Homeless

di Tico_Sarah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questa fan fiction è stata scritta senza fini di lucro e solo per divertimento (ma questo mi pare ovvio) Muahahahaha!

 

Capitolo 1

 

 

Due ombre scure di muovevano nella sala della sorveglianza.

-quando hai detto che finisce il tuo turno?- domandò una voce annoiata, seguita da un sonoro sbadiglio.

La luce che filtrava dalla porta semiaperta illuminava fiocamente la piccola stanza dove due uomini vestiti di nero stavano controllando i monitor per la sorveglianza.

Le immagini erano quasi tutte uguali: corridoi vuoti, corridoi parzialmente sorvegliati, corridoi strettamente sorvegliati, uffici. Agli occhi dei sorveglianti, la Shinra appariva come un grosso reality da guardare ventiquattro ore su ventiquattro.  Per questo era un lavoro davevro noioso.

Uno dei due uomini tirò su il braccio svogliatamente e fece scivolare indietro la manica della camicia per guardare l’orologio.- tra due orette smonto. E tu?-

-tra dieci minuti, bello.- rispose il compagno, con strafottenza, incrociando le mani dietro la nuca e inziando a dondolarsi sulla poltrona.- quasi non vedo l’ora.-

-beato te.- borbottò il compagno.- qui non succede mai niente.-

-che vuoi che succeda? Con tutti quei Soldier in giro, neanche un pazzo si avvicinerebbe alla Shinra.-

Il collega si alzò e si sgranchì le braccia.- vado a fumare una sigaretta qua fuori.-

-non allontanarti troppo, qualcuno potrebbe arrabbiarsi.- replicò il compagno.

-ma và...- rispose l’uomo, con nonscuranza, mentre usciva accostando la porta.

-arrabbiarsi.- ripetè sottovoce l’uomo, allontanandosi dalla sala della sorveglianza.

Tirò fuori un pacchetto di sigarette, ne prese una a casaccio, ripose il resto in tasca e se l’avvicinò alle labbra con un brontolio.- bah...-

Accese la sigaretta e prese delle grosse boccate di fumo, mentre girava gli occhi a destra e sinistra, guardando il corridoio vuoto e male illuminato che lo circondava. Non c’era anima viva a parte lui in quella zona del palazzo.

Rimase a fissare il corridoio alla sua destra, chiedendosi quanto mancasse allo scadere del suo turno, almeno avrebbe potuto imboccare quella direzione e tornare a casa, finalmente.

All’improvviso intravide un’ombra. 

Smise di fumare e aguzzò la vista, poi decise che era meglio controllare.

Forse era il tipo che avrebbe dato il cambio al suo collega, giacchè avrebbe smontato entro qualche minuto. Arrivò alla fine del corridoio, ma non c’era nessuno.

Si udì solo un leggerissimo fruscio e l’uomo fu afferrato alle spalle da qualcuno che con un rapido gesto del braccio, gli circondò il collo e glielo spezzò.

L’individuo che era saltato giù dal soffitto sorresse l’uomo e lo sdraiò a terra senza far rumore, mentre un’altra ombra compariva al suo fianco.

-ottimo lavoro.- mormorò una voce.- vado a stendere l’altro.-

La persona che aveva strangolato il sorvegliante annuì. Si chiamava Helinor Hinari e aveva diciassette anni. Era una ragazza dai capelli castani, legati in una treccia morbida che le scivolava sulla spalla destra fino al bacino. La fronte alta era coperta da una frangia spuntata che arrivava a sfiorare le sopracciglia ben delineate. Portava una masherina rossa che le nascondeva il viso dagli occhi alla base del naso, e le labbra sottili erano curvate all’ingiù. Indossava un corpetto di pelle senza maniche e pantaloni attillati, e il tutto fasciava strettamente il suo corpo snello e atletico. La mano sinistra era guantata, mentre l’altra no. Alla cintura di cuoio era appeso un pugnale con il manico argentato e un grosso rubino scarlatto incastonato nell’impugnatura.

Il compagno, Uriah, era un ragazzo di diciotto anni. Indossava la stessa maschera rossa, aveva i capelli ricci e fulvi, che gli solletivacano il collo lungo ed esile. Si muoveva con leggerezza, come un ballerino, e il suo fisico magro e slanciato gli permetteva dei movimenti aggraziati e agili.

Portava quella che sembrava essere una divisa militare, ma essa non era né un’uniforme dei Soldier, né il vestito di un Turks.

Probabilmente, se si fosse tolto la maschera, avrebbe rivelato un viso da adolescente; anche la sua voce nasale, dalle “t” e le “d” troppo marcate, era la tipica voce di un ragazzo.

La ragazza inginocchiata a terra accanto all’uomo che aveva appena ucciso, invece, sebbene fosse di un anno più giovane, aveva un comrportamento più adulto e una bella voce calma e controllata.

-sbrigati.- ordinò la ragazza.

-non prendo ordini da te, Helinor.- replicò il ragazzo, stizzito.

Helinor strinse le labbra.- fai come vuoi, ma datti una mossa.- disse, tirandosi in piedi.

Uriah scomparve nella stanza della sorveglianza e riapparve un minuto dopo.

-via libera.- disse, rivolto alla ragazza.

Lei corse silenziosamente verso stanza, e vi s’infilò.

Il ragazzo si piegò sul cadavere del secondo sorvegliante e gli prese il polso per assicurarsi che il cuore non battesse più, mentre Helinor si piazzava davanti ai monitor e li ispezionava con lo sguardo.

-non vedo il presidente da nessuna parte.- disse la ragazza, in tono asciutto.

-sarà nel suo ufficio.- rispose Uriah, con indifferenza.

Helinor abbassò lo sguardo e strinse i pugni.

 

La tenda centrale del campo era la più grande e la più comoda. Nessuno poteva entrarvi se non con l’autorizzazione di chi ci viveva, e quella regola, che vigeva nell’accampamentoda quando era stato fondato quel segreto gruppo militare chiamato “Ombra”, era severa e inviolabile.

L’Ombra, un gruppo di combattenti addestrati fin dalla tenera età, composta maggiormente da orfani di guerra e da piccoli prodigi dell’arme, viveva come una tribù nomade, e non rispettare il capo di tale tribù equivaleva a dichiare battaglia alla gente che lo onorava come propria guida.

Il padiglione era circondato da varie tende più piccole, disposte in cerchio attorno ad una piazza dove la gente del campo si riuniva per il pranzo e per la cena.

Le due guardie di fronte al tendone di Silver Gammon, maestro d’armi e capo dell’ombra, era costantemente sorvegliata da due guardie instancabili, che stavano ai lati dell’ingresso per tutto il giorno, per poi darsi il cambio con altri due soldati per il turno notturno.

Dentro, in fondo alla tenda, si trovava un trono di legno mobile, dove solitamente si sedeva Gammon, ma che ora era vuoto, perché l’uomo, vestito con una lunga casacca, si aggirava a qualche metro di distanza. Sembrava aspettare qualcuno.

Un ventenne dai capelli rossi come il fuoco, che indossava l’uniforme dell’Ombra, entrò nella tenda e salutò Gammon con un inchino.

- maestro.-

Gammon lo fissò a lungo, senza parlare, poi sorrise, gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.- Nara. Hai mandato a chiamare i tuoi compagni?-

-sono qui fuori, maestro.- disse il giovane.

Nara era uno dei più fidati uomini di Gammon. Era un ragazzo dal passato turbolento, che aveva lasciato un solco indelebile nei suoi occhi crudeli. Aveva un viso dai lineamenti spigolosi e sarebbe stato piuttosto attraente, se non avesse avuto quell’espressione brutale.

Era molto alto e muscoloso, e forse era anche il più forte del campo.

Gammon gli sorrise astutamente. Quest’uomo era carismatico e, nonstante i suoi sessant’anni, riusciva ad esercitare fascino su chiunque. Era grazie a questa sua qualità che era riuscito a formare un’organizzazione così ampia come l’Ombra, quando era ancora giovane. Aveva addestrato bambini che ne avevano a loro volta addestrati altri, fino ad espandere il gruppo ad oltre trenta persone. Tuttavia, l’Ombra rimaneva un gruppo intimo e riservato, e così doveva essere.

-falli entrare.- ordinò Gammon, e dopo aver ricevuto un’occhiata di ammirazione da parte di Nara, si andò a sedere sul suo trono e poggiò il mento sulle nocche della mano.

Nara uscì, e al suo posto entrarono Helinor e Uriah, che si disposero davanti a Gammon e lì s’inginocchiarono.

Nara li seguì e si mise in piedi alle loro spalle, incrociò le braccia sul petto e rimase a guardare la scena in silenzio.

-Helinor, mia cara.- esordì Gammon, accarezzando la ragazza con lo sguardo.

-maestro...- rispose Helinor, chinando il capo.

-ho una missione per voi.- aggiunse l’uomo.

Uriah alzò la testa e fissò Gammon con intensità.- una missione?-

-voglio che andiate a Midgar, che v’intrufoliate nella Shinra e che uccidiate il presidente.-

 

Era stata una pazzia.

Potevano anche essere dei guerrieri esperti, allenati, scaltri, ma non avrebbero potuto competere con la forza dei Soldier, per di più se questi giocavano anche in casa.

Gammon doveva essere impazzito, e loro non avevano potuto rifiutarsi di ubbidire. Fallire gli sarebbe costata una severa punizione, ma il non ubbidire comportava un’ esecuzione immediata.

-se il maestro ci ha mandato qui, vuol dire che crede in noi!- esclamò Uriah, intuendo i pensieri di Helinor.

Lei lo guardò, perplessa.

-è una missione difficile, e proprio per questo mi sento onorato di farne parte.- proseguì Uriah, battendosi un pugno sul petto.- il maestro mi ha scelto per compiere quest’impresa! Si fida di me! E si fida di te... non possiamo deluderlo.-

Helinor evitò di dargli una risposta e tornò ad osservare i monitor. Soldier. Soldier ovunque.

Quel posto era come un alveare pieno d’api.

-hai paura?- domandò Uriah, guardandola sbalordito.

-no. Penso solo che se tu avessi aspettato, prima di entrare, le cose sarebbero andate diversamente.-rispose Helinor, brusca.

 

-dobbiamo entrare.- disse Uriah, con il viso acceso di frenesia.

-no! Non abbiamo osservato abbastanza! Non sapremo dove andare, una volta lì dentro!- esclamò Helinor,  fermandolo per un braccio.

Lui si liberò con uno strattone deciso.- sono stanco di aspettare, Helinor! Ora voglio agire!-

-Uriah!-

 

-era la nostra occasione.- si giustificò Uriah, resosi conto dell’errore commesso.- camuffandoci tra i fanti Soldier, siamo potuti entrare senza difficoltà.-

Helinor sbuffò.- per colpa tua, ora dobbiamo muoverci alla cieca.-

-non fa niente, noi siamo abituati a muoverci in questo modo...- replicò Uriah.- guarda, il presidente è appena entrato nel suo ufficio!-

La ragazza si arrabbiò.-non sappiamo neanche dove sia, quell’ufficio!-

Uno scricchiolio annunciò che la porta era stata aperta.

I due si voltarono.

L’ uomo appena entrato guardò prima l’uno e poi l’altro, vide il corpo del sorvegliante a terra e fece per dare l’allarme.

Helinor si gettò contro di lui con uno scatto felino e, dopo avergli chiuso le dita attorno al collo, lo sbattè contro il muro con violenza.

-chi siete?!- balbettò l’uomo.

Uriah scivolò attraverso la pallida luce e si sistemò al fianco della compagna.- cerchiamo l’ufficio di Shinra.-

-i-il presidente? Che volete da lui?!- esclamò il sorvegliante, con il volto sempre più paonazzo ad ogni minuto che passava.

Uriah lo guardò annaspare con indifferenza.- abbiamo un piccolo conto da saldare.-

La macabra tranquillità che si era creata fu interrotta dall’irruzione di altro un uomo nella stanza, che gridò:- FERMATEVI!-

Helinor lasciò il suo ostaggio immediatamente e si voltò.

L’uomo aveva capelli corvini  legati in un codino, era vestito con un elegante completo nero e le mani sollevate reggevano una pistola. Era un Turk, senza dubbio.

Il sorvegliante lanciò un’occhiata supplichevole a Tseng e cercò di strisciare carponi verso di lui.

Uriah gli calpestò una mano facendolo gridare e sorrise.- fermarci?-

-Reno! Rude!- esclamò Tseng, e altri due Turks entrarono nella stanza.- andate dal presidente!-

Il tipo con i capelli rossi lo fissò stralunato.- e tu?-

-posso tenere a bada due ragazzini.- rispose Tseng, glaciale.

Il sorvegliante gemette e tentò di togliere la mano da sotto la suola dello stivale di Uriah, che aumentò la pressione facendogli scricchiolare le dita.- due ragazzini?- fece eco, stizzito.

Helinor rimase immobile a guardare Tseng, impassibile.

-chiunque voi siate, avete l’ordine di lasciar andare quell’uomo e consegnarvi. Altrimenti, saremo costretti a sparare.-

-saremo? Tu... e chi?- chiese Uriah, con strafottenza, -io non vedo nessuno.-

Tseng non perse la calma.- avete cinque secondi.-

La mano di Helinor scivolò fino all’astuccio che stava appeso alla cintura.

 

-che cos’è?- chiese Helinor, sporgendosi a guardare la polverina incandescente che il medico del campo stava mettendo in una piccola boccetta di vetro.

Nhat era la persona più paziente e calma del pianeta. Lo stesso volto ovale e allungato, gli occhi dalle palpebre cadenti, insieme con un fisico paffuto, confermavano quell’idea di pace e tranquillità bonaria che fluiva dai suoi occhi grigi. Era giovane, aveva a malapena trent’anni, ma le rughe in mezzo alle sopracciglia e intorno agli occhi erano un ottimo motivo per dargliene almeno dieci in più.

-abbi pazienza, Helinor.- la apostrofò, con gentilezza.

La tenda del medico era piena di strane boccette, liquidi ed erbe di ogni genere. Lì viveva soltanto lui, tuttavia la tenda era abbastanza grande, in modo da accogliervi i feriti semmai ce ne fosse stato bisogno.

In terra c’erano due cuscini: su uno era inginocchiata Helinor, l’altro era vuoto, perché Nhat era in piedi ad armeggiare con le boccette.

Quando ebbe finito di travasare la polverina, porse tre boccette di vetro a Helinor.

-cos’è?- insistè lei.

Lui s’inginocchiò sul cuscino, lentamente.- è un fumogeno.-

Helinor guardò la polverina.- poco credibile, come fumogeno.- commentò, portandosi l’oggettò davanti ad un occhio.

Nhat guardò il riflesso distorto dell’iride azzurra di Helinor attraverso il vetro, e sorrise.- basta che lo lanci a terra. La boccetta si rompe ed esce una coltre di fumo.-

Lei infilò le boccette nell’astuccio.- grazie. Quanto ti devo?-

-non crederai che l’abbia fatto per soldi!- esclamò Nhat, in tono divertito.- infiltrarsi nella Shinra è troppo pericoloso, senza gli strumenti adatti.-

-già...- mormorò Helinor, pensierosa.- mi chiedo come andrà a finire...-

-Gammon è un capo saggio. O almeno dà quest’impressione.- disse Nhat.

 

Helinor afferrò la boccetta, la estrasse dall’astuccio e la gettò a terra con forza.

L’ampollina di vetro si frantumò appena entrò a contatto con il pavimento, frantumandosi in pezzi microscopici, e una nube di fumo nero esplose nella stanza.

La ragazza sentì Tseng tossire e, accuciatasi a terra, strisciò fuori dalla stanza, sicura che il suo compagno avrebbe fatto lo stesso.

Era inutile preoccuparsi per lui.

 

(...)

 

-signor presidente! Signor presidente!- strillò Reno, catapultandosi nell’ufficio di Shinra.

Rude entrò dopo di lui.

La stanza era vuota. La scrivania era perfettamente in ordine, come se nessuno l’avesse ancora toccata. La sedia davanti alla grande vetrata era posta con il sedile sotto il tavolo, come se nessuno vi si fosse seduto.

Reno si guardò intorno, colto dal panico. –ma dov’è il presidente?!- esclamò, rivolto a Rude.

-non ne ho idea!- rispose l’uomo pelato con un gesto seccato.

 -dobbiamo trovarlo! O Tseng ci farà a pezzi!- strepitò Reno, e con una velocità mai vista prima, percorse la stanza a grandi falcate e raggiunse la porta dell’ufficio. Quella si aprì tanto improvvisamente che mancò di poco lo sventurato Turks.

-cos’è tutto questo chiasso?- chiese il presidente Shinra.

Era seguito da un ragazzo alto, dai lunghi capelli argentati e lo sguardo impenetrabile, che catturò subito l’attenzione di Reno.

Sephiroth fissò i due Turks quasi li stesse deridendo, dopodichè entrò nell’ufficio insieme a Shinra.

-che ci fate voi due qui dentro? E senza aver avvertito nessuno!- esclamò il presidente, indignato.

Reno lo guardò.- siamo Turks, signor presidente! Ci sono due intrusi nel palazzo! Dobbiamo portarla in salvo al più presto!-

-due intrusi?! E come sono entrati?!- abbaiò il presidente, severo.

-signor presidente, non credo sia il momento di discutere.- intervenne Sephiroth.- se ci sono intrusi, dobbiamo catturarli. Potrebbero attentare alla sua salute.-

Shinra lo contemplò per qualche istante, poi riprese a dare ordini:- Sephiroth, trova i due intrusi e catturali! Li voglio vivi! Potrebbero avere informazioni preziose sull’Ombra.-

Sephiroth fece una riverenza e corse via.

-e voi due?-

-dobbiamo scortarla fuori di qui!-

 

(...)

 

-attenzione, ci sono due intrusi nel palazzo. Si ordina di fermarlia tutti costi e di catturarli vivi.-

Helinor maledisse il momento in cui si era lasciata convincere da Uriah a seguire il suo piano folle.

Correva per i corridoi.

Svoltò a destra si trovò davanti ad un bivio. A destra si udivano delle voci e dei passi, a sinistra c’era una porta chiusa.

Helinor si avvicinò immediatamente alla porta e cercò di aprirla, ma si accorse che era chiusa e dovette rinunciare ad ogni tentativo.

Appoggiò le spalle alla porta e rimase in silenzio, immobile, all’erta, mentre le sue dita si stringevano intorno al manico gelido del pugnale.

Passi.

Molti passi.

Dovevano essere circa cinque persone, e si stavano dirigendo verso di lei.

Si portò in posizione da battaglia e prese un bel respiro.

Gli uomini le furono davanti in pochi istanti. Tre di loro dovevano essere dei terza classe, mentre gli altri due erano solo cadetti.

-è l’intruso!- gridò uno dei Soldier, impugnando il fucile.

Helinor strinse il manico d’argento del pugnale e guardò gli uomini con aria corrucciata, poi sollevò l’oggetto e ne sfiorò la lama con le dita.

Una scossa e un brivido le passarono attraverso la schiena, e il ferro sembrò assorbire tutta l’energia della Materia che aveva usato.

 

-ti stai preparando per entrare in qel posto, vero?- domandò pigramente il giovane armaiolo che vagava sempre per la piazza vendendo armi.

Helinor annuì.-hai qualcosa per me, Shon?-

Shon sembrò felice che lei glielo avesse chiesto, afferrò il sacco che portava in spalla e iniziò a scarufare al suo interno.

-in reraltà, avrei qualcosa che fa per te. L’ho sottratta a uno di quei Soldier...- disse Shon, gioviale.- ma non te la cederò per meno di cento Guil.-

-cento Guil?!- esclamò Helinor, sgranando gli occhi.- spero per te che sia qualcosa di utile, almeno!-

-lo è!- sbottò Shon, irrigidendosi per l’offesa subita.- io vendo solo merce di qualità, hai capito?!-

-va bene, va bene.- ridacchiò Helinor.- adesso però, fammi vedere cos’hai.-

-Materia. Serve per fare le magie. Questa in particolare è una Materia Thunder.- disse Shon, assumendo un’aria quanto più possibile professionale mentre le porgeva una sferetta.- la carichi sulla tua arma e fai la tua magia! Bello, no?-

Helinor fece per afferrare la sfera, ma Shon ritrasse subito la mano.- alt! Non si tocca! Questa è una cosa preziosa, sai?- e la guardò con aria avida.

Lei sospirò e sborsò cento Guil richiesti.- spero per te che funzioni, altrimenti quando torno qua ti faccio a pezzi.- lo minacciò.

 

Sentiva la carica elettrica sul pugnale e un brivido freddo le percorse la schiena; l’adrenalina le scorreva nelle vene come un fiume impetuoso. Alzò il braccio, puntaò la lama verso il soffitto e gridò:- THUNDER!-

Una folgore colpì i cinque uomini fulminandoli all’istante, lasciando Helinor senza fiato.

Dovrò ricordarmi di ringraziare Shon, pensò, riponendo il pugnale al suo posto.

 

(...)

 

Helinor percorse dedali, evitò scontri rifugiandosi negli uffici, uccise molti uomini, finchè non ebbe raggiunto un corridoio a senso unico. Corse a capofitto fino a scontrarsi con un muro che metteva la parola fine al suo percorso. Lo colpì con un calcio, furiosa, e lo guardò portandosi le mani ai fianchi.

Stava per muoversi e cambiare strada, quando avvertì una leggera pressione sul collo. Abbassò lo sguardo.

Una lama le aveva lasciato un finissimo segno rosso sul collo.

-non muoverti.- le ordinò una voce stentorea.

Lei cercò di voltarsi, ma la spada di Sephiroth la costrinse a guardare dritto avanti a sé.

-detesto ripetermi.- disse il platinato, in tono aspro.

Helinor emise una risata di disprezzo.- Soldier.-

Un gesto fulmineo. La lama di Sephiroth si scontrò con il pugnale di Helinor.

I loro occhi si incontrarono.

Helinor respinse la Katana.- finalmente faccio la conoscenza di un vero Soldier.- commentò.- spero che almeno il vostro stipendio renda onore alle vostre ingiustizie.-

-cosa ne sai tu, d’ingiustizie?- replicò Sephiroth, impassibile

-ne so molto più di te, se permetti.- ringhiò Helinor, che si piegò sulle gambe e saltò verso di lui con agilità.

Sephiroth arretrò e alzò la spada per poterla infilzare, ma lei si diede lo slancio mentre era in volo, atterrò alla destra di Sephirot, rotolò, si rialzò e cercò di colpirlo al fianco con il pugnale.

Il ragazzo si voltò velocemente  e sferzò l’aria con la Masamune per colpirla. Helinor si accasciò al suolo per evitare di essere colpita e gli scivolò sotto le gambe, gli ricomparve alle spalle e lo afferrò per il collo. La forza fisica del Soldier gli permise di liberarsi e, afferrato con la mano libera il polso di Helinor, si piegò in avanti e la lanciò contro il muro.

Lei sbattè la schiena contro la parete e si accasciò al suolo.

Si rialzò immediatamente, con il fiato mozzo e si accorse di aver perso il pugnale.

Lo individuò poco lontano da lei e tentò di gettarsi in avanti per riprenderlo, ma Sephiroth le puntò la Masamune alla gola.- arrenditi.-

Helinor sospirò e si portò le mani dietro la testa, lentamente.

-togliti la maschera. Ti servirà a poco quando ti avrò consegnata ai Turks.- ordinò seccamente il ragazzo.

Lei esitò.- dovresti essere più gentile con le ragazze.-

-zitta.-

-scusa. Non ti arrabbiare.- gli disse Helinor, scuotendo leggermente il capo.- c’è modo e modo per dare ordini.- e così dicendo, slacciò la mascherina, che cadde ai suoi piedi con un leggero tonfo.

Sephiroth la fissò sbalordito. Un’adolescente. Doveva avere anche la sua età.

Aveva perfino un viso simpatico.

-s-sei... una ragazzina.- osservò.

-grazie di averlo notato.- sbottò Helinor, in risposta.

Un rumore metallico.

-Helinor!-

Uriah!

Sephiroth affondò il colpò, ma lei si spostò con rinnovata energia e corse fino alla parete alla sua destra. Dal condotto di aerazione pendeva il braccio di Uriah, lei saltò e lo afferrò velocemente.

-torna qui!- inveì Sephiroth, furioso.

Me la sono lasciata scappare!

Guardò il condotto d’aerazione. Era troppo alto, non ci sarebbe mai passato. Imprecò mentalmente, ma non manifestò alcun segno della rabbia che provava dentro.

Erano fuggiti.

 

 

Angolino dell’autrice:

...

...

...

Ahem! Eccomi qua! Credo di dovervi qualche spiegazione, cari lettori (semmai ce ne saranno) XD (ecco, dacci una spiegazione – nd tutti). Non intendevo pubblicare questa fan fiction. Anzi, non volevo davvero farlo. Poi ho pensato: “cosa ci sta a fare una fiction sul mio computer, se posso leggerla solo io?”

Domande retoriche a parte... insomma, mi sono fatta coraggio e l’ho publicata. Fa parte di un progetto molto grande a cui sto lavorando. Ebbene, questo “What If”, parte da quando Sephiroth, Angeal e Genesis avevano diciassette anni ed erano Soldier di seconda classe, ma questo verrà chiarito nel prossimo capitolo. Naturalmente, la storia è inventata da me, anche perché non ho idea di quello che era successo in quegli anni a Midgar, né ho una conoscenza molto approfondita degli eventi che accadono nel prequel di Crisis Core, Befor Crisis. A parte questo, inseriti i miei personaggi principali, ho provato a tirare fuori questa... questa cosa.

Sto scherzando. Un motivo per cui l’ho pubblicata è perché, volendo diventare scrittrice, dovrò pur fare esperienza in qualche modo, e pubblicare le fiction mi permette di rendermi conto delle cavolate che scrivo e di migliorarmi.

Bene. Detto questo, se ci saranno altri avvisi (l’ufficio reclami è da quella parte... non tiratemi pentole addosso), li farò in seguito.

Um... ditemi quello che ne pensate, altrimenti penserò veramente male... critiche e consigli ben accetti. Soprattutto consigli sullo stile.

Non fate caso ai flashback, è un modo per iniziare a conoscere ambienti e personaggi … ok, ok, me ne vado, non vi arrabbiate!

Un bacio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

“A volte, l’unica cosa che desidero è la libertà di poter scegliere.”

Helinor Hinari

 

 

Sephiroth stava raggiungendo la mensa, dove lo attendevano Angeal e Genesis per il pranzo. Aveva lavorato tutta la mattina al verbale dell’incursione del giorno precedente, su ordine dello stesso presidente. Ripensò alla fatica che aveva fatto a mettere in fila tutte le parole, tanto che ogni tanto aveva fermato la penna ed era rimasto a guardarne la punta come se fosse rimasto ammaliato. Era difficile mettere per iscritto di aver permesso che quei due furfanti fuggissero. Chissà perché, vedere una ragazzina combattere l’aveva quasi scioccato. Che c’era di tanto strano? Anche nei Turks c’erano delle donne.

Si fermò a metà del corridoio. Tre cadetti stavano venendo dalla sua parte.

-ti ho detto che era una belva!-

-ma và! Chi te l’ha raccontato?!-

-guarda che ho una fonte affidabilissima!-

-quanti erano?-

-Erano due! Garndi, grossi... e cattivi!-

-non potranno mica dare filo da torcere anche ai Soldier...vero?-

I tre cadetti ammutolirono non appena si accorsero che il platinato li stava guardando, gli lanciarono un’occhiata ammirata e intimorita insieme, poi lo oltrepassarono in silenzio.

Idioti.

Sephiroth strinse i pugni e proseguì per il corridoio a passo più svelto e con una certa stizza addosso. C’era davvero bisogno di fare tutto quel chiasso per due semplici ragazzini che avevano giocato a fare i soldati?

Entrò nella mensa.

Il cicaleccio e i brusii che animavano la grande stanza stracolma di rumorosi Soldier lo infastidirono, e la cosa si accentuò non appena si accorse che qualcuno lo indicava, così, cercò di sbrigarsi a raggiungere i suoi amici.

Angeal e Genesis erano seduti a un tavolo lontano dalla folla, in disparte.

-che avranno tutti da confabulare?- stava chiedendo Angeal ad alta voce.

Sephiroth si lasciò cadere su una sedia, indispettito.

-qualcuno è di cattivo umore.- osservò Genesis, incrociando le braccia sul petto con l’aria di chi la sa lunga.- ei, ma è vero che ti sei lasciato battere da una femmina?-

-non mi ha battuto.- replicò Sephiroth, bruscamente.- mi sono distratto. Tutto qui. E comunque, tu come lo sai?-

-le voci si spargono velocemente.- rispose Angeal, con un sorriso gentile,- forse anche troppo. I pettegolezzi sono tanti e nessuno corrisponde alla verità. Qualcuno dice che gli incursori erano lupi mannari... il che mi sembra poco credibile.-

-non erano lupi mannari.- lo corresse Sephiroth,- ma forse sarebbe stato meglio se lo fossero stati...-

Genesis non lo ascoltò, evidentemente l’argomento non gli interessava, perché quando parlò, cambiò immediatamente argomento.- Angeal, anche oggi devi incontrare quel piccoletto...?-

-intendi Zack?-

-se è così che si chiama.- sbottò Genesis, guardando un tavolo con alcuni Soldier di terza classe raggruppati intorno.

-sì.- rispose Angeal, lanciandogli un’occhiata penetrante,- qualcosa non va?-

Il ragazzo rispose con un sospiro sconsolato.

-quando ci promuoveranno a Prima Classe?- chiese Genesis, afflitto,- sono stufo di stare nei bassi ranghi...-

Angeal scosse il capo.

Sephiroth evitò di rispondergli con una battuta di cattivo gusto, tuttavia pensò che l’amico non avesse propriamente torto. Non c’era nessuno al loro livello, e questo era più che evidente. Chinò la testa. Forse era meglio dire che non c’era nessuno al suo livello.  Guardò i suoi amici scambiarsi due battute spiritose. Stare con loro smussava quel sentimento di dolore che sentiva nel considerarsi tanto diverso dagli altri; Sephiroth  avvertiva di essere tanto più tanto più forte, ma anche tanto meno umano.

 

(...)

 

Il presidente Shinra era inquieto. Sedeva comodamente sulla poltrona del suo ufficio, mentre i suoi occhi si muovevano veloci sul verbale consegnatogli da Sephiroth proprio qualche ora prima.

L’ufficio era un luogo tranquillo e accogliente, davanti a lui si trovava un Turk che gli aveva appena annunciato di avere delle ottime novità, eppure non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione d’irrequietezza. Era come se qualcuno lo seguisse con lo sguardo, in agguato nell’ombra, e per quanto tentasse, i suoi nervi non accennavano a rilassarsi. Giocherellò con la penna che aveva in mano e dopo averlo letto, firmò il verbale che gli aveva consegnato Sephiroth con un movimento rapido e stizzito, da cui trapelava tutto il suo nervosismo.

- abbiamo subito pochi danni.- annunciò Shinra, mantenendo una calma forzata nella voce, - perso qualche uomo. Una piccola ferita, insomma. Quello che non mi spiego... come hanno fatto due ragazzini ad eludere così facilmente la sorveglianza?-

-non erano due ragazzini qualunque.- rispose Tseng, che teneva in mano una bustina di plastica contenente una maschera scarlatta.- fanno parte dell’Ombra.-

Shinra scattò in piedi così improvvisamente che rovesciò la sedia a terra.- l’Ombra?! Quell’organizzazione di pazzi?!-

-esattamente.- disse Tseng, sorpeso da quella reazione.

Shinra era pallido, tuttavia riprese il controllo e cominciò a sorridere.- beh... il fatto che si siano introdotti soltanto in due nella compagnia, è la dimostrazione di quanto ho detto.-, disse, poi andò davanti la vetrata del suo ufficio e incrociò le braccia dietro la schiena.-ribelli, la peggior feccia dell’umanità.- bisbigliò.

Tseng guardò la maschera rossa e la posò sulla scrivania di Shinra.- qualunque cosa siano... grazie alla loro bella fuga siamo riusciti a scoprire dove si trova il loro accampamento.-

-precisamente...- esordì Shinra, in tono pacato,- quanto è pericolosa questa organizzazione?-

-non molto. Almeno per la compagnia. L’Ombra è un gruppo ristretto. Molti dei suoi membri sono soltanto orfani raccolti in giro che vengono addestrati a muoversi nel buio e a infiltrarsi ovunque senza destare sospetti-

-che li addestrino quanto vogliono.- rispose Shinra, in tono sarcastico.- non possono competere con i nostri Soldier.-

Tseng non rispose.

-questo mi tranquilizza, per un attimo avevo pensato che stessimo parlando di qualcosa di più grande.- affermò Shinra, che finalmente avvertì sciogliersi il nodo che aveva alla gola.

Tseng esibì uno sguardo freddo.- l’Ombra gestisce alcuni traffici con i soldati nel Wutai. Forniscono aiuti, armi, medicine. L’accampamento dell’Ombra si sposta ovunque, e possiede un vasto arsenale di armamenti e farmaci. Sono nomadi.-

Shinra rimase qualche istante in silenzio e ascoltò il suono delle parole di Tseng, pensoso, poi disse:-dovremo sbrigarci ad agire, allora. Devo estirpare alla radice questo inconveniente prima che diventi un albero.-

-concordo.- rincarò Tseng, con fermezza.-e per quanto addestrati, gli uomini dell’Ombra non competono neanche con il più mero dei Soldier.-

Shinra ci pensò su.- hai detto che gestiscono traffici nel Wutai?-

-sì.- fu la risposta.

 -forse potrebbero tornarci utili... basterebbe solo saperli sfruttare e trarli dalla nostra parte.- disse Shinra, voltandosi verso il giovane alle sue spalle.- è solo un branco di feccia dimenticata dal mondo, probabilmente basterà offrirgli qualche vantaggio economico. E poi non si dica che non sono una persona caritatevole.-

Nella mente del presidente scoppiò una risata, che però non uscì dalle sue labbra. Se accettassero, avrei a disposizione informazioni vitali per schiacciare definitivamente quegli sciocchi che si oppongono nel Wutai... se invece ci attaccassero, avrò un’ottima scusa per sterminarli tutti, additandoli come un pericolo per la società.

Tseng s’incupì.

 

-sono nomadi.- disse Elena, dopo aver analizzato i dati sul computer.- non rimangono mai nello stesso posto per quindici giorni di fila.-

Tseng guardò le informazioni che aveva elaborato la collega e ne fu soddisfatto.

- in questo momento si trovano appena fuori Kalm.- lo informò Elena,- ma credo che partiranno presto, visto il loro recente fallimento.-

-devo subito avvertire il presidente.- disse Tseng, in fretta.- altrimenti perderemo la nostra occasione.-

-mm... Tseng?-

-cosa c’è?-

-no, niente, stavo solo pensando a quei bambini.-

-sono orfani.- disse Tseng.- almeno ora hanno trovato una famiglia.- voltò le spalle al computer e ad Elena e se ne andò.

 

Shinra continuava a sorridere divertito.- mi chiedo cosa gli sia passato per la testa... facciamo così allora. Manderemo dei Soldier.-

-Soldier? Forse è meglio che di questa faccenda se ne occupino i Turks.- suggerì Tseng,- è una questione troppo delicata.-

-questo è quanto.- insistè Shinra, testardo.- ho detto che andranno i Soldier.-

 

(...)

 

L’allievo di Angeal era un ragazzino vivace, che non si fermava davanti a niente e che possedeva un’incredibile scorta di energia. Dove andasse a prederla, rimaneva un mistero, ma l’entusiasmo con cui affrontava ogni ostacolo era veramente ammirevole per un ragazzetto di appena tredici anni. Era un vero prodigio, tuttavia, nella Shinra i prodigi erano molti.

Persino Angeal, che aveva otto anni di esperienza e allenamenti più di lui alle spalle, talvolta era costretto ad arrendersi all’evidenza: quel ragazzo era talentuoso quanto instancabile. Questo veniva a essere un pregio quando si trovavano nella sala d’addestramento, perché Zack riusciva a fare sempre il doppio del lavoro che gli ordinava di fare Angeal, un po’ perché amava combattere, un po’ perché voleva diventare un Prima Classe ad ogni costo.

Angeal lo apostrofava sempre e cercava di riportarlo con i piedi per terra, ricordandogli che se avesse voluto realizzare il suo sogno, avrebbe dovuto impegnarsi ogni giorno.

La costanza, ecco cosa ci vuole. Costanza e un buon allenamento.

Eppure, Angeal sentiva che Zack era diverso da qualunque altra persona avesse mai incontrato. Aveva qualcosa di bello in sé, con quel suo fare impulsivo e allegro. Si poteva dire che Angeal stesse addirittura affezionandosi a quel ragazzino.

Un frastuono assordante strappò Angeal dalle sue riflessioni personali.

-Zack!- esclamò, correndo verso il ragazzo.

Lui esibì un’aria dispiaciuta.- non volevo Angeal...-

Angeal guardò il mucchio di spade e armi che il suo allievo aveva fatto cadere a terra e sospirò pesantemente.

Quel ragazzino era anche un grosso impiastro, purtroppo.

-scusa...- balbettò Zack, abbassando il capo, dispiaciuto.

-scusarsi non serve a niente. Ora prendi tutta questa roba e la metti a posto. E poi posso sapere che avevi intenzione di fare con tutte queste cose?!- chiese Angeal, prendendo in mano un coltellino a serramanico,- per oggi abbiamo già terminato l’allenamento.-

Zack arrossì.- niente.-

Angeal gli puntò contro la punta del coltello.- le stavi prendendo di nascosto?-

-n-no!- cercò di minimizzare il ragazzino, con allegria,- prendevo in prestito.-

Il maestro gli rivolse un’occhiata torva.

-va bene, va bene! Avevo fatto una scommessa con alcuni Soldier!- confessò Zack, tutto d’un fiato,- avevano detto che se avessi preso questa roba...-

-per carità, non voglio sentire altro!- lo scongiurò Angeal, esasperato.

Zack capì che l’aveva fatta grossa, ma non si perse d’animo.- rimetterò tutto a posto!-

-sì.- concordò Angeal, annuendo,- rimetti tutto a posto, poi vai a farti dare uno spazzolone e uno straccio.-

-uno... che cosa?!- esclamò Zack, sgranando gli occhi.

Angeal sorrise.- solo il fatto che tu sia solo un marmocchio non vuol dire che non debba imparare a farti rispettare.- disse.

-ma... ma... e dovrei imparare a farmi rispettare pulendo per terra?!- chiese Zack, a bocca aperta.

-no. Ma almeno imparerai che tutte le volte che ti fai abbindolare, succederà qualcosa di sgradevole.- Angeal gli strizzò l’occhio,- e questo ti permetterà di pensare cento volte ad una cosa, prima di farla.-

Zack incurvò le spalle, abbattuto.- ma io...-

-buona fortuna.-

Il discorso si concludeva lì. Il maestro ordina, l’allievo esegue.

-non posso crederci.- farfugliò Zack, e così dicendo, cominciò a rimettere a posto tutte le armi che aveva preso, sotto lo sguardo vigile di Angeal.

 

(...)

 

-in onore della Shinra. Lealtà e fedeltà alla compagnia: il dovere di un Soldier.- mormorava Genesis.

Il ragazzo si trovava nello spazio dove i prima classe usavano tenere il loro discorso di benevenuto ai nuovi Soldier.

Gli uomini erano disposti in tre file ordinate e composte, e ascoltavano trepidanti il discorso del loro appassionato superiore, tutti con la stessa divisa che recava il simbolo della ShiRa Coporation sul cinturone.

Genesis guardava svogliatamente il prima classe che faceva l’arringa. Un giorno avrebbe voluto prendere il suo posto. Avrebbe fatto discorsi straordinari e sarebbe diventato un eroe.

Percepì alcuni passi leggeri alle spalle.

Sephiroth.

-non mi aspettavo di trovarti qui.- commentò il platinato, affiancandolo.

Per un po’, anche Sephiroth fissò la scena, impassibile.

Genesis rispose con un grugnito.

-stai ancora pensando alla storia della promozione?- domandò Sephiroth, fissando il Soldier che lanciava in aria il pugno per sottolineare un concetto particolarmente rilevante.

-che t’importa? Tanto, per quel che ti riguarda, tutti ti venerano già...- disse Genesis, e nella sua voce Sephiroth notò una sfumatura di amarezza.

Il ragazzo mosse gli occhi verdi su Genesis, guardandolo con severità.- e con questo?-

Tra i due scese uno spiacevole silenzio, pieno soltanto delle parole del prima classe che venivano lanciate in aria con enfasi, e i ragazzi si squadrarono per un bel po’ senza dire nulla. Poi, Genesis diede le spalle all’amico e si diresse verso l’interno della compagnia.

Sephiroth lo fissò con occhi vitrei.

Genesis non poteva capire quanto fosse difficile essere Sephiroth. Se avesse avuto anche solo un’occasione per provare il suo dolore, non sarebbe più stato così spavaldo.

Il suo amico aveva una casa, sapeva che a Banora tutti lo aspettavano, e probabilmente, non appena avesse messo piede sull’isola, avrebbe chiaramente sentito ciò che tutti chiamavano “l’aria di casa”.

L’aria di casa...la felicità di essere tornati nel proprio luogo natio...

Sephiroth non sapeva neanche cosa volesse dire avere una casa, figuriamoci averne nostalgia.

Da una parte invidiava Genesis e Angeal, ed era consapevole che loro non potevano capire cosa volesse dire essere soli, perché non lo erano mai stati.

Il ragazzo udì la fine del discorso del Soldier, senza però percepirne le parole, gli lanciò un ultimo sguardo e se ne andò con il mantello nero che ondeggiava al ritmo dei suoi passi.

 

(...)

 

Il sole batteva con forza sull’area desertica intorno a Midgar, dove a terra arida sembrava supplicare continuamente il cielo di abbeverarla. Solitamente in questo posto desolato, non vi erano altro che piccoli animali capaci di sopravvivere al grande caldo, o qualche coraggioso insetto.

La piana sembrava stendersi all’infinito, con una conformazione fisica sempre uguale, finchè, inaspettatamente, non ci s’imbatteva in un accampamento di tende.

Era la base dell’Ombra.

Le tende disposte in cerchio, erano rivolte verso il lugubre spettacolo che si stava consumando al centro della piazza. Alcuni dei giovani del campo si erano raggruppati davanti al padiglione centrale, tenendosi ben distanti da quello che era il fulcro della loro attenzione. Anche Helinor era vicina alla propria tenda, bianca come un cencio, con una mano che stringeva convulsamente il manico del pugnale.

Al centro della piazza c’era Gammon, in piedi nella sua postura austera e terribile. La corporatura del grande maestro era tozza e imponente, e incuteva rispetto immediato. I suoi occhi di ghiaccio guardavano il giovane Uriah che, tenuto per le braccia da due uomini minacciosi, era costretto a stare in ginocchio nella polvere, con il torso nudo. Aveva lo sguardo di un bambino indifeso minacciato da un pericolo spaventoso.

La fustigazione.

Nara sostava accanto a Gammon, con la frusta in mano e una grande smania di usarla.

 

-mi hai davvero deluso, Helinor.- disse Gammon, battendo le dita sui braccioli del suo scranno di legno. Trasmetteva una rabbia palpabile, e sia Helinor sia Uriah, inginocchiati in un profondo inchino, si sentivano travolgere da quell’impeto.

Gammon alzò leggermente la testa e ridusse gli occhi a fessure.- il motivo del vostro fallimento?-

Helinor esitò.

-è stata colpa mia, maestro!- intervenne Uriah, improvvisamente.- ho agito d’impulso, la mia compagna non c’entra nulla. Mi dispiace. Punisca me.-

-punirti?- fece eco Gammon, come se fosse sorpreso di quelle parole.- io non punisco! Impartisco delle lezioni di vita.- e così dicendo appoggiò una guancia sul dorso della mano e lo guardò come se avesse perso tutto l’interesse per lui.

-non intendevo questo, maestro.- si corresse Uriah, preso dal panico.- lei è troppo buono con noi.-

Gammon schioccò le dita.- Nara.-

Il giovane si presentò immediatamente al suo cospetto e fece una veloce riverenza.- ordini, mestro.-

-trenta frustate faranno ricordare al nostro Uriah che ogni missione è sacra, e come tale, va compiuta alla perfezione.-

Uriah sbiancò.

-maestro!- intervenne Helinor,- non...-

-stai zitta.- intimò Gammon, con disprezzo,- per te, andrà benissimo uno scontro nell’Arena.-

 

Helinor guardò Uriah con terrore. Non voleva assistere. Era troppo.

L’aria calda sembrò bruciarle nei polmoni, il cuore prese a batterle incontrollatamente, avvertì il sudore sulla fronte e un forte tremolio alle mani.

Non riusciva a distogliere lo sguardo dal volto pallido di Uriah, completamente madido di sudore, e quello sguardo atterrito con cui guardava Nara, fece sentire Helinor come schiacciata da qualcosa di invisibile.

Nara fece schioccare la frusta vicino alle ginocchia di Uriah.

Helinor si aggrappò alla sua tenda. Uriah era il suo compagno di squadra da quando avevano cinque anni. Era arrogante e impulsivo,  ma era onesto sia con sé stesso, sia con gli altri. Avrebbe potuto dividere la colpa con lei, invece aveva deciso di assumersi tutte le responsabilità.

-mio caro figliolo.- disse Gammon in tono affabile, rivolto al ragazzo, - sappi che questa è solo una lezione che intendo impartirti. Un padre ha il dovere di rimproverare i propri figli, se essi commettono un errore.- si piegò leggermente su di lui e gli accarezzò una guancia con la mano.- non avercela con tuo padre per questo.-

Gammon si allontanò e si accostò a Nara, che fremeva dall’impazienza. Gli avvicinò le labbra all’orecchio e gli sussurrò qualcosa che fece andare il giovane letteralmente in visibilio.

Le due guardie che tenevano fermo Uriah sembravano impassibili e insensibili di fronte al dolore cui presto avrebbero assistito.

Uriah stava per scoppiare a piangere.

Nara aveva un ghigno terribile sul viso.

Gammon sorrideva tranquillamente, -è tutto tuo.- disse.

Helinor avrebbe tanto voluto scappare, ma dove sarebbe potuta andare? Erano diciassette anni che assisteva, o prendeva parte in prima persona, a quella tortura.

Il fischio della frusta che si abbatteva sulla schiena di Uriah, il dolore lancinante della pelle che veniva ustionata dal colpo e le grida disperate, erano una scena fin troppo conosciuta.

Era raccapricciante.

Il volto contrito delle persone fustigate e le loro urla la distruggevano. Ma lei era una guerriera. Rimaneva a guardare la scena, impietrita, mentre ogni cupo istante di quel rito osceno e bestiale s’imprimeva prepotentemente nella sua mente.

Qualcuno non ce la fece, tornò nella propria tenda e probabilmente, una volta dentro, avrebbe nascosto la testa nel cuscino; qualcun altro cercò di fuggire prima di cadere a terra svenuto.

Era un quadro così terribile, quello degli occhi infuocati di Nara che si beavano delle grida della sua vittima, che poteva rimanere scolpito nella memoria di una persona per una vita intera.

Helinor avvertì il proprio respiro affannato e irregolare.

Ti prego, smetti di guardare.

Cercò di chiudere gli occhi, ma non ci riuscì. Era come se la sua mente fosse lontana dal corpo, era come se sulla sua schiena, tornassero a bruciare a loro volta, ferite ormai scomparse.

Ogni volta era come la prima volta.

Ti prego, smetti di guardare!

Poi, qualcuno le sfiorò il braccio.

-vieni via.- le disse la voce calma e tranquilla di Nhat.

Lei deglutì e si lasciò condurre lontano da quello strazio.

Poteva andare dovunque avesse voluto, ma anche a cento chilometri di distanza, Helinor sapeva che le grida di Uriah l’avrebbero raggiunta ugualmente.

 

 

Angolino dell’autrice:

 

Buona domenica a tutti! ^_^

Ecco il secondo capitolo della mia nuova fic. Ho un po’ di commenti sui personaggi da fare:

parto da Zack, che compare per la prima volta come Soldier di terza classe. l’ho inserito nella fic per un motivo: il rapporto che c’è tra lui ed Angeal. In Crisis Core, non viene sottolineato come i due siano entrati in contatto, perciò, ho deciso di presentarli insieme mentre erano ancora molto giovani.

Un altro rapporto da evidenziare è quello tra Sephiroth e Genesis. Ho subito messo in luce quanto quest’ultimo sia amico, e allo stesso tempo, provi un senso di rivalità nei confronti di Sephiroth, cosa che sarà ben chiara in Crisis Core. Sephiroth è un ragazzino dalla forza disumana, ha solo diciassette anni, eppure è già preso in considerazione dal presidente ed è ammirato da tutti. Tuttavia, è ancora inesperto, infatti si lasacia sfuggire i due membri dell’Ombra.

Poi c’è il presidente Shinra, un personaggio secondario, ma a mio parere rilevante. Egli è il presidente della compagnia; è lui che gestisce tutto, e come tale, ho deciso di dargli un certo ruolo nella storia, che verrà chiarito in seguito.

Passiamo ai Turks. Protagonisti in questa storia ci sono, in primo luogo Tseng, che secondo me ha sempre avuto un certo rilievo ella compagnia. Poi ci sono Reno, Rude ed Elena, che faranno poche comparse in aiuto a Tseng, e anche altri due personaggi a sorpresa!

Concludo aprendo una parentesi sull’Ombra, e in particolare sul suo capo, Silver Gammon. Il suo atteggiamento falsamente paterno, è indice di una grande crudeltà, e penso di averlo dimostrato nel capitolo. Sarà uno dei personaggi più importanti nella storia, anche se indirettamente.

Come ho già detto, ho lavorato molto di fantasia. 

Vi ringrazio per aver dato fiducia a questa fic! *abbraccia i lettori*

 

Infine, rispondo alle recensioni!

 

 

KiaElle: grazie! Spero che questa storia meriti la tua fiducia e che continui a leggerla con piacere. È una storia piuttosto particolare, e fa parte di una Serie, anche se ancora non ho scritto praticamente niente di quello che ho in mente... XD

the one winged angel: hai ragione! Il comment sui flashback potevo anche risparmiarmelo XD! La storia è un po’ forte, devo dirlo, però mi piaceva così... anche final fantasy VII è un gioco piuttosto complesso, e quindi questa fic non poteva essere da meno. Quanto a Sephy... è già, è ancora inesperto, anche se rimane il più forte del mondo, quindi è naturale aspettarsi degli errori. Beh, non posso che ringraziarti per aver recensito e per aver messo la storia tra le preferite. *manda un bacio*

 

Kairih: il mio unico rimpianto è quello di non poter giocare a Before Crisis. Ho trovato veramente poco, e tutto nei siti inglesi, perché qua in Italia non uscirà mai. È per il cellulare, e la grafica è ovviamente carente, ma scommetto che se venisse rielaborato per la ps3 o per la 2 sarebbe un capolavoro. Sì, anche a me Tseng interessa molto. È un personaggio che mi affascina! ^_^

Quanto al fatto di descrivere i sentimenti dei personaggi... avevo notato anche io che dovrei farlo di più. Questa fic nasce proprio per questo, migliorare su quel fronte... e a farmi mettere in testa che ogni personaggio ha una sua storia, una sua psicologia, e un suo modo di pensare, e che noi scrittori dobbiamo conoscere i nostri personaggi meglio di noi stessi!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

“Non lasciatevi ingannare, quel sorriso è soltanto il frutto di elaborati calcoli.”

Uriah

 

L’ufficio di Lazard era piuttosto spazioso, e tutto era tenuto in grande ordine.

Lazard, il direttore esecutivo dei Soldier, colui a cui tutti i soldati facevano riferimento per l’assegnamento delle missioni, sedeva in un’ansa della grande scrivania a forma di U, che si apriva di fronte ad un enorme monitor. Sulla scrivania vi erano vari computer disposti in fila, ma erano tutti spenti, a parte quello che si trovava di fronte all’uomo.  Il pavimento lucido rifletteva le fioche luci delle lampade al neon.

Il direttore era immobile. Guardava il monitor del suo computer, che rifletteva un’accesa luce azzurrina sulle lenti dei suoi occhialetti. Di tanto in tanto guardava l’orologio, mentre con una mano guantata di bianco, muoveva la penna su un foglio.

Erano soltanto le tre: la giornata si prospettava molto lunga.

Schiacciò il tasto “invio” e spedì una mail, poi posò la penna davanti al blocco di fogli che stava usando e strappò la prima pagina di esso. La guardò attentamente, poi scrollò il capo, l’accortocciò e la buttò nel cestino ai suoi piedi.

Fece per riprendere la penna, quando le porte del suo ufficio si aprirono.

Lazard sorrise e si lasciò andare sullo schienale della sua poltrona, incrociando le braccia al petto con aria sorniona.

Angeal e Zack fecero pochi passi, poi si fermarono e si esibirono in una riverenza.

-è più di mezz’ora che vi sto aspettando.- li rimproverò Lazard, guardando prima l’uno poi l’altro.

Zack arrossì lievemente e scorse l’occhiata torva che gli lanciò Angeal.

-comunque, ho una nuova missione per voi.- annunciò Lazard, iniziando a sfogliare il suo blocco di fogli.- avrete saputo dell’incursione che due individui hanno effettuato ai danni della compagnia, o sbaglio?-

Angeal decise di prendere la parola prima che il suo allievo potesse dire qualcosa di compromettente.- sì, ma solo in linea di massima.-

Lazard annuì.- immagino. Il presidente vorrebbe tenere questa faccenda entro certi limiti... non so se mi avete capito.- disse, abbassando il tono di voce e avvicinandosi una mano al mento.

-io ho capito!- si vantò Zack.

-ma che relazione c’è con la nostra missione?- chiese Angeal, perplesso.

-vi sto parlando di un’organizzazione misteriosa chiamata “Ombra”.- gli rispose Lazard, in tono enigmatico.

-Ombra?- ripetè Angeal, lanciando al direttore uno sguardo interrogativo.

-i due ragazzi che hanno attaccato la compagnia fanno parte di quest’organizzazione. – spiegò Lazard, - è un gruppo di guerrieri che raccoglie bambini orfani e li addestra a combattere. Sono un branco di nomadi: assassini, ladri, trafficanti... viaggiano ovunque e pare che da tempo stiano intrattenendo,- e qui si sfiorò la punta del  naso con fare profetico,-  relazioni con il Wutai.-

Zack vide che il volto del suo maestro cambiava espressione. Da serio e rilassato, il Soldier si era fatto attento e interessato.

-sono alleati del Wutai?- chiese Angeal, in tono aspro, - adesso capisco ...volevano sabotarci...-

Il direttore gli rivolse un sorriso cordiale e lanciò un’occhiata allo schermo del computer, per verificare se fosse giunta la risposta alla sua mail. Niente risposta, quindi continuò a degnare di attenzione i due Soldier.

-adesso,- proseguì, avvicinando i polpastrelli delle dita gli uni agli altri, - arriva il vostro turno.-

Angeal si fece ancora più testo e aspettò con ansia che il direttore annunciasse la loro missione.

Il ragazzino al suo fianco iniziò a chiudere e a riaprire le mani, e ciò permettendo a Lazard di intuire quanto Zack fosse eccitato.

-il presidente mi ha raccomandato di affidare questa missione a te, - disse Lazard, indicando Angeal,- ma credo che una mano in più non ti farà male. Il capo dell’Ombra ama i bambini.-

Zack soffocò un grido di protesta in un grugnito sommesso, che Angeal coprì con la propria voce:- ancora non ho capito cosa dobbiamo fare.-

-la magnanimità del presidente Shinra è grande.- osservò Lazard, con un moto di soddisfazione nella voce,- ha deciso di perdonare questo gruppo di ribelli e di convincerli a passare nella nostra compagnia.-

-sta scherzando!- esclamò Zack, senza più potersi trattenere, - Lupi Mannari nella Shinra?!-

Lazard aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa.

Angeal roteò gli occhi, esasperato.

-temo di non capire.- disse Lazard, perplesso.- comunque, la compagnia, conta di poter accedere ai dati dell’Ombra sui movimenti del Wutai. Forse, i nostri avversari in guerra non si rendono conto che combattono per una causa persa...- aggiunse, a voce più bassa.

-quali sono le nostre mansioni?- chiese Angeal.

-dovete entrare nell’accampamento dell’Ombra in qualità di ambasciatori e proporre loro un accordo economico. La Shinra Electric Power Company è più che disposta a concedere aiuti e protezione all’organizzazione, a patto che vengano ad allearsi con essa. Questo è quanto.- disse Lazard.

Angeal ascoltò il rumore confuso di una ventola che girava e faceva di sottofondo alla scena.

Angeal interruppe bruscamente il lungo silenzio che era sceso sulla spiegazione del direttore: -e se venissimo attaccati?-

-il presidente desidera che voi non reagiate.- rispose Lazard, anche se era evidente che non condividesse quella scelta.- rientra tutto nei suoi piani. Questa missione è amministrata da lui stesso.-

-dal presidente?!- esclamò Zack, trionfante.

Messa così, la strada per entrare nei Prima Classe sembrava un grosso sbocco a cui arrivare comodamente trainati dalla corrente.

-Zack, datti una calmata.- fu il secco ordine di Angeal.- vatti a preparare, partiamo tra tre ore.-

Il ragazzino scattò sull’attenti.- agli ordini!- esclamò, e corse via, esultante.

Angeal e Lazard rimasero a squadrarsi per un lungo istante, poi Angeal fece una riverenza e se ne andò.

Quella storia non prometteva niente di buono.

 

(...)

 

Helinor attraversava la piazza del campo con aria assente, lo sguardo rivolto a terra e i pugni stretti.

Il cuore non aveva ancora smesso di correre, e lei lo sentiva gridare di dolore nel suo petto, mentre una sensazione spiacevole le provocava una terribile stretta allo stomaco.

Si fermò proprio al centro dello spiazzo e alzò la testa. Intorno a lei non c’era nessuno. A quell’ora di pomeriggio erano tutti fuori per l’allenamento.

L’accampamento si sviluppava in un cerchio di tende disposte una accanto all’altra, e all’esterno, questa circonferenza era circondata dall’area desertica. Era uno spazio illimitato per allenarsi, e giacchè la presenza del sole inaridiva l’aria e batteva sul corpo, indebolendolo, Gammon riteneva l’esperienza utile per temprare lo spirito. Da quando avevano piantato l’accampamento, e solo per quello c’erano voluti giorni di lavoro, i membri dell’Ombra si erano sempre battuti contro il sole cocente. L’allenamento si svolgeva a svariati metri dall’accampamento, e consisteva nel combattere, nel correre e nel saltare a un ritmo a dir poco disumano. Ad ogni modo, questa era l’abitudine dei giovani del campo, e per loro era una cosa normale. Helinor non l’aveva mai approvato, ma lei era l’ultima a tirarsi indietro.

La ragazza aveva solo diciassette anni, ma poteva vantare un passato veramente interessante alle spalle. Inetressante, sì, ma doloroso.

Da quando era stata accolta da Gammon, non era mai riuscita a sentirsi parte integrante del gruppo; neanche con Uriah aveva mai legato in modo intimo, eppure si conoscevano da anni e anni.

Lei era sempre stata la ragazzina che stava al centro della piazza senza avvicinarsi mai a nessuno.

Da bambina aveva ammirato Gammon, ma adesso che era quasi un’adulta, la sua mente aveva iniziato a lavorare in modo più indipendente e più libero dagli schemi mentali imposti dall’Ombra.

Le frustate che Gammon distribuiva, con la scusa di insegnare una lezione, non le piacevano.

Ma Gammon era pur sempre l’uomo che l’aveva salvata, e in qualche modo, era come se si sentisse in dovere di servirlo.

Helinor  aveva la fronte madida di sudore, che le colava dalle tempie fino a precipitare a terra, formando tante piccole macchioline sul terreno asciutto.

Si chiese come stava Uriah, e rivolse istintivamente il suo sguardo alla tenda di Nhat, che si stava occupando di lui. Più tardi sarebbe voluta andare a trovarlo.

Segnò mentalmente quell’appunto e continuò a trascinarsi per la piazza. Contava di raggiungere la propria tenda e sdraiarsi sul sacco a pelo.

Gammon l’aveva costretta a rimanere all’accampamento senza sapere di averle fatto soltanto un favore. Non aveva alcuna voglia di allenarsi.

Era come se il suo corpo si muovesse autonomamente, senza che lei ne riuscisse a controllare i movimenti. Era stanca. Desiderava soltanto stare straiata e riposare gli occhi che le bruciavano fastidiosamente.

La tenda di Helinor si trovava dirimpetto al padiglione centrale. Era qualcosa di piccolo, perché ci viveva soltanto lei, l’unica donna del campo. Almeno fino a quel momento.

Non era quello l’unico motivo per cui si sentiva così diversa dagli altri, ma anch’esso compariva nella la lista delle ragioni per cui Helinor avrebbe tanto desiderato un’altra vita, o addirittura di essere un’altra persona.

Nel campo erano tutti esaltati. Chi più, chi meno, tutti osannavano Gammon, e sebbene ne avessero una paura matta, non facevano altro che acclamarlo. Non pensavano, ragionavano tutti in modo uguale. Se il grande maestro gli avesse ordinato di uccidersi, anche senza un valido motivo, nessuno gli avrebbe disubbidito.

Helinor no. Anche se soltanto nella sua testa, inondava di critiche il suo maestro, che a volte gli sembrava infimo e subdolo, perfino crudele. Forse, se Helinor avesse avuto una mente come quella degli altri, quei pensieri non le avrebbero mai causato tanti problemi.

Tuttavia, quando lei giurò fedeltà a Gammon, gli donò la sua stessa vita.

 

Arrivò alla sua tenda, scostò la stoffa che copriva l’ingresso ed entrò.

Quelle tende avevano una comoda particolarità: grazie ad un incantesimo che il mago del campo, Taiji, vi aveva applicato, erano sempre fresche dov’era caldo e riscaldate dov’era freddo.

Il refrigerio che la accolse nella tenda fu quasi come una boccata d’aria fresca. Sentì un brivido in tutto il corpo e decide che era meglio asciugarsi il sudore prima di ammalarsi.

Si svestì velocemente e, preso un secchio pieno d’acqua da vicino al suo sacco a pelo, prese lo straggio che era poggiato sull’imboccatura di quest’ultimo e lo intinse nell’acqua.

Il liquido freddo a contatto con la pelle calda la fece rabbrividire, e la sensazione di piacere che aveva provato poco prima svanì improvvisamente, mentre i suoi occhi si chiudevano quasi istintivamente.

Iniziava a odiare quel maledetto deserto.

Passò lo straccio sulla pelle come se fosse una tortura, si bagnò il viso con riluttanza e quando ebbe finito, lo lasciò cadere con un sonoro plop nell’acqua.

Trattenne l’istinto di dare un calcio al secchio, limitandosi a guardarlo con odio, poi si mosse attraverso il piccolo spazio della tenda e raccolse da terra un pezzo di tela consunto. Pensò che la sua prossima spesa non avrebbe riguardato l’acquisto di armi, ma ritenne seriamente utile provvedere ad avere un nuovo asciugamano degno di tale nome. Magari uno di quelli morbidi di spugna.

Si asciugò lentamente, e anche quest’operazione fu eseguita con estremo sacrificio. La stoffa era dura e graffiava la pelle di Helinor. Passò la tela sul corpo, sulle braccia, e sorrise a se stessa sentendo i suoi muscoli duri come l’acciaio sotto i polpastrelli, poi sfiorò l’ansa della gola e soffocò un gemito.

Ritrasse subito lo straccio e lo guardò. Recava una leggera traccia di sangue.

Helinor deglutì e posò due dita sul graffio che aveva sul collo. Quel maledetto Soldier l’aveva ferita.

Il sangue le ribollì di rabbia nelle vene, sia per l’umiliazione della sconfitta, sia per la fuga che era stata costretta a mettere in atto per evitare di farsi fare prigioniera.

Lanciò lo straccio a terra, indispettita, e si rivestì.

Nonstante la spiacevolezza della sua spece di bagno, adesso si sentiva meglio.

Guardò il sacco a pelo con aria sconsolata e vi si coricò con un sospiro. Finalmente. Finalmente a riposo.

Quando chiuse gli occhi, fu come se tutto il resto scomparisse. Non sentiva più il terreno compatto sotto di lei, né il pugnale premere sul suo fianco.

Solitamente, Helinor dormiva sempre in modo leggero. Era il sonno del guerriero che non smette mai di stare all’erta. Era un dormiveglia: il dormiveglia di chi si aspetta un attacco improvviso.

 

(...)

 

Angeal contò mentalmente tutti gli oggetti che aveva infilato nel tascapane. Aveva già deciso che quel bagaglio lo avrebbe portato Zack. Sephiroth lo guardava con aria distratta. Da quando Angeal portava con sé tutte quelle cose? In genere la sua unica compagna di viaggio era la Buster Sword e poco altro.

Di sottofondo, l’incessante monologo di Genesis interrompeva prepotentemente la quiete che regnava nel corridoio in cui si trovavano.

-credevo che compiti ingrati come questo spettassero ai Turks, no? Noi Soldier non siamo fatti per le chiacchiere, noi combattiamo! Siamo il braccio della compagnia, non i loro diplomatici. Per quello potrebbero rivolgersi a qualcun altro.-

-a sentire te, mi sorgerebbe qualche dubbio.-

La risposta di Sephiroth era arrivata senza esitazione, velata di una punta di studiato sarcasmo.

Genesis dapprima non capì, poi si irritò e si avvicinò al platinato.- se devi dire qualcosa, dillo chiaramente!-

-per favore, potete smetterla, almeno per oggi?- chiese Angeal.- devo partire tra poco, non ho voglia di sentirvi bisticciare.-

-scusaci.- borbottarono i due, in coro.

Si fermarono in mezzo al corridoio.

 -insomma, quest’organizzazione è piena di ragazzini-guerrieri?- domandò Genesis, curioso.

Sephiroth appoggiò le spalle alla parete e si mise fissare il pavimento.

Angeal annuì.- è più o meno come da noi. Noi abbiamo i Soldier, loro no, ma il concetto è uguale...-

-non è uguale.- lo riprese Genesis, -noi combattiamo per la Shinra! Loro, perché combattono? Scommetto che se glielo chiedessi non saprebbero rispondere!- esclamò, sicuro di aver tirato fuori un pensiero degno di un grande poema.

Sephiroth derise l’affermazione dell’amico, tuttavia sentì una strana sensazione all’altezza dello stomaco. Ultimamente faticava anche lui a trovare la ragione per cui combatteva, se mai l’aveva avuta...

-quindi la femmina che ti ha battuto era un membro dell’Ombra!- disse Genesis, dimenticando completamente la richiesta di Angeal.

-non mi ha battuto!- ripetè Sephiroth, scandendo bene le parole, -l’avrei catturata se non mi fossi distratto.-

Angeal gli rivolse uno sguardo fugace, che Sephiroth fece appena in tempo a cogliere, ma che lo irritò parecchio.

-anche tu?-

-non ho detto niente!- rispose in fretta Angeal.

Sephiroth sbuffò.- ma l’hai pensato.-

Genesis ridacchiò.- non c’è niente di male a essere un cavaliere.-

-Me ne vado.- fu la conlcusione di Sephiroth.- devo consegnare un rapporto entro stasera.- 

-Sephiroth!- sospirò Angeal, cercando di calmarlo.

-si vede che il nostro amico ha la coda di paglia.- disse, Genesis, in tono di scherno.

Angeal abbassò le spalle e guardò l’amico con aria sconsolata e severa insieme.- vuoi smetterla di provocarlo?-

-e tu vuoi smetterla di difenderlo?- replicò Genesis, accigliato.- perché non pensi alla tua missione e lo lasci in pace?-

Angeal scosse lievemente la testa.- non litigate.-

L’amico lo osservò per qualche istante, poi chinò il capo e gli angoli della sua bocca si arcuarono in un sorriso stiracchiato, ma sincero.- come vuoi, amico mio.-

Angeal gli sorrise, gli diede una pacca sulla spalla, lo oltrepassò e scomparve per i corrioi.

 

(...)

 

La sera avvolgeva la piana con il suo manto scuro, accarezzando con delicatezza il terreno riarso, dove alcune ombre tremolanti erano proiettate dal fuoco in cima a una fiaccola di circa un metro di altezza, la cui fiamma seguiva l’andare del lieve vento serale che era sopraggiunto con’imbrunire.

Queste alte fiaccole erano state disposte ai quattro lati di un grande quadrato tracciato in mezzo alla piazza dell’accampamento, illuminando il centro della figura con la loro luce infuocata.

I giovani del campo avevano iniziato a riunirvisi intorno, sorridenti ed emozionati.

La figura era chiamata “arena”.

Periodicamente, alcuni guerrieri si esibivano nel quadrato, dando sfoggio della loro bravura nel combattimento. Non solo dovevano neutralizzare il proprio avversario, ma anche stare ben attenti a non essere gettati fuori dalla linea che delimitava la figura, altrimenti voleva dire aver perso l’incontro.

Quella sera, l’arena era pronta ad accogliere un buon numero di spettatori, perché si vociferava che l’unica ragazza del campo, avrebbe sfidato Nara, considerato il più forte dell’organizzazione.

In effetti, Nara era fisicamente forte. Aveva un fisico muscoloso e una grande forza di volontà che lo aiutava in ogni impresa. Difficilmente falliva, e quando combatteva, si esibiva con grande maestria e capacità.

Gammon sembrava molto legato a quel ragazzo, così come sembrava avere un rapporto speciale con Helinor, ma nessuno sapeva dare una spiegazione a quel comportamento.

Ad ogni modo, l’incontro sembrava ritardare il suo inizio, e il motivo era nel padiglione centrale.

Gammon, seduto con aria solenne al suo posto di gran maestro, stava parlando con Nara ed Helinor, quando una guardia aveva annunciato l’arrivo di due Soldier.

Era stato quasi un affronto vederli entrare nella sua tenda con tanta tranquillità, e si era sentito travolgere da un impeto di furia che riuscì a stento a trattenere.

Sfogò la rabbia digrignando i denti e stringendo le dita su se stesse tanto forte da farsi male.

Angeal avanzò a grandi passi attraverso il padiglione e si fermò davanti a Gammon, che lo fissò con il volto livido.

-maestro Silver Gammon?- domandò Angeal, chinandosi un poco in avanti, - siamo venuti per farle un’offerta che non potrà rifiutare.-

-Soldier.- fu la risposta asciutta di Gammon.- cosa vi ha spinti fin qui?-

Angeal gli rivolse un’occhiata penetrante.- credevo lo sapesse.-

Helinor si portò alla destra di Gammon, in disparte, mentre Nara rimase fermo accanto al trono con un ghigno crudele stampato in faccia.

I ceri che illumiavano l’interno della tenda colpivano debolmente il viso di Gammon, risaltando le tante rughe che solcavano il suo viso.

-non sapevo nulla.- ringhiò il gran mestro, tra i denti.

Zack rimase immobile vicino ad Angeal, e guardava con curiosità tutto ciò che c’era da vedere.

Improvvisamente, il suo sguardo s’incrociò con quello di Helinor, che congiunse le sopracciglia in un’espressione ostile, mentre la sua mano correva al manico del pugnale appeso alla cintura.

Il ragazzino accolse quel gesto con un moto di intima sorpresa, che si manifestò chiaramente sul suo viso.

Gli occhi azzurri e vuoti della ragazza si sottrassero a quelli allegri e vivaci di Zack, e si posarono sul Soldier al suo fianco, precisamente sulla grande Buster Sword che egli si portava dietro.

Gammon girò la testa verso di lei e la guardò con ira.- ho saputo ciò che è successo alla Shinra. I miei ragazzi sono stati avventati, e li ho già puniti per questo.-

Quell’affermazione fece voltare subito Helinor, che sbigottita lanciò un’occhiata confusa al suo maestro. Un angolo della bocca di Gammon si sollevò, marcando una ruga profonda sullo zigomo.

Angeal rimase interdetto.- lei... lei non sapeva che avrebbero attaccato la Shinra?-

-no.- fu la risposta di Gammon, che tornò a guardare i Soldier.

Bugiardo!

Il grido di Helinor non si levò mai, tuttavia sul suo viso si disegnò un’espressione di disgusto. Parlare non sarebbe servito a niente, se non a farsi assegnare trenta frustate com’era già successo in passato.

Angeal proseguì:- comunque, sappiamo che state trafficando con le truppe nel Wutai.-

Gammon sorrise, cordiale, ma una vena della sua tempia smunta iniziò a pulsare visibilmente.- se voi Soldier con “trafficare”, intendete “rendere aiuto a delle persone di cui si condivide la causa”... allora sì. Sono colpevole di questo reato.-

-il presidente Shinra è disposto ad offrirvi alcuni vantaggi economici...- esordì Angeal, ma fu subito interrotto da Gammon.

-non c’è bisogno che ti scaldi tanto, giovanotto.- replicò il gran mestro, in tono glaciale.- ti ho già detto che non sono interessato.-

Angeal lo guardò, attonito. Come poteva essere così testardo anche di fronte all’evidenza, quel Gammon? Si stava parlando di una guerra persa in partenza, contro una società troppo potente e troppo sviluppata per poterla estirpare con un semplice gruppetto di individui che non valevano neache la metà di un semplice fante della Shinra!

-io devo proteggere i miei figli dalla corruzione!- esclamò Gammon, orgoglioso, e per un attimo, parve farsi viva in lui l’antica fierezza che l’aveva animato un tempo, quando ancora era giovane e forte.- devo proteggerli dalla corruzione, e farlo vuol dire proteggerli dalla Shinra!-

-perderete questa guerra!- gli  sputò contro Angeal.-è solo questione di tempo!-

-modera i termini, ragazzino insolente.- intimò Gammon.

Per qualche strana ragione, il nervosismo che stava manifestando Angeal stava avendo un effetto notevolmente calmante su di lui, che riprese a sorridere con spavalderia.

-allora rifiuterete l’offerta della Shinra? Dateci almeno una possibilità...- tentò di insistere Angeal, che teneva gli occhi fissi su Gammon.

Helinor si portò una mano su un fianco e scostò un po’ di terra con il piede. Gammon non avrebbe mai accettato una proposta dalla Shinra, anche a costo di farsi radere al suolo l’accampamento. La odiava, per qualche ignota ragione. Quella distratta riflessione ricordò a Helinor quanto poco sapesse sul suo maestro. Si conoscevano da quindici anni, ossia da quando Helinor era stata portata al campo, e da lui aveva appreso l’arte del combattere e tutto ciò che poteva insegnarle sulla guerra. Era stato un capo severo e un maestro senza pietà, ma se adesso sapeva cavarsela da sola, lo doveva a lui.

Hai molte potenzialità, Helinor, ma le potenzialità da sole, non bastano. Ci vuole anche l’esperienza, e questa va appresa col tempo.

Ricordò quando da bambina lo fissava con occhi sognanti, e nonostante tutte le frustate che le aveva dato, lo aveva ammirato come una figlia fa con un padre.

Adesso era diverso, e lei lo sentiva. Sentiva crescere ogni giorno un rancore che andava ad annidarsi nel suo cuore, eppure ancora non aveva il coraggio di affrontarlo. Gli era grata, gli era debitrice, e in qualche modo era vittima del suo carisma. L’aveva costretta a fare le cose più terribili contro la sua volontà – non in ultimo a compiere una missione che era già in partenza improponibile – e nonostante ciò era rimasta in silenzio.

Helinor avrebbe tanto voluto sbattergli in faccia il suo rancore, perché forse così sarebbe tornata ad amarlo, ma ogni volta che tentava, le parole le morivano in gola.

Le labbra di Gammon lasciavano prevedere che di lì a poco sarebbe scoppiato a ridere.- darvi una possibilità? E per quale ragione dovrei farlo? Dammene solo una ed io rifletterò sulla vostra offerta.-

Angeal esitò. Cercò di decidere in fretta se era il caso di rispondere a quella domanda con la dovuta franchezza.

-sto aspettando.- lo informò Gammon, con voce divertita.

-la Shinra è una compagnia potente.- rispose Angeal, cercando di esprimere il concetto in modo più indolore possibile.- può darvi protezione molto più di quanto possano farlo nel Wutai...-

Lo sguardo di Gammon si congelò all’istante.- e al contrario, può distruggerci tutti. Questo è ciò che intendi, vero?-

Angeal chinò il capo. Però, era bravo a cogliere i messaggi subdoli...

Il gran maestro posò le mani sui braccioli e si alzò dallo scranno lentamente, in silenzio.

Helinor guardò con una sfumatura di preoccupazione, la tunica di Gammon pegarsi e distendersi una volta che egli fu in piedi.

Zack aveva una gran voglia di parlare e di essere coinvolto nella conversazione, ma il pensiero di ciò che avrebbe detto il suo superiore lo trattenne.  

Angeal, che non aveva abbassato la guardia neanche un istante, interpretò il fatto che Gammon si fosse alzato come nulla di diplomatico. Improvvisamente sentì sulle spalle il peso della Buster Sword. Era come se questa lo stesse esortando a non perdere la concentrazione.

Gammon rimase in piedi a fissare Angeal negli occhi, con un’espressione che lasciava trapelare un odio profondo. Gli angoli della bocca del grande maestro erano rivolti verso il basso, e le sopracciglia erano corrugate in modo ecessivamente vigoroso.

-potete anche tornarvene dal vostro benemerito presidente e dirgli che non ho intenzione di allearmi con voi.- sibilò Gammon.

Angeal capì che era tutto inutile.- se questo è ciò che ritenete giusto...-

-io non sono d’accordo!- esplose Zack.

La voce del ragazzino colse tutti di sorpresa.

Zack arrossì lievemente quadno si accorse che erano tutti concentrati su di lui, ma non poteva rimanere in silenzio dopo aver sentito tutte quelle accuse verso la Shinra.

Helinor non capiva. Perché scaldarsi tanto per un semplice rifiuto?

-ha detto che chi vive qui è come un figlio per lei!- esclamò il ragazzo, stringendo i pugni.- beh, se ciò che ha detto è vero soltanto per metà, dovrebbe aiutarli! La Shinra non è corrotta! Noi Soldier lottiamo per garantire una vita migliore alla gente! Perché non vuole capirlo?!-

Angeal guardò Zack con un sorriso amaro sulle labbra. Il viso acceso del ragazzo faceva quasi tenerezza, e la sua espressione appassionata cozzava con quella di Gammon, creando un effetto squisitamente artistico. Volendo, un pittore avrebbe potuto pitturare quella scena e farne un ottimo dipinto.

Nara reagì a quelle parole lanciandosi verso Zack, ma fu subito bloccato dal braccio di Gammon, che voleva ascoltare senza interruzioni.

-tu...- esordì Gammon, rilassando un poco la fronte.- sei un Soldier anche tu?-

Zack annuì con energia.

-notevole...- commentò il gran maestro.- e dimmi... la tua ingenuità è dettata dalla giovane età, o da un vizio di natura?-

Il ragazzo si accigliò. Stava per aprire bocca e lanciare qualche affermazione colorita, quando la mano di Angeal si posò sul suo polso destro.

Riprendi il controllo.

Zack respirò profondamente e cambiò la frase prima che potesse uscire dalla sua bocca.- noi vogliamo aiutarvi!-

Gammon ne aveva abbastanza. Troppe chiacchiere, e lui non aveva certo tempo da perdere.

Schioccò le dita.- Nara!-

Il ragazzo sprofondò in un inchino.- maestro!-

-conduci i nostri amici nella tenda degli ospiti...- ordinò Gammon, scambiandosi con il suo allievo uno sguardo d’intesa.- e fa che Taiji se ne prenda cura. Rifletterò sulla vostra offerta.-

Angeal era sorpreso. Forse l’intervento di Zack aveva convinto Gammon?

Zack intuì i pensieri del suo superiore e pensò con gioia di averlo reso orgoglioso di lui. Il ragazzino si sentì importante: era riuscito dove Angeal aveva fallito!

Helinor vide l’espressione trionfante del ragazzo e lo commiserò. Erano estranei, non potevano sapere cosa significasse la frase “fa che Taiji se ne prenda cura”.

Taiji era una spece di carceriere da quelle parti. Era stato preso da Gammon quando era ancora un neonato, ed era cresciuto nell’accampamento con la convinzione di essere soltanto uno strumento. Fin da piccolo, Taiji era debole, dalla salute cagionevole, inutile sotto il punto di vista della guerra. Tuttavia, aveva sempre manifestato delle capacità particolari, legate alla magia. Chi fosse, da dove venisse o chi fossero i suoi genitori, rimaneva un mistero, ma questa sua particolarità di saper usare la magia lo aveva presto aiutato a salire la corrente dell’inutilità.

Gammon l’aveva incaricato di gestire i prigionieri, oppure, com’era successo in quel periodo, di mettere l’acqua nei secchi vuoti e di refrigerare le tende.

Quando doveva effettuare un incantesimo, Taiji si metteva a disegnare strane incisioni a terra, e una volta terminato il suo lavoro. Questo processo era piuttosto lungo, e per questo la tenda che aveva nominato Gammon, era stata montata su un simbolo che Taiji aveva già disegnato precedentemente. Era il luogo in cui si custodivano i prigionieri: una tenda di pochi metri quadrati, chiusa da un campo di forza invisibile.  

Helinor seguì con lo sguardo Zack e Angeal che venivano condotti da Nara fuori dal padiglione centrale.

Come al solito, Gammon era riuscito a mascherare sotto una patina di gentilezza la sua incredibile crudeltà, e ciò lo rendeva quasi fiero di se stesso, a giudicare dall’espressione sorniona comparsagli sul viso.

-maestro...- lo chiamò Helinor.

Lui tornò a sedersi, ma non la guardò.- che c’è?-

Perché hai mentito?Sei stato proprio tu ad assegnarci la missione!

-cosa farà adesso?- domandò Helinor, mentre il suo stomaco si contorceva dolorosamente. Di nuovo, non era riuscita a parlargli sinceramente.- rifletterà veramente sulla loro proposta?-

Gammon chiuse gli occhi, mentre il suo torace si riempiva di un profondo respiro.- ovviamente no.-

Così facendo, attirerai un’intera truppa di Soldier!

-capisco...- rispose Helinor. L’espressione della ragazza si svuotò di ogni emozione, come succedeva ogni volta che non riusciva a parlare con sincerità.

-qualcosa non va?- gli domandò Gammon, che la conosceva bene e che aveva colto quello sguardo.

Helinor sorrise quasi automaticamente e si inchinò.- sono pronta per il combattimento nell’Arena.-

-aspettiamo Nara. Sarà lui il tuo avversario.-

La ragazza deglutì impercettibilmente.

Non devo perdere la concentrazione.

 

 

Angolino dell’autrice:

 

Eccomi qua! Ho anticipato l’aggiornamento perché forse domenica non avrò il tempo di farlo, e poi avevo il capitolo pronto, quindi... Beh, che dire di questo capitolo? Innanzitutto, dopo gli errori di Sephiroth, abbiamo anche quelli di Angeal. Si è fatto abbindolare da Gammon, ma in fondo, quest’ultimo ha quarant’anni più di lui.

Riguardo a Taiji, il mago del campo, sarà un personaggio molto particolare che presenterò più in là, e che, come tutti, ha una sua storia.

Inoltre, nel prossimo capitolo comparirà un nuovo personaggio del mondo di Final Fantay VII! Chissà chi è… U.u (ma chissene frega – nd tutti)

Non ho altri commenti da fare. Rispondo alle recensioni:

 

KiaElle: Sì, ultimamente la domenica sono sempre in giro per le gare, e siccome non so mai se posso aggiornare mi porto avanti con il lavoro. Per l’originalità... ih ih! La mia mente Bakata è riuscita a sconvolgere anche Final Fantay VII. Citerò le parole di Aristotele che diceva: la storia è

come sono andate le cose, l’arte è come sarebbero potute andare (o era qualcosa del genere XD).
Kisses!

 

Kairih: Già, Sephiroth lo adoro proprio. E’ il mio pg preferito in assoluto, non solo di final fantasy. Come autrice devo essere oggettiva e distaccata, anche se a volte risulta difficile... (molto difficile)... per questo tante volte si finisce per andare fuori dai binari dell’IC, soprattutto se i pg non sono inventati da te. È più facile rimanere IC se un personaggio l’hai inventato tu, perché lo si conosce  alla perfezione. Quanto alle emozioni che ti ha dato l’altro capitolo, ne sono veramente felice! Penso che non avrei potuto ricevere un complimento migliore, perdipiù da un’artista che stimo molto!

Un bacio

 

the one winged angel: vieni qui e fatti abbracciare dalla zia Tico! Anche te mi dai grande soddisfazione, dicendomi queste cose stupende! Comunque la storia sarà moooolto lunga. Per questo ho chiesto il parere dei lettori nel primo capitolo. Ci sarà anche Cloud, ma dovrai aspettare proprio tanto. Beh, considera che ancora abita a Nibheleim, mentre tutte queste cose stanno succedendo. Mmm... non ho ancora deciso però se farò una CloudxTifa oppure una CloudxAerith...

Tra Ombra e ShinRa, io avrei qualche difficoltà a scegliere da che parte schierarmi... ma dato che alla ShiRa c’è Sephy... U.u ci siamo capite, no?

*abbraccia*

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

“Proteggi il tuo onore, i tuoi sogni e il tuo orgoglio, sempre.”

 

 Angeal Hewley

 

Zack entrò nella tenda prima di Angeal, che lo seguì con passo incerto.

L’interno della tenda era illuminata da una piccola luce radiale, proveniente da una candela che si stava velocemente sciogliendo nella cera, facendo colare tutto il liquido  a terra.

Accanto al lume c’era qualcuno che se ne stava seduto con le ginocchia raccolte al petto e la testa nascoste tra di esse. Zack mosse qualche passo verso lo sconosciuto e gli si fermò davanti.

-Ciao!- esclamò Zack con brio, cercando di attirare la sua attenzione.

Il ragazzo seduto a terra alzò leggermente la testa, giusto il nercessario per permettersi una visuale su chi gli aveva rivolto la parola.

I suoi occhi lucidi e vitrei si scontrarono con quelli dell’allegro Zack, che gli sorrise, gioviale.

-Zack, cosa stai facendo?- domandò Angeal, che era rimasto fermo davanti all’entrata ad osservare la scena.

-Sto facendo amicizia...- rispose Zack, con disarmante sincerità.- Come ti chiami?-

Il ragazzo non rispose.

Angeal sbuffò.- Basta. Adesso vado a parlare con Gammon e gli dico che ce ne andiamo...-

-Non uscirete di lì.- disse il ragazzo silenzioso, allungando le gambe indolenzite.- Nessuno esce di lì.-

-Ha parlato!- esclamò Zack, inginocchiandosi velocemente accanto a lui. Tentò di sfiorarlo con una mano, ma lui si ritrasse.

-Lascialo parlare.- Angeal si portò verso Zack, gli posò una mano sul petto e lo allontanò con una leggera spinta.

-Non volevo spaventarlo.- si schermì il ragazzino, perplesso.

-Come ti chiami?- ripetè Angeal, con più autorità e uno spirito meno amichevole di quello del suo allievo.

Il ragazzo alzò la testa e lo guardò spaventato, al che Angeal si inginocchiò dove prima era stato Zack e tentò di cambiare atteggiamento.

- Io sono Angeal.-

-M-mi chiamo... Kay.- sussurrò il ragazzo.

Angeal lo esaminò. Il suo viso era sporco di polvere, e sotto tutto quel nero, si intravedevano i lineamenti delicati sul volto scarno, insieme con due occhi castani intelligenti e impauriti. I capelli biondi erano lunghi e spettinati, e ricadevano sulla camicia blu, strappata in più punti, che indossava. I pantaloni erano corti e lasciavano scoperta buona parte delle sue gambe sottili e magre.

-Quanti anni hai?- domandò Angeal, che intanto stava iniziando a capire.

Zack si sporse dalla spalla del suo mestro, e il Kay gli lanciò un’occhiata intimorita, tanto che Angeal scacciò di nuovo il suo allievo agitando la mano.

-Quattordici.- rispose Kay, arrossendo.

Angeal gli sorrise per cercare di tranquillizzarlo.- Da dove vieni?-

-Voi chi siete?- chiese a sua volta il ragazzo, intimidito da tutte le domande che gli rivolgeva il Soldier.

-Siamo Soldier!- non esitò a dire Zack, con orgoglio.

-Zack!- lo apostrofò Angeal.

Kay sbarrò gli occhi e strisciò lontano dai due Soldier, nascondendosi in un angolo male illuminato della tenda, con le ginocchia nuovamente raccolte al petto.

Angeal si alzò e si voltò verso Zack.- Possibile che tu non riesca mai a tenere a freno la lingua?- domandò, facendo finta di allungargli uno schiaffo dietro la nuca.

Zack chiuse gli occhi e si riparò con le mani.- Scusa Angeal! Non pensavo che avrebbe reagito così!-

-Già! Tu non pensi mai!- sbottò Angeal.- Mi sarei meravigliato se almeno questa volta l’avessi fatto!-

Zack si grattò dietro la testa, imbarazzato.- Non reagire così... adesso inizio a sentirmi in colpa.-

-Bene.- rispose Angeal.

Per un po’, il ragazzino rimase con il capo chino e le labbra serrate, pensando che in fondo non aveva fatto nulla di male, mentre Angeal incrociò le braccia al petto e battè l’indice sull’avambraccio, chiedendosi perché il suo allievo dovesse sempre essere così impulsivo.

-Voi due siete fratelli?-

La domanda giunse dall’angolo in cui si era rifugiato il ragazzino, e solo la grande temperanza di Angeal gli permise di non scoppiare a ridere, cosa che invece Zack non si risparmiò.

Kay arrossì violentemente. Aveva capito di aver suscitato l’ilarità del ragazzo più giovane, e ciò lo rese ancora più ritroso all’aprirsi in una conversazione.

-No.- rispose Angeal, che stavolta colpì veramente il suo allievo.

-Angeal!- strillò Zack, piegandosi in avanti.- Mi hai fatto male!-

Nonostante il suo imbarazzo, Kay continuò ad osservare i due Soldier con molta perplessità.- Non sembrate cattivi.-

-Stai in silenzio, Zack.- intimò Angeal, notando che il suo sottoposto stava per aprire bocca di nuovo.- Lascia parlare me.-

Kay fu sollevato che il ragazzo più grande avesse preso in mano le redini della situazione. Gli piacevano lo sguardo tranquillo e il tono controllato di quell’individuo.

Angeal si lasciò cadere accanto a Kay.- Allora, vuoi dirmi da dove vieni?-

-Da Kalm.- rispose il ragazzo, senza entusiasmo.- ma sono venuto qui a sette anni.-

-In questo accampamento?- chiese Angeal.

-Il maestro mi ha accolto.- spiegò Kay, iniziando a disegnare dei cerchi concentrici nel terreno.- Ma non sono forte. E non ho nessuna abilità.-

Un flebile sorriso si delineò sulle labbra del Soldier.- ti hanno messo qui per questo?-

-No.- rispose Kay, arrossendo nuovamente.-Mi hanno messo qui dentro perché ho offeso un mio superiore.  Questa è la tenda dei prigionieri.- concluse Kay.

Angeal scattò in piedi.- Gammon ci ha ingannati.-

Zack rise.- Avanti Angeal, è solo una tenda! Puoi farla a fette con la tua Buster Sword...- e prese ad imitare Angeal che sferzava l’aria, sbracciando mentre faceva finta di avere in mano il grande spadone del maestro.

-Non potete uscire di qui.- affermò Kay, la cui voce si era fatta incredibilmente fioca.- Taiji l’ha circondata con un campo di forza.-

Angeal si mosse verso l’uscita, accompagnò una mano alla spada d’ordinanza,  la sfoderò con un gesto fulmineo e colpì la stoffa di netto. Invece di lacerarsi, il tessuto rimase intatto, e Angeal avvertì una strana sensazione. Era come se la lama fosse rimbalzata sulla stoffa senza neanche graffiarla.

Zack ammirò il punto colpito, perfettamente integro.- Angeal...-

-Ha detto che avrebbe pensato alla nostra proposta.- disse il maestro di Zack, riponendo la spada.- Crediamogli.-

Alcune grida di acclamazione scoppiarono poco lontano dalla tenda dove si trovavano i Soldier e Kay.

-Cosa sta succedendo?- domandò Angeal.

-Stanno combattendo nell’Arena.- fu la risposta, dopodichè, Kay si distese a terra e, apoggiata una guancia sul palmo di una mano, chiuse gli occhi e non parlò più.

 

(...)

 

La folla si era riunita ai lati del quadrilatero che costituiva l’arena.

Shon non aveva esitato a farsi largo tra i giovani per lanciare in aria stupide scommesse che gli avrebbero fruttato qualche soldo.

In un angolo del quadrato, Nara fissava Gammon, in piedi nel mezzo di un gruppo di ragazzi.

Il gran maestro ricambiava lo sguardo del giovane con la stessa intensità, ma nei suoi occhi non vi era alcuna traccia di affetto. Nara, nonostante nel campo non fosse secondo a nessuno, era sempre stato una facile pedina delle sue manovre. Aveva solo vent’anni, e una visione piuttosto semplicistica della vita, tuttavia aveva un’ottima personalità, nessuna pietà, e un enorme potenziale. Amava combattere nell’arena e dimostrare a Gammon quanto valesse in più rispetto agli altri.

Quando era entrato nel campo, a undici anni, il grande maestro aveva subito visto qualcosa di diverso in lui. In genere aveva sempre dovuto imparare ai suoi ragazzi cos’era l’omicidio, mentre Nara era arrivato all’accampamento già sporco del sangue altrui. Letteralmente.

Non era spaventato, era quasi... soddisfatto. Gammon non aveva fatto altro che complimentarsi con lui, e il bambino aveva subito afferrato la corda che il maestro gli aveva teso.

Nara era uno squalo. Lo era sempre stato.

Helinor era nell’angolo opposto, immobile come l’aria che la circondava. Teneva gli occhi chiusi, tentava di isolarsi dalle grida e di concentrarsi sullo scontro. Lasciò scivolare la mano guantata sull’elsa del pugnale e vi strinse le dita. Poteva vedere il rubino incastonato nel manico brillare in modo tetro alla luce delle fiaccole. Quel rubino aveva un solo significato: il sangue. Serviva a ricordarle tutto quello che aveva versato, e tutto quello di cui si sarebbe macchiata.

Odiava uccidere, ma ci aveva fatto il callo,  imparando a convivere con i suoi peccati, a farsene una ragione.

Cos’altro poteva fare? Non aveva potuto scegliere, mai.

Aveva soltanto due anni quando era stata portata all’accampamento da Gammon. Aveva soltanto due anni quando era stata abbandonata da sua madre, e adesso che ne aveva diciassette non poteva fare altro che chiedersi perché fosse successo. Qual era stata la sua colpa?

A due anni, un bambino è troppo piccolo per comprendere le tante cose che gli accadono. Lei era stata soltanto in grado di capire che quando Gammon l’aveva presa per mano e l’aveva portata all’accampamento, sarebbe stata finalmente salva. Dopo quindici giorni di solitudine, senza cibo né acqua, al freddo, sotto la pioggia e la grandine, aveva finalmente trovato un’ancora di salvezza. E quell’ancora era Gammon: il suo maestro.

Senza accorgersene era tornata a sondare il suo passato. Emerse dai ricordi e  la sua schiena fu percorsa da un brivido.

Strinse il pugnale.

Basta, non pensare più. Ora devi combattere.

Aprì gli occhi di scatto, e la prima cosa che entrò nel suo campo visivo fu la figura inquietante di Nara che brandiva una spada. Il fuoco illuminò il suo viso in modo sinistro.

Lei estrasse il pugnale con decisione, portandosi in posizione di combattimento.

Fisicamente, Nara era due o tre volte Helinor.

La ragazza aveva un fisico esile, e sebbene dai muscoli delle braccia e delle gambe

si vedesse chiaramente che era allenato, non poteva certo competere con quello spropositato di Nara.

L’immagine del rosso si sovrappose per un attimo a quella del Soldier che aveva incontrato alla Shinra, alzando al massimo l’adrenalina della ragazza.

Il taglio sul collo tornò a bruciare.

Helinor flesse leggermente le gambe e si dichiarò pronta a combattere. Si mise in guardia, alzando il pugnale fin davanti al viso.

Nara la guardò con occhi avidi, fece roteare la spada nella mano desra e iniziò a girarle intorno come un predatore. La maglia di cotone che indossava era tenuta stretta alla vita da un cinturone di cuoio, da cui pendeva la guaina della sua arma.

Le urla si fecero sempre più forti, ma Helinor non sentiva più nulla. C’erano soltanto lei e il suo avversario.

Il ragazzo alzò la spada e gliela scagliò contro dall’alto. Helinor tentò di colpirlo alla testa, ma lui si era già voltato e aveva azzardato un rapido fendente, che le sfiorò il fianco.

Appena poggiò i piedi a terra, Helinor balzò indietro e si portò fuori dal raggio d’azione di Nara.

Le sue dita si mossero sul punto colpito. Il corpetto di pelle nera era stato tagliato, ma la carne non era stata colpita. Per fortuna, lei era molto più veloce di Nara.

-Ne hai abbastanza?- domandò Nara per provocarla.

-Mi sto soltanto riscaldando.- non esitò a rispondere Helinor, senza perdere la concentrazione.

Qualunque cosa ti dica, mantieni la calma. Rifletti.

Il giovane le fece segno di farsi avanti con un gesto del capo, poi impugnò la spada con entrambe le mani e si preparò a ricominciare lo scontro.

Helinor si lanciò verso di lui, con il pugnale proteso a colpire Nara, ma questi non dovette neanche scansarsi per parare il colpo: lo parò e lo respinse con estrema faciltà. Fu così anche per le successive riprese; gli attacchi di Helinor si abbattevano rapidi su Nara, che li parava e li schivava, mentre lei gli si muoveva intorno con l’agilità di un gatto.

Il giovane era talmente convinto di poter battere la sua avversaria che ormai non pensava a nient’altro. Sapeva soltanto che quella ragazza lo stava sfidando.

Presto dimenticò perfino che stavano duellando soltanto per fare spettacolo. Lei aveva talento. E la cosa lo stava divertendo notevolmente.

Rispose con due fendenti potenti, uno dei quali andò a vuoto, perché Helinor effettuò una capriola in aria all’indietro, arrivando però al limite consentito dal quadrato.

Helinor fece per fare appoggiare un piede per riprendere l’equilibrio, ma notò che il campo finiva proprio lì e si bloccò. Si gettò in avanti per non finire fuori dal limite e finì in braccio a Nara, che la circondò con un braccio, l’ afferrò dietro la schiena per la cintura, si buttò all’indietro di spalle e la lanciò a terra.

Il corpo di Helinor cadde dopo essere volato a un metro e mezzo da terra, e l’impatto le fece perdere il pugnale.

La ragazza rotolò vicino al lato opposto del campo e si girò di schiena, tenendosi una mano sullo stomaco.

Fece per alzarsi, quando una lama si conficcò a terra, a pochi millimetri dalla sua tempia sinistra.

Helinor respirò profondamente e guardò Nara che torreggiava su di lei, con la mano sull’elsa della spada e un sorriso vittorioso sul volto.

-Ho vinto.  Mi spiace per te, ragazzina.-

Nara sorrise crudele.

-Sei un...- ansimò Helinor, senza riuscire ad aggiungere altro, perché fu scossa da una forte tosse.

Lui si piegò sulle ginocchia e si accucciò sulla ragazza, facendole ombra con il suo corpo massiccio.- L’agilità non basta, ci vuole la forza, per vincere.-

-Questo lo dici tu- obiettò Helinor, tentando di riportare il respiro ad una velocità normale, sebbene tutti i suoi muscoli stessero gridando, implorando un attimo di riposo.

Stesa a terra non stava male. Cercò il suo pugnale e lo individuò in mano a Gammon.

Doveva averlo raccolto da terra quando le era sfuggito di mano. Le urla degli spettatori le entrarono improvvisamente nel cranio.

Nara si alzò, gridò la vittoria, lanciò un pugno in aria e fu accolto dagli applausi, mentre Helinor si rialzava con grande fatica, tossendo.

Guardò con rabbia il giovane che si allontanava e spariva tra la folla, con qualcuno che gli batteva la mano sulla spalla per congratularsi della vittoria. Shon era estremamente contento e raccoglieva le sue vincite con allegria, mentre qualcuno si allontanava con aria delusa e il portafogli più leggero.

Gammon teneva in mano il pugnale della ragazza, rigirandolo tra le dita.

Helinor fu presto al suo cospetto e chinò il capo, soffocando a stento un colpo di tosse.

-Che questo ti serva da lezione- le disse il maestro, porgendole il pugnale dalla parte della punta.

La treccia di Helinor scivolò sulla sua spalla sinistra e nascose in parte la sua espressione di vergogna e disprezzo. L’aveva umiliata di fronte a tutti.

-Comunque, complimenti per l’impegno.- la derise Gammon, senza curarsi di recarle offesa.

Helinor si raddrizzò e afferrò il coltello con un movimento lento, nel tentativo di non far trapelare la sua stizza.

-Vedrà, maestro. Non la deluderò più.- rispose Helinor, tra i denti.

-Ottimo. Ma vedi anche di mantenere questa promessa- sibilò il maestro.- Altrimenti, la prossima volta dovrò lasciare che Nara si occupi di te...  fuori dall’Arena.-

Helinor deglutì e voltò la testa per sfuggire allo sguardo di Gammon.  Intravide Nara che la guardava mentre i suoi compagni lo tiravano via, e la sua schiena fu percossa da un brivido.

Lui sorrise arrogante; le sue labbra sottili si incurvarono appena, poi tornò a parlare con la gente che lo circondava.

Helinor infilò il pugnale nella guaina e con un ultimo, veloce inchino, si perse tra la folla.

Aveva il cuore che batteva troppo velocemente.

Doveva fare qualcosa, qualunque cosa.

Entrò nella tenda di Nhat.

 

Nhat era inginocchiato a terra, vicino ad un sacco a pelo che costeggiava la stoffa rigida della tenda.

Seduto sul groviglio di coperte scure c’era Uriah, che si faceva spalamare uno strano unguento sulla schiena ferita senza fiatare. Sapeva di avere fallito, e questa era la sua punizione: l’umiliazione e il dolore.

Strinse i pugni con forza. Doveva sopportare a qualunque costo.

Nhat guardò la schiena ripulita del sangue, ma che ancora portava delle consistenti ustionature e dei graffi profondi. Passò le dita con delicatezza sulla pelle infiammata, cercando di fare attenzione a provocargli meno dolore possibile. Nonostante non potesse vedere il viso del ragazzo perchè gli dava le spalle, sapeva che stava contraendo il volto dallo sforzo di non lamentarsi.

L’ingresso della tenda venne spalancato di colpo.

Nhat interruppe il suo lavoro e si voltò a guardare chi fosse entrato con tanta fretta.- Helinor!-

Uriah sobbalzò e si alzò di colpo, girandosi verso di lei in modo che non vedesse le ferite.- Che ci fai qui?!- esclamò, allarmato.

Helinor abbassò gli occhi e si passò il dorso della mano guantata sulla guancia sporca di polvere, imbrattandosi il viso ancora di più.- Volevo vedere come stavi.-

-Non ce n’era bisogno.- mugugnò Uriah, abbassando gli occhi a terra.- puoi andare.-

-Uriah, devo bendarti.- li interruppe Nhat, con la sua voce calma e profonda.

-Se ti do fastidio me ne vado!- s’ inalberò Helinor, che già si era pentita di aver fatto quell’irruzione improvvisa.

Conosceva Uriah, e sapeva che il dolore delle ferite era meno di quello recatogli nell’orgoglio. E anche Gammon lo sapeva, per questo aveva scelto per lui quella punizione.

Fece per girare sui tacchi, quando Nhat la richiamò.- Resta.-

-No!- obiettò Uriah, accalorandosi.- Falla andar via!-

Nhat non volle sentire ragioni, sollevò una mano, gli afferò un polso e lo trascinò a terra. Il ragazzo non si oppose. Il dolore alla schiena era troppo grande per poter rimanere in piedi.

Helinor si era preparata a vedere quelle ferite, che in fondo erano state per tanto tempo anche sulla sua, di schiena, ma vederle così rosse le fece salire una rabbia mai provata. E Gammon era quello che voleva proteggerli dalla ShinRa?!

Qualcosa dentro di lei gridò, le gambe non la sostennero più e cadde in ginocchio.- Perdonami...- bisbigliò, avvicinando il volto alla terra fino a sfiorarla con il naso.- perdonami, Uriah.-

-Taci- ordinò il ragazzo, mentre Nhat iniziava a bendargli il corpo.- Non ho bisogno della tua pietà.-

-Non è pietà la mia.- replicò lei.- Dovevo essere più forte.-

-Stai scherzando?- disse Uriah, con una nota di disprezzo nella voce.- So riconoscere le mie colpe. Altrimenti sarei rimasto in silenzio, cosa credi? Adesso basta. Tu piuttosto, hai combattuto nell’Arena?-

Helinor si sedette sui propri talloni.- Sì.-

-Contro chi?-

-Contro Nara.-

-Hai vinto?-

Ci fu un attimo di silenzio.

-No.- rispose Helinor.- non ho vinto.-

-È già un miracolo che tu sia tutta intera- commentò Nhat, terminando di bendare Uriah.

Il medico sorrise consolante al ragazzo, si alzò, andò a riporre le bende e l’unguento in un baule e si avvicinò a Helinor.

-Fatti vedere.- le disse, in tono affettuoso.

Lei arrossì violentemente.- Non... non sono ferita.-

-E questo graffio?- domandò Nhat, fissando il taglio rosso sul collo di Helinor.- Te l’ha fatto Nara? So che quando perde il controllo può essere piuttosto violento...-

La mano di Helinor corse a nascondere il graffio.- non è stato Nara. Me l’ha fatto un Soldier, quando ero dentro la Shinra.-

-A proposito di Soldier,- disse Uriah, che intanto si era seduto a gambe incrociate sul sacco a pelo e la fissava con occhi curiosi,- è vero che ne sono venuti due?-

Helinor gli raccontò l’incontro avvenuto nel padiglione centrale, di come Gammon avesse mentito per mascherare le sue responsabilità, e del fatto che li aveva tratti in inganno sfruttando la loro inesperienza sulle abitudini del campo.

Uriah battè un pugno sulle coperte.- siamo pazzi?! Io non ci vado dalla parte di quei...-

Nhat si portò in disparte e finse di sistemare alcune ampolle, senza però staccare gli occhi dai due ragazzi.

-Non sembrano cattivi.- osservò Helinor, ripensando soprattutto a Zack.- Forse... forse la ShinRa non è interamente cattiva. Forse ci sono persone buone.-

-Troppi “forse”- rispose Uriah, seccato da quell’affermazione.- Tu non sai quello che sono capaci di fare.-

Helinor non seppe cosa rispondere, se non con un tagliente: - Perché tu sì?-

Gli occhi del suo compagno divennero di ghiaccio.- Sì.-

Lo disse con una sicurezza tale che fece vacillare anche la buona fede di Helinor. Ma lei aveva visto lo sguardo di quel ragazzino! Era così bello, così pieno di vita! Avrebbe dato qualsiasi cosa per avere uno sguardo simile anche lei, invece di nascondersi dietro falsi sorrisi.

-Io... inizio a dubitarne.- mormorò Helinor.

-Lascia perdere. Tu non sai niente di quello che sono capaci di fare, quei mostri. Perché sono solo questo: dei mostri!- esclamò Uriah, digrignando i denti con rabbia.- Uccidono la povera gente e combattono senza sapere che portano soltanto infelicità.-

Come noi, Uriah. Come noi. Non siamo tanto diversi da loro.

Il pensiero di Helinor vagò nella sua testa senza uscire dalle sue labbra. Succedeva di nuovo. Non era capace di dire ciò che pensava neanche di fronte al suo più fedele compagno.

Di nuovo, i due smisero di parlare.

Il fruscio della casacca di Nhat riempì quel silenzio che si era creato, mentre lui armeggiava con erbe e medicinali vari.

Helinor si alzò da terra.- meglio che vada.-

-Infatti. Guarirò presto, vedrai- le disse Uriah, per convincere prima di tutto se stesso.- Torneremo a lavorare insieme.-

-Bene.- rispose lei, poi uscì dalla tenda.

Nhat posò una mano sui capelli di Uriah.- Adesso farai meglio a riposare.-

-Grazie Nhatan.- borbottò Uriah.

L’uomo sorrise bonariamente.- Vedrai, ti rimetterai in sesto molto prima di quel che pensi.-

Uriah avrebbe voluto crederci.

Agli occhi degli altri era soltanto un giovane spavaldo e impulsivo, ma quello era solo il suo modo di difendersi. Era come un riccio pieno di spine. Una volta tolta la corazza, rimaneva solo il bambino che era.

 

(...)

 

Tseng entrò nell’ascensore.

Quella doveva essere la fine di una lunga giornata di lavoro, senza contare che per quella sera aveva previsto un po’ di relax, visti tutti i disordini che era stato costretto ad affrontare in quei giorni.

Sospirò e fece per premere il bottone che lo avrebbe portato all’ingresso, quando un uomo si infilò nella cabina e lo precedette nel farlo.

Il Turk si fece da parte.- Verdot.- disse.

-È da tanto tempo che non ci vediamo, Tseng- rispose l’uomo, un altro Turk della ShinRa.

Era Verdot, il leader del dipartimento amministrativo di ricerca, nonché capo indiscusso dei Turks e persona di tutto rispetto. Su di lui circolavano voci inquietanti e allo stesso tempo la sua freddezza contribuiva a rafforzare quell’immagine di un modello enigmatico e affascinante.

In effetti, Verdot era un uomo particolare. Il suo volto solcato dalle rughe sembrava recare i segni di ogni colpa di cui si era macchiato, e la parte sinistra del suo volto era marcata da una cicatrice che partiva dall’inizio della mandibola squadrata e arrivava allo zigomo.  

In volto teneva uno sguardo solitamente austero e impenetrabile, e le folte sopracciglia brune erano, il più delle volte, aggrottate; le labbra sorridevano soltanto quando doveva schernire o trasmettere sarcasmo, altrimenti erano sempre rivolte verso il basso, e sotto di esse vi era il mento, adorno di un sobrio pizzetto.

Indossava la solita divisa dei Turks e sottobraccio teneva una cartella verde, che porse al giovane.- Tieni. È quello che mi avevi chiesto.-

Tseng sorrise senza entusiasmo e prese il materiale dalle mani di Verdot.

-Tutte le informazioni che sono riuscito a trovare- aggiunse Verdot.- Sai, l’Ombra ha un modo tutto suo di agire: solitamente si occupano di eliminare testimoni scomodi per qualche personaggio di rilievo. Il più delle volte uccidono su commissione, e raramente agiscono per conto proprio.-

-E il motivo di tutto ciò?- domandò Tseng, estraendo dalla cartella un plico di fogli, che passò in rassegna con molta attenzione.

Verdot, gli lanciò uno sguardo indagatore.- Temo che questo rientri nel territorio di tua competenza Tseng. Il tuo dovere è proprio quello di trovare il maggior numero possibile di informazioni sull’Ombra.-

L’ascensore si fermò e le porte si aprirono.

-Questa dev’essere la mia meta.- annunciò Verdot, uscendo dall’ascensore.- Ti auguro una buona serata.-

-Altrettanto- bofonchiò Tseng, mentre le porte si chiudevano di nuovo.

Stavolta premette il bottone che lo avrebbe portato all’ingresso e iniziò a sfogliare le informazioni che Verdot gli aveva portato.

La sua attenzione si soffermò su uno dei tanti paragrafi che popolavano quelle scartoffie, e i suoi occhi furono illuminati da una scintilla.

 

Di tutti coloro che hanno partecipato alla vita nell’Ombra e hanno tentato di fuggire dall’organizzazione, non abbiamo più notizie. Probabilmente sono morti pochi giorni dopo, uccisi dagli stessi compagni, in qualità di traditori.

Nonostante ciò, abbiamo saputo che due donne riuscirono a scappare dall’accampamento:

una di esse è ormai morta da tempo; per quanto riguarda l’altra ci è pervenuta voce che abiti a Kalm con la figlia.  Il suo nome è Harila Nhame.

Di seguito è allegato l’indirizzo.

 

Le porte dell’ascensore di riaprirono faticosamente, quasi il farlo gli costasse una grande dose di energia.

L’ingresso era pieno di Soldier e di tanta altra gente, ma Tseng, invece di uscire dalla cabina e prendere la strada di casa, premette il pulsante che lo avrebbe condotto di nuovo al suo ufficio.

Il lavoro non era ancora finito. Il relax avrebbe dovuto attendere.

 

 

Angolino dell’autrice:

 

Come preannunciato, ecco qui il nuovo personaggio di Final Fantasy VII: Verdot. Compare nel capitolo della saga chiamato “Before Crisis”, ovvero quello che precede Crisis Core. Ho trovato informazioni su di lui grazie ai vari siti in inglese. Spero soltanto di averlo caratterizzato a dovere, ma credo che come l’ho fatto non disti molto dalla realtà. Nella storia non avrà un ruolo fondamentale, ma certamente non irrilevante.

Sempre dalle informazioni che ho trovato, sembra che Verdot fosse il leader dei Turks, ma che poi sia stato scavalcato da Heidegger.

Beh, non ho altro da dire se non rispondere alle recensioni.

 

 

Kia_Elle: Già! Sono stata una scheggia! Pensavo di non farcela oggi ad aggiornare perché stamattina ho avuto una gara e poi ho dovuto studiare (Ma si può mettere un compito il primo giugno?!), comunque ho trovato il tempo! Spero che il capitolo ti sia piaciuto!

 

Kairih: oh oh oh! Certo che l’ho letto! Un libro come quello non poteva sfuggire al mio occhio di lettrice! Stupendo veramente. Ora che me lo fai notare, è vero… Helinor fa venire in mente Dubhe! Posso dirti subito perché: ricordo che quando ho letto i libri che riguardavano Dubhe, lei era il mio personaggio preferito, oltre ad essere quello che mi aveva colpito di più di tutta la saga. È possibile che in qualche modo Helinor ti ricordi proprio Dubhe per questo...  (sì, lo so, i pensieri comprensibili non sono il mio forte…)! Comunque, a parte qualche somiglianza sono due personaggi molto diversi.

Ti ringrazio per avermi risposto su Youtube! Ti manderò l’indirizzo non appena quello stupido msn smette di farmi le bizze! (Non so per quale arcano motivo, è una settimana che non riesco ad accedere...)

U.u ti ringrazio ancora per i tuoi suggerimenti!

 

the one winged angel: U.U e io di avere una nipote come te!

Tranquilla, Zack ed Angeal sono sempre sotto la mia tutela (senza contare che sono Soldier ben piazzati, dovrebbero essere loro a proteggere l’autrice XDXDXD)

Genesis è così che me lo immagino. Su Crisis Core viene mostrato solo il suo lato “cattivo”, ma io credo che agli inizi della loro carriera si comportassero proprio in quel modo. Secondo me Genesis è un tipino tutto pepe!  Tra poco rientreranno in scena anche lui e Sephiroth.

Xd Ho deciso la coppia che sceglierò. L’altra volta a scuola mi sono messa a pensare e alla fine ho trovato la soluzione! XDXDXD! */////* Ci vorrà molto ancora, però.

Un abbraccione da zia Tico!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

“E’ fuori dal mio controllo. E la cosa mi irrita.”

Silver Gammon[SM1] 

 

 

-Scusa...-

Zack allungò un braccio per colpire la persona che stava disturbando il suo incantevole sogno: era diventato un prima classe e tutti lo ammiravano perché era un eroe! Un sogno che per nessun motivo al mondo avrebbe voluto interrompere, e che qualcuno stava importunando.

-Em...-

Zack si voltò su un fianco.

-Ti chiami... Zack, no?-

La voce insisteva.

Il giovane Soldier sollevò un poco le palpebre e si distese supino sulla terra dura, arreso al fatto di non poter più continuare il suo sogno. La prima cosa che vide furono due occhi azzurri e una massa di capelli castani, poi, pian piano, apparvero il naso, la bocca e tutte le parti del corpo di quella che aveva tutta l’aria di essere una ragazza.

Una ragazza?!

Zack fece per gridare, ma lei gli chiuse la bocca con il palmo della mano per zittirlo:- Ssst! Se strilli mi farai scoprire!-

-Mm...! M-mm- m!- obiettò Zack, tentando inutilmente di articolare dei suoni.

Lei lo lasciò.

-Grazie.- ansimò Zack.- Non respiravo più.-

Il ragazzo si tirò a sedere e sospirò. Helinor era inginocchiata accanto a lui; Angeal dormiva ancora, seduto accanto all’ingresso, e Kay era arrotolato vicino alla cera sciolta di quella che la notte prima era stata una candela. La tenda era illuminata dalla pallida luce mattutina, e tutto il suo interno era avvolto nella penombra.

-Mi chiamo Helinor.- si presentò la ragazza.- E tu?-

-Zack. Zack Fair! Soldier di Terza Classe!- esclamò lui, felice di poter finalmente parlare con una persona socievole.

Helinor gli fece cenno di abbassare la voce.- Non vorrei che il tuo compagno si svegliasse.-

-Oh! Lui?- chiese Zack, lanciando un’occhiata all’amico dormiente.- Non preoccuparti, ha il sonno più pesante di un orso in letargo...!- si fermò perché ritenne che Angeal avrebbe potuto sentirlo.

-Comunque non gridare. Sono venuta qui di nascosto, sai?- lo informò Helinor, ridacchiando.- Il mio maestro non vorrebbe mai che parlassi con un Soldier.-

Zack esibì un’aria imbronciata.- Perché siete così ostili nei nostri confronti?- domandò.- Non vi abbiamo fatto niente! Noi della ShinRa lavoriamo per far felice la gente, per migliorare le loro vite!-

Helinor scosse il capo.- Noi sappiamo solo che voi Soldier siete tutti cattivi-

-Non è vero- replicò Zack, offeso.- Io voglio essere un eroe! E gli eroi non sono malvagi!-

-Un... eroe?- fece eco Helinor, ammirata. Lei non aveva mai pensato di fare l’eroina da grande, anzi, non aveva mai neanche pensato a cosa significasse diventare grandi. Lei si era sbrigata a crescere; il mondo della guerra non aspetta i tuoi comodi.

-Certo!- rincarò Zack, in tono appassionato.- Io voglio proteggere la gente, voglio aiutare le persone... e voglio anche essere famoso, lo ammetto!- rise.

Lei rimase interdetta da quelle parole.- Quindi... tu non vuoi farci del male?-

-Ei!- la ammonì Zack, battendosi un pugno sul petto con orgoglio.- Ti sembro cattivo?-

Helinor lo squadrò con molta perplessità.- I tuoi occhi sono strani- commentò.

-Questi? Questi sono occhi Mako!- rispose Zack, come se fosse la cosa più naturale ed emozionante del mondo.- Un marchio di fabbrica!-

- Tutti i Soldier hanno occhi così?- domandò Helinor, allungando una mano verso il viso di Zack.- Sono... strani. E belli, allo stesso tempo.-

-E voi?- chiese Zack, con un sorriso amichevole.- Siete tutti così pericolosi?-

-N-noi? Non so. Credo di sì... io... io faccio quello che il maestro mi dice di fare- biascicò Helinor, inciampando nelle parole.- Una volta sono stata in guerra: avevo dodici anni.-

Zack la guardò strabuzzando gli occhi:- a dodici anni?!-

Lei si tirò indietro con il busto.- Perché ti sorprendi tanto?-

-Perché neanche la metà dei nostri fanti semplici diventano Soldier a dodici anni!- balbettò Zack, rimasto a bocca a perta dallo stupore.- Insomma...-

-Tu quanti anni hai?- domandò Helinor di rimando.

-Tredici...-

-Lo vedi?- fece lei, soddisfatta.- Anche tu sei molto giovane!-

Zack gonfiò il petto d’orgoglio e sorrise:- ma io sono un caso a parte! Io sono un vero talento! Lo dice anche Angeal!-

-Il tuo amico si chiama Angeal?- domandò Helinor, spostando la sua attenzione sul Soldier di seconda classe.

-sì!- fu la risposta di Zack.- Non è mio amico, è il mio maestro-

Helinor sorrise.- Tu sei simpatico!- sentenziò, puntando l’indice della mano destra sul petto del ragazzo.- Spero che ci parleremo nuovamente-  fece per alzarsi, ma Zack le afferrò un polso e la trattenne.

-Puoi farci uscire di qui? Dobbiamo tornare alla ShinRa...- provò a chiedere il ragazzino.

Lei sospirò e gli rivolse uno sguardo dispiaciuto.- Non posso. Vorrei poterti aiutare, ma non posso proprio.-

Zack la lasciò.- Almeno posso rivederti?-

Helinor annuì e uscì dalla tenda.

Taiji si portò a guardia dell’ingresso, sedendosi di fronte ad esso con le gambe incrociate e l’aria seria come al solito. I capelli corvini erano legati in un codino che gli ricadeva sulla spalla sinistra ed erano messi in risalto dalla tunica di cotone bianca che indossava.

Appena Helinor gli rivolse la parola, lui alzò i suoi occhi verdi e la guardò con aria accusatoria.- Adesso fai anche comunella con il nemico?-

-Non essere ridicolo, Taiji- replicò lei, arrossendo violentemente.- Volevo soltanto chiedergli una cosa. Grazie per avermi fatta entrare.-

Lui non sorrise, non si accigliò, non si arrabbiò perché lei aveva voluto entrare in contatto con il nemico; semplicemente si limitò ad annuire in silenzio. Il suo volto pallido venne rischiarato dalla luce dell’alba.- Spero per te che Gammon non lo venga mai a sapere.-

-Kay stava dormendo. E tu...?-

-Non sarà certo da me che ne verrà a conoscenza- la rassicurò Taiji.- So mantenere un segreto per un compagno.-

Lei si sentì sollevata. - Grazie. Tornerò più tardi.-

 

(...)

 

Era appena l’alba, a Midgar, e Tseng già era nel suo ufficio. In piedi vicino alla scrivania era impegnato a riordinare documenti e scartoffie. Mise in bella vista la documentazione che la sera prima gli aveva consegnato Verdot, si sedette sospirando pesntemente e appoggiò la testa sul dorso di una mano.

Tseng aveva deciso che avrebbe parlato personalmente con Harila Nhame, ma prima avrebbe scelto due Soldier perché la scortassero a Midgar senza intoppi. Era praticamente sicuro che se Harila si era nascosta dall’Ombra non avrebbe mai desiderato venire scoperta: se era vero che aveva tradito l’organizzazione, molto probabilmente se questa l’avesse trovata l’avrebbe uccisa all’istante. La donna che era scappata con Harila veniva soltanto nominata come “la compagna di Nhame”, “la donna che scappò insieme a Harila” o perifrasi simili. Tseng sfogliò il blocco di fogli scorrendo le parole con gli occhi. Decise che avrebbe risolto in seguito quel mistero.

Chiuse la cartella verde con uno scatto secco, la infilò in un cassetto e si alzò. Avrebbe rischiesto due Soldier per la missione.

Uscì velocemente dal suo ufficio, e per poco non si scontrò con qualcuno che stava per bussare.

Verdot si tirò indietro per far passare il giovane Turk.- Già qui?- domandò.

-Potrei farti la stessa domanda- replicò Tseng.

Verdot lo trapassò da parte a parte con lo sguardo.- Risparmiami il tuo sarcasmo, almeno per oggi.-

Tseng si chiuse la porta alle spalle e gli sorrise senza entusiasmo.- Posso offrirti un caffè?-

-Sarebbe già il terzo da stamattina, ma credo che accetterò lo stesso.- disse Verdot, e insieme si incamminarono verso la mensa della ShinRa.

-I miei documenti ti sono stati utili?- chiese Verdot, mentre svoltavano l’angolo di un lungo corridoio.

-Molto- rispose Tseng.- Ho già inquadrato una pista da seguire, e credo che andrò fino in fondo.-

Verdot lo esaminò con attenzione, poi sorrise sarcastico: Tseng intravide quel sorrisetto e intuì che l’uomo stava seguendo uno dei suoi tanti, indecifrabili, pensieri.

Insieme entrarono in mensa, dove a quell’ora c’erano soltanto pochi gruppi di Soldier, qualche fante insonnolito e ovviamente, Sephiroth.

Tseng ordinò il caffè, senza mai togliere gli occhi di dosso al Soldier dai capelli di platino che, seduto da solo al tavolo più in disparte della sala, guardava il contenuto della sua tazza con occhi vitrei.

-Hai scelto lui per la tua prossima missione?- domandò Verdot, richiamando il compagno alla realtà.- Sephiroth...-

-Sì- fu la risposta schiva di Tseng.- Mi sembra capace.-

-È capace - rincarò Verdot, esibendo un sorriso enigmatico.- Molto capace.-

Il giovane Tseng annuì svogliatamente e prese in mano la tazzina con il caffè fumante, portandosela alle labbra. Prima di bere aggiunse:- Non lo conosco bene, ancora.-

-È diventato Soldier che era giovanissimo- lo informò Verdot, prendendo anche lui la tazzina,- un vero fenomeno, credi a me. È capace di far fuori un’intera truppa di soldati da solo. Probabilmente è superiore a chiunque, qui dentro- e bevve il caffè tutto d’un sorso.

Tseng era interessato, ma non lo diede a vedere. Sapeva che i Soldier erano potenti, ma aveva l’impressione che Sephiroth fosse... diverso.

Verdot appoggiò la tazzina sul bancone con un sospiro.

La domanda di Tseng sorse spontanea: -Perché il presidente non lo usa per vincere la guerra nel Wutai?-

Il suo superiore quasi scoppiò a ridere:- si vede che sei giovane, Tseng- lo compatì, battendogli una mano sulla spalla,- e inquanto tale, di guerra non ci capisci niente.-

Tseng si irrigidì.

-Hai molto da imparare- gli disse Verdot,- ma in fondo è normale. L’esperienza serve anche all’uomo più potente del mondo. Senza esperienza non si va da nessuna parte- commentò.- Lascia che ti risponda. Il presidente vuole che la gente si fidi della nostra compagnia, dei Soldier, del Mako. Ragiona su cosa si penserebbe se un solo uomo facesse fuori un’armata.-

-La gente avrebbe paura.-

-E il presidente non lo vuole- completò Verdot, con pazienza.- Nel Wutai sono attrezzati per combattere contro i Soldier, ma credimi se ti dico che quel giovane laggiù...- e indicò Sephiroth con il capo,- ...non avrebbe da temere nulla, neanche la più potente delle loro armi.-

Tseng guardò Sephiroth.

Ma chi sei realmente? Anzi, cosa sei?

Come se il giovane Soldier avesse captato i suoi pensieri, si voltò e incrociò il suo sguardo. Nessuno dei due interruppe il contatto visivo, Tseng chinò lievemente il capo in segno di saluto; Sephiroth non fece nulla finchè Genesis gli comparve alle spalle.- Si può sapere perché non mi hai aspettato per allenarti?!-

Tseng ne approfittò per rivolgersi di nuovo a Verdot:- andrò da Lazard e gli comunicherò la missione- mise un paio di monete sul bancone, si accomiatò da Verdot e si diresse di buona lena verso l’ufficio del direttore Lazard.

 

Genesis si sedette al tavolo di Sephiroth con una smorfia.- C’erano tre cadetti nella sala d’allenamento! Mi hanno intrappolato e costretto a dargli qualche consiglio per far bella figura durante le missioni- raccontò, in toni drammatici.- Poi hanno iniziato a chidermi se conoscevo Sephiroth, io gli ho risposto di no. Così loro si sono decisi a lasciarmi in pace.-

Il Soldier platinato prese la tazza in mano.- E quindi?-

-Niente- rispose Genesis con un’alzata di spalle, mentre l’amico sorseggiava il proprio tè con aria indecifrabile.- Hai ricevuto qualche mansione dal direttore?- domandò il ragazzo vestito di rosso.

-No, perché?-

-Perché in genere questo è l’atteggiamento che hai ogni volta, prima di andare in missione.- replicò secco Genesis.

Sephiroth sospirò.

-Ti va un allenamento?- propose Genesis, sorridendo.- Forse ti tirerà su il morale.-

-Se vinco offri il pranzo- disse Sephiroth, ritrovando l’entusiasmo.

Genesis alzò un pollice in aria e rispose:- Affare fatto. Ma se vinco io...- lasciò in sospeso la frase.

-Ti avviso: niente trattamenti di favore.-

-Mi offenderei se me ne riservassi.-

Si alzarono dal tavolino e si allontarono discutendo animatamente.

Verdot li seguì con gli occhi finchè non se ne furono andati, immerso nei suoi pensieri.

 

(...)

 

La steppa era battuta da uno scalpiccio di piedi che si ripeteva ormai continuamente da alcune ore. Quella mattina il cielo non era limpido: alcune nuvole lo coprivano, e i raggi del sole facevano timidamente capolino da dietro di esse, risparmiando al territorio sottostante, e ai suoi abitanti, la solita calura soffocante.

Un gruppo di giovani aveva appena terminato la propria corsa. Qualcuno si era lasciato cadere a terra sfinito, qualcun altro sembrava ancora fresco e pieno di energie, altri erano rimasti in piedi cercando di nascondere la stanchezza. Helinor era tra questi.

-Maledizione...- qualcuno sbottò rumorosamente al suo fianco.

Lei puntò gli occhi su Uriah, che aveva il volto contratto a causa del dolore alla schiena.- Non saresti dovuto venire- lo apostrofò.

Uriah si posò le mani sui fianchi e prese dei profondi respiri.- Sto bene- disse.

-Dalla tua espressione si direbbe il contario- controbatté Helinor, che si aspettava una replica del genere.

-Perché non ti fai gli affari tuoi?- mugugnò Uriah, grattandosi l’avambraccio sinistro.

Helinor sorrise trionfante, perché ogni volta che il compagno si grattava l’avambraccio stava ad indicare che sapeva di essere stato colto in fallo. Lui capì i pensieri di Helinor e smise immediatamente di farlo.

Nara gli sfilò davanti improvvisamente dicendo:- Cinque minuti.-

Uriah gli rivolse uno sguardo carico d’odio.- Ma chi si crede di essere?- domandò, non appena Nara fu abbastanza lontano.

-Lascialo perdere- disse Helinor, con voce spenta.- Non vale la pena arrabbiarsi con lui-

-È solo uno sbruffone senza cervello. Solo perché è il preferito del maestro... e poi perché?- borbottò Uriah, passandosi una mano tra i riccioli fulvi.- Non mi sembra granchè forte. Potrei batterlo ad occhi chiusi...-

Le labbra di Helinor si fecero taglienti.- Fallo. Adesso.-

-Sei scema?- fece Uriah, spavaldo.- Non ci guadagno niente a batterlo adesso, tanto più che sono anche ferito. Lo farò un altro giorno, nell’Arena- disse, con aria sognante.- Lì non avrà scampo, perché la mia furia e la mia abilità si scaglieranno su di lui come una tempesta!-

Helinor lo guardò con un certo disappunto. Conosceva la forza di Uriah e aveva provato quella di Nara. Per quanto Uriah non fosse un avversario da sottovalutare, Nara non era ancora alla sua portata. Dalla reazione stizzita di Helinor, Uriah intuì che la sua idea non le piaceva affatto.

Helinor non riusciva mai a dire ciò che pensava neanche davanti al suo più fedele compagno, tuttavia si conoscevano abbastanza bene da sapere quali erano i pensieri dell’altro anche senza esprimerli a parole.

-Beh? Non dici niente?- scalpitò Uriah, nervoso.

Lei diede un’alzata di spalle.- Fà come ti pare.-

La voce potente di Nara li raggiunse:- Voi due! Volete darvi una mossa?! Riprendiamo la corsa!-

Uriah si scambiò un’ultima occhiata con Helinor, poi si riunì al gruppo e non le rivolse più la parola per tutto il resto dell’allenamento.

 

Rientrarono per ora di pranzo, e tutti si riunirono davanti al grosso pentolone che veniva usato per cucinare il rancio giornaliero.

-In fila gente!- strepitò il cuoco, menando l’aria con il grande mestolo di metallo.- Non vi accalcate!-

-Io ho fame!- piagnucolò un bimbo di almeno dieci anni, che prese a saltellare sul posto con la ciotola del cibo in mano.

Il cuoco gli prese la scodella e la riempì di zuppa, poi gliela restituì con un sorriso.- Tieni, soldo di cacio.-

Scoppiò una rissa per decidere chi avrebbe dovuto mangiare prima e chi dopo, in cui i più grandi ebbero la meglio sui più piccoli e durante la quale il cuoco dovette dare il mestolo sulle mani di qualcuno che si era spinto troppo oltre.

-Finitela!- strillava il cuoco.

Nessuno faceva caso alla qualità del cibo, tanta era la fame.

Helinor divorò il suo pasto e riconsegnò la ciotola. Stava per andarsene nella tenda a risposare, quando notò Uriah che, in disparte, sembrava molto affaticato. Lo raggiunse mostrando un’aria preoccupata.

-Non guardarmi in quel modo, Helinor...- ansimò Uriah, con il viso madido di sudore e le sopracciglia corrugate.- Sto bene.-

-Questo l’hai già detto- sospirò lei, scansandosi la frangia dagli occhi con un gesto nervoso della mano.

Il ragazzo emise un gemito strozzato.- Le ferite sono ancora aperte, se proprio vuoi saperlo- le disse, in tono tetro.- Ci metterranno del tempo a rimarginarsi, ma se rimango steso troppo a lungo Gammon penserà che sono un debole.-

-Non pensi che se ti sforzi troppo le tue ferite potrebbero non guarire per settimane?-replicò Helinor.

Lui fece finta di non aver sentito e continuò a borbottare:- possibile che questa gente non capisca che la zuppa, con questo caldo, è un vero schifo?- e corse via.

-Uriah...- mormorò Helinor, affranta.- Perché sei così cocciuto?-

Stava per andarsene nella sua tenda, quando si sentì afferrare per il polso da una presa ferrea.

-Il maestro desidera ricevere te e il tuo compagno nella sua tenda- annunciò Nara, autoritario.- Ti consiglio di recarti là.-

Helinor respirò profondamente e lo invitò a lasciarla. Nara la squadrò con una certa antipatia – che lei ricambiò senza esitare – poi il giovane le rivolse uno sguardo truce e se ne andò.

La ragazza si avviò di corsa verso il padiglione centrale. Davanti all’ingresso, immerso in una fitta chiacchierata con una delle guardie, c’era Uriah, che evidentemente doveva essere stato avvertito prima di lei.

-Entrate pure- dissero le guardie, permettendogli di entrare.-Il maestro vi attende.-

Helinor entrò prima del compagno, si diresse a passo svelto verso lo scranno e si inchinò di fronte a Gammon.

-Ho deciso di darvi una seconda opportunità- dichiarò Gammon.

Uriah ed Helinor si scambiarono un’occhiata, l’uno eccitato, l’altra preoccupata, poi entrambi si rivolsero a Gammon.-Comandi-.

Gammon si sistemò comodamente sulla sua sedia e sorrise fervidamente ai due ragazzi.-Abbiamo fornito il nostro aiuto ad un gruppo di malviventi, che però non sembrano aver intenzione di ripagarci.- spiegò, in tono grave.-Sto parlando di un gruppetto insulso di ladruncoli che si trova a Kalm.-

-Kalm?- ripetè Helinor.- Se non sbaglio è la città che si trova qui vicino.-

-Esatto!- esclamò Gammon, battendo le mani freneticamente.-Proprio lei! Vi verrà fornita una mappa con la posizione dei vostri obiettivi.-

-Quanti sono?- s’informò Uriah, curioso.

Gammon corrugò la fronte e gettò la testa all’indietro.- Sei.-

-Un lavoro facile- osservò Helinor, incrociando le braccia sul petto.

Gammon sorrise tutt’altro che confortante.-Lo spero per voi.-

Uriah arrossì e voltò lo sguardo altrove.-Non la deluderemo, maestro!-

-Taiji ha la mappa, ve la consegnerà lui stesso- disse Gammon, ignorandolo totalmente.-Non voglio superstiti. Non si gioca con l’Ombra, sono stato chiaro?-

-Sì, maestro!- gridarono Helinor e Uriah, sprofondando in un rapido inchino.

-Partirete domani all’alba, dunque preparatevi al meglio- soggiunse Gammon.-Ora sparite.-

 

(…)

 

Angeal camminava da un capo all’altro della tenda a passo di guerra, mentre Kay guardava ammirato la pesante spada che il Soldier portava sulle spalle con tanta disinvoltura.

Zack sbadigliò e cominciò a picchiettare la terra con la punta della spada.

-Sarebbe andata così lo stesso- sbottava Angeal, che intanto cominciava a perdere la pazienza.-Non avremmo dovuto opporci. Ordini del presidente. Ma si può sapere perché?-

-Angeal...-

-Ha detto che avrebbe riflettuto sull’offerta della compagnia! Ma se non mi ha neanche ascoltato...!-

-Angeal!-

-Perché questa gente ce l’ha tanto con la Shinra?!- si chiese Angeal, stringendo i pugni con forza.- Che cosa vuoi, Zack?!-

-Sono stufo di stare qui dentro!- schiamazzò Zack, iniziando a fare piegamenti sulle gambe in modo spasmodico.-Io devo allenarmi!-

Angeal aveva sfoderato la spada e in un attimo gliel’aveva puntata alla gola.-La prima regola... è non perdere mai la concentrazione- disse.

Zack arretrò di un passo, mentre la sorpresa s’impossessava del suo volto.- Non vale!- esclamò, non appena ebbe ripreso il controllo della situazione.

-Ti agiti troppo- lo rimproverò Angeal.-Devi essere più calmo-

-E questa sarebbe la prima regola?- borfonchiò Zack, grattandosi la nuca con fare incerto.

Angeal sorrise e ripose la spada d’ordinanza al suo posto.-Ovviamente no. La prima regola è... Proteggi il tuo onore, i tuoi sogni e il tuo orgoglio di Soldier, sempre-

-Parole ispirate, Angeal...- commentò Zack, che pendeva dalle labbra del suo maestro.

Kay, che li aveva osservati con grande curiosità, si alzò dal suo angoletto e si avvicinò timidamente alla coppia di Soldier.-S-scusate...-

Angeal e Zack interruppero la loro conversazione e fissarono la loro attenzione sul gracile ragazzino.

-Io... Io...- esordì Kay, arrossendo.- Volevo sapere come fai a portare quella spada- e indicò la Buster Sword.-Voi Soldier siete tutti... così forti?-

-Cert...!- cominciò a dire Zack, ma Angeal gli pestò il piede senza pietà, sostituendo la sua voce a quella dell’allievo.

-Non è un fatto di essere un Soldier oppure no...- disse Angeal, mentre Zack cominciava a saltellare per la tenda con le lacrime agli occhi.-Questo è il simbolo del mio onore. Se non riuscissi a protare quest’arma, sarebbe come non portare il mio onore.-

Kay era confuso. Cosa c’entrava la spada con l’onore? Zack gli si fermò vicino, ancora con gli occhi lucidi e un’espressione dolorante sul viso.-Non mi sembra il momento di perdersi in discordi filosofici, va bene?-

Angeal posò una mano sulla testa scarmigliata di Kay.-Per diventare forti ci vuole costanza e impegno. Tu ne hai?-

Kay riflettè un po’, poi rispose:- ...Credo di sì...-

-Bene. Devi solo crederci, allora.- gli rispose Angeal. Il ragazzino era affascinato da quel personaggio, tanto che quando vide Zack non potè fare a meno di considerarlo un tipo davvero fortunato. Kay avrebbe pagato oro per avere un maestro come Angeal.

Forse non tutti i Soldier erano cattivi. Angeal non era cattivo!

 

(...)

 

Taiji era seduto davanti all’ingresso della tenda che doveva sorvegliare, con l’orecchio proteso ad ascoltare i rumori che provenivano dall’interno. Era notte fonda, ma dentro la piccola tenda si udivano ancora due voci distinte ridere e scherzare.

In effetti Zack era ancora sveglio, e accanto a lui c’era Helinor, che lo guardava esibirsi in alcune facce estremamente buffe che la stavano facendo ridere.

-Piantala!- rise Zack, con le lacrime agli occhi.-Se continui così sveglierai Angeal!-

Helinor si portò una mano davanti alla bocca e placò le risate, ma dovette richiamare a sé tutta la sua forza di volontà.-Si arrabbierebbe tanto, se mi trovasse qui?-

-Beh... non ne ho idea- ammise Zack. -E tu? cosa direbbe il tuo capo se ti trovasse qui?-

Lei si rattristò, ma il buio impedì a Zack di notare la sua espressione.- Si arrabbierebbero molto.-

Zack esclamò:-Lo vedi? E lo stesso farebbe Angeal!-

Helinor cercò gli occhi di Zack nel buio, ma non li trovò.- Perché è così sbagliato?-

-Che tu ed io ci vediamo?- chiese il ragazzino.

Ci fu un attimo di pausa, poi lei rispose:- Sì- sentì che qualcosa di caldo si posava sulla sua mano gelida e la ritrasse subito.- Tu mi sei simpatico, Zack.-

-Anche tu!- esclamò lui, con sincerità.-Potremmo addirittura diventare amici!-

-Tu credi? Io sono nemica della ShinRa- gli fece notare Helinor, in tono abbattuto.

Zack fece memoria locale.-Ah, già... beh, però non sembri un Lupo Mannaro...- bofonchiò, imbarazzato.

-Un... cosa?-

-Un Lupo Mannaro!- ripetè lui, con veemenza.-I miei compagni mi avevano detto che quelli che si erano infiltrati alla ShinRa erano Lupi Mannari!-

Helinor era confusa, tuttavia gli disse di aver capito.

-Comunque...- fece Zack, grattandosi il capo imbarazzato- comunque, non si sa mai. Può darsi che il vostro capo decida di passare dalla nostra parte, e allora non ci sarebbe nessuno motivo per non diventare amici.-

-Uh... non ho mai avuto un amico- confessò Helinor.- Per la precisione... cosa vuol dire?-

Zack si trovò spiazzato.- Eh? Cos’è un amico? Non ne hai mai avuto uno?-

Silenzio.

-T-te lo spiego io...- farfugliò Zack, cercando quella definizione nella sua confusionaria testa.- Un amico... è una persona speciale, ecco.-

-Una persona speciale- ripeté lei a bassa voce.- E che significa?-

-Come che significa?!- esclamò Zack, strabuzzando gli occhi.- Non lo sai?-

Helinor non rispose.

-Una persona speciale è... qualcuno per cui provi un affetto profondo, qualcuno per cui ti sacrificheresti senza pensare... insomma, una persona con cui condividere le gioie e la tristezza...- spiegò Zack esitante.- Almeno, io la vedo così.-

Lei fu soddisfatta del chiarimento.-Quindi... avere un amico significa voler bene a qualcuno?-

-E saperne accettare i difetti!- completò Zack, acquistando sicurezza in ciò che aveva detto.- Hai capito adesso?-

Helinor rimase di nuovo in silenzio, ma stavolta Zack seppe che stava pensando alle sue parole.

-Sì... ho capito- bisbigliò Helinor, dopo un lungo istante.-Grazie.-

 

Angolino dell’autrice:

 

 

KiaElle: ooooooh... certo che sentirò la tua mancanza! Beh, spero che leggerai il prossimo capitolo, non fa niente se non riuscirai a recensirlo, non preoccuparti ^_^! Dov’è che vai? Giappone, Francia? Posso venire con te? XD Beh, mi raccomando, comportati bene e non partire senza di me! O.o ho sempre desiderato andare in Francia... tant’è vero che avevo iniziato a studiare il francese, ma dato che nessuno mi ci portava ho lasciato via... T_T Buon viaggio!

 

the one winged angel: carissima nipote! Fa sempre piacere leggere le tue recensioni! Sono felice che la fic ti piaccia, l’importante è questo!

U.u Io prima di giocare a Crisis Core pensavo che fossero padre e figlio Xd, il fatto è che Angeal sembra davvero Zack da grande... Quanto a Kay, è un personaggio particolare. O.o Poverino... ok, allora possiamo anche eliminarlo. Sto scherzando! Magari lo facciamo eliminare da Nara... sarebbe un matto in meno XD. Per Helinor, è normale che abbia perso. È ancora una ragazzina acerba che ha ancora tanto da imparare. È questo il mio obiettivo: mostrare la sua crescita insieme a quella degli altri personaggi (sia originali, sia non).

O.o Nara ti piace? Sono felice! È uno dei personaggi principali ed è senza dubbio interessante (almeno credo), ma ancora è tutto da scoprire.

Uriah è molto orgoglioso. Lo so, ha trattato Helinor malissimo, ma ti assicuro che i due si vogliono molto bene, altrimenti non si sarebbe preso tutte quelle frustate da solo XD

La statua a Tseng possiamo fargliela *prende il marmo e lo scalpello, ma non sa da dove cominciare* em... qualcuno mi da una mano?

*///* Ho sbagliato capitolo. Non è questo, ma il prossimo. Dal prossimo Genesis e Sephiroth entraranno in scena ufficialmente. Errore mio... *si inchina mille volte*

Ciao nipote! Alla prossima! *bacione*

 

Kairih: MAESTRAAAA! *abbraccia*

O.o sei stanca? Ci credo! ^_^ Ovviamente io do sempre la colpa a quella ...cosa... chiamata “scuola”! Risucchia tutte le energie. Credo che parteciperò al movimento “più Clack, meno scuola”. A parte questo! *_* Gammon sempre più odioso? Non fosse per la mia imparzialità l’avrei fatto morire di peste da un bel pezzo... mi distacco ufficialmente dalla voce narrante, altrimenti manderò un cecchino invisibile a farlo secco.

^_^ Tseng mi piace molto. Sinceramente, ho sempre pensato che fosse molto particolare come personaggio! U.u è nella lista dei miei venti personaggi preferiti in assoluto tra anime, manga, videogiochi ecc... Sephiroth è al primo posto nella suddetta classifica, seguito a ruota da Angeal e da Itachi di Naruto che sono sul podio XD

Grazie per i complimenti, maestra! Ci sentiamo! ;-D

 

 


 [SM1]Capo dell’ombra, nonché padre di Helinor, anche se è convinto che la ragazza sia la figlia di Shinra. In realtà nasce tutto da un equivoco. Karima era già in cinta quando conobbe Shinra, e tutti credettero che Helinor fosse la figlia del presidente. Rintracciò Karima e prese con sé Helinor a Gold Saucer. La realtà è un’altra: Shinra era attratto da Karima, ma Harila, invidiosa del successo della sua compagna, si era finta Karima e aveva avuto una relazione con Shinra. In realtà, sua figlia Gofna è figlia del presidente, mentre Helinor è soltanto una vittima. Anche Shinra sarà convinto che Karima sia in cinta di sua figlia.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

“Non c’è odio, solo gioia. Perché la dea ti ama. Eroe dell’alba, guaritore di mondi.”

 

Loveless

 

-L’aria di Kalm è sempre molto... tranquilla, non trovi Sephiroth?- osservò Genesis, spostando lo sguardo intorno a sé.

Era l’ora del crepuscolo.

La strada che stavano percorrendo Tseng e i due Soldier era stretta e costeggiata da case, all’incirca tutte uguali, perché gli stessi canoni di architettura ricorrevano più o meno in tutte le abitazioni. Genesis era stato a Kalm un paio di volte, anche perché era una cittadella abbastanza serena.

Tseng non si curava di ammirare il paesaggio, piuttosto preferiva cercare sulla mappa il loro albergo.

Sephiroth non capiva cosa Genesis trovasse di tanto speciale in quel semplice paesello fuori Midgar. Le case erano tutte troppo ordinate, le strade troppo pulite, la gente troppo gentile. Tutto l’ambiente era troppo surreale per i suoi gusti.

-Goditi il paesaggio!- esclamò Genesis, indicando due belle ragazze che li salutavano.

-Smettila- sibilò Sephiroth.

Genesis ridacchiò.

Continuarono su quella strada fino a quando non arrivarono davanti ad un alberghetto poco lontano dalla piazza centrale. Tseng confrontò la loro posizione con quella che avrebbero dovuto raggiungere e sentenziò che erano finalmente arrivati.

-Sistematevi nelle vostre camere, dopoichè raggiungetemi nella mia. Vi darò tutti i dettagli della missione- disse Tseng, prima di entrare.

 

(...)

 

Un’ora dopo erano tutti riuniti nella stanza di Tseng.

Sephiroth stava con le spalle poggiate a una parete, accanto ad un quadro che ritraeva un soggetto piuttosto fantasioso; Genesis si era seduto sul letto e aveva accavallato le gambe con aria annoiata. Quella missione misteriosa iniziava a stancarlo.

-Sono veramente desolato... condurvi qui senza con così poco preavviso e senza dirvi nulla sulla natura della missione è stato molto scortese- esordì Tseng, spostando gli occhi da Genesis e Sephiroth e viceversa.-Spero che non me ne vogliate per questo. Potresti accendere le luci?- chiese, rivolto a Sephiroth, che useguì l’ordine.

-Questa missione ha a che fare con l’Ombra?- intervenne Sephiroth.

Tseng gli rivolse un’occhiata confusa. - Le notizie alla ShinRa si diffondono davvero così in fretta?-

Sephiroth sorrise sprezzante.- Due persone che entrano nella ShinRa senza destare sospetti sono quasi da elogiare.-

-In effetti...- rincarò Genesis.

-Non è questo il punto- tagliò corto il Turks, impassibile.-Io e il mio dipartimento siamo stati incaricati di indagare più a fondo su questa strana organizzazione che, come immagino saprete già...-

-È un gruppo di ragazzini che giocano a fare i soldati- completò Genesis, sfacciato.

Tseng scosse il capo.- Non propriamente.-

Genesis rimase interdetto; Sephiroth gli lanciò un’occhiata canzonatoria che l’amico ricambiò con una smorfia irritata.

-In questi tre giorni ho svolto molte ricerche. L’Ombra è formata da molti ragazzi orfani, portati via dalle strade e addestrati a combattere. Alcuni sono veramente giovani, altri sono più adulti e combattono fin dall’infanzia- spiegò Tseng.- Tuttavia, le mie informazioni sono troppo generali e poco approfondite. L’unico modo di sapere cosa lega la nostra compagnia agli obiettivi dell’Ombra è di trovare questa donna: Harila Nhame, adesso conosciuta come Jenna Brown.-

-E vive qui?- chiese Sephiroth.

-Purtroppo, anche l’accampamento dell’Ombra si trova nei dintorni, e temo che se non ci sbrigheremo, loro potrebbero rintracciarla. Dovete sapere che quindici anni fa, questa donna tradì l’organizzazione insieme con una sua compagna- disse Tseng.- Sembra che quest’ultima sia già morta, dunque Harila rimane la nostra ultima possibilità.-

Sephiroth ascoltò in silenzio, poi domandò:- Quindi la nostra missione è di trovare Harila Nhame?-

-No- lo contraddisse Tseng.- Ho già rintracciato Harila. Andremo da lei domani mattina. Il nostro compito, nonché vostro, è quello di scortare senza intoppi lei e sua figlia alla ShinRa.-

-Sua... figlia?- ripetè Sephiroth, mentre sulle labbra di Genesis si disegnava un sorrisetto.

 

 (...)

 

-Saaaaaaalve!-

Sephiroth si era quasi pentito di aver suonato al campanello della piccola casetta in periferia.

Erano soltanto le undici di mattina e già contava le ore che lo separavano dal ritorno all’albergo. La ragazzina che aveva aperto la porta pareva essere una bellissima Afrodite, ma la sua voce squillante gli aveva quasi rotto i timpani. Che bisogno aveva di strillare a quel modo?!

Innanzitutto, la ragazza era così bionda, che i suoi capelli ondulati e perfettamente in ordine brillavano di luce propria. Il viso era ovale e femminile, gli occhi da cerbiatto erano di un intenso verde, e le labbra erano carnose e rosse. Indossava un vestito di seta leggerissimo, decorato da una fantasia a fiori verdi e rosa, che le arrivava fino alle ginocchia. Si muoveva su dei sandali, alti quasi dieci centimetri, e Sephiroth avrebbe giurato che se si fosse tolta le scarpe avrebbe superato a stento il suo gomito.

Genesis era rimasto abbagliato non appena l’aveva vista.

Tseng si fece largo tra i due Soldier e si avvicinò alla ragazza.-Siamo qui per parlare con sua madre.-

-Mia madre?- fece eco la ragazzina, che non doveva avere più di quindici anni.

-Jenna Brown- puntualizzò Tseng.

-Aspettate qui! Mammaaaa!- strillò lei, entrando in casa e lasciando la prota spalancata.

Sephiroth si voltò verso Genesis.-Perché quella faccia?-

-Non ce ne sono di così belle a Midgar...!- esclamò l’amico.

-Già, ma non ce ne sono neanche di così stupide- obiettò Sephiroth in tono ironico.

-Ma quante ne vuoi...- borbottò Genesis.

Sephiroth fece per ribattere, ma sulla soglia era apparsa una donna che sembrava la copia invecchiata della ragazza di prima. Doveva avere una sessantina d’anni, ma la sua bellezza non era ancora del tutto sfiorita. Teneva i capelli, di un biondo spento, legati in una treccia stretta, e qualche ciuffetto ribelle le ricadeva sul volto. Esaminò attentamente Tseng, Sephiroth e Genesis, e impallidì.

-Voi!- esclamò, terrorizzata.

-Non siamo qui per farle del male, signora Brown...- la tranquillizzò Tseng.

Il viso della figlia fece capolino dietro alla spalla della madre.-Li conosci?-

Tseng sorrise tiepidamente alla donna che aveva di fronte.-Vogliamo soltanto parlare.-

-Di cosa? Di cosa dobbiamo parlare? Non abbiamo niente da dirci! Arrivederci!- esclamò Harila, e detto questo, si ritirò sbattendo la porta con forza.

Il Turk era allibito.- Mi... mi ha chiuso la porta in faccia!-

-Acuta osservazione- lo derise Genesis.- Si vede che voi Turks non ispirate fiducia!-

Tseng si sistemò la cravatta con fare indignato e suonò nuovamente.

-Andatevene!-

-Non sembra intenzionata ad aiutarci- osservò Genesis, sottolineando l’evidente.

La porta si aprì inaspettatamente, la figlia di Harila uscì e se la chiuse alle spalle senza fare rumore.-Perdonate mia mamma... non ama gli sconosciuti!- disse allegramente.

Tseng esibì uno sguardo tetro.- Abbiamo bisogno di parlare con sua madre, signorina...?- e lasciò in sospeso la frase, aspettando che lei la continuasse inserendo il suo nome.

-Gofna!- gridò la biondissima ragazza, sorridendo radiosa.

Sephiroth storse il naso. Quella ragazzina gli suscitava un’antipatia indescrivibile. Perché sentiva il bisogno di strillare, quando la gente con cui stava parlando non distava da lei neanche un metro?! E poi che nome era Gofna?!

-Gofna Brown! Maga professionista al vostro servizio!- strillò lei, tirando fuori dal nulla un cilidro color verde lattuga.

-Non ho capito la parte della maga...- disse Genesis, perplesso.

Tseng si portò due dita alle tempie e scosse impercettibilmente il capo, mormorando qualche parola incomprensibile.

-Volete vedere qualche trucco?- domandò Gofna, agitando il cilindro, scuotendo i suoi capelli biondi che alla luce del sole erano quasi abbaglianti, e sfoderando un sorriso altrettanto accecante.

-Oh!- esclamò Genesis, cogliendo l’occasione al volo.- Mi sono sempre piaciuti i giochi di prestigio!-

-Ma non è vero-, sbottò Sephiroth, sempre più irritato.

Tseng interruppe quella pagliacciata con un freddo:- Ora basta.-

Gofna si tirò indietro e avvicinò una mano al cuore, offesa.-Non le piacciono le magie, signore?-

-Più che altro non ho tempo da perdere- le disse Tseng, senza troppi preamboli.- Devo parlare con sua madre. Adesso. Mi faccia entrare, prima che preda la pazienza.-

La ragazza, per un attimo, sembrò che stesse per scoppiare a piangere, poi fece roteare il cappello tra le dita e gridò con ardore:-Lasciate fare a me!-

-Mi farà venire il mal di testa- grugnì Sephiroth, mentre Gofna scompariva nuovamente dentro casa.

La ragazza riapparve una decina di minuti più tardi.-Mia madre vuole vedervi!-

Tseng si sentì sollevato.-Finalmente!-

 

(...)

 

-Gofna, perché non accompagni questi due bei ragazzi a fare un giro per Kalm?- chiese Harila, mentre serviva il tè a Tseng.

Il salotto di casa Brown era una stanza dalle pareti tappezzate con carta da parati rosa. Qua e là erano appesi quadri raffiguranti della natura morta, e una sola, ampia finestra faceva luce all’intero soggiorno, che nel complesso ospitava due poltrone di un orrendo, a parere di Sephiroth, rosa pastello. In mezzo a queste ultime vi era un tavolinetto di legno d’acero, su cui trovava spazio un bel centrino ricamato a mano. Sephiroth abbassò lo sguardo sul parquet, sentendosi sollevato che almeno quello non fosse rosa. Gofna sembrava un pezzo dell’arredamento, e si muoveva leggera per la casa pavoneggiandosi con il suo cilindro di seta (verde, come abbiamo già detto).

Tseng si voltò verso Sephiroth e Genesis e gli fece cenno di andare con Gofna, affinchè la donna si sentisse libera di parlare liberamente.

Harila lanciava strane occhiate intimorite a Sephiroth, che faceva finta di non notare nulla.

-Seguitemi, truppa!- gridò Gofna, con voce squillante.- Andiamo a Kalm!-

Genesis, sempre ridacchiando per il disgusto che si leggeva sul volto dell’amico, seguì la ragazza fuori di casa.

Una volta rimasti soli, Harila si sedette sulla poltrona dirimpetto a Tseng e si rilassò.-Quelli sono Soldier?-

-Sono qui per proteggerla- la tranquillizzò Tseng, sorseggiando il suo tè con aria tranquilla.

Harila sorrise sprezzante.-Mia figlia non sa niente del mio passato. Ma in fondo è giusto così, è ancora una bambina.-

-Perché non gliel’ha detto?- chiese Tseng, tanto per continuare la conversazione e mettere la donna a suo agio.

-Perché non voglio che paghi per i miei errori- sospirò Harila.- Suo padre... è stato ucciso quando era piccola. Gofna è molto fragile.-

Tseng rimase in silenzio per un po’, poi posò la tazzina sul piatto che era stato posato sul tavolino e le disse:- Lei è scappata dall’Ombra?-

-Sì. Incredibile, vero?- Harila sorrise amaramente.- Sono già passati quindici anni... non posso credere di essere vissuta tanto a lungo- guardò fuori dalla finestra con occhi spenti.-Ho sempre avuto il terrore che potesse capitare qualcosa a me e mia figlia. Mio marito... quest’anno ricorre il sesto anniversario della sua morte, e mia figlia sta per compiere quindici anni.-

-Come ha fatto a fuggire dall’Ombra per tutto questo tempo?-

-L’Ombra mi ha addestrata bene. So confondermi con la gente, far perdere le mie tracce...- raccontò Harila, con voce inespressiva.-Pian piano, loro hanno rinunciato a cercarmi.-

-Ma hanno ucciso suo marito- le ricordò Tseng.

-Non ho detto che è stata l’Ombra a farlo- obiettò Harila.- Ricordo che il suo assassino non si fece vedere, ma rubò il suo pugnale. Probabilmente era soltanto un ladro. Sa, quell’arma era molto preziosa perché aveva l’elsa in argento e una lama di metallo pregiato.-

Tseng annuì.-Capisco. Ma lei... aveva anche una compagna.-

Harila sbiancò.- Una companga? Sì. Ma è morta tanto tempo fa-

-Quanto, precisamente?- la incalzò Tseng.

-Tredici anni. Non divaghiamo!- esclamò Harila con voce strozzata.-Non è importante!-

-Voi eravate le uniche due donne che vivevano nell’accampamento a quell’epoca?- domandò Tseng, incuriosito da quella reazione.

Harila cominciò a spostare gli occhi ovunque, come se cercasse una via di fuga.-Sì.-

-Perché siete scappate?-

-Nell’Ombra la vita era troppo dura e il capo era troppo severo.-

-E come?- insistè Tseng.

La donna scattò in piedi e si trascinò accanto alla finestra.-Durante una missione- mormorò, poggiando la fronte al vetro.-Io e la mia amica, sì eravamo amiche, non mi guardi in quel modo, eravamo state inviate a Midgar per una missione. Dovevamo rubare dei documenti che si trovavano in un laborario della vostra compagnia.-

Tseng dovette faticare per mantenere un’espressione seria e composta, ma il suo stomaco si contrasse dolorosamente.- Nella ShinRa?-

Harila si chiuse in un silenzio che lasciava intendere chiaramente che non aveva intenzione di rispondere ad altre domande sull’argomento, ma Tseng non si fece commuovere.-Deve dirmi cosa è successo!-

-Perché le interessa tanto?!- gridò Harila, voltandosi verso il Turk.

Lo sguardo di Tseng si congelò, lui si alzò e lentamente infilò la mano all’interno della giacca. Ne estrasse la pistola, che puntò in direzione di Harila.-Dovrà seguirmi a Midgar.-

-NO!- urlò Harila.- Non ci vengo con te!-

-Allora sarò costretto a riccorrere alle maniere forti...- la minacciò Tseng, con freddezza.

-Uccidimi pure, cane della ShinRa!- lo incitò Harila, che intanto sudava freddo e si guardava in giro in cerca di un nascondiglio.

Tseng sorrise glaciale.-Ucciderla? Non ci guadagnerei proprio nulla. Lei è l’unico testimone che mi rimane per sapere di più sui motivi che hanno portato l’Ombra ad attaccare la ShinRa- si interruppe e accennò all’ingresso.

Harila divenne pallida come un cencio e sembrava che stesse per svenire.-Lascia stare mia figlia!-

-Venga con me. I miei Soldier la scorteranno insieme a sua figlia fino a Midgar. Loro sono molto potenti, i membri dell’Ombra non potranno fare nulla per opporsi.-

La donna lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi, arrendevole.-Tu non sai di cosa sono capaci. Quelli sono dei veri mostri, soprattutto il loro capo.-

-Per questo ci servono informazioni. Per fermarli- disse Tseng, senza abbassare né la guardia né la pistola.

Harila sembrò cogliere qualcosa nelllo sguardo di Tseng che la fece sciogliere in un pianto silenzioso. Si lasciò cadere in ginocchio, singhiozzando con una mano davanti alla bocca.

Per un po’, nessuno parlò, poi Tseng si decise a chiedere: -Verrà con me? Mi seguirà? Mi aiuterà?-

-Ci sono cose...- esordì Harila, scossa dai singulti, mentre il suo petto gracile si sollevava e si abbassava velocemente.-Ci sono cose che sai ti seguiranno soltanto nella tomba.-

Tseng abbassò la pistola e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.-Stia attenta a cosa ha deciso di fare, signorina Nhame, noi Turks siamo abituati a gestire la gente restia ad aiutarci- la minacciò.

Harila ricacciò indietro le lacrime e si asciugò le restanti che le colavano sul volto, dunque si alzò e appoggiò le spalle alla finestra.-Sì. Lo so.-

Il Turk fu spiazzato da quell’affermazione.-B-bene... allora... si consegni senza fare resistenza. Molte vite dipendono dalla sua decisione.-

La donna sorrise malignamente.- Questa non è una novità. Vede... ci sono molte cose che lei non conosce, e che sicuramente non potrebbe comprendere.-

Tseng la osservò attentamente. Improvvisamente quella donna sembrava essersi ripresa dal precedente sfogo e ora lo fronteggiava con la sicurezza di una guerriera e un sorrisetto maligno.

-Ma io non posso raccontarle nulla- proseguì Harila.-Il mio segreto... verrà con me nella tomba!-

Lui sollevò di nuovo la pistola contro la donna.-Non si muova o sparo!-

Harila scoppiù a ridere.-Sono abituata, non mi farai paura!-

Tseng corrugò le sopracciglia. Si era accorto che lei aveva abbandonato i toni formali e che ora semrava fuori di sé.-Non muoverti- intimò, posando il dito sl grilletto.-Pensa a tua figlia.-

-Mia figlia...- sussurrò Harila, gettando il capo all’indietro e poggiando la testa sul vetro.-Sì... mia figlia- allargò le braccia e lo guardò dritto negli occhi.-Spara!-

-Sei disposta a questo pur di non dirmi niente?!- esclamò Tseng, che ormai aveva deciso di sapere cos’aveva di tanto terribile da nascondere.-Qual è il tuo segreto?!-

-Il mio segreto mi seguirà nella tomba!- rise Harila, e nel momento esatto in cui terminò la frase, la finestra esplose in mille pezzi, e il suo corpo fu sbalzato addosso a Tseng che l’afferrò e ruzzolò all’indietro, fino a sbattere contro la parete alle sue spalle. Il Turk perse la pistola e si accasciò a terra con il corpo di Harila tra le braccia.

-Harila! HARILA!- la chiamò Tseng.

La donna sembrava semisvenuta, e nella sua schiena era conficcati innumerevoli pezzi di vetro scheggiato e affilato, che pian piano si macchiavano di sangue. Lo sguardo del giovane percorse la schiena finchè non intravide uno stiletto piantato tra le scapole.

La girò e la sostenne per le spalle, in modo che la lama non affondasse ancora di più sotto la pressione del suo corpo.

-Shinra...- sussurrò Harila, con voce strozzata.

-No...!- Tseng era incapace di parlare. Avrebbe dovuto proteggerla!

-Se vuoi delle risposte... Silver Gammon... sa solo una parte della storia... l'altra.. Ve...- tossì.- Occupati di mia figlia... di Gofna...-

Tseng la guardò esalare un ultimo respiro, dopodichè, il suo corpo si abbandonò al riposo eterno. Si scostò il cadavere di dosso e si alzò strisciando sulla parete.-Maledizione...-

Corse alla finestra e guardò giù. Non c’era nessuno. Raccattò da terra la pistola e la ripose all’interno della giacca, pensando al nome che aveva evocato Harila prima di morire: Silver Gammon. Era il capo dell’Ombra, nonché il suo fondatore. Doveva trovare un modo di sapere qualcosa in più sul segreto di Harila Nhame e sulla missione che la coinvolse alla ShinRa.

 

(...)

 

Sephiroth camminava al fianco di Genesis, che a sua volta si trovava accanto a Gofna. Mai, in tutta la sua vita si era trovato a desiderare la fine di una missione in modo così vigoroso. Lei non faceva altro che gridare e Genesis bissava ogni sua affermazione, aumentando la già notevole irritazione che provava Sephiroth nei confronti di Gofna. Inoltre, aveva la sensazione che qualcuno li stesse seguendo da quando avevano lasciato la casa di Harila.

Senza rendersene conto, Sephiroth aveva accellerato il passo ed era arrivato alla piazza centrale per primo. Si fermò e aspettò che gli altri due lo raggiungessero, ripentendosi fino allo stremo che quella era una missione, e che in quanto tale doveva portarla a termine senza pensare ai sentimenti.

Gofna gli fece fare il giro della piazza, indicando tutti gli alberghi, i negozi di oggetti e quelli di accessori, e addirittura gli mostrò la taverna dove lei si esibiva la sera con i suoi spettacoli di prestigio.

-La teverna dello Zio Jho!- squittì, indicando una casa che a Sephiroth non destò nessuna emozione.

Genesis era in visibilio. Non perché gli interessasse la taverna, ovvio.

-Una sera potreste venire a vedermi, okay?!- gli disse, improvvisando un balletto.

-Con molto piacere!- esclamò Genesis.

Sephiroth si guardò intorno. La piazza era vuota, perciò chiese a Gofna di spiegargli il motivo.

-Oggi è il giorno del mercato qui a Kalm!- fu la risposta.-Sono tutti a fare spesa! Mia madre è troppo pigra per andarci, quindi manda sempre me!-

-Sì, tutte le madri sono un po’ pigre- concordò Genesis.

-Se lo dite voi- mormorò Sephiroth. Sua madre era morta ancora prima che lui avesse la possibilità di conoscerla. Come poteva sapere se anche lei era pigra?

L’umore del giovane Sephiroth toccò il minimo storico quel giorno.

Tutt'a un tratto qualcuno lo urtò pesantemente.

-Ei!- protestò il platinato.- Stai più attento!-

Una figura incurvata, avvolta in lungo mantello di iuta che le copriva il viso, si voltò e s’inchinò mille volte.-Fate la carità, signore!- si lamentò, protendendo le mani verso Sephiroth, che si scansò immediatamente.

La persona, che parlava con voce roca e sgradevole, si trascinò verso Gofna con fare lacrimoso e tentò di convincerla a darle qualche soldo.

A Sephiroth bastò intravedere una piccola luce brillare all’interno del mantello per capire che doveva sguainare la Masamune. Infatti, il vagabondo un attimo dopo afferrò Gofna alle spalle e le puntò un pugnale dall’elsa argentata al collo.

Gofna prese a strillare e a dimenarsi.

Genesis sfoderò la spada e lanciò un’occhiata confusa a Sephiroth, che era troppo occupato a guardare il pugnale, o meglio, il rubino che si trovava incastonato nell’elsa.

-Tu!- esclamò Sephiroth, portandosi in posizione di attacco.

La bionda era così agitata che l’individuo misterioso faticava a trattenerla. Il cappuccio del mantello gli scivolò indietro e rivelò il viso di Helinor.

-Vuoi stare ferma?!- gridò la ragazza, avvicinando la lama del pugnale a Gofna, che intanto era sul punto di scoppiare in lacrime.

-Lasciamiiii!-singhiozzò Gofna.-Ho pauraaaa! Salvatemiiii!-

Helinor strinse le labbra e le serrò un braccio intorno al collo tanto da farla diventare rossa in viso.

Sephiroth guardò prima Gofna e poi Helinor.-Lasciala andare!- ordinò in tono autoritario.

Genesis si preparò ad attaccare, ma Helinor aveva già capito le sue intenzioni e aveva premuto la lama del pugnale sul collo morbido di Gofna.-Non muoverti-sillabò.

Dentro di sé, Helinor si stava chiedendo perché dovesse uccidere qulla ragazza. Sentiva che Gofna tremava, e probabilmente se l’avesse lasciata sarebbe caduta a terra svenuta.

Un gruppo di insulsi ladruncoli...

Aveva ucciso due dei suoi sei obiettivi: due uomini dediti alla malavita negli angoli più bui di Kalm, ma non capiva proprio qual era lo scopo di uccidere una ragazzina impaurita!

-Chi sei?- le sussurrò all’orecchio Helinor, muovendo appena le labbra.

Gofna era troppo occupata a piangere.

-Dimmi chi sei!- esclamò Helinor, che stava perdendo la pazienza.

La ragazzina disse il suo nome tra i singhiozzi: -Gofna... Gofna Brown!-

Il volto di Helinor assunse un colore simile a quello del latte e la lasciò come se scottasse, con gli occhi sgranati dal terrore.-Come... come hai detto?!- balbettò, ringuainando il coltello con un gesto fulmineo.

Sephiroth colse l’occasione al volo e la colpì con un calcio nello stomaco. Helinor si piegò in avanti, lui la afferrò, la gettò a terra, si lanciò su di lei e la inchiodò al lastricato. Il corpo della ragazza cadde a terra bocconi come un peso morto.

-Non muoverti! -gridò Genesis.

Helinor appoggiò la fronte sulla pietra gelida e chiuse gli occhi.

Gofna, Gofna Brown... Brown... Ryan Brown...

 

-Prendi me, ma lascia stare la mia famiglia!-

 

Sei anni.

 

-Shon, saresti capace di incastonare un rubino sull’elsa di questo pugnale?-

-Sì, ma non ne vedo il motivo.-

 

Erano passati già sei anni.

 

-Allora, com’è stato uccidere per la prima volta?-

-Un’esperienza di cui avrei fatto volentieri a meno.-

-Tranquilla, col tempo ci farai l’abitudine.-

 

Sephiroth la tirò su Helinor di peso perché era troppo sconvolta per muoversi da sola.

-Genesis, dammi una mano- disse Sephiroth, rivolto al suo amico.- Andiamo da Tseng. E tu...- fece, indicando Gofna.- La prossima volta cerca di stare più attenta.-

Gofna tirò su col naso. Helinor le lanciò un’occhiata impenetrabile e si lasciò trascinare dai due Soldier senza opporre resistenza.

 

(...)

 

La scena che si era consumata nella casa di Harila era stata drammatica: Gofna aveva visto il cadavere della madre ed era scoppiata a piangere disperatamente, tentando di avvicinarsi per abbracciarla, ma Tseng si era opposto e l’aveva respinta dicendo che non doveva toccare niente.

Sephiroth aveva raccolto il mantello e la sacca di Helinor e li avevi buttati in un angolo, mentre Genesis guardava con curiosità la ragazza che, seduta su una delle poltrone rosa, teneva le braccia incrociate sul petto e la testa china.

Tseng portò Gofna in cucina e tentò di calmarla.

Sephiroth si avvicinò a Helinor e la squadrò dall’alto. Notò il graffio sul suo collo.

Lei si accorse che gli occhi di Sephiroth si erano soffermati sulla ferita e lo coprì subito con la mano guantata.

-Chi ti manda?- chiese Sephiroth, prandolesi davanti.

Helinor alzò gli occhi e li immerse nei suoi.-Credo che tu lo sappia già.-

-Perché volevi uccidere quella ragazza?- la incalzò Sephiroth, in tono severo.

Lei tacque.

-Non vuoi rispondere, eh?- domandò Sephiroth, incrociando le braccia sul petto.

Di tutta risposta, Helinor voltò la testa da un’altra parte e disse:- Vattene. Piuttosto la morte.-

-Se continui di questo passo, l’avrai di certo- ribattè il Soldier, sarcastico.

-Basta - intervenne Genesis.- Non ti dirà nulla se continui a tartassarla.-

-È una prigioniera, non vedo perché non dovrei farlo.-

I singhiozzi di Gofna non accennavano a smettere.

-Perché qualcuno non le da una botta in testa?- sibilò Helinor, sprezzante.

Genesis sospirò.-Vado a vedere come se la cava Tseng. Sai, tra te e lui, non so davvero chi sia il peggiore nel consolare le persone- disse, suscitando in Sephiroth una certa stizza.

Sephiroth si lasciò cadere sulla poltrona di fronte ad Helinor e la tenne d’occhio per qualche minuto senza dire nulla, poi le domandò:- Sei dell’Ombra?-

-Che t’importa?- fu la pronta replica della ragazza.

-Ci siamo già incontrati- le ricordò Sephiroth.

Helinor gli rivolse uno sguardo gelido.-E allora?-

-Sembri molto giovane-

-Anche tu-

Si scrutarono con sospetto.

-Ho diciassette anni- dichiarò Helinor con voce inespressiva.-Tu non sembri molto più vecchio di me, comunque.-

Sephiroth cambiò argomento:- Da quanto sei nell’Ombra?-

-Quindici anni-

Lui si sorprese. A chiunque sapesse fare le sottrazioni non sarebbe sfuggito che quella ragazza viveva con l’ombra da quando aveva soltanto due anni.

Un po’ come me, che ho sempre vissuto alla ShinRa.

-Sono tanti- fu il meglio che riuscì a dire Sephiroth.

Helinor annuì.- Già-

-Quando arriveremo alla ShinRa, ti costringeranno con la forza a vuotare il sacco- la informò Sephiroth, come se ciò avesse dovuto spronarla a parlargli.-Ti conviene dire tutto senza fare storie.-

-Tutto cosa?- fischiettò Helinor.

-Tutto- ripetè Sephiroth.-Il motivo per cui ci avete attaccati, quello per cui avete ucciso Jenna Brown...-

-Anche tu credi che ci debba essere un motivo per fare le cose?- domandò improvvisamente Helinor, appoggiando le mani con forza sui braccioli della poltrona.-Dimmelo! Anche tu?-

Lui corrugò la fronte. Quella reazione l’aveva lasciato senza parole!

Ora la ragazza lo guardava trionfante, come se avesse finalmente trovato la soluzione a un problema irrisolvibile.

-In genere sì...-

-Lo sapevo!- esclamò Helinor, battendosi un pugno sul palmo della mano.-Allora non sono pazza. C’è qualcuno che la pensa come me...-

-Non credo che sia un pensare molto insolito, il tuo...- disse Sephiroth, spiazzato.-Solitamente ci vuole un motivo per fare le cose.-

Ci fu un minuto di silenzio, poi Helinor scoppiò a ridere. Era una risata vuota e amara, la sua. Sephiroth la conosceva bene.

Helinor s’interruppe bruscamente, la sua espressione si rilassò e lei rimase a fissare gli occhi di Sephiroth, concludendo:- Hai i suoi stessi occhi... soltanto che i tuoi sono più verdi.-

-Suoi? Conosci altri Soldier?- chiese Sephiroth.

-Sì. Ne ho conosciuto uno- gli confessò Helinor.-Mi ha fatto vedere come sono fatti gli occhi dei Soldier. I tuoi sono simili-

-Colpa del Mako- sbottò Sephiroth.

Helinor abbozzò un sorriso.-Sono... belli-

-Belli?- rise Sephiroth.

I tuoi sono belli, i miei sono soltanto il frutto di una tortura in nome della scienza.

-Posso sapere il tuo nome?- domandò Helinor.

-Non è importante- disse bruscamente il Soldier.-Pensa a cosa dovrai dire ai Turks, piuttosto.-

Lei estrasse il pugnale facendo balzare Sephiroth in piedi.

-Voglio dirti qualcosa di me- gli confessò Helinor, rigirando il pugnale tra le dita.

-Non mi interessa-

-Si tratta del padre di Gofna Brown- annunciò lei, sicura che Sephiroth l’avrebbe ascoltata.

Il ragazzo si rimise a sedere, ma non abbassò la guardia.

-Ma in cambio dovrai dirmi il tuo nome- insistè Helinor.

Lui sbuffò.-Sephiroth-

Helinor giudicò sufficiente sapere il suo nome, così gli mostrò il coltello.- Quest’arma apparteneva al padre di Gofna Brown, Ryan. Ricordo che fu il mio primo omicidio in assoluto: avevo dodici anni. L’Ombra a quel tempo si trovava nel Wutai per concludere degli affari, quando il mio maestro mi disse che dovevo trovare un uomo e ucciderlo. Allora non mi ero chiesta perché dovessi farlo. Noi dell’Ombra non dobbiamo chiederci perché facciamo le cose, dobbiamo farle e basta. Comunqnue, gli rubai il pugnale e adesso eccolo qui.-

Sephiroth ascoltò con attenzione, ma giudicò quel racconto troppo breve e privo di spiegazioni utili.- E quindi?-

Lei sorrise furbetta.-Era solo un metodo per farmi dire il tuo nome!- esclamò, accavallando le gambe dopo aver ringuainato il coltello.

-Non vale!- protestò Sephiroth.

-Non volevi dirmelo- gli fece presente Helinor, con una notevole arroganza nella voce.

-Non puoi barattare inutili fatti della tua vita con delle informazioni!- si oppose Sephiroth.

Lei si mostrò irremovibile.-Informazioni? Andiamo, ho solo chiesto il tuo nome!-

Sephiroth fece per ribattere, ma Tseng interruppe la loro chiacchierata.-Genesis mi ha detto tutto.-

-Qual è la nostra prossima mossa?- domandò Sephiroth, accennando a Helinor con la testa.

Tseng guardò la ragazza, che si era nuovamente chiusa in se stessa, poi fece un gesto con la mano verso Sephiroth, invitandolo ad allontanarsi da Helinor.

-Dobbiamo entrare nell’accampamento dell’Ombra- bisbigliò il Turk.

Helinor tese l’udito per ascoltare.

Sephiroth non si scompose.-E come? Ci riconosceranno subito.-

-Harila Nhame mi ha nominato un certo Silver Gammon, che sarebbe il capo dell’Ombra. A quanto pare, lui è l’unico a sapere i particolari di una storia che mi interessa scoprire...-

-Non sarà facile penetrare senza destare sospetti. Ti ricordo che sono già entrati due Soldier nel campo, penserebbero che vogliamo attaccare- commentò Sephiroth, scuotendo il capo.-Non passeremo di certo inosservati.-

-Per questo posso aiutarvi io.-

I due si voltarono verso Helinor.

-Non c’è problema- proseguì la ragazza.-Mi basterà trovarvi qualcosa di adatto.-

Sephiroth era rimasto, per l’ennesima volta in pochi minuti, senza parole. Tseng sembrava sorpreso quanto il suo compagno.

Il Soldier la derise tra sé e sé.

Non dev’essere troppo intelligente.

Helinor si rivolse a Sephiroth.-Se vuoi farmi da scorta perché hai paura che me ne vada...-

-Sarà così- proruppe Tseng, che finalmente vedeva la fortuna girare dalla loro parte.-Trovaci un tarvestimento adeguato. E tu, Sephiroth, controllala in modo che non ci giochi brutti scherzi-

Sephiroth sbuffò. Prima doveva fare da scorta a una ragazzina che si credeva una maga, ora doveva accompagnare una pericolosa criminale. E per l’appunto, Helinor era una pericolosa criminale, e lui non riusciva a capire perché volesse aiutarli a disfarsi di un’organizzazione che ormai era la sua famiglia.

Proprio non riusciva a capire.

-Vi aspetteremo- disse Tseng.-Intanto vado a fare un giro per la casa.-

 

(...)

 

 

Un letto a due piazze con le lenzuola rosa si trovava in fondo alla camera. Sembrava che non vi avesse dormito nessuno: tutto era estremamente ordinato.

Ai due lati del letto c’erano due comodini di legno di castagno.

Tseng, sulla soglia della porta, stava osservando tutto ciò che c’era in quella camera. Non era molto: a parte il letto e i comodini c’era soltanto un armadio e un mobiletto di mogano con dei fiori sopra.

Sul comodino alla sinistra del letto c’era una cornice d’argento. Dentro, la foto di due giovani donne. Il Turk si avvicinò e la prese in mano. I soggetti ritratti avevano almeno vent’anni: una doveva essere Harila, vista la somiglianza con Gofna. Bellissima, senza dubbio. La sua compagna era molto meno bella, molto meno bionda e molto meno alta, tuttavia aveva qualcosa nello sguardo e nel sorriso che la rendeva molto affascinante. Entrambe ridevano e sembravano felici. Harila era facilmente riconoscibile, ma chi era la donna al suo fianco?

Aveva come l’impressione di averla già vista... aveva un viso rotondo, incorniciato dai capelli castani tagliati a caschetto che le ricadevano in ciuffi disparati davanti agli occhi celesti, luminosissimi. I lineamenti del volto erano delicati, il naso piccolo e la bocca carnosa. Era vestita come un uomo, probabilmente era una guerriera.

Un rumore alle sue spalle lo fece trasalire.

-Quella è un’amica di mia mamma!- esclamò Gofna, con allegria.

Tseng si voltò e la sondò con lo sguardo, perplesso. Sua madre era appena morta e già si era ripresa? E dire che fino a un attimo prima aveva pianto come una fontana... forse non era così fragile come credeva Harila.

-Sai come si chiama?- domandò Tseng.

Gofna si portò una mano alla base del suo cappello e sorrise.-Mi piacerebbe saperlo!  Mia mamma non parlava mai di lei!-

-Allora come sai che erano amiche?-

-Una volta l’ho sentita chiedere perdono alla fotografia!- gridò Gofna, con un sorriso radioso.-Era così buffo! È stato allora che l’ho scoperto!-

-Quindi non sai il suo nome?-

Gofna gli prese la foto di mano e la guardò con aria dubbiosa.-Mia mamma era veramente assillante! Non abbiamo più viaggiato dalla morte di mio padre... lei ha sempre avuto paura di uscire da casa! Avrei voluto conoscere anch’io la sua amica, forse con lei avrei potuto fare qualcosa di divertente. Sai, mia mamma non apriva mai a nessuno, neanche al postino!-

-Già... ma non è servito a niente- disse Tseng.

Gli occhi di Gofna si riempirono nuovamente di lacrime.-Chi può aver fatto una cosa del genere? E chi è quella ragazza che mi ha attaccato?-

Un’idea improvvisa fulminò Tseng, che allungò la mano per riprendersi la fotografia.-Ridammi quella foto!-

-Uh? Hai scoperto qualcosa?-

-Dammela- ordinò Tseng.-Questa donna... ecco perché mi sembrava di averla già vista.-

 

 

 

Angolino dell’autrice

Scusate il capitolo piuttosto lungo... in realtà questo doveva essere diviso in due, ma visto che mi venivano entrambi troppo corti, ho deciso di unirli. Beh, spero che non sia troppo incasinato, visot che racconta di due giorni diversi...

 

Kairih: U.u come non c’è bisogno? C’è bisogno eccome. Devo sdebitarmi in qualche modo, e dedicarti un video (o una fic), è il modo migliore per farlo! :-D

Comunque... Zack ed Helinor come amanti? U.u Facciano loro, io non li costringo... so che sembra strano, ma mentre scrivo i personaggi è come se si muovessero da soli nella mia testa. Boh... vammi a capire, sono un caso patologico  XD

Un grande abbraccio!

 

the one winged angel: O.o scusa!!! È che sono arrivata più avanti con la storia e non mi ricordavo bene a che capitolo erano... beh, mi scuso con questo iper capitolo interamente dedicato a loro XD

xd xd Eh già, Angeal e gli orsi XD. Non è molto strano che Helinor non capisca certe cose. Le sente, ma non le capisce. Questo perché essendo una persona prova sentimenti, ma non avendogli mai dato un nome non sa come si chiamano. Secondo me non si può imparare a non avere sentimenti, perché fa parte della natura umana.

, Kay si darà una svegliata, non preoccuparti! XD Altrimenti gliela diamo noi!

Mmmm... vediamo se ho qualche cosa nel mio laboratorio che può fare al caso nostro... *se ne va e ritorna con un manuale: “Giochiamo con l’argilla”* em... avevo solo questo... non mi sono mai interessata molto di scultura... XD

Alla prossima nipote! Ti farò sapere com’è venuta la statua!

Bacioni

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

“Ci sono solo due modi per conquistare il mondo: i soldi e il potere.”

Shinra

 

 

Era solo un’anziana... Uriah... sei stato tu a fare questo?

-Perché il cieco lo devo fare io?- domandò bruscamente Genesis.

Helinor smise di guardare il cadavere di Harila e si voltò verso il Soldier, disorientata. -Cos’hai detto?-

Sephiroth, Tseng e Gofna si erano raggruppati intorno alla sacca di Helinor, che poco prima era stata riempita di vestiti per i travestimenti.

Sarebbe stato difficile nascondere gli occhi dei Soldier, così Helinor e Sephiroth avevano inventato qualcosa che avesse nascosto almeno quelli di Genesis, più facilmente riconoscibili rispetto a quelli del compagno. Le iridi di Sephiroth erano troppo particolari perché Gammon li riconoscesse, bastava stare attenti che non si guardassero troppo l’un l’altro e probabilmente la farsa avrebbe retto.

Helinor si avvicinò al gruppo e li guardò uno a uno. -Dovete stare attenti a come parlate in presenza del maestro. Lui detesta chi gli manca di rispetto. -

-Lo terremo a mente- rispose Tseng, prendendo in mano i suoi abiti.

Genesis sventolò in aria una fascia di stoffa nera. -Devo davvero mettermela in faccia?-

-Genesis, piantala- ordinò seccamente Sephiroth.

Helinor annuì.-I tuoi occhi sono riconducibili a quelli dei Soldier. Con quella puoi tenerli nascosti. -

-E i suoi no?- chiese Genesis, indicando l’amico.

-Non abbiamo altro modo se non tentare la fortuna-, disse Helinor, posando lo sguardo su Sephiroth.-Quelli di Sephiroth sono molto particolari. Il maestro non ci ha mai insegnato nulla su come riconoscere un Soldier, ma questo non significa che lui non sappia niente al riguardo.-

Tseng armeggiò con la camicia di lino e la stese davanti agli occhi per dargli un’occhiata.-Così ci camufferemo. Genesis, mi raccomando, non parlare se non ti viene richiesto.-

-Ei!- protestò Genesis, che intanto si era piegato sulla borsa e ne aveva tirato fuoi una casacca di feltro.- Con questa morirò di caldo- sbottò.

Sephiroth imbracciò i suoi vestiti e non disse nulla.

Gofna prese un vestito di lino verde e si lasciò sfuggire un’esclamazione di gioia.-Questo è il mio colore preferito!-

-Andiamo a cambiarci- disse Tseng.

-Venite! Faccio strada!- schiamazzò Gofna, indicando il corridoio adiacente al salotto con un dito.

Genesis fece per seguirla, ma Tseng lo trattenne per un braccio e gli disse:- Aspetta. Tu sarai l’ultimo, ho bisogno di qualcuno che tenga sotto controllo la ragazza.-

Il Soldier sbuffò, ma non oppose resistenza. Sephiroth gli lanciò un’occhiata di sfuggita prima di scomparire nel corridoio.

Helinor tornò a guardare il corpo di Harila con angoscia. Lei non era riuscita a uccidere Gofna. Perché? Cosa stava succedendo? Eppure non trovava più così difficile togliere la vita a una persona. Posò la mano sull’elsa del pugnale e chiuse gli occhi.

Zack.

Non vedeva l’ora di incontrarlo di nuovo, di parlargli, di scoprire altre cose sul mondo dei sentimenti. L’amicizia... non l’aveva mai sentita nominare, però sapeva che era viva in lei. Uriah era suo amico, ormai era certo. Voleva scoprire di più sull’amicizia, voleva essere amica di Zack!

-Insomma...- esordì Genesis, affiancandola con una certa insicurezza.-Come ti chiami?-

-Helinor Hinari- si presentò lei, senza smettere di osservare il viso cereo di Harila.

Dalla finestra rotta filtrava una leggera brezza che giocava dolcemente con la treccia di Helinor.

-Io sono Genesis Rhapsodos- si presentò il Soldier, scrutando la ragazza con un pizzico di riservatezza che si addiceva più a Sephiroth che a lui.

Helinor voltò la testa verso di lui e sorrise flebilmente.-Ti è andata giù la storia del tuo travestimento?-

-No- si affrettò a rispondere il ragazzo, con irritazione.-Però suppongo che non abbia altra scelta.-

-Se ci pensi non è poi così male- ridacchiò Helinor.

Genesis arcuò un sopraccigliò, poi sorrise anche lui.-Sai, volevo chiederti una cosa... posso?-

Lei si accigliò.-Dipende-

-Non agitarti. Volevo soltanto chiederti se conosci un Soldier di nome Angeal.-

Helinor ci pensò su. Non ricordava di conoscere qualcuno con quel nome, quindi rispose con sincerità:- Mi dispiace.-

Eppure quel nome non le era nuovo... Angeal... le sembrava che avesse qualcosa a che fare con gli orsi...

-Capisco, non era importante...- mormorò Genesis.

I due rimasero in silenzio, poi il ragazzo accennò a Harila con un gesto della mano. -L’hai uccisa tu?-

-No!- esclamò Helinor, di getto.

-Allora chi...- cominciò Genesis, ma un rumore di passi lo fece tacere.

Sephiroth era stato molto veloce a cambiarsi. Indossava una sobria maglia di cotone giallognola e sotto un paio di pantaloni alla zuava marroncini legati alla vita da una cintura di cuoio. In mano teneva la Masamune e i suoi abiti normali, rigorosamente neri. Helinor lo guardò perplessa. -Dove intendi andare con quella?- chiese, indicando la Masamune.

-E dove la metto?- replicò Sephiroth, in tono sarcastico.

-Potresti anche usare una spada un po’ più corta.-

-Io vado a vestirmi- li informò Genesis.

Sephiroth gli disse:- In fondo al corridoio.-

-Sei facilmente riconoscibile. Ti ricordo che un mio compagno ti ha già visto, anche se di sfuggita e di spalle, se non ricordo male.- disse Helinor all’indirizzo di Sephiroth, prima di correre verso la borsa e cominciare a cercare qualcosa al suo interno. Ne estrasse un basco grigio e glielo tirò.

Il ragazzo afferrò il cappello, poi chiese:- Cosa dovrei farci?-

-Mettilo- intimò Helinor, tornando da lui con solerzia.-Nascondici dentro i capelli. Sono troppo lunghi e particolari. Se non vuoi che te li tagli...-

-Ho capito il concetto- sbottò Sephiroth, infilandosi il basco in testa con un gesto brusco. Sephiroth ed Helinor si guardarono a lungo, poi lei sorrise.

-Ora va bene- valutò lei.-La prossima volta ti procurerò una parrucca.-

Sephiroth chinò il capo.-Non mi hai ancora detto il tuo nome.-

-Helinor- rispose lei.

Lui esibì un sorrisetto ironico.-Non ci sarà una prossima volta, Helinor. E poi non mi fido molto di te, a dirla tutta.-

Sì, lo so bene.

-Fa come vuoi- ribattè Helinor, poi si mise le mani sui fianchi e si chiuse in un religioso silenzio.

Tseng irruppe nella sala tra le grida di Gofna.

Genesis si allargava il colletto della casacca con fare infastidito, borbottando parole indecifrabili.

-Ripassiamo il piano!- annunciò il Turk.

-Abbiamo un piano?- domandò Gofna, sorpresa.

Helinor le scoccò un’occhiataccia.-Ancora non capisco perché deve venire con noi.-

Gofna si nascose dietro le spalle di Tseng e rivolse una smorfia dispettosa verso Helinor.

-Non c’è un motivo preciso- disse il ragazzo, spostandosi vicino a Genesis che ancora lottava contro la sua veste.-Vorresti lasciarla qui?-

-Devo proprio rispondere?- chiese Helinor, in tono acido.-Ma se urla tappatele la bocca. Vi ricordo che la mia missione era quella di farla fuori. Potrei anche ripensarci e portarla a termine.-

-Genesis, ti affido il compito di controllare questa ragazza. Mi raccomando- disse Tseng, in tono pacato.-E tu, Sephiroth, controllerai la ragazza dell’Ombra.-

-Ho un nome e un cognome per tua informazione.-

-Non mi interessa né l’uno né l’altro- ribattè Tseng, seccamente.- Adesso ricordatevi le parti: Genesis, tu sei mio cugino, cieco fin dalla nascita. Non togliere quella benda per nessuna ragione al mondo.-

-Ricevuto- sbottò Genesis, lasciando trapelare tutta la noia che provava nei confronti del suo ruolo.

-Sephiroth. Tu sarai un commerciante.-

-Poco credibile come commerciante- fu il commento di Genesis.

-Posso farlo- rispose Sephiroth, ignorando il suo amico.

Tseng annuì.-Devi farlo. E Gofna, tu sarai...-

Lei tirò fuori il suo cilindro verde dal nulla e se lo mise in testa urlando a squarciagola:- Gofna Brown! Maga professionista!!!-

-Questa cosa inizia a darmi fastidio- biascicò Genesis, guardando Gofna  allibito.-Da dove lo prende quel cappello?!-

- Non puoi usare il tuo vero nome!- ammonì Helinor, in tono stentoreo.- Tu sei uno degli obiettivi che mi avevano commissionato di uccidere, conoscono perfettamente il tuo nome!-

-Sanno anche com’è fisicamente?- domandò Tseng.

Helinor scosse la testa.-Sapevo solo il nome.-

Sephiroth si fece diffidente.-E come hai fatto a trovarla?-

-Avevo una mappa che mi indicava questa casa, e poi vi ho seguiti. Strilla così tanto che è impossibile non sentirla.- replicò Helinor, con un sorrisetto ironico.

Tseng perforò Helinor con gli occhi.-Dunque ci aiuterai? Sei sicura?-

La ragazza abbassò lo sguardo e gli diede le spalle.-Ho dato la mia parola.-

-Dimmi perché dovremmo crederti!- esclamò Sephiroth.

Helinor si voltò di scatto verso di lui e lo guardò con occhi di ghiaccio.

-Basta!- ordinò Tseng.-Possiamo solo fidarci di te. Sei l’unica che può farci entrare senza costringerci a fare spargimenti di sangue.-

-Voi non attaccherete il campo, vero? Dovete soltanto avere informazioni...- chiese Helinor.

Sephiroth chinò il capo in segno di sdegno. Quelli dell’Ombra non avevano esitato ad attaccare la ShinRa, se ben ricordava.

-Per ora no- la tranquillizzò il Turk, senza mostrare alcuna emozione.- Ma se saremo costretti a combattere, nulla ci asterrà dal farlo. Darò l’ordine ai miei Soldier di non fare prigionieri, se necessario.-

Helinor arretrò di un passo e sgranò gli occhi.

Fa sul serio!

-Non preoccupatevi- disse Helinor, in tono piatto.-Avete la mia parola...-

-Mi basta questo- fece Tseng, soddisfatto.

Sephiroth guardò Helinor con aria ostile. Perché fidarsi? Stava tradendo la sua famiglia, perché pensare che non avrebbe tradito loro?

Calò il silenzio. Perfino Gofna era ammutolita di colpo.

Tseng porse la fotografia che aveva trovato sul comodino di Harila a Helinor e le domandò:- conosci la donna con i capelli castani?-

Helinor guardò prima lui e poi la foto, dopodichè la prese, la osservò attentamente e disse:-No.-

-Sei sicura? Non potrebbe essere tua madre?- la incalzò Tseng.-Ti somiglia.-

-Impossibile!- esclamò Helinor, ridandogli la foto in modo sgarbato.-Se mia madre avesse fatto parte dell’Ombra, il maestro me l’avrebbe detto!-

-Come sai che quelle donne fanno parte dell’Ombra? Io non te ne ho ancora parlato- osservò Tseng, analizzando con attenzione le reazioni di Helinor.

-Queste tende alle loro spalle sono quelle del nostro accampamento- rispose Helinor stancamente.-E ora riprenditi questa... cosa. Non può essere mia madre. Io non ricordo neanche dove abitavo, prima di entrare nell’Ombra. Il maestro mi ha accolta perché lei se ne è andata, abbandonandomi. E adesso mettiamoci in cammino. Non ho tempo da perdere in chiacchiere io, oltretutto devo incontrare il mio compagno.-

-Il tuo compagno?- fece eco Gofna.

-Uriah. Probabilmente è lui che ha ucciso tua madre- aggiunse Helinor, divertita. Provava uno strano piacere nel vedere gli occhi di quella ragazzina riempirsi di lacrime. Chissà perché. In quel momento si stava comportando proprio come Nara.-A proposito- aggiunse, rivolta a Tseng.-Non farti riconoscere da Uriah. Ti ha già visto alla ShinRa.-

Il Turk guardò la foto. Harila Nhame e la sua compagna. Un mistero da risolvere.

 

(...)

 

 La tenda si aprì, lasciando entrare uno spiraglio di luce accecante. Il sole sembrava essere tornato alla carica.

Entrò Nara, fiero e impettito, seguito da Gammon e dall’esile Taiji, che teneva lo sguardo legato al pavimento.

Angeal si alzò immediatamente e portò una mano sull’elsa della spada.

-Frena i bollori, giovane amico!- esclamò Gammon.-Sono venuto qui per parlare con voi.-

-Alla buon’ora!- disse Zack.

Kay si nascose in un angolo come un cagnolino tremante. Nara lo beffeggiò con lo sguardo.

-Avete riflettuto sull’offerta della ShinRa?- domandò Angeal con circospezione. Non si sarebbe lasciato ingannare per la seconda volta di seguito.

Gammon si raggelò all’istante, affondò una mano nella grande tasca della sua casacca e ne estrasse una busta bianca, affrancata da un sigillo di cera violacea.-Vi lascio liberi di andare e di non tornare mai più in questo accampamento- disse, porgendo la lettera ad Angeal.

Gli occhi del Soldier si posarono sul sigillo mente afferrava la busta. Fece per aprirla, ma Gammon lo fermò:- Quella è per il tuo presidente! Non aprirla per nessuna ragione al mondo, ragazzo. Consegnala a lui e digli che è da parte di Silver Gammon.-

-Cos’è?- chiese Zack, tentando di rubare la lettera dalle mani di Angeal.

-E tu, bambino- rise Gammon, facendo innervosire Zack- non ficcare il naso in affari che non ti riguardano- schioccò le dita.- Taiji! Falli uscire di qui!-

Taiji annuì e uscì seguito dagli altri, lasciando Kay di nuovo da solo.

Gammon si fermò davanti alla tenda e guardò per un po’ i due Soldier e Taiji che si dirigevano verso l’uscita dell’accampamento, dopodichè si rivolse a Nara:- Devi fare una cosa per me.-

Nara sogghignò.-Comandi- rispose.

-Ho bisogno che tu vada a Junon e che consegni un messaggio a un ambasciatore del Wutai- disse Gammon, sovrappensiero.- Un messaggio da parte mia.-

Una scintilla sinistra guizzò nei suoi occhi neri.-Lasci fare a me, maestro.-

-Bene. Mi fido di te, ragazzo- lo informò Gammon, battendogli una mano su una spalla.-Torna il prima possibile, presto ci sarà la festa di plenilunio.-

-Ho capito- disse Nara, si inchinò e insieme con il Gammon si diresse verso il padiglione centrale.-Maestro... se posso chiederle... cosa c’era scritto in quella lettera?-

Gammon sorrise affabile.-Un piccolo segreto tra me e il presidente Shinra. Una cosa che gli ricorderà chi sono. Adesso vieni e non fare domande.-

Nara ubbidì.

 

(...)

 

Lo strano gruppo, composto da una criminale, due Soldier, una maga e un Turk, si avviò per una stradina di Kalm che li avrebbe condotti fuori dalla città, dove Helinor sapeva che Uriah la stava aspettando.

Per qualche strana ragione, Gammon accettava i viandanti nel suo accampamento di buon grado e gli offriva ospitalità. Helinor aveva deciso di far leva su quel vizio del suo maestro, e con Tseng aveva macchinato di presentargli il resto del gruppo in qualità di pellegrini senza i Guil necessari per permettersi un riparo. Era già successo che Gammon lasciasse sostare viaggiatori stanchi nel campo, quindi Helinor non aveva dubbi che il piano avrebbe funzionato; bastava soltanto che non riconoscesse i Soldier, altrimenti sarebbero stati guai seri sia per loro, sia per lei.

Helinor camminava e guardava le case ordinate ai lati della strada con aria febbrile. Stava tradendo il suo maestro? Sì, lo stava facendo. Anzi, stava tradendo l’intero accampamento, aiutando i loro nemici. Come le era saltata in mente un’idea del genere? Era folle... ed eccitante. Sentiva dei brividi per tutto il corpo e il cuore le batteva velocemente. Erano sensazioni nuove, e lei voleva provarle tutte. Una volta il maestro le disse che un guerriero non deve avere emozioni, perché in un combattimento, o muori tu, o il tuo nemico. Le aveva detto anche che in guerra, tutti quelli che non sono tuoi alleati sono tuoi nemici, e per questo devi abbatterli prima che loro facciano lo stesso con te. Adesso però, grazie alla spiegazione di Zack, poteva vedere molte cose sotto una nuova luce.

-Il tuo capo si chiama Gammon, vero?- chiese Tseng, in una delle sue tante domande.

-Silver Gammon- completò Helinor.-Ma non ci azzardiamo a chiamarlo capo. È il nostro maestro.-

-In che senso?-

-Quando era più giovane, lui ci allenava a combattere e ci addestrava alla guerra- rispose lei, con un’alzata di spalle.-Così abbiamo cominciato a chiamarlo con l’appellativo di maestro. Adesso ha smesso di allenarci e ha affidato il compito a una persona del campo.-

-Io non ho capito dove dobbiamo andare!- esclamò Gofna.

Helinor la ignorò.-Ieri ho ricevuto l’incarico di uccidere sei persone che secondo il mio maestro non avevano pagato dei debiti con la nostra organizzazione. Tra questi figuravano la ragazza- e indicò Gofna che passeggiava con disarmante tranquillità- e sua madre, Jenna Brown o Harila Nhame, non ho ben capito com’è la questione del nome...-

-non sapevi niente su di loro?- chiese ancora Tseng.

Helinor scosse la testa.-Il mio compito non è quello di fare domande: le cose si fanno e basta, anche senza un motivo.-

Sephiroth la guardò lievemente accigliato. Ricordava perfettamente come aveva risposto quando le aveva chiesto il motivo della loro incursione alla ShinRa.

Anche tu credi che ci debba essere un motivo per fare le cose?

Ora si spiegava tutto. Evidentemente Helinor era una di quelle menti troppo indipendenti che vivono in un posto in cui la libertà di pensiero è tenuto sotto controllo. Una testa intraprendente, insomma, che probabilmente non avrebbe mai trovato il suo posto nel mondo.

-Quindi suppongo che sia inutile cercare di sapere perché avete attaccato la ShinRa- concluse Tseng.

-Esatto. L’abbiamo fatto e basta- biascicò Helinor, e il tono con cui pronunciò le ultime due parole fece intendere a Tseng che non aveva altro da aggiungere.

-Ei, secondo voi come potrei chiamarmi?!- strillò Gofna mentre faceva roteare il cilindro con la mano destra.

Helinor voltò lievemente la testa verso Gofna, che si trovava alle sue spalle.-Perché non usi Karima?-

-Karima?- fece eco Gofna.

-Lo trovo un nome molto bello- disse Helinor, abbozzando un sorriso tetro.

-Va bene! Mi chiamerò Karima!- esclamò Gofna, saltellando verso Helinor.-Grazie del consiglio! E io che credevo di non piacerti affatto!-

Non mi piaci, infatti.

Gofna trotterellò fino a raggiungere l’altra ragazza e la prese sottobraccio, facendo sfuggire a Tseng e a Genesis un’esclamazione di protesta.

Helinor si liberò con uno strattone non appena avvertì il contatto con Gofna e si scansò da lei finendo quasi addosso al Soldier platinato.

Il gruppo si fermò.

Gofna stava per scoppiare a piangere; i suoi occhi verdissimi, con grande disappunto di Sephiroth, si erano già riempiti di lacrime. Un altro piagnisteo era l’ultima cosa che desiderava sentire da quella voce squillante.

Helinor storse il naso e si rimise in marcia con il cuore che batteva all’impazzata, stavolta a causa della rabbia. Quella ragazza era la figlia della sua prima vittima! E la foto che le aveva mostrato Tseng... non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine della donna di fianco ad Harila. Le somigliava così tanto... era un caso? Forse era una zia, una bisnonna, una cugina! O meglio era una coincidenza... sì... doveva essere così! Maledizione, non poteva essere sua madre... sua madre non aveva mai avuto niente a che fare con l’Ombra... oppure sì?, le suggerì una vocina interiore.

Sentì soltanto confusamente il pianto dirotto di Gofna e non se ne preoccupò. C’era qualcosa che le suggeriva di detestare quella ragazza, eppure non la conosceva neanche.

Tseng trascinò Gofna per la stradina, esasperato.

-Potresti evitarci queste scene madri?- fece Sephiroth non appena fu abbastanza vicino a Helinor.

-Non sono scene  madri, è lei che piange per ogni cosa. Si comporta come una bambina piccola e viziata- replicò Helinor, senza guardarlo.-Sembra si sia completamente dimenticata che sua madre è appena morta...- aggiunse poi, tra i denti.

Genesis si allontanò da Tseng e da Gofna e affiancò Sephiroth, che rivolse a lui la sua attenzione.

-Secondo te incontreremo Angeal?- fu la domanda di Genesis.

-Non lo so. Forse-

-La ragazza dice di non conoscere nessuno con quel nome- disse Genesis, deciso a continuare quella conversazione a tutti i costi.

-Ora ricordo!- s’intromise Helinor.-Dev’essere il maestro di Zack.-

-Zack? Zack il marmocchio?- chiese Genesis.

-Sì- confermò Helinor, annuendo vigorosamente.-Ma non è un marmocchio...-

Genesis fece una smorfia in segno di disapprovazione.-Questo lo dici tu.-

-Non dargli retta, è solo geloso- rincarò Sephiroth con un sorrisetto.

Helinor arcuò le sopracciglia, perplessa.-Geloso? Che vuol dire?-

I due Soldier si voltarono verso di lei, ancora più perplessi.

-Che vuol dire “che vuol dire”?- farfugliò Genesis.

Lei arrossì e abbassò lo sguardo.-Scusatemi-

Sephiroth la osservò attentamente.

Che strano tipo...

-Comunque... ho conosciuto i vostri compagni... Angeal e Zack. Sono...- Helinor esitò mentre sceglieva con cura le parole da usare- ospiti... del maestro.-

-Ospiti?- fece eco Sephiroth, sospettoso.

Genesis gli diede una pacca sul braccio.-Vuoi smetterla di essere sempre così noioso? Se dice che sono ospiti, sono ospiti!-

-Se lo dici tu...- borbottò Sephiroth.

Helinor sorrise nervosamente. Non aveva voglia di gettare altra carne al fuoco dicendo la verità.

Intanto Gofna aveva smesso di piangere e aveva ripreso a raccontare tutti gli spettacoli di magia effettuati dalla sua nascita a quel momento. Assicurò a Tseng che un giorno gli avrebbe mostrato tutti i suoi trucchi e che prima o poi gliene avrebbe insegnato uno. Dal canto suo, Tseng non la contraddì mai, così da evitare un altro pianto disperato e inutile; si limitò ad annuire e a rivolgerle un sorriso di circostanza in modo da compiacerla e farla tacere.

Helinor si chiuse in silenzio per tutto il resto della camminata, mentre Genesis, che già allora era un grande appassionato dell’epica, raccontava a Sephiroth la sua ultima, avvincente, lettura. Quel discorso impengò sia Sephiroth, che si lasciò sfuggire una serie di acute battutine ironiche, sia Helinor, che sebbene non parlasse ascoltava Genesis affascinata, ed andò avanti per tutto il tragitto finchè non arrivarono nei pressi delle porte della città. Genesis indossò la fascia sospirando e lasciò che Tseng lo prendesse sotto braccio e lo guidasse verso l’uscita di Kalm. Lì intorno c’era Uriah che stava mettendo una grossa e rossa X su uno dei pallini segnati sulla mappa che teneva in mano. Non appena sentì i passi del gruppo di Helinor, alzò lo sguardo e fissò tutti con aria corrucciata.

Lei gli si avvicinò cautamente e indicò il resto del gruppo.-Sono viandanti. Hanno bisogno di un riparo e ho pensato che forse il maestro poteva dargli una mano...-

Il ragazzo mise via la mappa e guardò le persone alle spalle della compagna.-E voi sareste?-

Tseng parlò per primo.-Mi chiamo Tseng e lui è mio cugino Genesis. Siamo due pellegrini, ma mio cugino è cieco e stanco e noi non possiamo permetterci un riparo...- mentì. Helinor lo guardò soddisfatta perché aveva recitato in modo sublime; Uriah lo squadrò con un certo riserbo.-Non ci siamo già visti?- chiese.

Il Turk non perse la calma neanche per un attimo: -Impossibile.-

-Se lo dici tu...- grugnì Uriah.- E voi due?-

-Io sono Karima Stuart!- gridò Gofna, saltellando allegramente.-Sono una maga professionista che viaggia in giro per il mondo!-

-Una maga, eh?- shignazzò Uriah, che non aveva mai creduto all’esistenza della magia, neanche quando l’aveva vista con i propri occhi.-E tu?-

-Un commerciante- borbottò Sephiroth, calandosi la visiera del cappello sulla fronte.

-Ah sì?- domandò Uriah, con uno sberleffo sulle labbra.- E cosa vendi? Roba trasparente?-

-Uriah...- lo apostrofò Helinor.

-Per me potete anche venire...- dichiarò Uriah, ignorando la compagna.-Tanto il maestro sarà sicuramente d’accordo.-

Helinor gli sorrise.-Bene!- si mise in disparte per far passare il gruppo, ma non appena fece per seguirli, qualcuno le passò accanto, urtandola.

Uriah le afferrò un braccio con forza e indicò gli altri.-Spero che tu sappia quello che fai.-

Lei deglutì e il cuore le sprofondò nello stomaco, mentre il compagno la lasciava, le lanciava uno sguardo severo e si incamminava dietro agli altri, allontanandosi con il suo passo leggero e veloce.

 

 

 

Angolino dell’autrice:

E anche questo è finito e corretto XD Almeno credo che lo sia... la sottoscritta sente che le scorre nelle vene una grande ispirazione letteraria. Credo che prima o poi mi deciderò a pubblicare un lavoro originale, oltre alle fic... ma prima voglio finire questa storia. Al di là che possa o no piacere, lo considero un lavoro che costituisce una svolta nel mio stile di scrittura... ma questi sono pensieri miei. Ringrazio Kairih e the one winged angel che hanno sempre la pazienza di recensire XD e KiaElle che spero continui a seguire la storia anche da lontano (anche se sono molto arrabbiata con lei perché non mi ha portata con sé XD).

Come al solito invito a lasciare una recensione, non tanto per il commento in sé, ma perché lo considero un’occasione per crescere. Non mi faccio certo buttare già da qualche critica negativa, sono dell’idea che più opinioni ci sono, meglio sia.

 

Kairih: Sempre troppo modesta!!! La recensione è stupenda, non avrei saputo chiedere di meglio! ^_^ Hai azzeccato la coppia! Ma non mi interessa tanto il rapporto in sé quanto tutto quello che c’è prima. Intendo inserire l’amore come ultimo passo, perché mi piace analizzare come si sviluppano i sentimenti, e poi mi risulta difficile vedere Sephiroth preso da qualcuno che considera un nemico. Per ora non faccio spoiler, ma verrà anche il momento della coppia! Sai, in realtà volevo far stare Helinor con Tseng, però per come mi era venuto il personaggio ho deciso che sarebbe stata meglio con Sephiroth.

Gofna non mi piace. Sebbene sia un personaggio inventato da me, è proprio come hai detto tu... non sono un fan del genere. A questo fa eccezione Aerith, perché l’adoro anche io!! *-* Alcuni lati del carattere di Gofna sono ancora tutti da scoprire, credimi. U.u

I tuoi complimenti valgono moltissimo, ormai lo sai XD E soprattutto non smetterò mai di ringraziarti per il commento su Youtube! Magari un giorno che ci sentiamo su msn ti chiederò qualche consiglio in modo più preciso... >.<

La festa però dovevi farla ç_ç I 18 non si festeggiano tutti i giorni...! Beh, non intendo una festa con ventotto milioni di invitati, ma gli amici più cari... (ad esempio c’è mio fratello che inviterebbe tutta la regione... XD). Un grandissimo abbraccio, tesoro! E grazie mille per tutto! ^______^

 

the one winged angel: NIPOTE! Ci manca solo che ti metti a strillare come Gofna XD

Sono felice che ti sia piaciuto il capitolo, con tutta la figuraccia di Tseng! XD Anche lui è giovane... (avanti, usiamo una scusa a caso per difenderlo... XD)

Sai, ho finito la statua durante questa settimana (dovevo farlo, visto che ho pagato il materiale per costruirla) *indica un ammasso confuso d’argilla che più che a Tseng somiglia a un esemplare di Molboro* purtroppo però non è venuta molto bene è_è!

Em... XD Lasciamo da parte la scultura, non credo che avrei molto successo... la metterò nel mio laboratorio segreto...

U.u Ammetto il tocco di feeling che si è creato tra Helinor e Sephiroth, ma non credo che fiorirà tanto presto... anzi, a non so che capitolo (io sono arrivata all’undicesimo), non saranno neanche amici, quindi non c’è ragione di essere gelosa. Helinor mi piace troppo per eliminarla, ma Gofna possiamo anche toglierla di mezzo. Inoltre, non sai quanto mi ha spillato Sephiroth per prendere parte a questa fic (eh eh- nd Spehiroth), ma ti assicuro che ho dovuto vendere metà del mio armamentario nel laboratorio segreto per pagarlo (compreso il manuale “giocare con l’argilla” e il libro di Zack “mille battute divertenti per calmare il tuo superiore”... l’ultimo l’ho venduto a Angeal, che finalmente ha scoperto come fa Zack a combinare guai su guai e a passarla liscia XD)... Magari vedo se alla fine della storia riesco a trovare qualcosa di utile! XD Un’ultima cosa... volevo chiederti se sei registrata su Youtube. Il mio laboratorio segreto si trova lì! XD

Un bacione da zia Tico

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

“Mi sono occupato di lui fin da quando era bambino. Per me, è il figlio che non ho mai avuto.”

 

Nhat

 

Delle novità che accolsero Helinor al suo ritorno nell’accampamento, una le fece immensamente piacere, l’altra le infuse una tristezza mai provata prima.

La notizia buona era che Nara sarebbe stato assente dall’accampamento per qualche giorno, almeno fino alla festa di plenilunio, che si sarebbe tenuta entro sette giorni; la notizia cattiva era che Zack se n’era andato, era tornato a Midgar alla ShinRa. Era un peccato, perché Helinor gli avrebbe voluto chiedere tante altre cose sui sentimenti, non ultimo quello che stava provando in quel momento, un’emozione strana, che lei non sapeva come definire e che chiunque altro avrebbe denominato come frustrazione. L’unica persona diversa se ne era andata. La simpatia travolgente di Zack le sarebbe mancata, soprattutto perché sperava di diventare sua amica...

Pensava a tutto questo mentre passeggiava avanti e indietro davanti all’entrata del padiglione centrale, con le due guardie che la guardavano incuriositi.

Uriah se ne stava da una parte con lo sguardo basso e le braccia incrociate sul petto.

Helinor si fermò e rivolse a lui la sua attenzione. Non aveva mai capito perché anche lui ce l’avesse tanto con la gente della ShinRa.

Non appena Uriah notò di essere osservato da Helinor, girò sui tacchi e si diresse verso la sua tenda.

Perfetto, ora ce l’ha con me... probabilmente ha riconosciuto Tseng e farà saltare il piano.

-Helinor-

Taiji spuntò alle sue spalle con un sorriso forzato sulle labbra.-Ho saputo che la missione è andata a buon fine- era appena uscito dal padiglione centrale.

Lei annuì senza troppa convinzione.-Non era difficile. Grazie per la mappa, mi è stata molto utile.-

-Mi fa piacere- disse Taiji.

Era alto poco meno di Helinor, e sul suo viso sembrava che fossero passati cent’anni di sofferenze, eppure, nonostante le apparenze, Taiji riusciva a superare il dolore con dignità e forza d’animo. Ad Helinor sarebbe piaciuto sapere un po’ di più su di lui, doveva ammetterlo.

-Gammon ti vuole dentro- la informò il giovane, indicando la tenda con il pollice.

Helinor si sforzò di sorridere più di quanto stesse facendo Taiji, ma nel suo profondo stava tremando di paura e fremendo d’eccitazione allo stesso tempo, e avrebbe tanto voluto gridare. Entrò lentamente nella tenda sotto gli occhi delle guardie.

Dentro, Gammon se ne stava, tanto per cambiare, seduto sul suo amato scranno. Davanti a lui c’erano Tseng e Gofna. Sephiroth guardava tutto in disparte, mentre Genesis si trovava accanto al platinato e non poteva fare altro che ascoltare.

Non appena Helinor entrò, Gammon smise di degnare Tseng della sua attenzione e mirò direttamente a parlare con la sua allieva:-Helinor!-

-Maestro- rispose Helinor, chinando velocemente la testa.

-Questa gente mi sta chiedendo ospitalità- proseguì Gammon- tu ne sai niente?-

-Certo, maestro.-

Gammon strinse gli occhi.-E cosa mi dovrebbe far pensare che non sono amici di quei due che se ne sono appena andati?-

Silenzio.

Tseng si voltò a fissare Helinor, in attesa di una risposta. Sembrava calmo, ma stavolta anche lui temeva per il fallimento del piano.

Gofna sorrideva in modo ebete, senza avere la minima cognizione di ciò che stava succedendo.

Sephiroth alzò gli occhi su Helinor, impassibile.

Genesis fremeva per vedere la scena e dovette usare tutte le sue energie per controllarsi dallo strapparsi la benda dagli occhi.

Poi, la ragazza parlò, e la sua voce risuonò come il sigillo di un patto stretto col diavolo:-Garantisco io per loro.-

Sulle labbra del Turk si dipinse un sorriso; gli angoli di quelle di Gammon caddero in basso.-Garantisci? Sai cosa significa? La responsabilità di ogni cosa che potrebbe succere...-

Helinor non lo lasciò continuare. Controllò la sua voce a dispetto del suo respiro affannato.-La responsabilità di qualunque cosa sarà mia.-

Gammon si alzò e passò in mezzo a Tseng e Gofna per raggiungere Helinor. Le posò due dita sotto il mento.-Mia cara allieva... se il tuo è tradimento, la punizione a cui incorrerai sarà peggio delle pene dell’inferno.-

Lo disse tranquillamente, ma dal suo tono trasparve per la prima volta una crudeltà disumana che generlamente riusciva a nascondere dietro un falso affetto, e che raggiunse le orecchie di Helinor, scolpendo quelle parole nella sua mente. Ad ogni modo, la ragazza impedì alla sua voce di tremare quando rispose:-Sì, maestro.-

Gammon fece scorrere la mano sulla guancia di lei e sorrise, mellifluo:-Vedremo- dopodichè, tornò a sedersi sul suo scranno.-Insomma!- proseguì, gioviale.-Pellegrino! Tu e tuo cugino sarete scortati dai miei uomini nella vostra tenda. Tu, mercante, dormirai nella tenda del medico... e tu- e indicò Gofna-Chi hai detto di essere?-

-Karima Stuart!-

Gammon per poco non cadde dal suo seggiolone:- KARIMA?!- gridò.

Si voltarono tutti a fissarlo. Quella reazione parve esagerata perfino a chi non conosceva il gran maestro.

Gammon si schiarì la voce:- bene... ragazza. Tu dormirai con la mia allieva- ordinò bruscamente.-Ora andatevene! Taiji!- urlò.

-Lo chiamo appena esco- disse Helinor, con un inchino.

-Fuori di qui- ordinò Gammon, con un gesto imperioso della mano.

L’uomo rimase seduto a consumarsi l’unghia del pollice in attesa di Taiji, con l’aria sconvolta.

-Maestro- lo salutò Taiji.

Gammon lo guardò fuori di sé.-E’ fuori dal mio controllo. E la cosa mi irrita.-

-Helinor?- domandò il mago, a disagio.

-Lei. Proprio lei!- esclamò Gammon, tirandosi in piedi e tirando un calcio al suo amatissimo trono.-Quella dannata ragazzina! Mi ha sempre causato, mi causa e mi causerà un sacco di problemi!-

-Maestro, Helinor è una di noi...- disse Taiji, infastidito da quelle parole così dure. Erano le stesse che aveva usato per descrivere lui fin quando non aveva scoperto i suoi poteri.

Gammon lo guardò male. Si ricordò che Taiji non era Nara. Avrebbe voluto avere il suo allievo preferito per sfogarsi un po’, invece si sedette e chiuse gli occhi, spazientito.

-Vai via, Taiji. Libera Kay e mandamelo qua. Ho bisogno di parlargli di una cosa importante.-

-Agli ordini.-

 

(...)

 

Sephiroth entrò nella tenda di Nhat, dove un infuso fumante stava bollendo in piccolo calderone. Uriah era chino su quest’ultimo e guardava il suo riflesso sul liquido con aria distratta: sembrava che fosse impegnato in una battaglia interiore a giudicare dall’espressione contratta del volto. Era solo. Quando udì Sephiroth che entrava, alzò la testa e lo fissò intesamente senza dire nulla.

Sephiroth non aveva nessuna intenzione di iniziare una conversazione, perciò si mise a gironzolare per la tenda. Era consapevole che gli occhi dell’altro ragazzo erano fissi su di lui, ma era talmente abituato ad attirare gli sguardi della gente che ignorarlo non fu affatto un problema. Almeno finchè Uriah non decise di attaccare bottone.

-Perché non ci lasciate in pace e ve ne andate?- domandò, acido.

Sephiroth non gli rispose. Però, andava dritto al punto, il ragazzo.

-Metterete nei guai anche Helinor- disse Uriah, con rabbia.-La farete ammazzare! Nara la prenderà a frustate finchè non l’avrà dilaniata completamente.-

Era un linguaggio un po’ crudo, ma Uriah sapeva che sarebbe successo esattamente ciò che aveva detto.

Sephiroth rispose seccamente:-Non l’abbiamo costretta. È stata una sua scelta.-

Uriah percorse lo spazio tra lui e il platinato a grandi falcate e gli si ritrovò davanti, a pochi centimetri. Sephiroth era molto più alto, ma non gli faceva paura. Lo guardò di sbieco e aggiunse:-Se lei muore per colpa vostra vi ripagherò con la stessa moneta- ringhiò.

Sephiroth sorrise sarcasticamente:- Ma davvero?-

Uriah gli avrebbe messo le mani addosso se non fosse entrato Nhat a placare la situazione con il suo tempestivo arrivo.

-Ah! Tu devi essere il mercante che dormirà qui!- esclamò gentilmente.-Uriah! Ti dispiacerebbe portare questo sacco a pelo a Helinor?-

Uriah oltrepassò Sephiroth urtandolo con la spalla, prese l’oggetto e se ne andò.

-Qualcosa non va?- chiese Nhat, avendo notato l’aria tesa che aleggiava nell’aria.

-Non è un tipo molto socievole- osservò Sephiroth, stringendosi nelle spalle.

Nhat sorrise:- Uriah? È un bravo ragazzo, sai? Solo che a volte tende a essere un po’ impulsivo- disse, avvicinandosi al calderone e girando il liquido con il mestolo.- Questa tisana calmerà un po’ gli animi di questi ragazzi. Nell’accampamento sono sempre tutti così agitati... io preferisco predere le cose con calma, la fretta non mi piace-

Sephiroth si avvicinò al calderone, ma sinceramente non gli interessava poi così tanto sapere della tisana. Voleva scoprire qualcosa sull’Ombra, cominciando da Uriah.

-Quel ragazzo è sempre così scontroso?- domandò.

Nhat tirò su con il mestolo un po’ di liquido, poi lo fece ricadere a filo nel calderone.- Sta passando un periodo difficile. Dopo le frustate che gli ha dato Nara, si è indebolito molto e teme che Gammon possa sostuirlo.-

Sephiroth notò che era la seconda volta che veniva ripetuta la parola “frustate”. Lo facevano davvero? Non era soltanto un modo di dire...?

- Mi sono occupato di lui fin da quando era bambino. Per me è il figlio che non ho mai avuto- ammise Nhat, in tono paterno.-Devi sapere che lui è nato a Midgar, la grande città, il centro del mondo.-

-Midgar?- fece eco Sephiroth, preso in contropiede.

-I suoi genitori erano brava gente. Mi vendevano alcune sostanze medicinali. Ricordo che volevano molto bene a loro figlio, Uriah- raccontava Nhat, mentre lavorava alla sua tisana.- Quando sono morti mi sono preso cura di lui. Povero bambino, era così spaventato che non parlò per mesi. Mi pare che fu proprio Helinor a farlo parlare di nuovo- disse.

-E Helinor?- lo incalzò Sephiroth, approfittando della buona favella di Nhat.

Nhat lasciò il mestolo e sorrise al giovane Soldier.-Lei è una ragazza splendida, non trovi? È un tipo molto particolare.-

-Questo è poco ma sicuro- commentò Sephiroth. Con tutte quelle domande strane che gli aveva rivolto, non dubitava che fose un “tipo molto particolare”.

-Gammon l’ha portata nell’accampamento che aveva appena due anni. Mi disse che l’aveva trovata a vagare da sola nel Gold Saucer...-

-Il grande parco giochi?-

-Proprio così. La madre era una donna splendida, ancora non capisco come sia potuto succedere...- s’interruppe perché si accorse di aver parlato troppo.

Sephiroth lo incitò a continuare con qualche domanda, ma Nhat troncò il discorso deviandolo sulla tisana:- Vuoi assaggiare?- rise nervosamente.

La tenda si aprì improvvisamente:-Nhat, hai visto dove si è andato a ficcare James?-

Un ventenne dall’aspetto trasandato, che indossava la stessa uniforme di tutti gli altri ragazzi, soltanto molto più maltenuta e di due taglie più grande di lui, si catapultò all’interno della tenda e fissò prima Sephiroth, poi Nhat con i grandi occhi castani.-Lo sto cercando da più di un’ora!- aggiunse, pestando il terreno con i piedi. Si passò una mano tra i capelli neri con aria indispettita.

Nhat si prese un po’ di tempo per pensare e rispondere:-Mi dispiace Loi. Non l’ho visto da nessuna parte...-

-Come al solito starà correndo dietro a quella...- borbottò il giovane di nome Loi.-Che poi non capisco cosa ci trova di tanto speciale... è pure bruttina, sinceramente- continuò a bofonchiare, come se gli altri due non ci fossero.-Solo perché è l’unica donna dell’accampamento... non c’è tanta scelta direi. Mannaggia a te, James...-

Sephiroth lo fissò incuriosito. Era un tipo basso e ingombrante, con quelle spalle larghissime, e aveva guance così piene che lo facevano assomigliare a un bambolotto a dispetto del suo fisico da guerriero. Si torceva le mani tozze nervosamente e ogni tanto se ne passava una tra i capelli, rendendoli più arruffati di quanto già non fossero.

-E tu che hai da guardare?- abbaiò in direzione di Sephiroth, che per tutta risposta si strinse nelle spalle e scosse lievemente [SM1] il capo.-Da dove l’hai pescato ‘sto tizio, Nhat?- chiese, senza nessun garbo nei confronti dell’ospite.

Sephiroth preferì la sottile ironia e l’acuta capacità di Uriah nel dimiostrare ostilità, rispetto ai modi scortesi e piuttosto rozzi della voce grossa e cavernosa di Loi.

-Dormirà qui per qualche giorno, il tempo di riprendersi [SM2] da lungo viaggio- disse Nhat, lasciando stare la tisana, finalmente.-Lui e i suoi amici sono arrivati qui oggi.-

-Beh, non me ne frega niente- fu la brusca risposta.-Vado a cercare quell’idiota di James, stasera ci tocca il turno di guardia- e uscì senza neanche salutare.

Nhat sorrise nel vedere l’espressione sconcertata di Sephiroth.-Loi è molto amichevole, quando non è ubriaco o di malumore.-

Sephiroth sospirò. Quella missione era di una noia mortale. Avrebbe di gran lunga preferito combattere. Si ricordò che Helinor aveva preso la sua Masamune per portarla nell’accampamento, quindi decise che più tardi avrebbe dovuto recuperare la sua Katana.

-Dov’è la tenda di Helinor?- chiese, rivolto a Nhat.

 

(...)

 

Intanto, Tseng aveva trascinato Genesis a braccetto fino alla loro tenda cui erano stati condotti da un bimbetto spensierato di almeno dieci anni.

La tenda era abbastanza grande per due persone, e si trovava nel lato est dell’accampamento, vicino a quella di Shon, che in quel momento li guardava arrivare con aria curiosa e avida insieme.

Il bimbo si fermò e indicò la tenda con l’indice.-Ecco fatto! Missione compiuta!-

Tseng lo fissò e gli sorrise.-Ti ringrazio.-

Il piccoletto ricambiò a sua volta con un sorriso larghissimo, grazie a cui Tseng potè notare che gli mancava qualche dente.

-Per qualsiasi cosa dovete rivolgervi a me- li informò il bambino.-Mi chiamo Adrian, e abito nella tenda di Shon, quello lì- e indicò anche Shon, che si ritirò nella tenda alla velocità della luce.

-Lo terrò a mente- disse Tseng.

Adrian esclamò: -Perché non vi sistemate nella tenda, intanto? Poi posso portarvi a fare un giro dell’accampamento!-

-Con molto piacere, Adrian. Adesso puoi anche andare.-

Il bambino annuì e corse via a una velocità incredibile.  Era così piccolo che risultava quasi divertente vedere quelle gambette esili procedere così velocemente verso la tenda del suo maestro.

Tseng lasciò andare Genesis. In quanto Soldier formato da anni di allenamento si muoveva tranquillamente anche senza vedere, ma in pubblico dovevano reggere il gioco, e lui non poteva far altro che seguire docilmente Tseng. Il Turk si curò soltanto di aprirgli la tenda e lui, appena entrato, si tolse la benda dagli occhi con un gesto impaziente.

-Per fortuna è andato tutto bene- commentò Tseng a bassa voce, osservando i sacchi a pelo arrotolati in un angolo.-Adesso dobbiamo solo sfruttare l’occasione per avere maggiori informazioni su quest’ organizzazione.-

-Perché ti interessa tanto? Non possiamo semplicemente sterminare tutti?- domandò Genesis.-In fondo è quello che facciamo sempre...-

-Il mio lavoro è indagare, ed è quel che farò- lo interruppe Tseng.-Starà al presidente decidere se entrare in azione o no.-

Senza contare, che se l’Ombra passasse dalla loro parte avremmo più che qualche semplice informazione sul Wutai, pensò Tseng, chissà quanti traffici gestiscono questa gente...

Notò che Genesis si rimetteva la benda in fretta e furia.

Poco dopo qualcuno al di fuori della tenda esclamò:-Si può?-

Tseng guardò Genesis con aria interrogativa e rispose:-Ma certo.-

Un giovane alto, avvenente, con l’uniforme tirata a lucido e due occhi blu entrò nella tenda e sorrise: -Siamo vicini. Ho pensato di fare un salto a salutarvi.-

-Troppo disturbo- disse gentilmente il Turk.

Il ragazzo sorrise amabilmente:- Ho sentito che siete pellegrini.-

-Sì. Io e mio cugino viggiamo molto- buttò lì Tseng.- Purtroppo lui non può vedere niente, ma ha imparato a muoversi nel buio da molto tempo.-

Genesis annuì sconsolato.

-Capisco- disse il giovane, sistemandosi una ciocca dei capelli dorati che gli era caduta sulla fronte.-Scusate se non mi sono presentato. Mi chiamo James Atmey.-

[SM3] -Piacere, Tseng- disse il Turk, stringendogli la mano con vigore.-E lui è Genesis-

James sorrise ancora, si avvicinò a Tseng e gli sussurrò:- Per qualsiasi cosa, se hai bisogno di aiuto, chiamami. Anche mia sorella era molto malata, so cosa vuol dire.-

Il Turk rispose con un semplice:-Grazie-

-Adesso vado. Mi hanno detto che Helinor è tornata con voi- cambiò discorso James, sfregandosi le mani.

Non appena fu uscito, Tseng udì la voce di Genesis fargli il verso:- Per qualsiasi cosa, se hai bisogno di aiuto, chiamami. Anche mia sorella era molto malata, so cosa vuol dire- lo scimmiottò.

Tseng rise dentro di sé. Sinceramente, anche lui aveva trovato che quel James fosse troppo damerino.

 

(...)

 

Helinor non seppe quale fu la misteriosa forza che le concesse di entrare nella sua tenda insieme a Gofna.-Questo è il posto dove dormirai-

La bionda si sistemò i capelli biondi con le mani.-Questo... posto? Per terra?-

-Cosa pretendevi? Un albergo a cinque stelle?- replicò Helinor.

Di nuovo, Gofna dimostrò di voler scoppiare a piangere, ma non appena la voce di Uriah si fece sentire, ritirò indietro le lacrime e riprese la solita espressione svagata.

-Ti ho portato questo- disse Uriah, entrando e lanciando a Helinor il sacco a pelo, che poi la ragazza gettò a terra con scortesia.

-Tu dormi lì- disse, rivolta a Gofna, che intanto era arrossita violentemente.

Helinor notò che le guance di Gofna avevano cambiato colore e si chiese perché succedesse.

-Perché non vai a farti una passeggiata?- domandò bruscamente Uriah a Gofna.

Lei rispose subito:-Mi accompagni?-

-No.-

Gofna fece per piangere di nuovo, ma Uriah la fermò prima che cominciasse a lagnarsi nuovamente:- Non ho voglia di sentirti, vai a farti un giro. Devo parlare con Helinor da solo.-

La bionda lo guardò in tralice e se ne andò, dispiaciuta.

Helinor incrociò le braccia sul petto e fissò Uriah, in attesa della predica. Non aveva voglia di ascoltare il suo compagno perché si sentiva troppo abbattuta, ma sapeva che avrebbe dovuto farlo, volente o nolente.

-Tu sei pazza- esordì Uriah. La sua voce tremava di rabbia, ma lui si trattenne dall’abbandonarsi a una sfuriata.

-Non importa- rispose Helinor, cocciuta.-Ho fatto la mia scelta e non torno indietro. Se vuoi, vai pure da Gammon e spiffera tutto!-

-È proprio quello che farò, stanne certa!- esclamò Uriah, che già aveva dimenticato le sue buone intenzioni ed era in procinto di dare in numeri.

-Credevo fossimo amici!- gli buttò in faccia Helinor.

Uriah non si fece trovare impreparato e rispose:- Noi non siamo amici Helinor! Qui dentro non esistono gli amici e i nemici! Esistono solo i compagni e quelli troppo deboli anche per essere chiamati così!-

-Beh, per me è diverso!- gli rispose Helinor.

Uriah la guardò strano. Evidentemente non si aspettava che lei rispondesse, ma che rimanesse in silenzio come al solito.

-Cosa ti sta succedendo Helinor? Sono anni che ti conosco e sei sempre stata una persona bizzarra, ma questi giorni sembri addirittura peggiorata.-

Stavolta, lei non seppe cosa rispondere.

-Se io dico a Gammon quello che hai fatto...- mormorò Uriah, lasciando in sospeso la frase.- Io davvero non so che fare.-

-Perché  non lo fai e basta?- domandò Helinor, con indifferenza.-Non m’importa di morire.-

Uriah rise di gusto.-Lo dici tutte le volte, ma non ti arrendi mai di fronte alla morte, Helinor! Perché a te piace vivere, ammettilo. Se potessi leggerti dentro, sono sicuro che ora starai già cercando uno stratagemma per cavartela.-

Lei abbassò lo sguardo. Era vero.

Uriah sbuffò.-Loro sono dei veri mostri, solo che ancora non lo sai.-

-Non è vero! Non tutti!- obbiettò Helinor, ritrovando la grinta.

-Uccisero i miei genitori davanti ai miei occhi- disse Uriah, livido di rabbia.-Li etichettarono come traditori, gli tolsero la vita e il nome! Loro erano innocenti, ma furono ammazzati dai Soldier perché sospettati di una cospirazione contro la ShinRa-

Helinor sgranò gli occhi.

-Nessuno disse nulla di quell’omicidio - proseguì Uriah- I miei genitori morirono e sarebbe successa la stessa cosa a me, se non mi avessero aiutato a scappare. È stato grazie a Nhat, che mi ha trovato a vagare per strada, che ora sono qui...-

-Uriah...-

-Non voglio sapere niente. Non mi renderò complice dei miei nemici, Helinor.- aggiunse, perforandola con lo sguardo, e detto questo, se ne andò.

Helinor cadde in ginocchio. Non sapeva niente del suo amico. Si vantava di volergli bene e tutto il resto, ma non aveva idea di quanto stesse soffrendo a causa della ShinRa.

La volontà di Helinor vacillò. Stava davvero facendo la cosa giusta?

Si nascose gli occhi dietro una mano, esausta. Cosa le era saltato in mente?

-Il tuo amico ha capito tutto, vero?- domandò una voce profonda.

Helinor lasciò scivolare la mano a terra e alzò lo sguardo.-Ah, sei tu... Sephiroth,  giusto?-

Il Soldier fece segno di sì con la testa.-E adesso?-

-Se lo dice a Gammon sarete costretti a combattere- lo informò Helinor.

-Sono venuto a riprendermi apposta la Masamune- disse lui.

-L’ho data a Gofna- rispose Helinor, seduta sui talloni.-Davvero non sapevo dove metterla. Gofna l’ha fatta sparire.-

Sephiroth la guardò storto.-Non ci credo...-

Helinor si alzò e gli fece l’occhiolino.-Almeno è servita a qualcosa. Senza dubbio ha talento nei giochi di prestigio. Se la rivuoi, puoi chiedergliela.-

Il Soldier chinò il capo.

-Qualcosa non va?- domandò Helinor.

-No. La chiederò a... come si chiama, non appena la vedo- rispose lui, in tono placido.

-Helinor, tesoro, sei qui dentro?!- esclamò una voce maschile.

L’espressione di Helinor passò da indifferente a esasperata, e non appena Sephiroth si voltò a guardare chi stesse entrando, lei si nascose dietro le sue spalle.

James Atmey fece capolino dall’entrata e fece scorrere lo sguardo all’interno della tenda, per poi soffermarsi su Sephiroth. I suoi occhi blu si oscurarono.-Oh... E tu saresti?-

-Sono un commerciante- rispose il Soldier.

-E che ci fai qui dentro? Dov’è Helinor?-

Sephiroth si voltò e si scansò di lato rivelando la figura della ragazza, che sorrise forzatamente e mosse una mano in segno di saluto, lanciando nel contempo occhiatacce furiose in direzione del platinato.

James le corse incontro e la strinse in un abbraccio soffocante. Lei si divincolò e si liberò.

-Sono contento che tu sia tornata sana e salva- disse James, accarezzandola con lo sguardo.

Helinor si allontanò da lui e andò a far finta di sistemare i sacchi a pelo.-Grazie- bofonchiò.

Sephiroth fece per andarsene, ma James lo trattenne e lo invitò a restare con mille sorrisi.-Scusa per prima, non avevo capito... devi essere uno di quelli che sono venuti oggi! Mi dispiace, è che sono molto geloso del mio amore...-

Helinor stritolò le coperte tra le dita, arrossendo completamente. Alzò gli occhi al cielo e sospirò rassegnata.

-Sono James Atmey- si presentò il giovane, continuando a sorridere.

-Sephiroth- rispose il platinato, senza ricambiare i tanti sorrisi che James gli rivolgeva. -Sono venuto a salutarti, tesoro. Oggi faccio il turno notturno...- disse, rivolto a Helinor.

-Vai pure- bisbigliò Helinor.

James sorrise. - Arrivederci signor Sephiroth! Spero di vederla ancora!- esclamò.

Il Soldier non ricambiò il saluto, e non appena James fu abbastanza lontano, uscì anche lui senza dire niente neanche a Helinor.

 

(...)

 

Quella sera i due Soldier si ritrovarono nella tenda di Tseng per fare il punto della situazione. Non avevano scoperto niente, e a parte le poche informazioni di Sephiroth non ebbero molto di cui parlare, così finirono a discutere di Uriah.

Genesis giocherellava con la sua benda, e doveva ammettere che il suo ruolo non gli dispiceva più: poteva stare in panciolle perché Adrian gli serviva tutto quel che voleva. E poi al ragazzino piacevano molto le storie che aveva da raccontare Genesis. Le ascoltava con piacere e attenzione e faceva un mucchio di domande.

-Se svela il nostro piano avremo poco da fare- commentò Tseng, seduto sul sacco a pelo con le gambe incrociate.-Dobbiamo combattere-

-Li uccidiamo tutti?- fece Sephiroth.

-No. Dobbiamo mantenere in vita Gammon- disse Tseng.

-E Helinor?- domandò Genesis.

Tseng ci pensò, infine disse:-Se volesse passare dalla parte della ShinRa, non credo che il presidente avrebbe nulla in contrario. Ci darebbe informazioni essenziali. Se solo potessi uscire di qui, potrei entrare in contatto con il presidente.-

-Come?- chiese Sephiroth, perplesso.

-C’è una spia dei Turks, fuori da questo accampamento. Il problema è che dovrei uscire e rientrare senza destare sospetti-

-Impossibile- intervenne Genesis, scuotendo la testa- l’accampamento è circolare, potrebbe vederti chiunque. Poi ci sono quelle due guardie davanti alla tenda del capo...-

Tseng sospirò:-Già-

-Forse Helinor potrebbe aiutarci- ipotizzò Genesis.

-Domani glielo chiederemo. Per stasera andiamo a dormire- disse Tseng.-E poi non mi sembra una buona idea calcare la mano con lei.-

-Cosa intendi dire?-

Tseng non rispose, si coricò, diede le spalle ai due Soldier e iniziò a far finta di dormire. La discussione finiva lì.

 

 

Angolino dell’autrice:

 

^_^ Salve! Ho deciso di anticipare l’aggiornamento, visto che in questi due capitoli non succede niente di speciale, almeno Domenica potrò pubblicare il capitolo 9.

Rispondo anche alle rescensioni:

 

the one winged angel: La mia cara nipote! Troppi, troppi comlimenti! ^_^ Mi farai arrossire!

XD Certo che Gofna è stupida. La rinchiudo nel mio laboratorio prima di scrivere la fic, almeno sono sicura di non sentirla perché le pareti sono insonorizzate U.u Lacrime da coccodrillo, per la maggior parte. Fa finta. È un’idiota. (Che parole dure – nd Sephiroth;  Stai zitto tu, che non la sopporti – nd me)

Comunque, pian piano capirai bene che Gofna è meno stupida di quel che lascia a vedere.

Ah ah ah! Genesis è preoccupato per il suo carissimoooo amico Angeal *ama*, che però intanto se n’è tornato a casa XD

Già, dovrei comprare altre cianfrusaglie da mettere nel moi laboratorio… a partire da questa orrenda statua... *indica una cosa impossibile da definire* voglio dire... se lo lancio dal balcone quelli di Mistero me lo prendono per un oggetto non identificato... Xd

Certo che con i commenti posso crescere! ^_^ Anche con i tuoi! Mi rendo conto delle cavolate che scrivo, di cosa ne pensano gli altri e cosa dovrei correggere: per questo chiedo di recensire, del resto non m’importa, verrà da sé.

XD Già, il mio laboratorio si trova su Youtube, se ti iscrivi fammelo sapere, ti aggiungo immediatamente alla lista degli amici!^_^

Ps: Non soffermarti più di tanto su quello che fa Gammon; se ci fai caso, tutti hanno un giudizio diverso su di lui, è una persona imperscrutabile...

Ciao carissima nipote! Un grande abbraccio, e grazie per le recensioni, mi fanno sempre un grande piacere!

 

Kairih: Già! Anche questo è di transito, a parte qualche piccola informazione  e qualche nuovo personaggio, non c’è niente di speciale. Però serve. Adesso Tseng sarà libero di indagare quanto vuole!

Gammon, come ho detto a the one winged angel, è un personaggio a dir poco imperscrutabile, e tutti hanno un giudizio diverso su di lui. Nara, Helinor, Uriah, Nhat, non dicono mai le stesse cose, né lo considerano in modo uguale. Inoltre  il messaggio che ti ha incuriosito è molto importante, e col tempo la verità verrà fuori.

Sono felice che Helinor ti incuriosisca. È molto determinata e forte, a me piace molto. (Molto più di Gofna, per lo meno XD)

Grazie di tutto!

Un bacioneeeee!!! *.*

 

KiaElle: xdxdxdxd dai, questa volta ti perdono, ma la prossima aspettami all’aeroporto, mi raccomando; altrimenti prendo il jet privato nel mio laboratorio segreto (quello in cui mi nascondo ogni volta che finisco un capitolo per evitare i pomodori dei lettori) e ti raggiungerò ovunque tu sia! XD

^_^ Mi fa piacere che tu sia tornata sana e salva! Spero che il viaggio sia andato bene!!

Gofna! Che nota dolente ç_ç (guarda che l’hai inventata tu – nd Genesis; Lo so! Solo una cosa del genere poteva uscire dalla mia mente bacata! – nd me in lacrime)

Ti saluto!

Sono contentissima che tu sia tornata *abbraccia*

 

 


 [SM1]Loi

 [SM2]oi

 [SM3]James Atmey

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 

-Cosa stai facendo, tesoro?- domandò una voce allegra e femminile.

La donna si mosse leggera tra gli scaffali adagiati ai lati di una stanzetta buia, avvicinandosi al piccoletto con i capelli fulvi che si trascinava carponi sul pavimento freddo, brandendo una ciabatta marrone. Improvvisamente si voltò e si avvicinò un ditino alle labbra, intimando alla madre di fare silenzio. Lei si tappò la bocca con una mano, con fare scherzoso, poi si allungò per vedere cosa stesse cercando il figlioletto. Individuò una piccola massa nera correre disperatamente in tutte le direzioni, finchè la ciabatta non cadde rovinosamente su di lei, schiacciandola senza pietà.

Il bimbo scattò in piedi, trionfante, gridando:- Ce l’ho fatta!-

-Tesoro, era solo un ragnetto innocente- disse la madre, in tono paziente.-Vieni qua, mio piccolo Uriah- lo esortò, chinandosi sulle ginocchia e allargando le braccia.

Lui la guardò male.-Sono troppo grande per queste cose, mamma!-

Lei si sorprese, ma continuò a sorridere.-Ah, sì? E quanti anni hai, precisamente?-

-Cinque!- esclamò Uriah, alzando sei dita.

-Quello è sei, tesoro- lo informò la madre, paziente.

Uriah guardò le sue mani, interdetto, poi ne abbassò una e rimase con l’altra sospesa in aria:- Cinque!-

-Ora va meglio. E un bimbo di cinque anni non può abbracciare sua madre?- domandò la donna.

Lui gonfiò le guance, poi lanciò uno sbuffo e si gettò tra le braccia della madre, stringendola con forza e amore. Si allontanò immediatamente.

La madre si alzò e lo prese per mano.-Andiamo via. Qui non c’è niente per te.-

-Cosa sono tutti questi vasi?- domandò il piccolo, indicando i recipienti trasparenti sugli scaffali.

-Non sono vasi, amore- lo corresse la madre.-Sono contenitori. Ci sono le erbe medicinali che compra sempre Nhatan.-

-Lo zio Nhat?- domandò Uriah, allegramente, stringendo la piccola madre in quella affusolata della madre.-Compra quelle cose?-

-Certo. Se un giorno le vorrai vendere tu allo zio, sono sicura che lui ne sarebbe felicissimo!-

-Però non gli dò niente se lui non mi dà i soldi- replicò Uriah, furbetto.

La madre arcuò le belle sopracciglia scure.-Sei un vero affarista- commentò, con la voce velata di un sarcasmo che un bimbo non avrebbe mai colto.

Uriah annuì con vigore.-Papà dice che si fa cosi!-

-Oh, sicuro... tuo padre- ripetè la donna, divertita.-Vieni: andiamo da lui-

I due uscirono dallo stanzino e scesero la scala che li conduceva al negozio. Un uomo nerboruto stava parlando con una donna dai capelli castani incolti, vestita con una lunga mantella scura.

-Tu sei sicura?- domandò l’uomo, che stava dietro al bancone e pendeva dalle labbra della donna.-Sono qui?-

-Sì. Io ho...- la donna si voltò a guardare la madre di Uriah e suo figlio.

La madre si era pietrificata e fissava l’altra donna come se avesse visto un demone spaventoso, mentre Uriah sorrideva ingenuamente, senza capire che intorno a lui stava succedendo qualcosa e continuava a far finta di avere un aeroplano in mano e a muoverlo facendo buffi suoni.

-Karima- disse la madre, in un sussurro.

-Dovete andarvene- rispose la donna di nome Karima, pulendosi il viso sporco con la manica della mantella.-Qualcuno ha fatto la spia! Sta venendo qua un intero plotone d’ esecuzione!-

Marito e moglie si scambiarono uno sguardo afflitto e preoccupato.

-Tu non puoi fare niente?- domandò la donna, stringendo di più la mano del figlio.-Tu non puoi aiutarci?-

Karima puntò su di lei i suoi occhi azzurri, e la donna si accorse che quelli erano lucidi e rossi.-Vorrei tanto. Ma non posso. Vi prego, dovete capire... non potete rimanere qui a Midgar, ve ne dovete andare-

L’uomo sbattè un pugno sul bancone così forte che fece tremare tutto ciò che c’era sopra.-Sciocchezze!-

-Siete stati catalogati come traditori!- esclamò Karima, sferzando l’aria con una mano.

-E te? Perché non te ne sei andata, invece di rimanere a Midgar?- chiese l’uomo, in tono tagliente.

Quella frase arrivò come una pugnalata alla donna, che abbassò la testa.-No...-

-Io rimango qui- insistè l’uomo.- Moglie mia, porta via nostro figlio e aiutalo a salvarsi...-

-Scordatelo!- gridò la donna.-Io non vado da nessuna parte! Questa è la mia casa, e noi non abbiamo fatto nulla di male!-

Karima corse verso di lei per prenderle la mano libera tra le sue, ma lei si scansò immediatamente e la guardò con ostilità.

-Mamma...- cominciò a lamentarsi il bambino, che adesso iniziava ad avvertire la tensione della madre.

-Vai in camera tua, tesoro...la mamma deve sistemare alcune questioni- lo pregò lei, accarezzandogli la testa.

-Ma...-

-Fai come ha detto tua madre!- abbaiò il padre, spaventandolo a morte.

Uriah corse su per le scale, ma, invece di andarsene in camera, si nascose dietro il muro e si sporse per continuare a vedere la scena nel negozio.

Cosa stava succedendo?

Karima tossì.-Siete pazzi!-

L’uomo la guardò duramente.-La tua malattia ti divora ogni giorno di più. Cosa ti porta a continuare a combattere?-

La donna castana sorrise. Un sorriso amaro, coraggioso, disperato e speranzoso insieme.

-Lasciatevi aiutare: conosco alcune strade che vi porteranno fuori città. Potreste andare dovunque...-

-Con i Turks, i Soldier e l’Ombra alle spalle?- domandò la madre di Uriah, sommessamente.-Che vita sarebbe?-

Karima sbarrò gli occhi.-Allora avete deciso?-

-Sì- rispose l’uomo.

-E vostro figlio?-

Nessuno rispose.

Karima si coprì gli occhi con una mano sporca di terra e di fango.-Vostro figlio deve vivere- disse, con voce spenta.

La porta si spalancò con una botta secca.

-Arrestateli!- gridò una voce.

Tre Soldier entrarono, puntando i loro fucili contro i tre presenti.-Non muovetevi!-

Dalla porta aperta filtrò la luce del giorno, copiosa, che colpì gli occhi di Karima, facendoglieli chiudere istintivamente. Erano anni che non veniva nei quartieri alti di Midgar, non era abituata alla luce del sole. Negli Slums, i raggi erano coperti dall’immensa piattaforma della città alta.  Le sue orecchie sostituirono gli occhi, e lei tese l’udito, ascoltando i passi lenti e decisi di qualcuno. Poi, finalmente, la vista divenne più chiara, delineando i contorni di un uomo vestito di nero, con un completo ordinato ed elegante.

Un Turk!

Verdot si accese una sigaretta.-Pensavo che foste almeno fuggiti. Così è troppo facile...-

-È la nostra casa!- ruggì il padre di Uriah.

Il Turk si guardò intorno annoiato.-Dicono tutti così, i traditori-

-Non siamo traditori!- esclamò la madre di Uriah.

Karima abbassò lo sguardo.

-E come lo chiamate da queste parti? Avete venduto sostanze a un’organizzazione criminale- ironizzò Verdot, tranquillo.-Se non volete consegnarvi, c’è solo un modo per...- il suo sguardo si soffermò su Karima.- Tu...-

I genitori di Uriah si voltarono verso la castana, che teneva il capo chino e i pugni stretti.

-Avete ancora il coraggio di dire che non siete traditori?- sorrise Verdot.-Sapete chi è quella donna? Non hai una bella cera, Karima.-

Lei non rispose. Evitò di peggiorare la situazione.

Calò il silenzio più totale, finchè Verdot non lo stroncò con un secco:-Prendeteli-

-Mamma! Papà! Lasciateli andare!- gridò Uriah, uscendo allo scoperto, suscitando la reazione di un Soldier, che gli puntò il fucile pronto a far fuoco.

La madre si voltò istintivamente verso il figlio.

Uriah vide la donna gettarsi su di lui e gridò. Il suo urlo venne sovrastato dallo scoppio di un proiettile.

-Maria!- urlò il padre del bambino.

Maria abbracciava suo figlio, tenendolo stretto tra le braccia sottili, che tante volte ancora l’avevano tenuto stretto.

-Mamma...- mormorò il bimbo, che stava in piedi, soffocato da quell’abbraccio.

La donna non lo lasciò, ma Uriah sentiva che la stretta stava lentamente perdendo la sua forza.

-Mamma...- ripetè, in un soffio.

Era rimasto pietrificato.

-Ti voglio bene, amore mio- sussurrò la madre.-Ti prego, perdonami...-

Le braccia di Maria scivolarono sulla pelle del bambino e il suo corpo si accasciò su un fianco, trascinando a terra col suo peso anche Uriah.

Il bambino senntì qualcosa di caldo che lo bagnava.

Rosso. Tanta roba rossa.

-Mamma...- il respiro cominciò a farsi veloce, lui le posò le mani sul fianco e la scosse lievemente.-Mamma... Mamma... Mamma...-

Mille volte. Ripetè quella parola mille volte.

Il sangue che sgorgava dalla ferita al cuore si stava allargandointorno a loro, sporcando gli abitie e la pelle del bambino.

No... era uno scherzo. Stava solo dormendo, presto si sarebbe svegliata e...

Le lacrime bagnarono il viso di Uriah, che smise di scuotere la madre e si passò una mano sulle guance, lasciando dei solchi rossi laddove si era strofinato.

Non era uno scherzo. Il respiro della madre si era già fermato, presto il suo viso sarebbe diventato pallido e il suo corpo freddo e senza vita.

Un altro sparo.

-Papà!- esclamò Uriah.

-Sparate, maledizione!- incitò Verdot.

Il bambino vide che due dei soldati cattivi erano a terra. Poi qualcosa lo afferrò saldamente per la vita, lo sollevò e lo trascinò su per le scale.

-MAMMA! PAPA’!!!- gridò Uriah, divincolandosi.

Karima salì al piano di sopra.

-PRENDETELA! NON PUO’ SCAPPARE DI NUOVO!-

La donna si catapultò  verso il lungo corridoio e si lanciò nella prima stanza che trovò.

Era la camera dei genitori di Uriah, a giudicare dalle tante fotografie di loro due che si trovavano sui mobili e appese ai muri grigi.

Karima mosse lo sguardo intorno a sé in modo convulso. Un’uscita, un’uscita, un’uscita!

La finestra!

Si gettò contro la finestrella, la aprì di scatto, con tanta forza da far scricchiolare sonoramente i cardini e guardò di sotto.

Il telone di un gazebo.

Uriah intanto piangeva a dirotto, disperato.-MAMMA!!! NON SONO GRANDE! NON SONO GRANDE! TORNA DA ME! NON SONO GRANDE!-

La donna che lo teneva lo lanciò dalla finestra senza nessuna grazia. Lo vide affondare nel telone del gazebo e rotolare in strada, battendo rovinosamente sull’asfalto duro.

 

Uriah aprì gli occhi lentamente. Erano tutti appiccicati e le sue guance erano bagnate.

-Non sono grande...- mormorò ancora, stringendo il sacco a pelo tra le dita come se stesse stringendo le vesti di sua madre.-Neanche adesso, mamma... ti voglio bene.-

Si tirò su, si vestì e uscì dalla sua tenda. Era una fortuna avere una compagna femmina. Solitamente, i membri dell’Ombra che lavoravano insieme dividevano la tenda. Da questo erano esentati lui, Taiji, Nara e Helinor, che dormivano in tende singole. Il rovescio della medaglia era che dovevano portarsi le tende da sé, mentre gli altri dividevano il peso con i compagni.

Appena uscito, si fermò e si passò una mano tra i riccioli fulvi, esasusto. Ennesima notte tormentata dagli incubi. Ennesima notte passata a piangere senza che se ne rendesse conto e potesse frenare le lacrime.

Si voltò verso il padiglione centrale, dove Loi e James stavano ancora facendo la guardia, ambedue insonnoliti, l’uno appoggiato all’altro, spalla contro spalla con gli occhi semichiusi. Non avevano mai retto il turno notturno.

-Forza, che aspetti?- si disse, ad alta voce -vai da Gammon-

Poi il suo sguardo inciampò sulla tenda di Helinor e intravide la sua ombra muoversi al suo interno, furtiva. Sulle labbra del ragazzo passò l’ombra di un sorriso e si avviò in quella direzione. Si avvicinò. Era sempre stato un tipo strano, quella ragazza. Strano e affascinante. Aveva quel suo modo di fare incredibilmente originale e quei modi particolari che lui si era sempre sforzato di imitare, da piccoli.

Si sentì abbattere da quel pensiero.

Lei era sempre stata forte. Non l’aveva mai vista piangere, ma chi diceva che non lo facesse, in segreto? Quella sua maledetta forza l’aveva sempre messo in soggezione. Era una forza che lui non aveva mai avuto, per quanto provasse. Era una forza che le si leggeva negli occhi e che la portava a sopravvivere in qualsiasi situazione.

E poi, assomigliava alla donna che lo aveva salvato tredici anni prima. Karima... chissà se era ancora viva.

Girò sui tacchi e alla fine non andò né da Helinor, né da Gammon, ma da Nhat.

Per qualche strano gioco del destino, tredici anni prima Nhat si trovava sotto il gazebo su cui era atterrato, e lo aveva soccorso subito.

Entrò come sempre senza neanche annunciarsi, non ricordando che c’era anche Sephiroth.

Il platinato era già in piedi e guardava con aria impenetrabile l’uomo che dormiva ancora, ritto ai piedi del suo giaciglio come una statua di marmo.

-Cosa stai facendo? Decidi se ucciderlo?- scherzò Uriah, sarcastico.

Il Soldier non lo degnò di attenzione.

-Ho deciso- lo informò Uriah.

Stavolta, Sephiroth non potè ignorarlo e neanche riuscì a nascondere il suo interesse all’argomento appena lanciato.-E quale sarebbe?-

-Non dirò niente al maestro- masticò Uriah a fatica.

-Bene- commentò semplicemente il Soldier, soddisfatto. Non gli interessava sapere altro.

-Ma non lo faccio per voi- righiò Uriah.

Sephiroth sorrise sprezzante.-Non importa-

-Lo faccio per Helinor- proseguì Uriah.-Non so che le sia preso, improvvisamente... ma lei è l’unica persona...- evitò di aggiungere “cara” o aggettivi simili- ...che mi è rimasta.-

Il Soldier si strinse nelle spalle e incrociò le braccia sul petto.

-So che non ti interessa- disse Uriah, socchiudendo gli occhi- però... volevo che sapessi il motivo.-

-Bene- ripetè Sephiroth, disinteressato.

-Io vi odio- rispose Uriah, e se ne andò.

Stavolta si diresse veramente nella tenda della giovane compagna che intanto si era preparata e stava proprio uscendo, quando si incontrarono.

Lui fece qualche passo e si fermò a un paio di metri da lei.

-Hai... deciso?- chiese Helinor, cauta.

Uriah annuì, in silenzio, poi aggiunse:-Non ti metterò i bastoni tra le ruote...-

Lei non gli lasciò il tempo di continuare e lo abbracciò per la vita, stringendolo forte.

-Lasciami!- s’inalberò Uriah, divincolandosi.

Helinor scosse violentemente la testa e tenne le braccia allacciate attorno al suo corpo, ostinata, mentre il ragazzo faticava per togliersela di dosso. Ci riuscì dopo vari tentativi, la prese per le spalle e l’ammonì severamente:-Non farlo più!-

Per tutta risposta, Helinor sorrise, furbetta.

-Idiota- borbottò Uriah, lasciandola.-Penchè non abbracci il tuo fidanzatino?-

-James non è il mio fidanzato!- esclamò Helinor, indignata, mollandogli un pugno nello stomaco.-Semmai è il tuo!-

Uriah soffocò un’imprecazione oscena per il dolore alla schiena a cui si era sommato quello allo stomaco.-Sei scema?!-

-Mi sta sempre appiccicato, ma non è il mio fidanzato!- protestò Helinor.-E non dirlo mai più, capito?!-

-Tu sei tutta scema, Helinor- biascicò Uriah- potrei anche cambiare idea e fare la spia...-

-NO! NO!- esclamò lei, agitandosi.-Stavo...-

-Devo andare- la interruppe Uriah.-Stai lontana da quei tizi, ok? Ci vediamo tra poco per l’allenamento.-

-A dopo!- rispose Helinor, salutandolo rincuorata.

Sei proprio un caso disperato, Helinor...

 

(...)

 

Tseng si svegliò alle otto e mezzo, lasciò Genesis in compagnia di Adrian e decise che avrebbe fatto un giro per l’accampamento.

Il sole della mattina illuminava la piazza deserta.

Il Turk si guardò intorno, perplesso. Dov’erano andati tutti quanti?

Alla sua sinistra, Shon se ne stava seduto davanti alla sua tenda tra varie cianfrusaglie e armi da taglio come spade, coltelli e kunai. Guardava Tseng con aria avida.

-Dove sono tutti?- gli chiese Tseng, avvicinandoglisi con cautela.

Shon si sbrigò a mettere in bella vista la mercanzia e sorrise astutamente.

-Non sono qui per comprare niente- rispose il Turk, lanciandogli un’occhiata di bieco.

-Peccato- commentò il mercante, con un sospiro afflitto.-Perchè io non sono qui per rispondere alle tue domande- sorrise amabilmente.

-Ancora ad approfittarti della gente, Shon?!- esclamò una voce divertita.

-Salve signor Nhatan!- esclamò il mercante.-Faccio solo il mio mestiere!-

-Come no- commentò Nhat, scuotendo il capo esasperato.- Buongiorno, sono Nhatan, il medico del campo. Nhat per gli amici.-

Tseng gli strinse la mano con forza e rispose:-Tseng- si presentò cordialmente.- Sa dove sono andati tutti?-

-All’allenamento- rispose Nhat, con un sorriso gentile.- Torneranno a mezzodì.-

-Così tardi?- fece Tseng.

Nhat annuì e lo prese sottobraccio con garbo.-Lasci che le offra una tisana per colazione, signor Tseng-

-Mi chiami semplicemente Tseng e mi dia del tu-, disse il Turk, ricambiando la cordialità.

-Signor Nhatan! Non può rubarmi i clienti!- protestò Shon, quando vide che i due se ne andavano sul serio. Scattò in piedi, sbracciando -Signor Nhatan!!! SIGNOR NHATAN!- si lasciò cadere a terra- Bah...-

 

-Giorni fa sono venuti qua due Soldier- iniziò a raccontare Nhat, mentre passeggiavano attraverso la piazzola -Per questo sono tutti su di giri-

-Due... Soldier?- fece eco Tseng, circospetto. Non doveva destare sospetti con domande troppo insistenti.

-Non ne hai mai sentito parlare?-

-Sì... se non sbaglio, sono soldati che lavorano a Midgar pe quella compagnia che produce elettricità...- disse Tseng.

-Per fortuna Gammon ha deciso di mandarli via senza creare troppi problemi- spiegò Nhat, sovrappensiero.- Così ci siamo evitati una battaglia inutile e tante vittime.-

Tseng decise che era meglio deviare la discussione su un argomento meno pericoloso, rimanendo però nell’ambito della ricerca di informazioni.-Gammon sembra una persona generosa, non so cos’avremmo fatto se non ci avesse ospitati...-

-Oh, Gammon è un ottimo capo!- esclamò Nhat, convinto.-A volte è molto duro e i suoi metodi sono un po’... come dire... drastici... ma lui vuole bene a tutti i ragazzi che abitano in questo posto. Li accoglie da quando sono piccoli, è come un padre per loro-

-Dev’essere bello per i ragazzi- continuò Tseng, interessato.

Quell’uomo aveva un’ottima parlantina.

-Hai ragione, Tseng!- esclamò Nhat.-Meglio che vagare da soli per le strade, non trovi? Ecco, vieni dentro: questa è la mia tenda.-

Tseng entrò e si guardò intorno. La temperatura era più alta rispetto a quella nella tenda in cui aveva dormito.

Nhat lo invitò a sedersi su uno dei cuscini a terra e gli porse una ciotola contenente del liquido verde.-Tieni, al tuo amico è piaciuta-

-Amico?-

-Sephiroth- spiegò Nhat.-Bevi, è una tisana rilassante.-

Mi ci mancava solo questa, pensò Tseng.

Il medico si sedette davanti a Tseng.-Com’è?-

-Buonissima- osservò Tseng, gustandosi la tisana. Non aveva mai fatto colazione con tanta serenità perché il lavoro glielo aveva sempre impedito. Non era male bersi una tisana con tranquillità e fare due chiacchiere, nonostante anche quello facesse parte del suo lavoro.

-Ho messo alcuni ingredienti speciali. Spero che ai ragazzi piaccia- disse Nhat, teso.-Sai, essendo il medico del campo devo occuparmi di loro.-

-Dev’essere una bella responsabilità.-

-Già. Soprattutto se ci sono alcuni che non ti rendono la vita facile- sospirò Nhat.-Quella ragazza... Helinor, ad esempio, si è messa nei guai diverse volte.-

-È naturale, è molto giovane...- rise Tseng.

Nhat sospirò nuovamente.-Non è il fatto di esserlo o no... sua madre era come lei, libera come il vento.-

Tseng mandò all’aria la prudenza.-Madre? Avevo capito che fossero orfani!-

Il medico arrossì violentemente ed esibì un sorriso mortificato:-Hai ragione, hai ragione! Credo di averti confuso ancora di più!-

-Infatti- borbottò Tseng.

-Sua madre abitava in questo accampamento-spiegò Nhat.-Poverina, è stata malata per tanto tempo...-

-È morta?- domandò Tseng.

-Purtroppo sì- rispose Nhat, in tono grave.-Si chiamava Karima Hinari. Gammon sostiene che Helinor non deve sapere della madre... ma lui stesso ha catalogato questo argomento come tabù, dopotutto.-

Tseng era confuso.-Io non capisco...-

-Normale. Chi non vive qui, non può capire- disse Nhat, finendo di bere.

Karima Hinari.

Era ora di iniziare a mettere insieme le informazioni, seppure queste fossero estremamente poco chiare. C’era da dire che la donna nella foto vicino a Harila era sicuramente Karima, la madre di Helinor Hinari. Da ciò che aveva detto Harila, la donna doveva essere morta tredici anni prima, dunque più o meno quando Helinor aveva cinque anni. Se la fuga di Karima e Harila era avvenuta quindici anni prima, evidentemente Karima doveva aver abbandonato Helinor, che poi era stata trovata da Gammon nel Gold Saucer ed era stata portata nell’accampamento. C’erano tante cose da scoprire ancora. Perché Harila e Karima erano fuggite durante una missione? Forse avevano fallito e avevano avuto paura di tornare? Qual era stata la causa della morte di Karima? E soprattutto, era un caso che Gammon non volesse che Helinor sapesse che sua madre faceva parte dell’Ombra? O c’era qualcosa sotto?

-Non volevo turbarti con questi discorsi- si scusò Nhat, con un fil di voce.

Tseng si riscosse dai suoi pensieri con un sussulto e si accorse di aver fatto cadere la ciotola vuota a terra. La prese e tranquillizzò Nhat, dicendo:-Non preoccuparti. Sai, anche mio padre e mia madre sono morti che ero molto piccolo, perciò mio zio si prese cura di me al posto loro-, s’inventò. Aveva deciso che per conquistarsi la fiducia di Nhat doveva contribuire allo scambio d’informazioni, altrimenti lui si sarebbe insospettito.-Mio cugino è cieco fin dalla nascita, e alla morte dei suoi genitori, avvenuta tre anni fa, ho deciso di occuparmi di lui. Non abbiamo avuto vita facile, quindi non sono una persona che si turba facilmente.-

Nhat lo ascoltò attentamente, quasi commosso. Era una persona buona, d’altronde.

-Questo mondo ha reso tante ingiustizie a troppa gente- disse il medico- Ancora tisana?-

-No, grazie- rifiutò Tseng, nel modo più cordiale che conoscesse.

-Anche io ho deciso di prendermi cura di Uriah dopo la morte dei suoi genitori- mormorò, con le guance rosse e gli occhi lucidi d’emozione.-Penso che io e te, Tseng, abbiamo molto in comune.-

Tseng annuì, tentando di risultare il più sincero possibile. Aveva scoperto che mentire gli veniva molto meglio di ciò che pensava, e forse, se la carriera nei Turks non fosse andata bene, avrebbe potuto sempre ambire a quella di attore; non sarebbe stato male.

-Semmai avrai bisogno di aiuto, per qualsiasi cosa vieni da me.- disse Nhat, con disarmante buona fede.

Tseng notò quanto tutti fossero disponibili in quel posto. Forse non erano persone cattive.

Cosa stava pensando? Che fossero o no “cattivi”, l’unica cosa che serviva sapere era che tutta quella gente stava lottando contro la Shinra. Solo questo.

-Vorrei rendermi utile- disse Tseng- in qualche modo dovrò ricambiare il favore, e non mi piace starmene con le mani in mano a non fare niente.-

Ecco un altro passo per conquistarsi la loro fiducia.

-Potresti aiutarmi a mettere a posto questi medicinali...-

-Con piacere.-

 

(...)

 

Gofna sbuffò.

Era la tredicesima volta che faceva il verso a Helinor, che la mattina, prima di uscire per l’allenamento le aveva detto:-Stai qui e non provare a muoverti, chiaro? Non andare in giro per l’accampamento!-

Che antipatica.

Per tutta la sera prima non aveva fatto altro che stare in silenzio, senza aprire bocca. Si era buttata sul sacco a pelo, le aveva voltato le spalle e si era addormentata.

Erano in quei momenti che Gofna sentiva la mancanza di sua madre, ma sapeva che lei la guardava dal cielo, e non doveva preoccuparsi.

Tutte le persone che muoiono diventano stelle. Anche io quando non ci sarò più ti guarderò da lassù... e così anche tu potrai vedermi.

-Non sembri molto triste della morte di tua madre. Sei veramente stupida come sembri?- era stata l’unica domanda che le aveva rivolto Helinor.

Gofna le aveva risposto con quella frase infantile, che Harila le aveva detto quando era piccola, suscitando in Helinor una reazione estremamente ostile, infatti lei l’aveva guardata in malo modo e si era messa a dormire.

Per non parlare del ragazzo con i capelli di platino. Un’altra persona che la gentilezza non sapeva neanche dove fosse di casa. Le aveva chiesto la sua Katana senza neanche dire per favore.

In quel momento, Gofna se ne stava seduta a gambe incrociate sul suo sacco a pelo, con la testa poggiata su una mano e un dito che tracciava strani segni nel terreno. Il cappello verde era stato abbandonato sul sacco a pelo di Helinor. Si stava annoiando molto da sola, ma non osava disubbidire al comando della sua nuova compagna dopo l’avventura a Kalm.

L’ingresso della tenda venne scostato da una mano, e i raggi di sole illuminarono l’interno della tenda e i capelli biondi di Gofna, che alzò gli occhi.

Gammon sorrise affabilmente.-Karima, vero?-

Gofna arrossì e chinò la testa, imbarazzata.-S... sì-

-Sei una maga?- domandò Gammon, tendendole una mano con tanta disponibilità e amorevolezza nello sguardo da incantare Gofna.

-Proprio così! Conosco tantissimi numeri di magia!- esclamò la bionda, felice che quel signore gliel’avesse chiesto.

-Ti va di farmi vedere qualche numero?-

-Non so...- biascicò Gofna, insicura.-Helinor mi ha detto che devo stare qui...-

Il sorriso di Gammon si allargò.-Non preoccuparti per lei. Mi prenderò tutta la colpa.-

Gofna afferrò la mano del gran maestro e si alzò con entusiasmo:- Va bene, allora!-

 

 

Angolino dell’autrice

 

Ahem! Mi spiace guastare l’atmosfera con le mie inutili chiecchiere *si sente un frastuono assordante*; non fateci caso, sto irrobustendo le mura del mio laboratorio segreto con delle barre in titanio... mi servirà per i prossimi capitoli! Ma passiamo ad altro!!! XD Rispondo alle recensioni!

 

the one winged angel: Ho velocizzato la pubblicazione perché io sono arrivata al capitolo 13 U.u... XD

Non credo che Gofna e Sephiroth potranno mai andare d’accordo... credo che siano nati per odiarsi quei due XD Beh, meglio per noi, così la fa fuori! XD

Povero James, forse sono stata un po’ troppo dura con lui... comunque, sta appiccicato a Helinor, ma non l’ama davvero. E’ soltanto fissato.

Uriah... beh, qui ho descritto il suo passato perché mi serviva per quello che viene dopo, e per quanto riguarda Taiji, certo che lo verremo a sapere! è_è vedrai che sorpresona XD

Cloud O.o avojaaaa! In questa storia non c’è! Ma è logico, se Zack ha tredici anni... fai un po’ il conto. XD Beh, la prossima storia che dovrei scrivere (e che sarebbe il seguito di questa), ti piacerà XD visto che il protagonista assoluto è il nostro Sphy (purtroppo – nd Sephiroth – guarda che mi tocca fare per vivere). Però ancora  non sono sicura se la pubblicherò o no.

Genesis si preoccupa per Angeal XD Forse c’è qualcosa sotto (cosa stai insinuando – nd Angeal; già, cosa stai insinuando? – nd Genesis). O.o Sono arrabbiati con me... forse è meglio che mi nasconda nel laboratorio!

Sì, sì, non pensare troppo al signor Gammon! Anche se ormai dovresti esserti  fatta un’idea di quello che era il suo passatoXD A parte che è un po’ pazzo, ovviamente. È un tipo particolare quanto bastardo, l’amico.

Beh, alla prossima, cara nipoteee!

Un bacione ^_^

 

KiaElle: ah ahah! Il meteorite sarebbe stata una fortuna troppo grandeeee! XD

Ah, Gofna sta antipatica a tutti (autrice compresa), quindi non preoccuparti. Alla fine della storia potremo farci qualsiasi cosa *istinto omicida* XD.

Comunque sì, il mio intento è quello di rendere Gofna antipatica... beh, magari non proprio “intento”, così sembro proprio cattiva XD. Solo che è il suo carattere, è un personaggio nato così.

Sono felice che la mia fic ti faccia passare il tempo ^_^; per lo meno le cavolate che scrivo servono a qualche utilità XD

Per finire, ti ringrazio di tutto e ti mando un abbraccio! *abbraccio*

Se avrò qualche problema, non esiterò a contattarti! ^_^

 

Kairih: No, no, no! Sono io che devo chiedere scusa a te per aver aggiornato di punto in bianco! Non devi preoccuparti di niente ^_^

XD Sarebbero una bella coppia, Irvine e James! Non farebbero altro che parlare di ragazze!

E comunque, alla fine Uriah non ha spifferato niente: fortuna che sono amici... eh eh! Ma da questo capitoletto,tra le righe emergono tanti piccoli particolari! Inoltre, anche Uriah non è stupido, e iniziano a venire dubbi anche a lui...XD. Come ho detto, ho rinforzato il mio laboratorio perché ne avrò un gran bisogno XD

Al prossimo capitolo!!!!

Ps: Sto lavorando con vegas, ho imparato a mascherare le immagini e qualche altra cosina... mamma che fatica XD

Un bacio ^_^

 

Lirith: Grazie per aver letto tutto!!! Allora... andiamo con ordine...

 

Capitolo 1: XD Già già! Quanto tempo è passato da quella fic... credo sia stata una delle prima che ho pubblicato! Ç_ç Mi sento vecchia. XD

Coooooomunque!!! *_* Anche a me piacciono le maschere XD Danno un tocco di mistero e di stile al personaggio! E sì, in genere la indossa il cattivo di turno XD

 

Capitolo 2: Non ho idea dell’età di Zack alla sua entrata in Soldier; ho volato di fantasia, e ho pensato che siccome anche Cloud era molto giovane... forse ci poteva stare. E poi Zack è proprio nato per fare il Soldier XD

Anche io amo l’amicizia tra Sephiroth, Angeal e Genesis, ha qualcosa di molto bello in sé...

XD Forse avrebbe dovuto farlo, urlare per l’accampamento, intendo XD Fosse stata Gofna l’avrebbe fatto tranquillamente! XD

 

Capitolo 3: XDXD Sono contenta che Gammon ti piaccia, è molto strano... dire che è amibguo è dire poco... e poi è un gran bastardo XD. Proprio come hai detto tu, hanno tutti una sorta di debito verso di lui e nessuno si ribella, senza contare che lo vedono come un padre e nessuno mette in discussione la sua autorità. E lui lo sa.

XDXD La scena del padrinooo! Sai, non ci avevo pensato, ma dopo che me lo hai fatto notare quasi quasi mi è venuta voglia di scrivere una fic con Angeal come protagonista XD Gli facciamo fare il padrino, ok?! Sarebbe troppo forte... e poi con Zack...

*tilt*

 

Capitolo 4: Visto? Niente rapimenti! Vai a capire Gammon O.o non si sa che gli frulla per la testa, a quello lì.

+.+ è veroooo! Niente niente Sephiroth e Nara sono fratelli?! O.o dovrò indagare sull’argomento!!!

Sono felice che la scenetta tra Zack e Angeal ti sia piaciuta! Io tengo molto al loro rapporto maestro-allievo! Lo adoro *ama*. E poi, Zack è un tipetto tutto pepe e Angeal è composto e serioso XD

Gammon... il nostro misterioso capo... ci sei quasi ^_^

Gli ricorda una delle ragazze uscite dall’accampamento! Tra poco chiarirò anche quel dettaglio... non so bene a che capitolo però... um…

 

Capitolo 5: XD Beh, certo è che Gammon ha il so tornaconto da quella missione. Non lo capisoc neanche io sai? E considera che l’ho inventato io! XD

Nara e Gammon si sono proprio trovati! Sono ambedue grandi stronzi, solo che il primo è agisce per istinto, l’altro è un calcolatore bastardo XD

Ah ah! In effetti hai ragione, sono sicura che un disegno del genere sarebbe stupendo! Una vera opera d’arte ^w^

La spiegazione di amicizia ho cercato di adattarla al carattere di Zack. Credo che lui sia uno che la penserebbe in quel modo. Anzi, ne sono convinta.

 

Capitolo 6: C’è una spiegazione per il fatto che ho rappresentato così Genesis: il fatto è che su crisis core, viene rappresentato come il cattivo di turno, tuttavia io credo che prima fosse proprio com l’ho rappresentato. Un tipo orgoglioso, fissato con la letteratura e in perpetua competizione con Sephiroth... insomma, un personaggio un po’ pomposo, ma a dirla tutta simpatico. Ecco perché l’ho rappresentato così.

Non so come mi sia venuto in mente il nome Gofna XD è venuto così! È strano e adatto al personaggio ambiguo che rappresenta!

 

Capitolo 7: Già già! Viva la commedia! E poi Gofna, come hai detto fa ridere di suo, è superficiale e allegra all’eccesso; ha quindici anni e si comporta come una figlia di sette XD

È il suo personaggio.

XD

 

Beh, non posso che ringraziarti di cuore! ^_^ Anche io ho letto tutto, e appena ci sentiamo ti dico cosa ne penso!!! *_* E poi ho riflettuto su quello che mi hai detto l’altra volta sulla lista della spesa XD Trovo che tu non abbia tutti i torti XD Ma di questo ne parliamo poi!

Un bacio!!

Tico_Sarah

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

A mezzogiorno, tutti i ragazzi dell’accampamento erano ad azzuffarsi per il pranzo. Tseng e Nhat aprivano la fila, discutendo vivacemente del più e del meno, dietro Genesis faceva il finto cieco e si faceva guidare da Adrian. Al Soldier piaceva il ragazzino, era l’unica persona che stava ad ascoltare rapito le sue storie. Ancora dietro c’erano Uriah e Helinor.

-Ti ho detto mille volte che dovresti prenderti un’arma più grande- la stava rimproverando Uriah, che non toglieva gli occhi di dosso al cuoco con il mestolo.-Ah... non ho mai avuto tanta fame. Forse l’assenza di Nara mi apre lo stomaco...-

-Il mio pugnale va benissimo- obiettò Helinor, sfiorando l’elsa del coltello con la mano guantata. -È maneggevole e non serve un grosso sforzo per usarlo.-

-Tu punti troppo sull’agilità- le fece presente Uriah, mentre la fila scorreva e lui faceva un passo avanti.

-Perché non dovrei? A volte non basta solo la forza per vincere-

Uriah scosse la testa, esasperato.-Lo so!- esclamò- ma devi capire che le due cose andrebbero bilanciate... usa una spada più pesante, durante gli allenamenti: la tua forza aumenterà e quando utilizzerai il pugnale ti sembrerà di impugnare una piuma- consigliò.

Finalmente arrivò il loro turno; sia Uriah sia Helinor ebbero la loro razione e si allontanarono, raggiungendo insieme il centro della piazza come facevano ogni volta.

-Come vanno le tue ferite?-

-Bene- rispose Uriah, cominciando a mangiare con voracità.-Si stanno rimarginando. -

-Però ti fanno ancora male- osservò Helinor, tenendo gli occhi sul suo rancio.

-Sì, meno.-

-Bene.-

Consumarono in silenzio il loro pasto, poi Uriah sospirò profondamente e decise che se ne sarebbe andato a riposare.-Ci vediamo per l’allenamento pomeridiano- disse, prima di scappare via.

Helinor rimase sola. Sarebbe voluta tornare nella sua tenda a riposare ma si ricordò che Gofna era ancora lì. La voglia di stendersi fu sopraffatta dall’antipatia verso la persona che era diventata la sua coinquilina, e decise di trovarsi un altro posticino tranquillo in cui starsene in pace.

Si ricordò che tra la tenda di Taiji e quella di Nara si apriva un piccolo spiazzo, in cui Gammon aveva deciso di accatastare la legna che sarebbe servita per il falò della festa di plenilunio.

La festa di plenilunio!

Si sarebbe tenuta di lì a sette giorni, poi l’Ombra si sarebbe spostata di nuovo, forse molto lontano da Kalm, forse nel Wutai, dove si ricevevano frequenti le notizie della battaglia che incalzava. Sarebbero andati ad aiutare i soldati nel Wutai?

Si guardò intorno. La tenda di Nara era vuota, quella di Taiji uguale. S’intrufolò nel piccolo spazietto circolare, delimitato da un recinto di filo spinato, e si guardò intorno. Alla sua destra c’era un mucchietto di ceppi che considerò un ottimo posto su cui sedersi. Si lasciò cadere sulla legna stando attenta, cosicchè alcuni legnetti non rotolassero via, poi ne prese uno, sguainò il suo coltello, lo guardò un istante, dopodichè prese a far scorrere il filo della lama su di esso. Alcuni pezzi di corteccia saltarono via e caddero a terra.

Limare bastoncini era un modo che Helinor aveva brevettato quando aveva quattordici anni. In qualche modo, quel movimento ripetuto sistematicamente la aiutava a rilassarsi e scaricare la tensione accumulata. Stava per assestare l’ennesimo colpo, quando vide due piedi fermarsi davanti a lei. Smise di lavorare su un ormai irriconoscibile legnetto e alzò lo sguardo. Il riverbero della luce del sole le fece chiudere un po’ gli occhi, ma quelli non ebbero difficoltà a delineare la sagoma di Sephiroth.

-Hai ritrovato la tua spada?-

Sephiroth annuì.-Quella ragazza l’ha tirata fuori dal cappello.-

Helinor rise.-Te l’avevo detto: ha talento. Sono un po’ invidiosa, sinceramente...- disse, tornando a torturare il suo mozzicone di legno.

Il Soldier seguiva i suoi movimenti, perplesso. Vide l’ultimo pezzettino di legno cadere a terra e la ragazza che prendeva subito un altro bastone, di almeno venti centrimetri di lunghezza e due di diametro.

-Cosa stai facendo...?- non potè fare a meno di chiedere, lasciando trapelare un po’ di scherno dal tono della voce.

Lei raschiò il bastone con forza.-Non si vede?-

Sephiroth corrugò le sopraccliglia.

-Aiuta a scaricare la tensione- si schermì Helinor, stringendosi nelle spalle.-Vuoi provare?- gli porse il coltello e il legnetto.-È efficace.-

-Non ci tengo- rifiutò Sephiroth, senza impegnarsi nell’essere gentile. Quella missione era sempre più noiosa, Genesis sembrava essersi dimenticato del mondo reale e Sephiroth non era certo dell’umore giusto per mettersi a spezzettare bastoncini. 

-Come vuoi- disse Helinor con indifferenza.-Come mai da queste parti?-

-Sono venuto a chiederti qualche informazione- disse Sephiroth, tranquillo- ti ho vista venire da questa parte e...-

-Non posso esserti d’aiuto, mi spiace- lo interruppe Helinor, in tono acido.

Sephiroth si stizzì.-Ci hai già ripensato?-

-Mi sembra di avervi aiutato parecchio fin ora- replicò Helinor, senza abbandonare il tono aspro con cui aveva iniziato la conversazione.-Andate da qualcun altro-

-Hai preso degli impegni con noi- le ricordò Sephiroth, senza scomporsi.

Lei gettò il legno a terra, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e puntò la lama del coltello in direzione di Sephiroth come se lo stesse indicando.-So bene quel che faccio. Vi ho aiutati ad entrare nell’accampamento? Bene, ma non credete che l’abbia fatto per voi. Non credere che l’abbia fatto che il puro gusto nel tradimento, o perché improvvisamente mi è venuta voglia di giocare con voi della ShinRa. Io faccio parte per me stessa, e se ho fatto questa scelta è stato soltanto perché lo volevo io- e sottolineò l’ultima parola con molta cura.

Sephiroth la fissò.-E perché l’avresti fatto?-

-Affari miei- sbottò Helinor.-Adesso, se vuoi parlarmi, fallo. Altrimenti possiamo anche chiudere qui il discorso.-

Gli occhi di Sephiroth diventarono due fessure. Nessuno gli aveva mai mancato di rispetto in quel modo, alla ShinRa. Si sentì arrabbiato e deluso al tempo stesso. Si era accorto che in quel posto, lui non era considerato un pericolo, neanche da lei.

Non aveva alcuna autorità, non era un Soldier. Era soltanto Sephiroth.

Era una cosa scioccante per lui che non era abituato ad essere “normale”.

-Bel cappello- commentò Helinor, poi si riprese il legnetto e continuò a raschiarlo.

Sephiroth decise che era meglio andarsene. Non avevano più nulla da dirsi. Stava per fare marcia indietro, quando il suo udito catturò il rumore di qualcosa che veniva spostato e quello di passi leggeri.

-Hai sentito?- domandò a Helinor.

-Sì- mormorò lei, sbiancando. Ringuainò il coltello e scattò in piedi con il cuore in gola.-Cos’è stato?-

-Qualcuno ci spiava- disse Sephiroth, prendendola per il polso e trascinandola via di forza.

-Nella mia tenda- disse Helinor, tanto agitata da dimenticarsi anche di Gofna.

Sephiroth procedette a passò veloce fino alla meta e spinse dentro Helinor, seguendola a ruota.-Chi era?!-

-Che ne so!- gridò Helinor, con il cuore che le martellava nel petto.-Maledizione!- esclamò, infilandosi le mani tra i capelli castani.-E dov’è Gofna?!-

-Stai calma, magari era lei...- ipotizzò Sephiroth, immobile e con lo sguardo fermo.

-Vorrei tanto crederci- biascicò Helinor.

-Dobbiamo mantenere la calma- disse Sephiroth, che avvertiva l’agitazione di Helinor.

-Se ci hanno sentito siamo spacciati!- esclamò Helinor, in uno scatto d’ira.-Non solo la vostra...-

-Zitta- le ordinò Sephiroth- non parlarne più. Peggiorerai la situazione se qualcuno...-

-Tesooorooo!- canticchiò una voce.

Sephiroth e Helinor si voltarono verso l’ingresso della tenda.

-...ti sente- completò il platinato.

-Tesoro, sei qui?!- insistè Atmey con voce divertita.

Il giovane Soldier si voltò verso Helinor, che si avvicinò un dito alle labbra per intimargli di tacere.

Dopo qualche minuto che James aspettava davanti alla tenda, arrivò un altro ragazzo che gli disse di aver visto la ragazza avvicinarsi alla tenda di Nara, dov’era tenuta la legna. L’intervento di quell’anima pia permise ai due ragazzi di liberarsi di Atmey, e Helinor si sedette sul suo sacco a pelo raccogliendo le ginocchia al petto e nascondendovi il viso dopo averle abbracciate.

-Quel tipo è il tuo fidanzato?-

-In teoria. Gammon ha detto che dovrei sposarmi con lui- bisbigliò Helinor, con un fil di voce.-Matrimoni combinati. Un’altra cosa che non mi è mai piaciuta. Voglio essere libera di scegliere, così lo ignoro!-

L’inquietudine della ragazza era palpabile, e Sephiroth temette che lei potesse non reggere la tensione e mandare all’aria la missione per un insignificante rumore. Era vero, anche lui l’aveva sentito, ma se veramente qualcuno li stava spiando, i suoi sensi l’avrebbero avvertito. Consolato da questo pensiero, tranquillizzò anche Helinor.

-Adesso scusa, ma vorrei riposare- disse infine la ragazza.-Scommetto che avrai un sacco di cose da fare-

Sephiroth mentì spudoratamente:-Sì, infatti.-

-Arrivederci- concluse Helinor, sdraiandosi sul sacco a pelo.

Il giovane la salutò senza entusiasmo. In realtà non aveva niente da fare, ma tanto avva capito che quello di Helinor era stato un modo gentile per cacciarlo, quindi se ne andò senza fare storie. Del resto non aveva nessuna voglia di chiacchierare. Con Helinor, per giunta.

Certo avrebbe potuto anche sforzarsi un po’...

 

(...)

 

Helinor stava quasi per chiudere gli occhi, quando Gofna aveva fatto irruzione strillando, facendola saltare in piedi con il pugnale sguainato e gli occhi che saettavano in tutte le direzioni.

Gofna si portò le mani davanti alle labbra, soffocando un grido.

-Ah, sei tu- disse Helinor, riponendo il pugnale nel fodero con un gesto lento e stanco.-Mi sembrava strano che potessi riposare cinque minuti senza interruzioni.-

-Ti ho disturbata?- chiese Gofna, con voce stridula.

-Sì- fu la secca risposta.-Non ti avevo detto di rimanere qui?-

-Il signor Gammon mi ha invitata a fargli vedere uno spettacolo di magia!- raccontò Gofna, con aria sognante.-Era così contento...-

-Non lo metto in dubbio- sbuffò Helinor tornando a sdraiarsi.

-Non vuoi sapere com’è andata?- domandò Gofna, insistente, inginocchiandosi accanto alla compagna e avvicinando il volto al suo.

Helinor la cacciò con una mano: -No. Non me ne frega niente!-

-Antipatica!- le buttò in faccia Gofna, allontanandosi.

La castana si tirò a sedere e la guardò con aria stralunata:- Che diavolo vuol dire antipatica?!-

Gofna rimase interdetta. Helinor era riuscita a zittire anche lei.

-V...vuol dire che… che non mi piaci, ecco! È il contrario di “simpatica”!- gridò Gofna, arrossendo violentemente.

-Beh, il sentimento è reciproco- rispose Helinor, alzando le spalle.

-Ma perché?!- piagnucolò Gofna, afferrando coraggiosamente l’altra ragazza per un braccio.

Helinor si liberò con uno strattone deciso.-Perché tu sei la figlia di tuo padre!- le buttò in faccia.

Gofna mutò espressione di colpo e fece per scoppiare a ridere:- Sciocchina!- esclamò- è logico!-

La castana si alzò da terra. Avrebbe pagato oro per avere un muro contro cui sbattere la testa, in quel momento.

-Mio padre però è morto che ero molto piccola...- sospirò Gofna.

-CERTO!- gridò Helinor, con veemenza- PERCHE’ L’HO AMMAZZATO IO!-

Calò un silenzio tombale.

Helinor rimase in piedi, ansante, con una mano sulla fronte sudata e una disperazione indescrivibile nello sguardo.

Gofna la guardava con gli occhi sbarrati, senza piangere né ridere. Si era come pietrificata.

-Mi dispiace...- sussurrò Helinor.-Non avrei mai immaginato di chiedere perdono a sua figlia-

La bionda si sedette sui talloni e dopo aver posato le mani sulle cosce aveva stretto la stoffa tra le dita con forza. Le lacrime iniziarono a scenderle dagli occhi, rigandole il bel viso. Erano lacrime vere tra tante false, sintomo di un dolore sincero.

-Tuo padre...- esordì Helinor, con un groppo in gola- è stata la prima persona che ho ucciso. L’ho fatto senza un motivo, perché il maestro me l’ha ordinato. Lui, tuo padre... mi disse che dovevo lasciare in pace la sua famiglia. Non avevo capito perché finchè non ho visto la foto...-

-Quella di mia madre e la sua amica?- domandò Gofna, con voce tremante.

-Esatto. Ho capito che Ryan Brown era il marito di una donna che era stata nelle file dell’Ombra... questo posto, è stato abitato da tua madre e dalla sua amica- confessò Helinor, in tono piatto.

Gofna la guardò con gli occhi lucidi.-Tu hai...-

-Mi dispiace.-

-Non è vero...- singhiozzò Gofna, asciugandosi le lacrime con una mano.-Non ti dispiace.-

-Vorrei davvero potertelo dire con sincerità... ma il fatto è che io non so niente di queste cose. Ho sempre...- si morse il labbro.

Ho sempre combattuto, e un guerriero non deve avere sentimenti.

-Sei cattiva!- gridò Gofna, alzandosi a sua volta.

Helinor respirò profondamente.-Sì, può darsi...-

Uno schiaffo le arrivò in pieno volto.

-Per questo non ti piaccio?! Vuoi uccidere anche me!-

-No. Non ci ricavo niente...- poi si ricordò che la sua missione che in effetti, era proprio quella di uccidere Gofna.

Perché?

Gofna prese a sputarle addosso tutte le offese che conosceva, ma Helinor non l’ascoltava più. Come aveva potuto essere così cieca?! Lasciò sfogare Gofna, e si sentì quasi sollevata. Era un peso in meno... si sentiva più leggera.

Poi, Gofna le urlò:-Vado a dire tutto al signor Gammon! Almeno ti punirà! Perché lui è buono, non come te!- e uscì di corsa.

Helinor scoppiò a ridere in modo incontrollato e si lasciò cadere a terra di schiena, con le braccia spalancate. Continuò a ridere disperatamente fino a che non esaurì tutta quell’improvvisa ilarità, poi si rilassò, chiuse gli occhi e mormorò:-E dire che io a quindici anni ero sul fronte di una guerra... come passa in fretta il tempo, quando ti diverti- 

Non poteva negarlo. Invidiava Gofna. La invidiava perché invece lei a quindici anni non aveva fatto altro che servire il tè a sua madre.

Karima... perché mi hai abbandonata? È colpa mia?

 

Dopo mezz’ora, Helinor uscì di corsa dalla tenda e se raggiunse quella di Genesis. Voleva incontrare Tseng, invece quando entrò c’era soltanto il rosso stravaccato sul sacco a pelo con le braccia incrociate sotto la nuca e le gambe accavallate. Dall’espressione del viso sembrava annoiarsi a morte, e quando girò la testa per vedere chi fosse entrato, i suoi occhi si illuminarono impercettibilmente, per poi tornare ad assumere la stessa tonalità seccata che aveva prima.

-Stavo cercando Tseng- dichiarò Helinor, immobile davanti all’ingresso della tenda.

Genesis, disteso sul sacco a pelo, continuò a guardare un punto fisso davanti a sé.-Non c’è.-

-Sai dov’è andato?- chiese Helinor.

-No. E mi ha costretto a rimanere qui...- si lagnò Genesis.

Helinor intravide un libro spalancato vicino al fianco destro del ragazzo.-Ti ho disturbato?-

Il ragazzo lanciò uno sbuffo e si tirò a sedere, prese il libro, lo chiuse con uno scatto secco e incrociò le gambe.-No, non preoccuparti.-

Lei annuì, diede le spalle al ragazzo, fece per uscire ma prima che la sua mano raggiungesse il telo che chiudeva la tenda, si fermò e si voltò di nuovo verso Genesis. Quest’ultimo le rivolse un’occhiata interrogativa.

-Devo sapere...- esordì Helinor, con voce flebile- devo sapere... perché Harila era ricercata dalla mia organizzazione. Tu lo sai? Puoi dirmelo?-

Genesis sorrise, sornione. Era evidente che non capisse cosa voleva dire quell’informazione per la ragazza, perché offrì un baratto:-Potrei, ma dopo anche tu dovrai rispondere ad una mia domanda.-

Helinor indugiò. Meno di un’ora prima aveva cacciato Sephiroth perché non voleva dirgli niente e ora si trovava incastrata in un vicolo cieco. Chinò il capo.-Va bene-

Era disposta a tutto. Voleva sapere. Doveva sapere. Aveva troppe domande senza risposta.

-Harila Nhame era un membro dell’Ombra, fino a quindici anni fa- disse Genesis- fino a quando non ha tradito l’organizzazione assieme ad una sua amica, sparendo nel nulla.-

Il cuore di Helinor pulsava dolorosamente.-La sua amica. Come si chiamava?-

Genesis si alzò e la perforò con lo sguardo.-Questo lo sai solo tu.-

La ragazza chiuse gli occhi di scatto.-Karima Hinari. Era mia madre. Sei contento? Puoi dirlo al tuo amico...-

-Tseng non è un mio amico- la corresse Genesis, divertito- è un mio collega-

-Al tuo collega!- esclamò Helinor, esasusta-dillo a chi ti pare! Era mia madre... era mia madre. Mia madre lavorava qui... - sussurrò.

La testa di Helinor non lavorava più. Era tutto un susseguirsi di ricordi confusi, volti che s’intrecciavano tra di loro, parole che si perdevano, e lei che cercava di afferrarle disperatamente. Quindici anni fa... lei aveva solo due anni. Quindici anni fa, Gammon la trovò che vagava per il Gold Saucer...

 

-Oggi possiamo divertirci, no?- domandò una voce.

Una bimbetta smilza, vestita quasi di stracci, balzò fuori da sotto il tavolo della stretta cucina sgangherata, con le treccine che le scivolavano sulle spalle fino al bacino. I suoi grandi occhi blu erano rivolti verso una donna avvolta in un lungo mantello marrone che la copriva fino ai piedi e che solleticava il pavimento sconnesso. Le mattonelle annerite erano quasi tutte rotte o rialzate, e tra di esse, in alcuni punti, era attecchita dell’erba. La bambina si piegò sulle ginocchia e iniziò a strappare alcuni di quei fili verdi con aria incerta.

La donna, che somigliava in modo incredibile alla figlia, si abbassò alla sua altezza e le posò un dito sotto il mento.-Se non vuoi, non andiamo.-

-No...- disse la bambina, dispiaciuta.-Non voglio che quei tipi cattivi ti prendono-

-Non devi peroccuparti- la tranquillizzò la donna. La luce soffusa della lampadina illuminò il suo volto, a intermittenza.

Non potevano permettersi di meglio. Un bilocale consunto era più che sufficiente; anche se l’intonaco dei muri ogni tanto cadeva a terra frantumandosi, nonostante le piante rampicanti sia dentro che fuori l’abitazione e il lampadario pericolante che pendeva sul tavolo rosicchiato dalle termini, quella ormai era la loro casa. E poi, l’importante era stare insieme.

Karima fece per alzarsi, ma fu scossa da un violento attacco di tosse. La figlia la guardò spaventata.

-Non preoccuparti, Helinor- si schiarì la voce e si posò una mano sul petto, tra le clavicole. La gola le bruciava maledettamente e non riusciva mai a respirare decentemente. Scosse la testa, rassegnata. Le mancava davvero poco tempo. Questione di qualche anno...

-Andiamo alle giostre?- domandò Helinor, timidamente.

Karima sorrise e le posò una mano sulla testa.-Sì. Si chiama Gold Saucer...-

 

-Perché mia madre e Harila tradirono l’organizzazione?- domandò Helinor, scacciando i ricordi con determinazione.-Questo atto porta alla morte...- s’interruppe. I suoi occhi azzurri si persero in quelli di Genesis, mentre lei boccheggiava qualche altra frase sconnessa.

-L’hai fatto anche tu- le ricordò Genesis, con franchezza.

Helinor congiunse le sopracciglia. Si sentiva pressappoco annientata dai ricordi che la stavano attaccando con violenza inaudita. Per quindici anni aveva creduto che il buono della situazione, il suo salvatore, fosse Silver Gammon. Allora perché non le aveva detto niente riguardo a sua madre? Perché l’aveva mandata ad uccidere Ryan Brown? Sapeva che era il marito di Harila?

 

-Prendi me, ma lascia stare la mia famiglia!-

 

Ovvio che Gammon lo sapesse.

La mano di Helinor scivolò sull’elsa del pugnale e la strinse con la forza della disperazione. Quindici anni a chiedersi se sua madre l’avesse abbandonata per colpa sua, perché non le voleva più bene o perché con la sua presenza era diventata un peso.

Genesis guardò Helinor. Vide le sue spalle afflosciarsi, la fronte lucida del sudore che colava dalle tempie fino a terra, gli occhi persi nella più totale angoscia, intenti a seguire il filo fuggevole dei pensieri che le ronzavano in testa, e la mano stringere il pugnale. Provò un bricolo di compassione.-Dirò a Tseng di andare nella tua tenda appena lo vedo - le disse- è con Nhatan per tutto il pomeriggio, quindi stasera...-

Helinor lo fissò con aria confusa.

Lui le diede le spalle e incrociò le braccia sul petto.

-Grazie...- mormorò Helinor, dopodichè corse via.

 

(...)

 

Un colloquio.

La tenda di Helinor era scarsamente illuminata dalla fiamma tremolante di una candela.

Tseng era inginocchiato sul sacco a pelo di Gofna, che per tutto il giorno non si era più fatta viva, mentre Helinor lo fronteggiava, seduta con le gambe incrociate e le mani che torturavano gli stivali di gomma che indossava.

-Genesis mi ha detto tutto- fece Tseng per rompere il ghiaccio- e anche Sephiroth.-

-Bene, almeno non dovrò sprecare il fiato- mormorò Helinor, chinando la testa per nascondere a Tseng lo sconforto che le si leggeva negli occhi.

Il Turk infilò una mano in tasca e ne estrasse la foto di Harila e Karima, foto che poi allungò fin sotto il viso della ragazza.-Quindi questa è tua madre.-

-Karima- disse Helinor.

-Ora si spiega anche perché Gammon ha avuto quella reazione- riflettè Tseng, gettando la memoria a quando Gofna si era presentata con quel nome- Lui non vuole che tu sappia di tua madre. Era una traditrice, no? Forse vuole cancellare la sua memoria-

-Ma perché?!- esclamò Helinor, alzando lo sguardo e portandolo a contatto con quello di Tseng- Dimmi perché! Mi sembra tutto così...-

-Stai calma- l’ammonì Tseng- possiamo ripercorrere le tappe della tua vita in modo da poter trovare qualche indizio...-

-Non ricordo niente- sospirò Helinor- ero troppo piccola.-

-Partiamo da oggi, allora.-

-Da...oggi?- ripetè Helinor, piano.

Tseng annuì. Il suo atteggiamento tranquillo e composto infuse a Helinor un po’ di sicurezza e molto coraggio. Helinor chiuse gli occhi. Cos’avrebbe scoperto di sua madre? Cos’avrebbe scoperto di Gammon?

-Harila mi ha detto che tua madre è morta tredici anni fa- la informò Tseng, fissandola con sguardo penetrante, come se volesse leggerle dentro.-Ti dice niente?-

Lei sollevò le palpebre e corrugò la fronte.-Tredici anni fa... avevo all’incirca cinque anni... è stato il periodo che ho incontrato Uriah...-

-Uriah...- fece eco Tseng- quindi tua madre è morta nello stesso arco di tempo. Nhat mi ha detto che era malata.-

-Questo me lo ricordo- disse Helinor, mentre un sorriso amaro le passava sulle labbra.- Ma non ho idea di che cos’avesse, né tantomeno se quella malattia fosse mortale...-

-Quindi, quando tu avevi cinque anni, Karima non abitava all’accampamento?- domandò Tseng.-Ma allora Nhat come faceva a sapere che lei era morta...-

Helinor dischiuse le labbra, prese coraggio e raccontò:-Tredici anni fa ci eravamo accampati vicino a Midgar. Nhat aveva preso a viaggiare dall’accampamento alla città per comprare alcuni medicinali e farne scorta. Diceva che c’era un negozio che vendeva alcuni materiali quasi introvabili, e che lui doveva andarci per forza... un giorno, tornò con un bambino. Era Uriah. Disse che aveva avuto un incidente e che non voleva più parlare a causa dello sciock...-

Tseng la interruppe. La sua mente aveva già fatto due più due.-Un incidente?-

Helino boccheggiò. Anche lei aveva capito.-L’incidente... tredici anni fa... combacia tutto... erano i genitori di Uriah! I padroni del negozio! Uriah mi ha detto che loro furono uccisi dai Soldier tredici anni fa... ma che lui riuscì a fuggire e che Nhat lo trovò...-

-Qualcuno deve averlo aiutato a fuggire- disse Tseng, immediatamente- qualcuno che sapeva muoversi molto bene... -la sua mente ricollegò i documenti che gli aveva dato Verdot. Il nome di Karima non compariva da nessuna parte. Sembrava un’ombra sfuggente, quella donna; la sua memoria era confusa ed estremamente lontana dalla verità, sia per l’Ombra, sia per la ShinRa.

Sulle labbra di Helinor fiorì un nome. Lo sussurrò impercettibilmente.-Karima...-

Tseng sapeva di aver colto nel segno, il suo istinto glielo diceva.-Sì... dev’essere stata tua madre a salvarlo. Sicuramente i Soldier l’hanno ucc...- guardò il volto di Helinor indurirsi.-Forse dovremmo smettere.-

Lei deviò il suo sguardo da Tseng a un punto impreciso della tenda.-Devo chiederlo a Uriah... lo farò prima possibile. Poi ti aggiornerò...- disse con voce gelida.

Tseng annuì.-Pensi di farcela?-

Helinor rise amaramente.-Ho fatto cose peggiori nella vita.-

-Bene...- Tseng si alzò, si sgranchì i muscoli e le sorrise impercettibilmente.

-Ci vediamo domani mattina alle otto nella tua tenda- fece Helinor, in tono che non ammetteva repliche.-Ti dirò di Uriah.-

-Buonanotte, Helinor.-

Lei non rispose. Non ne trovò la forza. Aspettò che lui uscisse, spense la candela ed uscì.

Sì, aveva fatto cose peggiori, e non sarebbero state le ultime.

 

(...)

 

Uriah era immerso nel buio. Il giorno gli piaceva molto più della notte. La notte faceva quegli incubi, reminescenza di un ricordo che avrebbe cancellato con estremo piacere insieme al dolore che ne derivava.

Stava sdraiato di schiena con un braccio dietro la testa e una mano posata sullo stomaco, intento ad ascoltare il dolore  infuocato delle ferite sulla schiena non ancora rimarginate. Il giorno quelle ferite erano insopportabili, ma di notte era come se il dolore fisico e mentale si bilanciassero e gli provocassero un certo, oscuro, piacere. E poi così non si sarebbe addormentato e non sarebbe tornato al passato.

Ad un tratto udì un fruscio, si mise a sedere e i suoi occhi catturarono una scintilla. Afferrò l’elsa della spada che gli giaceva accanto, e con un movimento in diagonale dal basso verso l’alto parò un colpo venuto dal nulla. Il rumore metallico che derivò dalla parata si spense quasi subito.

Un respiro affannato. Avrebbe saputo riconoscere quel lieve respiro ovunque, anche nel buio.

-Helinor... sei impazzita del tutto?!- esclamò Uriah.

Lei ritrasse l’arma.-Devi dirmi...- farfugliò.

-Cosa?- la incalzò Uriah, che ancora stringeva la spada e si era alzato, brancolando nel buio.

Seguirono alcuni istanti di silenzio, durante il quale gli occhi di Uriah si abituarono all’oscurità e pian piano gli si delineò la sagoma di Helinor.

La ragazza era in piedi e brandiva il suo pugnale con mano tremante. Non era in posizione d’attacco, ma questo non tranquillizzò Uriah, che continuò ad essere guardingo. Notò che i suoi occhi erano quasi assenti, immersi in una sofferenza che lui non le aveva mai visto addosso.

-Helinor...- la richiamò.

Di tutta risposta, lei gli domandò:-Tredici anni fa, cosa successe?-

Uriah sentì il suo stomaco stringersi in una morsa d’acciaio e replicò:-Non me lo ricordo-

-Menti!- ringhiò Helinor.

-Non voglio parlarne, va bene? Cosa ti è preso?!- obiettò Uriah, sinceramente sorpreso.-Non ti è mai interessato niente del mio passato...-

-Una donna di nome Karima! Ti ha salvato una donna di nome Karima?! Rispondimi!- gridò Helinor.

Lui parò un altro fendente che la ragazza aveva menato a casaccio, in un moto d’ira. Non l’aveva mai vista in quello stato.-Sì!- rispose, respingendo il colpo con tanta violenza che lei incespicò all’indietro e ruzzolò contro il telo che copriva l’entrata della tenda, attraversandolo.

Uriah la vide sparire all’esterno e la seguì.

Il pugnale argentato era illuminato timidamente dalla luce pallida della luna. Era a terra, vicino alle ginocchia di Helinor, che lo guardava con aria assente. Il riflesso del bagliore lunare sulla lama si rispecchiò sul viso della ragazza, rendendolo ancora più pallido e cadaverico di quanto già non fosse.

-Cosa ti è preso?- le domandò Uriah, perplesso.

-Era mia madre...- bisbligliò Helinor.

-Eh?- fece Uriah, visto che lei aveva parlato a voce troppo bassa perché lui potesse sentirla.-Cos’hai detto?-

Lei si posò le mani sulle ginocchia e si alzò lentamente.-Era mia madre- disse, a voce un po’ più alta.-Era mia madre, la donna che ti ha salvato dai Soldier.-

Uriah sbarrò gli occhi. Adesso capiva perché si somigliassero così tanto... il volto di Karima era sempre stato confuso, ma aveva sempre avuto l’impressione che Helinor fosse in un certo qual modo simile a lei. Avevano gli stessi occhi.

Mosse qualche passo verso la compagna, che però si scansò e si chinò per raccogliere il pugnale, che poi ringuainò con un sibilo metallico.-Mi serviva sapere soltanto questo.-

Lui non le chiese se stava bene o no, gli sembrava una domanda superflua, ed inoltre non gli si addiceva affatto. Si limitò a guardare per terra con aria indifferente.

Non sapeva cosa dire.

Cosa si diceva alla figlia della donna che lo aveva salvato dalla morte? Grazie? Non era neanche sicuro che gli avesse fatto un favore, con quel gesto.

I due ragazzi rimasero l’uno davanti all’altra, in silenzio.

Helinor non aveva nessuna intenzione di dire a Uriah delle sue scoperte. Voleva soltanto sapere.

-E lei... è morta?- domandò la ragazza, con voce tremante.

Uriah si strinse nelle spalle.-Non lo so. Mi ha buttato dalla finestra, perciò non so cos’è successo dopo...-

-Quindi lei...- disse Helinor, con un tuffo al cuore- potrebbe essere viva?-

-Non contarci- rispose francamente Uriah. Non voleva darle false speranze.-C’era un uomo... ci stava inseguendo… non ricordo il suo nome... era vestito diversamente dagli altri soldati. Non ricodo altro...-

-E Karima? Perché si trovava nel negozio dei tuoi genitori?- insistette Helinor.

Uriah scosse la testa.-Mi dispiace. Non me lo ricordo.-

Helinor socchiuse gli occhi e gli diede le spalle.-Ci vediamo domani...-

 

 

Angolino dell’autrice:

 

Altro aggiornamento veloce, sempre per il fatto che io sono al capitolo 13 della storia (completo), e che vorrei portarmi un po’ più avanti.  Il prossimo aggiornamento a domenica, almeno sarò al capitolo 11 e potrò riprendere ad aggiornare normalmente.

 

KiaElle: XD sono felice che Karima ti piaccia! È una donna molto coraggiosa, ed è un personaggio che personalmente adoro.

Gammon e Gofna... è un rapporto un po’ complicato il loro, ma nei capitoli seguenti si saprà tutto. Nel capitolo 13, mi pare… o metà del 14. Comunque da quelle parti. Un’idea penso che puoi già essertela fatta sul rapporto Karima-Gammon.

Ho dato dei piccoli indizi qua e là...

Poi ti ringrazio dei complimenti! Mi sono impegnata molto per scrivere la prima parte del precedente capitolo ^^

Ti ringrazio di seguire costantemente la storia! ^^ Sono felicissima! *abbraccia*

 

Kairih: Sono contenta che la prima parte ti sia piaciuta!!!! I genitori erano orgogliosi come il figlio XD. Anche io ho pensato che forse avrebbero dovuto scappare, mentre scrivevo. Mi piangeva un po’ il cuore a farli morire così... è duro il lavoro dell’autrice! XD Ma considera che se fossero scappati, la storia avrebbe preso tutta un’altra direzione.  È questo che adoro delle scelte! A volte sembrano così scontate, invece basta combiare una piccola cosa per determinare il futuro di un persona. Ma lasciamo perdere i pensieri filosofici XD.

Nei prossimi capitoli, ci saranno molte rivelazioni, ma nasceranno anche molte domande. Diciamo che questo è il mezzo della storia. Da qui in poi il cammino è tutto in discesa. XD

Un bacione tesoro mio!!!!

 

the one winged angel: mi spiace averti fatto parlare da sola… e mi spiace anche averti mandata fuori strada con Cloud XD Spero che mi perdonerai, perché è tutta colpa mia che voglio fare la misteriosa. Comunque no, non te lo sei immaginato. Nella ficcy c’è Cloud. Però bisogna tenere in mente la struttura della fan fiction, che sarebbe suddivisa in varie storie diverse che seguono gli avvenimenti di FFVII. La prima è questa “Homless”, poi ce ne sarà un’altra (anche se ancora devo decidere se pubblicarla) con Sephiroth come protagonista, poi ci sarà la terza che coincide con Crisis Core (in cui c’è Cloud), poi FFVII (sempre con Cloud, quindi come vedi recupero XD) e infine quella che riguarda Advent Children. È una serie, come ho già detto, e sono molte storie. Per quel che mi riguarda, le scriverò comunque per me. Anche questa, come ho detto era nata per il mio personale divertimento e per allenarmi a scrivere. Che poi l’ho pubblicata è un altro conto. XD

Comunque, questo è quanto. Semmai avrai voglia di seguire la storia per intero, la pubblicherò anche solo per te ^^

Nhat è sincero. È una persona davvero buona e gentile, ma non faccio Spoiler.

XD Non è che Gofna ti sta simpatica perché Genesis non la guarda più, eh? *ammicca* XD Sto scherzando, ovviamente. Sono felice che sia nato un affetto per Gofna. In fondo è solo giovane e ingenua (una preda per Gammon, in pratica), e se si considera che dopo la morte del padre la madre l’ha chiusa in casa... boh. Forse siamo stati tutti troppo duri con la povera Gofna. Diamole un’occasione XD

James è un personaggio di terzo piano, ma spero solo che Sephiroth (o Nara, al massimo), lo facciano fuori XD

Grazie per tutti i tuoi complimenti, nipotuccia mia!!!!! Mi rendono tanto felice!

Un abbraccione dalla tua zia Tico.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

 

Durante l’allenamento con le armi, Uriah aveva avuto modo di osservare la sua compagna molto più attentamente di quanto avesse potuto fare la notte prima.

Si era chiesto se avesse sbagliato a considerarla soltanto un’eccentrica ragazzina. La guardò mentre scagliava colpi secchi e veloci contro di lui, che li parava senza difficoltà. Si era convinto che quella mattina l’avrebbe sopresa con gli occhi gonfi e rossi, il volto pallido come la notte prima e l’aria assente e vacua. E invece si sbagliava, perché le iridi azzurre di Helinor erano immerse nel bianco più incontaminato, e i suoi occhi presenti illuminavano un viso fresco e rosato. Si chiese come avesse fatto a riprendere il controllo così facilmente.

La risposta gli arrivò sotto forma di un fendente rapido e preciso che lo disarmò, facendogli scivolare di mano la spada. Ne seguì una forte gomitata allo stomaco che lo fece incescpicare e cadere a terra insieme alla sua arma, con il pugnale di Helinor puntato alla gola.

Si scambiarono un’occhiata, poi lei ritrasse il coltello, lo ringuainò e se ne andò a passo svelto.

Doveva essere ancora arrabbiata con lui.

Uriah si alzò e impugnò la spada con aria attonita. Che colpa aveva lui di tutto ciò che stava succedendo? Si era ritrovato a combattere contro il corso degli eventi senza che potesse neanche metterci un dito...

Karima lo aveveva salvato, questo era certo, ma come poteva sapere che quella donna misteriosa era la madre della sua compagna? Non l’aveva mai vista prima del giorno della morte dei suoi genitori e i ricordi che aveva di lei erano immersi in una nebbia troppo consistente perché potesse distinguerli chiaramente.

Kay gli si trotterellò vicino.-Ei, Uriah! Vuoi allenarti con me?-

Uriah abbozzò un sorriso.-Per me va bene-

 

(...)

 

Nara era arrivato a Junon dopo due giorni di cammino. Era sceso dal Chocobo e si era fatto largo tra un fiume di gente indaffaratissima. Non si chiese perché le persone andassero tanto di fretta, giunse alla locanda, dove avrebbe incontrato l'ambasciatore del Wutai, lasciò il Chocobo legato a un palo ed entrò con il mantello da viaggio che gli frusciava ai piedi con decisione. Serviva più a nascondere la spada che portava appesa al fianco che ad altro, ma tanto lui non ci faceva caso.

Erano le una del terzo giorno. L’ora di punta.

Le strade erano popolate quelli che lui identificò come Soldier e da altri uomini vestiti di nero, insieme con altre persone che indossavano un semplice paio di jeans sotto una canottiera bianca e sudata. Li notò per via di uno strano elmetto giallo che portavano in testa e dei materiali piuttosto pesanti che stavano trasportando: legno, ferro, viti, vetro; il tutto andava verso un punto ben preciso, ma che era celato alla vista di Nara. Tanto a lui non importava sapere altro oltre a ciò per cui era giunto a Junon: incontrare un ambasciatore del Wutai. Si chiese soltanto perché avessero deciso quel posto come il luogo dell’incontro, visto che pullulava di nemici.

-Perché sono tutti così indaffarati con i lavori per la costruzione di Junon, che non ci noterebbero neanche a un palmo di distanza- disse l’ambasciatore, un uomo dai vispi occhi neri che si muovevano in tutte le direzioni.

La locanda era piena di gente, e i due si erano seduti a un tavolo in disparte, lontano da tutto e da tutti.

-Credevo fossimo già a Junon- replicò Nara, composto e immobile sulla sedia con le spalle dritte e gli occhi velati di una sfumatura di arroganza.

-Lo siamo- rispose l’ambasciatore, con enfasi. Poi abbassò la voce e si sporse sul tavolo.-Dicono che stanno costruendo una piattaforma sopraelevata... un progetto da miliardi di miliardi di Guil- gli fece l’occhiolino.-Beati loro che hanno soldi da spendere.-

Nara non ricambiò l’aria complice e con una smorfia di disgusto infilò una mano sotto il mantello, estraendone una lettera arrotolata su se stessa, legata da un nastro viola.

Lo sguardo dell’ambasciatore vagò sul viso di Nara fino a soffermarsi sul messaggio che gli stava consegnando. Il suo sorriso si fece ancora più ampio e lo afferrò con sicurezza.

-Da parte del gran maestro Silver Gammon- disse Nara.

L’altro non lesse il contenuto della pergamena, si limitò a inserirlo nella borsa che portava a tracolla con soddisfazione.-Grazie per il disturbo.-

Nara abbozzò un ghigno e si alzò dal tavolo.-Credo che ci rincontreremo prima o poi.-

L’ambasciatore lo imitò e gli porse la mano. Nara la strinse con forza.

-Però... che stretta...- commentò l’ambasciatore, tra i denti.-Beh, è stato un piacere fare affari con voi.-

Il giovane Nara chinò il capo, gli diede le spalle e se ne andò lentamente, passando attraverso la folla con passo sicuro, dando qualche spallata a chi non voleva scansarsi di propria iniziativa.

Uascì dalla locanda e riprese il suo Chocobo. Certo che ne erano passati di anni dall’ultima volta che aveva messo piede a Junon...

Nove anni.

Erano nove anni.

 

(...)

 

Le una e mezzo.

Uriah aveva guardato la posizione del sole per desumere l’ora, poi era arrivato Tseng che gliel’aveva gentilmente detta, facendolo montare su tutte le furie. Non gli serviva l’aiuto di un nemico per sapere che ora era!

L’allenamento con Kay era stato monotono. Non aveva particolari capacità fisiche, né per quanto riguardava la velocità, né per quanto riguardava la forza. Uriah si era limitato a parare i colpi, senza rispondere a nessuno di quelli. Aveva intravisto Helinor accanirsi contro James Atmey, che impudentemente l’aveva chiamata a combattere.

Così, dopo essere tornato dall’accmpamento, Uriah aveva pranzato velocemente e si era diretto verso la tenda di Nhat per cercare delle risposte. Non si era mai soffermato a pensare su chi fosse la donna che lo aveva strappato dalla morte, o se il fatto che Nhat si trovasse sotto quel gazebo fosse solo un caso, o ancora perché i suoi genitori fossero stati uccisi. I suoi ricordi erano veramente troppo confusi, e il modo con cui aveva agito Helinor era stato come uno schiaffo in pieno viso per lui. Tanti particolari che non aveva mai notato gli stavano venendo in mente, legandosi con i fatti che aveva vissuto in quegli ultimi tredici anni.

Perché Nhat conosceva i miei genitori? Aveva rapporti con loro? Che ruolo ha avuto nel loro omicidio?

Chi era Karima? Perché era venuta nel negozio della mia famiglia? Era malata? È morta per mano dei Soldier?

Chi era l’uomo in nero? Aveva un nome?Conosceva Karima? Perché?

Domande che si addicevano più alla mentalità di Helinor, più che alla sua. Domande che gli mettevano addosso ansia e curiosità insieme. In un certo senso, scoprire la verità su quel personaggio misterioso che era stata la madre di Helinor, sapere di più sulla morte dei suoi genitori e capire se tutto ciò che gli era successo era stato veramente dettato dal caso, lo incuriosiva.

Entrò nella tenda di Nhat.

Lo trovò inginocchiato con gli occhi chiusi. Davanti, posate su un vassoio di legno, c’erano delle piccole boccette di vetro contenenti liquidi di diverso colore e consistente.

-Ciao- gli disse Nhat, con affetto.

Uriah non sapeva da dove cominciare.-Dobbiamo parlare.-

-Le ferite ti fanno ancora male?- domandò Nhat, con un sorriso disponibile.-Ho giusto una nuova crema che fa al caso tuo...-

-No- lo interruppe Uriah, in tono secco.-Non sono le mie ferite.-

Nhat mutò espressione, e i suoi occhi si specchiarono in quelli di Uriah, poi gli fece cenno di sedersi davanti a lui, battendo una mano su uno dei cuscini che regnavano a terra.

-Voglio parlare... del giorno in cui mi trovasti.-

L’uomo lo squadrò con dolore.

Il ragazzo si grattò il braccio sinistro con una mano, dandosi dei leggeri pizzichi alla pelle, ogni tanto. Nhat si rese conto che il giovane stava cercando di frenare le lacrime.-Sei sicuro?-

-Sono passati tredici anni- osservò Uriah, con voce flebile, a stento controllata.-Posso parlarne.-

La mano di Nhat si posò sulla spalla di Uriah, e quando quest’ultimo sollevò lo sguardo sul medico, vide che lui stava sorridendo in modo paterno.

-Cosa vuoi sapere? Non posso dirti molto, purtroppo... so solo poche cose.- disse Nhat.

-Voglio sapere di una certa Karima- dichiarò Uriah, con decisione.

Nhat ritrasse la mano di scatto.-K-Karima?-

-La donna che mi ha salvato- precisò Uriah, insospettito dall’improvviso cambio di atteggiamento di Nhat. Era passato da amorevole e paterno a serio e guardingo, come se si aspettasse di essere colpito a tradimento.

I ricordi della notte precendente si sommarono al dolore che Uriah stava provando, ma lui soffocò le lacrime.-Era la madre di Helinor.-

Nhat socchiuse gli occhi.-Potrebbe essere. Non so che dirti.-

Uriah gli espose la sua teoria:-Perché tu venivi spesso nel negozio dei miei genitori. Forse l’avevi vista qualche volta?-

-L’avevo vista, sì...- mormorò Nhat, abbassando la testa.- Era malata... lei...- s’interruppe. Non avrebbe dovuto parlarne, l’aveva promesso.

 

-Dannata!-

Un grido esplose nella tenda grande e spaziosa di Gammon, accompagnata da un rumore di vetri infranti e un frastuono di metallo che cadeva a terra.

Nhat voltò istintivamente lo sguardo.

La sacca di Gammon era stata gettata a terra con violenza. Alcune cose si erano rotte all’interno,altre erano uscite dalla piccola apertura nella cerniera, rotolando sulla terra arida. Il gran maestro sembrava fuori di sé, in un modo che Nhat non gli aveva mai visto addosso.

-Silver...- esordì Nhat, nel tentativo di placare l’ira del gran maestro. La sua voce si spense, sovrastata dal grido furioso di Gammon. -Quella... quella...- gridò un’esclamazione oscena.

-Silver!- provò a ripetere Nhat, quasi spaventato.

Gammon lo guardò con furia omicida.-Che vuoi?!- ruggì.

-Non arrabbiarti così... non ne vale la pena...- balbettò Nhat, indietreggiando.

-Pensavo che la sua malattia l’avesse già sepolta dieci metri sotto terra!- tuonò Gammon, dando un calcio alla sventurata borsa da viaggio.-Quella donna non è umana!-

-Il suo corpo è volato già dal secondo piano di un palazzo, è rotolato sul tendone di un gazebo e si è spento in strada. Una ferita al cuore- gli disse Nhat, nervoso.

Quell’affermazione sembrò placare un po’ la furia del gran maestro, che si decise a tornare a sedere sullo scranno di legno con aria compiaciuta. Appoggiò i palmi delle mani sui braccioli, accarezzandoli con le dita in modo lieve, mentre sulle sue labbra passava l’ombra di un sorriso.-Quindi è morta?-

Nhat annuì.-Sì.-

-In strada.-

Il medico ababssò lo sguardo.

-Come una fuggiasca!- Gammon scoppiò in un grassa risata.-Come l’ultima dei criminali! Morta!- ripetè, tra sé e sé.

-Silver... era una di noi.- disse Nhat, andando incontro alla furia di Gammon.

-Era una traditrice! Lei e quella sua amichetta voltagabbana!- abbaiò, sporgendosi in avanti.

Nhat arretrò, senza avere il coraggio di rispondere alcunchè.

Gammon appoggiò la testa allo schienale e continuò a ridere di gusto.-Chi l’avrebbe mai detto?-

Rimasero così alcuni minuti: Nhat pietrificato davanti a Gammon e quest’ultimo che non accennava a smettere di ridere. Poi Gammon si fece serio e compito come sempre. -Non voglio che se ne parli più- disse con voce gelida.-Non voglio che il nome di quella donna maledetta venga pronunciato in questo posto. Promettilo, Nhat.-

Il medico esitò.-Io...-

-Lei, quella sua stupida sete di libertà. La libertà non esiste, non è di questo mondo. Il prossimo che invoca il nome di Karima Hinari in mia presenza lo farò giustiziare. Voglio che la sua memoria sia cancellata per sempre dalla faccia della terra. Lo esigo.-

-E va bene... lo prometto.-

Niente da fare. L’ascendente di Gammon, il timore che infliggeva a chi gli stava davanti e quella sorda ira che emanava da tutti i pori, non permisero a Nhat di opporsi in alcun modo. Era certo solo di una cosa. Un bambino lo stava aspettando nella tenda: doveva andare da lui, perché era solo e spaventato.

Sperò soltanto che il ricordo di Karima non lo avrebbe tormentato per troppo tempo.

 

Nhat si riscosse solo quando avvertì qualcosa di freddo che gli pungeva la gola. Girò gli occhi verso destra e scorse una lama metallica, poi un manico argentato con un rubino incastonato nel mezzo e infine il braccio e il viso di Helinor.

Uriah abbassò lo sguardo.

-C... come hai fatto?- balbettò Nhat, rivolgendo un’occhiata confusa a Uriah.

-Conosco alcuni trucchetti- gli sputò contro Helinor, con voce gelida.-Adesso devi dirmi di mia madre.- Il suo tono non ammetteva replice, e per sottolineare il concetto lasciò che il filo della lama affondasse lievemente nella carne di Nhat, lasciandovi un evidente segno rosso.-Tu sai.-

-Era malata- disse Nhat, con voce tremante.

-ERA DELL’OMBRA!- gridò Helinor, e avrebbe affondato il pugnale nella carne se Uriah non se ne fosse accorto in tempo e non le avesse fermato il polso.

-Sei scema?!- urlò Uriah, stringendo la presa.

-Togliti di mezzo!- replicò Helinor, dandogli una spallata.

Uriah estrasse la spada con un sibilo e guardò Helinor con gli occhi ridotti a fessure.

-Vi prego... basta!- li pregò Nhat.

-Non voglio farti del male- disse Helinor, sovrastando la voce del medico.

Il compagno la sbeffeggiò senza paura:-non potresti neanche se volessi...- si bloccò e parò una stoccata veloca da parte della ragazza, che impegnò la sua spada di lui con il pugnale e lo disarmò con un gesto circolare, veloce e preciso. Uriah indietreggiò, allibito. Era la seconda volta che lo disarmava!

Helinor afferrò la sua spada e gliela puntò alla gola.-Sei distratto- lo rimproverò, e detto ciò alzò la lama per abbatterla sul compagno.

Due braccia la afferrarono per la vita.-Helinor!!!- gridò Nhat.

-Vattene!- gridò Uriah al medico, che di tutta risposta subì una gomitata in pieno viso. La ragazza se lo scrollò di dosso con una spinta.

-Basta Helinor!- rantolò Nhat, che incescipò all’indietro tossendo violentemente. Cadde seduto a terra.

Uriah oltrepassò Helinor, corse da lui, gli posò le mani sulle spalle e le strinse con la forza della preoccupazione.-Nhat...-

L’uomo gli sorrise pazientemente quando gli si inginocchiò accanto.

Helinor si voltò verso di loro, lanciò lontano la spada di Uriah e ringuainò il pugnale.-Adesso risponderete alle mie domande- intimò in tono glaciale.

Uriah la guardò, atterrito dal suo comportamento. L’aveva vista usare quel tono e quei modi soltanto contro le persone che uccideva, quando annullava ogni emozione e si macchiava le mani del sangue altrui: allora era una furia indomabile.

-Per me uccidere è facile- disse Helinor, passando due dita sull’elsa del pugnale.-E non ho problemi a farlo, me l’avete insegnato voi. Siatene fieri: ho imparato bene.-

-Smettila- ordinò Uriah, in tono stentorio, senza tradire la paura che iniziava a stringerli lo stomaco prepotentemente.-Non è da te comportarti in questo modo...-

-Ne ho tutto il diritto!- esclamò Helinor, spostandosi la frangia castana dagli occhi.-Mi avete mentito! Mia madre abitava in questo posto!-

-E tu come lo sai?- si fece coraggio di chiedere Nhat.

-Le domande le faccio io. È vero?- domandò Helinor, guardandolo di sbieco.-Rispondi!-

Nhat chinò il capo e avvertì le mani del giovane Uriah stringersi convulsamente sulle sue spalle, come se anche lui avesse intuito che di lì a poco si sarebbe scatenato il finimondo. Nhat deglutì rumorosamente:-Sì...-

Uriah vide qualcosa rompersi dietro le iridi azzurre di Helinor. Per la prima volta, vide gli occhi della ragazza farsi lucidi delle lacrime che stava ricacciando indietro non senza difficoltà. Lei si portò una mano sul viso e cercò di asciugarsi con il palmo il sudore che vi colava.

-Quindici anni fa- proseguì Nhat, con un fil di voce.-Lei abitava ancora questo posto.-

-Quindici anni fa...- mormorò Helinor- io avevo due anni- si guardò le mani, confusa.

Nhat annuì. Era difficile da spiegare, soprattutto perché doveva tacere parte della verità.-Quindici anni fa...

 

-Dove andiamo?-

La voce infantile di Helinor si pese nel buio della notte, mentre la madre le infilava una mantellina perché la figlia non prendesse freddo.

La guardia all’uscita dell’accampamento sorrise dolcemente, e i suoi capelli biondi furono rischiarati dai riflessi della luna quando la donna si mosse per raggiungere Karima.

-Sei sicura?-

Karima annuì con sicurezza:- Questo non è il futuro che voglio per mia figlia- mormorò più a sé che alla sua compagna.

Un’altra ombra si mosse accanto a loro:-Non tornerai sui tuoi passi?-

-Nhat, tu sei sempre troppo apprensivo- li rimproverò giocosamente Karima, abbracciandolo con forza.-Ti sei sempre preso cura di me, grazie.-

L’uomo sorrise flebilmente. Non avrebbe potuto fare nulla per fermarla, perché se Karima decideva di fare una cosa, la portava a termine a qualsiasi costo. Passò una mano sui capelli di Helinor e le sorrise con affetto. Lei arrossì, ma contraccambiò il sorriso.

Karima lasciò i due e si dedicò interamente ad Harila, che la fissava con occhi imploranti.-Non andare... ti uccideranno appena ti troveranno... e la Shinra, anche loro ti cercano!-

-Non è un problema- obiettò Karima, prendendo le mani dell’amica tra le sue.-So nascondermi bene!-

-Perché sei cambiata così tanto?- mormorò Harila, abbassando gli occhi verdi sulle mani strette tra quelle di Karima.-Da quando abbiamo rubato quei documenti sei strana. Non sei più tu...-

-Mi capirai quando avrai una figlia- sorrise Karima, dolcemente.-Io voglio che lei studi, che diventi una persona normale, come le altre.-

-E lo sarà da fuggiasca?- domandò Harila, con una vena di rancore nella voce.

Karima lasciò le mani di Harila e l’abbracciò.-Sì, perché farò di tutto affinchè non le manchi niente.-Avvertì un singhiozzo soffocato nell’incavo del suo collo. Harila piangeva. Karima sorrise con nostalgia: le sarebbero mancati i suoi piagnistei inutili.

-Non andare- provò ancora Harila per convincerla.

Nhat strinse la mano della piccola Helinor, e quando la madre si avvicinò, le consengò la figlia.-Spero che tu sappia quello che fai- sussurrò.

Karima gli battè una mano sulla spalla.-Addio.-

-Ricorda di prendere le medicine- disse Nhat in un soffio.

-Ricorda di prendere il Chocobo- rincarò Harila, in tono apprensivo.

Karima annuì, poi li guardò con affetto un’ultima volta, gli diede le spalle e la notte la inghiottì per sempre.

-Quella bambina è nata maledetta- fu il bisbiglio di Harila.

-Cos’hai detto?-

-Niente. Torno a fare la guardia.-

 

Helinor era seduta.

Uriah la guardava con aria mortificata e al tempo stesso arrabbiata.

Nhat terminò il racconto nel silenzio più totale e aspettò che Helinor risolvesse la cosa in una sfuriata simile a quella a cui aveva assistito poco fa, invece lei si conficcò le unghie nel braccio per soffocare un pianto che sarebbe scoppiato di lì a poco e chiese:-E poi?-

La sua voce tremava e si era fatta stridula.

-Non seppi più niente di lei. Due o tre mesi dopo la sua partenza ti vidi arrivare al campo insieme a Gammon. Pensai che Karima fosse morta. La ShinRa la cercava perché tempo prima gli aveva rubato dei documenti importanti, e l’Ombra la voleva morta per il suo tradimento. Harila scappò quel giorno. Non so cosa gli passò per la testa, fatto sta che se ne andò senza lasciare tracce.-

Helinor annuì stancamente.-Mia madre era morta?-

-No- rispose Nhat, con gli occhi rivolti a un passato ormai lontano.-Lei era... come scomparsa. La malattia la divorava giorno per giorno, ma lei non voleva arrendersi. È sempre stata così.-

-Era una brava persona?- chiese Helinor, con un fil di voce.

-Molto. Ma la gente o la odiava o l’amava. Non c’erano vie di mezzo con lei- sorrise Nhat, con nostalgia.-Il suo tradimento fu un duro colpo per Gammon, e decise di non nominarla mai più.-

-Sapeva che era mia madre?-

-Credo di sì. Se ne era accorto. Tu le somigli molto.- Osservò Nhat, squadrando Helinor con orgoglio.-Tredici anni fa ero sotto la finestra da cui Karima lanciò Uriah. Seppi soltanto che era successo qualcosa di grave, e quando vidi volare in strada il corpo di Karima, compresi che qualcuno le aveva sparato. In punto di morte mi disse che era stato un certo... aspetta, non ricordo... Verdot.-

-Verdot- sibilò Helinor. L’assassino di sua madre. Era un nome importante.

Nhat scosse il capo con enfasi.-Lei non ti ha abbandonata perché non ti voleva bene.-

-E allora perché?- chiese Helinor.

-Forse aveva paura. Forse temeva che quella gente potesse farti del male e che lei non sarebbe stata in grado di proteggerti- concluse Nhat.

Helinor lo guardò con un sentimento molto simile alla disperazione, più che al conforto, e lui se ne dispiaque, perché stava facendo del suo melgio per nasconderle in modo indolore la parte di verità che più le avrebbe fatto male.

-Non so... ma almeno so che non è colpa mia- sussurrò Helinor, poi si alzò e uscì senza aggiungere una parola.

Appena fu fuori la luce la investì, e alla sua sinistra intravide un basco grigio da qui pendevano alcuni ciuffi di colore argento. Si fermò a capo chino e disse:-Hai sentito?-

Sephiroth non rispose a quella domanda.-Tseng è appena andato via-

-Hai sentito?- ripetè Helinor, a voce più alta.

-Forse vorrai andare a tagliare i bastoncini...- propose lui, in tono lugubre. Non sapeva proprio cosa dirle. Sì, aveva sentito. E allora? Non erano affari che lo riguardavano, né che gli interessavano.

Lei alzò lo sguardo su di lui, disperata.-Tu ce l’hai una famiglia? Com’è avere una madre? E un padre?-

Sephiroth scrollò le spalle.-Non ne ho idea. Sono orfano.- disse con indifferenza.

La vide deglutire, e all’improvviso scorse anche qualcosa che luccicava nel pressi del suo occhio destro. Una piccola lacrima colò dal viso di Helinor. Una e nient’altro, poi lei si rimise in marcia e andò a rintanarsi chissà dove, chiusa in un religioso silenzio.

Sephiroth la fissò e sentì una morsa stringerli il cuore. Adesso che era in pace, adesso che era stato privato delle spoglie di Soldier inarrestabile, adesso che gli mancavano gli allenamenti estenuanti e poteva godersi una calma e una tranquillità che non aveva mai nemmeno sognato: soltanto adesso si accorgeva di quanto avrebbe desiderato una famiglia.

 

(...)

 

Il resto della giornata passò nella più completa monotonia.

Gofna si era rinchiusa nella tenda di Gammon insieme a Taiji, e su ordine del gran maestro mostrava tutti i suoi più bei giochi di prestigio.  Era contenta che qualcuno la capisse finalmente, e si era già affezionata a Gammon; lui sapeva di cosa aveva bisogno e la faceva felice senza chiedere nulla in cambio, soltanto per il piacere di farlo. Avevano parlato tanto di quanto Gofna si sentisse sola dopo la morte di sua madre. Non era scesa nei dettagli di come fosse accaduto, e neanche Gammon si sognò di chiederlo. Non era nel suo stile indurre la gente a confessargli le cose con le domande, gli bastava conquistarne la fiducia e le informazioni venivano da sé, senza sforzo alcuno.

Tseng era rimasto chiuso nella sua tenda insieme a Genesis, a scrivere su un piccolo diario dalla copertina rigida, nera come la pece, che aveva comprato da Shon insieme ad una penna molto particolare.

-Inchiostro simpatico- aveva detto Shon con un sorriso avido sulle labbra.

Il Turk aveva preso in mano il pennino. Era corto come un dito, dalla punta a sfera. Quando provò a scriversi il suo nome sul dorso della mano, l’inchiostro non era fuoriuscito.-Non scrive- aveva fatto notare a Shon.

-Devi prendere il tappo- spiegò il mertante.-C’è una lucina... la devi accendere spingendo questo tastino  al lato...- una piccola luce bianca illuminò il dorso nella mano del Turk, e subito apparvero le lettere che componevano il nome “Tseng”, a caratteri chiari e precisi.

-La compro!- aveva esclamato il giovane, e subito aveva pagato Shon.

Quel pomeriggio aveva deciso di tenere un diario di tutte le informazioni che stava raccogliendo, e sebbene Genesis insistesse per leggerle riusciva solo ad avere distratte spiegazioni.

-Dovrei parlare con un mio superiore- diceva il Turk di tanto in tanto.-Però è a Midgar.-

-Impossibile- rispondeva Genesis, annoiato e infastidito da tutta quella risrvatezza.

A parte quelle poche parole, i due non si parlarono molto quel giorno.

Sephiroth invece passò il pomeriggio a vagare per inerzia intorno all’accampamento. Aveva voglia di stare solo, e anche la compagnia di Genesis non lo allettava molto: sapeva che il suo amico avrebbe passato tutto il tempo a lamentarsi del ruolo scelto per lui da Tseng.

A un certo punto si scoprì a guardarsi intorno in cerca di Helinor.

Il giorno stava volgendo all’imbrunire, ma della ragazza non c’era nessuna traccia. La prima cosa che pensò fu che lei si fosse rintanata nel posto dove era stata accatastata la legna. Si recò lì, ma lei nin c’era.

-Non so dov’è- gli disse Uriah quando arrivò la sera e tutti si riunirono nella piazza centrale per la cena.-Non la vedo da un bel po’ di tempo. Ma perché la cerchi?-

Sephiroth non rispose e se ne andò nella propria tenda.

Helinor tornò a notte fonda, ma non parlò né volle vedere nessuno. Sembrava appena sopravvissuta ad una battaglia. Era sudata e affaticata, e andò subito a dormire.

Uriah era sveglio. Vide una luce nella tenda di Helinor accendersi e seppe che era tornata. Cosa le stava succedendo?

 

 

 

Angolino dell’autrice:

 

***Sono al lavoro***

 

 

the one winged angel:per prima cosa, ti ringrazio del commento all’altra storia! ^_^ Anche se non la manderò avanti prima di aver finito questa, quindi la prenderà alle lunghe... XD Non so perché, ma amo la sezione di ffVII; non so perché (ci penserò).

Povera Gofna, inizia a farmi pena, sinceramente. La trattano tutti malissimo... finiranno col gettarla in pasto a Gammon se continuano così...

Sono felice che Tseng ti stia piacendo ^_^! Penso che sia un bel personaggio, anche se sul gioco è di secondo piano. (Più potere a Tseng!!!) XD

Nhat nasconnde qualcosa, ma non è cattivo, anzi, praticamente è l’antagonista di Gammon XD

Sì, Zack e Angeal riappariranno verso la fine, ancora però non ci sono arrivata nella stesura.

^_^ Beh, se vuoi leggere il continuo allora lo pubblicherò! *_*

Alla prossima cara nipoteeeeeeeeeee *abbraccia*

 

Kairih: Spero che tu abbia trovato il modo per non addormentarti più alle cinque, tesoro! Oddio X_X Se io mi svegliassi alle cinque è meglio che la gente resti chiusa in casa, diverrei un pericolo pubblico XD

Helinor ogni tanto calca la mano ih ih. Però è normale, povera ragazza. Ha sempre diciassette anni e ha sempre vissuto tenenendosi tutto dentro. Senza contare che lei è piuttosto emotiva a volte, dunque arriva a fare cose che non potrebbero affatto piacere. Sai, è un personaggio che ho creato con un anno e mezzo. L’ho perfezionato e riperfezionato con il passare del tempo, fino ad assumere praticamente un’entità propria. (No, non sono andata a dormire alle 5. Sono le idiozie che sparo di solito XD, non farci caso)

Neanche a me piace il colpo di fulmine. Boh... non è che mi ha mai convinto molto.

Ottima recensione carissima maestra!

^^ Alla prossima!!! Un bacione

 

KiaElle: XD Infattiii!!! Tra poco mi tocca aggiornare anche il mercoledì! Li posso nominare “giorni dell’aggiornamento”!! Il punto è che questa storia mi piace talmente tanto che ho continuato a scrivere XD (senza contare che con l’estate ho tanto tempo libero)

Eeeeeeeh *sospiro* Gofna è come un pesciolino e Gammon è lo squalo, però. Se potessi le direi di stare ben attenta a quel tipo =.=, ma credo che anche se lo facessi non mi darebbe retta.

Per carità! Ferma con quella katana!!!! *corre dappertutto* >.< Sephiroth, fermala tuuuuuu!

Sephiroth: eh?

Genesis: Ah! Scacco matto!

Sephiroth: Doh! Maledetta autrice, non dovevi distrarmi! *corre dietro all’autrice con la Masamune*

AAAAAAAAAAAH!!!!

;-D Un abbraccio al volo e me ne vado, altrimenti qui Sephiroth mi fa a fette... XD

 

 

                                                                                                                                              

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

 

Passarono due giorni in cui tutto sembrava aver assunto una monotonia senza colori.

Le ricerche della ShinRa non avrebbero mai dato i loro frutti senza la testimonianza di Verdot, e per un attimo Tseng reputò che la missione poteva concludersi lì e che fosse giunto il momento di rientrare nella compagnia. Helinor si era fatta schiva e silenziosa, e perfino James Atmey, che sembrava follemente innamorato di lei aveva richiesto a Gammon il permesso per uscire con Gofna. La prestigiatrice  aveva conquistato la fiducia del gran maestro, tanto che alla fine lui le aveva proposto di rimanere nell’accampamento.

Fu l’alba del terzo giorno a mettere inquietudine nell’animo di Tseng, tanto che decise di rimanere.

Era venuto a sapere che Angeal e Zack erano stati nell’accampamento, e Taiji gli aveva raccontato che Gammon aveva spedito un messaggio al presidente attraverso di loro.

-Non so cosa ci fosse scritto- disse Taiji.-Se devo essere sincero, non ho un bel presentimento...-

Tseng era insuriosito dal giovane Taiji, c’era qualcosa in lui, nella sua calma pacata, che portava il suo istinto a desiderare di saperne di più. A fare la loro parte erano le strane capacità del mago. Non aveva mai visto qualcuno effettuare magie senza usare la Materia, invece lui ci riusciva tranquillamente.

-Hai sempre avuto questi poteri?- domandò Tseng ad un tratto, non essendo più in grado di trattenere la propria curiosità.

-Una lunga storia- gli disse Taiji con un sorriso enigmatico.

-Mi farebbe piacere sentirla-

Taiji scoppiò a ridere e gli battè una mano sulla spalla con fare amichevole.-Solo se mi giuri di non avere niente a che fare con quella sciagurata compagnia!- esclamò.

Tseng sorrise nervosamente. Non aveva bisogno di indagare a fondo per sapere che la sciagurata compagnia a cui si stava riferendo era la ShinRa.-No. Non sono mai stato a Midgar- mentì.

-Io sì. Avevo vent’anni. Sai, ho lavorato nel laboratorio della compagnia ShinRa, alle direttive di un certo Faramis Gast, insieme al professor Hojo,  entrambi scienziati come me.-

-Non li conosco- disse Tseng, mentre una morsa d’acciaio gli stringeva lo stomaco. Aveva l’impressione  che ciò che avrebbe saputo non sarebbe stato nulla di buono, tuttavia non si tirò indietro.

Taiji sorrise senza entusiasmo.-Hanno un grande laboratorio pieno di oggetti di ogni tipo, ma soprattutto di macchinari all’avanguardia e sostanze sconosciute. Lavoravamo ad un progetto che consisteva nell’impiantare la Materia... sai cos’è una Materia?-

-Ho letto un po’ al riguardo...- masticò Tseng.

-Dicevo... il progetto a cui lavoravamo io, Hojo e Gast, era quello di impiantare della Materia negli esseri umani per renderli in grado di usare la “magia”- raccontò Taiji, perso nei ricordi.-I nostri esperimenti morirono quasi tutti... uomini a cui avevamo tolto il nome per sostituirlo con una lettera, persone che avevano accettato per la disperazione di vedersi recapitare qualche soldo...-

Tseng si rabbuiò. Uccidere non era mai stato un suo problema, ma non aveva mai condiviso l’accanimento contro la vita degli uomini per sottoporla al servizio di un scienza folle. Non gli piaceva neanche il tanto decantato professor Hojo, che alla ShinRa era una persona di grande calibro, quasi alla pari di Verdot.

-Erano tutti poveri, senza famiglia e senza casa- disse Taiji, e per un attimo, parve farsi vivo in lui quel passato da scienziato che lo portava a parlare con tanta calma di cose terribili.- Avevano accettato di donarsi al progresso. Tutti fallimenti. Beh... io... un giorno mi venne un’idea. Sapevo che il professor Hojo aveva fatto una cosa simile in passato... ero fuori di me. La scienza può essere un fardello, sai?-

Tseng non capiva, tuttavia annuì.

-Comunicai a Hojo la mia decisione di impiantare la Materia dentro di me. Non so cosa mi passava per la testa, ero come... incantato. L’amore è terribile a volte- commentò.

-Amore?-

-Amore per il progresso- specificò Taiji, in tono piatto.-Un amore che si è spento da tempo. Hojo mi sostenne in ogni modo; lui era folle quanto me, ci intendevamo alla perfezione- rise amaramente- e poi sopravvissi. Alla fine dell’esperimento ero vivo! Una larva umana, senza sentimenti, senza emozioni, senza un aspetto, ma ero vivo. Un potere enorme dentro di me, ma ero quasi un mostro, un essere senza volto. Di nuovo Hojo mi aiutò- si passò una mano sul viso con fare stanco- mi donò una nuova identità. Il nostro era un successo.-

Tseng lo fissò, perplesso. Dalla voce di Taiji filtrava ancora quell’antico orgoglio, misto ad una punta di rancore.

-Ma a Gast non piacque. Lui era diverso da noi, era più moderato e soprattutto provava pietà. Ne provò per me e lo disse, ma mi sbattè in faccia anche la realtà. Ero un mostro, nient’altro. La chirurgia aveva coperto il mio aspetto, ma...- lasciò in sospeso la frase per concedere a Tseng il lusso di completarla a suo piacimento, poi proseguì -decisi di andarmene da quel posto. Per me che ero stato un successo scaturito da un esperimento fu facilissimo. Hojo stavolta tentò di fermarmi in tutti i modi, ma io ero più furbo e soprattutto più potente.-

Prese una lunga pausa e sospirò pesantemente.-Ma non sapevo dove andare. Viaggiai a lungo, fino ad arrivare in questo posto sperduto nel nulla; l’accampamento di Gammon, un luogo mobile, senza fissa dimora, con un capo folle come il mio vecchio collega.-

Tseng ascoltò in silenzio, perché non sapeva cosa dire.

Taiji capì che doveva sentirsi in imbarazzo e aggiunse:-Ma non è questo che m’impedì di stare qui. Anche perché, lo ammetto, non mi dispiace togliere il potere dalle grinfie del presidente della ShinRa. Il mondo- affermò con sicurezza- non può stare nelle mani di un solo individuo.-

-Mi dispiace- conluse Tseng, abbassando la testa.

-Non a te, non è a te che deve dispiacere- tagliò corto Taiji, in tono indifferente.-Adesso vado.-

Tseng rimase da solo con i suoi pensieri, confuso sul da farsi. In quel posto c’era ancora troppo da scoprire prima di andarsene; anche perché tutta quella gente sembrava essere stata legata dal destino ancor prima di nascere.

Helinor, la cui madre era stata uccisa da Verdot.

Uriah, vittima di una serie di eventi fin troppo sospetti.

Taiji, che aveva prestato la sua vita e i suoi sergivi alla compagnia.

Gammon, che sembrava avere un legame con il presidente, anche se Tseng non aveva definito completamente quale potesse essere.

Harila, che dopo aver rubato quei documenti sembrava aver dato una svolta alla sua vita. Gofna aveva detto che spesso chiedeva perdono alla fotografia. La prese dalla tasca e la osservò.

Harila chiedeva perdono a Karima.

Perché?Non erano amiche?

Si avviò verso il padiglione centrale per rintracciare Gofna e chiderle di più al riguardo, quando intravide una figura grossa e massiccia trasinare per un braccio un corpo inerte e sanguinante. Si avvicinò. Non aveva mai visto quella persona dai capelli rossi come il fuoco.

Prima che potesse chidere qualcosa, Gammon uscì dal padiglione, e il giovane dai capelli rossi lasciò andare il braccio dell’uomo che cadde a terra con un tonfo privo di vita, sollevando un po’ di polvere.

Tseng si sentì raggelare.

Il corpo sdraiato a terra era pieno di lividi, e sul suo vestito nero si vedeva una grossa macchia rossa allargarsi all’altezza del cuore, dove si apriva uno profondo squarcio causato da un’arma da taglio. Tseng intravide una spada pendere sotto il mantello del giovane dai capelli rossi. Sul filo della lama stavano scivolando gocce rosse, che cadevano a terra vicino al viso del cadavere vestito di nero.

Era il Turk a cui aveva ordinato di fare la guardia...

-L’ho trovato qua fuori- disse la voce del giovane, che intanto diede un calcio al cadavere, facendolo ruzzolare ai piedi Gammon, che abbassò lo sguardo su di esso.

-Un Turk- sentenziò Gammon, poi, alzando gli occhi notò Tseng poco distante e gli sorrise in modo confortante- non spaventarti- lo rassicurò con dolcezza.

Il giovane dai capelli rossi sorrise crudelmente e squadrò Tseng dall’alto in basso.-E questo?-

-Un mio ospite- disse Gammon.-Un pellegrino.-

-Capisco- dopodichè Nara cambiò discorso.-Adesso so come hanno fatto quei due Soldier a trovarci. Questo tizio gli ha detto la locazione.-

-Era solo?- domandò subito Gammon.

-Ho cercato tutt’intorno- proseguì Nara, in tono divertito- Ce n’erano altri due-

Gammon lo guardò soddisfatto.-Posso sempre contare su di te, Nara.-

-Grazie maestro- rispose Nara, con un leggero inchino.-Volevo soltanto essere sicuro che fossero davvero Turk.-

Tseng guardò Nara con aria traversa. Chi era quel nuovo individuo?

Non appena gli occhi del giovane si posarono su di lui, fece un passo indietro. Vide che sulle labbra di Nara si disegnava un sorrisetto di beffa. -Vado a cambiarmi- tagliò corto poi, allontanandosi senza salutare nessun altro a parte Gammon.

-Nara è un grande guerriero- osservò Gammon, orgoglioso. Guardò il cadavere e sorrise compiaciuto.-Mi spiace che tu abbia assistito a tutto questo. Farò bruciare immediatamente il corpo da Taiji... potresti entrare nella mia tenda? C’è Gofna dentro e non vorrei che vedesse...-

Tseng lo guardò allibito:-Gofna?!-

Non ebbe difficoltà a mostrare stupore.

Gammon sorrise.-Sì. Incredile, vero? Karima non era il suo vero nome. Ho scoperto che era la figlia di una mia vecchia amica. Ma davvero non lo sapevi?- domandò, perplesso.

-No- balbettò Tseng.

Quella...

Non trovò le parole per definirla, ma poi si ricordò che aveva soltanto quindici anni.

Gammon fece un segno alle guardie, che si scansarono e lasciarono passare Tseng.

 

(...)

 

Sephiroth non era molto distante dal padiglione centrale; si trovava a poche tende di distanza quando era arrivato Nara. Si era subito chiesto chi fosse quell’uomo, soprattutto perché sembrava diverso da qualsiasi altro membro dell’Ombra incontrato fino ad ora. Era alto più o meno come lui, e il suo fisico era estremamente massiccio e evidentemente forte. Ne era rimasto praticamente affascinato, e si immaginava quanto potesse essere potente come avversario. Non gli sarebbe dispiaciuto misurarsi con lui, in futuro.

-Quello è Nara- disse una voce piatta al suo fianco.

Helinor era insolitamente furtiva da un paio di giorni, e Sephiroth era così concentrato su Nara che non l’aveva neanche sentita arrivare. Si voltò a guardarla.-Chi?- ripetè.

-Nara- ripetè Helinor, incrociando le braccia sul petto.-Non è uno che desideresti incontrare in un vicolo cieco.-

Sephiroth contemplò il giovane che spariva nella sua tenda.-È molto forte?-

-Forte, sì. E violento- disse lei, con voce lievemente incrinata.-Qui uccidiamo tutti. perché ce lo ordinano o perché siamo costretti per sopravvivere... però nessuno noi trova piacere nel farlo. Ormai ci abbiamo fatto il callo, è diventato come dormire e mangiare.-

Un’abitudine, aggiunse Sephiroth che sapeva bene cosa volesse significare.

-Lui no. Lui combatte e uccide. E ama farlo, perché gli piace- fece Helinor con disprezzo.-Non è una persona, non prova alcuna pietà.-

Sephiroth ascoltò affascinato. Aveva capito subito che Nara era diverso.

-Viene da Junon, è arrivato al campo a undici anni, dopo aver massacrato la sua famiglia- disse Helinor.-Pensa un po’; c’è chi desidera una famiglia con tutto se stesso e chi la distrugge di sua iniziativa- fece in tono amaro.

Il platinato la guardò con un moto di pietà. Era vero. Aveva visto mille volte bambini cadere, farsi male e correre dalle madri a farsi abbracciare. Lui non aveva mai avuto quel lusso, ma non poteva negare di averlo desiderato...

-Nara è un mostro e non lo nasconde di certo. Da quel che so, quando era piccolo i genitori litigavano spesso. Suo padre picchiava la moglie, e Nara un giorno è come impazzito... li ha uccisi tutti e due senza pietà.-

La voce di Helinor si spezzò. -Me l’hanno raccontato- disse, con voce flebile.

Sephiroth non seppe che dire, come al solito. Non sapeva come comportarsi di fronte a Helinor. Era facile prendere in giro un persona che aveva tutto, ma cosa dire a qualcuno che non aveva niente?

-Forse è questione di fortuna- proseguì Helinor, cambiando discorso.-Cioè... nascere con una famiglia oppure no.-

Sephiroth scrollò il capo.-Forse-

Lei lo guardò incerta.-Ho passato quindici anni ad odiare mia madre... ma adesso non so più niente. E poi, chi era mio padre? Cosa faceva? Nessuno me ne ha ma parlato... e io non ho mai pensato di preoccuparmene. Sarà morto? È ancora vivo?-

-Non ci pensare- tagliò corto Spehiroth.-Io non lo faccio se non è strettamente necessario.-

Lei si girò completamente verso di lui e lo fissò incredula.-Come puoi non pensare a una cosa del genere?-

-Io sono io- rispose Sephiroth, senza guardarla.-Vorrei sapere chi erano i mei genitori, che passato avevano e qual era la loro personalità... ma è inutile pensarci... mia madre è morta di parto- aggiunse.-Forse non mi meritavo una madre. È morta per colpa mia...-

-No.- Interrppe Helinor, con gli occhi sgranati e improvvisamente pietosi.-Non è così. È tutto sbagliato...-

-Allora non ci pensare- ripetè Sephiroth, stringendosi nelle spalle.

Helinor lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi, con i pugni stretti.-E tuo padre?-

Il ragazzo fu scosso da una leggera risata.-Non ne ho idea.-

Lei lo guardò e gli sorrise lievemente.

-Che tristezza- mormorò Sephiroth, portandosi due dita alle tempie mentre scuoteva lievemente la testa a destra e a sinistra.

Avvertì una mano fredda a contatto con la sua.-Mi dispiace.-

-Ciao- concluse Sephiroth, che si liberò dalla presa di Helinor e se ne andò a passo svelto, indifferente fuori, terrorizzato dentro. Se non se ne fosse andato le avrebbe detto tutto. Tutto. Anche degli esperimenti subiti.

Lei capisce.

 

(...)

 

-Lui mi  ha detto tante cose su mia madre!- pianse Gofna, seduta sullo scranno di Gammon, con Tseng che le lanciava occhiatacce funeste.

-gli hai detto del piano?- chiese seccamente il Turk.

-NO!- esclamò Gofna, con il viso rigato dalle lacrime, di nuovo.-E mi ha chiesto anche di rimanere qui con lui!-

Tseng si sarebbe volentieri messo le mani tra i capelli. O Gammon era molto stupido, o molto furbo. L’immagine del corpo del collega Turk e quella di altri due collaboratori i cui corpi sarebbero stati mangiati dai corvi, gli fecero salire un nodo alla gola.

-Questo non è il posto per te...- provò a dire, ma Gofna non lo ascoltava più.

-Il signor Gammon è gentilissimo, al contrario di Helinor! Lei ha ucciso mio padre!- esclamò la ragazza, con un puro e sincero odio nella vocetta stridula.- Ha detto che la punirà, perché lui non avrebbe mai assegnato una missione così!-

Tseng scosse la testa, esasperato.-Non puoi dire sul serio...-

-Invece sì!- gridò Gofna.

-Piano, mi spacchi i timpani!- protestò Tseng, la cui pazienza era quasi terminata.-Cosa ti ha detto su tua madre?-

Gli occhi di Gofna si riempirono di gioia e orgoglio.-Mi ha detto che era una donna bellissima, che sapeva fare tantissime cose! Mi ha detto che qui dentro la stimavano tutti e aveva un mucchio di spasimanti!-

-Capisco...- sospirò Tseng.

-E poi mi ha detto anche che ha sofferto molto quando se ne è andata, e che l’ha sempre cercata per riportarla a casa, non per farle del male come sosteneva mia madre...-

-Ma è stata questa gente a uccidere tua madre!- esclamò Tseng.

Gofna per poco non lo sbranò:- Non è vero! Il signor Gammon mi ha raccontato la verità! Sono stati quelli della ShinRa! L’hanno... l’hanno... le hanno fatto del male perché lei aveva rubato dei documenti tanti anni fa!-

-Gofna!- l’ammonì Tseng.-Apri gli occhi!-

-No! Aprili tu! Mostrami delle prove!-  si lagnò Gofna.-Il signor Gammon non dice bugie... il signor Gammon non dice bugie- ripeteva a bassa voce, portandosi le ginocchia al petto e abbracciandole.-Lui è sincero.-

Quel tipo è una vecchia volpe. Mi piacerebbe sapere cos’ha in mente...

 

(...)

 

A ora di pranzo, Gammon scaldava nuovamente il suo scranno con aria assorta.

Nara entrò con una riverenza e gli si avvicinò.-Maestro.-

-Le cose mi stanno sfuggendo di mano- disse Gammon, continuando a guardare un punto fisso, distrattamente.-Quello che ho costruito con tanta fatica sta per essere tutto distrutto... e la colpa è solo mia.-

-Maestro?- fece Nara, incerto su come comportarsi.

Gammon si alzò, percorse lo spazio che c’era tra lui e il ragazzo, gli portò una mano dietro la nuca e gli trasse la fronte sul proprio petto.

Nara ascoltò il battito ritmico del cuore di Gammon, in silenzio, poi lui lo lasciò andare e gli disse:-Mi sarai fedele?-

-Certo maestro... per sempre! Lei è la mia unica ragione di vita!- esclamò Nara con passione.

Gammon lesse tutta l’obbedienza e il servilismo che quel giovane aveva nei suoi confronti, insieme un sincero affetto tra la violenza dei suoi occhi. Lo strinse a sé.

-Lo so, ragazzo mio. Lo so- ripetè a bassa voce, mentre sulle sue labbra si disegnava un sorriso disumano, che Nara che non avrebbe mai potuto vedere.

Si lasciarono dopo svariati minuti, poi Gammon tornò al suo scranno e da lì fissò l’espressione di Nara, immersa in un misto di amore e follia. Quel ragazzo era così tremendamente ingenuo che poteva essere manovrato senza problemi.

-Hai fatto quello che ti avevo detto?-

-Tutto, maestro!- disse Nara, velocemente.-Ho anche ucciso la signora Nhame... Uriah non aveva avuto il coraggio di farlo, quindi sono intervenuto io.-

-Quel ragazzo è un’altra palla al piede- sibilò Gammon, dando un pungo sui braccioli.-Sono due palle al piede! Lui e Helinor!-

-Maestro, vuole che l’aiuti a risolvere la situazione?- si offrì Nara, con un sorriso da carnefice.

Gammon puntò lo sguardo su di lui e lo fissò imbambolato, poi sorrise amabilmente e ripensò che Nara non avrebbe mai fatto le storie che aveva avanzato Taiji. Eccolo lì, monopolizzato dal carisma di un uomo che gli aveva offerto ciò che desiderava di più al mondo: l’affetto di un padre e la possibilità di uccidere.

Gammon strinse i braccioli e il suo sguardo divenne pentrante.-Ragazzo mio, non è ancora il momento. Ti dirò io quando dovrai agire e cosa dovrai fare.-

-Comandi, maestro- mormorò Nara, e si inchinò profondamente.

 

(...)

 

-Presto ci sarà una festa qui al campo!- esclamò Nhat con allegria, mentre passava a Tseng un’ampolla da riporre in un baule.

Tseng gardò prima l’ampolla arrancione, poi il baule a terra, poi Nhatan.-Festa?- scandì, perplesso.

Nhat gli rivolse un largo sorriso.-Sì. La festa di plenilunio. È l’ultima sera che si passa in un posto prima di partire per una nuova meta.-

-Partite?-

Tseng si sentì un po’ stupido. Era già da un po’ che ripeteva le parole di Nhat.

-Siamo un tribù nomade. Ci trasferiremo nel Wutai, per dare una mano ai soldati sul fronte...-

Il Turk lo fissò.-Andate in guerra?-

L’argomento gli interessava particolarmente.

-Ti sembrerà strano, eh? Un gruppo di una trentina di persone che combattono in guerra!- rise Nhat, mentre prendeva un altro paio di ampolle tra le mani.-A volte penso che questa organizzazione sia veramente strana... figuriamoci che opinione ti sarai fatto tu!- rise.

-No... non è questo- lo contraddì Tseng, con un sorriso.-Solo che mi dispiace un po’ lasciarvi. Mi ero abituato a stare qui.-

-Già.- Nhat si fece serio e gli strinse una mano con fare amichevole e affettutoso.-Mi mancherai, Tseng! Sei una brava persona, davvero.-

-Io non so...- mormorò Tseng, arrossendo.-Non so se merito tutti questi complimenti.-

Nhat sorrise e gli strinse caldamente le mani tra le sue.-Lo sei. I tuoi occhi me lo dicono.-

Il Turk si sentì in colpa per l’affetto così sincero che gli stava dimostrando Nhat, e avvertì una strana sensazione all’altezza dello stomaco, unita ad un forte mal di testa. Da quando si conoscevano gli aveva sempre mostrato una maschera di menzogne. Cos’avrebbe detto Nhat se avesse scoperto chi era in realtà? Si sarebbe rimangiato tutto, probabilmente.

-Tseng!-

Sephiroth fece irruzione nella tenda forse con troppa foga, perché sia il Turk che Nhat lo guardarono confusi. Il platianto fece un passo indietro e si ricompose.- Non volevo disturbarvi.-

-Stavamo parlando del più e del meno- gli andò in contro Nhat, posandogli una mano sull’avambraccio.-Stai qui con noi, ho saputo che Nara è tornato.-

-Nara?- fece eco Sephiroth. Al nominare quel nome gli venne in mente il ragazzo dai capelli rossi che avea sterminato la famiglia.-Sì, Helinor mi ha detto tutto di lui.-

Tseng fissò Sephiroth con aria stralunata.

-Ha ucciso i suoi genitori- spiegò Sephiroth, con crudezza.

Nhat sospirò pasantemente e scosse la testa con fare sconsolato e abbattuto.-Già. Quel bambino è sempre stato strano, ma in un modo tutto suo.-

-Gli piace uccidere!- sottolineò Sephiroth.-C’è un limite a tutto.-

Tseng guardò prima il platinato, poi Nhat con aria interrogativa.

-Non lo giudicare, ragazzo.- Disse Nhat, con una voce spenta che non gli apparteneva.-La madre veniva picchiata giorno e notte dal marito. Lui si è solo difeso, e nel farlo ha ferito anche lei... è stato un incidente. Non gli è mai piaciuto ammazzare la gente.-

Sephiroth non replicò. Lui l’aveva visto Nara, aveva capito chi era, gli aveva letto nell’animo, e quello che aveva visto era soltanto una bestialità che non aveva eguali. Helinor lo aveva confermato, senza contare che aveva ucciso quel Turk a sangue freddo e l’aveva trascinato come un animale per la strada fino all’accampampento. Nhat poteva anche pensarla diversamente, ma lui non avrebbe cambiato opinione perché un uomo dai pensieri troppo molli per esprimere un giudizio realista aveva messo in dubbio la sua opinione.

Sephiroth aveva visto e aveva capito. Non aveva bisogno del parere inutile degli altri.

-Durante la festa si farà un combattimento- stava dicendo Nhat.

I due avevano già deviato discorso quando Spehiroth tornò al presente.

-Ma ancora non si sa chi siano i due che dovranno affrontarsi- proseguì il medico.

Tseng gli sorrise.-Spero che non si facciano male.-

-No- disse Nhat, muovendo una mano per sottolineare il fatto che trovasse quel pensiero totalmente assurdo.-Loro sanno combattere, e poi sanno che se uccidono un compagno, Gammon gliela farà pagare. Non si uccide un ragazzo e la si passa liscia, grazie a Silver.-

-Silver?- domandò Tseng.

-Gammon!- specificò Nhat.-Il suo nome.-

Tseng annuì. Era talmente abituato a sentirselo chiamare soltanto Gammon o maestro, che alla fine aveva dimenticato il suo nome. Si sentì consolato che almeno quella gente non si uccidesse tra di loro, anche se avendo visto quel macabro spettacolo portatogli da Nara, iniziava ad avere qualche dubbio sull’equità del Gammon che presentava Nhat.

Senza contare Taiji. Non avrebbe mai pensato che fosse stato uno scienziato, un tempo. Soprattutto, non avrebbe mai pensato che avesse lavorato alla Shinra.  Ci aveva pensato parecchio dopo che gliel’aveva detto, e gli era venuto in mente un dossier che gli era passato tra le mani riguardante la fuga di un campione da laboratorio. Doveva essere lui, Taiji.

Si rallegrò della scoperta appena fatta: aveva aggiunto un piccolo pezzetto al grande puzzle che doveva finire.

 

La sera, prima di andare a dormire, Tseng aggiurnava il suo tacuino con precisione minuziosa, utilizzando quella penna che riusciva a nascondere la scrittura di un uomo che aveva molto da sapere e poco da far sapere agli altri. Si sdraiava sul sacco a pelo, vicino a Genesis che tanto ormai aveva abbandonato ogni tentativo di avere infirmazioni, e scriveva, scriveva... la punta della penna scivolava rapida e sicura sul foglio, scricchiolando di tanto in tanto.

Tseng guardava le parole che si delineavano grazie alla luce e sorrideva con soddisfazione.

Su una pagina si era scritto i nomi degli esponenti dell’organizzazione, un lunga lista di segni neri che si prolungava fino alla fine del foglio; accanto ad essi c’era una descrizione sintetica. Tseng sorrise. Era sempre stato bravo a fare i riassunti, a cogliere le linee principali di un discorso. Era un dono che si portava dietro fin dall’infanzia; la precisione faceva parte di lui.

-Ce ne andremo mai di qui?-

La voce dura di Genesis interruppe il suo minuzioso lavoro, e Tseng chiuse il tacuino con uno scatto secco, come a sottolineare la sua irritazione, dopodichè si mise a sedere e nascose il diario in un tasca interna della camicia, dov’era il suo posto. Guardò Genesis.

Il rosso sembrava parlare con il suo libro, perché se ne stava sdraiato con un braccio dietro la testa e una mano sopesa a mezz’aria che gli teneva un volume davanti al volto. I suoi occhi scorrevano le parole con cura.

Tseng notò che aveva legato la benda nera intorno al polso.-Non ancora- rispose.

Genesis tolse il braccio da sotto la testa per girare la pagina con la relativa mano.

Il fruscio della carta si infilò nel silenzio che si era creato.

Tseng abbassò lo sguardo e si stese sul sacco a pelo.

La luce della loro tenda si spense verso le undici.

 

 

Angolino dell’autrice:

Devo chidere scusa mille volte perché non stavolta non ho tempo per rispondere alle recensioni! Questa settimana è stata piena di impegni e non sono neanche riuscita a ricontrollare il capitolo (tra l’altro, spero che non ci siano grossi errori), quindi vi chiedo perdono in ginocchio!!!

Comunque, vi mando un bacione e vi assicuro che la prossima settimana riponderò alle recensioni come sempre!

X_X Perché ci sono settimane in cui tutti si scordano che esisto e altre in cui tutti mi cercano (commento dell’autrice: bah... =.=)

Vi lascio Sephiroth al banco reclami se avete bisogno di qualcosa! (Ei!- nd Sephiroth)

 

Tico

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

 

 

Un corridoio lungo, sconfinato, che si perdeva nel buio sia destra che a sinistra.

Nel mezzo stava un ragazzo dai capelli argentati che gli ricadevano sulle spalle e gli circondavano il viso pallido. Si guardava intorno, spaesato.

C’era scarsa illuminazione, ma essa non era provocata né dalla luce del sole, perché non c’erano finestre di alcun tipo, né da lampadari di sorta, perché quel corridoio angusto era solo una lunga barra di ferro.

Il ragazzo avanzò verso una parete e la sfiorò con le dita. Il metallo grigio era freddo e liscio, e rifletteva l’immagine del giovane, i cui occhi erano di un verde vivo e intenso, quasi irreale. La stessa mano che aveva accarezzato il metallo volò su quegli occhi, coprendoli. Gli ricordavano troppe cose.

Poi, la mano scivolò in basso, dove c’erano le labbra, e gli occhi tornarono a guardare il riflesso del corpo sotto di essi.

Il ragazzo si accorse di indossare soltanto i pantaloni e gli stivali. Si guardò quasi con interesse, era tutto così irreale che quel corpo non sembrava che gli appartenesse. Era un giovane di appena diciassette anni racchiuso nel corpo di un uomo a tutti gli effetti; i muscoli si facevano vedere con chiarezza sotto la sua pelle diafana.

Fece per avvicinare di nuovo la mano al riflesso, quando un rumore interruppe l’incantesimo e lo fece voltare di scatto. Strinse gli occhi e si girò per raggiungere la parte del corridoio alla sua sinistra.

Improvvisamente si rese conto di essere senza difese, ma non ebbe alcuna paura. Si sentiva forte, di una forza che gli scorreva nelle vene come un fiume in piena, scoppiandogli nelle gambe e nella mani. Era consapevole che con un calcio o con un pugno avrebbe potuto uccidere.

Avanzò in posizione d’attacco, pronto a scagliarsi su chi avesse avuto il coraggio di colpirlo, laggiù nell’ombra.

-Chi sei?!- gridò, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.

Poi li vide: due occhi che lo guardavano nel buio. Solo due cerchi verdi come i suoi che apparivano immersi nella totale oscurità. Erano fosforescenti, freddi e spietati.

Eppure il ragazzo sorrise e si sentì pervadere da un sentimento di calore che lo abbracciò anche all’esterno. Non ebbe paura, il freddo cessò di avvolgerlo con le sue spire, la solitudine venne spazzata via.

Due occhi.

E nient’altro.

 

(...)

 

-Ancora quel sogno...- bofonchiò Sephiroth, ancora prima di sollevare le palpebre.

Qualcosa di duro gli pungeva la schiena, e lui ci mise un po’ per ricordarsi che era ancora steso su un sacco a pelo. Si girò su un fianco con un gemito e il dolore alla schiena cessò.

Dev’essere una pietra. Maledizione, ma l’unica dell’accampamento dovevo beccarmela io?

Sephiroth si portò una mano tra i capelli, poi la fece scivolare sul viso, proprio come aveva fatto nel suo sogno, dopodichè decise di alzarsi, si infilò il basco in testa e vide Nhat russare poco più in là, steso in una strana posizione. Lo fissò. Chissà se anche lui risultava così buffo durante la notte.

Il ricordo di quegli occhi così simili ai suoi se ne era già andato prima che si svegliasse, e con loro il calore e la tenerezza. Del sogno rimase soltanto l’angusto corridoio di metallo.

Uscì della tenda che era l’alba, ma lui non riusciva a dormire più di così.

Fuori c’erano soltanto le guardie del padiglione  e Nara che le fissava nel centro della piazza.

Non passarono che pochi minuti quando uscì anche Uriah. Aveva un’aria stravolta e nei suoi occhi si leggeva una stanchezza indefinibile.

Forse anche lui ha da lottare con i fantasmi del passato.

Poi Sephiroth intravide una chioma di capelli castani e il suo cuore fece una capriola. Helinor si era avvicinata a Uriah e gli aveva sorriso. Sembrava tornata la stessa di quando l’aveva conosciuta, non più la ragazza seria e fredda che era stata in quei due giorni.

Fu tentato dall’avvicinarsi e sapere qule fosse l’argomento della loro discussione, ma capì che doveva essere una cosa intima e ci rinunciò ancor prima che quel pensiero gli si delineasse bene in mente. Guardò attentamente Helinor. C’era qualcosa di strano in lei.

Sephiroth rimase impalato davanti alla tenda di Nhat a guardare la gente del campo riunirsi nella piazza centrale, per poi uscire dall’accampamento in fila per due stotto la guida di Nara.

Dopo poco uscì anche Tseng.

-Nhat è sveglio?- chiese subito.

Sephiroth girò appena la testa, come se guardando la tenda avesse potuto vedere anche al suo interno, poi rispose:- Quando mi sono alzato dormiva ancora.-

-Allora è meglio aspettare. Ce ne andremo dopo quella fantomatica festa.- Aggiunse poi.

Il Soldier annuì.

Finalmente.

-Purtroppo è inutile restare- Tseng aveva abbassato la voce.-O la va o la spacca: Abbiamo cinque giorni per scoprire di più su Gammon.-

Sephiroth si raddrizzò e spostò lo sguardo su una pietruzza a terra. Qualcosa iniziò a fargli male, tra le scapole. Quella notte era stata un vero tormento.-Sarà difficile.-

-Già- disse Tseng.-Ma Helinor mi ha detto che ci aiuterà... e poi, ho recuperato il GPS dalle tasche del Turk che è stato ucciso. Ho contattato un mio superiore; ci sono delle novità.-

Sephiroth si fece attento:-Che novità?-

 

(...)

 

-Sono quasi contento che tu non ce l’abbia più con me.-

Stoccata.

-E mi fa anche piacere vedere che hai preso sul serio il mio consiglio.-

Parata.

-Sei già migliorata.-

Affondo.

Helinor si fermò e gli lanciò un’occhiata di sbieco mentre abbassava la spada asciugandosi con un braccio il sudore della fronte.-Non è solo quello. Sono più determinata adesso.-

Uriah annuì e non aggiunse altro all’argomento.

Lei osservò con aria compiaciuta il compagno che aveva preso a grattarsi il braccio sinistro, quello con cui teneva la spada, ringuainò la sua con un sibilo e disse:-Puoi parlare di mia madre.-

Il ragazzo sollevò lo sguardo e si accorse che senza volerlo era tornato a grattarsi il braccio sinistro. Smise subito e obiettò:-Non mi va.-

-Sono forte.- Rispose Helinor.-Ho sopportato di peggio.-

-No.- Ribadì Uriah, senza guardarla.-Parlane con... loro... non con me.- e se ne andò a chiedere a Kay se aveva voglia di allenarsi. Helinor lo seguì con lo sguardo e pensò a quanto poteva essere cocciuto e orgoglioso quel ragazzo. Poi avvertì un senso di bruciore sulla pelle del braccio che aveva usato per asciugarsi il sudore. Ne guardò il dorso con aria vacua.

Sei già migliorata.

Sì, ma non per merito della spada che adesso usava negli allenamenti al posto del pugnale.

Nel periodo in cui era sparita, era stata ad allenarsi in mezzo ai mostri che infestavano quella pianura; forti o deboli che fossero, ne aveva trucidato uno dopo l’altro, fino a sfinirsi.

La ferita che le bruciava sul braccio era il risultato di un incontro troppo ravvicinato con una di quelle bestie. E non era l’unico taglio. Uriah non l’aveva notato, o forse non gli aveva dato troppo peso, ma sull’avambraccio destro della ragazza si trovavano segni rossi di artigli affilati. Sulla schiena si era aperto uno squarcio che difficilmente si sarebbe rimarginato senza lasciare tracce. Sul polpaccio sinistro, poco sopra la gamba dello stivale, si intravedeva un livido che scendeva fino alla caviglia.

Senza contare il dolore che ricavava da tutte quelle ferite, più o meno rimarginate.

Helinor strinse i pugni. Non importava quanto dolore avrebbe dovuto ingoiare; lei era forte abbastanza per sopportarlo.

La sua forza era sempre stata l’unica cosa in cui aveva creduto davvero.

Forse un giorno ne avrebbe avuta abbastanza per dire a Gammon tutto ciò che in quindici anni aveva taciuto.

Qualcosa di duro la colpì proprio in mezzo alle scapole, schiacciando anche il grosso taglio che portava sotto i vestiti.

Helinor cadde nella polvere, con i pugni, i gomiti e le ginocchia a terra. Ansimò sonoramente, mentre avertiva che qualcosa prendeva a gocciolarle sulla schiena. Seppe che la ferita aveva ripreso a sanguinare anche senza vederla. Si girò furiosa in cerca della persona che l’aveva presa alle spalle, e vide la figura di Nara che la sovrastava.

-Sei troppo lenta.- Disse Nara con voce fredda.

Helinor non riusciva ancora a riprendere fiato, tanto la ferita gli faceva male, e quando vide gli occhi di Nara posarsi sulla sua schiena, in essi non trovò nulla a parte una crudeltà senza limiti.

Lui sorrise.-Ci siamo dati al lavoro pesante ultimamente?- domandò senza alcuna umanità.

-Fatti gli affari tuoi- fu la risposta, mentre la ragazza si alzava e sguainava la spada, cercando di ignorare il dolore.

Nara fece per mettersi in guardia e rispondere alla sfida. Era proprio quella che cercava.

-Fermi!- gridò una voce tra tutte.

Helinor guardò alla propria destra, distratta dalle urla di un adolescente che sbracciava agitato, e non vide il colpo che Nara stava già sferzando dall’alto verso di lei.

La ragazza intravide il luccichio della lama e se la immaginò piantata tra la spalla e il collo, invece quella si fermò a mezz’aria, accompagnata da un rumore metallico.

-Sei pazzo!- gridò Uriah, fuori di sé.

Nara ritrasse la spada, irritato.-Vattene, ragazzino!-

-Se vuoi farle del male devi prima vedertela con me!- esclamò il ragazzo dai capelli fulvi, parandosi davanti a quel colosso che era Nara con l’elsa della spada racchiusa nelle due mani.

Il rosso si fermò e quasi scoppiò a ridere.

Helinor sentiva la testa girare. Doveva essere la conseguenza del sangue che stava perdendo.

Se solo il suo corpo fosse stato forte come la sua mente...

-Ci stiamo solo allenando, non c’è motivo di prendersela- rise Nara.

-Lasciala stare, Nara!- ruggì la voce burbera di Loi.-Non ti ha fatto niente, ed è un terzo di te!-

Kay balbettò qualcosa. Si sentiva responsabile della distrazione di Helinor, dato che era stato lui a urlare, poco prima.

-Diglielo anche te, James!-rincarò Loi, battendo una mano sulla spalla dell’amico. Quello sbiancò totalmente non appena vide gli occhi crudeli di Nara soffermarsi su di lui.

-Non è una buona idea...- farfugliò James. Improvvisamente sembrava aver perso tutto il suo fascino.

-Qualcun altro ha da obbiettare?!- tuonò Nara, rivolto a tutti gli astanti che lo fissavano, chi sbalordito, chi confuso, chi divertito.

Qualcuno fischiò per l’indignazione.

-Riprendiamo l’allenamento- tagliò corto Nara, con voce stentorea. Il suo ordine fu accompagnato da un tonfo.

Uriah si voltò e lasciò cadere la spada a terra.-Helinor!-

Nara gli rivolse uno sguardo di sufficienza.

Ecco uno dei motivi per cui non voglio ragazzine tra i piedi.

-Portala via- intimò poi con aria indifferente, rivolto a Uriah.

-Nara!- tentò di protestare il ragazzo.

-È la tua compagna, no?- domandò Nara, con un ghigno che lasciava intendere chiaramente quanto poco gli importasse della questione.-Allora prendila e portala via, o intralcerà gli altri.-

E detto questo voltò le spalle a entrambi e gridò:-CHE AVETE DA GUARDARE? VOGLIO VEDERVI SPUTARE SANGUE!-

Uriah guardò il volto stremato di Helinor e la sorresse per il collo, in modo da poter gettare un occhio alla sua schiena. I vestiti erano bagnati di sangue e un brivido lo percorse dal braccio fino a diramarsi in tutto il resto del corpo.

La prese tra le braccia e se ne andò più velocemente possibile, con un grande senso di colpa nello stomaco e la speranza che lei non avesse nulla di irreparabile.

Nara, un giorno mi vendicherò di te, stanne certo.

 

(...)

 

Helinor si sentiva leggera e pesante al tempo stesso. Non seppe definire quali sensazioni la stessero guidando nel buio, fatto stava che non riusciva né a svegliarsi, né a muovere un muscolo. Eppure sentiva qualsiasi rumore infilarlesi nelle orecchie e insinuarsi nella sua testa, fino a raggiungere la parte più remota di sé.

Perchè non riesco a controllare il mio corpo?

Tentò di muovere le dita senza nessun risultato.

Poi sentì una voce molto vicina a lei.

-Come stai?-

Dapprima il suono delle parole giunse ovattato e indistinto, poi fu come se le parole si imprimessero a fuoco nella sua mente, prendessero un senso e si plasmassero, fino a renderne possibile la comprensione.

-Ho dovuto cacciare via un sacco di gente, lo sai? Erano tutti qui per te. C’era persino il ragazzo cieco!-

Un ragazzo cieco?

Helinor mugugnò qualcosa.

Nella sua testa si formò un nome: Genesis.

Sentì con sollevo che qualcosa di caldo si posava sulla sua guancia, simbolo che stava riacquistando la sensibilità. Le dita gentili le mossero il viso a destra e sinistra con delicatezza, mentre Nhat le parlava con pazienza.

-E poi è passato Tseng, e anche quel ragazzo che porta sempre il cappello!-

Helinor sorrise.

-Bene, così... non è niente, è solo un graffietto.-

Improvvisamente i ricordi dell’aggressione tornarono vividi nella mente di Helinor, trasformando un’ antipatia che già covava da tempo nei confronti di Nara, in rancore profondo.

-Tu sei sempre la solita testona, Helinor-

No, non la ramanzina!

-Ecco... fatto! Sei a posto! Se non sbaglio l’effetto della pozione dovrebbe terminare tra... tre... due... uno...-

Uno schiocco di dita.

Per Helinor fu come tornare alla vita dopo la morte. I suoi occhi azzurri incontrarono confusamente quelli di Nhat, poi i tre volti che vedeva si sovrapposero in uno solo, e lei sbattè le palpebre diverse volte prima di poter riaquisire totalmente la lucidità.

Nhat le teneva una mano sulla spalla.-Sei sveglia, finalmente! Ho medicato il taglio alla perfezione, modestamente, compresi tutti gli altri graffi che avevi sul corpo.-

Helinor storse il naso e si guardò intorno.

Era stata appoggiata con la schiena ad un baule, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e le gambe distese a terra. Sì sentì un po’ stupida, ma il taglio non bruciava più; era come se fosse sparito nel nulla.

Poi la rivelazione:-Sono due giorni che dormi- ridacchiò Nhat.- Hai perso molto sangue, e ti ho dovuto dare un medicinale per rimarginare qulla ferita sulla schiena... però ha degli effetti collaterali...-

Helinor fu colta dal panico e iniziò a tastarsi i gomiti, le braccia e i polpacci in cerca di qualsiasi cosa di diverso.-Collaterali?- balbettò.-Che effetti?-

-Fa dormire parecchio!- Nhat le fece l’occhiolino, e lei tirò un sorriso di sollevo.

-Grazie- disse Helinor.

Il medico si alzò e la guardò dall’alto con un sorriso affettuoso sul viso. C’era però qualcosa che non andava in lui.

Helinor lo guardò bene. Era come se le rughe sul suo viso si fossero moltiplicate, in particolare quella tra le sopracciglia.-Cosa succede?- domandò.

Lui sorrise senza entusiasmo e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi.-Ho litigato con Silver.-

Helinor, che si stava alzando, per poco non inciampò di nuovo.-Con il maestro?!-

-Mi dispiace, Helinor- sussurrò lui, guardandola con pietà e rimorso insieme.

-Non capisco...- farfugliò Helinor.

Cos’era successo in quei due giorni di sonno, e perché Nhat aveva litigato con Gammon?

-Siediti di nuovo- disse il medico, dopo qualche istante di silenzio.-Te lo spiego.-

-Non ho voglia di stare ancora seduta!- protesto Helinor, stringendo i pugni.-Spiegamelo in piedi! Perché hai litigato con il maestro?!-

Nhat sorrise, poi sospirò e disse:-Perchè non ha punito Nara per ciò che ha fatto...-

Quella fu come una bastonata per Helinor, che cadde a terra veramente, con le gambe divaricate e un’espressione impietrita sul viso pallido.-Non l’ha punito?!-

-Non dovevo dirtelo...- si pentì Nhat.

Helinor si alzò immediatamente con uno scatto e cercò il pugnale appeso alla cintola, senza trovarlo. Si ricordò che l’aveva lasciato nella tenda perché la mattina dell’allenamento aveva usato una spada, quindi si catapultò fuori tra i richiami di Nhat, che servirono a ben poco.

La mente di Helinor correva più veloce di lei, senza farle capire niente di ciò che stava pensando o facendo. Fu appena fuori dalla tenda che si sentì afferrare da due braccia e fermare da qualcosa che non seppe definire.

-Cosa stai facendo?!- esclamò la voce di Uriah.-Ma vuoi stare ferma?! Helinor!-

Lei si calmò solo dopo che ebbe speso in movimenti scoordinati e le poche energie recuperate. Si calmò.

-Uriah...- mormorò, appoggiando la testa al suo petto. Era lui che l’aveva fermata.

-Non fare pazzie, come tuo solito- l’apostrofò, con una nota di dolcezza che Helinor non gli aveva mai sentito.-So che il maestro non ha punito Nara...-

-Come lo sai?- domandò Helinor.

-Sono due giorni che aspettiamo, ma il maestro e Nara sono più amici di prima- rispose Uriah, con un moto di rabbia che espresse nello stringere la ragazza a sé ancora di più.

Helinor si sentì avvolgere dalle braccia dell’amico, e avvertì qualcosa sciogliersi nel suo petto, qualcosa che da tempo era stato bloccato dal gelo del suo animo. Allora era quella l’amicizia di cui le aveva parlato Zack? Un sentimento che la faceva stare bene, ma che al tempo stesso la portava allo scoppiare in lacrime.

Il dolore l’aveva accompagnata per quindici anni, soffocandola, costringendola a sopravvivere nel solo modo che conosceva: le armi, il sangue. Sfogava quella rabbia sugli altri e al tempo stesso sentiva che non serviva a niente, se non ad aumentare il dolore, perché poi pensava che tutta la gente che era morta per sua mano aveva dei figli, o dei nipoti, o dei cari che avrebbero sofferto esattamente come lei.

Quelle lacrime che i primi tempi avevano accompagnato le sue notti si erano esaurite, e quel dolore misto alla rabbia si era ghiacciato, formando sul suo cuore una patina impenetrabile.

Improvvisamente si rese conto del perché fuggisse i contatti fisici con tanta foga.

Era in qui contatti che la patina si scioglieva, lasciandola di nuovo in balia della sofferenza, del dolore, della solitudine.

Si ritrovò a piangere tra le braccia di Uriah come una bambina, scossa dai singhiozzi.

Lui le posò una mano sulla nuca e le premette il viso sul proprio torace, nascondendolo tra le pieghe dei vestiti.

Finalmente...

Finalmente posso essere forte per te, Helinor...

 

(...)

 

-Non è bellissima?-

Una voce tranquilla, materna, appartenente ad una donna con un bambino in braccio, si perse nel buio della tenda, illuminata solo da un candela che gettava una luce circolare intorno al volto stravolto di Karima.

C’era un’altra persona accanto alla donna.

-Sì. E’ proprio stupenda.-Convenne un uomo che si era appena inginocchiato vicino alla donna e aveva posato un dito sulla guancia della bambina, con leggerezza.-Diventerà forte come suo padre.-

Karima abbassò lo sguardo sul fagottino che teneva in braccio, e sembrò meditare su qualcosa che la spaventava terribilmente, a giudicare dalla sua espressione. Tossì.

Nhat si agitò.-Ancora questa tosse?-

-Non è niente- lo tranquillizzò Karima, con voce dolce.-Soltanto un malanno di stagione...-

Lui le rivolse un’occhiata incerta e un po’ preoccupata.-Voglio visitarti, se non passa.-

Karima rise con affetto, e nel farlo strinse a sé suo figlia, come se avesse paura che le sguffisse. Era uno scricciolo, quella bambina; i grandi occhi blu erano diventati lucidi e probabilmente sarebbe scoppiato a piangere di lì a poco.

La madre lo cullò con calma vicino al suo seno e gli sorrise con amore, sussurrandole qualche parola dolce per farla addormentare.

Il viso della bimba in fasce tornò da rosso ad un colorito roseo, dopodichè chiuse gli occhi, stringendo nella manina il dito della madre.

-Ancora non hai deciso come la chiamerai?- domandò Nhat, con un sorriso complice.

-Mio marito non si decide mai a tornare dal fronte- obiettò Karima, contraccambiando lo sguard.-Forse lo scieglierò io personalmente...-

-Che ne dici di... Dana?- domandò Nhat, facendo capire a Karima che ci stava pensando già da tempo. La donna socchiuse gli occhi e gli sorrise. La dolcezza e la semplicità di Nhat l’aveva sempre messa a suo agio, ma non si sarebbe mai immaginata che un giorno avrebbe concordato il nome di sua figlia proprio con lui.

-Dana...- ripetè a bassa voce Karima, sovrappensiero.-Troppo ordinario. Lei è una bambina molto speciale- sorrise dolcemente- e deve avere un nome speciale.-

-Kalima- propose Nhat immediatamente.

-Troppo simile al mio-

Naht si dispiaque che lei non avesse accettato nessuno dei nomi che gli piacevano di più, tuttavia dopo averci pensato un altro po’, disse:-Julie-

Karima scosse la testa.-Non ci siamo. Io vorrei qualcosa per lei che sia forte e al tempo stesso elegante. Qualcosa che non le stampi addosso il marchio dell’Ombra- disse.

A Nhat non piacque l’ultima affermazione, ma non replicò nulla che potesse guastare l’atmosfera.

-Elena...- bisbigliò Karima- Come mia madre... Elena… Elina... Eleonora...-

-Helinor- disse Nhat tutto d’un fiato.

La donna alzò subito lo sguardo su di lui, commossa.-Helinor... sì... mi piace...-

-La chiamerai Helinor?- domandò Nhat, sperazoso, sporgendosi verso di lei con una luce vivida negli occhi.

-A mio marito piacerebbe?- si chiese Karima.

-Lui non è qui. Non c’è stato neanche il giorno della sua nascita... forse l’unica volta che c’è stato è nel giorno del concepimento...-

Karima lo fissò, sorpresa.-Queste parole non le ho mai sentite da te...-

-Mi dispiace... Karima. Lo sai come la penso. Io... io ho rinunciato a te tanto tempo fa. Ma...- una leggera luce di speranza si accese nei suoi occhi.-Il mio desiderio non si è mai spento del tutto, e lo sai...-

Karima sfuggì quello sguardo, deviandolo su Helinor.-La chiamerò Helinor.-

Nhat strinse i pugni e mise le nocche a contatto con il terreno, mentre si sedeva sui talloni e guardava a terra, mortificato.-Non volevo...-

Lei lo ignorò.-La mia piccola Helinor.-

L’entrata della tenda venne spalancata, e un volto familiare, quello di Taiji, ringiovanito di molti anni, ma comunque non troppo differente da quello che sarebbe stato diciassette anni dopo.

-Maestra!- esclamò, e Karima si voltò verso di lui.

-È tornato!-

Un sorriso illuminò il volto di Karima.-Portalo qui. Deve vedere sua figlia Helinor.-

Taiji guardò il fagotto, poi Nhat, poi Karima e annuì.-Lo farò, maestra!- quasi gridò, emozionato.

-Nhat- disse Karima, rivolgendosi ancora al medico, per quella che sarebbe stata l’ultima volta della serata.-Lei sarà un capo, un giorno. Ti prego... aiutala semmai io dovessi venire a mancare.-

-Non dire così...-

-Sarai il suo padrino. E ti prego: contieni mio marito semmai ce ne sarà bisogno...-

Nhat scosse lievemente il capo, tuttavia rispose:-Va bene. Ma io non sono la persona adatta.- ribadì.

Karima sorrise.-Io ho fuducia in te. Molta più di quanta ne riponga in mio marito.-

-Grazie... grazie...-

 

Come aveva potuto dimenticarsi di quella promessa?

Erano passati diciassette anni da quando era nata la bambina che avrebbe dovuto proteggere, invece non aveva fatto altro che lasciarla annegare nel dolore. Helinor lo nascondeva bene, questo era certo, ma...

Nhat passò davanti alla tenda di Uriah e sorrise. Era felice che si fossero incontrati, Helinor e Uriah. Almeno lei aveva avuto qualcuno a cui volere bene.

Il gesto di Nara, rimasto impunito, aveva fatto riflettere Nhat per ore e ore, mentre guardava Helinor che dormiva profondamente. La sua espressione durante il sonno era indecifrabile, ma in fondo era dovuto all’effetto della medicina, che impediva ai sogni di farsi vivi nella mente.

E quindi aveva deciso.

Sarebbe andato da Gammon, gli avrebbe parlato, e finalmente avrebbe superato quell’ostacolo che da sepre lo aveva bloccato, conducendolo a fare errori imperdonabili.

Si sarebbe ribellato al passato e all’uomo che l’aveva incatenato alla codardia.

Nhat arrivò di fronte al padiglione centrale e si rivolse alle due guardie all’ingresso:-Devo vedre Gammon.-

-Qualcosa non va, signor Nhat?- domandò una delle due guardie con voce preoccupata.

Il medico gli rivolse un sorriso che nascose bene quella sofferenza che stava provando ad ogni passo compiuto.-Devo soltanto parlargli del più del meno... e aggiornarlo sule condizioni di Helinor.-

-Come sta?- chiese la guardia che fino a quel momento era stata in silenzio.-Ho assistito alla scena... una vera vergogna.-

-Si è ripresa, era solo una piccola ferita.-

-Mi sta simpatica quella ragazza- commentò la prima guardia.

-Anche a me. A volte è un po’ strana, ma mi piace...- proseguì la seconda guardia.

Nhat fu felice di sapere che almeno lei era ammirata in quel luogo di morte.-Lasciatemi antrare, almeno anche Gammon gioirà con voi.-

I due si fecero da parte e salutarono Nhat, che entrò dopo aver preso un profondo respiro.

 

-Non sono d’accordo Nara- stava dicendo Gammon, seduto sul suo scranno con lo sguardo puntato verso il rosso, che teneva la testa bassa.-Le magie di Gofna mi piacciono molto, vero mia cara?- e sorrise all’indirizzo della ragazza vestita di verde.

Gofna lo guardò con stupore e ammirazione.-Maestro!-

Nhat si bloccò. Anche lei aveva iniziato a chiamare Gammon “maestro”, segno che era entrata ufficialmente a far parte dell’organizzazione. Fece qualche passo in avanti e tentò di catturare l’attenzione del gruppo con un colpo di tosse ben simulato.

Gammon distolse l’attenzione da Gofna e la puntò sul medico.-Nhatan! Che piacere vederti qui! Spero che tu abbia notizie sulla mia allieva. Buone notizie- specificò, lanciando un’occhiata a Nara, che per tutta risposta esibì un sorrisetto sarcastico.

A Nhat non piacque quello scambio di sorrisi, tuttavia fu lieto di annunciare la totale riabilitazione di Helinor.

-Sta bene?- domandò Gofna, un po’ dispiaciuta.

-Non dire così, mia cara- la riprese  Gammon, posando il viso su una mano.-Helinor è una tua compagna ora...-

Gofna abbassò la testa.

Poi regnò il silenzio più totale.

Nhat contò i secondi che lo separavano dall’arrivare al nocciolo della questione, e sentiva già che il coraggio gli mancava e che non avrebbe mai potuto parlare in presenza di Nara.

Gammon lo fissò con sguardo penetrante, come se avesse voluto leggergli l’anima, poi aggiunse:-Ma non è di questo che volevi parlarmi, vero?-

Il ragazzo dai capelli rossi guardò prima Gammon poi Nhat come se avesse voluto piantare una spada nel petto di quest’ultimo.

-Volevo dicutere con te in privato- disse Nhat, con la fronte china e i pugni stretti sulla stoffa della casacca che indossava.

-In privato?- fece eco Gammon.-Siamo in famiglia, no? Non c’è bisogno di parlare in privato. Se vuoi dire qulcosa fallo- e indicò con una mano tutti i presenti.

Nhat fece per ritirarsi, ma poi prese coraggio e insistè:-In privato, Silver.-

Gammon rimase sorpreso della nuova determinazione del nuo medico, quindi fece cenno a tutti di uscire, rivolgendo un’occhiata particolare a Nara. Quest’ultimo annuì, come se avesse capito ciò che il maestro avrebbe voluto dirgli, e uscì soddisfatto.

Quando i due furono fuori, Gammon si appoggiò allo schienale dello scranno con aria falsamente stanca e sospirò:-La vecchiaia, mio caro amico...-

Nhat non si lasicò commuovere.-Perché non hai punito Nara?- domandò, d’un fiato.

Gammon quasi scoppiò a ridere.-Perché non ce n’era bisogno!- esclamò.-Si stavano soltanto allenando, un ragazzino li ha distratti ed è andata a finire così. Nara non ha nessuna colpa. Comunque... se mi dici che Helinor sta bene, sono felice- e sorrise in modo teatrale.

-Non è giusto- mormorò Nhat, con un filo di voce. Per un attimo il coraggio gli mancò di nuovo, e le parole di Gammon gli suonarono quasi ragionevoli.

-L’ho rimproverato, ma di più non posso fare- proseguì Gammon, con un sorriso sornione.-Sappiamo tutti che Nara è molto intemperante a volte.-

-Dovresti correggerlo- disse Nhat, con voce tagliente.-Oppure non lo fai perché ti fa comodo?-

L’ambiente di raggelò improvvisamente, e Nhat sapeva di essere dalla parte del giusto. Sephiroth aveva ragione: per quanto lui avesse provato a trovare un lato di bontà, bisognava ammettere che Nara era una vera bestia, e valeva lo stesso per Gammon.

-Cosa stai insinuando?- domandò il gran maestro, riducendo gli occhi a fessure.-Che io ho ordinato a Nara di fare...- si corresse-... di colpire Helinor?-

Nhat lo vise alzarsi, con una rabbia indescrivibile negli occhi. Gli fece quasi paura, ma non mollo il coraggio. Doveva affrontare Gammon, per il bene di Helinor e di tutti gli altri.

Gammon sorrise astutamente.-E non sai che il ragazzino è venuto a chiedermi di affrontare Nara.-

-Cosa?- balbettò Nhat, preso alla sprovvista dal fulmineo cambio di argomento.

-Uriah.-Precisò Gammon, con un sorriso ferino.-Mi ha detto che vuole affrontare Nara in combattimento, nell’arena.-

-Non farglielo fare!- esclamò Nhat, quasi senza pensarci.-Si faranno male!-

-Di cosa ti preoccupi?- ribattè Gammon, tranquillo.-Nara sa difendersi.-

Quell’affermazione quasi tolse il fiato a Nhat, che cadde in ginocchio, annientato. Non poteva fare nulla contro qull’uomo...

-Silver, possibile che tu non abbia alcuna pietà...-

-Non era mia intenzione fare del male ad Helinor, lo sai!- obiettò Gammon con veemenza, sporgendosi in avanti e sferzando l’aria con una mano.-Ma sai cosa rappresenta quella ragazza!-

-Silver! È tua figlia!- gridò Nhat, pallido come un cencio.-Non puoi essertelo dimenticato!-

Gammon digrignò i denti, avanzò verso di lui, lo prese per la collottola e lo staccò su da terra con una forza sovraumana. Alla faccia della vecchiaia.-È la figlia di una traditrice!-

-Tu non hai mai ascoltato tua moglie!- gli sputò in faccia Nhat, che seppur moriva di paura cercava di fronteggiare quell’uomo al meglio che poteva.-Lei non voleva che sua figlia diventasse un’assassina! Tu non hai mai capito Karima! Ecco perché se ne è andata!-

Gammon lo lasciò come se scottasse e lo guardò con odio.-Cosa ne sai tu di Karima?!-

-Lei me lo diceva!- urlò Nhat, portandosi le mani tra i capelli.-Mi diceva tutto! L’hai mandata alla ShinRa pur sapendo che ultimamente era malata! L’hai lasciata morire, Silver! E se lei ti ha sottratto quei documenti... hai solo da rimproverare te stesso!-

Il gran maestro gli diede una spinta.-Zitto! Zitto maledizione! Non è vero niente di tutto questo!-

Nhat indietreggiò, poi i due rimasero a squadrarsi in silenzio finchè il medico non sibilò:-Sei tu che l’hai tradita, Gammon!-

Quello fu un punto a favore di Nhat, perché Gammon barcollò, tornò con aria sconvolta sul suo scranno di legno, ci posò una mano sopra e lo usò come sostegno per non cadere a terra.

Segì un silenzio denso di ricordi e di rimorsi.

-Quella donna che odi tanto se ne è andata perché tu hai tradito la sua fiducia!- dichiarò Nhat, trionfante.-E io so che adesso vuoi vendicarti su di lei tramite Helinor... ma è tua figlia. Non puoi trattarla come un oggetto, e lei deve sapere chi è suo padre... potreste addirittura vivere come una normale famiglia...-

Gammon rimase a capo chino per qualche minuto, poi alzò leggermente la testa verso di Nhat.

Quel che il medico vide nello sguardo del gran maestro non fu niente che si avvicinasse all’amore o all’affetto. C’era soltanto odio, rancore e sì, cattiveria. Senza maschere, Gammon appariva l’essere viscido e subdolo che era in realtà.

-Tu non le dirai niente, Nhatan...- la voce di Gammon risuonò minacciosa per la tenda.

Nhat scosse la testa.-Glielo devo. E tu le devi diciassette anni di menzogne...-

-Mi sono fidato di te- sibilò Gammon, tirandosi in piedi con aria quasi folle.-Così come mi sono fidato di Helinor. Ho pensato che avrei potuto usare Helinor per la mia vendetta... volevo scaricare su di lei le sofferenze e la disperazione che avrei voluto offrire a Karima... ma evidentemente ti avevo sottovalutato.-

Si passò una mano sulla fronte.-Per me sei sempre stato l’uomo mediocre e codardo, Nhat. Non ti ho mai considerato un vero rivale...- il suo sguardo vagò dietro le spalle di Nhat.-Ti piacerà sapere anche Tseng è un Turk, e che i tre compagni che lo accompagnano sono Soldier.-

Il medico sbarrò gli occhi.-No...-

-Sì, invece. Quello con i capelli rossi porta la benda non perché cieco, ma per nascondere gli occhi; e quello con i capelli d’argento l’ho riconosciuto subito. Sta avendo molto successo nel mondo militare, e io non potevo certo lasciarmi sfuggire un dettaglio del genere.-

Un brivido percorse la schiena di Nhat, che cadde di nuovo in ginocchio.-Helinor...-

-Esatto. Lei li ha potrati qua. Un altro tradimento, che delusione- sussurrò Gammon, scuotendo la testa con aria falsamente affranta.-E adesso non mi rimane che farla soffrire fino alla fine... fine che tra l’altro non arrivarà inattesa, visto che stavolta l’ha combinata proprio grossa.- Rise sguaiatamente.-E tu non potrai fare nulla per difenderla, Nhat. Sia perché non ne sarai mai capace, sia perché non ne avrai l’occasione!-

Nhat fece per replicare, ma un dolore lancinante all’altezza del petto lo constrinse a gridare.

Nara svelse la lama della spada con uno gesto secco e sicuro, mentre una macchia di sangue iniziava a disegnarsi sul corpo di Nhat, all’altezza dello sterno. Cadde supino, e il terrore s’impossessò di ogni molecola del suo corpo, insieme al dolore e alla frustazione.

In un attimo, Gammon gli fu sopra e porse la mano a Nara. Quest’ultimo gli tese la spada e sorrise.

-Come vedi, la tua debolezza ti costerà cara.- Rise Gammon, trionfante.-Lascia che ti battezzi a una nuova vita, semmai ce n’è una dopo la morte.- ci pensò un attimo, poi aggiunse- Almeno potrai raggiungere la donna che amavi. Sei contento?-

Nhat gli rivolse uno sguardo disperato, ma non lo supplicò. Non doveva abbassarsi a tanto.

Gammon sorrise amabilmente e rivolse a Nara uno sguardo orgoglioso che lui sembrò apprezzare, poi impugnò l’elsa con entrambe le mani e la portò in senso verticale sopra la gola di Nhat.

-Hai un ultimo desiderio?- domandò Gammon.

Lui tossì.-Io ti perdono... perché non sa quello che fai.-

-Questo è tutto quello che hai da dire? Beh, contento tu...-

La lama cadde sulla gola di Nhat, pentrando nella carne morbida e perforando la trachea all’uomo, che non potè emettere neanche un gemito di dolore. Sbarrò gli occhi e il suo corpo fu percorso da un fremito, poi Gammon vide con soddisfazione la vita che scivolava via dai suoi occhi. Mosse la lama nella carne e scoppiò a ridere, poi estrasse la spada e lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi.-Contenti tutti...- terminò.

-Maestro...- biascicò Nara.

L’uomo gli porse la spada macchiata del sangue che stava colando a terra, sporcando il terrendo.-Sbarazzati di questo cadavere. Dì che è stato attaccato da un Soldier, o inventati qualcosa del genere. Tanto quelli sono così idioti da crederci.-

Nara chinò il capo con remissività.-Certo.-

-Dì a Kay che lo ripagherò profumatamente per tutte le informazioni che mi ha dato in questi giorni.-

-Sarà fatto.-

-E un’ultima cosa. Combatterai con Uriah nell’arena.-

Nara sorrise con crudeltà.-Lasci fare a me, maestro. Sono al suo servizio.-

Gammon scoppiò a ridere, poi andò a sedersi sul suo scranno e gettò la testa indietro. Ora si sentiva molto meglio.

 

Angolo dell’autrice:

 

Rispondo alle recensioni, anche quelle dell’altra volta a cui non ho potuto rispondere! ^^ Poi mi vado a nascondere nel mio laboratorio!!

 

the one winged angel: XD Karima è morta, purtroppo... tutto sommato mi spiace per Helinor, ma non ha scoperto neanche la metà della verità... almeno, ha scoperto la parte più semplice. Comunque, nei prossimi capitoli, Tseng avrà un bel da fare (XD con l’inchiostro simpatico, ovviamente)...

Per il resto, non posso dire niente perché farei Spoiler. C’è una ragione per tutto, ma si scoprirà più tardi.

Ma passiamo alla recensione del capitolo 12! Eeeeh! Gammon aveva capito tutto, mica è stupido. Ma non posso dire perché sta nascondendo tutto (anche se ho una gran voglia), cioè... teoricamente dovrebbe essere un colpo di scena... (spero)...

Taiji... beh, non è tutto pane mio, però. Ho preso spunto dalle informazioni che ho trovato su Before Crisis, in cui si diceva che Hojo era riuscito a impiantare la materia negli esseri umani... poi ci ho costruito un film XD Comunque, la prossima fiction sarà incentrata sull’argomento.

Mi spiace per Nhat... em... prendetevela con Gammon! Colpa sua!*punta il dito verso Gammon*

Quanto al fatto del pensare o non pensare a qualcosa che ci fa soffrire... non credo che esista un pensiero giusto o sbagliato... insomma, sono le opinioni di ciascuno di noi!

Non è vero che non dici cose intelligentiii ^w^ non sai quanti mi piaccia leggere le tue recensioni!! Praticamente le adoro. Comunque, ora ti saluto nipote... spero che il capitolo ti sia piaciuto con tutti i suoi colpi di scena!! (Almeno credo che siano colpi di scena O.o)

 

Kairih: Vedo che stai migliorando, mia cara maestra! La tua ultima recensione era soltanto delle 3 e 32! ^^ XD Almeno non sono le cinque no? Comunque ti capisco, anche io vado a dormire verso quell’ora... è più forte di me!! E poi di notte tante volte mi viene l’ispirazione e mi metto a scrivere (lo so, dovrei vergognarmi!) XD

No no, Karima è morta. Purtroppo per Helinor, ma è morta. Anche se non l’avessero uccisa sarebbe morta comunque. Eh eh... quanto a Nhat *_* non l’ho gestito molto, vero? Um... poverino... ç___ç morire al capitolo tredici... *corre a nascondersi* ma io non c’entro niente!

Eh eh... scommetto che scoprire tutti gli “scheletri nell’armadio” di quella vecchia volpe sarà un vero colpo di scena! *si rimbocca le maniche*

Inoltre, sono felice che ti sia piaciuto il capitolo!!

Comunque, non ho altro da dire se non che Gofna è proprio un’allocca...

...

...

Scherzooo! Poverina, è molto sola, e Gammon ne approfitta! È un vero bastardo! *odia*

Un bacione, e mi raccomando, cerca di andare a dormire almeno alle una... XDXDXD altrimenti dovremo fondare un fan club sulle sonnambule XD

 

KiaElle: eccomi! Stavolta sono stata io quella rapita da Jenovaaa! *aiutooo*

Sì, Helinor è un po’ arrogante, ma pnsa che ne ha passate di tutti i colori... e non è ancora finita!

Non preoccuparti per la recensione ^^ a me va benissimo! L’importante è che Jenova non ti abbia rapita XDXD Altrimenti vengo lì e l’ammazzo!!! Nessuno tocca la mia KiaElle!!! NESSUNOOO!!! *corre dappertutto brandendo un Nunchaku*

Un bacio!!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

 

La mia vita sta andandoin pezzi...

Tutte le certezze che aveva avuto erano morte con Nhat, che per lui era diventato quasi come un secondo padre, nel corso degli anni.

-Lo vedete di cosa sono capaci i Soldier?-

Mentre Gammon faceva il suo discorso, pronunciando tante parole inutili, gli occhi di Uriah si erano soffermati a guardare quelli oltremodo verdi di Sephiroth. Quello era un Soldier, lui ce l’aveva davanti. Eseguiva gli ordini del presidente della ShinRa senza fiatare, uccideva al solo ordine di quell’uomo che deteneva un potere più grande di lui, e magari la sera ripensava alle sue vittime con dolore, imparando a soffocarlo con il tempo e con l’abitudine. Proprio come aveva fatto Helinor. La vide in piedi, tra Tseng e Sephiroth, con lo sguardo rivolto al cielo nuvolo e una totale assenza nello sguardo.

Quante cose erano cambiate...

Uriah ripensò alla loro irruzione nella ShinRa. Sembrava che da allora fosse passato un secolo,  eppure non se ne era andata che qualche settimana, forse anche meno. Quell’azione aveva segnato una svolta nella loro vita...

Per quanto detestasse ammettero, Uriah aveva visto che i Soldier erano uomini proprio come lui.

-Secondo te l’hanno davvero ucciso i Soldier?-

Uriah si riscosse e si ricordò di essere nella piazza centrale. Gammon se n’era andato da un bel pezzo, e alcuni gruppetti di persone si erano formati qua e là per discutere dell’accaduto. Proprio dietro al giovane ce n’era uno, e la voce era giunta in un sussurro al suo orecchio ben allenato. Comunque, non si stavano rivolgendo a lui, dunque rimase immobile con le orecchie tese ad ascoltare.

-Guarda che mi sembra strano... vabbè che Nhatan usciva spesso a comprare le erbe... però ultimamente non lo aveva fatto più!- momorò un’altra voce distinta.

-Qui sta succedendo qualcosa- borbottò Loi- E il maestro crede davvero che siamo così stupidi?-

-Mi sta deludendo molto!- osservò la prima voce con fare nervoso.

-Già... non posso che concordare. Ma ti rendi conto? Non ha punito Nara! Ha preso quella ragazza alle spalle!- esclamò Loi.

La seconda voce iniziò a ridere.-Ma a te non stava antipatica?-

-Beh, da quando James l’ha lasciata ho scoperto che non è così male... e poi c’è un limite a tutto! L’ha presa alle spalle! È il triplo di lei!- obiettò Loi, sgorbutico.

-Avrebbe dovuto stare più attenta, con Nara nei paraggi- replicò il cinico di turno.

-Non era leale!-

-Abbassate la voce!-

-Io scommetto che è stato Nara a uccidere Nhat.-

-Non essere idiota...-

Uriah smise di ascoltare e si allontanò velocemente da quel gruppo.  Sarebbe giunta anche l’ora di Nara, perché lui l’avrebbe sconfitto in battaglia! Non sapeva se davvero fosse l’assassino di Nhat, ma comunque doveva fargliela pagare per l’assalto a Helinor. Le passò accanto, ma non le disse nulla.

-Non ci posso credere...- la sentì bofonchiare.

Neanche io posso crederci, Helinor...

E se ne andò nella sua tenda.

 

-Dobbiamo parlare- fece Tseng.-So che è un brutto momento, ma non posso rimandare. Ho solo tre giorni per continuare le indagini, e si è fatto quasi sera...-

Helinor gli rivolse uno sguardo assente.-Di che dobbiamo parlare?-

-Di tua madre- rispose Tseng, serio.

Helinor dischiuse lievemente le labbra, sorpresa. Stava facendo più progressi quell’uomo in pochi giorni che lei in una vita intera.-Andiamo.-

Il desiderio di sapere qualcosa su sua madre soffocò qualsiasi altra cosa, e seguì Tseng nella tenda.

 

(...)

 

Sephiroth si sedette vicino a Genesis, che gli rivolse un sorriso tetro; Tseng si posizionò sul suo sacco a pelo e Helinor fece lo stesso per terra. Non le importava di stare seduta sul terreno, ci era abituata, inoltre sentire la terra dura sotto di sè le dava una certa sicurezza.

Per un po’ nessuno parlò, ognuno immerso nei propri pensieri, poi Tseng decise di interrompere il silenzio con un secco:-Ho contattato un mio superiore alla ShinRa, Verdot.-

-Verdot?- fece eco Helinor, sul chi vive.

-Esatto. Scommetto che ti ricordi questo nome...-

-È l’assassino di mia madre- ringhiò Helinor scattando in piedi.-Come potrei dimenticarmelo?!?-

Tseng la fissò con freddezza.-Ti devi calmare.-

-Calmarmi?! Ti sembra il momento adatto per parlarmi dell’assassino di mia madre?!- gridò Helinor, con il volto livido di rabbia e la voce tremante.

-Devi ascoltarmi!- le impose Tseng, che non aveva alcuna voglia di insistere troppo sul’argomento. Aveva fatto dei notevoli passi avanti su Karima, e lei aveva tutto il diritto e il dovere di sapere.-Siediti- ordinò.

-Voi non ce l’avete un cuore...- sibilò Helinor a denti stretti.

-Siediti- scandì Tseng, allungando una mano vero il terreno arido.-Non lo ripeterò.-

Helinor lo guardò negli occhi, fremendo di rabbia. Non voleva ascoltare, tuttavia la curiosità era talmente tanta da avere il sopravvento, e lei si sedette con atteggiamento stizzito.

Tseng sospirò.-Bene. Adesso dobbiamo partire da quindici anni fa, se vogliamo ricostruire la storia.-

Helinor lo fissò senza dire nulla. Stava lottando contro il desiderio di alzarsi e scappare via.

-Quindici anni fa, Harila Nhame e Karima Hinari partirono alla volta della nostra compagnia per portare a termine una missione: rubare alcuni documenti al professor Hojo- raccontò Tseng, con voce piatta.-Tuttavia, la missione non andò a buon fine, perché le ragazze vennero catturate e gettate in prigione. Furono tre persone a condurre l’interrogatorio: il presidente Shinra, il professor Hojo e il leader dei Turk: Verdot. Tre persone di spicco nella compagnia.-

Helinor pensò che quell’accozzaglia di nomi non le sarebbe mai entrata in testa. L’unica certezza era il nome dell’assassino di sua madre. A quel pensiero il suo viso si adombrò.

Tseng lo notò, ma per non perdere tempo continuò a parlare.-Fu allora che il capo di quest’accampamento, Gammon in persona, portò molti dei suoi uomini alla ShinRa con lo scopo di liberare Harila e Karima.-

-Gammon voleva salvare mia madre?- domandò Helinor.

-Così pare. Ma non era l’unica ragione. Voleva anche tentare di recuperare quei documenti di cui abbiamo parlato- disse Tseng.

-L’ha salvata?- chiese Helinor, speranzosa.

-Sì. Non so come, ma sembra che voi dell’Ombra siate degni di questo nome. Le vostre azioni di guerriglia rimangono sempre nascoste, anche a noi Turks. Adesso capisco perché il presidente vorrebbe che passaste dalla sua parte...-

Helinor abbassò la testa.-E poi...?-

-Fuggirono e tornarono all’accampamento, tuttavia Karima disertò l’Ombra qualche giorno dopo, portandosi dietro sua figlia.-

-Me...- sussurrò Helinor, stringendo le mani l’una sull’altra con forza.

-Esatto.-

Genesis si sporse in avanti e disse:-Io non ho ancora capito perché Karima ha disertato...-

-Ci arriveremo- rispose Tseng, con calma.-Per adesso ragioniamo sugli avvenimenti come sono accaduti, poi parleremo delle supposizioni.-

Il rosso annuì lievemente.

-Karima era molto debole, e sembra che mesi dopo la sua fuga, abbia abbandonato la figlia nel Gold Saucer, dove sperava che qualcuno la trovasse. Non poteva sapere che la bambina si sarebbe incontrata proprio con Gammon.-

-Ovviamente dopo tutto quello che era successo, Karima era ricercata dai Turks e da Gammon. Fu costretta ad usare tute le sue abilità per rimanere nascosta e far peredere le proprie tracce. In due anni, nessuno seppe mai dove fosse.-

-Puoi smetterla di parlare di me in terza persona?- domandò Helinor, tagliente.-Sono qui.-

-Andiamo avanti.- S’intromise Sephiroth.-Non possiamo perdere tempo.-

Helinor gli lanciò un’occhiataccia, ma non replicò.

Tesng proseguì:-Beh, a questo punto dobbiamo saltare due anni, perché nessuno sa cosa fece Karima. So soltanto che era malata.-

-Era sempre più debole...- mormorò Helinor.

-Te lo ricordi?- chiese Tseng.

-Vagamente.- Rispose lei.

-Arriviamo a tredici anni fa, quindi- osservò Genesis.

-La malattia era avanzata, e da come mi ha detto  Verdot, Karima sarebbe morta da un momento all’altro. Comunque, ripartiamo con ordine- disse Tseng, guardando tutti uno ad uno in un attimo di silenzio.

Sephiroth detestava quelle pause per aumentare la suspence. Era solo una perdita di tempo.

-Verdot cercò Karima ovunque, quando un giorno arrivò l’illuminazione: una donna aveva chiamato per fare una soffiata.-

-CHI?!- tuonò Helinor, alzandosi di nuovo.-Quella donna è un’ assassina al pari di Verdot!-

Tseng sembrò esitare nello svelare l’identità della spia, così lo fece Sephiroth al posto suo.-Harila Nhame.-

Silenzio.

Helinor indietreggiò di un paio dipassi guardandolo come se fosse un fantasma, con gli occhi spalancati.-Harila......-

Tseng chinò il capo.

-Riprendi il controllo- intimò la voce di Sephiroth.-Non perdere la calma.-

Helinor fece per girarsi e uscire dalla tenda, quando si ritrovò il giovane Soldier a sbarrargli il passo. Non si soffermò più di tanto nel pensare a come avesse fatto a muoversi così velocemente, ma si gettò contro di lui nel tentativo di farlo spostare.

-Vattene!- gridò lei.-Io voglio vendetta!-

-E come pensi di averla?!- chiese Tseng, alle sue spalle.

Sephiroth le diede una spinta e la fece cadere a terra, ma lei si rialzò e sguainò il pugnale, fuori di sé.-Togliti dai piedi!- gli urlò contro.

-Helinor!- intervenne Genesis.

-Come pensi di vendicarti, eh?- domandò Sephiroth, sprezzante.-Cercando di uccidere me?-

-Se non ti togli di mezzo lo faccio!- sbraitò Helinor.-E ti giuro che non scherzo!!!-

Tseng le si avvicinò.-Cosa voi fare?-

-Voglio la testa di quella gallina di sua figlia!- gridò lei, in risposta.-La voglio veder chiedere pietà in ginocchio!- e scagliò un colpo contro Sephiroth, che dovette spostarsi di lato.

Helinor ne approfittò per passare, ma ancora una volta lui fu più veloce e la afferrò per un braccio, tirandola di nuovo al centro della tenda.-Vuoi stare calma?!-

-NO!-

-Non vuoi sapere la verità?- domandò Tseng.-Non vuoi sapere il meccanismo degli eventi?-

Helinor cadde a terra, raccolse le ginocchia al petto e ci nascose la testa, chiudendosi in un silenzio ostinato.

-Perché tredici anni fa, Harila non spifferò soltanto la posizione di Karima, ma anche quella dei genitori di Uriah, che spesso l’avevano accolta nella loro casa...-

-Io l’ammazzo...- continuò a mormorare Helinor, con sguardo assente.

-Tua madre sarebbe morta comunque. Nhatan l’aveva seguita molto negli ultimi tempi, per questo, quel giorno si trovava a Midgar insieme a lei...-

 

-Sei sicura di volerlo fare?- domandò Nhat, guardando la finestra del secondo piano di una casa seminascosta dal telo bianco di un gazebo.

Karima scoppiò in un accesso di tosse, tuttavia si schiarì la voce e aggiunse.-Io salterò da lì. Se sarò sola, vuol dire che non avrò compiuto la mia missione.-

-Quel povero bambino...- sussurrò Nhat, poi si riscosse e chiese:-E se dovessi morire anche tu? Sei troppo debole per affrontare Verdot e i suoi.-

-Me la caverò. E comunque ho i giorni contati, lo sai- disse Karima, con aria di rasegnazione.-Voglio rendermi utile finchè posso.-

-È una pazzia. Perché lo fai?- domandò Nhat, commosso.

La donna sorrise.-Perché ho da farmi perdonare i peccati che ho commesso.- Ripensò a sua figlia e a come l’aveva abbandonata, lasciandola in balia di ciò che avrebbe voluto evitarle: una vita da reietta.-A volte il destino è proprio strano.-

Nhat  le posò una mano sulla spalla.

-Non c’è più posto per me in questo mondo- bisbigliò Karima.-E devo prenderne atto.- Poi Nhat la lasciò, e lei entrò in quel piccolo emporio di erbe che tante volte era stata la sua casa prima di trasferirsi negli Slums.

 

Helinor alzò il viso e guardo il Turk con disperazione.-Mia madre... era una donna coraggiosa.-

Tseng abbozzò un sorriso. Ogni tanto Helinor poteva essere un po’ isterica, ma poi tornava in sé. Era anche comprensibile un comportamento del genere: i pesi che si erano aggiunti negli anni dovevano gravare molto sulle sue giovani spalle.

-I genitori di Uriah vennero uccisi, ma lui ebbe una sorte diversa: tua madre lo prese e lo portò in una stanza, dopodichè lo gettò dalla finestra, sperando che Nhat lo prendesse con sé.-

-Tuttavia, Karima non scappò. Verdot le era arrivato alle spalle, e lei preferì lasciarsi uccidere. Disse così: “Uccidimi tu, almeno non arrendermi al destino”.-

-Si lasciò uccidere?- domandò Helinor, sgomenta.

-Era arrivata al capolinea- rispose Tseng.-Non sarebbe sopravvissuta comunque alla malattia. Preferì lasciare che la uccidesse Verdot, e con ultime forze si lanciò dalla finestra, proprio come aveva detto che avrebbe fatto.-

-Questo è tutto. La tua storia parte da quel giorno.- concluse Tseng.

Helinor distese le gambe e fissò il Turk.-Dopo, io incontrai Uriah e iniziai a vivere con lui... le nostre vite erano legate da principio e noi non lo sapevamo, attaccati com’eravamo al nostro passato...-

Tseng annuì.-Tuttavia, mancano parecchie parti in questo puzzle.-

-Che intendi?- domandò Helinor, frastornata.

Sephiroth rispose per Tseng:-Manca il motivo per cui Karima disertò, quello per cui Harila fece la stessa cosa e quello che la portò a fare la spia.-

-Senza contare perché Gammon vi abbia mandato ad assassinare il presidente e perché ti abbia ordinato di uccidere il padre di Gofna e non la madre!- aggiunse Genesis, con l’aria di chi la sa lunga.

Helinor lo guardò.-Hai ragione. Abbiamo ancora tanto da scoprire.-

Comunque, adesso abbiamo scoperto il motivo per cui Harila chiedeva perdono alla fotografia, pensò Tseng, sollevato. Era un bel passo avanti in quella melma di misteri, inoltre sembrava che tutti si fossero dati da fare per ingarbugliare i fatti.

Peccato che Nhat sia stato ucciso, poteva essermi molto utile...

-Voi siete persone sveglie.- Disse Helinor improvvisamente.-E vi devo molto...-

-C’è anche un’altra cosa che non capisco- disse Sephiroth, interrompendo il discorso di Helinor.

Tseng lo guardò. Era sicuro che stessero pensando la stessa cosa.

-Nhatan. Perché e stato ucciso? E da chi?- domandò il Soldier.

-Non sono stati i Soldier- rispose Genesis, indicando se stesso e Sephiroth.-Secondo me è stato qualcuno dell’accampamento.-

-Un’idea me la sono fatta in realtà- disse Tseng, posandosi una mano sul mento con aria assorta.-Anche Nhat sembrava molto immischiato con le faccende del passato.  Forse qualcuno nell’accampamento aveva da temere qualcosa...-

-Nhat mi ha detto che aveva litigato con Gammon- proruppe Helinor, fissando Tseng con intensità e curiosità.-Credi che c’entri qualcosa...?-

-Gammon è un tipo strano- sentenziò Tseng, spostando lo sguardo su Genesis senza in realtà vederlo.-Ho avuto modo di notare, in questi giorni, che ognuno si è fatto di lui un’idea diversa.-

-Già...- mormorò Helinor, abbassando il capo.-Ma è il gran maestro...-

-Questo non vuol dire che la mia ipotesi sia errata- replicò Tseng, scuotendo il capo.-Anzi, io temo che Nhat avesse deciso di fare qualcosa... qualcosa che a Gammon non è andato giù.-

-O di dire qualcosa- precisò Sephiroth, in tono piatto.-Forse Nhatan aveva scoperto la nostra identità...-

-Ma allora Gammon avrebbe dovuto premiarlo! Non ucciderlo!- esclamò Helinor, rivolgendosi al Soldier con veemenza.

Lui le rivolse un’occhiata eloquente.-Allora è possibile che dopo la loro litigata, Nhatan abbia deciso di dire qualcosa che avrebbe messo in pericolo la figura di Gammon...-

-Sì, è plausibile- rispose Tseng.-Forse è successo qualcosa in passato che Gammon non vuole far sapere...- guardò Helinor.

-Lui è il mio maestro...- bisbigliò lei, socchiundendo gli occhi con aria stanca.-Credevo... insomma... non posso immaginare... che abbia fatto una cosa del genere.-

-La nostra è solo una congettura- le disse Tseng.-Ma non è un’ipotesi da escludere. Non conosciamo Gammon, e da ciò che ho visto non sarebbe proprio fuori dal suo stile. Senza contare Nara...-

-Potrebbe essere stato lui- fece presente Genesis.

-Nara non fa mai niente senza l’autorizzazione del maestro. Pensandoci bene...- mormorò Helinor, afflitta- Guardando in faccia la realtà, potrebbe essere stato veramente il maestro. Io devo parlargli.-

Tseng esitò:-Non so se sia una buona idea. Già Gofna gli ha detto il suo vero nome...-

-E lui non ha reagito? Eppure me l’aveva segnalato come obiettivo!- esclamò Helinor, tirandosi in piedi di scatto.-E di persone con quel nome non ce ne sono molte!-

-Era sorpreso, niente di più- la informò Tseng, stringendosi nelle spalle.

-Sapete cosa penso?- disse Sephiroth, guardando prima Tseng poi Helinor.-Che Gammon sappia molto più di ciò che sta dando a vedere.-

Helinor sbarrò gli occhi.-Vuoi dire che... che lui sa del piano? Che vi ha riconosciuti e che sta facendo finta di niente?-

-Esattamente- rispose Sephiroth.-Altrimenti non si spiega.-

No, è assurdo...

-Mi rifiuto di crederci!- gridò Helinor con quanto fiato aveva in gola.-Il maestro è... a volte è severo, anche in modo ingiustificato... ma non è cattivo!-

-Vuoi vedere che la persona che ci stava spiando l’altra volta gli ha detto tutto?- fece Sephiroth, in tono di sfida.

-E perché non mi ha ancora punita?- replicò Helinor, confusa e infastidita.

Sephiroth non seppe cosa rispondere e Helinor lo guardò con un sorrisetto sornione sulle labbra.

-Qual è il vero scopo di quell’uomo?- si chiese Tseng, a bassa voce.-Non abbiamo abbastanza elementi, e il tempo stringe.-

-Ve ne andrete?- domandò la ragazza.

-No. Tra tre giorni arriveranno i Soldier a spazzare via quest’accampamento.-

Helinor abbassò la fronte e guardò il terreno sotto di sé, incapace di pensare. C’era come un blocco nella sua testa, qualcosa che le impediva di ragionare lucidamente, inoltre non le era mai successo, eciò le metteva addosso una terribile dose di ansia.

Soldier nell’accampamento...

-Mi avevi promesso che avresti condotto le indagini senza fare del male a nessuno! Era il nostro patto!- esclamò infine, con voce infuriata.

Tseng non fu in grado di guardarla negli occhi per più di pochi secondi, allorchè fu costretto a gettare lo sguardo su Genesis.-Lo so.-

-Mi sono fidata di te, Tseng- sibilò Helinor.

-Hai fatto la scelta giusta.- Ribattè Tseng.

Lei gli rivolse un’occhiata glaciale, poi gli diede le spalle e uscì senza aggiungere altro.

Sephiroth aspettò che l’ingresso della tenda si chiudesse, poi vi si parò davanti e disse:-Faremmo meglio a tenerla d’occhio...-

-Sì, forse dovremmo.- Asserì Tseng, annuendo.-Ma prima, dobbiamo discutere delle ipotesi.-

-Ipotesi?- fece eco Genesis, interessato. Finalmente sarebbe arrivata la parte delle risposte in quell’intricata storia?

Tseng sorrise enigmatico e incrociò le braccia sul petto.-Tutto ciò che dobbiamo usare, è questo.- E posò un dito su una tempia. - La testimonianza di Verdot è stata un grande passo avanti nella nostra indagine, tuttavia ci sono molti buchi neri che anche lui sta cercando di tenerci nascosti.-

-Buchi neri- ripetè Sephiroth. Quel termine gli piaceva. E inoltre Tseng sembrava un tipo sveglio, che sapeva agire in modo molto professionale.

-Abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulla cattura di Harila Nhame e Karima Hinari, ma ci siamo lasciati sfuggire qualcosa che non è meno importante.-

-I documenti.- Rispose prontamente Genesis.

Sephiroth lo guardò beffardo:-Allora non c’è solo robaccia in quella tua testa...-

-Cosa stai insinuando, amico?- replicò Genesis in un sibilo.

-Basta così.- Ordinò Tseng.-Qui serve concentrazione, smettetela di stuzzacarvi!-

Sephiroth arrossì lievemente.-C-Certo...-

Genesis sghignazzò.

-I documenti sono una parte importante della storia- proseguì Tseng- perché sono il motivo per cui Gammon si è dato tanto da fare per infiltrarsi alla ShinRa.  Probabilmente, sono legati al motivo per cui Karima disertò.-

-La domanda è: cosa c’era scritto in quei documenti? E cosa riguardavano?-

Sephiroth ci pensò, ma non gli venne in mente nulla, quindi tentò di seguire un ragionamento a caso.-Abbiamo detto che i documenti furono rubati al professor Hojo, giusto? Quindi potrebbero riguardare l’ambito scientifico... magari un esperimento o qualcosa di simile.-

-Esatto- fece Tseng, annuendo- è l’unica soluzione a cui possiamo giungere.-

-Già...- borbottò Genesis- ma è anche la più complicata. Alla ShinRa si fanno miriadi di esperimenti, e non abbiamo modo di sapere quale interessasse a Gammon.-

-Genesis ha ragione- concordò Sephiroth.

-E invece no- li contraddì Tseng, sorridendo nuovamente con sicurezza- Abbiamo tutti gli indizi necessari, dobbiamo solo metterli insieme e restringeremo il campo. L’organizzazione di Gammon è molto piccola, eppure lui conta di affrontare i Soldier... alle condizioni in cui si trova però, non potrebbe mai raggiungere un obiettivo del genere. Quindi c’è solo un tipo di esperimenti che potrebbero interessargli: l’alterazione delle capacità fisiche. È ben conosciuto, infatti, che una trentina di Soldier potrebbero mettere sottosopra un intero esercito di fanti.-

Sephiroth si sentì stranamente a disagio nel sentire quell’affermazione.

-Ah! Questo vuol dire che Gammon stava cercando i documenti riguardanti l’energia Mako!- esclamò Genesis, battendosi un pugno sul palmo dell’altra mano.

-Sbagliato- fece Tseng.-Il tuo ragionamento sarebbe corretto se non tenessimo conto del fatto che la ShinRa ha il monopolio su tutte le sorgenti Mako. E se dico tutte, intendo tutte.-

-Quindi cosa stava cercando Gammon?- si arrese a chiedere Genesis, leggermente irritato che il suo ragionamento non fosse corretto.

-Credo di avervi parlato di Taiji e della sua vera identità, giusto?- domandò Tseng, con un sorrisetto che su Sephiroth ebbe l’effetto di un fulmine che colpisce un campo di grano in un giorno di sole.

-Esperimenti con la Materia?!- esclamò Sephiroth.

-Esatto- concluse Tseng. Lasciò che la sua voce si perdesse in un silenzio ammirato, poi riprese con le dovute spiegazioni.-La materia si trova abbastanza frequentemente in giro per i continenti, e non solo. Possiamo dedurre anche che l’accanimento di Gammon verso il Wutai sia dettato dal fatto che tra loro ci sono dei Cercamateria... e che probabilmente, l’unico motivo per cui Gammon si è alleato con il Wutai, è stato quello di poter sfruttare quella gente al fine di trovare la Materia.-

-Ma non c’è modo di provarlo, giusto?- domandò Sephiroth.

-Ovviamente no- disse Tseng.

-E quindi queste rimangono solo congetture- concluse Genesis, in tono ascetico.

-... sì. Però seguendo questa linea di logica, non sembra che ci siano grosse “falle”...- fece Tseng, spostando lo sguardo in alto con aria assorta.

-Mmmm... è vero. Gammon potrebbe aver saputo da Taiji della possibilità di impiantare la Materia negli esseri umani, e forse da allora si è messo in testa di poterlo fare... ma qual è la ragione per cui Helinor e Uriah avrebbero dovuto uccidere il presidente?- domandò Genesis.

-Bella domanda- sospirò Tseng.-Ci ho pensato molto anche io... ma la cosa non assume un senso.-

-Vorrei sapere cosa passa per la testa a quell’uomo.- Sbottò Sephiroth.-Aspetta un attimo... i documenti che cercava di recuperare Gammon, sono ancora alla ShinRa?-

Tseng scosse la testa.-Verdot mi ha detto che sono spariti il giorno dell’infiltrazione di Gammon.-

-Quindi dobbiamo supporre che il capo dell’Ombra possegga quei documenti?- fece Sephiroth.

Il Turk ebbe un tuffo al cuore.-Impossibile, perché altrimenti avrebbe già tentato un modo per eseguire gli esperimenti... aspetta... possibile che Gammon...-

Genesis non gli lasciò terminare la frase e la completò da sé:-... Voglia uccidere il presidente per avere il controllo sulla compagnia e sui laboratori al suo interno?-

Tseng scosse la testa.-No, perché altrimenti non avrebbe più senso fare gli esperimenti... Gammon avrebbe già il controllo sulla ShinRa e a quel punto potrebbe usare il Mako... a meno che...-

Il rosso sorrise.

-A meno che Gammon non abbia più i documenti e stia agendo per ordine di qualcun altro...- mormorò Tseng.

-Qualcun altro?- fece Sephiroth, scettico.-Il Wutai?-

-No. Non il Wutai. Hai mai sentito parlare di Avalanche?-

-Avalanche?- fece eco Genesis. Adesso da dove saltava fuori quel nome?

-Le informazioni su questo gruppo sono state occultate a chiunque tranne a poche persone della compagnia, i Turks del mio dipartimento e i Soldier di prima classe. Avalanche sarebbe una nuova banda di rivoluzionari che vorrebbe mettere fine al monopolio della ShinRa sul mondo.- Disse Tseng.-In termini normali, sarebbe la “resistenza”, ma loro si fanno chiamare Avalanche.-

Tseng aveva l’impressione di aver già sentito una frase del genere, prima d’ora... una nuova banda di rivoluzionari che vorrebbe mettere fine al monopolio della ShinRa sul mondo.

-Quindi Gammon starebbe contrattando con questa gente?- domandò Sephiroth, confuso.-Ma non era alleato con il Wutai?-

-Sì, ma forse Gammon non si interessa molto delle alleanze o con chi le stringe. E comunque il Wutai potrebbe anche sapere del patto.-

-Sempre che il nostro ragionamento sia corretto- fece Sephiroth, scettico.-Non abbiamo prove.-

-Già... però teniamolo tra le possibilità, ok?- disse Genesis.

-Eppure ho la sensazione che se Gammon odia tanto Karima è anche per via di quei documenti.- Riflettè Tseng.

-Intendi dire che Karima sapeva dell’intenzione di Gammon di eseguire esperimenti e che sia scappata con i documenti?- domandò Genesis, sbigottito.

-Bella pensata, Genesis!- esclamò Tseng, euforico.-Dev’essere così! Karima ha letto i documenti e ha pensato bene di andarsene...-

-Codarda- fece Sephiroth.

-Non dimenticarti che aveva una figlia!- disse Tseng con entusiasmo- Forse Karima aveva conosciuto la storia di Taiji e aveva deciso che sua figlia non avrebbe dovuto soffrire il suo destino... che non sarebbe dovuta diventare un mostro. E neanche gli altri ragazzi dell’Ombra avrebbero avuto la stessa sorte, in questo modo...-

Sephiroth fece un passo indietro, ma tentò di mantenere la sua solita compostezza. Dovette impegare uno sforzo sovraumano per non far trapelare il disagio e l’inquietudine che si stavano impossessando di lui, quindi strinse i pugni tanto da far affondare le unghie nella carne e abbassò lo sguardo. Anche lui era un mostro?

-E a questo punto posso anche dire che Karima rubò quei documenti per salvare anche il resto dell’accampamento!- disse Tseng, trionfante.-Per questo Gammon la diseredò dall’Ombra e la cercò in lungo e in largo: non solo perché voleva punirla, ma perché aveva con sé i documenti che tanto gli servivano!-

-Ah!- esclamò Genesis.-Vuoi dire che Karima era ricercata da Gammon perché aveva i documenti?!?-

-Questo è proprio quello che ho detto. E a questo punto, anche Verdot la stava cercando per riavere la stessa cosa, ne sono certo.-

-Quindi Verdot dovrebbe averli recuperati! Non era lui ad aver ucciso Karima?!- domandò Sephiroth, con voce lievemente affannata.

-Certo... Ma il fatto che non li abbia trovati, vuol soltanto dire che Karima li ha nascosti da qualche parte! E che sono ancora lì!- disse Tseng, mentre si immaginava tutta una serie di scene che secondo lui sarebbero avvenute in passato.

-Beh, allora abbiamo Gammon in pugno- scherzò Genesis, sollevando una mano e avvicinandosela alla fronte per simulare un saluto militare.

-Harila...- mormorò Tseng.-Mi viene in mente una spiegazione per cui avrebbe fatto la spia... spiegazione che, tra l’altro, si adatta anche al motivo per cui Gammon avrebbe fatto uccidere suo marito.-

-Una relazione sentimentale con il capo, scommetto- disse Sephiroth, incrociando le braccia sul petto e battendosi l’indice di una mano sull’avambraccio.-Sarebbe una spiegazione più che logica. Harila era gelosa di Karima, e Gammon del marito di Harila.-

-Non credo sia così semplice, perché se ci pensi bene, Harila spifferò la posizione di Karima ai Turk dopo aver disertato l’Ombra.- Gli ricordò Genesis, scuotendo il capo a destra e a sinistra.

-Genesis ha ragione. Io penso che ci fosse qualcosa tra Gammon e Harila, ma non è certo questo il motivo per cui Harila fece la spia...-

-Io invece credo di sì- insitè Sephiroth.-Abbiamo visto Gofna com’è... forse sua madre era ingenua e credeva che i Turk avrebbero protetto Karima dall’Ombra, invece di ucciderla. Dopotutto erano amiche.-

-No- disse Tseng.- Altrimenti Harila non avrebbe chiesto perdono alla fotografia.-

Sephiroth decise di ignorare l’ultima, strana, affermazione di Tseng per risparmiare tempo, ma comunque si chiese che cosa avesse voluto dire.

-Diamo una scossa ai nostri ragionamenti- disse Tseng, improvvisamente.-Dobbiamo pensare ad una possibile relazione Gammon-Harila-Karima-

-E cosa se non un triangolo amoroso?- rise Genesis, che voleva fare una battuta, ma che invece ebbe l’effetto di far trasalire Tseng.

-Un triangolo?- ripetè Sephiroth, disgustato.

-Perché non ci abbiamo pensato prima? Karima e Gammon. Harila e Gammon. Forse Gammon era sposato con Harila!-

-Sposato con chi?!- esclamò Genesis, strabuzzando gli occhi.

Tseng sorrise.-Certo! Forse Harila e Gammon erano sposati, ma Karima ebbe una relazione con lui! Karima disertò, e forse Harila venne a saperlo, quindi seguì l’esempio dell’amica e in seguito spifferò tutto ai Turk per vendicarsi! E non solo: Gammon era ancora innamorato di lei, quindi decise di far uccidere il marito in modo da poter avere una chance... ecco com’è andata.- concluse.

Erano finalmente venuti a capo del mistero! Tutti i pezzi del puzzle andavano al loro posto, e il quadro che veniva fuori combaciava perfettamente!

-No- proruppe Sephiroth, con una sicurezza tale che fece piombare il silenzio all’istante.-Non sono convinto. C’è ancora un dettaglio che mi sfugge.-

-Quale?- domandò Tseng, che ormai era certo della correttezza della soluzione che aveva proposto.

-Abbiamo detto che Karima disertò ben quindici anni fa, giusto? Ma allora dobbiamo supporre che prima abitava nell’accampamento. Se prendiamo in considerazione il lasso di tempo tra i diciassette e i quindici anni fa, possiamo giungere alla conclusione che Helinor era qui con la madre.-

Teng corrugò le sopracciglia. Non ci aveva pensato, ma Helinor era già nata diciassette anni prima, dunque pteva voler dire solo una cosa: era figlia di qualcuno dell’accampamento. Strano che non si ricordasse niente dei suoi primi due anni di vita.

-Suo padre è di qui.- Terminò Sephiroth.- Non abbiamo nessuna informazione riguardo alla nascita di Helinor?-

Genesis si sporse in avanti:- Aspetta, aspetta, aspetta!-

-Karima aveva un legame molto saldo con Nhata, se non sbaglio.- Ricordò Tseng.-Questo vuol dire che...-

-Che Nhat era il padre di Helinor!- esclamò Genesis.

 

 

Angolino dell’autrice:

E anche il quattordicesimo capitolo è andato XD. È dedicato alle riflessioni di Tseng, che però vi assicuro non sono tutte giuste XD. Comunque, nei prossimi capitoli ci si avvierà verso una conclusione, ma visto che, come ho già detto, questa storia appartiene ad una serie, non tutte le domande troveranno risposta.

Intanto, rispondo alle recensioni ^^

 

the one winged angel: nipote, mi fai piangere con tutti questi complimenti *-*! Io ti ringrazio tanto *abbraccia*. Ma andiamo con ordine:

per quanto riguarda Helinor e Uriah, avevo detto all’inizio che i due si volevano bene, anche se non lo dimostravano apertamente ^^, quindi quella scena è tra le mie preferite e ci tenevo molto a descriverla al meglio che potevo. Cioè, in pratica aspettavo di scrivere quel capitolo da quando ho iniziato la storia XD. Uno dei miei preferiti, senza dubbio, dunque ho cercato di esprimere quelche emozione scrivendo…  spero di esserci riuscita.

Anche la scena di Nhat, ho adorato scriverla. Sì, anche secondo me è la più triste, anche perché se ne è andata una delle persone più importanti per Uriah, e questa cosa sarà fondamentale per la sua prossima decisione. Ma niente spoiler XD ho già parlato abbastanza.

No, non è stata Gofna a dire tutto a Gammon. È stato Kay. XD è lui la spia. Se leggi bene la fine del capitolo, Gammon dice che lo ripagherà per tutte le informazioni che gli ha dato. Il bastardo...

Intanto mi preparo il terreno per Gammon. Sì, c’è un motivo per cui non li sta uccidendo subito, un po’ perché nel suo carattere fare le cose senza che gli altri se ne rendano conto, un po’ perché ha qualcosa in mente. Ma questo si vedrà poi.

Nara da un parte mi fa pena, dall’altra lo trovo odioso. È anche vero quello che hai detto, però, anzi verissimo *le sagge parole della nipote* e per questo mi fa un po’ pena. Quello che mi dà fastidio è l’eccessivo servilismo nei confronti di Gammon.

Infine, il sogno di Sephy mi servirà per i prossimi episodi della serie. Ci tengo a fare una storia diversa da quella del gioco, soprattutto perché il motivo per cui ho iniziato questa fic, la cui storia sto curando da circa un anno (ebbene sì), è perché avevo voglia di scrivere qualcosa di più elaborato di quello che scrivo di solito. Lo so, sono pazza XD non ci si puù fare niente. E un po’ perché volevo allenarmi con lo scrivere, e questa fic è perfetta per lo scopo.

Beh, ti saluto nipote, e spero che ci abbia capito qualcosa XD come già tutti sappiamo i pensieri comprensibili non sono il mo forte. XD Un abbraccione.

 

Kairih: bravissima!!!!! Solo le undici O.o hai fatto dei progressi enormi! XD Ma passiamo alle cose serie… … …  XD non mi viene in mente niente di serio XD

Sì, infatti avevi indovinato la relazione tra quei due! Solo che allora non potevo dire niente, altrimenti non c’era suspence XD

Alla fine Gammon è proprio il padre di Helinor, però mi sta sempre più antipatico >.< cioè, si può trattare una figlia in quel modo? E poi povero Nhat. Sigh, è vero quello che hai detto, le persone buone finiscono sempre col soffrire... mi è dispiaciuto un sacco farlo morire così ingiustamente… però devo ammettere che è una delle mi scene preferite. Ce l’avevo in mente da non so quanto tempo. Comunque... beh, spero che questo capitolo ti sia piaciuto, anche se non è niente al di fuori dei dialoghi senza senso del nuovo detective Tseng XD. Ha parte gli scherzi, tra poco Gammon passerà all’offensiva.

Un bacio tesoro *smack* e spero che riusciremo a sentirci presto ç_ç

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

 

Helinor guardò Gofna, che in piedi al centro della piazza armeggiava con il suo bastone e il suo cappello da maga, attirando una buona dose di persone a vedere il suo piccolo spettacolo. Notò che Adrian e Kay erano in prima fila, incantati dai trucchi di Gofna, mentre qualche metro più dietro c’era Nara, intento a pensare ai fatti suoi con aria indifferente. Vicino a lui, James di tanto in tanto gli scoccava un’occhiata spaventata.

Helinor si mantenne a una dozzina di metri di distanza e fece scivolare una mano sull’elsa del coltello, mentre le sue spalle si abbassavano per la delusione. Harila aveva tradito sua madre e Gammon aveva fatto lo stesso con Helinor. Adesso doveva pareggiare i conti con Gofna e poi avrebbe dovuto trovare il coraggio di affrontare Gammon. Già... quello era un bel problema.

Aspettò pazientemente che lo spettacolo di Gofna si avviasse ad una conclusione, poi la vide infilarsi in testa il cilindro dopo averlo fatto roteare in aria, mentre la folla se ne andava soddisfatta.

Nara fece una smorfia perplessa e diede le spalle a tutti, avviandosi nella propria tenda con passo pesante, seguito dallo sguardo vigile e ostile di Uriah, che subito dopo se ne andò nella direzione opposta. Kay gli andò dietro. Forse avevano stretto amicizia?

Vide il ragazzino indietreggiare ad un gesto irritato di Uriah.

No, decisamente non avevano fatto amicizia.

Helinor si sentì sollevata, poi si diresse verso Gofna, che stava per prendere James a braccetto e scappare via.

-Gofna... posso... parlare con te?- domandò Helinor, cercando di mantenere il suo tono di voce ad un livello civile.

La bionda la guardò quasi con disprezzo, tuttavia non la trattò male, e accettò la sua richiesta di buon grado.-Vai pure, James! Ci vediamo dopo!-

-A dopo tesoro- rispose James, lanciando a Helinor un’occhiata di sfuggita.

Helinor rimase in silenzio per un lungo istante, mentre insieme a Gofna entrava nella propria tenda. Stava formando nella sua mente un discorso sensato, scartando le parole che si ammucchiavano l’una sull’altra e mettendo insieme quelle che potevano costuire una frase di senso compiuto. Non era ancora lucida perché quello strano blocco mentale la costringeva a non ragionare, tuttavia sentiva qualcosa di strano che si faceva strada nel suo cuore. Un sentimento strano, mai provato prima d’ora.

Chiunque altro, l’avrebbe chiamato compassione, ma Helinor non sapeva cosa volesse dire, dunque non gli diede un nome, limitandosi ad ascoltare la sua voce.

Gofna la fissava, curiosa, sostenendo però un’aria abbastanza arrabbiata.

-Mi dispiace- proruppe Helinor, cadendo in ginocchio con lo sguardo rivolto al volto di Gofna, che fece un passo indietro per lo stupore.-Io non avevo altra scelta, se non uccidere tuo padre. Non potevo far altro, perché il mio maestro me lo aveva ordinato. Non potevo disubbidire agli ordini...-

-Tu menti!- esclamò Gofna, arrossendo dalla rabbia.-Il mestro Gammon è un uomo buono e sincero! Non avrebbe mai fatto del male a mia madre!-

-E tu sbagli!- esclamò Helinor, estraendo di scatto il pugnale dalla fodera facendo sussultare Gofna.-Perché se avessi avuto la possibilità di scegliere, le cose sarebbero andate diversamente! Gammon ha ordinato a me e al mio compagno di uccidere te e tua madre!-

-Non è vero...- balbettò Gofna, arretrando alla vista del coltello.

Helinor prese il pugnale dalla parte della lama e lo porse a Gofna dalla parte del manico.-Vuoi provare cosa vuol dire uccidere una persona? E allora prendi questo e prova, Gofna Brown!- gridò, accompagnando l’oggetto verso le mani della ragazza in piedi.-Uccidimi come io ho ucciso tuo padre e senti cosa vuol dire ammazzare una persona per la prima volta!-

Gli occhi di Gofna si fecero lucidi e lei prese il pugnale tra le mani tremanti, impugnandolo con entrambe, mentre Helinor gli si parava davanti, in ginocchio, con le braccia spalancate.

-Ma ti avverto che se lo fai... niente sarà più come prima- mormorò Helinor.

Gofna rimase immobile davanti a Helinor a guardarla negli occhi. Occhi azzurri e brillanti, velati da una patina di solitudine e tristezza, ma anche da un grande desiderio di vivere. Vi lesse la scintilla della speranza in un futuro migliore, la stessa scintilla che il tempo aveva spento negli occhi disua madre. Strinse il pugnale. Era pur sempre l’assassina di suo padre, però, e doveva pagare per ciò che aveva fatto.

-Tu hai ucciso mio padre...- disse Gofna, più a se stessa che a Helinor, mentre tentava di combattere la paura e le lacrime.

Helinor rimase in silenzio ad aspettare.

-Perché ce l’hai tanto con me?- iniziò a singhiozzare Gofna.

-Perché io vorrei essere te- fu la risposta.-Io non ho mai conosciuto mio padre, e mia madre mi ha abbandonata quando avevo due anni. Io non so fare altro che provocare dolore alle persone che mi circondano...-

-Non ho pensato che la morte di tuo padre avrebbe potuto ferirti, né tantomento che tu avresti sofferto tanto... perché io non ho mai provato niente che somigli all’affetto tra un padre e una figlia. Ti chiedo soltanto di perdonarmi.-

Gofna la fissò, incerta.-Tu... non hai mai...?-

-Uccidere e combattere sono le uniche cose che mi vengono bene, per quanto mi sforzi!- esclamò Helinor con voce angosciata.-Ti chiedo soltanto di comprendere e di perdonarmi, poi potrai fare ciò che vuoi...- avvertì un leggero tonfo vicino alle sue ginocchia, e abbassati gli occhi, vide il suo pugnale, poi qualcosa la investì, e due braccia esili la strinsero. Rabbrividì, non perché non volesse un abbraccio, ma perché sentiva che stava nuovamente per piangere.

-Sono tanto triste per te...- susurrò Gofna, stringendo la castana a sé con una forza che Helinor non avrebbe mai immaginato avesse.-Deve essere stata una brutta vita, la tua...-

-Lo è ancora- rispose Helinor, nascondendo il volto tra i capelli biondi di Gofna, senza restitire però il calore dell’abbraccio. Lasciò che le braccia restassero ferme lungo i fianchi, e che i sottili capelli della ragazza bionda le solleticassero le guance e il collo. Era quasi più bello di quando l’aveva abbracciata Uriah, perché adesso sapeva che quel peccato che si era portata dietro per anni, era stato finalmente perdonato. Chiuse gli occhi e allacciò le braccia intorno alla vita di Gofna. Finalmente perdonata... finalmente libera.

Dopo svariati minuti, la bionda si staccò da Helinor e le passò una mano sul viso per spostarle i capelli dagli occhi, sorridendo con le lacrime agli occhi, poi si alzò e se ne andò di corsa.

Helinor si tirò in piedi a sua volta e rimase a fissare il suo pugnale per terra. Il rubino sull’elsa sembrava opaco adesso, ma forse era soltanto la sua immaginazione.

Sorrise. Forse c’era ancora speranza...

-Ah, sei qui!- esclamò una voce, improvvisamente.

Lei si voltò.-E a te chi ha dato il permesso di entrare?!- domandò, irritata.

Sephiroth abbozzò un sorriso, ma il tentativo risultò quasi penoso, così si limitò a scuotere il capo.-Tseng mi ha chiesto di tenerti d’occhio in caso decidessi di fare pazzie...-

Helinor battè un piede a terra e si mise le mani sui fianchi.-Guarda che non sono una bambina, so prendere le mie decisioni e assumermene la responsabilità...-

-Sì, certo...- disse Sephiroth, beffardo.-Insomma, che è successo con Gofna qui?-

-Non sono affari tuoi- fu la risposta, accompagnata da un tentativo di colpire Sephiroth con un sassolino calciato con un piede.-E comunque, ora siamo amiche, va bene?-

-Cambi idea molto facilmente, vedo... fino a un’ora fa volevi ucciderla...-

Al contrario delle aspettative di Sephiroth, che già si era immaginato recapitare un pugno in qualche parte del corpo, Helinor sorrise enigmatica e nascose le mani dietro la schiena. Si sorprese di leggere una sorta di sollievo nel suo sguardo, e si stupì ancora di più quando lei si chinò a raccogliere il coltello con un sorriso sghembo sulle labbra. Lo ringuainò.

-Io... ci ho pensato- disse Helinor, guardando la lama entrare nel fodero.

Sephiroth la guardò con aria interrogativa, ma non si azzardò a chiedere niente. Non voleva dare a vedere la sua curiosità. Fu tentato dal farle quelle domanda che gli frullavano in testa da fin troppo tempo. Perché li aveva aiutati? Se non lo aveva fatto per la ShinRa, e  neanche per il puro gusto nel tradimento, che motivo poteva averla spinta a voler ammettere due Soldier e un Turk nell’accampamento?

-Sono stanca di provare odio- dichiarò Helinor, posando gli occhi sul viso inespressivo del Soldier.-Gofna è... una vittima, proprio come me. È insopportabile, questo è vero... e probabilmente non saremo mai grandi amiche però... sento che ottenere il suo perdono per quello che ho fatto a suo padre è stato un po’ come rinascere.-

Sephiroth socchiuse gli occhi e distolse lo sguardo da quello della ragazza.

-Non sei d’accordo- osservò Helinor, un po’ delusa.

-Il fatto è che sei una totale contraddizione, Helinor- affermò il ragazzo, in tono lugubre.-Tu sembri divisa in due. Prima sei una ragazza calma e allegra, e un attimo dopo, un’assassina a sangue freddo.-

Helinor sorrise.-Non ho ancora trovato me stessa- si schermì.

Lui le rivolse un’occhiata di sfuggita.-Sono un figlio della ShinRa- confessò.-Io... credo che nella vita non avrò bisogno di trovare me stesso. Devo solo combattere, per questo sono nato.-

Per un po’ rimasero entrambi in silenzio a squadrare due direzioni differenti, poi irruppe la voce di Helinor:-I tuoi occhi sono diversi.-

Sephiroth non rispose.

-Perché?-

-Se una persona viene esposta più degli altri al Mako, i suoi occhi assumono questo colore un po’ verde...- disse. Per qualche strana ragione, sentiva che esprimere quel concetto significava mettere a nudo una parte di sé. Era qualcosa di segreto e di intimo, che dopotutto, non era neanche un segreto, visto che alla ShinRa tutti conoscevano quel particolare. I Soldier di prima classe avevano più o meno lo stesso bagliore verde negli occhi...

Helinor lo guardò con una sfumatura di compassione che a Sephiroth non piacque affatto. Sapeva cosa stesse pensando... che lui era diverso, che era un mostro...

-Fanno esperimenti su di voi...- mormorò Helinor.

Sephiroth annuì.

-Ho sempre pensato che se qualcuno avesse fatto degli esperimenti su di me, non l’avrei accettato. Ma adesso... temo che di non essere più sicura su questo punto... - disse Helinor.

Non sai quanto ci sei andata vicino...

Si guardarono, di nuovo in silenzio. Non che Sephiroth fosse un ottimo disquisitore, tuttavia i membri dell’Ombra non erano certamente meglio, quindi per Helinor fu facile non farci troppo caso. In fondo, anche solo il fatto che il Soldier non parlasse più per monosillabi, era una grande conquista.

-Credo che... dovrò riflettere sull’offerta della ShinRa...- concluse Helinor, in tono incerto.

Sephiroth storse il naso.-Non starai scherzando!-

Helinor cambiò immediatamente discorso, imbarazzata:-Tu sei veramente troppo serio!-

-I-io?!?- esclamò Sephiroth, preso in contropiede.-Ma... che c’entra?!-

-Smetti di essere così rigido. Mi metti a disagio!- sentenziò Helinor, in tono severo.

Per un attimo, Sephiroth prese seriamente in considerazione l’idea che lo stesse veramente rimproverando, poi si disse che forse lo stava soltanto prendendo in giro.

Helinor simulò un sbuffo:-Però, anche con quella tua faccia di marmo, mi sei abbastanza simpatico.-

Certo, avrebbe preferito che ci fosse Zack al posto del Soldier dai capelli argentati, ma non si poteva avere tutto dalla vita... anzi, Helinor doveva ammettere che parte della sua improvvisa voglia di entrare in Soldier, era dettata proprio dal grande desiderio di rivedere Zack.

-Simpatico?- ripetè Sephiroth, a voce bassa.

Helinor annuì, anche se pensò che “simpatico” non fosse proprio il termine adatto a descrivere i suoi sentimenti verso di lui. Sentiva una specie di affinità dettata dalla solitudine che aveva vissuto anche Sephiroth. La connessione tra loro, pensò Helinor, si basava semplicemente su un fatto di uguaglianza, giacchè vedeva nello sguardo del platinato tanto di ciò che apparteneva anche al suo.

-Sì.- Semplificò Helinor. Dopotutto, conosceva molto bene la solitudine nello sguardo del platinato.-Potremmo addirittura essere amici, se tu non fossi così serio... ma in fondo...-

Potremmo essere amici comunque, perché un amico è una persona speciale che sa apprezzare anche i difetti della persona a cui vuole bene...

-Non farmi ridere. Noi siamo nemici, e i nemici si combattono a vicenda.- Replicò Sephiroth.

Ma dentro di sé, sorrise. Negli occhi di Helinor poteva leggere qualcosa che li accomunava; un piccolo ponte di comunicazione fragile e delicato, ma era comunque qualcosa. Aveva sperimentato che trovare qualcuno simile a lui era un’impresa a dir poco impossibile, e anche se Helinor non era proprio ciò che aveva sempre avuto in mente, sentiva che c’era qualcosa di lei, in lui.

Forse era soltanto la solitudine e l’amarezza, o forse era il desiderio di credere in qualcosa di migliore, in un fine più alto legato alla loro esistenza.

-Helinor...-

-Sì?-

Le domande si affollarono nella testa di Sephiroth, tanto che alla fine lui riuscì soltanto a dire:-C’è qualcuno che aspetta qui fuori...-

Lei spalancò gli occhi, confusa.

-Io devo andare... gli dico di entrare, va bene?- chiese Sephiroth. Lei annuì.

Il Soldier uscì e al suo posto entrò Uriah.

-Finalmente hai finito di cospirare contro l’Ombra...- disse Uriah, con una punta di sarcasmo nella voce.

Helinor guardò il suo volto pallido.-Come stai?-

Lui si passò una mano sul viso e si coprì gli occhi stanchi.-Non molto bene...-

-Vuoi sederti?- domandò Helinor, indicando il sacco a pelo disteso a terra. Lui acconsentì all’invito e si lasciò scivolare sul fagotto di coperte con un sonoro sbuffo.

La ragazza gli si sedette vicino.

-Forse ho sbagliato tutto...- esordì Uriah, mentre raccoglieva le ginocchia al petto.-Forse questo posto non è quello che ho sempre pensato.-

-In che senso?-

-Una nuova casa- disse il ragazzo con voce tremante.-Un posto dove essere in pace con me stesso. Credevo che l’Ombra fosse questo per me, ma mi sbagliavo. Stavo soltanto cercando di dare un significato a qualcosa che mi è capitato di punto in bianco. E ora che Nhat non c’è più...-

Helinor lo fissò, dispiaciuta.

-Nhat è stato ucciso dal maestro. Ne sono sicuro.-

-Sì. L’avevo pensato anche io- mormorò Helinor, in risposta.

Uriah appoggiò il mento alle ginocchia e sospirò.-Credevo che questa fosse la mia famiglia, e in quanto tale che non l’avrei mai tradita... invece mi sono sbagliato-

-Cosa stai dicendo, Uriah?- chiese Helinor, perplessa.-Non è che ti stanno venendo strane idee in mente, eh?-

-Stai parlando tu, che hai fatto entrare sue Soldier e un Turk in incognito- ribattè Uriah, stentoreo.

-Non c’entra niente...- farfugliò Helinor, imbarazzata- adesso stiamo parlando di te, non di me...-

Uriah abbozzò un sorrisetto.-Qui non c’è la mia famiglia, Helinor... la mia famiglia è morta tredici anni fa. Qui non c’è la mia casa, perché la mia casa adesso è abitata da qualcun altro, o molto propbabilmente è in rovina...-

-Non ti seguo più...- gli fece notare Helinor.

Lui sollevò una mano e la avvicinò ad una guancia di Helinor.-Qui non c’è niente per me.-

-Non è vero...- bisbigliò Helinor. Non capiva eprchè Uriah stesse facendo quello strano discorso, ma intuì che qualunque cosa avesse detto non sarebbe stato nulla buono, e il cuore di Helinor aveva preso a battere forte. Sentiva una strana sensazione allo stomaco, come un vuoto, e per un attimo credette di non essere più seduta a terra, ma sull’orlo di baratro in cui sarebbe caduta da un momento all’altro.

-Il maestro non era la persona che credevo- disse Uriah, accarezzando il viso di Helinor.-E ora che non c’è più neanche Nhat...-

-Ci sono io...- disse Helinor in un soffio.-Che hai intenzione di fare?-

-Ucciderò Nara...-

Helinor tentò di allontanarsi da lui, ma il ragazzo l’afferrò prontamente e la strinse a sé, circondandola con entrambe le braccia.

-Lasciami andare...- sibilò Helinor.

-No. Non finchè non mi avrai ascoltato...-

La ragazza appoggiò la testa al petto di Uriah, in silenzio. Adesso le mancavano davvero le forze, e il suo cuore si era come fermato.

-Affronterò Nara nell’arena, alla festa di plenilunio... non lo perdonerò mai per quello che ti ha fatto... o delle frustate che mi ha dato. Vedi... ci sono persone che possono cambiare... io sono cambiato. Non voglio più essere un burattino. Finalmente sono libero, e tutto questo lo devo a te.- Sentì una mano di Helinor correre sul suo torace e stringere la stoffa della divisa. Si sentì quasi in colpa, ma non poteva stare zitto.-Tu sei sempre stata quella forte, intraprendente e un po’ eccentrica. In tutti questi anni ho sempre pensato che fossi una pazza visionaria, ma non ho mai messo in dubbio il mio affetto per te. Adesso sento che posso dirtelo...-

-Perché? Perché adesso?- mormorò Helinor.-Perché in tredici anni non me l’hai mai detto? Ti prego... sei l’unico che mi è rimasto...-

-No. Tu puoi avere di meglio, Helinor. La tua vita può continuare, perché tu sei in grado di andare avanti. Ma io no. Io non sono mai stato come te, mi spiace...- allentò la presa per permetterle di discostarsi quel tanto che bastava per potersi guardare l’uno negli occhi dell’altro.-Per me non c’è più niente. Non una famiglia. Non una casa. Non un’amica.-

-Uriah...- susurrò Helinor, deglutendo rumorosamente.-Cosa sono io, per te?-

-Tu sei la mia salvatrice- disse Uriah, posandole due dita sotto il mento.-Sei più di un’amica. Io ero come morto, dopo l’attacco ai miei genitori, e tu hai saputo riportarmi alla vita. non lo dimenticherò mai, perché sono in debito con te. Per questo devo affrontare Nara...-

Helinor tentò di abbassare la testa, ma le dita di Uriah opposero resistenza, e lei fu costretta a rimanere nella sua posizione.-... sarò di nuovo sola...-

-Non sarai sola. Te l’ho detto, tu hai il coraggio necessario per vivere. Io credo in te...-

-Uriah... io... io...-

Lui sorrise con calma e le scoccò un lieve bacio sulla fronte.-Ti voglio bene anche io. Non ti dimenticherò mai.-

Helinor scosse la testa.-Neanche io...-

-Grazie per avermi capito.-

-Di niente... è questo che fanno gli amici... no?- si costrinse a sorridere facendo appello ad ogni più piccola molecola del suo corpo in grado di darle forza.

Uriah vide la falsità nascosta da quel sorriso, ma si ritenne soddisfatto. Si alzò, le posò un’ultima volta la mano sulla testa e uscì di corsa.

-Sarò sola...- bisbigliò Helinor, incrociando le gambe e iniziando a disegnare cerchi sulla terra. Si sentiva troppo giù di morale per fare qualsiasi altra cosa, e al pensiero che a breve sarebbe dovuta andare all’allenamento insieme a Nara sentì una dolorosa morsa allo stomaco.

Si alzò a fatica e si posò il dorso della mano guantata sulle labbra per frenare quelle lacrime che continuavano a insistere per scendere dai suoi occhi. Respirò profondamente. Avrebbe soffocato qualsiasi dolore nel combattimento. Gammon le avrebbe dato volentieri il permesso di girare per la pianura in cerca di mostri. Dopotutto, Gammon aveva un’inclinazione particolare nel darle il permesso di fare qualsiasi cosa che avrebbe potuto ferirla.

Sarò sola...

Sarò sola di nuovo...

Nara lo ucciderà... e se non lo farà lui, ci penserà Gammon.

In entrambi i casi, sarò di nuovo sola.

 

(...)

 

 

-Divideremo le truppe in due squadre composte da venti uomini. In tutto avremo quindici Soldier di Terza classe, quattro Soldier di Seconda Classe; un Soldier di prima classe per la squadra A e un Turk per la squadra B. Quaranta soldati in tutto. Chiaro?-

Zack correva dietro a Angeal, mentre il corridoio rimbombava dei loro passi e delle parole precise e sicure del Soldier di prima classe.

-Angeal... perché due squadre? Sono solo una trentina di ragazzi, dopotutto...- disse Zack, trotterellando dietro al suo maestro che attraversava il corridoio a grandi falcate.

-La squadra A è addetta alla soppressione. Noi due facciamo parte di questa partizione- lo informò Angeal, svoltando un angolo.

Zack fu lì per inciampare quando Angeal cambiò direzione, gli andò dietro cercando di stare al suo passo, ma era un’impresa.-Sopressione?!-

-Hai capito, no? Noi dobbiamo distruggere l’accampamento. L’ordine è di non lasciare superstiti-

-Ma Angeal... credevo che il presidente volesse stringere un’alleanza con loro...- disse Zack, confuso.

-Voleva.- Fece Angeal, fermandosi di botto. Zack si bloccò appena in tempo per non travolgerlo.-Ma credo che tutto questo improvviso desiderio di attaccare sia dettato dal messaggio che abbiamo consegnato...-

-Quello che ti ha dato Gammon e che non dovevamo aprire per nulla al mondo?- domandò Zack, grattandosi la nuca.

Angeal lo guardò.-Esatto Zack, vedo che sei attento.-

-Io sono sempre attento!-

-Sì, come no... nella tua testa forse.- Replicò Angeal, dopodichè si gettò di nuovo a capofitto lungo il corridoio.

Arrivarono all’ascensore e lo imboccarono prima che le porte si richiudessero.

-E la squadra B?-

-Devono tenere i prigionieri.-

-Ma insomma, che dobbiamo fare? Li dobbiamo uccidere o catturare?- domandò Zack con una tale veemenza da aggiudicarsi un’occhiataccia di Angeal e una sessione di allenamento speciale.

-Non tutti vanno uccisi, se tu avessi letto il dossier che ti ho fatto consegnare stamattina, dossier che tra l’altro, Lazard ha distribuito a tutti, avresti scoperto che alcuni vanno catturati vivi.- Lo rimproverò Angeal, premendo il pulsante che li avrebbe portati al piano terra.

Zack fece mente locale. Dossier? Mai visti dossier in vita sua... a meno che...

 

-Zack! Zack! Sono Kunsel! Devi aprirmi, è una cosa importante!-

-Puoi scortartelo! Sono stufo dei tuoi scherzi!-

-Dai Zack, giuro che non volevo rovesciarti addosso quel secchio di vernice...!-

-NO! Devo farmi una doccia! Smamma!-

-Come vuoi! Ma dopo non prendertela con me!-

 

-Cavolo!- ringhiò Zack, stringendo un pugno.-Kunsel...-

-Sì, si chiamava proprio così il ragazzo a cui ho detto di portarti i documenti- disse Angeal, in tono severo. Lo spazio tra le sue folte sopracciglia si era ridotto ai minimi termini, tanto le teneva aggrottate.

Zack arrossì.-Sii buono, Angeal... non è che mi daresti qualche informazione...-

-Spero per te che ne sia valsa la pena.-

-In che senso?-

-Non do informazioni gratuite- lo rimbeccò Angeal, con una nota di divertimento nella voce che a Zack non prometteva nulla di buono.

-Ah... non voglio pulire i bagni!- piagnucolò Zack.-Io sono un Soldier, non una donna delle pulizie!- si zittì non appena Angeal gli ebbe lanciato l’ennesima occhiataccia della giornata.

-Silver Gammon, Helinor Hinari, Gofna Brown e il nostro carceriere, Taiji... non so se te lo ricordi...-

-Certo che me lo ricordo. Mi ricordo tutti tranne questa Gofna... ha un nome davvero simpatico!- fece Zack, con un sorriso a trentadue denti.

-Bizzarro, direi. Mi piacerebbe proprio vederla al fianco di Sephiroth- aggiunse poi, tra sé e sé.

-Hai detto qualcosa?-

-No, no. Tieni, la foto è questa. Ma ti costerà una settimana di allenamenti supplementari.-

-Ma! Angeal!!!- esclamò Zack, disperato.

Angeal fu irremovibile.-Devi essere più disciplinato, più controllato, più riflessivo... più tutto!- rimproverò.-Zack, io non vivrò in eterno, e presto ti assegneranno missioni che dovrai compiere anche da solo! Devi darti una svegliata!-

Le porte dell’ascensore si aprirono.-E la prossima volta che buttate a terra un secchio di vernice, giuro che vi faccio pulire con lo spazzolino da denti!-

Zack aprì la bocca per ribattere, ma Angeal era già volato via. Lo seguì.

Chissà come stava Helinor. Era passato un bel po’ di tempo dal loro ultimo incontro...

 

(...)

 

-Avalanche...-

Il presidente poggiò i gomiti sulla sua scrivania e intrecciò le dita delle mani, guardando fisso davanti a sé con aria vacua.

L’uomo di fronte a lui teneva in mano un foglio completamente bianco, se non per la scritta “AVALANCHE”, che occupava gran parte dello spazio vuoto.

-Gammon... quel... lo sapevo che alla fine sarebbe spuntato fuori nuovamente. Lui e quell’organizzazione di incompetenti inconcludenti...- disse Shinra.

-P-Presidente, io non credo che ci sia nulla di cui preoccuparsi. Ho già predisposto quaranta Soldier per un attacco all’accampamento di Silver Gammon.-

-Bene, Heiddegger- si complimentò Shinra, che già iniziava a sentirsi più sollevato.-E Verdot?-

-Sta ancora cercando i documenti rubati- disse Heiddegger, posando il foglio sulla scrivania del presidente con mani tremanti.-Sembra che quella signorina li abbia nascosti bene...-

-Karima...- bisbigliò Shinra, avvicianando i palmi delle mani l’una all’altra.-Non mi sarei mai aspettato nulla di simile... voglio Verdot a Kalm. Si dice che uno dei gruppi di questa nuova resistenza sia locato lì... posso giocarmi il cravattino che Gammon è in contatto con loro, e mentre tu te la sbrighi con l’Ombra, mi serve che Verdot si occupi di Kalm.-

-Bene, bene, bene...- disse una voce fastidiosa alle loro spalle.-Ho saputo che un mio vecchio collega è stato catalogato nella lista dei prossimi prigionieri.- Si sfregò le mani.-Non vedo l’ora di mettere di nuovo le mani su di lui...-

Il professore che fino ad allora era rimasto in disparte, sorrise gaiamente.-E tutto per il bene della scienza.-

-Ovviamente, professor Hojo.- Disse Shinra, con un sorriso mellifluo.-So quanto dev’essere stato difficile per lei perdere tre cavie in poco tempo, ma credo che il suo collega Foster, sarà di ritorno a breve. Come vede, almeno una l’abbiamo recuperata.-

-Ho sentito che adesso si fa chiamare Taiji- osservò Hojo, contrariato.-Un successo buttato così... che spreco per il progresso...-

-A proposito di progresso, professore. Io e lei dobbiamo discutere di una faccenda... Heidegger, lasciaci soli.-

 

Angolino dell’autrice:

questo è l’ultimo capitolo prima della partenzaaaa! Sigh, mi mancherete tuttiiii! (Guarda che non vai in guerra – nd Sephiroth)

Beh, mettiamola così: i prossimi capitoli saranno pieni di colpi di scena, dunque mi farò perdonare per la mia lunga assenza... u.u mi mancheranno gli aggiornamenti… Sob sob... e mi mancherà la mia cara nipote (che tra parentesi saluto e ringrazio) XD

Saluto anche la mia maestra ç_ç!!! E grazie per tutta la pazienza che hai con questo impiastro che sono!!!

E infine KiaElle, che è già in vacanza!! U.u per lo meno adesso so che non l’ha rapita Jenova XD

 

the one winged angel: nipoteeee! Mi mancherai tantissimoooo! Sigh, hai sempre la pazienza di lasciare delle recensioni fantastiche *me commossa* …

Comunqueeee… è_è cattivo Tseng, cattivo!!! Adesso butteremo la tua statua e la regaleremo a Genesis (anche io voglio una statua! Perché a me non ci pensa nessuno? – nd Genesis)! XD

Sì, era Kay che origliava XD Solo lui poteva farsi beccare, di tutta l’ogranizzazione. Forse si è svegliato, ma nel modo sbagliato...  XD. Qualcuno dovrebbe appenderlo da qualche patre in modo che non faccia più danni u.u. Dai Sephy, contiamo su di te!

Secondo me sei una ragazza molto saggia nipote  ^^, non sottovalutarti. Dici un sacco di cose intelligenti, per quanto mi riguarda. Ma sì, capiamo Nara, poveraccio. Ha avuto una brutta storia... e ha incontrato il capo dei capi (Gammon) che gli ha dato solo quello che voleva. Stando con Gammon si sente accettato e speciale, al contrario di come si sentiva con i suoi genitori. Per questo quello che è potrebbe essere un affetto puro e semplice, è diventata una mania di servilismo nei confronti di Gammon.  Dopotutto, anche Nara ha bisogno di affetto... anche se non lo sa *-*. Fa parte della mia visione secondo il quale tutti gli esseri umani sono portati ad amare, in modi diversi, ma nessuno è escluso da questa regola. Che ne dici nipote? Non so neanche io se ho espresso il concetto in modo efficace *-*

Non sai quanto mi rendi felice dicendomi che vorresti leggere un mio libro ^^. Sono la persona più felice del mondo! *abbraccia* Yeeee! Pubblicherò un libro, te lo prometto!!! Giuro sul sommo Sephy che lo farò!

W LA NIPOTEEEE!!!

Un bacione enorme e buone vacanze, visto che presto partirai anche tuuu! Ti auguro tanto divertimento!!! ^^

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

 

La festa di plenilunio rappresentava l’ultimo giorno di sosta prima di trasferirsi altrove, per l’Ombra. Anche dopo la morte improvvisa di Nhat, Gammon aveva deciso di non posticipare la partenza e aveva dato l’ordine di sistemare l’accampamento per la festa.

Tseng guardava il centro della piazza, dove alcuni ragazzi, tra cui Loi e James, stavano sistemando alcune fiaccole agli angoli di un quadrato disegnato a terra. Quello doveva essere il famoso ring dove si sarebbe svolto il combattimento di cui gli aveva parlato Nhatan. Sembrava un po’ troppo casalingo, ma solo perché l’occhio di Tseng era abituato all’alta tecnologia della ShinRa.

Il Turk vide Sephiroth vagare intorno alla tenda di Gammon, con aria assorta.

Nara stava accatastando la legna per il falò giusto a pochi metri di distanza dal ring, mentre

Shon gli correva dietro con un accendino in mano. Forse voleva venderglielo, perché vide Nara fare una faccia che spaventò Shon a tal punto, da spingerlo a cambiare direzione.  Solo allora Tseng notò Uriah, in disparte. Sembrava molto pensieroso. Quando Shon gli si avvicinò per dirgli qualcosa annuì, e insieme entrarono nella tenda-negozio.

Non c’era traccia di Helinor da nessuna parte. Erano tre giorni che quella ragazza era latitante.

Più o meno da quando Tseng aveva tentato di mettersi di nuovo in contatto con Verdot, fallendo. Il GPS non funzionava più, la batteria era esaurita.

Tseng guardò l’orologio. Erano le undici e mezza. Si era quasi abituato a stare in quel posto, era quasi strano pensare che quella sera la missione sarebbe terminata definitivamente. Ancora qualche ora, e l’Ombra non sarebbe più esistita.

Chissà cosa sarebbe successo...

Alzò lo sguardo al cielo azzurro. Quella pace non sarebbe durata a lungo.

 

(...)

 

-Hai visto Helinor per caso?- domandò Gofna a Sephiroth, non appena lo vide apparire vicino alla tenda di Gammon.

Sephiroth scosse la testa, ma non le disse che la stava cercando anche lui.-Sono tre giorni che non la vedo.-

Gofna sospirò, affranta.-Mi aveva promesso che sarebbe stata con me prima della festa...-

-Io mantengo sempre le promesse, non lo sai?- disse una voce rauca e stanca alle loro spalle.

Sephiroth e Gofna si voltarono. Dietro di loro c’era Helinor, con il viso sporco di terra e un bel taglio sanguinante sulla fronte.

-Dove sei stata?!- gridò Gofna, arretrando alla vista del sangue.

Helinor sorrise e si passò una mano sulla fronte, poi la guardò e disse:-Non me ne ero accorta... non volevo spaventarti...-

-Dove vai tutta sporca in quel modo?!- squittì Gofna, inorridendo.-E sudata, anche!-

-Mi sono allenata- tagliò corto la ragazza.

Sephiroth notò che i pantaloni erano strappati all’altezza delle ginocchia. Un segno di artigli, e la pelle era stata lacerata insieme alla stoffa sporca. I suoi occhi corsero dalle gambe alle braccia di Helinor e si fermarono in un punto preciso. Stette in silenzio ad osservare il sangue colare dall’avambraccio destro fino alla mano.

-Ma dove sei andata?! Guarda come ti sei ridotta!!!- la rimproverò Gofna, mettendosi le mani sui fianchi.-Guarda che Nhat non c’è più! Non farti del male in questo modo! Aspetta! Ti curo io... vado a prendere del disinfettante. Sai, me la cavo piuttosto bene come medico! Mia madre mi ha insegnato un sacco di cose utili!- e corse via trotterellando allegramente.

Helinor si morse il labbro inferiore con i denti e cercò di evitare lo sguardo indifferente di Sephiroth. Si immaginava che dietro quella maschera di compostezza, lui la stesse rimproverando.

-Sei ferita.- Constatò Sephiroth.

-Se vuoi dirmi qualcosa fallo, perché devo andare...-

Lui alzò le spalle.-Niente. Tu non sei un mio subordinato, e anche se lo fossi, saresti comunque libera di decidere cosa fare del tuo corpo. Sei stata nel deserto, vero?-

-Già. Lì i mostri sono tanti- disse Helinor, scostandosi la frangia spettinata dagli occhi.-E poi posso allenarmi senza avere paura di ferirli.-

-Ho capito. Ci vai tutti i giorni?- domandò Sephiroth, più per curiosità che altro.

Helinor annuì con vigore.-Mi diverte stare sotto il sole...-

-Anche farti sbranare, a quanto pare- replicò ironicamente il Soldier, indicando lo strappo ai pantaloni. Lei sorrise furbetta.-Ne hai di fegato... combattere con quel pugnale da due soldi...-

-Non è un pugnale da due soldi, ma un’arma resistente e versatile!- esclamò Helinor, irritata.-Pensa per te, con quella katana enorme!-

Sephiroth sorrise con evidente sarcasmo.-Perché non la provi, una volta di queste? Scommetto che non riusciresti a brandirla neanche con cinque anni di allenamenti...-

-Lo dici tu!- gli buttò in faccia Helinor.- Io posso fare qualsiasi cosa, capito?!- e scoppiò a ridere con arroganza.

Dall’ultima “ah” lugubre della sua risata, Sephiroth capì che Helinor doveva essere a pezzi sia fisicamente che psicologicamente. Forse lei non se n’era accorta, ma la sua risata assumeva un suono diverso ogni volta che cercava di nascondere qualcosa. Se si stava attenti, si potevano capire i suoi veri sentimenti. Inutile guardarla negli occhi, era troppo abituata a recitare per trovarvi qualcosa che lei non volesse trasmettere di sua volontà.

-Stasera sarà tutto finito- disse Sephiroth, pensando che il motivo della sua preoccupazione fosse l’imminente irruzione della ShinRa.

Lei smise immediatamente di ridere.-Lo so.-

Spero che i Soldier arrivino prima della fine del combattimento tra Nara e Uriah...

-Helinor... tu hai idea di chi sia tuo padre?- domandò Sephiroth all’improvviso. Non voleva gettare la discussione sul passato della ragazza, ma la storia di Karima era ancora troppo confusa per un perfezionista come lui.

-No!- esclamò Helinor, tranquillamente.-Credo che sia di questo posto, però. Considerando che mia madre abitava ancora qui, diciassette anni fa...-

Sephiroth annuì.

-Perché lo volevi sapere?-

-Niente, solo curiosità.-

Helinor lo fissò per qualche istante, poi gli sorrise di nuovo e disse:-Adesso devo andare. Queste ferite iniziano a bruciarmi.-

-Certo... ci vediamo stasera...- rispose Sephiroth, guardando a terra con aria impenetrabile.

-Ciao...- fece Helinor, prima di scappare via.

Sephiroth girò sui tacchi e andò da qualche altra parte ad informarsi sulla festa.

 

Era stato Taiji a cedere la propria tenda a Gofna, in modo che potesse sistemarsi al meglio. Lui era andato a dormire insieme ad un quanto mai contrariato Uriah.

La piccola tenda era stata personalizzata con ogni accessorio che Gofna era stata capace di recuperare tra le cianfrusaglie di Shon. Mazzolini di finti fiori rosa, un sacco a pelo verde chiaro e una buona dose di ghirlande spelacchiate a causa del troppo uso. Roba vecchia, ma che Gofna aveva saputo apprezzare.

La bionda aveva dovuto faticare un bel po’ prima di riuscire a convincere Helinor a togliersi i pantaloni, ma alla fine era riuscita ad ottenere una resa.

-Ecco, stai ferma così...- disse Gofna, mentre imbrattava di disinfettante un batuffolo d’ovatta.-L’ho trovato nella tenda di Nhat, quindi è un rimedio testato.-

-Ok, ok. Fai in fretta, però- protestò Helinor, mentre Gofna le tamponava la ferita alla gamba.-Fa male, sai?!-

Gofna conticchiò un motivo allegro mentre puliva i graffi di Helinor, poi prese un po’ di bende e le fasciò la gamba.-Fatto!!- esclamò soddisfatta. Buttò a terra l’ovatta e ne prese dell’altra.-Adesso facciamo qualcosa per quella brutta ferita sul braccio!-

Helinor le porse l’avambraccio con stizza e rassegnazione.-Ma fai piano! Mi fa male!-

-Quanto sei lagnosa!- esclamò Gofna, mentre prendeva il secchio d’acqua e bagnava un po’ d’ovatta per ripulire il braccio dal sangue.-Dovresti ringraziarmi, sai? E poi a me tutto questo pomodoro fa impressione...- miagolò.

-Non è pomodoro, è sangue!- disse Helinor, ritraendo leggermente il braccio quando Gofna posò l’ovatta sulla ferita.

-Io lo chiamo pomodoro. È rosso uguale, no?-

-Non proprio- sospirò Helinor, rassegnata.-Chiamalo come ti pare... anzi, fai finta che sia pomodoro, così non ti impressioni.-

-Bene!- disse Gofna, sollevata.-Adesso non muoverti che disinfetto la ferita...-

Helinor soffocò i gemiti che le salivano alla gola. Le mani Gofna erano piuttosto pesanti, e la ferita le bruciava maledettamente. Si morse il labbro.

Gofna intanto aveva ripreso a canticchiare. Fichiettò per qualche istante, poi si interruppe e passò l’ovatta sul taglio. Fuoriusciva ancora un rivolo di sangue rosso.

-Qualcosa non va?- domandò Helinor, quando notò che Gofna si era bloccata.

-Tu hai ucciso delle persone?- chiese Gofna improvvisamente.

Helinor fece roteare gli occhi, scocciata.-Sì- disse, tagliente.

-E... usciva tutto questo pomodoro?-

La ragazza castana sorrise dolcemente e le posò la mano libera sulla testa.-Se ferisci una persona a morte, esce molto più sangue...-

-Anche da mio padre?-

Helinor deglutì.-Sì.-

-Io non ho mai visto una persona morire- disse Gofna.-Quando sono arrivata a casa, mamma era già... era già... andata via.-

-Non preoccuparti, Gofna- disse Helinor in tono spento.-Non pensare a queste cose.-

Gofna annuì e continuò a medicare la ferita.

Helinor sospirò. Gofna doveva stare molto male per la perdita dei suoi genitori. La sentì un po’ più vicina, e per un attimo si sentì meno sola. Forse anche Gofna provò la stessa cosa, perché quando finì di fasciare la ferita le regalò un sorriso sincero e triste. Aveva giudicato male quella ragazza. Doveva sentirsi sola proprio come lei.

-Grazie di nuovo, Gofna...- mormorò Helinor, mentre l’altra le progeva i pantaloni sporchi.

-Non c’è di che!- esclamò Gofna in risposta.-Fa sempre piacere aiutare un’amica in difficoltà.-

Helinor prese i pantaloni e annuì. Forse era un po’ piagnona e viziata, ma gli amici si devono accettare a vicenda, no? Così aveva detto Zack... e Uriah...

Non sarai sola. Te l’ho detto, tu hai il coraggio necessario per vivere. Io credo in te...

Solo allora capì. Comprese il significato di quelle parole guardando Gofna.

Non sarebbe più stata sola, e neanche Gofna. C’erano tante persone come Helinor, a quel mondo. Persone che avevavano bisogno di aiuto per sentirsi meno abbandonate... persone indifese, incapaci di combattere il destino...

Strinse la stoffa dei pantaloni tra le dita.

È questo che farò da grande. Aiuterò la gente in difficoltà. Perché anche io vorrei che qualcuno mi aiutasse. Ci sono tante persone sole come me, ma insieme... potremmo non esserlo più!

-Non te li metti quelli?- domandò Gofna.

Helinor si riscosse e guardò i pantaloni neri.-Sono praticamente distrutti...- osservò.

-Dai, mettili per stasera. Poi te li aggiusto!- esclamò Gofna.

La compagna rabbrividì. Non che Gofna fosse un asso nel cucire, ma avrebbe dovuto accontentarsi.-V-va bene.-

E poi, probabilmente , quei pantaloni non le sarebbero mai più serviti dopo quella sera.

-Vuoi venire ad aiutarmi a preparare lo show?- chiese Gofna, sorridendo allegramente.

-Show?-

-Il mio spettacolo di magia!- rispose Gofna, tirando fuori dal nulla il suo cilindro nero.

Helinor sussultò.-Ma come...?!-

-I prestigiatori non rivelano mai i loro trucchi! Non lo sai?- rise Gofna.

Le labbra di Helinor ebbero un leggero tic nervoso.-Em... sì, certo che lo so...-

Gofna continuò a ridere di gusto, e visto che non accennava a smettere, Helinor decretò che era meglio andare via. La ringraziò crecando di sovrastare le risate con la sua voce, si infilò i pantaloni e se ne andò.

 

(...)

 

-Hey!!!-

Una voce immatura, da bambina.

-Svegliati, signorina!!-

Karima sentì qualcosa di soffice sotto le sue mani. Mosse un po’ le dita per cercare di capire cosa fosse quella cosa morbida. Seta? No... c’era qualcosa che pungeva, tra la roba morbida. Era erba. Erba e fiori.

Fiori?

Karima avvertì distintamente due piccole mani posarsi sul suo petto per scuotere leggermente il suo corpo. Sorrise. Quanto avrebbe voluto che quelle fossero le mani della sua bambina... lo desiderò con tutto il cuore, e tentò di aprire un po’ le palpebre.  Vide due occhi smeraldini che la fissavano preoccupati.

-Chi sei?- domandò flebilmente la donna.

-Aerith!- esclamò vivacemente la bambina.

-Aerith...- ripetè piano la donna, delusa.

No, non era sua figlia. Ma come aveva potuto sperarlo? Forse era ancora troppo insonnolita e poco lucida.

-Ti sei addormentata qui...- disse Aerith.

Karima si ricordò. Era entrata in una chiesa deserta, poi aveva avuto uno svenimento, causato dalla malattia. Era caduta a terra, e probabilmente quella bambina l’aveva soccorsa. Si tirò a sedere, piegando una gamba e avvicinandola al petto.-Scusa.-

La bambina rise, avvicinandosi una mano alla bocca.-Non preoccuparti! Ma potresti alzarti?I fiori si rovineranno tutti...-

-Fiori?- domandò Karima,facendo appello a tutte le forze che aveva in corpo per alzarsi e andarsi a sedere su una delle panche della chiesa. Gemette.

-Li ho piantati io!- esclamò Aerith, sorridendo.-Volevo fare un esperimento, e qui crescono molto bene!-

-Non avevo mai visto dei fiori a Midgar...- disse Karima, fissando le belle piante colorate.

Aerith fu contenta di sentirselo dire.-Già!-

-Non mi sono ancora presentata. Mi chiamo Karima- disse la donna, con un sorriso materno.-Ti sono grata per avermi aiutata.-

-Sei malata?- domandò Aerith, dispiaciuta.

Karima la guardò negli occhi. Erano così profondi e vivaci, di un verde intenso... si leggevano tutti i sentimenti di Aerith attraverso di essi. Si chiese se anche gli occhi di sua figlia fossero così...

-I tuoi vestiti sono tutti sporhi... vuoi venire a casa mia?- chiese la bambina.

Karima sbarrò gli occhi.-No, non credo che sia una buona idea...-

-Puoi farti una doccia, mangiare qualcosa di caldo... e poi potrò lavare i tuoi vestiti!- esclamò Aerith, prendendola per mano.-Vieni, casa mia non è lontana da qui!-

-Aspetta!- tentò di protestare Karima.-E tua madre cosa dirà...?-

-Non preoccuparti! Vieni con me!-

 

La casa di Aerith era come immersa in un’atmosfera mistica, magica. Era tutto così tranquillo e irreale, che Karima si sentì subito meglio.

Aerith la portò dentro casa mentre le parlava di come era risucita a piantare tutti quei fiori e di quanto le piacessero.

Karima la seguiva, e intanto pensava a quanto le sarebbe piaciuto poter abitare in un posto così con sua figlia. Un sogno ormai irrealizzabile, visto com’erano andate le cose.

Appena le due ebbero messo piede nella casetta, apparve il volto precoccupato di una madre.-Aerith...-

-Karima, ti presento mia madre, Elmyra! Mamma, ti presento Karima!- esclamò Aerith, prendendo anche la mano di Elmira costringendola a stringere quella di Karima.

-P-piacere...- farfugliò Karima, imbarazzatissima. Era ovvio che Elmyra non desiderasse estranei in casa, soprattutto se indossavano una veste vecchia e sporca...

Invece, Elmyra sorrise e la invitò a sedersi attorno al tavolino rotondo al centro del salotto.-Ti preparo  un tè caldo, va bene?-

Karima annuì, senza sapere cosa dire.

Aerith saltò su una sedia all’altro capo del tavolo e, dopo aver messo i gomiti sulla tovaglia, posòla testa sulle mani.-Visto? Mamma è molto comprensiva.-

La donna non seppe che rispondere.

Non aveva mai trovato nessuno così accogliente, in anni di vagabbondaggio. Negli Slums l’aria era avvelenata, e la gente diffidava degli sconosciuti come lei.

-Puoi anche restare a dormire, lo sai?- domandò Aerith.-Sei stanca.-

-Un pochino.- Disse Karima, sforzandosi di sorridere.

Era molto stanca, non un pochino. Era colpa della malattia, e lo sapeva bene. Sicuramente le rimaneva un altro anno di vita, o forse due...

Guardando Aerith, era come vedere sua figlia cresciuta. Aveva solo due anni quando l’aveva vista l’ultima volta... quei pensieri le strapparono un sorriso commosso.

-Tu ce l’hai una figlia?- chiese Aerith, quasi avesse captato i suoi pensieri.-Può venire qui anche lei.-

Karima sentì una fitta al cuore quando rispose.-No... non ce l’ho...-

-Peccato, una donna giovane come te dovrebbe averne.-

Elmyra le mise una tazza piena di liquido fumante davanti al naso.

-Anche se non sembra, ho i miei annetti- rispose Karima.-La ringrazio, signora Elmyra...-

Aerith ridacchiò.

-Non si preoccupi, non mi fermerò a lungo- disse Karima, avvicinandosi la tazza alle labbra.

Il liquido bollente le bruciò la lingua e la gola, ma non se ne preoccupò. Dopo tutto il freddo che aveva affrontato, quel caldo eccessivo era quasi un sollievo. Sentì il calore scendere nello stomaco e si sentì immediatamente meglio. Quella sensazione la portò a sperare di poter stare meglio, in qualche modo. Forse la morte non era certa...

-Karima è malata, lo sai mamma?- disse Aerith, preoccupata.

Elmyra esaminò il volto scarno di Karima.-Non credo che sia il suo unico problema. Vuoi mangiare qui da noi?-

-Io non credo che sia il caso...- fece Karima, arrossendo.-Non voglio approfittare...-

-Ma ti ho invitata io!- esclamò Aerith, sporgendosi sul tavolo.-Puoi farmi un po’ di compagnia...-

Karima guardò di nuovo la bambina con aria sognante.

Elmyra sorrise.-Ma certo. Può rimanere qui, Karima.-

-Mi sdebiterò...- esordì Karima, ma Aerith era già scesa dalla sedia, aveva fatto il giro del tavolo e l’aveva presa per la mano, trascinandola di nuovo fuori di casa.

-Voglio farti vedere il mio giardino!- esclamò la bambina.

-Aspetta!- tentò di protestare Karima.

 

-Questo è il mio angolo di paradiso!- disse Aerith, lasciandosi cadere su una fazzoletto di terreno coperto da fiori colorati. Sembrava un altro fiore in mezzo a tanti altri.

Karima notò che se sua figlia fosse stata lì, le due avrebbero subito stretto amicizia, e avrebbero potuto piantare fiori e giocare insieme.

Invece...

Affondò la mano nella grande tasca della casacca e ne estrasse alcuni fogli rovinati e accartocciati.

Aerith guardò il blocco, interessata.-Cos’è?-

-Un cosa che dovrei nascondere...- rispose Karima, in tono flebile.-Sono documenti importanti.-

-E perché vuoi nasconderli?-

-Perché così nessuno potrà trovarli. Perché quello che c’è scritto potrebbe fare del male a della gente- disse Karima.

Aerith si alzò e si fece seria.-Dalli a me. Li nascondo io.-

-Eh?-

-Li metterò al sicuro e mi assicurerò che nessuno li trovi- le assicurò Aerith, con l’aria di chi la sa lunga.-Almeno non sarai più preoccupata!-

Karima sorrise e glieli porse. Pensò che nessuno avrebbe mai immaginato che documenti di quella portata fossero nelle mani di una bambina fissata con i fiori. Li consegnò nelle mani di Aerith e si sentì più tranquilla. Almeno adesso poteva sbarazzarsi di quel peso.

Neanche Gammon li avrebbe trovati, ne era sicura! E così non avrebbe più fatto del male a sua figlia.

 

Quella sera, Karima ritrovò il piacere di mangiare. Elmyra era un’ottima cuoca, e persino i bocconcini sbruciacchiati di Aerith sembravano squisiti.

Poi, Karima aiutò Aerith a sparecchiare, mentre Elmyra lavava i piatti.

-Vado a preparare il letto di Karima!- esclamò Aerith, una volta sistemata la cucina.

Elmyra annuì e le raccomandò di metterle il pigiama sulle coperte, in modo che Karima avesse potuto trovarlo in fretta.

-Davvero peperina, eh?- domandò Karima, mentre Aerith correva su per le scale.

Elmyra sorrise malinconicamente.-Già... è veramente piena di energie...-

-Dev’essere bello averla in giro per casa- disse Karima, più a se stessa che a Elmyra.

-Lei ce l’ha una figlia, vero signora Karima? Ha mentito prima- disse la madre di Aerith.

Karima abbassò lo sguardo.-Sì. Non volevo dire una bugia, ma poi Aerith avrebbe insistito per incontrarla... e in questo momento non è possibile...-

Elmyra guardò la donna.-Le è successo qualcosa?-

-Purtroppo, la guerra...- farfugliò Karima. Prima che potesse aggiungere altro, Elmyra le aveva posato una mano sulla spalla e le aveva detto:-Capisco- con voce tremante.

-Mio marito è morto in guerra- spiegò poi.

Karima pensò al suo, di marito, e le vennero in mente molti ricordi confusi.

-E Aerith non è mia figlia naturale- aggiunse Elmyra.

-Ah, no?- domandò Karima.

-Sai, qualche anno fa, è arrivata in treno insieme a sua madre... lei stava per morire, e mi ha affidato sua figlia. Per fortuna Aerith è una bambina forte, e ha superato tutto- disse Elyira.

-Lo immagino-

-Si è ambientata molto in fretta!- esclamò la madre di Aerith.-Lei è l’unica persona che mi fa compagnia, dopo la morte di mio marito. Non sai che dispiacere ho provato... io lo amavo tanto... eravamo così giovani...- mormorò Elmira.

Karima sentì le lacrime salirle agli occhi.

-Spero soltanto che Aerith abbia una vita felice. Solo questo è importante- disse Elmyra, con voce tremante.

-Karima! La stanza è pronta!- gridò la bambina, dal piano di sopra.

Elmyra sorrise a Karima.-Vai pure, sarai molto stanca. Laverò i tuoi vestiti, almeno potrai indossarli puliti...-

-Grazie.-

-Non c’è di che. Mi ha fatto piacere conoscerti.-

 

Karima guardò il calendario dopo essersi infilata una maglietta di cotone a righe. Quella notte ci sarebbe stato il plenilunio, quindi all’Ombra doveva essere festa. Chissà se dopo tredici anni si sarebbero finalmente sistemati vicino a Midgar. Avrebbe potuto rivedere Nhat e Harila, sapere cosa era successo in quegli anni...

Sicuramente Nhat sarebbe andato in quel negozio dove andava sempre quando sif ermava a Midgar. Maria, la moglie del titolare, era una donna molto accogliente, che aveva offerto ospitalità a Karima varie volte, durante la sua latitanza a Midgar. Doveva avere anche un figlio, perché l’ultima volta che Karima aveveva visto Maria, quest’ultima era incinta. Chissà se era maschio o femmina...

Femmina, come Helinor? Sorrise a quel pensiero.

Chissà dov’era sua figlia... come stava... aveva fatto bene a lasciarla al Gold Saucer? Aveva pensato che lì avrebbe potuto trovare qualcuno che l’avrebbe portata via dalla strada, ma forse si era solo illusa. Tuttavia, non riusciva ad immaginare uno scenario diverso. Era l’unica speranza che le rimaneva... la felicità di sua figlia. E certamente, vedere sua madre morire da un momento all’altro non l’avrebbe resa di certo felice.

Meglio lasciarla da piccola, invece di farla soffrire da grande.

Eppure, guardando Aerith, non poteva fare a meno di vedere sua figlia. Si era affezionato a quella bambina in meno di un giorno.

 Parte di lei le ricordava Harila, la sua migliore amica... chissà se l’avrebbe rivista, prima o poi... avevano diviso così tante avventure.

Prima Harila era stata fidanzata con Gammon. Si chiese se ce l’avesse avuta con lei perché si era sposata con il suo ex.

Beh, in fondo non c’era nulla da invidiare. Sposare Gammon era stato l’errore più grosso di tutta una vita. Era un folle, e dopo l’arrivo di Taiji era notevolmente peggiorato.

Karima si sedette sul letto e si sdraiò tossendo.

Il materasso  era così morbido che Karima arrivo a pensare che morire lì non sarebbe stato male.

Chiuse gli occhi.

All’accampamento doveva essere notte di festa...

La festa di plenilunio.

 

 

Angolino dell’autrice!

Rieccomi!!! La vostra autrice è tornata e si porta dietro anche un vagone di scuse! Bene, adesso mettiamoci comodi qui nell’angolino e facciamo due chiacchiere XD. Ora vi spiego com’è andata...

Volevo aggiornare come al solito, però avrei dovuto farlo dal computer della biblioteca... fin qui nessun problema, ho ricontrollato il capitolo, l’ho fatto bello in html e l’ho salvato sulla pennetta USB per portarlo in biblioteca. Quando sono arrivata, quello st**** (censura) del bibliotecario mi ha detto che, a causa di un virus che gli ha fuso i computer, non si potevano più mettere le pennette USB (perché avevano paura che ci fossero virus). Beh, io da brava ragazza ho pensato che se non mi facevo vedere avrei potuto farlo comunque XD. Ma gli st**** (censura) hanno bloccato le risorse del computer con un programma… e mi hanno fregata.  Morale della favola i miei programmi sono saltati, e con loro anche gli aggiornamenti ç_ç.

Comunque ho continuato a scrivere, e sono arrivata fino alla fine della storia (ventesimo capitolo).  Intanto aggiorno sia questo che il 17, così mi metto un po’ in pari con le pubblicazioni che il bibliotecario st*** (aricensura) mi ha fatto saltare con il suo giochetto U.u.

Se non rispondo alle recensioni è perché sono appena tornata e devo andare a disfare le valige, e imploro perdono in ginocchio... comunque ho messo Sephiroth al banco reclami, quindi se avete bisogno di uccidere qualcuno c’è lui.

XD Adesso devo salutare che vado a mettere a posto… *si rimbocca le maniche*

Ciao a tutti…

 

Volevo anche augurare buon ferragosto SIGH. COLPA DEL BIBLIOTECARIO! GRRRRR… >.<

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


 

Capitolo 17

 

Helinor infilò un dito in uno dei buchi dei pantaloni. Sospirò e dopo esserseli stesi davanti agli occhi per valutare il loro stato, se li infilò. Mentre si allacciava la cintura alla vita, si disse che gli strappi li avrebbero resi più alla moda. Estrasse il pugnale dalla guaina, lo fissò per un istante rigirandolo tra le dita, poi lo ringuainò con un gesto annoiato. Era l’unico elemento rimasto intatto tra tutto ciò che indossava.

Preferì non indagare sullo stato del corpetto e lo indossò senza guardare.  In ultimo, raccolse da terra il guanto nero e ci infilò dentro la mano sinistra. Sbadigliò e uscì dalla tenda.

Era tardo pomeriggio, e il cielo già volgeva all’imbrunire. L’aria era ancora secca, ma la frescura serale iniziava a dare i primi segnali del suo imminente arrivo.

Uriah era fermo al centro del ring e guardava il cielo. Forse stava pensando ad una strategia per battere Nara? O forse stava pensando a Nhat?

Helinor si rattristò. Se Uriah fosse riuscito ad uccidere Nara, Gammon gliel’avrebbe fatta pagare con il sangue. E se non ci fosse riuscito, Nara non glielo avrebbe certamente perdonato...

In entrambi i casi, Uriah avrebbe sofferto. E lei con lui.

Chissà com’era aver avuto una madre, una famiglia, e poi perderla. Cosa si provava? Helinor non ricordava precisamente cos’aveva provato quando sua madre l’aveva lasciata. Non ricordava neanche cos’aveva fatto. Forse aveva pianto e aveva cercato disperatamente Karima.

Guardò il padiglione centrale. Gammon era lì dentro, e sicuramente non immaginava cosa gli sarebbe piombato addosso da un momento all’altro.

 

(...)

 

-Se tutto andrà secondo i miei calcoli, i Soldier dovrebbero arrivare qui da un momento all’altro.-

Nara terminò di ripulire la spada e guardò il suo maestro, che stava seduto con la testa riversa all’indietro e lo sguardo puntato verso l’alto.

-È sicuro di volerlo fare?- domandò Nara.

-Tanto sarebbe finita comunque, prima o poi- disse Gammon, in tono tranquillo.-Niente dura in eterno.-

Il ragazzo ringuainò la spada e fece un passò verso Gammon, che abbassò la testa e lo guardò. Sembrava che avesse qualcosa da dire.

-Io la proteggerò da qualsiasi cosa, maestro.- Disse Nara, stringendo l’elsa della spada.-Lo giuro sulla mia vita.-

Gammon sollevò una mano e ci appoggiò il mento, mentre guardava Nara con aria assorta, intento a pensare ad un modo efficace per servirsi di lui.-Per adesso, ho bisogno che combatti contro Uriah. Devi ucciderlo, sono stato abbastanza chiaro?-

Il ragazzo fece un singolo cenno con il capo, poi sorrise.-E per quanto riguarda Helinor?-

-Porterò avanti ciò per cui ho vissuto questi diciassette anni. Sarà il mio modo di vendicarmi e di sbarazzarmi di un peso.- Affermò Gammon, assottigliando gli occhi.-Avere una figlia non è mai stata mia intenzione, ma neanche avere una moglie traditrice, dopotutto...-

-E allora perché sposare Karima?- domandò Nara, che pendeva dalle labbra del suo maestro.

-Non so, Nara. Non so cosa mi fosse preso in quel periodo- ammise il gran maestro, scrollando lievemente la testa.-Lei era... una donna molto particolare, e io... io ero come te.-

Gli occhi di Nara brillarono.-Come me...-

-Ero forte, abile, spietato. Doti essenziali per un guerriero- si vantò Gammon, sorridendo sornione.-Ogni tanto mi piaceva divertirmi con una delle donne dell’accampamento. Allora ce n’erano due: la madre di Helinor e quella di Gofna.-

-La madre di quella cornacchia abitava qui?- osservò Nara con una smorfia di disgusto.

-Sì, abitava qui. Mi piaceva spassarmela con lei.-Rise Gammon.-Era disponibile per qualsiasi cosa. Sua figlia è completamente diversa da lei, devo ammetterlo. Harila era una donna molto passionale, anche se a volte tendeva ad essere un po’ idiota, mentre Gofna è solo un’ingenua ragazzina che si atteggia come la madre. Ma è una romantica, e penso che da quando è nata non abbia mai conosciuto il vero carattere di sua madre. Dopotutto, Harila riusciva a nascondere a tutti le sue sembianze di serpe.-

Nara guardò il maestro con ammirazione.

-Karima era tutta un’altra storia. Era imprevedibile. Una volta mi trattava come un dio, l’altra non mi degnava di uno sguardo. Era... interessante. Inoltre, aveva un coraggio fuori dal comune ed era molto versatile.-

-Versatile? Cosa vuol dire?- domandò Nara.

-Poteva essere spietata e dolce. Mi interessava molto, e non c’era mai da annoiarsi.- Rispose Gammon, tagliente.-Forse è questo che mi ha catturato di lei, e ho deciso di sposarla. Credo di aver pensato che se anche avessimo avuto un figlio, avrebbe potuto succedermi nel comando dell’organizzazione. Naturalmente, questo prima che mi tradisse.-

Nara sorrise crudelmente.

-Helinor è un po’ come lei. Imprevedibile, a volte spietata a volte sensibile. Mi ricorda troppo una parte del mio passato che desidero soltanto cancellare.-

Gammon si crogiolò un po’ nel guardare l’espressione rapita di Nara, e capì che stava covando qualcosa dentro di sé.-Qualcosa non va?- gli domandò infine.

Il ragazzo scosse la testa.-No, maestro. Tutto a meraviglia.-

-Credevo che dovessi chiedermi qualcosa, ma forse è solo una mia impressione...- e lasciò in sospeso la frase per sostituire un sorriso incoraggiante alle parole.-Sai che con me puoi parlare di tutto, mio caro allievo?-

-Non ho niente da chiedere, maestro. Ma la ringrazio comunque.- Disse Nara, con un profondo inchino.

-Allora devi fare una cosa per me.- Rispose Gammon, alzandosi dallo scranno.

Nara sorrise.

 

(...)

 

Era sera.

Le torce che illuminavano l’accampamento correvano per tutto il perimetro delineato dalle tende, e il focolare che era stato acceso contrubuiva in modo sostanziale all’illuminazione della piazza centrale. Intorno al grande fuoco si erano raggruppati quasi tutti i ragazzi dell’Ombra, la maggior parte con un calice di vino o di birra in mano, altri, quelli più seri, stavano in disparte e guardare il proseguire allegro della festa. Tra quelli c’erano Uriah e il timido Kay, che quella sera sembrava anche nervosissimo e si torceva le mani. Adrian e Genesis stavano in mezzo ad un gruppetto di persone a giocare a carte. Genesis faceva il finto cieco e sbirciava le carte degli altri per poi suggerire a Adrian, raccimolando una buona manciata di Guil.

Shon tentava di vendere qualche oggetto inutile a James, approfittando del fatto che fosse un po’ brillo.

Tutto era musica e festa, Loi aveva preso a cantare poco più in là, seguito a ruota da alcuni ragazzi della sua compagnia.

Alcuni più sensibili, che sentivano il lutto di Nhat in modo particolare, erano rimasti nella propria tenda a criticare quel modo così irrispettoso di comportarsi.

Nara e Gammon dovevano ancora essere nel padiglione centrale, perché non si trovavano da nessuna parte.

Taiji era seduto davanti alla tenda dei prigionieri, e chiacchierava con uno dei ragazzi. Si vedeva lontano un chilometro che non aveva nessuna voglia di parlare, ma si sforzava ugualmente di essere gentile.

Sephiroth lo fissò perplesso. Se non aveva voglia di parlare, non avrebbe dovuto affaticarsi nel farlo. Cosa lo costringeva ad essere gentile anche quando non voleva? 

Intravide Gofna farsi avanti in mezzo alla folla con il cilindro in mano e l’aria di chi ha la seria intenzione di combinare qualcosa. Rabbrividì e cercò un posto dove scappare. Le feste non facevano per lui, e tantomento gli show di Gofna. Si ricordò di quel piccolo slargo dove si rifugiava Helinor e se ne andò in quella direzione.

Si infilò nello stretto spazio tra la tenda di Nara e quella di Taiji, ora di Gofna, e sbucò nel piccolo spiazzo.

Era rimasta poca legna da ardere a terra, ma si accontentò e si lasciò cadere su di essa sbuffando. Quanto ci mettevano i Soldier ad arrivare? Eppure  da lì a Midgar non era poi tutta questa strada. E poi, dov’era finito Tseng? Non si faceva vedere da almeno due ore, era come scomparso.

Un rumore di passi.

-Ah, ci sei tu qui!- esclamò Helinor, apparsa improvvisamente a coprire la luce, con un calice in mano.-Che fai? Hai deciso di provare a tagliare i bastoncini?-

-Non credo proprio.-Replicò Sephiroth, sprezzante.-Ma forse tu sei qui per questo, quindi credo che ti lascerò sola...- e fece per alzarsi, ma Helinor lo fermò muovendo una mano freneticamente.

-No, no! Rimani pure dove sei, tanto io non devo fare niente qui! Volevo soltanto andarmene da quella confusione... ai, che mal di testa...- bofonchiò, e caracollò fino alla piccolla catasta di legno.

Sephiroth la guardò perplesso mentre inciampava e si sedeva per terra.-Sei ubriaca?- chiese.

-Solo un po’ brilla- rispose Helinor, sorridendo.-Vuoi un goccio?-

-No.- Borbottò Sephiroth.

La ragazza si avvicinò il calice alle labbra stringendosi nelle spalle, mandò giù il liquido tutto d’un sorso e si passò il dorso della mano sulle labbra per asciugarle. Il guanto di cuoio si scurì leggermente laddove l’umido lo aveva toccato, e lei rimase a guardare la macchia con intensità.

-Helinor...-

Lei fece un grosso sbadiglio.-Sì?-

-Perché non hai detto a Gammon di noi?- chiese tutto d’un fiato il platinato.

-Perché mi andava - fu la semplice risposta, abbinata ad una scrollata delle spalle.

-“Perché mi andava”? Tu sei in squadra con lui, no? Sbaglio o si prende cura di te da sempre? Bel modo di ripagarlo-  fece Sephiroth, stizzito.

Un grido di stupore si levò dalla piazza centrale. Helinor si voltò  verso il fumo che si alzava verso il cielo notturno, e immaginò che lo spettacolo di Gofna stesse coinvolgendo tutti.

-Forse- rispose Helinor, in tono asciutto.

Sephiroth esitò.- Ma... vivi con loro. Combatti con loro.-

-Ho ucciso della gente per loro.- mugugnò Helinor, gettando il calice a terra con un gesto annoiato. Quello tintinnò fastidiosamente e rotolò ai piedi di Sephiroth.- Non mi sono mai sentita parte del loro gruppo, perché mi hanno sempre e solo vista come una pedina.-

-Una pedina...- ripetè Sephiroth, sottovoce.

Lei sorrise placidamente.- Esatto. E la cosa non mi è mai piaciuta. Tuttavia... stando qui, ho avuto la possibilità di avere qualcosa di simile a dei compagni.- Aggiunse, iniziando a giocare con una ciocca dei suoi capelli castani.

-Non lo sono?- chiese Sephiroth, incuriosito.

Per qualche strano motivo riusciva a capire il dolore di Helinor. Questo lo spaventava, ma al tempo stesso era bello e misterioso, e lui avrebbe voluto sondare quanto potere avesse su di lui quel mistero.

-Non direi.- Rispose Helinor, e i suoi occhi blu incontrarono quelli verdi di Sephiroth.- I compagni, gli amici, ti perdonano se fai un errore. Loro no. Non mi hanno mai perdonato alcun errore. Ho portato i segni della loro rabbia per così tanto tempo...-

Sephiroth vide un’ombra velare gli occhi di lei, e per un attimo non riuscì a guardare altro che quelli, perché aveva avvertito che il dolore di Helinor era simile al suo, perché attraverso quel contatto visivo, lui la sentiva vicina.

-Io sono il frutto di un rapporto tra una donna e un uomo che neanche conosco!- disse Helinor, dando un calcio al calice in terra, che rotolò via.-Sono stata abbandonata quando ero molto piccola. Non ho mai capito qual era stata la mia colpa per essere trattata in quel modo... e poi c’era il maestro...-

-Una colpa...-

-Sì. Una colpa.- Annuì Helinor, senza far trapelare nessuna traccia di tristezza o di dolore dalla sua voce.- Gammon mi ha accolta con sé. Gli sono sempre stata grata per ciò che ha fatto.-

Sephiroth la interruppe.- Perché non gli hai detto di noi?- era solo quello che gli interessava sapere.

-Perché ad un certo punto, mi sono accorta che il suo interessamento nei miei confronti era soltanto una finzione.- Tagliò corto Helinor, dopodichè sbuffò sonoramente.- Non capisco perché venga a dirle proprio a te, queste cose.-

Sephiroth dischiuse un po’ le labbra e fece per rispondere, poi ci ripensò e rimase in silenzio.

Lei lo guardò attentamente e sorrise cupamente.- Com’è stare alla ShinRa?-

Il Soldier trattenne il respiro e chinò il capo in avanti.-Più o meno la stessa situazione. Noi Soldier viviamo per servire la ShinRa... e io non ho mai avuto altra casa che quella.- Disse in un mormorio.

-Noi due siamo proprio simili, eh?- fece una pausa, poi proseguì.- Eppure... ti sei mai sentito come se quella non fosse la tua vera casa? A volte... hai mai desiderato sapere perché ti hanno lasciato solo al mondo?- chiese, in tono solenne.

Lui era confuso.- Io...-

Sì, molte volte.

Helinor lo fissò, e fece scivolare una mano su quella di lui, che rimase pietrificato.

-Forse un giorno noi due troveremo la nostra casa, non trovi? Tutti ne hanno una.-

-E se non dovessimo riuscirci?-

Lei scosse il capo, come a voler dire che non lo sapeva.-Ma cosa vuol dire veramente avere una casa?-

Sephiroth abbassò lo sguardo a terra e non rispose. Dopotutto, capiva che non era una domanda a cui Helinor non voleva ancora una risposta.

-Quando avremo scoperto cos’è una casa, forse potremo averne una, non trovi?- domandò lei, sorridendo.

Lui si limitò a perforarla con uno sguardo intenso, poi ritrasse la mano e appoggiò i gomiti sulle ginocchia.

Dopo un attimo di silenzio, Sephiroth domandò:-Non ricordi chi fosse tuo padre? Hai abitato qui per due anni, come puoi essertelo dimenticato?-

Helinor si alzò da terra e sbadigliò sonoramente, facendogli capire che non aveva alcuna voglia di rispondere.

Sephiroth si tirò su a sua volta.-Possibile che tuo padre fosse Nhat?-

-No. Te lo assicuro. Non era lui- disse Helinor con sicurezza.

-Capisco...- mormorò Sephiroth. Avevano sbagliato...

-Hai visto Tseng, a proposito?-

-No- rispose Sephiroth.

Lei corrugò le sopracciglia.-Vado a cercarlo. Ci vediamo, Sephiroth!- e se ne andò muovendo una mano con fare gioviale.

Prima di sbucare nella pizza centrale, Helinor esitò, e le prese una forte fitta alla testa.

 

Gente. Tanta gente.

Era un miscuglio di colori e di luci che si mescolavano e si rendevano indistinguibili, confondendo Helinor e costringendola ad andare in giro a tentoni, con le mani allungate in avanti e un nome sulle labbra. Quello di sua madre.

Molti voli  si giravano e la guardavano, alcuni con pena, altri con disgusto.

Solo uno ebbe il coraggio di raffiorare tra la confusione, e le porse la mano con uno sguardo gentile negli occhi. Il sorriso gli illuminava il viso. Era un sorriso da lupo, ma Helinor non se ne sarebbe mai resa conto.

Finalmente era salva...

-...-

Lui scosse la testa.

 

La Helinor del presente trasalì perché qualcuno l’aveva presa per mano.

-Vieni, Helinor! Uriah sta per cominciare a combattere!- gridò Gofna.

-Come...?- domandò Helinor, ancora troppo scossa da quello stralcio di ricordi. Era sicura di aver detto qualcosa a Gammon, prima che la portasse via, ma non riusciva a farselo venire in mente.

Aveva come l’impressione che se l’avesse ricordato, la sua vita sarebbe crollata, e per un attimo si concentrò su Gofna per non pensarci. Si lasciò trascinare dalla ragazza fino al ring e, con la vista annebbiata, riuscì a capire solo indistintamente che l’aveva portata in prima fila. Girò la testa a destra e a sinistra per distinguere i volti dei compagni, ma vedeva soltanto colori confusi e lontani, esattamente come era successo quindici anni prima al Gold Saucer.

E poi una musica irritante e ripetitiva. Un carillon... un pagliaccio. Rosso, bianco, verde... si posò le mani sulle orecchie per non sentire quella musica tintinnante e cadde in ginocchio.

-Helinor!-

Respirò affannosamente. Doveva riprendere il controllo... cosa sarebbe successo se avesse ricordato? Mosse gli occhi intorno a sé convulsamente, come a cercare qualcosa su cui concentrarsi e ritrovare l’equilibrio. Alzò lo sguardo...

Gammon era in piedi dall’altro lato del ring e la fissava.

Proprio come quel giorno di quindici anni fa, aveva qual sorriso da lupo e gli occhi gentili. Intorno a lui solo colori confusi e la musica che si faceva sempre più fastidiosa e rimbombante. Fu come se il Gammon del passato si staccasse dalla figura di quello del presente. Lo vide venire verso di lei come fece a suo tempo, allungare la mano...

Helinor sbarrò gli occhi. Le sue labbra si mossero, ma dalla sua gola non uscì alcun suono.

La sagoma scomparve.

I colori tornarono chiari e distinguibili.

La musica del carillon si trasformò nelle grida dei compagni.

Solo una cosa sentì Helinor prima di tornare in sé: la risata diabolica dell’uomo che l’aveva salvata.

La risata cessò in un rumore metallico, e stavolta Helinor riprese il controllo del suo corpo in meno di un secondo. Si alzò di scatto, tremante.

-Helinor...-

La voce preoccupata di Gofna la chiamava, e le sue mani avevano preso a tormentare il braccio di Helinor, muovendolo come se ciò avesse dovuto riportarla in sé.

Helinor ansimava ancora, ed era pallida. Dovette fare appello anche alle forze che non aveva per non cadere a terra o scappare il più lontano possibile. Girò appena la testa e intravide Sephiroth. Doveva dirgli tutto... doveva cercare Tseng...

Un altro rumore metallico. Helinor si voltò di scatto verso il ring e distinse la figura possente di Nara che cercava di rompere la difesa che Uriah aveva costruito con la spada, parando un colpo venuto dall’alto.

-Si faranno male!- esclamò Gofna.

-Sì...- mormorò Helinor, guardando i due. Notò di sfuggita che gli occhi di Nara si erano girati nella sua direzione.

Uriah lo respinse con uno sforzo sovraumano e gli gridò:-Stà lontano da lei!-

Nara indietreggiò di un paio di passi e sguainò la spada con un sorriso felino sulle labbra.-Non prendo ordini da te, ragazzino- ringhiò con spavalderia.

-Invece credo proprio che lo farai- ribattè Uriah, preparandosi ad attaccare. Corse verso Nara e tentò un affondo rischioso, facilmente schivabile e a cui Nara avrebbe facilmente contrattaccato. Uriah fece appena in tempo a saltare indietro per evitare che la spada di Nara lo trafiggesse al fianco.

Helinor si sporse in avanti.-No!- gridò.

Uriah abbassò lo sguardo e notò che aveva un piede nel ring e l’altro al di là della linea.

Nel tempo in cui lo fece, Nara gli diede una spinta così forte da farlo rotolare completamente fuori dal ring, e in un attimo gli fu sopra, pronto ad abbassare la spada su di lui.

-Perché non si fermano?!- si udì gridare.

Le grida di incitazione si fermarono a poco a poco, e i volti eccitati si trasformarono in espressioni di puro sgomento.

-Nara! Hai vinto, fermati!- gridò Loi.

Il sorriso di Gammon si fece ancor più ampio, ma si spense non appena vide che Uriah aveva evitato il colpo di Nara rotolando di lato. Schiacciò la terra con un piede, furioso.

Helinor scosse la testa e guardò Gofna che si portava una mano alla bocca.-Stai bene?-

Gofna annuì debolmente.-Si faranno del male!-

-Lo so- ansimò Helinor. la luce tremolante delle fiaccole aumentava il terrore e la disperazione che erano tornati a solcare il suo viso.-Adesso cerco di fare qualcosa, va bene? Non muoverti da qui...!- esclamò.

-Sì... ti prego, Helinor... non voglio vedere nessuno morire...- la implorò Gofna.

Helinor, di nuovo, si costrinse a sorridere e si tuffò nella folla per cercare di raggiungere Gammon. Intanto, Uriah aveva perso la spada, che era finita qualche metro lontano da lui, ai piedi James. Nara si tentò di nuovo di colpirlo, e stavolta Uriha fu costretto a prendere la lama tra le mani per non farsi tagliare la gola. La forza di Nara era incontenibile, e faticò moltissimo per non permettere che la lama si conficcasse nella sua gola. Era soltanto il suo istinto di sopravvivenza a guidarlo, in quel momento. Riuscì a dare un calcio al ginocchio di Nara, che per un secondo perse l’equilibrio, permettendogli di rotolare all’indietro e di alzarsi.

Uriah si gettò verso la spada, ma Nara gli saltò addosso, atterrandolo.

James indietreggiò e guardò il ragazzo a terra allungare il braccio verso la spada. Le sue dita non arrivavano a sfiorare l’elsa per un centimetro appena.

-James!!- ansimò Uriah, alzando un poco lo sguardo.-Aiutami!-

Il giovane guardò prima lui, poi Nara, terrorizzato.

-James! Aiutalo!- gridò Gofna a squarciagola.

Nel silenzio attonito che li circondava, la voce della biondina trovò solo qualche eco qua e là.

-Ei, ti sei rincoglionito per caso?!- strillò Loi, rivolto a James.

Helinor riaffiorò tra la folla con il cuore in gola, al fianco di Gammon.-Maestro, deve fermarli!-

Gammon stava fissando la scena impassibile. Quando la ragazza arrivò, lui si limitò a girare la testa verso di lei senza dire niente.

-Maestro!- lo pregò Helinor, con occhi supplicanti.

Gammon si voltò di nuovo.

-Maestro!!- gridò Helinor, seguita da molti altri.

Nara esibì un sorriso animalesco verso James, che scappò via urlando di perdonarlo, poi alle sue grida si sovrapposero quelle di Uriah.

Gli occhi di Helinor catturarono con orrore un bagliore, e  seppe per certo che Nara aveva affondato la sua spada da qualche parte nel corpo del suo amico. Il suo cuore smise di battere.

La urla dei compagni esplosero come una bomba mentre Nara si rialzava e ritraeva la spada sanguinante.

Gammon sorrise soddisfatto.

-Signore! Signore!-

Altri voci, stavolta provenienti da un uomo che era stato incaricato di sorvegliare il perimetro esterno all’accampamento.

-Soldier, signore! Soldier nell’accampamento!-

Helinor si gettò tra la folla urlante che iniziava a disperdersi per la piazza. La gente si accalcava e la confusione era troppa.

In un attimo fu addosso a Nara con il coltello sguainato e una voglia incontenibile di trapassargli il cuore da parte a parte. Riuscì a scalfirgli solo un fianco, accecata com’era dalla rabbia. Si sentì afferrare e trascinare verso il terreno duro.

Nara le cadde sopra con tutto il peso e la bloccò a terra, afferrandole il polso con il coltello in modo che non potesse più fargli del male. Lo strinse così forte che Helinro, dopo un po’ lasciò andare la presa sull’elsa. Il coltello scivolò a terra.

Helinor avvertì un vago odore di sangue. Era Uriah... Uriah era lì vicino... forse era ancora vivo... forse poteva salvarlo!

Tentò di divincolarsi e uscire dalla presa di Nara, ma per tutta risposta, lui afferrò saldamente la spada e si preparò a colpire, assaporando già la sua prossima e agognata vittoria. La seconda della serata.

Possibile che nessuno fosse in grado di aiutarla? Erano tutti troppo occupati?

Sentì una rabbia sorda e un ronzio alle orecchie, e spinta da quella furia colpì Nara al viso con un pugno. Lui fece una smorfia e arricciò il naso, poi fece per trafiggerla con la spada, ma si fermò a metà del movimento, con gli occhi spalancati e la bocca mezza aperta. Sembrava che stesse annaspando, cercando di trarre un respiro che gli riempisse l’ampio petto.

La spada gli cadde la mano, e i suoi occhi cercarono la fonte del dolore al petto. Girò la testa e il viso di Uriah apparve dietro la sua nuca.

-Tu...- ringhiò Nara.

-Ti... avevo... detto... di starle lontano- rantolò Uriah.

Helinor approfittò per calciarlo via e tirarsi in piedi, terrorizzata.

Il corpo di Nara rotolò due volte e si fermò bocconi, e Helinor potè vedere il proprio pugnale conficcato nella sua schiena.

Sotto di lei c’era Uriah, che si era girato di schiena e si teneva lo stomaco, dove si stava allargando una macchia rossa. Helinor rabbrividì e si inginocchiò accanto a lui, mentre i suoi occhi saettavano dalla mano sulla ferita agli occhi quasi vitrei di Uriah.

Il suo caro amico...

Sollevò una mano e gli spostò i riccioli fulvi dagli occhi, mentre sentiva gli occhi bruciare di lacrime, quelle che le scendevano calde e copiose sulle guance.

-Uriah...- mormorò Helinor, senza riuscire ad andare avanti. La voce le tremava, ed era spezzata dal dolore.

Lui spostò la mano dalla ferita, rivelando un taglio ampio e profondo che gli aveva praticamente squarciato lo stomaco da parte a parte.

Helinor sbarrò gli occhi.-No... non sono pronta... non posso accettarlo...-

-Devi...- ansimò Uriah, a fatica.

-Credevo che sarei andata avanti, ma no!- pianse Helinor.-Non posso perdere anche te...- si portò le mani davanti agli occhi e continuò a singhiozzare disperatamente.-Tu sei la mia famiglia!-

-Basta...- mormorò Uriah, scuotendo lievemente la testa.

-Ti sbagli Uriah... io non sono forte...- disse Helinor, tra le lacrime.-Sto piangendo...-

Uriah alzò una mano lentamente e le posò l’indice sotto un’occhio per catturare le lacrime che scendevano interrotte.

-Piangere... non vuol dire essere deboli... Helinor... vuol dire soltanto... essere umani- ansimò.

-Allora non voglio essere umana!- gridò Helinor con quanto fiato aveva in corpo.

Lo guardò piangendo in silenzio per un po’. Era sfinito, e la vita abbandonava i suoi occhi attimo dopo attimo, mano a mano che il sangue zampillava dalla sua ferita. Le sorrise.

Helinor deglutì.

Uriah era felice. Era felice di poter porre fine al suo dolore...

Anche lei voleva quella felicità.

La guardò un’ultima volta. Non riuscì a dire niente, ma Helinor sapeva che voleva comunicarle tutti i suoi sentimenti con quell’unico, ultimo, sguardo. Le parole non sarebbero mai bastate.

Si guardò le mani sporche di sangue.Vide il corpo di Nara steso a terra poco lontano, si avvicinò strisciando, sfilò il coltello dal corpo inerme e fissò la lama brillare invitante. Il corpetto di pelle era interamente macchiato di sangue fresco, e anche la sua pelle era maculata di rosso. Forse era il sangue di Nara, misto a quello di Uriah.

Lasciarmi andare, ecco cosa devo fare... se non posso vivere in pace... voglio morire.

Rivolse la punta del coltello verso il proprio cuore. Dal riflesso sulla lama vide le lacrime riprendere a scenderle sulle guance. Erano così belle e brillanti. Il punto che aveva toccato Uriah era sporco di sangue, e il rubino sull’elsa sembrava catturare sulla sua superficie ogni riflesso scarlatto.

Un guerriero non piange.

Le mani presero a tremarle. La sua volontà, che non aveva vacillato neanche un attimo fino a quel momento, ora le stava scivolando via dal corpo, e per quanto provasse ad avvicinare il pugnale nel punto vitale, non ci riusciva.

Lasciò che il pugnale cadesse di nuovo a terra, producendo un suono metallico. Finì vicino alle sue ginocchia.

Lo guardò con odio.

Non riusciva neanche più a suicidarsi, ora?

Si accasciò a terra, avvicinando il viso al pavimento, e si piantò le dita tra i capelli castani, colta dalla disperazione.

La sua unica colpa...

Era soltanto quella di essere nata!

Respirava a fatica, il corpetto le impediva di riempire i polmoni come avrebbe voluto, le mancava l’aria.

Vide i suoi capelli che le pendevano a pochi centimetri dagli occhi, legati nella severa treccia come sempre, e si sentì travolgere da una rabbia cieca. Allungò una mano verso il coltello, lo afferrò saldamente e tranciò di netto la treccia, scoppiando di nuovo a piangere.

Un pianto disperato unito ad una rabbia e un’amarezza senza precedenti.

Helinor tirò il pugnale lontano e si lasciò andare a terra, si girò su un fianco e raccolse le ginocchia al petto, singhiozzando.

Sono solo una bambina che si è sbrigata a crescere.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

 

In meno di cinque minuti l’accampamento si era trasformato in un campo di battaglia. Alcune tende erano andate a fuoco e altre lo sarebbero state da un momento all’altro, perché molte delle fiaccole erano cadute a terra e il fuoco rischiava di divorare la stoffa.

Helinor era ancora a terra esanime, ma stava iniziando a riprendere conoscienza. Nessuno sembrava voler fare caso a lei, forse perché a causa del sangue che aveva addosso, pensavano che fosse morta.

Ci mise molto tempo per aprire gli occhi, e quando lo fece vide molti corpi intorno a sè, oltre a quello di Nara e di Uriah. Tutti quelli che erano stati i suoi compagni stavano combattendo contro i Soldier, molti erano già a terra, altri ci sarebbero finiti a breve.

Un brivido le percorse la schiena così velocemente da costringerla ad alzarsi in piedi di scatto.-Gofna!- gridò.

Nessuna risposta, a parte le urla dei compagni e il cozzare delle spade.

Helinor rintracciò il coltello, lo afferrò e si catapultò nell’unico posto dove sapeva di dover andare.

 

(...)

 

Intanto, Sephiroth aveva ripreso la Masamune, si era liberato del basco grigio e si era messo a cercare Tseng. Aveva controllato ovunque tranne che nel posto più ovvio, quindi corse davanti alle tende, sorvolandole tutte con lo sguardo, fino ad incontrare quella dei prigionieri.

Quando arrivò, Tseng era libero e si massaggiava i polsi, mentre Taiji era disteso a terra con le mani legate dietro la schiena.

Angeal era in piedi sopra di lui, con la punta della spada conficcata nel terreno, a pochi centimetri dal naso di Taiji.

Quando Angeal vide l’amico svelse la spada e lo guardò.-Ce ne hai messo di tempo-

Sephiroth non rispose e si avvicinò al trio.

-Nara mi ha catturato, e non ho potuto opporre resistenza- raccontò Tseng.-Quel ragazzo ha una potenza incredibile per essere soltanto un soldato semplice-

-Uriah è morto- tagliò corto Sephiroth.-Nara l’ha appena ucciso, poi è arrivato l’avviso che i Soldier avevano fatto irruzione e ho lasciato la piazza centrale per recuperare la Masamune- e indicò la lunga katana che aveva in mano.

Tseng strinse i pugni.-Helinor?-

-Non lo so- rispose Sephiroth, a fatica.-Sarei dovuto rimanere con lei, ma dovevo trovarti...-

Tseng lo zittì con un cenno della mano.-Angeal, ho bisogno che mi aiuti a trovare una ragazza di nome Helinor-

-So già tutto. Il presidente ha dato l’ordine di non farle del male- rispose Angeal.-Ma poi dovrai spiegarmi chi è- disse, rivolto a Sephiroth che annuì con poca convinzione.-Zack la sta cercando proprio ora, comunque.-

-E Gofna?- chiese Tseng, anche se sapeva già la risposta.

-Non ne ho idea- fece Sephiroth.

-Ho precisi ordini di portare i prigionieri all’elicottero della squadra B- informò Angeal, rivolgendosi a Tseng.

-Chi conduce la squadra B?- domandò Tseng, sperando che fosse Verdot.

Angeal rispose:-Un Turk di nome Jaques Manon.-

Tseng fece mente locale, ma quel nome non gli diceva niente.-Bene, porta Taiji da questo tipo e torna qui prima che puoi.-

Angeal si caricò in spalla il corpo di Taiji e scomparve tra quel marasma di gente.

-Io cosa faccio?- domandò Sephiroth.

-Devi trovare Helinor prima che si cacci nei guai- disse Tseng- Ho bisogno di averla viva. Lei è la figlia di Gammon.-

Sephiroth non fece una piega. D’altronde era ovvio, ormai.

-Harila fece la spia per vendicarsi di Karima- disse Tseng, contrariato.-La donna che aveva sposato l’uomo della sua vita.- Scosse la testa, come se ancora non fosse riuscito a farsene una ragione.-Ma adesso non perdiamoci in chiacchiere. Io vado all’elicottero, tu rintraccia Helinor...-

Sephiroth annuì.

 

(...)

 

Gammon trascinò Gofna, tirandola furiosamente per un braccio, fino al padiglione centrale.

-Maestro!- gridò Gofna, scoppiando in lacrime- Dobbiamo salvare Helinor!-

-Lasciala perdere!- rispose Gammon, spostando la tenda d’ingresso con un gesto seccato.-Adesso abbiamo cose più importanti da fare!-

Gofna puntò i piedi a terra e cercò di fare resistenza.-No!- singhiozzò.-Helinor potrebbe morire!-

Gammon si stufò di tutti quei capricci, e con uno strattone gettò Gofna dentro la tenda.

La ragazzina inciampò e cadde a terra sulle ginocchia, continuando a piangere silenziosamente.

-Possibile che non capisci?! Helinor è soltanto una traditrice!- urlò Gammon, fuori di sé, estraendo la sua vecchia spada dal fodero che aveva recuperato tra i cimeli del suo passato. Quella spada che lo aveva accompagnato in mille avventure, brillò cupamente alla luce delle fiaccole, come se soffrisse del comportamento che stava tenendo il suo proprietario.

Gofna gattonò verso la parte opposta della tenda, cercando di allontanarsi da lui il più in fretta possibile, raggiunse lo scranno e ci si nascose dietro, tremante.

-Sei una sciocca!- le gridò Gammon, che intanto si stava avvicinando, spada alla mano.-Non ho bisogno di traditori, qui!-

-Io pensavo che tu fossi buono, maestro!- singhiozzò Gofna, spaventata a morte.

-Lo sarei stato, Gofna!- disse Gammon, fermandosi di colpo, come se non potesse parlare e camminare allo stesso tempo.-Io non avevo niente contro di te, ma se hai deciso di essere amica di quella...-

Gofna deglutì e appoggiò la schiena allo scranno, mentre pregava che Gammon non la raggiungesse. Strinse le ginocchia al petto, come se pensasse che quel gesto bastasse a proteggerla.

-Vieni fuori, ragazzina- ringhiò Gammon, rivolto allo scranno.-Giuro che non ti ucciderò-

Gofna soffocò un singhiozzo. Aveva paura che il più piccolo rumore avrebbe potuto far scattare l’uomo, spingendolo ad ucciderla.

Sentì i passi di Gammon riprendere a suonare per la tenda.

Allora era così che doveva finire? E per cosa? Non aveva fatto niente di male...

Strinse le mani l’una sull’altra e iniziò a pregare. Era l’unica cosa che le rimaneva da fare.

-Esci fuori- ordinò Gammon.

La sua voce era vicina, troppo vicina. Ed era vibrante. Sembrava che Gammon si stesse controllando con difficoltà dal fare una sfuriata.

Il cuore di Gofna sussultò, quando la figura austera del maestro le si piantò davanti.

L’ombra di Gammon la coprì, e lei si portò un braccio davanti agli occhi per non vedere quello che sarebbe successo.

-GAMMON!-

Quella voce arrivò come un fulmine.

Il maestro si distrasse, e Gofna tentò di alzarsi per scappare. Fu tutto inutile, perché Gammon fu più veloce. L’afferrò, le passò un braccio attorno al collo e le posò il filo della lama sul collo.

Gofna rabbrividì, ricordando quando il giorno del loro incontro a Kalm, Helinor l’aveva bloccata usando lo stesso metodo.

-O forse dovrei dire... padre?!?- ringhiò Helinor, appena comparsa nella tenda a salvare la situazione.

Gofna la guarò terrorizzata. Era tutta sporca di sangue e di terra, molto peggio di quando era stata ad allenarsi nella piana. I suoi occhi lucidi iniziarono a vagare sul corpo di Helinor in cerca di una ferita che avesse provocato tutto quel sangue. Per fortuna, non c’era niente di grave. Riuscì ad assimilare le parole di Helinor solo dopo un paio di minuti.-Padre?- mormorò.

Gammon fece un smorfia.-Non chiamarmi in quel modo, ragazzina. Te l’ho già detto il giorno che ci siamo incontrati: io non sono tuo padre!- tuonò Gammon.

Helinor strinse il pugnale.

 

Gente. Tanta gente.

Era un miscuglio di colori e di luci che si mescolavano e si rendevano indistinguibili, confondendo Helinor e costringendola ad andare in giro a tentoni, con le mani allungate in avanti e un nome sulle labbra. Quello di sua madre.

Molti voli  si giravano e la guardavano, alcuni con pena, altri con disgusto.

Solo uno ebbe il coraggio di raffiorare tra la confusione, e le porse la mano con uno sguardo gentile negli occhi. Il sorriso gli illuminava il viso. Era un sorriso da lupo, ma Helinor non se ne sarebbe mai resa conto.

Finalmente era salva...

-Papà...-

Lui scosse la testa.

 

-Non ti credo!- gridò Helinor, fuori di sé dalla rabbia.-Tu sei mio padre, che ti piaccia o no! E non m’importa se non mi vuoi!-

Gammon sogghignò, spietato.-Non ti importa? Sì, in effetti è vero. Hai sempre odiato tua madre, senza curarti di pensare che avevi anche un padre- rise.

-Non è divertente...- sibilò Helinor, sempre più furiosa ad ogni attimo che passava a guardare quell’uomo.-Lascia Gofna! Lei non c’entra niente!-

-Questo lo dici tu!- Gammon scoppiò a ridere sguaiatamente, e Gofna temette davvero di morire, stavolta.

-Ti prego... maestro...- singhiozzò, con le lacrime che le rigavano il volto.

Helinor la fissò. Gofna era terrorizzata. Credere di morire non era una bella esperienza per chi non ci era abituato.

-Grazie di aver partecipato al mio gioco!- gridò Gammon.

Helinor ringhiò un’imprecazione. Gofna era sul punto di svenire dalla paura.

-Che gioco?!- strillò Helinor, facendo un passo avanti.-Che stupidaggine è mai questa?! Un gioco?!?  Hai distrutto la mia vita!-

-Era proprio quello il gioco, sciocca- rispose con cattiveria Gammon.

Helinor si bloccò e fu percorsa da un brivido. Era come se tutti gli eventi di quelgi ultimi quindici anni, acquistassero un senso, e mentre prima Helinor li aveva visti come una confusa matassa di episodi macabri e tristi, ora li riconosceva per quello che erano: il disegno di uno squilibrato padre che cercava di far soffrire sua figlia.-Perché?- chiese, mentre i suoi occhi blu assumevano la stessa consistenza del ghiaccio.

Gammon la fissò divertito. Il suo piano sembrava essere andato in porto, anche se non come avrebbe desiderato lui.-Per tua madre. Lei ha rovinato i miei piani.-

-Che piani? Quest’organizzazione non ha un piano! Siamo solo mercenari!- gridò Helinor di rimando.

-Ti sbagli. Io sono molto di più di un mercenario! Io sono un salvatore del mondo!- urlò Gammon.

-Sei un folle!- ribattè Helinor.

-Non capisci, figlia mia- disse Gammon, socchiudendo gli occhi.

Alcune grida di battaglia riempirono quella breve pausa.

-Io sono un membro di qualcosa di molto più grande- continuò il gran maestro, delirante.-Non capisci? La ShinRa dev’essere distrutta, e lo scopo dell’Ombra è solo quella di essere una sede distaccata della resistenza... detta anche Avalanche.-

-Avalanche...- ripetè piano Helinor.-Mai sentito.-

Gammon cambiò argomento.-Dimmi, Helinor... chi ti ha salvato dalla strada? Chi ti ha insegnato a leggere e a scrivere? Chi ti ha datto un riparo e del cibo? Chi ti ha addestrato a combattere?- domandò.

Helinor si morse il labbro.

-Ti sembra questo il modo di ripagarmi? Chi ti ha dato la vita, Helinor? RISPONDI!-

-TU!- gridò Helinor.-Ma non è questo che avrei voluto! Sai che ti dico?! Era meglio se fossi rimasta al Gold Saucer, quel giorno!-

Gammon la guardò.

-Mi hai reso la vita impossibile! Mi punivi per qualsiasi cosa! Mi hai uccisa dentro, e non mi hai insegnato a leggere e a scrivere! Mi hai insegnato soltanto a uccidere!-

-Questa è la tua gratitudine per tutto quello che ho fatto per te?- rise Gammon, che finalmente lesse negli occhi di sua figlia tutta la disperazione che era sempre riuscita a nascondergli. Si sentiva come svuotato, ora che aveva raggiunto il suo scopo. Cosa fare, se non mettere finalmente fine a tutto? Sorrise crudelmente.-Guarda Gofna, Helinor. il motivo per cui l’ho fatta entrare nell’Ombra è perché lei doveva ucciderti, alla fine di tutto.-

Gofna sbarrò gli occhi.-Non lo farei mai!-

-Lo so, per questo adesso...- strinse la presa sull’elsa e si preparò ad affondare la lama nella gola di Gofna.

-NO!- gridò Helinor, disperata. Afferrò il pugnale con due mani e se lo piantò nello stomaco.

Gammon lasciò andare Gofna di scatto, soffocando un grido di vittoria. 

Gofna corse vicino a Helinor, che cadde in ginocchio tossendo. Le mise le mani sulle spalle.

-Non devi preoccuparti...- rantolò Helinor.-Devi andare via...-

-Ma tu morirai!- pianse Gofna, spostando gli occhi sul coltello. Mosse una mano verso l’impugnatura, per estrarlo, ma Helinor la fermò, bloccandole il polso.

-Se lo estrai, morirò dissanguata...- gemette la ragazza.

Gofna tirò su con il naso.

Helinor non fece in tempo a ripeterle di scappare, che dovette spingerla di lato con un braccio, estrasse il pugnale di scatto lanciando un grido di dolore e si tuffò in avanti.

Era l’unica soluzione, anche se il prezzo era alto.

Gofna cadde a terra e si girò quando era già tutto finito.

Gammon era in piedi, con la spada a mezz’aria che già gli scivolava dalla mano, ed Helinor sotto di lui lo aveva colpito al cuore con un singolo, preciso colpo dettato dall’odio e dalla disperazione.

-Non le farai del male...- tossì Helinor.-... non la ferirai come hai fatto con me!-

Gammon sbarrò gli occhi, ma l’ombra della soddisfazione non se ne andava dal suo volto. La spada cadde a terra con un tonfo metallico.-Hai perso... Helinor... hai perso comunque...- e il suo corpo crollò all’indietro, finendo nella polvere.

Helinor si inerpicò sul cadavere e svelse il pugnale dal corpo. Si passò una mano sulla ferita e quando la ritrasse, era completamente rossa di sangue. Si voltò verso Gofna, pallida come un cencio.

-Vado a chiamare aiuto!- esclamò Gofna, con voce tremante.

-No! Se vai lì fuori sarà tutto inutile...- Helinor barcollò, cercando di raggiungere l’amica, ma non ce la fece, e cadde di nuovo in ginocchio.-Ti uccideranno...-

-Ma...-

-Non preoccuparti per me...- sussurrò Helinor.-C’è sempre una speranza...- si lasciò cadere a terra con un sospiro.

Gofna scattò in avanti e l’afferrò per le spalle, in modo che la ferita non toccasse il terreno. Il sangue sembrava uscire a fiotti, non aveva nessuna intenzione di fermarsi, e Gofna non sapeva cosa fare, a parte guardare l’amica morire.

-Non era un gioco...- sussurrò Gofna in un singhiozzo sommesso.-La vita delle persone è preziosa...- strinse il corpo di Helinor al suo e guardò Gammon che giaceva a terra. Era terribile. Fu come se l’unica cosa che potesse guardare era quell’uomo di cui si era fidata la prima volta che l’aveva visto. Non era la persona che aveva pensato. Era un uomo meschino e crudele, disposto ad uccidere sua figlia pur di perseguire i suoi scopi...

E adesso Helinor rischiava di morire.

Lacrime di dolore si mischiarono a quelle di terrore. Era spaventata, si sentiva come una bambina indifesa e ingannata da tutti.

Come aveva potuto Gammon tradire così la sua fiducia? E con tanta disinvoltura, poi.

-Helinor...- mormorò, stringendo la ragazza come se avesse voluto proteggerla dalla morte. Ma era inutile, e Gofna lo sapeva. Lei stessa, era inutile.

Era viziata, capricciosa e antipatica, e non aveva saputo capire il dolore di Helinor finchè non l’aveva visto con i suoi occhi. Suo padre era morto, questo era vero, ma di lui, Gofna aveva solo ricordi dolci e confortanti. Era terribile pensare che Helinor avesse ucciso il proprio padre per salvare un’estranea. E ancora più terribile era stato sentire le parole crudeli che aveva pronunciato Gammon nei confronti di Helinor.

L’ingresso della tenda si aprì improvvisamente, e le urla provenienti dalla piazza centrale, accompagnarono l’entrata in scena di Sephiroth.

Gofna ebbe un tuffo al cuore dalla felicità.-Sephiroth!!!-

Lui guardò prima la bionda, poi Helinor, e corse ad inginocchiarsi accanto a loro.-Cosa è successo?!-

-Gammon mi voleva uccidere, e lei si è sacrificata per me, ma non volevo che accadesse!- Gofna scoppiò di nuovo a piangere, e Sephiroth capì solo la metà di tutto il discorso che stava facendo.-Poi Helinor ha usato il pugnale e ha assassinato Gammon! Era suo padre, capisci?!-

Sephiroth guardò la ferita di Helinor, e per un attimo temette il peggio.-Dobbiamo portarla fuori di qui...-

-Come facciamo?- domandò Gofna, asciugandosi le lacrime.-Voglio aiutarti!-

Sephiroth scosse la testa.-Non ci pensare. È pericoloso. Sono arrivate alcune truppe dal Wutai, e la battaglia è troppo pericolosa per te...-

Gofna strinse il corpo di Helinor come una madre strige il proprio figlio nei momenti di pericolo.

Sephiroth la fissò, sorpreso.-Cosa?!-

-Io voglio aiutare! Lascia che lo faccia!- esclamò Gofna, con decisione.

-E va bene. Ce la fai a sollevarla?- domandò Sephiroth, rassegnato. Voleva solo salvare Helinor, non gli importava come.

-Penso di sì...- rispose Gofna.

-Bene. Devi passarle un braccio sotto le ginocchia e l’altro sotto le spalle. Ce la fai? Non sembra molto pesante...-

Gofna raccolse tutte le energie e sollevò Helinor.-Caspita quanto pesa...- borbottò.

Sephiroth annuì.-Brava. Adesso devi correre fino a che non usciamo dall’accampamento.-

-Io... non so se ce la farò...- piagnucolò Gofna, al pensiero di dover correre con il peso di Helinor che perdeva più sangue ad ogni movimento sbagliato che avrebbe fatto.

Il Soldier la guardò intensamente.

-Tu vuoi che lo faccia, vero?- domandò Gofna, tirando su con il naso.

-Sì. So che puoi farlo.-

-Gofna...- mormorò Helinor, senza aprire gli occhi.

-Io ti copro le spalle- disse Sephiroth.-Con me non hai nulla da temere. Devi solo pensare a correre, poi fuori dall’accampamento la prendo io.-

Gofna prese coraggio e annuì.-Sì! Posso farcela! Andiamo!-

Sephiroth sospirò, prese il coltello di Helinor da terra e se lo infilò in tasca, dopodichè uscì dalla tenda.

 

(...)

 

Helinor si ritrovò sospesa nel buio. Non riusciva a muovere nessun muscolo del corpo, ma almeno non sentiva più il dolore della ferita. Eppure avvertiva grida di disperazione e urla disumane, miste ad un acre odore di fumo. Era anche caldo.

Doveva esserci un incendio, da qualche parte.

Dovette ammettere di sentirsi un po’ delusa. Allora non era degna del paradiso, perché quel posto aveva tutta l’aria di essere il diretto opposto.

Inoltre, sentiva addosso una matassa ignombrante di sentimenti. Riuscì a dare un nome a tutti.

L’affetto lo riservò per Uriah.

Il volto di Gammon che rideva in faccia al suo dolore le fece venire la nausea. Non poteva pensare che quell’uomo orribile potesse essere suo padre. Lo odiò con tutta se stessa.

Voleva che soffrisse? C’era riuscito, senza dubbio, ma lei non aveva sacrificato la sua vita perché sopraffatta dal dolore. Gammon non aveva affatto vinto, perché Helinor aveva soffocato il suo desiderio di vivere per donare la libertà a Gofna.

Helinor sapeva che non sarebbe mai stata libera, ma Gofna poteva ancora scegliere.

Ecco, questa sarebbe stata la sua speranza: la libertà che non aveva mai avuto, nelle mani di una persona che ancora l’aveva.

Per la prima volta in vita sua, Helinor aveva potuto prendere una decisione da sola. Avrebbe potuto lasciar morire Gofna e scappare, oppure assescondare il desiderio meschino di Gammon, salvandola. Era stata felice di salvare la sua nuova amica.

Suo padre non aveva affatto vinto.

Helinor sorrise.

Aveva pur perso la fiducia in tutto, e ora avrebbe dovuto ricominciare daccapo.

Cosa importava, se ora sapeva di non essere più sola?

Avvertì un calore diverso. Era quello di un corpo, non quello soffocante e bruciante del fuoco vivo.

Finalmente capì.

Non si trovava né nell’inferno né nel paradiso.

Stava semplicemente guardando dentro di sé, e quel buio... preferì lasciare in sospeso il pensiero. Non importava. Buio o no, l’importante era vivere.

 

Al resto avrebbe pensato dopo.

 

 

Angolino dell’autrice:

Eccomi qui! Rispondo subito alle recensioni che sono in arretrato XD^^

 

the one winged angel: Capitolo 16: anche tu mi sei mancato nipote!!! Ç_ç che bello risentirti! *ricambia abbraccio*

Partiamo da Aerith e Karima! Anche a me piace molto Aerith. In realtà, la prima volta che l’ho vista non mi stava molto simpatica, ma poi ho capito che era un personaggio stupendo ^^ così forte e fragile allo stesso tempo! Ho pensato che se Karima l’avesse incontrata, avrebbero stretto subito amicizia. Da una parte perché  Aerith a me sembra una ragazza sempre disposta a dare una mano alle persone, dall’altra Karima, che sente nostalgia della figlia che ha dovuto lasciare ç_ç poverina. È un po’ di pace che si è meritata, ma Aerith non serve solo a questo. Hai notato che adesso i documenti che cerca Tseng ce li ha lei è_é se ne vedranno delle belle. XD

Helinor... sì, si allena intensamente per sfogarsi. Anche lei, come la madre, è una ragazza forte che ama la vita, ma è sempre una ragazzina e a volte eccede in uno dei suoi “sfoghi”. Gofna diventerà la sua migliore amica, ma è normale quando si condividono tante sventure *-*. Per la storia del pomodoro XD, è proprio da Gofna pensare in quel modo.

Sephy ti sembra più umano O.o. Ma che bello! ^^ Vuol dire che sono riuscita a descriverlo come volevo io! Poveraccio... secondo me ne ha passate tante anche lui. Io sono del club “a difesa di Sephy”!!!! non lo vedo soltanto come un essere spietato, ma come uno che ha un certo passato che gli grava sulle spalle. Comunque... XD

 

Capitolo 17: Ti ringrazio per i complimenti ç_ç mi fanno commmuovere… io non so come ringraziarti... *-*

Uriah si è preso la rivincita su Nara. L’aveva detto che l’avrebbe fatto a tutti i costi, e insieme ha anche salvato Helinor. Comunque Uriah è piuttosto fortunato e non si sa mai cosa potrebbe succedere U.u

James è un vigliacco, e non sarà certo l’ultima vigliaccheria che farà. Anche perché se si fosse dato una mossa, Uriah si sarebbe salvato T_T è un idiota.

Sephiroth e Helinor XD dai, non disperarti. Ho incaricato Helinor di prendersi cura del nostro Sephy a tutti i costi è_é.  E non è solo questo... ma mi sono venuti dei dubbi anche su Genesis... sto facendo a testa e croce per sapere se salvarlo. È un po’ complicato se lo facessi... ma su questa fic ormai mi aspetto di tutto... praticamente si scrive da sola...

Beh, nipote... io non so proprio come ringraziarti per tutto il tuo sostegno ç_ç... io credo che mi metterò a piangere ... sob... WAAAAAH!!! Ti ringrazioooooooo!!!!! *abbraccia*

 

Kairih: capitolo 16: sono tornata YEEEEEEAH! Mi fa piacere risentirtiiiii *abbraccia*. Sono felice che l’altra sera siamo riuscite a incontrarci!!! ^^

Aerith è molto bella, vera? E per bella, non intendo soltanto per l’aspetto esteriore, ma anche per come si comporta con gli altri. La trovo stupenda *ama*. Ho pensato che se c’era un personaggio che si sarebbe potuta prendere cura di Karima, quella era proprio la nostra Aerith ^^. 

 

Capitolo 17: non preoccuparti ^^. C’è tutto il tempo *-*, anzi, non so come ringraziarti per tutta la pazienza che hai con me... ç_ç mi sento impotente su questo punto.

Sono felice che ti sia piaciuto il capitolo, anche perché era quello che mi premeva scrivere al meglio... mi sono emozionata anche io quando l’ho scritto, sai? Mi sono immedesimata un po’ troppo nella scena XD.

Nel complesso sono felice che la fic ti sia piaciuta... ormai è praticamente arrivata alla fine XD, ma credo che pubblicherò anche il seguito che sarà più incentrato sul rapporto Sephirot-Helinor e su Avalanche. Sì, intendo farlo così U.u.

Beh, alla prossima, carissima X3!!! Ti voglio un mondo di beneeeee!!!!!

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

 

Le truppe venute in sostegno dell’organizzazione dal Wutai si erano ritirate poco prima dell’alba. Quello che fino a qualche ora prima era stato un accampamento ordinato e pieno di vita, si era trasformato in qualcosa di morto e immobile.

Tseng era arrivato nella piazza centrale all’incirca un’ora dopo la battaglia, per contare le vittime e scrivere tutto nel verbale che avrebbe dovuto consegnare al presidente. Un uomo di quarantatré anni, dall’aspetto giovanile sebbene avesse i capelli brizzolati, lo seguiva come un’ombra nel suo lavoro.

Il falò che era stato acceso nella pizza centrale era ora ridotto ad un cumulo di cenere, e la scena generale era piuttosto macabra. C’erano morti ovunque; alcuni ancora in fin di vita, si trascinavano verso i Turk e i Soldier che popolavano la piazza.

-Alla fine è stata la scelta giusta- disse improvvisamente l’uomo che seguiva Tseng, sistemandosi gli enormi occhiali da sole sul naso.

Tseng si voltò e annuì. In realtà non sapeva se fare una strage era stata la scelta giusta, ma quelli erano ordini, e gli ordini non si discutevano.

-Comunque, non mi sono ancora presentato- disse l’uomo, mentre le sue labbra sottili si curvavano in un sorriso.-Gabriel Voss, del dipartimento per la pubblica sicurezza. Sono un sottoposto del signor Heiddeger.-

L’altro gli strinse la mano.-Tseng, mi occupo delle indagini sull’organizzazione Ombra.-

-Ti occupavi- lo corresse Voss con un altro, fastidioso, sorriso.-Adesso non devi preoccuparti più di niente. Lascia a me il resto del lavoro...-

Tseng era infastidito, ma non lo dava a vedere.-Devo compilare il verbale, dopodichè potrò passarle il testimone, signor Voss.-

Voss gli diede le spalle e se ne andò in un’altra direzione, con le mani nelle tasche e l’aria di chi ha fretta di fare qualcosa.

Tseng continuò il conteggio delle vittime, e vide molti volti noti giacere a terra privi di vita. Persone con cui aveva condiviso praticamente tutto in quei giorni, che non erano riusciti a sopravvivere.

Nara era morto, ma Tseng aveva fatto appena in tempo ad accorgersi che Uriah repirava ancora. Gli aveva preso il polso, e con stupore aveva sentito dei deboli e timidi battiti. Si era subito attivato per portarlo in salvo.

Helinor era arrivata con Sephiroth e Gofna nel mezzo della battaglia, coperta di sangue, anche lei in fin di vita.

Kay era morto pochi minuti prima che Tseng arrivasse, nel posto  in cui si era nascosto insieme a Loi. Entrambi aveano la avuto la stessa, lugubre, sorte.

Tseng si fermò nel centro della piazza e iniziò a scrivere i nomi delle vittime, non solo ragazzi dell’organizzazione, ma anche soldati del Wutai e Soldier. Non avrebbe mai immaginato che Gammon avrebbe predisposto una controffensiva così efficace. Probabilmente aveva previsto tutto, perché dal Wutai all’accampamento erano giorni di viaggio.

Era ovvio che avesse chiamato rinforzi subito dopo aver spedito il messaggio al presidente.

Terminò di scrivere l’ultimo nome e si spostò in un’altra zona.

Dopo qualche minuto arrivò Genesis. Sembrava su di giri. Probabilmente aveva preso parte alla battaglia anche lui, perché si era tolto la benda e casacca, e aveva ancora la spada macchiata di sangue in mano.

-Ci sono due superstiti- disse. Il suo modo di parlare era stranamente serio, non più spavaldo.

Tseng lo esaminò attentamente.-Chi?-

-James Atmey e... Adrian- disse, sbattendo le palpebre varie volte.

-Lo hai aiutato tu?- si azzardò a chiedere Tseng.

Genesis si schiarì la voce.-Certo che no! Non aiuto i damerini, io!-

-No, non Atmey. Adrian- specificò Tseng, nervoso.

Ci fu un attimo di silenzio in cui Genesis abbassò la testa mortificato.

-Va bene così- disse Tseng, facendo finta di niente.

Genesis lo guardò.

-Che rimanga tra noi due, va bene? Era solo un bambino.- Tagliò corto il Turk.

Il rosso sorrise e se ne andò.

Sembrava tutto finito, pensò Tseng. Si era concluso tutto in un bagno di sangue, ma quei giorni passati nell’Ombra, avevano permesso a Tseng di scoprire molte cose che non avrebbe mai avuto l’occasione di sapere. Era stato in certo senso... istruttivo.

Si ricordò del suo tacuino, e improvvisamente gli venne in mente Shon. Non l’aveva ancora visto tra le vittime. Possibile che fosse riuscito a scappare anche lui?

-Bah...- mormorò, prendendo qualche appunto accanto al nome di Shon.

-Abbiamo trovato alcune armi e della Materia- disse una voce alle sue spalle.

-Ancora qui signor Voss?- domandò Tseng. Quel tipo non gli piaceva proprio.

Voss guardò il cielo con aria ispirata.-E dove altro dovrei essere? Sto semplicemente facendo il mio dovere.-

Potresti farlo stando il più lontano possibile dal sottoscritto?

Tseng annuì.-Ho quasi finito qui.-

-Bene- disse Voss, sbadigliando sonoramente.-Finalmente possiamo andarcene. Mi sto annoiando, e ho un interrogatorio da condurre alla ShinRa.-

-Un interrogatorio?- fece eco Tseng.

-Il signor Rain Foster, alias Taiji, ci deve molte spiegazioni- rispose Voss, massaggiandosi la radice del naso. Si tirò via gli occhiali da sole dal viso, rivelando due occhi grigi e freddi come il ghiaccio.-Era uno scienziato della ShinRa, anni fa, e il professor Hojo vorrebbe tanto scambiarci due chiacchiere in privato.-

-E di Gammon che ne facciamo?- domandò Tseng.

Sephiroth gli aveva raccontato che era morto, ma era stato molto vago sulle modalità del sua decesso.

-Sembra che facesse parte dell’organizzazione Avalanche. L’Ombra era solo una copertura per nascondere alcuni traffici nel Wutai, come avevamo sempre sospettato. Abbiamo saputo di uno spaccio illegale di Materia che si svolge in punti dislocati nel Gaia- aggiunse, iniziando a giocare con i suoi grossi occhiali.-Con Avalanche, appunto. Gammon era il tramite per muovere alcuni carichi di Materia da un posto all’altro. Sembra che seguisse gli ordini di un uomo la cui identità ci è finora sconosciuta. Verdot è a Kalm per una missione proprio in questo momento.-

-Quindi alcuni membri di Avalanche sono a Kalm?- domandò Tseng.

-Esattamente. Sospettiamo che il punto di scambio tra Ombra e Avalanche fosse Kalm. Certo, ora che Gammon è morto non potremo più interrogarlo...- fece Voss, visibilmente contrariato, inforcando di nuovo gli occhiali.-Adesso il traffico di Materia dovrà trovare un altro modo per avvenire... e questo vuol dire più lavoro per noi.-

Tseng non sorrise a quella battuta. Non la trovava divertente.

Voss dovette accorgersene perché alzò un sopracciglio e interruppe la pausa che aveva creato per permettere a Tseng di ridere.-Beh, dovresti avere più senso dell’umorismo, collega.-

Tseng si guardò intorno. Come se la scena di morte che li circondava fosse il luogo giuso per le risate...

Voss intercettò i pensieri di Tseng e scoppiò a ridere.-Suvvia, non era mia intenzione mancare di rispetto a nessuno- ma il suo sorrisetto lasciava intendere il contrario.-Sarà l’abitudine. Sai, al dipartimento sicurezza se ne vedono di cotte e di crude.-

Che c’era di tanto divertente?

-Poi dovremo ascoltare la testimonianza di quella ragazzina di nome Helinor Hinari- aggiunse Voss.-Anche perché dobbiamo verificare la veridicità di questa lettera.- Porse un foglio a Tseng, che lo prese con aria interrogativa.

Tseng quardò la firma in basso.

Nhatan.

La lettera era di Nhat? E quando sarebbe stata scritta?

In alto c’era la data, e Tseng potè constatare che risaliva al giorno della sua morte.

 

“Helinor, so che tutto quello che sto per scrivere avrei dovuto dirtelo a voce tanti anni fa, ma davvero non ce l’ho fatta. So che sei una ragazza forte, e so che avresti superato anche questo, eppure ho sempre pensato in cuor mio che fosse troppo per te. Certo, aspettando tutto questo tempo non ho fatto altro ce peggiorare la situazione, ma aspettavo una sorta di redenzione da parte di quel maestro che ammiri tanto. Aspettavo che lui ti rivelasse la verità, e che non spettasse a me farlo. Ma mi sbagliavo.

Io sono il tuo padrino, e in quanto tale mi sarei dovuto occupare di te più di quanto abbia fatto in questi anni, soprattutto perché Gammon non ti ha mai lasciato respirare da quando sei tornata all’accampamento. Devi sapere che lui in realtà è il marito di tua madre,e dunque è tuo padre.

So che a questo punto smetterai di leggere, ma semmai ti andrà di continuare, io proseguirò per far luce su molti dei misteri che ti circondano.

Gammon e Karima si sono sposati per colpa mia. Se io non fossi stato così spaventato da Gammon, non avrei mai lasciato che tua madre si rovinasse la vita così. Lei lo amava, certo, ma io ero certo che quello non era l’uomo giusto per lei. Gammon la stava soltanto studiando. Studiava il suo carattere, non l’amava davvero.

Il resto è successo tutto così in fretta che io quasi non me ne resi conto.

Il frutto di quel matrimonio fosti tu, Helinor. Tuo padre però non voleva un figlio, ma soltanto qualcuno su cui provare le sue nuove teorie. Ultimamente si era fissato con un metodo che avrebbe potuto impiantare della Materia nel corpo degli esseri umani.

Tu saresti stata la prima di una lunga serie. Erano tutti troppo spaventati per poter offrirsi di fare da cavie, quindi rimaneva un’unica possibilità: usare una bambina troppo piccola per poter capire ciò che le stava accandendo.

Tua madre non poteva accettarlo.

Taiji era stato coinvolto nell’esperimento in passato, e le aveva raccontato come l’avesse trasformato in un vero mostro, e che quel viso fosse solo opera della chirurgia, e non della natura.

Karima ebbe paura e decise di andarsene. Nel farlo, portò con sé anche i documenti che avevano suscitato in Gammon quelle idee folli.

Fu allora che lui la considerò una traditrice.

Pensavo che gli sarebbe bastato vederla morire, forse per la malattia, forse uccisa per mano dei Turks che a loro volta cercavano quei documenti. Invece, un giorno, tornò con te in braccio.

Eri così piccola in confronto a lui, ed assomigliavi tremendamente a tua madre. Per questo, sono scappato di nuovo.

Non avevo avuto il coraggio di fermare Gammon, nonostante avessi promesso a tua madre che lo avrei ostacolato semmai gli fossero venute in testa strane idee.

Ho sempre detto che Gammon era un capo saggio. Beh, era una bugia. Non l’ho mai pensato davvero, ma non avevo il coraggio di dirlo. Mi spiace che tu abbia pagato i miei errori.

Comunque, Gammon voleva vendetta, e l’avrebbe presa con la forza. Aveva deciso di renderti la vita impossibile e di farti soffrire finchè non ti saresti uccisa da sola. Quella sarebbe stata la punizione adatta per tua madre.

Io sono rimasto in silenzio, sempre. Se mi vorrai biasimare, fallo pure. Non ti do torto. Non sono mai stato un leone, e non ne vado fiero, soprattutto perché Karima credeva in me... ed io l’amavo con tutto me stesso. Forse non è vero che l’amore cambia le persone...

Non so cosa vorrai fare adesso, ma io ho deciso di affrontare Gammon.

Sento di poterlo fare, finalmente.

Sento di non aver più paura, e tutto grazie a te e tua madre.

Hai coraggio da vendere Helinor, cerca solo di prenderti cura di te stessa... e di Uriah.

Addio.”

 

-Che lettera sdolcinata- commentò Voss, storcendo il naso.-Non ho mai letto niente di più orrendo. Che i codardi rimangano codardi per tutta la vita, questo è certo... ma addirittura ammettere di esserlo...-

Tseng sentì di detestare quell’uomo ad ogni minuto passato con lui. Nhat era una persona stupenda, come poteva giudicarlo senza neanche conoscerlo? Certo, aveva fatto degli errori, ma certamente non era l’unico lì dentro.

Lui, Tseng, aveva fatto molti errori. Helinor stessa, ne aveva commessi tanti. Tutti commettono errori, alcuni irreparabili, altri no.

-Meglio un giorno da leone che cento da pecora!- esclamò Voss.-Era così il proverbio, giusto?-

Tseng mugugnò qualcosa di incomprensibile.

-Ad ogni modo, quella lettera spiega molte cose!- disse Voss, soddisfatto.-Quello che non capisco è dove Karima abbia potuto nascondere quei maledetti documenti che piacciono tanto al professor Hojo. È un mistero...- e lanciò a Tseng un’occhiata inquisitoria da sotto le lenti nere degli occhiali.

-Non ne ho idea- sospirò Tseng.-Da quando sono qui non ho fatto altro che sbrogliare nodi, ma non l’ho scoperto.-

Voss rimase in silenzio. Evidentemente aveva esaurito gli argomenti su cui discutere.

-Servirà anche la tua testimonianza, Tseng- disse improvvisamente. Quella frase risuonò più come un avvertimento che come una semplice affermazione.

 

(...)

 

L’ambiente era sterile, e c’era odore di disinfettante.

Helinor storse il naso. Non aveva mai sentito un’odore così pungente in tutta la sua vita, quindi decise di aprire gli occhi. C’era anche qualcosa che le dava fastidio sul braccio.

La luce l’accecò, e dovette richiudere subito le palpebre.

Sentì un suono ritmico e acuto, da qualche parte accanto a lei, e si chiese dove fosse finita stavolta.

I ricordi della sera prima erano ancora confusi, e impiegò un bel po’ di tempo a metterli tutti in ordine cronologico affinchè acquisissero un senso. Quando arrivò alla parte della morte di suo padre avvertì una forte fitta allo stomaco, dove c’era la ferita.

Faceva ancora molto male, e Helinor avrebbe voluto alzare il braccio e posarci una mano sopra per vedere se perdeva ancora sangue. Invece, i suoi arti non rispondevano ancora del tutto al suo cervello, dunque rimase immobile, cercando di abituarsi alla luce accecante di quel posto strano.

Tutto d’un tratto sentì una potra aprirsi e chiudersi subito dopo.

-I valori vitali sono stabili, professor Hollander-

-Bene-

Erano due uomini.

A giudicare dalle loro voci, uno doveva essere giovane, l’altro più avanti con gli anni.

Quello che aveva parlato per primo doveva essere l’uomo giovane, dunque l’altro doveva chiamarsi Hollander.

-Però... avrebbe dovuto essere già sveglia- osservò l’uomo più giovane, con un moto di perplessità.

Helinor era sveglia, solo che non riusciva ad aprire gli occhi. La luce era troppo forte.

Rimase a crogiolarsi su quel posto soffice dove era stata adagiata. Era molto morbido. Mai provato niente di simile...

Un tocco leggero all’altezza del cuore interruppe di colpo i suoi pensieri.

Il suo braccio scattò come le branche di una tagliola, e le dita della mano si serrarono attorno ad un polso grassoccio, quasi stritolandolo.

-Professore!-

Hollander iniziò a sudare freddo, e rimase immobile fino a che Helinor non ebbe aperto gli occhi e li ebbe puntati su di lui.

-Dove sono?- ringhiò Helinor.-E chi sei tu?-

-Stai tranquilla. Vogliamo solo aiutarti... sei nell’ospedale della ShinRa- rispose Hollander, cercando di mostrarsi il più gentile e affabile possibile.-E io... sono il tuo dottore: il professor Hollander.-

Helinor lo lasciò così come l’aveva afferrato. Quell’improvviso movimento aveva fatto tornare a bruciare la ferita allo stomaco. Soffocò un gemito e lasciò cadere il braccio lungo un fianco, sfinita.

Finalmente la luce non era più accecante, e poteva vedere tutto distintamente.

Si trovava in una stanza bianca, in cui c’erano tre letti. Due erano vuoti, il terzo era occupato dal lei.  Alla sua destra si trovava un monitor che segnava strani numeri. Era quello che faceva quel rumore ritimico che aveva ascoltato prima. La cosa che le dava fastidio al braccio era un piccolo ago che comunicava ad una sacca tramite un filo trasparente. Helinor si chiese cosa ci fosse in quella sacca.

Poi, sopra di lei c’era il viso di Hollander, che sorrideva nervosamente, lasciando trasparire un velo d’ansia che non riusciva proprio a nascondere.

-Sembra che la nostra paziente si sia svegliata- concluse Hollander, rivolgendosi al giovane medico che sostava insicuro dietro di lui.-Dopotutto l’abbiamo presa in tempo. Io ho sempre detto che quel ragazzo è sveglio.-

-Dov’è il mio pugnale?- domandò Helinor.

-Di che sta parlando?- chiese il medico sconosciuto, con voce tremante.-Perché le serve un pugnale?-

E tu perché non chiedi le cose a me, invece di domandarle al tuo capo?

-Noi non abbiamo nessun pugnale- disse Hollander, mentre porgeva una mano al suo sottoposto. Quello sussultò e gli passò una cartella marrone.-E poi non si possono portare armi qui dentro. L’ambiente deve essere perfettamente pulito e disinfettato.-

Helinor lo guardò con ostilità.-Non mi piacciono gli ospedali- sbuffò.

-Sarà anche così, ragazzina...- fece Hollander, ridacchiando- Ma se non esistessero gli ospedali, saresti bella che andata.-

-Può darsi- borbottò Helinor, avendo esaurito le dosi di sarcasmo.

Hollander scrisse due righe sulla cartella e fece segno al suo sottoposto di seguirlo.-Andiamo, lasciamo che la ragazza riposi.-

Helinor lo seguì con la coda nell’occhio. Era troppo stanca per muoversi, e il dottore lo sapeva bene.

-Gofna...-

Si riaddormentò non appena la porta si fu chiusa.

 

(...)

 

L’ufficio del presidente Shinra era zeppo di gente.

Davanti alla scrivania, in piedi con un plico di fogli in mano c’era Tseng, visibilmente agitato. Alla sua destra, con una mano infilata in tasca e l’altra che si aggiustava gli occhiali da sole in testa, si trovava Voss, affiancato da Heiddeger.

Un lato della stanza, quello più buio, era occupato da Sephiroth.

Angeal e Genesis erano seduti su un divano di pelle che costeggiava la parete alla destra del presidente.

-Quarantacinque vittime...- stava dicendo Tseng.-Tra cui cinque Soldier di seconda classe. I superstiti dell’Ombra sono sette.-

Il presidente sospirò e lanciò un’occhiata a Heidegger, che guardava il Turk come se volesse eclissarlo dal resto del pianeta.

-Cosa dobbiamo fare con loro?- domandò Sephiroth, facendo un passo nella direzione del presidente.

Tutti si voltarono a guardarlo, come se con quella semplice domanda avesse concretizzato i pensieri di tutti.

-Per adesso niente.  Cosa vuoi fare? Sono solo ragazzini impauriti senza una guida...- disse il presidente, incrociando le dita della mani e posandoci sopra il mento con aria assorta.-Per quanto riguarda Foster, in questo momento è rinchiuso nella sala interrogatori, e conto su di lei, Heiddegger, affinchè venga indotto a vuotare il sacco.-

Heidegger si lanciò un’occhiata di sfuggita con Voss, che annuì.

-Per quanto riguarda il suo lavoro, Tseng...- esordì il presidente, con un sorriso accondiscendente sulle labbra,-Devo ammettere che è solo grazie a lei se abbiamo scoperto così tante cose prima dello sterminio dell’Ombra. Almeno, adesso sappiamo chi dobbiamo cercare... e cosa, soprattutto.-

Tseng chinò lievemente la testa.-La ringrazio, presidente.-

Genesis si scambiò un’occhiata con Sephiroth, che tuttavia continuò a guardare la parete di fronte senza dare adito a mostrare nessuna emozione. Così come era partito dalla ShinRa era rientrato. Il solito, glaciale e impenetrabile Sephiroth, sempre vestito di nero, esattamente come il suo umore.

In effetti, l’umore di Sephiroth non era dei migliori. Sapeva che prima o poi sarebbe dovuto andare a trovare Helinor, ma la cosa non lo allettava affatto. Quel che nell’accampamento gli era sembrata un’amicizia debole, ma possibile da rafforzare, ora gli appariva soltanto come una minaccia oscura. Avrebbe dovuto dedicarle del tempo, e lui non aveva tempo.

-Per adesso, vorrei che quei due ragazzi si riprendessero- disse ShinRa, senza promettere nulla a nessuno.-Almeno potrò scambiare due chiacchiere con loro in privato. Per quanto riguarda la signorina Brown, temo che non sarà né di aiuto, né costituirà un pericolo per la ShinRa. La cosa migliore da fare è interrogarla e lasciarla andare. In fondo, il piano era questo dall’inizio- guardò Tseng, che si sentì vagamente a disagio.

Heiddeger si guardò intorno come se stesse cercando qualcuno.-Hojo dov’è?- domandò.

-Hojo è fuori per lavoro- disse ShinRa, tagliando corto.

L’altro fece per ribattere, ma le porte dell’ufficio di ShinRa si aprirono improvvisamente, e entrò un Reno molto agitato.

-Signor presidente... è successo un disastro...-

Shinra si alzò di scatto, come se avesse intuito cosa gli avrebbe detto il Turk di lì a poco.

-C’è stato un inconveniente a Kalm... la città è bruciata... il signor Verdot... Beh, è ridotto molto male, signor presidente.-

Tseng si voltò.-Verdot?!-

-La missione è fallita...- ansimò Reno, posandosi una mano sul petto. Aveva corso così tanto che il cuore gli stava per scoppiare.-Kalm è distrutta, signore!-

Un attimo di silenzio.

-Entità dei danni?- si azzardò a chiedere Shinra, stringendosi la cravatta attorno al collo, come se avesse voluto strangolarsi.

-Un disastro, signore- rispose Reno.-Il signor Verdot versa in condizioni disperate... lo stanno portando qui...-

Shinra annuì.-Heiddeger, Voss. Voglio il verbale dell’interrogatorio di cui abbiamo parlato. Lo farete adesso. Angeal, Genesis, ho bisogno che voi andiate a dare una mano ai civili, a Kalm. Non voglio che la gente pensi che sia stata la ShinRa a fare tutto questo. Sephiroth... tu vieni con me, ragazzo.-

E detto ciò fece il giro della scrivania e si diresse verso l’uscita.

-Signore... io?- domandò Tseng.

-Devi interrogare Gofna. Non avrà molto da dire, sarà una cosa breve.-

Tseng annuì. Cos’ era successo a Kalm, di tanto grave?

 

Angolino dell’autrice:

Vorrei aprire una parentesi su quest’ultimo fantomatico incidente a Kalm... che è una cosa accaduta davvero, e viene detto in before crisis. Questo gioco non è uscito in Italia (né credo che uscirà mai), ma io mi sono andata a cercare qualche informazione qua e la per internet.

E adesso rispondo alle recensioni:

 

the one winged angel: ^^ Nipoteeeee!!!! *me felice* Sono super contenta che il capitolo ti sia piaciutooo!!! È stata una fatica enorme scriverlo (anche quello prima, due capitoli difficili), quindi se mi dici che ti è piaciuto, è come se mi regalassi la luna *_*. E poi mi fai sempre così tanti complimenti che non so se meritarmeli o no T_T Come farei senza di te, nipotuccia?

Comunque hai ragione su Gofna ^_^! Lei ed Helinor sono diventate amiche, e lo rimarranno per sempre *_*. Mi piacciono molto, Helinor sembra la sorella maggiore...

Karima sì, da una parte ha rischiato a lasciarli ad Aerith (considerando che viene sorvegliata 24 ore su 24 da Tseng, in seguito), però lei non sapeva chi è Aerith, né tantomeno che fosse un’Antica. L’ha presa come una semplice bambina graziosa e carina XD, insospettabile. E neanche la ShinRa sospetterà mai che i documenti ce li abbia Aerith (proprio perché sarebbe da stupidi lasciarli a lei)... Certi ragionamenti contorti XD.

James è un codardo, ma questo si era capito. prima pensa a salvarsi la pellaccia, poi a tutto il resto XD. Quanto a Uriah, visto che sorpresa? XD In realtà ho pensato che potesse anche starci il suo ritorno, visto che la ShinRa possiede tecnologie avanzatissime... dopotutto Helinor era talmente poco lucida che poteva anche aver tralasciato il fatto che Uriah fosse ancora vivo... >.< Insomma, è un colpo di scena che ho fatto perché il povero Uriah non si meritava di morire... (Avendo già fatto morire Nhat, poi XD. Mi sembro piuttosto cattiva)

Nuuu non ucciderti nipote! Dammi quel coltello! XD Ah, niente. Non farci caso. Sono i miei deliri di autrice. Lascia stare Genesis, a lui ci penso io ok? È in buone mani! *_*

Ah, Gofna E’ scema. Non lo sembra. È. XD Poverina, è dall’inizio della storia che la prendiamo in giro.

W la nipoteeee!!! XD

Ps: Forse con i capelli di Genesis possiamo farci anche il sugo (ei! anche tu?!- nd Genesis)

 

Kairih: Carissimaaaa!!!! X3 Grazie dei complimenti!!!! Comunque eccoci qui, siamo arrivati alla fine, manca più un capitolo...  Questa è la mia seconda opera completa, ne sono proprio fiera ^_^

Sì, Gammon è pazzo. Non è cambiato dall’inizio della storia, anzi è solo peggiorato. Era talmente preso dal vendicarsi di Helinor e Karima che si è dimenticato di tutto il resto... ç_ç Helinor non se lo meritava un padre così (ma guarda che gliel’hai appioppato tu!- nd tutti; dettagli!! - nd me)

Per Gofna hai ragione ^_^ Sì, è cresciuta, è diventata un po’ più saggia! Poverina, dopotutto anche lei ha avuto una storia triste *_*

Davvero pensi che i personaggi siano buoni? *me felice* Non so esprimere la mia felicità nel sentirti dire una cosa del genere!!! E dalla grande maestra poiii!!! *onorata e felice allo stesso tempo*

Comunque sai che hai ragione? Anche i personaggi che piacciono a me muoiono sempre ç_ç. Sarà una maledizione? Sob.

^_^ Sono tanto felice che la storia ti sia piaciuta!!! Grazie tesoro *_* non sai quanto sono contenta di averti conosciuta ç_ç

Ps: Aspetto con ansia i tuoi aggiornamenti ^_^ (Tra Shine e Utopia non so cos’è meglio...)

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

 

Trenta giorni di prognosi erano stati più che sufficienti per far sì che Helinor si rialzasse dal letto e cominciasse a girare per i corridoi di quello che Hollander si ostinava a chiamare ospedale. Per quanto riguardava Helinor, quel posto era soltanto un labirinto opprimente e senza finestre.

Ancora non era riuscita a trovare l’uscita, eppure era una settimana che lavorava sulla sua fuga. Ogni volta, il sottoposto di Hollander, un tale di nome Nive, la prendeva, la sedava e la riportava a letto.

Nive era un tipo molto insicuro, e doveva ringraziare soltanto la ferita di Helinor se non era ancora finito a terra con un braccio rotto.

Il trentesimo giorno, poco mancò che Nive si prendesse un pugno in faccia.

-Sono stufa, lasciatemi andare!-

I passi di Helinor risuonarono per tutto il corridoio, accompagnati dalla sua voce infuriata.

Alcuni medici si affacciarono, ma non intervennero. Alla ShinRa ormai erano abituati a quello spettacolo.

-Signorina Hinari!- ansimò Nive, correndole dietro con una siringa nella mano e una cartella nell’altra.-Deve venire qui! Non si è ancora ristabilita del tutto!-

-Questo lo dici tu!- gli gridò Helinor di rimando.

Quella specie di tunica bianca che indossava non era il massimo della comodità per correre e saltare, ma Helinor rimaneva comunque molto più allenata di quanto potesse essere il gracile Nive, e con la ferita in condizioni migliori e il dolore ridotto a  un niente, si sentiva come rinata.

Si sentiva come se fosse tornata a respirare dopo tanto tempo sott’acqua.

Nive tentò di afferrarla, ma lei saltò all’indietro, fece una capriola in aria, gli atterrò alle spalle e lo immobilizzò a terra, stando attenta a tenere ben fermo il braccio con la siringa. Glielo prese e glielo torse dietro la schiena facendolo gemere di dolore.

-Adesso chi è che comanda?!- gli gridò contro, esultante.

-Signorina Hinari, la prego!- piagnucolò Nive.-Io voglio solo aiutarla!-

-Non mi aiuti tenendomi ferma a letto!- esclamò Helinor, impuntandosi.-Voglio essere libera di muovermi, capito?!-

Quella frase la fece quasi volare.

Libera...

Aveva realizzato solo ora che era libera dalle catene dell’Ombra. Libera da suo padre, da sua madre e da tutto il resto...

Lasciò andare Nive e sorrise a se stessa.

-Signorina Hinari... per favore...- la implorò Nive, rialzandosi a fatica.-Non le chiedo molto, solo di prendere le sue medicine.-

-Non voglio quella siringa nel mio braccio!- gli ringhiò in faccia Helinor, prendendo il dottore per il bavero del camice.

-Sempre la solita capricciosa, Helinor-

Lei si bloccò.

Iniziò a tremare.

Scrollò la testa.

Una voce alle sue spalle che le era veramente familiare, ma non poteva essere vero, perché quella persona era morta sotto i suoi occhi, tra le sue braccia.

-Si può sapere che hai fatto ai capelli?-

Helinor lasciò Nive, che si preoccupò di mettere almeno un paio di metri di distanza tra lui e la ragazza.

Uriah era dietro di lei, con i soliti riccioli fulvi che gli ricadevano sulla fronte, più lunghi dell’ultima volta che si erano visti. Indossava una veste scomoda simile a quella di Helinor, e lei potè intuire facilmente che anch’egli era stato rinchiuso in quel posto.

Ma non poteva essere vero. O sì?

Dovette sbattere le palpebre varie volte.

Uriah sembrava invecchiato di anni, ma era pur sempre lui. Alto, slanciato e molto più magro del solito, tanto che le guance erano incavate. Gli occhi chiari erano presenti e brillanti. Era stanco, ma vivo.

Helinor gli si avvicinò lentamente e gli prese una mano tra le sue. Era solida e consistente.

-Uriah...- mormorò.-Sei tu...-

Il ragazzo annuì, e lasciò che lei gli gettasse le braccia al collo e nascondesse il viso tra i suoi capelli.-Sei tu...- continuò a dire Helinor, a bassa voce.

-Devi ringraziare Tseng, se ora sono qui- disse Uriah, posandogli una mano sulla schiena.-Mi ha salvato in extremis...-

-Tseng...?-

-Mi ha trovato in fin di vita e mi ha fatto portare qua. Hanno dei macchinari molto avanzati... sono riusciti a salvarmi, anche se per un bel po’ di tempo non ho potuto mangiare niente- rise Uriah.

Helinor si strinse  a lui ancora di più e sbottò:-Non è divertente.-

Lui soffocò una lacrima in una risatina.-Davvero non lo è?-

-No- borbottò Helinor, staccandosi da lui.-Credevo fossi morto.-

-Anche io- rispose Uriah, tornando serio.-E dammi retta, non mi è piaciuto affatto.-

Per un po’ si guardarono negli occhi, poi lui le posò le mani sulle spalle e lanciò un’occhiata a Nive, che intanto li guardava in disparte.

Helinor si girò a sua volta per guardare il medico.

Nive indietreggiò, arrossendo.

-Mi sono sbagliato sul conto dei Turk. Non sono tutti cattivi- disse Uriah, tornando a guardare Helinor.-Qualunque cosa ti abbia detto in precendenza... sappi che hai fatto bene a fidarti di Tseng. E anche Nhat lo sapeva.-

Helinor abbassò lo sguardo.-Nhat...- e raccontò a Uriah tutto quello che si era perso. Il tentato omicidio di Gofna, la morte di Gammon, lo sterminio dell’Ombra. Solo allora si rese conto di quanto le facesse male la separazione forzata da quella che era stata la sua casa per diciassette anni. Ora era libera, certo. Ma non avrebbe proprio saputo dove andare.

Non si era neanche accorta di aver iniziato a piangere. Di nuovo.

Uriah le sorrise e le spostò la frangia dagli occhi. Guardò il taglio dei suoi capelli, ormai ridotti fino alle spalle.-Li hai tagliati?- domandò.

Helinor si asciugò le lacrime e annuì.-Non so cosa mi sia preso. Dovevo prendermela con qualcosa.-

-E adesso... cosa pensi di fare?- chiese Uriah.

-Tu cosa farai?- fece subito Helinor, guardandolo dritto negli occhi, sperando in qualcosa che non avrebbe mai saputo definire.

-Ho intenzione di partire- rispose Uriah, rimanendo sul vago.

-Per dove?- Helinor reclinò la testa di lato.

-Non lo so neanche io- rise amaramente Uriah.-Quello che è certo... è che non posso rimanere qui, dove c’è la ShinRa.-

-Midgar è molto grande...- tentò di replicare Helinor.

Uriah scosse la testa.-Ma ti prometto che ci rivedremo!-

-Ogni promessa è debito, lo sai?- domandò Helinor, arrabbiata.

-Certo. Io mantengo le promesse- replicò Uriah, sorridendo.

Helinor lo fissò. Qualsiasi cosa fosse cambiata in lui, era qualcosa che lo rendeva più felice. E se era felice lui... beh, diciamo solo che Helinor si sentiva molto meglio del solito.

Nive fece per dire qualcosa, ma una voce stridula irruppe per tutto il corridoio, facendolo sobbalzare per lo spavento.

 -Mi hanno trattata come un cane!- piagnucolò Gofna, gettandosi addosso a Helinor.-Devi dirgliene quattro a quegli antipatici!-

Helinor non tentò nemmeno di divincolarsi. La strinse subito a sé e la rassicurò:-Certo che lo farò, non preoccuparti!-

Gofna tirò su con il naso e la stritolò, facendole emettere un gemito.

-SCUSA!- urlò Gofna, ritraendosi di colpo.-NON VOLEVO FARTI MALE!-

Helinor si posò una mano sulla stomaco e si costrinse a sorridere.-Dai, non preoccuparti...-

Gofna scoppiò a piangere.-MI DISPIACEEEE!-

-Smettila!- esclamò Uriah, tappandosi le orecchie.-Mi rompi i timpani!-

-Si può sapere cos’è tutta questa confusione?!-

-Genesis!- fece Helinor, sorpresa.-Che ci fai qui?!-

Il rosso ridacchiò.-Volevo venire a salutare! Oggi ho il giorno libero, sai com’è...-

Uriah lo guardò male.-No, io non so com’è. Perché non me lo spieghi?-

Genesis guardò prima Helinor, poi Gofna, poi Uriah con un sorrisetto stampato sulle labbra, ma nessuna intenzione di rispondere.-Qualcuno qui è geloso!-

-Geloso io?!- esclamò Uriah, arrossendo violentemente.

Gofna si tramutò da fontana ambulante a bambina ridente in meno di un secondo, indicandolo tra le risate.-Sei diventato tutto rosso!!-

-Piantatela!- sbottò Uriah, offeso.

Helinor si portò una mano alle labbra per nascondere un sorrisetto malizioso.

-Non dargli retta, Helinor!- esclamò Uriah.

Gofna continuò a ridere di gusto, finchè un’altra voce nota si sommò alla sua.

-Perché qui si ride?- domandò Zack, spuntato appena da dietro le spalle di Genesis.-Dove c’è una risata, c’è il mitico Zack!-

-Anche tu hai il giorno libero?- domandò Helinor, arrossendo livemente quando lo vide.

Zack si mise le mani sui fianchi e scoppiò a ridere. Gofna lo seguì subito.

Erano due risate così sincere che faceva quasi piacere ascoltarle. Dopo qualche borbottio infastidito, anche Uriah cominciò a ridacchiare, quasi senza rendersene conto.

Il buonumore di Zack e di Gofna aveva portato un po’ di luce su tutte quelle tenebre che aleggiavano intorno a loro.

Finalmente, quel corridoio non sembrava più così angusto.

Era sempre il solito labirinto senza finestre, ma adesso Helinor non si sentiva più oppressa da quelle pareti. Era incredibile che effetto potesse fare la compagnia, in una persona.

Ben presto si lasciò andare anche lei alle risate.

C’erano tutti i sentimenti di Helinor, in quell’ ilarità liberatoria... la speranza, l’amarezza, la deluzione, la tristezza... era come piangere, ma in un modo diverso.

 

(...)

 

-Sono veramente sollevato che ti sia ripresa, signorina Hinari- disse il presidente, in piedi davanti alla grande vetrata del suo ufficio.

Helinor sorrise e guardò alla sua sinistra. Sephiroth si affrettò a volgere lo sguardo da un’altra parte.

Era passato pù di un mese dal loro ultimo incontro, e da allora non si era più fatto vivo in alcun modo.  Aveva ripreso le sue vesti di Soldier, e sembrava essere tornato l’uomo solitario di sempre, anche se stavolta poteva vantare il titolo di Prima Classe.

Lui, Genesis e Angeal erano diventati Prima Classe poco dopo le vicende dell’Ombra e quelle di Kalm. Helinor non conosceva i dettagli, ma Genesis le aveva detto che la città era stata bruciata e rasa al suolo.  Aveva anche saputo da Tseng, durante l’interrogatorio, che Verdot era stato gravemente ferito, e che sua moglie e sua figlia erano stati uccisi.

-Volevo parlarle di una faccenda- esordì il presidente.-Ma non voglio che risponda subito... si prenda un paio di mesi per pensarci bene...-

Helinor lo guardò, curiosa.

Sephiroth approfittò dell’attenzione di Helinor verso il presidente per guardarla un po’. Era sempre lei, ma aveva cambiato il suo look in modo piuttosto radicale. Niente più vestiti da ninja: soltanto una camicia bianca e un paio di pantaloncini neri. Sembrava quasi una ragazza normale, vestita così. Aveva anche pettinato la frangia in modo che convergesse verso il centro della fronte e non fosse spettinata come al solito. I capelli avevano subito un rigoroso taglio. Adesso li portava a caschetto, più lunghi e scalati ai lati del viso, più corti dietro la nuca.

Sì, decisamente sembrava una ragazza normale.

-Vorrei che lei entrasse nel nostro corpo d’armi Soldier- disse Shinra, annuendo.-Forse le sembrerà affrettato, ma le sue capacità ci farebbero molto comodo.-

Helinor sussultò.

-L’abbiamo chiesto anche al suo amico Uriah, ma purtroppo ci ha già dato una risposta negativa- proseguì il presidente.-Non so che progetti abbia in mente lui, Helinor... ma io credo che il tuo talento andrebbe sprecato se non accettassi.-

-Posso... avere un po’ di tempo per pensare?- chiese Helinor, colta alla sprovvista. In realtà, aveva in programma di decidere se fare il suo ingresso nella carriera militare, ma adesso non si sentiva più così pronta.

-Ma certo- disse Shinra, sorridendo.-Come ho già detto, due mesi ti saranno più che sufficienti! Adesso, Sephiroth, accompagna la signorina Hinari all’ingresso della ShinRa-

Helinor si piegò in un inchino.-Arrivederci, signor Shinra.-

-Arrivederci, Helinor.-

Sephiroth gli fece cenno di seguirlo, ed entrambi uscirono dall’ufficio del presidente.

Il corridoio era vuoto, uguale a tutti gli altri, freddo. Tutto in quell’edificio sembrava non avere sentimenti, a cominciare dalle pareti.

Helinor si fermò e diede un’occhiata in giro. Sarebbe stata quella, la sua nuova casa?

-Andiamo- ordinò Sephiroth, dirigendosi a passo svelto verso l’ascensore.

Lei gli trotterellò dietro.-Perché non sei mai venuto a trovarmi?-

-Avevo molto lavoro da fare- si giustificò Sephiroth senza neanche guardarla. Spinse il bottone per chiamare l’ascensore e incrociò le braccia sul petto con aria gelida.

Se l’era chiesto anche lui, perché in tutto quel tempo non avesse voluto vedere Helinor.

-Ora che sono un Prima Classe, sono sommerso dalle scartoffie. E non solo- proseguì, mentre guardava una lucina sopra l’ascensore accendersi e le porte aprirsi subito dopo.

Sephiroth entrò per primo.-A proposito... questo è tuo- disse, infilando una mano in tasca ed estraendone il pugnale di Helinor. Glielo porse.-L’ho recuperato, pensando che potesse servirti. O al massimo, che avresti voluto riaverlo.-

-Troppo disturbo- sbottò Helinor, afferrando il pugnale con una certa stizza.-Forse però avresti dovuto disturbarti un po’ di più e venire a trovarmi-

-Te l’ho detto... il lavoro- le ricordò Sephiroth. Il suo tono di voce era chiaramente impostato sulla fine della discussione.

Il Soldier impostò la destinazione dell’ascensore e rimase in silenzio per un po’, poi lanciò un’occhiata di sfuggita a Helinor e disse:-Farai uno sbaglio.-

Lei lo fissò, sorpresa.-A che ti riferisci?-

-Al venire a lavorare qui- rispose Sephiroth, guardando da un’altra parte.-Te lo dico io, che qui ci sono nato. Non venire a rovinarti ulteriormente la vita. Hai sempre detto che avresti voluto avere la libertà di scegliere, no? E allora usala. Parti, vai a farti una vacanza e poi trasferisciti il più lontano possibile da questo posto.-

Helinor strinse il pugnale tra le dita. Era stato ripulito e tirato a nuovo, ma il rubino rosso era un tacito monito a tutto il sangue che aveva toccato quella lama. Era difficile pensare che non avrebbe più sfiorato quel pugnale per il resto della sua vita.

Certo, un’esistenza tranquilla era ciò che aveva sempre desiderato, ma adesso che per qualche settimana l’aveva vissuta, il suo corpo si era come ribellato. Era stata stesa su un letto per giorni, servita e riverita. Eppure le sue braccia e le sue gambe, insieme a qualsiasi altra parte del suo corpo, avevano scalpitato per tornare all’azione. E quando aveva tentato la fuga, quel desiderio era stato finalmente assecondato, fino a farla sentire libera.

-Grazie del consiglio, Sephiroth- rispose Helinor- ma credo che farò di testa mia.-

-Va bene- borbottò lui, irritato.-Comunque sappi che se deciderai di venire a lavorare qui, per te sarà come avere una nuova identità. Non so esattamente cosa si provi, ma so che i Soldier vengono creati con l’energia Mako del pianeta. Potrebbe cambiarti, Helinor.- Disse.

-E dov’è il problema?- domandò lei, alzando un sopracciglio.-Le persone cambiano spesso, non mi fa paura...-

-Gli allenamenti saranno dieci volte più faticosi...-

-Vorrà dire che mi adeguerò.-

-Fai come ti pare- borbottò Sephiroth.-D’altronde questa è la tua vita.-

Helinor socchiuse gli occhi e sorrise.-Ho bisogno di trovare qualcosa che mi dia soddisfazione. Fin da quando ero bambina non ho fatto altro che combattere, e secondo me è l’unica cosa che mi viene bene... in questi due mesi vedrò se riuscirò a trovare qualcosa da fare che sia adatta a me. Magari un lavoro... se lo troverò, non verrò qui.-

Sephiroth sospirò e ricacciò la mano in tasca. Stavolta prese un bigliettino.-Il mio numero di cellulare- spiegò, mentre glielo dava.-Semmai avessi bisogno di qualcosa, chiamami.-

-Il tuo numero?- ripetè Helinor, perplessa.

-Sì, non hai mai visto un cellulare?- Sephiroth tirò fuori il suo e glielo mostrò.

-Serve per chiamare le persone?- domandò Helinor, curiosa.-Ma dai... è solo una scatoletta...-

Lui sospirò di nuovo.-Basta comporre il numero sulla tastiera... poi premi questo bottone verde e puoi parlare con la persona che hai chiamato-

Helinor guardò il cellulare, affascinata.-Queste cose non c’erano all’accampamento.-

-Diciamo soltanto che lì non c’erano parecchie cosette- disse Sephiroth, rimettendo a posto il cellulare con un sorrisetto ironico.-Comunque, tieni il mio numero e non perderlo. E non fartelo rubare- si raccomandò.

Helinor quasi scoppiò a ridere.-Rubare? E chi vorrebbe parlare con te?-

Sephiroth la guardò male.

-Scusa, scusa!- mormorò Helinor, imbarazzata.-Scommetto che hai un sacco di ammiratrici, vero?- aggiunse, in fretta.

-Suppongo sia così- terminò Sephiroth. Sperò che lo avrebbe chiamato prima o poi.

L’ascensore si aprì proprio in quel momento.

Helinor e Sephiroth uscirono dalla cabina e si fermarono poco distante dall’ingresso.

-Beh, buona fortuna con la tua nuova vita- disse il Soldier, senza guardarla.

-Grazie- rispose Helinor, non sapendo che altro dire.

Sephiroth avrebbe aggiunto altro, ma vide con la coda nell’occhio che accanto alla porta d’uscita c’erano Uriah, Gofna e Zack, quindi smise di parlare e abbozzò un leggero sorriso.

-Allora ciao...- disse Helinor, sistemandosi un po’ i capelli. Aveva ancora il pugnale in mano, e qualcuno la stava guardando notevolmente male.

Il Soldier annuì, come se con quel gesto volesse salutarla, poi si raccomandò:-Non perderti il mio numero.-

-Perché ci tieni così tanto?- volle sapere Helinor, ridacchiando.

Lui le diede le spalle. Non voleva proprio darle la soddisfazione di farle vedere che era arrossito.-Ci sentiamo, Helinor.-

Sephiroth rientrò nell’ascensore e si voltò verso di lei.

Si scambiarono un’ultima occhiata.

Sephiroth le sorrise debolmente, poi le porte si chiusero, e l’ascensore ripartì alla volta del piano Soldier.

-Ci sentiamo...- mormorò Helinor, poi si voltò e raggiunse di corsa Uriah.-Beh? Che facciamo adesso?-

Uriah sbadigliò.-E che ne so...?-

Gofna fece apparire il suo cilindro dal nulla e porse una mano a Helinor.-Vuoi che ti nasconda il pugnale?!-

-Non strillare, Gofna!- la pregò Zack, guardandosi intorno nervosamente.

-Io direi che per prima cosa potremmo andare prenderci una cioccolata calda- propose Uriah, grattandosi il mento con aria assorta.-Ho sentito dire che quella roba è buonissima...-

-Puoi giurarci, amico!- esclamò Zack.

Gofna infilò magicamente il pugnale di Helinor nel cilindro, poi se lo rimise in testa suscitando lo stupore generale.-Non hai mai assaggiato una cioccolata?-

-No- rispose Uriah.

Zack sogghignò.-Allora bisogna che la vostra nuova guida vi porti un po’ in giro per Midgar... per fortuna oggi Angeal è in missione...-

-Mmm... non mi avevi detto che oggi era di nuovo il tuo giorno libero- osservò Helinor, perplessa.

Zack si grattò la nuca, arrossendo.-Non è il mio giorno libero, infatti... ma che rimanga tra noi, ok?-

-Zack!- esclamò Uriah, inorridendo.-Il dovere prima di tutto!-

-Ah, pensa anche a divertirti, Uriah!- ribattè Zack con molta energia.-Mi sembra di sentir parlare Angeal...-

Helinor sorrise e annuì.-Allora, tutti d’accordo per la cioccolata?-

Gofna la prese sottobraccio e la tirò verso l’uscita.-Ma non c’è solo quella! Ci sono tante altre cose buonissime! Te le faccio assaggiare tutte, va bene?!- urlò.-Cornetti, gelati, granite, cialde, muffin, torte, crostate...- e continuò con un elenco infinito di cose succulente.

Zack gli andò dietro con la bava alla bocca.-Aspettatemi! Non andate senza di me!!! Che festa sarebbe senza il vostro Zack?!-

Uriah rimase un attimo sulla soglia della porta a pensare. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il giorno in cui non avrebbe più fatto parte dell’Ombra. In realtà, non avrebbe mai neanche immaginato che sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe dovuto dire addio a Nhat e a Gammon.

Adesso avrebbe dovuto ricominciare a vivere a modo suo e trovarsi una nuova casa dove vivere. La cosa un po’ lo spaventava, doveva ammetterlo.

Eppure, ora respirava prufumo di libertà.

Ed era davvero l’odore più buono che avesse mai sentito in vita sua.

 

Homless

 

 

 

Verbale  C.O (Caso Ombra)

 

Deposizione di Rain Foster: Dopo essere scappato dal laboratorio della ShinRa, sono stato fortunato ad imbattermi nell’accampamento di Silver Gammon. Grazie a lui, ho potuto avere una vita tranquilla. All’incirca sei mesi fa, ci trovavamo nel Wutai, e lì Gammon decise di stringere un’alleanza con i loro soldati. Non conosco i patti nei dettagli, mi dispiace.

Ci siamo trasferiti vicino Midgar soltanto un mese fa, e da allora Gammon ha iniziato ad essere  inquieto, nervoso.

Ha deciso di mandare Helinor e Uriah ad assassinare il vostro presidente, ma davvero non saprei dire il motivo di tale gesto. So soltanto che ultimamentre Gammon mi chiedeva spesso se ricordassi come si potesse impiantare la materia negli uomini.

Sapeva che ero uno scienziato, perché gliel’ho detto io. Sapeva anche da dove derivano i miei poteri.

So che non avrei dovuto farlo, ma lui riusciva a farmi sentire così importante... che non ho potuto nasconderglielo. Lui mi faceva dimenticare di essere un mostro.

 

Deposizione di Helinor Hinari: Non ho mai fatto domande. Il maestro ordinava e noi eseguivamo, qualsiasi cosa dicesse di fare. Se non avessimo ubbidito, Gammon ci avrebbe puniti molto duramente.

Non sapevo niente di questi documenti, credevo che la nostra organizzione fosse soltanto un gruppo di mercenari senza fissa dimora.

Solo qualche giorno fa sono venuta a sapere che mia madre aveva rubato dei documenti alla vostra compagnia, e che mio padre li cercava. Sì, Gammon era mio padre.

Ho dovuto ucciderlo per difendere me e la mia amica.

Appena prima di morire ha dichiarato che l’Ombra era una sede distaccata di un’altra organizzazione chiamata Avalanche.

Non posso esservi di aiuto, perché nessuno sapeva di questa cosa. Eravamo tutti concentrati sul Wutai. Ci siamo alleati con loro circa sei mesi fa. La cosa è stata sorprendente, perché Gammon non aveva mai stretto alleanza con nessuno.

 

Deposizione di Gofna Brown: Hanno ucciso loro mia madre! E io che mi sono fidata del signor Gammon! Helinor aveva ragione, era solo un... non posso dire parolacce, scusatemi...

Non so niente dell’Ombra, io ero entrata a far parte del loro gruppo da pochissimo.

Mmm... non so perché Gammon mi abbia chiesto di unirmi a loro. Credo fosse perché era un vecchio amico di mia madre.

 

Deposizione di Uriah: Non ho idea né di chi fosse Gammon, né di cosa avesse in mente. O meglio, credevo che fosse il nostro maestro, e che il nostro dovere fosse servirlo al meglio, ma mi rendo conto che ho sbagliato a pensarla così.

Io sono entrato nell’Ombra tredici anni fa. Non so niente di nulla, mi sono solo limitato ad eseguire gli ordini. Poi, ultimamente è uscito fuori che la madre di Helinor faceva parte dell’ Ombra e che Gammon era suo padre.

Si può sapere cosa sta succedendo qui?

 

Deposizione di Tseng: Da quando sono arrivato nell’accampamento, non ho fatto altro che indagare. Devo ammettere che all’inizio la storia era troppo intricata, ma alla fine i nodi sono venuti tutti al pettine.

I documenti che Karima rubò alla nostra compagnia sono la chiave di tutto. Il signor Foster parlò a Gammon del suo passato e di come avesse acquisito i suoi poteri. Gammon si fissò con gli esperimenti con la Materia, e decise di farsi dare altre informazioni su dove gli scienziati tenessero i documenti che gli interessavano.

Non è chiaro il motivo che l’abbia spinto a tanto, perché manca un’informazione fondamentale: Gammon è un membro di Avalanche, un’organizzazione nata per distruggere la ShinRa.

Gammon parlò della storia di Foster con altri membri di Avalanche, e insieme decisero di rubare quei documenti in modo da poter costruire un potere che tenesse testa a quello dei Soldier.

Karima e Harila furono mandate ad eseguire l’incarico, molto probabilmente con una scusa. Tutavia, ci fu inconveniente: le ragazze vennero catturate, e Gammon fu costretto a venire ad aiutarle.

In situazioni normali, Gammon le avrebbe lasciate al nemico, ma i documenti che avevano con sé, erano troppo importanti.

Nonostante ciò, nessuno si offrì di fare da cavia per l’esperimento, e la nominà toccò ad una bambina troppo piccola per potersi sottrarre a quel destino. Fortunatamente, l’esperimento era applicabile solo su un corpo di un bambino di almeno diciotto mesi, quindi Gammon fu costretto a rimandare.

Questo mise in moto un meccanismo di eventi che condussero Karima a fuggire, portando con sé sua figlia di appena due anni.

Mesi dopo essere partita, Karima si accorse di essere troppo malata per badare a sua figlia e a se stessa, quindi decise di abbandonarla al Gold Saucer: un posto affollato, dove Gammon forse non l’avrebbe trovata.

Evidentemente di sbagliava, perché Helinor fu chiamata ad entrare nell’Ombra proprio da suo padre, che per volere del caso si trovava nei dintorni.

Ad ogni modo, Karima morì tre anni dopo, uccisa per sua esplicità volontà da Verdot.

Queste sono le linee principali che hanno dettato la storia.

Quanto all’arrivo dei soldati del Wutai nel mezzo della battaglia contro l’Ombra, la spiegazione è semplice.

Nara era partito per Junon pochi giorni prima, in contemporanea al rilascio di Angeal e Zack. Alcuni Turk, che sono stati uccisi proprio da Nara, avevano lasciato degli appunti su i suoi spostamenti.

È avvenuto un incontro tra un ambasciatore del Wutai e Nara, dunque Gammon aveva previsto che il presidente avrebbe attaccato, e aveva disposto una controffensiva ancora prima che il messaggio con la scritta “Avalanche”, arrivasse a destinazione.

La morte di Gammon ci impedirà di sapere di più su Avalanche, ma ormai abbiamo una pista molto valida da seguire.

L’Ombra era un tramite per spostare della Materia da un posto all’altro. Adesso che lo sappiamo, abbiamo bisogno di seguire lo spaccio fino alla fonte e scoprire chi si nasconde dietro a questa storia.

Chi è la mente dello spaccio?

Evidentemente Avalanche ha preso sul serio gli esperimenti con la Materia.

Il gruppo locato a Kalm è stato annientato, ma qualcosa è andato storto, e la missione è fallita. La città è stata bruciata, e Verdot ha perso un braccio.

Sembra che sua moglie sia morta e sua figlia sia dispersa.

Quanto al suo braccio, Hojo l’ha sostituito con una protesi.

Dobbiamo continuare le ricerche. Avalanche è un’organizzione troppo pericolosa per noi, non possiamo lasciare che si rafforzi fino a  soffocarci.

 

 

 

 

Dipartimento per la pubblica sicurezza:

Gabriel Voss

Heiddeger

 

 

 

Angolino dell’autrice

 

Non posso credere che sia finita *_*. È una grande soddisfazione per me pubblicare quest’ultimo chappy ç_ç, io... che emozione. Una grande emozione perché questa è la mia seconda opera completa!!! *esulta*

Che soddisfazione ^_^

Ringrazio tutti quelli che l’hanno letta e seguita, in particolare a the one winged angel, Kairih e KiaElle che hanno recensito *abbraccia fortissimo*. Le ringrazio per tutto il loro sostegno! Vi voglio bene, ragazze ç_ç

Ho deciso che pubblicherò anche il seguito, dopo essermi presa un po’ di pausa... la pubblicazione *sfoglia il calendario freneticamente*, dovrebbe avvenire il 10 ottobre se la scuola non mi mette sotto terra prima XD. Non so se l’ho già detto su EFP, ma quest’anno il secondo giorno già mi hanno fatto fare il compito di latino X_X

 

the one winged angel: nipote... io… sono troppo onorata di ricevere sia I tuoi complimenti che quelli di tua sorella *_*. Ringraziala infinitamente da parte mia ç_ç… ho fatto del mio meglio per scrivere questa fic, e se è piaciuta non posso altro che esserne felice!

Ma passiamo alla storia ^_^

Uriah l’ho fatto tornare in vita perché ho pensato “Uffa… tutti i personaggi buoni devono morire” XD, quindi non ho potuto farne a meno. Ho pensato che sicuramente alla Shinra non gli mancano i mezzi… e così... ^^

Sì, ho fatto morire Kay e Loi, ma l’intenzione era quella fin dall’inizio, lo ammetto °_°. Mentre James e Adrian sono fuggiti (quest’ultimo grazie al beniamino Genesis)

^^ Il ragù lo possiamo fare tranquillamente *Genesis cerca di fuggire* XD

Quanto a Kalm, hai ragione. Sono rimasta sorpresa anche io quando l’ho saputo, però credo che da qualche parte nel gioco (non ricordo bene dove), accenna al fatto che Kalm era già stata danneggiata in passato, prima di DOC... Se non sbaglio (il che è probabile XD)

Comunque grazie nipotuccia mia ^^. Sei tu quella speciale da queste parti *_*, mi sono davvero affezionata, non so davvero cosa farei senza di te ^^

Un bacio enorme dalla zia Tico

 

 

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