch’io, Bo. Ti divertivi a mettermi la gomma da
masticare tra i capelli e a chiamarmi rana
dalla bocca larga.”
“Beh,
ma ero soltanto un ragazzino” cercò di scusarsi il biondo. “E tu… beh, tu eri…
tu…”
“Io
ero grassa il triplo, portavo gli occhiali e avevo i denti storti” completò
lei, alzò gli occhi al cielo. “Siete stati molto crudeli a prendermi in giro
per questo. Io non ho mai detto niente sul fatto che avete le orecchie a
sventola e i piedi storti.”
Daisy
stava ancora trattenendosi a fatica dal ridere. Riavere Jenny alla fattoria per
un po’ sarebbe stato molto divertente… se non per i cugini, almeno per lei.
“Su,
ragazzi, prendete le valigie di Jenny e portatele nella stanza degli ospiti.
Magari riuscirete a farvi perdonare per il vostro comportamento ignobile di
dieci anni fa” suggerì, strizzando l’occhio all’amica.
“Allora,
Jenny” iniziò lo zio Jesse, prendendo la ragazza sotto braccio, “adesso voglio
che mi racconti tutto quello che hai combinato in questi dieci, lunghi anni.”
Stava
per iniziare un periodo di grandi cambiamenti, nella tranquilla contea di
Hazzard. Cambiamenti che non avrebbero risparmiato nessuno.
“Vedrai
che la città non è cambiata affatto” le disse Daisy, preparandosi ad uscire di
casa.
“Daisy,
ha chiamato Boss. Dice che c’è bisogno urgente di te al Boar’s Nest” la avvertì
zio Jesse.
“Oh,
quel… eppure mi aveva accordato due giorni liberi!”
“Non
preoccuparti, Daisy. Puoi lasciarmi in città. Faccio un giro e poi ti raggiungo
al Boar’s Nest.”
“E’
che… mi spiace lasciarti sola. Insomma, ti ho fatta venire qui per stare un po’
insieme…”
Del
tutto casualmente, Bo si trovava a passare di lì, e non ci pensò due volte
prima di avvertire il cugino. Così, quando le due ragazze uscirono di casa,
trovarono i due ragazzi appoggiati al cofano scintillante del Generale Lee.
“Jennifer,
noi stiamo andando in città. Che ne dici di un passaggio?”
“Ti
ringrazio, Luke, ma in realtà mi accompagna Daisy…”
“Oh,
ma Daisy deve fermarsi al Boar’s Nest, invece noi abbiamo tutto il tempo per
farti vedere la città” protestò Bo, sorridendo.
Daisy
scosse la testa: i cugini sapevano essere davvero terribili, quando si
mettevano in testa qualcosa. Non poteva far altro che assecondarli. “Sai,
Jenny, Bo ha ragione. Forse sarebbe meglio se andassi subito con loro.”
“Se
lo dici tu, Daisy… mi fido” rispose la ragazza, fissando con aria interrogativa
i due giovani.
Daisy
partì sulla jeep, mentre Bo saltava al posto di guida.
“Ehm…
ragazzi, le porte non si aprono, lo sapete?”
“Certo.
È questo il bello!” rispose Luke, prendendola in braccio e facendola passare
dal finestrino.
“Luke
Duke, metti subito giù…” iniziò a strillare Jenny, interrompendosi nell’istante
in cui Bo mise in moto. Dopo i primi due minuti, si chiese se sarebbe uscita
viva da quell’auto.
“Beauregard
Duke, ti spiacerebbe rallentare un po’?”
“In
realtà, sì” ammise il biondo. “Abbiamo compagnia” aggiunse, indicando con il
pollice alle proprie spalle.
Luke
si voltò a guardare e sbuffò. “Ma che abbiamo fatto di male?”
Anche
Jenny si voltò, sgranando gli occhi. “Lo sceriffo? Perché vi insegue? Che avete
combinato?”
“Non
è lo sceriffo” precisò Bo. “E’ il suo vice.”
“Enos?
Beh, comunque non mi avete ancora detto perché vi insegue.”
“No,
non Enos. L’altro vicesceriffo.
Cletus.”
“Cletus?”
domandò la ragazza, sempre più sconvolta. “Quell’idiota è diventato
vicesceriffo? Com’è potuto succedere?”
“E’
cugino di Boss. Sai come vanno queste cose…” le spiegò Luke, approfittando
dell’occasione per passarle un braccio dietro le spalle.
“Wow.
Sono cambiate parecchie cose negli ultimi dieci anni” sospirò. “Cletus diventa
vicesceriffo, Daisy lavora al Boar’s Nest, e voi siete due delinquenti
patentati.”
“Più
o meno” sorrise Luke. “E tu sei diventata bellissima” aggiunse, stampandole un
bacio sulla guancia, mentre Bo riusciva a liberarsi di Cletus.
Appena
arrivati in città, Jenny lottò per scendere da quell’auto infernale.
“Allora,
che cosa vuoi vedere prima?” le stava domandando Luke, quando li raggiunse, di
corsa, lo sceriffo.
“A-ah!
Ti ho beccato, Duke! Dov’è quel furfante di tuo cugino?”
“Se
non fossi un pezzo di somaro, Rosco, ti saresti accorto che è ancora seduto in
macchina” rispose Luke, con le mani appena alzate, piuttosto indifferente.
“Non
usare quel tono con me, Duke!” gli intimò, alzando un po’ la pistola. “Risulta
che ieri vero le diciassette la vostra auto sia stata vista varcare il confine
con la contea di Chickasaw. Lo sai bene che non potete uscire dalla contea di
Hazzard.”
“Perché
non potete uscire dalla contea?” si interessò Jennifer.
“Perché
la libertà vigilata non glielo permette, ecco perché” spiegò Rosco.
“E’
una lunga storia, Jenny. Comunque, Rosco, è impossibile. A quell’ora la
macchina era al garage di Cooter, che stava cambiando la marmitta.”
“E’
vero, Rosco” incalzò Bo, uscendo dall’auto. “Chiedi a Cooter, se non vuoi credere
a noi. Oppure allo zio Jesse, se preferisci. Eravamo alla fattoria: Luke stava
cambiando delle tegole, a quell’ora, e io stavo spazzando il portico.”
Lo
sceriffo abbassò la pistola e borbottò qualcosa di incomprensibile. “Va bene,
questa volta siete liberi. Ma sapete che vi tengo gli occhi addossi. E quel
Davenport… ah, potesse un fulmine colpire lui e la sua officina” borbottò,
prima di allontanarsi.
Presto Jennifer riuscì a smarcarsi
dai cugini Duke, e iniziò a girovagare da sola per la cittadina, osservando
ogni cosa con la massima attenzione, pronta a cogliere ogni minima differenza.
Passò davanti a circa cinquanta insegne che iniziavano tutte con le stesse sei
lettere: ‘J. D. Hogg’. Farmacia, banca, agenzia immobiliare, negozio di
articoli sportivi… quasi tutta Hazzard sembrava essere caduta in mano a Boss. Chissà se è ancora grasso come lo era dieci
anni fa, si chiese la ragazza.
D’un tratto, un’insegna in fondo
alla strada catturò la sua attenzione.
“Cooter Davenport” lesse sottovoce,
lasciandosi poi andare ad un sorriso. Erano dieci anni che non si vedevano:
magari avrebbe potuto fare un salto in officina per salutarlo…
Camminò a passo piuttosto lento,
fino a raggiungere l’officina. Una Rolls Royce tirata a lucido ingombrava lo
spiazzo davanti all’edificio. Jenny, che amava le auto quasi quanto i ragazzi
di Hazzard amavano gli shorts di Daisy, non poté fare a meno di dare
un’occhiata da vicino al bolide. Stava raddrizzando uno degli specchietti,
quando una voce dietro di lei richiamò la sua attenzione.
“Posso aiutarla, signorina?”
Jenny si voltò di scatto. “No,
grazie, stavo solo… Cooter? Cooter Davenport?”
“In persona” sorrise il meccanico.
“Lei… Jenny? Jennifer Anne Brown? Sei proprio tu?”
La ragazza annuì, senza smettere di
sorridere.
“E’… è incredibile! Sei… oh, lascia
che ti abbracci!”
“Cooter, sono così contenta di
rivederti!”
“Quanto tempo è passato dall’ultima
volta che sei stata qui? Sei, sette anni?”
“Dieci, in realtà. Ne avevo
quattordici.”
Cooter la lasciò andare e la guardò
ancora. “Jenny, sei…”
“…dimagrita di trenta chili. Sì, lo
so.”
“E non porti più gli occhiali! E… e
i denti! Accidenti, sei completamente diversa da come ti ricordavo!”
“Naa, non sono così diversa, in
fondo. Mi hai riconosciuta, no?”
Cooter abbassò lo sguardo. Chi lo
conosceva bene, si sarebbe potuto accorgere che era arrossito. “Beh, tu… hai
gli stessi occhi di dieci anni fa” sussurrò, la voce leggermente roca.
Anche Jenny abbassò lo sguardo.
“Beh” disse il meccanico
all’improvviso, cercando di rompere il silenzio, “sei alla fattoria Duke,
giusto?”
“Sì, sono ospite dai Duke. Mi ha
invitata Daisy. Sai, ci siamo scritte un sacco di lettere, e ha cercato di tenermi
aggiornata su quello che succedeva ad Hazzard, ma… mi sono resa conto dei
cambiamenti soltanto quando sono arrivata qui.”
“Sì… ci sono stati parecchi
cambiamenti, negli ultimi anni” confermò Cooter, cancellando ogni traccia di
sorriso dal proprio volto. “Boss è sempre più avido, e con Rosco a fargli da
spalla le cose non si mettono bene. Per fortuna ci sono Bo e Luke, altrimenti…”
“Bo e Luke? Quei due delinquentelli
da strapazzo?”
“Delinquentelli da strapazzo? Bo e
Luke non sono affatto dei delinquenti!” protestò Cooter, infilando di nuovo le
mani nel motore che stava cercando di aggiustare.
“Sono in libertà vigilata. Non
possono uscire dai confini della contea” lo informò Jennifer, appoggiandosi al
cofano.
Cooter non poté fare a meno di
notare che, nonostante il dimagrimento, Jenny aveva conservato delle curve
niente male. “Oh, quello. Beh, sono
stati condannati per contrabbando di whiskey.”
“Contrabbando di whiskey?”
“Sì. Lo zio Jesse ha sempre
distillato il miglior whiskey della contea. Questo ha fatto imbestialire Boss,
perché il whiskey delle sue distillerie non veniva più venduto. Così ha chiesto
a Rosco di emanare una specie di decreto, secondo il quale le Hogg Industries
sono le uniche a poter commerciare liquori nella contea di Hazzard.”
“Ma questo è ingiusto!” protestò
Jennifer. “Povero zio Jesse…”
“E’ quello che hanno pensato anche
Bo e Luke. Così hanno iniziato a commerciare il whiskey dello zio Jesse per
conto proprio, nella contea di Hazzard e in tutte le contee vicine.”
“E com’è andata a finire?”
“Beh, lo sceriffo della contea di
Chickasaw è un tipo in gamba, e li ha beccati. Il giudice li ha condannati, poi
ha concesso loro la libertà vigilata, a patto che non uscissero dai confini
della contea.”
“E… ce la fanno?”
“Certo che no. Ma in qualche modo
riescono sempre a cavarsela. Sono tipi in gamba, sai? Insomma, sono sempre
stati piuttosto… vivaci, però…”
“…però senza cattiveria. Sì, lo so.
Sai, Cooter, Hazzard mi è mancata. È il solo posto in cui io mi sia mai sentita
a casa.”
“Come? Mi stai dicendo che non ti
trovi bene ad Atlanta?”
“Non da quando sono morti i miei
genitori.”
Cooter alzò gli occhi dal motore,
senza riuscire a credere a ciò che aveva appena sentito. “Come?”
“E’ successo quattro anni fa. Sono
stati coinvolti in un incidente d’auto. Non lo sa nessuno, tranne Daisy. Le ho
fatto promettere di non dirlo a nessuno.”
“Ma… perché?”
“Non volevo che la gente si
preoccupasse per me. Se lo avessi detto, tutti avrebbero fatto a gara per
aiutarmi, e io… io volevo farcela da sola.”
“Ma… e il tuo sogno di andare al
college? Volevi laurearti, volevi insegnare…”
Jennifer fece spallucce. “Ho
rinunciato. Mi sono dovuta dare delle priorità.”
Cooter sorrise. “L’ho sempre detto
che eri una brava ragazza.”
Jennifer distolse lo sguardo. “Di
chi è quella Rolls?”
“Indovina.”
“Boss?”
“Già.”
“Carina. Che problema ha?”
“Non ho ancora avuto modo di
controllarla” ammise il meccanico. “Dì un po’, ti interessano ancora candele e
spinterogeni?”
“Hanno ancora il loro fascino, sì.”
“Ti andrebbe di… beh, farmi da
assistente?”
“Cooter Davenport, non mi starai
chiedendo di…”
“…aiutarmi a controllare il
gioiellino di Boss? È esattamente quello
che ti sto chiedendo.”
Jennifer sorrise, tornando a
guardare Cooter negli occhi. “Ok, Davenport. Ma devi prestarmi questa” aggiunse, sfilandogli la bandana
dalla tasca.
Cooter sorrise, chiudendo il cofano
della Buick con un colpo secco.
Che dire? Accadono cose davvero
strane ad Hazzard…
Cooter si era allontanato per andare
a rispondere al telefono, lasciando Jenny da sola, alle prese con una candela
da sostituire nel potente motore della Rolls Royce di Boss. Il caso – che nella
contea di Hazzard sa giocare davvero dei brutti tiri – volle che Cletus
passasse di lì, in quel momento, proprio per controllare se Cooter aveva
terminato il proprio lavoro.
“E lei chi è?” tuonò, trovando
Jennifer alle prese con il motore, estraendo maldestramente la pistola.
“Cletus!” esclamò lei, spaventata alla
vista dell’arma.
“Vicesceriffo
Hogg per lei, signorina!” la corresse lui, punto sul vivo.
La fortuna – che nella contea di
Hazzard ha parecchio da fare – fece in modo che Cooter uscisse dall’officina
proprio in quel momento. “Cletus, che diavolo fai?”
“Davenport, non dovresti lasciare
incustodite le auto dei tuoi clienti. Questa furfante sta manomettendo la
macchina di mio cugino… ehm, di Boss!”
“Ma che manomettendo e manomettendo?
È la mia assistente, Jenny.”
“La tua… assistente?”
“Jennifer Anne Brown. Non te la
ricordi? Passava le estati alla fattoria Duke. È un’amica di Daisy.”
Cletus la squadrò attentamente.
“Jenny Brown? Ma non eri una specie di balena, una volta?”
“Già” rispose lei, lapidaria.
“Invece noto che tu sei sempre la solita aquila.”
“Grazie” ribatté lui, piuttosto
gongolante. Evidentemente, aveva preso la battuta di Jennifer per un
complimento… cosa che non era.
“Comunque, Cletus” intervenne il
meccanico, “dì a Boss che può passare a prendere l’auto domani mattina.”
Aspettarono che il vicesceriffo si
fosse allontanato, prima di ricominciare a parlare.
“Se Boss non fosse suo cugino,
quell’idiota non sarebbe mai diventato vicesceriffo” osservò Jenny,
riappoggiandosi al cofano della Rolls Royce e incrociando le braccia sul petto.
“Purtroppo le cose ora vanno così,
nella contea di Hazzard.”
“Non è giusto” protestò lei.
“Lo so. Ma qui non c’è nessuno in
grado di contrastare Boss. È l’uomo più ricco ed è sindaco. Non si può fare niente,
almeno fino alle prossime elezioni.”
“Quando si terranno?”
“Tra un anno e mezzo. Speriamo che
per allora si trovi qualcuno in grado di contrastarlo.”
Jennifer sbuffò. “Tutto questo
parlare di Boss mi ha fatto venire fame.”
“Beh, è ora di cena.”
“Che ne diresti di fare un salto al
Boar’s Nest? Non credo di poter resistere fino alla fattoria… e non so nemmeno
dove diavolo siano finiti Bo e Luke.”
Cooter sorrise. “Perché non vai
avanti tu? Io chiudo l’officina e ti raggiungo, ok?”
“Ok” assentì Jennifer, prima di
allontanarsi in direzione del locale dove lavorava Daisy.
Prima di chiudere l’officina, Cooter
rimase immobile per qualche secondo ad osservare la ragazza. Sì, non c’era
alcun dubbio: Jenny Brown era cresciuta, ed era diventata una splendida donna.
Non ci sarebbe voluto molto, prima che i ragazzi di Hazzard la notassero. E
allora lui sarebbe di nuovo finito in secondo piano, come succedeva sempre.
Jennifer entrò al Boar’s Nest e si
imbatté subito nella sua amica. “Ciao, Daisy!”
“Ehi, Jenny, come mai da queste parti?
E… accidenti, che diavolo hai combinato? Ti sei rotolata in un pozzo di
petrolio?”
“No, in realtà io…” iniziò, prima di
essere interrotta da una voce che conosceva perfettamente.
“Veramente l’ho convinta a farmi da
assistente, e devo dire che è più brava di me con i motori.”
“Oh, Cooter, non scherzare. Senza le
tue indicazioni non avrei saputo dove mettere le mani.”
“Ehi, se c’è una cosa su cui non
scherzo mai, sono i motori. Daisy, possiamo mangiare un boccone? Stiamo morendo
di fame.”
“Certo, Cooter” sorrise la cugina
Duke. “Accomodatevi al tavolo sei. Vi mando subito Rhonda.”
Pochi minuti più tardi, dopo aver
trasmesso le ordinazioni in cucina, Rhonda avvicinò Daisy e le sussurrò:
“Daisy, ma la ragazza che è con Cooter non è Jennifer Anne Brown, vero?”
“Veramente sì. È ospite da noi alla
fattoria per un po’.”
“Wow. Sai, se dieci anni fa mi
avessero detto che si sarebbe fatta così carina non ci avrei creduto.”
“Sì, si è fatta una bella ragazza,
vero?”
“Già” sussurrò la donna, annuendo.
“Spero solo che i ragazzi non la notino troppo in fretta.”
“Che cosa intendi dire, Rhonda?”
La donna sorrise, e le rughe ai lati
degli occhi si fecero più intense. “Non vorrei che la portassero via a Cooter
troppo presto.”
“Troppo presto? Non riesco a
capire.”
“Non vorrei che gliela portassero
via prima che lui riesca a farle capire che è cotto di lei.”
Daisy non rispose, ma l’espressione
dipinta sul suo volto diceva tutto.
“Ma sì, Daisy, non vedi come la
guarda? Il nostro Cooter è più cotto del purè di patate di questa sera.”
Detto questo, si allontanò,
lasciando Daisy sola con i propri pensieri. La ragazza cercò di osservare la
coppia senza farsi notare, e non poté fare a meno di considerare che insieme
stavano benissimo: forse era soltanto perché erano entrambi sporchi di grasso,
o forse era l’entusiasmo con il quale chiacchieravano, il modo in cui
gesticolavano… Daisy si lasciò andare ad un sorriso. Se la teoria di Rhonda
fosse stata vera… Beh, riflettendoci su,
non è poi così campata per aria.
Un’ora più tardi, Daisy si avvicinò
al tavolo dell’amica. “Scusate il disturbo, ma… Jenny, io sto andando a casa…”
“Oh” fece la ragazza, visibilmente
delusa. “Ok, immagino di…”
“Lasciami finire, Jenny. Io sto
andando a casa, ma se vuoi rimanere, magari Cooter potrebbe riaccompagnarti.”
“Ma certo! Non è un problema,
Jenny.”
“Davvero?”
“Ma certo. Ti riaccompagno
volentieri.”
“Allora… ok” accettò Jennifer.
Daisy sorrise, soddisfatta. “Ti
lascio la chiave sotto lo zerbino, ok?” sussurrò all’orecchio dell’amica.
Jenny annuì e salutò Daisy, che
uscì, lasciandoli soli.
Era quasi mezzanotte, quando il
meccanico e la ragazza vennero quasi buttati fuori dal Boar’s Nest. Ridendo
come due ragazzini, salirono sul furgone di Cooter, che mise in moto e si avviò
verso la fattoria Duke. Per tutto il tragitto, i due continuarono a rievocare
episodi divertenti dalle estati trascorse insieme ai cugini Duke.
“Scusa se mi fermo qui” disse
Cooter, fermando il furgone a qualche centinaio di metri dalla fattoria, “ma
questo trabiccolo fa un rumore infernale, e non vorrei svegliare lo zio Jesse.”
“Ma certo. Non c’è problema, Cooter.
Allora ci vediamo.”
“Non scherzare. Ho promesso a Daisy
che ti avrei riaccompagnata a casa e lo farò” dichiarò il meccanico, scendendo
dal posto di guida.
“Ok” sorrise Jenny, avviandosi a
passo lento verso casa.
Continuarono a chiacchierare a bassa
voce, finché non giunsero sotto il portico. La ragazza prese la chiave e la
infilò nella serratura. Prima di aprire la porta, sorrise a Cooter e si preparò
a salutarlo.
“Grazie per il bel pomeriggio e la
bella serata, Cooter. Mi ero dimenticata quanto fosse divertente vivere ad
Hazzard.”
“Grazie a te, Jenny. Mi ero
dimenticato quanto fosse divertente stare in tua compagnia.”
La ragazza abbassò lo sguardo, un
po’ imbarazzata. “Oh” riprese, rialzando la testa, “mi stavo dimenticando di
restituirti la bandana.”
Si portò le mani dietro la testa per
sciogliere il nodo. “Accidenti, credo di averlo stretto troppo…”
“Aspetta” sussurrò il meccanico,
avvicinando le proprie mani a quelle della ragazza, per aiutarla. Così facendo,
i due si trovarono così vicini che Cooter avrebbe potuto contarle le ciglia, se
solo avesse voluto.
“Cooter…” bisbigliò Jennifer, senza
riuscire a staccare gli occhi dalla bocca del meccanico.
“Jenny…” fu l’ultimo sussurro di
Cooter, prima di posare le proprie labbra su quelle della ragazza.
“La piccola Jenny ha fatto tardi, ieri
sera?” la prese in giro Luke, quando lei scese per la colazione, ancora
piuttosto assonnata.
“Ho perso la cognizione del tempo” si
giustificò lei, sedendosi a un lato del grande tavolo rettangolare e accettando
il caffè che Daisy le offriva. “Non mi ero resa conto che si fosse fatto così
tardi.”
“Almeno ne valeva la… ahi!” fu
l’intervento di Bo, bruscamente interrotto da un deciso scappellotto da parte
dello zio Jesse.
“Beauregard Duke, sarà bene che impari
a farti gli affari tuoi” sentenziò l’anziano, facendo poi l’occhiolino a Jenny,
che sorrise.
Anche Daisy, in piedi alla finestra,
sorrise. Non sapeva che cosa fosse successo quella sera, ma era certa che fosse
qualcosa di straordinario. Jenny aveva un’espressione troppo serena dipinta sul
volto. Tra lei e Cooter doveva per
forza essere successo qualcosa, e nonostante non fosse un tipo curioso, non
vedeva l’ora di rimanere sola con l’amica per chiederle di che cosa si
trattasse.
“Allora, quali sono i vostri piani per
oggi?” chiese lo zio Jesse ad ognuno di loro.
“Io devo assolutamente fare il bucato”
rispose Daisy, “altrimenti voialtri non avrete più niente da mettervi e sarete
costretti ad andare in giro in mutande.”
“Io ho deciso di sistemare il recinto
delle capre” fu la risposta di Luke.
“Io avrei deciso di andare in città, a
meno che non abbiate bisogno di me qui” disse Jenny.
“Certo che no” la rassicurò lo zio
Jesse. “Sei in vacanza. Bo, potresti accompagnarla in città e poi tornare per
aiutarmi a finire il lavoro con il distillatore.”
“Perfetto” annuì il biondo.
“Sei pronta? Andiamo?”
Jenny annuì, un po’ nervosa. Mentre
entrava dal finestrino, senza alcun aiuto, sperò che la guida del ragazzo non
fosse la stessa del giorno prima. Ma si sbagliava. Per un po’ riuscì a
sopportare, ma ad un tratto il senso di malessere si fece troppo forte. “Bo, fermati!” strillò, ritrovandosi in
lacrime.
Bo doveva aver capito che quello di
Jenny non era soltanto un capriccio, perché fermò subito il Generale Lee, e
subito sì voltò verso la ragazza. “Jenny, che cosa…” iniziò, interrompendosi
nel vederla piangere. “Che succede, Jenny? Ti senti male?”
La ragazza scosse la testa. “Bo, io… io
ho paura d-di…”
“Hai paura della velocità?”
Jenny annuì.
“Scusa, Jenny, io… io non lo sapevo.
Non immaginavo.”
“N-non potevi saperlo. Non lo sa
nessuno.”
“E’ successo qualcosa di particolare?”
Jenny sospirò. Non era un segreto che
si potesse tenere nascosto per sempre. “I… i miei genitori. Quattro anni fa
sono morti in un incidente d’auto, ad Atlanta. È per questo che ho paura.”
“I tuoi genitori sono… oh, Jenny, non…”
“No, non lo sapevi. Lo sa soltanto
Daisy. E Cooter. E tu.”
“Ma perché non ce lo…”
“Non so perché non ve l’ho detto. Non
lo so. Ora possiamo andare, per favore?” concluse Jennifer, in tono secco,
asciugandosi le ultime lacrime.
“Grazie, Bo. Sei stato molto gentile ad
accompagnarmi.”
“Devo anche venirti a riprendere?”
Jenny lanciò un’occhiata verso
l’officina di Cooter, prima di rispondere. “No, non credo. Mi arrangerò.”
Cooter era chino sul motore di una
vecchia Plymouth, e sembrava piuttosto in difficoltà. Jennifer si avvicinò
lentamente, osservandolo al di sopra della spalla, cercando di capire quale
fosse il problema. “Lo stai avvitando.”
Il meccanico sobbalzò per la sorpresa,
colpendo con la testa il cofano aperto. “Che diavolo… ahi!”
Jennifer corse immediatamente in suo
aiuto, preoccupata. “Accidenti! Scusa, Cooter, non volevo…” Si interruppe all’improvviso,
trovando di nuovo il viso del meccanico a breve distanza dal proprio. “Ti sei
fatto male?” sussurrò.
Cooter scosse la testa, senza parole.
“Oh, ieri sera… beh, alla fine hai
dimenticato questa” disse lei, porgendogli la bandana.
L’uomo ritrovò la parola. “Non… non l’ho
dimenticata. Vorrei che la tenessi tu.”
“Davvero? Perché?”
“Non lo so” ammise Cooter,
appoggiandosi al cofano e pulendosi le mani. “Non lo so, Jenny. Non so nemmeno
che cosa mi sia preso, ieri sera.”
“Vorresti dire che… che vorresti non…?”
cercò di domandargli lei, piuttosto confusamente.
“No! No, accidenti! Sono contentissimo
di… di averti baciato” proseguì, abbassando la voce per non essere sentito da
due anziane signore di passaggio. “Sono felice di averlo fatto. Tu… tu no?”
Jennifer abbassò lo sguardo e arrossì. “Anche
io sono felice di averlo fatto.”
“Ed è stato meglio della prima volta
che è successo” sorrise Cooter.
“Ti prego, Cooter, non farmi pensare a
quando… oh mamma, che vergogna!” esclamò la ragazza, coprendosi gli occhi con
le mani.
“Jenny, non possiamo far finta che non
sia successo. È successo” continuò
lui, senza scomporsi. “Dai, avevi quattordici anni. È normale che non avessi
alcuna esperienza.”
“Beh, tu ne avevi quasi diciotto, e non
eri messo meglio” lo provocò lei, con un sorriso malizioso dipinto sul volto.
“Ma sentitela! Ok, lasciamo perdere
quella faccenda.”
Jennifer scoppiò a ridere. “Vedo che
sei rimasto lo stesso: quando la situazione volge a tuo sfavore, cambi
discorso.”
“Solo se sto parlando del primo bacio
che ho dato ad una ragazza” ribatté Cooter, anche lui in preda alle risate. “Su,
ti va di darmi una mano? Tra l’altro, tra poco arriverà Boss a prendere la
Rolls.”
“Sono scesa in città apposta per
questo.”
“Per vedere Boss?”
“Per chiederti se ti serviva aiuto”
rispose lei, tirando fuori dalla tasca la bandana.
“Aspetta. Faccio io” disse Cooter,
prendendo il pezzo di stoffa e sistemandolo per bene. Nel compiere l’operazione,
un po’ per caso, un po’ per volontà, si ritrovò di nuovo vicinissimo al volto
della ragazza. “Jenny…”
“Sì?”
“Che cosa penseresti, se ti baciassi di
nuovo?”
“Intendi dire… qui? Adesso?”
“Intendo dire qui e adesso. Che cosa
penseresti?”
“Io… non lo so. Perché vorresti farlo?”
“Beh, perché…” iniziò lui, prima di
essere interrotto dalla sgradevole voce dello sceriffo.
“Davenport! Io e Boss siamo qui per la
Rolls!”
A malincuore, Jenny e Cooter si
allontanarono. Mentre il meccanico raggiungeva Rosco, lei iniziò a svitare il
bullone al quale stava lavorando l’uomo prima del suo arrivo. Di tanto in
tanto, lanciava un’occhiata in direzione del trio, rimanendo sinceramente
sorpresa: i ventotto chili persi da lei dovevano in qualche modo essere
fluttuati da Atlanta fino ad Hazzard, per essere poi assorbiti da Boss. Non c’era
altra spiegazione: nessun uomo poteva ingrassare tanto in dieci anni. Cooter si
accordò con Boss per il pagamento e il buffo omino vestito di bianco pilotò la
propria auto lontana dall’officina.
Jenny lo osservò per bene, mentre si
allontanava.
“Allora” disse Cooter, facendola
sobbalzare. “Che ne pensi?”
“Che è diventato una specie di
barilotto. Se parlavi di Boss” aggiunse, voltandosi a guardare il meccanico.
“Parlavo del motore, in realtà. Ma concordo
con te: è un barilotto. Allora, dov’eravamo rimasti?”
Jenny distolse lo sguardo da lui,
riflettendo. “Eravamo rimasti qui. Stavi avvitando un bullone, invece di
svitarlo.”
A metà pomeriggio, i due cugini Duke
avevano già irritato a tal punto lo zio Jesse da indurlo a spedirli in città con
la lista della spesa, con la speranza che non si facessero vedere fino a sera,
quando magari l’arrabbiatura sarebbe sbollita.
“Uffa, ma io non ho fatto niente! Mi
spieghi perché lo zio Jesse se l’è presa con me?”
“Beh, magari ha pensato che prendere a
martellate il distillatore non fosse una buona idea…”
“Però ha funzionato! E poi perché ha
mandato anche te a fare spese?”
“Per controllarti, mi pare ovvio”
ribatté Luke, con una scherzosa aria di superiorità.
“Ma senti… beh, dove dobbiamo andare?”
“Allora… prima in farmacia. Lo zio
Jesse ha finito le pillole per la pressione. Poi il vecchio Sam, perché siamo a
corto di chiodi. E sarà meglio comprare anche un martello nuovo. E abbiamo
finito zucchero e caffè, quindi dobbiamo passare anche dalla signora Austin.”
“Ok. Senti, credi che potremmo fare un
salto da Cooter? Credo che il Generale abbia qualche problema al motore: fa uno
strano rumore, quando accelero.”
“Certo, possiamo passarci una volta
finite le altre spese.”
Lo zio Jesse aveva visto giusto: per
commissioni che Daisy avrebbe sbrigato in un’ora, i due cugini impiegarono un
intero pomeriggio. Sicuramente la popolazione di Hazzard, Rosco compreso,
avrebbe dovuto essere grata al caro Jesse, che aveva evitato a tutti un grosso
pericolo.
Bo frenò piuttosto bruscamente,
sollevando una nuvola di polvere che fece starnutire Jenny, impegnata nel
cambio dell’olio della Plymouth alla quale aveva lavorato con Cooter. “Ehi,
brutto…” iniziò, piuttosto contrariata, interrompendosi nel riconoscere i
cugini.
“Jenny? E tu che ci fai qui?” la
interrogò il biondo.
“Ehi, un momento. Stai cambiando l’olio
ad una macchina?” si stupì Luke, avvicinandosi per verificare.
“Ciao, ragazzi!” li salutò Cooter,
uscendo dall’officina e andando loro incontro. “Hai finito qui, Jenny?”
“Sto finendo di mettere l’olio buono.”
“Ragazzi, ancora problemi con il
Generale?”
“Fa uno strano rumore quando accelero”
spiegò Bo.
“Guardo subito, allora.”
“Ehm, Cooter, prima vorremmo saldare il
conto delle ultime riparazioni” intervenne Luke.
“Ok. Jenny, vado un attimo in ufficio
con i ragazzi. Quando hai finito con la Plymouth…”
“…la parcheggio in fondo al cortile, ok”
completò lei.
Il meccanico si allontanò con i due
cugini al seguito. Una volta al sicuro nell’ufficio, i due cugini manifestarono
la loro sorpresa.
“Cooter, ma Jenny non si intende
affatto di motori! Come puoi permetterle di mettere le mani…” iniziò Luke.
La voce di Bo si sovrappose a quella
del cugino. “Insomma, fa l’impiegata! Come diavolo fa a…”
“Fermi, fermi, ragazzi” li stoppò il
meccanico, alzando le mani come uno scudo. “Quella ne sa quasi più di me, di
motori. Non guardarmi così, Bo, non scherzo.”
“Ma… è andata al college! Come fa a
conoscere i motori?” chiese Luke.
Cooter sospirò, sedendosi sulla
scrivania. “Ascoltate, ragazzi. Io non so che cosa vi abbia raccontato, ma
credo proprio che sia diverso da quello che ha raccontato a me.”
“E come facciamo a sapere qual è la
verità?” domandò Bo.
“Beh, quello che ha raccontato a me
coincide con quello che ha raccontato a Daisy. È facile intuire quale sia la
verità.”
Bo e Luke si fissarono senza capire. “Beh…
ma perché a noi ha raccontato bugie e a te la verità?”
“Beh… ecco, io…” balbettò Cooter,
arrossendo vistosamente. “Io… io non lo so.”
“Cooter, stai arrossendo” gli fece
notare il biondo, con aria maliziosa.
“Oooh, non avrai una cotta per Jenny?”
calcò la mano il moro, dandogli una sonora pacca sulla spalla.
“Siete davvero infantili, lo sapete?”
“Su, Davenport, dicci tutto quello che
sai” lo spronò Bo, esibendosi in un’imitazione pressoché perfetta di Rosco.
“Beh… ieri è passata a salutarmi, e si
è fermata a darmi una mano. Poi siamo andati a mangiare un boccone al Boar’s
Nest, e poi l’ho accompagnata a casa.”
“E bravo Cooter! Insomma, Jenny Brown è
diventata davvero una bella ragazza!” si complimentò Luke.
“Già” ammise il meccanico, rabbuiandosi
un po’.
“Ehi, cos’è questo muso?”
“Beh, Luke, l’hai detto anche tu. È una
bella ragazza. Non ci vorrà molto prima che anche gli altri lo notino… e allora
credo proprio che non ci sarà più posto per me. Su, andiamo a dare un’occhiata
al Generale.”
Il trio uscì di nuovo all’aria aperta,
avvicinandosi a Jenny e al Generale Lee. Cooter alzò il cofano, quando la
ragazza intervenne: “Già fatto. Era una candela da sostituire. Comunque ti
conviene ordinare una nuova cinghia di trasmissione. A questa non resta molto
tempo, specialmente se Bo continua a strapazzare così il Generale.”
Cooter fece spallucce, guardando i due
cugini come a dire ‘Ve lo avevo detto, che è più brava di me’.
“Grazie, Jenny. Beh, noi stiamo andando
alla fattoria. Vieni con noi? Daisy ha preparato una cenetta speciale.”
“Beh, io…” iniziò lei, voltandosi d’istinto
verso Cooter.
Sulla strada per la fattoria, Bo prese
una deviazione, portando il Generale Lee in una zona più appartata. Frenò, poi
imitò il cugino e si voltò verso Jenny, seduta sul sedile posteriore. “Allora,
Jenny” iniziò il moro, “che succede?”
“Che intendi dire, Luke?”
“Beh, non sapevo ti intendessi di
motori. Insomma, non si vede tutti i giorni un’impiegata che sa cambiare l’olio
alla propria auto.”
“Ci sono tante cose che non sai di me,
Luke Duke” ribatté lei, con l’ombra di un sorriso dipinta sul volto.
“Jenny…” sussurrò Bo, senza sapere come
continuare.
Jennifer lo guardò, percependo all’istante
il suo imbarazzo. Sospirò e si sfilò la bandana, lasciando che i capelli le
ricadessero sulla schiena in modo disordinato. “Non sono mai stata al college,
ok?”
“Come sarebbe a dire che non sei…”
“Lucas Duke, cuciti la bocca e lasciami
parlare. Ho frequentato il primo anno di college, poi mi sono dovuta ritirare.
Non potevo più permettermelo. I miei genitori sono morti in un incidente d’auto,
e la loro eredità non era sufficiente. Ho dovuto cambiare le mie priorità. Mi
sono trovata un lavoro come impiegata, e mi sono rassegnata.”
“Jenny, i tuoi genitori… mi dispiace.”
“Non lo sapeva nessuno, tranne Daisy. Non
volevo essere compatita. Volevo farcela da sola.”
“Jenny… sei sempre stata una brava
ragazza. Però non capisco ancora che cosa c’entrino i motori.”
“Beh, un anno fa sono stata licenziata.
Avevo un gruzzoletto da parte, e ho frequentato la scuola serale per diventare
meccanico. Poi ho cercato lavoro, ma ad Atlanta nessuno è disposto ad assumere
una donna meccanico. Non si fidano.”
“Quindi sei venuta ad Hazzard per
cercare lavoro?” chiese Bo.
“No, in realtà no” sorrise lei. “Daisy
mi ha invitata qui perché potessi rilassarmi, staccare un attimo la spina dai
problemi. Una volta arrivata qui, ho scoperto che Cooter aveva una sua officina…
e non ho resistito alla tentazione.”
“Non sapevo che i motori ti piacessero
tanto” confessò Luke.
“In realtà, li adoro. Li adoro dall’ultima
estate in cui sono stata alla fattoria.”
“Davvero? E come mai?” domandò il
biondo, estremamente curioso.
“Questioni personali” fece lei, lapidaria.
“C’entrano con Cooter?” indagò Luke,
serio.
“Che c’entra Cooter?” domandò lei,
fingendosi sorpresa. In realtà, tutto c’entrava con Cooter.
“Beh…” iniziò il moro, incerto,
cercando con lo sguardo l’approvazione del cugino, “vedi… Cooter non ha mai
avuto molta fortuna con le ragazze, e…”
Bo colse il cenno di Luke, e continuò. “Sì,
vedi, Cooter è davvero un bravo ragazzo, e noi siamo suoi amici, e…”
“…e in realtà non dovremmo spifferarti
nulla, perché in quanto amici dovremmo mantenere il segreto, ma…”
“…Cooter è davvero una brava persona, e
lui… beh, lui ha un certo interesse…”
“…ci tiene molto a te” concluse il
moro.
Jenny aveva seguito con molta
attenzione il discorso a zig-zag dei due cugini, sforzandosi di non scoppiare a
ridere. “Avete finito?”
Bo e Luke confermarono.
“Se ho ben capito, state cercando di
dirmi che Cooter ha un debole per me.”
“Beh… sì” fu la risposta di Bo.
“Beh, vi ringrazio, ma lo sapevo già.”
“Lo sapevi? E come fai a saperlo?” si
stupì Luke.
“Semplice. Lui è molto meno imbranato
di voi, quando si tratta di sentimenti. E ora, possiamo andare a casa?”
“Incredibile” fu il commento di Bo, che
si voltò e rimise in moto il Generale Lee.
Prima di entrare in casa, Luke prese
delicatamente Jenny per un braccio e la tirò in disparte, per parlarle. “Jenny… Cooter è nostro amico da tanto
tempo, lo sai, e… beh, tante ragazze si sono già prese gioco di lui. Ti prego,
non farlo soffrire.”
“Lucas Duke, mi meraviglio di te” lo
redarguì lei, liberandosi dalla sua blanda presa.
“Jenny…”
“Luke, a quattordici anni pesavo come
un cucciolo di balena. Ho passato metà della mia vita a soffrire. Credi che
potrei fare qualcosa di simile ad un altro essere umano?”
“Scusa, Jenny, è solo che…”
“E’ solo che?”
“E’ solo che torni, dopo dieci anni, e
sei così diversa, e…”
“Non sono cambiata affatto, Luke. Sono
solo un po’ più gradevole alla vista, ma tutto il resto c’è ancora. Sono ancora
Jenny Brown, e ho ancora paura dei ragni” lo interruppe lei, con un sorriso
leggero.
“Quindi, per quanto riguarda Cooter…”
“Cooter Davenport è stato il primo
ragazzo che ho baciato” ammise lei, non senza una punta di imbarazzo. “Dieci
anni fa. La mia ultima estate ad Hazzard. Lui è stato l’unico ad accettarmi per
com’ero. E questo non lo scorderò mai.”
Un paio di giorni più tardi, iniziarono
i preparativi per il rally di Hazzard, la corsa più attesa della stagione, alla
quale i cugini Duke avrebbero certamente partecipato. Jenny prese a frequentare
sempre più assiduamente l’officina di Cooter per aiutarlo a revisionare le auto
dei partecipanti: anche se non c’erano più stati momenti di intimità tra loro,
Jenny era entusiasta del loro legame. Bo e Luke passavano spesso per ‘vedere
come andava’: in realtà erano curiosi di vedere come Jenny se la cavasse con
grasso e bulloni, e soprattutto di vedere come andavano le cose tra lei e il
meccanico.
“Ehi, ragazzi, siete di nuovo qui?”
domandò Cooter, mentre finiva di collegare un cavetto.
“Già” rispose Bo. “Il rally è tra due
giorni. Avresti un po’ di tempo per controllare il Generale? Vorrei fare una bella
figura.”
“Andiamo, Bo, non fare il modesto” lo
redarguì scherzosamente l’amico. “Lo sanno tutti che nessuno può battere te e
il Generale.”
Jenny alzò la testa. “Non vorrai farmi
credere che Bo Duke riesce a finire un rally senza distruggere l’auto?”
“Jenny, stiamo parlando di Bo. È il
miglior pilota della Georgia. E quando sarà libero di uscire dalla contea,
diventerà il miglior pilota della Nascar.”
La ragazza sbuffò. “Con lo stile di
guida che si ritrova?”
Luke scoppiò a ridere, mentre il biondo
metteva su un broncio da far concorrenza a un bambino. “Nessuno ha mai messo in
discussione il mio stile di guida.”
Anche Cooter e Jenny scoppiarono a
ridere, e in quell’istante si avvicinò Enos.
“Salve, ragazzi. Che si dice in giro?”
“Ciao, Enos” lo salutò Luke,
asciugandosi le lacrime. “Allora, ti sei finalmente deciso ad abbandonare quel
criminale di Boss e passare dalla nostra?”
“Luke, sai benissimo che io sto dalla
parte della giustizia, non dalla parte di Boss. È solo che non è affatto
semplice fare giustizia, in questa contea.”
“Già” confermò il biondo. “Allora, come
mai da queste parti?”
“Beh, vi cercavo, e… Cooter, da quando
hai un’assistente?” sussurrò, accennando con la testa a Jenny, che aveva appena
lasciato il gruppo per prendere degli attrezzi in officina.
“Jenny non è la mia assistente. Mi dà semplicemente una mano.”
“Il che fa di lei la tua assistente.
Gesù, ragazzi, ma quella è davvero Jenny Brown?”
Bo e Luke annuirono. “E’ ospite da noi,
alla fattoria. Ma se vuoi venire a trovarla, ti conviene aspettare che Daisy non
ci sia” spiegò Luke.
“Già, potrebbe ingelosirsi” aggiunse
Bo.
“Ma che dite, ragazzi? Daisy gelosa?”
ribatté in fretta il vicesceriffo, arrossendo e iniziando a balbettare.
In quel momento Jenny tornò ad
avvicinarsi, e i quattro si ricomposero.
“Allora, Enos, stavi dicendo?”
“Cosa… Ah, sì. Brutte notizie per voi,
ragazzi. Domenica non potrete partecipare al rally” confessò Enos con aria
mesta.
Bo scattò in piedi. “Come sarebbe a
dire che non possiamo partecipare?”
Enos alzò le spalle. “Non so che cos’abbia
combinato Boss questa volta. La sua idea era di squalificarvi domenica mattina,
sulla linea di partenza. Quindi fingete che non vi abbia detto nulla.”
“Ma perché, Enos? Che cosa abbiamo
fatto, stavolta?”
“Non lo so, Luke, non lo so. Fatto sta
che tu e Bo non potrete partecipare.”
Bo sbuffò. “Voglio vederci chiaro, in
questa storia. Boss non può permettersi di spadroneggiare così.”
Enos cercò di calmarlo. “Bo, non essere
così precipitoso. Tu non dovresti nemmeno saperlo. Comunque, credo che dipenda
dall’ultima truffa che avete sventato. Boss ci è rimasto piuttosto male.
Avreste dovuto sentire come ha maltrattato Rosco…”
“Non mi importa un fico secco di come
ha maltrattato Rosco” borbottò Bo, deluso dalla notizia che non avrebbe potuto
partecipare a quella che era una delle tradizioni più consolidate di Hazzard.
“Su, Bo, calmati. Ci sono altre belle
novità, Enos?” si interessò Cooter.
“Beh… ho fatto qualche indagine per
conto mio… niente di ufficiale, sia chiaro, ma… diciamo che ero curioso. Alla
corsa partecipano dieci piloti. Tolto Bo, che è anche il più forte, diventano
nove. E su nove piloti, sette corrono con auto fornite da Boss.”
“E’ un’altra delle sue stupide manovre
per cavare qualche guadagno” si indignò Luke. “C’è sicuramente sotto qualcosa.”
“Però c’è anche un’altra notizia: Boss
ha fatto in modo che tu e Bo foste esclusi dalla corsa, ma non può porre alcun
veto sul Generale Lee.”
“Un momento” si illuminò il moro. “Questo
significa che…”
“Questo significa che siete tutti
impazziti!” intervenne Bo. “Nessuno metterà le mani sul Generale!”
Enos fece spallucce. “Possiamo sempre
trovare qualche altro pilota che corra con un’altra auto. Conoscete nessuno?”
Bo e Luke scossero la testa.
“Beh, allora che aspettate? Cercatene
uno!” li esortò Enos, prima di salutarli e tornare in ufficio.
Di lì a qualche minuto, anche i due
cugini se ne andarono via. Rimasti soli, Cooter e Jenny commentarono la
situazione. “Secondo te perché Enos è corso a spifferare tutto a Bo e Luke? Insomma,
teoricamente lui dovrebbe proteggere Boss.”
“Perché Enos, per fortuna, ha un
cervello che funziona, contrariamente a Cletus e Rosco. Ha un cervello e sa
quello che è giusto.”
“Secondo te troveranno un pilota?”
“Non lo so” rispose in fretta la ragazza.
“Non conosco nessun pilota” aggiunse, altrettanto in fretta, chiudendo il
cofano e allontanandosi.
Ragazza
strana, pensò Cooter. Però, quant’è
forte!
Un paio d’ore più tardi, Bo e Luke
tornarono all’officina, al settimo cielo. “Cooter, dov’è Jenny! Jenny!” urlò
Bo, sprizzante felicità, lanciandosi giù dall’auto.
“Ehi, ragazzi, che succede?” li salutò
il meccanico, uscendo dall’officina.
“Dov’è Jenny?” chiese Luke.
La ragazza si avvicinò. “Sono qui,
Luke. Che c’è?”
Luke si schiarì la voce. “Perché non ci
hai detto niente?”
“Di… di cosa, Luke? Non… non capisco.”
“Di questo” rispose Bo, mostrandole un
vecchio articolo di giornale di Atlanta.
Jenny lo prese tra le mani, tremante. “Dove…
dove l’avete preso?”
“L’ha trovato un amico della contea di
Chickasaw” spiegò Luke, mettendo le mani sui fianchi. “Vuoi spiegarci che ci
facevi con un casco e una tuta da corsa?”
“Non… non sono io” mentì lei.
Bo indicò la didascalia. “Jennifer Anne
Brown, vincitrice del campionato under 19 del Tennessee, nel 1974.”
Jenny sbuffò. “E’ molto tempo fa.”
“Jenny, potresti correre domenica per
il rally di Hazzard?” le chiese Luke. “Ti prego. Bo è disposto a cederti il
Generale.”
“E’ vero, Jenny. Per favore.”
Cooter prese l’articolo dalle mani
della ragazza, cercando di capire. Jennifer scosse la testa. “Non posso
correre. Io non corro più.” Detto questo, si voltò e scappò di corsa.
“Cooter, tu lo sapevi che Jenny è stata
una pilota?”
“Certo che non lo sapevo, Bo! Non
sapevo nemmeno che capisse qualcosa di motori, prima che tornasse.”
“Beh, direi che è il minimo, visto che
ha un diploma” osservò Luke.
“Un diploma?”
“Sì, ha frequentato le scuole serali
dopo essere stata licenziata dal…” il moro si interruppe. “Tu non lo sapevi?”
“Certo che no! Mi ha detto che faceva l’impiegata!
Se avessi saputo che era senza lavoro…”
“…le avresti offerto un posto qui?”
ammiccò Bo.
“Certo! Ma non per i motivi che credi
tu, Casanova” lo prese in giro il meccanico.
“Dobbiamo andare a cercarla. Dove sarà?”
“No, Luke, lasciatela stare. Credo abbia
bisogno di stare sola.” Andrò io a
cercarla. So dove si è rifugiata. “Non appena si sarà schiarita le idee,
tornerà.”
Jenny era seduta sulla riva del
laghetto ormai da un’ora. Come avevano fatto Bo e Luke a scoprire del suo breve
passato da pilota? Era convinta che quella breve parentesi della sua vita fosse
ormai morta e sepolta. Sicuramente non si aspettava che fossero proprio i
cugini Duke a scoprire tutto. Non c’era niente di cui vergognarsi, anzi: essere
una ragazza e vincere il campionato under 19 del Tennessee a diciotto anni era
un traguardo da non sottovalutare, ma… non voleva più avere niente a che fare
con il mondo delle corse. Non più. Non dopo la morte dei suoi genitori.
Un fruscio dietro di lei la fece
voltare di scatto. Si rilassò, non appena la figura solida di Cooter entrò nel
suo campo visivo. Tornò a guardare la superficie del lago e si asciugò una
lacrima. Un leggero spostamento d’aria la informò che il meccanico si era
seduto accanto a lei, alla sua destra. Rimasero a guardare il lago in silenzio
ancora per qualche minuto. Nessuno dei due osò dire niente.
“Mi sono comportata da bambina” disse
lei dopo quasi mezz’ora. “Non sarei dovuta scappare così.”
“Tranquilla, ho detto a Bo e Luke di
non preoccuparsi. Ho capito che qualcosa non andava, e che magari avresti
preferito stare sola per un po’. Per questo ho aspettato un’ora prima di venire
a cercarti.”
“Mi hai trovata subito.”
Cooter sorrise. “Sapevo che saresti
venuta qui. TI rifugiavi sempre qui, quando volevi pensare, quando volevi stare
sola…”
“…quando Bo mi metteva la gomma da
masticare tra i capelli…”
“…quando Cletus ti prendeva in giro…”
“…e tu venivi sempre in mio soccorso”
concluse lei, voltandosi finalmente per guardarlo negli occhi. “Eri il
cavaliere che si prendeva cura di me.”
“Naa, non ero un cavaliere. Ero un
amico.”
“E… lo sei ancora?”
“Un amico? Credo di sì, anche se… beh,
anche se non vorrei.”
“Non vorresti? E… perché?”
“Beh, perché ‘amici’ andava bene quando
eravamo piccoli e giocavamo a nascondino. Ma adesso siamo grandi. ‘Amici’ non
mi basta più.”
Jenny sgranò gli occhi, stupita da
quello che stava sentendo. “Che… che intendi dire?”
“Da quando sei tornata, mi sono reso
conto che abbiamo smesso di essere amici l’ultima estate in cui sei stata qui.
Da quella volta che… beh, da quella volta che ci baciammo.”
Jenny si sentì arrossire. “Mi ricordo
quel giorno come se fosse ieri.”
“Eravamo qui, seduti vicino a questo
albero” ricordò Cooter. “Ti eri rifugiata qui perché Bo ti aveva messo un ragno
sul comodino.”
“Sì, me lo ricordo. Ero terrorizzata.”
“Iniziasti a dire che nessun ragazzo ti
avrebbe mai guardata, che nessuno ti avrebbe mai amata, e che tutti ti
avrebbero sempre presa in giro…”
“…e tu mi baciasti. Fosti il primo
ragazzo a farlo.”
“Jenny, io…” iniziò Cooter, con voce
leggermente roca. “…mi piacerebbe anche essere l’ultimo ragazzo che bacerai.”
Lei abbassò gli occhi e sorrise, mentre
le guance le si coloravano per la gioia. “Mi piacerebbe essere l’ultima ragazza
che bacerai.”
Cooter avvicinò il viso a quello di lei
e lasciò che accadesse di nuovo. Mentre le labbra di Jenny si adattavano alle
sue, con le mani la strinse forte, facendola avvicinare. Persero l’equilibrio,
e Jenny si ritrovò distesa sopra il meccanico. Scoppiarono a ridere, e in un
momento di pausa lei sussurrò: “Cooter, io vorrei davvero aiutare Bo e Luke, ma
non posso.”
“Vorresti almeno dirmi perché, Jenny? Mi
aiuterebbe a capire” le chiese lui, in tono dolce, accarezzandole il viso.
Lei si tirò a sedere, e lui la imitò. “Beh…
ha sempre a che fare con la morte dei miei. Mi lasciarono correre perché
capirono che era quello che volevo. Erano contenti dei miei risultati, fino a
che…”
“Fino a che?”
“Mi assegnarono un premio. Per ritirarlo,
sarei dovuta andare al municipio di Atlanta. I miei genitori vollero
accompagnarmi. Eravamo in ritardo, papà accelerò per arrivare in tempo, e…”
“…e ci fu l’incidente. Mio Dio, Jenny,
non sapevo fossi stata coinvolta.”
“Me la sono cavata con un braccio
rotto. Ero seduta sul sedile posteriore, con le cinture allacciate. Mamma e
papà, invece…”
“Quindi ti sei fatta una colpa per la
loro morte? Non è colpa tua, Jenny. Sarebbero potuti morire mentre andavano al
lavoro, o…”
“Ma non è successo!” lo interruppe lei,
saltando in piedi. “Sono morti mentre mi portavano alla cerimonia per la
consegna di un premio. Un premio che avevo vinto correndo. Da allora, non ho
più voluto toccare un’auto da corsa.”
Cooter si alzò e la raggiunse. Lei si
fermò, dandogli la schiena, e lui ne approfittò per metterle le mani sulle
spalle. “Va bene, Jenny. Ti capisco. Ma vedi di spiegarlo a Bo e Luke. Hanno il
diritto di sapere perché non li aiuterai.”
“Io… mi dispiace, Cooter” si scusò
ancora lei, voltandosi. “Vorrei tanto aiutarli, ma…”
“Shhh” le sussurrò lui, stringendola
tra le braccia. “Va tutto bene. Ora ti porto alla fattoria, va bene?”
Lei annuì, poi lo guardò. “Solo se ti
fermi a cena. “Daisy è come una sorella, e i Duke sono sempre stati una seconda
famiglia, per me. Vorrei che sapessero chi è il ragazzo che amo.”
Cooter sorrise. “Solo se mi prometti di
venire a lavorare per me. Per sempre, intendo. Con un contratto regolare e la
possibilità di diventare socia. Bo e Luke mi hanno detto del tuo diploma, e
anche che stai cercando lavoro.”
“Cooter Davenport e Jennifer Brown?” si
stupì lo zio Jesse. “Diavolo, se me lo avessero detto dieci anni fa, non ci
avrei mai creduto.”
“Oh, Jesse, io non ci credo nemmeno
adesso” rispose il meccanico, sorridendo.
Daisy lanciò un’occhiata d’intesa all’amica.
“Immagino che questo voglia dire che non resterà soltanto una vacanza.”
“Si vedrà, Daisy. Si vedrà.”
La cena fu allegra e festosa come può
esserlo una cena alla fattoria Duke. Quando si fece tardi, lo zio Jesse salutò
tutti e si ritirò nella propria stanza. Daisy finì di rigovernare, aiutata da
Jenny, poi anche lei andò a dormire. Bo e Luke, intuendo il bisogno di privacy
della coppia, sparirono nelle loro camere. Jenny prese per mano Cooter e lo
guidò fuori, sotto il portico. I due giovani innamorati presero posto sul
dondolo: Jenny piegò le gambe e si appoggiò a Cooter, che le passò un braccio
sulle spalle e la strinse forte. Così abbracciati, rimasero a guardare le
stelle ancora per un po’.
“Bo tiene davvero tanto alle corse,
vero?” sussurrò la ragazza.
“Il Generale Lee è una parte di lui. E’
come un braccio, o una gamba. E’ sacro. E le corse sono la sua vita. Non riesce
a immaginare una vita senza le corse. E non riuscirebbe a stare lontano dal
Generale nemmeno per un giorno. E non vuole che nessuno gli si avvicini. Però
sarebbe disposto a prestartelo, e questo è un buon segno. Vuol dire che ha
fiducia in te.”
“Davvero?”
“Certo. Ma tu hai delle ottime ragioni
per dire di no.”
Jenny sorrise e lo baciò, poi tornò a
guardare avanti a sé.
La mattina successiva, Jenny e Cooter
si misero al lavoro di buon’ora, cercando di sbrigare tutti i lavoretti che
erano stati commissionati al meccanico in vista della corsa della domenica. Mancavano
appena ventiquattro ore al rally di Hazzard, e la città sembrava essersi
improvvisamente svegliata da un lungo letargo: fiori, bandierine colorate,
sorrisi allegri… tutti erano convinti che Bo avrebbe conquistato la corsa a
bordo del Generale Lee, e invece… purtroppo Cooter e Jenny non potevano
rivelare loro il malvagio piano di Boss.
Giusto per rovinare ancora di più la
giornata, Rosco P. Coltrane si trovò a passare di lì, e non resistette alla
tentazione di burlarsi del meccanico. “Allora, Davenport, che si dice da queste
parti?”
“Rosco” lo apostrofò Cooter, portandosi
due dita alla fronte parafrasando un saluto militare, “tutto bene, qui. Non
dovresti andare in giro a scovare criminali?”
“Molto divertente, Davenport. Ma sai,
ad Hazzard i criminali sono pochi, e tra l’altro due sono tuoi amici.”
“Se ti riferisci a Bo e Luke, non sono
criminali.”
“Lo dici tu, Davenport. Ma giuro che se
ti troverò coinvolto in qualcuna delle loro malefatte, non esiterò a sbattervi
in cella tutti e tre. E stavolta il giudice non ci andrà leggero.”
“Sceriffo Coltrane, lei sta esagerando”
lo interruppe Jenny, che aveva ascoltato la conversazione senza essere notata. “Non
so che cosa abbiano combinato Bo e Luke, ma di certo in giro esistono criminali
peggiori. E non conosco nessuno più corretto di Cooter.”
Rosco si voltò. “Oh, Davenport, vedo
che ti sei fatto la ragazza…” lo canzonò.
“Complimenti per lo spirito di
osservazione, sceriffo. Ed è anche la mia assistente, se è per questo.”
Lo sceriffo sogghignò. “Mi hai appena
dato un ottimo motivo per farti una multa con i controfiocchi. Sfruttamento del
lavoro nero e delle donne… forse ci scappa anche il processo. Cosa dicevi,
bellezza, Cooter è corretto e leale?”
“Ho un regolare contratto, sceriffo” lo
informò Jenny. “Cooter sarà lieto di mostrarglielo. E tanto per la cronaca, ho
un diploma. So rimettere a posto un motore.”
Rosco cercò di mascherare la delusione.
“Beh, cocca, saprai anche rimettere a posto un motore, ma di certo non puoi far
correre una macchina senza pilota” ribatté, prima di andarsene, senza salutare.
Cooter sbuffò, rimettendosi a posto il
cappello. “Odioso cane da guardia…”
“E ci ha appena confermato quello che
ha detto Enos ieri. Si riferiva al Generale Lee, e al fatto che Bo e Luke non
potranno correre.”
“Già. Ehi, grazie per prima. Anche se
dovrei essere io a proteggerti. Sono o non sono il tuo cavaliere?”
Jenny sorrise. “Ehi, guarda che siamo
nel 1980. Noi donne siamo libere.”
Cooter la abbracciò all’improvviso. “Ora
non più” sussurrò, avvicinando il viso a quello di lei.
Parecchi passanti si voltarono stupiti:
nessuno di loro avrebbe mai immaginato di vedere Cooter Davenport baciare una
ragazza tanto carina.
La mattina della corsa, Cooter si
presentò alla fattoria Duke con il proprio furgone, per accompagnare Jennifer
in paese. Si stupì nel vedere Bo sdraiato sul tetto, con un filo d’erba stretto
tra le labbra, e il resto della famiglia in cortile, a pregarlo di scendere.
“Dai, Bo, se non vuoi venire a vedere
la corsa, almeno buttami le chiavi!” gridò Luke.
“Ti stai comportando come un’idiota,
Beauregard! Scendi, se non vuoi che vada a prendere il fucile!” lo minacciò zio
Jesse.
Cooter si avvicinò a Daisy e le chiese
che cosa stesse succedendo. “Bo dice che è inutile andare a vedere la corsa, se
non può correrla. Non vuole scendere, e si rifiuta di darci le chiavi del
Generale.”
Jenny non disse niente, ma si limitò a
guardare il biondo, ancora immerso nei propri pensieri. Poi prese una
decisione: corse in casa e lo raggiunse sul tetto, tra lo stupore generale.
“Jenny! Che ci fai qui?” si stupì il
ragazzo, tirandosi a sedere e facendo cadere il filo d’erba.
“E me lo domandi anche?” rispose lei,
sedendosi.
“Non riesco a capire.”
“Vedi, Bo, ho pensato molto, in questi
due giorni. Ho pensato ai miei genitori, alla loro morte. Ebbero l’incidente
mentre mi accompagnavano a ritirare un premio riguardante le corse” gli spiegò.
“E’ per questo che non corro più. Non ci riesco, è come se fossi bloccata. Eppure,
fino a qualche anno fa, le corse e le auto erano una parte di me, esattamente
come lo sono per te.”
“Ancora non riesco a capire, Jenny.”
“So bene quanto soffri, sapendo che non
potrai far vedere a tutti quanto è forte il Generale Lee. So che sei legato a
quell’auto quasi quanto lo sei a Luke, Daisy e a zio Jesse, e…”
“Se stai cercando di consolarmi, sappi
che è impossibile. C’è solo un modo per riuscire a fregare Boss e far correre
comunque il Generale, ma tu…”
“Io ho pensato molto anche a questa
possibilità” lo interruppe Jenny, giocherellando con la bandana di Cooter. “E’
vero, io ho giurato a me stessa che non avrei più pilotato un’auto da corsa, ma…”
“Ma?”
“Ma se fosse per una buona causa, e
sono convinta che questa lo sia, allora credo che potrei venir meno alla
promessa fatta” concluse la ragazza, con un sorriso.
“Dici sul serio? Oh, Jennifer, sarebbe
straordinario!” esclamò Bo, gettandole le braccia al collo.
“Ehi, fai piano, o mi farai cadere dal
tetto!”
“Ma… e la licenza?” domandò il ragazzo,
preoccupato. “Ci vuole una licenza valida per…”
“L’ho appena fatta rinnovare” confessò
lei. “Quando l’altro giorno tu e Luke avete tirato fuori quel vecchio articolo…
beh, sono diventata nostalgica.”
La voce potente di zio Jesse interruppe
la loro conversazione. “Allora, vi decidete a scendere? La corsa inizia tra
dieci minuti! Non vorrei perdermi la partenza, anche se non ci sarà il
Generale!”
Bo rispose con un enorme sorriso. “Ma
il Generale ci sarà, zio! Ci sarà e vincerà la corsa, com’è giusto che sia!”
Jesse, Luke, Daisy e Cooter si
scambiarono una lunga occhiata interrogativa. Non avendo potuto sentire la
conversazione tra Jennifer e Beauregard, non potevano ancora sapere che la
ragazza avrebbe indossato il casco e la tuta di Bo, per tentare di vincere il
rally di Hazzard.
Cooter accompagnò Jennifer all’officina,
dove Bo era solito conservare la tenuta da corsa. Il meccanico attese
pazientemente che la ragazza si cambiasse, cercando di resistere alla
tentazione di sbirciare. Nel frattempo, il biondo cugino Duke aveva portato il
Generale nei pressi della linea di partenza, attento a non farsi scoprire né da
Boss, né da uno dei suoi scagnozzi in divisa, e stava teneramente separandosi
dalla cara automobile.
“Ci sono, Bo” annunciò Jenny
avvicinandosi, con i lunghi capelli scuri raccolti dalla bandana e il casco
sotto un braccio.
“Wow” sospirò il ragazzo. “Sembri
davvero una pilota professionista.”
Jennifer sorrise, poi guardò Cooter.
Bo sembrò capire. “Oh, le chiavi sono
nel quadro. Io vado alla partenza con gli altri. Ti aspettiamo, Cooter.”
Rimasto solo con la ragazza, il
meccanico sembrò ripiombare nella timidezza delle prime volte. “Jenny, io… ehm,
io… tu… spero… in bocca al lupo.”
“Crepi, Cooter” rispose lei,
preparandosi a salire in macchina.
“Oh, Jenny?”
“Sì?”
“Io… tu… vorresti…”
“Cooter, la corsa parte tra due minuti”
lo esortò lei.”
“Ne riparliamo dopo, Cooter” lo
interruppe lei, con un bacio leggero sulla guancia. “A dopo.”
Boss stava per prepararsi a dare l’avvio
all’annuale rally di Hazzard, quando la folla improvvisamente si animò. “C’è
Bo, gente!”
“Duke, figlio di un cane, pensavi di
non presentarti, eh?”
“Ecco il campione, viva!”
“Viva il Generale!”
Il grasso ometto in bianco sbuffò.
Rosco doveva aver combinato un altro dei suoi pasticci. Eppure aveva fatto
avvertire i Duke che erano esclusi dalla gara. “Rosco, imbecille! Fai qualcosa!”
Lo sceriffo si avvicinò all’automobile
arancione. “Duke, sbaglio o ti avevo riferito di non farti vedere oggi?”
“Non sono Bo Duke” rispose prontamente Jenny,
mostrandogli la licenza.
Rosco lesse il foglio. “Boss! Non è
quel Duke!”
“Ma che dici, scemo? Non è Duke? E chi
è?” brontolò avvicinandosi al Generale, schierato nell’ultima fila.
Il pubblico iniziava a rumoreggiare,
protestando per il ritardo nella partenza. Rosco porse a Boss il permesso di
guida sportiva, e l’uomo guardò bene il pilota. “Una… donna?” esclamò,
sconcertato.
Spazientita, Jennifer scese dall’auto e
si tolse il casco. “Sì, una donna. Mi chiamo Jennifer Anne Brown, ho una
licenza di pilota regolare e ho versato la quota di iscrizione. Vogliamo far
partire questa maledetta corsa?”
Il pubblico fischiò e applaudì, mentre
Boss e Rosco si rassegnavano. L’ingegno dei Duke, unito al coraggio e alla
forza di volontà della piccola Jenny Brown, erano un’arma invincibile. Il buffo
ometto vestito di bianco sparò un colpo in aria, dando il via alla
competizione. Jennifer ricordava alla perfezione ogni trucco della sua passata
vita da pilota. Sorrise, pensando che fosse il momento più opportuno per
mettere tutto in pratica.
“Non è giusto. In un modo o nell’altro
quei Duke riescono sempre a fregarmi” piagnucolò Boss.
Rosco non disse nulla per cercare di
consolarlo: ormai sapeva che era meglio farlo cuocere nel suo brodo.
Sulla linea del traguardo, intanto, una
piccola folla aveva circondato il Generale Lee, come sempre vittorioso. Enos e
Daisy si scambiarono uno sguardo complice, prima di porgere il trofeo della
corsa a Jenny, che Bo e Luke avevano estratto a forza dall’auto, per poi
portarla in trionfo davanti al pubblico entusiasta. Jennifer sorrideva, i
capelli sciolti che danzavano nella brezza, mostrando il trofeo più prestigioso
che avesse mai ricevuto alla gente di Hazzard.
I due cugini la misero giù e lei
consegnò loro la coppa. “Starà meglio alla fattoria, ne sono sicura.”
Bo e Luke non ebbero il tempo di
replicare, perché la ragazza era già al sicuro tra le braccia di Cooter.
Erano seduti in riva al lago: Cooter
appoggiato ad un grosso ciliegio in fiore, Jenny appoggiata al suo petto. Aveva
slacciato un po’ la pesante tuta di Bo, lasciando intravedere il collo pallido
e delicato. Il meccanico la accarezzò, con una leggerezza che non ci sarebbe
mai aspettata da un tipo forte e rude come lui.
“Jenny…”
“Cooter, cos’è che stavi dicendo prima
della corsa?”
“Ehm… beh, io… io non…”
“Su, Cooter, dillo con parole tue” lo
esortò lei, alzando gli occhi a guardarlo.
“Ecco, Jenny” ricominciò, sistemandosi
meglio contro l’albero, “io non ho molto da offrirti, se non un lavoro, il
cinquanta per cento dell’officina, e… e il mio amore. Ho un piccolo
appartamento, ed è anche piuttosto disastrato, ma per due persone… andrebbe
bene. Insomma, è una casa.”
“Stai cercando di…”
“Jenny, forse penserai che sia troppo
presto; forse ti serve più tempo per pensarci, forse non sarai d’accordo, ma io
sono sempre più convinto che tu…”
“Cooter, mi vuoi sposare?” lo
interruppe.
Il meccanico sorrise. “Avevi capito già
prima, vero?”
“Ogni singola parola” ammise lei.
Le loro labbra smisero di parlare e si
unirono in un bacio profondo. Cooter la strinse tra le braccia forti,
riconoscendo ogni curva sotto la pesante tuta da corsa. Si sdraiò sull’erba
umida di rugiada e rotolò dolcemente su di lei, che lo lasciò fare.
In città, Boss sfogò la rabbia
rimpinzandosi di cinghiale arrosto, mentre Rosco e Flash lo osservavano con l’acquolina
in bocca. Bo e Luke andarono a festeggiare a bordo del Generale Lee, mentre lo
zio Jesse rincasava alla fattoria per sbrigare del lavoro arretrato. A qualche
miglio di distanza, su un’auto della polizia parcheggiata nel folto di un
bosco, Daisy e Enos stavano finalmente chiarendo i loro rapporti. Per comodità,
diremo che stavano facendo all’incirca ciò che Cooter e Jenny stavano facendo
al lago.
“Una donna sindaco? Ma… ma non si è mai
vista una cosa simile” borbottò Boss. “Protesterò! Chiamerò il governatore
dello stato della Georgia!”
“Tu non farai proprio niente, J. D.
Hogg. Quella ragazza ha vinto le elezioni cittadine in modo assolutamente
regolare, e con il novantacinque per cento dei voti” lo ammonì la moglie Lulu,
trascinandolo via per il cravattino. “E se devo essere sincera, anche io ho
votato per lei.”
Boss continuò a protestare e
piagnucolare come un bambino scontento, mentre la donna lo portava a casa.
Jennifer Anne Brown giurò fedeltà ai cittadini
di Hazzard e alla città stessa, con un piccolo discorso tenutosi sulla piazza
del municipio. Davanti a lei, la cittadinanza applaudiva il nuovo sindaco della
città, sicuro che sarebbe stato sicuramente più leale e corretto del proprio
predecessore.
“Prima che inizi ad occuparti dei
grandi problemi della città, ho una cosa da mostrarti” le annunciò Cooter,
prendendola per mano e portandola in officina.
“Una sorpresa? Per me?” si stupì Jenny.
“Un uomo fa di tutto, per la propria
moglie” le rispose lui, posandole un bacio leggero sulle labbra e sollevando il
telo da un’automobile.
“Una Chevrolet Impala del 1958!”
esclamò lei. “Grazie, Cooter!” aggiunse, saltandogli in braccio.
Si baciarono appassionatamente per
qualche minuto, approfittando della tranquillità. Erano sposati ormai da un
anno, ma si comportavano ancora con la naturalezza di una coppia di sposini
novelli.
“Cooter, anche io ho una sorpresa per
te.”
“Davvero? Che cosa?”
“Beh, hai presente quei due chili che
ho messo su ultimamente?”
“Sì, eri disperata.”
“Beh, ne metterò su ancora una decina,
all’incirca. Aspetto un bambino.”
Cooter se lo fece ripetere almeno otto
volte, prima di riuscire a crederci. Una volta afferrato il concetto, corse ad
informare i suoi due migliori amici, mentre lei si dedicava al suo nuovo
incarico di sindaco.
Hazzard era una tranquilla cittadina nel
cuore della Georgia: aria pulita, gente simpatica. Uomini che lavorano, donne
che li aspettano per pranzo. Due giovani scapestrati che corrono per le campane
con un’auto dal motore potente. Un meccanico con le mani sporche e il cuore
pulito, che ha sposato una donna dal viso sorridente. Un vecchio che distilla
whisky ormai non più di contrabbando, un giovane sceriffo che porge un anellino
a una bella cameriera, chiedendola in moglie.
È bello vedere che certe cose non
cambiano… mentre altre, invece, sì.